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Ecco una fic a tema ‘guerresco’, che medito e rimaneggio da lungo tempo,
e che finalmente, avendo finito esami e tesi, riesco
Ecco
una fic a tema ‘guerresco’, che medito e rimaneggio da lungo tempo, e che
finalmente, avendo finito esami e tesi, riesco a mettere on line…^^
L’ambientazione è post Try, e il Rating è dovuto al fatto che andando avanti la
storia tenderà a farsi un po’ più seria, e un po’ più cruda, rispetto ai primi
capitoli…lettori avvisati…XD
Alcune
parti sono state ispirate da alcuni esami che ho dato negli ultimi tempi,
quindi, se riconoscete qualche nome storico reale… semplicemente
ignoratelo…^^’’’’’’
Commenti
e critiche sono ovviamente graditi! ^^
Un pomeriggio d’estate…
…luce pallida, del sole già calante, si rifletteva sui
nostri vestiti, sulle nostre armature… negli occhi azzurro cupo che fronteggiavano
i miei…
…
sulle nostre lame…
“Mantieni
la guardia, Lina… non è più un gioco.”
Aveva
ragione lui… quante volte ci eravamo trovati in quella situazione, nel corso
dei nostri viaggi… quante volte avevamo impugnato le spade l’uno contro
l’altra… ma allora era stato diverso. Lo spadaccino, nei tempi morti del nostro
viaggio, aveva spesso insistito per insegnarmi un po’ di tecnica di spada, da
sfruttare nel caso mi fossi trovata impossibilitata a servirmi della magia… ed
io avevo sempre accettato di buon grado, ovviamente… Sapevo come servirmi di
una lama, ma la mia abilità nel maneggiarla non raggiungeva certo i suoi
livelli… e non era da tutti poter sfruttare l’aiuto di un maestro del genere…
ma Gourry, in quelle occasioni, aveva sempre avuto un occhio di riguardo nei
miei confronti… aveva maneggiato la sua arma con attenzione, colpito, se era
stato necessario, sempre di piatto…
Ma
ora… ora le cose erano molto diverse… ora non si trattava più di un
allenamento…e la posta in gioco era alta… molto alta…
“Credi
forse che non lo sappia?” Il tono della mia voce non tradiva la mia esitazione…
Non era semplice, per me, combattere contro di lui… ma non avrei lasciato che
se ne rendesse conto… “Non ho intenzione di avere riguardi nei tuoi confronti…
fatti avanti!!!”
Non
avevo bisogno di chiederlo. Non mi aveva dato tregua, sin da quando quel
combattimento era iniziato. Lui aveva dalla sua parte l’abilità e la maggiore
esperienza, ma io ero veloce, agile… e furba. Lo sapeva, lo leggevo nei suoi
occhi. Noi due ci conoscevamo troppo bene perché lo sguardo dell’uno celasse
qualcosa all’altro… temeva un trucco da parte mia… e aveva deciso di sfiancarmi
prima che io fossi in grado di metterlo in atto. Ma io non avevo intenzione di
lasciarmi distrarre…
“Ah!”
Con un balzo, schivai il suo affondo.
Sapeva
che avrei evitato quel colpo, lo sapeva benissimo. Non aveva attaccato per
ferirmi… voleva farmi perdere l’equilibrio…
…ma
non bastava un trucchetto del genere a mettere fuori gioco Lina Inverse…
“Prendi
QUESTO!” Agile come un gatto, sfruttai il momento in cui lo spadaccino
riguadagnava la posizione di guardia dopo il colpo e lo aggredii… non mi ero
allontanata quanto lui probabilmente aveva pensato che avrei fatto per evitare
il suo colpo, e potevo coglierlo di sorpresa. Era rischioso, certo… ma se
volevo vincere contro un avversario così forte dovevo tentare il tutto per
tutto…
Gourry
non mi aveva lasciato aperture per affondare con la spada, ovviamente… ma io
ero decisamente più piccola di lui… e questo poteva venire a mio vantaggio, nel
contrattaccare servendomi delle sue stesse armi…
“Dannazione!”
Lo spadaccino, resosi conto delle mie intenzioni, piegò le gambe e si abbassò,
piantandosi saldamente al suolo. Ma era troppo tardi. Ero già sufficientemente
vicina per agire…
Mi
abbassai e, con tutta la mia forza, sferrai un calcio proprio all’articolazione
del suo ginocchio. Come avevo pensato, Gourry, che non aveva avuto il tempo per
evitarlo, barcollò.
…e
questo creava la mia occasione…
“Ora!”
Mi gettai su di lui. Non era una soluzione molto onorevole, certo… ma se fossi
riuscita, con tutto il mio peso, a gettarlo al suolo ed immobilizzare il
braccio con cui reggeva spada, o meglio ancora a disarmarlo, l’avrei finalmente
avuto in pugno. Del resto… io non ho mai seguito il codice della cavalleria…
“Ouch!”
Il mio amico lottò per non lasciarsi sopraffare. “Lina! Questo non è leale!!!”
“Al
diavolo!” Mi aggrappai a lui con tutta la mia determinazione… Stavo lottando
contro uno che aveva il triplo della mia forza, e lui mi veniva a parlare di
lealtà???
Crollammo
entrambi a terra e si scatenò una furiosa rissa… tenevo stretta saldamente
nella mia mano destra la mia spada corta… se mi avesse disarmato, anche se io
fossi riuscita a fare lo stesso con lui, sarei stata finita. Non potevo sperare
di batterlo in un corpo a corpo, se faceva sul serio…
“Mordere
non vale!!!” Gridò lo spadaccino, mentre io mi aggrappavo al suo braccio
destro. “Qualcuno dovrebbe insegnarti come si combatte,
Linaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa…” Ero sopra di lui, ora… e il mio ginocchio
aveva appena sferrato un colpo là dove doveva essere MOLTO doloroso… ehm… ops…
“Anche
i colpi bassi adesso???” Del tutto inaspettatamente, Gourry lasciò cadere a
terra la spada. Eh? Cosa diavolo…?
“Ah!”
Le braccia dello spadaccino scattarono improvvisamente in avanti… e mi
abbracciarono!
Avvampai.
Cosa… cosa…?
Ma
fu allora… che nei suoi occhi si disegnò un sogghigno…
Ehi…
ehiehiehi!!! Cosa diavolo…?
Fu
un attimo. Il secondo di distrazione che mi era costato il suo gesto improvviso
divenne occasione per lui per colpire. Le braccia che ancora mi cingevano mi
sollevarono di peso e… mi gettarono al suolo!
“Ah
–ah !”
In
pochi secondi, la situazione si era invertita. Ora era lui ad essere sopra di
me, mentre il braccio in cui ancora reggevo la spada era inesorabilmente
bloccato al suolo, là dove la sua mano stringeva il mio polso…
“Ti
ho imbrogliata, Lina…” Commentò lo spadaccino, un lieve ghigno sul volto.
Inconsciamente,
arrossii… “Eh… ehi!!! Anche la tua mossa è stata sleale!!!”
Il
sogghigno di Gourry si allargò. “Ho imparato bene la lezione, no…?” La sua mano
rafforzò lievemente la presa sul mio polso, finché non fui costretta a
rilasciare la spada, per poi allentarla, nuovamente… dopo tutto… voleva evitare
di farmi del male…
“Adesso
arrenditi, Lina, non hai più via di scampo…” Si piegò verso di me… “…sei mia,
ormai…”
Ah,
era così, eh?
“Questo…”
Commentai, accigliandomi… “…è quello che credi tu.”
Dieci
minuti dopo, il mio amico era finalmente rinvenuto… sguardo vacuo al cielo, se
ne stava sdraiato al suolo, espressione corrucciata, la vena sulla sua fronte
lievemente in evidenza…
“Hai
ripreso i sensi, vedo…” In piedi, al suo fianco, lo squadrai dall’alto in
basso… “…pensavo che ci avresti messo meno tempo, sai? Si vede che stai
invecchiando…” Gli rivolsi un ampio sogghigno.
“Lina…”
“Ehi,
ehi, cos’è quel tono?” Mi accigliai. “Non sei per niente sportivo, mica te la
prenderai per aver perso in un duello…?”
Il
mio amico si mise a sedere. “Già… peccato che si fosse detto NIENTE MAGIA!” Mi
rivolse una occhiataccia… oh –oh … doveva averlo davvero disturbato il fatto
che la DISDICEVOLE situazione in cui ci eravamo trovati poco prima fosse stata
risolta, alla fine, dall’intervento di una mia Flare Arrow… davvero molto… ih,
ih…
Il
mio sogghigno si allargò, mentre sollevavo un dito e lo agitavo nell’aria, con
fare da Xellos… “No, no, mio caro… si era detto duello di spada, ma io non ho
mai parlato del fatto che non si potesse usare la magia… e dato che tu hai gettato
la tua arma per combattere a mani nude anche io ho pensato di poter ricorrere
ai miei mezzi…”
L’espressione
del mio amico non risultò affatto distesa, a seguito della mia affermazione…
“C’è un po’ di DIFFERENZA, Lina, fra usare le mani e scagliare addosso a
qualcuno quella… quella ROBA…”
Non
riuscii a reprimere un altro sogghigno. “Si chiama piromanzia, se vuoi saperlo,
Gourry… e in fondo non era nulla di particolarmente potente…”
“I
tuoi incantesimi non particolarmente potenti sono quelli mortali di una persona
normale…” Si lamentò lo spadaccino, una grossa goccia di sudore che gli
scendeva lungo la tempia…
“Ah,
ah…” Lo rimbeccai, parandomi faccia a faccia con lui… “… può anche darsi, ma
ciò non toglie che HAI PERSO, mio caro, e che ora devi rispettare i patti…”
La
sua fronte premette contro la mia, mentre il suo sguardo si faceva ancora più
cupo… “Eh, no, Lina, stavolta non ribalterai la frittata… sei TU ad avere
perso…”
Mi
accigliai. “Neanche per sogno! TU hai giocato sleale ed io ho solo agito di conseguenza!!!”
“Ma
guarda che faccia tosta!!!” Mi afferrò per un piede e mi trascinò al suolo.
“Gourry!!!”
In
un secondo il mio amico mi fu addosso. “Ammetti di avere perso?” Le sue mani si
avvicinarono pericolosamente al mio stomaco… oh –oh, solletico in vista…
“I…
io…” Tentennai un momento… solo un momento… “IO NON CI PENSO NEMMENO!!!”
Cominciai ad agitarmi come un forsennata. “TU sei più forte di me con la spada,
che altro potevo fare???”
Il
mio amico mi lasciò andare, con un sospiro. “Guarda che sei stata tu a lanciare
l’idea del duello… stavamo facendo allenamento come sempre prima che tu te ne
venissi fuori con la storia della scommessa…”
Incrociai
le braccia al petto, assumendo un’aria di superiorità…”Bé, se ho scommesso è
perché ero sicura di vincere e così è stato… e se tu non sai perdere e
mantenere la parola data non è affar mio, Gourry Gabriev… tu ora rispetterai i
patti e mi offrirai la cena, così come avevamo stabilito che avrebbe fatto il
perdente, altrimenti…” Ero del tutto intenzionata a far durare la mia arringa
piuttosto a lungo, per la verità… se possibile, anche a esasperare talmente
tanto il mio amico a parole da farlo arrendere e cedere (come spesso accadeva…
eh, eh…), per quanto qualcuno con POCA voglia di sopravvivere avrebbe potuto obiettare
che in realtà era lui ad avere ragione…
Ne
avevo… TUTTA l’intenzione…
…prima
di accorgermi che il diretto interessato in realtà non mi stava affatto
ascoltando…
“G…
Gourry!!! Che diavolo stai facendo???”
Il
mio amico aveva smesso totalmente di prestarmi attenzione, e aveva preso a
rovistare nel mio mantello, che durante il combattimento avevo lasciato al
suolo, insieme agli altri oggetti che potevano ingombrarmi… fatta eccezione per
i guardia spalle, ovviamente… Gourry non mi avrebbe mai fatto del male
intenzionalmente, ma con la foga della lotta ed un pasto in palio non si sapeva
mai…
“Gourry!!!
Finiscila subito!!!” Mi avvicinai di corsa… c’era una cosa che non doveva
trovare, c’era una cosa che non doveva ASSOLUTAMENTE trovare… “Quelle sono le
MIE cose, toccale ancora ed io ti…”
“Lina…”
Frenai,
di colpo. Il tono della sua voce… uh –oh, avevo l’impressione che fosse troppo
tardi…
Il
mio amico si voltò, l’espressione DECISAMENTE contrariata… “Cosa significa
QUESTO?” Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah, esattamente!!!
Gourry
evidentemente aveva saputo dove cercare. Ed ora, nella mano destra, reggeva il
borsellino in cui ero solita tenere i miei soldi…
…un
borsellino ineluttabilmente… vuoto…
E
fu SORPRENDENTE il modo in cui fui in grado di controllare la mia mimica
facciale, e mutare la mia espressione nel giro di due nanosecondi…
“Gourry
caro…”
“Gourry
caro un accidente!!! TU hai scommesso senza avere realmente i soldi per
impegnarti!!!” Uh, uh, decisamente arrabbiato… c’era necessità dei miei migliori
occhioni da cerbiatta…
“E
dai…” Ridacchiai. “Tanto ho vinto, che differenza vuoi che faccia…?”
“Lina,
tu NON – HAI – VINTO!!! Quello si chiama barare!!!” Ehi, ehi, che paroloni…
Portai
le braccia ai fianchi. “Oh, SENTI, Gourry, questo è un mondo difficile… chi non
divora viene divorato e chi…”
“QUESTO
ADESSO NON C’ENTRA AFFATTO!!!” Ok, anche la tecnica della paternale non
funziona… proviamo a buttarla su melodrammatico…
“Eh,
eh, capisco il tuo punto di vista, Gourry, ma vedi… ero rimasta senza soldi per
la cena… ero così disperata che ho deciso che dovevo giocarmi il tutto per
tutto…” Le mie ciglia sbatterono più vistosamente del solito…
Il
mio amico sospirò. “Perché non me lo hai semplicemente detto…? Avrei potuto
prestarteli…”
Incrociai
le braccia al petto. “Ehi, ehi, lo sai che a me non piace avere debiti…”
Lo
spadaccino si accigliò. “Ma se non ho mai rivisto nemmeno una moneta di rame,
dei soldi che ti ho prestato in passato…”
Ehi,
un… “Guarda che se TU non ricordi come tuo solito NON SIGNIFICA che io non te
li abbia restituiti…”
Il
mio amico mi lanciò un’occhiataccia. “Sai, Lina… stavo prendendo in
considerazione l’ipotesi di offrirti davvero la cena, nonostante tutto… ma ho
idea che potrebbe farti bene una serata a digiuno…”
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaah,
che crudeltà!!! Gli dei non lo avrebbero mai perdonato!!!
Già,
gli dei…
…e
a pensarci bene…
Nemmeno
io!!!
“Portafogliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!”
Al suono di questo grido di battaglia, mi avventai contro il mio compagno, che
venne colto totalmente alla sprovvista… “Molla l’osso!!!” Sapevo benissimo dove
lo teneva… mi bastava raggiungere la sua tasca…
“Lina!!!”
Gridò, cercando di liberarsi. “Aaaaaaaaaah, Lina, i capelli no!!!”
“Traditore!!!
Non si danno i pizzicotti ad una signorina!!!”
“QUALE
signorina???”
“BADA
A COME PARLI, SAI!!!”
“Lina,
io ti…”
Ma
qualsiasi trattamento il mio amico avesse in mente per me, non lo avrei mai
scoperto… perché fu in quel momento che il portafogli di Gourry scivolò fuori
dalla sua tasca…
…e
si aprì.
Un
silenzio di tomba cadde improvvisamente sulla vallata nella quale ci trovavamo…
…un
silenzio rotto solo da una sorta di lugubre, cupo rombo…
“Gourryyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy…”
“Oh…
che fatto curioso…”
“FATTO
CURIOSO UN ACCIDENTE!!! BRUTTO BUGIARDO!!!”
Non
c’erano molti dubbi… una sola tasca componeva la piccola borsa in possesso del
mio amico… e quella tasca era decisamente VUOTA!
Gourry
si grattò la testa, ‘riflettendo’… “Ma che strano…” Mi guardò, con aria del
tutto innocente… “Ti assicuro che l’ultima volta che l’ho guardato era pieno di
monete… davvero…” Si giustificò sfoderandomi la sua migliore espressione
spaesata…
Sospirai.
“QUAND’E’ che lo hai guardato l’ultima volta, Gourry…?”
Ci
fu un momento di silenzio, quindi… “Per essere sincero… non me lo ricordo.”
“Ma
è mai possibile che io debba avere un compagno che si scorda di quando spende i
soldi???” Mi presi la testa fra le mani…
“Ehi,
ehi…” La mano di Gourry mi batté gentilmente sulla spalla. “Non è una cosa così
grave, no…?”
Sollevai
su di lui la mia peggiore occhiata. “Non è una cosa grave un accidente,
cervello di medusa!!! Come pensi che mangeremo stasera, eh???”
Il
mio amico ci rifletté un po’ su… quindi volse il suo sguardo verso il mio
mantello… “E… se vendessi alcuni degli oggetti magici che conservi là dentro?
Hai sempre detto che sono piuttosto preziosi, no?”
Sospirai,
nuovamente. “Gourry, non posso fare una cosa del genere… quelli sono oggetti MOLTO
rari e costosi, non posso barattarli per una cena, capisci…?” Appoggiai le mani
ai fianchi. “…senza contare che a quest’ora tutti i negozi specializzati in
articoli magici saranno chiusi… e immagina quale sarebbe la reazione di un oste
se invece dei soldi del conto gli presentassi di fronte un oggetto che ai suoi
occhi può valere quanto una moneta di rame…”
Il
mio amico si grattò la testa. “Uh… già… posso immaginarlo…”
“Senza
contare che… AH!!!” Mi portai le mani alla testa. “Aaaaaaaaaaaaaaaaaah, dannazione,
non ci avevo pensato!!!”
Gourry batté le palpebre. “Che cosa, Lina?”
“Come
‘cosa’, cervello di medusa??? Ci toccherà passare un’altra notte
all’addiaccio!!!”
Erano
settimane che andava avanti così… Le terre che avevamo battuto sulla strada del
nostro ritorno erano davvero povere di civiltà… qualche tappa per fare
provviste in rari villaggi… e quindi distese di boschi, valli, praterie… notti
all’aperto e scarse comodità… poca gente, e gente schiva… e ovviamente nessuno
a cui saltasse in mente di ingaggiare due mercenari per qualche lavoretto… e
con lo stomaco di Gourry ed il mio, questo significava restare al verde in
poco, POCHISSIMO tempo…
Erano
trascorsi diversi mesi, ormai, dalla sconfitta di Darkstar… era stato nel porto
più vicino al confine che io ed i miei amici ci eravamo separati… Philia,
tornata alla sua vita ‘tranquilla’ di vestale… avevo sentito in giro che aveva
aperto una specie di negozio di ceramiche, o di antiquariato… Amelia, tornata
ai suoi compiti di principessa, a Sailune… e Zel, partito per il suo viaggio di
ricerca, nelle terre ancora inesplorate al di là della barriera…
E
per quel che ci riguardava… bè, il problema fondamentale era stato ovviamente
il fatto che ci trovavamo a dover fare a meno della Spada di Luce… rispettavo
la decisione di Gourry, ma ciò non toglieva che avevamo bisogno di trovare in
fretta un’arma altrettanto potente… per la vita relativamente tranquilla che
avevamo condotto in quei mesi una normale spada, potenziata da qualcuno dei
miei talismani, era stata sufficiente… l’abilità di Gourry nel maneggiarla
aveva potuto sopperire alla mancanza di poteri magici… ma d’altra parte ero del
tutto consapevole che noi due non eravamo mai realmente al sicuro…
Le
opzioni che ci si erano presentate di fronte erano due… tornare nel nostro
continente e gettarci alla ricerca di una delle armi magiche leggendarie di cui
i testi antichi riportavano… oppure partire totalmente alla ventura per le
terre del ‘Nuovo Mondo’… La seconda ipotesi, per essere sincera, era quella che
mi allettava maggiormente… si trattava di territori inesplorati, che potevano
racchiudere segreti e scoperte decisamente… interessanti… Lo avevamo già
verificato, in parte, nella vicenda che ci aveva coinvolti… ed io non aspettavo
altro che averne ulteriori conferme…
D’altra
parte, come avrebbe commentato una certa chimera, occorreva procedere con
logica… avevamo verificato come le Arti Magiche non fossero particolarmente
diffuse in quelle zone… e questo riduceva considerevolmente le possibilità di
trovare armi magiche di fattura umana… oh, era possibile che esistessero armi
molto antiche, risalenti a prima della Guerra ad Gran Demone, e magari
realizzate con le arti magiche dei draghi (uh… i miei occhi si riempivano di
stelle al solo pensare di entrare in possesso di un’arma forgiata con quella
magia bianca andata perduta che era stata in grado di tenere testa ai demoni
superiori…)… Tuttavia… quante probabilità avevamo noi di trovare una di quelle
armi in tempi brevi, quando non avevamo nemmeno la certezza della loro
esistenza…? E nel nuovo mondo non avevamo idea di che cosa avremmo affrontato…
finché si trattava di nemici di cui conoscevamo la natura potevamo sperare di
cavarcela anche con armi normali, ma… nella situazione in cui ci trovavamo, era
da incoscienti partire così allo sbaraglio… la soluzione più saggia era tornare
nel nostro continente, cercare un’arma magica che perlomeno ci soddisfacesse e
QUINDI, eventualmente, partire per le terre al di là dello scudo e vedere che
cosa esse potevano riservarci…
…d’altra
parte, Lina Inverse non è mai stata nota per la sua prudenza…
E
infatti, alla fine, avevamo optato per una soluzione di compromesso… saremmo
rimasti nell’area di confine fra il nostro mondo e le nuove terre… una zona
liminale, piuttosto inesplorata anche per quel che riguardava la parte al di
qua dello scudo… forse, avrebbe potuto riservarci qualche sorpresa… e se quella
ricerca non avesse dato frutto, allora avremmo ripiegato sul nostro continente,
e saremmo tornati al piano originario…
Bé,
QUESTO era esattamente ciò che ci trovavamo a fare in quel momento… La nostra
ricerca…? Nulla di meno produttivo… chilometri e chilometri di terra brulla e
gente inospitale… e la magia, la gente stentava persino a sapere cosa fosse…
una perdita di tempo assurda… non ero mai stata tanto seccata, e mi auguravo
solo che le terre al di là della barriera non somigliassero tutte a quanto
avevamo appena visto… Peraltro, nell’ultimo mese della nostra presenza, la
gente si era fatta ancora più astiosa nei nostri confronti… c’era uno strano
fermento nei villaggi in cui ci recavamo… ed io avevo il sospetto che si fosse
sparsa la voce della nostra presenza, in quelle zone… della presenza di due
forestieri che giungevano a portare scompiglio…
Ad
ogni modo, non ci restava molto altro da fare che metterci seriamente alla
ricerca di qualcosa nel nostro già ampio continente… e se più armi fossero poi
arrivate, sia dalle nostre terre che da quelle inesplorate, di certo sarebbero
state bene accette…
Era
in quello spirito che viaggiavamo da ormai un mese verso la civiltà… dopo aver
seguito la costa del Regno di Elmekia, in quel momento ci trovavamo al confine
del regno di Sailune… speravo sinceramente che il reame della Magia Bianca
avrebbe potuto fornirci qualche appiglio per la ricerca di armi sacre… anche se
la realtà era che non avevamo nemmeno una minima traccia da seguire…
“ODIO
questa situazione…” Camminavo guardando di fronte a me, con un’espressione che
bastava a fulminare chiunque incontrasse il mio sguardo…
Gourry
sospirò. “Coraggio… perlomeno ci stiamo avvicinando a terre abitate… i regni
del Sud sono davvero invivibili… povera gente…”
“Quella
gente, se vuoi saperlo, secondo me sta benissimo dove si trova…” Mi strinsi
nelle spalle, lanciandogli un’occhiata. “Non mi sembrava particolarmente
propensa ad aprirsi al mondo… e ho visto più gente scontenta del fatto che lo
scudo fosse caduto di quanta ne abbia visto gioire perché questo apriva nuove
possibilità di ricchezza… credo che l’idea di ‘mettersi al passo col mondo’ non
sorrida loro particolarmente…” Ed io non sapevo proprio, sinceramente, se
giudicarla ottusità o saggezza… forse era una delle tante questioni di cui solo
il tempo poteva farsi giudice…
Gourry
gettò lo sguardo al cielo, pensieroso. “Uhm… forse è anche un fatto di
superstizione… mio nonno mi diceva qualcosa di simile a proposito degli elfi,
quando ero piccolo… anche se non ricordo molto bene…”
Gli
rivolsi un fiacco sorriso. “Questa non è una novità…”
“Ehi,
ehi…” Replicò il mio amico, non risparmiandomi un’occhiataccia…
La
ignorai. “Uuuuuuuuuuuuuuuf, quanto sono stanca…” Commentai, stiracchiandomi.
“Quanto darei per un bel letto comodo…”
Gourry
fece spallucce. “Considera il lato buono della situazione, Lina…” Sollevò
nuovamente, distrattamente, lo sguardo al cielo. “Stanotte il nostro tetto sarà
un meraviglioso cielo stellato…”
E
fu solo il mio buon udito a permettermi di comprendere la sua affermazione…
…perché
il rombo di un tuono in lontananza coprì con il suo cupo risuonare il grosso
della sua frase…
Un’ora
più tardi, il sole era quasi scomparso all’orizzonte, ed io ero zuppa fino al
midollo…
“Considera
il lato buono della situazione, Lina… ora nessun Signore dei Demoni ci è alle
costole e ha intenzione di…”
“ABBI
ALMENO LA COMPIACENZA DI STARTENE ZITTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
“Che
caratteraccio… neanche fossi stato io a fare piovere…”
“Probabilmente
no…” Gli rivolsi un’occhiata in tralice. “Ma comincio ad avere il sospetto che
tu porti sfortuna… da quando ti conosco mi sono capitati solo guai…”
L’unica
risposta che ricevetti fu uno sguardo rassegnato ed un mugugno. “Che faccia
tosta… sarei io quello che porta guai…”
Non
gli risparmiai un’altra occhiataccia… ma in quel momento l’ultima cosa che
avevo voglia di fare era litigare… Sospirai. “Che ne diresti se ci fermassimo?
Ormai a quanto pare la prospettiva di raggiungere una città entro la notte è
decisamente lontana… e anche se ci riuscissimo, possiamo tranquillamente dire
‘ciao’ all’idea di dormire in un caldo letto…” Un’idea in cui mi ero trastullata
per tutta la giornata, a dire la verità… e c’era qualcosa di *irritantemente*
ironico in questo… quelli erano i momenti in cui avevo la sensazione che
qualcuno dall’alto mi stesse osservando… e si stesse divertendo un mondo…
“Fermarci…
dove…?” Il mio amico mi rivolse un’occhiata perplessa… “Siamo su montagne quasi
del tutto disabitate… Qui ci sono solo rocce e alberi…”
“E
che ne so, io??? Una grotta, una cavità, un posto che sia –dannatamente-
ASCIUTTO!!!”
“Ok,
ok…” Anche il mio amico sospirò. “Che ne diresti di quella rientranza nella
roccia laggiù…? Non sembra il massimo del confort… ma per una notte dovrebbe
andare…”
Ed
effettivamente c’era… al di là della cappa di pioggia, lo spadaccino era
riuscito ad individuare quello che a me non era nemmeno possibile scorgere… e
purtroppo aveva avuto ragione… spifferi, gocce d’acqua da ogni minima apertura…
ma era sufficientemente profonda per tenerci per lo meno al riparo dal vento…
ed era sempre qualcosa di meglio di una notte trascorsa sotto la pioggia…
“E’
già da un po’ che succede… questi sbalzi climatici improvvisi…” Osservai,
rivolgendomi più a me stessa che al mio amico, mentre tremavo di freddo, nel
tentativo -di scarso successo, per dirla tutta- di accendere perlomeno un
fuoco, per asciugarci… i rametti di legno, che abbondavano sul fondo della
piccola grotta, erano tanto umidi che persino la mia fiamma magica non
attecchiva… e non potevo certo pensare di mantenere attivo l’incantesimo tutta
la notte, fra le mie mani… già crollavo di sonno…
“Non
è un semplice temporale estivo…?” Replicò Gourry con aria perplessa, mentre
strizzava i suoi capelli, tentando di ridonare loro una parvenza di asciutto…
Sospirai.
“Un po’ lunghino per essere un temporale estivo… Le mie ossa lo testimoniano…”
Lanciai uno sguardo cupo al di fuori dell’apertura della grotta… “E poi…” Mi
strinsi nelle spalle tornando a fissarlo… “… non è la prima volta che accade,
in questi ultimi mesi… noi due ce ne siamo stati lontani dal mondo e ci siamo
accorti di poco o nulla, ma ho sentito dire che il Regno di Zephilia è stato
persino colpito da una tempesta di neve… dicono che i vigneti sono stati tutti
rovinati…”
“NEVE???”
Il mio amico mi rivolse un’occhiata stupita. “Ma… ma siamo in ESTATE…”
Feci
spallucce. “Ho sentito i contadini ed i mercanti di frutta lamentarsi, nei
villaggi in cui siamo passati… Tempeste che si alternano a clima torrido… da
qualche mese a questa parte, è sempre la stessa storia… e nessuno riesce a
spiegarselo… anche se io qualche ipotesi ce l’avrei…”
Il
mio amico mi rivolse un’occhiata perplessa. “Un’ipotesi?”
Annuendo,
mi appoggiai alla parete di roccia, un braccio stretto attorno al corpo,
l’altro proteso verso la legna. “In fondo… non è la prima cosa strana che
succede da quando la barriera è caduta… supponiamo che lo scudo dei demoni
avesse in qualche modo alterato il clima nel nostro continente… anche solo il
muoversi delle correnti calde… può darsi che ora, cessato l’effetto della
magia, la situazione si stia ristabilizzando…” Finalmente la fiamma sprigionata
dalle mie dita attecchì ed un gradevole calore prese a diffondersi, seppur
lentamente, nel piccolo ambiente… Mi stiracchiai come un gatto, godendone per
un momento il diffondersi sulla mia pelle, il suo avanzare in tutto il mio
corpo… una sensazione piacevole, forse simile alla quella che provavo quando
scagliavo un incantesimo di fuoco… anche se non sufficiente a reprimere i miei
brividi… il freddo di quella sera sembrava penetrare nelle ossa… Ero
decisamente una creatura fatta per stare al caldo, decisi. Forse per questo la
Piromanzia era divenuta così naturalmente la mia specialità, per quel che
riguardava lo sciamanismo…
“…
certo, non si può avere la certezza…” Proseguii, abbracciando le mie ginocchia,
con fare sonnolento… “… ma basterebbe fare qualche studio sulla situazione così
com’era prima dell’incantesimo… e se questa è solo una condizione di passaggio,
se questa alternanza prelude il raggiungimento di un nuovo equilibrio, allora
potrebbe essere utile approfondire queste ricerche… pensa a quanto sarebbe
utile per l’agricoltura sapere come il clima muterà in futuro… ma, soprattutto,
quanto sarebbe utile conoscere gli effetti che la magia può avere su di esso…
senza contare che…” Avendo inserito la mia ‘modalità insegnante’ non mi accorsi
che il mio amico si avvicinava finché non me lo trovai a fianco. “Uh?” Battei
le palpebre.
Lo
spadaccino mi rivolse un sorriso. “Invece di pensare alle questioni
dell’universo scendi sulla terra per un secondo…” Una coperta venne gentilmente
calata sulle mie spalle. “Stai gelando…” Spiegò, semplicemente, con un’alzata
di spalle, di fronte alla mia occhiata perplessa…
Afferrai
un lembo della coperta, studiandolo… “E’ un miracolo che sia rimasta asciutta…”
Osservai.
“Era
in fondo alla borsa…” Spiegò semplicemente il mio amico, in tono pratico, prima
di sedersi al mio fianco. “Basterà per tenere al caldo chi di noi due dormirà,
mentre l’altro fa la guardia… se mi verrà freddo, potrò sempre muovermi un
po’…” Inarcai un sopracciglio, reprimendo un sorriso… A quanto pare, aveva già
deciso l’ordine dei turni…
“Non
sono sicura che riuscirò a dormire a stomaco vuoto…” Replicai, un mezzo
sogghigno sulle labbra. “Se vuoi saperla tutta, pensavo di aspettare l’alba… o
la fine di questo temporale…” Sospirai, lievemente… “…e poi rimettermi subito
in cammino. Bisogna fare qualcosa per il denaro che ci serve per il viaggio, o
la nostra ricerca di una spada finirà ancora prima di cominciare…”
Il
mio amico mi rivolse uno sguardo vacuo… avevo l’impressione che non si
ricordasse esattamente del fatto che ci trovavamo lì per la sua spada… ma per
il quieto vivere, per una volta evitai commenti taglienti… “Che intendi dire
con ‘fare qualcosa’, Lina…?” Quindi, il suo volto si illuminò di comprensione…
e lo sguardo perso si tramutò in un’occhiataccia… “Il tuo ‘hobby’, giusto? Hai
intenzione di andartene a cercare nuovamente una banda di banditi da
depredare…”
Ridacchiai.
“Da quando sei così perspicace…?”
Il
mio amico sospirò. “Oh, non è questo… è che ormai le mie ossa hanno assunto la
capacità di avvertire i guai che si avvicinano…”
Il
mio ghigno si fece più largo. “Guai, guai… che guai vuoi che ci capitino nel
Regno della Magia Bianca…? sii ragionevole e rilassati… non c’è luogo più
tranquillo e pacifico di Sailune…”
E
fu in quel momento… che il corno risuonò.
Il
mio amico ed io battemmo contemporaneamente le palpebre.
“Che..
che cos’era…?” Azzardai la domanda, dopo qualche secondo di silenzio.
“Sembrava
un corno da guerra…” Replicò il mio amico, con una certa sicurezza. Già… Gourry
era mercenario da più tempo di quanto non lo fossi io, e, per quanto non
sapessi molto della sua vita prima del momento in cui ci eravamo incontrati,
ero al corrente del fatto che aveva combattuto anche campagne di guerra,
probabilmente negli anni in cui le lotte per la successione avevano
insanguinato i regni del Sud, portando a quell’Equilibrio che ora regnava fra i
sovrani del nostro continente…
Mi
accigliai, sollevandomi in piedi. “E’ strano che truppe di Sailune si trovino
di pattuglia su queste rupi scoscese… qui da depredare ci sono solo boschi…”
“Che
stiano cercando dei dispersi…?” Osservò il mio amico, con aria perplessa… “…
sarebbe normale, con questa pioggia… magari stavano rientrando da qualche
missione e sono stati sorpresi dal temporale, proprio come noi… in fondo, siamo
vicino al confine…” Si grattò la testa… “… e questo spiegherebbe il suono del
corno…” Già… un semplice segnale per rintracciare uomini smarriti nella
tempesta…
“In effetti una rotta come questa sarebbe ragionevole, per
un manipolo di guardie proveniente da un porto del Regno di Elmekia o del Regno
di Sailarg…” Ammisi. “Ma ciò non toglie che sia un po’… strana…” Volsi lo
sguardo al mio amico. “Questa via è abbastanza impervia, anche se veloce, e
decisamente secondaria… non sembra proprio la strada che un gruppo di soldati
imboccherebbe di ritorno da una missione ufficiale…” Mi accigliai… “… sembra
piuttosto una via da spie…”
Il corno risuonò, nuovamente.
Indubbiamente, spie rumorose…
“E allora… cosa facciamo…?” Chiese lo spadaccino, con
l’aria di chi teme PROFONDAMENTE la risposta…
“Credo sia meglio andare a dare un’occhiata…” Mi avviai
verso l’uscita, senza lasciare spazio a repliche… ci trovavamo a Sailune, in
fondo… non si poteva dire che la faccenda non ci riguardasse, perlomeno un
minimo… e la presenza di individui non identificati che si aggiravano per i
boschi del confine non mi rassicurava per niente…
Con un sospiro, il mio amico mi si accodò. “… niente guai
nel Regno della Magia Bianca…” Mugugnò, fra sé e sé…
Il più silenziosamente possibile, ci avvicinammo
all’apertura che si spalancava sul buio del regno addormentato… L’intensità
della pioggia era diminuita, ora, e la pelle dei nostri volti era sferzata solo
da lievi, insistenti gocce, che confondevano le sagome scure degli alberi nella
cappa di oscurità che ci fronteggiava… La luna, quasi piena, emergeva pallida
da un ammasso di nubi, ma la sua luce non era sufficiente a rischiarare la
piccola radura che ci precedeva… le ombre al suo interno sembravano vive, sembravano
muoversi per catturare e divorare ogni barlume di luce…
“Lina…” Mi ammonì il mio compagno, in un sussurro. “… io…
non ci vedo… non vedo nulla…”
Un’osservazione semplice, scontata, forse, vista
l’oscurità che ci circondava… ma che faceva sorgere un’inquietante supposizione
alla mia mente… “Tenebre magiche…”
Imprecai, fra i denti. La vista di Gourry si era più volte
dimostrata efficiente anche là dove la mia aveva fatto difetto… normalmente, la
luce lunare gli era più che sufficiente per avanzare con sicurezza in un luogo
come quella radura, dove le fronde degli alberi non impedivano il passaggio di
quei deboli raggi… ma ora…
“Lina…” Lo spadaccino invocò il mio nome nuovamente…
stavolta, poco più di un sibilo… e le sue dita si strinsero convulsamente attorno
al mio braccio…
“Gourry…?” Ma non feci in tempo a porre domande… o forse,
non ne ebbi la necessità… questo, per un semplice motivo… anche io, ben presto,
li vidi…
Impossibile distinguerli chiaramente. Non si confondevano
nell’oscurità… loro erano oscurità… un’oscurità densa, affamata… ma,
allo stesso tempo, non potevano sfuggire ai nostri sguardi. Erano in quattro…
Quella luce… una luce azzurrastra emanava dai loro corpi… come in lotta con le
tenebre che attorno ad essi si addensavano… ma ciò che più mi inquietava erano
i loro occhi… occhi dorati, che risplendevano come stelle nel buio della
foresta…
E poi, ovviamente, c’era la paura… la paura che
attanagliava l’animo di chiunque, nel fronteggiarli… era la paura più basilare,
più primordiale… quella paura che sorge nell’uomo quando si trova a diretto
contatto con quella che per lui è minaccia e destino ultimo… perché loro… loro
non appartenevano al mondo dei vivi…
La mano di Gourry non lasciò la presa. “Sono… sono
berserker…?” Il mio amico non smetteva di tremare, al mio fianco… e lo sentivo
confuso, smarrito… Era qualcosa che anch’io non capivo, ma che in qualche modo
conoscevo, visto il tipo di magia che praticavo… ma lui…
“Sono dei non-morti, Gourry… uomini tornati al mondo, ad
una non-vita, a seguito di una morte violenta…” Si trattava di guerrieri… Sui
loro corpi si stagliavano ancora le armature annerite che probabilmente un
tempo avevano recato orgogliosamente i vessilli della loro casata… ora, come i
loro padroni, esse non erano altro che polvere riesumata, mantenuta alla luce
esclusivamente dalla sofferenza, e dall’odio… peggio di Mazoku… un demone si
nutriva di sentimenti negativi, viveva di essi… appunto, VIVEVA… quelli invece
non erano esseri dotati di una volontà propria… loro non prendevano ordini da
nessuno, forse non potevano nemmeno essere controllati dalla magia… riuniti in
gruppi, attratti l’uno dall’altro per la loro stessa natura, non erano che
concentrati di quell’odio che li aveva accompagnati nel momento del loro
viaggio verso la morte… o almeno questo era quanto aveva potuto scrivere… chi
era sopravvissuto ad un incontro con loro…
Esseri maledetti… non avrei mai pensato di incontrarne in
quel luogo…
Con uno strattone, trascinai il mio amico nuovamente
nell’ombra. Sapevo troppo poco di quegli esseri perché noi due potessimo
azzardarci ad affrontarli… Restammo rannicchiati qualche secondo, in attesa.
Solo silenzio, per diversi istanti… e poi, nuovamente il suono del corno…
“Cosa… cosa stanno facendo secondo te, Lina…?” Il mio amico
sembrava avere riguadagnato un po’ di calma, ora che quegli esseri erano
scomparsi alla sua vista, ma il suo volto era ancora mortalmente pallido… del
resto, mi chiedevo se in quel momento la mia espressione fosse poi tanto
differente dalla sua…
“Non ne ho la più pallida idea…” Bisbigliai, di rimando.
“Forse… forse è una specie di ‘cerimonia’…” Fissai lo sguardo su di lui. “Se
quegli esseri si trovano qui, forse questo luogo è stato teatro di una
battaglia particolarmente cruenta, dove quei guerrieri hanno trovato la morte…
forse oggi è l’anniversario di quella lotta, o qualcosa del genere… forse quei…
quei cosi ricompaiono periodicamente per una specie di… rito funebre…”
Lo spadaccino si morse il labbro. “Non lo so, Lina… spero
solo che quel corno non stia emettendo il segnale di raccolta…”
Involontariamente, rabbrividii… oh, Gourry sapeva essere
così CONFORTANTE…
Il silenzio calò nuovamente nella piccola grotta, mentre
nessuno di noi si azzardava a fare altri commenti… trascorsero minuti che mi
parvero ore, e alle nostre spalle nient’altro che il suono inquietante del
corno, che risuonò altre due, tre volte, in una sorta di cupa litania… quegli
esseri non emettevano altro rumore, l’oscurità che portavano con sé sembrava
aver cancellato persino i suoni della foresta… una cappa nera, silenziosa… e
noi ci eravamo dentro … ci eravamo dentro fino al collo…
Dopo qualche istante, anche il suono del corno cessò.
L’intera radura al di là dell’apertura venne avvolta dal più totale silenzio…
“Credi… che se ne siano andati, Lina…?” Domandò Gourry
dopo qualche istante, l’esitazione evidente nella sua voce…
“E’… è possibile…” Deglutendo, mi sollevai in ginocchio,
da seduta che ero, e provai a gettare uno sguardo al di là delle rocce che
ostruivano l’apertura… La luna ora era alta nel cielo, e la pioggia era quasi
totalmente cessata… la porzione di radura che mi era concesso vedere restando
nascosta era completamente deserta… “Non… non vedo…”
Non potei terminare la frase, però…
Perché fu allora che, improvvisamente, due occhi dorati si
trovarono a fronteggiare i miei…
Con un grido, indietreggiai, incespicando, mentre l’essere
si stagliava, con la sua mole di guerriero, sull’apertura della grotta…
“La vita… chiama la morte…”
Aveva… aveva parlato???
“Lina!!!” Gourry si fece avanti, nel tentativo di
soccorrermi, ma rimase come pietrificato nel luogo in cui si trovava, quando i
due occhi dorati si fissarono su di lui… mano tremante alla spada, il mio amico
poté solo restare fermo a fissare la figura, impossibilitato a reagire…
…e se il volto di quella creatura non fosse stato
totalmente inespressivo, avrei giurato di aver visto un lampo di soddisfazione
disegnarsi nei suoi occhi…
Non ebbi il tempo di prestare attenzione alla cosa,
comunque. Distolto lo sguardo dallo spadaccino, il mostro tornò a volgere la
sua attenzione a me…
‘Da… dannaz…’
…e la sua mano… la sua mano si allungò verso il mio volto…
“Diavolo!” Istintivamente, schivai. Non sapevo esattamente
che effetto avrebbe avuto il suo tocco su di me, ma ero del tutto decisa a non
sperimentarlo! Tuttavia, lo spazio della grotta era troppo piccolo per
combattere… Non potevo pensare di riuscire a evitarlo molto a lungo,
semplicemente scappando…
“Lina…” La creatura ripeté, in tono carezzevole…
Dentro di me, rabbrividii… aveva sentito Gourry
pronunciare il mio nome, ed ora la sua mente se ne era impossessata… Dove avevo
letto… che la conoscenza del reale nome delle cose… conferisce a chi sa
sfruttarlo un potere illimitato su di esse…?
“Lina…” Il non-morto mosse un altro passo in mia
direzione. Alle sue spalle, scorsi Gourry lottare per vincere la paura ed
alzarsi, ma, ad ogni tentativo di sollevarsi da terra, le sue gambe sembravano
cedere, come gelatina… cominciavo a sospettare che con il suo sguardo
quell’essere avesse praticato qualche incantesimo su di lui, qualcosa che
servisse ad immobilizzarlo il tempo necessario per occuparsi di entrambi noi
singolarmente… Non ebbi il tempo di preoccuparmene, tuttavia… perché mentre mi
piantavo sui piedi, pronta ad evitare un altro attacco, la creatura si fermò.
Mi fissò con il suo sguardo dorato, che io sostenni, per qualche istante… e
poi, portò mano alla cintola…
Il corno…
Voleva farlo… voleva suonare il corno, di nuovo!
“Fo… Forza del fuoco…” Era PERICOLOSO,
troppo pericoloso usare un incantesimo di fuoco in un luogo del genere… ma in
quel momento era la più totale irrazionalità a muovermi… i suoi compagni non
erano lì con lui… non doveva suonare quello strumento, non doveva…
“Bomb Sprid!!!” Tentai comunque un incantesimo che
limitasse i danni all’ambiente che ci circondava… una specie di piccola Palla
di Fuoco venne rilasciata dalle mie dita… una Palla di Fuoco dagli effetti
decisamente più localizzati, e dalla forza esplosiva minore… se il soffitto
della grotta fosse crollato, anche per noi sarebbe stata finita, ne ero
pienamente consapevole… Anche se forse… non era nemmeno quello il nostro
problema principale…
‘…il fuoco può bastare, per fermarlo…? Può uccidere… chi è già morto…?’
“Gwaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhh!!!!!” Il
corpo interamente avvolto dalle fiamme, il mostro prese ad indietreggiare,
verso l’uscita della grotta… un solo, unico, problema…
…la traiettoria… la traiettoria non era sgombra…
“Gourry!!!!!”
Dannazione, DANNAZIONE!!!
Scattai in avanti, in un disperato tentativo di fermare la
creatura… ma era chiaro che non avrei potuto farcela… non potevo pensare di
aggirarla e raggiungere Gourry in tempo, e non avevo modo di arrestare la sua
avanzata, o il divampare delle fiamme…
Fortunatamente, quando ormai ero certa che il fuoco
avrebbe avvolto anche il mio compagno, lo spadaccino sembrò ridestarsi… non so
se fu l’effetto del pericolo imminente, o se dipese dal fatto che, di qualsiasi
cosa si fosse trattato, l’incantesimo che lo aveva colpito aveva cessato il suo
effetto dopo che la creatura aveva smesso di concentrarsi… però il mio amico
ebbe non solo la prontezza di spirito per schivare, ma anche per estrarre la
spada… e per colpire con l’elsa la schiena del suo assalitore, deviando la sua
marcia verso l’uscita, e mandandolo a sbattere direttamente contro una parete…
“Lina!!!” Chiamò nuovamente Gourry, scattando verso
l’uscita… ma io non avevo certo bisogno di lasciarmi pregare… in un balzo, lo
raggiunsi, sbucando al fresco buio della notte del Regno di Sailune…
Fu appena misi piede fuori che la creatura si volse
nuovamente verso di noi… Gli occhi oro parevano iniettati di sangue, alla luce
intensa delle fiamme…
“Vai al diavolo!!!” Con una rabbia insolita per lui,
Gourry afferrò l’elsa ancora incandescente della sua spada e si fece avanti.
“Gourry!!!” Non poteva ferire una creatura del genere con
una semplice lama, credevo che anche lui ne fosse consapevole!!! Oppure…
pensava di avere ancora fra le mani la Spada di Luce???
Nulla di tutto questo, per fortuna. Perché –me ne resi
conto molto presto- l’obiettivo del mio amico non era il mostro…
Spiccando un lieve salto, Gourry mirò alle pietre che
sovrastavano l’uscita dalla grotta. E la sua lama, resa più affilata dalla mia
magia, fu come sempre efficace. Due unici fendenti… e le rocce che sovrastavano
la creatura crollarono inevitabilmente sopra di lei…
…sepolta viva… se così si poteva definire…
“Lina! Adesso!!!” Annuii, intuendo cosa mi stava chiedendo
di fare. Scattando in avanti, recitai brevemente una semplice formula… “Dire
Brand!!!” L’onda d’urto investì in pieno le pareti della piccola cavità,
frantumando quanto ancora restava in piedi dopo il colpo di Gourry. Pochi secondi,
e della vista della creatura non ci restava nulla… se non un cumulo di macerie…
Il mio amico rilasciò la spada, e crollò in ginocchio.
“Gourry!!!” Preoccupata, corsi al suo fianco. Non era
ferito, ma là dove le sue dita avevano retto la sua arma, la pelle era
ustionata piuttosto gravemente… per non parlare della lama che giaceva al
suolo… il fuoco aveva lasciato perlomeno l’elsa in PESSIME condizioni…
grandioso… una spada da riparare, e altri soldi da buttare… quanto desideravo
che trovassimo presto un’altra arma magica…
“Avanti, dammi la mano…” Lo esortai, in tono gentile…
“Abbiamo bisogno che il tuo braccio destro sia funzionale, a quanto pare…”
“Sto bene…” Replicò il mio amico, fissando il suolo…
Sospirai. “NO che non stai bene, cervello di medusa… dammi
quella mano, su… non ti metterai a fare il bambino ora, vero…?”
Lo spadaccino non sollevò lo sguardo. “Se ti avesse
uccisa… sarebbe stata tutta colpa mia…”
A quelle parole, rimasi in silenzio per un istante.
Quindi, ritrassi la mano tesa, e la usai per dargli un secco colpo sulla nuca.
Il mio amico barcollò, rivolgendomi uno sguardo stupito.
“Eh… ehi, Lina!!! Che diavolo ti è preso???”
Portai le mani ai fianchi, rivolgendogli un’occhiataccia,
dall’alto in basso. “Uomini…” Esordii, in tono sprezzante. “… fai che mostrino
un minimo segno di codardia, ed eccoli lì, piegati al suolo, a tracciare il
terreno con le dita, come dei cani bastonati!!! Neanche avessero appena
commesso un omicidio!!!”
“Li… Lina…?”
Il mio volto si avvicinò al suo. “Stammi bene a sentire
cervello di medusa… quella è una creatura magica, come pensi che avresti potuto
resistergli, senza nemmeno sapere contro cosa stavi lottando, eh…?”
“M… ma…”
“Niente ma!!! Stare a rimuginare su quanto è stato non
serve proprio a niente, quante volte te lo devo dire??? Non è successo niente!
Ora è sepolto sotto un metro di roccia… e lo abbiamo abbattuto INSIEME…” Gli
rivolsi un mezzo sogghigno. “Senza contare che mi servi, e col braccio integro…
quindi, qui quella mano e silenzio! Non pensare di poter ritrattare il tuo
contratto da guardia del corpo per così poco…” Gli strizzai l’occhio…
Il mio amico sospirò… “Verrà il giorno in cui sarò in
grado di ribattere ad uno di questi tuoi ‘ragionamenti’…” Fallendo nel
mascherare un sorriso, mi porse la mano…
Sogghignai, recitando la formula del Recovery… “Un giorno
lontano, suppongo…quindi per ora
rassegnati a darmi ascolto…”
Restammo per qualche istante in silenzio, mentre la
formula cominciava a esercitare il suo effetto… quindi, l’espressione del mio
amico si fece seria… “Lina… dove pensi che siano andati a finire gli altri…
quegli esseri che abbiamo visto insieme al mostro che abbiamo abbattuto…?”
Mi accigliai. “Non ne ho la più pallida idea, Gourry… so
solo che provenivano dalla nostra stessa direzione…” Sollevai lo sguardo, sulla
strada verso la capitale… “…e ho idea che siano diretti a Est, come noi…”
Gourry spalancò gli occhi. “Vuoi dire… che stavano andando
a Sailune?”
Scossi la testa. “Non ho detto questo. Forse però seguono
una rotta fissa, prestabilita, su queste montagne… magari questa è una sorta di
‘luogo maledetto’, infestato…” Ma nemmeno io ero del tutto convinta delle mie
parole…
“Uh… e quindi pensi che ci siano anche altri di quei…
cosi…?”
Mi morsi il labbro. “E’ possibile, sì… gli altri soldati
morti in questo luogo, suppongo…” Lo fissai, seria. “E in tutta sincerità… ho
il dubbio che anche gli altri tre simpatici individui che abbiamo intravisto
prima si trovino nei paraggi… non so perché si siano separati, forse perché
erano convinti che uno di loro sarebbe bastato ad eliminarci… ma ho
l’impressione che il non-morto, prima, stesse cercando di suonare il corno per
richiamarli, e ciò significa che devono essere perlomeno a portata d’orecchio…”
Mi chiedevo solo il motivo… di quella decisione improvvisa…
“Uh… allora forse è il caso di allontanarci, che ne
dici…?”
Annuii, terminando la formula. “Non potrai reggere la
spada per un po’…” Lo ammonii. “… ma nel giro della notte il dolore dovrebbe
scomparire del tutto…”
Anche il mio amico fece cenno di sì con la testa,
sorridendomi. “Grazie, Lina, ora va molto…” La sua frase, tuttavia, si
interruppe bruscamente ed il sorriso gli si gelò sulle labbra, mentre i suoi
occhi si fissavano su qualcosa, alle mie spalle…
“Gourry, cosa…?” Mi voltai, di scatto… per osservare una
scena che l’oscurità magica di poco prima ci aveva celato… e che mi sarei anche
allora molto volentieri risparmiata…
Avevano banchettato, i bastardi… prima che le creature ci
incontrassero, un gruppo di viandanti doveva averli incrociati sulla sua
strada… ed era stato molto meno fortunato di noi, evidentemente… perché ora di
loro non restava molto altro se non carne lacerata, contratta… di un colorito
strano, azzurrognolo…
Ed occhi spenti, e pupille dilatate…
… paura… ecco l’ultima sensazione che tutti loro avevano
provato…
“Non… non…”
Non sapevo esattamente che cosa avessero fatto loro…
sembrava quasi… che li avessero DIVORATI… che ne avessero risucchiato le
energie vitali… ma si poteva riconoscere cosa erano… o cosa erano stati…
Mercanti in viaggio, probabilmente… che approfittavano
delle ore fresche della sera per spostarsi, ed erano stati colti di sorpresa
dalla tempesta, persi in quei boschi… quelli che avrebbero potuto essere i miei
genitori, qualche anno prima… L’uomo sovrastava la donna, come se cercasse di
proteggerla con il proprio corpo… due contro quattro… non avevano avuto alcuna
possibilità di difendersi…
“Dannati… bastardi…” Strinsi i pugni, tanto forte che ebbi
l’impressione di farli sanguinare…
Accanto a me, Gourry appariva sconcertato… “Cosa… cosa ci
facevano qui…? Loro… loro…” Già… se si trattava davvero di un luogo pericoloso,
perché dei mercanti lo stavano attraversando…? Erano forestieri, forse…?
Mi avvicinai ai corpi. “Non ci resta molto da fare per
loro…” Sibilai… Protendendo le mani avanti, presi a recitare un nuovo
incantesimo di fuoco…
“Lina aspetta!!!” Il mio amico mi pose una mano sulla
spalla… “Non… non credo che così… io credo che noi… noi dovremmo… seppellirli…”
Non lo guardai in volto. “Non abbiamo tempo, Gourry… non
sappiamo quando quegli esseri torneranno… e soprattutto non sappiamo se siamo
in grado di affrontarli…” Non volevo esporgli il mio ulteriore dubbio… un
quesito semplice, quanto inquietante…
… uccise da quegli esseri… quelle persone sarebbero
diventate come loro…?
Il mio amico, inspiegabilmente non fece domande. Forse…
forse aveva capito che non ero in vena di mettermi a discutere… o forse aveva
semplicemente concluso che avevo ragione… ad ogni modo, indietreggiò,
lasciandomi il campo per terminare la mia magia…
Per qualche ora, dopo la nostra partenza da quel luogo,
camminammo semplicemente fianco a fianco, nel più totale silenzio… mentre
scendevamo da quelle alture scoscese, procedendo verso un territorio
piacevolmente collinare, una domanda continuava a martellarmi nella mente…
Di quanto erano a conoscenza i sovrani di Sailune?
Sinceramente, dubitavo che Philionel sapesse che fatti
simili avevano luogo sui confini del suo regno… quell’uomo aveva tanti difetti,
ma l’ultima colpa che gli si poteva attribuire era quella di trascurare i suoi
sudditi, anche quelli che risiedevano nelle zone più remote della sua
giurisdizione… dubitavo che non avrebbe inviato anche un intero contingente dei
suoi uomini in quel luogo, se avesse saputo cosa vi era accaduto… Sailune… la
patria della magia bianca… accadevano cose simili, fra i suoi confini…?
Accadevano cose simili, nel nostro continente…? Quelle creature, per quel che
mi riguardava, erano pressoché avvolte nella leggenda… che significato aveva
l’incontro con esse… e proprio nel regno di una delle mie migliori amiche,
probabilmente l’ultima persona che avrei associato a quegli esseri…?
Sospirai. “Andiamo alla capitale.” Dichiarai,
semplicemente.
Gourry mi rivolse un’occhiata stupita… “Alla capitale…? Ma
non avevi detto di voler evitare di incontrare Philionel?”
Una GROSSA goccia di sudore scese lungo la mia guancia…
“Ehm… sì… forse ho detto una cosa del genere…” Mugugnai… “Ad ogni modo…”
Rivolsi verso di lui uno sguardo risoluto. “… credo che il re, e Phil, abbiano
il diritto di essere messi al corrente di quanto è accaduto stanotte, e il
DOVERE di intervenire… Senza contare che…”
“Senza contare che…?” Mi interrogò il mio amico,
perplesso…
Puntai un dito al cielo. “OVVIAMENTE Philionel non potrà
negarci ospitalità ed una GIUSTA ricompensa per queste informazioni…” Il mio
ghigno si allargò… “… e questo risolverà per un po’ i nostri problemi
finanziari… anche se, certo, questo è un fatto puramente secondario…”
“Già… puramente…” Ripeté il mio amico con aria rassegnata…
Ridacchiai. “In marcia, allora!” Gli strizzai l’occhio,
battendo una mano sulla sua schiena. “Il mio stomaco non attende!!!”
Già, in fondo… niente guai… nel regno della Magia Bianca…
Sailune.
Sole sul punto di tramontare, caldo ancora quasi soffocante. Questo era lo
scenario con cui la capitale della pace ci aveva accolti.
Stanchi,
affamati…
…e
sempre più al verde…
“Il
Palazzo è sempre stato aperto a tutti!!!”
Erano
trascorsi ormai un paio d’anni da quando il mio amico spadaccino ed io avevamo
messo piede per l’ultima volta nella città della Magia Bianca… non si poteva
dire che il nostro soggiorno e la nostra accoglienza fossero stati dei migliori
in quella occasione… molti ci avevano guardato con sospetto, soprattutto agli
inizi, e pochi avevano celato il loro disappunto quando ci era stato garantito
accesso ad ogni area del castello… certo… con il re disperso e la minaccia dei
demoni che incombeva, forse non avremmo potuto aspettarci qualcosa di molto
differente, allora…
…ma
ciò che di certo non avevo previsto era che la cosa si potesse ripetere anche
in futuro, al nostro ritorno, e addirittura in peggio…
“Protesterò
di fronte al sovrano!!!!!!”
…da
meno di due ore eravamo in città, e la vena sulla mia fronte mostrava già TUTTA
l’impressione di voler esplodere… avevamo girato in lungo e in largo per
trovare un’entrata a quel dannatissimo palazzo, ma la risposta che avevamo
ottenuto era sempre stata la stessa… due picche incrociate davanti agli occhi,
e la più totale indifferenza delle guardie ai portali di fronte alle mie
teatrali rivelazioni della mia identità… ero DECISAMENTE seccata… non mi
aspettavo certo che si inginocchiassero davanti a me, ma… io ero piuttosto
famosa, e a maggior ragione a Sailune… io ero la SALVATRICE di quella città,
dannazione!
…avevo
già zittito a modo mio Gourry quando mi aveva fatto notare che l’ultima volta
avevo raso al suolo un quartiere con un Dragon Slave… insomma, era stato per
cause di forza maggiore, GIUSTO?
“Ve
lo ripeto per l’ennesima volta…” Stavo fronteggiando due guardie dall’aria
arcigna, abbarbicate sulla lieve salita che introduceva a palazzo attraverso la
piazza del mercato, un’entrata solitamente non molto frequentata e, seccante a
dirsi, la nostra ultima spiaggia… “… voi non avete il diritto di bloccarci qua
fuori!” Le mani sui fianchi, l’aria risoluta, questa volta non avevo la minima
intenzione di lasciar perdere e andarmene… era già accaduto troppe volte, e nel
giro di troppo poco tempo… affiancata da Gourry che cercava di calmarmi,
frenata dal pensiero che Phil non avrebbe gradito trovare la corte
improvvisamente distrutta, illusa dal pensiero che in fondo le guardie che
avevo incontrato potessero essere giovani ed inesperte reclute (D’ACCORDO, so
benissimo che Philionel non è tanto sprovveduto da mettere reclute di guardia
al palazzo reale, ma una povera ragazza deve pur cullarsi in qualche
illusione…), avevo resistito già fin troppo a lungo all’impeto di aprirmi la
strada a Palle di Fuoco… e quei due stavano portando al limite massimo la mia
capacità di sopportazione… “…L’erede al trono mi conosce, la principessa mi
conosce, persino il principe Cristopher potrebbe garantire per me! Sono Lina
Inverse, capito??? Lina Inverse!!! Avete gli occhi foderati di prosciutto, per
caso???”
Un
sospiro giunse dalle mie spalle… Gourry si stava guardando attorno con fare
stanco, e lievemente annoiato… e stava ignorando completamente la mia
conversazione con le due guardie…accidenti a lui, e alla sua mania di fare finta che le cose non lo
riguardassero…
Cessando
di seguire il suo sguardo che vagava sulla piazza, tornai a rivolgere
l’attenzione ai miei interlocutori… “Volete farci passare, sì o no???”
Il
più anziano dei due soldati mi rivolse uno sguardo colmo di pedanteria… “Io non
posso che ripeterti, ragazzina…” Ragazzina? RAGAZZINA??? Mi era stato mostrato
un minimo di rispetto, l’ultima volta che avevo messo piede in quel luogo!!!
Dove diavolo erano finite le guardie che mi conoscevano??? “…che il nostro
Signore ci ha imposto di non permettere a NESSUNO l’entrata all’interno del
palazzo… e sono certo, se vuoi saperla tutta, che sarebbe ancora meno felice di
sapere che il suo ordine è stato trasgredito per ammettere dei portatori di
guai…” Mi squadrò da capo a piedi, con aria di sufficienza…
Portatori…
di guai…? D’accordo, non avevo precisamente l’aria della sacerdotessa tramite
della parola degli dei ma… ora qualcuno aveva detto una offesa di troppo…
“Bene…
Se non avete intenzione di capirla con le buone…” Iniziai, in tono tutt’altro
che rassicurante, rimboccandomi le maniche della tunica…
Un
lieve tossicchiare interruppe la mia ‘opera di persuasione’, mentre una mano si
poggiava sulla mia spalla. “Ehm… e non sarebbe possibile mandare a chiamare un
qualsiasi membro della famiglia reale, per risolvere questo spiacevole
MALINTESO…?” Il mio amico spadaccino calcò sull’ultima parola, lanciando
un’occhiata significativa alla guardia, con lo sguardo di chi sta cercando di
avvisarti che un cavaliere dell’Apocalisse sta scendendo alle tue spalle… Ehi,
ehi!!! Che impressione avrebbero avuto di me, se si comportava così???
La
guardia rivolse un’occhiata annoiata allo spadaccino. “Il sovrano ha altro da
fare al momento… è in atto un Concilio di estrema importanza, non siamo
assolutamente tenuti a disturbarlo per questioni di così scarsa rilevanza…”
“Capisco…”
Fece Gourry in tono rassegnato, rivolgendomi un’occhiata che mi implorava di
mantenere la calma… Lo ignorai, tuttavia, così come avevo appena lasciato da
parte la mia rabbia… qualcosa di diverso, rispetto al poco velato disprezzo nei
nostri confronti, aveva attratto la mia attenzione nella replica del soldato…
“Un Concilio…?” Aggrottai le sopracciglia. “E’ successo qualcosa? E’ per questo
che la città oggi è così tranquilla?” Ero rimasta stupita nel vedere come la
piazza, solitamente gremita di persone anche a quell’ora della sera, fosse
pressoché deserta, e come la città a mano a mano che si avvicinava il
crepuscolo si fosse progressivamente svuotata… sembrava quasi che fosse stato
indetto un coprifuoco…
Il
soldato si accigliò, alla mia domanda. “Di sicuro non è accaduto nulla che
possa riguardarvi.” I suoi occhi si indurirono. “E ad ogni modo…” Il suo
sguardo passò da Gourry a me, colmo di disappunto… “…mi sembra che voi due
mercenari stiate ficcando un po’ troppo il naso nelle faccende della famiglia
reale… per non risultare sospetti…” Non potei evitare di notare, con un
sussulto, la sua mano destra che scendeva verso l’elsa della spada…
“Che
cosa sta succedendo, qui?”
Una
voce profonda e colma di autorità irruppe a sovrastare qualsiasi mia possibile
replica… “Chi osa creare tutto questo scompiglio alle porte del palazzo,
mancando di rispetto alla Corona di Sailune?” La voce fu seguita a breve
termine dal proprietario… occhi gelidi, di un blu cupo, quasi violaceo, si
posarono su di noi, emergendo dalla penombra dell’ampio cortile alberato alle
spalle delle guardie… un uomo alto, la corporatura massiccia tipica dei membri
della famiglia reale… i lunghi capelli neri ricadevano stranamente lisci lungo
le spalle, ed i lineamenti, al di sopra della barba arruffata, si mostravano
più regolari di quelli di Philionel… ma, solo a giudicare dal suo aspetto,
avrei potuto giurare che quell’uomo si trovasse stretto da un qualche legame di
parentela con l’erede al trono… senza contare ciò che portava al collo… un
medaglione su cui spiccava, suggestivamente illuminato dai raggi del sole
morente, il sigillo reale di Sailune…
“Combattenti…”
Meditò per un secondo il nobile, squadrandoci, e continuando a farsi strada
verso di noi, fino a fronteggiarci… Istintivamente, indietreggiai… l’incedere
sicuro di quell’uomo mi appariva in qualche modo… pericoloso… “Le mie guardie
mi avevano avvisato che due mercenari continuavano ad insistere fastidiosamente
per entrare…” Le… MIE… guardie…? “Lina Inverse e Gourry Gabriev… a quanto pare
le informazioni che ho ricevuto erano esatte…” Il suo sguardo si posò su di me,
ed un brivido mi corse istantaneamente lungo la schiena. “… già… riguardo alla
vostra identità ci sono davvero pochi dubbi…” E a quella affermazione, i suoi
occhi scesero lungo il mio corpo, per soffermarsi su una zona che, soprattutto
per me, risultava DECISAMENTE delicata…
Stringendo
i denti ed arrossendo, incrociai le braccia al petto, con fare protettivo… “Che
diavolo vorresti dire???”
L’uomo
sorrise, e sollevò lo sguardo. “Oh, solo che la tua fama ti precede, Lina
Inverse… e con tutti i particolari che ‘colorano’ le storie che circolano sul
tuo conto, è davvero IMPOSSIBILE non riconoscerti…” Il suo sogghigno si fece
insolente, ed il mio rossore, se possibile, peggiorò… pezzo di…
“LAUDRECK
–SAN!!!” Un’altra voce, questa volta del tutto nota, risuonò alle spalle del
mio interlocutore, che sussultò, evidentemente colto di sorpresa… e non potei
fare a meno di notare quanto fu rapido il gesto furtivo con il quale
quest’ultimo nascose il sigillo reale al di sotto della tunica decorata che lo
rivestiva…
“Laudreck
– san, che cosa sta succedendo qui???” Un’altra figura emerse trafelata dalla
cancellata, seguita da tre uomini in armatura completa, che recavano gli stemmi
di Sailune… la nuova arrivata squadrò con aria decisamente contrariata il
nobile, che in tutta risposta le rivolse un breve inchino…
“Principessa
Amelia…”
La
nostra amica non parve minimamente rabbonita dal gesto di rispetto che le era
stato rivolto… “Laudreck –san, voglio immediatamente sapere che cosa significa
QUESTO!” Senza dare nemmeno l’impressione di notarci, la principessa puntò il
dito verso le due guardie all’entrata, che si stavano scambiando occhiate
nervose… “Perché uscita dalla stanza del Concilio, QUESTO è ciò che ho trovato,
senza che ci fosse stato alcun precedente avvertimento o richiesta! Cosa ti ha
autorizzato a sostituire i soldati di ronda alle entrate con membri della TUA
guardia personale???”
Una
piccola goccia di sudore freddo scese lungo la fronte del nobile, che tuttavia
fece del suo meglio per dare tutta l’impressione di restare tranquillo… “E’ una
piccola libertà che mi sono preso, principessa… i soldati sono stanchi, dopo
l’ultima missione, e le truppe scarseggiano, qui a Sailune… l’intento di vostro
padre di non creare inutili tensioni fra i regni è sicuramente molto nobile, ma
è inevitabile che sia anche fonte di qualche disagio… in questo momento il
principe Philionel è fin troppo impegnato, ho pensato che fosse come minimo
dovuto risparmiargli l’accollarsi un onere di routine come la difesa del
Palazzo e…”
“Laudreck
–san, non so come funzioni sui tuoi territori, ma qui a Sailune, quando si
‘pensa’ a qualcosa che riguarda la sicurezza generale, prima di metterlo in
atto lo si discute di fronte a chi ha il compito di assumersene la
responsabilità!!!” La principessa fece un passo avanti, incollerita. “Se tutti
si mettessero a prendere iniziative personali su tutto, un regno così grande
cadrebbe nel più totale caos!!!” Le guance della mia amica erano accese di quel
fervore che sempre metteva nella difesa degli ideali in cui credeva… e, a
dispetto della situazione, non potei impedirmi di sorridere, nel trovarmi di
fronte alla sua consueta energia… a quanto pareva, non era cambiata…
“Mi…
mi dispiace principessa… giuro che non accadrà più…” Il nobile le rivolse un
altro breve inchino… ma non occorreva certo una particolare capacità intuizione
per comprendere che non era affatto pentimento quello che brillava in quel
momento nei suoi occhi…
Amelia
non parve farci caso, comunque… il suo sguardo si spostò brevemente su di noi,
senza quasi dare l’impressione di notarci, per poi tornare a posarsi sul
prostrato interlocutore… “E poi, posso sapere che cos’è questo caos
all’entrata? Le guardie all’interno mi hanno detto che…” La sua frase morì a
metà, mentre la principessa batteva le palpebre, come se fosse stata
improvvisamente colpita da un fulmine… I suoi occhi tornarono a posarsi sullo
spadaccino e su di me, stavolta tutt’altro che disattenti… “LINA -SAN???”
Inarcai
un sopracciglio, un mezzo sorriso sulle labbra… “Cominciavo a chiedermi quanto
ci avresti messo ad accorgertene…”
“Lina
–san!!!” Le labbra della principessa si aprirono in un sorriso. “Ero convinta
che fossi ancora al di là della barriera!!! Non avrei mai pensato di trovarti
qui!!!” I suoi occhi si spostarono sul mio compagno. “Ci sei anche tu, Gourry
–san!!!” Il suo sorriso si allargò, mentre mi strizzava velocemente l’occhio…
“Ovviamente…” Aggiunse in tono lievemente divertito… eh… ehi… avevo idea che la
compagnia di Zelgadiss non facesse bene a quella ragazza…
“Amelia…”
Ancheil mio amico si avvicinò,
salutandola con calore. “Come stai?”
“Oh,
tutto a posto, Gourry –san, a parte…” La principessa si interruppe di nuovo,
assumendo un’aria contrariata… quindi il suo sguardo si volse nuovamente verso
Laudreck, che aveva assistito alla scena in silenzio, con aria lievemente
disgustata… “A proposito, Laudreck –san… sono queste le persone di cui mi hanno
parlato le guardie…? Quelle che i tuoi uomini hanno respinto all’entrata?”
L’espressione
del nobile, a quella domanda, si fece visibilmente nervosa… “Ehm… si è
trattato… di un increscioso equivoco… avevo dato ordine di non lasciar passare
nessuno… ma poi mi hanno detto che si trattava di questi vostri due amici e
quindi… ero qui proprio per rimediare…” Mi accigliai. Poteva anche essere come
diceva lui, certo… ma io avevo avuto ben altra impressione… quando si era
presentato davanti a noi non aveva avuto precisamente l’aria di chi ci avrebbe
accolti a braccia aperte…
Anche
Amelia aggrottò le sopracciglia, squadrandolo intensamente, mentre gli rispondeva…
“Non si tratta solo di amici miei, Laudreck –san, ma di amici di questo regno…
forse le tue guardie dovrebbero essere un po’ meglio istruite… su chi ci ha
aiutato in passato e chi deve realmente essere respinto…”
L’inchino
del nobile si fece più profondo… “Provvederò indubbiamente, principessa…”
Sollevò lo sguardo su me e Gourry, gelandoci con un’occhiata… dei, che uomo
sinistro… “…ora se volete scusarmi… Philionel aveva chiesto di parlarmi, dopo
il concilio… non vorrei farlo attendere…” Uh, uh, in altre parole ti stai
ritirando con la coda fra le gambe…? “Mi auguro che ci rivedremo… presto…” Ci
fulminò nuovamente, mentre il suo sguardo mi studiava per un momento, per poi
soffermarsi un po’ più a lungo del dovuto sul mio compagno e sulla spada che gli
pendeva lungo il fianco… un’occhiata che anche Gourry parve notare, perché
fissò lo sguardo sulla schiena del nostro interlocutore che si allontanava con
una punta di nervosismo. Il mio amico ed io ci scambiammo un’occhiata. Non male
come accoglienza…
Il
silenzio ci avvolse per qualche secondo, mentre il nobile si faceva strada,
seguito dalle sue due guardie, lungo il cortile… Fui io a decidermi a
spezzarlo, quando la sua schiena fu sufficientemente lontana perché avessi la
certezza di non essere udita… “Chi è quell’individuo, Amelia…?” Domandai, con
fare meditabondo…
La
principessa sospirò. “Uno dei vassalli più importanti di mio padre… papà ha
indetto un Concilio qui a Sailune, e anche lui è stato convocato, e sarà nostro
ospite, fino a quando la discussione non avrà avuto termine…” Mi lanciò
un’occhiata. “…si tratta del fratello minore di Randy…”
Spalancai
gli occhi. “RANDY??? Intendi dire…quello… quello che…”
Amelia
annuì. “Il traditore, sì… dopo la sua morte il territorio che gli apparteneva è
passato in eredità al fratello… papà è stato generoso con la sua famiglia, e ha
deciso di non privarli dell’investitura… credo che sia perché lui e Laudreck
–san si conoscono piuttosto bene…” Si strinse nelle spalle… “…hanno più o meno
la stessa età, e Laudreck -sanè stato
istruito qui a palazzo, quando era ragazzo… credo bazzicasse spesso da queste
parti… lui e la sua famiglia non erano in buoni rapporti, a quanto pare…
gelosie fra lui e suo fratello, credo, ma papà non parla spesso di questa
faccenda…”
Inarcai
un sopracciglio. “A… aspetta un momento… c’è qualcosa che non mi quadra… quando
li ho incontrati, Phil mi ha detto che lui e Randy erano fratelli… quindi…” Uh…
che confusione… avevo sempre detestato la storia dinastica, sin dai tempi della
scuola…
Amelia
sorrise lievemente alla mia confusione. “Fratellastri.” Dichiarò, annuendo.
“Randy era figlio della prima moglie di mio nonno, Lyn… così come Laudreck
-san… solo dopo la sua morte è avvenuto il matrimonio con la madre di mio
padre… ma mio nonno ha scelto di privilegiare i nati dalla seconda moglie per
la successione, e così ha assegnato un altro cognome a Randy e a Laudreck, che
hanno ottenuto un territorio su cui regnare, ed un castello che condividevano
in linea materna…” Si strinse nelle spalle… “…ma non chiedermi il motivo di
questa scelta…” Concluse, con un mezzo sospiro…
Annuii,
restando un po’ interdetta per la spiegazione. “Una famiglia complicata…”
“Ah…
allora sono giustificato se non ho capito assolutamente nulla, esatto…?” Gourry
mi rivolse uno sguardo perplesso, che ricambiai con un’occhiataccia.
“Scommetterei
sulla mia cena che non stavi nemmeno ascoltando…” Tirai un profondo sospiro…
Amelia
rise, con allegria. “Voi due non siete cambiati per niente, eh?” Scosse la
testa. “Ammetto che la mia famiglia a volte è un po’ complicata…a volte Sailune sembra un coacervo per i
guai e le stranezze…” Bé, sul fatto che non avesse un erede al trono normale
ero PIENAMENTE d’accordo…
Sospirai.
“Ad ogni modo… sono decisamente felice che tu sia qui, Amelia…” Le sorrisi,
agitando la mano in segno di noncuranza. “Il tira e molla con le guardie
cominciava a farsi frustrante… pensavo che non saremmo più entrati…”
Gourry,
alle mie spalle, sospirò… “Oh, io invece ero CERTISSIMOche saremmo entrati… ciò che più mi
preoccupava era il COME…” Gli rivolsi la peggiore delle mie occhiate…
Amelia
si trovò nuovamente a ridacchiare, al nostro scambio di battute. “Bé, quando ho
sentito che dei viandanti che chiedevano della famiglia reale erano stati
bloccati fuori dalle mura senza che venisse nemmeno lasciata loro la
possibilità di farsi identificare ho pensato che fosse profondamente INGIUSTO…”
Assunse per un momento il suo caratteristico sorriso fiero di paladina della
giustizia… “… ma se raggiungendovi ho salvato anche l’intonaco nuovo del
palazzo, tanto meglio…” Mi fissò significativamente, senza smettere di
sorridere… ehi, ehi, che vorresti dire…?
Sospirai.
“Ad ogni modo… siamo qua. Pensi che Sailune abbia una stanza da offrirci?
Abbiamo qualche questione da discutere con te e con Phil…” A questa
affermazione la principessa mi rivolse un’occhiata curiosa, ma decisi di non
approfondire la questione, mentre ci trovavamo lì fuori…
Amelia,
comunque, parve non avere intenzione di insistere. Con un sorriso ed un breve
cenno, ci invitò a seguirla nel fresco ristoratore delle sale del palazzo… “In
realtà tutta la zona riservata agli ospiti al momento è occupata a causa del
Concilio…” Spiegò, camminando di fronte a noi, reggendo le pieghe del suo lungo
vestito per evitare di inciamparvi… “Ma non credo che papà avrà problemi a
piazzarvi negli appartamenti reali… in fondo dice sempre di doversi ancora
sdebitare con voi per la faccenda di Kanzel e Mazenda…” Superato l’ampio
cortile, i portali del palazzo vennero aperti per noi da un paio di guardie
dall’aria stanca, che non ci rivolsero che un assente inchino… “Purtroppo
però…” Proseguì la principessa… “Dubito che potrete parlare con lui prima di
sera…” Si volse verso di noi, l’aria pensierosa. “La discussione sembra tirare
per le lunghe… e so che papà dopo il Concilio intendeva conferire privatamente
con le persone per cui ha più fiducia…”
Mi
accigliai. “A proposito di questo, Amelia… cosa sta succedendo…? Per tutto il
pomeriggio non ho fatto che notare come l’atmosfera a Sailune sia stranamente
tesa…” Esitai un momento, poco convinta io stessa delle parole che stavo per
pronunciare… “Non sarete… sul piede di guerra,vero…?” Abbassai istintivamente
la voce nel porre questa domanda.
A
contrario delle mie aspettative, Amelia non negò con forza, né assentì… si
limitò ad emettere un lieve sospiro, come se si fosse aspettata la mia domanda…
“No, le cose non stanno così, Lina-san… non propriamente… ma indubbiamente
Sailune si trova di nuovo coinvolta in un guaio…”
Mi
accigliai, nuovamente. “Un guaio…?”
Giunti
all’estremità più interna dell’ampio atrio, ci fermammo, mentre la principessa
convocava con un cenno un paio di camerieri e gli affidava i nostri oggetti.
Attesi
pazientemente che la principessa terminasse di dare disposizioni per la preparazione
delle nostre camere, e la fronteggiai quando si volse per rispondermi. La mia
amica scosse semplicemente il capo in segno di assenso, con fare un po’
rassegnato. “Un guaio di cui purtroppo non conosciamo esattamente la natura… ci
coinvolge meno direttamente che quando la capitale era stata presa di mira dai
demoni, ma…”
Il
rumore di una porta che si apriva interruppe la spiegazione della principessa…
tutti e tre ci volgemmo, per osservare la figura imponente di Phil che si
stagliava contro il vicino stipite, attorniata da un paio di guardie, e ci
squadrava con aria meravigliata…
“Papà…”
Esordì Amelia, perplessa. “Pensavo che ne avessi fino a tardi…”
Lo sguardo di Philionel ricadde per un attimo
sulla figlia. “Doveva essere così, ma sono stato avvisato dell’arrivo di un
messaggero…” Tornò a fissarci. “Ma voi… quando siete arrivati…?”
“Bé…”
Iniziai, temendo che la nostra visita improvvisa lo avesse in qualche modo
seccato, ma non ebbi nemmeno il tempo di terminare di considerare questa
ipotesi… Il principe si era già gettato su di me, e aveva rischiato di
frantumarmi una spalla con una delle sue ‘pacche amichevoli’…
“Ma
che importanza ha???” Eruppe in una sonora risata. “A quanto pare i destini dei
paladini della giustizia sono sempre destinati a incrociarsi!!! Bentornati a
Sailune, ragazzi!!!”
Lo
squadrai di sottecchi, con fare minaccioso, mentre mi massaggiavo la spalla…
“Sempre pieno di energie, eh, Phil?”
L’erede
al trono rise, nuovamente. “Ma certo! Quasi quanto voi di appetito, a quanto
ricordo… ed è sempre così, suppongo!” Strinse bonariamente quanto energicamente
la mano a Gourry. “Lasciatemi svolgere quest’ultima incombenza, e pi ci penserò
io a sistemarvi. Questa sera si banchetta! Non c’è sfida che le cucine di
Sailune non possano affrontare!” Mi strizzò l’occhio, ed io gli sorrisi, mio
malgrado, fingendo di ignorare i poco carini commenti riguardo al nostro
appetito… la parte del suo discorso che riguardava il banchetto era PIU’ CHE
SUFFICIENTE a rendermi bendisposta anche verso la sua esuberanza…
“Papà…”
Amelia gli si rivolse nuovamente, inserendosi con serietà nella ventata
d’allegria portata da Philionel… “Lina e Gourry dicono di avere qualcosa di cui
parlarci… se tu potessi, per un momento…”
Phil
annuì, senza lasciarla terminare. “Stasera, Amelia… mi hanno detto che sono
giunte altre notizie dal confine… importanti, pare…” La sua espressione assunse
una sfumatura tesa… “Credo che questo debba avere la precedenza…”
Amelia
stranamente annuì, senza ribattere.
“Ad
ogni modo…” Il volto di Philionel si aprì nuovamente in un sorriso. “Falli
accomodare! Sono contento che siate qui! Amelia è sempre dannatamente sola in
questo palazzo… persino io ultimamente la trascuro e non coccolo più la mia
figlioletta come prima!” Strizzò un occhio alla principessa, che sorrise
adorante, con quel misto di ammirazione ed affetto che sempre riservava al
padre… Amelia ormai aveva raggiunto la maggiore età, e non era più la bambina
che avevamo conosciuto quattro anni prima… ma nel suo rapporto con Phil, nel
privato, non molto pareva cambiato… ad una affermazione simile, probabilmente,
se mi fossi trovata al suo posto mi sarei trovata terribilmente in imbarazzo…
ma era inutile, ormai sapevo come erano fatti quei due… e avevo rinunciato a
capirli… anche se in fondo supponevo fosse normale il loro attaccamento… la
famiglia reale di Sailune non aveva avuto un passato facile…
La
principessa sospirò, osservando il padre che si allontanava… “Papà non è capace
di non sdrammatizzare… fra tanti guai che abbiamo avuto continua sempre a
pensare che tutto si risolverà per il meglio…” Si volse verso di noi, con un
sorriso. “Ma in fondo è quasi sempre andata così… la giustizia trionfa, no?”
Sospirai,
incapace di deluderla, stavolta… “Già… suppongo di sì…”
“Mmm…
ma vedo che voi due avete un’aria piuttosto malridotta ed affamata… che ne
direste di un piccolo anticipo a quello che papà vi ha promesso per questa
sera?”
Vi
ho mai detto che stimo e condivido molto le idee di Amelia…?
Stavo
appunto per esprimere la mia approvazione alla principessa riguardo ai suoi
programmi per la serata… quando l’urlo si levò.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!”
Un
grido di battaglia, chiaro, nitido, seguito da rumori di lotta. Voci concitate
lo accompagnarono, e sentii distintamente qualcuno invocare il nome di
Philionel…
“Cosa
diavolo…” Gourry pose mano ad una spada ormai inutilizzabile e si precipitò
verso la porta dietro la quale era scomparso Phil…
“Gourry,
sei disarmato!!!”
“Papà!!!”
Amelia
ed io ci gettammo al suo inseguimento, all’interno del portale ormai
spalancato… e lo spettacolo che ci si parò davanti mi lasciò come minimo
stupita… tre guardie corpulente erano riverse al suolo, senza ferite evidenti,
come se fossero state abbattute con la semplice forza di mani nude… e la furia
causa di tutto questo pareva essere un semplice uomo, di corporatura piuttosto
esile, che ora troneggiava sulla figura di Philionel, premuta contro la parete.
I vestiti stracciati, la pelle segnata ed i capelli logori, i piedi scalzi
nient’altro che due forme sanguinanti, come se da giorni non avesse fatto altro
che camminare senza sosta… e nonostante questo, pareva riuscire senza alcuna
difficoltà ad avere la meglio sul muscoloso principe…
“Philionel!!!”
Gourry, che ci aveva precedute, era già schizzato in avanti verso le due figure
in lotta. Col fiato sospeso, stetti a guardare mentre estraeva la spada,
reggendo l’impugnatura deformata con la mano che la mattina dopo il nostro
combattimento con i non- morti gli avevo per prudenza fasciato… fortunatamente,
se anche si era dimenticato che l’arma non era più in grado di colpire
efficacemente, parve rendersene conto non appena la impugnò. Frenando
all’improvviso nella sua corsa verso l’assalitore riverso su Phil, piantò il
piede destro al suolo e, la punta della lama che ancora terminava di scivolare
fuori dal fodero, colpì l’uomo con tutte le sue forze con l’elsa,
costringendolo a barcollare lontano dal principe…
L’assalitore,
apparentemente colto di sorpresa nonostante il baccano che tutti e tre avevamo
fatto nel precipitarci nella sala, si volse verso di noi, lo sguardo carico
d’odio…
Fu
allora che li notai.
Occhi
dorati.
“Dannazione!!!”
Esclamai, scattando immediatamente in avanti, per precedere qualsiasi sua mossa
verso Gourry. Di nuovo la stessa situazione, a soli due giorni di distanza… e
l’esperienza mi aveva insegnato a credere poco alle coincidenze…
“ELMEKIA
LANCE!!!” Non ero ancora certa di quale tipo di incantesimi potesse essere
efficace contro quelle creature, e ne scelsi uno che aveva buone possibilità di
andare ad effetto. Non si trattava propriamente di una creatura spirituale, è
vero, ma era un essere che aveva superato la morte, e qualcosa su cui una legge
così universale non ha effetto non è una creatura di questo mondo… sperai
fortemente che un incantesimo come quello, che agiva direttamente dal piano
astrale e che si era rivelato piuttosto efficace con i demoni potesse sortire
qualche effetto anche contro di essa…
Ma
evidentemente mi sbagliavo. Il mio colpo lo trapassò da parte a parte,
lasciandolo intontito, forse, ma totalmente illeso.
“Perché…?!?”
Ma
non ebbi il tempo di pormi domande. La creatura, ripresasi dallo stordimento,
rivolse il suo sguardo glaciale verso di me. E scattò in avanti.
“Lina!!!”
Lo
spadaccino non ebbe alcuna possibilità di muoversi per fermarlo. Il mostro mi
era già addosso, ed era dannatamente veloce! Indietreggiai, incespicando, con
l’orribile sensazione di non sapere come reagire. Ma non mi fu dato modo di
riflettere. Con una violenza inaudita per quelle braccia esili, mi colpì in
pieno stomaco, scaraventandomi contro una parete.
“Lina!!!”
Gourry scattò in avanti, cercando di venire in mio soccorso. Avrei voluto avere
fiato per dirgli di non avvicinarsi, ma non riuscii a fare altro che
boccheggiare, e riversarmi su me stessa… le mie costole avevano GRIDATO a quel
colpo…
“ADESSO
BASTA!!!” Una voce tuonò, imperiosa, echeggiando nell’ampia sala. Philionel,
che ripresosi dall’assalto, si era risollevato in piedi, ed ora fissava la
creatura con aria grave… oh, dei, non aveva per caso intenzione, in quella
situazione, di iniziare una delle sue arringhe per ‘riportare il nemico sulla
retta via’? “PERCHE’ STAI FACENDO QUESTO???” Tuonò ancora. “Cosa ti ha fatto la
famiglia reale, per tradirla??? Ti abbiamo forse mancato in qualcosa??? Non
siamo sempre stati leali nei tuoi confronti???”
Ma
che stava… dicendo…?
Mi
volsi verso la creatura, e osservai con sorpresa che si era fermata, lo sguardo
fisso su Phil… sembrava… indecisa… Cosa stava succedendo…?
“RA
TILT!!!” Amelia non perse tempo come me a farsi domande. Forse vedendo la
rinnovata attenzione del mostro verso Phil come una minaccia, la principessa
approfittò del suo momento di distrazione per farsi avanti e coglierlo, ancora
una volta, di sorpresa… Stavolta, il colpo parve sortire qualche effetto, e la
creatura si bloccò nuovamente, stordita… ed io non avevo intenzione di perdere
quell’occasione…
Faticosamente
mi sollevai in ginocchio, e… “Palla… di
fuoco…” Recitai.
Il
colpo magico si sprigionò dalle mie dita, anche se non a piena potenza, come
temevo… il fuoco pareva avere sortito qualche effetto la volta prima… incrociai
le dita…
“UAAAAAAAAAAAAAARGH!!!”
Con un grido di dolore, la creatura avvolta dalle fiamme indietreggiò.
Coprendosi il volto, agitando il corpo come impazzita, prese a correre per la
sala, incoerentemente.
Gourry
finalmente mi raggiunse, e mi si parò davanti con fare protettivo, mentre io mi
accasciavo nuovamente al suolo.
“Fermatelo!!!”
Gridò alle guardie che stavano riprendendo i sensi. “Fermatelo o finirà per
fare del male a qualcuno!!!”
Ma
nessuno di noi ebbe il tempo di reagire. Accecata dal dolore, la creatura si
scagliò verso l’unica uscita, la porta che ci aveva condotti nella stanza,
rimasta spalancata…
“Go…
Gourry…” Invocai, semplicemente.
Il
mio amico annuì, e mi sollevò, quasi di peso, buttandosi all’inseguimento del
mostro. Alle nostre spalle, la principessa ci seguì, mentre le guardie si
gettavano in soccorso di Philionel. Ma la creatura era troppo veloce per noi.
Gourry forse avrebbe potuto raggiungerla, ma in quel momento c’ero io a
zavorrarlo e Amelia, d’altra parte, non ebbe il tempo di recitare alcun
incantesimo di volo… di fronte ai nostri occhi impotenti, il mostro si gettò su
per la enorme scalinata che dall’atrio conduceva ai piani superiori, e verso la
grande finestra al centro della parete, lasciata aperta al fresco della sera…
con un altro grido disumano, la creatura la imboccò, gettandosi al di fuori.
“Per
di qua!!!” Ci intimò Amelia, superandoci, ed immettendosi, attraverso una porticina
alla base delle scale, in quello che aveva tutta l’aria di un corridoio della
servitù… un paio di donne in tenuta da lavoro, due ceste piene di biancheria
fra le braccia, ci osservarono con curiosità mentre ci precipitavamo verso la
porta successiva, al termine del corridoio. Con facilità, Amelia la spinse e la
spalancò, conducendoci in un piccolo cortile illuminato dalla debole luce del
sole calante… ai suoi lati, si aprivano altre aree del palazzo, che si
estendevano ordinatamente nella caratteristica forma esagonale verso un’altra
cerchia di mura interne, attorno al torrione centrale… al centro, un piccolo
pozzo, da cui probabilmente la servitù traeva l’acqua per le sue faccende
quotidiane… e vicino ad esso, la creatura, stesa a terra. Senza vita.
Avvertendo
l’adrenalina che lentamente scivolava via dal mio corpo, mi accasciai contro il
mio ‘sostegno’… “Sai, Amelia…” Mugugnai… “Credo che questo ti costerà un extra
nella cena…”
Anche
la principessa si fermò accanto a noi, ansimante. “Mi domando… che cosa gli
fosse preso… è sempre stato leale verso la famiglia reale… aggredire papà a
quel modo…”
Gourry
ed io battemmo le palpebre e ci fissammo, per un secondo… “Vuoi dire… che lo
conoscevate…?”
“Era
uno dei miei messaggeri più fidati.” Fu la voce di Phil a risuonare, grave,
alle nostre spalle. Ci volgemmo ad osservare la sua figura che si stagliava
nella penombra dell’imboccatura del corridoio da cui eravamo giunti.
Apparentemente, non era ferito… “Mi avevano detto che era giunto malridotto e
senza scorta, per questo sono accorso per parlargli… mi è parso strano non
appena lo ho visto… ma non immaginavo che avrebbe…” Scosse la testa. “Voi tre
state bene?”
“Lina
è…” Iniziò Gourry, ma io scossi la testa prima che potesse terminare la frase…
“Sto bene. Ho preso solo una brutta botta…” Era vero… se all’inizio il colpo mi
aveva stordito, ora mi sentivo solo molto indolenzita, ma il grosso del dolore
immediato era scomparso… in fondo, non dovevo avere niente di rotto, anche se
non mi sarei risparmiata qualche livido…
“Ad
ogni modo, è meglio se ti fai controllare dai sacerdoti del palazzo, Lina- san…
posso accompagnarti io se…” Iniziò Amelia.
“Solo
un momento.” La interruppi. C’era una cosa che non mi convinceva… certo, la
sala in cui avevamo combattuto era avvolta nella penombra, e la sorpresa
dell’attacco poteva avermi giocato qualche scherzo, ma… quegli occhi… io li
avevo visti, ne ero certa… poteva… non trattarsi di un semplice caso di
tradimento…?
Mi
accigliai. “Gourry… accompagnami vicino a lui, per favore…”
“Eh…?”
Il mio amico mi fissò, sorpreso.
“Vicino
al messaggero… ho bisogno di controllare una cosa…”
Lo
spadaccino, sebbene perplesso, annuì, e mi sorresse fino alla figura che
giaceva accasciata al suolo, di schiena… Cercando di vincere il naturale senso
di repulsione di fronte alla morte che nemmeno tanti anni di combattimento
avevano cancellato, esaminai il corpo, senza toccarlo… la pelle carbonizzata
dell’uomo aveva assunto un colorito nerastro, ma la figura non era
irriconoscibile come mi ero aspettata… normalmente il fuoco magico del mio
incantesimo era in grado di fondere anche il ferro, ma in quell’occasione i
danni non erano stati così profondi, tanto che sospettai che non fosse stata la
mia magia, quanto piuttosto la caduta, a dare il colpo di grazia a quell’uomo…
questo però smontava immediatamente le mie ipotesi… dubitavo che un non- morto
potesse essere abbattuto da qualcosa di così semplice…
Eppure…
eppure… perché la mia Palla di Fuoco non era stata efficace? Era colpa mia? Del
fatto che quando avevo lanciato l’incantesimo ero stordita? …O forse era il
corpo di quell’uomo ad essere più resistente del normale…? A non essere…
umano…?
“Prestami
la spada, Gourry…”
Senza
replicare o fare domande, come sempre quando capiva che stavo ragionando su
qualcosa, il mio amico la estrasse, e me la porse… ringraziandolo con un breve
sorriso, mi staccai da lui, un po’ barcollante, e usai tutta la mia forza per
fare leva sul corpo, e voltarlo. Brevemente, esaminai anche il suo volto, gli
occhi aperti, che ora non mostravano alcun bagliore particolare… anche la sua
pelle non aveva avuto quello strano colorito azzurrognolo… o mi sbagliavo…?
Persa
in quelle riflessioni, lasciai scorrere su di lui gli occhi per un paio di
volte, senza badare ai particolari… fu solo al mio terzo esame che la notai. Al
di sotto della tunica lacerata, in un punto alla base del suo collo in cui la
veste era stata consumata dal mio fuoco magico, una ferita spiccava, non ancora
completamente resa irriconoscibile dal fuoco… una ferita che ero certa che
nessuno di noi gli avesse inflitto…
“Che
diavolo è quella…?” Mormorai, indicandola con la punta della spada…
Gourry
si inchinò, esaminandola con professionalità clinica. “Sembra quasi… il morso
di un animale… come se fosse stato aggredito da qualche bestia selvatica…”
Regnanti
e guardie di Sailune crearono un cerchio attorno a noi, chinandosi a loro volta
sul corpo inerte ed esaminandolo… trascorse qualche istante in cui nessuno
parlò, mentre io, la mano che sfregava nervosamente il mento, riflettevo…
Fu
Gourry a spezzare il silenzio, fissando lo sguardo su di me. “Hai qualche idea
in mente, non è così…?”
Annuii,
vagamente. “Ne so troppo poco per essere sicura… ma sì… ho idea che il suo
attacco possa avere qualcosa a che fare con le creature che abbiamo incontrato
l’altra notte… credo che dovremo fare qualche piccola indagine a riguardo…”
Amelia,
accanto a noi, batté le palpebre. “…Creature…?”
Annuii
in direzione sua e di Phil. “E’ questo che Gourry ed io eravamo venuti a dirvi…
due notti fa siamo stati attaccati, ai confini del vostro regno… da degli
esseri che in questa parte di mondo mi era capitato di vedere solo molto, molto
tempo fa, ed in circostanze del tutto particolari…” Lanciai un’occhiata a
Gourry, prima di proseguire… “Se non vado errata, si trattava di non- morti…”
Credevo
che le mie parole avrebbero scatenato la reazione dei miei interlocutori…
incredulità, o panico… ma tutto ciò che Amelia e Phil si limitarono a fare fu
scambiarsi un’occhiata, mentre alle loro spalle il nervosismo fra le guardie si
faceva tangibile… cosa…?
“Lo
sapevate già…?” Chiesi, con una punta di stupore, precedendo qualsiasi loro
risposta…
Philionel
sospirò. “Bé… non eravamo certi che si trattasse proprio di non- morti, ma…” Si
accigliò. “E’ da quando la barriera è caduta che ci sono sporadici avvistamenti
di questo tipo…” Incrociò le braccia al petto… “Non mi sono mai rifiutato di
ascoltare nessuno di coloro che si sono presentati qui per parlarmene, ma…
nessuno era mai rimasto ferito, e la cosa accadeva solo molto raramente… ho
pensato che… ecco… non fosse altro che una ‘controindicazione’ della euforia
generale nata dall’apertura della barriera… in fondo… siamo entrati in una
nuova epoca, è normale che la gente si senta spaesata, e angosciata…”
Annuii…
già, angosciata dal cambiamento… e non ci vuole nulla perché l’angoscia prenda
corpo in manifestazioni assai solide e tangibili, per coloro che la vivono…
senza contare che la lotta, o la paura verso qualcosa di concreto, così come il
riconoscersi in qualcosa di simile, possono essere vitali per chi sente di
perdere i propri punti di riferimento… non a caso, avevo sentito dire che
dall’apertura della barriera avevano cominciato a spuntare come funghi nuove
sette religiose…
“Purtroppo,
però…” Proseguì Phil. “Le mie supposizioni hanno dovuto rivelarsi errate… da un
mese almeno, gli avvistamenti si sono fatti sempre più numerosi… finché, una
ventina di giorni fa, non c’è stata la prima vittima…” Il principe ed Amelia si
scambiarono un’occhiata. “…Un cacciatore, che durante una battuta si è
allontanato dagli altri… i suoi compagni hanno ritrovato il suo corpo sulle
montagne, completamente dilaniato… ma quando sono tornati sul luogo insieme
agli abitanti del villaggio a valle, ne era sparita ogni traccia…” Philionel si
accigliò. “Gli abitanti del villaggio non erano particolarmente propensi a
credere alle parole di quegli uomini… capite, si tratta di persone che passano
la maggior parte dell’anno sulla montagna, e sono guardate con sospetto da chi
risiede stabilmente nella valle… ma si trattava proprio di una delle zone in
cui ci era stata segnalata la presenza di quelle creature, e i cacciatori ci
hanno assicurato che il loro compagno non pareva essere stato aggredito da
qualche belva della foresta, e sicuramente non da qualcosa di umano…” Phil sospirò. “Comunque, da quel
giorno in poi, le sparizioni di persone, soprattutto ai confini del regno, sono
state all’ordine del giorno… ho inviato truppe di soldati, ma le guardie di
Sailune non sono molte, e queste continue spedizioni le stanno stancando… senza
contare che sono dieci giorni che aspettiamo notizie dal secondo contingente
che ho inviato…” Mi fissò, cupo. “Dieci uomini, che paiono essersi dissolti nel
nulla…”
Mi
accigliai. “Ora capisco molte cose… a questo è dovuta l’atmosfera innaturale in
città…”
Amelia
annuì. “Il fatto è che anche la gente della capitale comincia ad avere paura…
abbiamo cercato di non far diffondere il panico, ma non abbiamo potuto impedire
alle notizie di passare… anche se il problema per ora si è limitato per lo più
al confine meridionale, ormai anche qui nessuno ha più il coraggio di mettere
piede fuori di casa dopo il tramonto… e sono poche le persone che si
avventurano fuori dalle mura… andando avanti di questo passo, anche l’economia
del regno verrà a risentirne…”
Gourry
si grattò la testa… “Ma… ma se veramente questi… non morti… hanno iniziato ad
infestare il vostro confine… saranno venuti da qualche parte, no…? Sono sbucati
così, dal nulla…?” Mi guardò, perplesso…
Mi
accigliai. “Un’osservazione STRANAMENTE intelligente…” Ignorai la sua
occhiataccia, e mi rivolsi verso Phil… “Così, su due piedi, ho pensato che
quelle creature potrebbero venire dal mondo al di là della barriera… anche se
noi durante il nostro viaggio con Philia non siamo incappati in nulla di
simile, non significa che là casi simili non siano più comuni che in questa
parte del mondo…” Scandagliai velocemente i ricordi del periodo passato con
Gourry sul confine… non mi sembrava di aver sentito parlare di qualcosa di
simile, ma non eravamo stati molto a contatto con la civiltà… e quelli erano
territori ampi, quante probabilità avremmo avuto di imbatterci in uno di quegli
esseri nelle nostre peregrinazioni…? “Però resta il fatto che Sailune NON E’ il
primo regno a contatto con la barriera… una parte del Regno di Elmekia, ad
esempio, si interpone fra voi e la terra di confine…” Lasciai scorrere lo
sguardo sui volti dei due regnanti. “Non avete avuto notizia di avvistamenti
simili da parte di abitanti di regni confinanti…?”
Fu
Phil a rispondermi. “In realtà, anche noi avevamo pensato a qualcosa del
genere… tuttavia, nessuno degli uccelli messaggeri che ho inviato negli ultimi
venti giorni è tornato con una risposta…” Lui ed Amelia si scambiarono un’altra
occhiata. “Sapevo che per chiunque potesse per qualche ragione desiderare
isolarci non sarebbe stato difficile abbattere un volatile… proprio per questo
avevo inviato anche un messaggero, accompagnato da una scorta…” Fissò l’uomo,
al suolo… “Se penso che Amelia aveva insistito per partire personalmente per
questa incombenza… e che io avevo quasi acconsentito…” Le sue labbra si
serrarono…
“E’
inutile piangere sul latte versato, papà!!!” Proruppe Amelia, evidentemente
infastidita dal suo sguardo preoccupato. “Dobbiamo trovare un modo per risolvere
questa situazione!!!” Si voltò verso me e lo spadaccino, raggiante. Oh, oh…
avevo un brutto presentimento… “Ora ci sono Lina- san e Gourry- san qui con
noi!!! Sono certa che sapranno darci una mano!!!” AAAAAAAAARGH!!!!! Lo SAPEVO
che avrebbe tentato di coinvolgerci!!!
“Amelia,
aspetta un attimo… Gourry ed io stiamo già…”
“MA
CERTO!!!” Mi interruppe con veemenza Philionel. “Avete detto di aver già
affrontato quelle creature, no??? Voi due sareste le persone più adatte ad
agire come messaggeri di Sailune!!! Potreste recarvi ad Elmekia per chiedere
com’è la situazione, chiedere loro di contattare i regni vicini, ed invocare il
loro aiuto!!! I regni del centro e del sud del paese sono in buoni rapporti
diplomatici da anni, ormai! Non ci negheranno alcuni dei loro esperti
spadaccini e maghi!” I suoi occhi si illuminarono. “Sono certo che la forza
congiunta delle loro armi magiche e dell’abilità di Gourry con la spada, dei
nostri sacerdoti, e della tua Magia Nera, Lina, potrebbero debellare qualsiasi
minaccia!”
“Calma,
calma, Phil, per favore…” Una goccia di sudore freddo mi colò lungo la nuca,
mentre vedevo la prospettiva della ricerca di una spada magica allontanarsi
lentamente ma inesorabilmente dall’elenco dei miei progetti prossimi per il
futuro… “Noi abbiamo affrontato UNA di quelle creature, e abbiamo avuto la
meglio più per fortuna che per altro… ma io non so ancora assolutamente nulla
su di esse… è come mandarci allo sbaraglio contro un esercito di cui non
conosciamo l’entità…” Cercai di svicolare, incespicando sulle parole…
“Non
ho detto che dovete partire domani…” Incalzò Phil, entusiasta… “Avrete tutto il
tempo per documentarvi… e l’intera biblioteca di Sailune a disposizione,
naturalmente…” L’intera… biblioteca… di Sailune… migliaia e migliaia di libri,
alcuni di essi normalmente inaccessibili agli estranei… una sapienza di secoli
e secoli… AAAAAAARGH!!! No, no e no!!! Non cedere così facilmente, Lina!!! Ti
stai facendo COMPRARE!!! “E ovviamente non dovreste lavorare gratuitamente… a
Sailune sappiamo mostrare la nostra riconoscenza, come ricorderai…” AAAAAH,
quella era TORTURA PSICOLOGICA!!!
Finii
per abbassare il capo, con un sospiro rassegnato. “Bè… ci penserò su,
d’accordo…?” Sentivo puzza di un altro rocambolesco coinvolgimento in una LUNGA
e tormentata vicenda…
Bé…
forse qualcuno potrebbe obiettare che normalmente a causare cose del genere ero
io…
“GRANDIOSO!”
Padre e figlia esclamarono in coro, come se dessero già per scontata la mia
risposta affermativa… e il povero Gourry non era stato nemmeno consultato…
Lanciai un’occhiata verso di lui, e notai che mi stava squadrando con un mezzo
sorriso… ah-ah, appena saremo soli mi dirai che sapevi perfettamente che
sarebbe finita così, eh?
“Ma
adesso per una sera abbandoniamo le cose serie, d’accordo???” Amelia mi afferrò
per un braccio, e prese a trascinarmi verso l’entrata. “Voi due vi riposerete
il dovuto, e stasera ci sarà la cena promessa!” Mi strizzò l’occhio. “Non sia
mai detto che qualcuno abbia motivo di lamentarsi dell’ospitalità di Sailune!”
***
Qualche
ora dopo, mi trovavo su un largo balcone , appena fuori dalla sala da pranzo in
cui i regnanti erano soliti consumare i pasti meno ufficiali, che non per
questo era stata scenario di banchetto meno sontuoso di quanto fosse stato
promesso… alla cena aveva partecipato anche Cristopher, ma per quel che
riguardava Laudreck, il fratellastro di Phil non si era più fatto vedere… non
che lo rimpiangessi… il castello pareva decisamente animato in quei giorni,
anche dopo il combattimento non avevamo avuto pace, ed una cena tranquilla
davvero non mi era dispiaciuta… Ora, la pancia finalmente piena dopo giorni di
marcia, scrutavo sonnolenta lo stesso cortile che quel pomeriggio era stato
sfondo di una morte cruenta, e ora invece era avvolto nella più completa calma…
Philionel aveva voluto provvedere alla sepoltura del suo assalitore quella sera
stessa, ed io non me la ero sentita di insistere per aspettare… in fondo,
dubitavo che il suo cadavere avrebbe potuto darci più informazioni di quanto
già non avessimo, e per quel che riguardava quella ferita… bé, supponevo che la
sua immagine sarebbe rimasta impressa nella mia mente sufficientemente a lungo…
“Che
scena romantica… l’eroina che scruta l’orizzonte persa in pensieri profondi,
avvolta nel suo FLUENTE vestito…”
Mi
volsi verso il fautore della sarcastica frase, un sopracciglio inarcato, ma
venni dissuasa da qualsiasi replica dal gesto rapido con cui mi venne offerta
una coppa di vino… la accettai, limitandomi a fulminarlo con un’occhiataccia.
“Se fossi in te eviterei di infierire… sono già inciampata quattro volte su
questa gonna questa sera, e alla prossima potrei non sentirmi più tanto ben
disposta verso chi ha avuto il coraggio di scherzarci sopra…”
Il
mio amico spadaccino si appoggiò alla balaustra, al mio fianco… “Ehi, ehi, non
intendevo risvegliare il drago che dorme… (^_____^) E se ti può consolare, la
mia giacca mi sta strozzando…” Sospirò. “Credo che noi due non siamo più
abituati agli eventi mondani…” Prese una sorsata di vino, e lanciò un’occhiata
vaga al cortile…
Affondai
il volto fra le braccia, annoiata. “Vorrei ben vedere… mesi e mesi lontani
dalla civiltà… e credo che sia dalla volta che ci siamo travestiti per arrivare
a Sailarg che non indosso una gonna…”
Gourry,
al mio fianco, rabbrividì. “Non ricordarmelo, per favore…”
Ridacchiando,
sollevai lo sguardo verso di lui. “Perché…? Dovrei essere IOa non volerlo ricordare… in fondo quella
volta io non ho fatto colpo su nessuno, TU sì… per una ragazza questa potrebbe
essere considerata come una cosa molto umiliante, sai…?” Feci del mio meglio
per mascherare il mio ghigno, purtroppo con scarsi risultati.
Gourry
mi fulminò con un’occhiataccia. “IO me lo sarei volentieri risparmiato…” Rimase
in silenzio per qualche istante, con l’aria di chi sta rivivendo un’esperienza
terrificante… quindi sospirò. “Comunque, anche tu stai bene… vestita così,
intendo…” Si grattò la punta del naso, con fare imbarazzato…
La
punta del mio naso improvvisamente assunse un colorito un po’ più intento di
quello vivo indotto dal vino… avevo idea che qualcuno lì fosse un po’ ubriaco,
per lasciarsi sfuggire commenti del genere… “Mmm…” Mugugnai… “Amelia ha
insistito fino a farmi cedere, e indossare un abito…” Feci una piccola pausa,
quindi tornai a fissarlo, con aria seria… “Ma non è la sola cosa a cui pare
tenere…”
Il
mio amico annuì, rivolgendomi a sua volta lo sguardo… “Hai deciso che cosa
fare…?”
Diressi
il mio sguardo sulle mie mani, pensierosa… “Non lo so, Gourry…” Meditai… “In
fondo noi siamo capitati qui per caso… e lasciarci coinvolgere significherebbe
ritardare le nostre ricerche per la tua spada… in fondo, quella è la nostra
priorità, al momento… anche considerando che accettare nella situazione in cui
siamo ora significherebbe affrontare qualunque sia la cosa che minaccia Sailune
senza l’aiuto di una spada magica…” Lo guardai, seria.
“…però…?”
Mi precedette il mio amico, mostrando ancora un volta di conoscermi fin troppo
bene…
“Però…”
Sospirai, terminando per lui… “… tutti questi bei ragionamenti non tolgono che
noi siamo sempre SENZA SOLDI, e che se non accettiamo, non vedremo una moneta
della ricompensa che Phil ci ha promesso… e in questa situazione, come potremmo
proseguire tranquillamente le nostre ricerche…?”
L’ombra
di un sorriso apparve sulle labbra di Gourry, mentre parlavo… “Certamente… e
con la confusione che c’è ora in città lavorare per Philionel è L’UNICO modo
possibile per procurarsi i soldi necessari, giusto…?” Il tono della sua domanda
era poco velatamente sarcastico…
Mi
accigliai. “Ehi, ehi, stai cercando di insinuare che non ti sto dando
motivazioni reali?”
Ma
Gourry non mi rispose. “Così, accetterai l’incarico, giusto…?” Domandò, senza
smettere di sorridere…
Mi
arresi, con un sospiro. “Bé… già, le cose stanno così…” Anche le mie labbra si
aprirono in un breve sogghigno. “In fondo, non avrei pace se me ne andassi
prima di scoprire qual è la reale soluzione del mistero che aleggia a Sailune,
non pensi anche tu?” Gli strizzai l’occhio.
“Mio
padre mi diceva sempre che la curiosità uccise il gatto…” Mi batté lievemente
la mano sulla testa… “Ma… bé, io sono con te lo stesso fino alla fine…”
Gli
sorrisi. “Grazie, mia auto proclamata guardia del corpo…”
“Sono
felice che abbiate preso questa decisione…”
Ci
voltammo entrambi, colti di sorpresa. La padrona della voce che aveva
interrotto il nostro scambio di battute se ne stava di fronte a noi, un sorriso
genuino stampato sulle labbra. Uh… ma da quanto tempo era lì…?
“Amelia…”
La
principessa ci scandagliò entrambi con lo sguardo, l’aria risoluta. “Da domani,
vi darò una mano con le ricerche… in fondo suppongo che avrete bisogno di una
guida, fra le migliaia di testi racchiusi nelle nostre biblioteche…” Esitò un
momento, prima di proseguire… “E poi, appena avremo trovato quello che stiamo
cercando… io verrò con voi.”
“EEEEH???”
Entrambi spalancammo gli occhi, sorpresi. “Ma… ma Amelia… oggi tuo padre ha
detto che…”
“Capisco
la sua preoccupazione per me…” Mi interruppe la principessa, mettendo a tacere
le mie obiezioni… “E… lo ammetto, anche io, di recente, non sempre sono stata
entusiasta di fronte all’idea di farmi coinvolgere in qualche folle avventura…”
Prese un grosso respiro. Uh, uh, si riferiva a quando aveva finto di non
conoscermi, l’ultima volta che ci eravamo incontrate…? “Ma io sono una
principessa, e devo agire come tale… non posso permettere che altri rischino
per il mio regno mentre io resto con le mani in mano, non sarebbe GIUSTO!”
Assunse il suo piglio fiero, da paladina… “Papà non può muoversi di qui perché
il nonno è troppo anziano per gestire gli affari del regno senza di lui… ma io
non sono più una bambina, sono stata in missione altre volte, posso tornarci,
ed è quello che farò!” Ci rivolse un sorriso. “Stavolta ci sarete voi con me,
non credo che papà opporrà poi così tanta resistenza…”
Uhm…
io avevo idea che non fosse così semplice… anzi, avevo la netta impressione che
Phil ci tenesse tanto ad affidare quella missione a noi anche perché la figlia
fosse soddisfatta, e non insistesse per occuparsene personalmente… era anche
perché si fidava di noi, certo… ma supponevo che gli riuscisse meno difficile
mettere noi a rischio… rispetto all’unico componente della famiglia che ormai
gli restava…
Ad
ogni modo, sapevo perfettamente che era inutile insistere… “E’ una tua
decisione, Amelia…” Inarcai un sopracciglio… “A patto che tu non ci metta nei
guai…”
“Lina-
san!!! Che vorresti dire???” Una goccia di sudore le scese lungo la tempia.
Gourry
mi batté nuovamente la mano sulla testa, rassicurante. “Oh, non ti preoccupare
Lina… non potrà farlo meglio di come ci riesci tu…”
“Ehi,
tu…” Gli rivolsi un’occhiataccia…
Amelia
ridacchiò, ancora una volta divertita dai nostri scambi di battute. “Bene,
allora è tutto stabilito…” Le sue labbra si aprirono in un sorriso deciso… “E
così, il gruppo dei guerrieri della giustizia è ancora una volta riunito!” Le
sue dita si levarono in un segno di vittoria.
Emisi
un GROSSO sospiro. “Cominciamo bene…” Mugugnai, fra me e me…
La mezzanotte ormai doveva essere passata, e non una mosca,
non un filo di vento si muoveva in quell’ala del palazzo… mi trovavo nell’area
destinata agli appartamenti reali… o almeno così speravo… la realtà è che avevo
la netta sensazione di aver smarrito totalmente la strada… il vino che fino a
sera tarda avevo condiviso con i miei commensali mi annebbiava la mente e mi
rendeva difficile riconoscere anche quegli angoli che normalmente mi sarebbero
apparsi familiari…
Gli altri dovevano già essere profondamente immersi nel
sonno… non ero più abituata ad essere attorniata da tante persone, e prima di
tornare nella mia stanza avevo sentito il bisogno di prendere una boccata
d’aria… avevo voglia di restare un po’ da sola, e avevo declinato l’invito di
Gourry di accompagnarmi… tuttavia le ombre che si allungavano tetramente nei
corridoi, vinte a fatica dalla luce che lottava per penetrare dalle minuscole
feritoie che si aprivano sui muri, cominciavano a farmi rimpiangere di non aver
voluto qualcuno al mio fianco…
“Al diavolo…” Mi appoggiai al muro, barcollante, portandomi
una mano alla testa… “Devo aver davvero bevuto troppo se sono diventata così
impressionabile…” Fissai il corridoio vuoto di fronte a me. Impeccabilmente,
inesorabilmente identico a tutti quelli che avevo appena attraversato… “Sono
questi i momenti in cui vorrei avere Gourry qui… quel ragazzo è sempre così
dannatamente lucido dopo aver bevuto…” Parlai ancora ad alta voce, trovando il
suono della mia voce estremamente rassicurante… “…se non fosse per la piccola
controindicazione che dimentica tutto ciò che gli è accaduto quando è sotto
l’effetto dell’alcool…” Sospirai, sogghignando fra me e me, con la allegra
leggerezza degli ubriachi… e la mia risata risuonò tetra nel corridoio vuoto,
amplificata dalle scure pareti centenarie… inconsciamente rabbrividii, e il mio
risolino mi si gelò in gola…
“Farò… farò meglio a muovermi di qui…” Ripresi a camminare,
un passo dopo l’altro. Anche prima l’eco rimbombava a quel modo…? Non me n’ero
accorta in precedenza, ma la mia voce, ogni mio passo, parevano scivolare lungo
la pietra in ombra per riversarsi nuovamente su di me, come un’ombra fredda…
senza rendermene conto, accelerai il passo, ed improvvisamente fu come se
migliaia di piedi si stessere muovendo all’unisono con me, al mio fianco… o
alle mie spalle…
Evitai di voltarmi in dietro, e finii di percorrere il
corridoio a grandi falcate, quasi correndo… quasi svenni per il sollievo quando
riconobbi una porta che si stagliava nel buio…
‘Grazie agli dei… l’ingresso dei quartieri reali…’
Spalancai l’entrata in ebano –ebano…? C’erano porte in ebano
nel palazzo di Sailune?- senza nemmeno appurare quale ingresso realmente fosse,
intimamente sicura di avere finalmente raggiunto la mia destinazione…
Per questo, fu ancora maggiore la mia sorpresa… quando la
mia vista si aprì sul piccolo cortiletto interno…
Frenai, quasi all’improvviso, mentre per qualche ignoto
motivo il cuore mi balzava in gola. ‘Oh, dannazione… ma io ho camminato in
direzione opposta rispetto a…’
Lasciai cadere questo pensiero quasi immediatamente…
qualcos’altro catturò la mia attenzione… qualcosa di indefinibile, che si
addensava attorno all’area del piccolo pozzo, al centro del cortile…
era buio… stranamente buio in quel luogo… probabilmente
perché prima lo avevo visto accerchiato dalle luci delle finestre che lo
circondavano, ora la sua oscurità mi appariva quasi innaturale… solo una cosa i
miei occhi distinguevano senza problemi… quell’insignificante, comunissimo
pozzo di pietra…
‘Devo tornare sui miei passi per arrivare alla stanza…’ La
mia mente elaborò, razionalmente.
Le mie gambe mossero un passo avanti verso il centro del
cortile.
‘Non è il momento di girovagare per cortili bui…’
Un altro passo, deciso, verso quella sagoma allettante…
Era luce, quella che si sprigionava dai mattoni consumati
dal tempo…? Era strana, di un pallore inconsueto… quasi grigiastra…
Perché le mie gambe continuavano a muoversi…?
Il bagliore era più forte ad ogni passo… desideravo
toccarlo… sporgere il mio corpo oltre il bordo di pietra e lasciarmene
inondare…
‘Un pericolo.’
Mancava… così poco…
‘Torna indietro! TORNA INDIETRO!!!’
Fu allora che lo sentii… uno scampanellio leggero, così in
contrasto con l’atmosfera di quel luogo… sembrava provenire dalle profondità
del pozzo stesso… potevo raggiungerlo, se solo mi fossi sporta un poco… se solo
mi fossi lasciata afferrare…
Una figura esile schizzò davanti a me, in un movimento
fulmineo. Battei le palpebre un paio di volte, sorpresa. Era… emersa dal
pozzo…?
“Il guardiano… non c’è altro potere… per questa notte…”
Una voce… una voce! C’era qualcun altro in quel cortile!!!
Chi diavolo…?
Lo scampanellio risuonò ancora una volta, ora ai miei piedi…
abbassai lo sguardo, colta tanto di sorpresa da rischiare di capitombolare al
suolo. E compresi immediatamente la fonte di quel suono… di fronte a me, semi
nascosto dalle ombre della notte, un gatto dal pelo grigio mi osservava
sornione, seduto compostamente sulle zampe posteriori… i suoi occhi si
socchiusero quando il mio sguardo cadde su di lui, ma non diede segno di essere
disturbato dalla mia presenza… semplicemente, si sollevò, stiracchiandosi, e
prese ad avanzare verso di me con un gutturale miagolio di saluto, agitando il
campanellino dorato che portava legato al collo… Troppo sorpresa per muovermi,
rimasi ferma ad osservarlo, mentre si strofinava pigramente contro le mie
gambe… di una cosa ero certa… a dispetto del vino, la mia mente era
perfettamente all’erta, ora…
“E tu da dove sei sbucato…?” Una voce, al mio fianco,
risuonò, facendomi sussultare.
“Gourry!!!” Gli occhi spalancati, mi voltai di scatto ed
indietreggiai di qualche passo dal mio amico, che si era inginocchiato per
accarezzare l’esile animale dietro le orecchie. In tutta risposta, lo
spadaccino sollevò lo sguardo su di me, levandosi nuovamente in piedi e
fissandomi con fare perplesso. “Mmm? Che ti prende, Lina…?”
“T… tu… da dove…?” Iniziai, ma non ebbi modo di terminare la
frase… i miei occhi erano caduti sullo scenario che ci circondava, lasciando la
mia bocca troppo spalancata per permetterle di articolare qualsiasi frase
sensata… il cortile dove mi ero trovata fino a qualche attimo prima era
sparito… di fronte ai miei occhi, si apriva ora uno dei tanti corridoi decorati
ad arazzi degli appartamenti reali del palazzo di Sailune… una porta era aperta
alle spalle di Gourry, permettendomi una vista parziale su una stanza che
riconobbi come la sua camera da letto… e lo spadaccino in questione, avvolto in
un morbido pigiama, aveva tutta l’aria di chi è appena stato buttato giù dal
letto…
“Io… io non…” Balbettai, ma prima che potessi terminare…
“Scusatemi.”
Colta nuovamente di sorpresa dalla voce improvvisa, saltai
praticamente in braccio al mio amico spadaccino. Dall’ombra alle mie spalle era
appena emersa la figura sottile e mortalmente pallida di un uomo, avvolto in
una pesante e lunga cappa bianca, umida ai bordi della stessa rugiada notturna
che bagnava i capelli ebano che gli ricadevano a ciocche sul volto… le mani
ossute stringevano una piccola sacca di cuoio chiusa da legacci, che venne
riposta fra le falde del mantello con un gesto tanto veloce da permetterci a
malapena di scorgerla… Il volto scavato solcato da occhi di un azzurro profondo,
dimostrava una ventina d’anni, o poco più… ma era di una inespressività
disarmante…
“Questa è l’ora migliore per la raccolta di certe erbe… ma
mentre mi trovavo in giardino il mio famiglio è corso via all’inseguimento di
qualche bestia notturna e sono stato costretto a seguirlo fin qui…” Si abbassò
per prendere fra le braccia la bestia che lo stava fissando ammiccante…
accoccolandosi contro di lui, emise un miagolio soddisfatto, e sonore fusa
cominciarono a risuonare nel silenzio del corridoio.
In modo del tutto naturale, come se fosse normale stare lì a
conversare nel cuore della notte, il nuovo venuto proseguì nella sua
spiegazione… “Non avrei dovuto introdurmi negli appartamenti reali senza
autorizzazione, ma temevo che miagolando per cercarmi potesse svegliare
qualcuno…” Ci squadrò, inespressivo… “…mi dispiace di avervi disturbati…”
Chiedendomi di che cosa stesse parlando, rivolsi un sguardo
allo spadaccino, e mi resi improvvisamente conto di essere aggrappata al suo
collo… mi scostai e lo allontanai velocemente, con un tossicchio imbarazzato…
ma quando mi schiarii la voce per rispondere allo strano individuo e mi volsi
verso di lui decisa ad ottenere qualche spiegazione, mi accorsi che erano
bastati quei pochi istanti per farlo allontanare nell’ombra…
Battei le palpebre. “Eh… ehi, tu!!! Aspetta un attimo!!!” Mi gettai all’inseguimento,
ma, appena girato l’angolo del corridoio, di fronte a me non scorsi altro che
oscurità compatta… Che diavolo…?
“Che strano tipo…” Commentò Gourry alle mie spalle, raggiungendomi…
“Non c’erano delle guardie all’ingresso dei quartieri reali…? Chissà come ha
fatto ad arrivare qui…”
Rivolgendogli un’occhiata, mi accigliai. “Non ricordo di
averlo mai visto a corte… chissà chi è…” Tornai a fissare il corridoio buio. Un
famiglio… doveva trattarsi di un mago… probabilmente un esperto di Magia
Sciamana… “Questa pare essere la serata delle stranezze…” Conclusi, con fare
pensieroso…
“A proposito…” Mi volsi verso lo spadaccino, che mi si era
rivolto con fare perplesso… “Che cosa volevi, Lina…? Come mai hai bussato da me
a quest’ora…?”
Battei le palpebre, sorpresa. “Bussato da te…? Io?”
Lo spadaccino inarcò un sopracciglio, a sua volta stupito…
“Ma certo, giusto poco fa… ti sei presentata da me, così, in pigiama… ho
pensato che fosse successo qualcosa… ma… non ricordi…?”
Eh…? Abbassai lo sguardo sui miei abiti, e vidi che
effettivamente avevo già indosso il pigiama che uno dei servitori aveva riposto
in camera mia prima della cena, e che il lungo vestito che credevo ancora di
indossare era scomparso… che diavolo…? Avevo sognato tutto…?
Portai la mano destra alla fronte, confusa, e mi appoggiai
alla parete… “…Mi sa che stasera ho DAVVERO bevuto troppo…” Oh, dei… ma il vino
non mi aveva mai fatto quell’effetto…
Gourry si avvicinò, ora un po’ preoccupato… “Ti senti bene,
Lina…? Se stanotte vuoi restare da me, io…”
Scossi la testa. “No, no, non fa nulla, ho solo alzato un
po’ troppo il gomito… almeno credo… ti spiego tutto domattina, ok…?” Tagliai
corto… dubitavo di riuscire in quel momento a chiarire a qualcuno quanto non
era chiaro nemmeno a me…
“Mmm…” Lo spadaccino annuì, per quanto poco convinto… e gli
fui ESTREMAMENTE grata quando non insistette… quella sera avrei quasi
certamente accettato… e non volevo passare i giorni successivi a rimproverarmi
della mia codardia…
Lasciai che mi riaccompagnasse alla mia camera, e lo salutai
con un cenno, prima di richiudermi la porta alle spalle, a doppia mandata, e
togliere la chiave…
…niente altre passeggiate notturne nei corridoi di Sailune…
***
La mattina successiva, il mio amico spadaccino ed io ci
eravamo rintanati di buon’ora all’interno di una delle numerose biblioteche del
palazzo reale… avevamo scelto la principale, sperando che la grande quantità di
sapere racchiusa al suo interno avrebbe potuto fornirci almeno qualche
informazione di carattere generale… mi ero ripromessa di tenere un occhio
aperto anche per quel che riguardava eventuali tracce da seguire per spade
magiche, ma purtroppo l’indagine si stava rivelando infruttuosa, in entrambi i
sensi… da ormai due ore eravamo rinchiusi là dentro, e ancora nemmeno il
barlume di un accenno a quanto stavamo cercando…
“Al diavolo!” Rilasciai sonoramente sul tavolo l’ennesimo
volume rilegato con lo stemma della famiglia reale inciso sulla copertina… “Gli
ELFI! Dico, persino gli ELFI sono catalogati in questo dannato libro!!! E
dubito che gradirebbero essere affiancati ai Vermi Iena fra le creature
magiche…” Battei i pugni sul tavolo, esasperata. “Possibile che non esista
nemmeno un volume che si AZZARDI a citare i non- morti???”
Gourry sollevò con cautela il tomo e lo ripose sulla pila di
quelli che avevamo già esaminato… il mio compagno ormai aveva desistito dallo
sfogliare i testi, e si limitava a risistemare quelli che io scartavo, e a
scorrere, come gli avevo chiesto, un libro sulle armi leggendarie che mi era
capitato per pura fortuna sotto al naso, mentre raccoglievo le opere da
esaminare…tuttavia, già da un pezzo sospettavo che il mio amico avesse smesso
di prestare attenzione a quello che leggeva… il suo sguardo continuava a cadere
sulle grandi finestre della biblioteca, al di fuori delle quali un cielo
azzurro intenso splendeva, le nubi dei giorni precedenti vinte da un sole
abbagliante… nel cortile posteriore del castello, su cui dava uno dei lati
della sala in cui ci trovavamo, si udiva il vocio dei domestici dediti alle
loro faccende, e il cozzare delle spade dei soldati che si addestravano… non
c’era da chiedersi dove Gourry avrebbe preferito trovarsi in quel momento… io,
sinceramente, non me la sentivo di biasimarlo… dopo mesi di vita trascorsa
pressoché completamente all’aria aperta, eravamo davvero passati all’estremo
opposto…
Emisi un profondo sospiro. “Suppongo che non ci sia altro da
fare che passare al testo successivo…”
Gourry sollevò lo sguardo su di me, perplesso… “Sai, Lina…
non immaginavo che esistessero tanti libri sugli esseri magici… voglio dire…
enciclopedie di volumi e volumi, solo che catalogano le creature del nostro
mondo… ci saranno voluti anni per comporle…”
“Vuoi scherzare?” Agitai la mano, appoggiandomi allo
schienale della sedia con uno schiocco secco delle povere ossa della mia spina
dorsale… “Ci sono maghi che dedicano l’INTERA VITA alla composizione di opere
del genere… e non solo a queste… libri di incantesimi, catalogazione di erbe,
resoconti di esperimenti… di solito questa è l’attività principale dei maghi
che lavorano legati ad un Circolo di Magia… ricordi quei due tizi un po’
mitomani che conducevano ricerche sui cloni, a Sailarg…?” Incontrando
l’occhiata spaesata dello spadaccino, decisi di non approfondire la questione
ricordi… non avevo voglia di arrabbiarmi… “Il fatto è che gran parte di tutto
questo sapere rimane chiuso nei Circoli, o nelle biblioteche delle capitali e
dei palazzi dei nobili… fra la gente comune, che non pratichi magia o sia
interessata alle scienze, anche chi è abbastanza ricco da potersi permettere
l’acquisto di un bene prezioso come i testi raramente se ne interessa… e così
la situazione non cambia… se fra i maghi hai una certa di fama, normalmente non
avrai problemi ad accedere al sapere racchiuso nei circoli di magia… ma molti
fra i tomi come quelli che stiamo maneggiando ora di solito sono inaccessibili
se non alla stretta cerchia dei residenti nel Palazzo… in questo senso possiamo
considerarci dei privilegiati…” Gli strizzai l’occhio…
“Se lo dici tu…” Gourry sospirò, grattandosi la testa. “Ad
ogni modo non ne stiamo ricavando molto, mm?”
Una goccia di sudore mi scese lungo la tempia… “Mmm… detta
brutalmente, in effetti è così…” Lanciai un’occhiata ai libri che ancora si
ammucchiavano di fronte a me… “…penso che finirò di dare un’occhiata a questa
pila di testi e poi passeremo ad un’altra biblioteca… quella dei maghi di
corte, ad esempio… purtroppo temo che nella città della Magia Bianca
informazioni su creature come i non- morti scarseggino… ma i sacerdoti
dovrebbero essere per lo meno interessati ai modi per combatterli, o
scacciarli…”
“Mmm… ma hai detto che il tizio di ieri sera dovrebbe essere
uno sciamano, giusto…? Perché non chiediamo a lui se non ha qualche testo che
possa servirci…?”
Battei le palpebre, stupita che si ricordasse di quel
particolare a cui gli avevo solo accennato…
… anche se in effetti tutta quella concentrazione doveva
essere dovuta al fatto che quella mattina, quando gli avevo riparlato dei fatti
della sera precedente e lui aveva detto di non ricordarsi nulla, costringendomi
a rispiegargli integralmente la faccenda, mi ero un TANTINO alterata…
“Piuttosto, ci servirebbe un esperto di negromanzia…”
Spiegai comunque, senza fare commenti… “E’ una branca della Magia Nera che io
purtroppo conosco molto poco… non ho mai… voluto approfondirla…” Ricordavo
quando il demone Joylock, a Mipross, aveva ucciso deliberatamente un gruppo di
innocui abitanti di villaggio, per poi scagliarli contro me e Naga… anche se,
sospettavo,di genere un po’ diverso da
quelli con cui avevamo a che fare ora, si era trattato di non- morti anche in
quella occasione… non avevo avuto troppo tempo per interessarmene, allora, e
non mi era mai piaciuto ripensarci… forse era perché ero ancora molto giovane,
e non avevo avuto occasione di vedere di peggio, come in seguito purtroppo mi
era accaduto… ma osservare la vita umana manipolata in quel modo era stato
abbastanza shockante, per me… già in precedenza campi della Magia Nera come le
maledizioni e la Negromanzia non mi avevano attratta particolarmente… ma di
certo dopo quella esperienza avevo deciso di dare ai miei studi priorità
decisamente diverse da qualunque cosa avesse un legame diretto con quel tipo di
morte… o per meglio dire NON morte…
“Ad ogni modo, vorrei proprio sapere chi era quello…
chiamalo intuito femminile, ma mi puzza che sia comparso all’improvviso proprio
dopo quel mio strano… sogno…” Nemmeno a mente lucida ero stata in grado di
determinare di che cosa veramente si fosse trattato…
“Mmm… ma potrebbe anche essere stata effettivamente una
coincidenza, no? Non abbiamo prove, in fondo, che lui c’entri qualcosa…”
“…sempre che io non abbia immaginato tutto…” Conclusi per
lui. “Lo so, lo so, non mi metterò certo a cercarlo per metterlo sotto torchio
con così pochi elementi… dovresti sapere che io non agisco MAI impulsivamente,
no?” Gli strizzai l’occhio.
Una goccia di sudore scese lungo la tempia del mio compagno,
ma lo spadaccino ebbe l’intelligenza di non fare commenti…
“E’ permesso…?” Un bussare sommesso interruppe il nostro
scambio di battute. Mi volsi ad osservare il viso della principessa che faceva
capolino dalla porta.
“Amelia…”
La nostra amica ci rivolse un sorriso. “Mi chiedevo se vi
andasse una piccola pausa…” Superò la porta, reggendo un vassoio carico di
dolci al miele, e di una brocca di tè fumante… Oooooooooooh, quanto APPREZZAVO
le idee di quella ragazza…
La principessa ridacchiò lievemente nell’incontrare il mio
sguardo estasiato… “Ovviamente, era una domanda retorica…” Posò il vassoio,
dando un’occhiata al tavolo colmo di libri… “Mi spiace di non avere avuto tempo
di aiutarvi, questa mattina…” Fece un po’ di spazio, e poggiò la brocca, con
tre tazze… “La cameriera voleva portarvelo di persona…” Spiegò, accennando al
tè… “Ma ho insistito per venire io… per sapere come vanno le ricerche…”
Sbuffai, alzando le spalle. “Purtroppo, ancora niente di
fatto… e non possiamo certo pensare di partire senza avere nemmeno una vaga
idea di cosa possa ferire quelle creature…”
“Capisco…” Commentò semplicemente Amelia, l’espressione
delusa… mmm… avevo come l’impressione che la principessa fosse piuttosto
impaziente di partire, in quella occasione… certo, con l’atmosfera pesante che
doveva aver aleggiato a palazzo negli ultimi tempi, anch’io al suo posto sarei
stata sollevata all’idea di cambiare un po’ aria…
“Hai parlato a tuo padre della tua decisione di partire…?”
Mi azzardai a domandare con ostentata noncuranza, dopo qualche istante di
silenzio, portandomi una tazza alle labbra…
“Uhm… suppongo che lo saprà… a tempo debito…” Si limitò a
rispondere la principessa, in tono evasivo, per poi portarsi alla bocca uno dei
dolci, a segno della chiusura dell’argomento…
Io tacqui, sorseggiando il mio tè e sospirando
interiormente… speravo ardentemente che quel ‘a tempo debito’ non significasse
‘per lettera, dopo la partenza’… non era davvero il caso che il nostro arrivo
non desse avvio ad un nuovo conflitto familiare fra le mura di Sailune…
Tuttavia, decisi che non era il momento per quel genere di
discorsi… anzi, stando le cose com’erano allora, quel momento sarebbe giunto
dopo molto, molto tempo… allungai le dita verso il vassoio alla ricerca di uno
dei dolci, mentre i miei occhi finivano per cadere nuovamente, rassegnati,
sulla pila dei testi ammassata sul tavolo… ne avevo fino a pomeriggio
inoltrato… forse era davvero il caso di chiedere ad Amelia di aiutarci,
cominciando a fare una cernita nella biblioteca dei maghi di corte…
…persa in quei pensieri, mossi le dita a tentoni, alla
ricerca del mio obiettivo… quando nulla le raggiunse, automatica iniziò a
sorgere in me la rabbia… se Gourry aveva già terminato il vassoio…
Nel momento esatto in cui il mio sguardo si mosse nuovamente
verso i miei interlocutori, le mie dita si chiusero effettivamente su qualcosa.
Ma questo qualcosa non aveva la consistenza di un dolce. Non se i dolci
continuavano ad essere tondeggianti e NON PELOSI come li ricordavo…
L’oggetto in questione alla mia presa colpì un balzo ed un
miagolio difensivo. Colta alla sprovvista, rilasciai la sua coda, che le mie
dita avevano appena stretto, e barcollai a mia volta all’indietro, ottenendo di
rovesciare la mia sedia al suolo…
“Lina! Tutto ok?” Mi chiese Gourry, mentre a sua volta si
sollevava per aiutarmi a rialzarmi…
“Ma che diavolo…?” Borbottai. Sul tavolo di fronte a me,
seduto sulle zampe posteriori, stava il gatto della sera precedente, che mi
fissava calmo, innocente, con una espressione che quasi mi sfidava ad accusarlo
di quanto era accaduto… Battei le palpebre per un momento, spaesata. Ma quando
era entrato…?
“Oh…” Fece Amelia squadrando a sua volta il felino,
interdetta… “Ma questo è il gatto di Ainos… forse se ne stava a dormire da
qualche parte su una delle sedie della biblioteca…”
“O forse è semplicemente entrato con te senza che ce ne
accorgessimo…” Lo spadaccino si avvicinò all’animale con il suo solito fare
bonario e gli riservò una grattata sul collo… “Sei destinato a spaventare a
morte Lina, eh?” Commentò con un mezzo sorriso, mentre il felino esprimeva la
sua approvazione con un accenno di fusa…
“Umph…” Mi limitai a commentare, mentre mi rimettevo a
sedere… “Non mi ha spaventata, solo colta di sorpresa…” Quasi in risposta alle
mie parole, il gatto sfuggì alle dita di Gourry per saltarmi in grembo,
costringendomi ad un altro sussulto. Non mi ribellai, comunque, e lo lasciai
accoccolare, seppur con un certo nervosismo… quella bestia sembrava volermi
prendere in giro…
“Ma guarda, raramente lo avevo visto così socievole… a
quanto pare gli piaci, Lina- san…” Commentò Amelia, l’aria compiaciuta.
“Umph… tu dici…?”
Squadrai nuovamente il felino, che aveva ripreso a fare le fusa, ma non
commentai oltre… “Come hai detto che si chiama il suo padrone…?”
“Chi, Ainos?” La principessa si allungò ad accarezzare il
gatto dietro le orecchie… “E’ uno dei maghi di corte… è giunto poco tempo fa a
chiedere un impiego a palazzo… è giovane, ma molto in gamba per la sua età, e
Sailune aveva bisogno di un esperto di Magia Sciamana, dato che fra le nostre
mura prevalgono i maghi bianchi… così papà ha deciso di assumerlo, in prova…”
Si strinse nelle spalle. “Mi sembra una brava persona, anche se è un tipo un
po’ strano…”
Definirlo ‘strano’ mi pareva eufemistico, ma lasciai perdere
i commenti. Accarezzando distrattamente le orecchie dell’animale, lanciai
un’occhiata sconsolata ai testi ammassati sul tavolo. Non era il momento di
perdersi in discussioni sui famigli altrui, purtroppo.
“Bè, gatto, credo che sia il momento che tu te ne torni a
dormire dove ti trovavi prima… ho intenzione di risolvere oggi la questione non
morti, e ho poco tempo per le coccole…” Con una lieve spinta, indussi la bestia
a scendere dalle mie ginocchia. Il gatto emise un miagolio di protesta, e se ne
andò con la coda alzata. Balzò su uno dei tavoli vicini agli scaffali e rimase
a fissarmi, come sfidandomi. Il suo sguardo, per qualche motivo, mi mise a
disagio, ma decisi di ignorarlo.
“Allora, Amelia… se ora ci puoi dare una mano, dovresti…”
Non ebbi tempo di terminare. Un suono di vetro che si
infrangeva distolse all’improvviso la mia attenzione. La mia amica si gettò in
avanti, verso gli scaffali pieni di libri. “No! Gatto, no!”
La bestia aveva spiccato un balzo, raggiungendo la cima di
uno degli scaffali, e aveva preso a giocherellare con delle provette che si
trovavano accatastate lassù, apparentemente all’interno di alcune grosse
scatole.
“Accidenti, dovrò dire ad Ainos di tenere a bada questo
gatto! Mio padre e i suoi maghi hanno altro a cui pensare che ad animali che
distruggono le loro biblioteche, ora!” Amelia sollevò un braccio, richiamando
velocemente un incantesimo. “Levitazione!” In quello che appariva come un
innaturale balzo, la principessa raggiunse la cima degli scaffali. Si protese
verso la bestia, allungando le mani per afferrarla. “Qui… qui, gatto…”
Tuttavia, il famiglio seppe abilmente precederla. In un
balzo, usò la povera principessa come una specie di trampolino, saltandole in
testa, e atterrando abilmente su un tavolo. Amelia purtroppo non seppe
rispondere con altrettanta agilità. Perse l’equilibrio a mezz’aria, e si
aggrappò alla più grande delle scatole sullo scaffale, mentre, venuta meno la
sua concentrazione, l’incantesimo si spezzava. Né io né Gourry avemmo il tempo
di fare nulla. Potemmo solo coprirci gli occhi con le mani, mentre la
principessa precipitava al suolo, trascinando con sé la scatola. Una botta
niente male…
“A… Amelia, tutto ok?” Sia Gourry che io ci precipitammo
verso di lei, ed il mio amico la aiutò a sollevarsi a sedere.
“S… sì, credo sì…” Sì sollevò, ma parve immediatamente
pentirsene… “…la mia povera schiena…” Piagnucolò lievemente, strofinandosela… a
quanto pareva, però, non si era fatta nulla di serio. Tirai un sospiro di
sollievo.
“Pare che le cadute nell’allenamento come paladina della
Giustizia siano servite a qualcosa…” Inarcai un sopracciglio.
“Aaaah, Lina –san, come sei crudele a prendermi in giro!!! E
poi stavolta non è stata colpa mia, ma di quel gatto!!!”
Sospirai. “Lo so, lo so…” Lanciai un’occhiata agli oggetti
sparsi che la avevano seguita nella caduta. “Ehi… a quanto pare qui c’è
qualcosa che nella nostra ricerca di stamattina non avevamo considerato…” Al
suolo non si trovavano solo provette e oggetti utili ad esperimenti, ma anche
testi che, nascosti nelle scatole, non avevamo notato… e testi che avevano
tutta l’aria di NON essere trattati di Magia Bianca…
Gourry ne prese in mano uno, dalla copertina nera con
iscrizioni argentee, apparentemente anche lui colpito dalla differenza di quel
libro da quelli che avevamo scorso durante la mattinata… “Che libri sono,
questi, Amelia?” Chiese alla principessa, con fare perplesso.
“Non aprirlo.” Fui io ad ammonirlo. “Se non sbaglio, quello
è un trattato di Magia Nera. E non è raro che libri di quel tipo siano protetti
da incantesimi o maledizioni…”
“Un trattato… di Magia Nera…?” Gourry sbarrò gli occhi, e
appoggiò il libro ad un tavolo con la stessa cautela che avrebbe usato per
maneggiare un qualche ordigno esplosivo… Guardò Amelia, stupito. “Ma che ci fa
una cosa del genere a Sailune?”
Anch’io mi volsi verso la principessa. Aveva l’aria
imbarazzata. “Ecco… in realtà, si tratta di testi che tenevamo sigillati da
tempo… vedete, mia sorella… lei si interessa anche di questo genere di cose… e
li ha riportati a casa una volta da uno dei suoi viaggi, perché trattavano di
temi che potevano interessare anche ai maghi di Sailune e…” La principessa si
grattò la testa… “… bé, inizialmente mio padre non aveva voluto saperne di
utilizzarli… ma poi, quando abbiamo avuto quei problemi con i Mazoku abbiamo
finito per riprenderli in mano… ora il Gran Sacerdote aveva ordinato che
fossero nuovamente riposti, ed evidentemente erano in quelle scatole in attesa
di essere nuovamente sigillati…”
Battei le palpebre. La sorella di Amelia… mi pareva che la
mia amica non amasse particolarmente parlare di lei… chissà che tipo era, non
si era mai fatta viva a Sailune quando c’eravamo anche noi… ‘Pare diffuso avere
problemi con le sorelle maggiori…’ Rabbrividii, involontariamente.
Sospirai, scacciando il pensiero di Luna, e rivolgendo lo
sguardo ai libri. “Capisco… certo che è un bel peccato sigillare questi testi…
voglio dire, è sempre un ammontare di conoscenza che va perduto…” Le lanciai
un’occhiata di sottecchi.
La mia amica ridacchiò. “Guarda che non c’è problema se vuoi
tenerli tu, Lina –san… non c’è bisogno di girarci troppo attorno…”
Mi grattai la punta del naso arrossendo lievemente… “Bé…
ehm… se voi non ve ne fate nulla…” Cercai di mantenere il mio tono di voce
neutro…
Gourry, al mio fianco, sospirò. “Ormai sei prevedibile,
Lina…” Si guadagnò un calcio in uno stinco.
Amelia ridacchiò nuovamente. “In realtà alcuni avevano già
proposto di inviarli al Circolo di Magia di Zephilia… ma poi i sommi sacerdoti
si sono opposti, perché l’idea di fare favori alla Gilda di Zephilia non
sorrideva loro per nulla… ehm, senza offesa…” Si affrettò ad aggiungere.
“Nessuna offesa.” Mi limitai a replicare, con noncuranza.
Non era certo un segreto che fra Sailune e Zephilia non corresse particolare buon
sangue… ‘sana rivalità’, chiamiamola così… “Ad ogni modo… può anche essere che
questi testi ci siano utili per quello che stiamo cercando… forse in un testo
di Magia Nera è più probabile trovare certe informazioni.” Strizzai l’occhio ai
miei due compagni. Quindi, mi impadronii del piccolo gruppo di tomi sparso al
suolo e mi diressi con nuovo entusiasmo verso il tavolo, dove controllai
brevemente che non fossero protetti magicamente, prima di gettami a divorare
avidamente le pagine introduttive. La lettura di quel genere di testi era un
passatempo ben più allettante, per me. Anche se non avessimo effettivamente
trovato informazioni sui non morti, qualche ricerca sulla magia nera o qualche
modifica ad un incantesimo sarebbero stati un compenso più che sufficiente al
tedio di quella mattinata… ♥
Gourry sospirò. “Ho il sentore che non potremo toglierla da
lì sopra per un bel pezzo… Mi metterò a riordinare i testi che abbiamo già
consultato, Amelia… puoi chiedere ai maghi di corte se oggi pomeriggio possiamo
avere accesso alla loro biblioteca personale? Lina aveva accennato ad una cosa
del genere, prima…” Posò i suoi occhi su di me, per un momento. “Anche se penso
sia pericoloso interromperla ora per chiederle conferma…”
Una vena si disegnò in evidenza sulla mia fronte. “Guarda
che ti ho sentito! E ti vedo ghignare!” Alzai lo sguardo per incontrare un suo
sorriso impertinente. “Non farmi apparire come una specie di maniaca della
magia nera!!!”
Il sorriso di Gourry si allargò, ma il mio compagno non fece
commenti.
Sospirai. “AD OGNI MODO… forse non ci sarà bisogno di
ulteriori consultazioni… ho appena trovato un capitolo interessante…”
“Uh?” I miei due compagni batterono le palpebre all’unisono,
e si avvicinarono…
“Di che si tratta, Lina- san?”
“E’ una sezione dedicata proprio alla negromanzia…” Scorsi
velocemente le pagine, ricche di glosse e note in una grafia che, forse per la
somiglianza con quella di Amelia, mi appariva familiare… la sorella della
principessa doveva sapere il fatto suo… erano testi interessanti, quelli che
aveva raccolto… copie di opere di quelli che venivano ricordati come alcuni
degli studiosi più importanti di Zephilia… ed erano ricchi, e vari. Vi erano
parti dedicate agli incantesimi di attacco (a cui, mi ripromisi, avrei concesso
ampia attenzione quando avessimo risolto i nostri problemi più urgenti…), ma
ugualmente vi erano anche sezioni dedicate alle maledizioni, e alla
negromanzia… solo il potere di Lord of Nightmares non era citato, ma questo era
comprensibile, trattandosi di un comune testo di magia nera, e non di uno dei
rari tomi leggendari che trattavano di simili argomenti… e c’era persino una
sezione dedicata alla fabbricazione di armi magiche e di talismani per queste
ultime, e alle armi leggendarie… grandioso… avrei dovuto dare un’occhiata anche
a quella, anche se dubitavo che Gourry avrebbe voluto maneggiare una spada
realizzata con tecniche di magia nera…
“E allora? Che c’è scritto, Lina?” Fu proprio lo spadaccino
ad esortarmi a metterli al corrente delle mie scoperte, scuotendomi dai miei
pensieri.
“Oh…” Battei le palpebre, e tornai a fissare gli occhi sul
libro. “Bé, devo leggere con maggiore attenzione, prima di farmi un’idea
precisa… ad ogni modo, da quanto ho capito il testo parla, in una sezione, del
controllo che gli esseri umani possono arrivare ad ottenere su esseri come i
non morti attraverso le tecniche di negromanzia da loro praticabili… sarebbe
stato meglio avere una descrizione più diretta dei non morti, ma… suppongo che
potremo ricavarne qualche informazione utile su quali siano le loro
caratteristiche, e i mezzi per batterli…” Strizzai loro l’occhio. “Su uno dei
testi tra l’altro c’è anche una specie di piccola enciclopedia delle creature
magiche, proverò a consultare anche quella, per vedere se può aiutarci…” Allontanai
le dita dal libro, stiracchiandomi. “Ad ogni modo… avrò bisogno di un po’ di
tempo, e di concentrazione. Quindi, che ne dite di riordinare i testi ed
andarcene a pranzo? Nel pomeriggio mi metterò all’opera, da sola.” Lanciai
un’occhiata a Gourry. “E tu se Amelia non ha nulla in contrario potresti
andartene ad allenarti un po’ con gli spadaccini di Sailune, invece di fare la
bestia in gabbia al mio fianco. E’ tutta la mattina che continui a guardarli
dalla finestra sconsolato…”
Gourry mi rivolse un sorriso grato. “In effetti credo di
avere capito che quella del bibliotecario non è la mia vocazione…”
Ridacchiai. Su quello avevo sempre avuto scarsi dubbi. “Ad
ogni modo, come prima cosa, il pranzo! Non so voi, ma a me le ricerche mettono
decisamente fame!”
“Credo che non esista al mondo qualcosa che non ti mette
fame, Lina –san…” Commentò Amelia, con fare rassegnato…
“E questo che vorrebbe dire?” Una goccia di sudore mi scese
lungo la guancia, mentre Gourry al mio fianco ridacchiava. Gli rivolsi un’occhiataccia.
Come se lui non avesse avuto il triplo del mio appetito…
Ad ogni modo, lasciai perdere l’irritazione, e presi a
radunare i libri, nella felice prospettiva del pranzo. Forse, se avessimo
trovato presto un modo per sconfiggere i non morti, quella faccenda sarebbe
stata risolta ancora prima di quanto sperassimo, e noi avremmo avuto il
compenso che Phil ci aveva promesso, e avremmo potuto darci da fare per la
ricerca della spada senza dover pensare al denaro…
Sorrisi fra me e me.
Mmm. C’erano tutte le ragioni per essere ottimisti.
Era già pomeriggio inoltrato quando terminai di scorrere i
libri che avevamo trovato e chiusi l’ultimo, grosso, tomo. Sollevai lo sguardo
corrucciata, ponderando le informazioni che avevo raccolto.
Il cielo aveva già preso ad incupirsi, e le nuvole avevano
assunto una tenue sfumatura rosata. Le ombre si allungavano sul giardino di
fronte a me, dove servitori si affrettavano verso le cucine portando panieri
colmi di vivande da preparare per la cena… Gourry, a poca distanza da me, si
stava ancora allenando insieme ai soldati di Sailune. Sorrisi. Con una spada in
mano il mio amico pareva trovarsi molto più a suo agio che al chiuso di una
biblioteca. Era tutto il pomeriggio che continuava a combattere, con pause rare
e brevi, apparentemente senza esserne ancora stanco. E pareva essersi
guadagnato una certa stima fra le guardie che avevano lottato contro lui…
“Gourry –san sembra diventato ancora più abile, eh?
Scommetto che voi due siete sempre un’ottima squadra…”
Sussultai. Amelia era sbucata alle mie spalle senza che me
ne accorgessi, mentre ero presa dai miei pensieri. “Mmm…” Assentii, con fare
assente, osservando lo spadaccino affondare.
“Allora, hai scoperto qualcosa di interessante?” Amelia era
rimasta alle mie spalle a leggere qualche romanzo, quel pomeriggio, e doveva
essersi accorta che avevo terminato la mia lettura…
“Uhm…” Lanciai un’occhiata al tomo sulle mie ginocchia. “…
penso proprio di sì, in realtà… almeno qualcosa su cui basarci…” Sollevai
nuovamente lo sguardo. “Ehi, Gourry!”
Il mio amico indietreggiò, e parò un affondo. Quindi,
facendo leva sul piede sinistro, scattò in avanti, cogliendo l’avversario alla
sprovvista mentre stava riacquistando l’equilibrio dopo il colpo. La guardia
incespicò, e parò goffamente il colpo di Gourry. La sua presa sulla spada
tuttavia si allentò, e ad un nuovo colpo finì facilmente disarmato. Gourry si
fermò, mentre il soldato lo fissava un po’ sgomento e circospetto, come
aspettando di essere attaccato nuovamente. Gourry, tuttavia, si limitò a
rivolgergli un sorriso che contrastava con lo sguardo concentrato di poco
prima. “Grazie. Bell’incontro.”
Il soldato batté le palpebre. “D… di nulla…”
Gourry lo lasciò senza aggiungere altro, e si diresse di
corsa verso la gradinata su cui avevo trascorso il mio pomeriggio leggendo. Si
fermò di fronte a me, asciugandosi il sudore dalla fronte col dorso della mano.
“Hai finito?” Mi chiese con un sorriso.
Annuii, lanciandogli il panno che aveva abbandonato vicino a
me. Lo spadaccino lo afferrò, servendosene per asciugarsi il collo, e sedendosi
al mio fianco.
Tornai a volgere l’attenzione ai libri per un attimo,
accigliandomi nuovamente. “Anche se non sono tutte notizie positive…”
Amelia e Gourry batterono le palpebre all’unisono. “Cioè?”
Sospirai. “Bè… pare che di fatto le tecniche di negromanzia
abbiano scarsi effetti su creature come i non morti. Esse servono per
comunicare con gli spiriti dei defunti, e possono fino ad un certo limite anche
dirigerli… ma pare che i morti senza pace non siano tanto controllabili quanto
le normali anime…” Accarezzai distrattamente la copertina del libro… “Di fatto
credo che non si possa parlare propriamente nemmeno di ‘anime’… sono unicamente
concentrati di rancore. So che nell’antichità esistevano rituali per pacificarli,
ma… il testo si mostra scettico, su questo fronte. Pare che i non morti siano
qualcosa di assolutamente incontrollabile da parte degli esseri umani…”
“M… ma Lina –san… ti ricordi a Sailarg…? Le anime dei
defunti della città… Phibrizo era riuscito in qualche modo a dirigerle…”
Rabbrividii a quel ricordo, mentre Gourry ovviamente (e
fortunatamente) non capiva… Ero stata attaccata… anche da bambini in
quella occasione, per ordine di Phibrizo… “Credo…” Deglutii. “Credo che quella
fosse una situazione un po’ diversa, Amelia… quelle in fondo erano creature
spirituali… era stato lo stesso Phibrizio a riportare in vita quegli spiriti…
ma i non morti sono qualcosa di diverso… la loro nascita è spontanea…”
Giocherellai distrattamente con le dita. “D’altra parte… una volta, ho visto un
demone costringere delle persone ad una morte violenta… e poi dirigere le anime
maledette così nate… quindi forse hai ragione… è possibile che i Mazoku, quanto
meno quelli al servizio del Signore degli Inferi, abbiano un certo potere in
questo senso… ma ora Phibrizo è morto, e non si può pensare di cercare qualche
incantesimo che faccia appello a lui direttamente… e ad ogni modo è del tutto
probabile che agli umani non sia accessibile questo genere di poteri…”
“Ma quindi… non c’è modo di batterli?” Gourry mi fissò, con
l’aria di chi non aveva compreso perfettamente i vari passaggi della
conversazione, ma riassumendo perfettamente quello che ne era il punto focale…
Scossi la testa. “Non ho detto questo. Non c’è modo di
controllarli. Ma i volumi suggeriscono comunque che il fuoco, e tutti gli
incantesimi che sprigionano un’elevata quantità di calore, hanno un certo
effetto su di loro…” Aveva senso, in effetti. L’incapacità del corpo di
mantenere il suo ordine e la sua unità, e la sua degenerazione, questo era la
morte. I non morti in questo senso rappresentavano un paradosso… un corpo morto
in cui tuttavia la degenerazione era bloccata. Bloccata da una volontà priva di
controllo, una volontà fatta solo di odio,e di desiderio di vita. Il fuoco non
era altro che una alternativa a questo stato. La degenerazione del corpo era
bloccata, attraverso la sua distruzione. Anche se la mia non era altro che una
ipotesi che al momento aveva scarsi riflessi pratici…
Sospirai. “Inoltre pare che anche gli incantesimi spirituali
abbiano un certo effetto su di loro… anche se la loro efficacia è minore
rispetto alla piromanzia… il fatto che il mio Elmekia Lance non abbia avuto
effetto sul messo di tuo padre, Amelia, credo sia dovuto al fatto che in lui la
trasformazione non era ancora completa…”
Lanciai un’occhiata alla principessa, e questa sgranò gli
occhi. “Vuoi… vuoi dire che quell’uomo… si stava trasformando in un…”
Annuii, con un sospiro. “Sì, io ho tutta l’impressione che
sia così… si trovava in uno strano stato a metà fra l’umano e il non umano, in
cui il suo corpo era più resistente del normale, e ancora non soffriva delle
debolezze dei non morti… una condizione temporanea, ma che lo rendeva
sicuramente un avversario difficile da affrontare…” Anche se io non avrei
desiderato QUEL TIPO di forza, per nulla al mondo…
“Anche questo era scritto su quei libri?” Gourry mi fissò in
volto, a sua volta accigliato.
Mi limitai ad annuire. “A quanto pare, l’uccisione da parte
di una di quelle creature comporta la rinascita come una di loro… mentre il
loro morso comporta una lenta trasformazione…” Sospirai. “In sostanza, non si
tratta di nulla che ci sia possibile sottovalutare…”
Gourry batté le palpebre. “Già… direi proprio di no…”
“E… ehi, però si tratta di qualcosa che possiamo
sconfiggere, giusto???” Amelia scattò in piedi, improvvisamente allarmata,
forse temendo che ci tirassimo indietro all’ultimo.
Agitai una mano, con noncuranza. “Lo so, lo so, Amelia… non
preoccuparti…” Lanciai uno sguardo al cielo. “Anche se prima di muoversi da
Sailune sarebbe bello sapere perché queste creature si stanno concentrando
all’interno dei confini del regno…”
“Suppongo che ci faremo un’idea migliore appena avremo
raggiunto Elmekia.” Gourry mi batté una mano sulla testa. “Ad ogni modo, anche
se abbiamo scoperto come batterli, spero che riusciremo ad evitare di trovarci
di nuovo di fronte ad uno di loro… non è stata un’esperienza piacevole…”
Gli rivolsi un sorriso. “Ehi… potremmo sperare di avere un
po’ di fortuna anche noi ogni tanto, no?”
A volte credo che imparare a moderare il mio ottimismo
sarebbe di giovamento ai nervi…
***
Era notte fonda, quando risuonò.
Per un momento credetti di avere sognato. La mia mente
doveva essere stata suggestionata dagli avvenimenti di quei giorni, e un rumore
nella notte era bastato a stuzzicare la mia immaginazione, e…
L’ululato si levò, nuovamente.
Scattai a sedere, ora completamente sveglia. La notte di
Sailune parve essere squarciata da quel suono. Fu come se le ombre dei
corridoi, delle sale, dei giardini si condensassero in quel lungo, cupo lamento
scivolando nei nostri letti, nei nostri sogni, con tutta l’inquietudine che
esso usava portare.
“Che diavolo…?”
Un terzo suono, ancora più lungo. Veniva dall’esterno, ma da
qualche punto all’interno della cinta muraria del palazzo. Lo riconoscevo
perfettamente. Perché avevo avuto modo di sentirlo in precedenza, solo pochi
giorni prima…
‘Gourry!’
Fu il primo pensiero coerente che riuscii ad elaborare,
mentre saltavo giù dal letto, e afferravo freneticamente il mantello e la
spada, incespicando verso la porta per raggiungere la stanza dello spadaccino.
La mia corsa non durò a lungo, comunque. Il mio compagno era già in piedi nel
corridoio, e avevo anticipato di pochi secondi il suo bussare. Il suo sguardo
era allarmato come raramente lo avevo visto…
“Lina! Hai sentito…”
“… il corno da guerra.” Annuii, troncando la sua frase.
“Dove sono le guardie???”
Ci guardammo per un istante attorno. Il corridoio era
completamente deserto. Probabilmente i soldati si erano mossi immediatamente
dopo il richiamo, ma quella insolita immobilità, nella frenesia di quel
momento, e nel profondo della notte, dava l’impressione di un qualche assurdo
sogno…
“Credi… credi che sia successa qualche emergenza?”
Lanciai uno sguardo al di fuori di una delle strette
finestre. Al di là delle mura, fra i tetti bianchi e le colline, la notte di
Sailune sembrava placida come sempre.
“Non ne ho la più pallida idea.” Conclusi, il cuore che mi
batteva in gola per il tumulto improvviso. “Dobbiamo trovare Philionel. Ora.”
Risolsi. Anche se dubitavo che sperando in un falso allarme non ci attendesse
qualche delusione…
Gourry annuì semplicemente, ed insieme ci lanciammo lungo il
corridoio illuminato dalle torce…fu sufficiente scendere di un piano perché
quell’impressione di innaturale immobilità cessasse. Nel grande atrio del
palazzo, il viavai di guardie era continuo, e intravedevo dalle vetrate un
frenetico susseguirsi di torce nel cortile anteriore. Ministri e nobili ancora avvolti
nei loro abitida notte si
affrettavano, i volti assonnati, verso la sala del Concilio. La scena avrebbe
potuto apparire divertente, se non fosse stata incupita dalla consapevolezza
che un Concilio straordinario nel cuore della notte non poteva significare
niente di buono…
Individuai immediatamente il profilo di Phil. Sovrastava di
una testa buona i nobili che lo circondavano, e stava in piedi all’ingresso
della sala del Concilio, discutendo freneticamente con qualcuno. Avvicinandomi,
mi resi conto, con un certo disappunto, che si trattava di Laudreck.
“… qualcuno attraverso i boschi, subito!” Stava gridando lo
spiacevole fratellastro del principe, l’aspetto trascurato di chi è appena
stato tirato giù al letto.
“Non possiamo, Laudreck! E’ troppo tardi! Sarebbe solo un
morto in più!”
“Ma potrebbe essere la nostra ultima possibilità! Phil, noi
non siamo pronti per…” Laudreck si interruppe, bruscamente. Doveva averci visto
arrivare con la coda dell’occhio, perché si volse verso di noi, rivolgendoci
uno sgradevole piglio. “Alla buon ora… essere amici della principessa vi fa
credere di avere diritto a non affrettarvi quando colui che vi ha assoldati vi
chiama a raccolta?”
Mi presi la soddisfazione di ignorarlo pesantemente. “Che
cosa sta succedendo, Phil?”
Philionel mi rivolse un’occhiata stanca. “Un disastro.”
Rispose, senza troppi mezzi termini. “Ma non ho tempo di spiegarvi
personalmente. Devo riferire i fatti al Concilio, immediatamente.”
“Papà!” Anche Amelia ci raggiunse, proprio in quel momento,
l’aria più che allarmata. “Cosa…”
La principessa non ebbe tempo di terminare. In quel momento,
il volto di Cristopher fece capolino dal portale della sala, richiamando
l’attenzione del principe. “Phil… il Concilio è pronto ad ascoltarti.”
Phil annuì, e con un breve cenno del capo ci invitò a
seguirlo. Avanzammo fra la confusione di voci che risuonava all’interno della
grande sala, stringendoci attorno al principe, ed intercettando le occhiate
cupe che i nobili ci rivolgevano. Tutti avvertivano il presentimento di un
qualche disastro imminente.
“Miei Lord…” La voce di Philionel sovrastò le altre, non
appena il principe fu giunto al suo seggio. L’erede al trono rimase in piedi,
con Gourry e me a un lato della sua postazione, e i suoi famigliari all’altro.
Il suo sguardo si spostò lentamente sui volti che lo fronteggiavano,
abbracciando l’intera sala, ed immediatamente il tumulto si placò. “… non sono
buone notizie quelle che devo darvi.” Il suo tono di voce si abbassò
lievemente. “E non ho nemmeno tempo per usare mezzi termini, perciò non lo
farò.” Philionel prese un respiro. “Sailune è sotto attacco.”
A quelle parole, il vociò si levò nuovamente, con violenza.
Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata incredula. Sotto attacco? Così
all’improvviso? Lanciai uno sguardo ad Amelia. La principessa era impallidita,
e fissava suo padre come se lo credesse improvvisamente impazzito…
“Miei Lord!!!” La voce di Philionel risuonò ancora una
volta, autoritaria. “Manteniamo la calma, vi prego!” Con un po’ più di
riluttanza, la folla di ascoltatori tornò a prestare la sua attenzione… “Non è
il momento di farsi prendere dal panico, ma di organizzarsi! Questa notte, sono
stato avvertito da un messaggero proveniente dalle truppe stanziate al confine.
Sono state attaccate, una settimana fa.” Phil si morse il labbro. “Sbaragliate,
questo è il termine giusto. Se il messaggero è sopravvissuto è stato solo
perché è stato inviato a corte prima che la situazione degenerasse…” La sua
voce vacillò per un momento. “Ora, se i nostri calcoli sono esatti…” Lanciò
un’occhiata a Cristopher. “… abbiamo uno, al massimo due giorni di tempo. Poi,
il nemico ci sarà addosso.”
“Il nemico? Ma CHI è il nemico???” Si levò una voce dai
seggi dei nobili.
Philionel scosse la testa. “Non lo sappiamo. Sappiamo solo
che si tratta di un grosso esercito. Il messaggero è stato inviato prima che i
miei comandanti potessero identificare chi li attaccava… anche se avevano già
ben chiara l’entità dell’attacco…” La sua voce si spense in un sussurro, e il
principe parve ponderare per un momento come proseguire. “…e anche l’entità
dell’esercito… perché… non si trattava di truppe umane.” Il suo sguardo si
sollevò sul Concilio. E non ebbe bisogno di aggiungere altro.
Il gelo si diffuse in un istante. I nobili si scambiarono sguardi
increduli e terrorizzati. E a me il respiro si bloccò in gola.
“Non morti?!?” Il mio tono di voce era un sibilo, quando
presi la parola. “Non è possibile che i non morti si organizzino in un
esercito!”
Phil mi rivolse un’occhiata. “Pare che a guidarli fosse un
comandante umano.” Mi rispose, cupo. “Ma non abbiamo altre informazioni. Anche
se a questo punto temo che scopriremo molto presto contro chi ci troviamo a
combattere…”
Esseri umani alla guida di non morti??? Ma… ma se avevo
appena scoperto che non era possibile!!!
Nel frattempo, le voci nella sala erano tornate a levarsi
nuovamente. Domande precipitavano su Philionel, da ogni direzione.
“Quanti sono i soldati nemici???”
“Da quale fronte attaccheranno?”
“Qual è lo stato delle truppe a corte???”
“C’è la grossa probabilità che l’attacco avvenga da più
fronti.” Philionel cercò di mantenere la calma, mentre rispondeva. “Anzi,
secondo la mia personale convinzione, Sailune in questo momento dev’essere
totalmente accerchiata. Le truppe al confine sono state circondate prima di
rendersi conto di quello che stava succedendo. Sospettiamo che i soldati nemici
si siano introdotti nel nostro territorio muovendosi a piccoli gruppi, prima di
organizzarsi nell’attacco, in modo da impedire che si creasse eccessivo
allarme, e da sfruttare al massimo il fattore sorpresa.” Il principe fece un
sospiro. “Sono stato stupido. Non avrei dovuto sottovalutare i primi
avvistamenti di non morti. Ma a questo punto rimuginare sulle azioni passate
non ha senso…”
“Papà…” Amelia prese la parola, per la prima volta, la sua
voce segnata dalla tensione… “Credi… che ad attaccarti sia stato uno dei re al
di là della barriera…?” Amelia ci aveva detto che Philionel aveva già dato vita
a qualche tentativo di stabilire rapporti diplomatici con le popolazioni delle
terre inesplorate… a quanto pareva, ordinamenti politici molto complessi si
erano sviluppati anche in quelle regioni, nei cui equilibri non sempre era
facile inserirsi…
Philionel, ancora una volta, scosse la testa. “Non posso averne
la certezza, Amelia… anche se in effetti trovo improbabile che uno dei regni
della Lega del Sud abbia preso una simile iniziativa così all’improvviso…”
Sollevò lo sguardo sui nobili nella sala. “Non so ancora se chiunque sia il
nostro nemico abbia intenzione di attaccarci, o se prima voglia proporci un
qualche tipo di trattativa… ma non posso considerare l’attacco alle truppe di
confine che come una chiara dichiarazione di guerra. Visto lo stato delle cose,
credo che ciò che dobbiamo aspettarci sia un tentativo di assedio.”
Un cupo silenzio da parte dei membri del Concilio accompagnò
quelle parole.
“E quindi… cosa facciamo, Philionel…?” Fu Cristopher a porre
la fatidica domanda.
Phil si accigliò. “Temo che non ci sia tempo per fare altro
che cercare di mettere in piedi una resistenza. E dobbiamo iniziare ORA.”
“Dovresti ascoltarmi ed inviare un messaggero ai regni
confinanti, Philionel!” Fu Laudreck ad intervenire, nel suo solito tono aspro.
“Con la tua mania di tenere limitato il numero delle truppe e degli armamenti,
rischiamo di trovarci sconfitti ancora prima che l’assedio inizi!”
Numerosi sguardi di disapprovazione si levarono su Laudreck
a quelle parole, primo fra tutti quello di Cristpher. Phil, però, non parve
scomporsi. “E’ troppo tardi, fratello.” Rispose semplicemente, con forzata
pacatezza. “A questo punto, saremo già accerchiati dalle avanguardie.
Equivarrebbe a mandarlo al suicidio.”
“E’ un rischio che dobbiamo correre! Dobbiamo approfittare
di OGNI possibilità di chiedere alleanze, Phil!”
Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. Andare a chiedere
appoggio ai regni confinanti originariamente era il nostro compito… forse anche
ora…
Phil notò il nostro sguardo, e scosse immediatamente la
testa. “No, Lina, preferisco averti qui, per ora.” Lanciò uno sguardo a
Laudreck, quindi tornò a guardarmi. “Mio fratello potrebbe avere ragione, ma tu
sei l’unica esperta di magia nera presente a Sailune, e in più da quanto ho
capito hai un’idea su come abbattere quelle creature.” Lanciò uno sguardo ai nobili
di fronte a lui. “Non posso obbligare nessuno ad una missione così rischiosa.
Ma ho bisogno di un ambasciatore fidato che si assuma questo incarico. Qualcuno
con sufficiente autorità da poter perorare la mia causa nei regni di Elmekia e
Raizerl… qualcuno lucido, e che abbia compreso lo stato delle cose. Perché io
questa sera non avrò tempo nemmeno di scrivere una missiva. Se ci sono
volontari, li prego di farsi avanti immediatamente.”
I nobili si scambiarono alcune vaghe occhiate. Quindi,
alcune timide mani si sollevarono.
Phil annuì. “Coloro che si sono offerti mi seguano. Il
prescelto dovrà partire il prima possibile. Cris, fai radunare le truppe nei
cortili, e aspettami per l’assegnazione dei ruoli. Laudreck, la popolazione
sarà già in fibrillazione, falla radunare nella piazza dove si tengono le
udienze pubbliche, perché possa allertarla.” Phil fece un sospiro. “Anche se
dubito che poco di quanto ho da dire loro li tranquillizzerà…”
I nobili si alzarono di corsa, ognuno diretto a radunare i
suoi uomini, o a svolgere i compiti che gli erano assegnati. Presto, non
un’anima fu addormentata nel palazzo.
Quella notte insonne passò in fretta, fra urla, movimento, e
frenetici preparativi. Mi sentivo incredibilmente tesa, e fuori posto. Ero
stata al centro di mille battaglie, anche pericolosissime, ma una guerra era
qualcosa di diverso. Ogni volta che incontravo lo sguardo di qualcuno, mi
veniva in mente che forse nel giro di pochi giorni quella persona non sarebbe
stata più in vita. Che le mura candide di Sailune sarebbero state annerite dai
colpi delle frecce infuocate. Che presto non ci sarebbe stata più via d’uscita.
E il mio stomaco si stringeva per la tensione.
Gourry non aveva parlato più molto, dopo la fine del
Concilio. Più di impiccio che di aiuto per i preparativi, ce ne eravamo rimasti
in silenzio, fianco a fianco, sulle mura, scrutando l’orizzonte in cerca degli
inesistenti segni di un arrivo imminente del nemico. Se mi fossi addormentata,
e al mio risveglio avessi osservato quel tranquillo paesaggio, avrei facilmente
pensato che si era trattato tutto di un sogno…
“Lina –san…” Era l’alba, quando Amelia ci raggiunse.
Sembrava stanca, e impaurita. I segni del mancato sonno si delineavano
chiaramente sotto i suoi occhi insolitamente cupi… “Siete qui… credevo steste
dormendo…”
Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. “Credo che sarebbe
stato difficile dormire, stanotte, Amelia…” Replicai, in tono fiacco.
La principessa forzò un innaturale sorriso. “Già… suppongo
di sì…” Lanciò un’occhiata oltre le mura. “Mi dispiace di avervi coinvolti in
questa faccenda…” Aggiunse, dopo qualche secondo di pausa, a mezza voce… “…Lina
–san, Gourry –san… ora voi potreste essere lontani e al sicuro… se io e mio
padre non avessimo insistito…”
“Ora basta, Amelia.” La interruppi. “Non ha senso piangere
sul latte versato. Ora siamo qui, e daremo una mano. Inoltre il lavoro è
lavoro, e tuo padre ci ha offerto un lauto compenso per svolgerlo, quindi io
considero il mio coinvolgimento a tutti gli effetti come una missione.”
Gourry, alle mie spalle, annuì, e mi pose una mano sulla
spalla. “Lina ha ragione, Amelia. Siamo stati noi ad accettare, in fondo… cerca
di tranquillizzarti, piuttosto. Io… io avuto ho un po’ di esperienza come
capitano di truppe, in passato. Se tuo padre vorrà affidarmi una parte dei
soldati, forse potrei aiutarvi ad addestrarli, dirigerli, esservi utile in
qualche modo.”
“Gourry –san…” Amelia gli rivolse uno sguardo pieno di
gratitudine.
Annuii. “Ben detto, Gourry. Ed io vi metto a disposizione i
miei incantesimi più distruttivi. Sempre che Phil non mi detragga dal pagamento
gli edifici che distruggeranno, è chiaro…” Le strizzai l’occhio.
Amelia, a suo dispetto, ridacchiò. “Glielo farò presente,
Lina -san… e speriamo che la giustizia ci sostenga ancora una volta…”
Sospirai. “Già, speriamo…”
Per quanto la Giustizia, alla luce degli avvenimenti di
quella nottata, cominciasse ad apparirmi un tantino perversa…
Era il tramonto del giorno successivo, quando fummo nuovamente chiamati
a raccolta
Era il tramonto del giorno successivo, quando fummo
nuovamente chiamati a raccolta.
L’attesa era stata logorante. Il primo giorno, i preparativi
erano andati avanti ininterrotti. Come macchine prive di coscienza, gli uomini
avevano lavorato, allestito, combattuto. Amelia aveva inoltrato formalmente a
Phil la richiesta di Gourry, e allo spadaccino erano state affidate delle
truppe. Da quel momento, il mio compagno si era dedicato totalmente ad esse, e
non avevamo praticamente parlato. In realtà, non potevo dire di rimpiangerlo.
Da quando avevamo saputo dell’attacco, l’umore di Gourry pareva decisamente
peggiorato, ed ebbi tutta l’impressione che il nuovo compito affidatogli,
sollevandolo dal peso dell’impotenza, contribuisse a dargli nuovo animo. Per
quel che mi riguardava, invece, mi sentivo una bestia in gabbia. Al di là dello
sperimentare qualche incantesimo, e dello spiegare ai maghi di corte quanto
avevo appreso sui non morti, mi sentivo totalmente inutile, ed immobile, persa
in quel movimento frenetico. Il secondo giorno,poi, era arrivata l’apatia generale. Terminata l’urgenza
dell’azione, tutti aspettavano, senza parlarsi, senza quasi osare respirare,
lanciando incessanti occhiate nervose al di là delle mura. Un’avanguardia era
stata mandata in esplorazione, per avvisare quando il nemico fosse stato in
avvicinamento, ed occhi frenetici cercavano un qualsiasi suo movimento, sulle
pendici delle colline, con lo stesso accanimento di chi dal ponte di una nave
spera di essere il primo ad intravedere la terra. Odiavo quella sensazione.
L’attesa di qualcosa che esulava dal mio potere, e dalla mia strategia… Per
questo, quando avvertii nuovamente il suono del corno, per me fu quasi una
liberazione…
Migliaia di volti si affacciarono sugli spalti e alle
finestre del Palazzo Reale, all’unisono. L’avanguardia di Phil era in veloce
avvicinamento, sul bordo di una collina, quasi invisibile nell’immensa nuvola
di polvere sollevata dagli zoccoli dei cavalli. Aspettammo col fiato sospeso,
mentre spariva all’interno delle mura esagonali, e l’ingresso della fortezza
interna era aperto per accoglierla.
E quasi contemporaneamente, anche le truppe apparvero.
Si trattava di un grosso esercito… ma non immenso. Forse
avrei potuto temere di peggio, pensai per un momento. Finché le truppe non
furono sufficientemente vicini da permettermi di vederli. Parte delle truppe
era costituita da umani… ma non quella schierata sul fronte. I soldati sulle
prime linee non avevano gli occhi accesi dal presentimento della battaglia, le
loro armature non luccicavano alla luce del sole calante. Si accalcavano in una
massa spenta, gli occhi dorati deliberatamente rivolti verso gli uomini che li
fronteggiavano sulle mura. E se quel bagliore innaturale non fosse stato
sufficiente, sarebbe bastato il terrore che mi catturava incrociando uno dei
loro sguardi per rendermi conto di quale fosse la natura quelle creature…
Avvertii la tensione allargarsi a macchia d’olio fra i
soldati, mentre l’esercito nemico raggiungeva le mura, e prendeva a disporsi di
fronte ad esse. Gourry, al mio fianco, spostava di continuo il peso da un piede
all’altro, nervoso, anche se non terrorizzato come la prima volta che avevamo
incontrato quegli esseri. Forse era ignorante in fatto di incantesimi, ma
quando si trattava di pratica del combattimento era svelto ad imparare… Solo i
sacerdoti parevano mantenere in qualche modo la calma, non so se per
l’autocontrollo che il loro addestramento aveva insegnato loro a mantenere, o
perché il terrore che quelle creature infondevano era di origine magica, e in
qualche modo sapevano destreggiarvisi, come pareva accadere a me.
Improvvisamente provai un moto di ammirazione per il
comandante nemico, per quanto quello fosse un sentimento fuori luogo. Chiunque
fosse, doveva disporre di notevoli carisma e presa sui suoi uomini per riuscire
a convincerli a combattere a fianco di quelle creature…
La mia curiosità riguardo al comandante fu comunque presto
soddisfatta. Le truppe si fermarono, non in formazione d’attacco, ma
sull’attenti ed in perfetto ordine, appena al di fuori dei portali serrati. E
fu allora che una figura avanzò a cavallo fino a giungere a pochi metri, al di
sotto delle mura. Aveva forse l’età di Phil, e lineamenti duri, anche se non
altrettanto marcati… o almeno, quella era la mia impressione, perché da quella
distanza, e nella semi oscurità, non potevo facilmente distinguere i
particolari della sua figura. Ma fu soprattutto la sua voce a colpirmi, quando
prese la parola. Ferma e sicura, come se in quel momento si trovasse esattamente
nel posto che gli spettava…
“Principe Philionel…” Sollevò lo sguardo sulle mura, e i
suoi occhi rintracciarono immediatamente la figura dell’erede al trono. “… sono
Oberon di Mitila, sovrano del Regno di Beriza e capo del consiglio dei Nove
Alleati. Vi chiedo di consegnare il Regno di Sailune nelle mie mani.”
Un mormorio di stupore e protesta sollevò fra le truppe di
Sailune di fronte al suo tono diretto e perentorio. Vidi una goccia di sudore
scendere lentamente lungo la guancia di Philionel… “Oberon di Mitila…” Lo udii
mormorare.
Notai che anche lo sguardo di Amelia si era fatto teso… Mi
protesi lievemente verso di lei, decisa a capirci di più. “Lo conoscete?”
Sussurrai.
La mia amica annuì, accigliandosi. “E’ uno dei primi sovrani
con cui mio padre è entrato in contatto dopo la caduta della barriera. E’ un
uomo potente, e molto rispettato. Non conosco i particolari, ma so che ha
portato a risoluzione un lungo conflitto fra i regni a sud della barriera. Ora
è a capo di una confederazione simile a quella dei Regni del Sud che comprende
anche Sailune…”
Deglutii. Ora capivo il perché del loro nervosismo. Non
conoscevo le dimensioni del suo regno né l’entità effettiva del suo potere, ma
dalla descrizione di Amelia si poteva facilmente dedurre come fosse un uomo
ricco di alleati…
Philionel era rimasto in silenzio, nel frattempo, immaginavo
soppesando le parole giuste da rivolgere ad un uomo che senza troppi mezzi
termini presentava se stesso come un usurpatore. Quando prese la parola fu in
tono duro, e per nulla accomodante. “Non so su quali basi riteniate giusto
farmi questa richiesta, Oberon, ma mi auguro che non vi aspettiate davvero che
io possa acconsentire…”
Il sovrano nemico non batté ciglio. Si limitò ad annuire,
lentamente, e a fare indietreggiare nuovamente la sua cavalcatura, come a
segnalare che quel breve, surreale dialogo stava per terminare… “Sì, lo
immaginavo. In questo caso mi trovo costretto a dichiararvi guerra, Philionel
El di Sailune. Domani mattina le ostilità avranno inizio.” Volse il cavallo,
senza attendere una risposta.
“Aspettate, Oberon!!!” Philionel scattò in avanti,
sporgendosi dagli spalti, improvvisamente rabbioso. “Giudicate giusto attaccare
un paese che non vi ha mai recato alcuna offesa senza nemmeno spiegarne il
perché al suo sovrano e al suo popolo??? Fermatevi!!!”
Oberon girò la testa, e fissò l’erede al trono con placida
freddezza. “Sono interessato al possesso del vostro Regno, per motivi
strategici che riguardano me ed il mio popolo. Non sono mosso da motivi
irrazionali, e non voglio certo inimicarmi a vita un popolo che ho intenzione
di comandare. Non ho intenzione di fare del male a più persone di quante non
siano necessarie per raggiungere i miei obiettivi. Ma non vi risparmierò
nemmeno, se non scenderete alle mie condizioni. E’ tutto.” Diede un colpo di
redini, e si allontanò verso il suo accampamento.
Philionel era rabbioso, come mai lo avevo visto. Era stato
indignato, alterato a volte. Ma ora sul suo volto era disegnata la rabbia
selvaggia di chi si vede attaccato in ciò che di più intimo possiede…
“Papà…” Iniziò Amelia, apparentemente preoccupata dalla sua
reazione…
“Se non abbiamo altra scelta, lotteremo.” Risolse però
l’erede al trono, prima che sua figlia potesse dire qualunque cosa per
calmarlo. “Stiamo subendo un’ingiustizia. Non perderemo.”
Normalmente avrei replicato, sbeffeggiando le solite teorie
della famiglia reale riguardo alla giustizia, ma in quel momento mi morsi le
labbra, e tacqui. Non che avessi abbandonato il mio scetticismo, ma non era il
caso di minare il morale delle truppe di Sailune proprio nel momento in cui più
c’era bisogno di convinzione…
Amelia, per quanto più pallida e meno sicura di sé del
solito, annuì lievemente alle parole del padre. “Hai… hai ragione papà… un… un
esercito fatto di esseri malvagi come quello non può batterci…”
Non fui certa che Philionel avesse udito realmente le parole
della figlia… si limitò ad un vago cenno del capo, mentre la sua attenzione era
già rivolta ai suoi uomini. “Andate, e riposate. Mangiate, dormite a volontà.
Domani avrò bisogno di tutta la vostra energia.” In realtà, temevo che pochi
avrebbero passato una nottata serena, ma nessuno obiettò apertamente a quella
proposta…
Dato che gli uomini del nemico avevano preso a ritirarsi, i
soldati di Sailune, fatta eccezione per le sentinelle, iniziarono lentamente a
scendere dagli spalti… lentamente, la folla scemò dalle mura, mentre Philionel
discuteva freneticamente con Cristopher e Laudreck, e Gourry, Amelia ed io
restavamo ad aspettarli, in un silenzio colmo di disagio… Dopo qualche istante,
vidi Phil volgersi verso di noi, e rivolgerci un breve cenno del capo, ad
indicare che anche noi potevamo avviarci verso le nostre stanze… e lo avremmo
fatto, non fosse stato per il grido strozzato che proprio in quell’istante
risuonò nell’aria fresca della sera di Sailune…
“P… principe!
Principe Philionel!”
Era una delle guardie che ero state incaricate di rimanere
di vedetta sulle mura. Lo sguardo di tutti coloro che rimanevano sugli spalti
cadde dapprima su di lui… e poi nella direzione dove cadevano i suoi occhi…
Tutti ci gelammo sul posto. Fuori dalle mura, appena di
fronte ai portali, piantato al suolo, in cima ad una picca i soldati nemici
avevano lasciato un omaggio ai loro avversari.
La testa di Lord Remian.
Colui che due giorni prima si era offerto di uscire dalle
mura a cercare rinforzi, ora ci fissava con occhi ciechi, sangue raggrumato che
gli usciva dalla bocca, e gli appiccicava i capelli al volto.
Improvvisamente, sentii l’impulso di vomitare e per una
volta fui grata che la cena dovesse esserci ancora servita, e dei morsi della
fame che solo fino ad un attimo prima avevano catturato il mio stomaco. Gourry,
al mio fianco, impallidì lievemente. Amelia si portò le mani alla bocca,
inorridita. Un cupo monito. Un presagio per molti altri uomini che avrebbero
preso parte a quella lotta. E un chiaro avvertimento riguardo a quale sarebbe
stata la sorte di qualsiasi alleato di Sailune che fosse stato trovato a vagare
al di fuori delle mura per cercare aiuto…
“Credo che non vedremo comparire la cavalleria di Raizerl in
nostro aiuto molto presto, fratello… a meno che anche il suo sovrano non si
diletti a comunicare con i morti…” Commentò la voce roca di Laudreck, con
lucido, cinico sarcasmo…
… e non molte altre parole vennero scambiate, finché tutti
non si chiusero con gratitudine nella solitudine delle proprie stanze…
***
Questo è esattamente il punto in cui normalmente mi lancerei
in un panegirico dei letti di Sailune. Doppia piazza, baldacchino, mille cuscini…
era il paradiso di chi, come me, era abituato a dormire in locande sporche e
dai letti duri come il cemento, e a condividere col proprio compagno di viaggio
stanze di non più di due metri quadrati (Gourry è un gentiluomo, niente da
dire, felicissima di stare con lui, ma giocare allo slalom ogni volta che devo
andare in bagno per evitare di calpestarlo non è esattamente la mia idea di
divertimento…)
Quella sera, avevo avuto modo di apprezzare il letto più a
lungo del solito… non tanto perché fossi andata a letto prima, quanto piuttosto
perché, una volta sotto le coperte, stranamente per me, non ero riuscita a
chiudere occhio.
Era un po’ irritante. Sapevo perfettamente che il giorno
successivo mi sarebbero state richieste tutta la mia attenzione e concentrazione,
e proprio questo mi induceva a continuare a rimuginare su quello che mi
aspettava, invece che riposarmi come tale prospettiva avrebbe richiesto.
Ma non era solo quello. Sapete quando si ha l’insistente,
pressante sensazione che qualcosa di non previsto stia per succedere? Ecco,
soprattutto QUELLO era ciò che teneva inchiodato il mio sguardo al soffitto del
baldacchino, quella notte…
‘Sarebbe carino sapere COSA di inaspettato sta per accadere,
però…’
La notte era ormai inoltrata, e cominciavo seriamente a
dubitare della mia capacità di intuizione. Forse il mio modo di vedere le cose
era viziato dalla tensione, forse ero solo stanca, e come tutte le persone
stanche tendevo a vedere problemi che non esistevano… fatto sta che qualsiasi
rumore o scricchiolio mi faceva balzare sul letto, e scrutare nel buio…
‘Certo che non mi ricordavo che Sailune fosse così
inquietante…’
Stavo cominciando a ponderare diverse ipotesi, fra cui
quella di scendere dai sacerdoti in veglia e farmi dare qualcosa per dormire
(troppo buio per i corridoi e troppe brutte esperienze in passato nel corso
delle mie passeggiate notturne… non considerai l’idea troppo seriamente…), e
quella di svegliare anche Gourry per il principio del mal comune mezzo gaudio
(e confesso che su questo pensiero indugiai un po’ più a lungo… le notti
insonni tendono ad alimentare il mio sadismo…), quando improvvisamente la mia
autostima poté subire una nuova impennata. Anche se a dispetto dei miei nervi,
dato che la mia fede nel mio sesto senso fu riaffermata quando avvertii
chiaramente un’altra presenza, a poca distanza da me, e inequivocabilmente
all’interno della stanza.
Trattenni il fiato, mentre un rumore soffocato, come di
pietra smossa, confermava la mia sensazione… Considerai brevemente le mie
possibilità. Potevo urlare, e allertare l’intera area del palazzo in cui mi
trovavo (gli appartamenti reali, per intenderci… il che significava che nel
giro di due secondi mi sarei trovata Amelia in camera, per calare giustizia sul
mio assalitore…). Oppure potevo aspettare, nel buio, fino a che chiunque si
fosse intrufolato nella mia stanza non fosse stato sufficientemente vicino
perché potessi coglierlo di sorpresa, come lui aveva intenzione di fare con me…
La seconda era ovviamente l’ipotesi più rischiosa, dal momento che non
conoscevo le capacità del mio assalitore… ma era anche quella che mi avrebbe
permesso di trattare direttamente con lui. E dopo che avevo accumulato
nervosismo per la mancanza di sonno, potete facilmente supporre per quale
optai…
Rimasi immobile nel letto, nascosta dalle coperte,
avvertendo la figura scivolare verso di me nel più completo silenzio. Un uomo
comune avrebbe strisciato i piedi sul pavimento, o urtato qualcosa nel buio più
completo, ma mi ci vollero pochi istanti per rendermi conto che NON si trattava
di un qualunque combattente. Il mio corpo si irrigidì, mentre la figura
raggiungeva i bordi del letto, e si piegava lievemente su di me. E quando
avvertii una mano allungarsi lentamente verso la mia spalla, come se volesse stringersi
attorno al mio collo, decisi che non era il caso di attendere oltre.
“Mono Volt!”
Allungai la mano verso il polso dell’assalitore, e strinsi,
mentre lasciavo fluire l’energia magica dentro al suo corpo. Moderai la potenza
del colpo, però. Volevo che il profanatore di camere femminili rispondesse a
qualche domanda, prima di permettergli di perdere conoscenza…
La figura emise un grido soffocato, e strinse la propria
mano libera attorno al mio avambraccio, come per cercare di liberarsi. Dopo un
po’, quella presa ferrea cominciò a farmi male, e dovetti rilasciarlo, ma ormai
il mio assalitore era troppo indebolito dal colpo per tentare altri attacchi.
Con un gemito, si accasciò al suolo.
Tirai un sospiro interno di sollievo, e mi feci avanti, più
spavalda di quanto non mi fossi sentita fino a qualche istante prima, per il
mio consueto discorsetto di vittoria sull’avversario. Ma qualsiasi parola
canzonatoria mi si gelò in gola, quando mi sporsi oltre il bordo del letto e,
alla luce debole della luna, mi resi conto di chi mi trovavo davanti…
“EH…?” Fu l’unico commento intelligente che riuscii a
formulare in quel momento, mentre la figura al suolo mi fissava con sguardo
truce, al di là dei lembi bruciacchiati del suo cappuccio, con tutta l’aria di
chi sta pensando ‘dovevo aspettarmelo…’
Restammo a guardarci per qualche istante in un silenzio
irreale… Quindi, con fare imbarazzato, gli porsi la mano…
“Oh… ehm… diciamo che ora siamo pari, per la volta in cui tu
hai usato questo incantesimo contro di me… comunque certe cose devi metterle in
conto, se ti infili nella camera di una signorina a quest’ora della notte…”
“Signorina, eh…?” Fu tutto ciò che il mio interlocutore
commentò, mentre accettava la miamano
per rialzarsi.
Ma a quel punto, ovviamente, la situazione dovette
complicarsi.
“LINA!!!”
La porta che univa la mia stanza a quella di Gourry si
spalancò. (sì, avevamo stanze comunicanti, grazie tante, ma prima di fare
commenti a riguardo considerate un po’ che fareste voi se tutte le volte che vi
foste recati in un determinato regno, lì avessero cercato ripetutamente di
uccidervi…) Lo spadaccino entrò di corsa, ovviamente propenso più ad attaccare
che ad ascoltare le spiegazioni di chi riteneva un presunto assalitore… e
mentre si avvicinava a spada sollevata, per un momento vidi il terrore più puro
disegnarsi negli occhi della chimera che mi fronteggiava…
“Go… Gourry!” Riuscii a gridare un attimo prima che
colpisse. “Aspetta! E’ Zel!”
“Eh???” Lo spadaccino spostò il suo sguardo su di me,
stupito, e parve considerare per un momento l’ipotesi di fermarsi. Ma,
ovviamente, il comando del suo cervello non raggiunse in tempo le sue gambe. E
il piatto della sua spada colpì direttamente la fronte della chimera.
Sentii distintamente l’acciaio piegarsi per la violenza del
colpo, mentre Zelgadiss finiva nuovamente al suolo, reggendosi la testa…
‘Credo che qui qualcuno soffrirà di emicrania per qualche
giorno…’
“Uh… oh… scusami Zel…” Gourry rimase ridicolmente immobile,
la spada sollevata nel punto dove fino a pochi secondi prima c’era stata la
testa della chimera, e lo fissò confuso… “Ho sentito dei rumori sospetti, e
pensavo che qualcuno stesse assalendo Lina…”
“Me ne sono accorto…” Mugugnò Zelgadiss, lanciando
brevemente un Recovery, su un punto della sua fronte dove non c’erano danni
esteriori evidenti, ma che ero certa in quel momento dovesse dolere come se
qualcuno glielo stesse trivellando… Gourry non va particolarmente per le spicce
quando mi crede in pericolo…
Lo spadaccino fissò la sua spada incrinata, sconsolato… “Due
spade distrutte in meno di una settimana… se lo avessi fatto ad Elmekia, mio
padre mi avrebbe ucciso…”
Zel sbuffò. Io ridacchiai lievemente al commento del mio
compagno, e avanzai verso la chimera, che si stava rialzando dal suolo con
quanta più dignità la sua postura ancora un po’ barcollante gli permettesse. “E
allora…” Incrociai le braccia al petto. “Si può sapere come hai fatto a sbucare
all’improvviso in camera mia? E che ci fai a Sailune, tanto per cominciare?
Avrai notato la bella compagnia di ospiti là fuori, suppongo…”
Zel sospirò. “Se dentro al palazzo riuscite a parlare in
tono tanto leggero degli assedianti, non state poi così male come temevo…” Si
ripulì la veste color crema dalla polvere…
Sorrisi. “Mi sorprendi, Zel, dovresti saperlo che trovo poco
elegante piangermi addosso… per quello in fondo basti tu…”
La chimera sollevò lo sguardo, e poco abilmente mascherò un
sorriso. “Suppongo che per ‘piangersi addosso’ tu intenda ‘essere realisti ed
assennati’… parole che esulano dal tuo vocabolario, Lina…”
Inarcai un sopracciglio. “Per ‘assennato’ intendi anche
intrufolarti nella mia camera, e rischiare di essere fritto da me e tagliato in
due da Gourry?”
Zel sospirò. “Hai tutta la mia ammirazione, Gourry.
Dev’essere dura stare con lei. Molto dura.”
Gourry annuì, con aria sapiente. “Ci sono giorni peggiori e
giorni migliori. Ma sono sacrifici che per il mondo un cavaliere deve essere
disposto a fare…”
Li incenerii con lo sguardo. “Voi due…”
Entrambi ridacchiarono, e per un momento ci fissammo
semplicemente, un po’ straniti dal modo strambo in cui la nostra compagnia si
era riunita, a quell’ora della notte. Quindi scossi la testa, e richiamai alla
mia mente le parole magiche…
“Lighting…”
Una sfera di luce si levò dalle mie mani, e raggiunse il
soffitto, illuminando la stanza a giorno.
“E allora, Zel…” Sospirai, studiando l’effetto della mia
magia. “… non hai ancora risposto alla mia domanda… come diavolo hai fatto ad
intrufolarti nella mia stanza in piena notte, e con il castello assediato?”
Zel si grattò la punta del naso, e improvvisamente mi parve…
imbarazzato… “Uhm… bé, ecco… la realtà è che non volevo entrare esattamente in
camera tua… ma in quella di Amelia.”
Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata.
“In effetti Amelia mi è parsa cresciuta da quando l’abbiamo
vista l’ultima volta…” Commentò lo spadaccino, in tono pensieroso.
“Già…” Replicai, stando al gioco. “Chi se l’aspettava… con
Zelgadiss, poi… Mi auguro che Phil non ne sappia nulla, mi sembra un padre
piuttosto geloso…”
“N… NON IN QUEL SENSO, DANNAZIONE!!!” Zel alzò la voce, per
poi abbassarla immediatamente, timoroso di essere udito. “Volevo uscire nella
sua stanza proprio perché non succedesse quello che è accaduto qui! Chiunque
altro vedendo che mi aggiravo nel castello si sarebbe sorpreso e avrebbe dato
l’allarme, scatenando un putiferio!!!”
“Mmm…” Inarcai un sopracciglio… “E perché invece Amelia non
avrebbe dovuto essere sorpresa di vederti arrivare nella sua camera in piena
notte?” Cercai di mascherare con scarso successo un sogghigno.
Zel, se possibile, si irritò ancora di più. “Smettila, Lina!
Non è come pensi!”
In quel momento, un bussare sommesso risuonò alla mia porta.
“Lina –san? Tutto bene? Non riuscivo a dormire e dal mio balcone ho visto la
luce accendersi nella tua stanza…”
Mentre la parte perversa del mio spirito portava un ghigno
ad allargarsi sul mio volto, andai ad aprire la porta… “Bene, pare che ci siamo
tutti, ora…” Commentai, di fronte ad una perplessa Amelia.
“Lina- san, di cosa stai…” La principessa rimase a bocca
aperta,non appena entrò nella stanza.
“Zelgadiss- san! E tu che ci fai qui???”
Zel sospirò. “Come stavo CERCANDO di spiegare a Lina, ero
qui per assicurarmi che andasse tutto bene.” Si grattò la testa. “Mi è sembrato
strano, qualche mese fa, non riuscire più a mettermi in contatto con te… e poi,
nei territori oltre la barriera, ho cominciato a sentire voci insistenti
riguardo ad una armata che stava muovendo contro Sailune… dato che non avevo
più modo di avvisarti a distanza, ho deciso di partire per allertarvi di
persona. Ma ero troppo lontano, e ho avuto diversi imprevisti nel percorso… e a
quanto pare sono arrivato troppo tardi…”
“Oh, mi spiace, Zel- san… E’ da qualche mese che le
comunicazioni magiche attorno a Sailune non funzionano… non sapevamo spiegarci
perché, e ho immaginato che ti fossi preoccupato per l’improvvisa interruzione,
ma con uccelli viaggiatori o dei messi non avrei saputo dove…”
“Ehm…” Tossicchiai, lievemente. Gourry ed io ci scambiammo
un’occhiata. “Mi dispiace interrompervi… ma vi spiacerebbe spiegarci?”
Amelia arrossì lievemente. “Oh… scusami, Lina –san, avete
ragione, nella confusione di questi giorni mi sono dimenticata persino di
raccontartelo…” Si grattò la punta del naso. “Dovete sapere che quando dopo la
sconfitta di Darkstar ci siamo separati… ehm, ecco… io ho dato a Zel –san uno
dei miei braccialetti… Gli avevo… uhm… chiesto se avesse voglia di fermarsi un
po’ a Sailune, ma dato che aveva fretta di ripartire ho pensato che potevo
lanciare un Vision Spell su uno dei miei oggetti, così avremmo potuto comunque
tenerci in contatto…”
Il Vision Spell, per chi non si intendesse di Magia
Sacerdotale, è un incantesimo che permette di proiettare la ‘immagine riflessa’
di una persona anche a centinaia di miglia di distanza, attraverso un
catalizzatore, un oggetto trattato precedentemente dalla persona stessa con la
Magia… l’immagine è inconsistente, una specie di ‘fantasma’, ma chi si trova
vicino al catalizzatore tramite essa potrà interagire con colui che ha lanciato
l’incantesimo in tempo reale… conoscevo bene quel trucco, perché una volta,
diversi anni prima, Rezo il Monaco Rosso lo aveva utilizzato per mettersi in
contatto con me…
“Però, da un paio di mesi…” Proseguì Amelia… “…
l’incantesimo ha smesso di funzionare… inizialmente ho pensato che Zel- san si
fosse addentrato in qualche zona al di là della barriera schermata alla magia,
ma quando abbiamo cercato di metterci in contatto con Elmekia o con Raizerl ci
siamo resi conto che il problema in realtà riguardava Sailune…”
Zel annuì. “All’inizio non mi spiegavo bene nemmeno io la
cosa… ma quando ho sentito delle truppe che avanzavano verso Sailune ho
iniziato a sospettare che la cosa dipendesse in qualche modo da chi vi stava
attaccando.” Zel e Amelia si scambiarono un’occhiata. “Come in effetti è
probabile che sia.”
Mi portai la mano destra al mento, pensierosa… un sovrano
che guidava i non morti e che era in grado di schermare Sailune dalle
comunicazioni di tipo magico… e dire che nelle terre in cui ci eravamo addentrati
nel corso del nostro viaggio al di là della barriera la magia non era
praticamente conosciuta…
“Ad ogni modo ti ringrazio per esserti preoccupato per me,
Zelgadiss –san…” Amelia rivolse un sorriso genuino alla chimera. “Dev’essere
stato rischioso arrivare fino a qui…”
Zel si volse dall’altra parte, ma ebbi l’impressione che
stesse arrossendo lievemente. “Uhm… bé… abbastanza…” Borbottò. “Ho dovuto
attendere che le truppe si radunassero attorno a Sailune per avvicinarmi alla
città, perché la campagna attorno non era percorribile in precedenza… e sono
stato costretto ad aspettare che calasse la notte per cercare di entrare… non
credo che mi avventurerei volentieri di nuovo là fuori…”
Battei le palpebre. “A proposito, ora che ci penso…” Lo
fissai in volto, perplessa. “COME hai fatto ad entrare? Non credevo che i
nostri nemici potessero essere così disattenti…” E anche le sentinelle di
Sailune, per dirla tutta…
Zel scosse la testa. “Non è come credi, Lina… io… sono
entrato attraverso un passaggio segreto…”
“Un passaggio segreto?” Rispondemmo Gourry ed io,
all’unisono, sorpresi… anche quando eravamo stati coinvolti in precedenza nelle
lotte di corte di Sailune, e Phil ci aveva garantito accesso ad ogni ala del
castello, non avevamo mai sentito di qualcosa del genere…
Fu Amelia a spiegarci. “Solo mio padre, mia sorella ed io ne
siamo a conoscenza… sono più d’uno, collocati in vari punti della fortezza… le
mappe che li segnalano si tramandano di erede in erede… e persino i miei zii,
anche se sanno della loro esistenza, non ne conoscono la collocazione…”
Vidi Gourry annuire, come se un improvviso ricordo stesse
affiorando alla sua mente. “Sì… avevo sentito parlare di questa storia…”
Aggrottai la fronte. “Ne avevi sentito parlare…?” Conoscenze
fuori dall’ordinario da parte di Gourry mi lasciavano sempre perplessa…
Lo spadaccino si limitò a stringersi nelle spalle. “Sì… da
qualcuno, alla corte di Elmekia…” Replicò con noncuranza.
Alla CORTE di Elmekia?
“Zelgadiss –san era a conoscenza dei passaggi perché una
delle mappe a cui ho accennato era conservata proprio all’interno del mio
braccialetto… io… ecco… volevo che sapesse che poteva avere accesso a Sailune
non appena lo avesse desiderato…” Lo fissò, un po’ imbarazzata. “Mi dispiace,
avrei dovuto avvisarti che da quando mio nonno si è ammalato ed è stato
trasferito nella torre anche io non sto più in questi appartamenti, ma in
quelli di Gracia, dato che ora a lei spettano le stanze di mio padre… La mappa
riflette ancora la vecchia disposizione…”
“Mmm…” Tornai a prestarle attenzione, riproponendomi di
cavare fuori tutta la storia a Gourry più tardi, quando fossimo stati da soli…
“… e così il buon Zel ora ha libero accesso a palazzo e alla confidenza delle
principessa, eh? Interessante tutto questo, Zelly… A quando il matrimonio e la
consegna delle chiavi del Palazzo?”
Amelia ridacchiò a quel commento, ma Zel mi fulminò con lo
sguardo. “Finiscila, Lina, o diventerò volgare riguardo al fatto che Gourry
abbia libero accesso alla tua stanza durante la notte…”
Certa gente proprio non ha senso dell’umorismo…
Tirai un calcio in uno stinco a Gourry, che era stato colto
da un accesso di tosse nervosa, e faceva di tutto per non guardarmi negli
occhi.
“Ad ogni modo…” Riprese Zel,in tono più serio… “Sono felice
che anche voi siate qui. Ero intenzionato a chiedere ad Amelia se aveva un modo
per rintracciarvi, non appena fossi riuscito a parlarle…”
“Eh?” Battei le palpebre. Sarei stata lusingata se fosse
stato solo per il piacere di rivederci, ma dal tono con cui ce lo aveva
comunicato, avevo il sospetto che non fosse così…
La chimera annuì. “Vi ho sentiti nominare, al sud… la tua
fama si è estesa anche lì, Lina, ma non è solo questo… da quanto ho capito, le
truppe che ora stanno attaccando Sailune hanno un qualche tipo di interesse
anche nei vostri confronti…”
Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. Nei nostri
confronti? E che mai poteva volere da noi un re oltre la barriera? Capivo il
desiderio di mettere le mani su Sailune e le sue ricchezze, ma io possedevo
solo la mia magia e oggetti che non potevano certo interessare ad un re
guerriero, e Gourry aveva perduto la sua Spada di Luce dopo l’ultima battaglia…
“Se fosse come dici…” Intervenne lo spadaccino, dando voce a
quelli che erano anche i miei pensieri. “… dato che ci siamo intrappolati qua
dentro, la caduta di Sailune equivarrebbe a prendere due piccioni con una
fava…”
“Certo, a meno che…” Intervenni, mentre un’idea mi balenava
in mente. “… la nostra utilità per Oberon non si riducesse al fatto di essere
amici della principessa e dell’erede al trono, e quindi utili potenziali
ostaggi… magari si è sparsa la voce che stavamo viaggiando nei territori subito
al di là della barriera e Oberon ha sperato di poterci catturare prima di
avanzare contro Sailune…” Quel non morto che mi aveva chiamata per nome, la
nostra prima notte di permanenza a Sailune, ora cominciava a premere
inquietantemente alla mia coscienza, più di quanto avesse fatto da quando ci
eravamo scontrati…
Sospirai. “Ad ogni modo… anche facendo ipotesi ora non credo
che ne ricaveremo un granché… credo che sia meglio tornarcene a letto,
piuttosto… domani all’alba la battaglia avrà inizio…” Quella mia frase bastò a
gettare nuovamente una sfumatura cupa su quella riunione fra vecchi amici…
Amelia annuì. “Sì, credo che Lina –san abbia ragione…” Si
volse verso la chimera, e la prese con inconsueta familiarità per un braccio.
“Zel- san, vieni con me, ti sistemerò in una stanza in quest’ala… dovrai
accontentarti, per questa notte, ma provvederò a fartela sistemare al più
presto…” La principessa rivolse a Gourry ed a me un pallido sorriso. “Buona
notte, ragazzi.” La porta si chiuse alle loro spalle.
Mi accigliai, sedendomi sul letto, mentre le nuove
informazioni che avevo acquisito cercavano di prendere forma in uno schema
sensato. Ogni ipotesi, tuttavia, perdeva di consistenza non appena la mia mente
mi ricordava la mia totale assenza di informazioni riguardo ad Oberon…
sinceramente, dal suo aspetto e dal modo in cui si comportava non mi sarei
aspettata di scoprirlo mosso da qualche motivazione assurda ed irrazionale come
‘il dominiodel mondo’, come quella che
qualche principessa isterica di un piccolo regno adoratore dei golem ci aveva
proposto anni prima… d’altra parte, Sailune era un regno potente… doveva esserci
una spinta forte alla base di un attacco come quello… e Oberon doveva anche
essere sicuro dei propri mezzi…
“Lina… mi stai ascoltando?”
“Eh?” Battei le palpebre, improvvisamente riportata alla
realtà. Gourry stava in piedi di fronte a me, con un mezzo sorriso sulle
labbra. Evidentemente, aveva continuato a parlarmi sin da quando Zel e Amelia
erano usciti.
“E poi rimproveri me di disattenzione…” Mi rimbeccò, in tono
divertito.
Risposi al sorriso. “Questo è il giusto contrappasso.”
Gourry sospirò, e si sedette al mio fianco, ponendomi una
mano sulla testa. “Rimuginarci sopra non ti porterà a nulla, Lina. Fatti una
dormita ed evita di pensare. Ti risparmierà molta ansia.” C’era una specie di
saggezza amara nelle sue parole…
Inclinai la testa, fissandolo incuriosita per un momento…
“Ehi, Gourry…”
“Mmm?” Replicò semplicemente, continuando ad accarezzarmi la
testa senza preciso ritmo, e fissando il pavimento davanti a sé…
“Ti ricordi quando abbiamo incontrato quel tuo vecchio
amico, quel mercenario di nome Grais…?” Gourry si oscurò lievemente, a quelle
parole… avevo sempre pensato che fra lui e quello spadaccino ci fosse stato più
di quanto io avessi visto, in quella occasione… e da alcuni suoi gesti, o
atteggiamenti, avevo avuto l’impressione che nel lasso di tempo in cui io ero
stata priva di sensi fosse accaduto qualcosa di cui Gourry non mi aveva mai
parlato… ma tutte le volte che glielo avevo domandato, lo spadaccino aveva
sempre candidamente smentito qualsiasi mio sospetto… “Bé, ricordo che
quell’uomo disse che voi due avevate combattuto una qualche guerra, insieme,
prima che noi due ci conoscessimo… e anche tu… ieri, con Amelia, hai accennato
ad una tua esperienza come capitano… ma… di che conflitto si trattava…?”
Gourry sospirò. “E’ una vecchia storia… una ribellione
contro Elmekia, una decina d’anni fa… la mia famiglia appartiene alla piccola
nobiltà di quel regno, ma io non sono il primogenito, e per questo mio padre mi
spinse ad arruolarmi alle truppe della resistenza come mercenario, perché
potessi mettere in pratica i miei addestramenti di spada, e allo stesso tempo
non essere un peso per la famiglia…”
Mmm… Gourry non mi aveva mai parlato delle sue origini, ma
in realtà avevo il sospetto che in lui scorresse in qualche modo sangue nobile…
e non tanto per gli ideali cavallereschi che sin dagli inizi della nostra
conoscenza mi aveva tanto apertamente manifestato, quanto piuttosto per il suo
possesso della Spada di Luce… il cavaliere che aveva sconfitto Zanaffer a
Sailarg era detto essere di alto lignaggio… e se anche la leggenda aveva
gonfiato la realtà, aveva senso che la custodia di un’arma come quella e i
precedenti storici che essa comportava avessero portato prestigio sociale e
titoli ad una famiglia magari in possesso anche solo di una piccola tenuta e
del cavalierato… Però… c’era una cosa che non mi quadrava, in tutto questo…
“Ma Gourry… se non sei tu il primogenito… perché eri tu a
viaggiare con la Spada di Luce?” Mi morsi immediatamente la lingua per aver
posto quella domanda. Che stupida… L’unica spiegazione era che il legittimo
erede fosse in qualche modo venuto a mancare… il che significava che avevo
appena ricordato a Gourry la morte di un fratello…
Ma il mio compagno, a dispetto di quanto mi aspettasi, mi
rivolse un mezzo sorriso. “No, Lina…” Scosse la testa. “Non agitarti, non è
come pensi… la realtà è semplicemente… che io non portavo quella spada
legittimamente. L’ho rubata ai miei famigliari, e me ne sono andato di casa.”
Lo fissai con gli occhi spalancati. E per diversi istanti mi
aspettai che mi dicesse che stava scherzando. Il mio amico, però, non aveva
l’aria di chi gioca. Il suo sguardo era rivolto ai propri piedi, nudi contro la
fredda pietra dei pavimenti di Sailune, e i suoi occhi erano piedi di… colpa…
“La realtà è che quella spada li stava rovinando.” Proseguì, parlando forse più
a se stesso che a me… “Mio zio e mio padre non facevano che scontrarsi, i
vassalli di mio padre erano divisi fra me e mio fratello… mio padre non pensava
ad altro, non desiderava altro… se non fosse stato per quella spada… ho pensato
che se non fosse stato per quella spada…” Scosse la testa. “Così una notte la
ho presa con me, e sono partito. Se anche avessero odiato me per averlo fatto,
avrebbero trovato un motivo d’unione in questo, pensai. Per quel che mi
riguardava, non volevo averci nulla a che fare. Stavo per buttarla nell’oceano…
una serie di circostanze evitarono che lo facessi, e poi…” Si volse verso di
me. “… e poi ti incontrai. E capii che con quella spada potevo servire a
qualcosa.” Mi rivolse un mezzo sorriso.
Rimasi senza parole. Avevo sempre dato per scontato che
Gourry fosse l’erede legittimo della spada… ma ora che mi aveva spiegato, tanti
tasselli del puzzle che era il suo passato cominciavano ad andare
obbedientemente al proprio posto… il perché se ne viaggiasse senza meta invece
di servire il sovrano di Elmekia e di rimanere a fianco dei suoi, tanto per
cominciare… e il perché non parlasse mai della sua famiglia… certo, non poteva
sperare di tornare da loro e semplicemente riallacciare un rapporto cordiale,
se le cose erano andate come diceva… forse, mi dissi, anche la sua reticenza a
parlare di quello che era successo a Sailarg quando aveva salvato la città e
aiutato Sylphiel, era legato in qualche modo a quella faccenda… ma in quel momento
non me la sentii di cercare di estorcergli altre informazioni…
“Puoi giudicarmi, se vuoi.” Proseguì Gourry, tornando a
distogliere lo sguardo. “A volte anch’io mi chiedo se ho fatto davvero la cosa
giusta… ma se potessi scegliere nuovamente, credo che lo rifarei. Credo che
fosse il meglio per la mia famiglia. E non mi pento della vita che ho ora.”
Sollevò nuovamente lo sguardo su di me, e mi rivolse un sorriso in cui non
c’era l’ombra di forzatura, o di finzione. “Non mi pento assolutamente della vita
che ho ora.” Ripeté.
Sorrisi di rimando, non riuscii ad evitarlo. “Credo che sia
stata una scelta coraggiosa.” Gli battei lievemente la mano sulla spalla. “E
nemmeno io mi pento degli effetti che ha avuto.”
Gourry coprì la mia mano con la sua, ed io mi lasciai
attirare a lui, appoggiando lievemente la testa sulla sua spalla. Era caldo,
Gourry. Era rassicurante.
“Gourry…” Chiedetti, nuovamente. “Come… com’è… la guerra…?”
Sentii la sua testa inclinarsi lievemente, e la sua guancia
sfiorare i miei capelli. “Confusa.” Rispose, in tono un po’ incerto. “A volte,
in mezzo alla mischia, diventi una macchina che combatte. Non ti ricordi più
dei tuoi compagni, non ti ricordi più nemmeno di chi sei…” Deglutì. “Grais,
Leon, e tanti altri mercenari che tu non hai conosciuto… la sera giocavamo
insieme a dadi, bevevamo e scherzavamo davanti ai fuochi. Di giorno, eravamo
costretti a dimenticarcene. Di giorno eravamo costretti ad annullarci in ciò
per cui lottavamo. Ma in fondo… questo è essere un mercenario. Ti ricordi cosa
diceva Leon? Un mercenario non sceglie per cosa combattere. Un mercenario
diventa il braccio di chi lo paga.” Sospirò.
Era la verità. Per questo per quanto possibile avevo evitato
di farmi coinvolgere in lotte politiche fra stati, o fra gilde di maghi, e i
miei lavoretti per sbarcare il lunario si erano limitati a qualche incarico
come guardia del corpo… Non mi piaceva rappresentare idee che non sempre
condividevo…
“Però…” Proseguì Gourry. “… ora è diverso. Ora scelgo io le
mie priorità, quello per cui voglio vivere e combattere.” Lo sentii stringersi
più forte a me. “Non mi scorderò di me stesso, domani mentre combatterò. Perché
non mi scorderò di TE.”
Assimilai quell’informazione con un breve sospiro. Chiusi
gli occhi, e per qualche minuto restammo semplicemente così, in silenzio. Mi
sentivo tranquilla, a dispetto di tutto. Era un silenzio sereno. Lo sapevo,
perché sapevo leggere nella mente di Gourry meglio di quanto fossi in grado di
fare con qualsiasi altra persona…
“Ehi, Gourry…” Tentai nuovamente, dopo la lunga pausa di
silenzio… e sorrisi, quando ricevetti in risposta un lieve russare.
Molto tipico di Gourry.
Scivolai via dal suo fianco, e lo sorressi, in modo che si
adagiasse completamente sul mio letto. Raccolsi una coperta da una delle poltrone
e gliela sistemai sopra mentre rivolgevo la mano alla sfera di luce sul
soffitto, spezzando l’incantesimo. Quindi, scivolai sotto le coperte, al suo
fianco.
“Non ti abituare troppo bene, cervello di medusa…” Mormorai.
Prima di sprofondare in un sonno senza sogni.
***
“CHE COSA HAI
FATTO???”
Spalancai gli occhi, con un sussulto.
Tuttavia, mi trovai immediatamente ad annaspare, in cerca di
aria e luce, quando mi resi conto qualcosa di caldo e pesante mi premeva contro
il volto, interponendosi fra me e la penombra della stanza.
‘Che diavolo…?’
“TI RENDI CONTO DI QUANTO SEI STATA INCAUTA???”
Allontanai il corpo estraneo con la mano, e quando fu a
qualche centimetro dal mio volto, mi resi conto che era il braccio di Gourry.
“Umph.” Poco cerimoniosamente, spinsi il corpo dello
spadaccino, ancora perfettamente addormentato, lontano dal mio, e sul bordo del
letto. Forse con eccessiva convinzione.
“Ouch!” Fu il commento dello spadaccino quando, com’era
inevitabile, si ribaltò su se stesso, e cadde al suolo. “Li…Lina…” Riemerse
dopo qualche istante, aggrappandosi alle coperte, e mi fissò con fare
assonnato. “Che… che succede?”
Mi grattai la testa, ancora intontita dal sonno. “Non lo so…
sono stata svegliata da…”
Ma non ebbi bisogno di spiegazioni. Le grida in corridoio si
levarono nuovamente.
“NON MI INTERESSA SE SAI DI POTERTI FIDARE DI LUI!!! MA
DAVVERO NON LO CAPISCI???”
Gourry ed io facemmo capolino contemporaneamente dalla
porta, per vedere chi avesse deciso di mettersi ad urlare negli appartamenti
reali ancora prima che il sole sorgesse. E davanti a noi apparve una scena
insolita.
Phlionel, spettinato e con l’aria esausta, stava gridando
contro una mortificata Amelia, e uno Zelgadiss che aveva l’aria di volersi
seppellire esattamente nel punto in cui si trovava. Battei le palpebre,
stranita. Che diavolo stava succedendo, ora?
“Abbiamo un esercito di assedianti, là fuori, che non
aspetta altro di scoprire una breccia nelle difese di Sailune per poterci
attaccare, e tu cosa fai??? Lasci in giro a uno dei tuoi amici la mappa dei
passaggi segreti, come se fosse un biglietto di arrivederci!!! E se lo avessero
scoperto??? E se inavvertitamente la avesse persa e ora una copia fosse in mano
a ogni nostro potenziale nemico? Come puoi avere fatto una cosa del genere
senza riflettere???”
Amelia arrossì in preda alla colpa e alla vergogna… “Papà…
io mesi fa non avrei mai potuto immaginare che… che… E… e poi… quei passaggi
sono troppo stretti perché vi si possa far passare delle truppe… si
metterebbero in trappola da soli…”
Quel tentativo di difesa parve irritare Philionel ancora di
più. “Delle truppe sì, ma pochi uomini inviati ad assassinare uno dei membri
della famiglia reale no, com’è possibile che tu non lo capisca, Amelia??? Ieri,
al posto di Zel, avrebbe potuto essere un esperto sicario ad introfularsi in
camera di Lina! Se la tua amica fosse stata uccisa nel sonno, se quell’uomo
fosse giunto anche a te, a me, o a Cristopher, allora cosa sarebbe successo, ci
hai pensato???”
In realtà, probabilmente, il sicario in questione sarebbe
finito fritto come Zel aveva rischiato di fare… ma in quel momento mi guardai
bene dal farlo notare a Phil…
“Pa… papà, io…”
“Amelia,tu hai ricevuto un grosso privilegio venendo a
conoscenza di quei passaggi! Solo io e tua madre ne avevamo il diritto, e solo
Gracia lo avrebbe ora, in quanto mia erede in successione diretta! Nonostante
questo, dopo che tua sorella è partita, ho scelto comunque di renderti
partecipe di questo segreto… Ed ora, è così che ripaghi la fiducia che ti ho
accordato??? Non farmi pentire di averti concesso troppe libertà, Amelia!!!”
Senza attendere risposta dalla figlia, Philionel si
allontanò, stizzito. Sorpassò Gourry e me, senza nemmeno degnarci di uno
sguardo, e raggiunse l’ingresso dei quartieri reali, dirigendosi verso il piano
inferiore.
Ahi… non male come modo per iniziare la prima giornata di
battaglia…
Mivolsi verso
Amelia, che pareva sull’orlo delle lacrime, mentre Zel aveva tutta l’aria di
non sapere da che parte guardare…
“Eh… ehi, Amelia…”
“Che stupida sono stata…” La principessa arrossì,
ulteriormente, e si nascose il volto fra le mani… “Io… io non avevo pensato a
queste cose… quando ho dato il braccialetto a Zel- san mi è venuto d’impulso
non rimuovere la lettera…”
Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. “Amelia… non
prenderla così male…” Le misi una mano sulla spalla. “Sono certa che Phil ha
reagito a quel modo perché la battaglia lo ha reso nervoso… non pensa davvero
che tu non sia degna di fiducia…”
La principessa sospirò. “Ma ha ragione. Sono stata sciocca.
Siamo in guerra, e ho messo in pericolo ciascuno di noi. Ieri sera, nel
ritrovarci tutti insieme, me lo ero quasi dimenticato…”
Al di sopra delle spallepiegate della principessa, Gourry, Zel ed io ci scambiammo un’occhiata.
Già. Probabilmente mancava meno di un’ora all’inizio dei combattimenti.
Sospirai. “Amelia, ascoltami.” La scossi lievemente. “Ora
non ha senso piangere sul latte versato. Il fatto che tu abbia dato a Zel
quella mappa gli permette di essere qui ora, ed è questo che conta, adesso.
Combatteremo tutti insieme, e vinceremo, e così anche tuo padre riacquisterà la
sua serenità. Non è così, Zel?”
La chimera esitò per un momento, quindi mi diede manforte.
“Lina ha ragione, Amelia. Tua padre si calmerà presto, vedrai. Sailune… Sailune non può perdere, no? Siete dalla parte del giusto…”
Ebbi l’impressione che Zel facesse violenza a se stesso, nel
pronunciare quelle parole, e il risultato nel complesso fu piuttosto
impacciato. Ma parve andare a segno.
“S… sì… avete ragione…” Amelia inspirò, e suo malgrado si
risollevò in posizione eretta. “Ora… ora è meglio andare a prepararci per la
battaglia…”
Senza scambiare molte altre parole, ci congedammo, e ci
recammo ognuno nella propria camera, per recuperare i nostri vestiti ed armi.
Lo stomaco stretto per la tensione, lanciai un’occhiata al di fuori della
finestra, e al di là delle mura, dove, alla luce del sole nascente, anche il
campo nemico stava mettendosi in movimento.
I non morti erano immobili, al limitare dei boschi attorno a
Sailune, in silenziosa attesa dei preparativi dei loro compagni. A differenza
degli umani, non stavano svegliandosi, mangiando, vestendosi. Semplicemente
scrutavano, i loro occhi dorati rivolti a Sailune. Mi balenò in mente l’idea
che fossero rimasti in quella posizione tutta la notte. E per qualche motivo,
il pensiero mi diede i brividi.
‘Se devo essere uccisa… fa che non sia da uno di loro.’
Con quel pensiero, così insolito per me, mi avviai alla
battaglia.
Nota dell’autrice:
Quella del Vision Spell è una storia più o meno
ufficiale, che ho trovato in diversi siti e qui adotto. Non è comunque farina
del mio sacco. ^^
Grais è un personaggio che compare ne manga di Shoko
Yoshinaka (l’avevano traslitterato Guraizu, ma Grais dovrebbe essere la lettura
più o meno…XD) Per chi non lo avesse letto, è un mercenario, che Lina e Gourry
incontrano mentre sono in missione contro una setta che sta cercando di
realizzare un rito che darebbe inizio ad una sanguinosa guerra. E’ un vecchio
amico di Gourry, che ha combattuto con lui nel corso di una guerra passata.
Mentre Lina e Gourry combattono contro i membri della setta, e Lina sta
cercando di bloccare il rito con la magia, Grais si rivela a Gourry come uno
dei suoi nemici: ha nostalgia dei tempi in cui combatteva, e vuole che scoppi
una nuova guerra, per dare nuovo senso alla sua vita. Lina riesce a bloccare
l’incantesimo, ma perde i sensi per la troppa energia spesa. Grais tenta di
fermarla colpendola alle spalle, ma Gourry, per impedirglielo, lo uccide.
Mi rannicchiai per un momento dietro gli spalti, ripulendomi sala fronte
il sudore e la polvere sollevatasi a seguito dei movi
Mi rannicchiai per un momento dietro gli spalti, ripulendomi
dalla fronte il sudore e la polvere, sollevatasi a seguito dei movimenti
concitati sulle mura e venuta ad impregnare l’aria e ad accumularsi su abiti e
volti… i miei polmoni lottavano per incamerare aria, violenti spasmi di tosse
parevano voler rivoltare il mio intero stomaco. Inspirai profondamente,
cercando di calmarmi. La mia voce mi serviva. Era la mia unica arma in
quel momento. Mi serviva per dirigere, mi serviva per difendermi. Metà delle creature
ai piedi di quelle mura avrebbe potuto spezzarmi il collo a mani nude prima
ancora che io avessi la possibilità di estrarre la spada. Ero nient’altro che
una ragazzina di fronte a loro, agile, silenziosa, questo sì, ma dotata della
sola forza che due braccia esili potevano offrire… Ma il mio fuoco, la mia
magia… potevano respingerli.
Solo quella consapevolezza manteneva la mia mente lucida, e
le impediva di cedere al panico.
La battaglia era iniziata ormai da più di una settimana,
tempo sufficiente a rendermi conto che non ci avrei mai fatto l’abitudine.
Avevo combattuto migliaia di battaglie, ma anche contro i
più terribili nemici erano state lotte singole, fatte di tattica e
concentrazione. Mi era capitato di essere attanagliata dalla paura…anche un
terrore profondo e terribile… ma, nonostante questo, si trattava di qualcosa di
diverso. Ciò che mi circondava ora era il panico del caos, e della
morte. E non osavo nemmeno immaginare cosa sarebbe stato, se quell’orda di
uomini avesse superato quelle mura… se avesse fatto irruzione fra di noi,
cavalcato quel caos… e non volevo pensarci… perché l’unica cosa che mi
veniva in mente era che probabilmente avrei preferito la morte… al finire fra
le mani di uno qualunque di quegli esseri…
Sollevai lo sguardo, in cerca degli altri, ma nella baraonda
della battaglia non riuscii ad individuare nessuno. Ad una certa distanza,
intravedevo una figura in armatura bianca, di spalle, intenta ad impartire
ordini. Quella vista per qualche motivo mi rassicurò. Quel capitano sembrava
sicuro di sé, e fermo. Avrebbe potuto essere il mio compagno spadaccino, anche
se i miei occhi confusi non ne avevano certezza…
Certo era strano pensare che Gourry avesse già vissuto
qualcosa di simile… non riuscivo ad associare quel mondo concitato e crudo al
solito sorridente, tranquillo, pacifico spadaccino…
Sospirai. Non era il momento di esitare. Ero l’unica a
conoscere la Magia Nera, e c’era bisogno di me all’attacco. Mi aggrappai alla
fredda pietra, e mi sollevai. Lanciai un ultimo sguardo al presunto Gourry e
agli uomini sotto il suo comando. Stavamo tenendo le mura. Oggi, almeno oggi,
ce l’avremmo fatta, avremmo retto all’assalto. Non saremmo stati catturati,
torturati, uccisi. Oggi. Di domani non m’importava, non ancora.
“Copritemi!!!” Gridai, con quanto più fiato avevo in corpo,
ai maghi al mio fianco. Barriere vennero velocemente innalzate, una scarica di
frecce si sollevò contro di esse lasciandoci indenni. Le parole del Caos
raggiunsero la mia mente con la nitidezza di un marchio impresso a fuoco. Le
recitai, rigurgitando impietosamente magia sui miei avversari. Un paio degli
arcieri che ci avevano attaccati finirono carbonizzati sul posto, altri si
scagliarono in una corsa all’impazzata, fra le fila del loro settore, portando
con sé panico e fiamme.
‘Se solo potessi usare qualche incantesimo più potente…’
Un Dragon Slave avrebbe spazzato via un numero consistente
di truppe nemiche in un colpo solo, ma non era un incantesimo che potesse
essere indirizzato a distanza così ravvicinata dalle mura senza coinvolgere
anche gli assediati, o abbattere una parte della cinta muraria stessa. E
questo, ovviamente, non potevo in alcun modo permettermelo.
“Ancora!” Gridai, nuovamente. Procedevo a colpi incessanti,
e mirati. Non dovevamo lasciare loro spazi, non dovevamo permettere che si
avvicinassero. Mi preparai a colpire, la magia di distruzione che sorgeva in
me, quella di protezione che mi stava lentamente circondando. Ma la mia mente
fu improvvisamente strappata alla sua concentrazione, quando qualcosa di agile
e rapido schizzò fra le mie gambe, facendomi incespicare. Abbassai lo sguardo,
mentre anche le formule dei miei protettori si interrompevano. E allo stupore
nel mio tono di voce si accompagnò l’irritazione, nel constatare la natura del
nostro disturbo…
“Che cosa diavolo ci fa questa bestia qui???”
Il gatto grigio agitava la coda di fronte a me,
apparentemente totalmente imperturbato dal caos che lo circondava… ma non era
in quel luogo che avrebbe dovuto trovarsi. Non dove avrebbe potuto intralciare
i movimenti dei combattenti e costare la vita ad un soldato. ‘Ma dove diavolo è
Ainos?’
Ora che ci pensavo, era dall’inizio della battaglia che lo
avevo perso di vista… ma questo non toglieva che era lui ad avere la
responsabilità di quel…
“Ehi!”
Il flusso dei miei pensieri venne nuovamente interrotto,
quando in un movimento repentino la bestia mi superò nuovamente, gettandosi in
direzione dell’interno del palazzo. “Dannazione!” Mi volsi, e mi buttai in
avanti per afferrarlo, per evitare che si gettasse fra i piedi dei soldati.
Tuttavia, il muro di gambe e armi in movimento alle mie spalle mi ostruì la
vista ed i movimenti.
‘Al diavolo…’ Feci per lasciar perdere e tornare alla lotta,
i maghi bianchi ed i guerrieri ai miei lati già impegnati a sostenere un nuovo
assalto. I miei piedi si bloccarono tuttavia a metà movimento, e mi portarono a
voltarmi nuovamente verso l’interno delle mura, nel momento in cui la mia mente
registrò qualcosa, una mossa, un aspetto in quella massa indistinta che
avvertì vagamente come inadeguato.
‘C’e qualcosa di sbagliato…’ Ebbi appena il tempo di
pensare.
Quindi, il dolore mi invase.
Un dolore acuto, lancinante. Mille aghi affondati
simultaneamente nel mio petto… ed in un punto molto, troppo vicino a quello che
ospitava il mio cuore…
Il mondo vorticò all’improvviso, macchie scure presero a
confondermi la vista. Il calore mi invase e a mano a mano che il mondo ai miei
occhi si offuscava la battaglia iniziò ad apparirmi lontana. Dopo un po’,
persino la mia percezione del dolore si attutì, portando con sé un senso quasi
piacevole di estraneità… e fu proprio questa l’ultima sensazione che provai…
…prima che la mia mente venisse avvolta dal buio…
“Al diavolo!!!”
Strinsi i denti, mentre il dolore mi riempiva nuovamente di
sé. Avevo l’impressione che fastidiosi campanelli stessero risuonando
all’interno del mio cervello, e avrei imprecato contro la voce che aveva deciso
di gridare così vicino alle mie orecchie, se non avessi temuto, aprendo la
bocca, di dovermi abbandonare a poco piacevoli conati di vomito…
“Che cosa ci facevano allora quelle guardie? COSA??? Com’è
possibile che nessuno se ne sia reso conto??? Proteggerla dalle frecce mentre
attaccava, cosa c’è di poco semplice in questo???”
“Gourry-san… eravamo nel bel mezzo di un assalto… non era…”
“Se nel mezzo di un assalto ciascuno non riesce a compiere
il suo dovere allora cosa impedirà a Sailune di cadere???”
“N… non certo… il tuo… gentile… tono di voce…” Il mio
avrebbe dovuto suonare come un commento leggero, ma apparve più come un rantolo
sanguinolento. Ma evidentemente andò ad effetto, perché distolse la
conversazione dai toni aspri che la avevano accompagnata al mio risveglio…
“Lina!”
“Lina –san!”
“Non… gridate… per favore…” Aprii gli occhi, ma mi trovai a
richiuderli immediatamente, infastidita dalla luce, che mi pareva intensissima.
Cercai di portare un braccio agli occhi, per proteggerli, ma il dolore mi
afferrò nuovamente, e fui costretta a fermare il movimento a mezz’aria…
“Che cosa credete di fare???” La voce severa di una
attendente all’infermeria ferì nuovamente le mie orecchie, mentre il mio
braccio veniva forzato nuovamente al suo posto. Una sostanza oleosa e amara
venne introdotta a forza fra le mie labbra, ed evitai di rigettarla all’esterno
esclusivamente perché mi mancava la forza di opporre resistenza…
“Lina… come ti senti…?” Mi forzai mio malgrado ad aprire gli
occhi, in risposta a quel tono di voce preoccupato… e trovai difficile
associare il liquido sguardo azzurro che mi si parò di fronte al tono di voce
adirato che avevo udito solo pochi istanti prima… in realtà, mi appariva
difficile anche solo figurarmi un Gourry sinceramente arrabbiato… ma immaginavo
che la situazione in cui ci trovavamo avrebbe potuto fare saltare i nervi a chiunque…
Mi costrinsi a sorridere. “In realtà… credo di aver
conosciuto… momenti migliori…” Il dolore si stava attutendo… forse era un
antidolorifico quello che avevo forzatamente ingerito… ma questo non toglieva
che mi sentissi molto debole…
“Mi… mi dispiace Lina- san…” Solo allora mi accorsi anche di
Amelia, in piedi alle spalle dello spadaccino, le mani che si torcevano in
grembo e gli occhi lucidi… Non troppo lontano, Zel era una maschera immobile e
dall’aria inquieta. “Questo… questo non sarebbe dovuto…”
“Cose come queste… succedono in guerra… Amelia…” Mossi
lievemente la schiena, sopportando una nuova fitta di dolore. “E tutto sommato…
poteva andarmi peggio…”
“Io aspetterei a dirlo. La mia magia curativa sembra fare
effetto, ma solo qualche ora fa non ci avrei scommesso un pezzo di rame. Pelle
più dure della vostra hanno ceduto per molto meno…” Di nuovo la voce
dell’attendente, che ancora una volta intervenne in mio aiuto, raddrizzando il
mio cuscino e permettendomi di sollevare lievemente la schiena…
“Qualche… ora…? Ma da quando…?”
“E’ praticamente da una giornata che sei qui, Lina…” La voce
di Gourry era stanca, spezzata. “Da stamattina hai cominciato a riprenderti,
anche se nel pomeriggio ti è salita la febbre… ma ieri sera, quando ti abbiamo
portata qui…” Esitò per un istante. “C’è… c’è mancato poco…” Concluse
semplicemente. Espirò, ed ebbi improvvisamente l’impressione che il suo corpo
stesse per ripiegarsi su se stesso… abbassai lo sguardo sulle sue mani.
Tremavano. Quasi istintivamente, allungai le dita della mia mano sinistra e ne
strinsi una… era calda, nonostante tutto. E gentile. Non abbandonò la stretta,
rispose ad essa, ma cautamente, come se temesse di recarle offesa col suo
semplice tocco…
Lo spadaccino sospirò. “Mi dispiace, Amelia… non avevo
intenzione di gridare…” La principessa si limitò a scuotere la testa, e restare
in silenzio…
“Comunque non si può negare che tutto questo sia
effettivamente strano.” Intervenne Zel, con tono di voce nervoso. “Non che non
ci siano stati feriti o morti in questa battaglia, ma proporzionalmente le
perdite sono state molto maggiori fra coloro che attaccavano rispetto a noi… e
non molti soldati potevano vantare come Lina la presenza di un paio di maghi a
protezione… senza contare che Lina stessa non è affatto una sprovveduta…” Uh,
uh, supponevo di poterlo prendere come un complimento…
Sospirai (pentendomene peraltro immediatamente, quando i
miei polmoni dettero l’impressione di voler esplodere…) “Credo che in questo
caso sia in parte colpa mia, Zel… subito prima che mi colpissero mi sono
distratta a causa di…” Mi interruppi. Un momento… un momento, un momento, un
momento…
Aggrottai le sopracciglia. “Do… dove mi hanno colpito…?”
I miei amici si scambiarono un’occhiata interdetta. “Molto
vicino al cuore, Lina-san…” Rispose Amelia. “E’ un miracolo che non lo abbia
centrato in pieno. Devi avere in qualche modo evitato il colpo all’ultimo
istante…”
“Il mio antidolorifico dev’essere efficace, se non ve ne
siete resa conto da sola, ragazza…” Commentò burberamente la donna che si stava
prendendo cura di me… Le lanciai un’occhiata. Mi ero scordata della sua
presenza, ma non era il caso di parlare di ciò che avevo intenzione di svelare
ai miei amici davanti a lei…
Amelia dovette cogliere il significato del mio sguardo,perché scelse proprio quel momento per
congedarla. “A questo proposito, Signora Peacock… Vi ringrazio di esservi presa
particolarmente cura della mia amica, ma suppongo che Gray abbia bisogno di voi
per gli altri malati… potete andare, vi chiameremo, se ci sarà necessità…”
La donna annuì. “Come preferite, principessa.” Dopo avermi
lanciato solo un altro sguardo clinico, uscì dalla camera, senza aggiungere
altro…
A dispetto di tutto, mi concessi un debole sorriso. “Gray è
ancora il sacerdote a capo dei guaritori di palazzo, vedo… l’ultima volta che
sono stata qui ero diventata la sua paziente preferita…”
Amelia ridacchiò. “In effetti non è stato molto stupito di
trovarti qui ferita, ieri… ad ogni modo… c’è qualcosa che volevi dirci in
privato Lina- san?”
Annui, grata dell’intuizione della mia amica. “Prima
intendevo qualcos’altro, Amelia… quando mi hanno colpito, sono stata ferita sul
petto…? O mi hanno preso alle spalle…?”
L’espressione di Amelia si fece perplessa. “Ma no, Lina-san…
la freccia ha colpito di fronte…” Improvvisamente, aggrottò le sopracciglia, e
lanciò un’occhiata a Zel…
“Ora che ci penso… il medico di corte ci aveva accennato
anche ad un fatto un po’ strano… dalla profondità della freccia pare che il
colpo sia stato scagliato piuttosto da vicino…”
“Perché È stato scagliato da vicino.” Intervenni, in tono
calmo. “Quel colpo non proveniva dal di fuori delle mura… ma è stata scagliato
da qualcuno al loro interno.”
Il silenziò calò fra di noi per qualche istante. La stretta
della mano di Gourry sulla mia aumentò. “Ne… ne sei assolutamente certa,
Lina…?”
Annuii, a fatica. “In quel momento non ero rivolta
all’esterno… qualcosa… aveva attirato la mia attenzione alle mie spalle…” Feci
un mezzo sorriso… “… suppongo che in fondo sia proprio questo ad avermi salvato
la vita…”
L’atmosfera si fece improvvisamente pesante.
Comprensibilmente… perché se le mie affermazioni fossero state fondate, questo
avrebbe significato solo una cosa…
…un traditore.
C’era un traditore all’interno del castello.
Fu Gourry a spezzare per primo il silenzio. “La… la
freccia…” Si volse verso Amelia e Zel… “La freccia che hanno estratto dal corpo
di Lina! Che fine ha fatto? Se la confrontassimo con quelle dei nemici e con
quelle dei nostri arcieri potremmo avere per lo meno una qualche conferma, o
una prova…”
Amelia assunse un’aria interdetta, e colpevole… “I… io non
lo so… ieri sera… c’era un incredibile confusione… ed ero preoccupata per Lina-
san… io non… non ci ho pensato…”
Zel aggrottò le sopracciglia. “In effetti per provare accuse
così gravi una prova simile ci sarebbe stata utile… d’altra parte dubito che ci
avrebbe aiutato a capire CHI all’interno del castello è stato il colpevole…”
“…e anche se questo ‘chi’ è solo o ha dei complici…”
Soggiunsi io, in tono cupo… ed evidentemente questa era una ipotesi che i miei
compagni non avevano contemplato, perché dopo la mia affermazione l’aria fra di
noi si fece se possibile ancora più tesa…
Dopo pochi istanti, Amelia scattò in piedi, all’improvviso.
“Se scoppiasse una insurrezione all’interno del palazzo ora che siamo sotto
assedio sarebbe la rovina!!! Devo subito… SUBITO trovare mio padre, e
parlargliene!!! Bisogna fare QUALCOSA!” Fece per avviarsi, ma Zel la trattenne,
con gentilezza.
“No, Amelia…”
“Ma…” Iniziò a protestare la principessa…
“Non abbiamo nessuna prova, lo capisci…? Se tu ora ti
gettassi nella sala del Concilio e lanciassi una accusa del genere senza
nemmeno una pista da seguire genereremmo il panico e ci porremmo sotto
l’attenzione di tutti, e non potremmo più indagare liberamente…”
“Zel ha ragione Amelia…” Intervenni. “Tuo padre ha diritto
di sapere, ma per ora quante meno persone possibile devono venire al corrente
della cosa… per quanto ne sappiamo, il traditore” o i traditori, ma questo
evitai di rimarcarlo “potrebbe essere chiunque… anche una persona molto vicina
al re…”
“Non… non possiamo escludere nessuno dalla lista…? Mio zio…”
“Cristopher ha mostrato ampiamente la sua fedeltà… forse è
un rischio che vale la pena di correre…” Zel mi rivolse un’occhiata. “Phil avrà
bisogno di una qualche protezione speciale… potrebbero cercare di colpire lui,
la prossima volta…”
Mi accigliai. “Già… ma mi chiedo, allora… perché non OGGI?
Avrebbero potuto usare per Phil lo stesso metodo che hanno usato per cercare di
togliere di mezzo me, dato che non si è mai allontanato dalle mura del castello
durante la lotta… c’è qualcosa di poco chiaro… ho il sospetto che chiunque
siano i traditori l’uccisione di Phil non rientri nei loro piani…”
“E poi… oggi è TE che hanno attaccato… ma tu sei VIVA,
Lina…” Questa volta fu Gourry a prendere la parola. “E l’assalitore a questo
punto ne sarà al corrente quanto noi, e sicuramente temerà che tu lo abbia
visto… e se ci riprovasse…? Da ieri sera qualcuno ti è sempre stato vicino… e
deve continuare ad essere così.”
“Lo stesso vale per tutti noi, comunque.” Intervenne Zel.
“Anche noi ora sappiamo, e questo ci mette automaticamente in pericolo… sempre
che già non lo fossimo…” Ci squadrò tutti, con fare cupo. “Bisogna fare molta,
molta attenzione…”
“Ehi, ehi…” Feci una mezza risata. “Non stai parlando con
gli ultimi venuti… ormai siamo una squadra esperta nell’evitare omicidi e
sventare complotti…”
“Detto da una che giace in un letto d’infermeria per una
freccia piantata in petto…” Commentò Gourry con un mezzo sorriso, battendomi
lievemente la fronte con la mano… ehi, ehi, che vuol dire? E’ stato solo un
piccolo incidente di percorso…
“Ma quindi… cosa facciamo…?” Il tono di Amelia era ansioso.
“Direi… nulla, per ora.” Sperando che fosse la scelta più
saggia, e non la più irresponsabile… “Io fingerò di non ricordare, e voi di non
sospettare nulla… facciamo solo qualche discreta indagine che non riveli
apertamente che sappiamo… questo dovrebbe darci qualche vantaggio sui nostri
avversari, in qualsiasi numero essi siano…” Mi rivolsi alla principessa…
“Amelia, puoi parlare della cosa a tuo padre, se vuoi… ma pregalo di non farne
parola con nessuno –no, nemmeno con Cristopher…” Mi accigliai. “Digli di
circondarsi costantemente delle persone che ritiene più fidate, ma non in modo
tale da dare nell’occhio, o da far sospettare che tema attacchi all’interno del
castello…” Sospirai. “E speriamo che questo basti…” Sarebbe stato bello se la
mia fosse stata paranoia, o se i miei ricordi fossero stati distorti dal dolore…
ma NON ERA così, lo sentivo… e poi quella non era una situazione in cui ci
potessimo permettere di correre rischi…
Amelia annuì. “Raggiungerò mio padre al Concilio, ora, e al
termine lo prenderò da parte per parlargli.” La principessa mi rivolse un caldo
sorriso. “Sarà contento di sapere che stai meglio, Lina -san…”
Risposi al sorriso. “Grazie, Amelia… anche se non credo che
vorrò sentire risuonare la sua voce prima di domattina…” Mi portai la mano alla
tempia… l’antidolorifico stava già cessando il suo effetto…
Una goccia di sudore scese lungo la tempia della mia amica.
“E questo cosa vorrebbe dire?”
Con un mezzo sorriso, Zel la sospinse fuori dalla porta. “Ti
accompagno… prima che inizi un infervorato discorso sull’ingiustizia delle
parole di Lina…” La chimera mi strizzò l’occhio, insolitamente gioviale. “Abbi
cura di te, Lina…”
Lo salutai semplicemente con un breve cenno, e la porta si
chiuse alle sue spalle.
“Sei vitale per una che è stata sull’orlo della morte per
ore…” Commentò il mio amico, con fare rassegnato.
Gli sfoggiai un sorriso a trentadue denti… “Avevi dei
dubbi?” Emettendo un sospiro, mi abbandonai sul cuscino. “Però sono stanca…”
Lo spadaccino annuì. “Dormi, se vuoi… io rimarrò qui di
guardia.”
“D’accordo, mamma…” Lo presi in giro.
Gourry mi rivolse una delle sue peggiori occhiatacce. “Ridi,
ridi pure. Ci hai fatto prendere un colpo, a tutti quanti. Quando ti ho vista
caduta con una freccia piantata nel petto non volevo crederci. Pensavo che ti
avesse uccisa sul colpo…”
“Quindi sei stato tu a portarmi in salvo…?” In effetti ero
un po’ stupita di non essere stata semplicemente abbandonata e calpestata lì,
sugli spalti, come purtroppo finiva per accadere a molti altri feriti…
Lo spadaccino annuì. “Zelgadiss ed io. Ero poco lontano da
te e ti ho visto a terra. Sono corso a sollevarti, e per fortuna Zel si è
accorto di noi e mi ha aiutato a farmi strada… Amelia ci ha raggiunti appena la
battaglia lo ha permesso… anche Phil ha fatto un salto qui, per vederti. Non è
potuto restare molto però… anche lui è stato ferito, di striscio, al braccio.”
“Phil… ferito???” La sorpresa mi portò a sollevarmi di
scatto, ma il dolore mi bloccò e mi fece ricadere sul materasso.
“Lina!” Gourry fu subito al mio fianco. “Fai attenzione…” Mi
aiutò a risistemarmi sul letto, cautamente. “…non è niente di grave, davvero… è
bastato un incantesimo per guarirlo… quella formula che sai usare anche tu…”
Un Recovery… doveva essere davvero tutto a posto, allora…
“Che sciocca… tutta questa faccenda mi sta facendo diventare allarmista…” Mi
portai una mano alla fronte.
Le dita calde di Gourry raggiunsero la mia guancia, mentre
lo spadaccino si sedeva sul letto, vicino a me… “La guerra… è in grado di
sconvolgere la capacità di giudizio di chiunque…” Quello che mi rivolse fu un
sorriso, ma c’era amarezza nel suo tono di voce… “Ma non è male non essere
soli… giusto? Aiuta a non perdere la testa…”
Già… soli… e Gourry… Gourry si era sentito solo, in passato?
Improvvisamente provai un sotterraneo desiderio di proteggerlo… come
tanto spesso lui voleva fare con me…
Arrossii, inconsciamente. ‘Che diavolo mi viene in mente? In
un momento come questo, poi…’
Sospirai. “Ad ogni modo… credo che sia il caso che io dorma
un altro po’… tu…” Esitai per un momento. “Tu non dovresti tornare dagli uomini
che Phil ti ha affidato, Gourry…? Se sei rimasto sempre con me significa che ti
sei assentato già per un giorno intero…” Non era questione di essere eroi, o
stacanovisti. Se il palazzo fosse caduto, nessuno di noi avrebbe gradito la
cosa.
“Sì, credo proprio che dovrei.” Gourry continuò ad
accarezzarmi la guancia. “Ma credo anche che non lo farò. Sai, Lina… ho il
dubbio di non essere un buon soldato.”
“Gourry…” Protestai. Mi stava prendendo in giro…?
Lo spadaccino
assunse l’aria un po’ canzonatoria che vestiva quando scherzava. “E’ tutta
colpa tua Lina, che mi dai il cattivo esempio…” Ridacchiò. “Sai… mia nonna mi
ripeteva sempre che la volontà e la coscienza, finché non arrecano dolore o
danno agli altri, sono qualcosa di preziosissimo, perché sono tutto ciò che di
certo possediamo…” Il ghigno si trasformò nel solito sorriso tranquillo di
Gourry. “E la mia coscienza proprio ora mi dice che il suo preciso compito al
momento è badare che tu non ti spezzi l’osso del collo…” Mi batté lievemente la
mano sulla testa. “Non so se questo mi renda una persona migliore o peggiore…
ma sicuramente mi rende più felice.” Si strinse nelle spalle. “Non ti
preoccupare, comunque… hai la testa dura, sono certo che i soldati mi
rivedranno presto.”
Sospirai. Gourry raramente si intestardiva, ma quando lo
faceva era praticamente impossibile fargli cambiare idea… “Te la lascio
passare… solo perché hai fatto un discorso stranamente intelligente…”
Sogghignai. Mi sentivo molto debole… ma in quel momento ero tranquilla. E in
fondo potevo sperare di riprendermi presto e anche che presto avremmo sistemato
tutta quella maledetta, maledettissima faccenda, per tornare insieme alla
nostra leggera ricerca di una spada…
“Oh, no… non ribatti semplicemente perché non hai la forza
di farlo…” Rifletté, serio… “E non è male, in fondo… avrò modo di approfittare
di questa situazione per un po’…”
“Gourry…” Intimai, minacciosa… “Sai cosa succederà quando
starò meglio, VERO?”
“Sì, lo so. Sarò un uomo con qualche capello bianco in più
ma molto, molto più sereno…” Si chinò a baciarmi la tempia, e stranamente per
una volta nella vita non arrossii, non trovai il semplice contatto fisico
imbarazzante… lo trovai semplicemente giusto…
“Buona notte, Gourry…”
“Buona notte, Lina.”
I giorni successivi furono di angosciante stallo. Non mi fu
permesso di porre piede fuori dall’infermeria, e i modi burberi e le pozioni
dell’attendente mi costrinsero in un perenne stato di semi veglia, fra lenzuola
che puzzavano di chiuso e di malato, in una immobilità che mi manteneva
costantemente intontita, anche quando gli antidolorifici cessavano il loro
effetto… le gambe mi dolevano al minimo accenno di movimento, tanto che più di
una volta, con mio sommo imbarazzo, fui costretta a lasciarmi sorreggere
dall’attendente mentre espletavo le mie funzioni corporali… del resto, non
aveva senso da parte mia opporre resistenza. Chiunque avesse deciso di
piantarmi una freccia nel petto non si era preso la briga di assicurarsi che
fosse ben pulita e fresca di fucina, e se la ferita di per sé era ormai
guarita, l’infezione che aveva provocato continuava a provocare strascichi di
dolore e febbre… o forse si trattava di una qualche intolleranza al siero che
mi era stato iniettato per arginarla, non lo sapevo, o non lo avevo capito… il
mio cervello aveva deciso di non soffermarsi troppo a lungo sui dati che gli
venivano trasmessi, semplicemente vagava, fra immagini nebulose ed
inquietanti,e pensieri che la mia memoria si rifiutava di accogliere, forse
futili, ma che nei deliri della febbre assumevano una loro, sinistra,
importanza…
I pochi momenti di lucidità venivano di solito la sera, dopo
che mi veniva somministrata quella brodaglia liquida che qualcuno si ostinava a
chiamare cena, e ai miei compagni era permesso di entrare. Momenti di sollievo,
ma incrinati dalla reticenza dei miei amici a parlare di fronte a me dei
progressi della battaglia… non so se per consiglio dell’attendente o per
iniziativa personale, ma parevano propensi a ritenere che i loro volti tesi e
segnati, mascherati dietro un falso sorriso, potessero in qualche modo
acquietarmi e aiutare la mia guarigione… lo comprendevo, ma mi irritava. Ma non
avevo la forza per protestare. E quindi attendevo senza oppormi che
l’attendente li cacciasse per ‘prepararmi per la notte’, pregando silenziosamente
che qualcuno, chiunque, facesse sì che io potessi arrabbiarmi con loro anche la
sera seguente, e quella successiva ancora…
Solo dopo circa una settimana il mio corpo riprese a
mostrarsi un po’ più docile nei confronti di chi lo dirigeva… restavo vigile
per la maggior parte del giorno, le pozioni che mi venivano somministrate
diminuivano progressivamente, e il brodo che mi veniva servito la sera aveva
preso a farsi più denso, arrivando addirittura a contenere piccoli pezzi di
carne o di pane ammorbidito…
Anche le visite dei miei compagni presero a farsi più
lunghe, e meno monotone…
“Non sono ancora riusciti a minacciare seriamente le mura,
questo sì… però non subiscono nemmeno tante perdite quante speravamo… se va
avanti così potremmo tenere Sailune ancora per mesi, senza che la situazione si
smuova di un passo…” La sera dell’ottavo o nono giorno dal mio ferimento,
Zelgadiss era a fianco del mio letto, in piedi. Avevo insistito per ottenere
qualche particolare sullo svolgersi della battaglia, ma dal momento in cui le
mie pressioni verso l’onestà avevano vinto non ero riuscita più a guardarlo in
viso, per il suo continuo misurare a passi nervosi la stanza…
“D’altra parte… mio padre spera in Raizerl…” Amelia
intervenne, proseguendo sulla falsariga della chimera… “Siamo stretti da un
patto di alleanza con i paesi vicini, e il sovrano della capitale Ramitya è
buon amico di Sailune… non accetterà che uno sconosciuto dall’esterno della
barriera venga qui a proclamarsi re, a capo di un esercito di mostri… senza
contare che non è detto che conquistata Sailune non si muova all’attacco anche
di altri regni…”
Lo sciamano si accigliò. “Certo che noi non abbiamo la
certezza che nel frattempo il nostro nemico non abbia inviato messi nei regni
vicini in cerca di alleanza… in fondo, noi non conosciamo quali siano
esattamente i suoi obiettivi… e se è potere al di qua della barriera quello che
cerca, o un ponte per far giungere maggiore ricchezza al suo popolo, Sailune
sarebbe già un ottimo bottino per lui, considerando la sua ampiezza e
l’influenza che riveste qui, nel sud… può darsi che stia già cercando di
instaurare rapporti cordiali con i suoi ‘futuri vicini’…”
Il fatalismo nel tono di voce di Zel evidentemente non fu
gradito alla principessa. “I suoi ‘futuri vicini’ non concederebbero la loro
fiducia a chicchessia!!! Mio padre in tutti questi anni si è guadagnato la
stima e l’appoggio dei sovrani del continente! Raizerl, o Elmekia non ci
tradirebbero mai per seguire uno sconosciuto!!!”
Il tono di Zelgadiss rimase calmo. “No, non Raizerl o
Elmekia… ma tuo padre non è benvoluto da tutti, Amelia, questo devi accettarlo…
in molti, soprattutto fra i sovrani di regni minori, ritengono che, come prima
di lui suo nonno e suo padre, abbia voluto imporsi eccessivamente nei trattati
stipulati dopo le guerre fra i Regni del Sud sulla sicurezza e gli eserciti…
molti pensano che stia scalzando la loro autorità… molti non hanno certamente
ancora dimenticato che non molto più di un secolo fa i loro eserciti erano
schierati come nemici di Sailune… e molti potrebbero considerare che un’offerta
di mediazione, da parte del nostro nemico, in fruttuosi commerci con i
territori al di là della barriera, potrebbe bastare a compensarli adeguatamente
dei territori che sono stati loro sottratti al termine della guerra con il tuo
regno…” Lo sciamano la fissò, serio. “Tuo padre dovrebbe puntare soprattutto a
QUEI regni, anche comprandoli, se necessario, invece di discutere di giustizia…
anche con Raizerl ed Elmekia dalla nostra parte, se le loro truppe si unissero
a quelle che già ci assediano, per Sailune sarebbe la fine.”
Un’analisi impeccabile. Tacqui, di fronte al viso
incollerito di Amelia, per non aumentare ulteriormente la sua frustrazione, ma
non potei fare a meno di considerarlo, dentro di me. Zel era sufficientemente
saggio e, sì, anche sufficientemente freddo, per occuparsi di questioni di
stato. Il pensiero suonò strano, quando mi attraversò la mente, ma, a dispetto
della gravità della situazione, riuscì a far emergere sulle mie labbra un mezzo
sorriso, di fronte all’immagine dei miei due amici che discutevano…
Ad Amelia, comunque, in quel momento la cosa non pareva
importare… non credo che anche lei non fosse convinta della realtà delle parole
di Zel… ma, lo capivo perfettamente, doveva essere duro accettare il vacillare
delle alleanze di Phil, perché questo non solo minava le certezze di vittoria
ma significava anche fronteggiare il fatto che l’amore per il padre in cui
riponeva tutta la sua fiducia non era da parte di tutti così incondizionato
come lo era per gli abitanti di Sailune… “Come puoi essere così… così
maledettamente…”
“…Realista?” Lo sciamano terminò la frase per lei, in tono
piatto.
Sospirai, ed intervenni in un insolito ruolo di paciere, per
evitare l’eruzione… “Ok, ok, gente… adesso basta… litigare fra noi non
risolverà le cose, giusto?” Mi appoggiai al cuscino, con fare stanco… “Ad ogni
modo, se ho compreso a grandi linee come si sono evolute le cose, la situazione
non è rosea, o sbaglio…?”
Amelia, che forse si era aspettata il mio appoggio, si morse
il labbro e semplicemente tacque, con espressione ferita. La chimera si limitò
a stringersi nelle spalle…
“In realtà ormai sembra tutto dipendere proprio da eventuali
aiuti esterni…” Intervenne Gourry, che fino a quel momento era rimasto
stranamente silenzioso, scostandomi i capelli dalla fronte… “Ma i soldati sono
stanchi, ed il morale si sta abbassando… da quello che ho sentito stando in
mezzo a loro, credo che molti considerino la situazione senza uscita…” Sollevò
lo sguardo su Amelia, affrettandosi ad aggiungere… “…ma tutti combatteranno
fino alla fine. Per quanto la situazione possa apparire disperata, nessuno
tradirebbe mai tuo padre, Amelia, questo lo so per certo. Se non verrà
esplicito ordine di resa lo seguiranno fino alla morte…” Le rivolse un mezzo
sorriso. “E anche noi. Quindi stai tranquilla, d’accordo?”
Lo spadaccino sfoggiò il suo migliore tono da fratello
maggiore, e Amelia mi parve un minimo confortata… “Mi auguro che tu abbia
ragione… se non altro…”
Ma qualunque cosa avesse intenzione di aggiungere, rimase
per noi un mistero. In quel momento, infatti, la porta dell’infermeria si
spalancò, e un paggio fece irruzione, ansimando vistosamente…
“Principessa!!! Vostro padre vi vuole al Concilio… subito!”
Amelia si alzò dalla seggiola in legno su cui era
abbandonata, l’espressione allarmata. “E’ successo qualcosa?”
“Un messo! Un messo del nemico ci ha portato una proposta di
accordo!”
Il silenzio cadde su di noi, mentre ci scambiavamo una lunga
e perplessa occhiata… una proposta d’accordo? Che senso aveva a quel punto? Era
cambiato forse qualcosa? E… in che cosa poteva consistere…?
“A… arrivo subito…” Amelia mi parve un po’ esitante… “Lina
–san…” La principessa fece per congedarsi…
“Voglio venire anch’io.” Affermai, senza esitazione,
sollevandomi a sedere.
Gourry immediatamente scattò in avanti, per farmi rimettere
sdraiata. “Lina, non…”
“Sto. dannatamente. bene.” Lo fissai determinata. “Non mi
terrete in questo letto per un’altra settimana… oh, non sprecare parole, so
perfettamente che lo fareste…” Aggiunsi, quando mi accorsi che stava per
ribattere. “Vengo anch’io. Punto.”
Lo spadaccino sospirò, ben sapendo che quel mio tono non
ammetteva repliche. “Ti lascerai sorreggere da me, però.” Non era una domanda.
“E appena avrai sentito di cosa si tratta te ne tornerai a dormire…”
Sbuffai, ma non replicai. Tanto ovviamente non sarebbe
servito a nulla… “Va bene, mamma… già che ci sei aiutami a rialzarmi, allora…”
Lo spadaccino mi offrì il braccio, ed ebbi tutta l’impressione che facesse del
suo meglio per mascherare un sorriso…
Nei corridoi del palazzo c’era una strana agitazione, notai.
Il concilio al completo si stava velocemente radunando… e mi resi conto che
molti dei partecipanti ci lanciavano strane occhiate, credendo forse di non
essere notati… eravamo stati accettati ormai da tempo come personaggi vicini a
Philionel, non vedevo il perché di tutta quell’attenzione attorno a noi… forse
il motivo era semplicemente il fatto che ricomparivo all’improvviso dopo un lungo
periodo d’assenza, decisi… e chissà chi fra loro in quel momento… provava
particolare disappunto per questo…
Giungemmo nell’anticamera della sala del Concilio, la mente
in fibrillazione… non avevo idea di cosa aspettarmi, ma dalle espressioni che
avevo incrociato, avevo l’impressione che quell’incontro potesse rivelarsi
risolutivo…
Phil ci prese da parte, all’ingresso. “Dobbiamo parlare.”
Ingiunse, semplicemente, prima di trascinarci in una piccola stanza a lato di
quella principale. L’ambiente era avvolto nella penombra, ma ero riuscita
chiaramente a distinguere l’espressione del principe… non prometteva nulla di
buono.
“Phil… eccomi…” Una voce alle nostre spalle, che riconobbi
appartenere al fratello dell’erede al trono, Cristopher. La sua figura si stagliava,
imponente, all’ingresso della stanza, i capelli corvini attraversati da
striature di fuoco, alla luce del tramonto… e alle sue spalle, con mio
disappunto, intravidi la figura di un uomo in cui Philionel, a mio avviso,
mostrava di riporre troppa fiducia…
“Laudreck…” Philionel lo salutò con un cenno del capo…
Il fratellastro rispose con un semplice gesto,
occhieggiandoci accigliato. “Sanno già tutto, Philionel… tutti. Qualche idiota
fra le tue guardie non ha saputo tenere la sua fottuta boccaccia chiusa…”
Cristopher gli rivolse un’occhiata colma di rimprovero. A
quanto pareva, il fratello legittimo del futuro re non apprezzava il suo
parente più di quanto facessi io… “Modera il tono quando parli col tuo sovrano,
Laudreck… e vedi di darti una calmata. Avremmo comunque dovuto parlare della
missiva fra poco, in Concilio…”
“Il VOSTRO paparino…” e calcò sulla parola, con una punta di
disprezzo… “…deve aver provveduto male alla vostra educazione politica,
Cristopher, se ancora non vi siete resi conto che le informazioni possono dare
un’enorme potere, se prima di essere distribuite vengono manipolate nel modo
giusto…”
Le nocche di Cristopher si strinsero, bianche di rabbia…
“Attento a come parli, fratellastro…” Anche il principe non si preoccupò di
attutire la durezza del suo tono di voce… “Lo sai che né io né Phil abbiamo mai
condiviso…”
“Adesso basta.” Questa volta fu Philionel a intervenire,
perentorio, zittendo immediatamente la contesa fra i due. “Abbiamo altro di cui
preoccuparci, adesso.” I suoi occhi si volsero a noi. “Ho voluto parlarvene in
privato, prima di affrontare il Concilio… abbiamo… ricevuto una proposta.” Le
sue labbra si strinsero, come se stesse trattenendo a stento la collera… avevo
l’impressione che le richieste che erano state avanzate non fossero
precisamente favorevoli per noi assediati…
Mi accigliai. Temevo che non ne sarebbe uscito nulla di
buono… “Ce ne hanno accennato… qualcosa che potrebbe risolvere la situazione…?”
Phil mi fissò stupito, come se mi vedesse per la prima
volta… “Lina… ti sei ripresa…?”
Annuii, invitandolo con un cenno nervoso a proseguire.
“Penseremo dopo alla mia salute. Che cosa ci offrono…?”
I lineamenti di Phil si tesero, se possibile, ulteriormente.
“Ci offrono la cessazione delle ostilità, in cambio di un’unica condizione.
Un’alleanza matrimoniale.” Il suo sguardo si fissò su Amelia. “Il TUO
matrimonio, figlia mia… con Oberon, il capo degli assedianti. Accompagnato
dalla mia pubblica rinuncia, in tuo favore, al mio diritto di successione, in
cambio del titolo di consigliere reale.” Un silenzioso gelo si impadronì di
tutti noi a quelle parole. Il principe, tuttavia, non parve, o non volle, farvi
caso… Il suo sguardo si posò su Cristopher. “Oberon riconosce che attualmente
la nostra conoscenza delle condizioni del regno è migliore rispetto a quella di
un governante straniero come lui… per questo mio fratello otterrebbe il rango
di tesoriere, e di conseguenza l’amministrazione della Corte in sé ricadrebbe
nelle sue mani… oltre ovviamente che nelle tue, in quanto regina, Amelia.”
Tornò a posare lo sguardo sulla figlia. “Ma Oberon ci richiede che tre quarti
degli attuali membri del Concilio siano sostituiti da uomini di sua fiducia, e
così anche per la Guardia Reale, fatta eccezione per un certo numero di uomini
di nostra scelta a difesa della nostra sicurezza… e non vale la pena di dire
che l’esercito di Sailune verrebbeposto in una posizione subordinata rispetto alle truppe di Oberon
stesso, con una ridefinizione degli alti comandi.” Terminò, squadrando i nostri
volti uno ad uno…
Deglutii. Condizioni durissime… e al di là di questo… volsi
lo sguardo verso Amelia. Il suo volto era pallido, la sua espressione terrea.
Sembrava avere appena ricevuto in pieno volto una secchiata di acqua fredda…
Fu Zelgadiss ad intervenire, prima che io potessi proferire
parola. “Non avrete intenzione di accettare, spero!!!” Il tono della sua voce
era rabbioso, come raramente lo avevo visto. “Sono richieste assurde!
Consegnereste il regno nelle sue mani, risparmiandogli persino la fatica di
lottare per averlo!!!” Consegnerete AMELIA nelle sue mani… questo avrebbe
urlare Zelgadiss, non c’era bisogno di un telepate per capirlo… ed io non avrei
voluto fare altro che unirmi al suo grido, in quel momento… come… come potevano
chiederle una cosa del genere?
“Non venderò mia figlia ad un uomo che si presenta con un
esercito a reclamare ingiustamente il governo sul mio popolo!” Il tono di voce
di Phil era duro. “E non negozierò con lui le sorti del mio paese,non a QUESTE
condizioni! I miei uomini gli ricacceranno in gola le sue proteste a colpi di
spada!!!”
“Calmati, Philionel…” Cristopher parlò in tono pacato,
poggiando una mano sul braccio del fratello… “In primo luogo prima di decidere
è necessario discutere della questione in Concilio… e poi… io sarei cauto nel
mostrare una così forte opposizione alle richieste…”
Il principe assunse un’espressione che mai avrei pensato di
vedergli rivolgere all’amato fratello minore… “Che diavolo vai dicendo,
Cristopher??? Pensi che la mia indignazione non sia motivata??? Non hai sentito
COSA ha osato chiederci???”
“L’indignazione e l’onore sono roba da torneuncoli per
cavalieri in cerca di gloria e della compagnia di una dama, fratello…” Fu
Laudreck ad intervenire, in tono acido. “Il CERVELLO si confà molto di più ad
un sovrano… e per quanto sia sempre piacevole trovarsi in Concilio a
banchettare e offrire vino per ingraziarsi i vassalli e dar loro l’illusione
che ciò che pensano valga qualcosa, sappiamo tutti e due qual è l’unica
opinione che conterà veramente, nella pagliacciata che ci aspetta di là… e
sarebbe bene che QUESTA opinione fosse un’opinione SENSATA…”
“Oh, e immagino che tu trovi SENSATISSIMO arrendersi al
nemico consegnandogli il regno quando c’è ancora un’opportunità di vittoria! O
forse sei pagato per convincerci di questo? Forse da un qualche sovrano
straniero che ti ha promesso MOLTE terre in cambio…?” Rabbrividii, a quelle
parole, che giungevano dalla persona da cui meno avrei potuto aspettarmi di
sentirle pronunciare… sapevo che Zelgadiss era mosso dall’ira, ma quello che
stava dicendo era DECISAMENTE grave… senza contare che poneva i nostri sospetti
in campo aperto, di fronte ad una persona su cui non eravamo certi di poter
riporre la nostra fiducia… e Zel di solito accusava ME di essere avventata…
Laudreck, fortunatamente, non parve farci caso. Si limitò a
dirigere su Zel uno sguardo di derisione. “Non sapevo che avessimo invitato un
circo a corte…” Il tono della sua voce era tagliente. “Ma i fenomeni da
baraccone farebbero meglio a tacere… io servo Sailune da quando tu, faccia da
mostro, giocavi ancora ad alzare la gonna delle ragazzine…” Le sue labbra si
aprirono in un lieve sorriso. “Di certo spaventandole più del normale…”
Zel si fece livido a quel commento. Temevo che il mio amico
si sarebbe lanciato contro di lui, e ringraziai intimamente Cristopher, che
intervenne per zittirlo. “Laudreck! Se proseguirai con questo atteggiamento
saremo costretti ad estrometterti dal Concilio!”
“SAREMO?” Laudreck non parve colpito. “Ma qui non sei tu a
comandare, mmm, fratellino? Anche se fai del tuo meglio per dare l’impressione
che la cosa non ti interessi…”
Cristopher non aveva più nulla di quell’aspetto pacato che
ci aveva sempre mostrato di sé… “Laudreck, io…”
“FATELA FINITA!!!” Ora era Phil a essere irritato. “Non è il
momento dei vostri litigi infantili! Smettetela, o dovrò DAVVERO trovarmi
migliori consiglieri!”
Cristopher parve ferito da quelle parole, Laudreck, se ne fu
disturbato, non lo diede a vedere. “Sono perfettamente d’accordo con te,
Philionel… queste sono futilità… cosa TU dirai in Concilio, questo invece è di
importanza vitale…”
Philionel si accigliò. “E cosa… COSA dovrei dire secondo
voi??? Dovrei accettare incondizionatamente richieste del genere???” Amelia
sussultò, al mio fianco… le lanciai un’occhiata, ma non pareva avere intenzione
di intervenire… semplicemente, fissava il pavimento, le labbra serrate in una
morsa…
Anche Laudreck aggrottò le sopracciglia. “A volte mostrarsi
concilianti è la scelta più saggia…”
Philionel non era disposto ad ascoltare ragioni… “Il mio
nemico si è forse mostrato tale???”
Cristopher sospirò, al suo fianco. “Con mio rammarico,
stavolta mi trovo a concordare col nostro fratellastro, Philionel… lo sappiamo
tutti che la nostra situazione è quanto mai incerta… qui siamo tagliati fuori
dal mondo… i nostri messaggi paiono non arrivare, le risposte non giungono… la
situazione è di stallo, ma le nostre vettovaglie e le nostre forze non
dureranno per sempre… senza contare che se come temiamo rinforzi giungessero in
aiuto dei nostri nemici la città cadrebbe, e quell’uomo la avrebbe comunque,
senza dover sottostare ad alcuna condizione…”
“Non sappiamo SE e QUALI truppe stiano marciando verso
Sailune…” Puntualizzai io. “E se una volta scesi a patti giungessero a darci manforte
rinforzi non potremmo certo dire ai nostri nemici ‘no, scusate, ora che siamo
certi di vincere matrimonio ed accordi devono essere annullati’…”
Cristopher spostò lo sguardo su di me, grave… “Su questo hai
ragione, Lina Inverse… ma quello che mi chiedo ora è…è un rischio che vale la
pena di correre? Quando il prezzo da pagare è la sicurezza degli abitanti di
una città, e di un regno? Ho sentito che al di là della barriera è ancora
praticata la schiavitù… e questa non è una sorte che augurerei a mia moglie, e
a nessuna delle persone che amo…” Il suo sguardo si spostò su Phil… “E poi,
mentre qui combattiamo, le altre zone del regno potrebbero essere sottoposte a
razzia… Phil, questa situazione deve finire…”
Phil sospirò, e parve imporsi di rispondere in tono calmo.
“Cosa mi consigli di fare, allora…?”
Cristopher fu cauto nel rispondere. “Non dico di accettare
completamente quanto ti è chiesto… ma avviare una trattativa sì, questo sì… se
ci mostriamo aperti, forse ne uscirà qualcosa…” Guardò Amelia, un accenno di
compassione nel suo sguardo… “E poi… anche a me non piace l’idea di mettere
Amelia nelle mani di quell’uomo… ma ciò non toglie che un’alleanza matrimoniale
sarebbe conveniente anche per noi… una garanzia, un controllo… potresti
adottarlo come genero e dargli il tuo cognome Phil…” Lo fissò, l’espressione
grave… “…avrebbe le mani legate nel trattare con noi, e allo stesso tempo la
famiglia reale di Sailune manterrebbe la sua linea di successione, e la sua
autorità…”
Phil rimase in silenzio per pochi istanti, che apparvero
come un periodo lunghissimo… “ Non sono ancora convinto che sia la soluzione
migliore, ma… immagino… che si potrebbe fare una proposta in questo senso…”
Sentii Amelia sussultare, ancora una volta. Cercai di
guardarla in volto, ma le ombre ormai calate quasi totalmente sulla piccola
stanza mi impedirono di carpire anche la più fugace immagine della sua
espressione… Zelgadiss, invece, quasi tremava, livido di rabbia…
“Ti chiedo solo di introdurre la cosa al Concilio in questi
termini, per non chiuderci possibilità che presto potremmo rimpiangere… domani
avvieremo una cauta trattativa… forse potremmo persino sospendere
temporaneamente le ostilità…”
No. No, no, no, no, le cose stavamo precipitando… Non
potevano davvero pensare di farlo, non ad Amelia. Feci per aprire la bocca, per
replicare, per ESPLODERE,e fermare
quell’assurdità… ma una mano poggiata sulla mia spalla mi fermò. Al culmine
della sorpresa, mi volsi con espressione rabbiosa verso il colpevole… ma anche
l’espressione di Gourry in quella semi oscurità mi rimase indecifrabile…
“Suppongo che sia ora di andare…” Il tono di voce di
Philionel era stanco, quando si rivolse a noi… “Se volete presenziare…”
Sussultai quasi, al suono della voce di Amelia. “Non sarà
necessario. Mi rimetterò totalmente alle decisioni che mio padre nella sua
saggezza prenderà per me.” Nella sua voce c’era una freddezza che non le avevo
mai sentito rivolgere al padre… nel pronunciare quelle parole, la principessa
non sollevò lo sguardo dal suolo verso di lui, nemmeno per un istante…
Ebbi l’impressione che Philionel ne fosse in qualche modo
ferito, ma il tono della sua voce non lo lasciò in alcun modo trapelare…
“Amelia… forse noi due dovremmo ritirarci a discutere un momento per…”
La principessa serrò le labbra. “Se lo credi coerente con
quello che mi hai sempre insegnato, papà, non c’è nulla di cui discutere.” Lo
interruppe. “Mi rimetto alla tua decisione.” Amelia non aggiunse altro. In un
rapido movimento di gonne, spalancò la porta ed uscì dalla stanza, senza
guardare nessuno di noi in volto… per un momento fui tentata di seguirla, ma
imposi ai miei piedi di restare immobili. Sapevo che era stato lo shock della
notizia a farla parlare, e in quel momento avrei potuto esserle molto più utile
dove mi trovavo…
Phil e i fratelli ci precedettero nella sala del Concilio, e
Zel li seguì, senza scambiare con noi nemmeno uno sguardo. Io indugiai un
momento nella stanza, per lanciare un’occhiata irata a Gourry. “Perché? Perché
mi hai bloccata, prima?”
Il viso del mio compagno era cupo,ma determinato.
“Convincerai Phil con la ragione, come ha fatto Cristopher, e non con la
rabbia, Lina… avresti solo irritato Philionel… e so che TU puoi trovare una
soluzione migliore di questa…”
“IRRITATO? Hai sentito COSA ha intenzione di fare ad
Amelia???”
Il suo sguardo si fece amareggiato. “Sì, ho sentito. Ed è
una cosa normale.”
“NORMALE??? Come puoi dire una cosa del genere???”
Lo spadaccino sospirò. “Ascoltami, Lina… Mia madre non amava
mio padre. Ma si sono sposati. E hanno avuto più di un figlio. Non c’era amore
in lei quando lo guardava. Quando sedevano fianco a fianco nelle occasioni
ufficiali. Quando condividevano il letto. Non c’è stato NESSUN TIPO di amore
nella mia casa. Mia madre non poteva sopportarlo, ed è vissuta nell’apatia,
fino a che la malattia non la ha presa. O lei si è abbandonata ad essa…”
Distolse lo sguardo. “Non c’è nessuna giustizia, in questo. Non lo credo
nemmeno io. Forse non a Sailune, ma cose come queste succedono spesso. Non è
arrabbiandoci che risolveremo qualcosa che è da secoli considerato
consuetudine… ma proponendo una valida alternativa. Purtroppo però io non
riesco ad andare oltre, ad elaborare un piano. Spero in te, Lina.” Con mia
sorpresa, lasciò il mio braccio e mi precedette. Rimasi immobile, stranita, con
la stessa sensazione che avrei provato se mi avesse preso a schiaffi.
Dopo un istante, tuttavia, mi morsi il labbro, e mi imposi
di seguirlo.
Augurandomi, perché non avrei potuto sopportarne altre…che quella fosse stata la peggiore… delle
conversazioni che mi aspettavano quella serata…
Nella sala del Concilio l’atmosfera era tesa… volti
inquisitori ci squadrarono quando entrammo, mal celando un non troppo sottile
disappunto per la breve riunione segreta che, molti dovevano essersene resi
conto, aveva preceduto quella ufficiale. Un brusio si sollevò da tutti i lati
della sala mentre prendevamo posto, in piedi, dietro lo scranno del sovrano. Fu
il battere del pugno di Philionel sul tavolo a riportare l’ordine nella seduta.
“Miei Lord… vi prego di ritornare al silenzio… questa sera
qui si discutono le sorti del nostro regno…” Le voci si spensero, lentamente, e
gli occhi ci squadrarono, uno ad uno… notai che diverse delle espressioni
accigliate si volgevano in stupore, constatando l’assenza di colei che in
quella seduta sarebbe stata oggetto di ogni discussione… Laudreck aveva avuto
ragione. Sapevano già ogni cosa.
“Come sapete, il nemico pare avere scelto di volgersi alla
via della diplomazia. E immagino che a questo punto ognuno di voi conosca fin
nei minimi particolari il contenuto della missiva che ci ha inviato, quindi
sorvolerò su di esso, e mi concentrerò immediatamente sul cuore della
questione…” Il principe fece una breve pausa e, di fronte all’assenza di
obiezioni, si decise a proseguire. “Ritengo che le condizioni di pace che ci
sono state proposte non siano in alcun modo accettabili nel loro complesso…
l’amministrazione della corte e delle sue finanze non vale nulla se non è
accompagnata dal controllo politico e sostenuta dalla gestione delle forze
militari. Non possiamo in alcun modo accettare di consegnare questi poteri in
mano al nemico, perché questo equivarrebbe in sostanza ad una forma di resa
incondizionata, mascherata da compromesso…” Sospirò, prima di proseguire.
“Tuttavia, credo che la via della trattativa sia quella giusta da seguire… le
nostre forze si avvicinano allo stremo, e le nostre alleanze militari sono
quanto mai incerte… con queste basi non ci sono condizioni sufficienti per
sperare in una risoluzione della lotta a nostro favore… e credo che su questo
siamo tutti d’accordo…” Un lieve mormorio si sollevò nella sala a quella
richiesta di approvazione, che nuovamente Phil mise a tacere con un breve
gesto… ma non tutti i volti mi parevano esprimere accordo con quanto appena
affermato dal sovrano… forse c’era una seppur minima speranza di trovare
qualcuno che ci spalleggiasse nell’opporsi al matrimonio forzato della nostra
amica… certo però, come diceva Gourry… nessuna opposizione avrebbe avuto valore
senza proporre una valida alternativa…
“L’alleanza matrimoniale…” Proseguì Phil, che sembrava
compiere uno sforzo enorme nel pronunciare quelle parole… “… potrebbe non
essere una alternativa da scartare… ben disporrebbe il nostro interlocutore nei
nostri confronti, ci mostrerebbe disposti a venirgli incontro… e forse lo
renderebbe maggiormente malleabile riguardo agli altri punti del trattato di
pace… una sua nomina a legittimo erede al trono attraverso il matrimonio, senza
tuttavia la mia rinuncia al diritto di successione… e l’allargamento del
Concilio e della Guardia ad un LIMITATO numero di uomini da lui scelti…” …un
nuovo brusio si sollevò a questo punto della arringa… “…SENZA tuttavia la
rimozione di alcuno degli attuali membri… insieme ad una gestione dell’esercito
equilibrata fra le due parti… QUESTA è la proposta con cui intendo rispondere
alla missiva che ci è stata inviata… e questa sera, miei Lord, sono qui per
chiedere il vostro consiglio e la vostra approvazione…”
Mi morsi la lingua, e rimasi in silenzio. Sarebbe stata
un’offesa per i signori terrieri che ci si paravano di fronte se delle persone
comuni come noi avessero preso parola prima di loro. E del resto, questo mi
lasciava la possibilità di PENSARE. E ne avevo un dannato bisogno. Tutto stava
succedendo troppo in fretta, non avevo avuto modo di elaborare una proposta
razionale da contrapporre a quella di Philionel. Ma sapevo perfettamente che
quella sera si sarebbe deciso tutto.
Cercai con lo sguardo i miei compagni, in cerca di aiuto.
Tuttavia, Zel si limitava a fissare Philionel con le labbra serrate, e Gourry
sembrava interamente concentrato nello studiare i volti dei partecipanti al
Concilio. Presi un grosso respiro, e deglutii. Mi girava la testa. Mancava
l’aria in quel posto…
Le opinioni dei Lord non tardarono a farsi sentire.
“Philionel, mio sovrano, in sincerità non mi sembra che la soluzione migliore
sia piegarsi ad Oberon in questo modo…” Riconobbi il parlante come il signore
di una delle fortezze più a meridione del regno, situata lungo la costa… una
delle prime zone ad avere subito le incursioni dei non morti… “… se avviassimo
una trattativa mostrandoci concilianti, esporremmo non solo al nostro nemico,
ma anche a eventuali regni incerti sull’alleanza a cui votarsi tutta la nostra
debolezza… sarebbe come dare loro un motivo per mettersi contro di noi e
sbaragliarci…”
Alcuni, al suo fianco, espressero animosamente la loro
approvazione. “Ha ragione lui!”
“E’ da codardi arrendersi alle prime scaramucce!”
“Ne va dell’immagine e della futura autorità di Sailune!”
Ancora una volta Philionel batté il pugno sul tavolo, per
zittirli… tuttavia, quando parlò il suo tono era calmo, e cortese… “Comprendo
le tue ragioni, Dorion… tuttavia, credo che questo ragionamento potrebbe
rivelarsi valido solo se avessimo una qualsiasi cognizione della situazione
all’esterno… non conoscendo l’orientamento degli altri regni, le nostre
rimangono solo supposizioni… solo sulla posizione di un paio di regni abbiamo
reali certezze, e sono troppo pochi per poter rischiare il proseguimento della
linea militare dura… ti posso assicurare però che procederemo nelle trattative
con la massima cautela, e ci mostreremo fermi per quanto saremo apparsi
disponibili con la nostra iniziale apertura… non ho intenzione di lasciare
intendere al nemico che le decisioni saranno totalmente nelle sue mani. Anzi,
voglio mettere bene in chiaro che se anche lui non si mostrerà disposto a
venirci incontro, la guerra proseguirà…”
“D’altra parte…” Questa volta fu un nobile su uno scranno
alla destra di Phil a prendere la parola… “Il discorso che hai introdotto,
Dorion, vale anche per Oberon… per quanto assurde, quelle che ci ha rivolto
sono sempre delle proposte di pace… e questo è un chiaro segno che anche lui si
rende conto della dispendiosità e della incertezza di questa guerra… in questo
senso, accettare di venire a patti non sarebbe un segno di debolezza da parte
nostra, solo la logica risposta di persone ragionevoli…”
Fu uno dei sostenitori di Dorion a rispondere. “E se invece
la SUA richiesta venisse da reale debolezza? Se i regni vicini non avessero
accettato alleanze con lui? Se Elmekia e Raizerl stessero marciando in nostro
aiuto? Le sue richieste potrebbero essere l’ultima, disperata, mossa di chi è
sull’orlo della disfatta…”
“Se, se, se…” Di nuovo l’uomo sull’ala destra. “I se non
valgono nulla! E le sue richieste esibivano fin troppa sicurezza per essere
quelle di un perdente…”
“Un trucco! Solo un elementare gioco diplomatico!”
“E se invece fosse perché si è reso conto che NOI siamo
disperati che ci fa simili proposte??? Per ottenere una forma di controllo su
Sailune in qualche modo legittima e per non protrarre oltre una guerra il cui
risultato è scontato, un inutile dispendio di forze, che gli serviranno invece
per controllare il regno una volta terminata la lotta…??? In quel caso sarebbe
una sciocchezza giocare con il fuoco! Sarebbe un SUICIDIO non mostrarsi
condiscendenti!”
“Meglio il suicidio che il venire a patti con gli
usurpatori!!!”
Le voci si levarono velocemente, rimbombando nella grande
sala, stordendomi.
Phil studiò la discussione per qualche tempo, accigliato.
Quindi, intervenne nuovamente per imporre il silenzio. “Miei Lord! MIEI LORD!” La voce del sovrano sovrastò tutte le altre. “Manteniamo
l’ordine, vi prego!” Si volse verso l’uomo che aveva preso parola alla sua
destra. “Credo che le tue considerazioni siano tristemente vere, Willem…
seguire una linea di opposizione dura sarebbe una dimostrazione di scarsa
ragionevolezza, che rischierebbe di giustificare un attacco definitivo… per
questo, io vi chiedo… facciamo UN tentativo, uno solo… se sarà il nostro
avversario a mancare in capacità di mediazione, allora Sailune stringerà i
denti e combatterà fino alla fine, disfatta o vittoria che sia… ma prima,
sacrifichiamo il nostro orgoglio per la salvezza e la sicurezza delle persone
che amiamo, e del nostro popolo… non vi chiedo di umiliarvi… vi chiedo solo di
pazientare, e donarmi un po’ della vostra capacità di sopportazione… per non
dover pagare…” La sua voce vacillò lievemente… “… un prezzo molto più alto…” Si
levò in piedi. “Io, qui mi pongo come pari a voi e chiedo la vostra
approvazione. Miei Lord, vi prego, la mia fiducia è in voi. Siatemi vicini in
questo momento di crisi.” Prese un profondo respiro. “Per Sailune!”
“PER SAILUNE!” Il grido fu quasi unanime… e in quel momento
mi resi conto che era già tutto deciso. Non contavano gli sguardi di
disapprovazione che alcuni del Lord nascondevano dietro le loro grida di
incitazione… Laudreck aveva avuto perfettamente ragione. Comprendevo che la
presa di posizione di Philionel, in una direzione che egli stesso non
desiderava ma che il suo ruolo gli imponeva, potesse essere l’unico modo
efficace di uscire da una situazione di crisi come quella… ma mi sentivo
comunque presa in trappola. Domani il documento che avrebbe sancito l’alleanza
di Sailune con un regno che minacciava di divorarla… e il matrimonio di Amelia
con un uomo che non avrebbe mai potuto amare… domani quel documento sarebbe
stato firmato, messo per iscritto, definitivo. A meno che…
“Io… non credo che venire immediatamente a patti sia l’unica
soluzione.”
La mia voce doveva essere in qualche modo riuscita a
sovrastare il vociare intenso della sala, perché lentamente, progressivamente,
le grida si chetarono e l’attenzione di tutti si era concentrò su di me. Mi
feci avanti, il cuore che rimbalzava in petto, le tempie che pulsavano in modo
insostenibile, facendo girare pericolosamente la stanza attorno a me… “Come
tutti voi avete detto… una decisione realmente saggia sarebbe quella basata
sulla valutazione della situazione esterna al regno di Sailune… perché
qualunque scelta fatta senza questo presupposto si basa solo su supposizioni,
su un certo grado di azzardo…”
“Non c’è modo di conoscere la situazione esterna a Sailune,
ragazza…” Una voce dura, acida, da una direzione che non riuscii ad
identificare… i volti si confondevano, c’era troppa luce in quella stanza…
“Questo… non è esatto.” Presi fiato. “Esistono dei passaggi
segreti che conducono all’esterno e all’interno del castello.” La mia
affermazione suscitò un certo stupore, e lo compresi… erano segreti della
fortezza che fino a neanche un mese prima anche a Gourry e me erano ignoti…
“Troppo stretti e troppo esposti per permettere un’incursione in campo nemico…
ma sufficienti perché una persona esca e si allontani senza essere notata, per
recare messaggi e ottenere informazioni.” Sollevai lo sguardo, cercando di
fissarli tutti, uno ad uno. “Mi offro volontaria per questo compito. Come messo
di Sailune, e col permesso del sovrano. Vi procurerò le informazioni di cui
avete bisogno.”
Sulla sala calò il silenzio. Molti volti mi apparivano
scettici, ma notai che alcuni stavano considerando con attenzione la mia
proposta…
“E’ rischioso…” Azzardò qualcuno. “Non è che una ragazzina…
se venisse catturata, Oberon comprenderebbe immediatamente che stiamo agendo
alle sue spalle… e allora ogni possibilità di trattativa sfumerebbe.”
Mi accigliai, a quella considerazione… D’accordo. Se avevano
bisogno di una prova della mia determinazione…
Sul tavolo era posato accanto al calamaio il pugnale recante
il sigillo reale di Sailune, unica arma ammessa in sala, oltre a quelle delle
guardie a difesa di Philionel. Strinsi il palmo attorno all’impugnatura e lo
sollevai.
“Anche se mi catturassero, la cosa non comprometterebbe in
alcun modo la posizione di Sailune…” La mia mano esitò solo per un istante.
Afferrai i miei capelli, che ricadevano arruffati alle mie spalle, e li
tagliai, di netto. “…perché in questo modo e con gli abiti giusti io non sarò
un messo di Sailune, ma solo un giovane mendicante in cerca di riparo dai
combattimenti.” Sollevai l’ampia ciocca, e la lasciai cadere di fronte a me.
Fu il silenzio, nuovamente. Cercai di non osservare i miei
capelli, il mio orgoglio, che si posavano lentamente al suolo. Quelli sarebbero
ricresciuti. E come avevo immaginato il mio gesto aveva risvegliato
l’attenzione, e forse sollevato qualche simpatia nei miei confronti…
Philionel, tuttavia, non mi pareva ancora del tutto
convinto. “Sei certa di quello che fai?” Il suo tono di voce si abbassò, fini
ad essere udibile solo a me e ai pochi che mi circondavano. “Lina… conosco
l’affetto che provi per mia figlia… ma questo è davvero pericoloso… senza
contare che dovrei trovare il modo di temporeggiare per il periodo in cui tu
sarai lontana da Sailune…”
“Ti chiedo solo due settimane, Phil… poi, che io sia tornata
o meno, agirai come preferisci… allontanatami di qui troverò un cavallo, per
muovermi più velocemente… prolunga le trattative, ma non giungere a decisioni
definitive… solo questo voglio… non solo per Amelia, ma anche per Sailune… per
dare una possibilità a questo regno di mantenere la propria autonomia…”
Phil, per qualche infinito istante, rimase in silenzio.
Quindi, mi rivolse un sorriso. Stanco, rassegnato, ma pur sempre un sorriso…
“Credo che alla tua paga si aggiungerà un enorme banchetto, quando tutto questo
sarà finito, Lina…” Il sovrano tornò ad alzare la voce. “La proposta di Lina
Inverse mi sembra sensata. In altre occasioni il suo aiuto è stato determinante
per la sorte di questo regno. Io dico, diamole una possibilità!”
Diverse grida di approvazione si levarono nella sala, mentre
il mio cuore si faceva più leggero, e le mie gambe più molli.
Era fatta. Ma il difficile mi aspettava ora.
“Io andrò con lei.” Gourry si rivolse a Phil. “In due sarà
più sicuro. Con le mie normali vesti da viaggio, nessuno mi riconoscerà.” Gli
lanciai un’occhiata di ringraziamento. Se Gourry fosse stato con me, ogni cosa
sarebbe stata meno difficile…
Zelgadiss, alle mie spalle, tacque. Da parte mia, tuttavia,
non feci nulla per coinvolgerlo. C’era bisogno di qualcuno a difesa di Amelia,
lì, a palazzo. Sapevo che era lì che la chimera voleva rimanere, e anch’io
sarei stata infinitamente più tranquilla se fossi partita sapendo che qualcuno
di fidato era rimasto a monitorare la situazione insieme alla mia amica…
Phil approvò, con un cenno del capo. “Avreste anche bisogno
di qualcuno che conosca bene il territorio fuori da Sailune, però… qualcuno che
possa accompagnarvi nel modo più sicuro possibile lontano dalle truppe nemiche…
potrà seguirvi, poi, o, se ritenete che tre persone darebbero troppo
nell’occhio, trovare rifugio da qualche parte fuori dal palazzo nell’attesa del
vostro ritorno, senza arrischiarsi a rientrare… tuttavia, non saprei chi…”
“Mi offro volontario.” Con mia sorpresa, mi resi conto che
era la voce di Ainos a risuonare, poco lontano da noi. Era stato talmente
silenzioso che non mi ero nemmeno resa conto della sua presenza nella sala,
fino a quel momento… “Sono uno sciamano, e i boschi attorno alla città hanno
per me pochi segreti… e potrei esservi utile per trovare una pista veloce per
raggiungere le vostre destinazioni…”
Mi accigliai. Non mi fidavo completamente di
quell’individuo… d’altra parte però… forse era meglio saperlo sotto controllo
con noi che racchiuso fra le mura del palazzo sotto assedio…
Phil non parve avere dubbi. “Mi pare la soluzione migliore.
Mi dispiace perdere anche uno sciamano oltre ad un’esperta di Magia Nera, ma
del resto la situazione lo richiede… e a corte rimarrà comunque Zelgadiss…”
Già… forse anche Phil trovava più sicuro continuare ad avere la chimera al suo
fianco dopo la nostra partenza… non potevamo dimenticare che nel palazzo si
nascondeva un possibile traditore…
Phil si rivolse a noi. “Partirete domani. So che sei
convalescente, Lina, ma non ci possiamo permettere di rimandare oltre. Andate a
riposare, dovrete essere vigili e in forze.” Il principe si volse al Concilio.
“Per oggi, è tutto. Ci aggiorneremo domani per discutere i termini della
missiva da inviare ad Oberon.”
La sala si vuotò in fretta, mentre tutti, stremati dalla
lunga giornata di combattimenti, si dirigevano verso i loro alloggi, per la
notte. Philionel ci salutò brevemente, e si allontanò con una serie di carte sotto
al braccio, accompagnato da fratello e fratellastro. Indubbiamente, a discutere
degli obiettivi da affidarci per la missione… avevo l’impressione che per il
principe la nottata sarebbe stata ancora molto, molto lunga…
Improvvisamente, le ginocchia mi cedettero, e fui costretta
ad aggrapparmi al tavolo, la mano sinistra alla fronte, per non crollare al
suolo.
“Lina!”
“Sto… sto bene…” Accettai l’aiuto di Gourry, giunto
nuovamente a sorreggermi. “…è solo la tensione…”
Il mio amico mi sfiorò la fronte con la guancia. “Credo tu
abbia di nuovo qualche linea di febbre. Per stasera ti sei stancata a
sufficienza, orati riporto a
riposare…”
Non volevo tornare in quel giaciglio che sapeva di malato,
volevo solo dormire per una notte in un vero letto… ma per una volta non
replicai… per troppi motivi quella sera non avevo la forza di discutere con
lui…
“Credo che andrò a dormire anch’io, ora…” Zelgadiss, rimasto
al nostro fianco. Anche il suo sguardo era stanco, quasi quanto quello di
Philionel… ci guardò per un momento, serio… “…siate… siate prudenti…” Disse,
semplicemente, in un tono caldo che raramente ci aveva rivolto.
Non potei impedirmi di sorridergli. “Tieni a bada la
situazione a corte Zel. Vedi di farlo, o non te lo perdonerò mai. E se morirò
tornerò a tormentarti.”
Anche la chimera sorrise. “Ipotesi terrificante. Farò del
mio meglio per impedirlo.” Batté lievemente la mano sulla spalla di Gourry.
“Abbi cura di lei. E di chi avrà la sfortuna di avere a che fare con lei. Anche
se dubito che serva raccomandartelo.”
Lo spadaccino rispose semplicemente con un lieve sorriso. “E
tu vedi di essere realmente d’aiuto ad Amelia, Zel…” Raccomandazione
particolarmente ACUTA, trattandosi di Gourry…
“Ho altra scelta se non fare del mio meglio…? Siamo tutti
coinvolti nostro malgrado, e la salvezza di Sailune sarà anche la nostra…” Si
strinse nelle spalle. “Voi, piuttosto, vedete di non battervela appena usciti
di qui…”
Gli mostrai la lingua. “Non me ne vado senza aver ottenuto
nulla dopo tutta questa fatica. Ho la mia immagine da difendere, io…”
Zel ci rivolse il primo sogghigno della serata. “Già,
suppongo di sì…” Scosse lievemente la testa. “Ad ogni modo… buona notte,
ragazzi…” Ci salutò con un breve cenno, prima di avviarsi fuori dalla stanza…
Sospirai. “Meglio andare a dormire anche noi. Domani ci
aspetta una giornata decisamente PESANTE…”
Gourry mi offrì di nuovo il braccio, e lo afferrai,
avviandomi al suo fianco soprappensiero. Ma battei le palpebre, improvvisamente
interdetta, quando la mia mente registrò i particolari del paesaggio che mi
circondava… “Eh… ehi, Gourry… dove stiamo andando…? L’infermeria è dalla parte
opposta…”
“Lo so.” Replicò semplicemente lo spadaccino. “Stiamo
andando nella tua camera. Un’altra notte in quell’ambiente pestilenziale non ti
porterà certo più giovamento di una passata nel tuo letto.”
I miei piedi si bloccarono, automaticamente. Lo spadaccino,
colto di sorpresa, quasi inciampò sui suoi stessi passi. “Lina, che ti prende?”
Si voltò a fissarmi, perplesso.
Lo guardai semplicemente per un momento, incapace di
formulare una risposta coerente. Quindi, sospirai. “Sei… sei così
dannatamente…” Mi portai una mano alla tempia. “Così dannatamente… Gourry…”
“Eh… ehi… che intendi dire…?”
‘Che riesci ad indovinare quello che penso senza che io abbia
nemmeno bisogno di comunicartelo…’ Sospirai, invece. “Mi spiace, Gourry…”
Lo spadaccino batté le palpebre. “E di che?”
“Di essere stata brusca, prima. Non… potevo sapere…” Quella
frase non uscì nel tono che avrei desiderato, e venne pronunciata con gli occhi
fissi al suolo. Mi morsi la lingua, per questo… ma temevo che il mio carattere
non avrebbe potuto permettermi di fare di meglio…
Ci fu un momento di silenzio. “Oh… uhm…” Mi fissò serio, per
un istante. “Non ricordo di che cosa stai parlando.”
Praticamente gli caracollai addosso. “Per gli dei, Gourry!”
“Stavo scherzando, stavo scherzando, non dovresti prendermi
sul serio tutte le volte, sai?”
“Vorrei tanto sapere come potrei fare a DISTINGUERE!” Il
tono della mia voce tornò ad alzarsi. “E IO non stavo affatto scherzando!”
La sua mano raggiunse la mia nuca e la accarezzò… “Lo so…”
Sorrise. “…mi spiace di aver reagito male… tutta questa faccenda ha riportato
dei brutti ricordi a galla, tutto qui…”
Sospirai, esasperata dalla calma del suo tono di voce… “Io…
io lo so… questo l’ho capito, ma…” ‘…vorrei poter fare qualcosa…’
“Sono cambiate molte cose per me da quando ti ho incontrata,
Lina… e il passato è passato. Come tu ripeti sempre, piangersi addosso non
porta a nulla.” Si strinse nelle spalle. “E poi, sai una cosa? Tu fai già la
cosa migliore che potresti fare, per farmi stare bene… stare con me, ed essere
chi sei. E’ sempre stato così. Ma questo lo abbiamo capito perfettamente
entrambi, non è vero?” Il tono della sua voce era tranquillo, come stesse esprimendo
ovvietà. E in effetti era quello che stava facendo. Non c’erano particolari
scopi, obiettivi superiori, alla base del nostro continuare a viaggiare fianco
a fianco. Semplicemente, ci rendeva felici farlo. Stare insieme, per il piacere
di entrambi. Quello era sempre stato il nostro rapporto.
Improvvisamente, la tensione e la paura di quei giorni di
lotta sembrarono scivolare via dal mio corpo, lasciandomi svuotata. Sospirando,
mi aggrappai alla sua tunica…
“Lina…?”
“Ho paura, Gourry…” Non era un’ammissione semplice, non per
me… ma era il dare voce ad un presentimento che aleggiava su di me sin dal
momento in cui l’assedio era cominciato… se avevo capito qualcosa da quella
esperienza, era che la sensazione di non essere padroni di una situazione in cui
si era coinvolti era una delle peggiori, delle più IRRITANTI, che si potessero
provare. Ero fatta per dipendere dalla MIA iniziativa, non da quella di un
sovrano, di una comandante nemico, o peggio di una sorte capricciosa. Ma se
delle prime due potevo in parte liberarmi proponendomi per quella missione…
quanto era possibile invece sfuggire all’ultima?
“Ho paura anch’io…” Sussurrò Gourry, dopo un momento di
silenzio, fra i miei capelli. Le sue braccia mi cinsero, ma non mi ritrassi. In
quel momento, non mi importava che qualcuno ci vedesse. “… ma ho fiducia in te,
Lina… so che hai abbastanza cervello ed iniziativa per cavartela anche se le
cose non andassero per il verso giusto… ed in ogni caso io sarò sempre con te.”
Non risposi nulla, rimasi semplicemente immobile,
improvvisamente grata della sua presenza costante al mio fianco.
E per qualche motivo, quella notte, mi addormentai col cuore
più leggero.
Pochi assistettero a quella silenziosa sortita. Le lanterne
nel castello erano ancora accese quando scivolammo fuori dalle nostre stanze,
le borse riempite di pochi oggetti indispensabili e di una quantità di denaro
sufficientemente generosa… Phil si era voluto assicurare che potessimo
permetterci buoni cavalli, e l’acquisto di cibo sufficiente a sostenerci per
tutto viaggio, una volta allontanatici dalla capitale. Era troppo rischioso
partire eccessivamente equipaggiati, nel caso qualcuno ci avesse fermati e
avesse voluto ispezionare le nostre borse. In fondo, non dovevamo apparire che
come viandanti affamati dalla guerra, come sarebbe stato chiunque si fosse
trovato nei pressi di Sailune in quella situazione. Le monete ingrossavano una
delle tasche interne della malridotta tunica da viaggio del mio compagno, le
missive che avremmo dovuto far pervenire a sovrani di vari regni circostanti,
recanti il sigillo di Sailune, erano cucite all’interno dei miei stivali, capi
che dubitavo qualcuno avrebbe mai potuto avere interesse a rubarmi. Il piano
era raggiungere Raizerl, farci aggiornare sulla situazione, chiedere al sovrano
di incaricarsi della spedizione delle nostre richieste di alleanza, portandogli
allo stesso tempo una formale richiesta di aiuto. Phil si aspettava che
venissimo accolti con benevolenza, da secoli i due regni erano legati da
amicizia ed allenza…
‘Detta così sembra fin troppo semplice…’
Dato che non c’era possibilità di usare il Vision Spell,
avevo stregato uno dei miei oggetti e creato una sfera riflettente ad esso
collegata attraverso la Magia Nera, prima di partire. Se la nostra missione
avesse avuto gli esiti che ci aspettavamo, mi sarebbe bastato lanciare un
semplice Lighting sull’oggetto magico, affinché la sfera si illuminasse, come
segnale di buona riuscita per il sovrano di Sailune. Phil avrebbe poi avuto
modo di agire di conseguenza… così come se entro due settimane quel segnale non
fosse arrivato…
‘Ma questo non accadrà.’
“Partendo ora dovreste raggiungere l’uscita del passaggio
nel momento in cui i nostri nemici saranno impegnati nei preparativi della
battaglia, al sorgere del sole. Dovreste sbucare poco fuori dalle linee
nemiche, possiamo sperare che nessuno vi noti. Ma dovrete essere veloci. Nessun
riposo, fino a che non sarete lontani dalla città. Dovete mettere almeno mezza
giornata di viaggio fra voi e il grosso delle forze nemiche prima di
rallentare, e di cercare delle cavalcature. Sono giorni piovosi, questi di
inizio autunno, e questo può andare a vostro vantaggio… meno tracce lascerete
meglio sarà…”
Ascoltai in silenzio le raccomandazioni di Phil,
stringendomi nel mantello. Eravamo a diversi metri di profondità nel
sottosuolo, in una delle armerie, ma la sala era piena di correnti d’aria, e il
breve tragitto nel cortile semi deserto del castello esposto all’aria fredda
dell’alba aveva contribuito a gelare il mio corpo fino alle ossa.
“Tenete bene nascoste le armi e non combattete a meno di non
essere costretti.” Già, le armi… lanciai un occhiata al mantello di Gourry,
dove era nascosta una spada lunga, invece della solita a due mani, impossibile
da celare… anche la manica della mia tunica nascondeva un pugnale… e i nostri
bastoni da viaggio celavano lame, sotto una falsa estremità in legno… ma
speravo sinceramente che nulla di tutto questo ci sarebbe tornato utile nel
nostro viaggio…
Phil trasse un lungo sospiro. “A questo punto… non posso che
augurarvi buona fortuna, ragazzi.”
Forzai un lieve sorriso. “Non fate quelle facce. Presto
torneremo alla guida di un esercito di alleati.”
Amelia si fece avanti. Solo lei e Zel accompagnavano
Philionel nel nostro congedo, persino i fratelli del principe erano stati
tenuti all’oscuro circa i luoghi di ingresso ai passaggi. ‘Unicamente il re e i
suoi diretti eredi’. Phil era stato perentorio. Sinceramente, in quel momento
non riuscivo a rallegrarmi di essere una eccezione…
La principessa mi abbracciò. Le labbra le tremolavano, e mi
resi conto che stava facendo del suo meglio per non versare lacrime. “Lina…” Mi
sussurrò. “Sei ancora in tempo… E’… è pericoloso…”
Mi accigliai. “Non più che restare qui.” La allontanai,
gentilmente. “Sii forte, Amelia.”
Anche Gourry la abbracciò e mi imitò nello stringere la mano
a Zelgadiss. Quando i saluti furono terminati, gli lanciai solo una breve
occhiata. “Credo sia meglio andare, ora.”
Lo spadaccino annuì, ed io lasciai che Ainos, inespressivo
come sempre, ci precedesse nel cunicolo che si apriva all’interno di una delle
spesse pareti della sala, munito di torcia. Il passaggio era tanto stretto che
Gourry faticava a passarci, ed era costretto a camminare semi inclinato verso
la parete… dopo un piccolo tratto, prendeva a scendere piuttosto ripidamente,
seguendo gradini scavati prima nella terra battuta, poi nella roccia.
“Credo che il tunnel si allarghi, più in basso. Ma
potrebbero esserci ostacoli sul terreno o parti franate, quindi state attenti a
dove mettete i piedi…” Sussultai quasi, al suono della voce dello sciamano…
“Se è così speriamo che il passaggio non sia ostruito, o
dovremmo tornare indietro… sarebbe una perdita di tempo che non possiamo
permetterci…”
Ainos, di fronte a me, si strinse nelle spalle. “Non credo
succederà. Penso che gli eredi del costruttore sottopongano questi cunicoli ad
una qualche regolare manutenzione, registrando quelli ancora agibili e
sistemando alla meglio quelli recuperabili…”
Mi accigliai. “Quindi in realtà C’È qualcun altro che
conosce la loro collocazione…”
“Mmm…” Questa volta fu Gourry ad intervenire… “… mi sembra
che mio padre me ne avesse parlato… i sovrani di Sailune strinsero una specie
di patto tacito con la famiglia dei costruttori, elevandoli di grado e
ponendoli al servizio perenne della loro famiglia, in cambio del silenzio
riguardo ai segreti della fortezza…” Il mio amico fece una pausa. “O forse
erano i sovrani di Raizerl…”
Sbuffai, ma non replicai. L’ultima cosa di cui avevo voglia
era mettermi a urlargli contro a metri e metri di profondità nel sottosuolo,
con un soffitto che poteva crollarmi sulla testa…
“Una possibile alternativa alla scomoda ma efficace opzione
dell’eliminazione del costruttore e di tutti i suoi collaboratori… ad ogni
modo, per chi di loro, in passato, ha avuto la lingua troppo lingua, trovarsela
mozzata è stata una delle più piacevoli fra le conseguenze…” Ainos terminò la
discussione, secco.
Mi accigliai. Il nostro accompagnatore mi pareva molto ben
informato per essere un giovincello appena accolto nella cerchia dei maghi al
servizio della corte…
“Fate attenzione. Il passaggio si restringe di nuovo.”
Il mio compagno, alle mie spalle, soffocò un gemito di
frustrazione, e si aggrappò al mio mantello per evitare che buio e insidie del
percorso ci portassero a separarci inavvertitamente. Da parte mia, fissai lo
sguardo sulla debole luce della torcia, che mi precedeva di pochi passi, pregando
che non incappassimo in ostacoli o diramazioni…
Ad un certo punto, il passaggio si restrinse al punto che
persino io mi trovavo schiacciata fra le due pareti… lanciai uno sguardo a
Gourry, che stava letteralmente trattenendo il respiro per proseguire… e
fortunatamente non aveva armatura addosso…
Imprecai, fra me e me. “Ainos… vedi un’apertura più avanti?
Così non possiamo proseguire per molto…”
Il mago, a giudicare dal suo tono di voce, si trovava
perfettamente a proprio agio… “Sì, fra poco. Una decina di metri, e
raggiungeremo una sala…”
E la ‘sala’, se così si poteva chiamarla, effettivamente
c’era… un piccolo antro scavato nella roccia, da cui si diramava una serie di
gallerie.
“Al diavolo.” Sbuffai. “E adesso, da che parte andiamo?”
“Il principe mi ha parlato di questo bivio. L’imboccatura
all’estrema sinistra, ha detto. Le altre vie portano tutte a perdersi nel
sottosuolo…” Una fine orribile, indubbiamente… speravo sinceramente che il
nostro accompagnatore avesse ascoltato con attenzione le istruzioni che gli
erano state impartite…
Segnai brevemente con la magia l’imboccatura della galleria
da cui eravamo venuti, nient’altro che un piccolo disegno che sarebbe scomparso
nel giro di qualche ora… quindi, mi avvicinai al tunnel che il mago mi aveva
indicato… per trovare una brutta sorpresa.
“Al diavolo!”
Parte dell’imboccatura della galleria era crollata. Se prima
il passaggio era piuttosto largo, ora rocce ai lati lo ostruivano, rendendolo
accessibile solo da una sottile apertura a lato, in cui, calcolai, forse Ainos
ed io saremmo riusciti a strisciare… ma non c’era modo per Gourry di farcela…
Mi morsi il labbro. “Manutenzione, eh?”
Lo sciamano si strinse nelle spalle. “Dev’essere un crollo
recente. Qui siamo proprio sotto il campo di battaglia… può darsi che sia stata
l’esplosione di un tuo incantesimo…” Mi lanciò un’occhiata, ed ebbi
l’impressione di cogliere un lampo di malizia nel suo sguardo.
Che fosse immaginazione o meno, la cosa riuscì ad irritarmi.
“Grandioso, ora che ho dato una spiegazione alla cosa mi sento molto meglio…”
Ironizzai. “Ma come facciamo a passare? Quelle pietre sono troppo pesanti per
essere spostate a mano, e se uso la magia l’onda d’urto rischia di fare
crollare tutto…”
Ainos, se era toccato dalla cosa, riuscì perfettamente a mascherarlo.
“E’ rischioso, ma io posso passare. E anche tu. Lo spadaccino dovrà tornare
indietro.”
“Io penso proprio di no.” Fu la voce di Gourry a risuonare,
perentoria. Lanciò ad Ainos un’occhiata che a molti avrebbe fatto gelare il
sangue nelle vene. “Siamo partiti insieme ed insieme andremo avanti. Non ci
sarai molto utile se penserai sempre di evitare le difficoltà a questo modo…”
Avevo l’impressione che la proposta dello sciamano non avesse ben disposto
Gourry nei suoi confronti… evidentemente, non ero l’unica a non fidarsi…
Ainos non si lasciò scomporre. “Il mio era solo un
suggerimento. D’altra parte le soluzioni non sono molte. A meno che tu non
ritenga più produttivo perderti nel sottosuolo tentando un’altra via, o
sprecare una giornata tornando tutti indietro…”
“Non dovremo tornare indietro.” Tranquillamente, Gourry
estrasse la spada. Ponderò per un momento la posizione delle rocce di fronte a
sé, misurando l’aria con la lama…
Ainos si accigliò. “Non so cosa tu abbia intenzione di fare,
ma se pensi di aprirti un varco con la spada vedi di ripensarci in fretta. Non
ho la minima intenzione di rimanere sepolto qua sotto perché hai
inavvertitamente provocato un crollo…” Lo sciamano fissò Gourry in attesa di
risposta ma, da parte sua, lo spadaccino continuò a concentrarsi sulla parete
senza degnarlo di un’occhiata. Il mago emise un sospiro esasperato. “Inverse,
spiegagli tu che…”
“Vedi di cucirti la bocca, Ainos.” Fu la mia, secca,
replica. La spada di Gourry non ci avrebbe messo in pericolo.
Avevo (come –modestamente- spesso accade) ragione. Il
movimento della lama fu pulito, rapido. Andò a scalfire il muro di rocce
crollate proprio sotto una pietra in bilico. L’improvvisa mancanza di supporto
trascinò la roccia verso il suolo, e con lei quelle che di essa avevano fatto
la propria base. In breve, un fitto polverone si sollevò, mentre rocce
crollavano, accatastandosi le une sulle altre. Il risultato che apparve ai
nostri occhi quando la polvere si diradò, era che lo stretto passaggio
all’altezza del suolo era definitivamente chiuso, ma sulla cima del cumulo di
rocce c’era ora un’apertura sufficientemente larga anche per lo spadaccino.
Sulle mie labbra si disegnò un sorriso. “Ottimo lavoro,
Gourry.” Lo apostrofai, semplicemente, in tono allegro, dandogli una lieve
pacca sulla spalla. “Ora, direi che non è il caso di perdere altro tempo.” Gli
offrii il braccio, e recitai brevemente la formula per la levitazione. L’aria
ci sollevò magicamente fino all’apertura, e constatai con sollievo che al di là
il passaggio sembrava sostanzialmente sgombro… atterrai dolcemente al suolo, e
lanciai un Lighting, per essere certa che nulla e nessuno si annidasse fra le
strette ombre del corridoio. Anche la torcia ci raggiunse presto, comunque,
accompagnata dallo sciamano che la reggeva. Lo squadrai per un momento in
volto. Mi ero aspettata di vederlo seccato, quanto meno colpito nell’orgoglio…
ma la sua espressione non lasciava trasparire nulla di tutto questo… piuttosto,
il suo sguardo, fisso sul mio amico, pareva… soddisfatto…
Mi accigliai. E a quel punto Ainos dovette accorgersi del
mio sguardo, perché mi lanciò una breve occhiata, ed i suoi occhi tornarono ad
essere inespressivi. “Bene. Niente altri ostacoli.” Si limitò a commentare,
prima di precederci, nuovamente…
Continuammo a camminare al suo seguito, in silenzio, per il
resto del cunicolo… il terreno si fece progressivamente più agevole, e
nonostante le infinite gradinate e la presenza di qualche ulteriore bivio sul
nostro cammino, riuscimmo a raggiungere l’uscita senza incontrare troppi
problemi…
Quando sbucammo all’esterno, da una piccola grotta nascosta
dalle rocce sulle montagne circostanti Sailune, il sole era ormai alto… il
cielo era sereno, nonostante la temperatura avesse già cominciato ad abbassarsi
rispetto ai picchi che ci avevano accolti quando eravamo giunti in quelle
stesse zone, circa un mese prima… un mese, solo un mese… e mi parevano
trascorsi secoli…
Sospirai. “Questo bel cielo terso non ci aiuterà a
nasconderci…”
“Nasconderci? E perché dovremmo?” Lo sciamano sollevò il
cappuccio del suo mantello, nascondendosi fra le sue ombre… “Noi siamo solo tre
poveri viandanti, ricordi?”
Sbuffai, ma tacqui. Mi scompigliai i capelli alla meglio, e
mi sistemai le vesti. La fascia per mascherare il seno, che Phil per prudenza
aveva voluto farmi indossare –e NON ripeterò i commenti di Gourry a riguardo-
stringeva in modo piuttosto doloroso, ma supponevo di poter sopportare.
Sospirai. “E da ora, non ci si ferma finché Sailune non sarà lontana.”
Fu una marcia silenziosa. Fortunatamente, dovevamo essere
usciti al di là delle retroguardie nemiche, perché muovendoci fra alberi e
rocce non incontrammo anima viva. Per tutto il percorso mantenni lo sguardo
fisso sulla schiena del nostro accompagnatore, non perdendolo d’occhio per un
istante. Una nostra distrazione era una sua occasione per fuggire, e una sua
fuga era la nostra morte, se era un traditore. Non mi sarei permessa errori.
Solo verso
mezzogiorno ci azzardammo a rallentare la nostra andatura sostenuta. Il terreno
era accidentato, le gambe cominciavano a dolerci, e il fiato a farsi corto a
causa dell’alta quota…
Consumammo un breve pasto fatto di carne secca e pane, il
poco che ci eravamo portati, senza smettere di camminare. E nel primo
pomeriggio imboccammo un percorso in dolce discesa.
“Superate le montagne saremo fuori dall’area della
capitale…” Spiegò lo sciamano, in tono freddo, stringendosi nel mantello. “Ci
troveremo di fronte ad un tratto in pianura, e saremo costretti a passare
vicino o ad attraversare anche dei centri abitati, a meno di non voler
allungare di giornate e giornate il tragitto…”
“Basterà non fermarsi ed essere prudenti.” Minimizzai.
“Dormiremo all’addiaccio, o se sarà necessario non lo faremo affatto… e spero
sinceramente che Phil si ricordi di questo, quando verrà il momento di
pagarci…” Bofonchiai, a conclusione…
“Stasera sarà bene procurarci anche quei cavalli…”
Puntualizzò lo spadaccino. “…oppure, anche mantenendo un ritmo del genere, non
faremo molta strada…”
Annuii. “Pienamente d’accordo. Anche se sarà meglio cercarli
in una fattoria isolata piuttosto che in una città… Non sappiamo se truppe del
nostro nemico sono sparse a presidio della regione o se sono tutte concentrate
nell’assedio… meglio non destare troppa curiosità…”
In realtà, il rischio di catturare l’attenzione si presentò
sempre come remoto… nella marcia incontrammo alcuni rifugi sulla montagna, e
baite, e fattorie, ma nessun cane ci venne incontro abbaiando, nessun fattore
impegnato nel bruciare le fascine ci intimò di allontanarci dal suo territorio.
Quel luogo, semplicemente, sembrava abbandonato dagli uomini e dagli dei.
Sembrava abbandonato dalla vita…
“Saranno… tutti fuggiti…?” Lo spadaccino, chiese, perplesso,
all’ennesima fattoria deserta…
“Questo mi sembra evidente… ma da che cosa?” Non
c’erano segni di razzia, non le tracce di distruzione che un esercito,
passando, avrebbe lasciato alle proprie spalle… e d’altra parte, quella zona
impervia era lontana dal percorso di marcia dei soldati… ma quella gente aveva
avuto comunque paura… e non ero certa di voler conoscere il perché…
“Andiamo… andiamo via di qui…” Mi strinsi nel mantello.
“…sarà meglio raggiungere presto la pianura…”
Proseguimmo il più silenziosamente possibile nel percorso
che conduceva alla base della montagna. Quando alberi e boscaglia cominciarono
ad diradarsi davanti a noi, aprendosi nella forma di una vallata, era ormai
tardo pomeriggio. Il cielo, che fino ad allora ci era rimasto celato, nascosto
dietro rami e foglie, aveva assunto un colorito azzurro cupo… il sole si
apprestava ad abbandonarsi alla sua discesa verso occidente, resistendo
aggrappato in cima all’arco del cielo e regalandoci un ultimo assaggio del
calore dei suoi raggi…
“Sarà una notte fredda…” Commentai, accigliata…
Ainos mi scoccò un’occhiata indecifrabile. “Potrebbe essere
l’ultimo dei nostri problemi…” Si limitò a replicare, laconico…
Non feci in tempo a chiedergli chiarimenti… lo spadaccino al
mio fianco si aggrappò al mio mantello, strattonandolo lievemente. Il suo
sguardo era rivolto verso la pianura. “Lina, guarda un po’ laggiù…”
Seguii il suo sguardo, ma tutto quello che scorsi furono
vallate e basse colline, e case raccolte in un centro abitato ad un paio di
chilometri di distanza… “Cosa…?” Domandai, perplessa.
“Da quel villaggio… c’è del fumo che sale…”
Mi accigliai, mentre un groppo mi si stringeva allo stomaco,
e i miei sensi si mettevano in allarme. ‘Dei falò… fuochi per una festa… fa che
sia solo questo…’ “Da qui non riesco a vedere… forse è meglio andare a dare
un’occhiata da vicino…”
Ainos si accigliò. “Forse invece sarebbe meglio farne a
meno.”
Gli rivolsi un’occhiata cupa. “E’ sulla strada, no?”
“Potrebbe essere fonte di guai. Vale la pena di cambiare
strada, se possiamo evitarli.”
“No, che non vale la pena. Non possiamo perdere tempo…” ‘E
voglio capire che cosa è successo a quella gente…’
“Qualcosa di peggio che un po’ di fumo accadrà al regno di
Sailune se non portiamo a termine il nostro compito. E’ QUELLA la nostra
priorità, ora…”
Mi morsi il labbro. Detestavo ammetterlo, ma aveva ragione.
D’altra parte… andava contro la mia natura non andare a ficcare il naso… “Ci
passeremo vicino.” Conclusi. “E al minimo segno di pericolo lo eviteremo. Siamo
pur sempre mascherati… e in ogni caso, sappiamo difenderci.”
Ainos sbuffò, ma il suo unico commento fu un freddo “Come
preferite…”
Lanciai un’occhiata a Gourry, che si limitò ad annuire. “In
ogni caso, è meno pericoloso andare laggiù che cercare di farti cambiare idea…”
Nella mia magnanimità mi limitai a compensare quel commento
con un calcio in uno stinco…
Ci mettemmo in marcia, ancora una volta in silenzio… presto,
il fumo divenne visibile anche ai miei occhi, e mi resi immediatamente conto
che no, di una festa davvero non si trattava… erano solo rivoli sparsi, quelli
che si intravedevano, non segni di un incendio recente, ma alla luce del sole
calante la piccola cittadina aveva un aspetto spettrale… Il villaggio era privo
di mura un pietra, unicamente terrapieni e difese in terra battuta la
circondavano, all’apparenza un tentativo estremo di difesa contro un assalto
quasi inaspettato… al di là di esse, i muri erano anneriti, le porte e le
finestre divelte… nella strada principale, via d’accesso al centro abitato, non
si vedeva anima viva…
‘Non ci sono nemmeno cadaveri…’ Notai. ‘Forse è stata solo
una razzia, e gli abitanti sono riusciti a sfuggire al massacro…’
“Sembra che non ci sia nessuno…” Gourry allontanò col piede
un pezzo di legno carbonizzato, che avrebbe potuto essere il resto di un carro…
“Credo che a questo punto non cambi nulla entrare a dare un’occhiata…”
Anche Ainos fu d’accordo. “Potremmo avere anche la fortuna
di trovare qualcosa di buono… cavalli fuggiti alla cattura, oggetti utili per
il nostro viaggio…”
Tacqui, ma avevo l’impressione che il nostro accompagnatore
fosse un po’ troppo ottimista a quel riguardo… chiunque avesse attaccato quel
villaggio si era permesso di trascurare ben poco… non una casa non aveva subito
danni, e molti edifici della zona centrale erano stati praticamente demoliti.
C’erano segni di lotta, ma non di coloro da cui quel combattimento era stato
condotto… non capivo…
“Saranno stati tutti presi prigionieri…?” Gourry diede voce
ai miei pensieri… “Sembra che siano passati qui da non molti giorni, e di
sicuro c’è stato un combattimento… che fine ha fatto la gente…?”
“Queste secondo me erano truppe che marciavano verso
Sailune… non avrebbe senso il contrario…” Mi accigliai. “Che cosa potrebbero
farsene di prigionieri catturati in un piccolo villaggio di collina? Non
possono certo servirsene come ostaggi da scambiare con una proposta di resa…”
Gourry mi lanciò un’occhiata ansiosa. “Truppe che marciavano
verso Sailune? Altre? Questo significa che quell’uomo sta radunando rinforzi?”
Annuii, cupa. “Questo non doveva essere un grosso
contingente. Forse, una retroguardia lasciata sul confine, e richiamata a
sostenere la lotta… o uomini venuti dal regno di Oberon, scelti fra quelli
lasciati a presidiarlo mentre lui era lontano… e se così fosse, potrebbe essere
anche un buon segno…” Lo fissai. “… forse Oberon sa di non poter concludere
l’assedio a suo favore col numero di truppe che attualmente possiede, ed è
costretto addirittura a lasciare scoperti i suoi possedimenti, per non
soccombere… D’altra parte…” Mi morsi il labbro.”… il discorso muterebbe
totalmente se si trattasse di truppe provenienti non da oltre la barriera, ma
da regni di questo continente… perché in quest’ultima ipotesi…” Non proseguii…
“Un motivo in più per muoverci ad arrivare a Raizerl, e procurarci prima di lui
quanti più alleati sarà in nostro potere.” Conclusi, secca. Non avremmo trovato
nulla, lì. E non avremmo trovato nulla in qualsiasi altro villaggio avessimo
incontrato sulla strada, compresi. Quanto meno non sulla linea di marcia del
nemico… mi chiedevo come avrebbe reagito Phil, se si fosse trovato con noi in
quel momento…
“Quella dev’essere la casa del capo villaggio…” Gourry
occhieggiò una piccola villa, ancora quasi completamente in piedi, e di
dimensioni superiori alle case comuni che la circondavano… “Forse sono
conservati degli annali del villaggio, una cronaca, un diario… qualcosa che
possa farci capire che cosa è successo qui…”
“D’accordo.” Approvai. “Allora diamo un’occhiata lì dentro.
Ma poi andiamocene di qui.”
L’edificio era organizzato su due piani, l’interno
decisamente semplice, ma un tempo probabilmente dotato di una sua dignità. Ora,
tavolo e sedie non erano che un mucchio di assi al suolo, i mobili e gli
scaffali erano stati rovesciati e depredati di qualsiasi oggetto potessero un
tempo sorreggere. Non ci era stato nemmeno necessario aprire la porta. Il colpo
di quella che doveva essere stata un’ascia l’aveva prima spaccata in due, poi
divelta dai cardini. “Se anche c’era un diario qui dentro, temo che faticheremo
a trovarlo…”
“Forse nelle camere da letto…” Azzardò il mio amico. Scale
di legno introducevano ad uno stretto soppalco, dove tre porte chiuse, una con
una grossa spaccatura al centro, dovevano condurre all’area privata della casa…
l’abitazione si esauriva lì, fatta eccezione per la sala, piuttosto ampia, dove
ci trovavamo, e per due piccole porticine, anch’esse divelte, che conducevano
una alle cucine e l’altra ad un piccolo bagno interno… un vero lusso,
supponevo, che gli altri abitanti del villaggio difficilmente avrebbero potuto
permettersi…
“Mmm… dato che siamo qui vale la pena di dare un’occhiata.”
Annuii, e mi volsi verso il nostro accompagnatore, rimasto sotto lo stipite
della porta.
“Rimarrò qui a controllare che non arrivi nessuno.” Spiegò,
semplicemente.
Aggrottai le sopracciglia, ma non insistetti. C’era
effettivamente bisogno di qualcuno di guardia… ma mi ripromisi di non perderlo
d’occhio…
“Io penso alla libreria sul soppalco, tu dai un’occhiata
alle camere…” Apostrofai il mio amico. Mi dispiaceva fargli fare il grosso del
lavoro, ma volevo rimanere in vista della porta di ingresso…
Lo spadaccino non si oppose, comunque, semplicemente si
limitò ad annuire… si avvicinò alla porta spaccata, aprendola con facilità e
scomparendo all’interno… da parte mia, mi accinsi a sfogliare, con poche
aspettative, i tomi impolverati accumulati sul piccolo mobile… ma fui
interrotta, ancora prima di cominciare, da una sorta di gemito proveniente
dalla stanza che il mio compagno aveva appena iniziato ad esplorare. Ed era
proprio a lui che la voce apparteneva.
Lasciai immediatamente cadere il libro che avevo afferrato,
e mi precipitai verso la porta. “Gourry! Che succede???”
Prima di poter mettere piede nella stanza, fui letteralmente
investita dallo spadaccino, che mi afferrò con un braccio per spingermi fuori,
e usò l’altro per premere il mio volto contro il suo petto, e oscurarmi la
vista. “Non… non guardare Lina… non guardare…”
Ma era troppo tardi. La curiosità mi aveva già spinta a
divincolarmi e a scostare la testa… per spostare lo sguardo su uno spettacolo
che davvero mi sarei volentieri risparmiata…
Al suolo, gli occhi sbarrati, agonizzanti, le membra inerti,
c’erano due corpi. Una donna e un bambino. O almeno, questo erano stati… perché
ora la carne dei loro corpi era stata completamente divorata, e quello che rimaneva
di loro erano praticamente solo i loro volti, ora una maschera di putrefazione.
Mi portai una mano alla bocca, assalita dalla nausea… quegli occhi… quegli
occhi… per quanto a lungo… per quanto a lungo quelle persone erano rimaste
VIVE?
Mi aggrappai alla tunica di Gourry con tanta forza che
temetti di strapparla. Il mio amico mi spinse fuori, con una gentilezza che in
quel momento tuttavia non riuscii ad apprezzare… quasi non mi resi conto che
anche Ainos ci aveva raggiunti…
“Ora capisco…” Lo sciamano commentò, imperturbato… “Sono i
non morti… sono loro ad essere passati di qui…”
“Capisci…? Capisci COSA???” Per quanto lui non c’entrasse
nulla, il mio tono suonava come un’accusa…
“Ricordate le informazioni che avete raccolto? I non morti
divorano le loro vittime… chi è solo ‘infettato’ lentamente si trasforma in uno
di loro… e chi muore dopo aver subito il loro morso rinasce come uno di loro…
ma queste persone erano poche ed i non morti troppi… e la fame di carne vivente
non cessa mai, in coloro che hanno sentito scivolare via da sé l’alito della
vita… li hanno dilaniati mentre erano ancora vivi, il loro sangue ancora caldo…
questi corpi non hanno la minima parvenza di struttura, non c’è più nulla che
possa decomporsi e tanto meno che possa rinascere, qui…” Entrò nella stanza,
afferrò una coperta di lino, e la depose sui due corpi…
“Ma… ma tutti gli altri abitanti del villaggio…?”
“Hai la fama di essere perspicace, Inverse… e allora
ragiona… quei non morti non vagano liberi, ma sotto un comandante che in qualche
assurdo modo ha trovato un sistema per dominarli… è plausibile che agiscano non
solo a seguito dell’istinto, ma in rapporto a degli ordini… e tu quale ordine
impartiresti se avessi in mano la chiave perfetta per crearti un fedele
esercito…?”
E allora capii. Capii tutto. Ecco perché non c’erano
cadaveri nelle strade. Trasformati, tutti trasformati in non morti. Quel
bastardo si stava creando un esercito raccogliendolo fra gli abitanti dei
villaggi di Sailune.
Le gambe mi tremarono, e fui costretta a lasciarmi
sorreggere dallo spadaccino. “Non è possibile…non questo…”
“Eccome se lo è.” Il tono di Ainos era irritantemente
indifferente. “Oh, non ovunque, è chiaro… non avrebbe senso crearsi un regno in
cui nessun suddito è vivo… solo nei villaggi sulla linea di marcia… il che
comporta comunque un consistente aumento delle truppe, con uomini in forze ed
in grado di combattere…” Lanciò uno sguardo ai due cadaveri, ora coperti alla
vista. “Tutti coloro che si trovavano in strada a difendere la città, insomma…
mentre i deboli, rintanati nelle case, potevano essere tranquillamente lasciati
in pasto ai non morti, a ricompensa del lavoro da loro svolto…”
Deglutii, incapace di rispondere in qualsiasi modo. Ero
atterrita, semplicemente atterrita. Sailune sarebbe stata attaccata dai sui
stessi abitanti… avrebbero ucciso uomini, trasformato altri in loro simili…
forse, proprio loro avrebbero infine abbattuto la resistenza della città. Forse
sarebbero stati loro a causare la caduta di Sailune.
‘No, questo non accadrà.’
Ma anche se lo avessimo impedito, nessuno avrebbe riportato
in vita quelle centinaia di persone barbaramente assassinate.
“Andiamo via di qui.” La voce di Gourry. Lo spadaccino
praticamente ci trascinò fuori, e né io né lo sciamano stranamente opponemmo
resistenza…
Non più una parola fu proferita fino a che non ci
accampammo. Era già buio da almeno un paio d’ore quando decidemmo finalmente di
fermarci. Il più lontano possibile da quel villaggio dal destino maledetto.
Deviammo dalla vallata e ci addentrammo per un po’ nella
boscaglia sul ciglio della montagna, fino ad una piccola radura… lì, avremmo
dovuto essere sufficientemente riparati da occhi indiscreti… Dopo qualche
discussione, decidemmo di accendere un piccolo fuoco. C’era sempre il rischio
di essere individuati, ma per lo meno avrebbe tenuto lontane le bestie
selvatiche… e anche qualsiasi altra cosa fosse annidata in quella foresta…
‘Chissà se anche gli abitanti di quel villaggio hanno
provato a servirsi del fuoco… Chissà se sono stati proprio loro a provocare
inavvertitamente quegli incendi…’
Mi abbandonai al suolo vicino alle fiamme, esausta. Non mi
ero resa conto di quanto fossi stanca mentre camminavo, ma in quel momento
avevo l’impressione che non sarei più stata in grado di sollevarmi da quella
dura terra… un mese era stato più che sufficiente a farmi perdere l’abitudine
di camminare per lunghi percorsi, e quel giorno non ci eravamo mai fermati,
nemmeno per un attimo. Sapevo già che il giorno successivo i miei muscoli
sarebbero stati completamente indolenziti… “Ci manca solo che mi vengano delle
vesciche e che si infettino… sarebbe un modo veramente stupido per terminare il
mio viaggio…” Bofonchiai, massaggiandomi i piedi.
Gourry si sedette accanto a me, rivolgendomi un mezzo
sorriso… “Oh, sono certo che sopravviverai…” Commentò, porgendomi un pezzo di
carne secca.
Gli feci la lingua, e mi concentrai sul misero cibo. “Questa
e un po’ di formaggio… non ci resta molto… speriamo di incontrare qualcuno,
domani…”
“Spera che quel qualcuno non ti consideri il SUO pasto…”
Ainos ricomparve dalla foresta, dove supponevo si fosse recato per le sue
funzioni corporali, reggendo un fazzoletto con delle bacche… “Ho trovato
queste. Dovrebbero essere energetiche.”
Lanciai un’occhiata sospettosa alle bacche, e minacciosa a
lui… non era la più felice delle battute, in quelle circostanze…
“Sarà meglio fare
dei turni di guardia.” Mi limitai comunque a commentare.
Gourry annuì. “Penso io al primo. Non ho ancora sonno.”
“Mmm.” Approvai. “Poi sveglierai me.” Non ero ancora certa
che fosse prudente coinvolgere Ainos nella cosa… “Faremo meglio a dormire, ora…
se non troveremo dei cavalli, anche domani ci aspetterà una giornataccia…”
Nessuno replicò, e presi la cosa come un assenso… cercai a
tentoni la mia borsa, srotolai il mio giaciglio, e mi ci avvolsi fino a sopra
il naso… la mia impressione era stata esatta. I boschi che ci ospitavano erano
avvolti dal gelo, quella notte.
Sognai. Mi trovavo all’interno di una colonna, in marcia.
Avevamo appena espugnato una città, e stavamo sfilando per le strade, attorno a
noi i volti dei nemici presi prigionieri, solo ombre avvolte dal fumo e dalla
polvere. Un frastuono assordante mi circondava, senza che potessi comprenderne
la natura. Ma non volevo capire. Camminavo e basta, frastornata, senza nemmeno
la cognizione di chi mi stesse accanto. Poi, al termine della strada, avvolta
dalla luce delle fiamme, una figura. Ammantata di fuoco, Amelia, vestito
regale, i capelli corvini raccolti dietro la nuca, si ergeva di fronte a noi, immobile.
Il cuore mi si riempì di sollievo, e volli correrle incontro, per comunicarle
della nostra vittoria. Tuttavia, quando feci per staccarmi dalla colonna,
qualcosa mi trattenne. Sollevai gli occhi sulla principessa, in cerca di aiuto,
e solo allora me ne accorsi.
Le sue guance erano rigate di lacrime.
E allora i volti attorno a me presero a farsi riconoscibili.
Abitanti di Sailune, miei conoscenti, insieme a uomini che recavano sulle loro
vesti e armi i vessilli del nemico. Riconobbi Zel, riconobbi Philionel,
riconobbi generali di Sailune e nemici. Ma non erano quelli di sempre… i loro
occhi… nei loro occhi brillava la luce dorata della non vita.
Le loro voci ci avvolsero, lamentose. Chiedendo il nostro
sangue, chiedendo ciò che a loro era negato, e che ci rendeva vivi. E allora
capii. Non eravamo soldati. Eravamo una colonna di prigionieri.
Mi volsi, in cerca di una via di fuga, ma ancora una volta
venni trattenuta. Con frustrazione, cercai la causa della mia immobilità. Un
cappio di ferro. Un cappio di ferro era legato attorno al mio collo. Una figura
reggeva un estremità di corda ad esso legata, trattenendomi. La riconobbi. Era
la donna che quello stesso giorno avevo trovato morta nel villaggio depredato.
‘Morte.’
Fu un semplice sussurro, levato dalle sue labbra putrefatte
e senza vita… ma ben presto si mutò in un coro, a cui si unirono cento, mille
voci spettrali.
‘Morte, morte, morte…’
Cercai di ritrarmi, inorridita, dalle mille mani ossute che
si protraevano per afferrarmi, ma il mio tentativo di fuga era vano. E allora
il mio boia arrivò. Gli occhi azzurri ora di un colore cupo, i capelli biondi
incrostati di sangue, le guance scavate da fiumi di lacrime silenziose, mi
guardò come se non mi riconoscesse. E sollevò la sua lama fiammeggiante.
Spalancai gli occhi. Attorno a me, non un filo d’erba si
muoveva, non un alito di vento scuoteva le fronde degli alberi. Ma i rumori
della notte risuonavano comunque, minacciosi, accompagnati, ritmati, dal
martellare incessante del mio cuore in petto. Restai immobile per qualche
istante, fissando il cielo stellato, avvolta dall’angoscia che sempre
attanaglia al buio, dopo un incubo. Il mio respiro lentamente tornò alla
normalità, il petto smise di alzarsi ed abbassarsi in modo incontrollato… ma la
paura non se ne andò. Non sarei più dannatamente riuscita ad addormentarmi,
quella notte…
“Lina… sei sveglia…?” Un lieve bisbiglio, da un punto
imprecisato accanto al fuoco morente…
Quella voce mi fece sussultare. Rimasi in silenzio, per un
momento, mentre il battito del mio cuore accelerava nuovamente. “Gourry?”
“Ho visto che ti agitavi nel sonno, ma improvvisamente ti
sei immobilizzata …”
Facendo leva sui gomiti, mi sollevai a sedere, pur
pentendomene immediatamente… lontano dal calore del mio giaciglio, l’aria era fredda,
anche se immobile. Soppressi un brivido, e cercai a tentoni la mia coperta,
avvolgendomela attorno alle spalle. “Mmm.” Risposi quindi, strofinandomi gli
occhi. “Un brutto sogno…”
“Sicuramente questa atmosfera non stimola bei pensieri…”
Ebbi l’impressione che mi stesse sorridendo, anche se non riuscivo, nella
penombra, a scorgere distintamente il suo volto. “Vieni vicino al fuoco, stai
tremando…”
Annuii. In ogni caso, dubitavo che se anche fossi rimasta
dov’ero sarei riuscita a riprendere sonno. “Se vuoi, puoi andare a dormire.
Tanto comunque io rimarrei qui, sveglia.” Lo apostrofai, mentre prendevo posto
accanto a lui.
“Fra un momento.” Rispose, semplicemente. Ed io intimamente
lo ringraziai. Per quanto glielo avessi proposto, quella sera non avevo la
minima voglia di restare da sola… Mi strinsi nella coperta, e mi rannicchiai al
suo fianco. Per qualche minuto, rimanemmo semplicemente così, senza parlare,
fissando le fiamme… il calore del fuoco, il calore del suo corpo, il calore del
suo silenzio lentamente mi fecero tornare alla calma… ODIAVO fare brutti sogni.
Mi ricordava quando ero bambina, i miei genitori lontani per il loro lavoro, le
notti buie in una casa semi vuota, e mia sorella che adorava prendermi in giro,
e spaventarmi. Mi ricordava quando ero INDIFESA, e costretta dalla mia
impotenza ad affidarmi totalmente alle persone che mi circondavano, tutte più
abili, tutte più degne di fiducia di me… era stato l’odio per quella sensazione
a farmi promettere che sarei diventata forte e non mi sarei mai, mai più
affidata a nessun altro, per nessun motivo al mondo… da un estremo all’altro,
insomma… e in effetti, la mia vita non era stata il massimo dell’equilibrio dal
punto di vista affettivo… bé, o almeno così era stato… fino a quattro anni
prima…
“Allora, che ne pensi…?”
Colta di sorpresa, sussultai, risvegliata all’improvviso dai
miei pensieri… sollevai lo sguardo verso lo spadaccino, che mi aveva appena
rivolto la parola, e mi fissava con aria perplessa. “D… di che parli?”
Lo spadaccino inclinò la testa. “Di lui…” Occhieggiò lo
sciamano, apparentemente addormentato, e il suo tono di voce si abbassò. “…che
ne pensi…?”
“Oh… ehm…” Lanciai anch’io una breve occhiata al mago steso
su un fianco, battendo le palpebre… “Penso…” Sospirai. “… penso che sono sempre
più contenta di non averlo lasciato a Sailune… e sempre più nervosa per il
fatto di averlo qui…”
Il mio amico mi rivolse un lieve ghigno. “Se è così, allora
non lo nascondi molto bene…”
Inarcai un sopracciglio. “Bè, la mia diffidenza tante volte
mi ha salvato la vita…”
Lo spadaccino si strinse nelle spalle. “Oh, ma stavolta
nemmeno io ho un buon presentimento a suo riguardo…”
Sospirai, mentre una goccia di sudore mi scivolava lungo la
guancia. “Non dirlo così tranquillamente…”
“Perché non dovrei essere tranquillo? Sono qui con te, due
contro uno, anche se fosse stato lui la volta scorsa ad attaccarti non gli
permetterei di piantarti nuovamente una freccia in corpo…”
Mi presi la testa fra le mani, esasperata… “Non è QUESTO il
punto…”
“Per ME è esattamente questo. Il resto posso tranquillamente
lasciarlo a te, come sempre…”
“Oh, tu…” Sollevai lo sguardo verso di lui. Lo spadaccino
vestiva un’espressione divertita. Non potei impedirmi di sorridere a mia volta.
“Come sempre.” Tornai a guardare il fuoco, ostentando un’aria indifferente.
“Già. In fondo ne abbiamo passate di peggiori. Mentre il tuo cervello fingeva
che la cosa non lo riguardasse…”
“Mentre il mio cervello era impegnato a impedirti di
distruggere il mondo, vorrai dire…”
Mi volsi verso di lui, con fare minaccioso, e per un momento
semplicemente ci squadrammo, lui tranquillo, io indispettita, più per esigenza
di personaggio che per reale rabbia…
Venni presto distratta da quella schermaglia visiva,
tuttavia… quando notai qualcosa che non gli avevo mai visto indossare prima
pendere dal suo collo…
“Ehi, Gourry… cos’è quello?”Al buio non riuscivo scorgere
esattamente di cosa si trattasse, ma pareva una specie di pendaglio, senza
pietra, formato da un nastro rosso…
Per un momento il mio amico parve restare interdetto, ma si
rese velocemente conto di dove il mio sguardo stava ricadendo… “Eh…? Oh!”
Afferrò l’oggetto, e con velocità spaventosa lo fece sparire al di sotto del
suo mantello. “Nulla… un regalo… da parte di una persona a cui tengo… prima che
partissimo…” Era… arrossito?
OVVIAMENTE la risposta non bastò a sedare la mia curiosità…
per non dire che la fomentò… “Un regalo… ma chi…?”
Feci per allungare la mano e estrarre nuovamente l’oggetto
dal suo mantello, ma la sua mano afferrò la mia, e la fermò. “Te lo mostrerò…
lo farò, Lina… non ora, però.”
Stavolta, il mio sguardo si fece davvero indispettito.
Oh, non che fossi gelosa, chiaramente…
“Non guardarmi a quel modo, Lina…” Lo spadaccino emise una
risatina nervosa… “Ti farai venire le rughe prima del tempo…”
“Se non mi sono venute finora, con la tua compagnia…”
La sua mano mi batté sulla testa. “Quanto meno pare che tu
ti sia dimenticata del tuo incubo, mmm?”
Battei le palpebre. Era vero. Chiacchierando avevo smesso di
pensarci… e, a posteriori, tutto non sembrava così spaventoso come prima…
Sospirai. “A volte sei persino più bravo di me nello sviare
il discors…” Mi bloccai, a mezza frase. Un rumore insolito, fra gli alberi
attorno a noi. O me lo ero solamente immaginato…?
No, me ne resi immediatamente conto. Anche il corpo di
Gourry, al mio fianco, era teso, ora…
Ci scambiammo un’occhiata, e lentamente, molto lentamente,
ci sollevammo in piedi… il rumore si stava facendo progressivamente più
distinto, permettendoci ipotesi riguardo alla sua origine… qualcuno che si
stava avvicinando, strisciando nella boscaglia. Non assassini esperti, stavano
facendo troppo chiasso per esserlo… ma numerosi, sì… probabilmente TROPPO
numerosi, se si trattava di soldati del nemico…
Ci ponemmo schiena contro schiena. “Una ventina, Lina…”
Sussurrò il mio amico.
Lo sapevo. Purtroppo lo sapevo benissimo… “Non estrarre le
armi.” Mi aggrappai alla speranza che non ci riconoscessero. “Forse ci
lasceranno stare…”
“E allora, che cosa abbiamo qui?” Gli uomini, ora
vicinissimi a noi, ma ancora celati dal sottobosco circostante la radura, non
si preoccuparono di nascondersi ulteriormente… “Che ci fanno dei viandanti
persi nel bosco a quest’ora della notte…?”
Quando l’uomo che aveva parlato apparve alla luce del fuoco,
le mie speranze si riaccesero. Alla luce danzante delle fiamme,la sua figura appariva tutto tranne che
quella di un soldato… il suo corpo, forse un tempo muscoloso, ora portava le
tracce di un dimagrimento repentino, il volto era scavato, gli occhi
rientravano in modo innaturale nelle orbite… non era giovane, ma neppure
anziano, e i suoi capelli apparivano precocemente incanutiti… le sue vesti non
erano preziose, solamente una armatura di cuoio lacera, ed una sovratunica e un
mantello consunti, a protezione dall’aria fredda della notte… solamente la sua
spada stonava nell’insieme… un’arma di ottima fattura, per quanto semplice, e
apparentemente fresca di forgia… supponevo, il frutto di qualche ruberia…
Fui io a prendere la parola… “Siamo solo dei comuni
viaggiatori… non abbiamo interesse a essere coinvolti in faccende che non ci
riguardano… se ci lascerete in pace, ce ne andremo per la nostra strada senza
recarvi danno…” Con la coda dell’occhio, mi resi conto che anche Ainos si era
svegliato… era rimasto immobile, però, all’interno del suo giaciglio, un
incantesimo pronto sulle labbra… forse, i nostri assalitori non si erano
nemmeno resi conto della sua presenza…
“Singolari, per essere semplici viaggiatori… dato che vi
siete messi in allarme appena ci siamo avvicinati…” Fece un passo avanti, e
lentamente gli uomini che lo accompagnavano ci circondarono… tutti guerrieri,
ma nessuno con l’aspetto di chi si prepara a combattere… quelle persone
parevano piuttosto un gruppo di mendicanti che una compagnia di soldati. Ma la
cosa non mi portò ad abbassare la guardia. Da chi è disperato, come loro mi
apparivano, ci si può aspettare prove di forza impensabili in una situazione
normale…
“Il fatto che siamo normali viaggiatori non significa che
non sappiamo difenderci…” Avevo steso un velo di minaccia su quelle parole…
quella del resto era una situazione a cui ero fin troppo abituata… cominciavo a
pensare che in fondo tutto si sarebbe risolto con una mia palla di fuoco… ero
stata allarmista nel pensare subito a truppe di Oberon… in fondo, se in tempo
di pace le foreste erano infestate da briganti, perché avrei dovuto stupirmi di
incontrarne un gruppo durante una guerra sanguinosa come quella…?
“E ditemi…” L’uomo insistette, apparentemente troppo sicuro
di sé, o troppo stupido per cogliere quello che le mie parole non troppo
velatamente nascondevano… “Ai ‘normali viaggiatori’ capita di divenire i cani
dell’invasore? Soppesate bene le parole con cui mi risponderete, perché quello
sarà il peso della vostra vita ai miei occhi…”
Normalmente avrei sbuffato, declinato quella battuta come
scontata, e risolto la questione con un paio di incantesimi… tuttavia, le sue
parole, e il modo in cui erano state pronunciate, accesero un campanello nella
mia mente… il linguaggio di quell’uomo mi pareva troppo elevato, per essere
quello di un comune bandito da strada… quelli che normalmente incontravo
avevano lo stesso vocabolario e la stessa originalità di un rinoceronte
dislessico…
“Ma voi… chi siete, voi…?”
“Non hai risposto alla mia domanda, moccioso…”
Sospirai. Se era come pensavo, la ragione voleva che
mantenessi la calma… “Noi non siamo alleati dell’invasore…” Decisi di
rischiare. “Noi siamo alleati di Sailune. Stiamo portando un messaggio per
conto del principe.”
Gourry, al mio fianco, si irrigidì per lo stupore. Persino
Ainos, incurante della necessità di rimanere nascosto, si sollevò dal suo
giaciglio, fissandomi con occhi pieni di accusa. Finsi di ignorarli. Rivelare
la nostra missione a degli sconosciuti era un azzardo, lo sapevo… ma… se le cose
stavano come credevo… forse avrebbe potuto aiutarci a risolvere la situazione
senza spargimenti di sangue, e anzi tornarci utile in qualche modo… (inutile
dire che in quel momento la mia testa andò al cibo che quegli uomini potevano
avere in riserva, e il mio stomaco gorgogliò…)
Lo sconosciuto di fronte a me scoppiò in una risata tetra,
senza gioia. “Messaggeri di Sailune! Una città sotto assedio! Come ho fatto a
non pensarci? Questo bosco ne deve essere pieno! Come di fatine e gnomi,
certo!” Il suo volto tornò improvvisamente serio, quasi minaccioso. “Ragazzo,
vedi di non provare a prendermi in giro! Non sono disposto a bermi menzogne,
sono l’ultima soluzione che puoi adottare per salvarti la vita!”
“Non sto mentendo.” Risposi, con calma. “Voi venite dai villaggi
che sono stati saccheggiati, vero…? State cercando di fermare le truppe di
Oberon che si avvicinano alla capitale…”
“Sono IO a fare le domande!!!” Lo sconosciuto levò la spada
di fronte a sé e la avvicinò al mio collo. Gourry immediatamente fece per
reagire, ma un mio gesto lo bloccò. L’uomo gli lanciò uno sguardo pieno di
disprezzo. “Che c’è, guerriero? Perché è questo che sei, nonostante tu lo
nasconda sotto abiti da mendicante… questo ragazzino ti sta tanto a cuore
perché è il tuo piccolo trastullo da letto?”
Avvampai, e a stento mi trattenni dal porre fine a quella
conversazione con un Dragon Slave di quelli meglio riusciti. A Gourry, al mio
fianco, non sarebbero servite altre parole per attaccare. Unicamente la mia
mano, stretta al suo braccio, lo frenò dal caricare…
“Io sono una DONNA…” Replicai, in tono decisamente non più
amichevole… “…sono camuffata in questo modo per evitare di essere riconosciuta
in caso di cattura. Mi chiamo Lina Inverse. Se siete nemici dell’invasore come
affermate, dovreste conoscermi. Anche in passato ho combattuto per Sailune.”
Il volto dello sconosciuto si accigliò. “Lina Inverse, hai
detto…?” Mi studiò. “Capelli rossi, esile, poco seno…” Le mie orecchie si
fecero volontariamente sorde a questo commento… “…ed estremamente giovane,
nonostante le sue capacità… la descrizione potrebbe anche corrispondere… ma in
questo momento per quanto ne so quella donna si trova nel palazzo assediato… e
tu mi pari tutto fuorché una ragazza… chi mi assicura che si tratti di te?”
Una voce volgare emerse dal gruppo degli uomini che lo
accompagnavano. “Perché non le chiedi di farci verificare personalmente che si
tratta di una donna??? Mi offro più che volentieri come ‘esaminatore’…” Un coro
di risate sguaiate si sollevò a quella affermazione. Una decina di DOLOROSI
incantesimi si accavallarono nella mia mente, mentre Gourry senza tanti
complimenti lasciò scivolare il braccio via dalla mia mano, per portarlo
all’elsa della spada, così repentinamente che non feci in tempo a fermarlo.
Tuttavia, fu la voce del nostro interlocutore a bloccarlo.
“FATE SILENZIO!!!” Il suo tono era così rabbioso che fece sussultare entrambi,
gelandoci nei nostri movimenti. “Dorack, tappati quella bocca!!! Tappatela, o
ci penserà la mia spada, piantata nella tua gola!!!”
L’individuo che prima aveva scherzato parve spaventato… ma
sul suo volto anche qualcos’altro emerse a quelle parole… non capivo per quale
motivo… ma ai miei occhi appariva come senso di colpa… “Mi… mi dispiace,
vecchio… io… io non ci ho pensato…”
“Mai! Tu non pensi mai!” L’uomo tornò a volgersi verso di
noi. “In quanto a voi, ne ho abbastanza delle vostre frottole! Siete capitati
nel luogo sbagliato, e al momento sbagliato. Non abbiamo altro tempo da
perdere, questa notte…” Fece per sollevare la mano, e dare l’ordine di
combattere… non ci lasciava scelta. Erano uomini disperati, in fuga, erano
uomini che (fugaci pensieri omicidi a parte) non avrei voluto dover uccidere…
ma era la loro vita, o la nostra. Decisi di fare solo un ultimo tentativo…
Mi piegai, mi sfilai lo stivale, e glielo lanciai. L’uomo lo
afferrò al volo, per evitare che lo colpisse in volto. “Che significa?” Mi
domandò, accigliato.
“Lì dentro ci sono le missive che dobbiamo recapitare per
conto di Sailune. Recano il sigillo reale. Se non vi fidate della nostra
parola, credete ai vostri occhi.”
L’uomo estrasse i fogli, e li squadrò… e si morse il labbro,
come se fosse indeciso… “Sembrano autentici…” sollevò lo sguardo. “… ma se
davvero sei Lina Inverse, perché non hai cercato di toglierci di mezzo con la
tua magia…?” Sospirai. Se aveva bisogno di una dimostrazione…
Sollevai la mano, e, prima che chiunque di loro potesse
reagire, richiamai alla mente una formula. Normali Frecce di Ghiaccio, nulla
che potesse farci individuare, o recare danno serio alla foresta. Tuttavia, il
lato del bosco alla mia destra, al di là delle figure degli uomini che ci
circondavano, finì imprigionato in una morsa di gelo, ad un mio semplice gesto.
Mi volsi nuovamente verso il mio interlocutore. “Il fatto
che non abbia usato la magia non significa che non ne sia in grado. Non vi ho
attaccati semplicemente perché siamo tutti dalla stessa parte. E se gli alleati
cominciano ad ostacolarsi a vicenda, allora la guerra è già persa in partenza.”
Lo straniero non pareva ancora convinto. “E allora come
avete fatto ad uscire da Sailune…?”
Mi accigliai. “Questo è un segreto della fortezza che non
posso rivelarvi.”
L’uomo tacque, per qualche istante, l’espressione
accigliata. “Ci seguirete al nostro accampamento.” Concluse. “Voglio fare
vedere queste lettere ad un amico, un notaio, che sicuramente, se si tratta di
falsi, se ne renderà conto. Se dite la verità, non avrete nulla da temere…”
“Inverse, questa non mi sembra una…” Iniziò Ainos. Lo zittii
con un gesto.
“Potete darci dei cavalli? La nostra meta è Raizerl, e i
nostri tempi sono limitati. Continuando a piedi non faremo mai in tempo…”
“Avrete cavalli, avrete provviste, e vi indicheremo anche
una via per giungere velocemente alla vostra destinazione. Ma prima abbiamo
bisogno di conferme.”
Annuii. “Mi sta bene. Ma non accetteremo di essere legati.”
Occhieggiai gli altri guerrieri, che ci fissavano con volti poco rassicuranti.
“E tu dirai ai tuoi uomini di stare al loro posto…”
Fu una camminata breve, ma difficile. Risalimmo la fiancata
della montagna lungo un percorso ripido, dove ad ogni passo, nel buio, si
rischiava di mettere un piede in fallo, e precipitare lungo metri e metri di
parete vuota di qualunque cosa se non di rocce e sempreverdi… ero certa che
esistessero percorsi più agevoli verso la cima, ma forse erano più esposti… o
forse semplicemente i nostri accompagnatori si muovevano con l’intenzione di
farci perdere il senso dell’orientamento…
Quando ormai le mie gambe, indolenzite per la camminata
della giornata precedente, avevano preso a vacillare, minacciando ad ogni passo
di abbandonarmi, giungemmo in vista di una serie di deboli ma numerose luci…
pressoché sulla cima della montagna, al riparo di una grande rientranza nella
roccia e di un fitto intrico di vegetazione, una specie di piccolo villaggio si
accerchiava attorno a un gruppo di piccoli falò, accesi per la difesa e la
cucina… rifugi costruiti con mezzi di fortuna erano difesi da barricate di
rocce e terra battuta, in quello che aveva tutto l’aspetto di uno strano
connubio fra un accampamento militare ed un centro abitato… Nonostante ormai il
sole fosse calato da diverse ore, il luogo era un formicaio di donne addette
alla conservazione delle fiamme, uomini di guardia, bambini intenti ad affilare
armi… le vesti erano lacere, gli sguardi stanchi, ma con una qualche
determinazione, nascosta dall’ombra dello sfinimento, e di occhiaie accumulate
in troppe notti di sonno perdute… nessuno si esimeva dal lavoro, nessuno
mancava di contribuire alla sopravvivenza di quella piccola comunità… ero
stupita…
L’uomo che ci aveva guidati, il cui nome ci era ancora
ignoto, fece un cenno ad una delle guardie a difesa delle barricate.
“Serata tranquilla?” Rispose quello, con un cenno annoiato
del capo.
“Diciamo di sì…” Replicò in tono sbrigativo il nostro
accompagnatore. Quindi accennò a noi con un gesto della mano. “Queste tre
persone saranno nostri ospiti… OSPITI, sono stato chiaro?” La sua voce aveva
l’impostazione perentoria di un ordine… “Portali nella mia tenda, e fai avere loro
qualcosa da mangiare… rimani tu con loro… io vi raggiungerò fra poco.” Fece per
andarsene, ma all’improvviso si bloccò, tornando a volgersi verso la guardia.
“Mia moglie…?”
La guardia tacque per un istante, quindi sospirò. “Al
torrente. Carulan la sta aiutando a lavarsi… finché sei stato via non ha voluto
toccare cibo…”
Ebbi l’impressione di cogliere un barlume di amarezza nel
volto dell’uomo, ma immediatamente i suoi lineamenti tornarono ad indurirsi.
“Passerò a recuperarla io… ma devo prima scambiare due parole col ‘Maestro’…”
La guardia annuì. “Ti aspetto alla tenda…”
Con modi bruschi, ci spinse a seguirlo nel cuore del piccolo
accampamento. Sguardi interrogativi si posarono su di noi al nostro passaggio,
ma nessuno si intromise per fare domande… l’uomo rivolse ordini ad un gruppo di
donne accanto un fuoco al centro dell’abitato, affinché ci venisse servito
qualcosa da mangiare… quindi, ci sospinse all’interno di una tenda militare,
che recava all’entrata uno stemma con un cinghiale in campo viola… cercai di
scorrere nella memoria per capire se conoscessi quel vessillo, ma la mia mente
non collaborò… ero troppo stanca per riflettere, e l’odore di carne arrostita
che si spandeva nell’aria attorno all’alloggio era più che sufficiente a
guidare il mio cervello verso ben altri pensieri…
“Potete anche sedervi… Leonard ci raggiungerà fra poco…”
Sedersi… quanto appariva dolce quella parola alle mie orecchie… La guardia non
si prese la briga di farci accomodare verso il tavolo e le sedie, ma per quanto
mi riguardava non ce n’era alcun bisogno. Mi avvicinai, e mi lasciai cadere
sulla prima seggiola in legno che incontrai sul mio cammino. Ainos si strinse
nelle spalle e si appoggiò ad uno sgabello poco lontano da me, e anche Gourry
ci imitò, guardingo. Da quando ci eravamo introdotti nell’accampamento non
aveva mai allontanato la mano dalla spada…
Dopo qualche istante di silenzio, mi stancai di quella
atmosfera tesa… dato che in qualche modo avremmo dovuto collaborare, tanto
valeva cercare di fare un po’ di conversazione…
“E allora… come siete finiti qui, voi tutti?”
La guardia mi lanciò un’occhiata poco amichevole… “Secondo
te, ragazzo?” Si strinse nelle spalle. “La nostra città è stata attaccata, ma
eravamo pronti. E siamo riusciti a scappare… ” Sputò al suolo. “Ringraziamo il
cielo che il conte Leonard era al castello, e per malattia non aveva potuto
raggiungere la capitale. Senza di lui a dirigere la resistenza, e a predisporre
la fuga, ce la saremmo cavata molto peggio. Almeno così qualcuno è
sopravvissuto…”
Mi accigliai. “Siete riusciti a sfuggire ai non morti?”
“Quali non morti?” La guardia mi lanciò uno sguardo truce.
“Gli uomini che ci hanno attaccati erano più che vivi. Te lo dice uno che ha
visto scorrere il loro sangue sulla propria lama…” Batté lievemente la mano sul
fodero di quello che appariva come uno scramasax…
Vivi… quindi non erano solo truppe di non morti quelle in
moto per Sailune… la cosa non mi piaceva per nulla…
Non ebbi modo di fare altre domande, però. La cena venne
recata in tavola, e per un po’ fui impegnata in ben altro che soddisfare la mia
curiosità… Carne arrostita, una zuppa densa ricavata da erbe di sottobosco con
pezzi di pane abbrustolito all’interno, persino una caraffa di vino annacquato,
addolcito col miele… probabilmente, tutto cibo che si erano procurati sul
luogo, o che erano riusciti a portare con sé dalle riserve del castello,
durante la loro fuga… erano stati fin troppo generosi per delle persone che
ancora non erano nemmeno state scartate dalla lista dei nemici… Odorai
attentamente ogni portata, prima di assaggiarla… non aveva senso arrivare fin
lì per poi farsi avvelenare da un gruppo di uomini in fuga, nel bel mezzo di
una foresta…
Fu mentre eravamo impegnati a divorare la carne che il
nostro ospite fece il suo ingresso nella tenda… al suo braccio c’era una figura
esile e slanciata di donna, che un tempo doveva essere apparsa di una bellezza
regale… i capelli colore del miele, gli occhi chiari, avvolta in semplici ma
eleganti vesti di lino, avanzava in modo in qualche modo nobile… ma anche il
suo viso recava segni di sofferenza, ora, come quello di chiunque avessi
incontrato, all’interno di quell’accampamento. Ed era il suo sguardo a turbarmi
più di tutti… completamente, assurdamente inespressivo… come quello di chi non
si rende nemmeno conto di quanto sta avvenendo attorno a lui…
Con una dolcezza di cui non lo avrei creduto capace, l’uomo
chiamato Leonard la fece accomodare in una poltroncina a lato della tenda, e le
sistemò un cuscino dietro la schiena, sussurrandole qualcosa in tono gentile…
la donna che doveva essere sua moglie, però, non ebbe la minima reazione… fu
come se un semplice alito di vento le avesse sibilato accanto. L’uomo sospirò,
e la abbandonò lì adagiata, per avvicinarsi a noi…
Mi si pose di fronte, e mi porse le lettere, il sigillo
intatto. “Mi è stato confermato che non mentivate. Mi dispiace per il
trattamento che vi abbiamo riservato. Ma dovete capire che in questa situazione
è l’unico modo per proteggerci.”
Annuii. “Lo so. Ed è per il nostro stesso motivo che voi
lottate, e per questo vi comprendiamo. Non parliamone più.” Agitai la mano, in
un gesto noncurante. Al mio fianco, avvertii anche Gourry rilassarsi.
Evidentemente, a tutti era chiaro che la minaccia era terminata…
L’uomo mi rivolse un debole sorriso. “Per il resto della
notte potete restare come ospiti qui, e riposarvi. Credo che una notte di sonno
tranquillo farà bene a tutti… Domattina vi daremo i cavalli più veloci che
possediamo… se seguirete i sentieri alla base delle montagne del confine
viaggerete sicuri, e arriverete a Raizerl in meno di una settimana.”
Gli sorrisi, a mia volta. “Ti ringrazio. Quando tutto questo
sarà finito, Philionel saprà dell’aiuto che ci avete dato…”
Il sorriso di Leonard assunse una sfumatura amara… “Mi basta
che tutto questo finisca in fretta… nessun titolo mi ridarà quanto a causa di
questa guerra ho gia perduto…” Lanciò un’occhiata alla moglie, quindi tornò a
posare lo sguardo su di noi… “…e anche il principe dopo la guerra avrà i suoi
grattacapi da affrontare… io rimango fedele al mio sovrano, ma fra alcuni degli
uomini rimasti senza casa e famiglia, nel mio ed in altri gruppi, comincia a
serpeggiare l’idea che se Philionel fosse stato più conciliante tutto questo si
sarebbe potuto evitare… molti ritengono che in fondo non importi chi li
governa, e che conti di più il mantenimento della pace…”
Gourry, al mio fianco, si incupì… “Ma sono stati Philionel,
e i suoi predecessori prima di lui, a garantire questa pace e questa
prosperità…”
Il conte si strinse nelle spalle. “Io questo lo so,
guerriero… ma non tutti ricordano le valorose gesta degli avi di Philionel, o
la saggezza di Eldoran… quello che tutti hanno bene in mente è che la loro casa
è stata spazzata via da un’orda di guerrieri in marcia per spezzare la resistenza
della capitale…”
Mi morsi il labbro. “Molte città hanno subito la vostra
sorte, vero…?”
“Città, villaggi, qualunque cosa si trovasse sulla linea di
marcia delle truppe nemiche, formate da soldati o da non morti che fossero…” Il
conte raccolse una coperta da un angolo e la ripulì dalla polvere, per andare a
porla sulle spalle della moglie… la donna non ebbe alcuna reazione,
semplicemente continuò a fissare il vuoto, di fronte a sé… “Noi abbiamo avuto
la fortuna di essere stati avvisati… un uccello messaggero, venuto da una città
vicina… per questo avevo inviato un gruppo di civili a rifugiarsi sulle
montagne, portando con sé delle vettovaglie… ho tenuto con me tutti gli uomini
validi per difendere la città, e le donne in salute che potessero aiutarci
nella gestione del castello durante l’assedio…” Il suo tono si tinse di
un’amarezza indicibile… “Ma non c’è stato nessun assedio. Avevamo pensato di
poter resistere, di poter almeno rallentare la loro marcia verso la capitale,
trattandosi di truppe umane… ma non ci è voluta nemmeno mezza giornata perché
ci espugnassero… molti soldati sono morti, noi stessi siamo riusciti a sfuggire
a stento… ci hanno catturati fuori dalle mura, hanno preso mia figlia, l’hanno
violentata e uccisa, davanti ai nostri occhi… avrebbero fatto lo stesso anche
con mia moglie, se non avessi perso la testa… non so nemmeno come mi è stato
possibile liberarmi, ricordo solo che i miei soldati mi hanno trascinato via a
forza, mentre infierivo sui loro corpi, con una delle loro spade…” Lanciò
un’occhiata al fodero che gli pendeva dal fianco, e i suoi pugni si strinsero…
“Ho giurato che ne avrei uccisi altri, con questa spada… tutti i bastardi servi
del nemico che fossero capitati sulla mia strada… per questo abbiamo
organizzato questo accampamento, per resistere, con azioni di brigantaggio…”
Occhieggiò la moglie, con tristezza… “Lyra però… lei non ha resistito allo
shock… è da quando nostra figlia è stata uccisa che non ha aperto bocca…”
Accarezzò la guancia della moglie, con tenerezza… “Lyra… queste persone sono
qui per aiutarci… Anya sarà vendicata, vedrai…” La donna non emise più di un
gemito sordo, e non mutò espressione… l’uomo non poté fare altro che
allontanare le dita…
Tacqui, non sapendo come commentare… ecco perché la battuta
del suo compagno, prima, doveva essere suonata così fuori luogo…
“Mia moglie ha bisogno di riposo, ora…” L’uomo sospirò,
stanco. “E anche voi. Il mio uomo vi accompagnerà in una tenda dove potrete
dormire… domattina, troverete tutto predisposto per la vostra partenza.”
Ci allontanammo, senza pronunciare una parola. Ripensare
agli occhi della moglie del conte Leonard mi riempiva di un disagio che non ero
del tutto in grado di definire, ma che decisamente mi toglieva la voglia di
fare conversazione…
Venimmo lasciati in un’altra tenda, piuttosto ampia, dove
erano stati disposti tre pagliericci… in un angolo, un catino colmo di acqua e
un panno a testa, per ripulirci dalla polvere e dal sudore accumulati lungo la
marcia… Ci sistemammo in silenzio, e quando finalmente fummo pronti a coricarci
la mezzanotte doveva essere passata da un pezzo.
Mi abbandonai sul giaciglio. Ero stremata, dalla camminata e
da ciò che avevo visto e sentito… le tempie mi pulsavano, e i miei sensi erano
annebbiati… forse effettivamente non era stata un’ottima idea quella di partire
prima di essermi completamente ripresa…
Gourry mi si avvicinò, sedendosi sul pagliericcio accanto al
mio… “Tutto bene, Lina…?” Mi bisbigliò, sfilandosi i guanti…
“Mmm. Sono solo stanca…” Tagliai corto… Gourry tendeva a
diventare un tantino pressante, quando si preoccupava…
Mi fissò per qualche istante, come per accertarsi che stessi
dicendo la verità… quindi, abbassò lo sguardo, gli occhi accigliati… “Questo…
tutto questo… sta diventando peggiore di quanto ci aspettassimo…” Sospirò e il
suo tono di voce si incupì. “Io non lo so cosa farei se mi capitasse quello che
è accaduto a quell’uomo… forse impazzirei…”
Gli strinsi il braccio con la mano. “Non succederà. Non
succederà di nuovo, a nessuno..” Il tono della mia voce era determinato. “A
costo di giocarmici la reputazione, lo impediremo, e fermeremo questa dannata
guerra…”
Sospirò. Quindi, le sue labbra si allargarono un debole
sorriso.“Non credo che tu abbia poi ancora molto da giocarti…” Ehi, ehi, che
vorresti dire…? “Ma sei stata abile, stasera, evitando di attaccare quegli
uomini alla prima provocazione.” Sogghignò. “Potrei quasi definirti saggia, se
non fosse per la tua tendenza un po’ perversa a lanciare incantesimi
sovradimensionati…”
Gli mostrai la lingua. “Mi STUPISCO che tu sappia cosa
significa ‘sovradimensionato’.” Sbottai. “Io sono SEMPRE saggia. E modero
SEMPRE i miei incantesimi… è una TUA opinione distorta che io abbia bisogno di
te per frenare i miei istinti distruttivi…”
Lo spadaccino vestì un sorriso noncurante, e mi batté la
mano sulla testa. “Oh, anche se un giorno smetterai davvero di lanciare Dragon
Slave ad ogni movimento di foglia –cosa su cui ho comunque qualche dubbio- ci
saranno sempre le bande di banditi da proteggere dall’estinzione… come vedi,
HAI bisogno di me, per un motivo o per l’altro…”
Sospirai, scuotendo la testa. “Immagino di sì…” Mascherai un sorriso. “E ora
andiamocene a dormire, prima che la mia testa decida di scoppiare. Domani ci
aspetta una marcia serrata.”
Gourry annuì, ed imitammo lo sciamano, che già sonnecchiava,
avvolto nella sua coperta…
Mi rannicchiai nel tepore del giaciglio, e serrai gli occhi,
vuotando la mente e cercando di allontanare gli incubi. Forse, una notte di
sonno tranquillo avrebbe dissipato le ombre che quella poco felice giornata
aveva accumulato…
Dunque… urge una piccola spiegazione al capitolo che
segue… Finora avevo sempre narrato usando la prima persona di Lina, ma dato che
in questa storia si intrecciano le storie di diversi personaggi che agiscono in
‘separata sede’, ho deciso di moltiplicare le prospettive, e dedicare capitoli
alternati a diversi gruppi di personaggi… solo che, forse perché non sono molto
abituata a scrivere dal punto di vista degli altri personaggi, mentre scrivevo
mi è venuto naturale usare la terza persona…^^’ Me ne sono resa conto solo a
metà capitolo, e stavo pensando di tornare indietro a correggere, ma poi ho
pensato che in fondo è solo una fic, scritta per puro divertimento, e dato che
i miei impulsi scrittori mi portavano in quella direzione, potevo anche
continuare così…^^’’’ Spero che l’alternanza fra prima e terza persona non
risulti troppo innaturale e schizofrenica…XD Comunque, ecco il capitolo su
Sailune, seguirà a ruota quello su Lina e Gourry.
Come sempre, commenti e critiche sono graditi. ^^
Era ormai nota come ‘La torre di Eldoran’.
Era lì che suo nonno aveva sempre amato rifugiarsi, quando
cercava il conforto della lettura, o anelava alla tranquillità necessaria ad
una decisione importante… un tempo era stata la sede di una delle più imponenti
biblioteche di tutto il continente… ora, l’immenso sapere che aveva contenuto
era stato distribuito fra le centinaia di grandi e piccole biblioteche della
capitale, per lasciare spazio agli anni del meritato riposo di colui che veniva
ricordato come uno dei più grandi sovrani della storia del Reame.
Eldoran ormai non parlava più. Era da alcuni anni che la sua
mente era imprigionata in quella sorta di fanciullesca incoscienza da cui, dopo
la caduta dai gradini della torre, si era sempre rifiutato di uscire… i medici
di corte continuamente lo monitoravano, e lo curavano come un bambino… ma era
chiaro a tutti che il sovrano che aveva reso grande Sailune stava lasciando
scivolare fra le dita gli ultimi aliti della sua lunga vita…
‘E in questo modo… in un castello assediato…’
Anche alla principessa piaceva rifugiarsi lì, di tanto in
tanto… il nonno non poteva più comprenderla, ma le piaceva fingere per brevi
momenti di essere tornata a quando era bambina, alle loro lunghe conversazioni
in quel luogo, la luce del tramonto che filtrava dalle tende, ed Eldoran sulla
sua poltrona, gli occhi stretti a causa dell’oscurità avvolti in una fitta
ragnatela di rughe… Eldoran che le raccontava della storia del castello, dei
sovrani che lo avevano retto, del modo in cui Cheipied si affidava alla loro
azione per regolare con Giustizia i destini degli esseri umani… diversamente
dal padre, suo nonno non le aveva mai dispensato affetto, solo saggezza… il suo
aspetto austero, l’aria grave, che sempre lo accompagnavano quando la sua mente
era ancora lucida, la avevano persino un po’spaventata, da piccola… ma ora non
poteva che ricordare con tenerezza quei momenti, in cui tutto era dolce, e
semplice… e cercare di riviverli, anche solo nei suoi ricordi…
Lanciò un’occhiata alle profonde aperture nelle pareti,
lasciate aperte per permettere all’aria di fine estate di penetrare nella
stanze, ristorando il sovrano… dalle finestre della torre si dominava l’intero
palazzo… gli ampi cortili, dove i servitori si affrettavano nelle loro faccende
e i bambini si rincorrevano, fingendosi cavalieri… gli addestramenti dei
soldati, che facevano cozzare le loro lame contro scudi ed armature, sotto gli
occhi attenti dell’ormai troppo anziano maestro d’armi… lo stormire del vento
fra le fronde del parco sacro attorno al tempio di Ceiphied, i giardini di rose
bianche, e i merli, e gli spalti, che si aprivano a perdita d’occhio su un
mosaico di palazzi bianchi, mercati, officine e fonderie… e colline cosparse di
ulivi, e vigneti, campi prosperi ricolmi di alberi traboccanti frutti, e
foreste ricche di selvaggina… quella era la sua casa. Era il suo regno, il suo
orgoglio. Ma ora tutto si stava lentamente sgretolando. Terra bruciata, ecco
cosa avrebbe visto se si fosse avvicinata ora a quella finestra… ma non ce la
faceva, non sarebbe riuscita a sopportarlo.
Con gentilezza, rimboccò le coperte del nonno, che aveva
preso ad agitarsi nel sonno. In fondo, quell’incoscienza lo proteggeva… tutti
ricordavano Eldoran come un uomo duro, grave, inflessibile. Ma Amelia sapeva
quanto visceralmente amasse quella terra, in cui si era sempre sforzato di
mantenere l’armonia, e la pace… Ricordava molto poco della morte di sua madre…
ma ricordava di avere passato lunghi periodi in compagnia del nonno, a
quell’epoca… ricordava l’amarezza nei suoi occhi, ricordava quei rari momenti
di tenerezza in cui le spiegava che no, non poteva ancora vedere papà, perché
papà stava male, da quando sia la mamma che Gracia se n’erano andate…
Era solo per lei e per Gracia, per la sola famiglia che gli
era rimasta, che Philionel alla fine si era ripreso… ma poi c’erano stati
Randy, e Alfred… e ora… ora questo…
‘Tu è papà, mi avete sempre detto che tutto avviene per una
ragione, nonno… ma dov’è la giustizia in tutto questo…? Non abbiamo mai fatto
nulla di male… Io non capisco… non capisco…’
Strinse le labbra, e si impose di non piangere. Non poteva
permetterselo. Era la principessa reale, e doveva essere forte. Se non lo fosse
stata lei, con che coraggio avrebbe potuto chiedere al suo popolo di sopportare
le ben peggiori tribolazioni che stava attraversando?
Ma lei sentiva di non essere forte, non a sufficienza… in
quei pochi giorni non aveva fatto altro che rimproverarsi per aver lasciato che
Lina e Gourry partissero… per lei, lo stavano facendo per lei, questo lo sapeva
benissimo… ma si poneva a rischio la sicurezza dell’intero regno, per un suo
capriccio, per la sua reticenza a sposare…
‘…un mostro.’
Aveva provato ad immaginarsi al suo fianco. Ci aveva provato
con tutta se stessa. Ma il solo pensiero di sedere sul trono insieme all’uomo
che aveva usurpato il suo regno le dava il voltastomaco…
‘Dovrei rinnegare tutto quello in cui credo… dovrei dargli
un erede, dovrei imparare a conviverci… ad amarlo… Come potrei farlo? Come
possono chiedermi di farlo?’
Eppure, avrebbe potuto essere la scelta più saggia. I
combattimenti erano stati interrotti e suo padre era riuscito ad intavolare
delle trattative, ma la pazienza di Oberon sembrava sul punto di esaurirsi… non
sembrava voler transigere su quel matrimonio e sulle sue condizioni, al
contrario di quanto avevano sperato non si stava piegando… presto avrebbe
compreso che Sailune non aveva intenzione di fare concessioni… e a quel punto,
se Lina e Gourry avessero fallito… se davvero truppe alleate dell’invasore
fossero state in marcia verso la capitale…
‘Sarebbe un massacro. E sarebbe anche colpa mia.’
Si ripeteva che doveva avere fiducia in Lina… che la sua
amica si sarebbe arrabbiata moltissimo, e a ragione, se lei ora fosse scesa in
Concilio, convincendo suo padre e gli altri alla resa, dopo che lei aveva messo
a repentaglio la propria vita per cercare di salvare il trono… che non sarebbe
stato da lei arrendersi a un nemico che reclamava ingiustamente quello che i
suoi antenati avevano faticosamente costruito, che gli abitanti di Sailune e i
regni vicini non lo avrebbero accettato, e sarebbe scoppiata una guerra ancora
più cruenta…
Cercava di convincersene… ma temeva che in realtà tutto ciò
che la teneva incollata a quella sedia fosse codardia… ‘Mio padre mi ama troppo
per concedermi in matrimonio a quell’uomo dopo che ho reagito in quel modo alla
proposta… quanto ho approfittato di questo…? Forse… forse se avessi finto di
accettare lui non avrebbe accettato la proposta di Lina… forse lo ha fatto solo
per me…’ Strinse la coperta del nonno, attanagliata dal senso di colpa… Non la
sua felicità, e nemmeno i suoi principi, nulla valeva quanto la sicurezza degli
abitanti di Sailune… nonostante questo… nonostante questo…
Un bussare lieve alla porta la distolse dai suoi pensieri.
“Amelia… è ora di scendere… tuo padre voleva parlarti dopo
il Concilio…”
Il volto della chimera fece capolino dalla massiccia porta
in cedro che costituiva l’ingresso ai quartieri del nonno… la principessa gli
lanciò uno sguardo vacuo… “Già… lo stavo quasi dimenticando…” Si sollevò in
piedi, e si sistemò alla meglio le vesti. Suo padre le era parso nervoso, quel
giorno… colpa di nuove missive dall’accampamento nemico… temeva al pensiero di
cosa avrebbe potuto dirle… ma non c’era niente da fare… non poteva sotterrare
per sempre la testa nel terreno di fronte alle sue responsabilità…
Sollevò lo sguardo, cercando di apparire convinta, e sicura.
Zelgadiss, la attendeva vicino alla porta, in silenzio, come sempre… La chimera
non era stata particolarmente loquace in quei giorni, ma a questo era abituata
da tempo… ciò a cui non era avvezza era la sua presenza costante… in quei
giorni la chimera era stata una specie di ombra, costantemente al suo fianco…
ne era rimasta stupita, all’inizio… Zel non era una persona costante, non era
assolutamente il tipo da cui ci si sarebbe potuto aspettare un atteggiamento
come quello di Gourry nei confronti di Lina… anche quando si erano parlati,
dopo la caduta di Darkstar, anche quando gli aveva donato il suo braccialetto
era consapevole che sarebbe sempre stata lei fra i due la persona affidabile,
la persona che avrebbe aspettato. E lo aveva accettato. A fatica, con amarezza,
ma lo aveva accettato.
Nonostante questo, in quei pochi giorni, da quando Lina e
Gourry li avevano lasciati, lui c’era sempre stato. Da un lato provava
gratitudine per questo… ma dall’altro…
Sospirò. “Sembri stanco, Zel… da quando Lina e Gourry sono
partiti l’atmosfera a palazzo sembra addirittura più pesante, no…?”
La chimera si strinse nelle spalle. “Suppongo di poter
sopportare… sarà solo questione di giorni, ormai… staranno per arrivare a
Raizerl…”
La principessa si incupì. “SE ci arriveranno…”
La chimera apparve perplessa. “Strano… Questo tipo di
discorsi non ti si addice…” Commentò, in tono piatto…
La principessa si strinse la braccia attorno al corpo.
“Questa intera situazione non mi si addice. Ma anche parlandone la cosa non si
risolve.” Fece per superarlo, e imboccare il corridoio che conduceva alla rampa
di scale, ma la mano della chimera, afferrata al suo braccio, la bloccò.
“Amelia…?” Il tono di Zelgadiss sembrava interdetto. In qualche modo, la cosa
la irritò. Perché anche lei non poteva essere arrabbiata, o triste? Perché
tutti davano per scontato che fosse sempre lei a risollevare il morale del
gruppo? Tutti, e LUI… lui in particolare… sempre così concentrato su se stesso…
“Sto bene. Sono solo stanca, anch’io.” Senza guardarlo,
cercò di liberarsi dalla sua stretta.
“Ce la faranno.”
Amelia si volse, stupita dalla determinazione del suo tono.
“Eh…?”
Il volto di Zel era serio, ma c’era qualcosa nel suo
sguardo, una gentilezza che raramente gli aveva visto vestire. “Ce la faranno.
Non pensare diversamente, Amelia. Non pensarlo, o sarà l’inizio della fine…”
Arrivò addirittura ad abbozzare un sorriso. “E non solo perché Lina ti
ucciderà, al suo ritorno…”
La principessa lo fissò per un momento, in silenzio.
Improvvisamente, non sapeva cosa rispondergli. Cosa si aspettava che dicesse…?
Con Zel, c’era sempre il rischio di ottenere una reazione non desiderata… “Zel…
Zelgadiss…” Si risolse infine, con un sospiro… “…non c’è bisogno che tu ti
senta in obbligo di consolarmi… solo perché Lina non è qui a farlo al tuo
posto…” Il suo voleva essere un modo gentile per toglierlo dall’imbarazzo, ma a
giudicare dall’espressione del suo viso, le sue parole erano state ancora una
volta sbagliate. La chimera tacque, per un istante. E poi sarebbe arrivata. La
replica fredda. Che altro poteva aspettarsi?
“Tu mi piaci proprio per la tua spensieratezza, Amelia.” Il
suo stupore non superava quello di colui che aveva pronunciato quelle parole, a
giudicare dal suo sguardo. Lo sguardo di chi non stava parlando
intenzionalmente… ma semplicemente lasciava che le parole scivolassero dalle
sue labbra… “Certo, spesso è ingenua, per non dire stupida e avventata.”
Riprese la chimera, arrossendo lievemente, e con l’aria di chi stava cercando
di instillare freddezza nellasua voce.
“Ma tu almeno hai delle convinzioni, che porti avanti ad ogni costo, che sono
la tua forza. Tu sei una persona limpida. Non lasciare che tutto questo ti
contamini. Almeno tu… continua ad avere speranza… Non farti inaridire da tutto
questo… d’accordo…?”
Avrebbe voluto rispondere. Avrebbe voluto. Ma la sua gola
era stretta in una trappola amara. “Io…” ‘Io non voglio piangere.’ Ma non ci
riuscì. Prima che potesse impedirlo, lacrime silenziose presero a scenderle
lungo le guance. “… mi… mi dispiace…” ‘Voglio essere forte… vorrei esserlo…’ Da
quanto… tratteneva quelle lacrime…?
Zelgadiss non disse nulla. Semplicemente, si avvicinò, e le
fece scorrere un braccio attorno alle spalle. La principessa sussultò, colta
tanto di sorpresa da irrigidirsi. Non era abituata al tocco della chimera. Non
pensava potesse essere così… caldo…
Gli rivolse uno sguardo stupito, ma la chimera si limitò a
distogliere lo sguardo, evidentemente imbarazzato, pur senza allontanarsi.
La principessa non riuscì più a resistere. Strinse la sua
tunica con tutte le forze, abbandonandosi ai singhiozzi. Non avrebbe mai
pensato di potersi lasciare andare a quel modo, non con lui… ‘Perché ora…?’
Erano cambiate molte cose, fra loro, in quattro anni… nonostante questo, lui
non era mai stato… non era mai stato… ‘Ti ho aspettato per quattro anni… perché
ora? Perché devi avvicinarti così tanto a me ora… che tutto sta per finire…?’
Non poteva lasciare che le cose andassero male… non ora…
Un suono lugubre, profondo.
Si irrigidì, all’improvviso. Cos’era stato? Se l’era
immaginato? Una allucinazione, uno scherzo della stanchezza…
Ma no, non era così. Anche il corpo della chimera si era
irrigidito.
Ed eccolo, di nuovo.
“E’ il corno da guerra di tuo padre!” Sibilò Zelgadiss, fra
i denti.
La principessa si scostò da lui, improvvisamente allarmata.
“Cosa… cosa sta succedendo?”
“Principessa!!!” Il suono di numerosi piedi in corsa risuonò
improvvisamente dalla tromba delle scale. Un gruppo di guardie emerse
dall’oscurità dei piani inferiori, ansanti, i volti paonazzi. “Principessa,
siamo stati attaccati!!!”
Amelia per un momento pensò di non avere compreso bene… non
era possibile, ormai da giorni era in atto una tregua… ed era sera, i
combattimenti non potevano riprendere ora… Si asciugò gli occhi e si staccò
completamente da Zel, sperando che nessuno avesse notato le sue lacrime. “Co…
cosa?”
“Oberon ha interrotto la tregua! Senza dire nulla! Avevamo
delle sentinelle ovviamente, non ci ha colti totalmente di sorpresa, ma…
sembrano di più… TROPPI di più, ora! E hanno un ariete! E’… è immenso!!!”
“Dannazione!” Imprecando, Zelgadiss si lanciò nella stanza
di Eldoran, senza rispetto per il riposo dell’anziano sovrano… le finestre
erano ancora spalancate, offrendo ampia visuale su uno spettacolo
agghiacciante… Amelia quasi mancò, quando gettò lo sguardo oltre le sue spalle,
per osservare le file del nemico, che ora si dispiegavano ben oltre quella che
fino a un giorno prima era stata la loro retroguardia… e vicino al grande
portale che costituiva l’accesso alla prima cerchia di mura, torreggiava un
carro assurdamente grande, su cui giaceva un ariete delle dimensioni di un gigante.
Ci volevano almeno trenta uomini per trascinarlo… Amelia si chiese come
potessero anche solo pensare di sollevarlo per tentare di sfondare il legno
massiccio dell’ingresso… ma sapeva perfettamente che al di là della barriera,
pur in mancanza di abilità magiche sviluppate come sul loro continente, i
progressi della tecnologia umana erano stati molto più avanzati… non dubitava
che avrebbero escogitato un modo…
“Come… come…” Il fiato le si bloccò in gola…
“Quei bastardi devono avere passato tutto questo tempo a
costruirlo! Tutto il periodo della tregua!” Zel sembrava non vederci più dalla
rabbia, un altro lato della sua personalità che raramente mostrava… “Non hanno
mai avuto intenzione di trattare! Mai!”
Amelia si volse verso e guardie, il cuore che le rimbalzava
in petto. “Mio padre… dove…”
“Sulle mura.” Rispose un cavaliere anziano, un Larret,
l’insegna sbiadita sul suo petto recante l’anatra verde simbolo della sua casa…
“Principessa, dovete venire con noi. Vostro padre mi ha ordinato di condurvi immediatamente
al sicuro nella fortezza più interna del palazzo.”
Ad Amelia il suono di quelle parole non piacque. Suo padre
le aveva sempre permesso di combattere al suo fianco, sulle mura. Se ora la
mandava a rintanarsi come un coniglio nei meandri del castello, significava che
qualcosa era cambiato…
…significava che stavolta suo padre non era certo che
Sailune reggesse all’assalto…
Il panico la colse, all’improvviso. “Voglio vedere mio
padre.” Dichiarò. “Voglio combattere con lui. Non è giusto che io scappi,
mentre i miei sudditi lottano per me.” Non era una bugia, nessuno avrebbe
potuto accusarla di questo… ma non era nemmeno la totale verità… ciò che voleva
era suo padre al suo fianco. Ora. Più di ogni altra cosa. La paura la
attanagliava, voleva il suo conforto… Voleva essere certa di rivederlo, prima…
prima di…
“No, Amelia.” La mano di Zelgadiss ancora una volta le
artigliò il braccio. “Se tuo padre ha detto di rifugiarti nella torre significa
che è quello che è meglio per te. Significa che la tua presenza sulle mura non
cambierebbe nulla.”
Improvvisamente, desiderò mettersi a gridargli contro. Per
il suo tono calmo, per la sua freddezza. Per il suo maledetto avere ragione.
“COME puoi dire questo???” Per il suo ricordarle la sua impotenza in un momento
del genere… “Come faccio a starmene al sicuro mentre le persone che amo
muoiono???” Sempre così, era sempre stato così, in tutte le situazioni
critiche… lei era la più piccola, la più debole… lei era la bambina… “Non è
questo che mi hanno insegnato! La giustizia…”
Zel si morse il labbro, ma il suo volto rimase impassibile.
“La giustizia non c’entra proprio NULLA, in tutta questa faccenda, Amelia! Se
oggi Philionel morisse chi soccorrerebbe gli abitanti di Sailune, chi si
schiererebbe con loro contro le ritorsioni di Oberon???” Quelle parole, il
crudo e freddo realismo tanto tipico di Zel, la fecero sussultare. Ma la
chimera, se se ne rese conto, riuscì perfettamente ad ignorare la cosa. “Sei
una principessa, a cui il suo re ha dato un ordine. Sei una principessa che ha
il dovere di sopravvivere per il suo popolo anche se la strada più facile
sarebbe morire per esso!” C’era una punta di disperazione nel suo tono di voce,
ma in quel momento Amelia non riuscì a farci caso. Nella sua mente si
accavallava un tifone di emozioni contrastanti e senza un preciso volto. Ansia,
paura, incomprensione… rabbia. Tanta rabbia. Taci, avrebbe voluto urlargli.
Taci, smettila di riportarmi alla realtà. Smettila di spezzare sempre le mie
illusioni. Le mie illusioni sono tutto quello in cui credo.
Ma se anche desiderava rispondergli, se anche desiderava
gridare, non ebbe il tempo di farlo. Fu un boato assordante a riportarla
davvero, improvvisamente, alla realtà. Il boato del legno che si squarciava, e
di qualcosa di enorme, imponente, che si scardinava e crollava al suolo. Presa
dalla discussione, non aveva nemmeno fatto caso ai suoni della battaglia. Ma
ora non aveva bisogno di sporgersi dalla finestra per capire che cosa era
successo…
“Principessa, non c’è più tempo!” Il cavaliere anziano che
prima le aveva rivolto la parola si fece avanti, con tutta l’aria di chi era
pronto a trascinarla pur di portarla con sé. “Fra poco saranno qui! Dovete
raggiungere le altre persone che si sono rifugiate nella fortezza interna…”
No, non poteva essere… doveva essere un incubo, non poteva
essere… Sailune aveva retto a migliaia di guerre. Da quante centinaia di anni
quel palazzo era in piedi? Perché, ora…? Perché ora doveva cadere? Così
all’improvviso, proprio quando pensava che ce l’avrebbero fatta? E per mano di
un assurdo esercito da oltre la barriera, per mano di un uomo che non sapeva
nulla di Sailune e di tutto il suo mondo, di un uomo che aveva chiesto di
sposarla, anche se ora le stava rovinando la vita…
L’odio le si accese in petto. Tanto freddo come non avrebbe
mai pensato di poterlo provare. Odiava Oberon senza averlo mai visto da vicino,
senza averci mai nemmeno parlato…
“Principessa!”
“Amelia!”
Si liberò dalla stretta di Zelgadiss, senza guardarlo.
“D’accordo, vi seguirò…” Si sentiva sconfitta. Che cosa avevano fatto le forze
del bene per fermare quello che era successo? Quello era il momento in cui
nelle ballate e nelle storie di suo padre un cavaliere misterioso e ammantato
di bianco compariva, a difendere i poveri innocenti attaccati dal malvagio
usurpatore… dov’era quel cavaliere, ora? DOVE?
Precedette le guardie che la attendevano vicino alla porta e
fece per imboccare in silenzio lo stretto corridoio che, in una ripida rampa
discendente di scale, conduceva alla base della torre, e poi allo stretto
cortile, e al camminamento verso la fortezza interna. Sailune era costruita con
una sua regolarità perfettamente comprensibile a chi la abitava… se avesse
chiuso gli occhi, Amelia avrebbe potuto percorrere quei corridoi anche alla cieca,
come era solita fare da bambina, giocando. Ma quel dedalo di svolte e mura era
un vero e proprio labirinto per chi non ne aveva una conoscenza nel suo
insieme… e questo garantiva loro il tempo sufficiente per fuggire prima che gli
assalitori trovassero il luogo in cui si trovavano…
‘Fuggire… ma dove…? Davvero la fortezza interna reggerà?’
Ebbe solo il tempo di pensare questo… prima che la lama
calasse.
Il cuore improvvisamente in gola, si scostò di scatto,
evitando il colpo. Ma non ce l’avrebbe fatta, se ne rese conto, se quel
fendente fosse stato tirato per uccidere. Era stata colta totalmente di
sorpresa.
“E allora, che cosa abbiamo qui?”
L’uomo che le si parava di fronte, coprendo totalmente la
visuale oltre la porta, aveva la stazza mastodontica di un golem… ed era almeno
altrettanto massiccio, al di sotto della possente armatura di piastre. Il volto
era butterato, apparentemente a causa di una malattia della pelle, ed una lunga
cicatrice lo sfregiava fin sopra la fronte, lasciando spoglia di capelli una
chiazza della sua testa squadrata, ricoperta di un rado pelame castano… la sua
spada, grossa la metà di lui e almeno altrettanto pesante, era sostenuta con
una sola delle sue grosse e tozze mani, coperte interamente da un paio di
consunti guanti neri, lunghi fino all’avambraccio… Lina lo avrebbe preso in
giro dicendo che era la perfetta caricatura del mercenario… ma in quel momento
la principessa non aveva alcuna voglia di scherzare…
Lo sconosciuto scoppiò in una risata volgare. “Pare che
abbiamo fatto bingo, come si dice in queste occasioni… questa sera birra calda
per tutta la squadra! La soffiata di vento ci ha fatto volare nella stanza
giusta…” Si inchinò, senza abbandonare il suo ghigno. “Mia signora… mi trovo a
chiedervi cortesemente di seguirci…”
Amelia indietreggiò, atterrita, mentre altri uomini facevano
il loro ingresso nella stanza. Sei, sette,otto… quanti erano loro…? Lei, Zel,
quattro guardie… e cercando di allontanarsi levitando si rischiava di essere
colpiti da una freccia…
Zel le si parò davanti, mentre gli uomini di suo padre
estraevano la spada. Cercò di richiamare alla mente una formula, una qualunque,
ma improvvisamente nel suo cervello si era creato il vuoto…
Il gigante continuò ad avanzare, sorridendo imperterrito.
“Questa principessa mi pare poco affabile nei modi… forse avrebbe preferito che
a venire a prenderla fossero stati i non morti…”
“Come diavolo fate ad essere già qui?” Anche la chimera
sembrava interdetta… quello era un attacco che nessuno di loro si aspettava…
Il gigante volse lo sguardo verso di lui. “E’ facile
arrivare da qualche parte quando sai la strada, mostro…” Fu la sua unica,
laconica, risposta. Quindi, tornò a guardare Amelia. “Ragazzina, abbiamo poco
tempo da perdere. Persino in spargimenti di sangue superflui. Dicono che tua
madre fosse una donna adorabile, che amava portare solo il sorriso, e nessun
guaio al prossimo… prima di essere sgozzata, ovviamente…” Ghignò. “Ora prendi
esempio da lei, e fa la brava bambina obbediente, o mi troverò costretto ad ignorare
gli ordini e a lasciarti un bel ricordino, prima di portarti dal mio padrone…”
Non seppe cosa fu. Se il riferimento a sua madre, di cui fu
irata e stupita di sentire evocata l’immagine sulle labbra di quegli uomini… se
la paura per la minaccia che le era stata rivolta… se la consapevolezza che
avevano TROPPE poche possibilità di farcela… ma non ci vide più. Non era da lei
stare in silenzio ad ascoltare mentre quegli uomini si prendevano gioco di lei
e della sua famiglia…
“Stai zitto!” Scattò, ponendosi al fianco di Zel, le labbra
che le tremavano per la rabbia. “Tu non sai niente di mia madre! Voi tutti non
sapete NIENTE di Sailune!” Batté le mani di fronte al petto, evocando
brevemente una formula, fin troppo pericolosa da utilizzare all’interno delle
mura del palazzo… cercò di moderare la potenza, indirizzando l’intero impatto
verso l’uomo che aveva risvegliato la sua rabbia… “Voi tutti non avete alcun
diritto di parlare a questo modo, non avete alcun diritto di essere qui! E’ per
questo che saremo NOI a vincere!” Notò l’occhiata di Zel, lo stesso sguardo a
metà fra il seccato ed il divertito che sempre le rivolgeva quando iniziava uno
dei suoi discorsi sulla giustizia. Solo Amelia sapeva che in quelle parole non
c’era la solita sicurezza, ma una punta di disperazione. La principessa finse
di ignorarlo, mentre le parole magiche finivano di danzare nella sua mente, per
acquisire forma armonica fra le sue dita… “Palla di fuoco!!!”
Il colpo partì, violento come se lo era aspettato. La figura
mastodontica per un momento fu interamente coperta dalla fiamme. Amelia era
certa che avrebbe barcollato, e si sarebbe schiantato al suolo ancora
bruciante, seminando il panico fra i suoi uomini. Per questo la delusione fu
ancora maggiore quando, dissipatosi il fumo, lo trovò ancora in piedi, di
fronte a sé, apparentemente illeso. E quando abbassò il braccio che aveva
sollevato per proteggersi il volto, sulle sue labbra c’era ancora quel suo
odioso, impassibile ghigno.
“La mia armatura è ignifuga.” Spiegò, in tono del tutto
tranquillo. “Realizzata con l’aiuto di uno dei piccoli trucchetti magici che
qui nel vostro continente tanto amate… o eravate veramente convinti che non ci
fossimo premuniti contro i vostri metodi…?”
Amelia era senza parole. Come… come avevano fatto a
realizzare una cosa del genere?
“Merda!” Zelgadiss scattò in avanti, sfoderando la sua spada
potenziata con la magia. Fu proprio sul gigante che la chimera si gettò, e per
qualche momento Amelia restò col fiato sospeso nell’osservare l’agile sciamano che
evitava i colpi dell’enorme spadone dell’avversario, impossibili da parare. Il
corpo di Zelgadiss era fatto di pietra e le armi normali non potevano ferirlo,
questo lo sapeva bene… ma di fronte ad un’arma del genere non si sentiva di
essere troppo sicura…
Presto la sua attenzione dovette essere distolta da quella
lotta. Gli uomini che accompagnavano il gigantesco guerriero si gettarono in
sua direzione, e furono i cavalieri inviati da suo padre a sua difesa a frenare
l’impatto, serrandosi attorno a lei. Ebbe inizio un brutale corpo a corpo, in
cui i suoi cavalieri erano in svantaggio di due a uno… ‘E il cavaliere Larret è
anziano, non reggerà contro questi giganti. Devo fare qualcosa.’
Richiamò alla mente una nuova formula. Non era certa del
fatto che anche loro fossero protetti, in fondo… non poteva invocare qualcosa
di troppo potente, però, o anche i suoi uomini ci sarebbero andati di mezzo… ‘E
non riuscirò comunque ad eliminarli tutti in un colpo solo. Perché la mia magia
non è forte come quella di Lina?’
Ma in quel momento lì non c’era Lina, ma lei. E cosa avrebbe
pensato di lei la sua amica se si fosse arresa senza nemmeno combattere?
‘Questo andrà bene.’
“Burst Rondo!” Recitò. Il colpo magico, dividendosi in mille
saette, andò a colpire solo gli obiettivi prefissati, nonostante il contatto
ravvicinato con gli uomini del padre. Non ebbe forse l’effetto che sperava, ma
riuscì comunque a rallentarli, e permise ad uno degli uomini che la difendevano
di assestare due colpi che sbilanciarono completamente l’avversario, facendolo
barcollare per restare in piedi. L’uomo di suo padre non perse l’occasione, e
scattò in avanti, squarciando con violenza la sua armatura e piantandogli la
spada nel costato.
Un barlume di speranza le si riaccese in petto. ‘Devo continuare
così. Forse abbiamo una possibilità.’
Si preparò a recitare una nuova formula. Ma fu allora che
una strana sensazione la colse… Come di qualcosa che le attanagliava il petto,
togliendole il respiro. Come se la sua energia vitale stesse scivolando lentamente
via dal suo corpo… Barcollò, e dovette appoggiarsi al letto del nonno per non
crollare al suolo. L’anziano sovrano aveva preso ad agitarsi in modo convulso,
probabilmente allarmato da quello che gli stava accadendo attorno, pur
nell’incoscienza. Ma in quel momento confortarlo era il suo ultimo pensiero… le
tempie le pulsavano, e gli occhi le facevano male… prese alcuni profondi
respiri, e pian piano il capogiro passò… non capiva di cosa si fosse trattato,
però… non le era mai accaduto qualcosa del genere…
Fu un urlo a riportarla alla realtà. Una delle guardie di
suo padre era appena crollata al suolo, la spalla ferita da un violentissimo
colpo di spada. Non era il momento di pensare ai suoi giramenti di testa.
Doveva fare qualcosa per quella battaglia.
Fece un passo avanti, ancora una volta chiamando a sé
l’energia magica. “Burst Rondo!” Recitò nuovamente, battendo i piedi al suolo,
le mani protese in avanti, in attesa che la magia scaturisse da esse…
Nulla da fare. Cosa stava succedendo? Il suo ciclo era
lontano, la sua mente era lucida… perché la magia non funzionava???
Indietreggiò fino al letto del nonno, artigliando la
coperta, improvvisamente in preda al panico… nemmeno le formule magiche le
venivano più alla mente, ora… la magia era la sua unica arma… dopo il modo in
cui era morta sua madre sua padre si era sempre rifiutato di addestrarla a
maneggiare spade… se ora essa le veniva tolta…
Non ebbe tempo di formulare altri pensieri. Improvvisamente,
si rese conto di non essere più sola, vicino al letto. Fece appena in tempo a
voltarsi, prima che la figura del gigante, torreggiante su di lei, la
artigliasse al braccio.
“Allora, principessina… riprendi pure quel tuo interessante
discorso sui diritti, ora…” La sua stretta era ferrea, il suo alito, attraverso
il perenne ghigno, puzzava di alcol…
‘Dov’è Zel?’ Quel pensiero la colpì come un torrente in
piena. Alle sue spalle, suo nonno aveva preso ad agitarsi più che mai.
“Cos’è, non hai più voglia di discutere di Giustizia? Forse
ti sei resa conto che in realtà non sei poi così esperta in materia, mmm?”
Strinse più forte,e il suo ghigno si allargò. “O forse sono i rantoli di questo
vecchio a disturbarti… ma in questo caso sarà più che possibile rimediare…”
Sollevò la lama ‘sporca di sangue!’ che ancora reggeva nella mano… e prima che
Amelia potesse fare qualsiasi cosa per fermarlo affondò, dritto nel punto dove
il cuore di suo nonno ancora batteva.
Fu un momento. In un momento Eldoran giaceva immobile nel
letto. E l’aria sembrava essersi completamente ritirata dai polmoni di Amelia.
Sangue, era pieno di sangue. Esattamente come quattordici anni prima…
“Più a tuo agio, ora, principessina…?”
E fu allora che non resse più. Il mondo lampeggiò per un
momento davanti a lei. Ed ebbe appena il tempo di rendersi conto che il gigante
la stava nuovamente afferrando… prima che tutto attorno a lei si facesse buio.
***
Colpì. E colpì ancora. E ancora si abbassò, e schivò.
‘Grazie infinite, Rezo.’ Un sorriso amaro gli si sarebbe
disegnato sulle labbra, se non si fosse trovato in quella situazione. Quel
bestione era decisamente agile per quello che pesava. TROPPO agile per i suoi
gusti. Con le sue normali abilità da essere umano non avrebbe mai potuto
schivare quei colpi. ‘Avrà poi davvero senso schivare? Una spada non può
ferirmi…’ Non una normale spada, certo… ma QUELLA spada? Con tanti, troppo
talismani attaccati a quell’elsa dalla rozza fattura, e grossa almeno il doppio
di quanto anche il più mastodontico essere umano avrebbe potuto reggere? ‘Non
sono il solo mostro fra noi due, eh, bestione? E sembra che qui qualcuno abbia
preso male la cosa…’
Strinse i denti, mentre un colpo rischiava di scaraventarlo
indietro. Piantò i piedi, si sbilanciò in avanti, ma in questo modo riuscì a
fare perdere l’equilibrio anche al suo avversario, e riguadagnare la sua
posizione di guardia…
‘Dannazione! Quanto resisterò, così? Perché non mi lascia
un’apertura???’
Il mastodontico guerriero scoppiò in una breve risata.
Apparentemente, quello scambio di colpi non lo aveva nemmeno stancato. “Non
male. Non male. Suppongo che sia un’altra delle vostre magie… quel corpo,
queste abilità… cos’è, ti sei trasformato così per difendere la tua
principessina?” Tutta la situazione pareva divertirlo immensamente.
Ma Zelgadiss non era affatto divertito. Sapeva cosa
rischiava, e sapeva qual era la posta in gioco. ‘Lina si prenderà in eterno
gioco di me. Che cosa sono rimasto qui a fare, se non riesco a fare nulla per
fermarli? COSA?’ Odiava quella sensazione. L’impressione di non farcela, di non
essere sufficientemente forte. Quel sentimento era stato una delle cause della
sua dannazione. E non era solo questo. Non gli importava morire, non da quando
Rezo lo aveva trasformato, ma ora morire avrebbe significato lasciare Amelia
nelle mani degli assedianti, e lui non poteva permetterlo. Non lo sapeva
nemmeno lui perché. Non molto al di là della sua cura gli era importato solo
fino a qualche anno prima, ma da quando aveva conosciuto Lina, Gourry, Amelia,
tutti loro, molte cose erano cambiate. Non aveva ancora messo a fuoco quel
cambiamento, non era ancora riuscito a razionalizzarlo, ma sapeva che era il
motivo per cui in quel momento si trovava a Sailune, il motivo per cui ora
stava lottando. E in quel momento a quel motivo sentiva il dannato bisogno di
aggrapparsi. ‘Forse questo significa… essere umani…’
Ma ora non gli interessava capire. Doveva solo combattere.
Schivò un affondo, e improvvisamente si trovò spalle al
muro. ‘Dannazione!’ Si abbassò appena in tempo per impedire che la enorme spada
gli tagliasse di netto la testa. La lama si piantò nel muro, ma in un semplice
gesto il gigante riuscì a strattonarla fuori, trascinando con sé un pezzo di
parete come fosse legno marcio. ‘Il mio collo è fatto dello stesso materiale di
quella parete.’ In altre circostanze quella associazione lo avrebbe divertito.
Mise un po’ di spazio fra sé e il gigante, mentre questi
ritrovava la sua guardia, sempre strisciando contro il muro, così da non dargli
le spalle. Questo gli permise di lanciare uno sguardo alla stanza. Gli uomini
di Philionel avevano ingaggiato una furiosa lotta con i soldati nemici, mentre
Amelia era premuta al letto di Eldoran, ed in quel momento pareva atterrita.
‘Cosa le è successo? E’ per il combattimento?’ Doveva battere quel gigante.
Battere quel gigante ed andare da lei.
“La disattenzione è la morte del combattente.”
Quella frase era gelida. Ogni singola sillaba mille lame di
ghiaccio che si conficcavano nel suo cervello, un dolore persino superiore a
quello fisico che di lì a poco sarebbe seguito. Perché sapeva che quelle parole
decretavano la fine, per lui, per tutto. Il gigante era stato più silenzioso di
un gatto, più abile di uno stratega. La sua lama ora premeva contro il suo
stomaco, e non c’era modo di evitarla. Odiò quell’uomo, in quel momento, e odiò
se stesso, perché nemmeno in una situazione come quella la sua dannata mente lo
risparmiò. Non fu la paura della morte a riempirla, ma quella orribile, odiosa
sensazione. La sensazione di aver fallito.
E fu quello l’ultimo sentimento che provò… prima che il
morso dell’acciaio gli penetrasse nella carne.
***
Attorno a lui era il completo caos. Avevano appena fatto in
tempo a riparare nella fortezza interna prima di essere travolti dall’orda di
uomini che era irrotta dal portale principale dopo averlo abbattuto. Tanti,
troppi perché gli arcieri potessero fare qualcosa di concreto per fermarli…
troppi perché la fortezza interna reggesse. Ne era fin troppo consapevole… ‘E
abbiamo già perso così tanti uomini… come possiamo pensare di resistere ad un
assalto del genere…?’
Non tutti erano riusciti a fuggire. Molti erano caduti
nell’assalto, molti erano rimasti fuori coinvolti nella lotta perché travolti
dalle armate dilaganti ancora prima che potesse far suonare il segnale di
ritirata. Ma loro erano fuggiti chiudendo i portali dietro di sé, e
abbandonandoli. Sarebbe stato folle rimanere a combattere corpo a corpo con una
tale disparità numerica. ‘Non avrei dovuto aspettare. Avrei dovuto non sperare
e ordinare subito di arroccarci qui…’
Ma rimuginando sul passato non si otteneva nulla… ora si
doveva combattere, avrebbero pianto più tardi i loro morti… ‘E QUANTE lacrime
dovremo versare… quanto vorrei che mia moglie fosse qui, ora, a confortarmi col suo
coraggio…’
Ciò che lo angustiava di più era che non aveva trovato sua
figlia. La prima cosa che aveva ordinato, ancora prima di predisporre le
difese, era che dei cavalieri la andassero a prendere per portarla in salvo.
Tuttavia, quando era giunto nella fortezza non era riuscito a trovarla da
nessuna parte… e ora temeva il peggio… ‘Non possono avere fatto in tempo,
averla catturata… era nella torre di mio padre… li avranno portati in salvo,
come avevo ordinato… Cheiphied, fa che sia così… Amelia è tutto quello che mi è
rimasto…’
“Philionel!!!” Si volse, per osservare suo fratello che lo
raggiungeva, di corsa. “Ho riorganizzato le truppe rimaste, come mi hai
ordinato, ma siamo troppo pochi! Ora i soldati nemici sono ancora presi dall’ebbrezza
della vittoria e stanno saccheggiando quanto hanno già conquistato e lottando
con tutti quelli che sono rimasti fuori… ma quando organizzeranno l’offensiva
anche verso la fortezza…”
Phil si morse il labbro. “Credi che non lo sappia…?” Lanciò
un’occhiata ai suoi pochi uomini, demoralizzati e stanchi, ma ancora schierati
e pronti a combattere… e poi osservò l’orda disordinata che stava uccidendo,
distruggendo, saccheggiando in quello che un tempo era stato il SUO palazzo…
“Ma anche essendone consapevoli… che cosa possiamo fare se non resistere fino a
che la città sarà caduta…?” Era insolita quella rassegnazione nella sua voce…
‘Ma almeno Amelia… se fosse qui… se Oberon ha bisogno di lei per legittimare il
suo potere forse la risparmierà…’
“In realtà… c’è sempre una possibilità.”
Si volse. A parlare era stato Laudreck, che finora se ne era
stato alle sue spalle, in silenzio… Il volto del fratellastro era cupo, non
vestiva la consueta maschera ironica con cui si schermava da ciò che lo
turbava… “… anche se molto spesso la scelta più saggia non è anche la più
piacevole…”
Gli occhi di Philionel si assottigliarono. Nutriva affetto
per il fratellastro, anche se il loro non era un legittimo legame di sangue e
anche se l’avversione di Cristopher nei suoi confronti pareva atavica… erano
praticamente cresciuti insieme, e sapeva che c’era del buono in lui, sapeva che
il suo cinismo era per lo più un’arma di difesa… Laudreck piaceva a Lyanna, la
sua adorata moglie gli ripeteva spesso quanto lui la divertisse, e questo per
lui era più che sufficiente a giudicarlo come una persona leale… tuttavia,
accadeva spesso che le sue proposte venissero a scontrarsi con i suoi principi…
e temeva che questa fosse una di quelle occasioni… “Di che stai parlando…?”
“Hai inviato fuori dei messi, puoi uscire anche tu per la
stessa strada.”
Le labbra carnose di Philionel si strinsero fino a formare
due linee sottili. “Mi stai suggerendo di fuggire come un codardo da ciò che mi
appartiene dopo che tanti uomini sono morti per difenderlo?”
“Ti sto consigliando di fare ciò che hai chiesto ai tuoi
lord, mio re…” Il tono del fratellastro non rinunciò alla sua consueta
sfumatura di sarcasmo amaro. “Ovvero di rinunciare al tuo orgoglio per dare una
possibilità al tuo regno. Cosa ricaverai restando qui? Una morte onorevole, e
la perdita della guerra.”
Philionel tornò a fissare l’orda di uomini dilagante al di
là delle mura, per evitare che la sua rabbia e la sua frustrazione trapelassero
dal suo volto. “Non riusciremmo comunque a scappare. Ci raggiungerebbero
subito, basterebbe che sguinzagliassero le loro truppe tutto attorno al
palazzo.”
Laudreck gli si parò accanto, aggrappandosi al suo braccio,
e spingendolo a guardarlo nuovamente. “Non se non sanno che ce ne siamo
andati.”
Il principe si accigliò. “Che vuoi dire?”
“Voglio dire che la fortezza può reggere forse ancora mezza
giornata, o addirittura un giorno intero, se i soldati lottano fino allo
stremo. Quel che basta per allontanarsi a sufficienza dalla città. Tu hai
bisogno solo di un piccolo contingente di truppe come scorta. Le altre possono
rimanere qui. I nostri avversari si accorgeranno che te ne sei andato solo
quando riusciranno ad espugnare la fortezza…”
‘Rimanere qui… a morire…’ Quando Phil parlò il tono della
sua voce era duro. “Già, un piano chiaro, cristallino. Dovrei chiedere ai miei
uomini di suicidarsi per me… senza essere qui a morire con loro. Secondo te
accetterebbero di buon grado un ordine del genere?”
“Non sarebbe necessario che tu lo ordinassi.” Stavolta, con
suo sommo stupore, a parlare fu Cristopher. “Basta che tu spieghi il piano, lo
presenti come l’unico mezzo per salvare il regno,e chieda se ci sono volontari.
Qualche coraggioso si proporrà subito. E a quel punto anche i più vili
consegneranno la loro vita nelle tue mani, per non perdere l’onore sfigurando
di fronte agli altri…” Il tono del fratello era tranquillo. TROPPO tranquillo,
per quello che stava suggerendo…
“Non mi aspettavo di sentire questo genere di suggerimenti
da TE Cristopher…” Il suo tono era tagliente… e sapeva che questo avrebbe
turbato il fratello… Cristopher si era sempre preoccupato di apparire ai suoi
occhi agli antipodi di Laudreck…
“Lo so.” Il tono di Cristopher lasciava trapelare amarezza.
“E la tua delusione mi rattrista come nulla mai… ma ora ti sto parlando come
consigliere, Phil, non come fratello. E ti sto dicendo ciò che è giusto per il
regno…”
Philionel era al limite della sopportazione. “Cristopher!!!
Dovrei condannare a morte senza appello centinaia di uomini! E dovrei
abbandonare qui Amelia, capisci??? AMELIA, tua nipote!!! Non è nella fortezza,
con ogni probabilità la avranno catturata!!!”
“Ascoltami, Philionel…” Cristopher gli si rivolse in tono
calmo, con l’evidente volontà di placarlo… “Lo so. So che i tuoi soldati
moriranno, ma che tu sia qui o meno questo accadrà comunque. So che
probabilmente Amelia è loro prigioniera. Ma Oberon ha bisogno di lei, non le
farà del male.”
Philionel fece per replicare, per esplodere. Ma non trovò le
parole, e dovette mordersi la lingua per tacere, e non dire al fratello cose di
cui si sarebbe enormemente pentito in seguito.
“Ascoltami.” Proseguì Cristopher. “Io ho rinunciato al mio
diritto di successione da tempo… ma tu no, fratello. E se davvero Oberon
sposerà Amelia allora a Sailune ci sarà un erede al trono di troppo. E’ più che
probabile che ti faccia uccidere. E che aiuto potresti dare a tua figlia se
anche morissi eroicamente in battaglia?”
C’era saggezza nelle parole di Cristopher, come sempre… ma
questo purtroppo non bastava a fargliele apparire meno dolorose… “Quindi anche
tu… anche tu mi suggerisci di abbandonare tutto…”
“Non di abbandonare.” Il tono di Cristopher era determinato.
“Ma di stringere i denti e di continuare a combattere. Perché è in gioco quello
in cui hai sempre creduto.” Il fratello fece un sospiro, e gli pose la mano sul
braccio. “Io ho solo potere di consigliarti, ma non posso decidere per te,
Phil.” Cris pronunciò quelle parole con calma rassegnazione, ma Philionel non
poté fare a meno di leggervi una sottile accusa verso la sua mancanza di
fermezza… lui esitava, quando suo fratello, che ora era così lucido e fermo,
aveva abbandonato il suo diritto di successione proprio per lealtà nei suoi
confronti…“Per questo ora metto la mia
vita nelle tue mani, Phil… se deciderai come spero resterò con te fino alla
fine. Altrimenti morirò qui con te, oggi.”
Anche Laudreck si avvicinò. “Stranamente per una volta siamo
d’accordo. Non che io tenga all’onore più che alla vita…” La sua mano batté
lievemente sulla spalla del principe… “…ma, sinceramente, non ci tengo a essere
ricordato come il ‘bastardo di Sailune che si comportò da bastardo’. Sono con
te, qualsiasi decisione tu prenda, Philionel.”
Philionel tacque, per qualche lungo istante. Il suo sguardo
volò al di là delle mura, su quella devastazione desolante, e ancora oltre, e
gli parve di avere davanti agli occhi i mille villaggi distrutti, e i cadaveri,
e la terra bruciata che ora erano al posto della ricchezza e del rigoglio del
suo regno… Era un ingiustizia, non era così? Non era forse quello che aveva
sempre combattuto?
‘Ma io quanta responsabilità ho in questo? Lasciare i miei
uomini a morire per salvarmi la vita davvero risolverà le cose? O finirà per
peggiorarle?’
Forse i suoi fratelli avevano ragione, ma Philionel ormai
era stanco… forse sarebbe stato molto più semplice decidere di lottare qui,
ora, per l’ultima volta, e poi abbandonarsi ad una morte onorevole, una morte
semplice, ponendo finalmente fine a tutta quell’angoscia, a tutta quella
sofferenza… ‘Troverei mia moglie… e lei… mi consolerebbe e mi sosterrebbe, come
una volta…’
Ma non riusciva a focalizzare il volto della moglie, ora. Ad
esso si sovrapponeva quello della figlia, e di tutti i vivi che in quel momento
era chiamato a difendere. Non era da lui tirarsi indietro di fronte alla sua
responsabilità verso il suo ruolo e quelle persone… ma nemmeno sacrificare
tante vite al solo scopo di salvare la propria… A dispetto di quanto pensava
Cristopher, se si fosse arreso ora Oberon lo avrebbe certo ucciso, ma forse
avrebbe risparmiato gli altri combattenti. Era stato un attacco meschino, il
suo, ma il sovrano nemico aveva mostrato di essere un uomo accorto, non un
pazzo assetato di sangue… forse avrebbe trovato desiderabile un atto di
clemenza, e offertogli così su un piatto d’argento, se voleva regnare su
Sailune… Però cedere così, quando ancora c’era una speranza… e se poi il popolo
di Sailune si fosse ribellato? Se i suoi soldati avessero rifiutato comunque di
vivere, nella vergogna di aver abbassato le armi…?
Avrebbe pianto e si sarebbe adirata con lui, Amelia,
sapendolo morto? O avrebbe provato vergogna per lui se fosse fuggito? Dopo che
l’educazione che le aveva dato le aveva insegnato che tutt’altro era il
comportamento da tenere di fronte alle difficoltà, cosa avrebbe giudicato
giusto in quel momento…? E suo padre, suo padre che avrebbe detto di fronte a
quel dubbio?
‘Cosa devo fare…? COSA devo fare…?’
Sai, Philionel… mi piaci,perché se se ti impegni in qualcosa lo porti avanti fino in fondo…
perché so di poter confidare in te…
‘Non sempre la scelta più saggia è anche la più piacevole.’
Cercò di imprimersi bene nella mente le parole di Laudreck, e quelle di sua
moglie, pronunciate quelli che sembravano ormai secoli prima, quando si erano
da poco conosciuti… Non aveva tempo per le esitazioni, ora. Per quanto doloroso
potesse essere scegliere.
“E… e sia. Cristopher, manda a chiamare i miei generali.
Dobbiamo trovare dei volontari che siano disposti a difendere la fortezza.”
Capitolo dedicato a Ladylina e a tutti gli altri fan di L&G… ; P
Cavalcammo. E cavalcammo. E cavalcammo.
… ho già detto che cavalcammo…?
Da otto giorni non facevamo che avanzare sopra a quella
dannatissima sella, che oltre ad essere maledettamente scomoda, aveva riempito
di fastidiose e dolorose piaghe l’interno delle mie cosce. A questo si sommava
il fatto che le più nere previsioni di Philionel riguardo ai temporali
autunnali si erano avverate, e dalla mattina in cui avevamo abbandonato
l’accampamento di quel gruppo di rifugiati, ininterrottamente, l’intera riserva
d’acqua del nostro pianeta pareva avere deciso di riversarsi su di noi. Oh con
grande varietà, nulla da dire in merito… si andava dalla pioggerellina lieve
agli scrosci violenti, dai bui temporali in cui potevi sbattere il naso contro
un albero senza rendertene conto alla nebbiolina di fitta umidità, che
subdolamente ti infradiciava i capelli e le vesti, e ti gelava le membra… ma il
risultato restava sempre lo stesso. Ero bagnata fino al midollo, e congelata, e
i miei stivali e i miei pantaloni erano coperti di fango a tal punto che stavo
cominciando a pensare di tornare a Sailune e mettere in fuga le truppe nemiche
fingendomi un leggendario mostro delle paludi…
In più, la conversazione languiva. Oh, non che pretendessi
che sotto la pioggia ci mettessimo a raccontarci la nostra vita, ma quel
silenzio si stava facendo ASSURDAMENTE pesante. Cominciavo a pentirmi di aver
accettato di prendere Ainos con noi… quel ragazzo era dannatamente TETRO. Quando
l’avevo accanto avevo come la sensazione di dover ponderare tutto quello che
dicevo, e, lo assicuro, la trovavo ORRIBILE… quando viaggiavo sola con Gourry
per lo meno riempivamo quel genere di momenti morti con una risata, uno
scherzo, una conversazione, anche una stupidissima, che so, sul filetto al pepe
verde di Myllaria!!! (o, cielo, perché ora avevo tirato fuori il cibo? Il mio
stomaco stava per ripiegarsi su se stesso, per la fame che avevo…)
Emisi un sospiro, e mi accasciai sul dorso del cavallo.
“Chissà quanto manca al confine…” Mugugnai, fra me e me più che agli altri.
“Non molto, penso… Quanto avevano detto che ci sarebbe
voluto per arrivare alla corte di Raizerl, dall’accampamento…? Circa una
settimana…?” Gourry cavalcava al mio fianco, il cappuccio del mantello
sollevato, labile riparo dalla pioggia. La folta frangia bionda gli era
appiccicata al volto, fradicia, mentre aggrottava lo sguardo per scorgere
qualcosa al di là del muro d’acqua che ci accerchiava. La allontanò con un
gesto stizzito, ma i capelli tornarono imperterriti al loro posto dopo qualche
istante. Il mio amico emise un grugnito esasperato.
Non potei impedirmi un sorriso. Gli scostai lievemente il
cappuccio, e gli sistemai la frangia dietro le orecchie. “La pioggia ci ha
rallentati, però. Ma ormai penso proprio che ce la faremo. Abbiamo messo un po’
di strada fra noi e le truppe nemiche, e nessuno ha idea che siamo qui…”
Lo spadaccino non ne parve troppo turbato. “Perché, hai mai
pensato che avremmo potuto non farcela?”
Tornai a volgermi avanti (il che era abbastanza inutile, dal
momento che la pioggia aveva deciso di entrare nella fase ‘incrocia le dita e
affidati all’istinto del tuo cavallo’). “OVVIAMENTE no.” Replicai, evitando per
un pelo un ramo con la testa. “Non fare domande stupide.” Nella semi oscurità,
colsi il lampo di un sorriso sulle sue labbra.
Inutile dire che l’impennata del mio senso di osservazione
mi costò l’impatto con un gruppo particolarmente folto di fogliame fradicio,
che contribuì ad inzeppare qual poco del mio viso e dei miei capelli che era
rimasto asciutto…
Sospirando, ed imprecando internamente contro il temporale,
mi volsi verso lo sciamano, che cavalcava pochi metri avanti rispetto a noi.
“Ainos, hai la vaga idea se stiamo procedendo nella direzione giusta? Ormai è
buio, forse dovremmo fermarci…”
Il mago non si voltò. “Sì, probabilmente è una buona idea.
Domani mattina dovremmo varcare il confine… da lì in poi è quasi tutta pianura,
forse è il caso di approfittare delle montagne, stanotte, per dormire più
riparati…” Poteva essere la prima frase che pronunciava in tutta la giornata?
Quel tizio parlava così poco che la sua voce non mi era nemmeno familiare…
‘Seri problemi con le donne suppongo, eh, morettino?’
Tirai lievemente le redini del mio cavallo. “Ok, bene, se è
una buona idea mi pare il caso di metterci a cercarlo ORA questo benedetto
riparo… sai com’è, continuando a cavalcare sotto la pioggia potrei finire per
bagnarmi…”
“Per gli abiti bagnati c’è poco da fare… proseguire anche
col brutto tempo era necessario.” U.M.O.R.I.S.M.O. Come mai ci sono persone a
cui il senso di questa parola resta così oscuro?
“Sì, indubbiamente…” Mi arresi, in tono rassegnato. “Ad ogni
modo, questa parete è piena di grotte, giusto? Allora entriamo nella prima
dannata grotta che incontriamo, e piangiamo all’asciutto i nostri irrimediabili
abiti bagnati…” Diedi un strattone alle redini, e deviai dal sentiero,
inoltrandomi in una qualche pista da conigli, in mezzo alla boscaglia. I primi
giorni avevo trovato poco prudente proseguire così, allo scoperto, su un
sentiero già tracciato, invece di farci strada nel sottobosco… ma presto mi ero
resa conto che la mia cautela era del tutto inutile. Quella era una pista
battuta dai cacciatori, nulla di più. E dubitavo che con una guerra in corso
qualcuno ancora la percorresse… a valle però avevamo avvistato delle truppe. E
tante. Solo la mattina precedente avevamo incrociato, non visti, il quinto
contingente da quando eravamo partiti… E tutte stavano marciando in direzione
di Sailune. Il mio stomaco era stretto per la tensione. Solo il pensiero che il
giorno successivo, al massimo il seguente, saremmo finalmente arrivati a
destinazione mi sosteneva nell’andare avanti… ‘Sailune, anche se attaccata
all’improvviso, può reggere per un po’, quanto meno la fortezza interna… e poi
arriveremo noi, con Raizerl. Anche solo con Raizerl, sarà sufficiente.’
Scesi da cavallo, affrontando a piedi la salita a zigzag
lungo il ripido pendio. Quel pomeriggio avevamo proceduto, a quota non
altissima, nella valle scavata fra i profili di una serie di montagne scoscese.
Cavalcavamo costeggiando uno di questi, in un panorama pressoché immutabile, al
riparo di fitte file di alberi secolari e di rientranze e pieghe nella roccia.
Profonde aperture si aprivano nel fianco della montagna, penetrate dalle radici
umide degli alberi e dalle dita glaciali della notte. Mille occhi scuri della
montagna, incombevano su di noi come ad intimarci di non turbare la loro quiete
con le nostre veniali questioni da umani. Riportavano alla mia mente le storie
della mia infanzia, le storie sugli spiriti sacri della montagna, benevoli,
solo quando il loro dominio era rispettato. Ma quella notte mi sentivo più
bagnata che superstiziosa. Ripetendomi che la mia inquietudine era giustificata
da ben altre cause che da timori infantili, individuai alla meglio, oltre il
muro d’acqua, una rientranza nella roccia che potesse ospitarci tutti e tre…
“Ci fermiamo qui.” La mia non era una domanda.
Gourry, al mio fianco, mi parve ugualmente poco convinto
della scelta. Ma c’era poco da obiettare. Scese da cavallo e afferrò sia le sue
redini che le mie, scomparendo nella pioggia per cercare un luogo riparato per
i cavalli. Grata, sollevai le nostre borse, ed iniziai a preparare i nostri
giacigli. Il luogo che avevo scelto era lievemente rialzato rispetto al livello
del suolo, arroccato sulla fiancata della montagna… angusto, ma riparato, e con
spazio sufficiente per tutti… ed era di gran lunga meglio quello che una grotta
scavata in profondità nella montagna… decisamente non mi allettava l’idea di
dividere il mio riparo notturno con non troppo graditi ‘coinquilini’…
Gourry riemerse dalla pioggia mentre stavo estraendo dalla
borsa la nostra cena… fredda, ovviamente. Carne secca, frutta secca, pane secco,
formaggio duro come un mattone. Rimasi per qualche istante in silenzio
luttuoso, fissandoli, solo con un lieve sospiro. Forse lentamente mi sarei
trasformata in una specie di grande mostro essiccato. I miei capelli avevano
già la consistenza di alghe, dopo tutta quella pioggia. La mia pelle era già
grinzosa. Sì, sì, doveva essere un processo senza ritorno.
Sollevai lo sguardo, avvertendo gli occhi di Gourry su di
me. Lo spadaccino stava sorridendo. Già, facevo quella scenata tutte le sere,
grazie tante. Ma non potevo farne a meno. Dormire comoda e mangiare bene, non è
che avessi grandi pretese, era davvero chiedere troppo per una fanciulla in
fiore?
Sospirai, stringendomi nelle spalle. Quindi, mi lanciai
un’occhiata attorno. Non c’erano rametti nella piccola grotta. Certo, tutta la
legna che potevamo trovare quella notte sarebbe stata inesorabilmente umida, ma
con la mia magia avrei potuto comunque fare qualcosa per accendere un piccolo
fuoco all’ingresso della grotta. Nessuno avrebbe visto il fumo con quella
pioggia, e così FORSE avremmo evitato il congelamento… Il mio sguardo tornò a
posarsi su Gourry, il quale semplicemente annuì, senza che avessi bisogno di
dirgli nulla. In un attimo, sparì nuovamente fuori nella pioggia, per cercare
in altre grotte possibile legna da ardere. Io mi alzai, e raccolsi un po’ di
pietre che avremmo potuto disporre attorno alle fiamme, per contenerle. Quindi,
muovendo le spalle per sgranchirle, mi liberai del mio fradicio mantello,
rabbrividendo all’aria fredda, e lo distesi su una roccia… mi chiedevo se
cercare di asciugarlo con la magia… l’ultimo mantello con cui ci avevo provato
era finito carbonizzato perché non avevo regolato bene la potenza
dell’incantesimo…
“Siete piuttosto affiatati, voi due.” Sussultai, al suono della
voce di Ainos. Fino a quel momento era rimasto talmente immobile e silenzioso
che mi ero quasi scordata di lui. Mi volsi, e vidi che mi stava fissando…e
provai un istintivo senso di disagio… Non aveva mai sguardo pericoloso o
malizioso, ma per qualche motivo il modo in cui quell’uomo sempre mi guardava
mi dava una cattiva sensazione…
“Di che stai parlando?” Replicai, fredda.
“Tu e Gabriev, dico. Sembrate comprendervi bene anche senza
parole…”
Inarcai un sopracciglio. “E con ciò? Sei geloso?” Replicai in
tono piatto e non troppo velatamente soffuso di ironia… in effetti era una
settimana che quel tipo non faceva che squadrare Gourry… speravo sinceramente
che non avesse strane idee in testa…
Ainos non parve lasciarsi scomporre. “Non esattamente. Ma
immagino vi conosciate da molto, ormai… e per come sono i vostri rapporti,
suppongo che farebbe di tutto per te, se le circostanze lo rendessero
necessario… ho ragione…?”
Rimasi in silenzio, sempre meno a mio agio. Che significava
quel genere di discorsi, ora?
“Faresti bene a coprirti.”Ainos non attese una mia risposta.
“Stai tremando. E non hai avuto modo di riprenderti completamente dalla tua
ferita… se dovessimo trovarci a combattere, non ci saresti molto utile, in
queste condizioni…” Lo sciamano sembrò perdere improvvisamente interesse in me.
La sua attenzione si rivolse ad una delle sue borse, dalla quale estrasse la
propria coperta, insieme ad un sacchetto di erbe e ad una borraccia d’acqua.
Versò l’acqua nella sua tazza, recitò una breve formula, quindi vi mischiò le
erbe, e prese a bere il suo infuso, senza prestarmi nemmeno un’occhiata. Io
invece rimasi a fissarlo per lunghi minuti, in silenzio. Odiavo l’irrazionale
senso di fastidio che provavo nel rimanere sola con quell’individuo. Al di là
del fatto che non era il mio tipo, non aveva mai fatto nulla per non meritarsi
la nostra fiducia, e nemmeno per rendersi odioso a me… e infatti non era
avversione quella che provavo… solo una sottile, strisciante inquietudine…
“Lina…” La sagoma di Gourry fece di nuovo capolino
all’ingresso della grotta. Il mio amico scaricò il mucchietto di legna
all’entrata e ci fissò perplesso, forse accortosi della strana atmosfera
creatasi fra noi due… “Che c’è?”
Sbuffai. ‘Figuriamoci se ora ho tempo di preoccuparmi anche
delle paranoie dell’uomo più tetro della terra… come sciamano complessato è più
che sufficiente Zelgadiss…’ “Nulla. Non c’è proprio nulla. Freddo e fame a
parte.” Mi inginocchiai vicino alla legna. Quindi sospirai. “Gourry, per
favore, tira fuori le coperte dagli zaini… saranno umide anche quelle, ma non
peggio dei nostri mantelli… quanto meno potremo usare quelle finché l’ambiente
non si sarà scaldato…” Lanciai un’occhiata vacua allo sciamano. “Ainos, per la
cena…”
“Io non ho fame.” Mi interruppe, all’improvviso. “Mangiate
pure la mia parte.” Senza aggiungere altro, si piegò sul suo giaciglio, e si
mise a dormire, volgendoci le spalle. Cos…
“Eh… ehi, Ainos…”
“Bè, tanto meglio.” Fu il blando commento di Gourry, che
immediatamente allungò le mani sul cibo.
“Gourry!” Sbottai, seccata. “Ma scusa, ha camminato per
tutta la giornata, non ti pare NEMMENO UN PO’ strano il fatto che non abbia
bisogno di mangiare?” Mi volsi allo sciamano.”Ehi, Ainos, dico a te!” Il mago
non si mosse, come se fosse già profondamente addormentato. Stranamente, era
sempre così. Quando si infilava nel suo giaciglio nemmeno un Dragon Slave
pareva in grado di ridestarlo, per quanto sembrasse sempre svegliarsi
automaticamente al mattino, o al momento del suo turno di guardia… ‘E Gourry
ogni tanto dice che IO non sono normale…’
“Non capisco perché ti scaldi tanto…” Gourry mi occhieggiò,
divorando di gusto un boccone di carne essiccata.”E’ una persona adulta, se non
ha voglia di mangiare sono affari suoi, no?”
“Non sono ARRABBIATA, sono solo SORPRESA, come la maggior
parte delle persone col minimo di quoziente intellettivo umano sarebbe…” Gourry
fece per replicare, ma non gliene diedi il tempo. Finito di accendere il fuoco,
mi sollevai in piedi, le mani sui fianchi. “E se vuoi sapere PERCHE’ sono seccata,
è per il fatto che TU ti stai mangiando tutta la sua parte di cena quando la ha
lasciata ad entrambi!!!”
Sulle labbra di Gourry si dipinse un sorrisetto di
sfida…”Oh, di QUALE cena stai parlando?” E fece per portarsi alla bocca
l’intera razione di carne…
“Non ci pensare nemmeno!” Saltai su di lui, gettandolo al
suolo, ma il mio amico ridendo mi bloccò facilmente, costringendomi a terra.
“Mmm, sai Lina… questa carne essiccata è talmente buona, ma così pesante… credo
che farò molta fatica a finirla…” Me la sventolò sotto al naso, con fare
provocatorio, prima di addentarne un generoso boccone…
Ah, la metteva sul piano della forza fisica? Bene io sapevo
PERFETTAMENTE dove risiedeva il punto debole di uomo, da quel punto di vista…
E, in tutta sincerità e senza falsa modestia… devo dire che
la ginocchiata che in quel momento gli riservai là dove non batte il sole fu
una delle migliori che avessi mai assestato…
Non preoccupandomi eccessivamente delle conseguenze della
mia azione (ma il suo gemito era stato un po’più acuto del solito? O era solo
una mia impressione?), mi gettai su quanto rimaneva della cena. In pratica,
poca carne, il formaggio col pane, e un po’ di frutta… in realtà non credo
stessimo litigando davvero per un pasto misero come quello… in realtà credo che
il nostro fosse più che altro un atto liberatorio, dopo giorni di stanchezza e
tensione… ma questo al momento non fu che un fugace pensiero. Perché feci
appena in tempo a ingollare quanto era rimasto… prima che due braccia mi
afferrassero e mi gettassero nuovamente al suolo.
Gourry fu sopra di me in un istante, i denti ancora
lievemente digrignati per il dolore… ‘Ooooops… colpo un tantino esagerato…?’
“Vuoi giocare al gioco duro, Lina?” La sua espressione era
inclemente.
Gli riservai un ghigno a trentadue denti… “Sì, ammetto che
sarebbe stato interessante farlo… un vero peccato che la posta in gioco sia
fatalmente scomparsa…”
Inarcò un sopracciglio, a metà fra il seccato e il
rassegnato. “Fatalmente, eh?” Mi premette con più forza al suolo. “Bé, per una
volta potrei anche decidere di vendicarmi, sai?” Rifletté per un momento,
fissandomi.
Processo difficile, per Gourry.
“Non ti sforzare troppo di elaborare un piano di vendetta,
Gourry, comincia ad uscirti fumo dalle orecchie.”
“Uh, uh…” Mi fissò storto. “Potrei decidere di mangiare
davanti ai tuoi occhi la tua razione per domani, ad esempio.”
“Non oseresti.”
“Se anche poi ci litigassimo la mia, tu avresti comunque
perso metà del cibo…”
“Non hai più amore per la vita, Gourry? Perché quello sarebbe
il tuo ultimo pasto…” I miei denti si strinsero, ed iniziai a pensare a quali
fra le mie formule meno appariscenti fossero più dolorose…
Le labbra dello spadaccino si allargarono in un sorriso.
“Certo che sei proprio un bel tipo, lo sai?”
Gli feci la lingua. “Lo hai scelto tu di viaggiare con me.”
Mi divincolai. “E ora ti decidi a lasciarmi andare? C’è Ainos che dorme qui a
due passi, se non te ne sei reso conto…”
Il sorriso di Gourry si fece più ampio. “Perché, se non ci
fosse Ainos potrei rimanere così?”
Quelle parole non ottennero che l’effetto di farmi
avvampare. “N- non è quello che intendevo! E’ solo che s- se ci vedesse così
lui potrebbe pensare che… mentre in realtà noi… oh, non ha importanza, Gourry,
lasciami andare e basta!”
“Non so, in realtà, se ne ho voglia… è così divertente
vederti arrossire…”
Digrignai i denti. “Sai… come scusa per mettere le mani
addosso ad una bella ragazza è veramente penosa…”
Il sorriso rimase, ma il suo sguardo si addolcì. “Non vedo
nessuna bella ragazza.” Mi rispose, con la stessa tranquillità che avrebbe
usato se mi avesse fatto un complimento… “Ma… hai ragione… come scusa è proprio
penosa…” Il suo volto si abbassò all’improvviso sul mio collo, e in un attimo
mi trovai fra le sue braccia.
‘Cos…’ Il mio volto avvampò nuovamente. “Gou… Gourry…?”
Lo spadaccino rimase semplicemente in silenzio per qualche
istante. Quindi emise un lieve sospiro. “Che farei senza di te, Lina…?”
Rimasi per un momento immobile, interdetta. Nella mia mente
si accavallarono diverse soluzioni, fra cui quella di arrossire, sbottare di
rabbia, e guadagnarmi la libertà da quell’abbraccio a suon di palle di fuoco.
Ma, alla fine, il mio corpo finì per rilassarsi indipendentemente dalla mia
volontà.
Tipico di Gourry.
Ero giunta alla conclusione che nel cervello dello
spadaccino dovesse mancare qualche ingranaggio che regolava il passaggio fra
impulso e azione. Ecco perché parlava sempre a sproposito. E agiva senza
assolutamente riflettere su quello che stava facendo.
‘Certo, ogni tanto il dubbio che faccia solo il finto tonto
mi viene…’
Arrossii lievemente, al pensiero. Anche perché, non vi
azzardate a ripetetelo in giro, ma non è che esattamente mi dispiacesse
starmene fra le sue braccia, in quel momento. E’ solo che io da quel punto di
vista ero fatta esattamente all’opposto rispetto a lui. Faticavo persino ad
ammettere a me stessa di essermi affezionata ad una persona, figurarsi a
smettere di frenarmi e ad agire di conseguenza. In fondo, anche quella era una
debolezza. E a me non piaceva essere debole.
Certo che con Gourry sembrava diverso… Con Gourry sembrava
più… naturale… All’inizio ero stata sorpresa dal modo semplice e limpido in cui
mostrava il suo affetto nei miei confronti… perché sulla strada, fra i
mercenari, difficilmente, forse mai, avevo incontrato comportamenti del genere…
Ma dopo un po’ era stato inevitabile fidarmi di lui, e provare attaccamento nei
suoi confronti. Voglio dire, come potevo anche solo lontanamente sospettare che
una persona così dolce e solare avesse dei secondi fini, o cercasse di
approfittarsi di me? Come potevo non apprezzare chi preferiva le tante, piccole
gentilezze quotidiane nei miei confronti ai radi gesti teatrali e
pseudo-romantici con cui troppo spesso certi uomini credono di far cadere
qualsiasi esemplare di sesso femminile ai propri piedi? L’incontro con Gourry
mi aveva lasciata… piacevolmente sorpresa, ecco… Non era questione di cedere al
sentimentalismo, o di ammorbidirsi. In fin dei conti non era che avessi dovuto
apportare un grande cambiamento alla mia personalità, per stare bene al suo
fianco. Per stare lì fra le sue braccia, e non trovarla affatto una cosa
innaturale. Era una cosa venuta gradualmente, col tempo. Semplicemente, a causa
di come lui era.
… erhm… sto tergiversando.
Ad ogni, modo, non mi allontanai. Semplicemente, portai la
mano ai suoi capelli e li tirai, con fare scherzoso. “Meglio che tu non ti
chieda che sarebbe di te. Se nessuno mantenesse anche solo lievemente attivo il
tuo cervello di medusa, in breve tempo si trasformerebbe del tutto in cibo per
cetacei.”
Lo spadaccino sollevò la testa dal mio collo, il sorriso
maligno ancora presente sulle labbra. “La tua cena di domani si fa sempre più
in pericolo, Lina…”
Sorrisi di rimando. “Te l’ho detto, non oseresti…”
Gourry inarcò un sopracciglio. “Magari ci sono più cose che
oserei di quanto immagini…”
Lo fissai con aria scettica. “Ma davvero?”
Gourry mi rivolse l’espressione canzonatoria che usava
quando mi prendeva in giro. “Potrei osare riprendermi quello che mi hai
estorto, ad esempio.”
Lo fissai storto. Supponevo stesse per lanciarsi in uno dei
suoi ragionamenti contorti… “E in che modo, di grazia?”
Gourry mi guardò con fare divertito. “Ma che domande. Con la
forza, ovviamente.”
“Con… la forza…?”
Non ebbi tempo di capire a che si riferiva. Prima che ci
riuscissi, infatti, prese ad avvicinare pericolosamente le sue labbra alle mie.
La propria morte! Ecco cosa voleva, la propria morte!
Ma il nostro eroe si salvò ancora una volta in corner.
Quando ormai era a pochi millimetri da me, e da una fine
dolorosa della propria esistenza, infatti, lo spadaccino si bloccò. Per un
momento pensai che avesse semplicemente scherzato, e che stesse per uscirsene
con una battuta poco opportuna sul modo in cui ero arrossita. (il che non avrebbe
cambiato la mia terribile vendetta, ve lo assicuro, mi avrebbe solo reso molto
più sarcastica a riguardo…)
Fu quando incontrai il suo sguardo che mi resi conto che non
era così. Perché non era divertito, né sprezzante, ma serio e avrei detto…
speranzoso…
Non mi ci volle molto a capire qual era il problema.
Quel cretino. Non lo avrebbe fatto senza avere la certezza
del mio consenso.
Per qualche motivo, questo atteggiamento, che fra tutti
avrei dovuto aspettarmi da un tipo come Gourry, riuscì ancora una volta a
lasciarmi spiazzata. Ma mi chiedevo perché continuavo a stupirmi. Era Gourry.
Sarebbe stato sempre così.
E anche in una vita in continuo movimento come la mia, non
era male ogni tanto avere una certezza del genere…
Restammo a fissarci, per qualche istante, forse in attesa di
qualche frase scherzosa e liberatoria. Ma a quel punto lo sguardo che ci
eravamo scambiati aveva già detto molto più di quanto ancora non saremmo stati
in gradi di spiegare a parole…
Non so bene chi si mosse per primo, so solo che in un
momento tutto scomparve. La grotta, il freddo e l’umidità, le membra
indolenzite. Persino Ainos che dormiva a pochi passi da noi, fatto che
normalmente mi avrebbe terribilmente messo in imbarazzo.
Era piacevole, certo. Ed era qualcosa di completamente
nuovo. Ma stranamente non ero agitata, e nemmeno mi sentivo strana, o diversa.
Ero tranquilla. Tranquilla. Poche cose al mondo erano in grado di
tranquillizzarmi a tal punto.
‘Certo… forse un po’ finto tonto allora lo è…’ Fu l’unico,
fugace pensiero che mi attraversò la mente, prima che essa, per una volta, si
decidesse ad azzitirsi…
Quando le nostre labbra si separarono, ci fissammo ancora
per qualche istante, straniti. Mi sentivo la testa stranamente leggera, come se
le mie sensazioni fossero momentaneamente sospese. Persino la fredda pietra
sotto di me e il calore delle sue dita sulla mia guancia in quel momento mi
parevano lontani…
“E allora…” Fui io a rompere il silenzio, in tono
forzatamente piatto. “…è una vendetta sufficiente?”
“No.” Rispose, ed ebbi l’impressione che le parole gli
uscissero dalla bocca prima di passare attraverso il cervello. “M… ma suppongo
che ci sarà tutto il tempo di approfondire la prossima volta!” Si affrettò ad
aggiungere, temendo evidentemente ritorsioni.
Quella reazione mi fece sorridere. “Cosa ti rende così
sicuro che ci sarà una prossima volta…?”
“Uh… il fatto che non sia così inusuale che tu mi rubi il
cibo dal piatto…?”
Lo fissai per un momento… e scoppiai a ridere. “Immagino che
questa sia una buona argomentazione…”
Restammo a fissarci per un momento in silenzio, l’imbarazzo
stranamente rimosso, un lieve sorriso, un sorriso consapevole, che affiorava
sulle labbra di entrambi. Credo che avremmopotuto rimanere lì a lungo, ma fu
allora che un breve brontolio di Ainos nel sonno mi riportò bruscamente alla
realtà…
Sospirai, volgendo la testa verso lo sciamano. “Temo sia il
caso di metterci a dormire.” Borbottai, , fissandolo storto, come se la colpa
fosse sua. “Domani la marcia sarà lunga.”
Gourry esitò solo un momento, quindi annuì e si sollevò,
porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi. “Pensi che sia il caso di restare
di guardia?”
Mi accigliai, e lanciai un’occhiata alla pioggia
scrosciante, al di fuori del nostro riparo… “Siamo in un luogo piuttosto
riparato… e con questa pioggia dubito che qualcuno verrebbe a scovarci…” Mi
volsi verso di lui, con un’alzata di spalle. “Forse un’intera notte di sonno
farà bene ad entrambi…”
Lo spadaccino sorrise e annuì, dando una lieve stretta alla
mia mano, che ancora stringeva. Incontrai il suo sguardo, e sorrisi di rimando.
“Prendo le coperte…” Replicò semplicemente, non abbandonando
il mio sguardo, quindi si mosse per raggiungere la borse. Nel passarmi accanto,
per tornare al suo giaciglio, allungò la mano a scompigliarmi i capelli.
Sospirai. “Non potresti almeno smetterla con questo?”
Mi rivolse un ampio sogghigno. “Mi viene troppo naturale.”
Mi lanciò una coperta, e se avvolse un’altra attorno alle spalle, quindi si
fermò a ravvivare il fuoco. Scossi la testa, rassegnata, e rimasi ferma ad
osservarlo mentre aggiungeva legna al piccolo focolare, godendo del silenzio ci
avvolgeva.
Il rumore della pioggia era sempre più forte, e nella notte
risuonavano i cupi rombi dei tuoni. Mi concentrai su quel suono, per un
istante. C’era qualcosa che non andava… cos’era quello strano sottofondo…? Non
sembrava il rumore del vento…
“Lina, pensi che dovremmo…” Iniziò Gourry, ma io lo zittii
con un gesto. Lo spadaccino assunse un’aria interrogativa, ma non obiettò. Mi
sollevai in piedi, e lo raggiunsi vicino all’entrata, cercando di concentrarmi
solo sull’ascolto. Poteva essere…
Dopo un istante, ne fui certa. “Voci!” Il vento ci stava
portando il suono della voce di qualcuno! “Gourry, c’è qualcuno la fuori!”
Immediatamente, lo spadaccino si mise in allarme. “Ne sei
certa, Lina?”
Annuii, a mia volta tesa. “Non ho dubbi! Ma cosa ci fanno
delle persone qui, a quest’ora?” Cercai il suo sguardo, accigliata. “Questa non
è una pista battuta comunemente, nemmeno dai soldati…”
Gourry ricambiò lo sguardo, smarrito quanto me. “Non ne ho
la più pallida idea…” Fissò la pioggia per un momento, quindi le sue labbra si
strinsero. “Ad ogni modo, chiunque siano, qui non ci troveranno. Anche ammesso
che sia qualcuno di cui dobbiamo preoccuparci, non possono arrampicarsi e
setacciare tutte le grotte a lato della montagna, con questo tempo… e le nostre
impronte sicuramente ormai saranno cancellate…”
Io non ero altrettanto ottimista… “Possono trovare questa
grotta come la abbiamo trovata noi, Gourry, anche solo casualmente…” Riflettei
per un momento, mordendomi il labbro.
“Non hai un qualche incantesimo che possa mascherarla…?”
“Ci stavo pensando… potrei provare ad oscurarla per
nasconderla alla loro vista, ma basterebbe che avessero un mago con loro per
scoprire che si tratta di tenebre magiche…” Mi portai la mano destra al mento,
pensierosa… “Però posso usare la magia sciamana per stimolare la crescita della
vegetazione attorno ad essa… se coperta nel modo giusto, con questo tempo, la
grotta sarebbe praticamente invisibile…” Bè, non c’erano molte altre soluzioni…
Ci scambiammo un’occhiata ed annuimmo. Pronunciai brevemente
le parole dell’incantesimo… le radici attorno alla grotta improvvisamente si
protesero come artigli, rami e foglie si attorcigliarono attorno ad esse,
creando una fitta rete protettiva sull’ingresso della grotta. Studiai il
risultato accigliata, allo stesso tempo rimproverandomi per la mia avventatezza
di poco prima. Eravamo stati fortunati quanto incauti. Se quelle persone erano
davvero pericolose per noi e se ci avessero sorprese nel sonno o qualche
momento prima mentre… bè, insomma… mentre eravamo concentrati su altro… avremmo
corso un serio rischio…
Mi rivolsi allo spadaccino. “Gourry, i cavalli…”
Gourry si limitò ad annuire. “Sono ben nascosti, legati nel
fondo di una grotta più profonda, abbastanza lontana da qui… a meno che non
abbiamo la sfortuna che scelgano proprio quella per fermarsi non dovrebbero
vederli… e anche se fosse, così nascosti non troveranno NOI…” Si avvicinò a me
e mi trascinò gentilmente verso una zona più riparata all’interno della grotta.
Con un gesto della mano, spensi il fuoco. Non era decisamente il caso di
salvarsi da un eventuale attacco per poi finire soffocati dal fumo…
“Credi che dovremmo svegliare Ainos…?” Bisbigliò il mio
compagno.
Lanciai un’occhiata allo sciamano. Sembrava ancora
profondamente addormentato, per nulla turbato da quanto accadeva attorno a lui.
“No…” Risposi, cauta, dopo aver riflettuto per qualche istante. “Rischieremmo
di fare troppo baccano. Spero solo che nel caso si svegli abbia il buon senso
di starsene zitto…”
Rimasi rannicchiata a fianco di Gourry, in un silenzio teso,
mentre le voci si facevano gradualmente più distinte. Ora non c’erano più
dubbi. Erano vicini, probabilmente sul sentiero. Ed erano numerosi. Cercai di
distinguere più chiaramente qualche frase, ma il rumore della pioggia rendeva
ogni suono confuso… avrebbe potuto trattarsi di chiunque…
La mia tensione molto lentamente si sciolse, a mano a mano
che avvertii le voci allontanarsi, nella stessa direzione in cui noi eravamo
diretti… chiunque fosse, anche nemici, non sembrava intenzionato a fermarsi, né
a mettersi a cercare qualcuno sotto quella pioggia… doveva trattarsi di
qualcuno inspiegabilmente di passaggio in quel luogo…
“Sembra che siamo fuori…” Iniziai, bisbigliando, ma non
riuscii a terminare. La mia attenzione fu distolta da un movimento alle mie
spalle.
Ainos, silenzioso come un gatto, si era svegliato, e levato
in piedi. La sua figura ora si stagliava in piedi vicino all’entrata della
grotta, un’ombra scura in contrasto con la debole luce proveniente
dall’esterno… L’espressione per me indecifrabile nell’oscurità, il suo viso era
volto verso me e lo spadaccino. Inconsciamente, mi trovai a rabbrividire. E
sentii che anche Gourry si irrigidiva… per il modo in cui stava
fissando lo sciamano, avrei giurato che lui riuscisse a vedere quegli occhi che
a me erano celati dal buio…
“Ainos… ci sono delle persone, là fuori…” Iniziai,
un’implicita esortazione al silenzio…
“Lo so perfettamente.” Il tono gelido dello sciamano mi fece
sussultare. “E’ proprio per questo che sono in piedi.”
‘Eh?’ “Ainos, cosa…”
Ma lo sciamano non mi lasciò aggiungere altro. Allungò la
mano verso l’entrata della grotta, e lentamente la vegetazione che avevo fatto
radunare si diradò. ‘Cosa diavolo…?’ Il mago si volse nuovamente verso di noi,
solo una breve occhiata. “La mia decisione… è presa.” Rimase fermo un istante…
quindi schizzò all’esterno.
“Cosa?” Gourry ed io sbottammo, all’unisono. Il suo
movimento era stato tanto repentino che non ci era stato possibile fare nulla
per fermarlo.
“Diavolo!!!” Mi affacciai all’ingresso della grotta senza
nemmeno pensare di indossare il mantello. Il mio volto fu immediatamente
sferzato dalla violenza della pioggia, il mio sguardo si perse in un oceano di
oscurità. ‘Dannazione, dannazione, dannazione…’ Continuai a imprecare, fra i
denti.
“Cosa facciamo, Lina???”
“Dobbiamo fermarlo! Non so cosa abbia in testa, ma se sono
nemici quelli là fuori e lui ci fa scoprire siamo morti!!!”
“Le sue impronte non sono ancora cancellate completamente!”
Il mio amico era costretto a gridare, perché la sua voce non si perdesse nello
scroscio della pioggia.
Annuii. “Se riesci a vederle, seguile! Io sarò
immediatamente dietro di te!”
Lo spadaccino non perse tempo. Con solo un lieve cenno del
capo, si gettò a capofitto nel temporale. Io arrancai al suo inseguimento,
proteggendomi gli occhi con un braccio per evitare che la pioggia vi
penetrasse, facendo sì che lo perdessi di vista. Un paio di volte rischiai di
inciampare, o di essere travolta dai rami che sembravano scivolare sul corpo
dello spadaccino senza che questi nemmeno se ne accorgesse. Ero veloce quanto,
se non più, di Gourry, ma non altrettanto robusta, e le sterpaglie e la
vegetazione del sottobosco, che continuavano a sferzarmi viso e gambe, finivano
per rallentarmi notevolmente. Gourry si voltò un paio di volte per controllare
che ci fossi ancora, e quando si rese conto che ero in difficoltà mi afferrò
saldamente la mano, per assicurarsi che non finissimo per dividerci. Il che mi
facilitò l’avanzata, ma purtroppo non riuscì ad impedire che incespicassi ad
ogni passo, rischiando di far cadere al suolo entrambi.
‘Odio la pioggia, odio il fango, odio le sterpaglie e i maledetti
soldati nemici! Fa che mi capiti fra le mani Oberon…’
Mentre la mia mente si abbandonava a quelle che mia sorella
avrebbe definito ‘imprecazioni poco adatte ad una signorina’, corremmo a gran
velocità, per quelli che con l’agitazione mi sembrarono chilometri. Di Ainos,
però, non si vedeva nemmeno l’ombra.
“Dannazione, ci stiamo avvicinando al sentiero!!!” Me ne
resi conto quando ripercorremmo una svolta che avevamo compiuto salendo verso
la grotta.
“Cosa?” Gourry si volse lievemente verso di me, proseguendo
la sua corsa.
“Fai attenzione, Gourry! Non sappiamo se quelle persone sono
ancora nei paraggi!!!” Gridai di rimando.
“Lina, non riesco a sentirti!!!”
“Ho detto che non… aaah, Gourry attento!”
Forse scorgendo la mia espressione allarmata, Gourry si
volse di scatto in avanti, deviando appena in tempo per evitare un grosso ramo
che sporgeva sul suo percorso. Nel farlo, tuttavia, i suoi stivali infangati
scivolarono sulle foglie umide ammassate al suolo e il mio amico incespicò,
mentre la sua presa sulla mia mano si scioglieva. Feci del mio meglio per
frenare, ma i miei piedi non risposero al comando. Capitombolai su di lui, e in
una specie di domino umano finimmo entrambi a terra.
Fu allora che sentii mancare il suolo sotto di me.
“Gwaaaaaaaaaah!”
“Lina!!!”
La zolla di terra su cui ero atterrata franò, smossa dalla
pioggia e dal mio peso, trascinandomi inesorabilmente lungo il pendio, verso il
sentiero sottostante. Per un momento, scorsi vagamente la figura di Gourry
rialzarsi gridando il mio nome, ma poi il mondo prese a vorticare
violentemente, e tutto ciò di cui fui consapevole furono gli urti contro gli
ostacoli sul terreno, e la fiumana di fango che mi circondava. Quando
finalmente la corsa si arrestò, ero senza fiato, e forse ferita. Non ero
sinceramente in grado di giudicarlo, e non avrei saputo dire dove, dal momento
che ogni parte del mio corpo sembrava dolere come se fosse stata appena presa a
bastonate…
‘QUANTO ti costerà tutto questo, Philionel…’ Mugugnai, fra
me e me, mentre cercavo, invano, di rialzarmi. Le mie gambe sembravano
semplicemente aver deciso di smettere di collaborare. Mi sorreggevano per
qualche istante, per poi abbandonarmi, lasciandomi malamente ricadere fra gli
spruzzi di fango. ‘Dei, se la gente mi vedesse ora… il mio regno per qualcuno
che mi sorregga…’
“Serve una mano?”
Sussultai, emettendo una specie di grido strozzato.
Sorpresa, troppo sorpresa al suono di quella voce ignota perché il mio cervello
elaborasse qualsiasi reazione razionale, fui capace solo di sollevare lo
sguardo, boccheggiando.
Una mano. Una mano era tesa verso di me. Per un istante,
solo un istante, fui invasa dalla illusoria speranza che quelle dita
appartenessero a Gourry, che il mio compagno fosse riuscito a balzare al mio
inseguimento lungo il pendio e a raggiungermi senza cadere a sua volta. Ma fu
una speranza fugace. Perché presto i miei occhi incontrarono quelli del
proprietario di quell’arto.
Un gigante.
Ammantato di tenebra, incombeva su di me, e la sua bocca
rideva, digrignando i denti, come quella di un predatore che ha appena
raggiunto la sua vittima… il mio cervello registrò velocemente quell’immagine,
rifiutandosi però di elaborare una spiegazione razionale sulla sua reale
identità, e sui motivi della sua presenza in quel luogo…
“Cosa… diavolo…?”
“Felice di fare la tua conoscenza… Lina Inverse…”
Non ebbi tempo nemmeno di prendere fiato, o di pensare ad
una risposta. Un battito di ciglia… e le tenebre caddero, inesorabili, su di
me.
***
“Lina!!!”
Era stato un secondo. Un momento prima la sua mano era
stretta saldamente fra le sue dita, e quello successivo la aveva vista
precipitare inesorabilmente in un baratro di oscurità.
Le tracce che stavano seguendo proseguivano in una discesa
più dolce, deviando a sinistra lungo una stretta pista da conigli, che
costeggiava il sentiero nella direzione in cui si erano dirette le voci… ma in
un attimo, per lui, quelle tracce furono dimenticate. Scordandosi della terra
cedevole sotto i suoi piedi, si gettò lungo il pendio ripido all’inseguimento
della maga, rischiando di scivolare come anche a lei era accaduto e di
precipitare nel buio.
Mise un piede in fallo, e incespicò. La pendenza era troppa
perché potesse riuscire a riprendere l’equilibrio, e cadde in avanti, faccia al
suolo. Scivolò per qualche metro, rotolando su se stesso, e solo l’impatto, di
schiena, con un grosso albero gli impedì di precipitare lungo il pendio sino al
sentiero sottostante.
Un impatto, inutile a dirsi, doloroso.
“D… dei…” Provo a rialzarsi, ma non ci riuscì. Appena tentò
di mettersi in ginocchio, fu come se mille spade gli stessero perforando la
spina dorsale… Strinse i pugni nel fango, serrò i denti, nell’attesa
interminabile che il dolore si attutisse. E quando questo avvenne, il suo corpo
era totalmente privo di forze. Non aveva più il coraggio di tentare di
sollevarsi in piedi… “Li… Lina…”
“Lina non è più qui.”
La voce risuonò gelida. Una lama tagliente, calata nella
notte che lo sovrastava. Una voce che in quel momento risvegliò in lui una
rabbia fredda e intenso, che raramente gli era capitato di provare.
Ebbe la forza di levare lo sguardo, per fronteggiare l’uomo
che li aveva traditi. Fermo, in abiti candidi nonostante la violenza della
tempesta, lo fissava dall’alto, con calma glaciale.
“E non la vedrai per lungo tempo. Quanto prima ti
rassegnerai all’idea, tanto prima potrai dedicarti a sentimenti più produttivi
della frustrazione e della rabbia.”
Senza prestare il minimo di attenzione alle sue parole,
Gourry arrancò, cercando di afferrare la sua caviglia e di trascinarlo al
suolo. L’uomo, tuttavia, sembrò intuire con largo anticipo quale sarebbe stata
la sua mossa, e si scostò con facilità, senza smettere di fissarlo sprezzante.
“Hai un bel coraggio a farti vedere ancora…” Sibilò lo
spadaccino, senza riuscire a muoversi più di qualche centimetro…
“Coraggio? Intendi, per essermi presentato di fronte ad un
uomo che non ha nemmeno la forza di strisciare nel fango? Ammetterai che non
costituisci una grossa minaccia, per me…” Il tono dello sciamano era calmo, per
quanto venato di sarcasmo. “Risparmia le energie. Dovrai andartene di qui con
le tue gambe, e al più presto, se non vuoi che i vostri nemici catturino anche
te.”
“ANCHE me?” Ringhiò lo spadaccino, con l’ultimo fiato che
gli rimaneva in gola.
“Anche te.” Ripeté Ainos, in tono piatto. “La ragazza è già
nelle loro mani. Nelle condizioni in cui era non avrebbe potuto combatterli. E
non avrebbe nemmeno potuto sfuggire loro. Lo so per certo. Perché ho attirato
la loro attenzione, e li ho guidati io a lei.”
Non seppe come ci riuscì, ma l’istante dopo si trovava in
piedi. E quello ancora successivo, le sue mani erano strette attorno al collo
dello sciamano, premuto fra lui e la mole dell’albero contro cui aveva
impattato. “Dammi un buon motivo per non ucciderti…” Sibilò lo spadaccino,
troppo allarmato per impedire che la rabbia avesse la meglio su di lui.
Lo sciamano sorrise, per la prima volta da quando lo aveva
incontrato. Uno storto, sinistro, sorriso. “Semplicemente perché senza di me
non puoi sperare di aiutarla.”
Le mani dello spadaccino strinsero più forte. “Credi di
prendermi in giro???”
Il distorto sorriso non scomparve dalle labbra di Ainos. E
se stava soffrendo per la stretta di Gourry fu abilissimo nel non darlo a
vedere… “Per quanto io possa riuscirci facilmente, guerriero, inquesto momento non mi sto prendendo gioco di
te. Cosa potresti mai fare, ora?”
I denti di Gourry si digrignarono. “Andrò laggiù. E… e
combatteremo…” Gourry non aveva idea di quali nemici lo aspettassero in realtà,
non aveva nemmeno idea di quanta verità ci fosse nelle parole di Ainos, per
dirla tutta. Ma era troppo confuso e preoccupato per Lina per riuscire a
pensare lucidamente ad un qualche piano d’azione…
Lo sciamano scoppiò in una specie di, rauca, risata. “Già,
lo immaginavo…” Riacquistò la compostezza, anche se l’ombra di un sorriso
continuò a velare le sue labbra. “… l’irrazionalità di voi umani. Basta che vi
si tocchi qualcosa a cui tenete, e subito perdete il controllo…”
“Di che diavolo stai parlando???” Gourry non capiva, e per
una volta nella vita non gliene importava assolutamente nulla. Voleva
abbandonare quell’uomo ai suoi discorsi incomprensibili, e correre su quel
dannato sentiero. Voleva correre da Lina. Voleva trovarla sola, ammaccata e
coperta di fango, e sentirsi rimproverare perché proprio quando avrebbe dovuto
tenerla stretta aveva lasciato andare la sua mano.
“Io ti ho scelto, Gourry.” Continuò lo sciamano, senza
curarsi del turbinio delle sue emozioni. “Ho cercato a lungo qualcuno che fosse
adatto, prima di sentire parlare di te. E ti ho aspettato dove sapevo saresti
giunto.” I suoi occhi si fissarono su quelli dello spadaccino, e l’istinto
gridò a Gourry di ritrarsi, tanto che dovette fare violenza a se stesso per non
mollare la presa… “Ora non c’è più la Spada di Luce… ma io ti offro un’arma
altrettanto potente. ANCORA PIU’ potente, se accetterai di maneggiarla nel modo
più corretto. Come suo custode, dovevo accertarmi delle tue capacità prima di
farti questa proposta. Ma ormai non ho più dubbi.”
Gourry si ritrovò a gridare. “IO NON VOGLIO NESSUNA ARMA!!!”
Premette più forte il collo dello sciamano schiacciandolo completamente contro
la dura corteccia. “Voglio sapere perché hai fatto sì che Lina venisse
catturata!!!”
Lo sciamano sorrise. “Inizialmente quella ragazza mi
appariva come un ostacolo a quanto avevo in mente per te. Ma poi ho capito che
poteva essere un utile stimolo. Il pensiero di doverla liberare sicuramente
sarà un’ottima motivazione ad imparare a maneggiare in fretta la spada. E avrai
bisogno di motivazione, te lo posso assicurare…” Quest’ultima aggiunta fu poco
più di un sussurro.
Quella risposta fece infuriare lo spadaccino.
“IO-NON-MANEGGERO’-NESSUNA-SPADA!!!” Lo lasciò e si allontanò da lui. “Tu sei
solo un folle! Ed io più folle di te a stare qui ad ascoltarti mentre Lina ha
bisogno di me!!!” Fece per riprendere la sua corsa verso valle, ma la voce
gelida dello sciamano lo bloccò.
“Chi è il folle?” Era una semplice domanda, ma suonò per
Gourry come un ordine perentorio. “Cosa succederà quando arriverai di fronte a
quegli uomini? Non penserai che abbiano mandato un semplice gruppo di reclute a
cercarvi… Perché è VOI, che stavano cercando, o non sarebbe spiegata la loro
presenza su queste montagne…” Fece una pausa. “Sono troppi, anche per te. FORSE
avresti potuto batterli con la Spada di Luce, ma non è più nelle tue mani. E
con una spada normale nemmeno uno come te riuscirebbe a sconfiggere una
divisione di uomini addestrati ad uccidere. Anche se li cogliessi di sorpresa,
otterresti solo di farti massacrare davanti alla donna che ami. E lei
rimarrebbe nelle loro mani.” Fece un passo verso di lui. “Mentre io ti offro la
possibilità di tornare armato a sufficienza per salvarla.”
I pugni di Gourry si strinsero. “Posso seguirli e prenderli
di sorpresa! Non posso abbandonarla in mano loro e sparire! Non so dove la
porteranno! Se la uccidessero…”
“Non essere sciocco.” Lo interruppe il suo interlocutore,
secco. “E’ ovvio che metteranno delle truppe sulle tue tracce. Come è ovvio che
in mezzo ad un esercito sarà sorvegliata a vista. Non potrai evitare lo scontro
con un numero nutrito di soldati. E comunque non la uccideranno.” Il tono dello
sciamano era tranquillo. “Non avrei sprecato così un oggetto tanto utile. Hanno
bisogno di lei. E so anche dove la condurranno. O meglio, posso dedurlo. A sud,
oltre la barriera.”
Gourry si volse, fissandolo con occhi rabbiosi. La pioggia
gli rigava il volto, e la sua vista si confondeva, ma la figura dello sciamano
pareva stagliarsi nell’oscurità come un faro nella notte. “Oltre la barriera?
Che bisogno potrebbero avere di lei oltre la barriera?”
“C’è un regno di cui Oberon non si è ancora assicurato
l’alleanza. Ottenuto il suo appoggio, il suo controllo sul sud sarà certo… e
con le sue truppe, il dominio sul nord assicurato. E Lina Inverse può
costituire un ostaggio appetitoso… in questi mesi, dopo la lotta con Dark Star,
la sua fama ha raggiunto anche il sud…”
“Un… ostaggio…?”
Il tono di Ainos era calmo, totalmente indifferente. Ma a
quelle parole un misto di rabbia, angoscia e terrore si impadronì dello
spadaccino… un misto unito all’impotenza… e alla frustrazione, nel riconoscere
quanto di dannatamente vero c’era… nelle parole dell’uomo tanto ragionevole che
aveva di fronte…
“Come posso… fidarmi di te…?” Il tono della sua voce era
stanco.
“Non puoi.” Rispose calmo lo sciamano. “Devi. Perché non hai
altra scelta.”
Gourry rimase in silenzio per qualche istante. Sulle pendici
della colline, voci cominciarono a risuonare. Lo stavano cercando. Almeno in
questo lo sciamano non aveva mentito.
‘Ma non posso lasciarla qui. Non voglio. Ho promesso di
proteggerla.’
Ma hai lasciato la sua mano. Un’altra voce, nella sua
mente. Hai lasciato la sua mano. E ora devi affrontarne le conseguenze.
Non sempre la scelta più giusta è anche la più semplice.
Era sua nonna a ripeterglielo. Quando doveva trattare con
suo fratello. Quando doveva tacere di fronte alla sofferenza di sua madre.
Sempre. Aveva scelto, quando aveva abbandonato la sua casa con la Spada di
Luce. Aveva scelto allora… e doveva farlo anche ora.
‘Lina sa badare a se stessa.’ Strinse con forza il pendaglio
che teneva al collo. ‘Saprà badare a se stessa, finché non sarò in grado di
essere al suo fianco per aiutarla. Verrò a prenderti. Verrò a prenderti a costo
di perdere la mia anima per questo, Lina. Quindi aspettami.’
Stringendo le labbra, con sguardo ostile, annuì allo
sciamano.
Ecco altri due capitoli, postati in extremis prima della sessione estiva
degli esami… e per i prossimi temo se ne riparlerà a
Ecco altri due capitoli, postati in extremis prima della
sessione estiva degli esami… e per i
prossimi temo se ne riparlerà a metà luglio…^^’’’ (ma confido che allora
riuscirò a scrivere con un minimo di regolarità…XD) Ovviamente i commenti e le
critiche sono sempre graditi! ^^
La prima sensazione che i suoi sensi rilevarono fu un odore
che non conosceva.
L’odore che la sua mente associava al palazzo era lindo,
dolce, con un sentore di antichità… quello che sentiva ora attorno a sé era
l’odore della battaglia. Sangue, misto a sudore. E morte.
‘Forse mi hanno uccisa.’ Fu il suo primo pensiero. ‘E mi
hanno abbandonata sul campo di battaglia.’ Per un momento, fu quasi una
speranza. Perché avrebbe significato non dover aprire gli occhi. Non dover
affrontare quanto temeva la aspettasse. Perché sentiva di non avere più la
forza di agire come il suo ruolo di principessa le avrebbe imposto…
“Ben svegliata, mia signora…” Quella voce fredda spezzò
immediatamente le sue illusioni. Per un momento pensò di fingere di non avere
ancora ripreso i sensi, ma le bastò un momento per rendersi conto di quanto
questo sarebbe stato inutile, ed infantile. Quindi, fece violenza a se stessa.
E aprì gli occhi.
La luce che ferì la sua vista bastò ad indicarle che era già
giorno pieno. Si riparò per un istante gli occhi, confusa. Era sdraiata su di
una semplice stuoia stesa al suolo, il suo corpo coperto ancora dalle vesti che
indossava quando era stata catturata. Un lenzuolo di lino era stato steso su di
lei, a difenderla dall’umidità e dal freddo, mail suo corpo era comunque indolenzito, per il lungo contatto con
la dura terra. Doveva essere stata priva di sensi per tutta la notte, e
l’intera mattinata.
“Mi dispiace di non averti potuto garantire un alloggio più
consono al tuo rango, ma l’accampamento non offriva di meglio. In poco tempo
raggiungeremo uno dei castelli che abbiamo conquistato, e allora avrai delle
stanze tue, e qualcuno al tuo servizio.”
Sollevò lo sguardo verso il proprietario di quella voce
gelidamente cortese. La sua figura la sovrastava. Un uomo che avrebbe potuto
dirsi affascinante. Doveva avere più o meno l’età di suo padre, ed era
altrettanto imponente, per quanto più esile. Gli occhi del colore di un lago
ghiacciato, la barba e i capelli brizzolati, la mascella contratta. Le sue braccia
ed il suo petto avevano la forza del guerriero, il suo corpo il portamento di
un re. Forse normalmente ne sarebbe stata affascinata. Ora, verso di lui
provava solo un fremito di repulsione. Perché aveva già compreso di chi si
trattava…
“O… Oberon…”
“Mio signore.” L’uomo la corresse, glaciale. “Questo è il
titolo con cui ti rivolgerai a me. Davanti ai miei uomini, e nel privato. Ed io
ti userò la medesima cortesia, mia signora. Perché questa si confà ai rapporti
fra due consorti.”
I denti di Amelia si strinsero, mentre la rabbia si
impadroniva di lei. “Noi non siamo sposati.”
Oberon annuì. “Non ancora. Ma confido che tuo padre darà
presto la sua approvazione. Dato che al momento nelle mie mani si trova un
prezioso strumento di trattativa…” Le tese la mano, per aiutarla ad alzarsi, ma
Amelia la rifiutò. A fatica, si sollevò con le sue sole forze.
Oberon si strinse nelle spalle, apparentemente non turbato
dalla sua ritrosia. “Ti farò raggiungere da una servitrice che si occuperà di
te temporaneamente. Immagino che desideri un bagno, e abiti puliti…” Fece per
allontanarsi.
Per un momento Amelia fu sul punto di negare, mossa
dall’orgoglio. Ma bastò un attimo a farle cambiare idea… sudore, sporcizia e
sangue le incrostavano i capelli e le vesti. In quel momento non desiderava che
affondare in un mare di schiuma e di acqua calda, e dimenticare il mondo che la
circondava…
Invece del secco rifiuto che aveva in mente, però, altre
parole si trovarono a prendere forma sulle sue labbra. Parole che temeva di
pronunciare…”Che ne è stato di mio padre?”
Oberon, già di spalle all’entrata della tenda, si volse
nuovamente a fronteggiarla. “Riteniamo che sia fuggito.” Rispose, senza
scomporsi. “La fortezza interna deve ancora cadere, ma non è più stato
avvistato sulle mura. Ho inviato degli uomini alla sua ricerca, anche se non ho
troppe speranze di riuscire davvero a ritrovarlo…” La sua voce non vacillò. “Ma
avendoti nelle mie mani, mia signora, le mie preoccupazioni si riducono
notevolmente…”
Amelia rimase ammutolita. Fuggito? Abbandonandola lì? Non
era possibile. Quell’uomo stava mentendo… “Mio… mio nonno…” La sua voce la
tradì… avrebbe voluto piangere, ma sapeva di non poterselo permettere…
Oberon si accigliò. “Lo so. E me ne dispiace. Ho già
rimproverato duramente Elmerish per aver fatto sì che una signora assistesse ad
uno spettacolo del genere…”
Che cosa voleva che gliene importasse dei suoi rimproveri!!!
“Ogni generale è degno del suo comandante…” La voce di Amelia era tagliente,
mentre ripeteva quelle parole, che aveva sentito pronunciare a suo padre ogni
volta che un suo generale aveva compiuto qualcosa di sbagliato.
La mascella di Oberon si contrasse ulteriormente. “Questo
sarebbe uno dei motti dell’integerrima famiglia reale di Sailune?” Il tono
della sua voce le parve soffuso di ironia, anche se non sapeva dirne il motivo…
“Io penso che ogni persona debba essere personalmente responsabile delle sue
azioni, invece. Ma con questo non voglio negare le colpe che possono derivare
dall’eccessivo lassismo. Elmerish sa che verrà punito. Dopo che avrà portato a
termine la sua missione.” Fissò lo sguardo su Amelia, uno sguardo che sembrava
penetrarle l’anima. “Un uccellino mi ha detto che sgattaiolare fuori dalle mura
non è solo prerogativa dei regnanti, a Sailune. Ho inviato Elmerish ad
assicurarsi che tutte le chiocce tornino da brave al loro ovile…”
Amelia non ebbe bisogno di fare domande per capire a chi
Oberon si riferiva. Strinse i denti, delusa che il loro piano fosse stato
scoperto. ‘Ma sei un illuso se pensi che prenderai Lina-san. Ormai sarà già a
Raizerl. E tornerà qui, e lei e Gourry -san ti rificcheranno in gola a colpi di
incantesimi e di spada tutte le tue stupide speranze di metterla in gabbia.’
Oberon squadrò accigliato la sua espressione. “Farai bene a
mantenere la calma, mia signora… rabbia e ribellione non sono sentimenti
graditi qui. Un atteggiamento remissivo ti garantirà un trattamento migliore.
Se osserverai con lucidità i fatti, riconoscerai che chi si è ribellato a me
finora non ha avuto sorte felice, in questa guerra…”
Quell’affermazione non fece che riempirla ulteriormente di
inquietudine… c’era un’altra domanda che assillava la sua mente… un’altra
domanda a cui non osava dare voce…
“E ora… se la mia signora vuole scusarmi… impegni importanti
richiedono la mia presenza…” Oberon fece per allontanarsi, nuovamente…
“Gli uomini che erano con me…” Amelia ebbe la forza di
fermarlo, e domandare. “Quelli che mi difendevano, nella torre di mio nonno…
avete catturato anche loro…?”
Oberon le lanciò solo una breve, impietosa, occhiata.
“Per quanto ne so… sono tutti morti.”
***
Il dolore inizialmente fu insopportabile. Forse fu proprio
quello a strapparlo all’oblio. Da quanto la sua pelle era stata tramutata in
pietra, non era più stato abituato a provare sensazioni del genere.
“Re… recovery…” Bisbigliò fra i denti, senza nemmeno
sollevare il volto dal suolo, portandosi la mano allo stomaco. Doveva ritenersi
fortunato. Le ferite in quel punto erano fra le più dolorose, ma anche fra le
più lente nel portare alla morte… oh, ad un comune essere umano un colpo del
genere sarebbe stato più che sufficiente… ma doveva ringraziare le sue
parentele altolocate per il fatto di NON ESSERE un comune essere umano…
‘Bè, GRAZIE INFINITE, Rezo. Spero che queste parole ti giungano…
mentre vieni torturato all’inferno…’
Sospirò. Il dolore si stava lentamente attenuando. Non si
trattava di una ferita profonda, se ne rese immediatamente conto. Altrimenti
non sarebbe riuscito a guarirsi da solo… il grosso del danno doveva essere stato
procurato dall’impatto piuttosto che dalla lama. Del resto, si sarebbe poco
stupito se un’arma di quelle dimensioni fosse stata in grado di tagliare a metà
una persona…
‘Per fortuna pare che quel gigante non abbia avuto tempo di
fermarsi a controllare le mie reali condizioni… altrimenti ora io non sarei…
ah!’
L’improvvisa presa di coscienza lo fece sollevare
repentinamente dal terreno, procurandogli una nuova fitta di dolore. Al
momento, tuttavia, il suo cervello la registrò solo vagamente, mentre i suoi
sensi si allertavano in tutt’altra direzione.
“Amelia!”
Chiamò ad alta voce, incautamente. Ma anche se si fosse
messo a gridare follemente, non avrebbe fatto alcuna differenza. La sala
attorno a lui era deserta. L’intera torre lo era, a giudicare da come i suoni
rimbombavano sulle antiche pareti. E tutto attorno a lui, a circondarlo, c’era
solo l’odore del sangue.
Diversi corpi erano riversi al suolo, accanto al suo. Li
riconobbe. Erano i soldati giunti nella torre per portare la principessa in
salvo. Nessuno di loro era stato risparmiato. Anche i cadaveri di diversi dei
nemici erano stati abbandonati in quel luogo… ma non c’era traccia del gigante…
e nemmeno di Amelia.
“Merda!!!” Il pugno di Zelgadiss batté al suolo. Era rimasto
a Sailune appositamente a quello scopo. Aveva promesso di difenderla, in
assenza di Lina e Gourry. Ma non era riuscito a fare niente. Niente!
Al di fuori della finestra della torre, schiamazzi di
soldati e suoni di battaglia continuavano a risuonare. Si alzò in piedi, a
fatica, e si trascinò fino alla finestra, sporgendosi con cautela. Figure di
militari armati correvano da una parte all’altra del cortile, lungo e oltre le
mura semi crollate. Ovunque era disseminata morte. Dal punto in cui si trovava
non era in grado di assistere alla battaglia, ma poteva facilmente immaginare
cosa stesse accadendo. La fortezza interna era sotto assedio. Le ultime
resistenze di Philionel, l’ultimo baluardo alla salvezza del regno. Ma non
c’era niente da fare. Il grosso dell’esercito nemico sembrava essersi
allontanato dalla capitale, e l’accampamento era stato smantellato, ma le forze
che rimanevano erano più che sufficienti a sconfiggere un manipolo di uomini
feriti, stanchi, demoralizzati.
‘E anche io sono fra questi.’ Non aveva la più pallida di
idea di cosa fare. Di cosa sarebbe stato di lui.
Si sedette in un angolo della stanza, prendendosi la testa
fra le mani, e cercando di riflettere. Tuttavia, la sua mente era a corto di
soluzioni. C’era poco che potesse fare per Amelia, o per Sailune. Se anche
fosse andato là fuori, e avesse cercato di fermare le truppe che assediavano la
fortezza interna, avrebbe ottenuto solo di farsi uccidere. E non sapeva se
Philionel si trovava ancora fra gli assediati. Se fosse stato saggio, avrebbe
scelto di usare un tunnel come quello che avevano usato Lina e Gourry, e
fuggire da quel luogo. In più, era probabile che Amelia fosse stata già portata
lontana da quel luogo, per ragioni di prudenza. Forse, verso uno dei castelli
fortificati che si trovavano sulla strada verso sud, in attesa di essere
condotta nelle terre di Oberon…
‘Potrei trovarla, e…’ E? E cosa? Anche ammesso che riuscisse
a scoprire dove era tenuta prigioniera, come poteva pensare di superare le
difese dell’esercito nemico? E se la avesse raggiunta, come avrebbe potuto
portarla via sotto il naso a quell’uomo?
Probabilmente la soluzione più saggia sarebbe stata quella
di cercare di fuggire. Cercare di fuggire, magari tenendo le orecchie e gli
occhi aperti per aiutare i suoi amici, certo, ma comunque tirandosi fuori dai
pericoli inutili… Se si fosse trovato lì un paio d’anni prima, non aveva dubbi
che avrebbe agito esattamente così… ma ora il pensiero che le tre persone che
forse gli erano più care al mondo si trovassero con ogni probabilità nei guai fino
al collo continuava a martellargli nella mente, impedendogli di propendere per
una simile soluzione…
Colto da una improvvisa risoluzione, si sollevò in piedi.
Forse uscire da lì mentre la battaglia era ancora in corso era inutile, e
pericoloso. Ma non poteva rimanere con le mani in mano come se nulla fosse
successo…
‘Devo riuscire ad infiltrarmi in qualche modo fra i soldati
nemici… devo per lo meno scoprire dove hanno portato Amelia…’
A fatica, ancora indolenzito per la ferita riportata, uscì
dalla sala, e si trascinò giù dai gradini della torre. Gli bastò lanciare
un’occhiata alle sale che sorpassò per comprendere in che condizioni versasse
Sailune. Non un arazzo, non un oggetto prezioso era stato risparmiato.
Zelgadiss quasi si stupì che le mura del palazzo fossero ancora in piedi, e non
fossero state date alle fiamme… ‘Anche se in fondo c’è poco da sorprendersi… il
bastardo vorrà avere un posto da cui governare…’
Raggiunse l’ingresso della torre e si premette contro la
parete, guardingo… il cortile era affollato, eppure nessuno pareva avere il
tempo o l’interesse di volgersi in sua direzione. Tuttavia, non poteva sperare
di passare inosservato, se avesse cercato di vagare nel palazzo alla ricerca di
qualcuno che gli fornisse informazioni. Non LUI.
‘Ho bisogno di camuffarmi in qualche modo.’
Divise ed insegne si sprecavano fra gli uomini che si
affrettavano portando armi alla fortezza interna ed oggetti verso le poche
tende ancora in piedi al di fuori delle mura. Se si trovava in inferiorità
numerica, poteva pensare di risolvere la cosa con un po’ di astuzia…
Individuò velocemente qualcuno che facesse al caso suo.
Quello che pareva come un mercenario unitosi all’esercito, le insegne di Oberon
esposte su abiti che non appartenevano alla divisa indossata comunemente dai
soldati che avevano assaltato il castello, e nessun simbolo ad indicare uno
specifico gruppo di appartenenza… e apparentemente molto più interessato a
raccattare quanto di recuperabile dai cadaveri che lo circondavano che a
vincere le ultime resistenze di Sailune… In più, si muoveva solo. Dubitava che
se anche fosse scomparso qualcuno si sarebbe preoccupato di cercarlo, o di
verificare la sua morte…
“EHI TU!!!”
Nel caos e nel viavai di soldati, nessuno gli prestò
ascolto, ma le orecchie del mercenario, addestrate più a cogliere suoni e
movimenti nascosti che il fragore della battaglia, immediatamente si misero in
allerta al richiamo. La figura in armatura si volse verso di lui, guardinga,
sollevando il cappuccio del mantello, forse temendo che si trattasse di un
generale che intendeva redarguirlo per il suo scarso interesse per le sorti
della battaglia. Zelgadiss, il cappuccio a sua volta tirato sul capo, non fece
nulla per nascondersi al suo sguardo. E immediatamente lo scorno fu sostituito
negli occhi del mercenario dalla diffidenza e dalla curiosità.
“E tu chi diavolo saresti?” Gli urlò di rimando, quasi un
grugnito.
Ma Zel non rispose. Si limitò a fargli un breve cenno,
invitandolo ad avvicinarsi, e poi ritirandosi nello stipite della porta, come
se non volesse farsi vedere.
Il mercenario tentennò perqualche istante, poi si risolvette ad avvicinarsi, spada alla mano. Ma
non entrò nell’ingresso in cui era sprofondato Zel. Si mantenne a diversi metri
di distanza, appiattendosi contro la parete, come se si fosse appoggiato un
attimo a riprendere fiato, così da non dare nell’occhio…
‘Un uomo accorto…’ Si trovò suo malgrado a pensare
Zelgadiss, con una punta di ammirazione…
“Che diavolo vuoi?” Bisbigliò il mercenario, con fare
spazientito, ma con una voce che tradiva curiosità.
Zelgadiss si ritirò ulteriormente nell’ombra, perché l’uomo
non lo vedesse in volto, ma non attese di farlo innervosire ulteriormente.
“Sono un tuo nemico.” Rispose, pronto, affrettandosi ad aggiungere. “E sono un
disertore. Mi sono rifugiato in un luogo sicuro della torre finché la battaglia
infuriava. E ora voglio solo uscire velocemente di qui prima che l’assedio
finisca e le razzie riprendano, facendomi scovare ed uccidere.”
Il mercenario sputò al suolo. “Ed io che c’entro con
questo?” Domandò, nella più totale indifferenza.
La risposta di Zelgadiss fu pronta. “Se girovagassi da solo
finirei per destare sospetti… ma se mi muovessi con te, uno di loro, nessuno si
prenderebbe la briga di porsi domande, con una battaglia che infuria… e dal
momento che non mi sembra che per te un nemico fuggito in più o in meno faccia
molta differenza…” Lasciò la frase in sospeso, lasciando trarre al mercenario
le conclusioni. In realtà, come piano faceva acqua da tutte le parti. Ma al
momento la cosa gli importava quanto gli sarebbe importato sapere di aver
calpestato sterco di cane…
“Mmm…” Il mercenario studiò l’elsa della propria spada,
accigliato. “Ed io cosa ci guadagno?”
Zelgadiss si aspettava una domanda simile. “So che non lo
faresti gratuitamente.” Si affrettò a rispondere. “Per questo ti ho chiamato
qui. In questa torre, come in tante altre parti del palazzo, ci sono numerose
nicchie, e passaggi nascosti, che nascondono oggetti anche di grande valore…
non ho dubbi che se i tuoi compagni soldati avranno tempo di fare razzia qua
dentro prima o poi li troveranno. Ma io ti offro la possibilità di ottenere gli
oggetti più preziosi prima di loro, e più velocemente. Se il mio pagamento ti
avrà soddisfatto, allora mi accompagnerai fuori…”
Zelgadiss sapeva che a quelle parole il mercenario poteva
trarre due diverse conclusioni: che lo sciamano che aveva di fronte stava
cercando di imbrogliarlo… o che era infinitamente stupido. Il mago sperava solo
che il richiamo del denaro lo portasse a propendere per la seconda delle
ipotesi…
“Uhm…” Concluse il mercenario, dopo avere riflettuto per
qualche istante. “In effetti… potrei considerarlo uno scambio equo…” Si volse
verso Zel, cercando inutilmente di scorgere il suo volto al di là delle ombre
del cappuccio. “Sei disposto a farmi strada ora?”
Zelgadiss mascherò un sogghigno. “Naturalmente.” Si limitò a
rispondere, volgendo le spalle al guerriero per risalire i gradini della torre.
Quell’atto imprudente, sperava, avrebbe definitivamente convinto il mercenario
della sua ingenuità…
Risalirono la scalinata velocemente. Zelgadiss, nonostante
l’indolenzimento del suo corpo, fece il possibile per muoversi rapido, temendo
ad ogni istante una irruzione di soldati all’interno della torre, che avrebbe
inesorabilmente infranto i suoi piani… Il mercenario sembrava tranquillo, per
quanto guardingo… doveva averlo catalogato come un soggetto poco pericoloso…
In pochi minuti giunsero al luogo che Zelgadiss aveva
scelto. La stanza di Eldoran, dove Amelia era stata catturata. Sufficientemente
in cima alla torre perché nessuno sentisse… e sufficientemente adatta, a parere
di Zel, a divenire il luogo da cui avrebbe avuto inizio la vendetta di Sailune…
Zelgadiss superò il letto vuoto ed incrostato di sangue
dell’anziano sovrano, e si accostò al camino spento. Solo per un attimo, si
volse verso il mercenario che lo squadrava accigliato, ancora in piedi sotto lo
stipite della porta. “Questa era la stanza del sovrano. Qui sono nascosti gli
oggetti per lui più preziosi.” Si limitò a spiegare.
“Prega che siano preziosi anche per me, disertore…” Replicò
il mercenario, sarcastico. “Avanti.”
Zelgadiss, annuì, e si inginocchiò di fronte al focolare,
fingendo di armeggiare con l’attizzatoio. Il guerriero alle sue spalle avanzò
di qualche passo, incombendo sempre più su di lui. Zel non aveva dubbi su quali
fossero le sue intenzioni. Accertarsi con una rapida occhiata che gli oggetti
che lo sciamano gli offriva erano realmente preziosi… quindi ucciderlo, senza
dargli nemmeno il tempo di voltarsi. ‘Il mondo è pieno di furbi, eh,
guerriero?’ Zelgadiss si concesse un sogghigno… prima di appoggiare la mano al
suolo.
“Madre Terra…” Chiamò, senza più preoccuparsi di
fingere. E l’elemento che invocò immediatamente rispose.
Prima che il mercenario potesse reagire in qualsiasi modo,
il suolo cominciò ad ondeggiare sotto ai suoi piedi, facendogli perdere
l’equilibrio.
“Che diavolo…???”
Zel non si fece distrarre. “Dig Volt!!!” Sapeva che
quell’incantesimo non era pienamente controllabile per lui nelle condizioni in
cui si trovava, dal momento che non era propriamente un elemento naturale
quello che si trovava sotto di loro, ma una costruzione eretta dall’uomo. Ma
ciò che gli importava in quel momento era solo creare un elemento di distrazione…
e riuscì perfettamente nello scopo.
Il mercenario, annaspò evitando gli spuntoni di pietra che
dal nulla emergevano sotto i suoi piedi, barcollò e cadde, schiena
all’indietro, troppo stupito anche solo per pensare ad una controffensiva. E
subito Zel fu sopra di lui. Con l’agilità che il suo corpo da chimera gli
conferiva, in un solo movimento estrasse la spada, e la conficcò nel collo
dell’avversario. Il mercenario ebbe il tempo solo di emettere un rantolo. Per
un momento cercò di sollevarsi, ma poi nuovamente annaspò, vomitando sangue, e
poté solo crollare al suolo definitivamente, boccheggiando.
Zel attese per qualche istante, quindi estrasse la spada dal
nemico, indietreggiando di qualche passo mentre si asciugava il sudore dalla
fronte. “Non è stata una mossa leale…” Mormorò, come a giustificarsi… “… ma tu
avresti fatto esattamente lo stesso con me…”
Ma Zel non aveva tempo di meditare su quanto aveva appena
compiuto. Velocemente, spogliò il mercenario delle sue vesti e delle sue armi,
e se ne rivestì. Pulì alla meglio il sangue sul colletto, e cercò di ricoprirlo
col mantello, quindi recuperò dai propri vestiti la fascia che usava per
mascherarsi il volto, e se la avvolse attorno alla bocca. Poi, rivestì il
cadavere con i propri pantaloni, tunica e mantello, in modo da non destare
sospetti se qualcuno avesse visto il corpo. Recuperò solo il fodero con la sua
spada, e gli oggetti che teneva nelle tasche del mantello… Gli appariva strano,
quell’uomo morto davanti a sé, con le vesti che da anni, da quando era divenuto
chimera, lo contraddistinguevano… ma nemmeno per i presentimenti in quel
momento c’era tempo. Con un ultima, inquieta, occhiata alla sala, lasciò le
stanze di Eldoran, e si gettò nuovamente lungo i gradini della torre, verso il
fragore della battaglia.
***
La principessa di Sailune era immobile, nell’acqua ormai
fredda. Aveva l’impressione di non essere in possesso delle facoltà del suo
corpo, in quel momento. E aveva solo una vaga idea di come fosse finita in quel
conforto profumato… ricordava di essersi lasciata trascinare in quella tenda e
di aver osservato le donne a cui era stata affidata riempire il recipiente di
assi di acqua calda, e lozioni… ricordava che la avevano trascinata dentro, e
che la avevano esortata, con una gentilezza esasperante, a lasciarsi aiutare a
lavarsi… ricordava di aver gridato loro qualcosa, qualcosa di terribilmente
cattivo e del tutto lontano dalle parole che avrebbero potuto essere
appropriate per una principessa… ma quelle grida, e l’agitarsi, dovevano aver
sortito l’effetto voluto. Perché in quel momento era sola, come aveva
desiderato.
Ma ora temeva che sarebbe sprofondata, e non avrebbe più
potuto alzarsi, se qualcuno non fosse giunto a tenderle una mano…
Morti. Zelgadiss-san era morto. Non riusciva nemmeno a
piangere,a quel pensiero. Le sembrava addirittura assurdo… fino a poco tempo
prima sarebbe stata incredula all’idea che la chimera morisse nel tentativo di
difenderla… la aveva protetta contro Garv, era vero… aveva riportato una grave
ferita, in quella occasione, ma…
Dei. No. Non Zelgadiss.
Appoggiò il volto alla mano, deglutendo, lottando contro il
capogiro che ancora la catturava, nel momento in cui ripensava agli eventi di
quelle ultime giornate…
‘Ti eri avvicinato a me… Avevi promesso di confortarmi…’ Un
groppo le strinse la gola. Avrebbe preferito essere rabbiosa. Ora, invece, si
sentiva solo impotente. L’unico suo pensiero era che, comunque avesse agito,
qualsiasi reazione avesse avuto, le cose non sarebbero cambiate…
“Papà…” Mormorò, stringendosi le ginocchia al petto… era
forse la prima parola coerente che fosse riuscita a pronunciare da quando
Oberon le aveva dato la notizia… voleva suo padre al suo fianco, a confortarla…
non poteva credere che fosse scappato, e fosse miglia e miglia lontano… avrebbe
voluto aver accettato la proposta di Oberon sin dall’inizio. Se lo avesse
sposato, ora suo padre sarebbe stato al suo fianco. E Sailune ancora integra,
popolata di vita. E Zelgadiss sarebbe stato ancora vivo. E invece ora sarebbe
stata sua moglie comunque. Ma ormai tutto era perduto.
‘No…ci sono ancora Lina -san e Gourry -san…’
Ma Lina -san e Gourry –san non avrebbero riportato in vita
Zel… e forse a quel punto anche loro erano già stati catturati, e uccisi. ‘No.
NO. Non devo pensarlo.’ La sua mente cercava di convincerla. Ma l’angoscia del
suo spirito in quel momento era superiore a qualsiasi pensiero razionale…
voleva solo abbandonarsi a quell’acqua fredda, e perdere coscienza. Voleva che
all’improvviso nella sua mente tornassero a farsi chiare quelle risposte di cui
era sempre stata convinta di essere in possesso.
‘Che senso ha tutto questo? Che giustizia ha tutto
questo? Papà… Zel… mamma… rispondetemi…’
“Principessa…” La voce improvvisa di una servitrice la
scosse dai suoi pensieri, mentre una mano le si poggiava sulla spalla,
facendola sussultare.
“VIA!!!!!” Reagì d’istinto, e non le diede tempo di
aggiungere altro. Prese ad agitarsi forsennatamente, scrollandosi le dita di
dosso. “AVETE IL MIO REGNO, AVETE ME, ORA LASCIATEMI IN PACE!!!”
“Non è possibile, principessa…” La voce la affrontò, con
ferma gentilezza. “Il vostro Signore desidera vedervi…”
Amelia sollevò lo sguardo. A fronteggiarla, ora, non erano
le giovani servette di prima, ma una attendente già nel pieno degli anni, i
capelli scuri striati di grigio legati in una crocchia, gli occhi verdi sicuri,
occhi di una persona che nella vita ha imparato a gestire qualunque situazione…
non abbassò lo sguardo di fronte alla sua occhiata ostile, la sua fermezza non
mostrò ombra di incrinatura, pur venandosi di quella sottile compassione che si
può provare osservando un cane malmenato per strada… improvvisamente, sotto
quello sguardo, Amelia avvertì la sua precedente reazione come infantile…
“Che cosa vuole da me?” Impose alla sua voce quanta più
freddezza era in grado di instillarvi in quel momento.
“Semplicemente, avervi al suo fianco per la cena. Sarà
consuetudine, d’ora in poi. Come è normale, in previsione delle vostre nozze…”
Un commento tagliente salì alle labbra di Amelia di fronte
alla menzione del matrimonio con Oberon, ma serrò le labbra e lo tenne per sé.
Un minimo di dignità. Tanto le era rimasto. Non avrebbe perduto anche quello.
In silenzio si sollevò, e prese il panno che le veniva
porto, servendosene per asciugarsi… l’attendente nel frattempo spiegò da un
fagotto che aveva portato con sé un vestito di colore blu, elegante ma
semplice, quanto di più adeguato poteva esserci per una principessa in
viaggio…Amelia lasciò che la donna la aiutasse a rivestirsi, con una
tranquillità quasi passiva, del tutto in contrasto con l’aggressività di poco
prima. Il bagno l’aveva tranquillizzata, ma ora che la confusione nella sua
mente si stava dissipando le restava solo amarezza. Aveva l’impressione che
tutto ciò di cui era sempre stata convinta si stesse inesorabilmente
sgretolando…
“Siete molto bella, principessa…” L’attendente la scrutò con
occhio attento, parlando con cortese pacatezza. “Il vostro signore sarà
certamente compiaciuto…”
Ad Amelia non poteva importare nulla del compiacimento di
quell’uomo. Fosse stato per lei, avrebbe potuto strozzarcisi, nel suo
compiacimento. Ma tacque, e si limitò a rivolgerle un’occhiata vacua.
L’attendente non ne parve disturbata. “Prego…” La invitò con
un gesto a seguirla, e si avviò al di fuori della tenda, nell’accampamento…
Amelia le si accodò, silenziosa, camminando a testa bassa per evitare gli
sguardi dei soldati che, sentiva, l’accompagnavano ad ogni passo… avrebbe
incontrato anche occhi alleati, fra di essi, se solo avesse avuto il coraggio
di guardare? Era stato preso qualche altro prigioniero? Non aveva la più
pallida idea di dove fossero, o di che tipo di truppe la tenesse prigioniera…
il vago pensiero che avrebbe potuto tentare di fuggire usando la magia le
attraversò la mente, ma fu subito rimpiazzato dal ricordo di come i suoi
incantesimi non avessero funzionato durante l’assalto a palazzo… che le era
successo? Oberon aveva trovato il modo di sigillare la sua magia, come una
volta era accaduto anche a Lina? Ma com’era possibile ad un uomo venuto da
oltre la barriera?
Improvvisamente, si rese conto che non le importava. L’unica
cosa di cui le importava in quel momento era terminare la cena, e tornare alla
solitudine, ovunque, anche in un giaciglio pieno di pulci, non le importava…
voleva stringersi al cuscino, chiudere gli occhi al mondo e fingere che tutto
quello che le stava accadendo non avesse mai avuto inizio…
“Mia signora…”
Sussultò. Non si era resa conto che Oberon le era venuto
incontro all’entrata della tenda, finché l’uomo non le aveva porto la mano.
Sollevò lo sguardo su di lui, senza prenderla… si guardarono per un istante
negli occhi, quindi lo sguardo dell’uomo vagò brevemente su di lei e sulle sue
nuove vesti, senza tradire la minima emozione…
“Suppongo… che avrebbe potuto andarmi peggio…” Si limitò a
commentare, in tono completamente inespressivo. Quel commento fece risvegliare
in Amelia l’aggressività che credeva definitivamente sopita. Lo fissò. Dei, non
aveva mai desiderato tanto uccidere una persona prima di allora…
Oberon forse colse l’ostilità del suo sguardo, perché piegò
il capo, e le parlò in tono lievemente più accorato… “Sono stato addolorato
nell’apprendere che la notizia della morte dei tuoi difensori ti ha sconvolta
tanto… ma è il prezzo da pagare per la guerra. Suppongo che sia la prima volta
che ti trovi di fronte a questo genere di situazione. Ma temo che non potrò
evitarti altri dolori di questo tipo, a meno che tuo padre non decida di
arrendersi a breve.” Lo disse con lo stesso tono con cui avrebbe potuto invitarla
ad una colazione…
“Vorresti farmi credere che se si arrendesse lo
risparmieresti? Chissà perché non trovo la tua parola particolarmente
affidabile, mio Signore…” Il tono della principessa era tagliente.
Oberon non colse, o non volle cogliere, l’ironia della sua
voce… “Scoprirai invece che io mantengo sempre le mie promesse, mia Signora…
nel bene o nel male per chi ne è oggetto…” Il suo tono suonava pacatamente
minaccioso. Di fronte a quella sua odiosa imperturbabilità, Amelia non seppe
più trattenersi…
“Tu… tu SEI un bugiardo! Hai attaccato Sailune senza
preavviso! Quando avevi promesso di trattare!!!”
Oberon la squadrò, con cupa freddezza. “Io vi ho offerto una
proposta di resa, e voi avete rifiutato, mia Signora. Offrendo un’alternativa
di trattativa, è vero, ma avete rifiutato. Ho vagliato le vostre proposte, ma
il presupposto alla cessazione delle ostilità era che venissero accettate le
MIE condizioni… cosa che voi non avete fatto. Quindi, mia Signora, non
addossarmi colpe per cui non hai nessun altro da interrogare… se non te stessa
e i tuoi alleati.” Non c’era rabbia in quelle parole, solo una ragionevole
pacatezza. Ma per Amelia furono comunque peggio di una percossa. Di chi era
davvero la colpa? Di chi era davvero la colpa della morte di Zelgadiss-san?
“Ed ora… se vuoi seguirmi, mia Signora… nel mio regno è
consuetudine che i servitori attendano al banchetto, ma sia la moglie ad
offrire il cibo al marito… se ciò ti compiace…”
Impotente, stralunata, Amelia lo seguì, e quasi
meccanicamente afferrò il braccio che lui le offriva.
Mi svegliai, all’improvviso, a quello che sembrava un sobbalzo del mondo
attorno a me
Mi svegliai, all’improvviso, a quello che sembrava un
sobbalzo del mondo attorno a me.
Per un momento rimasi semplicemente immobile, fissando il
soffitto di assi che mi sovrastava,senza capire cosa stesse succedendo. La
testa mi doleva, alla base della nuca… quel tipo di dolore che si prova quando
qualcosa di MOLTO duro e MOLTO pesante ci ha sbattuto contro… in più, la mia
vista era come annebbiata.Non fosse
stato che l’ultima cosa che ricordavo era di essere stata in viaggio con Gourry
ed Ainos, avrei pensato di essere vittima dei postumi di una brutta,
bruttissima sbornia…
“Finalmente ti sei svegliata, ragazza… credevo saresti
rimasta nel mondo dei sogni per giorni…” Una voce raschiante risuonò al mio
fianco, facendomi sussultare. Cercai di sollevarmi per fronteggiarne il
proprietario, ma fui ancora più sorpresa nel constatare che questo mi era
impossibile, perché sia i miei polsi che le mie caviglie erano strettamente
tenuti assieme da diversi strati di spessa corda annodata…
‘Cosa pensano che sia un golem??? Bastava un solo giro di
corda dannazione!!!’ Senza capire ancora pienamente quanto mi stava accadendo,
al di là del fatto che ero in trappola, ovviamente, presi ad agitarmi e
divincolarmi con violenza, nel tentativo di allentare quella –dolorosa- morsa.
L’unico risultato che ottenni, tuttavia, fu di allargare le escoriazioni che le
corde avevano provocato ai miei polsi… oltre che, ovviamente, suscitare una
sgarbata risata da copione da parte dell’uomo che mi si parava davanti…
‘Il testosterone ti fa sembrare dignitoso ridere di una
ragazza legata pur essendo un uomo grande, grosso e armato, eh???’ Scoccai la
più minacciosa delle mie occhiate nella direzione da cui proveniva la risata…
‘Se solo non fossi bloccata…’
Ma, un momento…
…io non ero bloccata!!!
Lo realizzai in quel momento… la mia bocca non era
imbavagliata.
Detta in altri termini, potevo usare la magia.
“Non sprecherei tante energie quando ancora non ti sei
ripresa del tutto, ragazza. Soprattutto considerando che è del tutto inutile…”
Una formula già pronta sulle labbra, decisi comunque di
aspettare. Avevo davvero bisogno di capire cosa stava succedendo, prima di far
saltare tutto in aria…
Sollevai lo sguardo. A sovrastarmi era una specie di
gigante. Oh, non una creatura non umana, no… semplicemente un uomo dalla mole
decisamente superiore a qualunque altro avessi mai incontrato. Gourry già mi
sovrastava di più una testa (non che io sia molto alta, suppongo di dover
ammettere anche questo…), ma quest’uomo indubbiamente lo batteva di almeno una
ventina di centimetri… e un suo avambraccio superava la circonferenza delle mie
due cosce messe insieme… D’altra parte, solo una persona delle sue dimensioni
avrebbe potuto maneggiare QUELLA spada. Mi riferisco alla spada che gli pendeva
dalla schiena, ovviamente… la lama era almeno il doppio delle dimensioni
normali per uno spadone a due mani…
Non era questa la sua caratteristica preponderante,
comunque. Oh, no, nella vita devi SEMPRE aspettarti di peggio. Ciò che colpiva
di lui era il suo volto. Al di là del fatto che non vestiva certamente il più
rassicurante degli sguardi, che una grossa cicatrice pareva tranciare in due i
suoi lineamenti, e che avresti potuto pensare di spaccare una noce di cocco
sulla sua mascella, la sua pelle era ciò che saltava immediatamente all’occhio…
butterata, piena di macchie come se fosse colpito da qualche strana malattia…
posso giurarlo, il tipo di persona che mi avrebbe fatto cambiare lato della
strada, se la avessi incontrata in una zona poco frequentata…
“Con chi ho il piacere di conversare?” Chiesi, calma, dopo
che ci fummo squadrati per un po’ in silenzio… non provai nemmeno a nascondere
l’ironia nella mia voce…
Faccia butterata parve ignorarla. “Elmerish Qaghan, capo
della Federazione Occidentale del popolo Turid, a sud della barriera… e fedele
generale del mio signore, Oberon…” Il gigante mi rivolse un lieve inchino,
irritandomi infinitamente…
“Ok, molto carino, tu ed Oberon siete intimi e bevete il tè
delle cinque insieme, davvero toccante…” Sbuffai. “Ma qual è il tuo interesse a
tenermi legata in un carro diretto a… a…?” Tentai, senza troppe speranze, di
ottenere informazioni…
Faccia butterata ignorò pesantemente sia la mia domanda che
l’ironia nella mia voce. “Oberon non ha un particolare amore per chi cerca di
sconvolgere i suoi piani di battaglia, mocciosa…” Oh, ora non ero più
‘ragazza’, ma ‘mocciosa’… non siamo del tutto insensibili all’ironia allora,
eh, faccia butterata? “Anche Elmekia e Raizerl sono tenute sotto controllo da
un certo numero di forze da quando le trattative con loro sono fallite… ma
quelle truppe sono ancora poche, e per lo più provenienti da regni vicini al di
qua della barriera…” Dannazione, dannazione… allora c’era davvero chi aveva
tradito Sailune… “… finché non arriveranno i rinforzi, non abbiamo alcuna
intenzione di permettere che qualcuno cerchi di coordinare la resistenza al mio
Signore, o tanto meno faccia pressioni sui regni che ancora mantengono la
neutralità…” Faccia butterata sorrise di un sorriso storto. “Anche perché confido
che le nostre altre truppe, appena arriveranno, sapranno… persuaderli… verso la
scelta più giusta…” Rinforzi? Altre truppe? Il suono di quelle parole non mi
piaceva per niente…
“Come diavolo avete fatto a sapere che eravamo in viaggio
verso Raizerl?” Il tono della mia voce era serio, ora… sforzandomi e
divincolandomi, riuscii a raggiungere una posizione seduta, appoggiandomi alla
parete del carro e lo fissai, accigliata…
Elmerish rise, e le macchie scure sul suo volto, agitandosi
ai suoi singulti, gli diedero un aspetto grottesco. “Diciamo che abbiamo avuto
una piccola ‘soffiata’ da qualcuno con più ‘mezzi di informazione’ di noi… un
gruppo di esploratori è partito quasi subito alla vostra ricerca, ed io li ho
raggiunti col cavallo più veloce delle truppe, appena mi è stato possibile…
alla barriera ci riuniremo con altre truppe… ho una missione piuttosto
importante da svolgere…”
Una ‘soffiata’…? Ma da chi…? Forse si trattava semplicemente
di Ainos, ma come poteva essere riuscito a… ah!
“Hai detto che ci stiamo dirigendo verso la barriera???”
Faccia butterata mi guardò storto, come se fosse stata colpa
MIA se lui si era lasciato sfuggire un’informazione… per un lungo momento si
limitò a fissarmi in silenzio, come ponderando la risposta… ma poi semplicemente
si strinse nelle spalle. “Suppongo che nella tua posizione non cambi nulla che
tu lo sappia o meno…” Oh, questo è quello che credi TU… “… è appunto a
raccogliere rinforzi che stiamo andando…ci sono alcuni regni al di là della
barriera che non hanno ancora garantito il loro appoggio ad Oberon… e ad uno in
particolare il mio Signore è interessato… sia per le sue truppe… sia per il
fatto che il mio Signore teme che, mentre lui è impegnato su altri fronti, esso
si faccia strane idee circa i suoi territori al di là della barriera…”
Mi accigliai. “Ed io che c’entro in tutto questo? Perché non
mi avete semplicemente uccisa?”
Faccia butterata sorrise, nuovamente. Un sorriso che dava i
brividi… “Sprecando un oggettino così prezioso?” Si avvicinò, e mi sollevò il mento
con le dita. Mi venne voglia di sputargli in volto. “Inizialmente Oberon
pensava di tenerti in ostaggio per trattare col re Philionel…” Il mio cervello
registrò solo vagamente, in quel momento, che lo aveva chiamato ‘re’ e non
‘principe’… “… ma dato che su quel fronte siamo già ampiamente forniti, al
momento, ha avuto un’altra brillante idea…”
“Vale a dire?” Per qualche motivo, avevo il sospetto che
quell’idea non mi sarebbe piaciuta…
“La tua fama è giunta da tempo anche oltre la barriera, Lina
Inverse… dopo la faccenda di Dark Star, sull’onda del fascino esercitato dalla
Magia e di quanto si diceva del tuo carattere… ‘focoso’… diverse storie hanno
cominciato a circolare su di te…” Sospirai. Quella non era una novità… anche se
perlomeno l’aver contribuito a distruggere Dark Star appariva come qualcosa di
più gratificante dei soliti attributi con cui ci si riferiva a me… “In più…”
Elmerish proseguì, con un sorriso lascivo, e attirò il suo viso più vicino al
mio. “… non sarai quello che si dice un ‘tripudio delle forme’…” Che voleva
dire??? CHE-VOLEVA-DIRE??? Oh, Elmerish, io avrei molta, molta paura a dire una
cosa del genere ad una Lina Inverse non imbavagliata… “… ma i tuoi capelli di
fuoco e la tua pelle candida agli occhi degli uomini del sud appaiono come
portatori di insolita, esotica bellezza… i tuoi capelli faranno in tempo a
ricrescere, nel corso del viaggio… ed io credo che quando saremo giunti a
destinazione tu sarai un offerta più che gradita per l’uomo con cui devo
trattare… tanto per ‘intavolare col piede giusto’ la discussione…” Arrossii
violentemente. Le implicazioni del suo discorso erano più che chiare, e non mi
erano più gradite dei suoi precedenti commenti riguardo al mio fisico…
Elmerish rise, nuovamente. “Non fare quella faccia, mocciosa.
Ti è andata bene, in fondo… le cortigiane ad Ulan Bator vivono nel lusso… per
chi una vita come questa non è preferibile ad un pugnale piantato in gola?”
‘Per ME non lo è!!!’
Quella conversazione stava davvero per superare il limite…
ma non diedi voce ai miei pensieri. C’erano ancora delle cose che dovevo
sapere, prima di cercare di liberarmi… “E il mio compagno di viaggio? Avete
catturato anche lui?” Soppesai bene le parole, e attesi la risposta col cuore
in gola…
“Il biondino?” Elmerish sbuffò, lasciandomi il mento, e
sollevandosi in piedi. “Ho mandato una squadra di una ventina di uomini sulle
sue tracce, con l’ordine di ucciderlo, tanto per non correre rischi. Confido
che ormai abbiano già portato a termine il loro compito. Sarebbe stato solo un peso
pericoloso in più, se lo avessimo portato con noi…”
Mi morsi il labbro, ma tacqui. Gourry sapeva cavarsela, lo
sapevo. Non era possibile che si fosse fatto catturare. Scommettevo che avesse
eluso e seminato quei novellini in meno di una giornata, e che fosse già sulle
mie tracce. Avrei sistemato quel bellimbusto, sarei scappata da quel carro e
gli sarei andata incontro, e poi insieme avremmo portato a termine la nostra
missione…
Certo, a meno che non avesse agito avventatamente spinto dal
fatto che io ero stata catturata… Improvvisamente, la consapevolezza che Gourry
non aveva ancora una spada degna di questo nome si fece particolarmente viva
nella mia mente. Gourry allo stato attuale poteva tenere testa ad un gruppo
anche vasto di uomini da solo, se si trattava di combattenti comuni… ma le
truppe di un esercito ben addestrato? Se ci fossero stati anche solo due
veterani fra loro, avrebbero potuto impegnarlo mentre gli altri… Scossi la
testa. No, non dovevo pensare a niente del genere. Dovevo avere fiducia in lui.
Essere pessimisti non portava a nulla.
“Capisco…” Mi limitai a scandire, fissandolo scura in volto,
senza dare in eccessive escandescenze… non avevo intenzione di dargli
soddisfazioni…
“Ammirevole sangue freddo…” Elmerish assunse un’aria
divertita… “Meglio così. I piagnistei mi stancano in fretta. Apprezzo un
carattere forte in una donna… quando si trova sotto il mio controllo.” Faccia
butterata scoppiò in una risata sgradevole, e si inginocchiò di fronte a me,
fissandomi in volto con un sorriso amabile. “Patti chiari, amicizia lunga,
mocciosa. Tu non tenti strani scherzi e te ne stai buona buona, e ricevi un
trattamento dignitoso da me e dai signori qua fuori… sai, questi Lord del sud
hanno modi un po’ bruschi, talvolta… rispondono ai miei ordini, ma mi capita
che le loro azioni mi ‘sfuggano di mano’… nessuno di noi due ha interesse a
provocarli, giusto…?” Mi mostrò uno scorcio dei suoi denti ingialliti, in uno
storto sorriso…
‘Oh, ma certo, sarò buonissima e docile mentre mi porti dal
mio schiavista… grazie tante di tenere a bada le bestie al tuo servizio perché
io arrivi integra alla bestia a cui spetto di diritto…’
Lo fissai più torva che mai, ma questo non fece che
aumentare la sua ilarità. “Dei, sono vere le storie su di te, mi trovo di
fronte un personaggio decisamente interessante… difficile da domare, eh,
mocciosa? Ma abbiamo tutto il tempo…” Mi afferrò nuovamente il mento. Dei,
quanto non vedevo l’ora di cancellargli quel sorriso irritante dal volto… “…
sinceramente, non chiedevo di meglio… la principessina è stata un po’ noiosa,
crollando così in fretta…”
Quelle parole furono come un’improvvisa doccia fredda. A che
si riferiva? “Principessina?” La voce mi uscì a fatica dalle labbra…
“La principessa di Sailune. Catturarla è stato molto più semplice
di quanto pensassi. Anche con la città caduta, sinceramente, pensavo che la
figlia del tanto ‘appassionato’ re Philionel avrebbe opposto maggiore
resistenza…”
Improvvisamente, ogni replica ironica mi si bloccò in gola.
Sailune… caduta? No… no, non poteva essere…
Elmerish si strinse nelle spalle, alzandosi. “Philionel
purtroppo è stato molto più furbo… ma con sua figlia nelle nostre mani cederà.
Presto cederà.” Mi fissò intensamente, e alla mia espressione sgomenta non
trovò di meglio da fare che sorridere. “Oh, povera piccola, la notizia che
tutti i tuoi sforzi sono stati inutili e ti sei fatta catturare per nulla ti ha
shockata? Non potevo proprio immaginarlo…”
Lo fissai, con odio. Per la prima volta con vero, profondo
odio. Sì, mi aveva shockata. Mi aveva DECISAMENTE shockata. Tanto che avevo
voglia di gridare. Ma questo non avrebbe portato ad alcun risultato positivo,
per lui.
“Credo che ci siano fin troppe cose che non hai immaginato,
Elmerish…” Il tono della mia voce era gelido. Non potevo più perdere tempo in
quel luogo. Dovevo tornare indietro immediatamente, accertarmi che Gourry fosse
sano e salvo, e trovare il modo di aiutare Amelia. Dovevo farlo ORA.
“Ma davvero, mocciosa? E cosa, per esempio?” Faccia
butterata pareva essere al massimo del divertimento, ora…
Lo fissai, impassibile. “Ad esempio… QUESTO!” Dalla mia
posizione seduta, calciai in avanti, con tutta la violenza di cui ero capace.
Faccia butterata, colpito alle gambe dall’impeto del mio attacco, fu colto
totalmente alla sprovvista e barcollò, indietreggiando. La mia forza non era
sufficiente nemmeno a fargli perdere del tutto l’equilibrio… ma bastò a farmi
guadagnare il tempo sufficiente a completare una formula.
“Flare Arrow!!!”
Non potevo rischiare un incantesimo troppo potente in un
luogo come quello, o avrei corso il pericolo di rimanere coinvolta anch’io
nell’esplosione. Ma confidavo che colpendolo così da vicino le mie frecce
infuocate sarebbero state sufficienti a metterlo fuori gioco temporaneamente…
…purtroppo, solo una vana speranza.
“Cosa… diavolo…?”
Elmerish, riacquistato l’equilibrio, fissò la mia
espressione sconcertata e scoppiò in una sonora risata. Non ebbi modo di
irritarmi per questo, però. Ero troppo impegnata a fissare, sconvolta, lo
spazio di fronte a me… spazio che non era stato infiammato dalla minima ombra
di magia…
“Non… non…” Senza capire, sollevai gli occhi per incontrare
quelli di Elmerish. E allora mi fu chiaro. Lui comprendeva perfettamente quanto
stava accadendo, e sapeva anche in precedenza cosa avrei tentato. Non aveva
fatto che aspettare quel momento per tutta la nostra conversazione, solo per
godersi la mia espressione…
“Cosa mi avete fatto?” Tentai disperatamente di mantenere la
mia voce ferma, con scarsissimi risultati…
Elmerish si limitò a rispondermi con un sorriso sornione,
levando dalla tasca della tunica un piccolo sacchetto colmo di foglie
verdognole… “La vostra magia suscita timore, al sud… ma d’altra parte le scarse
conoscenze in questo campo, in quelle regioni, hanno promosso lo sviluppo di
altre scienze… fra gli anziani del mio popolo ci sono alcuni degli erboristi
più esperti di questa parte di mondo, lo avresti mai detto, mocciosa? Tutto
nato dall’esigenza di curare le ferite riportate in battaglia…” Sventolò la
sconosciuta sostanza di fronte ai miei occhi. “Questa droga l’ha creata un uomo
appartenente al mio stesso clan… inibisce le capacità magiche… forse
semplicemente perché confonde la mente, che non è più in grado di concentrarsi
a sufficienza sulla formula da riprodurre, mi hanno detto… ma nemmeno io sono
realmente certo del motivo… in realtà, se le dosi non sono massicce, chi la
assume rimane piuttosto lucido… ma gli effetti sono comunque più che
soddisfacenti, come il nostro simpatico esperimento ha appena dimostrato…”
Digrignai i denti. Ecco cos’era quello strano senso di
confusione che avevo provato al mio risveglio…
“Putroppo…” Elmerish proseguì, nascondendo la droga fra le
pieghe della tunica, e avvicinandosi nuovamente a me… “…ci sono alcune
spiacevoli controindicazioni… l’effetto di questa roba non è permanente, e ciò
significa che deve essere somministrata ad intervalli regolari… inoltre, alla
lunga da assuefazione, e sono necessarie dosi sempre più consistenti perché
continui ad essere efficace nel tempo…” Mi sorrise, quasi amabilmente. “… ma
l’eccessiva somministrazione può avere alcuni sgraditi effetti sulla salute…
pazzia, a lungo andare… e alla fine la morte, temo proprio…” Finse un tono
dispiaciuto, che nonostante tutto riuscì ad irritarmi. “Ovviamente, ci vogliono
anni perché si giunga a risultati così estremi… e l’uomo che ti avrà potrebbe
anche decidere di essere clemente, e risparmiarteli… tagliandoti la lingua, e
risolvendo il problema magia alla radice, ad esempio…” Mi accarezzò ruvidamente
la guancia, e sorrise. “… il mio Signore Oberon ha ritenuto che un
provvedimento del genere da parte nostra sarebbe stato un po’… estremo… In
fondo, il nostro caro futuro alleato ha tutto il diritto di avere il suo
ostaggio integro…” La mia rabbia ovviamente non fu che incrementata da quella
frase… “Ma nell’attesa della sua decisione, faremo le brave e prenderemo senza
storie la medicina che ci da papà, mmm?” Appoggiò la fronte alla mia, così
vicino che avvertii il suo respiro all’alcol sulle mie labbra… “Perché la
signorina ha capito perfettamente, ora, che non è nella condizione di opporre
nessuna resistenza, giusto?”
“Certo…” Sussurrai, in tono così basso che quasi non mi udii
io stessa…
Faccia butterata sorrise, protendendosi maggiormente verso
di me. “Non credo di avere capito bene, mocciosa… ripetilo più chiaramente…”
“Certo…” Ripetei, in tono di voce più convinto… “… che
NO!!!” Mi aggrappai al suo orecchio destro con i denti e morsi, morsi più forte
che potevo. Colto di sorpresa, Elmerish poté solo urlare di dolore, cercando di
divincolarsi. Sperai con tutte le mie forze di riuscire a staccarglielo.
“Ah!”
Assestandomi un violento colpo in viso, Elmerish riuscì a
staccarmi da lui, e a scaraventarmi nuovamente contro la parete. Umiliato ed
irato, si sollevò in piedi, reggendosi l’orecchio sanguinante, e fissandomi con
occhi iniettati d’odio.
Il sapore amaro del sangue in bocca, a causa del colpo
ricevuto, riuscii comunque a rivolgergli un sorriso insolente… “Questo conta
come resistenza, faccia butterata…?”
Non ebbi modo di aggiungere altro. Prima che potessi anche
solo riprendere fiato, un calcio mi venne assestato con violenza nello stomaco.
Boccheggiai, incapace per qualche momento di respirare, la
vista oscurata da una molteplicità di macchie rosse. E prima che potessi minimamente
riprendermi, una mano mi sollevò, afferrandomi dalla veste, e un’altra scese a
riservarmi un sonoro schiaffo, che per poco non mi spezzò il collo.
Per qualche istante, smisi persino di rendermi conto di
quanto accadeva attorno a me. La prima cosa di cui fui consapevole fu di essere
bloccata fra la parete di assi del carro e un corpo gigantesco.
“Stammi a sentire, mocciosa!!!” Il volto di Elmerish si parò
di fronte al mio, una maschera terrificante di rabbia. “Oberon mi ha ordinato
di farti arrivare integra ed in salute ad Ulan Bator…” Mi premette contro la
parete con tale forza da rischiare di soffocarmi. “…ma se tenti scherzi, se ti
comporti come quella mocciosa insolente che sei, allora deciderò di
infischiarmene degli ordini… ti lascerò in mano ad i miei uomini, e lascerò
loro carta bianca con te… ed è bene che tu sappia c’è più di una persona, fra
loro, che in meno di due ore sarebbe in grado di farti pentire di essere VIVA…”
Potei solo balbettare gemiti sconnessi in risposta. Ora ero
terrorizzata. Ora ero davvero terrorizzata. Un uomo che faceva minacce con
QUELLA espressione non era un uomo che stava scherzando…
“Hai capito quello che ti ho detto, mocciosa???”
“S… sì…” Balbettai, incapace di reagire in qualsiasi altro
modo…
“NON HO SENTITO BENE!!!!!!”
“S… SI’!
SI’! SI’!” Ripetei, con tutto il fiato che mi rimaneva in gola. Fui
scossa da un tremito, ma feci il possibile per non abbassare lo sguardo.
La stretta sul mio corpo improvvisamente si rilasciò. Priva
di sostegno, le gambe ora incapaci di sorreggermi, mi accasciai sul pavimento
di assi, continuando a fissare in volto il mio terrificante interlocutore. Il
sorriso. Sul suo volto ora era tornato il sorriso.
“Brava ragazza…” Sibilò, ripulendosi il sangue dalla guancia
destra con una manica. “… d’ora in poi, per te, sarò il tuo Signore Elmerish…”
Si avvicinò, mi sollevò bruscamente a sedere tirandomi per la veste, e mi slegò
mani e piedi. “Per oggi rimarrai sul carro. Da domani, quando ti sarai ripresa,
marcerai anche tu, o viaggerai in sella con me.” Il suo volto era di nuovo
vicinissimo al mio, come a sfidarmi a tentare nuovamente un attacco. “Il carro
è circondato da guardie… non tentare altri scherzi, perché ti assicuro che sono
uno che mantiene la parola data…” Staccò bruscamente il volto dal mio, e sputò
al suolo, vicino ai miei piedi, infastidito da un grumo di sudore arrossato
colatogli sulle labbra. “Odio il sapore del sangue.”
Mi lasciò ricadere sul pavimento, e uscì dal carro, senza
aggiungere un’altra parola.
Rimasi immobile per un momento a fissare il velo di tessuto
grezzo attraverso cui era sparito… quindi, incapace di dare un corso logico ai
miei pensieri ed elaborare un piano, arrancai verso un angolo del piccolo
ambiente, cercando freneticamente la calma necessaria per pensare.
Di cosa ero realmente capace, senza magia? Persino il mio
cervello, la mia principale risorsa, ora era solo un appoggio lontano, perso in
immagini nebulose e terrificanti, risvegliate probabilmente dalla droga, e in
parte dall’angoscia. Per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentivo impotente,
realmente impotente.
Strinsi le mie ginocchia, affondandovi il volto, e cercando
disperatamente di riflettere, ma il dolore fisico e la paura mi annebbiavano la
mente… solo una speranza in quel momento mi dava conforto, e cercai di
focalizzarla, al di là dei miei timori…
“Gourry…”
Quel nome però, in quel momento, si perdeva nelle nebbie
della lontananza…
***
“Gourry…”
‘Lina!’
Aprì gli occhi, in cerca di un volto che aveva
disperatamente bisogno di vedere. Era la sua voce che aveva sentito, ne era
certo. E lo stava chiamando, aveva bisogno di lui.
La sua vista era stranamente offuscata. Un sapore amaro gli
riempiva la bocca, e la sua gola si stringeva e gli occhi gli dolevano. Fu
costretto a richiuderli, nuovamente. Di chi era la voce che aveva sentito? Un
nome gli era apparso così chiaramente alla mente, solo un attimo prima, ma ora
non riusciva a ricordare…
“Gourry, avanti… ricorda che sei un uomo…”
Si costrinse ad affrontare il mondo, nuovamente. Passò una
mano sugli occhi gonfi e arrossati, per ripulirli dalle lacrime…
“Non devi piangere.” La voce era quella dolce e allo stesso
tempo ferma di Lady Catelyn. Sollevò lo sguardo a incontrare quello stanco di
sua nonna, i capelli color crema, ormai incanutiti, lasciati cadere stranamente
in disordine sulle sue spalle, e lo sguardo vacuo. “Hai undici anni, ormai sei
troppo grande perché questo ti sia permesso. Tuo padre si irriterà se ti
presenterai davanti a lui in questo modo. E se si irritasse poco prima dei
funerali l’estremo saluto a tua madre finirebbe per essere solo un’ultima
offesa verso di lei. E’ questo che vuoi?”
Gourry fece segno di no con la testa, e cercò di frenare i
singhiozzi. Era confuso. Gli pareva tutto terribilmente innaturale. Era un anno,
ormai, che sua madre era malata… ma gli pareva comunque accaduto tutto troppo
in fretta. Non aveva nemmeno realizzato appieno la notizia, quando sua nonna
gliela aveva comunicata… ma poi quando era entrato nella sua stanza, quando la
aveva vista giacere nel suo letto, così, come se fosse addormentata… era
fuggito fuori, e non ce l’aveva fatta a trattenersi…
“Dove… dov’è mio padre, ora?” Chiese, cercando di mantenere
ferma la voce. Sua nonna aveva ragione. Era un uomo, fra pochi mesi avrebbe
affrontato la cerimonia dei dodici anni, che lo avrebbe reso ufficialmente
adulto, ed erede ufficiale, per quanto secondo in linea di successione, del
titolo di suo padre. E gli uomini non piangono, suo padre non faceva che
ripeterglielo. Senza contare che sua madre si sarebbe rattristata se lo avesse
visto abbandonarsi così… E lei era già sempre così terribilmente triste… aveva
sperato che il suo accesso al mondo degli adulti la avrebbe resa orgogliosa, la
avrebbe fatta finalmente sorridere…
Catelyn sospirò, e Gourry ebbe l’impressione di cogliere un
barlume di amarezza nel suo sguardo, anche se esso fu immediatamente mascherato
dalla consueta calma fermezza. “E’ impegnato con i postulanti. E ha portato
Derek con lui, perché faccia esperienza. La notizia gli è stata comunicata, ma
visiterà tua madre più tardi, quando avrà finito di sbrigare i suoi doveri, e
non permetterà a Derek di fare diversamente. E’ un barone, in fondo, e il suo
ruolo viene prima di tutto…” Come poteva il dovere venire prima dello stare al
fianco della propria moglie malata? Gourry questo non riusciva a capirlo… i
postulanti, la gente della città, non avrebbero forse capito se in circostanze
simili suo padre avesse inviato un suo rappresentante a sbrigare le solite
faccende al suo posto? Tre o quattro fra i cavalieri più fidati di suo padre
non aspettavano che di offrirsi per quel compito… cosa rappresentava sua moglie
per lui se riusciva a svolgere lucidamente il proprio compito nel giorno della
sua morte?
Ma non riuscì a rivolgere quelle domande a sua nonna. Lady
Catelyn era troppo stanca in quel momento per rispondergli. Non aveva
abbandonato il capezzale di sua figlia nemmeno per un momento da quando, tre
giorni prima, le sue condizioni si erano aggravate. Dubitava che anche lei non
avesse già notato il contrasto fra il proprio atteggiamento e quello del padre
di Gourry, pur senza che lui glielo facesse notare…
Un ultimo singhiozzo scosse il suo corpo. Deglutì, e si
costrinse a parlare… “Lady Catelyn…” Non era abituato a chiamarla nonna, suo
padre lo rimproverava sempre quando lo faceva, dicendogli che era troppo
familiare, e irrispettoso… in realtà si sentiva molto vicino a quella donna,
per lui era stata una specie di ancora, specie nell’ultimo anno… ma undici anni
gli erano bastati per capire che non era il caso di contraddire le opinioni di
suo padre… “… pe… perché non vai a riposare? Io… credo che tu abbia già fatto
per mia madre tutto quello che era possibile fare…”
La nonna sospirò, ed un sorriso stanco le si disegnò sulle
labbra. “Sei un buon ragazzo, Gourry. Il sangue del tuo bisnonno Raudy è ancora
vivo in te, come speravo lo fosse in tuo padre quando ho scoperto che mia
figlia gli sarebbe stata data in moglie…” Parve essere sul punto di aggiungere
qualcosa, ma poi strinse le labbra, e tacque. “Apprezzo la tua preoccupazione
per me…” Il tono della sua voce era più neutro quando riprese. “… ma non
riuscirò a riposare tranquilla finché tutto non sarà predisposto affinché mia
figlia riceva gli onori che le spettano…”
Gourry abbassò lo sguardo. Sapeva che sua nonna amava sua
madre, la amava di quello strano amore viscerale che si instaura fra genitori e
figli, e che a volte anche sua madre dimostrava, a tratti in forma eccessiva,
nei suoi confronti… doveva essere affranta, in quel momento, e poco desiderosa
di discutere dei fatti dolorosi che la avevano appena colpita… ma, allo stesso
tempo, non trovava nessun altro che ai suoi occhi apparisse altrettanto fermo
in quel momento, a cui rivolgere quella domanda… “Lady Catelyn…” La sua voce
minacciò di abbandonarlo… “Perché… perché è successo…?” Lottò per non scoppiare
a piangere nuovamente. “Sei mesi fa… sei mesi fa i medici avevano detto che
avrebbe potuto farcela… perché è successo, allora?”
Lady Catelyn sospirò, e allungò una mano ad accarezzare la
testa del nipote, un gesto d’affetto che raramente dispensava, soprattutto in
pubblico… “Perché… tua madre non era una persona forte, Gourry… lei… ha
preferito lasciarsi andare…”
Le labbra di Gourry tremolarono. “Non era una persona
forte…?”
Catelyn lo fissò, e i suoi occhi ancora una volta lasciarono
trapelare amarezza. “No, Gourry. Ricordi cosa ti ho spiegati… ricordi qual è il
primo compito di un cavaliere? A parte proteggere il proprio signore?”
“Non… approfittare di chi è più debole… difendere donne,
bambini, e tutti coloro che non sanno proteggere se stessi, anche a prezzo
della propria vita…” Gourry lo ripeté, quasi meccanicamente…
“Esattamente. Ma non necessariamente per essere forti è
necessario divenire cavalieri, o saper combattere, Gourry…” Catelyn lo fissò,
un’occhiata profonda. “… … io credo che essere in grado di avere tale controllo
di sé da non approfittare di una posizione di forza… e l’essere capaci di
proteggere qualcuno, anche senza combattere, anche solo col proprio
incoraggiamento, solo per il piacere di farlo, e senza desiderare nulla in
cambio… siano sintomi di una grande forza… una forza che sta qui, nella mente,
e non nei muscoli e nel fisico…” Si sfiorò la tempia, con una delle sue mani
pallide.“.. e questo, a prescindere
che si portino o meno insegne sulla propria armatura…” Sui suoi occhi calò un
velo di tristezza. “Ma il presupposto per proteggere gli altri è saper usare
quella forza in primo luogo per sé. Mantenere l’amor proprio e l’equilibrio,
saper proteggere se stessi. E questo tua madre non era in grado di farlo. Non è
una colpa che le si possa addossare, semplicemente non aveva i mezzi per
sopravvivere nella vita che le è capitata. Forse è stata solo sfortunata. Forse
se fosse vissuta in altre circostanze anche lei nonostante tutto sarebbe
vissuta, e sarebbe stata felice…” La stanchezza parve investire Lady Catelyn
all’improvviso. Sua nonna si appoggiò al muro e si portò per un momento la mano
alla fronte. Gourry rimase fermo a fissarla, impotente, la mente in preda alla
confusione più totale… non era certo di aver capito quanto la nonna gli aveva
detto, e forse la nonna aveva parlato più per se stessa che per lui… ma non
fece domande, stavolta. Attese semplicemente mentre Catelyn prendeva qualche
profondo respiro, e pareva costringersi a scuotersi. Alla luce debole del
corridoio rischiarato solo da candele e sottili feritoie il suo volto appariva
mortalmente pallido. “Io… ho ancora molte faccende da sbrigare, ora. Va’ da tuo
padre, Gourry, e portagli le tue condoglianze. Da questo momento sei tu a dover
essere ‘forte’. Non permetterò che avvenga diversamente.” Senza aggiungere
altro, Catelyn si allontanò lungo i corridoi.
Gourry non comprendeva pienamente il senso delle parole di
sua nonna. Ma avrebbe fatto ciò che lei gli aveva chiesto…
Gourry aprì gli occhi, intontito. Il chiarore dell’alba
aveva già inondato l’orizzonte, ma quella luce appariva fredda, incapace di
dare calore e vita a quella terra dimenticata dagli dei… le sue membra erano
completamente catturate dal gelo. Dovette muovere un po’ alla volta le gambe,
affinché il sangue riprendesse a circolarvi… e appena riprese la sensibilità,
così fu per il senso di indolenzimento che le stringeva, dopo quei giorni di
lunga marcia… la prima notte erano fuggiti dalle truppe di Oberon abbandonando
i cavalli, una decisione di cui Gourry aveva continuato a pentirsi nei giorni
successivi, per quanto essa avesse permesso loro di evitare di combattere in
condizioni sfavorevoli, stanchi a fradici di pioggia, sul fianco di quella
montagna…
Gourry si sollevò a sedere e attizzò il fuoco, quindi rimase
in silenzio, avvolto nella spessa coperta che lo aveva protetto dal gelo della
notte, e masticò frutta secca e noci, nell’attesa che Ainos si svegliasse. Non
era possibile farlo sollevare se non era lui stesso a desiderarlo, ormai Gourry
lo aveva capito perfettamente, e aveva smesso di farci caso. In realtà, in
generale cercava di ignorare il suo compagno di viaggio quanto più gli era
possibile… ogni volta che lo sentiva parlare, ogni volta che si concentrava su
di lui, gli tornava in mente quella notte, quella notte in cui aveva
praticamente consegnato Lina in mano ai suoi nemici… e allora la rabbia tornava
ad attanagliarlo… Ma non poteva fare nulla per sfogare quella rabbia, ora. In
quel momento non aveva altra scelta se non seguirlo e assecondare i suoi strani
progetti, se davvero aveva pronta per lui una spada che poteva aiutarlo a
salvare Lina. Non sapeva nemmeno lui perché si fidasse di quell’affermazione,
semplicemente il suo istinto gli diceva che non gli stava mentendo. E in quel
momento, con la sua mente in preda alla più totale confusione, l’istinto era
l’unica cosa che gli rimanesse a cui aggrapparsi…
Con un sospiro, terminò la sua frutta secca, e si sollevò in
piedi. Ainos non dava segno di volersi svegliare, quindi decise di recuperare
un po’ di acqua dal torrente che scorreva lì vicino e scaldarla sul fuoco, per
darsi una ripulita. I suoi capelli e le sue vesti erano incrostate di sangue, e
dal suo corpo in quel momento emanava lo stesso odore acido e sgradevole che
quel mattino impregnava l’aria del loro piccolo accampamento…
Si guardò attorno. Corpi di uomini, circa una ventina, si
ammassavano, appena fuori dall’area dove si erano coricati… nient’altro che
carne e sangue, senza più il minimo alito di vita. Alla luce del mattino,
quello spettacolo appariva ancora più spettrale…
Quando la notte prima il gruppo di uomini che ora giacevano
al suolo li aveva raggiunti, e attaccati, per un momento aveva pensato che non
ce l’avrebbero fatta. Ne aveva abbattuti, certo, con la sua semplice spada, ma
erano troppi perché potesse tener loro testa contemporaneamente, ed erano ben
addestrati… ma poi, Ainos era venuto in suo aiuto. Non aveva idea di quale
incantesimo avesse usato, non lo aveva mai visto scagliare da Lina… ma
sicuramente era stata la mossa risolutrice… nessuno dei loro avversari
superstiti era scampato al suo attacco. Non avevano avuto altra scelta se non
gridare, ed ardere alla luce di fiamme dorate, che non lasciavano traccia sulla
loro pelle, ma parevano consumare i loro spiriti. Un potere simile suscitava in
lui ammirazione per la sua efficacia, ma anche inquietudine… e ancora più
inquieto lo rendeva la frase pronunciata da Ainos, prima di crollare esausto
nel sonno da cui ancora non era emerso…
…‘Dopo questo viaggio, questo potere ti apparterrà’…
Riempì un’intera brocca d’acqua al torrente. Ne versò
qualche dito nel suo calice, bevendo avidamente per ristorare la sua gola,
secca dopo una notte trascorsa al suolo, con una coperta come unico riparo
dalla polvere. Quindi, scaldò la rimanente sul fuoco senza farla bollire, e,
sedendosi nuovamente sul suo giaciglio, la usò per sciacquarsi il volto, le
braccia e i capelli. Un bagno caldo era quanto di più invitante la sua mente
potesse concepire in quel momento, ma si rendeva conto che doveva essere grato
anche per quella semplice occasione di supplire alle sue esigenze di igiene
personale… dalla piega che il loro viaggio aveva preso, pareva che sarebbe
passato molto tempo prima che potesse avere di nuovo il piacere di un contatto
con la civiltà…
In realtà, la sua frustrazione continuava a crescere ogni
giorno di più. Avevano viaggiato per più di una settimana, ormai, e la terra
che li circondava si era fatta sempre più spoglia, e sempre più gelida. Sulle
cime delle montagne in lontananza si intravedeva una fitta coltre di neve, e
Gourry aveva tutta l’impressione che il loro percorso stesse volgendo proprio
in quella direzione. Stavano andando a Nord, sempre più a Nord, mentre Lina
veniva trasportata all’estremo Sud, oltre la barriera. Che senso aveva? Che
senso aveva quello che stava facendo, quando aveva promesso che sarebbe rimasto
sempre al suo fianco?
Abbandonò la brocca vicino al suo giaciglio, e strinse i
pugni, imponendosi di mantenere la calma… dei, quanto gli mancava. Gli mancava
il suono incessante della sua voce, la sua energia, gli mancavano i suoi sbotti
di rabbia e la sua ironia… gli mancava anche solo vederla dormire al suo
fianco, e il cenno assonnato di buongiorno che gli rivolgeva al loro risveglio…
gli mancava la sua semplice presenza, che pareva essere divenuta per lui una
costante ancor più profondamente di quanto si fosse mai reso conto…
E allo stesso tempo non voleva e non poteva fare a meno di
pensare a cosa le stesse accadendo, sola, in mano ad un gruppo di soldati che
probabilmente non vedeva la differenza fra il grido e la risata di una donna…
sapeva benissimo che Lina sapeva cavarsela, che sapeva badare a se stessa, ma
quegli uomini non sarebbero stati tanto stupidi da permetterle di dare fondo
alle sue capacità magiche… dei, se la avessero toccata… se la avessero anche
solo sfiorata… non sapeva neanche lui cosa avrebbe fatto… Al solo pensiero,
rabbia e disperazione lo stringevano, impedendogli di pensare a qualsiasi altra
cosa se non il pugno che pareva stringergli lo stomaco…
“Sei pronto a ripartire?”
Sussultò. Era talmente preso dai suoi pensieri che non si
era nemmeno reso conto che Ainos si era svegliato. Lo sciamano si era sollevato
in piedi, e lo stava osservando. Sui suoi lineamenti non c’era più traccia
della spossatezza della sera prima.
Gourry non rispose, e nemmeno annuì. Semplicemente, si
limitò ad alzarsi, e a raccogliere le sue cose… Ainos non ne parve turbato. Si
legò alla cintola le poche borse che portava con sé, e si avvicinò ai corpi che
lo circondavano, piegandosi su coloro che portavano le insegne del comando.
Gourry lo occhieggiò, e immediatamente l’irritazione montò
in lui. “Che cosa fai?” Domandò, il tono di voce freddo.
Ainos non lo degnò nemmeno di un’occhiata. “Ieri sera ero
troppo stanco per controllare, ma fra i loro equipaggiamenti potrebbero esserci
degli oggetti utili. Non dimenticare che ci aspetta un lungo viaggio.”
Gourry strinse le labbra, ma tacque. Ai suoi occhi era un
atteggiamento da sciacalli derubare dei cadaveri, ma, qualunque cosa avesse
detto, Ainos non avrebbe cambiato idea. La correttezza era un concetto del
tutto indifferente per lui, quindi era inutile anche basare delle discussioni
con lui su argomenti di quel tipo. E Gourry certo non aveva la vocazione di
Amelia per la redenzione degli atteggiamenti che riteneva ingiusti in perfetti
sconosciuti, tanto meno in un momento come quello…
Allacciò il fodero
della spada e si appoggiò ad un albero nell’attesa che avesse finito. Era
stanco. Chissà perché quella notte aveva sognato Lady Catelyn, e i giorni
trascorsi ad Elmekia, nella sua casa paterna… quei ricordi li credeva da tempo
sepolti nella sua coscienza, e aveva sempre impedito loro di offuscare il suo
presente… ma forse era semplicemente per il fatto che in quel momento uno stato
d’animo simile ad allora lo imprigionava… da quando viaggiava con Lina, si era
dimenticato che cosa volesse dire… sentirsi così terribilmente tristi, ed
impotenti…
“Possiamo andare…” Ainos si rialzò, e si mise in cammino,
senza nemmeno attendere una sua risposta. A quanto pareva, nemmeno quella
mattina avrebbe mangiato nulla. Sembrava che gli fosse sufficiente pochissimo
cibo per sopravvivere…
Gourry sospirò, e gli si accodò. Cominciava ad essere
impaziente, di fronte a quella routine fatta di marcia e mancate spiegazioni…
“Quanto manca a destinazione, Ainos?” Tentò un dialogo,
anche se con Ainos le speranze di conversazione erano sempre scarse… “Se come
dici occorre un addestramento prima di maneggiare quella spada, non possiamo
perdere troppo tempo nel viaggio…”
Ainos continuò a camminare, dandogli le spalle. “Taglieremo
per le montagne. E subito dopo, fra circa tre giorni, raggiungeremo una città
portuale, dove mi procurerò un’imbarcazione che dovrebbe condurci in circa una
settimana nelle lande al di là del Mare del nord. Lì ci procureremo dei
cavalli, e in poco più di una settimana dovremmo giungere a destinazione.” Gli
lanciò un’occhiata, al di sopra delle spalle. “Quanto poi durerà
l’addestramento… dipenderà solo da te.”
Gourry assimilò quelle informazioni, cercando di frenare
l’ansia che stava montando in lui. Praticamente un mese. Ci sarebbe voluto un
mese solo per arrivare a destinazione. Che ne sarebbe stato di Lina, nel
frattempo?
“Se ti stai preoccupando per la tua compagna di viaggio,
lascia perdere le ansie inutili. Se come penso la stanno conducendo ad Ulan
Bator, ci vorranno almeno due mesi perché arrivi a destinazione.”
“E che ne sarà di lei ad U… in quella città?” Quella mattina
Ainos pareva particolarmente loquace, occasione rara e da sfruttare al meglio…
“Te l’ho detto, sarà scambiata, insieme ad altri ostaggi ed
offerte, per un’alleanza militare.”
“Sì, ma che ne sarà di lei?”
Ainos sospirò. “Sei ingenuo, Gourry, se non lo immagini. O
forse semplicemente non conosci le usanze dei regni al di là della barriera.
Con tutta probabilità, essendo uno dei maggiori oggetti di scambio, diventerà
una delle cortigiane del vero signore di Ulan Bator, Uregh…”
Gourry inclinò la testa. “Cortigiana?”
Ainos lo fissò da sopra una spalla. “Sì. Sai che cosa vuol
dire, no?”
Una goccia di sudore scese lungo la tempia di Gourry. In
realtà non ne era certo. Ma da come suonava quel nome… “Significa… che lavorerà
alla corte, no…?”
Ainos si bloccò all’improvviso. E lo guardò con lo stesso
sguardo con cui lo guardava Lina quando diceva qualcosa di veramente stupido.
Lo sciamano parve ricomporsi più in fretta di quanto di solito non facesse la
maga, comunque. “In un certo senso è così.” Replicò, la voce solo lievemente
alterata. “Diciamo che sarà al servizio di chi comanda alla corte. Ma non come
servitrice. Sarà una sua concubina.” Lo fissò. “Un po’ come se fosse sua
moglie, senza essere sposata con lui, cioè.” Aggiunse, come per assicurarsi la
sua comprensione.
Ma Gourry aveva già compreso. E a quelle parole si bloccò,
gelato sul posto. “Una concubina?”
Ainos proseguì, senza guardarlo, e costringendolo ad
affrettare nuovamente il passo. “Sì. Quindi puoi stare tranquillo, non la
uccideranno. Anzi, riceverà un trattamento del tutto onorevole, a patto che non
si ribelli.”
Il pensiero di una Lina che non si ribellasse all’idea di
diventare concubina era difficile persino da concepire, per lui… ma ciò che LUI
desiderava in quel momento era girare i tacchi e correre verso quella dannata
città nel Sud, dove avrebbe fatto sì che chiunque potesse avere anche solo la
vaga idea di PENSARE a Lina in quei termini ne perdesse la facoltà, per il
resto della sua vita…
“Non possono volerci ancora più di due settimane per
arrivare a destinazione, se Lina sarà laggiù in così poco tempo!!!” Si trovò
quasi a gridare, ora.
Ainos lo fissò, freddo. “Quanto più tempo passerai a
recriminare, tanto più tempo ci metteremo ad arrivare, spadaccino. E poi, il
regno di Uregh è collocato subito a Sud della barriera. Potrai impiegare anche
meno di un mese per arrivare ad Ulan Bator, se pagherai una nave che parta dai
porti dell’estremo Nord… vedi di essere rapido nell’addestramento, e la tua
diletta non dovrà soffrire troppo le pene della schiavitù…”
L’ironia nella sua voce non fece che accrescere la sua
rabbia. Ma non poteva farci nulla… non aveva altra scelta. Doveva imparare ad
usare quella spada, e doveva farlo il prima possibile. Strinse il pendaglio al
suo petto, con tutte le sue forze.
‘Fa che non le accada nulla… Cheiphied, fa che non le accada
nulla, ti prego… voglio ritrovarla, combattere al suo fianco, e portarla via da
quegli uomini senza che le sia accaduto nulla… voglio riabbracciarla… voglio
riabbracciarla sana e salva…’
Strinse i denti, e non rispose nulla. Si limitò a seguire la
sua taciturna guida, ancora una volta.
La sessione d’esami è finalmente finita, ed ecco prontamente due nuovi
capitoli
La sessione d’esami è finalmente finita, ed ecco prontamente
due nuovi capitoli! ^^ Avevo proprio voglia di andare avanti con la scrittura,
e spero che per un po’ di tempo potrò aggiornare con più frequenza… Attendo
commenti e critiche, come sempre! ^^
Il principe Philionel misurava a grandi passi il pavimento
della sala grande del castello ducale di Ruhan, estremo baluardo a Nord- est
del regno di Sailune…
Lontana dalla imponenza e dallo splendore del Palazzo Reale,
quella fortezza di confine, arroccata fra le alture e irraggiungibile se non
attraverso sentieri e percorsi esposti ai colpi degli arcieri della Guardia,
una volta era stata uno dei punti chiave della difesa del Regno dalle
incursioni nemiche, nel corso della grande guerra fra i regni del Sud… le sue
truppe erano state stanziate a guardia dei passi più importanti per l’accesso
alle pianure centrali, e la rapidità e la efficacia dei loro attacchi ai danni
dei contingenti in avvicinamento ai confini gli erano valse la fama di
inespugnabilità…
In quel momento, Philionel pregava tutti gli dei il cui nome
gli era dato conoscere che quella fama fosse meritata…
“Philionel, ti prego, cerca di calmarti e siediti… agitarti
a questo modo non ti porterà a nessun risultato, se non quello di perdere la tua
lucidità di pensiero…” Cristopher sedeva all’imponente tavolo in ebano, e
osservava il fratello con impotenza… lui e Laudreck erano stati immediatamente
convocati quando era giunta al castello una missiva segnata dalla mano stessa
di Oberon… ed era bastato loro osservare il volto di Philionel per capire che
quella lettera non recava alcuna buona notizia…
“Come faccio a calmarmi?” Philionel non lo guardò nemmeno in
volto. “Hanno Amelia, Cris. ‘Vostra figlia verrà trattata con tutti i
riguardi’. Al diavolo!!! Non avrei dovuto abbandonarla lì!”
Laudreck sospirò. Il melodramma e gli isterismi che
tendevano a caratterizzare il fratellastro e il suo ramo della famiglia
tendevano ad andargli poco a genio… “Avanti, Phil, non comportarti da bambino
ingenuo quando non lo sei più da molti anni. Vagliamo piuttosto ciò che ci
propongono. Non è detto che non si possa giungere ad un accordo.”
Cristopher gli lanciò un’occhiata grave. “Smettila di
prendere tutto così dannatamente alla leggera, Laudreck! Abbiamo già rifiutato
un accordo, credi forse che le condizioni che ci propongono ora siano
migliori???”
Il fratellastro si limitò a guardarlo con fare scettico. “A
volte bisogna saper tornare indietro, fratello… soprattutto in una situazione
come questa… nostro fratello ha ancora con sé la sfera riflettente ma non
abbiamo ancora avuto notizie di Inverse e Gabriev, giusto? E ormai se tutto
fosse andato bene dovrebbero essere arrivati a Raizerl… per quel che ne
sappiamo loro potrebbero già essere stati uccisi, e le alleanze al di qua della
barriera decise… vogliamo davvero farci sbaragliare definitivamente prima di
deciderci a piegarci?”
“Se Oberon ci propone trattative vuol dire che per lui
costituiamo ancora una minaccia, Laudreck…” Fu Phil stavolta a replicare. “In
più, non ho alcuna intenzione di cedere a QUESTE condizioni…” Avrebbe dovuto
cedere PRIMA, per Ceiphied… ma come avrebbe potuto? Consegnare Sailune, e sua
figlia, in mano all’invasore, quando sembrava esserci ancora una speranza?
Aveva creduto di poter resistere, e aveva creduto che Lina ce la facesse… ma
ora tutte le sue speranze gli parevano così assurde…
“Se QUESTE condizioni sono così terribili da fare sì che tu
non le prenda nemmeno in considerazione, forse non è così profonda la paura che
Oberon prova nei nostri confronti…” Laudreck non si lasciò scomporre… “Inoltre,
scappatoie come la trattativa non ci si presenteranno per sempre… io ero
favorevole anche ad accettare la volta scorsa, ma non mi avete ascoltato… per
quanto ancora vorremo anteporre l’orgoglio alla strategia?”
A Philionel non sfuggì l’occhiataccia che Cristopher rivolse
al fratellastro… ma per un momento fra i tre fratelli cadde il silenzio… Phil
sospirò. “Non ha senso continuare a discutere senza che voi conosciate le
condizioni che ci sono state proposte. Vi ho chiamati qui per sottoporvele
prima di discuterne con gli altri Lord.” Lanciò una breve occhiata alla
missiva, sospirando. “Anche se temo che ci sia poco da discutere, e che queste
proposte parlino da sole…” Philionel scorse i vari punti della lettera, dandovi
voce meccanicamente… “La mia approvazione al matrimonio fra Amelia ed Oberon, e
la sua nomina a commissario governativo plenipotenziario per la soppressione
degli ultimi disordini nella capitale, e la ricostruzione. La mia temporanea
assunzione del trono in questo lasso di tempo…” Philionel fece una breve pausa,
deglutendo, cercando di non ripensare all’uccisione di suo padre… “…e quindi la
mia abdicazione a suo favore una volta che le acque a Sailune si saranno
calmate… congedo per TUTTI gli alti comandi del mio esercito, e nomina dei suoi
ufficiali, con assunzione delle sue truppe come esercito regolare, con
divisioni equamente distribuite nella varie regioni del regno e alla capitale…
una sua guardia privata scelta interamente fra i suoi uomini, con pieni poteri
e che a lui direttamente faccia riferimento… diritto ereditario degli uomini di
sua fiducia per le più alte cariche dello stato, compresa le gestione dei
feudi, e la partecipazione al Concilio… per le cariche inferiori così come per
i gradi inferiori dell’esercito, invece Oberon ci propone una cogestione, con
accesso concesso anche a uomini di Sailune, opportunamente scelti e vagliati da
lui e dai suoi consiglieri…” Sospirò. “A me resterebbe comunque parziale voce
nella gestione delle finanze di Palazzo, ma anche per l’economia generale
saremmo totalmente esautorati dai nostri poteri… Oberon mi propone il ruolo di
Grande Consigliere, ma ho il dubbio che sarebbe più una carica nominale che
altro, viste le premesse…” Deglutì, e abbassò il proprio sguardo dalla missiva,
fissando quello sgomento dei fratelli. “Vi paiono forse condizioni che potremmo
accettare?”
Cristopher e Laudreck si scambiarono un’occhiata,
ammutoliti. Quelle condizioni non lasciavano nessuno spazio ai regnanti di
Sailune. Nessuno. Non era una trattativa… era una richiesta di resa.
“Tuttavia…” Philionel aggiunse, prima che entrambi potessero
parlare, e parve doversi costringere a pronunciare quelle parole… “Oberon
sottolinea come queste condizioni garantirebbero una forma pacifica di
passaggio di poteri, garantendogli la legittimazione immediata, e impedendo
così eccessive resistenze lealiste, e dunque scontri inutili…” Phil sospirò.
“Se rifiutassimo, invece, probabilmente sarebbe più difficoltoso per lui affermarsi…
prendere il potere con la forza, di questo Oberon è consapevole, gli costerebbe
opposizione serrata da parte dei Lord e di quei membri della popolazione decisi
a rimanermi fedeli fino alla morte…”
Cristopher parve infuriarsi, a quelle parole. “Dei, ma che
pretende???” Si sollevò in piedi, il volto rosso di rabbia. “Che pretende, che
studiamo anche il modo di condurre la lotta che più gli faciliti l’ascesa?
ANCH’IO sono fra quegli uomini disposti a morire!!! E lo preferisco di gran
lunga alla prospettiva di vederlo sul trono!!!”
Laudreck gli lanciò un’occhiata ironica. E le sue mani si
mossero, facendo risuonare nell’ampia sala vuota il rimbombo di un breve
applauso. “Complimenti, fratello, davvero le parole degne di un bravo sovrano.”
Anche lui si sollevò, fissandolo, freddo. “E’ facile morire da eroi, con cibo
pronto in tavola ogni giorno, e un letto caldo, e mura sotto la cui protezione
dormire. Ma alla popolazione prostrata dalla battaglia non ci pensi? Quanta
gente dovrà ancora morire, quanti bambini dovranno ancora cedere alla fame
mentre tu giochi alla guerra? In fondo, sotto l’usurpatore, la popolazione
almeno sarà in pace.”
Cristopher lo guardò come se fosse folle. “T… tu… la tua
fedeltà vacilla un po’ troppo facilmente, FRATELLO! I regnanti di Sailune hanno
sempre garantito pace e prosperità a questo regno!!! Oberon vi farà calare
l’ombra della tirannia! Come può governare saggiamente un uomo che avanza
pretese ingiuste su un regno che non gli appartiene???”
“E soprattutto un uomo che ti priva dei tuoi privilegi, eh,
fratellino?”
I due fratelli si fissarono per un momento con un odio tale
che Philionel temesse stessero poco regalmente per azzuffarsi. Avanzò fra di
loro, imponendosi per separarli. “Cris, Laudreck, adesso basta! Non siamo qui
per litigare fra noi!” I due si calmarono, ma continuarono a fissarsi, come se
il loro scontro fosse solo rimandato. Phil sospirò. “E comunque, per certi
aspetti Laudreck ha ragione.” Ignorò lo sguardo piccato di Cristopher. “Oberon
ha sottolineato come probabilmente SE vincerà…” Sottolineò il senso di ipotesi,
con rabbia. “… sarà costretto, per affermare la supremazia sua e dei suoi
uomini, ad applicare un sistema legislativo plurimo, per cui gli uomini
provenienti dal suo regno o dai regni suoi alleati avranno un trattamento
legislativo e penale diverso dai quelli dei regni perdenti… ma ha insistito su
come la durata di questo provvedimento, che potrebbe persino divenire
permanente, e la discrepanza di trattamento fra regni ed etnie, dipenderà da
quanto… sarà spianata… la sua strada di acquisizione del potere…” Strinse i
pungi, abbassando lo sguardo.
La rabbia di Cristopher parve addirittura aumentare. “In
pratica… ci sta ricattando???”
Phil sospirò. “Lui la pone come una ‘ragionevole
considerazione su quelle che saranno le sue necessità di governo’, ma… sì, di
fatto gli effetti non sono molto dissimili da quelli di un ricatto…”
Crtistopher parve doversi mordere la lingua per non gridare.
“Un uomo che fa politica in questo modo sporco… come posso considerare un uomo
del genere un soggetto con cui trattare???”
“E’ un uomo molto più accorto ed intelligente di quanto tu
non sarai mai fratellino…” Il commento di Laudreck fu azzittito da un’occhiata
rabbiosa, stavolta di Philionel. Laudreck non aggiunse altro. Phil era l’unica
persona da cui accettasse rimproveri.
Stanco della tensione fattasi palpabile all’interno della
stanza, Philionel si rivolse al fratellastro. “Laudreck, ti prego, vai ad
annunciare ai nobili che convoco un Concilio straordinario per questa sera. Ho
bisogno di riflettere ancora su questa proposta prima di parlarne agli altri.”
Laudreck annuì, ed indietreggiò verso la porta. “Agirai
saggiamente se accetterai, Philionel. Anche tua figlia sarà salva, in questo
modo.”
Philionel non era certo che affidare sua figlia ad Oberon
fosse il modo migliore per ‘salvarla’… ma almeno in quel modo le sarebbe stato
vicino… La realtà era che era confuso… ragion di stato e sentimenti personali
si sovrapponevano in lui, impedendogli di riflettere lucidamente. Doveva rimanere
da solo a pensare per un po’…
Osservò Laudreck sparire attraverso l’ampio portale di
accesso alla sala, senza replicare nulla. Quando fu scomparso, si lasciò
ricadere su una sedia, stanco.
“Davvero ti fidi di lui, Philionel?”
Sollevò lo sguardo sul fratello, che troneggiava dietro di
lui, accigliato.
“Che vuoi dire, Cristopher?” Gli rivolse un’occhiata cupa.
“Voglio dire che non mi piace la sua insistenza nel
suggerire di scendere a patti col nemico. La trovo inopportuna… per non dire
sospetta.”
Philionel si accigliò. “Basta così, Cristopher. Io ho piena
fiducia in Laudreck. Piena. E faresti bene ad averne anche tu. Sta solo
cercando di capire cosa è meglio per il Regno, come tutti noi.” Il suo tono di
voce era duro. Sapeva che Cristopher non era in mala fede, ma semplicemente si
preoccupava per lui, e per Sailune. E sapeva che molta di quella diffidenza
derivava dal fatto che il fratello era rimasto ‘scottato’ dalla vicenda di
Raudy, e ancor più, per ovvie ragioni, da quella del suo stesso figlio, Alfred.
Ma Laudreck era diverso da entrambi. Loro due erano cresciuti insieme, e
Philionel non aveva alcun dubbio sull’affetto che li legava. E sapeva come
Laudreck fosse sempre stato insofferente nei confronti di Raudy, e come fra i
due non fosse mai corso buon sangue… Raudy era più anziano, e forte, era il
guerriero e l’avventuriero della famiglia… ma nonostante questo il loro comune
padre Eldoran aveva sempre preferito Laudreck a lui, e aveva garantito a
quest’ultimo il privilegio di essere educato a Sailune, insieme ai suoi
fratellastri… tanto era bastato a dividerli, assieme alle loro diverse
inclinazioni… e nonostante questo Laudreck si era sentito umiliato dopo il
tentativo di usurpazione di Raudy, e non era stato più in grado di camminare a
Sailune a testa alta… Laudreck lo aveva abilmente mascherato attraverso
l’ironia… quella era l’armatura che lo proteggeva da qualsiasi cosa, a partire
dalle discriminazioni di cui era sempre stato vittima in quanto figlio
illegittimo, quelle discriminazioni che invece Raudy non era mai stato in grado
di tollerare… ma, anche se la gente tendeva a vederli diversi quanto il giorno
e la notte, e a non comprendere a loro amicizia, Phil sapeva che al di là di
quella ironia, e delle divergenze nel loro atteggiamento, i fondamenti del loro
modo di sentire e di vedere il mondo erano vicini… non avrebbe permesso a
Cristopher di dubitare di lui. Non avrebbe permesso a quel che rimaneva della
sua famiglia di dividersi.
Cristopher dovette distinguere la durezza del suo tono di
voce, perché assunse un’espressione dolente, e chinò il capo. “Perdonami, Phil.
E’ la mia frustrazione a parlare. Non so più quello che dico.”
Philionel sospirò, e si alzò, per fronteggiare il fratello.
Gli pose una mano sulla spalla. “Lo so, Cris. Non volevo essere duro con te.”
Strinse le dita sulla spalla del fratello, sperando di trasmettergli coraggio.
“E so quanto sei preoccupato per tua moglie, in questo momento. Vorrei poterti
dire che è al sicuro, e che non le faranno del male, ma detesto mentirti, e
purtroppo sappiamo entrambi che non è considerata dai nostri nemici un ostaggio
fondamentale come Amelia…” La sua mano strinse più forte. “Ma è una nobildonna,
e ci penseranno comunque due volte prima di toccarla, Cris. E io ti prometto
che faremo tutto quanto è in nostro potere per liberarla. Tutto.” Deglutì. “Io…
capisco quello che provi, Cris. Lo capisco più di quanto tu creda…”
Cristopher sollevò lo sguardo, e i due fratelli si fissarono
in silenzio per qualche istante. “Lo so.” Soggiunse poi il minore dei due. “Lo
so, Phil. E andrà tutto bene. Perché è giusto che sia così.”
Phil annuì. In realtà, non ne era così sicuro. In realtà, in
quell’ultimo mese, quelle che erano state le sue convinzioni di una vita
avevano preso a vacillare. Ma lui non poteva permettersi ulteriori cedimenti.
Questo era quello che il suo nemico voleva. Doveva andare fino in fondo,
facendo quello che era giusto, come gli era sempre stato insegnato. ‘Ma cosa…
COSA è giusto e cosa è sbagliato, in questo caso?’
“Cosa hai intenzione di fare con quelle proposte,
Philionel?” Cristopher diede voce ad una domanda che aleggiava nell’aria sin da
quando la missiva era stata aperta…
Philionel lo fissò, per un momento ancora incerto. “Io… io
credo che rifiuterò, Cris. Il nostro Regno non deve finire nelle mani di un
usurpatore.” Pregò in cuor suo che fosse la scelta giusta…
Cristopher annuì. “Sono con te, Phil. Con tutti i rischi che
ciò comporta.”
***
Amelia si lasciò cadere sulla sedia in vimini, inquieta.
Era stanca, dopo una giornata di marcia fra truppe
scalpitanti, polvere, e fetore dei cavalli. Le dame che le erano state
assegnate le erano state attorno per tutto il giorno, impedendole di pensare
con calma. Ora, dopo un bagno caldo, era finalmente riuscita ad ottenere di rimanere
da sola, nella sua tenda, ma si sentiva troppo esausta per riflettere su
qualsiasi cosa. In fondo, però, poteva ritenersi fortunata. Molto fortunata. Le
truppe di Oberon la stavano trattando con estremo riguardo. Tutti le si
rivolgevano con rispetto, e nessuno osava nemmeno sfiorarla senza il suo
consenso. In più, aveva una tenda personale, e una cavalcatura, e vestiti, e
cibo e bevande quotidiane. Oberon aveva persino disposto che le venisse
concesso di leggere libri, presi dal bagaglio delle dame che la accompagnavano…
Aveva visto le condizioni in cui versavano gli altri ostaggi, e pochi potevano
vantare un trattamento simile… per lo più, marciavano legati gli uni agli
altri, prima dei soldati in coda alle truppe, e dormivano ammassati, col solo
conforto di due pasti quotidiani. Amelia aveva avuto l’impressione di scorgere
anche sua zia, la moglie di Cristopher, fra le nobildonne che risiedevano in
un’unica grande tenda all’altro lato dell’appartamento. Tuttavia, a quanto
pareva, non le era dato avvicinarla. Aveva anche osato chiedere qualcosa ad
Oberon a riguardo, quel pomeriggio, ma questi si era limitato a rispondere
laconicamente che avrebbe saputo tutto a tempo debito…
Sospirò. Sapeva che Oberon aveva inviato una missiva a suo
padre, la settimana precedente. Non gliene aveva parlato direttamente, ma lo
aveva sentito discuterne con i suoi generali, a tavola… si chiedeva quale fosse
stata la risposta di suo padre…
Strinse le dita attorno ad un lembo della veste,
nervosamente. Sapeva che non avrebbe dovuto… ma in cuor suo sperava che suo
padre avesse accettato, qualunque fosse stata la proposta. Almeno sarebbe
sopravvissuto… almeno lo avrebbe avuto accanto… Non poteva sopportare di
perdere anche lui…
‘Come Zelgadiss -san…’
Strinse i pugni. No. Non doveva pensarci. E non doveva avere
quel genere di speranze. Suo padre doveva lottare, e vincere. Perché Oberon non
poteva vincere, con tutto il male che aveva portato. Non sarebbe stato GIUSTO.
‘E la morte di Zelgadiss -saninvece è stata giusta?’
“Smettila!” Parlò ad alta voce, dandosi un lieve colpetto
con la mano, per scuotersi da quei pensieri. “Smettila, non devi permettere
loro di privarti anche delle tue convinzioni!!!”
Sapeva solo che si sentiva vuota. La stessa sensazione che
aveva provato quando era tornata a Sailune con Lina –san e gli altri e le era
stato fatto credere che suo padre fosse morto. Allora aveva reagito, per
vendicare suo padre, sapendo che era quello che lui avrebbe voluto da lei. E
anche ora doveva reagire, perché sapeva che c’era ancora speranza. Se Lina –san
e Gourry –san erano riusciti nella loro missione… se suo padre avesse saputo
organizzare delle truppe per resistere… ‘Almeno la morte di Zel -san avrebbe
uno scopo…’
Forse in fondo era solo un egoista. Era stata lei a coinvolgere
i suoi amici in un pericolo che in fondo non li riguardava… forse non aveva il
diritto di sperare in loro, e tanto meno di pensare che il regno di Sailune
potesse anche lontanamente valere le loro vite… forse doveva sperare che Lina e
Gourry fossero lontani miglia e miglia da Sailune e non decidessero di tornare
indietro… ma in quel momento pensare alla vittoria contro Oberon come ad una
causa superiore era l’unica cosa che la facesse andare avanti…
“Principessa…” L’attendente anziana, che dal primo giorno
non l’aveva mai abbandonata, fece il suo ingresso nella tenda. “La cena sarà
servita a breve.” Le rivolse un breve inchino.
Amelia sospirò. Aveva rinunciato da tempo ad opporsi a
quella sorta di rituali giornalieri. Si limitò a sollevarsi in piedi, e a
seguirla, senza dire una parola.
Quando entrò nella tenda in cui si servivano i pasti, si
rese immediatamente conto che quello era un giorno speciale. Al tavolo che
normalmente Oberon condivideva con tutti i suoi generali, quella sera sedeva
solo un unico uomo anziano, una specie di sacerdote, il più vicino ad Oberon
fra i suoi diretti sottoposti, almeno in assenza dell’uomo chiamato Elmerish…
almeno, questo era quanto Amelia aveva dedotto dal fatto che Oberon lo faceva
sedere sempre al suo fianco, e lo consultava praticamente per ogni questione
che gli veniva sottoposta…
Quando entrò, Oberon si volse, per rivolgerle un cenno di
saluto. “Mia signora… attendevo proprio te… questa sera ho alcune cose di cui
parlarti in privato…” Fece un cenno al sacerdote, che si sollevò, annuendo.
“Tornerò a sbrigare i miei affari, ora, Oberon… mi
presenterò al vostro cospetto se ci saranno ulteriori novità o, al più tardi,
domani sera…” Con un breve inchino, lasciò la stanza.
Amelia rimase all’ingresso, visibilmente a disagio. Da
quando era stata catturata, le era capitato raramente di rimanere da sola con
Oberon… durante il giorno, quando cavalcavano fianco a fianco, Oberon non era
mai particolarmente loquace e a cena erano stati sempre attorniati da generali
il cui vociare le permetteva di eludere la conversazione… dopo che si
separavano a seguito del pasto, poi, Amelia non aveva mai occasione di vedere
il suo catturatore, che si ritirava a discutere di strategia insieme ai suoi
uomini… l’idea di cenare faccia a faccia con lui non la rallegrava. Non voleva
conversare con quell’uomo.
“Fatti avanti, mia Signora, non ti ho fatta chiamare perché
tu rimanga in piedi all’ingresso…”
Amelia avanzò, fissandolo circospetta, e si avvicinò ai
vassoi con le vivande, per distribuirle sulla tavola. Trovava umiliante farlo,
soprattutto per quell’uomo… ogni volta che aveva terminato si sentiva fremere
di rabbia… ma aveva già capito che discutere non aveva nessun senso. Non era
lei a tenere il coltello dalla parte del manico…
Oberon la osservò, in silenzio, la sua espressione
perennemente immutata. Era strano, pensò Amelia. Fino a qualche mese prima,
tutto avrebbe pensato, tranne di avere un rapporto così freddo col suo promesso
sposo… le cene col suo uomo nella sua mente erano piene di calore e di
allegria, di sorrisi e di parole… ma Oberon non era il suo uomo. Non lo sarebbe
stato mai, per quante cerimonie nuziali avessero potuto celebrare…
Oberon sospirò, distogliendo lo sguardo dal suo volto e dai
suoi gesti, e portandolo al calice pieno di vino che stava rigirando fra le
dita… “Come ti ho detto… ho alcune cose da comunicarti…” Le lanciò un’altra
breve occhiata. “In primo luogo, credo sarai lieta di sapere che domani
arriveremo alla fortezza che ho scelto come mia nuova base, dato che il palazzo
reale di Sailune non è attualmente agibile, ed è insicuro…” Amelia strinse le
labbra, e si morse la lingua per non replicare nulla riguardo alla distruzione
della sua città… “Ciò significa che avrai tuoi alloggi, e potrai condurre una
vita più comoda e tranquilla di quella che ti è toccata a fianco di un esercito
in marcia…” Dei, quanto poco quell’uomo la conosceva. Lei aveva viaggiato,
aveva viaggiato per il mondo. Non aveva mai preso parte ad una guerra, era
vero, ma aveva vissuto in condizioni ben peggiori di quelle che le erano state
offerte quelle settimane. Come poteva concepire di vivere la propria vita a
fianco di qualcuno che sapeva così poco di lei? “A parte questo…” Proseguì
Oberon ignorando l’occhiata rabbiosa che la principessa gli aveva rivolto
poggiando in tavola il vassoio della carne… “… è necessario anche che tu sappia
che oggi ha fatto ritorno un messo che avevo inviato a tua padre con una
proposta di trattativa… e che questa proposta è stata respinta.” Amelia
deglutì, ponderando quelle parole, e il loro significato. Era guerra. Era
guerra aperta. Ora non ci sarebbero stati più compromessi. Sarebbe stata la
vittoria… o la tragedia… “Credo che tu capisca perfettamente cosa questo
significhi…” Oberon non fece che confermare le sue considerazioni. “… Non ho
intenzione di proporre altre trattative. Da questo momento in poi saranno solo
le armi a decidere.” La fissò, come cercando di cogliere una sua reazione.
Amelia si limitò a guardarlo negli occhi, di rimando, cercando di non lasciar
trapelare le sue emozioni. Alla fine, stanca di quel confronto visivo, si trovò
ad annuire. “Sì. E spero che questo avvenga presto.” Si rese conto che il tono
della sua voce era raschiante.
Oberon si accigliò a quelle parole, ma non fece commenti. Si
limitò a portarsi il calice alle labbra, e a sorseggiarlo con sguardo assorto,
come perso nei propri pensieri. Amelia attese che il calice fosse vuoto, quindi
si avvicinò allo scaffale dei cibi, e prese con cautela fra le dita la caraffa
del vino rosso. Oberon pareva irritarsi quando Amelia non aveva la prontezza di
comprendere che era il momento di riempirgli il bicchiere…
“C’è anche un’altra cosa che devo comunicarti. Non sarei
tenuto a farlo, in fondo è un fattore di una certa rilevanza a livello
strategico, ma… suppongo che sia qualcosa che hai il diritto di sapere…” Amelia
si accigliò, e si bloccò con la caraffa a mezz’aria. Era raro che Oberon le
parlasse di diritti… “Oggi è arrivato un altro messo, oltre a quello
proveniente dalla base di tuo padre.” Oberon la fissò in volto, sempre senza
espressione, ma come soppesando le parole. “E questo era un messo inviato da
Elmerish.”
Le mani di Amelia tremolarono, e per un momento la caraffa
minacciò di caderle, mentre l’ansia montava in lei. Elmerish? Elmerish era… era
il generale mandato all’inseguimento di…
“E che… che cosa diceva la missiva?” Cercò di mantenere
ferma la voce, mentre prendeva a versare il vino, più per avere un modo per
tenere le mani impegnate e impedire loro di tremare che per altro…
“Diceva che Elmerish… ha portato a termine la sua missione.”
Improvvisamente la forza nelle mani le venne meno, e la
caraffa le sfuggì, spargendo vino sulla tovaglia candida. Oberon indietreggiò,
per evitare di essere schizzato dal liquido rosso. “Fa’ attenzione, mia
signora!” Le intimò, in tono duro.
Amelia non lo guardò, non ci riuscì. “Vado a prendere altro
vino.” Senza attendere una risposta, afferrò la caraffa, e scattò verso le
botti in fondo alla tenda, riuscendo così a sottrarsi allo sguardo di Oberon.
Dei. Lina -san e Gourry –san erano stati presi. Lina e Gourry presi. Non voleva
crederci. Non POTEVA crederci. Non poteva essere stata la causa anche della
LORO rovina…
“C- che… che ne sarà di loro, ora?” Trovò il coraggio di
chiederlo, quando fu alle spalle di Oberon, lontana dal suo sguardo freddo.
“Elmerish ha disposto che lo spadaccino venisse ucciso. La
ragazza invece verrà venduta come schiava, al sud. C’è un regno di cui mi devo
ancora assicurare l’alleanza, per cui potrà essere un buon oggetto di scambio.
Una volta privata della magia, ovviamente…”
Amelia si bloccò, incapace di agire ancora in modo
coordinato. Ora le lacrime erano venute ad offuscarle la vista. Quelle lacrime
che sino a quel momento aveva fatto di tutto per trattenere. ‘Lina si sentirà
perduta senza Gourry…’ Fu il suo primo, sciocco, pensiero. E poi si rese conto
veramente, crudamente, che Gourry non sarebbe PIU’ tornato da Lina. Come
Zelgadiss non la avrebbe più abbracciata per confortarla come una volta, solo
una volta aveva fatto… e che forse per privare Lina della magia sarebbero
ricorsi a metodi brutali, forse le avrebbero addirittura tolto la facoltà di
parlare… che come schiava cose terribili le sarebbero accadute, e che lei non
le avrebbe sopportate, non lei, per cui la libertà veniva prima di ogni cosa…
si chiese se la sua amica si sarebbe creata un piccolo angolo della sua mente
in cui rifugiarsi, si chiede se sarebbe sopravvissuta senza impazzire. Perché a
LEI ora sembrava impazzire, mentre la sua mente non faceva che ripeterle,
gridarle… che ormai tutto era perduto…
Fissò la schiena di Oberon. La fissò con odio, con profondo,
vero odio. Forse era vero che era finita. Ma se, nonostante tutti i suoi
sforzi, ed il suo impegno, negli anni, per agire sempre secondo Giustizia, per qualche
motivo gli dei pensavano che lei non meritasse più di rivedere i suoi amici…
allora lei avrebbe smesso di farsi scrupoli….
Quell’uomo non meritava di vivere. Quell’uomo non meritava
di vivere.
Si sollevò, e, abbandonando la caraffa al suolo, afferrò un
coltello dal vassoio delle vivande. Bastava un attimo. Un solo colpo, nel punto
giusto, e tutto sarebbe stato finito. Poi l’avrebbero uccisa, e forse Sailune
comunque non sarebbe stata salva… ma non le importava. Tutto ciò che le
importava in quel momento era sapere che quell’uomo non avrebbe mai più
ordinato l’uccisione di nessuno.
Si avvicinò e sollevò l’arma. La sua mano tremava, e i suoi
occhi erano offuscati dalle lacrime. Ma non doveva esitare. Non ora. Batté le
palpebre. Ora il volto di suo padre era la schiena di quell’uomo. Il volto di
suo padre, che le ripeteva che non era giusto colpire un uomo di spalle, anche
se questi era il proprio peggior nemico. Si morse il labbro, cercando di
scacciare quell’immagine. Non avrebbe avuto un’altra occasione del genere…
Abbassò l’arma.
Dannazione. Dannazione a lei. Non ne era capace.
“Allora, principessa, perché non colpisci?”
Sussultò, ed il coltello le cadde di mano, al suono della
voce fredda di Oberon. Si trovò costretta ad indietreggiare, quando
l’usurpatore si volse ed i suoi occhi cupi si fissarono su di lei.
Amelia abbassò lo sguardo sul coltello, pensando per un
momento di negare, ma rendendosi immediatamente conto di quanto questo sarebbe
stato stupido. Ammutolì e fissò il suolo, non sapendo cosa replicare…
“So che non mi amerai mai, principessa. So che molto
probabilmente mi odierai, forse fino a che non ti sarai rassegnata, o forse per
sempre… ma nonostante questo non riesci ad uccidermi prendendomi alle spalle.
Non so se essere ammirato o considerarti profondamente stupida…”
Le guance di Amelia si infiammarono a quella affermazione.
Levò lo sguardo, anche se le lacrime le offuscavano ancora gli occhi, e farsi
vedere da quell’uomo mentre piangeva era l’ultima cosa che desiderasse al
mondo… “Tu… tu parli a questo modo perché non hai dei principi… perché sei un
uomo dannatamente vuoto…” Era la sua rabbia a parlare per lei, ora… “E sai una
cosa? Non c’è bisogno che io ti uccida, ora… perché ci penserà mio padre a
farlo, in una regolare lotta… un uomo come te non potrà mai vincere… gli dei, e
la giustizia, non lo permetteranno…”
Oberon la squadrò, senza mutare di espressione. Il suo
sguardo aveva una sfumatura strana, però… una sfumatura che non comprendeva…
“Questi… sono i ‘sani principi’ della Casa Reale di Sailune, eh?” La sua voce
ora aveva una intonazione ironica. La fissò, in un modo che Amelia avvertì come
fastidioso. “Ma ti dirò una cosa, principessa. NON ESISTE un ordine superiore.
Appigliarsi a degli ideali è facile, quando li si utilizza per giustificare
qualsiasi propria azione… appigliarsi a degli ideali è un’ottima scusa per
avere la coscienza in pace nell’asservire gli altri alla propria causa, senza
considerare la vita ed il futuro delle singole persone… e se vuoi un esempio…”
Oberon si alzò e le si avvicinò, senza darle la possibilità di replicare. “… tu
ti senti in grado di giudicarmi, pur non conoscendomi…” Il suo volto era vicino
al suo, ora. “Tu, tuo padre e tutta la tua famiglia puntate il dito dal vostro
piedistallo, pensando di avere il metro per stabilire ciò che è giusto e ciò
che è sbagliato, senza nemmeno considerare visioni diverse dalle vostre. Questa
secondo me è ottusità, e superficialità. Tu non conosci i miei metodi di
governo, e non conosci me… non sai quali sono le condizioni del mio popolo,
quale il nostro bisogno di queste terre… non puoi sapere se governerò meglio o
peggio di tuo padre… ” Le strinse il braccio, dolorosamente, costringendola a
fissarlo. “… quindi, odiami pure, principessa, per ciò che ho fatto al tuo
regno e ai tuoi amici… non potrebbe essere altrimenti, e lo comprendo… ma
tieniti per te i tuoi giudizi.”
Rimasero a fissarsi per qualche istante, Oberon gelido,
Amelia incapace di muoversi, nonostante il dolore al braccio. Quindi,
l’usurpatore la lasciò, e tornò ad indietreggiare verso il tavolo. “E ora
ceniamo, mia signora. Mi aspetta una lunga serata di pianificazione, dopo.” Si
sedette al tavolo, non lasciando spazio ad ulteriori discussioni.
Amelia lo osservò, sentendosi straniata. Le labbra le tremavano,
e la sua mente pareva non rispondere. Voleva solo tornare nella sua tenda, e
dormire. Dormire per non pensare a nulla. Dormire per non vedere di fronte a sé
i volti di Zel, Gourry, Lina, prigionieri della morte e della schiavitù, presi
nella morsa della sua impotenza.
Ma meccanicamente raccolse la caraffa dal suolo. E servì il
vino a tavola.
***
Zelgadiss era stanco, e accaldato. Era abituato a ritmi di
marcia sostenuti, anche più sostenuti di quelli che gli erano stati imposti in
quei giorni… ma non a muoversi all’interno di un esercito in marcia, al
tintinnare delle corazze, alle battute e alle risate grossolane dei soldati,
all’odore di sudore sotto il sole ancora battente dell’autunno del sud… era
abituato a tutt’altra compagnia… ai sorrisi e alle disquisizioni sulla
giustizia di Amelia, e agli scambi di battute di Lina e Gourry, il
chiacchiericcio ininterrotto della maga, e le risposte quiete dello spadaccino.
Era abituato a fissare i suoi amici e fingere di essere seccato, mascherando sogghigni
di fronte alla loro esuberanza. Gli sembrava strano ammetterlo, ma ora si
sentiva solo. Per quanto fosse circondato da una folla di persone. Più solo di
quanto non fosse mai stato nei suoi lunghi pellegrinaggi in terre desolate…
Lanciò uno sguardo alle truppe intorno a sé… i suoi nemici
stavano allestendo l’accampamento, alla tenue luce rossastra del tramonto. Zel
aveva già svolto brevemente e silenziosamente i compiti che gli erano stati
assegnati, ed ora se ne stava in disparte, lucidando la spada, in attesa che i
responsabili della cucina servissero il pasto serale. Gli uomini che gli
passavano davanti indaffarati gli lanciavano talvolta occhiate ostili.
Zelgadiss le ignorava, senza lasciarsene toccare. Era sempre fra i primi a
terminare le proprie mansioni, e questo aveva finito per farlo additare come
uno stacanovista… la realtà però era che Zel desiderava semplicemente isolarsi
il prima possibile dai soldati, e ritirarsi nel suo confortevole mondo privato…
gli altri soldati, e mercenari, si perdevano in chiacchiere, mentre svolgevano
i loro compiti… sulle donne che li attendevano nella loro patria e su quelle
che avrebbero scaldato i loro giacigli nell’accampamento, sul sole e sul tempo,
sulle terre a sud della barriera, e sulle battaglie, la gloria, il denaro che
li aspettavano sull’onda delle vittorie di Oberon… ma Zelgadiss non aveva
voglia di parlare. Di fatto, non voleva avere nulla a che fare con quelle
persone. Perché un giorno si sarebbe trovato di fronte a loro come loro nemico.
E non ne avrebbe avuto pietà.
“Ehi, sfregiato.” Un giovane scudiero gli passò davanti, e
si fermò di fronte a lui. Dick, o qualcosa del genere… Erano giorni che cercava
di ottenere confidenza da lui, confidenza che Zelgadiss era del tutto
intenzionato a non dargli. Aveva di meglio a cui pensare che tenere a bada un
ragazzino attirato dal fascino del misterioso… “Attendi come sempre da solo la
sbobba? Che ne dici di unirti al nostro gruppo, stasera?” Si avvicinò e si
abbassò verso di lui, cercando inutilmente di vederlo in volto. “Uren ha
trovato un paio di ragazze che paiono subire il fascino della divisa… se
capisci cosa intendo…” Ammiccò, e fece per sedersi al suo fianco.
Un’occhiata di Zel bastò a farlo desistere. “No, grazie.” Lo
sciamano rispose, freddo. “Preferisco essere lucido, per la marcia di domani.”
Lo scudiero sospirò. “Come vuoi. Ma lasciati dire che
invecchierai precocemente, in questo modo.” Si sollevò di nuovo completamente,
e si mosse verso il centro dell’accampamento. “Devo muovermi, stasera sono di
turno per la cucina, e col suo caratterino il cuoco potrebbe scegliere di usare
ME come ingrediente principale, nel caso facessi tardi.” Gli rivolse un cenno
di saluto. “Se cambi idea sai dove trovarci!”
Zel sospirò. Doveva ammettere che non tutte erano persone
orribili, all’interno dell’esercito nemico. C’erano anche uomini cordiali e
affabili, e gente normale, con i suoi pregi e i suoi difetti, gente che avrebbe
potuto incontrare anche a Sailune, o in qualsiasi altro regno al di qua della
barriera… certo, non tutti erano propensi alla gentilezza quanto quello
scudiero, e c’erano uomini a cui non avrebbe mai dato le spalle in battaglia,
persino ora che lo consideravano proprio alleato… ma era normale. Era come in
qualsiasi esercito. All’inizio ne era rimasto quasi stupito. Si era aspettato…
qualcosa di diverso. Non che credesse di unirsi ad un orda di selvaggi, o di
bestie, ma… gli sembrava… innaturale… constatare che le persone la cui
uccisione era la sua missione erano normali, persino… piacevoli…
Ma non poteva stringere dei legami con loro. Come tutti i
soldati, non erano che pedine in un gioco più grande… ma erano suoi nemici.
Avrebbe ucciso quello scudiero, se fosse stato necessario. Loro erano quelli
che avevano permesso ad Oberon di mettere le mani su Amelia. Erano quelli che
avevano distrutto Sailune.
Sospirò, infilando lo straccio con cui aveva lucidato la
spada in una delle tasche del mantello, e sollevandosi, al suono del corno che
annunciava che la cena stava per essere servita. Si sistemò il cappuccio, e
coprì con la fascia protettiva la parte inferiore del volto.
Era nella compagnia da praticamente una settimana, ma non
aveva ancora permesso a nessuno di vederlo in volto. Né lo avrebbe fatto.
Mangiava poco, e in disparte, e dormiva con un occhio aperto e un orecchio
attento, come era solito fare quando si trovava solo, in luoghi pericolosi. Il
motivo era semplice. Meno gente si impicciava di lui, meglio la sua copertura
reggeva. E il suo volto da chimera avrebbe attirato decisamente maggiore
interesse del suo atteggiamento scostante…
Nessuno aveva fatto particolare caso al suo arrivo fra le
truppe. Diversi mercenari avevano preso ad unirsi all’esercito di Oberon, da
quando le sorti della guerra avevano iniziato a volgere a suo favore, ed erano
stati tutti più che benvenuti… i comandanti, addetti al reclutamento, non
ricordavano certo tutti coloro che venivano arruolati, ed il fatto che Zel
indossasse le insegne di Oberon e svolgesse le mansioni che gli erano assegnate
era per i suoi commilitoni una prova più che sufficiente del fatto che era
stato scelto per fare parte di loro… ma, nonostante questa relativa sicurezza,
Zel non aveva certo bisogno che si sollevassero chiacchiere inconsuete su di
lui, e che queste chiacchiere giungessero a qualche ufficiale, facendogli
decidere che era il caso di sottoporlo ad un controllo…
Per ora, i suoi ‘compagni’ avevano preso a soprannominarlo
‘sfregiato’. Si vociferava che fosse rimasto gravemente ustionato da una
freccia incendiaria durante l’assedio al palazzo reale di Sailune, e che per
questo non si facesse mai vedere in volto… Quella versione dei fatti gli andava
più che bene. Da quando aveva iniziato a circolare, la maggior parte dei
soldati si era stancata di cercare di scrutare al di sotto del suo cappuccio…
Si mise in fila con gli altri davanti ai pentoloni. I
soldati addetti alla distribuzione del cibo ne versavano il contenuto
sbrigativamente in capienti ciotole, esortando i soldati in fila a scorrere,
con incitamenti decisamente non garbati… A Zel toccò proprio Dick, che vestiva
uno sporco grembiule e maneggiava un mestolo lungo quanto un suo braccio.
“Razione doppia, al nostro sfregiato che mangia così di rado…” Gli strizzò
l’occhio, rovesciando nella sua ciotola una quantità generosa di una brodaglia
oleosa e densa, in cui galleggiavano quelli che potevano essere pezzi di carne,
ma apparivano piuttosto grumi di grasso. Zel non ringraziò, né fece commenti.
Tornò sui suoi passi, e si sedette su una roccia, a debita distanza dagli altri
soldati, ma sufficientemente vicino ad uno dei falò… più si spostavano a sud,
più i giorni erano caldi, ma le notti fredde… Zel si chiedeva se avessero già
oltrepassato i confini di Sailune, e se la loro meta fosse al di là o al di qua
della barriera…
Rimosse la fascia che gli copriva il volto, e prese a
mangiare controvoglia, più per necessità che per reale appetito… alcuni soldati
si sedettero al falò vicino a cui si trovava, e Zel volse le spalle, per
mangiare senza essere visto in volto… non gli sfuggirono però le occhiate
ironiche e gli scambi di battute nei suoi riguardi da parte dei soldati alle
sue spalle… si strinse nel mantello, e li ignorò. L’ultima cosa di cui aveva
voglia era attaccare briga con quelli che aveva già adocchiato come la razza
peggiore di mercenari che l’esercito di Oberon avrebbe potuto assoldare… anche
se, aveva idea, doveva trattarsi di uomini che provenivano da al dì là della
barriera, e si erano uniti alle truppe già agli esordi della marcia su Sailune…
parlavano fra loro in lingua comune, ma avevano tutti uno strano accento, che
non gli era mai capitato di udire, nei suoi viaggi nel continente…
“Che merda!” Sbottò uno dei soldati, lanciando a terra la
ciotola vuota. “Che cosa credono di fare, avvelenarci per evitare di pagarci,
ora che Sailune è caduta??? Questa broda peggiora giorno dopo giorno!!!”
Uno dei suoi compagni sputò un osso nel fuoco, facendolo
crepitare. “E sarà sempre peggio.” Sentenziò. “Quando entreremo nel deserto,
non troveremo più selvaggina. E continuerò di nuovo a trovarmi sabbia nelle
brache ogni volta che me le toglierò!”
“Tanto non ti capiterà spesso…” Rise il terzo degli uomini.
“Ormai sei talmente pulcioso che nemmeno le prostitute ti vogliono più…”
I tre eruppero in una risata sguaiata.
Zelgadiss, alle loro spalle, aguzzò le orecchie. Le
volgarità dei mercenari non gli interessavano, ma se il discorso proseguiva su
quel tono quei tre potevano dargli qualche dritta riguardo alla loro
destinazione…
Zel si era unito a quella compagnia, qualche centinaio di
uomini, distaccatisi dalla divisione posta di stanza alla capitale di Sailune,
senza la precisa cognizione di dove si stava dirigendo. Quando la città era
caduta, Oberon si era allontanato in fretta, portando con sé il grosso delle
proprie truppe, e Amelia. Da quanto Zel aveva capito, Philionel era riuscito in
qualche modo a fuggire, ed Oberon aveva deciso di allontanarsi da Sailune per
fare ritorno alla propria base, e riorganizzare l’offensiva. Purtroppo, lo
aveva scoperto troppo tardi per seguirlo, e mettersi sulle tracce di Amelia… ma
poco dopo la caduta della fortezza interna gli avevano detto che quella
compagnia stava per mettersi in marcia ed unirsi ad altre truppe. Zel sperava
nella fortuna, e nel fatto che si trattasse delle truppe di Oberon stesso. Nessuno
aveva un’idea precisa di quale sarebbe stata la loro missione, se non gli
ufficiali. Alcuni parlavano di un altro assedio, altri di un ritorno al regno
di Oberon, dove questi aveva intenzione di riorganizzare le truppe e cercare
nuove alleanze, altri addirittura di una missione per l’uccisione di Philionel…
I comandanti tenevano la bocca chiusa, temendo forse diserzioni e fughe di
informazioni… ma alcuni sembravano riconoscere il paesaggio attorno a sé, e
capire quanto meno dove la compagnia si stava dirigendo…
“C’è poco da scherzare! Alcuni dei regni a sud hanno fra le
più belle donne su cui io abbia posato gli occhi!” ‘Brache-piene-di-sabbia’
guardò il fuoco con desiderio, come se le vedesse danzare al suo interno. “I
bordelli delle capitali, Ulan Bator, Marsinya, Lyria, sono una specie di
paradiso terrestre…”
“Perché tu non hai mai visto una cortigiana, vecchio! Quelle
sì che sono donne in grado di far perdere la testa, tutte profumo, arte e
raffinatezza… ma uno come te che si accontenta delle prostitute da osteria non
può apprezzare cose del genere…”
‘Brache-di-sabbia’ lanciò al suo compagno un’occhiata
scettica. “Finiscila di fare lo spaccone, Dorian! Nessun lurido soldato come te
può essere introdotto al cospetto delle cortigiane dei nobili del sud! A meno
di non essere un eunuco. Il che nel tuo caso potrebbe essere una spiegazione!”
Scoppiò in una sgradevole risata.
I due si presero scherzosamente a pugni. Zelgadiss sbuffò.
Discorsi inutili. In altre circostanze forse si sarebbe imbarazzato, ora
riuscivano solo ad irritarlo. Almeno, però, aveva avuto la conferma che si
stavano davvero dirigendo a sud della barriera. Non aveva mai sentito parlare
di quelle città… e ricordava come poco a sud della barriera anche lui e gli
altri, nel loro precedente viaggio, avessero incontrato vaste zone desertiche…
A quanto pareva, la loro destinazione era un territorio a lui sconosciuto…
supponeva che questo lo ponesse in qualche modo in svantaggio, ma non aveva
importanza. Dove c’era Oberon, c’era Amelia. Ed era esattamente lì che lui
aveva intenzione di arrivare.
“A proposito… chissà se dove arriveremo ci sarà anche la
principessina…”
Zelgadiss sussultò. Se non fossero stati stupidi mercenari
avrebbe pensato che gli avessero letto nel pensiero…
“Chi, la figlia di Philionel El di Sailune?” Fu
‘brache-di-sabbia’ a parlare, rovistando fra le sue borse, ed estraendone una
borraccia, che Zel avrebbe scommesso nonessere colma d’acqua. Ne bevve una sorsata, pulendosi poi le labbra con
la manica, con soddisfazione. “Ci sarà se c’è anche Oberon, immagino.” Sputò al
suolo. “Al diavolo, però. Tutto questo casino per una mocciosa isterica.”
Le labbra di Zel si strinsero. Una mocciosa isterica? Quei
soldati avevano la vaga idea di che cosa stavano parlando???
Il suo compagno squadrò il mercenario con fare scettico.
“Idiota. Ad Oberon non importa niente della ragazza. Ma quella vale oro… vale
il trono di Sailune.” Afferrò la borraccia dalle mani del compagno, e bevve a
sua volta. “Se la sposa, sarà come avere perennemente un ostaggio ed una
legittimazione al proprio potere fra le sue mani. E comunque… sarà una
ragazzina, ma di sicuro ha tutte le cose al loro posto… Io una ripassatina
gliela darei…”
Fu troppo. Zelgadiss scattò in piedi, troppo rabbioso per
impedirlo. La ciotola ancora piena per metà scivolò al suolo, rovesciando il
suo contenuto. Zel non si voltò. Se lo avesse fatto, sarebbe stato per estrarre
la spada.
“Ehi, sfregiato!” Chiamo una voce volgare alle sue spalle.
“Scusaci, hai sentito i nostri discorsi da uomini e ti sei imbarazzato? Ma non
potrai evitare tanto a lungo questi argomenti in un campo di soldati! Perché
non vai dallo scudiero che ti ronza sempre attorno e non ti fai spiegare un po’
come funziona???” Un coro di risate si levò a quella frase.
Zelgadiss rimase immobile. ‘Non aprire bocca.’ Pensò. ‘Non
aprire bocca, o ti tradirai. Li ucciderai con un incantesimo, e ti tradirai.’
“Ehi, sfregiato, perché non rispondi? Ti hanno mozzato la
lingua?”
Zelgadiss raccolse la sua borsa, e si allontanò senza dire una
parola. Le risate echeggiarono a lungo alle sue spalle, e ancora più a lungo
nella sua mente.
Si fermò quando fu lontano, nascosto dalle ombre proiettate
dal boschetto di querce dove avrebbe trascorso la notte.
Zelgadiss non cedeva spesso alla rabbia. Di solito era
calmo, e controllato. Ma in quel momento si sentiva come quando, qualche anno
prima, Xellos aveva bruciato la tanto agognata copia della Clair Bible su cui
era riuscito a mettere le mani. Sentiva il bisogno, tanto estraneo al suo
carattere quanto tipico della sua amica dai capelli rossi, di fare saltare in
aria qualcuno.
‘Ti troverò presto, Amelia. E ci riuniremo a Lina e Gourry.
E poi troveremo il modo di fare strozzare queste persone con i loro stessi
insulti…’
Forse davvero non avevo mai bevuto. O non lo avevo fatto da
anni. La mia gola mi pareva ardere delle fiamme dell’inferno. Il mio stomaco
vuoto pareva contrarsi, ma non potevo smettere di assaporare la dolcezza di
quel liquido, così semplice, così banale, che in quel momento mi pareva più
delizioso del vino addolcito con miele e cannella di Zephilia… ero piegata al
suolo, e bevevo china sulla sorgente naturale come una bestia, le mani legate
dietro la schiena. Era stato Elmerish a bloccarmele, dopo che avevo tentato di
sfilargli il pugnale dal fodero, mentre montavamo sullo stesso cavallo, quattro
giorni prima. Da allora, non mi aveva più liberata, nemmeno per dormire e
mangiare. Era uno dei suoi uomini a infilarmi malamente il cibo in bocca, e a
farmi bere brevi sorsate ad intervalli regolari da una borraccia… tuttavia, era
da tre giorni che le risorse d’acqua scarseggiavano, e quelle rimanenti non
erano certo sprecate per i prigionieri. I cavalli ne avevano molto più bisogno,
per reggere il ritmo della marcia in quell’assurdo, immenso, mare di sabbia…
Mi sembrava impossibile essere perennemente tormentata dai
morsi della sete, e della fame. La avevo sofferta altre volte, ma… in quel
momento non riuscivo a pensare ad altro che al cibo. Carne, e uova, e pancetta
scottata sul fuoco, e ancora pesce, pomodori, formaggio, burro e pane bianco
fresco… da quanto non ne sentivo l’odore, da quanto non ne gustavo il sapore?
Tutto ciò che vedevo da quasi un mese, ormai, erano misere razioni di carne e
frutta secche… brodo, talvolta, nelle sere fredde del deserto… senza la carne
con cui veniva prodotto, però, quella era riservata esclusivamente ai soldati…
e farinata d’avena, al mattino… senza latte, solo con acqua… acqua… in quel
momento quello era tutto ciò che mi bastava, che bastava alla mia gola che da
giorni sembrava conoscere solo il sapore acre della sabbia mossa dal vento…
Mi ritrassi dalla pozza, tossendo, perché nella foga avevo
inghiottito troppo velocemente, mandando l’acqua di traverso… alle mie spalle
sentii una risata, ma non feci in tempo a volgermi, prima che una mano enorme
mi afferrasse per la collottola, sollevandomi come un peso morto. Si trattava
di Elmerish, ovviamente. Lo fissai con odio.
“Stai attenta a non strozzarti, mocciosa, non vorrei perdere
il mio prezioso ostaggio in modo tanto stupido…”
“Affamarlo e farlo morire di sete invece sono metodi molto
migliori, eh?” Replicai, in tono tagliente. Era bastata una settimana a farmi
perdere la voglia di fare ironia davanti a lui, ma il mio rancore nei suoi
confronti mi impediva di tacere ad ogni sua provocazione…
Elmerish parve divertito dalla mia reazione. “Oh, non essere
così ostile, mocciosa, oggi non ho proprio voglia di colpire il tuo bel
faccino…” Mi sollevò ulteriormente, avvicinandomi a sé… “…anzi, quelle mani
bloccate ti hanno resa tanto brava che mi sento persino ben disposto nei tuoi
confronti…” Mi strinse il mento, e lanciò un’occhiata alla pozza d’acqua, a cui
cavalli e uomini si stavano abbeverando, e che soldati solerti stavano
sfruttando per rifornire le scorte d’acqua… “Scommetto che hai voglia di
lavarti… papà Elmerish potrebbe essere tanto generoso da slegarti le mani, se
la smetti di tentare sciocchi scherzi…” Abbandonò la presa sulla mia veste,
malamente, facendomi crollare sulle mie ginocchia. Ricacciai in gola qualsiasi
frase rabbiosa in risposta a quel malo trattamento, però… le mani libere… e
acqua fresca per liberarmi dalla sabbia, e dal sudore… quelle parole suonavano
alla mia mente come una sinfonia paradisiaca…
Elmerish si piegò su di me, e tagliò le corde col pugnale.
Mi strofinai i polsi, che presero a dolermi atrocemente appena il sangue
riprese a circolarvi. Non importava. Un giorno in cui potevo bere, e lavarmi, e
tornare a sollevare gli oggetti con la mia forza era un buon giorno.
“Fai in fretta.” Il tono di Elmerish ora era perentorio. “Ci
muoviamo di qui in un’ora. Non possiamo perdere le ore migliori della giornata
a giocare con l’acqua.”
Di solito, viaggiavamo la mattina presto ed il pomeriggio, e
per buona parte della notte. Dalle dieci alle due di notte circa ci
accampavamo, e poi ancora durante le ore più calde del giorno… io mi muovevo a
piedi, con altri prigionieri… quando non riuscivo più a camminare, e questo negli
ultimi giorni era accaduto sempre più spesso, Elmerish mi prendeva in sella con
sé. Ero fortunata. Di solito, chi cadeva e non era più in grado di muoversi era
abbandonato. Non avrebbe comunqueretto
il lavoro a cui sarebbe stato sottoposto come schiavo, e sarebbe stato un
inutile peso morto nella marcia, dicevano i soldati. Io non avrei avuto il
problema del duro lavoro manuale, giunta a destinazione. Io avrei condotto la
vita lussuosa della cortigiana.
Fortunata. Certo.
Detestavo stare in sella con Elmerish. Detestavo il modo in
cui stringeva la mia vita mentre cavalcava, detestavo la sua voce e le sue
battute volgari, detestavo il suo odore e il sibilo delle sue labbra vicino
alle mie orecchie… Per questo, per quanto possibile, cercavo di andare avanti a
piedi. Camminavo finché le mie gambe non si ribellavano al mio corpo, e non ero
costretta ad accasciarmi al suolo. E intanto, pensavo ad un modo per scappare.
Pensavo ininterrottamente, da settimane. Ma più ci allontanavamo dalla barriera
addentrandoci in quelle terre sconosciute, più le mie idee perdevano
consistenza, e le mie speranze si affievolivano…
Ero sorvegliata a vista. Gli altri prigionieri erano tenuti
d’occhio dai soldati (per quanto sospettavo non avessero più la forza né la
volontà di cercare una via di fuga…), ma io ero perennemente sotto l’occhio
attento dello stesso Elmerish, per ordine di Oberon, supponevo… e con Elmerish,
i trucchetti non funzionavano, lo avevo già verificato ampiamente, a mie spese…
I primi tempi, a volte, avevo cercato di non inghiottire la droga che mi dava
per inibire i miei poteri magici, e sputarla quando non ero vista… ma essere
pestata a sangue dai suoi stivali duri come il granito mi aveva fatto capire in
fretta qual era la sua opinione su quel genere di tentativi…
Ormai avevo anche perso le speranze di organizzare un piano
di fuga con gli altri prigionieri… non c’era modo di parlare, mentre eravamo in
marcia, con i soldati che ci spronavano a camminare e tacere… e quando ci
accampavamo era ad una schiera di morti viventi che mi trovavo di fronte.
Nessuna reazione, nessuna speranza. In realtà, non riuscivo a biasimarli… Si
trattava non di avventurieri, ma di gente comune, catturata nei villaggi, che
non aveva mai conosciuto la battaglia, e che si era vista improvvisamente
strappare al suo mondo… come potevo sperare che vincessero il loro terrore e
reagissero, quando bastava non una mossa, ma una semplice parola sbagliata, per
essere trafitti dalle lame dei soldati?
O forse no, forse non era questo il punto… forse la
spiegazione al loro atteggiamento era più lineare… forse semplicemente loro
avevano già capito perfettamente la realtà delle cose… ed io ero l’unica
stupida illusa rimasta…
Sospirai, e mi sciacquai il volto con l’acqua fresca. Le mani mi tremavano incessantemente
a causa della lunga immobilità, ma mi sforzai di raccogliere il vitale liquido
nei palmi, e mi strofinai il collo e le braccia. Quindi, feci del mio meglio
per sciacquarmi i capelli, riversa sulla pozza. Con la testa al fresco, pulita
e in ordine, mi sarei sentita più lucida, pensai. Per un momento considerai
l’idea di togliermi i vestiti e di pulire anche il resto del mio corpo, ma la
scartai in fretta. Avevo da tempo abbandonato il mantello, e indossavo
solamente la logora tunica da mendicante che mi aveva dato Philionel, lunga
fino alle cosce, accompagnata da leggeri pantaloni e stivali. Ora quella tunica
era bagnata a causa delle mie abluzioni, e aderiva più del necessario al corpo.
E questo bastava a rendere gli sguardi dei soldati posati su di me tali da non
farmi desiderare di mostrare loro altre parti del mio corpo… Lo sapevo
cos’avevano fatto alle altre donne catturate… io ero una privilegiata, perché
ero la protetta di Elmerish… ma questo non significava che fosse il caso di
tirare troppo la corda…
‘Mi vendicherò di questa umiliazione…’ Mi coprii il seno
coperto dalla tunica umida proteggendomi dai loro sguardi, con rabbia, mentre
mi sollevavo dalla pozza e con l’altra mano strizzavo i miei capelli, lunghi
ormai fino alle spalle, perché non la inzuppassero più di quanto non fosse già…
‘Me ne andrò di qui… troverò un modo per eludere la sorveglianza di Elmerish,
e…’
E cosa? Anche se fossi scappata nel deserto, che avrei
fatto? Sarei morta di fame e sete nell’attesa che mi tornassero i suoi poteri?
Normalmente, avrei distrutto i miei catturatori con un Dragon Slave, minacciato
Elmerish per avere cibo ed acqua, e sarei corsa indietro dai miei amici. Ma
senza la magia ero impotente. Odiavo quella situazione, ma ero impotente.
Elmerish avrebbe potuto spezzarmi il collo con una sola mano… ed io mi sentivo
ogni giorno più debole. L’unica arma che mi rimaneva era il mio cervello, ma il
mio cervello non voleva più aiutarmi. Era annebbiato dalla droga, impaurito da
Elmerish e dagli sguardi dei suoi soldati, e dal destino che mi attendeva nella
città in cui mi stavano portando… si stava arrendendo. MI stavo arrendendo.
Guardai il mio riflesso nell’acqua. Per quanto ancora sarei rimasta io? Quanto
ancora ci sarebbe voluto perché diventassi l’ombra di me stessa?
Scossi la testa, con violenza. No. No. Non dovevo. Non era
quello l’atteggiamento che mi avrebbe salvata. Che figura avrei fatto davanti a
Gourry, se ci avesse raggiunti e mi avesse vista in quelle condizioni? Io che
detestavo l’idea di restarmene con le mani in mano in una situazione di
pericolo aspettando che gli altri risolvessero i miei problemi? Il mio compagno
avrebbe stentato a riconoscermi. Gli sarei sembrata patetica, e avrebbe avuto
ragione.
Sospirai, stringendo con forza il tessuto dei miei
pantaloni. Gourry. Dei. Dei, volevo averlo a fianco. I primi giorni ero SICURA
che sarebbe arrivato. Non sapevo in che modo, ma ci avrebbe raggiunti, e
magicamente se avessimo combattuto insieme tutto sarebbe andato a posto. Anche
se la lotta era disperata, avremmo sbaragliato quel manipolo di salme umane al
servizio di quello stupido generale dalla faccia butterata. Era stata una
convinzione irrazionale, ma tanto forte che ogni giorno la delusione per non
averlo visto apparire bruciava quasi quanto il calore del sole sulla mia pelle
e sulle mie labbra secche e rovinate… poi, un po’ alla volta, erano arrivate la
disillusione, e la paura… Elmerish aveva detto di avergli accodato una ventina
di uomini, perché lo uccidessero. Venti uomini. Loro non erano più tornati, ma
nemmeno Gourry era venuto da me. E io avevo la certezza che se fosse
sopravvissuto lo avrebbe fatto, perché Gourry non mi avrebbe mai abbandonata…
la teoria di Elmerish, che il generale non faceva che ripetermi ogni giorno
mentre mi stringeva fra le sue braccia sudate sul dorso del cavallo, era che lo
spadaccino era morto, e che i sopravvissuti fra i suoi, vista la distanza che
avevamo messo fra noi e loro, dovevano essersi rifugiati a rapporto da Oberon…
io non volevo credergli. Io continuavo ad aggrapparmi alla speranza che Gourry
fosse semplicemente incappato in qualche impedimento, che magari avesse perso
le mie tracce, e che faccia butterata mi stesse deliberatamente mentendo, per
il suo banale sadismo da cattivo di terza categoria, o forse solo per spingermi
definitivamente vicina al crollo… Perché non potevo pensare di andare avanti,
non potevo pensare di mettere ogni giorno un piede davanti all’altro fra le
mani di soldati nemici, sotto il sole del deserto, in un mondo dove Gourry non
c’era più. Non potevo pensare di continuare a RESPIRARE in un mondo dove Gourry
non c’era più… Ma ogni giorno, sempre di più, non vedendolo arrivare, le mie
speranze si facevano labili… ora, l’immagine, la speranza di un Gourry vivo e
sorridente era sostenuta in me solo dalla fragile base della mia volontà di
sopravvivere. Ma ogni mattino, al mio risveglio, trovavo affievolita anche
quella volontà…
“Andiamo mocciosa.” Elmerish mi sollevò tirandomi per la
veste, di nuovo, come fossi una qualche bestia da spronare. “Oggi sarò il
massimo della generosità, con te. Ti aspetta cibo, ora.” Mi squadrò il volto.
“Per il tuo unguento invece mi pare che per oggi siamo già a posto…”
Elmerish, ogni volta che ci mettevamo in marcia, mi spalmava
sulla pelle una strana sostanza di consistenza liquida, per evitare che si
arrossasse… Uregh non avrebbe apprezzato che il mio corpo perdesse il suo tanto
esotico candore, mi aveva detto… io avrei preferito scottarmi al punto di
sentire la mia pelle esplodere piuttosto che piacere a quell’uomo… ma avevo più
volte avuto conferma che la mia opinione al generale non interessava… lo
divertiva, forse, ma decisamente non lo interessava…
“Che c’è, mocciosa, ti hanno mozzato la lingua, oggi?”
All’assenza di repliche da parte mia, Elmerish mi rivolse un sorriso storto.
“Non dirmi che è già finita la resistenza di Lina Inverse… ne resterei deluso,
dopo tutte le storie che ho sentito sul tuo conto…”
“Cos’è, faccia butterata, provi qualche perversa passione
per il ricevere insulti dalle ragazze? In fondo ad uno con la tua faccia non
dovrebbe essere così difficile essere soddisfatto in questo…” Qualcuno potrebbe
dire che non imparo mai a tenere la bocca chiusa…
Elmerish mi colpì con violenza, in volto. “Ripeti ancora
quel soprannome…” Esordì, in tono che avrei definito dolce… “… e troverò
per te un ALTRO modo per soddisfarmi, mocciosa.” Avvicinò il suo volto al mio.
“Comincio a stancarmi di minacciarti. Presto dovrò passare ai fatti. Mi hai
capito?”
“Sì…” Mugugnai.
Mi schiaffeggiò, di nuovo. “Ho chiesto: mi hai capito?”
“Sì, mio signore.” Mi morsi il labbro per non gridare di
rabbia, inghiottendo il mio stesso sangue.
“Molto bene.” Mi scaraventò al suolo, malamente. “Raggiungi
gli altri prigionieri e mangia. Fra poco ci aspetta la marcia.”
Non mi volsi. Arrancai quanto più velocemente mi era
possibile verso la massa di donne e uomini che sedeva a poca distanza dalla
pozza d’acqua, all’ombra di una delle rare macchie di vegetazione che
punteggiavano quell’oceano bollente. Ero furibonda. Dei, se avessi avuto la mia
magia… per un solo istante, un solo incantesimo. Gli avrei ricacciato in gola
tutte le sue dannate minacce, avrei ritorto contro di lui ogni minimo grammo
della sua violenza… avrei voluto controllarmi, ma non ci riuscivo. Non a stomaco
vuoto, legata, in mezzo ad un deserto. Ed Elmerish VEDEVA la mia rabbia, la
sentiva, e ne era divertito… e questo non faceva che aumentare la mia
frustrazione. Dannata, dannata impotenza. Mi chiedevo se potesse esistere una
sensazione peggiore…
Mi fermai un momento cercando di recuperare la calma. Un
soldato mi notò, e mi trascinò verso gli altri, spingendomi al suolo con
malagrazia, prima ancora che potessi sedermi. Mi mise fra le mani un pezzo di
carne secca, senza nemmeno degnarsi di guardarmi in volto. A quanto pareva,
quello era il gran menù del giorno…
Masticai in silenzio, strappando e deglutendo a fatica
brandelli di carne dura come se fosse stata cruda… sembrava peggiorata, nei
giorni… se all’inizio finivo in un lampo i pochi bocconi che mi spettavano e
rimanevo a fissare avidamente quelli degli altri prigionieri, ora mi ci voleva
un’eternità solo per terminare la mia porzione… o forse erano semplicemente le
mie forze ad essere venute meno…
Strappai boccone dopo boccone, forzandomi a non desistere.
Attorno a me, nessuno parlava. Alcune persone fissavano semplicemente la loro
carne, senza toccarla, gli occhi persi in un qualche lontano mondo personale…
un paio di uomini, magri al punto che le costole emergevano sui loro toraci
scottati dal sole, ed una donna giovane ma coi capelli già grigi, che guardava
la sabbia di fronte a sé senza realmente vederla, e mormorava fra i denti una
sorta di sommessa litania… li fissai con pietà. Quelle molto probabilmente
sarebbero state le prossime persone a cadere sul percorso… le persone che non
avevano più energie per agire per la propria sopravvivenza… sperai di non
arrivare mai a far parte della loro schiera…
“In marcia!”
Il richiamo dei soldati risuonò, e automaticamente scattai
in piedi. La sera si avvicinava, e il sole già si apprestava a calare, ma
quella non era che una breve pausa per i rifornimenti d’acqua… c’erano ancora
diverse ore, prima di poterci accampare definitivamente, e sperare di dormire…
I soldati attorno a me fecero sollevare a forza chi non
aveva risposto prontamente al richiamo, e ci spinsero, con le urla e le spade,
verso il mare di sabbia, su cui si estendeva, attorno all’oasi, una densa
nebbiolina di umidità…
Misi un piede davanti all’altro, imponendomi di vuotare la
mia mente da qualsiasi pensiero che andasse al di là del coordinare i movimenti
del mio corpo. I piedi all’interno degli stivali ribollivano, ma se li avessi
tolti la sabbia li avrebbe comunque scottati. Registrai il dolore, e cercai
semplicemente di scartarlo dalla mia mente. Raggiunsi l’inizio della colonna,
dove Elmerish aveva disposto che marciassi, per tenermi d’occhio. Il generale
mi passò di fianco, a cavallo, e mi lanciò un sorriso sardonico, mentre dava un
lieve colpetto alla mia schiena col dorso degli stivali… “Sarò felice di averti
presto a bordo, mocciosa…”
‘Sarò felice di staccarti presto un altro orecchio a morsi,
faccia butterata…’ Ma non diedi voce al mio pensiero.
Marciammo. Marciammo in quell’inferno dorato, in cui nessun
passo pareva avere senso, perché all’orizzonte non compariva mai nessuna meta…
dopo un’ora, il cielo era inondato del rossore del tramonto, i cavalieri
passavano più tempo tergendosi il sudore dalla fronte che reggendo le redini, e
chiunque si muovesse a piedi era accaldato, ed esausto. Alle mie spalle, una
qualche donna prese a piangere rumorosamente, mentre camminava, forse resa più
vulnerabile dalla stanchezza… non mi volsi, per non vedere il suo volto. Non
potevo provare pietà per qualcuno, in quel momento. Non potevo pensare.
Per quella che poteva essere una mezz’ora, il nostro cammino
proseguì ininterrotto, e con lui il pianto, talora sommesso, talora straziante.
Andai avanti, non ascoltandolo, o fingendo di non ascoltare, come faceva
chiunque fra gli uomini e le donne disperati al mio fianco. Ero quasi riuscita
a rimuoverlo definitivamente dalla mia coscienza…quando ad esso si sovrappose
la voce autoritaria di un soldato.
“Adesso falla finita!!!”
Si udì un tonfo, e improvvisamente la colonna di prigionieri
si fermò. Mi volsi. Al suolo, di fronte ad uno dei fanti di Elmerish, c’era la
donna dai capelli grigi che avevo visto seduta accanto a me, durante il pasto.
Grosse lacrime le solcavano le guance.
“Smettila con questo dannato sottofondo! E’ già difficile
marciare sotto il sole, senza che tu lo renda ancora più odioso!!!”
Deglutii, ma mi morsi il labbro per stare zitta e non
procurarmi più guai di quanti già non avessi. Tanto, anche se fossi intervenuta
sarebbe stata una difesa inutile…
La donna tacque, e cercò di rialzarsi, ma cadde di nuovo al
suolo. Un uomo accanto a lei le porse la mano, e lei a fatica si rimise in
piedi, barcollando. Il soldato distolse lo sguardo da lei, per rivolgerlo a noi
delle prime file, che ci eravamo bloccati. “Avanti! Non c’è niente da
vedere!!!”
Feci per volgermi nuovamente, e riprendere a camminare, ma
la donna precedette qualsiasi mia azione… e riprese a piangere. ‘No. No, no,
no…’ Il mio stomaco si strinse per lei, e quello che la aspettava…
“La mia bambina… l’ho vista, la mia bambina… ci sta seguendo…
e oggi, all’oasi, ci aveva raggiunti… ma mi avete portata via, io l’avrei
ripresa con me…” Abbassai lo sguardo. Nessuno che non fosse in grado di
lavorare era stato risparmiato dai soldati nei villaggi in cui erano avvenute
le razzie. Ora capivo… quale doveva essere stato il dramma di quella donna…
“Ti ho detto di smetterla!!!” Il soldato colpì la donna al
volto.
Lei barcollò, e lo guardò con occhi impotenti. “Mi avete
portata via… lei non può stare sola…” Le lacrime ripresero a rigarle il volto…
“Senza di me, lei…” Il soldato la colpì allo stomaco. La donna si accasciò al
suolo.
“Adesso basta!!!” Mi trovai a gridare, prima che il mio
cervello potesse bloccare le mie labbra. “Basta, non avete motivo di accanirvi
contro di lei! Non ha fatto niente, se non piangere la bambina che voi le avete
strappato!”
Il soldato mi squadrò,un’occhiata gelida. “Fatti gli affari
tuoi, ragazza! Questa è una guerra, e in guerra non c’è tempo per i piagnistei!
Siamo in una marcia, e questa donna evidentemente non ha la forza di andare
avanti, quindi…”
“Ce l’aveva la forza, stava camminando, prima che il
bastardo che ho di fronte le tirasse un calcio nello stomaco!!!” Non ebbi la
forza di trattenermi. “E’ facile prendersela con chi non può difendersi, vero?
Facile indovinare perché rimarrai per sempre uno stupido fante, anzi no, uno
stalliere di terza categoria, che respira la polvere sollevata dai cavalli dei
suoi ufficiali, finché non faranno al mondo il favore di ficcarti una spada in
gola!!!” La mia rabbia era esplosa. Solo in parte in difesa di quella donna.
Quella donna ed io eravamo a millenni di distanza, due mondi completamente
diversi, ma in quel momento mi rivedevo in lei… e avrei staccato a morsi il
piede di quel soldato piuttosto che permettere che piantasse il suo calcio
nello stomaco di qualsiasi prigioniero, in quel momento…
Il soldato si avvicinò, e mi colpì al volto. Barcollai, ma
non caddi. La mia rabbia e il mio rancore mi sostennero. Lo guardai negli occhi
con manifesto odio.
“Interessante…” Mi squadrò con sufficienza… “Interessante
come l’isterismo femminile possa portare una donnetta come te ad essere tanto
stupida da offendere un uomo quando lui è l’unico dei due ad avere il potere di
nuocere a qualcuno…”
Smisi ad ascoltarlo, credo, prima che finisse di pronunciare
anche solo il primo dei numerosi cliché che era abilmente riuscito a condensare
nella sua frase. Questo, perché ero troppo impegnata a prendere la mira.
La soddisfazione che provai nel vederlo piegarsi e gemere
nel ricevere il calcio che gli avevo appena assestato… bè, voi sapete dove… per
un momento fu tanto esilarante da sembrare ripagarmi per tutte le offese che
avevo subito quel giorno…
“Dovresti stare più attento alle donnette isteriche,
stalliere di terza categoria, o rischi di entrare a far parte presto della loro
schiera…”
Peccato che il seguito della scena non fu altrettanto
piacevole…
“Bastarda!!!” Con una specie di ringhio reso rauco dal
dolore, il soldato si gettò su di me, e mi sferrò un altro schiaffo, che mi
fece barcollare all’indietro di diversi passi…
“Prova a ripetere quello che hai detto.” Mi sfidò,
stringendomi con rabbia per il davanti della tunica.
“Codardo.”
Mi schiaffeggiò, nuovamente. “Ripetilo!”
Gli sputai in volto.
In un attimo, mi trovai al suolo, sotto una pioggia di
colpi. Provai a difendermi, ma le mie membra erano troppo stanche, per la fame,
la marcia, le percosse. In un attimo, fui impossibilitata a reagire.
“Ti insegno io come ci si rivolge ad un soldato…”
Il respiro mi mancò, quando il suo pugno mi colpì allo
stomaco. Macchie rosse mi volteggiarono davanti agli occhi,e mi resi conto che
stavo per perdere i sensi… Ma forse sarebbe stato meglio… Almeno così non avrei
sentito il dolore…
Ma nemmeno quel desiderio poté essere esaudito.
“Che diavolo sta succedendo, qui?”
Fu la voce di Elmerish a risuonare, cupa, sopra le nostre
teste. Ero talmente abituata a spalancare gli occhi al suo ordine perentorio di
risveglio, ormai, che di riflesso mi ripresi dal torpore, e piegai la testa per
guardarlo. Ci fissava dal suo cavallo, gelido. Mi spaventava quello sguardo…
tutte le volte che glielo avevo visto vestire Elmerish si era dimostrato in
grado di risvegliare in me la disperazione ed il terrore più crudi, e profondi…
Il soldato parve condividere quella paura con me, comunque.
Scattò in piedi, come rendendosi improvvisamente conto di quanto stesse
facendo, e si mise sull’attenti. “G… generale… la ragazza si è ribellata… mi si
è gettata contro all’improvviso e… ho dovuto reagire…”
Notai che gli altri prigionieri si scambiavano occhiate a
quelle parole, ma ovviamente nessuno aprì bocca. Era naturale. Nessuno sarebbe
stato tanto stupido da mettersi in mezzo, non quando Elmerish aveva quello
sguardo… E anche io tacqui. Non avevo la forza di negare quella versione dei
fatti. Non ne avevo più nemmeno la volontà…
“Non ti avevo detto, soldato, come a tutti gli altri del
resto, che per nessun motivo avresti dovuto toccare Lina Inverse, senza il mio
consenso?”
Il soldato impallidì. “Ge.. generale… se non avessi fatto nulla
lei sarebbe scappata… io dovevo…”
“Te lo avevo detto, o no?” Elmerish insistette, senza mutare
di espressione.
“S… sì… me lo avevate detto, ma…”
Non ebbe il tempo di finire. Elmerish, con una rapidità che
non avrei mai pensato possibile per quelle braccia immense, aveva estratto la
spada, e gliela aveva conficcata in gola. Gli altri prigionieri
indietreggiarono coprendosi il volto con le mani, mentre un mormorio si
diffondeva fra di loro, come fra i soldati… Elmerish lo ignorò, e ritrasse la
spada dal corpo del soldato, che si accasciò al suolo, senza vita. Rinfoderò
l’arma, continuando a non prestare attenzione allo sgomento che aveva generato.
“In guerra non c’è spazio per un soldato che disobbedisce agli ordini del suo
generale.” Dichiarò semplicemente, lanciando un’occhiata di ammonimento ai suoi
uomini. Nessuno osò replicare.
Elmerish scese da cavallo, e con un gesto sgarbato mi
sollevò dal suolo. “Ti avevo detto di non procurarmi guai.” Mi parlò in tono
duro, col suo fiato che sapeva perennemente di alcol, a pochi centimetri dal
mio viso. “Ce ne sarebbe anche per te, se non ne avessi già avuto a
sufficienza.” Boccheggiai, mormorando parole sconnesse, ma non fui in grado di
replicare. Elmerish non se ne curò. Con un solo gesto, mi caricò sul dorso del
cavallo, e salì con me, cingendomi con le braccia. Provai un impeto di
disgusto, e il bisogno di ritrarmi, ma non ne ebbi la forza. Non volevo che lui
mi salvasse, anche se era da uno dei suoi uomini, e se era solo per farmi
arrivare integra a destinazione. Non volevo essere caduta così in basso da
dover essere salvata da lui.
“E ora muoviamoci! Queste perdite di tempo non fanno che
tenerci lontani dal compimento della nostra missione, e dal sidro di Ulan
Bator!”
Spronò il cavallo, e così fecero i suoi uomini, e la marcia
riprese, silenziosa. Io mi accasciai fra le sue braccia, incapace di reagire in
qualsiasi modo… Il sole calava all’orizzonte, e mi restavano solo poche ore da
sopportare in quella trappola opprimente… ma in quel momento il mio corpo reagiva
come se fosse convinto che sarei stata catturata in quel tocco, in quell’odore
ormai sgradevolmente familiari per una grigia eternità…
‘Non sono le SUE braccia il mio posto…’
Volevo Gourry. Volevo Gourry vicino a me, volevo che mi
abbracciasse, come aveva fatto in quella grotta umida e sperduta fra i monti, e
che mi dicesse, mi facesse sentire, che potevo ancora essere forte, che come
sempre nulla ci avrebbe separati, e che tutto andava bene… Se davvero avessi
perduto i sensi lo avrei incontrato? Se mi fossi abbandonata lo avrei
incontrato? Se fossi… morta… saremmo stati di nuovo insieme…?
Dei, perché pensavo cose del genere…?
‘Perché è morto. Non lo rivedrai più. E anche tu non hai
scampo.’
Cercai di scacciare quei pensieri, che strisciavano fuori
dal mio inconscio imprigionando pericolosamente la mia volontà…
In quel momento, però, non avevo la forza di lottare nemmeno
contro la mia mente.
Alla luce sempre più tenue del sole calante, sperando che le
tenebre mi proteggessero dagli sguardi dei miei catturatori, mi abbandonai ad
un pianto silenzioso…
***
Il cielo sembrava lacrimare, quella mattina. Grosse nuvole
grigie si ammassavano contro uno sfondo blu cupo, che imprigionava il sole,
dando a Gourry l’impressione che la terra non avrebbe più beneficiato dei suoi
raggi…
Era freddo, sul ponte della nave, e la pioggia, che il vento
aveva fatto impazzire, imprigionandola in violenti mulinelli, gli sferzava
incessantemente il volto. Gourry non aveva volontà di tornare in cabina, però.
In quei giorni aveva evitato il più possibile il caldo opprimente di quel luogo
chiuso, dove la gente viveva ammassata come bestiame, e l’odore era tanto acre
da minacciare di fare rivoltare il suo stomaco, già più che provato dalle
scosse a cui la tutt’altro che stabile nave era costretta dal mare in tempesta…
lui ed Ainos non avevano potuto permettersi di meglio che quel precario mezzo
di trasporto per raggiungere la loro destinazione… Gourry aveva ancora il
denaro datogli da Philionel, ma a quanto pareva nemmeno somme consistenti erano
sufficienti a smuovere la maggior parte dei comandanti delle navi verso
l’estremo Nord… in fondo, avrebbero navigato a non grande distanza rispetto
alla parte più estrema del Mare dei Demoni… Lina gliene aveva parlato, a volte…
non esistevano resoconti dettagliati sui territori che si estendevano al di là
di quelle acque… semplicemente perché non c’era notizia di qualcuno che vi si
fosse recato, e poi fosse tornato indietro a raccontarlo. Persino la loro nave,
che si muoveva nel più sicuro tratto di acque chiamato Mare del Nord per motivi
commerciali, e aveva necessità di arrivare relativamente in fretta a
destinazione, stava seguendo una rotta particolarmente spostata ad Est, pur di
tenersi il più lontano possibile da quelle lande maledette…
A Gourry, in realtà, sarebbe importato poco anche se
avessero seguito una rotta attraverso gli inferi, a patto che si arrivasse.
Ansia e impazienza attorcigliavano il suo stomaco, e quel paesaggio che mai
mutava, come se la nave non si muovesse e lui non stesse avanzando di un passo,
non faceva che alimentare la sua frustrazione. Aveva l’impressione che il tempo
si stesse prendendo gioco di lui. Per lo più, gli era spesso importato poco
della meta durante i suoi viaggi… amava l’osservare, il senso di attesa, la
novità, le persone, i luoghi, i cibi… amava ciò che il viaggio era e
comportava, al di là della destinazione a cui esso avrebbe portato… Ora che era
rimasto solo, però, non riusciva ad apprezzare tutto questo… senza quel senso
di condivisione che lo univa a Lina, senza il loro affrontare la strada fianco
a fianco, il vagare per il mondo perdeva gran parte del suo fascino…
‘Era così che mi sentivo? Quando sono scappato di casa,
prima di conoscerla? Cosa mi faceva mettere un piede davanti all’altro,
allora?’ Gourry non riusciva a ricordarlo. Sapeva di avere trascorso dei bei
momenti, in viaggio, anche prima di conoscere Lina… quando si era mosso insieme
alla sua compagnia di mercenari, ad esempio. Era stato circondato di amici
fidati, allora… al di là degli orrori della guerra, era stato facile vivere…
andava avanti, eseguiva gli ordini, senza troppi pensieri… Allo stesso modo
ricordava anche quanto si era sentito perduto e inutile quando era tornato a
casa, e aveva trovato la sua famiglia ancora divisa da stupide lotte fra
fazioni… quando sua nonna era morta, ed era parso che nulla più si sarebbe
risolto… quando aveva rubato la Spada di Luce, e se n’era andato, sentendo di
non avere più uno scopo al mondo…
Nulla di questo, però, spiccava fra i suoi ricordi… non i
momenti felici, non quelli tristi… tutto era offuscato da immagini più recenti…
dal risuonare, nei suoi ricordi, di una voce tanto femminile da fare sorridere,
di fronte al temperamento focoso e dalle parole taglienti che la accompagnavano…
da capelli di fuoco, e occhi limpidi di ingegno e forza, occhi in cui sapeva
leggere come nessun altro era capace di fare… e dalle avventure, dalle continue
scoperte, dalle risate e dai battibecchi, dalla dolcezza di alcuni momenti di
cui mai nessuno avrebbe saputo… perché c’erano lati di Lina che erano sua
esclusiva, sua soltanto, e di cui era geloso quanto onorato, perché erano segno
della fiducia che la tanto diffidente maga provava nei suoi confronti…
Non è che Gourry avesse scordato il suo passato. E nemmeno
portava una maschera di allegria, a celare qualche recesso tormentato del suo
essere. Semplicemente, viveva per il presente. Soprattutto da quattro anni a
quella parte. Ed era stato felice. ERA felice della sua vita. Per questo, in
quel momento, salvare quel presente che amava era ciò a cui la sua mente ed il
suo corpo erano interamente votati…
Sollevò lo sguardo dal mare, verso l’orizzonte. La terra era
ormai in vista… nel giro di un’ora, forse, avrebbero finalmente attraccato.
Ainos gli aveva detto che si sarebbero mossi ulteriormente verso l’entroterra,
poi. Gourry si domandava dove diavolo avesse intenzione di portarlo… inutile
dire che non si fidava di lui, ma lo spadaccino non riteneva di essere in
pericolo… in fondo, se avesse avuto intenzione di attaccarlo avrebbe potuto
farlo nelle lande desolate che avevano attraversato nelle settimane precedenti…
d’altra parte… più si avvicinavano alla terraferma più una strana sensazione lo
attanagliava…
“Appena sbarcati dovremo muoverci, se non vogliamo sprecare
le ore di luce del pomeriggio… Ci procureremo alcune provviste e mangeremo
mentre cavalchiamo…”
Gourry sussultò, volgendosi di scatto. Ainos era una delle
poche persone che riuscivano a sorprenderlo alle spalle, quando era minimamente
distratto, e questa era una cosa che non gli piaceva per niente… Cercò di
mascherare il suo disappunto, comunque, limitandosi a stringersi nelle spalle.
“Sei tu la guida.”
Ainos lo squadrò. “Oh. Funzionava così anche con la tua
maga, ho ragione? Era lei a decidere il vostro percorso, e tu ti accodavi a lei
come un cagnolino fedele…”
Gourry strinse le labbra, e non rispose. Il tono di voce di
Ainos era rimasto piatto, nel pronunciare quelle parole, come se fosse stata
un’osservazione priva di scopo… ma Gourry aveva l’impressione che spesso lo
sciamano si divertisse a provocarlo…
Ainos non parve turbato dal suo silenzio, ad ogni modo.
Rivolse lo sguardo al mare. “Posso avvertire la tua tensione.” Dichiarò
all’improvviso, cambiando repentinamente discorso. Il suo sguardo tornò su di
lui, penetrante. “E’ da quando siamo a bordo che sei più nervoso del solito. E
non mi sembra normale.C’è qualcosa che
ti turba in particolare? Dovrai essere al massimo delle tue potenzialità quando
inizieremo l’addestramento…”
Gourry fu stupito di quella domanda… Per qualche motivo,
Ainos, che pure aveva mostrato di conoscere bene come funzionava la mente
umana, non gli pareva tipo da comprendere le emozioni di chi gli stava accanto.
Inizialmente fu tentato di non rispondere,dal momento che discutere con lui lo
metteva solamente a disagio… alla fine, tuttavia, decise diversamente. Sentiva
che se non ne avesse parlato con qualcuno, fosse anche uno dei mozzi che la
mattina lustravano il ponte, sarebbe finito per scoppiare…
“E’… è solo questo posto…” Strinse con forza il bordo
del parapetto della nave, fissando con inquietudine la costa. “I miei nervi
sono perennemente a fior di pelle, da quando siamo saliti su questa nave. E la
cosa non va migliorando con il passare dei giorni. Non so spiegarlo
esattamente… è come se stessi costantemente per essere attaccato…”
Ainos si concesse uno dei suoi rari sorrisi. “Questo è
perché hai una percezione fuori del comune, Gourry.” Si strinse nelle spalle.
“Uno dei motivi per cui ti ho scelto.” Il suo volto tornò alla serietà, mentre
lanciava una vaga occhiata alla costa. “Non devi farti inquietare da una cosa
del genere. Siamo molto vicini alla Penisola dei Demoni, è semplicemente questo
che avverti… un comune viaggiatore non se ne sarebbe nemmeno accorto…” Spiegò
in tono calmo, quasi annoiato…
“Mmm…” Gourry emise un lieve mugugno in risposta, senza
replicare. Non era particolarmente convinto. La causa poteva anche essere
quella esposta da Ainos… ma ciò non toglieva che ai suoi occhi non si trattava
di una cosa irrilevante come lo sciamano la faceva apparire… nulla che gli
desse quel presentimento poteva esserlo…
Ainos, comunque, parve ritenere chiuso l’argomento.
“Preparati a sbarcare.” Ingiunse semplicemente, e sparì verso le cabine.
I giorni successivi trascorsero in una piatta calma. I
cavalli proseguivano, inquieti, ad una altitudine sempre maggiore, attraverso
boschi e sterpaglie, in un’aria rarefatta e tanto fredda da dare l’impressione
di ferire la pelle al contatto… presto apparve la neve, e i ghiacci perenni che
ricoprivano gli enormi monumenti di roccia che li circondavano li strinsero da
ogni lato. Gourry aveva l’impressione che non avrebbe mai più sentito caldo in
vita sua. Dopo quattro giorni di marcia, il gelo ormai lo imprigionava ad ogni
respiro, ad ogni movimento del cavallo, ad ogni brivido che lo scuoteva mentre
trascorreva notti insonni, avvolto in un ormai inutile mantello. Ainos pareva
non risentirne assolutamente, per quanto il suo bisogno di cibo e riposo fosse
apparentemente aumentato. Per qualche motivo, questo lo irritava. E lo irritava
anche quella irritazione. Al di là del gelo, lo scenario che lo accoglieva in
quelle montagne era stupendo. Avrebbe dovuto godere della sua vista, muoversi
in tutta calma, dormire in qualche grotta, davanti ad un fuoco. Essere sereno.
Come si faceva a vivere ogni giorno con tutto quel carico di rabbia ed emozioni
negative? Lo aveva dimenticato da anni, ormai. Non voleva tornare indietro,
proprio quando tutto nella sua vita andava per il verso giusto…
Presto, smise di prestare attenzione al percorso, e imparò
ad annullare la sua mente. Era così che era sopravvissuto quando aveva
combattuto durante le guerre del Sud. L’inconsapevolezza era un dono prezioso,
a volte… pericolosa, forse, ma preziosa… Gradualmente, il suo corpo si abituò
alla marcia, e la sua resistenza aumentò. Le conversazioni con Ainos si
ridussero a brevi indicazioni riguardo al percorso. Persino l’inquietudine che
gli attanagliava il petto sulla nave prese a confondersi con la sensazione del
freddo, e la stanchezza, e ad essere scartata dai suoi pensieri. Notò talvolta
Ainos lanciargli occhiate pensierose, penetranti, mentre marciavano. Scartò
anche quelle. Presto fu solo una specie di macchina in moto. Solo la sera,
quando si accampavano, stringeva a sé il ciondolo che teneva al collo, e
ricordava per cosa si stesse muovendo. Quel pensiero era un conforto ed un
tormento allo stesso tempo, ma non riusciva a fare a meno di concentrarsi
totalmente su di esso… A volte trascorreva ore, prima di addormentarsi,
fissando il suo piccolo cimelio… i lunghi filamenti ramati che si
attorcigliavano al nastro rosso, in una piccola cascata di riflessi e sfumature
calde, che parevano dare sollievo al suo corpo imprigionato dal gelo… Lina
avrebbe riso, e gli avrebbe dato dello sciocco, se avesse saputo che aveva
raccolto i suoi capelli, dopo che li aveva tagliati, durante la seduta del
Concilio a Sailune… era stato così imbarazzato quando era stata sul punto di
notarli… ma lui amava quei capelli, e portarli con sé, stringerli, in quei
momenti in cui non era in grado di mettere a tacere la sua mente, gli dava la
vaga illusione che qualcosa di Lina fosse ancora al suo fianco…
Evitò quel genere di sentimentalismi durante il giorno,
comunque. Aveva idea di quale reazione avrebbe ottenuto da Ainos, e il pensiero
di affrontarla non gli sorrideva. Annullò se stesso nella neve. Che evitasse di
pensare… non era forse quello che ci si aspettava da lui…?
Aveva ormai perduto il conto dei giorni, quando giunsero in vista
del palazzo.
Uno spettacolo che, ne era certo, a dispetto di certi suoi
presunti o reali difetti di memoria, non avrebbe scordato tanto presto…
Sbucò all’improvviso, fra le cime innevate… in una mattinata
fatta di freddo e marcia, che fino a quel momento gli aveva fatto prospettare
nient’altro che una giornata del tutto identica alle precedenti… Era spaventoso
e splendido allo stesso tempo. Si adagiava nei ghiacci come se fosse sorto
naturalmente da essi… un imponente maniero, arroccato vicino ad una delle cime,
i cui portali e finestre scuri parevano scrutarli colmi di minaccia ed intimare
loro di non avvicinarsi…
Gourry deglutì, a quella vista, e istintivamente frenò,
tirando le redini del cavallo.
“E’…?” Il fiato gli mancò per aggiungere altro.
“… la nostra meta.” Ainos annuì, senza bisogno che Gourry si
spingesse oltre nel formulare i suoi pensieri… “E’ splendido, non è vero? La
tua reazione è la stessa di chiunque abbia mai avuto il privilegio di
avvicinarvisi… Non esiste più al giorno d’oggi un architetto tanto geniale,
purtroppo…”
“Ma… ma è fatto… di ghiaccio?” Gourry era senza parole. La
struttura non era in pietra solida, come qualsiasi altra fortezza avesse
incontrato nel corso dei suoi viaggi… era fatta di un materiale rilucente,
chiaro, che si confondeva con la trasparenza dei ghiacciai circostanti… Le
torri, i merli, i camminamenti che si ergevano al di là dell’imponente
struttura muraria… tutti parevano sul punto di infrangersi al minimo alito di
vento, eppure Gourry aveva l’impressione che quel castello avesse retto nei
secoli ai più feroci assalti… nulla gli aveva mai dato prima in vita sua
quell’improbabile impressione congiunta di robustezza e fragilità…
“Che sciocchezze…” Ainos lo contraddisse, in tono freddo.
“Una struttura di ghiaccio tanto complessa non potrebbe mai reggere così a
lungo nei secoli, nemmeno in terre dove i ghiacci non si sciolgono mai… si
tratta di un materiale che ormai difficilmente si può trovare in natura… un
materiale simile al cristallo, e altrettanto duro, ma molto più resistente… lo
Arjunat… gli antichi draghi se ne servivano spesso, un tempo, per le loro
costruzioni… proprio uno di loro prestò il proprio servizio per la
realizzazione di questa fortezza… e lo fece per Rama il Nero, uno dei più
grandi sovrani e condottieri dell’antichità, baluardo delle terre del Sud
contro la minaccia delle Terre abitate dalle creature demoniache, in un’era in
cui la barriera ancora non esisteva…” Scorse con lo sguardo le antiche mura, il
suo tono ridotto ad un sussurro colmo di rispetto… “Organizzare delle truppe e
farle lottare non era semplice, in terre tanto inospitali… ma Rama le guidò e
vinse innumerevoli assalti… e lo fece impugnando la spada che ora diverrà tua,
Gourry…” Fece una breve pausa. “… se te ne dimostrerai degno, ovviamente.”
Aggiunse, quasi in un sibilo.
Gourry non rispose. Stava cercando di incamerare le
informazioni che gli erano state appena somministrate, ma sapeva già che presto
i contorni della vicenda che Ainos gli aveva brevemente narrato avrebbero preso
a sfumarsi nella sua mente… non era mai stato particolarmente ferrato in storia
e mitologia… normalmente, si trovava troppo occupato con il presente e la sua
vita pratica per preoccuparsi del passato… Se Lina fosse stata lì con lui
indubbiamente avrebbe trovato quel discorso più interessante, e lo avrebbe
rimproverato della sua disattenzione… ma forse poteva ricordarsene per lei… sì,
per narrarle la storia di quella spada… appena si fossero finalmente rivisti…
“Muoviamoci.” Intimò Ainos. “Se arriveremo entro la
mattinata, questo pomeriggio potremo iniziare l’addestramento.”
Ci vollero ancora diverse ore per giungere a destinazione.
Ad una prima occhiata a Gourry era parso che la fortezza fosse molto più
vicina, e questo non fece che confermargli l’imponenza dell’edificio… Quando
giunse ai piedi degli immensi portali che consentivano l’accesso alle mura,
quasi gli mancò il fiato nel constatare per quanti metri le strutture che
costituivano l’enorme complesso si elevassero, inerpicandosi lungo il dorso della
montagna. Nemmeno un’anima solcava i gradini ed i viottoli lastricati della
fortezza… ma quel luogo sembrava totalmente autosufficiente. Sembrava non avere
necessità di vita.
“Che fine hanno fatto quelli che vivevano in questo
castello…?” Gourry riuscì a chiedere, a mezza voce, fissando l’imponenza delle
due torri frontali…
Ainos lo fissò per un momento, quindi si strinse nelle
spalle. “Dopo il sorgere della barriera e l’acquietarsi delle lotte fra i
demoni e i servitori di Cheipied, questo luogo ha perso gran parte della sua
importanza strategica… gli esseri umani che risiedevano nelle regioni del Nord
non necessitavano più di particolari difese, a patto che si tenessero lontani
dalle aree dove risiedevano i demoni…” Scese da cavallo, acquietando l’animale
nervoso con un breve sussurro, e afferrandone le redini… “… per questo la
dinastia di Rama ha perduto gradualmente prestigio e forza… la spada è caduta
pressoché inutilizzata, mentre i sovrani hanno cominciato a preferire armi più
maneggevoli, e in generale ad amare più il calore delle spesse pareti e dei
camini della loro residenza, ed i piaceri del vino, rispetto alle impervie vie
delle ronde attorno al palazzo…” Ainos si avvicinò ai portali, e pronunciò una
breve formula in una lingua che Gourry non conosceva. Sul legno scuro, ancora
sorprendentemente integro nonostante i secoli, si disegnò per pochi istanti un
simbolo luminoso. Gourry batté le palpebre, incerto se si trattasse di reale
magia, o solo di un illusione creata dal riverbero della luce sulle pareti
cristalline. Ad ogni modo, in pochi istanti, la luce era scomparsa, senza
lasciare apparenti mutamenti sullo spesso strato di ebano…
“Tuttavia…” Proseguì Ainos… “… la perdita di prestigio portò
anche ad un allontanarsi dei sostenitori della dinastia… molti abitanti di
queste zone si trasferirono in territori più accoglienti, e ben presto anche i
nobili scelsero altri più convenienti alleati verso cui dirigere i propri
favori…” Ainos bussò lievemente, solo una volta, col battente arrugginito. Un clangore
metallico risuonò all’interno, e gli immensi portali si aprirono, scivolando
silenziosamente per accoglierli fra le mura deserte. Gourry non trovava normale
che delle porte si aprissero di loro iniziativa, e lo trovava ancora meno
normale in un castello fatto di apparente ghiaccio, sperduto in mezzo alle
montagne… ma Ainos, se era turbato dalla cosa, riusciva a mascherarlo
perfettamente. E Gourry aveva già appurato che si trovava molto più a suo agio
nel porre domande a Lina che a quell’individuo, per quanto le conseguenze
potessero essere talvolta meno melodrammatiche…
“… e le conseguenze sono facilmente intuibili…” Ainos
continuò la spiegazione, ignorando la sua espressione sospettosa… “… i
matrimoni fra cugini e in generale fra parenti un tempo erano ancora più comuni
di quanto non lo siano oggi… a poco a poco il germe della instabilità si è
instillato nelle menti dei membri della dinastia regnante… fino all’epoca di
Rama ottavo… detto il folle.” Ainos spinse ulteriormente i portali, fino a
spalancarli. Quindi si volse verso Gourry, e gli fece brevemente cenno di
seguirlo. “Puoi immaginare anche da solo il motivo di tale soprannome… aggiungo
solo che il re una volta si spinse al punto di far costruire un intero esercito
di soldati di ghiaccio, nelle montagne circostanti la fortezza… per difendersi
dalla minaccia delle tenebre, sosteneva… inutile dire che morì senza
discendenza… e che quello fu l’inizio della fine della dinastia…” Ainos avanzò
nella neve, a fatica, reggendo con una mano il bordo delle vesti, e con l’altra
l’orlo del cavallo. Gourry, che era rimasto incantato a fissare la facciata
candida della fortezza, si affrettò a scendere a sua volta dalla cavalcatura, e
a seguirlo…
“Io… io non ho capito una cosa, però…” Gourry azzardò,
esitante, mentre arrancava cercando di costringere il cavallo a seguirlo…
quella frase era strana, rivolta ad Ainos… di solito era Lina la sua
destinataria… ed in generale lo sciamano si era mostrato molto meno prodigo di
spiegazioni, e molto più propenso a lasciarlo in uno stato di perenne
confusione di quanto non fosse la sua compagna… “Hai detto… che quel… Rama…
possedeva la spada che anch’io sto per utilizzare…” Proseguì dopo solo un
istante di esitazione… “…e un’arma magica potente, unita a nobili natali, può
conferire notevole prestigio ad una famiglia di guerrieri, anche quando viene a
mancare la ragione del suo utilizzo…” Le lotte che avevano lacerato la sua
famiglia erano una prova più che sufficiente di quanto qualsiasi piccolo nobile
potesse bramare un oggetto del genere per elevare la propria posizione agli
occhi degli altri membri dell’aristocrazia… “… Se è così… perché i suoi
successori non hanno continuato ad impugnarla? Perché hanno rinunciato a
servirsene per rafforzare la propria posizione?”
Ainos sorrise. E quel sorriso strinse i nervi di Gourry,
risvegliando in lui l’inquietudine che da quando era salito sulla nave per il
nord non lo aveva mai abbandonato, ma che metri di neve parevano avere sepolto…
Istintivamente, indietreggiò lievemente, ritraendosi dallo
sciamano, mentre questo si limitava a sentenziare vagamente… “Non ho bisogno di
rispondere a questa domanda, Gourry. Tu stesso avrai modo di scoprirlo… molto
presto.”
Il resto della loro marcia fu avvolto nel più completo
silenzio. Solo i loro passi risuonavano nel cupo gelo degli antichi corridoi…
Gourry perse presto il senso dell’orientamento, così come la cognizione del
tempo, ma ebbe l’impressione che si muovessero per almeno un’ora… Passarono
varie barriere e portali, fino a giungere nelle profondità più interne della
struttura, quindi presero a scendere in un dedalo di scale e corridoi… Gourry
ricordava di avere già affrontato un percorso altrettanto tortuoso… a Sailarg,
quelli che gli sembravano secoli prima, quando lui, Lina e gli altri erano
stati alla ricerca di un fantomatico tesoro appartenuto al monaco che avrebbero
dovuto affrontare… rammentava solo vagamente la spiegazione di Lina riguardo a
quel genere di ambienti… ma gli pareva che avesse qualcosa a che fare con la
pericolosità di certi incantesimi, e la necessità di confinarli laddove non
potessero rivelarsi dannosi all’ambiente circostante… Che si trattasse dello
stesso anche allora? Ma era di un’arma che stavano parlando, non di esperimenti
di magia… forse in quel caso i costruttori erano stati mossi solo da esigenze
di segretezza?
Gourry sospirò. Era inutile farsi delle domande se non c’era
nessuno a rispondergli… Certo, non avrebbe mai creduto, da bambino, che le
resistenze di suo padre a fargli apprendere qualsiasi minima nozione riguardo
alla magia gli avrebbero creato dei problemi in futuro…
“Stiamo per arrivare…” Ainos si fermò davanti ad una porta,
ancora una volta di legno scuro. La voce dello sciamano era quasi un sussurro,
ma le sue parole rimbombarono comunque fra le antiche pareti, andando a
perdersi nel buio dei corridoi insieme alle nuvole del suo fiato condensato.
“Ora seguimi e sii cauto. Ci sono delle barriere magiche a protezione della
spada…”
Gourry annuì, un po’ intimorito… Ainos da parte sua deviò
totalmente la sua attenzione da lui allo spesso ebano… appoggiò la mano alla
porta, e il suo corpo tremolò per un momento, come se fosse stato attraversato
da una scossa di dolore… se anche era vero, comunque, lo sciamano la ignorò e
riprese a sussurrare frasi sommesse nella lingua sconosciuta… Il legno scuro
parve rispondere, animandosi, rilucendo di un chiarore dorato. Quindi, il
chiavistello scattò.
“Piano, ora…” Intimò nuovamente lo sciamano, aprendo la
porta… Gourry deglutì, seguendolo, non sapendo cosa attendersi… fu quasi
deluso, quando ai suoi occhi apparve una banale stanza vuota. La sala non era
né grande né piccola, ed era completamente priva di mobilia… nel buio quasi
totale, lo strano materiale cristallino che la costituiva sembrava quasi
normale pietra… l’unica cosa che differenziava la stanza dalle numerose sale
che avevano attraversato nel loro percorso era un piccolo pozzo, in reale
pietra, situato all’esatto centro del modesto ambiente. Gourry considerò che
era strano trovare un pozzo sepolto in un sotterraneo, a quella profondità… ma
per il resto la stanza gli apparve perfettamente anonima…
“La spada si trova qui…?” Non riuscì a nascondere lo
scetticismo nelle sue parole…
Ainos gli scoccò un’occhiata gelida. “Non avere troppa
fiducia nei tuoi criteri di valutazione, Gourry… nei tuoi viaggi avresti dovuto
imparare a fare di meglio che badare alle sole apparenze…” Sollevò la mano
verso il pozzo, e lo strano linguaggio prese nuovamente forma dalle sue labbra.
Gourry non ebbe tempo di reagire in alcun modo. Improvvisamente, l’intera
stanza venne inondata di luce. Il calore lo avvolse, per la prima volta da
settimane, e per un momento lo spadaccino credette che lo sciamano lo avesse
condotto ad una trappola, portandolo incontro alla morte.
Non fu così. Dopo pochi istanti, la luce si ritrasse, come
se si stesse concentrando verso la cima del pozzo, al centro della sala. Gourry
per un momento non riuscì a distinguere più nulla, e si coprì gli occhi col
braccio guantato, mentre lacrime istintive gli scendevano lungo le guance…
Quando fu in grado di vedere nuovamente, lo spettacolo che
si trovò di fronte lo lasciò ancora una volta senza fiato. Quasi come se la
luce stessa si fosse condensata in essa, al di sopra del pozzo era comparsa una
spada. La lama curata ed affilata, e trasparente come il cristallo, riluceva,
riflettendo il proprio chiarore negli zaffiri incastonati nell’elsa grigio
ghiaccio… Gourry era ammutolito. Era l’arma più bella su cui avesse mai posato
lo sguardo.
“E’… è quella…? E’ quella la spada…?”
Ainos sorrise, nuovamente. “Vedo che hai buon occhio nel
giudicare il valore di una lama, Gourry… e l’aspetto e la fattura non sono che
una minima parte dei pregi di quest’arma… questa spada è resistente alla
maggior parte delle forme di magia, senza contare che offre a chi la maneggia
capacità del tutto superiori a quelle di un comune spadaccino…” Il suo sguardo
si posò su di lui, penetrante. “Tu sei GIA’ uno spadaccino fuori dal comune,
Gourry… esattamente come lo era Rama… impara ad usare questa spada, e la Spada
di Luce diventerà nella tua mente un labile ricordo…”
Gourry deglutì. Fino ad un momento prima era stato scettico
riguardo all’arma, aveva seguito Ainos più perché avvertiva la necessità di
fare qualcosa per Lina che per reale speranza… ma, ora che aveva visto la
spada, cominciava a credere che essa avrebbe potuto davvero rappresentare la
chiave per aiutare la sua compagna, se avesse imparato a sfruttarla in tutte le
sue potenzialità… “Lo farò…” Anche la sua voce ora era un sussurro. “… basta
che tu mi spieghi le tecniche, sarò in grado di applicarle.”
Ainos annuì. “Sono felice che tu sia tanto determinato.
Anche se temo che non basterà impegnarsi nel lavoro mnemonico…” Gli lanciò
un’occhiata… “Quando vuoi cominciare?”
“Io…” Gourry esitò per un momento, fissando la spada. Era
stanco, dopo giorni di marcia. D’altra parte, Lina non poteva aspettare. E
anche lui era ansioso di maneggiare quell’arma… “Ora… possiamo cominciare ora.”
Gli occhi di Ainos si strinsero. “Perfetto. Prendi in mano
la spada, allora.”
Gourry lo guardò per un momento, esitante, quasi incerto di
poter semplicemente stringere la mano sull’elsa per maneggiare una spada del
genere. Quando Ainos non diede segno di avere raccomandazioni da fargli, si
avvicinò con circospezione aggirando il pozzo per scrutare l’arma da ogni
direzione, prima di allungare le dita su di essa. Anche quando fu a pochi
centimetri, l’arma non ebbe alcuna particolare reazione. Sembrava leggera, e
facile da maneggiare, l’ideale anche per il meno esperto dei guerrieri… Gourry
continuava a chiedersi quali folli avessero potuto lasciarla a marcire in un
sotterraneo… anche senza essere in grado di sfruttarne le potenzialità magiche,
anche maneggiandola con l’abilità di uno scudiero che brandisce una spada di legno,
quell’arma avrebbe comunque costruito un notevole vantaggio contro qualcuno che
impugnasse una lama di normale fattura…
“Cosa aspetti, Gourry? Prendila, e prova a bilanciarla…”
All’invito di Ainos, Gourry fece finalmente cadere le sue
esitazioni. Con solo un lieve cenno del capo per esprimere il suo assenso,
allungò la mano destra verso l’alma, e strinse le dita attorno all’elsa.
Il dolore fu immediato, e lancinante. Si espanse, dalla
punta delle sue dita in tutto il suo corpo, fino ad invadere i suoi arti e a
penetrargli il cervello. Lo lasciò senza capacità di parlare, senza respiro,
quasi senza coscienza. Non si rese nemmeno conto di gridare. Perse totalmente
la cognizione di quanto stesse accadendo attorno a lui.
La prima cosa di cui ebbe consapevolezza, quando il dolore
prese a recedere, era che si trovava al suolo, e che aveva lanciato la spada
lontano, in un qualche angolo della stanza… la testa gli pulsava, e le gambe
sembravano non avere più la capacità di sostenerlo. E Ainos troneggiava, in piedi,
su di lui.
“La prima volta è sempre la peggiore… perché è inaspettata,
ovviamente…” Si limitò a sentenziare, fissandolo con sguardo inespressivo. Lo
spadaccino poté solo boccheggiare in risposta.
“Alzati.” Gli intimò lo sciamano. Si allontanò da lui e si
chinò a raccogliere la spada, reggendola fra le mani come se nulla fosse. “Come
penso sia chiaro, abbiamo molto lavoro da fare.”
“Che… che significa???” Riuscì a tuonare Gourry, facendo
leva sui gomiti per sollevarsi a sedere… “Che cos’era quella fitta improvvisa?
E perché solo io provo dolore toccandola, e non tu???”
Ainos lo squadrò, freddo. “Ancora una volta, ti appelli solo
alle apparenze, Gourry. Questa spada ha un’anima, una sua autonomia. E il
dolore è il prezzo da pagare per la sua sottomissione. Il dolore è il suo atto
di ribellione al controllo di chi la maneggia. CHIUNQUE toccandola lo prova,
persino io. Solo, ho imparato a sopportarlo.”
“So… Sopportarlo…?” Gourry non poteva credere a
quello che stava udendo. Non si poteva riuscire a sopportare qualcosa di
simile. Non era nemmeno riuscito a tenere in mano quell’arma, come poteva
sperare di concentrarsi a sufficienza per maneggiarla correttamente in una
battaglia?
“Esattamente, Gourry.” Ainos rimase inespressivo, come
sempre. “Ed è ciò che dovrai imparare a fare anche tu. Sempre che alla luce di
quanto hai appena provato tu consideri ancora lo sforzo proporzionato al valore
della salvezza della tua compagna…”
Lo sguardo di Gourry cadde sulla spada, ed il suo pensiero
si rivolse a Lina… l’idea di toccare di nuovo quell’arma provocava in lui un
moto di repulsione, ed il suo istinto di conservazione gli gridava di
dimenticare la spada e lasciare immediatamente quel luogo, di tornare in terre
in cui le sue coperte, la notte, non si coprivano di brina, e in cui l’acqua
zampillava dalle sorgenti e non si ghiacciava su rocce acuminate e pendii privi
di vegetazione… tuttavia, dopo aver fatto tutta quella strada, dopo essere
arrivato fino a quel punto, non poteva più avere ripensamenti. Anche se fosse
tornato da Lina a mani vuote, in quel momento sarebbe equivalso ad
abbandonarla, e lui non poteva farlo, nemmeno a costo di lasciarsi deturpare
corpo e anima dal dolore. Non sarebbe tornato indietro.
“Sì… sì, ne sono ancora convinto. Imparerò a sopportare il
dolore.”
“Molto bene.” Ainos sorrise, nuovamente. “Allora afferra la
tua nuova arma, Gourry. Siamo appena all’inizio.”
Potenza delle vacanze, ho già pronto un altro capitolo…XD Però ero
ispirata e Lina e Gourry, perciò per questa volta niente A
Potenza delle vacanze, ho già pronto un altro capitolo…XDPerò ero ispirata per Lina e Gourry, perciò
per questa volta niente Amelia e Zel…conto di rimediare presto! I commenti e le
critiche sono sempre ben accetti!
Mura imponenti di un bianco ingiallito dal tempo, case
popolari dai candidi tetti piatti, ville e sontuosi palazzi signorili
sormontati da lussureggianti giardini pensili… Questo fu il panorama che ci
accolse non appena giungemmo in vista di Ulan Bator.
Ero stanca, quel giorno. L’avanscoperta ci aveva riferito
che mancavano solo poche miglia alla città, e così non ci eravamo fermati per
la consueta pausa nelle ore più calde… avevo fame, e i miei piedi parevano
ribollire negli stivali. Da una settimana ormai mi rifiutavo di salire sul
cavallo di Elmerish… dopo circa un mese di marcia avevo finito per lasciare
cadere molte delle mie resistenze di fronte alla stanchezza, e farmi
trasportare tutto il tempo dal gigante… ma quando mi avevano detto che
mancavano pochi giorni di marcia all’arrivo, qualcosa nel mio cervello era
scattato… forse il mio orgoglio, forse il mio istinto di conservazione,
qualcosa nella mia mente mi aveva detto che dovevo arrivare in quella città
sulle mie gambe… perché se non l’avessi fatto, se non avessi avuto la forza di
fronteggiare a testa alta i miei catturatori, allora non avrei avuto nemmeno la
forza per uscirne. Ed io ne sarei uscita. Non potevo pensare diversamente.
Quelli erano pensieri coraggiosi, e rassicuranti. Ma in quel
momento, sotto il sole del deserto, di fronte all’opulenza di quella città che
sarebbe diventata la mia prigione, la mia mente aveva perso gran parte della
sua determinazione… Un bel bagno, e frutta fresca… sentivo che se qualcuno mi
avesse offerto qualcosa del genere avrei acconsentito pressoché a qualsiasi
cosa…
Strinsi i denti, e cercai di riscuotermi. No, non dovevo.
Non avrei fatto niente del genere a me stessa. Anche se fino solo al giorno
prima avevo sperato che quel momento non sarebbe mai arrivato. Anche se il mio
stomaco era stretto in una morsa di terrore.
“Pare che ci siamo, mocciosa.” La voce di Elmerish, allegra,
a dispetto del groviglio dei miei sentimenti, risuonò alle mie spalle. Mi
volsi. Il gigante mi sovrastava, sul suo cavallo, il suo sguardo rivolto verso
le mura. Rivoli di sudore scendevano lungo le sue tempie e sulle guance
butterate, e il copricapo bianco che lo proteggeva dal sole era ormai fradicio.
Tuttavia, il ghigno era onnipresente sulle sue labbra storte. Il generale era
il ritratto della soddisfazione.
“Odio questo posto.” Commentò seccamente, in contrasto con
la sua espressione, e ignorando totalmente la mia occhiata carica di
avversione. “E odio ancora di più quell’odioso arricchito di Uregh. E non è
nemmeno un nobile di nascita, lo sapevi? Si tratta di un mercante. In questo
stupido paese due rami diversi della famiglia reale si alternano al trono, e
questo ha notevolmente indebolito la dinastia al potere. Grazie ai suoi
rapporti, e soprattutto ai suoi crediti, con il ramo attualmente al potere è
riuscito ad ottenere il titolo di duca ed il ruolo di Gran Consigliere. Gran
Consigliere. Quel bastardo.” Sputò al suolo. “Ed il re del ramo opposto lo
stesso anno è morto in circostanze misteriose. Non so cos’abbia promesso ai
nobili per farsi coprire. Forse di usare il suo denaro ed il suo ascendente per
stabilire definitivamente la loro fazione al potere. Fatto sta che l’erede
legittimo del loro gruppo era troppo giovane per governare, ed indovina un po’
chi ha assunto gran parte dei poteri a corte in qualità di suo tutore?” Spronò
il cavallo, e mi spinse malamente col piede, per indurmi a proseguire. “Ora il
futuro sovrano è cresciuto nella bambagia, e lontano dalle armi, in modo da
restare un completo inetto nelle mani di quel grosso divoratore di denaro. E
non ho dubbi che l’onesto mercante non esiterà a toglierlo di mezzo, se
rivendicherà in futuro la sua autorità…” Fece cenno ai suoi uomini, e la
colonna si rimise in marcia discendendo le dune roventi, i soldati che
spingevano con la minaccia della lama i fantasmi senza speranza di quelli che
una volta erano stati esseri umani…
“L’unica cosa buona di questo regno sono il suo sidro e la
sua carne rosolata nel miele. Un uomo come Uregh dovrebbe impallidire di fronte
a qualcuno come Oberon, che è riuscito a portare pace e prosperità nel suo e in
tutti i regni circostanti… e invece il bastardo ci crea persino problemi. Vedi
di piacergli, mocciosa. Perché voglio andarmene al più presto da questo dannato
posto, aiutare Oberon a schiacciare il tuo reuncolo pacifista, e tornarmene in
pace alle mie steppe, dove l’inverno non è così dannatamente caldo…”
Lo fissai con un odio tale che per un momento pensai di
poterlo uccidere solo col mio sguardo, anche senza la magia. Faccia butterata
intercettò la mia occhiata, e tornò a sorridere. “Oh, forse non è molto carino
parlare così male davanti a te del posto dove trascorrerai la tua intera
esistenza, vero mocciosa?” Al mio gelido silenzio, scoppiò fragorosamente a
ridere. “Dei, quanto sei divertente, mocciosa. Un vero spasso. Due mesi, e
ancora non ti è passata la voglia di lanciarmi simili occhiatacce.” Mi afferrò
per i capelli, all’improvviso, e piegandosi sul cavallo costrinse il mio viso
vicino al suo. “Quasi mi dispiace lasciarti qui e non poterti portare nelle mie
belle steppe. Saresti meglio di un giullare di corte…”
Lo fissai, più irata che mai. “Grazie, apprezzo il
pensiero.” La mia voce era venata di sarcasmo. “Ma sai, preferisco essere la
cortigiana di un ricco mercante che ha tutta l’aria di sapere cos’è la pulizia,
piuttosto che riempirmi di pulci in mezzo alle bestie di cui sei alla guida,
faccia butterata.”
Il volto di Elmerish divenne immediatamente una maschera
d’ira. “CHE COSA TI HO DETTO RIGUARDO A QUEL SOPRANNOME???” Sollevò il braccio,
ed io chiusi gli occhi, in attesa dell’inevitabile colpo.
Che una volta tanto non venne.
“Generale!!!” L’attenzione mia e di Elmerish fu distratta
dalla voce agitata di un soldato dell’avanguardia, che ci venne incontro al
galoppo, agitando le braccia per attirare l’attenzione del gigante. “Ci hanno
avvistati! Delle truppe ci stanno venendo incontro dai portali!” Tirò le
redini, e si fermò di fronte al generale. “Non sono in formazione d’attacco, ma
non è nemmeno un comitato di benvenuto… consiglio prudenza, mio signore…”
Elmerish annuì, con fare del tutto noncurante. “Uregh è con
loro?”
Il soldato scosse la testa. “No, mio signore. Credo che stia
osservando i fatti dalle mura…”
Elerish ponderò per un momento la cosa… “Il solito codardo.”
Concluse poi. “Teme la battaglia, e fa di tutto per tenersene fuori.” Fissò il
soldato negli occhi, con fare autoritario. “D’accordo, noi non gli daremo modo
di incrementare i suoi timori. Placatelo, rassicuratelo, lucidategli gli
stivali con la lingua, se necessario. Ma rendetelo del tutto certo che veniamo
in pace, portando ricchi doni, e che sarà lui a trarre i maggiori vantaggi da
questa trattativa. Bisogna tenerselo buono, il verme.” L’ultima frase fu
un’aggiunta a mezza voce.
Il soldato annuì, si inchinò, e si allontanò a tutta
velocità. Elmerish restò immobile sul cavallo, la colonna di soldati e
prigionieri ferma alle sue spalle, fissando la città in lontananza, e il
piccolo gruppo di soldati che vi si era radunato di fronte, in apparente
trattativa. Osservò il suo soldato giungere di fronte a quelli di Uregh e
intavolare una discussione animata. Osservò le guardie di Ulan Bator
consultarsi, ed inviare un proprio uomo verso la città. Osservò l’uomo fermarsi
vicino alle mura, e parlare con una delle guardie a presidio dei portali. Lo
osservò attendere, e quindi tornare indietro. Lo osservò scambiarci cenni di
assenso con i suoi compagni. Osservò il suo uomo tornare verso di lui.
E ancora prima di udire la risposta che portava, il gigante
dal volto butterato sorrise. “Uregh è un uomo sensibile ai doni. Ho il sentore
che sarai ben accolta, mocciosa. Decisamente ben accolta.”
Il suo sguardo si spostò su di me. Uno ghigno soddisfatto,
che mi spaventava. E la mia espressione dovette tradirlo, perché Elmerish, dopo
avermi fissato solo per un momento, commentò, sardonico… “Mi sembra che tu non
abbia più tanta voglia di dare sfogo alla tua lingua, ora, eh? Bé, hai tutte le
ragioni. Se fossi in te mi preparerei. E’ ora che impari ad assaggiare il
sapore della disperazione e della sconfitta… mocciosa.”
Circa un’ora dopo, Uregh aveva acconsentito a riceverci…
venimmo accolti all’interno delle mura, e quindi io, Elmerish ed una parte dei
suoi ufficiali venimmo condotti in un ampia anticamera dai pavimenti in marmo e
dalle colonne candide, che supponevo conducesse alla sala delle udienze… il
gruppo di soldati che ci aveva accompagnati si allontanò attraverso un portale
bianco, lasciando solo due guardie a presidio di ciascuno dei due ingressi
della sala. Restammo fermi lì in piedi per minuti interminabili… con le gambe
che mi dolevano, per un momento fui persino tentata di abbandonarmi sul fresco
marmo, dato che le guardie dallo sguardo arcigno avevano tutta l’aria di avere
intenzione di non essere buoni ospiti… ben presto lasciai perdere, però.
L’espressione di Elmerish mi suggeriva che in quel momento il generale non era
in vena di apprezzare iniziative bizzarre… faccia butterata non faceva che
spostare il proprio peso da una gamba all’altra, e fissare il portale con
espressione truce. Avrei potuto giurare che era nervoso.
“A che gioco sta giocando?” Un sibilo irato uscì dalle
labbra di Elmerish, proprio mentre la mia mente formulava quel pensiero… “Chi
crede di impressionare, facendoci aspettare così a lungo? Quell’omuncolo…
quando sarà servito al suo scopo lo schiaccerò personalmente sotto i miei
stivali…”
Lo fissai, accigliata.
Elmerish non era certo di quella trattativa.
Nonostante la sua ostentata sicurezza lungo tutto il
viaggio, non ne era affatto certo. In quel momento stava richiamando a sé tutte
le proprie risorse oratorie e persuasive perché la cosa andasse a buon fine, ne
ero certa… e questo mi ridava una speranza. In mano ad Uregh probabilmente
sarei finita dalla padella nella brace, ma non sarebbe stata forse quella la
mia sorte anche se Elmerish fosse riuscito nella sua missione? Se Uregh avesse
rifiutato e ucciso il generale sul posto, Oberon non avrebbe avuto altre truppe
per attaccare Phil. Ed io in qualche modo me la sarei cavata.
Ma soprattutto faccia butterata avrebbe avuto quello che meritava.
Per un momento la mia mente si figurò l’immenso generale
legato, boccheggiante e volto al suolo, e le mie labbra si inarcarono in un
sogghigno. Elmerish lo intercettò, e mi fissò con ira. Non ci voleva molto per
dedurre quali fossero i miei pensieri in quel momento… “Goditelo quel sorriso,
mocciosa…” Sibilò, una cupa minaccia. “Perché probabilmente sarà l’ultimo.”
‘Staremo a vedere, faccia butterata… staremo a vedere…’
Ma non ebbi il tempo di dare voce a quel pensiero. Quello
stesso istante, il portale bianco si aprì. Un uomo di mezza età, i capelli
incanutiti ed una lunga veste ufficiale bianca e dorata si fece strada di
fronte alle guardie, e rivolse un breve inchino ad Elmerish. “Mio signore… Il
Gran Consigliere è pronto a ricevervi, in qualità di Tutore del nostro sovrano.
Vi prego di seguirmi…”
Elmerish sbuffò in modo quasi impercettibile, ma si limitò
ad annuire. Erse la gigantesca schiena, e mi spinse davanti a sé, in malo modo.
Incespicai, e gli lanciai un’occhiata scura, ma avanzai in silenzio. Di fronte
a me, oltre il portale, le mura si aprirono in un ampio e ombroso corridoio,
con ricche colonne intarsiate ai lati e arazzi e velluti a decorazione delle
pareti bianche… non c’erano finestre, ma non fu difficile dedurre che i muri
dovevano essere incredibilmente spessi, perché era fresco lì dentro, quasi
freddo, nonostante la temperatura soffocante all’esterno. Presi mentalmente
nota del fatto che non sarebbe bastato un semplice incantesimo per abbattere
quelle pareti e crearsi una via di fuga. Poi mi ricordai che non potevo
utilizzare la magia. Un momentaneo moto di frustrazione mi attraverso, ma lo
repressi. Dovevo rimanere calma, e lucida. Dovevo approfittare di qualsiasi
occasione per mandare a monte il progetto di Elmerish.
Il corridoio interminabile si concluse con un altro enorme
portale, stavolta dorato, e ricco di incisioni che, da quanto riuscivo a
capire, raffiguravano la lotta di alcuni esseri umani contro una sorta di
enorme serpente marino… Non ebbi tempo di osservare più attentamente, però. Le
guardie a presidio dell’ingresso si inchinarono all’uomo che ci aveva scortati,
e aprirono le porte. All’interno si estendeva un’enorme sala quadrata, e invece
del palco con il trono che mi ero aspettata di vedere, vicino alla parete opposta
a quella dell’ingresso c’era un’ampia rientranza circolare nel pavimento, in
cui si scendeva attraverso gradini… in questi ultimi erano scavati dodici seggi
, ciascuno dotato di un cuscino di velluto color porpora, con rifiniture in
oro… Quella sorta di anfiteatro in miniatura era sovrastato da una specie di
panca in oro massiccio, addossata al lato più lontano della struttura,
completamente ricoperta degli stessi cuscini purpurei sparsi per il resto della
stanza…
E non mi ci volle molto per identificare chi si ergeva su
quella panca. Un uomo enorme, vestito di larghi e leggeri pantaloni violetti e
di un semplice gilet dello stesso colore, decorato con rifiniture dorate… al
solo vederlo, un fremito insieme di paura e repulsione mi attraversò.
Il Gran Consigliere era semi steso sulla panca, la pancia
che straripava dalla cintura di tessuto, le dita grassocce che affondavano in
un piatto di dorati dolci traboccanti miele, che il reggente di Ulan Bator
divorava con gusto, facendo tremolare il suo doppio mento ed emettendo suoni di
apprezzamento… una fila di guardie era in piedi alle sue spalle e due ancelle
vestite di seta e morbidi veli stavano in attesa ai lati del suo trono, pronte
ad acconsentire a sue eventuali richieste… a malapena parve accorgersi di noi,
quando facemmo il nostro ingresso nella sala, e solo al tossicchiare
spazientito di Elmerish con un gesto secco fece cenno alle guardie di farci
accomodare.
Solo due ufficiali vennero lasciati entrare nella sala,
mentre le porte si chiudevano alle nostre spalle, separandoci dagli altri
soldati di Oberon. Elmerish osservò i portali serrarsi con sguardo nervoso,
mentre Uregh si sollevava lievemente, e squadrava il generale al di sopra del
calice che reggeva fra le dita. Prima di prendere la parola, il Gran
Consigliere vuotò il proprio bicchiere di vino, e una delle due donne ai suoi
lati si affrettò ad avvicinarsi a lui per riempirlo.
“Allora, messaggero di Oberon…” Fissò Elmerish con una
profonda occhiata, che al di là dell’ostentata superiorità tradiva un certo
interesse… “…mi hanno detto che avete una proposta da riferirmi…”
Il generale strinse i denti di fronte al modo piuttosto
spudorato in cui Uregh aveva evitato di rivolgersi a lui, e di trattare di
Oberon, usando i titoli che erano loro propri…tuttavia, non fece menzione della cosa e si limitò a rivolgersi al
reggente con forzata cortesia… “Sì, Gran Consigliere… il mio Signore vi propone
una alleanza nella guerra che in questo momento si sta combattendo nei
territori al di là della barriera…”
Ci fu una lunga pausa di silenzio, mentre Uregh afferrava
una spessa fetta di carne grassa e se la portava alle labbra, apparentemente
molto più interessato ad essa che alle parole del generale… il mio stomaco
gorgogliò.
Uregh tornò a sollevare lo sguardo su di noi… “Oh, ma ciò è
molto scortese da parte mia… il vostro arrivo questa mattina ha interrotto la
mia colazione… ma suppongo che ora dovrei invitarvi ad unirvi a me nel pasto…
non sia mai detto che nelle vostre steppe si dica che Ulan Bator è una città
inospitale…” Fece un cenno all’ancella, che si avvicinò. “Questi uomini che
vivono al di fuori del deserto hanno gusti strani… carne di suino andrà
benissimo, per loro… e uova… E fai in fretta, non perderò troppo tempo con
loro.”
L’ancella si inchinò, e sparì in un corridoio laterale.
Elmerish ebbe un fremito di rabbia di fronte alle parole del reggente e al modo
in cui la propria affermazione era stata ignorata, ma evitò di dire alcunché, e
non rifiutò l’offerta di cibo. Avevo l’impressione che il generale delle steppe
non fosse abituato alle trattative, e che si stesse trattenendo a malapena,
probabilmente per pura fedeltà ad Oberon, dall’impugnare le armi…
“Avanti… accomodatevi, messaggero di Oberon… non so come
funzioni dalle vostre parti, ma nel mio paese non si conduce una trattativa in
piedi…”
Alcune altre ancelle che fino ad allora erano rimaste ai
lati della stanza disposero per noi dei cuscini al centro della rientranza nel
terreno… evidentemente i seggi, probabilmente riservati agli altri consiglieri,
erano ritenuti troppo, per noi… tuttavia, Elmerish vi si accomodò senza fare
commenti, ed i suoi ufficiali ed io lo imitammo… per un momento, potei solo
assaporare la morbidezza della sistemazione che ci era stata offerta… non mi
pareva vero di potermi finalmente sedere… ormai avevo perduto la sensibilità
alle gambe, dopo quei giorni di interminabile marcia… e ancora più mi sentii
sollevata alla vista delle pietanze che ci venivano servite… uova fritte, e
pancetta, e salsicce al sangue, e fette di pane imburrato, accompagnati da
pomodori cotti alla piastra e da una varietà di tè nero tanto forte che dovetti
aggiungerci del latte per stemperarne l’amarezza… avrei voluto concentrarmi
sull’ascolto ed attendere, ma il mio stomaco finì per avere la meglio, e mi
buttai sul cibo senza nemmeno, imprudentemente, controllare che non fosse
avvelenato. Mi andò bene, comunque. Uregh evidentemente aveva interesse ad
ascoltarci, prima di cercare di ucciderci…
“E allora…” Esordì Uregh, dopo un’altra lunga sorsata di
vino rosso. “… che cosa fa pensare ad Oberon che io possa essere interessato ad
una guerra che non mi riguarda, combattuta perché lui possa governare su terre
incivili, quando il mio regno è autosufficiente e prospero?”
Elmerish lo squadrò con fare rabbioso, ma quando aprì bocca
il tono della sua voce era pericolosamente pacato… “Il VOSTRO regno, Gran
Consigliere? Credevo che il giovane sovrano fosse l’unico ad avere il diritto
di pronunciare simili parole…”
Un fremito d’ira attraversò i lineamenti di Uregh, a quelle
parole. “Davvero? Ma credo di essere in grado di supporre che voi non abbiate
una grande cognizione di come funziona la gestione di questo regno, generale
Turid…” Le sue labbra si aprirono in un mezzo sorriso provocatorio… “… e allora
forse sarebbe meglio che vi esimeste da giudizi in ambito politico… del resto…
voi barbari non siete certo esperti di questo genere di cose…”
Elmerish, lo avvertii, si trattenne a stento dal sollevarsi
e gettarsi contro di lui. Internamente, sorrisi. Forse le mie speranze di un
fallimento della trattativa non erano poi così mal riposte…
“Ad ogni modo…” Uregh riprese, prima che Elmerish potesse
replicare. “… so che Oberon è un uomo accorto. E immagino che abbia accettato
di sfoderare qualcuno dei suoi tanto rinomati ‘metodi di persuasione’ per
ottenere la mia preziosa alleanza…”
“Oberon è un uomo generoso…” Replicò Elmerish, in un tono
che poco celatamente lasciava intendere i suoi pensieri… “…un uomo che
preferisce il dialogo alla battaglia, quando è possibile… e che riconosce
l’ampiezza dei vantaggi che a TUTTI i territori al di qua della barriera
possono giungere da una conquista della parte più meridionale delle terre
inesplorate…” Il generale sollevò cautamente una caraffa, e si versò un
bicchiere di vino… “Oberon ha portato prosperità al proprio regno e a tutti gli
stati che è stato in grado di riunire in alleanza, anche voi che ne siete
rimasto al di fuori lo sapete perfettamente… ma gli stati oltre la barriera
hanno la magia, e maggiori risorse economiche e militari… agire, partire
all’offensiva per primi è l’unico modo per evitare la colonizzazione e la
schiavitù… esploratori hanno già cominciato ad affollare le nostre terre, ad
affermare la propria supremazia culturale… e la storia insegna… quanto tempo
credete che ci vorrà prima che questo diventi un tentativo di invasione
politica?”
Uregh si accigliò. “Una guerra per prevenire un’altra guerra
a nostro sfavore… è questo il ragionamento del vostro signore, Elmerish?” Ora
il Gran Consigliere di Ulan Bator appariva meno volto all’ironia, e più
propenso all’ascolto… io internamente sbuffai. Guerra preventiva. Certo. Bella
scusa per compiere nuove conquiste.
Elmerish strinse gli occhi. “Il mio signore non mi ha reso
nota ogni sua intenzione… ma fondamentalmente sì, la sua intenzione era quella
di sfruttare l’effetto sorpresa come mezzo per prevalere su regni dotati di una
risorsa pericolosa come la magia…”
Uregh lo squadrò profondamente. “Mmm… ma ho sentito che
anche Oberon ha avuto qualche buon asso nella manica nel corso della battaglia…
quei guerrieri cadavere, ad esempio…” Lanciò ad Elmerish un’occhiata che
tradiva ampiamente curiosità…
Elmerish si strinse nelle spalle. “Se è informazioni su di
loro che volete per accettare, dovrò deludervi. Ne so quanto voi. Elmerish si è
servito di altri consiglieri, in questo campo.”
Mi accigliai. O Elmerish era un ottimo mentitore, o stava
dicendo la verità. La sua risposta era stata troppo pronta.
Anche Uregh parve giungere alla mia stessa conclusione.
“Bah… i suoi assurdi metodi di guerra non mi interessano.” Sbuffò. “Ciò che mi
interessa è il mio guadagno in questa faccenda. Perché mi auguro che voi ed
Oberon non speraste che sarebbe bastato il discorsetto riguardo al rischio di
colonizzazione a convincermi. Qui ad Ulan Bator sappiamo benissimo difenderci
senza bisogno di una alleanza. Senza contare che qui è il deserto il nostro
vero esercito. I soldati nemici non hanno a disposizione le nostre fresche
pareti per ristorarsi, o il nostro sidro per riscaldare le loro notti, prima
della battaglia.” Sollevò il suo bicchiere verso Elmerish, e ne ingurgitò il
contenuto in un’unica sorsata.
Elmerish parve irritato, ma non del tutto sorpreso da quella
replica. Invece di rispondere immediatamente, ingollò a sua volta un bicchiere
di vino, forse per impedire alla sua lingua di pronunciare parole avventate…
“Il mio Signore è consapevole della vostra autosufficienza militare…” Riprese
dopo una breve pausa. “… e come voi stesso avete supposto, la sua offerta non
si riduce alla promessa di maggiore sicurezza.” Si volse per un attimo verso di
me, indicandomi con un gesto della mano. “Le terre al di là della barriera
offrono risorse che anche gli stati più ricchi bramerebbero. E Oberon promette
che chiunque combatterà al suo fianco potrà parteciparne…”
Uregh aggiunse un’aria scettica, a quelle parole… “Io non
vedo nessuna ricchezza in questa stanza, Elmerish… Oberon crede forse che mi
basti la sua parola per accettare di combattere in una battaglia dall’esito e
dal compenso incerti?”
Elmerish strinse i denti, nuovamente. La sua irritazione
ormai era palpabile. “Non dovreste sottovalutare Oberon, Gran Consigliere…”
Quella che probabilmente doveva apparire una frase foriera di promesse suonò
invece come una velata minaccia. “… il mio Signore sapeva che le parole non
sarebbero state sufficienti a convincere un uomo accorto e concreto come voi…”
Gesticolò verso la porta chiusa alle nostre spalle. “… là fuori i miei uomini
stanno sorvegliando carri colmi di ricchezze e manufatti provenienti dalle varie
residenze signorili di Sailune, e dallo stesso palazzo reale… questo, e diverse
centinaia di prigionieri che il mio Signore mette a vostra totale disposizione,
che vogliate servirvene come semplici lavoratori o come carne da dare in pasto
alle bestie per divertire la vostranobiltà…” Un fremito di rabbia mi attraversò a quelle parole… e questa
non poté che essere incrementata quando Elmerish mi pose una mano dietro la
schiena, spingendomi in avanti sui cuscini, come una merce da esporre. “E
questa…” Elmerish mi lanciò una profonda occhiata, che mal celava divertimento
di fronte alla mia aperta avversione. “… è un’offerta che Oberon vi porge
personalmente, come confidenziale suggello del vostro accordo… è un ostaggio
prezioso, il mio Signore ha dovuto ponderare attentamente l’ipotesi di una sua
cessione. Questo dovrebbe suggerirvi la considerazione in cui egli tiene la
vostra alleanza…”
Uregh si limitò a sollevare un sopracciglio, fissandomi con
un misto di interesse e scorno. “Una giovane donna dagli occhi di fuoco e dalla
pelle candida.” Il suo tono rimase di una cauta piattezza. “Non dico di non
apprezzare il pensiero, ma… sinceramente, da lui mi aspettavo qualcosa di
meglio… mi stavo proprio chiedendo se Oberon avesse un qualche asso nella
manica che riguardasse la ragazzina che vi portate appresso, ma credevo
sinceramente che si trattasse di qualcosa di più acuto che offrire una mocciosa
all’uomo che può avere ai suoi piedi ogni donna di Ulan Bator…” A quelle
parole, avvampai. Per la vergogna, la ripugnanza, la rabbia dell’essere
trattata come un oggetto, il fastidio di fronte alla sciocca boria di
quell’uomo. Se avessi avuto la magia, quella conversazione avrebbe avuto
termine in un istante.
Elmerish fece un breve sorriso. “Immaginavo una risposta simile.
Ma forse la vostra opinione sul dono muterà, Gran Consigliere… quando vi dirò
chi avete di fronte.”
Uregh aggrottò la fronte, e mi squadrò con nuovo interesse,
come chiedendosi se un qualche signore dei demoni non si celasse dietro la mia
del tutto innocua apparenza. Ricambiai lo sguardo, con aria tutt’altro che
amichevole. Per un momento la sala fu avvolta dal silenzio.
“Non si tratterà…” La voce del Gran Consigliere aveva una
punta si stupore, quando riprese la parola…
Elmerish si limitò ad annuire. “Oberon immaginava che
avreste avuto interesse per lei. in fondo siete un uomo che ama le sfide.” Un
sorriso inquietante si disegnò sulle sue rabbia.
E fu PIU’ che interesse quello con cui il Gran Consigliere
mi squadrò, dopo aver udito quelle parole. Per un momento, provai l’impulso a
fuggire, ma tentai di dominarmi. Non volevo mostrarmi debole in quella
situazione.
“Devo ammettere che mettere le mani su di lei non è stato
semplice… è ancora meno lo è stato domarla…” Elmerish proseguì, ben conscio dello
sguardo del reggente, fisso su di me… “Tutt’ora è un tipetto piuttosto
difficile con cui trattare… ma se siete tanto affascinato quanto si dice dai
racconti dei bardi su di lei credo che il trattare con lei sarà un onere che
vorrete volentieri accollarvi…” Il generale mi fissò, mentre pronunciava quelle
parole. Il suo sorriso sprizzava soddisfazione.
Improvvisamente, un groppo mi si strinse alla gola. Dov’era
finita la sua insicurezza di poco prima? No. No. Stava andando tutto nel modo
sbagliato.
“Devo ammettere che Oberon dimostra di sapere come
prendermi…” Il tono di voce di Uregh era controllato quando parlò, ma il Gran
Consigliere pareva avere la gola secca…
Elmerish rivolse nuovamente lo sguardo verso di lui. “Sono
soddisfatto che apprezziate le nostre offerte, Gran Consigliere… ora, se
considerate questo un terreno sufficiente per dare inizio alla nostra
trattativa…”
“Un momento, generale.” Il reggente interruppe Elmerish, in
tono fermo. Il generale fu colto di sorpresa, e lo fissò con fare interrogativo.
Evidentemente, si aspettava di avere ormai in pugno le redini della
conversazione. “Ho detto che il dono è azzeccato…” Uregh proseguì, ignorando il
suo scorno. “… ma non ho ancora detto che accetterò alcuna offerta.”
Il cuore mi balzò improvvisamente in gola. Non accettava.
Aveva detto che non accettava. Ciò significava che…
Mi volsi verso Elmerish. Il volto del generale era terreo.
“E questo che cosa dovrebbe significare?” Ora era la sua voce ad essere roca…
Il tono del Gran Consigliere rimase pacato, come se stesse
discutendo di un invito a cena, e non delle sorti del proprio paese. “Significa
che sto aspettando le vostre altre offerte, generale. Perché se è tutto qui il
livello di considerazione che avete per la mia alleanza, credo che potrei
ritenermi offeso. Soprattutto considerando il fatto che ormai, che io accetti o
meno, i doni che mi offrite saranno comunque nelle mie mani…” Nel pronunciare
quelle parole, mi lanciò un’occhiata che mi diede i brividi. Ma nulla era la
paura a confronto della soddisfazione che provavo in quel momento. Volevo
vedere Elmerish schiacciato al suolo.
Non molto differenti dovevano essere i pensieri del generale
in quel momento. Rivoli di sudore freddo scendevano lungo la sua tempia, e la
rabbia sprizzava da ogni lineamento del suo volto. Dovetti riconoscerglielo:
doveva avere una volontà di ferro per trattenersi dall’assalire Uregh, in quel
momento. Ma del resto, mantenere la calma in quella circostanza era la sua
unica opportunità di salvezza…
“Siete consapevole che attaccarmi ora equivarrebbe ad una
dichiarazione di guerra al mio Signore, Gran Consigliere?” Il generale scandì
le parole, in tono raschiante.
“Ne sono consapevole.” Uregh non si scompose. “Ma
ammetterete che l’ipotesi di una guerra con Oberon ora come ora non costituisce
una grossa minaccia per me, considerando che il vostro Signore è lontano e che
le sue terre sono quasi del tutto scoperte da truppe, al momento…”
Vidi lo sguardo di Elmerish accendersi, a quella
affermazione. Già, evidentemente Oberon aveva visto giusto. Uregh aveva
effettivamente messo gli occhi sulle sue terre, dopo la sua partenza.
Il generale mantenne la calma, comunque. Vidi i suoi occhi
correre avanti e indietro, mentre la sua mente vagava alla disperata ricerca di
una soluzione. Uregh rimase in silenzio e attese, esattamente come me. Forse si
aspettava qualche proposta più allettante dell’idea di una guerra. Forse
semplicemente si divertiva a giocare al gatto col topo con un uomo per cui
aveva dimostrato mal celata antipatia. Fatto sta che quando Elmerish aprì bocca
lo ascoltò con molta, molta attenzione.
“Se ne siete consapevole…” Il generale studiò con attenzione
il suo interlocutore. “… allora dovete tenere presente anche un particolare… in
una eventuale guerra non solo vi creereste un nuovo nemico… ma perdereste anche
un prezioso alleato.”
Uregh, a quelle parole, si accigliò. “E cosa vi fa pensare
che io necessiti di un alleato, generale?”
A dispetto di tutto, Elmerish si concesse un sorriso. “Il
fatto che io mi debba rivolgere a voi col titolo che vi spetta, Gran
Consigliere. Cosa ne penserebbe la fazione opposta al potere di una eventuale
guerra col mio Signore?”
A quelle parole, l’ira attraversò i lineamenti del reggente,
e per un momento pensai che il generale avesse preparato la propria fine con le
sue stesse mani. Tuttavia, prima che Uregh potesse reagire in qualsiasi modo,
Elmerish intervenne in tono pacato, per placarlo. “Non adiratevi, Gran
Consigliere. La mia non è una provocazione, ma una constatazione. A cui si
aggiunge una promessa.” Fissò profondamente il reggente, uno sguardo pieno di
promesse. “Oberon non permetterà che un regno che gli è a fianco nella vittoria
sia governato, anche solo nominalmente, da un sovrano inetto, o sia diviso da
una stupida lotta fra fazioni interne alla famiglia reale…” Le sue labbra si
inarcarono in un sorriso che faceva di tutto per non sembrare teso… “Oberon sa
riconoscere le virtù del vero capo… e farà di tutto perché questo
riconoscimento sia condiviso, e legalmente… da chiunque.” Fissò il reggente,
un’occhiata più che significativa.
Il Gran Consigliere rifletté. In silenzio, ponderò, soppesò
la proposta che gli era appena stata rivolta, senza lasciar trapelare nulla dei
propri pensieri. Per qualche breve, glorioso momento sperai. Sperai che la
considerasse un’onta verso le istituzioni del proprio paese. Sperai che non
desiderasse un trono che non si era egli stesso conquistato, che non volesse un
potere, anche se solo nominale, sceso su di lui dall’alto…
Quindi il reggente sorrise. E le mie speranze si infransero.
“Vedo che abbiamo raggiunto il punto che desideravo
toccare.” La soddisfazione del Gran Consigliere era palpabile. “E credo che
potremo decidere di discutere più approfonditamente della cosa in privato,
tanto per definire meglio i dettagli…”
Un più che evidente sollievo invase Elmerish. Mentre io
venni colta dal panico.
Lo sguardo di Uregh tornò a posarsi su di me. Si rivolse
alle ancelle, senza togliermi lo sguardo di dosso. “Portatela via. La voglio
presentabile, entro questa sera.”
‘No!’ Fu la mia mente a gridare, un rifiuto a cui non
riuscii nemmeno a dare voce. Era la mia ultima occasione, mi dissi. La mia
ultima occasione per reagire. Altrimenti sarebbe stato tutto perduto.
Non so nemmeno io con quale precisa intenzione, ma scattai
in avanti. Elmerish fu talmente colto di sorpresa che non reagì nemmeno, mentre
gettavo tutto il mio peso contro di lui.
Per un momento, fui tentata di concentrare il mio attacco
direttamente su di lui. Tuttavia, sapevo di non avere speranze. Una volta che
il gigante si fosse ripreso dalla sorpresa, il che sarebbe avvenuto presto, non
mi avrebbe lasciato più nessuna apertura.
Per questo sfilai il pugnale dal fodero al suo fianco. E
schizzai verso Uregh.
I miei piedi non avevano più forza, le mie gambe non mi
sorreggevano, ma usai tutta l’agilità che mi era rimasta. In un attimo ero su
di lui, il pugnale sollevato e pronto a colpire. “Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!”
Il Gran Consigliere, poco dignitosamente, si fece scudo col
braccio, ed evitò di reagire. E per la prima volta mi resi conto che davvero
potevo farlo. Il mio gesto era stato solo un impulsivo, disperato tentativo… ma
lui si trovava alla mia mercé. Potevo ucciderlo.
I miei denti si strinsero, il pugnale calò.
E crollò al suolo, miserabilmente, prima di raggiungere il
suo obiettivo.
“Che tu sia maledetta!!!”
Elmerish era su di me, il suo volto una maschera d’ira. Non
so se fosse perché era stato lui ad essere particolarmente veloce, o perché i
miei riflessi erano rallentati a causa della debolezza del mio corpo, ma la sua
enorme mano era miracolosamente riuscita a stringere il mio polso e a fare
crollare al suolo il pugnale, prima che esso colpisse. E prima ancora che
potessi parlare, l’altra mano era scesa sul mio volto. “Che cosa credevi di
fare?????” Elmerish era furente. “Meriteresti che ti mozzassi la mano, ed è
quello che farei subito, se tu ora non appartenessi a qualcun altro!!!”
Uregh indietreggiò, l’aria scossa. Tuttavia, non pareva
furioso come Elmerish. Anzi, mi stava fissando con un nuovo interesse…
“Lasciate perdere, generale.” Disse in tono ancora
lievemente agitato, dopo aver preso fiato.
Elmerish lo fissò con sguardo stupito, senza cessare di
stringermi il polso…
“Mi piace.” Spiegò il Gran Consigliere, come se fosse la
cosa più normale del mondo. “E’ esattamente ciò che avevo sentito su di lei.”
Il reggente prese un respiro, e la sua bocca si inarcò in un sorriso. “Renderà
tutto più… divertente.” Parve essere attraversato da un fremito.
Fu troppo. Non so se fu la frase in sé, o ciò che essa
presagiva. So solo che le mie labbra si mossero da sole.
Un momento prima ero trattenuta da Elmerish. Quello
successivo ero al suolo. La testa mi esplodeva. I miei occhi mi mostravano solo
luce, alternata a macchie scure.
Avevo usato la magia. Non sapevo quale incantesimo, ma lo
avevo fatto.
E non era mai stato tanto doloroso.
“Piccola…” Elmerish mi sollevò di nuovo dal suolo, stavolta
reggendomi per il collo della maglia. Il suo tono di voce era furioso. Riuscii
a focalizzare il suo volto. Una nuova ferita si univa alle precedenti cicatrici
del suo volto butterato. Uregh era al suo fianco, e pareva allibito.
“Generale… com’è possibile…? Credevo che con la vostra
droga…?” Il Gran Consigliere aveva un tono di voce più che contrariato.
“E’ possibile perché la mocciosa non ne vuol proprio sapere
di essere trattata bene!” Con mio sommo orrore, Elmerish estrasse la bottiglia
in cui teneva la medicina contro la magia, diluita in acqua, e ne riversò a
forza l’intero contenuto fra le mie labbra. Combattei l’impulso di vomitare.
“Prova ad usare la magia così, mocciosa!”
Con un semplice gesto, fui scaraventata al suolo. Ma non
impattai con il freddo marmo. Il mondo semplicemente prese a vorticare, e non
cessò.
Finché la mia mente non fu catturata in un gorgo nero.
***
Quasi non credeva di poter prendere ancora in mano
quell’arma. Le sue mani erano congelate, e il tremore non le abbandonava ormai
da giorni. Ma non era quello. Il dolore percorreva ogni singola fibra del suo
corpo ogni volta che si stendeva sul suo misero giaciglio, ma nemmeno quella
era la cosa peggiore. Era il PRESENTIMENTO del dolore. Ogni volta che stava per
afferrarla, presagiva ciò che avrebbe provato, e un senso di repulsione, di
nausea, lo assaliva… Da anni, tutte le volte che aveva combattuto, si era
sempre sentito un tutt’uno con la propria spada… i suoi movimenti erano sempre
stati naturali, automatici… faticava a credere, ora di poter provare timore al
solo pensiero di impugnarla…
Gourry non desiderava un’arma simile. Se ne era
immediatamente reso conto. Anche se ormai riusciva a reggerla in mano senza
gridare, anche se riusciva a mettere in atto una parvenza di combattimento, se
non fosse stato per Lina, avrebbe già abbandonato lì Ainos e la sua maledetta
arma, e sarebbe fuggito a chilometri di distanza. Sì, fuggito. Qualcuno avrebbe
potuto dargli del codardo, per quei suoi pensieri. Ma in quel momento il suo
istinto gridava… e con anni di minacce, lotte e pericoli, Gourry aveva finito
per acquisire una certa saggezza in materia, e adottare il motto preferito di
Lina: ‘colui che fugge oggi, vive per combattere un altro giorno’. Era stupido
rischiare senza scopo. Gourry amava vivere, voleva vivere. Per se stesso, e per
coloro a cui teneva. Ma sapeva anche di avere un obiettivo, davanti al quale
non poteva tirarsi indietro.
‘Dove si troverà ora Lina?’
Guardò al di fuori di una delle strette finestre. Il cielo
era già scuro, rischiarato dal solo riverbero delle nevi… segno che ormai
l’autunno era inoltrato, e l’inverno stava per estendere le sue dita gelide
anche su quelle terre dove il calore pareva per sempre dimenticato… Anche
dietro la protezione delle spesse mura faceva freddo. Un tempo quella doveva
essere la sala da pranzo. Gourry immaginava fiamme scoppiettanti nei grandi
camini lungo le pareti, e musiche, e chiacchiere, e litri di vino. Ma ora,
tutto si trovava in uno stato di completo abbandono. Le finestre erano feritoie
vuote che si aprivano sul perenne manto di gelo all’esterno… vento freddo e
neve penetravano all’interno, scivolando sui muri cristallini e sul lungo
tavolo rettangolare in marmo, coi suoi seggi, e il trono, su cui da secoli
nessun vivente trovava riposo. La polvere era accumulata sui pavimenti spogli,
e sui camini spenti… alla luce delle poche torce che Ainos aveva disposto lungo
le pareti, la sala aveva un aspetto spettrale.
‘Poche distrazioni e ampio spazio… a detta di Ainos questo
dovrebbe aiutarmi…’
In realtà, lui stesso si rendeva conto dei suoi progressi.
Anche se i suoi arti erano indolenziti per i lunghi allenamenti, e le ferite
ancora fresche bruciavano, sommandosi al ricordo del dolore di quelle già
cicatrizzate. Ainos non aveva avuto la mano leggera, con lui. Quando non
riusciva a reggere la spada per difendersi, a causa del dolore, lo colpiva
senza pietà. Lo sciamano aveva mostrato di conoscere la magia di guarigione, ma
molte delle ferite che gli venivano inflitte venivano comunque lasciate
impresse sul suo corpo, come un monito. Ormai, alcune di esse si erano cicatrizzate,
lasciando sul suo petto una ragnatela di segni. Ogni volta che li osservava,
quando a dispetto del dolore cercava di lavarsi, Gourry restava stupito dal
loro numero. Da quanto si trovavano lì? Doveva essere più di una settimana, ma
Gourry aveva perso il conto dei giorni. Il buio catturava quelle sale per la
maggior parte delle sue ore di veglia, e a ciò si aggiungeva il fatto che le
sue giornate erano estremamente ripetitive… dormiva poco, mangiava quanto
bastava per reggersi in piedi. Per tutto il resto del tempo combatteva.
All’inizio, i morsi della fame lo avevano tormentato continuamente… Gourry
amava il buon cibo, non poteva farci nulla… si era sempre chiesto come
Zelgadiss, con i loro ritmi di viaggio, potesse adattarsi a mangiare così poco…
ora, però, stava dimenticando quel disagio… si stava dimenticando della
stanchezza che i primi giorni aveva reso i suoi movimenti goffi, e allontanato
la sua concentrazione dalla battaglia…E spesso, mentre boccheggiava, sanguinante per i colpi del suo addestratore,
si accorgeva di avere cominciato ad abituarsi anche al dolore… la notte, quando
si fermava, il suo corpo era ancora dolorante, ma mentre combatteva la sua
mente semplicemente lo cancellava… Se ne rendeva conto, perché ora riusciva a
tenere testa al suo avversario molto più a lungo, anche quando veniva ferito.
D’altra parte, quando vi rifletteva a mente fredda, l’idea in qualche modo lo
spaventava… Lady Catelyn usava ripetergli che il dolore è qualcosa di positivo,
per il corpo, in quanto segno di un suo problema, o malfunzionamento, e punto
di partenza per una sua guarigione… se smetteva di provarlo, come avrebbe
potuto accorgersi di quando il suo corpo si trovava al limite? Gourry aveva
deciso di cessare di porsi quel genere di domande…perché tutte le volte che lo
faceva, il solito, intenso cattivo presentimento si acuiva. E non aveva tempo
sufficiente per potersi permettere esitazioni…
“Quando vuoi…” Ainos si parò di fronte a lui, l’aria
perfettamente riposata. Fra le dita reggeva anch’egli una spada, uno stiletto
leggero, lungo e sottile, a prima vista quasi innocuo, ma che poteva piantarsi
profondamente nella pelle e lasciare ferite profonde, e letali… Ainos non era
ovviamente arrivato a tanto, con lui, ma aveva dimostrato un’abilità inaspettata
nel servirsi di quell’arma… Lina era un’abile spadaccina, e negli anni era
migliorata, con gli allenamenti che erano soliti condividere bei momenti morti
delle loro peregrinazioni… tuttavia, Gourry aveva idea che trovandosi coinvolta
in un duello spada contro spada con lo sciamano, anche la maga si sarebbe
trovata di fronte a qualche difficoltà…
Nonostante ciò, Gourry credeva che avrebbe potuto batterlo
abbastanza facilmente, con un minimo di attenzione, in condizioni normali. Ma
con quella spada, fino a quel momento non ci era nemmeno andato vicino… ora si
spiegava perché Lina avesse sempre l’aria così frustrata quando durante i loro
addestramenti non riusciva a colpirlo…
Gourry sospirò, e si buttò all’attacco. Unendo strategia e
istinto, si gettò dapprima in un affondo diretto, e poi, vista la tendenza di
Ainos a scartare verso il proprio braccio della spada, deviò all’improvviso in
quella direzione. Per un momento pensò che sarebbe riuscito a colpirlo, ma
all’ultimo lo sciamano, approfittando dei suoi movimenti rallentati, riuscì a
schivarlo. Gourry si morse il labbro, in preda alla frustrazione. C’era mancato
pochissimo.
“Molto bene…” Ainos indietreggiò, l’aria un po’ più tesa di
prima, e si pose a distanza di sicurezza dallo spadaccino. “… mi sembra che
manchi molto poco, Gourry…”
Lo spadaccino recuperò la sua posizione di guardia, e ne
approfittò per riprendere fiato. “Non mi hai ancora detto A CHE PUNTO hai
intenzione di fermarti, Ainos… fino a dove arriva il tuo lavoro come custode
della spada…?” C’erano molte cose che Gourry non capiva, e questa era una di
esse. Se ormai era in grado di maneggiare la spada, cosa importava ad Ainos
portarlo a perfezionarsi ulteriormente? Quello sarebbe venuto col tempo,
supponeva… quell’arma era incredibilmente affilata e leggera, e a detta di
Ainos respingeva gli attacchi magici, potenziandoli. Il che significava, che
combinata alla magia di Lina avrebbe avuto un effetto forse non pari, ma
sicuramente vicino a quello della Spada di Luce. Ormai, reggendola, era in grado
di combattere al di sopra del livello di un comune combattente, e confidava che
la pratica lo avrebbe portato a servirsene in modo simile a come avrebbe fatto
con un’altra spada. E allora, perché Ainos indugiava ancora? Non aveva più
senso lasciarlo andare, e permettergli di impratichirsi da solo, ora che la
spinta iniziale era stata data? E a chi rispondeva per il suo addestramento? Se
qualcuno viene inviato per trovare una persona adatta a maneggiare una spada,
di solito c’è qualcuno che lo invia… o Ainos aveva agito di sua iniziativa?
Magari era compito espresso del custode della spada… ma qualcuno doveva pur
averlo nominato custode… e chi aveva creato quell’arma, tanto per cominciare?
Mille domande affollavano la testa di Gourry, ma poche
raggiungevano le sue labbra. Lo spadaccino era assurdamente confuso, ma non ce
la faceva ad interpellare Ainos come con Lina… e del resto non era certo che lo
sciamano fosse pronto a dargli risposte comprensibili…
“Devi ancora fare il salto di qualità che ti porterà a
sfruttare al massimo le potenzialità di questa arma, Gourry…” Gli rispose
tuttavia lo sciamano. “Confido che non manchi molto. Questa spada è forte di
per sé, ma i suoi massimi risultati dipendono dallo spadaccino. Lasciare che tu
la maneggi ora, quando ancora lotti a stento con il dolore, sarebbe come il
ricorrere ad un Giga Slave ma lanciarlo a metà potenza. Capisci cosa intendo
dire, Gourry?”
“Ehm…” No, non capiva per dirla tutta. Ma il riferimento al
Giga Slave non gli piaceva. Non era l’incantesimo che aveva imprigionato Lina
in quella grande luce dorata?
“Non ha importanza.” Concluse però lo sciamano, senza dare
segno di voler protrarre oltre quella conversazione. “Non serve che tu
comprenda. Attacca e basta. E forse riusciremo a finirla in breve tempo.
Apprendi in fretta, Gourry. Sono compiaciuto.”
Lo spadaccino sospirò. Come se la sua approvazione cambiasse
qualcosa. Caricò nuovamente, sperando che se fosse riuscito a colpirlo lo
sciamano lo avrebbe finalmente lasciato partire con la spada. Ainos
indietreggiò e parò, ma Gourry era deciso a non dargli tregua. Colpì da ogni
direzione, senza che il suo fiato si facesse corto, senza nemmeno che la sua
mente registrasse il dolore.
Ainos continuò a rispondere per un po’, quindi riuscì a
ritrarsi, e passò all’attacco. Gourry incespicò, preso alla sprovvista. Ainos
aveva una tecnica perfetta, anche se mancava in velocità. Dovette porsi sulla
difensiva per evitare di essere colpito.
“Sei ancora troppo distratto, Gourry.” Ainos avanzò, senza
tregua. “Devi smettere di permettere che la tua mente e la tua personalità ti
guidino. La tua mente avverte il dolore, e la tua personalità prova repulsione
di fronte ad esso.” Riuscì a colpirlo, di striscio, al fianco, ma Gourry
strinse i denti e cercò di non farci caso. “Annulla la tua mente e abbandonati
al combattimento. Allora nessuna distrazione potrà fermarti.”
Gourry riuscì nuovamente a scattare in avanti, all’attacco,
approfittando di una breve pausa dell’avversario per riprendere fiato. Alzò la
spada, in un gesto audace, con l’intenzione di superare dall’alto la guardia
dello sciamano. Fu un movimento automatico, dettato dalla consapevolezza che il
suo colpo gli avrebbe tranciato la testa. Solo quando fu a portata di spada si
rese conto di quello che stava facendo. Non doveva realmente uccidere Ainos, la
loro era una semplice simulazione…
E a ciò si sommava che stava agendo stupidamente. Se fosse
stato sufficientemente veloce sarebbe riuscito ad evitarlo, certo, ma con un
attacco del genere c’era la forte probabilità che il suo avversario riuscisse a
piantargli la spada nello stomaco. In un combattimento reale quella mossa
avrebbe potuto costargli la vita.
Quell’improvvisa consapevolezza lo portò a frenare, e a
inciampare sui suoi stessi passi. E ovviamente quella era un’occasione troppo
ghiotta perché il suo avversario potesse mancarla…
Gourry digrignò i denti, quando la spada dello sciamano gli
penetrò nel costato. Indietreggiò, premendo con la mano contro la ferita, e
avvertendo il sangue scorrergli tra le dita. Sembrava abbastanza profonda,
anche se il dolore non era insopportabile. Si confondeva con quello delle
altre.
Ainos gli parve contrariato più che spaventato dal pericolo
che aveva corso. “Non sarà mai perfetto uno spadaccino che ha paura della
morte. Né tanto meno uno che teme di colpire l’avversario. Perché hai esitato,
Gourry? Stavolta avresti potuto battermi…”
Lo spadaccino strinse i denti, cercando la voce per
rispondere… “Stavo… attaccando in modo troppo diretto… sarebbe stato un
suicidio…”
Ainos emise un sospiro esasperato. “Dei, Gourry. Se tu fossi
andato avanti per la tua strada invece che fermarti a riflettere sui rischi che
correvi mi avresti abbattuto prima ancora che me ne rendessi conto. Imporsi dei
freni durante un combattimento non paga. Se fossi stato uno degli uomini che ha
rapito la tua maga, ora saresti morto…”
“I… io…” Gourry lottò per frenare la lingua, ma alla fine la
sua irritazione nei confronti dello sciamano ebbe la meglio. “Io stavo per
ucciderti, Ainos. Se fossi in te non mi rammaricherei così tanto del fatto che
mi sia fermato.”
Lo sciamano, tuttavia, non rimase shockato come si era
aspettato. Semplicemente si strinse nelle spalle, e lo guardò come se fosse
l’essere più stupido della terra. “E’ proprio questo il punto, Gourry. Un
combattente perfetto non si sarebbe fermato di fronte ad una potenziale
minaccia. Un combattente perfetto sarebbe andato avanti fino ad uccidermi.”
Sollevò lo stiletto. “Ed ora combatti. Se quella ferita basta a fermarti allora
non sei l’uomo che stavo cercando.”
Gourry era senza parole. Era stato serio e più che
minaccioso, poco prima, nel dire allo sciamano quale rischio avesse corso. Come
poteva rimanere così imperturbato? Era un timore viscerale, quello della morte.
Tutte le volte che combatteva lo provava, per sé e per le persone a cui teneva.
Solo una volta ricordava che il suo cervello lo aveva totalmente rimosso.
Quando aveva seguito Lina, o meglio l’essere che si era impossessato di Lina,
in quella immensa voragine nera. Aveva avvertito un potere che andava al di là
della sua comprensione, allora, e aveva sentito che quel potere costituiva una
minaccia per lui. Ma non gli era importato, perché tutto ciò che voleva era
riportarla indietro.
‘Ma anche ora Lina è in pericolo…’
D’accordo. Se ciò che Ainos voleva per lasciargli finalmente
la spada era che si dimenticasse del più fondamentale fra gli istinti umani,
allora avrebbe sfidato la propria umanità.
“Mi stai dicendo che l’unico modo per uscire di qui con la
spada è ucciderti?” Gourry chiese, cautamente. Non era certo di comprendere la
logica contorta dello sciamano.
Le labbra di Ainos si incurvarono in uno dei suoi rari
sorrisi. “Oh, no. Non è NECESSARIO che tu mi uccida. Tienilo ben presente,
Gourry.”
Gourry non capiva. Il suo tono di voce era stato perentorio,
nel fare questa affermazione. Significava forse che ora Ainos temeva di essere
ucciso?
Decise che era meglio non pensare. In fondo era quello che
lo sciamano voleva.
Attaccò, ancora una volta. Ainos tornò a parare,
apparentemente compiaciuto. Il sangue gli sgorgava ancora dalla ferita, ma
scoprì che non gli importava. Voleva solo battere…
… non semplicemente battere, uccidere, in modo tale che non
fosse più una minaccia…
… battere il suo avversario…
… colui che aveva consegnato Lina ai loro nemici, e poi lo
aveva ripetutamente ferito, ed umiliato…
… e andarsene da quel posto, tornare indietro, e trovare
Lina.
… anche se già liberarsi di Ainos sarebbe stata una
conquista soddisfacente.
Con un grido di battaglia, Gourry tornò nuovamente ad
incalzare, senza lasciare aperture all’avversario. Ad ogni colpo, l’espressione
di Ainos si faceva più compiaciuta, anche se lo sciamano dava l’impressione di
stare per essere messo spalle al muro…
Gourry per qualche motivo lo trovò irritante. “Perché stai
ridendo???”
Ainos schivò, un po’ più a fatica del solito, e scartò a
lato. “Perché stavo pensando che i miei calcoli alla fine si sono rivelati
esatti.”
“I tuoi calcoli?” Gourry tentò un nuovo affondo, ma lo
sciamano ancora una volta lo evitò per un soffio, e si servì dello stiletto per
fermare la sua lama.
Ainos annuì, bloccando la spada di Gourry ma trovandosi allo
stesso tempo premuto contro la parete. “Riguardo a Lina Inverse. Ho fatto bene
a farla catturare. E’ stata un’ottima motivazione, per te.”
Gourry sentì la rabbia fremergli in corpo, e premette con
più forza contro la sua lama. “Mi stai dicendo che hai pianificato tutto questo
sin da quando siamo arrivati a Sailune?”
Ainos sorrise, nuovamente. “In realtà ero a Sailune perché
ti stavo aspettando, Gourry… ma no…” Respinse la lama, e strisciò contro la
parete portandosi a distanza di sicurezza. “Non lo stavo pianificando. La mia è
stata un’improvvisazione, che ho cominciato a concepire solo quando ci siamo
allontanati da palazzo. Perché prima non avevo ancora avuto modo di osservarvi
come si deve insieme…”
Gourry strinse i denti. “Come sarebbe a dire che mi stavi
aspettando?”
Ainos si mosse lentamente, studiandolo… “Oh, è già da secoli
che questa spada attende di essere maneggiata… in realtà, altre persone hanno
tentato, in passato, ma nessuno si è dimostrato sufficientemente abile… devo
confessarti che nei secoli ho adocchiato anche altri membri della tua famiglia
che sarebbero stati adatti… la capacità di maneggiare un’arma come la Spada di
Luce, che materializza la volontà di chi la impugna, in genere è un ottimo
requisito di partenza per uno spadaccino…” I suoi occhi si strinsero. “D’altra
parte, qualcuno che aveva modo di possedere un’arma così perfetta difficilmente
si sarebbe mostrato interessato a quanto avevo da proporgli…” Avanzò verso di
lui, la lama sollevata. “Per questo è stato quando ho avvertito la presenza
della spada sparire da questo mondo che ho pensato che la mia occasione doveva
essere finalmente arrivata.”
“E mi hai aspettato a Sailune perché immaginavi che prima o
poi mi sarei presentato lì…”
Ainos annuì. “Mi sono informato su di te, ovviamente. Ho
appreso di come ti sei allontanato dalla tua famiglia. Ho saputo delle tue
abilità, e delle imprese che hai compiuto in passato, prima e dopo avere
conosciuto Lina Inverse. E ho saputo anche del vostro legame con la principessa
Amelia. All’inizio avevo pensato di cercarti lungo la barriera. Ma la cosa si
stava rivelando troppo dispendiosa di energie, perciò, quando ho sentito le
prime voci riguardo ad una guerra mossa verso Sailune, ho deciso di aspettarti
lì, immaginando che sareste venuti in aiuto della vostra vecchia amica… e lo
avete fatto ancora prima del previsto, per mia fortuna… se Sailune fosse caduta
prima del vostro arrivo mi sarei trovato in difficoltà…”
Gourry si accigliò. “E dunque inizialmente non avevi
intenzione di coinvolgere Lina…?”
Ainos aggrottò la fronte, a sua volta. “Assolutamente no.
Anzi, ero convinto che mi sarebbe stata d’intralcio. Non avevo colto l’enorme
potenzialità che mi offriva, e d’altra parte ti ritenevo più semplice e
malleabile, Gourry.” Sorrise. “Cosa che non sei. Sei ingenuo, è vero. Ma hai
intuito… sai leggere l’animo delle persone, e non ti lasci circuire facilmente.
Ma proprio la tua purezza disarmante fa sì che chi ti sta attorno non possa
sospettarlo.” Avanzò nuovamente verso di lui. “Anch’io sono stato ingannato
dalle apparenze. Ti credevo un burattino, un burattino dalle potenzialità
enormi e in parte inespresse, i cui fili erano nelle mani di una maga che aveva
approfittato della tua semplicità per stregarti col suo fascino, e riuscire a
manovrarti… Per questo in un certo senso la vedevo come una mia rivale. Temevo
che la sua presenza ti avrebbe distolto da ciò che avevo in mente per te.”
Gourry sentì la rabbia stringergli nuovamente la gola. Che
cos’era, lui, un oggetto? Come si permetteva quello sciamano di parlare di lui
come se fosse incapace di intendere e volere?
“Presto però mi sono reso conto del fatto che il mio
giudizio era stato affrettato.” Proseguì Ainos. “Il vostro era un tipo di
rapporto diverso. Eliminarla per cercare di sostituirmi nella sua influenza su
di te sarebbe stato un grave errore. Non mi avresti ascoltato, se lo avessi
fatto. Saresti sprofondato nel dolore, o peggio. Se mi avessi scoperto saresti
stato vinto dall’odio verso di me e avresti cercato di eliminarmi, impedendomi
per sempre di portare a termine il mio compito…”
Gourry si accigliò nuovamente, a quella frase. Cosa… cosa
aveva detto…? “Hai detto… eliminarla?”
Ainos si strinse nelle spalle. “Chi pensavi fosse stato ad
attaccarla? Un traditore? Non avrebbe avuto senso, giusto? Chiunque fra i
nemici avrebbe mirato a Philionel…”
La rabbia in un momento parve impadronirsi di ogni fibra del
corpo di Gourry. “Sei stato… sei stato tu a lanciare quella freccia!!!” Era
stato solo un caso che Lina non fosse rimasta uccisa in quella occasione. E
Gourry ora faticava a pensare di aver viaggiato per più di un mese a fianco del
suo potenziale assassino…
“In realtà ci avevo provato anche prima, anche se in modo un
po’ più indiretto… tutti si sarebbero ricordati che quella sera Lina Inverse
era ubriaca… non sarebbe sembrato così strano un incidente come la caduta in un
pozzo… sarebbe stato un piano perfetto, se solo lo sciamano col suo dannato
famiglio non si fosse intromesso…”
Gourry non capiva a che cosa il custode si stesse riferendo…
non si ricordava che Lina avesse mai rischiato di cadere in un pozzo, né
comprendeva di quale sciamano Ainos parlasse… forse Zel… ma non aveva mai
saputo che il suo compagno di viaggio avesse un famiglio e soprattutto non si
ricordava che ultimamente avesse salvato la vita a Lina… “Cosa… cosa stai…”
“Ma questo non ha importanza.” Lo interruppe Ainos, in tono
tranquillo. “Lina Inverse è ancora viva. O almeno credo. E nonostante la mia
frustrazione all’epoca suppongo di poterne essere soddisfatto, ora.”
“Tu hai cercato di uccidere Lina!!!” La calma nel tono di
voce di Ainos non fece che irritare ulteriormente Gourry. Tutti i dubbi che lo
avevano attanagliato un istante prima sparirono in un attimo dalla sua mente,
vinti da quella consapevolezza. Improvvisamente lo strascico del dolore portato
dall’arma che reggeva fra le mani sparì dalla sua mente, improvvisamente si
sentì lucido e determinato come quando si trovava di fronte ad un nemico, con
ancora la Spada di Luce fra le mani. Anzi, molto, molto di più. Il freddo delle
sale attorno a lui non esisteva più, e nemmeno il buio incombente sulla sala, e
la solitudine delle nevi e dei ghiacci all’esterno. C’erano solo l’obiettivo
che doveva abbattere davanti a lui, e la sua volontà di ucciderlo.
Gourry scattò in avanti. Nulla più lo rallentava,
semplicemente perché in quel momento la sua mente nulla registrava. Ainos
riuscì a parare un paio di colpi, ma presto la sua più che una difesa parve una
fuga. Gourry evitò la sua lama, e riuscì a colpirlo di striscio un paio di
volte, quindi, con un violento colpo, lo disarmò, scaraventando la sua spada
all’altro lato della stanza.
Ainos impallidì, trovandosi spalle al muro. “Pare che tu ce
l’abbia fatta, Gourry…” Mormorò.
Lo spadaccino non lo sentì. Lo colpì con violenza, di
piatto, scaraventandolo al suolo.
Solo quando lo ebbe inerme, schiena al suolo, sotto di sé,
Gourry parve riprendere coscienza di quello che stava facendo. Si ritrovò con
la punta della spada puntata al suo collo, senza essere nemmeno pienamente
consapevole di averlo attaccato. Strinse i denti, cercando di calmare la
propria mente, e il proprio respiro affannoso.
“Questo chiude il nostro addestramento.” Dichiarò,
semplicemente, il tono di voce controllato a stento.
Ainos gli rivolse, forse per la prima volta da quando lo
aveva conosciuto, lo sguardo stupito di chi si trovava di fronte ad un
rivolgimento inaspettato. “Vuoi dire che lasci in vita chi ha cercato di
uccidere la donna che ami…?”
Gourry lo squadrò, ancora una volta senza capire che cosa
avesse in mente. “Lina è viva.” Rispose semplicemente. “E tu non sei più una
minaccia per lei. Ciò significa che non ho tempo da perdere con te.” Non gli
piaceva l’idea di uccidere qualcuno gratuitamente. Si era ripromesso di non
farlo mai più, dopo essere ritornato dalla guerra, e avere assistito a tante
morti inutili, di molte delle quali era stato lui stesso il perpetratore. Se
qualcuno costituiva un pericolo per sé o per una persona che gli era cara il
discorso era diverso, certo… Gourry non era un santo, e sulla strada aveva
imparato che a volte farsi scrupoli potevaequivalere ad un suicidio… ma allo stesso tempo non riusciva a vedere i
suoi avversari come semplici ostacoli sul suo cammino… anche loro erano
persone, con una storia e degli affetti… anche loro temevano per le loro vite,
e anche per loro la morte avrebbe segnato la fine di tutto. Troppo spesso in
guerra se ne era dimenticato, aveva dimenticato l’umanità dei suoi avversari.
Si era ripromesso di far sì che questo non si ripetesse.
Ad ogni modo, aveva tutta l’intenzione di rendere ben chiare
al suo avversario le condizioni della sua grazia… “Ma in cambio della tua vita,
Ainos, devi considerare terminato l’addestramento e permettermi di portare via
la spada. E promettermi che non ti presenterai più di fronte a me.” Gli
premette lievemente la punta della spada contro il collo, come a rimarcare le
sue parole. “Il tuo compito è terminato.” L’ultima frase gli uscì come una
specie di sibilo.
Ainos sorrise. “Mi sembra che le tue parole non riflettano i
tuoi desideri più intimi, Gourry. Ho il sentore che in questo momento il tuo
autocontrollo stia vacillando, tanto quanto la tua voce…”
“La libertà e i desideri altrui sono il limite alla nostra
libertà e ai nostri desideri.” Replicò Gourry, freddamente. Una frase che Lady
Catelyn usava ripetergli spesso, e che in quel momento per qualche motivo
ritornò alla sua mente con forza. Gourry tendeva tenere a mente solo quelli che
riteneva i dettagli fondamentali delle sue conversazioni passate. Ma i discorsi
di Lady Catelyn gli erano rimasti tutti stranamente impressi nella memoria…
“Prometti.” Concluse, secco.
Ainos gli lanciò uno sguardo che non riuscì ad interpretare.
“E’ questo il tuo fondamentale limite, Gourry… Le tue riserve frenano le tue
potenzialità…” Commentò, a mezza voce. “Lo sai quando ho deciso definitivamente
che saresti stato tu a manovrare questa spada…?”
Gourry era stanco delle sue mezze verità e dei suoi
ragionamenti contorti. “Prometti!” Gridò, semplicemente, di rimando, senza
rispondere alla sua domanda retorica.
Ainos lo ignorò. “E’ stato quando ho saputo di come Phibrizo
era riuscito a farti usare la Spada di Luce al massimo della sua potenzialità.
Allora ho capito. Tu sei uno spadaccino eccellente, Gourry. Ma nei tuoi normali
combattimenti non raggiungi ancora la perfezione. Ti manca un passo, un solo
passo. E gli unici ostacoli che ti impediscono di compierlo non risiedono nella
tua abilità… ma in alcuni tuoi limiti umani, e nel tuo carattere.La mia arma è la cura per entrambi… e a
questo punto solo uno di essi continua a costituire un problema…”
“Ainos, non sono disposto ad ascoltarti un minuto di più!”
La spada di Gourry premette con più forza, tanto che un rivolo di sangue prese
a scendere lungo il collo dello sciamano.
Ainos sorrise. “Prometto. Ora puoi allontanare la tua nuova
arma, prima di recidermi un’arteria.”
Gourry rimase interdetto, a quel commento. Non si era reso
conto esattamente della pressione della sua lama…
Si allontanò dallo sciamano, e si scoprì ancora ansimante,
alla ricerca di autocontrollo… cos’era quella… riluttanza…? Aveva ottenuto ciò
che voleva, no?
‘Sì, era ciò che volevo… Ma difficilmente avrei pazientato
ancora…’
Continuava a lottare con impulsi che normalmente la sua
mente non trovava naturali, impulsi che implicavano una precoce sperimentazione
delle potenzialità reali della spada, e un cadavere sanguinante dove ora stava
uno sciamano dallo sguardo sornione… Una parte del suo essere più profondo gli
suggeriva che non desiderava seminare morte, un’altra, quella dominata dal
calore dell’ira, gli diceva che invece il farlo gli avrebbe portato sollievo.
Parte della sua razionalità, supportata dal suo istinto, gli diceva che sarebbe
stato un errore uccidere allora, che sarebbe andato contro ciò che lui era, e
che farlo avrebbe comportato un alto prezzo da pagare… un’altra, quella sorta
di controllo strategico del proprio corpo, privo di sensazioni fisiche o
mentali, che per necessità aveva dovuto sviluppare in quei pochi giorni, gli
suggeriva che era la soluzione più diretta, più veloce, più semplice.
Tatticamente la più adeguata. Gourry era confuso. Non capiva chi guidasse
realmente le sue mosse, in quel momento.
Deglutì, allontanandosi quanto piùdallo sciamano tanto più le sue gambe tremolanti gli
permettessero. Era quell’arma, decise, senza sapersi spiegare esattamente il
perché. Il maneggiarla, la stanchezza, la frustrazione, la necessità di
annullarsi completamente per riuscire a controllarla, gli stavano facendo
perdere in qualche modo la testa…
“Dov’è il mio cavallo?” Chiese, la voce resa roca
dall’agitazione. Doveva muoversi, trovare Lina. Dei, non gli pareva vero
poterlo finalmente fare… a volte, mentre combatteva con lo sciamano si era
persino dimenticato di avere uno scopo…
Ainos si sollevò in piedi. “Nelle stalle.” Replicò, con
calma. “Al caldo, per quanto possibile. Ti basterà raggiungere un porto sul
Mare del Nord, e poi potrai assoldare una qualche imbarcazione che ti porti
sulle coste a sud della barriera. Ricorda, devi raggiungere la città di Ulan
Bator, e la corte di Uregh. Credo che i soldi che ti rimangono fra quelli che
ti ha affidato Philionel saranno sufficienti.” Lo sciamano lo squadrò, ora
inespressivo come suo solito. “Come vedi, i patti sono pienamente rispettati.”
Gourry lo fissò semplicemente per un momento, quindi annuì
lentamente. Per qualche motivo, la sua espressione lo inquietava. Gli faceva
temere che non fosse tutto finito.
Senza dire nulla, raccolse da uno dei tavoli spogli il
fodero della spada, e se lo affibbiò attorno alla vita. Nemmeno si accorse del
sollievo nel rilasciare l’arma. Era troppo concentrato sulle mosse dello
sciamano.
Si avvicinò ai portali della sala. “Allora… a mai più
rivederci, Ainos…” Spinse il pesante ebano, e fece per avanzare…
“Lo spero, Gourry…” La risposta dello sciamano giunse in un
sibilo.
A quelle parole, la rabbia catturò nuovamente lo spadaccino.
Si volse di scattò, quasi senza accorgersi di avere portato nuovamente mano
alla spada. “Come sarebbe a dire SPERO??? Hai promesso di non venirmi più a
cercare, Ainos!!!”
Ainos rimase imperturbato. “Certo, lo ho promesso.” Replicò,
freddo. “Ma ciò non esclude che mi venga a cercare TU…”
Gourry strinse i denti. “Perché mai dovrei venire a
cercarti…?”
Ainos si strinse nelle spalle e affondò le mani nelle ampie
maniche… “Perché non sono certo che ciò che troverai ad Ulan Bator ti soddisfi
realmente… non vorrei che tutti i tuoi buoni intenti nei miei confronti si
trasformassero in propositi di vendetta, una volta giunto lì…”
Gourry avanzò verso di lui, scuro in volto. “Come sarebbe a
dire che potrei non essere soddisfatto…?” Estrasse, lentamente, la spada… “Se
sai qualcosa che non mi hai detto…”
Ainos lo squadrò, lo sguardo impenetrabile. “Oh, no, non che
non ti ho detto… piuttosto, direi, che non hai dedotto…”
Gli occhi di Gourry si strinsero. “Che non ho dedotto?”
Ainos scrollò nuovamente le spalle. “Mi auguro che non ti
aspetti di trovare Lina Inverse fresca come una rosa, quando arrivi, Gourry… è
probabile che abbiano eliminato alla radice il problema della magia, tanto per
cominciare… capisci cosa voglio dire…?”
No, Gourry non era certo di capire, in realtà… ma pensieri
inquietanti stavano prendendo forma nella sua mente… cos’era che permetteva a
Lina di sfruttare i suoi incantesimi? Sicuramente poteva lanciare una magia
anche con le mani legate, la aveva vista farlo… ma non con la bocca
imbavagliata… giusto? Quando erano stati prigionieri e lei aveva avuto un
bavaglio la situazione era sempre stata nelle sue mani, giusto…? E come si fa…
come si fa a togliere definitivamente la capacità di parola ad una persona…?
Mentre l’orrore di quella risposta prendeva forma nella sua
mente, provò a figurarsi l’immagine di una Lina a cui era stata tolta la
parola. Una Lina che non poteva contrattare per ore con i venditori di oggetti
magici, che non poteva minacciare i banditi, vantarsi, e chiacchierare
incessantemente durante i pomeriggi pigri sulla strada. Una Lina che non poteva
studiare e praticare la sua magia, quella magia che tanto amava, e che le
illuminava gli occhi e accendeva la mente… Il cuore di Gourry gli si bloccò in
gola.
“E oltre a questo…” Ainos proseguì, impietoso… “Non so cosa
possa esserle successo, prigioniera per due mesi fra truppe di soldati… sai
meglio di me come sono i soldati, Gourry, soprattutto i mercenari… e non credo
che molti si siano fatti scrupoli con una prigioniera…” La sua testa si
inclinò. “Credo che potresti trovarla… molto cambiata, tutto qui…” Lo fissò,
intensamente. “E mi chiedo… se sarai ancora così pieno di buoni sentimenti…
verso chi la ha volontariamente inviata a questa sorte…”
Non seppe bene come avvenne.
Un momento prima lo stava fissando, con rabbia.
Quello successivo la sua spada era piantata nella sua gola.
Gourry resse l’arma, conficcata nel corpo del suo
addestratore, e osservò la vita scivolare via dai suoi occhi. E fu stupito nel
constatare che questo non provocava in lui nessuna reazione.
“Ben… fatto… Gourry…” Un ultimo, storto, sorriso si disegnò
sulle sue labbra, mentre un rivolo di sangue gli scivolava dall’angolo della
bocca.
Improvvisamente, Gourry ebbe l’impressione che la spada
nelle sue mani scottasse. Il suo cristallo ghiacciato gli parve rilucere in
maniera inquietante, innaturale, nel buio delle sala. Non riuscì a lasciare la
presa su di essa, però. La estrasse, di scatto, e il corpo dello sciamano cadde
inerme ai suoi piedi. Indietreggiò, lentamente, le gambe che gli tremavano. Quindi
si voltò, crollò in ginocchio, e riversò sul pavimento della antica sala tutto
ciò che il suo stomaco conteneva.
Non seppe quanto era passato, quando riuscì a rialzarsi in
piedi. Gli sembrò di avere trascorso ore a fissare il pavimento, anche se il
buio completo all’esterno non lo aiutava a calcolare che ore effettivamente
fossero.
Si sentiva debole. Nonostante questo, non riuscì a sedersi,
non a dormire, non poté fermarsi un altro istante in quel luogo.
Uscì all’aria fredda dei cortili senza voltarsi indietro,
raggiunse le stalle, slegò il suo cavallo e montò in sella.
Il personaggio di Crtisopher mi ha sempre attirato, fra i membri della
famiglia reale di Sailune, e in particolare lo apprezzo
Il personaggio di Crtisopher mi ha sempre attirato, fra i
membri della famiglia reale di Sailune, e in particolare lo apprezzo molto da
quando ho letto il quarto romanzo… il romanzo riprende essenzialmente gli
episodi della Next ambientati a Sailune, con la differenza che nel romanzo si
scopre che in effetti Cristopher nutriva dell’invidia nei confronti di
Philionel, e anche se non ha mai cospirato contro di lui ha in qualche modo
alimentato l’atteggiamento di suo figlio Alfred… inoltre, nel romanzo non è Kanzel
ad uccidere Alfred, ma Cristopher stesso, quando suo figlio dichiara che non
abbandonerà il suo proposito di uccidere Philionel, e cerca di scagliarsi
contro di lui per colpirlo a morte… dal mio interesse per questo personaggio è
nata la parte di capitolo dedicata a lui, che era stata concepita come una
oneshot, ma che alla fine ho deciso di inserire nell’Assedio…^^
Ad ogni modo, per ora pubblico questo, ma un capitolo su
Lina e Gourry seguirà a breve…=P
Commenti e critiche… bé, ormai lo sapete…^___^
Cris aprì gli occhi, di malavoglia, al suono del corno.
Le articolazioni del suo corpo dolevano terribilmente, dopo
una notte passata all’addiaccio, e la sua gola era ancora riarsa a causa della
polvere respirata nella marcia del giorno precedente. Da giovane, avrebbe riso
di quelle scomodità… ricordava migliaia di viaggi a fianco di Philionel, quando
ancora su di loro non era ricaduta la responsabilità del trono, quando ancora
il germe della gelosia non lo aveva colpito, e la sua adorazione per il fratello
era stata completa. Allora avrebbe fatto di tutto per compiacerlo, anche
dormire in equilibrio su una roccia, o marciare giorni e giorni senza mai
lamentare la stanchezza, o la fame.
Ora il peso dell’età si faceva sentire. Cristopher non era
mai stato un grande guerriero. Philionel viaggiava e combatteva, ogni giorno si
allenava a fianco del padre nei grandi cortili del palazzo. Cris, invece, fra i
due era sempre stato il topo di biblioteca. Si sentiva molto più a suo agio in
compagnia degli alti sacerdoti di Sailune che dei soldati che componevano
l’esercito del regno… questo, a lungo andare, lo aveva reso molto meno adatto
del fratello a fatiche come quella che stava affrontando in quel momento. E
ringraziava gli dei di avergli garantito nonostante tutto un fisico asciutto,
perché da almeno due giorni continuava a rendersi conto di quanto poco gli
mancasse dal crollare definitivamente…
Si sollevò in piedi, cercando a tentoni la sua veste a lato
del proprio giaciglio, nella penombra della tenda. Il sole doveva ancora
sorgere completamente, ma dovevano muoversi presto, per sfruttare quanto più
possibile le ore di luce. Del resto, non c’erano molti altri punti di forza nel
loro piano. A Ruhan, Philionel era riuscito a racimolare qualche truppa fra quelle
salvatesi dagli assalti lungo la linea di marcia del nemico, e che venute a
sapere della sua presenza in quel luogo si erano mosse verso di lui
spontaneamente. Tuttavia, il numero di uomini radunatisi era stato molto
inferiore a quello che il nuovo sovrano di Sailune aveva sperato… Anche Oberon
lo sapeva, dato che i suoi uomini dilagavano ormai per il regno, e
combattimenti sparsi erano in corso in tutti i territori un tempo appartenuti a
Eldoran… chi stava lottando contro di lui non poteva certo accorrere in aiuto
del proprio sovrano… ma proprio questa consapevolezza Philionel aveva sperato
di sfruttare nel mettersi immediatamente in marcia. Dividendo le proprie truppe
in tre diversi gruppi, uno guidato dal Lord Martark, signore di Ruhan, uno da
Laudreck, e uno da lui stesso, e facendole dirigere, per vie diverse, verso la
distrutta Sailune. Oberon si sarebbe sicuramente aspettato un periodo di
temporeggiamento, in cui Phil avrebbe atteso di riorganizzare il proprio
esercito a Ruhan. Se grazie alla fedeltà dei suoi diretti vassalli Philionel
fosse riuscito a muoversi repentinamente e coglierlo di sorpresa, riprendendo
la capitale e le roccaforti vicine, mentre un sovrintendente, a Ruhan, si
impegnava a radunare altre truppe, Oberon si sarebbe trovato stretto sia da
nord che da sud, e Phil avrebbe avuto una nuova speranza di vittoria. Philionel
aveva saputo da Martark che anche ad Elmekia e a Raizerl si stavano combattendo
delle battaglie, ma, ora che Oberon doveva concentrare tutte le sue forze a
Sailune per consolidare il suo dominio sul regno, Phil sperava che prendendo
tempo sarebbe riuscito ad ottenere presto rinforzi anche da quella direzione…
‘Speranze, speranze… e nulla di concreto.’
Cristopher era poco ottimista. Ogni volta che ci pensava,
quel piano gli pareva fare acqua da tutte le parti… se fosse stato in
Philionel, non avrebbe mai affidato parte delle truppe a Laudreck, tanto per
cominciare. Continuava ad essere convinto che il fratello avesse troppa fiducia
in lui. Per come la vedeva Cris, quell’uomo avrebbe potuto consegnarsi al
nemico volontariamente e segnalare la loro posizione, semplicemente in cambio
di gentili condizioni di resa…
O forse era lui ad avere torto. Forse la sua era solo
gelosia. Gelosia, maledetta gelosia. Era stata da sempre la rovina della sua
famiglia. Era stato forse per questo che Philionel si era rifiutato di
affidargli delle truppe? Era stato per questo che non aveva voluto che fosse
lui a rimanere a Ruhan come sovrintendente, ma vi aveva lasciato uno dei propri
comandanti?
Il fratello voleva averlo al proprio fianco, aveva detto.
Aveva bisogno di un amico, e di un consigliere fidato. Ma Cristopher non
riusciva a togliersi dalla mente come il sospetto nei suoi confronti avesse
catturato Phil durante i fatti tragici che avevano colpito Sailune, solo un
paio di anni prima. E ciò che più lo tormentava, era il fatto che quei sospetti
erano stati più che fondati. Alfred era stato la causa del pericolo che
Philionel aveva affrontato, ma la verità era che suo figlio non aveva avuto che
parte della colpa… perché chi gli aveva avvelenato la mente per anni,
ripetendogli fino allo stremo l’ingiustizia delle leggi di Sailune e dei
criteri di successione al trono, era stato lui. Lui e nessun altro. Phil lo
aveva perdonato, nonostante tutto, e da allora Cris non aveva fatto altro che
cercare di agire nel modo che più gli avrebbe permesso di guadagnarsi
nuovamente la sua fiducia… tuttavia, il principe non poteva fare a meno di
chiedersi se questo sarebbe mai stato veramente possibile…
Cris sospirò, avvolgendosi nel mantello. Non aveva tempo di
stare a riflettere su cose del genere. Non ora che Philionel lo aspettava.
Uscì dalla tenda, muovendosi silenziosamente all’interno
dell’accampamento, verso il punto dove suo fratello alloggiava. Quando scostò i
lembi della tenda, lo trovò già sveglio, e completamente vestito, intento a
dare ordini ai suoi generali.
“… la rotta che seguiremo oggi. Allungheremo la strada, ma
verremo avvistati meno facilmente. Voglio le truppe in marcia entro mezz’ora.”
“Sì, mio signore.” Fu il coro dei soldati.
In un attimo, Philionel si accorse della presenza del
fratello. Quando i loro sguardi si incrociarono, gli rivolse un breve cenno del
capo. “Potete andare, ora.” Si indirizzò ai generali. “Proseguite pure all’appello
dei soldati.”
Con un breve inchino, i soldati si allontanarono.
Philionel si avvicinò al tavolinetto in legno all’angolo
della tenda, e si versò un bicchiere di vino, con un gesto nervoso. Cris lo
occhieggiò, accigliandosi. Suo fratello non era solito indulgere all’alcol,
tanto meno di prima mattina. Toglieva capacità di giudizio, usava ripetere.
Cris non poteva dargli torto. Ricordava fin troppe serate nebulose, segnate
dall’ubriachezza, passate ad imprecare contro la sorte malvagia che gli aveva
impedito di nascere primogenito, e poter fare il meglio per il suo regno,
mostrando a tutti il suo vero valore…
“Sei mattiniero, Phil…” Commentò cautamente, osservandolo
buttare giù l’intero bicchiere in un sorso, senza peraltro dare l’impressione
di sentirne veramente il sapore…
Il sovrano abbassò il calice, procedendo meccanicamente a
riempirlo una seconda volta. “Perdonami se non ti ho aspettato, Cris.” Borbottò
semplicemente, la voce impastata di nervosismo. “Ero sveglio, e sentivo il
bisogno di fare qualcosa.”
Cristopher si avvicinò, e gli prese il bicchiere di mano,
posandolo a distanza di sicurezza sul tavolo. Non incontrò grossa resistenza.
“Posso immaginarlo.” Replicò, con calma. “Sei riuscito almeno a riposare il
dovuto, fratello?” Anche se le occhiaie che appesantivano il suo sguardo erano
già di per sé una risposta…
“Non posso riposare. Non finché Amelia non sarà sana e
salva.” Replicò, in tono denso di tensione.
‘Non posso riposare. Non finché mia moglie non avrà trovato
giustizia.’
Cris ricordava quelle parole. Non si faceva abbattere, suo
fratello. Si convinceva a trovare un appiglio per reagire. Era stato così…
anche tanti anni prima, in quello che sembrava un passato ormai nebuloso…
allora erano state le sue figlie a spingerlo a continuare a vivere. Ora
combatteva per una di loro, e per il suo regno.
E per i suoi principi.
Oh, quelli erano la sua vera ancora. Aveva voluto inculcarli
anche alla figlia, perché fossero la sua forza. Forse persino in modo troppo
esasperato, ma sicuramente efficace. Cris a volte invidiava il legame che si
era creato fra quei due. Se fosse riuscito ad instaurare qualcosa del genere
con Alfred, allora forse…
“Cris… mi stai ascoltando?”
Il principe batté le palpebre, improvvisamente destato dai
suoi pensieri. “Oh… scusami, Phil… la mia mente in questi giorni tende a vagare
più del dovuto…”
Phil annuì, con fare sbrigativo. “Risentiamo tutti della
stanchezza e della preoccupazione. L’importante è non lasciarci andare proprio
ora.”
“Già…” Sospirò Cris. “Sperando che conti a qualcosa…” Se lo
lasciò sfuggire, e immediatamente se ne pentì. L’occhiata di rimprovero del
fratello conteneva per lui molti più messaggi di quanti forse Philionel stesso
avrebbe voluto trasmettere…
“Sei preoccupato per tua moglie, Cris?” Si limitò tuttavia a
chiedergli Phil, in tono pacato.
Cris si morse il labbro. “E chi non lo è, per i propri
cari…?” Tamburellò le dita sulla tovaglia macchiata e logora, distogliendo lo
sguardo. “Non badare ai miei discorsi pessimisti, Phil. E’ solo il mio
nervosismo a parlare…”
Un lungo silenzio seguì quelle parole, mentre i due fratelli
per diversi istanti osservavano unicamente i propri pensieri. Fu Phil a
spezzarlo, con voce controllata. “Non ha importanza. Piuttosto, credo faresti
meglio ad andare a preparare il tuo cavallo per la marcia. Ho già fatto dare
disposizioni ai soldati per la partenza.”
Cris annuì, grato di poter guadagnare un po’ di solitudine,
ed uscì dalla tenda.
Era a disagio nel trattare con il fratello, in quei giorni.
Gli pareva di non avere il diritto di preoccuparsi. Ogni volta che incrociava
lo sguardo di Phil, aveva l’impressione, con ogni probabilità del tutto
infondata, che quegli occhi gli rimproverassero la sua inettitudine. ‘Tu hai
ancora una moglie, una persona cara, per cui preoccuparti.’ Sembravano
accusarlo. ‘Tuo figlio era un traditore che si è costruito la sua morte con le
proprie mani, la mia, ora in mano al nemico, è una creatura innocente che è
stata persino in grado di perdonarvi entrambi.’
Si sentiva in colpa, Cris, ogni volta che provava
abbattimento. Voleva solo che tutta quella faccenda finisse.
Pensava spesso a sua moglie, in quei giorni. Si chiedeva se
era spaventata, se riceveva un trattamento adeguato… si chiedeva se ogni tanto
si preoccupasse di lui…
Il loro non era stato un matrimonio d’amore. Cris era il
ragazzo obbediente. Cris si faceva sempre in quattro per compiacere suo padre.
Quando era giunta da Raizerl quella ragazza pallida, così alta e magra che
difficilmente la si sarebbe potuta definire bella, ma colta, e con uno spiccato
talento per la musica, non si era chiesto se quella fosse davvero l’immagine
che aveva della donna della propria vita. Eldoran aveva chiesto che si
celebrasse il matrimonio, e lui aveva acconsentito. Forse, era stato persino troppo
giovane, per avere mai pensato seriamente all’amore… all’epoca gli
interessavano soprattutto i suoi studi come chierico, e i trattati di politica…
Per suo fratello era stato diverso. Philionel non avrebbe
mai accettato di sposarsi con una persona che non amava. E, a suo parere, con
sua moglie l’amore era stato una certezza viscerale, quasi immediata. Cris
aveva visto storie d’amore svilupparsi con lentezza, e maturare nel tempo,
attraverso il rispetto reciproco, l’affetto e l’amicizia. Ma per suo fratello
non era stato così. Cris era stato con lui quando Phil si era ferito, e quella
bella sacerdotessa lo aveva soccorso, e il modo in cui gli aveva intimato di
non rivelare la loro identità di principi lo aveva immediatamente messo in
allerta riguardo all’interesse che Philionel rivestiva nei suoi confronti. I
modi diretti con cui la donna si era occupata di lui, il modo in cui aveva
mostrato di apprezzare la sua compagnia, senza sapere che si trattava del
figlio di un sovrano, doveva avere colpito il fratello dritto al cuore. E in
effetti, non erano trascorsi molti mesi, prima del loro matrimonio.
… Così come altrettanto repentina e brusca era stata la sua
fine…
‘Il destino a volte è ingiusto…’
Cris strigliò violentemente il suo cavallo, facendolo nitrire.
Anche lui era stato felice con Clarisse. Almeno, lo era
diventato poco alla volta. Non era certo che il loro avesse mai potuto
chiamarsi amore… ma col tempo, sicuramente, si era creata fra loro una certa
intimità. La nascita di Alfred, poi, li aveva indubbiamente avvicinati…
‘Forse è anche per questo… che Clarisse non è mai riuscita a
perdonarmi…’
Cris si chiedeva se in quel momento avrebbe voluto rivederlo
sano e salvo… o se il suo odio per lui non le facesse desiderare piuttosto il
contrario…
‘Suppongo che solo dopo la battaglia con Oberon potrò
scoprirlo… sempre che io rimanga vivo.’
Con un sospiro, Cristopher si issò sul cavallo, e si lasciò
trasportare in prima fila, a fianco del fratello.
***
Amelia era annoiata.
Con tutta l’ansia e le preoccupazioni che aveva accumulato
in quelle ultime settimane, era l’ultimo sentimento che aveva pensato di poter
provare, ma era così.
Aveva perso il conto dei giorni trascorsi da quando erano
giunti in quella fortezza sperduta all’interno del suo regno, ma da quel
momento le sue ore di veglia erano state irrimediabilmente uguali. Almeno,
durante la marcia il variare del paesaggio era servito a distrarla, anche se in
preda all’angoscia per la sua cattura, e per la serie di brutte notizie che la
avevano seguita, non aveva potuto goderne. Ormai stava cominciando a
considerare la sua cena con Oberon come la distrazione più interessante della
giornata e questo, sinceramente, la preoccupava.
Il fatto era che per il resto della giornata era sempre
incredibilmente sola… visti gli esordi non particolarmente felici della loro
convivenza, le servitrici che Oberon le aveva accodato tendevano a starle alla
larga, quando non era strettamente necessaria la loro presenza. E, d’altro
canto, nemmeno le guardie che la accompagnavano lungo le sue rare passeggiate
all’esterno dei suoi appartamenti erano particolarmente loquaci… In più, Amelia
era poco abituata all’inattività. A Sailune era sempre presa da qualche
occupazione, che fosse l’aiuto a suo padre nelle questioni politiche e
diplomatiche, o semplicemente il vagare all’interno dell’ampia area del
palazzo, parlando con coloro che la popolavano, godendo della bellezza dei
giardini, lasciando che i musici della corte suonassero per lei o immergendosi
in qualche romanzo dalla trama appassionante, come quelli che amava acquistare…
Amelia si era fatta dare qualche libro dalle servitrici, come Oberon la aveva
invitata a fare, ma non riusciva a concentrarsi troppo a lungo sulla lettura,
nella condizione in cui si trovava…
Avrebbe voluto trovare fra quelle righe un suggerimento
utile per una fuga… da quando era arrivata alla fortezza era meno controllata
che durante la marcia, e, cominciando a disperare seriamente nell’arrivo di
qualche fatidico salvatore da romanzo d’appendice, inevitabilmente aveva
cominciato a pensare ad un’ipotesi simile… sapeva che se mai ce l’avesse fatta,
se mai fosse riuscita a raggiungere suo padre, o almeno a fargli sapere che
Oberon non aveva più potere su di lei, questo avrebbe dato un notevole vantaggio
a Sailune, che avrebbe potuto lottare senza più preoccuparsi delle sue
condizioni… Tuttavia, le guardie sembravano collocate esattamente dove più
potevano essere utili per disilludere qualsiasi sua speranza in quel senso.
Oberon le aveva concesso appartamenti di ampia estensione, ma muoversi al di
fuori di essi per lei era problematico. Era ad un piano troppo alto per cercare
una fuga attraverso le finestre, e anche se ci avesse provato, i giardini erano
costantemente piantonati da guardie. Le porte che consentivano l’accesso ai
suoi appartamenti erano sprangate, tutte tranne una, dove un paio di ‘angeli
custodi’ stazionavano perennemente, accodandosi a lei non appena accennava ad
allontanarsi dalle stanze che le avevano assegnato. E non avrebbe avuto senso
nemmeno cercare di liberarsi di loro, perché comunque ogni uscita era
presidiata da soldati. Era in una fortezza inespugnabile. Anche pensando, non
vedeva grandi soluzioni alla sua situazione. E così, la sua frustrazione di
giorno in giorno aumentava.
Amelia era annoiata. Ma quel giorno era anche risoluta.
Se non poteva uscire di lì, almeno avrebbe tentato qualcosa
di utile.
“Vorrei uscire per la solita passeggiata…” Occhieggiò le
guardie dall’interno del cappuccio del suo mantello, cercando di apparire
noncurante. Quella mattina aveva fatto un bagno, e si era vestita con calde
vesti di lana. Come sempre. Aveva letto qualche pagina del suo libro, e fatto
colazione insieme all’attendente anziana. Come sempre. Ed ora aveva indossato
il suo spesso mantello, ed era pronta per fare due passi all’aria fredda
dell’inverno incombente, tanto per conciliare il proprio appetito in vista
della cena… le guardie non avrebbero trovato nulla di nuovo in questo.
Nessuno ovviamente le rispose. Le due figure imponenti semplicemente
si misero sull’attenti, e imbracciarono le loro lance. Amelia sospirò. Se le
avessero risparmiato quella sceneggiata, sarebbero state più sopportabili.
‘Sto cominciando ad avere la stessa avversione di Lina –san
per le cerimonie, da quando sono qui…’
Il pensiero della maga le provocò una fitta al petto. Per
quanto ne sapeva, era l’unica fra i suoi vecchi amici ad essere ancora in vita…
si chiedeva se sarebbe mai riuscita a rintracciare dove la avevano portata…
avrebbe voluto aiutarla, almeno lei…
‘Forse ormai Lina –san mi odia… ne avrebbe tutte le ragioni,
dopo che l’ho trascinata in una situazione del genere… Ma se potessi almeno
salvarle la vita… anche se non dovesse più guardarmi in volto…’
Ma aveva ancora davvero interesse per la vita, la sua amica?
Dopo che Gourry –san era morto, e dopo tutto ciò che poteva esserle capitato in
quelli che ormai erano due mesi di prigionia…? Amelia non era certa di volere
sapere la risposta…
‘Non è il momento di pensare a cose del genere.’
Amelia sollevò lo sguardo verso le guardie, decisa. “Credo
che sia giunto il momento di istruirvi, signori.” Dichiarò, in tono fermo.
Erano giunti ormai al margine dell’ampio scalone che conduceva al piano
inferiore. Si bloccò di fronte alla balaustra che dava sull’atrio sottostante,
e si volse verso i due soldati, le mani ai fianchi.
Le guardie parvero risvegliarsi improvvisamente dal torpore.
Si bloccarono, battendo le palpebre, e si scambiarono un’occhiata perplessa.
“Istruirci…?” Chiese uno di loro, il tono di voce incerto.
“Hai capito bene, soldato.” Amelia lanciò una breve occhiata
alle proprie spalle. Nessuno. I servitori a quell’ora dovevano essere radunati
nelle cucine e nella sala da pranzo intenti nei preparativi. Il portale che
dava sull’esterno era presidiato, certo… ma indubbiamente aveva scelto il
momento giusto della giornata… “Voi due siete stati adibiti alla mia custodia,
giusto?” Proseguì. “Ma io non accetto di avere al seguito delle guardie che non
condividano i miei ideali… per questo ora dovete assecondarmi, e ascoltare ciò
che ho da insegnarvi.”
Uno dei soldati si fece avanti, con aria seccata…
“Principessa… il nostro Signore ci aveva avvisato delle vostre… peculiarità… ma
non abbiamo tempo da perdere, e ci è stato ordinato di…”
Amelia lo ignorò. Con un balzo, montò sulla balaustra. “Ed
in primo luogo vi mostrerò come un sostenitore della giustizia cala sul
nemico…”
Le due guardie fecero un passo indietro, fissandola come se
fosse improvvisamente impazzita… “P… principessa… scendete di lì! Non penserete
davvero di…”
Amelia tacque. Si piegò sulle gambe per un momento, come se
avesse avuto intenzione di saltare loro addosso… quindi fece un passo indietro,
e si lasciò cadere nel vuoto.
Non aveva la levitazione a disposizione, ma il salto fino
all’atrio non era particolarmente alto. Tre, al massimo quattro metri. Aveva
tentato di peggio.
Atterrò miracolosamente nel modo giusto, ma l’ampia gonna le
impacciò i movimenti, e si trovò a precipitare al suolo, di volto, come troppo
spesso le era capitato nei suoi attacchi ai malviventi.
‘Mi sono sempre chiesta come facciano nei romanzi ad
atterrare sempre in piedi…’ Meditò, massaggiandosi penosamente il naso…
“Principessa!!!” In cima alle scale, le guardie furono
immediatamente preda dell’agitazione… forse pensavano che il suo fosse stato un
atto dettato dalla disperazione, forse semplicemente che la reclusione l’avesse
fatta impazzire, ma dal loro tono di voce traspariva più la preoccupazione di
avere perso un prezioso ostaggio, che quella per un suo tentativo di fuga… ma
Amelia non aveva intenzione di aspettare di lasciarsi soccorrere.
Con un certo sforzo, si alzò in piedi, sollevò la gonna, e
prese a correre verso una delle porte laterali dell’atrio, con quanta più
velocità le sue gambe doloranti le permettessero.
“Principess… ah!” Giunta in fondo alle scale, le guardie
riuscirono a scorgerla mentre imboccava la porta che si apriva sul lungo
corridoio attraverso cui si accedeva alle sale di servizio…
Amelia strinse i denti, accelerando il passo… doveva solo riuscire
a svoltare l’angolo…
“Le cucine! Vuole scappare attraverso la porta che da sul
cortile!”
“Non andrà lontano! Il cortile è pieno di guardie!!!”
Amelia non li ascoltò. Cullava quell’idea da giorni… Oberon
aveva passato in rassegna con lei i servitori del castello, il giorno in cui
erano arrivati in quel luogo, e si ricordava come erano disposte quelle sale…
sperava solo di non incontrare nessuno sulla sua via, e, se proprio doveva
incrociare un servitore, che questi non la ostacolasse. In fondo, prima erano
stati servitori di un vassallo di suo padre… in fondo anche loro dovevano
desiderare la libertà dall’oppressore… no?
Svoltò, ad una curva del corridoio, nel piccolo atrio che
attendeva di incontrare. Sui suoi lati, si aprivano diverse porte. Quella che
conduceva alla cucina, la più grande, e quella che portava ai cortili,
attraverso cui i servitori raggiungevano le gabbie degli animali, e si recavano
ad attingere l’acqua dal pozzo.
Amelia le scartò entrambe.
Riuscì a muoversi appena in tempo. Quando richiuse alle
proprie spalle la porta della piccola latrina di servizio in cui si era
introdotta, le guardie fecero a loro volta irruzione nell’atrio.
“Per di qua!” I due soldati imboccarono senza esitazione la
porta che conduceva al cortile, senza prendersi la briga di chiuderla dietro di
loro. L’atrio rimase avvolto nel più completo silenzio.
Amelia si appoggiò alla porta della latrina, il respiro
affannoso, cercando di riprendere fiato. L’odore che emanava da quel luogo la
disgustava, ma non poteva arrischiarsi ad uscire prima di essersi assicurata
che il trambusto che avevano fatto non avesse attirato la curiosità di
qualcuno…
Rimase in ascolto per diversi istanti, ma non udì nessuna
porta aprirsi, e nessun rumore di stivali risuonare sul suolo impolverato
dell’atrio. Evidentemente, il rumore nelle cucine aveva coperto quello prodotto
dalle guardie.
Cautamente aprì la porta, e quando si fu assicurata che il
luogo fosse effettivamente deserto scattò nuovamente, ripercorrendo i propri
passi. Era certa che le guardie avessero già allertato i soldati nel cortile, e
che ora fosse in atto una frenetica ricerca nei giardini del palazzo… e questo
era esattamente ciò che desiderava. Questo le dava la possibilità di muoversi
con maggiore libertà all’INTERNO del castello.
Risalì le scale con cautela, e percorse con estrema
attenzione tutti i piani che conducevano alla sommità della torre che stava
risalendo.
Incrociò qualche guardia, ma riuscì sempre a nascondersi in
tempo. Erano tutti troppo intenti a correre a porre rimedio alla sua ‘tentata
fuga’, per prestarle attenzione…
Si permise di fermarsi solo quando fu giunta al luogo che le
interessava. Spinse la porta in legno massiccio, ed entrò nell’ampia
uccelliera, rabbrividendo alle correnti d’aria che attraversavano la sala.
Portò le mani alle tasche del mantello, ed estrasse il messaggio. Lo aveva
letto e riletto, studiato per giorni, pensando a cosa avrebbe potuto scrivere
che potesse essere davvero utile a suo padre. Aveva tenuto le orecchie aperte,
in quei giorni, sulla posizione delle truppe di Oberon, sui punti deboli della
fortezza, su qualsiasi informazione fosse trapelata dalle conversazioni fra i
soldati o da quelle fra i generali nelle cene che lei ed Oberon condividevano…
non sapeva se quel messaggio sarebbe servito realmente a qualcosa, ma il solo
pensiero di fare qualcosa per cambiare la situazione in cui si trovava la
faceva stare meglio… e sapeva anche che avere sue notizie avrebbe dato coraggio
a suo padre. Voleva che sapesse che aveva fiducia in lui, che lo stava
aspettando.
“Non tradirmi…” Sussurrò al volatile che aveva prelevato dal
suo trespolo, legandogli il messaggio alla zampa. Le guardie non avrebbero
tirato ad un uccello che veniva dalla loro stessa voliera. Oberon sicuramente
l’avrebbe punita, ma lei sarebbe stata zitta, e nessuno avrebbe mai saputo di
quel messaggio. In fondo, non aveva nulla da perdere. Oberon non l’avrebbe
uccisa, non finché avesse avuto bisogno di lei…
Si sporse dal parapetto, esponendosi all’aria fredda che tirava
sulla cima del castello, e rilasciò il volatile, osservandolo spiccare il volo.
Le sue ali in quel momento erano la sua speranza…
Il respiro le si bloccò all’improvviso in gola. L’animale
non sbatteva più le ali. Aveva preso a contorcersi in aria, come se stesse
affrontando un indescrivibile dolore. Strinse la fredda pietra sotto le sue
dita, osservandolo mentre si immobilizzava, ed in una rapida spirale
precipitava lungo le mura del palazzo, per schiantarsi al suolo. Morto.
“Cosa… cosa…” Amelia indietreggiò, inorridita, coprendosi la
bocca con le mani.
“Questi non sono scherzi degni di una principessa, mia
signora…” Sussurrò una voce flebile, alle sue spalle.
Amelia si volse di scatto. Di fronte a lei, c’era il
sacerdote che durante il loro viaggio aveva spesso visto a fianco di Oberon.
Non lo aveva nemmeno sentito entrare. Ora i suoi occhi erano sottili fessure,
come se fosse stato irritato. Ma sulle sue labbra era disegnato un sorriso.
“Sei… sei stato tu…???” Amelia non era a conoscenza di
incantesimi sacerdotali che potessero uccidere un essere in quel modo,
stringendolo con dita invisibili…
Il sacerdote incrociò le braccia al di sotto delle ampie
maniche. “Difficile pensare che sia caduto da solo…” Si limitò a replicare.
Quindi il suo volto si oscurò. “Oberon non sarà felice di questo tentativo, mia
signora. E non lo sono nemmeno io. Per quanto dubito che quel messaggio potesse
portare reali vantaggi a vostro padre…”
Amelia rabbrividì. Il tono di voce di quell’uomo la
inquietava in modo insostenibile, senza che nemmeno lei fosse in grado di
spiegarne il motivo… “Come hai fatto a scoprirmi…?”
Il sacerdote si strinse nelle spalle. “Chissà… magari un
garzone della cucina vi ha vista ed è corso ad avvisarmi…”
Amelia strinse la mascella, con rabbia. “E perché avrebbe
dovuto farlo??? Perché dovrebbero tradirmi per l’usurpatore???”
“E perché no?” Si limitò a replicare l’uomo di fronte a lei.
“Una buona informazione può valere una moneta d’oro. E da quando si trova in
questo castello Oberon ha trattato egregiamente tutti i servitori…”
“Ma è un usurpatore!!!” La rabbia catturò Amelia, feroce.
“E’ lui che ha portato tutta questa distruzione!” Additò i territori devastati
che attorniavano il palazzo. “E’ lui che ha cacciato mio padre dalla sua
città!”
Il sacerdote levò un sopracciglio. “Vostro padre se n’è
andato di sua iniziativa, mi sembra.” Si strinse nel mantello. “E comunque
queste sono le VOSTRE ragioni… ma in fondo, cosa cambia ad un garzone di cucina
destinato a pelare patate per il resto della sua vita…? Cosa cambia, chi lo
comanda, se questi è generoso con lui?”
Amelia strinse identi… “Sono discorsi assurdi! Ci sono cose giuste o sbagliate a priori,
a prescindere dalle diverse opinioni!!!”
Il sacerdote sorrise. “Ma davvero? Ma sbaglio o voi avete la
certezza che la VOSTRA opinione coincida con il giusto corso delle cose,
principessa…?”
Amelia fece per replicare nuovamente con rabbia, ma si
ammutolì. Lo fissò, scura in volto. “Ti stai prendendo gioco di me…?”
Il sacerdote si strinse nelle spalle. “Sto solo pensando che
il mio Signore aveva davvero ragione a vostro riguardo… a riguardo di tutti
noi… non ci sarà mai possibilità d’intesa… e dunque non ci sarai mai
possibilità di ordine…”
Amelia strinse i denti. “Non cercare di farmi credere che
Oberon abbia mai pensato davvero ad un’intesa! Non so che ragioni lui abbia, ma
è evidente che ha considerato solo i propri interessi, e non le nostre
motivazioni, nel momento in cui ci ha attaccati!”
Il sacerdote si limitò a sorridere. “Lo stesso atteggiamento
che voi avete assunto con lui. E anche se ci fosse stato un accordo, una
mediazione, la sostanza delle cose non sarebbe mutata. Che è poi esattamente
ciò che stavo dicendo…”
Amelia lo fissò, non capendo, ora, dove il suo discorso
volesse andare a parare. Ma il sacerdote non le diede tempo di porre domande.
“Nessun garzone vi ha tradita, mia signora, quindi state
tranquilla, non avrete bisogno di pensare freneticamente a chi sia stato per
potergli imporre la giusta punizione appena ne avrete la possibilità…” I suoi
occhi si strinsero in un sorriso sornione.
Amelia batté le palpebre. “Ma… allora come…?”
“Ed ora sarà meglio che mi seguiate.” La occhieggiò,
interrompendola… “E, vi prego, senza tentare altre furbe scappatoie… Come
avrete notato… non sono particolarmente conciliante con gli uccellini che
cercano troppo in fretta la libertà…”
Le volse le spalle, ma Amelia continuò ad avere
l’impressione che il suo sguardo fosse fisso su di lei. Rimase ferma ad
osservarlo per qualche istante, un brivido che le percorreva inspiegabilmente
la schiena. Quindi, si decise a seguirlo. E solo quando si chiusero la porta
alle spalle si rese conto che tutti gli uccelli della voliera, al suo ingresso,
avevano cessato di cantare.
Un senso di nausea mi assalì, non appena aprii gli occhi
Un nuovo capitolo incentrato su Lina e Gourry… e la storia
comincia ad avviarsi alla conclusione, anche se mancano ancora diversi
capitoli…^^ Commenti e critiche sono ovviamente sempre graditi!
Un senso di nausea mi assalì, non appena aprii gli occhi.
Fui costretta a richiuderli, lottando per riacquisire
consapevolezza di me, contro la luce accecante che assaliva il mio sguardo e
confondeva la mia mente.
Mi ci volle un po’ per capire che ero immersa nell’acqua,
fino alle spalle. Un aroma strano mi circondava, dolce, con un sentore di latte
di mandorla. Normalmente probabilmente lo avrei apprezzato, ma in quel momento
non faceva che incrementare il mio senso di disgusto…
“Nnn…” Riuscii a mormorare, e presi a lottare debolmente per
sollevarmi dall’acqua, come se ciò avesse potuto scuotermi dal mio torpore.
Sussultai, quando una mano ferma mi premette sulla spalla, costringendo la mia
schiena contro una fredda parete di marmo.
Mi costrinsi ad aprire gli occhi, nuovamente. Una ragazza
dalla pelle scura incombeva su di me, reggendo una spugna in una mano, e
premendomi con fermezza con l’altra contro il bordo di una vasca da bagno. Mi
stupii della forza del suo braccio esile. Se fossi stata più lucida, avrei
capito che si trattava solamente della mia debolezza.
“Do… dove? Dove sono?”
La ragazza non mi comprese, o comunque non diede segno di
farlo. Semplicemente mi costrinse, con scarso garbo, a volgerle la schiena, e
prese a strofinarla con vigore, mentre un’altra donna, al suo fianco, vi
rovesciava sopra acqua bollente. Non avevo la forza per combattere
quell’attacco, e allora mi imposi di mantenere la calma, e di raccogliere le
idee.
Io ero stata portata al cospetto di Uregh… li avevo
ascoltati trattare, e poi… e poi…?Avevo… attaccato Elmerish, giusto? Avevo… avevo
attaccato Elmerish con la magia! Ero riuscita ad usare la magia!!!
La scarica di adrenalina che mi attraversò a quel pensiero
fu però immediatamente mortificata dalla consapevolezza di quanto era accaduto
successivamente. Con la quantità di droga che avevo ora in corpo, difficilmente
sarei riuscita ancora in un attacco magico, per quanto debole… certo, potevo
legittimamente chiedermi come avessi fatto a portare ad effetto un incantesimo
proprio in quel momento, dopo settimane di tentativi andati a vuoto… forse
effettivamente quelle erbe inibivano semplicemente la concentrazione, non tanto
da non permettere di condurre normalmente la vita quotidiana, ma
sufficientemente per impedire l’esecuzione corretta dei complicati processi
mentali che portavano un incantesimo ad essere effettivo… forse era stato
semplicemente Elmerish a sbagliare dosi, ma io ero convinta che fosse stato il
picco improvviso di paura a creare nella mia mente sufficiente allarme per
reagire, in modo meccanico e istintivo, all’offesa che stavo subendo… ero
sicura che qualsiasi circolo di magia avrebbe pagato ORO per informazioni
approfondite su un argomento simile… quando fossi uscita da quella situazione,
avrei dovuto fare ricerche sui tipi di erbe usati dai popoli nomadi delle
steppe, e…
Il mio entusiasmo si spense, bruscamente. Già. Quando fossi
uscita. E questo quando sarebbe avvenuto? Fino a solo un giorno prima avevo
avuto speranze, ma ora…
Erano passati due mesi. Due mesi, da quando ero stata
catturata. Due mesi di marcia serrata, di calore, di battaglie perse. Ero
preoccupata perme stessa, ed ero
preoccupata per Gourry. Sapevo che senza magia e chiusa fra solide mura le mie
possibilità di fuga si facevano vicine allo zero. Sapevo cosa mi aspettava con
Uregh, e di avere scarse possibilità di sfuggire a quel destino che mi
repelleva. Sapevo che Gourry si sarebbe subito messo sulle mie tracce, se ne
avesse avuto la possibilità, e in quel momento un’unica, inquietante
spiegazione sorgeva alla mia mente per quella continuata assenza…
Probabilmente avrei dovuto essere allarmata per Sailune, e
per la sorte di Amelia, e degli altri miei amici… in quel momento, però, quella
realtà mi sembrava lontana ed ovattata. Stavo dimenticando la ragione per cui
tutto quell’incubo era iniziato. La mia mente era troppo impegnata a lottare
contro la rassegnazione.
La ragazza che si stava occupando di me pronunciò una frase
in una lingua diversa da quella comune, e altre due ancelle mi sollevarono di
peso dalla vasca da bagno. Non riuscii ad opporre resistenza, e attesi
pazientemente, lottando per reggermi in piedi, mentre braccia veloci mi
asciugavano.
Quando ebbero finito, mi venne imposta una veste bianca di
seta dagli orli dorati, tanto leggera da apparire superflua… e di pessimo
gusto, se volete la mia opinione spassionata…
“Il mio Signore ti vuole alla sua tavola per cena…” Mi disse
l’ancella ‘capo’, come a spiegazione di quella scelta di abbigliamento, in una
lingua comune stentata.
Senza ritenere necessarie altre aggiunte, prese a
cospargermi le braccia nude di un olio dal profumo dolce in modo nauseante. Io
non risposi nulla. Attesi semplicemente, la mente in fibrillazione, mentre
incurante si dedicava a spazzolarmi i capelli, e a distribuirmi addosso
gioielli d’oro e madreperla che in altre circostanze avrei guardato con
tutt’altro interesse. Sussultai, quando vidi una delle ancelle avvicinarsi con
uno spesso ago, intuendo vagamente quali fossero le loro intenzioni.
“E… ehi! N- no! Non avvicinatevi con quel coso!” Mi
divincolai, ma senza effetto. Due donne mi ressero la testa, mentre la terza
piantava con un colpo secco l’ago nel lobo del mio orecchio sinistro. Strinsi i
denti per il dolore, mentre lacrime involontarie mi affioravano agli occhi.
Avevo indossato orecchini per la prima volta alla cerimonia
di consegna delle vesti, a Zephilia. Ora vi farò una piccola confessione: non
sono brava a sopportare il dolore. So che detto da una grande maga che ha
combattuto mille battaglie deve far sorridere, ma il dolore è davvero una delle
cose di cui più ho paura. In quella occasione l’ago mi aveva fatto malissimo,
ma per non dare soddisfazione a mia sorella, che già mi aveva presa
infinitamente in giro per le vesti rosa che mi avevano imposto, me ne ero stata
zitta,e avevo sopportato per tutta la
cerimonia. L’infiammazione che ne era risultata mi aveva tormentato per giorni,
in cui nemmeno riuscivo a dormire senza cospargere di unguenti le mie povere
orecchie doloranti. Alla fine avevo ceduto. Anche se non era propriamente il
campo di mia competenza, avevo recuperato un libro sugli incantesimi di base di
magia bianca dalla soffitta, e, nonostante per mille volte mia madre avesse
insistito per insegnarmelo senza che io mi prestassi, avevo con tutta la
volontà imparato da sola il Recovery, e lo avevo usato per chiudere i buchi. E
per evitare che mia sorella se ne accorgesse, avevo continuato ad indossare
quegli orecchini a scatto che erano finiti per diventare un’abitudine, e che
tutt’ora usavo portare. Dover sopportare nuovamente QUELLA tortura, proprio ora
che la mia magia mi era stata tolta, aveva un che di ironico. Ma questo non
diminuiva certo l’intensità del dolore.
Le ancelle non parvero curarsene. Procedettero alla stessa
azione anche con l’altro orecchio, quindi a versare su entrambi i lobi uno strano
liquido, che mi procurò un immediato senso di bruciore. Il dolore pareva non
dover cessare mai. Impossibilitata a fare qualsiasi cosa per darvi sollievo, mi
parve quasi di stare nuovamente per perdere conoscenza, finché un nuovo
unguento non venne spalmato sulle mie orecchie, procurandomi sollievo. Fui
stupita dell’immediatezza con cui il dolore si spense. Nella nostra parte di
continente, non esistevano rimedi tanto efficaci al dolore delle ferite, fatta
esclusione per la magia. Supponevo che le ricerche nei due diversi campi
fossero andate avanti parallelamente, nei due mondi…
‘La caduta della barriera potrebbe essere una grande
occasione per entrambi…’
Ma in quel momento una considerazione del genere non faceva
che riempirmi di amarezza… forse la guerra che mi aveva condotto a quella
situazione era la dimostrazione che il gioco di interessi e la paura
prevalevano troppo sulla curiosità, da ambo le parti, per permettere reali
vantaggi da quell’incontro…
Due orecchini di forma allungata furono costretti nei lobi
delle mie orecchie. Continuarono a bruciare un po’, ma il dolore lancinante dei
primi istanti era scomparso. Colsi la mia immagine riflessa in uno specchio a
lato della vasca da bagno. Quasi non mi riconobbi, così linda e ben
confezionata, dopo due mesi di sudore e sporcizia. Sarebbe stata una bella
sensazione, forse, anche con quegli abiti e vestiti che non avevano nulla a che
fare con ciò che ero, se non fosse stato per la consapevolezza di ciò che
sarebbe seguito…
Un bussare alla porta mi distrasse da quei pensieri. E prima
ancora che qualunque delle ancelle potesse dare una risposta, la figura
imponente di Elmerish fece il suo ingresso nella stanza. Al solo vederlo, il
mio odio nei suoi confronti si risvegliò, con tutta la sua intensità.
Gli occhi del gigante si fecero sornioni, nell’incontrare il
mio sguardo. “Vedo che ti hanno dato una bella ripulita, eh, mocciosa? Uregh
non potrà che esserne soddisfatto…”
Strinsi i denti, fremendo di rabbia. Quanto avrei voluto
essere riuscita a lasciargli uno squarcio più profondo sul viso, con
quell’unico incantesimo che mi era stato dato lanciare… “Sono l’unica al cui
aspetto questo viaggio sembra aver fatto bene, Elmerish…” Replicai, fra i
denti, divincolandomi dal sostegno delle ancelle e muovendo un passo verso di
lui. “Ma devo dire che la nuova ferita che ti ho scavato in volto si intona
perfettamente alla tua faccia butterata…”
Ebbi l’impressione di cogliere un lampo di rabbia nei suoi
occhi, ma Elmerish lo dissimulò dietro ad un sorriso. “Puoi offendermi quanto
ti pare, mocciosa, se la cosa ti fa star meglio… ma questo non cambierà la tua
situazione.” Si avvicinò, e mi afferrò per il mento. “Sai, sto per partire per
tornare a quelle terre che tu non vedrai mai più… ti saluterò i tuoi ombrosi
boschi e i tuoi freddi inverni, se lo desideri… quaggiù ad Ulan Bator il
solstizio d’inverno si festeggia sulle terrazze, all’ombra di tende e parasoli,
per ripararsi dal sole cocente…”
La mia mascella tremolò. Faticavo a concepire che mancasse
solo un mese alla festa del solstizio d’inverno… Zephilia, all’estremo nord del
continente, in quel periodo dell’anno era già totalmente coperta dalla neve… in
ogni casa il camino era acceso, e la dispensa piena di scorte per il lungo e
rigido inverno. I viaggiatori si rifugiavano nelle locande e nel vino bollente,
in cerca di compagnia e di calore per fuggire al gelo che sulla strada ti
penetrava fino alle ossa. Da anni non tornavo al mio paese natale, ma, per
qualche motivo, in quel momento quei ricordi si fecero particolarmente vivi
nella mia mente. Pensare di trascorrere quel periodo dell’anno sola, in una
terra dove le stagioni non variavano mai, dove un eterno manto di calore
intrappolava edifici e persone, mi faceva avvertire con ancora più forza quanto
fossi lontana da qualsiasi certezza e da qualsiasi appiglio noto. Circondata da
quel nulla dorato, privo di vie di fuga, mi sentivo ancora più impotente di
quanto già non fossi perché priva della mia magia. A quei pensieri un groppo di
angoscia mi si strinse alla gola.
Ma non avevo alcuna intenzione di lasciar intravedere la mia
paura ad Elmerish. “Non sprecare fiato ed energia a fare saluti non necessari,
faccia butterata, ti serviranno per quando ci incontreremo di nuovo…” Replicai
freddamente, staccandomi da lui.
Elmerish scoppiò a ridere. “Mi stai MINACCIANDO?” Riafferrò
il mio mento, e si piegò su di me. “Non ho dubbi che un giorno o l’altro ci
rivedremo, mocciosa… ma ho idea che tu sarai MOLTO cambiata, allora…” Sibilò.
“Per questo volevo incontrarti un’ultima volta così come sei ora… ora partirò,
per comunicare il buon esito della missione, e presto una intera divisione sarà
pronta a seguire le mie orme e raggiungere i territori oltre la barriera.
Quando tornerò ad Ulan Bator sarà per condurre le trattative, dopo che il mio
Signore avrà sfruttato le truppe di Uregh per prendere tutte le fortezze di
confine, stringendo Philionel all’interno, e costringendolo ad abdicare… un bel
piano, non è vero?” Torse il mio mento con violenza. “E a quel punto il regno
del tuo amico re pacifista sarà finito, e la principessina aiuterà il mio
signore Oberon a legittimare il proprio dominio grazie al loro matrimonio… ma
allora la leggenda di Lina Inverse sarà già sepolta da un pezzo nell’oblio.”
Ringhiò, e si allontanò di scatto da me. “Vedremo se avrai ancora voglia di
mettere in atto le tue minacce, mocciosa, quando ci rivedremo e la schiavitù ti
avrà ridotta all’ombra di ciò che sei ora.” Mi rivolse un sorriso beffardo. “E
vedremo se avrai ancora voglia di ridere della mia faccia butterata.”
Rimasi in piedi, guardandolo uscire, incapace di rispondere.
Rabbia e paura si accavallavano nella mia mente, impedendomi persino di
parlare. Era un quadro terrificante, quello che Elmerish mi aveva appena
dipinto. Ed io potevo davvero fare qualcosa per evitare che si
realizzasse?
Le ancelle mi raggiunsero nuovamente, e presero a
risistemarmi il vestito ed i capelli, come se nulla fosse accaduto. Io rimasi
immobile, fissando la porta in cui Elmerish era sparito, cercando
freneticamente modo per deludere le sue previsioni, e vedere definitivamente
quel ghigno odioso cancellato dal suo volto…
“La ragazza è pronta?” Giunse una voce alle mie spalle,
facendomi sussultare.
Mi volsi. E a fronteggiarmi, davanti ad una delle tende di
velluto che coprivano gli ingressi alla sala, trovai una bella donna, dalla
pelle scura e dai lineamenti regolari, avvolta in una morbida veste purpurea.
Aveva i capelli raccolti in una lunga treccia, e modi e contegno che si
sarebbero potuti dire quelli di una principessa. Era già matura, ma aveva la
leggerezza di movimenti e l’eleganza di un’adolescente.
‘Meno ingenua e più studiata, però. Ho idea che qui qualcuno
faccia del suo meglio per apparire una gran dama…’
Le rivolsi un’occhiata fredda. “E tu saresti una delle famose
cortigiane di Uregh?”
Anche la ‘dama’ mi studiò, con occhi gelidi. “Le mie ancelle
non avevano torto nel riferirmi che i modi delle donne al di là della barriera
sono del tutto rozzi…”
Scusate??? A chi è che sta dando della rozza Miss
Affettazione???
“Le cortigiane del più fetido sovrano al di là della
barriera non fanno parte del roseo alveo di persone da cui accetto critiche sui
miei modi…” Non feci grandi sforzi per mascherare l’irritazione nel mio tono di
voce.
Il sopracciglio della mia interlocutrice si inarcò
lievemente, ma la donna non commentò il mio giudizio sul suo padrone. “In
effetti non sta a me giudicare i gusti del mio signore…” Il malcelato disprezzo
con cui pronunciò quelle parole non fece che irritarmi ulteriormente. “Mi è
stato ordinato di condurti da lui, e di darti qualche spiegazione sui costumi
del mio paese. Se vuoi seguirmi…”
Senza attendere risposta, la cortigiana si avviò al di fuori
della sala, lungo un corridoio. Supponevo di non avere grandi alternative, per
cui, con un sospiro, mi avviai al suo seguito. Rimasi stupita del suo perfetto
uso della lingua comune. Al di là della mal calcolata ostentazione, doveva
trattarsi effettivamente di una donna colta. Avevo udito Uregh e pochi altri,
in quel luogo, esprimersi in lingua diversa da quella locale con tanta
sicurezza…
“Il mio nome è Ka-reen.” Iniziò la mia accompagnatrice,
senza neppure voltarsi a guardarmi. “Sono la più anziana fra le cortigiane del
signore Uregh. Il mio signore mi ha chiesto di spiegarti quale sarà il tuo stile
di vita da oggi in poi…” Chiuse la porta della sala da cui eravamo uscite, e si
avviò per il lungo corridoio che da essa si dipartiva… “E’ usanza che noi tutte
viviamo in un’area reclusa del palazzo, ognuna dotata di propri appartamenti, a
cui solo le ancelle ed il nostro signore possono avere accesso. E’ un’ala
grande, dotata di tutti i servizi e di un suo ampio parco. Non ti sarà permesso
uscirne, ogni tua esigenza dovrà essere espletata al suo interno. Solo a noi
anziane è concesso il privilegio di aggirarci liberamente in ogni area sul
territorio del palazzo, e, debitamente scortate, all’interno della città…” Girò
bruscamente ad una svolta del corridoio, verso una scalinata, ed io incespicai
per seguirla. “Sarà il signore Uregh a recarsi da te, quando la cosa sarà di
suo gradimento. Cenerai con lui, parlerai con lui, imparerai a suonare o
danzare per lui, se ciò gli aggraderà.” Mi lanciò un’occhiata al di sopra della
spalla, con uno sguardo che esprimeva chiaramente quanto improbabile trovasse
il benché minimo sviluppo da parte mia di una abilità in qualsiasi di queste
arti… e se non fosse stato che detestavo l’idea di darle anche la minima
soddisfazione, non avrei avuto alcuna riserva a darle ragione su tutti i
fronti. L’ultimo mio desiderio era imparare a ballare per l’enorme ammasso di
cattivo gusto che mi aveva accolto in quella città… “Questa sera il mio signore
desidera che tu lo intrattenga per la cena, e per la serata.” Si fermò per un
momento, e si volse a guardarmi, con occhi stranamente sinceri. “Ho sentito
parlare di te, e ho idea di come sei fatta. Ma se vuoi un consiglio
spassionato, accondiscendi a quello che ti chiede, senza fare troppe
difficoltà. Uregh è come tutti gli uomini orgoglioso. E nel suo caso,
all’essere orgoglioso si somma la più perfetta mediocrità intellettuale. L’idea
di dover soffocare uno spirito ribelle risveglia il suo mascolino desiderio di
supremazia. Mostrati remissiva, e prima si inorgoglirà nei tuoi confronti, poi
perderà presto interesse in te. E allora potrai vivertene tranquillamente nel
lusso, e come una delle sue favorite avrai chiunque ai tuoi piedi, e il palazzo
in pugno.” Quell’improvvisa ondata di franchezza giungeva del tutto
inaspettata. Guardai la mia interlocutrice con nuovo interesse. “Perché mi stai
dicendo questo?”
Ka-reen si strinse nelle spalle. “Solidarietà femminile,
suppongo.” Mi lanciò una lunga occhiata. “Senti, a nessuna di noi piace
realmente Uregh. E non vedo come mai una donna potrebbe essere attratta da un
uomo del genere. C’è chi si può permettere di dirtelo apertamente, come me, e
chi non lo ammetterà mai, ma è così. Forse alcune nemmeno se ne rendono conto,
ma è così. La maggior parte di noi era destinata a condurre questa vita sin
dall’infanzia, e nemmeno pensa ad un modo di vita alternativo. Se vuoi saperlo,
anzi, per molti aspetti la condizione delle cortigiane anziane come me è del
tutto invidiabile. Ho la possibilità di studiare, e di comandare a corte, e non
penserei nemmeno lontanamente di perdere ciò che ho ora per futili istinti di
ribellione verso un padrone che a volte non vedo per mesi interi…” Mi squadrò,
stringendo i suoi occhi nerissimi. “Ma per una come te, che è stata portata qui
contro la sua volontà e da un mondo completamente diverso, immagino che debba
essere difficile da accettare. Bé, se vuoi un consiglio, morditi la lingua, e
sopporta. Se hai perso davvero i fantomatici poteri di cui tanti bardi
raccontano non avrai modo di andartene di qui, te lo posso assicurare. Ed
essere accomodante in una situazione come questa non potrà che portarti buoni
frutti…” Rimase a fissarmi, per qualche istante, intensamente.
Ricambiai lo sguardo, per qualche secondo, in silenzio.
Quindi, mi accigliai. “Non posso farlo.” Risposi, semplicemente. “Se
accondiscendessi al tuo padrone non sarei più io. E non ha senso aggrapparsi al
quieto vivere, se vuol dire perdere me stessa.”
Ka-reen mi fissò ancora per qualche istante. Quindi, si
strinse nelle spalle. “Bè, lo immaginavo.” Si volse nuovamente in avanti, e
riprese ad avanzare. “Il mio era solo un consiglio. E non è detto che il tempo
non ti faccia cambiare idea.”
La seguii, in un silenzio inquieto. Non fraintendetemi: non
dubitavo della sua buona fede. Non credevo certo che Uregh me la avesse inviata
con il preciso obiettivo di farmi convincere ad essere obbediente nei suoi
confronti. Era una mossa troppo astuta, ai miei occhi, per il giudizio che
avevo di lui. Anzi, in effetti provavo un fondo di gratitudine per il discorso
della cortigiana. Perché indubbiamente era stato pronunciato come un
suggerimento spassionato, da parte di una donna tutt’altro che sprovveduta,
nella direzione di quello che lei riteneva sarebbe stato il mio bene. E non
sarò tanto ipocrita da lanciarmi in discorsi sulla emancipazione femminile.
L’idea di Ka-reen che la rassegnazione fosse la miglior arma mi infastidiva,
era vero, ma capivo anche perfettamente che nasceva dal fatto che quella donna
era cresciuta in un ambiente totalmente diverso dal mio. Anche se, se dovevo
essere sincera, un po’ mi dispiaceva. Nessuno mi avrebbe tolto dalla mente che
era un tipo altezzoso e spocchioso, è vero… ma avevo il sentore che sarebbe
stato interessante incontrarla in circostanze diverse da quella…
“Eccoci arrivate.” Dichiarò la mia accompagnatrice, in tono
neutro, fermandosi davanti all’ennesimo portale ricoperto di velluto rosso.
“Gli appartamenti del mio signore.”
A quella frase, il nodo di paura tornò a stringermi la gola.
Ka-reen aprì lentamente la porta, e mi precedette
all’interno di una stanza. La seguii guardandomi attorno con curiosità,
malgrado tutto… Era bene che non mi facessi prendere dal panico e che tenessi
gli occhi bene aperti, se speravo ancora di trovare una via di fuga…
Uregh era semi sdraiato su un divano, davanti ad una tavola
apparecchiata e mordicchiava pigramente uno spiedino di carne, studiando alcune
carte. Mappe geografiche, all’apparenza. Mi sporsi per osservare meglio di che
si trattava, ma in quel momento colui che mi teneva prigioniera le chiuse di
scatto, e sollevò lo sguardo, studiandomi con aperto interesse. “Oh… oh, bene,
eccovi qui…” Dichiarò, nel suo comune dall’inflessione appena lievemente
strana. Mi squadrò, per un lungo istante. “I miei complimenti, Ka-reen, avete
fatto davvero un ottimo lavoro, con lei…” Feci del mio meglio per evitare di sbuffare.
La mia accompagnatrice si limitò ad esibirsi in un lieve
inchino. “Sono lieta che vi compiaccia, mio signore…” Ripose, in tono del tutto
freddo ed inespressivo. “Ora, se il mio signore vuole scusarmi… dato che il mio
compito qui è terminato, devo recarmi a dare disposizioni alle ancelle per la
cena nei nostri appartamenti…”
Uregh diede cenno solo vagamente di avere udito quanto stava
dicendo. “Sì, sì, vai dove devi…” Con un secco movimento della mano, le fece
segno che poteva allontanarsi, cosa che la cortigiana non si fece ripetere due
volte. La vidi inchinarsi, ed affrettarsi al di fuori della stessa porta da cui
eravamo entrate, senza dire una parola. E per tutto quel tempo Uregh non mi
staccò un attimo gli occhi di dosso.
Ricambiai lo sguardo, cercando di restare imperturbabile. Le
parole di Ka-reen continuavano a vagare nella mia mente. L’idea che quell’uomo
trovasse piacevole il mio atteggiamento di rifiuto nei suoi confronti mi
irritava infinitamente.
“Dunque… a quanto pare da oggi in poi sarai mia ospite,
Lina…” Si rivolse a me, con un vago sorriso.
Inarcai un sopracciglio. “Mi sembra che ad Ulan Bator
abbiate uno strano concetto dell’ospitalità, UREGH…” Lo chiamai apertamente per
nome, tanto per rimarcare che lo scarso rispetto che mostrava nei miei
confronti era decisamente reciproco.
Il reggente scoppiò in una risata sgradevole, evidentemente
non raccogliendo l’offesa. “Paese che vai, usanza che trovi, ragazza mia. La
mamma non te l’ha insegnato?”
“Mia madre mi ha insegnato a studiare le debolezze di chi
cerca di approfittare di me, e a non farmi remore, appena le ho scoperte.”
Replicai, con fredda irritazione. Uregh ne parve infinitamente divertito.
“Proprio come immaginavo!” Scoppiò in una sonora risata di
compiacimento. “Sei proprio come immaginavo, ragazza!”
‘Attaccare, bruciare, uccidere…’ Pensieri di questo tipo
cominciarono ad accavallarsi nella mia mente, senza che potessi impedirlo.
Uregh aveva capito perfettamente di avere il coltello dalla parte del manico.
Potevo fare la sciocca arrabbiata quanto volevo, anzi la cosa lo divertiva
maggiormente, dato che aveva comunque il controllo su di me. Ka-reen aveva
ragione. Anche Elmerish si divertiva ad irritarmi, ma per tutto l’odio che
provavo nei suoi confronti gli riconoscevo comunque una personalità più
complessa. Uregh invece era un uomo semplice. Scioccamente semplice. E questo
rendeva ancora più odiosa l’idea di non poterlo ingannare in qualche modo per
sfuggirgli.
“Siediti, ragazza.” Mi fece cenno, con aria di benevolenza,
di avvicinarmi alla sua tavola imbandita. “Sarai affamata, suppongo.”
Lo ero. Mi bastò un’occhiata ai cibi ammassati sulla
tovaglia bianca perché il mio stomaco riprendesse a gorgogliare. Compresi che
dovevo essere stata priva di sensi per diverse ore. Tuttavia, non avevo la
minima voglia di dargli la soddisfazione di accettare il suo invito…
“Possiamo evitare i convenevoli inutili?” Replicai,
semplicemente, non muovendomi da dove mi trovavo. “Lo sappiamo entrambi che non
mi trovo qui né per mio piacere né per mia scelta.”
Uregh si strinse nelle spalle, e tornò ad addentare il suo
spiedino di carne arrotolata. “Puoi sempre scegliere di renderti la cosa più
piacevole, Lina. Sei mia prigioniera, è vero, ma nessuno ti obbliga a soffrire
anche la fame e la sete, per questo.” Appoggiò lo spiedino al piatto, e tornò a
fissarmi. “Immagino che sia stato un lungo viaggio, dal regno di Sailune.
Gradisci il servizio che ti hanno reso le mie ancelle? Posso assegnartele in
via definitiva, per renderti il soggiorno quanto più confortevole possibile,
dopo questi mesi di dura marcia…”
Strinsi i denti, sempre più irritata da quell’atteggiamento
noncurante che dava per scontato che per me il peggiore dei mali dovesse essere
la fatica… “Sai, Uregh, la mia idea di confort non implica l’essere lavata come
una neonata quando sono ancora incosciente e l’essere obbligata ad indossare
gioielli che non ho mai chiesto!” Sbottai, indicando i lobi delle mie orecchie,
arrossati. “Ti ho detto, evitiamo gli inutili convenevoli!”
Uregh si pulì le labbra col tovagliolo. “Come preferisci.”
Dichiarò, semplicemente, e si sollevò in piedi.
Eh… ehi, aspetta un momento… io non… non intendevo QUESTO!
Uregh si avvicinò, squadrandomi con un mezzo sorriso. “Come
ben sai, non sei qui come semplice servitrice. Ho intenzione di sommarti al
numero delle mie cortigiane. E tu sai qual è il compito primario di una
cortigiana, no…?” Mentre cercavo inutilmente di arretrare verso la porta, mi
afferrò per un braccio. Mi morsi le labbra.
“Nel caso delle TUE cortigiane, evitare di essere
sopraffatte dal disgusto, suppongo…” Sibilai, nella vaga speranza di
provocarlo, e risvegliare in lui sentimenti diversi nei miei confronti rispetto
a quelli che leggevo ora nei suoi occhi…
Uregh, tuttavia, mostrò di non essere tipo da farsi
provocare facilmente quanto Elmerish… “Non puoi giudicare qualcosa prima di
averlo provato, Lina…” Mi rivolse un sorriso. “Ma a questo potremo rimediare
immediatamente…”
Il reggente si piegò su di me. Indietreggiai, e cercai di
divincolarmi, ma la mano grassoccia di Uregh stringeva ancora dolorosamente il
mio braccio, impedendomi i movimenti. Sollevai la mano libera, gliela premetti
contro il naso, cercando di allontanarlo, ma quando mi resi conto che la mia
forza non era sufficiente, la sollevai alla sua guancia, e graffiai con tutte
le forze.
Uregh emise un gemito di dolore ed indietreggiò, coprendosi
la ferita con la mano. Io mi allontanai da lui, il respiro affannato, cercando
disperatamente una via di fuga.
“Sai, Lina…” Uregh mi fissò, un lieve sorriso sulle labbra,
e quell’espressione odiosa ancora affissa al suo volto. “… sapevo che non
sarebbe stato semplice. Sapevo che anche in condizione di svantaggio avresti
prestato fede alla fama che ti ha preceduta fin qui… Ma io sono un uomo che
adora le sfide.”
‘E allora vai a farti una dannata partita a dadi e lascia
stare ME!’
Ebbi appena il tempo di pensarlo. Prima che potessi cercare
di sfuggirgli, tornò ad afferrarmi con forza. Era veloce, per un uomo della sua
stazza, e notevolmente forte. Normalmente gli sarei sfuggita facilmente, con la
mia agilità, ma non in quel momento, non debole e stordita a causa della droga.
Lottai per qualche glorioso istante, con la speranza di
fargli perdere l’equilibrio, ma l’unico risultato che ottenni fu di incespicare
su una pila di cuscini, e crollarvi all’indietro, di peso, tanto che nonostante
la superficie morbida la caduta per un momento mi tolse il respiro. Uregh,
ovviamente, fu immediatamente sopra di me.
“Sono mesi che sogno questo momento…” Sibilò, annaspando nel
tentativo di bloccarmi le braccia. “Da quando ho sentito di come sei giunta nel
continente con i tuoi compagni, su una nave che viaggiava sulla terra, ho
continuato a sperare di incontrarti.” Mi afferrò i polsi, e li bloccò ai lati
della mia testa. “Ho radunato cento bardi alla mia corte, per conoscere ciò che
si narrava di te. Non esistono altre donne simili, ad Ulan Bator…”
Strinsi i denti. “Io non sono di Ulan Bator!” Scattai,
rabbiosa. “Per quel che mi riguarda nulla mi renderebbe più felice che sapere
che ciascuna delle tue cortigiane ha deciso di ribellarsi a te e di ucciderti!
Ma se anche questo non potrà mai avvenire, se anche hai il completo controllo
su di LORO, ciò non significa che puoi controllare ME! Non sono una tua dannata
proprietà, Uregh!”
Il reggente di Ulan Bator, ancora una volta, tornò a vestire
quel suo sorriso irritante. “Mi spiace deluderti, Lina… ma mi sembra che i
fatti smentiscano le tue parole.”
Si piegò cercando nuovamente di baciarmi, ed io presi a
divincolarmi più che mai, mentre il sentimento della mia impotenza veniva
prepotentemente a galla nella mia mente. Sussultai, quando una delle sue mani
abbandonò il mio braccio, e scese al mio seno sinistro. Uregh strinse con
violenza, e lacrime di dolore e di rabbia affiorarono involontarie ai miei
occhi. Non poteva essere. Non poteva accadere proprio a me. Io avevo appreso le
mie arti magiche proprio per non dovere sottostare alla violenza di nessuno.
Per avere la forza di mantenere il controllo di ogni situazione. Per essere io
a dettare le regole.
Desistendo dal raggiungere le mie labbra, il reggente prese
a baciarmi il collo. Cercai di allontanarlo con la mano libera, con tutta la
violenza risvegliata dalla paura e dalla rabbia, ma la mia forza non era
ovviamente sufficiente. Lo presi a pugni, cercai di mordere, ma mi ci volle
poco per capire che nessuna di quelle mosse era in grado di placare i bollenti
spiriti del reggente.
‘Non devo rassegnarmi. Non voglio rassegnarmi.’
Le lacrime formatesi agli angoli dei miei occhi presero a
scendere lungo le mie guance, senza che potessi fermarle. Avrei voluto che i
pensieri potessero uccidere, in quel momento. Nemmeno con Elmerish mi era
successo. Non avevo mai desiderato tanto vedere una persona morta.
Uregh tornò a sorridermi, e lo fissai con rabbia, attraverso
le lacrime.
“Pare che in fondo la famosa Lina Inverse non sia così
invincibile…” Mi apostrofò, in tono affannato, tornando a stringere il mio
seno… “Dovrò raccomandare ai bardi di raccontarlo… e anche di dire in giro che,
per quanto piccolo sia, il suo seno non è poi così male…” Si chinò a baciarmi
alla base del collo, ignorando il mio fremito di vergogna e di rabbia.
Era ironico. Non credevo che avrei mai disprezzato un
complimento sul mio seno.
Smisi di lottare, rendendomi conto che era inutile. Volevo
vomitare. Volevo perdere i sensi. Volevo che qualsiasi cosa mi portasse via da
quella realtà che stava per infrangersi su di me come una vetrata tagliente. Il
volto di Gourry continuava a danzarmi di fronte agli occhi. Il mio compagno, il
mio migliore amico. E ancora più, ancora più di questo. Mi chiesi cosa avrebbe
fatto ad Uregh, se fosse stato al mio fianco. Ma ora probabilmente era morto. E
in quel momento fui quasi felice al pensiero che non lo avrei rivisto. Perché
come avrei potuto affrontarlo, dopo quello che stava per accadermi?
“Dimmi, Lina Inverse… dopo questa sera… ammetterai di
appartenermi…?” Sibilò Uregh, al mio orecchio, fermandosi a baciare i miei lobi
arrossati…
Strinsi i denti, nuovamente catturata dalla rabbia, a quella
domanda. “Non so se ne saresti veramente felice… ci sono proprietà che
comportano un prezzo molto alto…” Pronunciai quella frase come un monito senza
scopo, ma proprio mentre le parole uscivano dalle mie labbra, presero ad
assumere un significato ben più profondo, per me, di quanto avessi voluto
infondere loro inizialmente… proprio il pensiero di Gourry, infatti, aveva
acceso un campanello nella mia mente…
Uregh rise, evidentemente dando scarso peso a quella
minaccia. “Ma non mi dire… e come potrebbe mai nuocermi il possederti, quando
non puoi difenderti con la tua magia?”
“La magia non è l’unica via per cui un uomo può perdere la
vita…” Risposi laconica, ed improvvisamente cupa…
Uregh dovette rendersi conto che l’equilibrio fra noi era in
qualche modo cambiato, perché la sua espressione fino ad allora soddisfatta
mutò, e anche le sue mani, che non avevano cessato di vagare al di sopra della
mia tunica, si bloccarono. “Che diavolo vuoi dire?”
“Chissà…” Replicai, gelida. “I tuoi fidi bardi ti hanno
precisato per caso che prima di venire così gentilmente accolta da te stavo con
un mercenario…?”
Uregh non capì, e
parve irritato dalla cosa. “E con ciò?” Sibilò, fra i denti.
La mia voce si fece minacciosa. “Niente. E’ che non si sa
mai quali malattie i mercenari possano raccogliere sulla strada…”
Uregh storse il naso. “Mi stai dicendo che sei stata a letto
con lui? Tu non sei stata a letto proprio con nessuno!” Tuttavia, sono certa
senza rendersene conto, Uregh allontanò le mani da me.
Mi strinsi nelle spalle, senza smettere di guardarlo. “Se ne
hai la certezza…”
A pensarci bene, la storia che gli avevo tanto
sfacciatamente sputato addosso avrebbe dovuto farmi sorridere. Perché non era
farina del mio sacco, ma era stata inventata da Gourry. Anni prima, quando Rezo
aveva messo una taglia sulle nostre teste, e delle guardie ci avevano
catturati, due di esse avevano cercato di mettermi le mani addosso. E Gourry,
impossibilitato a combattere, non aveva trovato niente di meglio che inventarsi
che avessi qualche strana malattia, per evitare che portassero a termine i loro
intenti… Quanto mi ero arrabbiata con lui, quella volta, invece di mostrargli
gratitudine per avermi salvata… ed ora forse la sua strana prontezza di spirito
mi avrebbe tolta di nuovo dai guai… (questo è successo davvero, nel terzo
romanzo, ‘Il fantasma di Sailarg’…=P NdA)
Uregh mi fissò, rabbioso per quanto solo poco prima era
stato soddisfatto e cordiale. “Stai mentendo.” Dichiarò, con meno risolutezza
di quanta sarebbe riuscita a farmi disperare.
“Forse.” Replicai. “O forse no. Quanto sei disposto a
rischiare, per scoprirlo?”
La rabbia lo catturò, tanto velocemente quanto la
consapevolezza che, almeno per il momento, lo avevo battuto. Mi resi conto che
avevo compreso bene la psicologia del reggente di Ulan Bator… semplice,
appunto, come mi ero aspettata. Se ci fosse stato Elmerish al suo posto
probabilmente avrebbe capito, avrebbe rischiato. Ma la paura di Uregh della
morte era tale che anche se aveva la pressoché certezza che stessi mentendo, la
sua rabbia nei miei confronti non era sufficiente a fargli correre quel
pericolo. Il che significava, uno a zero per me.
Il reggente mi strinse nuovamente il seno con la mano, senza
passione, stavolta, solamente al fine di procurarmi dolore. “Ti farò visitare.”
Ringhiò. “Ti farò visitare dai migliori medici di Ulan Bator. Se dici la verità
avrai ben altro di cui preoccuparti che la tua malattia. E se stai mentendo ti
pentirai di non aver accettato le mie attenzioni stasera, quando ancora sarebbero
state dispensate con gentilezza…”
Si alzò di scatto e si allontanò da me, come se
all’improvviso lo disgustassi. Rimasi immobile dove mi trovavo mentre usciva
dalla stanza, accogliendo il sollievo che mi invadeva, grata, e cercando di non
pensare alle minacce del reggente, e al disgusto generato ancora
dall’impressione e dal ricordo del suo corpo sul mio. Lo udii dare disposizioni
su di me alle guardie, fuori dalla porta, e rimasi ad attendere, paziente, che
entrassero e mi portassero dove dovevano. Chiusi gli occhi, e mi imposi per un
momento di non pensare, di riconquistare la calma necessaria per permettere
alla mia mente di affrontare ciò che sarebbe seguito.
‘Visto, Gourry? Salvata in estremo, grazie alla mia
prontezza, e ad una tua idea… per questo dico sempre che siamo una squadra
imbattibile…’
Quando le guardie entrarono, mi imposi di non lasciar
scendere lungo le mie guance nemmeno una lacrima…
***
Il mare era piatto di fronte a lui, e il cielo totalmente
privo di nuvole. La terra, spesso non visibile nel clima nebbioso del Mare dei
Demoni, ora si stagliava chiaramente in lontananza.
Erano già tre settimane che scendevano lungo la costa,
tenendosi a distanza di sicurezza dalle rotte comunemente battute dalle navi
commerciali, ma recuperando a tratti la visuale delle scogliere e delle masse
sabbiose che si contrapponevano all’incessante infrangersi delle onde. Era un
viaggio pericoloso, quello, con una guerra in corso. Le battaglie non avevano
coinvolto il mare, ma il rischio di un attacco, per una nave che fosse
avvistabile dalle coste, era sempre presente, e Gourry aveva dovuto accettare
di cedere tutto il denaro che Philionel gli aveva lasciato, pur di convincere
un capitano a deviare tanto a sud… Non gli importava realmente, però. Non aveva
bisogno d’altro che di quella nave e del suo cavallo per giungere ad Ulan
Bator, ed il denaro non avrebbe avuto grande peso, una volta che avesse
incontrato Lina. Allora tutto sarebbe stato a posto. In ogni caso.
Gourry aveva la testa stranamente leggera, da quando era
partito da quel castello fra i ghiacci. Non nel senso che fosse sollevato. Era
più quella strana sensazione di straniamento che si prova quando si è ubriachi.
Era cosciente di ciò che faceva, e di quale fosse il suo obiettivo, ma aveva
l’impressioneche le sue azioni fossero
sempre sul punto di sfuggire alla sua mente…
‘Voglio vedere Lina…’
Gourry affondò la testa fra le braccia, appoggiandosi al
parapetto della nave. Si sentiva così confuso… sperava che Lina avrebbe potuto
vedere quella maledetta spada, e chiarirgli che cosa gli stava succedendo… o
che il solo incontrarla servisse a liberarlo dalla specie di cappa opprimente
che gli catturava il cervello…
“E allora, bel mercenario… come vedi ti abbiamo portato dove
tanto disperatamente desideravi arrivare…” Il corpo di Gourry si irrigidì, non
appena avvertì la figura avvicinarsi a lui. Era da un po’ che gli succedeva. La
presenza di estranei lo metteva immediatamente in agitazione.
Lo spadaccino si volse a fronteggiare la donna che lo stava
avvicinando. “Laggiù c’è Ulan Bator?” Si limitò a domandare, occhieggiando la
costa…
La donna ammiccò, rivolgendogli un ampio sorriso. “Manca
poco…” Si appoggiò al parapetto, al suo fianco. “Sei impaziente, mercenario…
Anche se continuo a chiedermi cosa mai di tanto urgente tu abbia da fare in
quella città… per noi mercanti è una specie di paradiso, dato che tutti i
traffici che attraversano il deserto passano di lì, ma non vorrei avere a che
fare con la gente che ci abita per nulla al mondo… non hai idea delle
difficoltà che devo affrontare tutte le volte che ci faccio scalo, solo perché
sono una donna che pretende di commerciare senza avere un uomo a fianco…”
“Mmm…” Si limitò a commentare Gourry, senza impegnarsi ad
intavolare una conversazione… In quel momento l’ultima cosa di cui aveva voglia
era raccontare le ragioni del proprio viaggio, anche se era grato a Danielle
per aver intrapreso quella rotta dopo che in tanti si erano rifiutati… un vero
mercante fiuta gli affari anche là dove nessuno potrebbe immaginare di
trovarli, così gli aveva risposto la donna, quando ormai privo di speranze le
aveva chiesto la sua collaborazione al viaggio… Ulan Bator sarebbe stata libera
da antipatici concorrenti a causa delle battaglie, e dunque era proprio quello
il momento giusto per recarvisi… e, certo, la borsa d’oro che le aveva ‘donato’
come incentivo non aveva fatto che aumentare la sua motivazione…
“Dunque il capitano si è definitivamente convinto ad
attraccare direttamente in un porto del regno…” Lanciò un’occhiata di sottecchi
alla donna, che lo stava ancora fissando, giocherellando con una ciocca dei
suoi capelli biondo scuro…
La donna sorrise, ancora una volta, sporgendosi
ulteriormente sul parapetto, e scivolando verso di lui… “So essere persuasiva,
mercenario… ed il capitano, per quanto sia un dannato maschilista, negli anni
ha imparato che se non vuole perdere buone occasioni deve dare retta a quello
che gli dico…”
Gourry tornò a volgersi al mare. “Bé… meglio così…”
Lo sguardo di Danielle non si allontanò dal suo viso. “Non
sei particolarmente abile nel nascondere che c’è qualcosa che ti preoccupa,
mercenario…”
Gourry batté le palpebre. Quella stessa frase gli era già
stata rivolta svariati anni prima, prima ancora che conoscesse Lina, in un incontro
che difficilmente avrebbe potuto dimenticare… anche perché era stato parte dei
motivi che lo avevano poi portato a viaggiare a fianco della maga…
A dispetto di se stesso, Gourry si ritrovò a sorridere, a
quel ricordo. “Una volta… una persona mi ha detto che, per quanto la propria
mente sia tormentata, non è consigliabile mostrarlo davanti alla donna che si
ama…”
(anche questo è canon…XD Sto citando uno spin off
incentrato su Gourry, intitolato “Ciò che vede oltre la punta della sua spada”e
l’incontro era con il padre di Lina, anche se Gourry non ne conosce
l’identità…; P)
La donna che gli stava a fianco scoppiò a ridere. “E questo
cosa sarebbe, un modo carino per dirmi che non sono il tuo tipo, mercenario?”
Gourry sobbalzò, e arrossì. “N- no! Non volevo dire questo!
Cioè, non desideravo offenderti, io…”
La risata di Danielle si fece più sonora. “Oh, mercenario,
sono stata offesa in modi ben peggiori che venendo rifiutata da un uomo!” I
suoi occhi si strinsero in un sorriso malizioso… “Lo sai, sei un tipo strano,
tu… non ho incontrato molti mercenari come te, nei miei viaggi…”
Gourry sorrise, fissando il mare. “In fondo è questo il
bello del viaggiare per il mondo… Negli ultimi quattro anni sulla strada, ho
incontrato gente di ogni tipo…” La sua mente ripercorse la varietà delle
esperienze che aveva vissuto da quando viaggiava con Lina… “… ed una di queste
persone è più stramba di tutte le altre…” Aggiunse in un bisbiglio,
ridacchiando fra sé…
“Mmm…” Danielle inarcò un sopracciglio… “E allora… come si
chiama…?”
Gourry si volse verso di lei, senza capire… “Chi?”
La donna si protese verso di lui. “Che domande… il ‘motivo’
che ti spinge ad Ulan Bator…scommetto che è un ‘motivo’ dai grandi occhi e
dalle lunghe ciglia…”
Gourry si grattò la guancia, e distolse lo sguardo. “Da cosa
lo hai capito…?”
“Oh, hai tutta l’aria del sedotto ed abbandonato…” Lo
scrutò, con fare ironico. “O sbaglio? Che c’è sei stato stregato da una bella
mora di Ulan Bator, che stai inseguendo lungo il continente…?”
Sulle labbra di Gourry si disegnò un sorriso amaro… non si
immaginava molto in quel ruolo… ma in un certo senso lo avrebbe preferito…
perché sarebbe stato ansioso, impaziente, certo… ma la preoccupazione non lo
avrebbe attanagliato di continuo a quel modo…
“Non ho… voglia di parlarne.” Rispose, semplicemente.
“Dai retta a me, faresti meglio a non prendertela troppo per
una ragazza che si fa inseguire a questo modo… un tipo come te può averne, di
donne…” Gli si avvicinò, facendo scivolare il braccio attorno al suo. “Se vuoi
posso provare io a fartela dimenticare… anche se hai già chiarito che ‘non sono
il tuo tipo’…” Gli sussurrò, all’orecchio.
Gourry ebbe un fremito involontario. Era una bella donna,
Danielle… doveva avere più o meno la sua età, e di certo pochi uomini avrebbero
dichiarato di non essere attratti dai suoi capelli color fieno, dai suoi
profondi occhi nocciola, e dalle forme tornite che la sua semplice blusa
bianca, aprendosi sul suo collo lentigginoso, fin troppo chiaramente rivelava…
Gli tornarono in mente gli anni che aveva vissuto come mercenario, le donne che
aveva conosciuto allora, altrettanto attraenti, altrettanto intraprendenti.
Gourry si riteneva tutt’altro che un uomo di mondo… la maggior parte dei suoi
commilitoni sapeva corteggiare, sapeva toccare le giuste corde per attrarre le
donne certo non sprovvedute che si accodavano al loro esercito… Gourry, invece,
ricordava le sue prime esperienze come abbastanza disastrose… ‘Utili occhioni
azzurri, ma poca tattica…’, così usavano prenderlo in giro i suoi compagni… e
il ruolo del mercenario ‘bello e dannato’ non era mai stato particolarmente
adatto a lui… anche se, certo, col tempo aveva appreso come girava il mondo…
‘Basti pensare a cosa credevo di ottenere salvando Lina…’
Gourry sorrise. Era in Danielle che aveva sperato quando
aveva deciso di aiutare quella giovane accerchiata dai banditi. O quanto meno,
in una ragazza con il suo aspetto, e la sua stessa disposizione nei suoi
confronti… e invece, gli era capitata una ragazzina dal seno piatto, il cui
aspetto certo non sarebbe servito a togliere il fiato ad un uomo.
‘E me la sono proprio meritata… così imparo a salvare la
gente con i doppi fini…’
Il suo sorriso si allargò. Ci era voluto poco perché
cominciasse ad apprezzare quella ragazzina e la sua compagnia, sotto numerosi
punti di vista… E nonostante questo, chi si sarebbe aspettato, allora, quello
che Lina sarebbe diventata per lui…
Allontanò Danielle, con gentilezza. “Mi spiace, Danielle…
tu… sei davvero una bella donna, e non potresti non piacermi, ma… la situazione
è più complessa di quello che appare…”
Danielle si allontanò, con un sospiro. “Il che è un altro
modo carino per dire che non mi vuoi…” Si strinse nelle spalle. “Del resto me
lo diceva, mia madre, ‘I più carini sono anche i più bastardi’…”
Gourry sorrise. “Bé, non credo che piangerai per me molto a
lungo… ho il sospetto che tu abbia una bella coda di corteggiatori ad
aspettarti nelle città in cui sbarchi…”
“Ah, ah, non cercare di adularmi ora, perché ormai la tua
occasione l’hai persa, mercenario…” Gli diede le spalle, e si allontanò verso
la cabina del capitano, rivolgendogli un breve cenno con la mano… “Sbarcheremo
domani, quindi stasera vedi di radunare le tue cose…” Si volse e gli scoccò una
lunga occhiata. “E pensare che avresti potuto essere impegnato in ben altre
attività…”
Gourry sospirò, e scosse la testa. ‘Questa sarà meglio che
non la racconti a Lina, quando ci rivedremo…’ Tornò a volgersi verso la costa,
la mente in quel momento resa stranamente lucida dalla forza del suo ricordo
della maga. La spiaggia ora gli pareva ancora più vicina… ‘Presto. Ci vedremo
presto.’ Strinse con forza il parapetto della nave.‘Pazienta solo un po’, solo un altro po’, Lina… sto arrivando…’
Attraccarono il giorno successivo, nel primo pomeriggio, ma
era ormai il tramonto quando fu permesso loro di sbarcare dalla nave. Le
normali procedure di controllo al porto si erano dilatate a causa delle
battaglie in corso, ed in generale l’atmosfera fra gli ufficiali era piuttosto
tesa. Si parlava di un prossimo coinvolgimento del regno nella guerra…
“Pare che per Sailune le cose si mettano male…” Mormorò fra
sé Danielle, mentre aspettava sul molo a fianco di Gourry, occhieggiando i suoi
uomini che scaricavano le merci ed i cavalli. “La flotta di Ulan Bator è
potente, e i suoi soldati sono abituati a combattere in condizioni durissime…
per Oberon, Uregh sarà un alleato potente…”
“Tu sei del sud, vero, Danielle…?” Chiese Gourry, osservando
le navi da guerra che a lieve distanza vegliavano sul porto, minacciose…
“Voglio dire, sei nata a sud della barriera…”
Danielle inclinò la testa. “Sì…” Gli rivolse un’occhiata
profonda. “Non sono di queste parti, però. Vengo da un’isola spostata più ad
ovest di qui. Che vive più che altro di commercio. Ci sono molte carovaniere
che attraversano queste regioni, ma noi ci limitiamo per lo più a scambiare
prodotti lungo le coste… la popolazione qui è piuttosto chiusa, ma nelle città
portuali sono per lo meno abituati a trattare con gli stranieri…” Incrociò le
braccia dietro la testa. “La caduta della barriera va tutta a nostro vantaggio,
però. Ora abbiamo a disposizione chilometri e chilometri di costa in più che
prima non potevamo battere…”
“Mmm…” Commentò Gourry, con aria perplessa.
Danielle levò un sopracciglio. “Perché me lo hai chiesto?”
Gourry si strinse nelle spalle… “Solo per curiosità… è che…
non so molto di questo Oberon che sta attaccando Sailune, e mi chiedevo se tu
conoscessi qualche informazione in più…”
Danielle lo squadrò, sospettosa. “Non è che dietro quell’aria
innocente si nasconde una spia di Sailune, vero? Non ho alcuna intenzione di
passare guai perché ti ho trasportato fin qui…”
Gourry sorrise. “Non credo sarei molto in gamba come spia.
Né sono di Sailune. Però… ti confesso che Oberon nel corso di questa guerra ha
compiuto effettivamente azioni che mi coinvolgono personalmente…”
Danielle sospirò. “Bello, schizzinoso in fatto di donne, e
pure implicato in politica. Tutti a me devono capitare, gli uomini
problematici.”
Gourry batté le palpebre, perplesso. “Implicato in
politica?”
Danielle ridacchiò. “Di Oberon so solo che è un uomo
potente, e che è stato in grado di farsi molti alleati illustri…” Rispose,
infine… “E’ stato il primo uomo, qui al sud, in grado di garantirsi la fedeltà
dei popoli nomadi delle steppe… quella è gente che normalmente con le faccende
politiche vuole avere poco a che fare…” Fissò il mare, accigliata, come se
stesse radunando i propri ricordi. “E la sua stirpe si dice essere millenaria,
pare che dominasse le sue terre già da prima che la barriera venisse eretta…”
Gli lanciò un’occhiata. “E ti assicuro che non è un compito semplice, per come
sono poveri ed impervi quei territori… si dice che un tempo vi scorresse un
grande fiume, ma che il terreno lo abbia assorbito, rendendo molto difficile la
coltivazione dei terreni… è un regno ampio, ma i territori vicini sono occupati
da signori potenti che stringono il regno in una morsa, e conquiste e
migrazioni non sono certo semplici… e così, con prodotti del suolo così scarsi,
la sua popolazione è stata per secoli ridotta alla fame… E’ stato proprio
Oberon a risollevare il regno… ha promosso l’artigianato e la tecnologia, ha
puntato sui prodotti di lusso di cui tanti aristocratici dei regni qui attorno
sono ghiotti, scambiandoli con beni di prima necessità utili alla sopravvivenza
del suo popolo… ed è riuscito a creare una rete di alleanze tale da garantirsi
rapporti commerciali privilegiati con praticamente tutti i paesi confinanti.”
Danielle sorrise, e Gourry si rese conto che la donna parlava con ammirazione,
e forse con una punta di invidia. “Una tattica perfetta. Oberon è salito al
potere quando era ancora molto giovane, ma in questi vent’anni di governo ha
portato il suo regno ad una maggiore prosperità. Grazie alla fedeltà di
Elmerish dei Turid e della sua cavalleria ha incrementato notevolmente la
potenza del suo esercito… non mi stupisce che abbia preso di mira un regno come
Sailune… sono territori caldi ma fertili, grazie alla ricchezza di acque e
vegetazione. L’ideale per promuovere una migrazione del suo popolo, e
garantirsi anche l’autosufficienza alimentare. Senza contare che, con Sailune
come base, la sua rete di commerci ed alleanze potrà allargarsi anche al nord
della barriera…”
Gourry fissò Danielle, in silenzio. Non era certo di avere
compreso tutti i passaggi del discorso, ma il succo era, gli pareva, che Oberon
aveva una forte motivazione per portare avanti le sue conquiste… quella dettata
dalla necessità. Ed un uomo motivato è sempre un uomo pericoloso… Lo stomaco di
Gourry si strinse. Aveva un bruttissimo presentimento, riguardo a tutta quella
faccenda. Non sapeva perché, ma aveva l’impressione che ci fosse qualcosa di
più sotto, qualcosa che la superficie di quella guerra nascondeva… Portò la
mano all’elsa della sua spada, avvertendo, ma ormai quasi non registrando, la
fitta di dolore che come di consueto accompagnava quel gesto. Aveva il vago
sentore che tutto, quella spada, quella guerra, Lina portata via da lui, tutto
implicasse un suo intervento, una sua partecipazione a qualcosa che
ancora non era in grado di definire… forse era il senso di confusione che
provava da quando portava quella spada ad impedirgli di capire… ma la sua mente
lottava fra questo vago senso della necessità di un suo intervento, e la
volontà di trovare Lina, e andare via, da lì, da Sailune, il più lontano
possibile da tutto ciò che stava succedendo, per proteggerla, per evitare che
qualunque superiore meccanismo fosse in atto in quel momento potesse nuovamente
coinvolgerla… ‘… e portarla ancora via da me…’
Le sue labbra si strinsero. ‘Non capisco.’ Fissò la nave, e
gli uomini che come formiche lavoravano incessantemente per portare a termine
il loro compito. ‘Non capisco cosa stia succedendo, Lina.’
“Gourry?” Batté le palpebre, scuotendosi dai suoi pensieri
sotto lo sguardo perplesso di Danielle. “Tutto bene?”
Gourry la fissò per qualche istante, la bocca aperta ed
un’espressione che doveva apparire estremamente stupida sul viso. “Oh… io..
s-sì, tutto bene…” Tornò a volgersi verso il mare, grattandosi lievemente la
guancia col dito… “Mi ero solo distratto un momento…”
Danielle inarcò un sopracciglio. “Direi.” Lo fissò,
scettica. “Avevi l’aria di chi è a mille miglia di distanza. Guarda che, se non
la ascolti quando parla, è ovvio che poi la tua bella se ne scappi lontano…”
Gourry sorrise. “Non preoccuparti… la mia ‘bella’ ha metodi
efficaci, per fare sì che io la ascolti…” Si figurò per un momento una delle
sfuriate di Lina, tanto caratteristiche di quando Gourry decideva che il
discorso sulla magia che la sua compagna stava facendo non lo interessava poi
così tanto. Il suo sorriso si allargò.
Danielle
sbuffò. “Oh, oh, ancora quel sorriso ebete… Comincio ad essere felice
che tu non abbia ceduto al mio fascino, mercenario, in fondo sei una vera
pizza… non te l’ha detto nessuno che la monogamia è fuori moda?”
Gourry batté le palpebre, senza capire. “Eh?”
Danielle si limitò a sorridere. “Stanno sbarcando il tuo
cavallo. Meglio che tu vada a tranquillizzare quella povera bestia, o non ti
porterà proprio da nessuna parte.” Lo superò, e prese a dirigersi verso la sua
nave. “Io me ne vado a controllare le mie merci.” Si volse brevemente verso di
lui. “Tra una settimana esatta, all’alba, salperò da questo porto. Non ho
intenzione di trattenermi più a lungo, perché queste rotte si faranno
pericolose, quando quelle salperanno…” Indicò brevemente le navi da guerra che
incombevano su di loro. “Ma ho tutta l’intenzione di recarmi al nord, per
smerciare un po’ dei pregiati prodotti di Ulan Bator… e credo che in fondo non
me ne accorgerò, se un paio di clandestini cercheranno di introdursi sulla mia
nave…”
Sulle prime Gourry non capì cosa intendesse… ma l’occhiata
significativa che la donna gli rivolse chiarì immediatamente le sue parole.
Sulle labbra di Gourry si aprì un sorriso. “Grazie, Danielle, sei gentile…”
Danielle si accigliò. “Non farmi gli occhi dolci,
mercenario, perché non attaccano più… e non ringraziarmi prima del tempo,
perché il viaggio di ritorno dovrete guadagnarvelo nelle cucine della nave…” Lo
fissò, seria. “Ricorda, una settimana, non un giorno di più. Se allora non
sarai tornato dalla capitale, salperò senza di te.”
Danielle lo bloccò, nuovamente, proprio mentre stava per
scattare verso il suo cavallo.
“Ehi, mercenario!”
Gourry si volse verso di lei. “Cosa?”
“La tua ‘bella’… non mi hai ancora detto come si chiama…”
Gourry sorrise. “Lina! Si chiama Lina!”
“Lina, hai detto…?” Danielle lo fissò perplessa, per un
momento, quindi un lampo di comprensione parve accendersi nel suo sguardo…
“Gourry… e Lina…”
Gourry ricambiò con un’espressione perplessa… “Che c’è…? La
conosci…?”
Danielle sorrise. “Credo di averne sentito parlare…” Si
strinse nelle spalle, ed inarcò un sopracciglio. “Bé, Gourry… Buon viaggio a te!” Sorrise.
“E di’ alla tua Lina da parte mia che è una ragazza fortunata…” Aggiunse, dopo
qualche istante, in un sussurro.
Gourry non fu certo di avere udito bene, ma Danielle si
allontanò prima che potesse chiederle di ripetere. Si strinse nelle spalle.
Qualunque cosa fosse, in fondo, gliela avrebbe potuta ripetere fra una
settimana.
Raggiunse il suo cavallo, e lo preparò in tutta fretta al
viaggio. Provava ancora quella strana sensazione, ma decise di non pensarci. In
quel momento aveva una certezza, e decise di aggrapparvisi con tutte le sue
forze. Entro una settimana, sarebbe tornato in quel luogo. Insieme a Lina.
Questo capitolo termina con il classico finale di capitolo
che io leggendo avrei odiato, quindi… non odiatemi.XD Cercherò di aggiornare
presto. (anche se purtroppo gli esami incombono di nuovo…) Come sempre,
commenti e critiche sono graditi! ^^
D’accordo. Ero irritata..
Sapevo che in quelle circostanze avrei dovuto essere
disperata, spaventata… e vi assicuro, nulla di tutto questo mancava al
campionario di sensazioni che quella meravigliosa avventura era riuscita
ad offrirmi… ma in quel momento l’irritazione pareva prevalere su tutte.
Volete sapere da quanto tempo ero rinchiusa in quella cella?
Una settimana.
E potete immaginare quanto tempo era necessario ad Uregh per
trovare un dottore che potesse visitarmi? Bé, IO lo immaginavo, e l’idea che il
disgustoso e perverso verme che mi ero trovata di fronte al mio arrivo ad Ulan
Bator si divertisse a tenermi rinchiusa per alimentare la mia paura e la mia
frustrazione era sufficiente perché ogni altro sentimento giorno dopo giorno
venisse offuscato dalla rabbia…
Oh, non che desiderassi che Uregh scoprisse tanto presto
della mia bugia, è chiaro. Se dovevo essere sincera, non avevo la più pallida
idea di cosa avrei fatto, poi. Ma, se avevo capito un minimo la psicologia di
Uregh, sapevo cosa stava tentando di farmi. Ero finita nei sotterranei del suo
palazzo. Trascorrevo le mie intere giornate in una indistinta penombra, in cui
l’unico segnale dello scorrere del tempo erano gli intervalli regolari a cui le
guardie mi portavano la brodaglia grassa che usavano definire ‘pasto’… Ero
rinchiusa in una cella singola, ma ero attorniata dal putridume, dai ratti, e
da delinquenti di ogni genere. Gente da cui normalmente sapevo come difendermi,
certo, ma quanto era accaduto negli ultimi mesi aveva ridimensionato notevolmente
la mia fiducia nelle mie capacità di togliermi dai guai… ora ero sul chi vive
persino quando mi ritiravo dietro al paravento che mi offriva un minimo di
privacy per espletare le mie funzioni corporali. E, ovviamente, la prospettiva
di un bagno non era che un labile miraggio. Uregh probabilmente sperava che
quell’esperienza mi portasse al cedimento totale. Sperava che quando si sarebbe
presentato di fronte a me mi sarei prostrata ai suoi piedi confessando la mia
menzogna e pregandolo di farmi ritornare al lusso che con la mia trovata di
qualche sera prima credevo di avere irrimediabilmente perduto. Oh, e non avevo
dubbi che, contro OGNI aspettativa, Uregh me lo avrebbe concesso… quale
magnifica impennata del suo ego avrei permesso, umiliandomi di fronte a lui… Ma
aveva sbagliato strategia. Non facevo che ripetermelo. Perché per quanto il
senso di impotenza e la mente inattiva fomentavano in me la paura e la
rassegnazione, altrettanto la rabbia alimentava la mia lucidità. Dopo la
disperazione iniziale, mi ero risvegliata ad uno stato di riflessione quasi
febbrile. Uregh era meno furbo di Elmerish. Aveva altrettante risorse, forse,
ma era meno furbo. Invece, a me il cervello era tutto ciò che rimaneva. E
dovevo sfruttarlo, perché avevo intenzione di uscire di lì.
La mia mente era lucida.
Lucida.
Non stavo impazzendo.
Quella sera (era davvero sera? Il mio stomaco mi suggeriva
che un pasto era in arrivo, ma sinceramente avevo perso totalmente il conto
delle ore…), stavo strofinandomi vigorosamente i capelli con la poca acqua che
le guardie mi concedevano di tenere nel catino dietro il paravento. Detestavo
essere sporca. Anche quando trascorrevo notti all’addiaccio insieme a Gourry,
il mio compagno ed io cercavamo sempre di fermarci vicino a qualche corso
d’acqua, non solo per rifornirci di acqua da bere, ma anche per poter curare
almeno le basi della nostra igiene personale. Essere sporca mi dava
l’impressione di non avere il pieno controllo di me stessa. E se non
controllavo nemmeno me stessa, come potevo essere padrona della situazione in
cui mi trovavo?
‘Se Uregh davvero riuscirà a mettermi le mani addosso, spero
che si ritrovi come minimo assediato da una colonia di pulci…’
Strinsi i denti, strofinando più forte. Avevo l’impressione
che la sabbia mi penetrasse nei vestiti, da quando mi trovavo ad Ulan Bator. La
stessa sensazione che provavo durante le notti nel deserto. Strisciante,
subdola… non sapevo come facesse a penetrare nella cella, in quei sotterranei,
ma la sentivo… mi corrodeva la pelle ad ogni movimento nel mio giaciglio,
dietro il paravento, in ogni metro di quello spazio angusto. Smisi di
strofinare, e mi resi conto che mi tremavano le mani. Avevo voglia di vomitare,
anche se non c’era nulla nello stomaco che potessi rigettare.
“E’ l’ora della cena!!!”Gridò una guardia, passando attraverso il corridoio fra le celle.
“Venite a prendervela, bastardi, o resterete digiuni!!!”
Uscii da dietro il paravento, e mi avvicinai alla grata che
mi separava dalla guardia responsabile delle prigioni, un po’ barcollante.
Occhieggiai il carrello con la zuppa. Sempre la stessa, ogni giorno. Al solo
vederla, insorgeva in me un senso di nausea.
La guardia mi rivolse un sorriso insolente. “Vuoi zuppa,
donna?” Mi sbatté un piatto sotto il naso, con malagrazia. “Non è proprio il
cibo raffinato che una cortigiana si aspetterebbe, eh?”
Non ero molto amata, fra le guardie. Uregh pareva il solo a
nutrire una insana passione nei miei confronti. Agli occhi degli altri uomini
di Ulan Bator, non ero che una mocciosa dal carattere e dall’aspetto quanto mai
discutibili, probabilmente buona solo per fungere da sguattera nelle cucine.
Non ero certa di quale atteggiamento detestassi di più.
Per una volta, non risposi alla provocazione. “Si può sapere
quand’è che il vostro signore ha intenzione di decidere cosa fare di me…?”
Chiesi, fra i denti.
La guardia mi fissò con disprezzo. “Non osare rivolgerti con
quel tono ad una guardia di Ulan Bator, donna. E non darti più importanza di
quanta tu non ne abbia. Il mio signore Uregh ha ben altro a cui pensare che a
come trattare una stupida femmina ed i suoi istinti di ribellione. Deve
predisporre un esercito. A te potrà pensare una volta che le truppe saranno
partite. Mi auguro con maggiore lucidità di quanto abbia fatto finora…” Sibilò…
“Già, perché ovviamente il signor codardia si guarderà bene
dal partire lui stesso per Sailune… chissà perché la cosa non mi stupisce…”
Commentai, a voce sufficientemente alta perché la guardia mi udisse…
L’uomo si volse verso di me, livido di rabbia. “Come OSI
offendere il mio signore???” Afferrò le sbarre, e mi fissò dritto negli occhi.
“Il tuo signore mi ha dato forse modo di farmi un’opinione
diversa su di lui?” Replicai, fra i denti. “E portati via quella zuppa.”
Occhieggiai il piatto che stringeva fra le mani, con un fremito di disgusto.
“Non posso più mangiare quella roba.”
Il volto del soldato si fece pallido di rabbia. “Stammi a
sentire, donna…” La sua voce si era abbassata ad un cupo sibilo… “Ne ho
abbastanza di te… Vedi di stare zitta, e mangiare la tua cena senza crearmi
problemi. Perché in caso contrario non mi farei tante remore a farti succedere
qualcosa di MOLTO sgradevole… sono stato sufficientemente chiaro…?”
Il suo interesse per la mia alimentazione, ci avrei
scommesso, dipendeva UNICAMENTE dalla sua sollecitudine nei miei confronti…
nulla c’entrava il fatto che si ostinavano a sciogliermi la droga nel cibo
credendo che non me ne accorgessi…
Mi sporsi verso di lui. “Avrei paura di te se non fossi
codardo esattamente quanto il tuo signore…” Sibilai, in risposta. “Ma so
perfettamente che non farai proprio nulla che possa nuocermi senza che te
l’abbiano ordinato, sapendo che il risultato sarebbe finire in questa cella al
mio posto…”
Ero un’incosciente, forse, ma davvero non avevo timore di
lui. Era quella droga che aveva iniziato a spaventarmi, invece, più di
qualsiasi soldato al servizio di Uregh sarebbe mai stato in grado di fare.
Erano più di due mesi, ormai, che ci ero costretta, e non era più soltanto
questione di non poter utilizzare la magia. Ricordavo cosa aveva detto
Elmerish, quando me la aveva mostrata la prima volta. Portava la pazzia, e poi
la morte. Ed io temevo di perdere me stessa, in entrambi i sensi. Anche se per
motivi diversi, quella da sempre era la mia paura più grande…
“Ma non mi dire…” La guardia mi fissò, e sulle sue labbra
comparve un sorriso. “E se io raccontassi che ti sei ribellata e che mi hai
costretto a fermarti con la forza, donna?” La sua voce divenne nuovamente un
sibilo. “Non è necessario che ti uccida. Ma potrei farti molto male…”
Ero stanca. Ero dannatamente stanca di quel trattamento
impari, di quel sorriso di superiorità, di quelle provocazioni. Da quando ero
finita nelle mani di Elmerish, quello era l’unico atteggiamento che avevo
ricevuto dalle persone che mi circondavano. Ora basta. Basta!
“Ti ha mai detto nessuno che sei mediocre e scontato quanto
le tue minacce, grand’uomo?” Replicai, fra i denti.
Il volto del soldato si fece scuro, come se quelle parole
avessero mutato all’improvviso la sua disposizione nei miei confronti. Si
allontanò dalle sbarre, e mi fissò con cupa serietà. “Te la sei voluta, donna.”
Si volse verso la porta di accesso al corridoio delle celle,
e portò una mano alla bocca. “Rijah!” Chiamò, a gran voce. “Rijah, aham icchasi!”
Quella che poteva essere una giovane recluta si avvicinò di
corsa al soldato più anziano, e gli rivolse un veloce inchino. I due parlarono
brevemente fra loro in una lingua che non comprendevo, e notai che il giovane
mi rivolgeva veloci occhiate, mentre annuiva al suo superiore. Al termine della
conversazione, rivolse all’altra guardia un ulteriore inchino, e tornò di corsa
sui suoi passi, lungo il corridoio.
Strinsi i denti. “Che diavolo gli hai detto?”
Il soldato mi rivolse un sorriso. “Di andare a chiamare il
Maestro dei sacerdoti di corte, un mio buon amico. E di farlo scendere quaggiù
personalmente, mentre lui sorveglia i suoi appartamenti. Dal momento che hai
rovesciato la tua cena, ho bisogno che mi porti un altro flacone di droga…”
Ebbi un sussulto. La guardia lasciò cadere all’improvviso il piatto che ancora
aveva in mano, proprio accanto al pavimento della mia cella. Fissai il piatto,
e poi lui, stupita, e non del tutto certa di capire… “Sai, il mio signore si è
raccomandato che nessuno oltre a me e lui possa mettere mano a quella sostanza,
dato che i Turid sono gelosi delle loro pozioni, ed il generale Elmerish ce ne
ha lasciato una quantità appena sufficiente per il periodo in cui sarà lontano
da Ulan Bator… un altro segno dell’atteggiamento prudente che tu tanto
disprezzi in lui, ma che gli ha permesso di arrivare dove si trova… e che ora
ha anche il vantaggio di lasciarci un po’ di tempo da soli…” Lo fissai,
inorridita, quando iniziò a sfilarsi la cinghia dei pantaloni…
Infilò la chiave nella toppa della cella, e la porta si aprì
con uno scatto. Il soldato avanzò, mentre io indietreggiavo fissandolo in preda
all’agitazione, e pensando febbrilmente ad un modo per sfuggirgli…
“Fa male, la cinghia, sai?” La strattonò fra le mani, come a
saggiarne la consistenza. “Ma certo non ti ferirà a morte… e sono sicuro che il
sacerdote capirà il mio gesto… nemmeno lui è così propenso a lasciare impunite
le donne indisciplinate…”
Strinsi i denti. “E scommetto che sarà propenso invece a
mascherare le mie ferite in modo che i tuoi superiori non si accorgano di
nulla…”
La guardia sorrise, nuovamente. “Sei perspicace. Una pessima
qualità, in una donna.”
‘Complimenti, grand’uomo. Hai vinto il superpremio per la
battuta più scontata.’
Si fece avanti, cercando di afferrarmi per un braccio, ma io
indietreggiai, di scatto, interponendo fra me e lui il lurido giaciglio di
paglia, che insieme al catino d’acqua e alla latrina formava l’unico
arredamento della cella. Sapevo benissimo che non sarei andata lontano, comunque.
In quei tre metri quadrati, non avevo grandi spazi per rifugiarmi…
“Non ho molto tempo, donna.” Intimò lui. “Meno me ne fai
perdere, più io sarò generoso con te…”
‘Certo, come no…’ Lottai per impedirmi levare gli occhi al
cielo. Mi sentivo stupida, a scappare. Era ovvio che non avevo scampo, e con
gli altri detenuti che a turno incitavano me o la guardia, quella scena
cominciava ad assomigliare troppo ad un incontro di scommesse clandestine, per
quel che mi riguardava… Nonostante questo, continuai ad indietreggiare, fino a
che la mia schiena non si trovò a premere contro il muro. Che dovevo fare,
farmi frustare, e davanti a tutte quelle persone, senza opporre nemmeno un
minimo di resistenza?
Quando fui schiacciata fra lui e la parete, tutto ciò che mi
rimase da fare fu fissarlo, cercando di mascherare nel mio sguardo la paura
generata dal presentimento del dolore.
“Non ti piace, eh?” Mi afferrò un braccio, e lo torse,
dolorosamente, in modo che mi trovassi premuta faccia al muro, e che gli dessi
la schiena. “Forse potrei convincere il sacerdote a farti la visita che il mio
signore ha in preventivo per te, dopo averti curato…” Sussurrò, continuando a
stringere il mio arto. “Sai, il mio signore è molto in collera con te… a lui
non piace perdere, e tanto meno con una donna capricciosa…” Strattonò il mio
braccio con tanta forza che sussultai, e lacrime involontarie di dolore mi
affiorarono agli occhi… “Ha deciso di lasciarti qui a marcire per un po’, prima
di permetterti di tornare al lusso della corte… ma forse se gli facessi
comunicare il risultato della visita in anticipo cambierebbe idea… e ho come
l’impressione che nemmeno questo ti piacerebbe, non è così?”
Sapete cosa odio ancor più di una guardia carceraria sadica?
Una guardia carceraria sadica che si diletta di psicologia!
“Forse… o forse mi piacerebbe non dover più avere a che fare
con te…” Mormorai, fra i denti…
La sua stretta sul mio braccio si fece ancora più forte.
“Oh, non ho dubbi, in proposito, dopo ciò che ti accadrà ora… ma sai, non credo
ti rimpiangerò a lungo… perché non ho dubbi neanche sul fatto che tornerai a
trovarmi, dato che non ti sarà difficile irritare di nuovo il mio signore…” Mi
spinse malamente contro il muro, e sollevò la cinghia.
Altro appunto: detesto i ‘cattivi’ che parlano troppo.
Non so neanche esattamente come mi venne in mente. Mi feci
avanti con la testa, forse per allontanarmi da lui, e quando la gettai
all’indietro, direttamente contro il naso del mio catturatore, e mettendoci
tutta la violenza di cui ero capace, lo feci più per istinto che per
premeditazione… e nemmeno avevo idea che gli avrei fatto TANTO male.
Fu quando la guardia indietreggiò, lasciando cadere la
cinghia per reggersi il naso sanguinante, che mi resi conto di essermi davvero
creata una via di fuga.
Il mio corpo agì prima ancora che il mio cervello
registrasse quanto stavo facendo. Raccolsi la cinghia dal suolo. La guardia
vide ciò che stavo facendo, e protese le mani avanti, per afferrarla prima di
me, ma la forza della disperazione mi rese più veloce. Afferrai l’oggetto con
entrambe le mani, e mi gettai su di lui. La guardia lottò per un istante,
cercando di afferrare i miei polsi, ma il sangue che gli annebbiava la vista ed
il colpo appena ricevuto gli rallentavano i movimenti. Riuscii a spingerlo al
suolo, e gli strinsi la cinghia attorno al collo, con tutta la forza di cui ero
capace.
Mi fissò a lungo, gli occhi pieni di stupore, mentre
continuavo a stringere, e stringere. Un po’ alla volta, la forza abbandonò, le
sue dita, strette ai miei polsi. Quando le sue mani lasciarono la presa, e i
suoi occhi si riversarono all’indietro e si chiusero, solo allora mi decisi a
mollare la presa.
Mi sollevai in piedi. I miei polsi erano lividi per la
stretta, e le mie mani tremavano incessantemente, mentre la mia mente era in
completo subbuglio.
L’avevo ucciso? Non lo sapevo, e stupidamente non avevo
nemmeno il coraggio per controllare. Avevo la sensazione che dovesse rianimarsi
da un momento all’altro, e farmela pagare per l’umiliazione che gli avevo
inflitto…
Mi guardai attorno, cercando di mantenere la calma. I
detenuti attorno a me scalpitavano, ma il corridoio che attraversava le celle
pareva deserto. Avevo qualche possibilità di scappare? Sicuramente le guardie
avrebbero piantonato i piani superiori, e…
‘Oh, al diavolo!’
Non potevo non tentare, e aspettare che il sacerdote
arrivasse e facesse nuovamente attirare su di me le ire di Uregh. Non me lo
sarei mai perdonata. Mi piegai sul corpo riverso della guardia, e trovai le
chiavi dei sotterranei in una delle sue tasche. Cercai di sfilargli la spada,
ma mi resi immediatamente conto che le mie mani tremavano troppo per
sorreggerla.
‘Il pugnale. Il pugnale andrà benissimo.’
Lo sfilai dalla cinta del fodero, e me lo affibiai al
cordone della tunica, ormai logora e consunta. Non mi fermai nemmeno un istante
a guardarmi indietro. Con il cuore in gola, schizzai più veloce che potevo
verso la porta di uscita dai sotterranei.
Nello stanzino in cui i soldati montavano la guardia non vi
era anima viva. Evidentemente, quella sera il capo dei carcerieri e il giovane
chiamato Rijah erano gli unici di turno alle prigioni. Mi affrettai su di una
lunga scala a chiocciola, e dopo quella che mi parve una infinità di gradini,
sbucai in un corridoio illuminato dalla pallida luce del tramonto.
‘E ora dove diavolo vado?’
Non ebbi quasi il tempo di pensarlo. Un rumore di passi che
si avvicinavano mi fece sussultare, e feci appena in tempo a ritirarmi nella
nicchia di una delle lanterne, ancora spente, adibite all’illuminazione… dall’angolo
del corridoio sbucò la figura austera di un anziano, il sacerdote di cui la
guardia mi aveva parlato, ipotizzai. Ed in effetti, a conferma dei miei
sospetti, l’uomo imboccò la porta delle prigioni, a passo spedito, e scomparve
nell’oscurità dei sotterranei.
‘Dannazione!’
Avevo sperato di avere più tempo. Ora, il sacerdote avrebbe
sicuramente dato l’allarme, e nel giro di poche decine di minuti tutto il
palazzo sarebbe stato mobilitato per cercarmi.
‘Devo uscire immediatamente di qui!’
Era troppo rischioso restare dentro all’edificio. Ricordavo
vagamente che l’ingresso era a meridione, e che Uregh viveva nella parte ovest
del palazzo, come accadeva in molti casi, del resto, per permettere al sovrano
di usufruire del sole fino ai suoi ultimi raggi… per il resto, però, la
disposizione delle sale nel palazzo mi era ignota, e rimanere lì per me sarebbe
equivalso a camminare in un labirinto. Sapevo che i cortili erano costantemente
percorsi dalle guardie, e che senza il Raywing le mie possibilità di
oltrepassare le mura interne senza essere fermata erano pari pressoché a zero,
ma non avevo altra scelta se non quella di tentare di nascondermi all’esterno.
Forse, se avessi trovato un buon riparo, una volta calmatesi le acque avrei
potuto elaborare un qualche piano di fuga…
Percorsi il corridoio fino alla prima delle strette finestre
che si aprivano all’esterno, e balzai sul davanzale, guardandomi attorno per
scorgere eventuali guardie, nella penombra del giardino. Quando fui certa di
essere sola, saltai fuori, e schizzai verso la prima macchia d’alberi che fui
in grado di individuare, per riflettere senza essere troppo esposta.
Mi guardai attorno, alla disperata ricerca di un
suggerimento da parte dell’ambiente circostante.
‘Pensa, Lina, pensa!’
Da dove mi trovavo, si intravedevano le mura bianche del
palazzo. Quando ero arrivata, avevo notato lo spessore considerevole di quella
costruzione, e mi era venuta in mente una informazione che Zel aveva scovato
quando ancora viaggiavamo per quelle terre insieme a Philia… in diversi regni a
sud della barriera si usava scavare dei cunicoli all’interno delle mura stesse,
in modo che i soldati potessero scagliare frecce attraverso feritoie, senza
essere esposti al fuoco nemico… mi chiedevo se fosse il caso anche di Ulan
Bator…
‘Forse nascondendomi lì…’
Mi resi immediatamente conto che non avrebbe funzionato. Se
volevo trovare un luogo pieno di guardie, quello sarebbero state le mura.
Sospirai.
‘Ma non posso restare qui.’
Scivolai attraverso la vegetazione, acquattandomi ogni volta
che intravedevo delle guardie, ed aguzzando la vista in cerca di qualche
traccia che potesse aiutarmi. Ad un certo punto, sentii risuonare il corno che
chiamava i soldati all’adunata, e capii che da quel momento la mia fuga sarebbe
stata dominio di tutti.
Pensate, riuscii persino a non imprecare.
Il fatto che le guardie fossero chiamate a raccolta mi
lasciava un ultimo vantaggio, però. Se volevo trovare un nascondiglio, quello
era un buon momento per farlo. Schizzai fuori dalla macchia di vegetazione in
cui mi trovavo, e mi lanciai verso i cortili delle cucine, dove intravedevo i
recinti degli animali. Speravo in un capanno degli attrezzi, una stalla, un
qualche edificio in cui alle guardie non venisse in mente di cercarmi.
E fu allora che ebbi l’illuminazione.
‘Un canale fognario!’
Non era possibile che in quella città non ce ne fosse uno.
Era grande, Ulan Bator, e avevo già appurato come per molti versi la tecnologia
di quella parte di continente superasse la nostra… poteva mancare un espediente
igienico del genere?
L’idea in sé era piuttosto disgustosa, ma se fossi riuscita
ad imboccarlo sarei riuscita ad allontanarmi dal palazzo, e se fossi stata
fortunata forse sarei sbucata addirittura fuori dalle mura della città…
Scivolai contro il muro verso le cucine, sperando di potervi trovare vicino
un’imboccatura del canale. E, credo per la prima volta da quando quella
orribile avventura era cominciata, la fortuna volle premiarmi.
Un percorso lastricato correva dalle cucine attraverso il cortile,
e ai lati due canali di scolo correvano verso le mura, dove si incontravano,
confluivano in un unico canale, e, poco prima di raggiungere la solida
costruzione, sparivano nel sottosuolo. Mi diressi verso quel punto, il cuore in
gola per l’agitazione. Una lastra malmessa copriva l’imbocco del canale
sotterraneo in cui gli scoli confluivano, ma non serviva rimuoverla per
rendersi conto di quanto quel passaggio fosse angusto. Nemmeno così, priva di
armatura, ero certa di passarci, e certo qualcuno di stazza anche lievemente
superiore alla mia non ne sarebbe stato in grado…
Facendo leva con il pugnale,rimossi la lastra. Visto senza, il canale appariva tanto stretto
e buio da farmi quasi passare la voglia di attraversarlo. Ma non avevo nemmeno
il tempo di avere dei dubbi…
Bastarono le voci che sentivo già risuonare alle mie spalle
a convincermi.
‘E sia. Tre, due, uno…’
Mi calai all’interno. All’inizio cercai di reggermi alle
pareti, ma l’acqua che calava dall’alto le rendeva scivolose, e mi fu impossibile
mantenere la presa. Precipitai, credo, per diversi metri, la caduta rallentata
solo dalle strette pareti, cui cercai di afferrarmi, procurandomi graffi ed
escoriazioni. Quando atterrai, penosamente, schiena a terra, mi trovai a
ringraziare il cielo di non essermi spezzata le gambe…
Mi rialzai, barcollando. Il condotto in cui ero precipitata
era più largo del precedente, e mi permetteva di procedere in piedi… l’acqua
che cadeva dal soffitto si accumulava al suolo, confluendo verso un canale più
profondo, che scorreva a lato del condotto. Là dove mi trovavo, l’acqua mi
arrivava alle caviglie, e atterrando la mia tunica si era completamente
infradiciata, ma potevo proseguire abbastanza agevolmente…
‘Certo, se non ci fosse questo odore terribile…’
Mi coprii la bocca con una mano. Purtroppo, non avevo tempo
per fare la schizzinosa.
Il tunnel si dipanava in due direzioni, una che correva
verso il palazzo, l’altra all’esterno delle mura. Istintivamente, imboccai la
seconda, la direzione in cui scorreva l’acqua, pregando che non vi fossero
troppe diramazioni, e di non finire per perdermi nel sottosuolo…
Avrei voluto avere la mia magia per fare un po’ di luce… il
soffitto del cunicolo si apriva di tanto in tanto in sottili fessure,
attraverso cui l’acqua filtrava verso il canale al mio fianco, ma per lo più il
tunnel era avvolto nell’oscurità… camminavo tenendomi a ridosso della parete
melmosa, ma talvolta il tunnel si stringeva, ed io mi trovavo assediata da ambo
le parti dalla roccia umida, ed immersa nell’acqua putrida fino alla vita. Era
ironico, a pensarci bene. Ero uscita da Sailune attraverso un cunicolo, e mi
ero cacciata in quell’assurdo guaio, ed ora forse avrei trovato la salvezza per
la stessa via… certo, però, ora la situazione era molto diversa… anche uscita
da Ulan Bator, non avrei avuto la più pallida idea di come muovermi, e non
avevo soldi per comprarmi cibo, una mappa, o un cavallo… i soldati di Uregh
avrebbero continuato a cercarmi, questo era certo, ed io non avevo idea di
quando sarei stata in grado nuovamente di utilizzare la magia… quando me ne ero
andata da Sailune ero al pieno delle mie capacità e delle mie speranze, ero
pronta ad affrontare qualsiasi cosa… ed ora non ero che un insetto disperato in
fuga…
‘… e poi… prima non ero da sola…’
Il desiderio di sapere che ne era stato del mio compagno
lottava con il timore, e la voglia di non venirne mai a conoscenza…
Dopo un lungo corridoio avvolto nell’oscurità, giunsi in
vista dell’ennesimo cono di luce, proveniente da un’apertura sul soffitto… ma
ciò che mi apparve a quel lucore non poté fare a meno di farmi imprecare.
Il cunicolo si divideva in due. Sulla destra, l’acqua
scorreva in un tunnel più ampio, filtrata da una grata malmessa. Sulla
sinistra, il cunicolo proseguiva deviando significativamente, e perdendosi nel
sottosuolo, in direzione praticamente perpendicolare a quella che avevo
percorso fino a quel momento…
Rimasi ferma, per un momento, studiando la situazione. ‘Ed
ora…?’
Mi calai nell’acqua, con prudenza, e raggiunsi la grata.
Facendovi forza, credevo che avrei potuto abbatterla piuttosto facilmente,
viste le condizioni in cui si trovava, ma il problema era dove conduceva quel
condotto… da dove mi trovavo, vedevo solo l’acqua scorrere, e perdersi nel
buio…
Seguendola forse sarei giunta all’esterno, da qualche parte…
forse l’altro cunicolo era un raccordo con altre parti del condotto, forse
serviva a qualche scopo di cui io non ero a conoscenza… forse, forse… la realtà
era che, qualsiasi direzione avessi preso, non avrei avuto in ogni caso la più
pallida idea di dove stavo andando.
‘Al diavolo!’
Calciai la grata, che con uno schianto e poi un tonfo si
abbatté nell’acqua.
I posteri non mi ricorderanno per la mia prudenza,
d’accordo?
Avanzai, lentamente, nel buio più completo, sprofondando fin
quasi al petto nell’acqua gelida. Trattenetti il respiro, rabbrividendo dalla
testa ai piedi.
‘Le opzioni sono tre… o le guardie di Uregh mi raggiungono,
o mi congelo, o esco di qui e diffondo una bella epidemia di colera…’
Presi ad avanzare, ancora tremante per il freddo, attenta a
non scivolare sul fondo fangoso. “Dei, quanto pagherei per avere un incantesimo
come il Raywing, ora…” Parlai ad alta voce, perché quel silenzio stava
cominciando a farmi impazzire. “Che schifo, sento la melma sotto i piedi…” Per
un momento mi balenò in mente l’idea che in quel luogo potessero esserci delle
lumache giganti, ma la scacciai velocemente dalla mia mente. Pensarci era il
modo migliore per bloccarmi lì e non muovere più un passo…
Nonostante i miei sforzi di allontanare il pensiero, la mia
mente trovo comunque un GROSSO sollievo, quando iniziai ad intravedere una luce
in lontananza…
‘Grazie, grazie, grazie dei… prometto che farò una grossa
offerta al primo tempio di Ceipheid che incontrerò quando tornerò a casa…’
Accellerai involontariamente il passo. Mi pareva già di
sentire l’aria fresca sul viso…
‘La luce in fondo al tunnel… e dire che mia madre diceva che
non è mai un buon segnooooo…’
La oooooo finale è precisamente dovuta al fatto che in quel
momento mi ero sentita – DI NUOVO- mancare la terra sotto i piedi.
Fortunatamente, per una volta i miei riflessi mi aiutarono.
Chiusi la bocca in tempo per non inspirare l’acqua putrida, anche se non
riuscii a mantenere il controllo dei miei movimenti e potei solo lasciarmi
trascinare dalla corrente in aumento del canale. Scivolai nell’acqua torbida
per diversi metri, finché non mi sentii precipitare. Cercai freneticamente di
afferrarmi a qualcosa, ma senza risultato. Annaspando nell’acqua, caddi
rovinosamente, gli occhi serrati, per affondare poi in altra acqua profonda, a
velocità tale che l’impatto mi lasciò per un momento senza fiato.
Lottai per non svenire. Non potevo aver fatto tutta quella
strada per affogare miseramente in qualche canale di Ulan Bator… Aprii gli
occhi, e nuotai con tutte le forze verso l’alto, dove vedevo splendere la luce
riflessa dall’acqua. Sbucai all’aria calda dell’esterno, ed inspirai
ripetutamente, non del tutto convinta che i miei polmoni potessero ancora
funzionare. Quando fui certa di non essere annegata, mi lanciai un’occhiata
attorno. Ero ai piedi del pianoro su cui si ergeva il palazzo, nel fiume che
scorreva placidamente al centro di Ulan Bator, e che la rendeva una zona
abitabile, ultimo baluardo contro il deserto, che incombeva dall’interno.
‘Forse il fiume conduce al mare…’
Probabilmente, la capitale apriva la strada ad una zona meno
arida, che conduceva alla costa… varie possibilità cominciarono a prendere
forma nella mia mente… se fossi riuscita ad uscire dalla città, forse avrei
potuto seguire il fiume… certo la prospettiva di raggiungere il mare emagari trovare lavoro su qualche
imbarcazione diretta al nord era più allettante che quella di perdersi nel
deserto… o forse potevo rifugiarmi in una città vicina finché non avessi
recuperato la magia, per poi cercare di fare qualcosa per fermare le truppe di
Uregh…
O forse… dei, non lo sapevo, ma qualcosa avrei fatto.
‘Sono libera… sono
libera!’ Quella idea mi raggiunse all’improvviso, insieme ad una scarica di
adrenalina. Solo tre ore prima non lo avrei mai pensato possibile, ma ora ero
lì, fuori dal palazzo, e potevo fare progetti su quali sarebbero state le mie
mosse successive. Era stata solo una coincidenza fortuita, un capriccio del
caso, ma… mi era stata data una possibilità!
‘Non posso rimanere qui…’ Era tardi, ormai, il sole era già
quasi totalmente tramontato, e non si vedeva gente per le strade polverose di
Ulan Bator. Però le guardie mi stavano ancora cercando, ed io non potevo
permettermi di correre rischi.
Non so bene con quale forza, ma nuotai fino alla riva del
fiume, e mi sollevai con le braccia fuori dall’acqua. Rabbrividii, nonostante
il caldo della giornata saturasse ancora l’aria ventosa della sera. La mia
tunica era in condizioni indicibili, fradicia e ridotta a brandelli in varie
sue parti, e avevo perso uno dei sandali che mi erano stati dati dalle ancelle
di Uregh, probabilmente nella caduta.
‘Non che lo stile delle vesti mi esaltasse così tanto…’
Mi strinsi nella spalle, e mi tolsi anche l’altro sandalo.
Avrei pensato a qualcosa, anche per i vestiti. Magari ne avrei rubati a
qualcuno, appena fossi stata di nuovo in grado di combattere.
Immaginai l’espressione che avrebbe fatto la mia amica
Amelia, se avesse saputo di intenzioni simili. ‘Ogni tanto il fine giustifica i
mezzi…’ Sorrisi di un sorriso amaro. Non solo Gourry… Amelia, Zel… che ne era
stato di loro, in tutto quel tempo…?
Scossi la testa. In quel momento non potevo preoccuparmi per
loro, in quel momento dovevo pensare a me stessa. Se fossi rimasta nei guai non
sarei stata ai miei amici di alcuna utilità.
Schizzai verso le abitazioni, in cerca di un rifugio dove
riflettere sul da farsi. In quel momento mi sarei volentieri trovata un posto
per riposare per qualche ora, ma mi rendevo conto che era meglio che sfruttassi
l’oscurità, finché mi era possibile. Le guardie sulle mura di accesso ad Ulan
Bator dovevano già essere state avvisate della mia fuga, il che significava che
non mi sarebbe stato facile lasciare la città, e che in nessun punto al suo
interno ero realmente al sicuro.
Raggiunsi il limitare delle case, e mi mossi con
circospezione. Le strade erano praticamente deserte, fatto salvo qualche
mercante frettoloso che tornava a casa col suo carro. Dalle finestre, luci di
candele e lanterne si proiettavano sulle strade, e nell’aria si spandeva già un
delizioso aroma di cibo. Il mio stomaco gorgogliò, ma feci del mio meglio per
non fare caso alla cosa…
‘Avrei bisogno di un mantello…’ Rabbrividii, stringendomi le
braccia attorno al corpo. I vestiti bagnati cominciavano a farsi sentire… in
più, così non passavo precisamente inosservata…
Mi guardai intorno, in cerca di una soluzione, e mi volsi
appena in tempo, perché rischiai di scontrarmi con un gruppo di guardie di
pattuglia, che stavano girando l’angolo.
Soffocai un gemito di stupore, e mi ritrassi nell’ombra di
un vicolo. I soldati, fortunatamente, passarono senza notarmi.
‘Mi stanno cercando.’ Intuii, immediatamente.
Le guardie si muovevano con circospezione maggiore rispetto
a quella che sarebbe stata richiesta da una normale ronda serale, e
continuavano a guardarsi attorno. Evidentemente, Uregh quanto meno sospettava
che fossi riuscita ad allontanarmi dal palazzo.
‘D’accordo. D’accordo, mi stanno cercando, ma ciò non
significa che io non riesca a sfuggire loro sotto al naso. Sta’ calma, Lina.
Calma.’
Improvvisamente, non era più solo il fresco della sera, a
farmi tremare. Non volevo tornare in quella cella. Soprattutto, non dopo quello
che avevo fatto. Dovevo andarmene di lì. Andarmene.
Partii, in direzione opposta alle guardie ed al palazzo,
verso l’ingresso della città. Improvvisamente, non avevo più voglia di fermarmi
a studiare un piano. Avrei improvvisato una volta giunta alle mura. Corsi a più
non posso. Corsi nell’ombra, fermandomi a controllare ad ogni svolta, ad ogni
angolo. Incrociai diverse pattuglie, ma fortunatamente nel buio delle strade
nessuna riuscì a vedermi.
‘Ma gli ingressi saranno sbarrati dai controlli, ed io non
posso volare…’
Giunsi presto in vista del portale principale, e i miei
sospetti furono confermati. Quattro guardie stazionavano al suolo, e ce n’erano
altre sulle mura. Anche camuffandomi e muovendomi in mezzo alla gente avrei
faticato a passare, figuriamoci da sola, di notte, e conciata a quel modo.
‘Forse dovrei aspettare domani, e cercare di nascondermi nel
carro di qualcuno. O forse dovrei addirittura attendere che la mia magia
ritorni, e divertirmi a fare saltare un po’ di teste, qui, per andarmenevia…’
La seconda idea era la più allettante, certo… ma dove potevo
rifugiarmi, in città, per tutto quel tempo?
Ero talmente persa nei miei pensieri, che non me ne accorsi
immediatamente. Fu solo quando alzai lo sguardo verso le guardie, nuovamente,
in cerca di una qualche ispirazione, che lo vidi. Ed il fiato mi si bloccò
letteralmente in gola.
Era di spalle, ma lo avrei riconosciuto fra mille persone… i
suoi capelli, il suo modo di camminare… li conoscevo meglio di quanto non
conoscessi il mio stesso aspetto…
Non credevo ai miei occhi… no… dopo tutto quel tempo, a
tutti quei chilometri di distanza da Sailune, non poteva essere davvero…
“Gou…”
Dovetti azzittirmi da sola, ponendomi una mano sulle labbra.
Ma che mi saltava in mente??? Gourry, se davvero si trattava di lui e non di un
parto malato della mia mente, era a pochi metri dalle guardie, se avessi
attirato la sua attenzione avrei risvegliato anche la loro! Non potevo farmi
scoprire, non avevo mezzi per combattere le guardie al portale, e c’erano gli
arcieri, sulle mura, saremmo stati immediatamente sotto tiro… e non potevo
mettere anche lui nei guai, non di nuovo!
Mi ritirai nell’ombra, di scatto, mordendomi le labbra. Si
era voltato, lo sapevo, lo sentivo. Ma così non poteva vedermi, ed io non
potevo rendermi visibile, perché sapevo che ora anche la guardia scrutava
nell’ombra, nella mia direzione. Ma DOVEVO farmi vedere, perché Gourry stava
indirizzandosi verso il portale, se ne stava andando, se ne stava andando. Se
ne stava andando!
‘Gourry, vieni da questa parte… attiva quel tuo dannato sesto
senso e vieni da questa parte, coraggio, anche se non sai che sono qui, anche
se non ne hai motivo…’ Improvvisamente, mi sarei abbandonata ad un molto poco
maturo pianto. Non ne potevo più. Non ne potevo più di tutta quella situazione.
“Ehi, mercenario. E tu che diavolo ci fai in giro, a
quest’ora della sera?” Risuonò all’improvviso una voce di guardia, dietro di
me. “Dico a te, guarda che ho visto che sei feccia straniera! Spero che tu non
stia cercando guai!”
Non udii la voce di Gourry, in risposta, solo un lieve
vociare indistinto. Evidentemente, lo spadaccino aveva risposto all’ordine
della guardia in un normale tono di voce…
Mi arrischiai a sporgere la testa oltre il muro dietro il
quale mi stavo nascondendo. Non si vedeva più nessuno, né lo spadaccino né le
guardie. Dovevano avere oltrepassato l’arco del portale.
Avevo mente e cuore in fibrillazione. Dovevo fare qualcosa.
Forse, se fossi scattata fuori ora, le guardie non mi
avrebbero notata. Gourry li stava distraendo, forse avrei potuto avvicinarmi di
soppiatto, e insieme noi…
“Vai da qualche parte, Lina Inverse?”
Sussultai. La voce era risuonata direttamente alle mie
spalle.
Non feci in tempo a gridare, non feci in tempo nemmeno a
volgermi completamente. Una mano mi afferrò il collo e mi sbatté contro il muro
sul quale mi ero appiattita.
“Credo che qui per me ci scapperà una promozione… Il nostro
signore era davvero angosciato, per te, sai?” Mi trovai davanti il volto
sgradevole di una delle guardie.
L’uomo mi rivolse un sorriso beffardo, e scambiò una battuta
nella sua lingua con i suoi commilitoni. Si levò un coro di risate.
Io avevo voglia di tutt’altro che di ridere.
Mi divincolai, cercai di urlare, ma la sua mano mi stringeva
ancora il collo in una morsa. Il soldato mi fissò ancora per un lungo istante,
quindi rivolse un ordine ad un suo compagno, che annuì, e scattò verso le mura.
Quando si volse nuovamente, non c’era più traccia di scherzo, sul suo volto.
“Questo è da parte del mio compagno che hai steso alle
prigioni, Inverse.” Non ebbi tempo di reagire. Il suo pugno mi si piantò nello
stomaco. La vista mi si annebbiò, e mi mancò immediatamente il fiato. “E questo
è da parte del mio Signore.” Un altro pugno, nello stesso punto del precedente.
Il grido che normalmente avrei emesso mi si strozzò in gola. “Ed ora è proprio
con lui che dovrai vedertela. E ti assicuro che è molto, molto, arrabbiato…”
Mi sollevò di peso, e mi trascinò sgarbatamente verso il
palazzo. Potei solo osservare le mura che si allontanavano, la vista offuscata
dalle lacrime involontarie che mi erano salite agli occhi.
Non potevo crederci. Un’ora prima stavo esultando per una
ritrovata libertà in cui non avrei mai sperato, e ora…
‘Gourry…’
Avrei voluto gridarlo, quel nome, ma faticavo persino a
pensarlo… chissà… se era stato davvero un parto della mia immaginazione… chissà
se stavo impazzendo definitivamente… avrei voluto pensare diversamente, ma che
significato aveva la sua presenza in quel luogo, dopo tutto quel tempo? Volevo
sperare, e allo stesso tempo non lo desideravo più… perché avevo imparato bene,
ormai, come il necessario complemento della gioia dell’illusione sia la sua
successiva delusione…
Sospirai, alla vista del palazzo. Vi giungemmo troppo
presto, crudelmente presto, se pensavo a quanto mi era parso lungo il percorso
per uscirne. Superai i portali, sotto gli occhi accigliati e minacciosi dei
soldati che incrociavamo. Ma fu quando giungemmo all’ingresso della sala delle
udienze che mi resi conto davvero del guaio in cui mi ero cacciata. Perché
sulla porta c’era una guardia ad aspettarmi, una guardia che conoscevo bene. Il
suo collo era ancora livido, ma sembrava attento e sano; la cinghia dei
pantaloni era al suo posto, ora. Ma nelle mani reggeva una frusta.
Avrei voluto che l’illusione durasse solo un po’ più a
lungo.
***
Era già tardo pomeriggio, quando giunse in vista delle mura
di Ulan Bator. Il tragitto era stato breve, grazie alle indicazioni di
Danielle. In soli due giorni, era riuscito a raggiungere la capitale. Del
resto, Gourry non si era praticamente mai fermato. Era strano, ma non avvertiva
né la stanchezza, né la fame. Riusciva a pensare solo al compito che doveva
portare a termine in quel momento.
Gli fece uno strano effetto, avanzare verso i portali
imponenti della città. Lì c’era Lina. In quel momento fra di loro intercorreva
solo lo spazio di poche mura…
Le guardie lo squadrarono con sospetto, quando oltrepassò i
portali, ma nessuno lo fermò. La sua pelle chiara e i suoi capelli biondi
inevitabilmente spiccavano, rispetto ai colori più scuri della maggioranza
delle popolazione locale, ma nonostante il pomeriggio fosse inoltrato c’era
ancora un notevole movimento all’interno delle strade polverose della città, e
Gourry aveva scorto anche alcuni altri volti evidentemente stranieri, fra
quelli che si muovevano nel traffico all’interno delle mura… probabilmente si
trattava di persone provenienti da quella parte di continente, ma la loro
presenza era più che sufficiente per mascherare la sua…
Gourry abbandonò il suo cavallo, legandolo ad un albero, in
una piccola macchia di vegetazione a fianco delle mura. Non era certo che lo
avrebbe ritrovato al suo ritorno, ma aveva bisogno di muoversi liberamente, e
l’animale gli sarebbe stato solo d’impiccio. Avanzò per un po’ fra le strade,
senza una precisa meta, per farsi un’idea della situazione… in realtà, era
giunto in città senza sapere esattamente come raggiungere Lina… Gourry non si
tirava indietro nemmeno di fronte al pensiero di aprirsi la strada a colpi di
spada, in tutta franchezza. Ma non avrebbe agito avventatamente, semplicemente
perché non aveva la minima intenzione di sprecare la possibilità che aveva di
ritrovare la maga. Doveva fare in modo di avvicinarsi il più possibile al luogo
in cui era tenuta reclusa.
‘Vorrei sapere qual è, però. Il palazzo sarà enorme…’
Lo occhieggiò, da lontano, sull’altura da cui incombeva
sulla capitale. Normalmente sarebbe stato logico pensare che fosse reclusa
nelle prigioni… d’altra parte, probabilmente aveva dei suoi appartamenti nel
palazzo, se davvero avevano fatto di lei una… cortigiana…
Gourry strinse i pugni, ricordando le parole dense di
cattivi presagi con cui Ainos l’aveva congedato. Scosse la testa, e respinse
quel pensiero. No, Lina non si era arresa, non era da lei. Aveva dato del filo
da torcere ai suoi catturatori, ne era certo.
‘Scommetto che si staranno già pentendo di averla scelta
come prigioniera…’ Un sorriso gli affiorò sulle labbra, mentre si figurava Lina
ed il suo consueto atteggiamento verso chi cercava di tenerla a freno. Quel sorriso
si spense presto, però. Gli bastò un altro sguardo al profilo minaccioso della
fortezza, perché la preoccupazione tornasse ad attanagliarlo.
‘Devo raggiungere il palazzo, e raccogliere delle
informazioni.’
Gourry aveva adocchiato anche dei soldati di Oberon muoversi
nella città… forse parte del gruppo di militari che aveva condotto lì Lina… se
questo da un lato era confortante, perché gli confermava che le informazioni di
Ainos erano corrette, d’altra parte di primo acchito lo aveva posto in allarme.
Temeva che qualcuno lo riconoscesse, e che mettesse in allarme gli altri
soldati, facendo sì che portassero via Lina. Gourry non riusciva a concepire
l’idea di doversene andare da quel posto senza di lei. Fino a quel momento solo
il pensiero che l’avrebbe ritrovata lì lo aveva fatto andare avanti…
Tuttavia, fino ad allora nessuna delle guardie aveva fatto
veramente caso a lui, sebbene fosse capitato che qualcuna di esse lo vedesse
chiaramente in volto. Evidentemente, non lo conoscevano, o non collegavano il
suo viso alla descrizione che era stata data loro, o all’immagine che avevano
di lui dai tempi dell’Assedio a Sailune… e, in effetti, per certi versi era
comprensibile… lo avevano visto solo da lontano, e inoltre ora il suo volto era
più magro, e solcato da qualche nuova cicatrice… senza contare che da qualche
giorno non si radeva, e una barba ispida gli tormentava le guance…
Gourry si grattò il mento, infastidito da quella peluria cui
solitamente non permetteva di crescere. Cercò di riflettere, occhieggiando un
gruppo di guardie di Oberon, che approfittavano del relativo fresco del tardo
pomeriggio per giocare ad una febbrile partita a dadi, sotto ad una macchia di
vegetazione appena al di fuori delle mura. Gourry non era molto abituato ad
elaborare strategie, almeno non in situazioni simili. Di solito era Lina a
pensare a quel genere di cose. Cercò di immaginare che cosa avrebbe fatto la
maga se si fosse trovata al suo posto…
‘D’accordo. Proviamo con un po’ di psicologia…’
Se c’era una cosa che Gourry aveva imparato nel periodo in
cui aveva fatto parte di un esercito, era che non c’è modo migliore di
estorcere informazioni ad un soldato che comportarsi secondo il più farsesco
stereotipo maschile, e trattarlo come il proprio migliore amico, anche la prima
volta che lo si incontra. Possibilmente, aggiungendo molto alcol nel corso del
processo.
“Ehi, voi…” Gourry si avvicinò al gruppo di soldati, con
aria di ostentata indifferenza. “Vi disturba un altro giocatore?”
Si sedette su una roccia vicino al gruppo, non attendendo la
loro risposta.
I soldati lo fissarono per un istante, probabilmente stupiti
che qualcuno esterno alla corte si rivolgesse loro in lingua comune.
“E tu chi saresti?” Fece uno di loro… “Non sei di queste
parti…”
Gourry si strinse nelle spalle. “Sono un mercenario a caccia
di ingaggi.” Afferrò i dadi, e decise di aprire la mano successiva. “Ero sulla
costa, ma ho sentito che un generale straniero era giunto alla capitale, e mi
sono chiesto se il suo arrivo non riguardasse la fantomatica guerra di cui
tutti parlano… perché sarebbe proprio il tipo di impiego adatto ad uno come
me…” Scagliò i dadi, e solo allora gli venne in mente un piccolo particolare… non
aveva soldi per giocare…
Fu certo di avere sentito la mano di un dio passargli accanto,
e muovere deliberatamente i dadi, quando una coppia di uno si materializzò
miracolosamente di fronte al suo sguardo per un momento terrorizzato.
I soldati eruppero in imprecazioni. A Gourry parve di essere
morto e resuscitato nel giro di due secondi. ‘Se finissi in cella per aver
scatenato una rissa con le guardie di Oberon perché non ero in grado di saldare
una scommessa, credo che Lina non si limiterebbe a chiamarmi ‘cervello di
medusa’…’
“Sei dannatamente fortunato, mercenario!” Sbottò una delle
guardie, lanciandogli, al pari degli altri, la moneta d’oro in posta. “Se hai
questa fortuna sfacciata anche in battaglia, potresti davvero esserci utile!”
Gourry afferrò le monete, con mano ancora esitante. Ne
lasciò una suolo. “Con questa mi ci pago un sorso di quello…” Fece un cenno con
la testa verso la bottiglia che i soldati si stavano passando di mano in mano…
una battuta che probabilmente suonava molto virile, e dunque funzionale allo
scopo, ma che in quel momento era uscita del tutto spontanea. Qualunque cosa ci
fosse in quella bottiglia, Gourry ne aveva bisogno.
Il soldato rise e gli batté una pacca sulla spalla. “Ci
sappiamo godere lavita, eh?” Gli porse
la bottiglia, e contemporaneamente la moneta svanì nelle sua tasche, a velocità
da record.
Gourry la afferrò, e annusò brevemente. Sembrava un qualche
tipo di distillato…
“Ad ogni modo, caschi male, mercenario. Ora come ora non
possiamo arruolare proprio nessuno.”
Gourry batté le palpebre. “Ah… davvero?” Si portò la
bottiglia alla bocca, e per poco non si trovò a sputarne il contenuto. Quella
roba era fortissima!
Fortunatamente, il soldato non ci fece caso. Gliela prese di
mano, e ne bevve un lungo sorso. Quindi, si strinse nelle spalle. “Il nostro
generale non si trova più qui. E fino a che non torna, non ci è permesso
arruolare nuovi uomini.”
Gourry si accigliò. L’uomo che aveva portato lì Lina… se
n’era andato? Ma la maga era rimasta ad Ulan Bator… giusto? “E perché… è andato
via…?” Chiese, il cuore in gola.
Il soldato lo squadrò. “Uhm… ma tu quanto sai di questa
guerra, mercenario?”
“M… molto poco, in realtà…” Si affrettò a rispondere Gourry.
“So solo che c’è stato un assedio in uno dei regni a nord della barriera…”
Il soldato annuì. “E’ esattamente da lì che veniamo. Il mio
superiore ha portato qui degli oggetti di trattativa, un ostaggio e degli
schiavi, insomma… per assicurarsi l’alleanza di questo paese. Presto da qui
partiranno le truppe di Uregh, e noi le guideremo. Ma il nostro generale era
necessario al fronte, perciò è ripartito con gran parte dei nostri uomini. Oggi
sono giunti i rinforzi che il mio signore ci aveva inviato, del resto, quindi
anche noi saremo presto di partenza…”
Gourry annuì, lentamente, cercando di non lasciar trapelare
la propria impazienza. Quelle informazioni non gli interessavano, non in quel
momento. Era un’altra cosa quella che voleva sapere… “Dunque… dovrei aspettare
qui finché la battaglia non sarà finita, e il generale tornerà… una bella
fregatura…”
“Direi…” Commentò una delle guardie, ricevendo a sua volta
la bottiglia. “A quel punto non ci sarà granché da guadagnare.” Ridacchiò.
“Bé, puoi sempre partire per le terre al di là della
barriera.” Commentò il soldato di prima, aprendo una nuova mano di dadi. “Un
uomo solo viaggia più velocemente di un esercito in marcia, se ci precedi là ti
troverai nel cuore della battaglia.”
Gourry lanciò il suo turno di dadi.
Diamine. Aveva perso.
Appoggiò una delle monete che aveva guadagnato al suolo,
riluttante.
“Mmm…” Borbottò, facendo un breve calcolo delle monete che
aveva in tasca, e di quante mani ancora poteva permettersi di perdere… “Bah…
sì, potrei fare così…” Agguantò di nuovo la bottiglia, che gli veniva porta, ma
stavolta finse solo di bere. “Ma avete detto che c’è anche un ostaggio, qui…? E
che senso ha portarlo così lontano dalla battaglia?” Provò ad essere diretto,
sperando di non risultare troppo sospettoso…
Il soldato che aveva vinto la mano era fortunatamente
propenso alle chiacchiere. “Quella? E’ solo una mocciosa. Più che come ostaggio
serviva come trastullo da letto per Uregh…” Scoppiò in una risata volgare.
Gourry gli avrebbe volentieri torto il collo a mani nude. “Il nostro generale
aveva capito che sarebbe stato un dono gradito al reggente…” Proseguì il
soldato incurante. “… ma mi sa che Uregh gliela restituirà bella e
impacchettata, quando tornerà qui. Quella porta più problemi, che piaceri. Per
quanto ne so, ora si trova nelle carceri perché si è rifiutata di concedere le
sue ‘grazie’ al reggente.” Scoppiò in un’altra risata. “Mi pare di vederlo,
quell’enorme ammasso di lardo che si fa abbindolare da una mocciosa!”
La mente di Gourry entrò immediatamente in fibrillazione.
Nelle carceri. Nelle carceri!
“Devo andare!” Gourry scattò in piedi tanto repentinamente
che i soldati ai suoi due lati fecero un balzo indietro. Li fissò per un
momento, praticamente senza vederli. “Grazie della partita.” Scattò via, senza
dar loro tempo di replicare. Prima di girare l’angolo, notò che i soldati lo
fissavano allontanarsi, con l’aria di ritenerlo completamente pazzo.
‘Oh, al diavolo.’ Gourry si strinse nelle spalle. Con uno
scatto che non concedeva nemmeno ai suoi migliori affondi, superò l’arco che lo
avrebbe nascosto alla vista dei soldati, e prese a perlustrare febbrilmente le
strade che attorniavano l’accesso al palazzo, in cerca di una via di accesso.
Ma gli bastarono pochi minuti perché il suo senso di attesa si trasformasse in
frustrazione. Tutte le vie di accesso erano, com’era prevedibile, totalmente
bloccate dalle guardie.
Si fermò ad osservare i portali del palazzo, cercando con
scarso successo di riflettere. Accarezzò l’elsa della spada, decisamente
tentato a servirsene immediatamente, per risolvere il problema… Ma si rendeva
conto che era avventato… sarebbe già stato costretto a combattere per portarla
fuori di lì, ed era più che probabile che Lina in quel momento non fosse in
grado di difendersi da sola… doveva risparmiare le sue forze…
‘Devo avere pazienza. Pazienza. Siamo stati lontani per
tanto tempo, qualche ora in più non cambierà le cose…’
Ma come faceva ad arrivare alla prigione, senza farsi strada
con la forza…?
Gourry si allontanò dai portali, in cerca di una qualche
ispirazione da cogliere nelle strade della capitale. Rifletté per quasi un’ora,
vagando senza meta per le vie lastricate, che si stavano svuotando
progressivamente delle bancarelle che le avevano affollate nel corso del caldo
pomeriggio. Era già quasi notte, quando si rese conto che era tornato ai
portali di accesso alla città. Il sole non era che una sottile striscia di luce,
che scivolava lungo le dune all’orizzonte, calando un manto di tenebra sui
tetti bianchi della capitale. Il vento fresco della sera impregnava l’aria, e
minuscole particelle di sabbia sferzavano il viso di Gourry, facendogli
bruciare gli occhi. Nonostante questo, i soldati di guardia stavano ritti nelle
loro posizioni, attenti, scrutando nell’oscurità delle strade ormai deserte…
Gourry li fissò a lungo, dalla sua posizione all’ombra di una delle lanterne
che illuminavano la strada. Stava perdendo tempo. Stava perdendo tempo, e
questa era l’ultima cosa che desiderava. Ogni minuto in cui lui stava lì a
riflettere sul da farsi, era un minuto in più di prigionia per Lina.
Fissò le guardie, ancora una volta. E fu allora che si rese
conto che aveva la soluzione più semplice del mondo a portata di mano…
Gourry portò di nuovo mano alla spada.
Quale modo migliore di arrivare ad un carcere, che
infrangere la legge?
Avanzò verso la luce delle lanterne, avvicinandosi ai
portali. Doveva solo compiere un atto di intimidazione, qualcosa che potesse
apparire una spavalderia da ubriaco, nulla di più. Le guardie dovevano
sbatterlo in cella, senza cercare di ucciderlo. In quanto alla sua spada… Bé,
dubitava che sarebbero riusciti facilmente a portargliela via…
Strinse ulteriormente le dita attorno all’elsa, e si fece
avanti, pensando a come avvicinare le guardie. Fu quando ormai si trovava a
pochi passi dal portale che udì quel grido soffocato…
Volse la testa, perplesso. Non era certo di averlo sentito
veramente, forse si trattava semplicemente del vento, ma… gli sembrava la voce
di qualcuno, proveniente da un vicolo alle sue spalle… e non sapeva perché, ma
quella voce aveva qualcosa di familiare…
‘Non essere stupido, Gourry, non si vede nessuno in quel
vicolo, e tu non puoi perdere altro tempo in cose del genere…’
Nonostante questo… nonostante questo per qualche motivo era
così tentato dall’idea di andare a vedere…
“Ehi, mercenario. E tu che diavolo ci fai in giro, a
quest’ora della sera?”
Gourry sussultò, e si volse. Diamine. La guardia lo aveva
visto.
“Dico a te, guarda che ho visto che sei feccia straniera!
Spero che tu non stia cercando guai!”
Gourry lanciò un’ultima occhiata al vicolo, ma in un attimo
si decise a lasciar perdere. Non che avesse grandi alternative, del resto…
Si fece avanti, con calma, esibendo il suo migliore
atteggiamento strafottente. Gourry non era un grande attore, ma Lina gli aveva
dato qualche lezione, in proposito, nei loro anni di convivenza…
“E tu…? E tu cerchi guai, guardia?” Avanzò sotto l’arco del
portale, fissandolo con un’espressione che avrebbe spinto lui stesso a
prendersi a pugni, se si fosse visto in uno specchio… “Lo sai che cosa faccio
di solito a chi mi parla con quel tono?”
Il soldato lo fissò stupito, come se non si fosse aspettato
quel genere di risposta. Quindi scambiò un’occhiata divertita con i suoi
compagni. “Oh, oh, o qui abbiamo un completo idiota, o qualcuno che ha bevuto
un bicchiere di troppo…”
Gourry colse la palla al balzo. “Ti stai prendendo gioco di
me, per caso???” Estrasse la spada, con un movimento estremamente coreografico.
Avanzò, fingendo un’andatura barcollante, e senza prendersi la briga di
assumere alcuna posizione di guardia. La guardia non poteva non notarlo. E
certo il suo aspetto trascurato non faceva che contribuire all’impressione che
fosse solo un povero sbandato…
Il soldato, infatti, scoppiò a ridere, per nulla intimorito.
“Perché, se mi prendessi gioco di te che faresti?”
“Ti taglierei la tua lingua inutile, ecco cosa farei!!!”
Gourry gridò, e caricò.
La guardia, com’era prevedibile lo bloccò e lo disarmò con
tutta facilità. Gourry cadde al suolo, con enfasi tale che difficilmente,
venendo abbattuto sul serio, avrebbe potuto fare di meglio. La sua spada volò
lontano, oltre l’arco del portale.
Il soldato immediatamente troneggiò su di lui. “Questa sera
abbiamo ben altri problemi da risolvere, che stranieri ubriachi. Una notte in
cella ti rinfrescherà le idee, mercenario…” Gourry notò con la coda dell’occhio
un altro soldato giungere dalla città. Si fermò per un momento a parlare con le
altre guardie, in una lingua dai suoni strani. Il soldato che lo sovrastava
annuì, fece un cenno con la testa in sua direzione, e disse qualcosa, con un
mezzo sorriso sulle labbra. L’altro soldato annuì a sua volta, e schizzò via,
lungo le mura, verso una delle torrette da cui i soldati vegliavano sul deserto
circostante.
“Rettifico. Problema risolto. Ma questo non cambia la
situazione in cui ti trovi. Feccia straniera.” Gli sferrò un calcio nello
stomaco, a cui Gourry si piegò semplicemente senza reagire. Non era niente a
confronto dei colpi che aveva ricevuto quando era sotto le mani di Ainos, e il
soldato dovette semplicemente pensare che era troppo ubriaco persino per
avvertire il dolore…
“Ed ora muoviti, non ho intenzione di trasportarti fino a
palazzo.” Una spada venne puntata alla sua gola, e Gourry si rialzò,
barcollando.
Un altro soldato si fece avanti, domandando qualcosa al suo
superiore, ed indicando con un cenno del capo la spada di Gourry, ancora al
suolo. Colui che aveva abbattuto Gourry rispose con un ordine secco.
“E’ meglio che non tocchiate la spada…” Avvertì Gourry, in
tono cupo.
Il soldato scoppiò a ridere. “Perché, che hai intenzione di
fare in proposito?”
Gourry non ebbe il tempo di rispondere. L’urlo della guardia
che aveva raccolto la spada risuonò, e parve frantumare la notte. I soldati
immediatamente corsero a soccorrere il loro compagno, riverso al suolo, la
testa fra le mani. L’arma era stata nuovamente scagliata lontano.
“Appunto…” Mormorò Gourry, con un lieve sospiro…
Il soldato che lo sorvegliava tornò a guardarlo, e gli
premette la punta della spada contro la carne. “Che diavolo gli è successo???”
Gridò, fissandolo con occhi iniettati d’ira.
“Quella spada è fatta per me.” Spiegò Gourry, con calma. “Si
tratta di magia.”
Il soldato lo fissò dritto negli occhi, suo sguardo ora
sospettoso. “Cos’è, una delle diavolerie del nord?” Fissò l’arma, evidentemente
a disagio. “Ad ogni modo, al nostro signore potrebbe interessare.” Rifletté, in
tono più calmo. “D’accordo, raccoglila, e mettila nel tuo fodero. La porterai
tu, e quando saremo a palazzo spiegherai al nostro Gran Sacerdote di che si
tratta. Ma tieni le mani alte e non tentare scherzi, o ti squarcio quella tua
gola da feccia straniera, mi sono spiegato???” Gourry annuì, docile, e non fece
commenti all’insulto del soldato. Evidentemente, la sua recita dello sbandato
inoffensivo reggeva ancora. Raccolse l’arma, e se la affibbiò alla vita, come
faceva da quando ne era in possesso…
“Ed ora muoviti!” Il soldato lo spinse malamente avanti,
verso il castello. “Ne ho già abbastanza di te!”
Percorsero il tragitto in silenzio, accompagnati solo da
un’altra delle guardie che si trovavano ai portali. Quando giunsero in vista
delle mura, l’animo di Gourry era totalmente in preda all’agitazione. Lina.
Stava per rivedere Lina.
‘Dei, fate che stia bene. Che sia riuscita a proteggere se
stessa…’
“Di qua…” Entrati nelle mura, la guardia lo spinse malamente
fuori dal selciato che conduceva all’ingresso principale del palazzo, e lo
condusse verso un’entrata secondaria. “Alla feccia non è permesso percorrere
gli stessi corridoi del mio signore…”
Entrarono in una zona del palazzo assai spoglia, forse una
zona di servizio, in cui si muovevano i domestici. Si mossero per dedali
interminabili, attraversarono un cortile, e giunsero infine ad un lungo
corridoio, che terminava con una scala, che sprofondava nel sottosuolo. Gourry
venne spinto verso di essa, e la imboccò, con il cuore in gola.
‘Dei gradini. Solo pochi gradini.’
In fondo alla scala si apriva un piccolo atrio,
completamente spoglio, fatti salvo un tavolo e due sedie. Sulla sinistra si
schiudeva una stanza, probabilmente adibita alle guardie carcerarie.
Stranamente, in quel momento era vuota.
Il soldato fece un cenno con la testa verso la piccola sala,
e ordinò qualcosa, per Gourry incomprensibile, al proprio compagno. Il soldato
annuì, entrò nella sala, e ne uscì con un mazzo di chiavi fra le dita.
“Pare che dovremo pensare noi a sistemarti, feccia.” Lo
spinse avanti, verso l’ingresso alla zona delle celle. “Poggia la spada su quel
tavolo, ora. Poi manderò il Gran Sacerdote a scambiare due paroline con te…”
D’accordo. Era giunto il momento di mettere fine alla sua
piccola recita…
Il soldato non fece nemmeno in tempo ad accorgersene. Gourry
sfilò la spada dal fodero, in un lampo, e invece di appoggiarla al tavolo si
volse, e trafisse la guardia con tutta la violenza di cui era capace. L’altro
soldato fissò il suo compagno scivolare al suolo senza nemmeno emettere un
rantolo, inorridito e sorpreso. Quindi guardò Gourry negli occhi. Per un lungo
momento rimasero a guardarsi, in silenzio, senza muovere nemmeno un muscolo…
Quindi la guardia indietreggiò… e se la diede a gambe.
“E… ehi!” Gourry scattò in avanti, ma il soldato era già
schizzato via lungo la scala a chiocciola, e sparito alla sua vista.
‘Dannazione!’
Sicuramente era corso a dare l’allarme. Gourry considerò per
un momento l’ipotesi di inseguirlo, ma alla fine i suoi desideri vinsero sulla
strategia. Lo spadaccino si allontanò dalle scale, e corse verso le celle,
nuovamente col cuore in gola. Non poteva più aspettare. Era certo che una volta
ritrovata Lina sarebbero usciti da lì, grazie alla sua spada, o in qualsiasi
altro modo, ma ora ciò di cui aveva bisogno era tirarla fuori da quella cella,
e vedere che stava bene. Abbracciarla, e dirle che non avrebbe mai più permesso
che accadesse una cosa del genere.
Le celle si aprivano su un unico, lungo corridoio. Gourry lo
attraversò di corsa, voltandosi febbrilmente a scrutare le celle su entrambi i
lati, e chiamando Lina a gran voce.
Quando non udì risposta, iniziò a temere che ci fosse
qualcosa che non andava…
‘Forse sta dormendo. Forse è priva di sensi. E’ così. Deve
essere così.’
Ma ad ogni cella in cui non la vedeva, la sua paura e la sua
delusione aumentavano… e quando arrivò in fondo al corridoio, questi sentimenti
erano ormai mutati in disperazione…
‘No. No, no, no, non può non essere qui!’
Si volse e si guardò attorno, spaesato, stranito, senza la
più pallida idea di ciò avrebbe fatto. Non poteva crederci. Non poteva credere
che dopo tutta quella strada qualcosa fosse andato di nuovo storto. Si diresse
verso l’ingresso, incredulo, arrabbiato, deciso a ripercorrere le celle una per
una e trovarla, ovunque fosse nascosta nell’ombra.
Fu allora che i soldati fecero irruzione nella prigione.
“Fermo lì, mercenario! Che credevi di fare???” Gridò la
guardia che li guidava, rallentando la sua andatura, ed estraendo la spada.
“Avanti, posa quell’arma! Posala, e non verrai ucciso!”
Gourry li fissò, come se non li vedesse. La situazione
cominciava ad avere, per lui, contorni irreali. La sua percezione era come
ovattata…
“Dov’è…?” Ringhiò, semplicemente, in risposta alle parole
del soldato…
La guardia evidentemente non capì. “Di che diavolo stai
parlando?” Avanzò di un altro passo, puntando la spada verso di lui. “Ti ho
detto, posa quell’arma!”
Gourry non sentì nemmeno quello che aveva detto. Scattò in
avanti, la spada alzata, lo sguardo ossessionato. “Ti ho detto di dirmi dov’è
Lina!!!” La sua spada cozzò contro quella del soldato, che indietreggiò, di
riflesso, stupito da quella forza. “Dimmelo! Dove l’avete portata???”
La guardia forse non capì, forse fu impaurita dallo sguardo
di quello spadaccino, in cui leggeva una strana nota di lucida follia. Ma
certamente non ebbe il tempo di rispondere. Perché mentre Gourry pronunciava
quelle parole, l’arma dello spadaccino andava a piantarsi nella sua gola…
Gli altri soldati gli furono immediatamente addosso. Gourry
quasi non se ne accorse. Continuò a respingere i colpi meccanicamente,
lucidamente, senza più pronunciare una parola. La sua gola era secca per il
troppo gridare.
Quando altri quattro di loro furono caduti, le restanti
guardie indietreggiarono, esauste e spaventate, per tirare il fiato.
Osservarono con orrore lo spadaccino che avevano di fronte. Non ansimava per la
fatica della lotta. Manteneva la guardia, perfettamente riposato, e li fissava
con lo sguardo di un lucido assassino.
I soldati presero ad indietreggiare. Gourry li studiò,
aspettando una loro mossa. Si sentiva stranamente calmo, ora. La lotta con la
sua spada sembrava avere sedato la sua rabbia di poco prima. Forse poteva
abbattere anche le altre persone che aveva davanti, per sentirsi meglio. Poteva
tenerne in vita solo uno, per minacciarlo, e chiedergli dove si trovava Lina.
Forse invece ne sarebbero arrivati altri, e lo avrebbero
ucciso. Ma in quel momento, anche se ne aveva sempre avuto paura, anche se
avrebbe significato abbandonare definitivamente Lina, per qualche motivo la
morte non lo spaventava.
Stava per decidersi a caricare nuovamente, quando una voce,
rauca e sorpresa, risuonò nella sala. Una voce stranamente nota…
“Che diavolo sta succedendo qui…?”
I soldati si volsero a verificare a chi appartenesse,
esattamente quando Gourry sollevò lo sguardo verso la sua fonte. Ma nessuno fu
sorpreso quanto lo spadaccino della visione che si trovò davanti. Perché di
fronte a lui, nell’armatura chiara con le insegne verdi di Oberon, le cui
fattezze in quei mesi aveva ormai quasi scordato, si trovava la persona che
meno si sarebbe aspettato di incontrare in quel luogo.
Era da quando era arrivato in quella dannata città che non
faceva che ripeterselo. Aveva sperato di giungere dove si trovava Amelia, e
invece tutto ciò che aveva ottenuto erano vestiti pieni di sabbia e il malumore
di chi non ha la più pallida idea di cosa fare della propria esistenza…
‘Che diavolo mi è saltato in testa…? Accodarmi ad un
esercito, così, alla cieca…’
Se c’era una cosa di cui Zelgadiss amava vantarsi, erano il
suo buon senso e la sua razionalità. Ed ora solo perché si era trovato in un
tipo di situazione nuova per lui, e perché si era fatto prendere dalla foga di
ritrovare la principessa, si era precluso probabilmente ogni possibilità di
incontrarla, o di giungere a qualsiasi risultato nel suo viaggio, almeno in
tempi brevi. Se Lina lo avesse saputo, lo avrebbe preso in giro a non finire…
‘E ciò che è peggio è che la soluzione più saggia, per non
rendere ciò che ho fatto totalmente inutile e poter sperare ancora di avvicinarmi
ad Amelia, sarebbe attendere i comodi delle truppe e tornare indietro verso
Sailune con loro… e ciò significa che ci vorranno come minimo altri due mesi…
come se non avessi già sprecato un’infinità di tempo con questo dannato
viaggio…’
Zel si sollevò dall’acqua. Era ormai il tramonto, e con
tutti i suoi commilitoni a cena e i bagni deserti, Zel aveva potuto concedersi
il lusso di lavarsi… nessuno aveva ancora visto il suo corpo da chimera, e
nessuno avrebbe dovuto vederlo, se Zel davvero doveva trascorrere ancora tanto
tempo con loro… ma aveva bramato una vasca colma d’acqua sin da quando avevano
messo piede in città, quel giorno… gli pareva che la sabbia fosse penetrata in
ogni recesso dei suoi abiti…
Fece scorrere il panno che aveva recuperato nelle stanze dei
soldati sulla sua pelle di pietra, osservando l’acqua gocciolare veloce lungo
le sue dita, le braccia, e i muscoli del petto, come su una parete di roccia.
Non aveva pensato molto al suo corpo da chimera, in quei mesi, se non per
mascherarlo ai suoi compagni di viaggio. Era strano. Da tanti anni, da quando
era stato un diciottenne presuntuoso, ingannato dalla sua stessa volontà di
spiccare sugli altri più che dal suo bisnonno e maestro, da allora quello era
il suo primo pensiero al suo risveglio, e quando si coricava la sera… erano
tanti i motivi che gli facevano desiderare tanto ardentemente di trovare una
cura. Ormai, se doveva essere sincero, si era abituato al suo nuovo riflesso
nello specchio, per quanto ai più potesse apparire orribile, per quanto per lui
stesso inizialmente esso fosse stato shockante… però, se anche lui avesse
imparato ad accettarsi, se anche avesse accettato definitivamente il modo del
tutto particolare in cui il suo corpo reagiva e sentiva, il suo peso, i
differenti equilibri dei suoi movimenti, a cui ormai del resto si era abituato,
gli sarebbe stato difficile, per come stavano le cose, condurre una vita
normale. Zel apprezzava la forza che aveva acquisito. In questo, non era
cambiato rispetto a quando era un adolescente. Ma con il suo aspetto gli era
difficile instaurare un rapporto normale con le altre persone, gli era
difficile muoversi fra la gente, e trovava quasi ridicola l’idea di crearsi una
famiglia, tanto per cominciare. Non era nemmeno certo di poter avere dei figli,
nelle condizioni in cui era. In realtà era un’esigenza che nemmeno sentiva, al
momento. La sua vita gli pareva avviata in tutt’altra direzione, e non poteva
negarlo, questo non dipendeva solo dalla sua trasformazione. Era la sua indole,
punto e basta. Era un tipo solitario, Zel, certamente non era il più adatto a
rallegrare la compagnia in cui si trovava, e dubitava che col suo carattere
sarebbe stato capace di rendere qualcuno felice, al suo fianco. Dubitava di
essere in grado di lasciare cadere il suo egoismo, per occuparsi di dei figli.
Il punto, però, era che gli pareva che gli mancasse la possibilità di scegliere.
Se un giorno avesse desiderato un tipo di vita diverso, che cosa avrebbe fatto?
Avrebbe davvero avuto la possibilità di decidere della propria esistenza, o
doveva rassegnarsi a vivere come qualcuno di non perfettamente umano, qualcuno
per cui non tutte le opzioni erano aperte?
Pensava spesso a quel genere di cose, soprattutto da qualche
anno a quella parte… da quando non era più al servizio di Rezo, e Rodimus e
Zorf erano morti… in precedenza, in fondo, non era mai stato davvero solo, non
si era mai davvero posto il problema del suo futuro… Per quanto ora odiasse
Rezo, lui e la sua cerchia di studiosi e ricercatori erano stati quanto di più
vicino ad una famiglia egli avesse mai avuto… non ricordava nemmeno i suoi
genitori, era troppo piccolo quando erano morti… e se ripensava alla sua
infanzia tutto ciò che gli veniva in mente erano il Monaco Rosso, la sua tenuta
e i suoi servitori, il suo laboratorio che odorava di erbe, ed Eris, la giovane
apprendista che lo seguiva con adorazione… e la sua vita in quell’ambiente… i
suoi studi, le sue disquisizioni di magia insieme a Zorf, i suoi innumerevoli
viaggi di addestramento al fianco del bisnonno, il falcone con cui talvolta
cacciava insieme a Rodimus, le sue infatuazioni giovanili… era stata una vita
normale, in fondo, con l’unica macchia di quella adolescenza trascorsa cercando
di accrescere il suo potere, per non vivere per sempre all’ombra del suo
maestro… quella era stata la sua casa, e per quanto bizzarri i suoi anni
dell’infanzia avessero potuto essere rispetto a quelli di altri bambini, non
poteva dire di essere stato infelice, allora… almeno prima che Rezo cominciasse
a cambiare, forse per il frammento di Shabranigdu contenuto in lui, forse solo
per la sua ossessione, che lo aveva fatto incentrare unicamente su se stesso,
facendo sì che non si accorgesse delle persone che al suo fianco avrebbero
potuto salvarlo dalla follia in cui era caduto, o a volte addirittura
trascinandovele, come era accaduto con Eris … ed era ironico, ma… per quanto
Zel rimproverasse Rezo, a volte, in un passato fortunatamente ormai quasi del
tutto superato, aveva avuto l’impressione che la natura delle loro ossessioni
fosse addirittura simile… che Rezo avesse voluto trasmettergli il suo stesso
fardello…
Nonostante l’amarezza che lo attanagliava quando si perdeva
nei ricordi, a volte a Zel capitava di rimpiangere il senso di stabilità che
aveva vissuto in quegli anni… da tempo trascorreva la maggior parte del suo
tempo da solo, e per quanto sentisse di avere bisogno di momenti di solitudine,
a volte essa diventava un peso difficile da portare… ogni tanto, nelle notti
fredde sulla strada, si trovava a pensare che gli mancavano il chiacchierare
ininterrotto di Lina e Gourry, e l’allegria instancabile di Amelia… a volte era
piacevole pensare di avere a fianco delle persone che non lo avrebbero
abbandonato, persone che lo accettavano semplicemente per quello che era, anzi,
che lo apprezzavano come tale, senza porsi e porgli domande… persone che non
sarebbero mai sparite dalla sua vita. Questo gli dava… speranza sul suo futuro,
un tipo di speranza che prima di incontrarli aveva trovato solo nel pensiero
che prima o poi, forse, avrebbe trovato una cura… Per questo, ora che doveva
cercare di salvare quelle persone, il pensiero della cura passava in secondo
piano. Per questo quando Amelia, qualche mese prima, gli aveva consegnato il
suo braccialetto, e gli aveva chiesto di tenersi in contatto con lei, era
stato… felice. Semplicemente, contento della cosa. Si era reso conto che in una
notte fredda, chiacchierare con una persona amica lo riscaldava più di
qualsiasi fuoco potesse accendere. E a Zel piaceva la compagnia di Amelia… era
affezionato a Lina e Gourry, la loro compagnia lo rallegrava, e stimava le loro
conoscenze e capacità in combattimento più di quanto mai avrebbe ammesso di
fronte a loro… però, anche se non sentiva Amelia intellettualmente vicina
quanto Lina, o non aveva instaurato con lei quella forma di scherzoso
cameratismo che lo legava a Gourry, la principessa aveva qualcosa di
particolare, una purezza d’animo ed un’allegria che lo mettevano di buon umore.
Sapeva che per la principessa c’era qualcosa di più… ormai da un anno a quella
parte, si era reso conto che provava qualcosa di più di una infatuazione per
lui. Per questo, la sua proposta di fermarsi a Sailune, subito prima della
sconfitta di Darkstar, non era giunta poi così inaspettata… E allora, la cura
non era stata l’unico motivo per cui aveva rifiutato… gli piaceva Amelia, e non
gli dispiacevano le implicazioni che avrebbe potuto avere il suo fermarsi a
Sailune… il calore di una casa, il calore derivato dall’avere qualcuno di TANTO
vicino a fianco, erano una tentazione con la quale la prospettiva di un lungo
viaggio solitario difficilmente avrebbe potuto competere… e nemmeno fermarsi
avrebbe significato necessariamente abbandonare definitivamente la sua ricerca…
ma Zel si rendeva anche conto che le aspettative della principessa erano forse
più grandi di quelle che lui avrebbe mai potuto garantire di soddisfare. Zel
ricordava quello che Amelia gli aveva detto al matrimonio di Martina e
Zangluss, il suo sogno di un matrimonio felice… era un po’ ingenua, forse, ma Zel
la apprezzava anche per questo, e per quanto di fronte a lei o agli altri
potesse darsi arie di uomo di mondo, e bollarli come inutili sentimentalismi,
rispettava i suoi desideri. Erano più che legittimi, come era legittimo che
Amelia, come chiunque altro, si impegnasse per la propria felicità, nella
direzione da cui riteneva essa sarebbe giunta. Il punto era che non voleva
essere lui il fautore dell’infrangersi di questo sogno. E Zel non partiva certo
con lo stesso entusiasmo riguardo all’idea di una relazione per la vita. Non
era certo di desiderare un rapporto del genere, almeno non in quel momento
della sua esistenza… come non era certo che si sarebbe mai abituato alle
pressioni, alle cerimonie e alle incombenze della vita a palazzo, o anche solo
di desiderare realmente abbandonare le sue abitudini per farlo… Del resto, poi,
chi gli diceva che fosse anche solo possibile facilmente, una cosa del genere…?
Amelia non era la diretta erede al trono, in effetti, e dunque doveva avere più
libertà di sua sorella maggiore (che, a quanto aveva capito, tornava
periodicamente a casa, e non aveva formalmente rinunciato al trono…) Nonostante
questo, perché il popolo di Sailune avrebbe dovuto accettare come marito della
principessa un mostro, che forse non avrebbe garantito nemmeno una successione?
Sapeva che Philionel non avrebbe fatto problemi, a patto che Amelia fosse
felice, ma sinceramente… aveva davvero voglia di essere additato come la nuova
attrazione di Sailune, come il nuovo oggetto di pettegolezzo delle dame di
corte, e di riprovazione da parte dei signori sottomessi a Philionel? Aveva
voglia di attirarsi addosso un ulteriore carico di difficoltà, oltre a quelle
già presenti nella sua vita?
Forse non valeva la pena di sollevare tanta polvere. Non si
diceva forse che l’amore dovrebbe recare gioia? Zel poteva essere d’accordo, ma
non era tanto ingenuo da pensare che, come tanti romanzi cavallereschi
sbandieravano, esso facesse superare ogni cosa. L’amore forse faceva sorvolare
sulle difficoltà per un periodo, certo…finché non si aveva sguardo che per l’altra persona, finché si era
disposti a tutto pur di restarle accanto… Ma i sentimenti non rimanevano per
sempre così intensi. Dopo un po’, la loro forza dirompente si affievoliva. E
allora, se si era fortunati, se si aveva costruito un buon rapporto, rimanevano
l’intimità, e la tenerezza. Altrimenti, avanzava l’indifferenza. E se c’erano
dei problemi alla radice, quelli tornavano strisciando, al primo periodo di
difficoltà, al primo periodo di tensione, per sbatterti in faccia con tutta la
loro forza. E allora, spenta la passione, restava solo l’amarezza.
Già. Glielo dicevano tutti che razionalizzava troppo. Ma
forse era davvero meglio se tutto rimaneva com’era…
Per questo non aveva voluto incoraggiare Amelia, fermandosi
presso di lei. La principessa avrebbe capito, e si sarebbe innamorata di
qualcuno in grado di renderla felice. Del resto, Zel non era bravo a dire frasi
dolci, le manifestazioni d’affetto e i sentimentalismi alla lunga lo
stancavano, era cupo e scontroso di carattere. Amelia poteva essere affascinata
da lui ora, ma era certo che alla lunga anche lei si sarebbe stancata del suo
carattere, e avrebbe preferito avere a fianco un uomo gentile e dolce. Ma Zel
non sarebbe cambiato. Era egoista, forse, ma non voleva cambiare per qualcun
altro, e non gli sembrava nemmeno che la cosa avesse grande senso. In fondo, ci
sarebbero state molte meno complicazioni se le cose fossero rimaste
semplicemente come stavano.
Certo, non era sempre semplice, per lui. A volte… a volte
l’istinto sembrava condurlo in direzione diversa da quella che aveva deciso di
intraprendere… Era da prima che la sua maledizione lo colpisse che non era
legato ad una donna, e Amelia… bé, gli piaceva. Era inutile negare questo. gli
piaceva, ed era evidentemente ricambiato. Forse aveva iniziato a considerarla
in modo diverso proprio per il suo interesse e la sua sollecitudine nei suoi
confronti… Se si fosse trattato di qualcun altro, di una donna che non
conosceva bene, o di cui non gli importava,forse si sarebbe affidato a quell’istinto, senza farsi troppi problemi
circa le conseguenze… ma per quanto sapesse perfettamente agire da bastardo, se
era necessario, era affezionato ad Amelia, e non la avrebbe illusa per poi
andarsene da Sailune quando gli faceva comodo, come molto probabilmente la sua
indole lo avrebbe spinto a fare…
Zel sospirò, lasciando cadere il panno, e recuperando le
vesti che aveva abbandonato vicino alla vasca. Non aveva senso pensare a quel
genere di cose, in quel momento. Non era detto che rivedesse Amelia. Né Lina,
né Gourry. Non era nemmeno detto che arrivasse vivo alla fine di tutta quella
faccenda…
Si rivestì, velocemente. Aveva perso un bel po’ di tempo in
quel bagno, e temeva che qualcuno arrivasse all’improvviso. Uscì dalla sala e
si avviò per i corridoi, cercando di ricordare da dove era venuto. Non aveva
voglia di cenare, quella sera, voleva solo infilarsi nel suo giaciglio e
dormire. Zel avvertiva la stanchezza molto meno dei normali esseri umani, ma la
marcia serrata nel deserto aveva finito per estenuare anche lui…
Giunse ad una svolta nel corridoio, incerto su dove
dirigersi… a destra, gli pareva di ricordare, si trovava la sala delle udienze…
forse se fosse giunto lì avrebbe trovato qualche servitore in grado di
indicargli la strada verso gli appartamenti dei soldati e…
“CHE COSA CREDEVI DI FARE??? CREDEVI DAVVERO DI FARCELA???”
Zelgadiss sussultò. Quel grido proveniva proprio dalla sala
delle udienze, e la voce gli era familiare… non ne era certo, ma gli pareva
quella del signore della città, che gli era stato presentato, come agli altri
soldati, al suo arrivo nella capitale…
Zel si avvicinò ai portali, e vi si appoggiò, cercando di
capire cosa stesse succedendo. All’interno sembrava essere in atto un litigio concitato…
“CIO’ CHE MI AFFASCINAVA DI TE ERA ANCHE IL TUO CARATTERE,
MA ORA COMINCIO A STANCARMI, MOCCIOSA!!! IO TI TRATTO CON TUTTI I RIGUARDI, E
TU MI RIPAGHI A QUESTO MODO???”
“E’… tutto compreso nel pacchetto, Uregh…” Rispose una voce
stentata, che somigliava più ad un rantolo di dolore… “Prendi il carattere,
accetti le sue complicazioni… non ti aveva avvertito… l’agenzia da cui mi ha
comprata…?”
Zelgadiss sussultò, e gli parve che il cuore gli balzasse in
gola. Non… non poteva essere… quel tono di voce…
“CREDI DI ESSERE SPIRITOSA??? ORA TI FACCIO PASSARE IO LA
VOGLIA DI SCHERZARE!!!”
Zel aprì la porta, e si intrufolò dentro. Una fila di teste
si interponeva fra lui e il centro della sala… guardie di Uregh, servitori, e
soldati di Oberon, che semplicemente si godevano lo spettacolo… Zel scivolò fra
di loro, cercando di guadagnare una migliore visuale, la mente in
fibrillazione. Non sapeva se augurarsi che l’impressione che aveva avuto fosse
davvero esatta…
Quando la vide, il fiato gli si strozzò in gola. Non sapeva
cosa le fosse successo in quell’arco di tempo, ma sicuramente non era
l’immagine di lei che gli era rimasta impressa qualche mese prima, quando si
erano salutati…
Lina era inginocchiata al suolo, l’aria… spezzata. Aveva le
mani legate dietro la schiena, e un grosso livido troneggiava sul suo volto,
probabilmente il frutto di uno schiaffo ben piazzato. Stava fissando Uregh
negli occhi, come a sfidarlo, ma Zelgadiss era certo di leggere in quello
sguardo una sotterranea vena di terrore… no, non sapeva cosa le era successo in
quei mesi… ed improvvisamente non era nemmeno certo di volerlo conoscere…
‘Che cosa ci fa qui? Com’è possibile? Quando è stata
catturata?’
“Quello di ora sarà un… avvertimento…” Il tono di voce del
reggente si era fatto basso e cupo, ora… “… Ma ti assicuro che è l’ultima volta
che sarò tanto gentile con te… mi sono spiegato?”
Lina lo guardò, ma non rispose nulla. Zelgadiss notò che il
suo sguardo vagava verso una guardia a fianco di Uregh, che reggeva fra le mani
una frusta…
Un terribile presentimento di quanto stava per accadere lo
colpì, e a quel pensiero un fremito di rabbia e di orrore lo attraversò. No,
non questo, non a Lina. Non poteva pensare che l’amica che aveva sempre
ammirato per la sua ironia e per la sua forza, per il suo spirito libero ed
indipendente, fosse costretta a piegarsi a quel dolore, e a quella umiliazione.
Non sapeva come potesse trovarsi lì, non sapeva cosa mai avessero potuto fare
per renderla inoffensiva, ma non poteva stare con le mani in mano mentre le
facevano questo!
Osservò mentre due uomini la sollevavano di peso,
conducendola verso l’ingresso vicino al quale si trovava, evidentemente con
l’intento di condurla al cortile all’esterno. Lina non dava nemmeno l’idea di
essere pienamente cosciente, il suo sguardo era annebbiato, non capiva se per
le percosse che aveva subito, o perché le avevano somministrato qualche strana
sostanza per impedirle di reagire… Quando gli passò a fianco, i loro sguardi si
incontrarono per un momento, e Zel ebbe l’impressione che gli occhi della maga
si allargassero lievemente per la sorpresa, ma per il resto Lina non ebbe
reazioni… Venne trascinata fuori, e Zel la seguì con lo sguardo, per un momento
tentato di mandare al diavolo il suo travestimento, e cercare di portarla via
di lì servendosi della magia. Scacciò velocemente quell’idea, però. Quel luogo
letteralmente brulicava di soldati, avrebbe rischiato solo di farsi uccidere,
senza ottenere nulla. Lina non aveva certo bisogno di un colpo di testa, che
probabilmente la avrebbe messa ancora di più nei guai…
‘Ma dove diavolo è Gourry?’
Zelgadiss aveva un pessimo presentimento a riguardo. Sapeva
che lo spadaccino, se avesse potuto, in quel momento si sarebbe trovato proprio
lì, ad insegnare a quelle guardie cosa pensava di chi cercava di toccare Lina…
li aveva visti forzatamente separati, una volta, niente di meno che dal Signore
di tutti i demoni, e ciò a cui aveva assistito in quella occasione gli aveva
fatto concludere che ben poche dovevano essere le cose al mondo in grado di far
desistere lo spadaccino dal restare al fianco della maga…
‘Non può essere morto. Non questo.’
Zel ricordava il vuoto che aveva provato quando aveva
creduto che Lina e Gourry fossero scomparsi per sempre nel Mare del Caos. Non
voleva affrontare di nuovo una cosa del genere. Che senso aveva legarsi a
qualcuno, se quel qualcuno ad ogni momento poteva esserti strappato via così
crudelmente? Non voleva perdere di nuovo i suoi migliori amici, come era
accaduto con Rodimus e Zorf…
Osservò con impotenza Lina, che veniva fatta malamente
inginocchiare al centro del cortile. Quando la frusta calò la prima volta,
Zelgadiss dovette distogliere lo sguardo. La rabbia e la frustrazione gli
attanagliavano lo stomaco, e aveva voglia di vomitare. Era un’arma codarda, la
frusta. Non dava la possibilità a chi la subiva di difendersi. Calò più e
volte, e a contrapporsi ad essa c’erano solo gli incitamenti degli spettatori,
ed i gemiti strozzati di Lina.
Zelgadiss tenne basso lo sguardo, incapace di guardare. E
quando la maga si accasciò al suolo, senza nemmeno emettere un grido, decise
che non poteva resistere in quel luogo un minuto di più…
Schizzò lungo il corridoio, in una direzione imprecisata, la
mente improvvisamente svuotata di qualsiasi appiglio alla razionalità. Vagò per
diversi minuti in quelle condizioni, cercando inutilmente di riguadagnare
lucidità. Che poteva fare? Che poteva fare, per aiutarla? Doveva pensare a
qualcosa, perché se fosse rimasto in quello stato sarebbe impazzito. Aveva
osservato Amelia mentre veniva portata via da quel gigante, e ora questo. A che
diavolo serviva la forza che aveva acquisito per mano di Rezo, se quando
realmente gli serviva non era in grado di fare nulla???
Si fermò a ridosso di una parete, ansimante. Che doveva
fare? Ormai era da escludere che proseguisse il viaggio con i soldati di
Oberon… lui e Lina avrebbero dovuto in qualche modo lasciare quel luogo, e…
‘E cosa? Non sapevo che fare nemmeno da solo, figuriamoci
dovendo salvare lei…’
Si appoggiò alla parete, cercando di riflettere. Doveva
riuscire a parlarle. A guarirla con la magia, anche. Così avrebbe capito cosa
le era successo, e avrebbero potuto elaborare un piano…
Si guardò attorno. Probabilmente, avrebbero presto portato
Lina alle prigioni. Doveva recarsi lì, con una qualche scusa, e convincere le
guardie a parlare con lei… poteva dire… che voleva interrogarla sulla sua fuga,
o qualcosa del genere… sì. Sì, avrebbe agito così.
Cominciò a correre nelcorridoio, bussando ad ogni porta. Quell’ala del palazzo era piuttosto
spoglia, probabilmente una zona adibita ai servitori, che certamente ancora non
si erano ritirati, dato che gli abitanti del palazzo erano del tutto svegli.
Tuttavia, Zel aveva bisogno di trovare qualcuno che gli indicasse la strada
verso le prigioni… sarebbe sceso lì, in attesa. Forse sarebbe stato più saggio
attendere fino alla mattina successiva, ma per qualche motivo un senso di
urgenza gli attanagliava la mente…
Alla fine, riuscì ad incrociare uno dei servitori addetti
alla accensione delle lanterne nei corridoi, che lo fissò un po’ stralunato,
stupito di trovare un soldato in quell’area. Gli indicò la strada con fare
perplesso, e Zel quasi non udì la risposta, preso dall’urgenza di seguire le
sue indicazioni. Partì a tutta velocità in direzione opposta a quella da cui
era venuto, reggendosi con le mani il cappuccio del mantello, perché non gli
cadesse rivelando il suo volto. Quando raggiunse la porta che conduceva alle
prigioni, nonostante la sua resistenza, superiore a quella dei comuni esseri
umani, aveva il fiato corto…
Scese i gradini della scala a chiocciola, cercando di
moderare il passo e calmarsi. Era già sospettoso per lui presentarsi a
quell’ora, figurarsi se fosse apparso trafelato come si era mostrato di fronte
al servitore… Giunse alla saletta d’accesso alle celle, schiarendosi la gola
per richiamare l’attenzione delle guardie presenti.
Peccato che la stanza fosse avvolta in un buio quasi
completo, le candele spente, e completamente vuota.
‘Eh?’
Zelgadiss batté le palpebre, perplesso. Che strano… era
convinto che fosse sempre presente qualcuno di guardia… Avanzò di un passo, e
fu allora che si rese conto dei rumori che provenivano da oltre la porta che lo
fronteggiava, dove dovevano trovarsi le celle. Clangori metallici, come di
combattimento, resi soffusi dalla spessa parete che divideva i due ambienti…
‘Ma cosa?’
Fece per avanzare, ma incespicò sui suoi passi, e per poco
non finì al suolo. Lanciò uno sguardo ai suoi piedi, e si trovò ad arretrare,
istintivamente, lievemente inorridito.
Il cadavere di una guardia. Nella luce quasi inesistente
della stanza, non se n’era accorto.
Lo aggirò, con cautela, e avanzò stando attento a dove
metteva i piedi. Giunse alla porta, e la attirò a sé, sporgendosi per osservare
la scena.
Di fronte a lui, un combattimento era effettivamente in
corso. Cinque guardie erano al suolo, e altre tre stavano praticamente a
ridosso della porta, evidentemente sulla difensiva rispetto al loro avversario…
ma fu proprio a vista di quest’ultimo a stupire Zelgadiss… perché l’uomo
apparentemente ridotto ad uno straccio, ma che sembrava incutere tanto timore
ai soldati che fronteggiava, era niente di meno che…
‘Gourry!!!’
Era Gourry, ma… non sembrava Gourry. Era in condizioni
orribili, tanto per cominciare, sembrava che viaggiasse da giorni senza curarsi
del suo aspetto… e poi, il suo sguardo… Zel non capiva esattamente cosa ci
fosse che non andava, in esso… ma era diverso da quello che normalmente vestiva
in combattimento. Di solito Gourry appariva serio e concentrato mentre lottava,
certo, ma… ora sembrava perso in qualche dimensione lontana, come se il suo
corpo agisse indipendentemente dai suoi comandi. E di certo appariva
minaccioso. Zel si sentiva stupido a pensare questo, ma… di fronte a lui, aveva
l’impressione di trovarsi di fronte ad un lucido assassino…
“Che diavolo sta succedendo qui…?”
Aveva solo intenzione di pensarlo, ma finì per sfuggirgli
dalle labbra. Immediatamente, tre teste di soldato si volsero verso di lui, e
anche gli occhi dello spadaccino si levarono per osservarlo. Zel ebbe un
brivido. Lo sguardo di Gourry era come mutato per un momento, ma lo spadaccino
non aveva avuto altre reazioni… Zelgadiss si chiese se lo avesse riconosciuto…
“Indietro!” Gli gridò una guardia. “Quest’uomo è pericoloso!
Si è fatto portare fino a qui, ma ha già ucciso sei dei nostri uomini!Non abbiamo bisogno di un dannato soldato di
Oberon fra i piedi!”
Zel pensò velocemente a cosa replicare. “Quel prigioniero è
mio!” Gli uscì dalle labbra, prima ancora che potesse formulare un piano
esatto. “Sono mesi che il mio signore lo cerca. Si tratta del compagno di Lina
Inverse. Mi stupisce che nessuno dei miei commilitoni si sia fatto avanti per
reclamarlo come ostaggio prima!”
Zel non aveva capito esattamente da quanto Gourry fosse lì,
né quanto le guardie sapessero di lui, ma decise di rimanere sul vago. Pregò
solo che Gourry riconoscesse la sua voce, e lo assecondasse in quella finzione…
Una delle guardie gli rivolse una breve occhiata. “E’
arrivato qui solo stanotte!” Gridò, con fare isterico. “Davvero è di vostra
competenza???”
Zel annuì. “Sì.” Rivolse uno sguardo a Gourry. “E lui sa che
noi sappiamo come batterlo.” Lo spadaccino rispose allo sguardo, immobile. Zel
non era certo che avesse capito, ma il fatto che si fosse fermato gli dava
buone speranze…
“Bé, allora tienitelo, il tuo dannato prigioniero!” La
guardia arretrò, e gli altri due soldati lo imitarono, dopo essersi scambiati
solo una breve occhiata. Zel dovette trattenersi dal sorridere. Non c’era
dubbio che Gourry dovesse avergli messo una bella paura, addosso…
Estrasse la spada, e si interpose fra loro e Gourry. “Ci
penso io a sistemarlo. Due di voi aspettino fuori, ho qualche trucchetto
pericoloso per fermare questo tizio, qui mi sareste solo fra i piedi. Ma
impeditegli di scappare, nel caso qualcosa vada storto.” Lanciò loro una breve
occhiata. “Uno invece vada a chiamare il mio capitano.” Sorrise. “Gli dica che
gli ho trovato il compagno di Lina Inverse, e che è impacchettato in una cella,
pronto per lui.”
“Noi non prendiamo ordini da te, soldato!!!” Sbottò una
delle guardie.
Zel gli lanciò un’occhiata gelida, prima di tornare a
fissare Gourry. “Come volete. Se preferite vi lascerò con lui… e andrò io a
fare rapporto al VOSTRO signore sulla vostra precoce dipartita…”
Le guardie, alle sue spalle, si ammutolirono. Zelgadiss,
stavolta, non trattenne il sorriso.
“Al diavolo!” Imprecò la stessa guardia che aveva parlato in
precedenza. “Ti condurremo il tuo dannato capitano!”
Le tre guardie uscirono di corsa, e Zel si fece indietro,
per chiudere la porta alle loro spalle. Internamente, emise un sospiro di
sollievo.
Si volse, ed avanzò verso Gourry, che si trovava al centro
del lungo corridoio. “E’ una fortuna che ci siamo intesi subito.” Disse,
abbassando la spada. “Se tu avessi detto qualcosa di sbagliato non avrei saputo
come…”
Non ebbe il tempo di finire. Gourry caricò con la spada, con
una violenza inaudita.
‘Che diavolo???’
Zel parò a fatica, e si trovò premuto contro la parete, il
sudore che improvvisamente gli imperlava la fronte. Non poteva essere ferito da
spade normali, ma… aveva avuto paura. All’attacco di Gourry, aveva avuto paura
di morire. Guardò lo spadaccino negli occhi. Il lucido slancio alla lotta di
poco prima, aveva lasciato spazio ad uno sguardo in cui rabbia, preoccupazione
e confusione si univano in un calderone di sentimenti che a Zel parve più che
pericoloso. Non sapeva cosa fosse successo in quei mesi a Gourry, ma era chiaro
che qualunque cosa fosse, gli aveva portato i nervi a fior di pelle.
‘O c’è qualcosa di più?’
Zel non seppe il perché dell’insorgere di quel pensiero, ma
lo scacciò velocemente. Gourry era stanco, nervoso, e preoccupato per Lina,
evidentemente. Lo aveva visto disperato altre volte, per la maga. Doveva
cercare di farlo ragionare.
“Gourry!” Rantolò, mettendo tutta la forza che aveva nel
tentativo di spingere indietro la sua spada. “Gourry, sono io! Sono Zel!”
Con sua sorpresa, Gourry riuscì a strappargli l’arma, e a
mandarla al suolo. Non lo colpì, però. Forse preso dalla rabbia, anche lui
lasciò cadere la sua spada, e gli strinse le dita attorno al collo. “Lo so
benissimo chi sei!!!” Ringhiò. “Come hai potuto farci questo??? COME? Hai
tradito Lina, hai tradito Amelia, hai tradito me! Bastardo!!!!” Quando pensava
che lo avrebbe strozzato, lo scagliò al suolo, fra gli incitamenti dei
prigionieri che li circondavano. Zel poté solo boccheggiare, incapace di
rispondere, finché Gourry non fu nuovamente sopra di lui. Lo spadaccino aveva
recuperato la spada, e ora la stava puntando contro il suo collo. Zel sussultò.
Gourry non era tipo da uccidere a sangue freddo, non era nemmeno tipo da cedere
alla rabbia e non lasciare al suo interlocutore la possibilità di una
spiegazione… ma Zel vide il suo sguardo, e capì che in quel momento nessuna
delle restrizioni che normalmente lo spadaccino si poneva aveva davvero valore
per lui…
“Aspetta!” Gridò, sapendo che quanto stava per dire era ciò
che più aveva probabilità di salvarlo. “Aspetta, io posso aiutarti a ritrovare
Lina!!!”
A quelle parole, qualcosa si accese nello sguardo dello
spadaccino. La pressione della sua spada sul collo di Zel diminuì. “Dov’è???”
Gridò, con rabbia. Zel pregò che alle guardie all’esterno non venisse in mente
di entrare, con tutto quel baccano…
“Ascoltami, Gourry!” Cercò di spiegare. “Io non vi ho
traditi! Il mio è solo un travestimento! Sono venuto qui per cercare di aiutare
Amelia!” Si rese conto che la sua voce aveva assunto una punta di isteria.
Gourry non parve farci caso.
“Dov’è???” Ripeté, tornando a premere la spada con più
forza, e dando l’impressione di non avere udito assolutamente nulla di quanto
la chimera aveva detto. Zel avvertì un rivolo di sangue scendergli lungo al
collo, e capì che, ovunque l’avesse presa, quella spada ERA effettivamente in grado
di ferirlo.
Certo non un’informazione che migliorava il suo umore in
quel momento…
“P… presto verrà portata qui!” Si affrettò a rispondere.
“Non lo so perché tardi tanto, forse le stanno curando le ferite per evitare
che si infettino, ma…”
“Le ferite??? Lina è ferita???” Lo sguardo di Gourry si fece
terreo per la preoccupazione. E Zel si disprezzò per questo, ma capì che doveva
approfittare di quel momento di vulnerabilità per cercare di convincerlo a
lasciarlo andare…
“E stata frustata!” Rispose, senza pietà per la
preoccupazione dello spadaccino. “E quando arriverà qui starà male… molto male…
Ascoltami, Gourry, io voglio aiutarla quanto te! Tu non puoi portarla via di
qui da solo, ma se assecondi il mio piano possiamo farcela! Non permettere alla
tua rabbia, ora, di accecarti, o non potrai aiutarla, e Lina dovrà soffrire
ancora!”
Gourry lo fissò con sguardo vacuo, tanto che sulle prime Zel
pensò che non avesse capito. “Piano?” Domandò tuttavia, fissandolo con uno
sguardo pieno di sospetto.“Quale piano?”
A Zelgadiss non piacque, quello sguardo.‘Gourry, che di
solito capisce così bene le vere intenzioni delle persone…’
Scosse la testa. Non era il momento di pensare a cose del
genere. “Il capitano di Oberon sarà qui fra poco…” Rispose, con urgenza “Dobbiamo
sistemare quei due là fuori prima che arrivi, e poi pensare a lui! Ma senza
ucciderlo, mi hai capito? Abbiamo bisogno di lui!” Portò la mano al braccio con
cui reggeva la spada e lo strinse, allontanandolo dal proprio collo. “Fidati di
me!”
Gourry scrollò la sua mano, lo sguardo ancora incerto.
“Perché dovrei fidarmi? Prima sembravi perfettamente sincero, anche con quelle
guardie… Chi mi dice che non sia un trucco?”
Zel sospirò, esasperato. “Ricordi cosa dice sempre Lina?
‘Prima di ingannare i tuoi nemici, devi sapere ingannare i tuoi amici!’”
Gourry lo fissò, il suo volto nuovamente pallido, alla
menzione di Lina. Tuttavia, il pensiero della maga parve placarlo. Continuò a
guardarlo per qualche istante… quindi allontanò la spada. “Lina… mi ha provocato
più di un capello bianco… per questo suo motto…”
Zel sospirò, mentre il sollievo lo invadeva. Si appoggiò per
un momento al pavimento freddo, attendendo che il suo respiro tornasse
regolare… “Bé… ora il suo motto ne ha provocato qualcuno anche a me…” Replicò,
con tono più duro di quanto non avesse voluto.
Gourry guardò lui, e poi fissò per un momento la sua spada.
“Scusa… scusami, Zel.” Disse semplicemente, in tono incerto. “Io… non so cosa
mi sia preso. Dovrei saperlo che non sei un traditore…”
Zel scosse la mano in segno di diniego. “Lascia stare.
Capisco… che sei nervoso per Lina, Gourry. Non parliamone più.” Lo spadaccino
annuì, e gli porse la mano per rialzarsi. Zel la accettò, incerto sulla
capacità delle sue gambe di reggerlo ancora in piedi…
“Davvero… hai visto Lina?” Chiese Gourry, febbrilmente.
“Lei… lei è davvero stata…” Lo spadaccino non terminò la frase.
“Non… possiamo parlarne ora.” Replicò Zel. Solo in parte per
la mancanza di tempo. Nessuna delle notizie che aveva avrebbe potuto davvero
rassicurare Gourry, salvo il fatto che Lina era vicina. E i nervi dello
spadaccino non avevano evidentemente bisogno di altre scosse… “Ora comportati
come ti dico, per favore. Non ho tempo di spiegarti bene che cosa ho in mente.”
Gourry annuì, e la chimera gli fece semplicemente cenno di
mettersi dietro di lui, in modo da non essere immediatamente visibile alle
guardie. Quindi, si avvicinò alla porta al termine del corridoio, e la aprì.
L’espressione dei due soldati all’esterno era letteralmente
terrorizzata. Quando emerse nella stanzetta, lo fissarono come se avessero
appena visto un fantasma…
“Ce… ce
l’hai fatta ?”Azzardò uno dei
due, fissandolo quasi con reverenza. “Abbiamo… sentito degli urli spaventosi…”
Zel passò attraverso di loro, e li superò senza parlare. I
due soldati lo seguirono con lo sguardo, evidentemente non comprendendo quali
fossero le sue intenzioni… Quando fu sufficientemente vicino alla scala a
chiocciola per assicurarsi che nessuno stesse scendendo, Zel si volse verso di
loro.
“Sì, ce l’ho fatta.” Replicò, calmo. “Ma questo non sarà di
alcun giovamento per voi.”
Le guardie si guardarono per un momento, stupite. Ma non
ebbero il tempo di porsi domande. In un istante, caddero entrambe al suolo,
trafitte alla schiena.
Gourry avanzò, rinfoderando la spada. “E ora?” Domandò,
superando i due corpi con indifferenza.
Zel si accigliò. “Sai… non ti avevo mai visto colpire
qualcuno alle spalle…”
Gourry si strinse nelle spalle. “In questo modo non hanno
gridato.” Replicò, semplicemente. “Dobbiamo eliminare anche il capitano e
l’altra guardia, giusto?”
Quell’eccesso di freddezza da parte di Gourry lo stupì un
po’, ma Zel decise di soprassedere sulla cosa. “Solo il soldato semplice.
Lascia a me il capitano.”
Gourry annuì, e si appostò semplicemente a lato dell’imbocco
della scala a chiocciola. Zel lo imitò, sul lato opposto, e i due attesero in
silenzio, finché non udirono due voci risuonare nella tromba della scala.
“Ma come hai detto che è, questo soldato?” Zel udì chiedere
una delle due.
“Non lo so, signore. Aveva il volto coperto da un cappuccio.
Però indossava le vostre insegne, credo fosse fra i soldati giunti questa
mattina…” Rispose la voce della guardia.
Poco dopo, entrambe misero piede nella saletta. Inizialmente
non notarono nulla, nel buio, ma quando si resero conto che la porta di accesso
alle celle era aperta, e che non vi era nessuno all’interno, immediatamente
entrambi si misero in allarme… finché non si accorsero dei due nuovi corpi sul
pavimento.
“Ma che diavolo…?” La guardia non ebbe tempo di finire. La
spada di Gourry lo aveva già raggiunto.
Il capitano si volse di scatto. Individuò Zelgadiss, e cercò
di attaccare, ma la chimera aveva già pronta la formula che gli serviva…
“Sleeping.” Recitò. Il capitano avanzò ancora di
qualche passo, prima di cadere rovinosamente al suolo.
Gourry lo fissò, perplesso. “Perché non l’hai ucciso?”
Chiese.
Zelgadiss non perse tempo, e si avvicinò all’uomo
addormentato. “Perché tu hai bisogno dei suoi vestiti…” Spiegò. “E perché se la
guardia che è salita a chiamarlo ha parlato di te con qualcun altro,
dobbiamo fare trovare a questo qualcuno un nuovo
prigioniero, quando scenderà qui alle prigioni.”
Gourry si accigliò. “E quando si sveglierà?”
Zel si sollevò, e gli porse i nuovi vestiti. “Se va tutto
bene, allora saremo già fuori di qui.”
Gourry si spogliò, facendo un fagotto con gli oggetti in suo
possesso che potevano ancora essergli utili, e indossò velocemente le nuove
vesti, mentre Zel chiudeva l’uomo in una delle celle. Si affibbiò alla vita la
spada, e fece capolino nel corridoio, mentre Zel si accingeva a radunare i
corpi ammassati al suolo.
“Che facciamo… di quelli?” Chiese Gourry, l’aria lievemente
impressionata, quasi si rendesse conto solo in quel momento che quella specie di
massacro era opera sua…
“Dobbiamo liberarcene, ovviamente, o capiranno quello che è
successo qui. Stai indietro.” Zel indietreggiò di un passo, a sua volta,
protendendo una mano di fronte a sé. “Mi dispiace essere tanto brutale, ma non
c’è tempo per gli scrupoli. Bomb Sprid.”
Zel osservò le fiamme magiche consumare non solo i corpi, ma
anche le vesti e le armature di cuoio velocemente, più di quanto qualsiasi
fuoco normale avrebbe potuto fare. Lanciò uno sguardo a Gourry. Lo spadaccino
fissava i corpi ardenti, l’aria lievemente scossa. “Tutto bene, Gourry?”
Lo spadaccino annuì. “Solo… senza corpi… nessuno saprà più
nulla di loro…” Strinse le labbra. “Sono stato io la causa.” Lo sguardo dello
spadaccino era stranamente spaventato. Zel notò che stringeva con violenza
l’elsa della sua spada…
Zel lo scrollò lievemente. “Non c’è tempo per i sensi di
colpa. Quegli uomini valgono forse la vita di Lina?”
Gourry scosse la testa. “No. Questo no.” Rispose, con voce
solo lievemente incerta. Quindi si volse verso Zel, le labbra strette in una
specie di morsa. “Dobbiamo andarcene di qui, vero?”
Zel annuì. “Sì. E’ notte fonda, ormai.” E Lina non era
ancora stata portata laggiù. Zel si chiese se non aveva fatto male i suoi
conti, se la maga non fosse stata destinata a qualche altro luogo. Ma non
discusse quei dubbi con Gourry. Per prima cosa dovevano andarsene di lì.
“Diem Wind.” Recitò, verso le fiamme ormai spente. Le
ceneri si dispersero, confondendosi con la polvere.
“Se qualcuno di voi fiata su quanto è accaduto qui, farà la
stessa fine…” Sibilò Zel ai detenuti, che erano indietreggiati, disgustati, al
suo gesto. Non era certo che capissero la lingua comune, ma era certo che
avessero colto il suo tono minaccioso, e ancor più che fossero impressionati
dalla sua magia. Non aggiunse altro.
Guardò Gourry per un istante, e lo spadaccino annuì.
Insieme, schizzarono verso l’uscita e lungo la ripida scala che conduceva al di
fuori del sotterraneo.
Nel corridoio, c’erano diverse nicchie adibite alle
lanterne, grandi abbastanza perché entrambi potessero ripararvisi. Scivolarono
dentro quella più vicina alle carceri, in silenzio, e si appiattirono contro la
parete. Il corridoio, tuttavia, pareva deserto.
Zel si rese conto di essere esausto. Nei suoi programmi, a
quell’ora avrebbe dovuto trovarsi a dormire da un pezzo. Anche Gourry sembrava
stanco. I suoi occhi erano scavati, e il suo sguardo, fisso sull’entrata alle
prigioni, sembrava tenuto attivo solo dall’adrenalina.
La chimera si lasciò scivolare lungo la parete, fino a che non
fu a sedere al suolo. “Forse uno di noi potrebbe dormire un po’…” Azzardò.
“Potremmo darci il cambio per dei turni di guardia… in fondo, non c’è molto da
fare, finché Lina non viene riportata là dentro…”
“Già… potremmo…” Rispose vagamente Gourry, senza staccare
gli occhi da ciò che stava osservando.
Nessuno dei due chiuse occhio.
Forse un’ora più tardi, un uomo giunse dal corridoio, e
imboccò le scale. A Zel parve di riconoscere il portatore della frusta, ma non
fece commenti, e soprattutto si guardò bene dal menzionare la cosa a Gourry.
L’uomo non risalì più. Evidentemente, il loro piano aveva funzionato.
Giunse l’alba, e Gourry e Zel dovettero uscire dal loro
nascondiglio, e scendere di qualche gradino verso i sotterranei, in attesa che
il servitore di turno spegnesse le lanterne. Per il resto, nessuno attraversò
il corridoio. Ripresero il loro posto, ed ormai era mattina quasi piena, quando
finalmente avvertirono dei passi avvicinarsi…
Zel si scoprì a sonnecchiare. Non si era nemmeno reso conto
del torpore che lo aveva preso, prima di avvertire il corpo di Gourry
irrigidirsi, accanto al suo, e di aprire gli occhi di riflesso.
Si sporse oltre la nicchia. Due soldati avanzavano lungo il
corridoio, trascinando qualcosa fra di loro… e a Zel bastò un guizzo di capelli
rossi per capire di chi si trattava…
Lina vestiva ancora la tunica logora con cui la aveva vista
in precedenza, ma che ormai, sferzata dalla frusta, non era più in grado di
servire al suo scopo… per lo meno, qualcuno aveva avuto pietà di lei, e le
aveva dato un mantello… Gli sembrava in condizioni migliori di quando l’aveva
lasciata, probabilmente perché le sue ferite erano state lenite… Ma certo non
sarebbe stata in grado di camminare, e forse nemmeno di parlare, senza prima
essere stata guarita con la magia… Avrebbero dovuto sorreggerla, fino a che non
fossero stati fuori di lì…
Riuscì a trattenere Gourry a stento dal balzare fuori dal
loro nascondiglio immediatamente. Non potevano tradirsi proprio all’ultimo.
“Sta’ calmo, Gourry, è questione di poco!” Bisbigliò.
“E’ ferita!” Replicò Gourry, quasi la chimera non avesse
parlato. “Cosa le hanno fatto???”
‘Uhm… l’hanno frustata, come ti ho detto solo qualche ora
fa?’
Zel si rese conto che la battuta non sarebbe stata delle più
appropriate, e si morse la lingua. Del resto, sperava, fra poco avrebbe potuto
pensarci Lina, a castigare il suo ‘cervello di medusa’…
‘E almeno qualcosa nell’universo tornerebbe ad essere al suo
posto… sarebbe ora, mi sembra che in questi mesi il mondo si sia completamente
rivoltato…’
Scosse la testa. Se diventava pessimista ora, l’ira di Lina
si sarebbe abbattuta anche su di lui. Fece un mezzo sorriso. Attese qualche
minuto, quindi scivolò fuori dal nascondiglio, del tutto intenzionato a
dimostrarle che per una volta poteva non essere lei, a salvare la situazione…
Gourry lo seguì, evidentemente in preda all’agitazione.
Scesero la lunga scala a chiocciola, per quella che Zel sperava fosse l’ultima
volta, e sbucarono nell’ingresso delle carceri, ora debolmente illuminato…
Nella saletta a fianco delle carceri, le due guardie che avevano portato lì
Lina si apprestavano a giocare a carte. L’uomo della frusta era seduto su uno
sgabello a fianco della porta, e stava lucidando la spada. Quando li vide
arrivare, si sollevò in piedi, di scatto.
“Che diavolo volete, voi due???” Gridò, contro di loro. “Se
siete qui per la prigioniera, scordatevelo!!! Quella Ka-reen ha detto di
tenerla in infermeria una notte, e una notte è stata, e se
ora le sue ferite vogliono infettarsi, che lo facciano! Non
me ne sbatte niente se è un ostaggio, che crepi pure in cella quella piccola
pu…”
“Sleeping.”
Zel aveva deciso che era stanco di recitare.
“Che diavolo…?” Le altre due guardie si alzarono
immediatamente in piedi, ma l’incantesimo di Zelgadiss le colpì immediatamente.
Crollarono sulle loro sedie, come se si fossero addormentate autonomamente, sul
tavolo, mentre montavano la guardia.
‘Niente male, Zel. Anche dopo due mesi senza magia.’
Zel sospirò. Ovviamente, era l’unico che avesse interesse a
lodarsi. Gourry non aveva notato quanto aveva fatto, come non aveva nemmeno
guardato in faccia le guardie. Era schizzato fra le celle non appena la strada
era stata libera.
‘E’ già finito il mio ruolo da protagonista, a quanto pare…’
Con un altro sospiro, Zelgadiss recuperò le chiavi delle celle, e raggiunse di
corsa lo spadaccino, che stava esaminando freneticamente una cella dopo
l’altra. Quando trovò quella di Lina, Gourry si fermò di scatto, e si afferrò
alle sbarre, impallidendo visibilmente.
La maga era riversa sul suo giaciglio, e Zel non capiva se
fosse cosciente o svenuta. Gourry forse si stava chiedendo la stessa cosa, ma
pareva non avere fiato per chiamarla, si limitava ad osservarla, la
preoccupazione evidente sul suo volto. Quando Zel aprì le sbarre, schizzò
immediatamente all’interno, e si piegò su di lei, scuotendola gentilmente.
“Lina…”
La maga aprì gli occhi, debolmente, e il suo sguardo si posò
sullo spadaccino. Per un momento non ebbe reazioni, come se non fosse certa di
quello che stava vedendo… quindi, lentamente, i suoi occhi si allargarono per
lo stupore.
La maga lo afferrò di scatto, come se temesse che potesse
scomparire. Lo fissò, terrea, e con qualche improbabile, rinnovata forza,
riuscì a sollevarsi lievemente verso di lui…
“Gourry…?”
Gli occhi di Gourry si fecero lucidi, ed in un attimo il
sollievo parve invaderlo come un’onda. Si chinò sulla maga. “Sono qui…” La
rassicurò, stringendola fra le braccia. “Sono qui…”
Zel rimase sulla porta della cella, in disparte, ad osservare
la scena. Da un lato si sentiva di troppo, dall’altro a quel rincontro
improvvisamente il suo cuore era sembrato farsi più leggero. Uno strano nodo
gli stringeva la gola…
Purtroppo -gli suggerì la sua parte più razionale- non
avevano tempo per salutarsi come avrebbero dovuto, in quel momento. Non era
ancora finita.
Avanzò di un passo verso Lina e Gourry.
“Dobbiamo andare via di qui.” Dichiarò, con urgenza.
A questo capitolo tenevo molto e volevo dedicarci molta attenzione, e
invece mi è uscito di getto, e non so nemmeno io se esse
A questo capitolo tenevo molto e volevo dedicarci molta
attenzione, e invece mi è uscito di getto, e non so nemmeno io se esserne
convinta o meno… spero sia comunque uscito qualcosa di decente…XD Ogni commento
o critica è sempre gradito! ^^
Volete sapere una cosa?
Il ruolo della damigella in pericolo fa SCHIFO.
Non credete a tutte le favolette che vi raccontano da
piccole, ragazze. Non c’è assolutamente NULLA di piacevole nell’essere
impotenti, disperate, sballottate dagli eventi e totalmente rimesse alla
capacità di salvarvi del principe azzurro di turno. E’ angosciante, frustrante,
e vagamente umiliante. Nulla che raccomanderei ad una figlia.
Nonostante queste SANE riflessioni, la mia prima reazione,
quando aprii gli occhi, e mi trovai ad affrontare quello sguardo azzurro, cupo
di preoccupazione, fu di essere invasa da un sollievo infinito. Quella
sensazione mi fece letteralmente perdere per un momento il senso della realtà,
quando mi protesi in avanti, e mi trovai a stringere Gourry. Lo squallore della
situazione in cui mi trovavo tornò immediatamente a farsi avanti con
prepotenza, però. Non dovevo illudermi, dovevo essere realista. Gourry non
poteva davvero essere lì. Come poteva mai apparire così all’improvviso, dopo
quegli infiniti mesi di agonia? Dopo che tanto a lungo lo avevo creduto morto?
Era stato lo stesso qualche ora prima, la mia immaginazione, o forse la droga,
mi avevano fatto credere che fosse lì, davanti a me, quando invece ad
aspettarmi c’erano solo le guardie di Ulan Bator, pronte ad infliggermi nuove
torture. Volevo davvero illudermi, perché la delusione poi fosse ancora più
cocente?
Oh, al diavolo.
Era davvero al mio fianco.
“Gourry…?”
In qualche modo, riuscii a pronunciare il suo nome, in una
specie di singhiozzo incredulo, ma non potei aggiungere altro. Mi aggrappai al
suo braccio, con una forza che non ero più nemmeno conscia di possedere.
Gli occhi di Gourry si riempirono di sollievo, il suo labbro
inferiore tremolò. Ebbi l’impressione che cercasse di sorridere, senza essere
certo di esserne ancora capace. Alla fine, parve desistere. Si piegò su di me,
e mi prese fra le braccia. “Sono qui…” Il suo abbraccio si fece tanto stretto
da togliermi quasi il fiato.“Sono
qui…” Anche lo spadaccino non aggiunse altro. Al suo tocco mi faceva male la
schiena, ancora dolorante, ma in quel momento non mi importava. Chiusi gli
occhi, e affondai il volto nel suo collo. Non riuscivo nemmeno a piangere, le
lacrime parevano essersi bloccate nella mia gola. Il suo calore, solo suo. Dopo
tutti quei mesi riuscivo ancora ad avvertirlo.
“Dobbiamo andare via di qui.” Una voce ansiosa, diversa da
quella di Gourry, risuonò alle nostre spalle. Sorpresa, sollevai a fatica il
volto dalla spalla dello spadaccino. Non mi ero accorta che ci fosse qualcun
altro nella cella, oltre a noi.
“Zel…” Commentai, stupita. Come facevano ad essere tutti e
due lì? Forse Gourry era tornato a Sailune, dopo che ero stata catturata…?
Quello avrebbe potuto spiegare perché non mi aveva raggiunta prima…
Nonebbi la forza di
porre quelle domande, però, né quello era il momento giusto per le spiegazioni.
La chimera si inginocchiò al nostro fianco, l’espressione agitata,
evidentemente pensandola allo stesso modo. “Hai perso sangue, ma non sono
ferite gravi.” Esordì, senza tanti convenevoli… “Ora ti lancerò un Recovery,
perché tu sia almeno in grado di uscire di qui, ma dovrai sopportare fino a che
non saremo al sicuro perché possa guarirti completamente…” Il suo tono di voce
si abbassò… “… mi spiace di non poter fare molto… in questo caso sarebbe mille
volte più utile la presenza di Amelia…”
Non feci commenti a quella affermazione… mi limitai a
guardarlo in volto, mentre pronunciava le parole dell’incantesimo… “Allora…
avevo visto giusto, nella sala delle udienze…” Riuscii a commentare… “…eri tu,
fra i soldati di Elmerish…”
Zel si concesse un sorriso storto… “Bé… fortunatamente non
hai avuto la stessa reazione di Gourry…”
Non capii quell’osservazione, e mi volsi verso lo
spadaccino, in cerca di una spiegazione. Che non ottenni. Gourry si limitò a
fissarmi con un’espressione a metà fra la preoccupazione e l’incredulità… credo
che anche lui faticasse a credere di trovarsi davvero al mio fianco, in quel
momento…
Cercai le sue dita, e le toccai. Erano così fredde che
sussultai, nel venirvi a contatto. Non feci in tempo a ritrarre la mano, però.
Gourry la strinse tanto repentinamente da darmi l’impressione di temere che
potesse scomparire da un momento all’altro. Ci scambiammo una lunga occhiata,
mentre Zel curava le mie ferite, e mi parve che tutti i mesi che avevamo
trascorso lontani si concentrassero in quello sguardo…
“Può bastare. Adesso muoviamoci.” Zel si alzò di scatto,
allontanando le mani dalla mia schiena.
Gourry strinse le labbra, e sollevò la schiena, in segno di
assenso. Lasciò scorrere il braccio con cui mi stringeva la vita al di sotto
delle mie ginocchia, e mi sollevò di peso fra le braccia.
“Ti porto via da qui…” Mi sussurrò. Annuii. Non capivo
ancora come potessero trovarsi in quel luogo, ma tacqui, rimandando le spiegazioni,
e per una volta non mi opposi all’essere trasportata. Forse sarei anche stata
in grado di camminare, ma nelle mie condizioni sarei solo riuscita a
rallentarli. In più… non era male, la sensazione di potersi affidare totalmente
a qualcuno, dopo tutti quei mesi… Avvertire la vicinanza di Gourry in quel
momento mi faceva bene. Mi faceva sentire che la sua presenza al mio fianco era
reale.
Mi abbandonai contro di lui. Gourry si rizzò in piedi in un
unico movimento, e fece un cenno a Zelgadiss, che lo precedette verso la porta
della cella.
Gli altri rinchiusi scalpitavano al nostro passaggio, forse
sperando che Gourry e Zel si fermassero per aprire anche le loro celle.
Fortunatamente, i sotterranei si trovavano ad una profondità troppo elevata
perché dai piani superiori ci sentissero. Nonostante questo, persino la mia
mente confusa si rendeva conto che non sarebbe stato semplice andarsene da quel
luogo…
Come a conferma di quanto stavo pensando, Zel si protese
verso Gourry, l’espressione corrucciata. “Arrivare qui può anche essere stato
facile…” Sussurrò. “… ma non sarà così semplice passare attraverso i controlli
all’ingresso del palazzo, con lei…” Fece un cenno verso di me, con la testa.
Uh, mi raccomando Zel, parla pure senza preoccuparti che io
senta, non mi fa assolutamente effetto pensare di essere un peso morto…
Gourry lo fissò con espressione stranamente dura. “Non
vorrai tirarti indietro, spero…”
Fui lievemente stupita, a quella frase colma di sospetto.
Zel, però, non ne parve eccessivamente turbato. “Non sto dicendo questo.”
Replicò, con calma. “Sto dicendo che prima di uscire di qui dovremmo pensare ad
un piano…”
Bingo, Zel. Magari pensarci prima di scendere quaggiù
sarebbe stato più produttivo, però…
Quasi avesse sentito i miei pensieri, Zel mi rivolse
un’occhiata. “Non guardarmi così, Lina. Lo so che siamo stati avventati, ma ti
ricordo che qui stiamo cercando di salvarti la pelle…”
Vedo che non sono l’unica resa più acida dai mesi di
separazione…
“Dobbiamo raggiungere… l’ala ovest del palazzo…” Mi limitai
però a replicare, a fatica…
Zel si accigliò. “L’ala ovest? Perché, l’ala ovest?
L’ingresso non è a sud?”
Annuii, debolmente. “Nell’ala ovest… ci sono gli
appartamenti di Uregh…”
Zel mi fissò, senza capire. “D’accordo, possiamo anche raggiungere
gli appartamenti di Uregh con la scusa che è stato lui ad ordinarci di portarti
lì, ma questo non farà che allontanarci dall’uscita… e non vedo come una
manovra del genere possa esserci di giovamento, ora…”
Mi accasciai di nuovo contro Gourry. Non ero certa di avere
forza sufficiente per proseguire quella discussione, e descrivergli il mio
piano… Fortunatamente, però, ancora una volta Gourry era riuscito a cogliere
cosa avessi in mente, senza che avessi bisogno di spiegarglielo. “Ho… capito.”
Disse semplicemente, scattando davanti a Zel, come se questo chiudesse la
questione.
Zelgadiss lo frenò per un braccio, a fatica. “Aspetta un
momento!” Intimò, in un bisbiglio agitato. “Ti spiacerebbe spiegare anche a
me?”
Gourry levò gli occhi al cielo, come se Zel gli stesse
chiedendo delle ovvietà. Ed in effetti per lui lo erano, perché per lo più fra
noi non c’era bisogno di parole… quella reazione, da parte sua, a dispetto di
tutto mi fece sorridere…
“Dobbiamo prendere in ostaggio il signore di questa città.”
Tagliò corto Gourry.
Zel lo fissò per un momento, incerto. “Capisco, ma… sempre
che ce la facciamo, cosa vi fa pensare che questo avrebbe effetto? Siamo nel
suo territorio, e lui saprà benissimo che abbiamo le mani legate quanto lui, e
che la sua morte significherebbe la nostra… forse sarebbe meglio non esporci
così, e…”
Gourry scosse la testa. “Funzionerà. Fidati di Lina.”
Gli fui grata di quelle parole. Se Zel avesse avuto una
maggiore conoscenza del carattere di Uregh, forse avrebbe convenuto con me che
quella sarebbe stata la soluzione migliore… ma in quel momento non avevo le
energie per convincerlo…
Zel mi parve ancora incerto, ma non fece obiezioni. In
fondo, non ce n’era nemmeno il tempo.
In silenzio, si mosse davanti a Gourry e i due scivolarono
lungo il corridoio che portava all’uscita dalle carceri… Giunti alla porta in
legno massiccio, Gourry mi pose al suolo, e prese a sorreggermi tenendomi un
braccio attorno alle spalle. Ero un po’ barcollante, ma capivo quel gesto. Non
sarebbe stata molto credibile una guardia che reggeva una sua prigioniera fra
le braccia…
Passando vicino alla porta, notai la mia *amata* guardia al
suolo, gli occhi chiusi, il volto sprofondato nella quieta pace del sonno.
Nello stanzino accanto, altre due guardie dormivano della grossa.
“E’…” Mormorai.
“Lo Sleeping…” Confermò Zel. “Per, qualche ora, dovremmo
avere il campo libero.”
E anche se li avessero trovati, non era detto che venisse
dato immediatamente l’allarme. Ottimo piano. Sorrisi fra me e me. Era bello
muovermi con Gourry e Zel, era bello studiare ancora una strategia di fuga. Mi
faceva sentire viva.
Peccato che non fosse il momento di compiacersi…
Risalimmo velocemente la scala a chiocciola che conduceva ai
piani superiori del palazzo, e sbucammo nei corridoi del piano terra, invasi
dalla piena luce del mattino. Accecati dal repentino splendore, avanzammo
circospetti, dirigendoci verso gli appartamenti del reggente, seguendo un po’ a
caso, un po’ sulla base dei miei ricordi su quel percorso, le svolte nei
corridoi. Gourry e Zel camminavano a testa alta, rivolgendo sbrigativi cenni di
saluto alle guardie che incontravamo. Per lo più, si trattava dei soldati in
armatura bianca di Uregh, segno che i guerrieri di Oberon dovevano essere
radunati in un’altra area del palazzo… Alcuni ci squadrarono in modo strano, ma
nessuno si fermò ad interrogarci. Evidentemente, le truppe di Uregh dovevano
essere state istruite a lasciar agire gli uomini di Oberon in modo autonomo,
finché esse erano adibite a loro guida verso il continente al di là della
barriera… e questo, ovviamente, non poteva che andare a nostro vantaggio…
Il percorso fino agli appartamenti di Uregh fu così
incredibilmente semplice che quando giungemmo in vista della porta di accesso
alle sue stanze mi trovai a chiedermi se per caso non le stessi confondendo con
altre… fino a quel momento in quella faccenda tutto era stato così dannatamente
complicato…
Quando ci avvicinammo, tuttavia, mi convinsi che ben
ricordavo la strada. Due guardie piantonavano l’ingresso, segno che quelle
stanze ospitavano qualcuno di importante…
Gourry e Zel avanzarono, con ostentata sicurezza. Le due
guardie immediatamente ci si pararono di fronte, l’espressione ostile.
“Dove state portando la prigioniera?” Chiese una di esse, in
tono duro, nel suo comune stentato.
Fu Zel a prendere la parola. “Il vostro signore ci ha
ordinato di condurre la prigioniera al suo cospetto.” Dichiarò, senza un minimo
di esitazione. “Per ridiscutere la sua posizione come ostaggio, a seguito dei
recenti eventi, di fronte a rappresentanti del mio signore.” Li fissò con
espressione cupa. “Ordini diretti, da eseguire immediatamente.”
Le due guardie si scambiarono un’occhiata. “Il mio signore
vi ha dato l’ordine personalmente?” Chiese la stessa che ci si era rivolta poco
prima. Mi accigliai. C’era… qualcosa di strano, nel suo sguardo… non sembrava
convinto…
Non avevo modo di esporre i miei dubbi a Zel, però… E la
chimera parve non notare nulla, perché si limitò a rispondere, con la stessa
sicurezza… “No. Il messaggio ci è stato recapitato da uno dei vostri uomini.”
La guardia si accigliò. “Il nostro uomo doveva avere le idee
un po’ confuse, allora…” Si avvicinò, sollevando lievemente la lancia… “… dal
momento che il nostro signore quest’oggi trascorrerà l’intera mattinata nella
sala delle udienze…”
Avvertii Gourry e Zel irrigidirsi, e anche la mia mente
venne immediatamente risvegliata all’attenzione. Dei… dovevamo tradirci davvero
in modo così stupido?
La guardia avanzò ulteriormente, con uno sguardo che
rivelava più che apertamente i suoi sospetti. “Io credo che sia il caso che ora
voi tre ci seguiate dal mio signore… e lui sarà in grado immediatamente di
chiarire il perché di questo equivoco…”
Avvertii che Gourry portava mano alla spada, ed internamente
imprecai. Se li avessimo attaccati ora avrebbero dato sicuramente l’allarme. E
se anche non ce l’avessero fatta, qualcuno li avrebbe certamente trovati prima
che noi potessimo giungere ad Uregh. D’altra parte, quante soluzioni ci
restavano?
Gourry e Zel si scambiarono un’occhiata, e dovettero
giungere alla mia stessa conclusione… anche la chimera abbassò lentamente la
mano verso il fodero…
“Sono stata io a far chiamare quelle guardie.” Risuonò,
gelida, una voce alle nostre spalle. Sussultai, e volsi di scatto la testa,
trovandomi ad affrontare, con stupore, la figura di Ka-reen. La donna avanzò
con calma, scagliando alle due guardie che ci fronteggiavano un’occhiata
severa… “Il mio signore mi ha incaricato di questo compito proprio perché
doveva occuparsi dei postulanti, ma stupidamente ho scordato di riferire alla
guardia che li facesse indirizzare alla sala delle udienze, e non qui. Sono
venuta appositamente per rimediare al mio errore.”
Le guardie si scambiarono uno sguardo interdetto. “Ci
dispiace, mia signora…” Replicò poi la stessa che ci aveva parlato poco prima
(che cominciavo a sospettare fosse l’unica fra le due a parlare la lingua
comune…). “Noi… non potevamo sapere…”
Ka-reen rivolse loro uno sguardo annoiato. “D’accordo,
d’accordo, non fatemi perdere altro tempo.” Si avvicinò a noi, e si pose al
fianco di Gourry. “Scorterò io queste persone dal mio Signore…”
La guardia assunse un’aria perplessa. “Se… se volete che uno
di noi vi accompagni…”
Ka-reen gli lanciò un’occhiata gelida. “Lasciando sguarniti
gli appartamenti del mio signore? Mi stupisco che lo abbiate anche solo
pensato! Non sapete quanti tramano alle sue spalle?”
A quella frase, dovetti trattenere una risata. Per quanto
altezzosa e antipatica, in quel momento avrei volentieri abbracciato Ka-reen.
Le guardie si affrettarono a fare un inchino. “M- ma certo,
mia signora, la mia è stata una proposta stupida! Resteremo a fare la guardia,
ovviamente!”
Ka-reen sbuffò, e volse loro le spalle. “Voi due,
seguitemi…”
Gourry e Zel si scambiarono uno sguardo interdetto, ma bastò
una mia occhiata a chiarire che non era il caso di discutere. I miei due
compagni si affrettarono ad accodarsi alla cortigiana.
Appena girato l’angolo, Ka-reen eruppe contro di noi, senza
nemmeno voltarsi. “Che piano idiota! Non solo voi dell’altra parte del
continente siete incredibilmente rozzi, siete persino stupidi!” Ci lanciò
un’occhiata da sopra le spalle. “Fortunatamente le guardie ti hanno portato via
dall’infermeria senza chiedermi l’autorizzazione in precedenza. Stavo venendo
alle prigioni per fare loro le mie rimostranze, quando vi ho visti sgattaiolare
nei corridoi, e mi sono insospettita…”
Mi sollevai lievemente per fissarla, con l’aiuto di Gourry.
“Perché… ci stai aiutando…?”
Ka-reen mi scoccò un’occhiata enigmatica. “E perché no? In
fondo, cosa ho da rimetterci…?”
Non ero completamente certa di capire, ma in fondo non mi
interessava. L’importante era che ne venissimo fuori.
“Lina… chi è questa donna…?” Mi chiese Gourry, con l’aria di
non capire assolutamente nulla di quanto stava accadendo attorno a lui. Dovetti
sorridere, nuovamente. Non l’avrei mai detto, prima, ma quell’espressione mi
era mancata.
Fu Ka-reen a rispondere per me. “Sono una cortigiana
dell’uomo che avete intenzione di prendere in ostaggio.” Replicò, senza troppi
mezzi termini, e senza smettere di camminare. “Ma ho intenzione di non
ostacolarvi, tanto per mettere in chiaro le cose prima che uno di voi
grand’uomini decida di mettere mano alla sua spada…”
Zel mi parve scettico. “Non passerai dei guai se al tuo
padrone succede qualcosa? In fondo immagino che la tua autorità qui dipenda da
lui…”
Ka-reen tacque per un istante. “Mettiamola così, la vostra
amica non è l’unica, qui, cui Uregh si sia impegnato a far vivere un tipo di
vita che non desiderava… e non è l’unica che trovi vantaggioso liberarsene,
all’occorrenza.” Ci squadrò, per un istante. “Ho sempre avuto un certo fascino
sul giovane principe. Credo che sarebbe ben felice di offrirmi una spalla su
cui piangere, anche se perdessi la protezione del mio Signore…”
Mmm. E così, l’aiuto di Ka-reen non era così gratuito come
avremmo potuto pensare inizialmente. Noi facevamo un favore a lei, e lei ne
faceva uno a noi. Del resto, mi sembrava uno scambio del tutto onesto…
Lanciai uno sguardo a Zel, che si strinse semplicemente
nelle spalle, optando evidentemente per avere fiducia nelle parole di Ka-reen.
Gourry invece pareva pensieroso…
“Io non ho capito una cosa…” Dichiarò infatti, dopo solo un
istante.
‘Confortante come certe cose non cambino mai…’ Mi trovai a
pensare, con un sospiro. “Spara.” Replicai, in un tono a metà fra l’esasperato
e il divertito.
Gourry si volse verso di me. “Se le cortigiane di Uregh sono
tutte COSI’… che diavolo se ne faceva, di te?”
Incespicai, e per poco non lo trascinai al suolo.
‘Dolorosamente! Aspetta che mi sia ripresa e ti torturerò
molto DOLOROSAMENTE, Gourry!!!’
“Sei… morto… cervello di medusa…” Riuscii a mormorare, fra i
denti.
Notai con la coda dell’occhio Zel, al nostro fianco, che
ridacchiava. E anche Ka-reen lo fissò con una specie di sorriso storto. Avrei
voluto poter lanciare un Dragon Slave per colpire allo stesso tempo tutti
coloro che si trovavano in quel dannato palazzo.
Gourry mi lanciò uno sguardo che riconobbi immediatamente
come finto innocente. Io lo ricambiai con un’occhiata che non prometteva nulla
di buono…
Non avemmo tempo di protrarre oltre quello scambio di
battute, però. Ka-reen si fermò, subito prima di una svolta del corridoio che,
supponevo, conduceva all’ingresso della sala delle udienze. La cortigiana si
volse a guardarci. “Già in troppi sanno che vi ho accompagnato qui io…
Corrompere due guardie è semplice, corromperne quattro è azzardato.” Spiegò,
semplicemente. “Io mi fermo qui.”
Annuii, debolmente… “Ka-reen…”
La cortigiana scosse la testa. “Non ringraziarmi. Se fosse
stato necessario ucciderti invece di aiutarti, lo avrei fatto.”
Trattenetti un sorriso. “Sono tutte simpatiche ed allegre
come te, le cortigiane…?”
Ka-reen mi rivolse un’occhiata altezzosa. “Si chiamano
raffinatezza, ed eleganza. Voi donne del nord non sapete nemmeno che cosa
vogliono dire, queste parole.”
Sospirai, ma tacqui. Non era il momento di litigare…
“Che facciamo con le guardie davanti al portale?” Chiese
Zel, che si era sporto a dare un’occhiata alla situazione.
Mi accigliai. “Proseguiamo… con la farsa di prima…” ‘E
speriamo che stavolta funzioni…’ Ma a questo pensiero non diedi voce…
Gourry e Zel si scambiarono un’occhiata, e tutti e tre
avanzammo lungo il corridoio, avvolto in una piacevole penombra, grazie alle
cortine delle finestre chiuse. La sala delle udienze aveva più ingressi, ma
quel particolare portale conduceva direttamente, attraverso l’ampio corridoio,
al cortile posteriore del palazzo, dove, supponevo, venivano radunati i
postulanti nell’attesa di essere ricevuti, in modo da non dover essere accolti
all’interno del palazzo stesso. Un cortile che per me era legato a ben altri
ricordi…
Ebbi un brivido, ma scacciai quel pensiero. Era una buona
cosa, che quel corridoio si aprisse all’esterno. Se tutto fosse andato come
doveva, avremmo potuto trovare una via di fuga attraverso di esso…
Le guardie all’entrata notarono immediatamente che ci
stavamo avvicinando. Trattenetti il fiato. Dalla loro reazione poteva dipendere
la fine di un incubo… o l’inizio di uno molto peggiore.
Senza quasi rendermene conto, mi trovai a stringere Gourry
quasi in una morsa.
“Il Signore è impegnato con le udienze…” Ci comunicò
immediatamente una delle guardie, non appena fummo vicini a sufficienza. “Non
dovreste trovarvi qui…”
“Ci è stato dato ordine di recarci qui immediatamente… un
vostro inferiore, che ha detto che si trattava di una richiesta diretta del
Reggente…” Replicò Zel, meccanicamente.
Le due guardie si scambiarono un’occhiata. “Non so nulla di
questa storia.” Replicò il soldato che fino a quel momento aveva taciuto.
“Lasciate che entri un momento a…”
La guardia non ebbe nemmeno tempo di terminare. Un attimo
prima ci si stava rivolgendo, con fare annoiato… quello dopo era al suolo, un
fiotto di sangue che gli usciva dalla bocca.
“Cosa… diavolo…?”
L’altra guardia ebbe appena il tempo di rendersene conto. In
un attimo raggiunse il suo compagno a terra, gli occhi senza vita colmi di
stupore.
Mi volsi, allibita, verso l’autore di quella sequenza
incredibilmente veloce di colpi. Gourry mi aveva lasciata andare solo per un
attimo. Con una sola mano, aveva estratto la spada e colpito tanto velocemente
da non dare alle guardie nessuna possibilità di reazione. Ma ciò che mi lasciò
più interdetta fu il suo sguardo. Perfettamente freddo e controllato, come se
avesse appena schiacciato un insetto contro un muro.
“Go… Gourry…?”
Lo spadaccino rinfoderò la spada. “Avrebbero messo in
allarme le guardie all’interno.” Spiegò, semplicemente. “Così potremo sfruttare
ancora l’effetto sorpresa…”
“Ottimo lavoro.” Si limitò a commentare Zel… “Ed ora
reggetemi il gioco, finché è possibile…”
Zel portò la mano alla maniglia della porta, senza fare una
piega. Io però continuai a fissare Gourry per qualche istante, stranita. Era… normale,
quel gesto, da parte sua? Forse erano i mesi di prigionia a distorcere la mia
percezione, ma avevo l’impressione che ci fosse… qualcosa che non andava…
E poi, non lo avevo notato prima ma… Gourry era dimagrito,
in quei mesi… il suo volto era più scavato e più… cupo… non sapevo spiegare in
che modo…
E che diavolo erano quelle cicatrici?
Non ebbi tempo di riflettere oltre sulla cosa, però.
Zel spinse in avanti la porta, e ci fece strada all’interno.
Gourry mi spinse dentro con ostentata sgarbatezza, ma attento a non colpire la
mia schiena dolorante. Immediatamente, mi morsi il labbro. La sala era piena di
gente. Guardie lungo le pareti e ai fianchi di Uregh, quello che poteva essere
un ricco rappresentante del popolo inginocchiato davanti al reggente,
cortigiane ed ancelle che lo attorniavano, e sei dei ministri collocati sui
loro seggi purpurei. La paura mi catturò immediatamente. Non sarebbe stato
semplice avvicinare il reggente.
Uregh sollevò immediatamente lo sguardo su di noi,
accigliato, non appena chiudemmo la porta alle nostre spalle. Era riverso sul
suo seggio, l’aria accaldata, la fronte madida di sudore. Fui attraversata da
un brivido, al solo vederlo. Volevo uscire di lì. Non volevo più trovarmi fra
le mani di quell’uomo…
“Che cos’è questa intrusione?” Chiese il reggente,
sollevandosi a fatica sul suo seggio, l’aria accigliata. “Ci sono le udienze,
chi vi ha autorizzato ad entrare?”
Zel rivolse ad Uregh un breve inchino. “La questione era
urgente, mio signore.” Si raddrizzò, e ne approfittò per avanzare di un altro
passo verso di lui. “La prigioniera ha tentato nuovamente la fuga,
dall’infermeria in cui si trovava.”
A quelle parole, lo sguardo di Uregh si accese, ed il
reggente scattò in piedi, praticamente balzando verso di noi. “Come sarebbe a
dire, ha tentato nuovamente la fuga???” Mi fissò con uno sguardo che, da solo,
mi provocò un tremito. “Le frustate non ti sono bastate, donna???” Si rivolse
direttamente a me. “Devo pensare a qualcosa di peggio, stavolta??? Devo farti
tagliare la lingua, per convincerti finalmente ad obbedire???”
Ero… atterrita. So che è stupido, perché ero con Zel e
Gourry, e quella era tutta una finzione, e so anche che non è ciò che ci si
aspetterebbe da me, ma ero semplicemente atterrita. Ciò che mi era accaduto per
mano di Uregh fino a quel momento era più che sufficiente per liberarmi di gran
parte della mia sicurezza, quando mi trovavo di fronte a lui…
Gourry, al mio fianco, dovette rendersene conto, perché
avvertii il suo corpo irrigidirsi totalmente a quelle parole, come se si stesse
trattenendo a fatica dall’attaccare…
Uregh sollevò lo sguardo su Zel, pallido d’ira. “Dove
l’avete trovata???” Chiese, avanzando stupidamente oltre le sue guardie del
corpo, fino a che i suoi urli non giunsero a rimbombarmi direttamente nelle
orecchie. “Dove ha cercato di intrufolarsi, questa volta, questa piccola
vipera???”
Gourry mi lasciò, all’improvviso, accostandosi al reggente,
che fu tanto sciocco da non farvi caso… “Voleva intrufolarsi esattamente dove
si trova ora…” Replicò, con un tono che fece gelare persino a me il sangue
nelle vene. “… per assistere allo spettacolo di noi due che ti tagliavamo la
gola…”
Gli occhi di Uregh si spalancarono per lo stupore, ed il
reggente cercò di fare un passo indietro.
Inutilmente, perché Gourry gli aveva già afferrato il
braccio.
Lo spadaccino glielo torse, dolorosamente, e gli puntò la
spada alla schiena. E so che non fu molto caritatevole, e forse nemmeno molto
sano, da parte mia, ma la smorfia di dolore che comparve sul volto del reggente
mi provocò un istintivo fremito di soddisfazione…
“Ferma immediatamente le tue guardie, se non vuoi morire di
una brutta morte…” Minacciò Gourry, con aria del tutto pericolosa. Uregh
gemette come un bambino che fa i capricci con la madre.
“P- per carità! Fermi, fermi!” Gridò, ai soldati che avevano
già messo mano alle armi. “Fate come vi dicono!”
Zel mi rivolse un’occhiata sorpresa. Non ci voleva un genio
del calcolo per capire cosa ci sarebbe successo se le guardie avessero
attaccato, data la disparità numerica, ma Uregh aveva evidentemente troppa
paura per la sua vita per correre quel rischio. Mi strinsi nelle spalle. Era
ciò che avevo immaginato.
Zelgadiss si riprese immediatamente dallo stupore, comunque.
Fece un passo avanti, e si rivolse ai soldati della guardia del corpo di Uregh,
in quel momento le persone che ci erano più vicine nella sala. “Vogliamo tre
cavalli.” Ingiunse. “E delle provviste.”
Fui un po’ stupita, a questa seconda richiesta. In fondo, se
fossimo scappati verso la costa avremmo certamente incontrato delle città, dove
procurarci del cibo, e in quel momento non era il caso di tirare troppo la
corda con eccessive richieste… Tuttavia, non feci in tempo ad aprire la bocca
per replicare, che la richiusi, e tacqui. Forse la chimera aveva in mente
qualcosa che non aveva fatto in tempo a comunicarci.
“E una veste.” Aggiunse Gourry, a conclusione. “Una di
quelle delle ancelle andrà benissimo.”
Lanciai un’occhiata alla mia tunica, e mi resi conto che, se
non avessi avuto il mantello che mi avevano dato in infermeria, ben poco
sarebbe stato lasciato all’immaginazione da quel pezzo di stoffa logoro.
‘Finita questa faccenda avrai tutta la mia gratitudine,
Gourry…’
Uno dei sei dignitari si sollevò in piedi, con cautela, e si
fece avanti, fra gli sguardi terrorizzati delle servitrici e quelli nervosi dei
soldati.
“Vi prego…” Ingiunse. “Vi prego, stranieri, cercate di
ragionare… lasciate andare il nostro signore, e sono certo che riusciremo a
raggiungere un accordo che soddisfi entrambi… non andrete lontano, con il
ricatto, lo sapete benissimo…”
I miei compagni ed io ci scambiammo un’occhiata. Certo, come
no. E magari ci avrebbero offerto anche un tè ed un po’ di biscotti, per
allentare la noia della trattativa…
Non ci fu nemmeno bisogno di replicare. Gourry aumentò
lievemente la pressione della spada sulla schiena del reggente, e questo fu
sufficiente perché Uregh desse voce, in tono vagamente isterico, a ciò che
tutti noi desideravamo replicare…
“Non dire assurdità, cancelliere! Asseconda le loro dannate
richieste! Fai sellare tre dei miei stalloni, e lasciali andare via!!!!!!!!”
I funzionari si guardarono per un secondo, evidentemente
indecisi sul da farsi, quindi si inchinarono al reggente, con fare ostile. Il
cancelliere diede un secco ordine nella solita, strana lingua ad uno dei
servitori, che schizzò fuori dalla sala.
Il funzionario si volse verso di noi. “I vostri cavalli
saranno pronti fra pochi istanti nel cortile.” Disse semplicemente, in tono
duro.
Zel mi afferrò bruscamente per un braccio per sorreggermi, e
si pose schiena contro schiena con Gourry. “D’accordo. Ora state fermi dove
siete.” Intimò. “Noi usciamo di qui.”
Prendemmo a dirigerci verso la porta. Le guardie ai lati
dell’ingresso si mossero per chiuderla, forse istintivamente. Zel li fissò,
accigliato. “Vedo che non volete capire…” Mormorò.
Si avvicinò ad Uregh e gli strinse il braccio con le dita.
“Lascialo, Gourry.” Ordinò, semplicemente.
Lo spadaccino annuì e si allontanò, sostituendo Zel nel
sorreggermi. La chimera strinse con forza Uregh, che aveva preso a
divincolarsi, e… “Mono Volt.” Recitò, con voce mortalmente calma. Il
reggente gridò, in preda al dolore, quando la scarica elettrica di origine
magica lo attraversò.
Mi morsi il labbro, non del tutto convinta del gesto di Zel.
Se Uregh avesse perso i sensi, forse, senza i suoi occhi a giudicarle, le
guardie sarebbero state meno restie ad attaccarci. Tuttavia, fortunatamente, la
chimera pareva essere giunta alle mie stesse conclusioni, e aver moderato la
potenza…
Quando Zel rilasciò la presa, il reggente era terrorizzato,
ossessionato, forse, ma vigile. Fissò Zel per un momento, e poi guardò le
guardie, atterrito. “Allontanatevi!!!” Gridò. “Allontanatevi, bastardi, o farò
tagliare la testa a tutti voi!!!!”
Le guardie si scostarono, riluttanti, le armi ancora in
pugno. Noi quattro avanzammo attraverso il portale, e poi in cortile. I tre
cavalli bianchi stavano venendo sellati, ed erano già equipaggiati con alcune
borse di cibo. Attendemmo tenendoci lontani, finché non furono pronti a
condurci fuori dalle mura.
Zel strinse più forte Uregh, e le sue labbra si avvicinarono
all’orecchio del reggente. “Prega che i cavalli siano in salute.” Mormorò, fra
i denti. “Perché se loro ci abbandonano, ci abbandoni anche tu.”
Uregh impallidì. “N- no, no, no, stranieri, sono i migliori
della mia scuderia, posso assicurarvelo!!!” Gridò, quasi, in preda all’isteria.
“Vi porteranno lontano da qui, e poi voi mi lascerete andare, vero? Vero che mi
lascerete andare???”
Zel non rispose. Pescò fra le borse della sua divisa da
soldato una spessa corda, e la utilizzò per legare le mani del reggente dietro
la sua schiena.
“Gourry…”
Lo spadaccino annuì, senza che la chimera avesse bisogno di
aggiungere altro. Insieme, caricarono il reggente su uno dei cavalli, riverso
come un salame steso ad essiccare. Zel utilizzò un altro pezzo di corda per
assicurarlo alla sella. “Ti conviene non agitarti troppo.” Minacciò. “O cadrai,
e il viaggio lo farai trascinato dal cavallo.”
Il reggente impallidì, se possibile, ulteriormente. “A-
aspettate! Io non posso reggermi in equilibrio a questo modo! Ehi!”
I miei due compagni lo ignorarono. Gourry montò a cavallo, e
afferrò le redini del destriero che trasportava il reggente. Zel mi aiutò a
salire sul suo cavallo.
“Tieniti vicino ad Uregh.” Mormorò la chimera a Gourry. “Non
ti lanceranno frecce, sapendo che potrebbero colpire anche lui. Non
preoccuparti di Lina, ci penso io a farle da scudo.”
Per qualche motivo, il pensiero di Zel scudo umano mi fece
sorridere. “Sei davvero utile in mille modi, Zel…” Lo presi in giro, quando
montò dietro di me. “Sei proprio sicuro di voler tornare umano?”
Una goccia di sudore scese lungo la guancia della chimera.
“Se hai voglia di scherzare, si vede che stai meglio…” Commentò, in tono
irritato.
Io ridacchiai. Sì, stavo meglio, stavo INCREDIBILMENTE
meglio. Soprattutto per una che poche ore prima quasi non riusciva a ricordarsi
chi era… Merito dell’adrenalina, pensai. Mi faceva sentire assurdamente VIVA.
“Non fermarti fino a che non saremo lontani.” Intimò
semplicemente Zel allo spadaccino. Gourry annuì, ed entrambi spronarono i
cavalli.
In un attimo, gli edifici della strada principale di Ulan
Bator sfrecciavano ai nostri lati. Mi strinsi al cavallo, con tutta la forza
che mi rimaneva, piegata al di sotto del bacino di pietra di Zel. Per un paio
di volte, temetti seriamente che saremmo andati a sbattere, con la gente che si
scostava all’ultimo al nostro passaggio. Fortunatamente, ormai la mattina era
inoltrata, le locande servivano già la colazione, e la popolazione di Ulan
Bator aveva iniziato a ritirarsi dalle strade, per trascorrere al coperto le
ore più calde della giornata…
“Zel, le mura!!!” Udii Gourry gridare ad un certo punto. A
quella osservazione, la chimera mi spinse giù con violenza, e si piegò così
tanto su di me che credei di soffocare. Persi di vista lo spadaccino, così come
il mondo intorno a me, ed immediatamente entrai in allarme per lui quando
avvertii un nugolo di frecce passare sopra le nostre teste.
‘Rivoglio la mia magia…’ Ebbi tempo di pensare, mentre la
criniera del cavallo mi faceva lacrimare gli occhi, e mi pizzicava il naso.
Cominciava ad essere stancante, il ruolo della bella da difendere… avrei voluto
poter fare qualcosa di più produttivo che inspirare lezzo di cavallo…
Dopo un secondo gruppo di frecce, la voce di uno dei soldati
risuonò, e i colpi smisero di raggiungerci. Evidentemente, ci eravamo
avvicinati a sufficienza perché i soldati si rendessero conto della presenza
del reggente.
Zel si scostò lievemente, ed io mi azzardai a sollevare la
testa. Davanti a noi, si stagliava un gruppo di guardie armate. Alle loro
spalle, i portali della città stavano venendo serrati…
“Zel!” Gridai.
“Lo so!” Confermò la chimera, sollevando un braccio, e
recitando velocemente, fra i denti. “Palla di Fuoco!!!” Gridò, quando
eravamo ormai solo ad un centinaio di metri dalle mura. Il colpo investì in
pieno i soldati che ci attendevano, abbattendo i portali in un turbine di
fiamme.
Attraversammo l’arco del portale, mentre ancora il fuoco
crepitava. Mi riparai gli occhi e mi accucciai sul cavallo, e per fortuna la
velocità a cui andavamo ci permise di uscirne indenni. Fu tutto talmente veloce
che i cavalli nemmeno si resero conto di quanto era avvenuto, credo. Fummo fortunati
a non essere disarcionati sul posto.
‘Siamo fuori! Siamo fuori!’
Sollevai la testa, il cuore che mi batteva all’impazzata.
Dietro di noi, i soldati erano come impazziti, terrorizzati dal colpo magico di
Zel. Alcuni erano schizzati fuori dalle mura, credo con l’intento di
inseguirci, ma ovviamente senza cavalli non potevano fare nulla per
raggiungerci. Per il momento, eravamo al sicuro.
‘Non riesco a crederci…’
Volsi lo sguardo, e colsi Gourry che sfrecciava al nostro
fianco, l’aria ancora evidentemente scossa. Lo spadaccino intercettò il mio
sguardo, e mi rivolse un breve sorriso, forse il primo da quando ci eravamo
rivisti. Mi resi conto che avrei voluto abbracciarlo.
“Dove diavolo andiamo, ora???” Domandò Zel, ovviamente
spezzando il mio momento di umore romantico.
Volsi lievemente la testa verso di lui. “Vuoi dire che sei
arrivato fino a qui senza sapere che fare dopo???” Chiesi. E io che pensavo che
avesse un grande piano in mente…
Zel mi guardò storto, evidentemente punto sul vivo. “Sono
arrivato qui alla cieca, NON SO dove ci troviamo, Lina!!! Magari Miss Maga
Genio è più informata di me?” Chiese, con fare ironico.
Non potevo togliermi la soddisfazione di avere l’ultima
parola… “CERTO che sì…” Replicai, con fare superiore… “Tieniti il sole alle
spalle, e prosegui in questa direzione…”
“Ma Lina…” Giunse la voce di Gourry alle mie spalle. “Così
andremo a nord, e ci inoltreremo nel deserto… Non è meglio dirigerci ad ovest
verso la costa…?”
Uh, a quanto pareva invece Gourry non era giunto lì del
tutto sprovveduto.
Chissà perché ogni tanto tendevo a scordare che Gourry aveva
viaggiato da solo, prima di incontrarmi, e che era perfettamente autonomo, in
questo… di solito lo spadaccino non si poneva grandi problemi circa le nostre
mete… Annuii, lievemente stupita. “E’ quello che ho intenzione di fare…”
Spiegai. “Ma prima dobbiamo far perdere le nostre tracce. Se crederanno che
abbiamo imboccato la via di terra, forse concentreranno le ricerche nel
deserto, e riusciremo più facilmente a raggiungere il mare… non ho dubbi che
nel giro di poche ore ci saranno alle calcagna…”
Gourry si strinse nelle spalle. “Basta essere entro cinque
giorni al mare.” Dichiarò.
Zel ed io ci scambiammo un occhiata. “E perché entro cinque
giorni?” Gridai, di rimando.
Gourry mi rivolse un altro sorriso. “Perché c’è una nave che
ci aspetta.” Spronò il cavallo. “Acceleriamo, ora, se dobbiamo far sparire le
nostre tracce!”
Zel ed io restammo perplessi per qualche istante, quindi ci
affrettammo, per accodarci a lui. In fondo, ci sarebbe stato tempo per le
spiegazioni.
Procedemmo per diverse ore nel silenzio quasi totale,
nonostante il sole battente, nonostante per tutti fosse stata una notte
insonne. L’agitazione ci spingeva a resistere, senza che quasi ce ne rendessimo
conto. Presto, iniziammo a deviare verso ovest, concordando però che avremmo
invertito la rotta solo il giorno successivo. Rallentammo l’andatura, perché i
cavalli non avrebbero retto a lungo quel ritmo, con quel calore. Alle nostre
spalle, il vento del deserto disperdeva le nostre tracce, e quando questo non
avveniva ci pensava la magia di Zel.
La chimera approfittò anche della relativa calma per guarire
completamente le mie ferite. Quando terminò, il dolore era praticamente
scomparso, ma la stanchezza cominciava a farsi sentire…Uregh era immobile, sul
suo cavallo, ormai da quando eravamo usciti da Ulan Bator. Credo avesse perso i
sensi, e del resto nessuno di noi aveva interesse a svegliarlo, per sentire le
sue lamentele. Non ero ancora certa di ciò che avremmo dovuto fare con lui…
Il pomeriggio era già avanzato, quando giungemmo in vista
della prima macchia di vegetazione. Ci trovavamo al limitare del deserto, la
costa, a detta di Gourry, a pochissimi giorni di viaggio. Avanzammo in una
fitta boscaglia fatta di alberi e piante a me ignoti, fino a che non ci
trovammo a ridosso di un torrente, forse un affluente del fiume che scorreva
attraverso Ulan Bator. Ne seguimmo la corrente, fino a che non fu quasi buio.
Era il tramonto quando sbucammo in uno spiazzo in cui il torrente si apriva in
un’ampia pozza d’acqua. A quella vista, le mie gambe si fecero molli. Quanto
avevo voglia di un bel bagno…
“Che ne dite… se ci fermiamo per qualche ora…?” Proposi. “I
cavalli sono stremati, e anche noi. In fondo, ormai abbiamo camuffato a
sufficienza le nostre tracce…”
Zel annuì. “Mi sembra una buona idea.” Tirò le redini del
cavallo. “Persino io sento di avere bisogno di dormire…”
Gourry scese dal suo cavallo, e mi porse la mano per
smontare dal mio. Anche Zel mi imitò, e si piegò sul torrente, per sciacquarsi
il volto. Io mi appoggiai al braccio di Gourry, per non caracollare al suolo.
Non mi ero nemmeno resa conto di essere tanto stanca prima di mettere piede a
terra…
“Che nottata…” Mormorai…
Gourry mi pose una mano sulla testa, e mi accarezzò i
capelli. “Puoi dirlo forte.” Mi rivolse un sorriso. Gli risposi, e appoggiai
per un momento la testa alla sua spalla. Avevo voglia solo di qualche momento
di tranquillità…
“Che ne facciamo di lui?” Giunse una voce, al di là dei
cavalli.
Sospirai, e mi sporsi per osservare. Zel aveva trascinato
Uregh giù dal cavallo, ed ora il reggente si era svegliato, e piagnucolava al
suolo.
“Vi prego, lasciatemi andare… vi riempirò d’oro, ciascuno
dei gioielli che ho addosso vale una fortuna.”
Mi avvicinai, e lo fissai con disprezzo. “Hai considerato il
fatto che i gioielli potremmo prenderli anche dal tuo cadavere?” Dissi, più per
il gusto di spaventarlo, che per reale minaccia.
Il reggente si volse a guardarmi, con manifesto odio.
“Tu… tu! Piccola…” Si morse la lingua, come per impedirsi di
proseguire. “Dillo, che ti ho trattata bene! Dillo che ti ho accolto con ogni
lusso!!! Sei TU che ti sei voluta tutto quello che ti è successo!!!! Se fossi
stata obbediente saresti stata benissimo! Che diavolo vuoi da me, ora? CHE
DIAVOLO VUOI DA ME, ORA???”
Lo fissai, mentre mi inveiva contro. Ora era lui l’insetto
spaventato. Ed io, stranamente, non avevo né la voglia né la forza di
prendermela con lui. Avrei voluto solo che qualcuno me lo cancellasse da
davanti.
“Non abbiamo molta scelta.” Fu Gourry a rispondere a Zel,
avanzando al mio fianco. “Se anche lo lasciassimo qui, potrebbero ritrovarlo, e
questo potrebbe tradirci. E si metterebbe comunque al comando delle armate che
marceranno contro Sailune, mentre il principe di Ulan Bator potrebbe evitare di
farlo, essendo estraneo all’alleanza decisa dal reggente.” Ci fissò, con uno
sguardo strano, stranamente determinato.
Mi accigliai. “Come fai… a sapere dell’alleanza personale di
Uregh con Oberon…?” Chiesi, perplessa. Ora che ci pensavo, non avevo ancora la
più pallida idea di come Gourry fosse arrivato a trovarmi, di cosa lo avesse
spinto fino a quella città persa nel deserto, né di dove lui e Zel si fossero
incontrati… ma la chimera in quel momento vestiva un’espressione perplessa
quanto la mia…
Gourry batté le palpebre, come se non si fosse aspettato
quella domanda. “Uh… io… non ricordo, in realtà… credo… che me ne abbia parlato
Ainos…”
Ainos?
“Non dategli retta!!!” Prese a gridare nel frattempo Uregh.
“I… io… io mi impegno a non combattere più quella guerra! Anzi, interverrò a
favore di Sailune! Davvero! Credetemi!!!”
Ma Gourry non ci diede tempo di discutere oltre la cosa. Con
una mossa repentina, estrasse la spada, e fece per calarla su Uregh.
“E… ehi, aspetta un momento!” Mi buttai su di lui, e cercai
di frenare il suo braccio, ma era tardi. La spada praticamente tagliò la testa
ad Uregh, in un solo colpo, facendomi arretrare inorridita, mentre schizzi di
sangue mi investivano. Ottenni solo di far scivolare di mano la spada a Gourry,
facendola volare lontano.
Caddi all’indietro, coprendomi la bocca con la mano, mentre
anche Zel arretrava, stupito. Gourry fu immediatamente su di me.
“Lina!” Gridò. “Lina, stai bene? Non ti ho ferita, vero?” Lo
guardai negli occhi. E mi fu difficile associare il suo sguardo preoccupato a
quello lucido e freddo di poco prima…
“N… no…” Replicai, con voce stentorea… “Mi hai solo colta di
sorpresa…”
“Scusami.” Mi porse la mano, per aiutarmi a sollevarmi.
“Credevo fossimo d’accordo, non immaginavo che ti saresti gettata avanti così
all’improvviso.”
Lo guardai nuovamente negli occhi, cercando di capire se mi
stava deliberatamente mentendo, ma stranamente per una volta non fui capace di
leggere nel suo sguardo nulla, tranne l’evidente rammarico di avere rischiato
di colpirmi… Un groppo di inquietudine mi stringeva lo stomaco. Non era per
Uregh. Non mi importava nulla di quell’uomo, forse lo avrei ucciso io stessa.
Era per Gourry. Non lo avevo mai visto colpire qualcuno così, a sangue freddo.
Mi risollevai sulle mie gambe, lievemente traballante. Zel
occhieggiò il cadavere, con aria che avrei definito seccata. “Grandioso.”
Commentò. “Stiamo cominciando a rivaleggiare con degli assassini
professionisti…”
Non capii quel commento, ma decisi che, per una volta,
preferivo non farlo. Piuttosto, lanciai un’occhiata alla spada di Gourry, che
era volata al suolo… Non l’avevo notato prima, ma era diversa da quella che
Gourry aveva ricevuto da Philionel, a Sailune. La sua lama sembrava quasi…
fatta di cristallo…
“E… quella…?” Domandai, avvicinandomi… “Non ce l’avevi prima
che ci separassimo…”
“Non toccarla!!!” Mi intimò lo spadaccino, con urgenza quasi
rabbiosa. Persino Zel sussultò, al mio fianco.
Sollevai lo sguardo su di lui, piccata. Non ci vedevamo per
mesi, e lui pensava che il mio primo pensiero fosse mettere le mani sulla sua
nuova spada???
… OK, avevo dei precedenti a riguardo, ma quella era una
situazione diversa, d’accordo???
“Non essere sciocco Gourry!” Sbottai, piegandomi
deliberatamente a raccogliere l’arma. “Ti ricordo che IO ti stavo cercando una
spada nuova, prima che tutta questa faccenda cominciasse, e se ora ne hai
trovata una, non posso che essere…” Mi interruppi, semplicemente perché non
potevo più dire niente. Non potevo più PENSARE niente. Un unico, stridente
grido mi stava esplodendo nella testa.
Lasciai ricadere la spada quasi all’istante, ed anch’io
caddi all’indietro, finendo nuovamente schiena al suolo. Le tempie mi
pulsavano, e, anche se il dolore cessò a breve, per un momento ebbi
l’impressione che non dovesse finire mai.
Gourry fu nuovamente su di me, in un istante. Sospirò, come
se quella fosse ormai, per lui, una scena consueta. “Mi dispiace.” Mormorò,
inginocchiandosi al mio fianco. “Ho cercato di avvisarti.” Mi fece passare un
braccio dietro la schiena, e mi aiutò a mettermi a sedere.
“Ch… che diavolo era…???” Chiesi, occhieggiando la spada,
ora con timore.
Le labbra di Gourry si strinsero, come se non fosse stato
certo su come rispondermi. “E’… una spada magica.” Spiegò, raccogliendola e
affibbiandosela alla vita. “Posso usarla solo io.”
“Ma… quel dolore…” Insistetti.
“Per me non è più un problema.” Mi afferrò per la vita, e mi
aiutò ad alzarmi, come per chiudere la discussione.
Questo, ovviamente, non bastò a tranquillizzarmi.
Zel dovette accorgersi dell’atmosfera tesa, e decise di
intervenire. “Mi sembra che siamo tutti nervosi e stanchi.” Commentò. “Che ne
dite se mi occupo io di questo corpo, e poi allestiamo l’accampamento, e ci
prepariamo qualcosa da mangiare…?”
Annuii. “Io… ho bisogno di lavarmi, e di cambiarmi.”
Gourry mi diede una lieve stretta, e mi rivolse un’occhiata
che pareva di scusa. “Perché non ti fai unbagno, e non ti riposi un po’…?” Mi disse, gentilmente. “Pensiamo noi al
resto…”
Mi trovai ad annuire, quasi indipendentemente dalla mia
volontà. Ero troppo stanca per discutere.
“Recupero le vesti.” Risposi semplicemente, avvicinandomi ai
cavalli. Volevo allontanarmi dal corpo di Uregh, ed evitare di pensarci
nuovamente per qualche ora…
Gourry e Zel presero a allestire i nostri giacigli per la
notte, in una radura a poca distanza dal piccolo lago. Io mi immersi
nell’acqua, e persi letteralmente il senso del tempo. Forse sonnecchiai
persino, al placido suono del torrente che scorreva, immettendosi nello
specchio d’acqua. Comprendevo che non sarebbe bastato un bagno per lavare via
quell’esperienza. Sentivo ancora su di me la sabbia, i profumi delle ancelle,
l’odore di Uregh. Mi resi conto vagamente che non avevo chiesto a Zel di
guarire i buchi nelle mie orecchie. Mi strinsi nelle spalle. C’era tempo. Ci
sarebbe voluto tempo. In quel momento non mi rendevo nemmeno ancora pienamente
conto di essere nuovamente libera…
Mi risollevai solo quando la mia pelle era ormai grinzosa, ed
unicamente perché cominciavo ad essere infreddolita. Mi resi conto che non
avevo un panno per asciugarmi, quindi mi servii della vecchia tunica,
strappandola là dove non era completamente malridotta. Quindi, mi infilai la
nuova veste, grata. Era anch’essa una sorta di tunica lunga fino ai piedi, con
due ampi spacchi ai lati, accompagnata da pantaloni leggeri e da stivali, e
decisamente più semplice e funzionale della precedente. Mi avvolsi il mantello
attorno alle spalle. Non mi sembrava vero di avere addosso degli abiti degni di
questo nome…
Avanzai verso l’accampamento, il mio umore decisamente in
via di miglioramento. Quando giunsi in vista del fuoco, però, mi stupii di
trovarlo completamente silenzioso. Sbucando nella radura, compresi il perché.
Attorno al fuoco, Zel dormiva, appoggiato ad un albero. I giacigli erano già
predisposti, e davanti a quello che doveva essere il mio, c’era un cartoccio di
cibo, pronto e fumante. Di Gourry, nemmeno l’ombra.
Raggiunsi il cartoccio, e lo aprii. Chiunque lo avesse
preparato conosceva le mie razioni abituali. Le ciotole letteralmente
traboccavano. La carne era ancora calda, ed emanava un odore che sarebbe stato
in grado di attirarmi anche dalla tomba…
La attaccai per prima, quindi mi buttai sulla zuppa e il pane,
e presto seguirono il formaggio e la frutta. Consumai tutto in un lampo. Non
ricordavo di essere stata così affamata da… oh, diavolo, non ricordavo di
essere MAI stata così affamata!
Quando ebbi finito, ero totalmente appagata, e pronta a
dormire, credo, per giorni interi. Peccato che ci sarebbe voluto ancora un bel
po’, prima che tutti noi potessimo davvero riposare…
Sospirai, e mi sollevai, in piedi. Mi chiedevo dove fosse
finito Gourry. Credevo fosse andato a cercare legna, o qualcosa del genere, ma
ormai era da un pezzo che mi trovavo lì, avrebbe già dovuto essere tornato…
Mi avvicinai a Zel, e lo scossi lievemente. La chimera si
svegliò con un sussulto, e mi guardò come se fossi un fantasma.
“Ero sveglio!” Gridò, quasi. “Ero sveglio, stavo montando la
guardia!”
Dovetti sorridere. Anche il sovraumano Zel pareva sentire la
stanchezza, di tanto in tanto…
“Certo, non ti ho mai visto così vigile…” Mormorai, con fare
ironico… “E Gourry che fine ha fatto…?”
La chimera mi fissò, l’aria piccata. “E’ sparito da qualche
parte, dopo averti lasciato in caldo la cena…” Rispose, strofinandosi gli
occhi. “Ha detto che voleva allenarsi un po’ con la spada, o qualcosa del
genere…”
Mi accigliai. “Allenarsi con la spada? A quest’ora? Dovrebbe
volere solo dormire, con tutto quello che è successo…”
Zel si strinse nelle spalle. “Magari aveva solo bisogno di
scaricare un po’ la tensione.” Mi fissò. “Ha avuto paura per te, sai?” Disse,
in tono più sincero e gentile del solito. “Non hai idea dello stato in cui era,
quando l’ho incontrato ieri…”
Spalancai gli occhi. “Vi siete incontrati solo ieri?”
Zel annuì. “E per puro caso. Mi sono unito alle truppe di
Oberon, nella speranza di trovare Amelia dopo che…” Fece una breve pausa. “Bé…
hai sentito… della caduta di Sailune, suppongo…” Il suo tono di voce si incupì,
nel pronunciare quelle parole.
Lo fissai per un momento in silenzio. Se non avessi avuto di
fronte l’imperturbabile Zel, avrei quasi pensato di leggere del senso di colpa,
nella sua espressione…
Mi sedetti al suo fianco. “Ho tutta l’intenzione di
fargliela pagare, sai, Zel…?” Mi limitai a commentare, semplicemente. “Ad
Oberon, intendo. Anche per quello che è successo a Sailune.”
La chimera mi fissò per un momento, ed un breve sorriso si
disegnò sulle sue labbra. “Lo immaginavo.”
Restammo in silenzio, per qualche istante, osservando il
fuoco che crepitava. Una domanda mi ronzava nella mente, ma non avevo nemmeno
esattamente idea di come formularla…
“Senti, Zel…” Esordii infine, presa da improvvisa
risoluzione.
La chimera mi fissò di sottecchi, al di là del suo cappuccio
sollevato. “… Cosa?” Mi incoraggiò, inclinando lievemente la testa.
“A proposito di Gourry…” Mi sollevai lievemente, in modo di
poterlo guardare negli occhi. “Non ti sembra… che si comporti un po’
stranamente…?”
Zel si accigliò. “Stranamente in che senso…?”
“Non lo so…” Tornai a fissare le fiamme, stringendomi le
ginocchia al mento. “Anche prima, il modo in cui ha colpito Uregh… e poi, il
modo in cui ha evitato di parlare di quella spada… non so perché, ho la
sensazione che le due cose siano in qualche modo collegate…”
Zel batté le palpebre, perplesso. “Mah… secondo me esageri…”
Lanciò un rametto secco nelle fiamme, e quello si consumò in fretta,
crepitando. “E’ ovvio che quella spada non è un’arma comune, ma se la sarà
procurata per aiutarti nel periodo in cui siete stati separati… cosa è stato,
qualche settimana…?”
“Più di due mesi.” Replicai, in tono piatto. Per qualche
motivo, quel lasso di tempo mi era parso molto, molto più lungo…
“DUE MESI???” Ripeté Zel, sbarrando gli occhi. “Così tanto?”
Affondai il volto nelle mie ginocchia, riportando alla mente
quei ricordi che avrei tanto volentieri rimosso. “Mi sono fatta catturare come
una stupida poco dopo la nostra partenza da Sailune, e sono stata condotta qui
come oggetto di trattativa…” Spiegai, stringendomi nelle spalle. “Gourry è
riuscito a fuggire, ma da allora non l’ho più rivisto. Sino ad oggi.” Mi
incupii, osservando le fiamme danzare di fronte a me. “Cominciavo a temere che…
bè, puoi immaginarlo…” Non proseguii.
Zel fissò per un momento l’aria di fronte a sé,
l’espressione ancora stupita. “Due mesi…” Ponderò. “Bé, credo che non ci sia
molto da stupirsi, se si comporta in modo un po’ strano…” Si volse a guardarmi.
“Voglio dire, è passato così tanto, sicuramente era un po’ scosso… e Uregh era
il tuo catturatore, e non ti ha certo trattata con riguardo… è ragionevole che
Gourry ce l’avesse con lui, no?”
Scossi la testa. Capivo che per lui fosse difficile
comprenderlo, ma per me, che conoscevo Gourry come me stessa, anche le piccole
cose avevano un significato. “Tu non capisci.” Replicai. “Gourry ucciderebbe
senza remore, se servisse a proteggermi…” Arrossii lievemente, a quella
ammissione. Nonostante la mia relazione con Gourry fosse più stretta,
nonostante quello che era successo nella grotta due mesi prima, parlare di me e
Gourry ad altri risultava ancora imbarazzante, per me… “Però…” Proseguii. “…
Uregh era inoffensivo, in quel momento, non avrebbe potuto nuocermi. Gourry di
solito non colpisce qualcuno a quel modo, quando è completamente indifeso.”
Zel mi guardò, con l’aria di non capire dove si trovasse il
problema. Quello sguardo non fece che innervosirmi ulteriormente. La chimera
non ne aveva colpa, lo sapevo, ma il pensiero che non tutto andasse come doveva
andare, che ancora non tutto quadrasse, mi faceva sentire frustrata.
Mi sollevai in piedi. “Vado a vedere dov’è finito Gourry.”
Risolsi, ad alta voce. Avevo bisogno di vederlo. Magari mi sarei davvero resa
conto che le mie erano solo paranoie.
Zel mi fissò, dal basso in alto, l’aria perplessa. “Forse
faresti meglio a riposare.” Commentò. “Domani dovremo marciare tutto il giorno,
se vogliamo raggiungere in tempo la costa. Gourry è grande e grosso, non gli
succederà nulla. Quando sarà stanco, tornerà qua da solo.”
Gli rivolsi un mezzo sorriso. “Non preoccuparti per me,
tornerò presto anch’io. Anche se non avrei bisogno di affrettarmi, in fondo qui
c’è la nostra fida e sveglia guardia, a monitorare la situazione…”
Zel fece una smorfia, ed io ridacchiai. La chimera mi fissò
con una delle sue migliori espressioni truci. “Fa’ come ti pare.” Si calò
ulteriormente il cappuccio sul volto. “Ma vedete di non sprecare troppe
energie, voi due piccioncini, là nascosti nella foresta…”
Arrossii, cogliendo fin troppo rapidamente le sue allusioni.
“Zel!!!” Sbraitai. In quel momento, ci avrei giurato, la chimera se la stava
ridendo sotto i baffi, al di sotto del cappuccio.
Lo fissai per un momento, considerando l’ipotesi di una
vendetta. Ma immaginai che se avessi aspettato il ritorno della magia il tutto
sarebbe stato più efficace…
Con un sospiro, lo lasciai ai suoi risolini e mi allontanai,
scivolando in silenzio fra gli alberi. Bastarono pochi passi per cominciare ad
avvertire il rumore dei colpi di spada. Gourry era sulle rive del torrente, non
troppo lontano dal punto in cui esso si riversava nel lago. Uscii dalla macchia
d’alberi, e rimasi a fissarlo, per qualche istante, mentre fendeva l’aria,
l’espressione completamente concentrata. Ero ammirata. Da quando lo avevo
conosciuto, Gourry non aveva mai cessato di stupirmi, per come combatteva, e
quei due mesi non avevano certo scalfito la sua abilità… anzi, se possibile
l’avevano persino incrementata…
Dopo forse un minuto, lo spadaccino si rese conto della mia
presenza. Abbassò la spada, e mi fissò per un istante. “Ehi.” Mi sorrise. “Ti
senti meglio, mi sembra.”
Sorrisi di rimando. Forse ero davvero paranoica. Visto così,
non aveva nulla di diverso dal solito Gourry… “Decisamente. Il bagno mi ha ristorata.”
Feci un passo verso di lui, agitando la mano con fare noncurante. “Tu,
piuttosto, non faresti meglio a riposarti un po’? Hai l’aria di non aver
dormito come si deve da giorni…”
Gourry si avvicinò, e mi portò una mano al viso,
accarezzandomi la guancia. Arrossii. Era strano quel gesto familiare, a
distanza di tutti quei mesi… “Fra un momento…” Rispose, in tono pacato. “Oggi
non abbiamo avuto nemmeno un attimo per parlare…” Commentò, quasi mi avesse
letto nel pensiero…
Non mi ritrassi. In fondo, ero troppo stanca per fingere che
quel contatto non mi facesse piacere… Mi lasciai addirittura scivolare verso di
lui, e Gourry fece scorrere la mano fino alla mia nuca, accarezzandola. Per
qualche momento restammo semplicemente così, in silenzio, le sue dita fra i
miei capelli, e la mia fronte appoggiata al suo petto. Fu quando la sollevai,
per guardarlo, che mi accorsi della peluria che gli assaliva il volto…
“Ti sei lasciato crescere la barba…” Commentai, lievemente
divertita. Gourry aveva le sue piccole manie, e la barba era una di esse. In
quattro anni di convivenza, credo fossero state un paio al
massimo le volte in cui lo avevo visto non perfettamente
glabro…
Gourry si accarezzò il mento, all’apparenza sorpreso. “Oh…”
Commentò. “Me ne ero scordato…”
Ridacchiai. “La cosa non mi sorprende, cervello di medusa…”
Gli pizzicai la guancia. “E se vuoi proprio saperla tutta, PUZZI… prima, quando
ti invitavo a rilassarti, intendevo prima di tutto con un bel bagno…”
“Ma che antipatica!” Rise Gourry, scompigliandomi i capelli.
“Nemmeno tu quando ci siamo rivisti eri proprio una rosa, se vuoi saperlo! Non
mi sembra di essermi formalizzato così tanto!”
Strinsi le labbra, costringendomi a non sorridere come una
povera ebete. Se avessi espresso a parole quanto mi erano mancate quelle
amichevoli, stupide schermaglie, mi sarei sorpresa da sola…
Gourry mi fissò per un momento, con un lieve sorriso sulle
labbra. Quindi, la sua mano si mosse nuovamente ad accarezzarmi i capelli.
“Senti, Lina…” Mormorò. “Come… come ti senti, ora…?”
Inclinai il volto, un po’ perplessa, a quella domanda.
“Meglio… te l’ho già detto, Gourry… non preoccuparti per me, la magia ha già
fatto passare ogni dolore…”
Il volto di Gourry si incupì lievemente. “Non… mi riferisco
solo al dolore, Lina…” Sfiorò con la guancia la mia fronte, e la sua stretta si
fece improvvisamente più forte. “Quell’uomo, Uregh… lui… ti ha fatto qualcosa
che…?”
Gli strinsi il braccio, con forza, costringendolo ad
interrompersi. “Non mi ha fatto nulla che io non possa dimenticare.” Dichiarai,
ferma, guardandolo negli occhi. “Continuando a viaggiare con te come prima, e
lasciando passare un po’ di tempo… Credi davvero che mi lascerei rovinare la
vita da un essere del genere…?” Solo in parte la mia determinazione era votata
a rassicurarlo. Non avevo voglia di parlare di quei mesi, non ancora. Per il
momento, avevo solo voglia di godere di quella libertà…
Ad ogni modo, dovevo essere stata convincente, perché sotto
la mia stretta avvertii il corpo di Gourry rilassarsi… “Va bene…” Rispose lo
spadaccino, nel suo consueto tono pacato. “Mi basta sapere questo…”
Internamente, lo ringraziai per non avere insistito. Una
delle cose che apprezzavo del nostro rapporto era come riusciva a capire ciò di
cui avevo bisogno, senza che avessi necessità di comunicarglielo…
“E tu…?” Chiesi, un po’ per cambiare argomento, un po’ per
reale curiosità… “Non mi hai ancora detto che cosa hai fatto in questo due
mesi…”
Gourry inclinò lievemente la testa, ed ebbi l’impressione
che ancora una volta ponderasse le parole per rispondermi… “Bé… non c’è molto
da dire…” Dichiarò, infine. “Ti ricordi di Ainos, suppongo… dopo che ti hanno
catturata, mi ha proposto di addestrarmi all’utilizzo della spada che porto
ora…” Batté lievemente la mano sul fodero. “A quanto pare, era questa la sua
intenzione sin dall’inizio… ha detto di esserne il custode, o qualcosa del
genere… ed io ho pensato che avrei potuto servirmene per salvarti, perché con
una spada normale non avrei mai potuto superare tutti quei soldati…”
Mi accigliai. “Ma quindi… è davvero una spada magica…? E che
razza di poteri avrebbe…?”
Gourry assunse un’aria perplessa. “Uhm… ecco… se devo essere
sincero, io non l’ho perfettamente capito…” Mi guardò, col suo consueto sguardo
da… bé, da cervello di medusa… “Credo che assorba gli incantesimi, per
cominciare… e… non lo so, in generale quando la impugno mi sento più forte…”
Lo studiai, per qualche istante. Non sapevo perché, ma ero
stranamente interessata a quella spada… c’era ancora qualcosa in quell’oggetto
che non mi convinceva… “E Ainos… che fine ha fatto, ora…?” Chiesi, cauta.
Gourry parve alterarsi lievemente, a quella domanda…
“Perché… me lo chiedi…?” Domandò a sua volta, evitando così di rispondere.
Io mi accigliai. “Così, per sapere… mi piacerebbe poterlo interrogare
per capire qualcosa di più di quell’arma…” Lo squadrai, seria. “E’ quanto meno
strana, una spada che provoca dolore a chi la impugna…”
“Ti… ti ho già detto che per me non è un problema, Lina!”
Lottai per non sussultare. La voce di Gourry si era fatta improvvisamente più
acuta.
“Non è un problema perché non avverti dolore? O perché hai
imparato a superarlo?” Chiesi, rifiutandomi di moderare la mia insistenza.
Capivo che si sentiva pressato, ma non avevo intenzione di tirarmi indietro.
Non sapevo perché, ma sentivo che quello non era un argomento che dovessi
lasciar cadere…
Gourry si ritrasse da me, bruscamente, provocandomi un altro
sussulto. “Senti, Lina, questa spada ti ha salvato, è grazie a lei se sei qui
ora… sinceramente, non capisco quale sia il problema…” Dichiarò, in tono duro.
Scorsi chiaramente un’ombra di rabbia, dietro le sue parole…
“Sei stato TUa
salvarmi, non quella spada.” Puntualizzai. “O non siamo d’accordo sul fatto che
quell’arma è solo uno strumento?”
“E’ lo stesso!” Dichiarò, levando gli occhi al cielo.
“No, che non è lo stesso!” Replicai, avanzando di un passo
verso di lui. “Ascoltami, quell’arma non mi piace! Sono convinta che sia
pericolosa! Se vuoi la mia opinione di maga, faresti meglio a mollarla qui, e a
cercarti una nuova spada!”
Gourry mi fissò, con uno sguardo freddo che non gli avevo
mai visto vestire. “Ah…” Commentò. “Allora è QUESTO il problema…” Anche lui
avanzò verso di me, e mi squadrò con una strana punta di avversione. “… Credi
che non sia in grado di portare a termine qualcosa di buono da solo, non è
così, Lina…? Bé, ti stupirai nel sapere che anche i cervelli di medusa hanno
una loro autonomia!”
Mi sorpassò, con rabbia. Io lo afferrai per un braccio.
“Ehi!” Gridai quasi, ora. “Io non ho detto questo! E ora, dove diavolo hai
intenzione di andare???”
Gourry mi scoccò un’occhiata. “A fare un bagno! O ritieni
anche questo troppo ‘pericoloso’…?” Scrollò la mia mano dal suo braccio, e mi
superò senza voltarsi. In pochi, rabbiosi passi, sparì nella boscaglia.
Io rimasi per qualche istante a fissare il punto in cui era
sparito, attonita. Come era possibile un cambio d’umore così repentino, solo
per una stupida spada…? E soprattutto, come era possibile da parte di Gourry,
che era la persona più solare che conoscessi? Detestavo ammetterlo, perché fino
a qualche istante prima mi ero beata nell’illusione di essermi sbagliata, ma…
no, c’era davvero qualcosa che non andava…
‘Al diavolo!’
Calciai una pietra con la punta dello stivale, e osservai
mentre si immergeva nel torrente con un tonfo.
Ero frustrata e arrabbiata. E avevo sempre voglia di riavere
la mia magia, tanto per cominciare. Sarebbe stato più semplice, se avessi
potuto far tornare un po’ di sale in zucca a Gourry a suon di incantesimi!
Perché diavolo tutto non poteva tornare a posto per incanto? Mi sembrava di
averne subito abbastanza, di quella situazione, quello non era il momento in
cui tutto magicamente si sistemava???
Con un sospiro, scivolai a sedere su una pietra, sul bordo
del lago. Magari potevo provare qualcosa…
Protesi il braccio, con scarsa convinzione. “Flare Arrow.”
Recitai.
Sospirai. Come pensavo, uno sbuffo di fumo, e nulla di più…
Ora che ci pensavo, forse non era nemmeno saggio tentare di
usare così presto la magia… in fondo, l’ultima volta che ci ero riuscita avevo
provato dolore… d’altra parte, se mi davano quella medicina tutti i giorni
voleva dire che i suoi effetti erano molto limitati nel tempo, giusto…?
‘Proviamo con qualcosa di più semplice…’
Mi concentrai, più che potevo, focalizzando l’attenzione su
ognuno dei singoli processi mentali che in un mago esperto diventano totalmente
automatici, come una giovane dedita all’apprendimento della magia. Fissai lo
sguardo sulle mie dita, evocando il primo degli incantesimi che mi erano stati
insegnati… “Lighting…”
Una lieve scossa di dolore mi attraversò il braccio, ma non
ci feci quasi caso. Ero troppo impegnata ad esultare. Una debole sfera di luce
era appena apparsa fra le mie dita.
‘Sta tornando! La mia magia sta tornando!!!’
Fissai la luce, estasiata, ancor più galvanizzata dal fatto
che riuscivo a mantenere l’incantesimo attivo. Forse fu proprio per il mio
entusiasmo che non mi resi conto immediatamente che stava avvenendo qualcosa di
strano…
Fu quando l’aria attorno alla mia sfera di luce cominciò a
sfrigolare, che mi resi conto che c’era qualcosa che non andava.
Indietreggiai, di scatto, ed istintivamente rilasciai
l’incantesimo.
‘Che diavolo…???’
L’aria non cessò di sfrigolare. La luce che avevo generato
con la magia non scomparve, come mi ero aspettata, anzi si intensificò…
prendendo velocemente forma in una figura.
“Ma che ho combinato???” Senza rendermene conto, parlai ad
alta voce. Scattai in piedi, ed indietreggiai, mentre la figura diventava più
nitida ai miei occhi.
Non era una figura di luce, aveva semplicemente la pelle
chiarissima. Alla luce della luna, sembrava un uomo anziano, particolarmente
pallido, anche se vestito di un manto scuro.
Dubitavo che fosse effettivamente un vecchietto in vena di
passeggiate notturne, comunque. Dal momento che non aveva né naso né bocca, e
che in quel momento stava fluttuando sull’acqua…
‘Un… un demone?!?’
“Non essere tanto presuntuosa da credere di avermi evocato,
Lina Inverse…” La voce del demone risuonò, anche se non aveva labbra da cui
essa potesse fuoriuscire… la figura scivolò sulla corrente scura del torrente,
e atterrò di fronte a me. “In effetti, ero io che ti stavo cercando…”
“Mi stavi… cercando…?” Potei solo ripetere le sue parole,
stupidamente…
Gli occhi rossi del demone si strinsero. “Credevo che non
sarebbe stato necessario… ma purtroppo avevo fatto male i miei calcoli… ed ora
sono qui per portare a termine ciò che avrei dovuto fare molti mesi fa…”
Sollevò uno dei suoi bracci oblunghi verso di me, e le sue dita si illuminarono.
Fortunatamente, l’istinto fece sì che mi muovessi ancora prima di capire quanto
stesse accadendo.
Schivai di lato, e quando lanciai uno sguardo al punto in
cui mi ero trovata pochi istanti prima, notai che al suolo era disegnato un
pentacolo. Capii immediatamente cosa aveva cercato di fare, perché avevo già
subito qualcosa del genere dalla sua razza. Voleva sigillare la mia magia.
Non capivo ancora il motivo della sua presenza in quel
luogo, ma non avevo tempo per pormi domande. Il punto in quel momento era che i
miei poteri erano ancora deboli, e che non avevo modo di tenergli testa.
Detestavo ammetterlo, ma la mia unica possibilità era richiamare l’attenzione
dei miei compagni di viaggio. Immediatamente.
“Ra… ragazzi!!!” Chiamai.
Il demone dovette comprendere le mie intenzioni. Levò di
nuovo il braccio, ed improvvisamente i rumori della foresta, attorno a noi, si
chetarono…
Mi accigliai. “Che diavolo hai fatto?” Domandai.
Il demone sorrise, per quanto si possa sorridere senza
labbra… “Ora non ci sentiranno al di fuori di quest’area.” Fece un passo in
avanti. “Questa partita ce la giochiamo noi due…”
‘Dannazione!’ Se era già sgradevole l’idea di farmi uccidere
da un demone a migliaia di chilometri di distanza da qualsiasi luogo da me
conosciuto, e senza saperne il motivo, lo era ancora di più il pensiero che a
due passi da me c’era chi poteva aiutarmi, ed io non potevo approfittarne.
‘Ok, seconda opzione. Darmela a gambe.’
Cercai di schizzare verso gli alberi, ma se un momento prima
il demone era dietro di me, quello successivo me lo trovai di fronte.
“Vai da qualche parte, Lina Inverse…?”
Sussultai. Il demone mi colpì in pieno volto, con una forza
incredibile, per quelle braccia esili. Finii sul limitare dell’acqua,
boccheggiante.
La figura fu immediatamente sopra di me, l’aria minacciosa.
“Mi hai fatto divertire infinitamente, Lina Inverse… ma ora
non ho più tempo da perdere…”
‘Ho solo una possibilità…’ Mi trovai a pensare,
freneticamente. Puntai le dita verso i suoi occhi, e… “Lighting!” Recitai.
La sfera di luce apparve, anche più luminosa di prima.
Come pensavo, il demone sparì abbastanza velocemente per non
essere colpito… e ciò permise alla mia luce di raggiungere il cielo privo di
nubi, e di infrangersi in mille zampilli, illuminando l’aria quasi a giorno.
Il demone ricomparve a pochi metri da me, l’aria infuriata.
Evidentemente, aveva capito solo a posteriori il mio piano.
“Maledetta!” Sibilò. Schizzò verso di me, ed io lo evitai
ancora una volta per un soffio. Speravo che Gourry o Zel avessero visto e
avessero capito che qualcosa non andava, o nel giro di pochi minuti mi sarei
trovata davvero nei guai…
Ebbi fortuna. Dopo pochi istanti, sentii la voce di Gourry
risuonare alle mie spalle. “Lina! Lina, che cosa sta succedendo???”
Mi volsi. Lo spadaccino era evidentemente appena uscito
dall’acqua, aveva solo i pantaloni addosso, e brandiva piuttosto ridicolmente
la spada. Nonostante questo, non ero mai stata tanto felice di vederlo in vita
mia…
Gourry mi guardò per un istante, quindi fissò lo sguardo sul
demone, e i suoi occhi si spalancarono. “Ma cosa…?”
Indietreggiai, accostandomi a lui. “Mi ha attaccata.”
Spiegai, con urgenza. “Anche se non ho la più pallida idea di che cosa voglia
da me…”
Fissai lo spadaccino in volto, mentre gli parlavo. Non
capivo perché, ma pareva impallidito…
Anche il demone si era fermato, ora. Fissava Gourry e la sua
spada, con gli occhi spalancati.
Feci scorrere lo sguardo dall’uno all’altro, perplessa. Che
avevano, ora…?
Gli occhi del demone si strinsero, nuovamente. “Ti credevo
morto… è sorprendente, come lui sia riuscito ad ingannarci…”
‘Eh?’
Battei le palpebre. Rivolsi un’occhiata perplessa allo
spadaccino, ma lui la ricambiò, evidentemente non capendone più di me…
“Questo cambia un po’ di cose…” Il demone fece un passo
verso di noi, e Gourry immediatamente mi si pose davanti. Si fermò, e ci fissò
come se stesse ponderando le sue mosse successive. “Devo riflettere con calma.”
Indietreggiò all’improvviso, prima che chiunque fra noi due potesse fare qualcosa
per fermarlo. Le tenebre della foresta parvero inghiottirlo.
Gourry ed io restammo fermi per qualche istante, in attesa,
ma nulla accadde. Evidentemente, era davvero scomparso.
‘Questa poi…’ Tutta quella faccenda cominciava ad avere
contorni assurdi…
Gourry si volse verso di me, l’aria ancora tesa… “Lina… stai
bene…?”
“Sì…” Mi morsi il labbro. “Che diavolo c’entra, un demone,
ora???” Il mio tono di voce tradiva la mia irritazione. Ci mancava davvero solo
quella, per complicare la situazione. Ma non capivo se il rinnovato interesse
dei Mazoku nei miei confronti e quello che mi era accaduto fino ad allora
potessero essere collegati…
“Ne sei sicura…?” Mi volsi verso lo spadaccino. Nel suo
sguardo, non c’era più traccia della rabbia di poco prima… solo una punta di
ansia, forse addirittura eccessiva, visto che più che evidentemente era
arrivato prima che potesse succedermi qualcosa di male…
Gli posi la mano sul braccio. “Sto bene.” Ripetei. “Non
essere allarmista.”
“Mmm…” Lo spadaccino continuò a fissare ancora per qualche
istante il punto in cui il demone era sparito, l’aria poco convinta. “Ti…
riaccompagno all’accampamento…”
Levai gli occhi al cielo. “Va tutto bene, Gourry, non mi
succederà nulla, in due passi!” Gli strinsi lievemente il braccio. “Va’ a fare
il tuo bagno.” Aggiunsi, in tono più gentile. “Resterò sveglia e all’erta
finché non avrai finito.”
Gourry mi parve un po’ riluttante, ma si lasciò convincere.
Mi diressi verso la luce del fuoco, avvertendo chiaramente il suo sguardo che
mi seguiva per l’intero tragitto.
Quando giunsi in vista dei nostri giacigli, vidi che Zel
aveva ripreso a dormire della grossa, appoggiato allo stesso albero. Sospirai.
Lo avevo immaginato.
‘Vorrà dire che domattina lo sveglierò con la bella notizia,
tanto per vendicarmi del fatto che se la è dormita mentre io rischiavo la
pelle…’ Immaginavo che Zel non la avrebbe presa particolarmente bene… la
chimera aveva il mio stesso amore per la stirpe demoniaca…
Mi tolsi il mantello, e scivolai nel mio giaciglio. Mantenei
la mia promessa di non addormentarmi, però. Il sonno mi era del tutto passato.
Fissai a lungo le fiamme, riflettendo senza trovare soluzione su quanto era
appena accaduto, la mente stranamente attenta. Non RIUSCIVO a smettere di
essere all’erta, in effetti… tutte le volte che avevo pensato che le cose
stessero per mettersi per il verso giusto, qualcosa era giunto a farmi cambiare
idea, in quella dannata faccenda…
Non so quanto passò, prima che Gourry tornasse, credo meno
di un’ora… Quando sentii i suoi passi avvicinarsi, feci per volgermi ed
assicuragli che ero sveglia… ma lo spadaccino mi colse di sorpresa, perché
invece di scuotermi o chiamarmi come avevo pensato, si infilò nel giaciglio
dietro di me, e mi fece scorrere un braccio attorno alla vita.
Mi irrigidii, d’istinto, e cercai di volgere la testa per
guardarlo. “Gourry…?”
“Aspetta un momento, per favore…” Mormorò la voce dello
spadaccino… “… prima di cercare di uccidermi…”
Quella richiesta mi fece sorridere. E, inevitabilmente,
finii per rilassarmi… Scivolai fra le sue braccia, e mi volsi a fronteggiarlo.
Sembrava più in sé, ora. Il suo volto mi pareva avere più colore, a confronto
con i capelli biondi ancora umidi, e si era fatto la barba… “… perché dovrei
cercare di ucciderti…?” Domandai, in un sussurro.
Gourry fece un pallido sorriso. “Non lo so… di solito è il
tuo sport preferito…”
Gli riservai un’occhiataccia. “Bé… effettivamente un buon
motivo per farlo potrei trovarlo, impegnandomi un po’, spiritosone…”
Gourry ridacchiò, e mi strinse più forte. “Mi mancavano le
tue minacce…”
Io mascherai un sorriso. “E’ per questo che ti sei infilato
qui di soppiatto…? E’ un ottimo modo per essere minacciati…”
Gourry sorrise. “Io speravo di no…” Mormorò… “Almeno non
dopo quello che è successo in quella grotta, due mesi fa…”
Arrossii, immediatamente. “Te ne ricordi ancora…?”
Il sorriso di Gourry si allargò. “Tendo a non scordare le
cose importanti…” La sua mano raggiunse la mia guancia, accarezzandola.
“Preferivi che lo avessi dimenticato, forse…?”
Attesi qualche istante, prima di rispondere… “Credo… che ti
avrei DAVVERO ucciso, in quel caso…”
Gourry ridacchiò, nuovamente. “Buono a sapersi…”
Restammo in silenzio per qualche istante. Quindi Gourry
sospirò, e avvicinò il suo volto al mio. “Che cosa pensi… cercasse quel demone,
Lina…?”
Scossi la testa. “Non ne ho davvero idea.” Sospirai.
“L’unica mia certezza è che ero io il suo obiettivo, e non si trovava lì per
caso. Me lo ha detto chiaramente.”
“Mmm…” Mugugnò semplicemente lo spadaccino, pensieroso. Sollevò
lo sguardo sul mio, e mi fissò per un lungo istante. “Comunque… volevo
chiederti scusa, Lina…”
Battei le palpebre. “E per cosa…?”
Lo spadaccino si incupì, lievemente. “Per prima.” Mormorò.
“Non so cosa mi sia preso…”
Deglutii, non sapendo esattamente cosa rispondere… da un
lato volevo tornare sul discorso della spada, dall’altro vedevo che Gourry era
stanco, e sembrava avere bisogno solo di una parola che lo tranquillizzasse…
“Non… importa.” Mi risolsi a rispondere, alla fine. “E’
normale, Gourry. Abbiamo tutti i nervi a fior di pelle…”
Lo spadaccino mi stupì, scuotendo la testa. “No che non è
normale, Lina. Lo capisco anch’io.”
“Gourry…” Iniziai, ma lo spadaccino non mi permise di
concludere.
“Ascoltami. Da due mesi, tutto ciò che ho desiderato è stato
rivederti sana e salva. Poter stare con te come una volta.” Mi strinse più
forte. “Ed ora NON E’ normale che io me la prenda con te per una stupida spada…
non è ASSOLUTAMENTE normale, non per me…”
Mi fissò con sguardo smarrito. E non ebbi bisogno di
rispondergli, perché sapevo che dai miei occhi aveva capito che la pensavo
esattamente allo stesso modo… e che in quel momento mi sentivo dannatamente
frustrata, perché nemmeno io avevo idea di che cosa stesse succedendo…
“Gourry…” Azzardai, pur temendo le conseguenze di quella
affermazione. “Non lo dico per sollevare di nuovo una lite, ma… Io penso
davvero… che si tratti di quella spada.”
Per un momento mi aspettai un altro scatto d’ira, ma ancora
una volta lo spadaccino mi sorprese, perché abbassò gli occhi… e annuì. “Sì. E’
quello che penso anch’io.”
Battei le palpebre. “Ma allora…” Strinsi la sua maglia, con
forza. “Perché non la abbandoni qui…?” Avvicinai il mio volto al suo, con foga.
“Io sono al sicuro, ormai, e presto la mia magia tornerà. Una spada magica ci
sarebbe utile, certo, ma con le tue abilità di spadaccino possiamo anche
permetterci di farne a meno! Ne cercheremo una nuova quando tutto questo sarà
finito!”
Gourry mi guardò, ed ebbi l’impressione che il suo sguardo
si colmasse di senso di colpa… “Io…” Iniziò. “… non posso.”
Strinsi i denti. Non era la risposta che avrei voluto
sentire. “Perché no???” Domandai, con una punta di esasperazione.
Lo sguardo di Gourry si fece di nuovo smarrito. “Non… non lo
so.” Tacque, per un istante, guardandomi come se si aspettasse che io potessi
dargli una spiegazione. “E’ così, ma non riesco a capire perché.” Fece un’altra
pausa. “Credi che io stia impazzendo, Lina…?”
“No.” Risposi, in fretta. Non volevo che pensasse che non
avevo più fiducia in lui. “No, sei solo confuso. E anch’io.” Sospirai, e
appoggiai la fronte al suo petto. “Ma ho intenzione di capire cosa sta
succedendo, a costo di andare a ficcare il naso fra i demoni superiori…
d’accordo?” Tornai a fissarlo, facendo del mio meglio per apparire determinata.
“Mi hai salvato la vita. Ed io non abbandonerò te. Mi hai capito? Non ho
intenzione di abbandonarti.”
Gourry mi sorrise, un sorriso caldo. “Lo so…” Mormorò. Si
portò una delle mie mani alle labbra, e la baciò. “Non c’è bisogno di dire
certe cose, Lina. Lo so perfettamente…”
A quelle parole, avvertii il mio corpo rilassarsi. Uno
strano pensiero prese forma nella mia mente. Se eravamo ancora in grado di
intenderci con uno sguardo, qualunque problema avesse Gourry, non doveva essere
nulla di irrimediabile…
“Sei intuitivo, cervello di medusa… i miei complimenti…”
Ironizzai.
Gourry ridacchiò, ancora una volta. “Sei proprio tu.”
Commentò. “Sono felice. Questo era ciò di cui avevo più paura…”
Inclinai la testa. “… paura di cosa…?”
Gourry tornò a sorridermi. “Di trovarti… diversa da come ti
ricordavo. Di non ritrovare più la mia Lina.” Chiuse gli occhi, e appoggiò la
fronte alla mia. “Io… ho bisogno di te, Lina…”
Sospirai, e chiusi gli occhi, a mia volta. “Stupido.”
Mormorai. “Credevi davvero che ti avrei fatto una cosa del genere…?”
Non era una frase detta tanto per dire, la mia… A volte mi
rendevo conto che Gourry per me era un’ancora a me stessa… c’erano momenti in
cui avevo l’impressione che ci fossero lati di me, lati profondi e oscuri, che
minacciavano di prendere il sopravvento sugli altri, sull’equilibrio che era la
mia personalità… avevo l’impressione che Gourry, con la sua solarità, riuscisse
a tenerli a bada, più di quanto io stessa riuscissi a fare… una battuta
scambiata con lui poteva avere più effetto di mille riflessioni fatte da me in
solitudine, in quel senso…
Anche per questo… anche per questo non potevo permettere che
una stupida spada lo cambiasse…
“Ed io, Lina…?” Mi chiese Gourry, portando nuovamente la
mano al mio viso, spingendomi a riaprire gli occhi. “… io ti ho fatto una cosa
del genere…?”
Rimasi in silenzio per qualche istante, di fronte al suo
sguardo incerto. Quindi feci scivolare il mio volto verso il suo. “Non ci
pensare, ora…” Mormorai. Raggiunsi le sue labbra, e le sfiorai con le mie,
sorprendendomi io stessa per la naturalezza con cui avevo compiuto quel gesto…
“Non riuscirei a fare questo se davanti a me non ci fossi realmente tu…”
Aggiunsi, con un breve sorriso. “Questo te lo posso assicurare…”
Gourry mi sorrise, a sua volta. “Immagino… di sì…” Portò la
mano alla mia testa, e mi strinse. Restammo in silenzio per alcuni, lunghi
istanti.
Fu Gourry a spezzarlo. “Perché non dormi un po’, Lina…?”
Propose. “Monterò io la guardia, e fra qualche ora sveglierò Zel per darmi il
cambio…”
Feci per rifiutare, ma mi resi conto che, rilassandomi fra
le sue braccia, il sonno era tornato a catturarmi. “Va bene…” Mormorai… “… ma
voglio fare anch’io il mio turno di guardia. Il fatto che io non possa usare la
magia non significa che io non sappia gridare per svegliarvi, se c’è un
pericolo…”
Gourry sorrise lievemente, ma non rispose. Sospirai. Sapevo
già che non mi avrebbe svegliata, ma in quel momento non avevo voglia di
discutere, ero troppo stremata per farlo.
In fondo, potevo sempre fargliela pagare la mattina.
Appoggiai la guancia al suo petto, e lentamente avvertii il
mio corpo rilassarsi. In qualche minuto, sprofondai in un sonno inquieto.
Ecco finalmente un nuovo capitolo… ^^ A titolo informativo, non ho
scordato Amelia, nel prossimo capitolo ci sarà anche lei…XD
Ecco finalmente un nuovo capitolo… ^^ A titolo
informativo, non ho scordato Amelia, nel prossimo capitolo ci sarà anche lei…XD
I fatti riguardanti Lina, Gourry e Zel erano strettamente collegati, e ho
preferito trattarli in sequenza… ed ora manca veramente poco alla fine…^^
Attendo come sempre commenti e critiche!
Eravamo acquattati in una enorme gabbia di legno, in mezzo
ad una piramide di casse, da cui emanava un disgustoso fetore di pesce.
Già. Ecco il glorioso ritorno in patria della grande maga
genio Lina Inverse, nemica di draghi, demoni, e reggenti di domini dalle usanze
discutibili. Chiusa nel bel mezzo del carico di una nave commerciale, e
destinata ad odorare di sardine sotto sale probabilmente per il resto dei suoi
giorni.
“Ehi, lassù, tutto bene?” Domandò una voce, poco al di sotto
di noi, fra il trambusto dei marinai che si accingevano a caricare le ultime
partite di merce nell’ampia stiva della nave. Mi augurai che fosse una domanda
retorica.
“Provalo per un paio d’ore, e potrai risponderti da sola,
Miss Maggiorata…” Mormorai, fra i denti. Era già abbastanza umiliante essere
ammassati insieme a dei pesci stecchiti, figuratevi quanto giovava alla mia
autostima il fatto che a costringermi a farlo fosse una mercante dai brillanti
capelli biondi, e che mi superava almeno di tre misure di seno… cosa che si
prodigava a dimostrare attraverso una scollatura irritantemente prominente,
chiaro…
Gourry, al mio fianco, con tutta probabilità udì il mio
commento, ma si guardò bene dal renderlo di dominio comune… “Ehm… tutto bene,
Danielle, grazie… non attendiamo altro che l’imbarco…” Rispose, l’aria di chi
sente fra due fuochi…
“Mmm…” Gli occhi nocciola della mercante fecero capolino fra
le casse. “Mi spiace di avervi dovuto assegnare una sistemazione così scomoda,
ma siete ricercati in tutto il regno, e c’è poco da scherzare…” Ci rivolse uno
sguardo ammiccante. “Sono proprio curiosa di sapere cos’è che avete combinato,
di così grave, per rendere tutti così ansiosi di farvi la pelle…”
‘Come se fossero affari che ti riguardano…’ Lo pensai, ma mi
morsi la lingua e stetti zitta. Anche se quel viaggio ci era costato buona
parte dei soldi che avevamo racimolato nel nostro breve viaggio, bisognava
ammettere che Miss Maggiorata stava rischiando, nel darci un passaggio fuori
dal porto… era il caso di evitare commenti che le facessero riconsiderare
questo fatto…
“Ad ogni modo… appena saremo fuori dalle acque del regno
potrò assegnarvi una sistemazione più consona…” Lanciò una lunga occhiata a
Gourry. “Persino i miei PERSONALI appartamenti non mancheranno di aprirsi per
ospitarvi, se sarà necessario…” Concluse, volgendoci le spalle, e
allontanandosi ancheggiando.
Aaaaaaaaah, come se non avessi capito PERCHE’ aveva
accettato di prenderci a bordo!!!!
Impossibilitata a prendermela con lei, fulminai con lo
sguardo Gourry, che in quel momento aveva tutta l’aria di desiderare trovarsi
su una pira di carboni ardenti piuttosto che in quel luogo…
Zel, all’altro mio fianco, si schiarì la voce. “Lina,
rimandiamo le scenate di gelosia per favore… abbiamo questioni più importanti
di cui discutere, ora che abbiamo un momento di calma…”
“QUALI scenate di gelosia???” Sbottai, alzando
inavvertitamente la voce. Immediatamente, due mani scattarono a coprirmi la
bocca.
Erano quattro giorni che andava avanti così… dopo aver
ripercorso i nostri passi verso Ulan Bator, avevamo deviato decisamente verso
ovest, venendo a contatto con le prime città… da allora, per noi era stato un
nasconderci continuo. Avevamo raggiunto le vie normalmente battute dalle
carovane che conducevano i traffici di terra, e rapinato la prima banda di
predoni del deserto che aveva avuto la malsana idea di attaccarci (il che, ve
lo assicuro, dopo mesi di frustrazioni aveva generato in me una IMMENSA
soddisfazione…), procurandoci denaro, nuovi abiti per camuffarci e nuove
cavalcature… Nonostante ciò, avevamo aggirato il più possibile i centri
abitati… Le guardie e i cacciatori di taglie di tutto il regno erano sulle
nostre tracce, tanto che a volte mi sembrava di essere tornata alla lotta con
la copia di Rezo. Stavolta, però, diversamente da allora, non potevamo
permetterci di combatterli liberamente. Avremmo rischiato di rivelare la nostra
posizione, e, nella situazione in cui eravamo, totalmente incerti di quello che
stava accadendo nella nostra parte di continente, non era davvero il caso di
perdere ulteriore tempo… Per questo stavamo cercando di sfuggire ai controlli
rifugiandoci nella stiva di quella nave… la proprietaria inizialmente aveva
fatto delle storie, vista la taglia sopra le nostre teste, ma ovviamente il
colore dell’oro fa cambiare a tutti la loro prospettiva sulle cose…
Ah, e per amor di cronaca… la mia magia stava tornando, ogni
giorno un po’ di più. Confidavo che avrei messo piede a Sailune nel pieno dei
miei poteri…
Sospirai, e rimossi le mani dei miei due compagni dalle mie
labbra. “Scusate.” Bofonchiai. Col trambusto sul molo era improbabile che
qualcuno ci sentisse, ma non era comunque il caso di correre rischi inutili…
“Hai ragione, ad ogni modo. E’ il caso di pianificare qualcosa, dal momento che
non abbiamo molto altro da fare al momento.”
“Mmm… certo che sarebbe più semplice avendo qualcosa di più
in mano…” Commentò la chimera, l’aria lievemente esasperata. “Nessuno di noi ha
la minima idea di cosa stia succedendo a Sailune, tanto per cominciare… senza
contare che non abbiamo ancora chiarito se l’attacco di quel demone sia legato
in qualche modo a questa guerra…”
Quell’essere non era più ricomparso, da quando mi aveva
attaccata qualche giorno prima… e, a parte il reciproco narrarci quanto ci era
accaduto in quei mesi (tema che, in tutta franchezza, trovavo ancora
spiacevole, e nel quale avevo conseguentemente omesso gran parte dei
particolari…) proprio quello era stato il nostro principale argomento di
conversazione, in quei giorni di viaggio… Sinceramente, non vedevo come quel
demone potesse essere connesso all’attacco contro Sailune e alla mia cattura…
se davvero aveva avuto intenzione di uccidermi per tutti quei mesi, avrebbe
potuto farlo tranquillamente durante la mia prigionia, quando di certo non
avevo i mezzi per difendermi… ma se non c’entrava, se era solo con me che ce
l’aveva, allora cosa dovevo aspettarmi? Continui attacchi, come era accaduto in
passato? E in quest’ultimo caso, era davvero la scelta migliore che io tornassi
a Sailune? Amelia aveva già sufficienti problemi, senza che io complicassi la
situazione con i MIEI guai… forse avrei dovuto allontanarmi dai miei compagni,
ed attendere che la situazione divenisse più chiara… ma dubitavo che Gourry si
sarebbe lasciato convincere ad un piano del genere, e non mi andava di lasciare
Zel da solo ad aiutare la principessa… la mia mente aveva accarezzato l’idea di
andarmene nascosto, senza dire nulla ai miei compagni, ma l’avevo velocemente
scartata… Gourry sarebbe stato tremendamente in ansia, sapendo che c’era un
demone alle mie calcagna, e dubitavo che sarebbe comunque servito davvero a
qualcosa, dato che lo spadaccino, conoscendolo, si sarebbe messo immediatamente
sulle mie tracce… senza contare che, oltre che ad aiutare la principessa, ero
ancora del tutto intenzionata a scoprire qualcosa sulla spada che Ainos gli
aveva affidato… Sospirai. Mi sentivo presa in una specie di circolo vizioso…
“Per quel che riguarda Sailune, per quanto ne so, Oberon ha
richiamato a sé i suoi generali con l’intenzione di stringere Philionel
dall’esterno, isolandolo e circondandolo nel cuore del regno…” Commentai,
cercando di scacciare per un momento quei pensieri, e richiamando alla memoria
quanto di utile avevo ricavato dai discorsi di Elmerish… “…il che significa che
qualunque trattativa possa avere proposto a Phil dopo la cattura di Amelia, lui
deve aver rifiutato… e che ritiene di avere sufficienti truppe per riuscire a
chiudere totalmente le comunicazioni fra Sailune e i suoi alleati fino alla
fine della guerra, impedendo loro di riunirsi in una difesa organizzata…”
Zel batté le palpebre. “E tutte queste informazioni quando
le avresti raccolte…?” Domandò, con fare scettico.
Quell’osservazione, per qualche motivo, mi irritò. Sapevo
che era una semplice domanda, fatta senza allusioni, ma l’idea di essere stata
inutile ed impotente, in quei mesi di prigionia, pungeva la mia mente forse
ancor più del ricordo delle violenze che avevo subito… “Evidentemente, oltre a
farmi frustare, ho tenuto anche le orecchie aperte.” Sbottai, di rimando.
I miei compagni, a quella frase, sussultarono. In effetti,
era uscita più acida di quanto non fosse stato nelle mie intenzioni…
Mi morsi le labbra. “Scu… Scusatemi…” Borbottai, nuovamente.
“Sono ancora un po’ scossa…”
Nessuno dei due fece commenti. Sentii lo sguardo di Gourry
su di me, ma tacqui. Non avevo voglia di parlare, né di sfogarmi. Non volevo
essere l’oggetto della compassione di nessuno.
“Ad ogni modo…” Aggiunse lo spadaccino, in tono esitante. “…
ora che Uregh è fuori gioco, Oberon non potrà contare sui suoi rinforzi… no…?”
“Almeno non subito.” Replicò Zel, al posto mio. “Il che
starebbe a significare che se vogliamo ideare un qualche tipo di controffensiva
questo è il momento giusto. Forse ad Oberon invieranno notizia della tua fuga,
Lina, ma il fatto che ora nessuno sappia dove ci troviamo o cosa abbiamo
intenzione di fare per noi è un vantaggio…” Sospirò, appoggiando la schiena ad
una delle casse. “Certo, fra queste basi e l’attuare un piano efficace ne corre
di strada…”
Rimasi per qualche istante in silenzio, riflettendo…
ripercorsi con la mente gli eventi che mi avevano coinvolta a partire dalla
nostra partenza da Sailune, nella speranza di ricevere una qualche
illuminazione riguardo ad una nostra possibile mossa efficace…
“Forse…” Mormorai. “… una possibile soluzione ci sarebbe…”
Sollevai lo sguardo sullo spadaccino, pensierosa. “… Gourry, ti ricordi del
conte Leonard?”
Il mio compagno mi fissò per un lungo istante, la bocca
lievemente aperta, l’aria di chi è intento nella riflessione. Quindi aggrottò
le sopracciglia, e assunse un’espressione corrucciata, come se fosse giunto a
qualche profonda verità…
“… Chi?”
Il palmo della mia mano lo colpì direttamente sulla fronte.
“Leonard, cervello di medusa!!!” A volte mi chiedevo perché continuavo a
sperare di sentire da lui qualcosa di sensato… “Il conte rifugiato sulle
colline, quello che ci ha attaccati credendoci soldati di Oberon, e poi ci ha
indirizzati verso Raizerl!” Sibilai, cercando di non alzare troppo la voce.
“Ehi!” Si lagnò lo spadaccino. “Non ricordavo solo il nome,
che bisogno c’era di alzare le mani???”
Scrollai le spalle, esasperata. “In pratica, il punto è
questo.” Mi decisi, in tono sbrigativo, a spiegare a Zel, che ci stava fissando
con un grosso punto interrogativo disegnato sul volto. “Si sono formati dei
gruppi di ribelli, sulle colline lungo i confini meridionali del regno, guidati
da Signori terrieri fedeli a Philionel…” Lanciai un’occhiata a Gourry. “Noi due
ne abbiamo incontrato uno, appena usciti dalla capitale, ma da quanto ho capito
diverse città fortificate che hanno saputo in anticipo dell’avanzata delle
truppe, fra quelle minori, i cui signori erano assenti al concilio i Sailune, si
sono organizzate in una qualche forma di resistenza clandestina…” Abbassai il
tono di voce. “Non è molto, a confronto delle truppe che Oberon ha a
disposizione, ma… se riuscissimo a riunirle, e a condurre un solo attacco
efficace, che aprisse la strada di Sailune alle truppe di Elmekia… col loro
appoggio, Philionel potrebbe farcela…”
Zel mi fissò per un momento, ponderando quanto avevo
proposto… “Potrebbe anche funzionare…” Meditò… “Contando sul fatto che il
nostro sarebbe un attacco a sorpresa, dato che Oberon non sa ciò che abbiamo in
mente…”
Mi accigliai. “Dubito che sappia anche della presenza di
truppe addestrate fedeli a Sailune fuori dal suo controllo…” Osservai. “Per
quanto ne so, quegli uomini agiscono come un gruppo di briganti, e credo che
come tali i nostri nemici li considerino. Perché mai Oberon dovrebbe aspettarsi
che sia possibile riunirli in un unico gruppo di resistenza organizzato…?”
Zel aggrottò la fronte. “Certo, a dirsi così sembra facile…
ma come hai intenzione di metterti in contatto con tutti i ribelli e riunirli?
Potrebbero volerci mesi per setacciare tutte le colline, anche avendo qualche
indicazione riguardo alle zone in cui cercare, senza contare che Sailune in
questo momento brulicherà di soldati nemici…”
Gourry si mosse al mio fianco, a disagio. “E poi
bisognerebbe avvisare sia Phil sia i regni confinanti…” Osservò, un po’
titubante. “Altrimenti la nostra azione non avrebbe alcuna efficacia…” A quanto
pareva, talvolta il cielo gli garantiva un barlume di intuizione…
Sospirai. “Avete ragione. E purtroppo temo che non sarebbero
nemmeno le uniche difficoltà a cui andremmo incontro…” Giocherellai con le
dita, riflettendo. “Stando a quanto ci ha detto Leonard, tutti i ribelli
lottano contro Oberon, ma non tutti sono ancora disposti a concedere fiducia a
Phil…” Mi incupii. “Mi chiedo se accetterebbero comunque di adeguarsi al nostro
piano…” Feci un altro sospiro, e levai lo sguardo. “D’altra parte… al momento
non mi viene in mente nient’altro… forse se ritrovassimo Leonard, lui, con gli
uomini che ha a disposizione, potrebbe darci una mano a trasmettere i messaggi,
e a convincere i più riluttanti fra i Signori che lottano contro Oberon… vale
sempre la pena di fare un tentativo…”
Zel sospirò, a sua volta. “Suppongo di sì.” Incrociò le
braccia al petto. “Ad ogni modo prima di tutto dovremo…”
La chimera non ebbe modo di finire. Le casse, legate le une
alle altre da corde in modo apparentemente del tutto instabile, presero ad
ondeggiare pericolosamente. Io ovviamente, rotolai malamente contro uno dei
contenitori di legno, andandoci a sbattere il naso.
Ci stavano caricando a bordo. Grandioso.
“Muovetevi con quelle casse, sono provviste, non
porcellana!!!” Udii la voce di Danielle, a poca distanza da noi, sul molo.
“Entro un paio d’ore dobbiamo essere in mare aperto!!!”
‘Non sarò di porcellana, ma questo è un buon motivo per
cercare di uccidermi???’
Mi aggrappai a Gourry, e non mancai di riservargli un’altra
occhiataccia. Lo spadaccino emise un risolino nervoso.
Sospirai. E quello era solo l’inizio. Dubitavo che Danielle
cercasse di venderci agli ufficiali del porto, da come l’aveva descritta Gourry
non nutriva un particolare amore per gli abitanti di quel regno… Nonostante
questo, l’idea di passare più di una settimana di navigazione gomito a gomito
con Miss Maggiorata NON mi sorrideva… ma come si suol dire, era necessario fare
buon viso a cattivo gioco…
Restammo acquattati e in silenzio finché non fummo caricati
nella stiva. Per forse un’ora restammo immobili, nella semi oscurità, mentre le
ultime casse venivano portate a bordo e un gruppo di ufficiali passava
velocemente in rassegna il carico, fortunatamente in modo sufficientemente
sbrigativo da non notarci. Probabilmente, ci fu anche un’ispezione approfondita
della nave, perché passò diverso tempo prima che l’ondeggiare del mondo attorno
a noi ci rivelasse che eravamo salpati. Con il viavai di persone che si
muovevano vicino alle casse non ci era permesso parlare, quindi attendemmo in
silenzio, fino a che, probabilmente, non fummo a distanza di sicurezza dal
porto… fu allora che Danielle ci venne a recuperare.
Mi trovai di fronte il suo volto lentigginoso, proprio
quando il caldo della stiva e l’ondeggiare della nave avevano cominciato a
minare seriamente la stabilità del mio stomaco, quindi non fui così dispiaciuta
nel vederla come avrei potuto pensare… Aprì la gabbia, e scostò una cassa per
lasciarci uscire, con un sorriso soddisfatto stampato sul volto…
“Ecco qua… tutti interi, come avevo promesso…” Commentò, in
tono allegro. “Qua, fatti un po’ vedere meglio…” Si rivolse a me, ed io la
squadrai di rimando, sospettosa. “Accidenti, mi aspettavo come minimo una
divinità, per come ti aveva sponsorizzato il biondino, qui, e invece sei ancora
una ragazzina… Bè, del resto è quello che dicevano i bardi di te… dici che se
racconto in giro di avere ospitato nella mia nave la famosa maga anti-drago
questo gioverà ai miei affari…?”
Volete sapere qual è il miglior modo per ricevere una Palla
di Fuoco in fronte? Allora rileggete le ultime quattro righe!!!
“Ehm… non avevi caldo, Lina…? Forse è meglio salire un po’
sul ponte…” Gourry mi afferrò per le spalle, e praticamente mi trascinò verso
la scala, mentre dai miei occhi sprizzavano fulmini in direzione di Danielle.
La mercante, nel frattempo, non pareva rendersi conto
minimamente del rischio che stava correndo. Si stava già rivolgendo a Zel, con
inopportuna allegria. “Oh, e tu saresti la chimera che si dice abbia viaggiato
per queste terre con loro due giusto…?” Gli si avvicinò lievemente, ammiccando.
“Ma dimmi, sei proprio TUTTO di pietra…?”
Ebbi appena il tempo di vedere Zel cambiare colore, e
rischiare di soffocare, prima di imboccare la stretta scala in legno che
portava in superficie, all’aria aperta… Povero il nostro amico… in che mani lo
avevamo lasciato…
Sbucammo all’aria fresca, pregna dell’odore di salsedine, ed
immediatamente mi sentii meglio… non ero molto abituata a spostarmi in nave, e
all’inizio tendeva sempre a scombussolarmi un po’… mi sarei ripresa in fretta,
comunque… si avvicinava l’ora di pranzo, e quella mattina non eravamo riusciti
a mangiare nulla, prima di sgattaiolare nel porto, quindi credevo
ragionevolmente che presto la fame avrebbe vinto sopra ogni cosa…
Attorno a noi era un continuo movimento di marinai… senza
nemmeno consultarci, ci avvicinammo all’unisono all’estremità del ponte, e ci
appoggiamo alla balaustra, in cerca di tranquillità. La terra, ora, scorreva di
fronte ai nostri occhi, appena visibile all’orizzonte, mentre costeggiavamo i
territori che fino ad una settimana prima mi avevano vista prigioniera,
risalendo verso Sailune. Quella visione mi riempiva di euforia. Era strano a
dirsi, per una come me, che da anni non aveva una dimora fissa, ma in mezzo a
quell’azzurro indefinito, a fianco di Gourry, con la sensazione di avere il
controllo e la libertà di dove dirigermi… ero a casa. In quel momento mi
sentivo a casa.
Una mano raggiunse la mia spalla, e Gourry mi attirò
lievemente a sé. Arrossii, ovviamente. Un conto era abbracciarsi in privato, un
conto su quel ponte, davanti a tutti. “Uhm… Gourry…?”
Lo spadaccino non pareva nemmeno essersi reso conto del suo
gesto. Mi guardò con un grosso sorriso stampato sul volto. “Stai sorridendo.”
Commentò con fare allegro. “E’ da quando ci siamo rivisti che non sorridevi
così. Ora mi sento davvero a casa.”
Battei le palpebre. A volte quella nostra specie di
telepatia mi faceva paura…
Sorrisi, con un sospiro. “E’ ovvio, cervello di medusa.” Mi
rilassai, quasi indipendentemente dalla mia volontà… “Noi due siamo la nostra
casa…” Quell’ammissione uscì dalle mie labbra senza che nemmeno me ne rendessi
conto… Ed era la verità. Amavo viaggiare, a prescindere da ogni cosa, perché
era parte della mia natura… era la mia curiosità a muovermi, e la mia voglia di
conoscere… Forse, però,mi sarei
stancata prima del mio continuo girovagare, se non avessi avuto Gourry al mio
fianco. Se fossi stata sola, avrei finito per sentire l’umana mancanza di un
posto a cui tornare… mentre viaggiare con lui mi aveva fatto giungere alla
conclusione che non erano tanto le quattro mura a creare quello stato mentale
che la gente normalmente chiama ‘essere a casa’… erano la familiarità, l’essere
a proprio agio… l’avere un punto di riferimento. Ed in quel momento era
esattamente quello che sentivo. Anche persa in mezzo all’oceano.
Gourry ed io ci scambiammo un breve sorriso. E per come mi
sentivo bendisposta avrei anche POTUTO vincere l’imbarazzo del trovarmi davanti
a tutti quei marinai ed avvicinarmi di più a lui, se in quel momento Zel non
avesse fatto irruzione sul ponte, facendomi rischiare di spingere lo spadaccino
fuori bordo…
“Quella donna è una pazza!!!” Inveì la chimera, mentre noi
ci allontanavamo di scatto l’uno dall’altro, imbarazzati. “Gourry, se è
un’amica tua, vedi di gestirtela tu!!! Non aveva una cotta per te fino a dieci
minuti fa???”
Inarcai un sopracciglio. “Ma come, Zelly, non sei contento
che qualcuno possa innamorarsi di te a prima vista, nonostante il tuo aspetto
da chimera…?” Inarcai le labbra in un sorriso insolente. “Certe cose dovrebbero
farti riflettere…”
“Lina, guarda che se cerchi di fare la spiritosa…”
“Ehi, chimera, ti sembra carino mollare una ragazza a quel
modo…?” La voce di Danielle risuonò alle nostre spalle. “E dire che volevo
invitarti a pranzo nella cabina del capitano…” La mercante gli si avvicinò
sinuosamente, e fece scorrere un braccio attorno alle sue spalle… “Ti ricordo
che in fondo sono io a decidere della vostra permanenza su questa nave…”
Gourry incrociò le braccia al petto e annuì, con aria
sapiente. “Mi sembra giusto. Ti abbiamo sottoposto ad un grosso rischio,
Danielle, e non si può chiedere nulla per nulla…”
“Infatti, Zel…” Rincarai la dose. “… è sempre giusto
sacrificarsi per una buona causa…”
La chimera improvvisamente dette l’impressione di essere sul
punto di esplodere. “V… voi due!!! Invece di fare comunella, datemi una
mano!!!”
Ma Danielle lo stava già trascinando via… “Su, avanti, come
sei timido… Vedrai che sarà il pranzo più buono che tu abbia mai assaggiato…”
“No… un mom… aspetta… tu, non capisci, io… Oh, accidenti a
voi dueeeeeee!!!!!”
Ridacchiai, vedendolo sparire verso le cabine. “Mi sembri
tu, quando eri alle prese con Bolan…”
Gourry, al mio fianco, rabbrividì lievemente. “Non dirlo
neanche per scherzo.” Replicò, secco. Quindi, si grattò la testa, e si volse
lievemente verso di me. “Credi che ce lo perdonerà mai…?”
Scrollai le spalle. “Oh, gli passerà… e almeno così noi due
avremo un po’ di tranquillità…” Gli strizzai l’occhio.
Le labbra di Gourry si allargarono in un sorriso. “Stai pensando
anche tu a quello che penso io…?”
“Ovviamente.” Mi volsi verso le cabine, e non avemmo bisogno
di aggiungere altro.
Per entrambi, era il momento di un LAUTO pranzo.
***
Fu una settimana tranquilla. Ne fui stupita, quasi. Fatta
eccezione per gli assalti di Danielle a Zelgadiss, ovviamente, ma quelli non
erano che un piacevole diversivo alla monotonia del viaggio… (anche se dubito
che la chimera avrebbe concordato con me, in questo…)
Ci stavamo avvicinando alla costa , poco a nord della
barriera, dove la nave ci avrebbe abbandonati al nostro destino, ed uno strano
groviglio di sensazioni mi attanagliava il petto. Sollievo, per il nostro
viaggio che si avviava alla conclusione senza intoppi. Agitazione, per quello
che ci aspettava. Inquietudine, perché continuavo ad avere il presentimento
che, nonostante fossi libera e positiva riguardo alla riuscita del nostro
piano, non fosse davvero tutto finito.
Conoscevo quella sensazione. Mi era già capitato di
provarla, e di dovere lottare a lungo per superarla… quando Fibrizo aveva
rapito Gourry…
Ricordavo che la prima notte dopo che lo aveva portato via,
ero caduta addormentata come un sasso. Ero stremata dalla battaglia con Garv, e
troppo sconvolta per desiderare altro che chiudere gli occhi e dimenticarmi del
mondo che mi circondava. Quella notte lo avevo sognato. Era davanti a me e mi
sorrideva, dicendomi che mi avrebbe accompagnata fino alla città di Atlas… e
poi mi rimproverava per averlo ingannato fingendomi morta durante la battaglia
con Kanzel, e mi prometteva che sarebbe rimasto al mio fianco per il resto
della sua vita. Era stato un bel sogno. Ma tutta la tenerezza che potevo avere
provato nel figurarmelo non avrebbe potuto compensare l’amarezza e la delusione
che mi avevano investito al mio risveglio, quando avevo scoperto che nulla di
ciò che avevo sognato era reale…
Le due notti successive non avevo potuto dormire. Avevo
avuto troppa paura di ciò che la mia mente avrebbe prodotto, di ciò che desiderava
produrre… e quella paura si era prolungata molto oltre il ritorno di Gourry al
mio fianco… ogni giorno in cui mi svegliavo, al suono del tono di voce pacato e
allegro con cui il mio compagno era solito chiamarmi la mattina, ripercorrevo
con la mente il mio sonno tormentato dagli incubi, e mi chiedevo se non fosse
QUELLA la realtà… e il sorriso di Gourry, che avevo davanti, solo la perfida
illusione di un sogno…
Credo che Gourry si fosse accorto dei miei incubi, anche se
non avevamo mai parlato apertamente. Stranamente, in quei giorni la sera raramente
si allontanava da me… e, anche se trovo imbarazzante dirlo, ci era capitato più
spesso del necessario di dormire nella stessa stanza. Non lo so nemmeno io come
nacque quella specie di tacito accordo. Forse facilitarono le cose
l’avvicinarsi dell’inverno, e le locande piene di viaggiatori… ma dopo la prima
volta in cui irruppi nella sua stanza in piena notte, in preda all’agitazione,
le due camere singole alla locanda improvvisamente divennero una sola stanza
con due letti…
Lo superai, allora, e credevo sinceramente per sempre… ma in
quei giorni mi sorpresi a provare qualcosa di simile… avevo la costante
sensazione che all’improvviso mi sarei risvegliata nella mia cella, sola e
condannata. In fondo, la medicina che mi somministravano non portava forse la
follia? Forse ero davvero impazzita. Forse stavo vivendo l’inconsistenza di
un’illusione. La realtà non altro che ciò che noi percepiamo di essa, certo… ma
quanto ci avrebbe messo quel dolce sogno ad infrangersi di fronte ai miei
occhi?
Sospirai, chiudendo gli occhi per un momento allo spettacolo
che il cielo stellato mi offriva, sul ponte della nave. Ero sdraiata su dei
semplici stracci, forse i resti di una vela distrutta da una tempesta. Il mare
era agitato, e spruzzi d’acqua mi raggiungevano persino nella posizione
relativamente riparata in cui ero acquattata. Quella notte non riuscivo a
dormire, ed ero uscita all’esterno, in cerca di un po’ d’aria fresca di cui
godere in solitudine, per calmare la morsa che mi stringeva lo stomaco sin da
quando, ormai diverse ore prima, Danielle ci aveva comunicato che il giorno
dopo avremmo attraccato nel porto che ci interessava. Avevamo elaborato piani
per l’intera settimana, ma presto a quelle parole si sarebbero sostituiti i
fatti, e per quanto ordinati e coerenti fossero stati i nostri discorsi, sapevo
perfettamente che essi avrebbero dovuto essere applicati ad una realtà ben più
complessa… e se anche fossimo riusciti ad aiutare Sailune, alla luce del
recente attacco della stirpe demoniaca, non ero del tutto certa di ciò che mi
avrebbe aspettata in seguito…
‘Al diavolo… non è da me preoccuparmi così tanto di quello
che sta per accadere…’ Purtroppo, la mia mente sembrava non lasciarmi molta
scelta… ma per quanto fossi in ansia avevo davvero bisogno di riscuotermi…
quell’atteggiamento di certo non mi avrebbe portata da nessuna parte…
Mi imposi di aprire gli occhi, aspettandomi di incontrare
nuovamente il cielo disseminato di piccole luci che quella notte incombeva
sulla nave… perciò la sorpresa fu tanto grande, quando invece mi trovai a
fronteggiare quella figura biancastra, che non potei impedirmi di emettere un
grido strozzato, e di scattare a sedere di riflesso.
Il cuore che mi batteva violentemente nel petto,
indietreggiai strisciando. Il demone che mi aveva attaccata ormai quasi due
settimane prima, ora mi fissava dall’alto della sua statura imponente, con
quello che aveva tutta l’aria di essere un sorriso…
‘Dovrò farmi spiegare come fanno ad avere una mimica
facciale tanto convincente anche senza lineamenti, un giorno o l’altro…’
“Ben trovata, Lina Inverse…” Mi apostrofò semplicemente la
creatura, avanzando di un passo. “Questa settimana non ne volevi proprio sapere
di startene ferma, eh? Ho avuto un bel po’ di problemi, a rintracciarti…” Mi
chiedevo che genere di problemi potesse avere un demone a mettersi sulle tracce
di un essere umano, dal momento che poteva servirsi della magia, ma quello non
era certo il momento di intavolare disquisizioni scientifiche…
“A cosa devo l’onore di questa fervente ricerca?” Replicai,
in tono secco, reso solo lievemente roco dalla sorpresa. “Di certo giunge
inaspettata, da parte di uno che l’ultima volta ha dato l’impressione di avere
una gran fretta di darsela a gambe…” Ok, lo so, non avevo grandi motivazioni
per fare la strafottente in quelle circostanze, ma una ragazza ha il diritto di
avere un po’ i nervi a fior di pelle dopo un’esperienza come quella che avevo
vissuto, no…?
Il demone sorrise, nuovamente. “I piani sono un po’
cambiati…” Rispose, semplicemente. “E sarai lieta di sapere, credo… che
stavolta sono venuto qui con l’ordine di uccidere, Lina Inverse…”
‘Certo, come no, felicissima… non contengo quasi i miei
incantesimi, per la gioia…’
Dopo solo un istante, mi trovai a battere le palpebre, però.
Ehi, un momento… aveva detto ‘stavolta’…? Perché l’altra volta cos’era venuto a
fare, una piacevole conversazione…?
Il demone inclinò il capo. “Mi sembri perplessa, Lina
Inverse… non ti è forse chiaro il significato del verbo ‘uccidere’…?”
Sbuffai, irritata a quel commento, e mi sollevai in piedi.
Sembrava che non avessi molta altra scelta, del resto… “Posso almeno sapere il
motivo di questi attacchi…?” Mi limitai a replicare, approfittandone per
indietreggiare di qualche passo da lui. “Non mi sembra di aver fatto nulla che possa
avere nuociuto alla vostra stirpe, almeno ultimamente… Anzi…” I miei occhi si
strinsero. “… mi risulta che abbiamo collaborato per allontanare un demone che
anche per voi risultava un ‘ospite scomodo’… credevo che questo mi desse
diritto ad un bonus di almeno un annetto di tranquillità…” Conclusi, in tono
sarcastico…
Il demone assunse un’aria divertita… “Ammetto che quella di
Darkstar è stata una piacevole parentesi di accordo fra di noi, per quanto
dettata solo dalla necessità impellente…” Commentò. “Ma dovresti saperlo che un
sentimento come la gratitudine poco si confà a noi demoni, Lina Inverse…
Inoltre…” Avanzò nuovamente, costringendomi contro il parapetto della nave… “…
l’utilità che hai rivestito per noi in quella occasione non compensa certo i guai
che hai generato per noi contribuendo all’uccisione del mio Signore…”
Mi accigliai. Non ero certa di voler capire di cosa stesse
parlando… “Il tuo… signore…?”
Lo sguardo del demone si fece gelidamente cupo. “Colui che
mi ha dato vita…” Sibilò. “Fibrizo, il Signore degli Inferi.”
Il sangue parve gelarsi nelle mie vene. Quel demone… quel
demone era un servitore di Fibrizo? “M… ma…” Esordii, temendo che la mia
voce non mi sostenesse… “Questo non è possibile…” Il battito del mio
cuore si fece irregolare, ed il mio stomaco si strinse. Bastava la menzione di
quel demone, per riportare in vita il terrore che mi aveva attanagliato in quei
giorni in cui avevo scoperto di essere il suo obiettivo… “Xellos mi ha detto
che il General ed il Priest di Fibrizo sono entrambi morti, per questo il
Signore degli Inferi aveva affidato a lui la missione servirsi di me per
portare allo scoperto Garv!!! Non dovrebbero esserci suoi servitori ancora in
vita!!!”
Il demone assunse un’aria accigliata. “Non ho mai detto di
essere un General, o un Priest…” Sibilò. “Sono solo un demone di medio rango…
dopo la morte del mio Signore sono passato agli ordini della Beastmaster, in
segno di riconoscenza per il fatto che lei aveva garantito parte delle sue
truppe personali a Fibrizo, nel corso della lotta con Garv…”
La Beastmaster… ovvero Zelas? Se non andavo errata, era
colei ai cui diretti ordini si trovava Xellos…
Mi guardai attorno per un attimo, come se mi aspettassi di
vedere comparire il demone da un momento all’altro… ormai trovavo strano non
vederlo implicato in qualche modo nelle mie faccende…
Quando mi fui assicurata che eravamo realmente soli, sul
ponte, mi accigliai, rivolgendo nuovamente lo sguardo al demone… “Fammi capire…
allora questa è una qualche forma di vendetta nei miei confronti, per aver
contribuito alla caduta del tuo signore…?” Dopo Valgarv ero un po’ stanca,
sinceramente, di psicopatici con smanie di rivalsa che cercavano di uccidermi…
Il fatto che fosse solo un demone di medio rango avrebbe dovuto in qualche modo
confortarmi, d’altra parte… certo, dalle mie esperienze passate sapevo che non
avrei potuto comunque permettermi di sottovalutarlo… ma trovarsi di fronte un
essere della stessa potenza di Xellos sarebbe stato tutto un altro discorso…
Il demone a quella domanda mi rivolse uno sguardo
enigmatico… “Puoi porre la questione in questi termini, se preferisci… La
vendetta è un sentimento interessante in cui indugiare, per la carica di odio
che porta con sé…” Sentenziò, semplicemente… “D’altra parte… la stirpe demoniaca
raramente è mossa da personali pulsioni irrazionali, Lina Inverse… ed i modi
per ridare onore alla memoria di Fibrizo sono innumerevoli…”
Non capii, allora, il significato di quelle affermazioni… e
d’altra parte, al momento la risposta mi interessava relativamente, perché ero
troppo impegnata a pensare ad un metodo per sconfiggerlo. Sapevo che l’amabile
chiacchierata non si sarebbe protratta a lungo, e dovevo vagliare velocemente
le possibilità che avevo… ricordavo la battaglia con Kanzel, e avevo bene in
mente come il mio Dragon Slave avesse avuto scarsissimo effetto su di lui… e
del resto, come ben ricordavo dal mio ‘incontro-scontro’ con Philia, lanciarlo
su una nave poteva non essere la più saggia delle ipotesi… il modo più sicuro e
pulito per abbatterlo sarebbe stato il Laguna Blade, ma non ero certa di avere
recuperato a sufficienza i miei poteri per poterlo evocare, a maggior ragione
contro un avversario come un demone, che poteva muoversi fra diverse
dimensioni… tutto sommato, era consigliabile appellarsi ad incantesimi
tradizionali, per tenerlo a bada, e sperare nell’intervento di qualcuno dei
miei compagni… forse,se lo avessero tenuto impegnato in modo tale da renderlo
un bersaglio immobile, avrei potuto concludere qualcosa servendomi della magia
di Lord of Nightmares…
“Bé… in fondo le tue motivazioni non hanno grande
importanza…” Commentai, scivolando lungo il parapetto della nave per
allontanarmi da lui, e assumendo la posizione di guardia… “La mia vita è in
gioco, e questa è una ragione più che sufficiente per combattere, per quanto mi
riguarda…”
Il demone mi rivolse un altro dei suoi ‘sorrisi’…
“Esattamente la risposta che mi aspettavo… e che desideravo sentire da te.”
Osservò, laconicamente. Non ebbi il tempo di interrogarmi su quella replica. Il
demone fece un passo avanti, e protese le sue dita oblunghe verso di me.
Strinsi le labbra, e mi preparai a evitare il colpo. Volevo
testare la sua forza, e non aveva senso sprecare incantesimi a vuoto,
soprattutto in un luogo come una nave, che poteva prendere fuoco al minimo
errore. Speravo che qualcuno dall’altra parte del ponte, o i miei compagni
stessi, si accorgessero presto di quanto stava succedendo…
Restammo immobili per diversi istanti, squadrandoci in
silenzio… fu dopo quasi un minuto di assurda schermaglia visiva, durante la
quale il demone non si decise a colpire, che cominciai a seccarmi di quel
giochino a chi avrebbe attaccato per primo…
“E allora???” Commentai, in tono più che irritato. Voleva
per caso prendermi per sfinimento???
Il demone assunse un’aria ‘perplessa’. “Non… ti lanci alla
ricerca dell’aiuto del tuo compagno spadaccino…?”
A quella domanda, l’irritazione superò in me qualsiasi altro
sentimento. Che voleva dire? CHE VOLEVA DIRE???
Una grossa vena fece capolino sulla mia fronte, mentre mi
avvicinavo di un passo e sbraitavo, con tutta la veemenza di cui ero capace…
“LA MIA MAGIA E’ TORNATA!!!!” I miei pugni si strinsero in una morsa. “Non sono
una dannata neonata che ha costantemente bisogno di aiuto, so cavarmela benissimo
da sola!!!!” Odiavo tutto questo. Odiavo come tutto attorno a me sembrasse
volermi ricordare di quei mesi in cui avevo perso totalmente il controllo della
mia vita. Tenevo a Gourry più che a ogni altra cosa, e gli ero grata per ciò
che aveva passato solo per venire a salvarmi, ma qui non c’entrava lui… quella
era una questione che riguardava solo me, e la fiducia che potevo ancora avere
in me stessa. Perché anche se mi ostinavo a non pensarci, anche se non volevo
ammetterlo, quella fiducia aveva subito una scossa in quei mesi, che pochi
altri avvenimenti nella mia vita, in precedenza, erano stati in grado di
infliggerle… e questa consapevolezza, che da quando mi avevano liberata cercavo
di ricacciare nei recessi della mia mente, per qualche motivo si rivelava più
dolorosa di qualsiasi ricordo essa potesse serbare… la mia fiducia, il mio
controllo, erano lo scheletro su cui si reggeva la mia personalità… tolti
quelli, che ne sarebbe stato del resto…?
Il demone si accigliò. “Avevo previsto altrimenti.” Commentò,
laconicamente. “Ad ogni modo, le cose non cambiano…” Protese nuovamente il
braccio, ma stavolta non per attendere immobile le mie mosse. Una luce
rossastra emanò quasi istantaneamente dai suoi polpastrelli, e poco dopo potei
avvertire chiaramente sotto ai miei piedi l’intera nave tremare…
Aveva scagliato un colpo potentissimo, e mi aveva mancata
per un soffio. Se fossi stata pochi centimetri più a sinistra, in quel momento
sarei stata un mucchio di cenere.
Non era un pensiero confortante.
“Vedo… che non posso sottovalutarti…” Indietreggiai,
pensando a quale sarebbe stata la mia mossa successiva. Dietro di me, parte del
ponte era in fiamme, e ovviamente le voci allarmate dei marinai avevano
cominciato a risuonare … Imprecai, fra me e me, sperando che stessero alla
larga… quel demone certo non si sarebbe fatto problemi ad uccidere tutti i
presenti su quella nave, se gli fosse servito, ma io non potevo colpire col
rischio che ci andassero di mezzo degli innocenti. D’altra parte, non potevo
nemmeno frenarmi eccessivamente… era consigliabile che mi occupassi del mio
avversario prima che gli venisse in mente di far saltare in aria la nave, o
sarebbe stata comunque la fine per tutti… Sospirai. Il classico serpente che si
morde la coda…
‘Al diavolo…’
“Elmekia Lance!!!” Recitai, scattando in avanti. Se non
potevo servirmi di incantesimi eccessivamente distruttivi, non mi restava altra
scelta che puntare su quelli di tipo spirituale, che d’altra parte erano gli
unici ad avere la possibilità di colpirlo… se fossi riuscita ad immobilizzarlo,
anche solo per un istante…
“Dannazione!” Imprecai, a voce alta. Il demone, come avevo
temuto, era scomparso prima di essere investito dal mio incantesimo…
Il mio avversario ricomparve dopo pochi istanti, la fronte
aggrottata. “Temo che dovrai fare di meglio, Lina Inverse…” Avanzò verso di me…
“Conosci il potere del mio signore… e la mia forza deriva direttamente da esso…
cercare di stordirmi con incantesimi così basilari non ti servirà…”
Poteva dire ciò che voleva, ma se davvero non avesse temuto
il mio colpo, non si sarebbe preso la briga di scomparire… oh, sapevo benissimo
che il mio Elmekia Lance gli avrebbe fatto al massimo il solletico, ma il
demone doveva avere intuito la mia tattica, e credo che di fronte al pericolo di
un Laguna Blade preferisse non rischiare di essere anche solo temporaneamente
immobilizzato… Il che non era un bene, per me… non sono particolarmente
sostenitrice del codice della cavalleria, e per quel che mi riguarda giocare a
carte scoperte è sempre uno svantaggio…
Mi morsi le labbra, e pensai a come mi sarei mossa, in
seguito… La concentrazione mi aveva quasi fatto scordare dei miei compagni, per
questo quando sentii la voce di Gourry chiamarmi fu per me una piacevole
sorpresa…
“Lina! Lina, tutto bene???”
Volsi lievemente lo sguardo, e intravidi lo spadaccino e la
chimera avvicinarsi, in mezzo ad una nube di fumo… gli rivolsi un sorriso.
“Come vedi abbiamo visite, caro.” Replicai, semplicemente, in tono ironico.
Lo spadaccino si fermò al mio fianco, ansimando. “Vedo.”
Commentò, con fare stanco. “Ad un orario un po’ infelice, mi sembra. Certa
gente non ha davvero il senso della discrezione…”
Zel, all’altro mio fianco, scrutò il demone per qualche
istante, e si accigliò. “Sarebbe lui quello che ti attaccato nella foresta…?”
Lo sguardo della chimera era concentrato, come se stesse sforzandosi di
ricordare qualcosa…
Battei le palpebre, perplessa a quel commento… “Perché, lo
conosci…?”
Zelgadiss scosse solo lievemente la testa, senza smettere di
aggrottare le sopracciglia… “Non è che lo conosca, ma… ha un’aria familiare…
non riesco a capire dove…”
“Se non vi dispiace…” Lo interruppe il demone, sbuffando.
“Devo porre fine a questa conversazione. Ora che siamo al completo, ho una
missione da portare a termine.” Il suo tono di voce era talmente gelido che mi
intimidì. Istintivamente, facemmo tutti un passo indietro.
Una mossa inutile. In un istante, il demone scomparve alla
nostra vista.
“Dove diavolo…” Iniziai, ma non ebbi il tempo di terminare.
Sentii il corpo dello spadaccino al mio fianco entrare improvvisamente in
tensione, e prima ancora di potermi voltare, seppi che il demone si trovava
alle nostre spalle. Gourry ed io ci scansammo all’ultimo istante, ma la chimera
non fu abbastanza veloce. Uno degli artigli del demone lo colpì in pieno
stomaco, ed il contraccolpolo
scaraventò contro il parapetto della nave. Qualsiasi normale essere umano,
subendo un attacco del genere del genere, sarebbe morto sul colpo…
“Zel!!!!!!” Gridai, allarmata. La chimera si accasciò su se
stessa, stringendosi lo stomaco, e immediatamente il sangue gli impregnò le
dita… Mi morsi le labbra. Dovevo subito, SUBITO raggiungerlo e cercare di
guarirlo!
“Lina, attenta!!!”
Sussultai, alla voce di Gourry. Presa dalla preoccupazione per
Zel, non mi ero resa conto che ora il demone stava mirando a ME!
Schivai appena in tempo il suo artiglio, mirato direttamente
alla mia tempia. Presa dalla foga, tuttavia, incespicai sui miei stessi passi,
e non potei fare nulla quando mi trovai faccia a faccia con il mostro, le sue
dita protese verso di me. Ci guardammo per un istante negli occhi, ed io capii
immediatamente che non avevo scampo. Avrebbe usato la magia, ed io non avrei
potuto evitare in alcun modo il colpo…
Chiusi gli occhi, e attesi l’inevitabile dolore. Sentii
l’energia magica fluire verso di me, la sentii lambire le mie membra, pronta a
consumarmi… quindi, più nulla.
‘Più nulla…?’
Riaprii gli occhi. Gourry era immobile davanti a me, la
spada sollevata. Dell’incantesimo che era stato sul punto di colpirmi non c’era
più nessuna traccia. Spalancai gli occhi.
“Ma cosa diavolo…?”
Gourry era ansimante, e fissava il demone con manifesta
ostilità. Io, tuttavia, ero troppo intenta ad osservare la lama della sua
spada, per prestare attenzione ad entrambi… ora, lo strano materiale di cui era
forgiata emanava un bagliore, sempre più intenso, che dava tutta l’impressione
di essere sul punto di essere liberato… Capii immediatamente cosa era accaduto.
Aveva assorbito il colpo del demone, ed era pronta a liberarne l’energia non
appena Gourry avesse attaccato. Era sorprendente… era sorprendente come
quell’arma da quel punto di vista funzionasse in modo del tutto simile…
“… alla Spada di Luce…”
“Cosa…?” Gourry inclinò la testa verso di me, senza allontanare
lo sguardo dal demone.
Mi morsi le labbra. Non era il tempo di pensare a cose del
genere… “Nulla.” Risposi, secca, rimandando quelle riflessioni a quando avessi
avuto un momento di calma. “Gourry, ascoltami… ora c’è bisogno che io…”
Gourry annuì, senza che avessi bisogno di terminare. “Lo so.
Occupati pure di Zel, Lina… Ci penso io a coprirti le spalle …”
Annuii, solo un po’ incerta… Mi seccava lasciare Gourry a
combattere da solo, quando ero io l’obiettivo di quel demone… d’altra parte,
non avevo altra scelta… e, anche se per qualche motivo mi metteva a disagio
ammetterlo, avevo anche la netta sensazione che con quella spada in mano Gourry
non avrebbe avuto bisogno tanto presto del mio aiuto…
Lasciai il demone e lo spadaccino a fronteggiarsi, e scivolai
verso Zel, ancora riverso al suolo. Mi resi immediatamente conto che,
fortunatamente, la sua non era una ferita grave… se avesse necessitato di
qualcosa di più del Recovery, mi sarei trovata nei guai…
“Li… Lina…” Biascicò la chimera, quando avvertì la mia
presenza al suo fianco…
“Sta’ fermo…” Intimai. Quindi gli rivolsi un sorriso. “Ti
rendo il favore…” Spiegai, rispondendo al suo sguardo interrogativo… mi
concentrai per un momento, e lasciai fluire l’energia magica dalle mie dita
verso il suo corpo…
“Ma… Gourry…”
“Gourry è in grado di cavarsela da solo, per il momento.”
Commentai, seccamente. Lanciai un’occhiata allo spadaccino. Il suo corpo si
interponeva fra noi e il demone, e i due si stavano ancora studiando… ero in
preda ad una strana ansia, e non per il combattimento in sé… avevo voglia di
vedere cosa era in grado di fare realmente quella spada…
Non dovetti attendere molto. Evidentemente stanco di
aspettare, Gourry scattò improvvisamente in avanti, con un balzo ferino. Il
demone scomparve, com’era prevedibile. Ciò che non mi sarei mai aspettata,
però, era che quando la creatura ricomparve, dopo soli pochi istanti, a diversi
metri di distanza, Gourry fosse già là, pronto ad aspettarlo…
Rimasi a bocca aperta. Il movimento di Gourry era stato talmente
veloce che non me ne ero praticamente resa conto… lo spadaccino era sempre
stato più agile della media, è vero, ma migliorare fino a quel punto in così
poco tempo… mi chiesi se fosse per effetto della spada, o di un qualche
particolare allenamento cui si era sottoposto in quei mesi…
Non ebbi molto tempo per pormi domande… lo scontro divenne
tanto concitato da permettermi a malapena di seguirne tutte le mosse… il demone
fu costretto a schivare, ma non ebbe nemmeno il tempo, credo, di scomparire.
Gourry continuò ad incalzarlo senza sosta, senza dare il minimo segno di
stanchezza… la zuffa proseguì per diversi istanti, finché i due non si
separarono nuovamente, indietreggiando di qualche passo l’uno rispetto
all’altro… e fui stupita nel rendermi conto che Gourry non aveva nemmeno il
fiato corto…
“Meglio di quanto mi aspettassi…” Commentò il demone…
“Sembra che il processo sia già piuttosto avanzato…”
Battei le palpebre. Processo? Di che diavolo stava
parlando?
Gourry parve non prestare attenzione alle sue parole… non
un’ombra di perplessità attraversò i suoi occhi a quella frase enigmatica, come
se il suo significato non lo riguardasse… come se il MONDO INTERO non lo
riguardasse… in effetti fui stupita nel trovarmi a pensare… che in quel momento
il SUO intero mondo pareva concentrarsi sul suo avversario…
Il demone lo fissò ancora per qualche istante, e la sua
espressione si contorse in quella che sembrava una via di mezzo fra un sorriso
ed una smorfia… “Credo di essere arrivato esattamente al momento giusto… è
giunto il momento di finirla.”
Scomparve nuovamente. Per un momento rimasi con il fiato
sospeso, e mi scordai quasi di portare avanti l’incantesimo che stavo
praticando a Zel… Sussultai, temendo per la vita del mio compagno, quando il
mostro comparve nuovamente alle sue spalle, all’improvviso… ma la mia
preoccupazione era infondata. Gourry schivò con un balzo l’incantesimo del
demone, che colpì in pieno uno degli alberi, incendiandolo. Andando avanti di
quel passo, sarebbe rimasto ben poco della nave…
Gourry non perse tempo per recuperare la guardia. In un
eccesso di imprudenza, scattò nuovamente verso il demone, completamente senza
difese. Trattenetti il fiato, mentre il mostro si limitava a protendere la
mano, e a scagliare nuove sfere di fuoco verso di lui… Gourry le respinse tutte
con la sua lama, e in meno di un istante fu nuovamente addosso alla creatura.
Il demone non poté fare altro che sparire per l’ennesima volta.
Tirai il fiato, deglutendo, e spostai lo sguardo sullo
spadaccino… non era da lui rischiare tanto in un combattimento… a volte Gourry
era imprudente, è vero… ma non arrivava mai a livelli eccessivi di incoscienza,
non metteva mai in gioco la sua vita in attacchi azzardati a meno che questo
non fosse strettamente necessario… d’altra parte, in quel momento avevo la
netta sensazione che Gourry non si fosse mosso pensando di poter perdere… era
avanzato con tanta sicurezza da farmi pensare di aver studiato ogni sua mossa
con la minima precisione, e di avere scommesso su una probabilità calcolata,
senza nemmeno considerare che la sua vita era in gioco… Gourry non era uno
sprovveduto, lo sapevo, ma… non era contro un qualunque spadaccino che stava
lottando, si trattava pur sempre di un demone, e lo spadaccino sapeva anche che
in quel momento anche la responsabilità della mia vita e di quella di Zel
ricadeva in parte nelle sue mani… quella sicurezza incrollabile era davvero
normale…?
L’aria intorno a noi fu immobile per diversi istanti, pregna
solo delle urla dei marinai che tutt’attorno riempivano secchi di acqua, e del
crepitare delle fiamme… Gourry si trovava ancora davanti a noi, di spalle, in
attesa che il demone facesse la sua ricomparsa, e gli ultimi rigagnoli della
mia magia fluivano ora indisturbati in Zel, accelerando il suo processo di
guarigione… Stavo cominciando a pensare che il demone avesse deciso di darsi
definitivamente alla fuga per l’evidente parità di mezzi col suo avversario…
quando la sua figura eterea fece la sua comparsa proprio davanti ai miei occhi.
Sussultai, e per un momento fui colta dal panico. Sotto alle
mie dita, avvertii chiaramente i muscoli di Zel contrarsi per la sorpresa. Non
me lo aspettavo, devo essere sincera, e non ero assolutamente pronta a nessun
contrattacco. Per un momento, pensai seriamente che sarebbe riuscito nel suo
intento…
“Aaaaaaaaah!” Fu quando sentii l’urlo infuriato di Gourry
alle spalle del demone che capii che, fortunatamente, il suo intervento sarebbe
stato sufficientemente tempestivo. Lo spadaccino caricò a tutta velocità… ed io
mi ritrovai la sua lama a pochi centimetri dal naso, quando il demone scomparve
per l’ennesima volta, per evitare di essere colpito.
Indietreggiai di scatto, colta di sorpresa, ma Gourry parve
non accorgersene nemmeno. Ritrasse la spada e riassunse la sua posizione di
guardia, mentre il demone faceva nuovamente la sua comparsa, a pochi passi da
dove ci trovavamo…
“A quanto pare non ti lasci distrarre, spadaccino…” Commentò
il demone, l’espressione ora lievemente alterata… “Come pensavo, ti trovi già
quasi al punto limite…”
Io strisciai indietro, allontanandomi lievemente dai piedi
di Gourry, ed imponendo al mio cuore di rallentare il suo battito… Non era
stato solo l’incontro ravvicinato con la lama a scuotermi… nel breve intervallo
di quell’affondo, avevo avuto modo di cogliere per un momento da vicino
l’espressione di Gourry, e… bé, ve lo assicuro, non era lo sguardo di qualcuno
con cui avrei desiderato chiacchierare amabilmente…
“Lina… tutto ok…?” Zel si sollevò lievemente per accertarsi
delle mie condizioni, mostrando nei miei confronti la pietà che Gourry mi aveva
negato… avevo interrotto la mia formula, ovviamente, ma la chimera ormai
sembrava in via di veloce ripresa, anche senza il mio aiuto…
Annuii, lievemente, ma non avevo la forza di rispondergli a parole…
“Zel…” Replicai invece, la voce roca… “Gourry… lui è…”
Non sapevo spiegarlo nemmeno io… il suo sguardo era attento
e concentrato, certo… perché è questa l’espressione di un guerriero durante un
combattimento… ma aveva qualcosa di diverso, qualcosa di… di indefinibile… come
se… come se fosse stato pura e semplice forza, senza il controllo di una
coscienza… io non l’avevo mai visto così, non avevo mai…
No…
No, non era vero che non lo avevo mai visto a quel modo, ed
era esattamente questo il motivo per cui esso mi aveva sconvolta così tanto…
era accaduto una volta… una sola volta…
“Lina…?”
La voce della chimera mi risvegliò bruscamente dai miei
pensieri, e volgendomi verso il mio amico mi resi conto che mi stava fissando
con espressione preoccupata… Non era necessario chiedergli il perché. Portai lo
sguardo alle mie mani, e mi accorsi che tremavano tanto che dubitavo sarei
stata in grado di reggere anche il più leggero stiletto, in quel momento…
“Lui… di nuovo…” La mia voce era ridotta ad un roco sussurro.
“E se… e se fossero stati loro…? Se fosse questo, che hanno in mente…?
Ma no, non capisco perché…”
Zel mi afferrò per la spalla, e mi scosse lievemente. “Lina?
Lina, che diavolo sta succedendo…?”
Strinsi i denti, e mi sollevai, scrollandomi la sua mano di
dosso senza nemmeno rendermene conto. Le mie ipotesi mi ronzavano in testa con
un’insistenza che mi impediva di dar loro coerenza… c’era solo una cosa di cui
ero convinta… “E’ ora di farla finita.” Dichiarai, avanzando di un passo verso
Gourry e la creatura.
Lo spadaccino si volse verso di me, l’aria lievemente
sorpresa, come se si rendesse conto solo in quel momento della mia presenza…
“Lina, stai…”
“Stanne fuori, Gourry.” Intimai, in tono più acido di quanto
avessi inteso produrre… “Ho intenzione di vedermela io con lui, ora…”
Lo spadaccino ovviamente non mi diede ascolto, e non abbassò
la spada. “Ma perché…? Quel demone mira a te, e se tu…”
“Ho detto stanne fuori!!!” Gridai quasi, ora. Gourry
affrontò la mia espressione rabbiosa per un momento, ed esitò. Quindi, strinse
le labbra, ed abbassò la spada. Capivo che non comprendeva, ma in quel momento
non ero nello stato mentale per spiegargli. Avrei affrontato le sue domande, e
presumibilmente la sua rabbia, in un altro momento… anche se non ero certa che
avrei potuto raccontargli TUTTO quello che pensavo di sapere…
Il demone di fronte a me si accigliò. “Mi stupisce questo
comportamento irrazionale da parte tua, Lina Inverse… da come Xellos mi ha
sempre parlato di te, dovresti essere una creatura piuttosto lucida, per essere
umana…”
Io serrai i denti, e feci di tutto per mantenere la calma
nel mio tono di voce. “Irrazionale…? Credi davvero che non abbia capito cosa
sta succedendo…?”
Gli occhi del demone si strinsero, ed improvvisamente il suo
sguardo si fece… interessato… “Allora illuminami, Lina Inverse…” Mi si avvicinò
lievemente. “Quale credi sia lo scopo della mia presenza in questo luogo…?”
Strinsi i pugni. “Soddisferò la tua curiosità se prima tu
rispondi ad una mia domanda, demone…” Feci un passo avanti. “Tu, ora… stavi
combattendo contro il mio compagno solo perché lui si frapponeva fra te e me…?
O lo facevi con un preciso scopo…?”
Gli occhi del demone si spalancarono per un momento, come in
preda alla sorpresa… quindi, dopo qualche istante di silenzio, si strinsero
nuovamente, in un sorriso… “E’ vero che hai intuito Lina Inverse…” Mi fissò con
quella che pareva un’aria di sfida. “Certo che combattevo contro di lui con un
preciso scopo…”
Sentii la rabbia montare in me improvvisamente. Ero una
stupida. Ecco perché aveva atteso l’arrivo di Gourry, ecco perché quella sera
non mi aveva attaccata immediatamente… io ero stata solo la sua esca per lo
spadaccino.
D’altra parte, se era solo Gourry che il demone voleva, non
si spiegava il suo primo attacco nei miei confronti… in fondo, si era mostrato
del tutto sorpreso di trovare lo spadaccino al mio fianco… Propendevo per
l’ipotesi che quella creatura mi volesse DAVVERO morta, ma che la presenza di
Gourry gli desse l’occasione di perseguire un duplice scopo, che lo spingeva
addirittura a dilazionare il suo atto di vendetta nei miei confronti… e
cominciavo a sospettare che il suo obiettivo, quella notte fosse… nient’altro
che uccidermi davanti a Gourry, per spingerlo a lottare con più foga contro di
lui. Questo, se le mie supposizioni sulla spada che portava il mio amico erano
esatte…
Ma proprio in virtù di quelle supposizioni, in quel momento
dovevo combattere personalmente, fino a che Zel non si fosse ripreso per darmi
una mano, anche a rischio di far sì che i piani del demone andassero in porto…
non potevo permettere che Gourry imbracciasse quella spada un minuto di più…
“E allora…” Domandò il demone, incalzandomi di fronte al mio
silenzio… “Cosa hai intenzione di fare, in proposito…?”
La sua aria di sfida di certo non contribuiva a migliorare
il mio umore… e di certo non sarebbe giovata al suo. “Non lo so… credi che
ucciderti risolverebbe i miei problemi…?”
Il demone sorrise. “Ne dubito sinceramente.” Si limitò a
replicare.
“Ma sono certa che mi farebbe stare meglio!” Feci un passo
in avanti. “Dynast brass!!!”
Un pentacolo si formò ai suoi piedi, prima che il demone
potesse sparire per evitarlo. L’energia gli implose addosso, con violenza tale
da scuotere l’intera nave.
“Lina!” Gridò Zel, dalle mie spalle, superando in qualche
modo il frastuono. “Non il Dynast Brass! Affonderemo!”
Non gli prestai ascolto. Ero troppo impegnata a fissare il
punto dove fino a qualche istante prima si era trovato il demone. Un enorme
squarcio si apriva sulle assi che pavimentavano il ponte, e dei barili a fianco
dell’ingresso della stiva erano stati scaraventati qua è là nello spazio
circostante. Del nostro avversario, nemmeno l’ombra.
Mi volsi verso i miei compagni. “Non posso averlo abbattuto,
fate attenzione!”
Zel si sollevò in ginocchio, e poi faticosamente in piedi,
guardandosi nervosamente attorno. Gourry, con mio profondo scorno, sollevò di
nuovo la spada.
Bé, non che potesse fare molto altro…
Restammo immobili, cercando di captare la presenza del
demone nel caos completo che ci circondava… per diversi istanti nulla accadde,
ed io presi ad indietreggiare verso i miei compagni, la gola stretta
dall’ansia. Non feci in tempo a giungere a destinazione, però. All’improvviso,
il demone ricomparve nuovamente, e ancora una volta alle spalle di Gourry.
Il grido per avvertirlo mi si strozzò in gola, ma
fortunatamente lo spadaccino se ne accorse in tempo. Sollevò la sua arma per
bloccare l’artiglio del mostro, e lo respinse violentemente, costringendolo a
indietreggiare. Il demone caricò nuovamente, senza lasciare allo spadaccino
nemmeno un attimo per riguadagnare la guardia… fu quando le loro figure stavano
per incontrarsi nuovamente, che la voce di Danielle risuonò alle nostre spalle.
“Dannazione a voi! La mia nave!!! Che diavolo credete di
fare???” La mercante aveva la fronte imperlata di sudore, i capelli in
disordine, e il volto sporco di fuliggine… La blusa le usciva disordinatamente
dalla cinta, come se si fosse svegliata e vestita in tutta fretta… e aveva
l’aria di voler uccidere qualcuno. Zel ed io volgemmo lo sguardo verso di lei,
colti di sorpresa, ed anche il demone ci imitò, solo per un istante.
Gourry non parve nemmeno accorgersene.
Con un rabbioso grido di battaglia, lo spadaccino approfittò
del momento di distrazione del demone, e si scagliò contro di lui con tutte le
sue forze. La sua spada gli penetrò nella spalla, aprendo uno squarcio
profondo, che arrivava praticamente fino alla cinta. Il mostro strabuzzò gli
occhi, mentre ‘sangue’ nero spillava dalla sua ferita, e avvolgeva di tenebre
la lama di Gourry…
“T… tu…” Rantolò, la voce resa roca dal dolore…
Gourry ritrasse la lama di scatto, ed il demone barcollò
all’indietro, reggendosi la spalla, il volto distorto dal dolore. Lo spadaccino
fece per colpire di nuovo, ma il demone, con quello che apparve un enorme
sforzo di volontà, scomparve un attimo prima dell’affondo del mio compagno, per
riapparire a diversi metri da lui, nella parte opposta del ponte rispetto a
dove si trovava Danielle.
In un guizzo di tenebra, scomparve, presumibilmente per non
tornare. Io feci un sospiro. Perché non salutavano mai con un ‘a mai più
rivederci’…?
“Cosa… cosa diavolo era quello???” Danielle era
impallidita vistosamente, e fissava il punto dove fino ad un momento prima si
era trovato il demone, come se avesse appena incontrato unaspecie di divinità…
‘Bé, in effetti, se anche la pensasse così, non sarebbe
troppo lontana dalla verità…’
“Lina…”
Mi volsi, e mi resi conto che Zel mi si era appena
affiancato. Anche lui fissava il punto dove il demone era sparito, ed i suoi
occhi erano spalancati, esattamente come quelli di Danielle… si trattava di uno
stupore diverso, però… quello generato dalla consapevolezza… “… Ho… ho capito…
ho capito dove ho già visto quel demone…”
“Eh…?” Le mie labbra si aprirono lievemente per la sorpresa,
ma non ebbi tempo di fare altre domande. In quel momento, infatti, uno
spaventoso schianto risuonò a pochi metri da dove ci trovavamo.
L’albero che il demone aveva colpito aveva ceduto. Avvolto
dalle fiamme, era precipitato sul ponte, travolgendo tutto ciò che aveva
incontrato sul suo cammino. Il fuoco immediatamente catturò il legno
circostante.
“No!” Gridò la voce di Danielle, riportata bruscamente alla
realtà. “No! La mia nave!!!”
“Dobbiamo andarcene
di qui!!!” Risuonò la voce colma d’ansia di Zel. “Immediatamente! Presto questa
nave sarà solo un cumulo di braci! E se hanno dei materiali infiammabili a
bordo…” Zel non ebbe bisogno di terminare. Gourry ed io ci scambiammo
un’occhiata allarmata.
“Ma non possiamo andarcene senza fare nulla!” Intervenne lo
spadaccino, l’aria preoccupata. “Nessuno dei marinai sa usare la magia,
moriranno!” Si volse verso di me. “Non hai un incantesimo che possa spegnere
l’incendio? O almeno avvicinare la nave a riva…” Non eravamo a grande distanza,
perché Danielle aveva preferito navigare senza perdere di vista la costa… una
decisione saggia, a quanto pareva…
“Potrei usare il Diem Wind, ma rischierei di alimentare le
fiamme!” Riflettei per un momento, quindi mi volsi verso la chimera. “Zel, tu…”
Zelgadiss non ebbe bisogno di lasciarmi finire. “Userò la
magia sciamana per comandare l’acqua. Bisognerà agire un po’ drasticamente, ma
dovrebbe funzionare…”
Annuii, ricacciando in fondo alla gola la mia curiosità
riguardo alla sua concezione del termine ‘drastico’… Non avevamo tempo da
perdere in chiacchiere. Afferrai Gourry per il braccio, e arretrai di qualche
passo dalle fiamme.
“Ray Wing!” Con un breve balzo, mi sollevai in volo.
In pochi secondi, fummo a ragionevole distanza dalla nave.
A diversi metri da noi, Zel aveva appena terminato la
formula per il Levitation. Ora, sospeso a mezz’aria, stava recitando un altro
incantesimo fra i denti… Da dove mi trovavo, non riuscivo ad udirne le parole,
ma mi auguravo che lo sciamano tenesse a bada il suo amore per le dimostrazioni
di magia spettacolari…
Ehi, come sarebbe a dire che sono IO quella che ama essere
spettacolare???
Ad ogni modo, i miei timori non erano infondati. Zel non
fece in tempo a serrare le labbra, che un’enorme colonna d’acqua si sollevò
attorno alla nave, per riversarsi con violenza su di essa.
“Zel!” Gridai, adirata, occhieggiando con orrore
l’imbarcazione che veniva avvolta dai flutti.
“Così il fuoco è spento!” Replicò con durezza la chimera.
“In fondo sono dei marinai, vorrà dire che nuoteran…”
Zelgadiss non ebbe il tempo di terminare. Il Levitation, che
fino a quel momento aveva retto, si interruppe all’improvviso. Evidentemente,
Zel aveva messo un po’ troppa ‘energia’ nel suo incantesimo, per poterne
mantenere contemporaneamente attivo un altro…
‘Non per dire che l’avevo detto, ma…’
Mi gettai in avanti, cercando di afferrare la chimera prima
che precipitasse in acqua. Riuscii a prenderla per un braccio, ma mi resi conto
troppo tardi che il suo peso, sommato a quello di Gourry, era troppo da
sopportare, per la mia magia ancora debole… Persi l’equilibrio a mezz’aria, e
tutti e tre precipitammo rovinosamente verso la superficie d’acqua, e le assi
sconnesse della nave semidistrutta… aprii la bocca per cercare di richiamare
nuovamente a me la formula, ma ormai era troppo tardi. L’acqua nera si chiuse
attorno a me, e il gelo del mare e la sorpresa vinsero momentaneamente la mia
razionalità, portandomi istintivamente ad inspirare.
In un attimo, le tenebre mi catturarono.
***
La prima cosa che ricordo di quando ripresi i sensi è che
stavo tossendo ferocemente e sputando acqua… e che la voce di Gourry salutava
in tono insolitamente piatto il mio nuovo ingresso nel mondo dei vivi…
“Buongiorno, raggio di sole.”
Aprii gli occhi, a fatica, e mi trovai a fissare stordita la
pallida luce dell’alba. Ero sdraiata sulla sabbia, o almeno quella mi pareva la
consistenza del materiale su cui mi trovavo… i miei abiti erano fradici, e il
gelo mi penetrava fino alle ossa.
“G… Gourry…” Lo spadaccino era inginocchiato vicino a me, e
mi guardava con espressione stanca. I capelli gli erano appiccicati al volto, e
la sabbia ricopriva interamente i suoi abiti bagnati, quasi fosse giunto fino a
lì strisciando. Il che non era improbabile. Eravamo a pochi metri dalla riva,
ma doveva essergli sembrato un lungo percorso, a giudicare dalla sua aria
esausta…
Sospirai, fissando il cielo che stava lentamente schiarendo.
“Suppongo che questa non sia la nostra annata fortunata.”
Gourry fece un mezzo sorriso. “Suppongo di no.” Rabbrividì
lievemente, e si strinse le braccia attorno al corpo.
Mi guardai attorno. “Dov’è finito Zel…?”
Gourry scosse la testa. “Quando hai perso il controllo
dell’incantesimo, ci hai mollati entrambi a mezz’aria. Mi sono concentrato su
di te, e da allora lo ho perso di vista… il mare era pieno di macerie e di
persone che cercavano di raggiungere la riva, e dei barili pieni d’olio erano
ancora in fiamme… ero troppo impegnato a cercare di trascinarti a riva senza
farmi travolgere per cercare anche lui…” Sospirò. “Ma sono quasi certo di
averlo udito recitare una formula, mentre stavamo per precipitare… spero che
stia bene…”
Annuii, stringendo le labbra… “Probabilmente avrà usato un
Ray Wing. Scommetto che in mezzo al buio e alla confusione non è riuscito a
trovarci, ed ha preferito raggiungere la riva al più presto per evitare il
rischio di altri attacchi… in fondo Zel non può nuotare come un normale umano,
non è certo a suo agio nell’acqua… ” Sollevai di nuovo lo sguardo sul volto
dello spadaccino. “Scommetto che è tutto a posto…”
Gourry annuì. Quindi emise un sospiro e si alzò, barcollando
lievemente. “Non possiamo restare qui.” Spiegò, brevemente, quando incontrò il
mio sguardo interdetto. Si piegò su di me e mi fece scorrere un braccio attorno
alle spalle, per aiutarmi a sollevarmi.
Quando fui in piedi, capii immediatamente cosa intendeva
dire… non eravamo soli, sulla spiaggia. Assi di legno e parti del carico della
nave erano continuamente trascinati a riva dalla risacca incessante… e figure
di uomini riverse sulla sabbia, per lo più incoscienti, costellavano l’intera
insenatura in cui ci trovavamo… Ora tutti erano troppo confusi per tirare le
somme riguardo a quel naufragio… ma dubitavo che quando si fossero ripresi
sarebbero stati molto bendisposti nei nostri confronti, considerando che in
gran parte eravamo noi la causa delle loro sventure…
Mi lasciai trascinare da Gourry verso la macchia di vegetazione
che incombeva sulla spiaggia, cercando di mettere quanta più distanza possibile
fra noi ed i marinai… era un po’ da codardi cavarsela a quel modo, ma noi non
avevamo né i mezzi né il tempo per pensare a ripagare quelle persone di quanto
era successo, e in fondo, purtroppo, tutto era avvenuto nostro malgrado… pregai
che anche Zel riuscisse ad uscirne altrettanto a buon mercato…
“Lina!”
Sussultai, quando, a pochi metri di distanza dalla
vegetazione, udii gridare il mio nome. Stavo già cominciando a pensare di aver
cantato vittoria troppo presto, quando intravidi la figura di Zel venirci
incontro di corsa, dall’altro lato della baia… Si fermò quando fu a pochi metri
da noi, ansimando lievemente…
“Per fortuna state bene.” Commentò. “Stavo perlustrando la
spiaggia per l’ennesima volta alla vostra ricerca, quando vi ho visti
sollevarvi e arrivare fin qui…”
Annuii, guardandomi attorno nervosamente. “Sono contenta
anch’io, ma non è il momento di scambiare convenevoli. Più tardi parleremo. Ora
muoviamoci di qui prima che sorga del tutto il sole…”
La chimera annuì, e tutti e tre ci facemmo strada nella
vegetazione, lottando con la stanchezza, e con l’impulso a sederci per dare
ristoro alle nostre membra intorpidite… con la coda dell’occhio, notai che
nonostante la sua aria malmessa e i vestiti fradici, Gourry portava ancora la
spada al fodero.
Imprecai fra me e me. Avrei preferito che l’avesse persa in
mare.
Come se avesse capito che stavo pensando a lui, lo
spadaccino mi rivolse un breve sguardo. “Dove credi che ci troviamo, qui,
Lina…?”
Mi riscossi dai miei pensieri, e sollevai lo sguardo sul
suo. “Non ne sono certa, in realtà…” Lanciai un’occhiata alla vegetazione che
ci circondava, che per la prima volta dopo tanti mesi aveva assunto un aspetto
familiare… “… ma se i miei calcoli non sono errati, dovremmo già essere sul
territorio della Alleanza degli stati costieri…”
Zel, al mio fianco, annuì. La sua espressione si era fatta
improvvisamente tesa. “A meno di una settimana di viaggio da Sailune…”
“A meno di una settimana di viaggio da Sailune.” Confermai,
la voce resa lievemente roca dall’ansia.
Avremmo avuto molto da discutere, dopo quella notte, e non
sarebbero state tutte conversazioni piacevoli. Ma in quel momento, finché non
fosse sorto completamente il sole, andare ciecamente avanti verso il nostro
obiettivo poteva impedirci di pensare a qualsiasi cosa esulasse dalla battaglia
che ci aspettava… non avrei saputo dire nemmeno io se quello fosse un conforto
o un motivo di maggiore preoccupazione…
“Zel…” Esordii nuovamente, dopo qualche istante. “Prima… hai
detto di avere riconosciuto quel demone… Dove… dove credi di averlo
incontrato…?” Mi chiedevo se la risposta mi sarebbe piaciuta…
Lo sguardo della chimera si fece pensieroso, e per qualche
istante non mi rispose… alla fine, aggrottò la fronte, abbassando il suo
cappuccio per guardarmi meglio in volto. “Bada, non ne sono sicuro, forse si
tratta solo di una sensazione, o di una somiglianza…” Fece una pausa. “… ma
giurerei di avere visto un sacerdote assolutamente identico a lui a fianco di
Oberon, in diverse delle battaglie che abbiamo combattuto durante l’assedio a
Sailune…”
Non risposi nulla a quelle parole, ammutolii e continuai a
fissare il sentiero che si dipanava di fronte a me, fra gli alberi.
Grandioso, pensai.
Grandioso, proprio come temevo. Non importava che quella
sera fossimo riusciti a sfuggire a quel demone.
In quel momento, ci stavamo gettando direttamente fra le sue
braccia.
Mi scuso per l’attesa, ma è stato un periodo un po’ pieno… ad ogni modo,
la storia si avvia alla conclusione, perché secondo i
Mi scuso per l’attesa, ma è stato un periodo un po’ pieno…
ad ogni modo, la storia si avvia alla conclusione, perché secondo i miei
calcoli questo sarà il penultimo capitolo, e probabilmente l’ultimo e l’epilogo
giungeranno come regalino di Natale sotto le feste…=P
Attendo sempre commenti e
critiche! ^^
La luce pallida dell’alba di fine
autunno si estendeva a perdita d’occhio sulla desolazione del paesaggio di
Sailune… Le colline, brulle a causa dell’inverno alle porte, avrebbero forse
potuto sembrare le stesse di sempre, ad un occhio inconsapevole, ma la
solitudine spoglia che accolse i tre silenziosi viandanti apparve loro come
foriera di presagi inquietanti…
“Sembra che la morte abbia catturato Sailune…” Commentò la
chimera, osservando il cielo plumbeo dal ciglio del picco su cui si trovava… il
suo fiato si condensava nell’aria tagliente, dando vita a sottili nuvole che si
disperdevano nel gelo…
“E’ soltanto l’inverno…” Replicò lo spadaccino, ma senza
troppa convinzione…
Rivolse lo sguardo alla maga dai capelli rossi, alle sue
spalle, che restava inginocchiata al suolo, le dita che sfioravano le ceneri
sparse, ultime vestigia di un focolare da tempo abbandonato. Lina rimase in
silenzio per qualche istante, quindi si sollevò, la mano destra al mento, lo
sguardo accigliato che vestiva quando era immersa in una profonda riflessione.
“Non posso pensare che siano riusciti ad eliminarli tutti. Non su queste
montagne che non conoscevano.” Commentò, il tono di voce cupo.
“Allora come ti spieghi il campo abbandonato?” Replicò la
chimera, fredda. Il suo sguardo percorse i pochi resti di un accampamento che
nessun piede doveva aver solcato da giorni…
Lina scosse la testa. “Leonard non ci ha spiegato come lui
ed i suoi uomini si muovevano… può darsi che si spostino periodicamente, per
non farsi individuare. Non sono nemmeno certa che questo sia esattamente il
campo in cui ci avevano condotti…” Levò lo sguardo sulle colline che li
circondavano. “Quella notte era buio pesto, e noi eravamo distrutti dalla
marcia. E sono successe troppe cose nel frattempo. Mentirei se ti dicessi di
ricordarmi quanta strada esattamente Gourry ed io avessimo percorso da questi
luoghi, prima che io venissi catturata…”
Zelgadiss si accigliò. “Quello che dici è sensato, ma le
giustificazioni non risolvono i nostri problemi. Soprattutto considerando che
non abbiamo nessun piano alternativo…”
Lina sbuffò, e si portò le mani alla testa. “Sarei felice
anche se non me lo ricordassi ogni cinque minuti, Zel…”
“Te lo ricordo perché è QUESTO il punto della situazione.”
Replicò la chimera, la voce che si faceva irritata.
“Bé, siamo saliti fin qui per una mia idea, ma non mi pare
che il signorino si sia dato molto da fare per proporne una alternativa!”
Gourry sospirò. Erano giorni che andava avanti così. Da
quando erano scesi da quella nave erano tutti troppo tesi per parlare, e quando
lo facevano il nervosismo fendeva i loro discorsi come una lama…
“Calma, ragazzi…” Invocò, in tono rassegnato… “Siamo tutti
preoccupati, ma litigare non risolverà i nostri problemi…”
Lina sospirò a sua volta, e si scostò i capelli dal viso.
“Hai ragione.” Replicò, cupa. “Lo so perfettamente. Ma anche controllandosi…”
Strinse i pugni, e fissò Gourry, come in cerca di qualche risposta. “Perché non
ne può andare una per il verso giusto? Perché ogni dannato piano che elaboriamo
deve crollare prima ancora che iniziamo ad attuarlo? Sono dannatamente stanca!
Vorrei solo avere Oberon di fronte, per finirla, in un modo o nell’altro!”
Gourry si grattò la testa. Conosceva bene Lina, a
sufficienza per capire che in momenti di frustrazione come quello assecondarla
era l’unico metodo per farla calmare… d’altra parte, quella situazione era
molto diversa dai piccoli guai quotidiani che potevano far irritare la maga
normalmente… Gourry era preoccupato. Quando aveva ritrovato Lina, era stato
sollevato nell’osservare che quei mesi di distacco non l’avevano cambiata…
tuttavia, ultimamente, si chiedeva se la maga non si stesse sforzando di non
mostrare quanto l’esperienza che aveva vissuto la avesse effettivamente scossa…
C’erano momenti in cui aveva l’impressione che Lina stesse per scoppiare. E
anche nei suoi confronti c’era qualcosa che non andava, anche se la maga
sembrava non avere alcuna intenzione di spiegargli cosa…
“Ma non possiamo ancora dire che questo progetto sia
fallito…” Replicò, rassegnato all’inconsapevolezza. “In fondo, come hai detto
tu, non ci sono segni di lotta, e non è detto che la resistenza di Leonard sia
già stata debellata… possiamo comunque tentare di ritrovarlo…”
Lina lo squadrò storto. “E in che modo, cervello di medusa?
Abbiamo trovato questo accampamento praticamente per caso…”
Gourry batté le palpebre, in cerca di una risposta che
potesse soddisfare la maga… “Ecco… avranno anche cercato di coprire le proprie
tracce, spostandosi, però potremmo provare ad individuarne qualcuna… se anche
solo ci muovessimo con una minima cognizione di causa, potrebbero essere loro
ad avvistarci e a contattarci, come hanno fatto la volta scorsa…”
La maga lo fissò per qualche istante in silenzio, battendo
le palpebre. Quindi scosse la testa, e dichiarò con inaspettata ammirazione…
“Sei un genio, Gourry…”
La maga non aggiunse altro. Schizzò verso il sottobosco che
circondava la radura, e cominciò a radunare rami secchi, in tutta fretta. Di
fronte alla perplessa immobilità dei suoi compagni, si volse, e li esortò in
tono secco. “Che aspettate? Datemi una mano!”
Gourry e Zel si scambiarono un’occhiata e la raggiunsero,
non del tutto convinti. “Si può sapere cos’hai in mente, Lina?” Chiese la
chimera, osservandola mentre accatastava la legna nel cerchio di pietre in cui
un tempo doveva essere stata riposta come combustibile per illuminare e
riscaldare il campo…
“Accenderemo un fuoco.” Dichiarò la maga, decisa. “E se non
basta, creerò un’esplosione con la magia. Sono sicura che in questo modo
saranno loro ad individuarci. Se sono ancora su queste colline avranno
certamente delle sentinelle sparse ovunque…”
Zel lasciò cadere la legna che portava fra le braccia, e
fissò la maga con rinnovata irritazione. “Sei forse impazzita, Lina??? E se
fossero dei nemici ad individuarci, invece? Vuoi farti catturare di nuovo dopo
tutta la fatica che abbiamo fatto per arrivare qui???”
“Non abbiamo tutto questo tempo da perdere in ricerche,
Zel!” Replicò la maga, alzando nuovamente la voce. “Non sappiamo quanto Phil
potrà resistere ancora! E le probabilità che ci siano nemici sparsi qui attorno
sono basse!”
“Ma ci sono!” Gridò Zel, di rimando. “Non ho alcuna
intenzione di farmi uccidere per la tua imprudenza!”
“Allora allontanati.” Replicò Lina. “Potete anche
nascondervi, se volete.” Il suo tono di voce si calmò. “Anzi, forse è la
soluzione più saggia. Qualunque sia l’esito di questo tentativo, non ne saremo
coinvolti in tre…”
Gourry si sentì immediatamente a disagio, di fronte a quelle
parole… Non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da Lina. Non aveva alcuna
intenzione di vedere ripetersi di fronte ai suoi occhi l’inizio dell’incubo che
aveva vissuto negli ultimi mesi… “Non credo che ci siano troppi rischi…” Si
trovò ad affermare, più come scusa per restare a fianco di Lina che per reale
convinzione… “Siamo ancora fuori dalle zone in cui si combatte. E in ogni caso
io non ho intenzione di allontanarmi.” Concluse, con un tono di voce che non
lasciava spazio ad obiezioni.
Non guardò in volto Zel, ma questi, per una volta,
semplicemente tacque, e non diede segno di voler accettare l’invito della maga.
Lina parve prendere quel silenzio come un assenso. Senza attendere ulteriori
discussioni, diresse le dita verso la legna accatastata, e pronunciò una secca
parola magica. Dardi di fuoco la infiammarono in pochi istanti, facendo sì che
riflessi arancione prendessero a danzare sui volti tesi dei tre compagni.
“Cosa hai intenzione di dire a Leonard per convincerlo ad
aiutarti…?” Domandò Zel dopo qualche istante di silenzio, continuando a fissare
le fiamme.
“Semplicemente ciò che ho scoperto.” Replicò la maga, in
tono più quieto. “Cioè che le truppe di Philionel sono accerchiate, e che il
suo intervento potrebbe essere risolutivo…”
Zel annuì. “E credi che accetterà di sottoporre i suoi
uomini ad un rischio del genere? In fondo i nostri nemici sono molto meglio
equipaggiati…”
“Ma noi abbiamo il vantaggio della sorpresa.” Precisò Lina.
“E in ogni caso, su Leonard ho pochi dubbi. Temo per gli altri ribelli,
piuttosto.” Levò lo sguardo teso sulla chimera. “Ma non possiamo desistere
ancor prima di aver provato…”
Zelgadiss stava forse per replicare qualcosa, ma non ne ebbe
il tempo. Al suo fianco, il corpo di Gourry si irrigidì, all’improvviso.
“Lina…” Si limitò ad ammonire lo spadaccino, portando la mano alla spada. La
maga non ebbe bisogno di chiedere spiegazioni…
La chimera avvicinò a sua volta le dita al fodero,
accigliandosi. “Ci hanno messo poco.” Commentò, a bassa voce.
“Forse ci stavano già seguendo a distanza.” Replicò
semplicemente la maga. “Devono sembrare quanto meno sospetti tre stranieri che
vanno a ficcare il naso nel loro vecchio accampamento…” Si allontanò di un
passo dal fuoco, e portò entrambe le mani alla bocca. “Venite fuori, ovunque
voi siate!” Gridò. “Siamo alleati!”
Due figure emersero dall’ombra. Doveva trattarsi di un
gruppo di pattuglia, come aveva ipotizzato Lina. Gourry, tuttavia, colse con la
coda dell’occhio un’altra figura che spariva nella boscaglia. Indubbiamente,
presto l’intero gruppo di ribelli sarebbe stato messo al corrente della loro
presenza in quel luogo…
“Chi diavolo sareste, voi tre?” Li apostrofò uno dei due
guerrieri, un uomo imponente ma già avanti con gli anni, vestito di una logora
armatura di cuoio. “Non mi piacciono le spie che vanno in giro a ficcanasare in
cose che non le riguardano…” Aggiunse, sollevando l’ascia che reggeva fra le
dita, a mo’ di minaccia…
“Stiamo cercando il conte Leonard.” Replicò Lina,
freddamente. “Sono Lina Inverse. Ci siamo già incontrati qualche mese fa su
queste stesse colline, chiedetegli conferma, se non mi credete…”
“Lina Inverse è stata catturata dalle truppe nemiche.” Si
limitò a replicare l’anziano soldato, con tono grave. “A quest’ora dev’essere
morta, o schiava in qualche terra al di là della barriera. Non so quale sia il
tuo obiettivo nello spacciarti per lei, donna, ma non credere che sia così
facile superare le nostre barriere ed arrivare al nostro capo…”
“A quanto vedo siete ben informati sugli accadimenti di
Sailune, nonostante tutto…” Commentò la maga, accigliandosi… “E forse questo
velocizzerà le cose…”
“Di che diavolo parli, donna?” Replicò il soldato, confuso,
passando lo sguardo dall’uno all’altro dei suoi interlocutori, con fare
sospettoso…
“Ho DAVVERO bisogno di parlare con il conte.” Si limitò ad
insistere Lina. “Lui mi riconoscerà. Non c’è bisogno che si avvicini, gli
basterà vederci da lontano. Se verrà a sapere che ci avete fatto qualcosa non
ve lo perdonerà…” In realtà, Lina non era così certa che al conte interessasse
particolarmente la loro incolumità, Gourry lo capiva chiaramente dalla sua
espressione… Lo spadaccino tacque, in ogni caso. A volte calcare un po’ la mano
dava buoni frutti…
I due soldati si scambiarono un’occhiata a presero a
consultarsi a bassa voce. La discussione si colorì di bisbigli stizziti e
degenerò presto in alterco, tanto che Gourry cominciò a dubitare che i due
sarebbero giunti ad una conclusione prima dell’arrivo delle truppe di Leonard…
e in effetti, solo il risuonare autoritario di una voce esterna li salvò
dall’ingrato compito di dirimere una rissa…
“Dicono la verità.” Pronunciò una voce che per Gourry aveva
un che di familiare, ma che non avrebbe saputo associare ad una propria
conoscenza… Un altro uomo fece la sua apparizione, accompagnato da tre guardie,
tutte armate. Il suo sguardo incrociò per un momento quello di Gourry, ma andò
immediatamente a posarsi sui due litiganti, che alla sua comparsa si erano
prontamente azzittiti. “Si può sapere che diavolo ci fate qui? Questo non è il
vostro settore.”
Entrambi rivolsero all’uomo un inchino nervoso. “Signore,
abbiamo seguito questi tre uomini sospetti fino a qui…” Rispose quello che si
era rivolto a Lina e gli altri. “… avevamo l’impressione che si stessero
dirigendo verso il nostro ultimo campo, e in effetti…”
“Idioti!” L’uomo dalla voce autoritaria non diede loro tempo
di finire. “In questi casi dovete immediatamente fare rapporto, e non
intervenire! Se fossero state spie dell’invasore avrebbero potuto uccidervi e
fuggire di qui prima ancora che le guardie di questo settore se ne rendessero
conto!”
La guardia che aveva risposto piegò la testa in segno di
umiltà. “Ecco… abbiamo inviato uno dei nostri compagni all’accampamento per
avvisare, ma abbiamo pensato che…”
“Voi non dovete pensare, voi dovete limitarvi a seguire gli
ordini!” Replicò la guardia, secca. Il suo sguardo tornò a fissarsi sui tre
intrusi. “Conosco due di queste persone, e posso confermare che sono chi dicono
di essere. Lo sciamano però… che diavolo ha fatto al viso…?”
Lina scosse la testa, mentre Zel si sollevava nervosamente
il cappuccio. “Non si tratta dello stesso uomo che ci accompagnava l’ultima
volta. E’ Zelgadiss, un nostro amico fidato. Lo sciamano ci ha traditi.” Aggiunse,
con un filo di voce, come se il ricordo di quel voltafaccia bruciasse ancora,
per lei…
“Capisco.” Si limitò a commentare, asciutto, il soldato.
“Seguitemi, vi condurrò dal conte personalmente.” Si volse brevemente verso gli
uomini che lo avevano accompagnato. “Voi tre, mantenete la vostra postazione. E
fate tornare questi due idioti al luogo in cui dovrebbero trovarsi…”
Gourry, Lina e Zel si incamminarono in silenzio dietro alla
guardia, lasciandosi alle spalle i due mortificati inferiori. Avevano già
imboccato un sentiero che si dipartiva dalla radura, quando Gourry si piegò
lievemente verso Lina, per sussurrarle all’orecchio. “Lina, ma chi è
quest’uomo? Ti ricordi di lui?”
Lina annuì lievemente. “Se non sbaglio, è quello che montava
di guardia all’ingresso dell’accampamento e che ci ha accolti quando ci hanno
condotti lì l’ultima volta… pareva abbastanza in confidenza con Leonard, forse
si tratta di un suo diretto inferiore…”
La maga non ebbe il tempo di aggiungere altro. L’uomo si
volse verso di loro, come se li avesse sentiti. “Il mio nome è Duncan.” Esordì,
in tono più cortese di quello che aveva rivolto ai propri uomini. “Non so se vi
ricordiate di me, ma io ho bene impressi nella mente i vostri volti… siete
stati una delle poche fonti di speranza che hanno raggiunto il nostro campo da
quando lo abbiamo costituito…” Il suo tono si fece cupo. “E la notizia della
vostra cattura è stata una delle più grandi delusioni…”
“Chi è che vi trasmette informazioni come queste…?” Si
limitò a chiedere Lina, allungando il passo nonostante la stanchezza, per
riuscire a competere con le sue rapide falcate.
L’uomo chiamato Duncan non parve rendersi conto del suo
sforzo. Si limitò ad imboccare una salita ripida lungo la fiancata della
montagna, e a stringersi nelle spalle. “La gente rimasta nei villaggi ci aiuta
come può. Anche se rischiano molto anche solo avvicinandosi alle colline…” Si
volse brevemente verso Lina. “Com’è possibile…? Com’è possibile che siate qui?”
Chiese, in tono febbrile.
Lina si morse lievemente le labbra. “E’ una storia piuttosto
lunga. E possibilmente preferirei doverla raccontare una volta sola.”
Gourry si chiese per un momento se la guardia non se la
sarebbe presa per quella risposta secca e vagamente scortese, ma l’uomo si
limitò ad annuire, come se comprendesse il motivo profondo che la muoveva.
“Capisco.” Replicò, semplicemente. “Nessuno ha voglia di
parlare a vuoto di quello che è successo da quattro mesi a questa parte. Ne
discuteremo quando saremo al cospetto di Leonard.”
Nessuno proferì più una parola fino a che non furono giunti
all’accampamento.
La notte era ormai inoltrata. Un silenzio quieto avvolgeva
l’accampamento, e solo le luci delle lanterne vicino alle postazioni di guardia
spezzavano le tenebre quasi innaturali che parevano aver imprigionato gli
esseri rifugiati in quei boschi… Gourry si chiese se quell’oscurità fosse
realmente così densa, o se non fosse frutto della sua immaginazione… del resto,
ricordava bene in quale altra occasione la notte gli era apparsa allo stesso
modo… la vigilia della sua prima battaglia.
Si sollevò a sedere, e osservò il cielo dal ciglio della
collina. Quella notte era terso, limpido, e la luna quasi piena si stagliava
luminosa su un manto nero stellato. Guardandolo, i suoi dubbi a riguardo
trovavano immediatamente risposta.
Gourry sospirò, e chiuse gli occhi per un istante.
Era stato tutto incredibilmente veloce. Era giunti in
quell’accampamento solo una settimana prima, ma, alla luce delle informazioni
che portavano, Leonard non aveva esitato un solo istante nella decisione di
giocarsi il tutto per tutto, e si era immediatamente mobilitato per contattare
tutti i ribelli che era in grado di raggiungere, per cercare di organizzare una
resistenza congiunta. Messi erano partiti in direzione di Elmekia, e alcuni dei
suoi servitori più fidati si erano impegnati a cercare di superare i posti di
blocco nemici, per portare informazioni a Philionel. E per quanto li
riguardava, il giorno successivo sarebbero partiti per ricongiungersi ad un altro
gruppo e convergere verso la vallata che sarebbe stata teatro dell’attacco ai
loro nemici…
Gourry avrebbe dovuto essere abituato a quell’ansia, a quel
senso d’attesa. E invece, da giorni sentiva la tensione crescere in sé, e
stringergli lo stomaco come una morsa. Non lo sapeva nemmeno lui perché. Forse
perché quando combatteva come mercenario sentiva di non aver nulla da perdere,
mentre ora gli sembrava che ci fosse troppo in gioco… troppe cose che nella
battaglia che avrebbe avuto inizio dal giorno successivo avrebbero potuto
andare storte…
“Non è un buon posto per dormire.”
Gourry aprì gli occhi, senza voltarsi. Non ne aveva bisogno.
Avrebbe riconosciuto il passo e la voce dei suoi compagni di viaggio anche nel
fragore della battaglia.
“Ma credo non ci sia bisogno che te lo dica io…” Zelgadiss
si sedette al suo fianco, fissando a sua volta il cielo stellato. “Immagino che
di letti improvvisati tu ne abbia sperimentati molti, per colpa di quella pazza
di Lina…”
Gourry fece un mezzo sorriso. “Non dormi, Zel?” Gli rivolse
un’occhiata da sopra la spalla. “Domani ci aspetta una lunga marcia, prima di
arrivare alle postazioni di Oberon…”
Zel si strinse nelle spalle. “Non ne ho bisogno.” Ammise,
semplicemente. “Il mio corpo da chimera ha ritmi molto diversi rispetto a
quelli dei comuni esseri umani, e in questi giorni non c’è stato molto altro da
fare, se non riposare e aspettare.” Levò la schiena, e si strinse lievemente
nel mantello. “Senza contare che, la notte prima di un evento importante,
preferisco sempre riordinare le idee e prepararmi, invece di sprecare ore
preziose nell’incoscienza…”
Gourry ridacchiò. “Lina te ne direbbe quattro, se ti
sentisse. Non è particolarmente favorevole al rimuginare prima della
battaglia…”
Zel gli rivolse un sorriso sardonico. “Perché credi che mi
tenga alla larga dall’accampamento? Ormai sono ben preparato a difendermi dalle
sfuriate pre- battaglia di Lina…”
Gourry scoppiò a ridere. “Più che una difesa mi pare una
fuga.”
Zel annuì, grave. “Un vero uomo sa quando giunge il momento
di abbassare la testa e ritirarsi.”
I due ridacchiarono insieme. La loro compagna di viaggio era
spesso oggetto di scambi di battute fra i due, anche se entrambi trovavano
infinitamente più divertente dar loro luogo in sua presenza…
Zel sospirò, e si stese al suolo, le braccia incrociate
dietro la testa. “E tu…?” Chiese, dopo qualche istante di silenzio. “Anche tu
questa notte non ti trovi nella tua tenda a riposare… e se mi permetti di
dirlo, questo è molto più strano per te, che per me… ho sempre invidiato la
strana forma di consapevole incoscienza che permette a te e Lina di dormire
tranquillamente, qualsiasi cosa vi aspetti il giorno successivo…”
Gourry fece un mezzo sorriso. “Non credere, non è stato
sempre così.” Chiuse gli occhi, nuovamente, per un istante. “E’ strano a
dirsi…” Proseguì, a mezza voce… “Da quando viaggio con Lina, tendo ad essere
molto più tranquillo, alla vigilia di una battaglia…” Fece un mezzo sorriso.
“Forse ha fatto semplicemente sì che mi abituassi ai guai…” Riaprì gli occhi.
“… o forse è perché basta la sua presenza a darmi fiducia… dopo tutti quello
che ci è successo in questi anni, tendo sempre a pensare che se siamo insieme
andrà tutto per il meglio…”
Zel sospirò lievemente, e scosse la testa. “E’ esattamente
questo che vi invidio.”
Gourry rimase in silenzio per qualche istante, assimilando
quella affermazione… Quindi si volse lievemente, per guardare in volto la
chimera. “Sei preoccupato per Amelia, Zel…?” Chiese, il tono di voce pacato.
Zelgadiss tacque, solo per qualche secondo. Quindi abbassò
lo sguardo. “Sì.” Ammise. “Ma non solo.” Fissò il buio di fronte a lui, per
qualche istante. “E’ che mi chiedo… se non siamo andati oltre.” Si sollevò
nuovamente a sedere, e guardò Gourry di rimando. “Se non ci siano cose che
anche una eventuale vittoria nella battaglia di domani non potrebbe risolvere…”
Gourry inclinò la testa, senza capire. “Che cosa intendi
dire, Zel?”
Zelgadiss scosse la testa. “Se anche domani vincessimo
Sailune non tornerà a rivivere come per incanto… troppe persone sono morte… e
troppe hanno vissuto esperienze terribili, che non dimenticheranno. Noi
compresi.” Fissò Gourry intensamente. “Ci sono momenti in cui ho paura al
pensiero che rivedrò Amelia, Gourry, perché temo l’effetto che questi mesi possono
aver avuto su di lei. Momenti in cui ho paura di incrociare lo sguardo di Lina,
perché mi pare di scorgervi delle ombre di cui preferirei ignorare
l’esistenza…” Tacque, per un istante. “… e ci sono momenti in cui il mio stesso
nervosismo mi spaventa. Momenti in cui la razionalità cede all’angoscia.”
“Ma…” Intervenne Gourry. “Questo è normale, Zel. E’ solo
questione di tempo…”
Zelgadiss scosse la testa. “Anche se ora parli in questo
modo, Gourry, prima hai evitato di rispondere alla mia domanda.” Lo fissò, con
sguardo strano. “Perché non stai dormendo, stanotte?”
Gourry rimase in silenzio per un istante, quanto bastava per
ammettere a se stesso che la chimera aveva ragione. Poco prima, aveva deviato
volontariamente il discorso.
Abbassò lo sguardo, incapace di sostenere l’espressione
indagatrice di Zelgadiss. “Perché nemmeno io ne ho bisogno.” Ammise poi, a
mezza voce. “Da diverso tempo, ormai, sento il bisogno di nutrirmi o di
riposare solo il minimo necessario alla mia sopravvivenza…”
Gli parve quasi di sentire Zelgadiss accigliarsi, anche se
non lo stava guardando in volto. “E’ esattamente questo ciò di cui stavo
parlando.” Dichiarò la chimera, freddamente. “Anche tu sei cambiato rispetto a
qualche mese fa, Gourry… anche se non saprei precisamente definire in cosa…”
Zel tacque per qualche istante, come ponderando le proprie parole successive…
“… Certo, Lina sembra avere un’idea precisa, in merito…” Aggiunse poi, con un
po’ di titubanza…
Gourry tornò a fissarlo, sorpreso. “Un’idea?”
Zel scosse la testa, con fare consapevole. “Come pensavo,
non te ne ha parlato… Quella maga è la donna più testarda che io conosca…” Fece
un lieve sospiro.
Gourry si accigliò, senza capire, ma deciso a farlo.
“Spiegami di che diavolo stai parlando, Zel…” Per qualche motivo, il pensiero
Lina e Zelgadiss discutessero di qualcosa che lo riguardava lasciandolo
all’oscuro non gli andava per nulla a genio…
Zel inclinò lievemente la testa, con fare pensieroso… “In
realtà, non so se faccio bene a parlartene io… ma continuo a non capire la
riluttanza di Lina nel farlo, perciò non mi farò troppe remore.” Sollevò lo
sguardo sullo spadaccino. “Qualche giorno fa, dopo che siamo arrivati al campo
e dopo che Leonard si è impegnato a radunare i vari gruppi sulle montagne e ad
inviare dei messi ad Elmekia, Lina è venuta a chiedermi un parere strettamente
tecnico, di magia… un parere riguardante la tua spada.” Aggrottò lievemente la
fronte, e attese qualche commento, ma lo spadaccino non ne avanzò nessuno.
“Lina ha notato un particolare nel suo funzionamento, un particolare che, devo
ammetterlo, a me era sfuggito…” Fece una pausa… “… ma forse è naturale, in
fondo io non ho vissuto costantemente al tuo fianco nel corso dei tre anni in
cui hai impugnato la Spada di Luce…”
“Quale particolare, Zel?” Lo incalzò Gourry, vagamente
seccato da quella deviazione dal corso principale della conversazione. Lo
spadaccino trovava fastidiose le divagazioni quando veniva coinvolto in
discorsi su argomenti come la magia… le sua comprensione in quel campo aveva
basi molto labili, e Gourry necessitava di spiegazioni chiare e dirette, come
quelle che talvolta Lina si concedeva di dargli… per questo faticava molto
spesso a seguire i discorsi colmi di tecnicismi e salti logici cui spesso i
suoi compagni di viaggio si abbandonavano…
Lo sciamano annuì, evidentemente comprendendo la sua
necessità di capire. Ponderò ancora per un momento le parole, come studiando un
modo per rendergli il tutto più comprensibile… “Lina ha osservato che il
comportamento della spada che porti ora è per certi aspetti simile a quello
della Spada di Luce…” Proseguì poi, in tono un po’ incerto… “E forse tu non
puoi ricordartelo, ma, quando Fibrizo ci attaccò e ti rapì, ci svelò la vera
natura di quell’arma…” Fece una breve pausa. “Quella che gli esseri superiori
chiamano Gorn Nova in realtànon è
altro che un demone.” Dichiarò poi, optando evidentemente per una spiegazione
che evitasse i giri di parole. “Privo di coscienza o volontà, certo, ma un
essere vivente, dotato di alcune caratteristiche fisiche simili a quelle che
contraddistinguono la razza demoniaca…” Osservò Gourry, per qualche istante,
come per accertarsi che lo stesse seguendo. “Ad esempio, la resistenza alla
maggior parte degli incantesimi, e la capacità di incamerarne l’energia e di
riutilizzarla, potenziata, per attaccare.”
Gourry batté
le palpebre, confuso.“E questo cosa
c’entra con la spada che porto ora…?”
Zel piegò il capo, e lo fissò intensamente. “C’entra, perché
come ti ho detto pare avere poteri molto simili… il che ha fatto sospettare a
Lina che essa sia, allo stesso modo della Spada di Luce, nata da mani non
umane, da mani di esseri superiori… e nello specifico, Lina sospetta che si
tratti di un artefatto di produzione demoniaca.”
Gourry sbarrò lievemente gli occhi, e posò lo sguardo sulla
spada che pendeva dal suo fodero… non si era mai interrogato sull’origine
dell’arma che teneva fra le mani, si era semplicemente concentrato sul suo
scopo. Però per qualche motivo la spiegazione offerta da Zel lo convinceva… In
effetti… in effetti, il dolore che provava impugnandola…
“Il dolore.” Asserì Zel, quasi gli avesse letto nel
pensiero. “E’ questa la chiave di tutto, secondo Lina. Un’arma che si nutre del
dolore che si prova impugnandola… così come la razza demoniaca si nutre del
dolore delle creature che fronteggia. Certo, non c’è nessuna prova che sia
effettivamente così, ma né io né Lina abbiamo trovato un altro motivo
plausibile per cui toccarla dovrebbe scatenare una reazione simile in chi la
imbraccia… e se avessimo ragione,ci troveremmo di fronte ad una prova piuttosto
lampante del fatto che quell’arma è in realtà nient’altro che un demone…”
Gourry continuò a fissare la spada, stordito da quella nuova
consapevolezza… Era strano pensare che fra le mani non aveva un semplice
strumento inerte della sua volontà… Ma, d’altra parte… non aveva impugnato per
anni la Spada di Luce senza alcuna consapevolezza sulla sua vera natura…?
“Però… anche se fosse…” Replicò, con un po’ di titubanza…
“In fondo, cosa cambierebbe…? Hai appena detto che anche la Spada di Luce aveva
la stessa natura, eppure non mi ha mai creato nessun tipo di problema, no?”
Zel scosse la testa. “Lina crede che non sia tutto così
semplice, ed io sono perfettamente d’accordo con lei.” Si accigliò. “So che
forse avresti preferito che non lo venissi a sapere, ma Lina mi ha parlato di
quello che è accaduto alla tua famiglia… e mi è venuto il sincero sospetto che
tutte le lotte che la hanno dilaniata siano state, almeno in parte, legate alla
natura della spada stessa…”
Gourry sbarrò gli occhi e fissò Zel sbalordito, non del
tutto certo di capire… “Stai dicendo che sarebbe stata la Spada di Luce a
corrompere gli animi dei membri della mia famiglia?”
Zel scosse la testa. “Non è esattamente così. Anche se
immagino che ti sarebbe di conforto pensarlo.” Sollevò su Gourry uno sguardo in
cui allo spadaccino parve di leggere un velo di compassione. “Il punto, secondo
me, è che la spada si è nutrita del loro odio e lo ha al contempo alimentato,
in una sorta di circolo vizioso… E mi spiace dirtelo, Gourry, ma sono
sinceramente convinto che se all’epoca ad imbracciare la spada fosse stato tuo
fratello, e non tu, sarebbe stata decisamente più efficace…”
Le labbra di Gourry si strinsero. “Mi stai dicendo che io
non sfruttavo appieno le potenzialità della spada, perché…”
“Perché ti ponevi delle remore, a causa della tua indole
fondamentalmente buona.” Terminò Zel, per lui. “Sì, detto in poche parole, è
proprio così. O almeno questa è una delle ipotesi. L’altra possibilità è che
non fosse la natura della spada ma semplicemente la tua mente, inconsciamente,
a impedirti di utilizzare le sue potenzialità al loro massimo… seguire regole
morali o avere pietà per l’avversario sono freni che possono rivelarsi
controproducenti per qualsiasi combattente, qualunque sia l’arma che
imbraccia…” Lo fissò, accigliato.
“E secondo Lina l’arma che porto ora, invece, starebbe
influenzando negativamente il mio animo…?” Si accigliò Gourry. “Perché? Che
differenza potrebbe mai esserci rispetto alla Spada di Luce?”
Zel lo fissò, cupo. “Il punto è che Lina si è messa in testa
che i demoni stiano DELIBERATAMENTE cercando di plasmarti a loro piacimento, e
che quell’arma sia adatta esattamente a quel fine. Non riesce a togliersi dalla
testa che siano stati loro a fare in modo che la spada finisse nelle tue mani,
e che vogliano coinvolgerti in qualcosa.” Abbassò lo sguardo, pensieroso. “Teme
che stiano cercando di spingerti al limite della rabbia, o del coinvolgimento
nel combattimento, per farti abbassare le difese, e a far sì che la spada
prenda il controllo su di te… Era già preoccupata per te da quando vi siete
rivisti, ma credo che sia entrata davvero in allarme da quando ha scoperto che
il demone che ci ha attaccati era un servitore di Fibrizo…”
Gourry non faticava a crederlo… il ricordo di quanto era
accaduto loro per mano di quel signore dei demoni ormai un paio di anni prima
riusciva ancora a turbare Lina profondamente.
Ma per quanto capisse i timori della sua compagna, Gourry si
trovò a scuotere la testa, incredulo. “Non posso pensare che abbiate ragione…”
Replicò, la voce improvvisamente roca. “Di che utilità potrei mai essere IO a
dei demoni…?” Lo spadaccino era talmente abituato al pensiero che Lina fosse
l’oggetto dell’interesse degli esseri superiori che trovava quanto meno
improbabile che un semplice spadaccino come lui potesse attirare la loro
attenzione…
Zelgadiss si strinse nelle spalle. “Un servitore abile fa
sempre comodo. O forse c’è qualche altro motivo di cui non siamo a conoscenza.
Fatto sta che Lina sospetta che il demone che la ha attaccata cercherà di
sfruttare la sua vendetta nei suoi confronti per raggiungere il suo scopo con
te… in fondo, quale modo migliore di farti perdere il controllo che ucciderla
davanti ai tuoi occhi…?”
Gourry, a quelle parole, scattò in piedi, e fissò lo
sciamano con inaspettata rabbia. Non gli piaceva quel discorso, e non gli
piaceva la fredda razionalità con cui Zel lo stava pronunciando. “Come potrebbe
mai essere???” Gridò, quasi, tanto che un paio di sentinelle guardarono nella
sua direzione, con curiosità. “Come potrebbero mai ottenere di controllarmi, se
fanno del male a Lina??? Nemmeno la pazzia mi porterebbe mai ad allearmi con i
suoi assassini!!!” Strinse i denti, improvvisamente in preda all’agitazione. “E
poi, si può sapere perché tu e Lina siete così certi che io non sapessi
sfruttare del tutto le capacità della Spada di Luce???” Chiese, cercando senza
successo di calmarsi. “Voglio dire, ci sono tante leggende riguardanti
quell’arma, ma non mi pare di aver mai sentito di nessuno che la usasse in modo
differente da come lo facevo io!”
Zelgadiss lo fissò con uno sguardo stupito che lo confuse.
Sentì la rabbia scivolargli via dal corpo di riflesso, mentre la chimera gli
rivolgeva la stessa espressione che tutti vestivano quando lo spadaccino non
sapeva o ricordava qualcosa che ritenevano particolarmente importante…
“Cosa c’è?” Si trovò a domandare, trovandosi a disagio
nell’essere oggetto di quello sguardo.
Lo sciamano si accigliò. “Vuoi farmi credere che non ne sai
nulla? Che Lina non te ne ha mai parlato?” Lo stupore era trattenuto a stento
nella sua voce.
“Di che parli, Zel?” Lo sbigottimento della chimera lo
turbava… si chiedeva cosa mai la maga potesse avergli tenuto nascosto, di tanto
importante, dato che fra loro c’erano ben pochi segreti… e al contempo era
timoroso di scoprirlo…
Zelgadiss gli parve interdetto. “Forse non dovrei essere io
a parlartene…” La chimera era evidentemente a disagio.
Gourry si spazientì. “Non vedo il motivo di fare misteri, se
è qualcosa che dovrei sapere.” Asserì, con fare nervoso. “Puoi dirmelo ora,
oppure posso svegliare Lina per saperlo.”
Zel si accigliò. “Capisco.” Si limitò a rispondere. “Ad ogni
modo, suppongo che tu abbia il diritto di saperlo.” Si sollevò lentamente in
piedi, a sua volta. “C’è stata un’occasione in cui hai usato appieno i poteri
della Spada di Luce, Gourry.” Scandì quelle parole lentamente, come a voler
misurare la reazione del suo interlocutore. “Ma tu non puoi ricordarlo, perché
allora non ne eri cosciente. E’ stato quando eri sotto il controllo di
Fibrizo.”
Un improvviso barlume di consapevolezza si accese nella
mente di Gourry. Dove… dove aveva già sentito qualcuno raccontare una cosa del
genere…? Ainos…? Ainos aveva detto per caso una frase al riguardo…? Allora non
doveva averci fatto caso, ma…
“Ho sempre ammirato la tua forza, Gourry, a volte non senza
una certa invidia, perché tu avevi ciò che io avevo ottenuto solo a prezzo
della mia umanità…” Il suo sguardo si incupì… “Ma è stato solo allora che ho
capito veramente quanto potenziale ci sia in te… un potenziale a cui almeno in
parte il tuo stesso senso di umanità pone un freno…” La sua fronte si aggrottò.
“Bé, in realtà questo lo ho compreso solo a posteriori. Mi spiego solo ora la
reale ragione di un fatto che all’epoca avevo attribuito semplicemente
all’influenza di Fibrizo… è perché eri privo dei limiti posti dalla tua stessa
coscienza che sei riuscito a tenere testa agli attacchi congiunti di tutti
noi…”
A quell’affermazione, gli occhi di Gourry si spalancarono.
“Mi stai dicendo che io… io ho…”
Zelgadiss abbassò lo sguardo. “Sì, ci hai attaccati. E noi
ti abbiamo combattuto, perché non avevamo idea di chi fossi. E’ accaduto mentre
ci trovavamo lungo la via verso Sailarg…”
Quell’informazione colpì Gourry come uno schiaffo in pieno
viso. La sua voce era roca, quando domandò… “Vi ho attaccati… vi ho attaccati
allo scopo di…” Non terminò la frase. Strinse i denti, come se una
consapevolezza dolorosa fosse appena emersa nella sua mente. “Ho cercato di
uccidere tutti voi…? Anche Lina…?”
Zelgadiss si limitò ad annuire, senza sollevare lo sguardo…
Improvvisamente, le gambe di Gourry presero a tremare.
Com’era possibile? COM’ERA POSSIBILE??? Gourry era sempre stato privo di
certezze, fino al suo incontro con Lina… ma la maga era diventata il suo punto
di riferimento, il suo appoggio, l’oggetto del suo più incondizionato affetto.
A che livello di incoscienza doveva essere giunto, per arrivare ad attaccarla?
Per arrivare a tentare di ucciderla? E come doveva comportarsi, ora, di
fronte alla consapevolezza che la sua mente poteva sfuggire al suo controllo
tanto da spingerlo a distruggere le ragioni della sua stessa felicità?
“Perché… nessuno me lo ha mai detto…?” Si costrinse a
chiedere. Aveva paura. Aveva DAVVERO paura. E tutti i suoi timori si acuivano
di fronte alla consapevolezza che, nonostante la spada che portava in quel
momento fosse, a detta dei suoi compagni, in grado di spingerlo verso una
follia simile a quella che lo aveva catturato mentre era sotto il controllo di
Fibrizo, ancora in quel momento non avesse alcuna intenzione di abbandonarla…
Zelgadiss scosse la testa. “Io… credevo sinceramente che tu
e Lina ne aveste parlato. Ma forse voleva solo evitare di darti un’informazione
che ti avrebbe scosso…”
Gourry strinse i denti. “Non stava a lei decidere. Non su
questo.” Fece un passo indietro. “Ho bisogno di parlare con lei.” Aggiunse, con
voce roca.
“G… Gourry! Aspetta un momento!” La chimera si fece avanti,
cercando di bloccarlo. “E’ notte fonda, e la vigilia della battaglia. Aspetta
almeno che…”
L’occhiata che Gourry gli rivolse bastò a frenare qualsiasi
sua altra obiezione. “E’ proprio perché domani muoveremo verso il campo di
battaglia che dobbiamo parlare ora.” Si limitò a replicare lo spadaccino,
mantenendo a stento la calma. “Come potrei combattere al suo fianco, ora?”
Aggiunse, in un sibilo.
Zelgadiss non replicò nulla. Gourry non seppe mai se fu
perché lo aveva compreso, o semplicemente perché aveva capito che non avrebbe
comunque potuto fermarlo. Si limitò ad osservarlo in silenzio mentre gli
volgeva le spalle e arrancava sulle proprie gambe ancora traballanti, sparendo
fra gli alberi.
Lo spadaccino si affrettò, corse quasi, verso la tenda della
propria compagna. Incespicò su radici e rami caduti, e un paio di volte rischiò
seriamente di scivolare lungo il pendio. Non se ne rese nemmeno conto. Tutto
ciò a cui pensava era ciò che avrebbe dovuto dire a Lina, una volta che la
avesse avuta di fronte…
Riuscì a frenarsi solo quando fu davanti alla tenda della
maga. Si impose di non farvi irruzione, nonostante l’agitazione e la rabbia
repressa. Era sufficientemente lucido per rendersi conto che sorprendere Lina
durante la notte poteva tradursi in una forma elaborata di suicidio…
Scostò il tessuto dell’ingresso della tenda, e scivolò
all’interno. Pallidi raggi di luna lo accompagnarono, illuminando il giaciglio
su cui la maga riposava inconsapevole… Lina era sdraiata supina, la testa
reclinata sul cuscino, il braccio abbandonato vicino al viso. Le labbra
lievemente dischiuse liberavano il respiro tranquillo del sonno profondo. In
quel momento pareva che la battaglia incombente fosse a mille miglia di
distanza da lei…
Gourry rimase a guardarla, improvvisamente incapace di
turbare la quiete del suo sonno. Era bella Lina. Non di una bellezza che
toglieva il fiato, o che risvegliava turbamento… Era bella di una bellezza che
Gourry avrebbe potuto restare ore fermo a contemplare. E gli era capitato
spesso di farlo, anche se non glielo aveva mai confessato… anche se anche
allora continuava a canzonarla per il suo aspetto infantile…
Gourry strinse i pugni, e avvertì la rabbia scemare, e
lasciare nuovamente il posto alla paura… Quella ragazza era il suo mondo. Cosa
avrebbe fatto, due anni prima, se si fosse risvegliato dal controllo di Fibrizo
per scoprire di averla uccisa?
E cosa avrebbe fatto, ora, se le fosse successo qualcosa di
male a causa sua…?
Lina si agitò improvvisamente nel sonno, e socchiuse gli
occhi, guardando confusa verso l’ingresso della tenda… Gourry rimase in
silenzio, incerto sul da farsi, mentre la vista della maga si abituava
gradualmente alla penombra, e riconosceva la sua figura…
“Gourry…?” Mormorò, traendo a sé la coperta e sollevandosi
lievemente, mentre si strofinava gli occhi con fare infantile…
Lo spadaccino si avvicinò in silenzio, e scivolò in
ginocchio, a fianco del suo giaciglio. La guardò per alcuni lunghi istanti,
mentre la compagna lo fissava di rimando, confusa… “E’ successo qualcosa…?” Gli
domandò infine, la voce lievemente alterata per la preoccupazione…
La rabbia di Gourry era ormai totalmente scomparsa. Si
sentiva solo stanco. Infinitamente stanco. La tensione di quei giorni era
culminata nella sensazione che tutto ciò su cui sentiva di avere il controllo
gli stesse sfuggendo di mano…
Fissò la compagna con tristezza, mentre le parlava
dolcemente. “Perché non mi hai mai detto quello che ti ho fatto quando ero
sotto il controllo di Fibrizo?” Sussurrò, con molta meno enfasi di quanta
inizialmente avrebbe voluto infondere in quelle parole…
La pacatezza della sua voce non impedì alla maga di
sussultare. Spalancò gli occhi, e improvvisamente ogni traccia di sonno sparì
dal suo sguardo. “Gourry…?” Ripeté semplicemente, impallidendo, evidentemente
incapace di produrre qualsiasi risposta coerente.
Lo spadaccino non fu più in grado di controllarsi. Scivolò
in avanti, e la cinse fra le braccia.
Lina deglutì, e Gourry la sentì tremare lievemente,
prigioniera nella sua stretta. “Hai… parlato con Zel…” Quella della maga non
era una domanda. Le sue mani scivolarono fino ai suoi capelli, e Gourry avvertì
il loro tocco incerto scivolare fra le ciocche bionde, come in cerca di un
appiglio. “Lui… non sa tenere la sua boccaccia chiusa…” Concluse, come se
incolpare la chimera fosse una soluzione…
Gourry fece un sospiro. “Vorrei sapere perché hai parlato
della spada con lui anziché con me…” Commentò semplicemente. Il suo non suonava
come un rimprovero, semplicemente come una pacata richiesta…
Lina affondò il volto nel suo collo, e per alcuni, lunghi
istanti rimase in silenzio… Gourry attese, pazientemente, finché la maga non
emise un lieve sospiro, e non si decise a rispondere. “Perché se te ne avessi
parlato avrei finito per raccontarti di Fibrizo, e del controllo che ha ottenuto
su di te, come ha fatto Zel…” Sussurrò. “… e sapevo che questo ti avrebbe
turbato…”
Gourry sospirò. “Lo immaginavo.” Replicò. “Ma di questo
avresti dovuto parlarmi molto tempo fa. Pensarci mi fa star male, ma avrei
dovuto saperlo.”
Lina scosse la testa. “Tu non capisci.” Replicò, la voce
incerta. “Io non ho taciuto solo per te. Ho taciuto anche per me stessa.”
Gourry si scostò da lei per vederla in volto. “Che vuoi
dire?” Domandò, senza capire.
Lina abbassò lo sguardo, rifiutandosi di guardarlo negli occhi.
“Voglio dire che la tua serenità è necessaria anche a me, Gourry…” Rispose, in
un sibilo. “Perché anche nelle situazioni peggiori la tua presenza basta a
infondermi un senso di pace che nient’altro riesce a darmi… e dopo aver
rischiato di perderti a causa di Fibrizo quella pace era tutto ciò di cui avevo
bisogno…”
Gourry sospirò. Quindi chiuse gli occhi, e la strinse forte
a sé. Non ci sarebbe stato bisogno di spiegarglielo. Era la stessa pace che lui
stesso provava in quel momento, a dispetto di ogni turbamento che lo aveva
scosso quella notte…
“Gourry…” Un nuovo sussurro giunse dalla massa di capelli
color del rame che riposava in quel momento contro il suo petto… La maga esitò
qualche istante, prima di proseguire. “Domani… non combattere.” Lo esortò
infine. Le sue dita sottili strinsero freneticamente la stoffa della sua
tunica.
Lo spadaccino riaprì gli occhi, e la fissò, stupito. Il tono
di Lina era tornato fermo, anche se la maga non aveva sollevato lo sguardo su
di lui. La sua richiesta aveva assunto la sfumatura perentoria di un ordine…
“Perché no?” Domandò in un bisbiglio.
Lina parve imporsi
di guardarlo in volto. Il suo sguardo era evidentemente teso. “Se proprio non
puoi separartene… finché non avremo scoperto qualcosa di più sulla natura di
quella spada… promettimi che cercherai di evitare il più possibile la lotta…”
Gourry si morse le labbra, ma si trovò costretto a scuotere
la testa. “Non posso farti una promessa del genere, Lina.”
La maga ebbe un sussulto, a quella risposta. “Ma…”
Gourry fece nuovamente segno di diniego, impedendole di
proseguire. “Ascoltami. Questo è il MIO atto di egoismo.” Le rivolse un sorriso
che voleva essere di conforto, ma che appariva alterato dall’ansia. “Voglio
starti accanto sul campo di battaglia. A maggior ragione sapendo che c’è un
demone che vuole colpirti, forse proprio a causa mia…”
Lina scosse la testa. “Se avessimo ragione sulla spada… se
nella confusione della battaglia tu perdessi il controllo…”
“Allora mi concentrerò su di te.” Sussurrò Gourry, in
risposta. “E sono certo che se non ti perderò di vista non rischierò mai di
perdere me stesso…” La strinse con più forza… “Ma se mai dovesse succedere… se
mai accadesse lo stesso che è successo con Fibrizo…” Le rivolse un mezzo
sorriso. “… sei autorizzata a farmi tornare la ragione a colpi di palle di
fuoco.” Le portò il palmo della mano alla guancia, e la accarezzò. “Ora ne sei
in grado, no?”
Lina emise un sospiro di resa. “Non posso credere che tu
abbia voglia di scherzare ora…”
Gourry le rivolse un nuovo sorriso, stavolta più disteso.
“Che faccia tosta… non sei forse tu quella che scherza sempre nei momenti meno
opportuni…?”
Lina scosse la testa, e gli diede un lieve colpo sul
braccio. “Basta stupidaggini…” Intimò, con fare rassegnato. “Ho bisogno del mio
sonno di bellezza…” Gli diede deliberatamente le spalle, e scivolò sul suo
giaciglio. Gourry fece un mezzo sorriso, e la osservò mentre si rannicchiava
nel caldo delle coperte. Bastava osservare i suoi movimenti nervosi per capire
che era irritata dal suo rifiuto. Con un sospiro, le scivolò a fianco, e la
cinse con un braccio.
“Non mi hai risposto… riguardo alla battaglia…” Le sussurrò,
baciandole lievemente la tempia, da sopra le spalle.
Lina sospirò. “Mi lasci forse scelta…?” Replicò, in tono,
Gourry se ne rese conto, forzatamente calmo. Un tono che normalmente Gourry
avrebbe definito pericoloso.
Lo spadaccino sorrise, a dispetto di questo. “La stessa che
tu di solito lasci a me…”
Lina non replicò. Si limitò solo a sospirare, e a intimare.
“Non pensare nemmeno di farti uccidere. E tanto meno di perdere la testa. Se ti
succederà davvero qualcosa del genere ti troverai a DESIDERARE le palle di
fuoco.”
Gourry sorrise nuovamente, e suppose che quella fosse la
fine delle discussioni. La strinse, una stretta stranamente possessiva, godendo
del tepore che emanava dalla sua schiena. Una sottile ansia continuava ad
attanagliarlo, ma pensarci purtroppo non poteva risolvere le cose… e tutto ciò
che desiderava in quel momento era qualche ora di oblio…
Appoggiò la testa a fianco di quella di Lina, e
improvvisamente si rese conto che non desiderava cambiarsi e tornare al suo
giaciglio, né andare in alcun luogo che non fossero i pochi metri quadrati che
quella tenda offriva. Chiuse gli occhi. e affondò il volto nei capelli della
maga.
In fondo, qualche ora di sonno avrebbe fatto bene anche a
lui.
***
Una nebbia gelida si addensava sulla valle del fiume Romerd,
quella mattina. Spessi banchi catturavano i viandanti inconsapevoli, cingendoli
nelle loro dita bianche e confondendone la vista ed il cammino… solo un esperto
conoscitore di quei luoghi poteva sperare di muoversi con sicurezza in mezzo
alle rocce scoscese che, gradualmente, lasciavano spazio alla brulla distesa di
erba giallastra che si apriva fra le colline, ultima roccaforte di resistenza
del massiccio montuoso, prima dell’affermarsi della pianura…
Quei luoghi erano celebri per più di un motivo, fra gli
abitanti di Sailune. Si raccontava che la nebbia che li catturava fosse di
origine magica. Prima del sorgere della barriera, uno dei potenti sacerdoti
della città della Magia Bianca avrebbe sfruttato i testi ormai perduti
appartenuti ai draghi dorati per lanciare un incantesimo potentissimo, dalla
durata illimitata, per confondere le orde di spiriti maligni che attraverso
quella vallata cercavano di dilagare verso la capitale… Di certo, al di là dei
racconti leggendari, quel luogo era stato teatro di alcune delle più importanti
battaglie che i registri storici di Sailune annoverassero… Il passo di Vorga,
che si apriva fra le montagne che incombevano sulla valle, era uno dei punti
strategici più importanti del Regno, tramite di accesso privilegiato per chi
mirasse al controllo della capitale… Tuttavia, da secoli le armi non si
incrociavano in quel luogo, situato al confine con la pacifica Elmekia e
normalmente presidiato da soldati di entrambi i fronti… E ciò rendeva ancora
più impressionante, agli occhi dei presenti, l’immenso spettacolo di morte e
terra bruciata che quel giorno si estendeva di fronte a loro a perdita
d’occhio…
“Non hanno inviato non morti, contro di noi.” Commentò
Zelgadiss, ansioso di spezzare il silenzio che, come emerso da quell’innaturale
nebbia, aveva catturato ogni membro delle truppe di Leonard. Il suo avrebbe
dovuto essere un annuncio gioioso, soprattutto a seguito della battaglia che
avevano appena combattuto. Tuttavia, una sfumatura cupa incrinava la sua voce.
Lina mostrò di avere ben compreso le implicazioni del suo
commento. “Certo.” Replicò, dalla cima del suo cavallo. “Non sapevano che li
avremmo attaccati, e la nebbia ha giovato ancor più alla nostra sorpresa. Ma in
un modo o nell’altro ci troveremo davanti a quelle macchine da guerra quando
attaccheremo la fortezza in cui Oberon si è rifugiato…”
Zelgadiss si accigliò. “Credi che Oberon farà in tempo a
radunare tutte le sue truppe? Anche se ci muoviamo in fretta?”
Lina tirò le briglie e arrestò la sua cavalcatura, che
procedeva a fatica sul terreno scosceso. “Ne sono sicura.” Replicò, secca. “E a
questo punto anche Elmerish sarà arrivato a Sailune, con le truppe che lo
accompagnavano.” Le sue labbra si strinsero, e il suo volto impallidì
lievemente. Zel non seppe dire se per rabbia o per paura. Lina aveva accennato
solo vagamente al generale, nei suoi racconti, sorvolando in modo piuttosto
deliberato sulla maggioranza delle informazioni che lo riguardavano… ma Zel
ricordava perfettamente il ghigno del gigante, e il gelo della sua lama contro
il proprio stomaco…Se davvero la maga
aveva convissuto con lui per più di due mesi, dubitava che la sua memoria a
riguardo potesse essere così labile…
“Arrivano.” Annunciò una voce calma, a pochi passi da loro.
Gourry, avvolto in un caldo mantello di lana grigia, reggeva le briglie fra le
mani guantate, e scrutava l’orizzonte.
Era trascorse alcune ore, ormai, dalla loro battaglia
vittoriosa, e, dopo essersi fermati per un po’ di tempo a recuperare le forze,
i soldati avevano acconsentito stoicamente a riprendere la strada… da allora,
erano rimasti per tutto il tempo in silenziosa attesa, avanzando al passo sul
dorso dei loro cavalli lungo il sentiero che dal passo si dipanava verso la
valle. Un messo aveva preannunciato loro l’avvicinarsi di Philionel e dei suoi,
poco dopo che i loro ultimi nemici erano stati messi in fuga, e da allora una
strana agitazione aveva catturato gli animi dell’intera truppa, impedendole
l’esultanza che normalmente si accompagnava alle vittorie… il ricongiungimento
con il sovrano era il segno chiaro della vittoria, ma presagiva anche le future
battaglie che li aspettavano, a cui certamente, in quel momento, i soldati
avrebbero preferito non dover ancora pensare…
Zel si mosse sul cavallo, inquieto, cercando l’orizzonte
attraverso quella che i suoi occhi percepivano solo come un’indifferenziata
coltre di nebbia. Per qualche motivo, il pensiero di incontrare Phil lo metteva
a disagio. Sapeva quanto l’ex principe fosse attaccato alla figlia, e
irrazionalmente c’erano momenti in cui si sentiva in colpa per la sua cattura…
in fondo, era stato lui stesso a proporsi di difenderla, mentre Lina e Gourry
erano lontani dalla capitale…
Lanciò uno sguardo ai suoi due compagni di viaggio, e si
scoprì ancora una volta incapace di capire che cosa stesse passando per le loro
teste… avevano marciato per un’intera giornata e per diverse ore nella notte
prima di giungere al luogo che era stato teatro della battaglia che si era
combattuta quella mattina all’alba… tuttavia, nessuno dei due aveva mai detto
una parola riguardo agli avvenimenti di due notti prima, durante quel lungo tragitto…
Se c’era stato uno scambio irato, fra loro, la cosa doveva essersi in qualche
modo risolta, perché sembravano più tesi del normale, forse, ma non
eccessivamente diversi dal solito. Gourry non si era mosso per un secondo dal
fianco della maga, tanto per cominciare, il che aveva impedito a Zel di
prenderla da parte e parlarle… anche se l’occhiata eloquente che la maga gli
aveva rivolto uscendo dalla sua tenda la mattina precedente aveva espresso più
che chiaramente quello che la sua amica pensava del loro ‘discorso fra uomini’…
Zel sospirò, e tornò a concentrarsi sull’orizzonte. Sapeva
perfettamente che Lina gliela avrebbe fatta pagare, in un modo o nell’altro, ma
in fondo non era quello il momento di preoccuparsene. Presto, si sarebbe
trovato di fronte a problemi ben più gravi…
Aguzzò l’udito, e il rumore degli zoccoli dei cavalli e il
vociare dei soldati apparve, ancora indistinto, alle sue orecchie… Poteva
figurarsi il sovrano mentre si avvicinava al galoppo, sul suo stallone bianco,
accompagnato da un gruppo tornito di uomini armati. E anche Zel non distingueva
la sua espressione, avrebbe potuto facilmente indovinarla… la settimana
successiva avrebbe deciso molto delle sorti del neo sovrano di Sailune…
Lina spronò nuovamente il cavallo, e si fece avanti.
“Andiamogli incontro.” Intimò, semplicemente. “Quest’attesa mi sta uccidendo.”
Per una volta, Zel non trovò nulla da obiettare di fronte
all’impazienza della maga. Sia lui che Gourry le si accodarono, e lentamente
parte delle truppe li seguì. Leonard non si mosse dalle retrovie, però.
Zelgadiss aveva tutta l’impressione che, nonostante l’indiscutibile atto di
fedeltà che aveva commesso organizzando quella battaglia, i suoi sentimenti nei
confronti del suo sovrano in quel momento fossero contrastanti…
Avevano già raggiunto la vallata quando si trovarono faccia
a faccia con il gruppo di soldati, che emerse dalla nebbia quasi
all’improvviso. La corsa di Philionel si bloccò a pochi metri dai loro cavalli,
e per qualche istante i quattro rimasero in silenzio, scrutandosi, cercando sui
rispettivi volti gli inevitabili segni che quei mesi avevano lasciato… E al di
là della consueta aria arcigna, Zel sarebbe stato pronto a scommettere di
cogliere un velo di commozione nello sguardo del sovrano…
“Non credevo di rivedervi tutti sani e salvi…” Furono le sue
prime parole, pronunciate in un tono solenne che non gli si addiceva… “E non
riesco a immaginare come potrò mai ripagarvi di tutto questo…”
Lina inarcò un sopracciglio. “Non ti preoccupare, Phil. Sono
certa che quando tutto questo sarà finito un modo riuscirò a trovarlo io…”
Il suo tono di voce sarebbe suonato minaccioso a chiunque,
ma questo non impedì al sovrano di erompere in una fragorosa risata. Smontò da
cavallo in un unico balzo, e avanzò verso i tre giovani, in tutta la sua
imponenza. “Non potete immaginare quanto sono felice.” Dichiarò, in tono
commosso. “Quanto sarà felice Amelia.”
Al nome della principessa, un nodo si strinse nella gola di
Zel. “Che ne è stato di lei, Phil?” Domandò, in tono più ansioso di quanto non
avrebbe voluto lasciar trapelare.
Lo sguardo di Philionel si incupì per un momento. “So che
non le è stato fatto nulla di male, Oberon ha bisogno di lei per legittimare il
suo potere… Certo, è ancora ostaggio del nemico…” Rispose, stringendo
lievemente le labbra. “Ma la libereremo.” Il suo sguardo si fece determinato,
mentre un sorriso pallido riaffiorava alle sue labbra. “Ora ne ho la certezza.”
Zel non riusciva ad essere altrettanto ottimista, ma per una
volta tacque, e si limitò a scendere dalla sua cavalcatura, insieme ai
compagni. Sapere che Ameliaera stata
trattata con rispetto era già una consolazione.
“Che facciamo, ora, Phil…?” La domanda che dall’inizio di
quell’incontro aleggiava nell’aria prese forma attraverso le labbra di Lina…
Philionel si accigliò per un momento. “Dobbiamo tenere il
passo finché le truppe di Elmekia non saranno giunte qui… e a quel punto
muovere verso la fortezza in cui si è rifugiato il nostro nemico.”
Lina strinse le labbra con impazienza. “Più aspettiamo più
Oberon avrà tempo di riorganizzare le sue forze per resisterci…”
Philionel annuì, con aria grave. “Lo so. Ma non abbiamo
molte alternative. E potrà essere un’occasione per recuperare le forze…”
“Non credo che nessuno di noi potrà davvero rilassarsi prima
che tutto questo sia finito…”
Quel commento aspro giungeva dalle spalle di Zel. La scarsa
visibilità aveva impedito a ciascuno di loro di accorgersi che anche Leonard si
era avvicinato, conducendo per le briglie la propria cavalcatura. Il conte ed
il sovrano si squadrarono per qualche istante, e Zel si trovò a chiedersi chi
fra i due fosse messo maggiormente a disagio da quell’incontro…
Alla fine, Philionel chinò il capo, e in un gesto che
qualcuno avrebbe potuto definire inaudito per un sovrano, prestò omaggio al suo
sottoposto. “Ti credevo morto, Leonard.” Sussurrò, in tono sinceramente
dispiaciuto. “Ho saputo di tua figlia, e non so esprimerti il mio dolore.
Quando Sailune sarà libera, le verrà reso ogni onore…”
Il tono di Leonard era duro, quando replicò. “Non voglio
onore, voglio giustizia.” Scrutò i volti dei suoi tre compagni nella battaglia
di quel giorno. “Credo che qui nessuno desideri altro.”
Philionel annuì. “Farò tutto ciò che è in mio potere perché
tu la ottenga. Perché tutti la ottengano.” Confermò, in tono grave.
Leonard annuì. “Se è così i ribelli sono al tuo servizio. Ma
credo sia giusto che tu sappia che se tutti riconoscono il nostro comune
nemico, non tutti sono pronti ad accordarti piena fiducia, ora, Philionel. Non
tutti approvano come hai condotto questa guerra.”
Phil abbassò il capo, e Zelgadiss ebbe improvvisamente
l’impressione che la sua intera mole si piegasse sotto un’ondata di stanchezza.
“Lo immaginavo.” Si limitò a replicare il sovrano, fiaccamente. “Ma a questo
genere di problemi avremo la fortuna di dedicarci quando la guerra sarà
terminata…”
Leonard annuì, evidentemente trovando soddisfacente quella
risposta. “Credo che tutti potranno concordare, in questo.” Indietreggiò di un
passo, e rivolse un breve inchino a Philionel. “Permettimi di andare ad
aggiornare i miei uomini, allora, mio signore. Mentre attendiamo l’arrivo dei
rinforzi, è bene approfittare del tempo a nostra disposizione per riorganizzare
le truppe…”
Philionel annuì, stancamente, e in pochi istanti Leonard si
perse nuovamente nella nebbia.
“Credo sarà dura, fratello…” Mormorò una voce alle spalle di
Philionel. “Non possiamo essere certi della fedeltà di truppe simili…” Zel si
stupì nel riconoscere Cristopher. Era talmente pallido e dimagrito, rispetto
all’ultima volta in cui lo aveva incontrato, che stentava ad associarlo con
l’immagine di lui che affiorava nei suoi ricordi…
“Sono sicuro che mi rimarranno fedeli finché non avremo
sconfitto Oberon.” Replicò Philionel, secco. “E se dopo qualcuno di loro avrà
obiezioni sul mio agire, sarò lieto di ascoltarle.”
“Che fine ha fatto Laudreck?” Domandò Lina, che quella
discussione pareva aver fatto scivolare in una profonda riflessione.
Philionel si volse verso di lei, apparentemente perplesso
per quella curiosità. “E’ rimasto a guida delle truppe vicino alla capitale.”
Replicò, infine. “Non volevo lasciare totalmente sguarnita quella zona…”
“Mmm…” Lina si portò la mano destra al mento, e non replicò
nulla. Zelgadiss si accigliò, e scivolò verso di lei.
“Sospetti ancora che Laudreck possa tradire Phil…?”
Bisbigliò, cercando di indovinare i pensieri della compagna.
“Nessuno è fuori dalla mia lista dei sospetti, in questo
momento.” Replicò semplicemente la maga, attenta a non farsi sentire da
Philionel, che nel frattempo aveva preso a discutere in tono concitato con il
fratello. “Tranne noi tre e Philionel, ovviamente.” Sollevò lo sguardo sul
sovrano, accigliata. “Sto pensando che in tutto questo tempo non abbiamo ancora
scoperto chi era il traditore che ha cercato di uccidermi, quando eravamo
ancora a palazzo. E che alcuni aspetti di quanto mi è accaduto allora
potrebbero far pensare ad un coinvolgimento di esseri superiori…” Lina
rabbrividì lievemente, Zel non seppe dire per quale preciso ricordo…
“Stai pensando che il traditore potrebbe essere Laudreck, e
che potrebbe aver stretto un patto col demone che ci ha attaccati?” Chiese la
chimera, perplessa. “D’accordo che Laudreck ha qualche nozione di magia, ma non
ti sembra di lavorare un po’ troppo di fantasia? Di solito solo gli esperti
stregoni possono firmare il ‘Contratto’ con un demone…”
“Sto solo cercando di riunire in un unico schema le
informazioni che possediamo!” Scattò Lina, in tono irritato. Fissò lo sguardo
sulla chimera. “Se fra le nostre fila c’è un traditore, potrebbe sabotare il
nostro attacco ad Oberon, e colpirci alle spalle per uccidere me, o per…” Si
bloccò, e lanciò un’occhiata a Gourry, che la fissava apparentemente senza
capire. “Non possiamo permetterci di avere fiducia in qualcuno…” Sibilò infine,
a conclusione. Distolse lo sguardo dallo spadaccino. “Ainos ci ha ben insegnato
questa lezione…”
“Uh… Lina…” Intervenne Gourry, fissando con fare preoccupato
il suo sguardo accigliato. “Non sono certo di avere capito a cosa ti riferisci,
ma… se parli di chi ti ha lanciato quella freccia, a Sailune… io so chi è
stato.”
Lina e Zel spalancarono gli occhi, e rivolsero un occhiata
sbigottita a Gourry. Lo spadaccino li fissò di rimando, con fare innocente. E
proprio quello sguardo, apparentemente, fu la goccia in grado di far traboccare
il vaso, per Lina.
“SI PUO’ SAPERE COSA ASPETTAVI A DIRCELO, CERVELLO DI
MEDUSA???”
La maga alzò la voce, tanto che i soldati che si trovavano
intorno a loro girarono lo sguardo, perplessi.
Gourry si fece schermo con le mani, evidentemente ben
conscio del pericolo che stava correndo. “Eh… ehi…”Balbettò.
“Calmati, Lina. Non ve l’ho detto solo perché a questo punto non cambia nulla
saperlo…”
Lina dava tutta l’impressione di essere pronta a saltargli
al collo da un momento all’altro. “Come potrebbe non cambiare nulla,
Gourry???”
“Pe… Perché è morto, Lina! Ainos! Si tratta di Ainos!!!”
La rabbia di Lina parve scemare in meno di un secondo.
“Ainos?” Ripeté, a bocca aperta. “Ainos è morto…? E come…?”
“Ha senso…” La interruppe Zel, colpito da un’improvvisa
illuminazione… Entrambi i suoi compagni si volsero a guardarlo, mentre
proseguiva… “Pensateci… Non so quali fossero le motivazioni che potevano
spingerlo contro Sailune, ma Amelia ci ha detto che Ainos era una sciamano
molto promettente, per la sua giovane età… e questo sarebbe sufficiente per
spiegare l’interesse per lui da parte di un demone…”
Lina parve capire immediatamente dove la chimera intendesse
andare a parare… “E Ainos allo stesso tempo poteva avere stretto un’alleanza
con Oberon contro Sailune, facendosi assumere come mago di corte per colpire la
città dall’interno…”
Zelgadiss annuì. “Se fosse andata così, avrebbe senso
pensare che Ainos abbia chiesto al demone di offrire i suoi poteri alla causa
di Oberon, garantendogli in cambio il suo aiuto per eliminarti, finché eri al
sicuro fra le mura di Sailune…”
Lina strinse gli occhi, l’aria vagamente inquietata. “Per
‘offrire i suoi poteri’ intendi…”
Zel annuì, ancora una volta. “Esattamente ciò che pensi anche
tu. I non morti.” Si sentiva stupido a non averlo capito prima. Avrebbe dovuto
sospettarlo sin da quando avevano scoperto che il demone che li aveva attaccati
era un servitore di Fibrizo. Oberon era un semplice essere umano, e non era
nemmeno un mago. Non avrebbe potuto gestire creature del genere. Quella era la
specialità del Signore degli Inferi, e delle creature al suo servizio.
“Non so cosa sia cambiato nei piani di quel demone,
portandolo a dilazionare la tua uccisione, Lina.” Zelgadiss proseguì, osservando
in volto i suoi compagni. Non era certo che Gourry avesse compreso pienamente
quello di cui stavano discutendo, ma Lina ne era stata certamente colpita. Il
suo sguardo era fisso al suolo, e pareva che la maga fosse persa in qualche
febbrile riflessione. “Forse è proprio qui che entra in gioco Gourry. Forse
Ainos e il demone si sono resi conto che poteva servire ai loro scopi, e hanno
deciso di sfruttarti per fare sì che accettasse di maneggiare la loro arma,
prima di ucciderti. Fatto sta che questa ipotesi pare combaciare perfettamente
con i fatti.”
Lina rimase in silenzio, apparentemente riflettendo. Zel
leggeva chiaramente nel suo sguardo che la convinzione la stava catturando
velocemente. E anche lui ormai aveva pochi dubbi. Certo, avere più chiari i
movimenti del nemico era un passo avanti. La brutta notizia era che nonostante
a detta di Gourry Ainos fosse morto, il demone pareva avere ogni intenzione di
portare avanti i propri piani, anche per quel che riguardava il sostegno ad
Oberon in quella guerra…
“In tutto questo c’è un fattore positivo…” Suggerì Lina dopo
qualche istante, con voce roca. “Se uccidiamo quel demone allora anche i non
morti andranno fuori controllo.” Sollevò lo sguardo su Zel, più pallida del
normale. “E le nostre possibilità di vittoria in questa guerra saranno molto
maggiori.” Fece una pausa. “Però… non so quanto questo risolverà le cose per me
e per Gourry…” Lanciò una breve occhiata allo spadaccino, che la fissò di
rimando, con l’aria di non aver colto ogni sfumatura del discorso, ma comunque
sufficientemente preoccupato…
“Una volta riconquistata Sailune, Phil e Amelia vi
offriranno di sicuro la loro protezione, finché i vostri guai non saranno
risolti.” Replicò Zelgadiss, fermo. “I sacerdoti del tempio potranno studiare la
spada di Gourry, e anche tu avrai a disposizione ogni testo delle biblioteche
della città per fare chiarezza su quell’arma, Lina. Ne sono certo. E’ il minimo
che Sailune possa fare per voi.”
Lina si accigliò. “So che lo faranno, anche se le forze di Sailune
saranno impegnate nella ricostruzione… però…” Strinse le labbra. Parve voler
aggiungere qualcosa, ma si frenò. Sollevò per un momento lo sguardo su Gourry,
e i due si fissarono in silenzio. Zel si chiese cosa si stessero dicendo,
attraverso quello sguardo…
“Dietro front!” La voce di Philionel irruppe improvvisamente
nei loro pensieri. Il sovrano aveva conferito fino a quel momento con i suoi
soldati, e ora stava cercando di raggiungere tutte le truppe con la sua voce
tonante, attraverso il manto grigio che li circondava. “Torniamo al passo!”
Grato che la marcia gli offrisse un pretesto per distrarsi
da ulteriori riflessioni, Zel montò sul suo cavallo, e si avviò a fianco dei
suoi compagni. La nebbia stava cominciando a diradarsi lievemente, lasciando spazio
alla pallida luce solare… Zel si augurava che dalla cima del passo sarebbero
stati in grado di monitorare il paesaggio circostante…
“Non mi sorprende che siamo riusciti a battere i nostri
avversari.” Mormorò Zel, rivolgendosi a se stesso più che ai suoi compagni…
“Mmm…?” Lina si verso di lui, rivolgendogli un’occhiata
interrogativa.
“Ho detto che non era un compito particolarmente arduo
sorprendere i nostri nemici, con questo tempo.” Spiegò, a voce più alta. “Spero
che la nebbia si diradi. Per quanto possiamo stare all’erta, è sempre uno
svantaggio non potersi accorgere di chi si avvicina attraverso la valle o dai
boschi sulle montagne.”
Lina si strinse nelle spalle. “Dubito che Oberon si
arrischierà a cercare di riprendere il passo. Avrebbe grosse possibilità di
venire sconfitto e perdere altri uomini, e, con la strada verso Sailune sgombra
per le truppe di Elmekia, questo è un lusso che non può permettersi…”
“Lo so.” Replicò Zel, con fare meditabondo. “Ma mi trovo
sempre a disagio quando sono un bersaglio facile.”
Zel quasi non fece in tempo a terminare la frase. Una lama
di innaturale freddo parve sferzare improvvisamente l’aria, gelando i tre
compagni e buona parte delle guardie sul posto. Zelgadiss conosceva bene quella
sensazione. E sapeva anche cosa essa presagiva…
‘Lina!!!’
Il grido di avvertimento alla sua compagna gli si strozzò in
gola. Prima che potesse fare qualsiasi cosa per intervenire, due occhi rossi si
materializzarono dal nulla, e una figura agile si protese, avventando i suoi
artigli verso la sua compagna.
Erano degli stupidi. Il demone non si era fatto vedere per
giorni, e in quel momento si trovavano in mezzo a truppe amiche. Ma non
avrebbero dovuto permettere che ciò li inducesse ad abbassare la guardia.
Sia lui che Gourry si gettarono incoscientemente a lato,
senza nemmeno estrarre le spade, cercando di frenare l’attacco del demone prima
che andasse a buon fine. Lina, paralizzata dalla sorpresa, poté solo restare
immobile ad osservare il nemico che si preparava a colpirla.
Fu allora che accadde ciò che Zelgadiss non si sarebbe mai
aspettato.
All’ultimo, il demone deviò la sua corsa… e si avventò
sull’impreparato spadaccino. La chimera osservò con orrore gli artigli del
demone che squarciavano il collo di Gourry, appena al di sopra della corazza,
scaraventandolo con violenza al suolo. Lacrime di dolore e stupore affiorarono
negli occhi spalancati dello spadaccino, che soffocò nel suo stesso sangue,
mentre rotolava al suolo, andandosi a schiantare contro uno degli alberi che costeggiavano
il sentiero. E al di sopra delle grida degli uomini e i nitriti dei cavalli
impazziti, l’unica cosa che riuscì a penetrare il cervello di Zelgadiss fu
l’urlo disperato della maga che aveva a fianco.
“Sapevo che sareste giunti qui, prima o poi. Vi aspettavo.”
Sibilò il demone, a mezza voce. “E anche Oberon sarà presto in vostra attesa.”
Lanciò uno sguardo a Gourry, riverso al suolo e privo di coscienza, coperto da
un lago di sangue. “La mia missione qui è finalmente conclusa.” Fissò lo
sguardo su Lina, che piangeva, aggrappata al dorso del cavallo, incapace di
avvicinarsi a Gourry per accertarsi delle sue condizioni. “Ti conviene tenerti
lontana dalla battaglia, ora, Lina Inverse.” Concluse, un minaccioso
ammonimento. Scomparve, prima che Zel potesse fare qualsiasi cosa per
impedirlo.
La chimera rimase immobile, attonita, incapace di reagire in
qualsiasi modo mentre i sacerdoti che accompagnavano Philionel accorrevano
verso il loro compagno in un disperato tentativo di guarirlo.
‘Non si sopravvive ad un colpo del genere.’
La sua coscienza continuava a ripeterglielo, ma lui non
voleva darle ascolto. Non voleva vedere il corpo del suo vecchio compagno di
avventure riverso senza vita al suolo. Non voleva nemmeno guardare in volto la
sua compagna, la sua più cara amica, che sapeva perfettamente che non sarebbe
mai stato in grado di consolare.
Un’unica consapevolezza positiva in quel momento colpì la
sua mente, una consapevolezza che non era in grado nemmeno lontanamente di
portare sollievo alla sua mente devastata dal dolore.
A quel punto era chiaro che i demoni non avevano alcun
interesse per Gourry. Non avevano alcun interesse per Gourry vivo.
Lui e Lina avevano sbagliato in tutto.
E tutti e tre avrebbero pagato le conseguenze di
quell’errore.
***
Amelia sedeva nella sua stanza, rigirandosi inquieta il
libro fra le mani. Era un’ora, forse, che i suoi occhi ripercorrevano le stesse
parole, senza coglierne il significato… ma da giorni, ormai, aveva smesso di
cercare di imporre alla sua mente un livello accettabile di concentrazione…
Non sapeva quanto esattamente il sacerdote che la aveva
colta sul fatto avesse detto ad Oberon del suo tentativo di contattare suo
padre… ma ciò che sapeva era che da allora le sue occasioni di uscire dai
propri appartamenti si erano drasticamente ridotte. In pratica, ormai da due
settimane le veniva concesso di allontanarsi dalle sue stanze solo in occasione
dei pasti che divideva con Oberon, e quei pasti erano sempre assurdamente
silenziosi, e cupi… A rivolgerle la parola erano solo le servitrici che le
erano state assegnate, mentre quello che presto sarebbe diventato suo marito si
limitava alle basilari cordialità, e mangiava in silenzio, o discutendo di
strategia con i suoi generali…
Non che Amelia desiderasse granché approfondire la loro
conoscenza… anzi, con tutta probabilità, se si fosse comportato diversamente,
se la avesse ossessionata con attenzioni indesiderate, avrebbe ottenuto
solamente di irritarla, e di spingerla al mutismo…
No, non che volesse sviluppare un rapporto molto più
approfondito di quello che avevano instaurato… era solo che… ad Amelia mancava
il calore umano. Era così abituata all’espansività di suo padre, al rumore e
alla frenesia delle attività a palazzo, alle mille persone che sempre a Sailune
la circondavano durante la giornata, che non si era mai resa conto veramente di
che cosa significasse la solitudine… e il pensiero di ciò che era accaduto alle
persone a cui più teneva, il pensiero delle rovine del suo bel palazzo e dei
luoghi che aveva amato sin dall’infanzia non facevano che accrescere quella
assurda sensazione di vuoto…
Con un sospiro, la principessa si sollevò dalla sedia, e
richiuse distrattamente il volume che teneva fra le dita… si avvicinò alla
finestra, e lanciò un’occhiata all’esterno. Era pieno pomeriggio, e i soldati
si stavano addestrando nei cortili della fortezza. Visti così, davano di certo
un’impressione di potenza, ma Amelia si rendeva perfettamente conto che le
truppe che stazionavano lì insieme all’usurpatore erano sensibilmente diminuite
rispetto ai primi tempi in cui si erano insediati in quel luogo… Amelia aveva
carpito qualche notizia durante le lunghe cene a fianco dei generali del suo
catturatore… a quanto pareva, in quel momento combattimenti erano in corso in
tutte le parti del regno… suo padre aveva sorpreso Oberon dividendo le sue
truppe in tre gruppi, e facendoli attaccare su diversi fronti… la superiorità
numerica era servita ad Oberon per tenere loro testa, ed ora fondamentalmente
la situazione si trovava in stallo… le truppe di Oberon avevano i confini, suo
padre la zona della capitale, gli uni stringevano gli altri all’interno, gli
altri cercavano di far crollare l’occupazione a partire dal suo stesso cuore…
Oberon, tuttavia, parlava frequentemente di rinforzi provenienti da sud, che
sarebbero giunti nel giro di pochi mesi… per quanto ne sapeva Amelia, il
gigante che l’aveva catturata, Elmerish le pareva si chiamasse, era stato colui
che le aveva radunate… e solo pochi giorni prima aveva inviato ad Oberon una
missiva che annunciava che sarebbe giunto a giorni a palazzo, insieme ad
un’avanguardia, per confermare personalmente la buona riuscita della missione…
‘Quell’uomo mi spaventa… e ancor più mi spaventano le
notizie che porta…’
Se avesse davvero avuto conferma di quanto aveva solo
vagamente udito, Amelia sapeva che avrebbe perso ogni speranza… suo padre,
separato com’era dal mondo al di fuori di Sailune, non aveva modo di chiedere
l’appoggio di nessuno, al contrario di Oberon… se avesse dovuto affrontare
nuovi rinforzi, le sue possibilità di vittoria si sarebbero ridotte allo zero…
‘Ceiphied, fa che non muoia…’ Amelia chiuse gli occhi, e
incrociò le mani al petto… ‘Potrei anche affrontare la definitiva caduta di
Sailune, la distruzione di tutto ciò in cui credevo, ma non potrei accettare di
perdere anche lui…’
Si morse il labbro, e lanciò un’ultima occhiata al di fuori
della finestra, prima di indietreggiare nuovamente verso la sedia… si chiedeva
se fosse possibile per lei convincere Oberon a risparmiarlo… magari offrendosi
volontariamente di sposarlo, magari offrendosi di convincere suo padre ad
appoggiarlo di fronte al popolo, e di comportarsi lei stessa da moglie devota,
e fedele… Un tempo si sarebbe sorpresa di pensare a cose del genere, il suo orgoglio
ed il suo amore per la giustizia glielo avrebbero impedito… ora però tutto ciò
che le importava davvero era salvare quelle poche persone che le erano rimaste
care al mondo, a qualsiasi costo… anche a quello di vendersi al nemico. D’altra
parte, si chiedeva se ad Oberon sarebbe davvero importato… In fondo quell’uomo
poteva ritenere che la loro quiete matrimoniale non valesse la vendetta contro
un nemico che gli aveva dato tanto filo da torcere…
‘Immagino che un uomo che ha fatto ciò che lui ha fatto a me
non si farebbe tanti scrupoli a ucciderlo davanti ai miei occhi solo per
intimidirmi, o per ripicca…’ Amelia era poco abituata a considerare le
sfumature, nell’agire delle persone… e di conseguenza, poco propensa a ritenere
che una persona malvagia avrebbe agito in modo non coerente alla sua natura, in
qualsiasi situazione… ed Oberon decisamente si trovava alle prime posizioni
nella sua lista nera della persone che non era possibile convertire al bene…
La principessa fu distratta dai suoi pensieri, quando
qualcuno bussò alla porta.
Si chiese chi potesse mai essere, a quell’ora… mancava
ancora un sacco di tempo alla cena, e normalmente i suoi pomeriggi
trascorrevano nella più totale solitudine…
Si schiarì la voce. “Avanti…” Dichiarò, restando impassibile
davanti alla porta che si apriva, cercando di mascherare la curiosità con
l’indifferenza… Una servitrice avanzò dalla penombra del corridoio, e le
rivolse un breve inchino…
“Principessa… Il signore desidera parlarvi…”
Amelia batté le palpebre, stupita… Le chiacchiere
pomeridiane davanti al tè non parevano precisamente l’attività preferita del
suo futuro consorte, e quella strana richiesta a quell’ora del pomeriggio non
poteva che gettarla nell’inquietudine… probabilmente Oberon aveva qualche
notizia che la riguardava da comunicarle, e Amelia aveva la netta impressione
che quella notizia non le sarebbe piaciuta…
‘Non può essere che abbia deciso di anticipare le nozze…
vero…?’ L’agitazione strinse la gola di Amelia come una morsa. ‘E se invece si
trattasse di mio padre…?’
“Principessa…?” La servitrice inclinò la testa, lievemente
perplessa di fronte al suo mutismo.
Amelia si riscosse, improvvisamente. “Sì… Sì. Vi seguirò
immediatamente.” Sollevò la lunga gonna, e si accodò velocemente alla
servitrice. Per un momento le era balenato in mente il pensiero di rifiutarsi,
ma le era bastato un attimo per capire che sarebbe stato inutile. La notizia si
sarebbe semplicemente abbattuta su di lei successivamente, e il suo gesto non
avrebbe fatto altro che indisporre Oberon nei suoi confronti. Se doveva
ricevere un nuovo fendente dalle labbra gelide del suo futuro marito, tanto
valeva che questo accadesse immediatamente…
Gli appartamenti di Oberon si trovavano a breve distanza dai
suoi, e nonostante la sua agitazione Amelia si rese conto in quel momento, con
un certo stupore, che nonostante risiedesse in quel palazzo da diverso tempo,
ormai, quel giorno li avrebbe visti per la prima volta… le loro cene si
svolgevano sempre nella sala comune al piano inferiore, ed Oberon normalmente
non riceveva nessuno nelle proprie stanze, se non i suoi servitori… Amelia si
chiese se quell’eccezione nei suoi riguardi, in quel momento, avrebbe dovuto
preoccuparla…
La servitrice bussò alla porta, e attese pazientemente il
pacato invito ad entrare dall’interno. Non aprì la porta, tuttavia.
Semplicemente si scostò, e lasciò avanzare Amelia…
La principessa si morse le labbra, e appoggiò le dita alla
maniglia, spingendo la pesante porta verso l’interno… Avanzò nella stanza, e si
stupì nel constatare come fosse piuttosto spoglia… certo, le comodità non
mancavano… un baldacchino morbido simile a quello su cui lei stessa riposava
troneggiava al centro di una delle pareti, e sedie e poltrone erano disposte
vicino al grosso camino, ora acceso, per combattere il freddo dell’autunno
ormai inoltrato… ma Oberon doveva aver fatto rimuovere le numerose
suppellettili che ancora ornavano, invece, gli appartamenti della principessa…
evidentemente, l’usurpatore non era particolarmente avvezzo, o amante del
lusso…
Oberon in quel momento sedeva ad un tavolo, nel centro della
stanza… numerose carte e libri erano sparsi sulla superficie in legno, ma
l’usurpatore sembrava non prestarvi nessuna attenzione… La sua espressione era
cupa, le sue sopracciglia aggrottate, e fissava un punto indefinito del
pavimento, come se fosse profondamente intento in una qualche complessa
riflessione… Amelia notò che fra le mani reggeva quella che sembrava una
missiva arrotolata, il sigillo già spezzato…
“Mio signore…” Esordì in tono neutro quando ebbe chiuso la
porta alle proprie spalle, richiamandolo all’attenzione…
Oberon sollevò lo sguardo su di lei, e la osservò per
qualche istante in silenzio, come ponderando le parole da rivolgerle… quindi,
si sollevò lentamente in piedi… “Mi scuso per la mia scortesia, mia Signora…
non è il caso che io me ne stia comodamente seduto mentre tu attendi in piedi…”
Le indicò una delle poltrone… “Se vuoi accomodarti…”
Amelia si accigliò. I modi freddamente cortesi di quell’uomo
per qualche motivo erano sempre causa di fastidio, per lei… “Non importa,
suppongo che la mia sarà una visita breve…” Avanzò di un passo, cercando di
mantenere piatto il suo tono di voce… “Di che cosa volevi parlarmi…?”
Oberon si strinse nelle spalle. “Devo comunicarti una novità
riguardo ai combattimenti… una novità significativa… se fosse stato altrimenti,
non avrei ritenuto necessario scomodarti per rendertene partecipe …”
Amelia ne era ben consapevole… tutte le volte che Oberon
aveva ritenuto necessario informarla riguardo alla guerra, quell’informazione
era stata causa per lei di calde lacrime…
La principessa cercò di restare impassibile, e di rispondere
all’atteggiamento controllato del suo interlocutore… strinse le labbra, e si
limitò a replicare… “Se la notizia è così urgente, meglio non perdere tempo in
convenevoli, prima di comunicarmela…”
Oberon annuì. “Sono d’accordo, mia signora…” Si avvicinò a
lei, e sollevò lievemente la missiva che reggeva fra le dita… “Volevo
comunicarti solamente quanto mi è stato appena riferito… ovvero che le mie
divisioni hanno subito una grossa sconfitta, sul confine fra Sailune ed
Elmekia… a quanto pare, vostro padre disponeva di truppe di cui non ero a
conoscenza… truppe che non attendevano altro che di essere riorganizzate…”
Amelia non fu certa di avere compreso bene… le truppe… di
Oberon…? Le truppe di Oberon avevano subito una sconfitta…? “Una sconfitta…
quanto significativa…?” Chiese, la voce resa roca dalla sorpresa…
Lo sguardo di Oberon si incupì. “Direi notevolmente. Perché con
tutta probabilità aprirà la strada a rinforzi provenienti da Elmekia… Certo, ci
vorrà un po’ di tempo perché tuo padre e i generali stranieri possano
organizzarsi… quindi le possibilità sono fondamentalmente due. Se le truppe che
attendo da oltre la barriera arriveranno in tempo, probabilmente la lotta
rimarrà relegata al confine… se invece ciò non avverrà, con ogni probabilità
dovremo aspettarci che le truppe di Elmekia si impegnino a respingere le mie
truppe stazionate ai confini, mentre l’esercito di tuo padre avanza fino a
questa fortezza per cercare di stringerci d’assedio… Attendo Elmerish per avere
maggiori notizie a riguardo, ed organizzare le mie forze di conseguenza…” Lo
sguardo di Oberon si fissò su quello della principessa, gelido…
Amelia non poté fare a meno di sentirsi intimidita, di
fronte a quegli occhi grigio ghiaccio, cupi e profondi… Non osava essere felice
della notizia. Una fiamma di speranza si era accesa nel suo petto, ma insieme
ad essa un più sotterraneo terrore la aveva catturata… non desiderava quel
sentore di gioia, non se esso era destinato ad essere disilluso… “E questo…”
Osò chiedere… “… che conseguenze avrà, per me…?” Ritorsione. Era una parola che
in quel momento era timorosa persino di pronunciare… e non vedeva altro motivo
per cui Oberon potesse in quel momento comunicarle quella notizia… era certa
che sotto quello sguardo cupo fosse sepolta tutta la rabbia per la sconfitta
subita da parte di suo padre… ed era certa anche di sapere su chi quella rabbia
si sarebbe riversata…
Tuttavia, contro ogni sua aspettativa, ciò che ottenne da
Oberon a quella domanda fu solo uno sguardo perplesso… “Non capisco cosa
intendi mia signora… Non vedo come tu possa essere connessa con la sconfitta
che abbiamo subito...”
Amelia batté le palpebre, stavolta davvero disorientata…
“Non hai… intenzione di far pagare a me ciò che mio padre ha commesso…? Come
atto dimostrativo, voglio dire…” La principessa dovette mordersi la lingua.
Quant’era stupida! Stava deliberatamente suggerendo al suo avversario un mezzo
per colpire sia lei che suo padre!!!
Oberon, tuttavia, si limitò ad accigliarsi. “Per essere
precisi, non è stato tuo padre a condurre l’attacco. E ad ogni modo ciò che è
avvenuto è del tutto normale, in una guerra.” Sentenziò, semplicemente. “Non ho
alcun interesse nel procurarti sofferenza gratuitamente, mia signora, né lo
desidero… certo, se ciò sarà inevitabile dovrò disporre di te come la strategia
mi impone… ma se tutto andrà come spero, tu diventerai mia moglie, e suppongo
che tu convenga che questo, oltre a legittimare il mio regno, comporterà anche
delle responsabilità, da parte mia, nei tuoi confronti…” Amelia lo fissò,
stupita… l’ultima cosa che avrebbe pensato, quel giorno, era che avrebbe
sentito parlare di responsabilità verso di lei… “In più…” Proseguì Oberon,
poggiando la missiva sul tavolo… “… tu sarai un utile ostaggio, nella
pericolosa eventualità che abbia luogo un altro assedio, in cui la situazione
mia e di tuo padre sia invertita… dubito che Philionel scenderà a trattative, a
questo punto, ma credo anche che la tua presenza al mio fianco, all’interno
della città, gli suggerirà maggiore prudenza… e forse, a quel punto, la scarsa
prudenza e la prontezza d’azione saranno l’elemento risolutivo per questa
guerra…” Le volse le spalle, e prese a radunare le sue carte sul tavolo… “Ad
ogni modo, questo è quanto…” Afferrò una fila di fogli, e li ripose con cura su
uno degli scaffali vicini al camino… “La mia servitrice ti attende fuori dalla
stanza, se vuoi ritirarti nei tuoi appartamenti prima di cena…”
Amelia rimase dove si trovava, per qualche istante,
osservandolo in silenzio mentre riordinava i suoi documenti… Era… disorientata,
quanto meno. Tutto si era aspettata, tranne una conversazione del genere…
“Mio signore…” Esordì.
Oberon sollevò la schiena e la fissò, lo sguardo stupito,
come se non si aspettasse che si trovasse ancora lì… Si accigliò, e la squadrò
per qualche istante in silenzio, prima di rivolgerle la parola… “Hai bisogno di
qualcosa, mia signora…?”
Amelia si accigliò, incerta persino sul perché si prendesse
la briga di porre quella domanda… “Volevo solo sapere una cosa…” Si morse il
labbro. “Se ciò che mi hai appena detto non muterà il tuo atteggiamento nei
miei confronti… perché allora mi hai riferito della tua sconfitta…?” Si chiese
se il modo in cui aveva posto la domanda non risultasse offensivo… ma Amelia,
dalle poche conversazioni prolungate che aveva avuto con lui, cominciava a
ritenere che Oberon non fosse tipo da lasciarsi prendere dalla rabbia per
motivi futili come una semplice conversazione…
Oberon la fissò in modo strano, come se considerasse ovvia
la risposta a quella domanda… “Mia signora, mi suona strana una domanda del
genere, posta da te, che dichiari un tanto radicato senso di giustizia…” Si
strinse nelle spalle. “Semplicemente, mi sembrava giusto che lo sapessi. In
fondo è del tuo regno, e di tuo padre, che stiamo parlando. E qui si sta
decidendo anche il tuo futuro.”
‘Un futuro su cui io non ho alcun diritto di scelta…’ Amelia
non poté fare a meno di pensarlo. Ma allo stesso tempo, fu stupita dalla
risposta che quell’uomo le rivolse… lui era un malvagio. Lui non aveva né il
diritto né il desiderio di pensare in termini di giustizia…
Oberon si accigliò. “Ti senti bene, mia signora…? Mi sembra
che tu sia impallidita…”
Amelia lo fissò. Ora si sentiva davvero confusa. Si rese
conto per la prima volta di quanto poco conoscesse Oberon… Quell’uomo aveva
distrutto la sua casa, la sua vita, i suoi affetti. NON POTEVA non considerarlo
un malvagio, un cattivo, una di quelle persone che suo padre le aveva sempre
insegnato a combattere… Ma era anche vero che quell’uomo la aveva sempre
trattata con il massimo rispetto… la avrebbe chiamata quasi gentilezza, non
fosse stato per quella sua disarmante, ossessionante freddezza…
‘Anche Zel è sempre stato una persona fredda.’
La gola di Amelia si strinse, al pensiero di Zel. Non voleva
pensare a lui, non in quella situazione, non a confronto con quell’uomo.
Quell’uomo era colui che lo aveva ucciso.
“Sto bene.” Rispose, con un tono più aspro di quanto non
avesse inteso produrre. Odiava Oberon, di questo era certa, lo odiava con tutte
le sue forze… Il problema, però, era che stava imparando anche a rispettarlo… e
questa era una cosa che non poteva accettare. Non esisteva rispetto per un
malvagio.
“Se davvero è solo per il mio beneficio che hai deciso di
darmi queste informazioni, mio signore, avrei un’altra domanda da rivolgerti…”
Cercò di deviare altrove i suoi pensieri, cambiando argomento… “Se non è stato
mio padre a guidare l’attacco, allora chi era a capo delle truppe…?” La mente
di Amelia andò immediatamente a suo zio Cristopher… non le era mai stato
permesso di incontrare sua zia, ma Amelia sapeva che si trovava anche lei nel
castello… se avesse mai potuto vederla, sarebbe stato bello poterle dare la
notizia che Cristopher stava bene…
Oberon si accigliò. “In realtà non ne siamo certi.” Replicò,
semplicemente. “Ho rivolto la stessa domanda al mio messaggero, ma lui ha
saputo rispondermi solo che si trattava di alcuni signori feudali, rifugiatisi
sulle montagne… e che a quanto pare erano guidati da una maga, e da due
guerrieri…”
Amelia tacque, ma a quella replica il fiato parve mancarle.
Una maga… e due guerrieri…?
“G… grazie di avere soddisfatto la mia curiosità, mio
signore.” Amelia schizzò quasi fuori dalla stanza, dimenticando ogni regola
dell’etichetta. Sbucò nel corridoio con tale impeto che la servitrice che la
aspettava si trovò a sussultare.
‘Non è possibile…’ Si ripeté freneticamente la principessa,
mentre veniva scortata verso le sue stanze. ‘Non è possibile, non possono
essere loro…’
Sapeva perfettamente che Zel e Gourry erano morti, e che
Lina era prigioniera chissà dove oltre la barriera, impossibilitata per sempre
ad utilizzare la magia… quella maga poteva essere chiunque, persino sua
sorella, per quanto ne sapeva… non era stata certo lei il suo primo pensiero,
durante quei mesi infernali… Gracia, da tanti, troppi anni, tornava a Sailune
troppo sporadicamente per permettere ad Amelia di pensare a lei con lo stesso
affetto che rivolgeva ai suoi più cari amici… e per quel che la riguardava,
Lina le era più vicina di quanto sua sorella avrebbe mai potuto essere… Ma,
nonostante i suoi sentimenti, ogni tanto si era detta che, ovunque si fosse
trovata Gracia in quel momento, anche oltre la barriera, non appena avesse
sentito di quanto era accaduto, non avrebbe esitato a tornare per aiutarli…
sapeva che Gracia in buona parte non condivideva le scelte e gli ideali suoi e
di suo padre, ma sapeva anche che in un momento di difficoltà non li avrebbe
abbandonati… e i due guerrieri potevano essere chiunque, forse due semplici
cavalieri fedeli a Sailune…
Nonostante questo… nonostante questo…
‘Non devo illudermi. Non possono essere loro.’
Amelia si chiuse alle spalle la porta della stanza, e vi
appoggiò la schiena, il volto fra le mani. Era confusa. Era solo confusa per
gli eventi di quel pomeriggio, e questo non la faceva ragionare con lucidità…
‘Domani avrò già soppresso questa sciocca speranza.’
Avrebbe voluto che almeno quella fosse una certezza.
Ma da qualche mese a quella parte, le certezze di Amelia
avevano preso pericolosamente a vacillare. ueQu
Ehm… so che il ritardo è imperdonabile, ma sono stata colpita da
sindrome imperante di blocco dello scrittore…^^’’’ Ad ogni mo
Ehm… so che il ritardo è imperdonabile, ma sono stata
colpita da sindrome imperante di blocco dello scrittore…^^’’’ Ad ogni modo,
ecco finalmente il capitolo finale, che sarà seguito immediatamente
dall’epilogo. Mi sono molto divertita a scrivere questa fic e mi fa uno strano
effetto terminarla, ma mi farà molto piacere sapere i pareri di tutti quelli
che l’hanno letta…^^ Ringrazio chi ha atteso pazientemente tutti i capitoli!
Buona lettura! ^^
Faceva freddo.
Ricordo poco di quei giorni confusi, tranne questo
particolare. Un manto di brina ricopriva ogni mattino le colline attorno al
nostro campo, estendendosi a perdita d’occhio, e creando suggestivi giochi di
luce a causa del riverbero della luce pallida del sole. Con l’avanzare della
giornata la temperatura si alzava, e il ghiaccio ci lasciava tregua. Talvolta,
le nuvole scendevano dalle pendici delle montagne, incombendo sulla pianura e
inondandola di una pioggia gelida e tagliente, che penetrava della sua umidità
ogni recesso dei nostri giacigli.
Era sorprendente come a soli pochi chilometri dal passo la
nebbia si fosse diradata. Un campo era stato allestito a valle, per tenere
monitorata la pianura contro eventuali attacchi nemici, e quando ci eravamo
trasferiti in quel più sicuro rifugio, il mio primo pensiero era stato che
effettivamente la teoria della sua origine magica non doveva essere così
infondata…
Avrei trovato quella
riflessione interessante, in altre circostanze. Avrei coinvolto Zel in lunghe
discussioni, avrei annotato i particolari nel mio taccuino, proponendomi di
studiare la questione quando tempo e circostanze me lo avessero concesso. In
quei giorni, però, la mia mente era presa da ben altro genere di febbrile
occupazione…
“Gira il collo.” Sibilai, acidamente.
Era un pomeriggio di pioggia. Lottando con il freddo e con
l’aria satura di umidità, stavo inginocchiata all’interno della mia tenda, ai
piedi di un giaciglio, una lunga benda fra le dita.
E la mia espressione doveva apparire tutt’altro che
rassicurante.
Una voce lacrimevole rispose alla mia intimazione, intonando
una preghiera scarna di speranze…
“Lina… ti prego… mi fa male dappertutto…”
I miei occhi si strinsero. “Non ti farebbe male se avessi
evitato di farti tranciare la gola da un demone e di spezzarti una gamba contro
un albero.”
Gourry chiuse gli occhi, e si piegò con un sospiro alle mie
cure. “Non è che lo abbia fatto apposta…” Borbottò, in tono sofferente, mentre
rimuovevo la stecca dalla sua gamba, cercando di evitare che il suo collo si
muovesse eccessivamente. Una fasciatura glielo bloccava, riparandolo dalle
scosse troppo brusche.
Colpii con malagrazia la gamba appena liberata dalla
fasciatura, osservandolo sussultare. “Ci mancherebbe altro.” Mormorai. “Dopo
che ti avevo pregato in tutti i modi di tenerti lontano dalla battaglia.”
D’accordo, biasimatemi pure, ma ero furibonda. Lo sapevo che
il povero Gourry avrebbe volentieri evitato di rischiare l’osso del collo
-dubito che avrei fatto affidamento per tutti quegli anni su un uomo con palesi
tendenze masochiste- ma io ero arrabbiata lo stesso. Con me stessa, perché ero
rimasta ad osservare impotente mentre la persona a cui più tenevo al mondo
rischiava la morte . Con Zelgadiss, perché aveva dato corda alle mie stupide
teorie invece di confutarmi come suo solito, facendomi considerare delle
semplici ipotesi come verità scontate, e portandomi ad essere avventata. Con i
demoni, per il semplice fatto di esistere. E con Gourry, sì, anche con
lui. Perché una settimana prima, quando lo avevo visto morire, era stato come se
ogni fibra del mio corpo e della mia mente si fosse corrosa in un solo istante.
E non era stata una bella sensazione.
“Ora prova a muoverla.” Ordinai, cercando di contenere il
nervosismo che al semplice ricordo dell’incidente di Gourry aveva catturato nuovamente
la mia voce.
Lo spadaccino non aveva evidentemente voglia di discutere…
obbedì alla mia richiesta, sforzandosi di mantenere immobile il resto del
corpo. La gamba si mosse, lievemente, e il mio compagno strinse i denti, come
colto da un repentino sussulto di dolore.
“Ti fa ancora male…?” Chiesi, senza riuscire a mascherare la
preoccupazione nella mia voce.
Gourry scosse la testa –o meglio, provò senza scarsi
risultati a farlo- e mi rispose, con un gemito. “E’ solo indolenzita.”
Sapevo che lo spadaccino aveva la tendenza a minimizzare il
proprio dolore, per evitare di farmi preoccupare, ma mi rendevo conto che non
stava completamente mentendo. E questo non faceva che aumentare la mia
sorpresa.
La magia può curare le ferite, ed è esattamente ciò che i
chierici di Philionel avevano fatto con il collo del mio compagno. Le fratture,
però, non possono essere sanate con la stessa facilità, e richiedono un periodo
di tempo molto superiore per la completa guarigione. Senza contare che il
sacerdote che si era preso cura di Gourry mi aveva fatto intendere piuttosto
chiaramente che era una specie di miracolo che lo spadaccino potesse di nuovo
parlare… Il modo in cui il mio compagno si stava riprendendo aveva
dell’incredibile…
“Non ha senso.” Sbottò Zel, dall’ingresso della tenda. Era
tutto il pomeriggio che se ne stava fermo in piedi, pensieroso, ad osservare la
pioggia cadere… Si volse verso di noi, accigliato, e squadrò Gourry con sguardo
profondo. “Ve ne state qui a concentrarvi su una gamba rotta in via di
guarigione, e non considerate quanto è assurdo tutto il resto. Quel demone deve
averti fatto qualcosa di strano, Gourry. Perché io ho visto il modo in cui ti
ha colpito, e tu NON PUOI essere ancora vivo!”
Gourry inarcò un sopracciglio, e rispose, in tono
sofferente. “Sinceramente, Zel… io non trovo così terribile il fatto di
non essere morto…”
Zel piantò i piedi al suolo, e lo squadrò con fare
sospettoso, ignorando la sua battuta. “Hai capito cosa intendo dire…” Incrociò
le braccia al petto. “Supponiamo che in realtà Lina ed io non ci sbagliassimo.
Supponiamo che quel demone abbia solo finto di volerti uccidere, o che
avesse bisogno di colpirti per mettere in funzione chissà quale meccanismo
magico che coinvolge la spada che porti. E se ad esempio ora tu ti stessi
lentamente trasformando in demone???”
Gourry, al mio fianco, rabbrividì, e anch’io. “Non dire
sciocchezze, Zel.” Intimai. “Non si è mai sentita una cosa del genere…”
“Ma la scienza avanza grazie continuamente alle nuove
scoperte, no?” Replicò Zel, con fare cupo. Se doveva essere una battuta, la
trovavo estremamente fuori luogo.
Presa nuovamente dal nervosismo, mi trovai ad alzarmi di
scatto. “Bé, sai cosa ti dico?” Replicai, in tono secco, lasciando cadere le
bende su un Gourry colto di sorpresa. “Non voglio saperlo! Tanto possiamo fare
tutte le ipotesi che vogliamo, ma finché non avremo una ricca biblioteca a
disposizione per indagare, o non metteremo le mani addosso a quel demone, non
avremo nessuna conferma!” Lo superai, raggiungendo l’ingresso della tenda. “E
se Gourry guarisce in fretta, tanto meglio. Potremo muoverci prima per trovare
quell’essere.” Strinsi gli occhi, e la mia voce si ridusse ad un sibilo. “Anche
prima che arrivino le truppe di Elmekia, se è necessario. Se è vicino ad
Oberon, nel mezzo del campo nemico, che dovrò andarlo a scovare… allora è
esattamente lì che mi dirigerò.”
Uscii nella pioggia, senza volgermi a guardarli in volto. Mi
ronzavano ancora nelle orecchie le parole del demone che mi ingiungevano di
tenermi lontana dal combattimento, ma non mi importava nulla se si trattava di
una provocazione mirata ad attirarmi in una trappola. Ormai ero coinvolta
troppo personalmente per piegarmi alla prudenza.
Corsi lontano dalla tenda, perdendomi fra i rifugi fradici e
i soldati di guardia infreddoliti, prima che uno qualsiasi dei miei compagni
potesse fermarmi. Gli occhi mi pungevano in modo irritante, e mi resi conto con
stupore che lacrime involontarie, di rabbia, si confondevano con la pioggia sul
mio viso. Avevo paura. Avevo DAVVERO paura di come quella situazione avrebbe
potuto evolversi. E la cruda razionalità di Zelgadiss non migliorava di certo
le cose. Se quel continuo senso di terrore non mi avesse abbandonata presto,
avevo la sensazione che sarei esplosa.
Non mi accorsi della mole imponente che mi si parava davanti
finché non ci andai a sbattere contro.
Indietreggiai di due passi, con un sussulto di paura. E il
cuore continuò a rimbalzarmi in petto per diversi istanti, anche quando mi resi
conto che si trattava solo di Philionel…
“Phil…” Mi portai scioccamente le mani al volto per
ripulirlo dalle lacrime, senza pensare che il sovrano di Sailune non poteva
distinguerle dalle gocce di pioggia… “Mi hai spaventata…”
“Mi spiace…” Replicò l’uomo, squadrandomi con curiosità in
volto… “Ti ho chiamata, ma dovevi essere soprappensiero… Che ci fai sotto la
pioggia…?”
‘Uhm… Cerco di forgiarmi il fisico?’
Dovetti mordermi le labbra, e azzittirmi. Non era il momento
delle sciocchezze.
“Ehm… niente di particolare…” Finii per replicare,
goffamente. “Mi stavi cercando?”
Il volto di Philionel si accigliò lievemente, a quella
domanda. “In effetti sì…” Replicò, in tono più teso. “E’ appena arrivato un
messaggero. Le truppe di Elmekia sono al passo.”
Spalancai gli occhi, a quell’annuncio. Non le aspettavamo
prima di un’altra settimana. “Com’è possibile?” Sibilai. Non ero certa di
essere psicologicamente pronta alle conseguenze di quell’annuncio…
Phil scosse la testa. “A quanto ho capito stavano
progettando anche loro un attacco, e si stavano organizzando nelle vicinanze.
Ad ogni modo, la vostra azione e la loro presenza ci danno un vantaggio che
potrebbe essere vitale. Dobbiamo muoverci immediatamente.”
L’agitazione tornò a catturarmi in un attimo. “Ma… Gourry…”
“Potrà viaggiare in un carro, in modo da non dover muovere
la gamba e il collo… A meno che…” Fece una pausa, e il suo tono di voce si
abbassò. “Pensi… che sarebbe più sicuro se lui restasse qui…?” Non avevamo
parlato molto di quanto ci era accaduto in quei mesi, con Philionel… ma alla
luce dell’attacco del demone credo che cominciasse ad avere chiaro che i nostri
problemi non si limitavano alla questione contingente del contrattacco ad
Oberon…
Strinsi le labbra un momento, momentaneamente tentata ad
assentire, ma finii per abbassare lo sguardo, e scuotere la testa. “Il carro
andrà bene.” Mi limitai a replicare, accigliata. Sapevo perfettamente che
Gourry non avrebbe accettato di restare indietro. E anch’io non mi sentivo
particolarmente a mio agio all’idea di separarmi da lui nuovamente…
Phil annuì, senza porre obiezioni. “Allora ordinerò ai miei
uomini di allestirlo, e in qualche modo riusciremo a farlo viaggiare
comodamente… Partiremo domattina.” Fece per allontanarsi, quindi si volse
nuovamente verso di me, con fare frettoloso. “Ci pensi tu ad avvisare Gourry e
Zelgadiss?”
Mi limitai ad annuire, con un sospiro.
‘Grandioso…’ Riflettei, osservando Philionel che si
allontanava sotto la pioggia. ‘Dovremo studiare come imballare Gourry in modo
che guarisca, e arrivi ben pronto per la battaglia…” Sapevo che era egoistico,
ma per un momento sperai che i progressi nella sua salute smettessero di essere
così vistosi…
Sospirai, scostandomi i capelli fradici dal viso, e
studiando accigliata le mie impronte nel fango. Marciare, e ancora marciare.
Prima nel deserto, verso la prigionia, e ora qui, verso una battaglia dai
contorni incerti. Erano trascorsi mesi, e mi sembrava di non essermi fermata
nemmeno per un momento. E so che era strano, per me, ma per una volta nella
vita mi sentivo stanca di quella frenesia. Per una volta nella vita avevo
voglia di fermarmi per un po’ di tempo, e ricostruire quello spirito e
quell’ottimismo che quei lunghi mesi avevano reso tanto fragili da farmi
sorgere il dubbio che fossero già finiti in pezzi, sbriciolati, in qualche
punto lungo la strada, senza che io me ne fossi resa conto. Volevo che tutto
avesse fine, in un modo o nell’altro.
‘Bé… Almeno con il viaggio avremo qualcosa a cui pensare,
oltre alle innumerevoli tragedie a cui stiamo andando incontro…’
I pensieri e lo sguardo cupo, mi decisi a ripercorrere i
miei passi verso la nostra tenda.
Era ironico. La pioggia mi aveva assillata durante l’inizio
di quel viaggio, e ora mi riaccompagnava a quello che, in un modo o nell’altro,
ne sarebbe stato l’epilogo.
Nessuno di noifu
particolarmente loquace, in quei lunghi giorni di marcia. L’umidità era
terrificante, anche sul carro in cui un giaciglio improvvisato era stato
allestito per Gourry. Anche sotto strati di coperte tremavamo di freddo per
gran parte della giornata, tanto che Zel aveva presto finito per abbandonarci,
e passare la maggior parte delle sue giornate in marcia, per tenersi caldo. In
un clima del genere, fisico e psicologico, era difficile persino per me e per
Gourry trovare un argomento di conversazione…
La salute dello spadaccino continuò a migliorare in modo
vistoso. Passata una settimana era già perfettamente in grado di camminare,
anche se sia Phil che io prememmo perché evitasse di viaggiare a piedi. Così,
una volta che gli fu possibile alzarsi dal suo giaciglio, prendemmo a
trascorrere le giornate seduti in silenzio, fianco a fianco, all’entrata del
carro, osservando la pioggia cadere.
L’argomento della spada non emerse mai. Dopo aver insistito
tanto in proposito, improvvisamente non avevo più voglia di sollevarlo, come si
fa talvolta con le cose che ci turbano, nella speranza che il silenzio le porti
a scomparire. Evidentemente riuscii persino ad illudermi, perché con l’avanzare
dei giorni la mia ansia, invece di acuirsi, lasciò il posto ad una sorta di
incosciente tranquillità. O forse ad esercitare quell’effetto furono
semplicemente quelle ore passate ad ascoltare il rumore della pioggia, ed il
respiro di Gourry. Forse solo allora, solo gradualmente, riuscii a convincermi
che potesse essere davvero ancora vivo…
La notte in cui accadde erano passate all’incirca due
settimane dalla nostra partenza dal passo.
Mancava meno di mezza giornata di marcia al nostro
obiettivo, il castello arroccato nella parte nord orientale di Sailune in cui
il nostro nemico aveva radunato il grosso delle sue truppe. La tensione era
stata palpabile per tutto il giorno fra i soldati di Philionel, e un brusio
nervoso aveva percorso le loro fila ininterrottamente, nonostante la marcia
estenuante. Al crepuscolo, finalmente, un silenzio stremato aveva catturato il
campo, e quella sera nessuna risata era risuonata, nessuno dei consueti canti e
scherzi era dilagato negli spazi illuminati dalle luci dei fuochi, dove gli
uomini di guardia stringevano le loro lance, gli sguardi assonnati accesi solo
dal nervosismo.
Io dormivo profondamente, come da giorni non mi capitava di
fare. La mia mente viveva il piacevole oblio del sonno senza sogni, grata di
essere graziata, per una volta, dai fastidiosi rumori che normalmente
invadevano il campo sino quasi all’alba.
Fu forse il ticchettio della pioggia che cominciava a
cadere, a svegliarmi. Rimasi per qualche secondo con gli occhi chiusi,
rifiutandomi di cedere alla veglia, finché il picchettare non divenne un sonoro
rombo, contro le pareti di legno del carro. Mi levai a sedere, intontita, e
rabbrividii lievemente al gelo dell’aria satura dell’odore della pioggia.
Inconsciamente, il mio sguardo scandagliò l’ambiente che mi circondava, e
rimasi immediatamente perplessa nel notare il giaciglio di Gourry vuoto, a
fianco del mio. Cercai a tentoni il mio mantello e me lo strinsi attorno alle
spalle,scrutando il buio attorno a me,
mentre mi strofinavo gli occhi con fare assonnato. Lo individuai immediatamente
all’ingresso del carro, la sua figura che si stagliava contro la debole luce
proveniente dall’esterno. Mi volgeva le spalle, e il suo sguardo era fisso su
qualcosa al di fuori dello stretto abitacolo.
“Gourry…?” Bisbigliai, cercando di attirare la sua
attenzione. La mia voce dovette essere sovrastata dal frastuono della pioggia,
però, perché lo spadaccino non diede il minimo segno di essersi accorto che mi
ero svegliata…
Scivolai fuori dal mio giaciglio, e scavalcai Zel,
arrancando nel disordine del carro per raggiungerlo. Rimasi perplessa, in piedi
dietro di lui, quando mi resi conto che anche se ero lontana solo pochi passi
non si era ancora reso conto della mia presenza. Non era da Gourry lasciarsi
sorprendere a quel modo alle spalle…
“Gourry?” Mi inginocchiai al suo fianco, e poggiai la mano
sulla sua, per riscuoterlo. Tuttavia, lo spadaccino non si volse. Il suo
sguardo si perdeva nell’oscurità del bosco.
Scrutai nel buio all’esterno, senza capire. “Che c’è?”
Domandai, tornando a fissarlo. “Che sta succedendo?”
“Arriva.” Si limitò a replicare, la voce roca.
La mia stretta sulla sua mano si fece improvvisamente
serrata. Non avevo idea di cosa parlasse, ma il suo aspetto terreo e la sua
voce spaventata bastarono a terrorizzare anche me. “Cosa? Cosa arriva?”
“Non lo so…” Sibilò. Si volse verso di me, e solo allora mi
resi conto che nella mano sinistra stringeva la spada, ancora nel fodero. Anche
attraverso il cuoio della protezione, l’arma riluceva di uno strano bagliore…
Stavo per menzionare la cosa, ma lo sguardo di Gourry finì per catturare il
mio, ammutolendomi. C’era una punta di disperazione, nel modo in cui mi
fissava. Quasi cercasse da me delle risposte.
“Gourry… calmati.” Potei solo dire, stupidamente. Afferrai
la sua mano con più forza, la strinsi, cercando di farlo tornare alla ragione.
“Non posso.” Replicò, il tono disperato. “Non capisco.”
Quella frase tanto consueta per lui quella notte pareva non avere nulla di
normale…
“Gourry…” Iniziai, cercando le parole giuste per indurlo a
spiegarmi cosa gli prendeva, ma il mio compagno mi impedì di proseguire.
“Lina.” Mi afferrò per le spalle, e mi scosse, come se fossi
io quella che agiva in modo incomprensibile. “Lina.”
“Cosa???” Sbottai, cercando inutilmente di liberarmi dalla
sua stretta, cominciando ad essere vagamente inquietata da quell’atteggiamento.
“Io…” La voce del mio compagno prese a vacillare. “Cosa…
cosa devo fare, io?” Mi fissò, febbrilmente. “Qualcosa… qualcosa sta per
succedere… qualcosa… sta già succedendo… qualcosa che va oltre… mi capisci? Che
va oltre questo… e io…” Inspirò, come timoroso di proseguire. “Cos’è che
devo fare io…? Io devo… combattere… ma… io voglio…”
Coprii la sua mano sulla mia spalla destra con la mia, e
strinsi. “Gourry?” Sibilai. “Smettila. Tu non sei in te. Mi fai paura.” Ricordi
inquietanti di Gourry sotto il controllo di Fibrizo riaffiorarono alla mia
mente. Che diavolo stava succedendo? Che diavolo stava succedendo, ancora???
“Io volevo solo proteggerti.” La sua voce era nuovamente
incrinata dall’ansia. “E’ ciò che voglio ancora. Ma proprio per questo… proprio
per questo…”
“Lina.”
Sussultai nuovamente, stavolta al suono della voce di Zel.
Mi volsi verso lo sciamano, e mi resi conto che era pienamente sveglio anche
lui, ora. Seduto nel suo giaciglio, fissava il buio oltre me e Gourry, e anche
lui aveva messo mano alla spada.
Mi liberai dalla stretta dello spadaccino ed indietreggiai,
sollevandomi. “Che c’è? Che sta succedendo?” Domandai, ancora scossa, muovendo
ossessivamente lo sguardo dal volto di Gourry a quello della chimera.
“Ascolta.” Si limitò a replicare Zel, senza guardarmi in
volto.
Mi azzittii, e aguzzai l’udito. Zelgadiss aveva ragione,
c’era qualcosa che non andava. Non me ne ero resa conto prima, forse a causa
del fragore della pioggia, ma gli altri rumori che normalmente animavano la
notte nella foresta si erano totalmente azzittiti. Una atmosfera di pressante
gelo era calata sul mondo che ci circondava.
La paura mi travolse come un’onda non appena mi resi conto
di cosa si trattava. Guardai Gourry in volto, terrea, mentre una nuova
consapevolezza mi catturava circa il significato delle sue parole.
E fu allora che scoppiò l’inferno.
Le urla risuonarono nel campo, levandosi contemporaneamente
da ogni direzione. Le sentinelle sembravano improvvisamente impazzite,
lanciando allarmi incoerenti che si perdevano nel buio della notte.
Mi sollevai in piedi, tesa in volto, e mi lanciai alla
frenetica ricerca della mia spada e dei miei stivali.
Non morti.
Avremmo dovuto aspettarcelo. Oberon non temeva l’azzardo, e
aveva scommesso.
Se fosse riuscito a sorprenderci e a decimare le nostre
truppe, il rischio di un assedio si sarebbe notevolmente ridotto. Se avessimo
vinto noi quella battaglia, lui avrebbe perso combattenti preziosi. Ma non
partivamo da una posizione di vantaggio. Per quanto pochi potessero essere gli
uomini che aveva scelto di mobilitare, non mi sarei stupita se in quel momento
fossimo già stati circondati. Come puoi cogliere nella notte i movimenti di
esseri che sono essi stessi oscurità?
I miei due compagni si misero in moto insieme a me, e in
meno di un minuto schizzammo fuori dal carro. La pioggia era sempre più
insistente, e i fuochi dell’accampamento erano ormai spenti. Attorno a noi,
regnava la confusione più totale. Soldati semi armati e semi vestiti correvano
da ogni parte del campo, frecce scoccavano sopra le nostre teste e le grida
sovrastavano persino il fragore della pioggia.
“Dov’è Philionel???” Urlai, cercando di raggiungere le
orecchie dei miei compagni.
“Dormiva in una tenda al centro dell’accampamento, ma…”
Zelgadiss si bloccò a mezza frase, e sgranò gli occhi, osservando un punto alle
mie spalle.
Mi volsi di scatto, e feci appena in tempo a cogliere il
bagliore dorato nel buio alle mie spalle, prima di avvertire una presa ferrea
sul mio braccio, e venire scagliata brutalmente al suolo. Atterrai nel fango,
malamente, e, come sempre il copione prevede, con la faccia al suolo.
Boccheggiai per qualche istante, senza comprendere
esattamente cosa fosse successo. Fu quando trovai la forza di sollevare lo
sguardo che capii. Gourry si era frapposto fra me e il non morto, spingendomi
lontano, e la sua spada aveva letteralmente dilaniato la creatura.
Evidentemente, non era efficace solo contro i demoni…
“Stai bene, Lina?” Lo spadaccino accorse verso di me, con
aria preoccupata, porgendomi la mano.
Io la scansai, e lo colpii direttamente in fronte.
“Ehi!” Il mio compagno si tirò indietro, reggendosi la
testa. “Che ti prende???”
“Ti pare il modo di trattare una signora???” Sbottai, accettando
finalmente il suo aiuto, e risollevandomi in piedi.
“Non sei molto credibile come signora…” Commentò lo
spadaccino, con fare stoico.
“Che vorresti dire?” Sibilai.
Mi studiò per un secondo. “Bé… tanto per cominciare hai la
faccia coperta di fango…”
Il palmo della mia mano lo colpì di nuovo sulla fronte. “E
di chi è la colpa????”
Zelgadiss emise un sospiro. “Non mi pare il momento per il
vostro sketch comico…” Commentò, acidamente. La pioggia gli inzuppava il
cappuccio, facendolo aderire al volto scavato, e rendendo la sua espressione
ancora più cupa. Fu sufficiente riportarmi alla realtà.
“Bisogna sconfiggerli col fuoco.” Dichiarai, la voce ridotta
ad un sibilo allarmato. “Ma in una notte come questa solo la magia può
funzionare. Dobbiamo trovare Philionel e fargli radunare i suoi sacerdoti
perché usino la magia sciamanica.”
Mi rendevo perfettamente conto che la mia era una proposta
di scarsa efficacia. Nel caos e nella paura era pressoché impossibile
organizzare un contrattacco, gli uomini di Philionel semplicemente non ci
sarebbero stati ad ascoltare. D’altra parte, in quel momento non riuscivo a
pensare a nessun’altra soluzione.
“Separiamoci.” Propose Zel. “Tu ed io voleremo, Lina, e
respingeremo quegli esseri attaccandoli con la magia dall’alto, sperando che i
sacerdoti di Sailune ci imitino. Tu, Gourry, cercherai Philionel e lo
proteggerai con la tua spada magica mentre coordina il contrattacco.”
Né io né Gourry avemmo il tempo di replicare. Due creature
ci furono addosso all’improvviso, emerse, generate dal buio della notte.
Stavolta non mi lasciai cogliere di sorpresa. Protesi le
mani in avanti, e le mie Frecce di Fuoco le colpirono in pieno petto, prima che
potessero stringere le loro dita gelide su uno di noi. Osservai gli occhi
dorati di una di esse mentre crollava al suolo, e mentre combattevo il terrore
che istintivamente mi coglieva nel sostenere quello sguardo mi trovai a
domandarmi se un tempo quell’essere non fosse stato un pacifico abitante di
Sailune…
“Ha ragione Zel.” Sibilai dopo un istante. “E dobbiamo
sbrigarci, prima che i nostri stessi soldati comincino ad attaccarci perché
sono stati trasformati in mostri…”
Gourry mi lanciò una lunga occhiata, a quelle parole, e
quello sguardo mi comunicò che sapeva che avevo ragione. Ma quando abbassò gli
occhi ed annuì, accettando di separarci nuovamente, ebbi l’impressione che
stesse facendo violenza a se stesso…
Feci del mio meglio per ignorarlo. Gli afferrai la mano solo
per un momento, una silenziosa promessa di essere cauta, quindi mi concentrai
sulla mia magia, e recitai la formula per il Ray Wing.
Quando fui sufficientemente in alto per avere una visione
completa, alla luce dei lampi, dell’accampamento, per un momento desiderai non
averlo fatto. Per ovvie ragioni di prudenza Philionel aveva scelto di fermare
le truppe su una lieve altura, ma, come avevo temuto, questo non era bastato a
fermare i nostri aggressori. Silenziosi come animali notturni i mostri avevano
risalito le pendici della collina, strisciando fra gli alberi, irrompendo sulla
cerchia di sentinelle che circondava le truppe addormentate. In diversi punti
quel muro difensivo era già stato abbattuto, e i non morti avevano preso a
dilagare all’interno dell’accampamento, come dimostravano gli attacchi che
avevamo subito. Il caos sembrava poter prendere il sopravvento da un momento
all’altro.
D’altra parte, mi confortava l’evidente inferiorità numerica
delle truppe nemiche. Forse Oberon aveva puntato semplicemente ad indebolirci,
con quell’attacco, senza la pretesa di riuscire ad arrestare l’avanzata di
Phil. Ad ogni modo, agendo razionalmente, avevamo la possibilità di batterli.
Non c’era modo di attaccare dall’alto le creature che già stavano lottando con
i soldati all’interno del perimetro del campo, però, non senza rischiare di
ferire qualche alleato. Bisognava concentrarsi su quelli che i nostri soldati
stavano disperatamente cercando di bloccare al limitare dell’accampamento.
Zel ed io ci scambiammo una breve occhiata ed annuimmo,
schizzando ai lati opposti dell’enorme campo. Preparai mentalmente una formula
e non appena fui sufficientemente vicina ai soldati in lotta la rilasciai,
segnalando loro la mia presenza…
“Lighting!”
La sfera di luce si levò nell’aria ed esplose, illuminando
in un istante l’area a giorno. Decine di teste si volsero ad osservarmi, ma per
il momento le ignorai. Avevo individuato chiaramente i miei obiettivi, e
un’altra formula era già pronta sulle mie labbra…
“Palla di Fuoco!!!”
Un’ondata di calore e fiamme investì il gruppo di non morti
contro cui i soldati stavano lottando, facendoli precipitare lungo la collina.
Urla acute e agghiaccianti riempirono l’aria gelida, insieme ad un sentore di
carne bruciata che nemmeno la pioggia torrenziale era in grado di spazzare via.
Feci del mio meglio per trattenere la nausea.
“Il fuoco!” Mi limitai a gridare ai soldati. “Lasciate
passare avanti i sacerdoti!”
Confidai nella freddezza e nella rapidità d’azione degli
uomini di Sailune, e non mi fermai per attendere risposta. Sorvolando un gruppo
di spadaccini impegnati in una feroce lotta, sfrecciai verso un’altra zona del
perimetro, senza avere il tempo di concentrarmi sulla coerenza dei miei
spostamenti. Abbattei file di non morti in modo meccanico, finché magia e grida
di avvertimento non resero la mia voce roca. I mesi trascorsi dall’assedio
sembravano avermi fatto scordare cos’era la battaglia in una guerra, ma quella
notte mi resi conto che quelle sensazioni in realtà si erano impresse nella mia
mente come un marchio a fuoco. Lo stato continuo di agitazione in cui avevo
vissuto in quell’arco di tempo non era stato che il sottile, strisciante
riecheggiare dell’ansia e dell’incertezza che costantemente sfidano la
razionalità del soldato durante la battaglia…
Presto persi la cognizione del tempo. Ogni minuto che
passava, la pioggia pareva farsi più gelida e sferzante contro il mio volto, e
sui miei arti.
Quando fui troppo stremata per essere ancora utile, mi
ritirai dalla portata di eventuali frecce nemiche, per riprendere fiato. Fu
allora che notai Gourry con la coda dell’occhio. Lo spadaccino era riuscito a
raggiungere Philionel, ed entrambi erano posizionati sulla linea di difesa. Il
mio compagno copriva le spalle al sovrano, mentre Phil impartiva ordini ad un
gruppo di sacerdoti che gli faceva letteralmente da scudo contro un’orda di non
morti che cercava di penetrare fra le fila interne di soldati. Mi morsi le
labbra, maledendo Philionel per la sua dannata abitudine ad esporsi. Che
utilità avrebbe avuto tutto il suo senso di giustizia se le truppe di Sailune
si fossero trovate a perdere il loro punto di riferimento per la sua
avventatezza?
Rimasi con il fiato in gola ad osservare il combattimento,
Philionel che urlava ordini contro la pioggia, e Gourry che si muoveva
velocemente fra i cavalieri dalle armature annerite e dagli occhi dorati,
abbattendoli con la sua spada. Per qualche motivo, quella scena mi lasciò
perplessa. Non capivo cosa, ma c’era un particolare che non riuscivo a mettere
a fuoco…
I miei occhi si spalancarono improvvisamente, mentre la
comprensione e lo stupore mi investivano.
I non morti. I non morti non attaccavano Gourry.
Lo spadaccino li colpiva, certo, ma le creature si
limitavano ad attaccare gli altri guerrieri, e scivolavano vicino a lui senza
sfiorarlo…
‘… Quasi non lo vedessero.’
Le mie labbra si strinsero. Quell’immagine mi appariva
incredibilmente inquietante.
“Lina!”
La voce di Zel, alle mie spalle, mi riscosse dai miei
pensieri. Mi volsi, e lo vidi sfrecciare verso di me, l’aria stremata.
“Che succede?” Gridai, di rimando, con fare stanco. La
pioggia inzuppava il mio mantello, appesantendolo, e rendendo sempre più
difficoltoso tenere attivo il Ray Wing.
Zel si fermò di fronte a me, e parve leggermi nel pensiero.
“Scendiamo.” Mi invitò, semplicemente. “Le truppe di Phil stanno vincendo su
tutti i fronti…”
Strinsi le labbra, e scossi la testa rapidamente. “Aspetta.”
Replicai. “Dai un’occhiata.” Gli indicai il combattimento sottostante.
Zel batté le palpebre e mi fissò, con aria perplessa. Quindi
seguì la direzione indicata dalla mia mano, aggrottando le sopracciglia. E dopo
qualche istante osservai diffondersi sul suo volto lo stesso stupore che poco
prima era apparso sul mio…
“Da cosa credi che dipenda?” Domandò, a mezza voce.
“Non lo so.” Replicai. La mia mente si arrese alla mancanza
di concentrazione, e mi imposi di governare l’incantesimo quanto bastava per
scendere al suolo, prima che si infrangesse.
Zel mi imitò, e ci portammo a distanza di sicurezza dalla
linea del fronte, mentre le truppe di Philionel respingevano gli ultimi non
morti…
“Credi che… avessi ragione?” Nella voce di Zel non c’era la
spavalderia con cui era solito affermare il suo punto di vista. “Credi che per
qualche motivo abbiano bisogno di lui vivo?”
“… Forse…” Mi costrinsi a replicare, dopo qualche istante di
silenzio. “… O forse ha a che fare con la loro capacità di percepire la sua
presenza…”
Gli occhi de Zel si strinsero. “Intendi dire…”
“Intendo dire che forse quelle creature non ci vedono…”
Mi morsi le labbra, osservando il combattimento in lontananza. “Forse avvertono
semplicemente il nostro essere, la vita che scorre in noi…”
Zel mi afferrò il braccio, e strinse con violenza,
costringendomi a volgermi a guardarlo. La sua espressione aveva poco della
consueta freddezza. “Mi stai dicendo che ho ragione? Gourry si sta trasformando
in un demone, un non morto, o qualcosa del genere???” La sua voce era un sibilo
agitato, e mi resi conto che era preoccupato, per Gourry, e probabilmente anche
per me. Avrei voluto essergliene grata, ma in quel momento il mio cervello era
sovraccarico di pensieri.
“Non… non lo so.” Replicai, in tutta sincerità. “Non so più
cosa pensare.”
Abbassai lo sguardo, e iniziai a riflettere freneticamente.
“Potrebbe anche dipendere dalla spada…” Aggiunsi dopo qualche istante, cercando
di mantenere la freddezza necessaria. “… Ti ricordi cosa ha detto quel demone?
Non riusciva ad individuarci con la magia…”
La spada aveva mostrato di essere un potente rifrattore
degli incantesimi… poteva essere che fungesse in qualche modo anche da schermo
ai tentativi di rintracciarla attraverso la magia…? I demoni avevano la
capacità di captare forti sorgenti di energia magica… avrebbero potuto farlo
con i Demon Blood, ma i miei talismani erano persi chissà dove all’interno
delle mura del palazzo di Sailune, dove li avevo lasciati prima di partire… e
la spada poteva essere uno schermo sufficiente per mascherare la mia presenza,
nonostante i miei poteri, e quella di Gourry, che pure il demone doveva avere
cercato di rintracciare… Forse qualcosa di simile avveniva con i non morti…
forse la spada schermava la sua presenza a quelle creature… ma chi avrebbe
potuto avere interesse a creare un’arma con un potere del genere…?
Zelgadiss si accigliò. “Puoi avere ragione… ma come possiamo
verificarlo…?”
Mi incupii, e abbassai lo sguardo. “E anche se sapessimo la
verità, potremmo davvero fare qualcosa, ora…?” Mi liberai dalla sua stretta.
“Dobbiamo ritrovare quel demone, è l’unica soluzione. Ho bisogno di affrontarlo
faccia a faccia, ho bisogno di chiarire questa faccenda.”
Zelgadiss non replicò nulla. Restammo semplicemente in
silenzio, osservando gli ultimi focolai di combattimento spegnersi, mentre la
luce dell’alba cominciava a levarsi all’orizzonte, spazzando via le ultime,
tenaci gocce di pioggia, retaggio del feroce temporale delle ore precedenti.
Ero infreddolita, e le mie vesti e i miei capelli grondavano
pioggia gelida, ma la mia mente era vigile, mentre osservavo i sacerdoti di
Sailune bruciare, con aria cupa, i cadaveri dei loro compagni. Al mio fianco,
la chimera era immersa in chissà quale intensa riflessione.
“E se…” Iniziò Zelgadiss, dopo un silenzio interminabile,
scuotendomi dalle mie riflessioni. “… e se noi, ora, ci separassimo dalle
truppe di Philionel?”
Spalancai gli occhi, a quell’affermazione, e mi volsi verso
di lui, squadrandolo come avrei fatto con Fibrizio risorto al Mare del Caos.
“Che diavolo dici?”
Zel non si lasciò scomporre. “Ascoltami. In fondo quanto hai
appena detto non è che un altro modo per affermare che ora come ora i nostri
obiettivi non coincidono esattamente con quelli di questo esercito.” La chimera
si accigliò. “L’obiettivo principale di Philionel è e deve essere quello di
espugnare quel castello e riconquistare il suo regno, riportando la pace a
Sailune. Il tuo invece è quello di trovare quel demone, e capire cosa stia
succedendo a Gourry. Potremo muoverci molto più liberamente da soli, forse
potremo persino pensare di riuscire ad entrare in quel castello prima che la
nuova battaglia cominci. A maggior ragione se davvero la spada di Gourry ci
permette di non essere individuati dalla magia.” Mi fissò intensamente, negli
occhi.
Risposi a quello sguardo accigliandomi a mia volta. “Lo sai
che noi potremmo essere un supportoimportante a Philionel… Può essere che come dici riusciamo ad entrare
nel castello, e aiutarli con la nostra azione in solitario, ma se così non
fosse?”
Zel si strinse nelle spalle. “Mi sembra che abbiamo già
fatto molto per Philionel, abbastanza da superare qualsiasi compenso. Non è da
te sacrificarti agli obiettivi altrui, Lina…”
Mi morsi le labbra, ma non potei smentirlo. Aveva
perfettamente ragione, sotto questo punto di vista. Tendenzialmente, io ero
un’egoista. Non so se dovessi essere biasimata per questo, ma per me c’erano
alcune cose, nello specifico la mia vita, e quella di Gourry, che avevano la
priorità su tutto il resto.
Fissai i miei piedi al suolo, riflettendo sulla sua
proposta. “E tu, Zel?” Replicai infine, in tono piatto. “Posso indovinare qual
è il tuo personale obiettivo in tutta questa faccenda…?”
Zelgadiss rimase impassibile, rispondendomi in tutta
tranquillità. “Fossi in te risparmierei di fare commenti in proposito, Lina.”
Incrociò le braccia al petto. “Sono certo che anche Philionel sarà d’accordo.”
Zelgadiss aveva ragione, Philionel sarebbe stato d’accordo.
Perché se avessimo attaccato il castello insieme ai suoi soldati nessuno
avrebbe garantito per la salute di Amelia… se invece fossimo riusciti ad
entrare e trovarla prima dell’attacco, qualcuno avrebbe potuto combattere con
lei e aiutarla…
Feci un mezzo sospiro. “Oh, lo so che io non posso dire
proprio nulla per criticare il tuo assolutamente personale ed egoistico
movente. Non dopo aver messo in pericolo il mondo intero solo per salvare la
vita di una persona, in ogni caso.” Replicai, in tono neutro.
Zel mi fissò, inarcando un sopracciglio. “Tengo a
sottolineare che IO non lancerei una Giga Slave. Qualsiasi persona desiderassi
salvare.”
Sorrisi fra i denti. “So perfettamente di essere io la
pazza, grazie tante. Ma non farei tanto lo schizzinoso, dal momento che quel
Giga Slave ha salvato la pelle anche a te…”
Zel scosse la testa, con fare rassegnato, ed io distolsi lo
sguardo, riflettendo febbrilmente sulla sua proposta. Se dovevo essere sincera,
l’idea di rimettermi in moto da sola e fare qualcosa di concreto in fondo mi
piaceva. Non ne potevo più del senso di impotenza quella guerra continuava a
trasmettermi…
Non pronunciammo più nemmeno una parola. Il sole era già
sorto per metà all’orizzonte, e il vento, violento e gelido, stava velocemente
spazzando via le cupe nubi dal cielo, premendo le nostre vesti fradice e gelate
contro la pelle nuda al di sotto. Tremavo per il freddo e fremevo per la
tensione del nuovo progetto, osservando Gourry risalire lungo le pendici della
collina e muoversi verso di noi, la spada ancora nella mano destra, e il volto
sporco di sangue. A dispetto del suo aspetto malridotto, ci gridò un saluto,
quando fu a portata d’udito, e ci rivolse un sorriso vittorioso. Un sorriso che
bastò a ridarmi calore più di quanto un fuoco acceso in quel momento sarebbe
stato in grado di fare. Provai ad immaginare per un momento quel volto solare e
pacifico contorto nel gelo della non vita, ma non ci riuscii. Con tutta la mia
immaginazione, non ci riuscii.
Anche dopo quella guerra, anche dopo tanto orrore a cui
avevo assistito, ero ancora convinta che le persone come Gourry rendessero il
mondo un posto migliore. Non avrei mai permesso che gli accadesse una cosa del
genere.
“Dei, come siete ridotti, ragazzi.” Scherzò lo spadaccino,
quando ci raggiunse. “Sembra quasi che abbiate appena affrontato un’orda di non
morti.”
Risposi al suo sorriso, il mio morale inaspettatamente
leggero, nonostante tutto, come le nubi che correvano lontano nel cielo, verso
il teatro della nostra prossima battaglia. “Fossi in te non farei troppo lo
spiritoso, cervello di medusa. Conoscendoti potrei davvero pensare che tu abbia
già dimenticato la battaglia, e la mia pazienza non è ai suoi più alti livelli
dopo aver volato tutta la notte sotto la pioggia…”
“Dev’essere un hobby che pratichi spesso, allora…” Suggerì
lo spadaccino, a voce abbastanza alta perché potessi sentirlo…
No, decisamente non lo avrei permesso. Se si fosse
trasformato in un demone, o in un morto, che soddisfazione avrei potuto trarre
nel colpirlo con quei meravigliosi schiaffi al centro della fronte, quando se
lo meritava?
***
Gourry si strinse nel mantello, inquieto.
Dall’altura su cui si trovava, il complesso delle mura di
quel pur periferico castello gli appariva impenetrabile come la montagna sacra
di cui talvolta sua nonna gli narrava quando era ancora un ragazzino…
Si trovavano a solo un paio di chilometri di distanza da
quello che presto sarebbe stato teatro di una delle battaglie più importanti che
gli annali di Sailune ricordassero. Erano soli. Con se stessi, con il tetro
sottofondo dei rumori del bosco, con le proprie paure.
Non era ancora certo del perché Zel e Lina avessero trovato
saggio separarsi dagli armati di Philionel, e precederli fino a lì, e
soprattutto del perché il neo sovrano di Sailune non avesse posto obiezioni di
fronte a quel progetto… Per quanto spesso avventate, aveva imparato a fidarsi
delle decisioni di Lina, ma in quei giorni gli era più facile del solito
dubitare… degli altri, e anche di se stesso. Tutto ciò che desiderava era
ritrovare la sua consueta serenità, ma il cupo presentimento che lo aveva
accompagnato nel corso dell’intero viaggio non faceva che aumentare a mano a
mano che le mura della città si avvicinavano…
“Non sono ancora certo della sicurezza del tuo piano, Lina…”
La voce della chimera risuonò alle sue spalle, rispondendo perfettamente alle
sue preoccupazioni. Zelgadiss sedeva su un destriero pezzato, lo sguardo cupo,
al di sotto del cappuccio sollevato, che scrutava in lontananza la pietra
grigia delle pareti del castello…
“E’ OVVIO che non è sicuro.” Replicò la maga, secca. “Ma è
l’unica alternativa che abbiamo. E se ha funzionato una volta non vedo perché
non dovrebbe farlo ancora.”
Lina aveva raccontato a Philionel qualcosa circa un piano di
fuga che aveva attuato quando era ancora prigioniera a sud della barriera… a
quanto pareva, aveva trovato una via d’uscita dalla prigionia attraverso uno
dei canali fognari che smaltivano le acque putride all’esterno del palazzo
reale… Philionel aveva fornito loro una mappa dei canali di scolo del castello
in cui stavano cercando di irrompere, prima che si allontanassero dalle sue
truppe…il sovrano sapeva di poter sfruttare il fatto di attaccare un castello
che si era trovato sotto la sua giurisdizione, e aveva raccolto documentazione
su tutti i possibili punti deboli che le mura offrissero ad eventuali
aggressori… i canali fognari erano una via di accesso troppo disagevole per
offrire reali vantaggi agli assedianti, ma potevano bastare a due o tre persone
per cercare di penetrare nelle mura senza essere avvistate…
Lina, Gourry e Zel precedevano gli armati di circa mezza
giornata, e attraverso quella pianta, in teoria, avrebbero potuto introdursi
all’interno della roccaforte e cercare Amelia per metterla al sicuro, prima che
l’assedio avesse inizio…
“Ma stando a quanto ci hai raccontato, e a quanto io stesso
ho assistito, il risultato della tua spettacolare fuga, ad Ulan Bator, non è
stato così esaltante, o sbaglio?” La chimera replicò all’affermazione di Lina
con freddezza impietosa…
A quelle parole, Lina ebbe un fremito, e rivolse a Zel
un’occhiata gelida. “Il cattivo esito non è dipeso dalla scelta della via di
fuga.” Replicò, in tono duro. “E comunque, se hai idee migliori, sei
liberissimo di proporle…”
Gourry sospirò, e decise di intervenire nella discussione
prima che essa degenerasse… “Cosa faremo una volta all’interno…?” Domandò,
osservando le nubi che si addensavano sulla valle, assediando un sole pallido e
spento.
“Dobbiamo farci rivelare da qualcuno dove si trova Amelia.”
Lina smontò dal suo cavallo, conducendolo con le redini ai margini della radura
in cui si erano fermati. “L’ideale sarebbe riuscire a portarla all’esterno
prima che inizi la battaglia, ma non sono certa che ne avremo realmente la
possibilità…” Si volse verso di lui, pensierosa. “E tu ed io dobbiamo trovare
quel demone. Ho bisogno di chiarire alcune questioni con lui. Senza contare che
ucciderlo significherebbe dare un considerevole aiuto a Philionel, circa
l’esito della battaglia…”
Il tono di Lina non ammetteva repliche. Né Gourry aveva
intenzione di sollevare discussioni… La maga gli appariva nervosa, in quei
giorni, in modo diverso dal solito… sapeva che ciò in parte dipendeva da lui, e
la cosa in qualche modo lo turbava. A maggior ragione, perché aveva
l’impressione di sapere cosa sarebbe servito a tranquillizzarla, e nonostante
tutto, a dispetto anche di se stesso, non sentiva nessuna propensione a
realizzare il suo desiderio…
Strinse l’elsa della spada fra le dita, avvertendo l’ormai
familiare scossa di dolore… Non voleva pensare alla lama, non voleva pensare al
valore che la sua compagna pareva darle… continuare a considerarla una semplice
arma rendeva tutto più semplice…
‘Ma l’ho davvero mai pensata come tale…?’
Sapeva che probabilmente interrogarsi su quella questione
non lo avrebbe rassicurato.
“Ad ogni modo… se abbiamo così poco vantaggio su Philionel è
meglio muoversi, no…?” Scese da cavallo a sua volta, volgendo le spalle ai suoi
compagni, cercando di troncare i suoi stessi pensieri. Sentì Zel sospirare, ma
la chimera non sollevò obiezioni. Gourry sospettava che fosse troppo
preoccupato per la principessa per manifestare realmente tutte le sue esigenze
di prudenza…
In silenzio legarono i cavalli, ed in silenzio si avviarono
lungo la via indicata dalla mappa di Philionel… Il percorso si rivelò più
tortuoso del previsto… fu complesso trovare l’imbocco del canale, e ancora più
complesso fu risalirlo… Zel e Lina si servirono della magia per creare delle
bolle d’aria in cui fosse possibile respirare, ma dovettero comunque procedere
lentamente, in fila indiana. Ci volle quasi una mattinata, per coprire pochi
chilometri. Quando rimossero con la magia la solida grata che li separava
dall’accesso alla pavimentazione in pietra dei cortili del palazzo, mezzogiorno
era già passato, e l’arrivo di Philionel doveva essere imminente…
Uscirono in silenzio nel cortile deserto, scivolando
rapidamente a ridosso delle mura, per non essere individuati. Lina continuava a
guardarsi attorno nervosamente, ma nessuno parve notarli. Il grosso delle
truppe si concentrava sulle mura, e scrutava cupamente l’orizzonte.
“Dobbiamo raggiungere l’ingresso al corpo centrale del
palazzo, e catturare una delle sentinelle all’interno.” Mormorò la maga,
nervosamente. “Dobbiamo cercare di farci guidare da Amelia senza sollevare un
polverone che rischierebbe di rovinare ogni cosa…”
Zelgadiss annuì. “Il percorso dalle mura agli edifici del
castello è troppo esposto, però… sono troppo alte le probabilità che qualcuno
ci avvisti dalle mura…”
Lina si accigliò. “Cosa proponi di fare, allora…?”
“Forse è il caso di separarsi.” Replicò la chimera, dopo
qualche istante. “Posso andare avanti da solo. Se nessuno mi avvisterà, dopo
qualche minuto proverete a raggiungermi… se mi vedranno, farò da esca, e voi
cercherete di approfittare della confusione per arrivare ad Amelia.”
La maga rifletté per qualche secondo, prima di annuire. “Sì…
forse hai ragione.” Rivolse una breve occhiata a Gourry. “Per contro, se
qualcuno si accorgesse di noi, tu potresti raggiungere indisturbato
Amelia mentre noi combattiamo… e forse anche quel demone uscirebbe allo
scoperto…” Per un momento a Gourry parve persino che la maga desiderasse che le
cose andassero così…
“Rifugiatevi nelle stalle…” Li invitò Zel, indicando
l’edificio che si ergeva a pochi metri da loro, un casermone di legno e pietra,
preceduto da un portico in cui erano ammassate enormi balle di fieno. “Da lì
non sarà possibile vedervi dall’alto… Io cercherò di arrivare ad uno degli
ingressi posteriori, quello sulla torre laggiù…” Indicò un punto, al di la
delle stalle. “Datemi solo qualche minuto, e se non sentite nulla di strano
potrete provare a raggiungermi… ”
La maga annuì, e afferrò Gourry per il braccio, prima che
potesse porre qualsiasi obiezione… lo trascinò verso il portico, e in mezzo al
fieno, mentre la chimera spariva dietro l’angolo dell’edificio…
“Lina…” Azzardò lo spadaccino, a mezza voce, quando furono
al riparo. “… non sono certo che sia una buona idea… Zel è un mago, ma è solo…
se lo cogliessero di sorpresa, potrebbero anche catturarlo senza che noi ci
rendiamo conto di nulla… potrebbero sospettare che ci sia qualcuno con lui, e
tenderci una trappola…”
“Allora finiremo in trappola, e combatteremo.” Si limitò a
replicare la maga, senza volgersi a guardarlo in volto.
Gourry sospirò, e la afferrò per un braccio, costringendola
a ricambiare il suo sguardo. “Lina…” Implorò. “Per favore, non essere avventata
solo perché sei arrabbiata con me…” Le sue dita strinsero, quando la maga fece
per replicare. “Non voglio che ti succeda di nuovo qualcosa, che ti catturino o
peggio. Per favore…”
Lina si morse il labbro, e scostò gli occhi dai suoi, come
incapace di sostenerli. “Non… non sono arrabbiata con te.” Replicò in tono
evasivo. “Davvero. Sono solo… ho i nervi a fior di pelle, Gourry. Mi dispiace
se in questi giorni sono stata brusca con te, nonostante ti fossi appena
ripreso da una ferita così grave…”
Gourry emise una risata strozzata. “Tu che ti scusi…? Ora sì
che sono preoccupato…”
Lina gli rivolse un’occhiataccia. “Non devi esserlo così
tanto, se ti diverti a fare dello spirito…”
Gourry si limitò a sorriderle, e a chinarsi a baciarle la
fronte. Lina afferrò la sua mano, che le riposava sulla guancia, e la tenne
premuta contro il suo viso.
“Temi il momento in cui affronteremo quel demone…?” Sussurrò
lo spadaccino, senza allontanarsi da lei…
“Sì…” Si limitò a replicare la maga, in tono del tutto
sincero. “E temo Elmerish, che sarà di sicuro fra queste mura…e ho paura per
Amelia, e ho paura per te… mi sento come se… fossi tornata ragazzina. Credevo
di aver superato tutto questo. Credevo che una volta diventata una maga potente
avrei saputo difendermi in ogni circostanza, e non avrei mai più avuto paura di
nulla, e invece… da qualche anno a questa parte, sono successe un sacco di cose
in grado di terrorizzarmi…” Gourry fu allo stesso tempo stupito ed onorato
della franchezza di quelle parole… era raro che Lina rivelasse tanto di sé a
qualcuno, persino a lui… la maga era una persona indipendente, e probabilmente
temeva che mostrare le sue debolezze agli altri offrisse loro un mezzo per
manipolarla… E di fronte a quella improvvisa sincerità, il senso di colpa per
il suo attaccamento a quella spada che Lina evidentemente temeva diventava
ancora più acuto…
“Mia nonna…mi diceva sempre che se si ha paura per qualcosa
vuol dire che si ha qualcosa che ci sta a cuore…” Sussurrò, fra i suoi capelli.
“E questa è una fortuna… è una fortuna per te, che per certo difenderai ciò che
ami, e la tua stessa vita, con le unghie e con i denti… come hai sempre fatto,
con successo.”
Lina chiuse gli occhi, come meditando sulle sue parole…
“L’ho fatto… anche con il tuo aiuto.” Mormorò in risposta, dopo qualche istante.
Gourry sorrise. “E il mio aiuto avrai. Sempre.”
Lina non replicò nulla. Rimase in silenzio per qualche
istante, prima di allontanarlo, e levarsi in piedi. “Dobbiamo andare, ora.”
Dichiarò, semplicemente. Ma i loro sguardi si incrociarono per un momento, e la
fiducia che quello sguardo comunicò a Gourry bastò a rincuorarlo, più di quanto
avrebbero fatto mille parole…
Si levarono in piedi, e scivolarono silenziosamente fuori
dal portico che li riparava… Sulle mura, nessuno li degnò di uno sguardo. I
soldati volgevano ogni loro sguardo all’esterno, come ipnotizzati dall’attesa
della battaglia… Gourry riconobbe, in prima fila, le armature annerite dei non
morti. I soldati parlavano, e si scambiavano sguardi inquieti. Quelle creature,
invece, semplicemente stavano in piedi, immobili, gli occhi fissi
sull’orizzonte.
Lo spadaccino fu percorso da un brivido, e distolse lo
sguardo.
Seguì Lina, scivolando lungo le pareti finché fu possibile,
e poi di corsa, nell’aperto cortile, temendo ad ogni istante di essere avvistato.
Non avvenne.
Imitò Lina nell’appiattirsi contro la parete di una delle
torri, e scivolò insieme a lei dentro una porta socchiusa.
Ad attenderli c’era Zelgadiss. “Ci avete messo un sacco.”
Commentò. “Cominciavo a preoccuparmi.”
Lina si ripulì la fronte dal sudore, generato probabilmente
più dal timore per il rischio scampato che dalla breve corsa… “Dovevamo essere
sicuri.” Replicò. “Che cos’hai lì?”
Gourry si rese conto per la prima volta che bloccata fra la
chimera e la parete c’era una figura, tremante. Aveva forse fra i dodici e i
quattordici anni, e gli abiti semplici di uno scudiero… E fissava Zel come
avrebbe guardato una creatura degli inferi…
“E’ il meglio che mi sia capitato sotto mano…” Rispose Zel,
in tono seccato. “Ho idea che il signorino, qui, stesse cercando qualche
anfratto in cui rifugiarsi durante la battaglia… quando ho aperto la porta deve
aver pensato che lo stavo venendo a stanare, e ha cercato di colpirmi con
questo…” Lanciò un oggetto a Gourry. Era un pugnale di fattura poco raffinata,
ma sufficientemente appuntito… una specie di bracciale era legato all’elsa
attraverso un anello a molla che un semplice movimento poteva far scattare, ed
aprire… in questo modo, lo si poteva tenere nascosto nella manica ed estrarre
all’occorrenza con una certa facilità… un espediente che Gourry aveva già visto
usare a certi mercenari usciti dalla Gilda dei Ladri, quando aveva combattuto a
Sailarg…
Lo passò a Lina. “Suppongo che questo sia adatto a te…”
Commentò… “Non mi sembra che tu ti faccia grandi problemi, con i colpi
scorretti…”
Lina gli riservò un’occhiataccia… ma fece comunque sparire
il pugnale fra i suoi oggetti, con una velocità degna di qualsiasi ladro di
Sailarg, cosa che Gourry si guardò bene dal farle notare…
Lina si fece avanti, le braccia incrociate, e guardò lo
scudiero con una occhiata che doveva spaventarlo ancor più del volto da chimera
di Zelgadiss… “E questo moccioso sa dove si trova Amelia…?”
Zelgadiss si strinse nelle spalle. “Stavo giusto
domandandoglielo gentilmente, prima del vostro arrivo…” Si volse, l’aria
minacciosa. “Allora, puoi portarci dove si trova la principessa?”
“S – s – s
– s…”
Lina inarcò un sopracciglio. “Non abbiamo tutto il giorno,
ragazzino…”
“Si… si trova nel mastio!” Replicò lo scudiero, in tutta
fretta. “E’… è… lungo questo corridoio, e poi ancora a destra, e a sinistra,
e…”
“D’accordo, d’accordo…” Lo interruppe Lina. “Non possiamo
rischiare di perderci, dovrai accompagnarci.” Lo squadrò negli occhi. “Senti,
noi non abbiamo alcuna intenzione di farti del male… basta che ci porti dove
vogliamo arrivare, e potrai andare senza neanche un capello in meno sulla tua
testolina bruna…”
Il ragazzo deglutì, e annuì. Ancora tremante, si avviò lungo
il corridoio buio, e per lunghi minuti li condusse lungo dedali deserti, in un
silenzio spettrale. Non incrociarono nemmeno un servitore. Tutti dovevano
essersi rintanati ovunque Oberon avesse deciso di mettere al riparo la
popolazione civile, nel corso della battaglia… Gourry, ad ogni finestra,
lanciava occhiate nervose all’esterno, ripetendosi che ormai Philionel doveva
essere vicino.
Quando giunsero alla base di una lunga gradinata, il
ragazzino si bloccò. Alle loro spalle, una porta era aperta sul cortile, e
Gourry notò come il ragazzino continuava a fissarla, esitante e speranzoso… Con
dita tremanti, indicò loro i ripidi gradini. “Per… per di qua… Ve lo assicuro,
non vi sto mentendo, è la terza stanza che incontrerete salendo…”
Zelgadiss si accigliò. “Sarà meglio per te che sia vero,
ragazzo.” Sibilò. “Perché anche tu ci accompagni in cima.”
Gli occhi del giovane si fecero lucidi. “Vi prego.” Implorò.
“E’ davvero lì. Lasciatemi andare, e non dirò nulla, ve lo giuro. Devo
andarmene. Se vi trovassero, e io fossi con voi, capirebbero che vi ho
portati io qui, e…”
“Non si discute, ragazzino.” Tagliò corto Zel. “Se è questo
che ti preoccupa, allora prega che nessuno ci trovi. Vedi di suggerirci bene
come muoverci, e…”
Zelgadiss non ebbe il tempo di terminare. Una voce,
imperiosa, risuonò dalla cima delle scale. “Che diavolo sta succedendo, qui?”
Una figura imponente seguì la domanda, vestita di bianco e oro, la spada alla
mano. Probabilmente, una delle guardie che erano state messe di guardia ad
Amelia.
Lo scudiero prese immediatamente a scalpitare. “A… aiuto! Sono
intrusi! Intrusi!”
Gourry si morse le labbra, e fece per azzittirlo, ma il
ragazzino, agile per età e costituzione, gli sfuggì di mano. In un guizzo da
animale selvatico, balzò verso il cortile, e fuggì gridando all’esterno.
“Dannazione!” Zel imprecò, e fece per seguirlo, ma la figura
del soldato gli fu immediatamente addosso. La sua spada lo avrebbe trapassato
da parte a parte, se il suo corpo non fosse stato di pietra. Invece, con un
clangore metallico, gli colpì il fianco e generò un contraccolpo che fece
perdere l’equilibrio all’armato. Senza attendere che riguadagnasse la sua
compostezza, Zel gli afferrò il braccio con cui reggeva la spada, e mormorò,
fra i denti. “Mono Volt.”
Con solo un rantolo ed uno sguardo misto di stupore e
terrore, il soldato si accasciò al suolo, il grido di dolore che gli moriva in
gola.
Rumore di passi sulle scale rivelò loro che non era solo.
Questa volta fu Lina a farsi avanti. Con cupa determinazione, li attese al
termine dei gradini, e le sue Frecce di fuoco li colpirono ancora prima che
potessero mettere piede sul pavimento in pietra del corridoio…
Gourry rimase immobile, diviso fra la volontà di restare ad
aiutarli e l’urgenza di cercare di catturare lo scudiero…
“Dobbiamo riprenderlo!” Intimò Zel, sottili gocce di sudore
che gli scendevano lungo le tempie. “Darà l’allarme!”
“No.” Replicò Lina. “Se ha già messo in allerta i soldati
uscire in cortile ora sarebbe un suicidio…” Lo afferrò per un braccio.
“Dobbiamo trovare Amelia, e dividerci. Voi due vi metterete in salvo, e Gourry
ed io faremo da esca.” Fissò Zel dritto negli occhi, e la chimera parve
cogliere ciò che era sottinteso a quella intimazione. E anche Gourry capì,
forse diversamente da quanto Lina pensava. Sapeva leggere fin troppo bene
l’espressione della maga. Voleva trovare quel demone, ad ogni costo.
“D’accordo.” Concluse infine Zel, in un sibilo. “Allora
muoviamoci.”
Senza più scambiare una parola, si precipitarono lungo
l’infinita scalinata, saltando i gradini e contando i passi. La mente di Gourry
gridava, consapevole dei rischi cui stavano andando incontro. Fissò Lina, che
lo precedeva di pochi passi, l’aria intenta in chissà quale cupa riflessione.
Avrebbe impedito che le accadesse qualcosa, pensò. La spada non cambiava le
cose. Era lei la sua priorità.
Si morse le labbra, e osservò Zel che con un semplice impeto
della sua forza sovrannaturale faceva saltare il lucchetto e spalancava la
porta. Di fronte a loro, in una stanza riccamente arredata, trovarono una
terrorizzata Amelia. La principessa era in piedi, e fissava la porta come se si
aspettasse di veder irrompere una carica di orchi. E mentre la porta di legno
massiccio si chiudeva alle loro spalle, di fronte a loro, la sua espressione
mutò dalla paura, allo stupore, alla gioia incredula.
“Zel… voi…”
Mentre la giovane erede al trono di Sailune si faceva avanti
per abbracciarli, Gourry si trovò a pregare che finalmente le cose nel mondo
stessero riprendendo il loro giusto corso…
***
La principessa ci venne incontro con le labbra serrate, e
l’aria di chi era sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Per un momento restammo tutti immobili, a fissare gli uni gli altri come
fossimo fantasmi, incapaci di dare voce al turbinio di sensazioni che provavamo
nell’essere, dopo tanti mesi, riuniti tutti nella stessa stanza.
Amelia fu la prima a cedere. Con una specie di singulto
strozzato, corse in avanti, e abbracciò Zel con tanta energia, che per un
momento credei che la chimera avrebbe perso l’equilibrio. Zel la sorresse,
lanciandoci un’occhiata imbarazzata.
“Stai… bene, Amelia…?” Domandò, in un sussurro.
Amelia sollevò lo sguardo, le guance rigate di lacrime. E in
un gesto inaspettato si sollevò sulla punta dei piedi, e stampò un bacio sulle
labbra di Zel.
La chimera parve troppo stupita per reagire. Spalancò gli
occhi e rimase immobile, mentre Gourry ed io ci scambiavamo un’occhiata
divertita. Evidentemente i lunghi mesi di distanza erano stati il giusto
propellente, per la principessa, a dimenticare parte delle sue riserve,
nonostante i timori della chimera…
Amelia si allontanò dallo sciamano, e si asciugò gli occhi.
“Pensavo fossi morto.” Singhiozzò, come a spiegazione. “Pensavo che tutti foste
morti.” Spostò lo sguardo su di noi, senza staccarsi da Zel. Quando i suoi
occhi si posarono su di me, si riempirono nuovamente di lacrime.
“Lina…” Mormorò. “Lina… allora non eri stata catturata… io
credevo che…” Si interruppe, e riprese a singhiozzare.
Mi avvicinai, e le posi una mano sulla spalla. “E’ successo.
Ma sono accadute un sacco di cose nel frattempo, e ora non abbiamo tempo di
spiegare.” Strinsi la sua spalla, e le sorrisi. “Tuo padre è alle porte della
città, e sarà felice anche lui di sapere che stai bene, Amelia. Dobbiamo
andarcene di qui, e dobbiamo farlo ora.”
Non menzionai la questione del demone, né il fatto che
Gourry ed io non saremmo andati con lei e Zel. Amelia mi pareva troppo scossa
in quel momento per aggiungere altri motivi di agitazione…
La principessa annuì, e non fece domande, non ci chiese
nemmeno come potessimo essere giunti in quel luogo. Comprendevo che era
stordita da ciò che stava accadendo, ed evitai di insistere. In fondo questo
giocava anche a nostro favore.
“Dubito che potremo seguire la stessa strada che abbiamo
seguito all’andata, a quest’ora le guardie avranno già dato l’allarme.”
Scambiai uno sguardo con Gourry e Zel, e il mio tono di voce si fece urgente.
“D’altra parte, l’attacco di Philionel è già in corso, se nella confusione
riuscissimo a trovare un rifugio sicuro, potremmo provare a nasconderci fino al
termine dell’assalto…”
Se fossimo riusciti a battere quel demone, allora i non
morti sarebbero andati fuori il controllo, e senza il supporto delle truppe di
Uregh, Oberon, che non aveva avuto il tempo di radunare tutte le sue truppe, si
sarebbe ritrovato sguarnito di difese… in quel caso, le truppe di Phil
avrebbero potuto fare breccia facilmente nelle difese del palazzo… In caso
contrario, Zel e Amelia si sarebbero trovati di fronte alla prospettiva di un
lungo assedio, dall’esito incerto. Purtroppo, tuttavia, non vedevo altre
alternative…
Zelgadiss annuì. Volse gli occhi alla principessa,
accigliato. “Amelia, conosci qualche luogo in cui potremmo nasconderci
all’interno del palazzo?”
Amelia batté le palpebre, e abbassò lo sguardo per un
momento, riflettendo. “Non lo so…” Disse, in tono esitante, dopo qualche
istante. “Forse nei sotterranei, fra i magazzini… le servitrici che mi sono
state assegnate dicevano che ce ne sono alcuni che non vengono mai aperti, ma…”
Lasciò scorrere lo sguardo su tutti noi, perplessa. “Cosa vi fa pensare che non
ci cercheranno…?”
“Se andrà tutto bene non lasceremo loro il tempo.” Replicai,
frettolosamente. “I sotterranei andranno benissimo.”
Esitammo solo un istante, ponderando mentalmente come
muoverci. Quindi, Gourry prese l’iniziativa, e si diresse verso la porta.
Non poté raggiungerla.
Con un schianto, la struttura in legno massiccio scattò
verso l’interno, rischiando di travolgere lo spadaccino, e batté sonoramente
contro la parete. Un gruppo di armati fece irruzione nella stanza, e un brivido
mi attraversò quando vidi chi li comandava.
Elmerish spiccava in tutta la sua imponenza, di almeno una
testa più alto di tutti i suoi soldati. Il suo sguardo scandagliò l’intera
stanza e quando incrociò il mio le sue labbra sottili si aprirono in uno storto
sorriso. Lo stesso sorriso che sempre deformava la sua faccia butterata prima
che il suo pugno scendesse a colpire l’inerme vittima…
Istintivamente, arretrai di un passo ed impallidii.
Improvvisamente mi sentivo presa in trappola.
“Sono qui, mio signore, come ci aspettavamo.” Dichiarò
Elmerish, volgendosi verso il corridoio. “I topolini cadono fin troppo
facilmente in trappola…” Tornò a sorridermi, sornione…
Un’altra figura si fece avanti nella stanza. Non lo riconobbi
immediatamente, perché non mi era mai capitato di vederlo da vicino, ma mi
bastarono l’aura di autorità che emanava e l’atteggiamento deferente dei
soldati nei suoi confronti per capire chi mi trovavo davanti. Oberon. Colui su
cui tutto il mio odio si era concentrato negli ultimi mesi.
Il comandante nemico ci squadrò, con i suoi occhi grigio
ghiaccio. Il suo sguardo scivolò solo brevemente su Amelia, mentre si soffermò
a lungo su Zel, Gourry e me. Dai suoi occhi, stretti nella concentrazione, trasparivano
intelligenza e capacità strategica. Per un momento mi sentii come una bestia
nelle mani di un mago che la sta sezionando.
“Sembra che avessi sottovalutato le vostre capacità.”
Osservò semplicemente, in tono pacato. “O meglio, credo di essere stato mal
consigliato.” Aggrottò la fronte, con aria vagamente seccata. “Ma gli errori si
fermano qui. Ora ho intenzione di agire di testa mia.” Rivolse un breve sguardo
ai suoi soldati, che levarono le armi, e presero ad avanzare verso di noi.
Io considerai frettolosamente le nostre opzioni. Non potevo
usare incantesimi particolarmente distruttivi lì dentro, non senza mettere a
repentaglio le nostre stesse vite. Del resto, anche se ero abbastanza certa che
avremmo potuto abbattere quegli armati anche senza azioni drastiche, chiusi in
quel palazzo eravamo come dei topi in trappola… Philionel avanzava velocemente
verso le mura, e le truppe di Oberon sarebbero state per la maggior parte
impegnate su altri fronti, ma eravamo comunque accerchiati. E poi c’era quel
demone, e c’erano i non morti… ero molto meno sicura delle nostre possibilità
contro di loro che contro dei comuni soldati…
Pensieri molto simili dovevano attraversare le teste dei
miei compagni, ma sia Gourry che Zel imbracciarono le armi e mi si affiancarono,
gli sguardi tesi. Fui stupita invece nel vedere Amelia che si tirava indietro,
mordendosi le labbra. Le lanciai uno sguardo interrogativo, ma la principessa
si limitò a scuotere la testa. Rimasi perplessa per un momento, quindi capii.
Pensandoci bene, era abbastanza ovvio. Dovevano avere fatto qualcosa per
sigillare anche la sua magia…
Mi strinsi agli altri, e feci muro davanti a lei, imprecando
fra me e me. Come se la situazione non fosse già stata abbastanza complicata…
Le guardie nemiche coprirono rapidamente la distanza che ci
separava, studiandoci con sguardi che, ne ero certa, nascondevano in parte un
sotterraneo timore per le nostre capacità… I miei occhi vagarono dai miei
avversari, a Elmerish, a Oberon, che come era saggio e prevedibile rimaneva al
riparo alle loro spalle. Se avessi potuto indirizzare un colpo verso di lui…
“Oberon.”
Quella voce profonda risuonò all’improvviso dal nulla,
facendo sussultare tutti i presenti. L’istante successivo, una figura prese
forma dall’aria fina. Una figura che non conoscevo, ma che aveva un che di
familiare…
“Che diavolo significa tutto questo?”
All’apparenza, si trattava di un sacerdote. Il viso
affusolato, dagli occhi azzurri e dalle labbra quasi innaturalmente sottili,
era incorniciato da capelli canuti, legati a coda di cavallo, che scomparivano
nel cappuccio abbassato della sua lunga veste bianca. La stoffa candida
rifletteva in modo quasi innaturale i pallidi raggi di luce che quel giorno
filtravano a stento dalle nuvole. Ma erano i suoi occhi a brillare in un modo
del tutto particolare, intenso, penetrante. Mettevano i brividi.
Mi chiesi solo per un istante dove avessi già visto quella
persona. Zelgadiss dissipò immediatamente ogni mio dubbio, afferrandomi per il
braccio e sussurrando. “E’ lui.” La sua stretta si fece ferrea, tanto da farmi
male. “E’ quel demone. E’ il sacerdote, come ti avevo detto.”
I miei occhi si spalancarono per l’improvvisa
consapevolezza, mentre il demone si volgeva verso la chimera, squadrandola con
occhi gelidi, come registrando per la prima volta la sua presenza. Quindi il
suo sguardo si posò su di me, e le sue labbra si strinsero.
“Ti avevo detto che Lina Inverse non doveva essere in alcun
modo coinvolta. Che diavolo intendi fare attaccandola?” Volse la testa verso
Oberon, il suo tono di voce ricco di mal celata minaccia.
“Avevi detto anche che la avresti tenuta lontana da qui, mi
sembra, e invece me la trovo davanti, mentre cerca di liberare la mia
prigioniera…” Replicò Oberon, secco. “Io mantengo la mia parola a patto di
ricevere il medesimo trattamento.”
Gli occhi del sacerdote si fecero gelidi. “Un demone
rispetta sempre alla lettera ciò che dice.” Sibilò. “Ho detto che non le avrei
permesso di interferire ed è esattamente ciò che farò. Ma ricordati che
coinvolgerla significherà perdere il mio appoggio in questa guerra.”
Fui stupita da un tono tanto perentorio. Sinceramente mi
sembrava irrazionale quell’accanimento nei miei confronti. Per quanto potesse
desiderare la vendetta del suo signore, che differenza poteva fare, per lui,
chi era ad uccidermi?
Mi feci avanti, senza essere in grado di trattenermi.
“Perché?” Domandai, semplicemente. “Che diavolo avete in mente, voi demoni,
sostenendo quest’uomo? E perché vuoi colpirmi personalmente, perché ora, dopo
così tanti mesi dalla caduta di Phibrizo?”
Il sacerdote si volse verso di me, accigliato. “Usa il
cervello, Lina Inverse.” Replicò, semplicemente. “Se avessi voluto ucciderti,
lo avrei già fatto. Non è questo il mio scopo.”
Aprii la bocca per replicare. E la richiusi. Che cosa…? Che
cosa?
Zelgadiss, al mio fianco, si irrigidì, e mi scoccò una lunga
occhiata, fissandomi come se mi vedesse per la prima volta. Potevo capirlo.
Quel dato era l’unico che fino a quel momento avevamo dato per scontato…
“Lina… san?” Amelia alle nostre spalle fissava la scena,
evidentemente senza capire. “Cosa sta succedendo?”
“Se… non vuoi ucciderla… allora che cosa vuoi, da lei?” Fu
Gourry a porre quella domanda, accigliato. Si fece avanti lentamente,
interponendosi fra il demone e me.
Il sacerdote strinse gli occhi, e lo fissò con
un’espressione indecifrabile. “I nostri scopi sono incredibilmente simili,
spadaccino.” Replicò, semplicemente. “Il mio compito è quello di proteggerla.”
Gli occhi di Zel si spalancarono per la sorpresa, mentre
quelli di Gourry si facevano sottili. Io potei solo continuare a fissare il
demone, ammutolita. Proteggermi? Ma perché? E che senso aveva allora tutto
quello che mi era accaduto?
“Diversamente da quanto potrete pensare, la stirpe demoniaca
non c’entra assolutamente nulla con questa guerra.” Aggiunse la creatura,
semplicemente. “L’unico motivo per cui abbiamo deciso di sostenerla è perché
avrebbe generato Caos, e di Caos noi ci nutriamo. Di Caos noi abbiamo BISOGNO
di nutrirci, dopo il duro colpo che la morte di Phibrizo ha inflitto alle
nostre schiere.” I suoi occhi si fissarono su di me, penetranti. “Quest’uomo
non avrebbe potuto tenervi testa, senza qualcosa che controbilanciasse le
capacità magiche dei sacerdoti di Sailune, per questo, per rendere la battaglia
equa e farla protrarre nel tempo, mi sono schierato dalla sua parte. E’
umiliante ridursi a interferire nei vostri stupidi conflitti umani. Guerre come
queste non sono che la dimostrazione palese di quanto il mio signore avesse
ragione, nel considerare la società che voi avete creato come irrazionale e
priva di scopo. Ma…” Le sue labbra si strinsero. “Farlo ci avrebbe permesso
anche di controllare un altro fattore. Ovvero te, Lina Inverse.” Incrociò le
braccia al petto. “Xellos ci ha avvertito che avresti sicuramente ficcato il
naso in questa guerra. E anche in virtù della momentanea debolezza che stiamo
vivendo tu sei uno strumento troppo prezioso per lasciarti rischiare di perdere
la vita in una banale battaglia. Potresti risultare molto utile, per noi, in
futuro.” Mi squadrò, inclinando la testa. “Per questo ho segnalato la vostra
posizione quando siete fuggiti da Sailune, e ho chiesto personalmente a Oberon
di farti portare il più lontano possibile dalla battaglia, ma di fare in modo
che non perdessi definitivamente la facoltà di usare la magia. E non so dirti
quale sia stato il mio disappunto quando ho saputo che ti eri liberata, e che
stavi tornando testardamente verso luoghi in cui non saresti stata al sicuro.”
Si accigliò. “E non essere così presuntuosa da pensare che ti stia mentendo,
Lina Inverse. Non sei tanto importante da far sì che anche uno solo di noi si
mobiliti per ucciderti per un motivo futile come la vendetta, non in un momento
di crisi come questo…”
Rimasi semplicemente in silenzio, troppo confusa per
rispondere. Avrei dovuto sentirmi sollevata, per il fatto di avere protettori
tanto potenti? Non ci riuscivo. Tutto ciò che provavo era uno strisciante,
penetrante senso di terrore.
Mi aggrappai a Gourry, ferocemente. “E allora perché diavolo
hai colpito il mio compagno?” Sibilai. “Lo hai detto tu stesso che anche lui,
come voi, desidera proteggermi…”
Il demone mi fissò con fare sprezzante. “Questo è ciò che
credi tu, Lina Inverse.” Sollevò una delle sue dita ossute, e indicò la spada
che Gourry brandiva di fronte a sé. “Quell’arma è forgiata con la magia di
Cheiphied.” Asserì, quasi con disprezzo. “E oltre ad essere pericoloso per noi,
chi la porta potrebbe diventarlo per chiunque dei nostri alleati. Forse anche
per te.”
Fissai per un momento la spada, incredula. La magia di
Cheiphied? Ma allora Ainos non era…
“C… cosa significa? Che diavolo sta dicendo…?” La voce di
Gourry risuonò al mio fianco, strozzata.
Spostai lo sguardo sul suo volto. Sembrava confuso, e
spaventato. Avrei voluto avere elementi per tranquillizzarlo, ma anch’io capivo
poco o niente di quanto stava accadendo.
“Sleen.” Oberon dichiarò per la prima volta, con la sua voce
profonda, il nome del demone che avevamo di fronte. “Voi creature immortali
avrete forse tempo infinito per le chiacchiere, ma io ho una guerra da vincere.
Se vuoi mettere in salvo Lina Inverse, vedi di farlo ora. Io adesso ho bisogno
del mio ostaggio.”
Fissai lo sguardo sull’austero comandante, chiedendomi se
avesse accettato di firmare con il demone un contratto per ottenere
l’immortalità. In fondo, non vedevo improbabile che il nostro avversario glielo
avesse proposto, nonostante non si trattasse di un mago, per preservare la sua
incolumità… D’altra parte, il mio istinto per qualche motivo respingeva
quell’ipotesi. Oberon mi dava l’idea di essere diffidente nei confronti delle
risorse magiche della nostra parte di continente, lo stesso modo in cui
osservava il demone pareva dimostrarlo…
“Mi occuperò io della maga e dello spadaccino.” Si limitò a
replicare il sacerdote, pacato. “Potete fare ciò che volete degli altri due.”
Oberon si accigliò al tono perentorio che il demone gli
rivolse, ma non fece obiezioni. Si limitò a inclinare la testa verso Elmerish,
e a indirizzargli un cenno di assenso. Quindi, ci volse le spalle, e sparì
attraverso la porta. Io imprecai fra me e me. Probabilmente stava tornando alle
mura, com’era prevedibile, ma questo ci toglieva ogni possibilità di colpirlo…
Il generale strinse le labbra, e mi lanciò un’occhiata che
avrei definito delusa, ma non diede altro segno di ribellione verso gli ordini
del proprio comandante. Con una obbedienza pronta che quasi stonava con il suo
aspetto selvaggio, levò il braccio, e gridò ai suoi uomini. “Prendete la
principessa e uccidete il mostro! E state attenti…” Aggiunse, in un sibilo. “…
ha la pelle dannatamente dura…”
Era sciocco, in circostanze come quelle, ma mi sentivo quasi
sollevata al pensiero che non avrei avuto a che fare personalmente con il
generale… lanciai una breve occhiata a Zelgadiss, ma la chimera mi pareva
tranquilla, particolarmente determinata. La sua espressione mi rassicurò.
Contro semplici umani, Zel non avrebbe avuto problemi. In quel momento non
potevo preoccuparmi per lui, avevo bisogno di concentrarmi su me stessa…
Scivolai velocemente davanti a Gourry, e fronteggiai il
demone, stringendo le labbra. Sleen mi squadrò, cupo, avanzando lentamente.
Quando fu a pochi metri da me si fermò, e la sua voce sovrastò il rumore del
combattimento, che già aveva avuto inizio nell’altro lato della sala…
“Scostati, Lina Inverse. E’ nel tuo stesso interesse.”
“Lina…” La voce di Gourry, alle mie spalle, fece per
commentare qualcosa, ma io bloccai lo spadaccino con un breve gesto del
braccio.
“Non ha intenzione di farmi del male, lo ha detto lui
stesso.” Replicai, semplicemente. “Ed io non ho intenzione di lasciare che lui
ne faccia a te.”
Il demone strinse gli occhi. “Stimi la sua vita più della
tua, Lina Inverse?” Replicò, freddamente. “Quella spada… non è fatta per
combattere le tue stesse cause. Quella spada diventa progressivamente un
tutt’uno con chi la impugna, e lo porta a combattere contro quelli come noi. Tu
non sei una creatura della luce.” Fece un passo avanti. “Nemmeno sei nostra
alleata. Ma la tua anima non è certo limpida, Lina Inverse. E un giorno
potresti diventarlo, che tu lo voglia o no. Quest’uomo non ti permetterà certo
di portargli via la sua arma prima che questo accada. E potrebbe anche riuscire
ad ucciderti, in quella occasione…”
Strinsi le labbra, ma mi rifiutai di muovermi di un passo.
Ero terribilmente confusa, riguardo alle parole del demone e alla natura della
spada, ma in quel momento non volevo fare domande. Temevo che le risposte
avrebbero potuto modificare il mio agire nei confronti di Gourry, e in quelle
circostanze sentivo di non potermelo permettere.
“Vorrà dire che ci penserò quando arriverà quel momento.”
Replicai, semplicemente, pregando che la paura non trapelasse dalla mia voce.
La creatura strinse gli occhi. “Non ucciderti non implica
impedirti di soffrire, Lina Inverse.” Fece un altro passo avanti.
“Evidentemente dovrò fare in modo che tu non sia in grado di metterti in
mezzo…” Protese una mano verso di noi, gli occhi stretti in una sottile
fessura. E l’istante successivo avvertii le fiamme lambire la mia pelle.
Feci appena in tempo ad evocare uno scudo magico. Il dolore
lancinante al braccio, provocato dal fuoco, per poco non lo infranse. L’impatto
mi spinse contro Gourry, che mi afferrò con violenza, impedendo ad entrambi di
crollare al suolo.
Tossii, accecata dal fumo, cercando di recuperare
l’equilibrio e liberarmi dalla stretta ferrea del mio compagno. Gourry non me
ne diede il tempo. Con un gesto brusco, mi scostò di lato, e levò la spada di
fronte a sé.
‘Gourry!’
Il grido mi si strozzò in gola. Prima che potessi fare
qualsiasi cosa, il mio compagno era scattato in avanti, e si era gettato contro
il demone.
“No!” Riuscii a urlare, scattando in avanti a mia volta.
“Gourry, non puoi rischiare!”
La spada del mio compagno si incrociò con gli artigli della
creatura. Il demone non aveva più l’aspetto rassicurante con cui era apparso…
ora, aveva riguadagnato le sembianze con cui lo avevo visto per la prima volta,
quando mi aveva attaccato nel bosco. Stava fissando Gourry con quella strana
espressività che il suo volto senza lineamenti emanava, un misto di rabbia e
tensione, che rivelava un innaturale timore nei confronti del semplice umano
che gli si parava di fronte. Per un momento, ebbi l’impressione di vedere
l’aria fra i due accendersi.
In preda all’angoscia, protesi la mano e cercai di mirare,
ma i movimenti dei due combattenti erano troppo veloci perché potessi usare la
magia senza rischiare di colpire anche Gourry. Lo sguardo dello spadaccino era
completamente concentrato sull’avversario, un azzurro cupo che in quel momento
mi sembrava insondabile. Solo una cosa mi appariva chiara, una consapevolezza
che in quel momento bastava ad atterrirmi. Lo spadaccino non stava combattendo
per difendermi. Non ero certa di capire i motivi che lo muovevano, ma non era
la paura per quello che avrebbe potuto succedermi a spingerlo ad attaccare. E i
suoi occhi somigliavano pericolosamente a quelli che avevano incontrato i miei,
quasi un anno prima, durante la lotta con Phibrizo. Un secondo prima che la sua
lama scendesse per colpirmi.
La paura mi attanagliò lo stomaco con una violenza tale che
la nausea mi assalì, e per un momento temetti di perdere l’equilibrio.
Indietreggiai verso la parete, cercando un appoggio per sorreggermi, ma non fu
la dura pietra che incontrai. Una stretta ferrea, pelle sudata ed un alito
fetido intercettarono la mia ritirata serrandomi in un abbraccio nauseabondo.
Sussultai, e il mio sguardo cadde immediatamente sulla mano che si era stretta
attorno al mio polso, per risalire lungo l’enorme braccio che da essa si
dipartiva.
La mia bocca si spalancò, incontrando il volto butterato di
Elmerish.
“Di’ la verità, mocciosa. Ti sono mancato…”
Le mie labbra si richiusero e si riaprirono,
incoerentemente. Volevo reagire in qualsiasi modo, ma non ne ebbi il tempo.
L’istante successivo, le dita di Elmerish si erano già chiuse attorno alla mia
gola.
“Ma ora non dovrai più soffrire. D’ora in poi saremo sempre
insieme…”
Feci appena in tempo ad accorgermi del respiro che veniva a
mancarmi.
In un attimo, le tenebre mi catturarono.
***
Zelgadiss aveva stranamente perso coscienza del mondo che lo
circondava. Tutto ciò che vedeva erano i soldati che li accerchiavano
lentamente… Quella situazione era simile a quella in cui lui ed Amelia si erano
trovati il giorno della caduta di Sailune, troppo simile perché potesse
permettersi di commettere gli stessi errori.
‘Non devo lasciarmi distrarre dal gigante. Non devo
allontanarmi da lei.’
Ma il generale nemico sembrava non avere intenzione di
attaccarlo. In piedi vicino all’ingresso da cui era sparito Oberon, si limitava
a scandagliare la stanza con lo sguardo, lasciando ai suoi uomini il compito di
avvicinarsi.
‘Una scelta saggia, probabilmente.’
Se Zel fosse rimasto ucciso, Amelia non sarebbe potuta
scappare da nessuna parte. Al gigante conveniva restare ad osservare mentre i
suoi uomini lo attaccavano, studiare come combatteva senza l’urgenza di
rischiare in prima persona. Sarebbe stato molto più semplice, per lui,
combattere la chimera come ultima risorsa, qualora fosse stato necessario, dopo
averne compreso le mosse e la strategia, e quando fosse stata stremata dai
numerosi duelli…
‘Che venga, anche lui. Non ho paura di questi uomini che non
sanno cosa sia la magia.’
Lanciò uno sguardo ad Amelia, premuta fra la sua schiena e
la parete, che fissava i soldati con aria preoccupata. Per un momento fu felice
di ciò che Rezo gli aveva fatto. Il suo corpo di pietra gli stava tornando
utile in più di una occasione, in tutta quella faccenda.
‘E’ utile, in una vita in cui le lotte non finiscono mai…
forse non si può separare da essa.’ Il suo sguardo si rivolse nuovamente agli
avversari. ‘E’ questa la vita che più mi appartiene?’ Zel scosse la testa, e
scacciò quei pensieri. In quel momento doveva svuotare la testa. In quel
momento doveva solo pensare a combattere.
I soldati parevano esitare, di fronte al suo aspetto.
Continuavano a temporeggiare, studiandolo senza osare attaccare. Zel decise che
avrebbe dovuto aprire le danze, e che avrebbe fatto immediatamente capire a
coloro che aveva di fronte con chi avevano a che fare…
Arretrò di un passo, e si concentrò su una formula. “Burst
Rondo!” Recitò, un istante dopo. Le fiamme lambirono le armature e la pelle
della cerchia di soldati che più da vicino lo stringeva, e le grida ed il lezzo
di carne bruciata invasero in un istante l’ambiente chiuso in cui erano
costretti. Mormorii di terrore si diffusero fra gli armati, ed alcuni presero
ad arretrare, ma vennero incalzati, travolti, da quelli che, catturati dalla
rabbia, o forse spinti dalla paura, si mossero per attaccare. Colpire, prima
che l’avversario possa reagire. Era una lezione che veniva impartita ad ogni
buon soldato…
Zel avvertì Amelia emettere un singulto strozzato, mentre
una marmaglia di soldati si gettava su loro in massa, le lame che li
raggiungevano da più direzioni.
“Burst Rondo!” Ripeté Zel, senza farsi prendere dal
panico, e restando fedele alla sua strategia. Un incantesimo di potenza
limitata, ma che colpisse più obiettivi contemporaneamente, era la scelta più
adatta in quelle circostanze, contro numerosi soggetti, particolarmente proni a
lasciarsi intimorire dalla magia. Peraltro, lo spazio limitato in cui i loro
avversari potevano muoversi andava a vantaggio di Zel. Una solida parete alle
spalle e tre o quattro persone alla volta di fronte per lui erano una
sufficiente garanzia del fatto che gli armati nemici non sarebbero arrivati ad
Amelia. In quel momento, riparare la principessa era la sua priorità. Per quel
che lo riguardava, la sua pelle di pietra era più efficace di qualsiasi
corazza…
Zelgadiss lanciò uno sguardo al di sopra delle teste dei
soldati in direzione dell’ingresso della sala, ma non vide il gigante. Si
chiese se il generale nemico non forse corso a cercare rinforzi. Le grida al di
fuori delle finestre gli testimoniavano che i combattimenti sulle mura avevano
già avuto inizio. Se anche quel mostro era scappato in cerca di aiuto, non
sarebbe riuscito molto facilmente a recuperare uomini che potessero
disimpegnarsi dalla battaglia…
‘Ad ogni modo, è meglio farla finita in fretta.’
“Frecce di Fuoco!”
Zel in genere preferiva combattere con la spada, piuttosto
che con la magia. Era un’abilità che sentiva maggiormente propria, mentre la
sua capacità magica portava sempre in sé, in qualche modo, il peso del
terribile intervento del suo odiato parente nella sua vita. In quel momento,
però, i suoi sentimenti avevano scarsa rilevanza. Se la sua magia poteva
diffondere terrore, allora lo avrebbe fatto. Zel era sempre stato una persona
concreta, ma quei mesi perennemente sul chi vive lo avevano reso ancora meno
propenso a concentrarsi sugli inutili formalismi…
Al terzo attacco respinto, il panico fra i soldati prese a
farsi tangibile. Anche gli sguardi degli armati presero a levarsi, alla ricerca
del loro generale, e di fronte alla sua assenza il terrore che fino ad allora
era corso sottilmente fra i suoi sottoposti prese improvvisamente il
sopravvento.
Zel non diede loro nemmeno il tempo di elaborarlo.
Il suo attacco divenne incalzante, e ben presto
l’atteggiamento difensivo dei soldati si trasformò in una fuga.
Nessuno gridò alla ritirata, ma in una sorta di tacito,
folle accordo i soldati presero a sciamare come una marea incontrollata verso
il corridoio. Qualcuno cadde, e venne inesorabilmente calpestato, ma la maggior
parte degli uomini si ammassò all’ingresso, creando una barriera che impediva a
chiunque di fuggire all’esterno.
‘Topi in trappola.’ Pensò Zel, osservandoli mentre si
attaccavano gli uni con gli altri per uscire.
Il generale era stato avventato, ad andarsene. Zelgadiss non
dubitava che i soldati di Oberon fossero addestrati ad affrontare qualsiasi
avversario con sprezzo della loro stessa vita, ma qui non era la semplice paura
della morte ad entrare in gioco… temevano la sua magia, come si teme tutto ciò
che non si conosce, e non si comprende. Zelgadiss poteva solo immaginare il
livello di tensione che quegli uomini potevano avere accumulato, costretti per
mesi a combattere a fianco di creature come i non morti. Non dubitava della
loro obbedienza, ma i suoi misteriosi poteri dovevano essere stati la spinta
definitiva all’esplosione dei loro timori. La fuga doveva apparire una
soluzione semplice a degli uomini terrorizzati, senza la massiccia presenza del
gigante a promettere loro retribuzioni ancora più temibili della magia per la
loro defezione…
Zel si chiese se dovesse cercare di fermarli, ma decise di
lasciarli andare. Se avessero diffuso un po’ di terrore nei loro compagni,
probabilmente la cosa sarebbe andata a loro gioco…
Si volse verso la principessa, accigliato.
“Stai bene, Amelia?”
La giovane annuì, pallida. Zelgadiss aveva l’impressione che
fosse piuttosto scossa, e non poteva biasimarla. Dopo mesi di stasi, tutto era
successo incredibilmente in fretta, persino per lui. Ma se tutto fosse andato
bene, presto avrebbero avuto tempo per lasciarsi alle spalle la stanchezza, il
dolore e quel continuo, pressante senso di ansia…
“Zel…” Esordì Amelia, fissandolo con occhi liquidi. “Dov’è
Elmerish…?”
“Intendi il gigante?” La chimera si accigliò. “Lo ho perso
di vista dopo l’inizio del combattimento, ma…” Scandagliò per un momento la
stanza alle sue spalle. Le poltrone erano riverse al suolo, sedie e tavolo
erano anneriti dalle fiamme. Le tende del baldacchino, sull’altro lato della
grande sala, erano dilaniate, così come i pregiati arazzi alle pareti, là dove
la spada di Gourry, ancora impegnata contro il demone, li aveva raggiunti.
“Un momento…” Si bloccò, osservando accigliato la
devastazione della sala. “Che fine ha fatto Lina?”
Amelia batté le palpebre, e lanciò uno sguardo oltre la
figura massiccia della chimera. Immediatamente, la preoccupazione tornò a
catturare il suo sguardo. “Zel!” Lo fissò negli occhi, e si aggrappò alla sua
veste, la voce colma di ansia. “Elmerish! Lui la aveva catturata! La ha portata
via di nuovo!” Fece per scattare verso la porta, ma la chimera la bloccò,
afferrandole i polsi percercare di
calmarla. “Amelia.” Pronunciò il suo nome con fare perentorio, nella speranza
di frenarla. “Calmati. Lina può usare la magia. Lo avrà seguito di sua
iniziativa.”
Amelia scosse la testa violentemente, e si divincolò,
cercando di liberarsi. “Non avrebbe lasciato Gourry a combattere da solo!”
Zelgadiss si chiese se fosse vero. In condizioni normali, se
anche Lina si fosse allontanata dallo spadaccino nel bel mezzo di un
combattimento, la chimera non lo avrebbe trovato eccessivamente strano.
Lina si fidava di Gourry, e per quanto potesse preoccuparsi per lui, Zel era
convinto che la maga avrebbe saputo lasciare nelle mani dello spadaccino una
lotta in cui egli poteva districarsi da solo, se la necessità lo avesse
richiesto.
D’altra parte, quelle non erano condizioni normali.
“Dobbiamo aiutare Gourry.” Risolse. “Questo castello è
troppo grande, se ci mettessimo a cercare Lina ora potrebbero volerci ore.”
Levò lo sguardo verso il combattimento, lo spadaccino ed il demone che si
studiavano con fare ostile, apparentemente ignari entrambi del mondo che li
circondava. “Se quella creatura muore, i non morti andranno fuori controllo, e
tuo padre vincerà questa battaglia. E se il castello cadrà, non saremo più noi
quelli che si muovono in terreno nemico. Allora anche Elmerish sarà messo alle
strette, ovunque egli sia.”
‘Saresti d’accordo con me, vero, Lina?’
Zelgadiss era preoccupato per la maga. Ma aveva anche la
sensazione che, se in quel momento la sua amica si fosse trovata con loro, lo
avrebbe tacciato di stupidità se avesse proposto qualsiasi sua altra soluzione…
Amelia improvvisamente parve sul punto di scoppiare a
piangere. Zelgadiss aveva l’impressione che i suoi nervi avessero raggiunto il
punto massimo di tensione… “Non puoi parlare sul serio!” Gridò. “Che cosa
succederà a Lina nel frattempo? Come puoi essere così dannatamente
razionale???” Lo accusò, la voce ora stridula.
Zelgadiss le afferrò le mani, e le strinse, cercando di
farla ragionare. “Ascoltami, Amelia.” La costrinse a guardarlo. “Ho paura
quanto te per Lina. Ma anche Gourry ha bisogno di noi, e anche tuo padre. Non
abbiamo la certezza che Lina se ne sia andata di qui contro la sua volontà, e
non abbiamo il tempo di appurarlo. Ma sappiamo che c’è bisogno di noi qui, adesso!”
Amelia si ritrasse nuovamente, mordendosi il labbro
inferiore. “Posso seguirla da sola!” Replicò, con fare sprezzante. E Zelgadiss,
a dispetto della situazione, trovò in qualche modo confortante trovarsi di
fronte alla consueta testardaggine di Amelia…
“Ed io non posso impedirtelo.” Replicò Zel, secco. “Ma posso
chiederti di non farlo.” Aggiunse, in tono stanco. “Tu non puoi usare la magia,
ora, Amelia… ti ho detto che temo per la sorte di Lina…” Fece una breve pausa.
“… non costringermi ad essere terrorizzato di nuovo anche per te…”
Amelia a quelle parole, semplicemente ammutolì, il suo
sguardo improvvisamente indecifrabile… per un momento Zel ebbe l’impressione
che volesse replicare, ma all’ultimo le sue labbra si strinsero in una linea
serrata, e la principessa abbassò lo sguardo. La mano che ancora spingeva
contro il suo petto per allontanarlo allentò lentamente la sua pressione,
scivolando inerte lungo il fianco della principessa. Quindi, con un sospiro, la
giovane si ritrasse.
“Fa’ quello che devi.” Replicò, semplicemente.
Zelgadiss sospirò a sua volta, sollevato, nonostante tutto.
Si volse nuovamente ad osservare i due combattenti,
chiedendosi se si fossero resi conto di quanto stava accadendo. I loro sguardi
sembravano smentirlo. I loro occhi erano allacciati in una silenziosa lotta,
gli istanti in cui spada ed artigli si incrociavano erano intervallati da lunghi
momenti di stasi, in cui i due avversari si limitavano a studiarsi. Zel si
chiese se avrebbe potuto trovare un’apertura e venire in aiuto dello
spadaccino…
“Gourry!” Si arrischiò a gridare. “Fatti indietro! Userò la
magia!”
Gli occhi del demone si volsero fulmineamente verso di lui.
La creatura parve rendersi conto solo in quel momento della sua presenza e
delle condizioni della sala che li circondava. Della devastazione e dei
cadaveri, e presumibilmente della mancanza della maga. Sorpresa e rabbia catturarono
il suo sguardo in un istante, e per qualche secondo il demone rimase a
fissarlo, gelido.
Quindi, la spada scese a dilaniarlo, inesorabile.
Lo stupore travolse qualsiasi altra emozione sul suo volto.
La creatura si volse boccheggiante verso il suo avversario, la cui attenzione
non era stata minimamente scalfita dal richiamo di Zelgadiss. Gourry pareva non
averlo nemmeno sentito. Si era avventato sul demone come una furia, non appena
un attimo di distrazione gli aveva garantito un’apertura…
Il demone crollò al suolo, reggendosi la spalla squarciata.
Avrebbe forse voluto usare le sue capacità per sparire, ma Gourry non gliene
diede il tempo. La sua lama calò un’altra volta su di lui tagliando la sostanza
oscura che lo componeva, costringendolo urlante al suolo.
Gli occhi della creatura si levarono verso lo spadaccino,
saturi di sofferenza. “E’… tardi…” Mormorò. “Avrei dovuto… colpirti molto
prima… maledetti… servitori di Chiepied…”
La spada di Gourry calò, un’ultima volta. Si piantò nella
gola del demone sacerdote, ed improvvisamente l’aria parve essere dilaniata dal
suo grido di dolore. In un istante infinito la creatura si contorse,
ripiegandosi su se stessa al suolo. Quindi, la sua figura si dissolse
nell’aria.
Gourry fece un passo indietro, e rinfoderò la spada. Zel era
ammutolito. Si trattava di un demone di livello non particolarmente elevato,
certo… ma non aveva mai visto Gourry combattere con quella efficacia, e quella
ferocia. Gli tornarono in mente le parole di quella creatura riguardo alla
spada. Una creazione della magia di Cheipied, una forma di magia bianca che
fatta eccezione per i draghi dorati nessuno era più in grado di praticare sul
continente. Magia bianca. Tale definizione poteva davvero associarsi allo
sguardo gelido e feroce che lo spadaccino vestiva in quel momento?
“Gourry!” La principessa al suo fianco scattò verso la
figura dello spadaccino. “Gourry-san!” Si corresse, fronteggiandolo, come
ricordandosi all’improvviso dei formalismi che gli anni di educazione alla
corte le avevano impresso nella mente. “Sei ferito? Stai bene?”
Gourry si volse verso di lei, ansimante, e per un momento il
suo sguardo apparve smarrito, come se non la riconoscesse. Quindi, la
comprensione si fece strada nei suoi occhi, e i suoi tratti tornarono lentamente
alla consueta distensione. “Amelia…” Replicò, spaesato come se si fosse appena
svegliato da un lungo sogno. Si guardò attorno, sottili gocce di sudore che gli
imperlavano la fronte, e gli scendevano lungo le tempie, e sugli occhi. “Il…
combattimento… voi… state…”
“Lina –san è sparita!” Si limitò a replicare la principessa,
con urgenza. “Elmerish la ha portata via! Dobbiamo andare subito a cercarla!”
L’allarme catturò immediatamente lo sguardo dello
spadaccino. “Come sarebbe a dire sparita?” Si volse, e i suoi occhi
incrociarono quelli di Zel. Quando la chimera non smentì, lo sguardo di Gourry
prese a vagare freneticamente lungo le pareti della sala, incredulo. “Non è
possibile! Lei era proprio…”
“… dietro di te.” Terminò Zel, per lui. “Ma non era sul
difenderla che eri concentrato. O sbaglio?” Il tono della chimera era pacato,
ma Zelgadiss era consapevole del peso che le proprie parole avevano per lo
spadaccino. E non era intenzionato a trattenersi. Quell’atteggiamento da parte
di Gourry lo inquietava. In quel momento si sentiva disposto persino ad essere
crudele, pur di riscuoterlo.
Gourry rimase immobile per un momento, la bocca spalancata,
lo sguardo atterrito. Quindi si morse le labbra e scosse la testa, con aria
improvvisamente risoluta. “Dobbiamo muoverci!”
Fece per scattare verso la porta, e Zelgadiss dovette
trattenerlo a forza, rischiando di essere travolto dalla sua furia. “Aspetta!”
Gridò. “Dove hai intenzione di cercarla???”
Gourry si scrollò dalla sua presa, con violenza. “Non lo
so!” Replicò, con foga. “Alle mura!”
Zel indietreggiò di un passo, e rimase per un momento in
ascolto delle grida e dei rumori della lotta, che giungevano dalle mura. In un
crescendo cacofonico, avevano invaso l’aria, tanto che se Zel avesse chiuso gli
occhi non gli sarebbe stato difficile immaginare di essere nel mezzo della
battaglia. Si chiese se sarebbe stato prudente andare laggiù. Quindi, rise del
suo stesso dubbio. Non, non sarebbe stato prudente. Sarebbe stato come scendere
all’inferno.
Gourry non parve porsi il problema. Senza attendere altre
repliche, si precipitò fuori dalla porta, nel corridoio e lungo le scale che a
spirale scendevano dal mastio. Zelgadiss lanciò un’occhiata ad Amelia, ed
insieme gli si accodarono. Mentre correva, dalle finestre della torre scorse
per la prima volta lo scenario al di sotto.
E il paragone con l’inferno non gli parve più così
iperbolico.
I non morti erano effettivamente andati fuori controllo,
come avevano pensato. In realtà, Zel si era aspettato qualcosa di spettacolare,
forse una scenografica dissoluzione collettiva… ma quelle creature parevano
poco disposte ad abbandonare la loro non vita. Avevano continuato a combattere,
ma senza più un obiettivo preciso. Si erano rivoltati contro i loro stessi
alleati, seminando terrore e morte fra le fila sulle mura. Qua e là, dove gli
uomini di Philionel erano riusciti a fare irruzione nelle linee nemiche, si era
creata una paradossale alleanza fra i vessilli bianchi di Sailune e quelli
dorati di Oberon contro le creature, e frecce e lance infuocate volavano in
ogni dove.
Zelgadiss distolse lo sguardo. Se avesse osservato ancora la
sua razionalità gli avrebbe imposto di fuggire, e non voleva farlo. Anche lui
voleva ritrovare Lina, anche se non era certo che il gigante avesse effettivamente
voluto fare ritorno al suo comandante … Oberon gli aveva ordinato di
accondiscendere alla volontà del demone, e il generale si era allontanato prima
che la creatura morisse, quando ancora il suo Signore non sarebbe stato felice
di vederlo arrivare trascinando con sé la prigioniera… non capiva che cosa il
gigante avesse in mente…
Giunsero alla base della torre, ansimanti. Amelia pareva
stremata, i capelli un tempo raccolti le erano precipitati sul viso, e la sua
lunga veste era in disordine, la spallina destra abbassata, la gonna
stropicciata laddove la principessa la aveva tenuta sollevata con le mani, per
non precipitare sui gradini. Zel frenò, aspettandola alla base della scala
mentre li raggiungeva, lanciando sguardi inquieti ai corridoio che si diramava
di fronte a loro, aprendosi da un lato ai cortili, e perdendosi dall’altro
nelle profondità del castello.
“Dove?” Gourry si volse, rivolgendosi ad Amelia.
La principessa frenò la sua discesa, perplessa. “Credo…
vicino al portale principale, se vuoi trovare Oberon… diritto attraverso il
cortile, ma…”
Lo spadaccino non le lasciò il tempo di terminare. Con un
balzo, superò i gradini all’ingresso del mastio, e si gettò nel cortile.
Zel sospirò, e si rassegnò a seguirlo, ancora una volta.
Giunti al centro del cortile, tuttavia, tutti e tre dovettero fermarsi. La
polvere sollevata dagli stivali dei soldati era soffocante, e il caos regnava
sovrano. I combattimenti si concentravano per lo più sulle mura, ma qua e la
dilagavano anche all’interno della cerchia, e incendi sparsi stringevano gli
armati da ogni dove.
Zelgadiss sollevò il collo della sua tunica, perché la
stoffa gli riparasse la bocca dalla polvere. “Non li troveremo mai!” Gridò,
cercando di sovrastare il caos.
“Là!” Amelia lo smentì, immediatamente, indicando con la
mano una figura in bianco, in cima alle mura. Per un momento Zelgadiss sperò di
scorgere Elmerish, ma tutto ciò che vide fu Oberon, intento a gridare ordini in
cima alle mura.
“Lina… non vedo Lina!” Gridò Gourry, la voce strozzata a
causa della gola secca.
Zel scosse la testa. “Non è con lui…” Il suo sguardo guizzò
verso l’alto, dove una freccia era appena scoccata a pochi metri dalle loro
teste. “Togliamoci di qui!” Afferrò Amelia per un braccio, e la trascinò verso
la parete della torre, al riparo dalla furia dei combattimenti.
“Non possiamo restare così allo scoperto!” Gridò, rabbioso,
verso lo spadaccino. Non era colpa di Gourry, ma aveva i nervi a fior di pelle.
“Amelia non può usare la magia, e non abbiamo idea di dove cercare! Siamo
ancora in campo nemico, dobbiamo ripararci da qualche parte nell’attesa che
Philionel faccia irruzione qua dentro!”
“Tu e Amelia mettetevi al riparo!” Gridò Gourry, di rimando.
“Io vado a cercare Lina!”
Zel lo afferrò per il braccio sinistro, con violenza.
“Gourry, non puoi andare là in mezzo da solo!” ‘Se te lo lasciassi fare Lina
non me lo perdonerebbe mai…’
Zelgadiss aveva paura per lo spadaccino a causa della
battaglia che infuriava, ma non solo… Temeva che Gourry fosse nuovamente sul punto
di perdere il controllo, e mai lo aveva visto audace e sprezzante della propria
vita come in quei momenti…
“Rifletti.” Aumentò la stretta sul braccio dello spadaccino,
sperando di riuscire a convincerlo. “Elmerish non può andare da nessuna parte. E’
qui in trappola, come noi. Lo staneremo appena il combattimento sarà finito.”
Gourry scosse la testa, e cercò freneticamente di liberarsi.
“Potrebbe succederle qualsiasi cosa nel frattempo! Oppure Elmerish potrebbe
cercare di fuggire da dove noi siamo entrati!”
Zel spalancò gli occhi, colpito da quella ipotesi come da
uno schiaffo in fronte. Il condotto fognario! Il generale ben sapeva che doveva
esistere una falla nella difesa del castello, loro stessi glielo avevano
dimostrato… se avesse costretto Lina a rivelargli qual era…
Zelgadiss si rifiutò comunque di lasciarlo andare.
“L’ingresso del condotto fognario è dall’altra parte del cortile, Gourry.”
Lanciò uno sguardo alle stalle in fiamme. Quello che normalmente sarebbe stato
un percorso di pochi minuti, in quel momento appariva come un impenetrabile
bolgia infernale. “Calmati e rifletti. Non puoi farti strada là in mezzo da
solo, non ora.”
Il volto di Gourry divenne una maschera cupa. “Tu non
capisci.” Ringhiò. “Tre mesi fa lui la ha portata via allo stesso modo
ed io, per sciocca prudenza, mi sono lasciato convincere a non intervenire. Ma
ora basta. Basta.” Cercò di liberarsi dalla sua stretta ferrea, ma la
chimera, sfruttando tutta la sua forza, si rifiutò di lasciarlo andare. Non
capiva a cosa Gourry si stesse riferendo. Sapeva solo che c’era una nota di
follia nel suo sguardo, e che non poteva lasciarlo andare in quelle condizioni…
Amelia fissava la scena in silenzio, atterrita. Zelgadiss
poteva capirla. Non li incontrava da mesi, e liti come quelle non erano certo
all’ordine del giorno, prima che si separassero…
“Dovrai colpirmi se vuoi che ti lasci, Gourry.” Sibilò la
chimera, cercando di non lasciarsi distrarre dalla principessa. “Lina non
vorrebbe che tu ti sottoponessi ad un rischio simile.”
Gourry si accigliò. “Allora scusami, Zel. Scusami tanto.” Lo
spadaccino arretrò di un passo, tanto quanto la stretta di Zel gli permetteva,
e per un momento la chimera credé che fosse tanto furente da tentare davvero di
colpire a nude mani la sua pelle di pietra.
Questo, finché non lo vide mettere mano alla spada.
La paura lo attraversò come una fredda lama, e si ritrovò ad
essere immobilizzato dal terrore. A guardarsi come dall’esterno mentre le dita
dello spadaccino si chiudevano attorno all’elsa ed estraevano l’arma, che
emanava riflessi cristallini alla luce pallida del sole…
‘Vuole uccidermi.’ Fu l’unico pensiero che il suo cervello
gli gridò con violenza, mentre la lama arretrava per un attimo, solo un attimo,
riflettendo la sua luce nel blu cupo, liquido, dello sguardo della principessa,
che osservava con gli occhi spalancati.
Quindi, il dolore lo invase. Un dolore penetrante,
lancinante, mille specchi che si infrangevano nel suo corpo, mille grida,
stridule, che gli perforavano i timpani. Un dolore che in anni di battaglie gli
pareva di non aver mai provato.
Gourry non lo aveva colpito con la spada. Gliene aveva
consegnato l’elsa in mano.
Istintivamente, la chimera lo lasciò andare, e indietreggiò.
La sua intenzione era solo quella di abbandonare la presa sull’arma, ma la sua
mente non aveva più il controllo dei suoi movimenti. Il suo corpo ondeggiò
malamente, prima di finire al suolo.
“Zel!!!”
La principessa fu immediatamente in ginocchio al suo fianco,
l’espressione preoccupata. Zelgadiss inizialmente non le prestò attenzione. Il
sollievo portato dall’interruzione di quel dolore insopportabile era talmente
intenso che persino le sensazioni dal mondo esterno gli giungevano ovattate.
Un’unica consapevolezza era nitida nella sua mente. L’immagine di Gourry, di
spalle, che spariva in mezzo alla polvere.
Abbandonando al suolo la sua spada.
***
Annaspai, e cercai di aprire la bocca per prendere fiato.
Non vi riuscii. Qualcosa, un velo impenetrabile bloccava
l’accesso all’ossigeno. Cercai di gridare, di dire qualcosa, ma non ne ero in
grado. La testa mi girava, il mio stomaco era stretto in una morsa, e mi veniva
da vomitare. L’agitazione mi colse, e per un momento pensai che sarei morta
soffocata. Quindi, mi resi conto che continuavo a respirare attraverso le
narici.
Cercai di riscuotermi, ma la mia testa era così assurdamente
confusa che non ero nemmeno certa di cosa stesse accadendo attorno a me. Mi
pareva di galleggiare in un mondo ovattato, fatto di suoni assordanti.
“Hmm… Hmm…”
Emisi qualche suono sconnesso, ed improvvisamente la terra
smise di muoversi. Un dolore improvviso alla schiena mi rivelò che ero stata
appena sbattuta contro una parete e, fra le indefinite macchie di luce che mi
annebbiavano la vista, apparve, come una visione terrifica, il viso di
Elmerish.
I miei occhi si spalancarono immediatamente. Ebbi appena il
tempo di prendere coscienza della presenza del gigante che incombeva su di me,
prima che un sonoro schiaffo calasse sul mio volto, minacciando di spezzarmi il
collo. Boccheggiai, avvertendo in bocca il sapore del mio stesso sangue, mentre
il sibilo familiare della voce del generale raggiungeva le mie orecchie.
“Ora io ti libero la bocca, e tu non gridi o tenti strani
scherzi… sono stato chiaro?”
Non avevo la forza di annuire, ma la domanda del gigante non
pareva presupporre una risposta.
Rimasi immobile, mentre il fazzoletto intriso di sangue
veniva rimosso dalle mie labbra.
Non capivo dove ci trovassimo. Il clamore della battaglia
giungeva alle mie orecchie solo da lontano, e le pareti sembravano chiuderci
nello spazio ristretto di un corridoio, il che mi fece dedurre che dovevamo
esserci inoltrati in un qualche meandro del palazzo… da qualche parte, un
fiotto d’aria fredda penetrava fra le pietre scure, gelandomi il sangue nelle
vene, intorpidendo le mie membra.
“Noi… abbiamo…?”
Non ebbi il tempo di terminare. Le dita di Elmerish si
strinsero sulle mie spalle, e mi scossero con violenza. “Dimmi dov’è!”
Non capivo. “C… cosa…?”
“La falla!” Mi incalzò Elmerish. “Il punto debole nella
difesa! La via d’uscita da questo posto!”
Lo guardai, senza comprendere. “Perché… perché vuoi tradire
il tuo signore e scappare…?”
Elmerish mi rispose con un ruggito rabbioso. Con un
grugnito, mi sollevò di peso, e mi trascinò in fondo al corridoio che stavamo
percorrendo, e su una rampa di ripidi gradini. Spalancò la porta che li
sovrastava, ed immediatamente un fiume di aria fredda mi investì. Battei le
palpebre, in risposta alla luce del sole, che a paragone con l’oscurità
dell’interno mi pareva accecante. E, mentre il gigante mi trascinava sul
pavimento sporco e ricoperto di paglia, mi resi conto di dove ci trovavamo.
Eravamo nell’uccelliera del palazzo.
“Guarda!” Ringhiò Elmerish, scaraventandomi contro il
parapetto con tanta foga che per un momento temetti di precipitare. Il mio
sguardo catturò un ritratto della battaglia che si stava consumando metri sotto
di noi, ma la mia vista confusa a malapena distingueva le truppe avversarie da
quelle di Philionel…
“Oberon è impazzito!” Gridò il gigante, senza badare al mio
smarrimento. “Demoni, creature magiche, morti che camminano… non c’è nulla di giusto
in questo!!! Credevo che fosse tornato in sé, che avesse finalmente deciso
di tornare a combattere come lui sa, e invece… guarda!!!” Tornò ad indicare
quella che per me non era altro che una massa indifferenziata. “Il castello
oggi cadrà, a causa della sua momentanea follia!!! Ma io non permetterò che
finisca così! Manderò un messaggio ai miei uomini che stanno tornando da Ulan
Bator, li riorganizzerò io stesso, chiamerò a me l’alleanza degli altri popoli
al di là della barriera! Il piano di Oberon era grande e meraviglioso, ed io
lo porterò a termine, io poserò la corona di Sailune sulla sua testa
quando lo avrò liberato da Philionel e finalmente sarà tornato in sé!” Mi
afferrò per il colletto, e mi portò all’altezza dei suoi occhi. “E sarai tu a
portarmi fuori di qui, e permettermi di farlo… non appena avrò inviato un
dannato uccello messaggero ai miei uomini…” Ringhiò, fissandomi con una smorfia
di rabbia che bastava a riportare alla mia mente mesi di terrore…
La nebbia che catturava la mia mente cominciò
progressivamente a diradarsi, a mano a mano che le sue intenzioni mi si
rendevano chiare… E mentre la comprensione si affacciava alla mia mente, si
affermava sempre più anche la consapevolezza che la confusione che mi catturava
non era di origine naturale… “Tu… mi hai dato ancora quella droga, vero…?” La
mia era più una constatazione che una domanda…
La smorfia di Elmerish divenne un ghigno. “Non hai che da
provare ad usare la magia per scoprirlo, mocciosa…” La sua grossa mano tornò a
stringersi attorno alla mia gola. “Ed ora dimmi come uscire di qui…”
Strinsi le labbra, forte, per impedire loro di tremare. “La
tua non è una fuga.” Sibilai, inquietata dalle implicazioni delle mie stesse
parole. No, nessun tradimento del suo signore. Il suo era piuttosto un estremo
atto di fedeltà. Il gigante era disposto a proteggere Oberon anche da se
stesso. La mia mente associò per un momento il suo atteggiamento a quello di
Gourry, per quanto il paragone suonasse stonato ed assurdo persino a me che lo
avevo concepito… “Perché?” Chiesi, mossa da sincera curiosità, più che dalla
volontà di prendere tempo. “Perché continui a seguirlo così fedelmente,
nonostante abbia tradito le tue aspettative…?”
Elmerish digrignò i denti, a quella domanda. “Voi non potete
capire…” Replicò, senza specificare a chi si riferisse esattamente, con quel
generico appellativo… “Quando la barriera è stata eretta, non vi siete trovati
a vivere in lande desertiche, in cui anche un chilometro quadrato in cui scorre
acqua può essere vitale per la sopravvivenza di un popolo…” Le sue dita presero
a stringere, togliendomi il fiato. “Voi con le vostre risorse magiche non avete
dovuto lottare ogni giorno, con le unghie e con i denti, contro gli elementi…”
Il suo volto si avvicinò al mio, e una zaffata di alcol mi investì, tornando a
risvegliare in me la nausea. “Oberon ha saputo organizzare il suo popolo, ha
saputo risollevarlo dalla povertà. Ha saputo sedare i conflitti fra le
popolazioni nomadi, indirizzare la nostra forza verso gli sforzi per la
sopravvivenza, senza privarci della nostra libertà… lui avrà sempre la
mia fedeltà… e non avrò pace finché non vedrò quel tuo reuncolo che predica
giustizia schiacciato sotto i miei stivali…”
Strinsi i denti, assalita dalla rabbia. “Philionel non ha
colpa per ciò che voi avete patito… quindi, non cercare di convincermi che
avete ragione, in questa guerra!” Ringhiai. “Anche Sailune e questa parte di
continente hanno affrontato notevoli difficoltà, da che la barriera è stata
eretta! Abbiamo dovuto lottare con i demoni! E l’assetto di questi territori è
stato rivoluzionato, si sono combattute guerre! La moglie dell’uomo che vuoi
così disperatamente uccidere è stata assassinata proprio in una di queste lotte
di potere! Perciò non presentarti come la vittima, Elmerish, non mi muovi a
compassione!!!”
Il gigante strinse gli occhi. “Tu credi? Tu credi davvero
che Sailune non abbia colpe?” Sibilò. “Conosco bene la sorte subita dalla
moglie di Philionel… Sleen, quel demone, ha istruito il mio signore su tutto
ciò che c’era da sapere a riguardo… ma se ora ti aspetti lacrime e compassione
da me caschi male, mocciosa… se vuoi sapere cosa ne penso, credo che Sailune si
sia meritata ogni cosa…” Digrignò i denti, la rabbia visibile sul suo volto.
“Lo sai che i territori desertici a sud della barriera, nell’antichità,
appartenevano alla confederazione di cui faceva parte anche il regno di
Sailune? Nei nostri annali si riporta che i sacerdoti della capitale avrebbero
avuto conoscenze sufficienti per creare almeno un varco, un passaggio nella
barriera e riunificare il territorio, ma nessuno mosse un dito… il recupero
delle rotte verso il sud non valeva lo sforzo… era più comodo liberarsi di quei
territori che non erano in grado di aggiungere nulla alla ricchezza del regno…”
Mi accigliai. Quelle informazioni sommarie potevano nascere
semplicemente dal sentimento di rivalsa di un popolo tagliato fuori dalle fonti
di sostentamento offerte dal proprio regno… oppure, poteva esserci un fondo di
verità. Amelia forse si sarebbe adirata nel sentirmelo dire, ma in fondo al
cuore ero sempre stata scettica sul fatto che Sailune avesse realmente quel
passato immacolato che la sua immagine di promotore della pace rendeva agli
occhi di molti scontato… nei libri di storia di ogni regno esistono fatti che
si preferisce occultare, e sapevo bene che nell’antichità la magia di
Cheiphied, ora perduta, aveva fornito ai sacerdoti di Sailune un potere infinitamente
superiore a quello che possedevano ora, un potere che era stato probabilmente
la fonte primaria del prestigio della città, più del carisma o della saggezza
dei suoi sovrani… Probabilmente la leggenda si univa alla realtà, nella storia
che mi aveva raccontato Elmerish, una realtà sommersa forse deliberatamente
dall’oblio dei secoli al di qua della barriera, e gonfiata invece dal rancore e
dall’odio fra le popolazioni ora guidate da Oberon… ma, in tutta sincerità, non
avevo intenzione di discutere del merito della questione con Elmerish, in quel
momento. Tutto ciò che avevo a cuore, allora, era la mia vita, e quella delle
persone a cui tenevo… non avevo la stessa prontezza di Amelia nel soprassedere
su questo urgente problema, nel nome di questioni di torto o ragione…
“Grazie per la fantastica lezione di storia, faccia
butterata…” Strinsi i denti, e gli rivolsi un ghigno strafottente. “… ti
ricorderò come mio maestro di vita, mentre marcirai nelle prigioni di Sailune…”
Le labbra di Elmerish si aprirono in un sorriso inquietante…
“Sai, mocciosa…” Si piegò, avvicinandosi al mio volto… “… mi piaci… mi piace
come sfidi continuamente la morte…” La sua stretta sul mio collo si fece
all’improvviso più serrata. Con un rigido movimento del braccio, il gigante mi
sollevò, e mi scaraventò contro le gabbie degli uccelli, ammonticchiate contro
una parete. Alcune barcollarono, e precipitarono nel vuoto oltre il parapetto,
lungo la parete scoscesa del castello. Io strinsi i denti, lottando con tutte
le mie forze per evitare di gridare per il dolore.
Elmerish si avvicinò, incombendo su di me… “Ho il sentore
che noi due ci divertiremo, mocciosa… ci divertiremo un mondo… ti porterò con
me nelle steppe, e vedremo per quanto ancora ti piacerà quel soprannome…”
Inghiottii sangue, e gli rivolsi uno sguardo rabbioso. “Mi
spiace…” Sibilai… “Evidentemente ti ho colto sul vivo… il tuo volto allontana
le donne, eh, faccia butterata…?”
Elmerish mi rivolse un altro sorriso, pacato, il sorriso di
chi tiene il coltello dalla parte del manico… “Mi auguro che tu non verrai
colpita dalla stessa malattia che ha ridotto il mio volto in queste condizioni,
mocciosa…” Tornò a sollevarmi dal suolo… “Là dove andremo non ci sarà la magia
a curarti, solo erbe che bruciano sulla pelle come i tizzoni ardenti con cui i
demoni torturano i dannati…” Il suo sorriso si allargò. “Ma ti posso
rassicurare su una cosa… a differenza delle donne, i miei uomini non si
faranno nessun problema, con te, anche se avrai il volto sfigurato…” Estrasse
un pugnale, e lo avvicinò al mio viso. “E credo che nemmeno tu potrai
dimostrarti troppo schizzinosa, con nessuno di noi, nemmeno con me,
quando verranno richiesti i tuoi servigi…” Fece scorrere la lama contro la mia
guancia, e avvertii un rivolo di sangue scendermi lungo il viso. “Ma il mio
defunto padre mi diceva sempre che viene prima il dovere, e poi il piacere… e
per onore alla sua memoria, per quanto adori giocare con te, credo che ora
dovrò porre un freno alla mia pazienza, ed esigere risposte …” Rigirò il pugnale,
senza allontanarlo dalla mia pelle, e la punta venne a premere direttamente
contro la mia gola. “Basta scherzi, mocciosa. Come si esce da questo posto?”
“Uccidimi, se vuoi.” Lo sfidai, cercando di non pensare a
ciò che le sue parole promettevano. “Credi che minacciarmi ti porterà davvero a
qualcosa? Se io muoio, tu non andrai proprio da nessuna parte…”
Le labbra di Elmerish si aprirono nuovamente in un sorriso.
“Oh, ma io non ho alcuna intenzione di ucciderti… Ci sono metodi molto
più convincenti per ottenere qualcosa da una mocciosa graziosa come te…” Il
pugnale risalì, tornando a sfiorare la mia guancia… “Questi begli occhi, ad
esempio… sono il tuo orgoglio, vero? Di un colore così insolito, come rubini…”
La lama premette nuovamente, lasciando il suo marchio rosso. “Farebbe male, se
te ne strappassi uno… così male che grideresti, pregheresti che io ti lasciassi
rivelare quello che un istante prima mi avevi così scortesemente rifiutato di
riferire…” Ebbi un sussulto, a quelle parole, ma Elmerish mi strinse il braccio
con la mano libera, impedendomi di arretrare. “E se un occhio non bastasse…”
Proseguì. “… ci sarebbe l’altro. E poi ancora le orecchie, e le dita… non hai
idea di quanti uomini siano giunti ad implorare la morte, sotto le mie mani,
mocciosa… non hai idea di quanto io sia abile a catturare il soffio della vita
che fugge da chi sto torturando, ad impedirgli di lasciarlo fino a che le
risposte che ottengo non mi paiono soddisfacenti…” I suoi occhi catturarono i
miei, ed un improvviso gelo mi catturò, nel rendermi conto che era mortalmente
serio… “Te lo ripeto ancora una volta… da dove siete passati, per entrare qui
dentro…?”
Lottai per liberare il braccio, ma non vi riuscii. I miei
occhi incontrarono nuovamente i suoi, ed improvvisamente ogni volontà di
resistenza abbandonò la mia mente. Non stava scherzando. Mi avrebbe torturata a
morte, se necessario. E avrebbe provato soddisfazione nel farlo.
“Attraverso… il condotto fognario.” Dichiarai infine,
sconfitta. “Sul retro delle stalle c’è un passaggio. Posso condurtici, se
riusciamo a farci strada nel combattimento…”
Elmerish mi lasciò andare, e le mie ginocchia non ressero.
Crollai sul pavimento, mentre il gigante indietreggiava, e rinfoderava il
pugnale. “Ci riusciremo.” Replicò semplicemente, secco. Aprì una delle gabbie,
e lo osservai estrarre uno degli uccelli messaggeri, il volto piegato in una
smorfia di tetra determinazione. Afferrò una delle pergamene ammucchiate nella
scatola in legno al centro della sala, e prese a scarabocchiare nervosamente un
messaggio. Io arretrai, strisciando, e mi addossai al parapetto, pensando
freneticamente. Elmerish mi bloccava ogni via d’uscita, interposto fra me e
l’unica porta di accesso all’uccelliera. E, anche se fossi riuscita a scappare,
non mi illudevo che avrei fatto molta strada… mi sentivo debole, ed eravamo
troppo lontani dalla battaglia perché potessi sperare di fargli perdere le mie
tracce in mezzo alla folla. Potevo semplicemente opporre resistenza in modo da
diventare un peso, per lui, ma avevo l’impressione che Elmerish si sarebbe
limitato a stordirmi e portarmi via di peso, senza nemmeno considerare
l’ipotesi di abbandonarmi. Ma io non potevo, non potevo pensare di essere di
nuovo trascinata via da lui, lontana dal mio mondo, lontana da ogni appiglio.
Se solo avessi avuto la mia spada…
Portai la mano all’elsa, inutilmente. Ovviamente Elmerish
aveva pensato a togliermi la mia arma, probabilmente limitandosi ad
abbandonarla da qualche parte lungo il percorso… Non avevo mezzi per
difendermi. D’altra parte, se avessi potuto coglierlo alle spalle mentre era
riverso sul parapetto…
Come indovinando i miei pensieri, il generale giunse a
grandi falcate verso di me, e mi sollevò ancora una volta come avrebbe fatto
con un peso morto. Senza dire una parola, mi trascinò verso il parapetto, e
costrinse la pergamena nelle mie mani. “Inviala tu.” Sibilò. “Mentre ti tengo
d’occhio.”
Evidentemente, qualche messaggio era giunto da Ulan Bator
sui modi in cui approfittavo delle distrazioni dei miei avversari…
Cercai di legare il messaggio alla zampa dell’animale, ma le
mie mani tremavano per la droga, ed ebbi scarso successo. Finii per lottare con
la pergamena, mentre la bestia prendeva ad agitarsi fra le mie dita, ed anche
Elmerish, alle mie spalle, scalpitava.
“Muoviti, mocciosa, se non vuoi che te le strappi, quelle
dita…”
Strinsi i denti, improvvisamente catturata di nuovo dalla
rabbia. “Se hai fretta, perché non ti arrangi, faccia butterata???” Lasciai
andare il volatile, che fuggì spaventato, e mi volsi, livida. “Anzi, perché non
voli tu lungo questa parete? Arriverai velocemente, ovunque tu debba andare!!!”
Le dita di Elmerish catturarono nuovamente il mio braccio, e
il volto del gigante divenne una maschera di furia. “Il limite della mia
pazienza è già superato da tempo, mocciosa!” Mi bloccò contro il parapetto,
l’abisso alle mie spalle, la corrente gelida che mi sferzava il volto e mi
scompigliava i capelli. “Avrei potuto trattarti gentilmente… avremmo potuto
essere buoni amici, noi due, e invece mi costringi ad usarti violenza…
forse non ami te stessa…?”
“Non voglio la tua benevolenza…” Sibilai. Era la verità.
Dovevo davvero pensare alla mia vita futura come ad un’infinita, disperata
ricerca degli scampoli della sua generosità…? Non riuscivo a concepire nulla di
più angosciante, ed umiliante.
“E non la avrai…” Il volto di Elmerish era impenetrabile,
ora. “Non la avrai…”
La lama del pugnale tornò a balenare davanti ai miei occhi,
riflettendo la pallida luce del sole, e accecando momentaneamente la mia vista.
“Quel demone…” Sibilò. “… teneva tanto alla salute della tua lingua biforcuta…
ma non ho intenzione di seguire ancora i suoi ordini, ed è tempo che qualcuno
ti insegni a tenere la bocca chiusa…” Mi afferrò il mento, e un terrore
crudo e profondo mi catturò, mentre il suo viso si piegava, e le sue labbra
premevano contro le mie. Lottai per qualche istante, in preda al disgusto, ma
non c’era molto che potessi fare… e la nausea generata da quel contatto fu
niente in confronto alla paura che mi assalì quando Elmerish si allontanò da
me, levò il pugnale, e cominciò a premere le sue tozze dita contro la mia
mascella, per costringerla ad aprirsi.
Lacrime involontarie salirono ai miei occhi, mentre la mia
mente già prefigurava il dolore. Non potevo perdere la lingua, non potevo. Che
cos’ero, io, senza la mia magia? Che cosa sarei stata nelle mani di quella
bestia nei mesi, negli anni a venire, senza la possibilità di difendermi,
nemmeno con le parole? Avevo già sperimentato quel senso di impotenza, e non
potevo pensare di esservi costretta ancora, di esservi costretta per sempre.
Che mi uccidesse, piuttosto.
Reagii. Presi a scalciare, a mordere, a scalpitare. Senza
più un progetto, senza più una coerenza, con tutta la forza che solo
l’adrenalina in un momento di pericolo può dare. Il mio cervello aveva già
chiaro il presentimento della sconfitta, ma il mio corpo non voleva rassegnarsi
all’idea che non ci fosse più speranza… Elmerish grugnì, e cercò di bloccarmi i
polsi, ma io fui più veloce di lui, e non glielo permisi. Gli assestai ogni
colpo che le mie membra stanche riuscirono a sostenere, ma la sua pelle pareva
d’acciaio, di fronte ai miseri sforzi delle mie braccia sottili. In un estremo
tentativo di resistenza, mi posi sulla difensiva, e usai gli avambracci per cercare
di tenerlo lontano dal mio viso. E fu allora che me accorsi.
O forse dovrei dire, fu allora che me lo ricordai. Una lieve
puntura al braccio destro me lo fece tornare in mente. Nascosto nella manica,
avevo ancora il pugnale che mi aveva dato Gourry.
La mia mente ebbe un sussulto, a quella consapevolezza. Non
era niente. Non era niente una lama di quelle dimensioni, contro un gigante che
pareva avere cucita addosso un’armatura di cuoio, al posto della pelle. Però
Elmerish non sapeva che avevo ancora un’arma in mano. E l’acciaio taglia e
perfora, qualunque sia la mole della superficie che si trova a dover scalfire…
Con un ruggito di disperazione, feci leva sul parapetto, e
calciai il gigante più indietro che potevo. Colpii basso, colpii scorretto, non
me ne importava nulla. Volevo solo avere un secondo, il tempo di un respiro,
per agire. Elmerish fu catturato da una rabbia ferina, a quel mio colpo. Con
un’agilità che per me restava inspiegabile, riguadagnò l’equilibrio, e tornò a
gettarsi su di me. Io estrassi la lama, e non ebbi tempo per fare altro che
brandirla di fronte a me, lasciando che il gigante subisse gli effetti della
violenza del suo stesso impeto.
Elmerish probabilmente colse il bagliore emesso dalla lama,
ma ormai non poteva più fermarsi. Emettendo un grido di rabbia e dolore, si
impalò egli stesso sull’arma, con una violenza che finì per farmi perdere la
presa sull’elsa. Finii schiacciata fra lui ed il parapetto, senza fiato,
momentaneamente priva di forze. Ma tutta la mia energia tornò a prendere il
sopravvento quando levai lo sguardo, ed incontrai i suoi occhi iniettati di
rabbia, sangue e lacrime di dolore…
“Aaaaaaaaaaaaaah!!!”
Con un grugnito rabbioso, Elmerish si tirò indietro, e mi
colpì in viso, con tanta forza da togliermi il fiato. Quindi, le sue dita si
strinsero attorno al mio collo, ed il gigante prese a stringere, tenendomi
sospesa in bilico contro il parapetto, l’abisso che si apriva sotto di me.
Non so con quale forza reagii, forse semplicemente con
quella della disperazione. Un attimo prima, solo un attimo prima che il fiato
mi abbandonasse, riguadagnai la presa sull’elsa del pugnale, e lo estrassidalle carni del generale, strappandogli un
ruggito di dolore. Quindi, ogni forma di razionalità mi abbandonò.
Approfittando della presa fattasi più debole di Elmerish, presi a colpire. Una,
due, tre volte, sul suo stomaco, sul suo petto, sul suo volto sfigurato,
accecata dalle lacrime, finché le mie mani non furono logore del suo sangue.
Quando cessai, il gigante aveva smesso di opporre resistenza ormai da diversi
minuti.
Mi resi conto che era finita, ed ogni forza residua mi
abbandonò. Mi accasciai ai piedi del parapetto, il corpo ormai inerte di
Elmerish che ricadeva sul mio. Lottai per non essere schiacciata dal suo peso,
e quando finalmente riuscii a scivolare via da lui, l’improvviso accesso di
aria nei miei polmoni e l’odore penetrante del sangue mi provocarono un attacco
di nausea. Mi volsi sul fianco, e abbandonai sul suolo dell’uccelliera tutto
quello che il mio stomaco conteneva.
Quando gli spasmi mi lasciarono tregua, mi rannicchiai
contro la fredda pietra, a fianco del corpo senza vita di Elmerish, e rimasi
lì, le ginocchia strette al petto, in un inutile tentativo di vincere la paura.
Non so quanto tempo trascorse. Persi il conto dei minuti molto prima che una
voce familiare raggiungesse le mie orecchie, chiamando il mio nome in un
rantolo ansimante…
“Lina!!!”
Gourry fu in ginocchio al mio fianco prima che mi rendessi
conto della sua presenza, e prima ancora che potessi parlare mi ritrovai
prigioniera fra le sue braccia. Un odore misto di sangue e di sudore gli
impregnava la tunica, e mi investì non appena il suo abbraccio mi cinse, ma in
quel momento anche il lezzo di zolfo degli inferi mi sarebbe apparso dolce.
Chiusi gli occhi e mi abbandonai, ancora non del tutto certa che quel contatto
potesse essere reale…
“Dei… dei… stai bene…” Lo spadaccino si scostò da me, e mi
fissò negli occhi. “Ma è davvero tutto a posto? Non sei ferita?” Fece scorrere
il dorso della mano contro la mia guancia, e quando lo ritrasse lo vidi
macchiato di sangue…
Scossi la testa, ancora troppo scossa per dare voce a quel
diniego attraverso le parole… “Come hai fatto a trovarmi…?” Mi limitai a
chiedere, aggrappandomi alla sua tunica. “Dove sono Zel e Amelia? E quel
demone…?”
Gourry mi scostò una ciocca di capelli dal viso. “E’ morto.
E Zel e Amelia si sono rifugiati nella torre… credo.” Replicò in fretta, in
tono elusivo. “Io ti ho trovata per pura fortuna. Delle gabbie di uccelli sono
precipitate lungo le pareti del castello, e mi sono chiesto chi poteva essersi
rifugiato quassù mentre infuriava la battaglia…” La sua mano si fermò a
riposare sul mio viso. “Ringrazio il cielo di averle viste, da laggiù. Stavo
per correre al condotto fognario, e non so che ne sarebbe stato di me in quella
bolgia, senza la spada…”
“Senza la spada…?” Spalancai gli occhi, e il mio sguardo
cadde alle sua cintura, dove un’elsa diversa da quella che gli avevo visto
portare nelle ultime settimane pendeva nel fodero… un’elsa che mi appariva
familiare… “E quella…?”
Gourry batté le palpebre, perplesso, come se se ne fosse
scordato. Quando abbassò lo sguardo sull’elsa, però, un lume di comprensione si
accese nei suoi occhi. “Questa è la tua.” La estrasse, e me la consegnò. “La ho
trovata abbandonata in fondo alle scale che portavano quassù… la mia è… ecco…
mi è caduta…”
“Sei arrivato fin lì senza essere armato…?” Lo squadrai,
incerta se essere arrabbiata per quella assurda mancanza di prudenza o stupita
perché aveva lasciato senza curarsene quell’arma a cui pareva visceralmente
attaccato…
Gourry si limitò a chinarsi, prendermi il viso fra le mani,
e baciarmi la fronte. “Va tutto bene.” Replicò, in un sussurro. “Tu stai bene…
e quindi anch’io.”
Chiusi gli occhi, nuovamente, e decisi che non me ne
importava nulla. Non mi importava del modo in cui era giunto lì, né del perché
la spada improvvisamente avesse perso valore per lui. Non mi importava di cosa
accadeva attorno a me. Il sollievo mi invase davvero, per la prima volta da
quando mi era apparso a fianco. Nascosi il volto nel collo della sua tunica. Le
sue dita si allungarono sulla mia nuca, e avvertii il calore che emanava dal
palmo della sua mano, mentre il suo pollice tracciava leggeri disegni circolari
alla base del mio collo. Restammo in silenzio, immobili, mentre i suoni della
battaglia giungevano alle nostre orecchie da lontano. Avvertivo vagamente che
la nostra presenza laggiù sarebbe stata utile, ma egoisticamente decisi che non
mi sarei mossa da dove mi trovavo. Volevo che la paura finisse. Volevo dormire
per giorni, lì, fra le braccia di Gourry.
“Come hai fatto… ad ucciderlo…?” La voce dello spadaccino
ruppe il silenzio. Sollevai lo sguardo su di lui… Stava osservando il corpo di
Elmerish disteso al suolo, e sembrava impressionato. Il suo volto era terreo, e
la sua mano giocherellava nervosamente con i miei capelli… “Voglio dire… non
hai usato la magia, no…?”
Lanciai uno sguardo al gigante, e il mio corpo fu scosso da
un tremito. “Ho usato il pugnale…” Mormorai. “Temo… di averlo battuto solo
perché ero terrorizzata.” Non credo che mi sarei piegata a quell’ammissione di
fronte a qualcun altro…
Gourry non fece altre domande. Si limitò a stringermi più
forte, e le sue labbra raggiunsero la mia tempia, baciandola lievemente.
Quindi, con una lieve pressione si sollevò, e aiutò anche me ad alzarmi… Non
feci obiezioni. In silenzio, ci sporgemmo dal parapetto, osservando la lotta
che si consumava, decine di metri sotto di noi. Ora che ero tranquilla, il mio
sguardo riusciva a cogliere più chiaramente l’andamento della battaglia. Ma non
dipendeva solo da me. Se prima la situazione mi era apparsa oggettivamente
confusa, ora le truppe di Philionel stavano letteralmente dilagando
all’interno. I vessilli di Oberon sventolavano con molta meno energia, erano
accerchiati e stretti dai guerrieri di Sailune. Il fuoco della lotta si stava
spegnendo.
“Devono aver catturato Oberon.”
Lo spadaccino diede voce ad un pensiero che la mia mente
aveva formulato quasi contemporaneamente. Mi limitai ad annuire,
silenziosamente. Gourry aveva ragione. Qualcosa era mutato nell’agire dei
soldati nemici. Non affrontavano ma fuggivano, non attaccavano ma difendevano.
L’impressione che ciò derivasse dall’assenza di una figura forte alla guida
sorgeva spontanea…
“Se Oberon è fuori gioco… la vittoria è nostra.” Commentai,
di rimando. E quasi subito mi pentii di averlo detto. Ogni volta che avevo
avuto una certezza, in quella guerra, qualche terribile evento era calato su di
me, e la aveva sgretolata fra le mie dita…
In quel momento però ero troppo stanca persino per avere
paura. E improvvisamente, di fronte a quello che aveva tutto l’aspetto
dell’epilogo di un incubo, il peso dei mesi di strenua lotta e di terrore mi
piombò addosso con la forza di una magia oscura. Le mie gambe si fecero molli,
e sentii dita oscure catturarmi, mentre il peso del mio corpo, e le minacce del
mondo circostante cessavano improvvisamente di riguardarmi.
Per una volta, mi rassegnai ad abbandonarmi alla presa di
Gourry, cedendo con scarsa dignità alla poco eroica pressione dell’incoscienza.
Era una mattina d’inverno fredda e serena. Una di quelle
giornate in cui il cielo terso, dalle mura del palazzo, permetteva di estendere
lo sguardo per chilometri e chilometri sul mondo circostante, fino alla linea
dell’orizzonte.
Il palazzo di Sailune, nella luce piena del giorno, aveva un
aspetto vagamente spettrale. Un’ombra, o forse lo scheletro della reggia
imponente e maestosa che era stato in passato. Intere aree non erano ancora
agibili, i segni del fuoco dominavano ovunque, e il tempio e gli alloggi dei
sacerdoti erano ridotti ad un indistinto cumulo di macerie. Tuttavia, nel breve
mese trascorso fra la caduta di Oberon e quel giorno, i costruttori e i
servitori del castello avevano compiuto una specie di miracolo, per permettere
alla costruzione sventrata di accogliere la folla che quel giorno si
ammucchiava nei suoi cortili…
Eravamo in piedi, ai lati del lungo viale che, inerpicandosi
lungo una dolce salita, conduceva agli ingressi principali del palazzo…
Tradizionalmente, era in quel luogo, all’esterno delle bianche pareti del
tempio, che si svolgeva il momento centrale delle cerimonie di incoronazione
nel palazzo di Sailune… era lì che in un remoto passato il primo sovrano della
famiglia di Philionel aveva ricevuto l’investitura da parte da parte dei lord
suoi alleati, dopo che alla loro guida aveva sconfitto l’alleanza di regni
minori che minacciava il regno…
Secondo la consuetudine, a quel rito avrebbe dovuto
precedere la benedizione da parte dei sacerdoti all’interno del tempio…
tuttavia, non era stato possibile attendere sino alla ricostruzione
dell’edificio. Sailune aveva bisogno di un sovrano, e ne aveva bisogno in quel
momento. L’urgenza della stabilizzazione della pace rendeva necessario, per la
popolazione e per i Lord, un saldo punto di riferimento…
Per questo, un altare era stato improvvisato all’esterno,
dove il gran sacerdote, un uomo pallido e smunto, dalle lunghe gambe e dal viso
affusolato, aveva cosparso dell’acqua sacra di Cheipied il capo del neo
sovrano… Ed ora, i capelli ancora umidi che luccicavano al freddo sole
invernale, quest’ultimo stava procedendo, come la consuetudine del regno
voleva, all’investitura dei suoi lord… I vassalli più potenti, uniti, avevano
una forza pari, se non superiore a quella del re stesso. Il patto di fiducia
che Philionel avrebbe stipulato con ciascuno di loro costituiva dunque una
garanzia fondamentale per il mantenimento della pace in futuro… Per questo una
silenziosa tensione attraversava l’aria, mentre una lunga processione di Lord,
provenienti da ogni parte del regno, sfilava dal fondo del giardino fino alle
gradinate che salivano verso i portali… lì Phil li riceveva, in piedi, avvolto
nell’armatura e nella cappa bianca con lo stemma di Sailune, semplici e allo
stesso tempo solenni, che lo distinguevano, fra loro, come primo fra i pari.
In quel momento, un lord dai capelli bruni e dallo sguardo
arcigno si accingeva a prestare il suo omaggio al sovrano. Giunto al cospetto
dell’imponente figura di Philionel, in un sommesso fruscio della sua cappa
verde chiaro, il nobile pose un ginocchio al suolo, e, dopo un istante di
silenziosa riverenza, pronunciò a voce alta e chiara le parole del giuramento.
“Sottometto la mia autorità al bene di Sailune.”
Philionel chinò il capo, e ripeté. “Sottometto la mia
autorità al bene di Sailune.”
Il Gran Sacerdote si avvicinò al sovrano, e consegnò nelle
sue mani una piccola scatola di legno, con ricchi intarsi. Philionel la tenne
stretta per un momento, quindi la passò nelle dita del nobile, con fare
solenne. “Autorità è dovere.” Sanzionò.
“Autorità è dovere.” Confermò il lord, stringendola fra le
mani.
Amelia mi aveva spiegato il significato di quei gesti. La
scatola conteneva alcuni grammi di terra benedetta, raccolti nel giardino sacro
a Cheiphied, che si trovava all’interno del palazzo… il legno simboleggiava le
radici, il legame del vassallo con il regno e la dinastia regnante, la terra
benedetta la delega che Philionel faceva dei propri poteri su parte del
territorio sotto la sua giurisdizione, compiuta sotto gli occhi e con il
consenso degli dei… La popolazione di Sailune, che assisteva da lontano,
sembrava non stancarsi mai di osservare con mormorii di approvazione il momento
del passaggio, uno dei più sacri nella ritualità della corte… Persone ciniche
come me potevano anche pensare che gli dei avessero ben altre preoccupazioni
che badare alle nostre vicende da umani, ma a Sailune, in generale, certe
credenze erano molto sentite… e la stessa Amelia, quella mattina, mi aveva
confessato di essere felice del sole che splendeva, pur pallido e freddo, sulla
cerimonia di incoronazione… fra la popolazione del suo regno viveva, silenziosa
ma mai sopita, la convinzione che una incoronazione baciata dai raggi solari
fosse una incoronazione benvoluta da Cheiphied…
Lanciai uno sguardo alla principessa. Si trovava in piedi
alle spalle del gran sacerdote, avvolta in un lungo abito bianco coperto da un
pesante mantello di lana, e sembrava non risentire né del freddo né della
stanchezza. Il suo sguardo era fisso su Philionel, emozionato, vagamente
commosso. Gourry, Zel ed io osservavamo a pochi metri di distanza, ma con
capacità di dissimulazione molto inferiore… nessuno di noi poteva impedirsi di
strofinare vigorosamente le mani al di sotto del mantello, o di spostare ripetutamente
il peso da una gamba all’altra, come del resto buona parte degli astanti,
prostrati e infreddoliti dalla lunga attesa. E la realtà era che non avevamo
ancora veramente avuto modo di riposarci, dopo la dura battaglia… mentre gli
armati continuavano a combattere, qua e là nel regno, laddove i focolai di
lotta non si erano ancora spenti, noi avevamo fatto ritorno insieme alla
principessa e a suo padre nella capitale, dove il panorama che ci aveva accolti
era stato di devastazione e desolazione… Philionel aveva chiesto a me e a
Zelgadiss di aiutare i bibliotecari a recuperare e catalogare quanto del
patrimonio di conoscenza accumulato nella città non era andato perduto nel
corso del saccheggio alla città… un compito che avevo accettato non senza
entusiasmo, perché mi aveva permesso di mettere mano ad un sapere che
nell’ansia della ricostruzione mi sarebbe stato altrimenti inaccessibile, e che
in quel momento mi appariva vitale, di fronte ai mille dubbi che ancora
attanagliavano la mia mente… Gourry, per contro, si era offerto di dare una
mano a riorganizzare le truppe poste a difesa della capitale… Sembrava tornato
al suo vecchio sé, ora, forse soltanto un po’ più stanco e un po’ meno sicuro
di se stesso. Ma questo valeva per tutti, e confidavo che il tempo avrebbe vi
portato rimedio, per quanto lento questo processo avrebbe potuto rivelarsi…
Non ricordavo molto dell’epilogo della battaglia,
consumatosi qualche settimana prima. Anzi, forse sarebbe più corretto dire che
tutto ciò che conoscevo mi era stato riferito da Gourry e dagli altri, dopo che
avevo ripreso conoscenza…
Oberon era morto. O meglio, aveva voluto morire. Stando a
quanto mi aveva raccontato Philionel, semplicemente non si era arreso alla
carica dei suoi uomini, costringendoli a non avere altra scelta che ucciderlo…
e il neo sovrano di Sailune non mi era parso soddisfatto di questa soluzione.
Lo comprendevo. Ciò che Philionel avrebbe voluto era un comandante sconfitto,
prigioniero e costretto a ordinare l’arresto alle proprie truppe. Morendo in
battaglia, invece, Oberon si era di fatto trasformato in un martire e in un
eroe… forse più per impulso che per scelta deliberata… Amelia aveva descritto
Oberon come un uomo controllato, addirittura cortese, a tratti, ma se Elmerish
mi aveva espresso sentimenti che erano comuni anche al suo comandante, dietro
la sua apparenza fredda il nostro nemico doveva aver covato una rabbia intensa
e profonda nei confronti di Sailune, forse la vera ragione della sua alleanza
con i demoni… una rabbia che aveva reso preferibile per lui la morte alla
prigionia. Ed ora erano molte le persone che, probabilmente mosse da sentimenti
simili, stavano seguendo il suo esempio, opponendo, ai confini del regno, una
resistenza che rendeva ancora più penosa la situazione per le popolazioni
locali, già prostrate dai mesi di guerra… i malumori erano mal celati fra più
di uno dei lord sottoposti a Philionel, e alcuni, fra quelli più periferici,
non si erano nemmeno presentati all’incoronazione. Avevo incrociato Leonard fra
la folla, e il comandante mi aveva rivolto uno stanco sorriso, dicendosi felice
di vedermi sana e salva. Tuttavia, avevo l’impressione che dietro quei modi
pacati l’anima del conte gridasse, come quella di molti dei presenti, come
quella di chiunque avesse perso qualcosa di importante, nel corso di quel
combattimento. Io stessa, pur uscendo come una delle più fortunate da quella
vicenda, a tratti ancora non credevo che tutto stesse lentamente giungendo ad
una conclusione… certe notti mi svegliavo in preda all’ansia, convinta di
essere in una delle calde celle di Ulan Bator, o persa nella desolazione del
deserto… Philionel avrebbe dovuto ricucire quelle ferite, placare gli animi,
cementare le sue alleanze, con pazienza. Ed ero convinta che quel compito
avrebbe impegnato le sue giornate nel corso di molti degli anni a venire…
“Philionel El Di Sailune.”
La voce profonda del gran sacerdote, quasi troppo imperiosa
per la sua figura esile, mi risvegliò dalle mie riflessioni. Levai lo sguardo
su Phil. Il lungo corteo aveva terminato di sfilare. Il sovrano ora volgeva le
spalle al gruppo dei nobili, e guardava verso il palazzo, in direzione del suo
esatto centro, dove, invisibile ai nostri occhi, la statua di Cheiphied
dominava il giardino sacro…
“Inginocchiati di fronte alle responsabilità che ti
attendono.”
Philionel obbedì. Quasi crollò al suolo, nel suo piegarsi
pesantemente sotto vesti ed armatura, per dimostrare la sua devozione al regno.
Non lo invidiavo. I miei piedi erano informicoliti per il freddo, e quasi non
sentivo più i miei arti, dopo la lunga immobilità. In quelle condizioni, anche
inginocchiarsi era un’ardua impresa…
“Giuri di servire il regno? Giuri di esercitare il tuo ruolo
di garante della stabilità e dell’armonia di queste terre, annullando te stesso
nel sacro compito che ti viene assegnato?” La voce del sacerdote risuonò,
grave.
“Lo giuro.” Confermò Philionel, non permettendo alla fatica
di trapelare dalle sue parole…
“Giuri di rispettare le leggi tramandate dai nostri avi, e
di impegnarti perché la legittimità della tua autorità non possa mai essere
messa in discussione?”
“Lo giuro.”
“Giuri di rispettare il Concilio e la Gilda dei Sacerdoti,
di appellarti al parere del dio, di riconoscere l’autorità dei tuoi vassalli e
consiglieri, di non essere mosso dalla vana brama di concentrare il potere
nelle tue mani?”
“Lo giuro.”
“China il capo, Philionel El Di Sailune.”
Philionel, che fino a quel momento aveva mantenuto lo
sguardo fisso di fronte a sé, obbedì con reverenza. Il gran sacerdote fece un
passo verso di lui, e sollevò la corona.
“Con questo, ti incorono, Philionel El Di Sailune. Sovrano
di Sailune, sedicesimo della tua stirpe, illuminato dalla gloria degli avi e di
Cheiphied.” Sentii la folla fremere, mentre il religioso poneva la corona sul
capo del nuovo re. “Puoi alzarti, mio re.” Concluse il sacerdote, con un breve
inchino.
Philionel si levò in piedi, e finalmente, liberatorio, un
boato attraversò gli astanti. Grida e applausi si levarono ovunque, oscurando
il silenzio dei pochi che scelsero di non acclamare.
Philionel si volse, il volto commosso, e salutò i suoi nuovi
sudditi. Le urla si alzarono, si fecero più festose, stordendoci in un fiume di
euforia. Avvertii un tocco sulla mano e mi volsi, incontrando il sorriso di
Gourry, mentre le sue dita si intrecciavano alle mie. Ricambiai sorriso e
stretta, senza dire una parola. Era il modo migliore che conoscessi per
condividere quel momento. Il nostro silenzio sovrastava quelle grida
assordanti, il calore delle nostre mani era sufficiente a trasmetterci il
reciproco senso di sollievo portato da quel nuovo inizio…
La folla, grata che l’attesa fosse finita, prese lentamente
a sciamare verso l’ingresso del palazzo, dove i servitori erano pronti ad
accoglierla. Un ricco banchetto era stato allestito per l’occasione, non
opulento come in altre circostanze sarebbe stato, ma degno del significato che
tutti, a corte, volevano che quella giornata rivestisse. Il nostro piccolo
gruppo si accodò direttamente a quello del sovrano, e un po’ a fatica riuscimmo
a raggiungere Amelia, che ci attendeva sul fondo della gradinata. La
principessa era radiosa, le gote rosse per il freddo che ridavano vita e colore
al suo viso, irriconoscibile rispetto a quello del fantasma pallido che ci si
era presentato nella roccaforte di Oberon, solo un mese prima. Mi si rivolse,
eccitata, travolgendomi con foga tale che rischiai di perdere la presa sulla
mano di Gourry. “Mio padre è stato fiero e bellissimo, non trovate anche
voi???” Chiese, l’espressione sognante. “Il nonno sarebbe stato assolutamente
fiero di lui!”
Noi tre ci scambiammo un’occhiata divertita, avvezzi a quei
modi, e al tempo stesso sollevati di vederli tornare alla luce. Anche Amelia
era stata tesa, nel corso di quel mese, ed era apparsa stanca… ma la prospettiva
prima, e ora la realizzazione dell’incoronazione di suo padre parevano averle
regalato nuovamente il suo entusiasmo…
“Spero solo che il banchetto sia degno di tutta la pompa a
cui siamo stati costretti…” Mi lagnai. “Non mi sento più le gambe, e credo che
se non addenterò qualcosa entro mezz’ora finirò per prendere Gourry a morsi…”
“Non è detto che me ne lamenterei.” Commentò Gourry, con un
filo di voce. Si guadagnò una gomitata nel costato.
Ci avviammo nel sala grande all’ingresso del palazzo, che
per l’occasione era stata adibita a sala da pranzo… solo la stanza riservata ai
pasti della famiglia reale era stata restaurata, e quella in cui normalmente si
tenevano banchetti e balli era ancora invasa dalle macerie e dalla polvere, e
non in grado di ospitare il nutrito gruppo di nobili che era stato invitato a
prendere parte ai combattimenti… L’ambiente era comunque accogliente, per
quanto il solitario focolare che campeggiava lungo le sue ampie pareti non
fosse sufficiente a scaldarlo… e non dubitavo che la massa di persone che lo
stava velocemente riempiendo, unita agli effetti benefici del vino, avrebbe
presto sopperito a quel problema…
I nobili si accomodarono lentamente ai lati del lungo
tavolo, mentre a capotavola, sullo scranno del re, Philionel si abbandonò con
fare stanco, rilasciando la tensione di quella lunga mattinata. Amelia si
sedette al suo fianco, insieme a Cristopher e Laudreck, e non ci sistemammo
vicino a lei, accerchiati dalle figure austere della guardia reale, che
avrebbero vegliato sul nuovo sovrano lungo tutta la durata del banchetto… feci
scorrere lo sguardo sulle loro espressioni severe, e improvvisamente sentii di
avere ben poco di che lamentarmi… io avrei avuto presto modo di ristorarmi,
mentre per loro, così come per i servitori adibiti al banchetto, la mattinata
sarebbe stata ancora lunga…
Presto, le portate e le bevande cominciarono a fluire verso
il tavolo, con munifica abbondanza … antipasti di carne cotta e pestata nel
mortaio e spesse tartine imburrate furono seguiti da zuppe multicolore,
realizzate con sedici diversi tipi di verdure, in onore del nuovo sovrano…
seguirono le portate di carne e di pesce, che rendevano omaggio alle tradizioni
culinarie delle più disparate regioni, all’interno dei confini del regno e
oltre… riconobbi il pesce salato delle coste settentrionali, e la carne con la
marmellata di mirtilli che associavo alla mia infanzia… il suo sapore mi
riportò per un momento agli inverni di Zephilia, ai rilievi coperti di neve
attorno alla città, al calore e agli odori della cucina della mia casa natale,
e la nostalgia mi catturò… casa… sentivo che la mia sete per i viaggi,
nonostante tutto, non si era ancora estinta… ma dopo tutto quello che era
successo, quella parola assumeva un suono particolarmente dolce…
Quando giunsero i formaggi e i dolci, persino il mio stomaco
normalmente pronto a tutto cominciava a sentirsi provato… e l’abbondanza del
cibo era stata tale che per una volta io e Gourry non avevamo nemmeno avvertito
la tentazione di litigarci le portate…
Mi poggiai allo schienale della sedia, sazia, e vagamente
ubriaca. Gourry mi imitò, chiudendo gli occhi e poggiandosi le mani sullo
stomaco. “Credo che non potrò muovermi di qui per ore.” Mormorò.
Amelia ridacchiò, distogliendo per un momento l’attenzione dal
padre. “Non dire così, Gourry- san… fra poco ci sarà il ballo, è tradizione che
tutti gli invitati alla cena partecipino.”
Zel, al nostro fianco, levò un sopracciglio, con fare
esasperato. “Non potremmo, in quanto scorta personale di Phil, scampare a questo
strazio?” In effetti, dubitavo che per qualsiasi dama sarebbe stato semplice
trattare con un ballerino che avrebbe potuto spezzarle un piede calpestandolo…
Amelia si limitò a ridere, a quel commento. “Per dirla
tutta, credo che mio padre sia troppo frastornato per accorgersi realmente di
chi gli renderà onore attraverso la danza.” Ci lanciò un’occhiata. “Avete tutti
l’aria stanca… Lina –san, ieri non avrai passato ancora tutto il giorno sui
libri?”
Incrociai le braccia al petto. “Mi sembra ovvio. Ti ricordo
che non c’è ancora nulla di chiaro in questa faccenda.”
Avevamo ritrovato la spada di Gourry, ai piedi del mastio,
là dove la aveva abbandonata. Nessuno aveva voluto o era riuscito a portarla
via prima di noi… ora, era conservata in una teca all’interno del tempio, in
attesa che il mio compagno decidesse cosa farne… io sarei stata propensa a
distruggerla, ma l’atteggiamento dello spadaccino pareva ancora stranamente
ambivalente, e avevo l’impressione che si sarebbe limitato a lasciarla in mano
ai sacerdoti di Sailune, rimettendola ai loro studi di magia bianca… di sicuro,
Gourry si era rifiutato di toccarla di nuovo… mi aveva confessato che l’idea lo
intimoriva, come se temesse, dopo averlo fatto, di non potersene nuovamente
separare…
Non gli avevo posto troppe domande su come fosse giunto a
padroneggiare l’arma, perché lo spadaccino sembrava poco incline a discuterne…
Gourry, però, mi aveva spontaneamente raccontato la storia che ad essa era
legata, così come Ainos gliela aveva rivelata… era proprio incentrando le mie
ricerche sulle vicende legate al re Rama, che erano già state oggetto dei miei
studi quando ancora ero apprendista, che ero giunta a recuperare qualche
informazione in più sul funzionamento di quell’arma. E grazie a quelle
informazioni, ero giunta alla conclusione che Sleen non mi avesse mentito. Era
plausibile che le creature servitrici di Cheiphied la avessero creata perché un
umano di grandi capacità potesse maneggiarla contro i loro avversari demoniaci,
ed era plausibile che la avessero consegnata a Rama, grande spadaccino, e mosso
dall’interesse di difendere le sue terre all’estremo nord, minacciate
direttamente, prima del sorgere della barriera, dalla presenza incombente della
penisola dei demoni… gli esseri sovrannaturali avevano più di una volta
dimostrato di essere disposti, in situazioni di incertezza, a coinvolgere gli
umani nelle loro personali vicende, io stessa ne ero la dimostrazione… Ero
incerta, però, su quanto di magico ci fosse negli effetti della spada…
evidentemente, impugnarla fortificava allo stesso tempo corpo e mente… una
capacità di guarigione fuori dal normale si accompagnava in chi la imbracciava
ad un assoluto sprezzo del dolore, e della morte, così come di qualsiasi remora
nel corso del combattimento… Ma avevo letto quale addestramento comportasse
l’utilizzo dell’arma, e avevo testato con mano cosa significasse impugnarla… ed
ero convinta che almeno in parte questi fattori comportassero quello strano
stato di coscienza alterata che l’uso dell’arma sembrava generare… Abituarsi al
dolore era pericoloso… il dolore era un segnale, era uno strumento per
comprendere i limiti del proprio corpo… e mi chiedevo quanto Ainos avesse
giocato a spingere Gourry fino a superare quei limiti, perché lo spadaccino
sembrava dimenticarsi di se stesso, mentre combatteva con quell’arma… ero
sempre stata consapevole delle sue capacità, ma vedere come era in grado di
muoversi quando era privo del controllo della sua coscienza mi aveva fatto
realmente comprendere ciò che sarebbe stato in grado di fare, se non fosse
stato la persona dolce e buona che da sempre conoscevo…
“Bé, anche scoprire informazioni ora non cambierebbe molto,
no?” Gourry mi prese nuovamente la mano, al di sotto del tavolo, e mi apostrofò
in tono allegro.
Gli rivolsi un’occhiata scettica. “Suppongo che sarebbe
inutile parlarti del piacere di soddisfare la propria curiosità, vero?”
“Talvolta i dubbi sono meglio delle risposte.” Commentò
acidamente Zelgadiss. “Ad ogni modo sì, sarebbe interessante capire perché
un’arma da cui fino ad un momento prima eri ossessionato improvvisamente è
diventata talmente irrilevante da mollarmela in mano a quel modo…”
Avevo l’impressione che Zel non avesse ancora del tutto
superato lo smacco per essere stato imbrogliato da Gourry e avere subito suo
malgrado gli effetti della spada…
“Ma è ovvio, no?” Intervenne Amelia, l’aria sognante. “Il
suo attaccamento a Lina ha superato ogni altra cosa e lo ha portato ad
abbandonare la spada!”
Feci un mezzo sospiro. “Sinceramente…” Borbottai. “… ho idea
che la soluzione sia molto meno ‘romantica’…” Levai lo sguardo su Gourry,
pensierosa. “Credo che sia piuttosto una questione di motivazione…”
Lo spadaccino batté le palpebre. “Motivazione…?”
Annuii. “Il motivo per cui Rama aveva accettato di impugnare
la spada era combattere i demoni… sin da principio. Quindi è ovvio che questa
sia rimasta la sua priorità, sempre e comunque.” Mi accigliai, fissando le
posate abbandonate sul piatto. “Tu, invece, hai voluto impugnarla per salvare
me da Elmerish… tutto ciò che hai fatto da quando ci siamo separati è stato
finalizzato a questo, ma dopo avere raggiunto il tuo scopo la spada ha
cominciato a guidarti verso il movente originario per cui essa è stata creata…
ovvero ostacolare i piani dei demoni, in qualunque modo essi si fossero
realizzati… anche portando a termine una guerra che alimentava la loro forza.”
Levai nuovamente lo sguardo su di lui… “Il problema dev’essere sorto nel
momento in questo secondo movente ed il tuo scopo originario sono entrati in
conflitto… quando Elmerish mi ha portato via una seconda volta, combattere con
Oberon ha perso di importanza, per te. E hai semplicemente abbandonato la spada
che ti spingeva a farlo. Quindi, in un certo senso, è il generale che dobbiamo
ringraziare, se quell’arma ha perso la sua presa su di te…”
E non volevo chiedermi cosa sarebbe accaduto se così non
fosse stato. Le parole di Sleen sulle possibili conseguenze del possesso della
spada da parte di Gourry, le sue insinuazioni sulla mia stessa natura,
continuavano a ronzarmi nella mente… non mi sentivo tranquilla. Ma mi fidavo di
Gourry. Per quanto avesse abbandonato la spada probabilmente per un semplice
calcolo errato, da parte di Ainos, circa il funzionamento dell’arma stessa, la
sua scelta, irrazionalmente, mi rincuorava…
Ainos… lui era l’altra grande incognita che mi tormentava,
anche se diverse ipotesi solleticavano la mia mente… quella che trovavo sempre
più convincente era che Ainos lo sciamano in realtà non fosse stato che un
tramite… a mettermi in allarme erano stati alcuni dei testi che avevo trovato
su Rama e sui suoi successori… avevo già sentito parlare della follia che,
sottile, aveva serpeggiato fra i membri della stirpe, ma nei testi che avevo
consultato in quell’ultimo mese la parola ricorrente che più di tutte mi era
rimasta impressa nella mente era ‘possessione’… si diceva che un fuoco animasse
chi impugnava la spada, uno spirito che li guidava nelle azioni più audaci e al
contempo più efficaci per conseguire gli obiettivi che si preponevano nella loro
lotta… mi chiedevo se quello stesso spirito, lo spirito della spada, non avesse
approfittato di un innocuo giovane sciamano in cerca di ingaggio per giungere
alla persona a cui aspirava realmente… Il gatto di Ainos era misteriosamente
ricomparso, in quei giorni. Era sbucato da qualche anfratto della biblioteca
semi bruciata di Sailune, e usava sonnecchiare pigramente su una sedia esposta
ai raggi del sole di una delle grandi finestre, mentre noi procedevamo con il
nostro lavoro… e ogni tanto, mentre mi fissava con i suoi occhi penetranti, mi
chiedevo se dopotutto non mi avesse davvero salvata deliberatamente, quel
giorno di diversi mesi prima, sulle mura… si diceva che i famigli avessero un
legame viscerale con i propri padroni, che animale e uomo condividessero i
propri pensieri… mi chiedevo se parte di Ainos, del vero Ainos, non fosse
sopravvissuta in lui e non avesse cercato di ostacolare i piani dello spirito
che aveva preso il suo possesso…
‘Suppongo che non avrò mai una risposta certa…’
Fissai lo sguardo sugli occhi azzurri di Gourry, cercandovi
quello spirito che credevo avesse catturato anche Ainos, gli invisibili
fantasmi che la mia mente temeva di vedervi. Non li trovai. Strinsi solo più
forte la sua mano, sotto al tavolo, lottando per combattere l’inquietudine…
“Ehi!” Strillò Amelia. “Si aprono le danze!” La principessa
si levò in piedi, e raggiunse suo padre, accompagnandolo al centro della sala.
In un vortice di gonne, lo trascinò al suono della musica.
Colsi il lampo di un sorriso sulle labbra di Zel, e gli
rivolsi un ghigno sfacciato. “Allora…” Ridacchiai. “… Amelia ieri mi ha fatto
un rivelazione interessante…”
Zel mi squadrò per un momento, fingendo indifferenza, ma
sapevo perfettamente che aveva capito ciò a cui mi riferivo… “Lascia perdere il
sarcasmo, Lina.” Sbottò. “Ho accettato di fermarmi per un po’ a Sailune perché
avevo bisogno di… di schiarirmi la mente.” Tacque, per qualche secondo,
fissando il vuoto di fronte a sé… “Di capire… che cosa voglio dal mio futuro…”
La sua voce si fece sottile. “… perché in questi mesi mi sono reso conto che
non lo so. Non sono certo di voler continuare ad inseguire qualcosa che forse
non otterrò mai. Forse ho solo bisogno di riposo per riflettere.”
“E’ comprensibile… cercare riposo.” Commentai semplicemente,
fissando pensosa le danze. E noi… noi cosa avremmo fatto, ora? Non ci avevo
ancora riflettuto…
“Ho voglia di prendere un po’ d’aria.” Dichiarai, levandomi
in piedi. “E magari di fare un altro salto in biblioteca, ora che sarà vuota.
Fai le mie scuse ad Amelia, Zel…”
La chimera mi sorrise. “Dubito che suo padre la lascerà
andare presto. Questo mese non si sarebbe separato un attimo da lei, se avesse
potuto…”
Gli sorrisi di rimando. Anche Gourry si alzò, al mio fianco.
“Ti accompagno.” Dichiarò, semplicemente. “Il vino mi ha fatto venire un gran
caldo.”
Gli rivolsi un breve ghigno, mentre si avviava insieme a me.
“Mi stai dicendo che sei completamente ubriaco, e che hai già spento il
cervello come tuo solito, Gourry?”
Lo spadaccino mi rispose con fare stoico. “Deciderò solo
sulla base del tuo umore di domani se vorrò che tu mi ritenga o no responsabile
delle mie azioni.”
Ridacchiai, e lo squadrai con fare minaccioso. “Attento. La
cosa potrebbe non avere rilevanza.”
Il mio compagno mi rivolse uno sguardo sinceramente
preoccupato. “Lo terrò presente…”
Lo condussi attraverso la malmessa scalinata interna, fino
ai portali della biblioteca. Li spalancai, venendo inondata dal sole del primo
pomeriggio. Era freddo, all’interno. Il fuoco era spento, e una delle grandi
finestre, spalancata, si apriva sul cortile, lasciando penetrare all’interno i
raggi di luce, nei quali danzavano le minuscole particelle di polvere che
inesorabili si posavano sugli spessi volumi che custodivano la sapienza della
capitale… i libri che stavamo catalogando erano aperti sui grandi tavoli, ed un
odore piacevole di carta, di legna bruciata e di inverno si diffondeva nel
grande ambiente. Avanzai sul balcone e chiusi gli occhi per un attimo,
lasciandomi investire dalla possente aria fredda, lasciando che mi ricordasse
che ero viva. Qualche mese prima non avrei dato scontato di avvertire ancora
sensazioni di quel genere sulla mia pelle riarsa dal sole…
Gourry si avvicinò, e fece scorrere le braccia attorno alle
mie spalle, attirandomi a sé. “E’ bella… Sailune d’inverno…” Mormorò,
osservando il vasto panorama, da sopra la mia testa.
“Mmm…” Approvai, brevemente.
Sailune… c’era un’altra questione che mi tormentava in quei
giorni… una questione che riguardava direttamente il regno, e di cui non avevo
parlato a nessuno, nemmeno ad Amelia…
“Che c’è…?” Domandò lo spadaccino, quasi leggendomi nel
pensiero…
Io tacqui per qualche istante, quindi mi decisi a volgermi
verso di lui, per guardarlo in volto. “C’è una cosa che non mi è ancora chiara…”
Mormorai. “Ainos… che la mia ipotesi fosse vera o meno, che davvero lo spirito
della spada avesse preso il possesso della sua mente o invece fosse una sua
mossa deliberata, quella di farsi assumere a corte… non appariva sospetto, agli
occhi di un servitore di Cheiphied? I sacerdoti di Sailune… davvero non si sono
resi conto di nulla…?”
Gourry batté le palpebre, in apparenza senza capire. “Di che
cosa stai parlando, Lina…?”
Scossi la testa. “Forse è solo un mio stupido sospetto. Ma i
testi su Rama si sprecano, qui a Sailune… e i sacerdoti tengono ovviamente in
grande rispetto e considerazione la magia di Cheiphied, pur avendo perso le
conoscenze per padroneggiarla… E il concilio dei sacerdoti non avrebbe
accettato come mago di corte, una delle cariche più importanti sotto la sua
competenza, il primo giovane sciamano che passava, per quanto abile egli fosse,
e per quanto avesse l’approvazione del sovrano… quale modo migliore, per Ainos,
di farsi accogliere a Sailune, che rivelare semplicemente a qualcuno influente
nel Concilio, in segreto, chi fosse e quale fosse la sua reale missione…?”
Gourry inclinò la testa, perplesso. “E se anche fosse, che
ci sarebbe di male…?”
Mi morsi il labbro. “Niente… tutto.” Abbassai gli occhi. “Se
ciò che sospetto è vero… perché la cosa non è ancora venuta alla luce…? Se
anche Ainos aveva chiesto ai sacerdoti il silenzio, perché mantenere il segreto
anche orache manifestamente stiamo facendo ricerche sulla spada…?”
Gourry aggrottò la fronte, mentre la comprensione, apparentemente,
lo investiva. “Intendi dire… che sospetti che qualcuno avesse capito… ciò che
Ainos intendeva farti…? Ma Lina, sono…”
“… sono accuse gravi.” Mi incupii, terminando per lui. “E
senza prove, non sono che vuoti sospetti. Credi che non lo sappia? Per questo
non posso assolutamente dire nulla ad Amelia… solleverebbe un polverone…”
L’espressione di Gourry si fece grave. “Ma… perché… perché
avrebbero dovuto lasciare agire Ainos…? Non dico sapendo che avrebbe coinvolto
me, ma sapendo che mirava ad ucciderti…? Tu hai… tu hai aiutato Sailune
un’infinità di volte, e…”
“Perché sapevano di agire in nome di un bene superiore,
Gourry.” Replicai, fredda. “Ho aiutato Sailune, hai ragione, ma ho anche
accettato di mettere a rischio il mondo per i miei desideri quando ho
combattuto con Phibrizo. Le mie conoscenze sulla magia di Lord of Nightmares mi
rendono una mina vagante e loro lo sanno, Gourry, e anche i demoni … dopo che
abbiamo abbattuto il Signore degli Inferi tutto il dannato mondo ne è al
corrente…” La mia voce era un sibilo irato, ora. “E sai qual è il punto?”
Aggiunsi, in tono flebile e al contempo pungente. “… Che non mi pento, e lo
rifarei. Posta in quella situazione lo rifarei altre dieci, cento, mille
volte!” I miei denti si strinsero. “Quel demone aveva ragione, io non sono una
creatura della luce, io sono solo una dannata egoista. Agisco per il mio
interesse, e in questo non sono diversa da lui.”
Gourry mi afferrò per un braccio, e mi costrinse a
guardarlo. “Ma anch’io lo farei, per te.” Affermò, e non c’era traccia di
dubbio, nel suo sguardo. “Questo mi rende simile ad un demone?”
Restammo ad osservarci per qualche istante, i suoi occhi
azzurro cielo fissi sui miei. Quindi le sue dita mi lasciarono andare. “Non sei
schierata dalla parte del male, Lina. Sei solo umana.” Il suo tono si fece
gentile. “E per quel che mi riguarda, sei uno splendido, indipendente, essere
umano. Io ho fiducia in te. So che non ti lascerai circuire facilmente, né da
demoni né da esseri umani. E anche tu dovresti pensarla allo stesso modo.”
Le sue parole, per qualche motivo, mi tranquillizzavano.
Già. Era incrollabile, la fiducia di Gourry. Non aveva fatto che dimostrarmelo,
da quattro anni a quella parte…
Emisi un sospiro. “So come la pensi.” ‘E te ne sono grata.’
“Ma non tutti sono del tuo parere… Mi chiedo se Sailune non finirà per
diventare un terreno pericoloso, per me, un giorno…” Commentai, asciutta.
La sua mano raggiunse la mia spalla, e strinse, gentilmente.
“Non posso pensarlo. Se anche l’intera gilda dei sacerdoti dovesse rivoltarsi
contro di te, ci saranno sempre Amelia, e Philionel.” ‘E ci sarò anch’io.’ Non
lo disse, ma il suo sorriso me lo comunicò. Portai la mano sulla sua, per
trattenere le sue dita calde contro la mia carne.
“Lo so.” Replicai, semplicemente. Assentendo al contempo
alla sua affermazione, e alla sua promessa silenziosa.
Ci fissammo ancora per un istante, quindi il mio sguardo si
volse all’orizzonte.. “Ad ogni modo…” Commentai, mentre lasciavo affiorare un
lieve sorriso anche alle mie labbra. “Dobbiamo ancora decidere dove andare
ora…”
“Hai qualche idea…?” Chiese lo spadaccino, seguendo i miei
occhi, e attirandomi lievemente a sé.
“Assolutamente no.” Risi. “So solo che non vorrò vedere i
deserti e le terre a sud della barriera per diverso tempo.”
Lo spadaccino ridacchiò. “Chissà perché ci avrei scommesso…”
Si volse nuovamente verso di me, con un mezzo sorriso. “E se andassimo a
Zephilia? Dalla tua famiglia?”
Inarcai un sopracciglio, ricambiando il suo sguardo. “Ok…
qual è il tuo doppio fine…?”
Gourry scoppiò a ridere. “Non entrare subito in allarme, per
favore. Sto solo pensando che dopo mesi così intensi potrebbe farti piacere
rivedere i tuoi, e rassicurarli che stai bene…” Ora che ci pensavo, Gourry
aveva ragione… sicuramente anche nel nord era giunta notizia della guerra, e,
se la mia famiglia aveva sentito parlare della mia amicizia con la dinastia
regnante di Sailune, era ragionevole che sospettassero un mio coinvolgimento…
Inclinai la testa, e studiai il mio compagno per qualche
istante. Mi ricordavo ciò che mi aveva detto della SUA famiglia, prima che
tutta quella vicenda avesse inizio, e sapevo che aveva poca fiducia sulla
possibilità di riallacciare con essa buoni rapporti… mi chiedevo se la proposta
che aveva rivolto a me non fosse il riflesso, in fondo, di un suo sotterraneo
desiderio…
“E tu…?” Mi trovai a domandare, quasi indipendentemente
dalla mia volontà… “Tu non hai mai voglia di rivedere la tua famiglia,
Gourry…?”
Gourry mi sorrise. “Oh, ma io sono con la mia
famiglia.”
Rimasi per un istante interdetta da quella risposta. Solo un
istante. Quindi gli rivolsi un breve, silenzioso sorriso. Rimasi immobile,
godendo del suo calore, mentre un vento gelido si levava, spazzando via la
polvere dalle rovine e dai cantieri che sparsi qua e là fra gli edifici bianchi
della capitale stavano lentamente dando nuova vita alla città.
Trovavo ancora allettante la sua idea di tornare a Zephilia,
ma Gourry in fondo aveva ragione. Erano trascorsi mesi lunghi e duri, e anche
il futuro, a tratti, pareva foriero di inquietanti promesse… ma ero già a casa.
Finalmente ero a casa.