L'assedio

di SonLinaChan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 20: *** Capitolo venti ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventuno ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Ecco una fic a tema ‘guerresco’, che medito e rimaneggio da lungo tempo, e che finalmente, avendo finito esami e tesi, riesco

Ecco una fic a tema ‘guerresco’, che medito e rimaneggio da lungo tempo, e che finalmente, avendo finito esami e tesi, riesco a mettere on line…^^ L’ambientazione è post Try, e il Rating è dovuto al fatto che andando avanti la storia tenderà a farsi un po’ più seria, e un po’ più cruda, rispetto ai primi capitoli…lettori avvisati…XD

Alcune parti sono state ispirate da alcuni esami che ho dato negli ultimi tempi, quindi, se riconoscete qualche nome storico reale… semplicemente ignoratelo…^^’’’’’’

Commenti e critiche sono ovviamente graditi! ^^

 

 

 

 

 

Un pomeriggio d’estate…

…luce pallida, del sole già calante, si rifletteva sui nostri vestiti, sulle nostre armature… negli occhi azzurro cupo che fronteggiavano i miei…

 

… sulle nostre lame…

 

“Mantieni la guardia, Lina… non è più un gioco.”

 

 

Aveva ragione lui… quante volte ci eravamo trovati in quella situazione, nel corso dei nostri viaggi… quante volte avevamo impugnato le spade l’uno contro l’altra… ma allora era stato diverso. Lo spadaccino, nei tempi morti del nostro viaggio, aveva spesso insistito per insegnarmi un po’ di tecnica di spada, da sfruttare nel caso mi fossi trovata impossibilitata a servirmi della magia… ed io avevo sempre accettato di buon grado, ovviamente… Sapevo come servirmi di una lama, ma la mia abilità nel maneggiarla non raggiungeva certo i suoi livelli… e non era da tutti poter sfruttare l’aiuto di un maestro del genere… ma Gourry, in quelle occasioni, aveva sempre avuto un occhio di riguardo nei miei confronti… aveva maneggiato la sua arma con attenzione, colpito, se era stato necessario, sempre di piatto…

 

Ma ora… ora le cose erano molto diverse… ora non si trattava più di un allenamento…e la posta in gioco era alta… molto alta…

 

 

“Credi forse che non lo sappia?” Il tono della mia voce non tradiva la mia esitazione… Non era semplice, per me, combattere contro di lui… ma non avrei lasciato che se ne rendesse conto… “Non ho intenzione di avere riguardi nei tuoi confronti… fatti avanti!!!”

 

Non avevo bisogno di chiederlo. Non mi aveva dato tregua, sin da quando quel combattimento era iniziato. Lui aveva dalla sua parte l’abilità e la maggiore esperienza, ma io ero veloce, agile… e furba. Lo sapeva, lo leggevo nei suoi occhi. Noi due ci conoscevamo troppo bene perché lo sguardo dell’uno celasse qualcosa all’altro… temeva un trucco da parte mia… e aveva deciso di sfiancarmi prima che io fossi in grado di metterlo in atto. Ma io non avevo intenzione di lasciarmi distrarre…

 

“Ah!” Con un balzo, schivai il suo affondo.

Sapeva che avrei evitato quel colpo, lo sapeva benissimo. Non aveva attaccato per ferirmi… voleva farmi perdere l’equilibrio…

…ma non bastava un trucchetto del genere a mettere fuori gioco Lina Inverse…

 

“Prendi QUESTO!” Agile come un gatto, sfruttai il momento in cui lo spadaccino riguadagnava la posizione di guardia dopo il colpo e lo aggredii… non mi ero allontanata quanto lui probabilmente aveva pensato che avrei fatto per evitare il suo colpo, e potevo coglierlo di sorpresa. Era rischioso, certo… ma se volevo vincere contro un avversario così forte dovevo tentare il tutto per tutto…

Gourry non mi aveva lasciato aperture per affondare con la spada, ovviamente… ma io ero decisamente più piccola di lui… e questo poteva venire a mio vantaggio, nel contrattaccare servendomi delle sue stesse armi…

 

“Dannazione!” Lo spadaccino, resosi conto delle mie intenzioni, piegò le gambe e si abbassò, piantandosi saldamente al suolo. Ma era troppo tardi. Ero già sufficientemente vicina per agire…

Mi abbassai e, con tutta la mia forza, sferrai un calcio proprio all’articolazione del suo ginocchio. Come avevo pensato, Gourry, che non aveva avuto il tempo per evitarlo, barcollò.

 

…e questo creava la mia occasione…

 

“Ora!” Mi gettai su di lui. Non era una soluzione molto onorevole, certo… ma se fossi riuscita, con tutto il mio peso, a gettarlo al suolo ed immobilizzare il braccio con cui reggeva spada, o meglio ancora a disarmarlo, l’avrei finalmente avuto in pugno. Del resto… io non ho mai seguito il codice della cavalleria…

 

“Ouch!” Il mio amico lottò per non lasciarsi sopraffare. “Lina! Questo non è leale!!!”

 

“Al diavolo!” Mi aggrappai a lui con tutta la mia determinazione… Stavo lottando contro uno che aveva il triplo della mia forza, e lui mi veniva a parlare di lealtà???

 

Crollammo entrambi a terra e si scatenò una furiosa rissa… tenevo stretta saldamente nella mia mano destra la mia spada corta… se mi avesse disarmato, anche se io fossi riuscita a fare lo stesso con lui, sarei stata finita. Non potevo sperare di batterlo in un corpo a corpo, se faceva sul serio…

 

“Mordere non vale!!!” Gridò lo spadaccino, mentre io mi aggrappavo al suo braccio destro. “Qualcuno dovrebbe insegnarti come si combatte, Linaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa…” Ero sopra di lui, ora… e il mio ginocchio aveva appena sferrato un colpo là dove doveva essere MOLTO doloroso… ehm… ops…

 

“Anche i colpi bassi adesso???” Del tutto inaspettatamente, Gourry lasciò cadere a terra la spada. Eh? Cosa diavolo…?

 

“Ah!” Le braccia dello spadaccino scattarono improvvisamente in avanti… e mi abbracciarono!

 

Avvampai. Cosa… cosa…?

 

Ma fu allora… che nei suoi occhi si disegnò un sogghigno…

Ehi… ehiehiehi!!! Cosa diavolo…?

 

Fu un attimo. Il secondo di distrazione che mi era costato il suo gesto improvviso divenne occasione per lui per colpire. Le braccia che ancora mi cingevano mi sollevarono di peso e… mi gettarono al suolo!

“Ah –ah !”

In pochi secondi, la situazione si era invertita. Ora era lui ad essere sopra di me, mentre il braccio in cui ancora reggevo la spada era inesorabilmente bloccato al suolo, là dove la sua mano stringeva il mio polso…

 

“Ti ho imbrogliata, Lina…” Commentò lo spadaccino, un lieve ghigno sul volto.

Inconsciamente, arrossii… “Eh… ehi!!! Anche la tua mossa è stata sleale!!!”

Il sogghigno di Gourry si allargò. “Ho imparato bene la lezione, no…?” La sua mano rafforzò lievemente la presa sul mio polso, finché non fui costretta a rilasciare la spada, per poi allentarla, nuovamente… dopo tutto… voleva evitare di farmi del male…

“Adesso arrenditi, Lina, non hai più via di scampo…” Si piegò verso di me… “…sei mia, ormai…”

 

Ah, era così, eh?

 

“Questo…” Commentai, accigliandomi… “…è quello che credi tu.”

 

 

 

 

Dieci minuti dopo, il mio amico era finalmente rinvenuto… sguardo vacuo al cielo, se ne stava sdraiato al suolo, espressione corrucciata, la vena sulla sua fronte lievemente in evidenza…

 

“Hai ripreso i sensi, vedo…” In piedi, al suo fianco, lo squadrai dall’alto in basso… “…pensavo che ci avresti messo meno tempo, sai? Si vede che stai invecchiando…” Gli rivolsi un ampio sogghigno.

 

“Lina…”

 

“Ehi, ehi, cos’è quel tono?” Mi accigliai. “Non sei per niente sportivo, mica te la prenderai per aver perso in un duello…?”

 

Il mio amico si mise a sedere. “Già… peccato che si fosse detto NIENTE MAGIA!” Mi rivolse una occhiataccia… oh –oh … doveva averlo davvero disturbato il fatto che la DISDICEVOLE situazione in cui ci eravamo trovati poco prima fosse stata risolta, alla fine, dall’intervento di una mia Flare Arrow… davvero molto… ih, ih…

 

Il mio sogghigno si allargò, mentre sollevavo un dito e lo agitavo nell’aria, con fare da Xellos… “No, no, mio caro… si era detto duello di spada, ma io non ho mai parlato del fatto che non si potesse usare la magia… e dato che tu hai gettato la tua arma per combattere a mani nude anche io ho pensato di poter ricorrere ai miei mezzi…”

 

L’espressione del mio amico non risultò affatto distesa, a seguito della mia affermazione… “C’è un po’ di DIFFERENZA, Lina, fra usare le mani e scagliare addosso a qualcuno quella… quella ROBA…”

Non riuscii a reprimere un altro sogghigno. “Si chiama piromanzia, se vuoi saperlo, Gourry… e in fondo non era nulla di particolarmente potente…”

“I tuoi incantesimi non particolarmente potenti sono quelli mortali di una persona normale…” Si lamentò lo spadaccino, una grossa goccia di sudore che gli scendeva lungo la tempia…

“Ah, ah…” Lo rimbeccai, parandomi faccia a faccia con lui… “… può anche darsi, ma ciò non toglie che HAI PERSO, mio caro, e che ora devi rispettare i patti…”

 

La sua fronte premette contro la mia, mentre il suo sguardo si faceva ancora più cupo… “Eh, no, Lina, stavolta non ribalterai la frittata… sei TU ad avere perso…”

Mi accigliai. “Neanche per sogno! TU hai giocato sleale ed io ho solo agito di conseguenza!!!”

“Ma guarda che faccia tosta!!!” Mi afferrò per un piede e mi trascinò al suolo.

“Gourry!!!”

In un secondo il mio amico mi fu addosso. “Ammetti di avere perso?” Le sue mani si avvicinarono pericolosamente al mio stomaco… oh –oh, solletico in vista…

“I… io…” Tentennai un momento… solo un momento… “IO NON CI PENSO NEMMENO!!!” Cominciai ad agitarmi come un forsennata. “TU sei più forte di me con la spada, che altro potevo fare???”

 

Il mio amico mi lasciò andare, con un sospiro. “Guarda che sei stata tu a lanciare l’idea del duello… stavamo facendo allenamento come sempre prima che tu te ne venissi fuori con la storia della scommessa…”

 

Incrociai le braccia al petto, assumendo un’aria di superiorità…”Bé, se ho scommesso è perché ero sicura di vincere e così è stato… e se tu non sai perdere e mantenere la parola data non è affar mio, Gourry Gabriev… tu ora rispetterai i patti e mi offrirai la cena, così come avevamo stabilito che avrebbe fatto il perdente, altrimenti…” Ero del tutto intenzionata a far durare la mia arringa piuttosto a lungo, per la verità… se possibile, anche a esasperare talmente tanto il mio amico a parole da farlo arrendere e cedere (come spesso accadeva… eh, eh…), per quanto qualcuno con POCA voglia di sopravvivere avrebbe potuto obiettare che in realtà era lui ad avere ragione…

Ne avevo… TUTTA l’intenzione…

…prima di accorgermi che il diretto interessato in realtà non mi stava affatto ascoltando…

 

“G… Gourry!!! Che diavolo stai facendo???”

 

Il mio amico aveva smesso totalmente di prestarmi attenzione, e aveva preso a rovistare nel mio mantello, che durante il combattimento avevo lasciato al suolo, insieme agli altri oggetti che potevano ingombrarmi… fatta eccezione per i guardia spalle, ovviamente… Gourry non mi avrebbe mai fatto del male intenzionalmente, ma con la foga della lotta ed un pasto in palio non si sapeva mai…

 

“Gourry!!! Finiscila subito!!!” Mi avvicinai di corsa… c’era una cosa che non doveva trovare, c’era una cosa che non doveva ASSOLUTAMENTE trovare… “Quelle sono le MIE cose, toccale ancora ed io ti…”

 

“Lina…”

 

Frenai, di colpo. Il tono della sua voce… uh –oh, avevo l’impressione che fosse troppo tardi…

 

Il mio amico si voltò, l’espressione DECISAMENTE contrariata… “Cosa significa QUESTO?” Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah, esattamente!!!

 

Gourry evidentemente aveva saputo dove cercare. Ed ora, nella mano destra, reggeva il borsellino in cui ero solita tenere i miei soldi…

…un borsellino ineluttabilmente… vuoto…

 

E fu SORPRENDENTE il modo in cui fui in grado di controllare la mia mimica facciale, e mutare la mia espressione nel giro di due nanosecondi…

 

“Gourry caro…”

 

“Gourry caro un accidente!!! TU hai scommesso senza avere realmente i soldi per impegnarti!!!” Uh, uh, decisamente arrabbiato… c’era necessità dei miei migliori occhioni da cerbiatta…

 

“E dai…” Ridacchiai. “Tanto ho vinto, che differenza vuoi che faccia…?”

“Lina, tu NON – HAI – VINTO!!! Quello si chiama barare!!!” Ehi, ehi, che paroloni…

 

Portai le braccia ai fianchi. “Oh, SENTI, Gourry, questo è un mondo difficile… chi non divora viene divorato e chi…”

“QUESTO ADESSO NON C’ENTRA AFFATTO!!!” Ok, anche la tecnica della paternale non funziona… proviamo a buttarla su melodrammatico…

“Eh, eh, capisco il tuo punto di vista, Gourry, ma vedi… ero rimasta senza soldi per la cena… ero così disperata che ho deciso che dovevo giocarmi il tutto per tutto…” Le mie ciglia sbatterono più vistosamente del solito…

 

Il mio amico sospirò. “Perché non me lo hai semplicemente detto…? Avrei potuto prestarteli…”

Incrociai le braccia al petto. “Ehi, ehi, lo sai che a me non piace avere debiti…”

Lo spadaccino si accigliò. “Ma se non ho mai rivisto nemmeno una moneta di rame, dei soldi che ti ho prestato in passato…”

Ehi, un… “Guarda che se TU non ricordi come tuo solito NON SIGNIFICA che io non te li abbia restituiti…”

Il mio amico mi lanciò un’occhiataccia. “Sai, Lina… stavo prendendo in considerazione l’ipotesi di offrirti davvero la cena, nonostante tutto… ma ho idea che potrebbe farti bene una serata a digiuno…”

 

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaah, che crudeltà!!! Gli dei non lo avrebbero mai perdonato!!!

 

Già, gli dei…

…e a pensarci bene…

Nemmeno io!!!

 

“Portafogliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!” Al suono di questo grido di battaglia, mi avventai contro il mio compagno, che venne colto totalmente alla sprovvista… “Molla l’osso!!!” Sapevo benissimo dove lo teneva… mi bastava raggiungere la sua tasca…

“Lina!!!” Gridò, cercando di liberarsi. “Aaaaaaaaaah, Lina, i capelli no!!!”

“Traditore!!! Non si danno i pizzicotti ad una signorina!!!”

“QUALE signorina???”

“BADA A COME PARLI, SAI!!!”

“Lina, io ti…”

 

Ma qualsiasi trattamento il mio amico avesse in mente per me, non lo avrei mai scoperto… perché fu in quel momento che il portafogli di Gourry scivolò fuori dalla sua tasca…

…e si aprì.

 

Un silenzio di tomba cadde improvvisamente sulla vallata nella quale ci trovavamo…

…un silenzio rotto solo da una sorta di lugubre, cupo rombo…

 

“Gourryyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy…”

 

“Oh… che fatto curioso…”

“FATTO CURIOSO UN ACCIDENTE!!! BRUTTO BUGIARDO!!!”

 

Non c’erano molti dubbi… una sola tasca componeva la piccola borsa in possesso del mio amico… e quella tasca era decisamente VUOTA!

 

Gourry si grattò la testa, ‘riflettendo’… “Ma che strano…” Mi guardò, con aria del tutto innocente… “Ti assicuro che l’ultima volta che l’ho guardato era pieno di monete… davvero…” Si giustificò sfoderandomi la sua migliore espressione spaesata…

Sospirai. “QUAND’E’ che lo hai guardato l’ultima volta, Gourry…?”

 

Ci fu un momento di silenzio, quindi… “Per essere sincero… non me lo ricordo.”

 

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH!

 

“Ma è mai possibile che io debba avere un compagno che si scorda di quando spende i soldi???” Mi presi la testa fra le mani…

“Ehi, ehi…” La mano di Gourry mi batté gentilmente sulla spalla. “Non è una cosa così grave, no…?”

Sollevai su di lui la mia peggiore occhiata. “Non è una cosa grave un accidente, cervello di medusa!!! Come pensi che mangeremo stasera, eh???”

Il mio amico ci rifletté un po’ su… quindi volse il suo sguardo verso il mio mantello… “E… se vendessi alcuni degli oggetti magici che conservi là dentro? Hai sempre detto che sono piuttosto preziosi, no?”

Sospirai, nuovamente. “Gourry, non posso fare una cosa del genere… quelli sono oggetti MOLTO rari e costosi, non posso barattarli per una cena, capisci…?” Appoggiai le mani ai fianchi. “…senza contare che a quest’ora tutti i negozi specializzati in articoli magici saranno chiusi… e immagina quale sarebbe la reazione di un oste se invece dei soldi del conto gli presentassi di fronte un oggetto che ai suoi occhi può valere quanto una moneta di rame…”

Il mio amico si grattò la testa. “Uh… già… posso immaginarlo…”

“Senza contare che… AH!!!” Mi portai le mani alla testa. “Aaaaaaaaaaaaaaaaaah, dannazione, non ci avevo pensato!!!”

Gourry batté le palpebre. “Che cosa, Lina?”

“Come ‘cosa’, cervello di medusa??? Ci toccherà passare un’altra notte all’addiaccio!!!”

 

 

Erano settimane che andava avanti così… Le terre che avevamo battuto sulla strada del nostro ritorno erano davvero povere di civiltà… qualche tappa per fare provviste in rari villaggi… e quindi distese di boschi, valli, praterie… notti all’aperto e scarse comodità… poca gente, e gente schiva… e ovviamente nessuno a cui saltasse in mente di ingaggiare due mercenari per qualche lavoretto… e con lo stomaco di Gourry ed il mio, questo significava restare al verde in poco, POCHISSIMO tempo…

 

Erano trascorsi diversi mesi, ormai, dalla sconfitta di Darkstar… era stato nel porto più vicino al confine che io ed i miei amici ci eravamo separati… Philia, tornata alla sua vita ‘tranquilla’ di vestale… avevo sentito in giro che aveva aperto una specie di negozio di ceramiche, o di antiquariato… Amelia, tornata ai suoi compiti di principessa, a Sailune… e Zel, partito per il suo viaggio di ricerca, nelle terre ancora inesplorate al di là della barriera…

E per quel che ci riguardava… bè, il problema fondamentale era stato ovviamente il fatto che ci trovavamo a dover fare a meno della Spada di Luce… rispettavo la decisione di Gourry, ma ciò non toglieva che avevamo bisogno di trovare in fretta un’arma altrettanto potente… per la vita relativamente tranquilla che avevamo condotto in quei mesi una normale spada, potenziata da qualcuno dei miei talismani, era stata sufficiente… l’abilità di Gourry nel maneggiarla aveva potuto sopperire alla mancanza di poteri magici… ma d’altra parte ero del tutto consapevole che noi due non eravamo mai realmente al sicuro…

 

Le opzioni che ci si erano presentate di fronte erano due… tornare nel nostro continente e gettarci alla ricerca di una delle armi magiche leggendarie di cui i testi antichi riportavano… oppure partire totalmente alla ventura per le terre del ‘Nuovo Mondo’… La seconda ipotesi, per essere sincera, era quella che mi allettava maggiormente… si trattava di territori inesplorati, che potevano racchiudere segreti e scoperte decisamente… interessanti… Lo avevamo già verificato, in parte, nella vicenda che ci aveva coinvolti… ed io non aspettavo altro che averne ulteriori conferme…

 

D’altra parte, come avrebbe commentato una certa chimera, occorreva procedere con logica… avevamo verificato come le Arti Magiche non fossero particolarmente diffuse in quelle zone… e questo riduceva considerevolmente le possibilità di trovare armi magiche di fattura umana… oh, era possibile che esistessero armi molto antiche, risalenti a prima della Guerra ad Gran Demone, e magari realizzate con le arti magiche dei draghi (uh… i miei occhi si riempivano di stelle al solo pensare di entrare in possesso di un’arma forgiata con quella magia bianca andata perduta che era stata in grado di tenere testa ai demoni superiori…)… Tuttavia… quante probabilità avevamo noi di trovare una di quelle armi in tempi brevi, quando non avevamo nemmeno la certezza della loro esistenza…? E nel nuovo mondo non avevamo idea di che cosa avremmo affrontato… finché si trattava di nemici di cui conoscevamo la natura potevamo sperare di cavarcela anche con armi normali, ma… nella situazione in cui ci trovavamo, era da incoscienti partire così allo sbaraglio… la soluzione più saggia era tornare nel nostro continente, cercare un’arma magica che perlomeno ci soddisfacesse e QUINDI, eventualmente, partire per le terre al di là dello scudo e vedere che cosa esse potevano riservarci…

 

…d’altra parte, Lina Inverse non è mai stata nota per la sua prudenza…

E infatti, alla fine, avevamo optato per una soluzione di compromesso… saremmo rimasti nell’area di confine fra il nostro mondo e le nuove terre… una zona liminale, piuttosto inesplorata anche per quel che riguardava la parte al di qua dello scudo… forse, avrebbe potuto riservarci qualche sorpresa… e se quella ricerca non avesse dato frutto, allora avremmo ripiegato sul nostro continente, e saremmo tornati al piano originario…

 

Bé, QUESTO era esattamente ciò che ci trovavamo a fare in quel momento… La nostra ricerca…? Nulla di meno produttivo… chilometri e chilometri di terra brulla e gente inospitale… e la magia, la gente stentava persino a sapere cosa fosse… una perdita di tempo assurda… non ero mai stata tanto seccata, e mi auguravo solo che le terre al di là della barriera non somigliassero tutte a quanto avevamo appena visto… Peraltro, nell’ultimo mese della nostra presenza, la gente si era fatta ancora più astiosa nei nostri confronti… c’era uno strano fermento nei villaggi in cui ci recavamo… ed io avevo il sospetto che si fosse sparsa la voce della nostra presenza, in quelle zone… della presenza di due forestieri che giungevano a portare scompiglio…

Ad ogni modo, non ci restava molto altro da fare che metterci seriamente alla ricerca di qualcosa nel nostro già ampio continente… e se più armi fossero poi arrivate, sia dalle nostre terre che da quelle inesplorate, di certo sarebbero state bene accette…

 

Era in quello spirito che viaggiavamo da ormai un mese verso la civiltà… dopo aver seguito la costa del Regno di Elmekia, in quel momento ci trovavamo al confine del regno di Sailune… speravo sinceramente che il reame della Magia Bianca avrebbe potuto fornirci qualche appiglio per la ricerca di armi sacre… anche se la realtà era che non avevamo nemmeno una minima traccia da seguire…

 

 

“ODIO questa situazione…” Camminavo guardando di fronte a me, con un’espressione che bastava a fulminare chiunque incontrasse il mio sguardo…

 

Gourry sospirò. “Coraggio… perlomeno ci stiamo avvicinando a terre abitate… i regni del Sud sono davvero invivibili… povera gente…”

 

“Quella gente, se vuoi saperlo, secondo me sta benissimo dove si trova…” Mi strinsi nelle spalle, lanciandogli un’occhiata. “Non mi sembrava particolarmente propensa ad aprirsi al mondo… e ho visto più gente scontenta del fatto che lo scudo fosse caduto di quanta ne abbia visto gioire perché questo apriva nuove possibilità di ricchezza… credo che l’idea di ‘mettersi al passo col mondo’ non sorrida loro particolarmente…” Ed io non sapevo proprio, sinceramente, se giudicarla ottusità o saggezza… forse era una delle tante questioni di cui solo il tempo poteva farsi giudice…

 

Gourry gettò lo sguardo al cielo, pensieroso. “Uhm… forse è anche un fatto di superstizione… mio nonno mi diceva qualcosa di simile a proposito degli elfi, quando ero piccolo… anche se non ricordo molto bene…”

 

Gli rivolsi un fiacco sorriso. “Questa non è una novità…”

“Ehi, ehi…” Replicò il mio amico, non risparmiandomi un’occhiataccia…

 

La ignorai. “Uuuuuuuuuuuuuuuf, quanto sono stanca…” Commentai, stiracchiandomi. “Quanto darei per un bel letto comodo…”

Gourry fece spallucce. “Considera il lato buono della situazione, Lina…” Sollevò nuovamente, distrattamente, lo sguardo al cielo. “Stanotte il nostro tetto sarà un meraviglioso cielo stellato…”

 

E fu solo il mio buon udito a permettermi di comprendere la sua affermazione…

…perché il rombo di un tuono in lontananza coprì con il suo cupo risuonare il grosso della sua frase…

 

 

 

Un’ora più tardi, il sole era quasi scomparso all’orizzonte, ed io ero zuppa fino al midollo…

 

“Considera il lato buono della situazione, Lina… ora nessun Signore dei Demoni ci è alle costole e ha intenzione di…”

 

“ABBI ALMENO LA COMPIACENZA DI STARTENE ZITTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

 

“Che caratteraccio… neanche fossi stato io a fare piovere…”

 

“Probabilmente no…” Gli rivolsi un’occhiata in tralice. “Ma comincio ad avere il sospetto che tu porti sfortuna… da quando ti conosco mi sono capitati solo guai…”

 

L’unica risposta che ricevetti fu uno sguardo rassegnato ed un mugugno. “Che faccia tosta… sarei io quello che porta guai…”

 

Non gli risparmiai un’altra occhiataccia… ma in quel momento l’ultima cosa che avevo voglia di fare era litigare… Sospirai. “Che ne diresti se ci fermassimo? Ormai a quanto pare la prospettiva di raggiungere una città entro la notte è decisamente lontana… e anche se ci riuscissimo, possiamo tranquillamente dire ‘ciao’ all’idea di dormire in un caldo letto…” Un’idea in cui mi ero trastullata per tutta la giornata, a dire la verità… e c’era qualcosa di *irritantemente* ironico in questo… quelli erano i momenti in cui avevo la sensazione che qualcuno dall’alto mi stesse osservando… e si stesse divertendo un mondo…

 

“Fermarci… dove…?” Il mio amico mi rivolse un’occhiata perplessa… “Siamo su montagne quasi del tutto disabitate… Qui ci sono solo rocce e alberi…”

 

“E che ne so, io??? Una grotta, una cavità, un posto che sia –dannatamente- ASCIUTTO!!!”

 

“Ok, ok…” Anche il mio amico sospirò. “Che ne diresti di quella rientranza nella roccia laggiù…? Non sembra il massimo del confort… ma per una notte dovrebbe andare…”

 

Ed effettivamente c’era… al di là della cappa di pioggia, lo spadaccino era riuscito ad individuare quello che a me non era nemmeno possibile scorgere… e purtroppo aveva avuto ragione… spifferi, gocce d’acqua da ogni minima apertura… ma era sufficientemente profonda per tenerci per lo meno al riparo dal vento… ed era sempre qualcosa di meglio di una notte trascorsa sotto la pioggia…

 

“E’ già da un po’ che succede… questi sbalzi climatici improvvisi…” Osservai, rivolgendomi più a me stessa che al mio amico, mentre tremavo di freddo, nel tentativo -di scarso successo, per dirla tutta- di accendere perlomeno un fuoco, per asciugarci… i rametti di legno, che abbondavano sul fondo della piccola grotta, erano tanto umidi che persino la mia fiamma magica non attecchiva… e non potevo certo pensare di mantenere attivo l’incantesimo tutta la notte, fra le mie mani… già crollavo di sonno…

 

“Non è un semplice temporale estivo…?” Replicò Gourry con aria perplessa, mentre strizzava i suoi capelli, tentando di ridonare loro una parvenza di asciutto…

 

Sospirai. “Un po’ lunghino per essere un temporale estivo… Le mie ossa lo testimoniano…” Lanciai uno sguardo cupo al di fuori dell’apertura della grotta… “E poi…” Mi strinsi nelle spalle tornando a fissarlo… “… non è la prima volta che accade, in questi ultimi mesi… noi due ce ne siamo stati lontani dal mondo e ci siamo accorti di poco o nulla, ma ho sentito dire che il Regno di Zephilia è stato persino colpito da una tempesta di neve… dicono che i vigneti sono stati tutti rovinati…”

 

“NEVE???” Il mio amico mi rivolse un’occhiata stupita. “Ma… ma siamo in ESTATE…”

 

Feci spallucce. “Ho sentito i contadini ed i mercanti di frutta lamentarsi, nei villaggi in cui siamo passati… Tempeste che si alternano a clima torrido… da qualche mese a questa parte, è sempre la stessa storia… e nessuno riesce a spiegarselo… anche se io qualche ipotesi ce l’avrei…”

Il mio amico mi rivolse un’occhiata perplessa. “Un’ipotesi?”

Annuendo, mi appoggiai alla parete di roccia, un braccio stretto attorno al corpo, l’altro proteso verso la legna. “In fondo… non è la prima cosa strana che succede da quando la barriera è caduta… supponiamo che lo scudo dei demoni avesse in qualche modo alterato il clima nel nostro continente… anche solo il muoversi delle correnti calde… può darsi che ora, cessato l’effetto della magia, la situazione si stia ristabilizzando…” Finalmente la fiamma sprigionata dalle mie dita attecchì ed un gradevole calore prese a diffondersi, seppur lentamente, nel piccolo ambiente… Mi stiracchiai come un gatto, godendone per un momento il diffondersi sulla mia pelle, il suo avanzare in tutto il mio corpo… una sensazione piacevole, forse simile alla quella che provavo quando scagliavo un incantesimo di fuoco… anche se non sufficiente a reprimere i miei brividi… il freddo di quella sera sembrava penetrare nelle ossa… Ero decisamente una creatura fatta per stare al caldo, decisi. Forse per questo la Piromanzia era divenuta così naturalmente la mia specialità, per quel che riguardava lo sciamanismo…

“… certo, non si può avere la certezza…” Proseguii, abbracciando le mie ginocchia, con fare sonnolento… “… ma basterebbe fare qualche studio sulla situazione così com’era prima dell’incantesimo… e se questa è solo una condizione di passaggio, se questa alternanza prelude il raggiungimento di un nuovo equilibrio, allora potrebbe essere utile approfondire queste ricerche… pensa a quanto sarebbe utile per l’agricoltura sapere come il clima muterà in futuro… ma, soprattutto, quanto sarebbe utile conoscere gli effetti che la magia può avere su di esso… senza contare che…” Avendo inserito la mia ‘modalità insegnante’ non mi accorsi che il mio amico si avvicinava finché non me lo trovai a fianco. “Uh?” Battei le palpebre.

 

Lo spadaccino mi rivolse un sorriso. “Invece di pensare alle questioni dell’universo scendi sulla terra per un secondo…” Una coperta venne gentilmente calata sulle mie spalle. “Stai gelando…” Spiegò, semplicemente, con un’alzata di spalle, di fronte alla mia occhiata perplessa…

Afferrai un lembo della coperta, studiandolo… “E’ un miracolo che sia rimasta asciutta…” Osservai.

“Era in fondo alla borsa…” Spiegò semplicemente il mio amico, in tono pratico, prima di sedersi al mio fianco. “Basterà per tenere al caldo chi di noi due dormirà, mentre l’altro fa la guardia… se mi verrà freddo, potrò sempre muovermi un po’…” Inarcai un sopracciglio, reprimendo un sorriso… A quanto pare, aveva già deciso l’ordine dei turni…

“Non sono sicura che riuscirò a dormire a stomaco vuoto…” Replicai, un mezzo sogghigno sulle labbra. “Se vuoi saperla tutta, pensavo di aspettare l’alba… o la fine di questo temporale…” Sospirai, lievemente… “…e poi rimettermi subito in cammino. Bisogna fare qualcosa per il denaro che ci serve per il viaggio, o la nostra ricerca di una spada finirà ancora prima di cominciare…”

 

Il mio amico mi rivolse uno sguardo vacuo… avevo l’impressione che non si ricordasse esattamente del fatto che ci trovavamo lì per la sua spada… ma per il quieto vivere, per una volta evitai commenti taglienti… “Che intendi dire con ‘fare qualcosa’, Lina…?” Quindi, il suo volto si illuminò di comprensione… e lo sguardo perso si tramutò in un’occhiataccia… “Il tuo ‘hobby’, giusto? Hai intenzione di andartene a cercare nuovamente una banda di banditi da depredare…”

Ridacchiai. “Da quando sei così perspicace…?”

Il mio amico sospirò. “Oh, non è questo… è che ormai le mie ossa hanno assunto la capacità di avvertire i guai che si avvicinano…”

Il mio ghigno si fece più largo. “Guai, guai… che guai vuoi che ci capitino nel Regno della Magia Bianca…? sii ragionevole e rilassati… non c’è luogo più tranquillo e pacifico di Sailune…”

 

E fu in quel momento… che il corno risuonò.

 

Il mio amico ed io battemmo contemporaneamente le palpebre.

“Che.. che cos’era…?” Azzardai la domanda, dopo qualche secondo di silenzio.

“Sembrava un corno da guerra…” Replicò il mio amico, con una certa sicurezza. Già… Gourry era mercenario da più tempo di quanto non lo fossi io, e, per quanto non sapessi molto della sua vita prima del momento in cui ci eravamo incontrati, ero al corrente del fatto che aveva combattuto anche campagne di guerra, probabilmente negli anni in cui le lotte per la successione avevano insanguinato i regni del Sud, portando a quell’Equilibrio che ora regnava fra i sovrani del nostro continente…

 

Mi accigliai, sollevandomi in piedi. “E’ strano che truppe di Sailune si trovino di pattuglia su queste rupi scoscese… qui da depredare ci sono solo boschi…”

“Che stiano cercando dei dispersi…?” Osservò il mio amico, con aria perplessa… “… sarebbe normale, con questa pioggia… magari stavano rientrando da qualche missione e sono stati sorpresi dal temporale, proprio come noi… in fondo, siamo vicino al confine…” Si grattò la testa… “… e questo spiegherebbe il suono del corno…” Già… un semplice segnale per rintracciare uomini smarriti nella tempesta…

“In effetti una rotta come questa sarebbe ragionevole, per un manipolo di guardie proveniente da un porto del Regno di Elmekia o del Regno di Sailarg…” Ammisi. “Ma ciò non toglie che sia un po’… strana…” Volsi lo sguardo al mio amico. “Questa via è abbastanza impervia, anche se veloce, e decisamente secondaria… non sembra proprio la strada che un gruppo di soldati imboccherebbe di ritorno da una missione ufficiale…” Mi accigliai… “… sembra piuttosto una via da spie…”

 

Il corno risuonò, nuovamente.

Indubbiamente, spie rumorose…

 

“E allora… cosa facciamo…?” Chiese lo spadaccino, con l’aria di chi teme PROFONDAMENTE la risposta…

“Credo sia meglio andare a dare un’occhiata…” Mi avviai verso l’uscita, senza lasciare spazio a repliche… ci trovavamo a Sailune, in fondo… non si poteva dire che la faccenda non ci riguardasse, perlomeno un minimo… e la presenza di individui non identificati che si aggiravano per i boschi del confine non mi rassicurava per niente…

Con un sospiro, il mio amico mi si accodò. “… niente guai nel Regno della Magia Bianca…” Mugugnò, fra sé e sé…

 

Il più silenziosamente possibile, ci avvicinammo all’apertura che si spalancava sul buio del regno addormentato… L’intensità della pioggia era diminuita, ora, e la pelle dei nostri volti era sferzata solo da lievi, insistenti gocce, che confondevano le sagome scure degli alberi nella cappa di oscurità che ci fronteggiava… La luna, quasi piena, emergeva pallida da un ammasso di nubi, ma la sua luce non era sufficiente a rischiarare la piccola radura che ci precedeva… le ombre al suo interno sembravano vive, sembravano muoversi per catturare e divorare ogni barlume di luce…

 

“Lina…” Mi ammonì il mio compagno, in un sussurro. “… io… non ci vedo… non vedo nulla…”

Un’osservazione semplice, scontata, forse, vista l’oscurità che ci circondava… ma che faceva sorgere un’inquietante supposizione alla mia mente… “Tenebre magiche…”

Imprecai, fra i denti. La vista di Gourry si era più volte dimostrata efficiente anche là dove la mia aveva fatto difetto… normalmente, la luce lunare gli era più che sufficiente per avanzare con sicurezza in un luogo come quella radura, dove le fronde degli alberi non impedivano il passaggio di quei deboli raggi… ma ora…

 

“Lina…” Lo spadaccino invocò il mio nome nuovamente… stavolta, poco più di un sibilo… e le sue dita si strinsero convulsamente attorno al mio braccio…

“Gourry…?” Ma non feci in tempo a porre domande… o forse, non ne ebbi la necessità… questo, per un semplice motivo… anche io, ben presto, li vidi

 

Impossibile distinguerli chiaramente. Non si confondevano nell’oscurità… loro erano oscurità… un’oscurità densa, affamata… ma, allo stesso tempo, non potevano sfuggire ai nostri sguardi. Erano in quattro… Quella luce… una luce azzurrastra emanava dai loro corpi… come in lotta con le tenebre che attorno ad essi si addensavano… ma ciò che più mi inquietava erano i loro occhi… occhi dorati, che risplendevano come stelle nel buio della foresta…

E poi, ovviamente, c’era la paura… la paura che attanagliava l’animo di chiunque, nel fronteggiarli… era la paura più basilare, più primordiale… quella paura che sorge nell’uomo quando si trova a diretto contatto con quella che per lui è minaccia e destino ultimo… perché loro… loro non appartenevano al mondo dei vivi…

 

La mano di Gourry non lasciò la presa. “Sono… sono berserker…?” Il mio amico non smetteva di tremare, al mio fianco… e lo sentivo confuso, smarrito… Era qualcosa che anch’io non capivo, ma che in qualche modo conoscevo, visto il tipo di magia che praticavo… ma lui…

“Sono dei non-morti, Gourry… uomini tornati al mondo, ad una non-vita, a seguito di una morte violenta…” Si trattava di guerrieri… Sui loro corpi si stagliavano ancora le armature annerite che probabilmente un tempo avevano recato orgogliosamente i vessilli della loro casata… ora, come i loro padroni, esse non erano altro che polvere riesumata, mantenuta alla luce esclusivamente dalla sofferenza, e dall’odio… peggio di Mazoku… un demone si nutriva di sentimenti negativi, viveva di essi… appunto, VIVEVA… quelli invece non erano esseri dotati di una volontà propria… loro non prendevano ordini da nessuno, forse non potevano nemmeno essere controllati dalla magia… riuniti in gruppi, attratti l’uno dall’altro per la loro stessa natura, non erano che concentrati di quell’odio che li aveva accompagnati nel momento del loro viaggio verso la morte… o almeno questo era quanto aveva potuto scrivere… chi era sopravvissuto ad un incontro con loro…

 

Esseri maledetti… non avrei mai pensato di incontrarne in quel luogo…

 

Con uno strattone, trascinai il mio amico nuovamente nell’ombra. Sapevo troppo poco di quegli esseri perché noi due potessimo azzardarci ad affrontarli… Restammo rannicchiati qualche secondo, in attesa. Solo silenzio, per diversi istanti… e poi, nuovamente il suono del corno…

“Cosa… cosa stanno facendo secondo te, Lina…?” Il mio amico sembrava avere riguadagnato un po’ di calma, ora che quegli esseri erano scomparsi alla sua vista, ma il suo volto era ancora mortalmente pallido… del resto, mi chiedevo se in quel momento la mia espressione fosse poi tanto differente dalla sua…

“Non ne ho la più pallida idea…” Bisbigliai, di rimando. “Forse… forse è una specie di ‘cerimonia’…” Fissai lo sguardo su di lui. “Se quegli esseri si trovano qui, forse questo luogo è stato teatro di una battaglia particolarmente cruenta, dove quei guerrieri hanno trovato la morte… forse oggi è l’anniversario di quella lotta, o qualcosa del genere… forse quei… quei cosi ricompaiono periodicamente per una specie di… rito funebre…”

Lo spadaccino si morse il labbro. “Non lo so, Lina… spero solo che quel corno non stia emettendo il segnale di raccolta…”

Involontariamente, rabbrividii… oh, Gourry sapeva essere così CONFORTANTE…

 

Il silenzio calò nuovamente nella piccola grotta, mentre nessuno di noi si azzardava a fare altri commenti… trascorsero minuti che mi parvero ore, e alle nostre spalle nient’altro che il suono inquietante del corno, che risuonò altre due, tre volte, in una sorta di cupa litania… quegli esseri non emettevano altro rumore, l’oscurità che portavano con sé sembrava aver cancellato persino i suoni della foresta… una cappa nera, silenziosa… e noi ci eravamo dentro … ci eravamo dentro fino al collo…

 

Dopo qualche istante, anche il suono del corno cessò. L’intera radura al di là dell’apertura venne avvolta dal più totale silenzio…

“Credi… che se ne siano andati, Lina…?” Domandò Gourry dopo qualche istante, l’esitazione evidente nella sua voce…

“E’… è possibile…” Deglutendo, mi sollevai in ginocchio, da seduta che ero, e provai a gettare uno sguardo al di là delle rocce che ostruivano l’apertura… La luna ora era alta nel cielo, e la pioggia era quasi totalmente cessata… la porzione di radura che mi era concesso vedere restando nascosta era completamente deserta… “Non… non vedo…”

 

Non potei terminare la frase, però…

Perché fu allora che, improvvisamente, due occhi dorati si trovarono a fronteggiare i miei…

 

“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!!!!!!”

Con un grido, indietreggiai, incespicando, mentre l’essere si stagliava, con la sua mole di guerriero, sull’apertura della grotta…

 

La vita… chiama la morte…

Aveva… aveva parlato???

 

“Lina!!!” Gourry si fece avanti, nel tentativo di soccorrermi, ma rimase come pietrificato nel luogo in cui si trovava, quando i due occhi dorati si fissarono su di lui… mano tremante alla spada, il mio amico poté solo restare fermo a fissare la figura, impossibilitato a reagire…

 

…e se il volto di quella creatura non fosse stato totalmente inespressivo, avrei giurato di aver visto un lampo di soddisfazione disegnarsi nei suoi occhi…

 

Non ebbi il tempo di prestare attenzione alla cosa, comunque. Distolto lo sguardo dallo spadaccino, il mostro tornò a volgere la sua attenzione a me…

 

‘Da… dannaz…’

 

…e la sua mano… la sua mano si allungò verso il mio volto…

 

“Diavolo!” Istintivamente, schivai. Non sapevo esattamente che effetto avrebbe avuto il suo tocco su di me, ma ero del tutto decisa a non sperimentarlo! Tuttavia, lo spazio della grotta era troppo piccolo per combattere… Non potevo pensare di riuscire a evitarlo molto a lungo, semplicemente scappando…

 

Lina…” La creatura ripeté, in tono carezzevole…

Dentro di me, rabbrividii… aveva sentito Gourry pronunciare il mio nome, ed ora la sua mente se ne era impossessata… Dove avevo letto… che la conoscenza del reale nome delle cose… conferisce a chi sa sfruttarlo un potere illimitato su di esse…?

 

Lina…” Il non-morto mosse un altro passo in mia direzione. Alle sue spalle, scorsi Gourry lottare per vincere la paura ed alzarsi, ma, ad ogni tentativo di sollevarsi da terra, le sue gambe sembravano cedere, come gelatina… cominciavo a sospettare che con il suo sguardo quell’essere avesse praticato qualche incantesimo su di lui, qualcosa che servisse ad immobilizzarlo il tempo necessario per occuparsi di entrambi noi singolarmente… Non ebbi il tempo di preoccuparmene, tuttavia… perché mentre mi piantavo sui piedi, pronta ad evitare un altro attacco, la creatura si fermò. Mi fissò con il suo sguardo dorato, che io sostenni, per qualche istante… e poi, portò mano alla cintola…

 

Il corno…

 

Voleva farlo… voleva suonare il corno, di nuovo!

 

FoForza del fuoco…” Era PERICOLOSO, troppo pericoloso usare un incantesimo di fuoco in un luogo del genere… ma in quel momento era la più totale irrazionalità a muovermi… i suoi compagni non erano lì con lui… non doveva suonare quello strumento, non doveva…

 

Bomb Sprid!!!” Tentai comunque un incantesimo che limitasse i danni all’ambiente che ci circondava… una specie di piccola Palla di Fuoco venne rilasciata dalle mie dita… una Palla di Fuoco dagli effetti decisamente più localizzati, e dalla forza esplosiva minore… se il soffitto della grotta fosse crollato, anche per noi sarebbe stata finita, ne ero pienamente consapevole… Anche se forse… non era nemmeno quello il nostro problema principale…

 

‘…il fuoco può bastare, per fermarlo…?  Può uccidere… chi è già morto…?’

 

Gwaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhh!!!!!” Il corpo interamente avvolto dalle fiamme, il mostro prese ad indietreggiare, verso l’uscita della grotta… un solo, unico, problema…

…la traiettoria… la traiettoria non era sgombra…

 

“Gourry!!!!!”

Dannazione, DANNAZIONE!!!

 

Scattai in avanti, in un disperato tentativo di fermare la creatura… ma era chiaro che non avrei potuto farcela… non potevo pensare di aggirarla e raggiungere Gourry in tempo, e non avevo modo di arrestare la sua avanzata, o il divampare delle fiamme…

Fortunatamente, quando ormai ero certa che il fuoco avrebbe avvolto anche il mio compagno, lo spadaccino sembrò ridestarsi… non so se fu l’effetto del pericolo imminente, o se dipese dal fatto che, di qualsiasi cosa si fosse trattato, l’incantesimo che lo aveva colpito aveva cessato il suo effetto dopo che la creatura aveva smesso di concentrarsi… però il mio amico ebbe non solo la prontezza di spirito per schivare, ma anche per estrarre la spada… e per colpire con l’elsa la schiena del suo assalitore, deviando la sua marcia verso l’uscita, e mandandolo a sbattere direttamente contro una parete…

 

“Lina!!!” Chiamò nuovamente Gourry, scattando verso l’uscita… ma io non avevo certo bisogno di lasciarmi pregare… in un balzo, lo raggiunsi, sbucando al fresco buio della notte del Regno di Sailune…

 

Fu appena misi piede fuori che la creatura si volse nuovamente verso di noi… Gli occhi oro parevano iniettati di sangue, alla luce intensa delle fiamme…

 

“Vai al diavolo!!!” Con una rabbia insolita per lui, Gourry afferrò l’elsa ancora incandescente della sua spada e si fece avanti.

“Gourry!!!” Non poteva ferire una creatura del genere con una semplice lama, credevo che anche lui ne fosse consapevole!!! Oppure… pensava di avere ancora fra le mani la Spada di Luce???

 

Nulla di tutto questo, per fortuna. Perché –me ne resi conto molto presto- l’obiettivo del mio amico non era il mostro…

Spiccando un lieve salto, Gourry mirò alle pietre che sovrastavano l’uscita dalla grotta. E la sua lama, resa più affilata dalla mia magia, fu come sempre efficace. Due unici fendenti… e le rocce che sovrastavano la creatura crollarono inevitabilmente sopra di lei…

…sepolta viva… se così si poteva definire…

 

“Lina! Adesso!!!” Annuii, intuendo cosa mi stava chiedendo di fare. Scattando in avanti, recitai brevemente una semplice formula… “Dire Brand!!!” L’onda d’urto investì in pieno le pareti della piccola cavità, frantumando quanto ancora restava in piedi dopo il colpo di Gourry. Pochi secondi, e della vista della creatura non ci restava nulla… se non un cumulo di macerie…

 

Il mio amico rilasciò la spada, e crollò in ginocchio.

“Gourry!!!” Preoccupata, corsi al suo fianco. Non era ferito, ma là dove le sue dita avevano retto la sua arma, la pelle era ustionata piuttosto gravemente… per non parlare della lama che giaceva al suolo… il fuoco aveva lasciato perlomeno l’elsa in PESSIME condizioni… grandioso… una spada da riparare, e altri soldi da buttare… quanto desideravo che trovassimo presto un’altra arma magica…

“Avanti, dammi la mano…” Lo esortai, in tono gentile… “Abbiamo bisogno che il tuo braccio destro sia funzionale, a quanto pare…”

“Sto bene…” Replicò il mio amico, fissando il suolo…

Sospirai. “NO che non stai bene, cervello di medusa… dammi quella mano, su… non ti metterai a fare il bambino ora, vero…?”

Lo spadaccino non sollevò lo sguardo. “Se ti avesse uccisa… sarebbe stata tutta colpa mia…”

A quelle parole, rimasi in silenzio per un istante. Quindi, ritrassi la mano tesa, e la usai per dargli un secco colpo sulla nuca.

Il mio amico barcollò, rivolgendomi uno sguardo stupito. “Eh… ehi, Lina!!! Che diavolo ti è preso???”

Portai le mani ai fianchi, rivolgendogli un’occhiataccia, dall’alto in basso. “Uomini…” Esordii, in tono sprezzante. “… fai che mostrino un minimo segno di codardia, ed eccoli lì, piegati al suolo, a tracciare il terreno con le dita, come dei cani bastonati!!! Neanche avessero appena commesso un omicidio!!!”

“Li… Lina…?”

Il mio volto si avvicinò al suo. “Stammi bene a sentire cervello di medusa… quella è una creatura magica, come pensi che avresti potuto resistergli, senza nemmeno sapere contro cosa stavi lottando, eh…?”

“M… ma…”

“Niente ma!!! Stare a rimuginare su quanto è stato non serve proprio a niente, quante volte te lo devo dire??? Non è successo niente! Ora è sepolto sotto un metro di roccia… e lo abbiamo abbattuto INSIEME…” Gli rivolsi un mezzo sogghigno. “Senza contare che mi servi, e col braccio integro… quindi, qui quella mano e silenzio! Non pensare di poter ritrattare il tuo contratto da guardia del corpo per così poco…” Gli strizzai l’occhio…

Il mio amico sospirò… “Verrà il giorno in cui sarò in grado di ribattere ad uno di questi tuoi ‘ragionamenti’…” Fallendo nel mascherare un sorriso, mi porse la mano…

Sogghignai, recitando la formula del Recovery… “Un giorno lontano, suppongo…  quindi per ora rassegnati a darmi ascolto…”

 

Restammo per qualche istante in silenzio, mentre la formula cominciava a esercitare il suo effetto… quindi, l’espressione del mio amico si fece seria… “Lina… dove pensi che siano andati a finire gli altri… quegli esseri che abbiamo visto insieme al mostro che abbiamo abbattuto…?”

Mi accigliai. “Non ne ho la più pallida idea, Gourry… so solo che provenivano dalla nostra stessa direzione…” Sollevai lo sguardo, sulla strada verso la capitale… “…e ho idea che siano diretti a Est, come noi…”

Gourry spalancò gli occhi. “Vuoi dire… che stavano andando a Sailune?”

Scossi la testa. “Non ho detto questo. Forse però seguono una rotta fissa, prestabilita, su queste montagne… magari questa è una sorta di ‘luogo maledetto’, infestato…” Ma nemmeno io ero del tutto convinta delle mie parole…

“Uh… e quindi pensi che ci siano anche altri di quei… cosi…?”

Mi morsi il labbro. “E’ possibile, sì… gli altri soldati morti in questo luogo, suppongo…” Lo fissai, seria. “E in tutta sincerità… ho il dubbio che anche gli altri tre simpatici individui che abbiamo intravisto prima si trovino nei paraggi… non so perché si siano separati, forse perché erano convinti che uno di loro sarebbe bastato ad eliminarci… ma ho l’impressione che il non-morto, prima, stesse cercando di suonare il corno per richiamarli, e ciò significa che devono essere perlomeno a portata d’orecchio…” Mi chiedevo solo il motivo… di quella decisione improvvisa…

“Uh… allora forse è il caso di allontanarci, che ne dici…?”

Annuii, terminando la formula. “Non potrai reggere la spada per un po’…” Lo ammonii. “… ma nel giro della notte il dolore dovrebbe scomparire del tutto…”

Anche il mio amico fece cenno di sì con la testa, sorridendomi. “Grazie, Lina, ora va molto…” La sua frase, tuttavia, si interruppe bruscamente ed il sorriso gli si gelò sulle labbra, mentre i suoi occhi si fissavano su qualcosa, alle mie spalle…

 

“Gourry, cosa…?” Mi voltai, di scatto… per osservare una scena che l’oscurità magica di poco prima ci aveva celato… e che mi sarei anche allora molto volentieri risparmiata…

 

Avevano banchettato, i bastardi… prima che le creature ci incontrassero, un gruppo di viandanti doveva averli incrociati sulla sua strada… ed era stato molto meno fortunato di noi, evidentemente… perché ora di loro non restava molto altro se non carne lacerata, contratta… di un colorito strano, azzurrognolo…

Ed occhi spenti, e pupille dilatate…

… paura… ecco l’ultima sensazione che tutti loro avevano provato…

 

“Non… non…”

 

Non sapevo esattamente che cosa avessero fatto loro… sembrava quasi… che li avessero DIVORATI… che ne avessero risucchiato le energie vitali… ma si poteva riconoscere cosa erano… o cosa erano stati…

 

Mercanti in viaggio, probabilmente… che approfittavano delle ore fresche della sera per spostarsi, ed erano stati colti di sorpresa dalla tempesta, persi in quei boschi… quelli che avrebbero potuto essere i miei genitori, qualche anno prima… L’uomo sovrastava la donna, come se cercasse di proteggerla con il proprio corpo… due contro quattro… non avevano avuto alcuna possibilità di difendersi…

 

“Dannati… bastardi…” Strinsi i pugni, tanto forte che ebbi l’impressione di farli sanguinare…

Accanto a me, Gourry appariva sconcertato… “Cosa… cosa ci facevano qui…? Loro… loro…” Già… se si trattava davvero di un luogo pericoloso, perché dei mercanti lo stavano attraversando…? Erano forestieri, forse…?

 

Mi avvicinai ai corpi. “Non ci resta molto da fare per loro…” Sibilai… Protendendo le mani avanti, presi a recitare un nuovo incantesimo di fuoco…

“Lina aspetta!!!” Il mio amico mi pose una mano sulla spalla… “Non… non credo che così… io credo che noi… noi dovremmo… seppellirli…”

Non lo guardai in volto. “Non abbiamo tempo, Gourry… non sappiamo quando quegli esseri torneranno… e soprattutto non sappiamo se siamo in grado di affrontarli…” Non volevo esporgli il mio ulteriore dubbio… un quesito semplice, quanto inquietante…

 

… uccise da quegli esseri… quelle persone sarebbero diventate come loro…?

 

Il mio amico, inspiegabilmente non fece domande. Forse… forse aveva capito che non ero in vena di mettermi a discutere… o forse aveva semplicemente concluso che avevo ragione… ad ogni modo, indietreggiò, lasciandomi il campo per terminare la mia magia…

 

 

 

Per qualche ora, dopo la nostra partenza da quel luogo, camminammo semplicemente fianco a fianco, nel più totale silenzio… mentre scendevamo da quelle alture scoscese, procedendo verso un territorio piacevolmente collinare, una domanda continuava a martellarmi nella mente…

 

Di quanto erano a conoscenza i sovrani di Sailune?

 

Sinceramente, dubitavo che Philionel sapesse che fatti simili avevano luogo sui confini del suo regno… quell’uomo aveva tanti difetti, ma l’ultima colpa che gli si poteva attribuire era quella di trascurare i suoi sudditi, anche quelli che risiedevano nelle zone più remote della sua giurisdizione… dubitavo che non avrebbe inviato anche un intero contingente dei suoi uomini in quel luogo, se avesse saputo cosa vi era accaduto… Sailune… la patria della magia bianca… accadevano cose simili, fra i suoi confini…? Accadevano cose simili, nel nostro continente…? Quelle creature, per quel che mi riguardava, erano pressoché avvolte nella leggenda… che significato aveva l’incontro con esse… e proprio nel regno di una delle mie migliori amiche, probabilmente l’ultima persona che avrei associato a quegli esseri…?

 

Sospirai. “Andiamo alla capitale.” Dichiarai, semplicemente.

 

Gourry mi rivolse un’occhiata stupita… “Alla capitale…? Ma non avevi detto di voler evitare di incontrare Philionel?”

 

Una GROSSA goccia di sudore scese lungo la mia guancia… “Ehm… sì… forse ho detto una cosa del genere…” Mugugnai… “Ad ogni modo…” Rivolsi verso di lui uno sguardo risoluto. “… credo che il re, e Phil, abbiano il diritto di essere messi al corrente di quanto è accaduto stanotte, e il DOVERE di intervenire… Senza contare che…”

 

“Senza contare che…?” Mi interrogò il mio amico, perplesso…

 

Puntai un dito al cielo. “OVVIAMENTE Philionel non potrà negarci ospitalità ed una GIUSTA ricompensa per queste informazioni…” Il mio ghigno si allargò… “… e questo risolverà per un po’ i nostri problemi finanziari… anche se, certo, questo è un fatto puramente secondario…”

 

“Già… puramente…” Ripeté il mio amico con aria rassegnata…

 

Ridacchiai. “In marcia, allora!” Gli strizzai l’occhio, battendo una mano sulla sua schiena. “Il mio stomaco non attende!!!”

 

Già, in fondo… niente guai… nel regno della Magia Bianca…

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


“Non ne avete alcun diritto

“Non ne avete alcun diritto!”

 

Sailune. Sole sul punto di tramontare, caldo ancora quasi soffocante. Questo era lo scenario con cui la capitale della pace ci aveva accolti.

Stanchi, affamati…

…e sempre più al verde…

 

“Il Palazzo è sempre stato aperto a tutti!!!”

 

Erano trascorsi ormai un paio d’anni da quando il mio amico spadaccino ed io avevamo messo piede per l’ultima volta nella città della Magia Bianca… non si poteva dire che il nostro soggiorno e la nostra accoglienza fossero stati dei migliori in quella occasione… molti ci avevano guardato con sospetto, soprattutto agli inizi, e pochi avevano celato il loro disappunto quando ci era stato garantito accesso ad ogni area del castello… certo… con il re disperso e la minaccia dei demoni che incombeva, forse non avremmo potuto aspettarci qualcosa di molto differente, allora…

…ma ciò che di certo non avevo previsto era che la cosa si potesse ripetere anche in futuro, al nostro ritorno, e addirittura in peggio…

 

“Protesterò di fronte al sovrano!!!!!!”

 

…da meno di due ore eravamo in città, e la vena sulla mia fronte mostrava già TUTTA l’impressione di voler esplodere… avevamo girato in lungo e in largo per trovare un’entrata a quel dannatissimo palazzo, ma la risposta che avevamo ottenuto era sempre stata la stessa… due picche incrociate davanti agli occhi, e la più totale indifferenza delle guardie ai portali di fronte alle mie teatrali rivelazioni della mia identità… ero DECISAMENTE seccata… non mi aspettavo certo che si inginocchiassero davanti a me, ma… io ero piuttosto famosa, e a maggior ragione a Sailune… io ero la SALVATRICE di quella città, dannazione!

 

…avevo già zittito a modo mio Gourry quando mi aveva fatto notare che l’ultima volta avevo raso al suolo un quartiere con un Dragon Slave… insomma, era stato per cause di forza maggiore, GIUSTO?

 

“Ve lo ripeto per l’ennesima volta…” Stavo fronteggiando due guardie dall’aria arcigna, abbarbicate sulla lieve salita che introduceva a palazzo attraverso la piazza del mercato, un’entrata solitamente non molto frequentata e, seccante a dirsi, la nostra ultima spiaggia… “… voi non avete il diritto di bloccarci qua fuori!” Le mani sui fianchi, l’aria risoluta, questa volta non avevo la minima intenzione di lasciar perdere e andarmene… era già accaduto troppe volte, e nel giro di troppo poco tempo… affiancata da Gourry che cercava di calmarmi, frenata dal pensiero che Phil non avrebbe gradito trovare la corte improvvisamente distrutta, illusa dal pensiero che in fondo le guardie che avevo incontrato potessero essere giovani ed inesperte reclute (D’ACCORDO, so benissimo che Philionel non è tanto sprovveduto da mettere reclute di guardia al palazzo reale, ma una povera ragazza deve pur cullarsi in qualche illusione…), avevo resistito già fin troppo a lungo all’impeto di aprirmi la strada a Palle di Fuoco… e quei due stavano portando al limite massimo la mia capacità di sopportazione… “…L’erede al trono mi conosce, la principessa mi conosce, persino il principe Cristopher potrebbe garantire per me! Sono Lina Inverse, capito??? Lina Inverse!!! Avete gli occhi foderati di prosciutto, per caso???”

Un sospiro giunse dalle mie spalle… Gourry si stava guardando attorno con fare stanco, e lievemente annoiato… e stava ignorando completamente la mia conversazione con le due guardie…  accidenti a lui, e alla sua mania di fare finta che le cose non lo riguardassero…

 

Cessando di seguire il suo sguardo che vagava sulla piazza, tornai a rivolgere l’attenzione ai miei interlocutori… “Volete farci passare, sì o no???”

 

Il più anziano dei due soldati mi rivolse uno sguardo colmo di pedanteria… “Io non posso che ripeterti, ragazzina…” Ragazzina? RAGAZZINA??? Mi era stato mostrato un minimo di rispetto, l’ultima volta che avevo messo piede in quel luogo!!! Dove diavolo erano finite le guardie che mi conoscevano??? “…che il nostro Signore ci ha imposto di non permettere a NESSUNO l’entrata all’interno del palazzo… e sono certo, se vuoi saperla tutta, che sarebbe ancora meno felice di sapere che il suo ordine è stato trasgredito per ammettere dei portatori di guai…” Mi squadrò da capo a piedi, con aria di sufficienza…

 

Portatori… di guai…? D’accordo, non avevo precisamente l’aria della sacerdotessa tramite della parola degli dei ma… ora qualcuno aveva detto una offesa di troppo…

“Bene… Se non avete intenzione di capirla con le buone…” Iniziai, in tono tutt’altro che rassicurante, rimboccandomi le maniche della tunica…

 

Un lieve tossicchiare interruppe la mia ‘opera di persuasione’, mentre una mano si poggiava sulla mia spalla. “Ehm… e non sarebbe possibile mandare a chiamare un qualsiasi membro della famiglia reale, per risolvere questo spiacevole MALINTESO…?” Il mio amico spadaccino calcò sull’ultima parola, lanciando un’occhiata significativa alla guardia, con lo sguardo di chi sta cercando di avvisarti che un cavaliere dell’Apocalisse sta scendendo alle tue spalle… Ehi, ehi!!! Che impressione avrebbero avuto di me, se si comportava così???

 

La guardia rivolse un’occhiata annoiata allo spadaccino. “Il sovrano ha altro da fare al momento… è in atto un Concilio di estrema importanza, non siamo assolutamente tenuti a disturbarlo per questioni di così scarsa rilevanza…”

 

“Capisco…” Fece Gourry in tono rassegnato, rivolgendomi un’occhiata che mi implorava di mantenere la calma… Lo ignorai, tuttavia, così come avevo appena lasciato da parte la mia rabbia… qualcosa di diverso, rispetto al poco velato disprezzo nei nostri confronti, aveva attratto la mia attenzione nella replica del soldato… “Un Concilio…?” Aggrottai le sopracciglia. “E’ successo qualcosa? E’ per questo che la città oggi è così tranquilla?” Ero rimasta stupita nel vedere come la piazza, solitamente gremita di persone anche a quell’ora della sera, fosse pressoché deserta, e come la città a mano a mano che si avvicinava il crepuscolo si fosse progressivamente svuotata… sembrava quasi che fosse stato indetto un coprifuoco…

 

Il soldato si accigliò, alla mia domanda. “Di sicuro non è accaduto nulla che possa riguardarvi.” I suoi occhi si indurirono. “E ad ogni modo…” Il suo sguardo passò da Gourry a me, colmo di disappunto… “…mi sembra che voi due mercenari stiate ficcando un po’ troppo il naso nelle faccende della famiglia reale… per non risultare sospetti…” Non potei evitare di notare, con un sussulto, la sua mano destra che scendeva verso l’elsa della spada…

 

“Che cosa sta succedendo, qui?”

 

Una voce profonda e colma di autorità irruppe a sovrastare qualsiasi mia possibile replica… “Chi osa creare tutto questo scompiglio alle porte del palazzo, mancando di rispetto alla Corona di Sailune?” La voce fu seguita a breve termine dal proprietario… occhi gelidi, di un blu cupo, quasi violaceo, si posarono su di noi, emergendo dalla penombra dell’ampio cortile alberato alle spalle delle guardie… un uomo alto, la corporatura massiccia tipica dei membri della famiglia reale… i lunghi capelli neri ricadevano stranamente lisci lungo le spalle, ed i lineamenti, al di sopra della barba arruffata, si mostravano più regolari di quelli di Philionel… ma, solo a giudicare dal suo aspetto, avrei potuto giurare che quell’uomo si trovasse stretto da un qualche legame di parentela con l’erede al trono… senza contare ciò che portava al collo… un medaglione su cui spiccava, suggestivamente illuminato dai raggi del sole morente, il sigillo reale di Sailune…

 

“Combattenti…” Meditò per un secondo il nobile, squadrandoci, e continuando a farsi strada verso di noi, fino a fronteggiarci… Istintivamente, indietreggiai… l’incedere sicuro di quell’uomo mi appariva in qualche modo… pericoloso… “Le mie guardie mi avevano avvisato che due mercenari continuavano ad insistere fastidiosamente per entrare…” Le… MIE… guardie…? “Lina Inverse e Gourry Gabriev… a quanto pare le informazioni che ho ricevuto erano esatte…” Il suo sguardo si posò su di me, ed un brivido mi corse istantaneamente lungo la schiena. “… già… riguardo alla vostra identità ci sono davvero pochi dubbi…” E a quella affermazione, i suoi occhi scesero lungo il mio corpo, per soffermarsi su una zona che, soprattutto per me, risultava DECISAMENTE delicata…

 

Stringendo i denti ed arrossendo, incrociai le braccia al petto, con fare protettivo… “Che diavolo vorresti dire???”

 

L’uomo sorrise, e sollevò lo sguardo. “Oh, solo che la tua fama ti precede, Lina Inverse… e con tutti i particolari che ‘colorano’ le storie che circolano sul tuo conto, è davvero IMPOSSIBILE non riconoscerti…” Il suo sogghigno si fece insolente, ed il mio rossore, se possibile, peggiorò… pezzo di…

 

“LAUDRECK –SAN!!!” Un’altra voce, questa volta del tutto nota, risuonò alle spalle del mio interlocutore, che sussultò, evidentemente colto di sorpresa… e non potei fare a meno di notare quanto fu rapido il gesto furtivo con il quale quest’ultimo nascose il sigillo reale al di sotto della tunica decorata che lo rivestiva…

 

“Laudreck – san, che cosa sta succedendo qui???” Un’altra figura emerse trafelata dalla cancellata, seguita da tre uomini in armatura completa, che recavano gli stemmi di Sailune… la nuova arrivata squadrò con aria decisamente contrariata il nobile, che in tutta risposta le rivolse un breve inchino…

“Principessa Amelia…”

La nostra amica non parve minimamente rabbonita dal gesto di rispetto che le era stato rivolto… “Laudreck –san, voglio immediatamente sapere che cosa significa QUESTO!” Senza dare nemmeno l’impressione di notarci, la principessa puntò il dito verso le due guardie all’entrata, che si stavano scambiando occhiate nervose… “Perché uscita dalla stanza del Concilio, QUESTO è ciò che ho trovato, senza che ci fosse stato alcun precedente avvertimento o richiesta! Cosa ti ha autorizzato a sostituire i soldati di ronda alle entrate con membri della TUA guardia personale???”

 

Una piccola goccia di sudore freddo scese lungo la fronte del nobile, che tuttavia fece del suo meglio per dare tutta l’impressione di restare tranquillo… “E’ una piccola libertà che mi sono preso, principessa… i soldati sono stanchi, dopo l’ultima missione, e le truppe scarseggiano, qui a Sailune… l’intento di vostro padre di non creare inutili tensioni fra i regni è sicuramente molto nobile, ma è inevitabile che sia anche fonte di qualche disagio… in questo momento il principe Philionel è fin troppo impegnato, ho pensato che fosse come minimo dovuto risparmiargli l’accollarsi un onere di routine come la difesa del Palazzo e…”

 

“Laudreck –san, non so come funzioni sui tuoi territori, ma qui a Sailune, quando si ‘pensa’ a qualcosa che riguarda la sicurezza generale, prima di metterlo in atto lo si discute di fronte a chi ha il compito di assumersene la responsabilità!!!” La principessa fece un passo avanti, incollerita. “Se tutti si mettessero a prendere iniziative personali su tutto, un regno così grande cadrebbe nel più totale caos!!!” Le guance della mia amica erano accese di quel fervore che sempre metteva nella difesa degli ideali in cui credeva… e, a dispetto della situazione, non potei impedirmi di sorridere, nel trovarmi di fronte alla sua consueta energia… a quanto pareva, non era cambiata…

 

“Mi… mi dispiace principessa… giuro che non accadrà più…” Il nobile le rivolse un altro breve inchino… ma non occorreva certo una particolare capacità intuizione per comprendere che non era affatto pentimento quello che brillava in quel momento nei suoi occhi…

 

Amelia non parve farci caso, comunque… il suo sguardo si spostò brevemente su di noi, senza quasi dare l’impressione di notarci, per poi tornare a posarsi sul prostrato interlocutore… “E poi, posso sapere che cos’è questo caos all’entrata? Le guardie all’interno mi hanno detto che…” La sua frase morì a metà, mentre la principessa batteva le palpebre, come se fosse stata improvvisamente colpita da un fulmine… I suoi occhi tornarono a posarsi sullo spadaccino e su di me, stavolta tutt’altro che disattenti… “LINA -SAN???”

 

Inarcai un sopracciglio, un mezzo sorriso sulle labbra… “Cominciavo a chiedermi quanto ci avresti messo ad accorgertene…”

 

“Lina –san!!!” Le labbra della principessa si aprirono in un sorriso. “Ero convinta che fossi ancora al di là della barriera!!! Non avrei mai pensato di trovarti qui!!!” I suoi occhi si spostarono sul mio compagno. “Ci sei anche tu, Gourry –san!!!” Il suo sorriso si allargò, mentre mi strizzava velocemente l’occhio… “Ovviamente…” Aggiunse in tono lievemente divertito… eh… ehi… avevo idea che la compagnia di Zelgadiss non facesse bene a quella ragazza…

 

“Amelia…” Anche  il mio amico si avvicinò, salutandola con calore. “Come stai?”

 

“Oh, tutto a posto, Gourry –san, a parte…” La principessa si interruppe di nuovo, assumendo un’aria contrariata… quindi il suo sguardo si volse nuovamente verso Laudreck, che aveva assistito alla scena in silenzio, con aria lievemente disgustata… “A proposito, Laudreck –san… sono queste le persone di cui mi hanno parlato le guardie…? Quelle che i tuoi uomini hanno respinto all’entrata?”

 

L’espressione del nobile, a quella domanda, si fece visibilmente nervosa… “Ehm… si è trattato… di un increscioso equivoco… avevo dato ordine di non lasciar passare nessuno… ma poi mi hanno detto che si trattava di questi vostri due amici e quindi… ero qui proprio per rimediare…” Mi accigliai. Poteva anche essere come diceva lui, certo… ma io avevo avuto ben altra impressione… quando si era presentato davanti a noi non aveva avuto precisamente l’aria di chi ci avrebbe accolti a braccia aperte… 

 

Anche Amelia aggrottò le sopracciglia, squadrandolo intensamente, mentre gli rispondeva… “Non si tratta solo di amici miei, Laudreck –san, ma di amici di questo regno… forse le tue guardie dovrebbero essere un po’ meglio istruite… su chi ci ha aiutato in passato e chi deve realmente essere respinto…”

L’inchino del nobile si fece più profondo… “Provvederò indubbiamente, principessa…” Sollevò lo sguardo su me e Gourry, gelandoci con un’occhiata… dei, che uomo sinistro… “…ora se volete scusarmi… Philionel aveva chiesto di parlarmi, dopo il concilio… non vorrei farlo attendere…” Uh, uh, in altre parole ti stai ritirando con la coda fra le gambe…? “Mi auguro che ci rivedremo… presto…” Ci fulminò nuovamente, mentre il suo sguardo mi studiava per un momento, per poi soffermarsi un po’ più a lungo del dovuto sul mio compagno e sulla spada che gli pendeva lungo il fianco… un’occhiata che anche Gourry parve notare, perché fissò lo sguardo sulla schiena del nostro interlocutore che si allontanava con una punta di nervosismo. Il mio amico ed io ci scambiammo un’occhiata. Non male come accoglienza…

 

Il silenzio ci avvolse per qualche secondo, mentre il nobile si faceva strada, seguito dalle sue due guardie, lungo il cortile… Fui io a decidermi a spezzarlo, quando la sua schiena fu sufficientemente lontana perché avessi la certezza di non essere udita… “Chi è quell’individuo, Amelia…?” Domandai, con fare meditabondo…

La principessa sospirò. “Uno dei vassalli più importanti di mio padre… papà ha indetto un Concilio qui a Sailune, e anche lui è stato convocato, e sarà nostro ospite, fino a quando la discussione non avrà avuto termine…” Mi lanciò un’occhiata. “…si tratta del fratello minore di Randy…”

Spalancai gli occhi. “RANDY??? Intendi dire…quello… quello che…”

Amelia annuì. “Il traditore, sì… dopo la sua morte il territorio che gli apparteneva è passato in eredità al fratello… papà è stato generoso con la sua famiglia, e ha deciso di non privarli dell’investitura… credo che sia perché lui e Laudreck –san si conoscono piuttosto bene…” Si strinse nelle spalle… “…hanno più o meno la stessa età, e Laudreck -san  è stato istruito qui a palazzo, quando era ragazzo… credo bazzicasse spesso da queste parti… lui e la sua famiglia non erano in buoni rapporti, a quanto pare… gelosie fra lui e suo fratello, credo, ma papà non parla spesso di questa faccenda…”

Inarcai un sopracciglio. “A… aspetta un momento… c’è qualcosa che non mi quadra… quando li ho incontrati, Phil mi ha detto che lui e Randy erano fratelli… quindi…” Uh… che confusione… avevo sempre detestato la storia dinastica, sin dai tempi della scuola…

Amelia sorrise lievemente alla mia confusione. “Fratellastri.” Dichiarò, annuendo. “Randy era figlio della prima moglie di mio nonno, Lyn… così come Laudreck -san… solo dopo la sua morte è avvenuto il matrimonio con la madre di mio padre… ma mio nonno ha scelto di privilegiare i nati dalla seconda moglie per la successione, e così ha assegnato un altro cognome a Randy e a Laudreck, che hanno ottenuto un territorio su cui regnare, ed un castello che condividevano in linea materna…” Si strinse nelle spalle… “…ma non chiedermi il motivo di questa scelta…” Concluse, con un mezzo sospiro…

Annuii, restando un po’ interdetta per la spiegazione. “Una famiglia complicata…”

“Ah… allora sono giustificato se non ho capito assolutamente nulla, esatto…?” Gourry mi rivolse uno sguardo perplesso, che ricambiai con un’occhiataccia.

“Scommetterei sulla mia cena che non stavi nemmeno ascoltando…” Tirai un profondo sospiro…

Amelia rise, con allegria. “Voi due non siete cambiati per niente, eh?” Scosse la testa. “Ammetto che la mia famiglia a volte è un po’ complicata…  a volte Sailune sembra un coacervo per i guai e le stranezze…” Bé, sul fatto che non avesse un erede al trono normale ero PIENAMENTE d’accordo…

Sospirai. “Ad ogni modo… sono decisamente felice che tu sia qui, Amelia…” Le sorrisi, agitando la mano in segno di noncuranza. “Il tira e molla con le guardie cominciava a farsi frustrante… pensavo che non saremmo più entrati…”

Gourry, alle mie spalle, sospirò… “Oh, io invece ero CERTISSIMO  che saremmo entrati… ciò che più mi preoccupava era il COME…” Gli rivolsi la peggiore delle mie occhiate…

Amelia si trovò nuovamente a ridacchiare, al nostro scambio di battute. “Bé, quando ho sentito che dei viandanti che chiedevano della famiglia reale erano stati bloccati fuori dalle mura senza che venisse nemmeno lasciata loro la possibilità di farsi identificare ho pensato che fosse profondamente INGIUSTO…” Assunse per un momento il suo caratteristico sorriso fiero di paladina della giustizia… “… ma se raggiungendovi ho salvato anche l’intonaco nuovo del palazzo, tanto meglio…” Mi fissò significativamente, senza smettere di sorridere… ehi, ehi, che vorresti dire…?

Sospirai. “Ad ogni modo… siamo qua. Pensi che Sailune abbia una stanza da offrirci? Abbiamo qualche questione da discutere con te e con Phil…” A questa affermazione la principessa mi rivolse un’occhiata curiosa, ma decisi di non approfondire la questione, mentre ci trovavamo lì fuori…

Amelia, comunque, parve non avere intenzione di insistere. Con un sorriso ed un breve cenno, ci invitò a seguirla nel fresco ristoratore delle sale del palazzo… “In realtà tutta la zona riservata agli ospiti al momento è occupata a causa del Concilio…” Spiegò, camminando di fronte a noi, reggendo le pieghe del suo lungo vestito per evitare di inciamparvi… “Ma non credo che papà avrà problemi a piazzarvi negli appartamenti reali… in fondo dice sempre di doversi ancora sdebitare con voi per la faccenda di Kanzel e Mazenda…” Superato l’ampio cortile, i portali del palazzo vennero aperti per noi da un paio di guardie dall’aria stanca, che non ci rivolsero che un assente inchino… “Purtroppo però…” Proseguì la principessa… “Dubito che potrete parlare con lui prima di sera…” Si volse verso di noi, l’aria pensierosa. “La discussione sembra tirare per le lunghe… e so che papà dopo il Concilio intendeva conferire privatamente con le persone per cui ha più fiducia…”

Mi accigliai. “A proposito di questo, Amelia… cosa sta succedendo…? Per tutto il pomeriggio non ho fatto che notare come l’atmosfera a Sailune sia stranamente tesa…” Esitai un momento, poco convinta io stessa delle parole che stavo per pronunciare… “Non sarete… sul piede di guerra,vero…?” Abbassai istintivamente la voce nel porre questa domanda.

A contrario delle mie aspettative, Amelia non negò con forza, né assentì… si limitò ad emettere un lieve sospiro, come se si fosse aspettata la mia domanda… “No, le cose non stanno così, Lina-san… non propriamente… ma indubbiamente Sailune si trova di nuovo coinvolta in un guaio…”

Mi accigliai, nuovamente. “Un guaio…?”

Giunti all’estremità più interna dell’ampio atrio, ci fermammo, mentre la principessa convocava con un cenno un paio di camerieri e gli affidava i nostri oggetti.

Attesi pazientemente che la principessa terminasse di dare disposizioni per la preparazione delle nostre camere, e la fronteggiai quando si volse per rispondermi. La mia amica scosse semplicemente il capo in segno di assenso, con fare un po’ rassegnato. “Un guaio di cui purtroppo non conosciamo esattamente la natura… ci coinvolge meno direttamente che quando la capitale era stata presa di mira dai demoni, ma…”

Il rumore di una porta che si apriva interruppe la spiegazione della principessa… tutti e tre ci volgemmo, per osservare la figura imponente di Phil che si stagliava contro il vicino stipite, attorniata da un paio di guardie, e ci squadrava con aria meravigliata…

“Papà…” Esordì Amelia, perplessa. “Pensavo che ne avessi fino a tardi…”

 Lo sguardo di Philionel ricadde per un attimo sulla figlia. “Doveva essere così, ma sono stato avvisato dell’arrivo di un messaggero…” Tornò a fissarci. “Ma voi… quando siete arrivati…?”

“Bé…” Iniziai, temendo che la nostra visita improvvisa lo avesse in qualche modo seccato, ma non ebbi nemmeno il tempo di terminare di considerare questa ipotesi… Il principe si era già gettato su di me, e aveva rischiato di frantumarmi una spalla con una delle sue ‘pacche amichevoli’…

“Ma che importanza ha???” Eruppe in una sonora risata. “A quanto pare i destini dei paladini della giustizia sono sempre destinati a incrociarsi!!! Bentornati a Sailune, ragazzi!!!”

Lo squadrai di sottecchi, con fare minaccioso, mentre mi massaggiavo la spalla… “Sempre pieno di energie, eh, Phil?”

L’erede al trono rise, nuovamente. “Ma certo! Quasi quanto voi di appetito, a quanto ricordo… ed è sempre così, suppongo!” Strinse bonariamente quanto energicamente la mano a Gourry. “Lasciatemi svolgere quest’ultima incombenza, e pi ci penserò io a sistemarvi. Questa sera si banchetta! Non c’è sfida che le cucine di Sailune non possano affrontare!” Mi strizzò l’occhio, ed io gli sorrisi, mio malgrado, fingendo di ignorare i poco carini commenti riguardo al nostro appetito… la parte del suo discorso che riguardava il banchetto era PIU’ CHE SUFFICIENTE a rendermi bendisposta anche verso la sua esuberanza…

“Papà…” Amelia gli si rivolse nuovamente, inserendosi con serietà nella ventata d’allegria portata da Philionel… “Lina e Gourry dicono di avere qualcosa di cui parlarci… se tu potessi, per un momento…”

Phil annuì, senza lasciarla terminare. “Stasera, Amelia… mi hanno detto che sono giunte altre notizie dal confine… importanti, pare…” La sua espressione assunse una sfumatura tesa… “Credo che questo debba avere la precedenza…”

Amelia stranamente annuì, senza ribattere.

“Ad ogni modo…” Il volto di Philionel si aprì nuovamente in un sorriso. “Falli accomodare! Sono contento che siate qui! Amelia è sempre dannatamente sola in questo palazzo… persino io ultimamente la trascuro e non coccolo più la mia figlioletta come prima!” Strizzò un occhio alla principessa, che sorrise adorante, con quel misto di ammirazione ed affetto che sempre riservava al padre… Amelia ormai aveva raggiunto la maggiore età, e non era più la bambina che avevamo conosciuto quattro anni prima… ma nel suo rapporto con Phil, nel privato, non molto pareva cambiato… ad una affermazione simile, probabilmente, se mi fossi trovata al suo posto mi sarei trovata terribilmente in imbarazzo… ma era inutile, ormai sapevo come erano fatti quei due… e avevo rinunciato a capirli… anche se in fondo supponevo fosse normale il loro attaccamento… la famiglia reale di Sailune non aveva avuto un passato facile…

 

La principessa sospirò, osservando il padre che si allontanava… “Papà non è capace di non sdrammatizzare… fra tanti guai che abbiamo avuto continua sempre a pensare che tutto si risolverà per il meglio…” Si volse verso di noi, con un sorriso. “Ma in fondo è quasi sempre andata così… la giustizia trionfa, no?”

Sospirai, incapace di deluderla, stavolta… “Già… suppongo di sì…”

“Mmm… ma vedo che voi due avete un’aria piuttosto malridotta ed affamata… che ne direste di un piccolo anticipo a quello che papà vi ha promesso per questa sera?”

 

Vi ho mai detto che stimo e condivido molto le idee di Amelia…?

 

Stavo appunto per esprimere la mia approvazione alla principessa riguardo ai suoi programmi per la serata… quando l’urlo si levò.

 

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!”

 

Un grido di battaglia, chiaro, nitido, seguito da rumori di lotta. Voci concitate lo accompagnarono, e sentii distintamente qualcuno invocare il nome di Philionel…

“Cosa diavolo…” Gourry pose mano ad una spada ormai inutilizzabile e si precipitò verso la porta dietro la quale era scomparso Phil…

 

“Gourry, sei disarmato!!!”

“Papà!!!”

 

Amelia ed io ci gettammo al suo inseguimento, all’interno del portale ormai spalancato… e lo spettacolo che ci si parò davanti mi lasciò come minimo stupita… tre guardie corpulente erano riverse al suolo, senza ferite evidenti, come se fossero state abbattute con la semplice forza di mani nude… e la furia causa di tutto questo pareva essere un semplice uomo, di corporatura piuttosto esile, che ora troneggiava sulla figura di Philionel, premuta contro la parete. I vestiti stracciati, la pelle segnata ed i capelli logori, i piedi scalzi nient’altro che due forme sanguinanti, come se da giorni non avesse fatto altro che camminare senza sosta… e nonostante questo, pareva riuscire senza alcuna difficoltà ad avere la meglio sul muscoloso principe…

 

“Philionel!!!” Gourry, che ci aveva precedute, era già schizzato in avanti verso le due figure in lotta. Col fiato sospeso, stetti a guardare mentre estraeva la spada, reggendo l’impugnatura deformata con la mano che la mattina dopo il nostro combattimento con i non- morti gli avevo per prudenza fasciato… fortunatamente, se anche si era dimenticato che l’arma non era più in grado di colpire efficacemente, parve rendersene conto non appena la impugnò. Frenando all’improvviso nella sua corsa verso l’assalitore riverso su Phil, piantò il piede destro al suolo e, la punta della lama che ancora terminava di scivolare fuori dal fodero, colpì l’uomo con tutte le sue forze con l’elsa, costringendolo a barcollare lontano dal principe…

 

L’assalitore, apparentemente colto di sorpresa nonostante il baccano che tutti e tre avevamo fatto nel precipitarci nella sala, si volse verso di noi, lo sguardo carico d’odio…

Fu allora che li notai.

Occhi dorati.

 

“Dannazione!!!” Esclamai, scattando immediatamente in avanti, per precedere qualsiasi sua mossa verso Gourry. Di nuovo la stessa situazione, a soli due giorni di distanza… e l’esperienza mi aveva insegnato a credere poco alle coincidenze…

 

“ELMEKIA LANCE!!!” Non ero ancora certa di quale tipo di incantesimi potesse essere efficace contro quelle creature, e ne scelsi uno che aveva buone possibilità di andare ad effetto. Non si trattava propriamente di una creatura spirituale, è vero, ma era un essere che aveva superato la morte, e qualcosa su cui una legge così universale non ha effetto non è una creatura di questo mondo… sperai fortemente che un incantesimo come quello, che agiva direttamente dal piano astrale e che si era rivelato piuttosto efficace con i demoni potesse sortire qualche effetto anche contro di essa…

 

Ma evidentemente mi sbagliavo. Il mio colpo lo trapassò da parte a parte, lasciandolo intontito, forse, ma totalmente illeso.

“Perché…?!?”

 

Ma non ebbi il tempo di pormi domande. La creatura, ripresasi dallo stordimento, rivolse il suo sguardo glaciale verso di me. E scattò in avanti.

 

“Lina!!!”

 

Lo spadaccino non ebbe alcuna possibilità di muoversi per fermarlo. Il mostro mi era già addosso, ed era dannatamente veloce! Indietreggiai, incespicando, con l’orribile sensazione di non sapere come reagire. Ma non mi fu dato modo di riflettere. Con una violenza inaudita per quelle braccia esili, mi colpì in pieno stomaco, scaraventandomi contro una parete.

 

“Lina!!!” Gourry scattò in avanti, cercando di venire in mio soccorso. Avrei voluto avere fiato per dirgli di non avvicinarsi, ma non riuscii a fare altro che boccheggiare, e riversarmi su me stessa… le mie costole avevano GRIDATO a quel colpo…

 

“ADESSO BASTA!!!” Una voce tuonò, imperiosa, echeggiando nell’ampia sala. Philionel, che ripresosi dall’assalto, si era risollevato in piedi, ed ora fissava la creatura con aria grave… oh, dei, non aveva per caso intenzione, in quella situazione, di iniziare una delle sue arringhe per ‘riportare il nemico sulla retta via’? “PERCHE’ STAI FACENDO QUESTO???” Tuonò ancora. “Cosa ti ha fatto la famiglia reale, per tradirla??? Ti abbiamo forse mancato in qualcosa??? Non siamo sempre stati leali nei tuoi confronti???”

 

Ma che stava… dicendo…?

 

Mi volsi verso la creatura, e osservai con sorpresa che si era fermata, lo sguardo fisso su Phil… sembrava… indecisa… Cosa stava succedendo…?

 

“RA TILT!!!” Amelia non perse tempo come me a farsi domande. Forse vedendo la rinnovata attenzione del mostro verso Phil come una minaccia, la principessa approfittò del suo momento di distrazione per farsi avanti e coglierlo, ancora una volta, di sorpresa… Stavolta, il colpo parve sortire qualche effetto, e la creatura si bloccò nuovamente, stordita… ed io non avevo intenzione di perdere quell’occasione…

 

Faticosamente mi sollevai in ginocchio, e… “Palla… di fuoco…” Recitai.

Il colpo magico si sprigionò dalle mie dita, anche se non a piena potenza, come temevo… il fuoco pareva avere sortito qualche effetto la volta prima… incrociai le dita…

 

“UAAAAAAAAAAAAAARGH!!!” Con un grido di dolore, la creatura avvolta dalle fiamme indietreggiò. Coprendosi il volto, agitando il corpo come impazzita, prese a correre per la sala, incoerentemente.

Gourry finalmente mi raggiunse, e mi si parò davanti con fare protettivo, mentre io mi accasciavo nuovamente al suolo.

“Fermatelo!!!” Gridò alle guardie che stavano riprendendo i sensi. “Fermatelo o finirà per fare del male a qualcuno!!!”

 

Ma nessuno di noi ebbe il tempo di reagire. Accecata dal dolore, la creatura si scagliò verso l’unica uscita, la porta che ci aveva condotti nella stanza, rimasta spalancata…

 

“Go… Gourry…” Invocai, semplicemente.

Il mio amico annuì, e mi sollevò, quasi di peso, buttandosi all’inseguimento del mostro. Alle nostre spalle, la principessa ci seguì, mentre le guardie si gettavano in soccorso di Philionel. Ma la creatura era troppo veloce per noi. Gourry forse avrebbe potuto raggiungerla, ma in quel momento c’ero io a zavorrarlo e Amelia, d’altra parte, non ebbe il tempo di recitare alcun incantesimo di volo… di fronte ai nostri occhi impotenti, il mostro si gettò su per la enorme scalinata che dall’atrio conduceva ai piani superiori, e verso la grande finestra al centro della parete, lasciata aperta al fresco della sera… con un altro grido disumano, la creatura la imboccò, gettandosi al di fuori.

 

“Per di qua!!!” Ci intimò Amelia, superandoci, ed immettendosi, attraverso una porticina alla base delle scale, in quello che aveva tutta l’aria di un corridoio della servitù… un paio di donne in tenuta da lavoro, due ceste piene di biancheria fra le braccia, ci osservarono con curiosità mentre ci precipitavamo verso la porta successiva, al termine del corridoio. Con facilità, Amelia la spinse e la spalancò, conducendoci in un piccolo cortile illuminato dalla debole luce del sole calante… ai suoi lati, si aprivano altre aree del palazzo, che si estendevano ordinatamente nella caratteristica forma esagonale verso un’altra cerchia di mura interne, attorno al torrione centrale… al centro, un piccolo pozzo, da cui probabilmente la servitù traeva l’acqua per le sue faccende quotidiane… e vicino ad esso, la creatura, stesa a terra. Senza vita.

 

Avvertendo l’adrenalina che lentamente scivolava via dal mio corpo, mi accasciai contro il mio ‘sostegno’… “Sai, Amelia…” Mugugnai… “Credo che questo ti costerà un extra nella cena…”

Anche la principessa si fermò accanto a noi, ansimante. “Mi domando… che cosa gli fosse preso… è sempre stato leale verso la famiglia reale… aggredire papà a quel modo…”

Gourry ed io battemmo le palpebre e ci fissammo, per un secondo… “Vuoi dire… che lo conoscevate…?”

 

“Era uno dei miei messaggeri più fidati.” Fu la voce di Phil a risuonare, grave, alle nostre spalle. Ci volgemmo ad osservare la sua figura che si stagliava nella penombra dell’imboccatura del corridoio da cui eravamo giunti. Apparentemente, non era ferito… “Mi avevano detto che era giunto malridotto e senza scorta, per questo sono accorso per parlargli… mi è parso strano non appena lo ho visto… ma non immaginavo che avrebbe…” Scosse la testa. “Voi tre state bene?”

“Lina è…” Iniziò Gourry, ma io scossi la testa prima che potesse terminare la frase… “Sto bene. Ho preso solo una brutta botta…” Era vero… se all’inizio il colpo mi aveva stordito, ora mi sentivo solo molto indolenzita, ma il grosso del dolore immediato era scomparso… in fondo, non dovevo avere niente di rotto, anche se non mi sarei risparmiata qualche livido…

“Ad ogni modo, è meglio se ti fai controllare dai sacerdoti del palazzo, Lina- san… posso accompagnarti io se…” Iniziò Amelia.

“Solo un momento.” La interruppi. C’era una cosa che non mi convinceva… certo, la sala in cui avevamo combattuto era avvolta nella penombra, e la sorpresa dell’attacco poteva avermi giocato qualche scherzo, ma… quegli occhi… io li avevo visti, ne ero certa… poteva… non trattarsi di un semplice caso di tradimento…?

Mi accigliai. “Gourry… accompagnami vicino a lui, per favore…”

“Eh…?” Il mio amico mi fissò, sorpreso.

“Vicino al messaggero… ho bisogno di controllare una cosa…”

Lo spadaccino, sebbene perplesso, annuì, e mi sorresse fino alla figura che giaceva accasciata al suolo, di schiena… Cercando di vincere il naturale senso di repulsione di fronte alla morte che nemmeno tanti anni di combattimento avevano cancellato, esaminai il corpo, senza toccarlo… la pelle carbonizzata dell’uomo aveva assunto un colorito nerastro, ma la figura non era irriconoscibile come mi ero aspettata… normalmente il fuoco magico del mio incantesimo era in grado di fondere anche il ferro, ma in quell’occasione i danni non erano stati così profondi, tanto che sospettai che non fosse stata la mia magia, quanto piuttosto la caduta, a dare il colpo di grazia a quell’uomo… questo però smontava immediatamente le mie ipotesi… dubitavo che un non- morto potesse essere abbattuto da qualcosa di così semplice…

Eppure… eppure… perché la mia Palla di Fuoco non era stata efficace? Era colpa mia? Del fatto che quando avevo lanciato l’incantesimo ero stordita? …O forse era il corpo di quell’uomo ad essere più resistente del normale…? A non essere… umano…?

 

“Prestami la spada, Gourry…”

Senza replicare o fare domande, come sempre quando capiva che stavo ragionando su qualcosa, il mio amico la estrasse, e me la porse… ringraziandolo con un breve sorriso, mi staccai da lui, un po’ barcollante, e usai tutta la mia forza per fare leva sul corpo, e voltarlo. Brevemente, esaminai anche il suo volto, gli occhi aperti, che ora non mostravano alcun bagliore particolare… anche la sua pelle non aveva avuto quello strano colorito azzurrognolo… o mi sbagliavo…?

Persa in quelle riflessioni, lasciai scorrere su di lui gli occhi per un paio di volte, senza badare ai particolari… fu solo al mio terzo esame che la notai. Al di sotto della tunica lacerata, in un punto alla base del suo collo in cui la veste era stata consumata dal mio fuoco magico, una ferita spiccava, non ancora completamente resa irriconoscibile dal fuoco… una ferita che ero certa che nessuno di noi gli avesse inflitto…

“Che diavolo è quella…?” Mormorai, indicandola con la punta della spada…

Gourry si inchinò, esaminandola con professionalità clinica. “Sembra quasi… il morso di un animale… come se fosse stato aggredito da qualche bestia selvatica…”

Regnanti e guardie di Sailune crearono un cerchio attorno a noi, chinandosi a loro volta sul corpo inerte ed esaminandolo… trascorse qualche istante in cui nessuno parlò, mentre io, la mano che sfregava nervosamente il mento, riflettevo…

 

Fu Gourry a spezzare il silenzio, fissando lo sguardo su di me. “Hai qualche idea in mente, non è così…?”

Annuii, vagamente. “Ne so troppo poco per essere sicura… ma sì… ho idea che il suo attacco possa avere qualcosa a che fare con le creature che abbiamo incontrato l’altra notte… credo che dovremo fare qualche piccola indagine a riguardo…”

Amelia, accanto a noi, batté le palpebre. “…Creature…?”

Annuii in direzione sua e di Phil. “E’ questo che Gourry ed io eravamo venuti a dirvi… due notti fa siamo stati attaccati, ai confini del vostro regno… da degli esseri che in questa parte di mondo mi era capitato di vedere solo molto, molto tempo fa, ed in circostanze del tutto particolari…” Lanciai un’occhiata a Gourry, prima di proseguire… “Se non vado errata, si trattava di non- morti…”

Credevo che le mie parole avrebbero scatenato la reazione dei miei interlocutori… incredulità, o panico… ma tutto ciò che Amelia e Phil si limitarono a fare fu scambiarsi un’occhiata, mentre alle loro spalle il nervosismo fra le guardie si faceva tangibile… cosa…?

“Lo sapevate già…?” Chiesi, con una punta di stupore, precedendo qualsiasi loro risposta…

Philionel sospirò. “Bé… non eravamo certi che si trattasse proprio di non- morti, ma…” Si accigliò. “E’ da quando la barriera è caduta che ci sono sporadici avvistamenti di questo tipo…” Incrociò le braccia al petto… “Non mi sono mai rifiutato di ascoltare nessuno di coloro che si sono presentati qui per parlarmene, ma… nessuno era mai rimasto ferito, e la cosa accadeva solo molto raramente… ho pensato che… ecco… non fosse altro che una ‘controindicazione’ della euforia generale nata dall’apertura della barriera… in fondo… siamo entrati in una nuova epoca, è normale che la gente si senta spaesata, e angosciata…”

Annuii… già, angosciata dal cambiamento… e non ci vuole nulla perché l’angoscia prenda corpo in manifestazioni assai solide e tangibili, per coloro che la vivono… senza contare che la lotta, o la paura verso qualcosa di concreto, così come il riconoscersi in qualcosa di simile, possono essere vitali per chi sente di perdere i propri punti di riferimento… non a caso, avevo sentito dire che dall’apertura della barriera avevano cominciato a spuntare come funghi nuove sette religiose…

“Purtroppo, però…” Proseguì Phil. “Le mie supposizioni hanno dovuto rivelarsi errate… da un mese almeno, gli avvistamenti si sono fatti sempre più numerosi… finché, una ventina di giorni fa, non c’è stata la prima vittima…” Il principe ed Amelia si scambiarono un’occhiata. “…Un cacciatore, che durante una battuta si è allontanato dagli altri… i suoi compagni hanno ritrovato il suo corpo sulle montagne, completamente dilaniato… ma quando sono tornati sul luogo insieme agli abitanti del villaggio a valle, ne era sparita ogni traccia…” Philionel si accigliò. “Gli abitanti del villaggio non erano particolarmente propensi a credere alle parole di quegli uomini… capite, si tratta di persone che passano la maggior parte dell’anno sulla montagna, e sono guardate con sospetto da chi risiede stabilmente nella valle… ma si trattava proprio di una delle zone in cui ci era stata segnalata la presenza di quelle creature, e i cacciatori ci hanno assicurato che il loro compagno non pareva essere stato aggredito da qualche belva della foresta, e sicuramente non da qualcosa di umano…” Phil sospirò. “Comunque, da quel giorno in poi, le sparizioni di persone, soprattutto ai confini del regno, sono state all’ordine del giorno… ho inviato truppe di soldati, ma le guardie di Sailune non sono molte, e queste continue spedizioni le stanno stancando… senza contare che sono dieci giorni che aspettiamo notizie dal secondo contingente che ho inviato…” Mi fissò, cupo. “Dieci uomini, che paiono essersi dissolti nel nulla…”

Mi accigliai. “Ora capisco molte cose… a questo è dovuta l’atmosfera innaturale in città…”

Amelia annuì. “Il fatto è che anche la gente della capitale comincia ad avere paura… abbiamo cercato di non far diffondere il panico, ma non abbiamo potuto impedire alle notizie di passare… anche se il problema per ora si è limitato per lo più al confine meridionale, ormai anche qui nessuno ha più il coraggio di mettere piede fuori di casa dopo il tramonto… e sono poche le persone che si avventurano fuori dalle mura… andando avanti di questo passo, anche l’economia del regno verrà a risentirne…”

Gourry si grattò la testa… “Ma… ma se veramente questi… non morti… hanno iniziato ad infestare il vostro confine… saranno venuti da qualche parte, no…? Sono sbucati così, dal nulla…?” Mi guardò, perplesso…

Mi accigliai. “Un’osservazione STRANAMENTE intelligente…” Ignorai la sua occhiataccia, e mi rivolsi verso Phil… “Così, su due piedi, ho pensato che quelle creature potrebbero venire dal mondo al di là della barriera… anche se noi durante il nostro viaggio con Philia non siamo incappati in nulla di simile, non significa che là casi simili non siano più comuni che in questa parte del mondo…” Scandagliai velocemente i ricordi del periodo passato con Gourry sul confine… non mi sembrava di aver sentito parlare di qualcosa di simile, ma non eravamo stati molto a contatto con la civiltà… e quelli erano territori ampi, quante probabilità avremmo avuto di imbatterci in uno di quegli esseri nelle nostre peregrinazioni…? “Però resta il fatto che Sailune NON E’ il primo regno a contatto con la barriera… una parte del Regno di Elmekia, ad esempio, si interpone fra voi e la terra di confine…” Lasciai scorrere lo sguardo sui volti dei due regnanti. “Non avete avuto notizia di avvistamenti simili da parte di abitanti di regni confinanti…?”

Fu Phil a rispondermi. “In realtà, anche noi avevamo pensato a qualcosa del genere… tuttavia, nessuno degli uccelli messaggeri che ho inviato negli ultimi venti giorni è tornato con una risposta…” Lui ed Amelia si scambiarono un’altra occhiata. “Sapevo che per chiunque potesse per qualche ragione desiderare isolarci non sarebbe stato difficile abbattere un volatile… proprio per questo avevo inviato anche un messaggero, accompagnato da una scorta…” Fissò l’uomo, al suolo… “Se penso che Amelia aveva insistito per partire personalmente per questa incombenza… e che io avevo quasi acconsentito…” Le sue labbra si serrarono…

“E’ inutile piangere sul latte versato, papà!!!” Proruppe Amelia, evidentemente infastidita dal suo sguardo preoccupato. “Dobbiamo trovare un modo per risolvere questa situazione!!!” Si voltò verso me e lo spadaccino, raggiante. Oh, oh… avevo un brutto presentimento… “Ora ci sono Lina- san e Gourry- san qui con noi!!! Sono certa che sapranno darci una mano!!!” AAAAAAAAARGH!!!!! Lo SAPEVO che avrebbe tentato di coinvolgerci!!!

 

“Amelia, aspetta un attimo… Gourry ed io stiamo già…”

 

“MA CERTO!!!” Mi interruppe con veemenza Philionel. “Avete detto di aver già affrontato quelle creature, no??? Voi due sareste le persone più adatte ad agire come messaggeri di Sailune!!! Potreste recarvi ad Elmekia per chiedere com’è la situazione, chiedere loro di contattare i regni vicini, ed invocare il loro aiuto!!! I regni del centro e del sud del paese sono in buoni rapporti diplomatici da anni, ormai! Non ci negheranno alcuni dei loro esperti spadaccini e maghi!” I suoi occhi si illuminarono. “Sono certo che la forza congiunta delle loro armi magiche e dell’abilità di Gourry con la spada, dei nostri sacerdoti, e della tua Magia Nera, Lina, potrebbero debellare qualsiasi minaccia!”

“Calma, calma, Phil, per favore…” Una goccia di sudore freddo mi colò lungo la nuca, mentre vedevo la prospettiva della ricerca di una spada magica allontanarsi lentamente ma inesorabilmente dall’elenco dei miei progetti prossimi per il futuro… “Noi abbiamo affrontato UNA di quelle creature, e abbiamo avuto la meglio più per fortuna che per altro… ma io non so ancora assolutamente nulla su di esse… è come mandarci allo sbaraglio contro un esercito di cui non conosciamo l’entità…” Cercai di svicolare, incespicando sulle parole…

“Non ho detto che dovete partire domani…” Incalzò Phil, entusiasta… “Avrete tutto il tempo per documentarvi… e l’intera biblioteca di Sailune a disposizione, naturalmente…” L’intera… biblioteca… di Sailune… migliaia e migliaia di libri, alcuni di essi normalmente inaccessibili agli estranei… una sapienza di secoli e secoli… AAAAAAARGH!!! No, no e no!!! Non cedere così facilmente, Lina!!! Ti stai facendo COMPRARE!!! “E ovviamente non dovreste lavorare gratuitamente… a Sailune sappiamo mostrare la nostra riconoscenza, come ricorderai…” AAAAAH, quella era TORTURA PSICOLOGICA!!!

 

Finii per abbassare il capo, con un sospiro rassegnato. “Bè… ci penserò su, d’accordo…?” Sentivo puzza di un altro rocambolesco coinvolgimento in una LUNGA e tormentata vicenda…

 

Bé… forse qualcuno potrebbe obiettare che normalmente a causare cose del genere ero io…

 

“GRANDIOSO!” Padre e figlia esclamarono in coro, come se dessero già per scontata la mia risposta affermativa… e il povero Gourry non era stato nemmeno consultato… Lanciai un’occhiata verso di lui, e notai che mi stava squadrando con un mezzo sorriso… ah-ah, appena saremo soli mi dirai che sapevi perfettamente che sarebbe finita così, eh?

“Ma adesso per una sera abbandoniamo le cose serie, d’accordo???” Amelia mi afferrò per un braccio, e prese a trascinarmi verso l’entrata. “Voi due vi riposerete il dovuto, e stasera ci sarà la cena promessa!” Mi strizzò l’occhio. “Non sia mai detto che qualcuno abbia motivo di lamentarsi dell’ospitalità di Sailune!”

 

 

***

 

 

Qualche ora dopo, mi trovavo su un largo balcone , appena fuori dalla sala da pranzo in cui i regnanti erano soliti consumare i pasti meno ufficiali, che non per questo era stata scenario di banchetto meno sontuoso di quanto fosse stato promesso… alla cena aveva partecipato anche Cristopher, ma per quel che riguardava Laudreck, il fratellastro di Phil non si era più fatto vedere… non che lo rimpiangessi… il castello pareva decisamente animato in quei giorni, anche dopo il combattimento non avevamo avuto pace, ed una cena tranquilla davvero non mi era dispiaciuta… Ora, la pancia finalmente piena dopo giorni di marcia, scrutavo sonnolenta lo stesso cortile che quel pomeriggio era stato sfondo di una morte cruenta, e ora invece era avvolto nella più completa calma… Philionel aveva voluto provvedere alla sepoltura del suo assalitore quella sera stessa, ed io non me la ero sentita di insistere per aspettare… in fondo, dubitavo che il suo cadavere avrebbe potuto darci più informazioni di quanto già non avessimo, e per quel che riguardava quella ferita… bé, supponevo che la sua immagine sarebbe rimasta impressa nella mia mente sufficientemente a lungo…

 

“Che scena romantica… l’eroina che scruta l’orizzonte persa in pensieri profondi, avvolta nel suo FLUENTE vestito…”

 

Mi volsi verso il fautore della sarcastica frase, un sopracciglio inarcato, ma venni dissuasa da qualsiasi replica dal gesto rapido con cui mi venne offerta una coppa di vino… la accettai, limitandomi a fulminarlo con un’occhiataccia. “Se fossi in te eviterei di infierire… sono già inciampata quattro volte su questa gonna questa sera, e alla prossima potrei non sentirmi più tanto ben disposta verso chi ha avuto il coraggio di scherzarci sopra…”

 

Il mio amico spadaccino si appoggiò alla balaustra, al mio fianco… “Ehi, ehi, non intendevo risvegliare il drago che dorme… (^_____^) E se ti può consolare, la mia giacca mi sta strozzando…” Sospirò. “Credo che noi due non siamo più abituati agli eventi mondani…” Prese una sorsata di vino, e lanciò un’occhiata vaga al cortile…

Affondai il volto fra le braccia, annoiata. “Vorrei ben vedere… mesi e mesi lontani dalla civiltà… e credo che sia dalla volta che ci siamo travestiti per arrivare a Sailarg che non indosso una gonna…”

Gourry, al mio fianco, rabbrividì. “Non ricordarmelo, per favore…”

Ridacchiando, sollevai lo sguardo verso di lui. “Perché…? Dovrei essere IO  a non volerlo ricordare… in fondo quella volta io non ho fatto colpo su nessuno, TU sì… per una ragazza questa potrebbe essere considerata come una cosa molto umiliante, sai…?” Feci del mio meglio per mascherare il mio ghigno, purtroppo con scarsi risultati.

Gourry mi fulminò con un’occhiataccia. “IO me lo sarei volentieri risparmiato…” Rimase in silenzio per qualche istante, con l’aria di chi sta rivivendo un’esperienza terrificante… quindi sospirò. “Comunque, anche tu stai bene… vestita così, intendo…” Si grattò la punta del naso, con fare imbarazzato…

La punta del mio naso improvvisamente assunse un colorito un po’ più intento di quello vivo indotto dal vino… avevo idea che qualcuno lì fosse un po’ ubriaco, per lasciarsi sfuggire commenti del genere… “Mmm…” Mugugnai… “Amelia ha insistito fino a farmi cedere, e indossare un abito…” Feci una piccola pausa, quindi tornai a fissarlo, con aria seria… “Ma non è la sola cosa a cui pare tenere…”

 

Il mio amico annuì, rivolgendomi a sua volta lo sguardo… “Hai deciso che cosa fare…?”

Diressi il mio sguardo sulle mie mani, pensierosa… “Non lo so, Gourry…” Meditai… “In fondo noi siamo capitati qui per caso… e lasciarci coinvolgere significherebbe ritardare le nostre ricerche per la tua spada… in fondo, quella è la nostra priorità, al momento… anche considerando che accettare nella situazione in cui siamo ora significherebbe affrontare qualunque sia la cosa che minaccia Sailune senza l’aiuto di una spada magica…” Lo guardai, seria.

“…però…?” Mi precedette il mio amico, mostrando ancora un volta di conoscermi fin troppo bene…

“Però…” Sospirai, terminando per lui… “… tutti questi bei ragionamenti non tolgono che noi siamo sempre SENZA SOLDI, e che se non accettiamo, non vedremo una moneta della ricompensa che Phil ci ha promesso… e in questa situazione, come potremmo proseguire tranquillamente le nostre ricerche…?”

L’ombra di un sorriso apparve sulle labbra di Gourry, mentre parlavo… “Certamente… e con la confusione che c’è ora in città lavorare per Philionel è L’UNICO modo possibile per procurarsi i soldi necessari, giusto…?” Il tono della sua domanda era poco velatamente sarcastico…

Mi accigliai. “Ehi, ehi, stai cercando di insinuare che non ti sto dando motivazioni reali?”

Ma Gourry non mi rispose. “Così, accetterai l’incarico, giusto…?” Domandò, senza smettere di sorridere…

Mi arresi, con un sospiro. “Bé… già, le cose stanno così…” Anche le mie labbra si aprirono in un breve sogghigno. “In fondo, non avrei pace se me ne andassi prima di scoprire qual è la reale soluzione del mistero che aleggia a Sailune, non pensi anche tu?” Gli strizzai l’occhio.

“Mio padre mi diceva sempre che la curiosità uccise il gatto…” Mi batté lievemente la mano sulla testa… “Ma… bé, io sono con te lo stesso fino alla fine…”

Gli sorrisi. “Grazie, mia auto proclamata guardia del corpo…”

 

“Sono felice che abbiate preso questa decisione…”

 

Ci voltammo entrambi, colti di sorpresa. La padrona della voce che aveva interrotto il nostro scambio di battute se ne stava di fronte a noi, un sorriso genuino stampato sulle labbra. Uh… ma da quanto tempo era lì…?

“Amelia…”

La principessa ci scandagliò entrambi con lo sguardo, l’aria risoluta. “Da domani, vi darò una mano con le ricerche… in fondo suppongo che avrete bisogno di una guida, fra le migliaia di testi racchiusi nelle nostre biblioteche…” Esitò un momento, prima di proseguire… “E poi, appena avremo trovato quello che stiamo cercando… io verrò con voi.”

“EEEEH???” Entrambi spalancammo gli occhi, sorpresi. “Ma… ma Amelia… oggi tuo padre ha detto che…”

“Capisco la sua preoccupazione per me…” Mi interruppe la principessa, mettendo a tacere le mie obiezioni… “E… lo ammetto, anche io, di recente, non sempre sono stata entusiasta di fronte all’idea di farmi coinvolgere in qualche folle avventura…” Prese un grosso respiro. Uh, uh, si riferiva a quando aveva finto di non conoscermi, l’ultima volta che ci eravamo incontrate…? “Ma io sono una principessa, e devo agire come tale… non posso permettere che altri rischino per il mio regno mentre io resto con le mani in mano, non sarebbe GIUSTO!” Assunse il suo piglio fiero, da paladina… “Papà non può muoversi di qui perché il nonno è troppo anziano per gestire gli affari del regno senza di lui… ma io non sono più una bambina, sono stata in missione altre volte, posso tornarci, ed è quello che farò!” Ci rivolse un sorriso. “Stavolta ci sarete voi con me, non credo che papà opporrà poi così tanta resistenza…”

 

Uhm… io avevo idea che non fosse così semplice… anzi, avevo la netta impressione che Phil ci tenesse tanto ad affidare quella missione a noi anche perché la figlia fosse soddisfatta, e non insistesse per occuparsene personalmente… era anche perché si fidava di noi, certo… ma supponevo che gli riuscisse meno difficile mettere noi a rischio… rispetto all’unico componente della famiglia che ormai gli restava…

 

Ad ogni modo, sapevo perfettamente che era inutile insistere… “E’ una tua decisione, Amelia…” Inarcai un sopracciglio… “A patto che tu non ci metta nei guai…”

 

“Lina- san!!! Che vorresti dire???” Una goccia di sudore le scese lungo la tempia.

 

Gourry mi batté nuovamente la mano sulla testa, rassicurante. “Oh, non ti preoccupare Lina… non potrà farlo meglio di come ci riesci tu…”

“Ehi, tu…” Gli rivolsi un’occhiataccia…

Amelia ridacchiò, ancora una volta divertita dai nostri scambi di battute. “Bene, allora è tutto stabilito…” Le sue labbra si aprirono in un sorriso deciso… “E così, il gruppo dei guerrieri della giustizia è ancora una volta riunito!” Le sue dita si levarono in un segno di vittoria.

Emisi un GROSSO sospiro. “Cominciamo bene…” Mugugnai, fra me e me…

 

Già, a quanto pareva, più o meno desiderata…

…una nuova avventura aveva appena avuto inizio…

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Capitolo terzo

 

 

Camminavo per i corridoi bui del palazzo reale…

 

La mezzanotte ormai doveva essere passata, e non una mosca, non un filo di vento si muoveva in quell’ala del palazzo… mi trovavo nell’area destinata agli appartamenti reali… o almeno così speravo… la realtà è che avevo la netta sensazione di aver smarrito totalmente la strada… il vino che fino a sera tarda avevo condiviso con i miei commensali mi annebbiava la mente e mi rendeva difficile riconoscere anche quegli angoli che normalmente mi sarebbero apparsi familiari…

 

Gli altri dovevano già essere profondamente immersi nel sonno… non ero più abituata ad essere attorniata da tante persone, e prima di tornare nella mia stanza avevo sentito il bisogno di prendere una boccata d’aria… avevo voglia di restare un po’ da sola, e avevo declinato l’invito di Gourry di accompagnarmi… tuttavia le ombre che si allungavano tetramente nei corridoi, vinte a fatica dalla luce che lottava per penetrare dalle minuscole feritoie che si aprivano sui muri, cominciavano a farmi rimpiangere di non aver voluto qualcuno al mio fianco…

 

“Al diavolo…” Mi appoggiai al muro, barcollante, portandomi una mano alla testa… “Devo aver davvero bevuto troppo se sono diventata così impressionabile…” Fissai il corridoio vuoto di fronte a me. Impeccabilmente, inesorabilmente identico a tutti quelli che avevo appena attraversato… “Sono questi i momenti in cui vorrei avere Gourry qui… quel ragazzo è sempre così dannatamente lucido dopo aver bevuto…” Parlai ancora ad alta voce, trovando il suono della mia voce estremamente rassicurante… “…se non fosse per la piccola controindicazione che dimentica tutto ciò che gli è accaduto quando è sotto l’effetto dell’alcool…” Sospirai, sogghignando fra me e me, con la allegra leggerezza degli ubriachi… e la mia risata risuonò tetra nel corridoio vuoto, amplificata dalle scure pareti centenarie… inconsciamente rabbrividii, e il mio risolino mi si gelò in gola…

 

“Farò… farò meglio a muovermi di qui…” Ripresi a camminare, un passo dopo l’altro. Anche prima l’eco rimbombava a quel modo…? Non me n’ero accorta in precedenza, ma la mia voce, ogni mio passo, parevano scivolare lungo la pietra in ombra per riversarsi nuovamente su di me, come un’ombra fredda… senza rendermene conto, accelerai il passo, ed improvvisamente fu come se migliaia di piedi si stessere muovendo all’unisono con me, al mio fianco… o alle mie spalle…

 

Evitai di voltarmi in dietro, e finii di percorrere il corridoio a grandi falcate, quasi correndo… quasi svenni per il sollievo quando riconobbi una porta che si stagliava nel buio…

 

‘Grazie agli dei… l’ingresso dei quartieri reali…’

 

Spalancai l’entrata in ebano –ebano…? C’erano porte in ebano nel palazzo di Sailune?- senza nemmeno appurare quale ingresso realmente fosse, intimamente sicura di avere finalmente raggiunto la mia destinazione…

Per questo, fu ancora maggiore la mia sorpresa… quando la mia vista si aprì sul piccolo cortiletto interno…

 

Frenai, quasi all’improvviso, mentre per qualche ignoto motivo il cuore mi balzava in gola. ‘Oh, dannazione… ma io ho camminato in direzione opposta rispetto a…’

 

Lasciai cadere questo pensiero quasi immediatamente… qualcos’altro catturò la mia attenzione… qualcosa di indefinibile, che si addensava attorno all’area del piccolo pozzo, al centro del cortile…

era buio… stranamente buio in quel luogo… probabilmente perché prima lo avevo visto accerchiato dalle luci delle finestre che lo circondavano, ora la sua oscurità mi appariva quasi innaturale… solo una cosa i miei occhi distinguevano senza problemi… quell’insignificante, comunissimo pozzo di pietra…

 

‘Devo tornare sui miei passi per arrivare alla stanza…’ La mia mente elaborò, razionalmente.

Le mie gambe mossero un passo avanti verso il centro del cortile.

‘Non è il momento di girovagare per cortili bui…’

Un altro passo, deciso, verso quella sagoma allettante…

 

Era luce, quella che si sprigionava dai mattoni consumati dal tempo…? Era strana, di un pallore inconsueto… quasi grigiastra…

 

Perché le mie gambe continuavano a muoversi…?

 

Il bagliore era più forte ad ogni passo… desideravo toccarlo… sporgere il mio corpo oltre il bordo di pietra e lasciarmene inondare…

 

‘Un pericolo.’

 

Mancava… così poco…

 

‘Torna indietro! TORNA INDIETRO!!!’

 

Fu allora che lo sentii… uno scampanellio leggero, così in contrasto con l’atmosfera di quel luogo… sembrava provenire dalle profondità del pozzo stesso… potevo raggiungerlo, se solo mi fossi sporta un poco… se solo mi fossi lasciata afferrare…

 

Una figura esile schizzò davanti a me, in un movimento fulmineo. Battei le palpebre un paio di volte, sorpresa. Era… emersa dal pozzo…?

 

“Il guardiano… non c’è altro potere… per questa notte…”

 

Una voce… una voce! C’era qualcun altro in quel cortile!!! Chi diavolo…?

 

Lo scampanellio risuonò ancora una volta, ora ai miei piedi… abbassai lo sguardo, colta tanto di sorpresa da rischiare di capitombolare al suolo. E compresi immediatamente la fonte di quel suono… di fronte a me, semi nascosto dalle ombre della notte, un gatto dal pelo grigio mi osservava sornione, seduto compostamente sulle zampe posteriori… i suoi occhi si socchiusero quando il mio sguardo cadde su di lui, ma non diede segno di essere disturbato dalla mia presenza… semplicemente, si sollevò, stiracchiandosi, e prese ad avanzare verso di me con un gutturale miagolio di saluto, agitando il campanellino dorato che portava legato al collo… Troppo sorpresa per muovermi, rimasi ferma ad osservarlo, mentre si strofinava pigramente contro le mie gambe… di una cosa ero certa… a dispetto del vino, la mia mente era perfettamente all’erta, ora…

 

“E tu da dove sei sbucato…?” Una voce, al mio fianco, risuonò, facendomi sussultare.

 

“Gourry!!!” Gli occhi spalancati, mi voltai di scatto ed indietreggiai di qualche passo dal mio amico, che si era inginocchiato per accarezzare l’esile animale dietro le orecchie. In tutta risposta, lo spadaccino sollevò lo sguardo su di me, levandosi nuovamente in piedi e fissandomi con fare perplesso. “Mmm? Che ti prende, Lina…?”

 

“T… tu… da dove…?” Iniziai, ma non ebbi modo di terminare la frase… i miei occhi erano caduti sullo scenario che ci circondava, lasciando la mia bocca troppo spalancata per permetterle di articolare qualsiasi frase sensata… il cortile dove mi ero trovata fino a qualche attimo prima era sparito… di fronte ai miei occhi, si apriva ora uno dei tanti corridoi decorati ad arazzi degli appartamenti reali del palazzo di Sailune… una porta era aperta alle spalle di Gourry, permettendomi una vista parziale su una stanza che riconobbi come la sua camera da letto… e lo spadaccino in questione, avvolto in un morbido pigiama, aveva tutta l’aria di chi è appena stato buttato giù dal letto…

 

“Io… io non…” Balbettai, ma prima che potessi terminare…

 

“Scusatemi.”

 

Colta nuovamente di sorpresa dalla voce improvvisa, saltai praticamente in braccio al mio amico spadaccino. Dall’ombra alle mie spalle era appena emersa la figura sottile e mortalmente pallida di un uomo, avvolto in una pesante e lunga cappa bianca, umida ai bordi della stessa rugiada notturna che bagnava i capelli ebano che gli ricadevano a ciocche sul volto… le mani ossute stringevano una piccola sacca di cuoio chiusa da legacci, che venne riposta fra le falde del mantello con un gesto tanto veloce da permetterci a malapena di scorgerla… Il volto scavato solcato da occhi di un azzurro profondo, dimostrava una ventina d’anni, o poco più… ma era di una inespressività disarmante…

 

“Questa è l’ora migliore per la raccolta di certe erbe… ma mentre mi trovavo in giardino il mio famiglio è corso via all’inseguimento di qualche bestia notturna e sono stato costretto a seguirlo fin qui…” Si abbassò per prendere fra le braccia la bestia che lo stava fissando ammiccante… accoccolandosi contro di lui, emise un miagolio soddisfatto, e sonore fusa cominciarono a risuonare nel silenzio del corridoio.

In modo del tutto naturale, come se fosse normale stare lì a conversare nel cuore della notte, il nuovo venuto proseguì nella sua spiegazione… “Non avrei dovuto introdurmi negli appartamenti reali senza autorizzazione, ma temevo che miagolando per cercarmi potesse svegliare qualcuno…” Ci squadrò, inespressivo… “…mi dispiace di avervi disturbati…”

 

Chiedendomi di che cosa stesse parlando, rivolsi un sguardo allo spadaccino, e mi resi improvvisamente conto di essere aggrappata al suo collo… mi scostai e lo allontanai velocemente, con un tossicchio imbarazzato… ma quando mi schiarii la voce per rispondere allo strano individuo e mi volsi verso di lui decisa ad ottenere qualche spiegazione, mi accorsi che erano bastati quei pochi istanti per farlo allontanare nell’ombra…

Battei le palpebre. “Eh… ehi, tu!!! Aspetta un attimo!!!” Mi gettai all’inseguimento, ma, appena girato l’angolo del corridoio, di fronte a me non scorsi altro che oscurità compatta… Che diavolo…?

 

“Che strano tipo…” Commentò Gourry alle mie spalle, raggiungendomi… “Non c’erano delle guardie all’ingresso dei quartieri reali…? Chissà come ha fatto ad arrivare qui…”

Rivolgendogli un’occhiata, mi accigliai. “Non ricordo di averlo mai visto a corte… chissà chi è…” Tornai a fissare il corridoio buio. Un famiglio… doveva trattarsi di un mago… probabilmente un esperto di Magia Sciamana… “Questa pare essere la serata delle stranezze…” Conclusi, con fare pensieroso…

 

“A proposito…” Mi volsi verso lo spadaccino, che mi si era rivolto con fare perplesso… “Che cosa volevi, Lina…? Come mai hai bussato da me a quest’ora…?”

 

Battei le palpebre, sorpresa. “Bussato da te…? Io?”

Lo spadaccino inarcò un sopracciglio, a sua volta stupito… “Ma certo, giusto poco fa… ti sei presentata da me, così, in pigiama… ho pensato che fosse successo qualcosa… ma… non ricordi…?”

 

Eh…? Abbassai lo sguardo sui miei abiti, e vidi che effettivamente avevo già indosso il pigiama che uno dei servitori aveva riposto in camera mia prima della cena, e che il lungo vestito che credevo ancora di indossare era scomparso… che diavolo…? Avevo sognato tutto…?

Portai la mano destra alla fronte, confusa, e mi appoggiai alla parete… “…Mi sa che stasera ho DAVVERO bevuto troppo…” Oh, dei… ma il vino non mi aveva mai fatto quell’effetto…

 

Gourry si avvicinò, ora un po’ preoccupato… “Ti senti bene, Lina…? Se stanotte vuoi restare da me, io…”

 

Scossi la testa. “No, no, non fa nulla, ho solo alzato un po’ troppo il gomito… almeno credo… ti spiego tutto domattina, ok…?” Tagliai corto… dubitavo di riuscire in quel momento a chiarire a qualcuno quanto non era chiaro nemmeno a me…

“Mmm…” Lo spadaccino annuì, per quanto poco convinto… e gli fui ESTREMAMENTE grata quando non insistette… quella sera avrei quasi certamente accettato… e non volevo passare i giorni successivi a rimproverarmi della mia codardia…

 

Lasciai che mi riaccompagnasse alla mia camera, e lo salutai con un cenno, prima di richiudermi la porta alle spalle, a doppia mandata, e togliere la chiave…

 

…niente altre passeggiate notturne nei corridoi di Sailune…

 

 

***

 

 

La mattina successiva, il mio amico spadaccino ed io ci eravamo rintanati di buon’ora all’interno di una delle numerose biblioteche del palazzo reale… avevamo scelto la principale, sperando che la grande quantità di sapere racchiusa al suo interno avrebbe potuto fornirci almeno qualche informazione di carattere generale… mi ero ripromessa di tenere un occhio aperto anche per quel che riguardava eventuali tracce da seguire per spade magiche, ma purtroppo l’indagine si stava rivelando infruttuosa, in entrambi i sensi… da ormai due ore eravamo rinchiusi là dentro, e ancora nemmeno il barlume di un accenno a quanto stavamo cercando…

 

“Al diavolo!” Rilasciai sonoramente sul tavolo l’ennesimo volume rilegato con lo stemma della famiglia reale inciso sulla copertina… “Gli ELFI! Dico, persino gli ELFI sono catalogati in questo dannato libro!!! E dubito che gradirebbero essere affiancati ai Vermi Iena fra le creature magiche…” Battei i pugni sul tavolo, esasperata. “Possibile che non esista nemmeno un volume che si AZZARDI a citare i non- morti???”

 

Gourry sollevò con cautela il tomo e lo ripose sulla pila di quelli che avevamo già esaminato… il mio compagno ormai aveva desistito dallo sfogliare i testi, e si limitava a risistemare quelli che io scartavo, e a scorrere, come gli avevo chiesto, un libro sulle armi leggendarie che mi era capitato per pura fortuna sotto al naso, mentre raccoglievo le opere da esaminare…tuttavia, già da un pezzo sospettavo che il mio amico avesse smesso di prestare attenzione a quello che leggeva… il suo sguardo continuava a cadere sulle grandi finestre della biblioteca, al di fuori delle quali un cielo azzurro intenso splendeva, le nubi dei giorni precedenti vinte da un sole abbagliante… nel cortile posteriore del castello, su cui dava uno dei lati della sala in cui ci trovavamo, si udiva il vocio dei domestici dediti alle loro faccende, e il cozzare delle spade dei soldati che si addestravano… non c’era da chiedersi dove Gourry avrebbe preferito trovarsi in quel momento… io, sinceramente, non me la sentivo di biasimarlo… dopo mesi di vita trascorsa pressoché completamente all’aria aperta, eravamo davvero passati all’estremo opposto… 

 

Emisi un profondo sospiro. “Suppongo che non ci sia altro da fare che passare al testo successivo…”

Gourry sollevò lo sguardo su di me, perplesso… “Sai, Lina… non immaginavo che esistessero tanti libri sugli esseri magici… voglio dire… enciclopedie di volumi e volumi, solo che catalogano le creature del nostro mondo… ci saranno voluti anni per comporle…”

“Vuoi scherzare?” Agitai la mano, appoggiandomi allo schienale della sedia con uno schiocco secco delle povere ossa della mia spina dorsale… “Ci sono maghi che dedicano l’INTERA VITA alla composizione di opere del genere… e non solo a queste… libri di incantesimi, catalogazione di erbe, resoconti di esperimenti… di solito questa è l’attività principale dei maghi che lavorano legati ad un Circolo di Magia… ricordi quei due tizi un po’ mitomani che conducevano ricerche sui cloni, a Sailarg…?” Incontrando l’occhiata spaesata dello spadaccino, decisi di non approfondire la questione ricordi… non avevo voglia di arrabbiarmi… “Il fatto è che gran parte di tutto questo sapere rimane chiuso nei Circoli, o nelle biblioteche delle capitali e dei palazzi dei nobili… fra la gente comune, che non pratichi magia o sia interessata alle scienze, anche chi è abbastanza ricco da potersi permettere l’acquisto di un bene prezioso come i testi raramente se ne interessa… e così la situazione non cambia… se fra i maghi hai una certa di fama, normalmente non avrai problemi ad accedere al sapere racchiuso nei circoli di magia… ma molti fra i tomi come quelli che stiamo maneggiando ora di solito sono inaccessibili se non alla stretta cerchia dei residenti nel Palazzo… in questo senso possiamo considerarci dei privilegiati…” Gli strizzai l’occhio…

 

“Se lo dici tu…” Gourry sospirò, grattandosi la testa. “Ad ogni modo non ne stiamo ricavando molto, mm?”

Una goccia di sudore mi scese lungo la tempia… “Mmm… detta brutalmente, in effetti è così…” Lanciai un’occhiata ai libri che ancora si ammucchiavano di fronte a me… “…penso che finirò di dare un’occhiata a questa pila di testi e poi passeremo ad un’altra biblioteca… quella dei maghi di corte, ad esempio… purtroppo temo che nella città della Magia Bianca informazioni su creature come i non- morti scarseggino… ma i sacerdoti dovrebbero essere per lo meno interessati ai modi per combatterli, o scacciarli…”

“Mmm… ma hai detto che il tizio di ieri sera dovrebbe essere uno sciamano, giusto…? Perché non chiediamo a lui se non ha qualche testo che possa servirci…?”

Battei le palpebre, stupita che si ricordasse di quel particolare a cui gli avevo solo accennato…

 

… anche se in effetti tutta quella concentrazione doveva essere dovuta al fatto che quella mattina, quando gli avevo riparlato dei fatti della sera precedente e lui aveva detto di non ricordarsi nulla, costringendomi a rispiegargli integralmente la faccenda, mi ero un TANTINO alterata…

 

“Piuttosto, ci servirebbe un esperto di negromanzia…” Spiegai comunque, senza fare commenti… “E’ una branca della Magia Nera che io purtroppo conosco molto poco… non ho mai… voluto approfondirla…” Ricordavo quando il demone Joylock, a Mipross, aveva ucciso deliberatamente un gruppo di innocui abitanti di villaggio, per poi scagliarli contro me e Naga… anche se, sospettavo,  di genere un po’ diverso da quelli con cui avevamo a che fare ora, si era trattato di non- morti anche in quella occasione… non avevo avuto troppo tempo per interessarmene, allora, e non mi era mai piaciuto ripensarci… forse era perché ero ancora molto giovane, e non avevo avuto occasione di vedere di peggio, come in seguito purtroppo mi era accaduto… ma osservare la vita umana manipolata in quel modo era stato abbastanza shockante, per me… già in precedenza campi della Magia Nera come le maledizioni e la Negromanzia non mi avevano attratta particolarmente… ma di certo dopo quella esperienza avevo deciso di dare ai miei studi priorità decisamente diverse da qualunque cosa avesse un legame diretto con quel tipo di morte… o per meglio dire NON morte…

“Ad ogni modo, vorrei proprio sapere chi era quello… chiamalo intuito femminile, ma mi puzza che sia comparso all’improvviso proprio dopo quel mio strano… sogno…” Nemmeno a mente lucida ero stata in grado di determinare di che cosa veramente si fosse trattato…

 

“Mmm… ma potrebbe anche essere stata effettivamente una coincidenza, no? Non abbiamo prove, in fondo, che lui c’entri qualcosa…”

“…sempre che io non abbia immaginato tutto…” Conclusi per lui. “Lo so, lo so, non mi metterò certo a cercarlo per metterlo sotto torchio con così pochi elementi… dovresti sapere che io non agisco MAI impulsivamente, no?” Gli strizzai l’occhio.

Una goccia di sudore scese lungo la tempia del mio compagno, ma lo spadaccino ebbe l’intelligenza di non fare commenti…

 

“E’ permesso…?” Un bussare sommesso interruppe il nostro scambio di battute. Mi volsi ad osservare il viso della principessa che faceva capolino dalla porta.

“Amelia…”

 

La nostra amica ci rivolse un sorriso. “Mi chiedevo se vi andasse una piccola pausa…” Superò la porta, reggendo un vassoio carico di dolci al miele, e di una brocca di tè fumante… Oooooooooooh, quanto APPREZZAVO le idee di quella ragazza…

 

La principessa ridacchiò lievemente nell’incontrare il mio sguardo estasiato… “Ovviamente, era una domanda retorica…” Posò il vassoio, dando un’occhiata al tavolo colmo di libri… “Mi spiace di non avere avuto tempo di aiutarvi, questa mattina…” Fece un po’ di spazio, e poggiò la brocca, con tre tazze… “La cameriera voleva portarvelo di persona…” Spiegò, accennando al tè… “Ma ho insistito per venire io… per sapere come vanno le ricerche…”

 

Sbuffai, alzando le spalle. “Purtroppo, ancora niente di fatto… e non possiamo certo pensare di partire senza avere nemmeno una vaga idea di cosa possa ferire quelle creature…”

“Capisco…” Commentò semplicemente Amelia, l’espressione delusa… mmm… avevo come l’impressione che la principessa fosse piuttosto impaziente di partire, in quella occasione… certo, con l’atmosfera pesante che doveva aver aleggiato a palazzo negli ultimi tempi, anch’io al suo posto sarei stata sollevata all’idea di cambiare un po’ aria…

 

“Hai parlato a tuo padre della tua decisione di partire…?” Mi azzardai a domandare con ostentata noncuranza, dopo qualche istante di silenzio, portandomi una tazza alle labbra…

 

“Uhm… suppongo che lo saprà… a tempo debito…” Si limitò a rispondere la principessa, in tono evasivo, per poi portarsi alla bocca uno dei dolci, a segno della chiusura dell’argomento…

 

Io tacqui, sorseggiando il mio tè e sospirando interiormente… speravo ardentemente che quel ‘a tempo debito’ non significasse ‘per lettera, dopo la partenza’… non era davvero il caso che il nostro arrivo non desse avvio ad un nuovo conflitto familiare fra le mura di Sailune…

 

Tuttavia, decisi che non era il momento per quel genere di discorsi… anzi, stando le cose com’erano allora, quel momento sarebbe giunto dopo molto, molto tempo… allungai le dita verso il vassoio alla ricerca di uno dei dolci, mentre i miei occhi finivano per cadere nuovamente, rassegnati, sulla pila dei testi ammassata sul tavolo… ne avevo fino a pomeriggio inoltrato… forse era davvero il caso di chiedere ad Amelia di aiutarci, cominciando a fare una cernita nella biblioteca dei maghi di corte…

…persa in quei pensieri, mossi le dita a tentoni, alla ricerca del mio obiettivo… quando nulla le raggiunse, automatica iniziò a sorgere in me la rabbia… se Gourry aveva già terminato il vassoio…

Nel momento esatto in cui il mio sguardo si mosse nuovamente verso i miei interlocutori, le mie dita si chiusero effettivamente su qualcosa. Ma questo qualcosa non aveva la consistenza di un dolce. Non se i dolci continuavano ad essere tondeggianti e NON PELOSI come li ricordavo…

 

L’oggetto in questione alla mia presa colpì un balzo ed un miagolio difensivo. Colta alla sprovvista, rilasciai la sua coda, che le mie dita avevano appena stretto, e barcollai a mia volta all’indietro, ottenendo di rovesciare la mia sedia al suolo…

 

“Lina! Tutto ok?” Mi chiese Gourry, mentre a sua volta si sollevava per aiutarmi a rialzarmi…

“Ma che diavolo…?” Borbottai. Sul tavolo di fronte a me, seduto sulle zampe posteriori, stava il gatto della sera precedente, che mi fissava calmo, innocente, con una espressione che quasi mi sfidava ad accusarlo di quanto era accaduto… Battei le palpebre per un momento, spaesata. Ma quando era entrato…?

 

“Oh…” Fece Amelia squadrando a sua volta il felino, interdetta… “Ma questo è il gatto di Ainos… forse se ne stava a dormire da qualche parte su una delle sedie della biblioteca…”

 

“O forse è semplicemente entrato con te senza che ce ne accorgessimo…” Lo spadaccino si avvicinò all’animale con il suo solito fare bonario e gli riservò una grattata sul collo… “Sei destinato a spaventare a morte Lina, eh?” Commentò con un mezzo sorriso, mentre il felino esprimeva la sua approvazione con un accenno di fusa…

 

“Umph…” Mi limitai a commentare, mentre mi rimettevo a sedere… “Non mi ha spaventata, solo colta di sorpresa…” Quasi in risposta alle mie parole, il gatto sfuggì alle dita di Gourry per saltarmi in grembo, costringendomi ad un altro sussulto. Non mi ribellai, comunque, e lo lasciai accoccolare, seppur con un certo nervosismo… quella bestia sembrava volermi prendere in giro…

 

“Ma guarda, raramente lo avevo visto così socievole… a quanto pare gli piaci, Lina- san…” Commentò Amelia, l’aria compiaciuta.

 

“Umph… tu dici…?” Squadrai nuovamente il felino, che aveva ripreso a fare le fusa, ma non commentai oltre… “Come hai detto che si chiama il suo padrone…?”

 

“Chi, Ainos?” La principessa si allungò ad accarezzare il gatto dietro le orecchie… “E’ uno dei maghi di corte… è giunto poco tempo fa a chiedere un impiego a palazzo… è giovane, ma molto in gamba per la sua età, e Sailune aveva bisogno di un esperto di Magia Sciamana, dato che fra le nostre mura prevalgono i maghi bianchi… così papà ha deciso di assumerlo, in prova…” Si strinse nelle spalle. “Mi sembra una brava persona, anche se è un tipo un po’ strano…”

 

Definirlo ‘strano’ mi pareva eufemistico, ma lasciai perdere i commenti. Accarezzando distrattamente le orecchie dell’animale, lanciai un’occhiata sconsolata ai testi ammassati sul tavolo. Non era il momento di perdersi in discussioni sui famigli altrui, purtroppo.

“Bè, gatto, credo che sia il momento che tu te ne torni a dormire dove ti trovavi prima… ho intenzione di risolvere oggi la questione non morti, e ho poco tempo per le coccole…” Con una lieve spinta, indussi la bestia a scendere dalle mie ginocchia. Il gatto emise un miagolio di protesta, e se ne andò con la coda alzata. Balzò su uno dei tavoli vicini agli scaffali e rimase a fissarmi, come sfidandomi. Il suo sguardo, per qualche motivo, mi mise a disagio, ma decisi di ignorarlo.

“Allora, Amelia… se ora ci puoi dare una mano, dovresti…”

Non ebbi tempo di terminare. Un suono di vetro che si infrangeva distolse all’improvviso la mia attenzione. La mia amica si gettò in avanti, verso gli scaffali pieni di libri. “No! Gatto, no!”

 

La bestia aveva spiccato un balzo, raggiungendo la cima di uno degli scaffali, e aveva preso a giocherellare con delle provette che si trovavano accatastate lassù, apparentemente all’interno di alcune grosse scatole.

“Accidenti, dovrò dire ad Ainos di tenere a bada questo gatto! Mio padre e i suoi maghi hanno altro a cui pensare che ad animali che distruggono le loro biblioteche, ora!” Amelia sollevò un braccio, richiamando velocemente un incantesimo. “Levitazione!” In quello che appariva come un innaturale balzo, la principessa raggiunse la cima degli scaffali. Si protese verso la bestia, allungando le mani per afferrarla. “Qui… qui, gatto…”

Tuttavia, il famiglio seppe abilmente precederla. In un balzo, usò la povera principessa come una specie di trampolino, saltandole in testa, e atterrando abilmente su un tavolo. Amelia purtroppo non seppe rispondere con altrettanta agilità. Perse l’equilibrio a mezz’aria, e si aggrappò alla più grande delle scatole sullo scaffale, mentre, venuta meno la sua concentrazione, l’incantesimo si spezzava. Né io né Gourry avemmo il tempo di fare nulla. Potemmo solo coprirci gli occhi con le mani, mentre la principessa precipitava al suolo, trascinando con sé la scatola. Una botta niente male…

 

“A… Amelia, tutto ok?” Sia Gourry che io ci precipitammo verso di lei, ed il mio amico la aiutò a sollevarsi a sedere.

“S… sì, credo sì…” Sì sollevò, ma parve immediatamente pentirsene… “…la mia povera schiena…” Piagnucolò lievemente, strofinandosela… a quanto pareva, però, non si era fatta nulla di serio. Tirai un sospiro di sollievo.

“Pare che le cadute nell’allenamento come paladina della Giustizia siano servite a qualcosa…” Inarcai un sopracciglio.

“Aaaah, Lina –san, come sei crudele a prendermi in giro!!! E poi stavolta non è stata colpa mia, ma di quel gatto!!!”

Sospirai. “Lo so, lo so…” Lanciai un’occhiata agli oggetti sparsi che la avevano seguita nella caduta. “Ehi… a quanto pare qui c’è qualcosa che nella nostra ricerca di stamattina non avevamo considerato…” Al suolo non si trovavano solo provette e oggetti utili ad esperimenti, ma anche testi che, nascosti nelle scatole, non avevamo notato… e testi che avevano tutta l’aria di NON essere trattati di Magia Bianca…

Gourry ne prese in mano uno, dalla copertina nera con iscrizioni argentee, apparentemente anche lui colpito dalla differenza di quel libro da quelli che avevamo scorso durante la mattinata… “Che libri sono, questi, Amelia?” Chiese alla principessa, con fare perplesso.

“Non aprirlo.” Fui io ad ammonirlo. “Se non sbaglio, quello è un trattato di Magia Nera. E non è raro che libri di quel tipo siano protetti da incantesimi o maledizioni…”

“Un trattato… di Magia Nera…?” Gourry sbarrò gli occhi, e appoggiò il libro ad un tavolo con la stessa cautela che avrebbe usato per maneggiare un qualche ordigno esplosivo… Guardò Amelia, stupito. “Ma che ci fa una cosa del genere a Sailune?”

Anch’io mi volsi verso la principessa. Aveva l’aria imbarazzata. “Ecco… in realtà, si tratta di testi che tenevamo sigillati da tempo… vedete, mia sorella… lei si interessa anche di questo genere di cose… e li ha riportati a casa una volta da uno dei suoi viaggi, perché trattavano di temi che potevano interessare anche ai maghi di Sailune e…” La principessa si grattò la testa… “… bé, inizialmente mio padre non aveva voluto saperne di utilizzarli… ma poi, quando abbiamo avuto quei problemi con i Mazoku abbiamo finito per riprenderli in mano… ora il Gran Sacerdote aveva ordinato che fossero nuovamente riposti, ed evidentemente erano in quelle scatole in attesa di essere nuovamente sigillati…”

Battei le palpebre. La sorella di Amelia… mi pareva che la mia amica non amasse particolarmente parlare di lei… chissà che tipo era, non si era mai fatta viva a Sailune quando c’eravamo anche noi… ‘Pare diffuso avere problemi con le sorelle maggiori…’ Rabbrividii, involontariamente.

Sospirai, scacciando il pensiero di Luna, e rivolgendo lo sguardo ai libri. “Capisco… certo che è un bel peccato sigillare questi testi… voglio dire, è sempre un ammontare di conoscenza che va perduto…” Le lanciai un’occhiata di sottecchi.

La mia amica ridacchiò. “Guarda che non c’è problema se vuoi tenerli tu, Lina –san… non c’è bisogno di girarci troppo attorno…”

Mi grattai la punta del naso arrossendo lievemente… “Bé… ehm… se voi non ve ne fate nulla…” Cercai di mantenere il mio tono di voce neutro…

Gourry, al mio fianco, sospirò. “Ormai sei prevedibile, Lina…” Si guadagnò un calcio in uno stinco.

Amelia ridacchiò nuovamente. “In realtà alcuni avevano già proposto di inviarli al Circolo di Magia di Zephilia… ma poi i sommi sacerdoti si sono opposti, perché l’idea di fare favori alla Gilda di Zephilia non sorrideva loro per nulla… ehm, senza offesa…” Si affrettò ad aggiungere.

“Nessuna offesa.” Mi limitai a replicare, con noncuranza. Non era certo un segreto che fra Sailune e Zephilia non corresse particolare buon sangue… ‘sana rivalità’, chiamiamola così… “Ad ogni modo… può anche essere che questi testi ci siano utili per quello che stiamo cercando… forse in un testo di Magia Nera è più probabile trovare certe informazioni.” Strizzai l’occhio ai miei due compagni. Quindi, mi impadronii del piccolo gruppo di tomi sparso al suolo e mi diressi con nuovo entusiasmo verso il tavolo, dove controllai brevemente che non fossero protetti magicamente, prima di gettami a divorare avidamente le pagine introduttive. La lettura di quel genere di testi era un passatempo ben più allettante, per me. Anche se non avessimo effettivamente trovato informazioni sui non morti, qualche ricerca sulla magia nera o qualche modifica ad un incantesimo sarebbero stati un compenso più che sufficiente al tedio di quella mattinata… ♥

Gourry sospirò. “Ho il sentore che non potremo toglierla da lì sopra per un bel pezzo… Mi metterò a riordinare i testi che abbiamo già consultato, Amelia… puoi chiedere ai maghi di corte se oggi pomeriggio possiamo avere accesso alla loro biblioteca personale? Lina aveva accennato ad una cosa del genere, prima…” Posò i suoi occhi su di me, per un momento. “Anche se penso sia pericoloso interromperla ora per chiederle conferma…”

Una vena si disegnò in evidenza sulla mia fronte. “Guarda che ti ho sentito! E ti vedo ghignare!” Alzai lo sguardo per incontrare un suo sorriso impertinente. “Non farmi apparire come una specie di maniaca della magia nera!!!”

Il sorriso di Gourry si allargò, ma il mio compagno non fece commenti.

Sospirai. “AD OGNI MODO… forse non ci sarà bisogno di ulteriori consultazioni… ho appena trovato un capitolo interessante…”

“Uh?” I miei due compagni batterono le palpebre all’unisono, e si avvicinarono…

“Di che si tratta, Lina- san?”

“E’ una sezione dedicata proprio alla negromanzia…” Scorsi velocemente le pagine, ricche di glosse e note in una grafia che, forse per la somiglianza con quella di Amelia, mi appariva familiare… la sorella della principessa doveva sapere il fatto suo… erano testi interessanti, quelli che aveva raccolto… copie di opere di quelli che venivano ricordati come alcuni degli studiosi più importanti di Zephilia… ed erano ricchi, e vari. Vi erano parti dedicate agli incantesimi di attacco (a cui, mi ripromisi, avrei concesso ampia attenzione quando avessimo risolto i nostri problemi più urgenti…), ma ugualmente vi erano anche sezioni dedicate alle maledizioni, e alla negromanzia… solo il potere di Lord of Nightmares non era citato, ma questo era comprensibile, trattandosi di un comune testo di magia nera, e non di uno dei rari tomi leggendari che trattavano di simili argomenti… e c’era persino una sezione dedicata alla fabbricazione di armi magiche e di talismani per queste ultime, e alle armi leggendarie… grandioso… avrei dovuto dare un’occhiata anche a quella, anche se dubitavo che Gourry avrebbe voluto maneggiare una spada realizzata con tecniche di magia nera…

“E allora? Che c’è scritto, Lina?” Fu proprio lo spadaccino ad esortarmi a metterli al corrente delle mie scoperte, scuotendomi dai miei pensieri.

“Oh…” Battei le palpebre, e tornai a fissare gli occhi sul libro. “Bé, devo leggere con maggiore attenzione, prima di farmi un’idea precisa… ad ogni modo, da quanto ho capito il testo parla, in una sezione, del controllo che gli esseri umani possono arrivare ad ottenere su esseri come i non morti attraverso le tecniche di negromanzia da loro praticabili… sarebbe stato meglio avere una descrizione più diretta dei non morti, ma… suppongo che potremo ricavarne qualche informazione utile su quali siano le loro caratteristiche, e i mezzi per batterli…” Strizzai loro l’occhio. “Su uno dei testi tra l’altro c’è anche una specie di piccola enciclopedia delle creature magiche, proverò a consultare anche quella, per vedere se può aiutarci…” Allontanai le dita dal libro, stiracchiandomi. “Ad ogni modo… avrò bisogno di un po’ di tempo, e di concentrazione. Quindi, che ne dite di riordinare i testi ed andarcene a pranzo? Nel pomeriggio mi metterò all’opera, da sola.” Lanciai un’occhiata a Gourry. “E tu se Amelia non ha nulla in contrario potresti andartene ad allenarti un po’ con gli spadaccini di Sailune, invece di fare la bestia in gabbia al mio fianco. E’ tutta la mattina che continui a guardarli dalla finestra sconsolato…”

Gourry mi rivolse un sorriso grato. “In effetti credo di avere capito che quella del bibliotecario non è la mia vocazione…”

Ridacchiai. Su quello avevo sempre avuto scarsi dubbi. “Ad ogni modo, come prima cosa, il pranzo! Non so voi, ma a me le ricerche mettono decisamente fame!”

“Credo che non esista al mondo qualcosa che non ti mette fame, Lina –san…” Commentò Amelia, con fare rassegnato…

“E questo che vorrebbe dire?” Una goccia di sudore mi scese lungo la guancia, mentre Gourry al mio fianco ridacchiava. Gli rivolsi un’occhiataccia. Come se lui non avesse avuto il triplo del mio appetito…

Ad ogni modo, lasciai perdere l’irritazione, e presi a radunare i libri, nella felice prospettiva del pranzo. Forse, se avessimo trovato presto un modo per sconfiggere i non morti, quella faccenda sarebbe stata risolta ancora prima di quanto sperassimo, e noi avremmo avuto il compenso che Phil ci aveva promesso, e avremmo potuto darci da fare per la ricerca della spada senza dover pensare al denaro…

Sorrisi fra me e me.

Mmm. C’erano tutte le ragioni per essere ottimisti.

 

 

 

Era già pomeriggio inoltrato quando terminai di scorrere i libri che avevamo trovato e chiusi l’ultimo, grosso, tomo. Sollevai lo sguardo corrucciata, ponderando le informazioni che avevo raccolto.

Il cielo aveva già preso ad incupirsi, e le nuvole avevano assunto una tenue sfumatura rosata. Le ombre si allungavano sul giardino di fronte a me, dove servitori si affrettavano verso le cucine portando panieri colmi di vivande da preparare per la cena… Gourry, a poca distanza da me, si stava ancora allenando insieme ai soldati di Sailune. Sorrisi. Con una spada in mano il mio amico pareva trovarsi molto più a suo agio che al chiuso di una biblioteca. Era tutto il pomeriggio che continuava a combattere, con pause rare e brevi, apparentemente senza esserne ancora stanco. E pareva essersi guadagnato una certa stima fra le guardie che avevano lottato contro lui…

“Gourry –san sembra diventato ancora più abile, eh? Scommetto che voi due siete sempre un’ottima squadra…”

Sussultai. Amelia era sbucata alle mie spalle senza che me ne accorgessi, mentre ero presa dai miei pensieri. “Mmm…” Assentii, con fare assente, osservando lo spadaccino affondare.

“Allora, hai scoperto qualcosa di interessante?” Amelia era rimasta alle mie spalle a leggere qualche romanzo, quel pomeriggio, e doveva essersi accorta che avevo terminato la mia lettura…

“Uhm…” Lanciai un’occhiata al tomo sulle mie ginocchia. “… penso proprio di sì, in realtà… almeno qualcosa su cui basarci…” Sollevai nuovamente lo sguardo. “Ehi, Gourry!”

Il mio amico indietreggiò, e parò un affondo. Quindi, facendo leva sul piede sinistro, scattò in avanti, cogliendo l’avversario alla sprovvista mentre stava riacquistando l’equilibrio dopo il colpo. La guardia incespicò, e parò goffamente il colpo di Gourry. La sua presa sulla spada tuttavia si allentò, e ad un nuovo colpo finì facilmente disarmato. Gourry si fermò, mentre il soldato lo fissava un po’ sgomento e circospetto, come aspettando di essere attaccato nuovamente. Gourry, tuttavia, si limitò a rivolgergli un sorriso che contrastava con lo sguardo concentrato di poco prima. “Grazie. Bell’incontro.”

Il soldato batté le palpebre. “D… di nulla…”

Gourry lo lasciò senza aggiungere altro, e si diresse di corsa verso la gradinata su cui avevo trascorso il mio pomeriggio leggendo. Si fermò di fronte a me, asciugandosi il sudore dalla fronte col dorso della mano. “Hai finito?” Mi chiese con un sorriso.

Annuii, lanciandogli il panno che aveva abbandonato vicino a me. Lo spadaccino lo afferrò, servendosene per asciugarsi il collo, e sedendosi al mio fianco.

Tornai a volgere l’attenzione ai libri per un attimo, accigliandomi nuovamente. “Anche se non sono tutte notizie positive…”

Amelia e Gourry batterono le palpebre all’unisono. “Cioè?”

Sospirai. “Bè… pare che di fatto le tecniche di negromanzia abbiano scarsi effetti su creature come i non morti. Esse servono per comunicare con gli spiriti dei defunti, e possono fino ad un certo limite anche dirigerli… ma pare che i morti senza pace non siano tanto controllabili quanto le normali anime…” Accarezzai distrattamente la copertina del libro… “Di fatto credo che non si possa parlare propriamente nemmeno di ‘anime’… sono unicamente concentrati di rancore. So che nell’antichità esistevano rituali per pacificarli, ma… il testo si mostra scettico, su questo fronte. Pare che i non morti siano qualcosa di assolutamente incontrollabile da parte degli esseri umani…”

“M… ma Lina –san… ti ricordi a Sailarg…? Le anime dei defunti della città… Phibrizo era riuscito in qualche modo a dirigerle…”

Rabbrividii a quel ricordo, mentre Gourry ovviamente (e fortunatamente) non capiva… Ero stata attaccata… anche da bambini in quella occasione, per ordine di Phibrizo… “Credo…” Deglutii. “Credo che quella fosse una situazione un po’ diversa, Amelia… quelle in fondo erano creature spirituali… era stato lo stesso Phibrizio a riportare in vita quegli spiriti… ma i non morti sono qualcosa di diverso… la loro nascita è spontanea…” Giocherellai distrattamente con le dita. “D’altra parte… una volta, ho visto un demone costringere delle persone ad una morte violenta… e poi dirigere le anime maledette così nate… quindi forse hai ragione… è possibile che i Mazoku, quanto meno quelli al servizio del Signore degli Inferi, abbiano un certo potere in questo senso… ma ora Phibrizo è morto, e non si può pensare di cercare qualche incantesimo che faccia appello a lui direttamente… e ad ogni modo è del tutto probabile che agli umani non sia accessibile questo genere di poteri…”

“Ma quindi… non c’è modo di batterli?” Gourry mi fissò, con l’aria di chi non aveva compreso perfettamente i vari passaggi della conversazione, ma riassumendo perfettamente quello che ne era il punto focale…

Scossi la testa. “Non ho detto questo. Non c’è modo di controllarli. Ma i volumi suggeriscono comunque che il fuoco, e tutti gli incantesimi che sprigionano un’elevata quantità di calore, hanno un certo effetto su di loro…” Aveva senso, in effetti. L’incapacità del corpo di mantenere il suo ordine e la sua unità, e la sua degenerazione, questo era la morte. I non morti in questo senso rappresentavano un paradosso… un corpo morto in cui tuttavia la degenerazione era bloccata. Bloccata da una volontà priva di controllo, una volontà fatta solo di odio,e di desiderio di vita. Il fuoco non era altro che una alternativa a questo stato. La degenerazione del corpo era bloccata, attraverso la sua distruzione. Anche se la mia non era altro che una ipotesi che al momento aveva scarsi riflessi pratici…

Sospirai. “Inoltre pare che anche gli incantesimi spirituali abbiano un certo effetto su di loro… anche se la loro efficacia è minore rispetto alla piromanzia… il fatto che il mio Elmekia Lance non abbia avuto effetto sul messo di tuo padre, Amelia, credo sia dovuto al fatto che in lui la trasformazione non era ancora completa…”

Lanciai un’occhiata alla principessa, e questa sgranò gli occhi. “Vuoi… vuoi dire che quell’uomo… si stava trasformando in un…”

Annuii, con un sospiro. “Sì, io ho tutta l’impressione che sia così… si trovava in uno strano stato a metà fra l’umano e il non umano, in cui il suo corpo era più resistente del normale, e ancora non soffriva delle debolezze dei non morti… una condizione temporanea, ma che lo rendeva sicuramente un avversario difficile da affrontare…” Anche se io non avrei desiderato QUEL TIPO di forza, per nulla al mondo…

“Anche questo era scritto su quei libri?” Gourry mi fissò in volto, a sua volta accigliato.

Mi limitai ad annuire. “A quanto pare, l’uccisione da parte di una di quelle creature comporta la rinascita come una di loro… mentre il loro morso comporta una lenta trasformazione…” Sospirai. “In sostanza, non si tratta di nulla che ci sia possibile sottovalutare…”

Gourry batté le palpebre. “Già… direi proprio di no…”

“E… ehi, però si tratta di qualcosa che possiamo sconfiggere, giusto???” Amelia scattò in piedi, improvvisamente allarmata, forse temendo che ci tirassimo indietro all’ultimo.

Agitai una mano, con noncuranza. “Lo so, lo so, Amelia… non preoccuparti…” Lanciai uno sguardo al cielo. “Anche se prima di muoversi da Sailune sarebbe bello sapere perché queste creature si stanno concentrando all’interno dei confini del regno…”

“Suppongo che ci faremo un’idea migliore appena avremo raggiunto Elmekia.” Gourry mi batté una mano sulla testa. “Ad ogni modo, anche se abbiamo scoperto come batterli, spero che riusciremo ad evitare di trovarci di nuovo di fronte ad uno di loro… non è stata un’esperienza piacevole…”

Gli rivolsi un sorriso. “Ehi… potremmo sperare di avere un po’ di fortuna anche noi ogni tanto, no?”

A volte credo che imparare a moderare il mio ottimismo sarebbe di giovamento ai nervi…

 

 

***

 

 

Era notte fonda, quando risuonò.

Per un momento credetti di avere sognato. La mia mente doveva essere stata suggestionata dagli avvenimenti di quei giorni, e un rumore nella notte era bastato a stuzzicare la mia immaginazione, e…

L’ululato si levò, nuovamente.

Scattai a sedere, ora completamente sveglia. La notte di Sailune parve essere squarciata da quel suono. Fu come se le ombre dei corridoi, delle sale, dei giardini si condensassero in quel lungo, cupo lamento scivolando nei nostri letti, nei nostri sogni, con tutta l’inquietudine che esso usava portare.

“Che diavolo…?”

Un terzo suono, ancora più lungo. Veniva dall’esterno, ma da qualche punto all’interno della cinta muraria del palazzo. Lo riconoscevo perfettamente. Perché avevo avuto modo di sentirlo in precedenza, solo pochi giorni prima…

‘Gourry!’

Fu il primo pensiero coerente che riuscii ad elaborare, mentre saltavo giù dal letto, e afferravo freneticamente il mantello e la spada, incespicando verso la porta per raggiungere la stanza dello spadaccino. La mia corsa non durò a lungo, comunque. Il mio compagno era già in piedi nel corridoio, e avevo anticipato di pochi secondi il suo bussare. Il suo sguardo era allarmato come raramente lo avevo visto…

“Lina! Hai sentito…”

“… il corno da guerra.” Annuii, troncando la sua frase. “Dove sono le guardie???”

Ci guardammo per un istante attorno. Il corridoio era completamente deserto. Probabilmente i soldati si erano mossi immediatamente dopo il richiamo, ma quella insolita immobilità, nella frenesia di quel momento, e nel profondo della notte, dava l’impressione di un qualche assurdo sogno…

“Credi… credi che sia successa qualche emergenza?”

Lanciai uno sguardo al di fuori di una delle strette finestre. Al di là delle mura, fra i tetti bianchi e le colline, la notte di Sailune sembrava placida come sempre.

“Non ne ho la più pallida idea.” Conclusi, il cuore che mi batteva in gola per il tumulto improvviso. “Dobbiamo trovare Philionel. Ora.” Risolsi. Anche se dubitavo che sperando in un falso allarme non ci attendesse qualche delusione…

Gourry annuì semplicemente, ed insieme ci lanciammo lungo il corridoio illuminato dalle torce…fu sufficiente scendere di un piano perché quell’impressione di innaturale immobilità cessasse. Nel grande atrio del palazzo, il viavai di guardie era continuo, e intravedevo dalle vetrate un frenetico susseguirsi di torce nel cortile anteriore. Ministri e nobili ancora avvolti nei loro abiti  da notte si affrettavano, i volti assonnati, verso la sala del Concilio. La scena avrebbe potuto apparire divertente, se non fosse stata incupita dalla consapevolezza che un Concilio straordinario nel cuore della notte non poteva significare niente di buono…

Individuai immediatamente il profilo di Phil. Sovrastava di una testa buona i nobili che lo circondavano, e stava in piedi all’ingresso della sala del Concilio, discutendo freneticamente con qualcuno. Avvicinandomi, mi resi conto, con un certo disappunto, che si trattava di Laudreck.

“… qualcuno attraverso i boschi, subito!” Stava gridando lo spiacevole fratellastro del principe, l’aspetto trascurato di chi è appena stato tirato giù al letto.

“Non possiamo, Laudreck! E’ troppo tardi! Sarebbe solo un morto in più!”

“Ma potrebbe essere la nostra ultima possibilità! Phil, noi non siamo pronti per…” Laudreck si interruppe, bruscamente. Doveva averci visto arrivare con la coda dell’occhio, perché si volse verso di noi, rivolgendoci uno sgradevole piglio. “Alla buon ora… essere amici della principessa vi fa credere di avere diritto a non affrettarvi quando colui che vi ha assoldati vi chiama a raccolta?”

Mi presi la soddisfazione di ignorarlo pesantemente. “Che cosa sta succedendo, Phil?”

Philionel mi rivolse un’occhiata stanca. “Un disastro.” Rispose, senza troppi mezzi termini. “Ma non ho tempo di spiegarvi personalmente. Devo riferire i fatti al Concilio, immediatamente.”

“Papà!” Anche Amelia ci raggiunse, proprio in quel momento, l’aria più che allarmata. “Cosa…”

La principessa non ebbe tempo di terminare. In quel momento, il volto di Cristopher fece capolino dal portale della sala, richiamando l’attenzione del principe. “Phil… il Concilio è pronto ad ascoltarti.”

Phil annuì, e con un breve cenno del capo ci invitò a seguirlo. Avanzammo fra la confusione di voci che risuonava all’interno della grande sala, stringendoci attorno al principe, ed intercettando le occhiate cupe che i nobili ci rivolgevano. Tutti avvertivano il presentimento di un qualche disastro imminente.

“Miei Lord…” La voce di Philionel sovrastò le altre, non appena il principe fu giunto al suo seggio. L’erede al trono rimase in piedi, con Gourry e me a un lato della sua postazione, e i suoi famigliari all’altro. Il suo sguardo si spostò lentamente sui volti che lo fronteggiavano, abbracciando l’intera sala, ed immediatamente il tumulto si placò. “… non sono buone notizie quelle che devo darvi.” Il suo tono di voce si abbassò lievemente. “E non ho nemmeno tempo per usare mezzi termini, perciò non lo farò.” Philionel prese un respiro. “Sailune è sotto attacco.”

A quelle parole, il vociò si levò nuovamente, con violenza. Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata incredula. Sotto attacco? Così all’improvviso? Lanciai uno sguardo ad Amelia. La principessa era impallidita, e fissava suo padre come se lo credesse improvvisamente impazzito…

“Miei Lord!!!” La voce di Philionel risuonò ancora una volta, autoritaria. “Manteniamo la calma, vi prego!” Con un po’ più di riluttanza, la folla di ascoltatori tornò a prestare la sua attenzione… “Non è il momento di farsi prendere dal panico, ma di organizzarsi! Questa notte, sono stato avvertito da un messaggero proveniente dalle truppe stanziate al confine. Sono state attaccate, una settimana fa.” Phil si morse il labbro. “Sbaragliate, questo è il termine giusto. Se il messaggero è sopravvissuto è stato solo perché è stato inviato a corte prima che la situazione degenerasse…” La sua voce vacillò per un momento. “Ora, se i nostri calcoli sono esatti…” Lanciò un’occhiata a Cristopher. “… abbiamo uno, al massimo due giorni di tempo. Poi, il nemico ci sarà addosso.”

“Il nemico? Ma CHI è il nemico???” Si levò una voce dai seggi dei nobili.

Philionel scosse la testa. “Non lo sappiamo. Sappiamo solo che si tratta di un grosso esercito. Il messaggero è stato inviato prima che i miei comandanti potessero identificare chi li attaccava… anche se avevano già ben chiara l’entità dell’attacco…” La sua voce si spense in un sussurro, e il principe parve ponderare per un momento come proseguire. “…e anche l’entità dell’esercito… perché… non si trattava di truppe umane.” Il suo sguardo si sollevò sul Concilio. E non ebbe bisogno di aggiungere altro.

Il gelo si diffuse in un istante. I nobili si scambiarono sguardi increduli e terrorizzati. E a me il respiro si bloccò in gola.

“Non morti?!?” Il mio tono di voce era un sibilo, quando presi la parola. “Non è possibile che i non morti si organizzino in un esercito!”

Phil mi rivolse un’occhiata. “Pare che a guidarli fosse un comandante umano.” Mi rispose, cupo. “Ma non abbiamo altre informazioni. Anche se a questo punto temo che scopriremo molto presto contro chi ci troviamo a combattere…”

Esseri umani alla guida di non morti??? Ma… ma se avevo appena scoperto che non era possibile!!!

Nel frattempo, le voci nella sala erano tornate a levarsi nuovamente. Domande precipitavano su Philionel, da ogni direzione.

“Quanti sono i soldati nemici???”

“Da quale fronte attaccheranno?”

“Qual è lo stato delle truppe a corte???”

“C’è la grossa probabilità che l’attacco avvenga da più fronti.” Philionel cercò di mantenere la calma, mentre rispondeva. “Anzi, secondo la mia personale convinzione, Sailune in questo momento dev’essere totalmente accerchiata. Le truppe al confine sono state circondate prima di rendersi conto di quello che stava succedendo. Sospettiamo che i soldati nemici si siano introdotti nel nostro territorio muovendosi a piccoli gruppi, prima di organizzarsi nell’attacco, in modo da impedire che si creasse eccessivo allarme, e da sfruttare al massimo il fattore sorpresa.” Il principe fece un sospiro. “Sono stato stupido. Non avrei dovuto sottovalutare i primi avvistamenti di non morti. Ma a questo punto rimuginare sulle azioni passate non ha senso…”

“Papà…” Amelia prese la parola, per la prima volta, la sua voce segnata dalla tensione… “Credi… che ad attaccarti sia stato uno dei re al di là della barriera…?” Amelia ci aveva detto che Philionel aveva già dato vita a qualche tentativo di stabilire rapporti diplomatici con le popolazioni delle terre inesplorate… a quanto pareva, ordinamenti politici molto complessi si erano sviluppati anche in quelle regioni, nei cui equilibri non sempre era facile inserirsi…

Philionel, ancora una volta, scosse la testa. “Non posso averne la certezza, Amelia… anche se in effetti trovo improbabile che uno dei regni della Lega del Sud abbia preso una simile iniziativa così all’improvviso…” Sollevò lo sguardo sui nobili nella sala. “Non so ancora se chiunque sia il nostro nemico abbia intenzione di attaccarci, o se prima voglia proporci un qualche tipo di trattativa… ma non posso considerare l’attacco alle truppe di confine che come una chiara dichiarazione di guerra. Visto lo stato delle cose, credo che ciò che dobbiamo aspettarci sia un tentativo di assedio.”

Un cupo silenzio da parte dei membri del Concilio accompagnò quelle parole.

“E quindi… cosa facciamo, Philionel…?” Fu Cristopher a porre la fatidica domanda.

Phil si accigliò. “Temo che non ci sia tempo per fare altro che cercare di mettere in piedi una resistenza. E dobbiamo iniziare ORA.”

“Dovresti ascoltarmi ed inviare un messaggero ai regni confinanti, Philionel!” Fu Laudreck ad intervenire, nel suo solito tono aspro. “Con la tua mania di tenere limitato il numero delle truppe e degli armamenti, rischiamo di trovarci sconfitti ancora prima che l’assedio inizi!”

Numerosi sguardi di disapprovazione si levarono su Laudreck a quelle parole, primo fra tutti quello di Cristpher. Phil, però, non parve scomporsi. “E’ troppo tardi, fratello.” Rispose semplicemente, con forzata pacatezza. “A questo punto, saremo già accerchiati dalle avanguardie. Equivarrebbe a mandarlo al suicidio.”

“E’ un rischio che dobbiamo correre! Dobbiamo approfittare di OGNI possibilità di chiedere alleanze, Phil!”

Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. Andare a chiedere appoggio ai regni confinanti originariamente era il nostro compito… forse anche ora…

Phil notò il nostro sguardo, e scosse immediatamente la testa. “No, Lina, preferisco averti qui, per ora.” Lanciò uno sguardo a Laudreck, quindi tornò a guardarmi. “Mio fratello potrebbe avere ragione, ma tu sei l’unica esperta di magia nera presente a Sailune, e in più da quanto ho capito hai un’idea su come abbattere quelle creature.” Lanciò uno sguardo ai nobili di fronte a lui. “Non posso obbligare nessuno ad una missione così rischiosa. Ma ho bisogno di un ambasciatore fidato che si assuma questo incarico. Qualcuno con sufficiente autorità da poter perorare la mia causa nei regni di Elmekia e Raizerl… qualcuno lucido, e che abbia compreso lo stato delle cose. Perché io questa sera non avrò tempo nemmeno di scrivere una missiva. Se ci sono volontari, li prego di farsi avanti immediatamente.”

I nobili si scambiarono alcune vaghe occhiate. Quindi, alcune timide mani si sollevarono.

Phil annuì. “Coloro che si sono offerti mi seguano. Il prescelto dovrà partire il prima possibile. Cris, fai radunare le truppe nei cortili, e aspettami per l’assegnazione dei ruoli. Laudreck, la popolazione sarà già in fibrillazione, falla radunare nella piazza dove si tengono le udienze pubbliche, perché possa allertarla.” Phil fece un sospiro. “Anche se dubito che poco di quanto ho da dire loro li tranquillizzerà…”

I nobili si alzarono di corsa, ognuno diretto a radunare i suoi uomini, o a svolgere i compiti che gli erano assegnati. Presto, non un’anima fu addormentata nel palazzo.

 

Quella notte insonne passò in fretta, fra urla, movimento, e frenetici preparativi. Mi sentivo incredibilmente tesa, e fuori posto. Ero stata al centro di mille battaglie, anche pericolosissime, ma una guerra era qualcosa di diverso. Ogni volta che incontravo lo sguardo di qualcuno, mi veniva in mente che forse nel giro di pochi giorni quella persona non sarebbe stata più in vita. Che le mura candide di Sailune sarebbero state annerite dai colpi delle frecce infuocate. Che presto non ci sarebbe stata più via d’uscita. E il mio stomaco si stringeva per la tensione.

Gourry non aveva parlato più molto, dopo la fine del Concilio. Più di impiccio che di aiuto per i preparativi, ce ne eravamo rimasti in silenzio, fianco a fianco, sulle mura, scrutando l’orizzonte in cerca degli inesistenti segni di un arrivo imminente del nemico. Se mi fossi addormentata, e al mio risveglio avessi osservato quel tranquillo paesaggio, avrei facilmente pensato che si era trattato tutto di un sogno…

 

“Lina –san…” Era l’alba, quando Amelia ci raggiunse. Sembrava stanca, e impaurita. I segni del mancato sonno si delineavano chiaramente sotto i suoi occhi insolitamente cupi… “Siete qui… credevo steste dormendo…”

Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. “Credo che sarebbe stato difficile dormire, stanotte, Amelia…” Replicai, in tono fiacco.

La principessa forzò un innaturale sorriso. “Già… suppongo di sì…” Lanciò un’occhiata oltre le mura. “Mi dispiace di avervi coinvolti in questa faccenda…” Aggiunse, dopo qualche secondo di pausa, a mezza voce… “…Lina –san, Gourry –san… ora voi potreste essere lontani e al sicuro… se io e mio padre non avessimo insistito…”

“Ora basta, Amelia.” La interruppi. “Non ha senso piangere sul latte versato. Ora siamo qui, e daremo una mano. Inoltre il lavoro è lavoro, e tuo padre ci ha offerto un lauto compenso per svolgerlo, quindi io considero il mio coinvolgimento a tutti gli effetti come una missione.”

Gourry, alle mie spalle, annuì, e mi pose una mano sulla spalla. “Lina ha ragione, Amelia. Siamo stati noi ad accettare, in fondo… cerca di tranquillizzarti, piuttosto. Io… io avuto ho un po’ di esperienza come capitano di truppe, in passato. Se tuo padre vorrà affidarmi una parte dei soldati, forse potrei aiutarvi ad addestrarli, dirigerli, esservi utile in qualche modo.”

“Gourry –san…” Amelia gli rivolse uno sguardo pieno di gratitudine.

Annuii. “Ben detto, Gourry. Ed io vi metto a disposizione i miei incantesimi più distruttivi. Sempre che Phil non mi detragga dal pagamento gli edifici che distruggeranno, è chiaro…” Le strizzai l’occhio.

Amelia, a suo dispetto, ridacchiò. “Glielo farò presente, Lina -san… e speriamo che la giustizia ci sostenga ancora una volta…”

Sospirai. “Già, speriamo…”

Per quanto la Giustizia, alla luce degli avvenimenti di quella nottata, cominciasse ad apparirmi un tantino perversa…

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Era il tramonto del giorno successivo, quando fummo nuovamente chiamati a raccolta

Era il tramonto del giorno successivo, quando fummo nuovamente chiamati a raccolta.

L’attesa era stata logorante. Il primo giorno, i preparativi erano andati avanti ininterrotti. Come macchine prive di coscienza, gli uomini avevano lavorato, allestito, combattuto. Amelia aveva inoltrato formalmente a Phil la richiesta di Gourry, e allo spadaccino erano state affidate delle truppe. Da quel momento, il mio compagno si era dedicato totalmente ad esse, e non avevamo praticamente parlato. In realtà, non potevo dire di rimpiangerlo. Da quando avevamo saputo dell’attacco, l’umore di Gourry pareva decisamente peggiorato, ed ebbi tutta l’impressione che il nuovo compito affidatogli, sollevandolo dal peso dell’impotenza, contribuisse a dargli nuovo animo. Per quel che mi riguardava, invece, mi sentivo una bestia in gabbia. Al di là dello sperimentare qualche incantesimo, e dello spiegare ai maghi di corte quanto avevo appreso sui non morti, mi sentivo totalmente inutile, ed immobile, persa in quel movimento frenetico. Il secondo giorno,  poi, era arrivata l’apatia generale. Terminata l’urgenza dell’azione, tutti aspettavano, senza parlarsi, senza quasi osare respirare, lanciando incessanti occhiate nervose al di là delle mura. Un’avanguardia era stata mandata in esplorazione, per avvisare quando il nemico fosse stato in avvicinamento, ed occhi frenetici cercavano un qualsiasi suo movimento, sulle pendici delle colline, con lo stesso accanimento di chi dal ponte di una nave spera di essere il primo ad intravedere la terra. Odiavo quella sensazione. L’attesa di qualcosa che esulava dal mio potere, e dalla mia strategia… Per questo, quando avvertii nuovamente il suono del corno, per me fu quasi una liberazione…

Migliaia di volti si affacciarono sugli spalti e alle finestre del Palazzo Reale, all’unisono. L’avanguardia di Phil era in veloce avvicinamento, sul bordo di una collina, quasi invisibile nell’immensa nuvola di polvere sollevata dagli zoccoli dei cavalli. Aspettammo col fiato sospeso, mentre spariva all’interno delle mura esagonali, e l’ingresso della fortezza interna era aperto per accoglierla.

E quasi contemporaneamente, anche le truppe apparvero.

Si trattava di un grosso esercito… ma non immenso. Forse avrei potuto temere di peggio, pensai per un momento. Finché le truppe non furono sufficientemente vicini da permettermi di vederli. Parte delle truppe era costituita da umani… ma non quella schierata sul fronte. I soldati sulle prime linee non avevano gli occhi accesi dal presentimento della battaglia, le loro armature non luccicavano alla luce del sole calante. Si accalcavano in una massa spenta, gli occhi dorati deliberatamente rivolti verso gli uomini che li fronteggiavano sulle mura. E se quel bagliore innaturale non fosse stato sufficiente, sarebbe bastato il terrore che mi catturava incrociando uno dei loro sguardi per rendermi conto di quale fosse la natura quelle creature…

Avvertii la tensione allargarsi a macchia d’olio fra i soldati, mentre l’esercito nemico raggiungeva le mura, e prendeva a disporsi di fronte ad esse. Gourry, al mio fianco, spostava di continuo il peso da un piede all’altro, nervoso, anche se non terrorizzato come la prima volta che avevamo incontrato quegli esseri. Forse era ignorante in fatto di incantesimi, ma quando si trattava di pratica del combattimento era svelto ad imparare… Solo i sacerdoti parevano mantenere in qualche modo la calma, non so se per l’autocontrollo che il loro addestramento aveva insegnato loro a mantenere, o perché il terrore che quelle creature infondevano era di origine magica, e in qualche modo sapevano destreggiarvisi, come pareva accadere a me.

Improvvisamente provai un moto di ammirazione per il comandante nemico, per quanto quello fosse un sentimento fuori luogo. Chiunque fosse, doveva disporre di notevoli carisma e presa sui suoi uomini per riuscire a convincerli a combattere a fianco di quelle creature…

 

La mia curiosità riguardo al comandante fu comunque presto soddisfatta. Le truppe si fermarono, non in formazione d’attacco, ma sull’attenti ed in perfetto ordine, appena al di fuori dei portali serrati. E fu allora che una figura avanzò a cavallo fino a giungere a pochi metri, al di sotto delle mura. Aveva forse l’età di Phil, e lineamenti duri, anche se non altrettanto marcati… o almeno, quella era la mia impressione, perché da quella distanza, e nella semi oscurità, non potevo facilmente distinguere i particolari della sua figura. Ma fu soprattutto la sua voce a colpirmi, quando prese la parola. Ferma e sicura, come se in quel momento si trovasse esattamente nel posto che gli spettava…

“Principe Philionel…” Sollevò lo sguardo sulle mura, e i suoi occhi rintracciarono immediatamente la figura dell’erede al trono. “… sono Oberon di Mitila, sovrano del Regno di Beriza e capo del consiglio dei Nove Alleati. Vi chiedo di consegnare il Regno di Sailune nelle mie mani.”

Un mormorio di stupore e protesta sollevò fra le truppe di Sailune di fronte al suo tono diretto e perentorio. Vidi una goccia di sudore scendere lentamente lungo la guancia di Philionel… “Oberon di Mitila…” Lo udii mormorare.

Notai che anche lo sguardo di Amelia si era fatto teso… Mi protesi lievemente verso di lei, decisa a capirci di più. “Lo conoscete?” Sussurrai.

La mia amica annuì, accigliandosi. “E’ uno dei primi sovrani con cui mio padre è entrato in contatto dopo la caduta della barriera. E’ un uomo potente, e molto rispettato. Non conosco i particolari, ma so che ha portato a risoluzione un lungo conflitto fra i regni a sud della barriera. Ora è a capo di una confederazione simile a quella dei Regni del Sud che comprende anche Sailune…”

Deglutii. Ora capivo il perché del loro nervosismo. Non conoscevo le dimensioni del suo regno né l’entità effettiva del suo potere, ma dalla descrizione di Amelia si poteva facilmente dedurre come fosse un uomo ricco di alleati…

Philionel era rimasto in silenzio, nel frattempo, immaginavo soppesando le parole giuste da rivolgere ad un uomo che senza troppi mezzi termini presentava se stesso come un usurpatore. Quando prese la parola fu in tono duro, e per nulla accomodante. “Non so su quali basi riteniate giusto farmi questa richiesta, Oberon, ma mi auguro che non vi aspettiate davvero che io possa acconsentire…”

Il sovrano nemico non batté ciglio. Si limitò ad annuire, lentamente, e a fare indietreggiare nuovamente la sua cavalcatura, come a segnalare che quel breve, surreale dialogo stava per terminare… “Sì, lo immaginavo. In questo caso mi trovo costretto a dichiararvi guerra, Philionel El di Sailune. Domani mattina le ostilità avranno inizio.” Volse il cavallo, senza attendere una risposta.

“Aspettate, Oberon!!!” Philionel scattò in avanti, sporgendosi dagli spalti, improvvisamente rabbioso. “Giudicate giusto attaccare un paese che non vi ha mai recato alcuna offesa senza nemmeno spiegarne il perché al suo sovrano e al suo popolo??? Fermatevi!!!”

Oberon girò la testa, e fissò l’erede al trono con placida freddezza. “Sono interessato al possesso del vostro Regno, per motivi strategici che riguardano me ed il mio popolo. Non sono mosso da motivi irrazionali, e non voglio certo inimicarmi a vita un popolo che ho intenzione di comandare. Non ho intenzione di fare del male a più persone di quante non siano necessarie per raggiungere i miei obiettivi. Ma non vi risparmierò nemmeno, se non scenderete alle mie condizioni. E’ tutto.” Diede un colpo di redini, e si allontanò verso il suo accampamento.

Philionel era rabbioso, come mai lo avevo visto. Era stato indignato, alterato a volte. Ma ora sul suo volto era disegnata la rabbia selvaggia di chi si vede attaccato in ciò che di più intimo possiede…

“Papà…” Iniziò Amelia, apparentemente preoccupata dalla sua reazione…

“Se non abbiamo altra scelta, lotteremo.” Risolse però l’erede al trono, prima che sua figlia potesse dire qualunque cosa per calmarlo. “Stiamo subendo un’ingiustizia. Non perderemo.”

Normalmente avrei replicato, sbeffeggiando le solite teorie della famiglia reale riguardo alla giustizia, ma in quel momento mi morsi le labbra, e tacqui. Non che avessi abbandonato il mio scetticismo, ma non era il caso di minare il morale delle truppe di Sailune proprio nel momento in cui più c’era bisogno di convinzione…

Amelia, per quanto più pallida e meno sicura di sé del solito, annuì lievemente alle parole del padre. “Hai… hai ragione papà… un… un esercito fatto di esseri malvagi come quello non può batterci…”

Non fui certa che Philionel avesse udito realmente le parole della figlia… si limitò ad un vago cenno del capo, mentre la sua attenzione era già rivolta ai suoi uomini. “Andate, e riposate. Mangiate, dormite a volontà. Domani avrò bisogno di tutta la vostra energia.” In realtà, temevo che pochi avrebbero passato una nottata serena, ma nessuno obiettò apertamente a quella proposta…

Dato che gli uomini del nemico avevano preso a ritirarsi, i soldati di Sailune, fatta eccezione per le sentinelle, iniziarono lentamente a scendere dagli spalti… lentamente, la folla scemò dalle mura, mentre Philionel discuteva freneticamente con Cristopher e Laudreck, e Gourry, Amelia ed io restavamo ad aspettarli, in un silenzio colmo di disagio… Dopo qualche istante, vidi Phil volgersi verso di noi, e rivolgerci un breve cenno del capo, ad indicare che anche noi potevamo avviarci verso le nostre stanze… e lo avremmo fatto, non fosse stato per il grido strozzato che proprio in quell’istante risuonò nell’aria fresca della sera di Sailune…

“P… principe! Principe Philionel!

Era una delle guardie che ero state incaricate di rimanere di vedetta sulle mura. Lo sguardo di tutti coloro che rimanevano sugli spalti cadde dapprima su di lui… e poi nella direzione dove cadevano i suoi occhi…

Tutti ci gelammo sul posto. Fuori dalle mura, appena di fronte ai portali, piantato al suolo, in cima ad una picca i soldati nemici avevano lasciato un omaggio ai loro avversari.

La testa di Lord Remian.

Colui che due giorni prima si era offerto di uscire dalle mura a cercare rinforzi, ora ci fissava con occhi ciechi, sangue raggrumato che gli usciva dalla bocca, e gli appiccicava i capelli al volto.

Improvvisamente, sentii l’impulso di vomitare e per una volta fui grata che la cena dovesse esserci ancora servita, e dei morsi della fame che solo fino ad un attimo prima avevano catturato il mio stomaco. Gourry, al mio fianco, impallidì lievemente. Amelia si portò le mani alla bocca, inorridita. Un cupo monito. Un presagio per molti altri uomini che avrebbero preso parte a quella lotta. E un chiaro avvertimento riguardo a quale sarebbe stata la sorte di qualsiasi alleato di Sailune che fosse stato trovato a vagare al di fuori delle mura per cercare aiuto…

“Credo che non vedremo comparire la cavalleria di Raizerl in nostro aiuto molto presto, fratello… a meno che anche il suo sovrano non si diletti a comunicare con i morti…” Commentò la voce roca di Laudreck, con lucido, cinico sarcasmo…

 

… e non molte altre parole vennero scambiate, finché tutti non si chiusero con gratitudine nella solitudine delle proprie stanze…

 

 

***

 

 

Questo è esattamente il punto in cui normalmente mi lancerei in un panegirico dei letti di Sailune. Doppia piazza, baldacchino, mille cuscini… era il paradiso di chi, come me, era abituato a dormire in locande sporche e dai letti duri come il cemento, e a condividere col proprio compagno di viaggio stanze di non più di due metri quadrati (Gourry è un gentiluomo, niente da dire, felicissima di stare con lui, ma giocare allo slalom ogni volta che devo andare in bagno per evitare di calpestarlo non è esattamente la mia idea di divertimento…)

Quella sera, avevo avuto modo di apprezzare il letto più a lungo del solito… non tanto perché fossi andata a letto prima, quanto piuttosto perché, una volta sotto le coperte, stranamente per me, non ero riuscita a chiudere occhio.

Era un po’ irritante. Sapevo perfettamente che il giorno successivo mi sarebbero state richieste tutta la mia attenzione e concentrazione, e proprio questo mi induceva a continuare a rimuginare su quello che mi aspettava, invece che riposarmi come tale prospettiva avrebbe richiesto.

Ma non era solo quello. Sapete quando si ha l’insistente, pressante sensazione che qualcosa di non previsto stia per succedere? Ecco, soprattutto QUELLO era ciò che teneva inchiodato il mio sguardo al soffitto del baldacchino, quella notte…

 

‘Sarebbe carino sapere COSA di inaspettato sta per accadere, però…’

 

La notte era ormai inoltrata, e cominciavo seriamente a dubitare della mia capacità di intuizione. Forse il mio modo di vedere le cose era viziato dalla tensione, forse ero solo stanca, e come tutte le persone stanche tendevo a vedere problemi che non esistevano… fatto sta che qualsiasi rumore o scricchiolio mi faceva balzare sul letto, e scrutare nel buio…

‘Certo che non mi ricordavo che Sailune fosse così inquietante…’

Stavo cominciando a ponderare diverse ipotesi, fra cui quella di scendere dai sacerdoti in veglia e farmi dare qualcosa per dormire (troppo buio per i corridoi e troppe brutte esperienze in passato nel corso delle mie passeggiate notturne… non considerai l’idea troppo seriamente…), e quella di svegliare anche Gourry per il principio del mal comune mezzo gaudio (e confesso che su questo pensiero indugiai un po’ più a lungo… le notti insonni tendono ad alimentare il mio sadismo…), quando improvvisamente la mia autostima poté subire una nuova impennata. Anche se a dispetto dei miei nervi, dato che la mia fede nel mio sesto senso fu riaffermata quando avvertii chiaramente un’altra presenza, a poca distanza da me, e inequivocabilmente all’interno della stanza.

Trattenni il fiato, mentre un rumore soffocato, come di pietra smossa, confermava la mia sensazione… Considerai brevemente le mie possibilità. Potevo urlare, e allertare l’intera area del palazzo in cui mi trovavo (gli appartamenti reali, per intenderci… il che significava che nel giro di due secondi mi sarei trovata Amelia in camera, per calare giustizia sul mio assalitore…). Oppure potevo aspettare, nel buio, fino a che chiunque si fosse intrufolato nella mia stanza non fosse stato sufficientemente vicino perché potessi coglierlo di sorpresa, come lui aveva intenzione di fare con me… La seconda era ovviamente l’ipotesi più rischiosa, dal momento che non conoscevo le capacità del mio assalitore… ma era anche quella che mi avrebbe permesso di trattare direttamente con lui. E dopo che avevo accumulato nervosismo per la mancanza di sonno, potete facilmente supporre per quale optai…

 

Rimasi immobile nel letto, nascosta dalle coperte, avvertendo la figura scivolare verso di me nel più completo silenzio. Un uomo comune avrebbe strisciato i piedi sul pavimento, o urtato qualcosa nel buio più completo, ma mi ci vollero pochi istanti per rendermi conto che NON si trattava di un qualunque combattente. Il mio corpo si irrigidì, mentre la figura raggiungeva i bordi del letto, e si piegava lievemente su di me. E quando avvertii una mano allungarsi lentamente verso la mia spalla, come se volesse stringersi attorno al mio collo, decisi che non era il caso di attendere oltre.

Mono Volt!”

Allungai la mano verso il polso dell’assalitore, e strinsi, mentre lasciavo fluire l’energia magica dentro al suo corpo. Moderai la potenza del colpo, però. Volevo che il profanatore di camere femminili rispondesse a qualche domanda, prima di permettergli di perdere conoscenza…

La figura emise un grido soffocato, e strinse la propria mano libera attorno al mio avambraccio, come per cercare di liberarsi. Dopo un po’, quella presa ferrea cominciò a farmi male, e dovetti rilasciarlo, ma ormai il mio assalitore era troppo indebolito dal colpo per tentare altri attacchi. Con un gemito, si accasciò al suolo.

Tirai un sospiro interno di sollievo, e mi feci avanti, più spavalda di quanto non mi fossi sentita fino a qualche istante prima, per il mio consueto discorsetto di vittoria sull’avversario. Ma qualsiasi parola canzonatoria mi si gelò in gola, quando mi sporsi oltre il bordo del letto e, alla luce debole della luna, mi resi conto di chi mi trovavo davanti…

“EH…?” Fu l’unico commento intelligente che riuscii a formulare in quel momento, mentre la figura al suolo mi fissava con sguardo truce, al di là dei lembi bruciacchiati del suo cappuccio, con tutta l’aria di chi sta pensando ‘dovevo aspettarmelo…’

Restammo a guardarci per qualche istante in un silenzio irreale… Quindi, con fare imbarazzato, gli porsi la mano…

“Oh… ehm… diciamo che ora siamo pari, per la volta in cui tu hai usato questo incantesimo contro di me… comunque certe cose devi metterle in conto, se ti infili nella camera di una signorina a quest’ora della notte…”

“Signorina, eh…?” Fu tutto ciò che il mio interlocutore commentò, mentre accettava la mia  mano per rialzarsi.

Ma a quel punto, ovviamente, la situazione dovette complicarsi.

“LINA!!!”

La porta che univa la mia stanza a quella di Gourry si spalancò. (sì, avevamo stanze comunicanti, grazie tante, ma prima di fare commenti a riguardo considerate un po’ che fareste voi se tutte le volte che vi foste recati in un determinato regno, lì avessero cercato ripetutamente di uccidervi…) Lo spadaccino entrò di corsa, ovviamente propenso più ad attaccare che ad ascoltare le spiegazioni di chi riteneva un presunto assalitore… e mentre si avvicinava a spada sollevata, per un momento vidi il terrore più puro disegnarsi negli occhi della chimera che mi fronteggiava…

“Go… Gourry!” Riuscii a gridare un attimo prima che colpisse. “Aspetta! E’ Zel!”

“Eh???” Lo spadaccino spostò il suo sguardo su di me, stupito, e parve considerare per un momento l’ipotesi di fermarsi. Ma, ovviamente, il comando del suo cervello non raggiunse in tempo le sue gambe. E il piatto della sua spada colpì direttamente la fronte della chimera.

Sentii distintamente l’acciaio piegarsi per la violenza del colpo, mentre Zelgadiss finiva nuovamente al suolo, reggendosi la testa…

‘Credo che qui qualcuno soffrirà di emicrania per qualche giorno…’

“Uh… oh… scusami Zel…” Gourry rimase ridicolmente immobile, la spada sollevata nel punto dove fino a pochi secondi prima c’era stata la testa della chimera, e lo fissò confuso… “Ho sentito dei rumori sospetti, e pensavo che qualcuno stesse assalendo Lina…”

“Me ne sono accorto…” Mugugnò Zelgadiss, lanciando brevemente un Recovery, su un punto della sua fronte dove non c’erano danni esteriori evidenti, ma che ero certa in quel momento dovesse dolere come se qualcuno glielo stesse trivellando… Gourry non va particolarmente per le spicce quando mi crede in pericolo…

Lo spadaccino fissò la sua spada incrinata, sconsolato… “Due spade distrutte in meno di una settimana… se lo avessi fatto ad Elmekia, mio padre mi avrebbe ucciso…”

Zel sbuffò. Io ridacchiai lievemente al commento del mio compagno, e avanzai verso la chimera, che si stava rialzando dal suolo con quanta più dignità la sua postura ancora un po’ barcollante gli permettesse. “E allora…” Incrociai le braccia al petto. “Si può sapere come hai fatto a sbucare all’improvviso in camera mia? E che ci fai a Sailune, tanto per cominciare? Avrai notato la bella compagnia di ospiti là fuori, suppongo…”

Zel sospirò. “Se dentro al palazzo riuscite a parlare in tono tanto leggero degli assedianti, non state poi così male come temevo…” Si ripulì la veste color crema dalla polvere…

Sorrisi. “Mi sorprendi, Zel, dovresti saperlo che trovo poco elegante piangermi addosso… per quello in fondo basti tu…”

La chimera sollevò lo sguardo, e poco abilmente mascherò un sorriso. “Suppongo che per ‘piangersi addosso’ tu intenda ‘essere realisti ed assennati’… parole che esulano dal tuo vocabolario, Lina…”

Inarcai un sopracciglio. “Per ‘assennato’ intendi anche intrufolarti nella mia camera, e rischiare di essere fritto da me e tagliato in due da Gourry?”

Zel sospirò. “Hai tutta la mia ammirazione, Gourry. Dev’essere dura stare con lei. Molto dura.”

Gourry annuì, con aria sapiente. “Ci sono giorni peggiori e giorni migliori. Ma sono sacrifici che per il mondo un cavaliere deve essere disposto a fare…”

Li incenerii con lo sguardo. “Voi due…”

Entrambi ridacchiarono, e per un momento ci fissammo semplicemente, un po’ straniti dal modo strambo in cui la nostra compagnia si era riunita, a quell’ora della notte. Quindi scossi la testa, e richiamai alla mia mente le parole magiche…

Lighting…”

Una sfera di luce si levò dalle mie mani, e raggiunse il soffitto, illuminando la stanza a giorno.

“E allora, Zel…” Sospirai, studiando l’effetto della mia magia. “… non hai ancora risposto alla mia domanda… come diavolo hai fatto ad intrufolarti nella mia stanza in piena notte, e con il castello assediato?”

Zel si grattò la punta del naso, e improvvisamente mi parve… imbarazzato… “Uhm… bé, ecco… la realtà è che non volevo entrare esattamente in camera tua… ma in quella di Amelia.”

Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata.

“In effetti Amelia mi è parsa cresciuta da quando l’abbiamo vista l’ultima volta…” Commentò lo spadaccino, in tono pensieroso.

“Già…” Replicai, stando al gioco. “Chi se l’aspettava… con Zelgadiss, poi… Mi auguro che Phil non ne sappia nulla, mi sembra un padre piuttosto geloso…”

“N… NON IN QUEL SENSO, DANNAZIONE!!!” Zel alzò la voce, per poi abbassarla immediatamente, timoroso di essere udito. “Volevo uscire nella sua stanza proprio perché non succedesse quello che è accaduto qui! Chiunque altro vedendo che mi aggiravo nel castello si sarebbe sorpreso e avrebbe dato l’allarme, scatenando un putiferio!!!”

“Mmm…” Inarcai un sopracciglio… “E perché invece Amelia non avrebbe dovuto essere sorpresa di vederti arrivare nella sua camera in piena notte?” Cercai di mascherare con scarso successo un sogghigno.

Zel, se possibile, si irritò ancora di più. “Smettila, Lina! Non è come pensi!”

In quel momento, un bussare sommesso risuonò alla mia porta. “Lina –san? Tutto bene? Non riuscivo a dormire e dal mio balcone ho visto la luce accendersi nella tua stanza…”

Mentre la parte perversa del mio spirito portava un ghigno ad allargarsi sul mio volto, andai ad aprire la porta… “Bene, pare che ci siamo tutti, ora…” Commentai, di fronte ad una perplessa Amelia.

“Lina- san, di cosa stai…” La principessa rimase a bocca aperta,  non appena entrò nella stanza. “Zelgadiss- san! E tu che ci fai qui???”

Zel sospirò. “Come stavo CERCANDO di spiegare a Lina, ero qui per assicurarmi che andasse tutto bene.” Si grattò la testa. “Mi è sembrato strano, qualche mese fa, non riuscire più a mettermi in contatto con te… e poi, nei territori oltre la barriera, ho cominciato a sentire voci insistenti riguardo ad una armata che stava muovendo contro Sailune… dato che non avevo più modo di avvisarti a distanza, ho deciso di partire per allertarvi di persona. Ma ero troppo lontano, e ho avuto diversi imprevisti nel percorso… e a quanto pare sono arrivato troppo tardi…”

“Oh, mi spiace, Zel- san… E’ da qualche mese che le comunicazioni magiche attorno a Sailune non funzionano… non sapevamo spiegarci perché, e ho immaginato che ti fossi preoccupato per l’improvvisa interruzione, ma con uccelli viaggiatori o dei messi non avrei saputo dove…”

“Ehm…” Tossicchiai, lievemente. Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. “Mi dispiace interrompervi… ma vi spiacerebbe spiegarci?”

Amelia arrossì lievemente. “Oh… scusami, Lina –san, avete ragione, nella confusione di questi giorni mi sono dimenticata persino di raccontartelo…” Si grattò la punta del naso. “Dovete sapere che quando dopo la sconfitta di Darkstar ci siamo separati… ehm, ecco… io ho dato a Zel –san uno dei miei braccialetti… Gli avevo… uhm… chiesto se avesse voglia di fermarsi un po’ a Sailune, ma dato che aveva fretta di ripartire ho pensato che potevo lanciare un Vision Spell su uno dei miei oggetti, così avremmo potuto comunque tenerci in contatto…”

Il Vision Spell, per chi non si intendesse di Magia Sacerdotale, è un incantesimo che permette di proiettare la ‘immagine riflessa’ di una persona anche a centinaia di miglia di distanza, attraverso un catalizzatore, un oggetto trattato precedentemente dalla persona stessa con la Magia… l’immagine è inconsistente, una specie di ‘fantasma’, ma chi si trova vicino al catalizzatore tramite essa potrà interagire con colui che ha lanciato l’incantesimo in tempo reale… conoscevo bene quel trucco, perché una volta, diversi anni prima, Rezo il Monaco Rosso lo aveva utilizzato per mettersi in contatto con me…

“Però, da un paio di mesi…” Proseguì Amelia… “… l’incantesimo ha smesso di funzionare… inizialmente ho pensato che Zel- san si fosse addentrato in qualche zona al di là della barriera schermata alla magia, ma quando abbiamo cercato di metterci in contatto con Elmekia o con Raizerl ci siamo resi conto che il problema in realtà riguardava Sailune…”

Zel annuì. “All’inizio non mi spiegavo bene nemmeno io la cosa… ma quando ho sentito delle truppe che avanzavano verso Sailune ho iniziato a sospettare che la cosa dipendesse in qualche modo da chi vi stava attaccando.” Zel e Amelia si scambiarono un’occhiata. “Come in effetti è probabile che sia.”

Mi portai la mano destra al mento, pensierosa… un sovrano che guidava i non morti e che era in grado di schermare Sailune dalle comunicazioni di tipo magico… e dire che nelle terre in cui ci eravamo addentrati nel corso del nostro viaggio al di là della barriera la magia non era praticamente conosciuta…

“Ad ogni modo ti ringrazio per esserti preoccupato per me, Zelgadiss –san…” Amelia rivolse un sorriso genuino alla chimera. “Dev’essere stato rischioso arrivare fino a qui…”

Zel si volse dall’altra parte, ma ebbi l’impressione che stesse arrossendo lievemente. “Uhm… bé… abbastanza…” Borbottò. “Ho dovuto attendere che le truppe si radunassero attorno a Sailune per avvicinarmi alla città, perché la campagna attorno non era percorribile in precedenza… e sono stato costretto ad aspettare che calasse la notte per cercare di entrare… non credo che mi avventurerei volentieri di nuovo là fuori…”

Battei le palpebre. “A proposito, ora che ci penso…” Lo fissai in volto, perplessa. “COME hai fatto ad entrare? Non credevo che i nostri nemici potessero essere così disattenti…” E anche le sentinelle di Sailune, per dirla tutta…

Zel scosse la testa. “Non è come credi, Lina… io… sono entrato attraverso un passaggio segreto…”

“Un passaggio segreto?” Rispondemmo Gourry ed io, all’unisono, sorpresi… anche quando eravamo stati coinvolti in precedenza nelle lotte di corte di Sailune, e Phil ci aveva garantito accesso ad ogni ala del castello, non avevamo mai sentito di qualcosa del genere…

Fu Amelia a spiegarci. “Solo mio padre, mia sorella ed io ne siamo a conoscenza… sono più d’uno, collocati in vari punti della fortezza… le mappe che li segnalano si tramandano di erede in erede… e persino i miei zii, anche se sanno della loro esistenza, non ne conoscono la collocazione…”

Vidi Gourry annuire, come se un improvviso ricordo stesse affiorando alla sua mente. “Sì… avevo sentito parlare di questa storia…”

Aggrottai la fronte. “Ne avevi sentito parlare…?” Conoscenze fuori dall’ordinario da parte di Gourry mi lasciavano sempre perplessa…

Lo spadaccino si limitò a stringersi nelle spalle. “Sì… da qualcuno, alla corte di Elmekia…” Replicò con noncuranza.

Alla CORTE di Elmekia?

“Zelgadiss –san era a conoscenza dei passaggi perché una delle mappe a cui ho accennato era conservata proprio all’interno del mio braccialetto… io… ecco… volevo che sapesse che poteva avere accesso a Sailune non appena lo avesse desiderato…” Lo fissò, un po’ imbarazzata. “Mi dispiace, avrei dovuto avvisarti che da quando mio nonno si è ammalato ed è stato trasferito nella torre anche io non sto più in questi appartamenti, ma in quelli di Gracia, dato che ora a lei spettano le stanze di mio padre… La mappa riflette ancora la vecchia disposizione…”

“Mmm…” Tornai a prestarle attenzione, riproponendomi di cavare fuori tutta la storia a Gourry più tardi, quando fossimo stati da soli… “… e così il buon Zel ora ha libero accesso a palazzo e alla confidenza delle principessa, eh? Interessante tutto questo, Zelly… A quando il matrimonio e la consegna delle chiavi del Palazzo?”

Amelia ridacchiò a quel commento, ma Zel mi fulminò con lo sguardo. “Finiscila, Lina, o diventerò volgare riguardo al fatto che Gourry abbia libero accesso alla tua stanza durante la notte…”

 

Certa gente proprio non ha senso dell’umorismo…

Tirai un calcio in uno stinco a Gourry, che era stato colto da un accesso di tosse nervosa, e faceva di tutto per non guardarmi negli occhi.

 

“Ad ogni modo…” Riprese Zel,in tono più serio… “Sono felice che anche voi siate qui. Ero intenzionato a chiedere ad Amelia se aveva un modo per rintracciarvi, non appena fossi riuscito a parlarle…”

“Eh?” Battei le palpebre. Sarei stata lusingata se fosse stato solo per il piacere di rivederci, ma dal tono con cui ce lo aveva comunicato, avevo il sospetto che non fosse così…

La chimera annuì. “Vi ho sentiti nominare, al sud… la tua fama si è estesa anche lì, Lina, ma non è solo questo… da quanto ho capito, le truppe che ora stanno attaccando Sailune hanno un qualche tipo di interesse anche nei vostri confronti…”

Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. Nei nostri confronti? E che mai poteva volere da noi un re oltre la barriera? Capivo il desiderio di mettere le mani su Sailune e le sue ricchezze, ma io possedevo solo la mia magia e oggetti che non potevano certo interessare ad un re guerriero, e Gourry aveva perduto la sua Spada di Luce dopo l’ultima battaglia…

“Se fosse come dici…” Intervenne lo spadaccino, dando voce a quelli che erano anche i miei pensieri. “… dato che ci siamo intrappolati qua dentro, la caduta di Sailune equivarrebbe a prendere due piccioni con una fava…”

“Certo, a meno che…” Intervenni, mentre un’idea mi balenava in mente. “… la nostra utilità per Oberon non si riducesse al fatto di essere amici della principessa e dell’erede al trono, e quindi utili potenziali ostaggi… magari si è sparsa la voce che stavamo viaggiando nei territori subito al di là della barriera e Oberon ha sperato di poterci catturare prima di avanzare contro Sailune…” Quel non morto che mi aveva chiamata per nome, la nostra prima notte di permanenza a Sailune, ora cominciava a premere inquietantemente alla mia coscienza, più di quanto avesse fatto da quando ci eravamo scontrati… 

Sospirai. “Ad ogni modo… anche facendo ipotesi ora non credo che ne ricaveremo un granché… credo che sia meglio tornarcene a letto, piuttosto… domani all’alba la battaglia avrà inizio…” Quella mia frase bastò a gettare nuovamente una sfumatura cupa su quella riunione fra vecchi amici…

Amelia annuì. “Sì, credo che Lina –san abbia ragione…” Si volse verso la chimera, e la prese con inconsueta familiarità per un braccio. “Zel- san, vieni con me, ti sistemerò in una stanza in quest’ala… dovrai accontentarti, per questa notte, ma provvederò a fartela sistemare al più presto…” La principessa rivolse a Gourry ed a me un pallido sorriso. “Buona notte, ragazzi.” La porta si chiuse alle loro spalle.

 

Mi accigliai, sedendomi sul letto, mentre le nuove informazioni che avevo acquisito cercavano di prendere forma in uno schema sensato. Ogni ipotesi, tuttavia, perdeva di consistenza non appena la mia mente mi ricordava la mia totale assenza di informazioni riguardo ad Oberon… sinceramente, dal suo aspetto e dal modo in cui si comportava non mi sarei aspettata di scoprirlo mosso da qualche motivazione assurda ed irrazionale come ‘il dominio  del mondo’, come quella che qualche principessa isterica di un piccolo regno adoratore dei golem ci aveva proposto anni prima… d’altra parte, Sailune era un regno potente… doveva esserci una spinta forte alla base di un attacco come quello… e Oberon doveva anche essere sicuro dei propri mezzi…

“Lina… mi stai ascoltando?”

“Eh?” Battei le palpebre, improvvisamente riportata alla realtà. Gourry stava in piedi di fronte a me, con un mezzo sorriso sulle labbra. Evidentemente, aveva continuato a parlarmi sin da quando Zel e Amelia erano usciti.

“E poi rimproveri me di disattenzione…” Mi rimbeccò, in tono divertito.

Risposi al sorriso. “Questo è il giusto contrappasso.”

Gourry sospirò, e si sedette al mio fianco, ponendomi una mano sulla testa. “Rimuginarci sopra non ti porterà a nulla, Lina. Fatti una dormita ed evita di pensare. Ti risparmierà molta ansia.” C’era una specie di saggezza amara nelle sue parole…

Inclinai la testa, fissandolo incuriosita per un momento… “Ehi, Gourry…”

“Mmm?” Replicò semplicemente, continuando ad accarezzarmi la testa senza preciso ritmo, e fissando il pavimento davanti a sé…

“Ti ricordi quando abbiamo incontrato quel tuo vecchio amico, quel mercenario di nome Grais…?” Gourry si oscurò lievemente, a quelle parole… avevo sempre pensato che fra lui e quello spadaccino ci fosse stato più di quanto io avessi visto, in quella occasione… e da alcuni suoi gesti, o atteggiamenti, avevo avuto l’impressione che nel lasso di tempo in cui io ero stata priva di sensi fosse accaduto qualcosa di cui Gourry non mi aveva mai parlato… ma tutte le volte che glielo avevo domandato, lo spadaccino aveva sempre candidamente smentito qualsiasi mio sospetto… “Bé, ricordo che quell’uomo disse che voi due avevate combattuto una qualche guerra, insieme, prima che noi due ci conoscessimo… e anche tu… ieri, con Amelia, hai accennato ad una tua esperienza come capitano… ma… di che conflitto si trattava…?”

Gourry sospirò. “E’ una vecchia storia… una ribellione contro Elmekia, una decina d’anni fa… la mia famiglia appartiene alla piccola nobiltà di quel regno, ma io non sono il primogenito, e per questo mio padre mi spinse ad arruolarmi alle truppe della resistenza come mercenario, perché potessi mettere in pratica i miei addestramenti di spada, e allo stesso tempo non essere un peso per la famiglia…”

Mmm… Gourry non mi aveva mai parlato delle sue origini, ma in realtà avevo il sospetto che in lui scorresse in qualche modo sangue nobile… e non tanto per gli ideali cavallereschi che sin dagli inizi della nostra conoscenza mi aveva tanto apertamente manifestato, quanto piuttosto per il suo possesso della Spada di Luce… il cavaliere che aveva sconfitto Zanaffer a Sailarg era detto essere di alto lignaggio… e se anche la leggenda aveva gonfiato la realtà, aveva senso che la custodia di un’arma come quella e i precedenti storici che essa comportava avessero portato prestigio sociale e titoli ad una famiglia magari in possesso anche solo di una piccola tenuta e del cavalierato… Però… c’era una cosa che non mi quadrava, in tutto questo…

“Ma Gourry… se non sei tu il primogenito… perché eri tu a viaggiare con la Spada di Luce?” Mi morsi immediatamente la lingua per aver posto quella domanda. Che stupida… L’unica spiegazione era che il legittimo erede fosse in qualche modo venuto a mancare… il che significava che avevo appena ricordato a Gourry la morte di un fratello…

Ma il mio compagno, a dispetto di quanto mi aspettasi, mi rivolse un mezzo sorriso. “No, Lina…” Scosse la testa. “Non agitarti, non è come pensi… la realtà è semplicemente… che io non portavo quella spada legittimamente. L’ho rubata ai miei famigliari, e me ne sono andato di casa.”

Lo fissai con gli occhi spalancati. E per diversi istanti mi aspettai che mi dicesse che stava scherzando. Il mio amico, però, non aveva l’aria di chi gioca. Il suo sguardo era rivolto ai propri piedi, nudi contro la fredda pietra dei pavimenti di Sailune, e i suoi occhi erano piedi di… colpa… “La realtà è che quella spada li stava rovinando.” Proseguì, parlando forse più a se stesso che a me… “Mio zio e mio padre non facevano che scontrarsi, i vassalli di mio padre erano divisi fra me e mio fratello… mio padre non pensava ad altro, non desiderava altro… se non fosse stato per quella spada… ho pensato che se non fosse stato per quella spada…” Scosse la testa. “Così una notte la ho presa con me, e sono partito. Se anche avessero odiato me per averlo fatto, avrebbero trovato un motivo d’unione in questo, pensai. Per quel che mi riguardava, non volevo averci nulla a che fare. Stavo per buttarla nell’oceano… una serie di circostanze evitarono che lo facessi, e poi…” Si volse verso di me. “… e poi ti incontrai. E capii che con quella spada potevo servire a qualcosa.” Mi rivolse un mezzo sorriso. 

Rimasi senza parole. Avevo sempre dato per scontato che Gourry fosse l’erede legittimo della spada… ma ora che mi aveva spiegato, tanti tasselli del puzzle che era il suo passato cominciavano ad andare obbedientemente al proprio posto… il perché se ne viaggiasse senza meta invece di servire il sovrano di Elmekia e di rimanere a fianco dei suoi, tanto per cominciare… e il perché non parlasse mai della sua famiglia… certo, non poteva sperare di tornare da loro e semplicemente riallacciare un rapporto cordiale, se le cose erano andate come diceva… forse, mi dissi, anche la sua reticenza a parlare di quello che era successo a Sailarg quando aveva salvato la città e aiutato Sylphiel, era legato in qualche modo a quella faccenda… ma in quel momento non me la sentii di cercare di estorcergli altre informazioni…

“Puoi giudicarmi, se vuoi.” Proseguì Gourry, tornando a distogliere lo sguardo. “A volte anch’io mi chiedo se ho fatto davvero la cosa giusta… ma se potessi scegliere nuovamente, credo che lo rifarei. Credo che fosse il meglio per la mia famiglia. E non mi pento della vita che ho ora.” Sollevò nuovamente lo sguardo su di me, e mi rivolse un sorriso in cui non c’era l’ombra di forzatura, o di finzione. “Non mi pento assolutamente della vita che ho ora.” Ripeté.

Sorrisi di rimando, non riuscii ad evitarlo. “Credo che sia stata una scelta coraggiosa.” Gli battei lievemente la mano sulla spalla. “E nemmeno io mi pento degli effetti che ha avuto.”

Gourry coprì la mia mano con la sua, ed io mi lasciai attirare a lui, appoggiando lievemente la testa sulla sua spalla. Era caldo, Gourry. Era rassicurante.

“Gourry…” Chiedetti, nuovamente. “Come… com’è… la guerra…?”

Sentii la sua testa inclinarsi lievemente, e la sua guancia sfiorare i miei capelli. “Confusa.” Rispose, in tono un po’ incerto. “A volte, in mezzo alla mischia, diventi una macchina che combatte. Non ti ricordi più dei tuoi compagni, non ti ricordi più nemmeno di chi sei…” Deglutì. “Grais, Leon, e tanti altri mercenari che tu non hai conosciuto… la sera giocavamo insieme a dadi, bevevamo e scherzavamo davanti ai fuochi. Di giorno, eravamo costretti a dimenticarcene. Di giorno eravamo costretti ad annullarci in ciò per cui lottavamo. Ma in fondo… questo è essere un mercenario. Ti ricordi cosa diceva Leon? Un mercenario non sceglie per cosa combattere. Un mercenario diventa il braccio di chi lo paga.” Sospirò.

Era la verità. Per questo per quanto possibile avevo evitato di farmi coinvolgere in lotte politiche fra stati, o fra gilde di maghi, e i miei lavoretti per sbarcare il lunario si erano limitati a qualche incarico come guardia del corpo… Non mi piaceva rappresentare idee che non sempre condividevo…

“Però…” Proseguì Gourry. “… ora è diverso. Ora scelgo io le mie priorità, quello per cui voglio vivere e combattere.” Lo sentii stringersi più forte a me. “Non mi scorderò di me stesso, domani mentre combatterò. Perché non mi scorderò di TE.”

Assimilai quell’informazione con un breve sospiro. Chiusi gli occhi, e per qualche minuto restammo semplicemente così, in silenzio. Mi sentivo tranquilla, a dispetto di tutto. Era un silenzio sereno. Lo sapevo, perché sapevo leggere nella mente di Gourry meglio di quanto fossi in grado di fare con qualsiasi altra persona…

“Ehi, Gourry…” Tentai nuovamente, dopo la lunga pausa di silenzio… e sorrisi, quando ricevetti in risposta un lieve russare.

Molto tipico di Gourry.

Scivolai via dal suo fianco, e lo sorressi, in modo che si adagiasse completamente sul mio letto. Raccolsi una coperta da una delle poltrone e gliela sistemai sopra mentre rivolgevo la mano alla sfera di luce sul soffitto, spezzando l’incantesimo. Quindi, scivolai sotto le coperte, al suo fianco. 

“Non ti abituare troppo bene, cervello di medusa…” Mormorai.

Prima di sprofondare in un sonno senza sogni.

 

 

***

 

 

“CHE COSA HAI FATTO???”

 

Spalancai gli occhi, con un sussulto.

Tuttavia, mi trovai immediatamente ad annaspare, in cerca di aria e luce, quando mi resi conto qualcosa di caldo e pesante mi premeva contro il volto, interponendosi fra me e la penombra della stanza.

‘Che diavolo…?’

 

“TI RENDI CONTO DI QUANTO SEI STATA INCAUTA???”

 

Allontanai il corpo estraneo con la mano, e quando fu a qualche centimetro dal mio volto, mi resi conto che era il braccio di Gourry.

“Umph.” Poco cerimoniosamente, spinsi il corpo dello spadaccino, ancora perfettamente addormentato, lontano dal mio, e sul bordo del letto. Forse con eccessiva convinzione.

 

“Ouch!” Fu il commento dello spadaccino quando, com’era inevitabile, si ribaltò su se stesso, e cadde al suolo. “Li…Lina…” Riemerse dopo qualche istante, aggrappandosi alle coperte, e mi fissò con fare assonnato. “Che… che succede?”

Mi grattai la testa, ancora intontita dal sonno. “Non lo so… sono stata svegliata da…”

Ma non ebbi bisogno di spiegazioni. Le grida in corridoio si levarono nuovamente.

 

“NON MI INTERESSA SE SAI DI POTERTI FIDARE DI LUI!!! MA DAVVERO NON LO CAPISCI???”

 

Gourry ed io facemmo capolino contemporaneamente dalla porta, per vedere chi avesse deciso di mettersi ad urlare negli appartamenti reali ancora prima che il sole sorgesse. E davanti a noi apparve una scena insolita.

Phlionel, spettinato e con l’aria esausta, stava gridando contro una mortificata Amelia, e uno Zelgadiss che aveva l’aria di volersi seppellire esattamente nel punto in cui si trovava. Battei le palpebre, stranita. Che diavolo stava succedendo, ora?

 

“Abbiamo un esercito di assedianti, là fuori, che non aspetta altro di scoprire una breccia nelle difese di Sailune per poterci attaccare, e tu cosa fai??? Lasci in giro a uno dei tuoi amici la mappa dei passaggi segreti, come se fosse un biglietto di arrivederci!!! E se lo avessero scoperto??? E se inavvertitamente la avesse persa e ora una copia fosse in mano a ogni nostro potenziale nemico? Come puoi avere fatto una cosa del genere senza riflettere???” 

Amelia arrossì in preda alla colpa e alla vergogna… “Papà… io mesi fa non avrei mai potuto immaginare che… che… E… e poi… quei passaggi sono troppo stretti perché vi si possa far passare delle truppe… si metterebbero in trappola da soli…”

Quel tentativo di difesa parve irritare Philionel ancora di più. “Delle truppe sì, ma pochi uomini inviati ad assassinare uno dei membri della famiglia reale no, com’è possibile che tu non lo capisca, Amelia??? Ieri, al posto di Zel, avrebbe potuto essere un esperto sicario ad introfularsi in camera di Lina! Se la tua amica fosse stata uccisa nel sonno, se quell’uomo fosse giunto anche a te, a me, o a Cristopher, allora cosa sarebbe successo, ci hai pensato???”

 

In realtà, probabilmente, il sicario in questione sarebbe finito fritto come Zel aveva rischiato di fare… ma in quel momento mi guardai bene dal farlo notare a Phil…

 

“Pa… papà, io…”

“Amelia,tu hai ricevuto un grosso privilegio venendo a conoscenza di quei passaggi! Solo io e tua madre ne avevamo il diritto, e solo Gracia lo avrebbe ora, in quanto mia erede in successione diretta! Nonostante questo, dopo che tua sorella è partita, ho scelto comunque di renderti partecipe di questo segreto… Ed ora, è così che ripaghi la fiducia che ti ho accordato??? Non farmi pentire di averti concesso troppe libertà, Amelia!!!”

Senza attendere risposta dalla figlia, Philionel si allontanò, stizzito. Sorpassò Gourry e me, senza nemmeno degnarci di uno sguardo, e raggiunse l’ingresso dei quartieri reali, dirigendosi verso il piano inferiore.

 

Ahi… non male come modo per iniziare la prima giornata di battaglia…

 

Mi  volsi verso Amelia, che pareva sull’orlo delle lacrime, mentre Zel aveva tutta l’aria di non sapere da che parte guardare…

“Eh… ehi, Amelia…”

“Che stupida sono stata…” La principessa arrossì, ulteriormente, e si nascose il volto fra le mani… “Io… io non avevo pensato a queste cose… quando ho dato il braccialetto a Zel- san mi è venuto d’impulso non rimuovere la lettera…”

Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata. “Amelia… non prenderla così male…” Le misi una mano sulla spalla. “Sono certa che Phil ha reagito a quel modo perché la battaglia lo ha reso nervoso… non pensa davvero che tu non sia degna di fiducia…”

La principessa sospirò. “Ma ha ragione. Sono stata sciocca. Siamo in guerra, e ho messo in pericolo ciascuno di noi. Ieri sera, nel ritrovarci tutti insieme, me lo ero quasi dimenticato…”

Al di sopra delle spalle  piegate della principessa, Gourry, Zel ed io ci scambiammo un’occhiata. Già. Probabilmente mancava meno di un’ora all’inizio dei combattimenti.

Sospirai. “Amelia, ascoltami.” La scossi lievemente. “Ora non ha senso piangere sul latte versato. Il fatto che tu abbia dato a Zel quella mappa gli permette di essere qui ora, ed è questo che conta, adesso. Combatteremo tutti insieme, e vinceremo, e così anche tuo padre riacquisterà la sua serenità. Non è così, Zel?”

La chimera esitò per un momento, quindi mi diede manforte. “Lina ha ragione, Amelia. Tua padre si calmerà presto, vedrai. Sailune… Sailune non può perdere, no? Siete dalla parte del giusto…”

Ebbi l’impressione che Zel facesse violenza a se stesso, nel pronunciare quelle parole, e il risultato nel complesso fu piuttosto impacciato. Ma parve andare a segno.

“S… sì… avete ragione…” Amelia inspirò, e suo malgrado si risollevò in posizione eretta. “Ora… ora è meglio andare a prepararci per la battaglia…”

 

Senza scambiare molte altre parole, ci congedammo, e ci recammo ognuno nella propria camera, per recuperare i nostri vestiti ed armi. Lo stomaco stretto per la tensione, lanciai un’occhiata al di fuori della finestra, e al di là delle mura, dove, alla luce del sole nascente, anche il campo nemico stava mettendosi in movimento.

I non morti erano immobili, al limitare dei boschi attorno a Sailune, in silenziosa attesa dei preparativi dei loro compagni. A differenza degli umani, non stavano svegliandosi, mangiando, vestendosi. Semplicemente scrutavano, i loro occhi dorati rivolti a Sailune. Mi balenò in mente l’idea che fossero rimasti in quella posizione tutta la notte. E per qualche motivo, il pensiero mi diede i brividi.

 

‘Se devo essere uccisa… fa che non sia da uno di loro.’

 

Con quel pensiero, così insolito per me, mi avviai alla battaglia.  

 

 

 

Nota dell’autrice:

Quella del Vision Spell è una storia più o meno ufficiale, che ho trovato in diversi siti e qui adotto. Non è comunque farina del mio sacco. ^^

Grais è un personaggio che compare ne manga di Shoko Yoshinaka (l’avevano traslitterato Guraizu, ma Grais dovrebbe essere la lettura più o meno…XD) Per chi non lo avesse letto, è un mercenario, che Lina e Gourry incontrano mentre sono in missione contro una setta che sta cercando di realizzare un rito che darebbe inizio ad una sanguinosa guerra. E’ un vecchio amico di Gourry, che ha combattuto con lui nel corso di una guerra passata. Mentre Lina e Gourry combattono contro i membri della setta, e Lina sta cercando di bloccare il rito con la magia, Grais si rivela a Gourry come uno dei suoi nemici: ha nostalgia dei tempi in cui combatteva, e vuole che scoppi una nuova guerra, per dare nuovo senso alla sua vita. Lina riesce a bloccare l’incantesimo, ma perde i sensi per la troppa energia spesa. Grais tenta di fermarla colpendola alle spalle, ma Gourry, per impedirglielo, lo uccide.

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Mi rannicchiai per un momento dietro gli spalti, ripulendomi sala fronte il sudore e la polvere sollevatasi a seguito dei movi

Mi rannicchiai per un momento dietro gli spalti, ripulendomi dalla fronte il sudore e la polvere, sollevatasi a seguito dei movimenti concitati sulle mura e venuta ad impregnare l’aria e ad accumularsi su abiti e volti… i miei polmoni lottavano per incamerare aria, violenti spasmi di tosse parevano voler rivoltare il mio intero stomaco. Inspirai profondamente, cercando di calmarmi. La mia voce mi serviva. Era la mia unica arma in quel momento. Mi serviva per dirigere, mi serviva per difendermi. Metà delle creature ai piedi di quelle mura avrebbe potuto spezzarmi il collo a mani nude prima ancora che io avessi la possibilità di estrarre la spada. Ero nient’altro che una ragazzina di fronte a loro, agile, silenziosa, questo sì, ma dotata della sola forza che due braccia esili potevano offrire… Ma il mio fuoco, la mia magia… potevano respingerli.

Solo quella consapevolezza manteneva la mia mente lucida, e le impediva di cedere al panico.

 

La battaglia era iniziata ormai da più di una settimana, tempo sufficiente a rendermi conto che non ci avrei mai fatto l’abitudine.

Avevo combattuto migliaia di battaglie, ma anche contro i più terribili nemici erano state lotte singole, fatte di tattica e concentrazione. Mi era capitato di essere attanagliata dalla paura…anche un terrore profondo e terribile… ma, nonostante questo, si trattava di qualcosa di diverso. Ciò che mi circondava ora era il panico del caos, e della morte. E non osavo nemmeno immaginare cosa sarebbe stato, se quell’orda di uomini avesse superato quelle mura… se avesse fatto irruzione fra di noi, cavalcato quel caos… e non volevo pensarci… perché l’unica cosa che mi veniva in mente era che probabilmente avrei preferito la morte… al finire fra le mani di uno qualunque di quegli esseri…

 

Sollevai lo sguardo, in cerca degli altri, ma nella baraonda della battaglia non riuscii ad individuare nessuno. Ad una certa distanza, intravedevo una figura in armatura bianca, di spalle, intenta ad impartire ordini. Quella vista per qualche motivo mi rassicurò. Quel capitano sembrava sicuro di sé, e fermo. Avrebbe potuto essere il mio compagno spadaccino, anche se i miei occhi confusi non ne avevano certezza…

Certo era strano pensare che Gourry avesse già vissuto qualcosa di simile… non riuscivo ad associare quel mondo concitato e crudo al solito sorridente, tranquillo, pacifico spadaccino…

 

Sospirai. Non era il momento di esitare. Ero l’unica a conoscere la Magia Nera, e c’era bisogno di me all’attacco. Mi aggrappai alla fredda pietra, e mi sollevai. Lanciai un ultimo sguardo al presunto Gourry e agli uomini sotto il suo comando. Stavamo tenendo le mura. Oggi, almeno oggi, ce l’avremmo fatta, avremmo retto all’assalto. Non saremmo stati catturati, torturati, uccisi. Oggi. Di domani non m’importava, non ancora. 

 

“Copritemi!!!” Gridai, con quanto più fiato avevo in corpo, ai maghi al mio fianco. Barriere vennero velocemente innalzate, una scarica di frecce si sollevò contro di esse lasciandoci indenni. Le parole del Caos raggiunsero la mia mente con la nitidezza di un marchio impresso a fuoco. Le recitai, rigurgitando impietosamente magia sui miei avversari. Un paio degli arcieri che ci avevano attaccati finirono carbonizzati sul posto, altri si scagliarono in una corsa all’impazzata, fra le fila del loro settore, portando con sé panico e fiamme.

‘Se solo potessi usare qualche incantesimo più potente…’

Un Dragon Slave avrebbe spazzato via un numero consistente di truppe nemiche in un colpo solo, ma non era un incantesimo che potesse essere indirizzato a distanza così ravvicinata dalle mura senza coinvolgere anche gli assediati, o abbattere una parte della cinta muraria stessa. E questo, ovviamente, non potevo in alcun modo permettermelo.

“Ancora!” Gridai, nuovamente. Procedevo a colpi incessanti, e mirati. Non dovevamo lasciare loro spazi, non dovevamo permettere che si avvicinassero. Mi preparai a colpire, la magia di distruzione che sorgeva in me, quella di protezione che mi stava lentamente circondando. Ma la mia mente fu improvvisamente strappata alla sua concentrazione, quando qualcosa di agile e rapido schizzò fra le mie gambe, facendomi incespicare. Abbassai lo sguardo, mentre anche le formule dei miei protettori si interrompevano. E allo stupore nel mio tono di voce si accompagnò l’irritazione, nel constatare la natura del nostro disturbo…

“Che cosa diavolo ci fa questa bestia qui???”

Il gatto grigio agitava la coda di fronte a me, apparentemente totalmente imperturbato dal caos che lo circondava… ma non era in quel luogo che avrebbe dovuto trovarsi. Non dove avrebbe potuto intralciare i movimenti dei combattenti e costare la vita ad un soldato. ‘Ma dove diavolo è Ainos?’

Ora che ci pensavo, era dall’inizio della battaglia che lo avevo perso di vista… ma questo non toglieva che era lui ad avere la responsabilità di quel…

 

“Ehi!”

Il flusso dei miei pensieri venne nuovamente interrotto, quando in un movimento repentino la bestia mi superò nuovamente, gettandosi in direzione dell’interno del palazzo. “Dannazione!” Mi volsi, e mi buttai in avanti per afferrarlo, per evitare che si gettasse fra i piedi dei soldati. Tuttavia, il muro di gambe e armi in movimento alle mie spalle mi ostruì la vista ed i movimenti.

‘Al diavolo…’ Feci per lasciar perdere e tornare alla lotta, i maghi bianchi ed i guerrieri ai miei lati già impegnati a sostenere un nuovo assalto. I miei piedi si bloccarono tuttavia a metà movimento, e mi portarono a voltarmi nuovamente verso l’interno delle mura, nel momento in cui la mia mente registrò qualcosa, una mossa, un aspetto in quella massa indistinta che avvertì vagamente come inadeguato.

‘C’e qualcosa di sbagliato…’ Ebbi appena il tempo di pensare. 

Quindi, il dolore mi invase.

 

Un dolore acuto, lancinante. Mille aghi affondati simultaneamente nel mio petto… ed in un punto molto, troppo vicino a quello che ospitava il mio cuore…

Il mondo vorticò all’improvviso, macchie scure presero a confondermi la vista. Il calore mi invase e a mano a mano che il mondo ai miei occhi si offuscava la battaglia iniziò ad apparirmi lontana. Dopo un po’, persino la mia percezione del dolore si attutì, portando con sé un senso quasi piacevole di estraneità… e fu proprio questa l’ultima sensazione che provai…

…prima che la mia mente venisse avvolta dal buio…

 

 

“Al diavolo!!!”

Strinsi i denti, mentre il dolore mi riempiva nuovamente di sé. Avevo l’impressione che fastidiosi campanelli stessero risuonando all’interno del mio cervello, e avrei imprecato contro la voce che aveva deciso di gridare così vicino alle mie orecchie, se non avessi temuto, aprendo la bocca, di dovermi abbandonare a poco piacevoli conati di vomito…

“Che cosa ci facevano allora quelle guardie? COSA??? Com’è possibile che nessuno se ne sia reso conto??? Proteggerla dalle frecce mentre attaccava, cosa c’è di poco semplice in questo???”

“Gourry-san… eravamo nel bel mezzo di un assalto… non era…”

“Se nel mezzo di un assalto ciascuno non riesce a compiere il suo dovere allora cosa impedirà a Sailune di cadere???”

“N… non certo… il tuo… gentile… tono di voce…” Il mio avrebbe dovuto suonare come un commento leggero, ma apparve più come un rantolo sanguinolento. Ma evidentemente andò ad effetto, perché distolse la conversazione dai toni aspri che la avevano accompagnata al mio risveglio…

 

“Lina!”

“Lina –san!”

 

“Non… gridate… per favore…” Aprii gli occhi, ma mi trovai a richiuderli immediatamente, infastidita dalla luce, che mi pareva intensissima. Cercai di portare un braccio agli occhi, per proteggerli, ma il dolore mi afferrò nuovamente, e fui costretta a fermare il movimento a mezz’aria…

“Che cosa credete di fare???” La voce severa di una attendente all’infermeria ferì nuovamente le mie orecchie, mentre il mio braccio veniva forzato nuovamente al suo posto. Una sostanza oleosa e amara venne introdotta a forza fra le mie labbra, ed evitai di rigettarla all’esterno esclusivamente perché mi mancava la forza di opporre resistenza…

 

“Lina… come ti senti…?” Mi forzai mio malgrado ad aprire gli occhi, in risposta a quel tono di voce preoccupato… e trovai difficile associare il liquido sguardo azzurro che mi si parò di fronte al tono di voce adirato che avevo udito solo pochi istanti prima… in realtà, mi appariva difficile anche solo figurarmi un Gourry sinceramente arrabbiato… ma immaginavo che la situazione in cui ci trovavamo avrebbe potuto fare saltare i nervi a chiunque…

Mi costrinsi a sorridere. “In realtà… credo di aver conosciuto… momenti migliori…” Il dolore si stava attutendo… forse era un antidolorifico quello che avevo forzatamente ingerito… ma questo non toglieva che mi sentissi molto debole…

“Mi… mi dispiace Lina- san…” Solo allora mi accorsi anche di Amelia, in piedi alle spalle dello spadaccino, le mani che si torcevano in grembo e gli occhi lucidi… Non troppo lontano, Zel era una maschera immobile e dall’aria inquieta. “Questo… questo non sarebbe dovuto…”

“Cose come queste… succedono in guerra… Amelia…” Mossi lievemente la schiena, sopportando una nuova fitta di dolore. “E tutto sommato… poteva andarmi peggio…”

 

“Io aspetterei a dirlo. La mia magia curativa sembra fare effetto, ma solo qualche ora fa non ci avrei scommesso un pezzo di rame. Pelle più dure della vostra hanno ceduto per molto meno…” Di nuovo la voce dell’attendente, che ancora una volta intervenne in mio aiuto, raddrizzando il mio cuscino e permettendomi di sollevare lievemente la schiena…

“Qualche… ora…? Ma da quando…?”

“E’ praticamente da una giornata che sei qui, Lina…” La voce di Gourry era stanca, spezzata. “Da stamattina hai cominciato a riprenderti, anche se nel pomeriggio ti è salita la febbre… ma ieri sera, quando ti abbiamo portata qui…” Esitò per un istante. “C’è… c’è mancato poco…” Concluse semplicemente. Espirò, ed ebbi improvvisamente l’impressione che il suo corpo stesse per ripiegarsi su se stesso… abbassai lo sguardo sulle sue mani. Tremavano. Quasi istintivamente, allungai le dita della mia mano sinistra e ne strinsi una… era calda, nonostante tutto. E gentile. Non abbandonò la stretta, rispose ad essa, ma cautamente, come se temesse di recarle offesa col suo semplice tocco…

Lo spadaccino sospirò. “Mi dispiace, Amelia… non avevo intenzione di gridare…” La principessa si limitò a scuotere la testa, e restare in silenzio…

“Comunque non si può negare che tutto questo sia effettivamente strano.” Intervenne Zel, con tono di voce nervoso. “Non che non ci siano stati feriti o morti in questa battaglia, ma proporzionalmente le perdite sono state molto maggiori fra coloro che attaccavano rispetto a noi… e non molti soldati potevano vantare come Lina la presenza di un paio di maghi a protezione… senza contare che Lina stessa non è affatto una sprovveduta…” Uh, uh, supponevo di poterlo prendere come un complimento…

Sospirai (pentendomene peraltro immediatamente, quando i miei polmoni dettero l’impressione di voler esplodere…) “Credo che in questo caso sia in parte colpa mia, Zel… subito prima che mi colpissero mi sono distratta a causa di…” Mi interruppi. Un momento… un momento, un momento, un momento…

Aggrottai le sopracciglia. “Do… dove mi hanno colpito…?”

I miei amici si scambiarono un’occhiata interdetta. “Molto vicino al cuore, Lina-san…” Rispose Amelia. “E’ un miracolo che non lo abbia centrato in pieno. Devi avere in qualche modo evitato il colpo all’ultimo istante…”

“Il mio antidolorifico dev’essere efficace, se non ve ne siete resa conto da sola, ragazza…” Commentò burberamente la donna che si stava prendendo cura di me… Le lanciai un’occhiata. Mi ero scordata della sua presenza, ma non era il caso di parlare di ciò che avevo intenzione di svelare ai miei amici davanti a lei…

Amelia dovette cogliere il significato del mio sguardo,  perché scelse proprio quel momento per congedarla. “A questo proposito, Signora Peacock… Vi ringrazio di esservi presa particolarmente cura della mia amica, ma suppongo che Gray abbia bisogno di voi per gli altri malati… potete andare, vi chiameremo, se ci sarà necessità…”

La donna annuì. “Come preferite, principessa.” Dopo avermi lanciato solo un altro sguardo clinico, uscì dalla camera, senza aggiungere altro…

A dispetto di tutto, mi concessi un debole sorriso. “Gray è ancora il sacerdote a capo dei guaritori di palazzo, vedo… l’ultima volta che sono stata qui ero diventata la sua paziente preferita…”

Amelia ridacchiò. “In effetti non è stato molto stupito di trovarti qui ferita, ieri… ad ogni modo… c’è qualcosa che volevi dirci in privato Lina- san?”

Annui, grata dell’intuizione della mia amica. “Prima intendevo qualcos’altro, Amelia… quando mi hanno colpito, sono stata ferita sul petto…? O mi hanno preso alle spalle…?”

L’espressione di Amelia si fece perplessa. “Ma no, Lina-san… la freccia ha colpito di fronte…” Improvvisamente, aggrottò le sopracciglia, e lanciò un’occhiata a Zel…

“Ora che ci penso… il medico di corte ci aveva accennato anche ad un fatto un po’ strano… dalla profondità della freccia pare che il colpo sia stato scagliato piuttosto da vicino…”

“Perché È stato scagliato da vicino.” Intervenni, in tono calmo. “Quel colpo non proveniva dal di fuori delle mura… ma è stata scagliato da qualcuno al loro interno.”

Il silenziò calò fra di noi per qualche istante. La stretta della mano di Gourry sulla mia aumentò. “Ne… ne sei assolutamente certa, Lina…?”

Annuii, a fatica. “In quel momento non ero rivolta all’esterno… qualcosa… aveva attirato la mia attenzione alle mie spalle…” Feci un mezzo sorriso… “… suppongo che in fondo sia proprio questo ad avermi salvato la vita…”

L’atmosfera si fece improvvisamente pesante. Comprensibilmente… perché se le mie affermazioni fossero state fondate, questo avrebbe significato solo una cosa…

 

…un traditore.

C’era un traditore all’interno del castello.

 

Fu Gourry a spezzare per primo il silenzio. “La… la freccia…” Si volse verso Amelia e Zel… “La freccia che hanno estratto dal corpo di Lina! Che fine ha fatto? Se la confrontassimo con quelle dei nemici e con quelle dei nostri arcieri potremmo avere per lo meno una qualche conferma, o una prova…”

Amelia assunse un’aria interdetta, e colpevole… “I… io non lo so… ieri sera… c’era un incredibile confusione… ed ero preoccupata per Lina- san… io non… non ci ho pensato…”

Zel aggrottò le sopracciglia. “In effetti per provare accuse così gravi una prova simile ci sarebbe stata utile… d’altra parte dubito che ci avrebbe aiutato a capire CHI all’interno del castello è stato il colpevole…”

“…e anche se questo ‘chi’ è solo o ha dei complici…” Soggiunsi io, in tono cupo… ed evidentemente questa era una ipotesi che i miei compagni non avevano contemplato, perché dopo la mia affermazione l’aria fra di noi si fece se possibile ancora più tesa…

 

Dopo pochi istanti, Amelia scattò in piedi, all’improvviso. “Se scoppiasse una insurrezione all’interno del palazzo ora che siamo sotto assedio sarebbe la rovina!!! Devo subito… SUBITO trovare mio padre, e parlargliene!!! Bisogna fare QUALCOSA!” Fece per avviarsi, ma Zel la trattenne, con gentilezza.

“No, Amelia…”

“Ma…” Iniziò a protestare la principessa…

“Non abbiamo nessuna prova, lo capisci…? Se tu ora ti gettassi nella sala del Concilio e lanciassi una accusa del genere senza nemmeno una pista da seguire genereremmo il panico e ci porremmo sotto l’attenzione di tutti, e non potremmo più indagare liberamente…”

“Zel ha ragione Amelia…” Intervenni. “Tuo padre ha diritto di sapere, ma per ora quante meno persone possibile devono venire al corrente della cosa… per quanto ne sappiamo, il traditore” o i traditori, ma questo evitai di rimarcarlo “potrebbe essere chiunque… anche una persona molto vicina al re…”

“Non… non possiamo escludere nessuno dalla lista…? Mio zio…”

“Cristopher ha mostrato ampiamente la sua fedeltà… forse è un rischio che vale la pena di correre…” Zel mi rivolse un’occhiata. “Phil avrà bisogno di una qualche protezione speciale… potrebbero cercare di colpire lui, la prossima volta…”

Mi accigliai. “Già… ma mi chiedo, allora… perché non OGGI? Avrebbero potuto usare per Phil lo stesso metodo che hanno usato per cercare di togliere di mezzo me, dato che non si è mai allontanato dalle mura del castello durante la lotta… c’è qualcosa di poco chiaro… ho il sospetto che chiunque siano i traditori l’uccisione di Phil non rientri nei loro piani…”

“E poi… oggi è TE che hanno attaccato… ma tu sei VIVA, Lina…” Questa volta fu Gourry a prendere la parola. “E l’assalitore a questo punto ne sarà al corrente quanto noi, e sicuramente temerà che tu lo abbia visto… e se ci riprovasse…? Da ieri sera qualcuno ti è sempre stato vicino… e deve continuare ad essere così.”

“Lo stesso vale per tutti noi, comunque.” Intervenne Zel. “Anche noi ora sappiamo, e questo ci mette automaticamente in pericolo… sempre che già non lo fossimo…” Ci squadrò tutti, con fare cupo. “Bisogna fare molta, molta attenzione…”

“Ehi, ehi…” Feci una mezza risata. “Non stai parlando con gli ultimi venuti… ormai siamo una squadra esperta nell’evitare omicidi e sventare complotti…”

“Detto da una che giace in un letto d’infermeria per una freccia piantata in petto…” Commentò Gourry con un mezzo sorriso, battendomi lievemente la fronte con la mano… ehi, ehi, che vuol dire? E’ stato solo un piccolo incidente di percorso…

 

“Ma quindi… cosa facciamo…?” Il tono di Amelia era ansioso.

“Direi… nulla, per ora.” Sperando che fosse la scelta più saggia, e non la più irresponsabile… “Io fingerò di non ricordare, e voi di non sospettare nulla… facciamo solo qualche discreta indagine che non riveli apertamente che sappiamo… questo dovrebbe darci qualche vantaggio sui nostri avversari, in qualsiasi numero essi siano…” Mi rivolsi alla principessa… “Amelia, puoi parlare della cosa a tuo padre, se vuoi… ma pregalo di non farne parola con nessuno –no, nemmeno con Cristopher…” Mi accigliai. “Digli di circondarsi costantemente delle persone che ritiene più fidate, ma non in modo tale da dare nell’occhio, o da far sospettare che tema attacchi all’interno del castello…” Sospirai. “E speriamo che questo basti…” Sarebbe stato bello se la mia fosse stata paranoia, o se i miei ricordi fossero stati distorti dal dolore… ma NON ERA così, lo sentivo… e poi quella non era una situazione in cui ci potessimo permettere di correre rischi…

Amelia annuì. “Raggiungerò mio padre al Concilio, ora, e al termine lo prenderò da parte per parlargli.” La principessa mi rivolse un caldo sorriso. “Sarà contento di sapere che stai meglio, Lina -san…”

Risposi al sorriso. “Grazie, Amelia… anche se non credo che vorrò sentire risuonare la sua voce prima di domattina…” Mi portai la mano alla tempia… l’antidolorifico stava già cessando il suo effetto…

Una goccia di sudore scese lungo la tempia della mia amica. “E questo cosa vorrebbe dire?”

Con un mezzo sorriso, Zel la sospinse fuori dalla porta. “Ti accompagno… prima che inizi un infervorato discorso sull’ingiustizia delle parole di Lina…” La chimera mi strizzò l’occhio, insolitamente gioviale. “Abbi cura di te, Lina…”

Lo salutai semplicemente con un breve cenno, e la porta si chiuse alle sue spalle.

 

“Sei vitale per una che è stata sull’orlo della morte per ore…” Commentò il mio amico, con fare rassegnato.

Gli sfoggiai un sorriso a trentadue denti… “Avevi dei dubbi?” Emettendo un sospiro, mi abbandonai sul cuscino. “Però sono stanca…”

Lo spadaccino annuì. “Dormi, se vuoi… io rimarrò qui di guardia.”

“D’accordo, mamma…” Lo presi in giro.

Gourry mi rivolse una delle sue peggiori occhiatacce. “Ridi, ridi pure. Ci hai fatto prendere un colpo, a tutti quanti. Quando ti ho vista caduta con una freccia piantata nel petto non volevo crederci. Pensavo che ti avesse uccisa sul colpo…”

“Quindi sei stato tu a portarmi in salvo…?” In effetti ero un po’ stupita di non essere stata semplicemente abbandonata e calpestata lì, sugli spalti, come purtroppo finiva per accadere a molti altri feriti…

Lo spadaccino annuì. “Zelgadiss ed io. Ero poco lontano da te e ti ho visto a terra. Sono corso a sollevarti, e per fortuna Zel si è accorto di noi e mi ha aiutato a farmi strada… Amelia ci ha raggiunti appena la battaglia lo ha permesso… anche Phil ha fatto un salto qui, per vederti. Non è potuto restare molto però… anche lui è stato ferito, di striscio, al braccio.”

“Phil… ferito???” La sorpresa mi portò a sollevarmi di scatto, ma il dolore mi bloccò e mi fece ricadere sul materasso.

“Lina!” Gourry fu subito al mio fianco. “Fai attenzione…” Mi aiutò a risistemarmi sul letto, cautamente. “…non è niente di grave, davvero… è bastato un incantesimo per guarirlo… quella formula che sai usare anche tu…”

Un Recovery… doveva essere davvero tutto a posto, allora… “Che sciocca… tutta questa faccenda mi sta facendo diventare allarmista…” Mi portai una mano alla fronte.

Le dita calde di Gourry raggiunsero la mia guancia, mentre lo spadaccino si sedeva sul letto, vicino a me… “La guerra… è in grado di sconvolgere la capacità di giudizio di chiunque…” Quello che mi rivolse fu un sorriso, ma c’era amarezza nel suo tono di voce… “Ma non è male non essere soli… giusto? Aiuta a non perdere la testa…”

Già… soli… e Gourry… Gourry si era sentito solo, in passato? Improvvisamente provai un sotterraneo desiderio di proteggerlo… come tanto spesso lui voleva fare con me…

Arrossii, inconsciamente. ‘Che diavolo mi viene in mente? In un momento come questo, poi…’

Sospirai. “Ad ogni modo… credo che sia il caso che io dorma un altro po’… tu…” Esitai per un momento. “Tu non dovresti tornare dagli uomini che Phil ti ha affidato, Gourry…? Se sei rimasto sempre con me significa che ti sei assentato già per un giorno intero…” Non era questione di essere eroi, o stacanovisti. Se il palazzo fosse caduto, nessuno di noi avrebbe gradito la cosa.

“Sì, credo proprio che dovrei.” Gourry continuò ad accarezzarmi la guancia. “Ma credo anche che non lo farò. Sai, Lina… ho il dubbio di non essere un buon soldato.”

“Gourry…” Protestai. Mi stava prendendo in giro…?

 Lo spadaccino assunse l’aria un po’ canzonatoria che vestiva quando scherzava. “E’ tutta colpa tua Lina, che mi dai il cattivo esempio…” Ridacchiò. “Sai… mia nonna mi ripeteva sempre che la volontà e la coscienza, finché non arrecano dolore o danno agli altri, sono qualcosa di preziosissimo, perché sono tutto ciò che di certo possediamo…” Il ghigno si trasformò nel solito sorriso tranquillo di Gourry. “E la mia coscienza proprio ora mi dice che il suo preciso compito al momento è badare che tu non ti spezzi l’osso del collo…” Mi batté lievemente la mano sulla testa. “Non so se questo mi renda una persona migliore o peggiore… ma sicuramente mi rende più felice.” Si strinse nelle spalle. “Non ti preoccupare, comunque… hai la testa dura, sono certo che i soldati mi rivedranno presto.”

Sospirai. Gourry raramente si intestardiva, ma quando lo faceva era praticamente impossibile fargli cambiare idea… “Te la lascio passare… solo perché hai fatto un discorso stranamente intelligente…” Sogghignai. Mi sentivo molto debole… ma in quel momento ero tranquilla. E in fondo potevo sperare di riprendermi presto e anche che presto avremmo sistemato tutta quella maledetta, maledettissima faccenda, per tornare insieme alla nostra leggera ricerca di una spada…

“Oh, no… non ribatti semplicemente perché non hai la forza di farlo…” Rifletté, serio… “E non è male, in fondo… avrò modo di approfittare di questa situazione per un po’…”

“Gourry…” Intimai, minacciosa… “Sai cosa succederà quando starò meglio, VERO?”

“Sì, lo so. Sarò un uomo con qualche capello bianco in più ma molto, molto più sereno…” Si chinò a baciarmi la tempia, e stranamente per una volta nella vita non arrossii, non trovai il semplice contatto fisico imbarazzante… lo trovai semplicemente giusto

“Buona notte, Gourry…”

“Buona notte, Lina.”

 

 

I giorni successivi furono di angosciante stallo. Non mi fu permesso di porre piede fuori dall’infermeria, e i modi burberi e le pozioni dell’attendente mi costrinsero in un perenne stato di semi veglia, fra lenzuola che puzzavano di chiuso e di malato, in una immobilità che mi manteneva costantemente intontita, anche quando gli antidolorifici cessavano il loro effetto… le gambe mi dolevano al minimo accenno di movimento, tanto che più di una volta, con mio sommo imbarazzo, fui costretta a lasciarmi sorreggere dall’attendente mentre espletavo le mie funzioni corporali… del resto, non aveva senso da parte mia opporre resistenza. Chiunque avesse deciso di piantarmi una freccia nel petto non si era preso la briga di assicurarsi che fosse ben pulita e fresca di fucina, e se la ferita di per sé era ormai guarita, l’infezione che aveva provocato continuava a provocare strascichi di dolore e febbre… o forse si trattava di una qualche intolleranza al siero che mi era stato iniettato per arginarla, non lo sapevo, o non lo avevo capito… il mio cervello aveva deciso di non soffermarsi troppo a lungo sui dati che gli venivano trasmessi, semplicemente vagava, fra immagini nebulose ed inquietanti,e pensieri che la mia memoria si rifiutava di accogliere, forse futili, ma che nei deliri della febbre assumevano una loro, sinistra, importanza…

I pochi momenti di lucidità venivano di solito la sera, dopo che mi veniva somministrata quella brodaglia liquida che qualcuno si ostinava a chiamare cena, e ai miei compagni era permesso di entrare. Momenti di sollievo, ma incrinati dalla reticenza dei miei amici a parlare di fronte a me dei progressi della battaglia… non so se per consiglio dell’attendente o per iniziativa personale, ma parevano propensi a ritenere che i loro volti tesi e segnati, mascherati dietro un falso sorriso, potessero in qualche modo acquietarmi e aiutare la mia guarigione… lo comprendevo, ma mi irritava. Ma non avevo la forza per protestare. E quindi attendevo senza oppormi che l’attendente li cacciasse per ‘prepararmi per la notte’, pregando silenziosamente che qualcuno, chiunque, facesse sì che io potessi arrabbiarmi con loro anche la sera seguente, e quella successiva ancora…

 

Solo dopo circa una settimana il mio corpo riprese a mostrarsi un po’ più docile nei confronti di chi lo dirigeva… restavo vigile per la maggior parte del giorno, le pozioni che mi venivano somministrate diminuivano progressivamente, e il brodo che mi veniva servito la sera aveva preso a farsi più denso, arrivando addirittura a contenere piccoli pezzi di carne o di pane ammorbidito…

Anche le visite dei miei compagni presero a farsi più lunghe, e meno monotone…

 

“Non sono ancora riusciti a minacciare seriamente le mura, questo sì… però non subiscono nemmeno tante perdite quante speravamo… se va avanti così potremmo tenere Sailune ancora per mesi, senza che la situazione si smuova di un passo…” La sera dell’ottavo o nono giorno dal mio ferimento, Zelgadiss era a fianco del mio letto, in piedi. Avevo insistito per ottenere qualche particolare sullo svolgersi della battaglia, ma dal momento in cui le mie pressioni verso l’onestà avevano vinto non ero riuscita più a guardarlo in viso, per il suo continuo misurare a passi nervosi la stanza…

“D’altra parte… mio padre spera in Raizerl…” Amelia intervenne, proseguendo sulla falsariga della chimera… “Siamo stretti da un patto di alleanza con i paesi vicini, e il sovrano della capitale Ramitya è buon amico di Sailune… non accetterà che uno sconosciuto dall’esterno della barriera venga qui a proclamarsi re, a capo di un esercito di mostri… senza contare che non è detto che conquistata Sailune non si muova all’attacco anche di altri regni…”

Lo sciamano si accigliò. “Certo che noi non abbiamo la certezza che nel frattempo il nostro nemico non abbia inviato messi nei regni vicini in cerca di alleanza… in fondo, noi non conosciamo quali siano esattamente i suoi obiettivi… e se è potere al di qua della barriera quello che cerca, o un ponte per far giungere maggiore ricchezza al suo popolo, Sailune sarebbe già un ottimo bottino per lui, considerando la sua ampiezza e l’influenza che riveste qui, nel sud… può darsi che stia già cercando di instaurare rapporti cordiali con i suoi ‘futuri vicini’…”

Il fatalismo nel tono di voce di Zel evidentemente non fu gradito alla principessa. “I suoi ‘futuri vicini’ non concederebbero la loro fiducia a chicchessia!!! Mio padre in tutti questi anni si è guadagnato la stima e l’appoggio dei sovrani del continente! Raizerl, o Elmekia non ci tradirebbero mai per seguire uno sconosciuto!!!”

Il tono di Zelgadiss rimase calmo. “No, non Raizerl o Elmekia… ma tuo padre non è benvoluto da tutti, Amelia, questo devi accettarlo… in molti, soprattutto fra i sovrani di regni minori, ritengono che, come prima di lui suo nonno e suo padre, abbia voluto imporsi eccessivamente nei trattati stipulati dopo le guerre fra i Regni del Sud sulla sicurezza e gli eserciti… molti pensano che stia scalzando la loro autorità… molti non hanno certamente ancora dimenticato che non molto più di un secolo fa i loro eserciti erano schierati come nemici di Sailune… e molti potrebbero considerare che un’offerta di mediazione, da parte del nostro nemico, in fruttuosi commerci con i territori al di là della barriera, potrebbe bastare a compensarli adeguatamente dei territori che sono stati loro sottratti al termine della guerra con il tuo regno…” Lo sciamano la fissò, serio. “Tuo padre dovrebbe puntare soprattutto a QUEI regni, anche comprandoli, se necessario, invece di discutere di giustizia… anche con Raizerl ed Elmekia dalla nostra parte, se le loro truppe si unissero a quelle che già ci assediano, per Sailune sarebbe la fine.”

 

Un’analisi impeccabile. Tacqui, di fronte al viso incollerito di Amelia, per non aumentare ulteriormente la sua frustrazione, ma non potei fare a meno di considerarlo, dentro di me. Zel era sufficientemente saggio e, sì, anche sufficientemente freddo, per occuparsi di questioni di stato. Il pensiero suonò strano, quando mi attraversò la mente, ma, a dispetto della gravità della situazione, riuscì a far emergere sulle mie labbra un mezzo sorriso, di fronte all’immagine dei miei due amici che discutevano…

 

Ad Amelia, comunque, in quel momento la cosa non pareva importare… non credo che anche lei non fosse convinta della realtà delle parole di Zel… ma, lo capivo perfettamente, doveva essere duro accettare il vacillare delle alleanze di Phil, perché questo non solo minava le certezze di vittoria ma significava anche fronteggiare il fatto che l’amore per il padre in cui riponeva tutta la sua fiducia non era da parte di tutti così incondizionato come lo era per gli abitanti di Sailune… “Come puoi essere così… così maledettamente…”

“…Realista?” Lo sciamano terminò la frase per lei, in tono piatto.

Sospirai, ed intervenni in un insolito ruolo di paciere, per evitare l’eruzione… “Ok, ok, gente… adesso basta… litigare fra noi non risolverà le cose, giusto?” Mi appoggiai al cuscino, con fare stanco… “Ad ogni modo, se ho compreso a grandi linee come si sono evolute le cose, la situazione non è rosea, o sbaglio…?”

Amelia, che forse si era aspettata il mio appoggio, si morse il labbro e semplicemente tacque, con espressione ferita. La chimera si limitò a stringersi nelle spalle…

“In realtà ormai sembra tutto dipendere proprio da eventuali aiuti esterni…” Intervenne Gourry, che fino a quel momento era rimasto stranamente silenzioso, scostandomi i capelli dalla fronte… “Ma i soldati sono stanchi, ed il morale si sta abbassando… da quello che ho sentito stando in mezzo a loro, credo che molti considerino la situazione senza uscita…” Sollevò lo sguardo su Amelia, affrettandosi ad aggiungere… “…ma tutti combatteranno fino alla fine. Per quanto la situazione possa apparire disperata, nessuno tradirebbe mai tuo padre, Amelia, questo lo so per certo. Se non verrà esplicito ordine di resa lo seguiranno fino alla morte…” Le rivolse un mezzo sorriso. “E anche noi. Quindi stai tranquilla, d’accordo?”

Lo spadaccino sfoggiò il suo migliore tono da fratello maggiore, e Amelia mi parve un minimo confortata… “Mi auguro che tu abbia ragione… se non altro…”

Ma qualunque cosa avesse intenzione di aggiungere, rimase per noi un mistero. In quel momento, infatti, la porta dell’infermeria si spalancò, e un paggio fece irruzione, ansimando vistosamente…

“Principessa!!! Vostro padre vi vuole al Concilio… subito!”

Amelia si alzò dalla seggiola in legno su cui era abbandonata, l’espressione allarmata. “E’ successo qualcosa?”

“Un messo! Un messo del nemico ci ha portato una proposta di accordo!”

Il silenzio cadde su di noi, mentre ci scambiavamo una lunga e perplessa occhiata… una proposta d’accordo? Che senso aveva a quel punto? Era cambiato forse qualcosa? E… in che cosa poteva consistere…?

“A… arrivo subito…” Amelia mi parve un po’ esitante… “Lina –san…” La principessa fece per congedarsi…

“Voglio venire anch’io.” Affermai, senza esitazione, sollevandomi a sedere.

Gourry immediatamente scattò in avanti, per farmi rimettere sdraiata. “Lina, non…”

“Sto. dannatamente. bene.” Lo fissai determinata. “Non mi terrete in questo letto per un’altra settimana… oh, non sprecare parole, so perfettamente che lo fareste…” Aggiunsi, quando mi accorsi che stava per ribattere. “Vengo anch’io. Punto.”

Lo spadaccino sospirò, ben sapendo che quel mio tono non ammetteva repliche. “Ti lascerai sorreggere da me, però.” Non era una domanda. “E appena avrai sentito di cosa si tratta te ne tornerai a dormire…”

Sbuffai, ma non replicai. Tanto ovviamente non sarebbe servito a nulla… “Va bene, mamma… già che ci sei aiutami a rialzarmi, allora…” Lo spadaccino mi offrì il braccio, ed ebbi tutta l’impressione che facesse del suo meglio per mascherare un sorriso…

 

Nei corridoi del palazzo c’era una strana agitazione, notai. Il concilio al completo si stava velocemente radunando… e mi resi conto che molti dei partecipanti ci lanciavano strane occhiate, credendo forse di non essere notati… eravamo stati accettati ormai da tempo come personaggi vicini a Philionel, non vedevo il perché di tutta quell’attenzione attorno a noi… forse il motivo era semplicemente il fatto che ricomparivo all’improvviso dopo un lungo periodo d’assenza, decisi… e chissà chi fra loro in quel momento… provava particolare disappunto per questo…

 

Giungemmo nell’anticamera della sala del Concilio, la mente in fibrillazione… non avevo idea di cosa aspettarmi, ma dalle espressioni che avevo incrociato, avevo l’impressione che quell’incontro potesse rivelarsi risolutivo…

 

Phil ci prese da parte, all’ingresso. “Dobbiamo parlare.” Ingiunse, semplicemente, prima di trascinarci in una piccola stanza a lato di quella principale. L’ambiente era avvolto nella penombra, ma ero riuscita chiaramente a distinguere l’espressione del principe… non prometteva nulla di buono.

 

“Phil… eccomi…” Una voce alle nostre spalle, che riconobbi appartenere al fratello dell’erede al trono, Cristopher. La sua figura si stagliava, imponente, all’ingresso della stanza, i capelli corvini attraversati da striature di fuoco, alla luce del tramonto… e alle sue spalle, con mio disappunto, intravidi la figura di un uomo in cui Philionel, a mio avviso, mostrava di riporre troppa fiducia…

“Laudreck…” Philionel lo salutò con un cenno del capo…

Il fratellastro rispose con un semplice gesto, occhieggiandoci accigliato. “Sanno già tutto, Philionel… tutti. Qualche idiota fra le tue guardie non ha saputo tenere la sua fottuta boccaccia chiusa…”

Cristopher gli rivolse un’occhiata colma di rimprovero. A quanto pareva, il fratello legittimo del futuro re non apprezzava il suo parente più di quanto facessi io… “Modera il tono quando parli col tuo sovrano, Laudreck… e vedi di darti una calmata. Avremmo comunque dovuto parlare della missiva fra poco, in Concilio…”

“Il VOSTRO paparino…” e calcò sulla parola, con una punta di disprezzo… “…deve aver provveduto male alla vostra educazione politica, Cristopher, se ancora non vi siete resi conto che le informazioni possono dare un’enorme potere, se prima di essere distribuite vengono manipolate nel modo giusto…”

Le nocche di Cristopher si strinsero, bianche di rabbia… “Attento a come parli, fratellastro…” Anche il principe non si preoccupò di attutire la durezza del suo tono di voce… “Lo sai che né io né Phil abbiamo mai condiviso…”

“Adesso basta.” Questa volta fu Philionel a intervenire, perentorio, zittendo immediatamente la contesa fra i due. “Abbiamo altro di cui preoccuparci, adesso.” I suoi occhi si volsero a noi. “Ho voluto parlarvene in privato, prima di affrontare il Concilio… abbiamo… ricevuto una proposta.” Le sue labbra si strinsero, come se stesse trattenendo a stento la collera… avevo l’impressione che le richieste che erano state avanzate non fossero precisamente favorevoli per noi assediati…

Mi accigliai. Temevo che non ne sarebbe uscito nulla di buono… “Ce ne hanno accennato… qualcosa che potrebbe risolvere la situazione…?”

Phil mi fissò stupito, come se mi vedesse per la prima volta… “Lina… ti sei ripresa…?”

Annuii, invitandolo con un cenno nervoso a proseguire. “Penseremo dopo alla mia salute. Che cosa ci offrono…?”

I lineamenti di Phil si tesero, se possibile, ulteriormente. “Ci offrono la cessazione delle ostilità, in cambio di un’unica condizione. Un’alleanza matrimoniale.” Il suo sguardo si fissò su Amelia. “Il TUO matrimonio, figlia mia… con Oberon, il capo degli assedianti. Accompagnato dalla mia pubblica rinuncia, in tuo favore, al mio diritto di successione, in cambio del titolo di consigliere reale.” Un silenzioso gelo si impadronì di tutti noi a quelle parole. Il principe, tuttavia, non parve, o non volle, farvi caso… Il suo sguardo si posò su Cristopher. “Oberon riconosce che attualmente la nostra conoscenza delle condizioni del regno è migliore rispetto a quella di un governante straniero come lui… per questo mio fratello otterrebbe il rango di tesoriere, e di conseguenza l’amministrazione della Corte in sé ricadrebbe nelle sue mani… oltre ovviamente che nelle tue, in quanto regina, Amelia.” Tornò a posare lo sguardo sulla figlia. “Ma Oberon ci richiede che tre quarti degli attuali membri del Concilio siano sostituiti da uomini di sua fiducia, e così anche per la Guardia Reale, fatta eccezione per un certo numero di uomini di nostra scelta a difesa della nostra sicurezza… e non vale la pena di dire che l’esercito di Sailune verrebbe  posto in una posizione subordinata rispetto alle truppe di Oberon stesso, con una ridefinizione degli alti comandi.” Terminò, squadrando i nostri volti uno ad uno…

Deglutii. Condizioni durissime… e al di là di questo… volsi lo sguardo verso Amelia. Il suo volto era pallido, la sua espressione terrea. Sembrava avere appena ricevuto in pieno volto una secchiata di acqua fredda…

Fu Zelgadiss ad intervenire, prima che io potessi proferire parola. “Non avrete intenzione di accettare, spero!!!” Il tono della sua voce era rabbioso, come raramente lo avevo visto. “Sono richieste assurde! Consegnereste il regno nelle sue mani, risparmiandogli persino la fatica di lottare per averlo!!!” Consegnerete AMELIA nelle sue mani… questo avrebbe urlare Zelgadiss, non c’era bisogno di un telepate per capirlo… ed io non avrei voluto fare altro che unirmi al suo grido, in quel momento… come… come potevano chiederle una cosa del genere?

 

“Non venderò mia figlia ad un uomo che si presenta con un esercito a reclamare ingiustamente il governo sul mio popolo!” Il tono di voce di Phil era duro. “E non negozierò con lui le sorti del mio paese,non a QUESTE condizioni! I miei uomini gli ricacceranno in gola le sue proteste a colpi di spada!!!”

“Calmati, Philionel…” Cristopher parlò in tono pacato, poggiando una mano sul braccio del fratello… “In primo luogo prima di decidere è necessario discutere della questione in Concilio… e poi… io sarei cauto nel mostrare una così forte opposizione alle richieste…”

Il principe assunse un’espressione che mai avrei pensato di vedergli rivolgere all’amato fratello minore… “Che diavolo vai dicendo, Cristopher??? Pensi che la mia indignazione non sia motivata??? Non hai sentito COSA ha osato chiederci???”

“L’indignazione e l’onore sono roba da torneuncoli per cavalieri in cerca di gloria e della compagnia di una dama, fratello…” Fu Laudreck ad intervenire, in tono acido. “Il CERVELLO si confà molto di più ad un sovrano… e per quanto sia sempre piacevole trovarsi in Concilio a banchettare e offrire vino per ingraziarsi i vassalli e dar loro l’illusione che ciò che pensano valga qualcosa, sappiamo tutti e due qual è l’unica opinione che conterà veramente, nella pagliacciata che ci aspetta di là… e sarebbe bene che QUESTA opinione fosse un’opinione SENSATA…”

“Oh, e immagino che tu trovi SENSATISSIMO arrendersi al nemico consegnandogli il regno quando c’è ancora un’opportunità di vittoria! O forse sei pagato per convincerci di questo? Forse da un qualche sovrano straniero che ti ha promesso MOLTE terre in cambio…?” Rabbrividii, a quelle parole, che giungevano dalla persona da cui meno avrei potuto aspettarmi di sentirle pronunciare… sapevo che Zelgadiss era mosso dall’ira, ma quello che stava dicendo era DECISAMENTE grave… senza contare che poneva i nostri sospetti in campo aperto, di fronte ad una persona su cui non eravamo certi di poter riporre la nostra fiducia… e Zel di solito accusava ME di essere avventata…

Laudreck, fortunatamente, non parve farci caso. Si limitò a dirigere su Zel uno sguardo di derisione. “Non sapevo che avessimo invitato un circo a corte…” Il tono della sua voce era tagliente. “Ma i fenomeni da baraccone farebbero meglio a tacere… io servo Sailune da quando tu, faccia da mostro, giocavi ancora ad alzare la gonna delle ragazzine…” Le sue labbra si aprirono in un lieve sorriso. “Di certo spaventandole più del normale…”

Zel si fece livido a quel commento. Temevo che il mio amico si sarebbe lanciato contro di lui, e ringraziai intimamente Cristopher, che intervenne per zittirlo. “Laudreck! Se proseguirai con questo atteggiamento saremo costretti ad estrometterti dal Concilio!”

“SAREMO?” Laudreck non parve colpito. “Ma qui non sei tu a comandare, mmm, fratellino? Anche se fai del tuo meglio per dare l’impressione che la cosa non ti interessi…”

Cristopher non aveva più nulla di quell’aspetto pacato che ci aveva sempre mostrato di sé… “Laudreck, io…”

 

“FATELA FINITA!!!” Ora era Phil a essere irritato. “Non è il momento dei vostri litigi infantili! Smettetela, o dovrò DAVVERO trovarmi migliori consiglieri!”

Cristopher parve ferito da quelle parole, Laudreck, se ne fu disturbato, non lo diede a vedere. “Sono perfettamente d’accordo con te, Philionel… queste sono futilità… cosa TU dirai in Concilio, questo invece è di importanza vitale…”

 

Philionel si accigliò. “E cosa… COSA dovrei dire secondo voi??? Dovrei accettare incondizionatamente richieste del genere???” Amelia sussultò, al mio fianco… le lanciai un’occhiata, ma non pareva avere intenzione di intervenire… semplicemente, fissava il pavimento, le labbra serrate in una morsa…

Anche Laudreck aggrottò le sopracciglia. “A volte mostrarsi concilianti è la scelta più saggia…”

Philionel non era disposto ad ascoltare ragioni… “Il mio nemico si è forse mostrato tale???”

Cristopher sospirò, al suo fianco. “Con mio rammarico, stavolta mi trovo a concordare col nostro fratellastro, Philionel… lo sappiamo tutti che la nostra situazione è quanto mai incerta… qui siamo tagliati fuori dal mondo… i nostri messaggi paiono non arrivare, le risposte non giungono… la situazione è di stallo, ma le nostre vettovaglie e le nostre forze non dureranno per sempre… senza contare che se come temiamo rinforzi giungessero in aiuto dei nostri nemici la città cadrebbe, e quell’uomo la avrebbe comunque, senza dover sottostare ad alcuna condizione…”

“Non sappiamo SE e QUALI truppe stiano marciando verso Sailune…” Puntualizzai io. “E se una volta scesi a patti giungessero a darci manforte rinforzi non potremmo certo dire ai nostri nemici ‘no, scusate, ora che siamo certi di vincere matrimonio ed accordi devono essere annullati’…”

Cristopher spostò lo sguardo su di me, grave… “Su questo hai ragione, Lina Inverse… ma quello che mi chiedo ora è…è un rischio che vale la pena di correre? Quando il prezzo da pagare è la sicurezza degli abitanti di una città, e di un regno? Ho sentito che al di là della barriera è ancora praticata la schiavitù… e questa non è una sorte che augurerei a mia moglie, e a nessuna delle persone che amo…” Il suo sguardo si spostò su Phil… “E poi, mentre qui combattiamo, le altre zone del regno potrebbero essere sottoposte a razzia… Phil, questa situazione deve finire…”

Phil sospirò, e parve imporsi di rispondere in tono calmo. “Cosa mi consigli di fare, allora…?”

Cristopher fu cauto nel rispondere. “Non dico di accettare completamente quanto ti è chiesto… ma avviare una trattativa sì, questo sì… se ci mostriamo aperti, forse ne uscirà qualcosa…” Guardò Amelia, un accenno di compassione nel suo sguardo… “E poi… anche a me non piace l’idea di mettere Amelia nelle mani di quell’uomo… ma ciò non toglie che un’alleanza matrimoniale sarebbe conveniente anche per noi… una garanzia, un controllo… potresti adottarlo come genero e dargli il tuo cognome Phil…” Lo fissò, l’espressione grave… “…avrebbe le mani legate nel trattare con noi, e allo stesso tempo la famiglia reale di Sailune manterrebbe la sua linea di successione, e la sua autorità…”

Phil rimase in silenzio per pochi istanti, che apparvero come un periodo lunghissimo… “ Non sono ancora convinto che sia la soluzione migliore, ma… immagino… che si potrebbe fare una proposta in questo senso…”

Sentii Amelia sussultare, ancora una volta. Cercai di guardarla in volto, ma le ombre ormai calate quasi totalmente sulla piccola stanza mi impedirono di carpire anche la più fugace immagine della sua espressione… Zelgadiss, invece, quasi tremava, livido di rabbia…

“Ti chiedo solo di introdurre la cosa al Concilio in questi termini, per non chiuderci possibilità che presto potremmo rimpiangere… domani avvieremo una cauta trattativa… forse potremmo persino sospendere temporaneamente le ostilità…”

 

No. No, no, no, no, le cose stavamo precipitando… Non potevano davvero pensare di farlo, non ad Amelia. Feci per aprire la bocca, per replicare, per ESPLODERE,  e fermare quell’assurdità… ma una mano poggiata sulla mia spalla mi fermò. Al culmine della sorpresa, mi volsi con espressione rabbiosa verso il colpevole… ma anche l’espressione di Gourry in quella semi oscurità mi rimase indecifrabile…

 

“Suppongo che sia ora di andare…” Il tono di voce di Philionel era stanco, quando si rivolse a noi… “Se volete presenziare…”

 

Sussultai quasi, al suono della voce di Amelia. “Non sarà necessario. Mi rimetterò totalmente alle decisioni che mio padre nella sua saggezza prenderà per me.” Nella sua voce c’era una freddezza che non le avevo mai sentito rivolgere al padre… nel pronunciare quelle parole, la principessa non sollevò lo sguardo dal suolo verso di lui, nemmeno per un istante…

 

Ebbi l’impressione che Philionel ne fosse in qualche modo ferito, ma il tono della sua voce non lo lasciò in alcun modo trapelare… “Amelia… forse noi due dovremmo ritirarci a discutere un momento per…”

La principessa serrò le labbra. “Se lo credi coerente con quello che mi hai sempre insegnato, papà, non c’è nulla di cui discutere.” Lo interruppe. “Mi rimetto alla tua decisione.” Amelia non aggiunse altro. In un rapido movimento di gonne, spalancò la porta ed uscì dalla stanza, senza guardare nessuno di noi in volto… per un momento fui tentata di seguirla, ma imposi ai miei piedi di restare immobili. Sapevo che era stato lo shock della notizia a farla parlare, e in quel momento avrei potuto esserle molto più utile dove mi trovavo…

 

Phil e i fratelli ci precedettero nella sala del Concilio, e Zel li seguì, senza scambiare con noi nemmeno uno sguardo. Io indugiai un momento nella stanza, per lanciare un’occhiata irata a Gourry. “Perché? Perché mi hai bloccata, prima?”

Il viso del mio compagno era cupo,ma determinato. “Convincerai Phil con la ragione, come ha fatto Cristopher, e non con la rabbia, Lina… avresti solo irritato Philionel… e so che TU puoi trovare una soluzione migliore di questa…”

“IRRITATO? Hai sentito COSA ha intenzione di fare ad Amelia???”

Il suo sguardo si fece amareggiato. “Sì, ho sentito. Ed è una cosa normale.”

“NORMALE??? Come puoi dire una cosa del genere???”

Lo spadaccino sospirò. “Ascoltami, Lina… Mia madre non amava mio padre. Ma si sono sposati. E hanno avuto più di un figlio. Non c’era amore in lei quando lo guardava. Quando sedevano fianco a fianco nelle occasioni ufficiali. Quando condividevano il letto. Non c’è stato NESSUN TIPO di amore nella mia casa. Mia madre non poteva sopportarlo, ed è vissuta nell’apatia, fino a che la malattia non la ha presa. O lei si è abbandonata ad essa…” Distolse lo sguardo. “Non c’è nessuna giustizia, in questo. Non lo credo nemmeno io. Forse non a Sailune, ma cose come queste succedono spesso. Non è arrabbiandoci che risolveremo qualcosa che è da secoli considerato consuetudine… ma proponendo una valida alternativa. Purtroppo però io non riesco ad andare oltre, ad elaborare un piano. Spero in te, Lina.” Con mia sorpresa, lasciò il mio braccio e mi precedette. Rimasi immobile, stranita, con la stessa sensazione che avrei provato se mi avesse preso a schiaffi.

Dopo un istante, tuttavia, mi morsi il labbro, e mi imposi di seguirlo.

Augurandomi, perché non avrei potuto sopportarne altre…  che quella fosse stata la peggiore… delle conversazioni che mi aspettavano quella serata…

 

Nella sala del Concilio l’atmosfera era tesa… volti inquisitori ci squadrarono quando entrammo, mal celando un non troppo sottile disappunto per la breve riunione segreta che, molti dovevano essersene resi conto, aveva preceduto quella ufficiale. Un brusio si sollevò da tutti i lati della sala mentre prendevamo posto, in piedi, dietro lo scranno del sovrano. Fu il battere del pugno di Philionel sul tavolo a riportare l’ordine nella seduta.

“Miei Lord… vi prego di ritornare al silenzio… questa sera qui si discutono le sorti del nostro regno…” Le voci si spensero, lentamente, e gli occhi ci squadrarono, uno ad uno… notai che diverse delle espressioni accigliate si volgevano in stupore, constatando l’assenza di colei che in quella seduta sarebbe stata oggetto di ogni discussione… Laudreck aveva avuto ragione. Sapevano già ogni cosa.

“Come sapete, il nemico pare avere scelto di volgersi alla via della diplomazia. E immagino che a questo punto ognuno di voi conosca fin nei minimi particolari il contenuto della missiva che ci ha inviato, quindi sorvolerò su di esso, e mi concentrerò immediatamente sul cuore della questione…” Il principe fece una breve pausa e, di fronte all’assenza di obiezioni, si decise a proseguire. “Ritengo che le condizioni di pace che ci sono state proposte non siano in alcun modo accettabili nel loro complesso… l’amministrazione della corte e delle sue finanze non vale nulla se non è accompagnata dal controllo politico e sostenuta dalla gestione delle forze militari. Non possiamo in alcun modo accettare di consegnare questi poteri in mano al nemico, perché questo equivarrebbe in sostanza ad una forma di resa incondizionata, mascherata da compromesso…” Sospirò, prima di proseguire. “Tuttavia, credo che la via della trattativa sia quella giusta da seguire… le nostre forze si avvicinano allo stremo, e le nostre alleanze militari sono quanto mai incerte… con queste basi non ci sono condizioni sufficienti per sperare in una risoluzione della lotta a nostro favore… e credo che su questo siamo tutti d’accordo…” Un lieve mormorio si sollevò nella sala a quella richiesta di approvazione, che nuovamente Phil mise a tacere con un breve gesto… ma non tutti i volti mi parevano esprimere accordo con quanto appena affermato dal sovrano… forse c’era una seppur minima speranza di trovare qualcuno che ci spalleggiasse nell’opporsi al matrimonio forzato della nostra amica… certo però, come diceva Gourry… nessuna opposizione avrebbe avuto valore senza proporre una valida alternativa…

 

“L’alleanza matrimoniale…” Proseguì Phil, che sembrava compiere uno sforzo enorme nel pronunciare quelle parole… “… potrebbe non essere una alternativa da scartare… ben disporrebbe il nostro interlocutore nei nostri confronti, ci mostrerebbe disposti a venirgli incontro… e forse lo renderebbe maggiormente malleabile riguardo agli altri punti del trattato di pace… una sua nomina a legittimo erede al trono attraverso il matrimonio, senza tuttavia la mia rinuncia al diritto di successione… e l’allargamento del Concilio e della Guardia ad un LIMITATO numero di uomini da lui scelti…” …un nuovo brusio si sollevò a questo punto della arringa… “…SENZA tuttavia la rimozione di alcuno degli attuali membri… insieme ad una gestione dell’esercito equilibrata fra le due parti… QUESTA è la proposta con cui intendo rispondere alla missiva che ci è stata inviata… e questa sera, miei Lord, sono qui per chiedere il vostro consiglio e la vostra approvazione…”

 

Mi morsi la lingua, e rimasi in silenzio. Sarebbe stata un’offesa per i signori terrieri che ci si paravano di fronte se delle persone comuni come noi avessero preso parola prima di loro. E del resto, questo mi lasciava la possibilità di PENSARE. E ne avevo un dannato bisogno. Tutto stava succedendo troppo in fretta, non avevo avuto modo di elaborare una proposta razionale da contrapporre a quella di Philionel. Ma sapevo perfettamente che quella sera si sarebbe deciso tutto.

Cercai con lo sguardo i miei compagni, in cerca di aiuto. Tuttavia, Zel si limitava a fissare Philionel con le labbra serrate, e Gourry sembrava interamente concentrato nello studiare i volti dei partecipanti al Concilio. Presi un grosso respiro, e deglutii. Mi girava la testa. Mancava l’aria in quel posto…

 

Le opinioni dei Lord non tardarono a farsi sentire. “Philionel, mio sovrano, in sincerità non mi sembra che la soluzione migliore sia piegarsi ad Oberon in questo modo…” Riconobbi il parlante come il signore di una delle fortezze più a meridione del regno, situata lungo la costa… una delle prime zone ad avere subito le incursioni dei non morti… “… se avviassimo una trattativa mostrandoci concilianti, esporremmo non solo al nostro nemico, ma anche a eventuali regni incerti sull’alleanza a cui votarsi tutta la nostra debolezza… sarebbe come dare loro un motivo per mettersi contro di noi e sbaragliarci…”

Alcuni, al suo fianco, espressero animosamente la loro approvazione. “Ha ragione lui!”

“E’ da codardi arrendersi alle prime scaramucce!”

“Ne va dell’immagine e della futura autorità di Sailune!”

 

Ancora una volta Philionel batté il pugno sul tavolo, per zittirli… tuttavia, quando parlò il suo tono era calmo, e cortese… “Comprendo le tue ragioni, Dorion… tuttavia, credo che questo ragionamento potrebbe rivelarsi valido solo se avessimo una qualsiasi cognizione della situazione all’esterno… non conoscendo l’orientamento degli altri regni, le nostre rimangono solo supposizioni… solo sulla posizione di un paio di regni abbiamo reali certezze, e sono troppo pochi per poter rischiare il proseguimento della linea militare dura… ti posso assicurare però che procederemo nelle trattative con la massima cautela, e ci mostreremo fermi per quanto saremo apparsi disponibili con la nostra iniziale apertura… non ho intenzione di lasciare intendere al nemico che le decisioni saranno totalmente nelle sue mani. Anzi, voglio mettere bene in chiaro che se anche lui non si mostrerà disposto a venirci incontro, la guerra proseguirà…”

 

“D’altra parte…” Questa volta fu un nobile su uno scranno alla destra di Phil a prendere la parola… “Il discorso che hai introdotto, Dorion, vale anche per Oberon… per quanto assurde, quelle che ci ha rivolto sono sempre delle proposte di pace… e questo è un chiaro segno che anche lui si rende conto della dispendiosità e della incertezza di questa guerra… in questo senso, accettare di venire a patti non sarebbe un segno di debolezza da parte nostra, solo la logica risposta di persone ragionevoli…”

Fu uno dei sostenitori di Dorion a rispondere. “E se invece la SUA richiesta venisse da reale debolezza? Se i regni vicini non avessero accettato alleanze con lui? Se Elmekia e Raizerl stessero marciando in nostro aiuto? Le sue richieste potrebbero essere l’ultima, disperata, mossa di chi è sull’orlo della disfatta…”

“Se, se, se…” Di nuovo l’uomo sull’ala destra. “I se non valgono nulla! E le sue richieste esibivano fin troppa sicurezza per essere quelle di un perdente…”

“Un trucco! Solo un elementare gioco diplomatico!”

“E se invece fosse perché si è reso conto che NOI siamo disperati che ci fa simili proposte??? Per ottenere una forma di controllo su Sailune in qualche modo legittima e per non protrarre oltre una guerra il cui risultato è scontato, un inutile dispendio di forze, che gli serviranno invece per controllare il regno una volta terminata la lotta…??? In quel caso sarebbe una sciocchezza giocare con il fuoco! Sarebbe un SUICIDIO non mostrarsi condiscendenti!”

“Meglio il suicidio che il venire a patti con gli usurpatori!!!”

 

Le voci si levarono velocemente, rimbombando nella grande sala, stordendomi.

Phil studiò la discussione per qualche tempo, accigliato. Quindi, intervenne nuovamente per imporre il silenzio. “Miei Lord! MIEI LORD!” La voce del sovrano sovrastò tutte le altre. “Manteniamo l’ordine, vi prego!” Si volse verso l’uomo che aveva preso parola alla sua destra. “Credo che le tue considerazioni siano tristemente vere, Willem… seguire una linea di opposizione dura sarebbe una dimostrazione di scarsa ragionevolezza, che rischierebbe di giustificare un attacco definitivo… per questo, io vi chiedo… facciamo UN tentativo, uno solo… se sarà il nostro avversario a mancare in capacità di mediazione, allora Sailune stringerà i denti e combatterà fino alla fine, disfatta o vittoria che sia… ma prima, sacrifichiamo il nostro orgoglio per la salvezza e la sicurezza delle persone che amiamo, e del nostro popolo… non vi chiedo di umiliarvi… vi chiedo solo di pazientare, e donarmi un po’ della vostra capacità di sopportazione… per non dover pagare…” La sua voce vacillò lievemente… “… un prezzo molto più alto…” Si levò in piedi. “Io, qui mi pongo come pari a voi e chiedo la vostra approvazione. Miei Lord, vi prego, la mia fiducia è in voi. Siatemi vicini in questo momento di crisi.” Prese un profondo respiro. “Per Sailune!”

“PER SAILUNE!” Il grido fu quasi unanime… e in quel momento mi resi conto che era già tutto deciso. Non contavano gli sguardi di disapprovazione che alcuni del Lord nascondevano dietro le loro grida di incitazione… Laudreck aveva avuto perfettamente ragione. Comprendevo che la presa di posizione di Philionel, in una direzione che egli stesso non desiderava ma che il suo ruolo gli imponeva, potesse essere l’unico modo efficace di uscire da una situazione di crisi come quella… ma mi sentivo comunque presa in trappola. Domani il documento che avrebbe sancito l’alleanza di Sailune con un regno che minacciava di divorarla… e il matrimonio di Amelia con un uomo che non avrebbe mai potuto amare… domani quel documento sarebbe stato firmato, messo per iscritto, definitivo. A meno che…

 

“Io… non credo che venire immediatamente a patti sia l’unica soluzione.”

 

La mia voce doveva essere in qualche modo riuscita a sovrastare il vociare intenso della sala, perché lentamente, progressivamente, le grida si chetarono e l’attenzione di tutti si era concentrò su di me. Mi feci avanti, il cuore che rimbalzava in petto, le tempie che pulsavano in modo insostenibile, facendo girare pericolosamente la stanza attorno a me… “Come tutti voi avete detto… una decisione realmente saggia sarebbe quella basata sulla valutazione della situazione esterna al regno di Sailune… perché qualunque scelta fatta senza questo presupposto si basa solo su supposizioni, su un certo grado di azzardo…”

“Non c’è modo di conoscere la situazione esterna a Sailune, ragazza…” Una voce dura, acida, da una direzione che non riuscii ad identificare… i volti si confondevano, c’era troppa luce in quella stanza…

“Questo… non è esatto.” Presi fiato. “Esistono dei passaggi segreti che conducono all’esterno e all’interno del castello.” La mia affermazione suscitò un certo stupore, e lo compresi… erano segreti della fortezza che fino a neanche un mese prima anche a Gourry e me erano ignoti… “Troppo stretti e troppo esposti per permettere un’incursione in campo nemico… ma sufficienti perché una persona esca e si allontani senza essere notata, per recare messaggi e ottenere informazioni.” Sollevai lo sguardo, cercando di fissarli tutti, uno ad uno. “Mi offro volontaria per questo compito. Come messo di Sailune, e col permesso del sovrano. Vi procurerò le informazioni di cui avete bisogno.”

Sulla sala calò il silenzio. Molti volti mi apparivano scettici, ma notai che alcuni stavano considerando con attenzione la mia proposta…

 

“E’ rischioso…” Azzardò qualcuno. “Non è che una ragazzina… se venisse catturata, Oberon comprenderebbe immediatamente che stiamo agendo alle sue spalle… e allora ogni possibilità di trattativa sfumerebbe.”

Mi accigliai, a quella considerazione… D’accordo. Se avevano bisogno di una prova della mia determinazione…

Sul tavolo era posato accanto al calamaio il pugnale recante il sigillo reale di Sailune, unica arma ammessa in sala, oltre a quelle delle guardie a difesa di Philionel. Strinsi il palmo attorno all’impugnatura e lo sollevai.

“Anche se mi catturassero, la cosa non comprometterebbe in alcun modo la posizione di Sailune…” La mia mano esitò solo per un istante. Afferrai i miei capelli, che ricadevano arruffati alle mie spalle, e li tagliai, di netto. “…perché in questo modo e con gli abiti giusti io non sarò un messo di Sailune, ma solo un giovane mendicante in cerca di riparo dai combattimenti.” Sollevai l’ampia ciocca, e la lasciai cadere di fronte a me.

 

Fu il silenzio, nuovamente. Cercai di non osservare i miei capelli, il mio orgoglio, che si posavano lentamente al suolo. Quelli sarebbero ricresciuti. E come avevo immaginato il mio gesto aveva risvegliato l’attenzione, e forse sollevato qualche simpatia nei miei confronti…

Philionel, tuttavia, non mi pareva ancora del tutto convinto. “Sei certa di quello che fai?” Il suo tono di voce si abbassò, fini ad essere udibile solo a me e ai pochi che mi circondavano. “Lina… conosco l’affetto che provi per mia figlia… ma questo è davvero pericoloso… senza contare che dovrei trovare il modo di temporeggiare per il periodo in cui tu sarai lontana da Sailune…”

“Ti chiedo solo due settimane, Phil… poi, che io sia tornata o meno, agirai come preferisci… allontanatami di qui troverò un cavallo, per muovermi più velocemente… prolunga le trattative, ma non giungere a decisioni definitive… solo questo voglio… non solo per Amelia, ma anche per Sailune… per dare una possibilità a questo regno di mantenere la propria autonomia…”

Phil, per qualche infinito istante, rimase in silenzio. Quindi, mi rivolse un sorriso. Stanco, rassegnato, ma pur sempre un sorriso… “Credo che alla tua paga si aggiungerà un enorme banchetto, quando tutto questo sarà finito, Lina…” Il sovrano tornò ad alzare la voce. “La proposta di Lina Inverse mi sembra sensata. In altre occasioni il suo aiuto è stato determinante per la sorte di questo regno. Io dico, diamole una possibilità!”

Diverse grida di approvazione si levarono nella sala, mentre il mio cuore si faceva più leggero, e le mie gambe più molli.

Era fatta. Ma il difficile mi aspettava ora.

 

“Io andrò con lei.” Gourry si rivolse a Phil. “In due sarà più sicuro. Con le mie normali vesti da viaggio, nessuno mi riconoscerà.” Gli lanciai un’occhiata di ringraziamento. Se Gourry fosse stato con me, ogni cosa sarebbe stata meno difficile…

Zelgadiss, alle mie spalle, tacque. Da parte mia, tuttavia, non feci nulla per coinvolgerlo. C’era bisogno di qualcuno a difesa di Amelia, lì, a palazzo. Sapevo che era lì che la chimera voleva rimanere, e anch’io sarei stata infinitamente più tranquilla se fossi partita sapendo che qualcuno di fidato era rimasto a monitorare la situazione insieme alla mia amica…

 

Phil approvò, con un cenno del capo. “Avreste anche bisogno di qualcuno che conosca bene il territorio fuori da Sailune, però… qualcuno che possa accompagnarvi nel modo più sicuro possibile lontano dalle truppe nemiche… potrà seguirvi, poi, o, se ritenete che tre persone darebbero troppo nell’occhio, trovare rifugio da qualche parte fuori dal palazzo nell’attesa del vostro ritorno, senza arrischiarsi a rientrare… tuttavia, non saprei chi…”

“Mi offro volontario.” Con mia sorpresa, mi resi conto che era la voce di Ainos a risuonare, poco lontano da noi. Era stato talmente silenzioso che non mi ero nemmeno resa conto della sua presenza nella sala, fino a quel momento… “Sono uno sciamano, e i boschi attorno alla città hanno per me pochi segreti… e potrei esservi utile per trovare una pista veloce per raggiungere le vostre destinazioni…”

Mi accigliai. Non mi fidavo completamente di quell’individuo… d’altra parte però… forse era meglio saperlo sotto controllo con noi che racchiuso fra le mura del palazzo sotto assedio…

Phil non parve avere dubbi. “Mi pare la soluzione migliore. Mi dispiace perdere anche uno sciamano oltre ad un’esperta di Magia Nera, ma del resto la situazione lo richiede… e a corte rimarrà comunque Zelgadiss…” Già… forse anche Phil trovava più sicuro continuare ad avere la chimera al suo fianco dopo la nostra partenza… non potevamo dimenticare che nel palazzo si nascondeva un possibile traditore…

 

Phil si rivolse a noi. “Partirete domani. So che sei convalescente, Lina, ma non ci possiamo permettere di rimandare oltre. Andate a riposare, dovrete essere vigili e in forze.” Il principe si volse al Concilio. “Per oggi, è tutto. Ci aggiorneremo domani per discutere i termini della missiva da inviare ad Oberon.”

 

La sala si vuotò in fretta, mentre tutti, stremati dalla lunga giornata di combattimenti, si dirigevano verso i loro alloggi, per la notte. Philionel ci salutò brevemente, e si allontanò con una serie di carte sotto al braccio, accompagnato da fratello e fratellastro. Indubbiamente, a discutere degli obiettivi da affidarci per la missione… avevo l’impressione che per il principe la nottata sarebbe stata ancora molto, molto lunga…

 

Improvvisamente, le ginocchia mi cedettero, e fui costretta ad aggrapparmi al tavolo, la mano sinistra alla fronte, per non crollare al suolo.

“Lina!”

“Sto… sto bene…” Accettai l’aiuto di Gourry, giunto nuovamente a sorreggermi. “…è solo la tensione…”

Il mio amico mi sfiorò la fronte con la guancia. “Credo tu abbia di nuovo qualche linea di febbre. Per stasera ti sei stancata a sufficienza, ora  ti riporto a riposare…”

Non volevo tornare in quel giaciglio che sapeva di malato, volevo solo dormire per una notte in un vero letto… ma per una volta non replicai… per troppi motivi quella sera non avevo la forza di discutere con lui…

“Credo che andrò a dormire anch’io, ora…” Zelgadiss, rimasto al nostro fianco. Anche il suo sguardo era stanco, quasi quanto quello di Philionel… ci guardò per un momento, serio… “…siate… siate prudenti…” Disse, semplicemente, in un tono caldo che raramente ci aveva rivolto.

Non potei impedirmi di sorridergli. “Tieni a bada la situazione a corte Zel. Vedi di farlo, o non te lo perdonerò mai. E se morirò tornerò a tormentarti.”

Anche la chimera sorrise. “Ipotesi terrificante. Farò del mio meglio per impedirlo.” Batté lievemente la mano sulla spalla di Gourry. “Abbi cura di lei. E di chi avrà la sfortuna di avere a che fare con lei. Anche se dubito che serva raccomandartelo.”

Lo spadaccino rispose semplicemente con un lieve sorriso. “E tu vedi di essere realmente d’aiuto ad Amelia, Zel…” Raccomandazione particolarmente ACUTA, trattandosi di Gourry…

“Ho altra scelta se non fare del mio meglio…? Siamo tutti coinvolti nostro malgrado, e la salvezza di Sailune sarà anche la nostra…” Si strinse nelle spalle. “Voi, piuttosto, vedete di non battervela appena usciti di qui…”

Gli mostrai la lingua. “Non me ne vado senza aver ottenuto nulla dopo tutta questa fatica. Ho la mia immagine da difendere, io…”

Zel ci rivolse il primo sogghigno della serata. “Già, suppongo di sì…” Scosse lievemente la testa. “Ad ogni modo… buona notte, ragazzi…” Ci salutò con un breve cenno, prima di avviarsi fuori dalla stanza…

 

Sospirai. “Meglio andare a dormire anche noi. Domani ci aspetta una giornata decisamente PESANTE…”

Gourry mi offrì di nuovo il braccio, e lo afferrai, avviandomi al suo fianco soprappensiero. Ma battei le palpebre, improvvisamente interdetta, quando la mia mente registrò i particolari del paesaggio che mi circondava… “Eh… ehi, Gourry… dove stiamo andando…? L’infermeria è dalla parte opposta…”

“Lo so.” Replicò semplicemente lo spadaccino. “Stiamo andando nella tua camera. Un’altra notte in quell’ambiente pestilenziale non ti porterà certo più giovamento di una passata nel tuo letto.”

 

I miei piedi si bloccarono, automaticamente. Lo spadaccino, colto di sorpresa, quasi inciampò sui suoi stessi passi. “Lina, che ti prende?” Si voltò a fissarmi, perplesso.

Lo guardai semplicemente per un momento, incapace di formulare una risposta coerente. Quindi, sospirai. “Sei… sei così dannatamente…” Mi portai una mano alla tempia. “Così dannatamente… Gourry…”

“Eh… ehi… che intendi dire…?”

‘Che riesci ad indovinare quello che penso senza che io abbia nemmeno bisogno di comunicartelo…’ Sospirai, invece. “Mi spiace, Gourry…”

Lo spadaccino batté le palpebre. “E di che?”

“Di essere stata brusca, prima. Non… potevo sapere…” Quella frase non uscì nel tono che avrei desiderato, e venne pronunciata con gli occhi fissi al suolo. Mi morsi la lingua, per questo… ma temevo che il mio carattere non avrebbe potuto permettermi di fare di meglio…

Ci fu un momento di silenzio. “Oh… uhm…” Mi fissò serio, per un istante. “Non ricordo di che cosa stai parlando.”

Praticamente gli caracollai addosso. “Per gli dei, Gourry!”

“Stavo scherzando, stavo scherzando, non dovresti prendermi sul serio tutte le volte, sai?”

“Vorrei tanto sapere come potrei fare a DISTINGUERE!” Il tono della mia voce tornò ad alzarsi. “E IO non stavo affatto scherzando!”

La sua mano raggiunse la mia nuca e la accarezzò… “Lo so…” Sorrise. “…mi spiace di aver reagito male… tutta questa faccenda ha riportato dei brutti ricordi a galla, tutto qui…”

Sospirai, esasperata dalla calma del suo tono di voce… “Io… io lo so… questo l’ho capito, ma…” ‘…vorrei poter fare qualcosa…’

“Sono cambiate molte cose per me da quando ti ho incontrata, Lina… e il passato è passato. Come tu ripeti sempre, piangersi addosso non porta a nulla.” Si strinse nelle spalle. “E poi, sai una cosa? Tu fai già la cosa migliore che potresti fare, per farmi stare bene… stare con me, ed essere chi sei. E’ sempre stato così. Ma questo lo abbiamo capito perfettamente entrambi, non è vero?” Il tono della sua voce era tranquillo, come stesse esprimendo ovvietà. E in effetti era quello che stava facendo. Non c’erano particolari scopi, obiettivi superiori, alla base del nostro continuare a viaggiare fianco a fianco. Semplicemente, ci rendeva felici farlo. Stare insieme, per il piacere di entrambi. Quello era sempre stato il nostro rapporto.

 

Improvvisamente, la tensione e la paura di quei giorni di lotta sembrarono scivolare via dal mio corpo, lasciandomi svuotata. Sospirando, mi aggrappai alla sua tunica…

“Lina…?”

“Ho paura, Gourry…” Non era un’ammissione semplice, non per me… ma era il dare voce ad un presentimento che aleggiava su di me sin dal momento in cui l’assedio era cominciato… se avevo capito qualcosa da quella esperienza, era che la sensazione di non essere padroni di una situazione in cui si era coinvolti era una delle peggiori, delle più IRRITANTI, che si potessero provare. Ero fatta per dipendere dalla MIA iniziativa, non da quella di un sovrano, di una comandante nemico, o peggio di una sorte capricciosa. Ma se delle prime due potevo in parte liberarmi proponendomi per quella missione… quanto era possibile invece sfuggire all’ultima?

“Ho paura anch’io…” Sussurrò Gourry, dopo un momento di silenzio, fra i miei capelli. Le sue braccia mi cinsero, ma non mi ritrassi. In quel momento, non mi importava che qualcuno ci vedesse. “… ma ho fiducia in te, Lina… so che hai abbastanza cervello ed iniziativa per cavartela anche se le cose non andassero per il verso giusto… ed in ogni caso io sarò sempre con te.”

Non risposi nulla, rimasi semplicemente immobile, improvvisamente grata della sua presenza costante al mio fianco.

E per qualche motivo, quella notte, mi addormentai col cuore più leggero.

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Pochi assistettero a quella silenziosa sortita

Pochi assistettero a quella silenziosa sortita. Le lanterne nel castello erano ancora accese quando scivolammo fuori dalle nostre stanze, le borse riempite di pochi oggetti indispensabili e di una quantità di denaro sufficientemente generosa… Phil si era voluto assicurare che potessimo permetterci buoni cavalli, e l’acquisto di cibo sufficiente a sostenerci per tutto viaggio, una volta allontanatici dalla capitale. Era troppo rischioso partire eccessivamente equipaggiati, nel caso qualcuno ci avesse fermati e avesse voluto ispezionare le nostre borse. In fondo, non dovevamo apparire che come viandanti affamati dalla guerra, come sarebbe stato chiunque si fosse trovato nei pressi di Sailune in quella situazione. Le monete ingrossavano una delle tasche interne della malridotta tunica da viaggio del mio compagno, le missive che avremmo dovuto far pervenire a sovrani di vari regni circostanti, recanti il sigillo di Sailune, erano cucite all’interno dei miei stivali, capi che dubitavo qualcuno avrebbe mai potuto avere interesse a rubarmi. Il piano era raggiungere Raizerl, farci aggiornare sulla situazione, chiedere al sovrano di incaricarsi della spedizione delle nostre richieste di alleanza, portandogli allo stesso tempo una formale richiesta di aiuto. Phil si aspettava che venissimo accolti con benevolenza, da secoli i due regni erano legati da amicizia ed allenza…

‘Detta così sembra fin troppo semplice…’

Dato che non c’era possibilità di usare il Vision Spell, avevo stregato uno dei miei oggetti e creato una sfera riflettente ad esso collegata attraverso la Magia Nera, prima di partire. Se la nostra missione avesse avuto gli esiti che ci aspettavamo, mi sarebbe bastato lanciare un semplice Lighting sull’oggetto magico, affinché la sfera si illuminasse, come segnale di buona riuscita per il sovrano di Sailune. Phil avrebbe poi avuto modo di agire di conseguenza… così come se entro due settimane quel segnale non fosse arrivato…

‘Ma questo non accadrà.’

 

“Partendo ora dovreste raggiungere l’uscita del passaggio nel momento in cui i nostri nemici saranno impegnati nei preparativi della battaglia, al sorgere del sole. Dovreste sbucare poco fuori dalle linee nemiche, possiamo sperare che nessuno vi noti. Ma dovrete essere veloci. Nessun riposo, fino a che non sarete lontani dalla città. Dovete mettere almeno mezza giornata di viaggio fra voi e il grosso delle forze nemiche prima di rallentare, e di cercare delle cavalcature. Sono giorni piovosi, questi di inizio autunno, e questo può andare a vostro vantaggio… meno tracce lascerete meglio sarà…”

Ascoltai in silenzio le raccomandazioni di Phil, stringendomi nel mantello. Eravamo a diversi metri di profondità nel sottosuolo, in una delle armerie, ma la sala era piena di correnti d’aria, e il breve tragitto nel cortile semi deserto del castello esposto all’aria fredda dell’alba aveva contribuito a gelare il mio corpo fino alle ossa.

“Tenete bene nascoste le armi e non combattete a meno di non essere costretti.” Già, le armi… lanciai un occhiata al mantello di Gourry, dove era nascosta una spada lunga, invece della solita a due mani, impossibile da celare… anche la manica della mia tunica nascondeva un pugnale… e i nostri bastoni da viaggio celavano lame, sotto una falsa estremità in legno… ma speravo sinceramente che nulla di tutto questo ci sarebbe tornato utile nel nostro viaggio…

Phil trasse un lungo sospiro. “A questo punto… non posso che augurarvi buona fortuna, ragazzi.”

 

Forzai un lieve sorriso. “Non fate quelle facce. Presto torneremo alla guida di un esercito di alleati.”

Amelia si fece avanti. Solo lei e Zel accompagnavano Philionel nel nostro congedo, persino i fratelli del principe erano stati tenuti all’oscuro circa i luoghi di ingresso ai passaggi. ‘Unicamente il re e i suoi diretti eredi’. Phil era stato perentorio. Sinceramente, in quel momento non riuscivo a rallegrarmi di essere una eccezione…

La principessa mi abbracciò. Le labbra le tremolavano, e mi resi conto che stava facendo del suo meglio per non versare lacrime. “Lina…” Mi sussurrò. “Sei ancora in tempo… E’… è pericoloso…”

Mi accigliai. “Non più che restare qui.” La allontanai, gentilmente. “Sii forte, Amelia.”

Anche Gourry la abbracciò e mi imitò nello stringere la mano a Zelgadiss. Quando i saluti furono terminati, gli lanciai solo una breve occhiata. “Credo sia meglio andare, ora.”

 

Lo spadaccino annuì, ed io lasciai che Ainos, inespressivo come sempre, ci precedesse nel cunicolo che si apriva all’interno di una delle spesse pareti della sala, munito di torcia. Il passaggio era tanto stretto che Gourry faticava a passarci, ed era costretto a camminare semi inclinato verso la parete… dopo un piccolo tratto, prendeva a scendere piuttosto ripidamente, seguendo gradini scavati prima nella terra battuta, poi nella roccia.

“Credo che il tunnel si allarghi, più in basso. Ma potrebbero esserci ostacoli sul terreno o parti franate, quindi state attenti a dove mettete i piedi…” Sussultai quasi, al suono della voce dello sciamano…

“Se è così speriamo che il passaggio non sia ostruito, o dovremmo tornare indietro… sarebbe una perdita di tempo che non possiamo permetterci…”

Ainos, di fronte a me, si strinse nelle spalle. “Non credo succederà. Penso che gli eredi del costruttore sottopongano questi cunicoli ad una qualche regolare manutenzione, registrando quelli ancora agibili e sistemando alla meglio quelli recuperabili…” 

Mi accigliai. “Quindi in realtà C’È qualcun altro che conosce la loro collocazione…”

“Mmm…” Questa volta fu Gourry ad intervenire… “… mi sembra che mio padre me ne avesse parlato… i sovrani di Sailune strinsero una specie di patto tacito con la famiglia dei costruttori, elevandoli di grado e ponendoli al servizio perenne della loro famiglia, in cambio del silenzio riguardo ai segreti della fortezza…” Il mio amico fece una pausa. “O forse erano i sovrani di Raizerl…”

Sbuffai, ma non replicai. L’ultima cosa di cui avevo voglia era mettermi a urlargli contro a metri e metri di profondità nel sottosuolo, con un soffitto che poteva crollarmi sulla testa…

“Una possibile alternativa alla scomoda ma efficace opzione dell’eliminazione del costruttore e di tutti i suoi collaboratori… ad ogni modo, per chi di loro, in passato, ha avuto la lingua troppo lingua, trovarsela mozzata è stata una delle più piacevoli fra le conseguenze…” Ainos terminò la discussione, secco.

Mi accigliai. Il nostro accompagnatore mi pareva molto ben informato per essere un giovincello appena accolto nella cerchia dei maghi al servizio della corte…

“Fate attenzione. Il passaggio si restringe di nuovo.”

Il mio compagno, alle mie spalle, soffocò un gemito di frustrazione, e si aggrappò al mio mantello per evitare che buio e insidie del percorso ci portassero a separarci inavvertitamente. Da parte mia, fissai lo sguardo sulla debole luce della torcia, che mi precedeva di pochi passi, pregando che non incappassimo in ostacoli o diramazioni…

Ad un certo punto, il passaggio si restrinse al punto che persino io mi trovavo schiacciata fra le due pareti… lanciai uno sguardo a Gourry, che stava letteralmente trattenendo il respiro per proseguire… e fortunatamente non aveva armatura addosso…

Imprecai, fra me e me. “Ainos… vedi un’apertura più avanti? Così non possiamo proseguire per molto…”

Il mago, a giudicare dal suo tono di voce, si trovava perfettamente a proprio agio… “Sì, fra poco. Una decina di metri, e raggiungeremo una sala…” 

E la ‘sala’, se così si poteva chiamarla, effettivamente c’era… un piccolo antro scavato nella roccia, da cui si diramava una serie di gallerie.

“Al diavolo.” Sbuffai. “E adesso, da che parte andiamo?”

“Il principe mi ha parlato di questo bivio. L’imboccatura all’estrema sinistra, ha detto. Le altre vie portano tutte a perdersi nel sottosuolo…” Una fine orribile, indubbiamente… speravo sinceramente che il nostro accompagnatore avesse ascoltato con attenzione le istruzioni che gli erano state impartite…

Segnai brevemente con la magia l’imboccatura della galleria da cui eravamo venuti, nient’altro che un piccolo disegno che sarebbe scomparso nel giro di qualche ora… quindi, mi avvicinai al tunnel che il mago mi aveva indicato… per trovare una brutta sorpresa.

“Al diavolo!”

Parte dell’imboccatura della galleria era crollata. Se prima il passaggio era piuttosto largo, ora rocce ai lati lo ostruivano, rendendolo accessibile solo da una sottile apertura a lato, in cui, calcolai, forse Ainos ed io saremmo riusciti a strisciare… ma non c’era modo per Gourry di farcela…

 

Mi morsi il labbro. “Manutenzione, eh?”

Lo sciamano si strinse nelle spalle. “Dev’essere un crollo recente. Qui siamo proprio sotto il campo di battaglia… può darsi che sia stata l’esplosione di un tuo incantesimo…” Mi lanciò un’occhiata, ed ebbi l’impressione di cogliere un lampo di malizia nel suo sguardo.

Che fosse immaginazione o meno, la cosa riuscì ad irritarmi. “Grandioso, ora che ho dato una spiegazione alla cosa mi sento molto meglio…” Ironizzai. “Ma come facciamo a passare? Quelle pietre sono troppo pesanti per essere spostate a mano, e se uso la magia l’onda d’urto rischia di fare crollare tutto…”

Ainos, se era toccato dalla cosa, riuscì perfettamente a mascherarlo. “E’ rischioso, ma io posso passare. E anche tu. Lo spadaccino dovrà tornare indietro.”

“Io penso proprio di no.” Fu la voce di Gourry a risuonare, perentoria. Lanciò ad Ainos un’occhiata che a molti avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene. “Siamo partiti insieme ed insieme andremo avanti. Non ci sarai molto utile se penserai sempre di evitare le difficoltà a questo modo…” Avevo l’impressione che la proposta dello sciamano non avesse ben disposto Gourry nei suoi confronti… evidentemente, non ero l’unica a non fidarsi…

Ainos non si lasciò scomporre. “Il mio era solo un suggerimento. D’altra parte le soluzioni non sono molte. A meno che tu non ritenga più produttivo perderti nel sottosuolo tentando un’altra via, o sprecare una giornata tornando tutti indietro…”

“Non dovremo tornare indietro.” Tranquillamente, Gourry estrasse la spada. Ponderò per un momento la posizione delle rocce di fronte a sé, misurando l’aria con la lama…

Ainos si accigliò. “Non so cosa tu abbia intenzione di fare, ma se pensi di aprirti un varco con la spada vedi di ripensarci in fretta. Non ho la minima intenzione di rimanere sepolto qua sotto perché hai inavvertitamente provocato un crollo…” Lo sciamano fissò Gourry in attesa di risposta ma, da parte sua, lo spadaccino continuò a concentrarsi sulla parete senza degnarlo di un’occhiata. Il mago emise un sospiro esasperato. “Inverse, spiegagli tu che…”

“Vedi di cucirti la bocca, Ainos.” Fu la mia, secca, replica. La spada di Gourry non ci avrebbe messo in pericolo.

 

Avevo (come –modestamente- spesso accade) ragione. Il movimento della lama fu pulito, rapido. Andò a scalfire il muro di rocce crollate proprio sotto una pietra in bilico. L’improvvisa mancanza di supporto trascinò la roccia verso il suolo, e con lei quelle che di essa avevano fatto la propria base. In breve, un fitto polverone si sollevò, mentre rocce crollavano, accatastandosi le une sulle altre. Il risultato che apparve ai nostri occhi quando la polvere si diradò, era che lo stretto passaggio all’altezza del suolo era definitivamente chiuso, ma sulla cima del cumulo di rocce c’era ora un’apertura sufficientemente larga anche per lo spadaccino.

 

Sulle mie labbra si disegnò un sorriso. “Ottimo lavoro, Gourry.” Lo apostrofai, semplicemente, in tono allegro, dandogli una lieve pacca sulla spalla. “Ora, direi che non è il caso di perdere altro tempo.” Gli offrii il braccio, e recitai brevemente la formula per la levitazione. L’aria ci sollevò magicamente fino all’apertura, e constatai con sollievo che al di là il passaggio sembrava sostanzialmente sgombro… atterrai dolcemente al suolo, e lanciai un Lighting, per essere certa che nulla e nessuno si annidasse fra le strette ombre del corridoio. Anche la torcia ci raggiunse presto, comunque, accompagnata dallo sciamano che la reggeva. Lo squadrai per un momento in volto. Mi ero aspettata di vederlo seccato, quanto meno colpito nell’orgoglio… ma la sua espressione non lasciava trasparire nulla di tutto questo… piuttosto, il suo sguardo, fisso sul mio amico, pareva… soddisfatto…

 

Mi accigliai. E a quel punto Ainos dovette accorgersi del mio sguardo, perché mi lanciò una breve occhiata, ed i suoi occhi tornarono ad essere inespressivi. “Bene. Niente altri ostacoli.” Si limitò a commentare, prima di precederci, nuovamente…

 

Continuammo a camminare al suo seguito, in silenzio, per il resto del cunicolo… il terreno si fece progressivamente più agevole, e nonostante le infinite gradinate e la presenza di qualche ulteriore bivio sul nostro cammino, riuscimmo a raggiungere l’uscita senza incontrare troppi problemi…

Quando sbucammo all’esterno, da una piccola grotta nascosta dalle rocce sulle montagne circostanti Sailune, il sole era ormai alto… il cielo era sereno, nonostante la temperatura avesse già cominciato ad abbassarsi rispetto ai picchi che ci avevano accolti quando eravamo giunti in quelle stesse zone, circa un mese prima… un mese, solo un mese… e mi parevano trascorsi secoli…

Sospirai. “Questo bel cielo terso non ci aiuterà a nasconderci…”

“Nasconderci? E perché dovremmo?” Lo sciamano sollevò il cappuccio del suo mantello, nascondendosi fra le sue ombre… “Noi siamo solo tre poveri viandanti, ricordi?”

Sbuffai, ma tacqui. Mi scompigliai i capelli alla meglio, e mi sistemai le vesti. La fascia per mascherare il seno, che Phil per prudenza aveva voluto farmi indossare –e NON ripeterò i commenti di Gourry a riguardo- stringeva in modo piuttosto doloroso, ma supponevo di poter sopportare. Sospirai. “E da ora, non ci si ferma finché Sailune non sarà lontana.”

 

Fu una marcia silenziosa. Fortunatamente, dovevamo essere usciti al di là delle retroguardie nemiche, perché muovendoci fra alberi e rocce non incontrammo anima viva. Per tutto il percorso mantenni lo sguardo fisso sulla schiena del nostro accompagnatore, non perdendolo d’occhio per un istante. Una nostra distrazione era una sua occasione per fuggire, e una sua fuga era la nostra morte, se era un traditore. Non mi sarei permessa errori.

 Solo verso mezzogiorno ci azzardammo a rallentare la nostra andatura sostenuta. Il terreno era accidentato, le gambe cominciavano a dolerci, e il fiato a farsi corto a causa dell’alta quota…

Consumammo un breve pasto fatto di carne secca e pane, il poco che ci eravamo portati, senza smettere di camminare. E nel primo pomeriggio imboccammo un percorso in dolce discesa.

“Superate le montagne saremo fuori dall’area della capitale…” Spiegò lo sciamano, in tono freddo, stringendosi nel mantello. “Ci troveremo di fronte ad un tratto in pianura, e saremo costretti a passare vicino o ad attraversare anche dei centri abitati, a meno di non voler allungare di giornate e giornate il tragitto…”

“Basterà non fermarsi ed essere prudenti.” Minimizzai. “Dormiremo all’addiaccio, o se sarà necessario non lo faremo affatto… e spero sinceramente che Phil si ricordi di questo, quando verrà il momento di pagarci…” Bofonchiai, a conclusione…

“Stasera sarà bene procurarci anche quei cavalli…” Puntualizzò lo spadaccino. “…oppure, anche mantenendo un ritmo del genere, non faremo molta strada…”

Annuii. “Pienamente d’accordo. Anche se sarà meglio cercarli in una fattoria isolata piuttosto che in una città… Non sappiamo se truppe del nostro nemico sono sparse a presidio della regione o se sono tutte concentrate nell’assedio… meglio non destare troppa curiosità…”

In realtà, il rischio di catturare l’attenzione si presentò sempre come remoto… nella marcia incontrammo alcuni rifugi sulla montagna, e baite, e fattorie, ma nessun cane ci venne incontro abbaiando, nessun fattore impegnato nel bruciare le fascine ci intimò di allontanarci dal suo territorio. Quel luogo, semplicemente, sembrava abbandonato dagli uomini e dagli dei. Sembrava abbandonato dalla vita

“Saranno… tutti fuggiti…?” Lo spadaccino, chiese, perplesso, all’ennesima fattoria deserta…

“Questo mi sembra evidente… ma da che cosa?” Non c’erano segni di razzia, non le tracce di distruzione che un esercito, passando, avrebbe lasciato alle proprie spalle… e d’altra parte, quella zona impervia era lontana dal percorso di marcia dei soldati… ma quella gente aveva avuto comunque paura… e non ero certa di voler conoscere il perché…

“Andiamo… andiamo via di qui…” Mi strinsi nel mantello. “…sarà meglio raggiungere presto la pianura…”

 

Proseguimmo il più silenziosamente possibile nel percorso che conduceva alla base della montagna. Quando alberi e boscaglia cominciarono ad diradarsi davanti a noi, aprendosi nella forma di una vallata, era ormai tardo pomeriggio. Il cielo, che fino ad allora ci era rimasto celato, nascosto dietro rami e foglie, aveva assunto un colorito azzurro cupo… il sole si apprestava ad abbandonarsi alla sua discesa verso occidente, resistendo aggrappato in cima all’arco del cielo e regalandoci un ultimo assaggio del calore dei suoi raggi…

“Sarà una notte fredda…” Commentai, accigliata…

Ainos mi scoccò un’occhiata indecifrabile. “Potrebbe essere l’ultimo dei nostri problemi…” Si limitò a replicare, laconico…

Non feci in tempo a chiedergli chiarimenti… lo spadaccino al mio fianco si aggrappò al mio mantello, strattonandolo lievemente. Il suo sguardo era rivolto verso la pianura. “Lina, guarda un po’ laggiù…”

Seguii il suo sguardo, ma tutto quello che scorsi furono vallate e basse colline, e case raccolte in un centro abitato ad un paio di chilometri di distanza… “Cosa…?” Domandai, perplessa.

“Da quel villaggio… c’è del fumo che sale…”

Mi accigliai, mentre un groppo mi si stringeva allo stomaco, e i miei sensi si mettevano in allarme. ‘Dei falò… fuochi per una festa… fa che sia solo questo…’ “Da qui non riesco a vedere… forse è meglio andare a dare un’occhiata da vicino…”

Ainos si accigliò. “Forse invece sarebbe meglio farne a meno.”

Gli rivolsi un’occhiata cupa. “E’ sulla strada, no?”

“Potrebbe essere fonte di guai. Vale la pena di cambiare strada, se possiamo evitarli.”

“No, che non vale la pena. Non possiamo perdere tempo…” ‘E voglio capire che cosa è successo a quella gente…’

“Qualcosa di peggio che un po’ di fumo accadrà al regno di Sailune se non portiamo a termine il nostro compito. E’ QUELLA la nostra priorità, ora…”

Mi morsi il labbro. Detestavo ammetterlo, ma aveva ragione. D’altra parte… andava contro la mia natura non andare a ficcare il naso… “Ci passeremo vicino.” Conclusi. “E al minimo segno di pericolo lo eviteremo. Siamo pur sempre mascherati… e in ogni caso, sappiamo difenderci.”

Ainos sbuffò, ma il suo unico commento fu un freddo “Come preferite…”

Lanciai un’occhiata a Gourry, che si limitò ad annuire. “In ogni caso, è meno pericoloso andare laggiù che cercare di farti cambiare idea…”

Nella mia magnanimità mi limitai a compensare quel commento con un calcio in uno stinco…

 

Ci mettemmo in marcia, ancora una volta in silenzio… presto, il fumo divenne visibile anche ai miei occhi, e mi resi immediatamente conto che no, di una festa davvero non si trattava… erano solo rivoli sparsi, quelli che si intravedevano, non segni di un incendio recente, ma alla luce del sole calante la piccola cittadina aveva un aspetto spettrale… Il villaggio era privo di mura un pietra, unicamente terrapieni e difese in terra battuta la circondavano, all’apparenza un tentativo estremo di difesa contro un assalto quasi inaspettato… al di là di esse, i muri erano anneriti, le porte e le finestre divelte… nella strada principale, via d’accesso al centro abitato, non si vedeva anima viva…

‘Non ci sono nemmeno cadaveri…’ Notai. ‘Forse è stata solo una razzia, e gli abitanti sono riusciti a sfuggire al massacro…’

“Sembra che non ci sia nessuno…” Gourry allontanò col piede un pezzo di legno carbonizzato, che avrebbe potuto essere il resto di un carro… “Credo che a questo punto non cambi nulla entrare a dare un’occhiata…”

Anche Ainos fu d’accordo. “Potremmo avere anche la fortuna di trovare qualcosa di buono… cavalli fuggiti alla cattura, oggetti utili per il nostro viaggio…”

Tacqui, ma avevo l’impressione che il nostro accompagnatore fosse un po’ troppo ottimista a quel riguardo… chiunque avesse attaccato quel villaggio si era permesso di trascurare ben poco… non una casa non aveva subito danni, e molti edifici della zona centrale erano stati praticamente demoliti. C’erano segni di lotta, ma non di coloro da cui quel combattimento era stato condotto… non capivo…

“Saranno stati tutti presi prigionieri…?” Gourry diede voce ai miei pensieri… “Sembra che siano passati qui da non molti giorni, e di sicuro c’è stato un combattimento… che fine ha fatto la gente…?”

“Queste secondo me erano truppe che marciavano verso Sailune… non avrebbe senso il contrario…” Mi accigliai. “Che cosa potrebbero farsene di prigionieri catturati in un piccolo villaggio di collina? Non possono certo servirsene come ostaggi da scambiare con una proposta di resa…”

Gourry mi lanciò un’occhiata ansiosa. “Truppe che marciavano verso Sailune? Altre? Questo significa che quell’uomo sta radunando rinforzi?”

Annuii, cupa. “Questo non doveva essere un grosso contingente. Forse, una retroguardia lasciata sul confine, e richiamata a sostenere la lotta… o uomini venuti dal regno di Oberon, scelti fra quelli lasciati a presidiarlo mentre lui era lontano… e se così fosse, potrebbe essere anche un buon segno…” Lo fissai. “… forse Oberon sa di non poter concludere l’assedio a suo favore col numero di truppe che attualmente possiede, ed è costretto addirittura a lasciare scoperti i suoi possedimenti, per non soccombere… D’altra parte…” Mi morsi il labbro.”… il discorso muterebbe totalmente se si trattasse di truppe provenienti non da oltre la barriera, ma da regni di questo continente… perché in quest’ultima ipotesi…” Non proseguii… “Un motivo in più per muoverci ad arrivare a Raizerl, e procurarci prima di lui quanti più alleati sarà in nostro potere.” Conclusi, secca. Non avremmo trovato nulla, lì. E non avremmo trovato nulla in qualsiasi altro villaggio avessimo incontrato sulla strada, compresi. Quanto meno non sulla linea di marcia del nemico… mi chiedevo come avrebbe reagito Phil, se si fosse trovato con noi in quel momento…

 

“Quella dev’essere la casa del capo villaggio…” Gourry occhieggiò una piccola villa, ancora quasi completamente in piedi, e di dimensioni superiori alle case comuni che la circondavano… “Forse sono conservati degli annali del villaggio, una cronaca, un diario… qualcosa che possa farci capire che cosa è successo qui…”

“D’accordo.” Approvai. “Allora diamo un’occhiata lì dentro. Ma poi andiamocene di qui.”

L’edificio era organizzato su due piani, l’interno decisamente semplice, ma un tempo probabilmente dotato di una sua dignità. Ora, tavolo e sedie non erano che un mucchio di assi al suolo, i mobili e gli scaffali erano stati rovesciati e depredati di qualsiasi oggetto potessero un tempo sorreggere. Non ci era stato nemmeno necessario aprire la porta. Il colpo di quella che doveva essere stata un’ascia l’aveva prima spaccata in due, poi divelta dai cardini. “Se anche c’era un diario qui dentro, temo che faticheremo a trovarlo…”

“Forse nelle camere da letto…” Azzardò il mio amico. Scale di legno introducevano ad uno stretto soppalco, dove tre porte chiuse, una con una grossa spaccatura al centro, dovevano condurre all’area privata della casa… l’abitazione si esauriva lì, fatta eccezione per la sala, piuttosto ampia, dove ci trovavamo, e per due piccole porticine, anch’esse divelte, che conducevano una alle cucine e l’altra ad un piccolo bagno interno… un vero lusso, supponevo, che gli altri abitanti del villaggio difficilmente avrebbero potuto permettersi…

“Mmm… dato che siamo qui vale la pena di dare un’occhiata.” Annuii, e mi volsi verso il nostro accompagnatore, rimasto sotto lo stipite della porta.

“Rimarrò qui a controllare che non arrivi nessuno.” Spiegò, semplicemente.

Aggrottai le sopracciglia, ma non insistetti. C’era effettivamente bisogno di qualcuno di guardia… ma mi ripromisi di non perderlo d’occhio…

 

“Io penso alla libreria sul soppalco, tu dai un’occhiata alle camere…” Apostrofai il mio amico. Mi dispiaceva fargli fare il grosso del lavoro, ma volevo rimanere in vista della porta di ingresso…

Lo spadaccino non si oppose, comunque, semplicemente si limitò ad annuire… si avvicinò alla porta spaccata, aprendola con facilità e scomparendo all’interno… da parte mia, mi accinsi a sfogliare, con poche aspettative, i tomi impolverati accumulati sul piccolo mobile… ma fui interrotta, ancora prima di cominciare, da una sorta di gemito proveniente dalla stanza che il mio compagno aveva appena iniziato ad esplorare. Ed era proprio a lui che la voce apparteneva.

 

Lasciai immediatamente cadere il libro che avevo afferrato, e mi precipitai verso la porta. “Gourry! Che succede???”

Prima di poter mettere piede nella stanza, fui letteralmente investita dallo spadaccino, che mi afferrò con un braccio per spingermi fuori, e usò l’altro per premere il mio volto contro il suo petto, e oscurarmi la vista. “Non… non guardare Lina… non guardare…”

 

Ma era troppo tardi. La curiosità mi aveva già spinta a divincolarmi e a scostare la testa… per spostare lo sguardo su uno spettacolo che davvero mi sarei volentieri risparmiata…

Al suolo, gli occhi sbarrati, agonizzanti, le membra inerti, c’erano due corpi. Una donna e un bambino. O almeno, questo erano stati… perché ora la carne dei loro corpi era stata completamente divorata, e quello che rimaneva di loro erano praticamente solo i loro volti, ora una maschera di putrefazione. Mi portai una mano alla bocca, assalita dalla nausea… quegli occhi… quegli occhi… per quanto a lungo… per quanto a lungo quelle persone erano rimaste VIVE?

 

Mi aggrappai alla tunica di Gourry con tanta forza che temetti di strapparla. Il mio amico mi spinse fuori, con una gentilezza che in quel momento tuttavia non riuscii ad apprezzare… quasi non mi resi conto che anche Ainos ci aveva raggiunti…

“Ora capisco…” Lo sciamano commentò, imperturbato… “Sono i non morti… sono loro ad essere passati di qui…”

“Capisci…? Capisci COSA???” Per quanto lui non c’entrasse nulla, il mio tono suonava come un’accusa…

“Ricordate le informazioni che avete raccolto? I non morti divorano le loro vittime… chi è solo ‘infettato’ lentamente si trasforma in uno di loro… e chi muore dopo aver subito il loro morso rinasce come uno di loro… ma queste persone erano poche ed i non morti troppi… e la fame di carne vivente non cessa mai, in coloro che hanno sentito scivolare via da sé l’alito della vita… li hanno dilaniati mentre erano ancora vivi, il loro sangue ancora caldo… questi corpi non hanno la minima parvenza di struttura, non c’è più nulla che possa decomporsi e tanto meno che possa rinascere, qui…” Entrò nella stanza, afferrò una coperta di lino, e la depose sui due corpi…

“Ma… ma tutti gli altri abitanti del villaggio…?”

“Hai la fama di essere perspicace, Inverse… e allora ragiona… quei non morti non vagano liberi, ma sotto un comandante che in qualche assurdo modo ha trovato un sistema per dominarli… è plausibile che agiscano non solo a seguito dell’istinto, ma in rapporto a degli ordini… e tu quale ordine impartiresti se avessi in mano la chiave perfetta per crearti un fedele esercito…?”

E allora capii. Capii tutto. Ecco perché non c’erano cadaveri nelle strade. Trasformati, tutti trasformati in non morti. Quel bastardo si stava creando un esercito raccogliendolo fra gli abitanti dei villaggi di Sailune.

 

Le gambe mi tremarono, e fui costretta a lasciarmi sorreggere dallo spadaccino. “Non è possibile…non questo…”

“Eccome se lo è.” Il tono di Ainos era irritantemente indifferente. “Oh, non ovunque, è chiaro… non avrebbe senso crearsi un regno in cui nessun suddito è vivo… solo nei villaggi sulla linea di marcia… il che comporta comunque un consistente aumento delle truppe, con uomini in forze ed in grado di combattere…” Lanciò uno sguardo ai due cadaveri, ora coperti alla vista. “Tutti coloro che si trovavano in strada a difendere la città, insomma… mentre i deboli, rintanati nelle case, potevano essere tranquillamente lasciati in pasto ai non morti, a ricompensa del lavoro da loro svolto…”

 

Deglutii, incapace di rispondere in qualsiasi modo. Ero atterrita, semplicemente atterrita. Sailune sarebbe stata attaccata dai sui stessi abitanti… avrebbero ucciso uomini, trasformato altri in loro simili… forse, proprio loro avrebbero infine abbattuto la resistenza della città. Forse sarebbero stati loro a causare la caduta di Sailune.

‘No, questo non accadrà.’

Ma anche se lo avessimo impedito, nessuno avrebbe riportato in vita quelle centinaia di persone barbaramente assassinate.

 

“Andiamo via di qui.” La voce di Gourry. Lo spadaccino praticamente ci trascinò fuori, e né io né lo sciamano stranamente opponemmo resistenza…

 

Non più una parola fu proferita fino a che non ci accampammo. Era già buio da almeno un paio d’ore quando decidemmo finalmente di fermarci. Il più lontano possibile da quel villaggio dal destino maledetto.

Deviammo dalla vallata e ci addentrammo per un po’ nella boscaglia sul ciglio della montagna, fino ad una piccola radura… lì, avremmo dovuto essere sufficientemente riparati da occhi indiscreti… Dopo qualche discussione, decidemmo di accendere un piccolo fuoco. C’era sempre il rischio di essere individuati, ma per lo meno avrebbe tenuto lontane le bestie selvatiche… e anche qualsiasi altra cosa fosse annidata in quella foresta…

‘Chissà se anche gli abitanti di quel villaggio hanno provato a servirsi del fuoco… Chissà se sono stati proprio loro a provocare inavvertitamente quegli incendi…’

 

Mi abbandonai al suolo vicino alle fiamme, esausta. Non mi ero resa conto di quanto fossi stanca mentre camminavo, ma in quel momento avevo l’impressione che non sarei più stata in grado di sollevarmi da quella dura terra… un mese era stato più che sufficiente a farmi perdere l’abitudine di camminare per lunghi percorsi, e quel giorno non ci eravamo mai fermati, nemmeno per un attimo. Sapevo già che il giorno successivo i miei muscoli sarebbero stati completamente indolenziti… “Ci manca solo che mi vengano delle vesciche e che si infettino… sarebbe un modo veramente stupido per terminare il mio viaggio…” Bofonchiai, massaggiandomi i piedi.

Gourry si sedette accanto a me, rivolgendomi un mezzo sorriso… “Oh, sono certo che sopravviverai…” Commentò, porgendomi un pezzo di carne secca.

Gli feci la lingua, e mi concentrai sul misero cibo. “Questa e un po’ di formaggio… non ci resta molto… speriamo di incontrare qualcuno, domani…”

“Spera che quel qualcuno non ti consideri il SUO pasto…” Ainos ricomparve dalla foresta, dove supponevo si fosse recato per le sue funzioni corporali, reggendo un fazzoletto con delle bacche… “Ho trovato queste. Dovrebbero essere energetiche.”

Lanciai un’occhiata sospettosa alle bacche, e minacciosa a lui… non era la più felice delle battute, in quelle circostanze…

 “Sarà meglio fare dei turni di guardia.” Mi limitai comunque a commentare.

Gourry annuì. “Penso io al primo. Non ho ancora sonno.”

“Mmm.” Approvai. “Poi sveglierai me.” Non ero ancora certa che fosse prudente coinvolgere Ainos nella cosa… “Faremo meglio a dormire, ora… se non troveremo dei cavalli, anche domani ci aspetterà una giornataccia…”

Nessuno replicò, e presi la cosa come un assenso… cercai a tentoni la mia borsa, srotolai il mio giaciglio, e mi ci avvolsi fino a sopra il naso… la mia impressione era stata esatta. I boschi che ci ospitavano erano avvolti dal gelo, quella notte.

 

 

Sognai. Mi trovavo all’interno di una colonna, in marcia. Avevamo appena espugnato una città, e stavamo sfilando per le strade, attorno a noi i volti dei nemici presi prigionieri, solo ombre avvolte dal fumo e dalla polvere. Un frastuono assordante mi circondava, senza che potessi comprenderne la natura. Ma non volevo capire. Camminavo e basta, frastornata, senza nemmeno la cognizione di chi mi stesse accanto. Poi, al termine della strada, avvolta dalla luce delle fiamme, una figura. Ammantata di fuoco, Amelia, vestito regale, i capelli corvini raccolti dietro la nuca, si ergeva di fronte a noi, immobile. Il cuore mi si riempì di sollievo, e volli correrle incontro, per comunicarle della nostra vittoria. Tuttavia, quando feci per staccarmi dalla colonna, qualcosa mi trattenne. Sollevai gli occhi sulla principessa, in cerca di aiuto, e solo allora me ne accorsi.

Le sue guance erano rigate di lacrime.

E allora i volti attorno a me presero a farsi riconoscibili. Abitanti di Sailune, miei conoscenti, insieme a uomini che recavano sulle loro vesti e armi i vessilli del nemico. Riconobbi Zel, riconobbi Philionel, riconobbi generali di Sailune e nemici. Ma non erano quelli di sempre… i loro occhi… nei loro occhi brillava la luce dorata della non vita.

Le loro voci ci avvolsero, lamentose. Chiedendo il nostro sangue, chiedendo ciò che a loro era negato, e che ci rendeva vivi. E allora capii. Non eravamo soldati. Eravamo una colonna di prigionieri.

Mi volsi, in cerca di una via di fuga, ma ancora una volta venni trattenuta. Con frustrazione, cercai la causa della mia immobilità. Un cappio di ferro. Un cappio di ferro era legato attorno al mio collo. Una figura reggeva un estremità di corda ad esso legata, trattenendomi. La riconobbi. Era la donna che quello stesso giorno avevo trovato morta nel villaggio depredato.

‘Morte.’

Fu un semplice sussurro, levato dalle sue labbra putrefatte e senza vita… ma ben presto si mutò in un coro, a cui si unirono cento, mille voci spettrali.

‘Morte, morte, morte…’

Cercai di ritrarmi, inorridita, dalle mille mani ossute che si protraevano per afferrarmi, ma il mio tentativo di fuga era vano. E allora il mio boia arrivò. Gli occhi azzurri ora di un colore cupo, i capelli biondi incrostati di sangue, le guance scavate da fiumi di lacrime silenziose, mi guardò come se non mi riconoscesse. E sollevò la sua lama fiammeggiante.

 

 

Spalancai gli occhi. Attorno a me, non un filo d’erba si muoveva, non un alito di vento scuoteva le fronde degli alberi. Ma i rumori della notte risuonavano comunque, minacciosi, accompagnati, ritmati, dal martellare incessante del mio cuore in petto. Restai immobile per qualche istante, fissando il cielo stellato, avvolta dall’angoscia che sempre attanaglia al buio, dopo un incubo. Il mio respiro lentamente tornò alla normalità, il petto smise di alzarsi ed abbassarsi in modo incontrollato… ma la paura non se ne andò. Non sarei più dannatamente riuscita ad addormentarmi, quella notte…

“Lina… sei sveglia…?” Un lieve bisbiglio, da un punto imprecisato accanto al fuoco morente…

Quella voce mi fece sussultare. Rimasi in silenzio, per un momento, mentre il battito del mio cuore accelerava nuovamente. “Gourry?”

“Ho visto che ti agitavi nel sonno, ma improvvisamente ti sei immobilizzata …”

Facendo leva sui gomiti, mi sollevai a sedere, pur pentendomene immediatamente… lontano dal calore del mio giaciglio, l’aria era fredda, anche se immobile. Soppressi un brivido, e cercai a tentoni la mia coperta, avvolgendomela attorno alle spalle. “Mmm.” Risposi quindi, strofinandomi gli occhi. “Un brutto sogno…”

“Sicuramente questa atmosfera non stimola bei pensieri…” Ebbi l’impressione che mi stesse sorridendo, anche se non riuscivo, nella penombra, a scorgere distintamente il suo volto. “Vieni vicino al fuoco, stai tremando…”

Annuii. In ogni caso, dubitavo che se anche fossi rimasta dov’ero sarei riuscita a riprendere sonno. “Se vuoi, puoi andare a dormire. Tanto comunque io rimarrei qui, sveglia.” Lo apostrofai, mentre prendevo posto accanto a lui.

“Fra un momento.” Rispose, semplicemente. Ed io intimamente lo ringraziai. Per quanto glielo avessi proposto, quella sera non avevo la minima voglia di restare da sola… Mi strinsi nella coperta, e mi rannicchiai al suo fianco. Per qualche minuto, rimanemmo semplicemente così, senza parlare, fissando le fiamme… il calore del fuoco, il calore del suo corpo, il calore del suo silenzio lentamente mi fecero tornare alla calma… ODIAVO fare brutti sogni. Mi ricordava quando ero bambina, i miei genitori lontani per il loro lavoro, le notti buie in una casa semi vuota, e mia sorella che adorava prendermi in giro, e spaventarmi. Mi ricordava quando ero INDIFESA, e costretta dalla mia impotenza ad affidarmi totalmente alle persone che mi circondavano, tutte più abili, tutte più degne di fiducia di me… era stato l’odio per quella sensazione a farmi promettere che sarei diventata forte e non mi sarei mai, mai più affidata a nessun altro, per nessun motivo al mondo… da un estremo all’altro, insomma… e in effetti, la mia vita non era stata il massimo dell’equilibrio dal punto di vista affettivo… bé, o almeno così era stato… fino a quattro anni prima…

“Allora, che ne pensi…?”

Colta di sorpresa, sussultai, risvegliata all’improvviso dai miei pensieri… sollevai lo sguardo verso lo spadaccino, che mi aveva appena rivolto la parola, e mi fissava con aria perplessa. “D… di che parli?”

Lo spadaccino inclinò la testa. “Di lui…” Occhieggiò lo sciamano, apparentemente addormentato, e il suo tono di voce si abbassò. “…che ne pensi…?”

“Oh… ehm…” Lanciai anch’io una breve occhiata al mago steso su un fianco, battendo le palpebre… “Penso…” Sospirai. “… penso che sono sempre più contenta di non averlo lasciato a Sailune… e sempre più nervosa per il fatto di averlo qui…”

Il mio amico mi rivolse un lieve ghigno. “Se è così, allora non lo nascondi molto bene…”

Inarcai un sopracciglio. “Bè, la mia diffidenza tante volte mi ha salvato la vita…”

Lo spadaccino si strinse nelle spalle. “Oh, ma stavolta nemmeno io ho un buon presentimento a suo riguardo…”

Sospirai, mentre una goccia di sudore mi scivolava lungo la guancia. “Non dirlo così tranquillamente…”

“Perché non dovrei essere tranquillo? Sono qui con te, due contro uno, anche se fosse stato lui la volta scorsa ad attaccarti non gli permetterei di piantarti nuovamente una freccia in corpo…”

Mi presi la testa fra le mani, esasperata… “Non è QUESTO il punto…”

“Per ME è esattamente questo. Il resto posso tranquillamente lasciarlo a te, come sempre…”

“Oh, tu…” Sollevai lo sguardo verso di lui. Lo spadaccino vestiva un’espressione divertita. Non potei impedirmi di sorridere a mia volta. “Come sempre.” Tornai a guardare il fuoco, ostentando un’aria indifferente. “Già. In fondo ne abbiamo passate di peggiori. Mentre il tuo cervello fingeva che la cosa non lo riguardasse…”

“Mentre il mio cervello era impegnato a impedirti di distruggere il mondo, vorrai dire…”

Mi volsi verso di lui, con fare minaccioso, e per un momento semplicemente ci squadrammo, lui tranquillo, io indispettita, più per esigenza di personaggio che per reale rabbia…

Venni presto distratta da quella schermaglia visiva, tuttavia… quando notai qualcosa che non gli avevo mai visto indossare prima pendere dal suo collo…

“Ehi, Gourry… cos’è quello?”Al buio non riuscivo scorgere esattamente di cosa si trattasse, ma pareva una specie di pendaglio, senza pietra, formato da un nastro rosso…

Per un momento il mio amico parve restare interdetto, ma si rese velocemente conto di dove il mio sguardo stava ricadendo… “Eh…? Oh!” Afferrò l’oggetto, e con velocità spaventosa lo fece sparire al di sotto del suo mantello. “Nulla… un regalo… da parte di una persona a cui tengo… prima che partissimo…” Era… arrossito?

OVVIAMENTE la risposta non bastò a sedare la mia curiosità… per non dire che la fomentò… “Un regalo… ma chi…?”

Feci per allungare la mano e estrarre nuovamente l’oggetto dal suo mantello, ma la sua mano afferrò la mia, e la fermò. “Te lo mostrerò… lo farò, Lina… non ora, però.”

Stavolta, il mio sguardo si fece davvero indispettito.

 

Oh, non che fossi gelosa, chiaramente…

 

“Non guardarmi a quel modo, Lina…” Lo spadaccino emise una risatina nervosa… “Ti farai venire le rughe prima del tempo…”

“Se non mi sono venute finora, con la tua compagnia…”

La sua mano mi batté sulla testa. “Quanto meno pare che tu ti sia dimenticata del tuo incubo, mmm?”

Battei le palpebre. Era vero. Chiacchierando avevo smesso di pensarci… e, a posteriori, tutto non sembrava così spaventoso come prima…

Sospirai. “A volte sei persino più bravo di me nello sviare il discors…” Mi bloccai, a mezza frase. Un rumore insolito, fra gli alberi attorno a noi. O me lo ero solamente immaginato…?

 

No, me ne resi immediatamente conto. Anche il corpo di Gourry, al mio fianco, era teso, ora…

Ci scambiammo un’occhiata, e lentamente, molto lentamente, ci sollevammo in piedi… il rumore si stava facendo progressivamente più distinto, permettendoci ipotesi riguardo alla sua origine… qualcuno che si stava avvicinando, strisciando nella boscaglia. Non assassini esperti, stavano facendo troppo chiasso per esserlo… ma numerosi, sì… probabilmente TROPPO numerosi, se si trattava di soldati del nemico…

 

Ci ponemmo schiena contro schiena. “Una ventina, Lina…” Sussurrò il mio amico.

Lo sapevo. Purtroppo lo sapevo benissimo… “Non estrarre le armi.” Mi aggrappai alla speranza che non ci riconoscessero. “Forse ci lasceranno stare…”

 

“E allora, che cosa abbiamo qui?” Gli uomini, ora vicinissimi a noi, ma ancora celati dal sottobosco circostante la radura, non si preoccuparono di nascondersi ulteriormente… “Che ci fanno dei viandanti persi nel bosco a quest’ora della notte…?”

Quando l’uomo che aveva parlato apparve alla luce del fuoco, le mie speranze si riaccesero. Alla luce danzante delle fiamme,  la sua figura appariva tutto tranne che quella di un soldato… il suo corpo, forse un tempo muscoloso, ora portava le tracce di un dimagrimento repentino, il volto era scavato, gli occhi rientravano in modo innaturale nelle orbite… non era giovane, ma neppure anziano, e i suoi capelli apparivano precocemente incanutiti… le sue vesti non erano preziose, solamente una armatura di cuoio lacera, ed una sovratunica e un mantello consunti, a protezione dall’aria fredda della notte… solamente la sua spada stonava nell’insieme… un’arma di ottima fattura, per quanto semplice, e apparentemente fresca di forgia… supponevo, il frutto di qualche ruberia…

Fui io a prendere la parola… “Siamo solo dei comuni viaggiatori… non abbiamo interesse a essere coinvolti in faccende che non ci riguardano… se ci lascerete in pace, ce ne andremo per la nostra strada senza recarvi danno…” Con la coda dell’occhio, mi resi conto che anche Ainos si era svegliato… era rimasto immobile, però, all’interno del suo giaciglio, un incantesimo pronto sulle labbra… forse, i nostri assalitori non si erano nemmeno resi conto della sua presenza…

“Singolari, per essere semplici viaggiatori… dato che vi siete messi in allarme appena ci siamo avvicinati…” Fece un passo avanti, e lentamente gli uomini che lo accompagnavano ci circondarono… tutti guerrieri, ma nessuno con l’aspetto di chi si prepara a combattere… quelle persone parevano piuttosto un gruppo di mendicanti che una compagnia di soldati. Ma la cosa non mi portò ad abbassare la guardia. Da chi è disperato, come loro mi apparivano, ci si può aspettare prove di forza impensabili in una situazione normale…

“Il fatto che siamo normali viaggiatori non significa che non sappiamo difenderci…” Avevo steso un velo di minaccia su quelle parole… quella del resto era una situazione a cui ero fin troppo abituata… cominciavo a pensare che in fondo tutto si sarebbe risolto con una mia palla di fuoco… ero stata allarmista nel pensare subito a truppe di Oberon… in fondo, se in tempo di pace le foreste erano infestate da briganti, perché avrei dovuto stupirmi di incontrarne un gruppo durante una guerra sanguinosa come quella…?

“E ditemi…” L’uomo insistette, apparentemente troppo sicuro di sé, o troppo stupido per cogliere quello che le mie parole non troppo velatamente nascondevano… “Ai ‘normali viaggiatori’ capita di divenire i cani dell’invasore? Soppesate bene le parole con cui mi risponderete, perché quello sarà il peso della vostra vita ai miei occhi…”

Normalmente avrei sbuffato, declinato quella battuta come scontata, e risolto la questione con un paio di incantesimi… tuttavia, le sue parole, e il modo in cui erano state pronunciate, accesero un campanello nella mia mente… il linguaggio di quell’uomo mi pareva troppo elevato, per essere quello di un comune bandito da strada… quelli che normalmente incontravo avevano lo stesso vocabolario e la stessa originalità di un rinoceronte dislessico…

“Ma voi… chi siete, voi…?”

“Non hai risposto alla mia domanda, moccioso…”

Sospirai. Se era come pensavo, la ragione voleva che mantenessi la calma… “Noi non siamo alleati dell’invasore…” Decisi di rischiare. “Noi siamo alleati di Sailune. Stiamo portando un messaggio per conto del principe.”

Gourry, al mio fianco, si irrigidì per lo stupore. Persino Ainos, incurante della necessità di rimanere nascosto, si sollevò dal suo giaciglio, fissandomi con occhi pieni di accusa. Finsi di ignorarli. Rivelare la nostra missione a degli sconosciuti era un azzardo, lo sapevo… ma… se le cose stavano come credevo… forse avrebbe potuto aiutarci a risolvere la situazione senza spargimenti di sangue, e anzi tornarci utile in qualche modo… (inutile dire che in quel momento la mia testa andò al cibo che quegli uomini potevano avere in riserva, e il mio stomaco gorgogliò…)

Lo sconosciuto di fronte a me scoppiò in una risata tetra, senza gioia. “Messaggeri di Sailune! Una città sotto assedio! Come ho fatto a non pensarci? Questo bosco ne deve essere pieno! Come di fatine e gnomi, certo!” Il suo volto tornò improvvisamente serio, quasi minaccioso. “Ragazzo, vedi di non provare a prendermi in giro! Non sono disposto a bermi menzogne, sono l’ultima soluzione che puoi adottare per salvarti la vita!”

“Non sto mentendo.” Risposi, con calma. “Voi venite dai villaggi che sono stati saccheggiati, vero…? State cercando di fermare le truppe di Oberon che si avvicinano alla capitale…”

“Sono IO a fare le domande!!!” Lo sconosciuto levò la spada di fronte a sé e la avvicinò al mio collo. Gourry immediatamente fece per reagire, ma un mio gesto lo bloccò. L’uomo gli lanciò uno sguardo pieno di disprezzo. “Che c’è, guerriero? Perché è questo che sei, nonostante tu lo nasconda sotto abiti da mendicante… questo ragazzino ti sta tanto a cuore perché è il tuo piccolo trastullo da letto?”

Avvampai, e a stento mi trattenni dal porre fine a quella conversazione con un Dragon Slave di quelli meglio riusciti. A Gourry, al mio fianco, non sarebbero servite altre parole per attaccare. Unicamente la mia mano, stretta al suo braccio, lo frenò dal caricare…

“Io sono una DONNA…” Replicai, in tono decisamente non più amichevole… “…sono camuffata in questo modo per evitare di essere riconosciuta in caso di cattura. Mi chiamo Lina Inverse. Se siete nemici dell’invasore come affermate, dovreste conoscermi. Anche in passato ho combattuto per Sailune.”

Il volto dello sconosciuto si accigliò. “Lina Inverse, hai detto…?” Mi studiò. “Capelli rossi, esile, poco seno…” Le mie orecchie si fecero volontariamente sorde a questo commento… “…ed estremamente giovane, nonostante le sue capacità… la descrizione potrebbe anche corrispondere… ma in questo momento per quanto ne so quella donna si trova nel palazzo assediato… e tu mi pari tutto fuorché una ragazza… chi mi assicura che si tratti di te?”

Una voce volgare emerse dal gruppo degli uomini che lo accompagnavano. “Perché non le chiedi di farci verificare personalmente che si tratta di una donna??? Mi offro più che volentieri come ‘esaminatore’…” Un coro di risate sguaiate si sollevò a quella affermazione. Una decina di DOLOROSI incantesimi si accavallarono nella mia mente, mentre Gourry senza tanti complimenti lasciò scivolare il braccio via dalla mia mano, per portarlo all’elsa della spada, così repentinamente che non feci in tempo a fermarlo.

Tuttavia, fu la voce del nostro interlocutore a bloccarlo. “FATE SILENZIO!!!” Il suo tono era così rabbioso che fece sussultare entrambi, gelandoci nei nostri movimenti. “Dorack, tappati quella bocca!!! Tappatela, o ci penserà la mia spada, piantata nella tua gola!!!”

L’individuo che prima aveva scherzato parve spaventato… ma sul suo volto anche qualcos’altro emerse a quelle parole… non capivo per quale motivo… ma ai miei occhi appariva come senso di colpa… “Mi… mi dispiace, vecchio… io… io non ci ho pensato…”

“Mai! Tu non pensi mai!” L’uomo tornò a volgersi verso di noi. “In quanto a voi, ne ho abbastanza delle vostre frottole! Siete capitati nel luogo sbagliato, e al momento sbagliato. Non abbiamo altro tempo da perdere, questa notte…” Fece per sollevare la mano, e dare l’ordine di combattere… non ci lasciava scelta. Erano uomini disperati, in fuga, erano uomini che (fugaci pensieri omicidi a parte) non avrei voluto dover uccidere… ma era la loro vita, o la nostra. Decisi di fare solo un ultimo tentativo…

Mi piegai, mi sfilai lo stivale, e glielo lanciai. L’uomo lo afferrò al volo, per evitare che lo colpisse in volto. “Che significa?” Mi domandò, accigliato.

“Lì dentro ci sono le missive che dobbiamo recapitare per conto di Sailune. Recano il sigillo reale. Se non vi fidate della nostra parola, credete ai vostri occhi.”

L’uomo estrasse i fogli, e li squadrò… e si morse il labbro, come se fosse indeciso… “Sembrano autentici…” sollevò lo sguardo. “… ma se davvero sei Lina Inverse, perché non hai cercato di toglierci di mezzo con la tua magia…?” Sospirai. Se aveva bisogno di una dimostrazione…

Sollevai la mano, e, prima che chiunque di loro potesse reagire, richiamai alla mente una formula. Normali Frecce di Ghiaccio, nulla che potesse farci individuare, o recare danno serio alla foresta. Tuttavia, il lato del bosco alla mia destra, al di là delle figure degli uomini che ci circondavano, finì imprigionato in una morsa di gelo, ad un mio semplice gesto.

Mi volsi nuovamente verso il mio interlocutore. “Il fatto che non abbia usato la magia non significa che non ne sia in grado. Non vi ho attaccati semplicemente perché siamo tutti dalla stessa parte. E se gli alleati cominciano ad ostacolarsi a vicenda, allora la guerra è già persa in partenza.”

Lo straniero non pareva ancora convinto. “E allora come avete fatto ad uscire da Sailune…?”

Mi accigliai. “Questo è un segreto della fortezza che non posso rivelarvi.”

L’uomo tacque, per qualche istante, l’espressione accigliata. “Ci seguirete al nostro accampamento.” Concluse. “Voglio fare vedere queste lettere ad un amico, un notaio, che sicuramente, se si tratta di falsi, se ne renderà conto. Se dite la verità, non avrete nulla da temere…”

“Inverse, questa non mi sembra una…” Iniziò Ainos. Lo zittii con un gesto.

“Potete darci dei cavalli? La nostra meta è Raizerl, e i nostri tempi sono limitati. Continuando a piedi non faremo mai in tempo…”

“Avrete cavalli, avrete provviste, e vi indicheremo anche una via per giungere velocemente alla vostra destinazione. Ma prima abbiamo bisogno di conferme.”

Annuii. “Mi sta bene. Ma non accetteremo di essere legati.” Occhieggiai gli altri guerrieri, che ci fissavano con volti poco rassicuranti. “E tu dirai ai tuoi uomini di stare al loro posto…”

 

 

Fu una camminata breve, ma difficile. Risalimmo la fiancata della montagna lungo un percorso ripido, dove ad ogni passo, nel buio, si rischiava di mettere un piede in fallo, e precipitare lungo metri e metri di parete vuota di qualunque cosa se non di rocce e sempreverdi… ero certa che esistessero percorsi più agevoli verso la cima, ma forse erano più esposti… o forse semplicemente i nostri accompagnatori si muovevano con l’intenzione di farci perdere il senso dell’orientamento…

Quando ormai le mie gambe, indolenzite per la camminata della giornata precedente, avevano preso a vacillare, minacciando ad ogni passo di abbandonarmi, giungemmo in vista di una serie di deboli ma numerose luci… pressoché sulla cima della montagna, al riparo di una grande rientranza nella roccia e di un fitto intrico di vegetazione, una specie di piccolo villaggio si accerchiava attorno a un gruppo di piccoli falò, accesi per la difesa e la cucina… rifugi costruiti con mezzi di fortuna erano difesi da barricate di rocce e terra battuta, in quello che aveva tutto l’aspetto di uno strano connubio fra un accampamento militare ed un centro abitato… Nonostante ormai il sole fosse calato da diverse ore, il luogo era un formicaio di donne addette alla conservazione delle fiamme, uomini di guardia, bambini intenti ad affilare armi… le vesti erano lacere, gli sguardi stanchi, ma con una qualche determinazione, nascosta dall’ombra dello sfinimento, e di occhiaie accumulate in troppe notti di sonno perdute… nessuno si esimeva dal lavoro, nessuno mancava di contribuire alla sopravvivenza di quella piccola comunità… ero stupita…

 

L’uomo che ci aveva guidati, il cui nome ci era ancora ignoto, fece un cenno ad una delle guardie a difesa delle barricate.

“Serata tranquilla?” Rispose quello, con un cenno annoiato del capo.

“Diciamo di sì…” Replicò in tono sbrigativo il nostro accompagnatore. Quindi accennò a noi con un gesto della mano. “Queste tre persone saranno nostri ospiti… OSPITI, sono stato chiaro?” La sua voce aveva l’impostazione perentoria di un ordine… “Portali nella mia tenda, e fai avere loro qualcosa da mangiare… rimani tu con loro… io vi raggiungerò fra poco.” Fece per andarsene, ma all’improvviso si bloccò, tornando a volgersi verso la guardia. “Mia moglie…?”

La guardia tacque per un istante, quindi sospirò. “Al torrente. Carulan la sta aiutando a lavarsi… finché sei stato via non ha voluto toccare cibo…”

Ebbi l’impressione di cogliere un barlume di amarezza nel volto dell’uomo, ma immediatamente i suoi lineamenti tornarono ad indurirsi. “Passerò a recuperarla io… ma devo prima scambiare due parole col ‘Maestro’…”

La guardia annuì. “Ti aspetto alla tenda…”

Con modi bruschi, ci spinse a seguirlo nel cuore del piccolo accampamento. Sguardi interrogativi si posarono su di noi al nostro passaggio, ma nessuno si intromise per fare domande… l’uomo rivolse ordini ad un gruppo di donne accanto un fuoco al centro dell’abitato, affinché ci venisse servito qualcosa da mangiare… quindi, ci sospinse all’interno di una tenda militare, che recava all’entrata uno stemma con un cinghiale in campo viola… cercai di scorrere nella memoria per capire se conoscessi quel vessillo, ma la mia mente non collaborò… ero troppo stanca per riflettere, e l’odore di carne arrostita che si spandeva nell’aria attorno all’alloggio era più che sufficiente a guidare il mio cervello verso ben altri pensieri…

 

“Potete anche sedervi… Leonard ci raggiungerà fra poco…” Sedersi… quanto appariva dolce quella parola alle mie orecchie… La guardia non si prese la briga di farci accomodare verso il tavolo e le sedie, ma per quanto mi riguardava non ce n’era alcun bisogno. Mi avvicinai, e mi lasciai cadere sulla prima seggiola in legno che incontrai sul mio cammino. Ainos si strinse nelle spalle e si appoggiò ad uno sgabello poco lontano da me, e anche Gourry ci imitò, guardingo. Da quando ci eravamo introdotti nell’accampamento non aveva mai allontanato la mano dalla spada…

 

Dopo qualche istante di silenzio, mi stancai di quella atmosfera tesa… dato che in qualche modo avremmo dovuto collaborare, tanto valeva cercare di fare un po’ di conversazione…

“E allora… come siete finiti qui, voi tutti?”

La guardia mi lanciò un’occhiata poco amichevole… “Secondo te, ragazzo?” Si strinse nelle spalle. “La nostra città è stata attaccata, ma eravamo pronti. E siamo riusciti a scappare… ” Sputò al suolo. “Ringraziamo il cielo che il conte Leonard era al castello, e per malattia non aveva potuto raggiungere la capitale. Senza di lui a dirigere la resistenza, e a predisporre la fuga, ce la saremmo cavata molto peggio. Almeno così qualcuno è sopravvissuto…”

Mi accigliai. “Siete riusciti a sfuggire ai non morti?”

“Quali non morti?” La guardia mi lanciò uno sguardo truce. “Gli uomini che ci hanno attaccati erano più che vivi. Te lo dice uno che ha visto scorrere il loro sangue sulla propria lama…” Batté lievemente la mano sul fodero di quello che appariva come uno scramasax…

Vivi… quindi non erano solo truppe di non morti quelle in moto per Sailune… la cosa non mi piaceva per nulla…

Non ebbi modo di fare altre domande, però. La cena venne recata in tavola, e per un po’ fui impegnata in ben altro che soddisfare la mia curiosità… Carne arrostita, una zuppa densa ricavata da erbe di sottobosco con pezzi di pane abbrustolito all’interno, persino una caraffa di vino annacquato, addolcito col miele… probabilmente, tutto cibo che si erano procurati sul luogo, o che erano riusciti a portare con sé dalle riserve del castello, durante la loro fuga… erano stati fin troppo generosi per delle persone che ancora non erano nemmeno state scartate dalla lista dei nemici… Odorai attentamente ogni portata, prima di assaggiarla… non aveva senso arrivare fin lì per poi farsi avvelenare da un gruppo di uomini in fuga, nel bel mezzo di una foresta…

 

Fu mentre eravamo impegnati a divorare la carne che il nostro ospite fece il suo ingresso nella tenda… al suo braccio c’era una figura esile e slanciata di donna, che un tempo doveva essere apparsa di una bellezza regale… i capelli colore del miele, gli occhi chiari, avvolta in semplici ma eleganti vesti di lino, avanzava in modo in qualche modo nobile… ma anche il suo viso recava segni di sofferenza, ora, come quello di chiunque avessi incontrato, all’interno di quell’accampamento. Ed era il suo sguardo a turbarmi più di tutti… completamente, assurdamente inespressivo… come quello di chi non si rende nemmeno conto di quanto sta avvenendo attorno a lui…

Con una dolcezza di cui non lo avrei creduto capace, l’uomo chiamato Leonard la fece accomodare in una poltroncina a lato della tenda, e le sistemò un cuscino dietro la schiena, sussurrandole qualcosa in tono gentile… la donna che doveva essere sua moglie, però, non ebbe la minima reazione… fu come se un semplice alito di vento le avesse sibilato accanto. L’uomo sospirò, e la abbandonò lì adagiata, per avvicinarsi a noi…

Mi si pose di fronte, e mi porse le lettere, il sigillo intatto. “Mi è stato confermato che non mentivate. Mi dispiace per il trattamento che vi abbiamo riservato. Ma dovete capire che in questa situazione è l’unico modo per proteggerci.”

Annuii. “Lo so. Ed è per il nostro stesso motivo che voi lottate, e per questo vi comprendiamo. Non parliamone più.” Agitai la mano, in un gesto noncurante. Al mio fianco, avvertii anche Gourry rilassarsi. Evidentemente, a tutti era chiaro che la minaccia era terminata…

L’uomo mi rivolse un debole sorriso. “Per il resto della notte potete restare come ospiti qui, e riposarvi. Credo che una notte di sonno tranquillo farà bene a tutti… Domattina vi daremo i cavalli più veloci che possediamo… se seguirete i sentieri alla base delle montagne del confine viaggerete sicuri, e arriverete a Raizerl in meno di una settimana.”

Gli sorrisi, a mia volta. “Ti ringrazio. Quando tutto questo sarà finito, Philionel saprà dell’aiuto che ci avete dato…”

Il sorriso di Leonard assunse una sfumatura amara… “Mi basta che tutto questo finisca in fretta… nessun titolo mi ridarà quanto a causa di questa guerra ho gia perduto…” Lanciò un’occhiata alla moglie, quindi tornò a posare lo sguardo su di noi… “…e anche il principe dopo la guerra avrà i suoi grattacapi da affrontare… io rimango fedele al mio sovrano, ma fra alcuni degli uomini rimasti senza casa e famiglia, nel mio ed in altri gruppi, comincia a serpeggiare l’idea che se Philionel fosse stato più conciliante tutto questo si sarebbe potuto evitare… molti ritengono che in fondo non importi chi li governa, e che conti di più il mantenimento della pace…”

Gourry, al mio fianco, si incupì… “Ma sono stati Philionel, e i suoi predecessori prima di lui, a garantire questa pace e questa prosperità…”

Il conte si strinse nelle spalle. “Io questo lo so, guerriero… ma non tutti ricordano le valorose gesta degli avi di Philionel, o la saggezza di Eldoran… quello che tutti hanno bene in mente è che la loro casa è stata spazzata via da un’orda di guerrieri in marcia per spezzare la resistenza della capitale…”

Mi morsi il labbro. “Molte città hanno subito la vostra sorte, vero…?”

“Città, villaggi, qualunque cosa si trovasse sulla linea di marcia delle truppe nemiche, formate da soldati o da non morti che fossero…” Il conte raccolse una coperta da un angolo e la ripulì dalla polvere, per andare a porla sulle spalle della moglie… la donna non ebbe alcuna reazione, semplicemente continuò a fissare il vuoto, di fronte a sé… “Noi abbiamo avuto la fortuna di essere stati avvisati… un uccello messaggero, venuto da una città vicina… per questo avevo inviato un gruppo di civili a rifugiarsi sulle montagne, portando con sé delle vettovaglie… ho tenuto con me tutti gli uomini validi per difendere la città, e le donne in salute che potessero aiutarci nella gestione del castello durante l’assedio…” Il suo tono si tinse di un’amarezza indicibile… “Ma non c’è stato nessun assedio. Avevamo pensato di poter resistere, di poter almeno rallentare la loro marcia verso la capitale, trattandosi di truppe umane… ma non ci è voluta nemmeno mezza giornata perché ci espugnassero… molti soldati sono morti, noi stessi siamo riusciti a sfuggire a stento… ci hanno catturati fuori dalle mura, hanno preso mia figlia, l’hanno violentata e uccisa, davanti ai nostri occhi… avrebbero fatto lo stesso anche con mia moglie, se non avessi perso la testa… non so nemmeno come mi è stato possibile liberarmi, ricordo solo che i miei soldati mi hanno trascinato via a forza, mentre infierivo sui loro corpi, con una delle loro spade…” Lanciò un’occhiata al fodero che gli pendeva dal fianco, e i suoi pugni si strinsero… “Ho giurato che ne avrei uccisi altri, con questa spada… tutti i bastardi servi del nemico che fossero capitati sulla mia strada… per questo abbiamo organizzato questo accampamento, per resistere, con azioni di brigantaggio…” Occhieggiò la moglie, con tristezza… “Lyra però… lei non ha resistito allo shock… è da quando nostra figlia è stata uccisa che non ha aperto bocca…” Accarezzò la guancia della moglie, con tenerezza… “Lyra… queste persone sono qui per aiutarci… Anya sarà vendicata, vedrai…” La donna non emise più di un gemito sordo, e non mutò espressione… l’uomo non poté fare altro che allontanare le dita…

Tacqui, non sapendo come commentare… ecco perché la battuta del suo compagno, prima, doveva essere suonata così fuori luogo…

“Mia moglie ha bisogno di riposo, ora…” L’uomo sospirò, stanco. “E anche voi. Il mio uomo vi accompagnerà in una tenda dove potrete dormire… domattina, troverete tutto predisposto per la vostra partenza.”

Ci allontanammo, senza pronunciare una parola. Ripensare agli occhi della moglie del conte Leonard mi riempiva di un disagio che non ero del tutto in grado di definire, ma che decisamente mi toglieva la voglia di fare conversazione…

 

Venimmo lasciati in un’altra tenda, piuttosto ampia, dove erano stati disposti tre pagliericci… in un angolo, un catino colmo di acqua e un panno a testa, per ripulirci dalla polvere e dal sudore accumulati lungo la marcia… Ci sistemammo in silenzio, e quando finalmente fummo pronti a coricarci la mezzanotte doveva essere passata da un pezzo.

Mi abbandonai sul giaciglio. Ero stremata, dalla camminata e da ciò che avevo visto e sentito… le tempie mi pulsavano, e i miei sensi erano annebbiati… forse effettivamente non era stata un’ottima idea quella di partire prima di essermi completamente ripresa…

Gourry mi si avvicinò, sedendosi sul pagliericcio accanto al mio… “Tutto bene, Lina…?” Mi bisbigliò, sfilandosi i guanti…

“Mmm. Sono solo stanca…” Tagliai corto… Gourry tendeva a diventare un tantino pressante, quando si preoccupava…

Mi fissò per qualche istante, come per accertarsi che stessi dicendo la verità… quindi, abbassò lo sguardo, gli occhi accigliati… “Questo… tutto questo… sta diventando peggiore di quanto ci aspettassimo…” Sospirò e il suo tono di voce si incupì. “Io non lo so cosa farei se mi capitasse quello che è accaduto a quell’uomo… forse impazzirei…”

Gli strinsi il braccio con la mano. “Non succederà. Non succederà di nuovo, a nessuno..” Il tono della mia voce era determinato. “A costo di giocarmici la reputazione, lo impediremo, e fermeremo questa dannata guerra…” 

Sospirò. Quindi, le sue labbra si allargarono un debole sorriso.“Non credo che tu abbia poi ancora molto da giocarti…” Ehi, ehi, che vorresti dire…? “Ma sei stata abile, stasera, evitando di attaccare quegli uomini alla prima provocazione.” Sogghignò. “Potrei quasi definirti saggia, se non fosse per la tua tendenza un po’ perversa a lanciare incantesimi sovradimensionati…”

Gli mostrai la lingua. “Mi STUPISCO che tu sappia cosa significa ‘sovradimensionato’.” Sbottai. “Io sono SEMPRE saggia. E modero SEMPRE i miei incantesimi… è una TUA opinione distorta che io abbia bisogno di te per frenare i miei istinti distruttivi…”

Lo spadaccino vestì un sorriso noncurante, e mi batté la mano sulla testa. “Oh, anche se un giorno smetterai davvero di lanciare Dragon Slave ad ogni movimento di foglia –cosa su cui ho comunque qualche dubbio- ci saranno sempre le bande di banditi da proteggere dall’estinzione… come vedi, HAI bisogno di me, per un motivo o per l’altro…”

Sospirai, scuotendo la testa. “Immagino di sì…” Mascherai un sorriso. “E ora andiamocene a dormire, prima che la mia testa decida di scoppiare. Domani ci aspetta una marcia serrata.”

Gourry annuì, ed imitammo lo sciamano, che già sonnecchiava, avvolto nella sua coperta…

Mi rannicchiai nel tepore del giaciglio, e serrai gli occhi, vuotando la mente e cercando di allontanare gli incubi. Forse, una notte di sonno tranquillo avrebbe dissipato le ombre che quella poco felice giornata aveva accumulato… 

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Era ormai nota come ‘La torre di Eldoran’

Dunque… urge una piccola spiegazione al capitolo che segue… Finora avevo sempre narrato usando la prima persona di Lina, ma dato che in questa storia si intrecciano le storie di diversi personaggi che agiscono in ‘separata sede’, ho deciso di moltiplicare le prospettive, e dedicare capitoli alternati a diversi gruppi di personaggi… solo che, forse perché non sono molto abituata a scrivere dal punto di vista degli altri personaggi, mentre scrivevo mi è venuto naturale usare la terza persona…^^’ Me ne sono resa conto solo a metà capitolo, e stavo pensando di tornare indietro a correggere, ma poi ho pensato che in fondo è solo una fic, scritta per puro divertimento, e dato che i miei impulsi scrittori mi portavano in quella direzione, potevo anche continuare così…^^’’’ Spero che l’alternanza fra prima e terza persona non risulti troppo innaturale e schizofrenica…XD Comunque, ecco il capitolo su Sailune, seguirà a ruota quello su Lina e Gourry.

Come sempre, commenti e critiche sono graditi. ^^

 

 

Era ormai nota come ‘La torre di Eldoran’.

Era lì che suo nonno aveva sempre amato rifugiarsi, quando cercava il conforto della lettura, o anelava alla tranquillità necessaria ad una decisione importante… un tempo era stata la sede di una delle più imponenti biblioteche di tutto il continente… ora, l’immenso sapere che aveva contenuto era stato distribuito fra le centinaia di grandi e piccole biblioteche della capitale, per lasciare spazio agli anni del meritato riposo di colui che veniva ricordato come uno dei più grandi sovrani della storia del Reame.

Eldoran ormai non parlava più. Era da alcuni anni che la sua mente era imprigionata in quella sorta di fanciullesca incoscienza da cui, dopo la caduta dai gradini della torre, si era sempre rifiutato di uscire… i medici di corte continuamente lo monitoravano, e lo curavano come un bambino… ma era chiaro a tutti che il sovrano che aveva reso grande Sailune stava lasciando scivolare fra le dita gli ultimi aliti della sua lunga vita…

‘E in questo modo… in un castello assediato…’

 

Anche alla principessa piaceva rifugiarsi lì, di tanto in tanto… il nonno non poteva più comprenderla, ma le piaceva fingere per brevi momenti di essere tornata a quando era bambina, alle loro lunghe conversazioni in quel luogo, la luce del tramonto che filtrava dalle tende, ed Eldoran sulla sua poltrona, gli occhi stretti a causa dell’oscurità avvolti in una fitta ragnatela di rughe… Eldoran che le raccontava della storia del castello, dei sovrani che lo avevano retto, del modo in cui Cheipied si affidava alla loro azione per regolare con Giustizia i destini degli esseri umani… diversamente dal padre, suo nonno non le aveva mai dispensato affetto, solo saggezza… il suo aspetto austero, l’aria grave, che sempre lo accompagnavano quando la sua mente era ancora lucida, la avevano persino un po’spaventata, da piccola… ma ora non poteva che ricordare con tenerezza quei momenti, in cui tutto era dolce, e semplice… e cercare di riviverli, anche solo nei suoi ricordi…

Lanciò un’occhiata alle profonde aperture nelle pareti, lasciate aperte per permettere all’aria di fine estate di penetrare nella stanze, ristorando il sovrano… dalle finestre della torre si dominava l’intero palazzo… gli ampi cortili, dove i servitori si affrettavano nelle loro faccende e i bambini si rincorrevano, fingendosi cavalieri… gli addestramenti dei soldati, che facevano cozzare le loro lame contro scudi ed armature, sotto gli occhi attenti dell’ormai troppo anziano maestro d’armi… lo stormire del vento fra le fronde del parco sacro attorno al tempio di Ceiphied, i giardini di rose bianche, e i merli, e gli spalti, che si aprivano a perdita d’occhio su un mosaico di palazzi bianchi, mercati, officine e fonderie… e colline cosparse di ulivi, e vigneti, campi prosperi ricolmi di alberi traboccanti frutti, e foreste ricche di selvaggina… quella era la sua casa. Era il suo regno, il suo orgoglio. Ma ora tutto si stava lentamente sgretolando. Terra bruciata, ecco cosa avrebbe visto se si fosse avvicinata ora a quella finestra… ma non ce la faceva, non sarebbe riuscita a sopportarlo.

 

Con gentilezza, rimboccò le coperte del nonno, che aveva preso ad agitarsi nel sonno. In fondo, quell’incoscienza lo proteggeva… tutti ricordavano Eldoran come un uomo duro, grave, inflessibile. Ma Amelia sapeva quanto visceralmente amasse quella terra, in cui si era sempre sforzato di mantenere l’armonia, e la pace… Ricordava molto poco della morte di sua madre… ma ricordava di avere passato lunghi periodi in compagnia del nonno, a quell’epoca… ricordava l’amarezza nei suoi occhi, ricordava quei rari momenti di tenerezza in cui le spiegava che no, non poteva ancora vedere papà, perché papà stava male, da quando sia la mamma che Gracia se n’erano andate…

Era solo per lei e per Gracia, per la sola famiglia che gli era rimasta, che Philionel alla fine si era ripreso… ma poi c’erano stati Randy, e Alfred… e ora… ora questo…

‘Tu è papà, mi avete sempre detto che tutto avviene per una ragione, nonno… ma dov’è la giustizia in tutto questo…? Non abbiamo mai fatto nulla di male… Io non capisco… non capisco…’

Strinse le labbra, e si impose di non piangere. Non poteva permetterselo. Era la principessa reale, e doveva essere forte. Se non lo fosse stata lei, con che coraggio avrebbe potuto chiedere al suo popolo di sopportare le ben peggiori tribolazioni che stava attraversando?

Ma lei sentiva di non essere forte, non a sufficienza… in quei pochi giorni non aveva fatto altro che rimproverarsi per aver lasciato che Lina e Gourry partissero… per lei, lo stavano facendo per lei, questo lo sapeva benissimo… ma si poneva a rischio la sicurezza dell’intero regno, per un suo capriccio, per la sua reticenza a sposare…

‘…un mostro.’

Aveva provato ad immaginarsi al suo fianco. Ci aveva provato con tutta se stessa. Ma il solo pensiero di sedere sul trono insieme all’uomo che aveva usurpato il suo regno le dava il voltastomaco…

‘Dovrei rinnegare tutto quello in cui credo… dovrei dargli un erede, dovrei imparare a conviverci… ad amarlo… Come potrei farlo? Come possono chiedermi di farlo?’

Eppure, avrebbe potuto essere la scelta più saggia. I combattimenti erano stati interrotti e suo padre era riuscito ad intavolare delle trattative, ma la pazienza di Oberon sembrava sul punto di esaurirsi… non sembrava voler transigere su quel matrimonio e sulle sue condizioni, al contrario di quanto avevano sperato non si stava piegando… presto avrebbe compreso che Sailune non aveva intenzione di fare concessioni… e a quel punto, se Lina e Gourry avessero fallito… se davvero truppe alleate dell’invasore fossero state in marcia verso la capitale…

‘Sarebbe un massacro. E sarebbe anche colpa mia.’

Si ripeteva che doveva avere fiducia in Lina… che la sua amica si sarebbe arrabbiata moltissimo, e a ragione, se lei ora fosse scesa in Concilio, convincendo suo padre e gli altri alla resa, dopo che lei aveva messo a repentaglio la propria vita per cercare di salvare il trono… che non sarebbe stato da lei arrendersi a un nemico che reclamava ingiustamente quello che i suoi antenati avevano faticosamente costruito, che gli abitanti di Sailune e i regni vicini non lo avrebbero accettato, e sarebbe scoppiata una guerra ancora più cruenta…

Cercava di convincersene… ma temeva che in realtà tutto ciò che la teneva incollata a quella sedia fosse codardia… ‘Mio padre mi ama troppo per concedermi in matrimonio a quell’uomo dopo che ho reagito in quel modo alla proposta… quanto ho approfittato di questo…? Forse… forse se avessi finto di accettare lui non avrebbe accettato la proposta di Lina… forse lo ha fatto solo per me…’ Strinse la coperta del nonno, attanagliata dal senso di colpa… Non la sua felicità, e nemmeno i suoi principi, nulla valeva quanto la sicurezza degli abitanti di Sailune… nonostante questo… nonostante questo… 

 

Un bussare lieve alla porta la distolse dai suoi pensieri.

“Amelia… è ora di scendere… tuo padre voleva parlarti dopo il Concilio…”

Il volto della chimera fece capolino dalla massiccia porta in cedro che costituiva l’ingresso ai quartieri del nonno… la principessa gli lanciò uno sguardo vacuo… “Già… lo stavo quasi dimenticando…” Si sollevò in piedi, e si sistemò alla meglio le vesti. Suo padre le era parso nervoso, quel giorno… colpa di nuove missive dall’accampamento nemico… temeva al pensiero di cosa avrebbe potuto dirle… ma non c’era niente da fare… non poteva sotterrare per sempre la testa nel terreno di fronte alle sue responsabilità…

Sollevò lo sguardo, cercando di apparire convinta, e sicura. Zelgadiss, la attendeva vicino alla porta, in silenzio, come sempre… La chimera non era stata particolarmente loquace in quei giorni, ma a questo era abituata da tempo… ciò a cui non era avvezza era la sua presenza costante… in quei giorni la chimera era stata una specie di ombra, costantemente al suo fianco… ne era rimasta stupita, all’inizio… Zel non era una persona costante, non era assolutamente il tipo da cui ci si sarebbe potuto aspettare un atteggiamento come quello di Gourry nei confronti di Lina… anche quando si erano parlati, dopo la caduta di Darkstar, anche quando gli aveva donato il suo braccialetto era consapevole che sarebbe sempre stata lei fra i due la persona affidabile, la persona che avrebbe aspettato. E lo aveva accettato. A fatica, con amarezza, ma lo aveva accettato.

Nonostante questo, in quei pochi giorni, da quando Lina e Gourry li avevano lasciati, lui c’era sempre stato. Da un lato provava gratitudine per questo… ma dall’altro…

Sospirò. “Sembri stanco, Zel… da quando Lina e Gourry sono partiti l’atmosfera a palazzo sembra addirittura più pesante, no…?”

La chimera si strinse nelle spalle. “Suppongo di poter sopportare… sarà solo questione di giorni, ormai… staranno per arrivare a Raizerl…”

La principessa si incupì. “SE ci arriveranno…”

La chimera apparve perplessa. “Strano… Questo tipo di discorsi non ti si addice…” Commentò, in tono piatto…

La principessa si strinse la braccia attorno al corpo. “Questa intera situazione non mi si addice. Ma anche parlandone la cosa non si risolve.” Fece per superarlo, e imboccare il corridoio che conduceva alla rampa di scale, ma la mano della chimera, afferrata al suo braccio, la bloccò. “Amelia…?” Il tono di Zelgadiss sembrava interdetto. In qualche modo, la cosa la irritò. Perché anche lei non poteva essere arrabbiata, o triste? Perché tutti davano per scontato che fosse sempre lei a risollevare il morale del gruppo? Tutti, e LUI… lui in particolare… sempre così concentrato su se stesso…

“Sto bene. Sono solo stanca, anch’io.” Senza guardarlo, cercò di liberarsi dalla sua stretta.

“Ce la faranno.”

Amelia si volse, stupita dalla determinazione del suo tono. “Eh…?”

Il volto di Zel era serio, ma c’era qualcosa nel suo sguardo, una gentilezza che raramente gli aveva visto vestire. “Ce la faranno. Non pensare diversamente, Amelia. Non pensarlo, o sarà l’inizio della fine…” Arrivò addirittura ad abbozzare un sorriso. “E non solo perché Lina ti ucciderà, al suo ritorno…”

La principessa lo fissò per un momento, in silenzio. Improvvisamente, non sapeva cosa rispondergli. Cosa si aspettava che dicesse…? Con Zel, c’era sempre il rischio di ottenere una reazione non desiderata… “Zel… Zelgadiss…” Si risolse infine, con un sospiro… “…non c’è bisogno che tu ti senta in obbligo di consolarmi… solo perché Lina non è qui a farlo al tuo posto…” Il suo voleva essere un modo gentile per toglierlo dall’imbarazzo, ma a giudicare dall’espressione del suo viso, le sue parole erano state ancora una volta sbagliate. La chimera tacque, per un istante. E poi sarebbe arrivata. La replica fredda. Che altro poteva aspettarsi?

“Tu mi piaci proprio per la tua spensieratezza, Amelia.” Il suo stupore non superava quello di colui che aveva pronunciato quelle parole, a giudicare dal suo sguardo. Lo sguardo di chi non stava parlando intenzionalmente… ma semplicemente lasciava che le parole scivolassero dalle sue labbra… “Certo, spesso è ingenua, per non dire stupida e avventata.” Riprese la chimera, arrossendo lievemente, e con l’aria di chi stava cercando di instillare freddezza nella  sua voce. “Ma tu almeno hai delle convinzioni, che porti avanti ad ogni costo, che sono la tua forza. Tu sei una persona limpida. Non lasciare che tutto questo ti contamini. Almeno tu… continua ad avere speranza… Non farti inaridire da tutto questo… d’accordo…?”

Avrebbe voluto rispondere. Avrebbe voluto. Ma la sua gola era stretta in una trappola amara. “Io…” ‘Io non voglio piangere.’ Ma non ci riuscì. Prima che potesse impedirlo, lacrime silenziose presero a scenderle lungo le guance. “… mi… mi dispiace…” ‘Voglio essere forte… vorrei esserlo…’ Da quanto… tratteneva quelle lacrime…?

Zelgadiss non disse nulla. Semplicemente, si avvicinò, e le fece scorrere un braccio attorno alle spalle. La principessa sussultò, colta tanto di sorpresa da irrigidirsi. Non era abituata al tocco della chimera. Non pensava potesse essere così… caldo…

Gli rivolse uno sguardo stupito, ma la chimera si limitò a distogliere lo sguardo, evidentemente imbarazzato, pur senza allontanarsi.

La principessa non riuscì più a resistere. Strinse la sua tunica con tutte le forze, abbandonandosi ai singhiozzi. Non avrebbe mai pensato di potersi lasciare andare a quel modo, non con lui… ‘Perché ora…?’ Erano cambiate molte cose, fra loro, in quattro anni… nonostante questo, lui non era mai stato… non era mai stato… ‘Ti ho aspettato per quattro anni… perché ora? Perché devi avvicinarti così tanto a me ora… che tutto sta per finire…?’

Non poteva lasciare che le cose andassero male… non ora…

 

Un suono lugubre, profondo.

 

Si irrigidì, all’improvviso. Cos’era stato? Se l’era immaginato? Una allucinazione, uno scherzo della stanchezza…

Ma no, non era così. Anche il corpo della chimera si era irrigidito.

 

Ed eccolo, di nuovo.

 

“E’ il corno da guerra di tuo padre!” Sibilò Zelgadiss, fra i denti.

La principessa si scostò da lui, improvvisamente allarmata. “Cosa… cosa sta succedendo?”

 

“Principessa!!!” Il suono di numerosi piedi in corsa risuonò improvvisamente dalla tromba delle scale. Un gruppo di guardie emerse dall’oscurità dei piani inferiori, ansanti, i volti paonazzi. “Principessa, siamo stati attaccati!!!”

 

Amelia per un momento pensò di non avere compreso bene… non era possibile, ormai da giorni era in atto una tregua… ed era sera, i combattimenti non potevano riprendere ora… Si asciugò gli occhi e si staccò completamente da Zel, sperando che nessuno avesse notato le sue lacrime. “Co… cosa?”

 

“Oberon ha interrotto la tregua! Senza dire nulla! Avevamo delle sentinelle ovviamente, non ci ha colti totalmente di sorpresa, ma… sembrano di più… TROPPI di più, ora! E hanno un ariete! E’… è immenso!!!”

“Dannazione!” Imprecando, Zelgadiss si lanciò nella stanza di Eldoran, senza rispetto per il riposo dell’anziano sovrano… le finestre erano ancora spalancate, offrendo ampia visuale su uno spettacolo agghiacciante… Amelia quasi mancò, quando gettò lo sguardo oltre le sue spalle, per osservare le file del nemico, che ora si dispiegavano ben oltre quella che fino a un giorno prima era stata la loro retroguardia… e vicino al grande portale che costituiva l’accesso alla prima cerchia di mura, torreggiava un carro assurdamente grande, su cui giaceva un ariete delle dimensioni di un gigante. Ci volevano almeno trenta uomini per trascinarlo… Amelia si chiese come potessero anche solo pensare di sollevarlo per tentare di sfondare il legno massiccio dell’ingresso… ma sapeva perfettamente che al di là della barriera, pur in mancanza di abilità magiche sviluppate come sul loro continente, i progressi della tecnologia umana erano stati molto più avanzati… non dubitava che avrebbero escogitato un modo…

“Come… come…” Il fiato le si bloccò in gola…

“Quei bastardi devono avere passato tutto questo tempo a costruirlo! Tutto il periodo della tregua!” Zel sembrava non vederci più dalla rabbia, un altro lato della sua personalità che raramente mostrava… “Non hanno mai avuto intenzione di trattare! Mai!”

 

Amelia si volse verso e guardie, il cuore che le rimbalzava in petto. “Mio padre… dove…”

“Sulle mura.” Rispose un cavaliere anziano, un Larret, l’insegna sbiadita sul suo petto recante l’anatra verde simbolo della sua casa… “Principessa, dovete venire con noi. Vostro padre mi ha ordinato di condurvi immediatamente al sicuro nella fortezza più interna del palazzo.”

Ad Amelia il suono di quelle parole non piacque. Suo padre le aveva sempre permesso di combattere al suo fianco, sulle mura. Se ora la mandava a rintanarsi come un coniglio nei meandri del castello, significava che qualcosa era cambiato…

 

…significava che stavolta suo padre non era certo che Sailune reggesse all’assalto…

 

Il panico la colse, all’improvviso. “Voglio vedere mio padre.” Dichiarò. “Voglio combattere con lui. Non è giusto che io scappi, mentre i miei sudditi lottano per me.” Non era una bugia, nessuno avrebbe potuto accusarla di questo… ma non era nemmeno la totale verità… ciò che voleva era suo padre al suo fianco. Ora. Più di ogni altra cosa. La paura la attanagliava, voleva il suo conforto… Voleva essere certa di rivederlo, prima… prima di…

“No, Amelia.” La mano di Zelgadiss ancora una volta le artigliò il braccio. “Se tuo padre ha detto di rifugiarti nella torre significa che è quello che è meglio per te. Significa che la tua presenza sulle mura non cambierebbe nulla.”

Improvvisamente, desiderò mettersi a gridargli contro. Per il suo tono calmo, per la sua freddezza. Per il suo maledetto avere ragione. “COME puoi dire questo???” Per il suo ricordarle la sua impotenza in un momento del genere… “Come faccio a starmene al sicuro mentre le persone che amo muoiono???” Sempre così, era sempre stato così, in tutte le situazioni critiche… lei era la più piccola, la più debole… lei era la bambina… “Non è questo che mi hanno insegnato! La giustizia…”

Zel si morse il labbro, ma il suo volto rimase impassibile. “La giustizia non c’entra proprio NULLA, in tutta questa faccenda, Amelia! Se oggi Philionel morisse chi soccorrerebbe gli abitanti di Sailune, chi si schiererebbe con loro contro le ritorsioni di Oberon???” Quelle parole, il crudo e freddo realismo tanto tipico di Zel, la fecero sussultare. Ma la chimera, se se ne rese conto, riuscì perfettamente ad ignorare la cosa. “Sei una principessa, a cui il suo re ha dato un ordine. Sei una principessa che ha il dovere di sopravvivere per il suo popolo anche se la strada più facile sarebbe morire per esso!” C’era una punta di disperazione nel suo tono di voce, ma in quel momento Amelia non riuscì a farci caso. Nella sua mente si accavallava un tifone di emozioni contrastanti e senza un preciso volto. Ansia, paura, incomprensione… rabbia. Tanta rabbia. Taci, avrebbe voluto urlargli. Taci, smettila di riportarmi alla realtà. Smettila di spezzare sempre le mie illusioni. Le mie illusioni sono tutto quello in cui credo.

 

Ma se anche desiderava rispondergli, se anche desiderava gridare, non ebbe il tempo di farlo. Fu un boato assordante a riportarla davvero, improvvisamente, alla realtà. Il boato del legno che si squarciava, e di qualcosa di enorme, imponente, che si scardinava e crollava al suolo. Presa dalla discussione, non aveva nemmeno fatto caso ai suoni della battaglia. Ma ora non aveva bisogno di sporgersi dalla finestra per capire che cosa era successo…

“Principessa, non c’è più tempo!” Il cavaliere anziano che prima le aveva rivolto la parola si fece avanti, con tutta l’aria di chi era pronto a trascinarla pur di portarla con sé. “Fra poco saranno qui! Dovete raggiungere le altre persone che si sono rifugiate nella fortezza interna…”

No, non poteva essere… doveva essere un incubo, non poteva essere… Sailune aveva retto a migliaia di guerre. Da quante centinaia di anni quel palazzo era in piedi? Perché, ora…? Perché ora doveva cadere? Così all’improvviso, proprio quando pensava che ce l’avrebbero fatta? E per mano di un assurdo esercito da oltre la barriera, per mano di un uomo che non sapeva nulla di Sailune e di tutto il suo mondo, di un uomo che aveva chiesto di sposarla, anche se ora le stava rovinando la vita… 

L’odio le si accese in petto. Tanto freddo come non avrebbe mai pensato di poterlo provare. Odiava Oberon senza averlo mai visto da vicino, senza averci mai nemmeno parlato…

“Principessa!”

“Amelia!”

Si liberò dalla stretta di Zelgadiss, senza guardarlo. “D’accordo, vi seguirò…” Si sentiva sconfitta. Che cosa avevano fatto le forze del bene per fermare quello che era successo? Quello era il momento in cui nelle ballate e nelle storie di suo padre un cavaliere misterioso e ammantato di bianco compariva, a difendere i poveri innocenti attaccati dal malvagio usurpatore… dov’era quel cavaliere, ora? DOVE?

 

Precedette le guardie che la attendevano vicino alla porta e fece per imboccare in silenzio lo stretto corridoio che, in una ripida rampa discendente di scale, conduceva alla base della torre, e poi allo stretto cortile, e al camminamento verso la fortezza interna. Sailune era costruita con una sua regolarità perfettamente comprensibile a chi la abitava… se avesse chiuso gli occhi, Amelia avrebbe potuto percorrere quei corridoi anche alla cieca, come era solita fare da bambina, giocando. Ma quel dedalo di svolte e mura era un vero e proprio labirinto per chi non ne aveva una conoscenza nel suo insieme… e questo garantiva loro il tempo sufficiente per fuggire prima che gli assalitori trovassero il luogo in cui si trovavano…

‘Fuggire… ma dove…? Davvero la fortezza interna reggerà?’

 

Ebbe solo il tempo di pensare questo… prima che la lama calasse.

 

Il cuore improvvisamente in gola, si scostò di scatto, evitando il colpo. Ma non ce l’avrebbe fatta, se ne rese conto, se quel fendente fosse stato tirato per uccidere. Era stata colta totalmente di sorpresa.

“E allora, che cosa abbiamo qui?”

 

L’uomo che le si parava di fronte, coprendo totalmente la visuale oltre la porta, aveva la stazza mastodontica di un golem… ed era almeno altrettanto massiccio, al di sotto della possente armatura di piastre. Il volto era butterato, apparentemente a causa di una malattia della pelle, ed una lunga cicatrice lo sfregiava fin sopra la fronte, lasciando spoglia di capelli una chiazza della sua testa squadrata, ricoperta di un rado pelame castano… la sua spada, grossa la metà di lui e almeno altrettanto pesante, era sostenuta con una sola delle sue grosse e tozze mani, coperte interamente da un paio di consunti guanti neri, lunghi fino all’avambraccio… Lina lo avrebbe preso in giro dicendo che era la perfetta caricatura del mercenario… ma in quel momento la principessa non aveva alcuna voglia di scherzare…

Lo sconosciuto scoppiò in una risata volgare. “Pare che abbiamo fatto bingo, come si dice in queste occasioni… questa sera birra calda per tutta la squadra! La soffiata di vento ci ha fatto volare nella stanza giusta…” Si inchinò, senza abbandonare il suo ghigno. “Mia signora… mi trovo a chiedervi cortesemente di seguirci…”

Amelia indietreggiò, atterrita, mentre altri uomini facevano il loro ingresso nella stanza. Sei, sette,otto… quanti erano loro…? Lei, Zel, quattro guardie… e cercando di allontanarsi levitando si rischiava di essere colpiti da una freccia…

Zel le si parò davanti, mentre gli uomini di suo padre estraevano la spada. Cercò di richiamare alla mente una formula, una qualunque, ma improvvisamente nel suo cervello si era creato il vuoto…

 

Il gigante continuò ad avanzare, sorridendo imperterrito. “Questa principessa mi pare poco affabile nei modi… forse avrebbe preferito che a venire a prenderla fossero stati i non morti…”

“Come diavolo fate ad essere già qui?” Anche la chimera sembrava interdetta… quello era un attacco che nessuno di loro si aspettava…

Il gigante volse lo sguardo verso di lui. “E’ facile arrivare da qualche parte quando sai la strada, mostro…” Fu la sua unica, laconica, risposta. Quindi, tornò a guardare Amelia. “Ragazzina, abbiamo poco tempo da perdere. Persino in spargimenti di sangue superflui. Dicono che tua madre fosse una donna adorabile, che amava portare solo il sorriso, e nessun guaio al prossimo… prima di essere sgozzata, ovviamente…” Ghignò. “Ora prendi esempio da lei, e fa la brava bambina obbediente, o mi troverò costretto ad ignorare gli ordini e a lasciarti un bel ricordino, prima di portarti dal mio padrone…”

Non seppe cosa fu. Se il riferimento a sua madre, di cui fu irata e stupita di sentire evocata l’immagine sulle labbra di quegli uomini… se la paura per la minaccia che le era stata rivolta… se la consapevolezza che avevano TROPPE poche possibilità di farcela… ma non ci vide più. Non era da lei stare in silenzio ad ascoltare mentre quegli uomini si prendevano gioco di lei e della sua famiglia…

“Stai zitto!” Scattò, ponendosi al fianco di Zel, le labbra che le tremavano per la rabbia. “Tu non sai niente di mia madre! Voi tutti non sapete NIENTE di Sailune!” Batté le mani di fronte al petto, evocando brevemente una formula, fin troppo pericolosa da utilizzare all’interno delle mura del palazzo… cercò di moderare la potenza, indirizzando l’intero impatto verso l’uomo che aveva risvegliato la sua rabbia… “Voi tutti non avete alcun diritto di parlare a questo modo, non avete alcun diritto di essere qui! E’ per questo che saremo NOI a vincere!” Notò l’occhiata di Zel, lo stesso sguardo a metà fra il seccato ed il divertito che sempre le rivolgeva quando iniziava uno dei suoi discorsi sulla giustizia. Solo Amelia sapeva che in quelle parole non c’era la solita sicurezza, ma una punta di disperazione. La principessa finse di ignorarlo, mentre le parole magiche finivano di danzare nella sua mente, per acquisire forma armonica fra le sue dita… “Palla di fuoco!!!”

 

Il colpo partì, violento come se lo era aspettato. La figura mastodontica per un momento fu interamente coperta dalla fiamme. Amelia era certa che avrebbe barcollato, e si sarebbe schiantato al suolo ancora bruciante, seminando il panico fra i suoi uomini. Per questo la delusione fu ancora maggiore quando, dissipatosi il fumo, lo trovò ancora in piedi, di fronte a sé, apparentemente illeso. E quando abbassò il braccio che aveva sollevato per proteggersi il volto, sulle sue labbra c’era ancora quel suo odioso, impassibile ghigno.

“La mia armatura è ignifuga.” Spiegò, in tono del tutto tranquillo. “Realizzata con l’aiuto di uno dei piccoli trucchetti magici che qui nel vostro continente tanto amate… o eravate veramente convinti che non ci fossimo premuniti contro i vostri metodi…?”

 

Amelia era senza parole. Come… come avevano fatto a realizzare una cosa del genere?

“Merda!” Zelgadiss scattò in avanti, sfoderando la sua spada potenziata con la magia. Fu proprio sul gigante che la chimera si gettò, e per qualche momento Amelia restò col fiato sospeso nell’osservare l’agile sciamano che evitava i colpi dell’enorme spadone dell’avversario, impossibili da parare. Il corpo di Zelgadiss era fatto di pietra e le armi normali non potevano ferirlo, questo lo sapeva bene… ma di fronte ad un’arma del genere non si sentiva di essere troppo sicura…

Presto la sua attenzione dovette essere distolta da quella lotta. Gli uomini che accompagnavano il gigantesco guerriero si gettarono in sua direzione, e furono i cavalieri inviati da suo padre a sua difesa a frenare l’impatto, serrandosi attorno a lei. Ebbe inizio un brutale corpo a corpo, in cui i suoi cavalieri erano in svantaggio di due a uno… ‘E il cavaliere Larret è anziano, non reggerà contro questi giganti. Devo fare qualcosa.’

 

Richiamò alla mente una nuova formula. Non era certa del fatto che anche loro fossero protetti, in fondo… non poteva invocare qualcosa di troppo potente, però, o anche i suoi uomini ci sarebbero andati di mezzo… ‘E non riuscirò comunque ad eliminarli tutti in un colpo solo. Perché la mia magia non è forte come quella di Lina?’

Ma in quel momento lì non c’era Lina, ma lei. E cosa avrebbe pensato di lei la sua amica se si fosse arresa senza nemmeno combattere?

‘Questo andrà bene.’

“Burst Rondo!” Recitò. Il colpo magico, dividendosi in mille saette, andò a colpire solo gli obiettivi prefissati, nonostante il contatto ravvicinato con gli uomini del padre. Non ebbe forse l’effetto che sperava, ma riuscì comunque a rallentarli, e permise ad uno degli uomini che la difendevano di assestare due colpi che sbilanciarono completamente l’avversario, facendolo barcollare per restare in piedi. L’uomo di suo padre non perse l’occasione, e scattò in avanti, squarciando con violenza la sua armatura e piantandogli la spada nel costato.

Un barlume di speranza le si riaccese in petto. ‘Devo continuare così. Forse abbiamo una possibilità.’

Si preparò a recitare una nuova formula. Ma fu allora che una strana sensazione la colse… Come di qualcosa che le attanagliava il petto, togliendole il respiro. Come se la sua energia vitale stesse scivolando lentamente via dal suo corpo… Barcollò, e dovette appoggiarsi al letto del nonno per non crollare al suolo. L’anziano sovrano aveva preso ad agitarsi in modo convulso, probabilmente allarmato da quello che gli stava accadendo attorno, pur nell’incoscienza. Ma in quel momento confortarlo era il suo ultimo pensiero… le tempie le pulsavano, e gli occhi le facevano male… prese alcuni profondi respiri, e pian piano il capogiro passò… non capiva di cosa si fosse trattato, però… non le era mai accaduto qualcosa del genere… 

 

Fu un urlo a riportarla alla realtà. Una delle guardie di suo padre era appena crollata al suolo, la spalla ferita da un violentissimo colpo di spada. Non era il momento di pensare ai suoi giramenti di testa. Doveva fare qualcosa per quella battaglia.

 

Fece un passo avanti, ancora una volta chiamando a sé l’energia magica. “Burst Rondo!” Recitò nuovamente, battendo i piedi al suolo, le mani protese in avanti, in attesa che la magia scaturisse da esse…

 

…magia che non venne.

 

‘Cosa…?’

“Burst rondo!” Ripeté, irata, senza ottenere alcun risultato. “Burst Rondo! Busto Rondo! BURST RONDO!!!”

Nulla da fare. Cosa stava succedendo? Il suo ciclo era lontano, la sua mente era lucida… perché la magia non funzionava???

 

Indietreggiò fino al letto del nonno, artigliando la coperta, improvvisamente in preda al panico… nemmeno le formule magiche le venivano più alla mente, ora… la magia era la sua unica arma… dopo il modo in cui era morta sua madre sua padre si era sempre rifiutato di addestrarla a maneggiare spade… se ora essa le veniva tolta…

 

Non ebbe tempo di formulare altri pensieri. Improvvisamente, si rese conto di non essere più sola, vicino al letto. Fece appena in tempo a voltarsi, prima che la figura del gigante, torreggiante su di lei, la artigliasse al braccio.

“Allora, principessina… riprendi pure quel tuo interessante discorso sui diritti, ora…” La sua stretta era ferrea, il suo alito, attraverso il perenne ghigno, puzzava di alcol…

 

‘Dov’è Zel?’ Quel pensiero la colpì come un torrente in piena. Alle sue spalle, suo nonno aveva preso ad agitarsi più che mai.

 

“Cos’è, non hai più voglia di discutere di Giustizia? Forse ti sei resa conto che in realtà non sei poi così esperta in materia, mmm?” Strinse più forte,e il suo ghigno si allargò. “O forse sono i rantoli di questo vecchio a disturbarti… ma in questo caso sarà più che possibile rimediare…” Sollevò la lama ‘sporca di sangue!’ che ancora reggeva nella mano… e prima che Amelia potesse fare qualsiasi cosa per fermarlo affondò, dritto nel punto dove il cuore di suo nonno ancora batteva.

Fu un momento. In un momento Eldoran giaceva immobile nel letto. E l’aria sembrava essersi completamente ritirata dai polmoni di Amelia. Sangue, era pieno di sangue. Esattamente come quattordici anni prima…

 

“Più a tuo agio, ora, principessina…?”

 

E fu allora che non resse più. Il mondo lampeggiò per un momento davanti a lei. Ed ebbe appena il tempo di rendersi conto che il gigante la stava nuovamente afferrando… prima che tutto attorno a lei si facesse buio.

 

                                                                        ***

 

 

Colpì. E colpì ancora. E ancora si abbassò, e schivò.

‘Grazie infinite, Rezo.’ Un sorriso amaro gli si sarebbe disegnato sulle labbra, se non si fosse trovato in quella situazione. Quel bestione era decisamente agile per quello che pesava. TROPPO agile per i suoi gusti. Con le sue normali abilità da essere umano non avrebbe mai potuto schivare quei colpi. ‘Avrà poi davvero senso schivare? Una spada non può ferirmi…’ Non una normale spada, certo… ma QUELLA spada? Con tanti, troppo talismani attaccati a quell’elsa dalla rozza fattura, e grossa almeno il doppio di quanto anche il più mastodontico essere umano avrebbe potuto reggere? ‘Non sono il solo mostro fra noi due, eh, bestione? E sembra che qui qualcuno abbia preso male la cosa…’

 

Strinse i denti, mentre un colpo rischiava di scaraventarlo indietro. Piantò i piedi, si sbilanciò in avanti, ma in questo modo riuscì a fare perdere l’equilibrio anche al suo avversario, e riguadagnare la sua posizione di guardia…

‘Dannazione! Quanto resisterò, così? Perché non mi lascia un’apertura???’

Il mastodontico guerriero scoppiò in una breve risata. Apparentemente, quello scambio di colpi non lo aveva nemmeno stancato. “Non male. Non male. Suppongo che sia un’altra delle vostre magie… quel corpo, queste abilità… cos’è, ti sei trasformato così per difendere la tua principessina?” Tutta la situazione pareva divertirlo immensamente.

Ma Zelgadiss non era affatto divertito. Sapeva cosa rischiava, e sapeva qual era la posta in gioco. ‘Lina si prenderà in eterno gioco di me. Che cosa sono rimasto qui a fare, se non riesco a fare nulla per fermarli? COSA?’ Odiava quella sensazione. L’impressione di non farcela, di non essere sufficientemente forte. Quel sentimento era stato una delle cause della sua dannazione. E non era solo questo. Non gli importava morire, non da quando Rezo lo aveva trasformato, ma ora morire avrebbe significato lasciare Amelia nelle mani degli assedianti, e lui non poteva permetterlo. Non lo sapeva nemmeno lui perché. Non molto al di là della sua cura gli era importato solo fino a qualche anno prima, ma da quando aveva conosciuto Lina, Gourry, Amelia, tutti loro, molte cose erano cambiate. Non aveva ancora messo a fuoco quel cambiamento, non era ancora riuscito a razionalizzarlo, ma sapeva che era il motivo per cui in quel momento si trovava a Sailune, il motivo per cui ora stava lottando. E in quel momento a quel motivo sentiva il dannato bisogno di aggrapparsi. ‘Forse questo significa… essere umani…’

 

Ma ora non gli interessava capire. Doveva solo combattere.

 

Schivò un affondo, e improvvisamente si trovò spalle al muro. ‘Dannazione!’ Si abbassò appena in tempo per impedire che la enorme spada gli tagliasse di netto la testa. La lama si piantò nel muro, ma in un semplice gesto il gigante riuscì a strattonarla fuori, trascinando con sé un pezzo di parete come fosse legno marcio. ‘Il mio collo è fatto dello stesso materiale di quella parete.’ In altre circostanze quella associazione lo avrebbe divertito.

Mise un po’ di spazio fra sé e il gigante, mentre questi ritrovava la sua guardia, sempre strisciando contro il muro, così da non dargli le spalle. Questo gli permise di lanciare uno sguardo alla stanza. Gli uomini di Philionel avevano ingaggiato una furiosa lotta con i soldati nemici, mentre Amelia era premuta al letto di Eldoran, ed in quel momento pareva atterrita. ‘Cosa le è successo? E’ per il combattimento?’ Doveva battere quel gigante. Battere quel gigante ed andare da lei.

 

“La disattenzione è la morte del combattente.”

 

Quella frase era gelida. Ogni singola sillaba mille lame di ghiaccio che si conficcavano nel suo cervello, un dolore persino superiore a quello fisico che di lì a poco sarebbe seguito. Perché sapeva che quelle parole decretavano la fine, per lui, per tutto. Il gigante era stato più silenzioso di un gatto, più abile di uno stratega. La sua lama ora premeva contro il suo stomaco, e non c’era modo di evitarla. Odiò quell’uomo, in quel momento, e odiò se stesso, perché nemmeno in una situazione come quella la sua dannata mente lo risparmiò. Non fu la paura della morte a riempirla, ma quella orribile, odiosa sensazione. La sensazione di aver fallito.

 

E fu quello l’ultimo sentimento che provò… prima che il morso dell’acciaio gli penetrasse nella carne.

                                        

                                                                         ***

 

Attorno a lui era il completo caos. Avevano appena fatto in tempo a riparare nella fortezza interna prima di essere travolti dall’orda di uomini che era irrotta dal portale principale dopo averlo abbattuto. Tanti, troppi perché gli arcieri potessero fare qualcosa di concreto per fermarli… troppi perché la fortezza interna reggesse. Ne era fin troppo consapevole… ‘E abbiamo già perso così tanti uomini… come possiamo pensare di resistere ad un assalto del genere…?’

 

Non tutti erano riusciti a fuggire. Molti erano caduti nell’assalto, molti erano rimasti fuori coinvolti nella lotta perché travolti dalle armate dilaganti ancora prima che potesse far suonare il segnale di ritirata. Ma loro erano fuggiti chiudendo i portali dietro di sé, e abbandonandoli. Sarebbe stato folle rimanere a combattere corpo a corpo con una tale disparità numerica. ‘Non avrei dovuto aspettare. Avrei dovuto non sperare e ordinare subito di arroccarci qui…’

Ma rimuginando sul passato non si otteneva nulla… ora si doveva combattere, avrebbero pianto più tardi i loro morti… ‘E QUANTE lacrime dovremo versare… quanto vorrei che mia moglie fosse qui, ora, a confortarmi col suo coraggio…’

 

Ciò che lo angustiava di più era che non aveva trovato sua figlia. La prima cosa che aveva ordinato, ancora prima di predisporre le difese, era che dei cavalieri la andassero a prendere per portarla in salvo. Tuttavia, quando era giunto nella fortezza non era riuscito a trovarla da nessuna parte… e ora temeva il peggio… ‘Non possono avere fatto in tempo, averla catturata… era nella torre di mio padre… li avranno portati in salvo, come avevo ordinato… Cheiphied, fa che sia così… Amelia è tutto quello che mi è rimasto…’

 

“Philionel!!!” Si volse, per osservare suo fratello che lo raggiungeva, di corsa. “Ho riorganizzato le truppe rimaste, come mi hai ordinato, ma siamo troppo pochi! Ora i soldati nemici sono ancora presi dall’ebbrezza della vittoria e stanno saccheggiando quanto hanno già conquistato e lottando con tutti quelli che sono rimasti fuori… ma quando organizzeranno l’offensiva anche verso la fortezza…”

Phil si morse il labbro. “Credi che non lo sappia…?” Lanciò un’occhiata ai suoi pochi uomini, demoralizzati e stanchi, ma ancora schierati e pronti a combattere… e poi osservò l’orda disordinata che stava uccidendo, distruggendo, saccheggiando in quello che un tempo era stato il SUO palazzo… “Ma anche essendone consapevoli… che cosa possiamo fare se non resistere fino a che la città sarà caduta…?” Era insolita quella rassegnazione nella sua voce… ‘Ma almeno Amelia… se fosse qui… se Oberon ha bisogno di lei per legittimare il suo potere forse la risparmierà…’

 

“In realtà… c’è sempre una possibilità.”

Si volse. A parlare era stato Laudreck, che finora se ne era stato alle sue spalle, in silenzio… Il volto del fratellastro era cupo, non vestiva la consueta maschera ironica con cui si schermava da ciò che lo turbava… “… anche se molto spesso la scelta più saggia non è anche la più piacevole…”

Gli occhi di Philionel si assottigliarono. Nutriva affetto per il fratellastro, anche se il loro non era un legittimo legame di sangue e anche se l’avversione di Cristopher nei suoi confronti pareva atavica… erano praticamente cresciuti insieme, e sapeva che c’era del buono in lui, sapeva che il suo cinismo era per lo più un’arma di difesa… Laudreck piaceva a Lyanna, la sua adorata moglie gli ripeteva spesso quanto lui la divertisse, e questo per lui era più che sufficiente a giudicarlo come una persona leale… tuttavia, accadeva spesso che le sue proposte venissero a scontrarsi con i suoi principi… e temeva che questa fosse una di quelle occasioni… “Di che stai parlando…?”

 

“Hai inviato fuori dei messi, puoi uscire anche tu per la stessa strada.”

Le labbra carnose di Philionel si strinsero fino a formare due linee sottili. “Mi stai suggerendo di fuggire come un codardo da ciò che mi appartiene dopo che tanti uomini sono morti per difenderlo?”

“Ti sto consigliando di fare ciò che hai chiesto ai tuoi lord, mio re…” Il tono del fratellastro non rinunciò alla sua consueta sfumatura di sarcasmo amaro. “Ovvero di rinunciare al tuo orgoglio per dare una possibilità al tuo regno. Cosa ricaverai restando qui? Una morte onorevole, e la perdita della guerra.”

Philionel tornò a fissare l’orda di uomini dilagante al di là delle mura, per evitare che la sua rabbia e la sua frustrazione trapelassero dal suo volto. “Non riusciremmo comunque a scappare. Ci raggiungerebbero subito, basterebbe che sguinzagliassero le loro truppe tutto attorno al palazzo.”

Laudreck gli si parò accanto, aggrappandosi al suo braccio, e spingendolo a guardarlo nuovamente. “Non se non sanno che ce ne siamo andati.”

Il principe si accigliò. “Che vuoi dire?”

“Voglio dire che la fortezza può reggere forse ancora mezza giornata, o addirittura un giorno intero, se i soldati lottano fino allo stremo. Quel che basta per allontanarsi a sufficienza dalla città. Tu hai bisogno solo di un piccolo contingente di truppe come scorta. Le altre possono rimanere qui. I nostri avversari si accorgeranno che te ne sei andato solo quando riusciranno ad espugnare la fortezza…”

‘Rimanere qui… a morire…’ Quando Phil parlò il tono della sua voce era duro. “Già, un piano chiaro, cristallino. Dovrei chiedere ai miei uomini di suicidarsi per me… senza essere qui a morire con loro. Secondo te accetterebbero di buon grado un ordine del genere?”

“Non sarebbe necessario che tu lo ordinassi.” Stavolta, con suo sommo stupore, a parlare fu Cristopher. “Basta che tu spieghi il piano, lo presenti come l’unico mezzo per salvare il regno,e chieda se ci sono volontari. Qualche coraggioso si proporrà subito. E a quel punto anche i più vili consegneranno la loro vita nelle tue mani, per non perdere l’onore sfigurando di fronte agli altri…” Il tono del fratello era tranquillo. TROPPO tranquillo, per quello che stava suggerendo…

“Non mi aspettavo di sentire questo genere di suggerimenti da TE Cristopher…” Il suo tono era tagliente… e sapeva che questo avrebbe turbato il fratello… Cristopher si era sempre preoccupato di apparire ai suoi occhi agli antipodi di Laudreck…

“Lo so.” Il tono di Cristopher lasciava trapelare amarezza. “E la tua delusione mi rattrista come nulla mai… ma ora ti sto parlando come consigliere, Phil, non come fratello. E ti sto dicendo ciò che è giusto per il regno…”

Philionel era al limite della sopportazione. “Cristopher!!! Dovrei condannare a morte senza appello centinaia di uomini! E dovrei abbandonare qui Amelia, capisci??? AMELIA, tua nipote!!! Non è nella fortezza, con ogni probabilità la avranno catturata!!!”

“Ascoltami, Philionel…” Cristopher gli si rivolse in tono calmo, con l’evidente volontà di placarlo… “Lo so. So che i tuoi soldati moriranno, ma che tu sia qui o meno questo accadrà comunque. So che probabilmente Amelia è loro prigioniera. Ma Oberon ha bisogno di lei, non le farà del male.”

Philionel fece per replicare, per esplodere. Ma non trovò le parole, e dovette mordersi la lingua per tacere, e non dire al fratello cose di cui si sarebbe enormemente pentito in seguito.

“Ascoltami.” Proseguì Cristopher. “Io ho rinunciato al mio diritto di successione da tempo… ma tu no, fratello. E se davvero Oberon sposerà Amelia allora a Sailune ci sarà un erede al trono di troppo. E’ più che probabile che ti faccia uccidere. E che aiuto potresti dare a tua figlia se anche morissi eroicamente in battaglia?”

C’era saggezza nelle parole di Cristopher, come sempre… ma questo purtroppo non bastava a fargliele apparire meno dolorose… “Quindi anche tu… anche tu mi suggerisci di abbandonare tutto…”

“Non di abbandonare.” Il tono di Cristopher era determinato. “Ma di stringere i denti e di continuare a combattere. Perché è in gioco quello in cui hai sempre creduto.” Il fratello fece un sospiro, e gli pose la mano sul braccio. “Io ho solo potere di consigliarti, ma non posso decidere per te, Phil.” Cris pronunciò quelle parole con calma rassegnazione, ma Philionel non poté fare a meno di leggervi una sottile accusa verso la sua mancanza di fermezza… lui esitava, quando suo fratello, che ora era così lucido e fermo, aveva abbandonato il suo diritto di successione proprio per lealtà nei suoi confronti…  “Per questo ora metto la mia vita nelle tue mani, Phil… se deciderai come spero resterò con te fino alla fine. Altrimenti morirò qui con te, oggi.”

Anche Laudreck si avvicinò. “Stranamente per una volta siamo d’accordo. Non che io tenga all’onore più che alla vita…” La sua mano batté lievemente sulla spalla del principe… “…ma, sinceramente, non ci tengo a essere ricordato come il ‘bastardo di Sailune che si comportò da bastardo’. Sono con te, qualsiasi decisione tu prenda, Philionel.”

Philionel tacque, per qualche lungo istante. Il suo sguardo volò al di là delle mura, su quella devastazione desolante, e ancora oltre, e gli parve di avere davanti agli occhi i mille villaggi distrutti, e i cadaveri, e la terra bruciata che ora erano al posto della ricchezza e del rigoglio del suo regno… Era un ingiustizia, non era così? Non era forse quello che aveva sempre combattuto?

‘Ma io quanta responsabilità ho in questo? Lasciare i miei uomini a morire per salvarmi la vita davvero risolverà le cose? O finirà per peggiorarle?’

Forse i suoi fratelli avevano ragione, ma Philionel ormai era stanco… forse sarebbe stato molto più semplice decidere di lottare qui, ora, per l’ultima volta, e poi abbandonarsi ad una morte onorevole, una morte semplice, ponendo finalmente fine a tutta quell’angoscia, a tutta quella sofferenza… ‘Troverei mia moglie… e lei… mi consolerebbe e mi sosterrebbe, come una volta…’

Ma non riusciva a focalizzare il volto della moglie, ora. Ad esso si sovrapponeva quello della figlia, e di tutti i vivi che in quel momento era chiamato a difendere. Non era da lui tirarsi indietro di fronte alla sua responsabilità verso il suo ruolo e quelle persone… ma nemmeno sacrificare tante vite al solo scopo di salvare la propria… A dispetto di quanto pensava Cristopher, se si fosse arreso ora Oberon lo avrebbe certo ucciso, ma forse avrebbe risparmiato gli altri combattenti. Era stato un attacco meschino, il suo, ma il sovrano nemico aveva mostrato di essere un uomo accorto, non un pazzo assetato di sangue… forse avrebbe trovato desiderabile un atto di clemenza, e offertogli così su un piatto d’argento, se voleva regnare su Sailune… Però cedere così, quando ancora c’era una speranza… e se poi il popolo di Sailune si fosse ribellato? Se i suoi soldati avessero rifiutato comunque di vivere, nella vergogna di aver abbassato le armi…?

Avrebbe pianto e si sarebbe adirata con lui, Amelia, sapendolo morto? O avrebbe provato vergogna per lui se fosse fuggito? Dopo che l’educazione che le aveva dato le aveva insegnato che tutt’altro era il comportamento da tenere di fronte alle difficoltà, cosa avrebbe giudicato giusto in quel momento…? E suo padre, suo padre che avrebbe detto di fronte a quel dubbio?

‘Cosa devo fare…? COSA devo fare…?’

 

Sai, Philionel… mi piaci,  perché se se ti impegni in qualcosa lo porti avanti fino in fondo… perché so di poter confidare in te…

 

‘Non sempre la scelta più saggia è anche la più piacevole.’ Cercò di imprimersi bene nella mente le parole di Laudreck, e quelle di sua moglie, pronunciate quelli che sembravano ormai secoli prima, quando si erano da poco conosciuti… Non aveva tempo per le esitazioni, ora. Per quanto doloroso potesse essere scegliere.

“E… e sia. Cristopher, manda a chiamare i miei generali. Dobbiamo trovare dei volontari che siano disposti a difendere la fortezza.”

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


Cavalcammo

Capitolo dedicato a Ladylina e a tutti gli altri fan di L&G… ; P

 

 

Cavalcammo. E cavalcammo. E cavalcammo.

… ho già detto che cavalcammo…?

Da otto giorni non facevamo che avanzare sopra a quella dannatissima sella, che oltre ad essere maledettamente scomoda, aveva riempito di fastidiose e dolorose piaghe l’interno delle mie cosce. A questo si sommava il fatto che le più nere previsioni di Philionel riguardo ai temporali autunnali si erano avverate, e dalla mattina in cui avevamo abbandonato l’accampamento di quel gruppo di rifugiati, ininterrottamente, l’intera riserva d’acqua del nostro pianeta pareva avere deciso di riversarsi su di noi. Oh con grande varietà, nulla da dire in merito… si andava dalla pioggerellina lieve agli scrosci violenti, dai bui temporali in cui potevi sbattere il naso contro un albero senza rendertene conto alla nebbiolina di fitta umidità, che subdolamente ti infradiciava i capelli e le vesti, e ti gelava le membra… ma il risultato restava sempre lo stesso. Ero bagnata fino al midollo, e congelata, e i miei stivali e i miei pantaloni erano coperti di fango a tal punto che stavo cominciando a pensare di tornare a Sailune e mettere in fuga le truppe nemiche fingendomi un leggendario mostro delle paludi…

In più, la conversazione languiva. Oh, non che pretendessi che sotto la pioggia ci mettessimo a raccontarci la nostra vita, ma quel silenzio si stava facendo ASSURDAMENTE pesante. Cominciavo a pentirmi di aver accettato di prendere Ainos con noi… quel ragazzo era dannatamente TETRO. Quando l’avevo accanto avevo come la sensazione di dover ponderare tutto quello che dicevo, e, lo assicuro, la trovavo ORRIBILE… quando viaggiavo sola con Gourry per lo meno riempivamo quel genere di momenti morti con una risata, uno scherzo, una conversazione, anche una stupidissima, che so, sul filetto al pepe verde di Myllaria!!! (o, cielo, perché ora avevo tirato fuori il cibo? Il mio stomaco stava per ripiegarsi su se stesso, per la fame che avevo…)

 

Emisi un sospiro, e mi accasciai sul dorso del cavallo. “Chissà quanto manca al confine…” Mugugnai, fra me e me più che agli altri.

“Non molto, penso… Quanto avevano detto che ci sarebbe voluto per arrivare alla corte di Raizerl, dall’accampamento…? Circa una settimana…?” Gourry cavalcava al mio fianco, il cappuccio del mantello sollevato, labile riparo dalla pioggia. La folta frangia bionda gli era appiccicata al volto, fradicia, mentre aggrottava lo sguardo per scorgere qualcosa al di là del muro d’acqua che ci accerchiava. La allontanò con un gesto stizzito, ma i capelli tornarono imperterriti al loro posto dopo qualche istante. Il mio amico emise un grugnito esasperato.

Non potei impedirmi un sorriso. Gli scostai lievemente il cappuccio, e gli sistemai la frangia dietro le orecchie. “La pioggia ci ha rallentati, però. Ma ormai penso proprio che ce la faremo. Abbiamo messo un po’ di strada fra noi e le truppe nemiche, e nessuno ha idea che siamo qui…”

Lo spadaccino non ne parve troppo turbato. “Perché, hai mai pensato che avremmo potuto non farcela?”

Tornai a volgermi avanti (il che era abbastanza inutile, dal momento che la pioggia aveva deciso di entrare nella fase ‘incrocia le dita e affidati all’istinto del tuo cavallo’). “OVVIAMENTE no.” Replicai, evitando per un pelo un ramo con la testa. “Non fare domande stupide.” Nella semi oscurità, colsi il lampo di un sorriso sulle sue labbra.

 

Inutile dire che l’impennata del mio senso di osservazione mi costò l’impatto con un gruppo particolarmente folto di fogliame fradicio, che contribuì ad inzeppare qual poco del mio viso e dei miei capelli che era rimasto asciutto…

 

Sospirando, ed imprecando internamente contro il temporale, mi volsi verso lo sciamano, che cavalcava pochi metri avanti rispetto a noi. “Ainos, hai la vaga idea se stiamo procedendo nella direzione giusta? Ormai è buio, forse dovremmo fermarci…”

Il mago non si voltò. “Sì, probabilmente è una buona idea. Domani mattina dovremmo varcare il confine… da lì in poi è quasi tutta pianura, forse è il caso di approfittare delle montagne, stanotte, per dormire più riparati…” Poteva essere la prima frase che pronunciava in tutta la giornata? Quel tizio parlava così poco che la sua voce non mi era nemmeno familiare… ‘Seri problemi con le donne suppongo, eh, morettino?’

Tirai lievemente le redini del mio cavallo. “Ok, bene, se è una buona idea mi pare il caso di metterci a cercarlo ORA questo benedetto riparo… sai com’è, continuando a cavalcare sotto la pioggia potrei finire per bagnarmi…”

“Per gli abiti bagnati c’è poco da fare… proseguire anche col brutto tempo era necessario.” U.M.O.R.I.S.M.O. Come mai ci sono persone a cui il senso di questa parola resta così oscuro?

“Sì, indubbiamente…” Mi arresi, in tono rassegnato. “Ad ogni modo, questa parete è piena di grotte, giusto? Allora entriamo nella prima dannata grotta che incontriamo, e piangiamo all’asciutto i nostri irrimediabili abiti bagnati…” Diedi un strattone alle redini, e deviai dal sentiero, inoltrandomi in una qualche pista da conigli, in mezzo alla boscaglia. I primi giorni avevo trovato poco prudente proseguire così, allo scoperto, su un sentiero già tracciato, invece di farci strada nel sottobosco… ma presto mi ero resa conto che la mia cautela era del tutto inutile. Quella era una pista battuta dai cacciatori, nulla di più. E dubitavo che con una guerra in corso qualcuno ancora la percorresse… a valle però avevamo avvistato delle truppe. E tante. Solo la mattina precedente avevamo incrociato, non visti, il quinto contingente da quando eravamo partiti… E tutte stavano marciando in direzione di Sailune. Il mio stomaco era stretto per la tensione. Solo il pensiero che il giorno successivo, al massimo il seguente, saremmo finalmente arrivati a destinazione mi sosteneva nell’andare avanti… ‘Sailune, anche se attaccata all’improvviso, può reggere per un po’, quanto meno la fortezza interna… e poi arriveremo noi, con Raizerl. Anche solo con Raizerl, sarà sufficiente.’

Scesi da cavallo, affrontando a piedi la salita a zigzag lungo il ripido pendio. Quel pomeriggio avevamo proceduto, a quota non altissima, nella valle scavata fra i profili di una serie di montagne scoscese. Cavalcavamo costeggiando uno di questi, in un panorama pressoché immutabile, al riparo di fitte file di alberi secolari e di rientranze e pieghe nella roccia. Profonde aperture si aprivano nel fianco della montagna, penetrate dalle radici umide degli alberi e dalle dita glaciali della notte. Mille occhi scuri della montagna, incombevano su di noi come ad intimarci di non turbare la loro quiete con le nostre veniali questioni da umani. Riportavano alla mia mente le storie della mia infanzia, le storie sugli spiriti sacri della montagna, benevoli, solo quando il loro dominio era rispettato. Ma quella notte mi sentivo più bagnata che superstiziosa. Ripetendomi che la mia inquietudine era giustificata da ben altre cause che da timori infantili, individuai alla meglio, oltre il muro d’acqua, una rientranza nella roccia che potesse ospitarci tutti e tre… “Ci fermiamo qui.” La mia non era una domanda.

Gourry, al mio fianco, mi parve ugualmente poco convinto della scelta. Ma c’era poco da obiettare. Scese da cavallo e afferrò sia le sue redini che le mie, scomparendo nella pioggia per cercare un luogo riparato per i cavalli. Grata, sollevai le nostre borse, ed iniziai a preparare i nostri giacigli. Il luogo che avevo scelto era lievemente rialzato rispetto al livello del suolo, arroccato sulla fiancata della montagna… angusto, ma riparato, e con spazio sufficiente per tutti… ed era di gran lunga meglio quello che una grotta scavata in profondità nella montagna… decisamente non mi allettava l’idea di dividere il mio riparo notturno con non troppo graditi ‘coinquilini’…

Gourry riemerse dalla pioggia mentre stavo estraendo dalla borsa la nostra cena… fredda, ovviamente. Carne secca, frutta secca, pane secco, formaggio duro come un mattone. Rimasi per qualche istante in silenzio luttuoso, fissandoli, solo con un lieve sospiro. Forse lentamente mi sarei trasformata in una specie di grande mostro essiccato. I miei capelli avevano già la consistenza di alghe, dopo tutta quella pioggia. La mia pelle era già grinzosa. Sì, sì, doveva essere un processo senza ritorno.

Sollevai lo sguardo, avvertendo gli occhi di Gourry su di me. Lo spadaccino stava sorridendo. Già, facevo quella scenata tutte le sere, grazie tante. Ma non potevo farne a meno. Dormire comoda e mangiare bene, non è che avessi grandi pretese, era davvero chiedere troppo per una fanciulla in fiore?

Sospirai, stringendomi nelle spalle. Quindi, mi lanciai un’occhiata attorno. Non c’erano rametti nella piccola grotta. Certo, tutta la legna che potevamo trovare quella notte sarebbe stata inesorabilmente umida, ma con la mia magia avrei potuto comunque fare qualcosa per accendere un piccolo fuoco all’ingresso della grotta. Nessuno avrebbe visto il fumo con quella pioggia, e così FORSE avremmo evitato il congelamento… Il mio sguardo tornò a posarsi su Gourry, il quale semplicemente annuì, senza che avessi bisogno di dirgli nulla. In un attimo, sparì nuovamente fuori nella pioggia, per cercare in altre grotte possibile legna da ardere. Io mi alzai, e raccolsi un po’ di pietre che avremmo potuto disporre attorno alle fiamme, per contenerle. Quindi, muovendo le spalle per sgranchirle, mi liberai del mio fradicio mantello, rabbrividendo all’aria fredda, e lo distesi su una roccia… mi chiedevo se cercare di asciugarlo con la magia… l’ultimo mantello con cui ci avevo provato era finito carbonizzato perché non avevo regolato bene la potenza dell’incantesimo…

 

“Siete piuttosto affiatati, voi due.” Sussultai, al suono della voce di Ainos. Fino a quel momento era rimasto talmente immobile e silenzioso che mi ero quasi scordata di lui. Mi volsi, e vidi che mi stava fissando…e provai un istintivo senso di disagio… Non aveva mai sguardo pericoloso o malizioso, ma per qualche motivo il modo in cui quell’uomo sempre mi guardava mi dava una cattiva sensazione…

“Di che stai parlando?” Replicai, fredda.

“Tu e Gabriev, dico. Sembrate comprendervi bene anche senza parole…”

Inarcai un sopracciglio. “E con ciò? Sei geloso?” Replicai in tono piatto e non troppo velatamente soffuso di ironia… in effetti era una settimana che quel tipo non faceva che squadrare Gourry… speravo sinceramente che non avesse strane idee in testa…

Ainos non parve lasciarsi scomporre. “Non esattamente. Ma immagino vi conosciate da molto, ormai… e per come sono i vostri rapporti, suppongo che farebbe di tutto per te, se le circostanze lo rendessero necessario… ho ragione…?”

Rimasi in silenzio, sempre meno a mio agio. Che significava quel genere di discorsi, ora?

“Faresti bene a coprirti.”Ainos non attese una mia risposta. “Stai tremando. E non hai avuto modo di riprenderti completamente dalla tua ferita… se dovessimo trovarci a combattere, non ci saresti molto utile, in queste condizioni…” Lo sciamano sembrò perdere improvvisamente interesse in me. La sua attenzione si rivolse ad una delle sue borse, dalla quale estrasse la propria coperta, insieme ad un sacchetto di erbe e ad una borraccia d’acqua. Versò l’acqua nella sua tazza, recitò una breve formula, quindi vi mischiò le erbe, e prese a bere il suo infuso, senza prestarmi nemmeno un’occhiata. Io invece rimasi a fissarlo per lunghi minuti, in silenzio. Odiavo l’irrazionale senso di fastidio che provavo nel rimanere sola con quell’individuo. Al di là del fatto che non era il mio tipo, non aveva mai fatto nulla per non meritarsi la nostra fiducia, e nemmeno per rendersi odioso a me… e infatti non era avversione quella che provavo… solo una sottile, strisciante inquietudine…

 

“Lina…” La sagoma di Gourry fece di nuovo capolino all’ingresso della grotta. Il mio amico scaricò il mucchietto di legna all’entrata e ci fissò perplesso, forse accortosi della strana atmosfera creatasi fra noi due… “Che c’è?”

Sbuffai. ‘Figuriamoci se ora ho tempo di preoccuparmi anche delle paranoie dell’uomo più tetro della terra… come sciamano complessato è più che sufficiente Zelgadiss…’ “Nulla. Non c’è proprio nulla. Freddo e fame a parte.” Mi inginocchiai vicino alla legna. Quindi sospirai. “Gourry, per favore, tira fuori le coperte dagli zaini… saranno umide anche quelle, ma non peggio dei nostri mantelli… quanto meno potremo usare quelle finché l’ambiente non si sarà scaldato…” Lanciai un’occhiata vacua allo sciamano. “Ainos, per la cena…”

“Io non ho fame.” Mi interruppe, all’improvviso. “Mangiate pure la mia parte.” Senza aggiungere altro, si piegò sul suo giaciglio, e si mise a dormire, volgendoci le spalle. Cos…

“Eh… ehi, Ainos…”

“Bè, tanto meglio.” Fu il blando commento di Gourry, che immediatamente allungò le mani sul cibo.

“Gourry!” Sbottai, seccata. “Ma scusa, ha camminato per tutta la giornata, non ti pare NEMMENO UN PO’ strano il fatto che non abbia bisogno di mangiare?” Mi volsi allo sciamano.”Ehi, Ainos, dico a te!” Il mago non si mosse, come se fosse già profondamente addormentato. Stranamente, era sempre così. Quando si infilava nel suo giaciglio nemmeno un Dragon Slave pareva in grado di ridestarlo, per quanto sembrasse sempre svegliarsi automaticamente al mattino, o al momento del suo turno di guardia… ‘E Gourry ogni tanto dice che IO non sono normale…’

“Non capisco perché ti scaldi tanto…” Gourry mi occhieggiò, divorando di gusto un boccone di carne essiccata.”E’ una persona adulta, se non ha voglia di mangiare sono affari suoi, no?”

“Non sono ARRABBIATA, sono solo SORPRESA, come la maggior parte delle persone col minimo di quoziente intellettivo umano sarebbe…” Gourry fece per replicare, ma non gliene diedi il tempo. Finito di accendere il fuoco, mi sollevai in piedi, le mani sui fianchi. “E se vuoi sapere PERCHE’ sono seccata, è per il fatto che TU ti stai mangiando tutta la sua parte di cena quando la ha lasciata ad entrambi!!!”

Sulle labbra di Gourry si dipinse un sorrisetto di sfida…”Oh, di QUALE cena stai parlando?” E fece per portarsi alla bocca l’intera razione di carne…

“Non ci pensare nemmeno!” Saltai su di lui, gettandolo al suolo, ma il mio amico ridendo mi bloccò facilmente, costringendomi a terra. “Mmm, sai Lina… questa carne essiccata è talmente buona, ma così pesante… credo che farò molta fatica a finirla…” Me la sventolò sotto al naso, con fare provocatorio, prima di addentarne un generoso boccone…

Ah, la metteva sul piano della forza fisica? Bene io sapevo PERFETTAMENTE dove risiedeva il punto debole di uomo, da quel punto di vista…

 

E, in tutta sincerità e senza falsa modestia… devo dire che la ginocchiata che in quel momento gli riservai là dove non batte il sole fu una delle migliori che avessi mai assestato…

 

Non preoccupandomi eccessivamente delle conseguenze della mia azione (ma il suo gemito era stato un po’più acuto del solito? O era solo una mia impressione?), mi gettai su quanto rimaneva della cena. In pratica, poca carne, il formaggio col pane, e un po’ di frutta… in realtà non credo stessimo litigando davvero per un pasto misero come quello… in realtà credo che il nostro fosse più che altro un atto liberatorio, dopo giorni di stanchezza e tensione… ma questo al momento non fu che un fugace pensiero. Perché feci appena in tempo a ingollare quanto era rimasto… prima che due braccia mi afferrassero e mi gettassero nuovamente al suolo.

Gourry fu sopra di me in un istante, i denti ancora lievemente digrignati per il dolore… ‘Ooooops… colpo un tantino esagerato…?’

“Vuoi giocare al gioco duro, Lina?” La sua espressione era inclemente.

Gli riservai un ghigno a trentadue denti… “Sì, ammetto che sarebbe stato interessante farlo… un vero peccato che la posta in gioco sia fatalmente scomparsa…”

Inarcò un sopracciglio, a metà fra il seccato e il rassegnato. “Fatalmente, eh?” Mi premette con più forza al suolo. “Bé, per una volta potrei anche decidere di vendicarmi, sai?” Rifletté per un momento, fissandomi.

Processo difficile, per Gourry.

“Non ti sforzare troppo di elaborare un piano di vendetta, Gourry, comincia ad uscirti fumo dalle orecchie.”

“Uh, uh…” Mi fissò storto. “Potrei decidere di mangiare davanti ai tuoi occhi la tua razione per domani, ad esempio.”

“Non oseresti.”

“Se anche poi ci litigassimo la mia, tu avresti comunque perso metà del cibo…”

“Non hai più amore per la vita, Gourry? Perché quello sarebbe il tuo ultimo pasto…” I miei denti si strinsero, ed iniziai a pensare a quali fra le mie formule meno appariscenti fossero più dolorose…

Le labbra dello spadaccino si allargarono in un sorriso. “Certo che sei proprio un bel tipo, lo sai?”

Gli feci la lingua. “Lo hai scelto tu di viaggiare con me.” Mi divincolai. “E ora ti decidi a lasciarmi andare? C’è Ainos che dorme qui a due passi, se non te ne sei reso conto…”

Il sorriso di Gourry si fece più ampio. “Perché, se non ci fosse Ainos potrei rimanere così?”

Quelle parole non ottennero che l’effetto di farmi avvampare. “N- non è quello che intendevo! E’ solo che s- se ci vedesse così lui potrebbe pensare che… mentre in realtà noi… oh, non ha importanza, Gourry, lasciami andare e basta!”

“Non so, in realtà, se ne ho voglia… è così divertente vederti arrossire…”

Digrignai i denti. “Sai… come scusa per mettere le mani addosso ad una bella ragazza è veramente penosa…”

Il sorriso rimase, ma il suo sguardo si addolcì. “Non vedo nessuna bella ragazza.” Mi rispose, con la stessa tranquillità che avrebbe usato se mi avesse fatto un complimento… “Ma… hai ragione… come scusa è proprio penosa…” Il suo volto si abbassò all’improvviso sul mio collo, e in un attimo mi trovai fra le sue braccia.

‘Cos…’ Il mio volto avvampò nuovamente. “Gou… Gourry…?”

Lo spadaccino rimase semplicemente in silenzio per qualche istante. Quindi emise un lieve sospiro. “Che farei senza di te, Lina…?”

Rimasi per un momento immobile, interdetta. Nella mia mente si accavallarono diverse soluzioni, fra cui quella di arrossire, sbottare di rabbia, e guadagnarmi la libertà da quell’abbraccio a suon di palle di fuoco. Ma, alla fine, il mio corpo finì per rilassarsi indipendentemente dalla mia volontà.

 

Tipico di Gourry.

 

Ero giunta alla conclusione che nel cervello dello spadaccino dovesse mancare qualche ingranaggio che regolava il passaggio fra impulso e azione. Ecco perché parlava sempre a sproposito. E agiva senza assolutamente riflettere su quello che stava facendo.

 

‘Certo, ogni tanto il dubbio che faccia solo il finto tonto mi viene…’

 

Arrossii lievemente, al pensiero. Anche perché, non vi azzardate a ripetetelo in giro, ma non è che esattamente mi dispiacesse starmene fra le sue braccia, in quel momento. E’ solo che io da quel punto di vista ero fatta esattamente all’opposto rispetto a lui. Faticavo persino ad ammettere a me stessa di essermi affezionata ad una persona, figurarsi a smettere di frenarmi e ad agire di conseguenza. In fondo, anche quella era una debolezza. E a me non piaceva essere debole.

Certo che con Gourry sembrava diverso… Con Gourry sembrava più… naturale… All’inizio ero stata sorpresa dal modo semplice e limpido in cui mostrava il suo affetto nei miei confronti… perché sulla strada, fra i mercenari, difficilmente, forse mai, avevo incontrato comportamenti del genere… Ma dopo un po’ era stato inevitabile fidarmi di lui, e provare attaccamento nei suoi confronti. Voglio dire, come potevo anche solo lontanamente sospettare che una persona così dolce e solare avesse dei secondi fini, o cercasse di approfittarsi di me? Come potevo non apprezzare chi preferiva le tante, piccole gentilezze quotidiane nei miei confronti ai radi gesti teatrali e pseudo-romantici con cui troppo spesso certi uomini credono di far cadere qualsiasi esemplare di sesso femminile ai propri piedi? L’incontro con Gourry mi aveva lasciata… piacevolmente sorpresa, ecco… Non era questione di cedere al sentimentalismo, o di ammorbidirsi. In fin dei conti non era che avessi dovuto apportare un grande cambiamento alla mia personalità, per stare bene al suo fianco. Per stare lì fra le sue braccia, e non trovarla affatto una cosa innaturale. Era una cosa venuta gradualmente, col tempo. Semplicemente, a causa di come lui era.

 

… erhm… sto tergiversando.

 

Ad ogni, modo, non mi allontanai. Semplicemente, portai la mano ai suoi capelli e li tirai, con fare scherzoso. “Meglio che tu non ti chieda che sarebbe di te. Se nessuno mantenesse anche solo lievemente attivo il tuo cervello di medusa, in breve tempo si trasformerebbe del tutto in cibo per cetacei.”

Lo spadaccino sollevò la testa dal mio collo, il sorriso maligno ancora presente sulle labbra. “La tua cena di domani si fa sempre più in pericolo, Lina…”

Sorrisi di rimando. “Te l’ho detto, non oseresti…”

Gourry inarcò un sopracciglio. “Magari ci sono più cose che oserei di quanto immagini…”

Lo fissai con aria scettica. “Ma davvero?”

Gourry mi rivolse l’espressione canzonatoria che usava quando mi prendeva in giro. “Potrei osare riprendermi quello che mi hai estorto, ad esempio.”

Lo fissai storto. Supponevo stesse per lanciarsi in uno dei suoi ragionamenti contorti… “E in che modo, di grazia?”

Gourry mi guardò con fare divertito. “Ma che domande. Con la forza, ovviamente.”

“Con… la forza…?”

Non ebbi tempo di capire a che si riferiva. Prima che ci riuscissi, infatti, prese ad avvicinare pericolosamente le sue labbra alle mie.

 

La propria morte! Ecco cosa voleva, la propria morte!

 

Ma il nostro eroe si salvò ancora una volta in corner.

Quando ormai era a pochi millimetri da me, e da una fine dolorosa della propria esistenza, infatti, lo spadaccino si bloccò. Per un momento pensai che avesse semplicemente scherzato, e che stesse per uscirsene con una battuta poco opportuna sul modo in cui ero arrossita. (il che non avrebbe cambiato la mia terribile vendetta, ve lo assicuro, mi avrebbe solo reso molto più sarcastica a riguardo…)

Fu quando incontrai il suo sguardo che mi resi conto che non era così. Perché non era divertito, né sprezzante, ma serio e avrei detto… speranzoso…

 

Non mi ci volle molto a capire qual era il problema.

Quel cretino. Non lo avrebbe fatto senza avere la certezza del mio consenso.

 

Per qualche motivo, questo atteggiamento, che fra tutti avrei dovuto aspettarmi da un tipo come Gourry, riuscì ancora una volta a lasciarmi spiazzata. Ma mi chiedevo perché continuavo a stupirmi. Era Gourry. Sarebbe stato sempre così.

E anche in una vita in continuo movimento come la mia, non era male ogni tanto avere una certezza del genere…

Restammo a fissarci, per qualche istante, forse in attesa di qualche frase scherzosa e liberatoria. Ma a quel punto lo sguardo che ci eravamo scambiati aveva già detto molto più di quanto ancora non saremmo stati in gradi di spiegare a parole…

Non so bene chi si mosse per primo, so solo che in un momento tutto scomparve. La grotta, il freddo e l’umidità, le membra indolenzite. Persino Ainos che dormiva a pochi passi da noi, fatto che normalmente mi avrebbe terribilmente messo in imbarazzo.

Era piacevole, certo. Ed era qualcosa di completamente nuovo. Ma stranamente non ero agitata, e nemmeno mi sentivo strana, o diversa. Ero tranquilla. Tranquilla. Poche cose al mondo erano in grado di tranquillizzarmi a tal punto.

‘Certo… forse un po’ finto tonto allora lo è…’ Fu l’unico, fugace pensiero che mi attraversò la mente, prima che essa, per una volta, si decidesse ad azzitirsi…

Quando le nostre labbra si separarono, ci fissammo ancora per qualche istante, straniti. Mi sentivo la testa stranamente leggera, come se le mie sensazioni fossero momentaneamente sospese. Persino la fredda pietra sotto di me e il calore delle sue dita sulla mia guancia in quel momento mi parevano lontani…

“E allora…” Fui io a rompere il silenzio, in tono forzatamente piatto. “…è una vendetta sufficiente?”

“No.” Rispose, ed ebbi l’impressione che le parole gli uscissero dalla bocca prima di passare attraverso il cervello. “M… ma suppongo che ci sarà tutto il tempo di approfondire la prossima volta!” Si affrettò ad aggiungere, temendo evidentemente ritorsioni.

Quella reazione mi fece sorridere. “Cosa ti rende così sicuro che ci sarà una prossima volta…?”

“Uh… il fatto che non sia così inusuale che tu mi rubi il cibo dal piatto…?”

Lo fissai per un momento… e scoppiai a ridere. “Immagino che questa sia una buona argomentazione…”

Restammo a fissarci per un momento in silenzio, l’imbarazzo stranamente rimosso, un lieve sorriso, un sorriso consapevole, che affiorava sulle labbra di entrambi. Credo che avremmopotuto rimanere lì a lungo, ma fu allora che un breve brontolio di Ainos nel sonno mi riportò bruscamente alla realtà…

Sospirai, volgendo la testa verso lo sciamano. “Temo sia il caso di metterci a dormire.” Borbottai, , fissandolo storto, come se la colpa fosse sua. “Domani la marcia sarà lunga.”

Gourry esitò solo un momento, quindi annuì e si sollevò, porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi. “Pensi che sia il caso di restare di guardia?”

Mi accigliai, e lanciai un’occhiata alla pioggia scrosciante, al di fuori del nostro riparo… “Siamo in un luogo piuttosto riparato… e con questa pioggia dubito che qualcuno verrebbe a scovarci…” Mi volsi verso di lui, con un’alzata di spalle. “Forse un’intera notte di sonno farà bene ad entrambi…”

Lo spadaccino sorrise e annuì, dando una lieve stretta alla mia mano, che ancora stringeva. Incontrai il suo sguardo, e sorrisi di rimando.

“Prendo le coperte…” Replicò semplicemente, non abbandonando il mio sguardo, quindi si mosse per raggiungere la borse. Nel passarmi accanto, per tornare al suo giaciglio, allungò la mano a scompigliarmi i capelli. Sospirai. “Non potresti almeno smetterla con questo?”

Mi rivolse un ampio sogghigno. “Mi viene troppo naturale.” Mi lanciò una coperta, e se avvolse un’altra attorno alle spalle, quindi si fermò a ravvivare il fuoco. Scossi la testa, rassegnata, e rimasi ferma ad osservarlo mentre aggiungeva legna al piccolo focolare, godendo del silenzio ci avvolgeva.

Il rumore della pioggia era sempre più forte, e nella notte risuonavano i cupi rombi dei tuoni. Mi concentrai su quel suono, per un istante. C’era qualcosa che non andava… cos’era quello strano sottofondo…? Non sembrava il rumore del vento…

“Lina, pensi che dovremmo…” Iniziò Gourry, ma io lo zittii con un gesto. Lo spadaccino assunse un’aria interrogativa, ma non obiettò. Mi sollevai in piedi, e lo raggiunsi vicino all’entrata, cercando di concentrarmi solo sull’ascolto. Poteva essere…

Dopo un istante, ne fui certa. “Voci!” Il vento ci stava portando il suono della voce di qualcuno! “Gourry, c’è qualcuno la fuori!”

Immediatamente, lo spadaccino si mise in allarme. “Ne sei certa, Lina?”

Annuii, a mia volta tesa. “Non ho dubbi! Ma cosa ci fanno delle persone qui, a quest’ora?” Cercai il suo sguardo, accigliata. “Questa non è una pista battuta comunemente, nemmeno dai soldati…”

Gourry ricambiò lo sguardo, smarrito quanto me. “Non ne ho la più pallida idea…” Fissò la pioggia per un momento, quindi le sue labbra si strinsero. “Ad ogni modo, chiunque siano, qui non ci troveranno. Anche ammesso che sia qualcuno di cui dobbiamo preoccuparci, non possono arrampicarsi e setacciare tutte le grotte a lato della montagna, con questo tempo… e le nostre impronte sicuramente ormai saranno cancellate…”

Io non ero altrettanto ottimista… “Possono trovare questa grotta come la abbiamo trovata noi, Gourry, anche solo casualmente…” Riflettei per un momento, mordendomi il labbro.

“Non hai un qualche incantesimo che possa mascherarla…?”

“Ci stavo pensando… potrei provare ad oscurarla per nasconderla alla loro vista, ma basterebbe che avessero un mago con loro per scoprire che si tratta di tenebre magiche…” Mi portai la mano destra al mento, pensierosa… “Però posso usare la magia sciamana per stimolare la crescita della vegetazione attorno ad essa… se coperta nel modo giusto, con questo tempo, la grotta sarebbe praticamente invisibile…” Bè, non c’erano molte altre soluzioni…

Ci scambiammo un’occhiata ed annuimmo. Pronunciai brevemente le parole dell’incantesimo… le radici attorno alla grotta improvvisamente si protesero come artigli, rami e foglie si attorcigliarono attorno ad esse, creando una fitta rete protettiva sull’ingresso della grotta. Studiai il risultato accigliata, allo stesso tempo rimproverandomi per la mia avventatezza di poco prima. Eravamo stati fortunati quanto incauti. Se quelle persone erano davvero pericolose per noi e se ci avessero sorprese nel sonno o qualche momento prima mentre… bè, insomma… mentre eravamo concentrati su altro… avremmo corso un serio rischio…

Mi rivolsi allo spadaccino. “Gourry, i cavalli…”

Gourry si limitò ad annuire. “Sono ben nascosti, legati nel fondo di una grotta più profonda, abbastanza lontana da qui… a meno che non abbiamo la sfortuna che scelgano proprio quella per fermarsi non dovrebbero vederli… e anche se fosse, così nascosti non troveranno NOI…” Si avvicinò a me e mi trascinò gentilmente verso una zona più riparata all’interno della grotta. Con un gesto della mano, spensi il fuoco. Non era decisamente il caso di salvarsi da un eventuale attacco per poi finire soffocati dal fumo…

“Credi che dovremmo svegliare Ainos…?” Bisbigliò il mio compagno.

Lanciai un’occhiata allo sciamano. Sembrava ancora profondamente addormentato, per nulla turbato da quanto accadeva attorno a lui. “No…” Risposi, cauta, dopo aver riflettuto per qualche istante. “Rischieremmo di fare troppo baccano. Spero solo che nel caso si svegli abbia il buon senso di starsene zitto…”

Rimasi rannicchiata a fianco di Gourry, in un silenzio teso, mentre le voci si facevano gradualmente più distinte. Ora non c’erano più dubbi. Erano vicini, probabilmente sul sentiero. Ed erano numerosi. Cercai di distinguere più chiaramente qualche frase, ma il rumore della pioggia rendeva ogni suono confuso… avrebbe potuto trattarsi di chiunque…

La mia tensione molto lentamente si sciolse, a mano a mano che avvertii le voci allontanarsi, nella stessa direzione in cui noi eravamo diretti… chiunque fosse, anche nemici, non sembrava intenzionato a fermarsi, né a mettersi a cercare qualcuno sotto quella pioggia… doveva trattarsi di qualcuno inspiegabilmente di passaggio in quel luogo…

“Sembra che siamo fuori…” Iniziai, bisbigliando, ma non riuscii a terminare. La mia attenzione fu distolta da un movimento alle mie spalle.

Ainos, silenzioso come un gatto, si era svegliato, e levato in piedi. La sua figura ora si stagliava in piedi vicino all’entrata della grotta, un’ombra scura in contrasto con la debole luce proveniente dall’esterno… L’espressione per me indecifrabile nell’oscurità, il suo viso era volto verso me e lo spadaccino. Inconsciamente, mi trovai a rabbrividire. E sentii che anche Gourry si irrigidiva… per il modo in cui stava fissando lo sciamano, avrei giurato che lui riuscisse a vedere quegli occhi che a me erano celati dal buio…

“Ainos… ci sono delle persone, là fuori…” Iniziai, un’implicita esortazione al silenzio…

“Lo so perfettamente.” Il tono gelido dello sciamano mi fece sussultare. “E’ proprio per questo che sono in piedi.”

‘Eh?’ “Ainos, cosa…”

Ma lo sciamano non mi lasciò aggiungere altro. Allungò la mano verso l’entrata della grotta, e lentamente la vegetazione che avevo fatto radunare si diradò. ‘Cosa diavolo…?’ Il mago si volse nuovamente verso di noi, solo una breve occhiata. “La mia decisione… è presa.” Rimase fermo un istante… quindi schizzò all’esterno.

 

“Cosa?” Gourry ed io sbottammo, all’unisono. Il suo movimento era stato tanto repentino che non ci era stato possibile fare nulla per fermarlo.

“Diavolo!!!” Mi affacciai all’ingresso della grotta senza nemmeno pensare di indossare il mantello. Il mio volto fu immediatamente sferzato dalla violenza della pioggia, il mio sguardo si perse in un oceano di oscurità. ‘Dannazione, dannazione, dannazione…’ Continuai a imprecare, fra i denti.

“Cosa facciamo, Lina???”

“Dobbiamo fermarlo! Non so cosa abbia in testa, ma se sono nemici quelli là fuori e lui ci fa scoprire siamo morti!!!”

“Le sue impronte non sono ancora cancellate completamente!” Il mio amico era costretto a gridare, perché la sua voce non si perdesse nello scroscio della pioggia.

Annuii. “Se riesci a vederle, seguile! Io sarò immediatamente dietro di te!”

Lo spadaccino non perse tempo. Con solo un lieve cenno del capo, si gettò a capofitto nel temporale. Io arrancai al suo inseguimento, proteggendomi gli occhi con un braccio per evitare che la pioggia vi penetrasse, facendo sì che lo perdessi di vista. Un paio di volte rischiai di inciampare, o di essere travolta dai rami che sembravano scivolare sul corpo dello spadaccino senza che questi nemmeno se ne accorgesse. Ero veloce quanto, se non più, di Gourry, ma non altrettanto robusta, e le sterpaglie e la vegetazione del sottobosco, che continuavano a sferzarmi viso e gambe, finivano per rallentarmi notevolmente. Gourry si voltò un paio di volte per controllare che ci fossi ancora, e quando si rese conto che ero in difficoltà mi afferrò saldamente la mano, per assicurarsi che non finissimo per dividerci. Il che mi facilitò l’avanzata, ma purtroppo non riuscì ad impedire che incespicassi ad ogni passo, rischiando di far cadere al suolo entrambi.

‘Odio la pioggia, odio il fango, odio le sterpaglie e i maledetti soldati nemici! Fa che mi capiti fra le mani Oberon…’

Mentre la mia mente si abbandonava a quelle che mia sorella avrebbe definito ‘imprecazioni poco adatte ad una signorina’, corremmo a gran velocità, per quelli che con l’agitazione mi sembrarono chilometri. Di Ainos, però, non si vedeva nemmeno l’ombra.

“Dannazione, ci stiamo avvicinando al sentiero!!!” Me ne resi conto quando ripercorremmo una svolta che avevamo compiuto salendo verso la grotta.

“Cosa?” Gourry si volse lievemente verso di me, proseguendo la sua corsa.

“Fai attenzione, Gourry! Non sappiamo se quelle persone sono ancora nei paraggi!!!” Gridai di rimando.

“Lina, non riesco a sentirti!!!”

“Ho detto che non… aaah, Gourry attento!”

Forse scorgendo la mia espressione allarmata, Gourry si volse di scatto in avanti, deviando appena in tempo per evitare un grosso ramo che sporgeva sul suo percorso. Nel farlo, tuttavia, i suoi stivali infangati scivolarono sulle foglie umide ammassate al suolo e il mio amico incespicò, mentre la sua presa sulla mia mano si scioglieva. Feci del mio meglio per frenare, ma i miei piedi non risposero al comando. Capitombolai su di lui, e in una specie di domino umano finimmo entrambi a terra.

Fu allora che sentii mancare il suolo sotto di me.

 

“Gwaaaaaaaaaah!”

“Lina!!!”

 

La zolla di terra su cui ero atterrata franò, smossa dalla pioggia e dal mio peso, trascinandomi inesorabilmente lungo il pendio, verso il sentiero sottostante. Per un momento, scorsi vagamente la figura di Gourry rialzarsi gridando il mio nome, ma poi il mondo prese a vorticare violentemente, e tutto ciò di cui fui consapevole furono gli urti contro gli ostacoli sul terreno, e la fiumana di fango che mi circondava. Quando finalmente la corsa si arrestò, ero senza fiato, e forse ferita. Non ero sinceramente in grado di giudicarlo, e non avrei saputo dire dove, dal momento che ogni parte del mio corpo sembrava dolere come se fosse stata appena presa a bastonate…

‘QUANTO ti costerà tutto questo, Philionel…’ Mugugnai, fra me e me, mentre cercavo, invano, di rialzarmi. Le mie gambe sembravano semplicemente aver deciso di smettere di collaborare. Mi sorreggevano per qualche istante, per poi abbandonarmi, lasciandomi malamente ricadere fra gli spruzzi di fango. ‘Dei, se la gente mi vedesse ora… il mio regno per qualcuno che mi sorregga…’

 

“Serve una mano?”

 

Sussultai, emettendo una specie di grido strozzato. Sorpresa, troppo sorpresa al suono di quella voce ignota perché il mio cervello elaborasse qualsiasi reazione razionale, fui capace solo di sollevare lo sguardo, boccheggiando.

Una mano. Una mano era tesa verso di me. Per un istante, solo un istante, fui invasa dalla illusoria speranza che quelle dita appartenessero a Gourry, che il mio compagno fosse riuscito a balzare al mio inseguimento lungo il pendio e a raggiungermi senza cadere a sua volta. Ma fu una speranza fugace. Perché presto i miei occhi incontrarono quelli del proprietario di quell’arto.

 

Un gigante.

Ammantato di tenebra, incombeva su di me, e la sua bocca rideva, digrignando i denti, come quella di un predatore che ha appena raggiunto la sua vittima… il mio cervello registrò velocemente quell’immagine, rifiutandosi però di elaborare una spiegazione razionale sulla sua reale identità, e sui motivi della sua presenza in quel luogo…

“Cosa… diavolo…?”

“Felice di fare la tua conoscenza… Lina Inverse…”

Non ebbi tempo nemmeno di prendere fiato, o di pensare ad una risposta. Un battito di ciglia… e le tenebre caddero, inesorabili, su di me.

 

 

***

 

 

“Lina!!!”

 

Era stato un secondo. Un momento prima la sua mano era stretta saldamente fra le sue dita, e quello successivo la aveva vista precipitare inesorabilmente in un baratro di oscurità.

Le tracce che stavano seguendo proseguivano in una discesa più dolce, deviando a sinistra lungo una stretta pista da conigli, che costeggiava il sentiero nella direzione in cui si erano dirette le voci… ma in un attimo, per lui, quelle tracce furono dimenticate. Scordandosi della terra cedevole sotto i suoi piedi, si gettò lungo il pendio ripido all’inseguimento della maga, rischiando di scivolare come anche a lei era accaduto e di precipitare nel buio.

Mise un piede in fallo, e incespicò. La pendenza era troppa perché potesse riuscire a riprendere l’equilibrio, e cadde in avanti, faccia al suolo. Scivolò per qualche metro, rotolando su se stesso, e solo l’impatto, di schiena, con un grosso albero gli impedì di precipitare lungo il pendio sino al sentiero sottostante.

Un impatto, inutile a dirsi, doloroso.

“D… dei…” Provo a rialzarsi, ma non ci riuscì. Appena tentò di mettersi in ginocchio, fu come se mille spade gli stessero perforando la spina dorsale… Strinse i pugni nel fango, serrò i denti, nell’attesa interminabile che il dolore si attutisse. E quando questo avvenne, il suo corpo era totalmente privo di forze. Non aveva più il coraggio di tentare di sollevarsi in piedi… “Li… Lina…”

 

“Lina non è più qui.”

La voce risuonò gelida. Una lama tagliente, calata nella notte che lo sovrastava. Una voce che in quel momento risvegliò in lui una rabbia fredda e intenso, che raramente gli era capitato di provare.

Ebbe la forza di levare lo sguardo, per fronteggiare l’uomo che li aveva traditi. Fermo, in abiti candidi nonostante la violenza della tempesta, lo fissava dall’alto, con calma glaciale.

“E non la vedrai per lungo tempo. Quanto prima ti rassegnerai all’idea, tanto prima potrai dedicarti a sentimenti più produttivi della frustrazione e della rabbia.”

 

Senza prestare il minimo di attenzione alle sue parole, Gourry arrancò, cercando di afferrare la sua caviglia e di trascinarlo al suolo. L’uomo, tuttavia, sembrò intuire con largo anticipo quale sarebbe stata la sua mossa, e si scostò con facilità, senza smettere di fissarlo sprezzante.

“Hai un bel coraggio a farti vedere ancora…” Sibilò lo spadaccino, senza riuscire a muoversi più di qualche centimetro…

“Coraggio? Intendi, per essermi presentato di fronte ad un uomo che non ha nemmeno la forza di strisciare nel fango? Ammetterai che non costituisci una grossa minaccia, per me…” Il tono dello sciamano era calmo, per quanto venato di sarcasmo. “Risparmia le energie. Dovrai andartene di qui con le tue gambe, e al più presto, se non vuoi che i vostri nemici catturino anche te.”

“ANCHE me?” Ringhiò lo spadaccino, con l’ultimo fiato che gli rimaneva in gola.

“Anche te.” Ripeté Ainos, in tono piatto. “La ragazza è già nelle loro mani. Nelle condizioni in cui era non avrebbe potuto combatterli. E non avrebbe nemmeno potuto sfuggire loro. Lo so per certo. Perché ho attirato la loro attenzione, e li ho guidati io a lei.”

 

Non seppe come ci riuscì, ma l’istante dopo si trovava in piedi. E quello ancora successivo, le sue mani erano strette attorno al collo dello sciamano, premuto fra lui e la mole dell’albero contro cui aveva impattato. “Dammi un buon motivo per non ucciderti…” Sibilò lo spadaccino, troppo allarmato per impedire che la rabbia avesse la meglio su di lui.

Lo sciamano sorrise, per la prima volta da quando lo aveva incontrato. Uno storto, sinistro, sorriso. “Semplicemente perché senza di me non puoi sperare di aiutarla.”

Le mani dello spadaccino strinsero più forte. “Credi di prendermi in giro???”

Il distorto sorriso non scomparve dalle labbra di Ainos. E se stava soffrendo per la stretta di Gourry fu abilissimo nel non darlo a vedere… “Per quanto io possa riuscirci facilmente, guerriero, in  questo momento non mi sto prendendo gioco di te. Cosa potresti mai fare, ora?”

I denti di Gourry si digrignarono. “Andrò laggiù. E… e combatteremo…” Gourry non aveva idea di quali nemici lo aspettassero in realtà, non aveva nemmeno idea di quanta verità ci fosse nelle parole di Ainos, per dirla tutta. Ma era troppo confuso e preoccupato per Lina per riuscire a pensare lucidamente ad un qualche piano d’azione…

Lo sciamano scoppiò in una specie di, rauca, risata. “Già, lo immaginavo…” Riacquistò la compostezza, anche se l’ombra di un sorriso continuò a velare le sue labbra. “… l’irrazionalità di voi umani. Basta che vi si tocchi qualcosa a cui tenete, e subito perdete il controllo…”

“Di che diavolo stai parlando???” Gourry non capiva, e per una volta nella vita non gliene importava assolutamente nulla. Voleva abbandonare quell’uomo ai suoi discorsi incomprensibili, e correre su quel dannato sentiero. Voleva correre da Lina. Voleva trovarla sola, ammaccata e coperta di fango, e sentirsi rimproverare perché proprio quando avrebbe dovuto tenerla stretta aveva lasciato andare la sua mano.

“Io ti ho scelto, Gourry.” Continuò lo sciamano, senza curarsi del turbinio delle sue emozioni. “Ho cercato a lungo qualcuno che fosse adatto, prima di sentire parlare di te. E ti ho aspettato dove sapevo saresti giunto.” I suoi occhi si fissarono su quelli dello spadaccino, e l’istinto gridò a Gourry di ritrarsi, tanto che dovette fare violenza a se stesso per non mollare la presa… “Ora non c’è più la Spada di Luce… ma io ti offro un’arma altrettanto potente. ANCORA PIU’ potente, se accetterai di maneggiarla nel modo più corretto. Come suo custode, dovevo accertarmi delle tue capacità prima di farti questa proposta. Ma ormai non ho più dubbi.”

Gourry si ritrovò a gridare. “IO NON VOGLIO NESSUNA ARMA!!!” Premette più forte il collo dello sciamano schiacciandolo completamente contro la dura corteccia. “Voglio sapere perché hai fatto sì che Lina venisse catturata!!!”

Lo sciamano sorrise. “Inizialmente quella ragazza mi appariva come un ostacolo a quanto avevo in mente per te. Ma poi ho capito che poteva essere un utile stimolo. Il pensiero di doverla liberare sicuramente sarà un’ottima motivazione ad imparare a maneggiare in fretta la spada. E avrai bisogno di motivazione, te lo posso assicurare…” Quest’ultima aggiunta fu poco più di un sussurro.

Quella risposta fece infuriare lo spadaccino. “IO-NON-MANEGGERO’-NESSUNA-SPADA!!!” Lo lasciò e si allontanò da lui. “Tu sei solo un folle! Ed io più folle di te a stare qui ad ascoltarti mentre Lina ha bisogno di me!!!” Fece per riprendere la sua corsa verso valle, ma la voce gelida dello sciamano lo bloccò.

“Chi è il folle?” Era una semplice domanda, ma suonò per Gourry come un ordine perentorio. “Cosa succederà quando arriverai di fronte a quegli uomini? Non penserai che abbiano mandato un semplice gruppo di reclute a cercarvi… Perché è VOI, che stavano cercando, o non sarebbe spiegata la loro presenza su queste montagne…” Fece una pausa. “Sono troppi, anche per te. FORSE avresti potuto batterli con la Spada di Luce, ma non è più nelle tue mani. E con una spada normale nemmeno uno come te riuscirebbe a sconfiggere una divisione di uomini addestrati ad uccidere. Anche se li cogliessi di sorpresa, otterresti solo di farti massacrare davanti alla donna che ami. E lei rimarrebbe nelle loro mani.” Fece un passo verso di lui. “Mentre io ti offro la possibilità di tornare armato a sufficienza per salvarla.”

I pugni di Gourry si strinsero. “Posso seguirli e prenderli di sorpresa! Non posso abbandonarla in mano loro e sparire! Non so dove la porteranno! Se la uccidessero…”

“Non essere sciocco.” Lo interruppe il suo interlocutore, secco. “E’ ovvio che metteranno delle truppe sulle tue tracce. Come è ovvio che in mezzo ad un esercito sarà sorvegliata a vista. Non potrai evitare lo scontro con un numero nutrito di soldati. E comunque non la uccideranno.” Il tono dello sciamano era tranquillo. “Non avrei sprecato così un oggetto tanto utile. Hanno bisogno di lei. E so anche dove la condurranno. O meglio, posso dedurlo. A sud, oltre la barriera.”

Gourry si volse, fissandolo con occhi rabbiosi. La pioggia gli rigava il volto, e la sua vista si confondeva, ma la figura dello sciamano pareva stagliarsi nell’oscurità come un faro nella notte. “Oltre la barriera? Che bisogno potrebbero avere di lei oltre la barriera?”

“C’è un regno di cui Oberon non si è ancora assicurato l’alleanza. Ottenuto il suo appoggio, il suo controllo sul sud sarà certo… e con le sue truppe, il dominio sul nord assicurato. E Lina Inverse può costituire un ostaggio appetitoso… in questi mesi, dopo la lotta con Dark Star, la sua fama ha raggiunto anche il sud…”

“Un… ostaggio…?”

Il tono di Ainos era calmo, totalmente indifferente. Ma a quelle parole un misto di rabbia, angoscia e terrore si impadronì dello spadaccino… un misto unito all’impotenza… e alla frustrazione, nel riconoscere quanto di dannatamente vero c’era… nelle parole dell’uomo tanto ragionevole che aveva di fronte…

“Come posso… fidarmi di te…?” Il tono della sua voce era stanco.

“Non puoi.” Rispose calmo lo sciamano. “Devi. Perché non hai altra scelta.”

Gourry rimase in silenzio per qualche istante. Sulle pendici della colline, voci cominciarono a risuonare. Lo stavano cercando. Almeno in questo lo sciamano non aveva mentito.

‘Ma non posso lasciarla qui. Non voglio. Ho promesso di proteggerla.’

Ma hai lasciato la sua mano. Un’altra voce, nella sua mente. Hai lasciato la sua mano. E ora devi affrontarne le conseguenze.

 

Non sempre la scelta più giusta è anche la più semplice.

Era sua nonna a ripeterglielo. Quando doveva trattare con suo fratello. Quando doveva tacere di fronte alla sofferenza di sua madre. Sempre. Aveva scelto, quando aveva abbandonato la sua casa con la Spada di Luce. Aveva scelto allora… e doveva farlo anche ora.

 

‘Lina sa badare a se stessa.’ Strinse con forza il pendaglio che teneva al collo. ‘Saprà badare a se stessa, finché non sarò in grado di essere al suo fianco per aiutarla. Verrò a prenderti. Verrò a prenderti a costo di perdere la mia anima per questo, Lina. Quindi aspettami.’

Stringendo le labbra, con sguardo ostile, annuì allo sciamano.

E si lasciò condurre, nella tenebra incombente.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


Ecco altri due capitoli, postati in extremis prima della sessione estiva degli esami… e per i prossimi temo se ne riparlerà a

Ecco altri due capitoli, postati in extremis prima della sessione estiva degli esami… e  per i prossimi temo se ne riparlerà a metà luglio…^^’’’ (ma confido che allora riuscirò a scrivere con un minimo di regolarità…XD) Ovviamente i commenti e le critiche sono sempre graditi! ^^

 

La prima sensazione che i suoi sensi rilevarono fu un odore che non conosceva.

L’odore che la sua mente associava al palazzo era lindo, dolce, con un sentore di antichità… quello che sentiva ora attorno a sé era l’odore della battaglia. Sangue, misto a sudore. E morte.

 

‘Forse mi hanno uccisa.’ Fu il suo primo pensiero. ‘E mi hanno abbandonata sul campo di battaglia.’ Per un momento, fu quasi una speranza. Perché avrebbe significato non dover aprire gli occhi. Non dover affrontare quanto temeva la aspettasse. Perché sentiva di non avere più la forza di agire come il suo ruolo di principessa le avrebbe imposto…

 

“Ben svegliata, mia signora…” Quella voce fredda spezzò immediatamente le sue illusioni. Per un momento pensò di fingere di non avere ancora ripreso i sensi, ma le bastò un momento per rendersi conto di quanto questo sarebbe stato inutile, ed infantile. Quindi, fece violenza a se stessa. E aprì gli occhi.

 

La luce che ferì la sua vista bastò ad indicarle che era già giorno pieno. Si riparò per un istante gli occhi, confusa. Era sdraiata su di una semplice stuoia stesa al suolo, il suo corpo coperto ancora dalle vesti che indossava quando era stata catturata. Un lenzuolo di lino era stato steso su di lei, a difenderla dall’umidità e dal freddo, ma  il suo corpo era comunque indolenzito, per il lungo contatto con la dura terra. Doveva essere stata priva di sensi per tutta la notte, e l’intera mattinata.

 

“Mi dispiace di non averti potuto garantire un alloggio più consono al tuo rango, ma l’accampamento non offriva di meglio. In poco tempo raggiungeremo uno dei castelli che abbiamo conquistato, e allora avrai delle stanze tue, e qualcuno al tuo servizio.”

Sollevò lo sguardo verso il proprietario di quella voce gelidamente cortese. La sua figura la sovrastava. Un uomo che avrebbe potuto dirsi affascinante. Doveva avere più o meno l’età di suo padre, ed era altrettanto imponente, per quanto più esile. Gli occhi del colore di un lago ghiacciato, la barba e i capelli brizzolati, la mascella contratta. Le sue braccia ed il suo petto avevano la forza del guerriero, il suo corpo il portamento di un re. Forse normalmente ne sarebbe stata affascinata. Ora, verso di lui provava solo un fremito di repulsione. Perché aveva già compreso di chi si trattava…

“O… Oberon…”

“Mio signore.” L’uomo la corresse, glaciale. “Questo è il titolo con cui ti rivolgerai a me. Davanti ai miei uomini, e nel privato. Ed io ti userò la medesima cortesia, mia signora. Perché questa si confà ai rapporti fra due consorti.”

I denti di Amelia si strinsero, mentre la rabbia si impadroniva di lei. “Noi non siamo sposati.”

Oberon annuì. “Non ancora. Ma confido che tuo padre darà presto la sua approvazione. Dato che al momento nelle mie mani si trova un prezioso strumento di trattativa…” Le tese la mano, per aiutarla ad alzarsi, ma Amelia la rifiutò. A fatica, si sollevò con le sue sole forze.

Oberon si strinse nelle spalle, apparentemente non turbato dalla sua ritrosia. “Ti farò raggiungere da una servitrice che si occuperà di te temporaneamente. Immagino che desideri un bagno, e abiti puliti…” Fece per allontanarsi.

Per un momento Amelia fu sul punto di negare, mossa dall’orgoglio. Ma bastò un attimo a farle cambiare idea… sudore, sporcizia e sangue le incrostavano i capelli e le vesti. In quel momento non desiderava che affondare in un mare di schiuma e di acqua calda, e dimenticare il mondo che la circondava…

Invece del secco rifiuto che aveva in mente, però, altre parole si trovarono a prendere forma sulle sue labbra. Parole che temeva di pronunciare…”Che ne è stato di mio padre?”

 

Oberon, già di spalle all’entrata della tenda, si volse nuovamente a fronteggiarla. “Riteniamo che sia fuggito.” Rispose, senza scomporsi. “La fortezza interna deve ancora cadere, ma non è più stato avvistato sulle mura. Ho inviato degli uomini alla sua ricerca, anche se non ho troppe speranze di riuscire davvero a ritrovarlo…” La sua voce non vacillò. “Ma avendoti nelle mie mani, mia signora, le mie preoccupazioni si riducono notevolmente…”

Amelia rimase ammutolita. Fuggito? Abbandonandola lì? Non era possibile. Quell’uomo stava mentendo… “Mio… mio nonno…” La sua voce la tradì… avrebbe voluto piangere, ma sapeva di non poterselo permettere…

Oberon si accigliò. “Lo so. E me ne dispiace. Ho già rimproverato duramente Elmerish per aver fatto sì che una signora assistesse ad uno spettacolo del genere…”

Che cosa voleva che gliene importasse dei suoi rimproveri!!! “Ogni generale è degno del suo comandante…” La voce di Amelia era tagliente, mentre ripeteva quelle parole, che aveva sentito pronunciare a suo padre ogni volta che un suo generale aveva compiuto qualcosa di sbagliato.

La mascella di Oberon si contrasse ulteriormente. “Questo sarebbe uno dei motti dell’integerrima famiglia reale di Sailune?” Il tono della sua voce le parve soffuso di ironia, anche se non sapeva dirne il motivo… “Io penso che ogni persona debba essere personalmente responsabile delle sue azioni, invece. Ma con questo non voglio negare le colpe che possono derivare dall’eccessivo lassismo. Elmerish sa che verrà punito. Dopo che avrà portato a termine la sua missione.” Fissò lo sguardo su Amelia, uno sguardo che sembrava penetrarle l’anima. “Un uccellino mi ha detto che sgattaiolare fuori dalle mura non è solo prerogativa dei regnanti, a Sailune. Ho inviato Elmerish ad assicurarsi che tutte le chiocce tornino da brave al loro ovile…”

Amelia non ebbe bisogno di fare domande per capire a chi Oberon si riferiva. Strinse i denti, delusa che il loro piano fosse stato scoperto. ‘Ma sei un illuso se pensi che prenderai Lina-san. Ormai sarà già a Raizerl. E tornerà qui, e lei e Gourry -san ti rificcheranno in gola a colpi di incantesimi e di spada tutte le tue stupide speranze di metterla in gabbia.’

Oberon squadrò accigliato la sua espressione. “Farai bene a mantenere la calma, mia signora… rabbia e ribellione non sono sentimenti graditi qui. Un atteggiamento remissivo ti garantirà un trattamento migliore. Se osserverai con lucidità i fatti, riconoscerai che chi si è ribellato a me finora non ha avuto sorte felice, in questa guerra…”

Quell’affermazione non fece che riempirla ulteriormente di inquietudine… c’era un’altra domanda che assillava la sua mente… un’altra domanda a cui non osava dare voce…

“E ora… se la mia signora vuole scusarmi… impegni importanti richiedono la mia presenza…” Oberon fece per allontanarsi, nuovamente…

“Gli uomini che erano con me…” Amelia ebbe la forza di fermarlo, e domandare. “Quelli che mi difendevano, nella torre di mio nonno… avete catturato anche loro…?”

Oberon le lanciò solo una breve, impietosa, occhiata.

“Per quanto ne so… sono tutti morti.”

 

 

***

 

 

Il dolore inizialmente fu insopportabile. Forse fu proprio quello a strapparlo all’oblio. Da quanto la sua pelle era stata tramutata in pietra, non era più stato abituato a provare sensazioni del genere.

 

“Re… recovery…” Bisbigliò fra i denti, senza nemmeno sollevare il volto dal suolo, portandosi la mano allo stomaco. Doveva ritenersi fortunato. Le ferite in quel punto erano fra le più dolorose, ma anche fra le più lente nel portare alla morte… oh, ad un comune essere umano un colpo del genere sarebbe stato più che sufficiente… ma doveva ringraziare le sue parentele altolocate per il fatto di NON ESSERE un comune essere umano…

‘Bè, GRAZIE INFINITE, Rezo. Spero che queste parole ti giungano… mentre vieni torturato all’inferno…’

Sospirò. Il dolore si stava lentamente attenuando. Non si trattava di una ferita profonda, se ne rese immediatamente conto. Altrimenti non sarebbe riuscito a guarirsi da solo… il grosso del danno doveva essere stato procurato dall’impatto piuttosto che dalla lama. Del resto, si sarebbe poco stupito se un’arma di quelle dimensioni fosse stata in grado di tagliare a metà una persona…

‘Per fortuna pare che quel gigante non abbia avuto tempo di fermarsi a controllare le mie reali condizioni… altrimenti ora io non sarei… ah!’

L’improvvisa presa di coscienza lo fece sollevare repentinamente dal terreno, procurandogli una nuova fitta di dolore. Al momento, tuttavia, il suo cervello la registrò solo vagamente, mentre i suoi sensi si allertavano in tutt’altra direzione.

“Amelia!”

Chiamò ad alta voce, incautamente. Ma anche se si fosse messo a gridare follemente, non avrebbe fatto alcuna differenza. La sala attorno a lui era deserta. L’intera torre lo era, a giudicare da come i suoni rimbombavano sulle antiche pareti. E tutto attorno a lui, a circondarlo, c’era solo l’odore del sangue.

Diversi corpi erano riversi al suolo, accanto al suo. Li riconobbe. Erano i soldati giunti nella torre per portare la principessa in salvo. Nessuno di loro era stato risparmiato. Anche i cadaveri di diversi dei nemici erano stati abbandonati in quel luogo… ma non c’era traccia del gigante… e nemmeno di Amelia.

 

“Merda!!!” Il pugno di Zelgadiss batté al suolo. Era rimasto a Sailune appositamente a quello scopo. Aveva promesso di difenderla, in assenza di Lina e Gourry. Ma non era riuscito a fare niente. Niente!

 

Al di fuori della finestra della torre, schiamazzi di soldati e suoni di battaglia continuavano a risuonare. Si alzò in piedi, a fatica, e si trascinò fino alla finestra, sporgendosi con cautela. Figure di militari armati correvano da una parte all’altra del cortile, lungo e oltre le mura semi crollate. Ovunque era disseminata morte. Dal punto in cui si trovava non era in grado di assistere alla battaglia, ma poteva facilmente immaginare cosa stesse accadendo. La fortezza interna era sotto assedio. Le ultime resistenze di Philionel, l’ultimo baluardo alla salvezza del regno. Ma non c’era niente da fare. Il grosso dell’esercito nemico sembrava essersi allontanato dalla capitale, e l’accampamento era stato smantellato, ma le forze che rimanevano erano più che sufficienti a sconfiggere un manipolo di uomini feriti, stanchi, demoralizzati.

‘E anche io sono fra questi.’ Non aveva la più pallida di idea di cosa fare. Di cosa sarebbe stato di lui.

 

Si sedette in un angolo della stanza, prendendosi la testa fra le mani, e cercando di riflettere. Tuttavia, la sua mente era a corto di soluzioni. C’era poco che potesse fare per Amelia, o per Sailune. Se anche fosse andato là fuori, e avesse cercato di fermare le truppe che assediavano la fortezza interna, avrebbe ottenuto solo di farsi uccidere. E non sapeva se Philionel si trovava ancora fra gli assediati. Se fosse stato saggio, avrebbe scelto di usare un tunnel come quello che avevano usato Lina e Gourry, e fuggire da quel luogo. In più, era probabile che Amelia fosse stata già portata lontana da quel luogo, per ragioni di prudenza. Forse, verso uno dei castelli fortificati che si trovavano sulla strada verso sud, in attesa di essere condotta nelle terre di Oberon…

‘Potrei trovarla, e…’ E? E cosa? Anche ammesso che riuscisse a scoprire dove era tenuta prigioniera, come poteva pensare di superare le difese dell’esercito nemico? E se la avesse raggiunta, come avrebbe potuto portarla via sotto il naso a quell’uomo?

Probabilmente la soluzione più saggia sarebbe stata quella di cercare di fuggire. Cercare di fuggire, magari tenendo le orecchie e gli occhi aperti per aiutare i suoi amici, certo, ma comunque tirandosi fuori dai pericoli inutili… Se si fosse trovato lì un paio d’anni prima, non aveva dubbi che avrebbe agito esattamente così… ma ora il pensiero che le tre persone che forse gli erano più care al mondo si trovassero con ogni probabilità nei guai fino al collo continuava a martellargli nella mente, impedendogli di propendere per una simile soluzione…

 

Colto da una improvvisa risoluzione, si sollevò in piedi. Forse uscire da lì mentre la battaglia era ancora in corso era inutile, e pericoloso. Ma non poteva rimanere con le mani in mano come se nulla fosse successo…

‘Devo riuscire ad infiltrarmi in qualche modo fra i soldati nemici… devo per lo meno scoprire dove hanno portato Amelia…’

A fatica, ancora indolenzito per la ferita riportata, uscì dalla sala, e si trascinò giù dai gradini della torre. Gli bastò lanciare un’occhiata alle sale che sorpassò per comprendere in che condizioni versasse Sailune. Non un arazzo, non un oggetto prezioso era stato risparmiato. Zelgadiss quasi si stupì che le mura del palazzo fossero ancora in piedi, e non fossero state date alle fiamme… ‘Anche se in fondo c’è poco da sorprendersi… il bastardo vorrà avere un posto da cui governare…’

 

Raggiunse l’ingresso della torre e si premette contro la parete, guardingo… il cortile era affollato, eppure nessuno pareva avere il tempo o l’interesse di volgersi in sua direzione. Tuttavia, non poteva sperare di passare inosservato, se avesse cercato di vagare nel palazzo alla ricerca di qualcuno che gli fornisse informazioni. Non LUI.

‘Ho bisogno di camuffarmi in qualche modo.’

Divise ed insegne si sprecavano fra gli uomini che si affrettavano portando armi alla fortezza interna ed oggetti verso le poche tende ancora in piedi al di fuori delle mura. Se si trovava in inferiorità numerica, poteva pensare di risolvere la cosa con un po’ di astuzia…

 

Individuò velocemente qualcuno che facesse al caso suo. Quello che pareva come un mercenario unitosi all’esercito, le insegne di Oberon esposte su abiti che non appartenevano alla divisa indossata comunemente dai soldati che avevano assaltato il castello, e nessun simbolo ad indicare uno specifico gruppo di appartenenza… e apparentemente molto più interessato a raccattare quanto di recuperabile dai cadaveri che lo circondavano che a vincere le ultime resistenze di Sailune… In più, si muoveva solo. Dubitava che se anche fosse scomparso qualcuno si sarebbe preoccupato di cercarlo, o di verificare la sua morte…

 

“EHI TU!!!”

 

Nel caos e nel viavai di soldati, nessuno gli prestò ascolto, ma le orecchie del mercenario, addestrate più a cogliere suoni e movimenti nascosti che il fragore della battaglia, immediatamente si misero in allerta al richiamo. La figura in armatura si volse verso di lui, guardinga, sollevando il cappuccio del mantello, forse temendo che si trattasse di un generale che intendeva redarguirlo per il suo scarso interesse per le sorti della battaglia. Zelgadiss, il cappuccio a sua volta tirato sul capo, non fece nulla per nascondersi al suo sguardo. E immediatamente lo scorno fu sostituito negli occhi del mercenario dalla diffidenza e dalla curiosità.

“E tu chi diavolo saresti?” Gli urlò di rimando, quasi un grugnito.

Ma Zel non rispose. Si limitò a fargli un breve cenno, invitandolo ad avvicinarsi, e poi ritirandosi nello stipite della porta, come se non volesse farsi vedere.

Il mercenario tentennò per  qualche istante, poi si risolvette ad avvicinarsi, spada alla mano. Ma non entrò nell’ingresso in cui era sprofondato Zel. Si mantenne a diversi metri di distanza, appiattendosi contro la parete, come se si fosse appoggiato un attimo a riprendere fiato, così da non dare nell’occhio…

‘Un uomo accorto…’ Si trovò suo malgrado a pensare Zelgadiss, con una punta di ammirazione…

“Che diavolo vuoi?” Bisbigliò il mercenario, con fare spazientito, ma con una voce che tradiva curiosità.

Zelgadiss si ritirò ulteriormente nell’ombra, perché l’uomo non lo vedesse in volto, ma non attese di farlo innervosire ulteriormente. “Sono un tuo nemico.” Rispose, pronto, affrettandosi ad aggiungere. “E sono un disertore. Mi sono rifugiato in un luogo sicuro della torre finché la battaglia infuriava. E ora voglio solo uscire velocemente di qui prima che l’assedio finisca e le razzie riprendano, facendomi scovare ed uccidere.”

Il mercenario sputò al suolo. “Ed io che c’entro con questo?” Domandò, nella più totale indifferenza.

La risposta di Zelgadiss fu pronta. “Se girovagassi da solo finirei per destare sospetti… ma se mi muovessi con te, uno di loro, nessuno si prenderebbe la briga di porsi domande, con una battaglia che infuria… e dal momento che non mi sembra che per te un nemico fuggito in più o in meno faccia molta differenza…” Lasciò la frase in sospeso, lasciando trarre al mercenario le conclusioni. In realtà, come piano faceva acqua da tutte le parti. Ma al momento la cosa gli importava quanto gli sarebbe importato sapere di aver calpestato sterco di cane…

“Mmm…” Il mercenario studiò l’elsa della propria spada, accigliato. “Ed io cosa ci guadagno?”

Zelgadiss si aspettava una domanda simile. “So che non lo faresti gratuitamente.” Si affrettò a rispondere. “Per questo ti ho chiamato qui. In questa torre, come in tante altre parti del palazzo, ci sono numerose nicchie, e passaggi nascosti, che nascondono oggetti anche di grande valore… non ho dubbi che se i tuoi compagni soldati avranno tempo di fare razzia qua dentro prima o poi li troveranno. Ma io ti offro la possibilità di ottenere gli oggetti più preziosi prima di loro, e più velocemente. Se il mio pagamento ti avrà soddisfatto, allora mi accompagnerai fuori…”

Zelgadiss sapeva che a quelle parole il mercenario poteva trarre due diverse conclusioni: che lo sciamano che aveva di fronte stava cercando di imbrogliarlo… o che era infinitamente stupido. Il mago sperava solo che il richiamo del denaro lo portasse a propendere per la seconda delle ipotesi…

 

“Uhm…” Concluse il mercenario, dopo avere riflettuto per qualche istante. “In effetti… potrei considerarlo uno scambio equo…” Si volse verso Zel, cercando inutilmente di scorgere il suo volto al di là delle ombre del cappuccio. “Sei disposto a farmi strada ora?”

Zelgadiss mascherò un sogghigno. “Naturalmente.” Si limitò a rispondere, volgendo le spalle al guerriero per risalire i gradini della torre. Quell’atto imprudente, sperava, avrebbe definitivamente convinto il mercenario della sua ingenuità…

Risalirono la scalinata velocemente. Zelgadiss, nonostante l’indolenzimento del suo corpo, fece il possibile per muoversi rapido, temendo ad ogni istante una irruzione di soldati all’interno della torre, che avrebbe inesorabilmente infranto i suoi piani… Il mercenario sembrava tranquillo, per quanto guardingo… doveva averlo catalogato come un soggetto poco pericoloso…

 

In pochi minuti giunsero al luogo che Zelgadiss aveva scelto. La stanza di Eldoran, dove Amelia era stata catturata. Sufficientemente in cima alla torre perché nessuno sentisse… e sufficientemente adatta, a parere di Zel, a divenire il luogo da cui avrebbe avuto inizio la vendetta di Sailune…

 

Zelgadiss superò il letto vuoto ed incrostato di sangue dell’anziano sovrano, e si accostò al camino spento. Solo per un attimo, si volse verso il mercenario che lo squadrava accigliato, ancora in piedi sotto lo stipite della porta. “Questa era la stanza del sovrano. Qui sono nascosti gli oggetti per lui più preziosi.” Si limitò a spiegare.

“Prega che siano preziosi anche per me, disertore…” Replicò il mercenario, sarcastico. “Avanti.”

Zelgadiss, annuì, e si inginocchiò di fronte al focolare, fingendo di armeggiare con l’attizzatoio. Il guerriero alle sue spalle avanzò di qualche passo, incombendo sempre più su di lui. Zel non aveva dubbi su quali fossero le sue intenzioni. Accertarsi con una rapida occhiata che gli oggetti che lo sciamano gli offriva erano realmente preziosi… quindi ucciderlo, senza dargli nemmeno il tempo di voltarsi. ‘Il mondo è pieno di furbi, eh, guerriero?’ Zelgadiss si concesse un sogghigno… prima di appoggiare la mano al suolo.

Madre Terra…” Chiamò, senza più preoccuparsi di fingere. E l’elemento che invocò immediatamente rispose.

Prima che il mercenario potesse reagire in qualsiasi modo, il suolo cominciò ad ondeggiare sotto ai suoi piedi, facendogli perdere l’equilibrio.

“Che diavolo…???”

Zel non si fece distrarre. “Dig Volt!!!” Sapeva che quell’incantesimo non era pienamente controllabile per lui nelle condizioni in cui si trovava, dal momento che non era propriamente un elemento naturale quello che si trovava sotto di loro, ma una costruzione eretta dall’uomo. Ma ciò che gli importava in quel momento era solo creare un elemento di distrazione… e riuscì perfettamente nello scopo.

Il mercenario, annaspò evitando gli spuntoni di pietra che dal nulla emergevano sotto i suoi piedi, barcollò e cadde, schiena all’indietro, troppo stupito anche solo per pensare ad una controffensiva. E subito Zel fu sopra di lui. Con l’agilità che il suo corpo da chimera gli conferiva, in un solo movimento estrasse la spada, e la conficcò nel collo dell’avversario. Il mercenario ebbe il tempo solo di emettere un rantolo. Per un momento cercò di sollevarsi, ma poi nuovamente annaspò, vomitando sangue, e poté solo crollare al suolo definitivamente, boccheggiando.

 

Zel attese per qualche istante, quindi estrasse la spada dal nemico, indietreggiando di qualche passo mentre si asciugava il sudore dalla fronte. “Non è stata una mossa leale…” Mormorò, come a giustificarsi… “… ma tu avresti fatto esattamente lo stesso con me…”

 

Ma Zel non aveva tempo di meditare su quanto aveva appena compiuto. Velocemente, spogliò il mercenario delle sue vesti e delle sue armi, e se ne rivestì. Pulì alla meglio il sangue sul colletto, e cercò di ricoprirlo col mantello, quindi recuperò dai propri vestiti la fascia che usava per mascherarsi il volto, e se la avvolse attorno alla bocca. Poi, rivestì il cadavere con i propri pantaloni, tunica e mantello, in modo da non destare sospetti se qualcuno avesse visto il corpo. Recuperò solo il fodero con la sua spada, e gli oggetti che teneva nelle tasche del mantello… Gli appariva strano, quell’uomo morto davanti a sé, con le vesti che da anni, da quando era divenuto chimera, lo contraddistinguevano… ma nemmeno per i presentimenti in quel momento c’era tempo. Con un ultima, inquieta, occhiata alla sala, lasciò le stanze di Eldoran, e si gettò nuovamente lungo i gradini della torre, verso il fragore della battaglia.

 

 

***

 

 

La principessa di Sailune era immobile, nell’acqua ormai fredda. Aveva l’impressione di non essere in possesso delle facoltà del suo corpo, in quel momento. E aveva solo una vaga idea di come fosse finita in quel conforto profumato… ricordava di essersi lasciata trascinare in quella tenda e di aver osservato le donne a cui era stata affidata riempire il recipiente di assi di acqua calda, e lozioni… ricordava che la avevano trascinata dentro, e che la avevano esortata, con una gentilezza esasperante, a lasciarsi aiutare a lavarsi… ricordava di aver gridato loro qualcosa, qualcosa di terribilmente cattivo e del tutto lontano dalle parole che avrebbero potuto essere appropriate per una principessa… ma quelle grida, e l’agitarsi, dovevano aver sortito l’effetto voluto. Perché in quel momento era sola, come aveva desiderato.

Ma ora temeva che sarebbe sprofondata, e non avrebbe più potuto alzarsi, se qualcuno non fosse giunto a tenderle una mano…

 

Morti. Zelgadiss-san era morto. Non riusciva nemmeno a piangere,a quel pensiero. Le sembrava addirittura assurdo… fino a poco tempo prima sarebbe stata incredula all’idea che la chimera morisse nel tentativo di difenderla… la aveva protetta contro Garv, era vero… aveva riportato una grave ferita, in quella occasione, ma…

Dei. No. Non Zelgadiss.

Appoggiò il volto alla mano, deglutendo, lottando contro il capogiro che ancora la catturava, nel momento in cui ripensava agli eventi di quelle ultime giornate…

‘Ti eri avvicinato a me… Avevi promesso di confortarmi…’ Un groppo le strinse la gola. Avrebbe preferito essere rabbiosa. Ora, invece, si sentiva solo impotente. L’unico suo pensiero era che, comunque avesse agito, qualsiasi reazione avesse avuto, le cose non sarebbero cambiate…

“Papà…” Mormorò, stringendosi le ginocchia al petto… era forse la prima parola coerente che fosse riuscita a pronunciare da quando Oberon le aveva dato la notizia… voleva suo padre al suo fianco, a confortarla… non poteva credere che fosse scappato, e fosse miglia e miglia lontano… avrebbe voluto aver accettato la proposta di Oberon sin dall’inizio. Se lo avesse sposato, ora suo padre sarebbe stato al suo fianco. E Sailune ancora integra, popolata di vita. E Zelgadiss sarebbe stato ancora vivo. E invece ora sarebbe stata sua moglie comunque. Ma ormai tutto era perduto.

‘No…ci sono ancora Lina -san e Gourry -san…’

Ma Lina -san e Gourry –san non avrebbero riportato in vita Zel… e forse a quel punto anche loro erano già stati catturati, e uccisi. ‘No. NO. Non devo pensarlo.’ La sua mente cercava di convincerla. Ma l’angoscia del suo spirito in quel momento era superiore a qualsiasi pensiero razionale… voleva solo abbandonarsi a quell’acqua fredda, e perdere coscienza. Voleva che all’improvviso nella sua mente tornassero a farsi chiare quelle risposte di cui era sempre stata convinta di essere in possesso.

‘Che senso ha tutto questo? Che giustizia ha tutto questo? Papà… Zel… mamma… rispondetemi…’

 

“Principessa…” La voce improvvisa di una servitrice la scosse dai suoi pensieri, mentre una mano le si poggiava sulla spalla, facendola sussultare.

“VIA!!!!!” Reagì d’istinto, e non le diede tempo di aggiungere altro. Prese ad agitarsi forsennatamente, scrollandosi le dita di dosso. “AVETE IL MIO REGNO, AVETE ME, ORA LASCIATEMI IN PACE!!!”

“Non è possibile, principessa…” La voce la affrontò, con ferma gentilezza. “Il vostro Signore desidera vedervi…”

Amelia sollevò lo sguardo. A fronteggiarla, ora, non erano le giovani servette di prima, ma una attendente già nel pieno degli anni, i capelli scuri striati di grigio legati in una crocchia, gli occhi verdi sicuri, occhi di una persona che nella vita ha imparato a gestire qualunque situazione… non abbassò lo sguardo di fronte alla sua occhiata ostile, la sua fermezza non mostrò ombra di incrinatura, pur venandosi di quella sottile compassione che si può provare osservando un cane malmenato per strada… improvvisamente, sotto quello sguardo, Amelia avvertì la sua precedente reazione come infantile…

“Che cosa vuole da me?” Impose alla sua voce quanta più freddezza era in grado di instillarvi in quel momento. 

“Semplicemente, avervi al suo fianco per la cena. Sarà consuetudine, d’ora in poi. Come è normale, in previsione delle vostre nozze…”

Un commento tagliente salì alle labbra di Amelia di fronte alla menzione del matrimonio con Oberon, ma serrò le labbra e lo tenne per sé. Un minimo di dignità. Tanto le era rimasto. Non avrebbe perduto anche quello.

 

In silenzio si sollevò, e prese il panno che le veniva porto, servendosene per asciugarsi… l’attendente nel frattempo spiegò da un fagotto che aveva portato con sé un vestito di colore blu, elegante ma semplice, quanto di più adeguato poteva esserci per una principessa in viaggio…Amelia lasciò che la donna la aiutasse a rivestirsi, con una tranquillità quasi passiva, del tutto in contrasto con l’aggressività di poco prima. Il bagno l’aveva tranquillizzata, ma ora che la confusione nella sua mente si stava dissipando le restava solo amarezza. Aveva l’impressione che tutto ciò di cui era sempre stata convinta si stesse inesorabilmente sgretolando…

 

“Siete molto bella, principessa…” L’attendente la scrutò con occhio attento, parlando con cortese pacatezza. “Il vostro signore sarà certamente compiaciuto…”

Ad Amelia non poteva importare nulla del compiacimento di quell’uomo. Fosse stato per lei, avrebbe potuto strozzarcisi, nel suo compiacimento. Ma tacque, e si limitò a rivolgerle un’occhiata vacua.

L’attendente non ne parve disturbata. “Prego…” La invitò con un gesto a seguirla, e si avviò al di fuori della tenda, nell’accampamento… Amelia le si accodò, silenziosa, camminando a testa bassa per evitare gli sguardi dei soldati che, sentiva, l’accompagnavano ad ogni passo… avrebbe incontrato anche occhi alleati, fra di essi, se solo avesse avuto il coraggio di guardare? Era stato preso qualche altro prigioniero? Non aveva la più pallida idea di dove fossero, o di che tipo di truppe la tenesse prigioniera… il vago pensiero che avrebbe potuto tentare di fuggire usando la magia le attraversò la mente, ma fu subito rimpiazzato dal ricordo di come i suoi incantesimi non avessero funzionato durante l’assalto a palazzo… che le era successo? Oberon aveva trovato il modo di sigillare la sua magia, come una volta era accaduto anche a Lina? Ma com’era possibile ad un uomo venuto da oltre la barriera?

Improvvisamente, si rese conto che non le importava. L’unica cosa di cui le importava in quel momento era terminare la cena, e tornare alla solitudine, ovunque, anche in un giaciglio pieno di pulci, non le importava… voleva stringersi al cuscino, chiudere gli occhi al mondo e fingere che tutto quello che le stava accadendo non avesse mai avuto inizio…

 

“Mia signora…”

Sussultò. Non si era resa conto che Oberon le era venuto incontro all’entrata della tenda, finché l’uomo non le aveva porto la mano. Sollevò lo sguardo su di lui, senza prenderla… si guardarono per un istante negli occhi, quindi lo sguardo dell’uomo vagò brevemente su di lei e sulle sue nuove vesti, senza tradire la minima emozione…

“Suppongo… che avrebbe potuto andarmi peggio…” Si limitò a commentare, in tono completamente inespressivo. Quel commento fece risvegliare in Amelia l’aggressività che credeva definitivamente sopita. Lo fissò. Dei, non aveva mai desiderato tanto uccidere una persona prima di allora…

Oberon forse colse l’ostilità del suo sguardo, perché piegò il capo, e le parlò in tono lievemente più accorato… “Sono stato addolorato nell’apprendere che la notizia della morte dei tuoi difensori ti ha sconvolta tanto… ma è il prezzo da pagare per la guerra. Suppongo che sia la prima volta che ti trovi di fronte a questo genere di situazione. Ma temo che non potrò evitarti altri dolori di questo tipo, a meno che tuo padre non decida di arrendersi a breve.” Lo disse con lo stesso tono con cui avrebbe potuto invitarla ad una colazione…

“Vorresti farmi credere che se si arrendesse lo risparmieresti? Chissà perché non trovo la tua parola particolarmente affidabile, mio Signore…” Il tono della principessa era tagliente.

Oberon non colse, o non volle cogliere, l’ironia della sua voce… “Scoprirai invece che io mantengo sempre le mie promesse, mia Signora… nel bene o nel male per chi ne è oggetto…” Il suo tono suonava pacatamente minaccioso. Di fronte a quella sua odiosa imperturbabilità, Amelia non seppe più trattenersi…

“Tu… tu SEI un bugiardo! Hai attaccato Sailune senza preavviso! Quando avevi promesso di trattare!!!”

Oberon la squadrò, con cupa freddezza. “Io vi ho offerto una proposta di resa, e voi avete rifiutato, mia Signora. Offrendo un’alternativa di trattativa, è vero, ma avete rifiutato. Ho vagliato le vostre proposte, ma il presupposto alla cessazione delle ostilità era che venissero accettate le MIE condizioni… cosa che voi non avete fatto. Quindi, mia Signora, non addossarmi colpe per cui non hai nessun altro da interrogare… se non te stessa e i tuoi alleati.” Non c’era rabbia in quelle parole, solo una ragionevole pacatezza. Ma per Amelia furono comunque peggio di una percossa. Di chi era davvero la colpa? Di chi era davvero la colpa della morte di Zelgadiss-san?

“Ed ora… se vuoi seguirmi, mia Signora… nel mio regno è consuetudine che i servitori attendano al banchetto, ma sia la moglie ad offrire il cibo al marito… se ciò ti compiace…”

Impotente, stralunata, Amelia lo seguì, e quasi meccanicamente afferrò il braccio che lui le offriva.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


Mi svegliai, all’improvviso, a quello che sembrava un sobbalzo del mondo attorno a me

Mi svegliai, all’improvviso, a quello che sembrava un sobbalzo del mondo attorno a me.

Per un momento rimasi semplicemente immobile, fissando il soffitto di assi che mi sovrastava,senza capire cosa stesse succedendo. La testa mi doleva, alla base della nuca… quel tipo di dolore che si prova quando qualcosa di MOLTO duro e MOLTO pesante ci ha sbattuto contro… in più, la mia vista era come annebbiata.  Non fosse stato che l’ultima cosa che ricordavo era di essere stata in viaggio con Gourry ed Ainos, avrei pensato di essere vittima dei postumi di una brutta, bruttissima sbornia…

 

“Finalmente ti sei svegliata, ragazza… credevo saresti rimasta nel mondo dei sogni per giorni…” Una voce raschiante risuonò al mio fianco, facendomi sussultare. Cercai di sollevarmi per fronteggiarne il proprietario, ma fui ancora più sorpresa nel constatare che questo mi era impossibile, perché sia i miei polsi che le mie caviglie erano strettamente tenuti assieme da diversi strati di spessa corda annodata…

‘Cosa pensano che sia un golem??? Bastava un solo giro di corda dannazione!!!’ Senza capire ancora pienamente quanto mi stava accadendo, al di là del fatto che ero in trappola, ovviamente, presi ad agitarmi e divincolarmi con violenza, nel tentativo di allentare quella –dolorosa- morsa. L’unico risultato che ottenni, tuttavia, fu di allargare le escoriazioni che le corde avevano provocato ai miei polsi… oltre che, ovviamente, suscitare una sgarbata risata da copione da parte dell’uomo che mi si parava davanti…

‘Il testosterone ti fa sembrare dignitoso ridere di una ragazza legata pur essendo un uomo grande, grosso e armato, eh???’ Scoccai la più minacciosa delle mie occhiate nella direzione da cui proveniva la risata… ‘Se solo non fossi bloccata…’

Ma, un momento…

…io non ero bloccata!!!

Lo realizzai in quel momento… la mia bocca non era imbavagliata.

Detta in altri termini, potevo usare la magia.

 

“Non sprecherei tante energie quando ancora non ti sei ripresa del tutto, ragazza. Soprattutto considerando che è del tutto inutile…”

Una formula già pronta sulle labbra, decisi comunque di aspettare. Avevo davvero bisogno di capire cosa stava succedendo, prima di far saltare tutto in aria…

Sollevai lo sguardo. A sovrastarmi era una specie di gigante. Oh, non una creatura non umana, no… semplicemente un uomo dalla mole decisamente superiore a qualunque altro avessi mai incontrato. Gourry già mi sovrastava di più una testa (non che io sia molto alta, suppongo di dover ammettere anche questo…), ma quest’uomo indubbiamente lo batteva di almeno una ventina di centimetri… e un suo avambraccio superava la circonferenza delle mie due cosce messe insieme… D’altra parte, solo una persona delle sue dimensioni avrebbe potuto maneggiare QUELLA spada. Mi riferisco alla spada che gli pendeva dalla schiena, ovviamente… la lama era almeno il doppio delle dimensioni normali per uno spadone a due mani…

Non era questa la sua caratteristica preponderante, comunque. Oh, no, nella vita devi SEMPRE aspettarti di peggio. Ciò che colpiva di lui era il suo volto. Al di là del fatto che non vestiva certamente il più rassicurante degli sguardi, che una grossa cicatrice pareva tranciare in due i suoi lineamenti, e che avresti potuto pensare di spaccare una noce di cocco sulla sua mascella, la sua pelle era ciò che saltava immediatamente all’occhio… butterata, piena di macchie come se fosse colpito da qualche strana malattia… posso giurarlo, il tipo di persona che mi avrebbe fatto cambiare lato della strada, se la avessi incontrata in una zona poco frequentata…

“Con chi ho il piacere di conversare?” Chiesi, calma, dopo che ci fummo squadrati per un po’ in silenzio… non provai nemmeno a nascondere l’ironia nella mia voce…

Faccia butterata parve ignorarla. “Elmerish Qaghan, capo della Federazione Occidentale del popolo Turid, a sud della barriera… e fedele generale del mio signore, Oberon…” Il gigante mi rivolse un lieve inchino, irritandomi infinitamente…

“Ok, molto carino, tu ed Oberon siete intimi e bevete il tè delle cinque insieme, davvero toccante…” Sbuffai. “Ma qual è il tuo interesse a tenermi legata in un carro diretto a… a…?” Tentai, senza troppe speranze, di ottenere informazioni…

Faccia butterata ignorò pesantemente sia la mia domanda che l’ironia nella mia voce. “Oberon non ha un particolare amore per chi cerca di sconvolgere i suoi piani di battaglia, mocciosa…” Oh, ora non ero più ‘ragazza’, ma ‘mocciosa’… non siamo del tutto insensibili all’ironia allora, eh, faccia butterata? “Anche Elmekia e Raizerl sono tenute sotto controllo da un certo numero di forze da quando le trattative con loro sono fallite… ma quelle truppe sono ancora poche, e per lo più provenienti da regni vicini al di qua della barriera…” Dannazione, dannazione… allora c’era davvero chi aveva tradito Sailune… “… finché non arriveranno i rinforzi, non abbiamo alcuna intenzione di permettere che qualcuno cerchi di coordinare la resistenza al mio Signore, o tanto meno faccia pressioni sui regni che ancora mantengono la neutralità…” Faccia butterata sorrise di un sorriso storto. “Anche perché confido che le nostre altre truppe, appena arriveranno, sapranno… persuaderli… verso la scelta più giusta…” Rinforzi? Altre truppe? Il suono di quelle parole non mi piaceva per niente…

“Come diavolo avete fatto a sapere che eravamo in viaggio verso Raizerl?” Il tono della mia voce era serio, ora… sforzandomi e divincolandomi, riuscii a raggiungere una posizione seduta, appoggiandomi alla parete del carro e lo fissai, accigliata…

Elmerish rise, e le macchie scure sul suo volto, agitandosi ai suoi singulti, gli diedero un aspetto grottesco. “Diciamo che abbiamo avuto una piccola ‘soffiata’ da qualcuno con più ‘mezzi di informazione’ di noi… un gruppo di esploratori è partito quasi subito alla vostra ricerca, ed io li ho raggiunti col cavallo più veloce delle truppe, appena mi è stato possibile… alla barriera ci riuniremo con altre truppe… ho una missione piuttosto importante da svolgere…”

Una ‘soffiata’…? Ma da chi…? Forse si trattava semplicemente di Ainos, ma come poteva essere riuscito a… ah!

“Hai detto che ci stiamo dirigendo verso la barriera???”

Faccia butterata mi guardò storto, come se fosse stata colpa MIA se lui si era lasciato sfuggire un’informazione… per un lungo momento si limitò a fissarmi in silenzio, come ponderando la risposta… ma poi semplicemente si strinse nelle spalle. “Suppongo che nella tua posizione non cambi nulla che tu lo sappia o meno…” Oh, questo è quello che credi TU… “… è appunto a raccogliere rinforzi che stiamo andando…ci sono alcuni regni al di là della barriera che non hanno ancora garantito il loro appoggio ad Oberon… e ad uno in particolare il mio Signore è interessato… sia per le sue truppe… sia per il fatto che il mio Signore teme che, mentre lui è impegnato su altri fronti, esso si faccia strane idee circa i suoi territori al di là della barriera…”

Mi accigliai. “Ed io che c’entro in tutto questo? Perché non mi avete semplicemente uccisa?”

Faccia butterata sorrise, nuovamente. Un sorriso che dava i brividi… “Sprecando un oggettino così prezioso?” Si avvicinò, e mi sollevò il mento con le dita. Mi venne voglia di sputargli in volto. “Inizialmente Oberon pensava di tenerti in ostaggio per trattare col re Philionel…” Il mio cervello registrò solo vagamente, in quel momento, che lo aveva chiamato ‘re’ e non ‘principe’… “… ma dato che su quel fronte siamo già ampiamente forniti, al momento, ha avuto un’altra brillante idea…”

“Vale a dire?” Per qualche motivo, avevo il sospetto che quell’idea non mi sarebbe piaciuta…

“La tua fama è giunta da tempo anche oltre la barriera, Lina Inverse… dopo la faccenda di Dark Star, sull’onda del fascino esercitato dalla Magia e di quanto si diceva del tuo carattere… ‘focoso’… diverse storie hanno cominciato a circolare su di te…” Sospirai. Quella non era una novità… anche se perlomeno l’aver contribuito a distruggere Dark Star appariva come qualcosa di più gratificante dei soliti attributi con cui ci si riferiva a me… “In più…” Elmerish proseguì, con un sorriso lascivo, e attirò il suo viso più vicino al mio. “… non sarai quello che si dice un ‘tripudio delle forme’…” Che voleva dire??? CHE-VOLEVA-DIRE??? Oh, Elmerish, io avrei molta, molta paura a dire una cosa del genere ad una Lina Inverse non imbavagliata… “… ma i tuoi capelli di fuoco e la tua pelle candida agli occhi degli uomini del sud appaiono come portatori di insolita, esotica bellezza… i tuoi capelli faranno in tempo a ricrescere, nel corso del viaggio… ed io credo che quando saremo giunti a destinazione tu sarai un offerta più che gradita per l’uomo con cui devo trattare… tanto per ‘intavolare col piede giusto’ la discussione…” Arrossii violentemente. Le implicazioni del suo discorso erano più che chiare, e non mi erano più gradite dei suoi precedenti commenti riguardo al mio fisico…

Elmerish rise, nuovamente. “Non fare quella faccia, mocciosa. Ti è andata bene, in fondo… le cortigiane ad Ulan Bator vivono nel lusso… per chi una vita come questa non è preferibile ad un pugnale piantato in gola?”

‘Per ME non lo è!!!’

Quella conversazione stava davvero per superare il limite… ma non diedi voce ai miei pensieri. C’erano ancora delle cose che dovevo sapere, prima di cercare di liberarmi… “E il mio compagno di viaggio? Avete catturato anche lui?” Soppesai bene le parole, e attesi la risposta col cuore in gola…

“Il biondino?” Elmerish sbuffò, lasciandomi il mento, e sollevandosi in piedi. “Ho mandato una squadra di una ventina di uomini sulle sue tracce, con l’ordine di ucciderlo, tanto per non correre rischi. Confido che ormai abbiano già portato a termine il loro compito. Sarebbe stato solo un peso pericoloso in più, se lo avessimo portato con noi…”

Mi morsi il labbro, ma tacqui. Gourry sapeva cavarsela, lo sapevo. Non era possibile che si fosse fatto catturare. Scommettevo che avesse eluso e seminato quei novellini in meno di una giornata, e che fosse già sulle mie tracce. Avrei sistemato quel bellimbusto, sarei scappata da quel carro e gli sarei andata incontro, e poi insieme avremmo portato a termine la nostra missione…

Certo, a meno che non avesse agito avventatamente spinto dal fatto che io ero stata catturata… Improvvisamente, la consapevolezza che Gourry non aveva ancora una spada degna di questo nome si fece particolarmente viva nella mia mente. Gourry allo stato attuale poteva tenere testa ad un gruppo anche vasto di uomini da solo, se si trattava di combattenti comuni… ma le truppe di un esercito ben addestrato? Se ci fossero stati anche solo due veterani fra loro, avrebbero potuto impegnarlo mentre gli altri… Scossi la testa. No, non dovevo pensare a niente del genere. Dovevo avere fiducia in lui. Essere pessimisti non portava a nulla.

“Capisco…” Mi limitai a scandire, fissandolo scura in volto, senza dare in eccessive escandescenze… non avevo intenzione di dargli soddisfazioni…

“Ammirevole sangue freddo…” Elmerish assunse un’aria divertita… “Meglio così. I piagnistei mi stancano in fretta. Apprezzo un carattere forte in una donna… quando si trova sotto il mio controllo.” Faccia butterata scoppiò in una risata sgradevole, e si inginocchiò di fronte a me, fissandomi in volto con un sorriso amabile. “Patti chiari, amicizia lunga, mocciosa. Tu non tenti strani scherzi e te ne stai buona buona, e ricevi un trattamento dignitoso da me e dai signori qua fuori… sai, questi Lord del sud hanno modi un po’ bruschi, talvolta… rispondono ai miei ordini, ma mi capita che le loro azioni mi ‘sfuggano di mano’… nessuno di noi due ha interesse a provocarli, giusto…?” Mi mostrò uno scorcio dei suoi denti ingialliti, in uno storto sorriso…

‘Oh, ma certo, sarò buonissima e docile mentre mi porti dal mio schiavista… grazie tante di tenere a bada le bestie al tuo servizio perché io arrivi integra alla bestia a cui spetto di diritto…’

Lo fissai più torva che mai, ma questo non fece che aumentare la sua ilarità. “Dei, sono vere le storie su di te, mi trovo di fronte un personaggio decisamente interessante… difficile da domare, eh, mocciosa? Ma abbiamo tutto il tempo…” Mi afferrò nuovamente il mento. Dei, quanto non vedevo l’ora di cancellargli quel sorriso irritante dal volto… “… sinceramente, non chiedevo di meglio… la principessina è stata un po’ noiosa, crollando così in fretta…”

Quelle parole furono come un’improvvisa doccia fredda. A che si riferiva? “Principessina?” La voce mi uscì a fatica dalle labbra…

“La principessa di Sailune. Catturarla è stato molto più semplice di quanto pensassi. Anche con la città caduta, sinceramente, pensavo che la figlia del tanto ‘appassionato’ re Philionel avrebbe opposto maggiore resistenza…”

Improvvisamente, ogni replica ironica mi si bloccò in gola. Sailune… caduta? No… no, non poteva essere…

Elmerish si strinse nelle spalle, alzandosi. “Philionel purtroppo è stato molto più furbo… ma con sua figlia nelle nostre mani cederà. Presto cederà.” Mi fissò intensamente, e alla mia espressione sgomenta non trovò di meglio da fare che sorridere. “Oh, povera piccola, la notizia che tutti i tuoi sforzi sono stati inutili e ti sei fatta catturare per nulla ti ha shockata? Non potevo proprio immaginarlo…”

 

Lo fissai, con odio. Per la prima volta con vero, profondo odio. Sì, mi aveva shockata. Mi aveva DECISAMENTE shockata. Tanto che avevo voglia di gridare. Ma questo non avrebbe portato ad alcun risultato positivo, per lui.

“Credo che ci siano fin troppe cose che non hai immaginato, Elmerish…” Il tono della mia voce era gelido. Non potevo più perdere tempo in quel luogo. Dovevo tornare indietro immediatamente, accertarmi che Gourry fosse sano e salvo, e trovare il modo di aiutare Amelia. Dovevo farlo ORA.

“Ma davvero, mocciosa? E cosa, per esempio?” Faccia butterata pareva essere al massimo del divertimento, ora…

Lo fissai, impassibile. “Ad esempio… QUESTO!” Dalla mia posizione seduta, calciai in avanti, con tutta la violenza di cui ero capace. Faccia butterata, colpito alle gambe dall’impeto del mio attacco, fu colto totalmente alla sprovvista e barcollò, indietreggiando. La mia forza non era sufficiente nemmeno a fargli perdere del tutto l’equilibrio… ma bastò a farmi guadagnare il tempo sufficiente a completare una formula.

Flare Arrow!!!”

Non potevo rischiare un incantesimo troppo potente in un luogo come quello, o avrei corso il pericolo di rimanere coinvolta anch’io nell’esplosione. Ma confidavo che colpendolo così da vicino le mie frecce infuocate sarebbero state sufficienti a metterlo fuori gioco temporaneamente…

…purtroppo, solo una vana speranza.

“Cosa… diavolo…?”

Elmerish, riacquistato l’equilibrio, fissò la mia espressione sconcertata e scoppiò in una sonora risata. Non ebbi modo di irritarmi per questo, però. Ero troppo impegnata a fissare, sconvolta, lo spazio di fronte a me… spazio che non era stato infiammato dalla minima ombra di magia…

“Non… non…” Senza capire, sollevai gli occhi per incontrare quelli di Elmerish. E allora mi fu chiaro. Lui comprendeva perfettamente quanto stava accadendo, e sapeva anche in precedenza cosa avrei tentato. Non aveva fatto che aspettare quel momento per tutta la nostra conversazione, solo per godersi la mia espressione…

“Cosa mi avete fatto?” Tentai disperatamente di mantenere la mia voce ferma, con scarsissimi risultati…

Elmerish si limitò a rispondermi con un sorriso sornione, levando dalla tasca della tunica un piccolo sacchetto colmo di foglie verdognole… “La vostra magia suscita timore, al sud… ma d’altra parte le scarse conoscenze in questo campo, in quelle regioni, hanno promosso lo sviluppo di altre scienze… fra gli anziani del mio popolo ci sono alcuni degli erboristi più esperti di questa parte di mondo, lo avresti mai detto, mocciosa? Tutto nato dall’esigenza di curare le ferite riportate in battaglia…” Sventolò la sconosciuta sostanza di fronte ai miei occhi. “Questa droga l’ha creata un uomo appartenente al mio stesso clan… inibisce le capacità magiche… forse semplicemente perché confonde la mente, che non è più in grado di concentrarsi a sufficienza sulla formula da riprodurre, mi hanno detto… ma nemmeno io sono realmente certo del motivo… in realtà, se le dosi non sono massicce, chi la assume rimane piuttosto lucido… ma gli effetti sono comunque più che soddisfacenti, come il nostro simpatico esperimento ha appena dimostrato…”

Digrignai i denti. Ecco cos’era quello strano senso di confusione che avevo provato al mio risveglio…

“Putroppo…” Elmerish proseguì, nascondendo la droga fra le pieghe della tunica, e avvicinandosi nuovamente a me… “…ci sono alcune spiacevoli controindicazioni… l’effetto di questa roba non è permanente, e ciò significa che deve essere somministrata ad intervalli regolari… inoltre, alla lunga da assuefazione, e sono necessarie dosi sempre più consistenti perché continui ad essere efficace nel tempo…” Mi sorrise, quasi amabilmente. “… ma l’eccessiva somministrazione può avere alcuni sgraditi effetti sulla salute… pazzia, a lungo andare… e alla fine la morte, temo proprio…” Finse un tono dispiaciuto, che nonostante tutto riuscì ad irritarmi. “Ovviamente, ci vogliono anni perché si giunga a risultati così estremi… e l’uomo che ti avrà potrebbe anche decidere di essere clemente, e risparmiarteli… tagliandoti la lingua, e risolvendo il problema magia alla radice, ad esempio…” Mi accarezzò ruvidamente la guancia, e sorrise. “… il mio Signore Oberon ha ritenuto che un provvedimento del genere da parte nostra sarebbe stato un po’… estremo… In fondo, il nostro caro futuro alleato ha tutto il diritto di avere il suo ostaggio integro…” La mia rabbia ovviamente non fu che incrementata da quella frase… “Ma nell’attesa della sua decisione, faremo le brave e prenderemo senza storie la medicina che ci da papà, mmm?” Appoggiò la fronte alla mia, così vicino che avvertii il suo respiro all’alcol sulle mie labbra… “Perché la signorina ha capito perfettamente, ora, che non è nella condizione di opporre nessuna resistenza, giusto?”

“Certo…” Sussurrai, in tono così basso che quasi non mi udii io stessa…

Faccia butterata sorrise, protendendosi maggiormente verso di me. “Non credo di avere capito bene, mocciosa… ripetilo più chiaramente…”

“Certo…” Ripetei, in tono di voce più convinto… “… che NO!!!” Mi aggrappai al suo orecchio destro con i denti e morsi, morsi più forte che potevo. Colto di sorpresa, Elmerish poté solo urlare di dolore, cercando di divincolarsi. Sperai con tutte le mie forze di riuscire a staccarglielo.

“Ah!”

Assestandomi un violento colpo in viso, Elmerish riuscì a staccarmi da lui, e a scaraventarmi nuovamente contro la parete. Umiliato ed irato, si sollevò in piedi, reggendosi l’orecchio sanguinante, e fissandomi con occhi iniettati d’odio.

Il sapore amaro del sangue in bocca, a causa del colpo ricevuto, riuscii comunque a rivolgergli un sorriso insolente… “Questo conta come resistenza, faccia butterata…?”

Non ebbi modo di aggiungere altro. Prima che potessi anche solo riprendere fiato, un calcio mi venne assestato con violenza nello stomaco.

Boccheggiai, incapace per qualche momento di respirare, la vista oscurata da una molteplicità di macchie rosse. E prima che potessi minimamente riprendermi, una mano mi sollevò, afferrandomi dalla veste, e un’altra scese a riservarmi un sonoro schiaffo, che per poco non mi spezzò il collo.

 

Per qualche istante, smisi persino di rendermi conto di quanto accadeva attorno a me. La prima cosa di cui fui consapevole fu di essere bloccata fra la parete di assi del carro e un corpo gigantesco.

“Stammi a sentire, mocciosa!!!” Il volto di Elmerish si parò di fronte al mio, una maschera terrificante di rabbia. “Oberon mi ha ordinato di farti arrivare integra ed in salute ad Ulan Bator…” Mi premette contro la parete con tale forza da rischiare di soffocarmi. “…ma se tenti scherzi, se ti comporti come quella mocciosa insolente che sei, allora deciderò di infischiarmene degli ordini… ti lascerò in mano ad i miei uomini, e lascerò loro carta bianca con te… ed è bene che tu sappia c’è più di una persona, fra loro, che in meno di due ore sarebbe in grado di farti pentire di essere VIVA…”

Potei solo balbettare gemiti sconnessi in risposta. Ora ero terrorizzata. Ora ero davvero terrorizzata. Un uomo che faceva minacce con QUELLA espressione non era un uomo che stava scherzando…

“Hai capito quello che ti ho detto, mocciosa???”

“S… sì…” Balbettai, incapace di reagire in qualsiasi altro modo…

“NON HO SENTITO BENE!!!!!!”

“S… SI’! SI’! SI’!” Ripetei, con tutto il fiato che mi rimaneva in gola. Fui scossa da un tremito, ma feci il possibile per non abbassare lo sguardo.

 

La stretta sul mio corpo improvvisamente si rilasciò. Priva di sostegno, le gambe ora incapaci di sorreggermi, mi accasciai sul pavimento di assi, continuando a fissare in volto il mio terrificante interlocutore. Il sorriso. Sul suo volto ora era tornato il sorriso.

“Brava ragazza…” Sibilò, ripulendosi il sangue dalla guancia destra con una manica. “… d’ora in poi, per te, sarò il tuo Signore Elmerish…” Si avvicinò, mi sollevò bruscamente a sedere tirandomi per la veste, e mi slegò mani e piedi. “Per oggi rimarrai sul carro. Da domani, quando ti sarai ripresa, marcerai anche tu, o viaggerai in sella con me.” Il suo volto era di nuovo vicinissimo al mio, come a sfidarmi a tentare nuovamente un attacco. “Il carro è circondato da guardie… non tentare altri scherzi, perché ti assicuro che sono uno che mantiene la parola data…” Staccò bruscamente il volto dal mio, e sputò al suolo, vicino ai miei piedi, infastidito da un grumo di sudore arrossato colatogli sulle labbra. “Odio il sapore del sangue.”

Mi lasciò ricadere sul pavimento, e uscì dal carro, senza aggiungere un’altra parola.

 

Rimasi immobile per un momento a fissare il velo di tessuto grezzo attraverso cui era sparito… quindi, incapace di dare un corso logico ai miei pensieri ed elaborare un piano, arrancai verso un angolo del piccolo ambiente, cercando freneticamente la calma necessaria per pensare.

Di cosa ero realmente capace, senza magia? Persino il mio cervello, la mia principale risorsa, ora era solo un appoggio lontano, perso in immagini nebulose e terrificanti, risvegliate probabilmente dalla droga, e in parte dall’angoscia. Per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentivo impotente, realmente impotente.

Strinsi le mie ginocchia, affondandovi il volto, e cercando disperatamente di riflettere, ma il dolore fisico e la paura mi annebbiavano la mente… solo una speranza in quel momento mi dava conforto, e cercai di focalizzarla, al di là dei miei timori…

“Gourry…”

 

Quel nome però, in quel momento, si perdeva nelle nebbie della lontananza…

 

 

***

 

“Gourry…”

 

‘Lina!’

Aprì gli occhi, in cerca di un volto che aveva disperatamente bisogno di vedere. Era la sua voce che aveva sentito, ne era certo. E lo stava chiamando, aveva bisogno di lui.

 

La sua vista era stranamente offuscata. Un sapore amaro gli riempiva la bocca, e la sua gola si stringeva e gli occhi gli dolevano. Fu costretto a richiuderli, nuovamente. Di chi era la voce che aveva sentito? Un nome gli era apparso così chiaramente alla mente, solo un attimo prima, ma ora non riusciva a ricordare…

 

“Gourry, avanti… ricorda che sei un uomo…”

Si costrinse ad affrontare il mondo, nuovamente. Passò una mano sugli occhi gonfi e arrossati, per ripulirli dalle lacrime…

“Non devi piangere.” La voce era quella dolce e allo stesso tempo ferma di Lady Catelyn. Sollevò lo sguardo a incontrare quello stanco di sua nonna, i capelli color crema, ormai incanutiti, lasciati cadere stranamente in disordine sulle sue spalle, e lo sguardo vacuo. “Hai undici anni, ormai sei troppo grande perché questo ti sia permesso. Tuo padre si irriterà se ti presenterai davanti a lui in questo modo. E se si irritasse poco prima dei funerali l’estremo saluto a tua madre finirebbe per essere solo un’ultima offesa verso di lei. E’ questo che vuoi?”

Gourry fece segno di no con la testa, e cercò di frenare i singhiozzi. Era confuso. Gli pareva tutto terribilmente innaturale. Era un anno, ormai, che sua madre era malata… ma gli pareva comunque accaduto tutto troppo in fretta. Non aveva nemmeno realizzato appieno la notizia, quando sua nonna gliela aveva comunicata… ma poi quando era entrato nella sua stanza, quando la aveva vista giacere nel suo letto, così, come se fosse addormentata… era fuggito fuori, e non ce l’aveva fatta a trattenersi…

“Dove… dov’è mio padre, ora?” Chiese, cercando di mantenere ferma la voce. Sua nonna aveva ragione. Era un uomo, fra pochi mesi avrebbe affrontato la cerimonia dei dodici anni, che lo avrebbe reso ufficialmente adulto, ed erede ufficiale, per quanto secondo in linea di successione, del titolo di suo padre. E gli uomini non piangono, suo padre non faceva che ripeterglielo. Senza contare che sua madre si sarebbe rattristata se lo avesse visto abbandonarsi così… E lei era già sempre così terribilmente triste… aveva sperato che il suo accesso al mondo degli adulti la avrebbe resa orgogliosa, la avrebbe fatta finalmente sorridere…

Catelyn sospirò, e Gourry ebbe l’impressione di cogliere un barlume di amarezza nel suo sguardo, anche se esso fu immediatamente mascherato dalla consueta calma fermezza. “E’ impegnato con i postulanti. E ha portato Derek con lui, perché faccia esperienza. La notizia gli è stata comunicata, ma visiterà tua madre più tardi, quando avrà finito di sbrigare i suoi doveri, e non permetterà a Derek di fare diversamente. E’ un barone, in fondo, e il suo ruolo viene prima di tutto…” Come poteva il dovere venire prima dello stare al fianco della propria moglie malata? Gourry questo non riusciva a capirlo… i postulanti, la gente della città, non avrebbero forse capito se in circostanze simili suo padre avesse inviato un suo rappresentante a sbrigare le solite faccende al suo posto? Tre o quattro fra i cavalieri più fidati di suo padre non aspettavano che di offrirsi per quel compito… cosa rappresentava sua moglie per lui se riusciva a svolgere lucidamente il proprio compito nel giorno della sua morte?

Ma non riuscì a rivolgere quelle domande a sua nonna. Lady Catelyn era troppo stanca in quel momento per rispondergli. Non aveva abbandonato il capezzale di sua figlia nemmeno per un momento da quando, tre giorni prima, le sue condizioni si erano aggravate. Dubitava che anche lei non avesse già notato il contrasto fra il proprio atteggiamento e quello del padre di Gourry, pur senza che lui glielo facesse notare…

Un ultimo singhiozzo scosse il suo corpo. Deglutì, e si costrinse a parlare… “Lady Catelyn…” Non era abituato a chiamarla nonna, suo padre lo rimproverava sempre quando lo faceva, dicendogli che era troppo familiare, e irrispettoso… in realtà si sentiva molto vicino a quella donna, per lui era stata una specie di ancora, specie nell’ultimo anno… ma undici anni gli erano bastati per capire che non era il caso di contraddire le opinioni di suo padre… “… pe… perché non vai a riposare? Io… credo che tu abbia già fatto per mia madre tutto quello che era possibile fare…”

La nonna sospirò, ed un sorriso stanco le si disegnò sulle labbra. “Sei un buon ragazzo, Gourry. Il sangue del tuo bisnonno Raudy è ancora vivo in te, come speravo lo fosse in tuo padre quando ho scoperto che mia figlia gli sarebbe stata data in moglie…” Parve essere sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi strinse le labbra, e tacque. “Apprezzo la tua preoccupazione per me…” Il tono della sua voce era più neutro quando riprese. “… ma non riuscirò a riposare tranquilla finché tutto non sarà predisposto affinché mia figlia riceva gli onori che le spettano…”

Gourry abbassò lo sguardo. Sapeva che sua nonna amava sua madre, la amava di quello strano amore viscerale che si instaura fra genitori e figli, e che a volte anche sua madre dimostrava, a tratti in forma eccessiva, nei suoi confronti… doveva essere affranta, in quel momento, e poco desiderosa di discutere dei fatti dolorosi che la avevano appena colpita… ma, allo stesso tempo, non trovava nessun altro che ai suoi occhi apparisse altrettanto fermo in quel momento, a cui rivolgere quella domanda… “Lady Catelyn…” La sua voce minacciò di abbandonarlo… “Perché… perché è successo…?” Lottò per non scoppiare a piangere nuovamente. “Sei mesi fa… sei mesi fa i medici avevano detto che avrebbe potuto farcela… perché è successo, allora?”

Lady Catelyn sospirò, e allungò una mano ad accarezzare la testa del nipote, un gesto d’affetto che raramente dispensava, soprattutto in pubblico… “Perché… tua madre non era una persona forte, Gourry… lei… ha preferito lasciarsi andare…”

Le labbra di Gourry tremolarono. “Non era una persona forte…?”

Catelyn lo fissò, e i suoi occhi ancora una volta lasciarono trapelare amarezza. “No, Gourry. Ricordi cosa ti ho spiegati… ricordi qual è il primo compito di un cavaliere? A parte proteggere il proprio signore?”

“Non… approfittare di chi è più debole… difendere donne, bambini, e tutti coloro che non sanno proteggere se stessi, anche a prezzo della propria vita…” Gourry lo ripeté, quasi meccanicamente…

“Esattamente. Ma non necessariamente per essere forti è necessario divenire cavalieri, o saper combattere, Gourry…” Catelyn lo fissò, un’occhiata profonda. “… … io credo che essere in grado di avere tale controllo di sé da non approfittare di una posizione di forza… e l’essere capaci di proteggere qualcuno, anche senza combattere, anche solo col proprio incoraggiamento, solo per il piacere di farlo, e senza desiderare nulla in cambio… siano sintomi di una grande forza… una forza che sta qui, nella mente, e non nei muscoli e nel fisico…” Si sfiorò la tempia, con una delle sue mani pallide.  “.. e questo, a prescindere che si portino o meno insegne sulla propria armatura…” Sui suoi occhi calò un velo di tristezza. “Ma il presupposto per proteggere gli altri è saper usare quella forza in primo luogo per sé. Mantenere l’amor proprio e l’equilibrio, saper proteggere se stessi. E questo tua madre non era in grado di farlo. Non è una colpa che le si possa addossare, semplicemente non aveva i mezzi per sopravvivere nella vita che le è capitata. Forse è stata solo sfortunata. Forse se fosse vissuta in altre circostanze anche lei nonostante tutto sarebbe vissuta, e sarebbe stata felice…” La stanchezza parve investire Lady Catelyn all’improvviso. Sua nonna si appoggiò al muro e si portò per un momento la mano alla fronte. Gourry rimase fermo a fissarla, impotente, la mente in preda alla confusione più totale… non era certo di aver capito quanto la nonna gli aveva detto, e forse la nonna aveva parlato più per se stessa che per lui… ma non fece domande, stavolta. Attese semplicemente mentre Catelyn prendeva qualche profondo respiro, e pareva costringersi a scuotersi. Alla luce debole del corridoio rischiarato solo da candele e sottili feritoie il suo volto appariva mortalmente pallido. “Io… ho ancora molte faccende da sbrigare, ora. Va’ da tuo padre, Gourry, e portagli le tue condoglianze. Da questo momento sei tu a dover essere ‘forte’. Non permetterò che avvenga diversamente.” Senza aggiungere altro, Catelyn si allontanò lungo i corridoi.

Gourry non comprendeva pienamente il senso delle parole di sua nonna. Ma avrebbe fatto ciò che lei gli aveva chiesto…

 

 

 

Gourry aprì gli occhi, intontito. Il chiarore dell’alba aveva già inondato l’orizzonte, ma quella luce appariva fredda, incapace di dare calore e vita a quella terra dimenticata dagli dei… le sue membra erano completamente catturate dal gelo. Dovette muovere un po’ alla volta le gambe, affinché il sangue riprendesse a circolarvi… e appena riprese la sensibilità, così fu per il senso di indolenzimento che le stringeva, dopo quei giorni di lunga marcia… la prima notte erano fuggiti dalle truppe di Oberon abbandonando i cavalli, una decisione di cui Gourry aveva continuato a pentirsi nei giorni successivi, per quanto essa avesse permesso loro di evitare di combattere in condizioni sfavorevoli, stanchi a fradici di pioggia, sul fianco di quella montagna…

 

Gourry si sollevò a sedere e attizzò il fuoco, quindi rimase in silenzio, avvolto nella spessa coperta che lo aveva protetto dal gelo della notte, e masticò frutta secca e noci, nell’attesa che Ainos si svegliasse. Non era possibile farlo sollevare se non era lui stesso a desiderarlo, ormai Gourry lo aveva capito perfettamente, e aveva smesso di farci caso. In realtà, in generale cercava di ignorare il suo compagno di viaggio quanto più gli era possibile… ogni volta che lo sentiva parlare, ogni volta che si concentrava su di lui, gli tornava in mente quella notte, quella notte in cui aveva praticamente consegnato Lina in mano ai suoi nemici… e allora la rabbia tornava ad attanagliarlo… Ma non poteva fare nulla per sfogare quella rabbia, ora. In quel momento non aveva altra scelta se non seguirlo e assecondare i suoi strani progetti, se davvero aveva pronta per lui una spada che poteva aiutarlo a salvare Lina. Non sapeva nemmeno lui perché si fidasse di quell’affermazione, semplicemente il suo istinto gli diceva che non gli stava mentendo. E in quel momento, con la sua mente in preda alla più totale confusione, l’istinto era l’unica cosa che gli rimanesse a cui aggrapparsi…

 

Con un sospiro, terminò la sua frutta secca, e si sollevò in piedi. Ainos non dava segno di volersi svegliare, quindi decise di recuperare un po’ di acqua dal torrente che scorreva lì vicino e scaldarla sul fuoco, per darsi una ripulita. I suoi capelli e le sue vesti erano incrostate di sangue, e dal suo corpo in quel momento emanava lo stesso odore acido e sgradevole che quel mattino impregnava l’aria del loro piccolo accampamento…

Si guardò attorno. Corpi di uomini, circa una ventina, si ammassavano, appena fuori dall’area dove si erano coricati… nient’altro che carne e sangue, senza più il minimo alito di vita. Alla luce del mattino, quello spettacolo appariva ancora più spettrale…

 

Quando la notte prima il gruppo di uomini che ora giacevano al suolo li aveva raggiunti, e attaccati, per un momento aveva pensato che non ce l’avrebbero fatta. Ne aveva abbattuti, certo, con la sua semplice spada, ma erano troppi perché potesse tener loro testa contemporaneamente, ed erano ben addestrati… ma poi, Ainos era venuto in suo aiuto. Non aveva idea di quale incantesimo avesse usato, non lo aveva mai visto scagliare da Lina… ma sicuramente era stata la mossa risolutrice… nessuno dei loro avversari superstiti era scampato al suo attacco. Non avevano avuto altra scelta se non gridare, ed ardere alla luce di fiamme dorate, che non lasciavano traccia sulla loro pelle, ma parevano consumare i loro spiriti. Un potere simile suscitava in lui ammirazione per la sua efficacia, ma anche inquietudine… e ancora più inquieto lo rendeva la frase pronunciata da Ainos, prima di crollare esausto nel sonno da cui ancora non era emerso…

…‘Dopo questo viaggio, questo potere ti apparterrà’…

 

Riempì un’intera brocca d’acqua al torrente. Ne versò qualche dito nel suo calice, bevendo avidamente per ristorare la sua gola, secca dopo una notte trascorsa al suolo, con una coperta come unico riparo dalla polvere. Quindi, scaldò la rimanente sul fuoco senza farla bollire, e, sedendosi nuovamente sul suo giaciglio, la usò per sciacquarsi il volto, le braccia e i capelli. Un bagno caldo era quanto di più invitante la sua mente potesse concepire in quel momento, ma si rendeva conto che doveva essere grato anche per quella semplice occasione di supplire alle sue esigenze di igiene personale… dalla piega che il loro viaggio aveva preso, pareva che sarebbe passato molto tempo prima che potesse avere di nuovo il piacere di un contatto con la civiltà…

In realtà, la sua frustrazione continuava a crescere ogni giorno di più. Avevano viaggiato per più di una settimana, ormai, e la terra che li circondava si era fatta sempre più spoglia, e sempre più gelida. Sulle cime delle montagne in lontananza si intravedeva una fitta coltre di neve, e Gourry aveva tutta l’impressione che il loro percorso stesse volgendo proprio in quella direzione. Stavano andando a Nord, sempre più a Nord, mentre Lina veniva trasportata all’estremo Sud, oltre la barriera. Che senso aveva? Che senso aveva quello che stava facendo, quando aveva promesso che sarebbe rimasto sempre al suo fianco?

 

Abbandonò la brocca vicino al suo giaciglio, e strinse i pugni, imponendosi di mantenere la calma… dei, quanto gli mancava. Gli mancava il suono incessante della sua voce, la sua energia, gli mancavano i suoi sbotti di rabbia e la sua ironia… gli mancava anche solo vederla dormire al suo fianco, e il cenno assonnato di buongiorno che gli rivolgeva al loro risveglio… gli mancava la sua semplice presenza, che pareva essere divenuta per lui una costante ancor più profondamente di quanto si fosse mai reso conto…

E allo stesso tempo non voleva e non poteva fare a meno di pensare a cosa le stesse accadendo, sola, in mano ad un gruppo di soldati che probabilmente non vedeva la differenza fra il grido e la risata di una donna… sapeva benissimo che Lina sapeva cavarsela, che sapeva badare a se stessa, ma quegli uomini non sarebbero stati tanto stupidi da permetterle di dare fondo alle sue capacità magiche… dei, se la avessero toccata… se la avessero anche solo sfiorata… non sapeva neanche lui cosa avrebbe fatto… Al solo pensiero, rabbia e disperazione lo stringevano, impedendogli di pensare a qualsiasi altra cosa se non il pugno che pareva stringergli lo stomaco…

 

“Sei pronto a ripartire?”

Sussultò. Era talmente preso dai suoi pensieri che non si era nemmeno reso conto che Ainos si era svegliato. Lo sciamano si era sollevato in piedi, e lo stava osservando. Sui suoi lineamenti non c’era più traccia della spossatezza della sera prima.

Gourry non rispose, e nemmeno annuì. Semplicemente, si limitò ad alzarsi, e a raccogliere le sue cose… Ainos non ne parve turbato. Si legò alla cintola le poche borse che portava con sé, e si avvicinò ai corpi che lo circondavano, piegandosi su coloro che portavano le insegne del comando.

Gourry lo occhieggiò, e immediatamente l’irritazione montò in lui. “Che cosa fai?” Domandò, il tono di voce freddo.

Ainos non lo degnò nemmeno di un’occhiata. “Ieri sera ero troppo stanco per controllare, ma fra i loro equipaggiamenti potrebbero esserci degli oggetti utili. Non dimenticare che ci aspetta un lungo viaggio.”

Gourry strinse le labbra, ma tacque. Ai suoi occhi era un atteggiamento da sciacalli derubare dei cadaveri, ma, qualunque cosa avesse detto, Ainos non avrebbe cambiato idea. La correttezza era un concetto del tutto indifferente per lui, quindi era inutile anche basare delle discussioni con lui su argomenti di quel tipo. E Gourry certo non aveva la vocazione di Amelia per la redenzione degli atteggiamenti che riteneva ingiusti in perfetti sconosciuti, tanto meno in un momento come quello… 

 

 Allacciò il fodero della spada e si appoggiò ad un albero nell’attesa che avesse finito. Era stanco. Chissà perché quella notte aveva sognato Lady Catelyn, e i giorni trascorsi ad Elmekia, nella sua casa paterna… quei ricordi li credeva da tempo sepolti nella sua coscienza, e aveva sempre impedito loro di offuscare il suo presente… ma forse era semplicemente per il fatto che in quel momento uno stato d’animo simile ad allora lo imprigionava… da quando viaggiava con Lina, si era dimenticato che cosa volesse dire… sentirsi così terribilmente tristi, ed impotenti… 

 

“Possiamo andare…” Ainos si rialzò, e si mise in cammino, senza nemmeno attendere una sua risposta. A quanto pareva, nemmeno quella mattina avrebbe mangiato nulla. Sembrava che gli fosse sufficiente pochissimo cibo per sopravvivere…

Gourry sospirò, e gli si accodò. Cominciava ad essere impaziente, di fronte a quella routine fatta di marcia e mancate spiegazioni…

“Quanto manca a destinazione, Ainos?” Tentò un dialogo, anche se con Ainos le speranze di conversazione erano sempre scarse… “Se come dici occorre un addestramento prima di maneggiare quella spada, non possiamo perdere troppo tempo nel viaggio…”

Ainos continuò a camminare, dandogli le spalle. “Taglieremo per le montagne. E subito dopo, fra circa tre giorni, raggiungeremo una città portuale, dove mi procurerò un’imbarcazione che dovrebbe condurci in circa una settimana nelle lande al di là del Mare del nord. Lì ci procureremo dei cavalli, e in poco più di una settimana dovremmo giungere a destinazione.” Gli lanciò un’occhiata, al di sopra delle spalle. “Quanto poi durerà l’addestramento… dipenderà solo da te.”

Gourry assimilò quelle informazioni, cercando di frenare l’ansia che stava montando in lui. Praticamente un mese. Ci sarebbe voluto un mese solo per arrivare a destinazione. Che ne sarebbe stato di Lina, nel frattempo?

“Se ti stai preoccupando per la tua compagna di viaggio, lascia perdere le ansie inutili. Se come penso la stanno conducendo ad Ulan Bator, ci vorranno almeno due mesi perché arrivi a destinazione.”

“E che ne sarà di lei ad U… in quella città?” Quella mattina Ainos pareva particolarmente loquace, occasione rara e da sfruttare al meglio…

“Te l’ho detto, sarà scambiata, insieme ad altri ostaggi ed offerte, per un’alleanza militare.”

“Sì, ma che ne sarà di lei?”

Ainos sospirò. “Sei ingenuo, Gourry, se non lo immagini. O forse semplicemente non conosci le usanze dei regni al di là della barriera. Con tutta probabilità, essendo uno dei maggiori oggetti di scambio, diventerà una delle cortigiane del vero signore di Ulan Bator, Uregh…”

Gourry inclinò la testa. “Cortigiana?”

Ainos lo fissò da sopra una spalla. “Sì. Sai che cosa vuol dire, no?”

Una goccia di sudore scese lungo la tempia di Gourry. In realtà non ne era certo. Ma da come suonava quel nome… “Significa… che lavorerà alla corte, no…?”

Ainos si bloccò all’improvviso. E lo guardò con lo stesso sguardo con cui lo guardava Lina quando diceva qualcosa di veramente stupido. Lo sciamano parve ricomporsi più in fretta di quanto di solito non facesse la maga, comunque. “In un certo senso è così.” Replicò, la voce solo lievemente alterata. “Diciamo che sarà al servizio di chi comanda alla corte. Ma non come servitrice. Sarà una sua concubina.” Lo fissò. “Un po’ come se fosse sua moglie, senza essere sposata con lui, cioè.” Aggiunse, come per assicurarsi la sua comprensione.

Ma Gourry aveva già compreso. E a quelle parole si bloccò, gelato sul posto. “Una concubina?”

Ainos proseguì, senza guardarlo, e costringendolo ad affrettare nuovamente il passo. “Sì. Quindi puoi stare tranquillo, non la uccideranno. Anzi, riceverà un trattamento del tutto onorevole, a patto che non si ribelli.”

Il pensiero di una Lina che non si ribellasse all’idea di diventare concubina era difficile persino da concepire, per lui… ma ciò che LUI desiderava in quel momento era girare i tacchi e correre verso quella dannata città nel Sud, dove avrebbe fatto sì che chiunque potesse avere anche solo la vaga idea di PENSARE a Lina in quei termini ne perdesse la facoltà, per il resto della sua vita…

“Non possono volerci ancora più di due settimane per arrivare a destinazione, se Lina sarà laggiù in così poco tempo!!!” Si trovò quasi a gridare, ora.

Ainos lo fissò, freddo. “Quanto più tempo passerai a recriminare, tanto più tempo ci metteremo ad arrivare, spadaccino. E poi, il regno di Uregh è collocato subito a Sud della barriera. Potrai impiegare anche meno di un mese per arrivare ad Ulan Bator, se pagherai una nave che parta dai porti dell’estremo Nord… vedi di essere rapido nell’addestramento, e la tua diletta non dovrà soffrire troppo le pene della schiavitù…”

L’ironia nella sua voce non fece che accrescere la sua rabbia. Ma non poteva farci nulla… non aveva altra scelta. Doveva imparare ad usare quella spada, e doveva farlo il prima possibile. Strinse il pendaglio al suo petto, con tutte le sue forze.

‘Fa che non le accada nulla… Cheiphied, fa che non le accada nulla, ti prego… voglio ritrovarla, combattere al suo fianco, e portarla via da quegli uomini senza che le sia accaduto nulla… voglio riabbracciarla… voglio riabbracciarla sana e salva…’

Strinse i denti, e non rispose nulla. Si limitò a seguire la sua taciturna guida, ancora una volta.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo undici ***


La sessione d’esami è finalmente finita, ed ecco prontamente due nuovi capitoli

La sessione d’esami è finalmente finita, ed ecco prontamente due nuovi capitoli! ^^ Avevo proprio voglia di andare avanti con la scrittura, e spero che per un po’ di tempo potrò aggiornare con più frequenza… Attendo commenti e critiche, come sempre! ^^

 

 

Il principe Philionel misurava a grandi passi il pavimento della sala grande del castello ducale di Ruhan, estremo baluardo a Nord- est del regno di Sailune…

 

Lontana dalla imponenza e dallo splendore del Palazzo Reale, quella fortezza di confine, arroccata fra le alture e irraggiungibile se non attraverso sentieri e percorsi esposti ai colpi degli arcieri della Guardia, una volta era stata uno dei punti chiave della difesa del Regno dalle incursioni nemiche, nel corso della grande guerra fra i regni del Sud… le sue truppe erano state stanziate a guardia dei passi più importanti per l’accesso alle pianure centrali, e la rapidità e la efficacia dei loro attacchi ai danni dei contingenti in avvicinamento ai confini gli erano valse la fama di inespugnabilità…

In quel momento, Philionel pregava tutti gli dei il cui nome gli era dato conoscere che quella fama fosse meritata…

 

“Philionel, ti prego, cerca di calmarti e siediti… agitarti a questo modo non ti porterà a nessun risultato, se non quello di perdere la tua lucidità di pensiero…” Cristopher sedeva all’imponente tavolo in ebano, e osservava il fratello con impotenza… lui e Laudreck erano stati immediatamente convocati quando era giunta al castello una missiva segnata dalla mano stessa di Oberon… ed era bastato loro osservare il volto di Philionel per capire che quella lettera non recava alcuna buona notizia…

“Come faccio a calmarmi?” Philionel non lo guardò nemmeno in volto. “Hanno Amelia, Cris. ‘Vostra figlia verrà trattata con tutti i riguardi’. Al diavolo!!! Non avrei dovuto abbandonarla lì!”

Laudreck sospirò. Il melodramma e gli isterismi che tendevano a caratterizzare il fratellastro e il suo ramo della famiglia tendevano ad andargli poco a genio… “Avanti, Phil, non comportarti da bambino ingenuo quando non lo sei più da molti anni. Vagliamo piuttosto ciò che ci propongono. Non è detto che non si possa giungere ad un accordo.”

Cristopher gli lanciò un’occhiata grave. “Smettila di prendere tutto così dannatamente alla leggera, Laudreck! Abbiamo già rifiutato un accordo, credi forse che le condizioni che ci propongono ora siano migliori???”

Il fratellastro si limitò a guardarlo con fare scettico. “A volte bisogna saper tornare indietro, fratello… soprattutto in una situazione come questa… nostro fratello ha ancora con sé la sfera riflettente ma non abbiamo ancora avuto notizie di Inverse e Gabriev, giusto? E ormai se tutto fosse andato bene dovrebbero essere arrivati a Raizerl… per quel che ne sappiamo loro potrebbero già essere stati uccisi, e le alleanze al di qua della barriera decise… vogliamo davvero farci sbaragliare definitivamente prima di deciderci a piegarci?”

“Se Oberon ci propone trattative vuol dire che per lui costituiamo ancora una minaccia, Laudreck…” Fu Phil stavolta a replicare. “In più, non ho alcuna intenzione di cedere a QUESTE condizioni…” Avrebbe dovuto cedere PRIMA, per Ceiphied… ma come avrebbe potuto? Consegnare Sailune, e sua figlia, in mano all’invasore, quando sembrava esserci ancora una speranza? Aveva creduto di poter resistere, e aveva creduto che Lina ce la facesse… ma ora tutte le sue speranze gli parevano così assurde…

“Se QUESTE condizioni sono così terribili da fare sì che tu non le prenda nemmeno in considerazione, forse non è così profonda la paura che Oberon prova nei nostri confronti…” Laudreck non si lasciò scomporre… “Inoltre, scappatoie come la trattativa non ci si presenteranno per sempre… io ero favorevole anche ad accettare la volta scorsa, ma non mi avete ascoltato… per quanto ancora vorremo anteporre l’orgoglio alla strategia?”

A Philionel non sfuggì l’occhiataccia che Cristopher rivolse al fratellastro… ma per un momento fra i tre fratelli cadde il silenzio… Phil sospirò. “Non ha senso continuare a discutere senza che voi conosciate le condizioni che ci sono state proposte. Vi ho chiamati qui per sottoporvele prima di discuterne con gli altri Lord.” Lanciò una breve occhiata alla missiva, sospirando. “Anche se temo che ci sia poco da discutere, e che queste proposte parlino da sole…” Philionel scorse i vari punti della lettera, dandovi voce meccanicamente… “La mia approvazione al matrimonio fra Amelia ed Oberon, e la sua nomina a commissario governativo plenipotenziario per la soppressione degli ultimi disordini nella capitale, e la ricostruzione. La mia temporanea assunzione del trono in questo lasso di tempo…” Philionel fece una breve pausa, deglutendo, cercando di non ripensare all’uccisione di suo padre… “…e quindi la mia abdicazione a suo favore una volta che le acque a Sailune si saranno calmate… congedo per TUTTI gli alti comandi del mio esercito, e nomina dei suoi ufficiali, con assunzione delle sue truppe come esercito regolare, con divisioni equamente distribuite nella varie regioni del regno e alla capitale… una sua guardia privata scelta interamente fra i suoi uomini, con pieni poteri e che a lui direttamente faccia riferimento… diritto ereditario degli uomini di sua fiducia per le più alte cariche dello stato, compresa le gestione dei feudi, e la partecipazione al Concilio… per le cariche inferiori così come per i gradi inferiori dell’esercito, invece Oberon ci propone una cogestione, con accesso concesso anche a uomini di Sailune, opportunamente scelti e vagliati da lui e dai suoi consiglieri…” Sospirò. “A me resterebbe comunque parziale voce nella gestione delle finanze di Palazzo, ma anche per l’economia generale saremmo totalmente esautorati dai nostri poteri… Oberon mi propone il ruolo di Grande Consigliere, ma ho il dubbio che sarebbe più una carica nominale che altro, viste le premesse…” Deglutì, e abbassò il proprio sguardo dalla missiva, fissando quello sgomento dei fratelli. “Vi paiono forse condizioni che potremmo accettare?”

Cristopher e Laudreck si scambiarono un’occhiata, ammutoliti. Quelle condizioni non lasciavano nessuno spazio ai regnanti di Sailune. Nessuno. Non era una trattativa… era una richiesta di resa.

“Tuttavia…” Philionel aggiunse, prima che entrambi potessero parlare, e parve doversi costringere a pronunciare quelle parole… “Oberon sottolinea come queste condizioni garantirebbero una forma pacifica di passaggio di poteri, garantendogli la legittimazione immediata, e impedendo così eccessive resistenze lealiste, e dunque scontri inutili…” Phil sospirò. “Se rifiutassimo, invece, probabilmente sarebbe più difficoltoso per lui affermarsi… prendere il potere con la forza, di questo Oberon è consapevole, gli costerebbe opposizione serrata da parte dei Lord e di quei membri della popolazione decisi a rimanermi fedeli fino alla morte…”

Cristopher parve infuriarsi, a quelle parole. “Dei, ma che pretende???” Si sollevò in piedi, il volto rosso di rabbia. “Che pretende, che studiamo anche il modo di condurre la lotta che più gli faciliti l’ascesa? ANCH’IO sono fra quegli uomini disposti a morire!!! E lo preferisco di gran lunga alla prospettiva di vederlo sul trono!!!”

Laudreck gli lanciò un’occhiata ironica. E le sue mani si mossero, facendo risuonare nell’ampia sala vuota il rimbombo di un breve applauso. “Complimenti, fratello, davvero le parole degne di un bravo sovrano.” Anche lui si sollevò, fissandolo, freddo. “E’ facile morire da eroi, con cibo pronto in tavola ogni giorno, e un letto caldo, e mura sotto la cui protezione dormire. Ma alla popolazione prostrata dalla battaglia non ci pensi? Quanta gente dovrà ancora morire, quanti bambini dovranno ancora cedere alla fame mentre tu giochi alla guerra? In fondo, sotto l’usurpatore, la popolazione almeno sarà in pace.”

Cristopher lo guardò come se fosse folle. “T… tu… la tua fedeltà vacilla un po’ troppo facilmente, FRATELLO! I regnanti di Sailune hanno sempre garantito pace e prosperità a questo regno!!! Oberon vi farà calare l’ombra della tirannia! Come può governare saggiamente un uomo che avanza pretese ingiuste su un regno che non gli appartiene???”

“E soprattutto un uomo che ti priva dei tuoi privilegi, eh, fratellino?”

I due fratelli si fissarono per un momento con un odio tale che Philionel temesse stessero poco regalmente per azzuffarsi. Avanzò fra di loro, imponendosi per separarli. “Cris, Laudreck, adesso basta! Non siamo qui per litigare fra noi!” I due si calmarono, ma continuarono a fissarsi, come se il loro scontro fosse solo rimandato. Phil sospirò. “E comunque, per certi aspetti Laudreck ha ragione.” Ignorò lo sguardo piccato di Cristopher. “Oberon ha sottolineato come probabilmente SE vincerà…” Sottolineò il senso di ipotesi, con rabbia. “… sarà costretto, per affermare la supremazia sua e dei suoi uomini, ad applicare un sistema legislativo plurimo, per cui gli uomini provenienti dal suo regno o dai regni suoi alleati avranno un trattamento legislativo e penale diverso dai quelli dei regni perdenti… ma ha insistito su come la durata di questo provvedimento, che potrebbe persino divenire permanente, e la discrepanza di trattamento fra regni ed etnie, dipenderà da quanto… sarà spianata… la sua strada di acquisizione del potere…” Strinse i pungi, abbassando lo sguardo.

La rabbia di Cristopher parve addirittura aumentare. “In pratica… ci sta ricattando???”

Phil sospirò. “Lui la pone come una ‘ragionevole considerazione su quelle che saranno le sue necessità di governo’, ma… sì, di fatto gli effetti non sono molto dissimili da quelli di un ricatto…”

Crtistopher parve doversi mordere la lingua per non gridare. “Un uomo che fa politica in questo modo sporco… come posso considerare un uomo del genere un soggetto con cui trattare???”

“E’ un uomo molto più accorto ed intelligente di quanto tu non sarai mai fratellino…” Il commento di Laudreck fu azzittito da un’occhiata rabbiosa, stavolta di Philionel. Laudreck non aggiunse altro. Phil era l’unica persona da cui accettasse rimproveri.

Stanco della tensione fattasi palpabile all’interno della stanza, Philionel si rivolse al fratellastro. “Laudreck, ti prego, vai ad annunciare ai nobili che convoco un Concilio straordinario per questa sera. Ho bisogno di riflettere ancora su questa proposta prima di parlarne agli altri.”

Laudreck annuì, ed indietreggiò verso la porta. “Agirai saggiamente se accetterai, Philionel. Anche tua figlia sarà salva, in questo modo.”

Philionel non era certo che affidare sua figlia ad Oberon fosse il modo migliore per ‘salvarla’… ma almeno in quel modo le sarebbe stato vicino… La realtà era che era confuso… ragion di stato e sentimenti personali si sovrapponevano in lui, impedendogli di riflettere lucidamente. Doveva rimanere da solo a pensare per un po’…

Osservò Laudreck sparire attraverso l’ampio portale di accesso alla sala, senza replicare nulla. Quando fu scomparso, si lasciò ricadere su una sedia, stanco.

“Davvero ti fidi di lui, Philionel?”

Sollevò lo sguardo sul fratello, che troneggiava dietro di lui, accigliato.

“Che vuoi dire, Cristopher?” Gli rivolse un’occhiata cupa.

“Voglio dire che non mi piace la sua insistenza nel suggerire di scendere a patti col nemico. La trovo inopportuna… per non dire sospetta.”

Philionel si accigliò. “Basta così, Cristopher. Io ho piena fiducia in Laudreck. Piena. E faresti bene ad averne anche tu. Sta solo cercando di capire cosa è meglio per il Regno, come tutti noi.” Il suo tono di voce era duro. Sapeva che Cristopher non era in mala fede, ma semplicemente si preoccupava per lui, e per Sailune. E sapeva che molta di quella diffidenza derivava dal fatto che il fratello era rimasto ‘scottato’ dalla vicenda di Raudy, e ancor più, per ovvie ragioni, da quella del suo stesso figlio, Alfred. Ma Laudreck era diverso da entrambi. Loro due erano cresciuti insieme, e Philionel non aveva alcun dubbio sull’affetto che li legava. E sapeva come Laudreck fosse sempre stato insofferente nei confronti di Raudy, e come fra i due non fosse mai corso buon sangue… Raudy era più anziano, e forte, era il guerriero e l’avventuriero della famiglia… ma nonostante questo il loro comune padre Eldoran aveva sempre preferito Laudreck a lui, e aveva garantito a quest’ultimo il privilegio di essere educato a Sailune, insieme ai suoi fratellastri… tanto era bastato a dividerli, assieme alle loro diverse inclinazioni… e nonostante questo Laudreck si era sentito umiliato dopo il tentativo di usurpazione di Raudy, e non era stato più in grado di camminare a Sailune a testa alta… Laudreck lo aveva abilmente mascherato attraverso l’ironia… quella era l’armatura che lo proteggeva da qualsiasi cosa, a partire dalle discriminazioni di cui era sempre stato vittima in quanto figlio illegittimo, quelle discriminazioni che invece Raudy non era mai stato in grado di tollerare… ma, anche se la gente tendeva a vederli diversi quanto il giorno e la notte, e a non comprendere a loro amicizia, Phil sapeva che al di là di quella ironia, e delle divergenze nel loro atteggiamento, i fondamenti del loro modo di sentire e di vedere il mondo erano vicini… non avrebbe permesso a Cristopher di dubitare di lui. Non avrebbe permesso a quel che rimaneva della sua famiglia di dividersi.

Cristopher dovette distinguere la durezza del suo tono di voce, perché assunse un’espressione dolente, e chinò il capo. “Perdonami, Phil. E’ la mia frustrazione a parlare. Non so più quello che dico.”

Philionel sospirò, e si alzò, per fronteggiare il fratello. Gli pose una mano sulla spalla. “Lo so, Cris. Non volevo essere duro con te.” Strinse le dita sulla spalla del fratello, sperando di trasmettergli coraggio. “E so quanto sei preoccupato per tua moglie, in questo momento. Vorrei poterti dire che è al sicuro, e che non le faranno del male, ma detesto mentirti, e purtroppo sappiamo entrambi che non è considerata dai nostri nemici un ostaggio fondamentale come Amelia…” La sua mano strinse più forte. “Ma è una nobildonna, e ci penseranno comunque due volte prima di toccarla, Cris. E io ti prometto che faremo tutto quanto è in nostro potere per liberarla. Tutto.” Deglutì. “Io… capisco quello che provi, Cris. Lo capisco più di quanto tu creda…”

Cristopher sollevò lo sguardo, e i due fratelli si fissarono in silenzio per qualche istante. “Lo so.” Soggiunse poi il minore dei due. “Lo so, Phil. E andrà tutto bene. Perché è giusto che sia così.”   

Phil annuì. In realtà, non ne era così sicuro. In realtà, in quell’ultimo mese, quelle che erano state le sue convinzioni di una vita avevano preso a vacillare. Ma lui non poteva permettersi ulteriori cedimenti. Questo era quello che il suo nemico voleva. Doveva andare fino in fondo, facendo quello che era giusto, come gli era sempre stato insegnato. ‘Ma cosa… COSA è giusto e cosa è sbagliato, in questo caso?’

“Cosa hai intenzione di fare con quelle proposte, Philionel?” Cristopher diede voce ad una domanda che aleggiava nell’aria sin da quando la missiva era stata aperta…

Philionel lo fissò, per un momento ancora incerto. “Io… io credo che rifiuterò, Cris. Il nostro Regno non deve finire nelle mani di un usurpatore.” Pregò in cuor suo che fosse la scelta giusta…

Cristopher annuì. “Sono con te, Phil. Con tutti i rischi che ciò comporta.”

 

 

***

 

 

Amelia si lasciò cadere sulla sedia in vimini, inquieta.

Era stanca, dopo una giornata di marcia fra truppe scalpitanti, polvere, e fetore dei cavalli. Le dame che le erano state assegnate le erano state attorno per tutto il giorno, impedendole di pensare con calma. Ora, dopo un bagno caldo, era finalmente riuscita ad ottenere di rimanere da sola, nella sua tenda, ma si sentiva troppo esausta per riflettere su qualsiasi cosa. In fondo, però, poteva ritenersi fortunata. Molto fortunata. Le truppe di Oberon la stavano trattando con estremo riguardo. Tutti le si rivolgevano con rispetto, e nessuno osava nemmeno sfiorarla senza il suo consenso. In più, aveva una tenda personale, e una cavalcatura, e vestiti, e cibo e bevande quotidiane. Oberon aveva persino disposto che le venisse concesso di leggere libri, presi dal bagaglio delle dame che la accompagnavano… Aveva visto le condizioni in cui versavano gli altri ostaggi, e pochi potevano vantare un trattamento simile… per lo più, marciavano legati gli uni agli altri, prima dei soldati in coda alle truppe, e dormivano ammassati, col solo conforto di due pasti quotidiani. Amelia aveva avuto l’impressione di scorgere anche sua zia, la moglie di Cristopher, fra le nobildonne che risiedevano in un’unica grande tenda all’altro lato dell’appartamento. Tuttavia, a quanto pareva, non le era dato avvicinarla. Aveva anche osato chiedere qualcosa ad Oberon a riguardo, quel pomeriggio, ma questi si era limitato a rispondere laconicamente che avrebbe saputo tutto a tempo debito…

 

Sospirò. Sapeva che Oberon aveva inviato una missiva a suo padre, la settimana precedente. Non gliene aveva parlato direttamente, ma lo aveva sentito discuterne con i suoi generali, a tavola… si chiedeva quale fosse stata la risposta di suo padre…

Strinse le dita attorno ad un lembo della veste, nervosamente. Sapeva che non avrebbe dovuto… ma in cuor suo sperava che suo padre avesse accettato, qualunque fosse stata la proposta. Almeno sarebbe sopravvissuto… almeno lo avrebbe avuto accanto… Non poteva sopportare di perdere anche lui…

‘Come Zelgadiss -san…’

Strinse i pugni. No. Non doveva pensarci. E non doveva avere quel genere di speranze. Suo padre doveva lottare, e vincere. Perché Oberon non poteva vincere, con tutto il male che aveva portato. Non sarebbe stato GIUSTO.

‘E la morte di Zelgadiss -san  invece è stata giusta?’

“Smettila!” Parlò ad alta voce, dandosi un lieve colpetto con la mano, per scuotersi da quei pensieri. “Smettila, non devi permettere loro di privarti anche delle tue convinzioni!!!”

Sapeva solo che si sentiva vuota. La stessa sensazione che aveva provato quando era tornata a Sailune con Lina –san e gli altri e le era stato fatto credere che suo padre fosse morto. Allora aveva reagito, per vendicare suo padre, sapendo che era quello che lui avrebbe voluto da lei. E anche ora doveva reagire, perché sapeva che c’era ancora speranza. Se Lina –san e Gourry –san erano riusciti nella loro missione… se suo padre avesse saputo organizzare delle truppe per resistere… ‘Almeno la morte di Zel -san avrebbe uno scopo…’

Forse in fondo era solo un egoista. Era stata lei a coinvolgere i suoi amici in un pericolo che in fondo non li riguardava… forse non aveva il diritto di sperare in loro, e tanto meno di pensare che il regno di Sailune potesse anche lontanamente valere le loro vite… forse doveva sperare che Lina e Gourry fossero lontani miglia e miglia da Sailune e non decidessero di tornare indietro… ma in quel momento pensare alla vittoria contro Oberon come ad una causa superiore era l’unica cosa che la facesse andare avanti…

 

“Principessa…” L’attendente anziana, che dal primo giorno non l’aveva mai abbandonata, fece il suo ingresso nella tenda. “La cena sarà servita a breve.” Le rivolse un breve inchino.

Amelia sospirò. Aveva rinunciato da tempo ad opporsi a quella sorta di rituali giornalieri. Si limitò a sollevarsi in piedi, e a seguirla, senza dire una parola.

 

Quando entrò nella tenda in cui si servivano i pasti, si rese immediatamente conto che quello era un giorno speciale. Al tavolo che normalmente Oberon condivideva con tutti i suoi generali, quella sera sedeva solo un unico uomo anziano, una specie di sacerdote, il più vicino ad Oberon fra i suoi diretti sottoposti, almeno in assenza dell’uomo chiamato Elmerish… almeno, questo era quanto Amelia aveva dedotto dal fatto che Oberon lo faceva sedere sempre al suo fianco, e lo consultava praticamente per ogni questione che gli veniva sottoposta…

Quando entrò, Oberon si volse, per rivolgerle un cenno di saluto. “Mia signora… attendevo proprio te… questa sera ho alcune cose di cui parlarti in privato…” Fece un cenno al sacerdote, che si sollevò, annuendo.

“Tornerò a sbrigare i miei affari, ora, Oberon… mi presenterò al vostro cospetto se ci saranno ulteriori novità o, al più tardi, domani sera…” Con un breve inchino, lasciò la stanza.

Amelia rimase all’ingresso, visibilmente a disagio. Da quando era stata catturata, le era capitato raramente di rimanere da sola con Oberon… durante il giorno, quando cavalcavano fianco a fianco, Oberon non era mai particolarmente loquace e a cena erano stati sempre attorniati da generali il cui vociare le permetteva di eludere la conversazione… dopo che si separavano a seguito del pasto, poi, Amelia non aveva mai occasione di vedere il suo catturatore, che si ritirava a discutere di strategia insieme ai suoi uomini… l’idea di cenare faccia a faccia con lui non la rallegrava. Non voleva conversare con quell’uomo.

“Fatti avanti, mia Signora, non ti ho fatta chiamare perché tu rimanga in piedi all’ingresso…”

Amelia avanzò, fissandolo circospetta, e si avvicinò ai vassoi con le vivande, per distribuirle sulla tavola. Trovava umiliante farlo, soprattutto per quell’uomo… ogni volta che aveva terminato si sentiva fremere di rabbia… ma aveva già capito che discutere non aveva nessun senso. Non era lei a tenere il coltello dalla parte del manico…

Oberon la osservò, in silenzio, la sua espressione perennemente immutata. Era strano, pensò Amelia. Fino a qualche mese prima, tutto avrebbe pensato, tranne di avere un rapporto così freddo col suo promesso sposo… le cene col suo uomo nella sua mente erano piene di calore e di allegria, di sorrisi e di parole… ma Oberon non era il suo uomo. Non lo sarebbe stato mai, per quante cerimonie nuziali avessero potuto celebrare…

Oberon sospirò, distogliendo lo sguardo dal suo volto e dai suoi gesti, e portandolo al calice pieno di vino che stava rigirando fra le dita… “Come ti ho detto… ho alcune cose da comunicarti…” Le lanciò un’altra breve occhiata. “In primo luogo, credo sarai lieta di sapere che domani arriveremo alla fortezza che ho scelto come mia nuova base, dato che il palazzo reale di Sailune non è attualmente agibile, ed è insicuro…” Amelia strinse le labbra, e si morse la lingua per non replicare nulla riguardo alla distruzione della sua città… “Ciò significa che avrai tuoi alloggi, e potrai condurre una vita più comoda e tranquilla di quella che ti è toccata a fianco di un esercito in marcia…” Dei, quanto poco quell’uomo la conosceva. Lei aveva viaggiato, aveva viaggiato per il mondo. Non aveva mai preso parte ad una guerra, era vero, ma aveva vissuto in condizioni ben peggiori di quelle che le erano state offerte quelle settimane. Come poteva concepire di vivere la propria vita a fianco di qualcuno che sapeva così poco di lei? “A parte questo…” Proseguì Oberon ignorando l’occhiata rabbiosa che la principessa gli aveva rivolto poggiando in tavola il vassoio della carne… “… è necessario anche che tu sappia che oggi ha fatto ritorno un messo che avevo inviato a tua padre con una proposta di trattativa… e che questa proposta è stata respinta.” Amelia deglutì, ponderando quelle parole, e il loro significato. Era guerra. Era guerra aperta. Ora non ci sarebbero stati più compromessi. Sarebbe stata la vittoria… o la tragedia… “Credo che tu capisca perfettamente cosa questo significhi…” Oberon non fece che confermare le sue considerazioni. “… Non ho intenzione di proporre altre trattative. Da questo momento in poi saranno solo le armi a decidere.” La fissò, come cercando di cogliere una sua reazione. Amelia si limitò a guardarlo negli occhi, di rimando, cercando di non lasciar trapelare le sue emozioni. Alla fine, stanca di quel confronto visivo, si trovò ad annuire. “Sì. E spero che questo avvenga presto.” Si rese conto che il tono della sua voce era raschiante.

Oberon si accigliò a quelle parole, ma non fece commenti. Si limitò a portarsi il calice alle labbra, e a sorseggiarlo con sguardo assorto, come perso nei propri pensieri. Amelia attese che il calice fosse vuoto, quindi si avvicinò allo scaffale dei cibi, e prese con cautela fra le dita la caraffa del vino rosso. Oberon pareva irritarsi quando Amelia non aveva la prontezza di comprendere che era il momento di riempirgli il bicchiere…

“C’è anche un’altra cosa che devo comunicarti. Non sarei tenuto a farlo, in fondo è un fattore di una certa rilevanza a livello strategico, ma… suppongo che sia qualcosa che hai il diritto di sapere…” Amelia si accigliò, e si bloccò con la caraffa a mezz’aria. Era raro che Oberon le parlasse di diritti… “Oggi è arrivato un altro messo, oltre a quello proveniente dalla base di tuo padre.” Oberon la fissò in volto, sempre senza espressione, ma come soppesando le parole. “E questo era un messo inviato da Elmerish.”

Le mani di Amelia tremolarono, e per un momento la caraffa minacciò di caderle, mentre l’ansia montava in lei. Elmerish? Elmerish era… era il generale mandato all’inseguimento di…

“E che… che cosa diceva la missiva?” Cercò di mantenere ferma la voce, mentre prendeva a versare il vino, più per avere un modo per tenere le mani impegnate e impedire loro di tremare che per altro…

“Diceva che Elmerish… ha portato a termine la sua missione.”

Improvvisamente la forza nelle mani le venne meno, e la caraffa le sfuggì, spargendo vino sulla tovaglia candida. Oberon indietreggiò, per evitare di essere schizzato dal liquido rosso. “Fa’ attenzione, mia signora!” Le intimò, in tono duro.

Amelia non lo guardò, non ci riuscì. “Vado a prendere altro vino.” Senza attendere una risposta, afferrò la caraffa, e scattò verso le botti in fondo alla tenda, riuscendo così a sottrarsi allo sguardo di Oberon. Dei. Lina -san e Gourry –san erano stati presi. Lina e Gourry presi. Non voleva crederci. Non POTEVA crederci. Non poteva essere stata la causa anche della LORO rovina…

“C- che… che ne sarà di loro, ora?” Trovò il coraggio di chiederlo, quando fu alle spalle di Oberon, lontana dal suo sguardo freddo.

“Elmerish ha disposto che lo spadaccino venisse ucciso. La ragazza invece verrà venduta come schiava, al sud. C’è un regno di cui mi devo ancora assicurare l’alleanza, per cui potrà essere un buon oggetto di scambio. Una volta privata della magia, ovviamente…”

Amelia si bloccò, incapace di agire ancora in modo coordinato. Ora le lacrime erano venute ad offuscarle la vista. Quelle lacrime che sino a quel momento aveva fatto di tutto per trattenere. ‘Lina si sentirà perduta senza Gourry…’ Fu il suo primo, sciocco, pensiero. E poi si rese conto veramente, crudamente, che Gourry non sarebbe PIU’ tornato da Lina. Come Zelgadiss non la avrebbe più abbracciata per confortarla come una volta, solo una volta aveva fatto… e che forse per privare Lina della magia sarebbero ricorsi a metodi brutali, forse le avrebbero addirittura tolto la facoltà di parlare… che come schiava cose terribili le sarebbero accadute, e che lei non le avrebbe sopportate, non lei, per cui la libertà veniva prima di ogni cosa… si chiese se la sua amica si sarebbe creata un piccolo angolo della sua mente in cui rifugiarsi, si chiede se sarebbe sopravvissuta senza impazzire. Perché a LEI ora sembrava impazzire, mentre la sua mente non faceva che ripeterle, gridarle… che ormai tutto era perduto…

 

Fissò la schiena di Oberon. La fissò con odio, con profondo, vero odio. Forse era vero che era finita. Ma se, nonostante tutti i suoi sforzi, ed il suo impegno, negli anni, per agire sempre secondo Giustizia, per qualche motivo gli dei pensavano che lei non meritasse più di rivedere i suoi amici… allora lei avrebbe smesso di farsi scrupoli….

Quell’uomo non meritava di vivere. Quell’uomo non meritava di vivere.

 

Si sollevò, e, abbandonando la caraffa al suolo, afferrò un coltello dal vassoio delle vivande. Bastava un attimo. Un solo colpo, nel punto giusto, e tutto sarebbe stato finito. Poi l’avrebbero uccisa, e forse Sailune comunque non sarebbe stata salva… ma non le importava. Tutto ciò che le importava in quel momento era sapere che quell’uomo non avrebbe mai più ordinato l’uccisione di nessuno.

Si avvicinò e sollevò l’arma. La sua mano tremava, e i suoi occhi erano offuscati dalle lacrime. Ma non doveva esitare. Non ora. Batté le palpebre. Ora il volto di suo padre era la schiena di quell’uomo. Il volto di suo padre, che le ripeteva che non era giusto colpire un uomo di spalle, anche se questi era il proprio peggior nemico. Si morse il labbro, cercando di scacciare quell’immagine. Non avrebbe avuto un’altra occasione del genere…

 

Abbassò l’arma.

Dannazione. Dannazione a lei. Non ne era capace.

 

“Allora, principessa, perché non colpisci?”

Sussultò, ed il coltello le cadde di mano, al suono della voce fredda di Oberon. Si trovò costretta ad indietreggiare, quando l’usurpatore si volse ed i suoi occhi cupi si fissarono su di lei.

Amelia abbassò lo sguardo sul coltello, pensando per un momento di negare, ma rendendosi immediatamente conto di quanto questo sarebbe stato stupido. Ammutolì e fissò il suolo, non sapendo cosa replicare…

“So che non mi amerai mai, principessa. So che molto probabilmente mi odierai, forse fino a che non ti sarai rassegnata, o forse per sempre… ma nonostante questo non riesci ad uccidermi prendendomi alle spalle. Non so se essere ammirato o considerarti profondamente stupida…”

Le guance di Amelia si infiammarono a quella affermazione. Levò lo sguardo, anche se le lacrime le offuscavano ancora gli occhi, e farsi vedere da quell’uomo mentre piangeva era l’ultima cosa che desiderasse al mondo… “Tu… tu parli a questo modo perché non hai dei principi… perché sei un uomo dannatamente vuoto…” Era la sua rabbia a parlare per lei, ora… “E sai una cosa? Non c’è bisogno che io ti uccida, ora… perché ci penserà mio padre a farlo, in una regolare lotta… un uomo come te non potrà mai vincere… gli dei, e la giustizia, non lo permetteranno…”

Oberon la squadrò, senza mutare di espressione. Il suo sguardo aveva una sfumatura strana, però… una sfumatura che non comprendeva… “Questi… sono i ‘sani principi’ della Casa Reale di Sailune, eh?” La sua voce ora aveva una intonazione ironica. La fissò, in un modo che Amelia avvertì come fastidioso. “Ma ti dirò una cosa, principessa. NON ESISTE un ordine superiore. Appigliarsi a degli ideali è facile, quando li si utilizza per giustificare qualsiasi propria azione… appigliarsi a degli ideali è un’ottima scusa per avere la coscienza in pace nell’asservire gli altri alla propria causa, senza considerare la vita ed il futuro delle singole persone… e se vuoi un esempio…” Oberon si alzò e le si avvicinò, senza darle la possibilità di replicare. “… tu ti senti in grado di giudicarmi, pur non conoscendomi…” Il suo volto era vicino al suo, ora. “Tu, tuo padre e tutta la tua famiglia puntate il dito dal vostro piedistallo, pensando di avere il metro per stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, senza nemmeno considerare visioni diverse dalle vostre. Questa secondo me è ottusità, e superficialità. Tu non conosci i miei metodi di governo, e non conosci me… non sai quali sono le condizioni del mio popolo, quale il nostro bisogno di queste terre… non puoi sapere se governerò meglio o peggio di tuo padre… ” Le strinse il braccio, dolorosamente, costringendola a fissarlo. “… quindi, odiami pure, principessa, per ciò che ho fatto al tuo regno e ai tuoi amici… non potrebbe essere altrimenti, e lo comprendo… ma tieniti per te i tuoi giudizi.”

Rimasero a fissarsi per qualche istante, Oberon gelido, Amelia incapace di muoversi, nonostante il dolore al braccio. Quindi, l’usurpatore la lasciò, e tornò ad indietreggiare verso il tavolo. “E ora ceniamo, mia signora. Mi aspetta una lunga serata di pianificazione, dopo.” Si sedette al tavolo, non lasciando spazio ad ulteriori discussioni.

Amelia lo osservò, sentendosi straniata. Le labbra le tremavano, e la sua mente pareva non rispondere. Voleva solo tornare nella sua tenda, e dormire. Dormire per non pensare a nulla. Dormire per non vedere di fronte a sé i volti di Zel, Gourry, Lina, prigionieri della morte e della schiavitù, presi nella morsa della sua impotenza.

Ma meccanicamente raccolse la caraffa dal suolo. E servì il vino a tavola.

 

 

***

 

 

Zelgadiss era stanco, e accaldato. Era abituato a ritmi di marcia sostenuti, anche più sostenuti di quelli che gli erano stati imposti in quei giorni… ma non a muoversi all’interno di un esercito in marcia, al tintinnare delle corazze, alle battute e alle risate grossolane dei soldati, all’odore di sudore sotto il sole ancora battente dell’autunno del sud… era abituato a tutt’altra compagnia… ai sorrisi e alle disquisizioni sulla giustizia di Amelia, e agli scambi di battute di Lina e Gourry, il chiacchiericcio ininterrotto della maga, e le risposte quiete dello spadaccino. Era abituato a fissare i suoi amici e fingere di essere seccato, mascherando sogghigni di fronte alla loro esuberanza. Gli sembrava strano ammetterlo, ma ora si sentiva solo. Per quanto fosse circondato da una folla di persone. Più solo di quanto non fosse mai stato nei suoi lunghi pellegrinaggi in terre desolate…

 

Lanciò uno sguardo alle truppe intorno a sé… i suoi nemici stavano allestendo l’accampamento, alla tenue luce rossastra del tramonto. Zel aveva già svolto brevemente e silenziosamente i compiti che gli erano stati assegnati, ed ora se ne stava in disparte, lucidando la spada, in attesa che i responsabili della cucina servissero il pasto serale. Gli uomini che gli passavano davanti indaffarati gli lanciavano talvolta occhiate ostili. Zelgadiss le ignorava, senza lasciarsene toccare. Era sempre fra i primi a terminare le proprie mansioni, e questo aveva finito per farlo additare come uno stacanovista… la realtà però era che Zel desiderava semplicemente isolarsi il prima possibile dai soldati, e ritirarsi nel suo confortevole mondo privato… gli altri soldati, e mercenari, si perdevano in chiacchiere, mentre svolgevano i loro compiti… sulle donne che li attendevano nella loro patria e su quelle che avrebbero scaldato i loro giacigli nell’accampamento, sul sole e sul tempo, sulle terre a sud della barriera, e sulle battaglie, la gloria, il denaro che li aspettavano sull’onda delle vittorie di Oberon… ma Zelgadiss non aveva voglia di parlare. Di fatto, non voleva avere nulla a che fare con quelle persone. Perché un giorno si sarebbe trovato di fronte a loro come loro nemico. E non ne avrebbe avuto pietà.

 

“Ehi, sfregiato.” Un giovane scudiero gli passò davanti, e si fermò di fronte a lui. Dick, o qualcosa del genere… Erano giorni che cercava di ottenere confidenza da lui, confidenza che Zelgadiss era del tutto intenzionato a non dargli. Aveva di meglio a cui pensare che tenere a bada un ragazzino attirato dal fascino del misterioso… “Attendi come sempre da solo la sbobba? Che ne dici di unirti al nostro gruppo, stasera?” Si avvicinò e si abbassò verso di lui, cercando inutilmente di vederlo in volto. “Uren ha trovato un paio di ragazze che paiono subire il fascino della divisa… se capisci cosa intendo…” Ammiccò, e fece per sedersi al suo fianco.

Un’occhiata di Zel bastò a farlo desistere. “No, grazie.” Lo sciamano rispose, freddo. “Preferisco essere lucido, per la marcia di domani.”

Lo scudiero sospirò. “Come vuoi. Ma lasciati dire che invecchierai precocemente, in questo modo.” Si sollevò di nuovo completamente, e si mosse verso il centro dell’accampamento. “Devo muovermi, stasera sono di turno per la cucina, e col suo caratterino il cuoco potrebbe scegliere di usare ME come ingrediente principale, nel caso facessi tardi.” Gli rivolse un cenno di saluto. “Se cambi idea sai dove trovarci!”

Zel sospirò. Doveva ammettere che non tutte erano persone orribili, all’interno dell’esercito nemico. C’erano anche uomini cordiali e affabili, e gente normale, con i suoi pregi e i suoi difetti, gente che avrebbe potuto incontrare anche a Sailune, o in qualsiasi altro regno al di qua della barriera… certo, non tutti erano propensi alla gentilezza quanto quello scudiero, e c’erano uomini a cui non avrebbe mai dato le spalle in battaglia, persino ora che lo consideravano proprio alleato… ma era normale. Era come in qualsiasi esercito. All’inizio ne era rimasto quasi stupito. Si era aspettato… qualcosa di diverso. Non che credesse di unirsi ad un orda di selvaggi, o di bestie, ma… gli sembrava… innaturale… constatare che le persone la cui uccisione era la sua missione erano normali, persino… piacevoli…

Ma non poteva stringere dei legami con loro. Come tutti i soldati, non erano che pedine in un gioco più grande… ma erano suoi nemici. Avrebbe ucciso quello scudiero, se fosse stato necessario. Loro erano quelli che avevano permesso ad Oberon di mettere le mani su Amelia. Erano quelli che avevano distrutto Sailune.

 

Sospirò, infilando lo straccio con cui aveva lucidato la spada in una delle tasche del mantello, e sollevandosi, al suono del corno che annunciava che la cena stava per essere servita. Si sistemò il cappuccio, e coprì con la fascia protettiva la parte inferiore del volto.

Era nella compagnia da praticamente una settimana, ma non aveva ancora permesso a nessuno di vederlo in volto. Né lo avrebbe fatto. Mangiava poco, e in disparte, e dormiva con un occhio aperto e un orecchio attento, come era solito fare quando si trovava solo, in luoghi pericolosi. Il motivo era semplice. Meno gente si impicciava di lui, meglio la sua copertura reggeva. E il suo volto da chimera avrebbe attirato decisamente maggiore interesse del suo atteggiamento scostante…

Nessuno aveva fatto particolare caso al suo arrivo fra le truppe. Diversi mercenari avevano preso ad unirsi all’esercito di Oberon, da quando le sorti della guerra avevano iniziato a volgere a suo favore, ed erano stati tutti più che benvenuti… i comandanti, addetti al reclutamento, non ricordavano certo tutti coloro che venivano arruolati, ed il fatto che Zel indossasse le insegne di Oberon e svolgesse le mansioni che gli erano assegnate era per i suoi commilitoni una prova più che sufficiente del fatto che era stato scelto per fare parte di loro… ma, nonostante questa relativa sicurezza, Zel non aveva certo bisogno che si sollevassero chiacchiere inconsuete su di lui, e che queste chiacchiere giungessero a qualche ufficiale, facendogli decidere che era il caso di sottoporlo ad un controllo…

Per ora, i suoi ‘compagni’ avevano preso a soprannominarlo ‘sfregiato’. Si vociferava che fosse rimasto gravemente ustionato da una freccia incendiaria durante l’assedio al palazzo reale di Sailune, e che per questo non si facesse mai vedere in volto… Quella versione dei fatti gli andava più che bene. Da quando aveva iniziato a circolare, la maggior parte dei soldati si era stancata di cercare di scrutare al di sotto del suo cappuccio…

 

Si mise in fila con gli altri davanti ai pentoloni. I soldati addetti alla distribuzione del cibo ne versavano il contenuto sbrigativamente in capienti ciotole, esortando i soldati in fila a scorrere, con incitamenti decisamente non garbati… A Zel toccò proprio Dick, che vestiva uno sporco grembiule e maneggiava un mestolo lungo quanto un suo braccio. “Razione doppia, al nostro sfregiato che mangia così di rado…” Gli strizzò l’occhio, rovesciando nella sua ciotola una quantità generosa di una brodaglia oleosa e densa, in cui galleggiavano quelli che potevano essere pezzi di carne, ma apparivano piuttosto grumi di grasso. Zel non ringraziò, né fece commenti. Tornò sui suoi passi, e si sedette su una roccia, a debita distanza dagli altri soldati, ma sufficientemente vicino ad uno dei falò… più si spostavano a sud, più i giorni erano caldi, ma le notti fredde… Zel si chiedeva se avessero già oltrepassato i confini di Sailune, e se la loro meta fosse al di là o al di qua della barriera…

Rimosse la fascia che gli copriva il volto, e prese a mangiare controvoglia, più per necessità che per reale appetito… alcuni soldati si sedettero al falò vicino a cui si trovava, e Zel volse le spalle, per mangiare senza essere visto in volto… non gli sfuggirono però le occhiate ironiche e gli scambi di battute nei suoi riguardi da parte dei soldati alle sue spalle… si strinse nel mantello, e li ignorò. L’ultima cosa di cui aveva voglia era attaccare briga con quelli che aveva già adocchiato come la razza peggiore di mercenari che l’esercito di Oberon avrebbe potuto assoldare… anche se, aveva idea, doveva trattarsi di uomini che provenivano da al dì là della barriera, e si erano uniti alle truppe già agli esordi della marcia su Sailune… parlavano fra loro in lingua comune, ma avevano tutti uno strano accento, che non gli era mai capitato di udire, nei suoi viaggi nel continente…

 

“Che merda!” Sbottò uno dei soldati, lanciando a terra la ciotola vuota. “Che cosa credono di fare, avvelenarci per evitare di pagarci, ora che Sailune è caduta??? Questa broda peggiora giorno dopo giorno!!!”

Uno dei suoi compagni sputò un osso nel fuoco, facendolo crepitare. “E sarà sempre peggio.” Sentenziò. “Quando entreremo nel deserto, non troveremo più selvaggina. E continuerò di nuovo a trovarmi sabbia nelle brache ogni volta che me le toglierò!”

“Tanto non ti capiterà spesso…” Rise il terzo degli uomini. “Ormai sei talmente pulcioso che nemmeno le prostitute ti vogliono più…”

I tre eruppero in una risata sguaiata.

Zelgadiss, alle loro spalle, aguzzò le orecchie. Le volgarità dei mercenari non gli interessavano, ma se il discorso proseguiva su quel tono quei tre potevano dargli qualche dritta riguardo alla loro destinazione…

 

Zel si era unito a quella compagnia, qualche centinaio di uomini, distaccatisi dalla divisione posta di stanza alla capitale di Sailune, senza la precisa cognizione di dove si stava dirigendo. Quando la città era caduta, Oberon si era allontanato in fretta, portando con sé il grosso delle proprie truppe, e Amelia. Da quanto Zel aveva capito, Philionel era riuscito in qualche modo a fuggire, ed Oberon aveva deciso di allontanarsi da Sailune per fare ritorno alla propria base, e riorganizzare l’offensiva. Purtroppo, lo aveva scoperto troppo tardi per seguirlo, e mettersi sulle tracce di Amelia… ma poco dopo la caduta della fortezza interna gli avevano detto che quella compagnia stava per mettersi in marcia ed unirsi ad altre truppe. Zel sperava nella fortuna, e nel fatto che si trattasse delle truppe di Oberon stesso. Nessuno aveva un’idea precisa di quale sarebbe stata la loro missione, se non gli ufficiali. Alcuni parlavano di un altro assedio, altri di un ritorno al regno di Oberon, dove questi aveva intenzione di riorganizzare le truppe e cercare nuove alleanze, altri addirittura di una missione per l’uccisione di Philionel… I comandanti tenevano la bocca chiusa, temendo forse diserzioni e fughe di informazioni… ma alcuni sembravano riconoscere il paesaggio attorno a sé, e capire quanto meno dove la compagnia si stava dirigendo…

 

“C’è poco da scherzare! Alcuni dei regni a sud hanno fra le più belle donne su cui io abbia posato gli occhi!” ‘Brache-piene-di-sabbia’ guardò il fuoco con desiderio, come se le vedesse danzare al suo interno. “I bordelli delle capitali, Ulan Bator, Marsinya, Lyria, sono una specie di paradiso terrestre…”

“Perché tu non hai mai visto una cortigiana, vecchio! Quelle sì che sono donne in grado di far perdere la testa, tutte profumo, arte e raffinatezza… ma uno come te che si accontenta delle prostitute da osteria non può apprezzare cose del genere…”

‘Brache-di-sabbia’ lanciò al suo compagno un’occhiata scettica. “Finiscila di fare lo spaccone, Dorian! Nessun lurido soldato come te può essere introdotto al cospetto delle cortigiane dei nobili del sud! A meno di non essere un eunuco. Il che nel tuo caso potrebbe essere una spiegazione!” Scoppiò in una sgradevole risata.

I due si presero scherzosamente a pugni. Zelgadiss sbuffò. Discorsi inutili. In altre circostanze forse si sarebbe imbarazzato, ora riuscivano solo ad irritarlo. Almeno, però, aveva avuto la conferma che si stavano davvero dirigendo a sud della barriera. Non aveva mai sentito parlare di quelle città… e ricordava come poco a sud della barriera anche lui e gli altri, nel loro precedente viaggio, avessero incontrato vaste zone desertiche… A quanto pareva, la loro destinazione era un territorio a lui sconosciuto… supponeva che questo lo ponesse in qualche modo in svantaggio, ma non aveva importanza. Dove c’era Oberon, c’era Amelia. Ed era esattamente lì che lui aveva intenzione di arrivare.

“A proposito… chissà se dove arriveremo ci sarà anche la principessina…”

Zelgadiss sussultò. Se non fossero stati stupidi mercenari avrebbe pensato che gli avessero letto nel pensiero…

“Chi, la figlia di Philionel El di Sailune?” Fu ‘brache-di-sabbia’ a parlare, rovistando fra le sue borse, ed estraendone una borraccia, che Zel avrebbe scommesso non  essere colma d’acqua. Ne bevve una sorsata, pulendosi poi le labbra con la manica, con soddisfazione. “Ci sarà se c’è anche Oberon, immagino.” Sputò al suolo. “Al diavolo, però. Tutto questo casino per una mocciosa isterica.”

Le labbra di Zel si strinsero. Una mocciosa isterica? Quei soldati avevano la vaga idea di che cosa stavano parlando???

Il suo compagno squadrò il mercenario con fare scettico. “Idiota. Ad Oberon non importa niente della ragazza. Ma quella vale oro… vale il trono di Sailune.” Afferrò la borraccia dalle mani del compagno, e bevve a sua volta. “Se la sposa, sarà come avere perennemente un ostaggio ed una legittimazione al proprio potere fra le sue mani. E comunque… sarà una ragazzina, ma di sicuro ha tutte le cose al loro posto… Io una ripassatina gliela darei…”

Fu troppo. Zelgadiss scattò in piedi, troppo rabbioso per impedirlo. La ciotola ancora piena per metà scivolò al suolo, rovesciando il suo contenuto. Zel non si voltò. Se lo avesse fatto, sarebbe stato per estrarre la spada.

“Ehi, sfregiato!” Chiamo una voce volgare alle sue spalle. “Scusaci, hai sentito i nostri discorsi da uomini e ti sei imbarazzato? Ma non potrai evitare tanto a lungo questi argomenti in un campo di soldati! Perché non vai dallo scudiero che ti ronza sempre attorno e non ti fai spiegare un po’ come funziona???” Un coro di risate si levò a quella frase.

Zelgadiss rimase immobile. ‘Non aprire bocca.’ Pensò. ‘Non aprire bocca, o ti tradirai. Li ucciderai con un incantesimo, e ti tradirai.’

“Ehi, sfregiato, perché non rispondi? Ti hanno mozzato la lingua?”

Zelgadiss raccolse la sua borsa, e si allontanò senza dire una parola. Le risate echeggiarono a lungo alle sue spalle, e ancora più a lungo nella sua mente.

 

Si fermò quando fu lontano, nascosto dalle ombre proiettate dal boschetto di querce dove avrebbe trascorso la notte.

Zelgadiss non cedeva spesso alla rabbia. Di solito era calmo, e controllato. Ma in quel momento si sentiva come quando, qualche anno prima, Xellos aveva bruciato la tanto agognata copia della Clair Bible su cui era riuscito a mettere le mani. Sentiva il bisogno, tanto estraneo al suo carattere quanto tipico della sua amica dai capelli rossi, di fare saltare in aria qualcuno.

‘Ti troverò presto, Amelia. E ci riuniremo a Lina e Gourry. E poi troveremo il modo di fare strozzare queste persone con i loro stessi insulti…’

 

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


Bevetti come non avevo mai bevuto in vita mia

Bevetti come non avevo mai bevuto in vita mia.

Forse davvero non avevo mai bevuto. O non lo avevo fatto da anni. La mia gola mi pareva ardere delle fiamme dell’inferno. Il mio stomaco vuoto pareva contrarsi, ma non potevo smettere di assaporare la dolcezza di quel liquido, così semplice, così banale, che in quel momento mi pareva più delizioso del vino addolcito con miele e cannella di Zephilia… ero piegata al suolo, e bevevo china sulla sorgente naturale come una bestia, le mani legate dietro la schiena. Era stato Elmerish a bloccarmele, dopo che avevo tentato di sfilargli il pugnale dal fodero, mentre montavamo sullo stesso cavallo, quattro giorni prima. Da allora, non mi aveva più liberata, nemmeno per dormire e mangiare. Era uno dei suoi uomini a infilarmi malamente il cibo in bocca, e a farmi bere brevi sorsate ad intervalli regolari da una borraccia… tuttavia, era da tre giorni che le risorse d’acqua scarseggiavano, e quelle rimanenti non erano certo sprecate per i prigionieri. I cavalli ne avevano molto più bisogno, per reggere il ritmo della marcia in quell’assurdo, immenso, mare di sabbia…

Mi sembrava impossibile essere perennemente tormentata dai morsi della sete, e della fame. La avevo sofferta altre volte, ma… in quel momento non riuscivo a pensare ad altro che al cibo. Carne, e uova, e pancetta scottata sul fuoco, e ancora pesce, pomodori, formaggio, burro e pane bianco fresco… da quanto non ne sentivo l’odore, da quanto non ne gustavo il sapore? Tutto ciò che vedevo da quasi un mese, ormai, erano misere razioni di carne e frutta secche… brodo, talvolta, nelle sere fredde del deserto… senza la carne con cui veniva prodotto, però, quella era riservata esclusivamente ai soldati… e farinata d’avena, al mattino… senza latte, solo con acqua… acqua… in quel momento quello era tutto ciò che mi bastava, che bastava alla mia gola che da giorni sembrava conoscere solo il sapore acre della sabbia mossa dal vento…

Mi ritrassi dalla pozza, tossendo, perché nella foga avevo inghiottito troppo velocemente, mandando l’acqua di traverso… alle mie spalle sentii una risata, ma non feci in tempo a volgermi, prima che una mano enorme mi afferrasse per la collottola, sollevandomi come un peso morto. Si trattava di Elmerish, ovviamente. Lo fissai con odio.

“Stai attenta a non strozzarti, mocciosa, non vorrei perdere il mio prezioso ostaggio in modo tanto stupido…”

“Affamarlo e farlo morire di sete invece sono metodi molto migliori, eh?” Replicai, in tono tagliente. Era bastata una settimana a farmi perdere la voglia di fare ironia davanti a lui, ma il mio rancore nei suoi confronti mi impediva di tacere ad ogni sua provocazione…

Elmerish parve divertito dalla mia reazione. “Oh, non essere così ostile, mocciosa, oggi non ho proprio voglia di colpire il tuo bel faccino…” Mi sollevò ulteriormente, avvicinandomi a sé… “…anzi, quelle mani bloccate ti hanno resa tanto brava che mi sento persino ben disposto nei tuoi confronti…” Mi strinse il mento, e lanciò un’occhiata alla pozza d’acqua, a cui cavalli e uomini si stavano abbeverando, e che soldati solerti stavano sfruttando per rifornire le scorte d’acqua… “Scommetto che hai voglia di lavarti… papà Elmerish potrebbe essere tanto generoso da slegarti le mani, se la smetti di tentare sciocchi scherzi…” Abbandonò la presa sulla mia veste, malamente, facendomi crollare sulle mie ginocchia. Ricacciai in gola qualsiasi frase rabbiosa in risposta a quel malo trattamento, però… le mani libere… e acqua fresca per liberarmi dalla sabbia, e dal sudore… quelle parole suonavano alla mia mente come una sinfonia paradisiaca…

Elmerish si piegò su di me, e tagliò le corde col pugnale. Mi strofinai i polsi, che presero a dolermi atrocemente appena il sangue riprese a circolarvi. Non importava. Un giorno in cui potevo bere, e lavarmi, e tornare a sollevare gli oggetti con la mia forza era un buon giorno.

“Fai in fretta.” Il tono di Elmerish ora era perentorio. “Ci muoviamo di qui in un’ora. Non possiamo perdere le ore migliori della giornata a giocare con l’acqua.”

 

Di solito, viaggiavamo la mattina presto ed il pomeriggio, e per buona parte della notte. Dalle dieci alle due di notte circa ci accampavamo, e poi ancora durante le ore più calde del giorno… io mi muovevo a piedi, con altri prigionieri… quando non riuscivo più a camminare, e questo negli ultimi giorni era accaduto sempre più spesso, Elmerish mi prendeva in sella con sé. Ero fortunata. Di solito, chi cadeva e non era più in grado di muoversi era abbandonato. Non avrebbe comunque  retto il lavoro a cui sarebbe stato sottoposto come schiavo, e sarebbe stato un inutile peso morto nella marcia, dicevano i soldati. Io non avrei avuto il problema del duro lavoro manuale, giunta a destinazione. Io avrei condotto la vita lussuosa della cortigiana.

Fortunata. Certo.

Detestavo stare in sella con Elmerish. Detestavo il modo in cui stringeva la mia vita mentre cavalcava, detestavo la sua voce e le sue battute volgari, detestavo il suo odore e il sibilo delle sue labbra vicino alle mie orecchie… Per questo, per quanto possibile, cercavo di andare avanti a piedi. Camminavo finché le mie gambe non si ribellavano al mio corpo, e non ero costretta ad accasciarmi al suolo. E intanto, pensavo ad un modo per scappare. Pensavo ininterrottamente, da settimane. Ma più ci allontanavamo dalla barriera addentrandoci in quelle terre sconosciute, più le mie idee perdevano consistenza, e le mie speranze si affievolivano…

Ero sorvegliata a vista. Gli altri prigionieri erano tenuti d’occhio dai soldati (per quanto sospettavo non avessero più la forza né la volontà di cercare una via di fuga…), ma io ero perennemente sotto l’occhio attento dello stesso Elmerish, per ordine di Oberon, supponevo… e con Elmerish, i trucchetti non funzionavano, lo avevo già verificato ampiamente, a mie spese… I primi tempi, a volte, avevo cercato di non inghiottire la droga che mi dava per inibire i miei poteri magici, e sputarla quando non ero vista… ma essere pestata a sangue dai suoi stivali duri come il granito mi aveva fatto capire in fretta qual era la sua opinione su quel genere di tentativi…

Ormai avevo anche perso le speranze di organizzare un piano di fuga con gli altri prigionieri… non c’era modo di parlare, mentre eravamo in marcia, con i soldati che ci spronavano a camminare e tacere… e quando ci accampavamo era ad una schiera di morti viventi che mi trovavo di fronte. Nessuna reazione, nessuna speranza. In realtà, non riuscivo a biasimarli… Si trattava non di avventurieri, ma di gente comune, catturata nei villaggi, che non aveva mai conosciuto la battaglia, e che si era vista improvvisamente strappare al suo mondo… come potevo sperare che vincessero il loro terrore e reagissero, quando bastava non una mossa, ma una semplice parola sbagliata, per essere trafitti dalle lame dei soldati?

 

O forse no, forse non era questo il punto… forse la spiegazione al loro atteggiamento era più lineare… forse semplicemente loro avevano già capito perfettamente la realtà delle cose… ed io ero l’unica stupida illusa rimasta… 


Sospirai, e mi sciacquai il volto con l’acqua fresca. Le mani mi tremavano incessantemente a causa della lunga immobilità, ma mi sforzai di raccogliere il vitale liquido nei palmi, e mi strofinai il collo e le braccia. Quindi, feci del mio meglio per sciacquarmi i capelli, riversa sulla pozza. Con la testa al fresco, pulita e in ordine, mi sarei sentita più lucida, pensai. Per un momento considerai l’idea di togliermi i vestiti e di pulire anche il resto del mio corpo, ma la scartai in fretta. Avevo da tempo abbandonato il mantello, e indossavo solamente la logora tunica da mendicante che mi aveva dato Philionel, lunga fino alle cosce, accompagnata da leggeri pantaloni e stivali. Ora quella tunica era bagnata a causa delle mie abluzioni, e aderiva più del necessario al corpo. E questo bastava a rendere gli sguardi dei soldati posati su di me tali da non farmi desiderare di mostrare loro altre parti del mio corpo… Lo sapevo cos’avevano fatto alle altre donne catturate… io ero una privilegiata, perché ero la protetta di Elmerish… ma questo non significava che fosse il caso di tirare troppo la corda…

‘Mi vendicherò di questa umiliazione…’ Mi coprii il seno coperto dalla tunica umida proteggendomi dai loro sguardi, con rabbia, mentre mi sollevavo dalla pozza e con l’altra mano strizzavo i miei capelli, lunghi ormai fino alle spalle, perché non la inzuppassero più di quanto non fosse già… ‘Me ne andrò di qui… troverò un modo per eludere la sorveglianza di Elmerish, e…’

E cosa? Anche se fossi scappata nel deserto, che avrei fatto? Sarei morta di fame e sete nell’attesa che mi tornassero i suoi poteri? Normalmente, avrei distrutto i miei catturatori con un Dragon Slave, minacciato Elmerish per avere cibo ed acqua, e sarei corsa indietro dai miei amici. Ma senza la magia ero impotente. Odiavo quella situazione, ma ero impotente. Elmerish avrebbe potuto spezzarmi il collo con una sola mano… ed io mi sentivo ogni giorno più debole. L’unica arma che mi rimaneva era il mio cervello, ma il mio cervello non voleva più aiutarmi. Era annebbiato dalla droga, impaurito da Elmerish e dagli sguardi dei suoi soldati, e dal destino che mi attendeva nella città in cui mi stavano portando… si stava arrendendo. MI stavo arrendendo. Guardai il mio riflesso nell’acqua. Per quanto ancora sarei rimasta io? Quanto ancora ci sarebbe voluto perché diventassi l’ombra di me stessa?

 

Scossi la testa, con violenza. No. No. Non dovevo. Non era quello l’atteggiamento che mi avrebbe salvata. Che figura avrei fatto davanti a Gourry, se ci avesse raggiunti e mi avesse vista in quelle condizioni? Io che detestavo l’idea di restarmene con le mani in mano in una situazione di pericolo aspettando che gli altri risolvessero i miei problemi? Il mio compagno avrebbe stentato a riconoscermi. Gli sarei sembrata patetica, e avrebbe avuto ragione.

Sospirai, stringendo con forza il tessuto dei miei pantaloni. Gourry. Dei. Dei, volevo averlo a fianco. I primi giorni ero SICURA che sarebbe arrivato. Non sapevo in che modo, ma ci avrebbe raggiunti, e magicamente se avessimo combattuto insieme tutto sarebbe andato a posto. Anche se la lotta era disperata, avremmo sbaragliato quel manipolo di salme umane al servizio di quello stupido generale dalla faccia butterata. Era stata una convinzione irrazionale, ma tanto forte che ogni giorno la delusione per non averlo visto apparire bruciava quasi quanto il calore del sole sulla mia pelle e sulle mie labbra secche e rovinate… poi, un po’ alla volta, erano arrivate la disillusione, e la paura… Elmerish aveva detto di avergli accodato una ventina di uomini, perché lo uccidessero. Venti uomini. Loro non erano più tornati, ma nemmeno Gourry era venuto da me. E io avevo la certezza che se fosse sopravvissuto lo avrebbe fatto, perché Gourry non mi avrebbe mai abbandonata… la teoria di Elmerish, che il generale non faceva che ripetermi ogni giorno mentre mi stringeva fra le sue braccia sudate sul dorso del cavallo, era che lo spadaccino era morto, e che i sopravvissuti fra i suoi, vista la distanza che avevamo messo fra noi e loro, dovevano essersi rifugiati a rapporto da Oberon… io non volevo credergli. Io continuavo ad aggrapparmi alla speranza che Gourry fosse semplicemente incappato in qualche impedimento, che magari avesse perso le mie tracce, e che faccia butterata mi stesse deliberatamente mentendo, per il suo banale sadismo da cattivo di terza categoria, o forse solo per spingermi definitivamente vicina al crollo… Perché non potevo pensare di andare avanti, non potevo pensare di mettere ogni giorno un piede davanti all’altro fra le mani di soldati nemici, sotto il sole del deserto, in un mondo dove Gourry non c’era più. Non potevo pensare di continuare a RESPIRARE in un mondo dove Gourry non c’era più… Ma ogni giorno, sempre di più, non vedendolo arrivare, le mie speranze si facevano labili… ora, l’immagine, la speranza di un Gourry vivo e sorridente era sostenuta in me solo dalla fragile base della mia volontà di sopravvivere. Ma ogni mattino, al mio risveglio, trovavo affievolita anche quella volontà…

 

“Andiamo mocciosa.” Elmerish mi sollevò tirandomi per la veste, di nuovo, come fossi una qualche bestia da spronare. “Oggi sarò il massimo della generosità, con te. Ti aspetta cibo, ora.” Mi squadrò il volto. “Per il tuo unguento invece mi pare che per oggi siamo già a posto…”

Elmerish, ogni volta che ci mettevamo in marcia, mi spalmava sulla pelle una strana sostanza di consistenza liquida, per evitare che si arrossasse… Uregh non avrebbe apprezzato che il mio corpo perdesse il suo tanto esotico candore, mi aveva detto… io avrei preferito scottarmi al punto di sentire la mia pelle esplodere piuttosto che piacere a quell’uomo… ma avevo più volte avuto conferma che la mia opinione al generale non interessava… lo divertiva, forse, ma decisamente non lo interessava…

“Che c’è, mocciosa, ti hanno mozzato la lingua, oggi?” All’assenza di repliche da parte mia, Elmerish mi rivolse un sorriso storto. “Non dirmi che è già finita la resistenza di Lina Inverse… ne resterei deluso, dopo tutte le storie che ho sentito sul tuo conto…”

“Cos’è, faccia butterata, provi qualche perversa passione per il ricevere insulti dalle ragazze? In fondo ad uno con la tua faccia non dovrebbe essere così difficile essere soddisfatto in questo…” Qualcuno potrebbe dire che non imparo mai a tenere la bocca chiusa…

Elmerish mi colpì con violenza, in volto. “Ripeti ancora quel soprannome…” Esordì, in tono che avrei definito dolce… “… e troverò per te un ALTRO modo per soddisfarmi, mocciosa.” Avvicinò il suo volto al mio. “Comincio a stancarmi di minacciarti. Presto dovrò passare ai fatti. Mi hai capito?”

“Sì…” Mugugnai.

Mi schiaffeggiò, di nuovo. “Ho chiesto: mi hai capito?”

“Sì, mio signore.” Mi morsi il labbro per non gridare di rabbia, inghiottendo il mio stesso sangue.

“Molto bene.” Mi scaraventò al suolo, malamente. “Raggiungi gli altri prigionieri e mangia. Fra poco ci aspetta la marcia.”

Non mi volsi. Arrancai quanto più velocemente mi era possibile verso la massa di donne e uomini che sedeva a poca distanza dalla pozza d’acqua, all’ombra di una delle rare macchie di vegetazione che punteggiavano quell’oceano bollente. Ero furibonda. Dei, se avessi avuto la mia magia… per un solo istante, un solo incantesimo. Gli avrei ricacciato in gola tutte le sue dannate minacce, avrei ritorto contro di lui ogni minimo grammo della sua violenza… avrei voluto controllarmi, ma non ci riuscivo. Non a stomaco vuoto, legata, in mezzo ad un deserto. Ed Elmerish VEDEVA la mia rabbia, la sentiva, e ne era divertito… e questo non faceva che aumentare la mia frustrazione. Dannata, dannata impotenza. Mi chiedevo se potesse esistere una sensazione peggiore…

 

Mi fermai un momento cercando di recuperare la calma. Un soldato mi notò, e mi trascinò verso gli altri, spingendomi al suolo con malagrazia, prima ancora che potessi sedermi. Mi mise fra le mani un pezzo di carne secca, senza nemmeno degnarsi di guardarmi in volto. A quanto pareva, quello era il gran menù del giorno…

Masticai in silenzio, strappando e deglutendo a fatica brandelli di carne dura come se fosse stata cruda… sembrava peggiorata, nei giorni… se all’inizio finivo in un lampo i pochi bocconi che mi spettavano e rimanevo a fissare avidamente quelli degli altri prigionieri, ora mi ci voleva un’eternità solo per terminare la mia porzione… o forse erano semplicemente le mie forze ad essere venute meno…

Strappai boccone dopo boccone, forzandomi a non desistere. Attorno a me, nessuno parlava. Alcune persone fissavano semplicemente la loro carne, senza toccarla, gli occhi persi in un qualche lontano mondo personale… un paio di uomini, magri al punto che le costole emergevano sui loro toraci scottati dal sole, ed una donna giovane ma coi capelli già grigi, che guardava la sabbia di fronte a sé senza realmente vederla, e mormorava fra i denti una sorta di sommessa litania… li fissai con pietà. Quelle molto probabilmente sarebbero state le prossime persone a cadere sul percorso… le persone che non avevano più energie per agire per la propria sopravvivenza… sperai di non arrivare mai a far parte della loro schiera…

 

“In marcia!”

Il richiamo dei soldati risuonò, e automaticamente scattai in piedi. La sera si avvicinava, e il sole già si apprestava a calare, ma quella non era che una breve pausa per i rifornimenti d’acqua… c’erano ancora diverse ore, prima di poterci accampare definitivamente, e sperare di dormire…

I soldati attorno a me fecero sollevare a forza chi non aveva risposto prontamente al richiamo, e ci spinsero, con le urla e le spade, verso il mare di sabbia, su cui si estendeva, attorno all’oasi, una densa nebbiolina di umidità…

Misi un piede davanti all’altro, imponendomi di vuotare la mia mente da qualsiasi pensiero che andasse al di là del coordinare i movimenti del mio corpo. I piedi all’interno degli stivali ribollivano, ma se li avessi tolti la sabbia li avrebbe comunque scottati. Registrai il dolore, e cercai semplicemente di scartarlo dalla mia mente. Raggiunsi l’inizio della colonna, dove Elmerish aveva disposto che marciassi, per tenermi d’occhio. Il generale mi passò di fianco, a cavallo, e mi lanciò un sorriso sardonico, mentre dava un lieve colpetto alla mia schiena col dorso degli stivali… “Sarò felice di averti presto a bordo, mocciosa…”

‘Sarò felice di staccarti presto un altro orecchio a morsi, faccia butterata…’ Ma non diedi voce al mio pensiero.

 

Marciammo. Marciammo in quell’inferno dorato, in cui nessun passo pareva avere senso, perché all’orizzonte non compariva mai nessuna meta… dopo un’ora, il cielo era inondato del rossore del tramonto, i cavalieri passavano più tempo tergendosi il sudore dalla fronte che reggendo le redini, e chiunque si muovesse a piedi era accaldato, ed esausto. Alle mie spalle, una qualche donna prese a piangere rumorosamente, mentre camminava, forse resa più vulnerabile dalla stanchezza… non mi volsi, per non vedere il suo volto. Non potevo provare pietà per qualcuno, in quel momento. Non potevo pensare.

Per quella che poteva essere una mezz’ora, il nostro cammino proseguì ininterrotto, e con lui il pianto, talora sommesso, talora straziante. Andai avanti, non ascoltandolo, o fingendo di non ascoltare, come faceva chiunque fra gli uomini e le donne disperati al mio fianco. Ero quasi riuscita a rimuoverlo definitivamente dalla mia coscienza…quando ad esso si sovrappose la voce autoritaria di un soldato.

“Adesso falla finita!!!”

Si udì un tonfo, e improvvisamente la colonna di prigionieri si fermò. Mi volsi. Al suolo, di fronte ad uno dei fanti di Elmerish, c’era la donna dai capelli grigi che avevo visto seduta accanto a me, durante il pasto. Grosse lacrime le solcavano le guance.

“Smettila con questo dannato sottofondo! E’ già difficile marciare sotto il sole, senza che tu lo renda ancora più odioso!!!”

Deglutii, ma mi morsi il labbro per stare zitta e non procurarmi più guai di quanti già non avessi. Tanto, anche se fossi intervenuta sarebbe stata una difesa inutile…

La donna tacque, e cercò di rialzarsi, ma cadde di nuovo al suolo. Un uomo accanto a lei le porse la mano, e lei a fatica si rimise in piedi, barcollando. Il soldato distolse lo sguardo da lei, per rivolgerlo a noi delle prime file, che ci eravamo bloccati. “Avanti! Non c’è niente da vedere!!!”

Feci per volgermi nuovamente, e riprendere a camminare, ma la donna precedette qualsiasi mia azione… e riprese a piangere. ‘No. No, no, no…’ Il mio stomaco si strinse per lei, e quello che la aspettava…

“La mia bambina… l’ho vista, la mia bambina… ci sta seguendo… e oggi, all’oasi, ci aveva raggiunti… ma mi avete portata via, io l’avrei ripresa con me…” Abbassai lo sguardo. Nessuno che non fosse in grado di lavorare era stato risparmiato dai soldati nei villaggi in cui erano avvenute le razzie. Ora capivo… quale doveva essere stato il dramma di quella donna…

“Ti ho detto di smetterla!!!” Il soldato colpì la donna al volto.

Lei barcollò, e lo guardò con occhi impotenti. “Mi avete portata via… lei non può stare sola…” Le lacrime ripresero a rigarle il volto… “Senza di me, lei…” Il soldato la colpì allo stomaco. La donna si accasciò al suolo.

“Adesso basta!!!” Mi trovai a gridare, prima che il mio cervello potesse bloccare le mie labbra. “Basta, non avete motivo di accanirvi contro di lei! Non ha fatto niente, se non piangere la bambina che voi le avete strappato!”

Il soldato mi squadrò,un’occhiata gelida. “Fatti gli affari tuoi, ragazza! Questa è una guerra, e in guerra non c’è tempo per i piagnistei! Siamo in una marcia, e questa donna evidentemente non ha la forza di andare avanti, quindi…”

“Ce l’aveva la forza, stava camminando, prima che il bastardo che ho di fronte le tirasse un calcio nello stomaco!!!” Non ebbi la forza di trattenermi. “E’ facile prendersela con chi non può difendersi, vero? Facile indovinare perché rimarrai per sempre uno stupido fante, anzi no, uno stalliere di terza categoria, che respira la polvere sollevata dai cavalli dei suoi ufficiali, finché non faranno al mondo il favore di ficcarti una spada in gola!!!” La mia rabbia era esplosa. Solo in parte in difesa di quella donna. Quella donna ed io eravamo a millenni di distanza, due mondi completamente diversi, ma in quel momento mi rivedevo in lei… e avrei staccato a morsi il piede di quel soldato piuttosto che permettere che piantasse il suo calcio nello stomaco di qualsiasi prigioniero, in quel momento…

 

Il soldato si avvicinò, e mi colpì al volto. Barcollai, ma non caddi. La mia rabbia e il mio rancore mi sostennero. Lo guardai negli occhi con manifesto odio. 

“Interessante…” Mi squadrò con sufficienza… “Interessante come l’isterismo femminile possa portare una donnetta come te ad essere tanto stupida da offendere un uomo quando lui è l’unico dei due ad avere il potere di nuocere a qualcuno…”

Smisi ad ascoltarlo, credo, prima che finisse di pronunciare anche solo il primo dei numerosi cliché che era abilmente riuscito a condensare nella sua frase. Questo, perché ero troppo impegnata a prendere la mira.

La soddisfazione che provai nel vederlo piegarsi e gemere nel ricevere il calcio che gli avevo appena assestato… bè, voi sapete dove… per un momento fu tanto esilarante da sembrare ripagarmi per tutte le offese che avevo subito quel giorno…

“Dovresti stare più attento alle donnette isteriche, stalliere di terza categoria, o rischi di entrare a far parte presto della loro schiera…”

Peccato che il seguito della scena non fu altrettanto piacevole…

 

“Bastarda!!!” Con una specie di ringhio reso rauco dal dolore, il soldato si gettò su di me, e mi sferrò un altro schiaffo, che mi fece barcollare all’indietro di diversi passi…

“Prova a ripetere quello che hai detto.” Mi sfidò, stringendomi con rabbia per il davanti della tunica.

“Codardo.”

Mi schiaffeggiò, nuovamente. “Ripetilo!”

Gli sputai in volto.

In un attimo, mi trovai al suolo, sotto una pioggia di colpi. Provai a difendermi, ma le mie membra erano troppo stanche, per la fame, la marcia, le percosse. In un attimo, fui impossibilitata a reagire.

“Ti insegno io come ci si rivolge ad un soldato…”

Il respiro mi mancò, quando il suo pugno mi colpì allo stomaco. Macchie rosse mi volteggiarono davanti agli occhi,e mi resi conto che stavo per perdere i sensi… Ma forse sarebbe stato meglio… Almeno così non avrei sentito il dolore…

 

Ma nemmeno quel desiderio poté essere esaudito.

“Che diavolo sta succedendo, qui?”

Fu la voce di Elmerish a risuonare, cupa, sopra le nostre teste. Ero talmente abituata a spalancare gli occhi al suo ordine perentorio di risveglio, ormai, che di riflesso mi ripresi dal torpore, e piegai la testa per guardarlo. Ci fissava dal suo cavallo, gelido. Mi spaventava quello sguardo… tutte le volte che glielo avevo visto vestire Elmerish si era dimostrato in grado di risvegliare in me la disperazione ed il terrore più crudi, e profondi…

Il soldato parve condividere quella paura con me, comunque. Scattò in piedi, come rendendosi improvvisamente conto di quanto stesse facendo, e si mise sull’attenti. “G… generale… la ragazza si è ribellata… mi si è gettata contro all’improvviso e… ho dovuto reagire…”

Notai che gli altri prigionieri si scambiavano occhiate a quelle parole, ma ovviamente nessuno aprì bocca. Era naturale. Nessuno sarebbe stato tanto stupido da mettersi in mezzo, non quando Elmerish aveva quello sguardo… E anche io tacqui. Non avevo la forza di negare quella versione dei fatti. Non ne avevo più nemmeno la volontà…

“Non ti avevo detto, soldato, come a tutti gli altri del resto, che per nessun motivo avresti dovuto toccare Lina Inverse, senza il mio consenso?”

Il soldato impallidì. “Ge.. generale… se non avessi fatto nulla lei sarebbe scappata… io dovevo…”

“Te lo avevo detto, o no?” Elmerish insistette, senza mutare di espressione.

“S… sì… me lo avevate detto, ma…”

Non ebbe il tempo di finire. Elmerish, con una rapidità che non avrei mai pensato possibile per quelle braccia immense, aveva estratto la spada, e gliela aveva conficcata in gola. Gli altri prigionieri indietreggiarono coprendosi il volto con le mani, mentre un mormorio si diffondeva fra di loro, come fra i soldati… Elmerish lo ignorò, e ritrasse la spada dal corpo del soldato, che si accasciò al suolo, senza vita. Rinfoderò l’arma, continuando a non prestare attenzione allo sgomento che aveva generato. “In guerra non c’è spazio per un soldato che disobbedisce agli ordini del suo generale.” Dichiarò semplicemente, lanciando un’occhiata di ammonimento ai suoi uomini. Nessuno osò replicare.

 

Elmerish scese da cavallo, e con un gesto sgarbato mi sollevò dal suolo. “Ti avevo detto di non procurarmi guai.” Mi parlò in tono duro, col suo fiato che sapeva perennemente di alcol, a pochi centimetri dal mio viso. “Ce ne sarebbe anche per te, se non ne avessi già avuto a sufficienza.” Boccheggiai, mormorando parole sconnesse, ma non fui in grado di replicare. Elmerish non se ne curò. Con un solo gesto, mi caricò sul dorso del cavallo, e salì con me, cingendomi con le braccia. Provai un impeto di disgusto, e il bisogno di ritrarmi, ma non ne ebbi la forza. Non volevo che lui mi salvasse, anche se era da uno dei suoi uomini, e se era solo per farmi arrivare integra a destinazione. Non volevo essere caduta così in basso da dover essere salvata da lui.

“E ora muoviamoci! Queste perdite di tempo non fanno che tenerci lontani dal compimento della nostra missione, e dal sidro di Ulan Bator!”

Spronò il cavallo, e così fecero i suoi uomini, e la marcia riprese, silenziosa. Io mi accasciai fra le sue braccia, incapace di reagire in qualsiasi modo… Il sole calava all’orizzonte, e mi restavano solo poche ore da sopportare in quella trappola opprimente… ma in quel momento il mio corpo reagiva come se fosse convinto che sarei stata catturata in quel tocco, in quell’odore ormai sgradevolmente familiari per una grigia eternità…

 

‘Non sono le SUE braccia il mio posto…’

 

Volevo Gourry. Volevo Gourry vicino a me, volevo che mi abbracciasse, come aveva fatto in quella grotta umida e sperduta fra i monti, e che mi dicesse, mi facesse sentire, che potevo ancora essere forte, che come sempre nulla ci avrebbe separati, e che tutto andava bene… Se davvero avessi perduto i sensi lo avrei incontrato? Se mi fossi abbandonata lo avrei incontrato? Se fossi… morta… saremmo stati di nuovo insieme…?

Dei, perché pensavo cose del genere…?

‘Perché è morto. Non lo rivedrai più. E anche tu non hai scampo.’

Cercai di scacciare quei pensieri, che strisciavano fuori dal mio inconscio imprigionando pericolosamente la mia volontà…

In quel momento, però, non avevo la forza di lottare nemmeno contro la mia mente.

Alla luce sempre più tenue del sole calante, sperando che le tenebre mi proteggessero dagli sguardi dei miei catturatori, mi abbandonai ad un pianto silenzioso…

 

 

 

***

 

 

 

Il cielo sembrava lacrimare, quella mattina. Grosse nuvole grigie si ammassavano contro uno sfondo blu cupo, che imprigionava il sole, dando a Gourry l’impressione che la terra non avrebbe più beneficiato dei suoi raggi…

Era freddo, sul ponte della nave, e la pioggia, che il vento aveva fatto impazzire, imprigionandola in violenti mulinelli, gli sferzava incessantemente il volto. Gourry non aveva volontà di tornare in cabina, però. In quei giorni aveva evitato il più possibile il caldo opprimente di quel luogo chiuso, dove la gente viveva ammassata come bestiame, e l’odore era tanto acre da minacciare di fare rivoltare il suo stomaco, già più che provato dalle scosse a cui la tutt’altro che stabile nave era costretta dal mare in tempesta… lui ed Ainos non avevano potuto permettersi di meglio che quel precario mezzo di trasporto per raggiungere la loro destinazione… Gourry aveva ancora il denaro datogli da Philionel, ma a quanto pareva nemmeno somme consistenti erano sufficienti a smuovere la maggior parte dei comandanti delle navi verso l’estremo Nord… in fondo, avrebbero navigato a non grande distanza rispetto alla parte più estrema del Mare dei Demoni… Lina gliene aveva parlato, a volte… non esistevano resoconti dettagliati sui territori che si estendevano al di là di quelle acque… semplicemente perché non c’era notizia di qualcuno che vi si fosse recato, e poi fosse tornato indietro a raccontarlo. Persino la loro nave, che si muoveva nel più sicuro tratto di acque chiamato Mare del Nord per motivi commerciali, e aveva necessità di arrivare relativamente in fretta a destinazione, stava seguendo una rotta particolarmente spostata ad Est, pur di tenersi il più lontano possibile da quelle lande maledette…

A Gourry, in realtà, sarebbe importato poco anche se avessero seguito una rotta attraverso gli inferi, a patto che si arrivasse. Ansia e impazienza attorcigliavano il suo stomaco, e quel paesaggio che mai mutava, come se la nave non si muovesse e lui non stesse avanzando di un passo, non faceva che alimentare la sua frustrazione. Aveva l’impressione che il tempo si stesse prendendo gioco di lui. Per lo più, gli era spesso importato poco della meta durante i suoi viaggi… amava l’osservare, il senso di attesa, la novità, le persone, i luoghi, i cibi… amava ciò che il viaggio era e comportava, al di là della destinazione a cui esso avrebbe portato… Ora che era rimasto solo, però, non riusciva ad apprezzare tutto questo… senza quel senso di condivisione che lo univa a Lina, senza il loro affrontare la strada fianco a fianco, il vagare per il mondo perdeva gran parte del suo fascino…

 

‘Era così che mi sentivo? Quando sono scappato di casa, prima di conoscerla? Cosa mi faceva mettere un piede davanti all’altro, allora?’ Gourry non riusciva a ricordarlo. Sapeva di avere trascorso dei bei momenti, in viaggio, anche prima di conoscere Lina… quando si era mosso insieme alla sua compagnia di mercenari, ad esempio. Era stato circondato di amici fidati, allora… al di là degli orrori della guerra, era stato facile vivere… andava avanti, eseguiva gli ordini, senza troppi pensieri… Allo stesso modo ricordava anche quanto si era sentito perduto e inutile quando era tornato a casa, e aveva trovato la sua famiglia ancora divisa da stupide lotte fra fazioni… quando sua nonna era morta, ed era parso che nulla più si sarebbe risolto… quando aveva rubato la Spada di Luce, e se n’era andato, sentendo di non avere più uno scopo al mondo…

Nulla di questo, però, spiccava fra i suoi ricordi… non i momenti felici, non quelli tristi… tutto era offuscato da immagini più recenti… dal risuonare, nei suoi ricordi, di una voce tanto femminile da fare sorridere, di fronte al temperamento focoso e dalle parole taglienti che la accompagnavano… da capelli di fuoco, e occhi limpidi di ingegno e forza, occhi in cui sapeva leggere come nessun altro era capace di fare… e dalle avventure, dalle continue scoperte, dalle risate e dai battibecchi, dalla dolcezza di alcuni momenti di cui mai nessuno avrebbe saputo… perché c’erano lati di Lina che erano sua esclusiva, sua soltanto, e di cui era geloso quanto onorato, perché erano segno della fiducia che la tanto diffidente maga provava nei suoi confronti…

Non è che Gourry avesse scordato il suo passato. E nemmeno portava una maschera di allegria, a celare qualche recesso tormentato del suo essere. Semplicemente, viveva per il presente. Soprattutto da quattro anni a quella parte. Ed era stato felice. ERA felice della sua vita. Per questo, in quel momento, salvare quel presente che amava era ciò a cui la sua mente ed il suo corpo erano interamente votati…

 

Sollevò lo sguardo dal mare, verso l’orizzonte. La terra era ormai in vista… nel giro di un’ora, forse, avrebbero finalmente attraccato. Ainos gli aveva detto che si sarebbero mossi ulteriormente verso l’entroterra, poi. Gourry si domandava dove diavolo avesse intenzione di portarlo… inutile dire che non si fidava di lui, ma lo spadaccino non riteneva di essere in pericolo… in fondo, se avesse avuto intenzione di attaccarlo avrebbe potuto farlo nelle lande desolate che avevano attraversato nelle settimane precedenti… d’altra parte… più si avvicinavano alla terraferma più una strana sensazione lo attanagliava…

“Appena sbarcati dovremo muoverci, se non vogliamo sprecare le ore di luce del pomeriggio… Ci procureremo alcune provviste e mangeremo mentre cavalchiamo…”

Gourry sussultò, volgendosi di scatto. Ainos era una delle poche persone che riuscivano a sorprenderlo alle spalle, quando era minimamente distratto, e questa era una cosa che non gli piaceva per niente… Cercò di mascherare il suo disappunto, comunque, limitandosi a stringersi nelle spalle. “Sei tu la guida.”

Ainos lo squadrò. “Oh. Funzionava così anche con la tua maga, ho ragione? Era lei a decidere il vostro percorso, e tu ti accodavi a lei come un cagnolino fedele…”

Gourry strinse le labbra, e non rispose. Il tono di voce di Ainos era rimasto piatto, nel pronunciare quelle parole, come se fosse stata un’osservazione priva di scopo… ma Gourry aveva l’impressione che spesso lo sciamano si divertisse a provocarlo…

Ainos non parve turbato dal suo silenzio, ad ogni modo. Rivolse lo sguardo al mare. “Posso avvertire la tua tensione.” Dichiarò all’improvviso, cambiando repentinamente discorso. Il suo sguardo tornò su di lui, penetrante. “E’ da quando siamo a bordo che sei più nervoso del solito. E non mi sembra normale.  C’è qualcosa che ti turba in particolare? Dovrai essere al massimo delle tue potenzialità quando inizieremo l’addestramento…”

Gourry fu stupito di quella domanda… Per qualche motivo, Ainos, che pure aveva mostrato di conoscere bene come funzionava la mente umana, non gli pareva tipo da comprendere le emozioni di chi gli stava accanto. Inizialmente fu tentato di non rispondere,dal momento che discutere con lui lo metteva solamente a disagio… alla fine, tuttavia, decise diversamente. Sentiva che se non ne avesse parlato con qualcuno, fosse anche uno dei mozzi che la mattina lustravano il ponte, sarebbe finito per scoppiare…

“E’… è solo questo posto…” Strinse con forza il bordo del parapetto della nave, fissando con inquietudine la costa. “I miei nervi sono perennemente a fior di pelle, da quando siamo saliti su questa nave. E la cosa non va migliorando con il passare dei giorni. Non so spiegarlo esattamente… è come se stessi costantemente per essere attaccato…”

Ainos si concesse uno dei suoi rari sorrisi. “Questo è perché hai una percezione fuori del comune, Gourry.” Si strinse nelle spalle. “Uno dei motivi per cui ti ho scelto.” Il suo volto tornò alla serietà, mentre lanciava una vaga occhiata alla costa. “Non devi farti inquietare da una cosa del genere. Siamo molto vicini alla Penisola dei Demoni, è semplicemente questo che avverti… un comune viaggiatore non se ne sarebbe nemmeno accorto…” Spiegò in tono calmo, quasi annoiato… 

“Mmm…” Gourry emise un lieve mugugno in risposta, senza replicare. Non era particolarmente convinto. La causa poteva anche essere quella esposta da Ainos… ma ciò non toglieva che ai suoi occhi non si trattava di una cosa irrilevante come lo sciamano la faceva apparire… nulla che gli desse quel presentimento poteva esserlo…

Ainos, comunque, parve ritenere chiuso l’argomento. “Preparati a sbarcare.” Ingiunse semplicemente, e sparì verso le cabine.

 

 

I giorni successivi trascorsero in una piatta calma. I cavalli proseguivano, inquieti, ad una altitudine sempre maggiore, attraverso boschi e sterpaglie, in un’aria rarefatta e tanto fredda da dare l’impressione di ferire la pelle al contatto… presto apparve la neve, e i ghiacci perenni che ricoprivano gli enormi monumenti di roccia che li circondavano li strinsero da ogni lato. Gourry aveva l’impressione che non avrebbe mai più sentito caldo in vita sua. Dopo quattro giorni di marcia, il gelo ormai lo imprigionava ad ogni respiro, ad ogni movimento del cavallo, ad ogni brivido che lo scuoteva mentre trascorreva notti insonni, avvolto in un ormai inutile mantello. Ainos pareva non risentirne assolutamente, per quanto il suo bisogno di cibo e riposo fosse apparentemente aumentato. Per qualche motivo, questo lo irritava. E lo irritava anche quella irritazione. Al di là del gelo, lo scenario che lo accoglieva in quelle montagne era stupendo. Avrebbe dovuto godere della sua vista, muoversi in tutta calma, dormire in qualche grotta, davanti ad un fuoco. Essere sereno. Come si faceva a vivere ogni giorno con tutto quel carico di rabbia ed emozioni negative? Lo aveva dimenticato da anni, ormai. Non voleva tornare indietro, proprio quando tutto nella sua vita andava per il verso giusto…

Presto, smise di prestare attenzione al percorso, e imparò ad annullare la sua mente. Era così che era sopravvissuto quando aveva combattuto durante le guerre del Sud. L’inconsapevolezza era un dono prezioso, a volte… pericolosa, forse, ma preziosa… Gradualmente, il suo corpo si abituò alla marcia, e la sua resistenza aumentò. Le conversazioni con Ainos si ridussero a brevi indicazioni riguardo al percorso. Persino l’inquietudine che gli attanagliava il petto sulla nave prese a confondersi con la sensazione del freddo, e la stanchezza, e ad essere scartata dai suoi pensieri. Notò talvolta Ainos lanciargli occhiate pensierose, penetranti, mentre marciavano. Scartò anche quelle. Presto fu solo una specie di macchina in moto. Solo la sera, quando si accampavano, stringeva a sé il ciondolo che teneva al collo, e ricordava per cosa si stesse muovendo. Quel pensiero era un conforto ed un tormento allo stesso tempo, ma non riusciva a fare a meno di concentrarsi totalmente su di esso… A volte trascorreva ore, prima di addormentarsi, fissando il suo piccolo cimelio… i lunghi filamenti ramati che si attorcigliavano al nastro rosso, in una piccola cascata di riflessi e sfumature calde, che parevano dare sollievo al suo corpo imprigionato dal gelo… Lina avrebbe riso, e gli avrebbe dato dello sciocco, se avesse saputo che aveva raccolto i suoi capelli, dopo che li aveva tagliati, durante la seduta del Concilio a Sailune… era stato così imbarazzato quando era stata sul punto di notarli… ma lui amava quei capelli, e portarli con sé, stringerli, in quei momenti in cui non era in grado di mettere a tacere la sua mente, gli dava la vaga illusione che qualcosa di Lina fosse ancora al suo fianco…

Evitò quel genere di sentimentalismi durante il giorno, comunque. Aveva idea di quale reazione avrebbe ottenuto da Ainos, e il pensiero di affrontarla non gli sorrideva. Annullò se stesso nella neve. Che evitasse di pensare… non era forse quello che ci si aspettava da lui…?

 

Aveva ormai perduto il conto dei giorni, quando giunsero in vista del palazzo.

Uno spettacolo che, ne era certo, a dispetto di certi suoi presunti o reali difetti di memoria, non avrebbe scordato tanto presto…

Sbucò all’improvviso, fra le cime innevate… in una mattinata fatta di freddo e marcia, che fino a quel momento gli aveva fatto prospettare nient’altro che una giornata del tutto identica alle precedenti… Era spaventoso e splendido allo stesso tempo. Si adagiava nei ghiacci come se fosse sorto naturalmente da essi… un imponente maniero, arroccato vicino ad una delle cime, i cui portali e finestre scuri parevano scrutarli colmi di minaccia ed intimare loro di non avvicinarsi…

Gourry deglutì, a quella vista, e istintivamente frenò, tirando le redini del cavallo.

“E’…?” Il fiato gli mancò per aggiungere altro.

“… la nostra meta.” Ainos annuì, senza bisogno che Gourry si spingesse oltre nel formulare i suoi pensieri… “E’ splendido, non è vero? La tua reazione è la stessa di chiunque abbia mai avuto il privilegio di avvicinarvisi… Non esiste più al giorno d’oggi un architetto tanto geniale, purtroppo…”

“Ma… ma è fatto… di ghiaccio?” Gourry era senza parole. La struttura non era in pietra solida, come qualsiasi altra fortezza avesse incontrato nel corso dei suoi viaggi… era fatta di un materiale rilucente, chiaro, che si confondeva con la trasparenza dei ghiacciai circostanti… Le torri, i merli, i camminamenti che si ergevano al di là dell’imponente struttura muraria… tutti parevano sul punto di infrangersi al minimo alito di vento, eppure Gourry aveva l’impressione che quel castello avesse retto nei secoli ai più feroci assalti… nulla gli aveva mai dato prima in vita sua quell’improbabile impressione congiunta di robustezza e fragilità…

“Che sciocchezze…” Ainos lo contraddisse, in tono freddo. “Una struttura di ghiaccio tanto complessa non potrebbe mai reggere così a lungo nei secoli, nemmeno in terre dove i ghiacci non si sciolgono mai… si tratta di un materiale che ormai difficilmente si può trovare in natura… un materiale simile al cristallo, e altrettanto duro, ma molto più resistente… lo Arjunat… gli antichi draghi se ne servivano spesso, un tempo, per le loro costruzioni… proprio uno di loro prestò il proprio servizio per la realizzazione di questa fortezza… e lo fece per Rama il Nero, uno dei più grandi sovrani e condottieri dell’antichità, baluardo delle terre del Sud contro la minaccia delle Terre abitate dalle creature demoniache, in un’era in cui la barriera ancora non esisteva…” Scorse con lo sguardo le antiche mura, il suo tono ridotto ad un sussurro colmo di rispetto… “Organizzare delle truppe e farle lottare non era semplice, in terre tanto inospitali… ma Rama le guidò e vinse innumerevoli assalti… e lo fece impugnando la spada che ora diverrà tua, Gourry…” Fece una breve pausa. “… se te ne dimostrerai degno, ovviamente.” Aggiunse, quasi in un sibilo.

Gourry non rispose. Stava cercando di incamerare le informazioni che gli erano state appena somministrate, ma sapeva già che presto i contorni della vicenda che Ainos gli aveva brevemente narrato avrebbero preso a sfumarsi nella sua mente… non era mai stato particolarmente ferrato in storia e mitologia… normalmente, si trovava troppo occupato con il presente e la sua vita pratica per preoccuparsi del passato… Se Lina fosse stata lì con lui indubbiamente avrebbe trovato quel discorso più interessante, e lo avrebbe rimproverato della sua disattenzione… ma forse poteva ricordarsene per lei… sì, per narrarle la storia di quella spada… appena si fossero finalmente rivisti…

“Muoviamoci.” Intimò Ainos. “Se arriveremo entro la mattinata, questo pomeriggio potremo iniziare l’addestramento.”

 

Ci vollero ancora diverse ore per giungere a destinazione. Ad una prima occhiata a Gourry era parso che la fortezza fosse molto più vicina, e questo non fece che confermargli l’imponenza dell’edificio… Quando giunse ai piedi degli immensi portali che consentivano l’accesso alle mura, quasi gli mancò il fiato nel constatare per quanti metri le strutture che costituivano l’enorme complesso si elevassero, inerpicandosi lungo il dorso della montagna. Nemmeno un’anima solcava i gradini ed i viottoli lastricati della fortezza… ma quel luogo sembrava totalmente autosufficiente. Sembrava non avere necessità di vita.

“Che fine hanno fatto quelli che vivevano in questo castello…?” Gourry riuscì a chiedere, a mezza voce, fissando l’imponenza delle due torri frontali…

Ainos lo fissò per un momento, quindi si strinse nelle spalle. “Dopo il sorgere della barriera e l’acquietarsi delle lotte fra i demoni e i servitori di Cheipied, questo luogo ha perso gran parte della sua importanza strategica… gli esseri umani che risiedevano nelle regioni del Nord non necessitavano più di particolari difese, a patto che si tenessero lontani dalle aree dove risiedevano i demoni…” Scese da cavallo, acquietando l’animale nervoso con un breve sussurro, e afferrandone le redini… “… per questo la dinastia di Rama ha perduto gradualmente prestigio e forza… la spada è caduta pressoché inutilizzata, mentre i sovrani hanno cominciato a preferire armi più maneggevoli, e in generale ad amare più il calore delle spesse pareti e dei camini della loro residenza, ed i piaceri del vino, rispetto alle impervie vie delle ronde attorno al palazzo…” Ainos si avvicinò ai portali, e pronunciò una breve formula in una lingua che Gourry non conosceva. Sul legno scuro, ancora sorprendentemente integro nonostante i secoli, si disegnò per pochi istanti un simbolo luminoso. Gourry batté le palpebre, incerto se si trattasse di reale magia, o solo di un illusione creata dal riverbero della luce sulle pareti cristalline. Ad ogni modo, in pochi istanti, la luce era scomparsa, senza lasciare apparenti mutamenti sullo spesso strato di ebano… 

“Tuttavia…” Proseguì Ainos… “… la perdita di prestigio portò anche ad un allontanarsi dei sostenitori della dinastia… molti abitanti di queste zone si trasferirono in territori più accoglienti, e ben presto anche i nobili scelsero altri più convenienti alleati verso cui dirigere i propri favori…” Ainos bussò lievemente, solo una volta, col battente arrugginito. Un clangore metallico risuonò all’interno, e gli immensi portali si aprirono, scivolando silenziosamente per accoglierli fra le mura deserte. Gourry non trovava normale che delle porte si aprissero di loro iniziativa, e lo trovava ancora meno normale in un castello fatto di apparente ghiaccio, sperduto in mezzo alle montagne… ma Ainos, se era turbato dalla cosa, riusciva a mascherarlo perfettamente. E Gourry aveva già appurato che si trovava molto più a suo agio nel porre domande a Lina che a quell’individuo, per quanto le conseguenze potessero essere talvolta meno melodrammatiche…

“… e le conseguenze sono facilmente intuibili…” Ainos continuò la spiegazione, ignorando la sua espressione sospettosa… “… i matrimoni fra cugini e in generale fra parenti un tempo erano ancora più comuni di quanto non lo siano oggi… a poco a poco il germe della instabilità si è instillato nelle menti dei membri della dinastia regnante… fino all’epoca di Rama ottavo… detto il folle.” Ainos spinse ulteriormente i portali, fino a spalancarli. Quindi si volse verso Gourry, e gli fece brevemente cenno di seguirlo. “Puoi immaginare anche da solo il motivo di tale soprannome… aggiungo solo che il re una volta si spinse al punto di far costruire un intero esercito di soldati di ghiaccio, nelle montagne circostanti la fortezza… per difendersi dalla minaccia delle tenebre, sosteneva… inutile dire che morì senza discendenza… e che quello fu l’inizio della fine della dinastia…” Ainos avanzò nella neve, a fatica, reggendo con una mano il bordo delle vesti, e con l’altra l’orlo del cavallo. Gourry, che era rimasto incantato a fissare la facciata candida della fortezza, si affrettò a scendere a sua volta dalla cavalcatura, e a seguirlo…

“Io… io non ho capito una cosa, però…” Gourry azzardò, esitante, mentre arrancava cercando di costringere il cavallo a seguirlo… quella frase era strana, rivolta ad Ainos… di solito era Lina la sua destinataria… ed in generale lo sciamano si era mostrato molto meno prodigo di spiegazioni, e molto più propenso a lasciarlo in uno stato di perenne confusione di quanto non fosse la sua compagna… “Hai detto… che quel… Rama… possedeva la spada che anch’io sto per utilizzare…” Proseguì dopo solo un istante di esitazione… “…e un’arma magica potente, unita a nobili natali, può conferire notevole prestigio ad una famiglia di guerrieri, anche quando viene a mancare la ragione del suo utilizzo…” Le lotte che avevano lacerato la sua famiglia erano una prova più che sufficiente di quanto qualsiasi piccolo nobile potesse bramare un oggetto del genere per elevare la propria posizione agli occhi degli altri membri dell’aristocrazia… “… Se è così… perché i suoi successori non hanno continuato ad impugnarla? Perché hanno rinunciato a servirsene per rafforzare la propria posizione?”

Ainos sorrise. E quel sorriso strinse i nervi di Gourry, risvegliando in lui l’inquietudine che da quando era salito sulla nave per il nord non lo aveva mai abbandonato, ma che metri di neve parevano avere sepolto…

Istintivamente, indietreggiò lievemente, ritraendosi dallo sciamano, mentre questo si limitava a sentenziare vagamente… “Non ho bisogno di rispondere a questa domanda, Gourry. Tu stesso avrai modo di scoprirlo… molto presto.” 

 

Il resto della loro marcia fu avvolto nel più completo silenzio. Solo i loro passi risuonavano nel cupo gelo degli antichi corridoi… Gourry perse presto il senso dell’orientamento, così come la cognizione del tempo, ma ebbe l’impressione che si muovessero per almeno un’ora… Passarono varie barriere e portali, fino a giungere nelle profondità più interne della struttura, quindi presero a scendere in un dedalo di scale e corridoi… Gourry ricordava di avere già affrontato un percorso altrettanto tortuoso… a Sailarg, quelli che gli sembravano secoli prima, quando lui, Lina e gli altri erano stati alla ricerca di un fantomatico tesoro appartenuto al monaco che avrebbero dovuto affrontare… rammentava solo vagamente la spiegazione di Lina riguardo a quel genere di ambienti… ma gli pareva che avesse qualcosa a che fare con la pericolosità di certi incantesimi, e la necessità di confinarli laddove non potessero rivelarsi dannosi all’ambiente circostante… Che si trattasse dello stesso anche allora? Ma era di un’arma che stavano parlando, non di esperimenti di magia… forse in quel caso i costruttori erano stati mossi solo da esigenze di segretezza?

Gourry sospirò. Era inutile farsi delle domande se non c’era nessuno a rispondergli… Certo, non avrebbe mai creduto, da bambino, che le resistenze di suo padre a fargli apprendere qualsiasi minima nozione riguardo alla magia gli avrebbero creato dei problemi in futuro…

 

“Stiamo per arrivare…” Ainos si fermò davanti ad una porta, ancora una volta di legno scuro. La voce dello sciamano era quasi un sussurro, ma le sue parole rimbombarono comunque fra le antiche pareti, andando a perdersi nel buio dei corridoi insieme alle nuvole del suo fiato condensato. “Ora seguimi e sii cauto. Ci sono delle barriere magiche a protezione della spada…”

Gourry annuì, un po’ intimorito… Ainos da parte sua deviò totalmente la sua attenzione da lui allo spesso ebano… appoggiò la mano alla porta, e il suo corpo tremolò per un momento, come se fosse stato attraversato da una scossa di dolore… se anche era vero, comunque, lo sciamano la ignorò e riprese a sussurrare frasi sommesse nella lingua sconosciuta… Il legno scuro parve rispondere, animandosi, rilucendo di un chiarore dorato. Quindi, il chiavistello scattò.

“Piano, ora…” Intimò nuovamente lo sciamano, aprendo la porta… Gourry deglutì, seguendolo, non sapendo cosa attendersi… fu quasi deluso, quando ai suoi occhi apparve una banale stanza vuota. La sala non era né grande né piccola, ed era completamente priva di mobilia… nel buio quasi totale, lo strano materiale cristallino che la costituiva sembrava quasi normale pietra… l’unica cosa che differenziava la stanza dalle numerose sale che avevano attraversato nel loro percorso era un piccolo pozzo, in reale pietra, situato all’esatto centro del modesto ambiente. Gourry considerò che era strano trovare un pozzo sepolto in un sotterraneo, a quella profondità… ma per il resto la stanza gli apparve perfettamente anonima…

“La spada si trova qui…?” Non riuscì a nascondere lo scetticismo nelle sue parole…

Ainos gli scoccò un’occhiata gelida. “Non avere troppa fiducia nei tuoi criteri di valutazione, Gourry… nei tuoi viaggi avresti dovuto imparare a fare di meglio che badare alle sole apparenze…” Sollevò la mano verso il pozzo, e lo strano linguaggio prese nuovamente forma dalle sue labbra. Gourry non ebbe tempo di reagire in alcun modo. Improvvisamente, l’intera stanza venne inondata di luce. Il calore lo avvolse, per la prima volta da settimane, e per un momento lo spadaccino credette che lo sciamano lo avesse condotto ad una trappola, portandolo incontro alla morte.

Non fu così. Dopo pochi istanti, la luce si ritrasse, come se si stesse concentrando verso la cima del pozzo, al centro della sala. Gourry per un momento non riuscì a distinguere più nulla, e si coprì gli occhi col braccio guantato, mentre lacrime istintive gli scendevano lungo le guance…

Quando fu in grado di vedere nuovamente, lo spettacolo che si trovò di fronte lo lasciò ancora una volta senza fiato. Quasi come se la luce stessa si fosse condensata in essa, al di sopra del pozzo era comparsa una spada. La lama curata ed affilata, e trasparente come il cristallo, riluceva, riflettendo il proprio chiarore negli zaffiri incastonati nell’elsa grigio ghiaccio… Gourry era ammutolito. Era l’arma più bella su cui avesse mai posato lo sguardo.

“E’… è quella…? E’ quella la spada…?”

Ainos sorrise, nuovamente. “Vedo che hai buon occhio nel giudicare il valore di una lama, Gourry… e l’aspetto e la fattura non sono che una minima parte dei pregi di quest’arma… questa spada è resistente alla maggior parte delle forme di magia, senza contare che offre a chi la maneggia capacità del tutto superiori a quelle di un comune spadaccino…” Il suo sguardo si posò su di lui, penetrante. “Tu sei GIA’ uno spadaccino fuori dal comune, Gourry… esattamente come lo era Rama… impara ad usare questa spada, e la Spada di Luce diventerà nella tua mente un labile ricordo…”

Gourry deglutì. Fino ad un momento prima era stato scettico riguardo all’arma, aveva seguito Ainos più perché avvertiva la necessità di fare qualcosa per Lina che per reale speranza… ma, ora che aveva visto la spada, cominciava a credere che essa avrebbe potuto davvero rappresentare la chiave per aiutare la sua compagna, se avesse imparato a sfruttarla in tutte le sue potenzialità… “Lo farò…” Anche la sua voce ora era un sussurro. “… basta che tu mi spieghi le tecniche, sarò in grado di applicarle.”

Ainos annuì. “Sono felice che tu sia tanto determinato. Anche se temo che non basterà impegnarsi nel lavoro mnemonico…” Gli lanciò un’occhiata… “Quando vuoi cominciare?”

“Io…” Gourry esitò per un momento, fissando la spada. Era stanco, dopo giorni di marcia. D’altra parte, Lina non poteva aspettare. E anche lui era ansioso di maneggiare quell’arma… “Ora… possiamo cominciare ora.”

Gli occhi di Ainos si strinsero. “Perfetto. Prendi in mano la spada, allora.”

Gourry lo guardò per un momento, esitante, quasi incerto di poter semplicemente stringere la mano sull’elsa per maneggiare una spada del genere. Quando Ainos non diede segno di avere raccomandazioni da fargli, si avvicinò con circospezione aggirando il pozzo per scrutare l’arma da ogni direzione, prima di allungare le dita su di essa. Anche quando fu a pochi centimetri, l’arma non ebbe alcuna particolare reazione. Sembrava leggera, e facile da maneggiare, l’ideale anche per il meno esperto dei guerrieri… Gourry continuava a chiedersi quali folli avessero potuto lasciarla a marcire in un sotterraneo… anche senza essere in grado di sfruttarne le potenzialità magiche, anche maneggiandola con l’abilità di uno scudiero che brandisce una spada di legno, quell’arma avrebbe comunque costruito un notevole vantaggio contro qualcuno che impugnasse una lama di normale fattura…

“Cosa aspetti, Gourry? Prendila, e prova a bilanciarla…”

All’invito di Ainos, Gourry fece finalmente cadere le sue esitazioni. Con solo un lieve cenno del capo per esprimere il suo assenso, allungò la mano destra verso l’alma, e strinse le dita attorno all’elsa.

Il dolore fu immediato, e lancinante. Si espanse, dalla punta delle sue dita in tutto il suo corpo, fino ad invadere i suoi arti e a penetrargli il cervello. Lo lasciò senza capacità di parlare, senza respiro, quasi senza coscienza. Non si rese nemmeno conto di gridare. Perse totalmente la cognizione di quanto stesse accadendo attorno a lui. 

La prima cosa di cui ebbe consapevolezza, quando il dolore prese a recedere, era che si trovava al suolo, e che aveva lanciato la spada lontano, in un qualche angolo della stanza… la testa gli pulsava, e le gambe sembravano non avere più la capacità di sostenerlo. E Ainos troneggiava, in piedi, su di lui.

“La prima volta è sempre la peggiore… perché è inaspettata, ovviamente…” Si limitò a sentenziare, fissandolo con sguardo inespressivo. Lo spadaccino poté solo boccheggiare in risposta.

“Alzati.” Gli intimò lo sciamano. Si allontanò da lui e si chinò a raccogliere la spada, reggendola fra le mani come se nulla fosse. “Come penso sia chiaro, abbiamo molto lavoro da fare.”

“Che… che significa???” Riuscì a tuonare Gourry, facendo leva sui gomiti per sollevarsi a sedere… “Che cos’era quella fitta improvvisa? E perché solo io provo dolore toccandola, e non tu???”

Ainos lo squadrò, freddo. “Ancora una volta, ti appelli solo alle apparenze, Gourry. Questa spada ha un’anima, una sua autonomia. E il dolore è il prezzo da pagare per la sua sottomissione. Il dolore è il suo atto di ribellione al controllo di chi la maneggia. CHIUNQUE toccandola lo prova, persino io. Solo, ho imparato a sopportarlo.”

“So… Sopportarlo…?” Gourry non poteva credere a quello che stava udendo. Non si poteva riuscire a sopportare qualcosa di simile. Non era nemmeno riuscito a tenere in mano quell’arma, come poteva sperare di concentrarsi a sufficienza per maneggiarla correttamente in una battaglia?

“Esattamente, Gourry.” Ainos rimase inespressivo, come sempre. “Ed è ciò che dovrai imparare a fare anche tu. Sempre che alla luce di quanto hai appena provato tu consideri ancora lo sforzo proporzionato al valore della salvezza della tua compagna…”

Lo sguardo di Gourry cadde sulla spada, ed il suo pensiero si rivolse a Lina… l’idea di toccare di nuovo quell’arma provocava in lui un moto di repulsione, ed il suo istinto di conservazione gli gridava di dimenticare la spada e lasciare immediatamente quel luogo, di tornare in terre in cui le sue coperte, la notte, non si coprivano di brina, e in cui l’acqua zampillava dalle sorgenti e non si ghiacciava su rocce acuminate e pendii privi di vegetazione… tuttavia, dopo aver fatto tutta quella strada, dopo essere arrivato fino a quel punto, non poteva più avere ripensamenti. Anche se fosse tornato da Lina a mani vuote, in quel momento sarebbe equivalso ad abbandonarla, e lui non poteva farlo, nemmeno a costo di lasciarsi deturpare corpo e anima dal dolore. Non sarebbe tornato indietro.

“Sì… sì, ne sono ancora convinto. Imparerò a sopportare il dolore.”

“Molto bene.” Ainos sorrise, nuovamente. “Allora afferra la tua nuova arma, Gourry. Siamo appena all’inizio.”

 

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


Potenza delle vacanze, ho già pronto un altro capitolo…XD Però ero ispirata e Lina e Gourry, perciò per questa volta niente A

Potenza delle vacanze, ho già pronto un altro capitolo…XD  Però ero ispirata per Lina e Gourry, perciò per questa volta niente Amelia e Zel…conto di rimediare presto! I commenti e le critiche sono sempre ben accetti! 

 

Mura imponenti di un bianco ingiallito dal tempo, case popolari dai candidi tetti piatti, ville e sontuosi palazzi signorili sormontati da lussureggianti giardini pensili… Questo fu il panorama che ci accolse non appena giungemmo in vista di Ulan Bator.

Ero stanca, quel giorno. L’avanscoperta ci aveva riferito che mancavano solo poche miglia alla città, e così non ci eravamo fermati per la consueta pausa nelle ore più calde… avevo fame, e i miei piedi parevano ribollire negli stivali. Da una settimana ormai mi rifiutavo di salire sul cavallo di Elmerish… dopo circa un mese di marcia avevo finito per lasciare cadere molte delle mie resistenze di fronte alla stanchezza, e farmi trasportare tutto il tempo dal gigante… ma quando mi avevano detto che mancavano pochi giorni di marcia all’arrivo, qualcosa nel mio cervello era scattato… forse il mio orgoglio, forse il mio istinto di conservazione, qualcosa nella mia mente mi aveva detto che dovevo arrivare in quella città sulle mie gambe… perché se non l’avessi fatto, se non avessi avuto la forza di fronteggiare a testa alta i miei catturatori, allora non avrei avuto nemmeno la forza per uscirne. Ed io ne sarei uscita. Non potevo pensare diversamente.

 

Quelli erano pensieri coraggiosi, e rassicuranti. Ma in quel momento, sotto il sole del deserto, di fronte all’opulenza di quella città che sarebbe diventata la mia prigione, la mia mente aveva perso gran parte della sua determinazione… Un bel bagno, e frutta fresca… sentivo che se qualcuno mi avesse offerto qualcosa del genere avrei acconsentito pressoché a qualsiasi cosa…

Strinsi i denti, e cercai di riscuotermi. No, non dovevo. Non avrei fatto niente del genere a me stessa. Anche se fino solo al giorno prima avevo sperato che quel momento non sarebbe mai arrivato. Anche se il mio stomaco era stretto in una morsa di terrore.

 

“Pare che ci siamo, mocciosa.” La voce di Elmerish, allegra, a dispetto del groviglio dei miei sentimenti, risuonò alle mie spalle. Mi volsi. Il gigante mi sovrastava, sul suo cavallo, il suo sguardo rivolto verso le mura. Rivoli di sudore scendevano lungo le sue tempie e sulle guance butterate, e il copricapo bianco che lo proteggeva dal sole era ormai fradicio. Tuttavia, il ghigno era onnipresente sulle sue labbra storte. Il generale era il ritratto della soddisfazione.

“Odio questo posto.” Commentò seccamente, in contrasto con la sua espressione, e ignorando totalmente la mia occhiata carica di avversione. “E odio ancora di più quell’odioso arricchito di Uregh. E non è nemmeno un nobile di nascita, lo sapevi? Si tratta di un mercante. In questo stupido paese due rami diversi della famiglia reale si alternano al trono, e questo ha notevolmente indebolito la dinastia al potere. Grazie ai suoi rapporti, e soprattutto ai suoi crediti, con il ramo attualmente al potere è riuscito ad ottenere il titolo di duca ed il ruolo di Gran Consigliere. Gran Consigliere. Quel bastardo.” Sputò al suolo. “Ed il re del ramo opposto lo stesso anno è morto in circostanze misteriose. Non so cos’abbia promesso ai nobili per farsi coprire. Forse di usare il suo denaro ed il suo ascendente per stabilire definitivamente la loro fazione al potere. Fatto sta che l’erede legittimo del loro gruppo era troppo giovane per governare, ed indovina un po’ chi ha assunto gran parte dei poteri a corte in qualità di suo tutore?” Spronò il cavallo, e mi spinse malamente col piede, per indurmi a proseguire. “Ora il futuro sovrano è cresciuto nella bambagia, e lontano dalle armi, in modo da restare un completo inetto nelle mani di quel grosso divoratore di denaro. E non ho dubbi che l’onesto mercante non esiterà a toglierlo di mezzo, se rivendicherà in futuro la sua autorità…” Fece cenno ai suoi uomini, e la colonna si rimise in marcia discendendo le dune roventi, i soldati che spingevano con la minaccia della lama i fantasmi senza speranza di quelli che una volta erano stati esseri umani…

“L’unica cosa buona di questo regno sono il suo sidro e la sua carne rosolata nel miele. Un uomo come Uregh dovrebbe impallidire di fronte a qualcuno come Oberon, che è riuscito a portare pace e prosperità nel suo e in tutti i regni circostanti… e invece il bastardo ci crea persino problemi. Vedi di piacergli, mocciosa. Perché voglio andarmene al più presto da questo dannato posto, aiutare Oberon a schiacciare il tuo reuncolo pacifista, e tornarmene in pace alle mie steppe, dove l’inverno non è così dannatamente caldo…”

Lo fissai con un odio tale che per un momento pensai di poterlo uccidere solo col mio sguardo, anche senza la magia. Faccia butterata intercettò la mia occhiata, e tornò a sorridere. “Oh, forse non è molto carino parlare così male davanti a te del posto dove trascorrerai la tua intera esistenza, vero mocciosa?” Al mio gelido silenzio, scoppiò fragorosamente a ridere. “Dei, quanto sei divertente, mocciosa. Un vero spasso. Due mesi, e ancora non ti è passata la voglia di lanciarmi simili occhiatacce.” Mi afferrò per i capelli, all’improvviso, e piegandosi sul cavallo costrinse il mio viso vicino al suo. “Quasi mi dispiace lasciarti qui e non poterti portare nelle mie belle steppe. Saresti meglio di un giullare di corte…”

Lo fissai, più irata che mai. “Grazie, apprezzo il pensiero.” La mia voce era venata di sarcasmo. “Ma sai, preferisco essere la cortigiana di un ricco mercante che ha tutta l’aria di sapere cos’è la pulizia, piuttosto che riempirmi di pulci in mezzo alle bestie di cui sei alla guida, faccia butterata.”

Il volto di Elmerish divenne immediatamente una maschera d’ira. “CHE COSA TI HO DETTO RIGUARDO A QUEL SOPRANNOME???” Sollevò il braccio, ed io chiusi gli occhi, in attesa dell’inevitabile colpo.

Che una volta tanto non venne.

“Generale!!!” L’attenzione mia e di Elmerish fu distratta dalla voce agitata di un soldato dell’avanguardia, che ci venne incontro al galoppo, agitando le braccia per attirare l’attenzione del gigante. “Ci hanno avvistati! Delle truppe ci stanno venendo incontro dai portali!” Tirò le redini, e si fermò di fronte al generale. “Non sono in formazione d’attacco, ma non è nemmeno un comitato di benvenuto… consiglio prudenza, mio signore…”

Elmerish annuì, con fare del tutto noncurante. “Uregh è con loro?”

Il soldato scosse la testa. “No, mio signore. Credo che stia osservando i fatti dalle mura…”

Elerish ponderò per un momento la cosa… “Il solito codardo.” Concluse poi. “Teme la battaglia, e fa di tutto per tenersene fuori.” Fissò il soldato negli occhi, con fare autoritario. “D’accordo, noi non gli daremo modo di incrementare i suoi timori. Placatelo, rassicuratelo, lucidategli gli stivali con la lingua, se necessario. Ma rendetelo del tutto certo che veniamo in pace, portando ricchi doni, e che sarà lui a trarre i maggiori vantaggi da questa trattativa. Bisogna tenerselo buono, il verme.” L’ultima frase fu un’aggiunta a mezza voce.

Il soldato annuì, si inchinò, e si allontanò a tutta velocità. Elmerish restò immobile sul cavallo, la colonna di soldati e prigionieri ferma alle sue spalle, fissando la città in lontananza, e il piccolo gruppo di soldati che vi si era radunato di fronte, in apparente trattativa. Osservò il suo soldato giungere di fronte a quelli di Uregh e intavolare una discussione animata. Osservò le guardie di Ulan Bator consultarsi, ed inviare un proprio uomo verso la città. Osservò l’uomo fermarsi vicino alle mura, e parlare con una delle guardie a presidio dei portali. Lo osservò attendere, e quindi tornare indietro. Lo osservò scambiarci cenni di assenso con i suoi compagni. Osservò il suo uomo tornare verso di lui.

E ancora prima di udire la risposta che portava, il gigante dal volto butterato sorrise. “Uregh è un uomo sensibile ai doni. Ho il sentore che sarai ben accolta, mocciosa. Decisamente ben accolta.”

Il suo sguardo si spostò su di me. Uno ghigno soddisfatto, che mi spaventava. E la mia espressione dovette tradirlo, perché Elmerish, dopo avermi fissato solo per un momento, commentò, sardonico… “Mi sembra che tu non abbia più tanta voglia di dare sfogo alla tua lingua, ora, eh? Bé, hai tutte le ragioni. Se fossi in te mi preparerei. E’ ora che impari ad assaggiare il sapore della disperazione e della sconfitta… mocciosa.”

 

 

Circa un’ora dopo, Uregh aveva acconsentito a riceverci… venimmo accolti all’interno delle mura, e quindi io, Elmerish ed una parte dei suoi ufficiali venimmo condotti in un ampia anticamera dai pavimenti in marmo e dalle colonne candide, che supponevo conducesse alla sala delle udienze… il gruppo di soldati che ci aveva accompagnati si allontanò attraverso un portale bianco, lasciando solo due guardie a presidio di ciascuno dei due ingressi della sala. Restammo fermi lì in piedi per minuti interminabili… con le gambe che mi dolevano, per un momento fui persino tentata di abbandonarmi sul fresco marmo, dato che le guardie dallo sguardo arcigno avevano tutta l’aria di avere intenzione di non essere buoni ospiti… ben presto lasciai perdere, però. L’espressione di Elmerish mi suggeriva che in quel momento il generale non era in vena di apprezzare iniziative bizzarre… faccia butterata non faceva che spostare il proprio peso da una gamba all’altra, e fissare il portale con espressione truce. Avrei potuto giurare che era nervoso.

“A che gioco sta giocando?” Un sibilo irato uscì dalle labbra di Elmerish, proprio mentre la mia mente formulava quel pensiero… “Chi crede di impressionare, facendoci aspettare così a lungo? Quell’omuncolo… quando sarà servito al suo scopo lo schiaccerò personalmente sotto i miei stivali…”

Lo fissai, accigliata.

Elmerish non era certo di quella trattativa.

Nonostante la sua ostentata sicurezza lungo tutto il viaggio, non ne era affatto certo. In quel momento stava richiamando a sé tutte le proprie risorse oratorie e persuasive perché la cosa andasse a buon fine, ne ero certa… e questo mi ridava una speranza. In mano ad Uregh probabilmente sarei finita dalla padella nella brace, ma non sarebbe stata forse quella la mia sorte anche se Elmerish fosse riuscito nella sua missione? Se Uregh avesse rifiutato e ucciso il generale sul posto, Oberon non avrebbe avuto altre truppe per attaccare Phil. Ed io in qualche modo me la sarei cavata.

Ma soprattutto faccia butterata avrebbe avuto quello che meritava.

Per un momento la mia mente si figurò l’immenso generale legato, boccheggiante e volto al suolo, e le mie labbra si inarcarono in un sogghigno. Elmerish lo intercettò, e mi fissò con ira. Non ci voleva molto per dedurre quali fossero i miei pensieri in quel momento… “Goditelo quel sorriso, mocciosa…” Sibilò, una cupa minaccia. “Perché probabilmente sarà l’ultimo.”

‘Staremo a vedere, faccia butterata… staremo a vedere…’

Ma non ebbi il tempo di dare voce a quel pensiero. Quello stesso istante, il portale bianco si aprì. Un uomo di mezza età, i capelli incanutiti ed una lunga veste ufficiale bianca e dorata si fece strada di fronte alle guardie, e rivolse un breve inchino ad Elmerish. “Mio signore… Il Gran Consigliere è pronto a ricevervi, in qualità di Tutore del nostro sovrano. Vi prego di seguirmi…”

Elmerish sbuffò in modo quasi impercettibile, ma si limitò ad annuire. Erse la gigantesca schiena, e mi spinse davanti a sé, in malo modo. Incespicai, e gli lanciai un’occhiata scura, ma avanzai in silenzio. Di fronte a me, oltre il portale, le mura si aprirono in un ampio e ombroso corridoio, con ricche colonne intarsiate ai lati e arazzi e velluti a decorazione delle pareti bianche… non c’erano finestre, ma non fu difficile dedurre che i muri dovevano essere incredibilmente spessi, perché era fresco lì dentro, quasi freddo, nonostante la temperatura soffocante all’esterno. Presi mentalmente nota del fatto che non sarebbe bastato un semplice incantesimo per abbattere quelle pareti e crearsi una via di fuga. Poi mi ricordai che non potevo utilizzare la magia. Un momentaneo moto di frustrazione mi attraverso, ma lo repressi. Dovevo rimanere calma, e lucida. Dovevo approfittare di qualsiasi occasione per mandare a monte il progetto di Elmerish.

Il corridoio interminabile si concluse con un altro enorme portale, stavolta dorato, e ricco di incisioni che, da quanto riuscivo a capire, raffiguravano la lotta di alcuni esseri umani contro una sorta di enorme serpente marino… Non ebbi tempo di osservare più attentamente, però. Le guardie a presidio dell’ingresso si inchinarono all’uomo che ci aveva scortati, e aprirono le porte. All’interno si estendeva un’enorme sala quadrata, e invece del palco con il trono che mi ero aspettata di vedere, vicino alla parete opposta a quella dell’ingresso c’era un’ampia rientranza circolare nel pavimento, in cui si scendeva attraverso gradini… in questi ultimi erano scavati dodici seggi , ciascuno dotato di un cuscino di velluto color porpora, con rifiniture in oro… Quella sorta di anfiteatro in miniatura era sovrastato da una specie di panca in oro massiccio, addossata al lato più lontano della struttura, completamente ricoperta degli stessi cuscini purpurei sparsi per il resto della stanza…

E non mi ci volle molto per identificare chi si ergeva su quella panca. Un uomo enorme, vestito di larghi e leggeri pantaloni violetti e di un semplice gilet dello stesso colore, decorato con rifiniture dorate… al solo vederlo, un fremito insieme di paura e repulsione mi attraversò.

Il Gran Consigliere era semi steso sulla panca, la pancia che straripava dalla cintura di tessuto, le dita grassocce che affondavano in un piatto di dorati dolci traboccanti miele, che il reggente di Ulan Bator divorava con gusto, facendo tremolare il suo doppio mento ed emettendo suoni di apprezzamento… una fila di guardie era in piedi alle sue spalle e due ancelle vestite di seta e morbidi veli stavano in attesa ai lati del suo trono, pronte ad acconsentire a sue eventuali richieste… a malapena parve accorgersi di noi, quando facemmo il nostro ingresso nella sala, e solo al tossicchiare spazientito di Elmerish con un gesto secco fece cenno alle guardie di farci accomodare.

Solo due ufficiali vennero lasciati entrare nella sala, mentre le porte si chiudevano alle nostre spalle, separandoci dagli altri soldati di Oberon. Elmerish osservò i portali serrarsi con sguardo nervoso, mentre Uregh si sollevava lievemente, e squadrava il generale al di sopra del calice che reggeva fra le dita. Prima di prendere la parola, il Gran Consigliere vuotò il proprio bicchiere di vino, e una delle due donne ai suoi lati si affrettò ad avvicinarsi a lui per riempirlo.

“Allora, messaggero di Oberon…” Fissò Elmerish con una profonda occhiata, che al di là dell’ostentata superiorità tradiva un certo interesse… “…mi hanno detto che avete una proposta da riferirmi…”

Il generale strinse i denti di fronte al modo piuttosto spudorato in cui Uregh aveva evitato di rivolgersi a lui, e di trattare di Oberon, usando i titoli che erano loro propri…  tuttavia, non fece menzione della cosa e si limitò a rivolgersi al reggente con forzata cortesia… “Sì, Gran Consigliere… il mio Signore vi propone una alleanza nella guerra che in questo momento si sta combattendo nei territori al di là della barriera…”

Ci fu una lunga pausa di silenzio, mentre Uregh afferrava una spessa fetta di carne grassa e se la portava alle labbra, apparentemente molto più interessato ad essa che alle parole del generale… il mio stomaco gorgogliò.

Uregh tornò a sollevare lo sguardo su di noi… “Oh, ma ciò è molto scortese da parte mia… il vostro arrivo questa mattina ha interrotto la mia colazione… ma suppongo che ora dovrei invitarvi ad unirvi a me nel pasto… non sia mai detto che nelle vostre steppe si dica che Ulan Bator è una città inospitale…” Fece un cenno all’ancella, che si avvicinò. “Questi uomini che vivono al di fuori del deserto hanno gusti strani… carne di suino andrà benissimo, per loro… e uova… E fai in fretta, non perderò troppo tempo con loro.”

L’ancella si inchinò, e sparì in un corridoio laterale. Elmerish ebbe un fremito di rabbia di fronte alle parole del reggente e al modo in cui la propria affermazione era stata ignorata, ma evitò di dire alcunché, e non rifiutò l’offerta di cibo. Avevo l’impressione che il generale delle steppe non fosse abituato alle trattative, e che si stesse trattenendo a malapena, probabilmente per pura fedeltà ad Oberon, dall’impugnare le armi…

“Avanti… accomodatevi, messaggero di Oberon… non so come funzioni dalle vostre parti, ma nel mio paese non si conduce una trattativa in piedi…”

Alcune altre ancelle che fino ad allora erano rimaste ai lati della stanza disposero per noi dei cuscini al centro della rientranza nel terreno… evidentemente i seggi, probabilmente riservati agli altri consiglieri, erano ritenuti troppo, per noi… tuttavia, Elmerish vi si accomodò senza fare commenti, ed i suoi ufficiali ed io lo imitammo… per un momento, potei solo assaporare la morbidezza della sistemazione che ci era stata offerta… non mi pareva vero di potermi finalmente sedere… ormai avevo perduto la sensibilità alle gambe, dopo quei giorni di interminabile marcia… e ancora più mi sentii sollevata alla vista delle pietanze che ci venivano servite… uova fritte, e pancetta, e salsicce al sangue, e fette di pane imburrato, accompagnati da pomodori cotti alla piastra e da una varietà di tè nero tanto forte che dovetti aggiungerci del latte per stemperarne l’amarezza… avrei voluto concentrarmi sull’ascolto ed attendere, ma il mio stomaco finì per avere la meglio, e mi buttai sul cibo senza nemmeno, imprudentemente, controllare che non fosse avvelenato. Mi andò bene, comunque. Uregh evidentemente aveva interesse ad ascoltarci, prima di cercare di ucciderci…

 

“E allora…” Esordì Uregh, dopo un’altra lunga sorsata di vino rosso. “… che cosa fa pensare ad Oberon che io possa essere interessato ad una guerra che non mi riguarda, combattuta perché lui possa governare su terre incivili, quando il mio regno è autosufficiente e prospero?”

Elmerish lo squadrò con fare rabbioso, ma quando aprì bocca il tono della sua voce era pericolosamente pacato… “Il VOSTRO regno, Gran Consigliere? Credevo che il giovane sovrano fosse l’unico ad avere il diritto di pronunciare simili parole…”

Un fremito d’ira attraversò i lineamenti di Uregh, a quelle parole. “Davvero? Ma credo di essere in grado di supporre che voi non abbiate una grande cognizione di come funziona la gestione di questo regno, generale Turid…” Le sue labbra si aprirono in un mezzo sorriso provocatorio… “… e allora forse sarebbe meglio che vi esimeste da giudizi in ambito politico… del resto… voi barbari non siete certo esperti di questo genere di cose…”

Elmerish, lo avvertii, si trattenne a stento dal sollevarsi e gettarsi contro di lui. Internamente, sorrisi. Forse le mie speranze di un fallimento della trattativa non erano poi così mal riposte…

“Ad ogni modo…” Uregh riprese, prima che Elmerish potesse replicare. “… so che Oberon è un uomo accorto. E immagino che abbia accettato di sfoderare qualcuno dei suoi tanto rinomati ‘metodi di persuasione’ per ottenere la mia preziosa alleanza…”

“Oberon è un uomo generoso…” Replicò Elmerish, in un tono che poco celatamente lasciava intendere i suoi pensieri… “…un uomo che preferisce il dialogo alla battaglia, quando è possibile… e che riconosce l’ampiezza dei vantaggi che a TUTTI i territori al di qua della barriera possono giungere da una conquista della parte più meridionale delle terre inesplorate…” Il generale sollevò cautamente una caraffa, e si versò un bicchiere di vino… “Oberon ha portato prosperità al proprio regno e a tutti gli stati che è stato in grado di riunire in alleanza, anche voi che ne siete rimasto al di fuori lo sapete perfettamente… ma gli stati oltre la barriera hanno la magia, e maggiori risorse economiche e militari… agire, partire all’offensiva per primi è l’unico modo per evitare la colonizzazione e la schiavitù… esploratori hanno già cominciato ad affollare le nostre terre, ad affermare la propria supremazia culturale… e la storia insegna… quanto tempo credete che ci vorrà prima che questo diventi un tentativo di invasione politica?”

Uregh si accigliò. “Una guerra per prevenire un’altra guerra a nostro sfavore… è questo il ragionamento del vostro signore, Elmerish?” Ora il Gran Consigliere di Ulan Bator appariva meno volto all’ironia, e più propenso all’ascolto… io internamente sbuffai. Guerra preventiva. Certo. Bella scusa per compiere nuove conquiste.

Elmerish strinse gli occhi. “Il mio signore non mi ha reso nota ogni sua intenzione… ma fondamentalmente sì, la sua intenzione era quella di sfruttare l’effetto sorpresa come mezzo per prevalere su regni dotati di una risorsa pericolosa come la magia…”

Uregh lo squadrò profondamente. “Mmm… ma ho sentito che anche Oberon ha avuto qualche buon asso nella manica nel corso della battaglia… quei guerrieri cadavere, ad esempio…” Lanciò ad Elmerish un’occhiata che tradiva ampiamente curiosità…

Elmerish si strinse nelle spalle. “Se è informazioni su di loro che volete per accettare, dovrò deludervi. Ne so quanto voi. Elmerish si è servito di altri consiglieri, in questo campo.”

Mi accigliai. O Elmerish era un ottimo mentitore, o stava dicendo la verità. La sua risposta era stata troppo pronta.

Anche Uregh parve giungere alla mia stessa conclusione. “Bah… i suoi assurdi metodi di guerra non mi interessano.” Sbuffò. “Ciò che mi interessa è il mio guadagno in questa faccenda. Perché mi auguro che voi ed Oberon non speraste che sarebbe bastato il discorsetto riguardo al rischio di colonizzazione a convincermi. Qui ad Ulan Bator sappiamo benissimo difenderci senza bisogno di una alleanza. Senza contare che qui è il deserto il nostro vero esercito. I soldati nemici non hanno a disposizione le nostre fresche pareti per ristorarsi, o il nostro sidro per riscaldare le loro notti, prima della battaglia.” Sollevò il suo bicchiere verso Elmerish, e ne ingurgitò il contenuto in un’unica sorsata.

Elmerish parve irritato, ma non del tutto sorpreso da quella replica. Invece di rispondere immediatamente, ingollò a sua volta un bicchiere di vino, forse per impedire alla sua lingua di pronunciare parole avventate… “Il mio Signore è consapevole della vostra autosufficienza militare…” Riprese dopo una breve pausa. “… e come voi stesso avete supposto, la sua offerta non si riduce alla promessa di maggiore sicurezza.” Si volse per un attimo verso di me, indicandomi con un gesto della mano. “Le terre al di là della barriera offrono risorse che anche gli stati più ricchi bramerebbero. E Oberon promette che chiunque combatterà al suo fianco potrà parteciparne…”

Uregh aggiunse un’aria scettica, a quelle parole… “Io non vedo nessuna ricchezza in questa stanza, Elmerish… Oberon crede forse che mi basti la sua parola per accettare di combattere in una battaglia dall’esito e dal compenso incerti?”

Elmerish strinse i denti, nuovamente. La sua irritazione ormai era palpabile. “Non dovreste sottovalutare Oberon, Gran Consigliere…” Quella che probabilmente doveva apparire una frase foriera di promesse suonò invece come una velata minaccia. “… il mio Signore sapeva che le parole non sarebbero state sufficienti a convincere un uomo accorto e concreto come voi…” Gesticolò verso la porta chiusa alle nostre spalle. “… là fuori i miei uomini stanno sorvegliando carri colmi di ricchezze e manufatti provenienti dalle varie residenze signorili di Sailune, e dallo stesso palazzo reale… questo, e diverse centinaia di prigionieri che il mio Signore mette a vostra totale disposizione, che vogliate servirvene come semplici lavoratori o come carne da dare in pasto alle bestie per divertire la vostra  nobiltà…” Un fremito di rabbia mi attraversò a quelle parole… e questa non poté che essere incrementata quando Elmerish mi pose una mano dietro la schiena, spingendomi in avanti sui cuscini, come una merce da esporre. “E questa…” Elmerish mi lanciò una profonda occhiata, che mal celava divertimento di fronte alla mia aperta avversione. “… è un’offerta che Oberon vi porge personalmente, come confidenziale suggello del vostro accordo… è un ostaggio prezioso, il mio Signore ha dovuto ponderare attentamente l’ipotesi di una sua cessione. Questo dovrebbe suggerirvi la considerazione in cui egli tiene la vostra alleanza…”

Uregh si limitò a sollevare un sopracciglio, fissandomi con un misto di interesse e scorno. “Una giovane donna dagli occhi di fuoco e dalla pelle candida.” Il suo tono rimase di una cauta piattezza. “Non dico di non apprezzare il pensiero, ma… sinceramente, da lui mi aspettavo qualcosa di meglio… mi stavo proprio chiedendo se Oberon avesse un qualche asso nella manica che riguardasse la ragazzina che vi portate appresso, ma credevo sinceramente che si trattasse di qualcosa di più acuto che offrire una mocciosa all’uomo che può avere ai suoi piedi ogni donna di Ulan Bator…” A quelle parole, avvampai. Per la vergogna, la ripugnanza, la rabbia dell’essere trattata come un oggetto, il fastidio di fronte alla sciocca boria di quell’uomo. Se avessi avuto la magia, quella conversazione avrebbe avuto termine in un istante.

Elmerish fece un breve sorriso. “Immaginavo una risposta simile. Ma forse la vostra opinione sul dono muterà, Gran Consigliere… quando vi dirò chi avete di fronte.”

Uregh aggrottò la fronte, e mi squadrò con nuovo interesse, come chiedendosi se un qualche signore dei demoni non si celasse dietro la mia del tutto innocua apparenza. Ricambiai lo sguardo, con aria tutt’altro che amichevole. Per un momento la sala fu avvolta dal silenzio.

“Non si tratterà…” La voce del Gran Consigliere aveva una punta si stupore, quando riprese la parola…

Elmerish si limitò ad annuire. “Oberon immaginava che avreste avuto interesse per lei. in fondo siete un uomo che ama le sfide.” Un sorriso inquietante si disegnò sulle sue rabbia.

E fu PIU’ che interesse quello con cui il Gran Consigliere mi squadrò, dopo aver udito quelle parole. Per un momento, provai l’impulso a fuggire, ma tentai di dominarmi. Non volevo mostrarmi debole in quella situazione.

“Devo ammettere che mettere le mani su di lei non è stato semplice… è ancora meno lo è stato domarla…” Elmerish proseguì, ben conscio dello sguardo del reggente, fisso su di me… “Tutt’ora è un tipetto piuttosto difficile con cui trattare… ma se siete tanto affascinato quanto si dice dai racconti dei bardi su di lei credo che il trattare con lei sarà un onere che vorrete volentieri accollarvi…” Il generale mi fissò, mentre pronunciava quelle parole. Il suo sorriso sprizzava soddisfazione.

Improvvisamente, un groppo mi si strinse alla gola. Dov’era finita la sua insicurezza di poco prima? No. No. Stava andando tutto nel modo sbagliato.

 

“Devo ammettere che Oberon dimostra di sapere come prendermi…” Il tono di voce di Uregh era controllato quando parlò, ma il Gran Consigliere pareva avere la gola secca…

Elmerish rivolse nuovamente lo sguardo verso di lui. “Sono soddisfatto che apprezziate le nostre offerte, Gran Consigliere… ora, se considerate questo un terreno sufficiente per dare inizio alla nostra trattativa…”

“Un momento, generale.” Il reggente interruppe Elmerish, in tono fermo. Il generale fu colto di sorpresa, e lo fissò con fare interrogativo. Evidentemente, si aspettava di avere ormai in pugno le redini della conversazione. “Ho detto che il dono è azzeccato…” Uregh proseguì, ignorando il suo scorno. “… ma non ho ancora detto che accetterò alcuna offerta.”

Il cuore mi balzò improvvisamente in gola. Non accettava. Aveva detto che non accettava. Ciò significava che…

Mi volsi verso Elmerish. Il volto del generale era terreo. “E questo che cosa dovrebbe significare?” Ora era la sua voce ad essere roca…

Il tono del Gran Consigliere rimase pacato, come se stesse discutendo di un invito a cena, e non delle sorti del proprio paese. “Significa che sto aspettando le vostre altre offerte, generale. Perché se è tutto qui il livello di considerazione che avete per la mia alleanza, credo che potrei ritenermi offeso. Soprattutto considerando il fatto che ormai, che io accetti o meno, i doni che mi offrite saranno comunque nelle mie mani…” Nel pronunciare quelle parole, mi lanciò un’occhiata che mi diede i brividi. Ma nulla era la paura a confronto della soddisfazione che provavo in quel momento. Volevo vedere Elmerish schiacciato al suolo.

Non molto differenti dovevano essere i pensieri del generale in quel momento. Rivoli di sudore freddo scendevano lungo la sua tempia, e la rabbia sprizzava da ogni lineamento del suo volto. Dovetti riconoscerglielo: doveva avere una volontà di ferro per trattenersi dall’assalire Uregh, in quel momento. Ma del resto, mantenere la calma in quella circostanza era la sua unica opportunità di salvezza…

“Siete consapevole che attaccarmi ora equivarrebbe ad una dichiarazione di guerra al mio Signore, Gran Consigliere?” Il generale scandì le parole, in tono raschiante.

“Ne sono consapevole.” Uregh non si scompose. “Ma ammetterete che l’ipotesi di una guerra con Oberon ora come ora non costituisce una grossa minaccia per me, considerando che il vostro Signore è lontano e che le sue terre sono quasi del tutto scoperte da truppe, al momento…”

Vidi lo sguardo di Elmerish accendersi, a quella affermazione. Già, evidentemente Oberon aveva visto giusto. Uregh aveva effettivamente messo gli occhi sulle sue terre, dopo la sua partenza.

Il generale mantenne la calma, comunque. Vidi i suoi occhi correre avanti e indietro, mentre la sua mente vagava alla disperata ricerca di una soluzione. Uregh rimase in silenzio e attese, esattamente come me. Forse si aspettava qualche proposta più allettante dell’idea di una guerra. Forse semplicemente si divertiva a giocare al gatto col topo con un uomo per cui aveva dimostrato mal celata antipatia. Fatto sta che quando Elmerish aprì bocca lo ascoltò con molta, molta attenzione.

“Se ne siete consapevole…” Il generale studiò con attenzione il suo interlocutore. “… allora dovete tenere presente anche un particolare… in una eventuale guerra non solo vi creereste un nuovo nemico… ma perdereste anche un prezioso alleato.”

Uregh, a quelle parole, si accigliò. “E cosa vi fa pensare che io necessiti di un alleato, generale?”

A dispetto di tutto, Elmerish si concesse un sorriso. “Il fatto che io mi debba rivolgere a voi col titolo che vi spetta, Gran Consigliere. Cosa ne penserebbe la fazione opposta al potere di una eventuale guerra col mio Signore?”

A quelle parole, l’ira attraversò i lineamenti del reggente, e per un momento pensai che il generale avesse preparato la propria fine con le sue stesse mani. Tuttavia, prima che Uregh potesse reagire in qualsiasi modo, Elmerish intervenne in tono pacato, per placarlo. “Non adiratevi, Gran Consigliere. La mia non è una provocazione, ma una constatazione. A cui si aggiunge una promessa.” Fissò profondamente il reggente, uno sguardo pieno di promesse. “Oberon non permetterà che un regno che gli è a fianco nella vittoria sia governato, anche solo nominalmente, da un sovrano inetto, o sia diviso da una stupida lotta fra fazioni interne alla famiglia reale…” Le sue labbra si inarcarono in un sorriso che faceva di tutto per non sembrare teso… “Oberon sa riconoscere le virtù del vero capo… e farà di tutto perché questo riconoscimento sia condiviso, e legalmente… da chiunque.” Fissò il reggente, un’occhiata più che significativa.

Il Gran Consigliere rifletté. In silenzio, ponderò, soppesò la proposta che gli era appena stata rivolta, senza lasciar trapelare nulla dei propri pensieri. Per qualche breve, glorioso momento sperai. Sperai che la considerasse un’onta verso le istituzioni del proprio paese. Sperai che non desiderasse un trono che non si era egli stesso conquistato, che non volesse un potere, anche se solo nominale, sceso su di lui dall’alto…

Quindi il reggente sorrise. E le mie speranze si infransero.

“Vedo che abbiamo raggiunto il punto che desideravo toccare.” La soddisfazione del Gran Consigliere era palpabile. “E credo che potremo decidere di discutere più approfonditamente della cosa in privato, tanto per definire meglio i dettagli…”

 

Un più che evidente sollievo invase Elmerish. Mentre io venni colta dal panico.

 

Lo sguardo di Uregh tornò a posarsi su di me. Si rivolse alle ancelle, senza togliermi lo sguardo di dosso. “Portatela via. La voglio presentabile, entro questa sera.”

 

‘No!’ Fu la mia mente a gridare, un rifiuto a cui non riuscii nemmeno a dare voce. Era la mia ultima occasione, mi dissi. La mia ultima occasione per reagire. Altrimenti sarebbe stato tutto perduto.

 

Non so nemmeno io con quale precisa intenzione, ma scattai in avanti. Elmerish fu talmente colto di sorpresa che non reagì nemmeno, mentre gettavo tutto il mio peso contro di lui.

Per un momento, fui tentata di concentrare il mio attacco direttamente su di lui. Tuttavia, sapevo di non avere speranze. Una volta che il gigante si fosse ripreso dalla sorpresa, il che sarebbe avvenuto presto, non mi avrebbe lasciato più nessuna apertura.

Per questo sfilai il pugnale dal fodero al suo fianco. E schizzai verso Uregh.

 

I miei piedi non avevano più forza, le mie gambe non mi sorreggevano, ma usai tutta l’agilità che mi era rimasta. In un attimo ero su di lui, il pugnale sollevato e pronto a colpire. “Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!”

Il Gran Consigliere, poco dignitosamente, si fece scudo col braccio, ed evitò di reagire. E per la prima volta mi resi conto che davvero potevo farlo. Il mio gesto era stato solo un impulsivo, disperato tentativo… ma lui si trovava alla mia mercé. Potevo ucciderlo.

I miei denti si strinsero, il pugnale calò.

E crollò al suolo, miserabilmente, prima di raggiungere il suo obiettivo.

“Che tu sia maledetta!!!”

Elmerish era su di me, il suo volto una maschera d’ira. Non so se fosse perché era stato lui ad essere particolarmente veloce, o perché i miei riflessi erano rallentati a causa della debolezza del mio corpo, ma la sua enorme mano era miracolosamente riuscita a stringere il mio polso e a fare crollare al suolo il pugnale, prima che esso colpisse. E prima ancora che potessi parlare, l’altra mano era scesa sul mio volto. “Che cosa credevi di fare?????” Elmerish era furente. “Meriteresti che ti mozzassi la mano, ed è quello che farei subito, se tu ora non appartenessi a qualcun altro!!!”

 

Uregh indietreggiò, l’aria scossa. Tuttavia, non pareva furioso come Elmerish. Anzi, mi stava fissando con un nuovo interesse…

“Lasciate perdere, generale.” Disse in tono ancora lievemente agitato, dopo aver preso fiato.

Elmerish lo fissò con sguardo stupito, senza cessare di stringermi il polso…

“Mi piace.” Spiegò il Gran Consigliere, come se fosse la cosa più normale del mondo. “E’ esattamente ciò che avevo sentito su di lei.” Il reggente prese un respiro, e la sua bocca si inarcò in un sorriso. “Renderà tutto più… divertente.” Parve essere attraversato da un fremito.

Fu troppo. Non so se fu la frase in sé, o ciò che essa presagiva. So solo che le mie labbra si mossero da sole.

 

Un momento prima ero trattenuta da Elmerish. Quello successivo ero al suolo. La testa mi esplodeva. I miei occhi mi mostravano solo luce, alternata a macchie scure.

Avevo usato la magia. Non sapevo quale incantesimo, ma lo avevo fatto.

E non era mai stato tanto doloroso.

 

“Piccola…” Elmerish mi sollevò di nuovo dal suolo, stavolta reggendomi per il collo della maglia. Il suo tono di voce era furioso. Riuscii a focalizzare il suo volto. Una nuova ferita si univa alle precedenti cicatrici del suo volto butterato. Uregh era al suo fianco, e pareva allibito.

“Generale… com’è possibile…? Credevo che con la vostra droga…?” Il Gran Consigliere aveva un tono di voce più che contrariato.

“E’ possibile perché la mocciosa non ne vuol proprio sapere di essere trattata bene!” Con mio sommo orrore, Elmerish estrasse la bottiglia in cui teneva la medicina contro la magia, diluita in acqua, e ne riversò a forza l’intero contenuto fra le mie labbra. Combattei l’impulso di vomitare. “Prova ad usare la magia così, mocciosa!”

Con un semplice gesto, fui scaraventata al suolo. Ma non impattai con il freddo marmo. Il mondo semplicemente prese a vorticare, e non cessò.

Finché la mia mente non fu catturata in un gorgo nero.

 

 

 

***

 

 

Quasi non credeva di poter prendere ancora in mano quell’arma. Le sue mani erano congelate, e il tremore non le abbandonava ormai da giorni. Ma non era quello. Il dolore percorreva ogni singola fibra del suo corpo ogni volta che si stendeva sul suo misero giaciglio, ma nemmeno quella era la cosa peggiore. Era il PRESENTIMENTO del dolore. Ogni volta che stava per afferrarla, presagiva ciò che avrebbe provato, e un senso di repulsione, di nausea, lo assaliva… Da anni, tutte le volte che aveva combattuto, si era sempre sentito un tutt’uno con la propria spada… i suoi movimenti erano sempre stati naturali, automatici… faticava a credere, ora di poter provare timore al solo pensiero di impugnarla…

Gourry non desiderava un’arma simile. Se ne era immediatamente reso conto. Anche se ormai riusciva a reggerla in mano senza gridare, anche se riusciva a mettere in atto una parvenza di combattimento, se non fosse stato per Lina, avrebbe già abbandonato lì Ainos e la sua maledetta arma, e sarebbe fuggito a chilometri di distanza. Sì, fuggito. Qualcuno avrebbe potuto dargli del codardo, per quei suoi pensieri. Ma in quel momento il suo istinto gridava… e con anni di minacce, lotte e pericoli, Gourry aveva finito per acquisire una certa saggezza in materia, e adottare il motto preferito di Lina: ‘colui che fugge oggi, vive per combattere un altro giorno’. Era stupido rischiare senza scopo. Gourry amava vivere, voleva vivere. Per se stesso, e per coloro a cui teneva. Ma sapeva anche di avere un obiettivo, davanti al quale non poteva tirarsi indietro.

 

‘Dove si troverà ora Lina?’

Guardò al di fuori di una delle strette finestre. Il cielo era già scuro, rischiarato dal solo riverbero delle nevi… segno che ormai l’autunno era inoltrato, e l’inverno stava per estendere le sue dita gelide anche su quelle terre dove il calore pareva per sempre dimenticato… Anche dietro la protezione delle spesse mura faceva freddo. Un tempo quella doveva essere la sala da pranzo. Gourry immaginava fiamme scoppiettanti nei grandi camini lungo le pareti, e musiche, e chiacchiere, e litri di vino. Ma ora, tutto si trovava in uno stato di completo abbandono. Le finestre erano feritoie vuote che si aprivano sul perenne manto di gelo all’esterno… vento freddo e neve penetravano all’interno, scivolando sui muri cristallini e sul lungo tavolo rettangolare in marmo, coi suoi seggi, e il trono, su cui da secoli nessun vivente trovava riposo. La polvere era accumulata sui pavimenti spogli, e sui camini spenti… alla luce delle poche torce che Ainos aveva disposto lungo le pareti, la sala aveva un aspetto spettrale.

‘Poche distrazioni e ampio spazio… a detta di Ainos questo dovrebbe aiutarmi…’

In realtà, lui stesso si rendeva conto dei suoi progressi. Anche se i suoi arti erano indolenziti per i lunghi allenamenti, e le ferite ancora fresche bruciavano, sommandosi al ricordo del dolore di quelle già cicatrizzate. Ainos non aveva avuto la mano leggera, con lui. Quando non riusciva a reggere la spada per difendersi, a causa del dolore, lo colpiva senza pietà. Lo sciamano aveva mostrato di conoscere la magia di guarigione, ma molte delle ferite che gli venivano inflitte venivano comunque lasciate impresse sul suo corpo, come un monito. Ormai, alcune di esse si erano cicatrizzate, lasciando sul suo petto una ragnatela di segni. Ogni volta che li osservava, quando a dispetto del dolore cercava di lavarsi, Gourry restava stupito dal loro numero. Da quanto si trovavano lì? Doveva essere più di una settimana, ma Gourry aveva perso il conto dei giorni. Il buio catturava quelle sale per la maggior parte delle sue ore di veglia, e a ciò si aggiungeva il fatto che le sue giornate erano estremamente ripetitive… dormiva poco, mangiava quanto bastava per reggersi in piedi. Per tutto il resto del tempo combatteva. All’inizio, i morsi della fame lo avevano tormentato continuamente… Gourry amava il buon cibo, non poteva farci nulla… si era sempre chiesto come Zelgadiss, con i loro ritmi di viaggio, potesse adattarsi a mangiare così poco… ora, però, stava dimenticando quel disagio… si stava dimenticando della stanchezza che i primi giorni aveva reso i suoi movimenti goffi, e allontanato la sua concentrazione dalla battaglia…  E spesso, mentre boccheggiava, sanguinante per i colpi del suo addestratore, si accorgeva di avere cominciato ad abituarsi anche al dolore… la notte, quando si fermava, il suo corpo era ancora dolorante, ma mentre combatteva la sua mente semplicemente lo cancellava… Se ne rendeva conto, perché ora riusciva a tenere testa al suo avversario molto più a lungo, anche quando veniva ferito. D’altra parte, quando vi rifletteva a mente fredda, l’idea in qualche modo lo spaventava… Lady Catelyn usava ripetergli che il dolore è qualcosa di positivo, per il corpo, in quanto segno di un suo problema, o malfunzionamento, e punto di partenza per una sua guarigione… se smetteva di provarlo, come avrebbe potuto accorgersi di quando il suo corpo si trovava al limite? Gourry aveva deciso di cessare di porsi quel genere di domande…perché tutte le volte che lo faceva, il solito, intenso cattivo presentimento si acuiva. E non aveva tempo sufficiente per potersi permettere esitazioni…

 

“Quando vuoi…” Ainos si parò di fronte a lui, l’aria perfettamente riposata. Fra le dita reggeva anch’egli una spada, uno stiletto leggero, lungo e sottile, a prima vista quasi innocuo, ma che poteva piantarsi profondamente nella pelle e lasciare ferite profonde, e letali… Ainos non era ovviamente arrivato a tanto, con lui, ma aveva dimostrato un’abilità inaspettata nel servirsi di quell’arma… Lina era un’abile spadaccina, e negli anni era migliorata, con gli allenamenti che erano soliti condividere bei momenti morti delle loro peregrinazioni… tuttavia, Gourry aveva idea che trovandosi coinvolta in un duello spada contro spada con lo sciamano, anche la maga si sarebbe trovata di fronte a qualche difficoltà…

Nonostante ciò, Gourry credeva che avrebbe potuto batterlo abbastanza facilmente, con un minimo di attenzione, in condizioni normali. Ma con quella spada, fino a quel momento non ci era nemmeno andato vicino… ora si spiegava perché Lina avesse sempre l’aria così frustrata quando durante i loro addestramenti non riusciva a colpirlo…

Gourry sospirò, e si buttò all’attacco. Unendo strategia e istinto, si gettò dapprima in un affondo diretto, e poi, vista la tendenza di Ainos a scartare verso il proprio braccio della spada, deviò all’improvviso in quella direzione. Per un momento pensò che sarebbe riuscito a colpirlo, ma all’ultimo lo sciamano, approfittando dei suoi movimenti rallentati, riuscì a schivarlo. Gourry si morse il labbro, in preda alla frustrazione. C’era mancato pochissimo.

 

“Molto bene…” Ainos indietreggiò, l’aria un po’ più tesa di prima, e si pose a distanza di sicurezza dallo spadaccino. “… mi sembra che manchi molto poco, Gourry…”

Lo spadaccino recuperò la sua posizione di guardia, e ne approfittò per riprendere fiato. “Non mi hai ancora detto A CHE PUNTO hai intenzione di fermarti, Ainos… fino a dove arriva il tuo lavoro come custode della spada…?” C’erano molte cose che Gourry non capiva, e questa era una di esse. Se ormai era in grado di maneggiare la spada, cosa importava ad Ainos portarlo a perfezionarsi ulteriormente? Quello sarebbe venuto col tempo, supponeva… quell’arma era incredibilmente affilata e leggera, e a detta di Ainos respingeva gli attacchi magici, potenziandoli. Il che significava, che combinata alla magia di Lina avrebbe avuto un effetto forse non pari, ma sicuramente vicino a quello della Spada di Luce. Ormai, reggendola, era in grado di combattere al di sopra del livello di un comune combattente, e confidava che la pratica lo avrebbe portato a servirsene in modo simile a come avrebbe fatto con un’altra spada. E allora, perché Ainos indugiava ancora? Non aveva più senso lasciarlo andare, e permettergli di impratichirsi da solo, ora che la spinta iniziale era stata data? E a chi rispondeva per il suo addestramento? Se qualcuno viene inviato per trovare una persona adatta a maneggiare una spada, di solito c’è qualcuno che lo invia… o Ainos aveva agito di sua iniziativa? Magari era compito espresso del custode della spada… ma qualcuno doveva pur averlo nominato custode… e chi aveva creato quell’arma, tanto per cominciare?

Mille domande affollavano la testa di Gourry, ma poche raggiungevano le sue labbra. Lo spadaccino era assurdamente confuso, ma non ce la faceva ad interpellare Ainos come con Lina… e del resto non era certo che lo sciamano fosse pronto a dargli risposte comprensibili…

“Devi ancora fare il salto di qualità che ti porterà a sfruttare al massimo le potenzialità di questa arma, Gourry…” Gli rispose tuttavia lo sciamano. “Confido che non manchi molto. Questa spada è forte di per sé, ma i suoi massimi risultati dipendono dallo spadaccino. Lasciare che tu la maneggi ora, quando ancora lotti a stento con il dolore, sarebbe come il ricorrere ad un Giga Slave ma lanciarlo a metà potenza. Capisci cosa intendo dire, Gourry?”

“Ehm…” No, non capiva per dirla tutta. Ma il riferimento al Giga Slave non gli piaceva. Non era l’incantesimo che aveva imprigionato Lina in quella grande luce dorata?

“Non ha importanza.” Concluse però lo sciamano, senza dare segno di voler protrarre oltre quella conversazione. “Non serve che tu comprenda. Attacca e basta. E forse riusciremo a finirla in breve tempo. Apprendi in fretta, Gourry. Sono compiaciuto.”

Lo spadaccino sospirò. Come se la sua approvazione cambiasse qualcosa. Caricò nuovamente, sperando che se fosse riuscito a colpirlo lo sciamano lo avrebbe finalmente lasciato partire con la spada. Ainos indietreggiò e parò, ma Gourry era deciso a non dargli tregua. Colpì da ogni direzione, senza che il suo fiato si facesse corto, senza nemmeno che la sua mente registrasse il dolore.

Ainos continuò a rispondere per un po’, quindi riuscì a ritrarsi, e passò all’attacco. Gourry incespicò, preso alla sprovvista. Ainos aveva una tecnica perfetta, anche se mancava in velocità. Dovette porsi sulla difensiva per evitare di essere colpito.

“Sei ancora troppo distratto, Gourry.” Ainos avanzò, senza tregua. “Devi smettere di permettere che la tua mente e la tua personalità ti guidino. La tua mente avverte il dolore, e la tua personalità prova repulsione di fronte ad esso.” Riuscì a colpirlo, di striscio, al fianco, ma Gourry strinse i denti e cercò di non farci caso. “Annulla la tua mente e abbandonati al combattimento. Allora nessuna distrazione potrà fermarti.”

Gourry riuscì nuovamente a scattare in avanti, all’attacco, approfittando di una breve pausa dell’avversario per riprendere fiato. Alzò la spada, in un gesto audace, con l’intenzione di superare dall’alto la guardia dello sciamano. Fu un movimento automatico, dettato dalla consapevolezza che il suo colpo gli avrebbe tranciato la testa. Solo quando fu a portata di spada si rese conto di quello che stava facendo. Non doveva realmente uccidere Ainos, la loro era una semplice simulazione…

E a ciò si sommava che stava agendo stupidamente. Se fosse stato sufficientemente veloce sarebbe riuscito ad evitarlo, certo, ma con un attacco del genere c’era la forte probabilità che il suo avversario riuscisse a piantargli la spada nello stomaco. In un combattimento reale quella mossa avrebbe potuto costargli la vita.

Quell’improvvisa consapevolezza lo portò a frenare, e a inciampare sui suoi stessi passi. E ovviamente quella era un’occasione troppo ghiotta perché il suo avversario potesse mancarla…

Gourry digrignò i denti, quando la spada dello sciamano gli penetrò nel costato. Indietreggiò, premendo con la mano contro la ferita, e avvertendo il sangue scorrergli tra le dita. Sembrava abbastanza profonda, anche se il dolore non era insopportabile. Si confondeva con quello delle altre.

 

Ainos gli parve contrariato più che spaventato dal pericolo che aveva corso. “Non sarà mai perfetto uno spadaccino che ha paura della morte. Né tanto meno uno che teme di colpire l’avversario. Perché hai esitato, Gourry? Stavolta avresti potuto battermi…”

Lo spadaccino strinse i denti, cercando la voce per rispondere… “Stavo… attaccando in modo troppo diretto… sarebbe stato un suicidio…”

Ainos emise un sospiro esasperato. “Dei, Gourry. Se tu fossi andato avanti per la tua strada invece che fermarti a riflettere sui rischi che correvi mi avresti abbattuto prima ancora che me ne rendessi conto. Imporsi dei freni durante un combattimento non paga. Se fossi stato uno degli uomini che ha rapito la tua maga, ora saresti morto…”

“I… io…” Gourry lottò per frenare la lingua, ma alla fine la sua irritazione nei confronti dello sciamano ebbe la meglio. “Io stavo per ucciderti, Ainos. Se fossi in te non mi rammaricherei così tanto del fatto che mi sia fermato.”

Lo sciamano, tuttavia, non rimase shockato come si era aspettato. Semplicemente si strinse nelle spalle, e lo guardò come se fosse l’essere più stupido della terra. “E’ proprio questo il punto, Gourry. Un combattente perfetto non si sarebbe fermato di fronte ad una potenziale minaccia. Un combattente perfetto sarebbe andato avanti fino ad uccidermi.” Sollevò lo stiletto. “Ed ora combatti. Se quella ferita basta a fermarti allora non sei l’uomo che stavo cercando.”

Gourry era senza parole. Era stato serio e più che minaccioso, poco prima, nel dire allo sciamano quale rischio avesse corso. Come poteva rimanere così imperturbato? Era un timore viscerale, quello della morte. Tutte le volte che combatteva lo provava, per sé e per le persone a cui teneva. Solo una volta ricordava che il suo cervello lo aveva totalmente rimosso. Quando aveva seguito Lina, o meglio l’essere che si era impossessato di Lina, in quella immensa voragine nera. Aveva avvertito un potere che andava al di là della sua comprensione, allora, e aveva sentito che quel potere costituiva una minaccia per lui. Ma non gli era importato, perché tutto ciò che voleva era riportarla indietro.

‘Ma anche ora Lina è in pericolo…’

D’accordo. Se ciò che Ainos voleva per lasciargli finalmente la spada era che si dimenticasse del più fondamentale fra gli istinti umani, allora avrebbe sfidato la propria umanità.

“Mi stai dicendo che l’unico modo per uscire di qui con la spada è ucciderti?” Gourry chiese, cautamente. Non era certo di comprendere la logica contorta dello sciamano.

Le labbra di Ainos si incurvarono in uno dei suoi rari sorrisi. “Oh, no. Non è NECESSARIO che tu mi uccida. Tienilo ben presente, Gourry.”

Gourry non capiva. Il suo tono di voce era stato perentorio, nel fare questa affermazione. Significava forse che ora Ainos temeva di essere ucciso?

Decise che era meglio non pensare. In fondo era quello che lo sciamano voleva.

Attaccò, ancora una volta. Ainos tornò a parare, apparentemente compiaciuto. Il sangue gli sgorgava ancora dalla ferita, ma scoprì che non gli importava. Voleva solo battere…

… non semplicemente battere, uccidere, in modo tale che non fosse più una minaccia…

… battere il suo avversario…

… colui che aveva consegnato Lina ai loro nemici, e poi lo aveva ripetutamente ferito, ed umiliato…

… e andarsene da quel posto, tornare indietro, e trovare Lina.

… anche se già liberarsi di Ainos sarebbe stata una conquista soddisfacente.

Con un grido di battaglia, Gourry tornò nuovamente ad incalzare, senza lasciare aperture all’avversario. Ad ogni colpo, l’espressione di Ainos si faceva più compiaciuta, anche se lo sciamano dava l’impressione di stare per essere messo spalle al muro…

Gourry per qualche motivo lo trovò irritante. “Perché stai ridendo???”

Ainos schivò, un po’ più a fatica del solito, e scartò a lato. “Perché stavo pensando che i miei calcoli alla fine si sono rivelati esatti.”

“I tuoi calcoli?” Gourry tentò un nuovo affondo, ma lo sciamano ancora una volta lo evitò per un soffio, e si servì dello stiletto per fermare la sua lama.

Ainos annuì, bloccando la spada di Gourry ma trovandosi allo stesso tempo premuto contro la parete. “Riguardo a Lina Inverse. Ho fatto bene a farla catturare. E’ stata un’ottima motivazione, per te.”

Gourry sentì la rabbia fremergli in corpo, e premette con più forza contro la sua lama. “Mi stai dicendo che hai pianificato tutto questo sin da quando siamo arrivati a Sailune?”

Ainos sorrise, nuovamente. “In realtà ero a Sailune perché ti stavo aspettando, Gourry… ma no…” Respinse la lama, e strisciò contro la parete portandosi a distanza di sicurezza. “Non lo stavo pianificando. La mia è stata un’improvvisazione, che ho cominciato a concepire solo quando ci siamo allontanati da palazzo. Perché prima non avevo ancora avuto modo di osservarvi come si deve insieme…”

Gourry strinse i denti. “Come sarebbe a dire che mi stavi aspettando?”

Ainos si mosse lentamente, studiandolo… “Oh, è già da secoli che questa spada attende di essere maneggiata… in realtà, altre persone hanno tentato, in passato, ma nessuno si è dimostrato sufficientemente abile… devo confessarti che nei secoli ho adocchiato anche altri membri della tua famiglia che sarebbero stati adatti… la capacità di maneggiare un’arma come la Spada di Luce, che materializza la volontà di chi la impugna, in genere è un ottimo requisito di partenza per uno spadaccino…” I suoi occhi si strinsero. “D’altra parte, qualcuno che aveva modo di possedere un’arma così perfetta difficilmente si sarebbe mostrato interessato a quanto avevo da proporgli…” Avanzò verso di lui, la lama sollevata. “Per questo è stato quando ho avvertito la presenza della spada sparire da questo mondo che ho pensato che la mia occasione doveva essere finalmente arrivata.”

“E mi hai aspettato a Sailune perché immaginavi che prima o poi mi sarei presentato lì…”

Ainos annuì. “Mi sono informato su di te, ovviamente. Ho appreso di come ti sei allontanato dalla tua famiglia. Ho saputo delle tue abilità, e delle imprese che hai compiuto in passato, prima e dopo avere conosciuto Lina Inverse. E ho saputo anche del vostro legame con la principessa Amelia. All’inizio avevo pensato di cercarti lungo la barriera. Ma la cosa si stava rivelando troppo dispendiosa di energie, perciò, quando ho sentito le prime voci riguardo ad una guerra mossa verso Sailune, ho deciso di aspettarti lì, immaginando che sareste venuti in aiuto della vostra vecchia amica… e lo avete fatto ancora prima del previsto, per mia fortuna… se Sailune fosse caduta prima del vostro arrivo mi sarei trovato in difficoltà…”

Gourry si accigliò. “E dunque inizialmente non avevi intenzione di coinvolgere Lina…?”

Ainos aggrottò la fronte, a sua volta. “Assolutamente no. Anzi, ero convinto che mi sarebbe stata d’intralcio. Non avevo colto l’enorme potenzialità che mi offriva, e d’altra parte ti ritenevo più semplice e malleabile, Gourry.” Sorrise. “Cosa che non sei. Sei ingenuo, è vero. Ma hai intuito… sai leggere l’animo delle persone, e non ti lasci circuire facilmente. Ma proprio la tua purezza disarmante fa sì che chi ti sta attorno non possa sospettarlo.” Avanzò nuovamente verso di lui. “Anch’io sono stato ingannato dalle apparenze. Ti credevo un burattino, un burattino dalle potenzialità enormi e in parte inespresse, i cui fili erano nelle mani di una maga che aveva approfittato della tua semplicità per stregarti col suo fascino, e riuscire a manovrarti… Per questo in un certo senso la vedevo come una mia rivale. Temevo che la sua presenza ti avrebbe distolto da ciò che avevo in mente per te.”

Gourry sentì la rabbia stringergli nuovamente la gola. Che cos’era, lui, un oggetto? Come si permetteva quello sciamano di parlare di lui come se fosse incapace di intendere e volere?

“Presto però mi sono reso conto del fatto che il mio giudizio era stato affrettato.” Proseguì Ainos. “Il vostro era un tipo di rapporto diverso. Eliminarla per cercare di sostituirmi nella sua influenza su di te sarebbe stato un grave errore. Non mi avresti ascoltato, se lo avessi fatto. Saresti sprofondato nel dolore, o peggio. Se mi avessi scoperto saresti stato vinto dall’odio verso di me e avresti cercato di eliminarmi, impedendomi per sempre di portare a termine il mio compito…”

Gourry si accigliò nuovamente, a quella frase. Cosa… cosa aveva detto…? “Hai detto… eliminarla?”

Ainos si strinse nelle spalle. “Chi pensavi fosse stato ad attaccarla? Un traditore? Non avrebbe avuto senso, giusto? Chiunque fra i nemici avrebbe mirato a Philionel…”

La rabbia in un momento parve impadronirsi di ogni fibra del corpo di Gourry. “Sei stato… sei stato tu a lanciare quella freccia!!!” Era stato solo un caso che Lina non fosse rimasta uccisa in quella occasione. E Gourry ora faticava a pensare di aver viaggiato per più di un mese a fianco del suo potenziale assassino…

“In realtà ci avevo provato anche prima, anche se in modo un po’ più indiretto… tutti si sarebbero ricordati che quella sera Lina Inverse era ubriaca… non sarebbe sembrato così strano un incidente come la caduta in un pozzo… sarebbe stato un piano perfetto, se solo lo sciamano col suo dannato famiglio non si fosse intromesso…”

Gourry non capiva a che cosa il custode si stesse riferendo… non si ricordava che Lina avesse mai rischiato di cadere in un pozzo, né comprendeva di quale sciamano Ainos parlasse… forse Zel… ma non aveva mai saputo che il suo compagno di viaggio avesse un famiglio e soprattutto non si ricordava che ultimamente avesse salvato la vita a Lina… “Cosa… cosa stai…”

“Ma questo non ha importanza.” Lo interruppe Ainos, in tono tranquillo. “Lina Inverse è ancora viva. O almeno credo. E nonostante la mia frustrazione all’epoca suppongo di poterne essere soddisfatto, ora.”

“Tu hai cercato di uccidere Lina!!!” La calma nel tono di voce di Ainos non fece che irritare ulteriormente Gourry. Tutti i dubbi che lo avevano attanagliato un istante prima sparirono in un attimo dalla sua mente, vinti da quella consapevolezza. Improvvisamente lo strascico del dolore portato dall’arma che reggeva fra le mani sparì dalla sua mente, improvvisamente si sentì lucido e determinato come quando si trovava di fronte ad un nemico, con ancora la Spada di Luce fra le mani. Anzi, molto, molto di più. Il freddo delle sale attorno a lui non esisteva più, e nemmeno il buio incombente sulla sala, e la solitudine delle nevi e dei ghiacci all’esterno. C’erano solo l’obiettivo che doveva abbattere davanti a lui, e la sua volontà di ucciderlo.

Gourry scattò in avanti. Nulla più lo rallentava, semplicemente perché in quel momento la sua mente nulla registrava. Ainos riuscì a parare un paio di colpi, ma presto la sua più che una difesa parve una fuga. Gourry evitò la sua lama, e riuscì a colpirlo di striscio un paio di volte, quindi, con un violento colpo, lo disarmò, scaraventando la sua spada all’altro lato della stanza.

Ainos impallidì, trovandosi spalle al muro. “Pare che tu ce l’abbia fatta, Gourry…” Mormorò.

Lo spadaccino non lo sentì. Lo colpì con violenza, di piatto, scaraventandolo al suolo.

Solo quando lo ebbe inerme, schiena al suolo, sotto di sé, Gourry parve riprendere coscienza di quello che stava facendo. Si ritrovò con la punta della spada puntata al suo collo, senza essere nemmeno pienamente consapevole di averlo attaccato. Strinse i denti, cercando di calmare la propria mente, e il proprio respiro affannoso.

“Questo chiude il nostro addestramento.” Dichiarò, semplicemente, il tono di voce controllato a stento.

Ainos gli rivolse, forse per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, lo sguardo stupito di chi si trovava di fronte ad un rivolgimento inaspettato. “Vuoi dire che lasci in vita chi ha cercato di uccidere la donna che ami…?”

Gourry lo squadrò, ancora una volta senza capire che cosa avesse in mente. “Lina è viva.” Rispose semplicemente. “E tu non sei più una minaccia per lei. Ciò significa che non ho tempo da perdere con te.” Non gli piaceva l’idea di uccidere qualcuno gratuitamente. Si era ripromesso di non farlo mai più, dopo essere ritornato dalla guerra, e avere assistito a tante morti inutili, di molte delle quali era stato lui stesso il perpetratore. Se qualcuno costituiva un pericolo per sé o per una persona che gli era cara il discorso era diverso, certo… Gourry non era un santo, e sulla strada aveva imparato che a volte farsi scrupoli poteva  equivalere ad un suicidio… ma allo stesso tempo non riusciva a vedere i suoi avversari come semplici ostacoli sul suo cammino… anche loro erano persone, con una storia e degli affetti… anche loro temevano per le loro vite, e anche per loro la morte avrebbe segnato la fine di tutto. Troppo spesso in guerra se ne era dimenticato, aveva dimenticato l’umanità dei suoi avversari. Si era ripromesso di far sì che questo non si ripetesse.

Ad ogni modo, aveva tutta l’intenzione di rendere ben chiare al suo avversario le condizioni della sua grazia… “Ma in cambio della tua vita, Ainos, devi considerare terminato l’addestramento e permettermi di portare via la spada. E promettermi che non ti presenterai più di fronte a me.” Gli premette lievemente la punta della spada contro il collo, come a rimarcare le sue parole. “Il tuo compito è terminato.” L’ultima frase gli uscì come una specie di sibilo.

Ainos sorrise. “Mi sembra che le tue parole non riflettano i tuoi desideri più intimi, Gourry. Ho il sentore che in questo momento il tuo autocontrollo stia vacillando, tanto quanto la tua voce…”

“La libertà e i desideri altrui sono il limite alla nostra libertà e ai nostri desideri.” Replicò Gourry, freddamente. Una frase che Lady Catelyn usava ripetergli spesso, e che in quel momento per qualche motivo ritornò alla sua mente con forza. Gourry tendeva tenere a mente solo quelli che riteneva i dettagli fondamentali delle sue conversazioni passate. Ma i discorsi di Lady Catelyn gli erano rimasti tutti stranamente impressi nella memoria… “Prometti.” Concluse, secco.

Ainos gli lanciò uno sguardo che non riuscì ad interpretare. “E’ questo il tuo fondamentale limite, Gourry… Le tue riserve frenano le tue potenzialità…” Commentò, a mezza voce. “Lo sai quando ho deciso definitivamente che saresti stato tu a manovrare questa spada…?”

Gourry era stanco delle sue mezze verità e dei suoi ragionamenti contorti. “Prometti!” Gridò, semplicemente, di rimando, senza rispondere alla sua domanda retorica.

Ainos lo ignorò. “E’ stato quando ho saputo di come Phibrizo era riuscito a farti usare la Spada di Luce al massimo della sua potenzialità. Allora ho capito. Tu sei uno spadaccino eccellente, Gourry. Ma nei tuoi normali combattimenti non raggiungi ancora la perfezione. Ti manca un passo, un solo passo. E gli unici ostacoli che ti impediscono di compierlo non risiedono nella tua abilità… ma in alcuni tuoi limiti umani, e nel tuo carattere.  La mia arma è la cura per entrambi… e a questo punto solo uno di essi continua a costituire un problema…”

“Ainos, non sono disposto ad ascoltarti un minuto di più!” La spada di Gourry premette con più forza, tanto che un rivolo di sangue prese a scendere lungo il collo dello sciamano.

Ainos sorrise. “Prometto. Ora puoi allontanare la tua nuova arma, prima di recidermi un’arteria.”

Gourry rimase interdetto, a quel commento. Non si era reso conto esattamente della pressione della sua lama…

Si allontanò dallo sciamano, e si scoprì ancora ansimante, alla ricerca di autocontrollo… cos’era quella… riluttanza…? Aveva ottenuto ciò che voleva, no?

‘Sì, era ciò che volevo… Ma difficilmente avrei pazientato ancora…’

Continuava a lottare con impulsi che normalmente la sua mente non trovava naturali, impulsi che implicavano una precoce sperimentazione delle potenzialità reali della spada, e un cadavere sanguinante dove ora stava uno sciamano dallo sguardo sornione… Una parte del suo essere più profondo gli suggeriva che non desiderava seminare morte, un’altra, quella dominata dal calore dell’ira, gli diceva che invece il farlo gli avrebbe portato sollievo. Parte della sua razionalità, supportata dal suo istinto, gli diceva che sarebbe stato un errore uccidere allora, che sarebbe andato contro ciò che lui era, e che farlo avrebbe comportato un alto prezzo da pagare… un’altra, quella sorta di controllo strategico del proprio corpo, privo di sensazioni fisiche o mentali, che per necessità aveva dovuto sviluppare in quei pochi giorni, gli suggeriva che era la soluzione più diretta, più veloce, più semplice. Tatticamente la più adeguata. Gourry era confuso. Non capiva chi guidasse realmente le sue mosse, in quel momento.

Deglutì, allontanandosi quanto più  dallo sciamano tanto più le sue gambe tremolanti gli permettessero. Era quell’arma, decise, senza sapersi spiegare esattamente il perché. Il maneggiarla, la stanchezza, la frustrazione, la necessità di annullarsi completamente per riuscire a controllarla, gli stavano facendo perdere in qualche modo la testa…

“Dov’è il mio cavallo?” Chiese, la voce resa roca dall’agitazione. Doveva muoversi, trovare Lina. Dei, non gli pareva vero poterlo finalmente fare… a volte, mentre combatteva con lo sciamano si era persino dimenticato di avere uno scopo…

Ainos si sollevò in piedi. “Nelle stalle.” Replicò, con calma. “Al caldo, per quanto possibile. Ti basterà raggiungere un porto sul Mare del Nord, e poi potrai assoldare una qualche imbarcazione che ti porti sulle coste a sud della barriera. Ricorda, devi raggiungere la città di Ulan Bator, e la corte di Uregh. Credo che i soldi che ti rimangono fra quelli che ti ha affidato Philionel saranno sufficienti.” Lo sciamano lo squadrò, ora inespressivo come suo solito. “Come vedi, i patti sono pienamente rispettati.”

Gourry lo fissò semplicemente per un momento, quindi annuì lentamente. Per qualche motivo, la sua espressione lo inquietava. Gli faceva temere che non fosse tutto finito.

Senza dire nulla, raccolse da uno dei tavoli spogli il fodero della spada, e se lo affibbiò attorno alla vita. Nemmeno si accorse del sollievo nel rilasciare l’arma. Era troppo concentrato sulle mosse dello sciamano. 

Si avvicinò ai portali della sala. “Allora… a mai più rivederci, Ainos…” Spinse il pesante ebano, e fece per avanzare…

“Lo spero, Gourry…” La risposta dello sciamano giunse in un sibilo.

A quelle parole, la rabbia catturò nuovamente lo spadaccino. Si volse di scattò, quasi senza accorgersi di avere portato nuovamente mano alla spada. “Come sarebbe a dire SPERO??? Hai promesso di non venirmi più a cercare, Ainos!!!”

Ainos rimase imperturbato. “Certo, lo ho promesso.” Replicò, freddo. “Ma ciò non esclude che mi venga a cercare TU…”

Gourry strinse i denti. “Perché mai dovrei venire a cercarti…?”

Ainos si strinse nelle spalle e affondò le mani nelle ampie maniche… “Perché non sono certo che ciò che troverai ad Ulan Bator ti soddisfi realmente… non vorrei che tutti i tuoi buoni intenti nei miei confronti si trasformassero in propositi di vendetta, una volta giunto lì…”

Gourry avanzò verso di lui, scuro in volto. “Come sarebbe a dire che potrei non essere soddisfatto…?” Estrasse, lentamente, la spada… “Se sai qualcosa che non mi hai detto…”

Ainos lo squadrò, lo sguardo impenetrabile. “Oh, no, non che non ti ho detto… piuttosto, direi, che non hai dedotto…”

Gli occhi di Gourry si strinsero. “Che non ho dedotto?”

Ainos scrollò nuovamente le spalle. “Mi auguro che non ti aspetti di trovare Lina Inverse fresca come una rosa, quando arrivi, Gourry… è probabile che abbiano eliminato alla radice il problema della magia, tanto per cominciare… capisci cosa voglio dire…?”

No, Gourry non era certo di capire, in realtà… ma pensieri inquietanti stavano prendendo forma nella sua mente… cos’era che permetteva a Lina di sfruttare i suoi incantesimi? Sicuramente poteva lanciare una magia anche con le mani legate, la aveva vista farlo… ma non con la bocca imbavagliata… giusto? Quando erano stati prigionieri e lei aveva avuto un bavaglio la situazione era sempre stata nelle sue mani, giusto…? E come si fa… come si fa a togliere definitivamente la capacità di parola ad una persona…?

Mentre l’orrore di quella risposta prendeva forma nella sua mente, provò a figurarsi l’immagine di una Lina a cui era stata tolta la parola. Una Lina che non poteva contrattare per ore con i venditori di oggetti magici, che non poteva minacciare i banditi, vantarsi, e chiacchierare incessantemente durante i pomeriggi pigri sulla strada. Una Lina che non poteva studiare e praticare la sua magia, quella magia che tanto amava, e che le illuminava gli occhi e accendeva la mente… Il cuore di Gourry gli si bloccò in gola.

“E oltre a questo…” Ainos proseguì, impietoso… “Non so cosa possa esserle successo, prigioniera per due mesi fra truppe di soldati… sai meglio di me come sono i soldati, Gourry, soprattutto i mercenari… e non credo che molti si siano fatti scrupoli con una prigioniera…” La sua testa si inclinò. “Credo che potresti trovarla… molto cambiata, tutto qui…” Lo fissò, intensamente. “E mi chiedo… se sarai ancora così pieno di buoni sentimenti… verso chi la ha volontariamente inviata a questa sorte…”

Non seppe bene come avvenne.

Un momento prima lo stava fissando, con rabbia.

Quello successivo la sua spada era piantata nella sua gola.

Gourry resse l’arma, conficcata nel corpo del suo addestratore, e osservò la vita scivolare via dai suoi occhi. E fu stupito nel constatare che questo non provocava in lui nessuna reazione.

“Ben… fatto… Gourry…” Un ultimo, storto, sorriso si disegnò sulle sue labbra, mentre un rivolo di sangue gli scivolava dall’angolo della bocca.

Improvvisamente, Gourry ebbe l’impressione che la spada nelle sue mani scottasse. Il suo cristallo ghiacciato gli parve rilucere in maniera inquietante, innaturale, nel buio delle sala. Non riuscì a lasciare la presa su di essa, però. La estrasse, di scatto, e il corpo dello sciamano cadde inerme ai suoi piedi. Indietreggiò, lentamente, le gambe che gli tremavano. Quindi si voltò, crollò in ginocchio, e riversò sul pavimento della antica sala tutto ciò che il suo stomaco conteneva.

 

Non seppe quanto era passato, quando riuscì a rialzarsi in piedi. Gli sembrò di avere trascorso ore a fissare il pavimento, anche se il buio completo all’esterno non lo aiutava a calcolare che ore effettivamente fossero.

Si sentiva debole. Nonostante questo, non riuscì a sedersi, non a dormire, non poté fermarsi un altro istante in quel luogo.

Uscì all’aria fredda dei cortili senza voltarsi indietro, raggiunse le stalle, slegò il suo cavallo e montò in sella.

E lasciò che si perdesse nel gelo della notte.

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***


Il personaggio di Crtisopher mi ha sempre attirato, fra i membri della famiglia reale di Sailune, e in particolare lo apprezzo

Il personaggio di Crtisopher mi ha sempre attirato, fra i membri della famiglia reale di Sailune, e in particolare lo apprezzo molto da quando ho letto il quarto romanzo… il romanzo riprende essenzialmente gli episodi della Next ambientati a Sailune, con la differenza che nel romanzo si scopre che in effetti Cristopher nutriva dell’invidia nei confronti di Philionel, e anche se non ha mai cospirato contro di lui ha in qualche modo alimentato l’atteggiamento di suo figlio Alfred… inoltre, nel romanzo non è Kanzel ad uccidere Alfred, ma Cristopher stesso, quando suo figlio dichiara che non abbandonerà il suo proposito di uccidere Philionel, e cerca di scagliarsi contro di lui per colpirlo a morte… dal mio interesse per questo personaggio è nata la parte di capitolo dedicata a lui, che era stata concepita come una oneshot, ma che alla fine ho deciso di inserire nell’Assedio…^^

Ad ogni modo, per ora pubblico questo, ma un capitolo su Lina e Gourry seguirà a breve…=P

Commenti e critiche… bé, ormai lo sapete…^___^ 

 

 

 

Cris aprì gli occhi, di malavoglia, al suono del corno.

Le articolazioni del suo corpo dolevano terribilmente, dopo una notte passata all’addiaccio, e la sua gola era ancora riarsa a causa della polvere respirata nella marcia del giorno precedente. Da giovane, avrebbe riso di quelle scomodità… ricordava migliaia di viaggi a fianco di Philionel, quando ancora su di loro non era ricaduta la responsabilità del trono, quando ancora il germe della gelosia non lo aveva colpito, e la sua adorazione per il fratello era stata completa. Allora avrebbe fatto di tutto per compiacerlo, anche dormire in equilibrio su una roccia, o marciare giorni e giorni senza mai lamentare la stanchezza, o la fame.

Ora il peso dell’età si faceva sentire. Cristopher non era mai stato un grande guerriero. Philionel viaggiava e combatteva, ogni giorno si allenava a fianco del padre nei grandi cortili del palazzo. Cris, invece, fra i due era sempre stato il topo di biblioteca. Si sentiva molto più a suo agio in compagnia degli alti sacerdoti di Sailune che dei soldati che componevano l’esercito del regno… questo, a lungo andare, lo aveva reso molto meno adatto del fratello a fatiche come quella che stava affrontando in quel momento. E ringraziava gli dei di avergli garantito nonostante tutto un fisico asciutto, perché da almeno due giorni continuava a rendersi conto di quanto poco gli mancasse dal crollare definitivamente…

Si sollevò in piedi, cercando a tentoni la sua veste a lato del proprio giaciglio, nella penombra della tenda. Il sole doveva ancora sorgere completamente, ma dovevano muoversi presto, per sfruttare quanto più possibile le ore di luce. Del resto, non c’erano molti altri punti di forza nel loro piano. A Ruhan, Philionel era riuscito a racimolare qualche truppa fra quelle salvatesi dagli assalti lungo la linea di marcia del nemico, e che venute a sapere della sua presenza in quel luogo si erano mosse verso di lui spontaneamente. Tuttavia, il numero di uomini radunatisi era stato molto inferiore a quello che il nuovo sovrano di Sailune aveva sperato… Anche Oberon lo sapeva, dato che i suoi uomini dilagavano ormai per il regno, e combattimenti sparsi erano in corso in tutti i territori un tempo appartenuti a Eldoran… chi stava lottando contro di lui non poteva certo accorrere in aiuto del proprio sovrano… ma proprio questa consapevolezza Philionel aveva sperato di sfruttare nel mettersi immediatamente in marcia. Dividendo le proprie truppe in tre diversi gruppi, uno guidato dal Lord Martark, signore di Ruhan, uno da Laudreck, e uno da lui stesso, e facendole dirigere, per vie diverse, verso la distrutta Sailune. Oberon si sarebbe sicuramente aspettato un periodo di temporeggiamento, in cui Phil avrebbe atteso di riorganizzare il proprio esercito a Ruhan. Se grazie alla fedeltà dei suoi diretti vassalli Philionel fosse riuscito a muoversi repentinamente e coglierlo di sorpresa, riprendendo la capitale e le roccaforti vicine, mentre un sovrintendente, a Ruhan, si impegnava a radunare altre truppe, Oberon si sarebbe trovato stretto sia da nord che da sud, e Phil avrebbe avuto una nuova speranza di vittoria. Philionel aveva saputo da Martark che anche ad Elmekia e a Raizerl si stavano combattendo delle battaglie, ma, ora che Oberon doveva concentrare tutte le sue forze a Sailune per consolidare il suo dominio sul regno, Phil sperava che prendendo tempo sarebbe riuscito ad ottenere presto rinforzi anche da quella direzione…

‘Speranze, speranze… e nulla di concreto.’

Cristopher era poco ottimista. Ogni volta che ci pensava, quel piano gli pareva fare acqua da tutte le parti… se fosse stato in Philionel, non avrebbe mai affidato parte delle truppe a Laudreck, tanto per cominciare. Continuava ad essere convinto che il fratello avesse troppa fiducia in lui. Per come la vedeva Cris, quell’uomo avrebbe potuto consegnarsi al nemico volontariamente e segnalare la loro posizione, semplicemente in cambio di gentili condizioni di resa… 

O forse era lui ad avere torto. Forse la sua era solo gelosia. Gelosia, maledetta gelosia. Era stata da sempre la rovina della sua famiglia. Era stato forse per questo che Philionel si era rifiutato di affidargli delle truppe? Era stato per questo che non aveva voluto che fosse lui a rimanere a Ruhan come sovrintendente, ma vi aveva lasciato uno dei propri comandanti?

Il fratello voleva averlo al proprio fianco, aveva detto. Aveva bisogno di un amico, e di un consigliere fidato. Ma Cristopher non riusciva a togliersi dalla mente come il sospetto nei suoi confronti avesse catturato Phil durante i fatti tragici che avevano colpito Sailune, solo un paio di anni prima. E ciò che più lo tormentava, era il fatto che quei sospetti erano stati più che fondati. Alfred era stato la causa del pericolo che Philionel aveva affrontato, ma la verità era che suo figlio non aveva avuto che parte della colpa… perché chi gli aveva avvelenato la mente per anni, ripetendogli fino allo stremo l’ingiustizia delle leggi di Sailune e dei criteri di successione al trono, era stato lui. Lui e nessun altro. Phil lo aveva perdonato, nonostante tutto, e da allora Cris non aveva fatto altro che cercare di agire nel modo che più gli avrebbe permesso di guadagnarsi nuovamente la sua fiducia… tuttavia, il principe non poteva fare a meno di chiedersi se questo sarebbe mai stato veramente possibile…

 

Cris sospirò, avvolgendosi nel mantello. Non aveva tempo di stare a riflettere su cose del genere. Non ora che Philionel lo aspettava.

Uscì dalla tenda, muovendosi silenziosamente all’interno dell’accampamento, verso il punto dove suo fratello alloggiava. Quando scostò i lembi della tenda, lo trovò già sveglio, e completamente vestito, intento a dare ordini ai suoi generali.

“… la rotta che seguiremo oggi. Allungheremo la strada, ma verremo avvistati meno facilmente. Voglio le truppe in marcia entro mezz’ora.”

“Sì, mio signore.” Fu il coro dei soldati.

In un attimo, Philionel si accorse della presenza del fratello. Quando i loro sguardi si incrociarono, gli rivolse un breve cenno del capo. “Potete andare, ora.” Si indirizzò ai generali. “Proseguite pure all’appello dei soldati.”

Con un breve inchino, i soldati si allontanarono.

Philionel si avvicinò al tavolinetto in legno all’angolo della tenda, e si versò un bicchiere di vino, con un gesto nervoso. Cris lo occhieggiò, accigliandosi. Suo fratello non era solito indulgere all’alcol, tanto meno di prima mattina. Toglieva capacità di giudizio, usava ripetere. Cris non poteva dargli torto. Ricordava fin troppe serate nebulose, segnate dall’ubriachezza, passate ad imprecare contro la sorte malvagia che gli aveva impedito di nascere primogenito, e poter fare il meglio per il suo regno, mostrando a tutti il suo vero valore…

“Sei mattiniero, Phil…” Commentò cautamente, osservandolo buttare giù l’intero bicchiere in un sorso, senza peraltro dare l’impressione di sentirne veramente il sapore…

Il sovrano abbassò il calice, procedendo meccanicamente a riempirlo una seconda volta. “Perdonami se non ti ho aspettato, Cris.” Borbottò semplicemente, la voce impastata di nervosismo. “Ero sveglio, e sentivo il bisogno di fare qualcosa.”

Cristopher si avvicinò, e gli prese il bicchiere di mano, posandolo a distanza di sicurezza sul tavolo. Non incontrò grossa resistenza. “Posso immaginarlo.” Replicò, con calma. “Sei riuscito almeno a riposare il dovuto, fratello?” Anche se le occhiaie che appesantivano il suo sguardo erano già di per sé una risposta…

“Non posso riposare. Non finché Amelia non sarà sana e salva.” Replicò, in tono denso di tensione.

‘Non posso riposare. Non finché mia moglie non avrà trovato giustizia.’

Cris ricordava quelle parole. Non si faceva abbattere, suo fratello. Si convinceva a trovare un appiglio per reagire. Era stato così… anche tanti anni prima, in quello che sembrava un passato ormai nebuloso… allora erano state le sue figlie a spingerlo a continuare a vivere. Ora combatteva per una di loro, e per il suo regno.

E per i suoi principi.

Oh, quelli erano la sua vera ancora. Aveva voluto inculcarli anche alla figlia, perché fossero la sua forza. Forse persino in modo troppo esasperato, ma sicuramente efficace. Cris a volte invidiava il legame che si era creato fra quei due. Se fosse riuscito ad instaurare qualcosa del genere con Alfred, allora forse…

“Cris… mi stai ascoltando?”

Il principe batté le palpebre, improvvisamente destato dai suoi pensieri. “Oh… scusami, Phil… la mia mente in questi giorni tende a vagare più del dovuto…”

Phil annuì, con fare sbrigativo. “Risentiamo tutti della stanchezza e della preoccupazione. L’importante è non lasciarci andare proprio ora.”

“Già…” Sospirò Cris. “Sperando che conti a qualcosa…” Se lo lasciò sfuggire, e immediatamente se ne pentì. L’occhiata di rimprovero del fratello conteneva per lui molti più messaggi di quanti forse Philionel stesso avrebbe voluto trasmettere…

“Sei preoccupato per tua moglie, Cris?” Si limitò tuttavia a chiedergli Phil, in tono pacato.

Cris si morse il labbro. “E chi non lo è, per i propri cari…?” Tamburellò le dita sulla tovaglia macchiata e logora, distogliendo lo sguardo. “Non badare ai miei discorsi pessimisti, Phil. E’ solo il mio nervosismo a parlare…”

Un lungo silenzio seguì quelle parole, mentre i due fratelli per diversi istanti osservavano unicamente i propri pensieri. Fu Phil a spezzarlo, con voce controllata. “Non ha importanza. Piuttosto, credo faresti meglio ad andare a preparare il tuo cavallo per la marcia. Ho già fatto dare disposizioni ai soldati per la partenza.”

Cris annuì, grato di poter guadagnare un po’ di solitudine, ed uscì dalla tenda.

Era a disagio nel trattare con il fratello, in quei giorni. Gli pareva di non avere il diritto di preoccuparsi. Ogni volta che incrociava lo sguardo di Phil, aveva l’impressione, con ogni probabilità del tutto infondata, che quegli occhi gli rimproverassero la sua inettitudine. ‘Tu hai ancora una moglie, una persona cara, per cui preoccuparti.’ Sembravano accusarlo. ‘Tuo figlio era un traditore che si è costruito la sua morte con le proprie mani, la mia, ora in mano al nemico, è una creatura innocente che è stata persino in grado di perdonarvi entrambi.’

Si sentiva in colpa, Cris, ogni volta che provava abbattimento. Voleva solo che tutta quella faccenda finisse.

Pensava spesso a sua moglie, in quei giorni. Si chiedeva se era spaventata, se riceveva un trattamento adeguato… si chiedeva se ogni tanto si preoccupasse di lui…

Il loro non era stato un matrimonio d’amore. Cris era il ragazzo obbediente. Cris si faceva sempre in quattro per compiacere suo padre. Quando era giunta da Raizerl quella ragazza pallida, così alta e magra che difficilmente la si sarebbe potuta definire bella, ma colta, e con uno spiccato talento per la musica, non si era chiesto se quella fosse davvero l’immagine che aveva della donna della propria vita. Eldoran aveva chiesto che si celebrasse il matrimonio, e lui aveva acconsentito. Forse, era stato persino troppo giovane, per avere mai pensato seriamente all’amore… all’epoca gli interessavano soprattutto i suoi studi come chierico, e i trattati di politica…

Per suo fratello era stato diverso. Philionel non avrebbe mai accettato di sposarsi con una persona che non amava. E, a suo parere, con sua moglie l’amore era stato una certezza viscerale, quasi immediata. Cris aveva visto storie d’amore svilupparsi con lentezza, e maturare nel tempo, attraverso il rispetto reciproco, l’affetto e l’amicizia. Ma per suo fratello non era stato così. Cris era stato con lui quando Phil si era ferito, e quella bella sacerdotessa lo aveva soccorso, e il modo in cui gli aveva intimato di non rivelare la loro identità di principi lo aveva immediatamente messo in allerta riguardo all’interesse che Philionel rivestiva nei suoi confronti. I modi diretti con cui la donna si era occupata di lui, il modo in cui aveva mostrato di apprezzare la sua compagnia, senza sapere che si trattava del figlio di un sovrano, doveva avere colpito il fratello dritto al cuore. E in effetti, non erano trascorsi molti mesi, prima del loro matrimonio.

… Così come altrettanto repentina e brusca era stata la sua fine…

‘Il destino a volte è ingiusto…’

Cris strigliò violentemente il suo cavallo, facendolo nitrire.

Anche lui era stato felice con Clarisse. Almeno, lo era diventato poco alla volta. Non era certo che il loro avesse mai potuto chiamarsi amore… ma col tempo, sicuramente, si era creata fra loro una certa intimità. La nascita di Alfred, poi, li aveva indubbiamente avvicinati…

‘Forse è anche per questo… che Clarisse non è mai riuscita a perdonarmi…’

Cris si chiedeva se in quel momento avrebbe voluto rivederlo sano e salvo… o se il suo odio per lui non le facesse desiderare piuttosto il contrario…

‘Suppongo che solo dopo la battaglia con Oberon potrò scoprirlo… sempre che io rimanga vivo.’

Con un sospiro, Cristopher si issò sul cavallo, e si lasciò trasportare in prima fila, a fianco del fratello.

 

 

***

 

 

Amelia era annoiata.

Con tutta l’ansia e le preoccupazioni che aveva accumulato in quelle ultime settimane, era l’ultimo sentimento che aveva pensato di poter provare, ma era così.

Aveva perso il conto dei giorni trascorsi da quando erano giunti in quella fortezza sperduta all’interno del suo regno, ma da quel momento le sue ore di veglia erano state irrimediabilmente uguali. Almeno, durante la marcia il variare del paesaggio era servito a distrarla, anche se in preda all’angoscia per la sua cattura, e per la serie di brutte notizie che la avevano seguita, non aveva potuto goderne. Ormai stava cominciando a considerare la sua cena con Oberon come la distrazione più interessante della giornata e questo, sinceramente, la preoccupava.

Il fatto era che per il resto della giornata era sempre incredibilmente sola… visti gli esordi non particolarmente felici della loro convivenza, le servitrici che Oberon le aveva accodato tendevano a starle alla larga, quando non era strettamente necessaria la loro presenza. E, d’altro canto, nemmeno le guardie che la accompagnavano lungo le sue rare passeggiate all’esterno dei suoi appartamenti erano particolarmente loquaci… In più, Amelia era poco abituata all’inattività. A Sailune era sempre presa da qualche occupazione, che fosse l’aiuto a suo padre nelle questioni politiche e diplomatiche, o semplicemente il vagare all’interno dell’ampia area del palazzo, parlando con coloro che la popolavano, godendo della bellezza dei giardini, lasciando che i musici della corte suonassero per lei o immergendosi in qualche romanzo dalla trama appassionante, come quelli che amava acquistare… Amelia si era fatta dare qualche libro dalle servitrici, come Oberon la aveva invitata a fare, ma non riusciva a concentrarsi troppo a lungo sulla lettura, nella condizione in cui si trovava…

Avrebbe voluto trovare fra quelle righe un suggerimento utile per una fuga… da quando era arrivata alla fortezza era meno controllata che durante la marcia, e, cominciando a disperare seriamente nell’arrivo di qualche fatidico salvatore da romanzo d’appendice, inevitabilmente aveva cominciato a pensare ad un’ipotesi simile… sapeva che se mai ce l’avesse fatta, se mai fosse riuscita a raggiungere suo padre, o almeno a fargli sapere che Oberon non aveva più potere su di lei, questo avrebbe dato un notevole vantaggio a Sailune, che avrebbe potuto lottare senza più preoccuparsi delle sue condizioni… Tuttavia, le guardie sembravano collocate esattamente dove più potevano essere utili per disilludere qualsiasi sua speranza in quel senso. Oberon le aveva concesso appartamenti di ampia estensione, ma muoversi al di fuori di essi per lei era problematico. Era ad un piano troppo alto per cercare una fuga attraverso le finestre, e anche se ci avesse provato, i giardini erano costantemente piantonati da guardie. Le porte che consentivano l’accesso ai suoi appartamenti erano sprangate, tutte tranne una, dove un paio di ‘angeli custodi’ stazionavano perennemente, accodandosi a lei non appena accennava ad allontanarsi dalle stanze che le avevano assegnato. E non avrebbe avuto senso nemmeno cercare di liberarsi di loro, perché comunque ogni uscita era presidiata da soldati. Era in una fortezza inespugnabile. Anche pensando, non vedeva grandi soluzioni alla sua situazione. E così, la sua frustrazione di giorno in giorno aumentava.

 

Amelia era annoiata. Ma quel giorno era anche risoluta.

Se non poteva uscire di lì, almeno avrebbe tentato qualcosa di utile.

 

“Vorrei uscire per la solita passeggiata…” Occhieggiò le guardie dall’interno del cappuccio del suo mantello, cercando di apparire noncurante. Quella mattina aveva fatto un bagno, e si era vestita con calde vesti di lana. Come sempre. Aveva letto qualche pagina del suo libro, e fatto colazione insieme all’attendente anziana. Come sempre. Ed ora aveva indossato il suo spesso mantello, ed era pronta per fare due passi all’aria fredda dell’inverno incombente, tanto per conciliare il proprio appetito in vista della cena… le guardie non avrebbero trovato nulla di nuovo in questo.

Nessuno ovviamente le rispose. Le due figure imponenti semplicemente si misero sull’attenti, e imbracciarono le loro lance. Amelia sospirò. Se le avessero risparmiato quella sceneggiata, sarebbero state più sopportabili.

‘Sto cominciando ad avere la stessa avversione di Lina –san per le cerimonie, da quando sono qui…’

Il pensiero della maga le provocò una fitta al petto. Per quanto ne sapeva, era l’unica fra i suoi vecchi amici ad essere ancora in vita… si chiedeva se sarebbe mai riuscita a rintracciare dove la avevano portata… avrebbe voluto aiutarla, almeno lei…

‘Forse ormai Lina –san mi odia… ne avrebbe tutte le ragioni, dopo che l’ho trascinata in una situazione del genere… Ma se potessi almeno salvarle la vita… anche se non dovesse più guardarmi in volto…’

Ma aveva ancora davvero interesse per la vita, la sua amica? Dopo che Gourry –san era morto, e dopo tutto ciò che poteva esserle capitato in quelli che ormai erano due mesi di prigionia…? Amelia non era certa di volere sapere la risposta…

‘Non è il momento di pensare a cose del genere.’

Amelia sollevò lo sguardo verso le guardie, decisa. “Credo che sia giunto il momento di istruirvi, signori.” Dichiarò, in tono fermo. Erano giunti ormai al margine dell’ampio scalone che conduceva al piano inferiore. Si bloccò di fronte alla balaustra che dava sull’atrio sottostante, e si volse verso i due soldati, le mani ai fianchi.

Le guardie parvero risvegliarsi improvvisamente dal torpore. Si bloccarono, battendo le palpebre, e si scambiarono un’occhiata perplessa. “Istruirci…?” Chiese uno di loro, il tono di voce incerto.

“Hai capito bene, soldato.” Amelia lanciò una breve occhiata alle proprie spalle. Nessuno. I servitori a quell’ora dovevano essere radunati nelle cucine e nella sala da pranzo intenti nei preparativi. Il portale che dava sull’esterno era presidiato, certo… ma indubbiamente aveva scelto il momento giusto della giornata… “Voi due siete stati adibiti alla mia custodia, giusto?” Proseguì. “Ma io non accetto di avere al seguito delle guardie che non condividano i miei ideali… per questo ora dovete assecondarmi, e ascoltare ciò che ho da insegnarvi.”

Uno dei soldati si fece avanti, con aria seccata… “Principessa… il nostro Signore ci aveva avvisato delle vostre… peculiarità… ma non abbiamo tempo da perdere, e ci è stato ordinato di…”

Amelia lo ignorò. Con un balzo, montò sulla balaustra. “Ed in primo luogo vi mostrerò come un sostenitore della giustizia cala sul nemico…”

Le due guardie fecero un passo indietro, fissandola come se fosse improvvisamente impazzita… “P… principessa… scendete di lì! Non penserete davvero di…”

Amelia tacque. Si piegò sulle gambe per un momento, come se avesse avuto intenzione di saltare loro addosso… quindi fece un passo indietro, e si lasciò cadere nel vuoto.

Non aveva la levitazione a disposizione, ma il salto fino all’atrio non era particolarmente alto. Tre, al massimo quattro metri. Aveva tentato di peggio.

Atterrò miracolosamente nel modo giusto, ma l’ampia gonna le impacciò i movimenti, e si trovò a precipitare al suolo, di volto, come troppo spesso le era capitato nei suoi attacchi ai malviventi.

‘Mi sono sempre chiesta come facciano nei romanzi ad atterrare sempre in piedi…’ Meditò, massaggiandosi penosamente il naso…

“Principessa!!!” In cima alle scale, le guardie furono immediatamente preda dell’agitazione… forse pensavano che il suo fosse stato un atto dettato dalla disperazione, forse semplicemente che la reclusione l’avesse fatta impazzire, ma dal loro tono di voce traspariva più la preoccupazione di avere perso un prezioso ostaggio, che quella per un suo tentativo di fuga… ma Amelia non aveva intenzione di aspettare di lasciarsi soccorrere.

Con un certo sforzo, si alzò in piedi, sollevò la gonna, e prese a correre verso una delle porte laterali dell’atrio, con quanta più velocità le sue gambe doloranti le permettessero.

“Principess… ah!” Giunta in fondo alle scale, le guardie riuscirono a scorgerla mentre imboccava la porta che si apriva sul lungo corridoio attraverso cui si accedeva alle sale di servizio…

Amelia strinse i denti, accelerando il passo… doveva solo riuscire a svoltare l’angolo…

“Le cucine! Vuole scappare attraverso la porta che da sul cortile!”

“Non andrà lontano! Il cortile è pieno di guardie!!!”

Amelia non li ascoltò. Cullava quell’idea da giorni… Oberon aveva passato in rassegna con lei i servitori del castello, il giorno in cui erano arrivati in quel luogo, e si ricordava come erano disposte quelle sale… sperava solo di non incontrare nessuno sulla sua via, e, se proprio doveva incrociare un servitore, che questi non la ostacolasse. In fondo, prima erano stati servitori di un vassallo di suo padre… in fondo anche loro dovevano desiderare la libertà dall’oppressore… no?

Svoltò, ad una curva del corridoio, nel piccolo atrio che attendeva di incontrare. Sui suoi lati, si aprivano diverse porte. Quella che conduceva alla cucina, la più grande, e quella che portava ai cortili, attraverso cui i servitori raggiungevano le gabbie degli animali, e si recavano ad attingere l’acqua dal pozzo.

Amelia le scartò entrambe.

Riuscì a muoversi appena in tempo. Quando richiuse alle proprie spalle la porta della piccola latrina di servizio in cui si era introdotta, le guardie fecero a loro volta irruzione nell’atrio.

“Per di qua!” I due soldati imboccarono senza esitazione la porta che conduceva al cortile, senza prendersi la briga di chiuderla dietro di loro. L’atrio rimase avvolto nel più completo silenzio.

 

Amelia si appoggiò alla porta della latrina, il respiro affannoso, cercando di riprendere fiato. L’odore che emanava da quel luogo la disgustava, ma non poteva arrischiarsi ad uscire prima di essersi assicurata che il trambusto che avevano fatto non avesse attirato la curiosità di qualcuno…

Rimase in ascolto per diversi istanti, ma non udì nessuna porta aprirsi, e nessun rumore di stivali risuonare sul suolo impolverato dell’atrio. Evidentemente, il rumore nelle cucine aveva coperto quello prodotto dalle guardie.

Cautamente aprì la porta, e quando si fu assicurata che il luogo fosse effettivamente deserto scattò nuovamente, ripercorrendo i propri passi. Era certa che le guardie avessero già allertato i soldati nel cortile, e che ora fosse in atto una frenetica ricerca nei giardini del palazzo… e questo era esattamente ciò che desiderava. Questo le dava la possibilità di muoversi con maggiore libertà all’INTERNO del castello.

Risalì le scale con cautela, e percorse con estrema attenzione tutti i piani che conducevano alla sommità della torre che stava risalendo.

Incrociò qualche guardia, ma riuscì sempre a nascondersi in tempo. Erano tutti troppo intenti a correre a porre rimedio alla sua ‘tentata fuga’, per prestarle attenzione…

Si permise di fermarsi solo quando fu giunta al luogo che le interessava. Spinse la porta in legno massiccio, ed entrò nell’ampia uccelliera, rabbrividendo alle correnti d’aria che attraversavano la sala. Portò le mani alle tasche del mantello, ed estrasse il messaggio. Lo aveva letto e riletto, studiato per giorni, pensando a cosa avrebbe potuto scrivere che potesse essere davvero utile a suo padre. Aveva tenuto le orecchie aperte, in quei giorni, sulla posizione delle truppe di Oberon, sui punti deboli della fortezza, su qualsiasi informazione fosse trapelata dalle conversazioni fra i soldati o da quelle fra i generali nelle cene che lei ed Oberon condividevano… non sapeva se quel messaggio sarebbe servito realmente a qualcosa, ma il solo pensiero di fare qualcosa per cambiare la situazione in cui si trovava la faceva stare meglio… e sapeva anche che avere sue notizie avrebbe dato coraggio a suo padre. Voleva che sapesse che aveva fiducia in lui, che lo stava aspettando.

 

“Non tradirmi…” Sussurrò al volatile che aveva prelevato dal suo trespolo, legandogli il messaggio alla zampa. Le guardie non avrebbero tirato ad un uccello che veniva dalla loro stessa voliera. Oberon sicuramente l’avrebbe punita, ma lei sarebbe stata zitta, e nessuno avrebbe mai saputo di quel messaggio. In fondo, non aveva nulla da perdere. Oberon non l’avrebbe uccisa, non finché avesse avuto bisogno di lei…

Si sporse dal parapetto, esponendosi all’aria fredda che tirava sulla cima del castello, e rilasciò il volatile, osservandolo spiccare il volo. Le sue ali in quel momento erano la sua speranza…

 

Il respiro le si bloccò all’improvviso in gola. L’animale non sbatteva più le ali. Aveva preso a contorcersi in aria, come se stesse affrontando un indescrivibile dolore. Strinse la fredda pietra sotto le sue dita, osservandolo mentre si immobilizzava, ed in una rapida spirale precipitava lungo le mura del palazzo, per schiantarsi al suolo. Morto.

 

“Cosa… cosa…” Amelia indietreggiò, inorridita, coprendosi la bocca con le mani.

 

“Questi non sono scherzi degni di una principessa, mia signora…” Sussurrò una voce flebile, alle sue spalle.

Amelia si volse di scatto. Di fronte a lei, c’era il sacerdote che durante il loro viaggio aveva spesso visto a fianco di Oberon. Non lo aveva nemmeno sentito entrare. Ora i suoi occhi erano sottili fessure, come se fosse stato irritato. Ma sulle sue labbra era disegnato un sorriso.

“Sei… sei stato tu…???” Amelia non era a conoscenza di incantesimi sacerdotali che potessero uccidere un essere in quel modo, stringendolo con dita invisibili…

Il sacerdote incrociò le braccia al di sotto delle ampie maniche. “Difficile pensare che sia caduto da solo…” Si limitò a replicare. Quindi il suo volto si oscurò. “Oberon non sarà felice di questo tentativo, mia signora. E non lo sono nemmeno io. Per quanto dubito che quel messaggio potesse portare reali vantaggi a vostro padre…”

Amelia rabbrividì. Il tono di voce di quell’uomo la inquietava in modo insostenibile, senza che nemmeno lei fosse in grado di spiegarne il motivo… “Come hai fatto a scoprirmi…?”

Il sacerdote si strinse nelle spalle. “Chissà… magari un garzone della cucina vi ha vista ed è corso ad avvisarmi…”

Amelia strinse la mascella, con rabbia. “E perché avrebbe dovuto farlo??? Perché dovrebbero tradirmi per l’usurpatore???”

“E perché no?” Si limitò a replicare l’uomo di fronte a lei. “Una buona informazione può valere una moneta d’oro. E da quando si trova in questo castello Oberon ha trattato egregiamente tutti i servitori…”

“Ma è un usurpatore!!!” La rabbia catturò Amelia, feroce. “E’ lui che ha portato tutta questa distruzione!” Additò i territori devastati che attorniavano il palazzo. “E’ lui che ha cacciato mio padre dalla sua città!”

Il sacerdote levò un sopracciglio. “Vostro padre se n’è andato di sua iniziativa, mi sembra.” Si strinse nel mantello. “E comunque queste sono le VOSTRE ragioni… ma in fondo, cosa cambia ad un garzone di cucina destinato a pelare patate per il resto della sua vita…? Cosa cambia, chi lo comanda, se questi è generoso con lui?”

Amelia strinse i  denti… “Sono discorsi assurdi! Ci sono cose giuste o sbagliate a priori, a prescindere dalle diverse opinioni!!!”

Il sacerdote sorrise. “Ma davvero? Ma sbaglio o voi avete la certezza che la VOSTRA opinione coincida con il giusto corso delle cose, principessa…?”

Amelia fece per replicare nuovamente con rabbia, ma si ammutolì. Lo fissò, scura in volto. “Ti stai prendendo gioco di me…?”

Il sacerdote si strinse nelle spalle. “Sto solo pensando che il mio Signore aveva davvero ragione a vostro riguardo… a riguardo di tutti noi… non ci sarà mai possibilità d’intesa… e dunque non ci sarai mai possibilità di ordine…”

Amelia strinse i denti. “Non cercare di farmi credere che Oberon abbia mai pensato davvero ad un’intesa! Non so che ragioni lui abbia, ma è evidente che ha considerato solo i propri interessi, e non le nostre motivazioni, nel momento in cui ci ha attaccati!”

Il sacerdote si limitò a sorridere. “Lo stesso atteggiamento che voi avete assunto con lui. E anche se ci fosse stato un accordo, una mediazione, la sostanza delle cose non sarebbe mutata. Che è poi esattamente ciò che stavo dicendo…”

Amelia lo fissò, non capendo, ora, dove il suo discorso volesse andare a parare. Ma il sacerdote non le diede tempo di porre domande.

“Nessun garzone vi ha tradita, mia signora, quindi state tranquilla, non avrete bisogno di pensare freneticamente a chi sia stato per potergli imporre la giusta punizione appena ne avrete la possibilità…” I suoi occhi si strinsero in un sorriso sornione.

Amelia batté le palpebre. “Ma… allora come…?”

“Ed ora sarà meglio che mi seguiate.” La occhieggiò, interrompendola… “E, vi prego, senza tentare altre furbe scappatoie… Come avrete notato… non sono particolarmente conciliante con gli uccellini che cercano troppo in fretta la libertà…”

Le volse le spalle, ma Amelia continuò ad avere l’impressione che il suo sguardo fosse fisso su di lei. Rimase ferma ad osservarlo per qualche istante, un brivido che le percorreva inspiegabilmente la schiena. Quindi, si decise a seguirlo. E solo quando si chiusero la porta alle spalle si rese conto che tutti gli uccelli della voliera, al suo ingresso, avevano cessato di cantare.

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici ***


Un senso di nausea mi assalì, non appena aprii gli occhi

Un nuovo capitolo incentrato su Lina e Gourry… e la storia comincia ad avviarsi alla conclusione, anche se mancano ancora diversi capitoli…^^ Commenti e critiche sono ovviamente sempre graditi!

 

 

Un senso di nausea mi assalì, non appena aprii gli occhi.

Fui costretta a richiuderli, lottando per riacquisire consapevolezza di me, contro la luce accecante che assaliva il mio sguardo e confondeva la mia mente.

Mi ci volle un po’ per capire che ero immersa nell’acqua, fino alle spalle. Un aroma strano mi circondava, dolce, con un sentore di latte di mandorla. Normalmente probabilmente lo avrei apprezzato, ma in quel momento non faceva che incrementare il mio senso di disgusto…

“Nnn…” Riuscii a mormorare, e presi a lottare debolmente per sollevarmi dall’acqua, come se ciò avesse potuto scuotermi dal mio torpore. Sussultai, quando una mano ferma mi premette sulla spalla, costringendo la mia schiena contro una fredda parete di marmo.

Mi costrinsi ad aprire gli occhi, nuovamente. Una ragazza dalla pelle scura incombeva su di me, reggendo una spugna in una mano, e premendomi con fermezza con l’altra contro il bordo di una vasca da bagno. Mi stupii della forza del suo braccio esile. Se fossi stata più lucida, avrei capito che si trattava solamente della mia debolezza.

“Do… dove? Dove sono?”

La ragazza non mi comprese, o comunque non diede segno di farlo. Semplicemente mi costrinse, con scarso garbo, a volgerle la schiena, e prese a strofinarla con vigore, mentre un’altra donna, al suo fianco, vi rovesciava sopra acqua bollente. Non avevo la forza per combattere quell’attacco, e allora mi imposi di mantenere la calma, e di raccogliere le idee.

Io ero stata portata al cospetto di Uregh… li avevo ascoltati trattare, e poi… e poi…?Avevo… attaccato Elmerish, giusto? Avevo… avevo attaccato Elmerish con la magia! Ero riuscita ad usare la magia!!!

La scarica di adrenalina che mi attraversò a quel pensiero fu però immediatamente mortificata dalla consapevolezza di quanto era accaduto successivamente. Con la quantità di droga che avevo ora in corpo, difficilmente sarei riuscita ancora in un attacco magico, per quanto debole… certo, potevo legittimamente chiedermi come avessi fatto a portare ad effetto un incantesimo proprio in quel momento, dopo settimane di tentativi andati a vuoto… forse effettivamente quelle erbe inibivano semplicemente la concentrazione, non tanto da non permettere di condurre normalmente la vita quotidiana, ma sufficientemente per impedire l’esecuzione corretta dei complicati processi mentali che portavano un incantesimo ad essere effettivo… forse era stato semplicemente Elmerish a sbagliare dosi, ma io ero convinta che fosse stato il picco improvviso di paura a creare nella mia mente sufficiente allarme per reagire, in modo meccanico e istintivo, all’offesa che stavo subendo… ero sicura che qualsiasi circolo di magia avrebbe pagato ORO per informazioni approfondite su un argomento simile… quando fossi uscita da quella situazione, avrei dovuto fare ricerche sui tipi di erbe usati dai popoli nomadi delle steppe, e…

Il mio entusiasmo si spense, bruscamente. Già. Quando fossi uscita. E questo quando sarebbe avvenuto? Fino a solo un giorno prima avevo avuto speranze, ma ora…

Erano passati due mesi. Due mesi, da quando ero stata catturata. Due mesi di marcia serrata, di calore, di battaglie perse. Ero preoccupata per  me stessa, ed ero preoccupata per Gourry. Sapevo che senza magia e chiusa fra solide mura le mie possibilità di fuga si facevano vicine allo zero. Sapevo cosa mi aspettava con Uregh, e di avere scarse possibilità di sfuggire a quel destino che mi repelleva. Sapevo che Gourry si sarebbe subito messo sulle mie tracce, se ne avesse avuto la possibilità, e in quel momento un’unica, inquietante spiegazione sorgeva alla mia mente per quella continuata assenza…

Probabilmente avrei dovuto essere allarmata per Sailune, e per la sorte di Amelia, e degli altri miei amici… in quel momento, però, quella realtà mi sembrava lontana ed ovattata. Stavo dimenticando la ragione per cui tutto quell’incubo era iniziato. La mia mente era troppo impegnata a lottare contro la rassegnazione.

La ragazza che si stava occupando di me pronunciò una frase in una lingua diversa da quella comune, e altre due ancelle mi sollevarono di peso dalla vasca da bagno. Non riuscii ad opporre resistenza, e attesi pazientemente, lottando per reggermi in piedi, mentre braccia veloci mi asciugavano.

Quando ebbero finito, mi venne imposta una veste bianca di seta dagli orli dorati, tanto leggera da apparire superflua… e di pessimo gusto, se volete la mia opinione spassionata…

“Il mio Signore ti vuole alla sua tavola per cena…” Mi disse l’ancella ‘capo’, come a spiegazione di quella scelta di abbigliamento, in una lingua comune stentata.

Senza ritenere necessarie altre aggiunte, prese a cospargermi le braccia nude di un olio dal profumo dolce in modo nauseante. Io non risposi nulla. Attesi semplicemente, la mente in fibrillazione, mentre incurante si dedicava a spazzolarmi i capelli, e a distribuirmi addosso gioielli d’oro e madreperla che in altre circostanze avrei guardato con tutt’altro interesse. Sussultai, quando vidi una delle ancelle avvicinarsi con uno spesso ago, intuendo vagamente quali fossero le loro intenzioni.

“E… ehi! N- no! Non avvicinatevi con quel coso!” Mi divincolai, ma senza effetto. Due donne mi ressero la testa, mentre la terza piantava con un colpo secco l’ago nel lobo del mio orecchio sinistro. Strinsi i denti per il dolore, mentre lacrime involontarie mi affioravano agli occhi.

Avevo indossato orecchini per la prima volta alla cerimonia di consegna delle vesti, a Zephilia. Ora vi farò una piccola confessione: non sono brava a sopportare il dolore. So che detto da una grande maga che ha combattuto mille battaglie deve far sorridere, ma il dolore è davvero una delle cose di cui più ho paura. In quella occasione l’ago mi aveva fatto malissimo, ma per non dare soddisfazione a mia sorella, che già mi aveva presa infinitamente in giro per le vesti rosa che mi avevano imposto, me ne ero stata zitta,  e avevo sopportato per tutta la cerimonia. L’infiammazione che ne era risultata mi aveva tormentato per giorni, in cui nemmeno riuscivo a dormire senza cospargere di unguenti le mie povere orecchie doloranti. Alla fine avevo ceduto. Anche se non era propriamente il campo di mia competenza, avevo recuperato un libro sugli incantesimi di base di magia bianca dalla soffitta, e, nonostante per mille volte mia madre avesse insistito per insegnarmelo senza che io mi prestassi, avevo con tutta la volontà imparato da sola il Recovery, e lo avevo usato per chiudere i buchi. E per evitare che mia sorella se ne accorgesse, avevo continuato ad indossare quegli orecchini a scatto che erano finiti per diventare un’abitudine, e che tutt’ora usavo portare. Dover sopportare nuovamente QUELLA tortura, proprio ora che la mia magia mi era stata tolta, aveva un che di ironico. Ma questo non diminuiva certo l’intensità del dolore.

Le ancelle non parvero curarsene. Procedettero alla stessa azione anche con l’altro orecchio, quindi a versare su entrambi i lobi uno strano liquido, che mi procurò un immediato senso di bruciore. Il dolore pareva non dover cessare mai. Impossibilitata a fare qualsiasi cosa per darvi sollievo, mi parve quasi di stare nuovamente per perdere conoscenza, finché un nuovo unguento non venne spalmato sulle mie orecchie, procurandomi sollievo. Fui stupita dell’immediatezza con cui il dolore si spense. Nella nostra parte di continente, non esistevano rimedi tanto efficaci al dolore delle ferite, fatta esclusione per la magia. Supponevo che le ricerche nei due diversi campi fossero andate avanti parallelamente, nei due mondi…

‘La caduta della barriera potrebbe essere una grande occasione per entrambi…’

Ma in quel momento una considerazione del genere non faceva che riempirmi di amarezza… forse la guerra che mi aveva condotto a quella situazione era la dimostrazione che il gioco di interessi e la paura prevalevano troppo sulla curiosità, da ambo le parti, per permettere reali vantaggi da quell’incontro…

Due orecchini di forma allungata furono costretti nei lobi delle mie orecchie. Continuarono a bruciare un po’, ma il dolore lancinante dei primi istanti era scomparso. Colsi la mia immagine riflessa in uno specchio a lato della vasca da bagno. Quasi non mi riconobbi, così linda e ben confezionata, dopo due mesi di sudore e sporcizia. Sarebbe stata una bella sensazione, forse, anche con quegli abiti e vestiti che non avevano nulla a che fare con ciò che ero, se non fosse stato per la consapevolezza di ciò che sarebbe seguito…

Un bussare alla porta mi distrasse da quei pensieri. E prima ancora che qualunque delle ancelle potesse dare una risposta, la figura imponente di Elmerish fece il suo ingresso nella stanza. Al solo vederlo, il mio odio nei suoi confronti si risvegliò, con tutta la sua intensità.

Gli occhi del gigante si fecero sornioni, nell’incontrare il mio sguardo. “Vedo che ti hanno dato una bella ripulita, eh, mocciosa? Uregh non potrà che esserne soddisfatto…”

Strinsi i denti, fremendo di rabbia. Quanto avrei voluto essere riuscita a lasciargli uno squarcio più profondo sul viso, con quell’unico incantesimo che mi era stato dato lanciare… “Sono l’unica al cui aspetto questo viaggio sembra aver fatto bene, Elmerish…” Replicai, fra i denti, divincolandomi dal sostegno delle ancelle e muovendo un passo verso di lui. “Ma devo dire che la nuova ferita che ti ho scavato in volto si intona perfettamente alla tua faccia butterata…”

Ebbi l’impressione di cogliere un lampo di rabbia nei suoi occhi, ma Elmerish lo dissimulò dietro ad un sorriso. “Puoi offendermi quanto ti pare, mocciosa, se la cosa ti fa star meglio… ma questo non cambierà la tua situazione.” Si avvicinò, e mi afferrò per il mento. “Sai, sto per partire per tornare a quelle terre che tu non vedrai mai più… ti saluterò i tuoi ombrosi boschi e i tuoi freddi inverni, se lo desideri… quaggiù ad Ulan Bator il solstizio d’inverno si festeggia sulle terrazze, all’ombra di tende e parasoli, per ripararsi dal sole cocente…”

La mia mascella tremolò. Faticavo a concepire che mancasse solo un mese alla festa del solstizio d’inverno… Zephilia, all’estremo nord del continente, in quel periodo dell’anno era già totalmente coperta dalla neve… in ogni casa il camino era acceso, e la dispensa piena di scorte per il lungo e rigido inverno. I viaggiatori si rifugiavano nelle locande e nel vino bollente, in cerca di compagnia e di calore per fuggire al gelo che sulla strada ti penetrava fino alle ossa. Da anni non tornavo al mio paese natale, ma, per qualche motivo, in quel momento quei ricordi si fecero particolarmente vivi nella mia mente. Pensare di trascorrere quel periodo dell’anno sola, in una terra dove le stagioni non variavano mai, dove un eterno manto di calore intrappolava edifici e persone, mi faceva avvertire con ancora più forza quanto fossi lontana da qualsiasi certezza e da qualsiasi appiglio noto. Circondata da quel nulla dorato, privo di vie di fuga, mi sentivo ancora più impotente di quanto già non fossi perché priva della mia magia. A quei pensieri un groppo di angoscia mi si strinse alla gola.

Ma non avevo alcuna intenzione di lasciar intravedere la mia paura ad Elmerish. “Non sprecare fiato ed energia a fare saluti non necessari, faccia butterata, ti serviranno per quando ci incontreremo di nuovo…” Replicai freddamente, staccandomi da lui.

Elmerish scoppiò a ridere. “Mi stai MINACCIANDO?” Riafferrò il mio mento, e si piegò su di me. “Non ho dubbi che un giorno o l’altro ci rivedremo, mocciosa… ma ho idea che tu sarai MOLTO cambiata, allora…” Sibilò. “Per questo volevo incontrarti un’ultima volta così come sei ora… ora partirò, per comunicare il buon esito della missione, e presto una intera divisione sarà pronta a seguire le mie orme e raggiungere i territori oltre la barriera. Quando tornerò ad Ulan Bator sarà per condurre le trattative, dopo che il mio Signore avrà sfruttato le truppe di Uregh per prendere tutte le fortezze di confine, stringendo Philionel all’interno, e costringendolo ad abdicare… un bel piano, non è vero?” Torse il mio mento con violenza. “E a quel punto il regno del tuo amico re pacifista sarà finito, e la principessina aiuterà il mio signore Oberon a legittimare il proprio dominio grazie al loro matrimonio… ma allora la leggenda di Lina Inverse sarà già sepolta da un pezzo nell’oblio.” Ringhiò, e si allontanò di scatto da me. “Vedremo se avrai ancora voglia di mettere in atto le tue minacce, mocciosa, quando ci rivedremo e la schiavitù ti avrà ridotta all’ombra di ciò che sei ora.” Mi rivolse un sorriso beffardo. “E vedremo se avrai ancora voglia di ridere della mia faccia butterata.”

Rimasi in piedi, guardandolo uscire, incapace di rispondere. Rabbia e paura si accavallavano nella mia mente, impedendomi persino di parlare. Era un quadro terrificante, quello che Elmerish mi aveva appena dipinto. Ed io potevo davvero fare qualcosa per evitare che si realizzasse?   

Le ancelle mi raggiunsero nuovamente, e presero a risistemarmi il vestito ed i capelli, come se nulla fosse accaduto. Io rimasi immobile, fissando la porta in cui Elmerish era sparito, cercando freneticamente modo per deludere le sue previsioni, e vedere definitivamente quel ghigno odioso cancellato dal suo volto…

“La ragazza è pronta?” Giunse una voce alle mie spalle, facendomi sussultare.

Mi volsi. E a fronteggiarmi, davanti ad una delle tende di velluto che coprivano gli ingressi alla sala, trovai una bella donna, dalla pelle scura e dai lineamenti regolari, avvolta in una morbida veste purpurea. Aveva i capelli raccolti in una lunga treccia, e modi e contegno che si sarebbero potuti dire quelli di una principessa. Era già matura, ma aveva la leggerezza di movimenti e l’eleganza di un’adolescente.

‘Meno ingenua e più studiata, però. Ho idea che qui qualcuno faccia del suo meglio per apparire una gran dama…’

Le rivolsi un’occhiata fredda. “E tu saresti una delle famose cortigiane di Uregh?”

Anche la ‘dama’ mi studiò, con occhi gelidi. “Le mie ancelle non avevano torto nel riferirmi che i modi delle donne al di là della barriera sono del tutto rozzi…”

Scusate??? A chi è che sta dando della rozza Miss Affettazione???

“Le cortigiane del più fetido sovrano al di là della barriera non fanno parte del roseo alveo di persone da cui accetto critiche sui miei modi…” Non feci grandi sforzi per mascherare l’irritazione nel mio tono di voce.

Il sopracciglio della mia interlocutrice si inarcò lievemente, ma la donna non commentò il mio giudizio sul suo padrone. “In effetti non sta a me giudicare i gusti del mio signore…” Il malcelato disprezzo con cui pronunciò quelle parole non fece che irritarmi ulteriormente. “Mi è stato ordinato di condurti da lui, e di darti qualche spiegazione sui costumi del mio paese. Se vuoi seguirmi…”

Senza attendere risposta, la cortigiana si avviò al di fuori della sala, lungo un corridoio. Supponevo di non avere grandi alternative, per cui, con un sospiro, mi avviai al suo seguito. Rimasi stupita del suo perfetto uso della lingua comune. Al di là della mal calcolata ostentazione, doveva trattarsi effettivamente di una donna colta. Avevo udito Uregh e pochi altri, in quel luogo, esprimersi in lingua diversa da quella locale con tanta sicurezza…

“Il mio nome è Ka-reen.” Iniziò la mia accompagnatrice, senza neppure voltarsi a guardarmi. “Sono la più anziana fra le cortigiane del signore Uregh. Il mio signore mi ha chiesto di spiegarti quale sarà il tuo stile di vita da oggi in poi…” Chiuse la porta della sala da cui eravamo uscite, e si avviò per il lungo corridoio che da essa si dipartiva… “E’ usanza che noi tutte viviamo in un’area reclusa del palazzo, ognuna dotata di propri appartamenti, a cui solo le ancelle ed il nostro signore possono avere accesso. E’ un’ala grande, dotata di tutti i servizi e di un suo ampio parco. Non ti sarà permesso uscirne, ogni tua esigenza dovrà essere espletata al suo interno. Solo a noi anziane è concesso il privilegio di aggirarci liberamente in ogni area sul territorio del palazzo, e, debitamente scortate, all’interno della città…” Girò bruscamente ad una svolta del corridoio, verso una scalinata, ed io incespicai per seguirla. “Sarà il signore Uregh a recarsi da te, quando la cosa sarà di suo gradimento. Cenerai con lui, parlerai con lui, imparerai a suonare o danzare per lui, se ciò gli aggraderà.” Mi lanciò un’occhiata al di sopra della spalla, con uno sguardo che esprimeva chiaramente quanto improbabile trovasse il benché minimo sviluppo da parte mia di una abilità in qualsiasi di queste arti… e se non fosse stato che detestavo l’idea di darle anche la minima soddisfazione, non avrei avuto alcuna riserva a darle ragione su tutti i fronti. L’ultimo mio desiderio era imparare a ballare per l’enorme ammasso di cattivo gusto che mi aveva accolto in quella città… “Questa sera il mio signore desidera che tu lo intrattenga per la cena, e per la serata.” Si fermò per un momento, e si volse a guardarmi, con occhi stranamente sinceri. “Ho sentito parlare di te, e ho idea di come sei fatta. Ma se vuoi un consiglio spassionato, accondiscendi a quello che ti chiede, senza fare troppe difficoltà. Uregh è come tutti gli uomini orgoglioso. E nel suo caso, all’essere orgoglioso si somma la più perfetta mediocrità intellettuale. L’idea di dover soffocare uno spirito ribelle risveglia il suo mascolino desiderio di supremazia. Mostrati remissiva, e prima si inorgoglirà nei tuoi confronti, poi perderà presto interesse in te. E allora potrai vivertene tranquillamente nel lusso, e come una delle sue favorite avrai chiunque ai tuoi piedi, e il palazzo in pugno.” Quell’improvvisa ondata di franchezza giungeva del tutto inaspettata. Guardai la mia interlocutrice con nuovo interesse. “Perché mi stai dicendo questo?”

Ka-reen si strinse nelle spalle. “Solidarietà femminile, suppongo.” Mi lanciò una lunga occhiata. “Senti, a nessuna di noi piace realmente Uregh. E non vedo come mai una donna potrebbe essere attratta da un uomo del genere. C’è chi si può permettere di dirtelo apertamente, come me, e chi non lo ammetterà mai, ma è così. Forse alcune nemmeno se ne rendono conto, ma è così. La maggior parte di noi era destinata a condurre questa vita sin dall’infanzia, e nemmeno pensa ad un modo di vita alternativo. Se vuoi saperlo, anzi, per molti aspetti la condizione delle cortigiane anziane come me è del tutto invidiabile. Ho la possibilità di studiare, e di comandare a corte, e non penserei nemmeno lontanamente di perdere ciò che ho ora per futili istinti di ribellione verso un padrone che a volte non vedo per mesi interi…” Mi squadrò, stringendo i suoi occhi nerissimi. “Ma per una come te, che è stata portata qui contro la sua volontà e da un mondo completamente diverso, immagino che debba essere difficile da accettare. Bé, se vuoi un consiglio, morditi la lingua, e sopporta. Se hai perso davvero i fantomatici poteri di cui tanti bardi raccontano non avrai modo di andartene di qui, te lo posso assicurare. Ed essere accomodante in una situazione come questa non potrà che portarti buoni frutti…” Rimase a fissarmi, per qualche istante, intensamente.

Ricambiai lo sguardo, per qualche secondo, in silenzio. Quindi, mi accigliai. “Non posso farlo.” Risposi, semplicemente. “Se accondiscendessi al tuo padrone non sarei più io. E non ha senso aggrapparsi al quieto vivere, se vuol dire perdere me stessa.”

Ka-reen mi fissò ancora per qualche istante. Quindi, si strinse nelle spalle. “Bè, lo immaginavo.” Si volse nuovamente in avanti, e riprese ad avanzare. “Il mio era solo un consiglio. E non è detto che il tempo non ti faccia cambiare idea.”

La seguii, in un silenzio inquieto. Non fraintendetemi: non dubitavo della sua buona fede. Non credevo certo che Uregh me la avesse inviata con il preciso obiettivo di farmi convincere ad essere obbediente nei suoi confronti. Era una mossa troppo astuta, ai miei occhi, per il giudizio che avevo di lui. Anzi, in effetti provavo un fondo di gratitudine per il discorso della cortigiana. Perché indubbiamente era stato pronunciato come un suggerimento spassionato, da parte di una donna tutt’altro che sprovveduta, nella direzione di quello che lei riteneva sarebbe stato il mio bene. E non sarò tanto ipocrita da lanciarmi in discorsi sulla emancipazione femminile. L’idea di Ka-reen che la rassegnazione fosse la miglior arma mi infastidiva, era vero, ma capivo anche perfettamente che nasceva dal fatto che quella donna era cresciuta in un ambiente totalmente diverso dal mio. Anche se, se dovevo essere sincera, un po’ mi dispiaceva. Nessuno mi avrebbe tolto dalla mente che era un tipo altezzoso e spocchioso, è vero… ma avevo il sentore che sarebbe stato interessante incontrarla in circostanze diverse da quella…

“Eccoci arrivate.” Dichiarò la mia accompagnatrice, in tono neutro, fermandosi davanti all’ennesimo portale ricoperto di velluto rosso. “Gli appartamenti del mio signore.”

A quella frase, il nodo di paura tornò a stringermi la gola.

Ka-reen aprì lentamente la porta, e mi precedette all’interno di una stanza. La seguii guardandomi attorno con curiosità, malgrado tutto… Era bene che non mi facessi prendere dal panico e che tenessi gli occhi bene aperti, se speravo ancora di trovare una via di fuga…

Uregh era semi sdraiato su un divano, davanti ad una tavola apparecchiata e mordicchiava pigramente uno spiedino di carne, studiando alcune carte. Mappe geografiche, all’apparenza. Mi sporsi per osservare meglio di che si trattava, ma in quel momento colui che mi teneva prigioniera le chiuse di scatto, e sollevò lo sguardo, studiandomi con aperto interesse. “Oh… oh, bene, eccovi qui…” Dichiarò, nel suo comune dall’inflessione appena lievemente strana. Mi squadrò, per un lungo istante. “I miei complimenti, Ka-reen, avete fatto davvero un ottimo lavoro, con lei…” Feci del mio meglio per evitare di sbuffare.

La mia accompagnatrice si limitò ad esibirsi in un lieve inchino. “Sono lieta che vi compiaccia, mio signore…” Ripose, in tono del tutto freddo ed inespressivo. “Ora, se il mio signore vuole scusarmi… dato che il mio compito qui è terminato, devo recarmi a dare disposizioni alle ancelle per la cena nei nostri appartamenti…”

Uregh diede cenno solo vagamente di avere udito quanto stava dicendo. “Sì, sì, vai dove devi…” Con un secco movimento della mano, le fece segno che poteva allontanarsi, cosa che la cortigiana non si fece ripetere due volte. La vidi inchinarsi, ed affrettarsi al di fuori della stessa porta da cui eravamo entrate, senza dire una parola. E per tutto quel tempo Uregh non mi staccò un attimo gli occhi di dosso.

Ricambiai lo sguardo, cercando di restare imperturbabile. Le parole di Ka-reen continuavano a vagare nella mia mente. L’idea che quell’uomo trovasse piacevole il mio atteggiamento di rifiuto nei suoi confronti mi irritava infinitamente.

“Dunque… a quanto pare da oggi in poi sarai mia ospite, Lina…” Si rivolse a me, con un vago sorriso.

Inarcai un sopracciglio. “Mi sembra che ad Ulan Bator abbiate uno strano concetto dell’ospitalità, UREGH…” Lo chiamai apertamente per nome, tanto per rimarcare che lo scarso rispetto che mostrava nei miei confronti era decisamente reciproco.

Il reggente scoppiò in una risata sgradevole, evidentemente non raccogliendo l’offesa. “Paese che vai, usanza che trovi, ragazza mia. La mamma non te l’ha insegnato?”

“Mia madre mi ha insegnato a studiare le debolezze di chi cerca di approfittare di me, e a non farmi remore, appena le ho scoperte.” Replicai, con fredda irritazione. Uregh ne parve infinitamente divertito.

“Proprio come immaginavo!” Scoppiò in una sonora risata di compiacimento. “Sei proprio come immaginavo, ragazza!”

‘Attaccare, bruciare, uccidere…’ Pensieri di questo tipo cominciarono ad accavallarsi nella mia mente, senza che potessi impedirlo. Uregh aveva capito perfettamente di avere il coltello dalla parte del manico. Potevo fare la sciocca arrabbiata quanto volevo, anzi la cosa lo divertiva maggiormente, dato che aveva comunque il controllo su di me. Ka-reen aveva ragione. Anche Elmerish si divertiva ad irritarmi, ma per tutto l’odio che provavo nei suoi confronti gli riconoscevo comunque una personalità più complessa. Uregh invece era un uomo semplice. Scioccamente semplice. E questo rendeva ancora più odiosa l’idea di non poterlo ingannare in qualche modo per sfuggirgli.

“Siediti, ragazza.” Mi fece cenno, con aria di benevolenza, di avvicinarmi alla sua tavola imbandita. “Sarai affamata, suppongo.”

Lo ero. Mi bastò un’occhiata ai cibi ammassati sulla tovaglia bianca perché il mio stomaco riprendesse a gorgogliare. Compresi che dovevo essere stata priva di sensi per diverse ore. Tuttavia, non avevo la minima voglia di dargli la soddisfazione di accettare il suo invito…

“Possiamo evitare i convenevoli inutili?” Replicai, semplicemente, non muovendomi da dove mi trovavo. “Lo sappiamo entrambi che non mi trovo qui né per mio piacere né per mia scelta.”

Uregh si strinse nelle spalle, e tornò ad addentare il suo spiedino di carne arrotolata. “Puoi sempre scegliere di renderti la cosa più piacevole, Lina. Sei mia prigioniera, è vero, ma nessuno ti obbliga a soffrire anche la fame e la sete, per questo.” Appoggiò lo spiedino al piatto, e tornò a fissarmi. “Immagino che sia stato un lungo viaggio, dal regno di Sailune. Gradisci il servizio che ti hanno reso le mie ancelle? Posso assegnartele in via definitiva, per renderti il soggiorno quanto più confortevole possibile, dopo questi mesi di dura marcia…”

Strinsi i denti, sempre più irritata da quell’atteggiamento noncurante che dava per scontato che per me il peggiore dei mali dovesse essere la fatica… “Sai, Uregh, la mia idea di confort non implica l’essere lavata come una neonata quando sono ancora incosciente e l’essere obbligata ad indossare gioielli che non ho mai chiesto!” Sbottai, indicando i lobi delle mie orecchie, arrossati. “Ti ho detto, evitiamo gli inutili convenevoli!”

Uregh si pulì le labbra col tovagliolo. “Come preferisci.” Dichiarò, semplicemente, e si sollevò in piedi. 

Eh… ehi, aspetta un momento… io non… non intendevo QUESTO!

Uregh si avvicinò, squadrandomi con un mezzo sorriso. “Come ben sai, non sei qui come semplice servitrice. Ho intenzione di sommarti al numero delle mie cortigiane. E tu sai qual è il compito primario di una cortigiana, no…?” Mentre cercavo inutilmente di arretrare verso la porta, mi afferrò per un braccio. Mi morsi le labbra.

“Nel caso delle TUE cortigiane, evitare di essere sopraffatte dal disgusto, suppongo…” Sibilai, nella vaga speranza di provocarlo, e risvegliare in lui sentimenti diversi nei miei confronti rispetto a quelli che leggevo ora nei suoi occhi…

Uregh, tuttavia, mostrò di non essere tipo da farsi provocare facilmente quanto Elmerish… “Non puoi giudicare qualcosa prima di averlo provato, Lina…” Mi rivolse un sorriso. “Ma a questo potremo rimediare immediatamente…”

Il reggente si piegò su di me. Indietreggiai, e cercai di divincolarmi, ma la mano grassoccia di Uregh stringeva ancora dolorosamente il mio braccio, impedendomi i movimenti. Sollevai la mano libera, gliela premetti contro il naso, cercando di allontanarlo, ma quando mi resi conto che la mia forza non era sufficiente, la sollevai alla sua guancia, e graffiai con tutte le forze.

Uregh emise un gemito di dolore ed indietreggiò, coprendosi la ferita con la mano. Io mi allontanai da lui, il respiro affannato, cercando disperatamente una via di fuga.

“Sai, Lina…” Uregh mi fissò, un lieve sorriso sulle labbra, e quell’espressione odiosa ancora affissa al suo volto. “… sapevo che non sarebbe stato semplice. Sapevo che anche in condizione di svantaggio avresti prestato fede alla fama che ti ha preceduta fin qui… Ma io sono un uomo che adora le sfide.”

‘E allora vai a farti una dannata partita a dadi e lascia stare ME!’

Ebbi appena il tempo di pensarlo. Prima che potessi cercare di sfuggirgli, tornò ad afferrarmi con forza. Era veloce, per un uomo della sua stazza, e notevolmente forte. Normalmente gli sarei sfuggita facilmente, con la mia agilità, ma non in quel momento, non debole e stordita a causa della droga.

Lottai per qualche glorioso istante, con la speranza di fargli perdere l’equilibrio, ma l’unico risultato che ottenni fu di incespicare su una pila di cuscini, e crollarvi all’indietro, di peso, tanto che nonostante la superficie morbida la caduta per un momento mi tolse il respiro. Uregh, ovviamente, fu immediatamente sopra di me.

“Sono mesi che sogno questo momento…” Sibilò, annaspando nel tentativo di bloccarmi le braccia. “Da quando ho sentito di come sei giunta nel continente con i tuoi compagni, su una nave che viaggiava sulla terra, ho continuato a sperare di incontrarti.” Mi afferrò i polsi, e li bloccò ai lati della mia testa. “Ho radunato cento bardi alla mia corte, per conoscere ciò che si narrava di te. Non esistono altre donne simili, ad Ulan Bator…”

Strinsi i denti. “Io non sono di Ulan Bator!” Scattai, rabbiosa. “Per quel che mi riguarda nulla mi renderebbe più felice che sapere che ciascuna delle tue cortigiane ha deciso di ribellarsi a te e di ucciderti! Ma se anche questo non potrà mai avvenire, se anche hai il completo controllo su di LORO, ciò non significa che puoi controllare ME! Non sono una tua dannata proprietà, Uregh!”

Il reggente di Ulan Bator, ancora una volta, tornò a vestire quel suo sorriso irritante. “Mi spiace deluderti, Lina… ma mi sembra che i fatti smentiscano le tue parole.”

Si piegò cercando nuovamente di baciarmi, ed io presi a divincolarmi più che mai, mentre il sentimento della mia impotenza veniva prepotentemente a galla nella mia mente. Sussultai, quando una delle sue mani abbandonò il mio braccio, e scese al mio seno sinistro. Uregh strinse con violenza, e lacrime di dolore e di rabbia affiorarono involontarie ai miei occhi. Non poteva essere. Non poteva accadere proprio a me. Io avevo appreso le mie arti magiche proprio per non dovere sottostare alla violenza di nessuno. Per avere la forza di mantenere il controllo di ogni situazione. Per essere io a dettare le regole.

Desistendo dal raggiungere le mie labbra, il reggente prese a baciarmi il collo. Cercai di allontanarlo con la mano libera, con tutta la violenza risvegliata dalla paura e dalla rabbia, ma la mia forza non era ovviamente sufficiente. Lo presi a pugni, cercai di mordere, ma mi ci volle poco per capire che nessuna di quelle mosse era in grado di placare i bollenti spiriti del reggente.

‘Non devo rassegnarmi. Non voglio rassegnarmi.’

Le lacrime formatesi agli angoli dei miei occhi presero a scendere lungo le mie guance, senza che potessi fermarle. Avrei voluto che i pensieri potessero uccidere, in quel momento. Nemmeno con Elmerish mi era successo. Non avevo mai desiderato tanto vedere una persona morta.

Uregh tornò a sorridermi, e lo fissai con rabbia, attraverso le lacrime.

“Pare che in fondo la famosa Lina Inverse non sia così invincibile…” Mi apostrofò, in tono affannato, tornando a stringere il mio seno… “Dovrò raccomandare ai bardi di raccontarlo… e anche di dire in giro che, per quanto piccolo sia, il suo seno non è poi così male…” Si chinò a baciarmi alla base del collo, ignorando il mio fremito di vergogna e di rabbia.

Era ironico. Non credevo che avrei mai disprezzato un complimento sul mio seno.

Smisi di lottare, rendendomi conto che era inutile. Volevo vomitare. Volevo perdere i sensi. Volevo che qualsiasi cosa mi portasse via da quella realtà che stava per infrangersi su di me come una vetrata tagliente. Il volto di Gourry continuava a danzarmi di fronte agli occhi. Il mio compagno, il mio migliore amico. E ancora più, ancora più di questo. Mi chiesi cosa avrebbe fatto ad Uregh, se fosse stato al mio fianco. Ma ora probabilmente era morto. E in quel momento fui quasi felice al pensiero che non lo avrei rivisto. Perché come avrei potuto affrontarlo, dopo quello che stava per accadermi?

“Dimmi, Lina Inverse… dopo questa sera… ammetterai di appartenermi…?” Sibilò Uregh, al mio orecchio, fermandosi a baciare i miei lobi arrossati…

Strinsi i denti, nuovamente catturata dalla rabbia, a quella domanda. “Non so se ne saresti veramente felice… ci sono proprietà che comportano un prezzo molto alto…” Pronunciai quella frase come un monito senza scopo, ma proprio mentre le parole uscivano dalle mie labbra, presero ad assumere un significato ben più profondo, per me, di quanto avessi voluto infondere loro inizialmente… proprio il pensiero di Gourry, infatti, aveva acceso un campanello nella mia mente…

Uregh rise, evidentemente dando scarso peso a quella minaccia. “Ma non mi dire… e come potrebbe mai nuocermi il possederti, quando non puoi difenderti con la tua magia?”

“La magia non è l’unica via per cui un uomo può perdere la vita…” Risposi laconica, ed improvvisamente cupa…

Uregh dovette rendersi conto che l’equilibrio fra noi era in qualche modo cambiato, perché la sua espressione fino ad allora soddisfatta mutò, e anche le sue mani, che non avevano cessato di vagare al di sopra della mia tunica, si bloccarono. “Che diavolo vuoi dire?”

“Chissà…” Replicai, gelida. “I tuoi fidi bardi ti hanno precisato per caso che prima di venire così gentilmente accolta da te stavo con un mercenario…?”

 Uregh non capì, e parve irritato dalla cosa. “E con ciò?” Sibilò, fra i denti.

La mia voce si fece minacciosa. “Niente. E’ che non si sa mai quali malattie i mercenari possano raccogliere sulla strada…”

Uregh storse il naso. “Mi stai dicendo che sei stata a letto con lui? Tu non sei stata a letto proprio con nessuno!” Tuttavia, sono certa senza rendersene conto, Uregh allontanò le mani da me.

Mi strinsi nelle spalle, senza smettere di guardarlo. “Se ne hai la certezza…”

A pensarci bene, la storia che gli avevo tanto sfacciatamente sputato addosso avrebbe dovuto farmi sorridere. Perché non era farina del mio sacco, ma era stata inventata da Gourry. Anni prima, quando Rezo aveva messo una taglia sulle nostre teste, e delle guardie ci avevano catturati, due di esse avevano cercato di mettermi le mani addosso. E Gourry, impossibilitato a combattere, non aveva trovato niente di meglio che inventarsi che avessi qualche strana malattia, per evitare che portassero a termine i loro intenti… Quanto mi ero arrabbiata con lui, quella volta, invece di mostrargli gratitudine per avermi salvata… ed ora forse la sua strana prontezza di spirito mi avrebbe tolta di nuovo dai guai… (questo è successo davvero, nel terzo romanzo, ‘Il fantasma di Sailarg’…=P NdA)

Uregh mi fissò, rabbioso per quanto solo poco prima era stato soddisfatto e cordiale. “Stai mentendo.” Dichiarò, con meno risolutezza di quanta sarebbe riuscita a farmi disperare.

“Forse.” Replicai. “O forse no. Quanto sei disposto a rischiare, per scoprirlo?”

La rabbia lo catturò, tanto velocemente quanto la consapevolezza che, almeno per il momento, lo avevo battuto. Mi resi conto che avevo compreso bene la psicologia del reggente di Ulan Bator… semplice, appunto, come mi ero aspettata. Se ci fosse stato Elmerish al suo posto probabilmente avrebbe capito, avrebbe rischiato. Ma la paura di Uregh della morte era tale che anche se aveva la pressoché certezza che stessi mentendo, la sua rabbia nei miei confronti non era sufficiente a fargli correre quel pericolo. Il che significava, uno a zero per me.

Il reggente mi strinse nuovamente il seno con la mano, senza passione, stavolta, solamente al fine di procurarmi dolore. “Ti farò visitare.” Ringhiò. “Ti farò visitare dai migliori medici di Ulan Bator. Se dici la verità avrai ben altro di cui preoccuparti che la tua malattia. E se stai mentendo ti pentirai di non aver accettato le mie attenzioni stasera, quando ancora sarebbero state dispensate con gentilezza…” 

Si alzò di scatto e si allontanò da me, come se all’improvviso lo disgustassi. Rimasi immobile dove mi trovavo mentre usciva dalla stanza, accogliendo il sollievo che mi invadeva, grata, e cercando di non pensare alle minacce del reggente, e al disgusto generato ancora dall’impressione e dal ricordo del suo corpo sul mio. Lo udii dare disposizioni su di me alle guardie, fuori dalla porta, e rimasi ad attendere, paziente, che entrassero e mi portassero dove dovevano. Chiusi gli occhi, e mi imposi per un momento di non pensare, di riconquistare la calma necessaria per permettere alla mia mente di affrontare ciò che sarebbe seguito.

‘Visto, Gourry? Salvata in estremo, grazie alla mia prontezza, e ad una tua idea… per questo dico sempre che siamo una squadra imbattibile…’

Quando le guardie entrarono, mi imposi di non lasciar scendere lungo le mie guance nemmeno una lacrima… 

 

 

***

 

 

Il mare era piatto di fronte a lui, e il cielo totalmente privo di nuvole. La terra, spesso non visibile nel clima nebbioso del Mare dei Demoni, ora si stagliava chiaramente in lontananza.

Erano già tre settimane che scendevano lungo la costa, tenendosi a distanza di sicurezza dalle rotte comunemente battute dalle navi commerciali, ma recuperando a tratti la visuale delle scogliere e delle masse sabbiose che si contrapponevano all’incessante infrangersi delle onde. Era un viaggio pericoloso, quello, con una guerra in corso. Le battaglie non avevano coinvolto il mare, ma il rischio di un attacco, per una nave che fosse avvistabile dalle coste, era sempre presente, e Gourry aveva dovuto accettare di cedere tutto il denaro che Philionel gli aveva lasciato, pur di convincere un capitano a deviare tanto a sud… Non gli importava realmente, però. Non aveva bisogno d’altro che di quella nave e del suo cavallo per giungere ad Ulan Bator, ed il denaro non avrebbe avuto grande peso, una volta che avesse incontrato Lina. Allora tutto sarebbe stato a posto. In ogni caso.

 

Gourry aveva la testa stranamente leggera, da quando era partito da quel castello fra i ghiacci. Non nel senso che fosse sollevato. Era più quella strana sensazione di straniamento che si prova quando si è ubriachi. Era cosciente di ciò che faceva, e di quale fosse il suo obiettivo, ma aveva l’impressione  che le sue azioni fossero sempre sul punto di sfuggire alla sua mente…

‘Voglio vedere Lina…’

Gourry affondò la testa fra le braccia, appoggiandosi al parapetto della nave. Si sentiva così confuso… sperava che Lina avrebbe potuto vedere quella maledetta spada, e chiarirgli che cosa gli stava succedendo… o che il solo incontrarla servisse a liberarlo dalla specie di cappa opprimente che gli catturava il cervello…

 

“E allora, bel mercenario… come vedi ti abbiamo portato dove tanto disperatamente desideravi arrivare…” Il corpo di Gourry si irrigidì, non appena avvertì la figura avvicinarsi a lui. Era da un po’ che gli succedeva. La presenza di estranei lo metteva immediatamente in agitazione.

Lo spadaccino si volse a fronteggiare la donna che lo stava avvicinando. “Laggiù c’è Ulan Bator?” Si limitò a domandare, occhieggiando la costa…

La donna ammiccò, rivolgendogli un ampio sorriso. “Manca poco…” Si appoggiò al parapetto, al suo fianco. “Sei impaziente, mercenario… Anche se continuo a chiedermi cosa mai di tanto urgente tu abbia da fare in quella città… per noi mercanti è una specie di paradiso, dato che tutti i traffici che attraversano il deserto passano di lì, ma non vorrei avere a che fare con la gente che ci abita per nulla al mondo… non hai idea delle difficoltà che devo affrontare tutte le volte che ci faccio scalo, solo perché sono una donna che pretende di commerciare senza avere un uomo a fianco…”

“Mmm…” Si limitò a commentare Gourry, senza impegnarsi ad intavolare una conversazione… In quel momento l’ultima cosa di cui aveva voglia era raccontare le ragioni del proprio viaggio, anche se era grato a Danielle per aver intrapreso quella rotta dopo che in tanti si erano rifiutati… un vero mercante fiuta gli affari anche là dove nessuno potrebbe immaginare di trovarli, così gli aveva risposto la donna, quando ormai privo di speranze le aveva chiesto la sua collaborazione al viaggio… Ulan Bator sarebbe stata libera da antipatici concorrenti a causa delle battaglie, e dunque era proprio quello il momento giusto per recarvisi… e, certo, la borsa d’oro che le aveva ‘donato’ come incentivo non aveva fatto che aumentare la sua motivazione…

“Dunque il capitano si è definitivamente convinto ad attraccare direttamente in un porto del regno…” Lanciò un’occhiata di sottecchi alla donna, che lo stava ancora fissando, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli biondo scuro…

La donna sorrise, ancora una volta, sporgendosi ulteriormente sul parapetto, e scivolando verso di lui… “So essere persuasiva, mercenario… ed il capitano, per quanto sia un dannato maschilista, negli anni ha imparato che se non vuole perdere buone occasioni deve dare retta a quello che gli dico…”

Gourry tornò a volgersi al mare. “Bé… meglio così…”

Lo sguardo di Danielle non si allontanò dal suo viso. “Non sei particolarmente abile nel nascondere che c’è qualcosa che ti preoccupa, mercenario…”

Gourry batté le palpebre. Quella stessa frase gli era già stata rivolta svariati anni prima, prima ancora che conoscesse Lina, in un incontro che difficilmente avrebbe potuto dimenticare… anche perché era stato parte dei motivi che lo avevano poi portato a viaggiare a fianco della maga…

A dispetto di se stesso, Gourry si ritrovò a sorridere, a quel ricordo. “Una volta… una persona mi ha detto che, per quanto la propria mente sia tormentata, non è consigliabile mostrarlo davanti alla donna che si ama…”

(anche questo è canon…XD Sto citando uno spin off incentrato su Gourry, intitolato “Ciò che vede oltre la punta della sua spada”e l’incontro era con il padre di Lina, anche se Gourry non ne conosce l’identità…; P)

La donna che gli stava a fianco scoppiò a ridere. “E questo cosa sarebbe, un modo carino per dirmi che non sono il tuo tipo, mercenario?”

Gourry sobbalzò, e arrossì. “N- no! Non volevo dire questo! Cioè, non desideravo offenderti, io…”

La risata di Danielle si fece più sonora. “Oh, mercenario, sono stata offesa in modi ben peggiori che venendo rifiutata da un uomo!” I suoi occhi si strinsero in un sorriso malizioso… “Lo sai, sei un tipo strano, tu… non ho incontrato molti mercenari come te, nei miei viaggi…”

Gourry sorrise, fissando il mare. “In fondo è questo il bello del viaggiare per il mondo… Negli ultimi quattro anni sulla strada, ho incontrato gente di ogni tipo…” La sua mente ripercorse la varietà delle esperienze che aveva vissuto da quando viaggiava con Lina… “… ed una di queste persone è più stramba di tutte le altre…” Aggiunse in un bisbiglio, ridacchiando fra sé…

“Mmm…” Danielle inarcò un sopracciglio… “E allora… come si chiama…?”

Gourry si volse verso di lei, senza capire… “Chi?”

La donna si protese verso di lui. “Che domande… il ‘motivo’ che ti spinge ad Ulan Bator…scommetto che è un ‘motivo’ dai grandi occhi e dalle lunghe ciglia…”

Gourry si grattò la guancia, e distolse lo sguardo. “Da cosa lo hai capito…?”

“Oh, hai tutta l’aria del sedotto ed abbandonato…” Lo scrutò, con fare ironico. “O sbaglio? Che c’è sei stato stregato da una bella mora di Ulan Bator, che stai inseguendo lungo il continente…?”

Sulle labbra di Gourry si disegnò un sorriso amaro… non si immaginava molto in quel ruolo… ma in un certo senso lo avrebbe preferito… perché sarebbe stato ansioso, impaziente, certo… ma la preoccupazione non lo avrebbe attanagliato di continuo a quel modo…

“Non ho… voglia di parlarne.” Rispose, semplicemente.

“Dai retta a me, faresti meglio a non prendertela troppo per una ragazza che si fa inseguire a questo modo… un tipo come te può averne, di donne…” Gli si avvicinò, facendo scivolare il braccio attorno al suo. “Se vuoi posso provare io a fartela dimenticare… anche se hai già chiarito che ‘non sono il tuo tipo’…” Gli sussurrò, all’orecchio.

Gourry ebbe un fremito involontario. Era una bella donna, Danielle… doveva avere più o meno la sua età, e di certo pochi uomini avrebbero dichiarato di non essere attratti dai suoi capelli color fieno, dai suoi profondi occhi nocciola, e dalle forme tornite che la sua semplice blusa bianca, aprendosi sul suo collo lentigginoso, fin troppo chiaramente rivelava… Gli tornarono in mente gli anni che aveva vissuto come mercenario, le donne che aveva conosciuto allora, altrettanto attraenti, altrettanto intraprendenti. Gourry si riteneva tutt’altro che un uomo di mondo… la maggior parte dei suoi commilitoni sapeva corteggiare, sapeva toccare le giuste corde per attrarre le donne certo non sprovvedute che si accodavano al loro esercito… Gourry, invece, ricordava le sue prime esperienze come abbastanza disastrose… ‘Utili occhioni azzurri, ma poca tattica…’, così usavano prenderlo in giro i suoi compagni… e il ruolo del mercenario ‘bello e dannato’ non era mai stato particolarmente adatto a lui… anche se, certo, col tempo aveva appreso come girava il mondo…

‘Basti pensare a cosa credevo di ottenere salvando Lina…’

Gourry sorrise. Era in Danielle che aveva sperato quando aveva deciso di aiutare quella giovane accerchiata dai banditi. O quanto meno, in una ragazza con il suo aspetto, e la sua stessa disposizione nei suoi confronti… e invece, gli era capitata una ragazzina dal seno piatto, il cui aspetto certo non sarebbe servito a togliere il fiato ad un uomo.

‘E me la sono proprio meritata… così imparo a salvare la gente con i doppi fini…’

Il suo sorriso si allargò. Ci era voluto poco perché cominciasse ad apprezzare quella ragazzina e la sua compagnia, sotto numerosi punti di vista… E nonostante questo, chi si sarebbe aspettato, allora, quello che Lina sarebbe diventata per lui…

Allontanò Danielle, con gentilezza. “Mi spiace, Danielle… tu… sei davvero una bella donna, e non potresti non piacermi, ma… la situazione è più complessa di quello che appare…”

Danielle si allontanò, con un sospiro. “Il che è un altro modo carino per dire che non mi vuoi…” Si strinse nelle spalle. “Del resto me lo diceva, mia madre, ‘I più carini sono anche i più bastardi’…”

Gourry sorrise. “Bé, non credo che piangerai per me molto a lungo… ho il sospetto che tu abbia una bella coda di corteggiatori ad aspettarti nelle città in cui sbarchi…”

“Ah, ah, non cercare di adularmi ora, perché ormai la tua occasione l’hai persa, mercenario…” Gli diede le spalle, e si allontanò verso la cabina del capitano, rivolgendogli un breve cenno con la mano… “Sbarcheremo domani, quindi stasera vedi di radunare le tue cose…” Si volse e gli scoccò una lunga occhiata. “E pensare che avresti potuto essere impegnato in ben altre attività…”

Gourry sospirò, e scosse la testa. ‘Questa sarà meglio che non la racconti a Lina, quando ci rivedremo…’ Tornò a volgersi verso la costa, la mente in quel momento resa stranamente lucida dalla forza del suo ricordo della maga. La spiaggia ora gli pareva ancora più vicina… ‘Presto. Ci vedremo presto.’ Strinse con forza il parapetto della nave.  ‘Pazienta solo un po’, solo un altro po’, Lina… sto arrivando…’

 

 

 

 

Attraccarono il giorno successivo, nel primo pomeriggio, ma era ormai il tramonto quando fu permesso loro di sbarcare dalla nave. Le normali procedure di controllo al porto si erano dilatate a causa delle battaglie in corso, ed in generale l’atmosfera fra gli ufficiali era piuttosto tesa. Si parlava di un prossimo coinvolgimento del regno nella guerra…

“Pare che per Sailune le cose si mettano male…” Mormorò fra sé Danielle, mentre aspettava sul molo a fianco di Gourry, occhieggiando i suoi uomini che scaricavano le merci ed i cavalli. “La flotta di Ulan Bator è potente, e i suoi soldati sono abituati a combattere in condizioni durissime… per Oberon, Uregh sarà un alleato potente…”

“Tu sei del sud, vero, Danielle…?” Chiese Gourry, osservando le navi da guerra che a lieve distanza vegliavano sul porto, minacciose… “Voglio dire, sei nata a sud della barriera…”

Danielle inclinò la testa. “Sì…” Gli rivolse un’occhiata profonda. “Non sono di queste parti, però. Vengo da un’isola spostata più ad ovest di qui. Che vive più che altro di commercio. Ci sono molte carovaniere che attraversano queste regioni, ma noi ci limitiamo per lo più a scambiare prodotti lungo le coste… la popolazione qui è piuttosto chiusa, ma nelle città portuali sono per lo meno abituati a trattare con gli stranieri…” Incrociò le braccia dietro la testa. “La caduta della barriera va tutta a nostro vantaggio, però. Ora abbiamo a disposizione chilometri e chilometri di costa in più che prima non potevamo battere…”

“Mmm…” Commentò Gourry, con aria perplessa.

Danielle levò un sopracciglio. “Perché me lo hai chiesto?”

Gourry si strinse nelle spalle… “Solo per curiosità… è che… non so molto di questo Oberon che sta attaccando Sailune, e mi chiedevo se tu conoscessi qualche informazione in più…”

Danielle lo squadrò, sospettosa. “Non è che dietro quell’aria innocente si nasconde una spia di Sailune, vero? Non ho alcuna intenzione di passare guai perché ti ho trasportato fin qui…”

Gourry sorrise. “Non credo sarei molto in gamba come spia. Né sono di Sailune. Però… ti confesso che Oberon nel corso di questa guerra ha compiuto effettivamente azioni che mi coinvolgono personalmente…”

Danielle sospirò. “Bello, schizzinoso in fatto di donne, e pure implicato in politica. Tutti a me devono capitare, gli uomini problematici.”

Gourry batté le palpebre, perplesso. “Implicato in politica?”

Danielle ridacchiò. “Di Oberon so solo che è un uomo potente, e che è stato in grado di farsi molti alleati illustri…” Rispose, infine… “E’ stato il primo uomo, qui al sud, in grado di garantirsi la fedeltà dei popoli nomadi delle steppe… quella è gente che normalmente con le faccende politiche vuole avere poco a che fare…” Fissò il mare, accigliata, come se stesse radunando i propri ricordi. “E la sua stirpe si dice essere millenaria, pare che dominasse le sue terre già da prima che la barriera venisse eretta…” Gli lanciò un’occhiata. “E ti assicuro che non è un compito semplice, per come sono poveri ed impervi quei territori… si dice che un tempo vi scorresse un grande fiume, ma che il terreno lo abbia assorbito, rendendo molto difficile la coltivazione dei terreni… è un regno ampio, ma i territori vicini sono occupati da signori potenti che stringono il regno in una morsa, e conquiste e migrazioni non sono certo semplici… e così, con prodotti del suolo così scarsi, la sua popolazione è stata per secoli ridotta alla fame… E’ stato proprio Oberon a risollevare il regno… ha promosso l’artigianato e la tecnologia, ha puntato sui prodotti di lusso di cui tanti aristocratici dei regni qui attorno sono ghiotti, scambiandoli con beni di prima necessità utili alla sopravvivenza del suo popolo… ed è riuscito a creare una rete di alleanze tale da garantirsi rapporti commerciali privilegiati con praticamente tutti i paesi confinanti.” Danielle sorrise, e Gourry si rese conto che la donna parlava con ammirazione, e forse con una punta di invidia. “Una tattica perfetta. Oberon è salito al potere quando era ancora molto giovane, ma in questi vent’anni di governo ha portato il suo regno ad una maggiore prosperità. Grazie alla fedeltà di Elmerish dei Turid e della sua cavalleria ha incrementato notevolmente la potenza del suo esercito… non mi stupisce che abbia preso di mira un regno come Sailune… sono territori caldi ma fertili, grazie alla ricchezza di acque e vegetazione. L’ideale per promuovere una migrazione del suo popolo, e garantirsi anche l’autosufficienza alimentare. Senza contare che, con Sailune come base, la sua rete di commerci ed alleanze potrà allargarsi anche al nord della barriera…”

Gourry fissò Danielle, in silenzio. Non era certo di avere compreso tutti i passaggi del discorso, ma il succo era, gli pareva, che Oberon aveva una forte motivazione per portare avanti le sue conquiste… quella dettata dalla necessità. Ed un uomo motivato è sempre un uomo pericoloso… Lo stomaco di Gourry si strinse. Aveva un bruttissimo presentimento, riguardo a tutta quella faccenda. Non sapeva perché, ma aveva l’impressione che ci fosse qualcosa di più sotto, qualcosa che la superficie di quella guerra nascondeva… Portò la mano all’elsa della sua spada, avvertendo, ma ormai quasi non registrando, la fitta di dolore che come di consueto accompagnava quel gesto. Aveva il vago sentore che tutto, quella spada, quella guerra, Lina portata via da lui, tutto implicasse un suo intervento, una sua partecipazione a qualcosa che ancora non era in grado di definire… forse era il senso di confusione che provava da quando portava quella spada ad impedirgli di capire… ma la sua mente lottava fra questo vago senso della necessità di un suo intervento, e la volontà di trovare Lina, e andare via, da lì, da Sailune, il più lontano possibile da tutto ciò che stava succedendo, per proteggerla, per evitare che qualunque superiore meccanismo fosse in atto in quel momento potesse nuovamente coinvolgerla… ‘… e portarla ancora via da me…’

Le sue labbra si strinsero. ‘Non capisco.’ Fissò la nave, e gli uomini che come formiche lavoravano incessantemente per portare a termine il loro compito. ‘Non capisco cosa stia succedendo, Lina.’

“Gourry?” Batté le palpebre, scuotendosi dai suoi pensieri sotto lo sguardo perplesso di Danielle. “Tutto bene?”

Gourry la fissò per qualche istante, la bocca aperta ed un’espressione che doveva apparire estremamente stupida sul viso. “Oh… io.. s-sì, tutto bene…” Tornò a volgersi verso il mare, grattandosi lievemente la guancia col dito… “Mi ero solo distratto un momento…”

Danielle inarcò un sopracciglio. “Direi.” Lo fissò, scettica. “Avevi l’aria di chi è a mille miglia di distanza. Guarda che, se non la ascolti quando parla, è ovvio che poi la tua bella se ne scappi lontano…”

Gourry sorrise. “Non preoccuparti… la mia ‘bella’ ha metodi efficaci, per fare sì che io la ascolti…” Si figurò per un momento una delle sfuriate di Lina, tanto caratteristiche di quando Gourry decideva che il discorso sulla magia che la sua compagna stava facendo non lo interessava poi così tanto. Il suo sorriso si allargò.

Danielle sbuffò. “Oh, oh, ancora quel sorriso ebete… Comincio ad essere felice che tu non abbia ceduto al mio fascino, mercenario, in fondo sei una vera pizza… non te l’ha detto nessuno che la monogamia è fuori moda?”

Gourry batté le palpebre, senza capire. “Eh?”

Danielle si limitò a sorridere. “Stanno sbarcando il tuo cavallo. Meglio che tu vada a tranquillizzare quella povera bestia, o non ti porterà proprio da nessuna parte.” Lo superò, e prese a dirigersi verso la sua nave. “Io me ne vado a controllare le mie merci.” Si volse brevemente verso di lui. “Tra una settimana esatta, all’alba, salperò da questo porto. Non ho intenzione di trattenermi più a lungo, perché queste rotte si faranno pericolose, quando quelle salperanno…” Indicò brevemente le navi da guerra che incombevano su di loro. “Ma ho tutta l’intenzione di recarmi al nord, per smerciare un po’ dei pregiati prodotti di Ulan Bator… e credo che in fondo non me ne accorgerò, se un paio di clandestini cercheranno di introdursi sulla mia nave…”

Sulle prime Gourry non capì cosa intendesse… ma l’occhiata significativa che la donna gli rivolse chiarì immediatamente le sue parole. Sulle labbra di Gourry si aprì un sorriso. “Grazie, Danielle, sei gentile…”

Danielle si accigliò. “Non farmi gli occhi dolci, mercenario, perché non attaccano più… e non ringraziarmi prima del tempo, perché il viaggio di ritorno dovrete guadagnarvelo nelle cucine della nave…” Lo fissò, seria. “Ricorda, una settimana, non un giorno di più. Se allora non sarai tornato dalla capitale, salperò senza di te.”

Gourry annuì. “Partirò immediatamente.” Replicò, semplicemente.

Danielle lo bloccò, nuovamente, proprio mentre stava per scattare verso il suo cavallo.

“Ehi, mercenario!”

Gourry si volse verso di lei. “Cosa?”

“La tua ‘bella’… non mi hai ancora detto come si chiama…”

Gourry sorrise. “Lina! Si chiama Lina!”

“Lina, hai detto…?” Danielle lo fissò perplessa, per un momento, quindi un lampo di comprensione parve accendersi nel suo sguardo… “Gourry… e Lina…”

Gourry ricambiò con un’espressione perplessa… “Che c’è…? La conosci…?”

Danielle sorrise. “Credo di averne sentito parlare…” Si strinse nelle spalle, ed inarcò un sopracciglio. Bé, Gourry… Buon viaggio a te!” Sorrise. “E di’ alla tua Lina da parte mia che è una ragazza fortunata…” Aggiunse, dopo qualche istante, in un sussurro.

Gourry non fu certo di avere udito bene, ma Danielle si allontanò prima che potesse chiederle di ripetere. Si strinse nelle spalle. Qualunque cosa fosse, in fondo, gliela avrebbe potuta ripetere fra una settimana. 

Raggiunse il suo cavallo, e lo preparò in tutta fretta al viaggio. Provava ancora quella strana sensazione, ma decise di non pensarci. In quel momento aveva una certezza, e decise di aggrapparvisi con tutte le sue forze. Entro una settimana, sarebbe tornato in quel luogo. Insieme a Lina.

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Capitolo 16
*** Capitolo sedici ***


D’accordo

Questo capitolo termina con il classico finale di capitolo che io leggendo avrei odiato, quindi… non odiatemi.XD Cercherò di aggiornare presto. (anche se purtroppo gli esami incombono di nuovo…) Come sempre, commenti e critiche sono graditi! ^^

 

D’accordo. Ero irritata..

Sapevo che in quelle circostanze avrei dovuto essere disperata, spaventata… e vi assicuro, nulla di tutto questo mancava al campionario di sensazioni che quella meravigliosa avventura era riuscita ad offrirmi… ma in quel momento l’irritazione pareva prevalere su tutte.

Volete sapere da quanto tempo ero rinchiusa in quella cella? Una settimana.

E potete immaginare quanto tempo era necessario ad Uregh per trovare un dottore che potesse visitarmi? Bé, IO lo immaginavo, e l’idea che il disgustoso e perverso verme che mi ero trovata di fronte al mio arrivo ad Ulan Bator si divertisse a tenermi rinchiusa per alimentare la mia paura e la mia frustrazione era sufficiente perché ogni altro sentimento giorno dopo giorno venisse offuscato dalla rabbia…

Oh, non che desiderassi che Uregh scoprisse tanto presto della mia bugia, è chiaro. Se dovevo essere sincera, non avevo la più pallida idea di cosa avrei fatto, poi. Ma, se avevo capito un minimo la psicologia di Uregh, sapevo cosa stava tentando di farmi. Ero finita nei sotterranei del suo palazzo. Trascorrevo le mie intere giornate in una indistinta penombra, in cui l’unico segnale dello scorrere del tempo erano gli intervalli regolari a cui le guardie mi portavano la brodaglia grassa che usavano definire ‘pasto’… Ero rinchiusa in una cella singola, ma ero attorniata dal putridume, dai ratti, e da delinquenti di ogni genere. Gente da cui normalmente sapevo come difendermi, certo, ma quanto era accaduto negli ultimi mesi aveva ridimensionato notevolmente la mia fiducia nelle mie capacità di togliermi dai guai… ora ero sul chi vive persino quando mi ritiravo dietro al paravento che mi offriva un minimo di privacy per espletare le mie funzioni corporali. E, ovviamente, la prospettiva di un bagno non era che un labile miraggio. Uregh probabilmente sperava che quell’esperienza mi portasse al cedimento totale. Sperava che quando si sarebbe presentato di fronte a me mi sarei prostrata ai suoi piedi confessando la mia menzogna e pregandolo di farmi ritornare al lusso che con la mia trovata di qualche sera prima credevo di avere irrimediabilmente perduto. Oh, e non avevo dubbi che, contro OGNI aspettativa, Uregh me lo avrebbe concesso… quale magnifica impennata del suo ego avrei permesso, umiliandomi di fronte a lui… Ma aveva sbagliato strategia. Non facevo che ripetermelo. Perché per quanto il senso di impotenza e la mente inattiva fomentavano in me la paura e la rassegnazione, altrettanto la rabbia alimentava la mia lucidità. Dopo la disperazione iniziale, mi ero risvegliata ad uno stato di riflessione quasi febbrile. Uregh era meno furbo di Elmerish. Aveva altrettante risorse, forse, ma era meno furbo. Invece, a me il cervello era tutto ciò che rimaneva. E dovevo sfruttarlo, perché avevo intenzione di uscire di lì.

La mia mente era lucida.

Lucida.

Non stavo impazzendo.

 

Quella sera (era davvero sera? Il mio stomaco mi suggeriva che un pasto era in arrivo, ma sinceramente avevo perso totalmente il conto delle ore…), stavo strofinandomi vigorosamente i capelli con la poca acqua che le guardie mi concedevano di tenere nel catino dietro il paravento. Detestavo essere sporca. Anche quando trascorrevo notti all’addiaccio insieme a Gourry, il mio compagno ed io cercavamo sempre di fermarci vicino a qualche corso d’acqua, non solo per rifornirci di acqua da bere, ma anche per poter curare almeno le basi della nostra igiene personale. Essere sporca mi dava l’impressione di non avere il pieno controllo di me stessa. E se non controllavo nemmeno me stessa, come potevo essere padrona della situazione in cui mi trovavo?

‘Se Uregh davvero riuscirà a mettermi le mani addosso, spero che si ritrovi come minimo assediato da una colonia di pulci…’

Strinsi i denti, strofinando più forte. Avevo l’impressione che la sabbia mi penetrasse nei vestiti, da quando mi trovavo ad Ulan Bator. La stessa sensazione che provavo durante le notti nel deserto. Strisciante, subdola… non sapevo come facesse a penetrare nella cella, in quei sotterranei, ma la sentivo… mi corrodeva la pelle ad ogni movimento nel mio giaciglio, dietro il paravento, in ogni metro di quello spazio angusto. Smisi di strofinare, e mi resi conto che mi tremavano le mani. Avevo voglia di vomitare, anche se non c’era nulla nello stomaco che potessi rigettare.

 

“E’ l’ora della cena!!!”  Gridò una guardia, passando attraverso il corridoio fra le celle. “Venite a prendervela, bastardi, o resterete digiuni!!!”

Uscii da dietro il paravento, e mi avvicinai alla grata che mi separava dalla guardia responsabile delle prigioni, un po’ barcollante. Occhieggiai il carrello con la zuppa. Sempre la stessa, ogni giorno. Al solo vederla, insorgeva in me un senso di nausea.

La guardia mi rivolse un sorriso insolente. “Vuoi zuppa, donna?” Mi sbatté un piatto sotto il naso, con malagrazia. “Non è proprio il cibo raffinato che una cortigiana si aspetterebbe, eh?”

Non ero molto amata, fra le guardie. Uregh pareva il solo a nutrire una insana passione nei miei confronti. Agli occhi degli altri uomini di Ulan Bator, non ero che una mocciosa dal carattere e dall’aspetto quanto mai discutibili, probabilmente buona solo per fungere da sguattera nelle cucine. Non ero certa di quale atteggiamento detestassi di più.

Per una volta, non risposi alla provocazione. “Si può sapere quand’è che il vostro signore ha intenzione di decidere cosa fare di me…?” Chiesi, fra i denti.

La guardia mi fissò con disprezzo. “Non osare rivolgerti con quel tono ad una guardia di Ulan Bator, donna. E non darti più importanza di quanta tu non ne abbia. Il mio signore Uregh ha ben altro a cui pensare che a come trattare una stupida femmina ed i suoi istinti di ribellione. Deve predisporre un esercito. A te potrà pensare una volta che le truppe saranno partite. Mi auguro con maggiore lucidità di quanto abbia fatto finora…” Sibilò…

“Già, perché ovviamente il signor codardia si guarderà bene dal partire lui stesso per Sailune… chissà perché la cosa non mi stupisce…” Commentai, a voce sufficientemente alta perché la guardia mi udisse…

L’uomo si volse verso di me, livido di rabbia. “Come OSI offendere il mio signore???” Afferrò le sbarre, e mi fissò dritto negli occhi.

“Il tuo signore mi ha dato forse modo di farmi un’opinione diversa su di lui?” Replicai, fra i denti. “E portati via quella zuppa.” Occhieggiai il piatto che stringeva fra le mani, con un fremito di disgusto. “Non posso più mangiare quella roba.”

Il volto del soldato si fece pallido di rabbia. “Stammi a sentire, donna…” La sua voce si era abbassata ad un cupo sibilo… “Ne ho abbastanza di te… Vedi di stare zitta, e mangiare la tua cena senza crearmi problemi. Perché in caso contrario non mi farei tante remore a farti succedere qualcosa di MOLTO sgradevole… sono stato sufficientemente chiaro…?”

Il suo interesse per la mia alimentazione, ci avrei scommesso, dipendeva UNICAMENTE dalla sua sollecitudine nei miei confronti… nulla c’entrava il fatto che si ostinavano a sciogliermi la droga nel cibo credendo che non me ne accorgessi…

Mi sporsi verso di lui. “Avrei paura di te se non fossi codardo esattamente quanto il tuo signore…” Sibilai, in risposta. “Ma so perfettamente che non farai proprio nulla che possa nuocermi senza che te l’abbiano ordinato, sapendo che il risultato sarebbe finire in questa cella al mio posto…”

Ero un’incosciente, forse, ma davvero non avevo timore di lui. Era quella droga che aveva iniziato a spaventarmi, invece, più di qualsiasi soldato al servizio di Uregh sarebbe mai stato in grado di fare. Erano più di due mesi, ormai, che ci ero costretta, e non era più soltanto questione di non poter utilizzare la magia. Ricordavo cosa aveva detto Elmerish, quando me la aveva mostrata la prima volta. Portava la pazzia, e poi la morte. Ed io temevo di perdere me stessa, in entrambi i sensi. Anche se per motivi diversi, quella da sempre era la mia paura più grande…

“Ma non mi dire…” La guardia mi fissò, e sulle sue labbra comparve un sorriso. “E se io raccontassi che ti sei ribellata e che mi hai costretto a fermarti con la forza, donna?” La sua voce divenne nuovamente un sibilo. “Non è necessario che ti uccida. Ma potrei farti molto male…”

Ero stanca. Ero dannatamente stanca di quel trattamento impari, di quel sorriso di superiorità, di quelle provocazioni. Da quando ero finita nelle mani di Elmerish, quello era l’unico atteggiamento che avevo ricevuto dalle persone che mi circondavano. Ora basta. Basta!

“Ti ha mai detto nessuno che sei mediocre e scontato quanto le tue minacce, grand’uomo?” Replicai, fra i denti.

Il volto del soldato si fece scuro, come se quelle parole avessero mutato all’improvviso la sua disposizione nei miei confronti. Si allontanò dalle sbarre, e mi fissò con cupa serietà. “Te la sei voluta, donna.”

Si volse verso la porta di accesso al corridoio delle celle, e portò una mano alla bocca. “Rijah!” Chiamò, a gran voce. “Rijah, aham icchasi!”

Quella che poteva essere una giovane recluta si avvicinò di corsa al soldato più anziano, e gli rivolse un veloce inchino. I due parlarono brevemente fra loro in una lingua che non comprendevo, e notai che il giovane mi rivolgeva veloci occhiate, mentre annuiva al suo superiore. Al termine della conversazione, rivolse all’altra guardia un ulteriore inchino, e tornò di corsa sui suoi passi, lungo il corridoio.

Strinsi i denti. “Che diavolo gli hai detto?”

Il soldato mi rivolse un sorriso. “Di andare a chiamare il Maestro dei sacerdoti di corte, un mio buon amico. E di farlo scendere quaggiù personalmente, mentre lui sorveglia i suoi appartamenti. Dal momento che hai rovesciato la tua cena, ho bisogno che mi porti un altro flacone di droga…” Ebbi un sussulto. La guardia lasciò cadere all’improvviso il piatto che ancora aveva in mano, proprio accanto al pavimento della mia cella. Fissai il piatto, e poi lui, stupita, e non del tutto certa di capire… “Sai, il mio signore si è raccomandato che nessuno oltre a me e lui possa mettere mano a quella sostanza, dato che i Turid sono gelosi delle loro pozioni, ed il generale Elmerish ce ne ha lasciato una quantità appena sufficiente per il periodo in cui sarà lontano da Ulan Bator… un altro segno dell’atteggiamento prudente che tu tanto disprezzi in lui, ma che gli ha permesso di arrivare dove si trova… e che ora ha anche il vantaggio di lasciarci un po’ di tempo da soli…” Lo fissai, inorridita, quando iniziò a sfilarsi la cinghia dei pantaloni…

Infilò la chiave nella toppa della cella, e la porta si aprì con uno scatto. Il soldato avanzò, mentre io indietreggiavo fissandolo in preda all’agitazione, e pensando febbrilmente ad un modo per sfuggirgli…

“Fa male, la cinghia, sai?” La strattonò fra le mani, come a saggiarne la consistenza. “Ma certo non ti ferirà a morte… e sono sicuro che il sacerdote capirà il mio gesto… nemmeno lui è così propenso a lasciare impunite le donne indisciplinate…”

Strinsi i denti. “E scommetto che sarà propenso invece a mascherare le mie ferite in modo che i tuoi superiori non si accorgano di nulla…”

La guardia sorrise, nuovamente. “Sei perspicace. Una pessima qualità, in una donna.”

‘Complimenti, grand’uomo. Hai vinto il superpremio per la battuta più scontata.’

Si fece avanti, cercando di afferrarmi per un braccio, ma io indietreggiai, di scatto, interponendo fra me e lui il lurido giaciglio di paglia, che insieme al catino d’acqua e alla latrina formava l’unico arredamento della cella. Sapevo benissimo che non sarei andata lontano, comunque. In quei tre metri quadrati, non avevo grandi spazi per rifugiarmi…

“Non ho molto tempo, donna.” Intimò lui. “Meno me ne fai perdere, più io sarò generoso con te…”

‘Certo, come no…’ Lottai per impedirmi levare gli occhi al cielo. Mi sentivo stupida, a scappare. Era ovvio che non avevo scampo, e con gli altri detenuti che a turno incitavano me o la guardia, quella scena cominciava ad assomigliare troppo ad un incontro di scommesse clandestine, per quel che mi riguardava… Nonostante questo, continuai ad indietreggiare, fino a che la mia schiena non si trovò a premere contro il muro. Che dovevo fare, farmi frustare, e davanti a tutte quelle persone, senza opporre nemmeno un minimo di resistenza?

Quando fui schiacciata fra lui e la parete, tutto ciò che mi rimase da fare fu fissarlo, cercando di mascherare nel mio sguardo la paura generata dal presentimento del dolore.

“Non ti piace, eh?” Mi afferrò un braccio, e lo torse, dolorosamente, in modo che mi trovassi premuta faccia al muro, e che gli dessi la schiena. “Forse potrei convincere il sacerdote a farti la visita che il mio signore ha in preventivo per te, dopo averti curato…” Sussurrò, continuando a stringere il mio arto. “Sai, il mio signore è molto in collera con te… a lui non piace perdere, e tanto meno con una donna capricciosa…” Strattonò il mio braccio con tanta forza che sussultai, e lacrime involontarie di dolore mi affiorarono agli occhi… “Ha deciso di lasciarti qui a marcire per un po’, prima di permetterti di tornare al lusso della corte… ma forse se gli facessi comunicare il risultato della visita in anticipo cambierebbe idea… e ho come l’impressione che nemmeno questo ti piacerebbe, non è così?”

Sapete cosa odio ancor più di una guardia carceraria sadica? Una guardia carceraria sadica che si diletta di psicologia!

“Forse… o forse mi piacerebbe non dover più avere a che fare con te…” Mormorai, fra i denti…

La sua stretta sul mio braccio si fece ancora più forte. “Oh, non ho dubbi, in proposito, dopo ciò che ti accadrà ora… ma sai, non credo ti rimpiangerò a lungo… perché non ho dubbi neanche sul fatto che tornerai a trovarmi, dato che non ti sarà difficile irritare di nuovo il mio signore…” Mi spinse malamente contro il muro, e sollevò la cinghia.

Altro appunto: detesto i ‘cattivi’ che parlano troppo.

Non so neanche esattamente come mi venne in mente. Mi feci avanti con la testa, forse per allontanarmi da lui, e quando la gettai all’indietro, direttamente contro il naso del mio catturatore, e mettendoci tutta la violenza di cui ero capace, lo feci più per istinto che per premeditazione… e nemmeno avevo idea che gli avrei fatto TANTO male.

Fu quando la guardia indietreggiò, lasciando cadere la cinghia per reggersi il naso sanguinante, che mi resi conto di essermi davvero creata una via di fuga.

Il mio corpo agì prima ancora che il mio cervello registrasse quanto stavo facendo. Raccolsi la cinghia dal suolo. La guardia vide ciò che stavo facendo, e protese le mani avanti, per afferrarla prima di me, ma la forza della disperazione mi rese più veloce. Afferrai l’oggetto con entrambe le mani, e mi gettai su di lui. La guardia lottò per un istante, cercando di afferrare i miei polsi, ma il sangue che gli annebbiava la vista ed il colpo appena ricevuto gli rallentavano i movimenti. Riuscii a spingerlo al suolo, e gli strinsi la cinghia attorno al collo, con tutta la forza di cui ero capace.

Mi fissò a lungo, gli occhi pieni di stupore, mentre continuavo a stringere, e stringere. Un po’ alla volta, la forza abbandonò, le sue dita, strette ai miei polsi. Quando le sue mani lasciarono la presa, e i suoi occhi si riversarono all’indietro e si chiusero, solo allora mi decisi a mollare la presa.

Mi sollevai in piedi. I miei polsi erano lividi per la stretta, e le mie mani tremavano incessantemente, mentre la mia mente era in completo subbuglio.

L’avevo ucciso? Non lo sapevo, e stupidamente non avevo nemmeno il coraggio per controllare. Avevo la sensazione che dovesse rianimarsi da un momento all’altro, e farmela pagare per l’umiliazione che gli avevo inflitto…

Mi guardai attorno, cercando di mantenere la calma. I detenuti attorno a me scalpitavano, ma il corridoio che attraversava le celle pareva deserto. Avevo qualche possibilità di scappare? Sicuramente le guardie avrebbero piantonato i piani superiori, e…

‘Oh, al diavolo!’

Non potevo non tentare, e aspettare che il sacerdote arrivasse e facesse nuovamente attirare su di me le ire di Uregh. Non me lo sarei mai perdonata. Mi piegai sul corpo riverso della guardia, e trovai le chiavi dei sotterranei in una delle sue tasche. Cercai di sfilargli la spada, ma mi resi immediatamente conto che le mie mani tremavano troppo per sorreggerla.

‘Il pugnale. Il pugnale andrà benissimo.’

Lo sfilai dalla cinta del fodero, e me lo affibiai al cordone della tunica, ormai logora e consunta. Non mi fermai nemmeno un istante a guardarmi indietro. Con il cuore in gola, schizzai più veloce che potevo verso la porta di uscita dai sotterranei.

 

Nello stanzino in cui i soldati montavano la guardia non vi era anima viva. Evidentemente, quella sera il capo dei carcerieri e il giovane chiamato Rijah erano gli unici di turno alle prigioni. Mi affrettai su di una lunga scala a chiocciola, e dopo quella che mi parve una infinità di gradini, sbucai in un corridoio illuminato dalla pallida luce del tramonto.

‘E ora dove diavolo vado?’

Non ebbi quasi il tempo di pensarlo. Un rumore di passi che si avvicinavano mi fece sussultare, e feci appena in tempo a ritirarmi nella nicchia di una delle lanterne, ancora spente, adibite all’illuminazione… dall’angolo del corridoio sbucò la figura austera di un anziano, il sacerdote di cui la guardia mi aveva parlato, ipotizzai. Ed in effetti, a conferma dei miei sospetti, l’uomo imboccò la porta delle prigioni, a passo spedito, e scomparve nell’oscurità dei sotterranei.

 

‘Dannazione!’

 

Avevo sperato di avere più tempo. Ora, il sacerdote avrebbe sicuramente dato l’allarme, e nel giro di poche decine di minuti tutto il palazzo sarebbe stato mobilitato per cercarmi.

‘Devo uscire immediatamente di qui!’

Era troppo rischioso restare dentro all’edificio. Ricordavo vagamente che l’ingresso era a meridione, e che Uregh viveva nella parte ovest del palazzo, come accadeva in molti casi, del resto, per permettere al sovrano di usufruire del sole fino ai suoi ultimi raggi… per il resto, però, la disposizione delle sale nel palazzo mi era ignota, e rimanere lì per me sarebbe equivalso a camminare in un labirinto. Sapevo che i cortili erano costantemente percorsi dalle guardie, e che senza il Raywing le mie possibilità di oltrepassare le mura interne senza essere fermata erano pari pressoché a zero, ma non avevo altra scelta se non quella di tentare di nascondermi all’esterno. Forse, se avessi trovato un buon riparo, una volta calmatesi le acque avrei potuto elaborare un qualche piano di fuga…

Percorsi il corridoio fino alla prima delle strette finestre che si aprivano all’esterno, e balzai sul davanzale, guardandomi attorno per scorgere eventuali guardie, nella penombra del giardino. Quando fui certa di essere sola, saltai fuori, e schizzai verso la prima macchia d’alberi che fui in grado di individuare, per riflettere senza essere troppo esposta.

Mi guardai attorno, alla disperata ricerca di un suggerimento da parte dell’ambiente circostante.

‘Pensa, Lina, pensa!’

Da dove mi trovavo, si intravedevano le mura bianche del palazzo. Quando ero arrivata, avevo notato lo spessore considerevole di quella costruzione, e mi era venuta in mente una informazione che Zel aveva scovato quando ancora viaggiavamo per quelle terre insieme a Philia… in diversi regni a sud della barriera si usava scavare dei cunicoli all’interno delle mura stesse, in modo che i soldati potessero scagliare frecce attraverso feritoie, senza essere esposti al fuoco nemico… mi chiedevo se fosse il caso anche di Ulan Bator…

‘Forse nascondendomi lì…’

Mi resi immediatamente conto che non avrebbe funzionato. Se volevo trovare un luogo pieno di guardie, quello sarebbero state le mura. Sospirai.

‘Ma non posso restare qui.’

Scivolai attraverso la vegetazione, acquattandomi ogni volta che intravedevo delle guardie, ed aguzzando la vista in cerca di qualche traccia che potesse aiutarmi. Ad un certo punto, sentii risuonare il corno che chiamava i soldati all’adunata, e capii che da quel momento la mia fuga sarebbe stata dominio di tutti.

Pensate, riuscii persino a non imprecare.

Il fatto che le guardie fossero chiamate a raccolta mi lasciava un ultimo vantaggio, però. Se volevo trovare un nascondiglio, quello era un buon momento per farlo. Schizzai fuori dalla macchia di vegetazione in cui mi trovavo, e mi lanciai verso i cortili delle cucine, dove intravedevo i recinti degli animali. Speravo in un capanno degli attrezzi, una stalla, un qualche edificio in cui alle guardie non venisse in mente di cercarmi.

E fu allora che ebbi l’illuminazione.

‘Un canale fognario!’

Non era possibile che in quella città non ce ne fosse uno. Era grande, Ulan Bator, e avevo già appurato come per molti versi la tecnologia di quella parte di continente superasse la nostra… poteva mancare un espediente igienico del genere?

L’idea in sé era piuttosto disgustosa, ma se fossi riuscita ad imboccarlo sarei riuscita ad allontanarmi dal palazzo, e se fossi stata fortunata forse sarei sbucata addirittura fuori dalle mura della città… Scivolai contro il muro verso le cucine, sperando di potervi trovare vicino un’imboccatura del canale. E, credo per la prima volta da quando quella orribile avventura era cominciata, la fortuna volle premiarmi.

Un percorso lastricato correva dalle cucine attraverso il cortile, e ai lati due canali di scolo correvano verso le mura, dove si incontravano, confluivano in un unico canale, e, poco prima di raggiungere la solida costruzione, sparivano nel sottosuolo. Mi diressi verso quel punto, il cuore in gola per l’agitazione. Una lastra malmessa copriva l’imbocco del canale sotterraneo in cui gli scoli confluivano, ma non serviva rimuoverla per rendersi conto di quanto quel passaggio fosse angusto. Nemmeno così, priva di armatura, ero certa di passarci, e certo qualcuno di stazza anche lievemente superiore alla mia non ne sarebbe stato in grado…

Facendo leva con il pugnale,  rimossi la lastra. Visto senza, il canale appariva tanto stretto e buio da farmi quasi passare la voglia di attraversarlo. Ma non avevo nemmeno il tempo di avere dei dubbi…

Bastarono le voci che sentivo già risuonare alle mie spalle a convincermi.

 

‘E sia. Tre, due, uno…’

Mi calai all’interno. All’inizio cercai di reggermi alle pareti, ma l’acqua che calava dall’alto le rendeva scivolose, e mi fu impossibile mantenere la presa. Precipitai, credo, per diversi metri, la caduta rallentata solo dalle strette pareti, cui cercai di afferrarmi, procurandomi graffi ed escoriazioni. Quando atterrai, penosamente, schiena a terra, mi trovai a ringraziare il cielo di non essermi spezzata le gambe…

Mi rialzai, barcollando. Il condotto in cui ero precipitata era più largo del precedente, e mi permetteva di procedere in piedi… l’acqua che cadeva dal soffitto si accumulava al suolo, confluendo verso un canale più profondo, che scorreva a lato del condotto. Là dove mi trovavo, l’acqua mi arrivava alle caviglie, e atterrando la mia tunica si era completamente infradiciata, ma potevo proseguire abbastanza agevolmente…

‘Certo, se non ci fosse questo odore terribile…’

Mi coprii la bocca con una mano. Purtroppo, non avevo tempo per fare la schizzinosa.

Il tunnel si dipanava in due direzioni, una che correva verso il palazzo, l’altra all’esterno delle mura. Istintivamente, imboccai la seconda, la direzione in cui scorreva l’acqua, pregando che non vi fossero troppe diramazioni, e di non finire per perdermi nel sottosuolo… 

Avrei voluto avere la mia magia per fare un po’ di luce… il soffitto del cunicolo si apriva di tanto in tanto in sottili fessure, attraverso cui l’acqua filtrava verso il canale al mio fianco, ma per lo più il tunnel era avvolto nell’oscurità… camminavo tenendomi a ridosso della parete melmosa, ma talvolta il tunnel si stringeva, ed io mi trovavo assediata da ambo le parti dalla roccia umida, ed immersa nell’acqua putrida fino alla vita. Era ironico, a pensarci bene. Ero uscita da Sailune attraverso un cunicolo, e mi ero cacciata in quell’assurdo guaio, ed ora forse avrei trovato la salvezza per la stessa via… certo, però, ora la situazione era molto diversa… anche uscita da Ulan Bator, non avrei avuto la più pallida idea di come muovermi, e non avevo soldi per comprarmi cibo, una mappa, o un cavallo… i soldati di Uregh avrebbero continuato a cercarmi, questo era certo, ed io non avevo idea di quando sarei stata in grado nuovamente di utilizzare la magia… quando me ne ero andata da Sailune ero al pieno delle mie capacità e delle mie speranze, ero pronta ad affrontare qualsiasi cosa… ed ora non ero che un insetto disperato in fuga…

‘… e poi… prima non ero da sola…’

Il desiderio di sapere che ne era stato del mio compagno lottava con il timore, e la voglia di non venirne mai a conoscenza…

 

Dopo un lungo corridoio avvolto nell’oscurità, giunsi in vista dell’ennesimo cono di luce, proveniente da un’apertura sul soffitto… ma ciò che mi apparve a quel lucore non poté fare a meno di farmi imprecare.

Il cunicolo si divideva in due. Sulla destra, l’acqua scorreva in un tunnel più ampio, filtrata da una grata malmessa. Sulla sinistra, il cunicolo proseguiva deviando significativamente, e perdendosi nel sottosuolo, in direzione praticamente perpendicolare a quella che avevo percorso fino a quel momento…

Rimasi ferma, per un momento, studiando la situazione. ‘Ed ora…?’

Mi calai nell’acqua, con prudenza, e raggiunsi la grata. Facendovi forza, credevo che avrei potuto abbatterla piuttosto facilmente, viste le condizioni in cui si trovava, ma il problema era dove conduceva quel condotto… da dove mi trovavo, vedevo solo l’acqua scorrere, e perdersi nel buio…

Seguendola forse sarei giunta all’esterno, da qualche parte… forse l’altro cunicolo era un raccordo con altre parti del condotto, forse serviva a qualche scopo di cui io non ero a conoscenza… forse, forse… la realtà era che, qualsiasi direzione avessi preso, non avrei avuto in ogni caso la più pallida idea di dove stavo andando.

‘Al diavolo!’

Calciai la grata, che con uno schianto e poi un tonfo si abbatté nell’acqua.

I posteri non mi ricorderanno per la mia prudenza, d’accordo?

Avanzai, lentamente, nel buio più completo, sprofondando fin quasi al petto nell’acqua gelida. Trattenetti il respiro, rabbrividendo dalla testa ai piedi.

‘Le opzioni sono tre… o le guardie di Uregh mi raggiungono, o mi congelo, o esco di qui e diffondo una bella epidemia di colera…’

Presi ad avanzare, ancora tremante per il freddo, attenta a non scivolare sul fondo fangoso. “Dei, quanto pagherei per avere un incantesimo come il Raywing, ora…” Parlai ad alta voce, perché quel silenzio stava cominciando a farmi impazzire. “Che schifo, sento la melma sotto i piedi…” Per un momento mi balenò in mente l’idea che in quel luogo potessero esserci delle lumache giganti, ma la scacciai velocemente dalla mia mente. Pensarci era il modo migliore per bloccarmi lì e non muovere più un passo…

Nonostante i miei sforzi di allontanare il pensiero, la mia mente trovo comunque un GROSSO sollievo, quando iniziai ad intravedere una luce in lontananza…

‘Grazie, grazie, grazie dei… prometto che farò una grossa offerta al primo tempio di Ceipheid che incontrerò quando tornerò a casa…’

Accellerai involontariamente il passo. Mi pareva già di sentire l’aria fresca sul viso…

‘La luce in fondo al tunnel… e dire che mia madre diceva che non è mai un buon segnooooo…’

La oooooo finale è precisamente dovuta al fatto che in quel momento mi ero sentita – DI NUOVO- mancare la terra sotto i piedi.

Fortunatamente, per una volta i miei riflessi mi aiutarono. Chiusi la bocca in tempo per non inspirare l’acqua putrida, anche se non riuscii a mantenere il controllo dei miei movimenti e potei solo lasciarmi trascinare dalla corrente in aumento del canale. Scivolai nell’acqua torbida per diversi metri, finché non mi sentii precipitare. Cercai freneticamente di afferrarmi a qualcosa, ma senza risultato. Annaspando nell’acqua, caddi rovinosamente, gli occhi serrati, per affondare poi in altra acqua profonda, a velocità tale che l’impatto mi lasciò per un momento senza fiato.

Lottai per non svenire. Non potevo aver fatto tutta quella strada per affogare miseramente in qualche canale di Ulan Bator… Aprii gli occhi, e nuotai con tutte le forze verso l’alto, dove vedevo splendere la luce riflessa dall’acqua. Sbucai all’aria calda dell’esterno, ed inspirai ripetutamente, non del tutto convinta che i miei polmoni potessero ancora funzionare. Quando fui certa di non essere annegata, mi lanciai un’occhiata attorno. Ero ai piedi del pianoro su cui si ergeva il palazzo, nel fiume che scorreva placidamente al centro di Ulan Bator, e che la rendeva una zona abitabile, ultimo baluardo contro il deserto, che incombeva dall’interno.

‘Forse il fiume conduce al mare…’

Probabilmente, la capitale apriva la strada ad una zona meno arida, che conduceva alla costa… varie possibilità cominciarono a prendere forma nella mia mente… se fossi riuscita ad uscire dalla città, forse avrei potuto seguire il fiume… certo la prospettiva di raggiungere il mare e  magari trovare lavoro su qualche imbarcazione diretta al nord era più allettante che quella di perdersi nel deserto… o forse potevo rifugiarmi in una città vicina finché non avessi recuperato la magia, per poi cercare di fare qualcosa per fermare le truppe di Uregh…

O forse… dei, non lo sapevo, ma qualcosa avrei fatto.

 ‘Sono libera… sono libera!’ Quella idea mi raggiunse all’improvviso, insieme ad una scarica di adrenalina. Solo tre ore prima non lo avrei mai pensato possibile, ma ora ero lì, fuori dal palazzo, e potevo fare progetti su quali sarebbero state le mie mosse successive. Era stata solo una coincidenza fortuita, un capriccio del caso, ma… mi era stata data una possibilità!

‘Non posso rimanere qui…’ Era tardi, ormai, il sole era già quasi totalmente tramontato, e non si vedeva gente per le strade polverose di Ulan Bator. Però le guardie mi stavano ancora cercando, ed io non potevo permettermi di correre rischi.

Non so bene con quale forza, ma nuotai fino alla riva del fiume, e mi sollevai con le braccia fuori dall’acqua. Rabbrividii, nonostante il caldo della giornata saturasse ancora l’aria ventosa della sera. La mia tunica era in condizioni indicibili, fradicia e ridotta a brandelli in varie sue parti, e avevo perso uno dei sandali che mi erano stati dati dalle ancelle di Uregh, probabilmente nella caduta.

‘Non che lo stile delle vesti mi esaltasse così tanto…’

Mi strinsi nella spalle, e mi tolsi anche l’altro sandalo. Avrei pensato a qualcosa, anche per i vestiti. Magari ne avrei rubati a qualcuno, appena fossi stata di nuovo in grado di combattere.

Immaginai l’espressione che avrebbe fatto la mia amica Amelia, se avesse saputo di intenzioni simili. ‘Ogni tanto il fine giustifica i mezzi…’ Sorrisi di un sorriso amaro. Non solo Gourry… Amelia, Zel… che ne era stato di loro, in tutto quel tempo…?

Scossi la testa. In quel momento non potevo preoccuparmi per loro, in quel momento dovevo pensare a me stessa. Se fossi rimasta nei guai non sarei stata ai miei amici di alcuna utilità.

Schizzai verso le abitazioni, in cerca di un rifugio dove riflettere sul da farsi. In quel momento mi sarei volentieri trovata un posto per riposare per qualche ora, ma mi rendevo conto che era meglio che sfruttassi l’oscurità, finché mi era possibile. Le guardie sulle mura di accesso ad Ulan Bator dovevano già essere state avvisate della mia fuga, il che significava che non mi sarebbe stato facile lasciare la città, e che in nessun punto al suo interno ero realmente al sicuro.

Raggiunsi il limitare delle case, e mi mossi con circospezione. Le strade erano praticamente deserte, fatto salvo qualche mercante frettoloso che tornava a casa col suo carro. Dalle finestre, luci di candele e lanterne si proiettavano sulle strade, e nell’aria si spandeva già un delizioso aroma di cibo. Il mio stomaco gorgogliò, ma feci del mio meglio per non fare caso alla cosa…

‘Avrei bisogno di un mantello…’ Rabbrividii, stringendomi le braccia attorno al corpo. I vestiti bagnati cominciavano a farsi sentire… in più, così non passavo precisamente inosservata…

Mi guardai intorno, in cerca di una soluzione, e mi volsi appena in tempo, perché rischiai di scontrarmi con un gruppo di guardie di pattuglia, che stavano girando l’angolo.

Soffocai un gemito di stupore, e mi ritrassi nell’ombra di un vicolo. I soldati, fortunatamente, passarono senza notarmi.

‘Mi stanno cercando.’ Intuii, immediatamente.

Le guardie si muovevano con circospezione maggiore rispetto a quella che sarebbe stata richiesta da una normale ronda serale, e continuavano a guardarsi attorno. Evidentemente, Uregh quanto meno sospettava che fossi riuscita ad allontanarmi dal palazzo.

‘D’accordo. D’accordo, mi stanno cercando, ma ciò non significa che io non riesca a sfuggire loro sotto al naso. Sta’ calma, Lina. Calma.’

Improvvisamente, non era più solo il fresco della sera, a farmi tremare. Non volevo tornare in quella cella. Soprattutto, non dopo quello che avevo fatto. Dovevo andarmene di lì. Andarmene.

Partii, in direzione opposta alle guardie ed al palazzo, verso l’ingresso della città. Improvvisamente, non avevo più voglia di fermarmi a studiare un piano. Avrei improvvisato una volta giunta alle mura. Corsi a più non posso. Corsi nell’ombra, fermandomi a controllare ad ogni svolta, ad ogni angolo. Incrociai diverse pattuglie, ma fortunatamente nel buio delle strade nessuna riuscì a vedermi.

‘Ma gli ingressi saranno sbarrati dai controlli, ed io non posso volare…’

Giunsi presto in vista del portale principale, e i miei sospetti furono confermati. Quattro guardie stazionavano al suolo, e ce n’erano altre sulle mura. Anche camuffandomi e muovendomi in mezzo alla gente avrei faticato a passare, figuriamoci da sola, di notte, e conciata a quel modo.

‘Forse dovrei aspettare domani, e cercare di nascondermi nel carro di qualcuno. O forse dovrei addirittura attendere che la mia magia ritorni, e divertirmi a fare saltare un po’ di teste, qui, per andarmene  via…’

La seconda idea era la più allettante, certo… ma dove potevo rifugiarmi, in città, per tutto quel tempo?

 

Ero talmente persa nei miei pensieri, che non me ne accorsi immediatamente. Fu solo quando alzai lo sguardo verso le guardie, nuovamente, in cerca di una qualche ispirazione, che lo vidi. Ed il fiato mi si bloccò letteralmente in gola.

Era di spalle, ma lo avrei riconosciuto fra mille persone… i suoi capelli, il suo modo di camminare… li conoscevo meglio di quanto non conoscessi il mio stesso aspetto…

Non credevo ai miei occhi… no… dopo tutto quel tempo, a tutti quei chilometri di distanza da Sailune, non poteva essere davvero…

“Gou…”

Dovetti azzittirmi da sola, ponendomi una mano sulle labbra. Ma che mi saltava in mente??? Gourry, se davvero si trattava di lui e non di un parto malato della mia mente, era a pochi metri dalle guardie, se avessi attirato la sua attenzione avrei risvegliato anche la loro! Non potevo farmi scoprire, non avevo mezzi per combattere le guardie al portale, e c’erano gli arcieri, sulle mura, saremmo stati immediatamente sotto tiro… e non potevo mettere anche lui nei guai, non di nuovo!

Mi ritirai nell’ombra, di scatto, mordendomi le labbra. Si era voltato, lo sapevo, lo sentivo. Ma così non poteva vedermi, ed io non potevo rendermi visibile, perché sapevo che ora anche la guardia scrutava nell’ombra, nella mia direzione. Ma DOVEVO farmi vedere, perché Gourry stava indirizzandosi verso il portale, se ne stava andando, se ne stava andando. Se ne stava andando!

‘Gourry, vieni da questa parte… attiva quel tuo dannato sesto senso e vieni da questa parte, coraggio, anche se non sai che sono qui, anche se non ne hai motivo…’ Improvvisamente, mi sarei abbandonata ad un molto poco maturo pianto. Non ne potevo più. Non ne potevo più di tutta quella situazione.

“Ehi, mercenario. E tu che diavolo ci fai in giro, a quest’ora della sera?” Risuonò all’improvviso una voce di guardia, dietro di me. “Dico a te, guarda che ho visto che sei feccia straniera! Spero che tu non stia cercando guai!”

Non udii la voce di Gourry, in risposta, solo un lieve vociare indistinto. Evidentemente, lo spadaccino aveva risposto all’ordine della guardia in un normale tono di voce…

Mi arrischiai a sporgere la testa oltre il muro dietro il quale mi stavo nascondendo. Non si vedeva più nessuno, né lo spadaccino né le guardie. Dovevano avere oltrepassato l’arco del portale.

Avevo mente e cuore in fibrillazione. Dovevo fare qualcosa.

Forse, se fossi scattata fuori ora, le guardie non mi avrebbero notata. Gourry li stava distraendo, forse avrei potuto avvicinarmi di soppiatto, e insieme noi…

“Vai da qualche parte, Lina Inverse?”

Sussultai. La voce era risuonata direttamente alle mie spalle.

Non feci in tempo a gridare, non feci in tempo nemmeno a volgermi completamente. Una mano mi afferrò il collo e mi sbatté contro il muro sul quale mi ero appiattita.

“Credo che qui per me ci scapperà una promozione… Il nostro signore era davvero angosciato, per te, sai?” Mi trovai davanti il volto sgradevole di una delle guardie.

L’uomo mi rivolse un sorriso beffardo, e scambiò una battuta nella sua lingua con i suoi commilitoni. Si levò un coro di risate.

Io avevo voglia di tutt’altro che di ridere.

Mi divincolai, cercai di urlare, ma la sua mano mi stringeva ancora il collo in una morsa. Il soldato mi fissò ancora per un lungo istante, quindi rivolse un ordine ad un suo compagno, che annuì, e scattò verso le mura. Quando si volse nuovamente, non c’era più traccia di scherzo, sul suo volto.

“Questo è da parte del mio compagno che hai steso alle prigioni, Inverse.” Non ebbi tempo di reagire. Il suo pugno mi si piantò nello stomaco. La vista mi si annebbiò, e mi mancò immediatamente il fiato. “E questo è da parte del mio Signore.” Un altro pugno, nello stesso punto del precedente. Il grido che normalmente avrei emesso mi si strozzò in gola. “Ed ora è proprio con lui che dovrai vedertela. E ti assicuro che è molto, molto, arrabbiato…”

Mi sollevò di peso, e mi trascinò sgarbatamente verso il palazzo. Potei solo osservare le mura che si allontanavano, la vista offuscata dalle lacrime involontarie che mi erano salite agli occhi.

Non potevo crederci. Un’ora prima stavo esultando per una ritrovata libertà in cui non avrei mai sperato, e ora…

‘Gourry…’

Avrei voluto gridarlo, quel nome, ma faticavo persino a pensarlo… chissà… se era stato davvero un parto della mia immaginazione… chissà se stavo impazzendo definitivamente… avrei voluto pensare diversamente, ma che significato aveva la sua presenza in quel luogo, dopo tutto quel tempo? Volevo sperare, e allo stesso tempo non lo desideravo più… perché avevo imparato bene, ormai, come il necessario complemento della gioia dell’illusione sia la sua successiva delusione… 

 

Sospirai, alla vista del palazzo. Vi giungemmo troppo presto, crudelmente presto, se pensavo a quanto mi era parso lungo il percorso per uscirne. Superai i portali, sotto gli occhi accigliati e minacciosi dei soldati che incrociavamo. Ma fu quando giungemmo all’ingresso della sala delle udienze che mi resi conto davvero del guaio in cui mi ero cacciata. Perché sulla porta c’era una guardia ad aspettarmi, una guardia che conoscevo bene. Il suo collo era ancora livido, ma sembrava attento e sano; la cinghia dei pantaloni era al suo posto, ora. Ma nelle mani reggeva una frusta.

Avrei voluto che l’illusione durasse solo un po’ più a lungo.

 

 

***

 

 

Era già tardo pomeriggio, quando giunse in vista delle mura di Ulan Bator. Il tragitto era stato breve, grazie alle indicazioni di Danielle. In soli due giorni, era riuscito a raggiungere la capitale. Del resto, Gourry non si era praticamente mai fermato. Era strano, ma non avvertiva né la stanchezza, né la fame. Riusciva a pensare solo al compito che doveva portare a termine in quel momento.

 

Gli fece uno strano effetto, avanzare verso i portali imponenti della città. Lì c’era Lina. In quel momento fra di loro intercorreva solo lo spazio di poche mura…

Le guardie lo squadrarono con sospetto, quando oltrepassò i portali, ma nessuno lo fermò. La sua pelle chiara e i suoi capelli biondi inevitabilmente spiccavano, rispetto ai colori più scuri della maggioranza delle popolazione locale, ma nonostante il pomeriggio fosse inoltrato c’era ancora un notevole movimento all’interno delle strade polverose della città, e Gourry aveva scorto anche alcuni altri volti evidentemente stranieri, fra quelli che si muovevano nel traffico all’interno delle mura… probabilmente si trattava di persone provenienti da quella parte di continente, ma la loro presenza era più che sufficiente per mascherare la sua… 

Gourry abbandonò il suo cavallo, legandolo ad un albero, in una piccola macchia di vegetazione a fianco delle mura. Non era certo che lo avrebbe ritrovato al suo ritorno, ma aveva bisogno di muoversi liberamente, e l’animale gli sarebbe stato solo d’impiccio. Avanzò per un po’ fra le strade, senza una precisa meta, per farsi un’idea della situazione… in realtà, era giunto in città senza sapere esattamente come raggiungere Lina… Gourry non si tirava indietro nemmeno di fronte al pensiero di aprirsi la strada a colpi di spada, in tutta franchezza. Ma non avrebbe agito avventatamente, semplicemente perché non aveva la minima intenzione di sprecare la possibilità che aveva di ritrovare la maga. Doveva fare in modo di avvicinarsi il più possibile al luogo in cui era tenuta reclusa.

‘Vorrei sapere qual è, però. Il palazzo sarà enorme…’

Lo occhieggiò, da lontano, sull’altura da cui incombeva sulla capitale. Normalmente sarebbe stato logico pensare che fosse reclusa nelle prigioni… d’altra parte, probabilmente aveva dei suoi appartamenti nel palazzo, se davvero avevano fatto di lei una… cortigiana…

Gourry strinse i pugni, ricordando le parole dense di cattivi presagi con cui Ainos l’aveva congedato. Scosse la testa, e respinse quel pensiero. No, Lina non si era arresa, non era da lei. Aveva dato del filo da torcere ai suoi catturatori, ne era certo.

‘Scommetto che si staranno già pentendo di averla scelta come prigioniera…’ Un sorriso gli affiorò sulle labbra, mentre si figurava Lina ed il suo consueto atteggiamento verso chi cercava di tenerla a freno. Quel sorriso si spense presto, però. Gli bastò un altro sguardo al profilo minaccioso della fortezza, perché la preoccupazione tornasse ad attanagliarlo.

‘Devo raggiungere il palazzo, e raccogliere delle informazioni.’

Gourry aveva adocchiato anche dei soldati di Oberon muoversi nella città… forse parte del gruppo di militari che aveva condotto lì Lina… se questo da un lato era confortante, perché gli confermava che le informazioni di Ainos erano corrette, d’altra parte di primo acchito lo aveva posto in allarme. Temeva che qualcuno lo riconoscesse, e che mettesse in allarme gli altri soldati, facendo sì che portassero via Lina. Gourry non riusciva a concepire l’idea di doversene andare da quel posto senza di lei. Fino a quel momento solo il pensiero che l’avrebbe ritrovata lì lo aveva fatto andare avanti…

 

Tuttavia, fino ad allora nessuna delle guardie aveva fatto veramente caso a lui, sebbene fosse capitato che qualcuna di esse lo vedesse chiaramente in volto. Evidentemente, non lo conoscevano, o non collegavano il suo viso alla descrizione che era stata data loro, o all’immagine che avevano di lui dai tempi dell’Assedio a Sailune… e, in effetti, per certi versi era comprensibile… lo avevano visto solo da lontano, e inoltre ora il suo volto era più magro, e solcato da qualche nuova cicatrice… senza contare che da qualche giorno non si radeva, e una barba ispida gli tormentava le guance…

 

Gourry si grattò il mento, infastidito da quella peluria cui solitamente non permetteva di crescere. Cercò di riflettere, occhieggiando un gruppo di guardie di Oberon, che approfittavano del relativo fresco del tardo pomeriggio per giocare ad una febbrile partita a dadi, sotto ad una macchia di vegetazione appena al di fuori delle mura. Gourry non era molto abituato ad elaborare strategie, almeno non in situazioni simili. Di solito era Lina a pensare a quel genere di cose. Cercò di immaginare che cosa avrebbe fatto la maga se si fosse trovata al suo posto…

‘D’accordo. Proviamo con un po’ di psicologia…’

Se c’era una cosa che Gourry aveva imparato nel periodo in cui aveva fatto parte di un esercito, era che non c’è modo migliore di estorcere informazioni ad un soldato che comportarsi secondo il più farsesco stereotipo maschile, e trattarlo come il proprio migliore amico, anche la prima volta che lo si incontra. Possibilmente, aggiungendo molto alcol nel corso del processo.

“Ehi, voi…” Gourry si avvicinò al gruppo di soldati, con aria di ostentata indifferenza. “Vi disturba un altro giocatore?”

Si sedette su una roccia vicino al gruppo, non attendendo la loro risposta.

I soldati lo fissarono per un istante, probabilmente stupiti che qualcuno esterno alla corte si rivolgesse loro in lingua comune.

“E tu chi saresti?” Fece uno di loro… “Non sei di queste parti…”

Gourry si strinse nelle spalle. “Sono un mercenario a caccia di ingaggi.” Afferrò i dadi, e decise di aprire la mano successiva. “Ero sulla costa, ma ho sentito che un generale straniero era giunto alla capitale, e mi sono chiesto se il suo arrivo non riguardasse la fantomatica guerra di cui tutti parlano… perché sarebbe proprio il tipo di impiego adatto ad uno come me…” Scagliò i dadi, e solo allora gli venne in mente un piccolo particolare… non aveva soldi per giocare…

Fu certo di avere sentito la mano di un dio passargli accanto, e muovere deliberatamente i dadi, quando una coppia di uno si materializzò miracolosamente di fronte al suo sguardo per un momento terrorizzato.

I soldati eruppero in imprecazioni. A Gourry parve di essere morto e resuscitato nel giro di due secondi. ‘Se finissi in cella per aver scatenato una rissa con le guardie di Oberon perché non ero in grado di saldare una scommessa, credo che Lina non si limiterebbe a chiamarmi ‘cervello di medusa’…’

“Sei dannatamente fortunato, mercenario!” Sbottò una delle guardie, lanciandogli, al pari degli altri, la moneta d’oro in posta. “Se hai questa fortuna sfacciata anche in battaglia, potresti davvero esserci utile!”

Gourry afferrò le monete, con mano ancora esitante. Ne lasciò una suolo. “Con questa mi ci pago un sorso di quello…” Fece un cenno con la testa verso la bottiglia che i soldati si stavano passando di mano in mano… una battuta che probabilmente suonava molto virile, e dunque funzionale allo scopo, ma che in quel momento era uscita del tutto spontanea. Qualunque cosa ci fosse in quella bottiglia, Gourry ne aveva bisogno.

Il soldato rise e gli batté una pacca sulla spalla. “Ci sappiamo godere la  vita, eh?” Gli porse la bottiglia, e contemporaneamente la moneta svanì nelle sua tasche, a velocità da record.

Gourry la afferrò, e annusò brevemente. Sembrava un qualche tipo di distillato…

“Ad ogni modo, caschi male, mercenario. Ora come ora non possiamo arruolare proprio nessuno.”

Gourry batté le palpebre. “Ah… davvero?” Si portò la bottiglia alla bocca, e per poco non si trovò a sputarne il contenuto. Quella roba era fortissima!

Fortunatamente, il soldato non ci fece caso. Gliela prese di mano, e ne bevve un lungo sorso. Quindi, si strinse nelle spalle. “Il nostro generale non si trova più qui. E fino a che non torna, non ci è permesso arruolare nuovi uomini.”

Gourry si accigliò. L’uomo che aveva portato lì Lina… se n’era andato? Ma la maga era rimasta ad Ulan Bator… giusto? “E perché… è andato via…?” Chiese, il cuore in gola.

Il soldato lo squadrò. “Uhm… ma tu quanto sai di questa guerra, mercenario?”

“M… molto poco, in realtà…” Si affrettò a rispondere Gourry. “So solo che c’è stato un assedio in uno dei regni a nord della barriera…”

Il soldato annuì. “E’ esattamente da lì che veniamo. Il mio superiore ha portato qui degli oggetti di trattativa, un ostaggio e degli schiavi, insomma… per assicurarsi l’alleanza di questo paese. Presto da qui partiranno le truppe di Uregh, e noi le guideremo. Ma il nostro generale era necessario al fronte, perciò è ripartito con gran parte dei nostri uomini. Oggi sono giunti i rinforzi che il mio signore ci aveva inviato, del resto, quindi anche noi saremo presto di partenza…”

Gourry annuì, lentamente, cercando di non lasciar trapelare la propria impazienza. Quelle informazioni non gli interessavano, non in quel momento. Era un’altra cosa quella che voleva sapere… “Dunque… dovrei aspettare qui finché la battaglia non sarà finita, e il generale tornerà… una bella fregatura…”

“Direi…” Commentò una delle guardie, ricevendo a sua volta la bottiglia. “A quel punto non ci sarà granché da guadagnare.” Ridacchiò.

“Bé, puoi sempre partire per le terre al di là della barriera.” Commentò il soldato di prima, aprendo una nuova mano di dadi. “Un uomo solo viaggia più velocemente di un esercito in marcia, se ci precedi là ti troverai nel cuore della battaglia.”

Gourry lanciò il suo turno di dadi.

Diamine. Aveva perso.

Appoggiò una delle monete che aveva guadagnato al suolo, riluttante.

“Mmm…” Borbottò, facendo un breve calcolo delle monete che aveva in tasca, e di quante mani ancora poteva permettersi di perdere… “Bah… sì, potrei fare così…” Agguantò di nuovo la bottiglia, che gli veniva porta, ma stavolta finse solo di bere. “Ma avete detto che c’è anche un ostaggio, qui…? E che senso ha portarlo così lontano dalla battaglia?” Provò ad essere diretto, sperando di non risultare troppo sospettoso…

Il soldato che aveva vinto la mano era fortunatamente propenso alle chiacchiere. “Quella? E’ solo una mocciosa. Più che come ostaggio serviva come trastullo da letto per Uregh…” Scoppiò in una risata volgare. Gourry gli avrebbe volentieri torto il collo a mani nude. “Il nostro generale aveva capito che sarebbe stato un dono gradito al reggente…” Proseguì il soldato incurante. “… ma mi sa che Uregh gliela restituirà bella e impacchettata, quando tornerà qui. Quella porta più problemi, che piaceri. Per quanto ne so, ora si trova nelle carceri perché si è rifiutata di concedere le sue ‘grazie’ al reggente.” Scoppiò in un’altra risata. “Mi pare di vederlo, quell’enorme ammasso di lardo che si fa abbindolare da una mocciosa!”

La mente di Gourry entrò immediatamente in fibrillazione. Nelle carceri. Nelle carceri!

“Devo andare!” Gourry scattò in piedi tanto repentinamente che i soldati ai suoi due lati fecero un balzo indietro. Li fissò per un momento, praticamente senza vederli. “Grazie della partita.” Scattò via, senza dar loro tempo di replicare. Prima di girare l’angolo, notò che i soldati lo fissavano allontanarsi, con l’aria di ritenerlo completamente pazzo.

‘Oh, al diavolo.’ Gourry si strinse nelle spalle. Con uno scatto che non concedeva nemmeno ai suoi migliori affondi, superò l’arco che lo avrebbe nascosto alla vista dei soldati, e prese a perlustrare febbrilmente le strade che attorniavano l’accesso al palazzo, in cerca di una via di accesso. Ma gli bastarono pochi minuti perché il suo senso di attesa si trasformasse in frustrazione. Tutte le vie di accesso erano, com’era prevedibile, totalmente bloccate dalle guardie.

Si fermò ad osservare i portali del palazzo, cercando con scarso successo di riflettere. Accarezzò l’elsa della spada, decisamente tentato a servirsene immediatamente, per risolvere il problema… Ma si rendeva conto che era avventato… sarebbe già stato costretto a combattere per portarla fuori di lì, ed era più che probabile che Lina in quel momento non fosse in grado di difendersi da sola… doveva risparmiare le sue forze…

‘Devo avere pazienza. Pazienza. Siamo stati lontani per tanto tempo, qualche ora in più non cambierà le cose…’

Ma come faceva ad arrivare alla prigione, senza farsi strada con la forza…?

Gourry si allontanò dai portali, in cerca di una qualche ispirazione da cogliere nelle strade della capitale. Rifletté per quasi un’ora, vagando senza meta per le vie lastricate, che si stavano svuotando progressivamente delle bancarelle che le avevano affollate nel corso del caldo pomeriggio. Era già quasi notte, quando si rese conto che era tornato ai portali di accesso alla città. Il sole non era che una sottile striscia di luce, che scivolava lungo le dune all’orizzonte, calando un manto di tenebra sui tetti bianchi della capitale. Il vento fresco della sera impregnava l’aria, e minuscole particelle di sabbia sferzavano il viso di Gourry, facendogli bruciare gli occhi. Nonostante questo, i soldati di guardia stavano ritti nelle loro posizioni, attenti, scrutando nell’oscurità delle strade ormai deserte… Gourry li fissò a lungo, dalla sua posizione all’ombra di una delle lanterne che illuminavano la strada. Stava perdendo tempo. Stava perdendo tempo, e questa era l’ultima cosa che desiderava. Ogni minuto in cui lui stava lì a riflettere sul da farsi, era un minuto in più di prigionia per Lina.

 

Fissò le guardie, ancora una volta. E fu allora che si rese conto che aveva la soluzione più semplice del mondo a portata di mano…

Gourry portò di nuovo mano alla spada.

Quale modo migliore di arrivare ad un carcere, che infrangere la legge?

 

Avanzò verso la luce delle lanterne, avvicinandosi ai portali. Doveva solo compiere un atto di intimidazione, qualcosa che potesse apparire una spavalderia da ubriaco, nulla di più. Le guardie dovevano sbatterlo in cella, senza cercare di ucciderlo. In quanto alla sua spada… Bé, dubitava che sarebbero riusciti facilmente a portargliela via…

Strinse ulteriormente le dita attorno all’elsa, e si fece avanti, pensando a come avvicinare le guardie. Fu quando ormai si trovava a pochi passi dal portale che udì quel grido soffocato…

Volse la testa, perplesso. Non era certo di averlo sentito veramente, forse si trattava semplicemente del vento, ma… gli sembrava la voce di qualcuno, proveniente da un vicolo alle sue spalle… e non sapeva perché, ma quella voce aveva qualcosa di familiare…

‘Non essere stupido, Gourry, non si vede nessuno in quel vicolo, e tu non puoi perdere altro tempo in cose del genere…’

Nonostante questo… nonostante questo per qualche motivo era così tentato dall’idea di andare a vedere… 

 

“Ehi, mercenario. E tu che diavolo ci fai in giro, a quest’ora della sera?”

Gourry sussultò, e si volse. Diamine. La guardia lo aveva visto.

“Dico a te, guarda che ho visto che sei feccia straniera! Spero che tu non stia cercando guai!”

Gourry lanciò un’ultima occhiata al vicolo, ma in un attimo si decise a lasciar perdere. Non che avesse grandi alternative, del resto…

Si fece avanti, con calma, esibendo il suo migliore atteggiamento strafottente. Gourry non era un grande attore, ma Lina gli aveva dato qualche lezione, in proposito, nei loro anni di convivenza…

“E tu…? E tu cerchi guai, guardia?” Avanzò sotto l’arco del portale, fissandolo con un’espressione che avrebbe spinto lui stesso a prendersi a pugni, se si fosse visto in uno specchio… “Lo sai che cosa faccio di solito a chi mi parla con quel tono?”   

Il soldato lo fissò stupito, come se non si fosse aspettato quel genere di risposta. Quindi scambiò un’occhiata divertita con i suoi compagni. “Oh, oh, o qui abbiamo un completo idiota, o qualcuno che ha bevuto un bicchiere di troppo…”

Gourry colse la palla al balzo. “Ti stai prendendo gioco di me, per caso???” Estrasse la spada, con un movimento estremamente coreografico. Avanzò, fingendo un’andatura barcollante, e senza prendersi la briga di assumere alcuna posizione di guardia. La guardia non poteva non notarlo. E certo il suo aspetto trascurato non faceva che contribuire all’impressione che fosse solo un povero sbandato… 

Il soldato, infatti, scoppiò a ridere, per nulla intimorito. “Perché, se mi prendessi gioco di te che faresti?”

“Ti taglierei la tua lingua inutile, ecco cosa farei!!!” Gourry gridò, e caricò.

La guardia, com’era prevedibile lo bloccò e lo disarmò con tutta facilità. Gourry cadde al suolo, con enfasi tale che difficilmente, venendo abbattuto sul serio, avrebbe potuto fare di meglio. La sua spada volò lontano, oltre l’arco del portale.

Il soldato immediatamente troneggiò su di lui. “Questa sera abbiamo ben altri problemi da risolvere, che stranieri ubriachi. Una notte in cella ti rinfrescherà le idee, mercenario…” Gourry notò con la coda dell’occhio un altro soldato giungere dalla città. Si fermò per un momento a parlare con le altre guardie, in una lingua dai suoni strani. Il soldato che lo sovrastava annuì, fece un cenno con la testa in sua direzione, e disse qualcosa, con un mezzo sorriso sulle labbra. L’altro soldato annuì a sua volta, e schizzò via, lungo le mura, verso una delle torrette da cui i soldati vegliavano sul deserto circostante.

“Rettifico. Problema risolto. Ma questo non cambia la situazione in cui ti trovi. Feccia straniera.” Gli sferrò un calcio nello stomaco, a cui Gourry si piegò semplicemente senza reagire. Non era niente a confronto dei colpi che aveva ricevuto quando era sotto le mani di Ainos, e il soldato dovette semplicemente pensare che era troppo ubriaco persino per avvertire il dolore…

“Ed ora muoviti, non ho intenzione di trasportarti fino a palazzo.” Una spada venne puntata alla sua gola, e Gourry si rialzò, barcollando.

Un altro soldato si fece avanti, domandando qualcosa al suo superiore, ed indicando con un cenno del capo la spada di Gourry, ancora al suolo. Colui che aveva abbattuto Gourry rispose con un ordine secco.

“E’ meglio che non tocchiate la spada…” Avvertì Gourry, in tono cupo.

Il soldato scoppiò a ridere. “Perché, che hai intenzione di fare in proposito?”

Gourry non ebbe il tempo di rispondere. L’urlo della guardia che aveva raccolto la spada risuonò, e parve frantumare la notte. I soldati immediatamente corsero a soccorrere il loro compagno, riverso al suolo, la testa fra le mani. L’arma era stata nuovamente scagliata lontano.

“Appunto…” Mormorò Gourry, con un lieve sospiro…

Il soldato che lo sorvegliava tornò a guardarlo, e gli premette la punta della spada contro la carne. “Che diavolo gli è successo???” Gridò, fissandolo con occhi iniettati d’ira.

“Quella spada è fatta per me.” Spiegò Gourry, con calma. “Si tratta di magia.”

Il soldato lo fissò dritto negli occhi, suo sguardo ora sospettoso. “Cos’è, una delle diavolerie del nord?” Fissò l’arma, evidentemente a disagio. “Ad ogni modo, al nostro signore potrebbe interessare.” Rifletté, in tono più calmo. “D’accordo, raccoglila, e mettila nel tuo fodero. La porterai tu, e quando saremo a palazzo spiegherai al nostro Gran Sacerdote di che si tratta. Ma tieni le mani alte e non tentare scherzi, o ti squarcio quella tua gola da feccia straniera, mi sono spiegato???” Gourry annuì, docile, e non fece commenti all’insulto del soldato. Evidentemente, la sua recita dello sbandato inoffensivo reggeva ancora. Raccolse l’arma, e se la affibbiò alla vita, come faceva da quando ne era in possesso…

“Ed ora muoviti!” Il soldato lo spinse malamente avanti, verso il castello. “Ne ho già abbastanza di te!”

Percorsero il tragitto in silenzio, accompagnati solo da un’altra delle guardie che si trovavano ai portali. Quando giunsero in vista delle mura, l’animo di Gourry era totalmente in preda all’agitazione. Lina. Stava per rivedere Lina.

‘Dei, fate che stia bene. Che sia riuscita a proteggere se stessa…’

“Di qua…” Entrati nelle mura, la guardia lo spinse malamente fuori dal selciato che conduceva all’ingresso principale del palazzo, e lo condusse verso un’entrata secondaria. “Alla feccia non è permesso percorrere gli stessi corridoi del mio signore…”

Entrarono in una zona del palazzo assai spoglia, forse una zona di servizio, in cui si muovevano i domestici. Si mossero per dedali interminabili, attraversarono un cortile, e giunsero infine ad un lungo corridoio, che terminava con una scala, che sprofondava nel sottosuolo. Gourry venne spinto verso di essa, e la imboccò, con il cuore in gola.

‘Dei gradini. Solo pochi gradini.’

In fondo alla scala si apriva un piccolo atrio, completamente spoglio, fatti salvo un tavolo e due sedie. Sulla sinistra si schiudeva una stanza, probabilmente adibita alle guardie carcerarie. Stranamente, in quel momento era vuota.

Il soldato fece un cenno con la testa verso la piccola sala, e ordinò qualcosa, per Gourry incomprensibile, al proprio compagno. Il soldato annuì, entrò nella sala, e ne uscì con un mazzo di chiavi fra le dita.

“Pare che dovremo pensare noi a sistemarti, feccia.” Lo spinse avanti, verso l’ingresso alla zona delle celle. “Poggia la spada su quel tavolo, ora. Poi manderò il Gran Sacerdote a scambiare due paroline con te…”

 

D’accordo. Era giunto il momento di mettere fine alla sua piccola recita…

 

Il soldato non fece nemmeno in tempo ad accorgersene. Gourry sfilò la spada dal fodero, in un lampo, e invece di appoggiarla al tavolo si volse, e trafisse la guardia con tutta la violenza di cui era capace. L’altro soldato fissò il suo compagno scivolare al suolo senza nemmeno emettere un rantolo, inorridito e sorpreso. Quindi guardò Gourry negli occhi. Per un lungo momento rimasero a guardarsi, in silenzio, senza muovere nemmeno un muscolo… Quindi la guardia indietreggiò… e se la diede a gambe.

“E… ehi!” Gourry scattò in avanti, ma il soldato era già schizzato via lungo la scala a chiocciola, e sparito alla sua vista.

‘Dannazione!’

Sicuramente era corso a dare l’allarme. Gourry considerò per un momento l’ipotesi di inseguirlo, ma alla fine i suoi desideri vinsero sulla strategia. Lo spadaccino si allontanò dalle scale, e corse verso le celle, nuovamente col cuore in gola. Non poteva più aspettare. Era certo che una volta ritrovata Lina sarebbero usciti da lì, grazie alla sua spada, o in qualsiasi altro modo, ma ora ciò di cui aveva bisogno era tirarla fuori da quella cella, e vedere che stava bene. Abbracciarla, e dirle che non avrebbe mai più permesso che accadesse una cosa del genere.

Le celle si aprivano su un unico, lungo corridoio. Gourry lo attraversò di corsa, voltandosi febbrilmente a scrutare le celle su entrambi i lati, e chiamando Lina a gran voce.

Quando non udì risposta, iniziò a temere che ci fosse qualcosa che non andava…

‘Forse sta dormendo. Forse è priva di sensi. E’ così. Deve essere così.’

Ma ad ogni cella in cui non la vedeva, la sua paura e la sua delusione aumentavano… e quando arrivò in fondo al corridoio, questi sentimenti erano ormai mutati in disperazione…

‘No. No, no, no, non può non essere qui!’

 

Si volse e si guardò attorno, spaesato, stranito, senza la più pallida idea di ciò avrebbe fatto. Non poteva crederci. Non poteva credere che dopo tutta quella strada qualcosa fosse andato di nuovo storto. Si diresse verso l’ingresso, incredulo, arrabbiato, deciso a ripercorrere le celle una per una e trovarla, ovunque fosse nascosta nell’ombra.

Fu allora che i soldati fecero irruzione nella prigione.

“Fermo lì, mercenario! Che credevi di fare???” Gridò la guardia che li guidava, rallentando la sua andatura, ed estraendo la spada. “Avanti, posa quell’arma! Posala, e non verrai ucciso!”

Gourry li fissò, come se non li vedesse. La situazione cominciava ad avere, per lui, contorni irreali. La sua percezione era come ovattata…

“Dov’è…?” Ringhiò, semplicemente, in risposta alle parole del soldato…

La guardia evidentemente non capì. “Di che diavolo stai parlando?” Avanzò di un altro passo, puntando la spada verso di lui. “Ti ho detto, posa quell’arma!”

Gourry non sentì nemmeno quello che aveva detto. Scattò in avanti, la spada alzata, lo sguardo ossessionato. “Ti ho detto di dirmi dov’è Lina!!!” La sua spada cozzò contro quella del soldato, che indietreggiò, di riflesso, stupito da quella forza. “Dimmelo! Dove l’avete portata???”

La guardia forse non capì, forse fu impaurita dallo sguardo di quello spadaccino, in cui leggeva una strana nota di lucida follia. Ma certamente non ebbe il tempo di rispondere. Perché mentre Gourry pronunciava quelle parole, l’arma dello spadaccino andava a piantarsi nella sua gola…

Gli altri soldati gli furono immediatamente addosso. Gourry quasi non se ne accorse. Continuò a respingere i colpi meccanicamente, lucidamente, senza più pronunciare una parola. La sua gola era secca per il troppo gridare.

Quando altri quattro di loro furono caduti, le restanti guardie indietreggiarono, esauste e spaventate, per tirare il fiato. Osservarono con orrore lo spadaccino che avevano di fronte. Non ansimava per la fatica della lotta. Manteneva la guardia, perfettamente riposato, e li fissava con lo sguardo di un lucido assassino.

I soldati presero ad indietreggiare. Gourry li studiò, aspettando una loro mossa. Si sentiva stranamente calmo, ora. La lotta con la sua spada sembrava avere sedato la sua rabbia di poco prima. Forse poteva abbattere anche le altre persone che aveva davanti, per sentirsi meglio. Poteva tenerne in vita solo uno, per minacciarlo, e chiedergli dove si trovava Lina.

Forse invece ne sarebbero arrivati altri, e lo avrebbero ucciso. Ma in quel momento, anche se ne aveva sempre avuto paura, anche se avrebbe significato abbandonare definitivamente Lina, per qualche motivo la morte non lo spaventava.

Stava per decidersi a caricare nuovamente, quando una voce, rauca e sorpresa, risuonò nella sala. Una voce stranamente nota…

“Che diavolo sta succedendo qui…?”

I soldati si volsero a verificare a chi appartenesse, esattamente quando Gourry sollevò lo sguardo verso la sua fonte. Ma nessuno fu sorpreso quanto lo spadaccino della visione che si trovò davanti. Perché di fronte a lui, nell’armatura chiara con le insegne verdi di Oberon, le cui fattezze in quei mesi aveva ormai quasi scordato, si trovava la persona che meno si sarebbe aspettato di incontrare in quel luogo.

Zelgadiss.

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Capitolo 17
*** Capitolo diciassette ***


Un breve capitolo, fra un esame e l’altro…XD

Un breve capitolo, fra un esame e l’altro…XD

 

 

Era un completo idiota.

Era da quando era arrivato in quella dannata città che non faceva che ripeterselo. Aveva sperato di giungere dove si trovava Amelia, e invece tutto ciò che aveva ottenuto erano vestiti pieni di sabbia e il malumore di chi non ha la più pallida idea di cosa fare della propria esistenza…

‘Che diavolo mi è saltato in testa…? Accodarmi ad un esercito, così, alla cieca…’

Se c’era una cosa di cui Zelgadiss amava vantarsi, erano il suo buon senso e la sua razionalità. Ed ora solo perché si era trovato in un tipo di situazione nuova per lui, e perché si era fatto prendere dalla foga di ritrovare la principessa, si era precluso probabilmente ogni possibilità di incontrarla, o di giungere a qualsiasi risultato nel suo viaggio, almeno in tempi brevi. Se Lina lo avesse saputo, lo avrebbe preso in giro a non finire…

‘E ciò che è peggio è che la soluzione più saggia, per non rendere ciò che ho fatto totalmente inutile e poter sperare ancora di avvicinarmi ad Amelia, sarebbe attendere i comodi delle truppe e tornare indietro verso Sailune con loro… e ciò significa che ci vorranno come minimo altri due mesi… come se non avessi già sprecato un’infinità di tempo con questo dannato viaggio…’

Zel si sollevò dall’acqua. Era ormai il tramonto, e con tutti i suoi commilitoni a cena e i bagni deserti, Zel aveva potuto concedersi il lusso di lavarsi… nessuno aveva ancora visto il suo corpo da chimera, e nessuno avrebbe dovuto vederlo, se Zel davvero doveva trascorrere ancora tanto tempo con loro… ma aveva bramato una vasca colma d’acqua sin da quando avevano messo piede in città, quel giorno… gli pareva che la sabbia fosse penetrata in ogni recesso dei suoi abiti…

Fece scorrere il panno che aveva recuperato nelle stanze dei soldati sulla sua pelle di pietra, osservando l’acqua gocciolare veloce lungo le sue dita, le braccia, e i muscoli del petto, come su una parete di roccia. Non aveva pensato molto al suo corpo da chimera, in quei mesi, se non per mascherarlo ai suoi compagni di viaggio. Era strano. Da tanti anni, da quando era stato un diciottenne presuntuoso, ingannato dalla sua stessa volontà di spiccare sugli altri più che dal suo bisnonno e maestro, da allora quello era il suo primo pensiero al suo risveglio, e quando si coricava la sera… erano tanti i motivi che gli facevano desiderare tanto ardentemente di trovare una cura. Ormai, se doveva essere sincero, si era abituato al suo nuovo riflesso nello specchio, per quanto ai più potesse apparire orribile, per quanto per lui stesso inizialmente esso fosse stato shockante… però, se anche lui avesse imparato ad accettarsi, se anche avesse accettato definitivamente il modo del tutto particolare in cui il suo corpo reagiva e sentiva, il suo peso, i differenti equilibri dei suoi movimenti, a cui ormai del resto si era abituato, gli sarebbe stato difficile, per come stavano le cose, condurre una vita normale. Zel apprezzava la forza che aveva acquisito. In questo, non era cambiato rispetto a quando era un adolescente. Ma con il suo aspetto gli era difficile instaurare un rapporto normale con le altre persone, gli era difficile muoversi fra la gente, e trovava quasi ridicola l’idea di crearsi una famiglia, tanto per cominciare. Non era nemmeno certo di poter avere dei figli, nelle condizioni in cui era. In realtà era un’esigenza che nemmeno sentiva, al momento. La sua vita gli pareva avviata in tutt’altra direzione, e non poteva negarlo, questo non dipendeva solo dalla sua trasformazione. Era la sua indole, punto e basta. Era un tipo solitario, Zel, certamente non era il più adatto a rallegrare la compagnia in cui si trovava, e dubitava che col suo carattere sarebbe stato capace di rendere qualcuno felice, al suo fianco. Dubitava di essere in grado di lasciare cadere il suo egoismo, per occuparsi di dei figli. Il punto, però, era che gli pareva che gli mancasse la possibilità di scegliere. Se un giorno avesse desiderato un tipo di vita diverso, che cosa avrebbe fatto? Avrebbe davvero avuto la possibilità di decidere della propria esistenza, o doveva rassegnarsi a vivere come qualcuno di non perfettamente umano, qualcuno per cui non tutte le opzioni erano aperte?

Pensava spesso a quel genere di cose, soprattutto da qualche anno a quella parte… da quando non era più al servizio di Rezo, e Rodimus e Zorf erano morti… in precedenza, in fondo, non era mai stato davvero solo, non si era mai davvero posto il problema del suo futuro… Per quanto ora odiasse Rezo, lui e la sua cerchia di studiosi e ricercatori erano stati quanto di più vicino ad una famiglia egli avesse mai avuto… non ricordava nemmeno i suoi genitori, era troppo piccolo quando erano morti… e se ripensava alla sua infanzia tutto ciò che gli veniva in mente erano il Monaco Rosso, la sua tenuta e i suoi servitori, il suo laboratorio che odorava di erbe, ed Eris, la giovane apprendista che lo seguiva con adorazione… e la sua vita in quell’ambiente… i suoi studi, le sue disquisizioni di magia insieme a Zorf, i suoi innumerevoli viaggi di addestramento al fianco del bisnonno, il falcone con cui talvolta cacciava insieme a Rodimus, le sue infatuazioni giovanili… era stata una vita normale, in fondo, con l’unica macchia di quella adolescenza trascorsa cercando di accrescere il suo potere, per non vivere per sempre all’ombra del suo maestro… quella era stata la sua casa, e per quanto bizzarri i suoi anni dell’infanzia avessero potuto essere rispetto a quelli di altri bambini, non poteva dire di essere stato infelice, allora… almeno prima che Rezo cominciasse a cambiare, forse per il frammento di Shabranigdu contenuto in lui, forse solo per la sua ossessione, che lo aveva fatto incentrare unicamente su se stesso, facendo sì che non si accorgesse delle persone che al suo fianco avrebbero potuto salvarlo dalla follia in cui era caduto, o a volte addirittura trascinandovele, come era accaduto con Eris … ed era ironico, ma… per quanto Zel rimproverasse Rezo, a volte, in un passato fortunatamente ormai quasi del tutto superato, aveva avuto l’impressione che la natura delle loro ossessioni fosse addirittura simile… che Rezo avesse voluto trasmettergli il suo stesso fardello…

Nonostante l’amarezza che lo attanagliava quando si perdeva nei ricordi, a volte a Zel capitava di rimpiangere il senso di stabilità che aveva vissuto in quegli anni… da tempo trascorreva la maggior parte del suo tempo da solo, e per quanto sentisse di avere bisogno di momenti di solitudine, a volte essa diventava un peso difficile da portare… ogni tanto, nelle notti fredde sulla strada, si trovava a pensare che gli mancavano il chiacchierare ininterrotto di Lina e Gourry, e l’allegria instancabile di Amelia… a volte era piacevole pensare di avere a fianco delle persone che non lo avrebbero abbandonato, persone che lo accettavano semplicemente per quello che era, anzi, che lo apprezzavano come tale, senza porsi e porgli domande… persone che non sarebbero mai sparite dalla sua vita. Questo gli dava… speranza sul suo futuro, un tipo di speranza che prima di incontrarli aveva trovato solo nel pensiero che prima o poi, forse, avrebbe trovato una cura… Per questo, ora che doveva cercare di salvare quelle persone, il pensiero della cura passava in secondo piano. Per questo quando Amelia, qualche mese prima, gli aveva consegnato il suo braccialetto, e gli aveva chiesto di tenersi in contatto con lei, era stato… felice. Semplicemente, contento della cosa. Si era reso conto che in una notte fredda, chiacchierare con una persona amica lo riscaldava più di qualsiasi fuoco potesse accendere. E a Zel piaceva la compagnia di Amelia… era affezionato a Lina e Gourry, la loro compagnia lo rallegrava, e stimava le loro conoscenze e capacità in combattimento più di quanto mai avrebbe ammesso di fronte a loro… però, anche se non sentiva Amelia intellettualmente vicina quanto Lina, o non aveva instaurato con lei quella forma di scherzoso cameratismo che lo legava a Gourry, la principessa aveva qualcosa di particolare, una purezza d’animo ed un’allegria che lo mettevano di buon umore. Sapeva che per la principessa c’era qualcosa di più… ormai da un anno a quella parte, si era reso conto che provava qualcosa di più di una infatuazione per lui. Per questo, la sua proposta di fermarsi a Sailune, subito prima della sconfitta di Darkstar, non era giunta poi così inaspettata… E allora, la cura non era stata l’unico motivo per cui aveva rifiutato… gli piaceva Amelia, e non gli dispiacevano le implicazioni che avrebbe potuto avere il suo fermarsi a Sailune… il calore di una casa, il calore derivato dall’avere qualcuno di TANTO vicino a fianco, erano una tentazione con la quale la prospettiva di un lungo viaggio solitario difficilmente avrebbe potuto competere… e nemmeno fermarsi avrebbe significato necessariamente abbandonare definitivamente la sua ricerca… ma Zel si rendeva anche conto che le aspettative della principessa erano forse più grandi di quelle che lui avrebbe mai potuto garantire di soddisfare. Zel ricordava quello che Amelia gli aveva detto al matrimonio di Martina e Zangluss, il suo sogno di un matrimonio felice… era un po’ ingenua, forse, ma Zel la apprezzava anche per questo, e per quanto di fronte a lei o agli altri potesse darsi arie di uomo di mondo, e bollarli come inutili sentimentalismi, rispettava i suoi desideri. Erano più che legittimi, come era legittimo che Amelia, come chiunque altro, si impegnasse per la propria felicità, nella direzione da cui riteneva essa sarebbe giunta. Il punto era che non voleva essere lui il fautore dell’infrangersi di questo sogno. E Zel non partiva certo con lo stesso entusiasmo riguardo all’idea di una relazione per la vita. Non era certo di desiderare un rapporto del genere, almeno non in quel momento della sua esistenza… come non era certo che si sarebbe mai abituato alle pressioni, alle cerimonie e alle incombenze della vita a palazzo, o anche solo di desiderare realmente abbandonare le sue abitudini per farlo… Del resto, poi, chi gli diceva che fosse anche solo possibile facilmente, una cosa del genere…? Amelia non era la diretta erede al trono, in effetti, e dunque doveva avere più libertà di sua sorella maggiore (che, a quanto aveva capito, tornava periodicamente a casa, e non aveva formalmente rinunciato al trono…) Nonostante questo, perché il popolo di Sailune avrebbe dovuto accettare come marito della principessa un mostro, che forse non avrebbe garantito nemmeno una successione? Sapeva che Philionel non avrebbe fatto problemi, a patto che Amelia fosse felice, ma sinceramente… aveva davvero voglia di essere additato come la nuova attrazione di Sailune, come il nuovo oggetto di pettegolezzo delle dame di corte, e di riprovazione da parte dei signori sottomessi a Philionel? Aveva voglia di attirarsi addosso un ulteriore carico di difficoltà, oltre a quelle già presenti nella sua vita?

Forse non valeva la pena di sollevare tanta polvere. Non si diceva forse che l’amore dovrebbe recare gioia? Zel poteva essere d’accordo, ma non era tanto ingenuo da pensare che, come tanti romanzi cavallereschi sbandieravano, esso facesse superare ogni cosa. L’amore forse faceva sorvolare sulle difficoltà per un periodo, certo…  finché non si aveva sguardo che per l’altra persona, finché si era disposti a tutto pur di restarle accanto… Ma i sentimenti non rimanevano per sempre così intensi. Dopo un po’, la loro forza dirompente si affievoliva. E allora, se si era fortunati, se si aveva costruito un buon rapporto, rimanevano l’intimità, e la tenerezza. Altrimenti, avanzava l’indifferenza. E se c’erano dei problemi alla radice, quelli tornavano strisciando, al primo periodo di difficoltà, al primo periodo di tensione, per sbatterti in faccia con tutta la loro forza. E allora, spenta la passione, restava solo l’amarezza.

Già. Glielo dicevano tutti che razionalizzava troppo. Ma forse era davvero meglio se tutto rimaneva com’era…

Per questo non aveva voluto incoraggiare Amelia, fermandosi presso di lei. La principessa avrebbe capito, e si sarebbe innamorata di qualcuno in grado di renderla felice. Del resto, Zel non era bravo a dire frasi dolci, le manifestazioni d’affetto e i sentimentalismi alla lunga lo stancavano, era cupo e scontroso di carattere. Amelia poteva essere affascinata da lui ora, ma era certo che alla lunga anche lei si sarebbe stancata del suo carattere, e avrebbe preferito avere a fianco un uomo gentile e dolce. Ma Zel non sarebbe cambiato. Era egoista, forse, ma non voleva cambiare per qualcun altro, e non gli sembrava nemmeno che la cosa avesse grande senso. In fondo, ci sarebbero state molte meno complicazioni se le cose fossero rimaste semplicemente come stavano.

Certo, non era sempre semplice, per lui. A volte… a volte l’istinto sembrava condurlo in direzione diversa da quella che aveva deciso di intraprendere… Era da prima che la sua maledizione lo colpisse che non era legato ad una donna, e Amelia… bé, gli piaceva. Era inutile negare questo. gli piaceva, ed era evidentemente ricambiato. Forse aveva iniziato a considerarla in modo diverso proprio per il suo interesse e la sua sollecitudine nei suoi confronti… Se si fosse trattato di qualcun altro, di una donna che non conosceva bene, o di cui non gli importava,  forse si sarebbe affidato a quell’istinto, senza farsi troppi problemi circa le conseguenze… ma per quanto sapesse perfettamente agire da bastardo, se era necessario, era affezionato ad Amelia, e non la avrebbe illusa per poi andarsene da Sailune quando gli faceva comodo, come molto probabilmente la sua indole lo avrebbe spinto a fare…

Zel sospirò, lasciando cadere il panno, e recuperando le vesti che aveva abbandonato vicino alla vasca. Non aveva senso pensare a quel genere di cose, in quel momento. Non era detto che rivedesse Amelia. Né Lina, né Gourry. Non era nemmeno detto che arrivasse vivo alla fine di tutta quella faccenda…

Si rivestì, velocemente. Aveva perso un bel po’ di tempo in quel bagno, e temeva che qualcuno arrivasse all’improvviso. Uscì dalla sala e si avviò per i corridoi, cercando di ricordare da dove era venuto. Non aveva voglia di cenare, quella sera, voleva solo infilarsi nel suo giaciglio e dormire. Zel avvertiva la stanchezza molto meno dei normali esseri umani, ma la marcia serrata nel deserto aveva finito per estenuare anche lui…

Giunse ad una svolta nel corridoio, incerto su dove dirigersi… a destra, gli pareva di ricordare, si trovava la sala delle udienze… forse se fosse giunto lì avrebbe trovato qualche servitore in grado di indicargli la strada verso gli appartamenti dei soldati e…

“CHE COSA CREDEVI DI FARE??? CREDEVI DAVVERO DI FARCELA???”

Zelgadiss sussultò. Quel grido proveniva proprio dalla sala delle udienze, e la voce gli era familiare… non ne era certo, ma gli pareva quella del signore della città, che gli era stato presentato, come agli altri soldati, al suo arrivo nella capitale…

Zel si avvicinò ai portali, e vi si appoggiò, cercando di capire cosa stesse succedendo. All’interno sembrava essere in atto un litigio concitato…

“CIO’ CHE MI AFFASCINAVA DI TE ERA ANCHE IL TUO CARATTERE, MA ORA COMINCIO A STANCARMI, MOCCIOSA!!! IO TI TRATTO CON TUTTI I RIGUARDI, E TU MI RIPAGHI A QUESTO MODO???”

“E’… tutto compreso nel pacchetto, Uregh…” Rispose una voce stentata, che somigliava più ad un rantolo di dolore… “Prendi il carattere, accetti le sue complicazioni… non ti aveva avvertito… l’agenzia da cui mi ha comprata…?”

Zelgadiss sussultò, e gli parve che il cuore gli balzasse in gola. Non… non poteva essere… quel tono di voce…

“CREDI DI ESSERE SPIRITOSA??? ORA TI FACCIO PASSARE IO LA VOGLIA DI SCHERZARE!!!”

Zel aprì la porta, e si intrufolò dentro. Una fila di teste si interponeva fra lui e il centro della sala… guardie di Uregh, servitori, e soldati di Oberon, che semplicemente si godevano lo spettacolo… Zel scivolò fra di loro, cercando di guadagnare una migliore visuale, la mente in fibrillazione. Non sapeva se augurarsi che l’impressione che aveva avuto fosse davvero esatta…

Quando la vide, il fiato gli si strozzò in gola. Non sapeva cosa le fosse successo in quell’arco di tempo, ma sicuramente non era l’immagine di lei che gli era rimasta impressa qualche mese prima, quando si erano salutati…

Lina era inginocchiata al suolo, l’aria… spezzata. Aveva le mani legate dietro la schiena, e un grosso livido troneggiava sul suo volto, probabilmente il frutto di uno schiaffo ben piazzato. Stava fissando Uregh negli occhi, come a sfidarlo, ma Zelgadiss era certo di leggere in quello sguardo una sotterranea vena di terrore… no, non sapeva cosa le era successo in quei mesi… ed improvvisamente non era nemmeno certo di volerlo conoscere…

‘Che cosa ci fa qui? Com’è possibile? Quando è stata catturata?’

“Quello di ora sarà un… avvertimento…” Il tono di voce del reggente si era fatto basso e cupo, ora… “… Ma ti assicuro che è l’ultima volta che sarò tanto gentile con te… mi sono spiegato?”

Lina lo guardò, ma non rispose nulla. Zelgadiss notò che il suo sguardo vagava verso una guardia a fianco di Uregh, che reggeva fra le mani una frusta…

Un terribile presentimento di quanto stava per accadere lo colpì, e a quel pensiero un fremito di rabbia e di orrore lo attraversò. No, non questo, non a Lina. Non poteva pensare che l’amica che aveva sempre ammirato per la sua ironia e per la sua forza, per il suo spirito libero ed indipendente, fosse costretta a piegarsi a quel dolore, e a quella umiliazione. Non sapeva come potesse trovarsi lì, non sapeva cosa mai avessero potuto fare per renderla inoffensiva, ma non poteva stare con le mani in mano mentre le facevano questo!

Osservò mentre due uomini la sollevavano di peso, conducendola verso l’ingresso vicino al quale si trovava, evidentemente con l’intento di condurla al cortile all’esterno. Lina non dava nemmeno l’idea di essere pienamente cosciente, il suo sguardo era annebbiato, non capiva se per le percosse che aveva subito, o perché le avevano somministrato qualche strana sostanza per impedirle di reagire… Quando gli passò a fianco, i loro sguardi si incontrarono per un momento, e Zel ebbe l’impressione che gli occhi della maga si allargassero lievemente per la sorpresa, ma per il resto Lina non ebbe reazioni… Venne trascinata fuori, e Zel la seguì con lo sguardo, per un momento tentato di mandare al diavolo il suo travestimento, e cercare di portarla via di lì servendosi della magia. Scacciò velocemente quell’idea, però. Quel luogo letteralmente brulicava di soldati, avrebbe rischiato solo di farsi uccidere, senza ottenere nulla. Lina non aveva certo bisogno di un colpo di testa, che probabilmente la avrebbe messa ancora di più nei guai…

‘Ma dove diavolo è Gourry?’

Zelgadiss aveva un pessimo presentimento a riguardo. Sapeva che lo spadaccino, se avesse potuto, in quel momento si sarebbe trovato proprio lì, ad insegnare a quelle guardie cosa pensava di chi cercava di toccare Lina… li aveva visti forzatamente separati, una volta, niente di meno che dal Signore di tutti i demoni, e ciò a cui aveva assistito in quella occasione gli aveva fatto concludere che ben poche dovevano essere le cose al mondo in grado di far desistere lo spadaccino dal restare al fianco della maga…

‘Non può essere morto. Non questo.’

Zel ricordava il vuoto che aveva provato quando aveva creduto che Lina e Gourry fossero scomparsi per sempre nel Mare del Caos. Non voleva affrontare di nuovo una cosa del genere. Che senso aveva legarsi a qualcuno, se quel qualcuno ad ogni momento poteva esserti strappato via così crudelmente? Non voleva perdere di nuovo i suoi migliori amici, come era accaduto con Rodimus e Zorf…

 

Osservò con impotenza Lina, che veniva fatta malamente inginocchiare al centro del cortile. Quando la frusta calò la prima volta, Zelgadiss dovette distogliere lo sguardo. La rabbia e la frustrazione gli attanagliavano lo stomaco, e aveva voglia di vomitare. Era un’arma codarda, la frusta. Non dava la possibilità a chi la subiva di difendersi. Calò più e volte, e a contrapporsi ad essa c’erano solo gli incitamenti degli spettatori, ed i gemiti strozzati di Lina.

Zelgadiss tenne basso lo sguardo, incapace di guardare. E quando la maga si accasciò al suolo, senza nemmeno emettere un grido, decise che non poteva resistere in quel luogo un minuto di più…

Schizzò lungo il corridoio, in una direzione imprecisata, la mente improvvisamente svuotata di qualsiasi appiglio alla razionalità. Vagò per diversi minuti in quelle condizioni, cercando inutilmente di riguadagnare lucidità. Che poteva fare? Che poteva fare, per aiutarla? Doveva pensare a qualcosa, perché se fosse rimasto in quello stato sarebbe impazzito. Aveva osservato Amelia mentre veniva portata via da quel gigante, e ora questo. A che diavolo serviva la forza che aveva acquisito per mano di Rezo, se quando realmente gli serviva non era in grado di fare nulla???

Si fermò a ridosso di una parete, ansimante. Che doveva fare? Ormai era da escludere che proseguisse il viaggio con i soldati di Oberon… lui e Lina avrebbero dovuto in qualche modo lasciare quel luogo, e…

‘E cosa? Non sapevo che fare nemmeno da solo, figuriamoci dovendo salvare lei…’

Si appoggiò alla parete, cercando di riflettere. Doveva riuscire a parlarle. A guarirla con la magia, anche. Così avrebbe capito cosa le era successo, e avrebbero potuto elaborare un piano…

Si guardò attorno. Probabilmente, avrebbero presto portato Lina alle prigioni. Doveva recarsi lì, con una qualche scusa, e convincere le guardie a parlare con lei… poteva dire… che voleva interrogarla sulla sua fuga, o qualcosa del genere… sì. Sì, avrebbe agito così.

Cominciò a correre nel  corridoio, bussando ad ogni porta. Quell’ala del palazzo era piuttosto spoglia, probabilmente una zona adibita ai servitori, che certamente ancora non si erano ritirati, dato che gli abitanti del palazzo erano del tutto svegli. Tuttavia, Zel aveva bisogno di trovare qualcuno che gli indicasse la strada verso le prigioni… sarebbe sceso lì, in attesa. Forse sarebbe stato più saggio attendere fino alla mattina successiva, ma per qualche motivo un senso di urgenza gli attanagliava la mente…

Alla fine, riuscì ad incrociare uno dei servitori addetti alla accensione delle lanterne nei corridoi, che lo fissò un po’ stralunato, stupito di trovare un soldato in quell’area. Gli indicò la strada con fare perplesso, e Zel quasi non udì la risposta, preso dall’urgenza di seguire le sue indicazioni. Partì a tutta velocità in direzione opposta a quella da cui era venuto, reggendosi con le mani il cappuccio del mantello, perché non gli cadesse rivelando il suo volto. Quando raggiunse la porta che conduceva alle prigioni, nonostante la sua resistenza, superiore a quella dei comuni esseri umani, aveva il fiato corto…

Scese i gradini della scala a chiocciola, cercando di moderare il passo e calmarsi. Era già sospettoso per lui presentarsi a quell’ora, figurarsi se fosse apparso trafelato come si era mostrato di fronte al servitore… Giunse alla saletta d’accesso alle celle, schiarendosi la gola per richiamare l’attenzione delle guardie presenti.

Peccato che la stanza fosse avvolta in un buio quasi completo, le candele spente, e completamente vuota.

‘Eh?’

Zelgadiss batté le palpebre, perplesso. Che strano… era convinto che fosse sempre presente qualcuno di guardia… Avanzò di un passo, e fu allora che si rese conto dei rumori che provenivano da oltre la porta che lo fronteggiava, dove dovevano trovarsi le celle. Clangori metallici, come di combattimento, resi soffusi dalla spessa parete che divideva i due ambienti…

‘Ma cosa?’

Fece per avanzare, ma incespicò sui suoi passi, e per poco non finì al suolo. Lanciò uno sguardo ai suoi piedi, e si trovò ad arretrare, istintivamente, lievemente inorridito.

Il cadavere di una guardia. Nella luce quasi inesistente della stanza, non se n’era accorto.

Lo aggirò, con cautela, e avanzò stando attento a dove metteva i piedi. Giunse alla porta, e la attirò a sé, sporgendosi per osservare la scena.

Di fronte a lui, un combattimento era effettivamente in corso. Cinque guardie erano al suolo, e altre tre stavano praticamente a ridosso della porta, evidentemente sulla difensiva rispetto al loro avversario… ma fu proprio a vista di quest’ultimo a stupire Zelgadiss… perché l’uomo apparentemente ridotto ad uno straccio, ma che sembrava incutere tanto timore ai soldati che fronteggiava, era niente di meno che…

‘Gourry!!!’

Era Gourry, ma… non sembrava Gourry. Era in condizioni orribili, tanto per cominciare, sembrava che viaggiasse da giorni senza curarsi del suo aspetto… e poi, il suo sguardo… Zel non capiva esattamente cosa ci fosse che non andava, in esso… ma era diverso da quello che normalmente vestiva in combattimento. Di solito Gourry appariva serio e concentrato mentre lottava, certo, ma… ora sembrava perso in qualche dimensione lontana, come se il suo corpo agisse indipendentemente dai suoi comandi. E di certo appariva minaccioso. Zel si sentiva stupido a pensare questo, ma… di fronte a lui, aveva l’impressione di trovarsi di fronte ad un lucido assassino…

“Che diavolo sta succedendo qui…?”

Aveva solo intenzione di pensarlo, ma finì per sfuggirgli dalle labbra. Immediatamente, tre teste di soldato si volsero verso di lui, e anche gli occhi dello spadaccino si levarono per osservarlo. Zel ebbe un brivido. Lo sguardo di Gourry era come mutato per un momento, ma lo spadaccino non aveva avuto altre reazioni… Zelgadiss si chiese se lo avesse riconosciuto…

“Indietro!” Gli gridò una guardia. “Quest’uomo è pericoloso! Si è fatto portare fino a qui, ma ha già ucciso sei dei nostri uomini!  Non abbiamo bisogno di un dannato soldato di Oberon fra i piedi!”

Zel pensò velocemente a cosa replicare. “Quel prigioniero è mio!” Gli uscì dalle labbra, prima ancora che potesse formulare un piano esatto. “Sono mesi che il mio signore lo cerca. Si tratta del compagno di Lina Inverse. Mi stupisce che nessuno dei miei commilitoni si sia fatto avanti per reclamarlo come ostaggio prima!”

Zel non aveva capito esattamente da quanto Gourry fosse lì, né quanto le guardie sapessero di lui, ma decise di rimanere sul vago. Pregò solo che Gourry riconoscesse la sua voce, e lo assecondasse in quella finzione…

Una delle guardie gli rivolse una breve occhiata. “E’ arrivato qui solo stanotte!” Gridò, con fare isterico. “Davvero è di vostra competenza???”

Zel annuì. “Sì.” Rivolse uno sguardo a Gourry. “E lui sa che noi sappiamo come batterlo.” Lo spadaccino rispose allo sguardo, immobile. Zel non era certo che avesse capito, ma il fatto che si fosse fermato gli dava buone speranze…

“Bé, allora tienitelo, il tuo dannato prigioniero!” La guardia arretrò, e gli altri due soldati lo imitarono, dopo essersi scambiati solo una breve occhiata. Zel dovette trattenersi dal sorridere. Non c’era dubbio che Gourry dovesse avergli messo una bella paura, addosso…

Estrasse la spada, e si interpose fra loro e Gourry. “Ci penso io a sistemarlo. Due di voi aspettino fuori, ho qualche trucchetto pericoloso per fermare questo tizio, qui mi sareste solo fra i piedi. Ma impeditegli di scappare, nel caso qualcosa vada storto.” Lanciò loro una breve occhiata. “Uno invece vada a chiamare il mio capitano.” Sorrise. “Gli dica che gli ho trovato il compagno di Lina Inverse, e che è impacchettato in una cella, pronto per lui.”

“Noi non prendiamo ordini da te, soldato!!!” Sbottò una delle guardie.

Zel gli lanciò un’occhiata gelida, prima di tornare a fissare Gourry. “Come volete. Se preferite vi lascerò con lui… e andrò io a fare rapporto al VOSTRO signore sulla vostra precoce dipartita…”

Le guardie, alle sue spalle, si ammutolirono. Zelgadiss, stavolta, non trattenne il sorriso.

“Al diavolo!” Imprecò la stessa guardia che aveva parlato in precedenza. “Ti condurremo il tuo dannato capitano!”

Le tre guardie uscirono di corsa, e Zel si fece indietro, per chiudere la porta alle loro spalle. Internamente, emise un sospiro di sollievo.

Si volse, ed avanzò verso Gourry, che si trovava al centro del lungo corridoio. “E’ una fortuna che ci siamo intesi subito.” Disse, abbassando la spada. “Se tu avessi detto qualcosa di sbagliato non avrei saputo come…”

Non ebbe il tempo di finire. Gourry caricò con la spada, con una violenza inaudita.

‘Che diavolo???’

Zel parò a fatica, e si trovò premuto contro la parete, il sudore che improvvisamente gli imperlava la fronte. Non poteva essere ferito da spade normali, ma… aveva avuto paura. All’attacco di Gourry, aveva avuto paura di morire. Guardò lo spadaccino negli occhi. Il lucido slancio alla lotta di poco prima, aveva lasciato spazio ad uno sguardo in cui rabbia, preoccupazione e confusione si univano in un calderone di sentimenti che a Zel parve più che pericoloso. Non sapeva cosa fosse successo in quei mesi a Gourry, ma era chiaro che qualunque cosa fosse, gli aveva portato i nervi a fior di pelle.

‘O c’è qualcosa di più?’

Zel non seppe il perché dell’insorgere di quel pensiero, ma lo scacciò velocemente. Gourry era stanco, nervoso, e preoccupato per Lina, evidentemente. Lo aveva visto disperato altre volte, per la maga. Doveva cercare di farlo ragionare.

“Gourry!” Rantolò, mettendo tutta la forza che aveva nel tentativo di spingere indietro la sua spada. “Gourry, sono io! Sono Zel!”

Con sua sorpresa, Gourry riuscì a strappargli l’arma, e a mandarla al suolo. Non lo colpì, però. Forse preso dalla rabbia, anche lui lasciò cadere la sua spada, e gli strinse le dita attorno al collo. “Lo so benissimo chi sei!!!” Ringhiò. “Come hai potuto farci questo??? COME? Hai tradito Lina, hai tradito Amelia, hai tradito me! Bastardo!!!!” Quando pensava che lo avrebbe strozzato, lo scagliò al suolo, fra gli incitamenti dei prigionieri che li circondavano. Zel poté solo boccheggiare, incapace di rispondere, finché Gourry non fu nuovamente sopra di lui. Lo spadaccino aveva recuperato la spada, e ora la stava puntando contro il suo collo. Zel sussultò. Gourry non era tipo da uccidere a sangue freddo, non era nemmeno tipo da cedere alla rabbia e non lasciare al suo interlocutore la possibilità di una spiegazione… ma Zel vide il suo sguardo, e capì che in quel momento nessuna delle restrizioni che normalmente lo spadaccino si poneva aveva davvero valore per lui…

“Aspetta!” Gridò, sapendo che quanto stava per dire era ciò che più aveva probabilità di salvarlo. “Aspetta, io posso aiutarti a ritrovare Lina!!!”

A quelle parole, qualcosa si accese nello sguardo dello spadaccino. La pressione della sua spada sul collo di Zel diminuì. “Dov’è???” Gridò, con rabbia. Zel pregò che alle guardie all’esterno non venisse in mente di entrare, con tutto quel baccano…

“Ascoltami, Gourry!” Cercò di spiegare. “Io non vi ho traditi! Il mio è solo un travestimento! Sono venuto qui per cercare di aiutare Amelia!” Si rese conto che la sua voce aveva assunto una punta di isteria. Gourry non parve farci caso.

“Dov’è???” Ripeté, tornando a premere la spada con più forza, e dando l’impressione di non avere udito assolutamente nulla di quanto la chimera aveva detto. Zel avvertì un rivolo di sangue scendergli lungo al collo, e capì che, ovunque l’avesse presa, quella spada ERA effettivamente in grado di ferirlo.

Certo non un’informazione che migliorava il suo umore in quel momento…

“P… presto verrà portata qui!” Si affrettò a rispondere. “Non lo so perché tardi tanto, forse le stanno curando le ferite per evitare che si infettino, ma…”

“Le ferite??? Lina è ferita???” Lo sguardo di Gourry si fece terreo per la preoccupazione. E Zel si disprezzò per questo, ma capì che doveva approfittare di quel momento di vulnerabilità per cercare di convincerlo a lasciarlo andare…

“E stata frustata!” Rispose, senza pietà per la preoccupazione dello spadaccino. “E quando arriverà qui starà male… molto male… Ascoltami, Gourry, io voglio aiutarla quanto te! Tu non puoi portarla via di qui da solo, ma se assecondi il mio piano possiamo farcela! Non permettere alla tua rabbia, ora, di accecarti, o non potrai aiutarla, e Lina dovrà soffrire ancora!”

Gourry lo fissò con sguardo vacuo, tanto che sulle prime Zel pensò che non avesse capito. “Piano?” Domandò tuttavia, fissandolo con uno sguardo pieno di sospetto.  “Quale piano?”

A Zelgadiss non piacque, quello sguardo.‘Gourry, che di solito capisce così bene le vere intenzioni delle persone…’

Scosse la testa. Non era il momento di pensare a cose del genere. “Il capitano di Oberon sarà qui fra poco…” Rispose, con urgenza “Dobbiamo sistemare quei due là fuori prima che arrivi, e poi pensare a lui! Ma senza ucciderlo, mi hai capito? Abbiamo bisogno di lui!” Portò la mano al braccio con cui reggeva la spada e lo strinse, allontanandolo dal proprio collo. “Fidati di me!”

Gourry scrollò la sua mano, lo sguardo ancora incerto. “Perché dovrei fidarmi? Prima sembravi perfettamente sincero, anche con quelle guardie… Chi mi dice che non sia un trucco?”  

Zel sospirò, esasperato. “Ricordi cosa dice sempre Lina? ‘Prima di ingannare i tuoi nemici, devi sapere ingannare i tuoi amici!’”

Gourry lo fissò, il suo volto nuovamente pallido, alla menzione di Lina. Tuttavia, il pensiero della maga parve placarlo. Continuò a guardarlo per qualche istante… quindi allontanò la spada. “Lina… mi ha provocato più di un capello bianco… per questo suo motto…”

Zel sospirò, mentre il sollievo lo invadeva. Si appoggiò per un momento al pavimento freddo, attendendo che il suo respiro tornasse regolare… “Bé… ora il suo motto ne ha provocato qualcuno anche a me…” Replicò, con tono più duro di quanto non avesse voluto.

Gourry guardò lui, e poi fissò per un momento la sua spada. “Scusa… scusami, Zel.” Disse semplicemente, in tono incerto. “Io… non so cosa mi sia preso. Dovrei saperlo che non sei un traditore…”

Zel scosse la mano in segno di diniego. “Lascia stare. Capisco… che sei nervoso per Lina, Gourry. Non parliamone più.” Lo spadaccino annuì, e gli porse la mano per rialzarsi. Zel la accettò, incerto sulla capacità delle sue gambe di reggerlo ancora in piedi…

“Davvero… hai visto Lina?” Chiese Gourry, febbrilmente. “Lei… lei è davvero stata…” Lo spadaccino non terminò la frase.

“Non… possiamo parlarne ora.” Replicò Zel. Solo in parte per la mancanza di tempo. Nessuna delle notizie che aveva avrebbe potuto davvero rassicurare Gourry, salvo il fatto che Lina era vicina. E i nervi dello spadaccino non avevano evidentemente bisogno di altre scosse… “Ora comportati come ti dico, per favore. Non ho tempo di spiegarti bene che cosa ho in mente.”

Gourry annuì, e la chimera gli fece semplicemente cenno di mettersi dietro di lui, in modo da non essere immediatamente visibile alle guardie. Quindi, si avvicinò alla porta al termine del corridoio, e la aprì.

L’espressione dei due soldati all’esterno era letteralmente terrorizzata. Quando emerse nella stanzetta, lo fissarono come se avessero appena visto un fantasma…

“Ce… ce l’hai fatta ?” Azzardò uno dei due, fissandolo quasi con reverenza. “Abbiamo… sentito degli urli spaventosi…”

Zel passò attraverso di loro, e li superò senza parlare. I due soldati lo seguirono con lo sguardo, evidentemente non comprendendo quali fossero le sue intenzioni… Quando fu sufficientemente vicino alla scala a chiocciola per assicurarsi che nessuno stesse scendendo, Zel si volse verso di loro.

“Sì, ce l’ho fatta.” Replicò, calmo. “Ma questo non sarà di alcun giovamento per voi.”

Le guardie si guardarono per un momento, stupite. Ma non ebbero il tempo di porsi domande. In un istante, caddero entrambe al suolo, trafitte alla schiena.

Gourry avanzò, rinfoderando la spada. “E ora?” Domandò, superando i due corpi con indifferenza.

Zel si accigliò. “Sai… non ti avevo mai visto colpire qualcuno alle spalle…”

Gourry si strinse nelle spalle. “In questo modo non hanno gridato.” Replicò, semplicemente. “Dobbiamo eliminare anche il capitano e l’altra guardia, giusto?”

Quell’eccesso di freddezza da parte di Gourry lo stupì un po’, ma Zel decise di soprassedere sulla cosa. “Solo il soldato semplice. Lascia a me il capitano.”

Gourry annuì, e si appostò semplicemente a lato dell’imbocco della scala a chiocciola. Zel lo imitò, sul lato opposto, e i due attesero in silenzio, finché non udirono due voci risuonare nella tromba della scala.

“Ma come hai detto che è, questo soldato?” Zel udì chiedere una delle due.

“Non lo so, signore. Aveva il volto coperto da un cappuccio. Però indossava le vostre insegne, credo fosse fra i soldati giunti questa mattina…” Rispose la voce della guardia.

Poco dopo, entrambe misero piede nella saletta. Inizialmente non notarono nulla, nel buio, ma quando si resero conto che la porta di accesso alle celle era aperta, e che non vi era nessuno all’interno, immediatamente entrambi si misero in allarme… finché non si accorsero dei due nuovi corpi sul pavimento.

“Ma che diavolo…?” La guardia non ebbe tempo di finire. La spada di Gourry lo aveva già raggiunto.

Il capitano si volse di scatto. Individuò Zelgadiss, e cercò di attaccare, ma la chimera aveva già pronta la formula che gli serviva…

Sleeping.” Recitò. Il capitano avanzò ancora di qualche passo, prima di cadere rovinosamente al suolo.

Gourry lo fissò, perplesso. “Perché non l’hai ucciso?” Chiese.

Zelgadiss non perse tempo, e si avvicinò all’uomo addormentato. “Perché tu hai bisogno dei suoi vestiti…” Spiegò. “E perché se la guardia che è salita a chiamarlo ha parlato di te con qualcun altro,

dobbiamo fare trovare a questo qualcuno un nuovo prigioniero, quando scenderà qui alle prigioni.”

Gourry si accigliò. “E quando si sveglierà?”

Zel si sollevò, e gli porse i nuovi vestiti. “Se va tutto bene, allora saremo già fuori di qui.”

 

Gourry si spogliò, facendo un fagotto con gli oggetti in suo possesso che potevano ancora essergli utili, e indossò velocemente le nuove vesti, mentre Zel chiudeva l’uomo in una delle celle. Si affibbiò alla vita la spada, e fece capolino nel corridoio, mentre Zel si accingeva a radunare i corpi ammassati al suolo.

“Che facciamo… di quelli?” Chiese Gourry, l’aria lievemente impressionata, quasi si rendesse conto solo in quel momento che quella specie di massacro era opera sua…

“Dobbiamo liberarcene, ovviamente, o capiranno quello che è successo qui. Stai indietro.” Zel indietreggiò di un passo, a sua volta, protendendo una mano di fronte a sé. “Mi dispiace essere tanto brutale, ma non c’è tempo per gli scrupoli. Bomb Sprid.

Zel osservò le fiamme magiche consumare non solo i corpi, ma anche le vesti e le armature di cuoio velocemente, più di quanto qualsiasi fuoco normale avrebbe potuto fare. Lanciò uno sguardo a Gourry. Lo spadaccino fissava i corpi ardenti, l’aria lievemente scossa. “Tutto bene, Gourry?”

Lo spadaccino annuì. “Solo… senza corpi… nessuno saprà più nulla di loro…” Strinse le labbra. “Sono stato io la causa.” Lo sguardo dello spadaccino era stranamente spaventato. Zel notò che stringeva con violenza l’elsa della sua spada…

Zel lo scrollò lievemente. “Non c’è tempo per i sensi di colpa. Quegli uomini valgono forse la vita di Lina?”

Gourry scosse la testa. “No. Questo no.” Rispose, con voce solo lievemente incerta. Quindi si volse verso Zel, le labbra strette in una specie di morsa. “Dobbiamo andarcene di qui, vero?”

Zel annuì. “Sì. E’ notte fonda, ormai.” E Lina non era ancora stata portata laggiù. Zel si chiese se non aveva fatto male i suoi conti, se la maga non fosse stata destinata a qualche altro luogo. Ma non discusse quei dubbi con Gourry. Per prima cosa dovevano andarsene di lì.

Diem Wind.” Recitò, verso le fiamme ormai spente. Le ceneri si dispersero, confondendosi con la polvere.

“Se qualcuno di voi fiata su quanto è accaduto qui, farà la stessa fine…” Sibilò Zel ai detenuti, che erano indietreggiati, disgustati, al suo gesto. Non era certo che capissero la lingua comune, ma era certo che avessero colto il suo tono minaccioso, e ancor più che fossero impressionati dalla sua magia. Non aggiunse altro.

Guardò Gourry per un istante, e lo spadaccino annuì. Insieme, schizzarono verso l’uscita e lungo la ripida scala che conduceva al di fuori del sotterraneo.

Nel corridoio, c’erano diverse nicchie adibite alle lanterne, grandi abbastanza perché entrambi potessero ripararvisi. Scivolarono dentro quella più vicina alle carceri, in silenzio, e si appiattirono contro la parete. Il corridoio, tuttavia, pareva deserto.

Zel si rese conto di essere esausto. Nei suoi programmi, a quell’ora avrebbe dovuto trovarsi a dormire da un pezzo. Anche Gourry sembrava stanco. I suoi occhi erano scavati, e il suo sguardo, fisso sull’entrata alle prigioni, sembrava tenuto attivo solo dall’adrenalina.

La chimera si lasciò scivolare lungo la parete, fino a che non fu a sedere al suolo. “Forse uno di noi potrebbe dormire un po’…” Azzardò. “Potremmo darci il cambio per dei turni di guardia… in fondo, non c’è molto da fare, finché Lina non viene riportata là dentro…”

“Già… potremmo…” Rispose vagamente Gourry, senza staccare gli occhi da ciò che stava osservando.

Nessuno dei due chiuse occhio.

 

Forse un’ora più tardi, un uomo giunse dal corridoio, e imboccò le scale. A Zel parve di riconoscere il portatore della frusta, ma non fece commenti, e soprattutto si guardò bene dal menzionare la cosa a Gourry. L’uomo non risalì più. Evidentemente, il loro piano aveva funzionato.

Giunse l’alba, e Gourry e Zel dovettero uscire dal loro nascondiglio, e scendere di qualche gradino verso i sotterranei, in attesa che il servitore di turno spegnesse le lanterne. Per il resto, nessuno attraversò il corridoio. Ripresero il loro posto, ed ormai era mattina quasi piena, quando finalmente avvertirono dei passi avvicinarsi…

Zel si scoprì a sonnecchiare. Non si era nemmeno reso conto del torpore che lo aveva preso, prima di avvertire il corpo di Gourry irrigidirsi, accanto al suo, e di aprire gli occhi di riflesso.

Si sporse oltre la nicchia. Due soldati avanzavano lungo il corridoio, trascinando qualcosa fra di loro… e a Zel bastò un guizzo di capelli rossi per capire di chi si trattava…

Lina vestiva ancora la tunica logora con cui la aveva vista in precedenza, ma che ormai, sferzata dalla frusta, non era più in grado di servire al suo scopo… per lo meno, qualcuno aveva avuto pietà di lei, e le aveva dato un mantello… Gli sembrava in condizioni migliori di quando l’aveva lasciata, probabilmente perché le sue ferite erano state lenite… Ma certo non sarebbe stata in grado di camminare, e forse nemmeno di parlare, senza prima essere stata guarita con la magia… Avrebbero dovuto sorreggerla, fino a che non fossero stati fuori di lì…

Riuscì a trattenere Gourry a stento dal balzare fuori dal loro nascondiglio immediatamente. Non potevano tradirsi proprio all’ultimo.

“Sta’ calmo, Gourry, è questione di poco!” Bisbigliò.

“E’ ferita!” Replicò Gourry, quasi la chimera non avesse parlato. “Cosa le hanno fatto???”

‘Uhm… l’hanno frustata, come ti ho detto solo qualche ora fa?’

Zel si rese conto che la battuta non sarebbe stata delle più appropriate, e si morse la lingua. Del resto, sperava, fra poco avrebbe potuto pensarci Lina, a castigare il suo ‘cervello di medusa’…

‘E almeno qualcosa nell’universo tornerebbe ad essere al suo posto… sarebbe ora, mi sembra che in questi mesi il mondo si sia completamente rivoltato…’

Scosse la testa. Se diventava pessimista ora, l’ira di Lina si sarebbe abbattuta anche su di lui. Fece un mezzo sorriso. Attese qualche minuto, quindi scivolò fuori dal nascondiglio, del tutto intenzionato a dimostrarle che per una volta poteva non essere lei, a salvare la situazione…

Gourry lo seguì, evidentemente in preda all’agitazione. Scesero la lunga scala a chiocciola, per quella che Zel sperava fosse l’ultima volta, e sbucarono nell’ingresso delle carceri, ora debolmente illuminato… Nella saletta a fianco delle carceri, le due guardie che avevano portato lì Lina si apprestavano a giocare a carte. L’uomo della frusta era seduto su uno sgabello a fianco della porta, e stava lucidando la spada. Quando li vide arrivare, si sollevò in piedi, di scatto.

“Che diavolo volete, voi due???” Gridò, contro di loro. “Se siete qui per la prigioniera, scordatevelo!!! Quella Ka-reen ha detto di tenerla in infermeria una notte, e una notte è stata, e se

ora le sue ferite vogliono infettarsi, che lo facciano! Non me ne sbatte niente se è un ostaggio, che crepi pure in cella quella piccola pu…”

Sleeping.

Zel aveva deciso che era stanco di recitare.

“Che diavolo…?” Le altre due guardie si alzarono immediatamente in piedi, ma l’incantesimo di Zelgadiss le colpì immediatamente. Crollarono sulle loro sedie, come se si fossero addormentate autonomamente, sul tavolo, mentre montavano la guardia.

‘Niente male, Zel. Anche dopo due mesi senza magia.’

Zel sospirò. Ovviamente, era l’unico che avesse interesse a lodarsi. Gourry non aveva notato quanto aveva fatto, come non aveva nemmeno guardato in faccia le guardie. Era schizzato fra le celle non appena la strada era stata libera.

‘E’ già finito il mio ruolo da protagonista, a quanto pare…’ Con un altro sospiro, Zelgadiss recuperò le chiavi delle celle, e raggiunse di corsa lo spadaccino, che stava esaminando freneticamente una cella dopo l’altra. Quando trovò quella di Lina, Gourry si fermò di scatto, e si afferrò alle sbarre, impallidendo visibilmente.

La maga era riversa sul suo giaciglio, e Zel non capiva se fosse cosciente o svenuta. Gourry forse si stava chiedendo la stessa cosa, ma pareva non avere fiato per chiamarla, si limitava ad osservarla, la preoccupazione evidente sul suo volto. Quando Zel aprì le sbarre, schizzò immediatamente all’interno, e si piegò su di lei, scuotendola gentilmente. “Lina…”

La maga aprì gli occhi, debolmente, e il suo sguardo si posò sullo spadaccino. Per un momento non ebbe reazioni, come se non fosse certa di quello che stava vedendo… quindi, lentamente, i suoi occhi si allargarono per lo stupore.

La maga lo afferrò di scatto, come se temesse che potesse scomparire. Lo fissò, terrea, e con qualche improbabile, rinnovata forza, riuscì a sollevarsi lievemente verso di lui…

“Gourry…?”

Gli occhi di Gourry si fecero lucidi, ed in un attimo il sollievo parve invaderlo come un’onda. Si chinò sulla maga. “Sono qui…” La rassicurò, stringendola fra le braccia. “Sono qui…”

Zel rimase sulla porta della cella, in disparte, ad osservare la scena. Da un lato si sentiva di troppo, dall’altro a quel rincontro improvvisamente il suo cuore era sembrato farsi più leggero. Uno strano nodo gli stringeva la gola…

Purtroppo -gli suggerì la sua parte più razionale- non avevano tempo per salutarsi come avrebbero dovuto, in quel momento. Non era ancora finita.

Avanzò di un passo verso Lina e Gourry.

“Dobbiamo andare via di qui.” Dichiarò, con urgenza. 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciotto ***


A questo capitolo tenevo molto e volevo dedicarci molta attenzione, e invece mi è uscito di getto, e non so nemmeno io se esse

A questo capitolo tenevo molto e volevo dedicarci molta attenzione, e invece mi è uscito di getto, e non so nemmeno io se esserne convinta o meno… spero sia comunque uscito qualcosa di decente…XD Ogni commento o critica è sempre gradito! ^^

 

 

Volete sapere una cosa?

Il ruolo della damigella in pericolo fa SCHIFO.

Non credete a tutte le favolette che vi raccontano da piccole, ragazze. Non c’è assolutamente NULLA di piacevole nell’essere impotenti, disperate, sballottate dagli eventi e totalmente rimesse alla capacità di salvarvi del principe azzurro di turno. E’ angosciante, frustrante, e vagamente umiliante. Nulla che raccomanderei ad una figlia.

 

Nonostante queste SANE riflessioni, la mia prima reazione, quando aprii gli occhi, e mi trovai ad affrontare quello sguardo azzurro, cupo di preoccupazione, fu di essere invasa da un sollievo infinito. Quella sensazione mi fece letteralmente perdere per un momento il senso della realtà, quando mi protesi in avanti, e mi trovai a stringere Gourry. Lo squallore della situazione in cui mi trovavo tornò immediatamente a farsi avanti con prepotenza, però. Non dovevo illudermi, dovevo essere realista. Gourry non poteva davvero essere lì. Come poteva mai apparire così all’improvviso, dopo quegli infiniti mesi di agonia? Dopo che tanto a lungo lo avevo creduto morto? Era stato lo stesso qualche ora prima, la mia immaginazione, o forse la droga, mi avevano fatto credere che fosse lì, davanti a me, quando invece ad aspettarmi c’erano solo le guardie di Ulan Bator, pronte ad infliggermi nuove torture. Volevo davvero illudermi, perché la delusione poi fosse ancora più cocente?

 

Oh, al diavolo.

Era davvero al mio fianco.

 

“Gourry…?”

In qualche modo, riuscii a pronunciare il suo nome, in una specie di singhiozzo incredulo, ma non potei aggiungere altro. Mi aggrappai al suo braccio, con una forza che non ero più nemmeno conscia di possedere.

Gli occhi di Gourry si riempirono di sollievo, il suo labbro inferiore tremolò. Ebbi l’impressione che cercasse di sorridere, senza essere certo di esserne ancora capace. Alla fine, parve desistere. Si piegò su di me, e mi prese fra le braccia. “Sono qui…” Il suo abbraccio si fece tanto stretto da togliermi quasi il fiato.  “Sono qui…” Anche lo spadaccino non aggiunse altro. Al suo tocco mi faceva male la schiena, ancora dolorante, ma in quel momento non mi importava. Chiusi gli occhi, e affondai il volto nel suo collo. Non riuscivo nemmeno a piangere, le lacrime parevano essersi bloccate nella mia gola. Il suo calore, solo suo. Dopo tutti quei mesi riuscivo ancora ad avvertirlo.

 

“Dobbiamo andare via di qui.” Una voce ansiosa, diversa da quella di Gourry, risuonò alle nostre spalle. Sorpresa, sollevai a fatica il volto dalla spalla dello spadaccino. Non mi ero accorta che ci fosse qualcun altro nella cella, oltre a noi.

 

“Zel…” Commentai, stupita. Come facevano ad essere tutti e due lì? Forse Gourry era tornato a Sailune, dopo che ero stata catturata…? Quello avrebbe potuto spiegare perché non mi aveva raggiunta prima…

Non  ebbi la forza di porre quelle domande, però, né quello era il momento giusto per le spiegazioni. La chimera si inginocchiò al nostro fianco, l’espressione agitata, evidentemente pensandola allo stesso modo. “Hai perso sangue, ma non sono ferite gravi.” Esordì, senza tanti convenevoli… “Ora ti lancerò un Recovery, perché tu sia almeno in grado di uscire di qui, ma dovrai sopportare fino a che non saremo al sicuro perché possa guarirti completamente…” Il suo tono di voce si abbassò… “… mi spiace di non poter fare molto… in questo caso sarebbe mille volte più utile la presenza di Amelia…”

Non feci commenti a quella affermazione… mi limitai a guardarlo in volto, mentre pronunciava le parole dell’incantesimo… “Allora… avevo visto giusto, nella sala delle udienze…” Riuscii a commentare… “…eri tu, fra i soldati di Elmerish…”

Zel si concesse un sorriso storto… “Bé… fortunatamente non hai avuto la stessa reazione di Gourry…”

Non capii quell’osservazione, e mi volsi verso lo spadaccino, in cerca di una spiegazione. Che non ottenni. Gourry si limitò a fissarmi con un’espressione a metà fra la preoccupazione e l’incredulità… credo che anche lui faticasse a credere di trovarsi davvero al mio fianco, in quel momento…

Cercai le sue dita, e le toccai. Erano così fredde che sussultai, nel venirvi a contatto. Non feci in tempo a ritrarre la mano, però. Gourry la strinse tanto repentinamente da darmi l’impressione di temere che potesse scomparire da un momento all’altro. Ci scambiammo una lunga occhiata, mentre Zel curava le mie ferite, e mi parve che tutti i mesi che avevamo trascorso lontani si concentrassero in quello sguardo…

“Può bastare. Adesso muoviamoci.” Zel si alzò di scatto, allontanando le mani dalla mia schiena.

Gourry strinse le labbra, e sollevò la schiena, in segno di assenso. Lasciò scorrere il braccio con cui mi stringeva la vita al di sotto delle mie ginocchia, e mi sollevò di peso fra le braccia.

“Ti porto via da qui…” Mi sussurrò. Annuii. Non capivo ancora come potessero trovarsi in quel luogo, ma tacqui, rimandando le spiegazioni, e per una volta non mi opposi all’essere trasportata. Forse sarei anche stata in grado di camminare, ma nelle mie condizioni sarei solo riuscita a rallentarli. In più… non era male, la sensazione di potersi affidare totalmente a qualcuno, dopo tutti quei mesi… Avvertire la vicinanza di Gourry in quel momento mi faceva bene. Mi faceva sentire che la sua presenza al mio fianco era reale.

Mi abbandonai contro di lui. Gourry si rizzò in piedi in un unico movimento, e fece un cenno a Zelgadiss, che lo precedette verso la porta della cella.

Gli altri rinchiusi scalpitavano al nostro passaggio, forse sperando che Gourry e Zel si fermassero per aprire anche le loro celle. Fortunatamente, i sotterranei si trovavano ad una profondità troppo elevata perché dai piani superiori ci sentissero. Nonostante questo, persino la mia mente confusa si rendeva conto che non sarebbe stato semplice andarsene da quel luogo… 

Come a conferma di quanto stavo pensando, Zel si protese verso Gourry, l’espressione corrucciata. “Arrivare qui può anche essere stato facile…” Sussurrò. “… ma non sarà così semplice passare attraverso i controlli all’ingresso del palazzo, con lei…” Fece un cenno verso di me, con la testa.

Uh, mi raccomando Zel, parla pure senza preoccuparti che io senta, non mi fa assolutamente effetto pensare di essere un peso morto…

Gourry lo fissò con espressione stranamente dura. “Non vorrai tirarti indietro, spero…”

Fui lievemente stupita, a quella frase colma di sospetto. Zel, però, non ne parve eccessivamente turbato. “Non sto dicendo questo.” Replicò, con calma. “Sto dicendo che prima di uscire di qui dovremmo pensare ad un piano…”

Bingo, Zel. Magari pensarci prima di scendere quaggiù sarebbe stato più produttivo, però…

Quasi avesse sentito i miei pensieri, Zel mi rivolse un’occhiata. “Non guardarmi così, Lina. Lo so che siamo stati avventati, ma ti ricordo che qui stiamo cercando di salvarti la pelle…”

Vedo che non sono l’unica resa più acida dai mesi di separazione…

“Dobbiamo raggiungere… l’ala ovest del palazzo…” Mi limitai però a replicare, a fatica…

Zel si accigliò. “L’ala ovest? Perché, l’ala ovest? L’ingresso non è a sud?”

Annuii, debolmente. “Nell’ala ovest… ci sono gli appartamenti di Uregh…”

Zel mi fissò, senza capire. “D’accordo, possiamo anche raggiungere gli appartamenti di Uregh con la scusa che è stato lui ad ordinarci di portarti lì, ma questo non farà che allontanarci dall’uscita… e non vedo come una manovra del genere possa esserci di giovamento, ora…”

Mi accasciai di nuovo contro Gourry. Non ero certa di avere forza sufficiente per proseguire quella discussione, e descrivergli il mio piano… Fortunatamente, però, ancora una volta Gourry era riuscito a cogliere cosa avessi in mente, senza che avessi bisogno di spiegarglielo. “Ho… capito.” Disse semplicemente, scattando davanti a Zel, come se questo chiudesse la questione.

Zelgadiss lo frenò per un braccio, a fatica. “Aspetta un momento!” Intimò, in un bisbiglio agitato. “Ti spiacerebbe spiegare anche a me?”

Gourry levò gli occhi al cielo, come se Zel gli stesse chiedendo delle ovvietà. Ed in effetti per lui lo erano, perché per lo più fra noi non c’era bisogno di parole… quella reazione, da parte sua, a dispetto di tutto mi fece sorridere…

“Dobbiamo prendere in ostaggio il signore di questa città.” Tagliò corto Gourry.

Zel lo fissò per un momento, incerto. “Capisco, ma… sempre che ce la facciamo, cosa vi fa pensare che questo avrebbe effetto? Siamo nel suo territorio, e lui saprà benissimo che abbiamo le mani legate quanto lui, e che la sua morte significherebbe la nostra… forse sarebbe meglio non esporci così, e…”

Gourry scosse la testa. “Funzionerà. Fidati di Lina.”

Gli fui grata di quelle parole. Se Zel avesse avuto una maggiore conoscenza del carattere di Uregh, forse avrebbe convenuto con me che quella sarebbe stata la soluzione migliore… ma in quel momento non avevo le energie per convincerlo…

Zel mi parve ancora incerto, ma non fece obiezioni. In fondo, non ce n’era nemmeno il tempo. 

In silenzio, si mosse davanti a Gourry e i due scivolarono lungo il corridoio che portava all’uscita dalle carceri… Giunti alla porta in legno massiccio, Gourry mi pose al suolo, e prese a sorreggermi tenendomi un braccio attorno alle spalle. Ero un po’ barcollante, ma capivo quel gesto. Non sarebbe stata molto credibile una guardia che reggeva una sua prigioniera fra le braccia…

Passando vicino alla porta, notai la mia *amata* guardia al suolo, gli occhi chiusi, il volto sprofondato nella quieta pace del sonno. Nello stanzino accanto, altre due guardie dormivano della grossa.

“E’…” Mormorai.

“Lo Sleeping…” Confermò Zel. “Per, qualche ora, dovremmo avere il campo libero.”

E anche se li avessero trovati, non era detto che venisse dato immediatamente l’allarme. Ottimo piano. Sorrisi fra me e me. Era bello muovermi con Gourry e Zel, era bello studiare ancora una strategia di fuga. Mi faceva sentire viva.

Peccato che non fosse il momento di compiacersi…

 

Risalimmo velocemente la scala a chiocciola che conduceva ai piani superiori del palazzo, e sbucammo nei corridoi del piano terra, invasi dalla piena luce del mattino. Accecati dal repentino splendore, avanzammo circospetti, dirigendoci verso gli appartamenti del reggente, seguendo un po’ a caso, un po’ sulla base dei miei ricordi su quel percorso, le svolte nei corridoi. Gourry e Zel camminavano a testa alta, rivolgendo sbrigativi cenni di saluto alle guardie che incontravamo. Per lo più, si trattava dei soldati in armatura bianca di Uregh, segno che i guerrieri di Oberon dovevano essere radunati in un’altra area del palazzo… Alcuni ci squadrarono in modo strano, ma nessuno si fermò ad interrogarci. Evidentemente, le truppe di Uregh dovevano essere state istruite a lasciar agire gli uomini di Oberon in modo autonomo, finché esse erano adibite a loro guida verso il continente al di là della barriera… e questo, ovviamente, non poteva che andare a nostro vantaggio…

Il percorso fino agli appartamenti di Uregh fu così incredibilmente semplice che quando giungemmo in vista della porta di accesso alle sue stanze mi trovai a chiedermi se per caso non le stessi confondendo con altre… fino a quel momento in quella faccenda tutto era stato così dannatamente complicato…

Quando ci avvicinammo, tuttavia, mi convinsi che ben ricordavo la strada. Due guardie piantonavano l’ingresso, segno che quelle stanze ospitavano qualcuno di importante…

 

Gourry e Zel avanzarono, con ostentata sicurezza. Le due guardie immediatamente ci si pararono di fronte, l’espressione ostile.

“Dove state portando la prigioniera?” Chiese una di esse, in tono duro, nel suo comune stentato.

Fu Zel a prendere la parola. “Il vostro signore ci ha ordinato di condurre la prigioniera al suo cospetto.” Dichiarò, senza un minimo di esitazione. “Per ridiscutere la sua posizione come ostaggio, a seguito dei recenti eventi, di fronte a rappresentanti del mio signore.” Li fissò con espressione cupa. “Ordini diretti, da eseguire immediatamente.”

Le due guardie si scambiarono un’occhiata. “Il mio signore vi ha dato l’ordine personalmente?” Chiese la stessa che ci si era rivolta poco prima. Mi accigliai. C’era… qualcosa di strano, nel suo sguardo… non sembrava convinto…

Non avevo modo di esporre i miei dubbi a Zel, però… E la chimera parve non notare nulla, perché si limitò a rispondere, con la stessa sicurezza… “No. Il messaggio ci è stato recapitato da uno dei vostri uomini.”

La guardia si accigliò. “Il nostro uomo doveva avere le idee un po’ confuse, allora…” Si avvicinò, sollevando lievemente la lancia… “… dal momento che il nostro signore quest’oggi trascorrerà l’intera mattinata nella sala delle udienze…”

Avvertii Gourry e Zel irrigidirsi, e anche la mia mente venne immediatamente risvegliata all’attenzione. Dei… dovevamo tradirci davvero in modo così stupido?

La guardia avanzò ulteriormente, con uno sguardo che rivelava più che apertamente i suoi sospetti. “Io credo che sia il caso che ora voi tre ci seguiate dal mio signore… e lui sarà in grado immediatamente di chiarire il perché di questo equivoco…”

Avvertii che Gourry portava mano alla spada, ed internamente imprecai. Se li avessimo attaccati ora avrebbero dato sicuramente l’allarme. E se anche non ce l’avessero fatta, qualcuno li avrebbe certamente trovati prima che noi potessimo giungere ad Uregh. D’altra parte, quante soluzioni ci restavano? 

Gourry e Zel si scambiarono un’occhiata, e dovettero giungere alla mia stessa conclusione… anche la chimera abbassò lentamente la mano verso il fodero… 

“Sono stata io a far chiamare quelle guardie.” Risuonò, gelida, una voce alle nostre spalle. Sussultai, e volsi di scatto la testa, trovandomi ad affrontare, con stupore, la figura di Ka-reen. La donna avanzò con calma, scagliando alle due guardie che ci fronteggiavano un’occhiata severa… “Il mio signore mi ha incaricato di questo compito proprio perché doveva occuparsi dei postulanti, ma stupidamente ho scordato di riferire alla guardia che li facesse indirizzare alla sala delle udienze, e non qui. Sono venuta appositamente per rimediare al mio errore.”

Le guardie si scambiarono uno sguardo interdetto. “Ci dispiace, mia signora…” Replicò poi la stessa che ci aveva parlato poco prima (che cominciavo a sospettare fosse l’unica fra le due a parlare la lingua comune…). “Noi… non potevamo sapere…”

Ka-reen rivolse loro uno sguardo annoiato. “D’accordo, d’accordo, non fatemi perdere altro tempo.” Si avvicinò a noi, e si pose al fianco di Gourry. “Scorterò io queste persone dal mio Signore…”

La guardia assunse un’aria perplessa. “Se… se volete che uno di noi vi accompagni…”

Ka-reen gli lanciò un’occhiata gelida. “Lasciando sguarniti gli appartamenti del mio signore? Mi stupisco che lo abbiate anche solo pensato! Non sapete quanti tramano alle sue spalle?”

A quella frase, dovetti trattenere una risata. Per quanto altezzosa e antipatica, in quel momento avrei volentieri abbracciato Ka-reen.

Le guardie si affrettarono a fare un inchino. “M- ma certo, mia signora, la mia è stata una proposta stupida! Resteremo a fare la guardia, ovviamente!”

Ka-reen sbuffò, e volse loro le spalle. “Voi due, seguitemi…”

Gourry e Zel si scambiarono uno sguardo interdetto, ma bastò una mia occhiata a chiarire che non era il caso di discutere. I miei due compagni si affrettarono ad accodarsi alla cortigiana.

Appena girato l’angolo, Ka-reen eruppe contro di noi, senza nemmeno voltarsi. “Che piano idiota! Non solo voi dell’altra parte del continente siete incredibilmente rozzi, siete persino stupidi!” Ci lanciò un’occhiata da sopra le spalle. “Fortunatamente le guardie ti hanno portato via dall’infermeria senza chiedermi l’autorizzazione in precedenza. Stavo venendo alle prigioni per fare loro le mie rimostranze, quando vi ho visti sgattaiolare nei corridoi, e mi sono insospettita…”

Mi sollevai lievemente per fissarla, con l’aiuto di Gourry. “Perché… ci stai aiutando…?”

Ka-reen mi scoccò un’occhiata enigmatica. “E perché no? In fondo, cosa ho da rimetterci…?”

Non ero completamente certa di capire, ma in fondo non mi interessava. L’importante era che ne venissimo fuori.

“Lina… chi è questa donna…?” Mi chiese Gourry, con l’aria di non capire assolutamente nulla di quanto stava accadendo attorno a lui. Dovetti sorridere, nuovamente. Non l’avrei mai detto, prima, ma quell’espressione mi era mancata.

Fu Ka-reen a rispondere per me. “Sono una cortigiana dell’uomo che avete intenzione di prendere in ostaggio.” Replicò, senza troppi mezzi termini, e senza smettere di camminare. “Ma ho intenzione di non ostacolarvi, tanto per mettere in chiaro le cose prima che uno di voi grand’uomini decida di mettere mano alla sua spada…”

Zel mi parve scettico. “Non passerai dei guai se al tuo padrone succede qualcosa? In fondo immagino che la tua autorità qui dipenda da lui…”

Ka-reen tacque per un istante. “Mettiamola così, la vostra amica non è l’unica, qui, cui Uregh si sia impegnato a far vivere un tipo di vita che non desiderava… e non è l’unica che trovi vantaggioso liberarsene, all’occorrenza.” Ci squadrò, per un istante. “Ho sempre avuto un certo fascino sul giovane principe. Credo che sarebbe ben felice di offrirmi una spalla su cui piangere, anche se perdessi la protezione del mio Signore…”

Mmm. E così, l’aiuto di Ka-reen non era così gratuito come avremmo potuto pensare inizialmente. Noi facevamo un favore a lei, e lei ne faceva uno a noi. Del resto, mi sembrava uno scambio del tutto onesto…

Lanciai uno sguardo a Zel, che si strinse semplicemente nelle spalle, optando evidentemente per avere fiducia nelle parole di Ka-reen. Gourry invece pareva pensieroso…

“Io non ho capito una cosa…” Dichiarò infatti, dopo solo un istante.

‘Confortante come certe cose non cambino mai…’ Mi trovai a pensare, con un sospiro. “Spara.” Replicai, in un tono a metà fra l’esasperato e il divertito.

Gourry si volse verso di me. “Se le cortigiane di Uregh sono tutte COSI’… che diavolo se ne faceva, di te?”

Incespicai, e per poco non lo trascinai al suolo.

‘Dolorosamente! Aspetta che mi sia ripresa e ti torturerò molto DOLOROSAMENTE, Gourry!!!’

“Sei… morto… cervello di medusa…” Riuscii a mormorare, fra i denti.

Notai con la coda dell’occhio Zel, al nostro fianco, che ridacchiava. E anche Ka-reen lo fissò con una specie di sorriso storto. Avrei voluto poter lanciare un Dragon Slave per colpire allo stesso tempo tutti coloro che si trovavano in quel dannato palazzo.

Gourry mi lanciò uno sguardo che riconobbi immediatamente come finto innocente. Io lo ricambiai con un’occhiata che non prometteva nulla di buono…

Non avemmo tempo di protrarre oltre quello scambio di battute, però. Ka-reen si fermò, subito prima di una svolta del corridoio che, supponevo, conduceva all’ingresso della sala delle udienze. La cortigiana si volse a guardarci. “Già in troppi sanno che vi ho accompagnato qui io… Corrompere due guardie è semplice, corromperne quattro è azzardato.” Spiegò, semplicemente. “Io mi fermo qui.”

Annuii, debolmente… “Ka-reen…”

La cortigiana scosse la testa. “Non ringraziarmi. Se fosse stato necessario ucciderti invece di aiutarti, lo avrei fatto.”

Trattenetti un sorriso. “Sono tutte simpatiche ed allegre come te, le cortigiane…?”

Ka-reen mi rivolse un’occhiata altezzosa. “Si chiamano raffinatezza, ed eleganza. Voi donne del nord non sapete nemmeno che cosa vogliono dire, queste parole.”

Sospirai, ma tacqui. Non era il momento di litigare… 

“Che facciamo con le guardie davanti al portale?” Chiese Zel, che si era sporto a dare un’occhiata alla situazione.

Mi accigliai. “Proseguiamo… con la farsa di prima…” ‘E speriamo che stavolta funzioni…’ Ma a questo pensiero non diedi voce…

Gourry e Zel si scambiarono un’occhiata, e tutti e tre avanzammo lungo il corridoio, avvolto in una piacevole penombra, grazie alle cortine delle finestre chiuse. La sala delle udienze aveva più ingressi, ma quel particolare portale conduceva direttamente, attraverso l’ampio corridoio, al cortile posteriore del palazzo, dove, supponevo, venivano radunati i postulanti nell’attesa di essere ricevuti, in modo da non dover essere accolti all’interno del palazzo stesso. Un cortile che per me era legato a ben altri ricordi…

Ebbi un brivido, ma scacciai quel pensiero. Era una buona cosa, che quel corridoio si aprisse all’esterno. Se tutto fosse andato come doveva, avremmo potuto trovare una via di fuga attraverso di esso…

Le guardie all’entrata notarono immediatamente che ci stavamo avvicinando. Trattenetti il fiato. Dalla loro reazione poteva dipendere la fine di un incubo… o l’inizio di uno molto peggiore.

 

Senza quasi rendermene conto, mi trovai a stringere Gourry quasi in una morsa.

 

“Il Signore è impegnato con le udienze…” Ci comunicò immediatamente una delle guardie, non appena fummo vicini a sufficienza. “Non dovreste trovarvi qui…”

“Ci è stato dato ordine di recarci qui immediatamente… un vostro inferiore, che ha detto che si trattava di una richiesta diretta del Reggente…” Replicò Zel, meccanicamente.

Le due guardie si scambiarono un’occhiata. “Non so nulla di questa storia.” Replicò il soldato che fino a quel momento aveva taciuto. “Lasciate che entri un momento a…”

La guardia non ebbe nemmeno tempo di terminare. Un attimo prima ci si stava rivolgendo, con fare annoiato… quello dopo era al suolo, un fiotto di sangue che gli usciva dalla bocca.

“Cosa… diavolo…?”

L’altra guardia ebbe appena il tempo di rendersene conto. In un attimo raggiunse il suo compagno a terra, gli occhi senza vita colmi di stupore.

Mi volsi, allibita, verso l’autore di quella sequenza incredibilmente veloce di colpi. Gourry mi aveva lasciata andare solo per un attimo. Con una sola mano, aveva estratto la spada e colpito tanto velocemente da non dare alle guardie nessuna possibilità di reazione. Ma ciò che mi lasciò più interdetta fu il suo sguardo. Perfettamente freddo e controllato, come se avesse appena schiacciato un insetto contro un muro.

“Go… Gourry…?”

Lo spadaccino rinfoderò la spada. “Avrebbero messo in allarme le guardie all’interno.” Spiegò, semplicemente. “Così potremo sfruttare ancora l’effetto sorpresa…”

“Ottimo lavoro.” Si limitò a commentare Zel… “Ed ora reggetemi il gioco, finché è possibile…”

Zel portò la mano alla maniglia della porta, senza fare una piega. Io però continuai a fissare Gourry per qualche istante, stranita. Era… normale, quel gesto, da parte sua? Forse erano i mesi di prigionia a distorcere la mia percezione, ma avevo l’impressione che ci fosse… qualcosa che non andava…

E poi, non lo avevo notato prima ma… Gourry era dimagrito, in quei mesi… il suo volto era più scavato e più… cupo… non sapevo spiegare in che modo…

E che diavolo erano quelle cicatrici?

Non ebbi tempo di riflettere oltre sulla cosa, però.

Zel spinse in avanti la porta, e ci fece strada all’interno. Gourry mi spinse dentro con ostentata sgarbatezza, ma attento a non colpire la mia schiena dolorante. Immediatamente, mi morsi il labbro. La sala era piena di gente. Guardie lungo le pareti e ai fianchi di Uregh, quello che poteva essere un ricco rappresentante del popolo inginocchiato davanti al reggente, cortigiane ed ancelle che lo attorniavano, e sei dei ministri collocati sui loro seggi purpurei. La paura mi catturò immediatamente. Non sarebbe stato semplice avvicinare il reggente.

Uregh sollevò immediatamente lo sguardo su di noi, accigliato, non appena chiudemmo la porta alle nostre spalle. Era riverso sul suo seggio, l’aria accaldata, la fronte madida di sudore. Fui attraversata da un brivido, al solo vederlo. Volevo uscire di lì. Non volevo più trovarmi fra le mani di quell’uomo…

“Che cos’è questa intrusione?” Chiese il reggente, sollevandosi a fatica sul suo seggio, l’aria accigliata. “Ci sono le udienze, chi vi ha autorizzato ad entrare?”

Zel rivolse ad Uregh un breve inchino. “La questione era urgente, mio signore.” Si raddrizzò, e ne approfittò per avanzare di un altro passo verso di lui. “La prigioniera ha tentato nuovamente la fuga, dall’infermeria in cui si trovava.”

A quelle parole, lo sguardo di Uregh si accese, ed il reggente scattò in piedi, praticamente balzando verso di noi. “Come sarebbe a dire, ha tentato nuovamente la fuga???” Mi fissò con uno sguardo che, da solo, mi provocò un tremito. “Le frustate non ti sono bastate, donna???” Si rivolse direttamente a me. “Devo pensare a qualcosa di peggio, stavolta??? Devo farti tagliare la lingua, per convincerti finalmente ad obbedire???”

Ero… atterrita. So che è stupido, perché ero con Zel e Gourry, e quella era tutta una finzione, e so anche che non è ciò che ci si aspetterebbe da me, ma ero semplicemente atterrita. Ciò che mi era accaduto per mano di Uregh fino a quel momento era più che sufficiente per liberarmi di gran parte della mia sicurezza, quando mi trovavo di fronte a lui…

Gourry, al mio fianco, dovette rendersene conto, perché avvertii il suo corpo irrigidirsi totalmente a quelle parole, come se si stesse trattenendo a fatica dall’attaccare…

Uregh sollevò lo sguardo su Zel, pallido d’ira. “Dove l’avete trovata???” Chiese, avanzando stupidamente oltre le sue guardie del corpo, fino a che i suoi urli non giunsero a rimbombarmi direttamente nelle orecchie. “Dove ha cercato di intrufolarsi, questa volta, questa piccola vipera???”

Gourry mi lasciò, all’improvviso, accostandosi al reggente, che fu tanto sciocco da non farvi caso… “Voleva intrufolarsi esattamente dove si trova ora…” Replicò, con un tono che fece gelare persino a me il sangue nelle vene. “… per assistere allo spettacolo di noi due che ti tagliavamo la gola…”

Gli occhi di Uregh si spalancarono per lo stupore, ed il reggente cercò di fare un passo indietro.

Inutilmente, perché Gourry gli aveva già afferrato il braccio.

Lo spadaccino glielo torse, dolorosamente, e gli puntò la spada alla schiena. E so che non fu molto caritatevole, e forse nemmeno molto sano, da parte mia, ma la smorfia di dolore che comparve sul volto del reggente mi provocò un istintivo fremito di soddisfazione…

“Ferma immediatamente le tue guardie, se non vuoi morire di una brutta morte…” Minacciò Gourry, con aria del tutto pericolosa. Uregh gemette come un bambino che fa i capricci con la madre.

“P- per carità! Fermi, fermi!” Gridò, ai soldati che avevano già messo mano alle armi. “Fate come vi dicono!”

Zel mi rivolse un’occhiata sorpresa. Non ci voleva un genio del calcolo per capire cosa ci sarebbe successo se le guardie avessero attaccato, data la disparità numerica, ma Uregh aveva evidentemente troppa paura per la sua vita per correre quel rischio. Mi strinsi nelle spalle. Era ciò che avevo immaginato.

Zelgadiss si riprese immediatamente dallo stupore, comunque. Fece un passo avanti, e si rivolse ai soldati della guardia del corpo di Uregh, in quel momento le persone che ci erano più vicine nella sala. “Vogliamo tre cavalli.” Ingiunse. “E delle provviste.”

Fui un po’ stupita, a questa seconda richiesta. In fondo, se fossimo scappati verso la costa avremmo certamente incontrato delle città, dove procurarci del cibo, e in quel momento non era il caso di tirare troppo la corda con eccessive richieste… Tuttavia, non feci in tempo ad aprire la bocca per replicare, che la richiusi, e tacqui. Forse la chimera aveva in mente qualcosa che non aveva fatto in tempo a comunicarci.

“E una veste.” Aggiunse Gourry, a conclusione. “Una di quelle delle ancelle andrà benissimo.”

Lanciai un’occhiata alla mia tunica, e mi resi conto che, se non avessi avuto il mantello che mi avevano dato in infermeria, ben poco sarebbe stato lasciato all’immaginazione da quel pezzo di stoffa logoro.

‘Finita questa faccenda avrai tutta la mia gratitudine, Gourry…’

Uno dei sei dignitari si sollevò in piedi, con cautela, e si fece avanti, fra gli sguardi terrorizzati delle servitrici e quelli nervosi dei soldati.

“Vi prego…” Ingiunse. “Vi prego, stranieri, cercate di ragionare… lasciate andare il nostro signore, e sono certo che riusciremo a raggiungere un accordo che soddisfi entrambi… non andrete lontano, con il ricatto, lo sapete benissimo…”

I miei compagni ed io ci scambiammo un’occhiata. Certo, come no. E magari ci avrebbero offerto anche un tè ed un po’ di biscotti, per allentare la noia della trattativa…

Non ci fu nemmeno bisogno di replicare. Gourry aumentò lievemente la pressione della spada sulla schiena del reggente, e questo fu sufficiente perché Uregh desse voce, in tono vagamente isterico, a ciò che tutti noi desideravamo replicare…

“Non dire assurdità, cancelliere! Asseconda le loro dannate richieste! Fai sellare tre dei miei stalloni, e lasciali andare via!!!!!!!!”

I funzionari si guardarono per un secondo, evidentemente indecisi sul da farsi, quindi si inchinarono al reggente, con fare ostile. Il cancelliere diede un secco ordine nella solita, strana lingua ad uno dei servitori, che schizzò fuori dalla sala.

Il funzionario si volse verso di noi. “I vostri cavalli saranno pronti fra pochi istanti nel cortile.” Disse semplicemente, in tono duro.

Zel mi afferrò bruscamente per un braccio per sorreggermi, e si pose schiena contro schiena con Gourry. “D’accordo. Ora state fermi dove siete.” Intimò. “Noi usciamo di qui.”

Prendemmo a dirigerci verso la porta. Le guardie ai lati dell’ingresso si mossero per chiuderla, forse istintivamente. Zel li fissò, accigliato. “Vedo che non volete capire…” Mormorò.

Si avvicinò ad Uregh e gli strinse il braccio con le dita. “Lascialo, Gourry.” Ordinò, semplicemente.

Lo spadaccino annuì e si allontanò, sostituendo Zel nel sorreggermi. La chimera strinse con forza Uregh, che aveva preso a divincolarsi, e… “Mono Volt.” Recitò, con voce mortalmente calma. Il reggente gridò, in preda al dolore, quando la scarica elettrica di origine magica lo attraversò.

Mi morsi il labbro, non del tutto convinta del gesto di Zel. Se Uregh avesse perso i sensi, forse, senza i suoi occhi a giudicarle, le guardie sarebbero state meno restie ad attaccarci. Tuttavia, fortunatamente, la chimera pareva essere giunta alle mie stesse conclusioni, e aver moderato la potenza…

Quando Zel rilasciò la presa, il reggente era terrorizzato, ossessionato, forse, ma vigile. Fissò Zel per un momento, e poi guardò le guardie, atterrito. “Allontanatevi!!!” Gridò. “Allontanatevi, bastardi, o farò tagliare la testa a tutti voi!!!!”

Le guardie si scostarono, riluttanti, le armi ancora in pugno. Noi quattro avanzammo attraverso il portale, e poi in cortile. I tre cavalli bianchi stavano venendo sellati, ed erano già equipaggiati con alcune borse di cibo. Attendemmo tenendoci lontani, finché non furono pronti a condurci fuori dalle mura.

Zel strinse più forte Uregh, e le sue labbra si avvicinarono all’orecchio del reggente. “Prega che i cavalli siano in salute.” Mormorò, fra i denti. “Perché se loro ci abbandonano, ci abbandoni anche tu.”

Uregh impallidì. “N- no, no, no, stranieri, sono i migliori della mia scuderia, posso assicurarvelo!!!” Gridò, quasi, in preda all’isteria. “Vi porteranno lontano da qui, e poi voi mi lascerete andare, vero? Vero che mi lascerete andare???”

Zel non rispose. Pescò fra le borse della sua divisa da soldato una spessa corda, e la utilizzò per legare le mani del reggente dietro la sua schiena.

“Gourry…”

Lo spadaccino annuì, senza che la chimera avesse bisogno di aggiungere altro. Insieme, caricarono il reggente su uno dei cavalli, riverso come un salame steso ad essiccare. Zel utilizzò un altro pezzo di corda per assicurarlo alla sella. “Ti conviene non agitarti troppo.” Minacciò. “O cadrai, e il viaggio lo farai trascinato dal cavallo.”

Il reggente impallidì, se possibile, ulteriormente. “A- aspettate! Io non posso reggermi in equilibrio a questo modo! Ehi!”

I miei due compagni lo ignorarono. Gourry montò a cavallo, e afferrò le redini del destriero che trasportava il reggente. Zel mi aiutò a salire sul suo cavallo.

“Tieniti vicino ad Uregh.” Mormorò la chimera a Gourry. “Non ti lanceranno frecce, sapendo che potrebbero colpire anche lui. Non preoccuparti di Lina, ci penso io a farle da scudo.” 

Per qualche motivo, il pensiero di Zel scudo umano mi fece sorridere. “Sei davvero utile in mille modi, Zel…” Lo presi in giro, quando montò dietro di me. “Sei proprio sicuro di voler tornare umano?”

Una goccia di sudore scese lungo la guancia della chimera. “Se hai voglia di scherzare, si vede che stai meglio…” Commentò, in tono irritato.

Io ridacchiai. Sì, stavo meglio, stavo INCREDIBILMENTE meglio. Soprattutto per una che poche ore prima quasi non riusciva a ricordarsi chi era… Merito dell’adrenalina, pensai. Mi faceva sentire assurdamente VIVA.

“Non fermarti fino a che non saremo lontani.” Intimò semplicemente Zel allo spadaccino. Gourry annuì, ed entrambi spronarono i cavalli.

In un attimo, gli edifici della strada principale di Ulan Bator sfrecciavano ai nostri lati. Mi strinsi al cavallo, con tutta la forza che mi rimaneva, piegata al di sotto del bacino di pietra di Zel. Per un paio di volte, temetti seriamente che saremmo andati a sbattere, con la gente che si scostava all’ultimo al nostro passaggio. Fortunatamente, ormai la mattina era inoltrata, le locande servivano già la colazione, e la popolazione di Ulan Bator aveva iniziato a ritirarsi dalle strade, per trascorrere al coperto le ore più calde della giornata…

“Zel, le mura!!!” Udii Gourry gridare ad un certo punto. A quella osservazione, la chimera mi spinse giù con violenza, e si piegò così tanto su di me che credei di soffocare. Persi di vista lo spadaccino, così come il mondo intorno a me, ed immediatamente entrai in allarme per lui quando avvertii un nugolo di frecce passare sopra le nostre teste.

‘Rivoglio la mia magia…’ Ebbi tempo di pensare, mentre la criniera del cavallo mi faceva lacrimare gli occhi, e mi pizzicava il naso. Cominciava ad essere stancante, il ruolo della bella da difendere… avrei voluto poter fare qualcosa di più produttivo che inspirare lezzo di cavallo…

Dopo un secondo gruppo di frecce, la voce di uno dei soldati risuonò, e i colpi smisero di raggiungerci. Evidentemente, ci eravamo avvicinati a sufficienza perché i soldati si rendessero conto della presenza del reggente.

Zel si scostò lievemente, ed io mi azzardai a sollevare la testa. Davanti a noi, si stagliava un gruppo di guardie armate. Alle loro spalle, i portali della città stavano venendo serrati…

“Zel!” Gridai.

“Lo so!” Confermò la chimera, sollevando un braccio, e recitando velocemente, fra i denti. “Palla di Fuoco!!!” Gridò, quando eravamo ormai solo ad un centinaio di metri dalle mura. Il colpo investì in pieno i soldati che ci attendevano, abbattendo i portali in un turbine di fiamme.

Attraversammo l’arco del portale, mentre ancora il fuoco crepitava. Mi riparai gli occhi e mi accucciai sul cavallo, e per fortuna la velocità a cui andavamo ci permise di uscirne indenni. Fu tutto talmente veloce che i cavalli nemmeno si resero conto di quanto era avvenuto, credo. Fummo fortunati a non essere disarcionati sul posto.

‘Siamo fuori! Siamo fuori!’

Sollevai la testa, il cuore che mi batteva all’impazzata. Dietro di noi, i soldati erano come impazziti, terrorizzati dal colpo magico di Zel. Alcuni erano schizzati fuori dalle mura, credo con l’intento di inseguirci, ma ovviamente senza cavalli non potevano fare nulla per raggiungerci. Per il momento, eravamo al sicuro.

‘Non riesco a crederci…’ 

Volsi lo sguardo, e colsi Gourry che sfrecciava al nostro fianco, l’aria ancora evidentemente scossa. Lo spadaccino intercettò il mio sguardo, e mi rivolse un breve sorriso, forse il primo da quando ci eravamo rivisti. Mi resi conto che avrei voluto abbracciarlo.

“Dove diavolo andiamo, ora???” Domandò Zel, ovviamente spezzando il mio momento di umore romantico.

Volsi lievemente la testa verso di lui. “Vuoi dire che sei arrivato fino a qui senza sapere che fare dopo???” Chiesi. E io che pensavo che avesse un grande piano in mente…

Zel mi guardò storto, evidentemente punto sul vivo. “Sono arrivato qui alla cieca, NON SO dove ci troviamo, Lina!!! Magari Miss Maga Genio è più informata di me?” Chiese, con fare ironico.

Non potevo togliermi la soddisfazione di avere l’ultima parola… “CERTO che sì…” Replicai, con fare superiore… “Tieniti il sole alle spalle, e prosegui in questa direzione…”

“Ma Lina…” Giunse la voce di Gourry alle mie spalle. “Così andremo a nord, e ci inoltreremo nel deserto… Non è meglio dirigerci ad ovest verso la costa…?”

Uh, a quanto pareva invece Gourry non era giunto lì del tutto sprovveduto.

Chissà perché ogni tanto tendevo a scordare che Gourry aveva viaggiato da solo, prima di incontrarmi, e che era perfettamente autonomo, in questo… di solito lo spadaccino non si poneva grandi problemi circa le nostre mete… Annuii, lievemente stupita. “E’ quello che ho intenzione di fare…” Spiegai. “Ma prima dobbiamo far perdere le nostre tracce. Se crederanno che abbiamo imboccato la via di terra, forse concentreranno le ricerche nel deserto, e riusciremo più facilmente a raggiungere il mare… non ho dubbi che nel giro di poche ore ci saranno alle calcagna…”

Gourry si strinse nelle spalle. “Basta essere entro cinque giorni al mare.” Dichiarò.

Zel ed io ci scambiammo un occhiata. “E perché entro cinque giorni?” Gridai, di rimando.

Gourry mi rivolse un altro sorriso. “Perché c’è una nave che ci aspetta.” Spronò il cavallo. “Acceleriamo, ora, se dobbiamo far sparire le nostre tracce!”

Zel ed io restammo perplessi per qualche istante, quindi ci affrettammo, per accodarci a lui. In fondo, ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni.

 

Procedemmo per diverse ore nel silenzio quasi totale, nonostante il sole battente, nonostante per tutti fosse stata una notte insonne. L’agitazione ci spingeva a resistere, senza che quasi ce ne rendessimo conto. Presto, iniziammo a deviare verso ovest, concordando però che avremmo invertito la rotta solo il giorno successivo. Rallentammo l’andatura, perché i cavalli non avrebbero retto a lungo quel ritmo, con quel calore. Alle nostre spalle, il vento del deserto disperdeva le nostre tracce, e quando questo non avveniva ci pensava la magia di Zel.

La chimera approfittò anche della relativa calma per guarire completamente le mie ferite. Quando terminò, il dolore era praticamente scomparso, ma la stanchezza cominciava a farsi sentire…Uregh era immobile, sul suo cavallo, ormai da quando eravamo usciti da Ulan Bator. Credo avesse perso i sensi, e del resto nessuno di noi aveva interesse a svegliarlo, per sentire le sue lamentele. Non ero ancora certa di ciò che avremmo dovuto fare con lui…

 

Il pomeriggio era già avanzato, quando giungemmo in vista della prima macchia di vegetazione. Ci trovavamo al limitare del deserto, la costa, a detta di Gourry, a pochissimi giorni di viaggio. Avanzammo in una fitta boscaglia fatta di alberi e piante a me ignoti, fino a che non ci trovammo a ridosso di un torrente, forse un affluente del fiume che scorreva attraverso Ulan Bator. Ne seguimmo la corrente, fino a che non fu quasi buio. Era il tramonto quando sbucammo in uno spiazzo in cui il torrente si apriva in un’ampia pozza d’acqua. A quella vista, le mie gambe si fecero molli. Quanto avevo voglia di un bel bagno…

“Che ne dite… se ci fermiamo per qualche ora…?” Proposi. “I cavalli sono stremati, e anche noi. In fondo, ormai abbiamo camuffato a sufficienza le nostre tracce…”

Zel annuì. “Mi sembra una buona idea.” Tirò le redini del cavallo. “Persino io sento di avere bisogno di dormire…”

Gourry scese dal suo cavallo, e mi porse la mano per smontare dal mio. Anche Zel mi imitò, e si piegò sul torrente, per sciacquarsi il volto. Io mi appoggiai al braccio di Gourry, per non caracollare al suolo. Non mi ero nemmeno resa conto di essere tanto stanca prima di mettere piede a terra…

“Che nottata…” Mormorai…

Gourry mi pose una mano sulla testa, e mi accarezzò i capelli. “Puoi dirlo forte.” Mi rivolse un sorriso. Gli risposi, e appoggiai per un momento la testa alla sua spalla. Avevo voglia solo di qualche momento di tranquillità…

“Che ne facciamo di lui?” Giunse una voce, al di là dei cavalli.

Sospirai, e mi sporsi per osservare. Zel aveva trascinato Uregh giù dal cavallo, ed ora il reggente si era svegliato, e piagnucolava al suolo.

“Vi prego, lasciatemi andare… vi riempirò d’oro, ciascuno dei gioielli che ho addosso vale una fortuna.”

Mi avvicinai, e lo fissai con disprezzo. “Hai considerato il fatto che i gioielli potremmo prenderli anche dal tuo cadavere?” Dissi, più per il gusto di spaventarlo, che per reale minaccia.

Il reggente si volse a guardarmi, con manifesto odio.

“Tu… tu! Piccola…” Si morse la lingua, come per impedirsi di proseguire. “Dillo, che ti ho trattata bene! Dillo che ti ho accolto con ogni lusso!!! Sei TU che ti sei voluta tutto quello che ti è successo!!!! Se fossi stata obbediente saresti stata benissimo! Che diavolo vuoi da me, ora? CHE DIAVOLO VUOI DA ME, ORA???”

Lo fissai, mentre mi inveiva contro. Ora era lui l’insetto spaventato. Ed io, stranamente, non avevo né la voglia né la forza di prendermela con lui. Avrei voluto solo che qualcuno me lo cancellasse da davanti.

“Non abbiamo molta scelta.” Fu Gourry a rispondere a Zel, avanzando al mio fianco. “Se anche lo lasciassimo qui, potrebbero ritrovarlo, e questo potrebbe tradirci. E si metterebbe comunque al comando delle armate che marceranno contro Sailune, mentre il principe di Ulan Bator potrebbe evitare di farlo, essendo estraneo all’alleanza decisa dal reggente.” Ci fissò, con uno sguardo strano, stranamente determinato.

Mi accigliai. “Come fai… a sapere dell’alleanza personale di Uregh con Oberon…?” Chiesi, perplessa. Ora che ci pensavo, non avevo ancora la più pallida idea di come Gourry fosse arrivato a trovarmi, di cosa lo avesse spinto fino a quella città persa nel deserto, né di dove lui e Zel si fossero incontrati… ma la chimera in quel momento vestiva un’espressione perplessa quanto la mia…

Gourry batté le palpebre, come se non si fosse aspettato quella domanda. “Uh… io… non ricordo, in realtà… credo… che me ne abbia parlato Ainos…”

Ainos?

“Non dategli retta!!!” Prese a gridare nel frattempo Uregh. “I… io… io mi impegno a non combattere più quella guerra! Anzi, interverrò a favore di Sailune! Davvero! Credetemi!!!”

Ma Gourry non ci diede tempo di discutere oltre la cosa. Con una mossa repentina, estrasse la spada, e fece per calarla su Uregh.

“E… ehi, aspetta un momento!” Mi buttai su di lui, e cercai di frenare il suo braccio, ma era tardi. La spada praticamente tagliò la testa ad Uregh, in un solo colpo, facendomi arretrare inorridita, mentre schizzi di sangue mi investivano. Ottenni solo di far scivolare di mano la spada a Gourry, facendola volare lontano.

Caddi all’indietro, coprendomi la bocca con la mano, mentre anche Zel arretrava, stupito. Gourry fu immediatamente su di me.

“Lina!” Gridò. “Lina, stai bene? Non ti ho ferita, vero?” Lo guardai negli occhi. E mi fu difficile associare il suo sguardo preoccupato a quello lucido e freddo di poco prima…

“N… no…” Replicai, con voce stentorea… “Mi hai solo colta di sorpresa…”

“Scusami.” Mi porse la mano, per aiutarmi a sollevarmi. “Credevo fossimo d’accordo, non immaginavo che ti saresti gettata avanti così all’improvviso.”

Lo guardai nuovamente negli occhi, cercando di capire se mi stava deliberatamente mentendo, ma stranamente per una volta non fui capace di leggere nel suo sguardo nulla, tranne l’evidente rammarico di avere rischiato di colpirmi… Un groppo di inquietudine mi stringeva lo stomaco. Non era per Uregh. Non mi importava nulla di quell’uomo, forse lo avrei ucciso io stessa. Era per Gourry. Non lo avevo mai visto colpire qualcuno così, a sangue freddo.

Mi risollevai sulle mie gambe, lievemente traballante. Zel occhieggiò il cadavere, con aria che avrei definito seccata. “Grandioso.” Commentò. “Stiamo cominciando a rivaleggiare con degli assassini professionisti…”

Non capii quel commento, ma decisi che, per una volta, preferivo non farlo. Piuttosto, lanciai un’occhiata alla spada di Gourry, che era volata al suolo… Non l’avevo notato prima, ma era diversa da quella che Gourry aveva ricevuto da Philionel, a Sailune. La sua lama sembrava quasi… fatta di cristallo…

“E… quella…?” Domandai, avvicinandomi… “Non ce l’avevi prima che ci separassimo…”

“Non toccarla!!!” Mi intimò lo spadaccino, con urgenza quasi rabbiosa. Persino Zel sussultò, al mio fianco.

Sollevai lo sguardo su di lui, piccata. Non ci vedevamo per mesi, e lui pensava che il mio primo pensiero fosse mettere le mani sulla sua nuova spada???

 

… OK, avevo dei precedenti a riguardo, ma quella era una situazione diversa, d’accordo???

 

“Non essere sciocco Gourry!” Sbottai, piegandomi deliberatamente a raccogliere l’arma. “Ti ricordo che IO ti stavo cercando una spada nuova, prima che tutta questa faccenda cominciasse, e se ora ne hai trovata una, non posso che essere…” Mi interruppi, semplicemente perché non potevo più dire niente. Non potevo più PENSARE niente. Un unico, stridente grido mi stava esplodendo nella testa.

Lasciai ricadere la spada quasi all’istante, ed anch’io caddi all’indietro, finendo nuovamente schiena al suolo. Le tempie mi pulsavano, e, anche se il dolore cessò a breve, per un momento ebbi l’impressione che non dovesse finire mai.

Gourry fu nuovamente su di me, in un istante. Sospirò, come se quella fosse ormai, per lui, una scena consueta. “Mi dispiace.” Mormorò, inginocchiandosi al mio fianco. “Ho cercato di avvisarti.” Mi fece passare un braccio dietro la schiena, e mi aiutò a mettermi a sedere.

“Ch… che diavolo era…???” Chiesi, occhieggiando la spada, ora con timore.

Le labbra di Gourry si strinsero, come se non fosse stato certo su come rispondermi. “E’… una spada magica.” Spiegò, raccogliendola e affibbiandosela alla vita. “Posso usarla solo io.”

“Ma… quel dolore…” Insistetti.

“Per me non è più un problema.” Mi afferrò per la vita, e mi aiutò ad alzarmi, come per chiudere la discussione.

Questo, ovviamente, non bastò a tranquillizzarmi.

Zel dovette accorgersi dell’atmosfera tesa, e decise di intervenire. “Mi sembra che siamo tutti nervosi e stanchi.” Commentò. “Che ne dite se mi occupo io di questo corpo, e poi allestiamo l’accampamento, e ci prepariamo qualcosa da mangiare…?” 

Annuii. “Io… ho bisogno di lavarmi, e di cambiarmi.”

Gourry mi diede una lieve stretta, e mi rivolse un’occhiata che pareva di scusa. “Perché non ti fai un  bagno, e non ti riposi un po’…?” Mi disse, gentilmente. “Pensiamo noi al resto…”

Mi trovai ad annuire, quasi indipendentemente dalla mia volontà. Ero troppo stanca per discutere.

“Recupero le vesti.” Risposi semplicemente, avvicinandomi ai cavalli. Volevo allontanarmi dal corpo di Uregh, ed evitare di pensarci nuovamente per qualche ora…

 

Gourry e Zel presero a allestire i nostri giacigli per la notte, in una radura a poca distanza dal piccolo lago. Io mi immersi nell’acqua, e persi letteralmente il senso del tempo. Forse sonnecchiai persino, al placido suono del torrente che scorreva, immettendosi nello specchio d’acqua. Comprendevo che non sarebbe bastato un bagno per lavare via quell’esperienza. Sentivo ancora su di me la sabbia, i profumi delle ancelle, l’odore di Uregh. Mi resi conto vagamente che non avevo chiesto a Zel di guarire i buchi nelle mie orecchie. Mi strinsi nelle spalle. C’era tempo. Ci sarebbe voluto tempo. In quel momento non mi rendevo nemmeno ancora pienamente conto di essere nuovamente libera…

 

Mi risollevai solo quando la mia pelle era ormai grinzosa, ed unicamente perché cominciavo ad essere infreddolita. Mi resi conto che non avevo un panno per asciugarmi, quindi mi servii della vecchia tunica, strappandola là dove non era completamente malridotta. Quindi, mi infilai la nuova veste, grata. Era anch’essa una sorta di tunica lunga fino ai piedi, con due ampi spacchi ai lati, accompagnata da pantaloni leggeri e da stivali, e decisamente più semplice e funzionale della precedente. Mi avvolsi il mantello attorno alle spalle. Non mi sembrava vero di avere addosso degli abiti degni di questo nome…

 

Avanzai verso l’accampamento, il mio umore decisamente in via di miglioramento. Quando giunsi in vista del fuoco, però, mi stupii di trovarlo completamente silenzioso. Sbucando nella radura, compresi il perché. Attorno al fuoco, Zel dormiva, appoggiato ad un albero. I giacigli erano già predisposti, e davanti a quello che doveva essere il mio, c’era un cartoccio di cibo, pronto e fumante. Di Gourry, nemmeno l’ombra.

Raggiunsi il cartoccio, e lo aprii. Chiunque lo avesse preparato conosceva le mie razioni abituali. Le ciotole letteralmente traboccavano. La carne era ancora calda, ed emanava un odore che sarebbe stato in grado di attirarmi anche dalla tomba…

La attaccai per prima, quindi mi buttai sulla zuppa e il pane, e presto seguirono il formaggio e la frutta. Consumai tutto in un lampo. Non ricordavo di essere stata così affamata da… oh, diavolo, non ricordavo di essere MAI stata così affamata!

Quando ebbi finito, ero totalmente appagata, e pronta a dormire, credo, per giorni interi. Peccato che ci sarebbe voluto ancora un bel po’, prima che tutti noi potessimo davvero riposare…

Sospirai, e mi sollevai, in piedi. Mi chiedevo dove fosse finito Gourry. Credevo fosse andato a cercare legna, o qualcosa del genere, ma ormai era da un pezzo che mi trovavo lì, avrebbe già dovuto essere tornato…

Mi avvicinai a Zel, e lo scossi lievemente. La chimera si svegliò con un sussulto, e mi guardò come se fossi un fantasma.

“Ero sveglio!” Gridò, quasi. “Ero sveglio, stavo montando la guardia!”

Dovetti sorridere. Anche il sovraumano Zel pareva sentire la stanchezza, di tanto in tanto…

“Certo, non ti ho mai visto così vigile…” Mormorai, con fare ironico… “E Gourry che fine ha fatto…?”

La chimera mi fissò, l’aria piccata. “E’ sparito da qualche parte, dopo averti lasciato in caldo la cena…” Rispose, strofinandosi gli occhi. “Ha detto che voleva allenarsi un po’ con la spada, o qualcosa del genere…”

Mi accigliai. “Allenarsi con la spada? A quest’ora? Dovrebbe volere solo dormire, con tutto quello che è successo…”

Zel si strinse nelle spalle. “Magari aveva solo bisogno di scaricare un po’ la tensione.” Mi fissò. “Ha avuto paura per te, sai?” Disse, in tono più sincero e gentile del solito. “Non hai idea dello stato in cui era, quando l’ho incontrato ieri…”

Spalancai gli occhi. “Vi siete incontrati solo ieri?”

Zel annuì. “E per puro caso. Mi sono unito alle truppe di Oberon, nella speranza di trovare Amelia dopo che…” Fece una breve pausa. “Bé… hai sentito… della caduta di Sailune, suppongo…” Il suo tono di voce si incupì, nel pronunciare quelle parole.

Lo fissai per un momento in silenzio. Se non avessi avuto di fronte l’imperturbabile Zel, avrei quasi pensato di leggere del senso di colpa, nella sua espressione… 

Mi sedetti al suo fianco. “Ho tutta l’intenzione di fargliela pagare, sai, Zel…?” Mi limitai a commentare, semplicemente. “Ad Oberon, intendo. Anche per quello che è successo a Sailune.”

La chimera mi fissò per un momento, ed un breve sorriso si disegnò sulle sue labbra. “Lo immaginavo.”

Restammo in silenzio, per qualche istante, osservando il fuoco che crepitava. Una domanda mi ronzava nella mente, ma non avevo nemmeno esattamente idea di come formularla…

“Senti, Zel…” Esordii infine, presa da improvvisa risoluzione.

La chimera mi fissò di sottecchi, al di là del suo cappuccio sollevato. “… Cosa?” Mi incoraggiò, inclinando lievemente la testa.

“A proposito di Gourry…” Mi sollevai lievemente, in modo di poterlo guardare negli occhi. “Non ti sembra… che si comporti un po’ stranamente…?”

Zel si accigliò. “Stranamente in che senso…?”

“Non lo so…” Tornai a fissare le fiamme, stringendomi le ginocchia al mento. “Anche prima, il modo in cui ha colpito Uregh… e poi, il modo in cui ha evitato di parlare di quella spada… non so perché, ho la sensazione che le due cose siano in qualche modo collegate…”

Zel batté le palpebre, perplesso. “Mah… secondo me esageri…” Lanciò un rametto secco nelle fiamme, e quello si consumò in fretta, crepitando. “E’ ovvio che quella spada non è un’arma comune, ma se la sarà procurata per aiutarti nel periodo in cui siete stati separati… cosa è stato, qualche settimana…?”

“Più di due mesi.” Replicai, in tono piatto. Per qualche motivo, quel lasso di tempo mi era parso molto, molto più lungo…

“DUE MESI???” Ripeté Zel, sbarrando gli occhi. “Così tanto?”

Affondai il volto nelle mie ginocchia, riportando alla mente quei ricordi che avrei tanto volentieri rimosso. “Mi sono fatta catturare come una stupida poco dopo la nostra partenza da Sailune, e sono stata condotta qui come oggetto di trattativa…” Spiegai, stringendomi nelle spalle. “Gourry è riuscito a fuggire, ma da allora non l’ho più rivisto. Sino ad oggi.” Mi incupii, osservando le fiamme danzare di fronte a me. “Cominciavo a temere che… bè, puoi immaginarlo…” Non proseguii.

Zel fissò per un momento l’aria di fronte a sé, l’espressione ancora stupita. “Due mesi…” Ponderò. “Bé, credo che non ci sia molto da stupirsi, se si comporta in modo un po’ strano…” Si volse a guardarmi. “Voglio dire, è passato così tanto, sicuramente era un po’ scosso… e Uregh era il tuo catturatore, e non ti ha certo trattata con riguardo… è ragionevole che Gourry ce l’avesse con lui, no?”

Scossi la testa. Capivo che per lui fosse difficile comprenderlo, ma per me, che conoscevo Gourry come me stessa, anche le piccole cose avevano un significato. “Tu non capisci.” Replicai. “Gourry ucciderebbe senza remore, se servisse a proteggermi…” Arrossii lievemente, a quella ammissione. Nonostante la mia relazione con Gourry fosse più stretta, nonostante quello che era successo nella grotta due mesi prima, parlare di me e Gourry ad altri risultava ancora imbarazzante, per me… “Però…” Proseguii. “… Uregh era inoffensivo, in quel momento, non avrebbe potuto nuocermi. Gourry di solito non colpisce qualcuno a quel modo, quando è completamente indifeso.”

Zel mi guardò, con l’aria di non capire dove si trovasse il problema. Quello sguardo non fece che innervosirmi ulteriormente. La chimera non ne aveva colpa, lo sapevo, ma il pensiero che non tutto andasse come doveva andare, che ancora non tutto quadrasse, mi faceva sentire frustrata.

Mi sollevai in piedi. “Vado a vedere dov’è finito Gourry.” Risolsi, ad alta voce. Avevo bisogno di vederlo. Magari mi sarei davvero resa conto che le mie erano solo paranoie.

Zel mi fissò, dal basso in alto, l’aria perplessa. “Forse faresti meglio a riposare.” Commentò. “Domani dovremo marciare tutto il giorno, se vogliamo raggiungere in tempo la costa. Gourry è grande e grosso, non gli succederà nulla. Quando sarà stanco, tornerà qua da solo.”

Gli rivolsi un mezzo sorriso. “Non preoccuparti per me, tornerò presto anch’io. Anche se non avrei bisogno di affrettarmi, in fondo qui c’è la nostra fida e sveglia guardia, a monitorare la situazione…”

Zel fece una smorfia, ed io ridacchiai. La chimera mi fissò con una delle sue migliori espressioni truci. “Fa’ come ti pare.” Si calò ulteriormente il cappuccio sul volto. “Ma vedete di non sprecare troppe energie, voi due piccioncini, là nascosti nella foresta…”

Arrossii, cogliendo fin troppo rapidamente le sue allusioni. “Zel!!!” Sbraitai. In quel momento, ci avrei giurato, la chimera se la stava ridendo sotto i baffi, al di sotto del cappuccio.

Lo fissai per un momento, considerando l’ipotesi di una vendetta. Ma immaginai che se avessi aspettato il ritorno della magia il tutto sarebbe stato più efficace…

Con un sospiro, lo lasciai ai suoi risolini e mi allontanai, scivolando in silenzio fra gli alberi. Bastarono pochi passi per cominciare ad avvertire il rumore dei colpi di spada. Gourry era sulle rive del torrente, non troppo lontano dal punto in cui esso si riversava nel lago. Uscii dalla macchia d’alberi, e rimasi a fissarlo, per qualche istante, mentre fendeva l’aria, l’espressione completamente concentrata. Ero ammirata. Da quando lo avevo conosciuto, Gourry non aveva mai cessato di stupirmi, per come combatteva, e quei due mesi non avevano certo scalfito la sua abilità… anzi, se possibile l’avevano persino incrementata…

Dopo forse un minuto, lo spadaccino si rese conto della mia presenza. Abbassò la spada, e mi fissò per un istante. “Ehi.” Mi sorrise. “Ti senti meglio, mi sembra.”

Sorrisi di rimando. Forse ero davvero paranoica. Visto così, non aveva nulla di diverso dal solito Gourry… “Decisamente. Il bagno mi ha ristorata.” Feci un passo verso di lui, agitando la mano con fare noncurante. “Tu, piuttosto, non faresti meglio a riposarti un po’? Hai l’aria di non aver dormito come si deve da giorni…”

Gourry si avvicinò, e mi portò una mano al viso, accarezzandomi la guancia. Arrossii. Era strano quel gesto familiare, a distanza di tutti quei mesi… “Fra un momento…” Rispose, in tono pacato. “Oggi non abbiamo avuto nemmeno un attimo per parlare…” Commentò, quasi mi avesse letto nel pensiero…

Non mi ritrassi. In fondo, ero troppo stanca per fingere che quel contatto non mi facesse piacere… Mi lasciai addirittura scivolare verso di lui, e Gourry fece scorrere la mano fino alla mia nuca, accarezzandola. Per qualche momento restammo semplicemente così, in silenzio, le sue dita fra i miei capelli, e la mia fronte appoggiata al suo petto. Fu quando la sollevai, per guardarlo, che mi accorsi della peluria che gli assaliva il volto…

“Ti sei lasciato crescere la barba…” Commentai, lievemente divertita. Gourry aveva le sue piccole manie, e la barba era una di esse. In quattro anni di convivenza, credo fossero state un paio al

massimo le volte in cui lo avevo visto non perfettamente glabro…

Gourry si accarezzò il mento, all’apparenza sorpreso. “Oh…” Commentò. “Me ne ero scordato…”

Ridacchiai. “La cosa non mi sorprende, cervello di medusa…” Gli pizzicai la guancia. “E se vuoi proprio saperla tutta, PUZZI… prima, quando ti invitavo a rilassarti, intendevo prima di tutto con un bel bagno…”

“Ma che antipatica!” Rise Gourry, scompigliandomi i capelli. “Nemmeno tu quando ci siamo rivisti eri proprio una rosa, se vuoi saperlo! Non mi sembra di essermi formalizzato così tanto!”

Strinsi le labbra, costringendomi a non sorridere come una povera ebete. Se avessi espresso a parole quanto mi erano mancate quelle amichevoli, stupide schermaglie, mi sarei sorpresa da sola…

Gourry mi fissò per un momento, con un lieve sorriso sulle labbra. Quindi, la sua mano si mosse nuovamente ad accarezzarmi i capelli. “Senti, Lina…” Mormorò. “Come… come ti senti, ora…?”

Inclinai il volto, un po’ perplessa, a quella domanda. “Meglio… te l’ho già detto, Gourry… non preoccuparti per me, la magia ha già fatto passare ogni dolore…”

Il volto di Gourry si incupì lievemente. “Non… mi riferisco solo al dolore, Lina…” Sfiorò con la guancia la mia fronte, e la sua stretta si fece improvvisamente più forte. “Quell’uomo, Uregh… lui… ti ha fatto qualcosa che…?”

Gli strinsi il braccio, con forza, costringendolo ad interrompersi. “Non mi ha fatto nulla che io non possa dimenticare.” Dichiarai, ferma, guardandolo negli occhi. “Continuando a viaggiare con te come prima, e lasciando passare un po’ di tempo… Credi davvero che mi lascerei rovinare la vita da un essere del genere…?” Solo in parte la mia determinazione era votata a rassicurarlo. Non avevo voglia di parlare di quei mesi, non ancora. Per il momento, avevo solo voglia di godere di quella libertà…

Ad ogni modo, dovevo essere stata convincente, perché sotto la mia stretta avvertii il corpo di Gourry rilassarsi… “Va bene…” Rispose lo spadaccino, nel suo consueto tono pacato. “Mi basta sapere questo…”

Internamente, lo ringraziai per non avere insistito. Una delle cose che apprezzavo del nostro rapporto era come riusciva a capire ciò di cui avevo bisogno, senza che avessi necessità di comunicarglielo…

“E tu…?” Chiesi, un po’ per cambiare argomento, un po’ per reale curiosità… “Non mi hai ancora detto che cosa hai fatto in questo due mesi…”

Gourry inclinò lievemente la testa, ed ebbi l’impressione che ancora una volta ponderasse le parole per rispondermi… “Bé… non c’è molto da dire…” Dichiarò, infine. “Ti ricordi di Ainos, suppongo… dopo che ti hanno catturata, mi ha proposto di addestrarmi all’utilizzo della spada che porto ora…” Batté lievemente la mano sul fodero. “A quanto pare, era questa la sua intenzione sin dall’inizio… ha detto di esserne il custode, o qualcosa del genere… ed io ho pensato che avrei potuto servirmene per salvarti, perché con una spada normale non avrei mai potuto superare tutti quei soldati…”

Mi accigliai. “Ma quindi… è davvero una spada magica…? E che razza di poteri avrebbe…?”

Gourry assunse un’aria perplessa. “Uhm… ecco… se devo essere sincero, io non l’ho perfettamente capito…” Mi guardò, col suo consueto sguardo da… bé, da cervello di medusa… “Credo che assorba gli incantesimi, per cominciare… e… non lo so, in generale quando la impugno mi sento più forte…”

Lo studiai, per qualche istante. Non sapevo perché, ma ero stranamente interessata a quella spada… c’era ancora qualcosa in quell’oggetto che non mi convinceva… “E Ainos… che fine ha fatto, ora…?” Chiesi, cauta.

Gourry parve alterarsi lievemente, a quella domanda… “Perché… me lo chiedi…?” Domandò a sua volta, evitando così di rispondere.

Io mi accigliai. “Così, per sapere… mi piacerebbe poterlo interrogare per capire qualcosa di più di quell’arma…” Lo squadrai, seria. “E’ quanto meno strana, una spada che provoca dolore a chi la impugna…”

“Ti… ti ho già detto che per me non è un problema, Lina!” Lottai per non sussultare. La voce di Gourry si era fatta improvvisamente più acuta.

“Non è un problema perché non avverti dolore? O perché hai imparato a superarlo?” Chiesi, rifiutandomi di moderare la mia insistenza. Capivo che si sentiva pressato, ma non avevo intenzione di tirarmi indietro. Non sapevo perché, ma sentivo che quello non era un argomento che dovessi lasciar cadere…

Gourry si ritrasse da me, bruscamente, provocandomi un altro sussulto. “Senti, Lina, questa spada ti ha salvato, è grazie a lei se sei qui ora… sinceramente, non capisco quale sia il problema…” Dichiarò, in tono duro. Scorsi chiaramente un’ombra di rabbia, dietro le sue parole…

“Sei stato TU  a salvarmi, non quella spada.” Puntualizzai. “O non siamo d’accordo sul fatto che quell’arma è solo uno strumento?”

“E’ lo stesso!” Dichiarò, levando gli occhi al cielo.

“No, che non è lo stesso!” Replicai, avanzando di un passo verso di lui. “Ascoltami, quell’arma non mi piace! Sono convinta che sia pericolosa! Se vuoi la mia opinione di maga, faresti meglio a mollarla qui, e a cercarti una nuova spada!”

Gourry mi fissò, con uno sguardo freddo che non gli avevo mai visto vestire. “Ah…” Commentò. “Allora è QUESTO il problema…” Anche lui avanzò verso di me, e mi squadrò con una strana punta di avversione. “… Credi che non sia in grado di portare a termine qualcosa di buono da solo, non è così, Lina…? Bé, ti stupirai nel sapere che anche i cervelli di medusa hanno una loro autonomia!”

Mi sorpassò, con rabbia. Io lo afferrai per un braccio. “Ehi!” Gridai quasi, ora. “Io non ho detto questo! E ora, dove diavolo hai intenzione di andare???”

Gourry mi scoccò un’occhiata. “A fare un bagno! O ritieni anche questo troppo ‘pericoloso’…?” Scrollò la mia mano dal suo braccio, e mi superò senza voltarsi. In pochi, rabbiosi passi, sparì nella boscaglia.

 

Io rimasi per qualche istante a fissare il punto in cui era sparito, attonita. Come era possibile un cambio d’umore così repentino, solo per una stupida spada…? E soprattutto, come era possibile da parte di Gourry, che era la persona più solare che conoscessi? Detestavo ammetterlo, perché fino a qualche istante prima mi ero beata nell’illusione di essermi sbagliata, ma… no, c’era davvero qualcosa che non andava…

‘Al diavolo!’

Calciai una pietra con la punta dello stivale, e osservai mentre si immergeva nel torrente con un tonfo.

Ero frustrata e arrabbiata. E avevo sempre voglia di riavere la mia magia, tanto per cominciare. Sarebbe stato più semplice, se avessi potuto far tornare un po’ di sale in zucca a Gourry a suon di incantesimi! Perché diavolo tutto non poteva tornare a posto per incanto? Mi sembrava di averne subito abbastanza, di quella situazione, quello non era il momento in cui tutto magicamente si sistemava???

Con un sospiro, scivolai a sedere su una pietra, sul bordo del lago. Magari potevo provare qualcosa…

Protesi il braccio, con scarsa convinzione. “Flare Arrow.” Recitai.

Sospirai. Come pensavo, uno sbuffo di fumo, e nulla di più…

Ora che ci pensavo, forse non era nemmeno saggio tentare di usare così presto la magia… in fondo, l’ultima volta che ci ero riuscita avevo provato dolore… d’altra parte, se mi davano quella medicina tutti i giorni voleva dire che i suoi effetti erano molto limitati nel tempo, giusto…?

‘Proviamo con qualcosa di più semplice…’

Mi concentrai, più che potevo, focalizzando l’attenzione su ognuno dei singoli processi mentali che in un mago esperto diventano totalmente automatici, come una giovane dedita all’apprendimento della magia. Fissai lo sguardo sulle mie dita, evocando il primo degli incantesimi che mi erano stati insegnati… “Lighting…

Una lieve scossa di dolore mi attraversò il braccio, ma non ci feci quasi caso. Ero troppo impegnata ad esultare. Una debole sfera di luce era appena apparsa fra le mie dita.

‘Sta tornando! La mia magia sta tornando!!!’

Fissai la luce, estasiata, ancor più galvanizzata dal fatto che riuscivo a mantenere l’incantesimo attivo. Forse fu proprio per il mio entusiasmo che non mi resi conto immediatamente che stava avvenendo qualcosa di strano…

Fu quando l’aria attorno alla mia sfera di luce cominciò a sfrigolare, che mi resi conto che c’era qualcosa che non andava.

Indietreggiai, di scatto, ed istintivamente rilasciai l’incantesimo.

‘Che diavolo…???’

L’aria non cessò di sfrigolare. La luce che avevo generato con la magia non scomparve, come mi ero aspettata, anzi si intensificò… prendendo velocemente forma in una figura.

“Ma che ho combinato???” Senza rendermene conto, parlai ad alta voce. Scattai in piedi, ed indietreggiai, mentre la figura diventava più nitida ai miei occhi.

Non era una figura di luce, aveva semplicemente la pelle chiarissima. Alla luce della luna, sembrava un uomo anziano, particolarmente pallido, anche se vestito di un manto scuro.

Dubitavo che fosse effettivamente un vecchietto in vena di passeggiate notturne, comunque. Dal momento che non aveva né naso né bocca, e che in quel momento stava fluttuando sull’acqua…

‘Un… un demone?!?’ 

“Non essere tanto presuntuosa da credere di avermi evocato, Lina Inverse…” La voce del demone risuonò, anche se non aveva labbra da cui essa potesse fuoriuscire… la figura scivolò sulla corrente scura del torrente, e atterrò di fronte a me. “In effetti, ero io che ti stavo cercando…”

“Mi stavi… cercando…?” Potei solo ripetere le sue parole, stupidamente…

Gli occhi rossi del demone si strinsero. “Credevo che non sarebbe stato necessario… ma purtroppo avevo fatto male i miei calcoli… ed ora sono qui per portare a termine ciò che avrei dovuto fare molti mesi fa…” Sollevò uno dei suoi bracci oblunghi verso di me, e le sue dita si illuminarono. Fortunatamente, l’istinto fece sì che mi muovessi ancora prima di capire quanto stesse accadendo.

Schivai di lato, e quando lanciai uno sguardo al punto in cui mi ero trovata pochi istanti prima, notai che al suolo era disegnato un pentacolo. Capii immediatamente cosa aveva cercato di fare, perché avevo già subito qualcosa del genere dalla sua razza. Voleva sigillare la mia magia.

Non capivo ancora il motivo della sua presenza in quel luogo, ma non avevo tempo per pormi domande. Il punto in quel momento era che i miei poteri erano ancora deboli, e che non avevo modo di tenergli testa. Detestavo ammetterlo, ma la mia unica possibilità era richiamare l’attenzione dei miei compagni di viaggio. Immediatamente.

“Ra… ragazzi!!!” Chiamai.

Il demone dovette comprendere le mie intenzioni. Levò di nuovo il braccio, ed improvvisamente i rumori della foresta, attorno a noi, si chetarono…

Mi accigliai. “Che diavolo hai fatto?” Domandai.

Il demone sorrise, per quanto si possa sorridere senza labbra… “Ora non ci sentiranno al di fuori di quest’area.” Fece un passo in avanti. “Questa partita ce la giochiamo noi due…” 

‘Dannazione!’ Se era già sgradevole l’idea di farmi uccidere da un demone a migliaia di chilometri di distanza da qualsiasi luogo da me conosciuto, e senza saperne il motivo, lo era ancora di più il pensiero che a due passi da me c’era chi poteva aiutarmi, ed io non potevo approfittarne.

 

‘Ok, seconda opzione. Darmela a gambe.’

 

Cercai di schizzare verso gli alberi, ma se un momento prima il demone era dietro di me, quello successivo me lo trovai di fronte.

“Vai da qualche parte, Lina Inverse…?”

Sussultai. Il demone mi colpì in pieno volto, con una forza incredibile, per quelle braccia esili. Finii sul limitare dell’acqua, boccheggiante.

La figura fu immediatamente sopra di me, l’aria minacciosa.

“Mi hai fatto divertire infinitamente, Lina Inverse… ma ora non ho più tempo da perdere…”

‘Ho solo una possibilità…’ Mi trovai a pensare, freneticamente. Puntai le dita verso i suoi occhi, e… “Lighting!” Recitai. La sfera di luce apparve, anche più luminosa di prima.   

Come pensavo, il demone sparì abbastanza velocemente per non essere colpito… e ciò permise alla mia luce di raggiungere il cielo privo di nubi, e di infrangersi in mille zampilli, illuminando l’aria quasi a giorno.

Il demone ricomparve a pochi metri da me, l’aria infuriata. Evidentemente, aveva capito solo a posteriori il mio piano.

“Maledetta!” Sibilò. Schizzò verso di me, ed io lo evitai ancora una volta per un soffio. Speravo che Gourry o Zel avessero visto e avessero capito che qualcosa non andava, o nel giro di pochi minuti mi sarei trovata davvero nei guai…

Ebbi fortuna. Dopo pochi istanti, sentii la voce di Gourry risuonare alle mie spalle. “Lina! Lina, che cosa sta succedendo???”

Mi volsi. Lo spadaccino era evidentemente appena uscito dall’acqua, aveva solo i pantaloni addosso, e brandiva piuttosto ridicolmente la spada. Nonostante questo, non ero mai stata tanto felice di vederlo in vita mia…

Gourry mi guardò per un istante, quindi fissò lo sguardo sul demone, e i suoi occhi si spalancarono. “Ma cosa…?”

Indietreggiai, accostandomi a lui. “Mi ha attaccata.” Spiegai, con urgenza. “Anche se non ho la più pallida idea di che cosa voglia da me…”

Fissai lo spadaccino in volto, mentre gli parlavo. Non capivo perché, ma pareva impallidito…

Anche il demone si era fermato, ora. Fissava Gourry e la sua spada, con gli occhi spalancati.

Feci scorrere lo sguardo dall’uno all’altro, perplessa. Che avevano, ora…?

Gli occhi del demone si strinsero, nuovamente. “Ti credevo morto… è sorprendente, come lui sia riuscito ad ingannarci…”

‘Eh?’

Battei le palpebre. Rivolsi un’occhiata perplessa allo spadaccino, ma lui la ricambiò, evidentemente non capendone più di me…

“Questo cambia un po’ di cose…” Il demone fece un passo verso di noi, e Gourry immediatamente mi si pose davanti. Si fermò, e ci fissò come se stesse ponderando le sue mosse successive. “Devo riflettere con calma.” Indietreggiò all’improvviso, prima che chiunque fra noi due potesse fare qualcosa per fermarlo. Le tenebre della foresta parvero inghiottirlo.

Gourry ed io restammo fermi per qualche istante, in attesa, ma nulla accadde. Evidentemente, era davvero scomparso.

‘Questa poi…’ Tutta quella faccenda cominciava ad avere contorni assurdi… 

Gourry si volse verso di me, l’aria ancora tesa… “Lina… stai bene…?”

“Sì…” Mi morsi il labbro. “Che diavolo c’entra, un demone, ora???” Il mio tono di voce tradiva la mia irritazione. Ci mancava davvero solo quella, per complicare la situazione. Ma non capivo se il rinnovato interesse dei Mazoku nei miei confronti e quello che mi era accaduto fino ad allora potessero essere collegati…

“Ne sei sicura…?” Mi volsi verso lo spadaccino. Nel suo sguardo, non c’era più traccia della rabbia di poco prima… solo una punta di ansia, forse addirittura eccessiva, visto che più che evidentemente era arrivato prima che potesse succedermi qualcosa di male…

Gli posi la mano sul braccio. “Sto bene.” Ripetei. “Non essere allarmista.”

“Mmm…” Lo spadaccino continuò a fissare ancora per qualche istante il punto in cui il demone era sparito, l’aria poco convinta. “Ti… riaccompagno all’accampamento…”

Levai gli occhi al cielo. “Va tutto bene, Gourry, non mi succederà nulla, in due passi!” Gli strinsi lievemente il braccio. “Va’ a fare il tuo bagno.” Aggiunsi, in tono più gentile. “Resterò sveglia e all’erta finché non avrai finito.”

Gourry mi parve un po’ riluttante, ma si lasciò convincere. Mi diressi verso la luce del fuoco, avvertendo chiaramente il suo sguardo che mi seguiva per l’intero tragitto.

Quando giunsi in vista dei nostri giacigli, vidi che Zel aveva ripreso a dormire della grossa, appoggiato allo stesso albero. Sospirai. Lo avevo immaginato.

‘Vorrà dire che domattina lo sveglierò con la bella notizia, tanto per vendicarmi del fatto che se la è dormita mentre io rischiavo la pelle…’ Immaginavo che Zel non la avrebbe presa particolarmente bene… la chimera aveva il mio stesso amore per la stirpe demoniaca…

Mi tolsi il mantello, e scivolai nel mio giaciglio. Mantenei la mia promessa di non addormentarmi, però. Il sonno mi era del tutto passato. Fissai a lungo le fiamme, riflettendo senza trovare soluzione su quanto era appena accaduto, la mente stranamente attenta. Non RIUSCIVO a smettere di essere all’erta, in effetti… tutte le volte che avevo pensato che le cose stessero per mettersi per il verso giusto, qualcosa era giunto a farmi cambiare idea, in quella dannata faccenda…

Non so quanto passò, prima che Gourry tornasse, credo meno di un’ora… Quando sentii i suoi passi avvicinarsi, feci per volgermi ed assicuragli che ero sveglia… ma lo spadaccino mi colse di sorpresa, perché invece di scuotermi o chiamarmi come avevo pensato, si infilò nel giaciglio dietro di me, e mi fece scorrere un braccio attorno alla vita.

Mi irrigidii, d’istinto, e cercai di volgere la testa per guardarlo. “Gourry…?”

“Aspetta un momento, per favore…” Mormorò la voce dello spadaccino… “… prima di cercare di uccidermi…”

Quella richiesta mi fece sorridere. E, inevitabilmente, finii per rilassarmi… Scivolai fra le sue braccia, e mi volsi a fronteggiarlo. Sembrava più in sé, ora. Il suo volto mi pareva avere più colore, a confronto con i capelli biondi ancora umidi, e si era fatto la barba… “… perché dovrei cercare di ucciderti…?” Domandai, in un sussurro.

Gourry fece un pallido sorriso. “Non lo so… di solito è il tuo sport preferito…”

Gli riservai un’occhiataccia. “Bé… effettivamente un buon motivo per farlo potrei trovarlo, impegnandomi un po’, spiritosone…”

Gourry ridacchiò, e mi strinse più forte. “Mi mancavano le tue minacce…”

Io mascherai un sorriso. “E’ per questo che ti sei infilato qui di soppiatto…? E’ un ottimo modo per essere minacciati…”

Gourry sorrise. “Io speravo di no…” Mormorò… “Almeno non dopo quello che è successo in quella grotta, due mesi fa…”

Arrossii, immediatamente. “Te ne ricordi ancora…?”

Il sorriso di Gourry si allargò. “Tendo a non scordare le cose importanti…” La sua mano raggiunse la mia guancia, accarezzandola. “Preferivi che lo avessi dimenticato, forse…?”

Attesi qualche istante, prima di rispondere… “Credo… che ti avrei DAVVERO ucciso, in quel caso…”

Gourry ridacchiò, nuovamente. “Buono a sapersi…”

Restammo in silenzio per qualche istante. Quindi Gourry sospirò, e avvicinò il suo volto al mio. “Che cosa pensi… cercasse quel demone, Lina…?”

Scossi la testa. “Non ne ho davvero idea.” Sospirai. “L’unica mia certezza è che ero io il suo obiettivo, e non si trovava lì per caso. Me lo ha detto chiaramente.”

“Mmm…” Mugugnò semplicemente lo spadaccino, pensieroso. Sollevò lo sguardo sul mio, e mi fissò per un lungo istante. “Comunque… volevo chiederti scusa, Lina…”

Battei le palpebre. “E per cosa…?”

Lo spadaccino si incupì, lievemente. “Per prima.” Mormorò. “Non so cosa mi sia preso…”

Deglutii, non sapendo esattamente cosa rispondere… da un lato volevo tornare sul discorso della spada, dall’altro vedevo che Gourry era stanco, e sembrava avere bisogno solo di una parola che lo tranquillizzasse…

“Non… importa.” Mi risolsi a rispondere, alla fine. “E’ normale, Gourry. Abbiamo tutti i nervi a fior di pelle…”

Lo spadaccino mi stupì, scuotendo la testa. “No che non è normale, Lina. Lo capisco anch’io.”

“Gourry…” Iniziai, ma lo spadaccino non mi permise di concludere.

“Ascoltami. Da due mesi, tutto ciò che ho desiderato è stato rivederti sana e salva. Poter stare con te come una volta.” Mi strinse più forte. “Ed ora NON E’ normale che io me la prenda con te per una stupida spada… non è ASSOLUTAMENTE normale, non per me…”

Mi fissò con sguardo smarrito. E non ebbi bisogno di rispondergli, perché sapevo che dai miei occhi aveva capito che la pensavo esattamente allo stesso modo… e che in quel momento mi sentivo dannatamente frustrata, perché nemmeno io avevo idea di che cosa stesse succedendo…

“Gourry…” Azzardai, pur temendo le conseguenze di quella affermazione. “Non lo dico per sollevare di nuovo una lite, ma… Io penso davvero… che si tratti di quella spada.”

Per un momento mi aspettai un altro scatto d’ira, ma ancora una volta lo spadaccino mi sorprese, perché abbassò gli occhi… e annuì. “Sì. E’ quello che penso anch’io.”

Battei le palpebre. “Ma allora…” Strinsi la sua maglia, con forza. “Perché non la abbandoni qui…?” Avvicinai il mio volto al suo, con foga. “Io sono al sicuro, ormai, e presto la mia magia tornerà. Una spada magica ci sarebbe utile, certo, ma con le tue abilità di spadaccino possiamo anche permetterci di farne a meno! Ne cercheremo una nuova quando tutto questo sarà finito!” 

Gourry mi guardò, ed ebbi l’impressione che il suo sguardo si colmasse di senso di colpa… “Io…” Iniziò. “… non posso.”

Strinsi i denti. Non era la risposta che avrei voluto sentire. “Perché no???” Domandai, con una punta di esasperazione.

Lo sguardo di Gourry si fece di nuovo smarrito. “Non… non lo so.” Tacque, per un istante, guardandomi come se si aspettasse che io potessi dargli una spiegazione. “E’ così, ma non riesco a capire perché.” Fece un’altra pausa. “Credi che io stia impazzendo, Lina…?”

“No.” Risposi, in fretta. Non volevo che pensasse che non avevo più fiducia in lui. “No, sei solo confuso. E anch’io.” Sospirai, e appoggiai la fronte al suo petto. “Ma ho intenzione di capire cosa sta succedendo, a costo di andare a ficcare il naso fra i demoni superiori… d’accordo?” Tornai a fissarlo, facendo del mio meglio per apparire determinata. “Mi hai salvato la vita. Ed io non abbandonerò te. Mi hai capito? Non ho intenzione di abbandonarti.”

Gourry mi sorrise, un sorriso caldo. “Lo so…” Mormorò. Si portò una delle mie mani alle labbra, e la baciò. “Non c’è bisogno di dire certe cose, Lina. Lo so perfettamente…”

A quelle parole, avvertii il mio corpo rilassarsi. Uno strano pensiero prese forma nella mia mente. Se eravamo ancora in grado di intenderci con uno sguardo, qualunque problema avesse Gourry, non doveva essere nulla di irrimediabile…

“Sei intuitivo, cervello di medusa… i miei complimenti…” Ironizzai.

Gourry ridacchiò, ancora una volta. “Sei proprio tu.” Commentò. “Sono felice. Questo era ciò di cui avevo più paura…”

Inclinai la testa. “… paura di cosa…?”

Gourry tornò a sorridermi. “Di trovarti… diversa da come ti ricordavo. Di non ritrovare più la mia Lina.” Chiuse gli occhi, e appoggiò la fronte alla mia. “Io… ho bisogno di te, Lina…”

Sospirai, e chiusi gli occhi, a mia volta. “Stupido.” Mormorai. “Credevi davvero che ti avrei fatto una cosa del genere…?”

Non era una frase detta tanto per dire, la mia… A volte mi rendevo conto che Gourry per me era un’ancora a me stessa… c’erano momenti in cui avevo l’impressione che ci fossero lati di me, lati profondi e oscuri, che minacciavano di prendere il sopravvento sugli altri, sull’equilibrio che era la mia personalità… avevo l’impressione che Gourry, con la sua solarità, riuscisse a tenerli a bada, più di quanto io stessa riuscissi a fare… una battuta scambiata con lui poteva avere più effetto di mille riflessioni fatte da me in solitudine, in quel senso…

Anche per questo… anche per questo non potevo permettere che una stupida spada lo cambiasse…

“Ed io, Lina…?” Mi chiese Gourry, portando nuovamente la mano al mio viso, spingendomi a riaprire gli occhi. “… io ti ho fatto una cosa del genere…?”

Rimasi in silenzio per qualche istante, di fronte al suo sguardo incerto. Quindi feci scivolare il mio volto verso il suo. “Non ci pensare, ora…” Mormorai. Raggiunsi le sue labbra, e le sfiorai con le mie, sorprendendomi io stessa per la naturalezza con cui avevo compiuto quel gesto… “Non riuscirei a fare questo se davanti a me non ci fossi realmente tu…” Aggiunsi, con un breve sorriso. “Questo te lo posso assicurare…”

Gourry mi sorrise, a sua volta. “Immagino… di sì…” Portò la mano alla mia testa, e mi strinse. Restammo in silenzio per alcuni, lunghi istanti.

Fu Gourry a spezzarlo. “Perché non dormi un po’, Lina…?” Propose. “Monterò io la guardia, e fra qualche ora sveglierò Zel per darmi il cambio…”

Feci per rifiutare, ma mi resi conto che, rilassandomi fra le sue braccia, il sonno era tornato a catturarmi. “Va bene…” Mormorai… “… ma voglio fare anch’io il mio turno di guardia. Il fatto che io non possa usare la magia non significa che io non sappia gridare per svegliarvi, se c’è un pericolo…”

Gourry sorrise lievemente, ma non rispose. Sospirai. Sapevo già che non mi avrebbe svegliata, ma in quel momento non avevo voglia di discutere, ero troppo stremata per farlo.

In fondo, potevo sempre fargliela pagare la mattina.

Appoggiai la guancia al suo petto, e lentamente avvertii il mio corpo rilassarsi. In qualche minuto, sprofondai in un sonno inquieto.

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Capitolo 19
*** Capitolo diciannove ***


Ecco finalmente un nuovo capitolo… ^^ A titolo informativo, non ho scordato Amelia, nel prossimo capitolo ci sarà anche lei…XD

Ecco finalmente un nuovo capitolo… ^^ A titolo informativo, non ho scordato Amelia, nel prossimo capitolo ci sarà anche lei…XD I fatti riguardanti Lina, Gourry e Zel erano strettamente collegati, e ho preferito trattarli in sequenza… ed ora manca veramente poco alla fine…^^ Attendo come sempre commenti e critiche!

 

 

 

Eravamo acquattati in una enorme gabbia di legno, in mezzo ad una piramide di casse, da cui emanava un disgustoso fetore di pesce.

Già. Ecco il glorioso ritorno in patria della grande maga genio Lina Inverse, nemica di draghi, demoni, e reggenti di domini dalle usanze discutibili. Chiusa nel bel mezzo del carico di una nave commerciale, e destinata ad odorare di sardine sotto sale probabilmente per il resto dei suoi giorni.

 

“Ehi, lassù, tutto bene?” Domandò una voce, poco al di sotto di noi, fra il trambusto dei marinai che si accingevano a caricare le ultime partite di merce nell’ampia stiva della nave. Mi augurai che fosse una domanda retorica.

“Provalo per un paio d’ore, e potrai risponderti da sola, Miss Maggiorata…” Mormorai, fra i denti. Era già abbastanza umiliante essere ammassati insieme a dei pesci stecchiti, figuratevi quanto giovava alla mia autostima il fatto che a costringermi a farlo fosse una mercante dai brillanti capelli biondi, e che mi superava almeno di tre misure di seno… cosa che si prodigava a dimostrare attraverso una scollatura irritantemente prominente, chiaro…

Gourry, al mio fianco, con tutta probabilità udì il mio commento, ma si guardò bene dal renderlo di dominio comune… “Ehm… tutto bene, Danielle, grazie… non attendiamo altro che l’imbarco…” Rispose, l’aria di chi sente fra due fuochi…

“Mmm…” Gli occhi nocciola della mercante fecero capolino fra le casse. “Mi spiace di avervi dovuto assegnare una sistemazione così scomoda, ma siete ricercati in tutto il regno, e c’è poco da scherzare…” Ci rivolse uno sguardo ammiccante. “Sono proprio curiosa di sapere cos’è che avete combinato, di così grave, per rendere tutti così ansiosi di farvi la pelle…”

‘Come se fossero affari che ti riguardano…’ Lo pensai, ma mi morsi la lingua e stetti zitta. Anche se quel viaggio ci era costato buona parte dei soldi che avevamo racimolato nel nostro breve viaggio, bisognava ammettere che Miss Maggiorata stava rischiando, nel darci un passaggio fuori dal porto… era il caso di evitare commenti che le facessero riconsiderare questo fatto…

“Ad ogni modo… appena saremo fuori dalle acque del regno potrò assegnarvi una sistemazione più consona…” Lanciò una lunga occhiata a Gourry. “Persino i miei PERSONALI appartamenti non mancheranno di aprirsi per ospitarvi, se sarà necessario…” Concluse, volgendoci le spalle, e allontanandosi ancheggiando.

Aaaaaaaaah, come se non avessi capito PERCHE’ aveva accettato di prenderci a bordo!!!!

Impossibilitata a prendermela con lei, fulminai con lo sguardo Gourry, che in quel momento aveva tutta l’aria di desiderare trovarsi su una pira di carboni ardenti piuttosto che in quel luogo…

Zel, all’altro mio fianco, si schiarì la voce. “Lina, rimandiamo le scenate di gelosia per favore… abbiamo questioni più importanti di cui discutere, ora che abbiamo un momento di calma…”

“QUALI scenate di gelosia???” Sbottai, alzando inavvertitamente la voce. Immediatamente, due mani scattarono a coprirmi la bocca.

 

 

Erano quattro giorni che andava avanti così… dopo aver ripercorso i nostri passi verso Ulan Bator, avevamo deviato decisamente verso ovest, venendo a contatto con le prime città… da allora, per noi era stato un nasconderci continuo. Avevamo raggiunto le vie normalmente battute dalle carovane che conducevano i traffici di terra, e rapinato la prima banda di predoni del deserto che aveva avuto la malsana idea di attaccarci (il che, ve lo assicuro, dopo mesi di frustrazioni aveva generato in me una IMMENSA soddisfazione…), procurandoci denaro, nuovi abiti per camuffarci e nuove cavalcature… Nonostante ciò, avevamo aggirato il più possibile i centri abitati… Le guardie e i cacciatori di taglie di tutto il regno erano sulle nostre tracce, tanto che a volte mi sembrava di essere tornata alla lotta con la copia di Rezo. Stavolta, però, diversamente da allora, non potevamo permetterci di combatterli liberamente. Avremmo rischiato di rivelare la nostra posizione, e, nella situazione in cui eravamo, totalmente incerti di quello che stava accadendo nella nostra parte di continente, non era davvero il caso di perdere ulteriore tempo… Per questo stavamo cercando di sfuggire ai controlli rifugiandoci nella stiva di quella nave… la proprietaria inizialmente aveva fatto delle storie, vista la taglia sopra le nostre teste, ma ovviamente il colore dell’oro fa cambiare a tutti la loro prospettiva sulle cose…

Ah, e per amor di cronaca… la mia magia stava tornando, ogni giorno un po’ di più. Confidavo che avrei messo piede a Sailune nel pieno dei miei poteri…

 

 

Sospirai, e rimossi le mani dei miei due compagni dalle mie labbra. “Scusate.” Bofonchiai. Col trambusto sul molo era improbabile che qualcuno ci sentisse, ma non era comunque il caso di correre rischi inutili… “Hai ragione, ad ogni modo. E’ il caso di pianificare qualcosa, dal momento che non abbiamo molto altro da fare al momento.”

“Mmm… certo che sarebbe più semplice avendo qualcosa di più in mano…” Commentò la chimera, l’aria lievemente esasperata. “Nessuno di noi ha la minima idea di cosa stia succedendo a Sailune, tanto per cominciare… senza contare che non abbiamo ancora chiarito se l’attacco di quel demone sia legato in qualche modo a questa guerra…”

Quell’essere non era più ricomparso, da quando mi aveva attaccata qualche giorno prima… e, a parte il reciproco narrarci quanto ci era accaduto in quei mesi (tema che, in tutta franchezza, trovavo ancora spiacevole, e nel quale avevo conseguentemente omesso gran parte dei particolari…) proprio quello era stato il nostro principale argomento di conversazione, in quei giorni di viaggio… Sinceramente, non vedevo come quel demone potesse essere connesso all’attacco contro Sailune e alla mia cattura… se davvero aveva avuto intenzione di uccidermi per tutti quei mesi, avrebbe potuto farlo tranquillamente durante la mia prigionia, quando di certo non avevo i mezzi per difendermi… ma se non c’entrava, se era solo con me che ce l’aveva, allora cosa dovevo aspettarmi? Continui attacchi, come era accaduto in passato? E in quest’ultimo caso, era davvero la scelta migliore che io tornassi a Sailune? Amelia aveva già sufficienti problemi, senza che io complicassi la situazione con i MIEI guai… forse avrei dovuto allontanarmi dai miei compagni, ed attendere che la situazione divenisse più chiara… ma dubitavo che Gourry si sarebbe lasciato convincere ad un piano del genere, e non mi andava di lasciare Zel da solo ad aiutare la principessa… la mia mente aveva accarezzato l’idea di andarmene nascosto, senza dire nulla ai miei compagni, ma l’avevo velocemente scartata… Gourry sarebbe stato tremendamente in ansia, sapendo che c’era un demone alle mie calcagna, e dubitavo che sarebbe comunque servito davvero a qualcosa, dato che lo spadaccino, conoscendolo, si sarebbe messo immediatamente sulle mie tracce… senza contare che, oltre che ad aiutare la principessa, ero ancora del tutto intenzionata a scoprire qualcosa sulla spada che Ainos gli aveva affidato… Sospirai. Mi sentivo presa in una specie di circolo vizioso…

“Per quel che riguarda Sailune, per quanto ne so, Oberon ha richiamato a sé i suoi generali con l’intenzione di stringere Philionel dall’esterno, isolandolo e circondandolo nel cuore del regno…” Commentai, cercando di scacciare per un momento quei pensieri, e richiamando alla memoria quanto di utile avevo ricavato dai discorsi di Elmerish… “…il che significa che qualunque trattativa possa avere proposto a Phil dopo la cattura di Amelia, lui deve aver rifiutato… e che ritiene di avere sufficienti truppe per riuscire a chiudere totalmente le comunicazioni fra Sailune e i suoi alleati fino alla fine della guerra, impedendo loro di riunirsi in una difesa organizzata…”

Zel batté le palpebre. “E tutte queste informazioni quando le avresti raccolte…?” Domandò, con fare scettico.

Quell’osservazione, per qualche motivo, mi irritò. Sapevo che era una semplice domanda, fatta senza allusioni, ma l’idea di essere stata inutile ed impotente, in quei mesi di prigionia, pungeva la mia mente forse ancor più del ricordo delle violenze che avevo subito… “Evidentemente, oltre a farmi frustare, ho tenuto anche le orecchie aperte.” Sbottai, di rimando.

I miei compagni, a quella frase, sussultarono. In effetti, era uscita più acida di quanto non fosse stato nelle mie intenzioni…

Mi morsi le labbra. “Scu… Scusatemi…” Borbottai, nuovamente. “Sono ancora un po’ scossa…”

Nessuno dei due fece commenti. Sentii lo sguardo di Gourry su di me, ma tacqui. Non avevo voglia di parlare, né di sfogarmi. Non volevo essere l’oggetto della compassione di nessuno.

“Ad ogni modo…” Aggiunse lo spadaccino, in tono esitante. “… ora che Uregh è fuori gioco, Oberon non potrà contare sui suoi rinforzi… no…?”

“Almeno non subito.” Replicò Zel, al posto mio. “Il che starebbe a significare che se vogliamo ideare un qualche tipo di controffensiva questo è il momento giusto. Forse ad Oberon invieranno notizia della tua fuga, Lina, ma il fatto che ora nessuno sappia dove ci troviamo o cosa abbiamo intenzione di fare per noi è un vantaggio…” Sospirò, appoggiando la schiena ad una delle casse. “Certo, fra queste basi e l’attuare un piano efficace ne corre di strada…”

Rimasi per qualche istante in silenzio, riflettendo… ripercorsi con la mente gli eventi che mi avevano coinvolta a partire dalla nostra partenza da Sailune, nella speranza di ricevere una qualche illuminazione riguardo ad una nostra possibile mossa efficace…

“Forse…” Mormorai. “… una possibile soluzione ci sarebbe…” Sollevai lo sguardo sullo spadaccino, pensierosa. “… Gourry, ti ricordi del conte Leonard?”

Il mio compagno mi fissò per un lungo istante, la bocca lievemente aperta, l’aria di chi è intento nella riflessione. Quindi aggrottò le sopracciglia, e assunse un’espressione corrucciata, come se fosse giunto a qualche profonda verità…

“… Chi?”

Il palmo della mia mano lo colpì direttamente sulla fronte. “Leonard, cervello di medusa!!!” A volte mi chiedevo perché continuavo a sperare di sentire da lui qualcosa di sensato… “Il conte rifugiato sulle colline, quello che ci ha attaccati credendoci soldati di Oberon, e poi ci ha indirizzati verso Raizerl!” Sibilai, cercando di non alzare troppo la voce.

“Ehi!” Si lagnò lo spadaccino. “Non ricordavo solo il nome, che bisogno c’era di alzare le mani???”

Scrollai le spalle, esasperata. “In pratica, il punto è questo.” Mi decisi, in tono sbrigativo, a spiegare a Zel, che ci stava fissando con un grosso punto interrogativo disegnato sul volto. “Si sono formati dei gruppi di ribelli, sulle colline lungo i confini meridionali del regno, guidati da Signori terrieri fedeli a Philionel…” Lanciai un’occhiata a Gourry. “Noi due ne abbiamo incontrato uno, appena usciti dalla capitale, ma da quanto ho capito diverse città fortificate che hanno saputo in anticipo dell’avanzata delle truppe, fra quelle minori, i cui signori erano assenti al concilio i Sailune, si sono organizzate in una qualche forma di resistenza clandestina…” Abbassai il tono di voce. “Non è molto, a confronto delle truppe che Oberon ha a disposizione, ma… se riuscissimo a riunirle, e a condurre un solo attacco efficace, che aprisse la strada di Sailune alle truppe di Elmekia… col loro appoggio, Philionel potrebbe farcela…” 

Zel mi fissò per un momento, ponderando quanto avevo proposto… “Potrebbe anche funzionare…” Meditò… “Contando sul fatto che il nostro sarebbe un attacco a sorpresa, dato che Oberon non sa ciò che abbiamo in mente…”

Mi accigliai. “Dubito che sappia anche della presenza di truppe addestrate fedeli a Sailune fuori dal suo controllo…” Osservai. “Per quanto ne so, quegli uomini agiscono come un gruppo di briganti, e credo che come tali i nostri nemici li considerino. Perché mai Oberon dovrebbe aspettarsi che sia possibile riunirli in un unico gruppo di resistenza organizzato…?”

Zel aggrottò la fronte. “Certo, a dirsi così sembra facile… ma come hai intenzione di metterti in contatto con tutti i ribelli e riunirli? Potrebbero volerci mesi per setacciare tutte le colline, anche avendo qualche indicazione riguardo alle zone in cui cercare, senza contare che Sailune in questo momento brulicherà di soldati nemici…”

Gourry si mosse al mio fianco, a disagio. “E poi bisognerebbe avvisare sia Phil sia i regni confinanti…” Osservò, un po’ titubante. “Altrimenti la nostra azione non avrebbe alcuna efficacia…” A quanto pareva, talvolta il cielo gli garantiva un barlume di intuizione… 

Sospirai. “Avete ragione. E purtroppo temo che non sarebbero nemmeno le uniche difficoltà a cui andremmo incontro…” Giocherellai con le dita, riflettendo. “Stando a quanto ci ha detto Leonard, tutti i ribelli lottano contro Oberon, ma non tutti sono ancora disposti a concedere fiducia a Phil…” Mi incupii. “Mi chiedo se accetterebbero comunque di adeguarsi al nostro piano…” Feci un altro sospiro, e levai lo sguardo. “D’altra parte… al momento non mi viene in mente nient’altro… forse se ritrovassimo Leonard, lui, con gli uomini che ha a disposizione, potrebbe darci una mano a trasmettere i messaggi, e a convincere i più riluttanti fra i Signori che lottano contro Oberon… vale sempre la pena di fare un tentativo…”

Zel sospirò, a sua volta. “Suppongo di sì.” Incrociò le braccia al petto. “Ad ogni modo prima di tutto dovremo…”

La chimera non ebbe modo di finire. Le casse, legate le une alle altre da corde in modo apparentemente del tutto instabile, presero ad ondeggiare pericolosamente. Io ovviamente, rotolai malamente contro uno dei contenitori di legno, andandoci a sbattere il naso.

Ci stavano caricando a bordo. Grandioso.

“Muovetevi con quelle casse, sono provviste, non porcellana!!!” Udii la voce di Danielle, a poca distanza da noi, sul molo. “Entro un paio d’ore dobbiamo essere in mare aperto!!!”

‘Non sarò di porcellana, ma questo è un buon motivo per cercare di uccidermi???’

Mi aggrappai a Gourry, e non mancai di riservargli un’altra occhiataccia. Lo spadaccino emise un risolino nervoso. 

Sospirai. E quello era solo l’inizio. Dubitavo che Danielle cercasse di venderci agli ufficiali del porto, da come l’aveva descritta Gourry non nutriva un particolare amore per gli abitanti di quel regno… Nonostante questo, l’idea di passare più di una settimana di navigazione gomito a gomito con Miss Maggiorata NON mi sorrideva… ma come si suol dire, era necessario fare buon viso a cattivo gioco…

Restammo acquattati e in silenzio finché non fummo caricati nella stiva. Per forse un’ora restammo immobili, nella semi oscurità, mentre le ultime casse venivano portate a bordo e un gruppo di ufficiali passava velocemente in rassegna il carico, fortunatamente in modo sufficientemente sbrigativo da non notarci. Probabilmente, ci fu anche un’ispezione approfondita della nave, perché passò diverso tempo prima che l’ondeggiare del mondo attorno a noi ci rivelasse che eravamo salpati. Con il viavai di persone che si muovevano vicino alle casse non ci era permesso parlare, quindi attendemmo in silenzio, fino a che, probabilmente, non fummo a distanza di sicurezza dal porto… fu allora che Danielle ci venne a recuperare.

Mi trovai di fronte il suo volto lentigginoso, proprio quando il caldo della stiva e l’ondeggiare della nave avevano cominciato a minare seriamente la stabilità del mio stomaco, quindi non fui così dispiaciuta nel vederla come avrei potuto pensare… Aprì la gabbia, e scostò una cassa per lasciarci uscire, con un sorriso soddisfatto stampato sul volto…

“Ecco qua… tutti interi, come avevo promesso…” Commentò, in tono allegro. “Qua, fatti un po’ vedere meglio…” Si rivolse a me, ed io la squadrai di rimando, sospettosa. “Accidenti, mi aspettavo come minimo una divinità, per come ti aveva sponsorizzato il biondino, qui, e invece sei ancora una ragazzina… Bè, del resto è quello che dicevano i bardi di te… dici che se racconto in giro di avere ospitato nella mia nave la famosa maga anti-drago questo gioverà ai miei affari…?”

Volete sapere qual è il miglior modo per ricevere una Palla di Fuoco in fronte? Allora rileggete le ultime quattro righe!!!

“Ehm… non avevi caldo, Lina…? Forse è meglio salire un po’ sul ponte…” Gourry mi afferrò per le spalle, e praticamente mi trascinò verso la scala, mentre dai miei occhi sprizzavano fulmini in direzione di Danielle.

La mercante, nel frattempo, non pareva rendersi conto minimamente del rischio che stava correndo. Si stava già rivolgendo a Zel, con inopportuna allegria. “Oh, e tu saresti la chimera che si dice abbia viaggiato per queste terre con loro due giusto…?” Gli si avvicinò lievemente, ammiccando. “Ma dimmi, sei proprio TUTTO di pietra…?”

Ebbi appena il tempo di vedere Zel cambiare colore, e rischiare di soffocare, prima di imboccare la stretta scala in legno che portava in superficie, all’aria aperta… Povero il nostro amico… in che mani lo avevamo lasciato…

Sbucammo all’aria fresca, pregna dell’odore di salsedine, ed immediatamente mi sentii meglio… non ero molto abituata a spostarmi in nave, e all’inizio tendeva sempre a scombussolarmi un po’… mi sarei ripresa in fretta, comunque… si avvicinava l’ora di pranzo, e quella mattina non eravamo riusciti a mangiare nulla, prima di sgattaiolare nel porto, quindi credevo ragionevolmente che presto la fame avrebbe vinto sopra ogni cosa…

Attorno a noi era un continuo movimento di marinai… senza nemmeno consultarci, ci avvicinammo all’unisono all’estremità del ponte, e ci appoggiamo alla balaustra, in cerca di tranquillità. La terra, ora, scorreva di fronte ai nostri occhi, appena visibile all’orizzonte, mentre costeggiavamo i territori che fino ad una settimana prima mi avevano vista prigioniera, risalendo verso Sailune. Quella visione mi riempiva di euforia. Era strano a dirsi, per una come me, che da anni non aveva una dimora fissa, ma in mezzo a quell’azzurro indefinito, a fianco di Gourry, con la sensazione di avere il controllo e la libertà di dove dirigermi… ero a casa. In quel momento mi sentivo a casa.

Una mano raggiunse la mia spalla, e Gourry mi attirò lievemente a sé. Arrossii, ovviamente. Un conto era abbracciarsi in privato, un conto su quel ponte, davanti a tutti. “Uhm… Gourry…?”

Lo spadaccino non pareva nemmeno essersi reso conto del suo gesto. Mi guardò con un grosso sorriso stampato sul volto. “Stai sorridendo.” Commentò con fare allegro. “E’ da quando ci siamo rivisti che non sorridevi così. Ora mi sento davvero a casa.”

Battei le palpebre. A volte quella nostra specie di telepatia mi faceva paura…

Sorrisi, con un sospiro. “E’ ovvio, cervello di medusa.” Mi rilassai, quasi indipendentemente dalla mia volontà… “Noi due siamo la nostra casa…” Quell’ammissione uscì dalle mie labbra senza che nemmeno me ne rendessi conto… Ed era la verità. Amavo viaggiare, a prescindere da ogni cosa, perché era parte della mia natura… era la mia curiosità a muovermi, e la mia voglia di conoscere… Forse, però,  mi sarei stancata prima del mio continuo girovagare, se non avessi avuto Gourry al mio fianco. Se fossi stata sola, avrei finito per sentire l’umana mancanza di un posto a cui tornare… mentre viaggiare con lui mi aveva fatto giungere alla conclusione che non erano tanto le quattro mura a creare quello stato mentale che la gente normalmente chiama ‘essere a casa’… erano la familiarità, l’essere a proprio agio… l’avere un punto di riferimento. Ed in quel momento era esattamente quello che sentivo. Anche persa in mezzo all’oceano.

Gourry ed io ci scambiammo un breve sorriso. E per come mi sentivo bendisposta avrei anche POTUTO vincere l’imbarazzo del trovarmi davanti a tutti quei marinai ed avvicinarmi di più a lui, se in quel momento Zel non avesse fatto irruzione sul ponte, facendomi rischiare di spingere lo spadaccino fuori bordo…

“Quella donna è una pazza!!!” Inveì la chimera, mentre noi ci allontanavamo di scatto l’uno dall’altro, imbarazzati. “Gourry, se è un’amica tua, vedi di gestirtela tu!!! Non aveva una cotta per te fino a dieci minuti fa???”

Inarcai un sopracciglio. “Ma come, Zelly, non sei contento che qualcuno possa innamorarsi di te a prima vista, nonostante il tuo aspetto da chimera…?” Inarcai le labbra in un sorriso insolente. “Certe cose dovrebbero farti riflettere…”

“Lina, guarda che se cerchi di fare la spiritosa…”

“Ehi, chimera, ti sembra carino mollare una ragazza a quel modo…?” La voce di Danielle risuonò alle nostre spalle. “E dire che volevo invitarti a pranzo nella cabina del capitano…” La mercante gli si avvicinò sinuosamente, e fece scorrere un braccio attorno alle sue spalle… “Ti ricordo che in fondo sono io a decidere della vostra permanenza su questa nave…”

Gourry incrociò le braccia al petto e annuì, con aria sapiente. “Mi sembra giusto. Ti abbiamo sottoposto ad un grosso rischio, Danielle, e non si può chiedere nulla per nulla…”

“Infatti, Zel…” Rincarai la dose. “… è sempre giusto sacrificarsi per una buona causa…”

La chimera improvvisamente dette l’impressione di essere sul punto di esplodere. “V… voi due!!! Invece di fare comunella, datemi una mano!!!”

Ma Danielle lo stava già trascinando via… “Su, avanti, come sei timido… Vedrai che sarà il pranzo più buono che tu abbia mai assaggiato…”

“No… un mom… aspetta… tu, non capisci, io… Oh, accidenti a voi dueeeeeee!!!!!”

Ridacchiai, vedendolo sparire verso le cabine. “Mi sembri tu, quando eri alle prese con Bolan…”

Gourry, al mio fianco, rabbrividì lievemente. “Non dirlo neanche per scherzo.” Replicò, secco. Quindi, si grattò la testa, e si volse lievemente verso di me. “Credi che ce lo perdonerà mai…?”

Scrollai le spalle. “Oh, gli passerà… e almeno così noi due avremo un po’ di tranquillità…” Gli strizzai l’occhio.

Le labbra di Gourry si allargarono in un sorriso. “Stai pensando anche tu a quello che penso io…?”

“Ovviamente.” Mi volsi verso le cabine, e non avemmo bisogno di aggiungere altro.

Per entrambi, era il momento di un LAUTO pranzo. 

 

 

***

 

 

Fu una settimana tranquilla. Ne fui stupita, quasi. Fatta eccezione per gli assalti di Danielle a Zelgadiss, ovviamente, ma quelli non erano che un piacevole diversivo alla monotonia del viaggio… (anche se dubito che la chimera avrebbe concordato con me, in questo…)

Ci stavamo avvicinando alla costa , poco a nord della barriera, dove la nave ci avrebbe abbandonati al nostro destino, ed uno strano groviglio di sensazioni mi attanagliava il petto. Sollievo, per il nostro viaggio che si avviava alla conclusione senza intoppi. Agitazione, per quello che ci aspettava. Inquietudine, perché continuavo ad avere il presentimento che, nonostante fossi libera e positiva riguardo alla riuscita del nostro piano, non fosse davvero tutto finito.

Conoscevo quella sensazione. Mi era già capitato di provarla, e di dovere lottare a lungo per superarla… quando Fibrizo aveva rapito Gourry…

Ricordavo che la prima notte dopo che lo aveva portato via, ero caduta addormentata come un sasso. Ero stremata dalla battaglia con Garv, e troppo sconvolta per desiderare altro che chiudere gli occhi e dimenticarmi del mondo che mi circondava. Quella notte lo avevo sognato. Era davanti a me e mi sorrideva, dicendomi che mi avrebbe accompagnata fino alla città di Atlas… e poi mi rimproverava per averlo ingannato fingendomi morta durante la battaglia con Kanzel, e mi prometteva che sarebbe rimasto al mio fianco per il resto della sua vita. Era stato un bel sogno. Ma tutta la tenerezza che potevo avere provato nel figurarmelo non avrebbe potuto compensare l’amarezza e la delusione che mi avevano investito al mio risveglio, quando avevo scoperto che nulla di ciò che avevo sognato era reale…

Le due notti successive non avevo potuto dormire. Avevo avuto troppa paura di ciò che la mia mente avrebbe prodotto, di ciò che desiderava produrre… e quella paura si era prolungata molto oltre il ritorno di Gourry al mio fianco… ogni giorno in cui mi svegliavo, al suono del tono di voce pacato e allegro con cui il mio compagno era solito chiamarmi la mattina, ripercorrevo con la mente il mio sonno tormentato dagli incubi, e mi chiedevo se non fosse QUELLA la realtà… e il sorriso di Gourry, che avevo davanti, solo la perfida illusione di un sogno…

Credo che Gourry si fosse accorto dei miei incubi, anche se non avevamo mai parlato apertamente. Stranamente, in quei giorni la sera raramente si allontanava da me… e, anche se trovo imbarazzante dirlo, ci era capitato più spesso del necessario di dormire nella stessa stanza. Non lo so nemmeno io come nacque quella specie di tacito accordo. Forse facilitarono le cose l’avvicinarsi dell’inverno, e le locande piene di viaggiatori… ma dopo la prima volta in cui irruppi nella sua stanza in piena notte, in preda all’agitazione, le due camere singole alla locanda improvvisamente divennero una sola stanza con due letti…

Lo superai, allora, e credevo sinceramente per sempre… ma in quei giorni mi sorpresi a provare qualcosa di simile… avevo la costante sensazione che all’improvviso mi sarei risvegliata nella mia cella, sola e condannata. In fondo, la medicina che mi somministravano non portava forse la follia? Forse ero davvero impazzita. Forse stavo vivendo l’inconsistenza di un’illusione. La realtà non altro che ciò che noi percepiamo di essa, certo… ma quanto ci avrebbe messo quel dolce sogno ad infrangersi di fronte ai miei occhi?

 

Sospirai, chiudendo gli occhi per un momento allo spettacolo che il cielo stellato mi offriva, sul ponte della nave. Ero sdraiata su dei semplici stracci, forse i resti di una vela distrutta da una tempesta. Il mare era agitato, e spruzzi d’acqua mi raggiungevano persino nella posizione relativamente riparata in cui ero acquattata. Quella notte non riuscivo a dormire, ed ero uscita all’esterno, in cerca di un po’ d’aria fresca di cui godere in solitudine, per calmare la morsa che mi stringeva lo stomaco sin da quando, ormai diverse ore prima, Danielle ci aveva comunicato che il giorno dopo avremmo attraccato nel porto che ci interessava. Avevamo elaborato piani per l’intera settimana, ma presto a quelle parole si sarebbero sostituiti i fatti, e per quanto ordinati e coerenti fossero stati i nostri discorsi, sapevo perfettamente che essi avrebbero dovuto essere applicati ad una realtà ben più complessa… e se anche fossimo riusciti ad aiutare Sailune, alla luce del recente attacco della stirpe demoniaca, non ero del tutto certa di ciò che mi avrebbe aspettata in seguito…

 

‘Al diavolo… non è da me preoccuparmi così tanto di quello che sta per accadere…’ Purtroppo, la mia mente sembrava non lasciarmi molta scelta… ma per quanto fossi in ansia avevo davvero bisogno di riscuotermi… quell’atteggiamento di certo non mi avrebbe portata da nessuna parte…

 

Mi imposi di aprire gli occhi, aspettandomi di incontrare nuovamente il cielo disseminato di piccole luci che quella notte incombeva sulla nave… perciò la sorpresa fu tanto grande, quando invece mi trovai a fronteggiare quella figura biancastra, che non potei impedirmi di emettere un grido strozzato, e di scattare a sedere di riflesso.

Il cuore che mi batteva violentemente nel petto, indietreggiai strisciando. Il demone che mi aveva attaccata ormai quasi due settimane prima, ora mi fissava dall’alto della sua statura imponente, con quello che aveva tutta l’aria di essere un sorriso…

‘Dovrò farmi spiegare come fanno ad avere una mimica facciale tanto convincente anche senza lineamenti, un giorno o l’altro…’

“Ben trovata, Lina Inverse…” Mi apostrofò semplicemente la creatura, avanzando di un passo. “Questa settimana non ne volevi proprio sapere di startene ferma, eh? Ho avuto un bel po’ di problemi, a rintracciarti…” Mi chiedevo che genere di problemi potesse avere un demone a mettersi sulle tracce di un essere umano, dal momento che poteva servirsi della magia, ma quello non era certo il momento di intavolare disquisizioni scientifiche…

“A cosa devo l’onore di questa fervente ricerca?” Replicai, in tono secco, reso solo lievemente roco dalla sorpresa. “Di certo giunge inaspettata, da parte di uno che l’ultima volta ha dato l’impressione di avere una gran fretta di darsela a gambe…” Ok, lo so, non avevo grandi motivazioni per fare la strafottente in quelle circostanze, ma una ragazza ha il diritto di avere un po’ i nervi a fior di pelle dopo un’esperienza come quella che avevo vissuto, no…?

Il demone sorrise, nuovamente. “I piani sono un po’ cambiati…” Rispose, semplicemente. “E sarai lieta di sapere, credo… che stavolta sono venuto qui con l’ordine di uccidere, Lina Inverse…”

‘Certo, come no, felicissima… non contengo quasi i miei incantesimi, per la gioia…’

Dopo solo un istante, mi trovai a battere le palpebre, però. Ehi, un momento… aveva detto ‘stavolta’…? Perché l’altra volta cos’era venuto a fare, una piacevole conversazione…?

Il demone inclinò il capo. “Mi sembri perplessa, Lina Inverse… non ti è forse chiaro il significato del verbo ‘uccidere’…?”

Sbuffai, irritata a quel commento, e mi sollevai in piedi. Sembrava che non avessi molta altra scelta, del resto… “Posso almeno sapere il motivo di questi attacchi…?” Mi limitai a replicare, approfittandone per indietreggiare di qualche passo da lui. “Non mi sembra di aver fatto nulla che possa avere nuociuto alla vostra stirpe, almeno ultimamente… Anzi…” I miei occhi si strinsero. “… mi risulta che abbiamo collaborato per allontanare un demone che anche per voi risultava un ‘ospite scomodo’… credevo che questo mi desse diritto ad un bonus di almeno un annetto di tranquillità…” Conclusi, in tono sarcastico…

Il demone assunse un’aria divertita… “Ammetto che quella di Darkstar è stata una piacevole parentesi di accordo fra di noi, per quanto dettata solo dalla necessità impellente…” Commentò. “Ma dovresti saperlo che un sentimento come la gratitudine poco si confà a noi demoni, Lina Inverse… Inoltre…” Avanzò nuovamente, costringendomi contro il parapetto della nave… “… l’utilità che hai rivestito per noi in quella occasione non compensa certo i guai che hai generato per noi contribuendo all’uccisione del mio Signore…”

Mi accigliai. Non ero certa di voler capire di cosa stesse parlando… “Il tuo… signore…?”

Lo sguardo del demone si fece gelidamente cupo. “Colui che mi ha dato vita…” Sibilò. “Fibrizo, il Signore degli Inferi.”

Il sangue parve gelarsi nelle mie vene. Quel demone… quel demone era un servitore di Fibrizo? “M… ma…” Esordii, temendo che la mia voce non mi sostenesse… “Questo non è possibile…” Il battito del mio cuore si fece irregolare, ed il mio stomaco si strinse. Bastava la menzione di quel demone, per riportare in vita il terrore che mi aveva attanagliato in quei giorni in cui avevo scoperto di essere il suo obiettivo… “Xellos mi ha detto che il General ed il Priest di Fibrizo sono entrambi morti, per questo il Signore degli Inferi aveva affidato a lui la missione servirsi di me per portare allo scoperto Garv!!! Non dovrebbero esserci suoi servitori ancora in vita!!!”

Il demone assunse un’aria accigliata. “Non ho mai detto di essere un General, o un Priest…” Sibilò. “Sono solo un demone di medio rango… dopo la morte del mio Signore sono passato agli ordini della Beastmaster, in segno di riconoscenza per il fatto che lei aveva garantito parte delle sue truppe personali a Fibrizo, nel corso della lotta con Garv…”

La Beastmaster… ovvero Zelas? Se non andavo errata, era colei ai cui diretti ordini si trovava Xellos…

Mi guardai attorno per un attimo, come se mi aspettassi di vedere comparire il demone da un momento all’altro… ormai trovavo strano non vederlo implicato in qualche modo nelle mie faccende…

Quando mi fui assicurata che eravamo realmente soli, sul ponte, mi accigliai, rivolgendo nuovamente lo sguardo al demone… “Fammi capire… allora questa è una qualche forma di vendetta nei miei confronti, per aver contribuito alla caduta del tuo signore…?” Dopo Valgarv ero un po’ stanca, sinceramente, di psicopatici con smanie di rivalsa che cercavano di uccidermi… Il fatto che fosse solo un demone di medio rango avrebbe dovuto in qualche modo confortarmi, d’altra parte… certo, dalle mie esperienze passate sapevo che non avrei potuto comunque permettermi di sottovalutarlo… ma trovarsi di fronte un essere della stessa potenza di Xellos sarebbe stato tutto un altro discorso…

Il demone a quella domanda mi rivolse uno sguardo enigmatico… “Puoi porre la questione in questi termini, se preferisci… La vendetta è un sentimento interessante in cui indugiare, per la carica di odio che porta con sé…” Sentenziò, semplicemente… “D’altra parte… la stirpe demoniaca raramente è mossa da personali pulsioni irrazionali, Lina Inverse… ed i modi per ridare onore alla memoria di Fibrizo sono innumerevoli…”

Non capii, allora, il significato di quelle affermazioni… e d’altra parte, al momento la risposta mi interessava relativamente, perché ero troppo impegnata a pensare ad un metodo per sconfiggerlo. Sapevo che l’amabile chiacchierata non si sarebbe protratta a lungo, e dovevo vagliare velocemente le possibilità che avevo… ricordavo la battaglia con Kanzel, e avevo bene in mente come il mio Dragon Slave avesse avuto scarsissimo effetto su di lui… e del resto, come ben ricordavo dal mio ‘incontro-scontro’ con Philia, lanciarlo su una nave poteva non essere la più saggia delle ipotesi… il modo più sicuro e pulito per abbatterlo sarebbe stato il Laguna Blade, ma non ero certa di avere recuperato a sufficienza i miei poteri per poterlo evocare, a maggior ragione contro un avversario come un demone, che poteva muoversi fra diverse dimensioni… tutto sommato, era consigliabile appellarsi ad incantesimi tradizionali, per tenerlo a bada, e sperare nell’intervento di qualcuno dei miei compagni… forse,se lo avessero tenuto impegnato in modo tale da renderlo un bersaglio immobile, avrei potuto concludere qualcosa servendomi della magia di Lord of Nightmares…

“Bé… in fondo le tue motivazioni non hanno grande importanza…” Commentai, scivolando lungo il parapetto della nave per allontanarmi da lui, e assumendo la posizione di guardia… “La mia vita è in gioco, e questa è una ragione più che sufficiente per combattere, per quanto mi riguarda…”

Il demone mi rivolse un altro dei suoi ‘sorrisi’… “Esattamente la risposta che mi aspettavo… e che desideravo sentire da te.” Osservò, laconicamente. Non ebbi il tempo di interrogarmi su quella replica. Il demone fece un passo avanti, e protese le sue dita oblunghe verso di me.

Strinsi le labbra, e mi preparai a evitare il colpo. Volevo testare la sua forza, e non aveva senso sprecare incantesimi a vuoto, soprattutto in un luogo come una nave, che poteva prendere fuoco al minimo errore. Speravo che qualcuno dall’altra parte del ponte, o i miei compagni stessi, si accorgessero presto di quanto stava succedendo…

Restammo immobili per diversi istanti, squadrandoci in silenzio… fu dopo quasi un minuto di assurda schermaglia visiva, durante la quale il demone non si decise a colpire, che cominciai a seccarmi di quel giochino a chi avrebbe attaccato per primo…

“E allora???” Commentai, in tono più che irritato. Voleva per caso prendermi per sfinimento???

Il demone assunse un’aria ‘perplessa’. “Non… ti lanci alla ricerca dell’aiuto del tuo compagno spadaccino…?”

A quella domanda, l’irritazione superò in me qualsiasi altro sentimento. Che voleva dire? CHE VOLEVA DIRE???

Una grossa vena fece capolino sulla mia fronte, mentre mi avvicinavo di un passo e sbraitavo, con tutta la veemenza di cui ero capace… “LA MIA MAGIA E’ TORNATA!!!!” I miei pugni si strinsero in una morsa. “Non sono una dannata neonata che ha costantemente bisogno di aiuto, so cavarmela benissimo da sola!!!!” Odiavo tutto questo. Odiavo come tutto attorno a me sembrasse volermi ricordare di quei mesi in cui avevo perso totalmente il controllo della mia vita. Tenevo a Gourry più che a ogni altra cosa, e gli ero grata per ciò che aveva passato solo per venire a salvarmi, ma qui non c’entrava lui… quella era una questione che riguardava solo me, e la fiducia che potevo ancora avere in me stessa. Perché anche se mi ostinavo a non pensarci, anche se non volevo ammetterlo, quella fiducia aveva subito una scossa in quei mesi, che pochi altri avvenimenti nella mia vita, in precedenza, erano stati in grado di infliggerle… e questa consapevolezza, che da quando mi avevano liberata cercavo di ricacciare nei recessi della mia mente, per qualche motivo si rivelava più dolorosa di qualsiasi ricordo essa potesse serbare… la mia fiducia, il mio controllo, erano lo scheletro su cui si reggeva la mia personalità… tolti quelli, che ne sarebbe stato del resto…?

Il demone si accigliò. “Avevo previsto altrimenti.” Commentò, laconicamente. “Ad ogni modo, le cose non cambiano…” Protese nuovamente il braccio, ma stavolta non per attendere immobile le mie mosse. Una luce rossastra emanò quasi istantaneamente dai suoi polpastrelli, e poco dopo potei avvertire chiaramente sotto ai miei piedi l’intera nave tremare…

Aveva scagliato un colpo potentissimo, e mi aveva mancata per un soffio. Se fossi stata pochi centimetri più a sinistra, in quel momento sarei stata un mucchio di cenere.

Non era un pensiero confortante.

“Vedo… che non posso sottovalutarti…” Indietreggiai, pensando a quale sarebbe stata la mia mossa successiva. Dietro di me, parte del ponte era in fiamme, e ovviamente le voci allarmate dei marinai avevano cominciato a risuonare … Imprecai, fra me e me, sperando che stessero alla larga… quel demone certo non si sarebbe fatto problemi ad uccidere tutti i presenti su quella nave, se gli fosse servito, ma io non potevo colpire col rischio che ci andassero di mezzo degli innocenti. D’altra parte, non potevo nemmeno frenarmi eccessivamente… era consigliabile che mi occupassi del mio avversario prima che gli venisse in mente di far saltare in aria la nave, o sarebbe stata comunque la fine per tutti… Sospirai. Il classico serpente che si morde la coda…

‘Al diavolo…’

“Elmekia Lance!!!” Recitai, scattando in avanti. Se non potevo servirmi di incantesimi eccessivamente distruttivi, non mi restava altra scelta che puntare su quelli di tipo spirituale, che d’altra parte erano gli unici ad avere la possibilità di colpirlo… se fossi riuscita ad immobilizzarlo, anche solo per un istante…

“Dannazione!” Imprecai, a voce alta. Il demone, come avevo temuto, era scomparso prima di essere investito dal mio incantesimo…

Il mio avversario ricomparve dopo pochi istanti, la fronte aggrottata. “Temo che dovrai fare di meglio, Lina Inverse…” Avanzò verso di me… “Conosci il potere del mio signore… e la mia forza deriva direttamente da esso… cercare di stordirmi con incantesimi così basilari non ti servirà…”

Poteva dire ciò che voleva, ma se davvero non avesse temuto il mio colpo, non si sarebbe preso la briga di scomparire… oh, sapevo benissimo che il mio Elmekia Lance gli avrebbe fatto al massimo il solletico, ma il demone doveva avere intuito la mia tattica, e credo che di fronte al pericolo di un Laguna Blade preferisse non rischiare di essere anche solo temporaneamente immobilizzato… Il che non era un bene, per me… non sono particolarmente sostenitrice del codice della cavalleria, e per quel che mi riguarda giocare a carte scoperte è sempre uno svantaggio…

Mi morsi le labbra, e pensai a come mi sarei mossa, in seguito… La concentrazione mi aveva quasi fatto scordare dei miei compagni, per questo quando sentii la voce di Gourry chiamarmi fu per me una piacevole sorpresa…

“Lina! Lina, tutto bene???”

Volsi lievemente lo sguardo, e intravidi lo spadaccino e la chimera avvicinarsi, in mezzo ad una nube di fumo… gli rivolsi un sorriso. “Come vedi abbiamo visite, caro.” Replicai, semplicemente, in tono ironico.

Lo spadaccino si fermò al mio fianco, ansimando. “Vedo.” Commentò, con fare stanco. “Ad un orario un po’ infelice, mi sembra. Certa gente non ha davvero il senso della discrezione…”

Zel, all’altro mio fianco, scrutò il demone per qualche istante, e si accigliò. “Sarebbe lui quello che ti attaccato nella foresta…?” Lo sguardo della chimera era concentrato, come se stesse sforzandosi di ricordare qualcosa…

Battei le palpebre, perplessa a quel commento… “Perché, lo conosci…?”

Zelgadiss scosse solo lievemente la testa, senza smettere di aggrottare le sopracciglia… “Non è che lo conosca, ma… ha un’aria familiare… non riesco a capire dove…”

“Se non vi dispiace…” Lo interruppe il demone, sbuffando. “Devo porre fine a questa conversazione. Ora che siamo al completo, ho una missione da portare a termine.” Il suo tono di voce era talmente gelido che mi intimidì. Istintivamente, facemmo tutti un passo indietro.

Una mossa inutile. In un istante, il demone scomparve alla nostra vista.

“Dove diavolo…” Iniziai, ma non ebbi il tempo di terminare. Sentii il corpo dello spadaccino al mio fianco entrare improvvisamente in tensione, e prima ancora di potermi voltare, seppi che il demone si trovava alle nostre spalle. Gourry ed io ci scansammo all’ultimo istante, ma la chimera non fu abbastanza veloce. Uno degli artigli del demone lo colpì in pieno stomaco, ed il contraccolpo  lo scaraventò contro il parapetto della nave. Qualsiasi normale essere umano, subendo un attacco del genere del genere, sarebbe morto sul colpo…

“Zel!!!!!!” Gridai, allarmata. La chimera si accasciò su se stessa, stringendosi lo stomaco, e immediatamente il sangue gli impregnò le dita… Mi morsi le labbra. Dovevo subito, SUBITO raggiungerlo e cercare di guarirlo!

“Lina, attenta!!!”

Sussultai, alla voce di Gourry. Presa dalla preoccupazione per Zel, non mi ero resa conto che ora il demone stava mirando a ME!

Schivai appena in tempo il suo artiglio, mirato direttamente alla mia tempia. Presa dalla foga, tuttavia, incespicai sui miei stessi passi, e non potei fare nulla quando mi trovai faccia a faccia con il mostro, le sue dita protese verso di me. Ci guardammo per un istante negli occhi, ed io capii immediatamente che non avevo scampo. Avrebbe usato la magia, ed io non avrei potuto evitare in alcun modo il colpo…

Chiusi gli occhi, e attesi l’inevitabile dolore. Sentii l’energia magica fluire verso di me, la sentii lambire le mie membra, pronta a consumarmi… quindi, più nulla.

‘Più nulla…?’

Riaprii gli occhi. Gourry era immobile davanti a me, la spada sollevata. Dell’incantesimo che era stato sul punto di colpirmi non c’era più nessuna traccia. Spalancai gli occhi.

“Ma cosa diavolo…?”

Gourry era ansimante, e fissava il demone con manifesta ostilità. Io, tuttavia, ero troppo intenta ad osservare la lama della sua spada, per prestare attenzione ad entrambi… ora, lo strano materiale di cui era forgiata emanava un bagliore, sempre più intenso, che dava tutta l’impressione di essere sul punto di essere liberato… Capii immediatamente cosa era accaduto. Aveva assorbito il colpo del demone, ed era pronta a liberarne l’energia non appena Gourry avesse attaccato. Era sorprendente… era sorprendente come quell’arma da quel punto di vista funzionasse in modo del tutto simile…

“… alla Spada di Luce…”

“Cosa…?” Gourry inclinò la testa verso di me, senza allontanare lo sguardo dal demone.

Mi morsi le labbra. Non era il tempo di pensare a cose del genere… “Nulla.” Risposi, secca, rimandando quelle riflessioni a quando avessi avuto un momento di calma. “Gourry, ascoltami… ora c’è bisogno che io…”

Gourry annuì, senza che avessi bisogno di terminare. “Lo so. Occupati pure di Zel, Lina… Ci penso io a coprirti le spalle …”

Annuii, solo un po’ incerta… Mi seccava lasciare Gourry a combattere da solo, quando ero io l’obiettivo di quel demone… d’altra parte, non avevo altra scelta… e, anche se per qualche motivo mi metteva a disagio ammetterlo, avevo anche la netta sensazione che con quella spada in mano Gourry non avrebbe avuto bisogno tanto presto del mio aiuto…

Lasciai il demone e lo spadaccino a fronteggiarsi, e scivolai verso Zel, ancora riverso al suolo. Mi resi immediatamente conto che, fortunatamente, la sua non era una ferita grave… se avesse necessitato di qualcosa di più del Recovery, mi sarei trovata nei guai…

“Li… Lina…” Biascicò la chimera, quando avvertì la mia presenza al suo fianco…

“Sta’ fermo…” Intimai. Quindi gli rivolsi un sorriso. “Ti rendo il favore…” Spiegai, rispondendo al suo sguardo interrogativo… mi concentrai per un momento, e lasciai fluire l’energia magica dalle mie dita verso il suo corpo…

“Ma… Gourry…”

“Gourry è in grado di cavarsela da solo, per il momento.” Commentai, seccamente. Lanciai un’occhiata allo spadaccino. Il suo corpo si interponeva fra noi e il demone, e i due si stavano ancora studiando… ero in preda ad una strana ansia, e non per il combattimento in sé… avevo voglia di vedere cosa era in grado di fare realmente quella spada…

Non dovetti attendere molto. Evidentemente stanco di aspettare, Gourry scattò improvvisamente in avanti, con un balzo ferino. Il demone scomparve, com’era prevedibile. Ciò che non mi sarei mai aspettata, però, era che quando la creatura ricomparve, dopo soli pochi istanti, a diversi metri di distanza, Gourry fosse già là, pronto ad aspettarlo…

Rimasi a bocca aperta. Il movimento di Gourry era stato talmente veloce che non me ne ero praticamente resa conto… lo spadaccino era sempre stato più agile della media, è vero, ma migliorare fino a quel punto in così poco tempo… mi chiesi se fosse per effetto della spada, o di un qualche particolare allenamento cui si era sottoposto in quei mesi…

Non ebbi molto tempo per pormi domande… lo scontro divenne tanto concitato da permettermi a malapena di seguirne tutte le mosse… il demone fu costretto a schivare, ma non ebbe nemmeno il tempo, credo, di scomparire. Gourry continuò ad incalzarlo senza sosta, senza dare il minimo segno di stanchezza… la zuffa proseguì per diversi istanti, finché i due non si separarono nuovamente, indietreggiando di qualche passo l’uno rispetto all’altro… e fui stupita nel rendermi conto che Gourry non aveva nemmeno il fiato corto…

“Meglio di quanto mi aspettassi…” Commentò il demone… “Sembra che il processo sia già piuttosto avanzato…”

Battei le palpebre. Processo? Di che diavolo stava parlando? 

Gourry parve non prestare attenzione alle sue parole… non un’ombra di perplessità attraversò i suoi occhi a quella frase enigmatica, come se il suo significato non lo riguardasse… come se il MONDO INTERO non lo riguardasse… in effetti fui stupita nel trovarmi a pensare… che in quel momento il SUO intero mondo pareva concentrarsi sul suo avversario…

Il demone lo fissò ancora per qualche istante, e la sua espressione si contorse in quella che sembrava una via di mezzo fra un sorriso ed una smorfia… “Credo di essere arrivato esattamente al momento giusto… è giunto il momento di finirla.”

Scomparve nuovamente. Per un momento rimasi con il fiato sospeso, e mi scordai quasi di portare avanti l’incantesimo che stavo praticando a Zel… Sussultai, temendo per la vita del mio compagno, quando il mostro comparve nuovamente alle sue spalle, all’improvviso… ma la mia preoccupazione era infondata. Gourry schivò con un balzo l’incantesimo del demone, che colpì in pieno uno degli alberi, incendiandolo. Andando avanti di quel passo, sarebbe rimasto ben poco della nave…

Gourry non perse tempo per recuperare la guardia. In un eccesso di imprudenza, scattò nuovamente verso il demone, completamente senza difese. Trattenetti il fiato, mentre il mostro si limitava a protendere la mano, e a scagliare nuove sfere di fuoco verso di lui… Gourry le respinse tutte con la sua lama, e in meno di un istante fu nuovamente addosso alla creatura. Il demone non poté fare altro che sparire per l’ennesima volta.

Tirai il fiato, deglutendo, e spostai lo sguardo sullo spadaccino… non era da lui rischiare tanto in un combattimento… a volte Gourry era imprudente, è vero… ma non arrivava mai a livelli eccessivi di incoscienza, non metteva mai in gioco la sua vita in attacchi azzardati a meno che questo non fosse strettamente necessario… d’altra parte, in quel momento avevo la netta sensazione che Gourry non si fosse mosso pensando di poter perdere… era avanzato con tanta sicurezza da farmi pensare di aver studiato ogni sua mossa con la minima precisione, e di avere scommesso su una probabilità calcolata, senza nemmeno considerare che la sua vita era in gioco… Gourry non era uno sprovveduto, lo sapevo, ma… non era contro un qualunque spadaccino che stava lottando, si trattava pur sempre di un demone, e lo spadaccino sapeva anche che in quel momento anche la responsabilità della mia vita e di quella di Zel ricadeva in parte nelle sue mani… quella sicurezza incrollabile era davvero normale…?

 

L’aria intorno a noi fu immobile per diversi istanti, pregna solo delle urla dei marinai che tutt’attorno riempivano secchi di acqua, e del crepitare delle fiamme… Gourry si trovava ancora davanti a noi, di spalle, in attesa che il demone facesse la sua ricomparsa, e gli ultimi rigagnoli della mia magia fluivano ora indisturbati in Zel, accelerando il suo processo di guarigione… Stavo cominciando a pensare che il demone avesse deciso di darsi definitivamente alla fuga per l’evidente parità di mezzi col suo avversario… quando la sua figura eterea fece la sua comparsa proprio davanti ai miei occhi.

Sussultai, e per un momento fui colta dal panico. Sotto alle mie dita, avvertii chiaramente i muscoli di Zel contrarsi per la sorpresa. Non me lo aspettavo, devo essere sincera, e non ero assolutamente pronta a nessun contrattacco. Per un momento, pensai seriamente che sarebbe riuscito nel suo intento…

“Aaaaaaaaah!” Fu quando sentii l’urlo infuriato di Gourry alle spalle del demone che capii che, fortunatamente, il suo intervento sarebbe stato sufficientemente tempestivo. Lo spadaccino caricò a tutta velocità… ed io mi ritrovai la sua lama a pochi centimetri dal naso, quando il demone scomparve per l’ennesima volta, per evitare di essere colpito.

Indietreggiai di scatto, colta di sorpresa, ma Gourry parve non accorgersene nemmeno. Ritrasse la spada e riassunse la sua posizione di guardia, mentre il demone faceva nuovamente la sua comparsa, a pochi passi da dove ci trovavamo…

“A quanto pare non ti lasci distrarre, spadaccino…” Commentò il demone, l’espressione ora lievemente alterata… “Come pensavo, ti trovi già quasi al punto limite…”

Io strisciai indietro, allontanandomi lievemente dai piedi di Gourry, ed imponendo al mio cuore di rallentare il suo battito… Non era stato solo l’incontro ravvicinato con la lama a scuotermi… nel breve intervallo di quell’affondo, avevo avuto modo di cogliere per un momento da vicino l’espressione di Gourry, e… bé, ve lo assicuro, non era lo sguardo di qualcuno con cui avrei desiderato chiacchierare amabilmente…

“Lina… tutto ok…?” Zel si sollevò lievemente per accertarsi delle mie condizioni, mostrando nei miei confronti la pietà che Gourry mi aveva negato… avevo interrotto la mia formula, ovviamente, ma la chimera ormai sembrava in via di veloce ripresa, anche senza il mio aiuto…

Annuii, lievemente, ma non avevo la forza di rispondergli a parole… “Zel…” Replicai invece, la voce roca… “Gourry… lui è…”

Non sapevo spiegarlo nemmeno io… il suo sguardo era attento e concentrato, certo… perché è questa l’espressione di un guerriero durante un combattimento… ma aveva qualcosa di diverso, qualcosa di… di indefinibile… come se… come se fosse stato pura e semplice forza, senza il controllo di una coscienza… io non l’avevo mai visto così, non avevo mai…

No…

No, non era vero che non lo avevo mai visto a quel modo, ed era esattamente questo il motivo per cui esso mi aveva sconvolta così tanto… era accaduto una volta… una sola volta…

“Lina…?”

La voce della chimera mi risvegliò bruscamente dai miei pensieri, e volgendomi verso il mio amico mi resi conto che mi stava fissando con espressione preoccupata… Non era necessario chiedergli il perché. Portai lo sguardo alle mie mani, e mi accorsi che tremavano tanto che dubitavo sarei stata in grado di reggere anche il più leggero stiletto, in quel momento…

“Lui… di nuovo…” La mia voce era ridotta ad un roco sussurro. “E se… e se fossero stati loro…? Se fosse questo, che hanno in mente…? Ma no, non capisco perché…”

Zel mi afferrò per la spalla, e mi scosse lievemente. “Lina? Lina, che diavolo sta succedendo…?”

Strinsi i denti, e mi sollevai, scrollandomi la sua mano di dosso senza nemmeno rendermene conto. Le mie ipotesi mi ronzavano in testa con un’insistenza che mi impediva di dar loro coerenza… c’era solo una cosa di cui ero convinta… “E’ ora di farla finita.” Dichiarai, avanzando di un passo verso Gourry e la creatura.

Lo spadaccino si volse verso di me, l’aria lievemente sorpresa, come se si rendesse conto solo in quel momento della mia presenza… “Lina, stai…”

“Stanne fuori, Gourry.” Intimai, in tono più acido di quanto avessi inteso produrre… “Ho intenzione di vedermela io con lui, ora…”

Lo spadaccino ovviamente non mi diede ascolto, e non abbassò la spada. “Ma perché…? Quel demone mira a te, e se tu…”

“Ho detto stanne fuori!!!” Gridai quasi, ora. Gourry affrontò la mia espressione rabbiosa per un momento, ed esitò. Quindi, strinse le labbra, ed abbassò la spada. Capivo che non comprendeva, ma in quel momento non ero nello stato mentale per spiegargli. Avrei affrontato le sue domande, e presumibilmente la sua rabbia, in un altro momento… anche se non ero certa che avrei potuto raccontargli TUTTO quello che pensavo di sapere…

Il demone di fronte a me si accigliò. “Mi stupisce questo comportamento irrazionale da parte tua, Lina Inverse… da come Xellos mi ha sempre parlato di te, dovresti essere una creatura piuttosto lucida, per essere umana…”

Io serrai i denti, e feci di tutto per mantenere la calma nel mio tono di voce. “Irrazionale…? Credi davvero che non abbia capito cosa sta succedendo…?”

Gli occhi del demone si strinsero, ed improvvisamente il suo sguardo si fece… interessato… “Allora illuminami, Lina Inverse…” Mi si avvicinò lievemente. “Quale credi sia lo scopo della mia presenza in questo luogo…?”

Strinsi i pugni. “Soddisferò la tua curiosità se prima tu rispondi ad una mia domanda, demone…” Feci un passo avanti. “Tu, ora… stavi combattendo contro il mio compagno solo perché lui si frapponeva fra te e me…? O lo facevi con un preciso scopo…?”

Gli occhi del demone si spalancarono per un momento, come in preda alla sorpresa… quindi, dopo qualche istante di silenzio, si strinsero nuovamente, in un sorriso… “E’ vero che hai intuito Lina Inverse…” Mi fissò con quella che pareva un’aria di sfida. “Certo che combattevo contro di lui con un preciso scopo…”

Sentii la rabbia montare in me improvvisamente. Ero una stupida. Ecco perché aveva atteso l’arrivo di Gourry, ecco perché quella sera non mi aveva attaccata immediatamente… io ero stata solo la sua esca per lo spadaccino.

D’altra parte, se era solo Gourry che il demone voleva, non si spiegava il suo primo attacco nei miei confronti… in fondo, si era mostrato del tutto sorpreso di trovare lo spadaccino al mio fianco… Propendevo per l’ipotesi che quella creatura mi volesse DAVVERO morta, ma che la presenza di Gourry gli desse l’occasione di perseguire un duplice scopo, che lo spingeva addirittura a dilazionare il suo atto di vendetta nei miei confronti… e cominciavo a sospettare che il suo obiettivo, quella notte fosse… nient’altro che uccidermi davanti a Gourry, per spingerlo a lottare con più foga contro di lui. Questo, se le mie supposizioni sulla spada che portava il mio amico erano esatte…

Ma proprio in virtù di quelle supposizioni, in quel momento dovevo combattere personalmente, fino a che Zel non si fosse ripreso per darmi una mano, anche a rischio di far sì che i piani del demone andassero in porto… non potevo permettere che Gourry imbracciasse quella spada un minuto di più…

“E allora…” Domandò il demone, incalzandomi di fronte al mio silenzio… “Cosa hai intenzione di fare, in proposito…?”

La sua aria di sfida di certo non contribuiva a migliorare il mio umore… e di certo non sarebbe giovata al suo. “Non lo so… credi che ucciderti risolverebbe i miei problemi…?”

Il demone sorrise. “Ne dubito sinceramente.” Si limitò a replicare.

“Ma sono certa che mi farebbe stare meglio!” Feci un passo in avanti. “Dynast brass!!!

Un pentacolo si formò ai suoi piedi, prima che il demone potesse sparire per evitarlo. L’energia gli implose addosso, con violenza tale da scuotere l’intera nave.

“Lina!” Gridò Zel, dalle mie spalle, superando in qualche modo il frastuono. “Non il Dynast Brass! Affonderemo!”

Non gli prestai ascolto. Ero troppo impegnata a fissare il punto dove fino a qualche istante prima si era trovato il demone. Un enorme squarcio si apriva sulle assi che pavimentavano il ponte, e dei barili a fianco dell’ingresso della stiva erano stati scaraventati qua è là nello spazio circostante. Del nostro avversario, nemmeno l’ombra.

Mi volsi verso i miei compagni. “Non posso averlo abbattuto, fate attenzione!”

Zel si sollevò in ginocchio, e poi faticosamente in piedi, guardandosi nervosamente attorno. Gourry, con mio profondo scorno, sollevò di nuovo la spada.

Bé, non che potesse fare molto altro…

Restammo immobili, cercando di captare la presenza del demone nel caos completo che ci circondava… per diversi istanti nulla accadde, ed io presi ad indietreggiare verso i miei compagni, la gola stretta dall’ansia. Non feci in tempo a giungere a destinazione, però. All’improvviso, il demone ricomparve nuovamente, e ancora una volta alle spalle di Gourry.

Il grido per avvertirlo mi si strozzò in gola, ma fortunatamente lo spadaccino se ne accorse in tempo. Sollevò la sua arma per bloccare l’artiglio del mostro, e lo respinse violentemente, costringendolo a indietreggiare. Il demone caricò nuovamente, senza lasciare allo spadaccino nemmeno un attimo per riguadagnare la guardia… fu quando le loro figure stavano per incontrarsi nuovamente, che la voce di Danielle risuonò alle nostre spalle.

“Dannazione a voi! La mia nave!!! Che diavolo credete di fare???” La mercante aveva la fronte imperlata di sudore, i capelli in disordine, e il volto sporco di fuliggine… La blusa le usciva disordinatamente dalla cinta, come se si fosse svegliata e vestita in tutta fretta… e aveva l’aria di voler uccidere qualcuno. Zel ed io volgemmo lo sguardo verso di lei, colti di sorpresa, ed anche il demone ci imitò, solo per un istante.

Gourry non parve nemmeno accorgersene.

Con un rabbioso grido di battaglia, lo spadaccino approfittò del momento di distrazione del demone, e si scagliò contro di lui con tutte le sue forze. La sua spada gli penetrò nella spalla, aprendo uno squarcio profondo, che arrivava praticamente fino alla cinta. Il mostro strabuzzò gli occhi, mentre ‘sangue’ nero spillava dalla sua ferita, e avvolgeva di tenebre la lama di Gourry…

“T… tu…” Rantolò, la voce resa roca dal dolore…

Gourry ritrasse la lama di scatto, ed il demone barcollò all’indietro, reggendosi la spalla, il volto distorto dal dolore. Lo spadaccino fece per colpire di nuovo, ma il demone, con quello che apparve un enorme sforzo di volontà, scomparve un attimo prima dell’affondo del mio compagno, per riapparire a diversi metri da lui, nella parte opposta del ponte rispetto a dove si trovava Danielle.

“Non finisce qui!” Sibilò, rabbiosamente. “Non finisce qui!!!”

In un guizzo di tenebra, scomparve, presumibilmente per non tornare. Io feci un sospiro. Perché non salutavano mai con un ‘a mai più rivederci’…?

“Cosa… cosa diavolo era quello???” Danielle era impallidita vistosamente, e fissava il punto dove fino ad un momento prima si era trovato il demone, come se avesse appena incontrato una  specie di divinità…

‘Bé, in effetti, se anche la pensasse così, non sarebbe troppo lontana dalla verità…’

“Lina…”

Mi volsi, e mi resi conto che Zel mi si era appena affiancato. Anche lui fissava il punto dove il demone era sparito, ed i suoi occhi erano spalancati, esattamente come quelli di Danielle… si trattava di uno stupore diverso, però… quello generato dalla consapevolezza… “… Ho… ho capito… ho capito dove ho già visto quel demone…”

“Eh…?” Le mie labbra si aprirono lievemente per la sorpresa, ma non ebbi tempo di fare altre domande. In quel momento, infatti, uno spaventoso schianto risuonò a pochi metri da dove ci trovavamo.

 

L’albero che il demone aveva colpito aveva ceduto. Avvolto dalle fiamme, era precipitato sul ponte, travolgendo tutto ciò che aveva incontrato sul suo cammino. Il fuoco immediatamente catturò il legno circostante. 

“No!” Gridò la voce di Danielle, riportata bruscamente alla realtà. “No! La mia nave!!!”

 “Dobbiamo andarcene di qui!!!” Risuonò la voce colma d’ansia di Zel. “Immediatamente! Presto questa nave sarà solo un cumulo di braci! E se hanno dei materiali infiammabili a bordo…” Zel non ebbe bisogno di terminare. Gourry ed io ci scambiammo un’occhiata allarmata.

“Ma non possiamo andarcene senza fare nulla!” Intervenne lo spadaccino, l’aria preoccupata. “Nessuno dei marinai sa usare la magia, moriranno!” Si volse verso di me. “Non hai un incantesimo che possa spegnere l’incendio? O almeno avvicinare la nave a riva…” Non eravamo a grande distanza, perché Danielle aveva preferito navigare senza perdere di vista la costa… una decisione saggia, a quanto pareva…

“Potrei usare il Diem Wind, ma rischierei di alimentare le fiamme!” Riflettei per un momento, quindi mi volsi verso la chimera. “Zel, tu…”

Zelgadiss non ebbe bisogno di lasciarmi finire. “Userò la magia sciamana per comandare l’acqua. Bisognerà agire un po’ drasticamente, ma dovrebbe funzionare…”

Annuii, ricacciando in fondo alla gola la mia curiosità riguardo alla sua concezione del termine ‘drastico’… Non avevamo tempo da perdere in chiacchiere. Afferrai Gourry per il braccio, e arretrai di qualche passo dalle fiamme.

Ray Wing!” Con un breve balzo, mi sollevai in volo. In pochi secondi, fummo a ragionevole distanza dalla nave.

A diversi metri da noi, Zel aveva appena terminato la formula per il Levitation. Ora, sospeso a mezz’aria, stava recitando un altro incantesimo fra i denti… Da dove mi trovavo, non riuscivo ad udirne le parole, ma mi auguravo che lo sciamano tenesse a bada il suo amore per le dimostrazioni di magia spettacolari…

 

Ehi, come sarebbe a dire che sono IO quella che ama essere spettacolare???

 

Ad ogni modo, i miei timori non erano infondati. Zel non fece in tempo a serrare le labbra, che un’enorme colonna d’acqua si sollevò attorno alla nave, per riversarsi con violenza su di essa.

“Zel!” Gridai, adirata, occhieggiando con orrore l’imbarcazione che veniva avvolta dai flutti.

“Così il fuoco è spento!” Replicò con durezza la chimera. “In fondo sono dei marinai, vorrà dire che nuoteran…”

Zelgadiss non ebbe il tempo di terminare. Il Levitation, che fino a quel momento aveva retto, si interruppe all’improvviso. Evidentemente, Zel aveva messo un po’ troppa ‘energia’ nel suo incantesimo, per poterne mantenere contemporaneamente attivo un altro… 

 

‘Non per dire che l’avevo detto, ma…’

 

Mi gettai in avanti, cercando di afferrare la chimera prima che precipitasse in acqua. Riuscii a prenderla per un braccio, ma mi resi conto troppo tardi che il suo peso, sommato a quello di Gourry, era troppo da sopportare, per la mia magia ancora debole… Persi l’equilibrio a mezz’aria, e tutti e tre precipitammo rovinosamente verso la superficie d’acqua, e le assi sconnesse della nave semidistrutta… aprii la bocca per cercare di richiamare nuovamente a me la formula, ma ormai era troppo tardi. L’acqua nera si chiuse attorno a me, e il gelo del mare e la sorpresa vinsero momentaneamente la mia razionalità, portandomi istintivamente ad inspirare.

In un attimo, le tenebre mi catturarono.

 

 

***

 

 

 

La prima cosa che ricordo di quando ripresi i sensi è che stavo tossendo ferocemente e sputando acqua… e che la voce di Gourry salutava in tono insolitamente piatto il mio nuovo ingresso nel mondo dei vivi…

“Buongiorno, raggio di sole.”

Aprii gli occhi, a fatica, e mi trovai a fissare stordita la pallida luce dell’alba. Ero sdraiata sulla sabbia, o almeno quella mi pareva la consistenza del materiale su cui mi trovavo… i miei abiti erano fradici, e il gelo mi penetrava fino alle ossa.

“G… Gourry…” Lo spadaccino era inginocchiato vicino a me, e mi guardava con espressione stanca. I capelli gli erano appiccicati al volto, e la sabbia ricopriva interamente i suoi abiti bagnati, quasi fosse giunto fino a lì strisciando. Il che non era improbabile. Eravamo a pochi metri dalla riva, ma doveva essergli sembrato un lungo percorso, a giudicare dalla sua aria esausta…

Sospirai, fissando il cielo che stava lentamente schiarendo. “Suppongo che questa non sia la nostra annata fortunata.”

Gourry fece un mezzo sorriso. “Suppongo di no.” Rabbrividì lievemente, e si strinse le braccia attorno al corpo.

Mi guardai attorno. “Dov’è finito Zel…?”

Gourry scosse la testa. “Quando hai perso il controllo dell’incantesimo, ci hai mollati entrambi a mezz’aria. Mi sono concentrato su di te, e da allora lo ho perso di vista… il mare era pieno di macerie e di persone che cercavano di raggiungere la riva, e dei barili pieni d’olio erano ancora in fiamme… ero troppo impegnato a cercare di trascinarti a riva senza farmi travolgere per cercare anche lui…” Sospirò. “Ma sono quasi certo di averlo udito recitare una formula, mentre stavamo per precipitare… spero che stia bene…”

Annuii, stringendo le labbra… “Probabilmente avrà usato un Ray Wing. Scommetto che in mezzo al buio e alla confusione non è riuscito a trovarci, ed ha preferito raggiungere la riva al più presto per evitare il rischio di altri attacchi… in fondo Zel non può nuotare come un normale umano, non è certo a suo agio nell’acqua… ” Sollevai di nuovo lo sguardo sul volto dello spadaccino. “Scommetto che è tutto a posto…”

Gourry annuì. Quindi emise un sospiro e si alzò, barcollando lievemente. “Non possiamo restare qui.” Spiegò, brevemente, quando incontrò il mio sguardo interdetto. Si piegò su di me e mi fece scorrere un braccio attorno alle spalle, per aiutarmi a sollevarmi.

Quando fui in piedi, capii immediatamente cosa intendeva dire… non eravamo soli, sulla spiaggia. Assi di legno e parti del carico della nave erano continuamente trascinati a riva dalla risacca incessante… e figure di uomini riverse sulla sabbia, per lo più incoscienti, costellavano l’intera insenatura in cui ci trovavamo… Ora tutti erano troppo confusi per tirare le somme riguardo a quel naufragio… ma dubitavo che quando si fossero ripresi sarebbero stati molto bendisposti nei nostri confronti, considerando che in gran parte eravamo noi la causa delle loro sventure…

 

Mi lasciai trascinare da Gourry verso la macchia di vegetazione che incombeva sulla spiaggia, cercando di mettere quanta più distanza possibile fra noi ed i marinai… era un po’ da codardi cavarsela a quel modo, ma noi non avevamo né i mezzi né il tempo per pensare a ripagare quelle persone di quanto era successo, e in fondo, purtroppo, tutto era avvenuto nostro malgrado… pregai che anche Zel riuscisse ad uscirne altrettanto a buon mercato…

 

“Lina!”

 

Sussultai, quando, a pochi metri di distanza dalla vegetazione, udii gridare il mio nome. Stavo già cominciando a pensare di aver cantato vittoria troppo presto, quando intravidi la figura di Zel venirci incontro di corsa, dall’altro lato della baia… Si fermò quando fu a pochi metri da noi, ansimando lievemente…

“Per fortuna state bene.” Commentò. “Stavo perlustrando la spiaggia per l’ennesima volta alla vostra ricerca, quando vi ho visti sollevarvi e arrivare fin qui…”

Annuii, guardandomi attorno nervosamente. “Sono contenta anch’io, ma non è il momento di scambiare convenevoli. Più tardi parleremo. Ora muoviamoci di qui prima che sorga del tutto il sole…”

La chimera annuì, e tutti e tre ci facemmo strada nella vegetazione, lottando con la stanchezza, e con l’impulso a sederci per dare ristoro alle nostre membra intorpidite… con la coda dell’occhio, notai che nonostante la sua aria malmessa e i vestiti fradici, Gourry portava ancora la spada al fodero.

Imprecai fra me e me. Avrei preferito che l’avesse persa in mare.

Come se avesse capito che stavo pensando a lui, lo spadaccino mi rivolse un breve sguardo. “Dove credi che ci troviamo, qui, Lina…?”

Mi riscossi dai miei pensieri, e sollevai lo sguardo sul suo. “Non ne sono certa, in realtà…” Lanciai un’occhiata alla vegetazione che ci circondava, che per la prima volta dopo tanti mesi aveva assunto un aspetto familiare… “… ma se i miei calcoli non sono errati, dovremmo già essere sul territorio della Alleanza degli stati costieri…”

Zel, al mio fianco, annuì. La sua espressione si era fatta improvvisamente tesa. “A meno di una settimana di viaggio da Sailune…”

“A meno di una settimana di viaggio da Sailune.” Confermai, la voce resa lievemente roca dall’ansia.

Avremmo avuto molto da discutere, dopo quella notte, e non sarebbero state tutte conversazioni piacevoli. Ma in quel momento, finché non fosse sorto completamente il sole, andare ciecamente avanti verso il nostro obiettivo poteva impedirci di pensare a qualsiasi cosa esulasse dalla battaglia che ci aspettava… non avrei saputo dire nemmeno io se quello fosse un conforto o un motivo di maggiore preoccupazione…

“Zel…” Esordii nuovamente, dopo qualche istante. “Prima… hai detto di avere riconosciuto quel demone… Dove… dove credi di averlo incontrato…?” Mi chiedevo se la risposta mi sarebbe piaciuta…

Lo sguardo della chimera si fece pensieroso, e per qualche istante non mi rispose… alla fine, aggrottò la fronte, abbassando il suo cappuccio per guardarmi meglio in volto. “Bada, non ne sono sicuro, forse si tratta solo di una sensazione, o di una somiglianza…” Fece una pausa. “… ma giurerei di avere visto un sacerdote assolutamente identico a lui a fianco di Oberon, in diverse delle battaglie che abbiamo combattuto durante l’assedio a Sailune…”

Non risposi nulla a quelle parole, ammutolii e continuai a fissare il sentiero che si dipanava di fronte a me, fra gli alberi.

Grandioso, pensai.

Grandioso, proprio come temevo. Non importava che quella sera fossimo riusciti a sfuggire a quel demone.

In quel momento, ci stavamo gettando direttamente fra le sue braccia.

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo venti ***


Mi scuso per l’attesa, ma è stato un periodo un po’ pieno… ad ogni modo, la storia si avvia alla conclusione, perché secondo i

Mi scuso per l’attesa, ma è stato un periodo un po’ pieno… ad ogni modo, la storia si avvia alla conclusione, perché secondo i miei calcoli questo sarà il penultimo capitolo, e probabilmente l’ultimo e l’epilogo giungeranno come regalino di Natale sotto le feste…=P

Attendo sempre commenti e critiche! ^^

 

 

 

La luce pallida dell’alba di fine autunno si estendeva a perdita d’occhio sulla desolazione del paesaggio di Sailune… Le colline, brulle a causa dell’inverno alle porte, avrebbero forse potuto sembrare le stesse di sempre, ad un occhio inconsapevole, ma la solitudine spoglia che accolse i tre silenziosi viandanti apparve loro come foriera di presagi inquietanti…

“Sembra che la morte abbia catturato Sailune…” Commentò la chimera, osservando il cielo plumbeo dal ciglio del picco su cui si trovava… il suo fiato si condensava nell’aria tagliente, dando vita a sottili nuvole che si disperdevano nel gelo…

“E’ soltanto l’inverno…” Replicò lo spadaccino, ma senza troppa convinzione…

Rivolse lo sguardo alla maga dai capelli rossi, alle sue spalle, che restava inginocchiata al suolo, le dita che sfioravano le ceneri sparse, ultime vestigia di un focolare da tempo abbandonato. Lina rimase in silenzio per qualche istante, quindi si sollevò, la mano destra al mento, lo sguardo accigliato che vestiva quando era immersa in una profonda riflessione. “Non posso pensare che siano riusciti ad eliminarli tutti. Non su queste montagne che non conoscevano.” Commentò, il tono di voce cupo.

“Allora come ti spieghi il campo abbandonato?” Replicò la chimera, fredda. Il suo sguardo percorse i pochi resti di un accampamento che nessun piede doveva aver solcato da giorni…

Lina scosse la testa. “Leonard non ci ha spiegato come lui ed i suoi uomini si muovevano… può darsi che si spostino periodicamente, per non farsi individuare. Non sono nemmeno certa che questo sia esattamente il campo in cui ci avevano condotti…” Levò lo sguardo sulle colline che li circondavano. “Quella notte era buio pesto, e noi eravamo distrutti dalla marcia. E sono successe troppe cose nel frattempo. Mentirei se ti dicessi di ricordarmi quanta strada esattamente Gourry ed io avessimo percorso da questi luoghi, prima che io venissi catturata…”   

Zelgadiss si accigliò. “Quello che dici è sensato, ma le giustificazioni non risolvono i nostri problemi. Soprattutto considerando che non abbiamo nessun piano alternativo…”

Lina sbuffò, e si portò le mani alla testa. “Sarei felice anche se non me lo ricordassi ogni cinque minuti, Zel…”

“Te lo ricordo perché è QUESTO il punto della situazione.” Replicò la chimera, la voce che si faceva irritata.

“Bé, siamo saliti fin qui per una mia idea, ma non mi pare che il signorino si sia dato molto da fare per proporne una alternativa!”

Gourry sospirò. Erano giorni che andava avanti così. Da quando erano scesi da quella nave erano tutti troppo tesi per parlare, e quando lo facevano il nervosismo fendeva i loro discorsi come una lama…

“Calma, ragazzi…” Invocò, in tono rassegnato… “Siamo tutti preoccupati, ma litigare non risolverà i nostri problemi…”

Lina sospirò a sua volta, e si scostò i capelli dal viso. “Hai ragione.” Replicò, cupa. “Lo so perfettamente. Ma anche controllandosi…” Strinse i pugni, e fissò Gourry, come in cerca di qualche risposta. “Perché non ne può andare una per il verso giusto? Perché ogni dannato piano che elaboriamo deve crollare prima ancora che iniziamo ad attuarlo? Sono dannatamente stanca! Vorrei solo avere Oberon di fronte, per finirla, in un modo o nell’altro!”

Gourry si grattò la testa. Conosceva bene Lina, a sufficienza per capire che in momenti di frustrazione come quello assecondarla era l’unico metodo per farla calmare… d’altra parte, quella situazione era molto diversa dai piccoli guai quotidiani che potevano far irritare la maga normalmente… Gourry era preoccupato. Quando aveva ritrovato Lina, era stato sollevato nell’osservare che quei mesi di distacco non l’avevano cambiata… tuttavia, ultimamente, si chiedeva se la maga non si stesse sforzando di non mostrare quanto l’esperienza che aveva vissuto la avesse effettivamente scossa… C’erano momenti in cui aveva l’impressione che Lina stesse per scoppiare. E anche nei suoi confronti c’era qualcosa che non andava, anche se la maga sembrava non avere alcuna intenzione di spiegargli cosa…

“Ma non possiamo ancora dire che questo progetto sia fallito…” Replicò, rassegnato all’inconsapevolezza. “In fondo, come hai detto tu, non ci sono segni di lotta, e non è detto che la resistenza di Leonard sia già stata debellata… possiamo comunque tentare di ritrovarlo…”

Lina lo squadrò storto. “E in che modo, cervello di medusa? Abbiamo trovato questo accampamento praticamente per caso…”

Gourry batté le palpebre, in cerca di una risposta che potesse soddisfare la maga… “Ecco… avranno anche cercato di coprire le proprie tracce, spostandosi, però potremmo provare ad individuarne qualcuna… se anche solo ci muovessimo con una minima cognizione di causa, potrebbero essere loro ad avvistarci e a contattarci, come hanno fatto la volta scorsa…”

La maga lo fissò per qualche istante in silenzio, battendo le palpebre. Quindi scosse la testa, e dichiarò con inaspettata ammirazione… “Sei un genio, Gourry…”

La maga non aggiunse altro. Schizzò verso il sottobosco che circondava la radura, e cominciò a radunare rami secchi, in tutta fretta. Di fronte alla perplessa immobilità dei suoi compagni, si volse, e li esortò in tono secco. “Che aspettate? Datemi una mano!”

Gourry e Zel si scambiarono un’occhiata e la raggiunsero, non del tutto convinti. “Si può sapere cos’hai in mente, Lina?” Chiese la chimera, osservandola mentre accatastava la legna nel cerchio di pietre in cui un tempo doveva essere stata riposta come combustibile per illuminare e riscaldare il campo…

“Accenderemo un fuoco.” Dichiarò la maga, decisa. “E se non basta, creerò un’esplosione con la magia. Sono sicura che in questo modo saranno loro ad individuarci. Se sono ancora su queste colline avranno certamente delle sentinelle sparse ovunque…”

Zel lasciò cadere la legna che portava fra le braccia, e fissò la maga con rinnovata irritazione. “Sei forse impazzita, Lina??? E se fossero dei nemici ad individuarci, invece? Vuoi farti catturare di nuovo dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per arrivare qui???”

“Non abbiamo tutto questo tempo da perdere in ricerche, Zel!” Replicò la maga, alzando nuovamente la voce. “Non sappiamo quanto Phil potrà resistere ancora! E le probabilità che ci siano nemici sparsi qui attorno sono basse!”

“Ma ci sono!” Gridò Zel, di rimando. “Non ho alcuna intenzione di farmi uccidere per la tua imprudenza!”

“Allora allontanati.” Replicò Lina. “Potete anche nascondervi, se volete.” Il suo tono di voce si calmò. “Anzi, forse è la soluzione più saggia. Qualunque sia l’esito di questo tentativo, non ne saremo coinvolti in tre…”

Gourry si sentì immediatamente a disagio, di fronte a quelle parole… Non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da Lina. Non aveva alcuna intenzione di vedere ripetersi di fronte ai suoi occhi l’inizio dell’incubo che aveva vissuto negli ultimi mesi… “Non credo che ci siano troppi rischi…” Si trovò ad affermare, più come scusa per restare a fianco di Lina che per reale convinzione… “Siamo ancora fuori dalle zone in cui si combatte. E in ogni caso io non ho intenzione di allontanarmi.” Concluse, con un tono di voce che non lasciava spazio ad obiezioni.

Non guardò in volto Zel, ma questi, per una volta, semplicemente tacque, e non diede segno di voler accettare l’invito della maga. Lina parve prendere quel silenzio come un assenso. Senza attendere ulteriori discussioni, diresse le dita verso la legna accatastata, e pronunciò una secca parola magica. Dardi di fuoco la infiammarono in pochi istanti, facendo sì che riflessi arancione prendessero a danzare sui volti tesi dei tre compagni.

“Cosa hai intenzione di dire a Leonard per convincerlo ad aiutarti…?” Domandò Zel dopo qualche istante di silenzio, continuando a fissare le fiamme.

“Semplicemente ciò che ho scoperto.” Replicò la maga, in tono più quieto. “Cioè che le truppe di Philionel sono accerchiate, e che il suo intervento potrebbe essere risolutivo…”

Zel annuì. “E credi che accetterà di sottoporre i suoi uomini ad un rischio del genere? In fondo i nostri nemici sono molto meglio equipaggiati…”

“Ma noi abbiamo il vantaggio della sorpresa.” Precisò Lina. “E in ogni caso, su Leonard ho pochi dubbi. Temo per gli altri ribelli, piuttosto.” Levò lo sguardo teso sulla chimera. “Ma non possiamo desistere ancor prima di aver provato…”

Zelgadiss stava forse per replicare qualcosa, ma non ne ebbe il tempo. Al suo fianco, il corpo di Gourry si irrigidì, all’improvviso. “Lina…” Si limitò ad ammonire lo spadaccino, portando la mano alla spada. La maga non ebbe bisogno di chiedere spiegazioni…

La chimera avvicinò a sua volta le dita al fodero, accigliandosi. “Ci hanno messo poco.” Commentò, a bassa voce.

“Forse ci stavano già seguendo a distanza.” Replicò semplicemente la maga. “Devono sembrare quanto meno sospetti tre stranieri che vanno a ficcare il naso nel loro vecchio accampamento…” Si allontanò di un passo dal fuoco, e portò entrambe le mani alla bocca. “Venite fuori, ovunque voi siate!” Gridò. “Siamo alleati!”

Due figure emersero dall’ombra. Doveva trattarsi di un gruppo di pattuglia, come aveva ipotizzato Lina. Gourry, tuttavia, colse con la coda dell’occhio un’altra figura che spariva nella boscaglia. Indubbiamente, presto l’intero gruppo di ribelli sarebbe stato messo al corrente della loro presenza in quel luogo…

“Chi diavolo sareste, voi tre?” Li apostrofò uno dei due guerrieri, un uomo imponente ma già avanti con gli anni, vestito di una logora armatura di cuoio. “Non mi piacciono le spie che vanno in giro a ficcanasare in cose che non le riguardano…” Aggiunse, sollevando l’ascia che reggeva fra le dita, a mo’ di minaccia…

“Stiamo cercando il conte Leonard.” Replicò Lina, freddamente. “Sono Lina Inverse. Ci siamo già incontrati qualche mese fa su queste stesse colline, chiedetegli conferma, se non mi credete…”

“Lina Inverse è stata catturata dalle truppe nemiche.” Si limitò a replicare l’anziano soldato, con tono grave. “A quest’ora dev’essere morta, o schiava in qualche terra al di là della barriera. Non so quale sia il tuo obiettivo nello spacciarti per lei, donna, ma non credere che sia così facile superare le nostre barriere ed arrivare al nostro capo…”

“A quanto vedo siete ben informati sugli accadimenti di Sailune, nonostante tutto…” Commentò la maga, accigliandosi… “E forse questo velocizzerà le cose…”

“Di che diavolo parli, donna?” Replicò il soldato, confuso, passando lo sguardo dall’uno all’altro dei suoi interlocutori, con fare sospettoso…

“Ho DAVVERO bisogno di parlare con il conte.” Si limitò ad insistere Lina. “Lui mi riconoscerà. Non c’è bisogno che si avvicini, gli basterà vederci da lontano. Se verrà a sapere che ci avete fatto qualcosa non ve lo perdonerà…” In realtà, Lina non era così certa che al conte interessasse particolarmente la loro incolumità, Gourry lo capiva chiaramente dalla sua espressione… Lo spadaccino tacque, in ogni caso. A volte calcare un po’ la mano dava buoni frutti…

I due soldati si scambiarono un’occhiata a presero a consultarsi a bassa voce. La discussione si colorì di bisbigli stizziti e degenerò presto in alterco, tanto che Gourry cominciò a dubitare che i due sarebbero giunti ad una conclusione prima dell’arrivo delle truppe di Leonard… e in effetti, solo il risuonare autoritario di una voce esterna li salvò dall’ingrato compito di dirimere una rissa…

“Dicono la verità.” Pronunciò una voce che per Gourry aveva un che di familiare, ma che non avrebbe saputo associare ad una propria conoscenza… Un altro uomo fece la sua apparizione, accompagnato da tre guardie, tutte armate. Il suo sguardo incrociò per un momento quello di Gourry, ma andò immediatamente a posarsi sui due litiganti, che alla sua comparsa si erano prontamente azzittiti. “Si può sapere che diavolo ci fate qui? Questo non è il vostro settore.”

Entrambi rivolsero all’uomo un inchino nervoso. “Signore, abbiamo seguito questi tre uomini sospetti fino a qui…” Rispose quello che si era rivolto a Lina e gli altri. “… avevamo l’impressione che si stessero dirigendo verso il nostro ultimo campo, e in effetti…”

“Idioti!” L’uomo dalla voce autoritaria non diede loro tempo di finire. “In questi casi dovete immediatamente fare rapporto, e non intervenire! Se fossero state spie dell’invasore avrebbero potuto uccidervi e fuggire di qui prima ancora che le guardie di questo settore se ne rendessero conto!”

La guardia che aveva risposto piegò la testa in segno di umiltà. “Ecco… abbiamo inviato uno dei nostri compagni all’accampamento per avvisare, ma abbiamo pensato che…”

“Voi non dovete pensare, voi dovete limitarvi a seguire gli ordini!” Replicò la guardia, secca. Il suo sguardo tornò a fissarsi sui tre intrusi. “Conosco due di queste persone, e posso confermare che sono chi dicono di essere. Lo sciamano però… che diavolo ha fatto al viso…?”

Lina scosse la testa, mentre Zel si sollevava nervosamente il cappuccio. “Non si tratta dello stesso uomo che ci accompagnava l’ultima volta. E’ Zelgadiss, un nostro amico fidato. Lo sciamano ci ha traditi.” Aggiunse, con un filo di voce, come se il ricordo di quel voltafaccia bruciasse ancora, per lei…

“Capisco.” Si limitò a commentare, asciutto, il soldato. “Seguitemi, vi condurrò dal conte personalmente.” Si volse brevemente verso gli uomini che lo avevano accompagnato. “Voi tre, mantenete la vostra postazione. E fate tornare questi due idioti al luogo in cui dovrebbero trovarsi…”

Gourry, Lina e Zel si incamminarono in silenzio dietro alla guardia, lasciandosi alle spalle i due mortificati inferiori. Avevano già imboccato un sentiero che si dipartiva dalla radura, quando Gourry si piegò lievemente verso Lina, per sussurrarle all’orecchio. “Lina, ma chi è quest’uomo? Ti ricordi di lui?”

Lina annuì lievemente. “Se non sbaglio, è quello che montava di guardia all’ingresso dell’accampamento e che ci ha accolti quando ci hanno condotti lì l’ultima volta… pareva abbastanza in confidenza con Leonard, forse si tratta di un suo diretto inferiore…”

La maga non ebbe il tempo di aggiungere altro. L’uomo si volse verso di loro, come se li avesse sentiti. “Il mio nome è Duncan.” Esordì, in tono più cortese di quello che aveva rivolto ai propri uomini. “Non so se vi ricordiate di me, ma io ho bene impressi nella mente i vostri volti… siete stati una delle poche fonti di speranza che hanno raggiunto il nostro campo da quando lo abbiamo costituito…” Il suo tono si fece cupo. “E la notizia della vostra cattura è stata una delle più grandi delusioni…”

“Chi è che vi trasmette informazioni come queste…?” Si limitò a chiedere Lina, allungando il passo nonostante la stanchezza, per riuscire a competere con le sue rapide falcate.

L’uomo chiamato Duncan non parve rendersi conto del suo sforzo. Si limitò ad imboccare una salita ripida lungo la fiancata della montagna, e a stringersi nelle spalle. “La gente rimasta nei villaggi ci aiuta come può. Anche se rischiano molto anche solo avvicinandosi alle colline…” Si volse brevemente verso Lina. “Com’è possibile…? Com’è possibile che siate qui?” Chiese, in tono febbrile.

Lina si morse lievemente le labbra. “E’ una storia piuttosto lunga. E possibilmente preferirei doverla raccontare una volta sola.”

Gourry si chiese per un momento se la guardia non se la sarebbe presa per quella risposta secca e vagamente scortese, ma l’uomo si limitò ad annuire, come se comprendesse il motivo profondo che la muoveva.

“Capisco.” Replicò, semplicemente. “Nessuno ha voglia di parlare a vuoto di quello che è successo da quattro mesi a questa parte. Ne discuteremo quando saremo al cospetto di Leonard.”

Nessuno proferì più una parola fino a che non furono giunti all’accampamento.

 

 

 

 

 

 

 

La notte era ormai inoltrata. Un silenzio quieto avvolgeva l’accampamento, e solo le luci delle lanterne vicino alle postazioni di guardia spezzavano le tenebre quasi innaturali che parevano aver imprigionato gli esseri rifugiati in quei boschi… Gourry si chiese se quell’oscurità fosse realmente così densa, o se non fosse frutto della sua immaginazione… del resto, ricordava bene in quale altra occasione la notte gli era apparsa allo stesso modo… la vigilia della sua prima battaglia.

Si sollevò a sedere, e osservò il cielo dal ciglio della collina. Quella notte era terso, limpido, e la luna quasi piena si stagliava luminosa su un manto nero stellato. Guardandolo, i suoi dubbi a riguardo trovavano immediatamente risposta.

Gourry sospirò, e chiuse gli occhi per un istante.

Era stato tutto incredibilmente veloce. Era giunti in quell’accampamento solo una settimana prima, ma, alla luce delle informazioni che portavano, Leonard non aveva esitato un solo istante nella decisione di giocarsi il tutto per tutto, e si era immediatamente mobilitato per contattare tutti i ribelli che era in grado di raggiungere, per cercare di organizzare una resistenza congiunta. Messi erano partiti in direzione di Elmekia, e alcuni dei suoi servitori più fidati si erano impegnati a cercare di superare i posti di blocco nemici, per portare informazioni a Philionel. E per quanto li riguardava, il giorno successivo sarebbero partiti per ricongiungersi ad un altro gruppo e convergere verso la vallata che sarebbe stata teatro dell’attacco ai loro nemici…

Gourry avrebbe dovuto essere abituato a quell’ansia, a quel senso d’attesa. E invece, da giorni sentiva la tensione crescere in sé, e stringergli lo stomaco come una morsa. Non lo sapeva nemmeno lui perché. Forse perché quando combatteva come mercenario sentiva di non aver nulla da perdere, mentre ora gli sembrava che ci fosse troppo in gioco… troppe cose che nella battaglia che avrebbe avuto inizio dal giorno successivo avrebbero potuto andare storte…

 

“Non è un buon posto per dormire.”

 

Gourry aprì gli occhi, senza voltarsi. Non ne aveva bisogno. Avrebbe riconosciuto il passo e la voce dei suoi compagni di viaggio anche nel fragore della battaglia.

 

“Ma credo non ci sia bisogno che te lo dica io…” Zelgadiss si sedette al suo fianco, fissando a sua volta il cielo stellato. “Immagino che di letti improvvisati tu ne abbia sperimentati molti, per colpa di quella pazza di Lina…”

Gourry fece un mezzo sorriso. “Non dormi, Zel?” Gli rivolse un’occhiata da sopra la spalla. “Domani ci aspetta una lunga marcia, prima di arrivare alle postazioni di Oberon…”

Zel si strinse nelle spalle. “Non ne ho bisogno.” Ammise, semplicemente. “Il mio corpo da chimera ha ritmi molto diversi rispetto a quelli dei comuni esseri umani, e in questi giorni non c’è stato molto altro da fare, se non riposare e aspettare.” Levò la schiena, e si strinse lievemente nel mantello. “Senza contare che, la notte prima di un evento importante, preferisco sempre riordinare le idee e prepararmi, invece di sprecare ore preziose nell’incoscienza…”

Gourry ridacchiò. “Lina te ne direbbe quattro, se ti sentisse. Non è particolarmente favorevole al rimuginare prima della battaglia…”

Zel gli rivolse un sorriso sardonico. “Perché credi che mi tenga alla larga dall’accampamento? Ormai sono ben preparato a difendermi dalle sfuriate pre- battaglia di Lina…”

Gourry scoppiò a ridere. “Più che una difesa mi pare una fuga.”

Zel annuì, grave. “Un vero uomo sa quando giunge il momento di abbassare la testa e ritirarsi.”

I due ridacchiarono insieme. La loro compagna di viaggio era spesso oggetto di scambi di battute fra i due, anche se entrambi trovavano infinitamente più divertente dar loro luogo in sua presenza…

Zel sospirò, e si stese al suolo, le braccia incrociate dietro la testa. “E tu…?” Chiese, dopo qualche istante di silenzio. “Anche tu questa notte non ti trovi nella tua tenda a riposare… e se mi permetti di dirlo, questo è molto più strano per te, che per me… ho sempre invidiato la strana forma di consapevole incoscienza che permette a te e Lina di dormire tranquillamente, qualsiasi cosa vi aspetti il giorno successivo…”

Gourry fece un mezzo sorriso. “Non credere, non è stato sempre così.” Chiuse gli occhi, nuovamente, per un istante. “E’ strano a dirsi…” Proseguì, a mezza voce… “Da quando viaggio con Lina, tendo ad essere molto più tranquillo, alla vigilia di una battaglia…” Fece un mezzo sorriso. “Forse ha fatto semplicemente sì che mi abituassi ai guai…” Riaprì gli occhi. “… o forse è perché basta la sua presenza a darmi fiducia… dopo tutti quello che ci è successo in questi anni, tendo sempre a pensare che se siamo insieme andrà tutto per il meglio…”

Zel sospirò lievemente, e scosse la testa. “E’ esattamente questo che vi invidio.”

Gourry rimase in silenzio per qualche istante, assimilando quella affermazione… Quindi si volse lievemente, per guardare in volto la chimera. “Sei preoccupato per Amelia, Zel…?” Chiese, il tono di voce pacato.

Zelgadiss tacque, solo per qualche secondo. Quindi abbassò lo sguardo. “Sì.” Ammise. “Ma non solo.” Fissò il buio di fronte a lui, per qualche istante. “E’ che mi chiedo… se non siamo andati oltre.” Si sollevò nuovamente a sedere, e guardò Gourry di rimando. “Se non ci siano cose che anche una eventuale vittoria nella battaglia di domani non potrebbe risolvere…”

Gourry inclinò la testa, senza capire. “Che cosa intendi dire, Zel?”

Zelgadiss scosse la testa. “Se anche domani vincessimo Sailune non tornerà a rivivere come per incanto… troppe persone sono morte… e troppe hanno vissuto esperienze terribili, che non dimenticheranno. Noi compresi.” Fissò Gourry intensamente. “Ci sono momenti in cui ho paura al pensiero che rivedrò Amelia, Gourry, perché temo l’effetto che questi mesi possono aver avuto su di lei. Momenti in cui ho paura di incrociare lo sguardo di Lina, perché mi pare di scorgervi delle ombre di cui preferirei ignorare l’esistenza…” Tacque, per un istante. “… e ci sono momenti in cui il mio stesso nervosismo mi spaventa. Momenti in cui la razionalità cede all’angoscia.”

“Ma…” Intervenne Gourry. “Questo è normale, Zel. E’ solo questione di tempo…”

Zelgadiss scosse la testa. “Anche se ora parli in questo modo, Gourry, prima hai evitato di rispondere alla mia domanda.” Lo fissò, con sguardo strano. “Perché non stai dormendo, stanotte?”

Gourry rimase in silenzio per un istante, quanto bastava per ammettere a se stesso che la chimera aveva ragione. Poco prima, aveva deviato volontariamente il discorso.

Abbassò lo sguardo, incapace di sostenere l’espressione indagatrice di Zelgadiss. “Perché nemmeno io ne ho bisogno.” Ammise poi, a mezza voce. “Da diverso tempo, ormai, sento il bisogno di nutrirmi o di riposare solo il minimo necessario alla mia sopravvivenza…”

Gli parve quasi di sentire Zelgadiss accigliarsi, anche se non lo stava guardando in volto. “E’ esattamente questo ciò di cui stavo parlando.” Dichiarò la chimera, freddamente. “Anche tu sei cambiato rispetto a qualche mese fa, Gourry… anche se non saprei precisamente definire in cosa…” Zel tacque per qualche istante, come ponderando le proprie parole successive… “… Certo, Lina sembra avere un’idea precisa, in merito…” Aggiunse poi, con un po’ di titubanza…

Gourry tornò a fissarlo, sorpreso. “Un’idea?”

Zel scosse la testa, con fare consapevole. “Come pensavo, non te ne ha parlato… Quella maga è la donna più testarda che io conosca…” Fece un lieve sospiro.

Gourry si accigliò, senza capire, ma deciso a farlo. “Spiegami di che diavolo stai parlando, Zel…” Per qualche motivo, il pensiero Lina e Zelgadiss discutessero di qualcosa che lo riguardava lasciandolo all’oscuro non gli andava per nulla a genio…

Zel inclinò lievemente la testa, con fare pensieroso… “In realtà, non so se faccio bene a parlartene io… ma continuo a non capire la riluttanza di Lina nel farlo, perciò non mi farò troppe remore.” Sollevò lo sguardo sullo spadaccino. “Qualche giorno fa, dopo che siamo arrivati al campo e dopo che Leonard si è impegnato a radunare i vari gruppi sulle montagne e ad inviare dei messi ad Elmekia, Lina è venuta a chiedermi un parere strettamente tecnico, di magia… un parere riguardante la tua spada.” Aggrottò lievemente la fronte, e attese qualche commento, ma lo spadaccino non ne avanzò nessuno. “Lina ha notato un particolare nel suo funzionamento, un particolare che, devo ammetterlo, a me era sfuggito…” Fece una pausa… “… ma forse è naturale, in fondo io non ho vissuto costantemente al tuo fianco nel corso dei tre anni in cui hai impugnato la Spada di Luce…”

“Quale particolare, Zel?” Lo incalzò Gourry, vagamente seccato da quella deviazione dal corso principale della conversazione. Lo spadaccino trovava fastidiose le divagazioni quando veniva coinvolto in discorsi su argomenti come la magia… le sua comprensione in quel campo aveva basi molto labili, e Gourry necessitava di spiegazioni chiare e dirette, come quelle che talvolta Lina si concedeva di dargli… per questo faticava molto spesso a seguire i discorsi colmi di tecnicismi e salti logici cui spesso i suoi compagni di viaggio si abbandonavano…

Lo sciamano annuì, evidentemente comprendendo la sua necessità di capire. Ponderò ancora per un momento le parole, come studiando un modo per rendergli il tutto più comprensibile… “Lina ha osservato che il comportamento della spada che porti ora è per certi aspetti simile a quello della Spada di Luce…” Proseguì poi, in tono un po’ incerto… “E forse tu non puoi ricordartelo, ma, quando Fibrizo ci attaccò e ti rapì, ci svelò la vera natura di quell’arma…” Fece una breve pausa. “Quella che gli esseri superiori chiamano Gorn Nova in realtà  non è altro che un demone.” Dichiarò poi, optando evidentemente per una spiegazione che evitasse i giri di parole. “Privo di coscienza o volontà, certo, ma un essere vivente, dotato di alcune caratteristiche fisiche simili a quelle che contraddistinguono la razza demoniaca…” Osservò Gourry, per qualche istante, come per accertarsi che lo stesse seguendo. “Ad esempio, la resistenza alla maggior parte degli incantesimi, e la capacità di incamerarne l’energia e di riutilizzarla, potenziata, per attaccare.”

Gourry batté le palpebre, confuso. “E questo cosa c’entra con la spada che porto ora…?”

Zel piegò il capo, e lo fissò intensamente. “C’entra, perché come ti ho detto pare avere poteri molto simili… il che ha fatto sospettare a Lina che essa sia, allo stesso modo della Spada di Luce, nata da mani non umane, da mani di esseri superiori… e nello specifico, Lina sospetta che si tratti di un artefatto di produzione demoniaca.”

Gourry sbarrò lievemente gli occhi, e posò lo sguardo sulla spada che pendeva dal suo fodero… non si era mai interrogato sull’origine dell’arma che teneva fra le mani, si era semplicemente concentrato sul suo scopo. Però per qualche motivo la spiegazione offerta da Zel lo convinceva… In effetti… in effetti, il dolore che provava impugnandola…

“Il dolore.” Asserì Zel, quasi gli avesse letto nel pensiero. “E’ questa la chiave di tutto, secondo Lina. Un’arma che si nutre del dolore che si prova impugnandola… così come la razza demoniaca si nutre del dolore delle creature che fronteggia. Certo, non c’è nessuna prova che sia effettivamente così, ma né io né Lina abbiamo trovato un altro motivo plausibile per cui toccarla dovrebbe scatenare una reazione simile in chi la imbraccia… e se avessimo ragione,ci troveremmo di fronte ad una prova piuttosto lampante del fatto che quell’arma è in realtà nient’altro che un demone…”

Gourry continuò a fissare la spada, stordito da quella nuova consapevolezza… Era strano pensare che fra le mani non aveva un semplice strumento inerte della sua volontà… Ma, d’altra parte… non aveva impugnato per anni la Spada di Luce senza alcuna consapevolezza sulla sua vera natura…?

“Però… anche se fosse…” Replicò, con un po’ di titubanza… “In fondo, cosa cambierebbe…? Hai appena detto che anche la Spada di Luce aveva la stessa natura, eppure non mi ha mai creato nessun tipo di problema, no?”

Zel scosse la testa. “Lina crede che non sia tutto così semplice, ed io sono perfettamente d’accordo con lei.” Si accigliò. “So che forse avresti preferito che non lo venissi a sapere, ma Lina mi ha parlato di quello che è accaduto alla tua famiglia… e mi è venuto il sincero sospetto che tutte le lotte che la hanno dilaniata siano state, almeno in parte, legate alla natura della spada stessa…”

Gourry sbarrò gli occhi e fissò Zel sbalordito, non del tutto certo di capire… “Stai dicendo che sarebbe stata la Spada di Luce a corrompere gli animi dei membri della mia famiglia?”

Zel scosse la testa. “Non è esattamente così. Anche se immagino che ti sarebbe di conforto pensarlo.” Sollevò su Gourry uno sguardo in cui allo spadaccino parve di leggere un velo di compassione. “Il punto, secondo me, è che la spada si è nutrita del loro odio e lo ha al contempo alimentato, in una sorta di circolo vizioso… E mi spiace dirtelo, Gourry, ma sono sinceramente convinto che se all’epoca ad imbracciare la spada fosse stato tuo fratello, e non tu, sarebbe stata decisamente più efficace…”

Le labbra di Gourry si strinsero. “Mi stai dicendo che io non sfruttavo appieno le potenzialità della spada, perché…”

“Perché ti ponevi delle remore, a causa della tua indole fondamentalmente buona.” Terminò Zel, per lui. “Sì, detto in poche parole, è proprio così. O almeno questa è una delle ipotesi. L’altra possibilità è che non fosse la natura della spada ma semplicemente la tua mente, inconsciamente, a impedirti di utilizzare le sue potenzialità al loro massimo… seguire regole morali o avere pietà per l’avversario sono freni che possono rivelarsi controproducenti per qualsiasi combattente, qualunque sia l’arma che imbraccia…” Lo fissò, accigliato.

“E secondo Lina l’arma che porto ora, invece, starebbe influenzando negativamente il mio animo…?” Si accigliò Gourry. “Perché? Che differenza potrebbe mai esserci rispetto alla Spada di Luce?”

Zel lo fissò, cupo. “Il punto è che Lina si è messa in testa che i demoni stiano DELIBERATAMENTE cercando di plasmarti a loro piacimento, e che quell’arma sia adatta esattamente a quel fine. Non riesce a togliersi dalla testa che siano stati loro a fare in modo che la spada finisse nelle tue mani, e che vogliano coinvolgerti in qualcosa.” Abbassò lo sguardo, pensieroso. “Teme che stiano cercando di spingerti al limite della rabbia, o del coinvolgimento nel combattimento, per farti abbassare le difese, e a far sì che la spada prenda il controllo su di te… Era già preoccupata per te da quando vi siete rivisti, ma credo che sia entrata davvero in allarme da quando ha scoperto che il demone che ci ha attaccati era un servitore di Fibrizo…”

Gourry non faticava a crederlo… il ricordo di quanto era accaduto loro per mano di quel signore dei demoni ormai un paio di anni prima riusciva ancora a turbare Lina profondamente. 

Ma per quanto capisse i timori della sua compagna, Gourry si trovò a scuotere la testa, incredulo. “Non posso pensare che abbiate ragione…” Replicò, la voce improvvisamente roca. “Di che utilità potrei mai essere IO a dei demoni…?” Lo spadaccino era talmente abituato al pensiero che Lina fosse l’oggetto dell’interesse degli esseri superiori che trovava quanto meno improbabile che un semplice spadaccino come lui potesse attirare la loro attenzione…

Zelgadiss si strinse nelle spalle. “Un servitore abile fa sempre comodo. O forse c’è qualche altro motivo di cui non siamo a conoscenza. Fatto sta che Lina sospetta che il demone che la ha attaccata cercherà di sfruttare la sua vendetta nei suoi confronti per raggiungere il suo scopo con te… in fondo, quale modo migliore di farti perdere il controllo che ucciderla davanti ai tuoi occhi…?”

Gourry, a quelle parole, scattò in piedi, e fissò lo sciamano con inaspettata rabbia. Non gli piaceva quel discorso, e non gli piaceva la fredda razionalità con cui Zel lo stava pronunciando. “Come potrebbe mai essere???” Gridò, quasi, tanto che un paio di sentinelle guardarono nella sua direzione, con curiosità. “Come potrebbero mai ottenere di controllarmi, se fanno del male a Lina??? Nemmeno la pazzia mi porterebbe mai ad allearmi con i suoi assassini!!!” Strinse i denti, improvvisamente in preda all’agitazione. “E poi, si può sapere perché tu e Lina siete così certi che io non sapessi sfruttare del tutto le capacità della Spada di Luce???” Chiese, cercando senza successo di calmarsi. “Voglio dire, ci sono tante leggende riguardanti quell’arma, ma non mi pare di aver mai sentito di nessuno che la usasse in modo differente da come lo facevo io!”

Zelgadiss lo fissò con uno sguardo stupito che lo confuse. Sentì la rabbia scivolargli via dal corpo di riflesso, mentre la chimera gli rivolgeva la stessa espressione che tutti vestivano quando lo spadaccino non sapeva o ricordava qualcosa che ritenevano particolarmente importante…

“Cosa c’è?” Si trovò a domandare, trovandosi a disagio nell’essere oggetto di quello sguardo.

Lo sciamano si accigliò. “Vuoi farmi credere che non ne sai nulla? Che Lina non te ne ha mai parlato?” Lo stupore era trattenuto a stento nella sua voce.

“Di che parli, Zel?” Lo sbigottimento della chimera lo turbava… si chiedeva cosa mai la maga potesse avergli tenuto nascosto, di tanto importante, dato che fra loro c’erano ben pochi segreti… e al contempo era timoroso di scoprirlo…

Zelgadiss gli parve interdetto. “Forse non dovrei essere io a parlartene…” La chimera era evidentemente a disagio.

Gourry si spazientì. “Non vedo il motivo di fare misteri, se è qualcosa che dovrei sapere.” Asserì, con fare nervoso. “Puoi dirmelo ora, oppure posso svegliare Lina per saperlo.”

Zel si accigliò. “Capisco.” Si limitò a rispondere. “Ad ogni modo, suppongo che tu abbia il diritto di saperlo.” Si sollevò lentamente in piedi, a sua volta. “C’è stata un’occasione in cui hai usato appieno i poteri della Spada di Luce, Gourry.” Scandì quelle parole lentamente, come a voler misurare la reazione del suo interlocutore. “Ma tu non puoi ricordarlo, perché allora non ne eri cosciente. E’ stato quando eri sotto il controllo di Fibrizo.”

Un improvviso barlume di consapevolezza si accese nella mente di Gourry. Dove… dove aveva già sentito qualcuno raccontare una cosa del genere…? Ainos…? Ainos aveva detto per caso una frase al riguardo…? Allora non doveva averci fatto caso, ma…

“Ho sempre ammirato la tua forza, Gourry, a volte non senza una certa invidia, perché tu avevi ciò che io avevo ottenuto solo a prezzo della mia umanità…” Il suo sguardo si incupì… “Ma è stato solo allora che ho capito veramente quanto potenziale ci sia in te… un potenziale a cui almeno in parte il tuo stesso senso di umanità pone un freno…” La sua fronte si aggrottò. “Bé, in realtà questo lo ho compreso solo a posteriori. Mi spiego solo ora la reale ragione di un fatto che all’epoca avevo attribuito semplicemente all’influenza di Fibrizo… è perché eri privo dei limiti posti dalla tua stessa coscienza che sei riuscito a tenere testa agli attacchi congiunti di tutti noi…”

A quell’affermazione, gli occhi di Gourry si spalancarono. “Mi stai dicendo che io… io ho…”

Zelgadiss abbassò lo sguardo. “Sì, ci hai attaccati. E noi ti abbiamo combattuto, perché non avevamo idea di chi fossi. E’ accaduto mentre ci trovavamo lungo la via verso Sailarg…”

Quell’informazione colpì Gourry come uno schiaffo in pieno viso. La sua voce era roca, quando domandò… “Vi ho attaccati… vi ho attaccati allo scopo di…” Non terminò la frase. Strinse i denti, come se una consapevolezza dolorosa fosse appena emersa nella sua mente. “Ho cercato di uccidere tutti voi…? Anche Lina…?”

Zelgadiss si limitò ad annuire, senza sollevare lo sguardo…

Improvvisamente, le gambe di Gourry presero a tremare. Com’era possibile? COM’ERA POSSIBILE??? Gourry era sempre stato privo di certezze, fino al suo incontro con Lina… ma la maga era diventata il suo punto di riferimento, il suo appoggio, l’oggetto del suo più incondizionato affetto. A che livello di incoscienza doveva essere giunto, per arrivare ad attaccarla? Per arrivare a tentare di ucciderla? E come doveva comportarsi, ora, di fronte alla consapevolezza che la sua mente poteva sfuggire al suo controllo tanto da spingerlo a distruggere le ragioni della sua stessa felicità?

“Perché… nessuno me lo ha mai detto…?” Si costrinse a chiedere. Aveva paura. Aveva DAVVERO paura. E tutti i suoi timori si acuivano di fronte alla consapevolezza che, nonostante la spada che portava in quel momento fosse, a detta dei suoi compagni, in grado di spingerlo verso una follia simile a quella che lo aveva catturato mentre era sotto il controllo di Fibrizo, ancora in quel momento non avesse alcuna intenzione di abbandonarla…

Zelgadiss scosse la testa. “Io… credevo sinceramente che tu e Lina ne aveste parlato. Ma forse voleva solo evitare di darti un’informazione che ti avrebbe scosso…”

Gourry strinse i denti. “Non stava a lei decidere. Non su questo.” Fece un passo indietro. “Ho bisogno di parlare con lei.” Aggiunse, con voce roca.

“G… Gourry! Aspetta un momento!” La chimera si fece avanti, cercando di bloccarlo. “E’ notte fonda, e la vigilia della battaglia. Aspetta almeno che…”

L’occhiata che Gourry gli rivolse bastò a frenare qualsiasi sua altra obiezione. “E’ proprio perché domani muoveremo verso il campo di battaglia che dobbiamo parlare ora.” Si limitò a replicare lo spadaccino, mantenendo a stento la calma. “Come potrei combattere al suo fianco, ora?” Aggiunse, in un sibilo.

Zelgadiss non replicò nulla. Gourry non seppe mai se fu perché lo aveva compreso, o semplicemente perché aveva capito che non avrebbe comunque potuto fermarlo. Si limitò ad osservarlo in silenzio mentre gli volgeva le spalle e arrancava sulle proprie gambe ancora traballanti, sparendo fra gli alberi.

Lo spadaccino si affrettò, corse quasi, verso la tenda della propria compagna. Incespicò su radici e rami caduti, e un paio di volte rischiò seriamente di scivolare lungo il pendio. Non se ne rese nemmeno conto. Tutto ciò a cui pensava era ciò che avrebbe dovuto dire a Lina, una volta che la avesse avuta di fronte…

Riuscì a frenarsi solo quando fu davanti alla tenda della maga. Si impose di non farvi irruzione, nonostante l’agitazione e la rabbia repressa. Era sufficientemente lucido per rendersi conto che sorprendere Lina durante la notte poteva tradursi in una forma elaborata di suicidio…

Scostò il tessuto dell’ingresso della tenda, e scivolò all’interno. Pallidi raggi di luna lo accompagnarono, illuminando il giaciglio su cui la maga riposava inconsapevole… Lina era sdraiata supina, la testa reclinata sul cuscino, il braccio abbandonato vicino al viso. Le labbra lievemente dischiuse liberavano il respiro tranquillo del sonno profondo. In quel momento pareva che la battaglia incombente fosse a mille miglia di distanza da lei…

Gourry rimase a guardarla, improvvisamente incapace di turbare la quiete del suo sonno. Era bella Lina. Non di una bellezza che toglieva il fiato, o che risvegliava turbamento… Era bella di una bellezza che Gourry avrebbe potuto restare ore fermo a contemplare. E gli era capitato spesso di farlo, anche se non glielo aveva mai confessato… anche se anche allora continuava a canzonarla per il suo aspetto infantile…

Gourry strinse i pugni, e avvertì la rabbia scemare, e lasciare nuovamente il posto alla paura… Quella ragazza era il suo mondo. Cosa avrebbe fatto, due anni prima, se si fosse risvegliato dal controllo di Fibrizo per scoprire di averla uccisa?

E cosa avrebbe fatto, ora, se le fosse successo qualcosa di male a causa sua…?

 

Lina si agitò improvvisamente nel sonno, e socchiuse gli occhi, guardando confusa verso l’ingresso della tenda… Gourry rimase in silenzio, incerto sul da farsi, mentre la vista della maga si abituava gradualmente alla penombra, e riconosceva la sua figura…

“Gourry…?” Mormorò, traendo a sé la coperta e sollevandosi lievemente, mentre si strofinava gli occhi con fare infantile…

Lo spadaccino si avvicinò in silenzio, e scivolò in ginocchio, a fianco del suo giaciglio. La guardò per alcuni lunghi istanti, mentre la compagna lo fissava di rimando, confusa… “E’ successo qualcosa…?” Gli domandò infine, la voce lievemente alterata per la preoccupazione…

La rabbia di Gourry era ormai totalmente scomparsa. Si sentiva solo stanco. Infinitamente stanco. La tensione di quei giorni era culminata nella sensazione che tutto ciò su cui sentiva di avere il controllo gli stesse sfuggendo di mano…

Fissò la compagna con tristezza, mentre le parlava dolcemente. “Perché non mi hai mai detto quello che ti ho fatto quando ero sotto il controllo di Fibrizo?” Sussurrò, con molta meno enfasi di quanta inizialmente avrebbe voluto infondere in quelle parole…

La pacatezza della sua voce non impedì alla maga di sussultare. Spalancò gli occhi, e improvvisamente ogni traccia di sonno sparì dal suo sguardo. “Gourry…?” Ripeté semplicemente, impallidendo, evidentemente incapace di produrre qualsiasi risposta coerente.

Lo spadaccino non fu più in grado di controllarsi. Scivolò in avanti, e la cinse fra le braccia.

Lina deglutì, e Gourry la sentì tremare lievemente, prigioniera nella sua stretta. “Hai… parlato con Zel…” Quella della maga non era una domanda. Le sue mani scivolarono fino ai suoi capelli, e Gourry avvertì il loro tocco incerto scivolare fra le ciocche bionde, come in cerca di un appiglio. “Lui… non sa tenere la sua boccaccia chiusa…” Concluse, come se incolpare la chimera fosse una soluzione…

Gourry fece un sospiro. “Vorrei sapere perché hai parlato della spada con lui anziché con me…” Commentò semplicemente. Il suo non suonava come un rimprovero, semplicemente come una pacata richiesta…

Lina affondò il volto nel suo collo, e per alcuni, lunghi istanti rimase in silenzio… Gourry attese, pazientemente, finché la maga non emise un lieve sospiro, e non si decise a rispondere. “Perché se te ne avessi parlato avrei finito per raccontarti di Fibrizo, e del controllo che ha ottenuto su di te, come ha fatto Zel…” Sussurrò. “… e sapevo che questo ti avrebbe turbato…”

Gourry sospirò. “Lo immaginavo.” Replicò. “Ma di questo avresti dovuto parlarmi molto tempo fa. Pensarci mi fa star male, ma avrei dovuto saperlo.”

Lina scosse la testa. “Tu non capisci.” Replicò, la voce incerta. “Io non ho taciuto solo per te. Ho taciuto anche per me stessa.”

Gourry si scostò da lei per vederla in volto. “Che vuoi dire?” Domandò, senza capire.

Lina abbassò lo sguardo, rifiutandosi di guardarlo negli occhi. “Voglio dire che la tua serenità è necessaria anche a me, Gourry…” Rispose, in un sibilo. “Perché anche nelle situazioni peggiori la tua presenza basta a infondermi un senso di pace che nient’altro riesce a darmi… e dopo aver rischiato di perderti a causa di Fibrizo quella pace era tutto ciò di cui avevo bisogno…”

Gourry sospirò. Quindi chiuse gli occhi, e la strinse forte a sé. Non ci sarebbe stato bisogno di spiegarglielo. Era la stessa pace che lui stesso provava in quel momento, a dispetto di ogni turbamento che lo aveva scosso quella notte…

“Gourry…” Un nuovo sussurro giunse dalla massa di capelli color del rame che riposava in quel momento contro il suo petto… La maga esitò qualche istante, prima di proseguire. “Domani… non combattere.” Lo esortò infine. Le sue dita sottili strinsero freneticamente la stoffa della sua tunica.

Lo spadaccino riaprì gli occhi, e la fissò, stupito. Il tono di Lina era tornato fermo, anche se la maga non aveva sollevato lo sguardo su di lui. La sua richiesta aveva assunto la sfumatura perentoria di un ordine…

“Perché no?” Domandò in un bisbiglio.

 Lina parve imporsi di guardarlo in volto. Il suo sguardo era evidentemente teso. “Se proprio non puoi separartene… finché non avremo scoperto qualcosa di più sulla natura di quella spada… promettimi che cercherai di evitare il più possibile la lotta…”

Gourry si morse le labbra, ma si trovò costretto a scuotere la testa. “Non posso farti una promessa del genere, Lina.”

La maga ebbe un sussulto, a quella risposta. “Ma…”

Gourry fece nuovamente segno di diniego, impedendole di proseguire. “Ascoltami. Questo è il MIO atto di egoismo.” Le rivolse un sorriso che voleva essere di conforto, ma che appariva alterato dall’ansia. “Voglio starti accanto sul campo di battaglia. A maggior ragione sapendo che c’è un demone che vuole colpirti, forse proprio a causa mia…”

Lina scosse la testa. “Se avessimo ragione sulla spada… se nella confusione della battaglia tu perdessi il controllo…”

“Allora mi concentrerò su di te.” Sussurrò Gourry, in risposta. “E sono certo che se non ti perderò di vista non rischierò mai di perdere me stesso…” La strinse con più forza… “Ma se mai dovesse succedere… se mai accadesse lo stesso che è successo con Fibrizo…” Le rivolse un mezzo sorriso. “… sei autorizzata a farmi tornare la ragione a colpi di palle di fuoco.” Le portò il palmo della mano alla guancia, e la accarezzò. “Ora ne sei in grado, no?”

Lina emise un sospiro di resa. “Non posso credere che tu abbia voglia di scherzare ora…”

Gourry le rivolse un nuovo sorriso, stavolta più disteso. “Che faccia tosta… non sei forse tu quella che scherza sempre nei momenti meno opportuni…?”

Lina scosse la testa, e gli diede un lieve colpo sul braccio. “Basta stupidaggini…” Intimò, con fare rassegnato. “Ho bisogno del mio sonno di bellezza…” Gli diede deliberatamente le spalle, e scivolò sul suo giaciglio. Gourry fece un mezzo sorriso, e la osservò mentre si rannicchiava nel caldo delle coperte. Bastava osservare i suoi movimenti nervosi per capire che era irritata dal suo rifiuto. Con un sospiro, le scivolò a fianco, e la cinse con un braccio.

“Non mi hai risposto… riguardo alla battaglia…” Le sussurrò, baciandole lievemente la tempia, da sopra le spalle.

Lina sospirò. “Mi lasci forse scelta…?” Replicò, in tono, Gourry se ne rese conto, forzatamente calmo. Un tono che normalmente Gourry avrebbe definito pericoloso.

Lo spadaccino sorrise, a dispetto di questo. “La stessa che tu di solito lasci a me…”

Lina non replicò. Si limitò solo a sospirare, e a intimare. “Non pensare nemmeno di farti uccidere. E tanto meno di perdere la testa. Se ti succederà davvero qualcosa del genere ti troverai a DESIDERARE le palle di fuoco.”

Gourry sorrise nuovamente, e suppose che quella fosse la fine delle discussioni. La strinse, una stretta stranamente possessiva, godendo del tepore che emanava dalla sua schiena. Una sottile ansia continuava ad attanagliarlo, ma pensarci purtroppo non poteva risolvere le cose… e tutto ciò che desiderava in quel momento era qualche ora di oblio…

Appoggiò la testa a fianco di quella di Lina, e improvvisamente si rese conto che non desiderava cambiarsi e tornare al suo giaciglio, né andare in alcun luogo che non fossero i pochi metri quadrati che quella tenda offriva. Chiuse gli occhi. e affondò il volto nei capelli della maga. 

In fondo, qualche ora di sonno avrebbe fatto bene anche a lui.

 

 

 

***

 

 

 

Una nebbia gelida si addensava sulla valle del fiume Romerd, quella mattina. Spessi banchi catturavano i viandanti inconsapevoli, cingendoli nelle loro dita bianche e confondendone la vista ed il cammino… solo un esperto conoscitore di quei luoghi poteva sperare di muoversi con sicurezza in mezzo alle rocce scoscese che, gradualmente, lasciavano spazio alla brulla distesa di erba giallastra che si apriva fra le colline, ultima roccaforte di resistenza del massiccio montuoso, prima dell’affermarsi della pianura…

Quei luoghi erano celebri per più di un motivo, fra gli abitanti di Sailune. Si raccontava che la nebbia che li catturava fosse di origine magica. Prima del sorgere della barriera, uno dei potenti sacerdoti della città della Magia Bianca avrebbe sfruttato i testi ormai perduti appartenuti ai draghi dorati per lanciare un incantesimo potentissimo, dalla durata illimitata, per confondere le orde di spiriti maligni che attraverso quella vallata cercavano di dilagare verso la capitale… Di certo, al di là dei racconti leggendari, quel luogo era stato teatro di alcune delle più importanti battaglie che i registri storici di Sailune annoverassero… Il passo di Vorga, che si apriva fra le montagne che incombevano sulla valle, era uno dei punti strategici più importanti del Regno, tramite di accesso privilegiato per chi mirasse al controllo della capitale… Tuttavia, da secoli le armi non si incrociavano in quel luogo, situato al confine con la pacifica Elmekia e normalmente presidiato da soldati di entrambi i fronti… E ciò rendeva ancora più impressionante, agli occhi dei presenti, l’immenso spettacolo di morte e terra bruciata che quel giorno si estendeva di fronte a loro a perdita d’occhio…

 

“Non hanno inviato non morti, contro di noi.” Commentò Zelgadiss, ansioso di spezzare il silenzio che, come emerso da quell’innaturale nebbia, aveva catturato ogni membro delle truppe di Leonard. Il suo avrebbe dovuto essere un annuncio gioioso, soprattutto a seguito della battaglia che avevano appena combattuto. Tuttavia, una sfumatura cupa incrinava la sua voce.

Lina mostrò di avere ben compreso le implicazioni del suo commento. “Certo.” Replicò, dalla cima del suo cavallo. “Non sapevano che li avremmo attaccati, e la nebbia ha giovato ancor più alla nostra sorpresa. Ma in un modo o nell’altro ci troveremo davanti a quelle macchine da guerra quando attaccheremo la fortezza in cui Oberon si è rifugiato…”

Zelgadiss si accigliò. “Credi che Oberon farà in tempo a radunare tutte le sue truppe? Anche se ci muoviamo in fretta?”

Lina tirò le briglie e arrestò la sua cavalcatura, che procedeva a fatica sul terreno scosceso. “Ne sono sicura.” Replicò, secca. “E a questo punto anche Elmerish sarà arrivato a Sailune, con le truppe che lo accompagnavano.” Le sue labbra si strinsero, e il suo volto impallidì lievemente. Zel non seppe dire se per rabbia o per paura. Lina aveva accennato solo vagamente al generale, nei suoi racconti, sorvolando in modo piuttosto deliberato sulla maggioranza delle informazioni che lo riguardavano… ma Zel ricordava perfettamente il ghigno del gigante, e il gelo della sua lama contro il proprio stomaco…  Se davvero la maga aveva convissuto con lui per più di due mesi, dubitava che la sua memoria a riguardo potesse essere così labile…

“Arrivano.” Annunciò una voce calma, a pochi passi da loro. Gourry, avvolto in un caldo mantello di lana grigia, reggeva le briglie fra le mani guantate, e scrutava l’orizzonte.

Era trascorse alcune ore, ormai, dalla loro battaglia vittoriosa, e, dopo essersi fermati per un po’ di tempo a recuperare le forze, i soldati avevano acconsentito stoicamente a riprendere la strada… da allora, erano rimasti per tutto il tempo in silenziosa attesa, avanzando al passo sul dorso dei loro cavalli lungo il sentiero che dal passo si dipanava verso la valle. Un messo aveva preannunciato loro l’avvicinarsi di Philionel e dei suoi, poco dopo che i loro ultimi nemici erano stati messi in fuga, e da allora una strana agitazione aveva catturato gli animi dell’intera truppa, impedendole l’esultanza che normalmente si accompagnava alle vittorie… il ricongiungimento con il sovrano era il segno chiaro della vittoria, ma presagiva anche le future battaglie che li aspettavano, a cui certamente, in quel momento, i soldati avrebbero preferito non dover ancora pensare…

Zel si mosse sul cavallo, inquieto, cercando l’orizzonte attraverso quella che i suoi occhi percepivano solo come un’indifferenziata coltre di nebbia. Per qualche motivo, il pensiero di incontrare Phil lo metteva a disagio. Sapeva quanto l’ex principe fosse attaccato alla figlia, e irrazionalmente c’erano momenti in cui si sentiva in colpa per la sua cattura… in fondo, era stato lui stesso a proporsi di difenderla, mentre Lina e Gourry erano lontani dalla capitale…

Lanciò uno sguardo ai suoi due compagni di viaggio, e si scoprì ancora una volta incapace di capire che cosa stesse passando per le loro teste… avevano marciato per un’intera giornata e per diverse ore nella notte prima di giungere al luogo che era stato teatro della battaglia che si era combattuta quella mattina all’alba… tuttavia, nessuno dei due aveva mai detto una parola riguardo agli avvenimenti di due notti prima, durante quel lungo tragitto… Se c’era stato uno scambio irato, fra loro, la cosa doveva essersi in qualche modo risolta, perché sembravano più tesi del normale, forse, ma non eccessivamente diversi dal solito. Gourry non si era mosso per un secondo dal fianco della maga, tanto per cominciare, il che aveva impedito a Zel di prenderla da parte e parlarle… anche se l’occhiata eloquente che la maga gli aveva rivolto uscendo dalla sua tenda la mattina precedente aveva espresso più che chiaramente quello che la sua amica pensava del loro ‘discorso fra uomini’…

Zel sospirò, e tornò a concentrarsi sull’orizzonte. Sapeva perfettamente che Lina gliela avrebbe fatta pagare, in un modo o nell’altro, ma in fondo non era quello il momento di preoccuparsene. Presto, si sarebbe trovato di fronte a problemi ben più gravi…

Aguzzò l’udito, e il rumore degli zoccoli dei cavalli e il vociare dei soldati apparve, ancora indistinto, alle sue orecchie… Poteva figurarsi il sovrano mentre si avvicinava al galoppo, sul suo stallone bianco, accompagnato da un gruppo tornito di uomini armati. E anche Zel non distingueva la sua espressione, avrebbe potuto facilmente indovinarla… la settimana successiva avrebbe deciso molto delle sorti del neo sovrano di Sailune…

Lina spronò nuovamente il cavallo, e si fece avanti. “Andiamogli incontro.” Intimò, semplicemente. “Quest’attesa mi sta uccidendo.”

Per una volta, Zel non trovò nulla da obiettare di fronte all’impazienza della maga. Sia lui che Gourry le si accodarono, e lentamente parte delle truppe li seguì. Leonard non si mosse dalle retrovie, però. Zelgadiss aveva tutta l’impressione che, nonostante l’indiscutibile atto di fedeltà che aveva commesso organizzando quella battaglia, i suoi sentimenti nei confronti del suo sovrano in quel momento fossero contrastanti…

 

Avevano già raggiunto la vallata quando si trovarono faccia a faccia con il gruppo di soldati, che emerse dalla nebbia quasi all’improvviso. La corsa di Philionel si bloccò a pochi metri dai loro cavalli, e per qualche istante i quattro rimasero in silenzio, scrutandosi, cercando sui rispettivi volti gli inevitabili segni che quei mesi avevano lasciato… E al di là della consueta aria arcigna, Zel sarebbe stato pronto a scommettere di cogliere un velo di commozione nello sguardo del sovrano…

“Non credevo di rivedervi tutti sani e salvi…” Furono le sue prime parole, pronunciate in un tono solenne che non gli si addiceva… “E non riesco a immaginare come potrò mai ripagarvi di tutto questo…”

Lina inarcò un sopracciglio. “Non ti preoccupare, Phil. Sono certa che quando tutto questo sarà finito un modo riuscirò a trovarlo io…”

Il suo tono di voce sarebbe suonato minaccioso a chiunque, ma questo non impedì al sovrano di erompere in una fragorosa risata. Smontò da cavallo in un unico balzo, e avanzò verso i tre giovani, in tutta la sua imponenza. “Non potete immaginare quanto sono felice.” Dichiarò, in tono commosso. “Quanto sarà felice Amelia.”

Al nome della principessa, un nodo si strinse nella gola di Zel. “Che ne è stato di lei, Phil?” Domandò, in tono più ansioso di quanto non avrebbe voluto lasciar trapelare.

Lo sguardo di Philionel si incupì per un momento. “So che non le è stato fatto nulla di male, Oberon ha bisogno di lei per legittimare il suo potere… Certo, è ancora ostaggio del nemico…” Rispose, stringendo lievemente le labbra. “Ma la libereremo.” Il suo sguardo si fece determinato, mentre un sorriso pallido riaffiorava alle sue labbra. “Ora ne ho la certezza.”

Zel non riusciva ad essere altrettanto ottimista, ma per una volta tacque, e si limitò a scendere dalla sua cavalcatura, insieme ai compagni. Sapere che Amelia  era stata trattata con rispetto era già una consolazione.

“Che facciamo, ora, Phil…?” La domanda che dall’inizio di quell’incontro aleggiava nell’aria prese forma attraverso le labbra di Lina…

Philionel si accigliò per un momento. “Dobbiamo tenere il passo finché le truppe di Elmekia non saranno giunte qui… e a quel punto muovere verso la fortezza in cui si è rifugiato il nostro nemico.”

Lina strinse le labbra con impazienza. “Più aspettiamo più Oberon avrà tempo di riorganizzare le sue forze per resisterci…”

Philionel annuì, con aria grave. “Lo so. Ma non abbiamo molte alternative. E potrà essere un’occasione per recuperare le forze…”

“Non credo che nessuno di noi potrà davvero rilassarsi prima che tutto questo sia finito…”

Quel commento aspro giungeva dalle spalle di Zel. La scarsa visibilità aveva impedito a ciascuno di loro di accorgersi che anche Leonard si era avvicinato, conducendo per le briglie la propria cavalcatura. Il conte ed il sovrano si squadrarono per qualche istante, e Zel si trovò a chiedersi chi fra i due fosse messo maggiormente a disagio da quell’incontro…

Alla fine, Philionel chinò il capo, e in un gesto che qualcuno avrebbe potuto definire inaudito per un sovrano, prestò omaggio al suo sottoposto. “Ti credevo morto, Leonard.” Sussurrò, in tono sinceramente dispiaciuto. “Ho saputo di tua figlia, e non so esprimerti il mio dolore. Quando Sailune sarà libera, le verrà reso ogni onore…”

Il tono di Leonard era duro, quando replicò. “Non voglio onore, voglio giustizia.” Scrutò i volti dei suoi tre compagni nella battaglia di quel giorno. “Credo che qui nessuno desideri altro.”

Philionel annuì. “Farò tutto ciò che è in mio potere perché tu la ottenga. Perché tutti la ottengano.” Confermò, in tono grave.

Leonard annuì. “Se è così i ribelli sono al tuo servizio. Ma credo sia giusto che tu sappia che se tutti riconoscono il nostro comune nemico, non tutti sono pronti ad accordarti piena fiducia, ora, Philionel. Non tutti approvano come hai condotto questa guerra.”

Phil abbassò il capo, e Zelgadiss ebbe improvvisamente l’impressione che la sua intera mole si piegasse sotto un’ondata di stanchezza. “Lo immaginavo.” Si limitò a replicare il sovrano, fiaccamente. “Ma a questo genere di problemi avremo la fortuna di dedicarci quando la guerra sarà terminata…”

Leonard annuì, evidentemente trovando soddisfacente quella risposta. “Credo che tutti potranno concordare, in questo.” Indietreggiò di un passo, e rivolse un breve inchino a Philionel. “Permettimi di andare ad aggiornare i miei uomini, allora, mio signore. Mentre attendiamo l’arrivo dei rinforzi, è bene approfittare del tempo a nostra disposizione per riorganizzare le truppe…”

Philionel annuì, stancamente, e in pochi istanti Leonard si perse nuovamente nella nebbia.

“Credo sarà dura, fratello…” Mormorò una voce alle spalle di Philionel. “Non possiamo essere certi della fedeltà di truppe simili…” Zel si stupì nel riconoscere Cristopher. Era talmente pallido e dimagrito, rispetto all’ultima volta in cui lo aveva incontrato, che stentava ad associarlo con l’immagine di lui che affiorava nei suoi ricordi… 

“Sono sicuro che mi rimarranno fedeli finché non avremo sconfitto Oberon.” Replicò Philionel, secco. “E se dopo qualcuno di loro avrà obiezioni sul mio agire, sarò lieto di ascoltarle.”

“Che fine ha fatto Laudreck?” Domandò Lina, che quella discussione pareva aver fatto scivolare in una profonda riflessione.

Philionel si volse verso di lei, apparentemente perplesso per quella curiosità. “E’ rimasto a guida delle truppe vicino alla capitale.” Replicò, infine. “Non volevo lasciare totalmente sguarnita quella zona…”

“Mmm…” Lina si portò la mano destra al mento, e non replicò nulla. Zelgadiss si accigliò, e scivolò verso di lei.

“Sospetti ancora che Laudreck possa tradire Phil…?” Bisbigliò, cercando di indovinare i pensieri della compagna.

“Nessuno è fuori dalla mia lista dei sospetti, in questo momento.” Replicò semplicemente la maga, attenta a non farsi sentire da Philionel, che nel frattempo aveva preso a discutere in tono concitato con il fratello. “Tranne noi tre e Philionel, ovviamente.” Sollevò lo sguardo sul sovrano, accigliata. “Sto pensando che in tutto questo tempo non abbiamo ancora scoperto chi era il traditore che ha cercato di uccidermi, quando eravamo ancora a palazzo. E che alcuni aspetti di quanto mi è accaduto allora potrebbero far pensare ad un coinvolgimento di esseri superiori…” Lina rabbrividì lievemente, Zel non seppe dire per quale preciso ricordo…

“Stai pensando che il traditore potrebbe essere Laudreck, e che potrebbe aver stretto un patto col demone che ci ha attaccati?” Chiese la chimera, perplessa. “D’accordo che Laudreck ha qualche nozione di magia, ma non ti sembra di lavorare un po’ troppo di fantasia? Di solito solo gli esperti stregoni possono firmare il ‘Contratto’ con un demone…”

“Sto solo cercando di riunire in un unico schema le informazioni che possediamo!” Scattò Lina, in tono irritato. Fissò lo sguardo sulla chimera. “Se fra le nostre fila c’è un traditore, potrebbe sabotare il nostro attacco ad Oberon, e colpirci alle spalle per uccidere me, o per…” Si bloccò, e lanciò un’occhiata a Gourry, che la fissava apparentemente senza capire. “Non possiamo permetterci di avere fiducia in qualcuno…” Sibilò infine, a conclusione. Distolse lo sguardo dallo spadaccino. “Ainos ci ha ben insegnato questa lezione…”

“Uh… Lina…” Intervenne Gourry, fissando con fare preoccupato il suo sguardo accigliato. “Non sono certo di avere capito a cosa ti riferisci, ma… se parli di chi ti ha lanciato quella freccia, a Sailune… io so chi è stato.”

Lina e Zel spalancarono gli occhi, e rivolsero un occhiata sbigottita a Gourry. Lo spadaccino li fissò di rimando, con fare innocente. E proprio quello sguardo, apparentemente, fu la goccia in grado di far traboccare il vaso, per Lina.

“SI PUO’ SAPERE COSA ASPETTAVI A DIRCELO, CERVELLO DI MEDUSA???”

La maga alzò la voce, tanto che i soldati che si trovavano intorno a loro girarono lo sguardo, perplessi.

Gourry si fece schermo con le mani, evidentemente ben conscio del pericolo che stava correndo. “Eh… ehi…” Balbettò. “Calmati, Lina. Non ve l’ho detto solo perché a questo punto non cambia nulla saperlo…”

Lina dava tutta l’impressione di essere pronta a saltargli al collo da un momento all’altro. “Come potrebbe non cambiare nulla, Gourry???”

“Pe… Perché è morto, Lina! Ainos! Si tratta di Ainos!!!”

La rabbia di Lina parve scemare in meno di un secondo. “Ainos?” Ripeté, a bocca aperta. “Ainos è morto…? E come…?”

“Ha senso…” La interruppe Zel, colpito da un’improvvisa illuminazione… Entrambi i suoi compagni si volsero a guardarlo, mentre proseguiva… “Pensateci… Non so quali fossero le motivazioni che potevano spingerlo contro Sailune, ma Amelia ci ha detto che Ainos era una sciamano molto promettente, per la sua giovane età… e questo sarebbe sufficiente per spiegare l’interesse per lui da parte di un demone…”

Lina parve capire immediatamente dove la chimera intendesse andare a parare… “E Ainos allo stesso tempo poteva avere stretto un’alleanza con Oberon contro Sailune, facendosi assumere come mago di corte per colpire la città dall’interno…”

Zelgadiss annuì. “Se fosse andata così, avrebbe senso pensare che Ainos abbia chiesto al demone di offrire i suoi poteri alla causa di Oberon, garantendogli in cambio il suo aiuto per eliminarti, finché eri al sicuro fra le mura di Sailune…”

Lina strinse gli occhi, l’aria vagamente inquietata. “Per ‘offrire i suoi poteri’ intendi…”

Zel annuì, ancora una volta. “Esattamente ciò che pensi anche tu. I non morti.” Si sentiva stupido a non averlo capito prima. Avrebbe dovuto sospettarlo sin da quando avevano scoperto che il demone che li aveva attaccati era un servitore di Fibrizo. Oberon era un semplice essere umano, e non era nemmeno un mago. Non avrebbe potuto gestire creature del genere. Quella era la specialità del Signore degli Inferi, e delle creature al suo servizio.

“Non so cosa sia cambiato nei piani di quel demone, portandolo a dilazionare la tua uccisione, Lina.” Zelgadiss proseguì, osservando in volto i suoi compagni. Non era certo che Gourry avesse compreso pienamente quello di cui stavano discutendo, ma Lina ne era stata certamente colpita. Il suo sguardo era fisso al suolo, e pareva che la maga fosse persa in qualche febbrile riflessione. “Forse è proprio qui che entra in gioco Gourry. Forse Ainos e il demone si sono resi conto che poteva servire ai loro scopi, e hanno deciso di sfruttarti per fare sì che accettasse di maneggiare la loro arma, prima di ucciderti. Fatto sta che questa ipotesi pare combaciare perfettamente con i fatti.”

Lina rimase in silenzio, apparentemente riflettendo. Zel leggeva chiaramente nel suo sguardo che la convinzione la stava catturando velocemente. E anche lui ormai aveva pochi dubbi. Certo, avere più chiari i movimenti del nemico era un passo avanti. La brutta notizia era che nonostante a detta di Gourry Ainos fosse morto, il demone pareva avere ogni intenzione di portare avanti i propri piani, anche per quel che riguardava il sostegno ad Oberon in quella guerra…

“In tutto questo c’è un fattore positivo…” Suggerì Lina dopo qualche istante, con voce roca. “Se uccidiamo quel demone allora anche i non morti andranno fuori controllo.” Sollevò lo sguardo su Zel, più pallida del normale. “E le nostre possibilità di vittoria in questa guerra saranno molto maggiori.” Fece una pausa. “Però… non so quanto questo risolverà le cose per me e per Gourry…” Lanciò una breve occhiata allo spadaccino, che la fissò di rimando, con l’aria di non aver colto ogni sfumatura del discorso, ma comunque sufficientemente preoccupato…

“Una volta riconquistata Sailune, Phil e Amelia vi offriranno di sicuro la loro protezione, finché i vostri guai non saranno risolti.” Replicò Zelgadiss, fermo. “I sacerdoti del tempio potranno studiare la spada di Gourry, e anche tu avrai a disposizione ogni testo delle biblioteche della città per fare chiarezza su quell’arma, Lina. Ne sono certo. E’ il minimo che Sailune possa fare per voi.” 

Lina si accigliò. “So che lo faranno, anche se le forze di Sailune saranno impegnate nella ricostruzione… però…” Strinse le labbra. Parve voler aggiungere qualcosa, ma si frenò. Sollevò per un momento lo sguardo su Gourry, e i due si fissarono in silenzio. Zel si chiese cosa si stessero dicendo, attraverso quello sguardo…

“Dietro front!” La voce di Philionel irruppe improvvisamente nei loro pensieri. Il sovrano aveva conferito fino a quel momento con i suoi soldati, e ora stava cercando di raggiungere tutte le truppe con la sua voce tonante, attraverso il manto grigio che li circondava. “Torniamo al passo!”

Grato che la marcia gli offrisse un pretesto per distrarsi da ulteriori riflessioni, Zel montò sul suo cavallo, e si avviò a fianco dei suoi compagni. La nebbia stava cominciando a diradarsi lievemente, lasciando spazio alla pallida luce solare… Zel si augurava che dalla cima del passo sarebbero stati in grado di monitorare il paesaggio circostante…

“Non mi sorprende che siamo riusciti a battere i nostri avversari.” Mormorò Zel, rivolgendosi a se stesso più che ai suoi compagni…

“Mmm…?” Lina si verso di lui, rivolgendogli un’occhiata interrogativa.

“Ho detto che non era un compito particolarmente arduo sorprendere i nostri nemici, con questo tempo.” Spiegò, a voce più alta. “Spero che la nebbia si diradi. Per quanto possiamo stare all’erta, è sempre uno svantaggio non potersi accorgere di chi si avvicina attraverso la valle o dai boschi sulle montagne.”

Lina si strinse nelle spalle. “Dubito che Oberon si arrischierà a cercare di riprendere il passo. Avrebbe grosse possibilità di venire sconfitto e perdere altri uomini, e, con la strada verso Sailune sgombra per le truppe di Elmekia, questo è un lusso che non può permettersi…”

“Lo so.” Replicò Zel, con fare meditabondo. “Ma mi trovo sempre a disagio quando sono un bersaglio facile.”

Zel quasi non fece in tempo a terminare la frase. Una lama di innaturale freddo parve sferzare improvvisamente l’aria, gelando i tre compagni e buona parte delle guardie sul posto. Zelgadiss conosceva bene quella sensazione. E sapeva anche cosa essa presagiva…

Lina!!!

Il grido di avvertimento alla sua compagna gli si strozzò in gola. Prima che potesse fare qualsiasi cosa per intervenire, due occhi rossi si materializzarono dal nulla, e una figura agile si protese, avventando i suoi artigli verso la sua compagna.

Erano degli stupidi. Il demone non si era fatto vedere per giorni, e in quel momento si trovavano in mezzo a truppe amiche. Ma non avrebbero dovuto permettere che ciò li inducesse ad abbassare la guardia.

Sia lui che Gourry si gettarono incoscientemente a lato, senza nemmeno estrarre le spade, cercando di frenare l’attacco del demone prima che andasse a buon fine. Lina, paralizzata dalla sorpresa, poté solo restare immobile ad osservare il nemico che si preparava a colpirla.

Fu allora che accadde ciò che Zelgadiss non si sarebbe mai aspettato.

All’ultimo, il demone deviò la sua corsa… e si avventò sull’impreparato spadaccino. La chimera osservò con orrore gli artigli del demone che squarciavano il collo di Gourry, appena al di sopra della corazza, scaraventandolo con violenza al suolo. Lacrime di dolore e stupore affiorarono negli occhi spalancati dello spadaccino, che soffocò nel suo stesso sangue, mentre rotolava al suolo, andandosi a schiantare contro uno degli alberi che costeggiavano il sentiero. E al di sopra delle grida degli uomini e i nitriti dei cavalli impazziti, l’unica cosa che riuscì a penetrare il cervello di Zelgadiss fu l’urlo disperato della maga che aveva a fianco.

“Sapevo che sareste giunti qui, prima o poi. Vi aspettavo.” Sibilò il demone, a mezza voce. “E anche Oberon sarà presto in vostra attesa.” Lanciò uno sguardo a Gourry, riverso al suolo e privo di coscienza, coperto da un lago di sangue. “La mia missione qui è finalmente conclusa.” Fissò lo sguardo su Lina, che piangeva, aggrappata al dorso del cavallo, incapace di avvicinarsi a Gourry per accertarsi delle sue condizioni. “Ti conviene tenerti lontana dalla battaglia, ora, Lina Inverse.” Concluse, un minaccioso ammonimento. Scomparve, prima che Zel potesse fare qualsiasi cosa per impedirlo.

La chimera rimase immobile, attonita, incapace di reagire in qualsiasi modo mentre i sacerdoti che accompagnavano Philionel accorrevano verso il loro compagno in un disperato tentativo di guarirlo.

‘Non si sopravvive ad un colpo del genere.’

La sua coscienza continuava a ripeterglielo, ma lui non voleva darle ascolto. Non voleva vedere il corpo del suo vecchio compagno di avventure riverso senza vita al suolo. Non voleva nemmeno guardare in volto la sua compagna, la sua più cara amica, che sapeva perfettamente che non sarebbe mai stato in grado di consolare.

Un’unica consapevolezza positiva in quel momento colpì la sua mente, una consapevolezza che non era in grado nemmeno lontanamente di portare sollievo alla sua mente devastata dal dolore.  

A quel punto era chiaro che i demoni non avevano alcun interesse per Gourry. Non avevano alcun interesse per Gourry vivo.

Lui e Lina avevano sbagliato in tutto.

E tutti e tre avrebbero pagato le conseguenze di quell’errore.

 

 

***

 

 

Amelia sedeva nella sua stanza, rigirandosi inquieta il libro fra le mani. Era un’ora, forse, che i suoi occhi ripercorrevano le stesse parole, senza coglierne il significato… ma da giorni, ormai, aveva smesso di cercare di imporre alla sua mente un livello accettabile di concentrazione…

Non sapeva quanto esattamente il sacerdote che la aveva colta sul fatto avesse detto ad Oberon del suo tentativo di contattare suo padre… ma ciò che sapeva era che da allora le sue occasioni di uscire dai propri appartamenti si erano drasticamente ridotte. In pratica, ormai da due settimane le veniva concesso di allontanarsi dalle sue stanze solo in occasione dei pasti che divideva con Oberon, e quei pasti erano sempre assurdamente silenziosi, e cupi… A rivolgerle la parola erano solo le servitrici che le erano state assegnate, mentre quello che presto sarebbe diventato suo marito si limitava alle basilari cordialità, e mangiava in silenzio, o discutendo di strategia con i suoi generali…

Non che Amelia desiderasse granché approfondire la loro conoscenza… anzi, con tutta probabilità, se si fosse comportato diversamente, se la avesse ossessionata con attenzioni indesiderate, avrebbe ottenuto solamente di irritarla, e di spingerla al mutismo…

No, non che volesse sviluppare un rapporto molto più approfondito di quello che avevano instaurato… era solo che… ad Amelia mancava il calore umano. Era così abituata all’espansività di suo padre, al rumore e alla frenesia delle attività a palazzo, alle mille persone che sempre a Sailune la circondavano durante la giornata, che non si era mai resa conto veramente di che cosa significasse la solitudine… e il pensiero di ciò che era accaduto alle persone a cui più teneva, il pensiero delle rovine del suo bel palazzo e dei luoghi che aveva amato sin dall’infanzia non facevano che accrescere quella assurda sensazione di vuoto…

Con un sospiro, la principessa si sollevò dalla sedia, e richiuse distrattamente il volume che teneva fra le dita… si avvicinò alla finestra, e lanciò un’occhiata all’esterno. Era pieno pomeriggio, e i soldati si stavano addestrando nei cortili della fortezza. Visti così, davano di certo un’impressione di potenza, ma Amelia si rendeva perfettamente conto che le truppe che stazionavano lì insieme all’usurpatore erano sensibilmente diminuite rispetto ai primi tempi in cui si erano insediati in quel luogo… Amelia aveva carpito qualche notizia durante le lunghe cene a fianco dei generali del suo catturatore… a quanto pareva, in quel momento combattimenti erano in corso in tutte le parti del regno… suo padre aveva sorpreso Oberon dividendo le sue truppe in tre gruppi, e facendoli attaccare su diversi fronti… la superiorità numerica era servita ad Oberon per tenere loro testa, ed ora fondamentalmente la situazione si trovava in stallo… le truppe di Oberon avevano i confini, suo padre la zona della capitale, gli uni stringevano gli altri all’interno, gli altri cercavano di far crollare l’occupazione a partire dal suo stesso cuore… Oberon, tuttavia, parlava frequentemente di rinforzi provenienti da sud, che sarebbero giunti nel giro di pochi mesi… per quanto ne sapeva Amelia, il gigante che l’aveva catturata, Elmerish le pareva si chiamasse, era stato colui che le aveva radunate… e solo pochi giorni prima aveva inviato ad Oberon una missiva che annunciava che sarebbe giunto a giorni a palazzo, insieme ad un’avanguardia, per confermare personalmente la buona riuscita della missione…

‘Quell’uomo mi spaventa… e ancor più mi spaventano le notizie che porta…’

Se avesse davvero avuto conferma di quanto aveva solo vagamente udito, Amelia sapeva che avrebbe perso ogni speranza… suo padre, separato com’era dal mondo al di fuori di Sailune, non aveva modo di chiedere l’appoggio di nessuno, al contrario di Oberon… se avesse dovuto affrontare nuovi rinforzi, le sue possibilità di vittoria si sarebbero ridotte allo zero…

‘Ceiphied, fa che non muoia…’ Amelia chiuse gli occhi, e incrociò le mani al petto… ‘Potrei anche affrontare la definitiva caduta di Sailune, la distruzione di tutto ciò in cui credevo, ma non potrei accettare di perdere anche lui…’

Si morse il labbro, e lanciò un’ultima occhiata al di fuori della finestra, prima di indietreggiare nuovamente verso la sedia… si chiedeva se fosse possibile per lei convincere Oberon a risparmiarlo… magari offrendosi volontariamente di sposarlo, magari offrendosi di convincere suo padre ad appoggiarlo di fronte al popolo, e di comportarsi lei stessa da moglie devota, e fedele… Un tempo si sarebbe sorpresa di pensare a cose del genere, il suo orgoglio ed il suo amore per la giustizia glielo avrebbero impedito… ora però tutto ciò che le importava davvero era salvare quelle poche persone che le erano rimaste care al mondo, a qualsiasi costo… anche a quello di vendersi al nemico. D’altra parte, si chiedeva se ad Oberon sarebbe davvero importato… In fondo quell’uomo poteva ritenere che la loro quiete matrimoniale non valesse la vendetta contro un nemico che gli aveva dato tanto filo da torcere…

‘Immagino che un uomo che ha fatto ciò che lui ha fatto a me non si farebbe tanti scrupoli a ucciderlo davanti ai miei occhi solo per intimidirmi, o per ripicca…’ Amelia era poco abituata a considerare le sfumature, nell’agire delle persone… e di conseguenza, poco propensa a ritenere che una persona malvagia avrebbe agito in modo non coerente alla sua natura, in qualsiasi situazione… ed Oberon decisamente si trovava alle prime posizioni nella sua lista nera della persone che non era possibile convertire al bene…

La principessa fu distratta dai suoi pensieri, quando qualcuno bussò alla porta.

Si chiese chi potesse mai essere, a quell’ora… mancava ancora un sacco di tempo alla cena, e normalmente i suoi pomeriggi trascorrevano nella più totale solitudine…

Si schiarì la voce. “Avanti…” Dichiarò, restando impassibile davanti alla porta che si apriva, cercando di mascherare la curiosità con l’indifferenza… Una servitrice avanzò dalla penombra del corridoio, e le rivolse un breve inchino…

“Principessa… Il signore desidera parlarvi…”

Amelia batté le palpebre, stupita… Le chiacchiere pomeridiane davanti al tè non parevano precisamente l’attività preferita del suo futuro consorte, e quella strana richiesta a quell’ora del pomeriggio non poteva che gettarla nell’inquietudine… probabilmente Oberon aveva qualche notizia che la riguardava da comunicarle, e Amelia aveva la netta impressione che quella notizia non le sarebbe piaciuta…

‘Non può essere che abbia deciso di anticipare le nozze… vero…?’ L’agitazione strinse la gola di Amelia come una morsa. ‘E se invece si trattasse di mio padre…?’

“Principessa…?” La servitrice inclinò la testa, lievemente perplessa di fronte al suo mutismo.

Amelia si riscosse, improvvisamente. “Sì… Sì. Vi seguirò immediatamente.” Sollevò la lunga gonna, e si accodò velocemente alla servitrice. Per un momento le era balenato in mente il pensiero di rifiutarsi, ma le era bastato un attimo per capire che sarebbe stato inutile. La notizia si sarebbe semplicemente abbattuta su di lei successivamente, e il suo gesto non avrebbe fatto altro che indisporre Oberon nei suoi confronti. Se doveva ricevere un nuovo fendente dalle labbra gelide del suo futuro marito, tanto valeva che questo accadesse immediatamente…

Gli appartamenti di Oberon si trovavano a breve distanza dai suoi, e nonostante la sua agitazione Amelia si rese conto in quel momento, con un certo stupore, che nonostante risiedesse in quel palazzo da diverso tempo, ormai, quel giorno li avrebbe visti per la prima volta… le loro cene si svolgevano sempre nella sala comune al piano inferiore, ed Oberon normalmente non riceveva nessuno nelle proprie stanze, se non i suoi servitori… Amelia si chiese se quell’eccezione nei suoi riguardi, in quel momento, avrebbe dovuto preoccuparla…

La servitrice bussò alla porta, e attese pazientemente il pacato invito ad entrare dall’interno. Non aprì la porta, tuttavia. Semplicemente si scostò, e lasciò avanzare Amelia…

La principessa si morse le labbra, e appoggiò le dita alla maniglia, spingendo la pesante porta verso l’interno… Avanzò nella stanza, e si stupì nel constatare come fosse piuttosto spoglia… certo, le comodità non mancavano… un baldacchino morbido simile a quello su cui lei stessa riposava troneggiava al centro di una delle pareti, e sedie e poltrone erano disposte vicino al grosso camino, ora acceso, per combattere il freddo dell’autunno ormai inoltrato… ma Oberon doveva aver fatto rimuovere le numerose suppellettili che ancora ornavano, invece, gli appartamenti della principessa… evidentemente, l’usurpatore non era particolarmente avvezzo, o amante del lusso…  

Oberon in quel momento sedeva ad un tavolo, nel centro della stanza… numerose carte e libri erano sparsi sulla superficie in legno, ma l’usurpatore sembrava non prestarvi nessuna attenzione… La sua espressione era cupa, le sue sopracciglia aggrottate, e fissava un punto indefinito del pavimento, come se fosse profondamente intento in una qualche complessa riflessione… Amelia notò che fra le mani reggeva quella che sembrava una missiva arrotolata, il sigillo già spezzato…

“Mio signore…” Esordì in tono neutro quando ebbe chiuso la porta alle proprie spalle, richiamandolo all’attenzione…

Oberon sollevò lo sguardo su di lei, e la osservò per qualche istante in silenzio, come ponderando le parole da rivolgerle… quindi, si sollevò lentamente in piedi… “Mi scuso per la mia scortesia, mia Signora… non è il caso che io me ne stia comodamente seduto mentre tu attendi in piedi…” Le indicò una delle poltrone… “Se vuoi accomodarti…”

Amelia si accigliò. I modi freddamente cortesi di quell’uomo per qualche motivo erano sempre causa di fastidio, per lei… “Non importa, suppongo che la mia sarà una visita breve…” Avanzò di un passo, cercando di mantenere piatto il suo tono di voce… “Di che cosa volevi parlarmi…?”

Oberon si strinse nelle spalle. “Devo comunicarti una novità riguardo ai combattimenti… una novità significativa… se fosse stato altrimenti, non avrei ritenuto necessario scomodarti per rendertene partecipe …”

Amelia ne era ben consapevole… tutte le volte che Oberon aveva ritenuto necessario informarla riguardo alla guerra, quell’informazione era stata causa per lei di calde lacrime…

La principessa cercò di restare impassibile, e di rispondere all’atteggiamento controllato del suo interlocutore… strinse le labbra, e si limitò a replicare… “Se la notizia è così urgente, meglio non perdere tempo in convenevoli, prima di comunicarmela…”

Oberon annuì. “Sono d’accordo, mia signora…” Si avvicinò a lei, e sollevò lievemente la missiva che reggeva fra le dita… “Volevo comunicarti solamente quanto mi è stato appena riferito… ovvero che le mie divisioni hanno subito una grossa sconfitta, sul confine fra Sailune ed Elmekia… a quanto pare, vostro padre disponeva di truppe di cui non ero a conoscenza… truppe che non attendevano altro che di essere riorganizzate…”

Amelia non fu certa di avere compreso bene… le truppe… di Oberon…? Le truppe di Oberon avevano subito una sconfitta…? “Una sconfitta… quanto significativa…?” Chiese, la voce resa roca dalla sorpresa…

Lo sguardo di Oberon si incupì. “Direi notevolmente. Perché con tutta probabilità aprirà la strada a rinforzi provenienti da Elmekia… Certo, ci vorrà un po’ di tempo perché tuo padre e i generali stranieri possano organizzarsi… quindi le possibilità sono fondamentalmente due. Se le truppe che attendo da oltre la barriera arriveranno in tempo, probabilmente la lotta rimarrà relegata al confine… se invece ciò non avverrà, con ogni probabilità dovremo aspettarci che le truppe di Elmekia si impegnino a respingere le mie truppe stazionate ai confini, mentre l’esercito di tuo padre avanza fino a questa fortezza per cercare di stringerci d’assedio… Attendo Elmerish per avere maggiori notizie a riguardo, ed organizzare le mie forze di conseguenza…” Lo sguardo di Oberon si fissò su quello della principessa, gelido…

Amelia non poté fare a meno di sentirsi intimidita, di fronte a quegli occhi grigio ghiaccio, cupi e profondi… Non osava essere felice della notizia. Una fiamma di speranza si era accesa nel suo petto, ma insieme ad essa un più sotterraneo terrore la aveva catturata… non desiderava quel sentore di gioia, non se esso era destinato ad essere disilluso… “E questo…” Osò chiedere… “… che conseguenze avrà, per me…?” Ritorsione. Era una parola che in quel momento era timorosa persino di pronunciare… e non vedeva altro motivo per cui Oberon potesse in quel momento comunicarle quella notizia… era certa che sotto quello sguardo cupo fosse sepolta tutta la rabbia per la sconfitta subita da parte di suo padre… ed era certa anche di sapere su chi quella rabbia si sarebbe riversata…

Tuttavia, contro ogni sua aspettativa, ciò che ottenne da Oberon a quella domanda fu solo uno sguardo perplesso… “Non capisco cosa intendi mia signora… Non vedo come tu possa essere connessa con la sconfitta che abbiamo subito...”

Amelia batté le palpebre, stavolta davvero disorientata… “Non hai… intenzione di far pagare a me ciò che mio padre ha commesso…? Come atto dimostrativo, voglio dire…” La principessa dovette mordersi la lingua. Quant’era stupida! Stava deliberatamente suggerendo al suo avversario un mezzo per colpire sia lei che suo padre!!!

Oberon, tuttavia, si limitò ad accigliarsi. “Per essere precisi, non è stato tuo padre a condurre l’attacco. E ad ogni modo ciò che è avvenuto è del tutto normale, in una guerra.” Sentenziò, semplicemente. “Non ho alcun interesse nel procurarti sofferenza gratuitamente, mia signora, né lo desidero… certo, se ciò sarà inevitabile dovrò disporre di te come la strategia mi impone… ma se tutto andrà come spero, tu diventerai mia moglie, e suppongo che tu convenga che questo, oltre a legittimare il mio regno, comporterà anche delle responsabilità, da parte mia, nei tuoi confronti…” Amelia lo fissò, stupita… l’ultima cosa che avrebbe pensato, quel giorno, era che avrebbe sentito parlare di responsabilità verso di lei… “In più…” Proseguì Oberon, poggiando la missiva sul tavolo… “… tu sarai un utile ostaggio, nella pericolosa eventualità che abbia luogo un altro assedio, in cui la situazione mia e di tuo padre sia invertita… dubito che Philionel scenderà a trattative, a questo punto, ma credo anche che la tua presenza al mio fianco, all’interno della città, gli suggerirà maggiore prudenza… e forse, a quel punto, la scarsa prudenza e la prontezza d’azione saranno l’elemento risolutivo per questa guerra…” Le volse le spalle, e prese a radunare le sue carte sul tavolo… “Ad ogni modo, questo è quanto…” Afferrò una fila di fogli, e li ripose con cura su uno degli scaffali vicini al camino… “La mia servitrice ti attende fuori dalla stanza, se vuoi ritirarti nei tuoi appartamenti prima di cena…”

Amelia rimase dove si trovava, per qualche istante, osservandolo in silenzio mentre riordinava i suoi documenti… Era… disorientata, quanto meno. Tutto si era aspettata, tranne una conversazione del genere…

“Mio signore…” Esordì.

Oberon sollevò la schiena e la fissò, lo sguardo stupito, come se non si aspettasse che si trovasse ancora lì… Si accigliò, e la squadrò per qualche istante in silenzio, prima di rivolgerle la parola… “Hai bisogno di qualcosa, mia signora…?”

Amelia si accigliò, incerta persino sul perché si prendesse la briga di porre quella domanda… “Volevo solo sapere una cosa…” Si morse il labbro. “Se ciò che mi hai appena detto non muterà il tuo atteggiamento nei miei confronti… perché allora mi hai riferito della tua sconfitta…?” Si chiese se il modo in cui aveva posto la domanda non risultasse offensivo… ma Amelia, dalle poche conversazioni prolungate che aveva avuto con lui, cominciava a ritenere che Oberon non fosse tipo da lasciarsi prendere dalla rabbia per motivi futili come una semplice conversazione…

Oberon la fissò in modo strano, come se considerasse ovvia la risposta a quella domanda… “Mia signora, mi suona strana una domanda del genere, posta da te, che dichiari un tanto radicato senso di giustizia…” Si strinse nelle spalle. “Semplicemente, mi sembrava giusto che lo sapessi. In fondo è del tuo regno, e di tuo padre, che stiamo parlando. E qui si sta decidendo anche il tuo futuro.”

‘Un futuro su cui io non ho alcun diritto di scelta…’ Amelia non poté fare a meno di pensarlo. Ma allo stesso tempo, fu stupita dalla risposta che quell’uomo le rivolse… lui era un malvagio. Lui non aveva né il diritto né il desiderio di pensare in termini di giustizia…

Oberon si accigliò. “Ti senti bene, mia signora…? Mi sembra che tu sia impallidita…”

Amelia lo fissò. Ora si sentiva davvero confusa. Si rese conto per la prima volta di quanto poco conoscesse Oberon… Quell’uomo aveva distrutto la sua casa, la sua vita, i suoi affetti. NON POTEVA non considerarlo un malvagio, un cattivo, una di quelle persone che suo padre le aveva sempre insegnato a combattere… Ma era anche vero che quell’uomo la aveva sempre trattata con il massimo rispetto… la avrebbe chiamata quasi gentilezza, non fosse stato per quella sua disarmante, ossessionante freddezza…

‘Anche Zel è sempre stato una persona fredda.’

La gola di Amelia si strinse, al pensiero di Zel. Non voleva pensare a lui, non in quella situazione, non a confronto con quell’uomo. Quell’uomo era colui che lo aveva ucciso.

“Sto bene.” Rispose, con un tono più aspro di quanto non avesse inteso produrre. Odiava Oberon, di questo era certa, lo odiava con tutte le sue forze… Il problema, però, era che stava imparando anche a rispettarlo… e questa era una cosa che non poteva accettare. Non esisteva rispetto per un malvagio.

“Se davvero è solo per il mio beneficio che hai deciso di darmi queste informazioni, mio signore, avrei un’altra domanda da rivolgerti…” Cercò di deviare altrove i suoi pensieri, cambiando argomento… “Se non è stato mio padre a guidare l’attacco, allora chi era a capo delle truppe…?” La mente di Amelia andò immediatamente a suo zio Cristopher… non le era mai stato permesso di incontrare sua zia, ma Amelia sapeva che si trovava anche lei nel castello… se avesse mai potuto vederla, sarebbe stato bello poterle dare la notizia che Cristopher stava bene…

Oberon si accigliò. “In realtà non ne siamo certi.” Replicò, semplicemente. “Ho rivolto la stessa domanda al mio messaggero, ma lui ha saputo rispondermi solo che si trattava di alcuni signori feudali, rifugiatisi sulle montagne… e che a quanto pare erano guidati da una maga, e da due guerrieri…”

Amelia tacque, ma a quella replica il fiato parve mancarle. Una maga… e due guerrieri…? 

“G… grazie di avere soddisfatto la mia curiosità, mio signore.” Amelia schizzò quasi fuori dalla stanza, dimenticando ogni regola dell’etichetta. Sbucò nel corridoio con tale impeto che la servitrice che la aspettava si trovò a sussultare.

‘Non è possibile…’ Si ripeté freneticamente la principessa, mentre veniva scortata verso le sue stanze. ‘Non è possibile, non possono essere loro…’

Sapeva perfettamente che Zel e Gourry erano morti, e che Lina era prigioniera chissà dove oltre la barriera, impossibilitata per sempre ad utilizzare la magia… quella maga poteva essere chiunque, persino sua sorella, per quanto ne sapeva… non era stata certo lei il suo primo pensiero, durante quei mesi infernali… Gracia, da tanti, troppi anni, tornava a Sailune troppo sporadicamente per permettere ad Amelia di pensare a lei con lo stesso affetto che rivolgeva ai suoi più cari amici… e per quel che la riguardava, Lina le era più vicina di quanto sua sorella avrebbe mai potuto essere… Ma, nonostante i suoi sentimenti, ogni tanto si era detta che, ovunque si fosse trovata Gracia in quel momento, anche oltre la barriera, non appena avesse sentito di quanto era accaduto, non avrebbe esitato a tornare per aiutarli… sapeva che Gracia in buona parte non condivideva le scelte e gli ideali suoi e di suo padre, ma sapeva anche che in un momento di difficoltà non li avrebbe abbandonati… e i due guerrieri potevano essere chiunque, forse due semplici cavalieri fedeli a Sailune…

Nonostante questo… nonostante questo…

‘Non devo illudermi. Non possono essere loro.’

Amelia si chiuse alle spalle la porta della stanza, e vi appoggiò la schiena, il volto fra le mani. Era confusa. Era solo confusa per gli eventi di quel pomeriggio, e questo non la faceva ragionare con lucidità…

‘Domani avrò già soppresso questa sciocca speranza.’

Avrebbe voluto che almeno quella fosse una certezza.

Ma da qualche mese a quella parte, le certezze di Amelia avevano preso pericolosamente a vacillare. ueQu

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Capitolo 21
*** Capitolo Ventuno ***


Ehm… so che il ritardo è imperdonabile, ma sono stata colpita da sindrome imperante di blocco dello scrittore…^^’’’ Ad ogni mo

Ehm… so che il ritardo è imperdonabile, ma sono stata colpita da sindrome imperante di blocco dello scrittore…^^’’’ Ad ogni modo, ecco finalmente il capitolo finale, che sarà seguito immediatamente dall’epilogo. Mi sono molto divertita a scrivere questa fic e mi fa uno strano effetto terminarla, ma mi farà molto piacere sapere i pareri di tutti quelli che l’hanno letta…^^ Ringrazio chi ha atteso pazientemente tutti i capitoli! Buona lettura! ^^

 

 

Faceva freddo.

Ricordo poco di quei giorni confusi, tranne questo particolare. Un manto di brina ricopriva ogni mattino le colline attorno al nostro campo, estendendosi a perdita d’occhio, e creando suggestivi giochi di luce a causa del riverbero della luce pallida del sole. Con l’avanzare della giornata la temperatura si alzava, e il ghiaccio ci lasciava tregua. Talvolta, le nuvole scendevano dalle pendici delle montagne, incombendo sulla pianura e inondandola di una pioggia gelida e tagliente, che penetrava della sua umidità ogni recesso dei nostri giacigli.

 

Era sorprendente come a soli pochi chilometri dal passo la nebbia si fosse diradata. Un campo era stato allestito a valle, per tenere monitorata la pianura contro eventuali attacchi nemici, e quando ci eravamo trasferiti in quel più sicuro rifugio, il mio primo pensiero era stato che effettivamente la teoria della sua origine magica non doveva essere così infondata…

 Avrei trovato quella riflessione interessante, in altre circostanze. Avrei coinvolto Zel in lunghe discussioni, avrei annotato i particolari nel mio taccuino, proponendomi di studiare la questione quando tempo e circostanze me lo avessero concesso. In quei giorni, però, la mia mente era presa da ben altro genere di febbrile occupazione…

 

“Gira il collo.” Sibilai, acidamente.

 

Era un pomeriggio di pioggia. Lottando con il freddo e con l’aria satura di umidità, stavo inginocchiata all’interno della mia tenda, ai piedi di un giaciglio, una lunga benda fra le dita.

E la mia espressione doveva apparire tutt’altro che rassicurante.

 

Una voce lacrimevole rispose alla mia intimazione, intonando una preghiera scarna di speranze…

“Lina… ti prego… mi fa male dappertutto…”

I miei occhi si strinsero. “Non ti farebbe male se avessi evitato di farti tranciare la gola da un demone e di spezzarti una gamba contro un albero.”

Gourry chiuse gli occhi, e si piegò con un sospiro alle mie cure. “Non è che lo abbia fatto apposta…” Borbottò, in tono sofferente, mentre rimuovevo la stecca dalla sua gamba, cercando di evitare che il suo collo si muovesse eccessivamente. Una fasciatura glielo bloccava, riparandolo dalle scosse troppo brusche.

Colpii con malagrazia la gamba appena liberata dalla fasciatura, osservandolo sussultare. “Ci mancherebbe altro.” Mormorai. “Dopo che ti avevo pregato in tutti i modi di tenerti lontano dalla battaglia.”

D’accordo, biasimatemi pure, ma ero furibonda. Lo sapevo che il povero Gourry avrebbe volentieri evitato di rischiare l’osso del collo -dubito che avrei fatto affidamento per tutti quegli anni su un uomo con palesi tendenze masochiste- ma io ero arrabbiata lo stesso. Con me stessa, perché ero rimasta ad osservare impotente mentre la persona a cui più tenevo al mondo rischiava la morte . Con Zelgadiss, perché aveva dato corda alle mie stupide teorie invece di confutarmi come suo solito, facendomi considerare delle semplici ipotesi come verità scontate, e portandomi ad essere avventata. Con i demoni, per il semplice fatto di esistere. E con Gourry, sì, anche con lui. Perché una settimana prima, quando lo avevo visto morire, era stato come se ogni fibra del mio corpo e della mia mente si fosse corrosa in un solo istante. E non era stata una bella sensazione.

 

“Ora prova a muoverla.” Ordinai, cercando di contenere il nervosismo che al semplice ricordo dell’incidente di Gourry aveva catturato nuovamente la mia voce.

Lo spadaccino non aveva evidentemente voglia di discutere… obbedì alla mia richiesta, sforzandosi di mantenere immobile il resto del corpo. La gamba si mosse, lievemente, e il mio compagno strinse i denti, come colto da un repentino sussulto di dolore.

“Ti fa ancora male…?” Chiesi, senza riuscire a mascherare la preoccupazione nella mia voce. 

Gourry scosse la testa –o meglio, provò senza scarsi risultati a farlo- e mi rispose, con un gemito. “E’ solo indolenzita.” 

Sapevo che lo spadaccino aveva la tendenza a minimizzare il proprio dolore, per evitare di farmi preoccupare, ma mi rendevo conto che non stava completamente mentendo. E questo non faceva che aumentare la mia sorpresa.

 

La magia può curare le ferite, ed è esattamente ciò che i chierici di Philionel avevano fatto con il collo del mio compagno. Le fratture, però, non possono essere sanate con la stessa facilità, e richiedono un periodo di tempo molto superiore per la completa guarigione. Senza contare che il sacerdote che si era preso cura di Gourry mi aveva fatto intendere piuttosto chiaramente che era una specie di miracolo che lo spadaccino potesse di nuovo parlare… Il modo in cui il mio compagno si stava riprendendo aveva dell’incredibile…

 

“Non ha senso.” Sbottò Zel, dall’ingresso della tenda. Era tutto il pomeriggio che se ne stava fermo in piedi, pensieroso, ad osservare la pioggia cadere… Si volse verso di noi, accigliato, e squadrò Gourry con sguardo profondo. “Ve ne state qui a concentrarvi su una gamba rotta in via di guarigione, e non considerate quanto è assurdo tutto il resto. Quel demone deve averti fatto qualcosa di strano, Gourry. Perché io ho visto il modo in cui ti ha colpito, e tu NON PUOI essere ancora vivo!”

Gourry inarcò un sopracciglio, e rispose, in tono sofferente. “Sinceramente, Zel… io non trovo così terribile il fatto di non essere morto…” 

Zel piantò i piedi al suolo, e lo squadrò con fare sospettoso, ignorando la sua battuta. “Hai capito cosa intendo dire…” Incrociò le braccia al petto. “Supponiamo che in realtà Lina ed io non ci sbagliassimo. Supponiamo che quel demone abbia solo finto di volerti uccidere, o che avesse bisogno di colpirti per mettere in funzione chissà quale meccanismo magico che coinvolge la spada che porti. E se ad esempio ora tu ti stessi lentamente trasformando in demone???”

Gourry, al mio fianco, rabbrividì, e anch’io. “Non dire sciocchezze, Zel.” Intimai. “Non si è mai sentita una cosa del genere…”

“Ma la scienza avanza grazie continuamente alle nuove scoperte, no?” Replicò Zel, con fare cupo. Se doveva essere una battuta, la trovavo estremamente fuori luogo.

Presa nuovamente dal nervosismo, mi trovai ad alzarmi di scatto. “Bé, sai cosa ti dico?” Replicai, in tono secco, lasciando cadere le bende su un Gourry colto di sorpresa. “Non voglio saperlo! Tanto possiamo fare tutte le ipotesi che vogliamo, ma finché non avremo una ricca biblioteca a disposizione per indagare, o non metteremo le mani addosso a quel demone, non avremo nessuna conferma!” Lo superai, raggiungendo l’ingresso della tenda. “E se Gourry guarisce in fretta, tanto meglio. Potremo muoverci prima per trovare quell’essere.” Strinsi gli occhi, e la mia voce si ridusse ad un sibilo. “Anche prima che arrivino le truppe di Elmekia, se è necessario. Se è vicino ad Oberon, nel mezzo del campo nemico, che dovrò andarlo a scovare… allora è esattamente lì che mi dirigerò.”

Uscii nella pioggia, senza volgermi a guardarli in volto. Mi ronzavano ancora nelle orecchie le parole del demone che mi ingiungevano di tenermi lontana dal combattimento, ma non mi importava nulla se si trattava di una provocazione mirata ad attirarmi in una trappola. Ormai ero coinvolta troppo personalmente per piegarmi alla prudenza.

Corsi lontano dalla tenda, perdendomi fra i rifugi fradici e i soldati di guardia infreddoliti, prima che uno qualsiasi dei miei compagni potesse fermarmi. Gli occhi mi pungevano in modo irritante, e mi resi conto con stupore che lacrime involontarie, di rabbia, si confondevano con la pioggia sul mio viso. Avevo paura. Avevo DAVVERO paura di come quella situazione avrebbe potuto evolversi. E la cruda razionalità di Zelgadiss non migliorava di certo le cose. Se quel continuo senso di terrore non mi avesse abbandonata presto, avevo la sensazione che sarei esplosa.

 

Non mi accorsi della mole imponente che mi si parava davanti finché non ci andai a sbattere contro.

Indietreggiai di due passi, con un sussulto di paura. E il cuore continuò a rimbalzarmi in petto per diversi istanti, anche quando mi resi conto che si trattava solo di Philionel…

“Phil…” Mi portai scioccamente le mani al volto per ripulirlo dalle lacrime, senza pensare che il sovrano di Sailune non poteva distinguerle dalle gocce di pioggia… “Mi hai spaventata…”

“Mi spiace…” Replicò l’uomo, squadrandomi con curiosità in volto… “Ti ho chiamata, ma dovevi essere soprappensiero… Che ci fai sotto la pioggia…?”

‘Uhm… Cerco di forgiarmi il fisico?’

Dovetti mordermi le labbra, e azzittirmi. Non era il momento delle sciocchezze.

“Ehm… niente di particolare…” Finii per replicare, goffamente. “Mi stavi cercando?”

Il volto di Philionel si accigliò lievemente, a quella domanda. “In effetti sì…” Replicò, in tono più teso. “E’ appena arrivato un messaggero. Le truppe di Elmekia sono al passo.”

Spalancai gli occhi, a quell’annuncio. Non le aspettavamo prima di un’altra settimana. “Com’è possibile?” Sibilai. Non ero certa di essere psicologicamente pronta alle conseguenze di quell’annuncio…

Phil scosse la testa. “A quanto ho capito stavano progettando anche loro un attacco, e si stavano organizzando nelle vicinanze. Ad ogni modo, la vostra azione e la loro presenza ci danno un vantaggio che potrebbe essere vitale. Dobbiamo muoverci immediatamente.”

L’agitazione tornò a catturarmi in un attimo. “Ma… Gourry…”

“Potrà viaggiare in un carro, in modo da non dover muovere la gamba e il collo… A meno che…” Fece una pausa, e il suo tono di voce si abbassò. “Pensi… che sarebbe più sicuro se lui restasse qui…?” Non avevamo parlato molto di quanto ci era accaduto in quei mesi, con Philionel… ma alla luce dell’attacco del demone credo che cominciasse ad avere chiaro che i nostri problemi non si limitavano alla questione contingente del contrattacco ad Oberon…

Strinsi le labbra un momento, momentaneamente tentata ad assentire, ma finii per abbassare lo sguardo, e scuotere la testa. “Il carro andrà bene.” Mi limitai a replicare, accigliata. Sapevo perfettamente che Gourry non avrebbe accettato di restare indietro. E anch’io non mi sentivo particolarmente a mio agio all’idea di separarmi da lui nuovamente…

Phil annuì, senza porre obiezioni. “Allora ordinerò ai miei uomini di allestirlo, e in qualche modo riusciremo a farlo viaggiare comodamente… Partiremo domattina.” Fece per allontanarsi, quindi si volse nuovamente verso di me, con fare frettoloso. “Ci pensi tu ad avvisare Gourry e Zelgadiss?”

 

Mi limitai ad annuire, con un sospiro.

 

‘Grandioso…’ Riflettei, osservando Philionel che si allontanava sotto la pioggia. ‘Dovremo studiare come imballare Gourry in modo che guarisca, e arrivi ben pronto per la battaglia…” Sapevo che era egoistico, ma per un momento sperai che i progressi nella sua salute smettessero di essere così vistosi…

Sospirai, scostandomi i capelli fradici dal viso, e studiando accigliata le mie impronte nel fango. Marciare, e ancora marciare. Prima nel deserto, verso la prigionia, e ora qui, verso una battaglia dai contorni incerti. Erano trascorsi mesi, e mi sembrava di non essermi fermata nemmeno per un momento. E so che era strano, per me, ma per una volta nella vita mi sentivo stanca di quella frenesia. Per una volta nella vita avevo voglia di fermarmi per un po’ di tempo, e ricostruire quello spirito e quell’ottimismo che quei lunghi mesi avevano reso tanto fragili da farmi sorgere il dubbio che fossero già finiti in pezzi, sbriciolati, in qualche punto lungo la strada, senza che io me ne fossi resa conto. Volevo che tutto avesse fine, in un modo o nell’altro.

‘Bé… Almeno con il viaggio avremo qualcosa a cui pensare, oltre alle innumerevoli tragedie a cui stiamo andando incontro…’

I pensieri e lo sguardo cupo, mi decisi a ripercorrere i miei passi verso la nostra tenda.

 

 

 

 

 

 

Era ironico. La pioggia mi aveva assillata durante l’inizio di quel viaggio, e ora mi riaccompagnava a quello che, in un modo o nell’altro, ne sarebbe stato l’epilogo.

Nessuno di noi  fu particolarmente loquace, in quei lunghi giorni di marcia. L’umidità era terrificante, anche sul carro in cui un giaciglio improvvisato era stato allestito per Gourry. Anche sotto strati di coperte tremavamo di freddo per gran parte della giornata, tanto che Zel aveva presto finito per abbandonarci, e passare la maggior parte delle sue giornate in marcia, per tenersi caldo. In un clima del genere, fisico e psicologico, era difficile persino per me e per Gourry trovare un argomento di conversazione…

La salute dello spadaccino continuò a migliorare in modo vistoso. Passata una settimana era già perfettamente in grado di camminare, anche se sia Phil che io prememmo perché evitasse di viaggiare a piedi. Così, una volta che gli fu possibile alzarsi dal suo giaciglio, prendemmo a trascorrere le giornate seduti in silenzio, fianco a fianco, all’entrata del carro, osservando la pioggia cadere.

L’argomento della spada non emerse mai. Dopo aver insistito tanto in proposito, improvvisamente non avevo più voglia di sollevarlo, come si fa talvolta con le cose che ci turbano, nella speranza che il silenzio le porti a scomparire. Evidentemente riuscii persino ad illudermi, perché con l’avanzare dei giorni la mia ansia, invece di acuirsi, lasciò il posto ad una sorta di incosciente tranquillità. O forse ad esercitare quell’effetto furono semplicemente quelle ore passate ad ascoltare il rumore della pioggia, ed il respiro di Gourry. Forse solo allora, solo gradualmente, riuscii a convincermi che potesse essere davvero ancora vivo…

 

La notte in cui accadde erano passate all’incirca due settimane dalla nostra partenza dal passo.

Mancava meno di mezza giornata di marcia al nostro obiettivo, il castello arroccato nella parte nord orientale di Sailune in cui il nostro nemico aveva radunato il grosso delle sue truppe. La tensione era stata palpabile per tutto il giorno fra i soldati di Philionel, e un brusio nervoso aveva percorso le loro fila ininterrottamente, nonostante la marcia estenuante. Al crepuscolo, finalmente, un silenzio stremato aveva catturato il campo, e quella sera nessuna risata era risuonata, nessuno dei consueti canti e scherzi era dilagato negli spazi illuminati dalle luci dei fuochi, dove gli uomini di guardia stringevano le loro lance, gli sguardi assonnati accesi solo dal nervosismo.

Io dormivo profondamente, come da giorni non mi capitava di fare. La mia mente viveva il piacevole oblio del sonno senza sogni, grata di essere graziata, per una volta, dai fastidiosi rumori che normalmente invadevano il campo sino quasi all’alba.

Fu forse il ticchettio della pioggia che cominciava a cadere, a svegliarmi. Rimasi per qualche secondo con gli occhi chiusi, rifiutandomi di cedere alla veglia, finché il picchettare non divenne un sonoro rombo, contro le pareti di legno del carro. Mi levai a sedere, intontita, e rabbrividii lievemente al gelo dell’aria satura dell’odore della pioggia. Inconsciamente, il mio sguardo scandagliò l’ambiente che mi circondava, e rimasi immediatamente perplessa nel notare il giaciglio di Gourry vuoto, a fianco del mio. Cercai a tentoni il mio mantello e me lo strinsi attorno alle spalle,  scrutando il buio attorno a me, mentre mi strofinavo gli occhi con fare assonnato. Lo individuai immediatamente all’ingresso del carro, la sua figura che si stagliava contro la debole luce proveniente dall’esterno. Mi volgeva le spalle, e il suo sguardo era fisso su qualcosa al di fuori dello stretto abitacolo.

“Gourry…?” Bisbigliai, cercando di attirare la sua attenzione. La mia voce dovette essere sovrastata dal frastuono della pioggia, però, perché lo spadaccino non diede il minimo segno di essersi accorto che mi ero svegliata…

Scivolai fuori dal mio giaciglio, e scavalcai Zel, arrancando nel disordine del carro per raggiungerlo. Rimasi perplessa, in piedi dietro di lui, quando mi resi conto che anche se ero lontana solo pochi passi non si era ancora reso conto della mia presenza. Non era da Gourry lasciarsi sorprendere a quel modo alle spalle…

“Gourry?” Mi inginocchiai al suo fianco, e poggiai la mano sulla sua, per riscuoterlo. Tuttavia, lo spadaccino non si volse. Il suo sguardo si perdeva nell’oscurità del bosco.

Scrutai nel buio all’esterno, senza capire. “Che c’è?” Domandai, tornando a fissarlo. “Che sta succedendo?”

“Arriva.” Si limitò a replicare, la voce roca.

La mia stretta sulla sua mano si fece improvvisamente serrata. Non avevo idea di cosa parlasse, ma il suo aspetto terreo e la sua voce spaventata bastarono a terrorizzare anche me. “Cosa? Cosa arriva?”

“Non lo so…” Sibilò. Si volse verso di me, e solo allora mi resi conto che nella mano sinistra stringeva la spada, ancora nel fodero. Anche attraverso il cuoio della protezione, l’arma riluceva di uno strano bagliore… Stavo per menzionare la cosa, ma lo sguardo di Gourry finì per catturare il mio, ammutolendomi. C’era una punta di disperazione, nel modo in cui mi fissava. Quasi cercasse da me delle risposte.

“Gourry… calmati.” Potei solo dire, stupidamente. Afferrai la sua mano con più forza, la strinsi, cercando di farlo tornare alla ragione.

“Non posso.” Replicò, il tono disperato. “Non capisco.” Quella frase tanto consueta per lui quella notte pareva non avere nulla di normale…

“Gourry…” Iniziai, cercando le parole giuste per indurlo a spiegarmi cosa gli prendeva, ma il mio compagno mi impedì di proseguire.

“Lina.” Mi afferrò per le spalle, e mi scosse, come se fossi io quella che agiva in modo incomprensibile. “Lina.

“Cosa???” Sbottai, cercando inutilmente di liberarmi dalla sua stretta, cominciando ad essere vagamente inquietata da quell’atteggiamento.

“Io…” La voce del mio compagno prese a vacillare. “Cosa… cosa devo fare, io?” Mi fissò, febbrilmente. “Qualcosa… qualcosa sta per succedere… qualcosa… sta già succedendo… qualcosa che va oltre… mi capisci? Che va oltre questo… e io…” Inspirò, come timoroso di proseguire. “Cos’è che devo fare io…? Io devo… combattere… ma… io voglio…”

Coprii la sua mano sulla mia spalla destra con la mia, e strinsi. “Gourry?” Sibilai. “Smettila. Tu non sei in te. Mi fai paura.” Ricordi inquietanti di Gourry sotto il controllo di Fibrizo riaffiorarono alla mia mente. Che diavolo stava succedendo? Che diavolo stava succedendo, ancora???

“Io volevo solo proteggerti.” La sua voce era nuovamente incrinata dall’ansia. “E’ ciò che voglio ancora. Ma proprio per questo… proprio per questo…”

“Lina.”

Sussultai nuovamente, stavolta al suono della voce di Zel. Mi volsi verso lo sciamano, e mi resi conto che era pienamente sveglio anche lui, ora. Seduto nel suo giaciglio, fissava il buio oltre me e Gourry, e anche lui aveva messo mano alla spada.

Mi liberai dalla stretta dello spadaccino ed indietreggiai, sollevandomi. “Che c’è? Che sta succedendo?” Domandai, ancora scossa, muovendo ossessivamente lo sguardo dal volto di Gourry a quello della chimera.

“Ascolta.” Si limitò a replicare Zel, senza guardarmi in volto.

Mi azzittii, e aguzzai l’udito. Zelgadiss aveva ragione, c’era qualcosa che non andava. Non me ne ero resa conto prima, forse a causa del fragore della pioggia, ma gli altri rumori che normalmente animavano la notte nella foresta si erano totalmente azzittiti. Una atmosfera di pressante gelo era calata sul mondo che ci circondava.

La paura mi travolse come un’onda non appena mi resi conto di cosa si trattava. Guardai Gourry in volto, terrea, mentre una nuova consapevolezza mi catturava circa il significato delle sue parole.

 

E fu allora che scoppiò l’inferno.

 

Le urla risuonarono nel campo, levandosi contemporaneamente da ogni direzione. Le sentinelle sembravano improvvisamente impazzite, lanciando allarmi incoerenti che si perdevano nel buio della notte.

Mi sollevai in piedi, tesa in volto, e mi lanciai alla frenetica ricerca della mia spada e dei miei stivali.

 

Non morti.

 

Avremmo dovuto aspettarcelo. Oberon non temeva l’azzardo, e aveva scommesso.

Se fosse riuscito a sorprenderci e a decimare le nostre truppe, il rischio di un assedio si sarebbe notevolmente ridotto. Se avessimo vinto noi quella battaglia, lui avrebbe perso combattenti preziosi. Ma non partivamo da una posizione di vantaggio. Per quanto pochi potessero essere gli uomini che aveva scelto di mobilitare, non mi sarei stupita se in quel momento fossimo già stati circondati. Come puoi cogliere nella notte i movimenti di esseri che sono essi stessi oscurità?

 

I miei due compagni si misero in moto insieme a me, e in meno di un minuto schizzammo fuori dal carro. La pioggia era sempre più insistente, e i fuochi dell’accampamento erano ormai spenti. Attorno a noi, regnava la confusione più totale. Soldati semi armati e semi vestiti correvano da ogni parte del campo, frecce scoccavano sopra le nostre teste e le grida sovrastavano persino il fragore della pioggia.

“Dov’è Philionel???” Urlai, cercando di raggiungere le orecchie dei miei compagni.

“Dormiva in una tenda al centro dell’accampamento, ma…” Zelgadiss si bloccò a mezza frase, e sgranò gli occhi, osservando un punto alle mie spalle.

Mi volsi di scatto, e feci appena in tempo a cogliere il bagliore dorato nel buio alle mie spalle, prima di avvertire una presa ferrea sul mio braccio, e venire scagliata brutalmente al suolo. Atterrai nel fango, malamente, e, come sempre il copione prevede, con la faccia al suolo.

 

Boccheggiai per qualche istante, senza comprendere esattamente cosa fosse successo. Fu quando trovai la forza di sollevare lo sguardo che capii. Gourry si era frapposto fra me e il non morto, spingendomi lontano, e la sua spada aveva letteralmente dilaniato la creatura. Evidentemente, non era efficace solo contro i demoni…

“Stai bene, Lina?” Lo spadaccino accorse verso di me, con aria preoccupata, porgendomi la mano.

Io la scansai, e lo colpii direttamente in fronte.

“Ehi!” Il mio compagno si tirò indietro, reggendosi la testa. “Che ti prende???”

“Ti pare il modo di trattare una signora???” Sbottai, accettando finalmente il suo aiuto, e risollevandomi in piedi.

“Non sei molto credibile come signora…” Commentò lo spadaccino, con fare stoico.

“Che vorresti dire?” Sibilai.

Mi studiò per un secondo. “Bé… tanto per cominciare hai la faccia coperta di fango…”

Il palmo della mia mano lo colpì di nuovo sulla fronte. “E di chi è la colpa????”

Zelgadiss emise un sospiro. “Non mi pare il momento per il vostro sketch comico…” Commentò, acidamente. La pioggia gli inzuppava il cappuccio, facendolo aderire al volto scavato, e rendendo la sua espressione ancora più cupa. Fu sufficiente riportarmi alla realtà.

“Bisogna sconfiggerli col fuoco.” Dichiarai, la voce ridotta ad un sibilo allarmato. “Ma in una notte come questa solo la magia può funzionare. Dobbiamo trovare Philionel e fargli radunare i suoi sacerdoti perché usino la magia sciamanica.”

Mi rendevo perfettamente conto che la mia era una proposta di scarsa efficacia. Nel caos e nella paura era pressoché impossibile organizzare un contrattacco, gli uomini di Philionel semplicemente non ci sarebbero stati ad ascoltare. D’altra parte, in quel momento non riuscivo a pensare a nessun’altra soluzione.

“Separiamoci.” Propose Zel. “Tu ed io voleremo, Lina, e respingeremo quegli esseri attaccandoli con la magia dall’alto, sperando che i sacerdoti di Sailune ci imitino. Tu, Gourry, cercherai Philionel e lo proteggerai con la tua spada magica mentre coordina il contrattacco.” 

Né io né Gourry avemmo il tempo di replicare. Due creature ci furono addosso all’improvviso, emerse, generate dal buio della notte.

Stavolta non mi lasciai cogliere di sorpresa. Protesi le mani in avanti, e le mie Frecce di Fuoco le colpirono in pieno petto, prima che potessero stringere le loro dita gelide su uno di noi. Osservai gli occhi dorati di una di esse mentre crollava al suolo, e mentre combattevo il terrore che istintivamente mi coglieva nel sostenere quello sguardo mi trovai a domandarmi se un tempo quell’essere non fosse stato un pacifico abitante di Sailune…

“Ha ragione Zel.” Sibilai dopo un istante. “E dobbiamo sbrigarci, prima che i nostri stessi soldati comincino ad attaccarci perché sono stati trasformati in mostri…”

Gourry mi lanciò una lunga occhiata, a quelle parole, e quello sguardo mi comunicò che sapeva che avevo ragione. Ma quando abbassò gli occhi ed annuì, accettando di separarci nuovamente, ebbi l’impressione che stesse facendo violenza a se stesso…

Feci del mio meglio per ignorarlo. Gli afferrai la mano solo per un momento, una silenziosa promessa di essere cauta, quindi mi concentrai sulla mia magia, e recitai la formula per il Ray Wing.

Quando fui sufficientemente in alto per avere una visione completa, alla luce dei lampi, dell’accampamento, per un momento desiderai non averlo fatto. Per ovvie ragioni di prudenza Philionel aveva scelto di fermare le truppe su una lieve altura, ma, come avevo temuto, questo non era bastato a fermare i nostri aggressori. Silenziosi come animali notturni i mostri avevano risalito le pendici della collina, strisciando fra gli alberi, irrompendo sulla cerchia di sentinelle che circondava le truppe addormentate. In diversi punti quel muro difensivo era già stato abbattuto, e i non morti avevano preso a dilagare all’interno dell’accampamento, come dimostravano gli attacchi che avevamo subito. Il caos sembrava poter prendere il sopravvento da un momento all’altro.

D’altra parte, mi confortava l’evidente inferiorità numerica delle truppe nemiche. Forse Oberon aveva puntato semplicemente ad indebolirci, con quell’attacco, senza la pretesa di riuscire ad arrestare l’avanzata di Phil. Ad ogni modo, agendo razionalmente, avevamo la possibilità di batterli. Non c’era modo di attaccare dall’alto le creature che già stavano lottando con i soldati all’interno del perimetro del campo, però, non senza rischiare di ferire qualche alleato. Bisognava concentrarsi su quelli che i nostri soldati stavano disperatamente cercando di bloccare al limitare dell’accampamento. 

Zel ed io ci scambiammo una breve occhiata ed annuimmo, schizzando ai lati opposti dell’enorme campo. Preparai mentalmente una formula e non appena fui sufficientemente vicina ai soldati in lotta la rilasciai, segnalando loro la mia presenza…

Lighting!

La sfera di luce si levò nell’aria ed esplose, illuminando in un istante l’area a giorno. Decine di teste si volsero ad osservarmi, ma per il momento le ignorai. Avevo individuato chiaramente i miei obiettivi, e un’altra formula era già pronta sulle mie labbra…

Palla di Fuoco!!!

Un’ondata di calore e fiamme investì il gruppo di non morti contro cui i soldati stavano lottando, facendoli precipitare lungo la collina. Urla acute e agghiaccianti riempirono l’aria gelida, insieme ad un sentore di carne bruciata che nemmeno la pioggia torrenziale era in grado di spazzare via.

Feci del mio meglio per trattenere la nausea.

“Il fuoco!” Mi limitai a gridare ai soldati. “Lasciate passare avanti i sacerdoti!”

Confidai nella freddezza e nella rapidità d’azione degli uomini di Sailune, e non mi fermai per attendere risposta. Sorvolando un gruppo di spadaccini impegnati in una feroce lotta, sfrecciai verso un’altra zona del perimetro, senza avere il tempo di concentrarmi sulla coerenza dei miei spostamenti. Abbattei file di non morti in modo meccanico, finché magia e grida di avvertimento non resero la mia voce roca. I mesi trascorsi dall’assedio sembravano avermi fatto scordare cos’era la battaglia in una guerra, ma quella notte mi resi conto che quelle sensazioni in realtà si erano impresse nella mia mente come un marchio a fuoco. Lo stato continuo di agitazione in cui avevo vissuto in quell’arco di tempo non era stato che il sottile, strisciante riecheggiare dell’ansia e dell’incertezza che costantemente sfidano la razionalità del soldato durante la battaglia…

Presto persi la cognizione del tempo. Ogni minuto che passava, la pioggia pareva farsi più gelida e sferzante contro il mio volto, e sui miei arti.

Quando fui troppo stremata per essere ancora utile, mi ritirai dalla portata di eventuali frecce nemiche, per riprendere fiato. Fu allora che notai Gourry con la coda dell’occhio. Lo spadaccino era riuscito a raggiungere Philionel, ed entrambi erano posizionati sulla linea di difesa. Il mio compagno copriva le spalle al sovrano, mentre Phil impartiva ordini ad un gruppo di sacerdoti che gli faceva letteralmente da scudo contro un’orda di non morti che cercava di penetrare fra le fila interne di soldati. Mi morsi le labbra, maledendo Philionel per la sua dannata abitudine ad esporsi. Che utilità avrebbe avuto tutto il suo senso di giustizia se le truppe di Sailune si fossero trovate a perdere il loro punto di riferimento per la sua avventatezza?

Rimasi con il fiato in gola ad osservare il combattimento, Philionel che urlava ordini contro la pioggia, e Gourry che si muoveva velocemente fra i cavalieri dalle armature annerite e dagli occhi dorati, abbattendoli con la sua spada. Per qualche motivo, quella scena mi lasciò perplessa. Non capivo cosa, ma c’era un particolare che non riuscivo a mettere a fuoco…

 

I miei occhi si spalancarono improvvisamente, mentre la comprensione e lo stupore mi investivano.

I non morti. I non morti non attaccavano Gourry.

Lo spadaccino li colpiva, certo, ma le creature si limitavano ad attaccare gli altri guerrieri, e scivolavano vicino a lui senza sfiorarlo…

‘… Quasi non lo vedessero.’

Le mie labbra si strinsero. Quell’immagine mi appariva incredibilmente inquietante.

“Lina!”

La voce di Zel, alle mie spalle, mi riscosse dai miei pensieri. Mi volsi, e lo vidi sfrecciare verso di me, l’aria stremata.

“Che succede?” Gridai, di rimando, con fare stanco. La pioggia inzuppava il mio mantello, appesantendolo, e rendendo sempre più difficoltoso tenere attivo il Ray Wing.

Zel si fermò di fronte a me, e parve leggermi nel pensiero. “Scendiamo.” Mi invitò, semplicemente. “Le truppe di Phil stanno vincendo su tutti i fronti…”

Strinsi le labbra, e scossi la testa rapidamente. “Aspetta.” Replicai. “Dai un’occhiata.” Gli indicai il combattimento sottostante.

Zel batté le palpebre e mi fissò, con aria perplessa. Quindi seguì la direzione indicata dalla mia mano, aggrottando le sopracciglia. E dopo qualche istante osservai diffondersi sul suo volto lo stesso stupore che poco prima era apparso sul mio…

“Da cosa credi che dipenda?” Domandò, a mezza voce.

“Non lo so.” Replicai. La mia mente si arrese alla mancanza di concentrazione, e mi imposi di governare l’incantesimo quanto bastava per scendere al suolo, prima che si infrangesse.

Zel mi imitò, e ci portammo a distanza di sicurezza dalla linea del fronte, mentre le truppe di Philionel respingevano gli ultimi non morti…

“Credi che… avessi ragione?” Nella voce di Zel non c’era la spavalderia con cui era solito affermare il suo punto di vista. “Credi che per qualche motivo abbiano bisogno di lui vivo?”

“… Forse…” Mi costrinsi a replicare, dopo qualche istante di silenzio. “… O forse ha a che fare con la loro capacità di percepire la sua presenza…”

Gli occhi de Zel si strinsero. “Intendi dire…”

“Intendo dire che forse quelle creature non ci vedono…” Mi morsi le labbra, osservando il combattimento in lontananza. “Forse avvertono semplicemente il nostro essere, la vita che scorre in noi…”

Zel mi afferrò il braccio, e strinse con violenza, costringendomi a volgermi a guardarlo. La sua espressione aveva poco della consueta freddezza. “Mi stai dicendo che ho ragione? Gourry si sta trasformando in un demone, un non morto, o qualcosa del genere???” La sua voce era un sibilo agitato, e mi resi conto che era preoccupato, per Gourry, e probabilmente anche per me. Avrei voluto essergliene grata, ma in quel momento il mio cervello era sovraccarico di pensieri.

“Non… non lo so.” Replicai, in tutta sincerità. “Non so più cosa pensare.”

Abbassai lo sguardo, e iniziai a riflettere freneticamente. “Potrebbe anche dipendere dalla spada…” Aggiunsi dopo qualche istante, cercando di mantenere la freddezza necessaria. “… Ti ricordi cosa ha detto quel demone? Non riusciva ad individuarci con la magia…”

La spada aveva mostrato di essere un potente rifrattore degli incantesimi… poteva essere che fungesse in qualche modo anche da schermo ai tentativi di rintracciarla attraverso la magia…? I demoni avevano la capacità di captare forti sorgenti di energia magica… avrebbero potuto farlo con i Demon Blood, ma i miei talismani erano persi chissà dove all’interno delle mura del palazzo di Sailune, dove li avevo lasciati prima di partire… e la spada poteva essere uno schermo sufficiente per mascherare la mia presenza, nonostante i miei poteri, e quella di Gourry, che pure il demone doveva avere cercato di rintracciare… Forse qualcosa di simile avveniva con i non morti… forse la spada schermava la sua presenza a quelle creature… ma chi avrebbe potuto avere interesse a creare un’arma con un potere del genere…?

Zelgadiss si accigliò. “Puoi avere ragione… ma come possiamo verificarlo…?”

Mi incupii, e abbassai lo sguardo. “E anche se sapessimo la verità, potremmo davvero fare qualcosa, ora…?” Mi liberai dalla sua stretta. “Dobbiamo ritrovare quel demone, è l’unica soluzione. Ho bisogno di affrontarlo faccia a faccia, ho bisogno di chiarire questa faccenda.”

Zelgadiss non replicò nulla. Restammo semplicemente in silenzio, osservando gli ultimi focolai di combattimento spegnersi, mentre la luce dell’alba cominciava a levarsi all’orizzonte, spazzando via le ultime, tenaci gocce di pioggia, retaggio del feroce temporale delle ore precedenti.

Ero infreddolita, e le mie vesti e i miei capelli grondavano pioggia gelida, ma la mia mente era vigile, mentre osservavo i sacerdoti di Sailune bruciare, con aria cupa, i cadaveri dei loro compagni. Al mio fianco, la chimera era immersa in chissà quale intensa riflessione.

“E se…” Iniziò Zelgadiss, dopo un silenzio interminabile, scuotendomi dalle mie riflessioni. “… e se noi, ora, ci separassimo dalle truppe di Philionel?”

Spalancai gli occhi, a quell’affermazione, e mi volsi verso di lui, squadrandolo come avrei fatto con Fibrizio risorto al Mare del Caos. “Che diavolo dici?”

Zel non si lasciò scomporre. “Ascoltami. In fondo quanto hai appena detto non è che un altro modo per affermare che ora come ora i nostri obiettivi non coincidono esattamente con quelli di questo esercito.” La chimera si accigliò. “L’obiettivo principale di Philionel è e deve essere quello di espugnare quel castello e riconquistare il suo regno, riportando la pace a Sailune. Il tuo invece è quello di trovare quel demone, e capire cosa stia succedendo a Gourry. Potremo muoverci molto più liberamente da soli, forse potremo persino pensare di riuscire ad entrare in quel castello prima che la nuova battaglia cominci. A maggior ragione se davvero la spada di Gourry ci permette di non essere individuati dalla magia.” Mi fissò intensamente, negli occhi.

Risposi a quello sguardo accigliandomi a mia volta. “Lo sai che noi potremmo essere un supporto  importante a Philionel… Può essere che come dici riusciamo ad entrare nel castello, e aiutarli con la nostra azione in solitario, ma se così non fosse?”

Zel si strinse nelle spalle. “Mi sembra che abbiamo già fatto molto per Philionel, abbastanza da superare qualsiasi compenso. Non è da te sacrificarti agli obiettivi altrui, Lina…”

Mi morsi le labbra, ma non potei smentirlo. Aveva perfettamente ragione, sotto questo punto di vista. Tendenzialmente, io ero un’egoista. Non so se dovessi essere biasimata per questo, ma per me c’erano alcune cose, nello specifico la mia vita, e quella di Gourry, che avevano la priorità su tutto il resto.

Fissai i miei piedi al suolo, riflettendo sulla sua proposta. “E tu, Zel?” Replicai infine, in tono piatto. “Posso indovinare qual è il tuo personale obiettivo in tutta questa faccenda…?”

Zelgadiss rimase impassibile, rispondendomi in tutta tranquillità. “Fossi in te risparmierei di fare commenti in proposito, Lina.” Incrociò le braccia al petto. “Sono certo che anche Philionel sarà d’accordo.”

Zelgadiss aveva ragione, Philionel sarebbe stato d’accordo. Perché se avessimo attaccato il castello insieme ai suoi soldati nessuno avrebbe garantito per la salute di Amelia… se invece fossimo riusciti ad entrare e trovarla prima dell’attacco, qualcuno avrebbe potuto combattere con lei e aiutarla…

Feci un mezzo sospiro. “Oh, lo so che io non posso dire proprio nulla per criticare il tuo assolutamente personale ed egoistico movente. Non dopo aver messo in pericolo il mondo intero solo per salvare la vita di una persona, in ogni caso.” Replicai, in tono neutro.

Zel mi fissò, inarcando un sopracciglio. “Tengo a sottolineare che IO non lancerei una Giga Slave. Qualsiasi persona desiderassi salvare.”

Sorrisi fra i denti. “So perfettamente di essere io la pazza, grazie tante. Ma non farei tanto lo schizzinoso, dal momento che quel Giga Slave ha salvato la pelle anche a te…”

Zel scosse la testa, con fare rassegnato, ed io distolsi lo sguardo, riflettendo febbrilmente sulla sua proposta. Se dovevo essere sincera, l’idea di rimettermi in moto da sola e fare qualcosa di concreto in fondo mi piaceva. Non ne potevo più del senso di impotenza quella guerra continuava a trasmettermi…

Non pronunciammo più nemmeno una parola. Il sole era già sorto per metà all’orizzonte, e il vento, violento e gelido, stava velocemente spazzando via le cupe nubi dal cielo, premendo le nostre vesti fradice e gelate contro la pelle nuda al di sotto. Tremavo per il freddo e fremevo per la tensione del nuovo progetto, osservando Gourry risalire lungo le pendici della collina e muoversi verso di noi, la spada ancora nella mano destra, e il volto sporco di sangue. A dispetto del suo aspetto malridotto, ci gridò un saluto, quando fu a portata d’udito, e ci rivolse un sorriso vittorioso. Un sorriso che bastò a ridarmi calore più di quanto un fuoco acceso in quel momento sarebbe stato in grado di fare. Provai ad immaginare per un momento quel volto solare e pacifico contorto nel gelo della non vita, ma non ci riuscii. Con tutta la mia immaginazione, non ci riuscii.

Anche dopo quella guerra, anche dopo tanto orrore a cui avevo assistito, ero ancora convinta che le persone come Gourry rendessero il mondo un posto migliore. Non avrei mai permesso che gli accadesse una cosa del genere.

“Dei, come siete ridotti, ragazzi.” Scherzò lo spadaccino, quando ci raggiunse. “Sembra quasi che abbiate appena affrontato un’orda di non morti.” 

Risposi al suo sorriso, il mio morale inaspettatamente leggero, nonostante tutto, come le nubi che correvano lontano nel cielo, verso il teatro della nostra prossima battaglia. “Fossi in te non farei troppo lo spiritoso, cervello di medusa. Conoscendoti potrei davvero pensare che tu abbia già dimenticato la battaglia, e la mia pazienza non è ai suoi più alti livelli dopo aver volato tutta la notte sotto la pioggia…”

“Dev’essere un hobby che pratichi spesso, allora…” Suggerì lo spadaccino, a voce abbastanza alta perché potessi sentirlo…

 

No, decisamente non lo avrei permesso. Se si fosse trasformato in un demone, o in un morto, che soddisfazione avrei potuto trarre nel colpirlo con quei meravigliosi schiaffi al centro della fronte, quando se lo meritava?

 

 

 

 

 

***

 

 

Gourry si strinse nel mantello, inquieto.

Dall’altura su cui si trovava, il complesso delle mura di quel pur periferico castello gli appariva impenetrabile come la montagna sacra di cui talvolta sua nonna gli narrava quando era ancora un ragazzino…

Si trovavano a solo un paio di chilometri di distanza da quello che presto sarebbe stato teatro di una delle battaglie più importanti che gli annali di Sailune ricordassero. Erano soli. Con se stessi, con il tetro sottofondo dei rumori del bosco, con le proprie paure.

Non era ancora certo del perché Zel e Lina avessero trovato saggio separarsi dagli armati di Philionel, e precederli fino a lì, e soprattutto del perché il neo sovrano di Sailune non avesse posto obiezioni di fronte a quel progetto… Per quanto spesso avventate, aveva imparato a fidarsi delle decisioni di Lina, ma in quei giorni gli era più facile del solito dubitare… degli altri, e anche di se stesso. Tutto ciò che desiderava era ritrovare la sua consueta serenità, ma il cupo presentimento che lo aveva accompagnato nel corso dell’intero viaggio non faceva che aumentare a mano a mano che le mura della città si avvicinavano…

“Non sono ancora certo della sicurezza del tuo piano, Lina…” La voce della chimera risuonò alle sue spalle, rispondendo perfettamente alle sue preoccupazioni. Zelgadiss sedeva su un destriero pezzato, lo sguardo cupo, al di sotto del cappuccio sollevato, che scrutava in lontananza la pietra grigia delle pareti del castello…

“E’ OVVIO che non è sicuro.” Replicò la maga, secca. “Ma è l’unica alternativa che abbiamo. E se ha funzionato una volta non vedo perché non dovrebbe farlo ancora.”

Lina aveva raccontato a Philionel qualcosa circa un piano di fuga che aveva attuato quando era ancora prigioniera a sud della barriera… a quanto pareva, aveva trovato una via d’uscita dalla prigionia attraverso uno dei canali fognari che smaltivano le acque putride all’esterno del palazzo reale… Philionel aveva fornito loro una mappa dei canali di scolo del castello in cui stavano cercando di irrompere, prima che si allontanassero dalle sue truppe…il sovrano sapeva di poter sfruttare il fatto di attaccare un castello che si era trovato sotto la sua giurisdizione, e aveva raccolto documentazione su tutti i possibili punti deboli che le mura offrissero ad eventuali aggressori… i canali fognari erano una via di accesso troppo disagevole per offrire reali vantaggi agli assedianti, ma potevano bastare a due o tre persone per cercare di penetrare nelle mura senza essere avvistate…

Lina, Gourry e Zel precedevano gli armati di circa mezza giornata, e attraverso quella pianta, in teoria, avrebbero potuto introdursi all’interno della roccaforte e cercare Amelia per metterla al sicuro, prima che l’assedio avesse inizio…

“Ma stando a quanto ci hai raccontato, e a quanto io stesso ho assistito, il risultato della tua spettacolare fuga, ad Ulan Bator, non è stato così esaltante, o sbaglio?” La chimera replicò all’affermazione di Lina con freddezza impietosa…

A quelle parole, Lina ebbe un fremito, e rivolse a Zel un’occhiata gelida. “Il cattivo esito non è dipeso dalla scelta della via di fuga.” Replicò, in tono duro. “E comunque, se hai idee migliori, sei liberissimo di proporle…”

Gourry sospirò, e decise di intervenire nella discussione prima che essa degenerasse… “Cosa faremo una volta all’interno…?” Domandò, osservando le nubi che si addensavano sulla valle, assediando un sole pallido e spento.

“Dobbiamo farci rivelare da qualcuno dove si trova Amelia.” Lina smontò dal suo cavallo, conducendolo con le redini ai margini della radura in cui si erano fermati. “L’ideale sarebbe riuscire a portarla all’esterno prima che inizi la battaglia, ma non sono certa che ne avremo realmente la possibilità…” Si volse verso di lui, pensierosa. “E tu ed io dobbiamo trovare quel demone. Ho bisogno di chiarire alcune questioni con lui. Senza contare che ucciderlo significherebbe dare un considerevole aiuto a Philionel, circa l’esito della battaglia…”

Il tono di Lina non ammetteva repliche. Né Gourry aveva intenzione di sollevare discussioni… La maga gli appariva nervosa, in quei giorni, in modo diverso dal solito… sapeva che ciò in parte dipendeva da lui, e la cosa in qualche modo lo turbava. A maggior ragione, perché aveva l’impressione di sapere cosa sarebbe servito a tranquillizzarla, e nonostante tutto, a dispetto anche di se stesso, non sentiva nessuna propensione a realizzare il suo desiderio…

Strinse l’elsa della spada fra le dita, avvertendo l’ormai familiare scossa di dolore… Non voleva pensare alla lama, non voleva pensare al valore che la sua compagna pareva darle… continuare a considerarla una semplice arma rendeva tutto più semplice…

‘Ma l’ho davvero mai pensata come tale…?’

Sapeva che probabilmente interrogarsi su quella questione non lo avrebbe rassicurato.

“Ad ogni modo… se abbiamo così poco vantaggio su Philionel è meglio muoversi, no…?” Scese da cavallo a sua volta, volgendo le spalle ai suoi compagni, cercando di troncare i suoi stessi pensieri. Sentì Zel sospirare, ma la chimera non sollevò obiezioni. Gourry sospettava che fosse troppo preoccupato per la principessa per manifestare realmente tutte le sue esigenze di prudenza…

In silenzio legarono i cavalli, ed in silenzio si avviarono lungo la via indicata dalla mappa di Philionel… Il percorso si rivelò più tortuoso del previsto… fu complesso trovare l’imbocco del canale, e ancora più complesso fu risalirlo… Zel e Lina si servirono della magia per creare delle bolle d’aria in cui fosse possibile respirare, ma dovettero comunque procedere lentamente, in fila indiana. Ci volle quasi una mattinata, per coprire pochi chilometri. Quando rimossero con la magia la solida grata che li separava dall’accesso alla pavimentazione in pietra dei cortili del palazzo, mezzogiorno era già passato, e l’arrivo di Philionel doveva essere imminente…

Uscirono in silenzio nel cortile deserto, scivolando rapidamente a ridosso delle mura, per non essere individuati. Lina continuava a guardarsi attorno nervosamente, ma nessuno parve notarli. Il grosso delle truppe si concentrava sulle mura, e scrutava cupamente l’orizzonte.

“Dobbiamo raggiungere l’ingresso al corpo centrale del palazzo, e catturare una delle sentinelle all’interno.” Mormorò la maga, nervosamente. “Dobbiamo cercare di farci guidare da Amelia senza sollevare un polverone che rischierebbe di rovinare ogni cosa…”

Zelgadiss annuì. “Il percorso dalle mura agli edifici del castello è troppo esposto, però… sono troppo alte le probabilità che qualcuno ci avvisti dalle mura…”

Lina si accigliò. “Cosa proponi di fare, allora…?”

“Forse è il caso di separarsi.” Replicò la chimera, dopo qualche istante. “Posso andare avanti da solo. Se nessuno mi avvisterà, dopo qualche minuto proverete a raggiungermi… se mi vedranno, farò da esca, e voi cercherete di approfittare della confusione per arrivare ad Amelia.”

La maga rifletté per qualche secondo, prima di annuire. “Sì… forse hai ragione.” Rivolse una breve occhiata a Gourry. “Per contro, se qualcuno si accorgesse di noi, tu potresti raggiungere indisturbato Amelia mentre noi combattiamo… e forse anche quel demone uscirebbe allo scoperto…” Per un momento a Gourry parve persino che la maga desiderasse che le cose andassero così…

“Rifugiatevi nelle stalle…” Li invitò Zel, indicando l’edificio che si ergeva a pochi metri da loro, un casermone di legno e pietra, preceduto da un portico in cui erano ammassate enormi balle di fieno. “Da lì non sarà possibile vedervi dall’alto… Io cercherò di arrivare ad uno degli ingressi posteriori, quello sulla torre laggiù…” Indicò un punto, al di la delle stalle. “Datemi solo qualche minuto, e se non sentite nulla di strano potrete provare a raggiungermi… ”

La maga annuì, e afferrò Gourry per il braccio, prima che potesse porre qualsiasi obiezione… lo trascinò verso il portico, e in mezzo al fieno, mentre la chimera spariva dietro l’angolo dell’edificio…

“Lina…” Azzardò lo spadaccino, a mezza voce, quando furono al riparo. “… non sono certo che sia una buona idea… Zel è un mago, ma è solo… se lo cogliessero di sorpresa, potrebbero anche catturarlo senza che noi ci rendiamo conto di nulla… potrebbero sospettare che ci sia qualcuno con lui, e tenderci una trappola…”

“Allora finiremo in trappola, e combatteremo.” Si limitò a replicare la maga, senza volgersi a guardarlo in volto.

Gourry sospirò, e la afferrò per un braccio, costringendola a ricambiare il suo sguardo. “Lina…” Implorò. “Per favore, non essere avventata solo perché sei arrabbiata con me…” Le sue dita strinsero, quando la maga fece per replicare. “Non voglio che ti succeda di nuovo qualcosa, che ti catturino o peggio. Per favore…”

Lina si morse il labbro, e scostò gli occhi dai suoi, come incapace di sostenerli. “Non… non sono arrabbiata con te.” Replicò in tono evasivo. “Davvero. Sono solo… ho i nervi a fior di pelle, Gourry. Mi dispiace se in questi giorni sono stata brusca con te, nonostante ti fossi appena ripreso da una ferita così grave…”

Gourry emise una risata strozzata. “Tu che ti scusi…? Ora sì che sono preoccupato…”

Lina gli rivolse un’occhiataccia. “Non devi esserlo così tanto, se ti diverti a fare dello spirito…”

Gourry si limitò a sorriderle, e a chinarsi a baciarle la fronte. Lina afferrò la sua mano, che le riposava sulla guancia, e la tenne premuta contro il suo viso.

“Temi il momento in cui affronteremo quel demone…?” Sussurrò lo spadaccino, senza allontanarsi da lei…

“Sì…” Si limitò a replicare la maga, in tono del tutto sincero. “E temo Elmerish, che sarà di sicuro fra queste mura…e ho paura per Amelia, e ho paura per te… mi sento come se… fossi tornata ragazzina. Credevo di aver superato tutto questo. Credevo che una volta diventata una maga potente avrei saputo difendermi in ogni circostanza, e non avrei mai più avuto paura di nulla, e invece… da qualche anno a questa parte, sono successe un sacco di cose in grado di terrorizzarmi…” Gourry fu allo stesso tempo stupito ed onorato della franchezza di quelle parole… era raro che Lina rivelasse tanto di sé a qualcuno, persino a lui… la maga era una persona indipendente, e probabilmente temeva che mostrare le sue debolezze agli altri offrisse loro un mezzo per manipolarla… E di fronte a quella improvvisa sincerità, il senso di colpa per il suo attaccamento a quella spada che Lina evidentemente temeva diventava ancora più acuto… 

“Mia nonna…mi diceva sempre che se si ha paura per qualcosa vuol dire che si ha qualcosa che ci sta a cuore…” Sussurrò, fra i suoi capelli. “E questa è una fortuna… è una fortuna per te, che per certo difenderai ciò che ami, e la tua stessa vita, con le unghie e con i denti… come hai sempre fatto, con successo.”

Lina chiuse gli occhi, come meditando sulle sue parole… “L’ho fatto… anche con il tuo aiuto.” Mormorò in risposta, dopo qualche istante.

Gourry sorrise. “E il mio aiuto avrai. Sempre.”

Lina non replicò nulla. Rimase in silenzio per qualche istante, prima di allontanarlo, e levarsi in piedi. “Dobbiamo andare, ora.” Dichiarò, semplicemente. Ma i loro sguardi si incrociarono per un momento, e la fiducia che quello sguardo comunicò a Gourry bastò a rincuorarlo, più di quanto avrebbero fatto mille parole…

Si levarono in piedi, e scivolarono silenziosamente fuori dal portico che li riparava… Sulle mura, nessuno li degnò di uno sguardo. I soldati volgevano ogni loro sguardo all’esterno, come ipnotizzati dall’attesa della battaglia… Gourry riconobbe, in prima fila, le armature annerite dei non morti. I soldati parlavano, e si scambiavano sguardi inquieti. Quelle creature, invece, semplicemente stavano in piedi, immobili, gli occhi fissi sull’orizzonte.

Lo spadaccino fu percorso da un brivido, e distolse lo sguardo.

Seguì Lina, scivolando lungo le pareti finché fu possibile, e poi di corsa, nell’aperto cortile, temendo ad ogni istante di essere avvistato.

Non avvenne.

Imitò Lina nell’appiattirsi contro la parete di una delle torri, e scivolò insieme a lei dentro una porta socchiusa.

Ad attenderli c’era Zelgadiss. “Ci avete messo un sacco.” Commentò. “Cominciavo a preoccuparmi.”

Lina si ripulì la fronte dal sudore, generato probabilmente più dal timore per il rischio scampato che dalla breve corsa… “Dovevamo essere sicuri.” Replicò. “Che cos’hai lì?”

Gourry si rese conto per la prima volta che bloccata fra la chimera e la parete c’era una figura, tremante. Aveva forse fra i dodici e i quattordici anni, e gli abiti semplici di uno scudiero… E fissava Zel come avrebbe guardato una creatura degli inferi…

“E’ il meglio che mi sia capitato sotto mano…” Rispose Zel, in tono seccato. “Ho idea che il signorino, qui, stesse cercando qualche anfratto in cui rifugiarsi durante la battaglia… quando ho aperto la porta deve aver pensato che lo stavo venendo a stanare, e ha cercato di colpirmi con questo…” Lanciò un oggetto a Gourry. Era un pugnale di fattura poco raffinata, ma sufficientemente appuntito… una specie di bracciale era legato all’elsa attraverso un anello a molla che un semplice movimento poteva far scattare, ed aprire… in questo modo, lo si poteva tenere nascosto nella manica ed estrarre all’occorrenza con una certa facilità… un espediente che Gourry aveva già visto usare a certi mercenari usciti dalla Gilda dei Ladri, quando aveva combattuto a Sailarg…

Lo passò a Lina. “Suppongo che questo sia adatto a te…” Commentò… “Non mi sembra che tu ti faccia grandi problemi, con i colpi scorretti…”

Lina gli riservò un’occhiataccia… ma fece comunque sparire il pugnale fra i suoi oggetti, con una velocità degna di qualsiasi ladro di Sailarg, cosa che Gourry si guardò bene dal farle notare…

Lina si fece avanti, le braccia incrociate, e guardò lo scudiero con una occhiata che doveva spaventarlo ancor più del volto da chimera di Zelgadiss… “E questo moccioso sa dove si trova Amelia…?”

Zelgadiss si strinse nelle spalle. “Stavo giusto domandandoglielo gentilmente, prima del vostro arrivo…” Si volse, l’aria minacciosa. “Allora, puoi portarci dove si trova la principessa?”

“S – s – s – s…”

Lina inarcò un sopracciglio. “Non abbiamo tutto il giorno, ragazzino…”

“Si… si trova nel mastio!” Replicò lo scudiero, in tutta fretta. “E’… è… lungo questo corridoio, e poi ancora a destra, e a sinistra, e…”

“D’accordo, d’accordo…” Lo interruppe Lina. “Non possiamo rischiare di perderci, dovrai accompagnarci.” Lo squadrò negli occhi. “Senti, noi non abbiamo alcuna intenzione di farti del male… basta che ci porti dove vogliamo arrivare, e potrai andare senza neanche un capello in meno sulla tua testolina bruna…”

Il ragazzo deglutì, e annuì. Ancora tremante, si avviò lungo il corridoio buio, e per lunghi minuti li condusse lungo dedali deserti, in un silenzio spettrale. Non incrociarono nemmeno un servitore. Tutti dovevano essersi rintanati ovunque Oberon avesse deciso di mettere al riparo la popolazione civile, nel corso della battaglia… Gourry, ad ogni finestra, lanciava occhiate nervose all’esterno, ripetendosi che ormai Philionel doveva essere vicino.

Quando giunsero alla base di una lunga gradinata, il ragazzino si bloccò. Alle loro spalle, una porta era aperta sul cortile, e Gourry notò come il ragazzino continuava a fissarla, esitante e speranzoso… Con dita tremanti, indicò loro i ripidi gradini. “Per… per di qua… Ve lo assicuro, non vi sto mentendo, è la terza stanza che incontrerete salendo…”

Zelgadiss si accigliò. “Sarà meglio per te che sia vero, ragazzo.” Sibilò. “Perché anche tu ci accompagni in cima.”

Gli occhi del giovane si fecero lucidi. “Vi prego.” Implorò. “E’ davvero lì. Lasciatemi andare, e non dirò nulla, ve lo giuro. Devo andarmene. Se vi trovassero, e io fossi con voi, capirebbero che vi ho portati io qui, e…” 

“Non si discute, ragazzino.” Tagliò corto Zel. “Se è questo che ti preoccupa, allora prega che nessuno ci trovi. Vedi di suggerirci bene come muoverci, e…”

Zelgadiss non ebbe il tempo di terminare. Una voce, imperiosa, risuonò dalla cima delle scale. “Che diavolo sta succedendo, qui?” Una figura imponente seguì la domanda, vestita di bianco e oro, la spada alla mano. Probabilmente, una delle guardie che erano state messe di guardia ad Amelia.

Lo scudiero prese immediatamente a scalpitare. “A… aiuto! Sono intrusi! Intrusi!”

Gourry si morse le labbra, e fece per azzittirlo, ma il ragazzino, agile per età e costituzione, gli sfuggì di mano. In un guizzo da animale selvatico, balzò verso il cortile, e fuggì gridando all’esterno.

“Dannazione!” Zel imprecò, e fece per seguirlo, ma la figura del soldato gli fu immediatamente addosso. La sua spada lo avrebbe trapassato da parte a parte, se il suo corpo non fosse stato di pietra. Invece, con un clangore metallico, gli colpì il fianco e generò un contraccolpo che fece perdere l’equilibrio all’armato. Senza attendere che riguadagnasse la sua compostezza, Zel gli afferrò il braccio con cui reggeva la spada, e mormorò, fra i denti. “Mono Volt.

Con solo un rantolo ed uno sguardo misto di stupore e terrore, il soldato si accasciò al suolo, il grido di dolore che gli moriva in gola.

Rumore di passi sulle scale rivelò loro che non era solo. Questa volta fu Lina a farsi avanti. Con cupa determinazione, li attese al termine dei gradini, e le sue Frecce di fuoco li colpirono ancora prima che potessero mettere piede sul pavimento in pietra del corridoio…

Gourry rimase immobile, diviso fra la volontà di restare ad aiutarli e l’urgenza di cercare di catturare lo scudiero…

“Dobbiamo riprenderlo!” Intimò Zel, sottili gocce di sudore che gli scendevano lungo le tempie. “Darà l’allarme!”

“No.” Replicò Lina. “Se ha già messo in allerta i soldati uscire in cortile ora sarebbe un suicidio…” Lo afferrò per un braccio. “Dobbiamo trovare Amelia, e dividerci. Voi due vi metterete in salvo, e Gourry ed io faremo da esca.” Fissò Zel dritto negli occhi, e la chimera parve cogliere ciò che era sottinteso a quella intimazione. E anche Gourry capì, forse diversamente da quanto Lina pensava. Sapeva leggere fin troppo bene l’espressione della maga. Voleva trovare quel demone, ad ogni costo.  

“D’accordo.” Concluse infine Zel, in un sibilo. “Allora muoviamoci.”

Senza più scambiare una parola, si precipitarono lungo l’infinita scalinata, saltando i gradini e contando i passi. La mente di Gourry gridava, consapevole dei rischi cui stavano andando incontro. Fissò Lina, che lo precedeva di pochi passi, l’aria intenta in chissà quale cupa riflessione. Avrebbe impedito che le accadesse qualcosa, pensò. La spada non cambiava le cose. Era lei la sua priorità.

Si morse le labbra, e osservò Zel che con un semplice impeto della sua forza sovrannaturale faceva saltare il lucchetto e spalancava la porta. Di fronte a loro, in una stanza riccamente arredata, trovarono una terrorizzata Amelia. La principessa era in piedi, e fissava la porta come se si aspettasse di veder irrompere una carica di orchi. E mentre la porta di legno massiccio si chiudeva alle loro spalle, di fronte a loro, la sua espressione mutò dalla paura, allo stupore, alla gioia incredula.

“Zel… voi…”

Mentre la giovane erede al trono di Sailune si faceva avanti per abbracciarli, Gourry si trovò a pregare che finalmente le cose nel mondo stessero riprendendo il loro giusto corso…

 

 

 

 

***

 

 

 

La principessa ci venne incontro con le labbra serrate, e l’aria di chi era sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro. Per un momento restammo tutti immobili, a fissare gli uni gli altri come fossimo fantasmi, incapaci di dare voce al turbinio di sensazioni che provavamo nell’essere, dopo tanti mesi, riuniti tutti nella stessa stanza.

Amelia fu la prima a cedere. Con una specie di singulto strozzato, corse in avanti, e abbracciò Zel con tanta energia, che per un momento credei che la chimera avrebbe perso l’equilibrio. Zel la sorresse, lanciandoci un’occhiata imbarazzata.

“Stai… bene, Amelia…?” Domandò, in un sussurro.

Amelia sollevò lo sguardo, le guance rigate di lacrime. E in un gesto inaspettato si sollevò sulla punta dei piedi, e stampò un bacio sulle labbra di Zel.

La chimera parve troppo stupita per reagire. Spalancò gli occhi e rimase immobile, mentre Gourry ed io ci scambiavamo un’occhiata divertita. Evidentemente i lunghi mesi di distanza erano stati il giusto propellente, per la principessa, a dimenticare parte delle sue riserve, nonostante i timori della chimera…

Amelia si allontanò dallo sciamano, e si asciugò gli occhi. “Pensavo fossi morto.” Singhiozzò, come a spiegazione. “Pensavo che tutti foste morti.” Spostò lo sguardo su di noi, senza staccarsi da Zel. Quando i suoi occhi si posarono su di me, si riempirono nuovamente di lacrime.

“Lina…” Mormorò. “Lina… allora non eri stata catturata… io credevo che…” Si interruppe, e riprese a singhiozzare.

Mi avvicinai, e le posi una mano sulla spalla. “E’ successo. Ma sono accadute un sacco di cose nel frattempo, e ora non abbiamo tempo di spiegare.” Strinsi la sua spalla, e le sorrisi. “Tuo padre è alle porte della città, e sarà felice anche lui di sapere che stai bene, Amelia. Dobbiamo andarcene di qui, e dobbiamo farlo ora.”

Non menzionai la questione del demone, né il fatto che Gourry ed io non saremmo andati con lei e Zel. Amelia mi pareva troppo scossa in quel momento per aggiungere altri motivi di agitazione…

La principessa annuì, e non fece domande, non ci chiese nemmeno come potessimo essere giunti in quel luogo. Comprendevo che era stordita da ciò che stava accadendo, ed evitai di insistere. In fondo questo giocava anche a nostro favore.

“Dubito che potremo seguire la stessa strada che abbiamo seguito all’andata, a quest’ora le guardie avranno già dato l’allarme.” Scambiai uno sguardo con Gourry e Zel, e il mio tono di voce si fece urgente. “D’altra parte, l’attacco di Philionel è già in corso, se nella confusione riuscissimo a trovare un rifugio sicuro, potremmo provare a nasconderci fino al termine dell’assalto…”

Se fossimo riusciti a battere quel demone, allora i non morti sarebbero andati fuori il controllo, e senza il supporto delle truppe di Uregh, Oberon, che non aveva avuto il tempo di radunare tutte le sue truppe, si sarebbe ritrovato sguarnito di difese… in quel caso, le truppe di Phil avrebbero potuto fare breccia facilmente nelle difese del palazzo… In caso contrario, Zel e Amelia si sarebbero trovati di fronte alla prospettiva di un lungo assedio, dall’esito incerto. Purtroppo, tuttavia, non vedevo altre alternative…

Zelgadiss annuì. Volse gli occhi alla principessa, accigliato. “Amelia, conosci qualche luogo in cui potremmo nasconderci all’interno del palazzo?”

Amelia batté le palpebre, e abbassò lo sguardo per un momento, riflettendo. “Non lo so…” Disse, in tono esitante, dopo qualche istante. “Forse nei sotterranei, fra i magazzini… le servitrici che mi sono state assegnate dicevano che ce ne sono alcuni che non vengono mai aperti, ma…” Lasciò scorrere lo sguardo su tutti noi, perplessa. “Cosa vi fa pensare che non ci cercheranno…?”

“Se andrà tutto bene non lasceremo loro il tempo.” Replicai, frettolosamente. “I sotterranei andranno benissimo.” 

Esitammo solo un istante, ponderando mentalmente come muoverci. Quindi, Gourry prese l’iniziativa, e si diresse verso la porta.

Non poté raggiungerla.

Con un schianto, la struttura in legno massiccio scattò verso l’interno, rischiando di travolgere lo spadaccino, e batté sonoramente contro la parete. Un gruppo di armati fece irruzione nella stanza, e un brivido mi attraversò quando vidi chi li comandava.

Elmerish spiccava in tutta la sua imponenza, di almeno una testa più alto di tutti i suoi soldati. Il suo sguardo scandagliò l’intera stanza e quando incrociò il mio le sue labbra sottili si aprirono in uno storto sorriso. Lo stesso sorriso che sempre deformava la sua faccia butterata prima che il suo pugno scendesse a colpire l’inerme vittima…

Istintivamente, arretrai di un passo ed impallidii. Improvvisamente mi sentivo presa in trappola.

“Sono qui, mio signore, come ci aspettavamo.” Dichiarò Elmerish, volgendosi verso il corridoio. “I topolini cadono fin troppo facilmente in trappola…” Tornò a sorridermi, sornione…

Un’altra figura si fece avanti nella stanza. Non lo riconobbi immediatamente, perché non mi era mai capitato di vederlo da vicino, ma mi bastarono l’aura di autorità che emanava e l’atteggiamento deferente dei soldati nei suoi confronti per capire chi mi trovavo davanti. Oberon. Colui su cui tutto il mio odio si era concentrato negli ultimi mesi.

Il comandante nemico ci squadrò, con i suoi occhi grigio ghiaccio. Il suo sguardo scivolò solo brevemente su Amelia, mentre si soffermò a lungo su Zel, Gourry e me. Dai suoi occhi, stretti nella concentrazione, trasparivano intelligenza e capacità strategica. Per un momento mi sentii come una bestia nelle mani di un mago che la sta sezionando.

“Sembra che avessi sottovalutato le vostre capacità.” Osservò semplicemente, in tono pacato. “O meglio, credo di essere stato mal consigliato.” Aggrottò la fronte, con aria vagamente seccata. “Ma gli errori si fermano qui. Ora ho intenzione di agire di testa mia.” Rivolse un breve sguardo ai suoi soldati, che levarono le armi, e presero ad avanzare verso di noi.

Io considerai frettolosamente le nostre opzioni. Non potevo usare incantesimi particolarmente distruttivi lì dentro, non senza mettere a repentaglio le nostre stesse vite. Del resto, anche se ero abbastanza certa che avremmo potuto abbattere quegli armati anche senza azioni drastiche, chiusi in quel palazzo eravamo come dei topi in trappola… Philionel avanzava velocemente verso le mura, e le truppe di Oberon sarebbero state per la maggior parte impegnate su altri fronti, ma eravamo comunque accerchiati. E poi c’era quel demone, e c’erano i non morti… ero molto meno sicura delle nostre possibilità contro di loro che contro dei comuni soldati…

Pensieri molto simili dovevano attraversare le teste dei miei compagni, ma sia Gourry che Zel imbracciarono le armi e mi si affiancarono, gli sguardi tesi. Fui stupita invece nel vedere Amelia che si tirava indietro, mordendosi le labbra. Le lanciai uno sguardo interrogativo, ma la principessa si limitò a scuotere la testa. Rimasi perplessa per un momento, quindi capii. Pensandoci bene, era abbastanza ovvio. Dovevano avere fatto qualcosa per sigillare anche la sua magia…

Mi strinsi agli altri, e feci muro davanti a lei, imprecando fra me e me. Come se la situazione non fosse già stata abbastanza complicata…

 

Le guardie nemiche coprirono rapidamente la distanza che ci separava, studiandoci con sguardi che, ne ero certa, nascondevano in parte un sotterraneo timore per le nostre capacità… I miei occhi vagarono dai miei avversari, a Elmerish, a Oberon, che come era saggio e prevedibile rimaneva al riparo alle loro spalle. Se avessi potuto indirizzare un colpo verso di lui…

 

“Oberon.”

 

Quella voce profonda risuonò all’improvviso dal nulla, facendo sussultare tutti i presenti. L’istante successivo, una figura prese forma dall’aria fina. Una figura che non conoscevo, ma che aveva un che di familiare…

 

“Che diavolo significa tutto questo?”

 

All’apparenza, si trattava di un sacerdote. Il viso affusolato, dagli occhi azzurri e dalle labbra quasi innaturalmente sottili, era incorniciato da capelli canuti, legati a coda di cavallo, che scomparivano nel cappuccio abbassato della sua lunga veste bianca. La stoffa candida rifletteva in modo quasi innaturale i pallidi raggi di luce che quel giorno filtravano a stento dalle nuvole. Ma erano i suoi occhi a brillare in un modo del tutto particolare, intenso, penetrante. Mettevano i brividi.

Mi chiesi solo per un istante dove avessi già visto quella persona. Zelgadiss dissipò immediatamente ogni mio dubbio, afferrandomi per il braccio e sussurrando. “E’ lui.” La sua stretta si fece ferrea, tanto da farmi male. “E’ quel demone. E’ il sacerdote, come ti avevo detto.”

I miei occhi si spalancarono per l’improvvisa consapevolezza, mentre il demone si volgeva verso la chimera, squadrandola con occhi gelidi, come registrando per la prima volta la sua presenza. Quindi il suo sguardo si posò su di me, e le sue labbra si strinsero.

“Ti avevo detto che Lina Inverse non doveva essere in alcun modo coinvolta. Che diavolo intendi fare attaccandola?” Volse la testa verso Oberon, il suo tono di voce ricco di mal celata minaccia.

“Avevi detto anche che la avresti tenuta lontana da qui, mi sembra, e invece me la trovo davanti, mentre cerca di liberare la mia prigioniera…” Replicò Oberon, secco. “Io mantengo la mia parola a patto di ricevere il medesimo trattamento.”

Gli occhi del sacerdote si fecero gelidi. “Un demone rispetta sempre alla lettera ciò che dice.” Sibilò. “Ho detto che non le avrei permesso di interferire ed è esattamente ciò che farò. Ma ricordati che coinvolgerla significherà perdere il mio appoggio in questa guerra.”

Fui stupita da un tono tanto perentorio. Sinceramente mi sembrava irrazionale quell’accanimento nei miei confronti. Per quanto potesse desiderare la vendetta del suo signore, che differenza poteva fare, per lui, chi era ad uccidermi?

Mi feci avanti, senza essere in grado di trattenermi. “Perché?” Domandai, semplicemente. “Che diavolo avete in mente, voi demoni, sostenendo quest’uomo? E perché vuoi colpirmi personalmente, perché ora, dopo così tanti mesi dalla caduta di Phibrizo?”

Il sacerdote si volse verso di me, accigliato. “Usa il cervello, Lina Inverse.” Replicò, semplicemente. “Se avessi voluto ucciderti, lo avrei già fatto. Non è questo il mio scopo.”

Aprii la bocca per replicare. E la richiusi. Che cosa…? Che cosa?

Zelgadiss, al mio fianco, si irrigidì, e mi scoccò una lunga occhiata, fissandomi come se mi vedesse per la prima volta. Potevo capirlo. Quel dato era l’unico che fino a quel momento avevamo dato per scontato…

“Lina… san?” Amelia alle nostre spalle fissava la scena, evidentemente senza capire. “Cosa sta succedendo?”

“Se… non vuoi ucciderla… allora che cosa vuoi, da lei?” Fu Gourry a porre quella domanda, accigliato. Si fece avanti lentamente, interponendosi fra il demone e me.

Il sacerdote strinse gli occhi, e lo fissò con un’espressione indecifrabile. “I nostri scopi sono incredibilmente simili, spadaccino.” Replicò, semplicemente. “Il mio compito è quello di proteggerla.”

Gli occhi di Zel si spalancarono per la sorpresa, mentre quelli di Gourry si facevano sottili. Io potei solo continuare a fissare il demone, ammutolita. Proteggermi? Ma perché? E che senso aveva allora tutto quello che mi era accaduto?

“Diversamente da quanto potrete pensare, la stirpe demoniaca non c’entra assolutamente nulla con questa guerra.” Aggiunse la creatura, semplicemente. “L’unico motivo per cui abbiamo deciso di sostenerla è perché avrebbe generato Caos, e di Caos noi ci nutriamo. Di Caos noi abbiamo BISOGNO di nutrirci, dopo il duro colpo che la morte di Phibrizo ha inflitto alle nostre schiere.” I suoi occhi si fissarono su di me, penetranti. “Quest’uomo non avrebbe potuto tenervi testa, senza qualcosa che controbilanciasse le capacità magiche dei sacerdoti di Sailune, per questo, per rendere la battaglia equa e farla protrarre nel tempo, mi sono schierato dalla sua parte. E’ umiliante ridursi a interferire nei vostri stupidi conflitti umani. Guerre come queste non sono che la dimostrazione palese di quanto il mio signore avesse ragione, nel considerare la società che voi avete creato come irrazionale e priva di scopo. Ma…” Le sue labbra si strinsero. “Farlo ci avrebbe permesso anche di controllare un altro fattore. Ovvero te, Lina Inverse.” Incrociò le braccia al petto. “Xellos ci ha avvertito che avresti sicuramente ficcato il naso in questa guerra. E anche in virtù della momentanea debolezza che stiamo vivendo tu sei uno strumento troppo prezioso per lasciarti rischiare di perdere la vita in una banale battaglia. Potresti risultare molto utile, per noi, in futuro.” Mi squadrò, inclinando la testa. “Per questo ho segnalato la vostra posizione quando siete fuggiti da Sailune, e ho chiesto personalmente a Oberon di farti portare il più lontano possibile dalla battaglia, ma di fare in modo che non perdessi definitivamente la facoltà di usare la magia. E non so dirti quale sia stato il mio disappunto quando ho saputo che ti eri liberata, e che stavi tornando testardamente verso luoghi in cui non saresti stata al sicuro.” Si accigliò. “E non essere così presuntuosa da pensare che ti stia mentendo, Lina Inverse. Non sei tanto importante da far sì che anche uno solo di noi si mobiliti per ucciderti per un motivo futile come la vendetta, non in un momento di crisi come questo…”

Rimasi semplicemente in silenzio, troppo confusa per rispondere. Avrei dovuto sentirmi sollevata, per il fatto di avere protettori tanto potenti? Non ci riuscivo. Tutto ciò che provavo era uno strisciante, penetrante senso di terrore.

Mi aggrappai a Gourry, ferocemente. “E allora perché diavolo hai colpito il mio compagno?” Sibilai. “Lo hai detto tu stesso che anche lui, come voi, desidera proteggermi…”

Il demone mi fissò con fare sprezzante. “Questo è ciò che credi tu, Lina Inverse.” Sollevò una delle sue dita ossute, e indicò la spada che Gourry brandiva di fronte a sé. “Quell’arma è forgiata con la magia di Cheiphied.” Asserì, quasi con disprezzo. “E oltre ad essere pericoloso per noi, chi la porta potrebbe diventarlo per chiunque dei nostri alleati. Forse anche per te.”

Fissai per un momento la spada, incredula. La magia di Cheiphied? Ma allora Ainos non era…

“C… cosa significa? Che diavolo sta dicendo…?” La voce di Gourry risuonò al mio fianco, strozzata.

Spostai lo sguardo sul suo volto. Sembrava confuso, e spaventato. Avrei voluto avere elementi per tranquillizzarlo, ma anch’io capivo poco o niente di quanto stava accadendo.

“Sleen.” Oberon dichiarò per la prima volta, con la sua voce profonda, il nome del demone che avevamo di fronte. “Voi creature immortali avrete forse tempo infinito per le chiacchiere, ma io ho una guerra da vincere. Se vuoi mettere in salvo Lina Inverse, vedi di farlo ora. Io adesso ho bisogno del mio ostaggio.”

Fissai lo sguardo sull’austero comandante, chiedendomi se avesse accettato di firmare con il demone un contratto per ottenere l’immortalità. In fondo, non vedevo improbabile che il nostro avversario glielo avesse proposto, nonostante non si trattasse di un mago, per preservare la sua incolumità… D’altra parte, il mio istinto per qualche motivo respingeva quell’ipotesi. Oberon mi dava l’idea di essere diffidente nei confronti delle risorse magiche della nostra parte di continente, lo stesso modo in cui osservava il demone pareva dimostrarlo…

“Mi occuperò io della maga e dello spadaccino.” Si limitò a replicare il sacerdote, pacato. “Potete fare ciò che volete degli altri due.”

Oberon si accigliò al tono perentorio che il demone gli rivolse, ma non fece obiezioni. Si limitò a inclinare la testa verso Elmerish, e a indirizzargli un cenno di assenso. Quindi, ci volse le spalle, e sparì attraverso la porta. Io imprecai fra me e me. Probabilmente stava tornando alle mura, com’era prevedibile, ma questo ci toglieva ogni possibilità di colpirlo…

Il generale strinse le labbra, e mi lanciò un’occhiata che avrei definito delusa, ma non diede altro segno di ribellione verso gli ordini del proprio comandante. Con una obbedienza pronta che quasi stonava con il suo aspetto selvaggio, levò il braccio, e gridò ai suoi uomini. “Prendete la principessa e uccidete il mostro! E state attenti…” Aggiunse, in un sibilo. “… ha la pelle dannatamente dura…”

Era sciocco, in circostanze come quelle, ma mi sentivo quasi sollevata al pensiero che non avrei avuto a che fare personalmente con il generale… lanciai una breve occhiata a Zelgadiss, ma la chimera mi pareva tranquilla, particolarmente determinata. La sua espressione mi rassicurò. Contro semplici umani, Zel non avrebbe avuto problemi. In quel momento non potevo preoccuparmi per lui, avevo bisogno di concentrarmi su me stessa…

Scivolai velocemente davanti a Gourry, e fronteggiai il demone, stringendo le labbra. Sleen mi squadrò, cupo, avanzando lentamente. Quando fu a pochi metri da me si fermò, e la sua voce sovrastò il rumore del combattimento, che già aveva avuto inizio nell’altro lato della sala…

“Scostati, Lina Inverse. E’ nel tuo stesso interesse.”

“Lina…” La voce di Gourry, alle mie spalle, fece per commentare qualcosa, ma io bloccai lo spadaccino con un breve gesto del braccio.

“Non ha intenzione di farmi del male, lo ha detto lui stesso.” Replicai, semplicemente. “Ed io non ho intenzione di lasciare che lui ne faccia a te.”

Il demone strinse gli occhi. “Stimi la sua vita più della tua, Lina Inverse?” Replicò, freddamente. “Quella spada… non è fatta per combattere le tue stesse cause. Quella spada diventa progressivamente un tutt’uno con chi la impugna, e lo porta a combattere contro quelli come noi. Tu non sei una creatura della luce.” Fece un passo avanti. “Nemmeno sei nostra alleata. Ma la tua anima non è certo limpida, Lina Inverse. E un giorno potresti diventarlo, che tu lo voglia o no. Quest’uomo non ti permetterà certo di portargli via la sua arma prima che questo accada. E potrebbe anche riuscire ad ucciderti, in quella occasione…” 

Strinsi le labbra, ma mi rifiutai di muovermi di un passo. Ero terribilmente confusa, riguardo alle parole del demone e alla natura della spada, ma in quel momento non volevo fare domande. Temevo che le risposte avrebbero potuto modificare il mio agire nei confronti di Gourry, e in quelle circostanze sentivo di non potermelo permettere.

“Vorrà dire che ci penserò quando arriverà quel momento.” Replicai, semplicemente, pregando che la paura non trapelasse dalla mia voce.

La creatura strinse gli occhi. “Non ucciderti non implica impedirti di soffrire, Lina Inverse.” Fece un altro passo avanti. “Evidentemente dovrò fare in modo che tu non sia in grado di metterti in mezzo…” Protese una mano verso di noi, gli occhi stretti in una sottile fessura. E l’istante successivo avvertii le fiamme lambire la mia pelle.

Feci appena in tempo ad evocare uno scudo magico. Il dolore lancinante al braccio, provocato dal fuoco, per poco non lo infranse. L’impatto mi spinse contro Gourry, che mi afferrò con violenza, impedendo ad entrambi di crollare al suolo.

Tossii, accecata dal fumo, cercando di recuperare l’equilibrio e liberarmi dalla stretta ferrea del mio compagno. Gourry non me ne diede il tempo. Con un gesto brusco, mi scostò di lato, e levò la spada di fronte a sé.

‘Gourry!’

Il grido mi si strozzò in gola. Prima che potessi fare qualsiasi cosa, il mio compagno era scattato in avanti, e si era gettato contro il demone.

“No!” Riuscii a urlare, scattando in avanti a mia volta. “Gourry, non puoi rischiare!”

La spada del mio compagno si incrociò con gli artigli della creatura. Il demone non aveva più l’aspetto rassicurante con cui era apparso… ora, aveva riguadagnato le sembianze con cui lo avevo visto per la prima volta, quando mi aveva attaccato nel bosco. Stava fissando Gourry con quella strana espressività che il suo volto senza lineamenti emanava, un misto di rabbia e tensione, che rivelava un innaturale timore nei confronti del semplice umano che gli si parava di fronte. Per un momento, ebbi l’impressione di vedere l’aria fra i due accendersi.

In preda all’angoscia, protesi la mano e cercai di mirare, ma i movimenti dei due combattenti erano troppo veloci perché potessi usare la magia senza rischiare di colpire anche Gourry. Lo sguardo dello spadaccino era completamente concentrato sull’avversario, un azzurro cupo che in quel momento mi sembrava insondabile. Solo una cosa mi appariva chiara, una consapevolezza che in quel momento bastava ad atterrirmi. Lo spadaccino non stava combattendo per difendermi. Non ero certa di capire i motivi che lo muovevano, ma non era la paura per quello che avrebbe potuto succedermi a spingerlo ad attaccare. E i suoi occhi somigliavano pericolosamente a quelli che avevano incontrato i miei, quasi un anno prima, durante la lotta con Phibrizo. Un secondo prima che la sua lama scendesse per colpirmi.

La paura mi attanagliò lo stomaco con una violenza tale che la nausea mi assalì, e per un momento temetti di perdere l’equilibrio. Indietreggiai verso la parete, cercando un appoggio per sorreggermi, ma non fu la dura pietra che incontrai. Una stretta ferrea, pelle sudata ed un alito fetido intercettarono la mia ritirata serrandomi in un abbraccio nauseabondo. Sussultai, e il mio sguardo cadde immediatamente sulla mano che si era stretta attorno al mio polso, per risalire lungo l’enorme braccio che da essa si dipartiva.

La mia bocca si spalancò, incontrando il volto butterato di Elmerish.

“Di’ la verità, mocciosa. Ti sono mancato…”

Le mie labbra si richiusero e si riaprirono, incoerentemente. Volevo reagire in qualsiasi modo, ma non ne ebbi il tempo. L’istante successivo, le dita di Elmerish si erano già chiuse attorno alla mia gola.

“Ma ora non dovrai più soffrire. D’ora in poi saremo sempre insieme…”

Feci appena in tempo ad accorgermi del respiro che veniva a mancarmi.

In un attimo, le tenebre mi catturarono.

 

 

 

***

 

 

Zelgadiss aveva stranamente perso coscienza del mondo che lo circondava. Tutto ciò che vedeva erano i soldati che li accerchiavano lentamente… Quella situazione era simile a quella in cui lui ed Amelia si erano trovati il giorno della caduta di Sailune, troppo simile perché potesse permettersi di commettere gli stessi errori.

‘Non devo lasciarmi distrarre dal gigante. Non devo allontanarmi da lei.’

Ma il generale nemico sembrava non avere intenzione di attaccarlo. In piedi vicino all’ingresso da cui era sparito Oberon, si limitava a scandagliare la stanza con lo sguardo, lasciando ai suoi uomini il compito di avvicinarsi.

‘Una scelta saggia, probabilmente.’

Se Zel fosse rimasto ucciso, Amelia non sarebbe potuta scappare da nessuna parte. Al gigante conveniva restare ad osservare mentre i suoi uomini lo attaccavano, studiare come combatteva senza l’urgenza di rischiare in prima persona. Sarebbe stato molto più semplice, per lui, combattere la chimera come ultima risorsa, qualora fosse stato necessario, dopo averne compreso le mosse e la strategia, e quando fosse stata stremata dai numerosi duelli…

‘Che venga, anche lui. Non ho paura di questi uomini che non sanno cosa sia la magia.’

Lanciò uno sguardo ad Amelia, premuta fra la sua schiena e la parete, che fissava i soldati con aria preoccupata. Per un momento fu felice di ciò che Rezo gli aveva fatto. Il suo corpo di pietra gli stava tornando utile in più di una occasione, in tutta quella faccenda.

‘E’ utile, in una vita in cui le lotte non finiscono mai… forse non si può separare da essa.’ Il suo sguardo si rivolse nuovamente agli avversari. ‘E’ questa la vita che più mi appartiene?’ Zel scosse la testa, e scacciò quei pensieri. In quel momento doveva svuotare la testa. In quel momento doveva solo pensare a combattere.

I soldati parevano esitare, di fronte al suo aspetto. Continuavano a temporeggiare, studiandolo senza osare attaccare. Zel decise che avrebbe dovuto aprire le danze, e che avrebbe fatto immediatamente capire a coloro che aveva di fronte con chi avevano a che fare…

Arretrò di un passo, e si concentrò su una formula. “Burst Rondo!” Recitò, un istante dopo. Le fiamme lambirono le armature e la pelle della cerchia di soldati che più da vicino lo stringeva, e le grida ed il lezzo di carne bruciata invasero in un istante l’ambiente chiuso in cui erano costretti. Mormorii di terrore si diffusero fra gli armati, ed alcuni presero ad arretrare, ma vennero incalzati, travolti, da quelli che, catturati dalla rabbia, o forse spinti dalla paura, si mossero per attaccare. Colpire, prima che l’avversario possa reagire. Era una lezione che veniva impartita ad ogni buon soldato…

Zel avvertì Amelia emettere un singulto strozzato, mentre una marmaglia di soldati si gettava su loro in massa, le lame che li raggiungevano da più direzioni.

Burst Rondo!” Ripeté Zel, senza farsi prendere dal panico, e restando fedele alla sua strategia. Un incantesimo di potenza limitata, ma che colpisse più obiettivi contemporaneamente, era la scelta più adatta in quelle circostanze, contro numerosi soggetti, particolarmente proni a lasciarsi intimorire dalla magia. Peraltro, lo spazio limitato in cui i loro avversari potevano muoversi andava a vantaggio di Zel. Una solida parete alle spalle e tre o quattro persone alla volta di fronte per lui erano una sufficiente garanzia del fatto che gli armati nemici non sarebbero arrivati ad Amelia. In quel momento, riparare la principessa era la sua priorità. Per quel che lo riguardava, la sua pelle di pietra era più efficace di qualsiasi corazza…

Zelgadiss lanciò uno sguardo al di sopra delle teste dei soldati in direzione dell’ingresso della sala, ma non vide il gigante. Si chiese se il generale nemico non forse corso a cercare rinforzi. Le grida al di fuori delle finestre gli testimoniavano che i combattimenti sulle mura avevano già avuto inizio. Se anche quel mostro era scappato in cerca di aiuto, non sarebbe riuscito molto facilmente a recuperare uomini che potessero disimpegnarsi dalla battaglia…

‘Ad ogni modo, è meglio farla finita in fretta.’

Frecce di Fuoco!”

Zel in genere preferiva combattere con la spada, piuttosto che con la magia. Era un’abilità che sentiva maggiormente propria, mentre la sua capacità magica portava sempre in sé, in qualche modo, il peso del terribile intervento del suo odiato parente nella sua vita. In quel momento, però, i suoi sentimenti avevano scarsa rilevanza. Se la sua magia poteva diffondere terrore, allora lo avrebbe fatto. Zel era sempre stato una persona concreta, ma quei mesi perennemente sul chi vive lo avevano reso ancora meno propenso a concentrarsi sugli inutili formalismi…

Al terzo attacco respinto, il panico fra i soldati prese a farsi tangibile. Anche gli sguardi degli armati presero a levarsi, alla ricerca del loro generale, e di fronte alla sua assenza il terrore che fino ad allora era corso sottilmente fra i suoi sottoposti prese improvvisamente il sopravvento.

Zel non diede loro nemmeno il tempo di elaborarlo.

Il suo attacco divenne incalzante, e ben presto l’atteggiamento difensivo dei soldati si trasformò in una fuga.

Nessuno gridò alla ritirata, ma in una sorta di tacito, folle accordo i soldati presero a sciamare come una marea incontrollata verso il corridoio. Qualcuno cadde, e venne inesorabilmente calpestato, ma la maggior parte degli uomini si ammassò all’ingresso, creando una barriera che impediva a chiunque di fuggire all’esterno.

‘Topi in trappola.’ Pensò Zel, osservandoli mentre si attaccavano gli uni con gli altri per uscire.

Il generale era stato avventato, ad andarsene. Zelgadiss non dubitava che i soldati di Oberon fossero addestrati ad affrontare qualsiasi avversario con sprezzo della loro stessa vita, ma qui non era la semplice paura della morte ad entrare in gioco… temevano la sua magia, come si teme tutto ciò che non si conosce, e non si comprende. Zelgadiss poteva solo immaginare il livello di tensione che quegli uomini potevano avere accumulato, costretti per mesi a combattere a fianco di creature come i non morti. Non dubitava della loro obbedienza, ma i suoi misteriosi poteri dovevano essere stati la spinta definitiva all’esplosione dei loro timori. La fuga doveva apparire una soluzione semplice a degli uomini terrorizzati, senza la massiccia presenza del gigante a promettere loro retribuzioni ancora più temibili della magia per la loro defezione…

Zel si chiese se dovesse cercare di fermarli, ma decise di lasciarli andare. Se avessero diffuso un po’ di terrore nei loro compagni, probabilmente la cosa sarebbe andata a loro gioco…

Si volse verso la principessa, accigliato.

“Stai bene, Amelia?”

La giovane annuì, pallida. Zelgadiss aveva l’impressione che fosse piuttosto scossa, e non poteva biasimarla. Dopo mesi di stasi, tutto era successo incredibilmente in fretta, persino per lui. Ma se tutto fosse andato bene, presto avrebbero avuto tempo per lasciarsi alle spalle la stanchezza, il dolore e quel continuo, pressante senso di ansia…

“Zel…” Esordì Amelia, fissandolo con occhi liquidi. “Dov’è Elmerish…?”

“Intendi il gigante?” La chimera si accigliò. “Lo ho perso di vista dopo l’inizio del combattimento, ma…” Scandagliò per un momento la stanza alle sue spalle. Le poltrone erano riverse al suolo, sedie e tavolo erano anneriti dalle fiamme. Le tende del baldacchino, sull’altro lato della grande sala, erano dilaniate, così come i pregiati arazzi alle pareti, là dove la spada di Gourry, ancora impegnata contro il demone, li aveva raggiunti.

“Un momento…” Si bloccò, osservando accigliato la devastazione della sala. “Che fine ha fatto Lina?”

Amelia batté le palpebre, e lanciò uno sguardo oltre la figura massiccia della chimera. Immediatamente, la preoccupazione tornò a catturare il suo sguardo. “Zel!” Lo fissò negli occhi, e si aggrappò alla sua veste, la voce colma di ansia. “Elmerish! Lui la aveva catturata! La ha portata via di nuovo!” Fece per scattare verso la porta, ma la chimera la bloccò, afferrandole i polsi per  cercare di calmarla. “Amelia.” Pronunciò il suo nome con fare perentorio, nella speranza di frenarla. “Calmati. Lina può usare la magia. Lo avrà seguito di sua iniziativa.”

Amelia scosse la testa violentemente, e si divincolò, cercando di liberarsi. “Non avrebbe lasciato Gourry a combattere da solo!”

Zelgadiss si chiese se fosse vero. In condizioni normali, se anche Lina si fosse allontanata dallo spadaccino nel bel mezzo di un combattimento, la chimera non lo avrebbe trovato eccessivamente strano. Lina si fidava di Gourry, e per quanto potesse preoccuparsi per lui, Zel era convinto che la maga avrebbe saputo lasciare nelle mani dello spadaccino una lotta in cui egli poteva districarsi da solo, se la necessità lo avesse richiesto.

D’altra parte, quelle non erano condizioni normali.

“Dobbiamo aiutare Gourry.” Risolse. “Questo castello è troppo grande, se ci mettessimo a cercare Lina ora potrebbero volerci ore.” Levò lo sguardo verso il combattimento, lo spadaccino ed il demone che si studiavano con fare ostile, apparentemente ignari entrambi del mondo che li circondava. “Se quella creatura muore, i non morti andranno fuori controllo, e tuo padre vincerà questa battaglia. E se il castello cadrà, non saremo più noi quelli che si muovono in terreno nemico. Allora anche Elmerish sarà messo alle strette, ovunque egli sia.”

‘Saresti d’accordo con me, vero, Lina?’

Zelgadiss era preoccupato per la maga. Ma aveva anche la sensazione che, se in quel momento la sua amica si fosse trovata con loro, lo avrebbe tacciato di stupidità se avesse proposto qualsiasi sua altra soluzione…

Amelia improvvisamente parve sul punto di scoppiare a piangere. Zelgadiss aveva l’impressione che i suoi nervi avessero raggiunto il punto massimo di tensione… “Non puoi parlare sul serio!” Gridò. “Che cosa succederà a Lina nel frattempo? Come puoi essere così dannatamente razionale???” Lo accusò, la voce ora stridula.

Zelgadiss le afferrò le mani, e le strinse, cercando di farla ragionare. “Ascoltami, Amelia.” La costrinse a guardarlo. “Ho paura quanto te per Lina. Ma anche Gourry ha bisogno di noi, e anche tuo padre. Non abbiamo la certezza che Lina se ne sia andata di qui contro la sua volontà, e non abbiamo il tempo di appurarlo. Ma sappiamo che c’è bisogno di noi qui, adesso!”

Amelia si ritrasse nuovamente, mordendosi il labbro inferiore. “Posso seguirla da sola!” Replicò, con fare sprezzante. E Zelgadiss, a dispetto della situazione, trovò in qualche modo confortante trovarsi di fronte alla consueta testardaggine di Amelia…

“Ed io non posso impedirtelo.” Replicò Zel, secco. “Ma posso chiederti di non farlo.” Aggiunse, in tono stanco. “Tu non puoi usare la magia, ora, Amelia… ti ho detto che temo per la sorte di Lina…” Fece una breve pausa. “… non costringermi ad essere terrorizzato di nuovo anche per te…”

Amelia a quelle parole, semplicemente ammutolì, il suo sguardo improvvisamente indecifrabile… per un momento Zel ebbe l’impressione che volesse replicare, ma all’ultimo le sue labbra si strinsero in una linea serrata, e la principessa abbassò lo sguardo. La mano che ancora spingeva contro il suo petto per allontanarlo allentò lentamente la sua pressione, scivolando inerte lungo il fianco della principessa. Quindi, con un sospiro, la giovane si ritrasse.

“Fa’ quello che devi.” Replicò, semplicemente.

Zelgadiss sospirò a sua volta, sollevato, nonostante tutto.

Si volse nuovamente ad osservare i due combattenti, chiedendosi se si fossero resi conto di quanto stava accadendo. I loro sguardi sembravano smentirlo. I loro occhi erano allacciati in una silenziosa lotta, gli istanti in cui spada ed artigli si incrociavano erano intervallati da lunghi momenti di stasi, in cui i due avversari si limitavano a studiarsi. Zel si chiese se avrebbe potuto trovare un’apertura e venire in aiuto dello spadaccino…

“Gourry!” Si arrischiò a gridare. “Fatti indietro! Userò la magia!”

Gli occhi del demone si volsero fulmineamente verso di lui. La creatura parve rendersi conto solo in quel momento della sua presenza e delle condizioni della sala che li circondava. Della devastazione e dei cadaveri, e presumibilmente della mancanza della maga. Sorpresa e rabbia catturarono il suo sguardo in un istante, e per qualche secondo il demone rimase a fissarlo, gelido.

Quindi, la spada scese a dilaniarlo, inesorabile.

Lo stupore travolse qualsiasi altra emozione sul suo volto. La creatura si volse boccheggiante verso il suo avversario, la cui attenzione non era stata minimamente scalfita dal richiamo di Zelgadiss. Gourry pareva non averlo nemmeno sentito. Si era avventato sul demone come una furia, non appena un attimo di distrazione gli aveva garantito un’apertura…

Il demone crollò al suolo, reggendosi la spalla squarciata. Avrebbe forse voluto usare le sue capacità per sparire, ma Gourry non gliene diede il tempo. La sua lama calò un’altra volta su di lui tagliando la sostanza oscura che lo componeva, costringendolo urlante al suolo.

Gli occhi della creatura si levarono verso lo spadaccino, saturi di sofferenza. “E’… tardi…” Mormorò. “Avrei dovuto… colpirti molto prima… maledetti… servitori di Chiepied…”

La spada di Gourry calò, un’ultima volta. Si piantò nella gola del demone sacerdote, ed improvvisamente l’aria parve essere dilaniata dal suo grido di dolore. In un istante infinito la creatura si contorse, ripiegandosi su se stessa al suolo. Quindi, la sua figura si dissolse nell’aria.

Gourry fece un passo indietro, e rinfoderò la spada. Zel era ammutolito. Si trattava di un demone di livello non particolarmente elevato, certo… ma non aveva mai visto Gourry combattere con quella efficacia, e quella ferocia. Gli tornarono in mente le parole di quella creatura riguardo alla spada. Una creazione della magia di Cheipied, una forma di magia bianca che fatta eccezione per i draghi dorati nessuno era più in grado di praticare sul continente. Magia bianca. Tale definizione poteva davvero associarsi allo sguardo gelido e feroce che lo spadaccino vestiva in quel momento?

“Gourry!” La principessa al suo fianco scattò verso la figura dello spadaccino. “Gourry-san!” Si corresse, fronteggiandolo, come ricordandosi all’improvviso dei formalismi che gli anni di educazione alla corte le avevano impresso nella mente. “Sei ferito? Stai bene?”

Gourry si volse verso di lei, ansimante, e per un momento il suo sguardo apparve smarrito, come se non la riconoscesse. Quindi, la comprensione si fece strada nei suoi occhi, e i suoi tratti tornarono lentamente alla consueta distensione. “Amelia…” Replicò, spaesato come se si fosse appena svegliato da un lungo sogno. Si guardò attorno, sottili gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, e gli scendevano lungo le tempie, e sugli occhi. “Il… combattimento… voi… state…”

“Lina –san è sparita!” Si limitò a replicare la principessa, con urgenza. “Elmerish la ha portata via! Dobbiamo andare subito a cercarla!”

L’allarme catturò immediatamente lo sguardo dello spadaccino. “Come sarebbe a dire sparita?” Si volse, e i suoi occhi incrociarono quelli di Zel. Quando la chimera non smentì, lo sguardo di Gourry prese a vagare freneticamente lungo le pareti della sala, incredulo. “Non è possibile! Lei era proprio…”

“… dietro di te.” Terminò Zel, per lui. “Ma non era sul difenderla che eri concentrato. O sbaglio?” Il tono della chimera era pacato, ma Zelgadiss era consapevole del peso che le proprie parole avevano per lo spadaccino. E non era intenzionato a trattenersi. Quell’atteggiamento da parte di Gourry lo inquietava. In quel momento si sentiva disposto persino ad essere crudele, pur di riscuoterlo.

Gourry rimase immobile per un momento, la bocca spalancata, lo sguardo atterrito. Quindi si morse le labbra e scosse la testa, con aria improvvisamente risoluta. “Dobbiamo muoverci!”

Fece per scattare verso la porta, e Zelgadiss dovette trattenerlo a forza, rischiando di essere travolto dalla sua furia. “Aspetta!” Gridò. “Dove hai intenzione di cercarla???”

Gourry si scrollò dalla sua presa, con violenza. “Non lo so!” Replicò, con foga. “Alle mura!”

Zel indietreggiò di un passo, e rimase per un momento in ascolto delle grida e dei rumori della lotta, che giungevano dalle mura. In un crescendo cacofonico, avevano invaso l’aria, tanto che se Zel avesse chiuso gli occhi non gli sarebbe stato difficile immaginare di essere nel mezzo della battaglia. Si chiese se sarebbe stato prudente andare laggiù. Quindi, rise del suo stesso dubbio. Non, non sarebbe stato prudente. Sarebbe stato come scendere all’inferno.

Gourry non parve porsi il problema. Senza attendere altre repliche, si precipitò fuori dalla porta, nel corridoio e lungo le scale che a spirale scendevano dal mastio. Zelgadiss lanciò un’occhiata ad Amelia, ed insieme gli si accodarono. Mentre correva, dalle finestre della torre scorse per la prima volta lo scenario al di sotto.

E il paragone con l’inferno non gli parve più così iperbolico.

I non morti erano effettivamente andati fuori controllo, come avevano pensato. In realtà, Zel si era aspettato qualcosa di spettacolare, forse una scenografica dissoluzione collettiva… ma quelle creature parevano poco disposte ad abbandonare la loro non vita. Avevano continuato a combattere, ma senza più un obiettivo preciso. Si erano rivoltati contro i loro stessi alleati, seminando terrore e morte fra le fila sulle mura. Qua e là, dove gli uomini di Philionel erano riusciti a fare irruzione nelle linee nemiche, si era creata una paradossale alleanza fra i vessilli bianchi di Sailune e quelli dorati di Oberon contro le creature, e frecce e lance infuocate volavano in ogni dove.

Zelgadiss distolse lo sguardo. Se avesse osservato ancora la sua razionalità gli avrebbe imposto di fuggire, e non voleva farlo. Anche lui voleva ritrovare Lina, anche se non era certo che il gigante avesse effettivamente voluto fare ritorno al suo comandante … Oberon gli aveva ordinato di accondiscendere alla volontà del demone, e il generale si era allontanato prima che la creatura morisse, quando ancora il suo Signore non sarebbe stato felice di vederlo arrivare trascinando con sé la prigioniera… non capiva che cosa il gigante avesse in mente…

Giunsero alla base della torre, ansimanti. Amelia pareva stremata, i capelli un tempo raccolti le erano precipitati sul viso, e la sua lunga veste era in disordine, la spallina destra abbassata, la gonna stropicciata laddove la principessa la aveva tenuta sollevata con le mani, per non precipitare sui gradini. Zel frenò, aspettandola alla base della scala mentre li raggiungeva, lanciando sguardi inquieti ai corridoio che si diramava di fronte a loro, aprendosi da un lato ai cortili, e perdendosi dall’altro nelle profondità del castello.

“Dove?” Gourry si volse, rivolgendosi ad Amelia.

La principessa frenò la sua discesa, perplessa. “Credo… vicino al portale principale, se vuoi trovare Oberon… diritto attraverso il cortile, ma…”

Lo spadaccino non le lasciò il tempo di terminare. Con un balzo, superò i gradini all’ingresso del mastio, e si gettò nel cortile.

Zel sospirò, e si rassegnò a seguirlo, ancora una volta. Giunti al centro del cortile, tuttavia, tutti e tre dovettero fermarsi. La polvere sollevata dagli stivali dei soldati era soffocante, e il caos regnava sovrano. I combattimenti si concentravano per lo più sulle mura, ma qua e la dilagavano anche all’interno della cerchia, e incendi sparsi stringevano gli armati da ogni dove.

Zelgadiss sollevò il collo della sua tunica, perché la stoffa gli riparasse la bocca dalla polvere. “Non li troveremo mai!” Gridò, cercando di sovrastare il caos.

“Là!” Amelia lo smentì, immediatamente, indicando con la mano una figura in bianco, in cima alle mura. Per un momento Zelgadiss sperò di scorgere Elmerish, ma tutto ciò che vide fu Oberon, intento a gridare ordini in cima alle mura.

“Lina… non vedo Lina!” Gridò Gourry, la voce strozzata a causa della gola secca.

Zel scosse la testa. “Non è con lui…” Il suo sguardo guizzò verso l’alto, dove una freccia era appena scoccata a pochi metri dalle loro teste. “Togliamoci di qui!” Afferrò Amelia per un braccio, e la trascinò verso la parete della torre, al riparo dalla furia dei combattimenti.

“Non possiamo restare così allo scoperto!” Gridò, rabbioso, verso lo spadaccino. Non era colpa di Gourry, ma aveva i nervi a fior di pelle. “Amelia non può usare la magia, e non abbiamo idea di dove cercare! Siamo ancora in campo nemico, dobbiamo ripararci da qualche parte nell’attesa che Philionel faccia irruzione qua dentro!”

“Tu e Amelia mettetevi al riparo!” Gridò Gourry, di rimando. “Io vado a cercare Lina!”

Zel lo afferrò per il braccio sinistro, con violenza. “Gourry, non puoi andare là in mezzo da solo!” ‘Se te lo lasciassi fare Lina non me lo perdonerebbe mai…’

Zelgadiss aveva paura per lo spadaccino a causa della battaglia che infuriava, ma non solo… Temeva che Gourry fosse nuovamente sul punto di perdere il controllo, e mai lo aveva visto audace e sprezzante della propria vita come in quei momenti…  

“Rifletti.” Aumentò la stretta sul braccio dello spadaccino, sperando di riuscire a convincerlo. “Elmerish non può andare da nessuna parte. E’ qui in trappola, come noi. Lo staneremo appena il combattimento sarà finito.”

Gourry scosse la testa, e cercò freneticamente di liberarsi. “Potrebbe succederle qualsiasi cosa nel frattempo! Oppure Elmerish potrebbe cercare di fuggire da dove noi siamo entrati!”

Zel spalancò gli occhi, colpito da quella ipotesi come da uno schiaffo in fronte. Il condotto fognario! Il generale ben sapeva che doveva esistere una falla nella difesa del castello, loro stessi glielo avevano dimostrato… se avesse costretto Lina a rivelargli qual era…

Zelgadiss si rifiutò comunque di lasciarlo andare. “L’ingresso del condotto fognario è dall’altra parte del cortile, Gourry.” Lanciò uno sguardo alle stalle in fiamme. Quello che normalmente sarebbe stato un percorso di pochi minuti, in quel momento appariva come un impenetrabile bolgia infernale. “Calmati e rifletti. Non puoi farti strada là in mezzo da solo, non ora.”

Il volto di Gourry divenne una maschera cupa. “Tu non capisci.” Ringhiò. “Tre mesi fa lui la ha portata via allo stesso modo ed io, per sciocca prudenza, mi sono lasciato convincere a non intervenire. Ma ora basta. Basta.” Cercò di liberarsi dalla sua stretta ferrea, ma la chimera, sfruttando tutta la sua forza, si rifiutò di lasciarlo andare. Non capiva a cosa Gourry si stesse riferendo. Sapeva solo che c’era una nota di follia nel suo sguardo, e che non poteva lasciarlo andare in quelle condizioni…

Amelia fissava la scena in silenzio, atterrita. Zelgadiss poteva capirla. Non li incontrava da mesi, e liti come quelle non erano certo all’ordine del giorno, prima che si separassero…

“Dovrai colpirmi se vuoi che ti lasci, Gourry.” Sibilò la chimera, cercando di non lasciarsi distrarre dalla principessa. “Lina non vorrebbe che tu ti sottoponessi ad un rischio simile.”

Gourry si accigliò. “Allora scusami, Zel. Scusami tanto.” Lo spadaccino arretrò di un passo, tanto quanto la stretta di Zel gli permetteva, e per un momento la chimera credé che fosse tanto furente da tentare davvero di colpire a nude mani la sua pelle di pietra.

Questo, finché non lo vide mettere mano alla spada.

La paura lo attraversò come una fredda lama, e si ritrovò ad essere immobilizzato dal terrore. A guardarsi come dall’esterno mentre le dita dello spadaccino si chiudevano attorno all’elsa ed estraevano l’arma, che emanava riflessi cristallini alla luce pallida del sole…

‘Vuole uccidermi.’ Fu l’unico pensiero che il suo cervello gli gridò con violenza, mentre la lama arretrava per un attimo, solo un attimo, riflettendo la sua luce nel blu cupo, liquido, dello sguardo della principessa, che osservava con gli occhi spalancati.

Quindi, il dolore lo invase. Un dolore penetrante, lancinante, mille specchi che si infrangevano nel suo corpo, mille grida, stridule, che gli perforavano i timpani. Un dolore che in anni di battaglie gli pareva di non aver mai provato.

Gourry non lo aveva colpito con la spada. Gliene aveva consegnato l’elsa in mano.

Istintivamente, la chimera lo lasciò andare, e indietreggiò. La sua intenzione era solo quella di abbandonare la presa sull’arma, ma la sua mente non aveva più il controllo dei suoi movimenti. Il suo corpo ondeggiò malamente, prima di finire al suolo.

“Zel!!!”

La principessa fu immediatamente in ginocchio al suo fianco, l’espressione preoccupata. Zelgadiss inizialmente non le prestò attenzione. Il sollievo portato dall’interruzione di quel dolore insopportabile era talmente intenso che persino le sensazioni dal mondo esterno gli giungevano ovattate. Un’unica consapevolezza era nitida nella sua mente. L’immagine di Gourry, di spalle, che spariva in mezzo alla polvere.

Abbandonando al suolo la sua spada.

 

 

 

***

 

 

Annaspai, e cercai di aprire la bocca per prendere fiato.

Non vi riuscii. Qualcosa, un velo impenetrabile bloccava l’accesso all’ossigeno. Cercai di gridare, di dire qualcosa, ma non ne ero in grado. La testa mi girava, il mio stomaco era stretto in una morsa, e mi veniva da vomitare. L’agitazione mi colse, e per un momento pensai che sarei morta soffocata. Quindi, mi resi conto che continuavo a respirare attraverso le narici.

Cercai di riscuotermi, ma la mia testa era così assurdamente confusa che non ero nemmeno certa di cosa stesse accadendo attorno a me. Mi pareva di galleggiare in un mondo ovattato, fatto di suoni assordanti.

“Hmm… Hmm…”

Emisi qualche suono sconnesso, ed improvvisamente la terra smise di muoversi. Un dolore improvviso alla schiena mi rivelò che ero stata appena sbattuta contro una parete e, fra le indefinite macchie di luce che mi annebbiavano la vista, apparve, come una visione terrifica, il viso di Elmerish.

I miei occhi si spalancarono immediatamente. Ebbi appena il tempo di prendere coscienza della presenza del gigante che incombeva su di me, prima che un sonoro schiaffo calasse sul mio volto, minacciando di spezzarmi il collo. Boccheggiai, avvertendo in bocca il sapore del mio stesso sangue, mentre il sibilo familiare della voce del generale raggiungeva le mie orecchie.

“Ora io ti libero la bocca, e tu non gridi o tenti strani scherzi… sono stato chiaro?”

Non avevo la forza di annuire, ma la domanda del gigante non pareva presupporre una risposta.

Rimasi immobile, mentre il fazzoletto intriso di sangue veniva rimosso dalle mie labbra.

Non capivo dove ci trovassimo. Il clamore della battaglia giungeva alle mie orecchie solo da lontano, e le pareti sembravano chiuderci nello spazio ristretto di un corridoio, il che mi fece dedurre che dovevamo esserci inoltrati in un qualche meandro del palazzo… da qualche parte, un fiotto d’aria fredda penetrava fra le pietre scure, gelandomi il sangue nelle vene, intorpidendo le mie membra.

“Noi… abbiamo…?”

Non ebbi il tempo di terminare. Le dita di Elmerish si strinsero sulle mie spalle, e mi scossero con violenza. “Dimmi dov’è!”

Non capivo. “C… cosa…?”

“La falla!” Mi incalzò Elmerish. “Il punto debole nella difesa! La via d’uscita da questo posto!”

Lo guardai, senza comprendere. “Perché… perché vuoi tradire il tuo signore e scappare…?”

Elmerish mi rispose con un ruggito rabbioso. Con un grugnito, mi sollevò di peso, e mi trascinò in fondo al corridoio che stavamo percorrendo, e su una rampa di ripidi gradini. Spalancò la porta che li sovrastava, ed immediatamente un fiume di aria fredda mi investì. Battei le palpebre, in risposta alla luce del sole, che a paragone con l’oscurità dell’interno mi pareva accecante. E, mentre il gigante mi trascinava sul pavimento sporco e ricoperto di paglia, mi resi conto di dove ci trovavamo. Eravamo nell’uccelliera del palazzo.

“Guarda!” Ringhiò Elmerish, scaraventandomi contro il parapetto con tanta foga che per un momento temetti di precipitare. Il mio sguardo catturò un ritratto della battaglia che si stava consumando metri sotto di noi, ma la mia vista confusa a malapena distingueva le truppe avversarie da quelle di Philionel…

“Oberon è impazzito!” Gridò il gigante, senza badare al mio smarrimento. “Demoni, creature magiche, morti che camminano… non c’è nulla di giusto in questo!!! Credevo che fosse tornato in sé, che avesse finalmente deciso di tornare a combattere come lui sa, e invece… guarda!!!” Tornò ad indicare quella che per me non era altro che una massa indifferenziata. “Il castello oggi cadrà, a causa della sua momentanea follia!!! Ma io non permetterò che finisca così! Manderò un messaggio ai miei uomini che stanno tornando da Ulan Bator, li riorganizzerò io stesso, chiamerò a me l’alleanza degli altri popoli al di là della barriera! Il piano di Oberon era grande e meraviglioso, ed io lo porterò a termine, io poserò la corona di Sailune sulla sua testa quando lo avrò liberato da Philionel e finalmente sarà tornato in sé!” Mi afferrò per il colletto, e mi portò all’altezza dei suoi occhi. “E sarai tu a portarmi fuori di qui, e permettermi di farlo… non appena avrò inviato un dannato uccello messaggero ai miei uomini…” Ringhiò, fissandomi con una smorfia di rabbia che bastava a riportare alla mia mente mesi di terrore…

La nebbia che catturava la mia mente cominciò progressivamente a diradarsi, a mano a mano che le sue intenzioni mi si rendevano chiare… E mentre la comprensione si affacciava alla mia mente, si affermava sempre più anche la consapevolezza che la confusione che mi catturava non era di origine naturale… “Tu… mi hai dato ancora quella droga, vero…?” La mia era più una constatazione che una domanda…

La smorfia di Elmerish divenne un ghigno. “Non hai che da provare ad usare la magia per scoprirlo, mocciosa…” La sua grossa mano tornò a stringersi attorno alla mia gola. “Ed ora dimmi come uscire di qui…”

Strinsi le labbra, forte, per impedire loro di tremare. “La tua non è una fuga.” Sibilai, inquietata dalle implicazioni delle mie stesse parole. No, nessun tradimento del suo signore. Il suo era piuttosto un estremo atto di fedeltà. Il gigante era disposto a proteggere Oberon anche da se stesso. La mia mente associò per un momento il suo atteggiamento a quello di Gourry, per quanto il paragone suonasse stonato ed assurdo persino a me che lo avevo concepito… “Perché?” Chiesi, mossa da sincera curiosità, più che dalla volontà di prendere tempo. “Perché continui a seguirlo così fedelmente, nonostante abbia tradito le tue aspettative…?”

Elmerish digrignò i denti, a quella domanda. “Voi non potete capire…” Replicò, senza specificare a chi si riferisse esattamente, con quel generico appellativo… “Quando la barriera è stata eretta, non vi siete trovati a vivere in lande desertiche, in cui anche un chilometro quadrato in cui scorre acqua può essere vitale per la sopravvivenza di un popolo…” Le sue dita presero a stringere, togliendomi il fiato. “Voi con le vostre risorse magiche non avete dovuto lottare ogni giorno, con le unghie e con i denti, contro gli elementi…” Il suo volto si avvicinò al mio, e una zaffata di alcol mi investì, tornando a risvegliare in me la nausea. “Oberon ha saputo organizzare il suo popolo, ha saputo risollevarlo dalla povertà. Ha saputo sedare i conflitti fra le popolazioni nomadi, indirizzare la nostra forza verso gli sforzi per la sopravvivenza, senza privarci della nostra libertà… lui avrà sempre la mia fedeltà… e non avrò pace finché non vedrò quel tuo reuncolo che predica giustizia schiacciato sotto i miei stivali…”

Strinsi i denti, assalita dalla rabbia. “Philionel non ha colpa per ciò che voi avete patito… quindi, non cercare di convincermi che avete ragione, in questa guerra!” Ringhiai. “Anche Sailune e questa parte di continente hanno affrontato notevoli difficoltà, da che la barriera è stata eretta! Abbiamo dovuto lottare con i demoni! E l’assetto di questi territori è stato rivoluzionato, si sono combattute guerre! La moglie dell’uomo che vuoi così disperatamente uccidere è stata assassinata proprio in una di queste lotte di potere! Perciò non presentarti come la vittima, Elmerish, non mi muovi a compassione!!!”

Il gigante strinse gli occhi. “Tu credi? Tu credi davvero che Sailune non abbia colpe?” Sibilò. “Conosco bene la sorte subita dalla moglie di Philionel… Sleen, quel demone, ha istruito il mio signore su tutto ciò che c’era da sapere a riguardo… ma se ora ti aspetti lacrime e compassione da me caschi male, mocciosa… se vuoi sapere cosa ne penso, credo che Sailune si sia meritata ogni cosa…” Digrignò i denti, la rabbia visibile sul suo volto. “Lo sai che i territori desertici a sud della barriera, nell’antichità, appartenevano alla confederazione di cui faceva parte anche il regno di Sailune? Nei nostri annali si riporta che i sacerdoti della capitale avrebbero avuto conoscenze sufficienti per creare almeno un varco, un passaggio nella barriera e riunificare il territorio, ma nessuno mosse un dito… il recupero delle rotte verso il sud non valeva lo sforzo… era più comodo liberarsi di quei territori che non erano in grado di aggiungere nulla alla ricchezza del regno…”

Mi accigliai. Quelle informazioni sommarie potevano nascere semplicemente dal sentimento di rivalsa di un popolo tagliato fuori dalle fonti di sostentamento offerte dal proprio regno… oppure, poteva esserci un fondo di verità. Amelia forse si sarebbe adirata nel sentirmelo dire, ma in fondo al cuore ero sempre stata scettica sul fatto che Sailune avesse realmente quel passato immacolato che la sua immagine di promotore della pace rendeva agli occhi di molti scontato… nei libri di storia di ogni regno esistono fatti che si preferisce occultare, e sapevo bene che nell’antichità la magia di Cheiphied, ora perduta, aveva fornito ai sacerdoti di Sailune un potere infinitamente superiore a quello che possedevano ora, un potere che era stato probabilmente la fonte primaria del prestigio della città, più del carisma o della saggezza dei suoi sovrani… Probabilmente la leggenda si univa alla realtà, nella storia che mi aveva raccontato Elmerish, una realtà sommersa forse deliberatamente dall’oblio dei secoli al di qua della barriera, e gonfiata invece dal rancore e dall’odio fra le popolazioni ora guidate da Oberon… ma, in tutta sincerità, non avevo intenzione di discutere del merito della questione con Elmerish, in quel momento. Tutto ciò che avevo a cuore, allora, era la mia vita, e quella delle persone a cui tenevo… non avevo la stessa prontezza di Amelia nel soprassedere su questo urgente problema, nel nome di questioni di torto o ragione…

“Grazie per la fantastica lezione di storia, faccia butterata…” Strinsi i denti, e gli rivolsi un ghigno strafottente. “… ti ricorderò come mio maestro di vita, mentre marcirai nelle prigioni di Sailune…”

Le labbra di Elmerish si aprirono in un sorriso inquietante… “Sai, mocciosa…” Si piegò, avvicinandosi al mio volto… “… mi piaci… mi piace come sfidi continuamente la morte…” La sua stretta sul mio collo si fece all’improvviso più serrata. Con un rigido movimento del braccio, il gigante mi sollevò, e mi scaraventò contro le gabbie degli uccelli, ammonticchiate contro una parete. Alcune barcollarono, e precipitarono nel vuoto oltre il parapetto, lungo la parete scoscesa del castello. Io strinsi i denti, lottando con tutte le mie forze per evitare di gridare per il dolore.

Elmerish si avvicinò, incombendo su di me… “Ho il sentore che noi due ci divertiremo, mocciosa… ci divertiremo un mondo… ti porterò con me nelle steppe, e vedremo per quanto ancora ti piacerà quel soprannome…”

Inghiottii sangue, e gli rivolsi uno sguardo rabbioso. “Mi spiace…” Sibilai… “Evidentemente ti ho colto sul vivo… il tuo volto allontana le donne, eh, faccia butterata…?”

Elmerish mi rivolse un altro sorriso, pacato, il sorriso di chi tiene il coltello dalla parte del manico… “Mi auguro che tu non verrai colpita dalla stessa malattia che ha ridotto il mio volto in queste condizioni, mocciosa…” Tornò a sollevarmi dal suolo… “Là dove andremo non ci sarà la magia a curarti, solo erbe che bruciano sulla pelle come i tizzoni ardenti con cui i demoni torturano i dannati…” Il suo sorriso si allargò. “Ma ti posso rassicurare su una cosa… a differenza delle donne, i miei uomini non si faranno nessun problema, con te, anche se avrai il volto sfigurato…” Estrasse un pugnale, e lo avvicinò al mio viso. “E credo che nemmeno tu potrai dimostrarti troppo schizzinosa, con nessuno di noi, nemmeno con me, quando verranno richiesti i tuoi servigi…” Fece scorrere la lama contro la mia guancia, e avvertii un rivolo di sangue scendermi lungo il viso. “Ma il mio defunto padre mi diceva sempre che viene prima il dovere, e poi il piacere… e per onore alla sua memoria, per quanto adori giocare con te, credo che ora dovrò porre un freno alla mia pazienza, ed esigere risposte …” Rigirò il pugnale, senza allontanarlo dalla mia pelle, e la punta venne a premere direttamente contro la mia gola. “Basta scherzi, mocciosa. Come si esce da questo posto?”

“Uccidimi, se vuoi.” Lo sfidai, cercando di non pensare a ciò che le sue parole promettevano. “Credi che minacciarmi ti porterà davvero a qualcosa? Se io muoio, tu non andrai proprio da nessuna parte…”

Le labbra di Elmerish si aprirono nuovamente in un sorriso. “Oh, ma io non ho alcuna intenzione di ucciderti… Ci sono metodi molto più convincenti per ottenere qualcosa da una mocciosa graziosa come te…” Il pugnale risalì, tornando a sfiorare la mia guancia… “Questi begli occhi, ad esempio… sono il tuo orgoglio, vero? Di un colore così insolito, come rubini…” La lama premette nuovamente, lasciando il suo marchio rosso. “Farebbe male, se te ne strappassi uno… così male che grideresti, pregheresti che io ti lasciassi rivelare quello che un istante prima mi avevi così scortesemente rifiutato di riferire…” Ebbi un sussulto, a quelle parole, ma Elmerish mi strinse il braccio con la mano libera, impedendomi di arretrare. “E se un occhio non bastasse…” Proseguì. “… ci sarebbe l’altro. E poi ancora le orecchie, e le dita… non hai idea di quanti uomini siano giunti ad implorare la morte, sotto le mie mani, mocciosa… non hai idea di quanto io sia abile a catturare il soffio della vita che fugge da chi sto torturando, ad impedirgli di lasciarlo fino a che le risposte che ottengo non mi paiono soddisfacenti…” I suoi occhi catturarono i miei, ed un improvviso gelo mi catturò, nel rendermi conto che era mortalmente serio… “Te lo ripeto ancora una volta… da dove siete passati, per entrare qui dentro…?”

Lottai per liberare il braccio, ma non vi riuscii. I miei occhi incontrarono nuovamente i suoi, ed improvvisamente ogni volontà di resistenza abbandonò la mia mente. Non stava scherzando. Mi avrebbe torturata a morte, se necessario. E avrebbe provato soddisfazione nel farlo.

“Attraverso… il condotto fognario.” Dichiarai infine, sconfitta. “Sul retro delle stalle c’è un passaggio. Posso condurtici, se riusciamo a farci strada nel combattimento…”

Elmerish mi lasciò andare, e le mie ginocchia non ressero. Crollai sul pavimento, mentre il gigante indietreggiava, e rinfoderava il pugnale. “Ci riusciremo.” Replicò semplicemente, secco. Aprì una delle gabbie, e lo osservai estrarre uno degli uccelli messaggeri, il volto piegato in una smorfia di tetra determinazione. Afferrò una delle pergamene ammucchiate nella scatola in legno al centro della sala, e prese a scarabocchiare nervosamente un messaggio. Io arretrai, strisciando, e mi addossai al parapetto, pensando freneticamente. Elmerish mi bloccava ogni via d’uscita, interposto fra me e l’unica porta di accesso all’uccelliera. E, anche se fossi riuscita a scappare, non mi illudevo che avrei fatto molta strada… mi sentivo debole, ed eravamo troppo lontani dalla battaglia perché potessi sperare di fargli perdere le mie tracce in mezzo alla folla. Potevo semplicemente opporre resistenza in modo da diventare un peso, per lui, ma avevo l’impressione che Elmerish si sarebbe limitato a stordirmi e portarmi via di peso, senza nemmeno considerare l’ipotesi di abbandonarmi. Ma io non potevo, non potevo pensare di essere di nuovo trascinata via da lui, lontana dal mio mondo, lontana da ogni appiglio. Se solo avessi avuto la mia spada…

Portai la mano all’elsa, inutilmente. Ovviamente Elmerish aveva pensato a togliermi la mia arma, probabilmente limitandosi ad abbandonarla da qualche parte lungo il percorso… Non avevo mezzi per difendermi. D’altra parte, se avessi potuto coglierlo alle spalle mentre era riverso sul parapetto…

Come indovinando i miei pensieri, il generale giunse a grandi falcate verso di me, e mi sollevò ancora una volta come avrebbe fatto con un peso morto. Senza dire una parola, mi trascinò verso il parapetto, e costrinse la pergamena nelle mie mani. “Inviala tu.” Sibilò. “Mentre ti tengo d’occhio.”

Evidentemente, qualche messaggio era giunto da Ulan Bator sui modi in cui approfittavo delle distrazioni dei miei avversari…

Cercai di legare il messaggio alla zampa dell’animale, ma le mie mani tremavano per la droga, ed ebbi scarso successo. Finii per lottare con la pergamena, mentre la bestia prendeva ad agitarsi fra le mie dita, ed anche Elmerish, alle mie spalle, scalpitava.

“Muoviti, mocciosa, se non vuoi che te le strappi, quelle dita…”

Strinsi i denti, improvvisamente catturata di nuovo dalla rabbia. “Se hai fretta, perché non ti arrangi, faccia butterata???” Lasciai andare il volatile, che fuggì spaventato, e mi volsi, livida. “Anzi, perché non voli tu lungo questa parete? Arriverai velocemente, ovunque tu debba andare!!!”

Le dita di Elmerish catturarono nuovamente il mio braccio, e il volto del gigante divenne una maschera di furia. “Il limite della mia pazienza è già superato da tempo, mocciosa!” Mi bloccò contro il parapetto, l’abisso alle mie spalle, la corrente gelida che mi sferzava il volto e mi scompigliava i capelli. “Avrei potuto trattarti gentilmente… avremmo potuto essere buoni amici, noi due, e invece mi costringi ad usarti violenza… forse non ami te stessa…?”

“Non voglio la tua benevolenza…” Sibilai. Era la verità. Dovevo davvero pensare alla mia vita futura come ad un’infinita, disperata ricerca degli scampoli della sua generosità…? Non riuscivo a concepire nulla di più angosciante, ed umiliante.

“E non la avrai…” Il volto di Elmerish era impenetrabile, ora. “Non la avrai…”

La lama del pugnale tornò a balenare davanti ai miei occhi, riflettendo la pallida luce del sole, e accecando momentaneamente la mia vista. “Quel demone…” Sibilò. “… teneva tanto alla salute della tua lingua biforcuta… ma non ho intenzione di seguire ancora i suoi ordini, ed è tempo che qualcuno ti insegni a tenere la bocca chiusa…” Mi afferrò il mento, e un terrore crudo e profondo mi catturò, mentre il suo viso si piegava, e le sue labbra premevano contro le mie. Lottai per qualche istante, in preda al disgusto, ma non c’era molto che potessi fare… e la nausea generata da quel contatto fu niente in confronto alla paura che mi assalì quando Elmerish si allontanò da me, levò il pugnale, e cominciò a premere le sue tozze dita contro la mia mascella, per costringerla ad aprirsi.

Lacrime involontarie salirono ai miei occhi, mentre la mia mente già prefigurava il dolore. Non potevo perdere la lingua, non potevo. Che cos’ero, io, senza la mia magia? Che cosa sarei stata nelle mani di quella bestia nei mesi, negli anni a venire, senza la possibilità di difendermi, nemmeno con le parole? Avevo già sperimentato quel senso di impotenza, e non potevo pensare di esservi costretta ancora, di esservi costretta per sempre. Che mi uccidesse, piuttosto.

Reagii. Presi a scalciare, a mordere, a scalpitare. Senza più un progetto, senza più una coerenza, con tutta la forza che solo l’adrenalina in un momento di pericolo può dare. Il mio cervello aveva già chiaro il presentimento della sconfitta, ma il mio corpo non voleva rassegnarsi all’idea che non ci fosse più speranza… Elmerish grugnì, e cercò di bloccarmi i polsi, ma io fui più veloce di lui, e non glielo permisi. Gli assestai ogni colpo che le mie membra stanche riuscirono a sostenere, ma la sua pelle pareva d’acciaio, di fronte ai miseri sforzi delle mie braccia sottili. In un estremo tentativo di resistenza, mi posi sulla difensiva, e usai gli avambracci per cercare di tenerlo lontano dal mio viso. E fu allora che me accorsi.

O forse dovrei dire, fu allora che me lo ricordai. Una lieve puntura al braccio destro me lo fece tornare in mente. Nascosto nella manica, avevo ancora il pugnale che mi aveva dato Gourry.

La mia mente ebbe un sussulto, a quella consapevolezza. Non era niente. Non era niente una lama di quelle dimensioni, contro un gigante che pareva avere cucita addosso un’armatura di cuoio, al posto della pelle. Però Elmerish non sapeva che avevo ancora un’arma in mano. E l’acciaio taglia e perfora, qualunque sia la mole della superficie che si trova a dover scalfire…

Con un ruggito di disperazione, feci leva sul parapetto, e calciai il gigante più indietro che potevo. Colpii basso, colpii scorretto, non me ne importava nulla. Volevo solo avere un secondo, il tempo di un respiro, per agire. Elmerish fu catturato da una rabbia ferina, a quel mio colpo. Con un’agilità che per me restava inspiegabile, riguadagnò l’equilibrio, e tornò a gettarsi su di me. Io estrassi la lama, e non ebbi tempo per fare altro che brandirla di fronte a me, lasciando che il gigante subisse gli effetti della violenza del suo stesso impeto.

Elmerish probabilmente colse il bagliore emesso dalla lama, ma ormai non poteva più fermarsi. Emettendo un grido di rabbia e dolore, si impalò egli stesso sull’arma, con una violenza che finì per farmi perdere la presa sull’elsa. Finii schiacciata fra lui ed il parapetto, senza fiato, momentaneamente priva di forze. Ma tutta la mia energia tornò a prendere il sopravvento quando levai lo sguardo, ed incontrai i suoi occhi iniettati di rabbia, sangue e lacrime di dolore…

“Aaaaaaaaaaaaaah!!!”

Con un grugnito rabbioso, Elmerish si tirò indietro, e mi colpì in viso, con tanta forza da togliermi il fiato. Quindi, le sue dita si strinsero attorno al mio collo, ed il gigante prese a stringere, tenendomi sospesa in bilico contro il parapetto, l’abisso che si apriva sotto di me.

Non so con quale forza reagii, forse semplicemente con quella della disperazione. Un attimo prima, solo un attimo prima che il fiato mi abbandonasse, riguadagnai la presa sull’elsa del pugnale, e lo estrassi  dalle carni del generale, strappandogli un ruggito di dolore. Quindi, ogni forma di razionalità mi abbandonò. Approfittando della presa fattasi più debole di Elmerish, presi a colpire. Una, due, tre volte, sul suo stomaco, sul suo petto, sul suo volto sfigurato, accecata dalle lacrime, finché le mie mani non furono logore del suo sangue. Quando cessai, il gigante aveva smesso di opporre resistenza ormai da diversi minuti.

Mi resi conto che era finita, ed ogni forza residua mi abbandonò. Mi accasciai ai piedi del parapetto, il corpo ormai inerte di Elmerish che ricadeva sul mio. Lottai per non essere schiacciata dal suo peso, e quando finalmente riuscii a scivolare via da lui, l’improvviso accesso di aria nei miei polmoni e l’odore penetrante del sangue mi provocarono un attacco di nausea. Mi volsi sul fianco, e abbandonai sul suolo dell’uccelliera tutto quello che il mio stomaco conteneva.

Quando gli spasmi mi lasciarono tregua, mi rannicchiai contro la fredda pietra, a fianco del corpo senza vita di Elmerish, e rimasi lì, le ginocchia strette al petto, in un inutile tentativo di vincere la paura. Non so quanto tempo trascorse. Persi il conto dei minuti molto prima che una voce familiare raggiungesse le mie orecchie, chiamando il mio nome in un rantolo ansimante…

“Lina!!!”

Gourry fu in ginocchio al mio fianco prima che mi rendessi conto della sua presenza, e prima ancora che potessi parlare mi ritrovai prigioniera fra le sue braccia. Un odore misto di sangue e di sudore gli impregnava la tunica, e mi investì non appena il suo abbraccio mi cinse, ma in quel momento anche il lezzo di zolfo degli inferi mi sarebbe apparso dolce. Chiusi gli occhi e mi abbandonai, ancora non del tutto certa che quel contatto potesse essere reale…

“Dei… dei… stai bene…” Lo spadaccino si scostò da me, e mi fissò negli occhi. “Ma è davvero tutto a posto? Non sei ferita?” Fece scorrere il dorso della mano contro la mia guancia, e quando lo ritrasse lo vidi macchiato di sangue… 

Scossi la testa, ancora troppo scossa per dare voce a quel diniego attraverso le parole… “Come hai fatto a trovarmi…?” Mi limitai a chiedere, aggrappandomi alla sua tunica. “Dove sono Zel e Amelia? E quel demone…?”

Gourry mi scostò una ciocca di capelli dal viso. “E’ morto. E Zel e Amelia si sono rifugiati nella torre… credo.” Replicò in fretta, in tono elusivo. “Io ti ho trovata per pura fortuna. Delle gabbie di uccelli sono precipitate lungo le pareti del castello, e mi sono chiesto chi poteva essersi rifugiato quassù mentre infuriava la battaglia…” La sua mano si fermò a riposare sul mio viso. “Ringrazio il cielo di averle viste, da laggiù. Stavo per correre al condotto fognario, e non so che ne sarebbe stato di me in quella bolgia, senza la spada…”

“Senza la spada…?” Spalancai gli occhi, e il mio sguardo cadde alle sua cintura, dove un’elsa diversa da quella che gli avevo visto portare nelle ultime settimane pendeva nel fodero… un’elsa che mi appariva familiare… “E quella…?”

Gourry batté le palpebre, perplesso, come se se ne fosse scordato. Quando abbassò lo sguardo sull’elsa, però, un lume di comprensione si accese nei suoi occhi. “Questa è la tua.” La estrasse, e me la consegnò. “La ho trovata abbandonata in fondo alle scale che portavano quassù… la mia è… ecco… mi è caduta…”

“Sei arrivato fin lì senza essere armato…?” Lo squadrai, incerta se essere arrabbiata per quella assurda mancanza di prudenza o stupita perché aveva lasciato senza curarsene quell’arma a cui pareva visceralmente attaccato…

Gourry si limitò a chinarsi, prendermi il viso fra le mani, e baciarmi la fronte. “Va tutto bene.” Replicò, in un sussurro. “Tu stai bene… e quindi anch’io.”

Chiusi gli occhi, nuovamente, e decisi che non me ne importava nulla. Non mi importava del modo in cui era giunto lì, né del perché la spada improvvisamente avesse perso valore per lui. Non mi importava di cosa accadeva attorno a me. Il sollievo mi invase davvero, per la prima volta da quando mi era apparso a fianco. Nascosi il volto nel collo della sua tunica. Le sue dita si allungarono sulla mia nuca, e avvertii il calore che emanava dal palmo della sua mano, mentre il suo pollice tracciava leggeri disegni circolari alla base del mio collo. Restammo in silenzio, immobili, mentre i suoni della battaglia giungevano alle nostre orecchie da lontano. Avvertivo vagamente che la nostra presenza laggiù sarebbe stata utile, ma egoisticamente decisi che non mi sarei mossa da dove mi trovavo. Volevo che la paura finisse. Volevo dormire per giorni, lì, fra le braccia di Gourry.

“Come hai fatto… ad ucciderlo…?” La voce dello spadaccino ruppe il silenzio. Sollevai lo sguardo su di lui… Stava osservando il corpo di Elmerish disteso al suolo, e sembrava impressionato. Il suo volto era terreo, e la sua mano giocherellava nervosamente con i miei capelli… “Voglio dire… non hai usato la magia, no…?”

Lanciai uno sguardo al gigante, e il mio corpo fu scosso da un tremito. “Ho usato il pugnale…” Mormorai. “Temo… di averlo battuto solo perché ero terrorizzata.” Non credo che mi sarei piegata a quell’ammissione di fronte a qualcun altro…

Gourry non fece altre domande. Si limitò a stringermi più forte, e le sue labbra raggiunsero la mia tempia, baciandola lievemente. Quindi, con una lieve pressione si sollevò, e aiutò anche me ad alzarmi… Non feci obiezioni. In silenzio, ci sporgemmo dal parapetto, osservando la lotta che si consumava, decine di metri sotto di noi. Ora che ero tranquilla, il mio sguardo riusciva a cogliere più chiaramente l’andamento della battaglia. Ma non dipendeva solo da me. Se prima la situazione mi era apparsa oggettivamente confusa, ora le truppe di Philionel stavano letteralmente dilagando all’interno. I vessilli di Oberon sventolavano con molta meno energia, erano accerchiati e stretti dai guerrieri di Sailune. Il fuoco della lotta si stava spegnendo.

“Devono aver catturato Oberon.”

Lo spadaccino diede voce ad un pensiero che la mia mente aveva formulato quasi contemporaneamente. Mi limitai ad annuire, silenziosamente. Gourry aveva ragione. Qualcosa era mutato nell’agire dei soldati nemici. Non affrontavano ma fuggivano, non attaccavano ma difendevano. L’impressione che ciò derivasse dall’assenza di una figura forte alla guida sorgeva spontanea…

“Se Oberon è fuori gioco… la vittoria è nostra.” Commentai, di rimando. E quasi subito mi pentii di averlo detto. Ogni volta che avevo avuto una certezza, in quella guerra, qualche terribile evento era calato su di me, e la aveva sgretolata fra le mie dita…

In quel momento però ero troppo stanca persino per avere paura. E improvvisamente, di fronte a quello che aveva tutto l’aspetto dell’epilogo di un incubo, il peso dei mesi di strenua lotta e di terrore mi piombò addosso con la forza di una magia oscura. Le mie gambe si fecero molli, e sentii dita oscure catturarmi, mentre il peso del mio corpo, e le minacce del mondo circostante cessavano improvvisamente di riguardarmi.

Per una volta, mi rassegnai ad abbandonarmi alla presa di Gourry, cedendo con scarsa dignità alla poco eroica pressione dell’incoscienza.

 

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Era una mattina d’inverno fredda e serena

Era una mattina d’inverno fredda e serena. Una di quelle giornate in cui il cielo terso, dalle mura del palazzo, permetteva di estendere lo sguardo per chilometri e chilometri sul mondo circostante, fino alla linea dell’orizzonte.

Il palazzo di Sailune, nella luce piena del giorno, aveva un aspetto vagamente spettrale. Un’ombra, o forse lo scheletro della reggia imponente e maestosa che era stato in passato. Intere aree non erano ancora agibili, i segni del fuoco dominavano ovunque, e il tempio e gli alloggi dei sacerdoti erano ridotti ad un indistinto cumulo di macerie. Tuttavia, nel breve mese trascorso fra la caduta di Oberon e quel giorno, i costruttori e i servitori del castello avevano compiuto una specie di miracolo, per permettere alla costruzione sventrata di accogliere la folla che quel giorno si ammucchiava nei suoi cortili…

Eravamo in piedi, ai lati del lungo viale che, inerpicandosi lungo una dolce salita, conduceva agli ingressi principali del palazzo… Tradizionalmente, era in quel luogo, all’esterno delle bianche pareti del tempio, che si svolgeva il momento centrale delle cerimonie di incoronazione nel palazzo di Sailune… era lì che in un remoto passato il primo sovrano della famiglia di Philionel aveva ricevuto l’investitura da parte da parte dei lord suoi alleati, dopo che alla loro guida aveva sconfitto l’alleanza di regni minori che minacciava il regno…

Secondo la consuetudine, a quel rito avrebbe dovuto precedere la benedizione da parte dei sacerdoti all’interno del tempio… tuttavia, non era stato possibile attendere sino alla ricostruzione dell’edificio. Sailune aveva bisogno di un sovrano, e ne aveva bisogno in quel momento. L’urgenza della stabilizzazione della pace rendeva necessario, per la popolazione e per i Lord, un saldo punto di riferimento…

Per questo, un altare era stato improvvisato all’esterno, dove il gran sacerdote, un uomo pallido e smunto, dalle lunghe gambe e dal viso affusolato, aveva cosparso dell’acqua sacra di Cheipied il capo del neo sovrano… Ed ora, i capelli ancora umidi che luccicavano al freddo sole invernale, quest’ultimo stava procedendo, come la consuetudine del regno voleva, all’investitura dei suoi lord… I vassalli più potenti, uniti, avevano una forza pari, se non superiore a quella del re stesso. Il patto di fiducia che Philionel avrebbe stipulato con ciascuno di loro costituiva dunque una garanzia fondamentale per il mantenimento della pace in futuro… Per questo una silenziosa tensione attraversava l’aria, mentre una lunga processione di Lord, provenienti da ogni parte del regno, sfilava dal fondo del giardino fino alle gradinate che salivano verso i portali… lì Phil li riceveva, in piedi, avvolto nell’armatura e nella cappa bianca con lo stemma di Sailune, semplici e allo stesso tempo solenni, che lo distinguevano, fra loro, come primo fra i pari.

In quel momento, un lord dai capelli bruni e dallo sguardo arcigno si accingeva a prestare il suo omaggio al sovrano. Giunto al cospetto dell’imponente figura di Philionel, in un sommesso fruscio della sua cappa verde chiaro, il nobile pose un ginocchio al suolo, e, dopo un istante di silenziosa riverenza, pronunciò a voce alta e chiara le parole del giuramento.

“Sottometto la mia autorità al bene di Sailune.”

Philionel chinò il capo, e ripeté. “Sottometto la mia autorità al bene di Sailune.”

Il Gran Sacerdote si avvicinò al sovrano, e consegnò nelle sue mani una piccola scatola di legno, con ricchi intarsi. Philionel la tenne stretta per un momento, quindi la passò nelle dita del nobile, con fare solenne. “Autorità è dovere.” Sanzionò.

“Autorità è dovere.” Confermò il lord, stringendola fra le mani.

Amelia mi aveva spiegato il significato di quei gesti. La scatola conteneva alcuni grammi di terra benedetta, raccolti nel giardino sacro a Cheiphied, che si trovava all’interno del palazzo… il legno simboleggiava le radici, il legame del vassallo con il regno e la dinastia regnante, la terra benedetta la delega che Philionel faceva dei propri poteri su parte del territorio sotto la sua giurisdizione, compiuta sotto gli occhi e con il consenso degli dei… La popolazione di Sailune, che assisteva da lontano, sembrava non stancarsi mai di osservare con mormorii di approvazione il momento del passaggio, uno dei più sacri nella ritualità della corte… Persone ciniche come me potevano anche pensare che gli dei avessero ben altre preoccupazioni che badare alle nostre vicende da umani, ma a Sailune, in generale, certe credenze erano molto sentite… e la stessa Amelia, quella mattina, mi aveva confessato di essere felice del sole che splendeva, pur pallido e freddo, sulla cerimonia di incoronazione… fra la popolazione del suo regno viveva, silenziosa ma mai sopita, la convinzione che una incoronazione baciata dai raggi solari fosse una incoronazione benvoluta da Cheiphied…

Lanciai uno sguardo alla principessa. Si trovava in piedi alle spalle del gran sacerdote, avvolta in un lungo abito bianco coperto da un pesante mantello di lana, e sembrava non risentire né del freddo né della stanchezza. Il suo sguardo era fisso su Philionel, emozionato, vagamente commosso. Gourry, Zel ed io osservavamo a pochi metri di distanza, ma con capacità di dissimulazione molto inferiore… nessuno di noi poteva impedirsi di strofinare vigorosamente le mani al di sotto del mantello, o di spostare ripetutamente il peso da una gamba all’altra, come del resto buona parte degli astanti, prostrati e infreddoliti dalla lunga attesa. E la realtà era che non avevamo ancora veramente avuto modo di riposarci, dopo la dura battaglia… mentre gli armati continuavano a combattere, qua e là nel regno, laddove i focolai di lotta non si erano ancora spenti, noi avevamo fatto ritorno insieme alla principessa e a suo padre nella capitale, dove il panorama che ci aveva accolti era stato di devastazione e desolazione… Philionel aveva chiesto a me e a Zelgadiss di aiutare i bibliotecari a recuperare e catalogare quanto del patrimonio di conoscenza accumulato nella città non era andato perduto nel corso del saccheggio alla città… un compito che avevo accettato non senza entusiasmo, perché mi aveva permesso di mettere mano ad un sapere che nell’ansia della ricostruzione mi sarebbe stato altrimenti inaccessibile, e che in quel momento mi appariva vitale, di fronte ai mille dubbi che ancora attanagliavano la mia mente… Gourry, per contro, si era offerto di dare una mano a riorganizzare le truppe poste a difesa della capitale… Sembrava tornato al suo vecchio sé, ora, forse soltanto un po’ più stanco e un po’ meno sicuro di se stesso. Ma questo valeva per tutti, e confidavo che il tempo avrebbe vi portato rimedio, per quanto lento questo processo avrebbe potuto rivelarsi…

 

Non ricordavo molto dell’epilogo della battaglia, consumatosi qualche settimana prima. Anzi, forse sarebbe più corretto dire che tutto ciò che conoscevo mi era stato riferito da Gourry e dagli altri, dopo che avevo ripreso conoscenza…

Oberon era morto. O meglio, aveva voluto morire. Stando a quanto mi aveva raccontato Philionel, semplicemente non si era arreso alla carica dei suoi uomini, costringendoli a non avere altra scelta che ucciderlo… e il neo sovrano di Sailune non mi era parso soddisfatto di questa soluzione. Lo comprendevo. Ciò che Philionel avrebbe voluto era un comandante sconfitto, prigioniero e costretto a ordinare l’arresto alle proprie truppe. Morendo in battaglia, invece, Oberon si era di fatto trasformato in un martire e in un eroe… forse più per impulso che per scelta deliberata… Amelia aveva descritto Oberon come un uomo controllato, addirittura cortese, a tratti, ma se Elmerish mi aveva espresso sentimenti che erano comuni anche al suo comandante, dietro la sua apparenza fredda il nostro nemico doveva aver covato una rabbia intensa e profonda nei confronti di Sailune, forse la vera ragione della sua alleanza con i demoni… una rabbia che aveva reso preferibile per lui la morte alla prigionia. Ed ora erano molte le persone che, probabilmente mosse da sentimenti simili, stavano seguendo il suo esempio, opponendo, ai confini del regno, una resistenza che rendeva ancora più penosa la situazione per le popolazioni locali, già prostrate dai mesi di guerra… i malumori erano mal celati fra più di uno dei lord sottoposti a Philionel, e alcuni, fra quelli più periferici, non si erano nemmeno presentati all’incoronazione. Avevo incrociato Leonard fra la folla, e il comandante mi aveva rivolto uno stanco sorriso, dicendosi felice di vedermi sana e salva. Tuttavia, avevo l’impressione che dietro quei modi pacati l’anima del conte gridasse, come quella di molti dei presenti, come quella di chiunque avesse perso qualcosa di importante, nel corso di quel combattimento. Io stessa, pur uscendo come una delle più fortunate da quella vicenda, a tratti ancora non credevo che tutto stesse lentamente giungendo ad una conclusione… certe notti mi svegliavo in preda all’ansia, convinta di essere in una delle calde celle di Ulan Bator, o persa nella desolazione del deserto… Philionel avrebbe dovuto ricucire quelle ferite, placare gli animi, cementare le sue alleanze, con pazienza. Ed ero convinta che quel compito avrebbe impegnato le sue giornate nel corso di molti degli anni a venire…

 

“Philionel El Di Sailune.”

La voce profonda del gran sacerdote, quasi troppo imperiosa per la sua figura esile, mi risvegliò dalle mie riflessioni. Levai lo sguardo su Phil. Il lungo corteo aveva terminato di sfilare. Il sovrano ora volgeva le spalle al gruppo dei nobili, e guardava verso il palazzo, in direzione del suo esatto centro, dove, invisibile ai nostri occhi, la statua di Cheiphied dominava il giardino sacro…

“Inginocchiati di fronte alle responsabilità che ti attendono.”

Philionel obbedì. Quasi crollò al suolo, nel suo piegarsi pesantemente sotto vesti ed armatura, per dimostrare la sua devozione al regno. Non lo invidiavo. I miei piedi erano informicoliti per il freddo, e quasi non sentivo più i miei arti, dopo la lunga immobilità. In quelle condizioni, anche inginocchiarsi era un’ardua impresa…

“Giuri di servire il regno? Giuri di esercitare il tuo ruolo di garante della stabilità e dell’armonia di queste terre, annullando te stesso nel sacro compito che ti viene assegnato?” La voce del sacerdote risuonò, grave.

“Lo giuro.” Confermò Philionel, non permettendo alla fatica di trapelare dalle sue parole…

“Giuri di rispettare le leggi tramandate dai nostri avi, e di impegnarti perché la legittimità della tua autorità non possa mai essere messa in discussione?”

“Lo giuro.”

“Giuri di rispettare il Concilio e la Gilda dei Sacerdoti, di appellarti al parere del dio, di riconoscere l’autorità dei tuoi vassalli e consiglieri, di non essere mosso dalla vana brama di concentrare il potere nelle tue mani?”

“Lo giuro.”

“China il capo, Philionel El Di Sailune.”

Philionel, che fino a quel momento aveva mantenuto lo sguardo fisso di fronte a sé, obbedì con reverenza. Il gran sacerdote fece un passo verso di lui, e sollevò la corona.

“Con questo, ti incorono, Philionel El Di Sailune. Sovrano di Sailune, sedicesimo della tua stirpe, illuminato dalla gloria degli avi e di Cheiphied.” Sentii la folla fremere, mentre il religioso poneva la corona sul capo del nuovo re. “Puoi alzarti, mio re.” Concluse il sacerdote, con un breve inchino.

Philionel si levò in piedi, e finalmente, liberatorio, un boato attraversò gli astanti. Grida e applausi si levarono ovunque, oscurando il silenzio dei pochi che scelsero di non acclamare.

Philionel si volse, il volto commosso, e salutò i suoi nuovi sudditi. Le urla si alzarono, si fecero più festose, stordendoci in un fiume di euforia. Avvertii un tocco sulla mano e mi volsi, incontrando il sorriso di Gourry, mentre le sue dita si intrecciavano alle mie. Ricambiai sorriso e stretta, senza dire una parola. Era il modo migliore che conoscessi per condividere quel momento. Il nostro silenzio sovrastava quelle grida assordanti, il calore delle nostre mani era sufficiente a trasmetterci il reciproco senso di sollievo portato da quel nuovo inizio…

La folla, grata che l’attesa fosse finita, prese lentamente a sciamare verso l’ingresso del palazzo, dove i servitori erano pronti ad accoglierla. Un ricco banchetto era stato allestito per l’occasione, non opulento come in altre circostanze sarebbe stato, ma degno del significato che tutti, a corte, volevano che quella giornata rivestisse. Il nostro piccolo gruppo si accodò direttamente a quello del sovrano, e un po’ a fatica riuscimmo a raggiungere Amelia, che ci attendeva sul fondo della gradinata. La principessa era radiosa, le gote rosse per il freddo che ridavano vita e colore al suo viso, irriconoscibile rispetto a quello del fantasma pallido che ci si era presentato nella roccaforte di Oberon, solo un mese prima. Mi si rivolse, eccitata, travolgendomi con foga tale che rischiai di perdere la presa sulla mano di Gourry. “Mio padre è stato fiero e bellissimo, non trovate anche voi???” Chiese, l’espressione sognante. “Il nonno sarebbe stato assolutamente fiero di lui!”

Noi tre ci scambiammo un’occhiata divertita, avvezzi a quei modi, e al tempo stesso sollevati di vederli tornare alla luce. Anche Amelia era stata tesa, nel corso di quel mese, ed era apparsa stanca… ma la prospettiva prima, e ora la realizzazione dell’incoronazione di suo padre parevano averle regalato nuovamente il suo entusiasmo…

“Spero solo che il banchetto sia degno di tutta la pompa a cui siamo stati costretti…” Mi lagnai. “Non mi sento più le gambe, e credo che se non addenterò qualcosa entro mezz’ora finirò per prendere Gourry a morsi…”

“Non è detto che me ne lamenterei.” Commentò Gourry, con un filo di voce. Si guadagnò una gomitata nel costato.

Ci avviammo nel sala grande all’ingresso del palazzo, che per l’occasione era stata adibita a sala da pranzo… solo la stanza riservata ai pasti della famiglia reale era stata restaurata, e quella in cui normalmente si tenevano banchetti e balli era ancora invasa dalle macerie e dalla polvere, e non in grado di ospitare il nutrito gruppo di nobili che era stato invitato a prendere parte ai combattimenti… L’ambiente era comunque accogliente, per quanto il solitario focolare che campeggiava lungo le sue ampie pareti non fosse sufficiente a scaldarlo… e non dubitavo che la massa di persone che lo stava velocemente riempiendo, unita agli effetti benefici del vino, avrebbe presto sopperito a quel problema…

I nobili si accomodarono lentamente ai lati del lungo tavolo, mentre a capotavola, sullo scranno del re, Philionel si abbandonò con fare stanco, rilasciando la tensione di quella lunga mattinata. Amelia si sedette al suo fianco, insieme a Cristopher e Laudreck, e non ci sistemammo vicino a lei, accerchiati dalle figure austere della guardia reale, che avrebbero vegliato sul nuovo sovrano lungo tutta la durata del banchetto… feci scorrere lo sguardo sulle loro espressioni severe, e improvvisamente sentii di avere ben poco di che lamentarmi… io avrei avuto presto modo di ristorarmi, mentre per loro, così come per i servitori adibiti al banchetto, la mattinata sarebbe stata ancora lunga…

Presto, le portate e le bevande cominciarono a fluire verso il tavolo, con munifica abbondanza … antipasti di carne cotta e pestata nel mortaio e spesse tartine imburrate furono seguiti da zuppe multicolore, realizzate con sedici diversi tipi di verdure, in onore del nuovo sovrano… seguirono le portate di carne e di pesce, che rendevano omaggio alle tradizioni culinarie delle più disparate regioni, all’interno dei confini del regno e oltre… riconobbi il pesce salato delle coste settentrionali, e la carne con la marmellata di mirtilli che associavo alla mia infanzia… il suo sapore mi riportò per un momento agli inverni di Zephilia, ai rilievi coperti di neve attorno alla città, al calore e agli odori della cucina della mia casa natale, e la nostalgia mi catturò… casa… sentivo che la mia sete per i viaggi, nonostante tutto, non si era ancora estinta… ma dopo tutto quello che era successo, quella parola assumeva un suono particolarmente dolce…

Quando giunsero i formaggi e i dolci, persino il mio stomaco normalmente pronto a tutto cominciava a sentirsi provato… e l’abbondanza del cibo era stata tale che per una volta io e Gourry non avevamo nemmeno avvertito la tentazione di litigarci le portate…

Mi poggiai allo schienale della sedia, sazia, e vagamente ubriaca. Gourry mi imitò, chiudendo gli occhi e poggiandosi le mani sullo stomaco. “Credo che non potrò muovermi di qui per ore.” Mormorò.

Amelia ridacchiò, distogliendo per un momento l’attenzione dal padre. “Non dire così, Gourry- san… fra poco ci sarà il ballo, è tradizione che tutti gli invitati alla cena partecipino.”

Zel, al nostro fianco, levò un sopracciglio, con fare esasperato. “Non potremmo, in quanto scorta personale di Phil, scampare a questo strazio?” In effetti, dubitavo che per qualsiasi dama sarebbe stato semplice trattare con un ballerino che avrebbe potuto spezzarle un piede calpestandolo…

Amelia si limitò a ridere, a quel commento. “Per dirla tutta, credo che mio padre sia troppo frastornato per accorgersi realmente di chi gli renderà onore attraverso la danza.” Ci lanciò un’occhiata. “Avete tutti l’aria stanca… Lina –san, ieri non avrai passato ancora tutto il giorno sui libri?”

Incrociai le braccia al petto. “Mi sembra ovvio. Ti ricordo che non c’è ancora nulla di chiaro in questa faccenda.”

Avevamo ritrovato la spada di Gourry, ai piedi del mastio, là dove la aveva abbandonata. Nessuno aveva voluto o era riuscito a portarla via prima di noi… ora, era conservata in una teca all’interno del tempio, in attesa che il mio compagno decidesse cosa farne… io sarei stata propensa a distruggerla, ma l’atteggiamento dello spadaccino pareva ancora stranamente ambivalente, e avevo l’impressione che si sarebbe limitato a lasciarla in mano ai sacerdoti di Sailune, rimettendola ai loro studi di magia bianca… di sicuro, Gourry si era rifiutato di toccarla di nuovo… mi aveva confessato che l’idea lo intimoriva, come se temesse, dopo averlo fatto, di non potersene nuovamente separare…

Non gli avevo posto troppe domande su come fosse giunto a padroneggiare l’arma, perché lo spadaccino sembrava poco incline a discuterne… Gourry, però, mi aveva spontaneamente raccontato la storia che ad essa era legata, così come Ainos gliela aveva rivelata… era proprio incentrando le mie ricerche sulle vicende legate al re Rama, che erano già state oggetto dei miei studi quando ancora ero apprendista, che ero giunta a recuperare qualche informazione in più sul funzionamento di quell’arma. E grazie a quelle informazioni, ero giunta alla conclusione che Sleen non mi avesse mentito. Era plausibile che le creature servitrici di Cheiphied la avessero creata perché un umano di grandi capacità potesse maneggiarla contro i loro avversari demoniaci, ed era plausibile che la avessero consegnata a Rama, grande spadaccino, e mosso dall’interesse di difendere le sue terre all’estremo nord, minacciate direttamente, prima del sorgere della barriera, dalla presenza incombente della penisola dei demoni… gli esseri sovrannaturali avevano più di una volta dimostrato di essere disposti, in situazioni di incertezza, a coinvolgere gli umani nelle loro personali vicende, io stessa ne ero la dimostrazione… Ero incerta, però, su quanto di magico ci fosse negli effetti della spada… evidentemente, impugnarla fortificava allo stesso tempo corpo e mente… una capacità di guarigione fuori dal normale si accompagnava in chi la imbracciava ad un assoluto sprezzo del dolore, e della morte, così come di qualsiasi remora nel corso del combattimento… Ma avevo letto quale addestramento comportasse l’utilizzo dell’arma, e avevo testato con mano cosa significasse impugnarla… ed ero convinta che almeno in parte questi fattori comportassero quello strano stato di coscienza alterata che l’uso dell’arma sembrava generare… Abituarsi al dolore era pericoloso… il dolore era un segnale, era uno strumento per comprendere i limiti del proprio corpo… e mi chiedevo quanto Ainos avesse giocato a spingere Gourry fino a superare quei limiti, perché lo spadaccino sembrava dimenticarsi di se stesso, mentre combatteva con quell’arma… ero sempre stata consapevole delle sue capacità, ma vedere come era in grado di muoversi quando era privo del controllo della sua coscienza mi aveva fatto realmente comprendere ciò che sarebbe stato in grado di fare, se non fosse stato la persona dolce e buona che da sempre conoscevo…

“Bé, anche scoprire informazioni ora non cambierebbe molto, no?” Gourry mi prese nuovamente la mano, al di sotto del tavolo, e mi apostrofò in tono allegro.

Gli rivolsi un’occhiata scettica. “Suppongo che sarebbe inutile parlarti del piacere di soddisfare la propria curiosità, vero?”

“Talvolta i dubbi sono meglio delle risposte.” Commentò acidamente Zelgadiss. “Ad ogni modo sì, sarebbe interessante capire perché un’arma da cui fino ad un momento prima eri ossessionato improvvisamente è diventata talmente irrilevante da mollarmela in mano a quel modo…”

Avevo l’impressione che Zel non avesse ancora del tutto superato lo smacco per essere stato imbrogliato da Gourry e avere subito suo malgrado gli effetti della spada…

“Ma è ovvio, no?” Intervenne Amelia, l’aria sognante. “Il suo attaccamento a Lina ha superato ogni altra cosa e lo ha portato ad abbandonare la spada!”

Feci un mezzo sospiro. “Sinceramente…” Borbottai. “… ho idea che la soluzione sia molto meno ‘romantica’…” Levai lo sguardo su Gourry, pensierosa. “Credo che sia piuttosto una questione di motivazione…”

Lo spadaccino batté le palpebre. “Motivazione…?”

Annuii. “Il motivo per cui Rama aveva accettato di impugnare la spada era combattere i demoni… sin da principio. Quindi è ovvio che questa sia rimasta la sua priorità, sempre e comunque.” Mi accigliai, fissando le posate abbandonate sul piatto. “Tu, invece, hai voluto impugnarla per salvare me da Elmerish… tutto ciò che hai fatto da quando ci siamo separati è stato finalizzato a questo, ma dopo avere raggiunto il tuo scopo la spada ha cominciato a guidarti verso il movente originario per cui essa è stata creata… ovvero ostacolare i piani dei demoni, in qualunque modo essi si fossero realizzati… anche portando a termine una guerra che alimentava la loro forza.” Levai nuovamente lo sguardo su di lui… “Il problema dev’essere sorto nel momento in questo secondo movente ed il tuo scopo originario sono entrati in conflitto… quando Elmerish mi ha portato via una seconda volta, combattere con Oberon ha perso di importanza, per te. E hai semplicemente abbandonato la spada che ti spingeva a farlo. Quindi, in un certo senso, è il generale che dobbiamo ringraziare, se quell’arma ha perso la sua presa su di te…”

E non volevo chiedermi cosa sarebbe accaduto se così non fosse stato. Le parole di Sleen sulle possibili conseguenze del possesso della spada da parte di Gourry, le sue insinuazioni sulla mia stessa natura, continuavano a ronzarmi nella mente… non mi sentivo tranquilla. Ma mi fidavo di Gourry. Per quanto avesse abbandonato la spada probabilmente per un semplice calcolo errato, da parte di Ainos, circa il funzionamento dell’arma stessa, la sua scelta, irrazionalmente, mi rincuorava…

Ainos… lui era l’altra grande incognita che mi tormentava, anche se diverse ipotesi solleticavano la mia mente… quella che trovavo sempre più convincente era che Ainos lo sciamano in realtà non fosse stato che un tramite… a mettermi in allarme erano stati alcuni dei testi che avevo trovato su Rama e sui suoi successori… avevo già sentito parlare della follia che, sottile, aveva serpeggiato fra i membri della stirpe, ma nei testi che avevo consultato in quell’ultimo mese la parola ricorrente che più di tutte mi era rimasta impressa nella mente era ‘possessione’… si diceva che un fuoco animasse chi impugnava la spada, uno spirito che li guidava nelle azioni più audaci e al contempo più efficaci per conseguire gli obiettivi che si preponevano nella loro lotta… mi chiedevo se quello stesso spirito, lo spirito della spada, non avesse approfittato di un innocuo giovane sciamano in cerca di ingaggio per giungere alla persona a cui aspirava realmente… Il gatto di Ainos era misteriosamente ricomparso, in quei giorni. Era sbucato da qualche anfratto della biblioteca semi bruciata di Sailune, e usava sonnecchiare pigramente su una sedia esposta ai raggi del sole di una delle grandi finestre, mentre noi procedevamo con il nostro lavoro… e ogni tanto, mentre mi fissava con i suoi occhi penetranti, mi chiedevo se dopotutto non mi avesse davvero salvata deliberatamente, quel giorno di diversi mesi prima, sulle mura… si diceva che i famigli avessero un legame viscerale con i propri padroni, che animale e uomo condividessero i propri pensieri… mi chiedevo se parte di Ainos, del vero Ainos, non fosse sopravvissuta in lui e non avesse cercato di ostacolare i piani dello spirito che aveva preso il suo possesso…

‘Suppongo che non avrò mai una risposta certa…’

Fissai lo sguardo sugli occhi azzurri di Gourry, cercandovi quello spirito che credevo avesse catturato anche Ainos, gli invisibili fantasmi che la mia mente temeva di vedervi. Non li trovai. Strinsi solo più forte la sua mano, sotto al tavolo, lottando per combattere l’inquietudine…

“Ehi!” Strillò Amelia. “Si aprono le danze!” La principessa si levò in piedi, e raggiunse suo padre, accompagnandolo al centro della sala. In un vortice di gonne, lo trascinò al suono della musica.

Colsi il lampo di un sorriso sulle labbra di Zel, e gli rivolsi un ghigno sfacciato. “Allora…” Ridacchiai. “… Amelia ieri mi ha fatto un rivelazione interessante…”

Zel mi squadrò per un momento, fingendo indifferenza, ma sapevo perfettamente che aveva capito ciò a cui mi riferivo… “Lascia perdere il sarcasmo, Lina.” Sbottò. “Ho accettato di fermarmi per un po’ a Sailune perché avevo bisogno di… di schiarirmi la mente.” Tacque, per qualche secondo, fissando il vuoto di fronte a sé… “Di capire… che cosa voglio dal mio futuro…” La sua voce si fece sottile. “… perché in questi mesi mi sono reso conto che non lo so. Non sono certo di voler continuare ad inseguire qualcosa che forse non otterrò mai. Forse ho solo bisogno di riposo per riflettere.”

“E’ comprensibile… cercare riposo.” Commentai semplicemente, fissando pensosa le danze. E noi… noi cosa avremmo fatto, ora? Non ci avevo ancora riflettuto…

“Ho voglia di prendere un po’ d’aria.” Dichiarai, levandomi in piedi. “E magari di fare un altro salto in biblioteca, ora che sarà vuota. Fai le mie scuse ad Amelia, Zel…”

La chimera mi sorrise. “Dubito che suo padre la lascerà andare presto. Questo mese non si sarebbe separato un attimo da lei, se avesse potuto…”

Gli sorrisi di rimando. Anche Gourry si alzò, al mio fianco. “Ti accompagno.” Dichiarò, semplicemente. “Il vino mi ha fatto venire un gran caldo.”

Gli rivolsi un breve ghigno, mentre si avviava insieme a me. “Mi stai dicendo che sei completamente ubriaco, e che hai già spento il cervello come tuo solito, Gourry?”

Lo spadaccino mi rispose con fare stoico. “Deciderò solo sulla base del tuo umore di domani se vorrò che tu mi ritenga o no responsabile delle mie azioni.”

Ridacchiai, e lo squadrai con fare minaccioso. “Attento. La cosa potrebbe non avere rilevanza.”

Il mio compagno mi rivolse uno sguardo sinceramente preoccupato. “Lo terrò presente…”

Lo condussi attraverso la malmessa scalinata interna, fino ai portali della biblioteca. Li spalancai, venendo inondata dal sole del primo pomeriggio. Era freddo, all’interno. Il fuoco era spento, e una delle grandi finestre, spalancata, si apriva sul cortile, lasciando penetrare all’interno i raggi di luce, nei quali danzavano le minuscole particelle di polvere che inesorabili si posavano sugli spessi volumi che custodivano la sapienza della capitale… i libri che stavamo catalogando erano aperti sui grandi tavoli, ed un odore piacevole di carta, di legna bruciata e di inverno si diffondeva nel grande ambiente. Avanzai sul balcone e chiusi gli occhi per un attimo, lasciandomi investire dalla possente aria fredda, lasciando che mi ricordasse che ero viva. Qualche mese prima non avrei dato scontato di avvertire ancora sensazioni di quel genere sulla mia pelle riarsa dal sole…

Gourry si avvicinò, e fece scorrere le braccia attorno alle mie spalle, attirandomi a sé. “E’ bella… Sailune d’inverno…” Mormorò, osservando il vasto panorama, da sopra la mia testa.

“Mmm…” Approvai, brevemente.

Sailune… c’era un’altra questione che mi tormentava in quei giorni… una questione che riguardava direttamente il regno, e di cui non avevo parlato a nessuno, nemmeno ad Amelia…

“Che c’è…?” Domandò lo spadaccino, quasi leggendomi nel pensiero…

Io tacqui per qualche istante, quindi mi decisi a volgermi verso di lui, per guardarlo in volto. “C’è una cosa che non mi è ancora chiara…” Mormorai. “Ainos… che la mia ipotesi fosse vera o meno, che davvero lo spirito della spada avesse preso il possesso della sua mente o invece fosse una sua mossa deliberata, quella di farsi assumere a corte… non appariva sospetto, agli occhi di un servitore di Cheiphied? I sacerdoti di Sailune… davvero non si sono resi conto di nulla…?”

Gourry batté le palpebre, in apparenza senza capire. “Di che cosa stai parlando, Lina…?”

Scossi la testa. “Forse è solo un mio stupido sospetto. Ma i testi su Rama si sprecano, qui a Sailune… e i sacerdoti tengono ovviamente in grande rispetto e considerazione la magia di Cheiphied, pur avendo perso le conoscenze per padroneggiarla… E il concilio dei sacerdoti non avrebbe accettato come mago di corte, una delle cariche più importanti sotto la sua competenza, il primo giovane sciamano che passava, per quanto abile egli fosse, e per quanto avesse l’approvazione del sovrano… quale modo migliore, per Ainos, di farsi accogliere a Sailune, che rivelare semplicemente a qualcuno influente nel Concilio, in segreto, chi fosse e quale fosse la sua reale missione…?”

Gourry inclinò la testa, perplesso. “E se anche fosse, che ci sarebbe di male…?”

Mi morsi il labbro. “Niente… tutto.” Abbassai gli occhi. “Se ciò che sospetto è vero… perché la cosa non è ancora venuta alla luce…? Se anche Ainos aveva chiesto ai sacerdoti il silenzio, perché mantenere il segreto anche orache manifestamente stiamo facendo ricerche sulla spada…?”

Gourry aggrottò la fronte, mentre la comprensione, apparentemente, lo investiva. “Intendi dire… che sospetti che qualcuno avesse capito… ciò che Ainos intendeva farti…? Ma Lina, sono…”

“… sono accuse gravi.” Mi incupii, terminando per lui. “E senza prove, non sono che vuoti sospetti. Credi che non lo sappia? Per questo non posso assolutamente dire nulla ad Amelia… solleverebbe un polverone…”

L’espressione di Gourry si fece grave. “Ma… perché… perché avrebbero dovuto lasciare agire Ainos…? Non dico sapendo che avrebbe coinvolto me, ma sapendo che mirava ad ucciderti…? Tu hai… tu hai aiutato Sailune un’infinità di volte, e…”

“Perché sapevano di agire in nome di un bene superiore, Gourry.” Replicai, fredda. “Ho aiutato Sailune, hai ragione, ma ho anche accettato di mettere a rischio il mondo per i miei desideri quando ho combattuto con Phibrizo. Le mie conoscenze sulla magia di Lord of Nightmares mi rendono una mina vagante e loro lo sanno, Gourry, e anche i demoni … dopo che abbiamo abbattuto il Signore degli Inferi tutto il dannato mondo ne è al corrente…” La mia voce era un sibilo irato, ora. “E sai qual è il punto?” Aggiunsi, in tono flebile e al contempo pungente. “… Che non mi pento, e lo rifarei. Posta in quella situazione lo rifarei altre dieci, cento, mille volte!” I miei denti si strinsero. “Quel demone aveva ragione, io non sono una creatura della luce, io sono solo una dannata egoista. Agisco per il mio interesse, e in questo non sono diversa da lui.”

Gourry mi afferrò per un braccio, e mi costrinse a guardarlo. “Ma anch’io lo farei, per te.” Affermò, e non c’era traccia di dubbio, nel suo sguardo. “Questo mi rende simile ad un demone?”

Restammo ad osservarci per qualche istante, i suoi occhi azzurro cielo fissi sui miei. Quindi le sue dita mi lasciarono andare. “Non sei schierata dalla parte del male, Lina. Sei solo umana.” Il suo tono si fece gentile. “E per quel che mi riguarda, sei uno splendido, indipendente, essere umano. Io ho fiducia in te. So che non ti lascerai circuire facilmente, né da demoni né da esseri umani. E anche tu dovresti pensarla allo stesso modo.”

Le sue parole, per qualche motivo, mi tranquillizzavano. Già. Era incrollabile, la fiducia di Gourry. Non aveva fatto che dimostrarmelo, da quattro anni a quella parte…

Emisi un sospiro. “So come la pensi.” ‘E te ne sono grata.’ “Ma non tutti sono del tuo parere… Mi chiedo se Sailune non finirà per diventare un terreno pericoloso, per me, un giorno…” Commentai, asciutta.  

La sua mano raggiunse la mia spalla, e strinse, gentilmente. “Non posso pensarlo. Se anche l’intera gilda dei sacerdoti dovesse rivoltarsi contro di te, ci saranno sempre Amelia, e Philionel.” ‘E ci sarò anch’io.’ Non lo disse, ma il suo sorriso me lo comunicò. Portai la mano sulla sua, per trattenere le sue dita calde contro la mia carne.

“Lo so.” Replicai, semplicemente. Assentendo al contempo alla sua affermazione, e alla sua promessa silenziosa.

Ci fissammo ancora per un istante, quindi il mio sguardo si volse all’orizzonte.. “Ad ogni modo…” Commentai, mentre lasciavo affiorare un lieve sorriso anche alle mie labbra. “Dobbiamo ancora decidere dove andare ora…”

“Hai qualche idea…?” Chiese lo spadaccino, seguendo i miei occhi, e attirandomi lievemente a sé.

“Assolutamente no.” Risi. “So solo che non vorrò vedere i deserti e le terre a sud della barriera per diverso tempo.”

Lo spadaccino ridacchiò. “Chissà perché ci avrei scommesso…” Si volse nuovamente verso di me, con un mezzo sorriso. “E se andassimo a Zephilia? Dalla tua famiglia?”

Inarcai un sopracciglio, ricambiando il suo sguardo. “Ok… qual è il tuo doppio fine…?”

Gourry scoppiò a ridere. “Non entrare subito in allarme, per favore. Sto solo pensando che dopo mesi così intensi potrebbe farti piacere rivedere i tuoi, e rassicurarli che stai bene…” Ora che ci pensavo, Gourry aveva ragione… sicuramente anche nel nord era giunta notizia della guerra, e, se la mia famiglia aveva sentito parlare della mia amicizia con la dinastia regnante di Sailune, era ragionevole che sospettassero un mio coinvolgimento…

Inclinai la testa, e studiai il mio compagno per qualche istante. Mi ricordavo ciò che mi aveva detto della SUA famiglia, prima che tutta quella vicenda avesse inizio, e sapevo che aveva poca fiducia sulla possibilità di riallacciare con essa buoni rapporti… mi chiedevo se la proposta che aveva rivolto a me non fosse il riflesso, in fondo, di un suo sotterraneo desiderio…

“E tu…?” Mi trovai a domandare, quasi indipendentemente dalla mia volontà… “Tu non hai mai voglia di rivedere la tua famiglia, Gourry…?”

Gourry mi sorrise. “Oh, ma io sono con la mia famiglia.”

Rimasi per un istante interdetta da quella risposta. Solo un istante. Quindi gli rivolsi un breve, silenzioso sorriso. Rimasi immobile, godendo del suo calore, mentre un vento gelido si levava, spazzando via la polvere dalle rovine e dai cantieri che sparsi qua e là fra gli edifici bianchi della capitale stavano lentamente dando nuova vita alla città.

Trovavo ancora allettante la sua idea di tornare a Zephilia, ma Gourry in fondo aveva ragione. Erano trascorsi mesi lunghi e duri, e anche il futuro, a tratti, pareva foriero di inquietanti promesse… ma ero già a casa. Finalmente ero a casa.

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