The sound of our soul.

di BeckyPanda
(/viewuser.php?uid=94419)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo scorcio. ***
Capitolo 2: *** L'opportunità. ***
Capitolo 3: *** Il buio. ***
Capitolo 4: *** I dubbi e il rincontro. ***
Capitolo 5: *** La rivelazione e la fuga. ***
Capitolo 6: *** La febbre e la riappacificazione. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Speciale. -Gabe- ***



Capitolo 1
*** Lo scorcio. ***


The sound of our soul. Le dita del ragazzo scorrevano rapide lungo le corde della chitarra, facendola ruggire.
L'adrenalina del concerto annullava ogni percezione, ogni senso.
Tutto era annebbiato.
Mick sfrecciava da una parte all'altra del palco, saltellando e schivando l'altro chitarrista, Ralph, che per poco non andò a sbattere contro Thomas, che suonava il suo adorato basso.
Gabe cantava, sovrastando i colpi della batteria suonata da John.
Sorridevano, ammiccavano alle fan urlanti delle prime file, rendendole ancora più pazze e deliranti.
I respiri erano irregolari, ma i loro cuori pompavano tutti allo stesso incalzante ritmo...




-Signor Gant? E' ancora tra noi?-
Mick si svegliò di soprassalto, guardandosi attorno con aria stranita.
-Eh? Che sta succedendo?- esclamò, causando le risatine dei suoi compagni di classe che vennero subito ammutoliti da un'occhiataccia del docente di Storia che, spazientito, chiuse il libro.
-Menomale che la lezione è finita, signor Gant, altrimenti sarebbe venuto qui alla cattedra a raccontarmi che cosa stava beatamente sognando, durante la mia ora.- disse, chiudendo il libro e posandolo sulla cattedra.
Il ragazzo sbadigliò, stiracchiandosi sulla sedia.
Aveva dormito alla grande, poggiato sul banco, anche se aveva impresso un segno rosso sul viso, poiché s'era addormentato sopra un libro.
Il suo vicino di banco, nonché suo migliore amico, Gabe, rise, accompagnato dal trillo della campanella.
-Sempre il solito, amico, sempre il solito. Secondo me saresti in grado di addormentarti persino quando sei in piedi. Si potrebbe provare, una volta. Ma dimmi una cosa, adesso.-
Mick sbatté la testa sul banco, pronto a sentire la solita domanda.
-Hai sognato il solito concertino, non è vero?- chiese l'amico, con un velo d'ironia.
Il ragazzo sbuffò, annuendo appena.
Ogni santissima volta che dormiva durante alle lezioni, sognava la sua vecchia band e Gabe lo sapeva perfettamente.
Il sorrisetto soddisfatto dell'amico non fece altro che aumentare l'irritazione di Mick che gli lanciò addosso un libro, facendo scoppiare a ridere nuovamente il biondino che aveva davanti agli occhi.
-Eddai, cretino, ti arrabbi per così poco, mica ti ho chiesto nulla!-
-Peggio ancora, tu le pensi le cose. Diamine, ti si vede in faccia. Non tornerò a suonare, lo sai.-
-Ma è destino, caro mio, destino.- esclamò quello, in risposta.
Quando Mick aveva espresso la volontà di abbandonare alla band, nessuno gli si era opposto, anche se erano tutti tremendamente dispiaciuti.
Gabe, però, non aveva sciolto la band.
Aveva semplicemente rinunciato al suo migliore chitarrista.
-Va a quel paese, te e il destino.- disse Mick, alzandosi in piedi, una volta infilati i  libri nello zaino.
L'amico rise, alzandosi in piedi a sua volta, fissando sconsolato la miriade di cianfrusaglie che s'era accumulata sul banco.
Mick gli poggiò una mano sulla spalla, con fare incoraggiante, mentre un sorrisetto ironico gli si piazzò sul volto.
-Vado, Gabe, ci vediamo oggi pomeriggio alla solita ora.-
Disse così e poi si mise lo zaino su una spalla.
-Dici che non ti va più di suonare, ma tutti i santi giorni sei ad assistere alle prove. Strano, non credi anche tu?-
Il ragazzo ignorò il commento dell'amico, fingendo di non averlo sentito, e uscì dalla classe.
Si fermò solo un momento, per prendere l'Ipod dalla tasca della felpa e, infilato un auricolare nell'orecchio, riprese a camminare, salutando con grandi sorrisi gli amici che intravedeva nei corridoi che pullulavano di studenti che non vedevano l'ora di lasciare l'istituto.
Accompagnato dal suono della sua amata  musica, il ragazzo uscì da scuola con un passo baldanzoso, prendendo poi un autobus al volo.
Si stava avvicinando al suo solito posto, vicino al finestrino, quando, barcollando per la partenza del veicolo, Mick si vide scivolare dalla tasca l'Ipod che, con lentezza quasi surreale, ruzzolò a terra.
Imprecando, il ragazzo si chinò per prenderlo, finendo per sbattere la testa contro le ginocchia di qualcuno.
Mick strinse l'apparecchio tra le dita, alzando lo sguardo.
-Scusa, non ti avevo vista, mi è caduto l'Ipod e così...- borbottò, sorridendo appena a quella ragazza che lo guardava stranita che, dopo aver mormorato qualche cosa, se ne andò scuotendo la testa verso il fondo del bus.
Il giovane la osservò qualche istante, stupefatto.
Non aveva fatto chissà quale cosa, l'aveva semplicemente scontrata.
Si strinse nelle spalle, per poi sedersi, finalmente.
S'accoccolò contro il sedile, infilando anche l'altro auricolare, alzando il volume della musica al massimo.
Beh, almeno aveva una cosa da raccontare a Gabe che, di sicuro, si sarebbe fatto un sacco di risate, immaginando la faccia dell'amico.
Rabbrividì al pensiero, immaginandosi per quanti giorni il biondo gli avrebbe ricordato di quella ragazza.
Tutto sommato, non sarebbe stata una buona idea, ma a quel piccoletto non si poteva nascondere niente.
Sospirò, appoggiato al freddo vetro del finestrino, muovendo ogni tanto le labbra, seguendo le parole di una canzone.
Distratto com'era, non s'accorse che un paio di occhi grigi lo stavano fissando, dall'altra parte dell'autobus.



Becky
Panda's Space.

Oh, la mia prima FF originale, ma soprattutto, la mia prima long-fic!
Sono emozionata, se devo essere sincera.
Ok, passiamo oltre.
Sono convinta che in questo piccolo capitolo non si capisca nulla, ma spero di chiarire le idee nei prossimi che scriverò.
In ogni caso, vorrei dire solo due cose.
Ho messo tra gli avvertimenti 'Shonen Ai' perché penso che metterò una cosina poco impegnata più avanti, tra i due protagonisti maschili . 8D
Ah, sì, il raiting potrebbe alzarsi da Giallo ad Arancione, ma questo ovviamente dipende da come la storia proseguirà.
Di questo non sono certa nemmeno io.
Bene, perfetto. ^^''
Addio, miei carissimi, al prossimo capitolo <3


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'opportunità. ***


TSOYS2 Seduto su una sedia, Mick si passava una mano fra i capelli scuri, borbottando qualche cosa in direzione della porta del garage, che s'ostinava a rimanere chiusa.
-Ehi, amico, datti una calmata. Gabe arriverà, lo sai che adora il ritardo!- esclamò Thomas, che stava lucidando il suo basso.
Il ragazzo si girò verso di lui, facendo una smorfia contrariata.
-Se è per questo immagino che lui adori vedermi irritato dai suoi continui ritardi.-
Ralph, che stava strimpellando un motivetto con la chitarra, si fermò, fissando con un sopracciglio alzato l'amico.
-Sembri agitato. Che devi dire di così importante al tuo adorato amichetto?- chiese, sorridendo sarcastico.
Mick s'alzò, aprendo di scatto la porta del garage, imbattendosi così nel sorriso angelico di Gabe.
-Sono arrivato! Mi avete aspettato tanto?- cinguettò, spostando con una mano l'amico, che, per tutta risposta, gli rifilò una gomitata contro il fianco.
John s'affrettò a spostare Gabe, posizionandolo presso il microfono, ridendo.
-Mick, siediti lì e cerca di resistere. Dopo ti lasciamo Gabe, sta tranquillo.- disse il batterista, sedendosi.
Il ragazzo si lasciò cadere mollemente sulla seggiola, incrociando le gambe.
I ritardi dell'amico lo avevano sempre angosciato.
E poi aveva sentito dire una cosa, sull'autobus.
Tossicchiò, nascondendo un sorriso con la mano.
Gabe sarebbe impazzito.
Tamburellò con le dita sulla gamba, al ritmo della musica che i ragazzi stavano suonando.
Erano grandiosi, davvero grandiosi.
La passione che ognuno di loro ci metteva nel suonare il proprio strumento era evidente.
Mick sentì una fitta allo stomaco.
Gli mancava suonare, doveva ammetterlo, ma non poteva, non voleva farlo mai più.
Rabbrividì, al ricordo dell'ultima volta che aveva suonato con la band.
Era successo tutto troppo in fretta.
Stavano suonando in un locale, nel loro solito locale, quando all'improvviso un gruppo di ragazzi, forse ubriachi, forse solo con l'intenzione di fare un po' di casino, iniziò a tormentare il gruppo.
Dopo che la fine del concerto, i ragazzi erano soliti ritirarsi al bancone del bar, per bere qualcosa.
Se solo quella volta non l'avessero fatto...
Mick sentiva ancora il dolore bruciante delle ferite, come se non fosse passato poi così tanto tempo.
"Sei solo un chitarrista, non diventerai mai qualcuno. La gente si ricorda dei cantanti, non di chi come te suona questa roba..."
Quella frase gli aveva fatto più male dei colpi che aveva ricevuto.
Per il resto, il ragazzo si ricordava solamente della propria chitarra, gettata in un angolo da lui stesso.
Aveva preso la decisione di mollare tutto.
Pensò che probabilmente quei ragazzi avevano ragione, lui non era che uno sfondo.
Uno sfondo di una fotografia che avrebbe reso celebre solo il cantante.
-Amico, abbiamo finito. Che succede?-
Una voce familiare lo riscosse dai suoi pensieri.
Non s'era nemmeno reso conto d'aver chiuso gli occhi.
Sorrise, in direzione di Gabe, che lo fissava preoccupato.
-Niente, niente. Ah, devo dirti una cosa importantissima. Hai 70 euro disponibili?- chiese, mentre s'alzava dalla sedia, poggiando una mano sulla spalla del biondino che, alla domanda, scosse la testa, come scocciato.
-Mick, non ho soldi da prestarti. Non ne ho, okay? Che palle.- mugugnò, alzando gli occhi al cielo.
Il ragazzo rise, spintonando scherzosamente l'amico.
-Non ho bisogno di soldi. Sai che cosa succede tra due mesi esatti? Ne ho sentito parlare sull'autobus. Gli  Hills vengono qui a suonare.- disse, suscitando nel ragazzo di fronte a lui una gioia incontenibile.
Un'altra cosa che i due condividevano, era la passione per questa band americana che li aveva accompagnati nella loro adolescenza.
-Ci andiamo. Ci andiamo anche se non ho i soldi. Anche se dovrò lavorare. Ci dobbiamo andare, amico mio. Per forza.- esclamò il biondo, con gli occhi spalancati.
Mick rise forte, allontanandosi da lui.
-Certo che sì. Ci toccherà lavorare, già. Troveremo il modo. Vado, Gabe. Ho delle cose da fare, lo sai.-
L'amico annuì, sorridendo, mentre iniziava a mettere a posto insieme al resto della band.
Il moro sorrise, uscendo dal garage.
Adorava i suoi amici.
Infilatosi le mani in tasca, camminò in direzione del centro.
Una piccola visita al negozio di musica non guastava mai e tanto era sulla strada.
Una volta lì, la sua attenzione fu catturata da un manifesto colorato che era stato appeso ad una bacheca degli annunci, vicino all'entrata del negozio.
S'avvicinò alla locandina, incredulo.
"Vinci l'opportunità di suonare con i mitici Hills!", citava una vistosa scritta colorata di rosso.
Mick strizzò gli occhi, leggendo le piccole scritte.
Il concorso era basato sulla presentazione di al massimo tre ragazzi che avrebbero dovuto cantare e suonare una canzone della band in un video, che poi sarebbe stato inviato ad una giuria di esperti.
C'erano solo due problemi.
Mick non sarebbe tornato a suonare e non conosceva nessuno che suonava il pianoforte.
Già, perché nel video era obbligatoria la presenza di un piano.
Il ragazzo alzò le sopracciglia, scrollando poi le spalle.
L'importante era che Gabe non vedesse quel manifesto, altrimenti lo avrebbe torturato per giorni e giorni.
Entrò nel negozio, salutando con un cenno del capo il commesso che stava leggendo un libro.
-Ehi, Mick, quando torni a suonare?- chiese quello, senza troppa convinzione.
-Mai, Kev, mai.-
Il commesso borbottò qualche cosa, per poi tornare a leggere il suo libro.
Il moro scrollò la testa, cercando di non badare alle numerose chitarre presenti nel negozio.
Per la seconda volta in quella giornata, la sua attenzione venne catturata da un oggettino all'apparenza insignificante.
Un plettro blu lucido, segnato da piccole incisioni rosso fuoco.
Mick si morsicò il labbro inferiore, mentre andava a pagare l'oggettino.
Si maledisse, mentre usciva dal negozio di musica.
Visto che non sarebbe tornato a suonare, perché aveva comprato il plettro?
Una decisione immediata.
Già, era andata proprio così.
Borbottando saltò sul primo autobus, per tornare a casa.
Appena seduto, la vibrazione del cellulare gli segnalò che aveva appena ricevuto un sms.
Sibilando qualcosa fra i denti prese il telefono, leggendo il testo del messaggio.
"Devi tornare a suonare. Dobbiamo esibirci con gli Hills. Ho visto un manifesto. Domani ne parliamo.               Gabe"
La testa di Mick andò a cozzare contro il vetro del finestrino dell'autobus.
Era ufficialmente rovinato.







BeckyPanda's Space.

Eccomi qui con il secondo capitolo.
Forse, dico forse, si inizia a capire qualche cosa di più.
Certo, si capisce anche che Mick non è del tutto sano di mente e che è sempre sull'autobus.
Ma comunque.
Ringrazio le mie due mammine che hanno recensito <3
Sono contenta che vi sia piaciuta.
Beh, sono scioccata dal fatto che sono arrivata fino al secondo capitolo e, cosa ancora più assurda, arriverò anche al terzo.
Io, che non vado oltre la one-shot.
Bene, bene, ne sono felice.
Ah, altra cosa.
Ho deciso di compiere il mio suicidio, aggiornando due volte a settimana, il Lunedì e il Venerdì.
Quindi, il prossimo appuntamento sarà Venerdì 6 Maggio.
A presto, cari.
Vi voglio bene <3



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il buio. ***


TSOY2 Quando la sveglia suonò, Mick ebbe la tentazione di scaraventarla contro il muro, per poi tornare a dormire, ma la voce trillante della madre, che gli imponeva di alzarsi, lo disturbò ancora di più del debole suono dell'apparecchio.
Imprecando s'alzò, trascinandosi in bagno per farsi una doccia.
No, non voleva assolutamente incontrare Gabe.
Diamine, non aveva assolutamente voglia di sopportare le sue suppliche.
Sbuffò, scrutando il suo riflesso nello specchio.
-Doccia.- gracchiò, in direzione della madre che era apparsa sorridente sull'uscio della porta, mentre si lanciava sotto l'acqua, già aperta.
Il getto dell'acqua fredda lo colpì in pieno viso, facendolo trasalire e rabbrividire.
Ottimo per svegliarsi, ci sarebbe da dire.
Dopo pochi minuti il giovane uscì dall'accogliente doccia sveglio e rinfrescato, pronto, o quasi, per affrontare il temibile Gabe.
Sospirando si vestì, uscendo poi di casa, con un cornetto alla crema in mano.
Avrebbe mangiato sull'autobus, come sempre.
Addentando un pezzo di brioche, si sedette, gettando lo zaino ai suoi piedi.
Sentiva che quella giornata sarebbe stata parecchio pesante.
Sbuffò, accendendo il cellulare.
Come era prevedibile, Gabe lo aveva bombardato di messaggi, durante la notte.
Così, senza una valida ragione, scoppiò a ridere.
In fin dei conti il suo migliore amico era come un cucciolo smarrito, bastava così poco per sconvolgere il suo precario equilibrio mentale.
Evidentemente il manifesto doveva averlo messo in agitazione, magari non si era nemmeno reso conto del fatto che, anche se Mick avesse deciso di tornare a suonare, rimaneva comunque un problema.
Entrambi i ragazzi non conoscevano qualcuno che amasse gli Hills e suonasse il pianoforte.
Sbuffò, accorgendosi a malapena di essere arrivato di fronte all'istituto.
Si lanciò fuori dall'autobus, mettendo in fallo un piede e rovinando miseramente a terra, sul marciapiede.
Si mise in ginocchio, tenendo lo sguardo basso, sperando che nessuno avesse visto la sua caduta.
Una mano sottile gli si piazzò di fronte al viso.
-Ehi, ti sei fatto male?-
Una voce soave, leggera, travolse l'animo di Mick che strinse quella piccola mano, dalle dita sorprendentemente lunghe.
-Uh, no, sono solo inciampato, grazie.- borbottò, sorridendo in direzione della ragazza che si era piazzata di fronte a lui.
Aveva gli occhi di un colore strano, insolito, di un grigio troppo chiaro, con riflessi troppo scuri.
Sembrava il colore di una nuvola gonfia di pioggia.
-Bene, meglio così. La mia amica non la smette di parlarmi del ragazzo che l'ha scontrata in autobus, ieri.- esclamò la giovane, per poi girarsi e correre verso l'ingresso della scuola, lasciando con un palmo di naso il ragazzo.
Stava per avviarsi verso l'entrata della scuola, quando, da dietro, qualcuno gli saltò addosso, con una risata argentina che gli tintinnò nelle orecchie.
-Mick! Mi hai aspettato, bravo amico, bravo.- strillò la voce, che apparteneva a Gabe, che era ancora appiccicato alla schiena dell'amico, ridendo come un ossesso.
Trovava la cosa molto divertente, questo era certo.
A differenza del migliore amico, Mick borbottava nervoso, lanciando occhiate disperate agli studenti che ridacchiavano guardando i due.
-Gabe, sempre il solito, eh? Scendi immediatamente dalla mia schiena.- sibilò, cercando di scrollarselo di dosso.
-Portami in classe, destriero. Me lo devi.-
-Io non ti devo proprio nulla, caro mio.- mugugnò Mick, avvicinandosi all'ingresso, tra le risate dell'amico.
-Mi dovrai qualche cosa, prima o poi, mi porto avanti, no?-
-Per fortuna sei tappo.-
-Va a quel paese.-
Un pugno raggiunse il fianco del moro, che per poco non ruzzolò dai gradini dell'ingresso.
Avevano appena raggiunto l'atrio, quando la voce tonante del preside rimbombò nelle orecchie dei due.
-Nevas, scenda immediatamente dalla schiena di Gant, oppure finite tutti e due dritti dritti nel mio ufficio.-
Gabe, sbuffando, scese dalla schiena dell'amico, barcollando un poco.
-Scusi, preside, ma al mattino sono stanco, e Mick ha bisogno di fare moto. E io gli sto dando una mano!- esclamò il biondo, per giustificarsi, fulminato dalle occhiatacce che l'amico gli mandava.
Una volta che il preside lasciò l'atrio, i due si misero a salire i gradini, in silenzio.
Mick sbuffò un paio di volte, torturandosi il labbro inferiore con i denti.
-Vado in bagno, Gabe. Aspettami in classe. Arrivo.- disse, correndo verso i servizi, lasciando l'amico con uno sguardo stranito.
Ecco, i bagni erano assolutamente indecenti.
Una piccola lampadina emanava una luce sbiadita, lasciando la stanza in penombra, ma a Mick questo non importava.
Doveva assolutamente controllare una cosa.
Salendo le scale, aveva sentito il pungere sospetto di qualche cosa sulla gamba.
Scavando nelle profondità della tasca, trovò conferma dei suoi sospetti.
Il plettro comprato il giorno precedente era stretto tra le sue dita.
Che diamine, se lo era dimenticato.
Se Gabe lo avesse visto...Mick rabbrividì, cercando di non pensarci troppo.
Fu proprio in quel momento che la lampadina si spense, lasciando il bagno nel buio più totale.
Il moro imprecò, chiedendosi perché non c'era una maledetta finestra, nei servizi.
Brancolò nel buio, cercando di uscire dalla stanza, quando sentì il rumore di una porta che veniva chiusa bruscamente.
-Chi c'è?- chiese, all'ombra.
Non ricevette risposta ma, anzi, si sentì spingere contro il muro, da una mano che all'apparenza non aveva proprietario.
Mick tirò il fiato, cercando di sfuggire alla presa dell'ombra informe.
-Scusa, sai, dovrei andare in classe.- mormorò, spintonando la figura che, per tutta risposta, afferrò il ragazzo per un braccio, tirandolo verso di sé.
Una mano fredda coprì gli occhi del giovane.
Delle labbra gentili si posarono con delicatezza su quella di Mick.
Un bacio semplice, nulla di più.
La presa s'allentò, lasciando Mick libero.
La porta sbatté di nuovo.
E, quasi magicamente, la luce tornò ad illuminare il volto arrossato del giovane ragazzo.




BeckyPanda's Space.

Qui le cose si fanno decisamente più complicate.
Chi sarà la misteriosa persona?
Beh, non chiedetelo a me.
Io non so nulla.
Già, proprio così.
Avete visto che brava?
Ho aggiornato prima del previsto.
Quindi, se tutto va bene, dovrei riuscire ad aggiornare anche Venerdì, sennò Sabato <3
Fate i bravi, mi raccomando <3
A presto <3










Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I dubbi e il rincontro. ***


TSOY4 Rabbrividì, per l'ennesima volta.
La campanella che segnalava l'inizio delle lezioni era suonata da un pezzo, ma Mick non riusciva a trovare la forza per uscire da quel maledetto bagno.
S'era appoggiato al muro, confuso.
Chi lo aveva appena baciato?
Ok, in quel momento si sentiva una ragazzina in preda ad una crisi di panico.
Sospirò, passandosi una mano fra i capelli, mugugnando appena.
Di solito quello emotivo e fragile era Gabe, quello che faceva scenate per un qualsiasi tipo di motivo.
E, a tal proposito, si ricordò che l'amico probabilmente lo stava aspettando in classe.
Morsicandosi con fare nervoso il labbro inferiore, si staccò dalla parete.
Perché? Perché non poteva stare tranquillo e in pace?
Strinse i pugni, uscendo dai servizi, sbattendo con forza la porta dietro di lui, attirando su di sé lo sguardo di un inserviente che stava pulendo il pavimento.
-Ehi, ragazzo, perché non sei in classe?- chiese questo, rivolto al giovane.
-Bagno, bagno.- rispose Mick, indicando la porta dietro di sé, affrettandosi a raggiungere la sua classe.
Stringendo le labbra, poggiò una mano sulla maniglia, non prima di aver bussato.
Ok, aveva appena trovato una scusa che non suonasse troppo banale.
Sorridendo, con fare sicuro, aprì la porta, entrando nell'aula.
Ovviamente, il professore lo fissò in cagnesco, chiedendogli poi dove fosse stato per tutto quel tempo.
Il giovane si portò una mano al petto, afferrando il nodo della cravatta, assumendo un espressione colpevole.
-Mi dispiace, professore. Ma la professoressa di filosofia mi ha intrattenuto in una piacevole chiacchierata che riguardava essenzialmente la mia posizione riguardo certi aspetti della sua materia.- disse, con le labbra piegate in un sorrisetto compiaciuto.
Il professore lo spedì al posto, dopo una piccola ramanzina.
Mick, baldanzoso, si sedette, sorridendo vittorioso al migliore amico, che lo guardava con un sopracciglio alzato.
-Discussione di filosofia?-
-Ovvio che no. E' successa una cosa, poi ti racconto.-
Gabe lo fissò, sorrise e poi scosse la testa, concentrandosi su una pagina del libro.
Il moro, seduto al banco, non riusciva a seguire la lezione come avrebbe dovuto.
La mente continuava a tornare a qualche tempo prima, a quel bacio, a quelle labbra così sconosciute ma al tempo stesso familiari.
Non riusciva a capire perché, ma si era sentito a casa, in quel momento.
Sospirò, prendendosi la testa tra le mani.
I dubbi lo avrebbero divorato, la curiosità lo avrebbe ucciso.
A chi appartenevano quelle labbra?
Le prime ore andarono avanti così, tra sospiri e domande senza risposta.
Gabe ogni tanto si girava verso l'amico, sorrideva, sempre, ma poi tornava ai libri, con un espressione curiosa che gli accendeva gli occhi.
Finalmente, la campanella trillò la fine della terza ora e, quindi, l'inizio dell'intervallo.
Mick s'alzò, tentando di sfuggire all'amico che, di certo, avrebbe voluto parlare di ciò che entrambi avevano visto nel manifesto.
Il biondo, prontamente, lo afferrò per un braccio rimettendolo a sedere, piazzandosi davanti a lui, seduto sul banco.
-Mick Gant, ci conosciamo da secoli, oramai.- attaccò, alzando la testa e socchiudendo gli occhi, suscitando nell'amico la tentazione di spingerlo giù dal banco.
-Sai benissimo quanto io adori quella band. Quindi, per l'amicizia che abbiamo, suona anche solo una volta, per il video. Poi non ti chiederò più nulla.-
Mick sbuffò, scuotendo la testa.
-Gabe, non posso, lo sai. E se anche potessi o volessi tornare a suonare, il video non potremmo farlo comunque. Ci manca un pianista.- borbottò.
Il biondo lo fissò, sbiancando, poi scoppiò a ridere, gettando il capo all'indietro.
-Non ti preoccupare, l'unico problema qui sei tu. Ma comunque, ti darò tempo un giorno per riflettere. E poi mi dirai che suonerai. Ora, abbiamo un altra questione per la quale discutere. Che è successo, perché hai fatto tardi?- chiese, spalancando istintivamente gli occhi.
Mick sospirò, alzandosi in piedi.
-Ero in bagno, come ti avevo detto. Ad un certo punto è saltata la luce.-
-E sei rimasto chiuso dentro, tipico.-
-Non mi interrompere, tappetto. Ero sulla porta, quando qualcuno è entrato...-
-E ti ha visto nudo! Oh Dio, Mick, chi era?!-
-Ti ho chiesto di non interrompermi, idiota. Ho anche detto che ero sulla porta, quindi non potevo essere nudo. Comunque. E' entrato qualcuno e...E mi ha baciato, questo maledetto qualcuno.- esclamò il moro, sibilando le parole come una mitragliatrice.
Subito dopo, successero due cose.
Gabe trattenne un 'OH!' di sorpresa, ma si sbilanciò e cadde a terra.
Mick, spossato per il breve discorso appena fatto e confuso per gli avvenimenti della prima ora, decise di uscire dalla classe, incurante dell'amico caduto a terra.
Ecco, per un'assurda coincidenza il moro inciampò nei propri piedi e andò a cadere a pochi centimetri da Gabe, che lo scrutava quasi come fosse pazzo.
-Ti hanno baciato.-
-Sì.-
-E stai sanguinando.-
-Sì...No, cosa?!-
-Stai perdendo sangue dalla testa.-
C'è da dire che Mick, nella caduta, era andato a sbattere contro lo spigolo del banco e, di conseguenza, s'era ritrovato con un taglio sulla fronte.
Gabe allungò una mano coperta dalla manica della felpa e la strofinò contro la ferita dell'amico, borbottando.
-Sarà meglio che tu vada a casa, stai sanguinando molto.-
Mick annuì, in effetti non si sentiva molto bene.
Ma più che altro era stata la vista del sangue, il suo sangue, contro la manica dell'amico a fargli girare la testa.
S'alzò, aiutato dal biondo, e insieme andarono dal professore che, preoccupato, accettò le richieste dei due.
-Certo, Gant, vada a casa. E' un brutto taglio. Vada, vada.- esclamò, spingendo l'alunno fuori dalla classe, seguito dal fedele compagno che aveva recuperato le cose dell'amico.
-Mick, vengo da te, oggi, niente prove. Evita di fracassarti qualche osso, tornando a casa.- disse Gabe, dando al moro lo zaino e la giacca.
Il giovane, sempre più confuso e in preda alle fitte alla testa, s'avviò barcollando verso l'esterno della scuola.
Qualcuno avrebbe avvisato i suoi, questo era certo.
Riuscì a prendere l'autobus e a sedersi al solito posto, prima ancora di rendersi conto che era uscito dalla scuola tre ore prima della fine delle lezioni.
Avrebbe esultato, una volta che il dolore alla testa fosse passato.
Si passò una mano contro la fronte, rincuorato dal fatto che stava smettendo di sanguinare.
Era confuso, sempre di più.
Avrebbe approfittato volentieri dell'intervallo per scoprire qualche cosa su chi era entrato in bagno, ma invece era caduto e, non sapeva bene come, s'era tagliato la fronte.
Rise piano, incredulo.
In una sola giornata erano accaduti fatti che a lui capitavano di rado.
La situazione sfiorava l'incredibile.
Scese dal veicolo, rendendosi conto che non c'era nessuno in casa, poiché la macchina della madre non era nel vialetto e il padre era fuori città.
Perfetto, pensò.
Almeno non avrebbe avuto nessuno tra i piedi.
Entrò in casa, gettando lo zaino e la giacca in un angolo.
Per prima cosa si diresse in bagno, dove disinfettò la ferita, applicandoci sopra un cerotto.
Bene, adesso sembrava reduce da una rissa.
Sbuffò, iniziando a vagare per la casa.
Si gettò poi sul divano, prendendosi la testa tra le mani.
Avrebbe voluto capire chi è che lo aveva baciato.
Se ci pensava sentiva ancora la sensazione di quelle labbra sulle proprie.
Era stato...Bello?
Non sapeva dirlo.
Sospirò, tormentandosi il labbro inferiore con i denti.
Chi poteva essere stato?
Magari qualcuno che lo aveva confuso con un'altra persona.
Beh, certo, questo era più che probabile.
Ma Mick sapeva, sentiva, di conoscere quella mano, che si era posata sui suoi occhi.
S'alzò, andando in camera.
Lì, gettata in un angolo, c'era la sua chitarra.
S'immobilizzò, fissando quello strumento che un tempo aveva tanto amato.
D'improvviso, si ricordò che aveva il plettro in tasca, ancora.
Lo tirò fuori, con la chiara intenzione di riporlo in un cassetto, ma si fermò, lanciando un'occhiata alla chitarra.
Non sarebbe successo niente, era in casa, era solo.
Prese lo strumento, sfiorando con delicatezza le corde, trattenendo il fiato.
Azzardò un accordo, stringendo il plettro tra le dita, con il cuore che si riempiva di calore.
Le dita scivolavano piano, timorose, scorrevano contro le corde.
L'aria si riempì di una musica dolce, lenta e delicata, suonata da un chitarrista spaventato e confuso, da un chitarrista che si incontrava di nuovo con il suo strumento, s'avvicinava e tornava di nuovo indietro, temendo di rimanere di nuovo scottato.
Le note risuonavano nell'aria, vibravano e spezzavano il silenzio.
Una canzone lenta, una canzone dolce, una canzone dettata dal cuore di Mick, che pulsava felice.
Finalmente, dopo un tempo troppo lungo, si sentiva di nuovo completo.
Un sorriso andò a decorare il volto luminoso del ragazzo.
Gabe ne sarebbe stato felice.




BeckyPanda's Space.

Chiedo scusa.
Sono in ritardo, lo so.
Mi dispiace, ma l'ispirazione è andata a donnine.
Questa sera, però, ho deciso che avrei dovuto assolutamente aggiornare.
E così è stato.
Si vede che sono ancora senza ispirazione?
Sì, sì, ovvio.
Ma comunque.
Spero di riuscire ad aggiornare al più presto, anche perché di idee ne ho, ma non riesco a svilupparle come vorrei.
Beh, speriamo in bene.
Al prossimo capitolo, cari <3




















Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La rivelazione e la fuga. ***


TSOY5 Stava ancora suonando, quando il campanello suonò, avvertendo Mick dell'arrivo di Gabe.
Chi poteva essere se non lui?
Sbuffò, non aveva nemmeno mangiato, perso com'era nella sua musica.
Mise la chitarra nel solito, polveroso, angolo, infilando in un cassetto il plettro.
Poi corse alla porta, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
-Sto bene, amico. Non sono sul letto di morte, come puoi constatare.-
Il visetto corrucciato del biondo s'illuminò, accendendosi assieme ad un sorriso.
-Beh, meglio così. E ora fammi entrare, che mi sta venendo freddo.- esclamò, spintonando via il migliore amico, che rise, sereno.
Se suonare la chitarra gli faceva quest'effetto... Beh, poteva esserne solo lieto.
Subito Gabe si diresse in cucina, ululando per la fame.
-Sono corso subito qui, appena è finita la scuola. E' tuo assoluto dovere offrirmi qualche cosa da mettere sotto i denti.- disse, quindi, sedendosi presso un piccolo tavolino.
L'amico ridacchiò, per poi aprire il frigorifero e dare una sbirciata al suo interno.
-Uhm...Beh, posso farti un toast. Anzi, me lo faccio anche io, dai.- borbottò, afferrando una confezione di prosciutto ed una di sottilette.
Sentiva su di se lo sguardo dell'amico, perciò sorrise, voltandosi verso di lui.
-Che c'è, Gabe?- chiese, inarcando un sopracciglio.
-Niente, mi chiedevo solo perché tu non abbia già mangiato, essendo arrivato a casa così presto...- mormorò, aggrottando la fronte.
Mick s'irrigidì, facendo un risolino che aveva un che di isterico.
-Niente, niente, non avevo molta fame e poi immaginavo, cioè, sapevo che tu saresti venuto qui appena finita la scuola perciò ho voluto aspettarti, no?- disse, affrettandosi a prendere del pane.
Gabe s'alzò, girando poi verso di sé l'amico, fissandolo con aria accusatrice.
-Dimmi la verità. Ti conosco bene, troppo bene, perciò so se mi stai mentendo oppure no. E soprattutto so che tu hai sempre fame e che di certo non mi aspetteresti mai e poi mai.- esclamò.
Mick sospirò, divincolandosi dalla presa dell'amico.
-Sei un rompipalle. Non ho fatto nulla di che, sai?- mormorò, posando le confezioni su un bancone della cucina.
-Allora hai fatto qualcosa. Che hai combinato, Gant, che hai combinato?- chiese l'altro, poggiandosi al frigorifero.
-Se aspetti un secondo, che preparo da mangiare, te lo dico. Pensi di esserne in grado?- borbottò Mick, mettendo il pane a tostare, con il prosciutto e la sottiletta dentro.
-Che ti cambia dirmelo adesso oppure tra due minuti? Nulla.- disse irritato il biondo, per poi tornare a sedersi.
Mick trattenne a stento una risata, nel sentire il tono che l'amico aveva usato.
I successivi cinque minuti li trascorsero in silenzio.
Un silenzio carico di interrogativi, interrotto solamente dallo sfrigolio del formaggio a contatto con la piastra.
Il moro si fissò distrattamente le punta delle dita delle mani, mordicchiandosi il labbro inferiore, con fare pensieroso.
Era scontato, quasi ovvio, che Gabe, una volta scoperto il piccolo segreto, rimasto per così poco tempo tale, di Mick, avrebbe tentato di convincerlo prima a rientrare nella band e poi a fare il video per il concerto.
La sua vita sarebbe diventata infernale, questo il moro lo sapeva perfettamente.
Non se la sentiva di tornare così, da un giorno all'altro, alle sue vecchie abitudini.
Aveva bisogno di tempo, per riacquistare la fiducia nelle corde della sua chitarra.
Si riscosse dai suoi pensieri, sentendo arrivare alle narici il profumo delizioso dei due toast.
Sospirando appena li tolse dalla piastra, poggiandoli in due piatti, che poi portò in tavola assieme alla bottiglia d'acqua.
-Ecco, tieni, nutriti. Nutriti!- esclamò, con fare teatrale, porgendo all'amico il piatto.
-Non riderò alle tue battute se tu non mi dirai che hai fatto, Mick.- borbottò quello in risposta, dando un morso al toast.
Il moro sbuffò appena, fissando la superficie dorata del pane.
-Ho suonato, Gabe.- mormorò, spezzando il toast a metà.
-Ed è stato fantastico. Meraviglioso. Sembrava di essere tornato a quando avevo otto anni e mi hanno regalato la mia prima chitarra e tu cantavi quelle canzoncine assurde che ci insegnavano a scuola. E' stato bellissimo, mi sono sentito a casa, finalmente. Ma non sono pronto per tornare a suonare nella band. Non posso e ancora non ci riesco. Perciò non chiedermelo nemmeno, okay? Sai già quale sarebbe la risposta.- continuò, giocherellando con il bordo del piatto.
Mick non fece nemmeno in tempo a sentire la sedia di Gabe che cadeva, che già si ritrovava stretto in un abbraccio da orso dell'amico.
-Hai suonato! Hai suonato davvero! Lo sapevo che ci saresti riuscito prima o poi! Hai superato il tuo blocco! Mio Dio!- urlava Gabe, stritolando l'amico.
-Ehi, ma mi hai sentito, vero? Non suonerò nella band.- rispose quello, con voce soffocata.
-Lo so, lo so! Ho sentito, mica sono sordo. Non importa, Michael Gant, sei tu l'importante. Sei tu che sei riuscito a vincere sul tuo blocco. Sei tu l'importante, mi capisci?- sussurrò Gabe, prendendo il viso dell'amico fra le mani.
-Sei riuscito a cominciare a suonare di nuovo, senza aver bisogno di nessuno. Sei riuscito a riprendere in mano l'oggetto che ti ha portato tanto dolore. Sei riuscito a rivivere le emozioni che hai provato in passato. Non è facile, tutto questo, Mick. Sei stato bravo ed io sono più che fiero di te. Non importa se tu non tornerai a suonare nella band oppure non farai il video con me. Non ti sforzerò più. Sarai tu a decidere ciò che dovrai o non dovrai fare, okay?- continuò il biondo, annuendo appena con la testa, come per dare maggior vigore a ciò che diceva.
Mick spalancò gli occhi, sorpreso da ciò che aveva detto l'amico.
Non se lo aspettava e tutto ciò lo aveva colpito piacevolmente.
Oh, che dire, il suo migliore amico era davvero una straordinaria persona.
Così diverso da tutti i suoi amici, era estremamente necessario nella sua vita.
Sospirò, annuendo.
-Ti ringrazio, Gabe. Sei davvero magnifico. Davvero. Mi fa piacere che tu la pensi in questa maniera.- disse, allontanandosi appena dall'amico, che, però, lo attirò nuovamente a sé, fissando gli occhi verde chiaro del moro.
-Sai, mi ricorda qualcosa, questa situazione.- mormorò il biondo, sorridendo enigmatico.
Mick aggrottò le sopracciglia, confuso e lievemente preoccupato.
-Che cosa, Gabe?- chiese il moro, immobile.
-Stamattina, in bagno, Mick.- sussurrò, prima di annullare la distanza tra le loro labbra.
Di nuovo quella sensazione di calore e familiarità, si presero possesso della mente e del cuore del moro, che cercò di divincolarsi dalla stretta dell'amico.
Quando ci riuscì, s'alzò, rovesciando la sedia all'indietro, allontanandosi dall'amico.
-Gabriel...Che...Che cazzo hai fatto?!- esclamò, paonazzo, indietreggiando ancora.
Il biondo rise, passandosi una mano fra i capelli.
-Nulla di che, mica qualcosa di grave. Sono stati solo dei baci, mica qualcosa di speciale.- esclamò, sorridendo.
Mick spalancò ancora gli occhi, scuotendo la testa.
-Tu...Tu...Io...Merda!- urlò, portandosi una mano alle labbra, fuggendo via.
Corse alla camera, afferrando la chitarra e il plettro, scappando poi via dalla casa.
Poco importava se quella era la sua, di casa, e non quella di Gabe.
Poco importava se probabilmente aveva avuto una reazione infantile e del tutto sbagliata.
Voleva solo suonare, fino a quando non fosse crollato a terra per la stanchezza.
Corse a perdifiato, stringendo la chitarra tra le braccia.
Si rese conto di essere abbastanza lontano, quando sentì l'odore del mare.
Era arrivato al porto e nemmeno si era reso conto del tragitto.
Rallentò il passo, dirigendosi verso la prima panchina che gli capitò davanti.
Si lasciò cadere mollemente su di essa, per poi iniziare a strimpellare qualcosa con la chitarra.
Lasciò andare le emozioni, lasciandole scorrere e defluire.
Era semplice, tutto questo, se suonava.
Sbuffò, sentendo la vibrazione del cellulare.
Gabe probabilmente lo stava cercando, ma non aveva nessuna voglia di sentirlo.
Non voleva più saperne niente, non voleva ricordare.
Il ritmo della musica si fece più angosciante e a tratti infelice, così come Mick si stava trasformando in una creatura ancora più fragile di quella che si ritrovava ad essere già.
L'infelicità non poté che aumentare, quando in lontananza, si sentì il rimbombare dei tuoni, che preannunciavano un temporale.
Non voleva muoversi di lì, perciò non si curò di nulla e continuò a suonare, senza preoccuparsi degli sguardi che le persone di passaggio gli lanciavano.
Avrebbe superato la cosa a modo suo.
E l'unico metodo che in quel momento gli veniva in mente, era quello di suonare fino allo stremo.
Poco importava se il cellulare continuava imperterrito a vibrare.
Voleva rimanere solo.
Solo, con la sua chitarra.




BeckyPanda's Space.

Ritardo, super ritardo.
Chiedo umilmente perdono a chi segue questa FF, ma ho avuto una settimana...Curiosa.
Prima di tutto la scuola, ovviamente, ma poi ieri c'è stata una Fiera del Fumetto nella mia città e quindi ho passato dei giorni a prepararmi sia fisicamente che psicologicamente.
Beh, non ci sono giustificazioni, però.
Cercherò di essere più precisa, lo prometto.
Allora, non sono soddisfatta di questo capitolo.
Avevo tante idee, ma non sapevo come svilupparle.
Bene, scusate di nuovo, allora.
Il prossimo capitolo doveva essere uno speciale su Gabe, ma visto lo sviluppo della storia..Aspetterò ancora un po'.
Appuntamento a Sabato 21 Maggio, allora!
Fate i bravi, fino ad allora, mi raccomando.
A presto, vi adovoH.  (?)





Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La febbre e la riappacificazione. ***


The sound of our soul. (06) Si rese conto di aver passato il limite quando sentì il tintinnare di una monetina ai piedi della panchina sulla quale si era seduto.
Scosse la testa, facendo frustare i capelli bagnati per la pioggia contro le guance.
Quando aveva iniziato a piovere?
S'alzò, tenendo la chitarra con una mano.
Diamine, era completamente fradicio.
Imprecò, quando colto da un fastidioso capogiro, fu costretto a sedersi di nuovo sulla panchina.
Ci mancava solo la febbre, per completare l'opera.
Il cellulare aveva smesso di vibrare da un po', segno che Gabe aveva perso ogni speranza.
Meglio così, pensò Mick, dopotutto non voleva sentire le sue giustificazioni.
Sospirando si alzò nuovamente, barcollando verso la via del ritorno, lasciandosi alle spalla una scia umida.
I giramenti di testa si fecero sempre più forti, accompagnati da un atroce senso di spossatezza.
Starnutì diverse volte, poggiandosi a ciò che gli capitava.
L'unica cosa che lo spingeva ad andare avanti era la presenza della chitarra, che non poteva rimanere bagnata ancora per molto.
Ad un certo punto, però, crollò a terra, vicino ad una piccola villetta.

*   *   *   *   *  

Una piacevole sensazione d'asciutto fu la prima cosa che Mick sentì, una volta ripresosi dallo svenimento.
Subito dopo venne il calore, seguito da un odore deliziosamente dolce.
Aprì gli occhi, lentamente, quasi con timore.
-Oh, ti sei svegliato, finalmente!-
Una vocetta allegra, lo fece trasalire.
-C-che?-
-Ti ho trovato qui di fronte al mio vialetto, non stavi molto bene. Dicevi cose senza senso e poi sei svenuto. Ah, non ti preoccupare, ho preso anche la chitarra.- esclamò la proprietaria della voce.
-Aspetta un attimo, ma tu sei quella...-
-Sì, quella di stamattina, ti ho aiutato ad alzarti. Del tipo, ci dobbiamo sempre incontrare in situazioni assurde?- disse lei, con una risata.
Mick si mise a sedere, massaggiandosi con una mano il capo.
-Hai la febbre, ragazzo. Ah, a proposito. Qual'è il tuo nome? Io sono Anne.- mormorò, sorridendo.
-Mi chiamo Mick, piacere di conoscerti. Magari la prossima volta mi trovi investito da un camion, viste le situazioni...-
Anne rise, spostandosi dietro all'orecchio una ciocca di capelli scuri.
-Bene, Mick, mi sono permessa di dare una sbirciata al tuo cellulare, per capire chi dovessi chiamare...Sai com'è, qualcuno dovrà pure venirti a prendere!-
-Non dirmi che...No, non hai chiamato Gabe. No, figuriamoci, non puoi aver fatto una cosa simile.-
-Mi dispiace, c'erano qualcosa come venti chiamate perse, per cui ho pensato...-
-Cazzo.-
Anne abbassò gli angoli della bocca, corrugando la fronte.
Mick s'affrettò a scusarsi, gesticolando appena.
-Scusa, scusa, non è stata colpa tua. Anzi, ti ringrazio. Che ti ha detto Gabe?-
Anne sospirando, mentre un lampo scuro passò nel suo sguardo.
-Sta arrivando, mi ha detto. Posso sapere che ti è capitato? Eri bagnato fradicio. Ti ho, come dire, ti ho messo i vestiti di mio fratello. Giuro che non ho fatto nient'altro.- esclamò lei, alzando le mani in segno di resa.
Il giovane evitò di pensare troppo a quelle ultime frasi e si concentrò sulla domanda.
Che cosa poteva dirle?
Di certo non poteva e non voleva raccontarle tutta la verità.
Una via di mezzo, ecco.
-Ho litigato con quel ragazzo che tu hai chiamato. Sono scappato da casa mia, prendendo solo la chitarra. Poi mi sono messo a suonare nel porto e non mi sono reso conto della pioggia. Non lo so, non riesco a spiegarmi tutto questo. Suona un po' assurdo, ora che ci penso.-
Anne inarcò un sopracciglio, non del tutto convinta della spiegazione del ragazzo.
-Oh, beh. Non importa, se devo dirla tutta, l'importante è che tu adesso stia bene. Beh, tanto per la cronaca, ti ho fatto una camomilla, se vuoi puoi berla.- disse, accennando con la testa ad una tazza fumante.
Mick alzò gli occhi verso di lei, profondamente grato.
-Grazie, mi ci vuole proprio.-
Prese la tazza, bevendone il contenuto, fino a scottarsi appena la lingua.
La piacevole sensazione di calore lo scosse al punto da fargli venire i brividi per il piacere.
Sorrise, stringendo la tazza con entrambe le mani.
Anne abbassò lo sguardo, intrecciando le dita in grembo.
Era seduta su una sedia a dondolo, con le gambe incrociate.
La camera era molto semplice, una scrivania, un letto con comodino annesso, un armadio e la seggiola.
Bella, proprio carina.
-Grazie ancora, Annie, scusa per il disturbo.-
A quel soprannome la giovane alzò la testa, riducendo gli occhi a due fessure.
-Non chiamarmi Annie o ti spacco il naso.- sibilò, stringendo i pugni.
Mick scoppiò a ridere, stringendo ancora la tazza fumante.
-Va bene, va bene, calmati, cara.- esclamò, piacevolmente divertito.
A disintegrare la calma che si era venuta a creare nel giovane, per effetto della camomilla, fu il trillare quasi isterico di un campanello.
Mick fece una smorfia, poggiando la tazza sul comodino e seppellendosi sotto le coperte.
Anne rimase a fissarlo qualche istante, poi, scuotendo la testa, andò ad aprire ad un nervoso Gabe che entrò senza fare troppi complimenti.
-Dov'è?- chiese, in un lampo.
-Oh, grazie per aver chiamato, scusa per il disturbo! Dov'è il mio amico?-
-Sì, va bene, grazie e scusa. Dov'è?-
-Di là.-
La ragazza non fece nemmeno in tempo a riabbassare la mano che aveva indicato la stanza che Gabe si era già precipitato in quella direzione.
-Mick?- chiamò piano il giovane, entrando nella camera, senza ricevere alcuna risposta.
-Dai, Mick, so che sei arrabbiato. Mick?- ripeté, ancora, sedendosi sul letto.
-Fottiti, Gabriel.-
Un pigolio in risposta, per di più colorato dal nome di battesimo del biondo.
Perfetto, pensò Gabe, Mick era davvero incazzato.
-Mick, non possiamo stare qui tutto il giorno. Ti porto a casa, ci facciamo prestare qualche coperta da questa brava ragazza.-
-Sì, certo, come mi ci porti, volando? Sei un deficiente, preferisco morire qui, grazie.-
Anne s'avvicinò in silenzio alla coppia, prendendo nuovamente posto sulla sedia a dondolo.
Gabe si girò un secondo verso di lei, per poi tornare a dedicare la sua attenzione al fagotto sommerso dalle coperte.
-Non fare il bambino. Dopo mi potrai insultare, ma ora voglio portarti a casa. Ho preso il motorino.-
-Ripeto, preferisco morire qui. Tanto mi faresti schiantare contro un muro, conoscendo la tua guida.-
Il biondo gemette, sconfortato, passandosi una mano fra i capelli.
Anne, con un sorrisetto sulle labbra, decise di intervenire.
-Mick, va a casa. Ti presto qualche coperta che tu mi riporterai domani a scuola. Fammi contenta, non voglio che mio fratello torni a casa e mi veda con due ragazzi. Dammi la possibilità di vivere ancora qualche anno. Fa il bravo, okay?- esclamò, come se stesse parlando con un infante.
Il moro allora riemerse da sotto le coperte, guardandola con un sorriso beffardo sulle labbra.
-Avrò una scusa per rivederti, allora. Bene, andiamo.- esclamò, alzandosi e stringendosi la coperta sulle spalle.
Anne s'alzò di conseguenza, ignorando il commento del giovane.
-Va bene, allora a domani, Mick. Ciao, Gabe.- salutò, accompagnando i due ragazzi alla porta, porgendo la chitarra al moro.
Chitarra che poi venne presa da Gabe, visto che Mick era impegnato a tenersi la coperta sulle spalle.
I due camminarono per un po' in silenzio, dirigendosi verso il luogo in cui il biondo aveva parcheggiato il motorino.
-Senti, Mick, mi dispiace.- esordì Gabe, spezzando il silenzio.
-Non so che farmene delle tue scuse.-
-Per favore, potresti almeno provare ad ascoltarmi.-
Mick sbuffò, senza però protestare.
-Bene, come ho già detto mi dispiace. Non volevo baciarti in quel modo, prima. E non avrei dovuto farlo questa mattina, in bagno. E' stato...E' stata una necessità, più che altro. Ma mi dispiace, per cui non capiterà più.-
Il biondo parlò in fretta, quasi come se volesse liberarsi di un peso, il tutto con un imbarazzo crescente.
Mick si strinse ancora di più nella coperta.
-Non è il bacio in sé ad avermi sconvolto. Ma è chi me lo ha dato. Io...Credo di essermi ritrovato...Credo di essermi ritrovato ad avere a che fare con un aspetto di te che mi ha lasciato senza parole.-
Gabe sospirò appena, giocherellando con le chiavi del motorino.
-Sinceramente nemmeno io credevo di avere quest'aspetto, nel carattere. E' solo che stamattina, quando ti ho visto entrare in bagno...Beh, ho avuto come la sensazione che ti avrei perso. Lo so, è assurdo. Per cui ho staccato l'interruttore e...Il resto lo sai, no?- disse, facendo un risolino timido.
Il moro sbuffò, per l'ennesima volta.
-Gabe, io non voglio litigare con te. Sei il mio migliore amico, sono pronto ad accettare qualsiasi cosa che provenga dal tuo cervellino. Ma la prossima volta, se per caso ti assalgono impulsi nei miei confronti...Beh, dimmelo.- esclamò, sollevando un angolo della bocca.
Era ovvio che l'avesse già perdonato.
E Gabe si lasciò sfuggire un sospiro felice.
-Certo, te lo dirò.- rispose, avvicinandosi al motorino.
Oh, non si erano nemmeno accorti di essere arrivati, tanto erano presi dalla loro discussione
Mick starnutì, per poi ridacchiare.
-E così, da quanto tempo ti piacciono i maschietti?- chiese, con un velo di ironia.
Gabe si girò verso di lui, con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata.
-Come, prego?-
Mick scoppiò definitivamente a ridere, rauco.
-Da quanto tempo ti piacciono i maschi, Gabe?-
Il biondo storse la bocca, per poi sbuffare infastidito.
-A dire la verità non lo so. Per ora l'unico maschio che mi sia mai piaciuto...Beh, vedi tu, Mick.- rispose, inarcando un sopracciglio, per poi tornare a dedicare la sua attenzione al motorino.
Il moro finse di non capire, poggiandosi sulla sella, stretto nella coperta.
-Va bene, come vuoi tu, Gabriel.- disse, divertito.
-Non chiamarmi Gabriel, lo sai che non lo sopporto.- sibilò quello, fulminando l'amico con lo sguardo.
-Certo, certo, lo so. Sei o non sei il mio migliore amico?-
Gabe non rispose a quella domanda, visto che l'unica risposta che gli era balzata in mente non poteva essere detta ad alta voce.
"Io vorrei essere qualche cosa di più, per te."
Un pensiero che conteneva tutto ciò che il biondo provava per Mick.
Ma sarebbe rimasto tale, il pensiero, perché Gabe si reputava fortunato già così come era.
Mick sarebbe rimasto un sogno irraggiungibile.
Forse soffrirà, forse starà male, ma prima o poi l'avrebbe dimenticato.
Già, prima o poi.


BeckyPanda's Space.

In ritardo di...Due giorni.
Ottimo, ottimo.
Chiedo umilmente perdono, ma dovevo assolutamente finire un regalo per una persona impoVtanteH.
Bene, bene.
Questo capitolo si è fatto da solo, io non c'entro niente.
E non ve la prendete con me se Gabe soffrirà come un cane da questo momento in poi.
Che cavolo, non sarebbe palloso se fosse tutto perfetto?
No, magari no.
Però io sono una persona cattiva, che però ama il lieto fine.
Quindi, aspettatevi di tutto.
Ah, un annuncio sul prossimo aggiornamento.
Per la gioia della mia adorata mammina Sey (?) <3, il prossimo capitolo sarà...*rullo di tamburi* LO SPECIALE SU GABE!
Certo, ora mi sembra assolutamente il caso.
Bene, bene, spero di aggiornare entro Domenica.
Nel caso, voi aspettatemi da bravi, okay? <3
A presto, belli. <3






Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo Speciale. -Gabe- ***


Gabriel Nevas, per tutti Gabe, non aveva avuto un'infanzia particolarmente difficile.
Minore di tre fratelli, coccolato e amato da tutti, per via del suo incredibile sorriso, che stordiva chiunque.
Da quando imparò a sorridere da solo, senza il magico aiuto dei riflessi involontari dei neonati, la vita divenne una pacchia.
Ogni suo sorriso significava regali e ogni regalo significava felicità.
Tutto continuò così per i primi anni della vita del biondino tutto pepe.
Poi arrivò nella sua vita Michael Gant, Mick, tanto per intendersi.
Si conobbero in prima elementare, erano gli unici due bambini a non aver frequentato l'asilo nella scuola, per cui non conoscevano nessuno.
Si sedettero vicini e da lì nessuno riuscì mai a separarli.
Giornate passate insieme, ad imparare a suonare e a cantare.
Un'amicizia fatta di giochi, di complicità e scherzi fatti insieme, diventata ancora più forte quanto iniziarono a frequentare le medie.
Fu proprio in quel periodo che Gabe cambiò.
Era sempre stato un ragazzo molto sicuro di sé stesso, incurante di tutto e di tutti.
Divenne più insicuro, a causa della sua altezza.
Mentre tutti gli altri ragazzi crescevano, lui rimaneva piccolino.
Mentre tutti gli altri diventavano alti, lui rimaneva basso.
E, come se questo già non bastasse, ci si misero i bulletti di turno, che lo presero in giro.
-Hey, Dopey, oggi dove vai? In che giardino ti ritroverai a giocare con i tuoi simili?- chiedevano, sghignazzando in maniera sguaiata.
Dopey, quello stramaledettissimo soprannome, era in realtà il  nome di uno dei sette nani di Biancaneve, non particolarmente sveglio.
Il brutto era che Gabe non reagiva, rimaneva lì ammutolito e sempre più chiuso in se stesso.
A difenderlo, però, c'era Mick che urlava e strepitava e, quando capitava l'occasione, dava e riceveva botte.
Il biondino era grato al suo migliore amico e cominciò inconsciamente a provare qualche cosa di più della semplice amicizia nei confronti del giovane chitarrista.
Il periodo più buio della sua vita terminò quando insieme a Mick fondarono la band insieme ad altri ragazzi conosciuti a scuola.
Si divertivano e l'altezza di Gabe passò in secondo piano, adombrata dal talento del cantante.
Attraverso le canzoni riusciva ad esprimere il lato più forte di sé, riusciva a sfogarsi e a comunicare le sue emozioni.
E pian piano riuscì a sbloccarsi, a cominciare a rispondere a tono a chi lo perseguitava, facendo di 'Dopey' uno dei suoi soprannomi preferiti.
Certo, chi sapeva la storia che c'era dietro evitava di usarlo, però a lui non dava più fastidio.
O almeno, così tutti pensavano.
Il sorriso di Gabe faceva intendere cose, quando invece dentro di lui ce ne erano altre.
La lotta fra ciò che sentiva e ciò che gli sembrava giusto lo scombussolava, gli rivoltava il cuore come un calzino.
Ma tutto in fin dei conti andava bene, Mick era vicino a lui.
Poi avvenne ciò che si sa già, Mick abbandonò la band e quindi la vicinanza tra i due amici diminuì un poco.
Il dolore divenne acuto, nel cuore di Gabe, fingeva di giorno e soffriva la notte.
E tutto continuò così a lungo, fino a quando il moro non trovò il coraggio di suonare, di nuovo, forse per colpa di quel misterioso baciatore, che poi si era rivelato essere Gabe.
Che cosa l'aveva spinto a baciare il suo migliore amico?
Vederlo andare via, vederlo chiudersi in quel bagno, gli annullò ogni paura.
Quel bacio, per lui, era stato il più bello di sempre.
Era un bacio vero, il primo in cui c'era tutto il suo cuore, dentro.
Solo che non poteva dirlo.
Solo che doveva tenersi tutto dentro e soffrire, perché non avrebbe potuto rivelare a Mick i suoi sentimenti.
Peccato che quello stesso pomeriggio cadde nuovamente in tentazione.
Tentazione peccaminosa, che poteva rovinare tutto, come avrebbe potuto fare se non fosse intervenuta Anne, quella ragazza che Gabe conosceva a malapena.
Era strana, guardava il mondo con aria da superiore, ma al biondo poco importava, aveva aiutato Mick.
Se lo ricordava bene, sembrava un pulcino bagnato ed indifeso.
Probabilmente è stato in quel momento che Gabe si è reso conto di amare il suo migliore amico.
Probabilmente è stato in quel momento che Gabe ha capito che nulla sarebbe stato come prima.
Il dolore, forse, sarebbe stato peggiore, ma meno acuto.
C'era Mick, questo gli bastava.
Ma per quanto tempo ancora gli sarebbe bastato solo questo?
Per quanto tempo ancora avrebbe resistito ai morsi della gelosia?


BeckyPanda's Space.

CHIEDO PERDONO UMILMENTE PER IL RITARDO.
Scusate.
Scusate.
E questo capitolo non mi è uscito bene.
SCUSATE, di nuovo.
Il prossimo aggiornamento sarà...Mistero.
Non ne ho idea, con la scuola e tutto spero di poter aggiornare il prima possibile.
YAR.
A presto. <3




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=703868