E' Successo Anche A Noi

di FedeHermy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un bacio ***
Capitolo 2: *** Siamo sempre io e te; Grazie ***
Capitolo 3: *** Tre parole; Conoscersi ***



Capitolo 1
*** Un bacio ***


 
Parte 1: Un bacio
 
“Ciao”
“Ciao…”
Si guardarono un po’ imbarazzati. A pensarci era stupido, erano abituati a stare da soli, loro due. La loro amicizia era sempre stata basata sulla naturale confidenza che avevano l’uno con l’altra. Stavolta, però, era diverso. L’ultima volta che si erano visti, lui l’aveva baciata. Poi si era volatilizzato, prima che lei potesse trovare qualcosa di sensato da dire o fare. Avevano fatto finta di niente, quella mattina, e si erano dati appuntamento per la sera, come avevano già fatto migliaia di volte.
Si guardarono a lungo, in silenzio, nessuno dei due sapeva bene che dire. Erano consci entrambi che il tempo per evitare l’argomento era esaurito. Non potevano continuare come se nulla fosse stato.
 
Presi un sospiro profondo proprio mentre lui si decise a parlare. L’aria mi si bloccò a metà gola, non so bene come, riuscii ad evitare di strozzarmi con la mia stessa saliva. In quel momento sembrava che ogni mio senso fosse proiettato verso di lui, a carpire ogni gesto, ogni frase, qualunque cosa mi potesse aiutare a capire.
“Lo so che ti ho preso in contropiede l’altra volta”
Beh, sì aveva ragione. Non me l’aspettavo. Continuai a guardarlo, in attesa.
“Senti, - sospirò - non l’ho fatto a posta”
Al che sbottai:
“Oh certo, è stato un incidente. Colpa mia che l’ho presa troppo seriamente. Scuse accettate, non è successo niente, amici come prima”
“Ma lo vedi che sei impossibile?! Non mi fai mai finire una frase, ho appena cominciato a spiegarmi e già credi di aver capito tutto”
“Io non credo di aver capito tutto! Sei tu che ci metti un anno! E quando parli dici cose senza senso! Io non starò mai zitta ma tu, anche quando ti decidi a parlare…”
Lo fulminai con lo sguardo. Mi aveva messo una mano sulla bocca per zittirmi. Continuai a strepitare contro la sua mano per puro senso di ribellione, poi mi stufai anche io e mi limitai a guardarlo accigliata. Improvvisamente mi resi conto che si stava sforzando di non ridere. Anzi il momento successivo scoppiò proprio in una bella risata!
“Poi sarei  io quella pazza!”
Cercai di mantenere il mio sguardo duro, ma eravamo così abituati a darci addosso per qualunque cosa, per poi fare pace il secondo dopo, che mi riusciva difficile tenere il muso.
“E’ solo che.. Sei assurda, davvero” Quasi non riusciva a parlare, tra le risate.
“Cosa ho fatto adesso?!”
“No niente, figurati! Sei normalissima!”
Con un passo mi accostai per dargli un colpo sul petto e lui automaticamente mi passò le braccia intorno alla vita, come faceva sempre quando mi avvicinavo a lui. Era più forte di noi, eravamo sempre così stranamente a nostro agio l’uno con l’altra. Forse avevamo sbagliato approccio, dovevamo parlarne come eravamo abituati a fare per qualsiasi cosa. Col sorriso che ancora aleggiava sulle mie labbra, inarcai leggermente la schiena per guardarlo meglio. Si era alzato parecchio negli’ultimi anni e faticavo un po’ a guardarlo negli occhi quando cercava di evitare il mio sguardo, come stava facendo in quel momento. Sospirai, lo strinsi a me un attimo e lo sentii rilassarsi. Con il viso nell’incavo della sua spalla, gli chiesi:
“Per favore, spiegami. Lo sai che, quando non capisco che succede, vado in paranoia”
Per un attimo sembrò abbracciarmi più stretta, poi si allontanò il tanto necessario per guardarmi bene in viso: “Secondo te, che succede?”
“Succede che tu mi hai… baciato. Senza preavviso. Quando ero convinta che tu mi vedessi solo come un’amica. Abbiamo sempre parlato della possibilità di stare insieme come una cosa assurda su cui scherzare. E neanche maliziosamente! Abbiamo sempre parlato di tutto, anche di sesso, e mai nessun doppio senso. Per favore non torturarmi così! Ti è preso un raptus? Sei in astinenza? Non lo so! Dimmelo tu!”
“Ma secondo te, mi metterei a baciarti solo perché sono in astinenza?” Stavolta fu lui a guardarmi storto. “Ho detto che non l’ho fatto a posta. E’ vero! Ma non nel senso che gli dai tu.”
Improvvisamente si staccò da me e si sedette sul mio letto. Io mi sentii strana, così in mezzo alla stanza senza lui, e non potei fare a meno di sedergli accanto. Si guardò le mani e sospirò frustrato per l’ennesima volta.
“Senti, lo sai che sono terribile in queste cose. Per cui non interrompermi, ok?”
Annuii.
“Bene.” Accennò un sorriso. “Lo so che siamo sempre stati amici. E io adoro averti come amica. Pensavo fossi semplicemente una ragazza carina e simpatica con cui mi trovavo stupendamente a parlare. Solo che da un po’ di tempo mi sono reso conto che facevo sempre più fatica a starti lontano. Siamo sempre stati affettuosi, lo so. Ma un giorno, ti giuro non so come, guardando una coppia di miei amici, mi sono reso conto che io ti guardavo allo stesso modo in cui Alessandro faceva con la ragazza”
Si interruppe, e io stupidamente dissi: “Alessandro si è fidanzato? Quell’Alessandro?”
“Sì, sembra davvero preso stavolta. Molto preso.” Mi guardò, un po’ esitante. “Non vorrei sbagliarmi, ma credo si stia innamorando”
Non riuscii a fare altro, se non guardarlo e pregare che continuasse. Non ero ancora pronta per processare nulla di tutto quello. Sembrò farsi coraggio, disse:
“ Mi sono reso conto che certe attenzioni che ti riservo non sono solo affettuose in modo… amichevole. Mi dicevo che il nostro rapporto era speciale. Che eravamo fatti così. Ma non riuscirei mai a stare con una qualsiasi altra mia amica come sto con te. Anche se avessi tutto il tempo del mondo per affezionarmici sempre più. E lo sai che voglio bene alle mie amiche. Anche a quelle carine.”
Stavolta lo guardai con un sorriso complice, più a mio agio. Stava diventando un discorso sempre più familiare. Sempre più a nostro modo. Eravamo abituati a sviscerare ogni argomento, saltando da una cosa all’altra.
Soprattutto a quelle carine” Risposi io, un po’ sarcastica. Non  ero mai stata gelosa delle sue amiche. D’altronde, non aveva mai con loro un rapporto paragonabile a quello che aveva con me. Anche quando era stato fidanzato non riuscivo ad essere gelosa, lui sembrava felice, e la nostra amicizia era davvero bellissima. Non c’era ragione di complicarla in alcun modo.
“Però, per quanto carine, non mi viene naturale abbracciarle, accarezzarle, baciarle sulla guancia come faccio con te. Né tantomeno raccontare loro cosa ho mangiato a pranzo. O divertirmi a lasciarmi rimproverare per come sono inetto nelle faccende di casa. Sai, all’inizio pensavo che semplicemente avessimo saltato la parte romantica e fossimo finiti negli anni di matrimonio in cui la coppia, ormai, è una coppia di amici che si vogliono bene e che dividono il letto. Tutto qui. Può succedere, no? La nostra amicizia non ha mai seguito regole. E ci stava anche che io al pensiero di dividere il letto con te non avessi proprio immagini caste da coppia sposata da anni, per la quale il desiderio è roba antica. D’altronde sono ancora un ragazzo. Sono gli ormoni.”
Stranamente, non mi sentivo tanto stupita da queste sue affermazioni. Già sapevo che lui mi riteneva carina e avevo capito che essere carina voleva dire… beh. Scopabile. Mi fece più effetto, invece, rendermi conto che anche lui aveva avuto i miei stessi dubbi. Non ero io l’unica che pensava ci comportassimo come una coppia navigata. La romantica in me, però, volle protestare.
“Ehi, non è detto che da sposati non si possa essere ancora attratti l’uno dall’altra. Anche se cerco di non pensarci… i miei per esempio lo sono ancora. Certo, non sono più giovani ma…”
Improvvisamente lo ebbi vicino.
“Lo so. Me l’hai detto”
Rimasi ferma, confusa. Non mi sembrava stessimo andando a parare da nessuna parte.
“L’altro giorno, una ragazza in discoteca mi ha abbordato.”
Sgranai gli occhi. Per quanto ne sapevo, il mio amico era a secco da tempo immemorabile. Da quando si era conclusa la sua ultima storia importante era stato solo con due ragazze. Per sfogarsi come hanno bisogno i ragazzi, dice lui. Ma mi aveva anche confessato che non si era sentito a suo agio. Credevo avesse smesso. A quanto pare aveva solo smesso di parlarmene.
“No, non ci sono andato a letto”
Una parte di me si sentì palesemente sollevata. E va bene, un pochino ero gelosa, se pensavo che altre ragazze potevano averlo in modi che non mi erano concessi. Ma niente di esagerato, ecco.
“Mi sono reso conto, però, di una cosa.”
Se avesse continuato così l’avrei ucciso. Non ero abituata a questo suo prendere le cose alla lontana. Lo faceva raramente, solo per le cose importanti e che un po’ lo imbarazzavano, o che aveva paura di condividere.
“Mi faceva strano andare con quella. Mentre la baciavo pensavo ad altro. Al fatto che l’indomani avevo lezione presto. Che non mi sarei svegliato. Che oltretutto dovevo accordarmi con te per vederci e fare una delle nostre chiacchierate. Mi mancavi. Mi manchi quando non ci vediamo, noi due da soli, per un po’. Lo sai”
Annuii. Non avevamo mai esitato, se non forse le prime volte, ad ammettere che eravamo quasi dipendenti dalle nostre chiacchierate lunghe ore. Le nostre ore accoccolati in camera mia. Era così rilassante ed appagante.
“Senti, chiamala stupidità maschile se vuoi. O sono stupido io.” Questo mi fece drizzare le orecchie, non capitava spesso che ammettesse la propria stupidità “Però, davvero, mi sono detto che sarebbe stato tutto molto più semplice se fossi stata la mia ragazza. Sarei venuto a letto con te, non con quell’altra. E sarebbe stato molto meglio”
“Ok, questa è stata probabilmente la cosa meno romantica che mi hai detto in anni di amicizia”
“Stai buona, santo cielo! Mi è uscita un po’ male, ma non è questo il punto! Il punto è che mi sono dato dello stupido, perché era l’ennesima volta che ti pensavo a quel modo. A parte il periodo in cui ero impegnato e in cui mi ero reso conto che, se non lo fossi stato, probabilmente mi sarei innamorato di te. Ultimamente ti pensavo così spesso da arrabbiarmi con me stesso.” Sgranai gli occhi “Nonostante questo, è stato quella notte che mi sono arreso a contemplare l’idea di stare insieme a te. Non lo facevo da tanto. Da quando mi ero sentito in colpa, perché io la ragazza già ce l’avevo e l’amavo pure. Stavolta, però, mi sono reso conto che non c’era nessuna ragione razionale per cui non dovessimo stare insieme. A parte quella di rimanere ferito, che era stata poi la principale ragione per cui da principio non ci pensavo mai. Non ce la farei a perderti come amica. Però l’altro giorno non ce l’ho fatta più. Proprio come adesso, stavo morendo dalla voglia di baciarti. Ti prego, basta.”
“Basta che?”
Mi baciò. Quasi rabbiosamente.
“Non voglio perderti. Ma ora che so cosa significa baciarti non so se ce la posso fare. Ora che so che è peggio di quanto avessi immaginato, che è una tortura baciarti senza saperti mia, non so se potrò evitare di cercare di conquistarti ogni momento.”
Mi ribaciò. Ancora e ancora. E io non riuscivo a ritrarmi. Volevo baciarlo. Mi ero chiesta mille volte come sarebbe stato. Mi ero detta che sarebbe stato quello l’unico modo per togliermi il dubbio, per essere sicura che lui non mi piacesse. Ma ovviamente non era un test fattibile. Ora che stava accadendo… ma quale test? Baciarlo era così profondamente giusto. La forza che avevo sempre sentito, e che mi attraeva costantemente verso lui, per una volta trovava uno sfogo più completo. Gli abbracci, lo stare vicini, mi erano sempre bastati. Me li ero fatti bastare, poi non ci avevo più pensato: era così che doveva andare. Ma ora…
“Ti prego, di’ qualcosa. Lo so che ho fatto un casino, ma è così che mi sento. Io non… neanche io ci capisco più molto.”
“Ti rendi conto che mi hai fatto un discorso lungo un’ora, uno dei più lunghi che tu mi abbia mai fatto… e manco uno straccio di dichiarazione decente?”
Aprì la bocca esterrefatto, incerto se stessi scherzando o meno, e nel caso in cui fosse effettivamente uno scherzo, perché cavolo ero così crudele da prenderlo in giro proprio in quel momento. Ma feci la cosa più spontanea al mondo per me. E pensare che mi ero sempre un pochetto trattenuta. Mi misi a cavalcioni in braccio a lui, stavolta senza aver paura di essere poco appropriata, senza essere preoccupata di valicare alcun limite, né stetti attenta affinché i nostri bacini non si toccassero. E infatti quando lo baciai sentii il suo gemito mal trattenuto.
Ci baciammo famelicamente per un tempo che non so quantificare. So solo che a un certo punto il bacio rallentò e una sorta di calore mi si sviluppò nel petto. Interruppe quel bacio, ormai diventato dolce e morbido, e mi sussurrò sulle labbra: “Sei assurda…”
Gli detti un colpo sul braccio, ma così facendo finii con lo far scontrare i nostri bacini ancora una volta. Ansimammo entrambi:
“Tu non eri quella che era convinta che la sola differenza tra amicizia e amore fosse l’attrazione fisica?”
Lo guardai e lui ricambiò con quello sguardo che a volte le maestre usano coi bambini che ancora non hanno capito che 2+2 fa quattro.
“Senti, non sono mai stato più amico in vita mia di alcuna ragazza, né ho mai desiderato di più nessuna. E poi…” Improvvisamente si scosse e mi fece: “Ma perché sto facendo questi discorsi ragionati? Devo smetterla di farmi condizionare da te! Io per queste cose so che non c’è logica che tenga! Io voglio che tu sia la mia ragazza! Se vuoi esserlo bene, altrimenti non lo so!”
Lo guardai come se fosse impazzito di un colpo. Forse interpretò male, perché aggiunse, confusamente, qualcosa tipo:
“Sono sicuro che vorrò venire a letto con te anche dopo 30 anni di matrimonio, che vuoi?”
Scoppiai a ridere, ma solo per un attimo.
“Cambierà tutto..? Guardati… già non ti riconosco più. Pensi solo a quanto mi vuoi fisicamente! Magari è una sorta di capriccio. Se così fosse, come faremmo poi a tornare indietro?”
“E’ questo il problema?” Sembrò rispondersi da solo, perché aggiunse:
“Senti, tu già lo sai quante cose apprezzo in te, quanto andiamo d’accordo. Oggi volevo solo farti capire che anche l’ultimo ingrediente per una relazione fantastica c’è! Abbiamo l’intesa, abbiamo l’attrazione, abbiamo la complicità e l’affetto. A ben pensarci, non litighiamo neanche mai sul serio, per cose importanti. Cos’altro si può volere?”
Si spostò e mi spinse a sdraiarmi sul letto. Ma non fece altro che abbracciarmi, come mille altre volte prima di quella sera. Non fece altro che tenermi stretta a sé e accarezzarmi rassicurante i capelli. Sembrava non fosse successo niente al di fuori dell’ordinario. Alzai il viso dal suo petto e vidi i suoi occhi verdi rispondere col solito sguardo tranquillo, affettuoso e dolce di cui mi ero innamorata. Oh sì, mi sa tanto che era così.
Mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in un gesto così familiare che mi si strinse il cuore.
“Usciamo domani sera, io e te? 



Note: mi rendo conto che vi butto direttamente nel mondo privato di questi due sconosciuti, ma spero riuscirete ad affezionarvi a loro come ho fatto io. Sono una coppia un po' particolare ma sono spontanei, giovani ed innamorati. Perdonateli. Fatemi sapere se vale la pena postare il resto.

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Capitolo 2
*** Siamo sempre io e te; Grazie ***


Parte 2: Siamo sempre io e te.
 
Non ci potevo credere. Eravamo usciti. Cinema e passeggiata di ritorno verso casa. Avevamo chiacchierato come al solito. Era stato bello come al solito. Beh, un po’ di più dato che ci eravamo salutati con un bacio.
L’unico problema era che la cosa si era ripetuta più o meno simile per le uscite successive. O meglio, non era questo il problema. Il problema era che ora, quando ci ritrovavamo a chiacchierare da me, bacio di saluto a parte, stavamo più lontani che mai. Eravamo abituati a chiacchierare vicini, spesso anche abbracciati sul mio letto. Ora restavamo seduti a una certa distanza. Sembrava che lui avesse quasi paura di starmi troppo vicino. Non dico che mi sarei aspettata chissà cosa, d’altronde non avevo alcuna esperienza e lui lo sapeva fin troppo bene. Ma almeno un po’ di sane coccole del nostro repertorio, arricchite di qualche incontro di labbra? Beh, non mi ero mai fatta alcun problema a parlargli di qualunque cosa, per cui quel giorno avrei smesso le stupide riflessioni e avrei ripreso gli sani scambi di opinioni.

“Ciao!”
“Ciao, vieni in camera, stavo giusto mettendo a posto la roba nell’armadio”
“Ah, quanto mi eri mancata”
Bacio sulla guancia. Sorrisi. Sapeva ancora essere assurdamente dolce.
“Posso chiederti una cosa?”
Mi guardò interrogativo.
“Mi abbracci? Ma sul serio, come abbiamo sempre fatto. Ormai abbiamo meno contatti di quanti ne avessimo prima di metterci insieme. Sta diventando assurdo”
Mi prese per un braccio e mi trascinò sul letto con lui. Stemmo un po’ in silenzio, abbracciati, a bearci l’uno del calore dell’altra. Poi parlò.
“Mi sembra di doverti corteggiare ancora un po’, sai. I primi mesi dovrebbero essere tutti dolci complimenti e baci leggeri. Lo so che noi eravamo abituati ad altro. Ma non so se riuscirei a stare ogni volta con te sdraiato così a lungo. Mi verrebbe voglia di baciarti. Di recuperare tutto il tempo perduto. Ma tu ti meriti la leggerezza dei primi mesi.”
“Leggerezza? A me sembra più frustrante che altro. Io voglio che mi baci! I complimenti me li puoi fare quando ti capitano per la mente, ma voglio sentirti vicino, non ho bisogno di nessun rituale strano. Sono già innamorata di te.”
Alzò di scatto la testa dal cuscino e mi guardò. Mi resi conto che non l’avevo mai detto a voce alta. Pensavo lo sapesse, però. D’altronde ci conoscevamo già bene, se arrivati a quel punto non fossi stata innamorata, saremmo stati solo amici. Ero piuttosto sicura che anche per lui fosse lo stesso. Per un momento fui incerta, forse avevo preso per scontato troppe cose? Ma, mentre gli restituivo lo sguardo, vedevo il suo sorriso allargarsi come se nei miei occhi stesse trovando conferma della mia sincerità e niente lo potesse fare più felice. Non so se fosse dovuto alle proteste che avevo esposto, o solo a quell’ultima mia affermazione, fatto sta che sentii improvvisamente tutto il trasporto che avevo desiderato sentire sulla mia pelle in quei giorni.

La sua bocca sulla mia si muoveva veloce ma estremamente dolce, in qualche modo. Forse era dovuto al fatto che le sue mani vagavano per il mio corpo con una lentezza esasperante, leggere eppure così sicure, come se conoscessero già tutto del mio corpo. Effettivamente, la sensazione era che mi stessero ricordando costantemente che quello era il loro posto. Forse solo in quel momento mi resi pienamente conto di quanto mi mancava sentire il suo tocco.
Quasi senza rendermene conto, la sua mano dal fianco e dallo stomaco era salita fino a tracciare i contorni del mio seno. Sentirlo vicino a me era sempre stato rassicurante e rilassante, e in un certo senso lo era anche stavolta. Ma in quell’istante tutto passò in secondo piano perché io mi sentivo al sicuro, sì, ma soprattutto stavo andando a fuoco. Avevo sempre pensato quest’ultima fosse un’espressione esagerata, da romanzetto, ma non avrei saputo descriverlo diversamente.
Era eccitante. Punto.
Mi stavo eccitando alle sue carezze.
Oddio, sarei finita male di quel passo. Sarei diventata una ninfomane, se solo delle stupide carezze mi facevano quell’effetto.
Sospiro. Come faceva a farmi quest’effetto? Ti prego non smettere.
Non ebbi tempo per vergognarmi di alcunché. Mentre mi baciava sulla porzione di stomaco lasciata scoperta dalla maglietta spostatasi per le carezze, riuscivo solo a pensare che volevo di più. Una parte del mio cervello mi ricordava che non ero ancora pronta per certe cose, l’altra era sicura che nel mezzo ce ne fossero tante altre che valeva la pena scoprire. Fu così che mi alzai ulteriormente la maglia fino a scoprire il seno.
Mi guardò un attimo sorpreso, prima che il suo sguardo si scurisse, sembrava volermi mangiare con lo sguardo. Per un attimo mi mossi a disagio, poi lui mi guardò negli occhi e mi disse:
“Sapevo che non porti mai il reggiseno quando sei a casa, ma per un momento non ci avevo pensato. Inoltre, sono davvero… così tonde”
Feci una risatina nervosa, non esattamente certa di come prendere la cosa. Ciò che so è che in quel momento cominciò a baciarmi lungo la circonferenza di ciascun seno.
Mi sfiorò col naso e con le labbra lo sterno, scese fino all’ombelico dove depositò un bacio. Poi risalì fino a sfiorarmi un capezzolo con le labbra socchiuse. Per un secondo sentii il suo respiro accelerato sulla pelle sensibile, ormai avevo la pelle d’oca. Per cui, quando mi sfiorò con la punta della lingua, quasi sobbalzai. Sentire la sua bocca avvolgere quella parte così sensibile fu meglio di quanto credessi possibile. Ero convinta sarei stata una di quelle ragazze abbastanza indifferenti a certe carezze. Mi sbagliavo, oh quanto mi sbagliavo.
Sospiro. Oh quanto è bello sbagliarsi certe volte…
Chiusi gli occhi per sentire meglio ogni cosa, quando sentii di nuovo la sua bocca sulla mia e mi sembrò di riconoscere il sapore della mia pelle sulle sue labbra. 
Mio dio, mi ci potrei abituare.
 

Parte 3:Grazie.
 
Era da un po’ che non ci vedevamo da soli, che non avevamo avuto modo di vederci con tranquillità. Mi era mancato. Glielo dissi. Mi sorrise e mi baciò. Ci spostammo in camera mia così, senza staccarci. Finimmo sul mio letto e baciarsi fu meraviglioso.

Le sue labbra e le mie scivolavano l’una sull’altra, si mordevano scherzosamente, condividevano sorrisi, soffocavano qualche gemito. Avevo gli occhi chiusi e non sentivo altro che lui. La sua lingua seguì il contorno del mio labbro inferiore, prima di morderlo dolcemente. Lo succhiò e lo lasciò andare solo per invadere la mia bocca con la sua lingua.
Con lui avevo apprezzato per la prima volta, fino in fondo, la bellezza dei baci alla francese.
Il suo sapore sul palato mi dava alla testa, perché era l’ennesimo ricordo che tutto era reale, lui era lì con me. 
Sentii il calore del suo respiro e mi cullai nell’intimità del momento. La sua mano percorse leggera i contorni del mio viso, mi ravviò i capelli all’indietro, scese e mi accarezzò il fianco per poi salire sul lato del seno e di nuovo accarezzarmi lo stomaco. Capii che voleva farmi sentire la sua vicinanza, non tentò niente di più elaborato, solo questo bacio morbido e le sue braccia che mi facevano sentire al sicuro. Forse fu la semplicità di quel momento che mi spinse a muovermi.
Era da un po’ che ci pensavo. C’era una cosa che volevo fare.
Per lui perché era, era stato, e sapevo sarebbe stato sempre, il ragazzo più dolce che si potesse desiderare; ma comunque adorabilmente lui, l’amico a cui già volevo profondamente bene.
Anche per me. Perché sapevo che mi sarei sentita bene, se tutto fosse andato come speravo.

Rotolai sopra di lui e lo guardai. Ci sorridemmo. Mentre gli accarezzavo la guancia, gli sussurrai:
“Posso provare una cosa? Penso mi dovrai aiutare però… ok?”
Mi guardò un pochino confuso ma annuì. Mi accomodai meglio a cavalcioni su di lui facendolo sospirare all’attrito tra la stoffa dei nostri jeans. Lo baciai e continuai a dondolare e strofinarmi su di lui. Lo strofinio era decisamente piacevole. Mi mise però le mani sui fianchi per cercare di fermarmi. Col respiro un po’ agitato mi sussurrò:
“Piano, se continui così svegli l’inquilino del piano di sotto”
Non so come, ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi e di dire con sicurezza: “Lo so”
Se non fossi stata un po’ nervosa sarei scoppiata a ridere: prima sgranò gli occhi, poi mi restituì un’espressione confusa, per poi risgranare gli occhi come colto da un pensiero improvviso. Con voce un po’ strozzata sussurrò:
“Ho capito male? Perché da come l’hai detto sembra che tu voglia…”
Stavolta mi venne ancora più facile guardarlo negli occhi: “Voglio”

Sotto di me lo sentii reagire di già, dopotutto non era stato così difficile. Mi sentivo assurdamente orgogliosa dell’effetto che sembravo fargli.
Ripresi a baciarlo ma stavolta infilai una mano sotto la maglia e piano piano la portai verso l’alto. Lui alzò il busto e la tolse, per poi ricambiare il bacio con più energia di prima, se possibile. Decisi che, visto che c’ero, tanto valeva godermelo per bene. Per cui feci scorrere le mie labbra e mani sul suo petto, sullo stomaco teso, fino ad arrivare all’altezza dei jeans. Mentre gli slacciavo i pantaloni percorsi con la bocca avanti e indietro la porzione di pelle appena sopra la cintura.
Quando finalmente me lo trovai sotto di me con solo i boxer addosso, provai solo per un secondo un certo imbarazzo misto a paura di sbagliare. La mia attenzione venne, però, catturata dalla ‘v’ causata dai leggeri addominali. Partiva dalla porzione di fianchi visibile e spariva dentro i boxer. Non so perché, ma quella era forse la parte che mi aveva da sempre intrigato di più, in un ragazzo. La percorsi più volte con la lingua mentre piano piano feci scivolare giù i boxer. Sentire il suo respiro sempre più accelerato e vedere i suoi muscoli tendersi fu una soddisfazione assurdamente forte. Quando, infine, lo vidi completamente nudo non seppi più cosa fare.
Mi sembrò di perdere la bussola per un secondo. Era decisamente eccitato, ne ero rincuorata ed orgogliosa da un lato; dall’altro fu come se avessi capito solo in quel momento che davvero non si tornava indietro, il guaio era fatto.
La sua mano destra si posò sul mio ginocchio, l’altra sulla mia guancia. Sollevò il busto per attirarmi verso la sua bocca e baciarmi. Persa nel momento, mi resi conto con un secondo di ritardo che aveva interrotto il bacio per guardarmi, come a conferma delle mie intenzioni. Gli restituii uno sguardo deciso, al che prese la mia mano nella sua e mi guidò su e giù per la sua lunghezza. Lo vidi chiudere gli occhi e sospirare pesantemente.
L’unica cosa che riuscii a pensare fu che non avevo mai visto nulla di più erotico in vita mia.
E lo stavo facendo, stavo dando piacere al mio ragazzo.
Oddio.
Non fu imbarazzante, né tantomeno volgare. Il pensiero che tutti quei sospiri da parte sua fossero merito mio… Mossi il polso in un certo modo e per un momento gli mancò il respiro. Feci scorrere il pollice sulla punta e sentii uno strano rumore strozzato che mi dette una forte scarica elettrica al basso ventre. E se..? Un’idea cominciava a formarsi nella mia testa.

Non avevo avuto il coraggio di guardarlo negli occhi, troppo concentrata su ciò che gli stavo facendo, sulle contrazioni istintive del suo addome e la sua respirazione irregolare. Ma ora che mi stavo abbandonando sempre più all’istinto, fu per me naturale alzare gli occhi e mi pentii di non averlo fatto prima.
Quando incrociammo lo sguardo vidi stupore, desiderio, quasi fame di me; ma anche un che di dolce, una sorta di gratitudine. Non tanto per ciò che facevo, ma per il motivo per cui lo facevo.
Forse vidi troppo in quello sguardo, ma senza pensarci e senza interrompere il contatto visivo, mi chinai fino a sentire sulla lingua il suo sapore più intimo.
Mentre registravo il sapore, per me così nuovo, notai con soddisfazione che lo stavo facendo impazzire. Era come se l’avessi preso completamente in contropiede per l’ennesima volta. Lo presi in bocca più compiutamente e mi resi conto che nulla di ciò che avessi fatto con lui sarebbe stato inadatto, o degradante, o chissà che altro. Non finché l’avessi fatto in nome di ciò che sentivo per lui.
Perché non lo volevo ammettere a me stessa, ma ero pericolosamente vicina a quella parola bella e spaventosa che comincia per ‘a’.
Non so, forse ero molto più che solo vicina.
Non ne ho idea.
Ma mentre dolcemente ponevo resistenza ai suoi tentativi di farmi allontanare, mentre sentivo il suo sapore sulla lingua, e giù in gola, non importava. Il mio cuore stava per scoppiare e qualunque fosse il nome di ciò che mi stava dando alla testa, ero felice. E, beh… direi che anche lui non se la passava poi male, se il sorriso ebete che mi stava rivolgendo aveva un qualche significato. 



Note: La parte 1 mi sembrava senza senso, messa così da sola. Probabilmente solo con queste altre due parti i personaggi prendono veramente forma. O forse è qualcosa di troppo intimamente mio perchè qualcuno completamente all'oscuro di ciò che sono, ciò che ho in comune con la vicenda o ciò che mi divide chiaramente da essa e dalla protagonista, possa capire. C'è uin pezzeto di me e del mio mondo che però volevo condividere. Tutto qui. Grazie anche a chi ha solo letto (anche se vorrei tanto sentire un parere).

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Capitolo 3
*** Tre parole; Conoscersi ***


Parte 4:Tre parole.
 

 
Avevamo litigato. Di nuovo. Ultimamente non facevamo altro. Potevo ammettere a me stessa che probabilmente era colpa mia. Ero più nervosa del solito, in quel periodo, e non sapevo bene il perché.
Ok, forse lo sapevo.
Nelle ultime settimane era sempre distratto. Spesso avevo l’impressione che neanche mi ascoltasse, quando gli parlavo. Non era da me sopportare una situazione simile, per tanto tempo, senza tentare la strada del dialogo. Ma oggi ero determinata. Per quanto io fossi spaventata di non riuscire a risolvere i nostri problemi con la naturalezza con cui riuscivamo da semplici amici, tenevo troppo a noi. Oggi sarebbe stata la volta buona.
Oggi.
Beh, sì, se non mi avesse appena dato buca.

Me ne stavo sdraiata sul letto a guardare il soffitto quando il campanello suonò, inaspettatamente. Quando risposi al citofono e capii che si trattava di lui, non avrei potuto essere più confusa. Una volta vista l’espressione che portava in volto, cominciai anche ad entrare nel panico. Con una strana determinazione negli occhi, mi trascinò in camera mia e mi fece sedere accanto a lui sul letto. Non spiccicò parola finché io stessa, innervosita dal silenzio prolungato, gli chiesi se andasse tutto bene.
“Sì”, disse semplicemente.
“Sei strano oggi, in realtà lo sei stato per le ultime settimane. Sai che sono sempre tua amica, vero? Qualunque cosa ci sia, se hai bisogno di parlare io sono qui. Anzi, mi fa proprio piacere. Lo sai che ci tengo a queste cose.”
Sospirai e aggiunsi, un po’ più cauta: “Se poi è un problema tra noi, devo proprio insistere. Devi dirmelo. Per favore.”
Mi rivolse uno sguardo più profondo di qualunque altro gli avessi visto in tutti quegli anni. Per un attimo sembrò studiare il mio viso, alla ricerca di non so bene cosa. Improvvisamente, mi rivolse il sorriso più dolce che si possa immaginare. Risposi automaticamente, ma non feci quasi in tempo a finire di stendere le labbra.
Mi baciò di botto.
Ormai avevo imparato a conoscere lui, i suoi baci, il suo sapore. Ma stavolta non scherzo, quando dico che, per tutta la durata di quel bacio, l’unica cosa di cui ero conscia era lui, le sue labbra, il suo braccio intorno alla mia vita e la sua mano sulla mia guancia. Quando ci staccammo, feci appena in tempo a sussurrare un confuso: “Cosa..?”
“Ti amo”
Penso di aver fatto una faccia talmente stupita da spaventarlo, per un attimo.
Il secondo dopo, però, aveva già premuto, leggere, le sue labbra sulle mie. Lo ripeté a voce più alta e con una semplicità disarmante. Il suo tono era quello che ci si aspetta per un’affermazione di fatto, come: “Guarda… piove”; un tono da: “Hai finito lo zucchero. Ti toccherà ricomprarlo”. Pura logica. Solo che non stavamo parlando di tempo… né di zucchero.
Credo di averlo guardato smarrita, ma lui rispose alla mia confusione con un’aria pacificata che raramente gli avevo letto in viso.
“Ora dormiamo un po’, vuoi? E’ stata una giornata pesantissima, per me, e anche tu hai certe occhiaie!”.
Mi sorrise, tranquillo, e si sdraiò portandomi giù con sé.
Mentre posavo la mia testa sul suo petto, non sapevo bene che dire, o fare, ma lui prese ad accarezzarmi la schiena con fare rassicurante e automaticamente cominciai a rilassarmi. Non ricordo come, mi addormentai tranquilla.

Mi svegliai un’oretta dopo e, per qualche minuto, mi accontentai di guardarlo dormire.
Gli accarezzai la guancia, mentre tutto ciò che provavo per lui mi sommergeva d’un colpo. Tutto l’affetto costruito negli anni di amicizia, la fiducia, la complicità, come amici e poi come coppia, la tenerezza, il desiderio, tutto il turbinio di emozioni che potrei descrivere unicamente come una forza indefinita che mi attraeva verso di lui in mille diversi modi.
Aprì un occhio, poi l’altro, e si stiracchiò sorridendomi felice: mi sentii, per un attimo, quasi soffocare dalle mie stesse emozioni.
Si sporse a depositarmi un bacio di buon risveglio e, mentre non riuscivo a fare a meno di approfondire quel contatto, mi resi conto che tutto ciò che sentivo, in quel momento, era un peso al petto stranamente piacevole, che mi rendeva felice come non mai.
Interruppi bruscamente il bacio e per la prima volta, quella sera, vidi un lampo di vera preoccupazione attraversare i suoi occhi. Ma fu solo un attimo, prima che assumesse un’ espressione lievemente interrogativa, la mano destra che andava a massaggiarmi un fianco.
Gli sorrisi.
Uno di quei sorrisi che, mi ero resa conto, solo poche persone a cui volevo veramente bene avevano mai visto. Era un sorriso puramente estatico, mentre scoppiavo in una risata felice e prendevo a depositargli piccoli baci per tutto il viso.
Preso in contropiede, rimase un attimo inebetito da tanto slancio. Ma presto sentii le sue braccia circondarmi e stringermi, forte. Quando mi fui calmata mi sistemai meglio su di lui e gli sussurrai, a pochi centimetri dal viso:
“Ti amo anch’io”.

Parte 5:Conoscersi
 
Stavamo imparando a conoscerci. Certo, ci conoscevamo già come amici. Ma ora che eravamo una coppia c’erano tante altre cose che dovevamo sapere l’una dell’altro. Io avevo imparato parecchio, ad esempio.
Non era vero che non gli piaceva il modo in cui ballavo: in realtà si vergognava dell’effetto che gli faceva.
Era, invece, anche troppo vero che la mia mania di riordinare tutto, prima di ogni sua visita, lo innervosiva. Credo lo facesse sentire a disagio, conscio del suo essere un disordinato cronico.
Tante nuove,vecchie, piccole cose. Altre un po’ meno piccole.

Si era sempre descritto come un ragazzo lontano da ogni tipo di gelosia. Ultimamente avevo scoperto che, in realtà, capitava anche a lui di ingelosirsi, di tanto in tanto. Naturalmente non l’aveva mai ammesso, ma i fatti parlavano da soli. A dirla tutta, una volta l’avevo provocato apposta. So che non avrei dovuto ma, seppure la sua gelosia non fosse mai niente di esagerato, mi faceva piacere sentirmi desiderata. Forse non rispettavo i più moderni concetti femministi, ma non mi dispiaceva sentirmi sua.
D’altra parte, ero convinta non sarebbe mai stato geloso della mia amicizia con Giulio. Sapeva che era un vecchio amico d’infanzia a cui ero affezionata e non aveva mai manifestato alcun fastidio per la nostra relazione. Non avevo mai riflettuto, però, che non ci aveva mai visto insieme.
Un giorno, ci trovammo ad uscire con un gruppo di amici; era da tanto che non avevo avuto modo di parlare con Giulio, per cui, in quella occasione, avevo trascurato un poco il mio ragazzo. Fatto sta che, quando mi aveva accompagnato a casa, quella notte, era salito ed entrato nella mia camera con aria cupa.
“Oggi eri particolarmente contenta di vedere Giulio, mi sembra”
“Oh sì!” avevo ingenuamente risposto. “Mi erano mancate le nostre conversazioni e il nostro modo di punzecchiarci.”
“Vedo… Sei tutta felice. Anzi, ho visto che a un certo punto gli sei letteralmente saltata addosso per la felicità”
Corrugai la fronte. Ero sempre stata affettuosa col mio amico, prima di tutto perché ero fatta così; in secondo luogo, perché sapevo che tra noi non ci sarebbe mai stato nessun rischio di fraintendimenti. Anche se il mio geloso di un ragazzo non lo sapeva, mi sentivo particolarmente libera perché Giulio era dichiaratamente gay. Per lo meno con i suoi amici più vicini.
Ricordai, improvvisamente, di averlo salutato di slancio con un abbraccio e un bacio sulla guancia. Per poi finire col chiacchierare con lui, dopo cena, appesa al suo braccio, mentre percorrevamo le vie della città. Niente di che in realtà, ma effettivamente siamo molto affiatati e tutti lo vedono a prima vista.
“Sì, abbiamo un rapporto tutto sommato affettuoso. Anche se lui è più il tipo che i gesti d’affetto li subisce, più che altro. Mi spiace averti trascurato un po’, stasera. Ma anche tu non rimanevi mai a parlare con noi! Mi sarebbe piaciuto vi conosceste più a fondo”
“Beh,” sbottò “parlate fitto, fitto e quasi in codice: non c’è granché spazio per una terza persona nei vostri discorsi”
Percepii la tensione nella stanza e fui tentata di rispondere a tono. Prima di riuscire ad aprir bocca, però, notai la sua espressione.
Non era arrabbiato, non sul serio. Forse un po’ abbattuto. Come un bambino a cui abbiano mangiato, sotto gli occhi, una buona metà della propria torta preferita. La mia replica nervosa si dissolse, prima ancora di raggiungere le labbra, e mi ritrovai a guardarlo col mio solito (e un po’ da pesce lesso, lo ammetto) sguardo innamorato. Il potere che ognuno di noi aveva sull’altro era grande.
Pensarci era spaventoso e magnifico insieme.
Mi avvicinai a lui e lo portai a sedere sulla poltrona. Sul suo viso aleggiava un broncio appena accennato e capii di averci visto giusto quando si irrigidì mentre gli sedetti in braccio. Cercai di scioglierlo con uno sguardo dolce e sfruttai un’altra mia recente scoperta.
Mi ero resa conto qual era il miglior modo per fargli passare qualsiasi arrabbiatura. Qualche minuto di dolcezza e tutto il suo cattivo umore si scioglieva, come neve al sole.
Appoggiai la mia testa sulla sua spalla e sussurrai: “Sai, mi sarebbe piaciuto che lui potesse capire meglio cosa vedo in te. Gli racconto tante cose, su di noi, e a volte temo possa pensare che i miei sono solo discorsi da stupida ragazza innamorata. Sono orgogliosa di te e ho voglia di mostrarti al mondo, figuriamoci alle persone a cui voglio bene”
Allacciò le braccia intorno alla mia vita e borbottò:
“Non sei stupida”
Mi scostai il tanto per guardarlo negli occhi e dirgli divertita:
“Soprattutto quando tesso le tue lodi, giusto?”. Accennò un sorriso.
“Beh, con un ragazzo perfetto come me, chi ti può biasimare?”
Ci guardammo un po’ così, in silenzio, beandoci semplicemente della nostra complicità. Poi non resistetti più e lo baciai. Nelle mie intenzioni doveva essere un bacio dolce, ma mi sfuggì un “Ti amo” sulle sue labbra.
Oh, questa era un’altra interessante scoperta: quando ammettevo i miei sentimenti in modo tanto esplicito, tendeva ad infiammarsi. Il bacio, infatti, divenne più esigente. Passò un braccio sotto le mie gambe per sollevarmi e poi buttarmi sul letto senza troppe cerimonie.
Ci baciammo, ribaciammo e baciammo ancora. Non ho idea di quanto tempo passammo quella notte a scambiarci sorrisi e muti gesti d’affetto. Fu strano, se ci ripenso. Ricordo che non scambiammo una sola parola, noi che avevamo sempre voglia di parlare di ogni cosa. Forse fu per quello che il giorno dopo accadde quel che accadde.

Mi svegliai accanto a lui. Il mio amico. Il mio ragazzo. Il mio… Mio. Fui improvvisamente soprafatta dal senso di appartenenza che sentivo ci legava. Proprio in quel momento, si svegliò.
Mi sorrise.
Non so bene cosa mi prese, ma mi sedetti a cavalcioni su di lui e cominciai ad accarezzargli il viso, a tracciare ogni suo lineamento, la curva delle spalle, la linea delle clavicole, i muscoli appena pronunciati delle sue braccia. Non era un modello. Probabilmente molti lo avrebbero giudicato un po’ troppo mingherlino; il suo naso era troppo lungo, le labbra spesso screpolate, i capelli sempre in disordine… ma profumava di buono, di bucato; avrei potuto riconoscere ovunque il suo tocco delicato eppure così deciso e rassicurante, ricordavo a memoria la forma dei suoi occhi di quello straordinariamente ordinario verde, così speciale, per me, e il suo sorriso; il suo sorriso.
Il suo sorriso.
“Io… non credo che potrò mai essere più spaventata e felice di così. Mi fai provare tutte queste cose, tutte insieme, e il più delle volte non so dire neanche cos’è che provo esattamente! Ma non m’importa!” Ridacchiai, dolcemente. “Non m’importa proprio per niente. Perché lo sai quanto sono orgogliosa, e quanto sia difficile per me confessarlo, ma io ho bisogno di te. Non pensare mai, neanche per sbaglio di lasciarmi, ok? Perché ti potrei uccidere! Nessuno può passare da questo genere di complicità alla solita vita da ragazza single, indipendente, che si prende cura di sé senza bisogno dell’aiuto di nessuno. Non farti strane idee, sono ancora capace di cavarmela da sola. Ma il fatto è che voglio sentirti sempre accanto, anche quando non ho veramente bisogno del tuo aiuto. Voglio solo sentire te, ok? Sei tu che voglio. Non…”
Ok, forse dovevo stare più attenta ai discorsi rivelatori come quello.
Non l’avevo mai sentito più entusiasta, più appassionato e dolce insieme. E, a dirla tutta… era anche parecchio eccitato.
In quel momento, sentendolo in quel modo, rendendomi conto che lui non mi avrebbe mai forzato, sebbene fosse piuttosto ovvio che moriva dalla voglia di fare davvero l’amore con me, realizzai quel che avevo appena detto. Di quanto fosse vero e al significato che mi diventava sempre più chiaro. Ero innamorata, ma sul serio. Lo amavo, avevo bisogno di lui. Volevo sentirlo sempre più vicino. Volevo stare con lui. Mi morsi leggermente il labbro inferiore.
Ommioddio!
Lo volevo sentire dentro di me.
Cosa cavolo stavo aspettando? Non mi sarei mai pentita. Fare l’amore con lui sarebbe stato più che giusto. Sarebbe stato spontaneo e vero, come tutto tra noi. Non volevo altro.
Beh, poi effettivamente ebbi anche altro, ma certo non mi lamentai.
Era bravo lui, o ero io troppo cotta? 




Credo che questa storia sia completa, probabilmente ci sarebbe molto altro da dire, ma l'ultima frase mi suggerisce che era qui che dovevano arrivare. Penso che, a questo punto, entrambi i personaggi siano consapevoli di ciò che provano e di come il loro rapporto sia cambiato. Forse potrei scrivere un continuo, una one-shot o qualcosa del genere. Non so, se c'è qualcuno là fuori che ha un'opinione a riguardo, mi faccia sapere.
Spero si sia capito perchè uno dei generi di questa storia è lo slice of life. Non voglio descrivervi questi due ragazzi, non voglio sapere qual è il loro nome, dove vivono, cosa fanno al di fuori di questi piccoli momenti. L'amore io lo vedo così. Esiste un piccolo mondo in cui tutto ciò che importa sono solo le sensazioni che l'altro ci fa provare. Sicuramente prima o poi dovremo fare i conti con la realtà, ma penso ci siano sempre quei momenti in cui tutto ciò che conta è il momento e il luogo presente, la persona a cui si vuol bene, tutto qui. Spero di aver fatto sorridere qualcuno, è stato liberatorio scrivere questo piccolo spaccato di vita, mi auguro di aver portato qualche emozione anche ad almeno uno di voi. 

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