Everything

di Selandora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Falling ***
Capitolo 3: *** Silk ***
Capitolo 4: *** Edo Tensei - prima parte ***
Capitolo 5: *** Edo Tensei - seconda parte ***
Capitolo 6: *** Five Tails ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"E' solo attraverso gli occhi altrui che le nostre vite hanno senso."
Haku-




Si sentiva come se la testa fosse stata sul punto di spaccarsi in due. I suoi occhi azzurri si rifiutavano d’aprirsi ed era incapace di muoversi, incapace di pensare, incapace di parlare. Tutto ciò che sentiva ed a cui era in grado di pensare era il dolore, senza via di scampo.

Erano grida quelle che sentiva? Si sforzò di ascoltare, ma anche quello sembrava troppo difficile. Quel tormento lo distraeva e tutto il suo corpo s’irrigidì in segno di protesta. Stringendo i denti tentò di concentrarsi, concentrarsi, concentrarsi.

Era Sakura-chan a gridare? Cercò di immaginarla nella propria mente, ma le linee erano sbiadite ed i colori si mischiavano tra loro come in un dipinto bagnato. Il suo volto finalmente divenne chiaro, ma tremolava come l’immagine di un vecchio film ad ogni nuova ondata di dolore.

Tenne stretta quell’immagine e pensò ai suoi occhi, occhi come smeraldi, occhi come spuma di mare, occhi che non fallivano mai nel catturarlo. Credeva quasi che il dolore stesse scivolando via, ma la sua schiena s’arcuò e lui iniziò a lottare per respirare, e realizzò amaramente che Sakura non lo avrebbe salvato.

Il suo nome scivolò fuori dalle proprie labbra prima che potesse controllarsi. Allungò una mano tremante verso qualcuno che non era nemmeno sicuro ci fosse, prima che un acuto grido di tormento lo bloccasse. Solo poco dopo capì d’averlo lanciato lui stesso.

Una voce roca mormorò nella sua testa, mentre cercava di calmarlo. Naruto, tu puoi controllare questo. Devi ancora diventare Hokage e proteggere Sakura. Concentrati, Naruto. Concentrati

Stava cercando di concentrarsi, ma era così dannatamente difficile. L’immagine di Sakura si ruppe in mille pezzi che tentò invano di rimettere insieme. Mentre li cercava a tentoni, i frammenti sparsi vennero rimpiazzati da una fogna fiocamente illuminata che gli diede un cattivo presentimento. Poteva sentire ringhiare e graffiare qualcosa di metallico, quando frammenti di un foglio di carta si posarono sulla superficie dell’acqua alta fino alle caviglie.

La frustrazione iniziò ad farsi sentire attraverso il dolore. Tentò disperatamente di ritrovare la concentrazione, ma ogni volta che ci riusciva essa gli scivolava dalle mani come acqua, finchè dalla fogna non fu ritrascinato in un mondo che non era più nemmeno sicuro esistesse. Stava diventando così stanco, voleva smettere di combattere, ma doveva continuare...





Disclaimer: io non ho scritto questa fanfic. Il mio unico merito è di averla tradotta, sotto previa autorizzazione dell'autrice Selandora.


T/N: Ebbene sì, mi sono cimentata con una traduzione. u.u Sono alle prime armi e penso che si noti...
So che non avrete capito nulla della vicenda, ma state tranquilli, non sarà solo colpa della mia traduzione. [Spero XD]. In effetti questo prologo è parte di un capitolo più avanti.
Al momento ci sono 8 capitoli della fanfic, e non è finita...credo che, con i miei tempi di traduzione, riuscirete a leggerla con una certa regolarità.^^
Commentate in tanti, e per favore non usate parole troppo difficili...tradurrò i commenti a Selandora! >.<
Kirjava

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Capitolo 2
*** Falling ***


Falling
Capitolo primo










Per primo sentì il ronzio delle macchine accanto al letto e il bip regolare di quella che misurava il battito cardiaco. Battè le palpebre con riluttanza e la sua vista fu annebbiata dalle lacrime appena la luce intensa la colpì. Le dita si contrassero mentre in esse tornava gradualmente sensibilità e una sedia stridette, venendo trascinata sul linoleum graffiato.

“Io…” cercò di dire, ma la sua voce venne meno per il poco uso.

“Naruto,” una voce familiare lo chiamò, in parte sollevata, in parte irritata.

Il corpo gli faceva male e voltò la testa per vedere meglio la persona che aveva parlato. Sorrise, ma i muscoli si tesero nello sforzo e riuscì a fare solo un sorriso piccolo e debole. I suoi pensieri nuotavano come pesci in un laghetto; sfuggivano quando li voleva e rimanevano quando non servivano.

La consapevolezza si fece strada nella sua mente. S’alzò di scatto ed iniziò in fretta, “Sakura-la missione-che è successo-stanno gli altri-“

Iniziò a tossire per lo sforzo a cui aveva sottoposto la voce ed il petto si sollevò dolorosamente. Un paio di piccole e ferme mani lo costrinse a ridistendersi nello sterile letto d’ospedale. L’espressione degli occhi color spuma di mare della medica lo zittirono immediatamente e lui si lasciò ricadere sul materasso; tuttavia si sentiva come se la sua mente fosse stata lanciata in un abisso e stesse ancora cadendo.

“La missione ha avuto successo” riuscì a dire lei in un basso sussurro, ma sul volto di lui comparve un’espressione confusa.

Qualcosa era andato male, di questo era certo. Perché altrimenti sarebbe stato in un letto d’ospedale, in capace di muoversi e con una dottoressa dagli occhi rossi accanto a sé? Quella missione era qualcosa in cui entrambi si erano impegnati per poco meno della metà della loro vita e se era stata un successo, perché dalla sua espressione sembrava che fosse morto qualcuno?

Cercò nuovamente di sedersi, ma la leggera pressione esercitata da Sakura sul suo petto lo fece restare giù. Sembrava prossima alle lacrime e tutto ciò che avrebbe voluto fare era confortarla, in modo che nulla potesse farla piangere. Doveva essere successo qualcosa di terribile, ma non riusciva a capire cosa.

“Sakura-chan…” la sua voce s’affievolì con incertezza. Forse avrebbe fatto troppa pressione se avesse chiesto e forse non voleva davvero sapere cosa fosse successo.

Improvvisamente si ricordò di qualcosa. Chiese, “Quel bastardo di Sasuke, Sakura, dov’è Sasuke?”

Un doloroso silenzio regnò sulla stanza. Naruto cercò d’incontrare gli occhi di giada di Sakura in cerca di risposta, ma lei sfuggiva al suo sguardo. Vide le sue spalle tremare mentre cercava di trattenere le lacrime ed aspettò che rispondesse.

“Sasuke-kun non è tornato, Naruto,” gli disse, il cuore che si spezzava ancora ed ancora ad ogni singola parola.

La fronte di Naruto si corrugò per qualche momento. Poi un sorriso gli comparve sul volto e le diede piano di gomito, “Haha, molto divertente, Sakura-chan. Seriamente, dov’è il teme?”.

“No, Naruto, Sasuke non è tornato,” ripeté, questa volta più fermamente. Era difficile dirlo una seconda volta e nemmeno lei aveva ancora accettato completamente la realtà. Naruto si raddrizzò e questa volta Sakura non lo spinse giù.

Il mondo si fermò.

La voce di Naruto prese un tono supplichevole mentre pregava Sakura, “ Ma tu hai detto che la missione è stata un successo e come avrebbe potuto esserlo se…”

“L’obiettivo della missione non era ritrovare Sasuke, Naruto, ma uccidere Orochimaru,” gli ricordò amaramente e improvvisamente, tutti i pezzi andarono a posto.

“No…” iniziò Naruto, gli occhi che si spalancavano.

Non riusciva a pensare chiaramente, la sua mente era un’infinita serie di dinieghi che rifiutavano di lasciar entrare la verità. Avrebbe potuto giurare di aver visto Sasuke durante la missione ed il suo nome faceva riaffiorare ricordi perduti in un abisso di dubbi.

Sasuke, seduto sul pontile, Sasuke, che faceva un sorrisetto compiaciuto all’Ichiraku, Sasuke, che lo guardava con uno Sharingan rosso sangue, Sasuke, Sasuke, Sasuke-

“Teme,” chiamò il soprannome.

Dov’era la risposta di quel bastardo? Dov’era quell’irritante “dobe” che avrebbe dato il cuore per sentire? Naruto aspettò ed aspettò una risposta, ripetendo ancora ed ancora il suo nome in caso Sasuke non avesse sentito. La risposta che desiderava così disperatamente non arrivò mai.

Sasuke!” gridò finché la voce non si ruppe.

La sua voce fece andare in pezzi la determinazione di Sakura e tremare le finestre. Le sue grida erano forti abbastanza da essere sentite in tutto l’ospedale, ma nessuno arrivò correndo nella sua stanza a controllare cosa fosse successo. Il sogno del gruppo sette era andato perso in un infinito oceano di vendetta ed ambizione, fino a colpirne il fondo ed era stato portato via da onde di rimpianto.

Quando Naruto finalmente accettò le dolorose parole di Sakura, mezz’ora dopo, demoralizzato lasciò cadere la testa bionda tra le mani. La dottoressa dai capelli rosa accanto a lui sentì la sua disperazione grande quasi quanto la propria, il dolore che scorreva nelle vene di entrambi e la spaccatura nel proprio cuore, là dove avrebbe dovuto esserci un’altra persona.

Sakura si sedette sulla sponda del letto d’ospedale ed avvertì le molle tese abbassarsi per il peso aggiunto. Sebbene fosse stato difficile sopportare le grida di Naruto, il suo silenzio gelido era doppiamente peggiore. Le sue spalle iniziarono a tremare molto piano mentre cercava di controllare il respiro. Divenne cosciente della tendina color pastello dei capelli che le copriva e nascondeva la faccia e Naruto non vide le piccole perle che le scivolavano lungo il volto come rivoletti di sangue.

“M-mi dispiace tanto, Naruto,” disse in un debole sussurro. Non osava parlare più forte perché sapeva che se lo avesse fatto lui avrebbe avvertito le sue lacrime.

“Non è stata colpa tua,” disse lui con voce vuota.

“No, mi dispiace di non essere stata con te… durante la missione,” trovava sempre più difficile continuare a parlare. Naruto alzò la testa dalle mani callose ed i suoi occhi azzurri scrutarono oltre i suoi capelli rosa per incontrare lo sguardo sfuggente della ragazza.

“Se fossi venuta avrei potuto aiutare-“ la voce si spezzò alla fine della frase e lei respirò affannosamente nel silenzio soffocante ed accusatorio.

Una grande mano toccò esitante la sua spalla e Sakura incontrò un paio di occhi cerulei ed umidi.

Appena si lanciò nell’abbraccio di Naruto, fu riempita da un enorme tormento. Sasuke se n’era andato, andato, ed allora loro erano tutto ciò che restava dell’originario gruppo 7. Con le dita strinse il vestito d’ospedale di Naruto finché le nocche non divennero bianche, e le braccia di Naruto la stringevano contro il suo corpo, ed entrambi si tenevano come se stessero affogando e fossero stati l’unica speranza di sopravvivenza l’uno per l’altra.

E tutti gli eroi caddero.

A volte cadevano dopo una lunga ricerca di gloria, alcune volte come tessere del domino, ma altre volte ancora scivolavano semplicemente nelle crepe finché non era troppo tardi per riportarli indietro.

***

“Non dovresti essere al cimitero piuttosto che alla lapide degli eroi?” chiese una voce stranamente calma alla figura dai capelli argentati.

I suoi occhi male assortiti non lasciarono la superficie color giaietto della lapide. Anche nella pioggia pomeridiana, la lapide dei caduti in missione era brillante e nera – nera come i suoi occhi – e lui continuò a guardarla fissa alla ricerca di un nome che avrebbe dovuto essere lì inciso. Anche se aveva i capelli argentati appiccicati alla faccia pallida e sentiva il freddo penetrargli nelle ossa, non riusciva a costringersi ad andarsene.

“No,” la voce di Kakashi suonò cupa alle sue stesse orecchie, ma non gliene fregava più.

Delle scarpe furono trascinate nelle pozzanghere mentre procedevano lentamente e dolorosamente verso il copia-ninja. Sai si fermò accanto a lui ed iniziò anch’egli a fissare ciò che restava degli eroi. Kakashi aveva la mezza idea di dirgli d’andarsene, ma era solo mezza e lasciò perdere.

“Però il nome di Sasuke-san non è qui. Non dovresti essere a piangerlo sulla sua tomba? E’ questo che le persone fanno quando muore un loro amico, no?” chiese Sai con curiosità.

Kakashi si strinse nelle spalle. Le sue mani logorate dal lavoro erano infilate in profondità nelle tasche dei pantaloni grigio fumo, che erano stati macchiati di nero dalla pioggia del pomeriggio – nero come i suoi capelli – e lasciò che le gocce di pioggia gli riempissero le orecchie con il suono di un’innocenza passeggera.

Innocenza passeggera, rifletté. L’innocenza poteva purificare un cuore contaminato prima che la corruzione infine la spuntasse e lo macchiasse di nero disonore? O l’innocenza era davvero solo transitoria e fugace come una breve visione di speranza o disperazione?

“Non c’è bisogno di andare alla sua tomba,” rispose Kakashi con la fatica di un uomo logorato dal mondo.

“Però il suo corpo non è qui, e nemmeno il suo nome,” il pittore interruppe i suoi pensieri, la confusione nei toni armoniosi della sua bella voce.

La testa dai capelli argentati s’abbassò leggermente mentre si formava un sorriso senza divertimento e la maschera blu scuro – vestiti scuri, scuri come una maglia adornata da un simbolo una volta d’orgoglio – si tendeva. Gli occhi di Sai guizzarono al movimento lieve sotto la maschera, dentro l’uomo.

“Sai, credi veramente che queste cose importino davvero?” le sue parole indugiarono nell’aria screziata d’argento, ma i suoi occhi non si mossero mai.

Le sopracciglia scure di Sai si congiunsero in un’unica linea e gli occhi castani e perplessi cercavano di capire il senso. Confessò incerto, “Non capisco”.

“Non capisco,” confessa un ragazzo che rimarrà per sempre solo un ragazzo, le sopracciglia che in confusione si aggrottano sopra gli occhi dotati di Sharingan

“Un nome o un corpo non fanno una persona. Sono l’impressione che hanno lasciato sul resto del mondo e come vengono ricordati che fanno,” spiegò lo stanco jonin col fare di un saggio.

Qualcosa nella voce del copia-ninja avvertì Sai che non aveva intenzione di continuare quella discussione. Comunque Sai era contento di stare in silenzio accanto al suo capogruppo e Kakashi gli permise di restare, perché quella volta non voleva soffrire da solo.

***

“Naruto ricorda qualcosa?” una domanda eruppe dalle pallide labbra screpolate di Jiraiya.

Sembrava che non avesse dormito più della donna bionda seduta di fronte a lui. Le ombre scure sotto i suoi solenni occhi castani raccontavano di una notte insonne passata accanto al letto del suo –quasi- nipote.

“Jiraiya, non si è svegliato per giorni e non gli avrei chiesto nulla nemmeno se così non fosse stato. Ci sono altre cose a cui deve pensare al momento,” gli disse con voce piena di comprensione ed irritazione.

“Lo so, ma se Naruto ricordasse qualcosa ne sarebbe ucciso. Sasuke significava molto per lui e specialmente dopo quel combattimento con-“ protestò in fretta Jiraiya, ma l’intenso sguardo color ambra di Tsunade lo zittì immediatamente.

Iniziò con calma, “Non puoi proteggere Naruto ogni momento, Jiraiya. Non puoi prendere il posto di Minato insistendo nel tenere per mano Naruto ogni secondo. Naruto non è Minato e tu devi capire-“

“So che sono due persone diverse, dannazione,” scattò Jiraiya, il suo autocontrollo già malfermo che andava in pezzi con la verità delle sue parole.

Tsunade ribattè accalorata, “Non penso, Jiraiya. Tu hai rimpiazzato Minato con Naruto e lui merita molto più di questo-“

“Io non ho rimpiazzato nessuno, Tsunade! Perché credi di sapere sempre tutto quando non è così?” disse lui e gli occhi di Tsunade lampeggiarono.

La sua voce iniziò ad aumentare di volume, “Perché ignori sempre tutti? Se qualcuno ti dice qualcosa tu non vuoi ascoltarlo nemmeno se ha ragione, lo zittisci e, quando le cose si fanno troppo difficili da gestirsi, scappi.”

Lui la schernì e disse sarcasticamente, “Questo viene dalla donna che è scappata da Konoha perché non è stata capace di salvare il suo fidanzato.”

“Dan non ha nulla a che fare con questo,” gli sibilò; la sedia stridette quando Tsunade si alzò bruscamente.

“Nemmeno Minato,” replicò, gli occhi castani lampeggianti di rabbia.

Lei gli rispose bruscamente, “Minato c’entra assolutamente con questo, Jiraiya. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro, dopo il combattimento tra Orochimaru e Naruto. Naruto non è così stupido da non riuscire a capire cosa davvero sia successo; e se in ogni modo ricordasse qualcosa? Dovrà saperlo prima o poi”.

Qualcosa negli occhi di Jiraiya cambiò. “Non voglio che Naruto sappia di Minato perché-“

“Perché cosa? Perché hai paura che capisca di avere avuto una famiglia, una volta? Perché non è abbastanza grande? Be’, svegliati, tu non sei il padre di Naruto e lui è grande abbastanza da guardare in faccia la realtà!” gridò Tsunade.

Non voglio che lo sappia perché ho paura che segua le orme di Minato!” rispose Jiraiya, anch’egli urlando.

Silenzio.

Riempì la stanza con segreti non detti e paure affioranti. Fece collassate Jiraiya su una sedia, con la testa dai capelli bianchi tra le mani ruvide, e gli occhi nocciola di Tsunade si spalancarono con la consapevolezza di averlo spinto troppo in là.

Allora realizzò che Jiraiya aveva ragione. Non sapeva tutto.

***

Quando i suoi occhi azzurri si riaprirono, l’ambiente attorno a lui era mutato completamente. Il suono di acqua che gocciolava dolorosamente lenta raggiunse le sue orecchie sensibili, echeggiando tra le umide pareti circolari e facendo allargare increspature sull’acqua torbida e verde. Non c’erano fonti di luce, eppure c’era una luce fioca.

Plic… Plic… Plic…

Era già stato lì, comprese. Quello era l’interno del sigillo danneggiato, in cui al momento Kyuubi dimorava contro la sua stessa volontà. Qualcosa di piccolo e bianco fluttuò accanto a lui nel canale della fognatura ed i suoi occhi dalla vista acuta subito gli lanciarono un’occhiata. Era un sigillo cartaceo. Un brivido gli percorse tutto il corpo.

Plic… Plic… Plic…

I suoi piedi iniziarono a muoversi inconsciamente nella direzione da cui era arrivato il sigillo spezzato. Lo stretto sentiero era più nero della notte, ma appena vi mise piede una debole luce gli illuminò il cammino. Si chiese se la luce venisse da lui, ma immediatamente soppresse quel pensiero ridicolo.

Plic… Plic…

Era sbattere di metallo quello che sentiva? L’aria umida era densa di fumo e di allettante potere, ed i suoi piedi accelerarono il passo, colpendo la superficie bagnata del pavimento. Cominciò un suono simile a quello di qualcuno che stesse sbattendo le unghie contro le sbarre della cella di una prigione, e diventava sempre più agitato ad ogni pausa e ripetizione.

Non aveva notato che il gocciolìo da far fremere la spina dorsale si era fermato; le sue scarpe erano a quel punto la cosa più rumorosa dell’intera fogna. Il fievole suono metallico continuava e lui si avvicinò come in trance. Un rombo risuonò attraverso le gallerie e rimbalzò ed echeggiò sui muri, avanti e indietro, finchè non ne rimase altro che un sussurro trasportato da un vento inesistente.

…Konoha…” gorgogliò una voce bassa e profonda. Dopo aver sentito il nome del suo villaggio, Naruto si fermò ed ascoltò attentamente.

Non udiva più nulla e riprese a correre verso il rumore; c’era qualcosa di male. Sapeva che lì c’era Kyuubi e, dopo avere visto il sigillo spezzato, gelido terrore gli era penetrato a fondo nel cuore. Quando l’acqua lambì i lati dei suoi sandali scuri ed gli inzuppò i piedi, seppe di essere più vicino. I continui colpi di una coda gigantesca facevano tremare il pavimento ed increspare l’acqua.

Distruggerò Konoha!” un ringhio devastante viaggiò attraverso la fognatura, rimbalzando e risuonando. Sembrava diventare più potente ad ogni ripetizione, finchè Naruto non sentì che la testa stava per spaccarsi in due.

Si fermò. Il suo sguardo azzurro lentamente percorse in tutta la loro lunghezza le spesse sbarre, coperte da una moltitudine di complessi sigilli. I suoi occhi incontrarono quelli rosso sanguigno di Kyuubi e quasi contemporaneamente fu lanciato sei metri più in là. Ondate di chakra rosso e malvagio lo avevano respinto e stava lottando per riprendere fiato.

Minato, ti ucciderò! Tu ed il tuo stupido villaggio!” le grida angosciose di Kyuubi continuarono, le zanne eburnee che azzannavano la porta che l’ingabbiava.

Artigli lunghi tre metri venivano spinti negli spazi tra le sbarre arrugginite. Arrivarono quasi a colpire Naruto, ma lui riuscì a rotolare via appena in tempo. Kyuubi emise un ruggito di frustrazione e si slanciò contro la sua prigione con una frenesia assurda.

“Io non sono Minato!” Naruto gridò alla Kyuubi nel tentativo di farle capire che non aveva intenzione di attaccarla.

Le bugie sono la sola cosa che esce dalla tua bocca?” domandò Kyuubi, i diabolici occhi che guardavano Naruto accusatori.

“Sono Naruto! Uzumaki Naruto!” cercò di far comprendere a Kyuubi, ma essa emise un altro ruggito tonante e tentò di trafiggere Naruto con uno dei suoi artigli affilati come rasoi.

Sta’ zitto! Ti ucciderò!” urlò, scagliandosi ripetutamente contro le sbarre.

Il metallo tremò e Naruto stette a guardare con orrore come il sigillo si danneggiava sempre più. Sentiva la prigione sforzarsi di trattenere il chakra corrotto ed avvertì la paura che gli annebbiava il cervello e riempiva il corpo.

Vide gli artigli avvicinarglisi, ma era incapace di muoversi. La sua mente gli gridava di spostarsi, ma l’intero corpo si rifiutava di obbedire e chiuse gli occhi, aspettando la morte incombente.

Un paio di braccia forti lo trascinarono via dalla traiettoria. Improvvisamente fu tirato in piedi e sentì come se il suo polso fosse stato in procinto di uscire dall’articolazione. Seguì incespicando il suo salvatore, che vedeva confusamente, e se possibile le grida della Kyuubi aumentarono in altezza e volume finchè non sentì le orecchie dolergli.

Non ho molto tempo, quindi ascoltami attentamente. Tra poco ti risveglierai in ospedale con Sakura” gli disse una voce calda ed ammaliante e Naruto annuì in silenzio, anche se la persona non lo stava guardando.

Quando girarono l’angolo i vestiti dell’uomo sventolarono per la velocità. Continuò con urgenza, “Il tuo sigillo si sta spezzando. Se si spezza, tu morirai e la Nove Code distruggerà Konoha e tutti coloro che ci abitano.

Come per sottolineare le sue parole la Kyuubi emise un altro ruggito di frustrazione. I muri tremarono e l’acqua s’increspò quando il potente demone si lanciò nuovamente contro le sbarre.

Devi trattenere la Nove Code ad ogni costo. Ci vorrà molta forza di volontà, ma so che puoi farcela. Io ci sarò sempre per aiutarti,” concluse.

Accecante luce bianca prese il sopravvento nell’intera galleria e prima che gli oscurasse completamente la vista, Naruto intravide dei denti bianchi ed un sorriso straziante.









Bene bene... sono contenta che il prologo vi sia piaciuto!^^
So di averci messo tanto ad inserire questo primo capitolo, peò tradurre è lungo, e non so nemmeno se l'abbia fatto bene -.- Ditemi un po' come vi è sembrato...
So che per ora non avrete capito molto, ma state tranquilli, con i prossimi capitoli tutto si farà più chiaro... e soprattutto tra un po' comincerà l'azione ^.-


Prossimo capitolo: Silk

"Mi... Mi sento come se stessi bruciando."

"Io devo tornare da Naruto."
"No. Non puoi fare nulla per lui nelle tue condizioni. Farai solo del male a te stessa ed a lui se ci provi."

"Io non sono Minato!"
"Non lo sei. Dovrei saperlo."


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Capitolo 3
*** Silk ***


Silk
Capitolo secondo




We both could share our endless dreams
If you were here

- 24 Hours, Cueshe







La svegliarono le molle cigolanti del letto di Naruto, insieme con il suono agitato di tessuto frusciante. I suoi occhi verde giada s’aprirono di scatto e vide la figura del jinchuuriki che si contorceva dal dolore. Immediatamente il cuore le balzò in gola e posò una mano sul suo braccio scoperto, nel tentativo di calmarlo.

“Naruto, cos’hai?” gli chiese.

Naruto respirava affannosamente e riuscì a dire tremando, “Mi… Mi sento come se stesso bruciando.”

Sakura appoggiò una piccola mano contro la sua fronte sudata e quando fece per toglierla le sue dita callose la trattennero. I suoi occhi blu erano annebbiati, allo stesso tempo erano come la luce solare in un chiaro giorno estivo mentre erano fissi in quelli di Sakura.

“No, l-lascia la tua mano lì… E’ fredda,” spiegò.

Disse qualcosa nel tentativo di confortarlo, ma non ricordava nemmeno più cosa. Sapeva che nella sua voce c’era stato un lieve tremito di preoccupazione e che il suo sorriso era esitante, ma nessuno dei due diede a intendere di averlo notato. Riluttante lasciò andare la sua mano; lei si sedette sulla sponda del letto e premette le dita sulla sua tempia bruciante. I suoi occhi si chiusero. Sakura iniziò a immettere chakra freddo e benefico nel suo corpo, sforzandosi di regolarizzare la temperatura corporea.

Naruto boccheggiò e allungò una mano alla cieca, cercando qualcosa, qualsiasi cosa, che spegnesse il fuoco che gli bruciava dentro. La mano di Sakura sembrò muoversi di propria iniziativa per stringere quella più grande di Naruto e se la premette contro la guancia fredda. Trovò che la propria vista fosse confusa e sentì una paura irrazionale e cieca pervaderla.

E se fosse morto? Non poteva morire, aveva appena perso Sasuke e non avrebbe sopportato la perdita di un altro compagno di squadra; specialmente lui. Non poteva, non doveva morire, ma la stava spaventando così tanto, e cosa sarebbe successo se lei non fosse stata in grado di aiutarlo?

I suoi movimenti irregolari rallentarono, ma il suo respiro era ancora affannoso. Non era sicura che stesse meglio, ma aveva quasi il terrore di chiederglielo. I suoi istinti di medico erano finiti fuori dalla finestra nella sua lotta per salvarlo.

“Seta,” la sua voce bassa la fece trasalire.

“Cosa?” chiese incredula. Forse la febbre lo faceva delirare.

“Il tuo chakra… Sembra seta,” spiegò lui.

I suoi occhi blu oceano si aprirono con tutta la sconfinatezza di un crepaccio sottomarino. Sakura lasciò scivolare la propria mano alla sua tempia ed iniziò a immettere sempre più chakra nel suo corpo. Naruto passò leggermente la mano sul suo collo lungo e aggraziato e la guardò con i suoi ammalianti occhi blu.

I secondi passarono lentamente mentre era seduta sul bordo del letto, ma a lei sembrarono ore. Il suo chakra era stato prosciugato da una lunga giornata di lavoro, ma gli occhi di Naruto rimasero aperti, fissi nei suoi con la fiducia incrollabile di un bambino o di un compagno d’armi. Sakura tirò fuori da qualche recesso del camice un termometro e iniziò a controllargli la temperatura. Esso dopo un po’ emise debole bip e lei lo riprese, i suoi occhi che si spalancavano dallo shock.

Il termometro segnava cinquanta gradi. Sarebbe dovuto essere morto.

Schiacciò la mano contro il pulsante d’assistenza lì accanto, maledicendosi nel frattempo per la sua stupidità. Parlò urgentemente nell’interfono, “Fate venire Tsunade-sama nella stanza 412 ad assistere Uzumaki Naruto. Immediatamente.”

Cinque lunghi, difficili minuti più tardi, il suono di alti tacchi ticchettanti sul linoleum scricchiolante raggiunse le sue orecchie. Tsunade irruppe nella stanza, spostò Sakura e si mise nella stessa posizione in cui fino a poco prima era stata la ninja-medica dai capelli rosa. Mentre cercava di abbassare la febbre alta di Naruto le domandò un’analisi dettagliata delle sue condizione.

“E’ stato così per dieci minuti. Ho cercato di regolare la temperatura corporea, che al momento è di cinquanta gradi,” informò la sua shishou e gli occhi nocciola di Tsunade incontrarono quelli di Sakura per una frazione di secondo.

“Cinquanta gradi?” ripetè Tsunade, aspettando una conferma da Sakura. Sakura annuì, senza parole, e la donna bionda serrò le mascelle.

Tsunade iniziò, “Sakura, voglio che tu vada a cercare Jiraiya e Yamato.”

Sakura aprì la bocca per protestare, ma la Godaime la interruppe prima che potesse dire qualcosa, “Non chiedermi perché, fallo e basta.”


***




Hatake Kakashi era appoggiato scompostamente contro il muro nerastro di un vicolo. Una sigaretta fumante era tenuta tranquillamente tra due dita e la sua maschera scura era abbassata sul suo collo pallido come una sciarpa.
Fili di fumo salivano verso il cielo come dita disperate, quando il suono ticchettante di tacchi raggiunse le sue orecchie e i suoi occhi guizzarono verso l’entrata del vicolo.

La scarpa di una donna dai capelli rosa cedette improvvisamente ed il tacco si ruppe con un sonoro schiocco. C’erano solo due donne con i capelli rosa a Konoha e solo una di esse era una ninja che portava guanti neri, quindi arrivò alla conclusione che quella doveva essere Sakura. Riportò la maschera sulla faccia, la sensazione di soffocamento che riprendeva il sopravvento, prima di dirigersi verso di lei e la luce.

“Che succede, Sakura-chan?” le chiese Kakashi, gli angoli della bocca che si curvavano verso l’alto contro la stoffa e gli occhi che si piegavano all’insù per la forza dell’abitudine.

Lei alzò lo sguardo su Kakashi prima di imprecare coloritamente contro il tacco rotto. Le sue mani lottavano per toglierlo e lei ignorò la sua precedente domanda e gli chiese, “Kakashi-senpai, sai dove sono Jiraiya-san e Yamato-senpai?”

“Sono passati per il vicolo un paio di volte,” disse lui senza essere d’aiuto.

Sakura di rialzò con le scarpe in mano e i suoi occhi verde giada diedero un’occhiata alla sigaretta tra le sue dita. Per il momento lasciò perdere e rimandò a dopo le domande.

La sua voce prese un tono supplichevole, “Kakashi-senpai, per favore, li vuole Tsunade-hime. E’ per Naruto.”

Improvvisamente Kakashi strinse gli occhi. Schiacciò la cicca piuttosto consumata contro il muro, segnandolo di nero, e la lasciò cadere a terra. Morse il polpastrello calloso fino a farlo sanguinare e lo piazzò sul terreno; mormorò “Kuchiyose no Jutsu”. Pakkun apparve con un altro cane e si grattò pigramente l’orecchio prima di voltarsi verso Kakashi con occhi assonnati.

“Ci hai chiamati?” chiese con un sorriso intontito.

Kakashi ordinò loro, “Ho bisogno che voi due troviate Jiraiya e Yamato e li portiate il più velocemente possibile dalla Godaime.”

Quelli scomparvero senza una risposta e Sakura rimase accanto a lui nervosamente. Un silenzio spiacevole era calato tra loro [beh, Sakura pensava che fosse spiacevole] e lo sguardo della ragazza cadde sul polpastrello che Kakashi aveva tra le labbra. Lei gli fece segno di porgerle la mano e lui prima si pulì sui pantaloni. Il chakra di Sakura scorse debolmente nel dito di Kakashi e lo fece cicatrizzare.

Improvvisamente le gambe le cedettero. Gli allenati riflessi di Kakashi furono l’unica cosa a permetterle di non cadere a terra. La trattenne con le mani e lei notò distrattamente che aveva odore di fumo e deodorante, odore non del tutto sgradevole. Una sua mano fredda e coperta le sollevò il mento per farle incontrare il suo sguardo intenso.

Per un momento rimase in perfetto silenzio. Poi le chiese con voce bassa e roca, “I tuoi occhi non mettono a fuoco come si deve. Quanto chakra hai ancora?”

“Pe-penso di non averne più,” sussurrò debolmente.

“Puoi camminare?” le domandò e Sakura si raddrizzò, mettendo alla prova le proprie gambe.

All’inizio sembrò andare, ma le ginocchia non ressero al quarto passo. Kakashi le afferrò saldamente le braccia e le disse, “Ti accompagnerò a casa. Dove abiti?”

“Devo tornare da Naruto,” protestò e Kakashi la costrinse a guardarlo nuovamente.

“No. Non puoi fare nulla per lui nelle tue condizioni. Farai del male a te stessa e a Naruto se ci provi,” le disse severamente.

Abbassò i suoi occhi di giada al terreno rabbiosamente e serrò le mascelle, perché sapeva che aveva ragione. Non sapeva cosa stava succedendo a Naruto ed era nervosa e disperata perché voleva tornare da lui. Ma se fosse stata in grado di fargli solamente del male…

Discusse debolmente, “Non cercherò di aiutare, voglio solo stare con lui. Non voglio…”

L’imbarazzante silenzio che seguì finì la frase al posto suo. Non voglio perdere un altro compagno di squadra.

“Naruto non morirà, se è questo che stai pensando. Tu, invece, potresti, se andassi. Se non mi indicherai casa tua, allora ti trascinerò alla mia,” le disse seriamente.

“Ma Naruto-“ riprovò, ma Kakashi l’aveva già tirata su.

Nella sua mente disperava dal desiderio di tornare da Naruto, ma il suo corpo era troppo stanco per risponderle. Kakashi l’aveva portata vicina al proprio petto e la teneva strettamente per evitare che sgusciasse via. Sebbene si dibattesse, Sakura era fiacca e alla fine cedette. Chiuse gli occhi e iniziò ad abbassare gradualmente la testa sul petto di Kakashi. I battiti ritmici e regolari del suo cuore la calmarono.

“Naruto starà bene. E’ più forte di quanto pensi,” il suo torace vibrava mentre parlava.

Lei disse quietamente, “Sì… Grazie alla Kyuubi.”

“Non solo per quello. E’ il tipo di persona che non riusciresti a buttare giù nemmeno con una mazza chiodata,” le parole di Kakashi fecero sorridere appena Sakura.

“Pensi… pensi davvero che starà bene?” non potè fare a meno di chiedere.

Kakashi strinse lievemente le labbra sotto la maschera scura. Rispose, “ Quel ragazzo ha con sé Tsunade-hime, Yamatp-san e Jiraiya-san. E’ difficile che muoia con quei tre attorno.”


***




Naruto andava e veniva dalla realtà come una lampadina che stava bruciandosi. Un momento stava guardando il viso sudato di Tsunade, il successivo era intrappolato in una complessa rete di gallerie che s’intrecciavano tra loro.

Allora cominciarono le grida e improvvisamente sussultò come se fosse stato colpito. Cadde in ginocchio e l’acqua schizzò tutt’intorno - era caduto? Pensava di essere sdraiato - e il rivolo di chakra gelido sembrò acqua ghiacciata che scivolava lungo la sua schiena. C’era qualcuno che cercava di aiutarlo a rimettersi in piedi, una figura vestita interamente di bianco - non c’era Tsunade, proprio lì? - che fu rimpiazzata ancora una volta da una donna bionda.

Nella sua mente si fece strada la fognatura e il mondo reale scomparve. Si coprì le orecchie per soffocare le urla dolorose, le urla di chi viene tradito, e sentì una mano dalle dita sottili sulla propria spalla.

“Naruto,” interruppe una dura voce di donna.

Naruto,” mormorò una voce sommessa.

“Naruto,” soffiò un uomo dai capelli bianchi, avvicinandosi velocemente al suo letto.

Minato!” le grida risuonarono nelle stanze della sua mente - mente? Sigillo - e rimbombarono sui muri come palline da ping pong.

Non sono Minato!” urlò Naruto. Le parole inaspettate fecero irrigidire Jiraiya e Tsunade dallo shock.

Non lo sei,” gli disse la voce calma di prima in un tono che suonava così familiare. Si inginocchiò di fronte a lui.

Era troppo scuro per distinguere i suoi lineamenti, ma i suoi occhi brillavano come due stelle. I suoi capelli arruffati gettavano un’ombra bizzarra sul pavimento, e Naruto finalmente potè discernere le fattezze del suo viso.

L’uomo allungò una mano con due dita strette insieme come per colpirlo sulla fronte. Naruto chiuse gli occhi, in attesa dell’impatto, ma li riaprì di scatto, con sorpresa, quando contrariamente alle sue aspettative la mano dell’uomo gli scompigliò affettuosamente i capelli. Scorse un piccolo sorriso che iniziava a delinearsi sulla sua faccia immersa nell’oscurità.

Dovrei saperlo.”

Improvvisamente da quel mondo di cunicoli fu scagliato nuovamente in uno di sterili letti d’ospedale e muri biancheggianti. Si sentì come se avesse perso una parte di sé, completamente perso e debole. Detestava quella sensazione, ma quando il suo sguardo cadde su Yamato e sulle statue di legno capì. Si passò una mano stanca sugli smorti occhi blu.

“Naruto, come ti senti?” la voce di Tsunade era innaturalmente calma. Jiraiya era bianco come un cencio ed evitava il suo sguardo, mentre gocce di sudore scivolavano lungo il volto accaldato di Yamato.

Le statue di legno rumoreggiarono in protesta prima di sprofondare nel pavimento e scomparire dalla vista. Il chakra trattenuto tornò da Naruto in un debole flusso e Yamato subito lasciò la stanza, dopo avere ricevuto un’occhiata autoritaria dal sannin dai capelli bianchi.

“Io…” disse con voce asciutta, che si affievoliva, e la testa che gli girava appena. Un ricordo sfuggente passò in un lampo nella sua testa per il più breve dei momenti.

Capelli biondi arruffati, occhi blu calmi che sembravano così morti e la pioggia cadeva in strie argentate come in una -

“Naruto?” insistette Tsunade.

- in una scena di un vecchio film e poteva giurare di avere già visto quella scena svolgersi. Un sorriso, un sorriso che aveva visto solo sui volti di genitori mentre guardavano i loro bambini, un sorriso che lui aveva così ardentemente e disperatamente desiderato era -

“Sto bene ora,” rispose Naruto. La sua voce era stata più dura e tagliente di quanto non avesse voluto, ma pensò che tanto non c’era nulla che si potesse fare a proposito di ciò che era stato detto.

Se Naruto pensava che la sua voce fosse stata tagliente, quella di Jiraiya avrebbe potuto tagliare il marmo senza incontrare alcuna resistenza.

“Dove hai sentito quel nome, Naruto?”

Confuso, aggrottò le sopracciglia dorate e chiese, “Quale nome?”

“Minato. Namikaze Minato,” gli ricordò Tsunade e gli occhi scuri di Jiraiya lampeggiarono in avvertimento. L’Hokage bionda lo ignorò.

“Minato…?” il nome scivolò sulla lingua di Naruto come se lo pronunciasse per la prima volta.

- era fisso sul volto forte e gentile e lo fece sentire strano, come davvero amato -

“Lo stavi gridando fino a un momento fa,” lo informò Jiraiya in tono sommesso e contemplativo.

La fognatura tornò di colpo in mente a Naruto e le grida tormentate della Kyuubi gli riecheggiarono nelle orecchie. Naruto deglutì dolorosamente e mentì, “Non ricordo dove l’ho sentito…”

Nelle profondità degli occhi di Jiraiya vi fu un luccichio di disappunto e Naruto allora s’azzardò a chiedere, “ Chi è Minato?”

Tsunade iniziò, “Minato è tuo-“

- una mano s’allungò per toccarlo e la pioggia cadeva in strie argentate diffondendo un tremolio sulla tragica scena -

“Il quarto Hokage. E’ colui che ha sigillato dentro di te la Kyuubi,” la interruppe Jiraiya prima che potesse giungere alla fine della frase.

Fu il turno di Tsunade di esprimere disappunto e fissò sull’impassibile sannin dai capelli bianchi uno sguardo che avrebbe messo in ginocchio il più forte degli uomini. Lui però evitò i suoi occhi col fare di chi ha qualcosa da nascondere. Un silenzio teso cadde sulla stanza e Naruto trovò che le parole che minacciavano di uscire dalla sua bocca se n’erano andate alla risposta inaspettata.


***




I suoi occhi di giada ribollivano di lacrime non versate, ma continuo a fissare il soffitto opaco, con lo scomodo divano premuto contro la schiena. Le sue gambe scoperte erano appoggiate sulle ginocchia di un certo copia-ninja, i cui occhi neri scrutavano le pagine di un familiare libro arancione.

“Non sapevo che fumassi,” commentò calma Sakura.

Un sorriso ironico s’allargò sul volto di Kakashi, sotto la maschera. Le rispose tetramente, “Be', ora lo sai.”

“Quando hai iniziato?” chiese, domandandosi se avrebbe mai ricevuto una risposta dall’asociale copia-ninja. Aveva la tendenza a non parlare del suo tragico passato e quel poco che Sakura sapeva dell’evasivo maestro l’aveva appreso da altre persone.

“Ho iniziato con Asuma vent’anni fa,” replicò lui con nonchalance. Il nome riempì l’aria d’imbarazzo e Sakura si rammentò di un ragazzo che sarebbe potuto morire da un momento all’altro, in ospedale.

Lasciò che i suoi occhi si chiudessero. Il silenzio era contemplativo e il suono di una pagina girata era l’unica cosa che lo spezzasse.

“Dev’essere stato dopo che Yondaime è morto. La madre di Asuma morì nella confusione. E’ stato solo dopo che la Kyuubi se n’è andata che abbiamo avuto modo di piangere,” riflettè a voce alta, voltando un’altra pagina con un dito guantato.

La sorprendeva che quell giorno Kakashi s’aprisse così, ma inconsciamente sapeva che in quel momento Kakashi avrebbe dato a lei, Naruto e Sai qualunque cosa avessero voluto in un batter d’occhio. La morte di Sasuke lo aveva scosso più di quanto avrebbe dovuto e stava diventando sempre più ossessionato dall’idea che i suoi allievi gli potessero venire strappati via, uno per uno.

“Sembra che Yondaime fosse una persona fantastica. Dev’essere stato terribile quando ha dovuto sacrificarsi per il villaggio,” osservò quietamente.

Kakashi chiuse il libro. Lo infilò in una delle tante tasche del suo giubbotto da jonin e lasciò vagare lo sguardo sul muro spoglio della sua casa. Annuì con un sorriso che sapeva assolutamente di falsità e vuoto, “Lo era. Non avrei potuto desiderare un maestro migliore.”

“Era il tuo maestro?” esclamò Sakura sorpresa e Kakashi annuì freddamente.

Il silenzio teso che seguì contrastava violentemente con quello leggero di poco prima. La ninja medico sentì di aver fatto riaffiorare qualcosa di doloroso e si schiarì la gola, impacciata.

“Però non hai mai fumato mentre eri con noi,” commentò, e negli occhi scuri di Kakashi passò un lampo di umorismo nero.

Spiegò, “Yondaime-sama probabilmente mi avrebbe fatto fuori se avesse scoperto che fumavo, lasciato solo a fumare davanti a dei bambini.”

“I tuoi polmoni diventeranno neri,” gli fece notare con disapprovazione e Kakashi si strinse nelle spalle.

“Probabilmente lo sono già,” riflettè.

Il suo appartamento era sorprendentemente pulito per uno con la reputazione di essere una persona eccezionalmente pigra. In particolare Sakura notò uno scaffale di legno di palissandro, infilato in un angolo e pieno di libri variamente colorati corredati di grandi segni rossi di divieto. Sapeva di fumo [odore che aveva iniziato ad associare a Kakashi] e di sudore, ma non le dispiaceva davvero.

“Tu e Naruto state bene?” chiese Kakashi in un poco caratteristico momento di preoccupazione.

Sakura si coprì gli occhi di giada con un braccio flessuoso e si spostò appena sul divano frusto. Fece spallucce impercettibilmente prima di rispondere, “Non lo so. Naruto non ricorda nulla del combattimento e ha continuato a chiedermi di Sasuke, così ho dovuto dirglielo… Non l’ha presa bene. Pensavo di avere superato la morte di Sasuke, ma vedere Naruto abbattersi così mi ha fatto capire quanto in realtà mi sbagliassi.”

Il silenzio di Kakashi era comprensivo e lui tolse il malconcio coprifronte e con calma lo posò sul pavimento accanto al divano. Il suo rimorso ormai era spinto al limite.

Sakura si schiarì la gola e disse con un sorriso amaro, “Sai, ho pensato che, dopo esserci impegnati tanto, infine lo avessimo raggiunto. Forse le cose sarebbero state diverse se io fossi andata in quella missione e non avessi ascoltato Naruto…”

“Sasuke era già posseduto al punto da non avere quasi più controllo sul suo stesso corpo. Ho dovuto ucciderlo,” Spiegò Kakashi sottovoce, malinconicamente.

Le lacrime che Sakura pensava di avere cacciato indietro le risalirono agli occhi alla nuova informazione. Disse in un sussurro, “L’ho sentito dire, ma… Non sapevo con certezza che fossi stato tu. In un certo senso mi ero sempre aspettata che lo facesse Naruto.”

“Naruto non sarebbe mai stato capace di uccidere Sasuke,” mormorò Kakashi.

Rafforzò la stretta sul libro fino a far diventare le mani bianche e lasciò dei segni sulla copertina con le unghie. A lei non sfuggì e fissò la sua sofferenza con stupore e comprensione. Kakashi improvvisamente s’accorse di ciò che stava facendo e rilassò le mani, distogliendo gli occhi male assortiti con l’aria colpevole. Sentiva la gola chiusa e pesante e non riusciva a obbligarsi a dire qualcosa, così s’accontentò di rimanere in uno stoico e gelido silenzio.

“Ha sofferto?” lei chiese calma, ma con gli occhi che bruciavano.

Kakashi le rispose privo di emozioni, “ No. E’ stato veloce.”

E a quel punto Sakura non seppe più cosa dire. Sarebbe dovuta essere contenta che lui era morto in modo indolore? S’accontentò di un quieto, “Ah” che non intendeva veramente dire e Kakashi chiuse gli occhi.

Era solo questione di tempo prima che crollasse. Stava facendo il conto alla rovescia mentalmente e fu appena contento di non averle detto tutto. Passò un minuto e si stava congratulando in silenzio con lei per aver tenuto duro così tanto. A un minuto e venti secondi aveva iniziato a tremare.

Pensò che avrebbe dovuto confortarla, ma per qualche motivo non riusciva a farlo. Forse stava diventando egoista, a voler vedere gli altri soffrire come soffriva lui. I suoi occhi divennero vitrei quando fu preso dai ricordi.

”Kakashi-sensei, non posso trattenerlo ancora per molto,” l’Uchiha dai capelli corvini riuscì a dire dolorosamente, con gli occhi che si dibattevano in un disgustoso contrasto tra un torbido colore ambrato e uno Sharingan scarlatto.

La pioggia cadeva come aghi gelati sulla sua schiena e gli perforava il cuore con ogni goccia traditrice. Strinse i denti e rafforzò la stretta sul kunai. Una volta lo avrebbe fatto felice sapere che Sasuke ancora lo considerava il suo maestro, ma il titolo onorifico gli fece solo stringere il cuore e crescere il dolore di venti volte.

La schiena di Sasuke s’era inarcata ed era caduto a terra, cercando di trattenere il sannin corrotto. Con le dita artigliò il terreno e alzò la testa con molto più sforzo di quanto quel semplice movimento avrebbe dovuto richiedere, il suo sguardo rosso sangue che combatteva. Aveva boccheggiato quando il giallo aveva ricominciato a sanguinare nel rosso e Kakashi aveva incontrato il suo sguardo.

La pioggia aveva continuato a cadere come aghi ghiacciati sulla sua schiena e la sua mano aveva crepitato come un tuono bruciante. A ogni passo sentiva la propria mente gridargli di fermarsi, che c’era un’altra soluzione. Quando la sua mano era sprofondata nel corpo del ragazzo che era sempre stato –
e sarebbe sempre stato – il suo allievo preferito, gli ingranaggi di un clan una volta orgoglioso girarono un’ultima volta, quindi si fermarono, riluttanti.







Prossimo capitolo: Edo Tensei

Ho desiderato a lungo di vederti, sai. Dev’essere stato difficile per te crescere solo, ma ci sono state tante volte in cui avrei voluto tornare indietro e rimettere tutto a posto.”

Se davvero non avessimo significato nulla per Orochimaru non saremmo vivi. Ha avuto moltissime possibilità di ucciderci, ma non l’ha mai fatto.


“Non voglio più tornare all’ospedale, Sakura. Mi ricorda troppo di…”

Naruto, promettimelo."

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Capitolo 4
*** Edo Tensei - prima parte ***


Edo Tensei
Capitolo terzo - Prima parte










La bara era sorta dal suolo e s’era messa per diritto. Naruto l’aveva osservata, mentre si apriva, con occhi orripilati e quella rivelò un uomo di cui Naruto aveva solo sentito parlare in racconti di eroi tempo prima.

E i loro sguardi cerulei si erano incontrati.

Il cuore gli era balzato in gola e una rabbia cieca gli aveva offuscato la vista. L’uomo responsabile di tutte le sue sofferenze era in piedi di fronte a lui e tutto ciò che Naruto voleva era tirare fuori una katana e distruggerlo. Qualcosa lo aveva fermato, un irrazionale bisogno di parlargli, di chiedergli perché
- perché - avesse scelto Naruto.

Prima che potesse chiederglielo, Yondaime aveva sorriso. Era un sorriso che aveva visto così tante volte da non poterle contare, un sorriso che aveva ardentemente desiderato, ma mai ricevuto. Era un sorriso pieno dell’amore spontaneo e non corrisposto di un genitore e tutte le domande che Naruto avrebbe potuto fare scomparvero nell’oblio.

Scosse decisamente la testa e si disse che era un genjutsu. Non era Yondaime quello di fronte a lui. Quel sorriso non era rivolto a lui. Però non riusciva a convincersi mentre il suono di passi veniva smorzato dalla pioggia che cadeva in gocce come distrazioni d’argento. Naruto non riusciva a muoversi e poteva solo fissare il suo riflesso e il suo più grande nemico morto e incarnato.

”E’ da tanto che volevo vederti, sai,” la voce di Yondaime era stata sommessa e malinconica.

La pioggia veniva giù a dirotto su entrambi in protesta contro la loro riunione impossibile, ma nessuno dei due uomini l’aveva notato. Centinaia di risposte crudeli si erano affacciate nella mente di Naruto, ma lui non riusciva a pronunciarle. Il mantello bianco, il mantello che Naruto aveva inseguito per tutta la vita, frusciò e poi fu subito rimesso a tacere.

Quella scena si era già svolta nella mente di Naruto come una scena ben provata, leggermente diversa e migliore a ogni prova. Però seguiva ogni volta lo stesso copione; Naruto uccideva sempre Yondaime, rivelava l’Hokage una volta amato per il mostro che solo Naruto sapeva fosse e la Kyuubi, in qualche modo, svaniva nel nulla. Lui veniva accettato come l’eroe quale era e diventava Hokage.

Ma ora che il sipario s’era alzato ed era a un passo dall’esibizione finale, Naruto aveva dimenticato tutte le battute e anche l’argomento che all’inizio doveva essere trattato.

“Dev’essere stato difficile crescere da solo. Ci sono state tante volte in cui avrei voluto tornare indietro e mettere le cose a posto,” mormorò Yondaime.

Quell’uomo che conosceva da meno di cinque minuti già si era fatto strada sotto la sua pelle e amava Naruto così profondamente, così incondizionatamente che Naruto si ritrovò a domandare perché,
perché quell’uomo non era vissuto?

L’espressione sul volto di Yondaime era abbastanza da far cadere in ginocchio l’uomo più forte. Allungò esitante una mano callosa prima di posarla sulla sua spalla ampia, e incontrò lo sguardo fremente di un ragazzo cresciuto troppo in fretta.

“Mi dispiace così tanto,” disse alla sua eredità in un sussurro.

I suoi occhi blu elettrico si aprirono di scatto quando un dolore inimmaginabile gli esplose nello stomaco. Istintivamente si raggomitolò, stringendosi la pancia mentre a tratti il dolore si diffondeva in tutto il corpo. Sentiva distintamente grida familiari d’angoscia nella parte posteriore della mente, ma il dolore aveva la meglio.

Poi il tormento scomparve. Se n’era andato così in fretta che Naruto dovette fermarsi e pensare se non si fosse immaginato tutto. Era stato così intenso che non avrebbe potuto sperare di esserselo immaginato nemmeno nei suoi sogni più sfrenati.

Mentre incespicava verso il bagno decise di non dire a nessuno del suo breve mal di pancia. Era stato dimesso dall’ospedale appena tre giorni prima e non aveva intenzione di tornarci. Mentre si passava dell’acqua fredda sul volto fissò sovrappensiero lo specchio macchiato sopra il lavandino. Un viso simile a quello del doloroso ricordo lo fissò di rimando.

Namikaze Minato. Il nome gli lasciò un sapore amaro in bocca e allo stesso tempo lo riempì di un inaspettato calore.

Odiava Yondaime per avergli cacciato dentro un demone senza il suo consenso? Sì. Odiava Namikaze Minato? Non ne era ancora sicuro. Il loro strano incontro la notte della morte di Sasuke, non troppo tempo prima, aveva scosso le fondamenta in quel momento fragili della sua torreggiante antipatia per Yondaime, e onestamente non aveva più idea di cosa pensare di quell’uomo.

Un forte colpo battuto alla finestra lo fece sussultare e lui uscì dal bagno con la faccia abbronzata gocciolante. Vide un insistente falco messaggero e corrugò le sopracciglia dorate. Quando aprì la finestra l’uccello volò nella stanza e si posò comodamente sul letto. Lo fissò dal basso con sguardo curioso e Naruto sentì uno slancio di odio incontrollato contorcergli la faccia e resistette alla tentazione di distruggere l’uccello. Spalancagli occhi azzurri e improvvisamente scosse la testa per schiarirsela da qualunque insana intenzione avesse contro il volatile, chiedendosi da dove diavolo fosse venuta.

Il falco sollevò una delle zampe squamate e gliela porse in attesa. Naruto s’abbassò e slegò la stretta cordicella che teneva fermo un rotolo ancor più stretto. Quando ebbe finito di togliere il messaggio, il volatile schizzò via e volò fuori dalla finestra, diretto verso la torre dell’Hokage.

Il lettò s’abbassò quando Naruto vi si sedette e diede un’occhiata alla radiosveglia posata innocua sul comodino. Erano le quattro del mattino. Maledisse Tsunade tra sé e sé, chiedendosi se mandasse dettagli di missioni alla gente a quegli orari assurdi solo per farla incazzare. Non appena ebbe aperto il rotolo lo lesse velocemente.

Era una missione di livello C: doveva scortare una ragazza fino a Suna. Eraun’abitante del Paese del Tè e, siccome non sarebbe arrivata a Konoha se non due giorni dopo, Naruto aveva il tempo di fare i bagagli e prepararsi. Fu sollevato quando vide che Sai, Sakura e il maestro Kakashi sarebbero stati suoi compagni in quella missione, ma non potè che disperarsi nel vedere quanto essa fosse noiosa.

Fissando fuori dalla finestra il sole che, sorgendo, faceva splendere i tetti, sospirò. Voleva vedere Sakura.


***




“Vedi… Tsunade, mi dispiace,” la voce di Jiraiya era riluttante e bassa, ma risuonò nell’ufficio chiara come un campanello.

La Godaime alzò lo sguardo su di lui con curiosità e mise giù la penna. Riflettè che tutti i loro conflitti finivano così, con Jiraiya che si scusava per qualcosa che non aveva nemmeno iniziato a fare. Molto tempo prima sarebbe finita con Sandaime che insisteva perché ne riparlassero o Orochimaru che forniva quel po’ di buonsenso che riteneva necessario. Ma il passato se n’era andato da un pezzo e il presente li trascinava via. Non c’erano nessun Sandaime e nessun Orochimaru in quel momento.

“Per favore, potresti… Solo lasciare che mi occupi di Naruto?” chiese lui.

Lei sospirò e si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia sul petto. Il suo sguardo castano era accusatorio e Jiraiya lo incontrò con determinazione.

“Sai, non approvo quel che stai facendo,” disse dopo un lungo silenzio e lui sentì un piccolo sorriso distendergli il volto di fronte al suo benestare.

“Lo hai mai fatto?” domandò.

Le labbra di Tsunade si piegarono in un sorriso, che però non raggiunse i suoi occhi solenni. Con un sospiro si alzò, andò alla finestra e si mise ad osservare l’imponente monumento degli Hokage. La scultura di pietra che la raffigurava aveva la stessa espressione stoica che aveva velocemente portato via il tentativo di espressione felice sul volto vero. Risuonarono dei passi volutamente forti perché lei sentisse che l’eremita dai capelli bianchi le si stava avvicinando.

“Vorrei ancora che fosse finita diversamente,” la sua voce era incerta e riluttante. Il suo sguardo era fisso sulla giovanile scultura del profilo di Yondaime.

“Minato ha scelto di sacrificarsi per Konoha. Se non fosse stato per lui, saremmo tutti morti,” rispose lei più aspramente del voluto.

Lui rimase impassibile alle sue parole, scosse la testa e spiegò, “Non parlavo di Minato. Parlo di Orochimaru.”

La guardò con la coda dell’occhio, aspettando la sua reazione. Lei mosse gli occhi per un momento, colta alla sprovvista dalla spiegazione inaspettata. Tra loro s’allargò uno spiacevole silenzio mentre lei lottava per assimilare il significato dietro alle sue parole. Era come se si fosse ricordata che Orochimaru una volta era stato una persona a cui avrebbero affidato le loro stesse vite e che una volta pensavano di conoscere.

Jiraiya fece una piccola risata priva di divertimento. Nella sua voce c’era una sfumatura d’incredulità mentre domandava, “Non puoi aver dimenticato che una volta eravamo un gruppo, giusto? Io facevo sempre casino o cazzeggiavo, tu ti arrabbiavi con me e attaccavamo gran combattimenti. Però Sarutobi-sensei era un gran maestro e Orochimaru-“

“Lo so,” la sua voce era calma, ma tagliò le parole di Jiraiya come un coltello.

Da quanto tempo non pensava a lui? Il traditore dal volto pallido veniva sempre spinto in fondo alla sua mente, perché alcune cose erano troppo dolorose da ricordarsi. Immaginava che Jiraiya avesse ragione quando diceva che lei scappava quando non voleva fare i conti con la verità. Aveva nascosto anche i loro giorni di gloria, di quando tutto ciò di cui dovevano preoccuparsi erano le scadenze delle missioni e gli esami per diventare jonin e gli unici documenti con cui aveva a che fare erano rapporti di missioni lunghi tre pagine. Era come se avesse tagliato via da sé ogni ricordo che si collegasse a ciò che erano stati un tempo e solo allora Jiraiya li avesse ricavati fuori.

Il ragazzo dagli occhi ambrati era sempre stato a conoscenza del fatto che lei era attratta da lui, ma non ci aveva mai prestato attenzione ed era rimasto il silenzioso e misterioso personaggio che l’aveva inizialmente avvicinata a sé. Una missione di livello A andò male e una sospensione di un ponte che si ruppe fu, ironicamente, ciò che li legò assieme. Quando la corda si era spezzata e non aveva più sentito il legno marcescente sotto di sé, in un lampo tutta la sua vita le era passata davanti agli occhi ed era precipitata venti metri più giù, nelle rapide scroscianti del fiume.

Uno strato di sudore gli aveva incollato i capelli neri al volto pallido mentre le stringeva forte una mano. Anche lui stava scivolando e si sentivano le assi scricchiolare sotto di lui. Avrebbe trascinato di sotto pure lui, se fosse caduta, ed era l’ultima cosa che Tsunade voleva.

Lasciami andare, aveva gridato, devi continuare la missione

Lui aveva stretto i denti, la prima volta in cui lei vedeva qualcosa di simile a un’espressione sul suo volto solitamente indifferente. Sta’ zitta, Tsunade, ne usciremo insieme

E aveva tirato, i muscoli che si gonfiavano e il collo che si tendeva per lo sforzo. Lei aveva cercato di lasciare la sua mano, ma le sue dita sottili si erano infilate tra quelle della ragazza per tenere le loro mani assieme.

“Secondo te abbiamo mai significato qualcosa per lui?” la sua voce era quasi inudibile, ma lui ascoltò.

Il dolore nella sua voce tesa gli fece stringere il cuore. Un villaggio poneva delle responsabilità sui propri Kage, ma dimenticava che essi erano umani ed avevano necessità umane. Si domandò quale fosse stata l’ultima volta in cui lei aveva parlato con qualcuno, oltre a lui, di cose essenziali come gossip del villaggio e, molto più importante, Dan, e il collasso del loro gruppo.

“Se non avessimo significato nulla per Orochimaru non saremmo vivi. Ha avuto tante occasioni per ucciderci, ma non le ha mai sfruttate”, rispose semplicemente.

Vide la mano della donna contrarsi, come se lei avesse preso in considerazione l’idea di raggiungere la sua mano, ma ci avesse ripensato. La grande mano callosa di Jiraiya le toccò esitante la spalla prima di scendere lungo il braccio, fino alla mano, finché non infilò le proprie dita spesse tra quelle aggraziate di lei, come per tenere insieme due cuori spezzati.


***




Non appena Naruto ebbe chiuso la porta dietro di sé, il dolore esplose nuovamente nella sua pancia. Annaspò per la sua intensità e s’appoggiò contro il legno per sostenersi, chiudendo gli occhi mentre aspettava che passasse. Sembrava che un centinaio di spade avvelenate accoltellassero ripetutamente il suo stomaco, al punto che vide puntini bianchi danzare davanti ai suoi occhi. Di lì a poco sarebbe svenuto, pensò.

“Ehi, Naruto!” lo chiamò una voce familiare.

Strinse i denti, meravigliandosi dell’impeccabile tempismo di Sakura. Forse qualcuno aveva pianificato la sua intera vita per procurargli le condizioni più miserabili. Scuotendo la testa per liberarsi di quei pensieri pessimisti, capì che non tutto era stato terribile. C’erano stati il Gruppo Sette, e Sakura…

Una piccola mano s’aggrappò alla sua spalla e una scarica di elettricità, scorrendo lungo tutto il suo corpo, lo riempì di calore. Una rinnovata ondata di dolore prese velocemente il posto del calore e Naruto annaspò, con la faccia sudata.

“Sakura-chan, mi fa male lo stomaco,” confessò con voce roca, e lei aggrottò la fronte.

“Su, torniamo al tuo appartamento,” gli disse, facendosi scivolare sulla spalla un suo braccio.

Lei cercò le chiavi nella sua larga tasca e le infilò nella toppa. Girarono con un suono stridente che la fece trasalire, e Sakura aprì la pesante porta di legno con un piede. Lo avrebbe portato sul divano, ma non ce n’era uno; così riuscirono a raggiungere il letto, in un angolo della sua stanza, e Naruto vi si adagiò debolmente. Lei, mentre cingeva il suo stomaco con il chakra freddo e setoso che Naruto si era trovato a bramare inconsciamente nei giorni passati, si morse un labbro con aria preoccupata.

“Naruto, io ti porto all’ospedale,” decise a voce alta.

Lui le strinse improvvisamente un polso, gli occhi non a fuoco per il dolore, ma mortalmente seri. In un tono che non ammetteva repliche disse, tagliente, “No, non devi parlare a nessuno di tutto questo.”

“Sei stato male molto spesso, sta iniziando a preoccuparmi. Non riesco a capire cosa ci sia che non va, e penso che dovresti farti controllare,” spiegò.

Naruto scosse la testa e le disse, “Non voglio più andare all’ospedale, Sakura. Mi ricorda troppo della…”

La frase rimase incompiuta nell’aria tesa, ma era chiaro quale fosse la fine. La missione per ritrovare Sasuke. Sakura distolse lo sguardo di giada.

“Non puoi… Non puoi curarmi qui? Sei uno dei migliori medici, sai sicuramente curare qualcosa di stupido come questo,” Naruto borbottò debolmente, e Sakura sospirò, passandosi una mano tra i capelli.

Esitò prima di rispondere, “Se Tsunade mi scopre mi ucciderà,” Naruto rivolse le labbra all’insù in un leggero sorriso senza divertimento, “ma sei assolutamente sicuro di non aver bisogno di andare all’ospedale?”

“Sì, mi è successo nelle ultime notti, devo aver mangiato qualcosa che m’ha fatto male,” riflettè.

Il silenzio cadde tra loro due, e Naruto si trovò a fissare con aria assente Sakura, l’oggetto del suo amore non richiesto. Era così bella mentre sedeva lì, con la mattina che proiettava luce sulle sue fattezze affilate, da donna, che non fallivano mai nell’attirare senza sforzo l’attenzione degli uomini. Un piccolo, contemplativo sorriso gli piegò le labbra mentre capiva che gli piaceva averla lì, sul suo letto, nella sua stanza, con sé. Era un’idea sciocca e fugace, ma anche una che lasciò un profondo segno nella sua mente.

Alzò la mano verso il volto di Sakura e toccò con le sue ruvide dita le sue labbra piene e morbide, pensieroso. Stava nuotando in acque pericolose, ma per Sakura avrebbe fatto qualsiasi cosa. Le sue dita passarono alla guancia, poi allontanò lentamente la mano dalla sua faccia, evitando il suo sguardo per la vergogna.

Forse si stava muovendo troppo velocemente – no, sapeva che si stava muovendo troppo velocemente. Il loro migliore amico e l’uomo che lei aveva amato fedelmente per tanti anni era appena morto. Lei non avrebbe mai -

Delle sopracciglia sottili si chiusero sulle sue guance graffiate e improvvisamente Sakura fu troppo vicina. Comunque era troppo tardi, perché lei aveva già premuto le labbra, come il veleno più dolce, contro le sue e Naruto seppe in un secondo che avrebbe venduto l’anima al demonio per provare un altro attimo come quello.

Lei si staccò per prima, lo sguardo ardente che catturava il suo, sorprendentemente calmo e raccolto. La mente di Naruto era piena di ipotesi. Una delle più amare si fece avanti prepotentemente, quella in cui lei non lo amava, ma aveva solo bisogno di conforto e chi glielo avrebbe dato meglio di Naruto? Lui avrebbe potuto essere il rimpiazzo per quel Sasuke che non era mai stato.

Ma quando il rossore iniziò a salire sulle guance di Sakura e la ragazza distolse lo sguardo con un imbarazzo che gli faceva tenerezza, Naruto si trovò a desiderare di credere che lei lo amasse davvero.





T/N: Alloooora, eccomi di nuovo sui vostri schermi. Mi dispiace di avervi fatto aspettare tanto, ma tra i compiti estivi prima e la scuola adesso… ç__ç
Comunque ho diviso in due questo terzo capitolo per non allungare ulteriormente i tempi di aggiornamento. Questo capitolo è lungo qualcosa come otto pagine, quindi se avessi aspettato di aver finito la traduzione per pubblicarlo tutto intero ce ne sarebbe voluto ancora, di tempo… >__>
Prometto che cercherò di essere più assidua negli aggiornamenti…
Ah, e mi fa molto piacere che un paio di persone mi abbiano anche chiesto di aggiornare. Diciamo che grazie a loro mi son data una svegliata; è grazie a loro se ora sono qui con il terzo capitolo! ^.^

Kirjava


Se volete sapere a che punto sono con la traduzione, andate a vedere nel mio account. Troverete degli aggiornamenti sulla situazione =)

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Capitolo 5
*** Edo Tensei - seconda parte ***


Edo Tensei
Capitolo terzo - Seconda parte










Puoi sentirlo, non è vero? ” la voce riecheggiò nel’infinito giallo pallido.

Era strano, ma Naruto, in qualche modo, si aspettava quel giallo infinito. Ma il bianco era poco accogliente e sterile e spassionato, mentre il giallo pallido era come lo splendore caldo e dorato dell’alba. Lo metteva a suo agio, anche se la persona che aveva parlato non era rivolta verso di lui. Invece gli rivolgeva il suo mantello bianco e, quando Naruto si prese improvvisamente il tempo di fermarsi e leggere i kanji che vi erano ricamati sopra, apprese l’identità di quell’uomo, mentre il carattere di “quattro” lo fissava di risposta.

Tu senti che il sigillo si sta spezzando. Non ci vorrà molto prima che si spezzi definitivamente e Kyuubi distrugga Konoha.”. Un lampo di azzurro acciaio, e gli occhi dell’uomo si chiusero nuovamente. Appariva stanco e gravato, come se il mondo avesse di nuovo messo sulle sue spalle già affaticate la sua responsabilità.

Naruto avrebbe dato fastidio chiedendo perché lo Yondaime stesse improvvisamente errando per le stanze del suo inconscio a proprio piacimento? Pensandoci, immaginò che in fondo non gli importasse poi molto. Tanto per cominciare il suo corpo e la sua mente non erano mai stati davvero suoi e che male avrebbe comunque fatto un altro strano abitante?

Naruto chiese, “Cosa posso fare perché non si spezzi?”

Niente,” l’amara parola che uscì dalla bocca dello Yondaime non era quella che Naruto aveva sperato.

“Di che sta parlando? Ci deve essere qualcosa, questo sigillo l’ha fatto lei, non può solo risigillare la Kyuubi?” insistette con l’ex Hokage perché gli desse delle risposte.

Minato si girò, il mantello che brillava attorno a lui nel mentre, e Naruto si domandò se quell’uomo in vita avesse avuto un aspetto egualmente straordinario. Egli spiegò, “E’ impossibile per te risigillare la Kyuubi dentro di te. Dovresti sigillarla in qualcun altro e pagare con la tua stessa vita e non credo che tu voglia provocare a qualcuno lo stesso dolore che io ho provocato a te.

Naruto fece saettare lo sguardo azzurro verso la porta per un istante, mentre centinaia di ricordi lo sommergevano come uno tsunami, tutti di solitudine e odio. Non avrebbe mai potuto augurare quel dolore a qualcun altro, anche se quel qualcuno si fosse offerto volontario e allo stesso tempo doveva proteggere Konoha. Ma che altro avrebbe potuto fare…?

Un’idea più oscura si presentò al jinchuuriki, “Se mi uccidessi-“

No.”. La sua voce avrebbe tagliato i diamanti e i suoi occhi erano lampi d’acciaio azzurro che avrebber dato i brividi a un uomo meno coraggioso.

Comunque Naruto insistette, “Però cosa succederebbe?”

Un gelido silenzio seguì le sue parole e la riluttante risposta di Minato seguì infine, “La Kyuubi morirebbe con te. In ogni caso, il suo chakra verrebbe rilasciato in una grande esplosione, grande abbastanza da radere al suolo Konoha

“Se fossi in un posto senza alcuno intorno-“ Naruto propose, ma tacque quando gli occhi dello Yondaime lampeggiarono pericolosamente e la sua figura s’irrigidì.

Una grande, calda mano s’appoggiò sulla spalla di Naruto e il celeste incontrò il celeste. Eccolo di nuovo, capì Naruto, lo stesso sguardo dell’indifeso e sconfinato amore di un genitore. In qualche modo era caduto nel suo incantesimo ipnotico e il sentimento nella sua espressione, sopraffacendolo, lo lasciò senza parole.

Questa è assolutamente la nostra ultima risorsa. Abbiamo ancora tempo di trovare un altro piano che non preveda la tua morte,” gli disse fermamente.

Naruto distolse lo sguardo da quello improvvisamente troppo penetrante di Minato. Lo sguardo si fermò sul bordo fiammeggiante di un lungo mantello bianco e impermeabile dell’Hokage. Ogni volta che parlava con Minato doveva tenere a mente che quell’uomo era lo Yondaime Hokage e non una persona comune.

Naruto,” lo chiamò.

La sua testa scattò in su per incontrare i caldi occhi azzurri dell’ex Hokage. Non c’era onorifico alla fine del nome di Naruto e gli stava parlando come se lo avesse conosciuto per tutta la vita. La maggior parte della gente si sarebbe offesa per una tale mancanza di rispetto, ma per qualche contorta e incomprensibile ragione Naruto si scoprì contento.

Devi promettermi che non ti ucciderai,”, disse piano.

L’effetto che quell’uomo aveva su Naruto era mostruosamente mutevole. Quando qualcuno si era mai preoccupato così chiaramente per Naruto, non solo un ninja che aveva bisogno di assistenza medi ca? Naruto si sentì stringere la gola e inaspettatamente gli bruciavano gli occhi. Iniziò a battere le palpebre rapidamente e guardò per un attimo verso l’alto, cercando di ricomporsi.

“Perché le importa così tanto?”una domanda sfuggì alle sue labbra screpolate prima che potesse fermarsi.

La sorpresa passò rapidamente sul volto liscio e mite dello Yondaime. La zazzera dorata e arruffata fluttuò appena in un vento inesistente e il colore dei suoi occhi s’approfondì in un infinito, calmo azzurro oceano. Anche se erano quasi della stessa altezza, Minato faceva sentire Naruto come se fosse di tre teste più basso. Scompigliò i capelli di Naruto e gli sorrise affettuosamente.

Sei la persona più preziosa per me, Naruto.

Erano parole che Naruto aveva atteso per tutta la vita. Improvvisamente divenne troppo difficile guardare Minato e non sarebbe comunque riuscito a vederlo perché la sua vista era assai confusa. Combattè per non battere le palpebre, ma il mondo scomparve(*) prima che potesse rispondere alle ultime parole di Minato.

They were words Naruto had waited for his entire life. It suddenly became too hard to look at Minato and he wouldn’t have been able to see him anyways because his vision was so blurry. He fought to keep from blinking but the world bled away before he could answer Minato’s closing words.


***




Click. Click. Click.

L’uomo dai capelli argentati apriva e chiudeva il suo accendino argentato distrattamente, fissando lo sporco soffitto bianco dalla sua posizione sul logoro divano verde scuro. I suoi occhi male assortiti seguirono il segno dove i suoi vicini s’erano piacevolmente scordati di chiudere il rubinetto e avevano allagato l’intera loro casa.

Click. Click. Click.

La noia s’era sempre dimostrata un umore pericoloso per il ninja-copia. Faceva strada a dolorosi ricordi e riflessioni non necessarie, ma non era un umore che si cambiasse facilmente. La grande collezione di libri in un angolo della stanza era improvvisamente troppo lontana e il suo corpo era troppo stanco anche per provare ad appagare la sua pigrizia.

Come ha fatto il maestro Minato a tirare avanti dopo la morte di Obito? Si domandava. Quell’uomo aveva sempre saputo cosa fare e cosa dire, ma Kakashi non ricordava esattamente cosa Minato avesse fatto. Era stato troppo sommerso dal proprio dolore per notare quello altrui. Era sicuro che Minato dovesse aver sofferto, ma non si ricordava di averlo mai visto addolorato.

Click.

Fissò la fiamma fluttuante prodotta dal suo accendino come per trovare una risposta nella sua intensità. Non per la prima volta si trovò a desiderare che il suo maestro fosse ancora vivo, perché inconsciamente ancora credeva che lui avesse tutte le risposte. Spegnendo l’accendino, sospirò lungamente e chiuse gli occhi. Allungò una mano alla cieca verso il piccolo tavolino di legno da qualche parte alla sua destra e quando le sue dita toccarono una scatola coperta di plastica sottile, la afferrò.

Aprì pigramente l’occhio color onice mentre apriva la scatola di sigarette e imprecò tra sé e sé quando s’accorse che ne rimaneva solo una. Nonostante le lamentele tirò fuori la sigaretta e se l’infilò tra le labbra. L’accendino scattò mentre l’accendeva e Kakashi chiuse gli occhi, permettendo alla calma artificiale di diffondersi nel suo corpo. La scatola cadde dalla sua mano sul pavimento in legno.

“Chissà cosa direbbe Rin,” mormorò a sé stesso, con una piccola risata priva di divertimento.

La sua immagine gli scattò nella mente e giurò di riuscire a vederla mentre lo tirava in piedi e gli spegneva la sigaretta. L’immaginazione spinse un po’ gli angoli della sua bocca, ma gli ricaddero fiacchi quando, brevi momenti dopo, la realtà vi s’intromise. Supponeva che gli toccasse preparare lo zaino per la missione che lo attendeva con gli altri tre il giorno seguente, ma tanto probabilmente s’aspettavano che arrivasse in ritardo.

Mentre un raro sonno lo persuadeva con il suo allettante abbraccio, giunse alla conclusione che a loro non sarebbe spiaciuto se fosse arrivato un po’ in ritardo.

>

***




Arrivò non con una, non due, ma tre ore di ritardo.

Sakura stava disperatamente cercando di tenere buona la loro cliente indignata e con la coda dell’occhio riuscì a fissare su Kakashi uno sguardo assassino. Sai legò le cinghie del suo zaino più in alto sulle spalle, ignorando il copia-ninja mentre questi prendeva tranquillamente posto accanto all’artista. Naruto era innaturalmente silenzioso e Kakashi giunse alla conclusione che probabilmente si sentiva ancora male.

“Non pensare nemmeno di parlarle,” sibilò Sakura mentre lui le passava vicino, prendendo posizione in testa al gruppo.

Kakashi piegò appena la testa per avere una visuale migliore della persona che dovevano scortare. Pareva una donna orgogliosa e altezzosa, con un’inclinazione arrogante del mento che faceva sembrare che guardasse tutti dall’alto in basso. Si trovò a perdere velocemente interesse, le donne viziate e presuntuose non lo avevano mai attratto. Lo stanco cavallo di fronte a Naruto era carico di pesanti borse piene di insensate cose da donna, suppose, e giunse alla conclusione che la donna camminava con loro solo perché non c’era posto per lei in sella al cavallo.

“Penso che abbia battuto il record precedente, Hatake-san,” commentò Sai con uno dei suoi famigerati sorrisi.

Kakashi scosse la testa e rispose, “Ho fatto di peggio.”

“Non mi piace,” l’artista dichiarò schiettamente e il ninja-copia guardò indietro verso la donna per assicurarsi che non sentisse ciò che dicevano. Sembrava troppo presa nel suo mondo e Kakashi emise un intimo sospiro di sollievo. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era una mocciosa urlante.

Kakashi, sebbene fosse propenso a trovarsi d’accordo , chiese a Sai, “Qualcuno ti ha mai detto che sei un vero coglione a volte?”

“Be’, almeno ho un cazzo, a differenza dell’idiota da qualche parte là dietro,” disse Sai, affatto toccato dalle parole del ninja-copia.

“Sai, questo non c’entra nulla con quello di cui stiamo parlando.”

Il sovraccitato artista scrollò le spalle, indifferente.

Naruto era silenzioso e aspettava che Sakura iniziasse qualcosa. Stava davvero attendendo che lei cominciasse, se avesse fatto finta che la sera prima non fosse successo nulla e loro due non si fossero baciati allora sarebbe stato al gioco. Tuttavia non era sicuro di cosa avrebbe fatto se lei avesse scelto l’opposto.

“Andrai a trovare Gaara?” azzardò lei in un tentativo di spezzare l’atmosfera di disagio.

Lui le fece un sorriso un po’ troppo chiaro e replicò, “Certo, adora avermi attorno.”

“Non ti ha buttato fuori da Suna, l’ultima volta?” Sakura sorrise leggermente quando la sua espressione si fece esitante.

Così la conversazione continuò giocosamente in questo modo, sfiorando il limite del flirt palese. Ciò non sfuggì a Kakashi e il ninja era contento che Sakura fosse più felice di quanto l’avesse vista ultimamente.

Quattro ore dopo la loro protetta aveva preteso che si fermassero per riposare e loro avevano accettato di malavoglia. Scortare civili poteva essere piuttosto irritante per i loro limiti fisici e a Sai seccava che dovessero sottostare a ogni desiderio e bisogno di quella donna. Se non ci fosse stato Kakashi a tenerlo sotto controllo, probabilmente avrebbe ucciso la donna e sarebbe corso indietro a Konoha; attribuendo il fatto a qualche tragico incidente.

Ci fu un improvviso movimento frusciante tra gli alberi fiancheggianti il sentiero e ciò fece scattare le teste di Naruto e Sakura verso l’alto simultaneamente. Kakashi colse con la coda dell’occhio nero lo sguardo di Sai e l’artista annuì impercettibilmente. Non soffiava vento e il copia-ninja non avvertiva alcun debole segnale di chakra di un animale che corresse sulle cime degli alberi. Doveva essere un ninja che mascherava il proprio chakra e Sai, mentre scrutava l’area da cui era provenuto il suono, colse un lampo d’argento.

Quando Naruto allungò una mano verso il suo contenitore dei kunai, Kakashi gli mormorò un silenzioso comando, “Fermo.”

Le sue dita callose ricaddero rilassate sul fianco. Sakura forzò un sorriso e gli parlò, dando l’impressione che fossero assolutamente ignari di una possibile imboscata. Chiuso l’occhio nero, Kakashi permise ai suoi sensi di vagare nella zona; colse debolissime tracce di chakra. Sai lo guardava in silenzio.

“Ho sentito che Keiji compirà dodici anni tra pochi giorni,” commentò Kakashi a voce abbastanza alta da farsi sentire da Sakura e Naruto.

Loro non persero il significato nascosto dietro a quelle parole. Dodici ninja stavano per fare un’imboscata. La loro protetta era ancora beatamente ignara.

“Gli compriamo un regalo?” azzardò Sakura. Li attacchiamo?

Kakashi si strinse nelle spalle e rispose semplicemente, “Penso che prima osserveremo cosa gli compreranno gli altri.” Lasciamo che attacchino loro per primi.

La donna s’alzò da dove era stata seduta, a lato della strada, per i cinque minuti precedenti, strofinando le mani sulla gonna viola per togliersi la polvere. Iniziò ad allontanarsi, i quattro ninja che si precipitavano dietro di lei. Kakashi e Sai presero posto davanti a lei e Naruto tirò il cavallo dalle redini di cuoio dietro a Sakura, nel loro posto al fondo della formazione.

I secondi passavano con il pesante carico dell’attesa. A ogni passo si chiedevano quando i ninja attorno avrebbero attaccato. Naruto deglutì, il pomo d’Adamo che andava su e giù con impazienza. Una goccia di sudore scivolò lungo un lato del volto d’alabastro di Sai e -

Clang!

Sakura deviò il kunai con un senbon. La donna gridò, un suono lacerante e irritante che fece imbizzarrire il cavallo. Si drizzò per la paura e Naruto sbottò, “Dannazione, donna, tieni il cavallo sotto controllo!”

Quella era troppo spaventata per fare qualcosa se non ciò che le aveva detto e tirò le redini, obbligando il cavallo a tornare giù. I quattro ninja circondavano lei e l’animale. Quando una pioggia di kunai cadde su di loro, deviarono ogni proiettile con praticata disinvoltura.

“Rinforzo!” chiamò Sai e all’istante Kakashi appartve al suo fianco.

Sai tirò fuori un rotolo intonso e il pennello da dietro un orecchio mentre Kakashi lo proteggeva, deviando il doppio dei kunai rispetto a prima. Concluse la pittura in pochi secondi e formò i corretti sigilli con le mani, facendo brillare minacciosamente la carta. Da essa fuoriuscirono tre grossi leoni che scrollavano le criniere per l’eccitazione. Quando uno emise un terrificante ruggito gli alberi fremettero e dai loro rami caddero delle foglie. Sapeva che il cavallo stava diventando sempre più agitato, dietro di sé, ma sembrava che la donna lo tenesse sotto controllo.

Quando i leoni si mossero tra gli alberi in un turbine d’inchiostro nero, snudando zanne affilate e flettendo artigli come rasoi, Sai s’alzò e prese velocemente posto accanto alla donna. Quando i suoi disegni fecero fuori cinque ninja, il numero di nemici rimasti si ridusse considerevolmente, al punto che ne individuarono solo più due. Un senbon di Sakura fischiò nell’aria e colpì un ninja alla gola. Quello cadde a terra, sputando sangue e artigliandosi la gola. Rimase immobile pochi secondi dopo.

L’ultimo ninja scappò in fretta e Naruto per fermarlo gli lanciò un kunai, che lo colpì una spalla. Il ragazzo imprecò coloritamente lanciando un altro kunai, che battè da qualche parte nella foresta dove il ninja sarebbe stato, se non fosse scomparso con un jutsu.

Quando la donna fece per scappare, la presa di Kakashi, la tenne al suo posto in una morsa d’acciaio. Gridò per il dolore, ma s’azzittì immediatamente quando lui l’accusò con il suo perforante sguardo nero.

“Perché non parte dall’inizio e non ci dice perché ha mentito a Konoha riguardo al grado di difficoltà della missione?” la sua voce era cortese, ma lo sguardo era più freddo dell’Antartico.





Prossimo capitolo: Five Tails

Tutto ciò che riusciva a pensare e sentire era Naruto e una paura indicibile di stare per perderlo. Non poteva perderlo, lui era suo e c’era sempre stato, era invincibile ed era Naruto. Sembrò che il tempo rallentasse quando il ninja emerse dalla sabbia e improvvisamente Sakura si stava muovendo, si muoveva a una velocità impossibile perché lui era in pericolo, perché lui avrebbe potuto morire -








Note: immagino abbiate notato i due asterischi… Bene, il problema è questo: corrispondono a due parole inglese che non ho assolutamente trovato sul dizionario. Perdonateglielo, è piccolo e pure risalente al 1998 XD In ogni caso non ho trovato anche altre parole, ma solitamente sono riuscita a tradurle comunque grazie al contesto e alla somiglianza con altri termini, ma in questo caso proprio non sono sicura di ciò che ho scritto. Le parole, o meglio i verbi sono questi due: bled away, immagino da blood away, e harrumphed, da harrumph. Le frasi sono queste: ”Sai harrumphed and hitched the straps of his backpack higher up his shoulders” e ”the world bled away before he could answer Minato’s closing words.”.
Comunque nella traduzione penso di avere reso l’idea; in ogni modo, se qualcuno ha una traduzione migliore me lo faccia sapere, por favor! ^_^
Al prossimo capitolo!
Kirjava

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Capitolo 6
*** Five Tails ***


Five Tails
Capitolo quarto










I rumori di una cerniera tirata su e di passi pesanti svegliò Sakura. Si girò lentamente su un fianco, aprendo gli occhi, e vide una familiare figura bionda incespicare dolorosamente in direzione di una quercia nodosa. Rabbrividì per l'improvvisa atmosfera inquietante e scivolò silenziosamente fuori dal suo sacco a pelo.

Naruto ebbe dei conati a vuoto, una mano premuta contro il tronco dell'albero a sostenerlo, mentre il sigillo gli devastava il resto del corpo. Cadde in ginocchio, l'espressione stravolta dall'agonia, mentre il suo stomaco si contorceva come un serpente con il doppio del veleno normale. Quando Sakura gli appoggiò una mano indagatrice su una spalla larga, sussultò come se avesse sentito uno sparo. Realizzando che era lei, chinò distrattamente la testa all'indietro. L'appoggiò sulla spalla di lei e strinse gli occhi, aspettando che il dolore scemasse.

"E' di nuovo la pancia?" gli chiese, e lui emise un piccolo, rauco suono d'assenso nel retro della gola.

Sakura cercò di ignorare il fatto che il suo battito cardiaco era improvvisamente accelerato al punto che, se fosse stato un'auto, sarebbe probabilmente finita in prigione a vita. Si abbassò a terra e il biondo riposizionò la testa in modo che le appoggiasse sul collo. Si era già aperto la giacca e Sakura premette gentilmente le dita sui muscoli duri del suo addome.

Rimase senza fiato nello scoprire un'enorme infezione allo stomaco che doveva essere pura agonia. Fece scivolare velocemente il chakra attraverso la sua pelle nel tentativo di uccidere l'infezione, ma si rese conto che sarebbe stato troppo stancante per lei cercare di liberarsene tutto in una volta.

“Naruto, hai una bruttissima infezione allo stomaco. Sarà per via di tutto il ramen che mangi,” gli disse cupamente.

“Eh, non mi insultare il ramen,” gracchiò lui con aria indignata.

Lei si limitò a scuotere la testa con un leggero sorriso. Se non altro non aveva un cancro o una malattia letale, pensò. L'infezione sarebbe prima o poi guarita. Quando lei gli alleviò il dolore, Naruto emise un sospiro di sollievo.

Calò il silenzio e Sakura si ritrovò a pensare al loro estemporaneo bacio di un paio di giorni prima. Arrossì e fu infinitamente grata per l'oscurità che impediva a entrambi di distinguere bene i colori.

“Sakura?” la voce di Naruto la ritrascinò al presente e battè gli occhi, guardadolo.

“Sì?” quando lei gli rispose, alzò lentamente le palpebre, rivelando uno sguardo intenso.

“Sai... Due sere fa...” strascicò.

All'improvviso le girò la testa e si ritrovò a rannicchiarsi dentro di sé. Aveva sperato di poter evitare un confronto s quel bacio, ma se Naruto voleva parlarne, allora ne avrebbero parlato. Si meritava una spiegazione, anche se non era ben sicura di averne una pronta.

La sua domanda non fu quella che si aspettava. “Stavi pensando a Sasuke?”

Pensando a Sasuke? Dopo l'iniziale sorpresa, sentì la rabbia iniziare ad annebbiarle la vista e si chiese da dove diavolo avesse tirato fuori un'idea così stupida. Il viso del portatore di Sharingan le lampeggiò nella mente e sentì un groppo formarsi in gola.

“Cosa vuol dire, pensando a Sasuke?” chiese con voce più debole del voluto.

Esitò prima di riformulare la domanda, “Sono stato... Un rimpiazzo di Sasuke?”

“No!” esplose lei prima di riuscire a trattenersi.

Sembrava che stesse aspettando una spiegazione e Sakura improvvisamente iniziò a farfugliare, “Non mi piaceva Sasuke, no, intendo che Sasuke non mi piaceva in quel senso, ma non sarei mai così crudele da usarti come suo rimpiazzo, anche se mi fosse piaciuto, perché sarebbe cattivo e vile e quando ci siamo baciati-”

Si bloccò bruscamente. Dicendo che si erano baciati sembrò realizzare il tutto, e fu ancora più scioccata. Non riuscì a dire altro e diventò decisamente rossa, senza guardare il biondo esterrefatto. Quanto era imbarazzante! Avrebbe potuto fare che dirgli di amarlo direttamente, che idiota!

Il silenzio cadde sui due. Naruto prese tempo per assimilare la sorprendente novità e, mentre l'intenso sollievo scemava, sul viso gli apparve un ghigno sornione.

“Allora... Questo significa che ti piaccio?” Alzò le sopracciglia suggestivamente.

Sakura prese a balbettare. “I-Io...”

“Dev'essere il mio fascino virile. Sono irresistibile, era destino che prima o poi t'innamorassi di me,” disse, sempre sogghignando.

Con un sbuffo imbarazzato lei cercò di spingerlo via, ma Naruto si premette con più forza contro di lei. “Naruto, solo un'idiota si innamorerebbe di un idiota come te”.

“Allora sembra che possiamo essere idioti insieme, no?” la provocò, con un largo sorriso che gli illuminava gli occhi.

Sakura cominciò stizzosamente, “Stai zitto; se mi innamorassi, sarebbe di qualcuno più affascinante, bello, intelligente-”

Tuttavia fu zittita da un paio di labbra screpolate.

Per presentare un'argomentazione bilanciata si devono dimostrare sia gli aspetti negativi sia quelli positivi per opporvisi. Nella propria mente, la ninja riepilogò tutti i punti che le erano venuti.

Cominciò con gli aspetti negativi. Le sue labbra erano troppo secche, stava premendo con troppa forza, la posizione in cui erano le faceva venire male al collo, avrebbe potuto contagiarla con qualsiasi cosa avesse nella pancia e Sai e Kakashi avrebbero potuto svegliarsi da un momento all'altro.

Poi passò agli aspetti positivi.

La stava baciando.

Gli aspetti a favore superavano quelli a sfavore.



***



Naruto.

Spalancò d'istinto gli occhi azzurri e si tirò su appoggiandosi su un gomito. Era steso a terra e per un momento si sentì confuso, prima di capire di trovarsi in un luogo color giallo pallido da qualche parte nei recessi del sigillo. O almeno pensava di essere da qualche parte nei recessi del sigillo...

“Ma dove cazzo è che siamo, comunque?” chiese mettendosi a sedere.

All'improvviso Naruto diventò decisamente consapevole del proprio scivolone. In qualche modo pensò che lo Yondaime avrebbe potuto ridicolizzarlo per il suo linguaggio o qualcosa del genere, ma al contratrio un piccolo sorriso divertito si allargò sul viso di Minato. Il Quarto gli si avvicinò e si sedette, piegando le ginocchia. Sopra di esse poggiò languidamente i gomiti, inclinandosi leggermente in avanti, e Naruto errò con lo sguardo in quel posto strano. Non l'avrebbe detto una stanza, visto che non c'erano angoli e porte, muri e vie d'uscita. Era solo un infinito colore.

Questa è l'altra parte del sigillo, lontano dal Kyuubi,” gli spiegò.

“Naruto allungò le mani dietro di sé e premette la maggior parte del suo peso sui palmi. Piegò pigramente un ginocchio e gli chiese sorpreso, “Pensavo che i tunnel portassero dal Kyuubi?”

Be', sei mai andato nell'altra direzione?” gli chiese Minato, sorridendo.

Naruto si ritrovò senza parole. Era stato nel sigillo un'infinità di volte e non si era mai preso la briga di andare da qualche parte che non fosse la cella del Kyuubi. Avvertì consapevolezza di avere fatto qualcosa di estremamente stupido e arrossì per l'imbarazzo, evitando lo sguardo provocatore di Minato. Era sempre partito dal presupposto che il sigillo fosse solamente per il Kyuubi.

Congratulazioni, comunque,” commentò l'uomo disinvoltamente.

Non aveva idea di cosa stesse parlando il Quarto. “Huh?”

Sakura,”, il ghigno di Minato era quello di chi sa tutto.

“C-Come diavolo fai a sapere di quello?” sbottò Naruto indignato, sentendosi come se la sua privacy fosse stata orribilmente invasa.

Le tue emozioni hanno un grande effetto sul sigillo, che cambia drasticamente a seconda di quanto esse sono forti. Se c'è un cambiamento davvero importante, a volte compaiono immagini di quello che stai pensando, e ultimamente il viso di Sakura è dappertutto,” spiegò.

“Oh. Allora...” strascicò Naruto. Era stato sul punto di dire che per diciassette anni Minato aveva visto tutte le sue emozioni più grandi. Poi realizzò che Minato era stato nel suo sigillo per diciassette fottutissimi anni.

“Aspetta, e perché non ti sei mostrato prima? Perché solo ora?” chiese Naruto, diffidente, aggrottando le sopracciglia sospettosamente.

Questa parte del sigillo era bloccata e non potevo uscire. Poteva essere aperta solo da una forza esterna o da te, ma visto che tu non hai mai girovagato qua sotto, è rimasta chiusa,” cominciò un'altra stancante spiegazione.

Naruto era ancora confuso. Spinse Minato per avere delle risposte, “Aspetta, ma io non sono mai venuto qui, quindi perché adesso si è aperta all'improvviso?”

Quando ti incontrato, il giorno in cui l'Otokage ha usato l'Edo Tensei, il sigillo è stato forzato ad aprirsi perché la mia anima potesse essere richiamata fuori dal jutsu,” rispose.

Naruto sussultò involontariamente al ricordo doloroso. Distolse lo sguardo colpevolmente e Minato lo osservò in modo diversi. Non disse nulla, diede semplicemente a Naruto il tempo di assimilare il tutto, e il ragazzo fu grato che Minato non si fosse spinto oltre nel problema. Ad un tratto sentì un dolore opprimente allo stomaco e si piegò violentemente, respirando con affanno.

Un paio di mani calde gli stabilizzarono le spalle vacillanti; la sua testa pesante si inclinò in avanti sino a toccare con la fronte una pesante veste verde. Chiuse gli occhi azzurri annebbiati, cercando di controllare la respirazione. L'uomo di fronte a lui s'irrigidì, sorpreso dal contatto, poi si rilassò immediatamente. Mise una mano sulla zazzera bionda e disordinata di Naruto e d'un tratto al ragazzo sembrò che niente potesse più fargli del male.

Una calma e una sicurezza indescrivibili s'impadronirono del ragazzo che era sempre stato una colonna per gli altri, ma non aveva mai avuto per sé delle solide fondamenta. Fli sembrò che, anche se il mondo fosse sul punto di finire, sarebbe stato bene finché ci fosse stato Minato. Quell'uomo stava progressivamente costruendo quelle fondamenta dimenticate senza che neanche se ne accorgesse; il dolore scemò fino a diventare nient'altro che un ricordo sbiadito.

“Sakura dice che ho una brutta infezione allo stomaco,” spiegò Naruto alzando il viso dal petto di Minato.

E' il chakra del Kyuubi a provocartela. Sta fuoriuscendo dal sigillo e danneggiando le pareti dello stomaco. Più il sigillo si avvicina al punto di rottura, più il dolore diventerà intenso, quindi forse vorrai stare il più possibile con Sakura. Non che ti dispiacerebbe, vero?” Minato non riuscì a trattenersi dall'aggiungere l'ultima frase per buona misura.

Ne valse la pena, perché Naruto diventò di un vivido rosso scarlatto che fece ridere Minato, un suono caldo e ricco e che riempiva il vuoto di felicità. Il diciassettenne distolse lo sguardo, indignato, borbottando un'argomentazione incoerente e rude che probabilmente non aveva comunque senso.

La risata morì e Naruto ponderò se avrebbe potuto appoggiare la testa contro una spalla di Minato o se avrebbe significato oltrepassare una linea che non avrebbe dovuto. Si sentiva troppo a suo agio con quell'uomo e non poteva che pensare che se avesse valicato quella linea anche di un solo passo, Minato sarebbe scomparso e non si sarebbe mai più fatto vedere. Per un fugace momento, l'idea che Minato potesse scomparire lo spaventò molto di più di quella che il sigillo potesse spezzarsi.

Sai...” cominciò Minato con aria impacciata, mentre Naruto lo guardava curiosamente.

Puoi sempre tornare qui quando ti pare. La porta è sempre aperta,” continuò.

Ad un tratto Naruto vide una porta che, avrebbe giurato, non avrebbe mai potuto non notare. Era una semplice porta di legno con una maniglia d'ottone appannato; una porta modesta, pensò, per una che conduceva al luogo doveva viveva l'Hokage. Minato attese una risposta, terribilmente a disagio ed esitante.

Alla fine Naruto sentì un sorriso sincero stirargli le labbra.

“Sì, certo.”



***



Si stavano muovendo molto più in fretta di quanto Sakura avrebbe voluto, ma era comprensibile vista la pericolosità della situazione in cui si trovavano.

La donna aveva ceduto e raccontato tutta la verità sotto lo sguardo intenso di Kakashi. Era troppo bravo negli interrogatori per non averne mai fatto uno; Sakura riflettè che forse gli ANBU preparavano un ninja a qualsiasi situazione. Si era scoperto che la donna era figlia di un miliardario che aveva impiegato ninja traditori per fare il lavoro sporco al posto suo, ma non li aveva poi pagati. Questi si erano arrabbiati e avevano deciso di rapire o mutilare sua figlia come pagamento. Suo padre era un uomo d'affari eccezionalmente scaltro e non aveva voluto pagare un prezzo assurdamente alto per una missione di livello A, e il risultato era quell'enorme bluff.

Quando una spalla solida la colpì per attirare la sua attenzione, alzò gli occhi per incontrare uno sguardo azzurro e preoccupato.

“Stai bene? Ti sei persa per un minuto intero,” le chiese.

Le facevano male i muscoli delle spalle e soffriva di un grave esaurimento di chakra. Il poco che si era ripristinato dopo che l'aveva usato tutto, qualche giorno prima, si era prosciugato guarendo Naruto così spesso. Sapeva che se gli avesse detto la verità, lui avrebbe insistito perché si fermassero a riposare o avrebbe continuato a preoccuparsi per lei per tutto il resto del viaggio. Avevano un lavoro da compiere e non gli ci volevano distrazioni.

Mentì con un debole sorriso, “Sto bene. Sono solo un po' stanca”.

Le prese momentaneamente una mano e le strinse le dita in una breve dimostrazione d'affetto. Lei non riuscì a reagire, sopresa dalla sua audacia, e arrossì quando la lasciò andare. Fu presa da una travolgente felicità e la sua mente fu riempita da una fugace euforia.

Erano approssimativamente a un'ora di cammino da Suna e in quel momento stavano viaggiando per un aspro sentiero tra due torreggianti e scoscesi muri di roccia. Era considerevolmente scuro e la mancanza di luce dava al luogo un'aria minacciosa. Era così silenzioso che Sakura sentiva il suo stesso battito cardiaco e lo scricchiolio di ogni granello di sabbia sotto i suoi piedi. Se osservate abbastanza a lungo, le ombre sembravano trasformarsi in demoni e allungare verso di lei dita di fumo. Rabbrividì internamente.

Sentì i ninja dietro di loro, attorno di loro, e seppe che anche i suoi tre compagni di squadra ne erano consapevoli. Era un'altro dei dolorosi giochi di attese dei ninja traditori, di quelli che le facevano sudare i palmi delle mani e stringere la gola nel deglutire ansiosamente. Non importava quante volte l'avesse sperimentato, sembrava non diventare mai più semplice.

Sussultò quando una roccia ruzzolò giù per il muro al suo fianco, mancando la testa di Sai per un capello. Naruto le prese di nuovo in fretta una mano nascondendola dietro le loro schiene, e cominciò a tracciare lenti circoli con il pollice sul dorso, cercando di calmarla. Sai sembrava non vedere l'ora di afferrare un kunai, mentre Kakashi continuava a camminare in modo invidiabile, indifferente e senza preoccupazioni. Avrebbe potuto cadergli in testa il mondo, e ancora avrebbe avuto l'aspetto di uno che andava a comprarsi del pane.

Un silenzio mortale seguì, e mise sull'attenti anche la donna sotto la loro protezione. I muri incredibilmente alti parevano chiudersi su di loro quanto più Sakura li guardava, perciò la ragazza tenne gli occhi fissi sul sentiero davanti a sé. Cercò di concentrarsi sulla sabbia e al tempo stesso di tenere all'erta i sensi, costringendosi a calmarsi.

La sabbia scricchiolò sotto i suoi piedi. Un pollice calloso le tracciava il dorso della mano. Gli occhi di Kakashi guizzarono verso l'alto per il più breve dei momenti. La sabbia scricchiolò sotto i suoi piedi. Un pollice calloso le tracciava il dorso della mano. La mano di un pittore s'infilò nella sacca dei kunai. La sabbia scricchiolò sotto i suoi piedi. Un pollice calloso le tracciava il dorso della mano. I muri si stavano richiudendo su di loro.

La sabbia scricchiolò sotto i suoi piedi. Un pollice calloso le tracciava il dorso della mano e la sua respirazione accelerò finché non potè sentire ogni respiro affannoso nelle proprie orecchie, finché non cominciò a vedere puntini bianchi di fronte a sé, finché il cuore non le batté come un gong nelle orecchie, finché, finché, finché-

Dei kunai si schiantarono a terra e delle rocce cominciarono a tombare dalle cime dei muri come grandine sopra le loro teste. Nel giro di tre secondi, una cupola-scudo di brillante chakra verde si formò sopra di loro dalle dita di Sakura. Le pietre ci battevano contro inutilmente, punteggiando la sabbia morbida come spazzatura, e poi lo scudo sparì con la fine delle cadute.

Sai aveva già finito di dipingere; sopra di loro si librò un enorme drago, che si agitava selvaggiamente con zanne affilate come rasoi distese. Dovevano esserci almeno venti ninja e con il loro livello di stanchezza il Team Kakashi sarebbe stato messo a dura prova per vincere quella battaglia. I loro nemici saltarono già dai muri e atterrarono sulla sabbia in un circolo vago che obbligò i ninja di Konoha in una stretta formazione difensiva.

Il drago di Sai ruggì selvatico sgranocchiando il torso di un uomo; Naruto trasalì sentendo ogni singolo osso che si spezzava dolorosamente. Il drago lanciò il ninja ormai paralizzato contro il muro come se stesse calciando via le scarpe dopo una lunga giornata di lavoro; quello cadde a terra e non si rialzò più. Le dita di Kakashi cominciarono a formare sigilli ad una velocità che avrebbe reso invidioso Uchiha Itachi e la sabbia sotto di loro prese a incresparsi come acqua. Tutto d'un tratto, la sabbia si alzò in forma di dita giganti e trascinò sotto terra tre uomini, che non ricomparvero.

Quando un ninja si avvicinò troppo a Naruto e alla loro protetta, il biondo tirò fuori un kunai e gli squarciò la gola. Senza neanche guardare, Naruto lanciò il kunai alla propria sinistra nella pancia di un altro ninja, che cadde a terra come un sasso. Sakura era in ginocchio, insinuando il chakra nella sabbia per manipolarla. Quando quattro ninja si lanciarono contro di lei, essa si alzò in un gigantesco e granuloso muro contro cui andarono a sbattere prima di potersi fermare. S'indurì, rinforzata dal chakra, e le figure che si dibattevano all'interno del muro si bloccarono poco dopo.

Sai e Sakura si scambiarono un'occhiata complice e il pittore cominciò a formare sigilli con le mani in una lunga e complessa serie. Dalle dita Sakura produsse un altro scudo di chakra abbastanza grande da proteggere loro cinque e il cavallo. Il drago cambò forma e si divise in tante sezioni diverse, una per ogni ninja rimasto. I resti del drago parevano ormai fili di fumo nero che si lanciavano contro i rispettivi obbiettivi. Sakura strinse gli occhi quando il rumore di grida e rapide esplosioni cominciò ad assordarla.

Cadde un silenzio mortale, mentre lo scudo di chakra scompariva con un suono leggero e il fumo denso si diradava. Enormi segni di bruciature coprivano le pareti scoscese del passo e qualcosa di nero e tremante catturò la sua attenzione. Erano due delle immagini esplosive di Sai, ma come poteva essere possibile, quando ognuna di esse aveva raggiunto il proprio obbiettivo...?

Poi comprese che due ninja erano ancora vivi. Il terreno sotto i piedi di Naruto aveva preso a tremare, ma lui non lo aveva ancora notato. Una mano armata di kunai sbucò dal terreno e improvvisamente la mente le si svuotò completamente.

Tutto quello che riusciva a sentire era Naruto e un'indicibile paura di perderlo. Non poteva perderlo, era suo ed era sempre stato con lei, era invincibile ed era Naruto. Il tempo parve rallentare mentre il ninja emergeva dalla sabbia e d'un tratto Sakura si stava muovendo, muovendo impossibilmente veloce perché lui era in pericolo, perché avrebbe potuto morire-

Thud thud. Thud thud.

Il sangue le pulsava nelle orecchie. Era tra le braccia di qualcuno e stava cercando di riprendere il fiato. Il chidori di Kakashi squarciò il petto dell'uomo che aveva tentato di uccidere Naruto. Si guardò il petto e ad un tratto fu troppo stanca per sorprendersi dell'acciaio nero che ne sporgeva. Vide due braccia abbronzate stringersi attorno alla propria vita; venne alzata a incontrare un paio di occhi azzurri. Non era mai stata più felice di vedere quel colore.

Thud thud. Thud.

Era vivo? Meno Male. Quasi si mise a ridere. Il sollievo si stava diffondendo in lei come un antidolorifico che la liberava dal dolore. Lo aveva raggiunto in tempo! Gli rivolse un sorriso annebbiato; all'improvviso lui si arrabbiò, gridando parole che non riusciva più a sentire perché il sangue le batteva nelle orecchie ed era così rumoroso. Il movimento delle sue labbra le attirarono gli occhi e le guardò aprirsi e chiudersi, ammirata da un tale piccolo fenomeno.

Thud. Thud.

Il sangue le pulsava nelle orecchie, sempre più forte, finché non penso che l'avrebbe assordata; ma combattè per tenere aperti gli occhi. La sua mano non avrebbe dovuto richiedere un tale sforzo per alzarsi e toccare i graffi sulle sue guance distrattamente. La guardò, affascinata, mentre le ricadeva mollemente al fianco; era così stanca... così...

Thud.

Mentre la vista le si oscurava, la pelle di Naruto bruciò come il fuoco contro la sua e un chakra diabolico riempì l'aria. Cercò di tenere gli occhi aperti, di vedere cosa stava succedendo, ma il sangue le batteva nelle orecchie ed era così stanca, così esausta-





Prossimo capitolo: Leaf Green

E poi di colpo, non aveva più chakra.

Erano i momenti più terrificanti della sua vita. Qualcosa di infausto, qualcosa di oscuro gli ghiacciava il sangue e i capelli sottili sulla nuca si sollevarono. Il respiro gli si bloccò in gola e improvvisamente il battito del suo cuore era troppo rumoroso, batteva, batteva, batteva...

Avvertiva ancora il chakra del Kyuub nei recessi del sigillo, ma era come se non riuscisse più a raggiungerlo, come se... come se fosse stato tagliato fuori-

Il grido di Minato gli riempì la mente, “NO!








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