Vermillion;

di chos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia rosso vermiglio. ***
Capitolo 2: *** Macchie rosso vermiglio. ***
Capitolo 3: *** Ricordi rosso vermiglio. ***
Capitolo 4: *** Stoffa rosso vermiglio. ***



Capitolo 1
*** Pioggia rosso vermiglio. ***


Premessa: Questa è la prima fic che posto qua, e spero di non sbagliare qualcosa D:
Dunque, i personaggi presenti in questo scritto (ideato senza alcuno scopo di lucro) sono opera di Masashi Kishimoto.
Tutto ciò è nato da un momento di depressione estrema e di estremo attaccamento al capolavoro del grande Masashi-sensei, quindi spero possa piacere e soprattutto che renda giustizia a quel che è forse uno dei manga più belli della storia.
Buona lettura :D

 
Vermillion

Pioggia rosso vermiglio
Chapter 1

Tante, minuscole, gocce veloci, tremende, irrefrenabili, cadevano giù lungo tutta la mia figura martoriata dai suoi colpi potenti e scattanti.
 
Perché stava succedendo tutto quello? 
Perché era come se ogni momento che avevamo passato insieme stesse per scivolare inesorabilmente tra le mie dita come sabbia?
Perché il mio migliore amico mi stava combattendo con così tanto ardore e convinzione? 
 
Non volevo lasciarlo andare, il mio corpo si rifiutava categoricamente di accettare il suo abbandono, volevo semplicemente stringere quella sua maledetta mano e portarla al mio petto, per fargli sentire il rumore insopportabile del mio cuore che si infrangeva in mille pezzi, ma lui stava tentando di uccidermi, ed io non sapevo più se rispondere prontamente ai suoi colpi difendendomi, immaginando i miei giorni in sua assenza.
Che senso aveva tentare di resistere alla sua irruenza quando poi, andandosene, mi avrebbe lasciato di nuovo da solo?
D'altra parte avrei potuto benissimo sconfiggerlo, e tenerlo con me, ma ogni volta che sentivo la sua pelle lacerarsi sotto un mio attacco, una dolorosa scintilla accendeva il mio cuore straziato.
Ma quali alternative avevo? 
La mia schiena, quasi avesse vita propria, si distaccò dal terreno bagnato, ed il mio sguardo incontrò il suo, lo sguardo convinto e deciso del mio migliore amico, di Sasuke Uchiha, che rimaneva a svariati metri di distanza da me.
Mi alzai in piedi, con le sopracciglia aggrottate, mentre il respiro affannoso faceva muovere a ritmo irregolare il mio petto, e con la lingua ripulii l'angolo delle mie labbra, sporco di sangue; l'ambiente che ci circondava era grigio, triste, malinconico, così come le nuvole che ricoprivano il cielo.
Tutto era così miseramente tremendo che quasi riuscivo a sentire il centro della terra singhiozzare.
«Non posso fare proprio nulla per farti cambiare idea, vero?» Strinsi la mano destra che stava attaccata al fianco in un pugno,  così forte, che sentii le nocche dolere, digrignando i denti e in tutta risposta lui ricambiò lo sguardo con un ghigno.
«Sul serio pensi di potermi convincere a rimanere in questo misero villaggio? Come credi che potrei diventare più forte di mio fratello restando qui? Non essere ridicolo, io ho bisogno del potere, e Konoha non me lo darà di certo.» Rispose con aria di superiorità, che mi fece ribollire dentro una rabbia inaudita. Le sue condizioni non erano di certo migliori delle mie, eppure come riusciva a darsi delle arie in quelle circostanze?
Sentivo la forza sigillata dentro di me divenire sempre più potente, e sempre più insistentemente invocare il mio nome.
Dovevo attingere a quel potere o tentare di cavarmela da solo? Sasuke era certamente forte, e se mi avesse costretto ad usarlo, lo avrei fatto. Avrei usato qualsiasi mezzo per costringerlo a restare, non mi importava come, dovevo costringerlo a rimanere. Gli avrei rotto tutte le ossa, gli avrei distrutto la voglia e la forza di andare da Orochimaru, non sarebbe andato da quel maledetto in ricerca di potere. Sapevo che Sasuke avrebbe potuto diventare più forte anche da solo, perché lui era il mio esempio da seguire, lui era il mio idolo, anche se non gliel'avevo mai detto, anche se non gliel'avevo mai fatto notare mascherando il tutto con quel finto odio, lui era quello che sarei voluto diventare un giorno.
Come poteva deludermi in quel modo?
«Non ti lascerò andare da Orochimaru!» Le parole mi uscirono veloci dalla bocca, quasi in un ruggito, e partii all'attacco, mentre i miei piedi veloci percorrevano la strada che andava infangandosi sempre di più con la pioggia che scendeva fitta.
La sua figura rimase immobile, come se sapesse che non gli avrei inferto alcun danno. Che cosa aveva in mente?
D'un tratto, il segno che aveva sul collo si espanse, ed il suo aspetto divenne completamente diverso: i capelli diventarono più lunghi e chiari, sul suo volto apparve una croce e la sua espressione mi sembrò più minacciosa che mai.
Era quello il potere che gli procurava Orochimaru? Se lo avesse raggiunto che ne sarebbe stato di lui?
Quel cambiamento mi fece titubare, rendendo il mio attacco lento e prevedibile.
«Non dire stronzate, Naruto.» Concluse con sguardo serio, mentre bloccava il mio pugno a mezz'aria.
La mia difesa rimase così scoperta, ed un calcio colpì il mio fianco, facendomi finire diversi metri più in là, di nuovo a terra.
No, non potevo continuare in quel modo, mi sarei fatto uccidere. Lui stava facendo sul serio, quello non era mica un allenamento.
Mi alzai nuovamente, evidentemente indolenzito.
Strinsi gli occhi avvertendo chiaramente le conseguenze del colpo, e così compresi che dovevo farlo. Non avevo alternative, ero al limite, dovevo far prevalere la forza del cercotero e avrei potuto vincere, lo avrei fatto rimanere al villaggio, con me
I miei occhi si fecero più aggressivi, i canini più pronunciati, e i segni sul viso più marcati; così distesi il braccio al lato del mio fianco, concentrando il chakra nella mano destra, preparandomi per la tecnica che mi aveva insegnato quell'eremita porcello: il Rasengan, e lo stesso fece Sasuke, preparandosi per quello che il maestro Kakashi aveva nominato Mille Falchi.
L'impatto sarebbe stato micidiale, e probabilmente sarebbe stato anche l'ultimo. Dovevo riuscirci, dovevo riuscire a batterlo con quel colpo.
L'uno corse contro all'altro, ed i due attacchi si scontrarono, così come facevano le gocce della pioggia contro il terreno, creando una enorme sfera distruttiva, che mi travolse inesorabilmente, facendomi perdere i sensi dopo poco, mio malgrado.
Un dolore insopportabile aveva investito il mio corpo, facendolo crollare sfinito per terra.
Prima di chiudere gli occhi, sperai solamente che a lui fosse capitato lo stesso, e sarebbe rimasto lì, al mio fianco, dove era giusto che rimanesse.

To be continued.

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Capitolo 2
*** Macchie rosso vermiglio. ***


Premessa: Inizio con il dire che ringrazio tutti coloro che hanno cominciato a seguire la mia fic, quelli che hanno recensito il primo capitolo e quelli che continueranno a seguirmi, sapere che c'è qualcuno che legge gli sfoghi della mia mente contorta mi conforta davvero :D
Questo capitolo non mi convince, ma spero comunque che piaccia a tutti voi. 
A semplice titolo informativo, ho scritto il tutto ascoltando 'Devastante' dei Vanilla Sky, mi ha ispirata.
Buona lettura! 

 
Macchie rosso vermiglio
Chapter 2

Le tenebre oscuravano la mia vista, gli arti non rispondevano ai comandi impartiti dal cervello ed io rimanevo incollato al suolo bagnato e fangoso.
Il rumore della pioggia era scomparso, ma riuscii a sentire, in lontananza, una voce.
La sua voce.
«Alla fine sei svenuto, eh. Mi dispiace di averti fatto questo, Naruto.»
Quelle parole, mi fecero angosciare non poco: a lui non era toccata la mia stessa sorte, no; era rimasto cosciente, e se ne sarebbe andato.
Avrei voluto prenderlo per una caviglia in quel momento, avrei voluto trattenerlo con le unghia e con i denti nel nostro villaggio, ma non avevo le forze per muovere un solo, dannato muscolo.
Non ero riuscito nel mio compito, avevo fallito la missione, ed avevo appena perso la persona che ritenevo essermi più vicina di tutte. Piuttosto che svegliarmi e rendermi conto di tutto quello che ero riuscito a non fare, sarei voluto rimanere lì, in quel desolato posto, attendendo la morte. Tuttavia, la voglia di aprire gli occhi, rizzarmi nuovamente in piedi e trovare quello stupido per riempirlo di botte con l'intento di farlo ritornare in sé, era più forte di quel pensiero tanto egoista, per cui, appena ebbi le forze, e non fu certo molto presto, aprii gli occhi in uno scatto, e l'ambiente che mi ritrovai davanti non era per niente quello in cui avevo lasciato Sasuke.
Un neon investì le mie pupille, facendomi richiudere le palpebre velocemente, ed una mano mi sfiorò premurosamente un braccio.
Era liscia e minuta, femminile. Non riconobbi subito la proprietaria di quella mano, riuscii ad individuarla solo grazie al suo profumo; sì, pur lottando, quella ragazza aveva sempre e comunque il medesimo dolce odore di ciliegio.
Sakura era lì al mio fianco. 
Io le avevo promesso di riportare indietro Sasuke, ed io stesso avevo fallito. 
«Naruto!» Esclamò lei, per poi stringere la mia mano con la sua. «Naruto, riesci a sentirmi?» Mi domandò, con un tono di voce che faceva chiaramente trasparire la sua preoccupazione.
Mi stupiva che fosse preoccupata per me, forse lo era per Sasuke.
Era sempre, costantemente, preoccupata per Sasuke, anche quando non ce n'era bisogno, figuriamoci in quella situazione.
Era preoccupata per lui, proprio come me. 
Presi un gran respiro, strinsi gli occhi, e dopo aver contato mentalmente fino a tre, li riaprii lentamente. 
Ero in ospedale, e i muri bianchi e freddi ne erano la prova, così come il materasso scomodo sul quale stavo sdraiato. Inoltre il lezzo di disinfettanti e di bendaggi imbrattava la stanza dalle finestre chiuse, e assaliva le narici a ritmi irregolari. «Ovvio che ci riesco, Sakura.» Dissi facendo l'occhiolino, con una voce che voleva imitare il mio tipico tono alto ed energico, ma era talmente distorto dal sonno dal quale mi ero appena svegliato, che sembrai quasi sarcastico. Era irritante tutto ciò.
Avevo sempre tentato di nascondere il mio dolore, in qualsiasi forma mi si presentasse, e per un combattimento con quel testone di un Sasuke, mi dovevo ritrovare in quelle condizioni? Non ne avevo davvero né l'intenzione né l'interesse.
C'era un motivo per il quale non facevo vedere ad anima viva i miei veri sentimenti, e per questo non potevo assumere espressioni che esprimevano le mie vere emozioni.
Lo avevo ripromesso a me stesso: non volevo perdere quelle poche persone che ormai mi erano care tenendo il broncio o assumendo espressioni serie. Se per avere degli amici dovevo fare lo stupido, l'avrei fatto.
Alzai la schiena dall'improponibile lettino ospedaliero sul quale stavo sdraiato, e feci per scendere da esso, ma venni bloccato dalla ragazza che mi stava accanto.
«Dove credi di andare?» Un ciuffo dei suoi rosei capelli le ricadde davanti ad un occhio, e lei, senza distogliere il suo sguardo contrariato dal mio risoluto, lo scostò riportandolo dietro le orecchie. «Devo ritrovare Sasuke, ti avevo promesso che non l'avrei fatto andare da Orochimaru!» Gli ricordai. Il verde dei suoi occhi si insinuava con irruenza nell'azzurro dei miei, quasi tentasse di arrivare a guardare fino in fondo al mio animo. 
Rimasi a guardarla per poco, quello sguardo in quel momento non riuscivo a sostenerlo.
Così distolsi l'attenzione dai suoi occhi e feci per alzarmi, ma prima che Sakura potesse controbattere e prima che io potessi portare a termine l'azione che stavo tentando di compiere, si aprì la porta bianca che portava ai corridoi dell'ospedale di Konoha. Sentendo il rumore di essa, mi voltai di scatto, e vidi entrare nella camera Nonna Tsunade.
I suoi capelli biondi e raccolti in due codine come al solito, le ricadevano sulle clavicole, e si poggiavano sui suoi seni prosperosi. 
"Bella e perfetta come sempre". Questo pensavano tutti, ma in pochi sapevano che dietro a quelle giovani fattezze si nascondeva una donna che aveva superato i cinquanta.
«Naruto, ti trovo in forma. E dire che sei stato incosciente per tre giorni.» A quella frase strabuzzai gli occhi, e con una lieve pressione su Sakura riuscii ad alzarmi definitivamente.
Tre giorni? In tre giorni chissà dove era riuscito ad andare!
Sì, era ferito, ma lui sarebbe riuscito ad andare in capo al mondo con l'uso di un solo arto, ne ero pienamente cosciente.
Guardai il pavimento; la mia fermezza si era sgretolata troppo velocemente, e alla stessa velocità si ripristinò, tanto che mi sembrò di stare per cadere, a causa di quegli inattesi sconvolgimenti al mio interno.
Come potevo rimanere ancora lì a ciondolare con le mani in mano? Proprio perché era passato tanto tempo non potevo indugiare ancora, dovevo mettermi in cammino e riportarlo indietro con me!
«Devo trovare quell'idiota di Sasuke!» Mi diressi verso la porta dicendo quella parole, ma colei che mi stava davanti allungò le mani con i palmi aperti verso di me, come per dirmi di restare fermo, con sguardo contrariato, simile a quello di Sakura, con l'unica differenza che quei bei due occhi dorati di Nonna Tsunade lasciavano intravedere quello a cui erano stati spettatori, e se avesse anche solo provato ad indagare nel mio profondo come aveva fatto la ragazza dai capelli rosa, lei ci sarebbe certamente riuscita.
Pensai a come mi sarei sentito, se l'avesse fatto, se avesse cominciato a guardarmi attentamente, scrutando ogni mia singola mossa. Sentivo che mi avrebbe distrutto.
Mi spaventava, non so perché, l'idea che potesse fare una cosa del genere, quindi sperai con tutto me stesso che non lo facesse.
«Non dirai sul serio! Guarda in che condizioni sei ridotto, dove pensi di poter arrivare così? » Un sospiro uscì lieve dalle sue labbra, e mise una mano sulla mia spalla sinistra, facendo attenzione a non farla pesare più di tanto. «Naruto, torna a letto, per l'amor del cielo.» Aggrottai le sopracciglia, furioso. Perché dovevano trattarmi come un marmocchio qualunque? Pur essendo ricoperto di bende sapevano benissimo che grazie alla Volpe a Nove Code racchiusa dentro di me riuscivo a guarire molto più facilmente di chiunque altro.
Ritornai a letto, quasi sconfitto. La mia fronte increspata rimaneva tale, e le mie labbra cominciavano ad essere torturate dai miei denti affilati. Osavano trattenermi lì, ma come potevano? 
Come potevano lasciare andare un abitante del Villaggio nelle mani di uno psicotico come lo era quell'Orochimaru? 
Misi le mani sulle mie gambe distese, e cominciai a rigirarmi i pollici, nervoso. 
Sasuke... forse una volta avrei detto che sarebbe stato in grado di cavarsela da solo, ma dopo lo scontro che era avvenuto tre giorni prima non ero più dello stesso parere. Sembrava impazzito, come se quel segno che aveva sul collo gli avesse corrotto sia l'animo che la mente, e forse era davvero così. Dava l'impressione di essere così convinto delle proprie parole che non riuscivo a dire se fossero tutti pensieri frutto della sua reale psiche oppure se fossero opera di qualche manipolazione da parte di quel pazzo dalla lingua lunga.
Feci scivolare il mio sguardo dal bianco lenzuolo che di nuovo mi ricopriva, al muro che stava di fronte a me. Quasi potevo vedere i capelli corvini del mio migliore amico che contornavano come suo solito, il volto androgino e pallido. Potevo vedere il suo sguardo crucciato, di chi si sta impegnando nel pensare con lo scopo di risolvere un problema tremendamente complicato e non riesce a trovare una soluzione; le sue mani intrecciate tra loro, sulle quali si poggiava il suo piccolo mento...
Era come se fosse lì, davanti a me, e gli occhi mi si colmarono di lacrime che non avrei mai fatto scendere giù per le mie gote. Mi appariva come una visione talmente reale, che se non fosse scomparsa in un soffio, quando nella stanza entrò un'altra persona, sarei anche potuto cascare nella trappola che aveva ordito il mio intelletto, e sperare che il mio migliore amico fosse di nuovo vicino a me.
E invece no. Tutto quello scomparve, lasciando delle macchie di rosso vermiglio sulle candide pareti della mia mente. Al suo posto però, apparvero i capelli argentati e lunghi che riuscivano a rendere riconoscibile l'uomo che si era piantato davanti al lettino anche in una folla di più di diecimila persone.
«Eremita porcello!» Esclamai. Che potesse farmi fuggire dalle grinfie di quelle due donne che avevano intenzione di tenermi costretto a quel letto?

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Capitolo 3
*** Ricordi rosso vermiglio. ***


Premessa: MI SCUSO CON TUTTI COLORO CHE LEGGONO QUESTA FIC PER IL TREMENDO RITARDO. Purtroppo lo studio e gli impegni sono quello che sono, e pur avendo quasi finito il capitolo molto tempo prima di adesso, avevo perso tutto a causa di un malfunzionamento al pc. Ergo... spero che a voi tutti questo capitolo piaccia, che almeno ripaghi la vostra attesa!
Buona lettura.

Ricordi rosso vermiglio
Chapter 3

Se fossi rimasto in quel luogo bianco, attorniato da quelle due femmine che cominciavano ad essere soffocanti, molto presto e con estrema felicità sarei potuto impazzire. L'eremita porcello però mi avrebbe portato fuori da quel posto, mi avrebbe compreso, lui solo poteva. O almeno così speravo. Se quell'uomo dai capelli lunghi avrebbe deluso le mie aspettative, non sapevo come avrei potuto reagire. Potevo fuggire da quel posto quella sera, ma avrei perso ancora più tempo. Eppure se Jiraiya non mi avesse aiutato, quella appariva come l'unica possibilità.
«Naruto, sono venuto a vedere come stai. Sono stato fuori per delle ricerche di lavoro, e sono potuto venire soltanto adesso.» Disse, con un sorriso da beota sul viso. Sì, certo, nemmeno un idiota ci avrebbe creduto; chissà quante terme aveva girato quel porcello mentre io rimanevo a letto.
Maledetto.
Gli regalai uno sguardo scettico e allo stesso tempo poco interessato: avrei dovuto farci l'abitudine, e poi in quel preciso momento il mio obiettivo non era discutere degli hobby di Jiraiya.
«Mi stupisce che tu sia ancora a letto, ragazzo, questa nonnetta dai seni enormi minaccia di non farti mangiare ramen per il resto della tua vita?» Chiese, lanciando una frecciatina a Tsunade, che rispose con uno sguardo tutt'altro che confortante. «Bada a come parli, ti stai pur sempre riferendo all'Hokage.» Il suo tono era autoritario, ma evidentemente innaturale per la sua persona.
Sakura sorrise, così come feci io; almeno quella strana atmosfera che si respirava fino a due minuti prima era scomparsa come nebbia al vento.
«Voglio uscire da qui.» Mi limitai a dire con un volume di voce basso, ma abbastanza alto da farmi sentire da tutti coloro che stavano in quella camera d'ospedale. Fissai dritto negli occhi Jiraiya, il quale ricambiò lo sguardo con uno dalla sfumatura compassionevole. «Le ferite erano piuttosto gravi, Naruto, sforzare il tuo corpo in questo momento è pressocché inutile.»
Allora era così. Era d'accordo con le due donne che, in silenzio, osservavano entrambi impegnati nella conversazione. 
Chissà quanta soddisfazione stavano provando, trovando qualcuno che non le contraddicesse. Ero riuscito a sentire quella sensazione davvero poche volte, ma ricordavo come ci si sentiva. E sicuramente stavano godendo di quella situazione da matte.
Se avessero potuto ero sicuro che, con voce cantilenante ed in coro avrebbero esclamato: «Te l'avevamo detto!», ma fortunatamente riuscivano a contenersi dal farlo.
Risposi con un mezzo ringhio, e rassegnato mi sdraiai definitivamente sul lettino, fissando il soffitto, per poi voltarmi verso la finestra, osservando attentamente l'edificio che stava di fronte ad essa.
Sarei scappato per la finestra quella notte stessa, e avrei trovato quello stolto a qualsiasi costo; gli avrei urlato contro quanto ci tenessi a lui e quanto la sua assenza mi mozzasse il fiato.
Sarei passato per uno stupido e per infantile, ma sentivo che senza di lui non avrei potuto continuare la mia vita come prima, era diventato parte integrante di essa, e non avrei rinunciato tanto facilmente ad una cosa del genere.
«Io e Sakura adesso andiamo, si è riposata fin troppo, deve tornare agli allenamenti, ed io devo lavorare, quindi, scusateci..» Disse, posandomi un bacio sulla fronte.
 «Non fare niente di sconsiderato, Naruto.» Un ultimo sguardo, di fuoco, piantato nel mio, poi più nulla, voltò le spalle, e in saluto Sakura mi fece un timido cenno con una mano.
Così rimasi solo con Jiraiya.
«Non fare quella faccia.» Mi voltai verso di lui, e vidi che continuava ad osservarmi attentamente. Un'altra persona che usufruiva di quello sguardo? Che diamine.
«Appena sarai nelle condizioni di uscire, ti offrirò tutto il ramen che vuoi, eh, che ne dici?» Propose l'uomo, ed anche se prima di tutti quegli eventi avrei accettato, in quel momento il ramen non mi appariva come una priorità.
Purtroppo Sasuke era più importante di una porzione di ramen. Molto più importante.
Perché le cose che si possono raggiungere con più facilità non soddisfano il nostro animo?
Davvero, non riuscivo a spiegarmelo.
«Non ti entusiasma nemmeno il ramen, ah poveri noi, sei davvero preoccupato allora.» Annuii, inghiottendo della saliva troppo amara perché non facesse rumore oltrepassando il mio pomo d'Adamo ancora poco sviluppato.
«Quell'aria seria non ti si addice per niente, sai?» Mi chiese, ed io sbuffai, ecco, quello che non volevo che accadesse.
Serio. Naruto Uzumaki non poteva godere di una tale espressione.
Naruto Uzumaki non poteva permettersi un tale lusso.
Era sempre stato così, perché in quel frangente tutto ciò mi calzava stretto?
Le emozioni che provavo non potevano essere nascoste da un semplice sorriso, come sempre?
Forse il problema principale era che dovevo tentare di impegnarmi di più nel fingere.
Sì, è una cosa disgustosa vivere senza sosta dietro ad una maschera di cera pronta a sciogliersi al minimo rialzo della temperatura, eppure continuavo così.
Non avevo alternative.
Dovevo soltanto far attenzione al calore. Quando rischiavo, e mi avvicinavo troppo, finivo sempre col bruciarmi, col far colare una buona parte della maschera, e farne attaccare ancora di più al mio viso un'altra.
Era tutto un dannato circolo vizioso che a lungo andare mi stava portando alla follia.
«E tu non dovresti fare tante domande, eremita porcello!» Lo additai, puntando il mio sguardo verso il suo, e sorprendentemente il mio tono di voce ritornò quello di un tempo.
Lo stesso tono che usavo per contraddire Sasuke.
Jiraiya rimase un po' a fissarmi, lievemente stupito dal cambio repentino di atteggiamento, e con un sorriso, si avvicinò ulteriormente a me e mi scombinò i capelli biondi mettendo una delle sue grandi mani sulla mia testa.
«Ah, Naruto, sei sempre il solito.» Quella frase carica di rassegnazione, mi fece alzare lo sguardo verso di lui, dubbioso.
«Devo continuare le mie ricerche, il lavoro non aspetta! Al mio ritorno, voglio  che Tsunade mi dica che tu stai bene e non hai fatto idiozie.»  Roteai gli occhi, guardando nuovamente oltre la finestra. C'era una bella giornata fuori da quel posto.
«Sì, certo. Divertiti alle terme.» Il mio sguardo si riversò nel suo, e lui rispose con un sorriso che parve più una smorfia.
«Ci vediamo!» Disse infine, scomparendo dietro la porta della stanza, mentre il silenzio prepotentemente si appropriava di quel luogo.
Così chiusi gli occhi, concentrandomi su quello che mi apprestavo a fare quella sera.
Era rischioso, ma se Sasuke aveva intenzione di non tornare a Konoha, per continuare la mia vita senza rimpianti dovevo tentare di riportarlo indietro senza svenire.
Bella sfida. 
Ce la farai, Naruto?
Chissà cosa stava facendo colui che in quel periodo stava al centro dei miei pensieri.
«Sasuke...» Sussurrai, mentre, avvertendo un gran senso di sonno improvviso, crollavo tra le braccia di Morfeo.
 
Il mio sonno fu pesante. Appena mi svegliai, mi ricordavo di aver sognato, ma cosa avevo sognato davvero non lo ricordavo.
La luce del neon era ancora più forte in contrasto con l'oscurità della sera, ma al contrario del primo risveglio, aprii gli occhi lentamente, e riuscii ad adattarmi alla luminosità della stanza.
Era giunto il momento di fuggire, era giunto il momento che avevo tanto atteso.
Dovevo uscire da quell'ospedale, per andare da Sasuke.
Scesi dal lettino, e facendo attenzione rimossi le bende dal mio petto e dalle mie braccia; come previsto non c'era più nemmeno un segno del combattimento che mi aveva tenuto incollato lì per più di tre giorni.
Sospirai, e prendendo i miei vestiti che stavano poggiati su di una sedia posizionatami vicino, mi vestii velocemente. 
 
«Certo che Sakura è strana.» La mia voce rimbombava nelle mie orecchie, mentre fatti remoti risorgevano nella mente. «Mi chiedo come faccia tu a piacerle!» Eravamo io e Sasuke, sulla sponda di un fiume, appena finita una delle nostre prime missioni.
Lui rimaneva in silenzio, sciacquandosi il viso con l'acqua dolce direttamente dalla fonte.
«Non dici nulla?» Lo incitavo, con il tono arrogante che conservavo solamente per il mio migliore amico. 
Era sempre stato di poche parole, e forse anche per quello mi piaceva la sua compagnia.
Si poteva dire che ci completassimo: io parlavo continuamente, e lui ascoltava.
«Non mi interessa Sakura. Non mi interessa né lei né nessun'altra.»  Si mise in piedi e mi lanciò sulla faccia l'asciugamani che aveva appena usato per tamponarsi il viso bagnato.
Rimasi interdetto, mentre mi passava accanto, e lo fermai tenendogli il polso.
«Non dire idiozie! E' impossib-» Avrei completato la frase, se solo le sue labbra non si fossero poggiate velocemente sulle mie.
Lo guardai negli occhi, basito, senza riuscire ad emettere suono, con le guance che andavano in fiamme.
«Finalmente hai smesso di parlare.» Si limitò a dire, voltandosi di nuovo verso il punto in cui avevamo lasciato il maestro Kakashi e Sakura, incamminandosi verso di esso.
Non capivo perché l'avesse fatto, ma sapevo solamente che il battito del mio cuore andava così veloce da far dolere il mio petto.
 
Quel ricordo scomparve, mentre allacciavo il coprifronte, sospirando nuovamente, per poi uscire con un balzo fuori dalla finestra, atterrando sul tetto dell'edificio dirimpetto.
La luna era piena, ed il cielo era colmo di stelle. Non c'era una sola nuvola in vista, e non c'era vento.
Era tutto così tranquillo...
«Naruto, cosa stai facendo?» Mi chiese d'un tratto poi una voce a me fin troppo conosciuta.

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Capitolo 4
*** Stoffa rosso vermiglio. ***


Premessa: ECCOMI TORNATA! Scuola finita, sì, ma in compenso ci sono millemila cose da fare, ed in più la non ispirazione fa gravi danni.
Adesso mi ritrovo seduta sul marmo del balcone, tentando di bearmi di un'effimera tranquillità notturna, grazie alla quale sono riuscita a concludere il capitolo. E' stato più o meno una tragedia, ma spero di non aver ucciso del tutto le vostre aspettative.
Spero di rifarmi al prossimo capitolo.
Buona lettura!

Stoffa rosso vermiglio
Chapter 4


«Maestro Kakashi!» Esclamai, mentre l’unico occhio che era possibile vedere sul suo viso, rimaneva fermo, a scrutarmi impassibile.
Come al solito non riuscivo a comprendere le sue emozioni guardandolo in faccia. La quasi totalità di essa era coperta, e più mi sforzavo, più i pensieri di quell’uomo mi sembravano impossibili da decifrare.
In un attimo, me lo ritrovai accanto, così vicino a me che quasi riuscivo a sentire il suo respiro passarmi tra i capelli, sostituendo quasi la brezza serale che in quel momento veniva meno.
«E dire che avrebbero dovuto controllarti per bene.» Disse, portando una mano fasciata sul coprifronte, assumendo un’aria rassegnata. «Non puoi combattere contro Sasuke da solo. Non arriverai a niente così.»
Lo guardai per svariati minuti, indeciso su cosa fare, poi scossi la testa, risoluto. Non avrei mollato tanto facilmente. Dovevo raggiungere al più presto il mio migliore amico, o sarei impazzito per il rimorso.
«Devo provarci.» Risposi semplicemente, stringendo ancora di più i pugni che stavano distesi lungo i miei fianchi.
Una sua mano si avvicinò al mio capo. «Naruto..» Lo guardai nuovamente, e mi allontanai, facendo un balzo in avanti, sorpassando Kakashi in direzione della mia meta.
«Non potrete fermarmi! Se per portare indietro Sasuke perderò la vita… mi potrò considerare soddisfatto!» Il mio tono di voce s’era fatto più elevato, e vidi l’occhio del maestro farsi più espressivo: sembrava esprimere sorpresa, ma non ne ero certo.
Rimase fermo, ed in un attimo esaminai la sua figura per bene, per la prima volta in quella sera.
Era bendato, quasi ovunque, e prestando la giusta attenzione, si poteva vedere che i suoi movimenti erano rallentati. Dolore? O semplicemente non intendeva ostacolarmi?
Decisi di non voler ragionarci su più di tanto, poiché questo avrebbe comportato la mia sconfitta.
Se avessi continuato a perdere tempo, ero sicuro che non avrei mai più rivisto il ragazzo che in quel momento più mi mancava.
«Non otterrai nulla agendo in questo modo sconsiderato, lo capisci?» Mi chiese, un’ultima volta, ed io, dopo un sospiro, feci un cenno del capo, rivolto all’uomo che avevo di fronte, e dopo avergli voltato le spalle, cominciai a correre più veloce che potevo.
I miei piedi, scorrevano quasi ininterrottamente sui tetti delle case, il paesaggio ai miei lati si faceva confuso. Non prestavo molta attenzione a cosa stessi facendo; le mie azioni erano maledettamente guidate dall’impulso, mentre immagini su immagini continuavano a martoriarmi la memoria: rimembranze di attimi felici e di altri terribilmente tristi; mi tornò alla mente quello scontro con quel ragazzo chiamato Haku, durante il quale credetti di aver perso per sempre Sasuke.
I miei occhi vennero offuscati da lacrime eccessivamente insistenti per essere represse, ed ebbe inizio un pianto veloce, silenzioso, nascosto dalla velocità, che faceva scomparire dopo poco quelle piccole gocce salate dal mio viso.
 

«Una persona diventa veramente forte quando ha qualcosa di importante da difendere.»
 

Quelle parole, marchiate a fuoco nella mia memoria, sembravano pulsare contro la mia fronte, quasi per non farmi dimenticare il profondo senso di quella frase.
Eppure non riuscivo a rendere partecipe la mia mente degli eventi che continuavano a presentarsi dinnanzi a me­: più il tempo scorreva, più essa rivangava fatti passati, e non mi spiegavo perché.
Durante quei giorni avevo troppi perché che non mi davano pace, perché a cui probabilmente non avrei mai saputo dare una risposta, perché a cui non mi interessava dare risposta.
La mia priorità era Sasuke, ed io sarei diventato più forte per proteggerlo da Orochimaru.
Tirai su col naso, senza distogliere gli occhi da ciò che mi stava davanti, evitando i vari ostacoli, e passato poco tempo, mi ritrovai in quel luogo maledetto.
Quel luogo in cui il mio migliore amico aveva tentato di eliminare quel legame che ci teneva uniti.
Legame.. cos’è davvero un legame?
E’ semplicemente un’invisibile catena che unisce le anime di due persone unite o è qualcosa di ancor più profondo?
Si può distruggere quella catena così facilmente?
Lo sguardo mio era perso in quell’ambiente fin troppo noto, poi si voltò velocemente verso le gambe, mosse da uno strano tremore, che mi portò con le ginocchia per terra.
Non era stanchezza, certo. Non mi sarei mai stancato tanto da crollare a terra per una corsa.
La consapevolezza che in quel posto tre giorni prima si era consumato l’avvenimento che al momento appariva a me come il più tragico in assoluto, mi mandava in tilt.
Lo scenario non era cambiato affatto; perché essere così crudele?
Perché rimanere immutato nei secoli, nonostante i conflitti peggiori si erano consumati al suo interno?
Strinsi un pugno per terra, prendendo un piccolo mucchio di terriccio chiaro, osservandolo attentamente, mentre una coccinella si posava sulla superficie del mio dito indice, che si rilassò, lasciando ricadere sul suolo quel mucchio di terra.
L’insetto poco dopo prese il volo, scomparve, immerso nell'oscurità del cielo.
Era calata quasi la notte, ma quell'esserino che mi aveva appena fatto compagnia mi ricordò che avevo davvero poco tempo.
La mia convalescenza era durata fin troppo, e non potevo ancora disperdere attimi preziosi che avrei potuto dedicare successivamente alla ricerca di Sasuke.
Diedi un leggero colpo al terreno, e con un balzo mi misi in piedi, percorrendo, nuovamente di corsa, la distanza che c’era dal luogo in cui mi trovavo, all’inizio della foresta, dove s’era certamente dileguato quello sciagurato.
Mi guardai intorno: in effetti non sapevo da dove iniziare le mie ricerche.
Esaminai un albero, uno dei tanti in quel posto, ma unico a causa di ciò che era rimasto impigliato sulla sua corteccia: stoffa blu, tinta in un angolo di rosso. Un rosso vermiglio.
Mi precipitai verso di esso, e lo presi tra le mani, scrutandolo, quasi potessi vedere tutto ciò che aveva passato quel misero pezzo di stoffa.
Era chiaro come il sole che facesse parte della maglia di Sasuke, mi chiedevo solamente se avrei trovato ulteriori indizi che mi avrebbero portato da lui.
Legai il piccolo frammento di blu al coprifronte, e proseguii il mio cammino alla ricerca dell’Uchiha che tanto stavo cercando.
«SASUKE!» Il mio grido squarciò in due il cielo, ed alcuni uccelli nei paraggi, spaventati, presero il volo.
Chissà se qualcuno avrebbe ascoltato quel mio richiamo. 

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