Cuori solitari

di nitro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risvegli ***
Capitolo 2: *** Villa Malfoy ***
Capitolo 3: *** Estate 1996 ***
Capitolo 4: *** Diagon Alley ***
Capitolo 5: *** L'espresso per Hogwarts ***
Capitolo 6: *** Lo Smistamento ***
Capitolo 7: *** Bolide ***
Capitolo 8: *** Umiliazioni ***
Capitolo 9: *** Fiducia ***
Capitolo 10: *** Tradimento ***
Capitolo 11: *** Imperius ***
Capitolo 12: *** Tregua ***
Capitolo 13: *** Gelosie ***
Capitolo 14: *** Estate 1997 ***
Capitolo 15: *** Regime ***
Capitolo 16: *** Schierarsi ***



Capitolo 1
*** Risvegli ***


Ciao a tutti! Questa è la mia prima fan fiction su Harry Potter…

Come molti di voi, sono rimasta turbata dall’epilogo del settimo libro della Rowling. Mi sono chiesta chi fosse questa Asteria (o Astoria) e come fosse riuscita a domare il pericoloso Serpeverde. La Rowling nei suoi libri non la descrive, così ho immaginato come potessero essere questo personaggio e la sua storia d’amore con Draco.

Il mio racconto parte dalla fine del quinto libro. Asteria ha appena finito il terzo anno a Durmstrang; non ha voluto frequentare Hogwarts come la sorella maggiore.

Fatemi sapere cosa ne pensate e se vale la pena che continui questa storia. Non modificherò essenzialmente la trama degli ultimi due libri e cercherò di rispettare il personaggio di Draco.

Ciao! :) Nicole

 

 

Risvegli

 

 

L’aurora era giunta a svegliare il castello di Durmstrang. Il sole si era fatto largo nella foschia e, lentamente, aveva illuminato il nero castello. I suoi raggi si riflettevano nella scura superficie delle acque del lago che, placide e immote, circondavano l’imponente costruzione gotica. Il riverbero della luce creava riflessi e arcobaleni che correvano sull’estensione del lago. La Foresta Nera, che delimitava lo specchio d’acqua, dava il benvenuto alla nuova alba. Il cinguettio degli uccelli e i rumori del sottobosco annunciavano l’arrivo del nuovo giorno.

Il castello era ancora assopito, tutti gli studenti erano coricati nei loro letti, ignari dello spettacolo meraviglioso che si manifestava ogni mattina di fine primavera. Tutti dormivano ancora, profondamente avvolti in una spessa coperta di sogni. Quella mattina si sarebbero svegliati per l’ultima volta nei dormitori di Durmstrang. Un altro anno scolastico era terminato.

Da settimane i maghi della scuola non parlavano d’altro che di vacanze, viaggi e libertà. Avevano trascorso l’ultima sera al castello in allegria e si erano distesi nei loro letti con il desiderio che quell’ultima notte passasse in fretta. Tutti inconsciamente avevano desiderato il sorgere del sole.

Non tutti. Come a rimarcare che c’è sempre un’eccezione che conferma la regola, una studentessa non aveva partecipato ai festeggiamenti la sera precedente, e non si era coricata nel suo letto.

Un’esile figura stava seduta sul grande terrazzo del quarto torrione di Durmstrang. Faceva caldo. Il mantello di folta pelliccia giaceva a terra.

Il corpo minuto si abbracciava stretto alle ginocchia, la testa abbandonata in mezzo alle gambe. Lunghi boccoli biondo cenere coprivano le magre tibie.

Un brandello di carta stropicciata giaceva tra le dita della fanciulla. La lettera era stata letta molte volte, e ogni volta era stata maltrattata da dita tremanti e furiose.

Un leggero tocco fece sussultare il fragile corpo rannicchiato a terra.

Lentamente la fanciulla alzò il capo e i suoi occhi color nocciola si posarono su un profilo sfocato. Sul suo volto erano evidenti i segni della notte insonne. Profonde occhiaie nere li cerchiavano e contrastavano sul rosso che li accendeva; le palpebre gonfie testimoniavano le lunghe ore di pianto.

Si riprese dall’iniziale abbaglio provocato dai forti raggi mattutini e mise a fuoco il viso preoccupato che si ergeva sopra di lei. Riconobbe i lunghi capelli color pece del suo migliore amico. Due occhi color dell’almandino si chinarono su di lei per poterla guardare meglio. Il mago era molto alto e fu costretto a poggiare le mani sulle ginocchia. Scrutò per un attimo i lineamenti delicati ma provati della fanciulla.

- Asteria. Stai bene? -

Il viso di Asteria si nascose tra le ginocchia, troppo orgoglioso per palesare le proprie debolezze.

Un lieve cenno di diniego fece sprofondare il mago nelle spalle, sospirò e si adagiò accanto a lei con le gambe incrociate. - Ti ho cercato nella tua stanza. Mi sono alzato presto, volevo farti una sorpresa. Mi sono preoccupato, ma in fondo sapevo che ti avrei trovata qui. Hai voglia di parlarne? -

Una piccola mano diafana gli porse un pezzo di carta con l’evidente intenzione di farglielo leggere.

Una calligrafia sottile e obliqua riempiva la breve missiva.

 

 

 

Asteria cara,

 

È con grande dispiacere che t’informo sugli ultimi avvenimenti.

Tuo padre e il signor Malfoy sono stati catturati dal Ministero con l’accusa di essere Mangiamorte. Sono stati imprigionati ad Azkaban.

La famiglia è molto provata dall’accaduto, sarebbe opportuno che tu stessi accanto a tua sorella mentre io mi occupo degli affari di famiglia. Ho già provveduto alla tua iscrizione alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Sono sicura che capirai l’importanza della tua permanenza qui a Londra. Tempi duri si prospettano, ma il Signore Oscuro ha grandi piani per sé e per i suoi umili sostenitori. La sua presenza mi fa ritenere che Londra sia il posto più sicuro per le mie figlie.

 

Kalliope Greengrass

 

Il giovane rilesse la lettera con attenzione, si assicurò di aver capito con esattezza ogni parola scritta in quella lingua per lui straniera. Nel suo cuore si aprì una voragine.

Cercò di ricomporsi e di rincuorare la sua migliore amica.

- Sono desolato per tuo padre. Vedrai che si sistemerà tutto. Il vostro Oscuro Signore saprà come farlo uscire da Azkaban… -

Non riuscì a finire la frase. Fu interrotto da una furente Asteria Greengrass che era balzata in piedi e sbraitava contro il cielo.

-Mio padre è uno stupido! Si è messo in mezzo ad una faccenda più grande di lui, e ora ne paga le conseguenze. E mia madre? Ancora più stupida se crede che Voldemort sacrificherà tempo e uomini per farlo uscire dalla prigione! - i suoi occhi si gonfiarono di lacrime. Le stille uscirono lentamente mentre la fanciulla si appoggiava al parapetto del torrione.

Due braccia calde la abbracciarono da dietro e una voce dolce le parlò all’orecchio.

- Proprio perché il Signore oscuro ha bisogno di quanti più uomini possibile non lo lascerà marcire in prigione. Andrà tutto bene. -

Astoria sospirò. Quel tenero abbraccio aveva placato il suo animo inquieto.

- Grazie Sasha… - per un po’ rimase in silenzio, il suo sguardo si perse nel lago di Durmstrang e poi nella Foresta Nera.

Sciogliendosi dall’abbraccio, si girò e appoggiò la schiena contro il parapetto.

- Questa notte ho riflettuto a lungo, ma non sono riuscita a trovare una soluzione. Se in prigione ci fosse mia madre sarebbe tutto più facile. Per me è molto semplice convincere mio padre, ma mia madre…purtroppo, o per fortuna, ho preso da lei. Solo papà sa quali leve manipolare con lei, io non l’ho mai capita. Solitamente vado prima da papà, e lascio a lui il lavoro sporco con mia madre. Non voglio lasciare Durmstrang. -

Sasha rimase stupito di fronte al discorso più lungo che le avesse mai sentito pronunciare.

Sapeva che l’ultima frase, pronunciata con una sfumatura di nostalgia, sarebbe stata l’unica manifestazione di rammarico che avrebbe udito.

Asteria non sapeva come esprimere i suoi sentimenti, ma Sasha la

conosceva bene; quelle poche parole nascondevano molto sottointesi. La vista meravigliosa dal suo torrione le sarebbe mancata e sarebbe stato molto doloroso per lei lasciare la loro squadra di Quiddich e i loro compagni; nel profondo del suo cuore, sapeva che anche lui le sarebbe mancato.

Osservò con tormento la fossetta che si formava accanto alle labbra di Asteria quando qualcosa la angosciava. Il suo cuore andò in frantumi pensando che non l’avrebbe più potuta vedere. Si fece forza, raccolse i brandelli del suo cuore e si avvicinò alla fanciulla.

Estrasse dalla tasca un piccolo braccialetto d’oro e lo agganciò al suo polso magro.

-Buon compleanno Asteria! - si avvicino e le stampò un casto bacio sulle labbra. La abbracciò stretta.

-Mi mancherai strega. Aspetterò i tuoi gufi! - le aveva parlato in un inglese stentato e, come ogni volta che ci provava, il suo marcato accento slavo la fece sorridere.

Non servivano altre parole, in tre anni di convivenza avevano imparato a conoscersi bene, sapevano entrambi che non si sarebbero dimenticati. Rimasero a lungo stretti l’uno all’altra.

 

 

-ASTERIA GREENGRASS! Hai ascoltato una sola parola di ciò che ti ho detto? -

Quella voce stentorea l’aveva fatta sobbalzare sul sedile della carrozza regale trainata da un Thestral. Si riscosse dai suoi tristi ricordi e si ritrovò a fissare due fieri occhi di ghiaccio che sembravano volerla trapassare con mille lame.

La signora Greengrass aspettava una risposta e, ben sapendo che una replica negativa non sarebbe stata contemplata, Asteria mentì:

- Sì, certo madre. -

Un altro sguardo omicida la trapassò.

- Bene, non ti chiederò di ripetere le mie parole solo perché siamo quasi giunti a destinazione. E siediti composta, ti stai sgualcendo l’abito! -

Con modi seccati le rassettò la gonna stropicciata del vestito. L’aveva costretta a indossare un lungo tubino nero con un’ampia scollatura a v che non aveva nulla da mostrare. I fini spallini si incrociavano sulla schiena lasciando completamente scoperte le spalle. I suoi boccoli erano stati imprigionati in un’elaborata acconciatura che avrebbe dovuto darle un’aria più rispettabile. In realtà Asteria si sentiva buffa e impacciata, costretta su due fini tacchi che poco si addicevano alla sua giovane età.

Asteria girò la testa e guardò fuori dalla graziosa finestra della carrozza. Osservò la lunga fila di cipressi che delimitava la strada, pensando alle mille raccomandazioni che la madre doveva averle fatto mentre non la ascoltava.

Improvvisamente la sua vista fu catturata da uno spettacolo disarmante. I cipressi avevano lasciato spazio a un enorme giardino dall’erba curatissima. Molte statue animate di creature magiche lo popolavano. Draghi, grifoni, arpie, chimere e grossi basilischi si giravano verso il mezzo al suo passaggio, i loro sguardi erano cupi e pericolosi, nonostante appartenessero a pezzi di pietra incantati.

Il Thestral girò di novanta gradi e Asteria riuscì ad ammirare tutto l’elaborato giardino e il lungo viale di ghiaia che avevano appena percorso. Si fermarono e l’elegante porta della diligenza si aprì. Una piccola scaletta si materializzò per permettere alle tre dame di scendere. Daphne uscì per prima, si era seduta accanto all’uscita appositamente per fare il suo ingresso teatrale. Asteria uscì per ultima e rimase senza fiato. Un’enorme villa in pietra scura si stagliava imponente su quel giardino, come un guardiano che controllasse i poderi del proprio signore.

Villa Malfoy in tutto il suo affascinante e misterioso splendore.

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Capitolo 2
*** Villa Malfoy ***


Villa Malfoy

 

 

Asteria rimase affascinata dall’imponenza della costruzione, sembrava un antico fortino, ma non per questo perdeva la sua attraente eleganza. Il crepuscolo che si stava avvicinando la rendeva ancora più maestosa e monumentale. Davanti alla grande porta principale in legno massiccio, finemente intagliata, una strana strega stava attendendo le ospiti. I suoi capelli grigiastri e scompigliati le conferivano un’aria di pazzia che stonava con il ricercato vestito di pizzo nero che portava.

Kalliope Greengrass la salutò con una fredda stretta di mano. Non si parlarono, la strega non la guardò nemmeno negli occhi, troppo impegnata a osservare le ragazze con un ghigno crudele.

Asteria vide qualcosa di sinistro balenare nel profondo dei suoi occhi neri, si capiva chiaramente che nella sua mente si stavano tessendo fitte trame di piani malvagi. Un brivido corse lungo la sua spina dorsale, distolse gli occhi dalla crudele intensità del suo sguardo.

-Bellatrix Lestrange. - si presentò svogliatamente alle due ragazze e si voltò con un inquietante movimento fulmineo. Aprì la porta e fece strada alle tre Greengrass.

Entrarono in un enorme atrio dalle lucide piastrelle nere, l’unico mobilio che popolava la stanza erano due antiche poltrone di pelle nera che davano le spalle alla porta e guardavano un elaborato ed enorme caminetto in marmo nero. Tutta la stanza era buia e cupa. Soltanto tonalità di nero che si sovrapponevano. Due bellissimi levrieri irlandesi dormivano quieti accanto al fuoco.

Asteria non notò subito le due meravigliose scalinate che si dipanavano dai lati del camino, le sue pupille faticavano a mettere a fuoco i particolari in tutta quell’oscurità.

Da una delle due raffinate poltrone si alzò una donna dal fascino sconfortante. Lunghi capelli biondi incorniciavano un viso maturo ma ancora bellissimo.

Si avvicinò con movimenti composti a Kalliope e la abbracciò. Un intimo sentimento di comprensione legava le due donne. Unite dalla stessa infausta sorte dei corrispettivi mariti.

Daphne fece un rispettoso inchino, consono all’atmosfera solenne che regnava nella stanza. La donna dagli occhi di ghiaccio ricambiò, ma fu subito incuriosita dalla piccola e impacciata Asteria. Nel tentativo di non cadere dai tacchi, camminava goffamente nella loro direzione.

-Narcissa, lascia che ti presenti mia figlia minore. Asteria Nymphea Greengrass. - la presentò guardandola negli occhi e trasmettendole con lo sguardo la sua disapprovazione per essere stata così poco fine nei movimenti.

La ragazza rivolse un timido sorriso in direzione della signora Malfoy, alla quale non era sfuggito lo sguardo di rimprovero di Kalliope.

-È una fanciulla meravigliosa, ti assomiglia molto. Non angosciarti per la sua asperità, sono sicura che fra un paio d’anni sarà una splendida nobildonna. Dalle il tempo di maturare. -

Asteria le sorrise più apertamente, apprezzando le parole dette in sua difesa.

Kalliope accantonò subito il discorso e chiese dove si trovasse il resto dei seguaci del signore oscuro.

- Mio cognato Rodolphus, Greyback e Dolohov sono nelle segrete. Ci attendono per raggiungere il Signore Oscuro. Non so esattamente dove si trovi, ci ha fatto solo recapitare una passaporta. - si rivolse alla sorella che, fino a quel momento era rimasta accanto alla porta a disegnare contorte figure con del denso fumo grigio che le usciva dalla bacchetta. - Bellatrix, io e la signora Greengrass scendiamo nella taverna, prima di raggiungerci potresti cortesemente far scendere Draco? Sarebbe sgarbato lasciare sole le due fanciulle. -

La strega rispose con una breve risatina e osservò le due donne che sparivano dietro ad una delle due rampe di scale.

Un fascio di luce rosso rubino si stacco dalla bacchetta e corse velocemente ai piani superiori. Bellatrix guardò le due ragazze con un ghigno e si smaterializzò lasciando dietro di lei l’eco di un’altra inquietante risatina.

 

Daphne osservava con impazienza le scale, ma qualcos’altro attirò il suo sguardo. Si accorse che la sorellina si era avvicinata ai due enormi cani vicino al camino. Aveva sentito molte storie su quelle due belve, raccontate da Draco in persona. Conosceva perfettamente le intenzioni di Asteria, ma decise di non avvisarla. “Sarà una giusta punizione per non aver tenuto un comportamento consono a una Purosangue. Giocare con i cani, non si è mai sentito”.

Ad Asteria non era sfuggito il ghigno di soddisfazione che si era stampato sul viso di sua sorella. Capì che stava attendendo un suo passo falso. Non le diede troppa importanza e si chinò vicino a uno dei levrieri. L’altro non dava segno di interessarsi agli avvenimenti attorno a lui e continuava a sonnecchiare. Il grosso cane, quello a lei più vicino, alzò testa e orecchie e la osservò.

Annusò diffidente la mano che gli veniva offerta in segno di presentazione.

Le orecchie, prima ritte e indagatrici, si appiattirono sulla testa e un felice scodinzolio annunciava l’accettazione di una nuova amicizia. In pochi istanti Asteria si ritrovò in grembo un enorme musone, desideroso di essere coccolato. Completamente presa dalla piacevole attività non notò che lei e Daphne non erano più sole.

Un ragazzo alto e snello aveva raggiunto sua sorella.

- Oh Draco! Finalmente! Come stai? È dalla fine della scuola che non ci vediamo. -

Lui la salutò con un breve cenno.

- Mia madre ha detto che questa estate saremo ospitate qui. Non è meraviglioso? -

Non le rispose a quell’ultima inutile domanda, la sua attenzione era totalmente rivolta alla strana scena che si stava svolgendo davanti al suo camino. Un’esile ragazzina stava giocando con i cani di suo padre.

- Chi è quella ragazza? -

Daphne sbuffò irritata dalla scarsa attenzione che Draco le stava rivolgendo e sperò di liquidare la questione con una breve presentazione.

- È mia sorella minore. Asteria. -

Sul viso serafico del giovane si dipinse un’espressione perplessa.

- Non mi avevi mai raccontato di avere una sorella. -

Per la maggiore delle sorelle ci fu un momento d’imbarazzante silenzio, non sapeva come giustificare quell’omissione.

- Beh, lei ha frequentato Durmstrang in questi anni, non aveva senso parlarne. - cercò disperatamente di cambiare discorso. – Pancy mi ha raccontato che non state più insieme. Sono desolata. -

Mentì spudoratamente. Erano anni che Daphne Greengrass attendeva l’opportunità di approfondire il rapporto superficiale che aveva con Draco. Persa nel suo gongolare non si accorse che il rampollo di casa Malfoy si era allontanato da lei, evitando qualsiasi tedioso dialogo.

 

Asteria udì un basso fischio che richiamava i due cani. Si voltò di scatto e incontrò due profondi laghi ghiacciati che tentavano di scrutarla nel profondo.

Per la prima volta nella sua vita si sentì a disagio. Quello sguardo le fece raggelare il sangue nelle vene. Era lo sguardo incantatore di una serpe. Per la prima volta nella sua vita s’impose di mantenere un certo contegno. Temeva che a un suo qualsiasi movimento brusco sarebbe corrisposto un morso velenoso. I suoi occhi la tradirono.

L’angolo sinistro delle labbra carnose del ragazzo si curvò in un ghigno compiaciuto.

- Draco Lucius Malfoy. - le porse una mano diafana e affusolata. La voce profonda e calda che le aveva parlato non aveva nulla d’inquietante, anzi, l’aveva aiutata a distendere i suoi lineamenti.

- Asteria. - reputò superfluo pronunciare un cognome che sicuramente il ragazzo conosceva già.

- Wrath e Fury non si erano mai comportati così con nessuno. -

Naturalmente si riferiva ai due cani. Asteria fu felice di conoscere i loro nomi.

- Sono come le persone, basta saperli prendere. Sono dei levrieri irlandesi? -

Draco la scrutò con interesse, gli occhi nocciola di quella ragazzina erano vispi e intelligenti. Simboli di una prontezza mentale che aveva sempre ammirato nelle persone. Per qualche istante s’incantò a guardare il profilo sottile e marcato del suo naso e la sua piccola bocca rosea.

Asteria non si offese per non aver ricevuto una risposta. In fondo conosceva già l’informazione che aveva chiesto più per cortesia che per interesse. Non le era mai importato intrattenersi in una discussione e non chiedeva mai due volte, salvo che la conversazione non fosse potuta tornarle utile per il futuro o, non si trattasse di un argomento che le premeva particolarmente.

Draco si riprese e si rese conto di aver dimenticato la richiesta in sospeso.

- Sì, sono due Wolfhound, mio padre li adora. Li porta…li portava ovunque andasse. - una punta d’ira sporcò le ultime parole.

Si mise a sedere sulla poltrona di suo padre, perso nei suoi pensieri. Daphne, che fino a quel momento aveva assistito alla scena da lontano, si affrettò a occupare l’altra poltrona.

Asteria rivolse nuovamente la sua attenzione ai cani.

La mente di Draco, dopo aver viaggiato fino a un posto di dolore e pazzia, tornò sofferente in quella stanza e si rivolse ad Asteria. In quella ragazzina c’era qualcosa che lo affascinava. Volle parlarle ancora.

- Allora, il prossimo anno frequenterai Hogwarts. - Non era una domanda.

Daphne non lo aveva specificato nel breve dialogo che avevano avuto, ma Draco aveva capito. Un piccolo cenno di assenso fece eco alle sue parole. Non gli sfuggì il fugace abisso di tristezza che passò su quel volto dai lineamenti dolci. Evitò di infierire sulla piccola Greengrass, ma la ferita era stata riaperta. I pensieri di Asteria si persero nel lago scuro che circondava Durmstrang. Con la memoria, percorsero avidi la superficie imperturbabile di quelle antiche acque, scalarono l’alto torrione da dove riuscirono ad ammirare l’enorme estensione della Foresta Nera.

Le sue reminescenze furono bruscamente interrotte dalla voce stridula di Daphne.

- Svegliati mocciosa! Draco ci accompagna alle nostre stanze! Quando la smetterai di vivere nella tua dimensione parallela? Alle volte mi chiedo se tu sia veramente mia sorella! -

La minore delle Greengrass si limitò a lanciarle uno sguardo accondiscendente. Seguì svogliatamente il rampollo della famiglia Malfoy lungo l’infinita serie di scalini che portava ai piani superiori e tirò un respiro di sollievo quando, finalmente, giunsero innanzi alle porte delle loro stanze.

- Gli elfi domestici hanno già provveduto a sistemare i vostri bagagli. Se vi serve qualcosa, la mia stanza è in fondo al corridoio. - voltò le spalle alle due ragazze e sparì nella semioscurità che permeava tutta la casa.

Asteria entrò, estrasse la bacchetta e pronunciò l’incantesimo sigillante verso la serratura. Gettò in malo modo le scarpe, liberando le caviglie dai loro fastidiosi aguzzini.

La stanza era spaziosa e finemente arredata in stile gotico. Le piaceva. Al centro della stanza riposava un sontuoso letto a baldacchino nero e argentato.

Con rapidi movimenti si svestì di quell’abito scomodo e indossò una confortevole tuta da allenamento con lo stemma di Durmstrang ricamato sul petto. Un’aquila a due teste sovrastava il teschio di una renna dalle corna imponenti.

Si buttò sul letto. Prima di addormentarsi profondamente si perse a osservare le sottili nervature della sua bacchetta magica. La lunga stecca in biancospino, lavorata finemente, nascondeva al suo interno i peli di una coda di lupo.

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Capitolo 3
*** Estate 1996 ***


Estate 1996

 

Caro Sasha,

 

da quando sono tornata in Inghilterra, il tempo trascorre lento. Non ci possiamo muovere da Villa Malfoy. Dopo la cattura di mio padre, il ministero cerca la mia famiglia.

Kalliope e la signora Malfoy ci lasciano spesso sole in questa enorme casa, non dicono dove vanno, ma non mi è difficile capirlo.

Da quando il figlio dei Malfoy mi ha mostrato la loro biblioteca, passo le giornate a leggere. C’è un’interessante sezione piena zeppa di libri sulla storia del Quiddich! Quanto darei per poter volare sulla mia Firebolt…ma, naturalmente, sarebbe sconveniente per una piccola Purosangue.

Daphne non perde l’occasione di correggere il mio comportamento poco aristocratico, lo fa soprattutto quando siamo in compagnia del rampollo Malfoy. Sembra che voglia mettersi in risalto ed evidenziare tutti i miei difetti. In realtà, credo che anche lei si annoi molto, non ha nessuno con cui spettegolare e parlare delle cose futili che le piacciono tanto. Draco la ascolta accondiscendente, ma non le risponde quasi mai.

Quel ragazzo non mi piace. Si comporta sempre in modo presuntuoso e arrogante. Ho trovato in lui soltanto due tratti che apprezzo:

  1. è molto appassionato di Pozioni. Mi ha dato in prestito i libri di testo che usano a Hogwarts, è la sua materia preferita;
  2. è un tipo taciturno e non si perde in inutili chiacchiere.

 

Ho appreso con gioia la notizia della nascita del tuo nipotino! Spero che tua sorella stia bene. Falle tantissimi auguri. Tuo cognato sarà pazzo dalla gioia.

 Ogni volta che penso a lui, mi viene in mente il nostro primo anno a Durmstrang, Boris e Anijuska erano al loro ultimo anno e la loro squadra vinse il campionato di Quiddich. Boris saltellava per il campo facendo scoppiettare la sua bacchetta, era talmente felice che rideva e poi piangeva e poi si sbellicava di nuovo. Ha reagito così anche quando ha saputo di essere diventato papà?

Salutami tanto tutta la tua famiglia.

 

Asteria

 

 

La lettera fu consegnata a un bellissimo gufo bianco latte. Il rapace volò elegantemente fuori dalla finestra, seguito dallo sguardo invidioso di Asteria.

Era ora di pranzo, i morsi della fame cominciavano a farsi sentire. La strega infilò un paio di jeans e un maglioncino e si affrettò in sala da pranzo. Quella era l’unica stanza della casa illuminata da un enorme finestrone che dava su un ampio terrazzo. Nelle altre stanze le finestre, se erano presenti, rimanevano sempre chiuse, coperte da pesanti tende in velluto verde.

Come ogni giorno, era stata la prima a scendere, ansiosa di riempirsi lo stomaco di qualche delizia preparata dagli Elfi. Trovò la lunga tavolata apparecchiata per quattro persone. Asteria si chiese se finalmente, una delle due madri avesse fatto la sua comparsa per pranzare con loro.

Daphne arrivò fasciata da un corto tubino celeste che risaltava i suoi occhi chiari. Si accomodò accanto alla sorella salutandola.

- Ciao sorellina, non avevi nient’altro da metterti? Abbiamo un ospite quest’oggi. -

Asteria alzò un sopracciglio.

- Draco ha un ospite, anzi tre. -

Non prestò attenzione allo sbuffo della sorella.

Draco arrivò quasi subito, accompagnato da un bellissimo ragazzo di colore. Era molto alto, spiccava di oltre una spanna oltre il metro e ottantacinque di Malfoy. Salutò Daphne con un sorriso abbagliante e si presentò ad Asteria baciandole la mano.

- Blaise Zabini, tu devi essere la piccola Asteria Nymphea. - due profondi occhi blu le sorrisero dolcemente.

- Asteria. - con lo sguardo manifestò la volontà di essere chiamata così, odiava il suo secondo nome.

- Nymphea è un nome meraviglioso, hai mai visto il fiore delle ninfee sbocciare sul pelo dell’acqua? Ti lascia senza fiato. Sono convinto che quando fiorirai tu, farai lo stesso… -

Quel ragazzo sembrava uscito da un libro di Storia della magia. Parlava come se provenisse da epoche lontane, più precisamente dal periodo del romanticismo.

Chiaramente affascinato dalla natura e dall’Erbologia, parlò per tutto il pranzo di un nuovo tipo di alga magica scoperto in Normandia. Le sue proprietà non si conoscevano ancora con certezza e Blaise sperava di poterla studiare di persona, un giorno. Daphne ascoltava rapita il lungo monologo, annuendo e incoraggiandolo a continuare.

Draco e Asteria smisero ben presto di ascoltare. Lei si dedicò al suo piatto e lui si dedicò a lei.

Fissava ammaliato i morbidi boccoli che ricadevano sulle spalle magre. Ogni volta che la osservava, rimaneva stregato dai dolci lineamenti della fanciulla, conditi da un pizzico di chiare lentiggini. Draco era però consapevole che non c’era nient’altro di dolce in lei. Era sempre stato bravo a capire le persone. Nonostante stessero raramente a lungo nella stessa stanza, era sicuro che lei fosse dura e distaccata. Sempre pacifica e incantevole ma pronta ad attaccare se l’occasione lo richiedeva. La paragonò al Platano Picchiatore e non riuscì a trattenere una risata.

Asteria si sentiva osservata, ma non osava staccare gli occhi dal piatto ormai vuoto. Quando però sentì Draco sghignazzare lo guardò dritto negli occhi con uno sguardo di fuoco. Si alzò bruscamente dalla tavola e andò ad accomodarsi su un divano di pelle in terrazza. Un bellissimo gazebo lo teneva all’ombra, assieme ad un tavolino e a due poltrone.

Dopo pochi minuti fu raggiunta dagli altri. Daphne e Blaise si sistemarono sulle poltrone, Draco accanto a lei. I tre studenti di Hogwarts parlarono dell’anno che sarebbe venuto, il loro penultimo anno alla scuola di magia. Asteria stranamente li ascoltò, curiosa di carpire qualche particolare sul castello in cui avrebbe dovuto abitare per un intero anno scolastico.

Blaise le chiese come fosse stato frequentare Durmstrang ma Draco Malfoy non la lasciò rispondere.

- Zabini, sai benissimo che sono dei vichinghi trogloditi. Li hai visti al Torneo Tremaghi, passavano le giornate a bere uno schifoso intruglio alcolico e ad accendere fuochi magici. -

Daphne rise alla battuta come un’oca giuliva. Asteria lo fissò incredula. Un ghigno crudele le curvò le labbra.

- Almeno non passavano le giornate ad adulare Viktor Krum come facevi tu. Poliakoff mi ha raccontato di come lo seguivi adorante. E, per la cronaca, l’intruglio si chiama Acqua di Fuoco. -

Non gli diede il tempo di ribattere, si alzò e andò in camera sua, lasciandolo con le parole a mezz’aria e un sapore amaro in bocca.

Blaise rise per come l’amico era stato zittito e Draco lo fulminò con lo sguardo intimandogli di tacere.

- Draco, non sono come Vincent e Gregory, non basta guardarmi per farmi eseguire i tuoi ordini. -

- Almeno loro parlano soltanto se sono interpellati. - non disse altro, Zabini era l’unico da cui Malfoy accettava critiche o osservazioni. Si conoscevano fin dall’infanzia e a legarli c’era un profondo sentimento di amicizia. Parlarono ancora a lungo della scuola e dei loro amici. Theodore Nott era costretto a una vita clandestina come la loro, anche suo padre era stato catturato al Ministero e Nott stesso era un accanito sostenitore di Voldemort. Si vociferava che portasse il Marchio Nero.

 

Da quel giorno Blaise venne a trovarli spesso. Asteria trovava ogni genere di scuse per non dover stare in compagnia dei due Serpeverde. Il terzo Serpeverde, Draco Lucius Malfoy, si allontanava con Narcissa e Kalliope quasi ogni giorno.

Una sera trovò un libro sui fondatori di Hogwarts e lo lesse per capire in quale delle quattro case si sarebbe trovata meglio. Non aveva dato per scontato di finire a Serpeverde.

Purtroppo, soltanto poche ore più tardi, fu interrotta da una sovreccitata Daphne che l’aveva raggiunta in biblioteca con l’evidente scopo di raccontarle qualcosa che a lei non sarebbe interessato.

- Blaise mi ha baciata! - aspettò una reazione di gioia che non arrivò. Evidentemente era abituata ai gridolini eccitati delle sue migliori amiche: Millicent Bullstrode e Pansy Parkinson. Daphne continuò il suo racconto.

- Abbiamo trascorso la serata a passeggiare nel giardino, lui è così romantico! A un certo punto mi ha presa per mano e mi ha attirata a sé, mi sono perduta nei suoi incantevoli occhi blu e… - per un momento sognò ad occhi aperti e rivisse l’attimo di passione che avevano condiviso. Quando ritornò sulla terra, guardò l’espressione accigliata di Asteria. Non scorse la silenziosa richiesta di pietà che riempiva le iridi della sorella, ma si convinse che fosse confusa per un altro motivo.

- Lo so, sono sempre stata innamorata di Draco ma Blaise è così maturo, così affettuoso e romantico e conosce così tante cose. -

Asteria si spazientì, non le interessavano le cotte della sorella.

Si alzò dalla scrivania, dove si era messa per leggere, e le parlò avviandosi verso l’uscita.

- Non ci vuole un genio per conoscere tante più cose di te. Lasciami in pace Daphne. -

Udì un sussulto d’ira della sorella, due grossi tomi le volarono sulla schiena. Per fortuna non fu colpita da uno spigolo.

- Sei così crudele e insensibile nei miei confronti! Anzi, lo fai con tutti! Mamma ha ragione quando dice che ti hanno scambiato al San Mungo con la figlia di qualche mezzo Babbano! -

Si ammutolì di fronte al viso ferino che si ritrovò a pochi centimetri dal suo. A dividerle soltanto una minacciosa bacchetta in biancospino.

Gli occhi di Asteria parlarono al posto suo. Erano gli occhi pericolosi di una belva pronta all’attacco. Daphne indietreggiò impaurita, ma non fu colpita.

Asteria corse fino alla sua camera, non sarebbe rimasta in quella casa un minuto di più. Urlò con rabbia:- Accio Firebolt! - e uscì dalla finestra sfrecciando in groppa alla sua scopa.

 

Sorvolò la densa foresta di pini e abeti che attorniava le mura del giardino della villa, la brezza fresca di quella sera di metà agosto la aiutò lentamente a sbollire la sua rabbia.

Arrestò la sua corsa colpita da un panorama mozzafiato. Londra si stendeva sconfinata alla sua vista. Il Tamigi scorreva calmo dividendo in due la città. Milioni di piccole luci popolavano le strade e i palazzi.

Asteria piegò in avanti la punta della scopa e scese in picchiata fino al pittoresco Tower Bridge. Atterrò in cima a una torretta del ponte e osservò il lento scorrere del fiume. Passarono i minuti e le ore, Asteria apprezzava quella solitudine che tanto le era mancata alla villa.

Si assicurò di non essere vista da nessun Babbano, pronunciò l’incantesimo di disillusione e spiccò nuovamente il volo. Attraversò tutta la città e giunse in periferia. Si accorse che stava sorvolando il quartiere dove si trovava la sua casa. Provò una profonda nostalgia per la sua camera e i suoi libri, era da quasi un anno che non metteva piede nella loro magione.

Trascinata dai suoi pensieri, trovò l’antica villa vittoriana dei Greengrass. Provava un forte desiderio di avvicinarsi ma tra i rami del salice piangente centenario del loro giardino, distinse chiaramente due grossi uccelli rapaci; un’aquila reale e un falco pellegrino. Ebbe immediatamente la certezza che si trattasse di due Animaghi, due Auror incaricati di sorvegliare la villa.

Delusa, guardò per l’ultima volta le pareti lilla e le finestre buie, girò la scopa con una capriola e volò in direzione della villa dei Malfoy.

 

Era rimasta sospesa in aria per un po’, temeva che se fosse planata sopra la villa ed entrata dalla sua finestra qualcuno l’avrebbe notata. Non aveva voglia di rispondere alle mille domande che sicuramente le sarebbero state fatte.

Si accorse che Bellatrix, Narcissa e Draco erano accomodati sotto il gazebo nel grande balcone; una strana riunione notturna. Erano proprio sotto la sua finestra. Non era affatto sicura che una semplice disillusione avesse potuto imbrogliare la Lestrange.

Valutò che sarebbe stato meno sospetto se avesse lasciato la Firebolt nascosta nel giardino e fosse entrata a piedi dalla porta principale.

Un frastuono improvviso la fece quasi cadere dalla scopa. Il rumore veniva dal terrazzo. Draco aveva rovesciato il tavolino di cristallo rompendolo in mille pezzi. Vide il giovane gesticolare agitato, urlava come un pazzo verso sua madre e sua zia. Asteria non riuscì a capire cosa stava dicendo, si era tenuta a distanza di sicurezza.

Draco improvvisamente se ne andò, semplicemente si smaterializzò. Narcissa Malfoy guardava sconcertata il punto dove poco prima si trovava suo figlio. Bellatrix scuoteva tetra il capo ridendo a crepapelle.

Asteria volò alta fino al grande cancello in ferro battuto che si trovava in fondo al vialetto di cipressi. Era un buon posto dove atterrare, dalla villa il portone non si scorgeva.

Planò dietro ad un grosso olmo e fece evanescere la scopa.

Draco sbucò da dietro un cipresso, si diresse deciso verso il portone e cominciò a prenderlo a pugni. Sembrava sconvolto, imprecava e sbraitava. Sicuramente non l’aveva notata.

Asteria lo aveva sempre visto calmo e distaccato, anche quando era infastidito da qualcosa, si limitava a parlare e a risolvere in fretta la questione.

Vedendolo così infuriato, privo del suo consueto freddo contegno assumeva un’aria molto più umana.

La ragazza cercò un modo per eluderlo e dirigersi verso la villa senza essere scoperta, avrebbe dovuto nascondersi anche da lui.

Tuttavia qualcosa dentro di lei le impediva di andarsene. Sentì l’irrefrenabile bisogno di placare l’animo di quel ragazzo così sofferente e le sue gambe si mossero prescindendo dal suo volere.

Lo avvicinò da dietro e soppesò le parole prima di parlare. Non riuscì a dire altro che una parola.

- Malfoy. -

Il ragazzo si voltò di scatto e rimase pietrificato vedendo Asteria di fronte a sé. Si stupì di quanto era sembrato diverso il suo cognome pronunciato da lei, più puro, più vero. Il suo sguardo si posò su una piccola fossetta che era apparsa accanto alle sue labbra.

Provò un dolce istinto a sorridere, ma subito il suo orgoglio riprese le briglie della sua mente. Nessuno avrebbe dovuto vederlo così. Lui era Draco Malfoy, freddo e calcolatore, una vera serpe.

- Vattene ragazzina! - le soffiò contro.

Asteria agì in maniera totalmente opposta, mosse un passo verso di lui.

- Ti avvertirò una volta soltanto, torna in casa mocciosa! -

Un altro passo verso di lui.

Draco perse totalmente il controllo, estrasse la bacchetta e la puntò contro il petto della ragazza.

Lei fu più veloce.

Non parlò ma con due rapidi movimenti di bacchetta lo disarmò e appellò l’arma.

- Ci sono due cose che s’imparano appena si mette piede a Durmstrang, e una è come si vince un duello magico. È questione di sopravvivenza. -

Ferito ancora più profondamente nell’orgoglio le balzò addosso e la atterrò violentemente.

Asteria non si era aspettata una reazione di quel tipo e non aveva saputo reagire.

Draco le era caduto sopra pesantemente e le aveva rubato le bacchette di mano. Era balzato in piedi sopra di lei.

Rimase distesa per alcuni istanti e poi faticosamente si tirò su sui gomiti. Draco la guardava, i suoi capelli corti si erano spettinati e le sue guance sempre diafane erano colorate da un lieve rossore. Le porse la mano e la aiutò a mettersi a sedere.

- Stai bene? - sembrava dispiaciuto di aver reagito in quel modo con lei.

- Avrei voluto chiedertelo io se non avessi tentato di schiantarmi. -

Un ghigno fu la risposta.

Si distese al suo fianco e si mise a guardare il cielo stellato.

Rimase in silenzio. Asteria non lo volle infastidire.

Dopo molto tempo Draco si girò verso di lei e si appoggiò su un gomito per poterla guardare. Non seppe mai il perché ma sentì di potersi confidare con quella ragazzina.

- Mia zia dice che sono la vergogna della mia famiglia. -

Ebbe paura di leggere sul suo viso un duro giudizio, temeva di vedere sdegno ma trovò soltanto comprensione.

Capì quanto doveva essere pesante per lei non sentirsi accettata dalla madre e dalla sorella. Aveva osservato il difficile canestro di risentimenti che s’intrecciava nella famiglia Greengrass, e aveva compreso, senza bisogno di molti indizi.

Si accese una sigaretta e la fumò lentamente, continuando a fissare Asteria.

Gli occhi di Draco la catturarono e non la lasciarono andare finché lui non le parlò di nuovo.

- Non mi hai detto qual è la seconda cosa che si impara appena si arriva a Durmstrang. -

Lei gli sorrise.

- Si impara a bere l’Acqua di Fuoco senza perdere conoscenza. -

Draco rise, sinceramente divertito, e si distese nuovamente a guardare il cielo.

Anche Asteria si coricò e puntò gli occhi al cielo.

- Dove sei stata? -

- Chiusa in camera mia. -

Si voltò scettico verso di lei.

- Questi mi dicono il contrario. -

Le tolse gentilmente due piccoli aghi di pino dai capelli. Gli unici sempreverdi che crescevano nel suo giardino erano i cipressi.

Non gli sfuggiva nulla.

Rimasero a lungo a guardare il cielo.

Una stella cadente illuminò con una scia brillante la volta celeste.

 

 

 

Ringrazio coloro che hanno letto, coloro che hanno messo la storia tra le seguite e chi ha recensito (spero che qualcun altro si faccia sentire…anche commenti negativi!)

Risposte alle recensioni:

 

jula: ti ringrazio per il commento! Mi fa piacere che la storia t’interessi. Vedo che la pensiamo nello stesso modo…mi sono interessata ad Asteria proprio perché la Rowling non le ha dedicato molto spazio nelle sue opere. Spero di riuscire a caratterizzare bene il personaggio! A presto…

 

terryborry: sono felice che seguirai la mia storia! ^^ grazie anche per aver commentato! Aggiornerò circa una volta alla settimana (causa università…). Anche a me piace molto questa coppia. L’idea di Asteria a Durmstrang mi è venuta per caso mentre stavo riguardando “Il calice di fuoco”, e ho pensato di svilupparla. Spero di sentirti presto! Ciao! ^^

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Capitolo 4
*** Diagon Alley ***


Diagon Alley

 

 

Villa Malfoy si era svegliata avvolta da una densa nebbia. Mancavano meno di due settimane all’inizio della scuola e quella mattina Narcissa Malfoy avrebbe accompagnato suo figlio e le sorelle Greengrass nella Londra magica per fare acquisti.

Quando Asteria arrivò nell’atrio, erano già tutti lì ad aspettarla. Sua madre la rimproverò con lo sguardo e le mise in mano una lista di libri da comprare, Daphne non la guardò nemmeno. Non si erano più parlate da quella sera di pochi giorni prima.

Notò che Draco sembrava impaziente, quasi ansioso. Si smaterializzò per primo, lasciandosi alle spalle una nebbiolina rarefatta.

Si materializzarono in un vicolo buio e alquanto angusto, Asteria riconobbe il retro della locanda “Il Paiolo Magico”. Draco toccò certi mattoni del muro, si aprì un varco che permise loro di entrare a Diagon Alley.

La via lastricata era quasi deserta. Le poche persone che si potevano vedere correvano veloci da un negozio all’altro. Tutti erano cupi e sospettosi, molti si guardavano spesso le spalle mentre camminavano.

Molte bancarelle di fortuna erano sorte ai lati della strada, come mendicanti alla ricerca di pochi galeoni per il pranzo.

Le vetrine dei negozi erano spoglie e impolverate, spesso vi era affisso l’Opuscolo Ministeriale per la sicurezza che era stato pubblicato dopo la battaglia al Ministero. Sui muri erano malamente appiccicati i mandati di cattura per i più famosi Mangiamorte che si sapeva erano ancora in circolazione. Asteria riconobbe Bellatrix. Un sorriso diabolico le deformava la faccia mentre si dimenava dietro alle sbarre di una cella.

In un’altra foto in movimento vide sua madre mentre passeggiava in una via di Londra. Durante l’estate, trascorsa chiusa tra quattro mura, non si era resa conto della gravità della situazione. Aveva avuto un piccolo sentore quando aveva visto i due Auror sorvegliare la sua casa, ma di fronte all’evidenza, innanzi alla foto segnaletica di sua madre, provò una profonda agitazione. Il mondo magico era stato sconvolto e rivoltato dall’interno. La comunità magica scappava dai Mangiamorte, i Mangiamorte scappavano dal Ministero, il Ministero scappava da se stesso.

L’atmosfera tetra e nebbiosa di Diagon Alley contribuiva ad aumentare l’inquietudine della ragazza.

Asteria era stata soltanto una volta a Diagon Alley, l’impressione che ne aveva ricavato era stata totalmente opposta. Prima di cominciare il suo percorso scolastico a Durmstrang era stata portata da suo padre nella bottega del più famoso fabbricante di bacchette: il signor Olivander.

Entrarono nel negozio di Madama McClan. Daphne provò una decina di versioni diverse della toga che rappresentava la divisa di Hogwarts e un’infinità di altri vestiti. Asteria comprò la prima divisa che giudicò delle dimensioni adatte a lei e alcuni comodi maglioncini.

Narcissa manifestò il desiderio di far confezionare un nuovo abito su misura per Draco e le due sorelle ottennero il permesso di recarsi all’adiacente libreria “il Ghirigoro”.

Comprarono velocemente i loro libri di testo e uscirono. Daphne entrò nell’Emporio dei Gufi senza degnarsi di chiedere alla sorellina cosa avesse intenzione di fare. Asteria si spazientì e si diresse da sola in direzione della Gringott.

Fu costretta a fermarsi di fronte all’unica vetrina della via magica piena di rumori e colori sgargianti. Era stata attirata da un gigantesco poster che recitava:

perché ESSERE PREOCCUPATI PER TU-SAI-CHI? SI DOVREBBE ESSERE PREOCCUPATI PER TU-SAI-CHE! QUEL SENSO DI COSTIPAZIONE CHE ATTANAGLIA LA NAZIONE!

Decise di entrare e scoprire chi fosse l’irriverente proprietario del negozio.

Rimase esterrefatta dalla quantità di ragazzi che intasavano gli altissimi scaffali colmi di scherzi, pozioni e giochi magici.

Girò per tutto il negozio e rimase sbigottita di fronte alla quantità di roba che contenevano gli espositori. C’era ogni sorta di trucchi per ingannare genitori, insegnanti e datori di lavoro. C’erano milioni di scherzi da fare agli amici, filtri d’amore, giochi da fare in gruppo o da soli.

Quel negozio le stava mettendo allegria.

Fu urtata da qualcuno che immediatamente si premurò di chiederle scusa.

- Perdonami dolce signorina, sono desolato. - un ragazzo altissimo, dai lineamenti simpatici e dai capelli color rubino le sorrise.- George Weasley. Sono il proprietario del negozio. -

Indossava un completo verde smeraldo e una camicia rossa.

- Asteria. Non ti preoccupare, non mi sono fatta nulla. -

- Aspettami qui! - sparì dietro ad uno scaffale pieno di trucchi per barare a scuola. Al suo ritorno aveva in mano una palla di pelo color crema.

- Questo è per te, è una Puffola Pigmea. Di solito nascono rosa o viola, ma qualcosa mi dice che non ti sarebbe piaciuta. Spero che basti per farmi perdonare! Sono rare di questo colore! -

Asteria si ritrovò tra le mani una soffice palla di cotone. La osservò per un paio di secondi, alzò gli occhi per ringraziare George ma rimase basita. George si era sdoppiato e il suo clone era vestito con un completo dello stesso colore dei suoi capelli. George sorrise, divertito dall’equivoco che si era creato.

- Questo è mio fratello Fred, non ci vedi doppio. Siamo gemelli. Ma non preoccuparti, non ci riconosce nemmeno nostra madre! -

Fred le strinse la mano con un gran sorriso e si scusò di dover portare George alla cassa per faccende urgenti; un ragazzino stava vomitando sangue per aver ingerito troppi Torroni Sanguinolenti, che teoricamente avrebbero dovuto far sanguinare il naso.

Asteria uscì divertita dal negozio, felice delle nuove conoscenze che aveva fatto. Infilò la Puffola dentro la borsa con la divisa e la osservò addormentarsi tra le pieghe della stoffa.

Camminò fino alla fine di Diagon Alley e si fermò davanti alla vetrina di Olivander. La porta era sbarrata da pesanti assi di legno e i vetri erano talmente impolverati che non si riusciva a vedere dentro.

La visione contrastava talmente con la festosità del negozio dei gemelli Weasley, che fece ripiombare l’animo di Asteria nell’angoscia che era riuscita a dimenticare per qualche istante.

Si ricordò con nostalgia del momento in cui aveva comprato la sua bacchetta.

Il fabbricante di bacchette l’aveva osservata per bene e l’aveva portata dietro un grosso scaffale di legno massiccio. Suo padre aveva chiesto la migliore stecca che fosse mai stata fabbricata, ma il signor Olivander gli aveva ricordato che non era il mago a scegliere la sua bacchetta, bensì era la bacchetta a scegliere il suo mago.

Una lunga bacchetta in biancospino le era volata addosso e lei l’aveva presa al volo. Asteria aveva sentito uno strano formicolio alla mano, come una scossa elettrica.

Il vecchio l’aveva guardata con curiosità e le aveva spiegato che quella era un esemplare unico.

- Dopo molto tentativi mi sono accorto che i peli di coda di lupo non si adattavano a nessun tipo di legno che non fosse il biancospino. Questa bacchetta non scelse mai un mago fino a oggi, così non ne ho mai prodotte altre. Sarebbe interessante capire perché abbia scelto proprio te… -

Asteria si era sempre sentita orgogliosa di portare una bacchetta che nessun altro possedeva.

Sconfortata dalla desolazione di quel negozio, decise di ritornare sui suoi passi.

Improvvisamente, molti metri davanti a lei apparve una figura vestita di scuro. Era Draco. Si guardava intorno furtivo e camminava velocemente stretto nelle spalle. Narcissa non lo avrebbe mai lasciato girare da solo, evidentemente le era sfuggito in qualche maniera. Lo vide sparire dietro l’angolo all’incrocio con Notturn Alley.

Asteria si infilò in uno stretto vicolo che passava dietro i negozi della via delle Arti Oscure.

L’oscurità di quel viottolo le impediva di vedere dove metteva i piedi e, dopo essere inciampata per l’ennesima volta, decise di sfruttare la sua dote più nascosta.

Rimpicciolì le borse con la divisa e i libri e li mise nella tasca dei jeans. Chiuse gli occhi e raccolse tutta la sua energia magica. La concentrò nel suo petto per poi rilasciarla tutta nello stesso momento.

Si trasformò in un bellissimo lupo dai profondi occhi color cioccolato. Il manto nero, striato qua e là da riflessi argentati, si mimetizzava alla perfezione con l’oscurità che la circondava. Nessuno era a conoscenza che Asteria Greengrass fosse un’Animagus.

Il lupo in cui poteva mutare era la segreta risposta alla curiosità di Olivander. L’intima unione che Asteria aveva con i lupi era incastonata nel nucleo della sua bacchetta.

I suoi occhi animali vedevano alla perfezione e non fu più necessario per lei prestare attenzione alla strada. Udì i passi di Draco che camminava nella via parallela, seguì il rumore regolare ma ricorrente, finché non si fermò, seguito dal suono di un campanello. Draco era entrato da Magie Sinister.

Il lupo si infilò nello stretto spazio tra il negozio di Magie Sinister e quello adiacente. Chiuse gli occhi e si concentrò sui suoni che provenivano dall’interno.

- Deve sbrigare alcune faccende per me. -

Il signor Sinister rispose in maniera sgarbata.

- Cosa ti fa credere di poter ordinarmi cosa fare, ragazzo? -

- Il nome della mia famiglia, e le nostre conoscenze. -

Asteria udì dei passi di fronte a lei, guardò in alto aspettandosi di vedere il viso infuriato di Narcissa Malfoy che, dopo aver cercato furiosamente il suo unico figlio, lo aveva trovato e si preparava a fargli una sfuriata. Non vide nulla. Stava per chiudere nuovamente gli occhi per concentrarsi sul dialogo che si stava svolgendo all’interno del negozio, quando udì tre bisbigli diversi. Il brusio durò poco e Notturn Alley ripiombò nel silenzio; Asteria decise di ascoltare il resto della conversazione. Stava parlando Sinister.

-Beh, senza vederlo, posso solo dire che è un lavoro veramente difficile, forse impossibile. Non posso garantire nulla.-

- No?- Draco usò il suo tono più canzonatorio. - Forse questo le darà maggiore fiducia. - Un attimo di silenzio.

- Ne parli con qualcuno e ci sarà una punizione. Conosce Fenrir Greyback? È un amico di famiglia, farà una visita improvvisa di tanto in tanto per essere sicuro che al problema sia rivolta tutta l’attenzione necessaria. -

Un sospiro rassegnato. – Non ci sarà alcun bisogno di… -

- Questo lo decido io! - urlò Draco. - Beh, è meglio che vada. E non dimentichi di tenere quello al sicuro. Ne ho bisogno. -

- Forse preferisce portarlo via subito? - chiese Sinister speranzoso.

- No, certo che non voglio, stupido, piccolo uomo, che figura farei a portarlo per strada? Solo non venderlo. -

-Certamente no… signore. -

- Non una parola con nessuno, Sinister, compresa mia madre, capito? -

- Certo, certo. - mormorò Sinister, con un tono fin troppo reverenziale per un dialogo con un sedicenne.

Un tintinnio e Asteria vide il ragazzo passare con andatura baldanzosa e con un ghigno di soddisfazione stampato in faccia.

Era totalmente disorientata. Doveva essere qualcosa di grosso se nemmeno Narcissa Malfoy ne era a conoscenza.

Tre paia di piedi si fermarono davanti allo stretto spazio tra i muri, dove lei si era nascosta. Si chiese quale stregoneria facesse camminare le scarpe senza che un corpo le muovesse, ma capì immediatamente che i corpi dovevano esser stati nascosti da una qualche specie di oggetto magico. Distinse tre bisbigli diversi che discutevano animatamente ma sottovoce.

Troppo scossa per prestare attenzione alle tre paia di scarpe, ripercorse il vicolo al contrario e ritornò in forma umana. Draco era sparito. Lo ritrovò nel retro del Paiolo Magico, dove il gruppo si ricongiunse.

Narcissa guardava il figlio con uno sguardo spaventato, quasi disperato.

Asteria notò che Draco osservava la madre fiero e sicuro, e da come questa abbassò gli occhi rassegnata, capì che doveva trattarsi di qualcosa che prescindeva dalla sua volontà. Draco stava eseguendo degli ordini che provenivano da molto più in alto. Molto più in alto di Narcissa e dei Mangiamorte.

Arrivarono a Villa Malfoy per il pranzo, ma Draco non si fermò con loro. Sparì nella sua stanza e ci restò per tutto il giorno.

Asteria era logorata interiormente da sentimenti alquanto contrastanti: da un lato era intenzionata a seguire il suo stile di vita e mantenersi estranea da qualsiasi problema che non la riguardasse; dall’altro lato era spinta, dalla curiosità e da un’altra sensazione che non riusciva a identificare, ad andare da Draco e chiedergli cosa stesse succedendo.

Quella sera prevalse la sua naturale predisposizione a non occuparsi degli affari altrui.

I giorni successivi non fu nemmeno tentata di agire contro il suo istinto. Draco non era mai in casa.

Non lo rivide fino al giorno della loro partenza per Hogwarts.

 

 

La seconda parte del dialogo tra Draco e Sinister non mi appartiene, ma è ripresa dal sesto libro.

 

Risposte alle recensioni:

jula: grazie mille! Sono felice che ti piacciano le caratteristiche di Asteria! Più avanti si scoprirà qualcosa di più su di lei..

 

terryborry: il 6° e 7° libro sono i miei libri preferiti…inoltre si scopre la vera natura di Draco e il rapporto con i suoi genitori, anche secondo me è il momento giusto per l’entrata in scena di Asteria ^^! Il carattere di Asteria può assomigliare a quello di Draco, per certi aspetti, ma si scoprirà che sono molto diversi… Daphne non la sopporto, :P perciò me la immagino come una frivola rompipalle!

Per quanto riguarda i capitoli, non so ancora quanti saranno. Credo una ventina o più ma non ne sono sicura…devo arrivare fino alla fine del settimo libro!

Bellatrix ha una mente contorta e ha già in mente qualcosina…ma non ti posso anticipare nulla…^^

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Capitolo 5
*** L'espresso per Hogwarts ***


L’espresso per Hogwarts

 

 

“È in partenza al binario dieci il treno per Birmingham delle dieci e quarantacinque, allontanarsi dai binari prego.”

Asteria ascoltò l’annuncio dello speaker della stazione londinese di King’s Cross e osservò un gruppo di Babbani mentre correvano disperati per non perdere il treno.

Sua sorella e Draco erano già spariti oltre un massiccio muro in mattoni color terracotta.

Prese qualche metro di rincorsa e si tuffò dentro l’antica parete.

Piombò in un mondo parallelo pieno di famiglie affrettate e mucchi di borse e valigie. Maghi e streghe erano impegnati in lunghe raccomandazioni ai figli. La folla le impediva di vedere dove fossero i due Serpeverde. Non si infastidì che non l’avessero aspettata e provò ad avvicinarsi ai binari.

Quando finalmente riuscì a uscire dalla folla e ad accostarsi all’espresso, percorse con lo sguardo gli infiniti vagoni che lo componevano. I blocchi rossi si susseguivano a perdita d’occhio in entrambe le direzioni; dal lato della locomotiva proveniva un denso fumo bianco, e si udiva un basso fischio.

Vide una cascata di capelli dorati che saliva su un vagone alla sua destra. Era Daphne.

Asteria salì i gradini ed entrò. Fu investita da una marea di studenti. Tutti erano alla ricerca di uno scompartimento vuoto. Trascinò con fatica il suo bagaglio e si avviò nella direzione in cui Daphne era stata inghiottita dalla folla.

Una mano si appoggiò delicatamente sulla sua spalla. Voltandosi vide il sorriso smagliante di Blaise.

- Ciao piccola Nymphea... permetti che ti aiuti con il bagaglio? Draco mi ha mandato a recuperarti. Starai nel vagone della nostra Casa. Come ogni anno ci siamo presi quello più comodo… -

Asteria alzò un sopracciglio e ghignò.

- Perché non è venuto Malfoy a recuperarmi?-

Nelle poche parole di Blaise era racchiusa tutta l’attitudine al comando di Draco.

Blaise sembrò offeso dalla sottile insinuazione. Le tolse bruscamente la valigia dalle mani e le fece cenno di seguirlo.

Nello scompartimento dei Serpeverde c’era moltissimo spazio, esattamente come le era stato detto. Si respirava notevolmente meglio che nello stretto corridoio appena superato. Daphne era seduta tra Millicent e Pansy e dal modo in cui si zittì non appena vide Blaise, Asteria intuì che stesse raccontando alle amiche gli ultimi sviluppi della loro relazione. Pansy la guardava con occhi sognanti e Millicent sfoggiava un sorriso ebete. Sicuramente un pubblico più interessato di quanto lo fosse stata Asteria. Non riconobbe nessun altro dei molti studenti.

Zabini sistemò il suo bagaglio nella fila di sedili dietro a Daphne, scoccò un breve bacio sulla guancia alla sua amata e si accomodò nel gruppo di sedili adiacenti. Malfoy stava parlando con due ragazzi corpulenti dall’aria un po’ tonta e con un ragazzo emaciato dai capelli corvini. Stupidi gridolini di eccitazione fecero da colonna sonora ai movimenti del ragazzo dalla pelle bruna.

La maggiore delle Greengrass notò sua sorella e la presentò brevemente al gruppo. Pansy e Millicent la salutarono svogliatamente e i tre ragazzi si presentarono come Nott, Tiger e Goyle.

Asteria non si era aspettata che Daphne la presentasse, evidentemente l’aria di pettegolezzo l’aveva messa di buon umore.

Asteria si mise a sedere di fronte alla sorella e alle sue amiche frivole. Sfortunatamente non c’erano altri posti liberi. Con un colpo di bacchetta fece volare fuori dalla sua valigia l’ultimo numero della rivista ufficiale del Quidditch.

Una voce stridula la fece sobbalzare e la rivista cadde malamente a terra.

- Che cosa fai? Gli studenti di Hogwarts non possono fare magie fuori dalla scuola!-

Pansy la osservava altezzosa, la sua espressione corrucciata la faceva sembrare una brutta imitazione di un carlino.

Asteria raccolse la rivista e le rispose senza guardarla.

- Io non sono una studentessa di Hogwarts, non ancora.-

- Ah giusto, tu hai frequentato Durmstrang in questi anni. Devi sottostare alle leggi del Ministero di quei trogloditi finché non sarai smistata. Sai anche i genitori di Draco volevano farlo frequentare quella scuola. Almeno là non ammettono il genere di feccia che infesta i corridoi della nostra scuola. Non volevano che il figlio frequenti una scuola piena di Mezzosangue. Poi fortunatamente hanno deciso di mandarlo qui. Si sta meglio senza i Babbani, vero? -

Asteria tralasciò il poco velato insulto ai suoi compagni slavi, e rispose solo alla seconda domanda.

- Quando avrò vissuto per un periodo con i Mezzosangue potrò risponderti. In verità ho voluto frequentare Durmstrang per l’alto livello a cui giocano il Quidditch. -

- Oh. In effetti, deve essere bello poter ammirare ogni giorno i fisici dei campioni di Durmstrang. -

Il carlino si rivolse alle sue amiche e s’immerse in un lungo elogio al fisico del cercatore Serpeverde. Asteria scosse la testa, rassegnata dalla leggerezza di quella ragazza, ma non era intenzionata a spiegarle ciò che non aveva capito.

Il treno mandò un fischio più acuto e un forte cigolio annunciò che stavano per partire.

Pansy si girò verso Draco e lo osservò a lungo prima di appoggiargli una mano sull’avambraccio e parlargli.

- Draco, non dovresti essere con i prefetti a sorvegliare le matricole?-

Lui osservò disgustato la mano del carlino e, quando lei la ritrasse, parlò con indifferenza.

- Ho di meglio da fare. -

Pansy gli sorrise dolcemente e manifestò la sua convinzione.

- Come stare in nostra compagnia…-

Draco non udì nemmeno le sue parole. Si era già girato a osservare una lettera che Blaise gli stava mostrando.

Asteria ghignò pensando a quanto ottusa fosse Pansy. Le sue convinzioni e il suo egocentrismo le impedivano di captare chiari messaggi subliminari e di capire il vero senso delle parole che le erano dette.

Malfoy e Zabini si alzarono e Goyle interrogò Draco speranzoso:

- Andiamo a torturare i novellini?-

Due ghiacciai lo freddarono e lo zittirono.

- Vado a fumare. Blaise è stato invitato a pranzo da un professore. – e si allontanò. Zabini uscì dallo scompartimento dalla porta opposta.

Asteria notò una ruga di preoccupazione tra le sopraciglia chiare del Serpeverde.

Il suo sedile le era diventato improvvisamente scomodo. Si rigirò per qualche secondo ma le sue gambe inquiete la costrinsero ad alzarsi e uscire dallo scompartimento.

Non ne conosceva la ragione ma era intenzionata a parlare con Draco.

Superò altri stretti corridoi e raggiunse la fine del treno. Lo trovò nella pensilina che chiudeva la lunga pila di vagoni.

Draco sembrava sorpreso di vederla e la osservò con sguardo interrogativo.

Asteria non gli parlò. Guardò per qualche minuto le verdi colline che l’espresso si lasciava velocemente alle spalle.

Il ragazzo finì la sigaretta e interruppe il silenzio.

- Ti serve qualcosa Greengrass? - si sistemò i corti capelli biondi arruffati dal vento.

- Non eri solo quella mattina a Nocturne Alley. - arrivò subito al sodo.

Il corpo del ragazzo s’irrigidì. Un lampo d’ira attraversò il suo sguardo.

- Mi hai seguito? – le parole suonarono dure e accusatrici.

- Qualcun altro, oltre a me, ti ha seguito.- Draco spalancò la bocca, completamente basito. – Ho visto tre paia di scarpe fuori dalla porta del negozio. Sembrava camminassero da sole. Ci ho riflettuto molto. Soltanto un mantello dell’invisibilità potrebbe creare una tale illusione. Non si vedeva nulla all’infuori di due paia di scarpe maschili e uno femminile.-

Il viso di Draco si distese, colpito da un’illuminazione.

Per Asteria la conversazione si concludeva lì. Rientrò e camminò in direzione del loro scompartimento. Si sentì bloccare il braccio da una mano forte.

Si girò e incontro due occhi gelidi.

- Faresti meglio a badare agli affari tuoi. -

Colpita da quell’accusa, si liberò il braccio con uno strattone e gli voltò le spalle.

- E tu faresti meglio a guardarti le spalle quando cammini. Non solo a destra e a sinistra. -

Tornò a sedersi al suo posto. Aprì la rivista di Quidditch ma non lesse una parola. Guardava distratta le immagini della nuova formazione delle Holyhead Harpies.

Nessuno prima le aveva detto di badare ai propri affari e lei non aveva mai dato a nessuno l’opportunità di farlo. Si sentiva offesa, ma si convinse che Draco era nel torto. Non si era impicciata nei suoi affari, lo aveva semplicemente avvisato. Nella sua mente, però, una vocina le ricordò che per poterlo avvisare lo aveva spudoratamente seguito e spiato.

Draco rientrò e si distese sulle ginocchia di Pansy. La Serpeverde, piacevolmente stupita da quell’inaspettato contatto, cominciò ad accarezzargli i capelli.

Asteria osservò le dita della ragazza mentre passavano tra i sottili fili di platino e si chiese quanto potessero essere morbidi.

Realizzò quanto fossero futili i pensieri che stava elaborando. Non era da lei.

Un’irritazione profonda verso se stessa si stava insinuando dentro il suo cuore.

Promise di stare lontana da lui il più possibile. Non avrebbe più dovuto badare alle sue azioni o alle sue parole.

Si costrinse a concentrarsi sull’articolo e lentamente vinse la sua battaglia interiore. Non si accorse della buffa entrata di Blaise che cadde su Tiger e Goyle e non ascoltò il resoconto del suo pranzo.

Un altro grido perforante le fece saltare il cuore in gola. Era di nuovo il carlino.

- Cosa significa che potresti non essere a Hogwarts il prossimo anno? -

Un ghigno compiaciuto comparve sulle labbra di Draco.

- Beh, non si sa mai, potrei, ehm, essere passato a maggiori e migliori cose. -

- Intendi…lui? – Zabini parve spaventato e per un attimo perse la sua ostentata sicurezza in se stesso.

Asteria non udì la risposta.

“Lui”…il chiaro riferimento a Voldemort le fece accapponare la pelle.

Unì nella sua mente gli indizi che aveva raccolto a Diagon Alley, a villa Malfoy e nella risposta strafottente di Draco. Spalancò la bocca allibita dalla sua stessa conclusione logica.

Draco Malfoy era al servizio del Signore Oscuro. Credeva fermamente nella causa ed era intenzionato a dimostrargli la sua devozione.

Lo sguardo fiero e risoluto che sfoggiava il Serpeverde le ricordò suo padre. Era lo stesso sguardo di cieca lealtà. Disgraziatamente l’entusiasmo per la causa e la convinzione di essere nel giusto lo avevano portato a una fine indegna.

Asteria guardò fuori dal finestrino per cercare conforto nello splendido paesaggio scozzese.

Trovò sostegno nella splendida cartolina che si trovò innanzi agli occhi.

Un vastissimo lago s’infrangeva su un’altissima scogliera di roccia nera.

La fortezza di Hogwarts svettava antica e solenne sopra lo strapiombo. Le fondamenta sembravano dei rampicanti su di un grosso moncone d’albero.

La costruzione era enorme e lo stile gotico - romanico contribuiva a dargli imponenza. Torri e torrette attorniavano i fabbricati alti e svettanti del castello.

Il treno curvò bruscamente e Asteria poté notare che la struttura era divisa in due aree, congiunte da sottili ma ciclopici ponti che s’incagliavano nella roccia.

La dolce collina che si estendeva frontalmente al castello contrastava magnificamente con la ripida scogliera.

Una buia foresta lambiva il lato destro dell’altura e della piccola cittadina che sorgeva a valle. Quella doveva essere Hogsmeade.

Un lungo sentiero serpeggiava fino al cancello della scuola.

Asteria si sentì scuotere le spalle. Sua sorella le stava consigliando di riprendersi e di indossare la sua divisa.

- Salirai al castello con noi, delle carrozze ci attendono fuori dalla stazione. Quando saremo giunti in Sala Grande, la professoressa McGrannit ti porterà nel gruppo delle matricole per lo smistamento. Spera di finire a Serpeverde. Mamma non sopporterebbe un ulteriore dispiacere.-

Daphne prese la mano di Blaise e insieme uscirono dal vagone.

Mentre tirava giù la sua valigia dal portabagagli, notò che Pansy aveva allungato la mano verso Draco in un vano tentativo di farsela stringere. Il ragazzo la allontanò dicendole di dover risolvere una faccenda.

Asteria s’incolonnò dietro alla Parkinson e, tenendo fede alla sua promessa, uscì senza badare a Draco.

Camminò fino alla prima carrozza vuota. Era stufa del cicalare dei Serpeverde.

Caricò la valigia sul retro e andò a sedersi nel posto dove avrebbe dovuto trovarsi il cocchiere. Ovviamente i Thestral erano molto intelligenti e non avevano bisogno di qualcuno che indicasse loro la direzione.

Con sorpresa capì di non essere sola.

Una ragazza strana, con i capelli slavati e gli occhi a palla stava parlando con il vuoto che si creava tra le imbracature per i Thestral. Reggeva in mano un fascio d’erba che stava lentamente sparendo nella bocca invisibile della creatura magica.

Presa dalla curiosità cercò di attirare la sua attenzione con un cenno di saluto.

Quando la ragazza si voltò, le rivolse un sorriso sghembo. Asteria ricambiò.

- Ciao, sono Asteria. Tu puoi vederli?-

- Ciao a te. Io mi chiamo Luna, sono di Corvonero. Sì, sono tra i fortunati che riescono a osservare queste creature meravigliose. –

Era alquanto bizzarro considerarsi fortunati di poter vedere un Thestral. Le uniche persone che ne erano capaci avevano dovuto assistere alla morte di qualcuno. Asteria era sempre stata curiosa di saper che aspetto avessero. Non fece in tempo a chiederglielo perché Luna aveva cominciato una breve descrizione dell’animale, come se le avesse letto nel pensiero.

- A un primo sguardo possono sembrare spaventosi. Sembrano dei cavalli alati con il muso da uccello e le squame da rettile, ma sono molto mansueti, hanno un carattere dolcissimo. Sono miei amici.-

L’ultima frase provocò in Asteria una grande tenerezza. Quella bizzarra ragazza doveva sentirsi molto sola se definiva suoi amici degli animali invisibili.

Luna cominciò a gesticolare come una forsennata, come se volesse scacciare dei fastidiosi insetti, rimarcando la sua stranezza.

- Sono i Gorgosprizzi, bisogna stare attenti che non entrino dalle orecchie, altrimenti ti confondono il cervello! -

- Io non vedo nulla. –

- Oh, mio padre pensa che siano come i Thestral, solo alcuni riescono a vederli. –

Si avvicinò saltellando alla carrozza e si accomodò accanto ad Asteria. Un gruppo di Corvonero si unì a loro e quando la carrozza fu riempita, si mossero lentamente verso il castello.

Luna era una ragazza semplice, le era piaciuta dal primo istante. Purtroppo bastava poco per capire la solitudine e la tristezza che dimoravano nei suoi grandi occhi vacui.

Superarono un grande cancello nero e giunsero ai piedi di una lunga scalinata. Un’altissima porta di legno massiccio era lasciata aperta per permettere agli studenti di entrare. Vista da vicino, la fortezza sembrava ancora più spropositata. Nei suoi ricordi il castello di Durmstrang, con le suo quattro sole torri si rimpicciolì, non potendo competere con la grandezza di Hogwarts.

Una bizzarra vecchietta con dei piccolissimi occhiali appoggiati sul naso la intercettò prima che potesse mettere piede nel castello.

- Altolà signorina. Sono la professoressa McGrannit. Entrerai tra poco assieme a tutte le matricole. Le imbarcazioni stanno per finire la traversata del Lago Nero. Sei pregata di attendere.- la guardò con occhi sornioni e bonari e aggiunse. – Sarai smistata per prima, non dovrai attendere lo smistamento di tutte le matricole. -

Asteria sorrise cortesemente, felice di potersi liberare subito da un grosso peso che la opprimeva. Lo Smistamento.

 

 

 

Grazie a chi continua a seguire questa storia! Sarei curiosa di conoscere qualche altro parere…vi prego recensite :)!

 

Risposte alle recensioni:

 

virby: Ciao! E grazie…per lo smistamento dovrai attendere il prossimo capitolo! Come hai scoperto da questo capitolo Asteria tende a rimanere estranea alle cose che non le interessano, ma qualche riflessione sul naso rotto di Harry la farà anche lei…spero che continuerai a seguirmi…un bacio!

 

terryborry: si parla così poco degli Animaghi nei libri della Rowling! Mi hanno sempre affascinato e ho pensato di dedicare un po’ di spazio a questa categoria di maghi!

 

AliH: grazie mille dei complimenti! Asteria ha un carattere complesso con sfaccettature molto contrastanti tra loro, spero di riuscire a descriverla al meglio! Sono felice di averti colpito, grazie ancora!

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Capitolo 6
*** Lo Smistamento ***


Lo Smistamento

 

 

Mentre attendeva i ragazzi del primo anno, considerò le diverse caratteristiche delle quattro case. Non era mai riuscita a capire quale fosse l’ambiente più adatto a lei. Sentiva di possedere alcuni tratti in accordo con gli animi dei fondatori di Hogwarts, e altri in completo disaccordo. Decise che, rimuginarci su, sarebbe stata un’inutile perdita di tempo, il Cappello Parlante avrebbe saputo cosa fare. Daphne le aveva raccontato che in millenni non si era mai sbagliato.

In lontananza una flebile luce danzava a mezz’aria. Si stava avvicinando lentamente. Quando fu abbastanza vicina Asteria, vide chi la stava reggendo. Un grosso omone con una folta barba precedeva una lunga fila di ragazzini. Era altissimo, quando fu accanto alla professoressa McGrannit, si abbassò di almeno un metro per guardarla negli occhi. La vecchietta non gli arrivava nemmeno alla cintola.

Salutò Asteria con un sorriso che esprimeva bontà.

Gli studenti furono incolonnati in fila per due e lei fu messa a fare da capofila da sola. La professoressa li guidò attraverso la grande scalinata e oltre un buio atrio illuminato soltanto da poche torce e candele. Giunsero in Sala Grande. Sembrava che il soffitto di quella stanza non esistesse, sopra a innumerevoli candele sospese nel vuoto, si stagliava un bellissimo cielo arrossato dal tramonto imminente. Quattro lunghissime tavolate percorrevano tutta la navata.

La fila di studenti percorse l’intera sala e si arrestò di fronte alla tavolata dei professori che li guardavano incuriositi.

Innanzi al palco dei docenti un’antica sedia aspettava gli studenti per lo Smistamento.

A un cenno della McGrannit un uomo dai lineamenti duri e dai lunghi capelli unti posò sulla sedia un logoro cappello.

La punta del copricapo si mosse e un buco nella stoffa cominciò ad aprirsi e chiudersi. Il Cappello Parlante intonò una breve canzone.

 

Centinaia, forse migliaia ne ho veduti,

di autunni e studenti compiaciuti.

Ma mai come quest’anno crudele mi pare,

in quattro diverse case dovervi smistare.

Tempi perigliosi or ci attendono miei cari,

affetti leali e amicizie sincere son rari.

Uniti restate e insieme vivete,

collaborate tra case più che potete.

Intelligenza e prontezza l’onor di Corvonero,

con lealtà di Tassorosso può crear sodalizio vero.

Utile sarà il coraggio della Casa Grifondoro

unito all’astuzia dei Serpeverde al lavoro.

Stran non deve sembrarvi il mio accostare

estranee casate e il loro diverso ragionare.

Già troppo ho cantato con mia grande sapienza.

È giunta l’ora per l’ingrata mia incombenza.

 

L’antico copricapo di Godric Grifondoro tacque. La McGrannit srotolò una pergamena che rimase sospesa davanti ai suoi occhi.

- Quest’anno una studentessa si unirà agli studenti del quarto anno. Si è appena trasferita da Durmstrang. Asteria Nymphea Greengrass. -

L’intera Sala le puntò gli occhi addosso. Leggermente a disagio si affrettò in direzione della sedia inciampando nella lunga tunica della divisa. Riuscì a reggersi miracolosamente in piedi e a sedersi. La professoressa le calò il cappello sulla testa; le era enorme e le copriva tutta la testa. Il cappello le parlò sottovoce.

- Interessante. Sei una ragazza dalla mente pronta e sveglia, degna di una Corvonero. Ne ho scrutate poche di menti acute come la tua. Vedo però che sei anche molto astuta e machiavellica…credo proprio che la tua intelligenza lavori in funzione dell’astuzia…- terminò la frase urlando a tutta la sala – Serpeverde! -

Si tolse il cappello e vide gli studenti della tavolata più a destra tutti in piedi. I Serpeverde applaudivano in segno di benvenuto e molti le fecero segno di raggiungere il tavolo.

Asteria strinse molte mani che si congratulavano con lei. Daphne le fece posto al suo fianco. Le sorrise brevemente e si complimentò con la sorellina per non aver deluso le aspettative della famiglia. Da innumerevoli generazioni, infatti, tutti i membri della famiglia Greengrass erano appartenuti alla casata di Salazar Serpeverde.

Lo Smistamento procedeva lento. Molti altri ragazzi si unirono alla loro tavolata. Quando finalmente l’ultima matricola fu smistata nella sua casa, un assordante brusio si levò per tutta la Sala. Tutti gli studenti chiacchieravano a voce altissima e ridevano a crepapelle. Draco era seduto di fronte ad Asteria, non l’aveva più guardata dalla loro breve discussione sull’espresso. Lo vide sghignazzare assieme a Tiger e Goyle in direzione della porta.

Uno studente con la divisa di Grifondoro stava entrano tenendosi il naso con una mano imbrattata di sangue.

Molti Serpeverde lo derisero. Asteria captò il nome del Grifondoro: Potter lo Sfregiato.

Quello era il famoso Harry Potter, il mago che aveva sconfitto Lord Voldemort, il prescelto che avrebbe dovuto sconfiggerlo ancora, colui che i Mangiamorte e anche la sua famiglia combattevano, il ragazzo che aveva causato la cattura di suo padre.

Asteria si era immaginata un ragazzo alto e corpulento, dall’andamento fiero e dai lineamenti duri.

Ciò che vide, invece, fu totalmente differente. Era un ragazzo non molto alto e abbastanza mingherlino, i lineamenti del suo viso erano molto dolci, ma ciò che colpì veramente Asteria fu il suo sguardo.

Rassegnazione e stanchezza incupivano i suoi occhi color smeraldo. I nemici dell’Oscuro signore gli avevano affidato la salvezza del Mondo Magico, e quell’enorme peso era tutto sulle spalle di un unico mago. Quel macigno era ben visibile sul volto di Potter.

Tuttavia, si poteva leggere anche qualcos’altro nelle iridi verdi del ragazzo: pura determinazione.

Asteria avrebbe dovuto provare rabbia e rancore nei suoi confronti, ma provò solo pietà. Quel ragazzo le faceva una pena infinita.

Il brusio di sottofondo calò quando il preside si alzò per il suo discorso. Silente rassicurò i suoi studenti sulle condizioni della sua mano e diede un cordiale benvenuto, o bentornato a tutti.

Parlò di regole scolastiche e del Quidditch, argomento decisamente più interessante per Asteria.

- Coloro che desiderano giocare nella squadra di Quidditch della propria Casa, forniscano il loro nominativo al Capocasa, come al solito. -

Mentre silente presentava un nuovo professore, Asteria chiese a Daphne chi fosse il loro Capocasa.

- È il professor Piton, finalmente avremo un insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure competente. Anche se preferirebbe insegnare solamente Arti Oscure. – Blaise e Pansy, che sedevano a fianco di Daphne ridacchiarono alla sua battuta.

Il preside parlò di Voldemort, chiaramente non lo temeva. Sembrava volesse comunicare agli studenti che nominare il suo nome non doveva incutere paura. Più lo si nominava, più perdeva il suo oscuro fascino.

Non tutti in Sala sembravano d’accordo, molti studenti si pietrificarono al solo sentire il vero nome di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.

Asteria osservò Draco per un momento, aveva alzato il capo sentendo chiamato in causa l’Oscuro Signore, aveva lanciato uno strano sguardo verso Silente e poi si era concentrato sulla forma della sua forchetta. Sicuramente la reputava più interessante del preside.

Silente illustrò le potenti protezioni installate nella scuola e raccomandò gli studenti di attenersi alle restrizioni imposte per motivi di sicurezza, di rispettare il coprifuoco e di riportare qualsiasi cosa sospetta avessero potuto notare.

Congedò la Sala con un ultimo saluto.

Tutti gli studenti si alzarono e seguirono i rispettivi prefetti verso i quattro dormitori.

Draco condusse i Serpeverde nei sotterranei del castello. Le lunghe scale in pietra scendevano irregolari e scoscese.

Il giovane si fermò davanti ad un muro bianco, annunciò che dietro di esso si nascondeva la porta del dormitorio.

- Arti Oscure. – la parola d’ordine spalancò la porta ai Serpeverde.

La Sala Comune era molto ampia ma con un soffitto basso che le conferiva un’aria angusta. Molte poltrone e sofà di pelle nera riposavano sopra a larghi tappeti verde scuro dai riflessi argentati. Appese alle pareti di pietra, c’erano delle torce dalla luce verdastra che illuminavano sinistramente la Sala. Nella parete opposta all’ingresso, un colossale camino di marmo nero riscaldava l’ambiente umido.

Gli studenti dal secondo anno in poi proseguirono in direzione delle loro stanze, sparirono in una cavità naturale nella parete rocciosa sulla destra del camino.

Asteria si fermò con le matricole e ascoltò il breve discorso d Draco.

- Sono Malfoy. Ci troviamo sopra al Lago Nero, per cui non stupitevi per l’umidità. Non preoccupatevi, ogni stanza è fornita di un caminetto per riscaldarsi. La parola d’ordine, per chi non l’avesse udita prima, è “Arti Oscure”. Se nel corso dell’anno cambierà, sarete avvisati. L’ufficio del nostro direttore, il professor Piton è in fondo al corridoio principale dei sotterranei. Una cinquantina di metri dalla porta del dormitorio, per capirci. -

Il tono indifferente e svogliato di Draco innervosì Asteria. Non vedeva l’ora di chiudersi nella sua stanza.

Il giovane camminò fino all’apertura nella roccia, seguito dalle matricole trepidanti. Il corridoio su cui si affacciavano tutte le camere sembrava un gigantesco acquario. Un lunghissimo lastrone di vetro, sommerso per metà da scure acque, offriva agli studenti la vista del Lago.

Draco mostrò alle matricole le loro camere e li congedò con una frase che Asteria aveva già sentito:

- Se vi serve qualcosa, la mia stanza è in fondo al corridoio. – questa volta, tuttavia, aggiunse con tono minaccioso, - Voglio sperare, che da vere Serpi, ve la sappiate cavare da soli. -

Asteria lo seguì e lo blocco per un lembo della divisa. Il prefetto aveva deliberatamente tralasciato di indicarle la sua stanza.

Appena si girò, lo guardò truce. Draco le rispose con un ghigno crudele.

- Ti serve per caso qualcosa, Greengrass? -

Asteria si limitò ad alzare un sopraciglio.

- Decima porta a destra. – non era intenzionato a litigare, voleva soltanto distendersi nel suo letto.

La ragazza gli voltò le spalle e lui osservò i lunghi boccoli biondi che ondeggiavano sul suo fondoschiena ad ogni passo.

 

Asteria trovò la porta della stanza aperta. L’arredamento s’intonava con la Sala comune. Al centro della stanza, di fronte al caminetto acceso, c’erano un largo tappeto verde e argento; due letti a baldacchino completamente neri e due armadi completi di scrivania si fronteggiavano specularmente.

Una ragazza stava sistemando le sue cose a colpi di bacchetta nella parte destra della stanza. Le rivolse un gran sorriso e si presentò.

- Ciao, sono Ludmilla Strongwand, ma chiamami Milla.-

I suoi cortissimi capelli color rame e gli occhi verde acqua la facevano assomigliare a un folletto delle brughiere.

- Asteria Greengrass. – si avvicinò e le strinse la mano, notò che era molto più alta di lei. Anzi, era molto più alta di molti dei ragazzi di Hogwarts.

- Anch’io frequento il quarto anno. Sono felice che tu sia stata smistata a Serpeverde. –

Asteria le sorrise, poche persone erano riuscite a ispirarle simpatia al primo incontro. Precisamente erano tre: Sasha, Luna Lovegood e la sua nuova compagna di stanza; due delle quali conosciute quello stesso giorno. Si stupì di se stessa.

Le due ragazze finirono di sistemare le valige in silenzio. Erano entrambe due ragazze taciturne e Asteria lo apprezzò molto.

Si scambiarono un augurio di buonanotte e crollarono nei loro letti.

 

 

 

Perdonatemi la pazzia della filastrocca del cappello parlante, ma non ho saputo resistere! ^^ Detto questo, il prossimo capitolo sarà meno noioso di questo e ci sarà un po’ più di azione. A presto!

 

Risposte alle recensioni:

 

jula: devo sempre ringraziarti per i troppi complimenti… :p! Grazie che continui a seguirmi! Luna è adorabile nella sua stranezza…è uno dei personaggi migliori! A presto!

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Capitolo 7
*** Bolide ***


Bolide

 

 

La McGranitt attendeva pazientemente gli studenti nell’aula di Trasfigurazione. I lineamenti del suo viso rimasero impassibili al passaggio degli studenti. Gli occhi severi erano puntati su una pagina di un grosso tomo.

Asteria si accomodò in ultima fila con Milla e altri due Serpeverde del quarto anno.

Si chiamavano Jennifer Gamp e Tayler Zabini. Il ragazzo assomigliava incredibilmente a suo fratello Blaise; la salutò con lo stesso sorriso smagliante. L’unica differenza evidente tra i due era il colore degli occhi. Blaise, nonostante la carnagione scura, aveva le iridi di un blu molto scuro; Tayler, al contrario, aveva due occhi bellissimi, castani con numerosi riflessi ambrati.

Jennifer aveva un timbro un po’ nasale e parlava a voce troppo alta. Mentre attendevano che la classe si riempisse raccontò ad Asteria della loro prima lezione di Trasfigurazione. La McGranitt aveva stupito tutti. Un grazioso gatto grigio striato si era trasformato nella professoressa sotto gli occhi esterrefatti dei ragazzini.

Una voce cristallina interruppe il flusso dei ricordi.

- Buongiorno. Siamo solo al primo giorno e ci sono stati già dei ritardatari. Cinque punti in meno per Corvonero. – fulminò due studenti in primo banco. - Ma non perdiamo ulteriori minuti. Cominceremo subito il nostro programma. Oggi impareremo l’incantesimo Pietrotum Locomotor. Qualcuno sa di cosa si tratta? -

Alcuni studenti nelle prime file alzarono la mano, la professoressa stava per dare la parola a uno di loro ma Jennifer la interruppe e rispose saccente.

- Serve per dare vita e movimento alle statue di pietra. Lo usiamo per abbellire il giardino della nostra villa. -

La McGranitt la osservò per un momento da dietro gli occhialini tondi.

- Molto bene signorina Gamp, ma non speri di portare dei punti alla sua casa con questa risposta. Le ho già ripetuto molte volte che nella mia classe chi vuole parlare deve alzare la mano e aspettare di essere preso in causa. -

Jennifer sbuffò e incrociò le mani al petto. Ad Asteria ricordò una bambina viziata e capricciosa.

La professoressa continuò la spiegazione.

- Quando si pronuncia questo incantesimo, si deve usare un tono molto deciso. Le statue devono capire chi è che comanda, altrimenti si comporteranno come se fossero vere creature senza una coscienza. Dovete domarle con la forza della vostra mente. -

Si avvicinò al gruppo dei Corvonero e fece apparire sul tavolo una piccola statuetta a forma di drago. Ordinò allo studente che era arrivato in classe per ultimo di provare.

- Pietrotum Locomotor. – usò un tono basso e intimorito; probabilmente aveva più paura della professoressa che del Dorsorugoso Norvegese che lo fissava inanimato.

Il drago non si mosse di un millimetro. Il Corvonero riprovò con un tono più deciso e improvvisamente la stanza fu invasa da un denso fumo nero e da un odore alacre. Il drago aveva sputato fuoco verso il suo creatore e gli aveva incenerito la camicia.

Gli studenti delle altre case risero a crepapelle. La voce stentorea della professoressa li zittì immediatamente.

- Silenzio! Sono allibita dalla vostra immaturità e dalla vostra incapacità nella Trasfigurazione. Ammetto di avervi proposto una prova difficile, l’incantesimo è tra i più complicati da eseguire, ma speravo che degli studenti del quarto anno riuscissero a domare un drago delle dimensioni di una Puffola Pigmea! -

Mentre parlava, gesticolava spazientita con la bacchetta. Immobilizzò la statua, riparò la divisa bruciacchiata del ragazzo e ripulì l’aria dall’odore di fumo.

Una risatina stridula dal fondo dell’aula fece infuriare la McGrannitt.

- Signorina Gamp! Si diverte? Voi Serpeverde vi credete forse migliori? Bene, allora uno di voi quattro venga qua e mostri la sua bravura. -

Jennifer si alzò baldanzosa ma la professoressa le fece segno di risedersi. Camminò per alcuni minuti su e giù davanti alla sua scrivania. La crocchia di capelli grigi ondeggiava a ritmo con i suoi passi. Finalmente si calmò. Il suo sguardo tornò al tavolo dei Serpeverde e si posò su Asteria.

- Signorina Greengrass può farmi la cortesia di venire alla cattedra? Vorrei vedere cos’ha imparato a Durmstrang in questi anni. – si era un po’ addolcita.

Asteria la raggiunse e si lasciò appoggiare sul palmo della mano il Dorsorugoso.

Puntò la bacchetta contro il drago senza parlare.

La sua essenza da Animagus le aveva sempre reso facile imparare gli incantesimi di Trasfigurazione. Era una materia che aveva sempre appreso in fretta.

Il drago si animò sbattendo le ali. Asteria gli comandò con la mente di volare. La creatura sfrecciò felice per la stanza. Dopo alcune spettacolari giravolte il Dorsorugoso si appollaiò obbediente sulla spalla di Asteria.

La McGranitt la guardava con la bocca spalancata.

-Mi ha veramente stupito! Ha, per caso, già affrontato quest’argomento nei suoi studi passati? - da com’era stata posta la domanda, era ovvio che si aspettasse una risposta positiva.  Asteria la deluse scuotendo la testa.

La professoressa la rimandò al suo posto togliendole il drago dalla spalla. Il resto della lezione trascorse lentamente. Altri studenti rimasero ustionati nei loro tentativi.

Asteria fu costretta a sostenere due paia di occhi che si posavano frequentemente su di lei: quelli invidiosi di Jennifer, che non era riuscita ad animare la statua, e quelli indagatori della McGranitt.

La professoressa era un potente Animagus, non le sfuggivano gli indizi che caratterizzavano questa condizione; riuscire perfettamente nella sua materia era uno di questi.

 

Nel primo pomeriggio il corridoio dei sotterranei era buio e silenzioso. Quasi tutti gli studenti erano a lezione. Asteria aveva un’ora libera e aveva deciso di andare nello studio del professor Piton.

Bussò due volte sulla pesante porta di legno massiccio e attese una risposta.

La porta si aprì e un naso adunco si affacciò alla finestra.

- Si? – la voce sembrava provenire dall’oltretomba.

Asteria stava per presentarsi ma Piton parlò prima di lei.

- Signorina Greengrass, cosa desidera? Tra un quarto d’ora devo fare lezione, quindi, di qualsiasi cosa si tratti, si sbrighi. – la fece accomodare nel suo angusto ufficio.

- Sarò breve. Volevo solo iscrivermi alla squadra di Quidditch. –

Piton alzò un sopraciglio e inclinò la testa di lato.

- Si rende conto di non avere nessuna possibilità di entrare in squadra? -

Asteria lo guardò interrogativo.

- Tradizionalmente, la squadra di Serpeverde è composta soltanto da ragazzi. E, francamente, lei mi sembra fin troppo gracile per uno sport così violento. -

La lentezza con cui parlava Piton avrebbe assopito chiunque, ma le parole che disse sortirono un altro effetto. Gli occhi della ragazza si strinsero per la collera.

- Lei mi iscriva e basta. Quando ci sarà il primo allenamento della squadra? – domandò a denti stretti.

- Sabato alle sedici, ma si prepari a una spiacevole umiliazione. –

Asteria uscì, delusa dai pregiudizi del direttore di Serpeverde. Non immaginava che le parole di Piton non erano state dettate dal pregiudizio, ma da una profonda conoscenza dei ragazzi della sua casa.

La settimana passò velocemente, tra lezioni e studio. Tra gli studenti delle altre case si mormorava che molti genitori intendessero ritirare i propri figli da scuola. Una ragazza era addirittura andata via dopo pochi giorni. Si vociferava che gli incantesimi messi a protezione di Hogwarts non fossero sufficienti a tenere lontano l’Oscuro Signore.

Mentre camminava in direzione dello stadio di Quidditch, Asteria rifletteva su quelle voci di corridoio. Dubitava che Voldemort avesse attaccato la scuola o avesse ferito altri studenti oltre a Harry Potter.

Non si rendeva conto di quanto si sbagliava. Tom Riddle sarebbe passato sui cadaveri di tutti i ragazzi di quella scuola pur di arrivare a Potter. Asteria non si sentiva minacciata, per lei la vera minaccia erano gli Auror che perseguitavano la sua famiglia. Infatti, proprio quella mattina un articolo della Gazzetta del Profeta raccontava l’infruttuosa perquisizione di casa Malfoy. Si sentì sollevata che sua madre fosse riuscita a non farsi trovare alla villa.

Arrivò allo stadio e si incantò a osservare i spalti altissimi che lo cingevano. Lo stadio di Durmstrang aveva un'unica tribuna su un lato del campo.

Molte delle ragazze Serpeverde erano salite sugli spalti della casa per assistere all’allenamento.

Urquhart, il capitano, stava arrivando dagli spogliatoi con la valigia contenete le pluffe, i bolidi e il boccino. Tiger e Goyle portavano numerose scope nuove di zecca.

- Ciao Asteria, sei venuta a guardare Draco mentre si allena come le altre? – la derise Goyle. Lei non rispose alla provocazione. E li osservò sistemare le cose al centro del campo.

Il capitano la salutò e si fermò accanto a lei. La squadrò compiaciuto da capo a piedi e le parlò a pochi centimetri dal viso.

- Ti consiglio di salire sugli spalti. Da lì vedresti meglio. Vabbè, giacché sei qui, ti va di farmi da assistente? -

Asteria era talmente allibita che non rispose nemmeno a lui.

Altri Serpeverde si unirono al gruppo. Draco arrivò in sella a una scopa. Prima di atterrare accanto a loro, si esibì in una serie di capriole davanti alle ragazzine adoranti.

Malfoy guardò  Asteria incuriosito, ma non la salutò.

Urquhart cominciò il suo discorso da capitano.

- Ho solo tre cose da dire: numero uno, ringraziate Draco per averci fornito delle Nimbus 2001 nuove di zecca in sostituzione a quelle che avete usurato lo scorso campionato. Numero due, l’obiettivo di quest’anno è distruggere i Grifondoro. Numero tre, la formazione rimarrà invariata dall’anno scorso, niente selezioni a Serpeverde. I ragazzini devono rispettare la gerarchia. -

Tiger ricordò che Draco era riuscito a entrare in squadra al secondo anno grazie alla sua innata bravura.

Asteria non riuscì a fare a meno di sghignazzare. Draco la fulminò.

- Vuoi mettere in dubbio la mia bravura ragazzina? -

Non lo degnò di uno sguardo e si rivolse al capitano.

- Ero il capitano della squadra di Quidditch del terzo anno di Durmstrang. Credo di aver diritto a una regolare selezione. -

Tiger e Goyle scoppiarono a ridere. Draco si portò una mano davanti alla bocca per trattenersi. Il portiere, Bletchley, la schernì:

- Potresti sporcarti i vestiti giocando. -

Warrington, un cacciatore, la informò:

- Le ragazze di Serpeverde non giocano a Quidditch. Il vostro compito è tifare per noi. Lo sport non si addice a una donna Purosangue. -

Asteria continuò a fissare il capitano. Lui non aveva riso come gli altri.

- Purtroppo abbiamo già un cercatore, non posso farti entrare in squadra. -

Lei lo osservò perplessa.

- Io non sono un cercatore. Sono un battitore. -

Altre risate, sta volta anche Urquhart ghignò scettico.

- Perdonami, con un fisico mingherlino come il tuo non ho pensato a un ruolo diverso che non fosse il cercatore. Insomma, sei veramente troppo piccola per fare il battitore. -

Asteria sorrise a quel pregiudizio. Stava per suggerire al capitano di metterla alla prova, quando qualcuno parlò per lei.

- Mettila alla prova, sono curioso di vedere cos’è capace di fare. -

La ragazza si girò sbalordita. Draco si stava schierando dalla sua parte? No, il riso malefico che aveva dipinto in faccia poteva significare soltanto una cosa: non aspettava altro che vederla fallire.

La squadra acconsentì. Si divisero in due squadre, titolari e riserve.

I battitori titolari erano Tiger e Goyle. Asteria finì con la squadra delle riserve.

Sin dalle prime battute fu chiaro che l’avevano sottovalutata. Colpiva i bolidi con violenza e quasi sempre li mandava a bersaglio contro i giocatori dell’altra squadra. Era molto più agile di Tiger e Goyle. I due si infastidirono presto dalla sua bravura e si concentrarono in vani tentativi di disarcionarla, consentendo ai cacciatori della squadra riserve di segnare molte volte.

Asteria scansava i bolidi con facilità, li recuperava e li mandava contro i giocatori avversari.

Goyle era infuriato, cominciò a urtarla con la sua scopa per disarcionarla ma Asteria riuscì a colpirlo al volo con un bolide appena lanciato da Tiger. Goyle perse l’equilibrio e crollò a terra da diversi metri d’altezza.

La partita fu interrotta. Il capitano era rimasto molto impressionato da Asteria e le sorrise in maniera un po’ troppo ammiccante. Tutta la squadra aveva dovuto ricredersi.

Atterrarono tutti a centro campo, vicino al corpo di Goyle che continuava a lamentarsi reggendosi la testa.

Asteria fissò Draco trionfante. Lui ricambiò lo sguardo ma roteò gli occhi al cielo per non darle soddisfazione.

- Credo che la squadra di Serpeverde abbia un nuovo battitore, un vero bolide!- il capitano sorrise ad Asteria, ma cambiò subito tono quando si girò verso Gregory, - Goyle, d’ora in poi ti allenerai come riserva. -

I ragazzi annuirono, Warrington e Bletchley le strinsero la mano, dandole il benvenuto in squadra.

Goyle era rimasto ammutolito a terra. Sul suo viso passarono velocemente molti sentimenti, stupore, delusione, vergogna e poi ira.

Ad Asteria non sfuggì il rapido movimento con cui Goyle estrasse la bacchetta. La puntò verso di lei e urlò: - Stupeficium! –

Un lampo rosso esplose dalla bacchetta, ma Asteria lo schivò tuffandosi di lato. Si alzò velocemente e disarmò Goyle con il pensiero. Si avvicinò a lui lentamente, i suoi occhi erano ridotti a due fessure. Il ragazzo nerboruto indietreggiò, spaventato da quello sguardo di fuoco.

Asteria puntò la sua bacchetta verso il petto di Goyle. Il ragazzo cominciò ad ansimare vistosamente, non riusciva a respirare correttamente. Era come se fosse sottacqua. Il suo viso diventò cianotico, stava per svenire.

- Anapneo. – Goyle annaspò per qualche secondo per riprendersi dalla prolungata apnea. Guardò la bacchetta che Asteria gli stava porgendo sotto il naso, era la sua.

Le parole uscirono calme e serene dalle labbra di Asteria:

- Consideralo un avvertimento. -

Si avviò verso il castello come se niente fosse successo, sotto gli sguardi ammirati dei Serpeverde.

 

La notizia si sparse velocemente e quella sera durante la cena molti si complimentarono con lei per il suo ingresso in squadra e per la lezione data a Goyle.

Daphne guardò storto la sorella per tutta la cena. Trovava inammissibile che una Purosangue giocasse a Quidditch.

Asteria mangiò in fretta e scese nei sotterranei. Si accomodò su una poltrona davanti al grande camino per studiare Pozioni.

Pochi minuti dopo, udì la porta della Sala Comune aprirsi e dei passi nella sua direzione. Alzò gli occhi dal libro e trovò Draco che la fissava, seduto nella poltrona accanto alla sua.

Il fuoco del camino creava riflessi color rubino sul biondo dei suoi capelli. Le fiamme si riflettevano nei suoi occhi, contrastando con il ghiaccio nebbioso che vi dimorava.

- Che incantesimo hai usato contro Goyle? –

Dritto al punto, senza convenevoli.

- L’incanto Zilerius. –

Draco si fermò a riflettere per un momento.

- Non l’avevo mai visto usare. Mi sembra che abbiamo parlato degli incantesimi soffocanti a Difesa una volta. -

- A Durmstrang ce le insegnano le Arti Oscure. Non impariamo soltanto la teoria e come difenderci da loro. –

Draco le sorrise e si alzò. Sembrava soddisfatto, ma Asteria non riuscì a comprenderne il motivo.

Si avvicinò a lei guardandola dritta negli occhi. Appoggiò le mani sui poggioli della poltrona e accostò il suo viso al suo.

- Tu sei diversa, credo di aver capito che tipo sei, e la cosa mi intriga… -

Asteria osservò i lineamenti duri del suo viso mentre si distendevano in un sorriso seducente. Draco si avvicinò pericolosamente alle sue labbra.

- Sai, vorrei sapere cos’altro sei capace di fare…cosa hai imparato a Durmstrang? -

Asteria faceva fatica a capire le sue parole, era terribilmente attratta dalle labbra carnose che si muovevano a pochi centimetri dalle sue. Riluttante spostò lo sguardo verso il basso e trovò aiuto nella pagina di pozioni aperta sulle sue gambe. Liberò la mente da pensieri lascivi e tutto le fu chiaro.

Draco stava cercando di manipolarla. Tentava di estorcerle delle informazioni, ma non aveva però messo in conto la forza di volontà di Asteria. Lei era sempre stata la maestra della manipolazione.

Lo guardò con aria di sfida e lo allontanò dalla sua poltrona facendo pressione sul suo petto.

- Tu non hai capito proprio nulla di me! -

Una bassa risata di rassegnazione accompagnò Asteria fuori dalla Sala Comune.

 

 

 

Risposte alle recensioni:

 

Maglodra: benvenuta ^^! Sono contenta che la storia ti incuriosisca. Sto cercando di dare un volto e una storia a questo personaggio così trascurato dalla nostra Rowling, sperò di fare un lavoro degno! Sono perfettamente d’accordo con te, tra Draco e Asteria le cose non sarebbero potute andare lisce fin da subito…ci saranno molti alti e bassi tra i miei due protagonisti…

Grazie per la recensione e sono felice che tu mi segua! Figurati non mi hai annoiata! Magari ci fossero più persone a darmi dei pareri come hai fatto tu! A presto!

 

jula: ciao! Spero sia come dici tu! Comunque…Asteria ha la mania di non impicciarsi degli affari altrui, quindi non si è sconvolta poi molto alla vista del Prescelto! A presto e grazie!

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Capitolo 8
*** Umiliazioni ***


Umiliazioni
 

 
 
Cara Asteria,
 
l’anno scolastico è cominciato a tentoni qui a Durmstrang. Igor Karkaroff è stato trovato morto in una capanna in Scandinavia. Finalmente ha avuto la giusta punizione per il tradimento verso l’Oscuro Signore.
L’insegnante di Divinazione, Anna Zaratustrova, è diventata la nuova preside. Ci sono stati molti cambiamenti. Alcuni docenti sono scappati, perché temono una rappresaglia di Voldemort verso gli amici di Karkaroff, siamo rimasti per quasi un mese senza insegnante di Pozioni.
Sono felice che tu sia riuscita a entrare nella squadra dei Serpeverde! Non ho mai avuto dubbi che ce l’avresti fatta!
Il Quidditch è un disastro. Sono stato nominato capitano, ma non sono capace di farmi rispettare come ci riuscivi tu. Vladi ha occupato il tuo posto come battitore…a dir la verità lo preferivo come cacciatore. Insomma ho rivoluzionato la squadra ma mi sembra di star facendo un gran pandemonio.
Ci manchi Asteria, e manchi tanto anche a me. Non so con chi sfogare le mie innumerevoli paranoie. Mi manca il modo deciso in cui mi rassicuravi, con poche e concise parole.
So che è difficile da realizzare…ma, c’è la possibilità che tu possa viaggiare per le vacanze d’inverno? O che tu possa ricevere degli ospiti? Lo so, tu stessa sei un ospite. La tua risposta sarà scontata, ma vale la pena tentare.
Aspetto una tua risposta.
 
Aleksey Koldunov
 
 
Quel giorno ci sarebbe stata la prima gita a Hogsmeade dell’anno scolastico. La Sala Comune dei Serpeverde era un via vai di studenti che si preparavano all’uscita. I ragazzini dei primi anni guardavano con invidia i compagni più grandi.
Asteria ripose la lettera nella sua scrivania e seguì Milla fuori dalla loro stanza.
Le due Serpeverde salirono le scale dei sotterranei e uscirono dalla porta principale del castello; un vento gelido le investì e fece svolazzare la mantella della loro divisa. Asteria si strinse nelle spalle e si portò la sciarpa davanti al viso per proteggersi dal freddo pungente.
Scesero lungo il sentiero per Hogsmeade in silenzio, Asteria era troppo occupata a pensare alla lettera di Sasha e non aveva voglia di chiacchierare. Anche Milla sembrava assorta nei suoi pensieri.
La nostalgia verso la sua vecchia scuola si faceva sentire ogni qualvolta il gufo di Sasha le recapitava una lettera. La malinconia le attanagliava lo stomaco, ma c’era un’altra sensazione che non riusciva a definire; quando ripensava al suo migliore amico, un nodo alla gola le impediva di parlare e si sentiva incredibilmente triste. Le mancava, razionalmente riusciva a capirlo, ma il suo cuore orgoglioso non lo avrebbe mai ammesso.
La singolarità del loro rapporto, derivava dal fatto che Sasha Koldunov era l’unica persona con cui Asteria riusciva a parlare della sua vita privata, seppur in maniera distaccata.
Asteria non era sempre stata una fredda calcolatrice, da bambina era stata tenera, ingenua e spontanea. Il suo carattere gioviale e spensierato era purtroppo entrato in collisione con le strette vedute di Kalliope Greengrass. Le ripetute critiche e gli innumerevoli tentativi di cambiare la bambina ebbero come unico effetto la lenta chiusura in se stessa di Asteria. Come il ferro fuso, battuto ripetutamente da un martello, il suo cuore diventò duro e crudele, incapace di provare qualsiasi sentimento, eccetto l’odio verso la madre e l’egoismo. Il dolore che si teneva dentro era ben racchiuso in una dura corazza, soltanto all’esterno Asteria era rimasta la stessa bambina impacciata e vivace, lo stesso maschiaccio innamorato del Quiddich.
Milla appoggiò delicatamente la mano sulla spalla di Asteria e la riportò alla realtà. Erano giunte alla cittadina.
- Io non sento più le mani, potremmo rifugiarsi ai Tre Manici di Scopa. È una locanda dove fanno una Burrobirra strepitosa. Che ne dici? -
Asteria accolse la proposta di buon grado, le si stavano gelando le orecchie.
Entrarono in un pub affollato da studenti di tutte le case. Milla individuò Jennifer e Tayler. Il ragazzo le invitò a sedersi con loro con degli ampi gesti della mano. Jennifer le salutò con un breve sorriso di circostanza. Tayler si premurò subito di ordinare due Burrobirre per le nuove arrivate a Madama Rosmerta, la padrona del locale.
Il boccale di Asteria si svuotò in fretta, la temperatura all’interno, notevolmente più elevata, le aveva arso la gola. Un’altra Burrobirra le fu prontamente offerta da Urquhart, che si era seduto al tavolo accanto con altri membri della squadra di Quiddich. Sulla schiuma della bibita era impresso un breve messaggio: “Sala Comune dopo il coprifuoco, riunione di squadra. Il capitano.”
Asteria fece un cenno di assenso in direzione del capitano che ricambiò con un sorriso smagliante.
Jennifer parlò per tutto il tempo delle ricchezze della sua famiglia e dei suoi piani per il futuro. L’egocentrismo di quella ragazza aristocratica stufò ben presto Asteria, che decise di tornare al castello.
 
- Arti Oscure. – la porta del dormitorio si aprì e Asteria entrò.
Nei sotterranei rimbombava il brusio dei ragazzini rimasti al castello. Si divertivano a infastidire le armature e i quadri che ornavano la Sala Comune. Asteria decise di studiare un po’ di Divinazione nell’angolo più tranquillo della sala, vicino alla porta.
Un rumore sordo e improvviso fece calare il silenzio. Dracò entrò sbattendo la porta e, con passo deciso si avviò verso il corridoio delle camere. Spinse malamente da parte alcuni ragazzini del primo anno, colpevoli di trovarsi sulla sua strada.
Tiger entrò dopo di lui e lo seguì con lo sguardo. Si sentì un’altra porta sbattere e quando fu chiaro che il re indiscusso della Casa si era ritirato nelle sue stanze, gli altri abitanti di più basso rango ripresero le loro attività che erano state bruscamente interrotte.
Tiger notò Asteria vicino alla porta e la salutò.
- Che cosa fa credere a Malfoy di essere legittimato a trattare tutti come se fossero delle nullità? -
Tiger la guardò stupito, gli sembrava incredibile che la ragazza non capisse quanto Draco fosse temuto e rispettato a Serpeverde.
- Lui è il capo qui. -
Asteria aggrottò un sopracciglio.
- Lo dici come se fosse una cosa giusta. È soltanto un arrogante. -
- Forse è soltanto nervoso. È stato in punizione con la McGrannit fino a poco fa. –
Lo sguardo scettico della ragazza lo turbò.
Vincent cambiò discorso, non era abituato a sentir mettere in discussione l’autorità di Malfoy.
- Sono felice che giocherai la prima partita della stagione. Se ci sei tu in campo, abbiamo più probabilità di vincere. -
Le guance piene di Tiger si aprirono in un sorriso goffo.
Asteria provò un po’ di pena verso quel ragazzo così privo di personalità. La aveva accettata in squadra di buon grado e l’aveva presa come suo esempio. Asteria ammirava la costanza di Vincent e la sua voglia di migliorare, però aveva intuito che erano solo vani tentativi di assomigliare a qualcuno che riuscisse meglio di lui nelle cose. Lo stesso faceva con Malfoy e lo imitava; cercava di comportarsi in maniera maleducata con tutti, pensando di apparire più elegante. In realtà sembrava soltanto un grosso troll, brusco e manesco.
Tiger la lasciò sola e Asteria ripensò alle sue parole. Dubitava fortemente che Malfoy s’innervosisse a tal punto per una misera punizione. Doveva essere successo qualcos’altro. Si sforzò di non pensarci e ritornò sul libro di Divinazione.
 
Il Coprifuoco era appena scattato. Asteria salutò Milla e andò in Sala Comune. La squadra era già lì e Draco stava cacciando dalla stanza alcuni Serpeverde che si erano fermati a chiacchierare. Quando vide Asteria, la salutò con un cenno del capo. Il capitano le andò in contro sorridendole e la prese per mano. La trascinò fino al camino come un bambino eccitato e gettò nelle fiamme una strana polverina argentea.
Il fuoco crepitò e le fiamme diventarono verde smeraldo.
- Ti do ufficialmente il benvenuto in squadra! Ora seguimi! -
Asteria osservava rapita le fiamme verdognole che andavano affievolendosi e la cenere che veniva magicamente assorbita dalle mattonelle. Il pavimento del camino si trasformò in una ripida scala che scendeva tortuosa verso il basso. Urquhart scese per primo e si offrì di aiutare la sua compagna di squadra a scendere le scale, ma questa ignorò la mano che le veniva in soccorso e lo raggiunse con un goffo salto.
- Questo è l’Antro della Gloria… -
Le pareti, illuminate da fiammelle verdi che fluttuavano a mezz’aria, erano foderate di fotografie e vecchie scope, la maggior parte erano pezzi storici appartenuti ai più famosi giocatori Serpeverde che avevano intrapreso la carriera del Quidditch dopo la scuola.
Le foto in movimento illustravano le migliori vittorie della squadra e i migliori giocatori di sempre, in una di esse, Asteria riconobbe suo nonno materno. Sorrideva, orgoglioso di mostrare a tutti la sua Tinderblast, che a quel tempo era la scopa più resistente e affidabile sul mercato.
La squadra occupò le sedie attorno a un massiccio tavolo poligonale con quattordici lati, uno per ogni giocatore della squadra, che comprendeva sette titolari e sette riserve.
Il capitano cominciò il suo discorso di incoraggiamento:
- Il prossimo sabato ci sarà la partita inaugurale del campionato e giocheremo contro la squadra di Grifondoro. Ci sono importanti novità: Katie Bell questa mattina ha avuto un incidente e domani non giocherà. -
Goyle interruppe il capitano per verificare che le condizioni della cacciatrice fossero davvero gravi come si vociferava. Bletchley sogghignò malignamente e rispose a Gregory:
- Sembra di sì, domani la trasferiranno al San Mungo. -
Tutta la squadra, tranne Draco e Asteria, rise di quella buona notizia. Asteria non conosceva quella ragazza e non poteva capire il risentimento dei Serpeverde contro la giocatrice, inoltre a lei interessava soltanto giocare, poco importava contro chi. Draco invece sembrava arrabbiato, fissava il tavolo con gli occhi ridotti a due fessure.
Urquhart chiese un po’ di silenzio e proseguì:
- Un’altra notizia positiva è la totale inettitudine di Weasley come portiere, con lui davanti ai cerchi abbiamo la vittoria in tasca. -
Altre risate riempirono la sala. Anche Draco questa volta rise e prese la parola.
- Lenticchia non riuscirebbe ad acciuffare un Vermicolo, figuriamoci una pluffa! – le sue labbra furono curvate da un ghigno e i suoi occhi saettarono verso Asteria.
- Per brindare all’imminente vittoria mi sono permesso di far arrivare, direttamente dalle terre di Durmstrang, una cassa di Acqua di Fuoco. – un colpo di bacchetta e sul tavolo apparsero quattordici bicchieri e una cassa di legno. Estrasse una bottiglia cilindrica dal contenuto trasparente. L’etichetta rossa era scritta in cirillico e recitava: “Acqua di Fuoco, degna della gola di un Drago”. Draco versò il contenuto nei bicchieri con la magia e li smistò ai vari lati del tavolo. Soltanto un bicchiere era rimasto nelle mani affusolate del giovane. Guardò Asteria dritta negli occhi e le porse la bevanda.
- Consideralo il mio regalo di benvenuto. –
Asteria gli sorrise in segno di ringraziamento e avvicinò la mano al bicchiere. Appena le loro dita si sfiorarono un lungo brivido percorse il braccio di Asteria. La nebbia negli occhi di Draco si diradò, lasciando spazio all’azzurro del cielo. I loro sguardi incatenati la turbarono a tal punto che si dimenticò dove fosse. Per un tempo indefinito ci furono solo Draco e Asteria legati da quel contatto inaspettato.
Fu Draco a ricomporsi per primo e staccare le dita dal bicchiere. Aggrottò le sopraciglia e ritornò a fissare il tavolo. Asteria osservò per un istante lo sguardo confuso che si intravedeva oltre ai filamenti biondi. Per dimenticare l’intensità di quel breve momento scolò il bicchiere tutto d’un fiato e concentrò la mente sulla sensazione di bruciore che le invase lo stomaco.
Gli altri membri della squadra non si erano accorti di nulla, ciò che per Draco e Asteria era sembrato un’eternità, in realtà era durato una frazione di secondo.
Anche Warrington scolò il suo bicchiere ma fu immediatamente scosso da una tosse convulsa, il suo viso diventò tutto rosso mentre cercava disperatamente di farsi aria con le mani. Bletchley scoppiò a ridere e aiutò l’amico riempiendogli il bicchiere con l’incantesimo Aguamenti. Quando il cacciatore si fu ripreso, guardò Asteria con ammirazione.
- Come hai fatto a bere quella cosa e rimanere illesa? Mi sembrava di avere l’Ardemonio in bocca. -
Asteria lo osservò divertita.
- Devi versartela direttamente in gola, non devi farla entrare in contatto con le pareti della bocca o con le labbra! -
I tentativi degli altri membri della squadra furono più fortunati, soltanto Harper, il cercatore delle riserve, si lamentò per il bruciore alla bocca dello stomaco.
Tiger e Goyle si versarono un altro bicchiere ma prima che lo portassero alla bocca, furono fermati dal capitano. Il suo tono era leggermente preoccupato.
- Aspettate, finché siamo tutti sobri…c’è un altro punto su cui discutere. – fece un cenno a Draco, il quale si alzò e fece un annuncio sconcertante:
- Purtroppo non potrò giocare sabato, sono un paio di settimane che non mi sento molto bene e il dottore di famiglia mi ha consigliato di non stancarmi. Harper mi sostituirà. Ne abbiamo già parlato. –
Harper annuì tra un colpo di tosse e l’altro. Tiger guardò Draco in modo apprensivo.
- Mi dispiace! È per questo motivo che eri così nervoso oggi? - gli occhi nebbiosi di Malfoy si posarono sul robusto amico e annuirono. Tiger si sentì soddisfatto della sua intuizione, ma Asteria non si fece ingannare dalla poca convinzione con cui Draco aveva risposto a Vincent. Decisero di annunciare la sostituzione soltanto il giorno della partita.
Il resto della serata trascorse allegramente, i brindisi furono molti e Tiger e Goyle si ubriacarono fino a svenire sul tavolo.
Asteria si divertì molto quella sera, si sentiva accettata in quel covo di serpi, quasi quanto lo era stata nella sua squadra di Durmstrang.
 
Il sabato arrivò in fretta. Asteria era in ritardo per la colazione, uscì dalla sua camera cercando di infilarsi la divisa verde di Quidditch. La sua testa si incastrò nelle pieghe della stoffa e, avanzando alla cieca, inciampò sui piedi di qualcuno. Si sentì cadere in avanti ma fu afferrata per un braccio e risollevata. Una mano diafana la aiutò ad uscire dalla trappola. Malfoy la guardava con un’espressione buffa, le sue guancie erano gonfie e le labbra arricciate. Stava trattenendo una risata, con scarsi risultati. Una risata cristallina e sincera riempì il corridoio dei dormitori. Asteria non lo aveva mai sentito ridere e rimase piacevolmente stupita nell’udire quel suono genuino.
Quello che Asteria non sapeva era che Draco Malfoy non aveva mai riso in tutta la sua vita. Era divertito dalla goffaggine di quella ragazza, ma rideva più per la spontaneità di quella situazione, e più rideva più si sentiva felice e spensierato. Guardò il viso magro di Asteria che si corrucciava in un broncio.
- La tua malattia non deve essere molto grave, se hai la forza di deridermi così! -
Piano piano Draco riuscì a placare i sussulti e riacquistò la sua espressione arrogante di sempre. Le sorrise ammaliante e camminò verso la sua camera.
- La squadra è fortunata che tu sia più agile in aria che con i piedi a terra. Buona fortuna Greengrass. -
L’autocontrollo di Asteria riuscì a tenerla calma e a far muovere le sue gambe nella direzione opposta.
Asteria uscì dal dormitorio e corse verso la Sala Grande. Fu intercettata da Milla.
- La colazione è finita. Ti ho portato un panino. Sei tesa? Sarai grandiosa! -
Asteria afferrò il cibo, ulteriormente infastidita perché Draco le aveva fatto perdere la colazione, e mangiò dirigendosi verso lo stadio.
Urquhart incoraggiò la squadra prima di avviarsi a centro campo dove Madama Bumb e Potter lo attendevano.
Asteria volò agilmente fino sopra gli anelli della sua squadra e si rallegrò del colpo d’occhio sugli spalti affollati dai tifosi. I Serpeverde stavano già intonando coretti contro Wealsey e gli altri Grifondoro.
Un fischio decretò l’inizio dell’incontro e Asteria intercettò subito un bolide che sfiorò la testa di un cacciatore avversario. Urquhart si appropriò della pluffa e tirò verso uno degli anelli, sfortunatamente Weasley la acciuffò al limite del cerchio.
Quella fu l’unica azione decente della squadra. Tiger era inguardabile e Bletchley si lasciò infilare sei reti.
Asteria cercava disperatamente di bloccare la cacciatrice Ginny Weasley, ma non ricevette alcuna collaborazione dagli altri giocatori. Ognuno giocava per se stesso e nessuno collaborava. Asteria osservò rassegnata il suo bolide che fu agilmente scansato da Potter, il Grifondoro sfrecciò verso Harper e il boccino. Poco dopo la partita finì con esito negativo per le Serpi.
- Sembra che i Serpeverde abbiano lasciato a casa l’artiglieria pesante per portare sul campo una ragazzina come battitore. Non so cosa sia preso al capitano. Che si sia lasciato influenzare dal suo bel visino? -
La voce sgradevole di Smith gracchiava dal megafono magico. Il Tassorosso aveva criticato i giocatori di entrambe le squadre nel corso della partita e Asteria fu felice quando la Weasley si schiantò “accidentalmente” contro il podio del commentatore mandandolo in mille pezzi.
I Serpeverde rientrarono negli spogliatoi abbattuti. Urquhart si limitò a indire una riunione quella sera stessa e li lasciò soli. Era chiaramente furioso. I giocatori cominciarono a incolparsi a vicenda, Warrington e Tiger arrivarono addirittura alle mani. Bletchleley riuscì a fatica a dividerli. Asteria li ignorò e andò a farsi la doccia nello spogliatoio femminile.
 
L’atmosfera dell’Antro della Gloria non era delle migliori. Un cupo silenzio serpeggiava tra gli studenti che attendevano il capitano. Urquhart non salutò nessuno e si accomodò al suo posto. Picchiò un pugno sul tavolo e parlò alla sua squadra senza guardarli negli occhi.
- È stato profondamente umiliante! Non è ammissibile! Tiger, sembravi un Hippogrifo imbufalito! Bletchley, avremo potuto giocare senza portiere oggi, e il risultato non sarebbe cambiato! Warrington, Pucey, non avete nemmeno toccato la pluffa! Harper, ti sei fatto distrarre dallo sfregiato, accidenti, cosa ti ha detto? Ci sei cascato come un idiota! Asteria perché ti sei arresa alla fine? – Asteria non rispose alla domanda retorica. Il capitano la fissò rassegnato. – Forse è colpa mia, non sono tagliato per fare il capitano. -
Draco scese le scale che portavano all’Antro. Era in ritardo.
- Sei in ritardo Malfoy. - Urquhart sottolineò l’evidenza senza riuscire a rimproverarlo. Nessuno aveva il coraggio di fare la predica a Draco.
Si mise comodo sull’unica sedia vuota e sfoggiò un ghigno arrogante.
Warrington e Tiger ripresero a litigare e il capitano e il portiere si intromisero nella discussione peggiorando le cose. Asteria taceva e osservava Draco, non sembrava particolarmente turbato dalla sconfitta e ascoltava la discussione con superiorità. Un senso di fastidio si allargò nel petto di Asteria.
- Posso dire la mia? – la discussione si bloccò, erano tutti stupiti nel sentire il suono della voce di Asteria che di solito rimaneva estranea da qualsiasi discorso.
- Abbiamo sbagliato la scelta delle scope secondo me. La Nimbus di Harper era troppo lenta. Il cercatore e i battitori dovrebbero cavalcare una Firebolt, molto più agile e veloce. Poi, cosa più importante, credo che ci sia mancato lo spirito di squadra. Ci siamo allenati per settimane con una formazione e la abbiamo cambiata all’ultimo momento. Se dobbiamo puntare il dito contro qualcuno, quello è Draco.- finì il suo discorso guardandolo negli occhi. – Potevi avvisarci prima che non avresti avuto intenzione di giocare quest’anno. -
Draco si alzò spazientito, ma rispose con tono pacato.
- Hai ragione, la colpa è mia. Rimpiangerò per sempre il momento in cui ho insistito perché tu dimostrassi quanto vali a Quidditch. -
Una risata crudele uscì dalle labbra rosee di Asteria.
- Lo prenderò come un complimento, ma almeno io non ho comprato il posto in squadra con delle scope nuove! -
Tutti rimasero allibiti dalla faccia tosta di Asteria, ma lo sguardo truce di Draco arginò ogni desiderio di prender parola.
- Uscite da qui. -
Asteria non stacco i suoi occhi nocciola da quelli grigi di Malfoy mentre i compagni di squadra li lasciavano soli.
Draco si tolse con calma la toga della divisa e rimase con la camicia e i pantaloni neri. Si sistemò i capelli con un gesti lenti.
- Hai ferito il mio orgoglio, ora devo difendere il mio onore in un regolare duello. - non distolse lo sguardo dalla ragazza neanche per un secondo, non si fidava di lei, da brava serpe avrebbe potuto attaccarlo a tradimento. Asteria si limitò a schernirlo.
- La parte del signore d’altri tempi lasciala a Blaise. Non ti si addice. –
Draco non le rispose, sorrise malignamente e guardò attentamente Asteria che si spogliava della divisa.
La mano di entrambi era appoggiata alla tasca dei pantaloni, pronta a estrarre l’arma. Soltanto il tavolo li divideva.
Asteria attaccò per prima senza indugiare, un lampo rosso uscì dalla sua bacchetta e sfrecciò verso il petto del ragazzo. Draco schivò lo schiantesimo e pronunciò l’incantesimo di disarmo.
- Protego. – Asteria fece un rapido balzo di lato. – Non sai fare di meglio? - sogghignò, quando una scopa, che aveva appellato dal muro dietro al giovane, si schiantò violentemente sulla schiena del ragazzo.
Draco non se l’aspettava. Con un balzo saltò sopra il tavolo, fece levitare una sedia e la lanciò contro la ragazza. Asteria la scansò per un pelo, puntò la bacchetta verso il tavolo e urlò:
- Confringo! – il tavolo andò in mille pezzi e Draco cadde a terra tra le schegge del legno. La sua camicia candida si era lacerata in più punti, i suoi pantaloni erano pieni di strappi e schegge. Asteria trovò divertente questo spettacolo e non riuscì a trattenere una risata. Abbassò la bacchetta e tra un sussulto e l’altro cercò di stipulare una tregua.
- Malfoy, smettiamola di renderci ridicoli. –
Draco si alzò lentamente e si osservò le mani, lunghe strisce scarlatte rovinavano le sue mani perfette, là dove il legno si era conficcato nella carne. Il mago cominciò ad ansimare sempre più forte, man mano che la rabbia nel suo petto aumentava. Alzò lo sguardo verso di lei e con uno scatto repentino riuscì a disarmare Asteria, la quale rimase senza parole. Sembrava che negli occhi del ragazzo si fosse scatenata una tempesta, il grigio delle sue iridi si era incupito a tal punto che un cielo plumbeo sarebbe risultato meno minaccioso.
Asteria cominciò ad indietreggiare ma si ritrovò con le spalle al muro. Draco la raggiunse e si fermò a poca distanza da lei.
- Non permetto a nessuno di prendersi gioco di me. -
- Quanto sei permaloso, ti sei offeso per così poco? – si staccò dal muro e decise di dirigersi verso la porta.
Il giovane la afferrò per un bracciò e la scaraventò nuovamente con le spalle al muro, imprigionandola tra le sue braccia.
L’urto costrinse Asteria a chiudere gli occhi, la testa le pulsava. Socchiuse le palpebre e si trovò davanti gli occhi di Draco, a pochi centimetri dai suoi.
Il contatto fu improvviso. Draco le prese la nuca e la tirò verso di sé. La baciò con foga, senza nessuna dolcezza. Asteria non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse accadendo. Si ritrovò stretta in una trappola senza possibilità di fuga. Non era intenzionata a ricambiare quello che, più che un bacio, sembrava una violazione.
Cominciò a divincolarsi e finalmente riuscì a liberare le mani che erano state incastrate tra i loro corpi. L’istinto le suggerì di colpire nel basso ventre del ragazzo; caricò il colpo quel poco che le era permesso dagli spazi angusti e colpì. Dracò si bloccò per la sorpresa e il dolore improvviso. Asteria approfittò per liberarsi dalla morsa che li univa e si allontanò da lui strappandogli di mano la sua bacchetta.
Scappò via senza voltarsi indietro.
Asteria non vide lo sguardo ferito e umiliato che la seguì su per le scale. Non sentì l’urlo silenzioso dell’orgoglio maschile di Draco che si spezzava. Non percepì la sferzata di odio che si dipanò nella sua direzione e che si infranse contro l’odio e l’ancora più profondo disgusto che il suo esile corpo emanava.
 
 
 
Chiedo umilmente scusa per il ritardo! Ero a Monaco per un po’ e non son riuscita ad aggiornare! 

 

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Capitolo 9
*** Fiducia ***


Fiducia

 

 

Draco chiuse la porta con un colpo secco. Cominciò a camminare su e giù nella sua camera come una pantera in gabbia.
Era furioso con Asteria. Si sentiva umiliato e ferito. Nessuno mai era riuscito a fargli perdere totalmente il controllo di se stesso, ma soprattutto nessuna mai lo aveva rifiutato. Lui era Draco Lucius Malfoy, carismatico erede di una delle famiglie Purosangue più antiche, ogni strega avrebbe pagato per stare al suo fianco; ma Asteria Greengrass lo aveva respinto e lo aveva colpito dove più gli faceva male. Il suo orgoglio di Malfoy, il suo orgoglio maschile era stato calpestato da una ragazzina di appena quattordici anni.
Si sentiva un perfetto idiota per non aver saputo resistere alle labbra morbide di Asteria.
Si spogliò lentamente, gettando a terra i brandelli della sua camicia, e si coricò tra le costose coperte di seta verde. Osservò con rabbia i lunghi tagli provocati dalle schegge di legno che solcavano le sue braccia e li fece guarire in fretta pronunciando un incantesimo.
Appoggiò la testa sul cuscino, i suoi capelli dorati creavano un bellissimo contrasto con il colore verde delle lenzuola. Prima di chiudere gli occhi e addormentarsi ebbe alcuni scatti d’ira e si rigirò di scatto disfacendo il letto. Ripensò ancora all’umiliazione subita e ad Asteria, riuscì a calmarsi soltanto dopo aver ripromesso a se stesso che avrebbe fatto di tutto per averla, non avrebbe mai accettato il suo rifiuto.
Quella notte sognò di accarezzare i suoi boccoli biondo cenere e di possedere le sue labbra rosee.
 
Ottobre e novembre trascorsero freddi e nevosi. Una spessa coltre di neve copriva il castello e tutto ciò che lo circondava. Asteria e Draco non si erano più parlati nonostante gli infruttuosi tentativi del ragazzo di stabilire qualche contatto. Ogni volta Asteria lo allontanava con sguardi di fuoco che non ammettevano repliche.
Draco aveva cercato di attirare la sua attenzione in vari modi, ignorandola prima, cercando di parlarle poi e infine tentando di farla ingelosire avvicinandosi a Pansy.
Era la sera precedente all’inizio delle vacanze invernali. Il frastuono e le gelosie causate dalla festa intima di Lumacorno erano cessati appena il party era terminato. Blaise era ancora alle prese con un dopo sbornia e si faceva massaggiare le tempie da Daphne. Aveva appoggiato la testa sulle ginocchia della ragazza e si era disteso su un lungo divano della sala comune. Pansy e Millicent sedevano su un altro divano sistemato di fronte.
Draco era finalmente giunto nei sotterranei, gli ultimi giorni erano stati duri per lui. Aveva avuto una dura discussione con il professor Piton e non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo che gli aveva rivolto. Pronunciò la parola magica e fece il suo ingresso in sala, vide i suoi amici accoccolati davanti al fuoco ma andò dritto in direzione delle camere. Blaise lo salutò e gli chiese di unirsi a loro. Draco si avvicinò, decise di concedersi un po’ di relax. Pansy gli fece subito posto sul divano e scansò Millicent di lato lasciando dello spazio accanto a sé.
Pansy Parkinson aveva passato le ultime settimane a illudersi che tra lei e Draco potesse ancora esserci qualcosa, il ragazzo le aveva rivolto più attenzioni in quel poco tempo che in tutti gli anni precedenti.
Asteria entrò in Sala Comune dalla porta di pietra che portava nel corridoio delle camere. Portava in braccio un pesante tomo che Draco riconobbe come il libro di Pozioni avanzate, era chiaramente intenzionata a leggerlo davanti al fuoco come era solita fare. In quei pochi mesi Malfoy aveva osservato le abitudini della ragazza e aveva scoperto la sua grande passione per le Pozioni. Quando non era impegnata ad allenarsi, l’aveva vista spesso con dei grossi tomi in mano, immersa nella lettura.
Asteria lo vide; era impegnato a giocare con i lembi della gonna di Pansy e, quando vide la ragazza sulla soglia della sala ghignò. Asteria ritornò sui suoi passi, non prima di aver lanciato a Draco l’ennesima occhiata maligna.
Pansy aveva percepito la linea di fuoco che si era tesa tra i loro occhi in quello sguardo fugace e ora guardava stranita la testa del biondo che spariva velocemente oltre l’arco di pietra.
Malfoy era sempre stato bravo a capire le persone, ma si era lasciato sfuggire per più di due mesi ciò che provava Asteria. Non c’era solo odio nei suoi occhi. Certo, lo odiava con tutte le sue forze, e questo Draco lo percepiva chiaramente, ma in quei pochi istanti in cui i loro occhi si erano incontrati, era riuscito a scorgere un’infinita vergogna.
Per tutto quel tempo aveva pensato al rifiuto che aveva ricevuto e al modo in cui sarebbe stato capace di farla capitolare, ma non aveva mai pensato ai sentimenti di Asteria.
Aveva costretto una ragazzina di quattordici anni a baciarlo con la forza, e le aveva fatto sbattere violentemente la testa contro il muro. Sentì un profondo senso di disagio insinuarsi nel suo petto. Le guance gli si infiammarono per l’improvvisa consapevolezza di ciò che aveva fatto.
Si fermò davanti alla camera di Asteria, ma non bussò, al contrario, si girò verso il lungo finestrone che mostrava il lago e, attraverso la condensa, osservò le crepe che si formavano sulla superficie del lago ghiacciato che entrava in contatto con la temperatura più calda del vetro. Appoggiò la fronte e le guance sul vetro e cercò di rinfrescarsi il viso. Rimase fermo per alcuni minuti e brancolò nella sua colpa, cercando un modo efficace per rimediare all’ingiustizia compiuta.
Il gelo che si insinuava attraverso la sua pelle lo aiutò a realizzare una realtà che lo scosse nel profondo. Draco Malfoy non aveva mai prestato attenzione a nient’altro che non fossero i suoi comodi. Mai si era immedesimato nelle veci di qualcun altro e mai si era preoccupato delle conseguenze che le sue azioni potessero avere sugli altri.
Senza che la sua mente formulasse alcun pensiero si ritrovò ad un palmo dalla porta della camera di Asteria e le sue nocche picchiarono un paio di volte sul legno massiccio.
Le gocce della condensa si erano attaccate alle punte dei suoi capelli e gli conferivano un’aria disordinata e stravolta.
Nella mente di Draco la porta si aprì con una lentezza inimmaginabile e il cigolio dei cardini gli sembrò il suono stridulo delle urla di una Mandragola.
Due iridi nocciola scavarono un solco profondo nella nebbia che dimorava nei suoi occhi. La bocca diventò improvvisamente arida come un terreno bruciato dal fuoco. Provò a parlare ma dalle sue labbra uscì soltanto un lamento soffocato.
- Malfoy. Se sei qui per chiedermi di parlare sprechi il tuo tempo. – Asteria strinse i pugni e finì la frase guardando un punto fisso dietro a Draco.
- Nessuno si era mai permesso di trattarmi così. – lui la vide mordersi un labbro e riconobbe come giusta l’accusa che gli stava facendo.
Provò a inumidirsi le labbra per parlare ma non funzionò. Non aveva argomenti con cui ribattere e nemmeno voleva farlo.
 
Asteria non capiva perché Malfoy non le rispondesse, era convinta che avrebbe fatto di tutto per cominciare una discussione con lei e si era preparata ad affrontarlo. Le parole non arrivarono e Asteria spostò brevemente il suo sguardo, dal riflesso della schiena di Draco sul vetro del finestrone, ai suoi occhi.
Non vide la vena battagliera che caratterizzava le sue iridi e non vide la solita determinazione che il ragazzo sfoggiava con orgoglio. Vide soltanto colpa e frustrazione.
Asteria pronunciò un – Vattene! – basso e rassegnato e chiuse la porta. Lasciò fuori ogni problema, incapace di affrontare ciò che aleggiava negli occhi di Draco.
Si appoggiò alla porta e respirò profondamente, a occhi chiusi.
Per due mesi aveva represso il forte bruciore che tentava di serpeggiarle sotto la pelle ogni volta che incrociava Draco, ma dopo aver visto da vicino i suoi occhi, non riuscì più a contenerlo. Si sentiva offesa, ferita e infastidita, ma la cosa che la infastidiva di più era la debolezza del suo animo nel non riuscire a reprimere quelle sensazioni. Non capiva perché le premesse a tal punto come Draco l’avesse trattata. Anni di allenamento l’avevano portata a reprimere qualsiasi tipo di sensazione e ora, per colpa di un unico ragazzo, non ne era più capace. Si impose di calmarsi e con estrema dedizione riuscì a vincere le sue emozioni, ricacciandole nell’angolino nel suo cuore dove erano state rinchiuse per tanti anni.
Il contatto improvvisò con qualcosa di morbido e peloso la fece sobbalzare. La sua Puffola Pigmea si stava strofinando contro la sua caviglia, aveva percepito lo stato d’animo della padrona.
Asteria alzò gli occhi e scoprì che Milla la stava osservando con aria preoccupata. Si era totalmente dimenticata che fosse lì.
- Non voglio impicciarmi ma, qualsiasi cosa ti abbia fatto, sembrava veramente dispiaciuto. -
Le emozioni si liberarono nuovamente, felici di essere ibere di vagare nella mente della loro carceriera. Una nuova emozione fece tremare Asteria nel profondo. Le sue gambe le imposero di correre verso chi scatenava quella nuova reazione in lei. Nel profondo era felice, ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa la spingesse verso Draco.
Corse fino alla camera del prefetto ma nessuno rispose ai suoi colpi concitati. Arrivò in Sala comune e raggiunse Daphne, il suo ragazzo e le sue amiche.
- Cos’hai fatto? Sembri uscita da una tormenta di neve. Sistemati i capelli! – la sorella non mancò di porre l’accento sulla colpa della sorella, o almeno su ciò che per lei rappresentava una colpa.
- Dov’è Draco? – Asteria saltellava sulle gambe, pronta a scattare nella direzione che le sarebbe stata mostrata.
Fu Pansy a rispondere con uno sguardo accusatore: - Starà facendo il suo giro di controllo. Obblighi da prefetto. Torna a dormire bambina. –
Asteria si fiondò verso la porta e udì le parole della sorella farsi sempre più lontane.
- Non puoi uscire, è mezzanotte e il coprifuoco… da un pezzo! Finirai per…guai! -
I sotterranei erano deserti e le torce davano un’aria spettrale alle ombre delle armature appoggiate alla parete. Asteria percorse velocemente il giro che solitamente facevano i Prefetti, ma non trovò traccia di Draco.
Udì dei passi in lontananza, temendo di essere scoperta, si nascose dietro ad una possente armatura arrugginita e attese. Gazza sbucò da dietro l’angolo e puntò una torcia per illuminare meglio il corridoio. Quando fu soddisfatto del suo controllo, sparì da dove era venuto.
Asteria constatò quanto fosse imprudente girare di notte ad Hogwarts per una giovane strega. Un lupo avrebbe saputo cavarsela meglio. Il suo manto nero si sarebbe confuso bene tra le ombre del castello, poiché le torce non riuscivano a illuminare i corridoi fino a terra.
Pochi istanti dopo, un lupo nero correva per i corridoi. Asteria ricordava l’odore di Draco, lo aveva sentito per la prima volta nel vicolo vicino a Magie Sinister e lo aveva fissato nella sua mente. Aveva l’odore umido che si sente nelle giornate di nebbia fitta, con un retrogusto di tabacco. Trovò la scia e la seguì. Salì le scale fino al settimo piano e si fermò davanti ad un muro, dove l’odore scompariva.
Ritrovò l’odore di Draco pochi metri più in là e ricominciò a seguirlo rasente alla parete. Era ansiosa di trovarlo e correva, quasi in affanno.
Scese di due piani e si ritrovò di fronte alla statua di Boris il Basito che faceva la guardia al bagno dei prefetti. Lì l’odore era più intenso e non c’erano tracce che Draco fosse uscito da lì.
Due voci distinte provenivano da dentro la stanza, Asteria riconobbe la voce gutturale del loro capitano di Quidditch, l’altra apparteneva al ragazzo che stava cercando.
Draco chiese di essere lasciato solo e dei passi pesanti si avvicinarono alla porta. Il lupo balzò nel buio dietro alla statua e attese.
La porta si aprì facendo uscire Urquhart che si stava massaggiando i capelli con un asciugamano. Asteria approfittò della sua distrazione e si infilò nel bagno lasciando che la porta si chiudesse dietro di sé.
Mutò immediatamente in forma umana e si guardò intorno.
La stanza era enorme e sontuosa, tutto era in marmo bianco e al centro c’era un’enorme vasca rettangolare circondata da una miriade di rubinetti d’oro. Su ogni pomolo dei rubinetti era incastonata una pietra di colore diverso che colorava l’acqua calda che sgorgava dagli stessi. Asteria non aveva mai visto tante sfumature di colore e ne rimase affascinata. Un enorme candeliere, anch’esso d’oro, illuminava la sala. Tende di lino bianco coprivano i lastroni delle finestre. I colori contrastavano in maniera spettacolare con il bianco e l’oro che li circondava.
Per il resto la stanza era spoglia, soltanto un dipinto con una sirena addormentava accoglieva i visitatori.
Draco era seduto su una pila di candidi asciugamani, con la schiena appoggiata al bordo della vasca e le gambe distese.
Asteria si accomodò accanto a lui e fu accolta da uno sguardo di autentico stupore. Draco, però, non disse nulla, rimase in silenzio per un po’. I suoi occhi grigi balenarono da Asteria alle punte delle sue scarpe di marca nere. Era a disagio e prima di parlare strinse i denti più di una volta.
- Mi sono comportato come uno zotico con te. – era il suo modo di chiedere perdono, non avrebbe mai esplicitamente chiesto scusa.
Asteria annuì e rilassò la schiena contro la vasca, era sicura che non avrebbe ottenuto altro da lui, ma le bastava.
- Sei la ragazza più fastidiosa che abbia mai conosciuto. – le sorrise, convinto di aver ottenuto il perdono della ragazza e si distese sulla pila di candidi cuscini. La camicia sbottonata si aprì e scoprì il suo torace muscoloso.
Asteria notò che il sorriso non aveva raggiunto i suoi occhi grigi. Intuì che doveva esserci qualcos’altro che lo turbava. Osservò meglio il suo volto, era da quella sera nell’Antro della Gloria che non lo guardava veramente. Due profonde occhiaie cerchiavano i suoi occhi, il suo colorito si era fatto, se possibile, ancora più pallido. La pelle era diventata quasi traslucida. Sembrava fosse malato.
- C’è qualcosa che ti preoccupa. - non formulò la frase in forma di domanda. Draco si appoggiò sui gomiti e la guardò intensamente negli occhi. Le sue sopraciglia erano aggrottate in uno spasmo di concentrazione, stava chiaramente cercando di prendere una importante decisione.
- Posso fidarmi di te? – Asteria rimase spiazzata da questa improvvisa domanda. Non era pronta ad affrontare una tale conversazione con lui. In realtà, non era pronta ad affrontare una tale conversazione con nessuno. Asteria non aveva mai riposto la sua fiducia in nessuno, nemmeno in se stessa. Non aveva mai cercato di ottenere la fiducia di altre persone, perché semplicemente non le interessava. La fiducia per lei era qualcosa di sconosciuto. Stava per spiegare a Draco che non si sentiva degna della fiducia di nessuno, ma il giovane la bloccò scuotendo il capo.
- Non rispondermi. Forse pensi che non ti conosca per niente, però c’è qualcosa che abbiamo in comune tu ed io. Siamo entrambi dei buoni osservatori. Sei una ragazza intelligente, non ti sfugge nulla. – fece una pausa per osservare le reazioni di Asteria, ma la ragazza si limitò a incoraggiarlo a continuare con un piccolo movimento della mano.
- Quando mi hai seguito a Nocturne Alley non hai riferito a nessuno di avermi visto, ma mi hai avvisato che Pot…che qualcuno mi aveva seguito. Quando ho annunciato che non avrei partecipato alla partita contro i Grifondoro hai sicuramente capito che non ero veramente ammalato, ma non hai detto nulla. La scorsa estate hai ascoltato il mio sfogo in silenzio, senza commentare. Mi sono sentito in sintonia con te. Non ne conosco il motivo ma sento che posso fidarmi e che ascolterai anche questa volta. –
Asteria rimase senza parole. Erano frasi di poco conto ma lei non era abituata a questo tipo di confidenze. Gli sorrise gentilmente e attese che Draco continuasse.
- Sono stato incaricato dal Signore Oscuro di portare a termine una missione, ma questo lo sai già. – con un rapido movimento si tolse la camicia e rivelò il marchio che portava sul braccio sinistro.
Asteria rimase affascinata dal marchio nero, fino a quel momento ne aveva solo sentito parlare. Il teschio nero e macabro lasciava uscire dalla sua bocca un enorme e minaccioso serpente. Provò l’irrefrenabile desiderio di toccarlo ma non ebbe il coraggio di avvicinare la sua mano alla pelle del ragazzo.
Percorse con lo sguardo il suo braccio muscoloso e indugiò sul torso nudo di Draco. Non ebbe nemmeno il tempo di realizzare di trovarsi di fronte ad un ragazzo mezzo nudo, che si sentì avvampare il viso.
Abbassò lo sguardo sugli asciugamani e sperò che Draco non si fosse accorto del contrasto palese tra il bianco dei panni e il rosso delle sue guance.
- Non credevo che ti avessero persino imposto il Morsmordre. - Asteria non chiese quale compito gli fosse stato assegnato. Neppure per un secondo le passò per la testa che lui le avrebbe confidato altro.
- Non me l’hanno imposto. Quello che mi è stato imposto è lo stretto controllo di Piton e di mia zia! Il nostro Capocasa mi ha gentilmente fatto capire che non mi perderà d’occhio e che mia madre gli ha chiesto di tenermi fuori dai guai. La realtà è che aspetta che io fallisca per poter prendersi la mia gloria! E come se non bastasse mia zia tenta di infilarsi in continuazione nella mia mente per scoprire quale piano ho in mente e per potermi criticare! Passo le notti sveglio ad esercitarmi con l’occlumanzia e a perfezionare i particolari del mio piano. –
Asteria provò un moto di preoccupazione. Un ragazzo di sedici anni era stato attirato in una spirale di odio e morte ed era una spirale dalla quale non si poteva uscire, si poteva soltanto continuare a scendere nelle sue spire sempre più in profondità.
Draco capì cosa stava passando per la testa di Asteria e si accosto a lei, le accarezzò la guancia delicatamente e le sorrise.
- Sono sicuro che riuscirò a portare a termine la mia missione, non corro pericoli finché servirò il Signore Oscuro. -
Asteria si ritrasse con uno scatto, come se la sua pelle avesse incontrato qualcosa di incandescente.
Si alzò in piedi e scrollò le spalle con rabbia.
- Non ti rendi conto che corri gli stessi pericoli che hanno corso i nostri padri? – il terrore per il destino crudele a cui Draco andava incontro le incrinò la voce. Per non far trapelare la sua paura finì la frase parlando a bassa voce. – Potresti farti ammazzare. -
Asteria non riconobbe il timbro delle sue corde vocali. Non si era mai preoccupata veramente per qualcuno, ma la fedeltà cieca che Draco ostentava per Voldemort la fece tremare come una foglia.
Draco la afferrò per le mani e la fece accoccolare tra le sue braccia. La strinse forte a sé per alcuni istanti, la sua stretta era decisa, ma non forte, aveva paura di rompere qualcosa di fragile. Quando allentò la presa accarezzò piano i lunghi boccoli di Asteria e, facendo una piccola pressione sulla sua nuca, le fece appoggiare la testa nell’incavo tra il collo e la spalla.
- Servire il Signore Oscuro è un onore. Credo nei suoi ideali e sono sicuro che non mi succederà nulla. -
Asteria alzò la testa e lo guardò dritto negli occhi. Una fossetta comparve a fianco alle sue labbra. Le sue sopraciglia erano contratte in uno spasmo di angoscia. Non credeva a una parola di ciò che aveva udito.
Draco le sorrise nel tentativo di rassicurarla e avvicinò lentamente le sue labbra carnose a quelle sottili di Asteria. Si mosse lentamente per dare alla ragazza il tempo di allontanarsi da lui. Lei non si allontanò, chiuse gli occhi e attese il contatto, che arrivò delicato e morbido.
Le labbra di Draco si schiusero e convinsero quelle di Asteria ad aprirsi a lui con delle piccole carezze.
Asteria fu sommersa dall’odore nebbioso del ragazzo che la stringeva, e conobbe anche il suo sapore. Sapeva di tabacco e menta piperita.
Si aggrappò con tutta la sua forza al corpo di Draco mentre le sue mani giocavano con la sua schiena.
Con una leggera pressione la costrinse a coricarsi sulla pila di candidi asciugamani. Le loro labbra si staccarono, ma i loro occhi si incontrarono per non spezzare il contatto tra loro. Le iridi di Draco non erano più grigie e tormentate ma erano diventate di un bellissimo celeste cielo, emanavano una luce che irradiava i lineamenti stanchi del suo volto. Asteria accarezzò con l’indice il suo labbro inferiore, ancora umido per il loro bacio e gli sorrise. Il suo cuore galoppava veloce, strattonato in ogni direzione dai sentimenti che si stavano liberando sempre più dalle loro catene.
Purtroppo la reazione di Draco al suo sorriso non era quella che si era aspettata. Il ragazzo non aveva ricambiato il sorriso. Un lampo buio aveva percorso il suo viso e aveva ottenebrato i suoi occhi. L’angolo di cielo che aveva intravisto fu nuovamente oscurato da pesanti nuvoloni neri. I lineamenti apparirono di nuovo stanchi e le labbra si contrassero.
Draco si alzò con un colpo di reni e si mise una mano tra i folti capelli biondi, era un chiaro segno di frustrazione.
- Perdonami. Non avrei dovuto. Io…scusami. - e scappò via raccogliendo la sua camicia.
Asteria lo guardò scomparire oltre la porta del bagno. Non riuscì a provare nulla. Per un po’ rimase a chiedersi di cosa Draco si dovesse scusare poi decise di non volerci pensare, di non voler più pensare o provare nulla, e mentre si aggirava come un fantasma per i corridoi di Hogwarts, non si rese nemmeno conto di essere giunta nel suo letto. Non riusciva a ricordare nulla. Non voleva ricordare niente.
 
 
 
Rinnovo le mie scuse per un altro ritardo..ma stavolta ho una scusa migliore..mi sono laureata! Ciao a presto!
  

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Capitolo 10
*** Tradimento ***


Tradimento

 
 
La tormenta infuriava fuori dalla finestra della sua stanza a Villa Malfoy. Una tempesta di neve il primo giorno dell’anno non era di buon auspicio per il futuro.
Asteria guardò il suo gufo bianco che spariva tra i fiocchi di neve con una lettera diretta verso le regioni orientali d’Europa.
Le vacanze invernali procedevano fredde e solitarie, le uniche volte in cui aveva messo piede fuori dalla sua stanza erano state il giorno di Natale e la sera precedente, quando aveva fatto gli auguri a sua madre e a sua sorella, a mezzanotte. Quelle erano state anche le uniche occasioni in cui aveva visto Draco; entrambe le volte lui aveva evitato i suoi occhi e si era dileguato ai piani superiori in tutta fretta, curvo nelle spalle. Asteria, dal canto suo, non aveva fatto nulla per andargli incontro e non si era chiesta cosa lo avesse turbato quella sera nel bagno dei prefetti. Era alle prese con un grosso senso di colpa.
Mai come in quegli ultimi giorni aveva pensato tanto a Sasha. Prima di scrivere una parola aveva osservato la pergamena bianca per ore.
Non erano mai stati insieme, ma Sasha aveva più volte lasciato intuire quali fossero i suoi reali sentimenti verso Asteria. Le era bastato uno sprazzo di cielo limpido per dimenticare tutto e tutti e per perdere totalmente il controllo di se stessa.
Non le era mai piaciuto perdere il controllo, a lei piaceva essere padrona della situazione e della sua mente, ma in quel particolare frangente non le era pesato poi molto.
Alla fine aveva glissato su cosa ci fosse stato tra lei e Draco e aveva scritto una banale lettera d’auguri per tutta la famiglia di Sasha.
Due colpi secchi alla porta la fecero sobbalzare.
Andò ad aprire e si ritrovò davanti gli occhi instabili di Bellatrix Lestrange, luccicavano come quelli di un avvoltoio affamato di fronte ad una carcassa abbandonata. La salutò con un sorriso sghembo e la invitò a scendere nel salotto.
Mentre Asteria scendeva, precedendola lungo la scalinata, sentiva il suo fiato sul collo e poteva percepire chiaramente il crudele ghigno che le deformava la bocca. Lunghi brividi percorsero la schiena della ragazza lì dove si posavano gli occhi dissociati della strega.
Sua madre e Narcissa Malfoy le stavano attendendo sedute sulle poltrone di pelle davanti al camino. I levrieri di Lucius corsero incontro ad Asteria con il chiaro tentativo di giocare, ma la ragazza sedò il loro entusiasmo con uno sguardo.
Narcissa si tormentava nervosamente le mani e la fissava con un’espressione contratta.
Kalliope Greengrass si alzò e fece segno ad Asteria di seguirla. Bellatrix corse nelle segrete con una risata stridula, Narcissa non si mosse dalla sua poltrona.
Le segrete di Villa Malfoy erano tetre e fredde, emanavano un cattivo odore di umido stantio. Asteria fu condotta nella sala in cui solitamente si svolgevano le riunioni. Gli insani gridolini di Bellatrix enfatizzavano l’eccitazione palpabile che aleggiava nell’aria. Kalliope la afferrò per un braccio e la guardò dritta negli occhi.
- Il Signore Oscuro ha chiesto di incontrarti. -
Il cuore di Asteria perse un paio di battiti e faticò a rimettersi in marcia.
- È un grande onore per la nostra famiglia che tu sia stata scelta per servirlo! Mostrati fiera del tuo sangue puro, ma mantieni sempre un atteggiamento posato e prostrato. Non guardarlo negli occhi se lui non ti chiede di farlo. Bellatrix ti accompagnerà. - le fece indossare un mantello lungo e nero con un cappuccio a punta che oscurava il viso di chi lo portasse.
I pensieri di Asteria vorticarono nella sua testa e le fecero quasi perdere l’equilibrio. La sua prima reazione fu di paura, stava per essere data in pasto a un essere egoista e affamato di potere ed Asteria non era pronta ad affrontare le sue richieste. Non aveva mai pensato che qualcuno l’avesse costretta a schierarsi, proprio lei che di posizioni non ne voleva prendere affatto. Poi si rese conto che c’era qualcosa di molto peggiore del volere deviato di Voldemort: il volere di sua madre. Kalliope era pronta a perdere anche sua figlia per i suoi ideali. Sua figlia era sacrificabile per la causa.
Kalliope non guardava mai negli occhi Asteria, se non quando le rivolgeva sguardi di disapprovazione, e per fortuna in quel momento era impegnata ad aggiustare il mantello della figlia e non si accorse della disperazione e dell’odio profondo che serpeggiava nelle iridi nocciola di Asteria.
Sul lungo tavolo per le riunioni c’era un bastone d’avorio con un teschio d’oro incastonato a formare il pomolo. Era la passaporta che la avrebbe condotta da Voldemort.
Asteria indugiò alcuni istanti, arrovellandosi per sfuggire al suo destino, ma non ne ebbe la possibilità. Bellatrix afferrò la sua mano rudemente e la portò sul teschio. La sala si accartocciò su se stessa e sparì.
Dopo un istante di buio, la luce ferì gli occhi di Asteria e le rivelò una distesa di neve.
Il vento alzava grossi mucchi di ghiaccio che si mischiavano con i fiocchi più morbidi che non avevano ancora sfiorato il terreno. Un grosso albero torreggiava innanzi alle due streghe.
Asteria non capì di che albero si trattasse a causa dell’assenza di foglie e della neve che aveva coperto rami e parte del tronco, là dove era sferzato dal vento.
Bellatrix toccò con la bacchetta un nodo del tronco e immediatamente si aprì una piccola botola ai loro piedi. Gli occhi della Lestrange erano ormai fuori controllo da tanto erano eccitati.
- Ho visto giusto. Asteria è una strega eccezionale, il mio nipotino me l’ha confermato. Ho avuto ragione a farla tener d’occhio. – parlava da sola e pregustava il momento in cui il suo signore la avrebbe ricompensata per il buon lavoro.
Il cuore di Asteria si fermò con un tonfo.
Bellatrix rise ancora una volta e spinse la ragazza dentro la botola.
Asteria cadde nel vuoto e ruzzolò a terra poco più sotto. La testa le doleva e faticò a riaprire gli occhi, ma la sua mente correva veloce. Ecco il motivo per cui Draco la aveva interrogata su Durmstrang, ecco il motivo per cui Draco aveva chiesto perdono. La aveva spiata e poi consegnata a due pazzi.
A poco a poco le sue pupille si abituarono alla semioscurità della stanza. C’era un odore di acredine e legno marcio che le fece girare la testa. Un'unica fiammella a mezz’aria, posta al centro, emanava una luce rossa e fioca.
In fondo alla stanza, seduta su una sedia di legno impolverata, c’era una figura incappucciata, immobile.
- Benvenuta Asteria Nymphea Greengrass. Togli il copricapo. -
La voce sembrò provenire dall’oltretomba, era bassa e nasale.
Asteria era pietrificata ma obbedì all’ordine ricevuto e lasciò che i suoi capelli le ricadessero sulle spalle.
La figura si alzò e tolse a sua volta il copricapo.
La ragazza fu costretta a trattenere il fiato per non urlare alla vista di quell’orrore. Quel viso non aveva nulla di umano. Era uno scalpo con due fessure fine al posto delle narici e una leggermente più grande al posto della bocca. Non c’erano labbra, non c’erano guance. Il colore grigiastro della pelle era interrotto soltanto da due enormi occhi rossi serpentini. Si mosse con una lentezza incredibile e parlò con altrettanta pacatezza.
- Ho udito che a Durmstrang ti sono state insegnate le Arti Oscure. Ho bisogno di gente capace nel mio esercito e tu mi sembri una candidata adatta. -
Voldemort avvicinò la ragazza di qualche passo. Ogni fibra del corpo di Asteria era tesa e rigida. La lentezza dei movimenti del mago lasciava trapelare la sua pericolosità, sembrava un serpente placido e sinuoso ma pronto a scattare e a infliggere un morso velenoso che non lasciava scampo.
La figura cominciò a girare intorno alla fanciulla, levitava lentamente e osservava ogni piccolo movimento o sussulto della sua ospite. Completò il giro e si fermò a pochi passi dall’esile corpo della strega.
Asteria rimase ferma, cercando di prepararsi a un eventuale attacco, ma si lasciò distrarre da alcuni movimenti che provenivano da dietro il Signore Oscuro. Mise a fuoco la sedia di legno e si accorse che ai suoi piedi giaceva una coperta lurida. La pezza si mosse debolmente e alcuni lamenti invasero la stanza silenziosa. Una mano bluastra si liberò da quella coltre e afferrò l’aria vuota con disperazione.
Voldemort rise cinicamente e fece volare la coperta con un colpo di bacchetta.
Asteria cominciò ad ansimare, l’aria che inalava le sembrava un gas velenoso. L’odore che prima aveva soltanto percepito ora la investì come una frustata. L’acredine proveniva dal corpo nudo di un mago disteso a terra.
- Questo è cio che accade a chi non svolge propriamente i miei ordini. -
Un altro colpo di bacchetta e la debole fiammella intensificò la sua luce, scoprendo uno spettacolo disgustoso.
Il corpo del mago stava lentamente scivolando dentro all’enorme bocca di un grosso serpente verdastro.
Asteria provò a urlare ma appena aprì la bocca fu costretta a richiuderla per placare i conati di vomito che la scuotevano dall’interno. Voleva distogliere lo sguardo ma non ci riuscì. Per un tempo indefinito Asteria osservò il pasto dell’animale e ascoltò i lamenti strazianti della vittima, finché non rimase fuori dalle fauci soltanto un avambraccio umano. Il marchio nero spiccava macabro sulla pelle traslucida, ormai cadaverica.
Voldemort ghignò, quello spettacolo rappresentava un valido avvertimento per chiunque vi avesse assistito e Asteria pensava la stessa cosa.
Era ancora sconvolta, quando il mago le parlò con la solita disarmante pacatezza.
- Ho grandi progetti per te, ma prima che te li illustri, lascia che ti doni il mio marchio. Simbolo della tua fedeltà. -
La manica larga del mantello nero si aprì e lasciò scoperto il braccio sinistro della fanciulla.
La punta fredda della bacchetta di Voldemort si posò sulla sua pelle candida.
Nella mente della ragazza mulinavano poche parole. “Il marchio nero sarà il simbolo della mia schiavitù”.
Gli occhi del signore oscuro brillarono sinistramente.
“No!”
La fessura che occupava al posto della bocca si spalancò.
“No!”
- Morsmor… -
- No! –
Asteria urlò con tutte le sue forze e ritrasse il braccio dalla bacchetta, facendo un paio di passi indietro.
Non avrebbe accettato di combattere per la sete di potere di qualcun altro. Giudicava la vita troppo breve per trascorrerla a realizzare i sogni altrui.
Proprio sulla brevità della vita si fermarono i suoi pensieri. Aveva appena sfidato un essere privo di compassione. La ragazza rimase immobile, incapace di pensare, aspettando il proprio destino.
Il dolore arrivò intenso e straziante. Le pene provocate dalla maledizione Cruciatus le laceravano il petto e le annebbiavano la mente.
Il suo fragile corpo fu sollevato in aria e torturato per lunghi minuti, poi il dolore cessò. Subdolo com’era arrivato.
Asteria cadde a terra.
In pochi istanti, l’istinto di sopravvivenza della ragazza reagì e fece l’unica cosa che avrebbe potuto salvarle la vita.
Gli anni di Quidditch la aiutarono ad alzarsi con agilità e a girare velocemente su se stessa. Probabilmente il luogo era stato protetto con un incantesimo anti – materializzazione, ma era l’ultima e l’unica speranza di uscire da lì.
L’incantesimo non c’era, il Signore oscuro aveva peccato di presunzione e aveva ritenuto impossibile che qualcuno si materializzasse nelle sue vicinanze.
Mentre la stanza vorticava su se stessa, un lampo di luce verde sfiorò la spalla di Asteria.
L’odore nauseabondo fu sostituito da una fragranza dolce e fresca. Resina e ghiaccio impregnarono le narici della ragazza che cadde in un mucchio di neve, al limitare di una foresta di conifere.
 
Assaporò per alcuni istanti la freschezza della neve sul suo viso e gli odori familiari che rinvigorivano le cellule del suo corpo.
Si mise a sedere e appoggiò la schiena contro un grosso abete.
Respirò a fondo finchè il suo sangue non fu saturo di ossigeno e si calmò lentamente, massaggiandosi le tempie.
La casa che si ergeva nella vallata di fronte a lei era ricavata da un’enorme zucca gialla. Se fosse passato di lì un Babbano non avrebbe visto altro che una sterminata distesa di neve dipanarsi dal bordo della foresta, ma Asteria riusciva a vedere le luci che illuminavano l’interno della casa e le figure che si muovevano felici tra una finestra e l’altra.
Quando i battiti del suo cuore riacquistarono un incedere normale, si alzò lentamente e barcollò, con un’andatura resa instabile dalla tortura subita, fino al pianerottolo d’ingresso.
Suonò il pittoresco campanello a forma di calderone e attese.
La porta si aprì facendo uscire un tepore rassicurante e un concitato chiacchiericcio.
- Asteria?! -
Un ragazzo sui vent’anni, con un grosso naso arrossato dall’alcool, le sorrise basito.
- Ciao Boris! -
Il ragazzo la trascinò nel soggiorno, dove fu sommersa di abbracci e auguri di buon anno. Sasha riuscì a trascinarla fuori da quel delirio famigliare rinvigorito dall’Acqua di Fuoco e a portarla in un luogo più sicuro. La sua camera era esattamente come Asteria la ricordava, troppo piccola per un ragazzo di un metro e novanta e troppo disordinata. Le pareti erano foderate di poster della nazionale di Quidditch della Bulgaria e il pavimento era coperto da vestiti e libri.
Sasha spostò due grosse pile di magliette sporche dal letto e fece accomodare Asteria.
- Sei il regalo più bello di queste vacanze invernali! Ecco il modo migliore per iniziare un nuovo anno! -
La abbracciò stretta e Asteria si lasciò cullare dalla familiarità delle sue lunghe braccia. Da mesi non si sentiva così rilassata, ma Sasha non le permise di rimanere in quel piccolo universo rassicurante, si ritrasse subito e la scrutò in volto.
- Perché il tuo mantello è stracciato? Che cosa diavolo ti è successo? -
Asteria si ricordò del mantello da Mangiamorte che portava. Lo tolse con ribrezzo, come se fosse qualcosa di viscido e lo fece evanescere.
Si stupì quando vide la macchia di sangue che si allargava sulla sua spalla.
- Sei ferita! Aspetta che chiamo mia madre. -
Afferrò Sasha per la manica e lo costrinse a sedere. Il taglio si scorgeva sotto la lacerazione che rovinava la sua felpa blu, non era nulla che pretendesse l’attenzione di un Guaritore.
- Tu-Sai-Chi mi ha punita. Ho rifiutato il Marchio. -
Il ragazzo si passò la mano tra i lunghi capelli neri e aggrottò le sopraciglia.
Asteria rivisse l’incubo in cui era stata gettata e tremò come una foglia. Sasha le appoggiò una mano sul braccio e la costrinse a guardarlo.
- Hai rifiutato il Marchio? Sei impazzita? -
Asteria si irrigidì, non aveva ancora realizzato con esattezza le conseguenze delle sue azioni. Voldemort le avrebbe dato la caccia finché non avrebbe ottenuto la sua vendetta.
Guardò gli occhi di Sasha e anche le sue sopraciglia si contrassero.
I suoi occhi esprimevano quello che le parole non le avevano fatto capire. Dagli occhi del giovane non traspariva preoccupazione per l’amica, ma disapprovazione.
- Hai rifiutato l’opportunità di poterti unire all’esercito che rimetterà i Babbani finalmente al loro posto? –
Il petto di Asteria si lacerò provocandole un dolore simile a quello della maledizione senza perdono che la aveva colpita.
Scrollò il capo, incredula delle parole che aveva udito e dell’espressione del suo migliore amico. Uscì dalla camera correndo e si precipitò giù dalle scale e fuori da quella casa.
Aveva creduto che quello fosse un luogo felice e sicuro ma si ritrovò a scappare anche da lì.
Fece un giro su se stessa e scomparve.
Nella sua mente visualizzò l’unico posto, oltre ad Azkaban, da cui i Mangiamorte si tenevano lontani: Hogwarts. L’agitazione e la poca concentrazione con cui aveva eseguito la smaterializzazione le fecero dimenticare i potenti incantesimi che proteggevano il castello.
Uno scuro velo di nebbia le impediva di visualizzare un punto dove materializzarsi. Le tempie le dolevano e la concentrazione le venne meno. Si materializzò ad alcuni metri da terra, l’incantesimo non le riuscì del tutto. Con un urlo strozzato guardò la sua gamba che prendeva un’angolatura innaturale e si spezzava, risucchiata dal vortice. Il suo cervello non riuscì a sopportare lo stress e il dolore, chiuse tutti i ponti verso l’esterno e precipitò in un pozzo buio.
Anche il corpo inanimato di Asteria precipitò rovinosamente a terra.
 
Un turbinio di immagini buie sfrecciò nella testa di Asteria provocando un dolore insopportabile. Tormentavano le sue tempie come lampi di buio e non le permettevano di svegliarsi.
Una piccola luce lottò contro l’oscurità e con pazienza aiutò la ragazza a tornare nel mondo reale.
Gli occhi scuri non furono costretti ad abituarsi alla luce, perché questa stava lentamente scemando in un rosso rubino che annunciava la fine del giorno. La notte stava calando sulla Foresta Proibita.
Asteria ascoltò le sensazioni del suo corpo che le lanciavano preoccuparti segnali di allarme. La gamba era sicuramente rotta e giaceva scomposta su un letto di foglie, la spalla sanguinava copiosamente, il taglio provocato dalla maledizione di Voldemort era diventato più profondo. Non c’erano altre ferite evidenti, ma dal modo in cui le dolevano i muscoli, era sicura che ci sarebbe voluto poco tempo perché grossi lividi le macchiassero la pelle.
Fece leva sulle braccia e trattenne un urlo per il fortissimo dolore alla spalla, riuscì ad appoggiarsi a un tronco. Si fermò per qualche istante e respirò a fondo, aspettando che il dolore scemasse almeno un po’. La spalla continuava a pulsare e a sanguinare, ma riuscì a strisciare sulla superficie del tronco e a rimettersi in piedi. La gamba rotta pendeva come un ramo spezzato e l’altra teneva su a fatica il corpo di Asteria.
La ragazza si guardò intorno ma l’oscurità le impediva di vedere dove si trovasse esattamente. Sagome scure e inquietanti si allungavano verso il cielo ed altre, più eteree, strisciavano sul terreno.
La mente della ragazza provò a convincerla che quelle sagome inquietanti in realtà erano solo alberi e che a strisciare sul terreno erano solo le loro ombre. L’angoscia le attanagliava i polmoni e la costringeva a pensare agli ultimi avvenimenti. I visi delle persone che la avevano tradita le passarono davanti agli occhi e la derisero.
Asteria si ribellò e le fece scomparire con un gesto furioso della mano. Staccando la mano dal tronco aveva abbandonato il suo unico appiglio, ricadde con un tonfo e atterrò sulla spalla ferita. Un urlo di dolore lacerò il silenzio macabro di quella foresta.
Un pensiero le balenò in mente, forse un lupo sarebbe riuscito a vedere in quell’oscurità e sarebbe riuscito a trascinarsi nel sottobosco con più facilità. In fondo camminare su due zampe, sarebbe stato più facile che saltellare su una.
Raccolse tutte le forze che le rimanevano e chiuse gli occhi. La trasformazione le provocò nuovi dolori agli arti feriti, ma quelli sani diventarono più agili. Si alzò e cominciò a barcollare goffamente tra un albero e l’altro. I suoi occhi animali le permettevano di vedere dove metteva le zampe e il suo fiuto, finemente sviluppato, la aiutava ad orientarsi nel sottobosco intricato.
Non era sicura della direzione da prendere ma il suo istinto le indicò una direzione ben precisa.
Camminò per ore senza fermarsi, la spalla ormai sanguinava abbondantemente e le forze iniziavano a venirle meno. La testa le girava come una foglia trascinata dal vento, i suoi unici pensieri erano concentrati sul terreno che aveva di fronte a se e sul rimanere sveglia e vigile. Altri pensieri però bussavano al suo inconscio, erano spiriti maligni che cercavano di trascinarla nell’abisso. Asteria li caccio fuori e aumentò il passo. Man mano che si affrettava, però, i battiti del suo cuore si facevano sempre più veloci e un pericoloso senso di angoscia si stava facendo strada in lei. Ad ogni passo gli attacchi degli spiritelli diventavano più forti e i dolori più intensi, ma lei continuava a sfuggirli e a lasciarli alle sue spalle.
Improvvisamente vide una piccola luce bianca, danzava a destra e a sinistra come il faro di una boa in mezzo al mare.
Asteria si sospinse verso quella stella di salvezza ma più si avvicinava ad essa più questa si faceva lontana e fioca.
La sofferenza e l’affanno le annebbiarono la vista, impedendole di vedere dove metteva le zampe. Inciampò in una grossa radice e cadde.
Gli spiriti, che era riuscita a lasciarsi alle spalle, la raggiunsero e riuscirono a infestare la sua mente.
Il viso di Kalliope Greengrass la guardò altezzoso e deluso. I suoi occhi di ghiaccio la trafiggevano come lame e le lasciavano addosso una scia di fuoco. Il calore e le fiamme le riportarono alla mente gli occhi color dell’almandino di Sasha. Quelle iridi castane non le infondevano calore e rassicurazione ma fiammeggiavano di disapprovazione e tacite accuse.
Asteria non riuscì più a combattere i suoi spettri; l’ultimo fantasma, il più ingombrante e doloroso, la raggiunse spietato e implacabile.
Draco la guardava e rideva, il viso era contratto in una maschera di pura malignità. Il corpo gracile di Asteria tremò a fondo, i forti scossoni scavarono più a fondo le ferite aperte. La ferita che più le doleva era però incisa in un angolino del suo cuore. I sentimenti, che Draco le aveva fatto provare negli ultimi mesi, sia quelli dolci che quelli amari, si stavano contorcendo in preda alla rabbia. La loro essenza si stava sciogliendo in un liquido denso e scuro. Il cuore pompava quel fiume di dolore in ogni vena e in ogni capillare del giovane corpo.
Ogni centimetro della pelle le bruciava, il sangue sembrava voler liquefare le pareti in cui era costretto come se fosse acido.
Gli occhi di Draco si scurirono e si dissolsero in una nebbia sepolcrale mentre Asteria smetteva di combattere contro il suo cuore.
Chiuse gli occhi e non sentì più nulla. Quelle sensazioni, quei sentimenti non l’avrebbero più tormentata perché ormai erano usciti dal suo cuore e non ci avrebbero più fatto ritorno. La dura corazza di roccia che li aveva imprigionati per tanti anni si era sciolta al loro passaggio ma si era riformata più spessa di prima.
 
 
Risposte alle recensioni:
 
poppi: ciao!! Grazie degli auguri! Ecco che arrivano i problemi che hai previsto..spero che anche questo capitolo ti piaccia!
 
GenGhis: Ciao! Ti ringrazio moltissimo..continua a seguirmi! :) 

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Capitolo 11
*** Imperius ***


Imperius
 
Rubeus Hagrid stava passeggiando nella foresta alla ricerca della sua acromantula. Aragog non gli era parso in piena salute negli ultimi mesi, ormai la sua creatura era vecchia e malandata. Si era alzato all’alba e aveva svegliato il suo peloso amico per poter avere un po’ di compagnia nel bosco. Il mastino lo aveva guardato con paura e rassegnazione, ma era stato costretto ad accompagnare Hagrid nella Foresta Proibita.
Thor lo seguiva con la coda tra le gambe, cercava di camminare in mezzo alle enormi gambe del padrone, dove si sentiva più protetto.
Un debole uggiolio attirò la sua attenzione. Si fermò con le orecchie dritte per ascoltare meglio ma, non appena si accorse che Hagrid si era allontanato da lui, corse velocemente appresso all’omone.
Gli uggiolii si fecero più intensi e Thor, preso dalla curiosità morse un lembo della giacca del padrone per attirare l’attenzione su di sé.
- Cosa è che sucede cagnolone? Non torniamo ancora casa! Devo trovare Aragog! -
Il grosso mastino abbaiò e fece qualche coraggioso passo verso la fonte di quel rumore, sperando che Hagrid lo seguisse.
Rubeus si accorse dello strano comportamento di Thor e decise di incamminarsi dietro di lui.
Thor seguiva la traccia sonora lasciata da quei lamenti, ma ad un tratto questi si fecero più deboli ed infine cessarono del tutto.
Cominciò a perlustrare una piccola radura con il suo grosso naso finché non captò un forte odore di sangue. Abbaiò per annunciare la sua scoperta e corse verso una macchia nera in fondo alla radura.
Hagrid balzellò con la sua andatura pesante e vide un mucchio di pelo nero rannicchiato in una posizione innaturale. Era un lupo.
-Povera bestiola!-
Con una grossa mano controllò i segni vitali dell’animale, i battiti del cuore si sentivano a malapena e il respiro era lento e faticoso.
Prese tra le braccia la creatura e tornò verso la sua capanna. Il lupo sembrava un piccolo cucciolo addormentato tra le braccia del mezzo gigante.
Hagrid guardava Thor con occhi fieri.
- Bravo cagnolone! Menno male che hai trovato questo povero lupachioto! -
I raggi del sole filtravano forti tra gli alberi che delimitavano la foresta. La tormenta di neve del giorno prima aveva lasciato uno spesso strato di neve fresca che copriva ogni cosa.
Hagrid uscì dal buio del sottobosco e fu investito da un vento fresco e leggero.
- Rubeus! -
Una vecchietta con lunghi capelli grigi finemente raccolti in uno chignon lo salutò dalla soglia della sua capanna.
- Buongiorno Minerva. Ti serve qualcosa? -
La MacGrannit gli sorrise.
- Sì, potresti spiegarmi le abitudini di caccia dei Lethifold? Perché vorrei fare una lezione…per la barba di Merlino, Rubeus cos’è quello? -
La professoressa osservò attentamente l’animale esanime tra le braccia di Hagrid.
- Thor ha salvato questo lupo da morte certa! -
Le pupille della McGranitt si dilatarono e la sua bocca si spalancò per lo stupore.
- Rubeus svelto! In infermeria! – il professore di Cura delle Creature Magiche stava per ribattere che lui avrebbe saputo curare l’animale molto meglio di un Guaritore come Madama Chips, ma Minerva lo trascinò per un braccio distruggendo quella sua convinzione.
- Credimi Rubeus, riconosco un Animagus quando lo vedo! E ora, muoviti! –
 
Voci imbottite chiamavano da lontano, echi di grida e concitazione rimbalzavano tra le pareti di una testa dolorante. Asteria aprì lentamente gli occhi ma fu costretta a richiuderli immediatamente a causa della troppa luce. Ci riprovò per un paio di volte e quando ebbe la meglio su quel fascio accecante vide due teste sfocate che stavano a pochi centimetri dal suo viso.
- Signorina Greengrass si sente bene? – le parole le arrivarono ovattate e con uno strano timbro strascicato.
Non sentiva nulla, se non una fortissima emicrania.
- Mi riconosce? Sono la professoressa Minerva McGranitt. – a un piccolo cenno della testa di Asteria, continuò rivolgendosi a Madama Chips:
- Non appena sarà in grado di camminare la mandi nel mio ufficio. Devo andare a ricevere gli studenti di ritorno dalle vacanze. Arriveranno tramite Metropolvere nel mio camino, temo già per la mia preziosa moquette! –
L’infermiera la visitò brevemente e la informò sulle sue condizioni.
- Bentornata, sei stata svenuta per quasi cinque giorni! Ma veniamo alle cose pratiche. La tua gamba è guarita velocemente, ti ho dato una pozione che fa cresce e rinsaldare le ossa rotte. Anche gli ematomi sono scomparsi con facilità. La ferita alla spalla mi preoccupa, non è stata inferta da un tipo di magia normale vero? -
Asteria scosse il capo, la gola secca le impediva di parlare.
- Lo immaginavo, una maledizione senza perdono! Ci metterà un paio di settimane a guarire. Dovrà venire in infermeria ogni due giorni a farsi medicare. In più, per una settimana, dovrà prendere tre volte al giorno questi ricostituenti. - e le mise in mano tre boccette ambrate contenenti un liquido trasparente. La incoraggiò a bere.
Asteria tracannò la prima boccetta tutta d’un fiato, non vedeva l’ora di rinfrescarsi la gola, purtroppo, però, la sostanza era densa e viscosa e le procurò un forte attacco di tosse.
Madama Chips le porse un bicchiere di acqua fresca che finalmente placò l’arsura della gola della ragazza.
Improvvisamente la porta dell’infermeria si spalancò e una affannata Daphne Greengrass si precipitò verso il letto di Asteria.
- Fuori di qui signorina! Non è orario di visita e Asteria si è appena svegliata! -
- Mi manda Piton. Non può impedirmi di vedere mia sorella! – e quando la maggiore delle sorelle Greengrass puntava i piedi, non c’era forza magica o umana in grado di smuoverla dalle sue decisioni.
Madama Chips la fulminò concedendole cinque minuti e sommergendola di raccomandazioni, poi si ritirò nel suo studio.
Daphne si avvicinò riluttante al letto di Asteria e controllò con lo sguardo il corpo della sorella.
- Dove sei stata? Mamma era furiosa ma non ha voluto dirmi nulla! -
Asteria la guardò di sbieco, sorpresa dell’interessamento che Daphne dimostrava. Quest’ultima si spazientì e si mise a sedere su una sedia adiacente con le lunghe gambe incrociate.
- Vuoi dirmi cos’è successo? -
- Sono andata a trovare un mio compagno di Durmstrang e mi sono ferita in un maldestro tentativo di materializzazione. –
Daphne la guardò intensamente per alcuni istanti.
- Mi credi tanto stupida? Non c’è ferita da Smaterializzazione che Madama Chips non sarebbe in grado di curare. Un momento…tu sei capace di usare la Smaterializzazione? – finì la frase con un urlo acuto che lacerò le tempie pulsanti di Asteria. Rispose a denti stretti con una sola parola.
- Durmstrang. – la conversazione tra le due sorelle era durata anche troppo per conto di Asteria e la sorella maggiore non era di diverso avviso.
- Va bene Asteria. Io me ne vado a dormire. Buonanotte. –
Le lanciò un ultimo sguardo preoccupato e uscì dalla stanza facendo ondeggiare i suoi lunghissimi capelli biondi.
Asteria trovò strano e inusuale l’interessamento di sua sorella nei suoi confronti. Reputava strano perfino che si fosse accorta della sua assenza in casa, giacché Asteria stessa si era fatta vedere ben poco durante quelle vacanze.
 
La mattina seguente fu dimessa dall’infermeria con una vistosa fasciatura alla spalla che le sosteneva il braccio sinistro. L’ufficio della Mcgranitt si trovava anch’esso al primo piano e Asteria si diresse lungo il corridoio per incontrare la professoressa.
Bussò alla porta e attese finché questa non si aprì con un cigolio, consentendole di accomodarsi.
La stanza circolare aveva un soffitto a cupola molto alto, le pareti erano ricoperte di dipinti raffiguranti paesaggi, creature magiche e ritratti dei professori di trasfigurazione che si erano susseguiti nella scuola. Una grossa scrivania in legno massiccio era posta esattamente al centro della stanza. La professoressa, che sedeva oltre il mobile in noce, fece accomodare Asteria nella poltrona di fronte alla sua.
La ragazza appoggiò il braccio ferito sulla scrivania e attese l’imminente interrogatorio.
- Tu non figuri nella lista degli studenti rimasti a Hogwarts per le vacanze, spero tu abbia una spiegazione logica del perché ti aggiravi di notte nella Foresta Proibita. – ma Asteria non aveva una spiegazione neanche lontanamente coerente con la logica comune. Non riusciva a dare un chiarimento alla maggior parte delle cose che le erano successe in quei giorni.
La professoressa la scrutò e la intimò a parlare.
- Faresti meglio a dirmi cosa, o chi, ti ha attaccato nella foresta, perché se quella cosa si aggira ancora nei dintorni della scuola potrebbero sorgere dei problemi. Potrebbe dare la caccia ad altri studenti o potrebbe avere come obiettivo di uccidere te. Quindi, vorrei sapere se sarà opportuno prendere provvedimenti per la tua sicurezza e per quella della scuola. -
Asteria non aveva ancora avuto modo di comprendere che Voldemort non avrebbe lasciato impunito un tale atto di ribellione nei suoi confronti. Non si sarebbe fermato prima di aver ottenuto la sua vendetta, e la vendetta, meglio se lenta  dolorosa, era la sua ragione di vita. La ragazza si portò una mano ai capelli e decise di confidarsi con la McGranitt. Hogwarts era il posto più sicuro per lei, e la vicepreside era una donna risoluta e intelligente, avrebbe protetto i suoi studenti con la sua stessa vita. Mettere al corrente lei e il preside di ciò che era accaduto, era la cosa giusta da fare.
- Il Signore Oscuro mi ha punita per non aver accettato il Marchio Nero. -
Minerva McGranitt quasi cadde dalla sedia per lo stupore e l’indignazione. Il suo volto si contrasse, assumendo le forme della rabbia e della preoccupazione.
- Marchiare una ragazzina quattordicenne? È inammissibile. Aspetta, fammi capire, Voldemort si trova nella foresta proibita? -
Asteria scosse il capo e le raccontò per filo e per segno ciò aveva passato in quei giorni, omise solo il modo in cui Voldemort era venuto a conoscenza dei suoi poteri. Una piccola fitta le scosse il petto, ma fu abile a cacciarla via.
Sfogarsi le fece bene e quando terminò il suo racconto sentì di avere un peso in meno sul cuore. La professoressa la ascoltò in silenzio, senza interromperla, scuoteva soltanto il capo con sdegno.
- Ho provato a materializzarmi a scuola ma qualcosa me l’ha impedito. Sono caduta nella foresta e ho cercato di uscirne senza risultato. Ricordo soltanto di essere inciampata. Non riuscivo più ad alzarmi. Poi credo di essere svenuta. -
Le sue mani finirono in quelle rugose della professoressa, due occhi sornioni cercarono di confortare l’animo di quella fanciulla. Minerva si prese alcuni secondi per riprendersi dal racconto straziante della studentessa e poi raccontò di come Hagrid la avesse salvata.
- Mi ci sono volute delle ore per riportarti in forma umana. La tua coscienza era aggrappata a quel lupo come se esso rappresentasse la tua unica fonte di vita. Quando mi sono ritrovata di fronte ad una ragazzina di quattordici anni sono rimasta basita. Un animagus, solitamente, ci mette decenni a governare la sua forma animale. Tuttavia, non sono totalmente sorpresa del fatto che tu possieda una tale capacità. La facilità con cui riesci nella mia materia è alquanto inusuale. Qualcuno conosce questa tua capacità? -
Asteria negò.
- Sai, da Animagus dichiarato quale sono, dovrei suggerirti di recarti al Ministero per una regolare identificazione, ma data la tua particolare situazione credo sia un bene che nessuno lo sappia. - sospirò arricciando la pelle rugosa delle labbra sottili.
- Discuterò della tua situazione con il preside oggi stesso. Ora vai o farai tardi alla lezione di Incantesimi, anche se credo che tu conosca già alla perfezione questa materia. Durmstrang è una buona scuola. Hai frequentato solo tre anni e sai Smaterializzarti a distanze così grandi. –
Asteria si alzò e s’incamminò verso la porta.
- Aspetta. Dovrò togliere cinquanta punti a serpe verde per la tua passeggiatina nella Foresta Proibita. - la McGranitt sorrise. Non aveva saputo resistere alla tentazione di avvantaggiare i suoi Grifondoro nella lotta per la Coppa delle Case.
 
Per tutta la giornata fu assalita da domande indiscrete sulla natura della sua ferita e, quando le fu posta una domanda di troppo alla fine dell’ultima lezione, scappò via maledicendo chiunque le capitasse sotto tiro. Daphne aveva raccontato che sua sorella non avrebbe avuto bisogno di iscriversi alle lezioni di Smaterializzazione offerte dal Ministero alla scuola, naturalmente tutti avevano voluto saperne di più. Confidare qualcosa a Daphne Greengrass era il modo più veloce e sicuro per farla sapere a tutta la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, soltanto Pansy e Millicent potevano contare sulla sua lealtà ai loro pettegolezzi, e Asteria lo imparò a sue spese quel giorno.
Entrò furiosa nella Sala Comune deserta e si incamminò verso la sua stanza. Tutti i Serpeverde erano in Sala Grande per la cena, ma Asteria aveva deciso di ritirarsi nella sua stanza per eludere ulteriori interrogatori da parte di altri studenti.
Nella sua mente, tuttavia, dimorava un’altra verità: voleva evitare di incontrare Draco. Questa realtà le era talmente scomoda che il subconscio di Asteria la teneva ben imprigionata al suo interno.
Indossò la sua camicia da notte e getto un pezzo di legno nel fuoco del camino per tenerlo acceso.
Si stese su letto con una certa difficoltà. La spalla le palpitava ininterrottamente dal momento in cui si era svegliata, era una strano bruciore che si estendeva a tutto il braccio sinistro.
La sua Puffola Pigmea la raggiunse e si fece coccolare dalla mano stanca della padrona.
Asteria scacciò dalla mente ogni pensiero che cercava di infastidirla e si addormentò.
Il fuoco scoppiettava briosamente nel suo giaciglio. Lunghe lingue vermiglie lambivano l’aria, riscaldando l’ambiente.
Improvvisamente le fiamme aumentarono la loro intensità e cambiarono il loro colore. Il rosso caldo e rassicurante si tramutò in un’inquietante sfumatura di verde smeraldo con una punta di acido.
Le fiammate danzarono sinuosamente e si allungarono fuori dal perimetro del camino. Un serpente di fuoco si staccò da una lingua che lambiva il pavimento e strisciò verso il letto di Asteria. Si arrampicò flessuoso e letale fino a raggiungere il corpo addormentato.
Attaccò repentinamente, morse la pelle con precisione e iniettò il suo veleno in profondità. Eseguito il suo compito, la lingua di fuoco si dissolse, lasciando due solchi invisibili sul dorso della piccola mano.
Asteria spalancò gli occhi di scatto e urlò di dolore, ma non si svegliò, ricadde in un sonno profondo e tormentato.
Passarono i minuti e le ore, il veleno serpeggiava nelle vene di Asteria occupando ogni capillare e dirigendosi verso il proprio obiettivo.
Quando la tossina raggiunse il cervello, rilasciò tutta la magia oscura che racchiudeva nelle sue spire.
Asteria si mise a sedere come una marionetta e aprì gli occhi. Le pupille erano più sottili di una capocchia di spillo e le iridi erano coperte da una patina acquosa che donava loro un sinistro riflesso.
La ragazza si alzò di scatto, comandata da una volontà esterna, estranea. Barcollò fino alla porta e uscì.
Ormai era notte fonda e nessuno, nemmeno Milla che dormiva nel letto accanto si accorse degli strani movimenti di Asteria.
 
Draco Malfoy non aveva parlato con nessuno quel giorno, non aveva frequentato le lezioni e non si era lasciato travolgere dall’eccitazione dei suoi compagni per il ritorno a scuola.
La sua giornata era trascorsa lenta e noiosa. Le nobili lenzuola di seta verde del suo letto erano state la sua dimora per tutto il giorno.
Si era rigirato in quelle coltri, distruggendole con il suo nervosismo, fino a renderle totalmente inadatte ad ospitare alcuno.
Ormai era ora di cena, ma il suo stomaco attorcigliato non avrebbe potuto accogliere alcun nutrimento. Si alzò di scatto e uscì di corsa dal dormitorio dei Serpeverde. Attraversò le segrete e si infilò in cunicoli oscuri che nascondevano passaggi segreti noti a pochi, finché non riuscì a raggiungere un’apertura sulla scogliera che dava sul lago nero, che consentiva di uscire dal castello.
Scese delle scale di pietra dissestate e raggiunse il prato nevoso della collina che dolcemente si allungava verso il lago.
Camminò per molto tempo su e giù per la collina, cercando di calmare la su inquietudine.
Chiunque lo avesse visto non lo sarebbe stato capace di riconoscerlo. Quella figura agitata non assomigliava per niente all’elegante rampollo dei Malfoy.
La camicia, solitamente perfettamente stirata e sistemata dentro i pantaloni, ondeggiava aperta e abbandonata sui fianchi pallidi del ragazzo.
I pantaloni neri creavano un impressionante contrasto con la pelle candida dei piedi nudi, che normalmente avrebbero calzato delle lussuose calzature.
I capelli finissimi fluttuavano selvaggi a ogni sferzata del vento.
Draco era talmente scosso, che non riusciva nemmeno a sentire il freddo, che si insinuava minaccioso sotto la sua pelle.
Draco si fermò alle pendici della collina e osservò il lago per un breve istante. Si avvicinò all’acqua e si accomodò su mucchio di neve gelida.
Il lago era immobile, la sua superficie era sfregiata da mille crepe ghiacciate e Draco scoprì tristemente che il suo cuore era nelle stesse condizioni.
Non si era mai pentito di un’azione eticamente discutibile, non si era mai voltato indietro per osservare le conseguenze delle sue malefatte o lo aveva fatto solo per sentirsi più soddisfatto di sé.
Le vacanze invernali erano state una tortura, era stato tormentato dal desiderio di avvisare Asteria, ma non lo aveva fatto. Aveva atteso che sua zia la portasse via senza muovere un dito. Era stato un vigliacco.
Quando aveva visto Bellatrix completamente fuori di sé, si era sentito sollevato ma la preoccupazione per Asteria non era diminuita. Soltanto al suo ritorno a Hogwarts, dopo aver scoperto che la ragazza era salva, il suo cuore ebbe modo di calmarsi.
La preoccupazione aveva, però, fatto spazio ai sensi di colpa.
Rimase ore seduto e immobile a osservare la distesa ghiacciata che si apriva dinnanzi a lui, finché non si costrinse a distogliere i suoi pensieri.
Draco sospirò e lanciò una pietra verso la superficie del lago. Quella calma lo aveva stufato.
Con la coda dell’occhio scorse un movimento alla sua destra.
Un puntino bianco danzava in lontananza, sembrava sospeso in aria. Draco strinse le palpebre e cercò di mettere a fuoco. Il puntino era in realtà una figura appoggiata al lungo ponte che collegava le due maestose ali del castello e l’effetto ondeggiante era dato dal movimento del leggero tessuto che ricopriva la figura.
Il ragazzo non riconobbe nessuno dei fantasmi che solitamente infestava la scuola. Incuriosito, si avvicinò alle mura senza staccare lo sguardo dalla strana scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi. Quando fu abbastanza vicino, riuscì a scorgere i capelli biondi e ribelli di una ragazza che ondeggiavano sferzati dal vento.
Draco spalancò la bocca e guardò impotente il corpo della fanciulla precipitare nel vuoto sopra di lui.
Era pietrificato. Soltanto quando la ragazza stava per sfracellarsi al suolo, ebbe la prontezza di estrarre la bacchetta e pronunciare un incantesimo per frenare la caduta del corpo.
La ragazza cominciò a levitare in aria, le membra fluttuavano abbandonate in una strana posizione.
L’espressione di stupore sul volto del ragazzo si allargò ancora di più quando riconobbe la giovane.
Asteria guardò Draco con occhi vacui e assenti che emanavano una luce sinistra e stranamente verdognola.
L’orrore che provò il Serpeverde lo fece rabbrividire e d’un tratto percepì il freddo pungente che gli stava congelando il corpo e la mente.
Con un colpo di bacchetta fece scendere il corpo inanimato di Asteria e lo adagiò delicatamente tra le sue braccia, poi corse quanto più velocemente il suo fardello gli permettesse di fare e si diresse verso il castello.
 
 
Non sono soddisfatta di come ho scritto questo capitolo..sono stata troppo frettolosa nel finale ma sto aggiornando troppo lentamente..scusate..nel prossimo capitolo mi impegnerò di più..
Auguro a tutti delle buonissime vacanze natalizie!
 
DarlingAry: grazie mille per la tua recensione!! Draco è stato un vigliacco, ma forse nei prossimi capitoli si riscatterà..alla prossima!
 
Poppi: il carattere di Asteria si sta piano piano delineando..è sempre più difficile descrivere ciò che prova..nei prossimi capitoli dovrà vendicarsi del torto subito..a presto! E grazie!  

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Capitolo 12
*** Tregua ***


Tregua
 
Draco camminava davanti all’infermeria, andava su e giù per il corridoio come una fiera in gabbia e lanciava occhiate speranzose verso la porta.
Il senso di colpa gli stava corrodendo l’anima. Temeva per la vita di Asteria e ripensava alle sue mancanze che la avevano messa in pericolo. Più i minuti aumentavano, più il suo senso di preoccupazione si faceva straziante.
Quando Piton finalmente uscì, Draco pretese di conoscere le condizioni di Asteria, ma il professore sembrò non vederlo e si limitò a correre via, borbottando che doveva essere chiamato immediatamente il preside.
Draco s’irrigidì e se ne andò sbuffando verso i sotterranei. Tremò al pensiero che Silente volesse chiedergli delle spiegazioni e sperò con tutto se stesso che il resoconto fatto a Piton, fosse stato sufficiente.
Nel corridoio dei sotterranei incontrò Daphne. Stava correndo ed era in affanno. Lo superò senza nemmeno vederlo, ma subito si bloccò e si voltò indietro, come se avesse dimenticato qualcosa.
Si mise a correre nella direzione opposta e saltò al collo di Draco. Dopo aver blaterato un goffo “grazie”, si voltò e sparì velocemente su per le scale.
Lo stupore di Draco fu autentico, rimase immobile per alcuni secondi a bocca aperta davanti alla porta del dormitorio, ma poi scrollò le spalle e sparì dietro il muro, felice che nessun Serpeverde lo avesse visto con quell’espressione da idiota stampata in faccia.
 
Asteria aprì gli occhi e si ritrovò in un mare di coltri bianche che le fasciavano il corpo. Le lenzuola profumavano di pulito, emanando una fresca fragranza di fiori.
Guardò la stanza attorno a lei e sgranò gli occhi spaventata. Non era la sua camera. Era l’infermeria.
Un senso di vertigine e vuoto le fece girare la testa. Tentò di alzarsi dal letto ma fu bloccata da una terribile fitta alle tempie.
- Fermati immediatamente! -
Il professor Piton entrò nella sala e si avvicinò al suo letto.
- Non ti azzardare ad alzarti da quel letto! – il suo tono fu così simile a quello che solitamente usava Madama Chips, che Asteria riuscì a stento a trattenere un sorriso.
– Ieri sera sei stata colpita dalla maledizione imperius. – il sorriso sparì completamente dal volto della ragazza.
- Ti sei gettata dal ponte che divide le due ali del castello. –Asteria aprì la bocca ma non riuscì a dire una parola. Come si era salvata? Piton continuò con il suo tono petulante e noioso. Ma non rivelò ulteriori dettagli sull’incidente.
- La professoressa McGanitt mi ha portato a conoscenza del tuo problema. Ne abbiamo discusso ieri sera assieme al preside. Le misure di sicurezza sono state intensificate, ma non siamo riusciti a capire come la maledizione ti abbia raggiunto.- lanciò uno sguardo pensieroso fuori dalla finestra. - Ora riposati, altrimenti quella ferita alla spalla non guarirà mai.–
Asteria portò istintivamente lo sguardo sulla sua spalla e vide una macchia vermiglia che spiccava macabramente sul bianco che la circondava.
Il professore le accostò la bacchetta accanto alla tempia e Asteria fu colta da un improvviso torpore.
Prima di cadere nell’oblio del sonno provò un senso istantaneo di panico. Si ricordò di come Piton avesse offerto il suo aiuto a Draco per portare a termine l’ordine di Voldemort ed ebbe paura di essere caduta nuovamente nelle mani nel nemico.
Si addormentò con la nauseante paura di non risvegliarsi più.
Il suo riposo fu tormentato da strani incubi; il mondo era ricoperto da una strana patina verdastra che le impediva di muoversi e reagire, Piton la osservava con occhi famelici e rideva di lei.
Si risvegliò ancora in infermeria, sudata e terrorizzata, ma viva e sola.
Si toccò la spalla e fu presa da un moto di sconforto, si chiese se sarebbe mai guarita del tutto.
Un lieve rumore catturò la sua attenzione; era il passo leggero di sua sorella Daphne. Si muoveva come se il pavimento fosse stato ricoperto di uova e lei non avesse la minima intenzione di schiacciarle.
- Sono sveglia…-
- Oh, meno male, temevo di fare troppo rumore. –
Asteria la guardò e attese di essere aggredita da qualche commento acido. Daphne, tuttavia, fece qualcosa che la lasciò senza fiato. Si sedette sul bordo del letto e le prese la mano fra le sue. La scrutò attentamente per accertarsi che non ci fossero altre ferite, oltre a quella più evidente sulla spalla.
Asteria s’innervosì, non era abituata a quel tipo di contatto con nessuno dei suoi famigliari. Tolse la mano e la nascose sotto le lenzuola.
Daphne sospirò e guardò il pavimento per un lungo minuto. Le sue sopracciglia erano contratte, come se stesse prendendo la decisione più importante della sua vita.
Si sistemò i capelli dorati e puntò i suoi occhi azzurri sulla sorellina.
- Asteria, dobbiamo parlare. Anzi, io ti devo parlare, e ti prego di ascoltarmi fino alla fine. – si bloccò e attese una risposta con sguardo supplichevole. Asteria non era sicura di voler sentire ciò che la sorella aveva da dirle, ma le sorrise, e questo fu un incentivo sufficiente per Daphne.
- So che non siamo mai state molto vicine, e so bene che questo non ha mai avuto importanza per entrambe…ma gli ultimi avvenimenti mi hanno fatto riflettere e mi sono sentita in dovere di dare una spiegazione al nostro rapporto. Credo che anche tu meriti una spiegazione. –
Si morse il labbro e guardò il cielo fuori oltre la vetrata.
- Nostra madre ha riposto le sue aspirazioni in ognuna di noi, abbiamo sempre dovuto essere perfette Purosangue e umili servitrici del Signore Oscuro, ma la verità è che le sue ambizioni sono state distribuite in un modo molto diverso. Io sono sempre stata attenta a comportarmi secondo le sue regole di buona condotta e non ho mai tentato di ribellarmi, desideravo la sua approvazione con tutta me stessa ma per quanto provassi, non era mai abbastanza. Non è mai abbastanza. La verità e che sei sempre stata la sua preferita ed era in te che confidava per il compito più importante. Io non ero degna di servire il Signore Oscuro, non mi crede abbastanza intelligente. -
- Come fai a sapere…- Daphne la interruppe.
- Lasciami finire, per favore. La verità è che sono sempre stata gelosa di te. Ti odiavo perché nostra madre ti amava più di quanto amasse me. Ogni volta che la deludevi, speravo che ti cacciasse da casa, che smettesse di amarti e che riponesse tutte le sue speranze in me. Ma non succedeva, e il tuo carattere schivo e solitario ti rendeva ancora più irraggiungibile ai miei occhi. Mi sono sempre trovata in imbarazzo a parlare con te e ogni volta che provavo a intavolare un discorso serio, la mia paura di essere inadeguata o di risultare stupida mi portava a parlarti esattamente delle idiozie che non sopporti. – la sua voce si incrinò, - anche se mi piace discutere di vestiti, ragazzi e pettegolezzi, non significa che sono stupida. Quando Bellatrix ti ha portato via da Villa Malfoy ho subito capito che qualcosa non andava. Lo sguardo fiero ed eccitato della mamma mi ha raggelato il sangue nelle vene e la sua rabbia quando non sei tornata poteva significare solo una cosa. Il suo piano di sottomissione totale al Signore Oscuro era fallito. Come può una madre non preoccuparsi della scomparsa di una figlia? Non sai quanto mi sono arrabbiata. Ma non ho avuto il coraggio di fare o dire nulla. È stato un sollievo vederti sana e salva con il braccio pulito…senza il Marchio, mi sono sentita felice. –
Asteria era senza parole, aveva sempre considerato sua sorella una superficiale egoista, non aveva mai considerato che le pressioni di sua madre tormentassero anche lei.
Daphne aveva avuto la maturità di capire le sue colpe e aveva analizzato anche quelle di Asteria, e la ragazzina le riconobbe.
- Ti avevo giudicato male, io non ti conosco per niente e me ne vergogno, perché non mi è mai interessato capirti. Non immaginavo che soffrissi tanto. Ero convinta che per nostra madre tu fossi la figlia perfetta, l’esempio che avrei dovuto seguire; facevo di tutto per stare lontana da voi. Hai capito bene, Kalliope mi ha venduto a Voldemort, e credo che questa sia la prova che non mi ami per niente. Quella mattina…-
Asteria le raccontò gli avvenimenti di quella terribile giornata.
- Com’è potuto accadere? Mi sento una stupida, non avevi nessuno con cui parlarne ed io sono tua sorella, avrei dovuto esserti d’aiuto! Se ti avessi tenuto d’occhio in questi ultimi tempi…-
- Non è colpa tua, dubito che saresti riuscita a fermare una maledizione di Voldemort, nessuno avrebbe potuto farlo. –
- Lo so, Piton mi ha informato immediatamente delle tue condizioni e mi ha spaventato a morte, non erano sicuri di riuscire a rimuovere la maledizione. –
- Daphne, sai come mi sono salvata? Te l’hanno detto? Piton mi ha solo raccontato che ho tentato di suicidarmi…- lunghi brividi le percorsero la schiena.
- Non lo sai?! Fortunatamente Draco passava da quelle parti, ha fermato la tua caduta e ti ha portato subito da Piton. –
Asteria non riuscì a proferire parola. Draco Malfoy le aveva salvato la vita. La confusione che si generò nella sua testa fu talmente vorticosa da farle venire un capogiro.
Daphne decise che era il momento di lasciar riposare sua sorella, si alzò dal letto si avviò verso la porta. Poco prima di sparire dall’infermeria si voltò verso Asteria e le sorrise.
Nelle settimane successive le fu impedito di alzarsi dal letto e madama Chips continuava a rimandare le sue dimissioni dall’infermeria. Diceva di volersi assicurare che la ferita alla spalla guarisse definitivamente, ma Asteria era sicura che gli ordini di tenerla sotto controllo venissero da più in alto, da qualcuno che la voleva sotto costante vigilanza.
Le giornate erano noiose, le uniche cose che si potevano fare erano leggere e dormire, attività molto riposanti, cosicché le notti insonni erano ancora più tediose. Gli unici momenti della giornata che le passavano velocemente erano le poche ore in cui le era concesso di ricevere visite. Daphne andava spesso a trovarla e le due sorelle riuscirono finalmente a conoscersi l’un l’altra. Asteria ebbe l’impressione di conversare con una sconosciuta, ma man mano che apprendeva nuove sfaccettature del carattere di Daphne si sentiva sempre più a suo agio con lei. Quando, però, Daphne parlava del suo rapporto con Blaise, quelli erano gli unici momenti in cui Asteria riconosceva la sorella che aveva sempre mal sopportato, ma non si lamentò mai della sua compagnia.
Stava finalmente costruendo una specie di rapporto, se non di affetto, almeno di rispetto e comprensione con un membro della sua famiglia.
Anche Milla andava sempre a trovarla. Ogni giorno le portava pacchi interi di appunti che aveva accuratamente stilato a lezione e ogni giorno li duplicava con un colpo di bacchetta sul suo letto, lasciandola sommersa dalle pergamene. Quando Milla se ne andava, Asteria cercava gli appunti delle lezioni che le interessavano di più e faceva sparire gli altri con un semplice incantesimo.
Una mattina ricevette la visita del capitano di Quidditch di Serpeverde.
Urquhart sembrava sinceramente preoccupato per la prossima partita contro Corvonero e si augurò che Asteria si riprendesse completamente per la fine di febbraio.
- Gli altri battitori sono un disastro! Tiger e Goyle sembrano assenti e sono stranamente nervosi. Insomma, non li ho mai visti calmi da quando li conosco, però ultimamente sono fin troppo suscettibili. -
 
Quella notte Asteria era riuscita ad addormentarsi presto, ma i suoi sogni erano tormentati. Ben presto, però, si svegliò di soprassalto, il suo urlo atroce aveva sfrattato il silenzio che dimorava nella stanza.
Una mano gelida le soffocò l’urlo in gola. Due occhi nebbiosi la inchiodarono al cuscino con aria supplichevole.
- Se Madama Chips scopre che sono qui…- mosse la bacchetta con eleganza, - muffliato… -
Il ragazzo guardò verso la porta, convinto di essere stato scoperto, ma nessuna guaritrice infuriata fece capolino.
Asteria si tolse quella mano gelida dal viso con violenza. Guardò dritto negli occhi di Draco e ricominciò a urlare, ma stavolta non uscì solo un suono. Tutta la rabbia e la delusione si riversarono sul ragazzo come un fiume di lava incandescente.
- Vattene! Figlio di puttana! Sei un maledetto vigliacco! Che cosa sei venuto a fare qui? Se credi di poter…-
- Per favore calmati! – Draco sapeva di meritarsi tutti gli insulti che gli venivano scaraventati addosso, ma non era certo il tipo di ragazzo che rimaneva impassibile alle offese.
- Non è il caso di essere sgarbati! – si accomodò elegantemente sul bordo del letto, seduto accanto all’esile corpo della ragazza.
Asteria lo fulminò con i suoi occhi nocciola e per un breve istante Draco pensò di avervi scorto all’interno un’insidiosa sfumatura rosso fuoco.
- Lasciami spiegare! Sono stato costretto a farlo. Se non avessi fatto rapporto a mia zia sulle tue reali capacità, lui mi avrebbe… -
- Bugiardo! Ti aspetti che io ti creda? Sei un bugiardo!-
Draco le sorrise, impertinente: - Non ti ho mai mentito, ho semplicemente glissato su qualche particolare…-
Asteria stava perdendo la pazienza.
- Tralasciare dei particolari può essere accettabile, ma solo finché quei particolari non costano la vita di qualcuno! –
Draco sospirò e abbassò lo sguardo. Il guizzo d’impertinenza che aveva illuminato i suoi occhi era completamente sparito.
- E se svelare quei particolari avesse costato comunque la vita di qualcuno?- la guardò intensamente, - leggi la mia mente, conosci l’incantesimo? -
Asteria lo conosceva, ma era furiosa e non era sicura di poter trovare la concentrazione per eseguire un incantesimo tanto difficile.
Mentre prendeva la sua bacchetta, le mani le tremavano dal nervosismo e si sentiva il viso in fiamme.
Respirò a fondo e chiuse gli occhi.
- Legimens. -
Una densa nebbia oscurò la percezione mentale della ragazza, era il meccanismo di difesa della mente di Draco.
Lentamente la foschia si diradò e Asteria scorse le pareti dei sotterranei della villa dei coniugi Malfoy. Il lungo tavolo usato per le riunioni era deserto, come il giorno in cui la ragazza era stata condotta in quella stanza.
Asteria sussultò e perse per un momento il contatto con la mente di Draco, ma riuscì subito a riprenderlo.
Bellatrix Lestrange apparve all’improvviso alle sue spalle con la sua risata deviata.
- Salve, nipote! -
Asteria stava guardando la scena dal punto di vista di Draco, stava guardando la strega attraverso i suoi occhi. Percepì chiaramente il timore e la reverenza del ragazzo per la sua consanguinea.
- Il nostro signore ha un piccolo incarico da affidarti. – gli occhi ferini di Bellatrix lampeggiarono per l’eccitazione.
- Non credi che il mio compito principale sia già abbastanza arduo da portare a termine? –
La strega si infuriò: - Quello è un atto quantomeno dovuto! L’inettitudine di tuo padre deve essere riscattata! – la sua voce diventò melliflua, velenosa, - Se mia sorella non avesse sposato quel fallito, poco mi importerebbe della rovina della famiglia Malfoy; per fortuna, o purtroppo, abbiamo la possibilità di recuperare un po’ della fiducia del Signore Oscuro, grazie a te. –
La strega gli sorrise e fece ondeggiare i lunghi capelli neri.
- La più piccola delle Greengrass ha attirato la curiosità di Lord Voldemort. Abbiamo bisogno di rinforzare le fila del nostro esercito con maghi e streghe dotate e Asteria ha un grosso potenziale dentro di sé. Tu, mio caro nipote, dovrai scoprire tutto sulle sue abilità magiche e capire cosa ha imparato a Durmstrang, poi dovrai riferire a me. Semplice, non trovi? -
Asteria percepì l’indignazione che scorreva nelle vene di Draco.
- Ha quattordici anni! È una ragazzina, accidenti! Mi rifiuto di…ah!- un dolore acutissimo scosse le membra del ragazzo fino alle ossa. Asteria riconobbe la maledizione cruciatus che lei stessa aveva dovuto sopportare poche settimane prima. Il tormento durò a lungo e Asteria si sentì quasi svenire. Desiderava di poter strappare il corpo di Draco da quel dolore ma era tristemente consapevole della sua impotenza. Cercò di convincersi che fosse solo un ricordo.
Quando il dolore cessò Draco crollò a terra ansimando.
Bellatrix lo afferrò per i capelli e gli alzò la testa, in modo che la potesse guardare negli occhi. Il suo volto era sfigurato dalla rabbia.
- Sei fortunato, ragazzo. Il Signore Oscuro al posto mio ti avrebbe ucciso, non tollera l’isolenza. Credo sia inutile rammentarti la punizione per i tuoi sbagli o la tua disobbedienza…ma te lo dirò ugualmente: tu e tua madre sarete uccisi senza pietà! -
Draco tremò, Asteria percepì chiaramente il terrore che si impossessava della mente del ragazzo, aveva paura di perdere sua madre.
Una densa nebbia si sollevò dal pavimento e inghiottì la stanza, assieme agli occhi squilibrati di Bellatrix.
Draco osservava le gote rosse di Asteria che lentamente impallidirono e assunsero un malsano colorito verde. L’espressione infuriata della ragazza si tramutò in un misto di preoccupazione e dolore.
Draco ripercorreva l’onda dei ricordi e fu tentato di accarezzare il volto di Asteria, quando le mostrò la tortura che era stato costretto a subire.
Asteria riaprì gli occhi e guardò Draco per un istante, poi distolse lo sguardo e si adagiò sul cuscino. Era stordita e confusa e un fastidioso senso di nausea la costrinse a deglutire molte volte.
Capì la disperata situazione in cui Draco era costretto a vivere, ma non la trovava una giustificazione sufficiente a ciò che le aveva fatto. Non sarebbe mai riuscito ad evitare che Bellatrix la conducesse presso l’Oscuro Signore, ma avrebbe almeno potuto avvertirla.
- Vattene Malfoy, per favore. Ho bisogno di riflettere. -
Il ragazzo le sorrise lievemente, la delusione dipingeva una triste ombra sul suo volto pallido. Prima di lasciarla le fece apparire tra le mani l’ultimo numero della rivista ufficiale del Quidditch.
Non tornò più a trovarla e il suo orgoglio cocciuto gli impedì di cercarla, quando finalmente fu dimessa dall’infermeria.
 
Asteria fu rilasciata da Madama Chips a metà del mese di febbraio. La neve si era ormai sciolta e i cortili della scuola erano coperti da ampie pozzanghere di fango. Asteria non riuscì a partecipare alla partita contro Corvonero e fu costretta a guardare l’imbarazzante gioco della sua squadra dagli spalti. Il capitano era talmente furioso che non convocò nemmeno il gruppo nell’Antro della Gloria dopo la partita.
La spalla di Asteria non sanguinava più da giorni ormai, ma aveva ancora dei dolori pungenti e le era stato proibito anche soltanto di volare.
Marzo portò con sé un clima umido e ventoso. La prima domenica del mese Asteria si recò al campo di allenamento per avvisare Urquhart che avrebbe potuto ricominciare ad allenarsi appena alla fine del mese.
Il capitano accolse la notizia con un grugnito e la pregò di assistere all’allenamento.
Asteria osservava con invidia dagli spalti i compagni che volteggiavano in aria. Seguiva i bolidi e le pluffe che correvano a destra e a sinistra nel campo.
La tribuna dei Serpeverde era sempre stata piena di ragazzine adoranti, ma quel giorno era deserta. I beniamini della squadra avevano deluso le attese di tutti.
Asteria quasi sobbalzò quando vide una testa bionda apparire dalle scalette laterali.
Draco la guardò allibito e arrestò la sua salita.
- Scusa, da sotto la tribuna sembrava vuota. Se vuoi, me ne vado. -
Dal suo tono era chiaro che si aspettava di essere cacciato via, ma nel suo sguardo lampeggiava la voglia di sentirsi dire di restare.
Asteria aveva riflettuto molto su ciò che aveva visto nei ricordi del ragazzo e aveva deciso di fingere di non averlo mai conosciuto.
Di fronte a quei due laghi ghiacciati, però, le sue decisioni andavano sempre in frantumi. Si sgretolavano come lo strato di ghiaccio del Lago Nero in primavera, quando l’acqua che tornava magicamente a scorrere lasciava crepe profonde sulla superficie.
Fu costretta ad arrendersi.
Non riuscì a resistere alla muta supplica di Draco e gli fece cenno di sedersi accanto a lei.
Draco la raggiunse con movimenti eleganti. Scrutò a lungo il volto di Asteria. Vide molte emozioni sul suo viso. La rabbia e la delusione solcavano le sopracciglia castane e il rancore le incurvava i lineamenti delicati della bocca.
Lentamente il viso di Asteria si rilassò e quando Draco vi lesse il perdono, le sorrise dolcemente. Non c’era bisogno di parole. Lo sguardo tranquillo della ragazza non lasciava dubbio alcuno.
Guardarono l’allenamento in silenzio, finché Asteria non sbuffò rozzamente.
Draco la guardò e per la prima volta si accorse di quanto poco aggraziati fossero i movimenti della ragazza. Asteria era seduta a gambe aperte con le mani incrociate al petto.
Il Serpeverde ringraziò mentalmente che Asteria portasse dei pantaloni e rise.
- Qualcuno ti ha mai detto che sei un maschiaccio? -
Asteria arrossì violentemente e si ricompose.
Rimase basita dalla sua insolita reazione. Quella frase le era stata detta quasi da chiunque avesse posato gli occhi su di lei per più di mezzo minuto, ma Asteria non ne aveva mai fatto un problema. La maggior parte delle volte aveva risposto con una scrollata di spalle, ma con Draco era differente.
Perché le importava cosa pensasse di lei? Perché le importava di quel ragazzo difficile e impertinente?
Rispose a denti stretti.
- Stavo solo pensando a quanto vorrei volare. Sono stufa di questa dannata spalla! -
Draco osservò la benda che partiva dalla clavicola di Asteria e le fasciava tutto il braccio.
Abbassò subito lo sguardo e si sentì responsabile. La voce uscì dalle sue labbra carnose un po’ impacciata e imbarazzata.
- Senti, forse conosco il modo per farti volare, ma dovremo infrangere qualche regola. -
Il volto di Asteria si illuminò. Avrebbe infranto anche gli incantesimi di protezione della scuola per salire ancora su una scopa. Lo esortò a continuare.
- Stasera, dopo il coprifuoco vieni al settimo piano, a metà del corridoio c’è un grande arazzo. Ci vediamo lì. -
- Hai intenzione di volare all’interno del castello? –
Draco sfoggiò il sorriso di uno che la sapeva lunga.
- Vedrai. Ora devo andare. -
Asteria lo bloccò per un lembo della divisa.
- Aspetta. Perché non ci incontriamo nella Sala Comune? In due è più facile evitare Gazza. -
Il viso di Draco si rabbuiò e lui girò il volto per nascondersi dagli occhi castani della ragazza.
- Sarò già lì. - e la lasciò sola.
 
Asteria cenò in Sala Grande assieme a Milla. La sua compagna di stanza le raccomandò di rimettersi in pari con le lezioni e con i compiti: - Dopo cena, se vuoi, ti spiego la lezione di Erbologia. –
Ma Asteria non aveva la minima intenzione di studiare e appena entrarono nella loro stanza finse un dolorosissimo mal di testa e si infilò velocemente sotto le coperte. Sperò con tutta se stessa che Milla fosse stanca e si coricasse in fretta.
- Milla, tu non hai sonno? Domani sarà lunedì, ricominceranno le lezioni, dobbiamo riposare. -
Sfortunatamente la sua compagna aveva notato il guizzo di eccitazione che correva negli occhi di Asteria.
- Cosa ti succede? Improvvisamente ti interessano le lezioni?  Sembrerebbe che tu voglia mettermi a nanna il più presto possibile per sgattaiolare via dalla stanza. – Milla spalancò gli occhi e saltò sul letto di Asteria. – Non dirmi che hai un appuntamento! Chi è? -
Asteria si nascose sotto le coperte e imprecò per la sua stupidità. Non poteva starsene zitta?
Non aveva ancora avuto modo di riflettere sul fatto che Draco la aveva invitata a trascorrere un po’ di tempo con lui. Era stata troppo presa dall’eccitazione di poter volare.
Milla continuò a punzecchiarla per un po’, ma poi si vestì per la notte e si buttò sul suo letto, addormentandosi quasi subito.
Asteria attese con trepidazione lo scoccare del coprifuoco. Si rigirava nel letto e tentava di convincersi che il loro incontro non fosse un vero e proprio appuntamento.
Alle undici Asteria si alzò dal letto e si precipitò fuori dal dormitorio Serpeverde. Si accertò che il corridoio fosse deserto e cominciò a salire le scale. A metà rampa si bloccò e guardò la tuta da ginnastica nera che indossava. Con un colpo di bacchetta tramutò i suoi vestiti in un paio di jeans e in un maglioncino color beige. Era il massimo dell’eleganza che voleva permettersi. Si mise a correre per i corridoi deserti maledicendosi per la sua frivolezza.
Fortunatamente non incontrò Gazza o la sua gatta e arrivò velocemente al settimo piano.
Draco la aspettava appoggiato al muro con una sigaretta tra le dita.
Le sorrise porgendole la mano.
-Dove vorrebbe volare, signorina? – condì la sua frase con delle ricercate boccate di fumo.
Asteria inclinò la testa e lo guardò come si farebbe con un qualsiasi pazzo. Certamente non era una ragazza incline al romanticismo.
Draco roteò gli occhi e le spiegò in sostanza cosa doveva fare.
- Pensa a un posto in cui vorresti essere, ripeti mentalmente per tre volte la meta prescelta e…attendi. -
Asteria pensò intensamente per tre volte al Lago di Durmstrang nella stagione autunnale.
Una grossa porta apparve magicamente sulla parete di mattoni di fronte ai suoi occhi.
Draco aprì il pesante ingresso e le fece cenno di accomodarsi. Asteria aveva ancora la bocca aperta per lo stupore e non accennava a muoversi.
Il ragazzo si spazientì e la spinse bruscamente oltre la soglia.
Ciò che si spalancò davanti ai suoi occhi fu uno spettacolo sconvolgente. La riva del lago del castello di Durmstrang era solcata da acque calme e silenziose. La foresta era ormai ingiallita dal sopraggiungere della stagione autunnale e splendidi riverberi dorati si riflettevano sulla superficie del lago, dipingendo le acque con tinte fulve.
Asteria si voltò e spalancò la bocca ancora di più. La porta era sparita, al suo posto c’erano solo gli alberi della Foresta Nera.
Draco la guardava divertito, con un ghigno di soddisfazione. Pensò intensamente per tre volte alla sua Nimbus e questa apparve tra le sue mani.
Si avvicinò ad Asteria e le posò la mano sulla spalla. Lei rimase impassibile, allora lui la scrollò e la costrinse a voltarsi e a guardarlo negli occhi.
- Sei ancora intenzionata a volare? -, le mostrò la scopa per scuotere ulteriormente la sua coscienza.
- Sì, ma cos’è questo posto? Non siamo nella vera foresta di Durmstrang, in questo periodo dell’anno è ricoperta dalla neve, e dov’è il castello? –
Draco sospirò, - Questa è la stanza delle necessità, per farla apparire bisogna pensare intensamente per tre volte all’oggetto o a qualsiasi cosa di cui si ha bisogno. Quando la apri, ti trovi davanti alla tua richiesta, qualunque essa sia.-, incrociò le braccia e sbuffò, - Allora, vuoi volare oppure no? –
Asteria fece un debole cenno di assenso e guardò il cielo azzurro e sereno sopra le loro teste.
Draco fece alzare la scopa da terra e la mise in posizione orizzontale. Si avvicinò ad Asteria e la afferrò per i fianchi, facendola accomodare delicatamente di traverso sul manico. Asteria sussultò per quell’improvviso contatto, ma si riscosse immediatamente, notando che il ragazzo stava per salire davanti a lei per guidare la Nimbus.
La ragazza lo spinse giù per una spalla.
-Cosa fai? Non sono venuta qua per farmi scorazzare in giro! –
Balzò agilmente in avanti e si mise cavalcioni sulla scopa. Guardò Draco con un’espressione di pura felicità. Lui la guardava stupito e un po’ deluso, il disegno di portare Asteria romanticamente tra le nuvole era stato rozzamente cancellato dall’esuberanza di Asteria.
Asteria ghignò e lo punzecchiò.
- Sali con me o aspetti che compaia magicamente un’altra scopa? -
Dracò soffiò rassegnato, si mise cavalcioni dietro di lei e ancorò saldamente le dita al manico della scopa.
Asteria non attese un secondo di più e decollò verso l’alto sfrecciando a una velocità folle.
La ragazza conduceva la scopa a destra e a sinistra e si cimentò in una miriade di capriole e giravolte, si godeva il vento fresco sulle gote e assaporò la sensazione di vuoto sotto di sé.
Draco notò che Asteria rideva e non riuscì a trattenere un sorriso di serenità.
Improvvisamente Asteria si bloccò in aria, molti metri sopra al lago e osservò il panorama magnifico che si stagliava sotto di lei.
- Mi mancava questo posto! -
Si era quasi dimenticata della presenza di Draco e trasalì quando una voce alle sue spalle le rispose.
- È bellissimo! -
Asteria sorrise e gli rispose, continuando a scrutare il lago.
- Grazie, Draco. -
Il ragazzo tremò nel sentire il suo nome pronunciato con tanta dolcezza.
Osservò i boccoli di Asteria resi dorati dal riflesso dell’autunno e provò l’irresistibile desiderio di accarezzarli. Percorse con le dita le onde sinuose che ricadevano morbide fino a metà schiena. Con l’altra mano passò oltre il corpo di Asteria e lo attirò più vicino al suo. Asteria fu scossa da una matassa di palpiti, ma non si oppose.
Draco spostò delicatamente la coltre di riccioli e scoprì un lato del collo della ragazza. Istintivamente vi appoggiò sopra i polpastrelli e lo accarezzò fino alla clavicola.
Asteria ruotò leggermente verso di lui e lo osservò con la coda dell’occhio.
I corti capelli, solitamente biondi, sembravano quasi platinati nella luce dorata in cui erano immersi.
Quando Asteria incontrò il suo sguardo, la nebbia dei suoi occhi grigi si diradò. Il colore indaco del cielo si riflesse nelle iridi di Draco e creò una danza di sfumature di un incredibile blu.
Le dita pallide e affusolate di Draco le accarezzarono il mento e la costrinsero gentilmente a girare la testa un altro po’.
Le sorrise e le stampò un casto bacio sulle labbra. Asteria chiuse gli occhi per un istante e spasimò per la sensazione di vuoto che sentiva sulle labbra. Riaprì gli occhi e attirò di nuovo a sé il viso di Draco, catturandolo per la nuca.
Le labbra morbide la coccolavano armoniosamente e Asteria si lasciò trasportare da quel vortice di piacere e tenerezza.
La Nimbus cominciò a volteggiare delicatamente verso il basso, guidata dal turbine del loro bacio e non più dalla volontà di Asteria.
Si lasciarono cullare da quel rassicurante senso di vertigine finché i loro piedi toccarono l’acqua gelida del lago.
Si staccarono con una risata di stupore. Asteria si voltò e riacquistò il controllo del mezzo, riportandolo verso la riva.
Quando la ragazza scese dalla Nimbus, sentì una fitta di dolore alla spalla e si portò la mano sull’arto dolorante.
Draco si accorse della sua sofferenza e abbassò lo sguardo verso il bagnasciuga sassoso.
- Guarirà mai del tutto? -
Asteria capì il senso di colpa che opprimeva il ragazzo.
- Madama Chips pensa che per fine marzo dovrei essermi del tutto ripresa. -
- Scusa. –
Asteria scrollò le spalle e si voltò a osservare il lago. Da quanto tempo erano lì? In quella stanza esisteva il tempo o erano intrappolati dentro una cartolina animata?
- Perché mi hai salvato? Se Voldemort dovesse scoprire il motivo per cui sono ancora viva, potrebbe punirti. -
Gli occhi di Draco si sbarrarono per lo stupore.
- Avrei dovuto lasciarti morire? Se devo essere sincero, non mi ero accorto subito che fossi tu, ma non mi leverò mai dalla testa il terrore che ho provato quando ho visto i tuoi occhi. Erano verdi, sembravano…morti –, il ragazzo scosse il capo e strinse i pugni con rabbia.
- Sono stufo. Vorrei uscire da questa situazione, ma non ho vie di fuga. –
Asteria aggrottò le sopracciglia.
- Credevo che per te, servire Voldemort, fosse motivo di orgoglio. -
- Lo era. Ma non sono più disposto a mettere da parte i miei desideri e le mie convinzioni. Non sono un assassino. Non voglio veder morire nessuno. Ti prego di non chiedermi informazioni della mia missione, non posso dirti nulla.–
La ragazza si portò vicino a lui e gli prese le mani tra le sue.
- Non c’è modo di farla finita? Posso fare qualcosa? Se soltanto mi dicessi cosa devi fare per Voldemort…-
Asteria pensò alla professoressa Mcgranitt e alla sua devozione verso gli alunni della scuola, avrebbe fatto di tutto per sino per un Malfoy.
Draco rabbrividì al pensiero dei diversi modi di “farla finita” che gli erano passati per la testa, e tutti terminavano con la sua morte disonorevole.
- Hai già fatto abbastanza per me, non passavo una serata serena come questa da mesi. -
Le regalò un sorriso disarmante e la attirò a sé, stringendola al petto.
Asteria sentì uno scricchiolio nel profondo della sua anima. Il sangue pompava feroce nel suo cuore e tentava disperatamente di sciogliere la dura corazza che lo imprigionava. Quella spessa protezione era però difficile da rompere e il sangue riuscì ad assottigliarla soltanto un po’.
Draco si staccò da lei e rimontò in sella alla scopa. Le porse galantemente una mano e la invitò a salire.
- Posso mostrarti come dovrebbe volare un vero Serpeverde? -
- Composto e impettito? –
- Avanti sali, non avrai paura? Fidati di me. –
Asteria lo fulminò e gli fece chiaramente capire che aveva usato il termine sbagliato.
-Non pronunciare la parola “fiducia” davanti a me. Se vuoi guadagnartela, la mia fiducia, comincia a raccontarmi del tuo compito. –
Sapeva che non avrebbe ottenuto risposta e così salì sulla scopa dietro a Draco e si ancorò saldamente al suo petto.
Volarono per molto tempo e Asteria scoprì che anche al giovane Malfoy piaceva lasciarsi andare in picchiata, fino a quasi sfiorare il terreno e poi rilanciarsi su, verso il cielo.
Ritoccarono terra dopo una brusca frenata, causata dalla velocità con cui si muoveva la Nimbus.
Asteria rimise i piedi a terra e si sentì improvvisamente stanca. Un grosso sbadiglio riuscì a scivolare fuori dalle sue labbra.
Draco la guardò e si mise a ridere.
- È tardi per una ragazzina come te, è ora che ti rispedisca a nanna, piccola. -
Asteria rispose con un pugno ben assestato sul deltoide.
Draco si limitò a ghignare e a chiudere gli occhi.
Il mondo attorno a loro vorticò e si trasformò in una stanza spoglia e polverosa. Soltanto una grossa porta decorava le pareti di pietra.
La mano di Asteria fu catturata dalle dita bianche di Draco e fu trascinata verso l’uscita.
- Io rimango qui ancora un po’, - un lampo di buio oscurò il suo viso, ma Draco si ricompose immediatamente, - vicino all’arazzo sulla parete, dalla parte opposta del corridoio c’è una porta nascosta nel muro. Basta farla ruotare con una lieve spinta. Troverai una scala a chiocciola che porta dritta ai sotterranei. -
Sorrise all’espressione di stupore e irritazione che apparve sul volto della ragazza.
- Non potevi dirmelo prima? -
- Volevo metterti alla prova, e poi lo sai che mi piace glissare…–
L’impertinenza aveva ripreso il suo posto tra i lineamenti del viso del ragazzo.
- Sei un freddo e sleale calcolatore! -, l’offesa, però, fu accompagnata da un sorriso divertito.
- Non dirlo come se fosse una peculiarità negativa…-
 
Buon anno a tutti!
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shoppingismylife: grazie infinite per la bellissima recensione! (almeno c’è qualcuno che si fa sentire ^^) Spero che questo nuovo capitolo di piaccia e mi auguro di sentirti presto! 

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Capitolo 13
*** Gelosie ***


Gelosie

 

 

Era il giorno della partita di Tassorosso contro Grifondoro. Asteria uscì dalla sua camera con Milla, la compagna di stanza le stava raccontando come era riuscita a risolvere il problema di pozioni, che il professor Lumacorno aveva assegnato alla classe la mattina precedente. Asteria stava per controbattere che, secondo lei, l’ingrediente mancante era un occhio di salamandra e non un occhio di rospo, ma fu zittita da una vista che le fece saltare in gola la colazione di quella mattina.

Draco Malfoy uscì dalla sua stanza con due ragazze. Jennifer Gamp si appoggiava al suo braccio sinistro con aria insicura, alla destra di Draco c’era una ragazza che Asteria non aveva mai visto.

Draco guardò verso di lei, Asteria si aspettava di scorgere un’espressione colpevole, ma vide soltanto una muta supplica.

Le stava comunicando che non era il momento di discutere e che doveva farsi da parte.

Milla fu malamente spinta da parte dalla ragazza sconosciuta per permettere a Draco di passare agevolmente.

- Maleducati! – ma nessuno dei tre degnò Milla di uno sguardo.

Asteria si sentiva bloccata. Non riusciva a muovere un muscolo a causa della rabbia che stava crescendo dentro di lei. La collera si trasformò in un fuoco arroventato che le lacerava le pareti dello stomaco. Si sentiva bruciare dentro, come se avesse bevuto troppa Acqua di Fuoco.

Per la prima volta nella sua giovane vita, sperimentò gli effetti collaterali della gelosia.

Delusione e un’irrefrenabile voglia di vendetta.

Avrebbe voluto lanciargli contro ogni tipo di maledizione e poi finirlo con un Avada Kedavra.

La settimana precedente si erano visti quasi ogni notte nella Stanza delle Necessità e le era sembrato che lui fosse felice di stare in sua compagnia. Non si capacitava di come lui avesse potuto tradirla così. Forse non era semplicemente il tipo da monogamia, ma Asteria non era decisamente incline a dividerlo con nessuna.

La porta accanto alla loro stanza si aprì e Jennifer Gamp uscì sistemandosi i capelli con aria boriosa. Rivolse un saluto altezzoso a Milla e un’occhiata fugace ad Asteria.

Asteria guardò Milla con la bocca spalancata.

- Stai bene? Sembra che tu abbia visto un Lethifold! -

- Milla, ma non hai visto? –

L’amica la guardò con sguardo accondiscendente.

- Che cosa? Il modo in cui si atteggia Jenny? Dovresti esserci abituata già da un po’. -

Era evidente che Milla non aveva guardato con attenzione le ragazze che stavano a braccetto con Draco.

- Lasciamo correre dai. Tu vai alla partita, io ti raggiungo più tardi. -

Non lasciò a Milla il tempo di risponderle e sparì fuori dal dormitorio.

Si precipitò su per le scale e si diresse verso il settimo piano. Qualcosa le disse che Draco si stava dirigendo lì. Fu costretta a zigzagare tra gli studenti che si riversavano fuori dalla scuola per assistere alla partita, dopo aver scansato un gruppetto di Grifondoro muniti di ogni sorta di trombette e striscioni per tifare i loro beniamini, raggiunse finalmente la sua meta.

Draco non c’era, c’erano soltanto le due ragazze. Si guardavano intorno con aria nervosa e sussultarono quando videro Asteria.

Lei si avvicinò e si rivolse a quella che doveva essere Jennifer con ricercata noncuranza.

- Ciao Jenny! Credevo non vedessi l’ora di andare a insultare i Grifondoro dagli spalti. La partita comincerà a momenti, cosa ci fai qui? -

Jennifer sbarrò gli occhi e indietreggiò lanciando sguardi preoccupati alla sua compagna. Questa si avvicinò ad Asteria con movimenti impacciati e le rispose.

- Siamo state scelte per aiutare in nostro Prefetto! -

Jennifer scatto in avanti e afferrò la ragazza per un braccio.

- Taci! Non credo che Draco voglia far sapere a tutti che lavoriamo per lui! -

- Oh, ma sta zitto Goyle! – la ragazza si mise immediatamente una mano sulla bocca e si voltò verso Asteria, che la guardava con un ghigno soddisfatto.

- Tranquillo Tiger. Avevo già intuito che non eravate Jennifer e…-

Tiger rispose con un certo imbarazzo.

- Barbara, o forse Kathrine! Non lo so, ogni giorno sono una ragazza diversa. Non ne posso più! -

Asteria era stupefatta dalla quantità di particolari che quei due le stavano involontariamente confessando. Stavano aiutando Draco e lo facevano ogni giorno.

- Draco deve aver preparato un calderone intero di Pozione Polisucco. È dentro la Stanza delle Necessità ora? –

Le due ragazze spalancarono la bocca. Poi Jennifer-Goyle allargò le braccia come per sbarrarle la strada.

- Ci ha ordinato di non far entrare nessuno! Quindi per favore non costringerci a usare la forza. -

La sua voce era poco convinta. Aveva già sperimentato che non era saggio attaccare Asteria.

Asteria, per sua fortuna, non era intenzionata a mettere in difficoltà i due tirapiedi di Draco, avrebbe volentieri spifferato l’incompetenza di Goyle, ma Tiger le stava simpatico e non voleva che Draco lo punisse inutilmente.

- Me ne vado, ma se arriva qualcun altro, non menzionate Draco. Dite che non siete interessate alla partita e che state chiacchierando, altrimenti è palese che state cercando di coprire Malfoy. -

Asteria si allontanò con il cuore più leggero. Aveva scoperto perché Tiger e Goyle erano sembrati strani al loro capitano di Quidditch, giacché erano costretti a entrare nei panni di due ragazze innamorate di Draco. Aveva avuto la conferma del posto in cui Draco stava mettendo in atto il suo piano; non aveva ancora scoperto in cosa consistesse il piano ma almeno era più vicina alla verità. Ma soprattutto aveva scoperto che Draco non si appartava con altre ragazze alle sue spalle.

 

Marzo trascorse senza che Asteria riuscisse a scoprire altro sulle intenzioni di Draco. Quando tentava di approcciare il discorso con lui, riusciva sempre a portarla fuori strada con delle mezze verità o con dei dolci diversivi. La baciava sempre più spesso e sempre con più urgenza, ma Asteria sospettava che fosse più interessato a tenerle la bocca chiusa che a sfiorarla.

Il grande giorno della partita contro Corvonero era arrivato. Era l’ultimo incontro della stagione per i Serpeverde. Dovevano assolutamente vincere per risollevarsi da una stagione mediocre. Non avevano possibilità di vincere la Coppa ma potevano mettere ancora lottare per il terzo posto.

A colazione l’atmosfera di tensione era palpabile, la tavolata Serpeverde era avvolta da un silenzio religioso. Gli incitamenti dei più piccoli erano accolti con occhiate gelide che bloccavano all’istante ogni sprizzo di ilarità.

Asteria mangiava la sua colazione con gusto e si concentrava sugli ultimi schemi difensivi che avevano imparato il giorno del loro ultimo allenamento. Draco si accomodò accanto a lei e le lanciò un’occhiata di sbieco.

Si sporse verso di lei per raggiungere il cestino del pane, i suoi capelli sfiorarono una guancia di Asteria. Il solletico le procurò lunghi brividi fino alla punta dell’alluce e la concentrazione svanì completamente.

Si guardò subito intorno per accertarsi che nessuno si fosse accorto di quel contatto che, seppure intimo, ormai per loro era diventato una realtà quotidiana. Fortunatamente lo sguardo di tutti era incatenato al piatto della colazione.

Lui le sorrise e si avvicinò per parlarle all’orecchio. Questa volta fu il suo orecchio a dover soffrire il solletico.

- Mi aspetto che guidi la squadra verso la vittoria. Osserverò ogni tua mossa. -

Lei lo squadrò riluttante, le riusciva difficile credere che sarebbe andato a vederla giocare e che avrebbe fatto il tifo per lei. Negli ultimi giorni, spariva sempre più spesso e non era per niente sicura che avrebbe avuto la possibilità di scorgerlo sugli spalti.

Voleva manifestare i suoi dubbi ad alta voce ma un improvviso fruscio d’ali spostò la sua attenzione verso il soffitto nuvoloso della Sala Grande.

Il suo gufo le lasciò cadere in grembo una pergamena sgualcita.

 

Cara Asteria.

 

Probabilmente non vuoi nemmeno sentir più pronunciare il mio nome, ma ora che ho finalmente trovato il coraggio di spedirti questa lettera non posso rifiutarmi di scriverti come ho fatto in questi mesi.

Avevo paura di come avresti reagito alle mie parole. Temevo e temo tuttora che questa lettera non ti venga recapitata per i più svariati motivi: perché hai stregato il tuo gufo affinché non ti porti nulla proveniente da me o perché sei impossibilitata a ricevere lettere.

Vorrei tanto sapere se stai bene.

Mi sono accorto della stupidaggine che mi è uscita dalla bocca non appena sei scappata dalla mia camera. Sono stato un idiota. Ho provato a correrti dietro ma quando sono uscito da casa, tu eri già sparita. Ti ho cercato nel bosco per tutta la notte.

Non so nemmeno come chiederti perdono. Sono consapevole che delle semplici scuse non bastano.

Sai cosa provo per te, non capisco come ho potuto dire una cosa simile.

La verità è che io non posso capire la tua situazione. Qui a Durmstrang siamo così tagliati fuori da questa guerra magica, che io non ho la minima idea di cosa significhi far parte dei Mangiamorte o lottare contro di loro.

Ho aperto la bocca senza pensare, una brutta abitudine che non riesco a migliorare. Ma forse ora che sto rischiando di perdere te, mi fermerò delle ore intere a pensare prima di dar fiato alle mie stupide idee.

Ti prego di scrivermi, anche soltanto per insultarmi e per chiudere il nostro rapporto. Ma ti prego scrivimi. Capirò che se viva e non mi preoccuperò più.

 

Tuo, nonostante tutto, Alex

 

Asteria strinse la lettera tra le mani, gli occhi sbarrati fissi sul tavolo guardavano senza vedere nulla.

Un movimento alla sua sinistra la riportò alla realtà. Draco le tolse la lettera dalle mani in malo modo e la esaminò con uno sguardo schifato.

Asteria non era abbastanza lucida e non reagì a quell’intromissione. Si limitò a osservare gli occhi di Draco. Il cielo plumbeo prima di una tempesta sarebbe stato più rassicurante da guardare.

Quando finalmente Draco posò gli occhi su di lei, Asteria capì il malinteso che si stava frapponendo tra di loro.

Provò ad aprire la bocca ma la voce si rifiutò di uscire, rimase nascosta nel fondo della gola. Aggrappata all’ugola.

Draco sbatté con forza il pugno sul tavolo davanti a lei, schiaffeggiando la superficie legnosa con la lettera ormai a brandelli.

Puntò i piedi e se ne andò con i pugni stretti e le spalle incurvate, come un bambino capriccioso privato dei suoi giocattoli.

Tutta la tavolata dei Serpeverde osservava Asteria.

Daphne la guardava confusa e preoccupata.

Pansy era indignata, perché Asteria aveva osato infastidire Malfoy e forse perché aveva scorto l’intimità dei loro movimenti.

Un fastidioso brusio riempì i suoi timpani. Mille voci pronunciavano il suo nome e quello di Draco.

Milla le prese la mano da sotto il tavolo e la scosse delicatamente.

Asteria saltò in piedi e raccolse i brandelli della lettera.

Le sue mani tremavano mentre fulminava tutti con uno dei suoi sguardi di fuoco. Molti si zittirono e tornarono alle precedenti attività culinarie, ma Daphne non abbassò lo sguardo.

Abbandonò il suo posto e si avvicinò alla sorellina. Riuscì delicatamente a spingerla verso la grande porta della Sala.

Camminarono in silenzio fino alla Sala Comune nei sotterranei.

- Se non ti avessi portato fuori da lì, avresti ucciso tutta la scuola con un solo colpo di bacchetta. -

Non le chiese spiegazioni, le sorrise soltanto e le indicò di guardare accanto al camino.

Draco sedeva su una poltrona con le braccia conserte e un’espressione indecifrabile.

Il sorriso di Daphne aveva lasciato spazio a un ghigno spaventoso.

- Malfoy! Come ti permetti di trattare così mia sorella! -

La Greengrass si avvicinò alla sua vittima come un troll infuriato.

- Sei un bambino prepotente e viziato! Se ci provi ancora una volta io…- Asteria la bloccò per un braccio e le intimò di andarsene.

- Credo di poter continuare da sola! –

Daphne si allontanò, non prima di aver incenerito con uno sguardo glaciale il rampollo dei Malfoy. Prima di uscire dal dormitorio si voltò verso la sorella minore che le mimò un “ grazie” con le labbra.

Asteria si mise a sedere nella poltrona di fronte a quella occupata da Draco e lo osservò per alcuni minuti, poi ruppe il silenzio.

- Sto aspettando delle scuse, se non hai capito. -

Lui la guardò furente.

- Non sono io a doverti delle spiegazioni. -

- In parte hai ragione, ma non sarei nella condizione di dovermi spiegare se tu non ti fossi appropriato indebitamente di qualcosa che mi apparteneva! –

Draco abbassò lo sguardo, era una chiara ammissione per lo sbaglio commesso. Si passò una mano tra i capelli, arruffandoli. La collera era sparita dal suo sguardo ma c’era ancora un velo di inquietudine.

- Chi diavolo è Alex? -

Prima di rispondere Asteria si rigirò tra le mani i brandelli della lettera.

- È, o almeno era il mio migliore amico. Come avrai intuito dalla tua lettura clandestina, ci sono stati dei problemi tra noi. Quando Voldemort mi ha quasi ucciso, mi sono rifugiata a casa sua. Credevo di poter trovare aiuto e conforto da lui, ma è riuscito soltanto a darmi della stupida per aver rifiutato di servire l’Oscuro Signore. Il resto lo sai. Ti ho già raccontato della mia disavventura nella Foresta Proibita e di come Hagrid mi abbia salvato. -

Draco aggrottò le sopracciglia.

- Perché hai glissato su questo “piccolo” particolare? – Asteria sorrise. Era furbo. Non le aveva dato della bugiarda, ormai la conosceva e sapeva che non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione di rispondergli, come lui aveva fatto una volta con lei, che non gli aveva raccontato alcuna bugia, ma aveva soltanto tralasciato dei particolari.

- Vista la tua reazione di oggi, ho fatto bene a glissare! Ti rendi conto della figura che ci siamo fatti davanti a tutta la Casa? Sai che odio essere messa al centro delle chiacchiere altrui! –

Asteria si alzò e si avvicinò alla poltrona di Draco.

- Le scenate di gelosia sono imbarazzanti. Fallo un’altra volta e giuro che ti impastoio talmente bene da impedirti di muovere un muscolo senza cadere. Faro dimenticare a tutta la scuola la tua comparsata come furetto! -

Draco la prese per i fianchi e la costrinse a sedere sopra di lui. La guardò dritta begli occhi e le parlò con le labbra vicinissime alle sue.

- Io non sono geloso, ormai sei mia. Sono solo infuriato con quello zotico! Se questo Alex osa scriverti ancora, non ci sarà nessun guaritore in grado di salvarlo. -

Asteria si allontanò con uno sguardo imbronciato.

- Io non sono di nessuno, e se permetti, decido io con chi intrattenere relazioni postali! –

Draco la baciò, lei oppose una debole resistenza ma poi si lasciò andare al contatto con quelle labbra morbide e sensuali. La sua resa fu per Draco la prova che lei gli appartenesse, ma non osò rivelare a voce i suoi pensieri. Aveva paura che Asteria lo smentisse e non l’avrebbe sopportato.

Il bacio si fece sempre più appassionato e Draco non riuscì a resistere alla tentazione di scendere con le mani verso il sedere di Asteria.

Lei si staccò e lo guardò dritto negli occhi, ma senza scostarsi da quel contatto. Le iridi acquose di Draco la fecero tremare, voleva baciarlo ancora e ancora. Tuttavia, non riuscì a posare di nuovo le labbra sulle sue.

All'improvviso si sentirono delle voci in corridoio e la ragazza tentò di liberarsi da quella stratta. Lui non la lasciava andare, ma lei era decisa a non dare spazio ad altri pettegolezzi.

Quando infine riuscì a scansarselo di dosso, si allontanò dalla poltrona con i capelli tutti in disordine.

Lui notò il rossore che si era impadronito delle sue gote e le sorrise, soddisfatto.

Asteria si vendicò con una frecciatina.

 - Sai, mi piacerebbe vederti lottare con Aleksey, è alto un metro e novanta e le sue spalle sono il doppio delle tue! -

Il sorriso arrogante di Draco non fu scalfito da quella battuta.

- Ma io so usare la bacchetta meglio di chiunque altro! -

Asteria si allontanò scuotendo la testa. Doveva pensare all’imminente partita e non ai riferimenti vagamente sessuali sulle capacità di Draco.

La partita era iniziata nel peggiore dei modi: tre gol per Corvonero a pochi minuti dall’inizio.

Smith non perdeva l’occasione di punzecchiare i Serpeverde con battute sulla loro scarsa capacità in difesa.

Asteria era molto nervosa, Tiger non assecondava le sue mosse, sembrava si fosse dimenticato degli schemi dell’ultimo allenamento.

Quando Bletchley si fece infilare il quarto gol, Asteria ne ebbe abbastanza.

Volò agilmente verso Tiger e lo picchio con la mazza sulla spalla per attirare la sua attenzione.

- Hey! Quando prendi un bolide, non lanciarlo a caso verso i cacciatori! Passalo a me. Capito? -

Tiger annuì e si allontanò.

Urquhart era finalmente riuscito ad acciuffare una pluffa e volava deciso verso i cerchi avversari. Asteria riuscì a mandare un bolide dritto verso il cacciatore Corvonero Roger Davies, che non riuscì a schivarlo; Urquhart ebbe capo libero e riuscì a eludere la sorveglianza del portiere sui cerchi. Quattro a uno.

Asteria individuò Cho Chang e Harper, entrambi avevano avvistato il boccino e si erano lanciati al suo inseguimento.

Tiger riuscì a passarle un bolide e Asteria lo colpì con tutte le sue forze in direzione della Chang. Il bolide la colpì alla spalla, facendole perdere terreno rispetto a Harper.

Michael Corner, il capitano Corvonero si impadronì di un bolide e lo scagliò contro Asteria per vendicare la sua compagna di squadra ma, con una giravolta, lei riuscì a scansarsi. Il bolide finì dritto verso la tribuna dello speaker che non fu capace di seguire l’ultima azione della partita.

Harper aveva catturato il boccino. I Serpeverde avevano vinto!

I sette giocatori vestiti di verde smeraldo si radunarono in mezzo al campo e si esibirono in una danza con le scope. Si incrociavano e si gettavano giù in picchiata, frenando a pochi centimetri da terra.

Fecero il giro delle tribune, Tiger si soffermò davanti ai Grifondoro e li sfidò a fare meglio nella loro prossima partita contro i Corvonero.

Asteria volò sopra la tribuna della sua Casa e salutò Milla e Daphne che si stavano sbracciando per attirare la sua attenzione. Sorrise a Draco che la guardava con sguardo fiero, poi si diresse assieme alla squadra sopra la tribuna Corvonero. Era il momento di boriarsi.

Tiger e Urquhart planarono a pochi centimetri dai ragazzi delusi e abbattuti. Gli altri si limitarono a fare qualche giravolta. Asteria non era incline a certe manifestazioni di presunzione.

- Asteria! -

Qualcuno la chiamò dal parapetto della tribuna. Una strana ragazza con un copricapo a forma di testa di leone, con tanto di criniera, la stava invitando ad avvicinarsi. Asteria impiegò qualche momento per riconoscere Luna Lovegood, ma poi volò vicino al parapetto.

- Sei stata splendida! Gran giocata contro Cho! Brava! -

Asteria corrugò la fronte, quella stravagante ragazza si stava complimentando con un membro della squadra che li aveva appena battuti. Poche persone lo avrebbero fatto. Le sorrise e la ringraziò.

 

Quella sera l’Antro della Gloria risuonava di cori allegri e di risate. Fiumi di Burrobirra e Acqua di Fuoco scorrevano nella bocca dei giocatori di Quidditch.

Asteria bevve qualche bicchiere di troppo della sua bevanda preferita e si ritrovò a dover lottare con un terribile mal di testa per i due giorni successivi. Draco non venne alla festa, anche se le aveva promesso di partecipare.

Per tutto il mese successivo cercò di evitarla il più possibile. Le diceva di non avere più molto tempo e che non doveva preoccuparsi.

Asteria, dal canto suo, era sempre più angosciata. Se Draco non aveva tempo da dedicare ad altro che al suo piano, poteva significare soltanto che era vicino al suo compimento.

Il ragazzo era sempre teso e la sua carnagione ormai era traslucida, sembrava malato di quelle malattie inguaribili anche con le magie più potenti.

Il senso di ignoto che Asteria provava dentro la rattristò sempre di più, tanto che Milla non provava più neppure a chiederle come si sentisse.

Anche quella sera si trovava a letto con la sua Puffola e guardava le sue lenzuola con sguardo vuoto.

La Puffola color crema percepiva la tensione del suo corpo ed emetteva piccoli squittii di preoccupazione. Asteria, tuttavia, non badava a quella piccola pallina di pelo che si strusciava contro la sua mano.

Un frastuono improvviso la fece saltare giù dal letto. Il corridoio era denso di urla e passi agitati.

Asteria uscì dalla camera e andò in Sala Comune, dove l’intero dormitorio si era ammassato davanti al camino e urlava imprecazioni come risposta al racconto di qualcuno. Asteria non riusciva a vedere chi stesse parlando, la sua esigua altezza le impediva di vedere oltre il muro di schiene che aveva di fronte, gli schiamazzi le impedivano di sentire la voce di chi parlava.

Milla le si affiancò e le disse che Pansy stava urlando qualcosa contro Potter.

- Quanto invidio il tuo metro e ottanta! -

Milla sorrise ma poi la sua espressione cambiò di colpo. Guardò Asteria con sguardo amareggiato.

- Draco è stato ferito da Potter. -

Milla posò un braccio sulla spalla di Asteria. Non le aveva mai chiesto quale tipo di rapporto li legasse ma, dopo la scenata in Sala Grande del mese precedente, tutti avevano intuito che c’era qualcosa che tra loro.

Asteria spinse di lato tutti i ragazzi che le bloccavano la via. Arrivò al limitare del cerchio di persone e afferrò Pansy per un braccio. Non si accorse della forza che aveva usato in quel gesto e si meravigliò nel vedere i brutti segni rossi che erano apparsi sul braccio della ragazza quando si era scansata con un urlo di dolore.

- Come osi toccarmi, mocciosa?! -

Asteria non badò a quell’insulto e formulò una breve e chiara domanda.

- Dov’è? -

Pansy strinse gli occhi e si morse le labbra. Evidentemente era reticente a rivelare quell’informazione proprio ad Asteria.

Asteria stava per avventarsi contro la ragazza dai capelli corvini ma due mani la bloccarono, tenendole i fianchi.

Daphne girò delicatamente sua sorella per poterle parlare guardandola negli occhi.

- È in infermeria. -

Asteria non si rese nemmeno conto di come il suo corpo l’avesse spinta fuori da quella folla e fuori dal dormitorio. Riprese un po’ di lucidità mentale solamente quando si trovò davanti la porta dell’infermeria, al primo piano.

Alzò la mano verso la maniglia con fare incerto. Non aveva chiesto a nessuno le reali condizioni di Draco e non aveva nessuna intenzione di trovarsi davanti a qualcosa di orribile.

Decise di limitarsi a bussare.

Dopo alcuni istanti la porta si aprì e la testa canuta di Madama Chips comparve dalla sottile fessura.

- Non può ricevere visite. -

Frase scontata per la guaritrice della scuola.

- Mi dica solo come sta. -

- È stato ferito gravemente ma si riprenderà del tutto. Ritorni nei sotterranei. –

Asteria non si mosse da lì, si mise seduta accanto alla porta e attese.

Harry Potter aveva ferito Draco. Asteria era confusa. Era sicura che Potter fosse un ragazzo pacifico, nonostante la sua scomoda posizione di Prescelto, l’unico in grado di sconfiggere Voldemort.

Se Potter era stato portato ad attaccare, doveva essere successo qualcosa di molto grave.

Le ore trascorsero lente, il coprifuoco era passato da un pezzo. Il pavimento gelido cominciava a indolenzirle tutti i muscoli, ma Asteria non aveva intenzione di allontanarsi da quella porta. L’idea che lui era dall’altra parte, vivo, in qualche modo la confortava.

Si cinse le ginocchia con le mani per raccogliere un po’ di calore corporeo e abbandonò la testa tra le gambe.

Una mano gentile le avvolse una coperta intorno alla schiena. Asteria alzò la testa, convinta che si trattasse di Daphne, ma rimase esterrefatta quando vide Pansy Parkinson seduta accanto a lei, con una coperta uguale alla sua sulla schiena e due tazze in mano.

- Non sei stufa di visitare l’infermeria? Mi sembra che quest’anno tu ci abbia passato più tempo che nella tua camera. – le porse una tazza.

- The al Biancospino. Aiuta a rilassarsi. –

Il muso da carlino di Pansy si era raddolcito. Asteria però era ancora sospettosa. Prese la tazza tra le mani e la annusò, con la bacchetta cercò di rivelare la traccia di qualsiasi veleno ma non trovò nulla.

- Non sono così stupida da avvelenarti davanti all’infermeria. Avresti troppe possibilità di essere salvata. -

Asteria bevve e si godette la sensazione di tepore che si diffondeva nelle sue membra.

Volle sapere ciò che Pansy aveva raccontato al resto della Casa.

- Lo Sfregiato ha attaccato Draco al sesto piano, dentro il bagno dei ragazzi. Hanno lottato per un po’ ma poi Potter lo ha ferito gravemente. Ho incontrato Piton che lo sorreggeva per le scale, mi ha ordinato di portarlo qui. Piton era incavolato nero! Non mi stupirebbe che Potter saltasse la prossima decisiva partita di Quidditch. Anche se secondo me dovrebbero espellerlo definitivamente, sono sei anni che tenta di distruggere la scuola con le sue pagliacciate da Prescelto. -

- Perché hanno duellato? –

Pansy sospirò.

- Fin dal primo anno non si sono mai sopportati. Credo che alla fine il loro odio sia sfociato in una battaglia, ma sicuramente c’è qualcos’altro sotto. Dovresti chiederlo a Draco. -

Un rumore di passi provenne dall’interno dell’infermeria, Pansy guardò la porta con apprensione ma il rumore si allontanò di nuovo.

Asteria osservò la ragazza per qualche secondo, la Parkinson era veramente preoccupata.

Asteria si sentì improvvisamente di troppo.

Lei lo conosceva da molti anni, erano praticamente cresciuti insieme ed erano sempre stati amici, negli ultimi anni erano stati qualcosa di più, anche se Draco l’aveva lasciata alla fine del quinto anno.

Pansy parve capire i pensieri di Asteria e trasse un respiro più profondo.

-Non devi preoccuparti per me. Draco mi ha fatto chiaramente capire il motivo per cui mi ha lasciato. Non cercherò di mettermi tra voi due. – alzò una mano per zittire Asteria che stava per chiederle come sapesse di loro due.

- Mi ha raccontato tutto. Non arrabbiarti con lui ma, vedi, noi siamo sempre stati amici, ci siamo sempre raccontati tutto. Così, quando mi ha lasciato per gli impegni più considerevoli cui era legato, l’ho fatto promettere di non allontanarsi da me come amico. Draco ha mantenuto la promessa e per correttezza mi ha raccontato che si stava avvicinando a te, dopo le vacanze invernali. Mi sono arrabbiata molto. Perché poteva trovare il tempo di stare con te e non con me? Come se il suo onere fosse magicamente svanito!-

Pansy strinse i pugni e chiuse gli occhi per un po’.

- Mi ha riferito quanto si sia sentito in colpa per averti consegnato a Voldemort. Credo che si sia accorto di tenere a te quando sei quasi morta a causa sua. Avete così tante cose in comune voi due…per amore dell’amicizia tra me e Draco, me ne sono fatta una ragione. Anche se ogni tanto non posso fare a meno, di esser acida con te. -

Asteria non sapeva cosa dirle. Non si sentiva in colpa per il suo rapporto con Draco.

Un lampo di consapevolezza le trapassò le iridi nocciola. Malfoy aveva raccontato a Pansy del modo in cui l’aveva tradita, di aver svolto quel compito per l’Oscuro Signore. La loro amicizia arrivava fino a quel punto?

- Draco ti ha raccontato cosa sta architettando per Voldemort? -

- Sì, ma sono legata da un patto di sangue con lui. Se te ne parlassi, morirei all’istante. Scusami. –

Lo stomaco di Asteria si contorse in posizioni impossibili. La delusione per quella verità che le era stata sbattuta in faccia le fece venire la nausea.

Madama Chips aprì la porta e guardò esterrefatta le due ragazze a terra.

- Cosa ci fate ancora qui? -

Asteria si alzò ed entrò in infermeria, non badando alle urla contrariate della guaritrice. Pansy convinse Madama Chips a concedere loro una breve visita e seguì Asteria.

Draco giaceva immobile tra le lenzuola. Era sveglio ma sul suo volto si vedevano chiaramente i segni della stanchezza e della sofferenza.

Asteria non parlò. Pansy si accertò delle condizioni di Draco e poi si li lasciò soli.

Asteria si accomodò sul bordo del letto, vicino ai piedi di Draco. Non voleva guardarlo negli occhi. temeva di essere risucchiata nella sua spirale e non riuscire più a dire ciò che aveva in mente.

- Pansy mi ha già raccontato cos’è successo. Perché Potter ti ha attaccato? -

Draco tentò di tirarsi su ma ben presto si arrese. Le bende attorno al suo torace erano talmente strette da impedirgli qualsiasi movimento.

- Asteria, so cosa mi stai chiedendo. Non posso. - la solita scusa.

La rabbia illuminò gli occhi castani di Asteria come un fulmine nel cielo buio.

- A quanto pare a Pansy puoi raccontare tutto. -

Il volto di Draco era simile a quella di un bambino scoperto dalla mamma ad assaggiare i biscotti appena sfornati.

- Io…-

- Perché non riesci a fidarti completamente di me? Sono io l’unica che dovrebbe avere problemi con la fiducia, dopo quello che mi hai fatto! -

Draco allungò una mano verso quella di Asteria ma non riuscì a raggiungerla. Era seduta troppo lontano. Aspetto per alcuni istanti che la sua mano venisse presa tra quelle di Asteria ma quelle non si mossero. La ragazza era troppo scossa dalla vista del marchio sull’avambraccio. Non aveva il coraggio di avvicinare la sua mano a quella pelle nuda e macchiata.

- Io mi fido di te. Non l’ho detto a Pansy perche io mi fidi più di lei, le ho persino fatto giurare con il sangue! So bene che non riesce a tenere chiusa quella boccaccia! Le ho raccontato tutto perché all’inizio dell’anno era l’unica amica con cui potevo parlare e sfogarmi. Certo, anche Tiger e Goyle sono miei amici, ma con loro non posso parlare più dello stretto necessario. Li uso quando mi servono. Asteria, non ho voluto dirti niente perché chiunque sia informato del mio piano, è in pericolo di vita. Hai già avuto i tuoi problemi con Voldemort. Non voglio metterti in pericolo più di quanto abbia già fatto. Ho preso la mia decisione. Non voglio che tu sia invischiata in questo maledetto affare! -

Asteria alzò finalmente gli occhi sul suo volto. Lui le sorrise. Le parlò con voce bassa e dolce.

- Ci tengo troppo a te, voglio che tu sia al sicuro, sempre! Mi hai fatto passare dei bellissimi mesi spensierati e allegri, e sai quanto significhi per me. Io credo di amar…-

- Fermati! –

Asteria si era alzata dal letto e aveva urlato!

- Che cosa stavi per dire? Che mi ami? Non osare pronunciare quella parola davanti a me! Hai ampliamente dimostrato che ami soltanto te stesso! -

Draco spalancò la bocca, gli occhi una fessura. Il suo orgoglio era stato ferito ancora da quella ragazzina.

- Con che coraggio mi dici certe cose? Tu non conosci nemmeno il significato della parola “amare”! Almeno io amo me stesso. Tu non ami nessuno. Odi tutti, anche te stessa! Chi sta messo peggio, eh? -

Asteria scosse la testa, colpita nell’intimo da quelle parole. La verità fa sempre male, ma sentirla uscire dalle labbra carnose di Draco era ancora più sconfortante.

Scrivere o pronunciare la parola “fine” è sempre difficile. Nessuno dei due ragazzi aveva il coraggio di pronunciare quelle quattro lettere, anche se erano il naturale epilogo ad una conversazione di quel tipo. Si scrutarono per un po’, poi Asteria si avviò verso l’uscita dell’infermeria. Quel posto le faceva venire i conati di vomito.

Si voltò un’ultima volta verso le iridi nebbiose di Draco e poi si congedò con due ultime parole.

- Buona fortuna. -

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Capitolo 14
*** Estate 1997 ***


Estate 1997

 
La Foresta Proibita si stendeva sotto di lei in tutto il suo oscuro splendore. Le cime degli alberi si protendevano verso il cielo, come se stessero cercando di afferrare la sua scopa e trascinarla giù, tra la vegetazione fitta.
Asteria sfrecciava sopra quel mare verde smeraldo, ma non sembrava curarsi delle onde sinistre che salivano dalla foresta. Puntava dritta verso un luogo preciso, sulla sponda del Lago Nero opposta a quella su cui si arrampicava il castello di Hogwarts.
Aveva volato per molto tempo sopra a Hosmeade e sopra la foresta, tormentandosi su quale fosse la cosa giusta da fare, ma poi si era decisa a visitare il posto su cui si era tanto tormentata.
Atterrò in una piccola radura e rimase ferma a osservare la vista triste e meravigliosa allo stesso tempo che si era aperta davanti ai suoi occhi.
La tomba candida di Albus Silente giaceva al centro di un prato ben curato e ricoperto di piccoli fiorellini azzurri. Dietro il marmo bianco, l’acqua del Lago riposava placida fino alle pendici della scarpata del castello. Sicuramente era un posto meraviglioso in cui riposare per l’eternità.
Asteria si avvicinò al sarcofago bianco e osservò i riflessi dorati che correvano sulla superficie di marmo, creati dai raggi luminosi del sole di luglio.
Non conosceva esattamente il motivo che l’aveva spinta a far visita al defunto preside, ma una forza interna al suo cuore l’aveva spinta fino al cospetto di quella tomba.
Non conosceva Silente.
Gli aveva parlato soltanto una volta, ma in qualche modo si sentiva responsabile per quella morte tanto improvvisa quanto inutile.
Le sue labbra si contrassero in un’espressione triste e una profonda fossetta rovinò i lineamenti gentili del suo viso. Si sentiva scossa.
Si accasciò ai piedi di quel sarcofago bianco e rimase immobile per molto tempo. Il suo cervello non le dava tregua, le proiettava davanti agli occhi immagini tristi e cupe.
La sua mente viaggiò lontana da lì, in un tempo non troppo passato, ma ormai impossibile da rivivere.
 
L’aula di Trasfigurazione si stava lentamente svuotando degli ultimi studenti, la professoressa McGranitt aspettò che Asteria le passasse accanto per posarle delicatamente una mano rugosa sulla spalla.
Chiaramente voleva parlare con lei di qualcosa d’importante. Le labbra sottili della strega erano arricchiate in un’espressione indecifrabile.
Asteria fece cenno ai suoi compagni Serpeverde di andare avanti e attese che la McGranitt le dicesse qualcosa.
- Andiamo nell’ufficio del preside. –
Non aveva dato altre spiegazioni, si era semplicemente incamminata, sicura di essere seguita.
L’ufficio di Silente era esattamente come Asteria si era immaginata l’ufficio di un preside, pieno di scartoffie burocratiche e aggeggi magici singolari; un ambiente austero, osservato dai mansueti ritratti dei predecessori che si erano susseguiti su quella cattedra. L’attenzione di Asteria fu catturata da un oggetto particolarmente stravagante a destra della massiccia scrivania. Un trespolo decorato finemente ospitava una magnifica fenice dalle piume rosse come il fuoco e lo sguardo intelligente quanto quello di qualsiasi persona.
Silente la fece accomodare sulla sedia di fronte alla sua scrivania, la McGranitt si posizionò in piedi accanto alla sedia del preside.
Entrambi avevano un’espressione enigmatica sul volto, tanto che Asteria cominciò a chiedersi cosa avesse fatto di tanto grave da essere convocata nell’ufficio del preside.
Silente si arricciò la folta barba bianca e le rivolse un sorriso rassicurante.
- Ho voluto convocarti per discutere di persona della tua situazione famigliare. –
Asteria corrucciò le sopracciglia.
- Non c’è molto da dire signore. –
I due professori si scambiarono un breve sguardo d’intesa, come se si fossero aspettati da lei esattamente quella risposta.
-Io e la professoressa McGranitt conveniamo che tu debba rimanere a Hogwarts per l’estate. È il posto più sicuro e più lontano da Lord Voldemort e dalla tua famiglia. –
Asteria si era chiesta più di una volta, dove avrebbe potuto passare l’estate e ne aveva discusso anche con sua sorella. L’alternativa migliore che avevano trovato era stata farsi ospitare da Milla, ma Asteria era poco incline a imporre la sua presenza in casa di estranei.
- Signore, la ringrazio per l’offerta ma io…beh, non vorrei essere un peso. Qualcuno dovrebbe rimanere a controllarmi e… -
- Suvvia, non tutti i professori hanno una seconda casa. Molti vivono proprio qui a Hogwarts. Hagrid per esempio e anche la signorina McGranitt. Non preoccuparti, non sarai un peso! Io stesso non ho particolari programmi per questa estate. –
La scrutò da oltre gli occhialini a mezza luna e le fece un sorrisino complice.
- Non rendere la tua posizione più complicata di quanto già sia. È difficile aiutare chi non vuole accettare aiuti altrui, non trovi? -
Asteria uscì dall’ufficio del preside con una strana sensazione che le rimescolava il pranzo nello stomaco. Aveva finalmente trovato una valida sistemazione per l’estate e si sentiva sollevata, ma la decisione definitiva di non tornare a casa, o a Villa Malfoy in quel caso, l’aveva scossa molto. Non desiderava vedere sua madre, ma non voleva che Daphne rimanesse sola in quel covo di assassini. Temeva che tentassero di marchiare anche lei.
La giornata successiva fu una delle più sconvolgenti della sua vita. Scoprì che lo stato d’animo delle persone poteva mutare da euforico a disperato in una frazione di secondo, il tempo di scagliare un incantesimo, il tempo di realizzare quanto sia miserabile la vita di ognuno.
Nel tardo pomeriggio la Sala Comune di Serpeverde era vuota e silenziosa. Asteria aveva approfittato della tranquillità per leggere il nuovo numero della rivista del Quiddich. Il fuoco del camino scoppiettava allegramente ed emanava un tepore rilassante.
La quiete fu però interrottà da un rumore di passi nel corridoio delle camere. Una camminata decisa e baldanzosa riecheggiava fino in Sala Comune. Asteria si sporse dalla poltrona per vedere cosa stesse succedendo. Fu costretta a fronteggiare lo sguardo tempestoso di Draco.
Lui si bloccò di colpo sulla soglia della Sala Comune. Aveva un’espressione stranamente felice ed eccitata. Il ghigno di soddisfazione gli morì sulle labbra non appena vide Asteria.
Si morse il labbro per un breve istante e si diresse verso la porta del dormitorio. Si bloccò di nuovo prima di uscire e gettò un’occhiata dietro di sé. Asteria lo stava ancora osservando, incapace di distogliere gli occhi da qualcuno che non guardava da troppo tempo.
Draco sospirò e tornò indietro, verso di lei.
S’inginocchiò accanto alla poltrona di Asteria con movimenti lenti ed eleganti.
- Vorrei che tu rimanessi nel dormitorio questa sera. Non uscire per nessun motivo al mondo. -
Asteria aprì le labbra ma non riuscì a emettere alcun suono. Era confusa.
Draco la guardò supplichevole.
- Per favore. Io…- strinse i pugni e scosse la testa, qualcosa dentro di lui stava andando in frantumi.
Asteria gli posò una mano sulla guancia e lo vide chiudere gli occhi e sospirare.
- E va bene. Stasera metterò in atto il mio piano. Finalmente sono riuscito a trovare un modo per far entrare dei Mangiamorte nella scuola. -
- Che cosa? –
- Ti prego, non uscire da qui. Se ti vedessero…-
Asteria gli accarezzò il mento e lo costrinse a guardarla negli occhi con una leggera pressione verso l’alto.
- Stai bene? -
Draco sorrise.
- Certo! Sono felice. Stasera sarà tutto finito e l’onore della mia famiglia sarà riscattato! Io dovrò soltanto uccidere Silente.-
Strinse i denti, le parole gli morirono in gola. Pronunciare quelle parole ad alta voce, rendeva il suo compito vivido e reale.
Asteria ritrasse la mano di scatto, non era sicura di aver udito bene.
Draco si alzò in piedi e si mise le dita tra i capelli, un gemito di rabbia gli sfuggì dalle labbra contratte.
- Io non sono un assassino, io non…- la guardò con occhi acquosi e disperati. Ansimò a lungo ma poi riuscì a calmarsi. La disperazione si chetò un po’ e una fervida determinazione illuminò il suo sguardo. Asteria era pietrificata e non riusciva a reagire.
– Io devo farlo. Non azzardarti a uscire. -
 
E poi era successo. Una squadra di Mangiamorte aveva attaccato il castello e Silente era morto.
Milla era entrata dalla porta del dormitorio con un’aria sconvolta e aveva annunciato ad Asteria la morte del preside. Molti altri Serpeverde erano rimasti tranquillamente nelle loro camere ad attendere la fine della battaglia.
Asteria aveva aspettato che i colpi e le esplosioni si placassero e poi era corsa fuori dal dormitorio.
Molti studenti stavano correndo verso la porta principale del castello e si erano ammassati sotto la Torre di Astronomia.
Asteria era riuscita a infilarsi tra quella folla allibita e aveva visto Harry Potter accasciato sul corpo inerte di Albus Silente. Il ragazzo piangeva e sbatteva i pugni a terra. Era distrutto dal dolore.
Asteria non riusciva a credere che Draco avesse avuto il coraggio di uccidere un uomo. Qualcuno dalla folla aveva cominciato a urlare il nome dell’assassino.
È stato Piton. Piton ha ucciso Silente. È scappato assieme ai Mangiamorte.
Asteria aveva sorriso a quella notizia. Un sorriso perfettamente fuori luogo, ma che le aveva permesso di ricominciare a respirare. Il Marchio Nero rischiarava ancora il cielo.
 
Asteria strinse la bacchetta tra le mani e trattenne un gemito. Si appoggiò al bellissimo sarcofago bianco e aprì gli occhi.
Rimase pietrificata dall’improvvisa apparizione di un gatto grigio striato. Era sbucato da dietro l’angolo della bara, i battiti del suo cuore persero il ritmo per un breve istante.
Il gatto si deformò e al suo posto apparve la professoressa McGranitt con un viso triste ma risoluto.
- Signorina Greengrass, mi costringe a ripeterle molto spesso di non uscire dalla scuola da sola! Non è sicuro…-
Minerva notò la tristezza negli occhi della ragazzina e ritenne inutile continuare la ramanzina.
- Torniamo al castello. -
Prima di allontanarsi da quella radura la professoressa gettò uno sguardo disperato alla tomba di Silente.
L’estate trascorreva veloce per Asteria, che temeva la riapertura della scuola. Le notizie della Gazzetta del Profeta le annunciavano che l’anno venturo sarebbe stato molto difficile.
Piton era stato eletto Preside di Hogwarts, degli ispettori del Ministero sarebbero stati presenti per controllare l’andamento della scuola. In pratica ci sarebbero stati dei Mangiamorte stabilmente residenti al castello. Molti maghi e Babbani erano spariti senza lasciare traccia e le notizie di morti inspiegabili si susseguivano senza sosta.
Anche quella mattina Asteria stava facendo colazione e leggeva il giornale che le era stato consegnato dal suo gufo.
Posò il giornale e diede un morso nervoso alla sua brioche. Sollevò il resto della posta e trovò due lettere. Una era di Daphne. Si erano scritte molto dopo la scarcerazione di suo padre da Azkaban. Daphne le aveva raccontato che sua madre aveva smesso di tormentarla per avere notizie sulla secondogenita e che ormai erano rare le occasioni in cui riusciva a incontrarla. Il loro papà stava bene, chiedeva spesso di lei, ma soltanto quando Kalliope non era nei paraggi.
Asteria aveva pensato spesso di scrivergli, ma aveva paura che sua madre intercettasse la lettera.
La seconda missiva, appoggiata sul tavolo dei Serpeverde era una lettera di Sasha.
Asteria aveva risposto alla lettera di scuse che lui le aveva mandato, ma gli aveva scritto soltanto che stava bene, poi non aveva più risposto alle sue lettere.
 
Cara Asteria,
non ho più ricevuto tue notizie. So che stai bene, ma vorrei verificarlo di persona. Probabilmente non abiti più dai Malfoy. Dove ti trovi? Vorrei vederti…
 
- Il mio gufo non è più efficiente come una volta. Sono arrivato quasi prima della lettera. -
Asteria alzò lo sguardo dalla lettera e rimase basita nel vedere Sasha appoggiato all’altra estremità del tavolo della sua Casa.
La lettera le scivolò dalle dita e lei rimase immobile con un’espressione poco intelligente pietrificata in faccia.
Sasha non si mosse, era titubante e non sapeva se poteva avvicinarsi a lei.
- Ehm, tranquilla. La professoressa McGranitt mi ha costretto a fare un giuramento, non dirò a nessuno, dove ti trovi…se è questo che ti preoccupa. -
Asteria si riscosse e osservò gli occhi di quel ragazzo alto. Erano luminosi, ma soprattutto erano sinceri. Sasha non aveva mai saputo raccontare bugie. Asteria riusciva sempre a capire se stesse fingendo o no. Si alzò lentamente dal tavolo e si avvicinò al suo migliore amico.
Con pochi lunghi passi Sasha azzerò la distanza tra loro e la abbraccio, alzandola da terra.
Asteria si abbandonò all’affetto di quel ragazzone dai capelli corvini e risero insieme per alcuni minuti.
- Mi sei mancata strega! -
- Anche tu Sasha…almeno fino a Natale. –
Il ragazzo abbassò lo sguardo. I lunghi capelli neri scivolarono dalle spalle e gli coprirono il volto come cortine.
- Scusa. -
- Sasha, guardami. – spostò dolcemente una ciocca di capelli che nascondeva i suoi occhi color dell’almandino.
- Sei stato impulsivo, è uno dei tuoi difetti, ma sai, anch’io ne ho tanti che non riesco a migliorare. –
Gli sorrise.
- Sembra che io non riesca a portare rancore a nessuno, tranne che a mia madre. Daphne ed io siamo diventate quasi amiche in quest’ultimo anno. Ho persino perdonato Draco per ciò che mi ha fatto. -
Si accomodarono sulla panca. Sasha era pensieroso.
- Cosa ti ha fatto il rampollo dei Malfoy? Se vuoi punirlo, sappi che sono pronto a sfidare tutti i Mangiamorte del Signore Oscuro per farti felice. -
Asteria scosse la testa ridendo.
- Non sarà necessario. Credo che essere un Mangiamorte sia per lui una punizione sufficiente. Accidenti non vi conoscete nemmeno ed entrambi avete giurato di scannarvi. -
Sasha alzò un sopracciglio e si stiracchio, allungando i due trampoli che aveva al posto delle gambe.
- Ah sì? E cosa avrebbe pensato di potermi fare? Perché soprattutto? Io almeno ho un motivo valido. Ti ha fatto soffrire. -
- E tu no? Era soltanto geloso che avessi un amico con cui confidarmi. –
Il ragazzo si portò un braccio sulla nuca e la guardò con uno sguardo strano.
- Voi due siete fidanzati? -
Asteria spalancò la bocca.
- Non usare la parola “fidanzati”, è troppo definitiva. Comunque qualsiasi cosa ci fosse stata tra noi, ormai è finita. -
- Sembri così triste Asteria. Ti manca? –
- Sono soltanto preoccupata per lui. –
Sasha le passò un braccio oltre le spalle e la strinse a sé.
- Non ti ho mai visto tanto presa dai ragazzi. Sono geloso! Ma non preoccuparti, quest’anno ho fatto strage di cuori a Durmstrang. -
Passarono il resto della giornata a spettegolare sugli ex compagni di classe di Durmstrang. Asteria si rattristò nel doverlo salutare alla fine di quella giornata, ma si ripromisero di rivedersi ancora per le vacanze d’inverno.
 
Settembre arrivò come una folata di vento gelido e portò con sé la nuova amministrazione della scuola. Piton e i fratelli Carrow si insediarono pochi giorni prima del ritorno degli studenti.
Asteria notò il freddo bentornato che la McGranitt riservò a Piton. La professoressa, suo malgrado, fu costretta ad accettare i numerosi cambiamenti che Piton volle apportare alla scuola.
Alecto e Amycus Carrow diventarono i responsabili della disciplina scolastica e le loro nuove e rigide regole furono accolte con gioia dal custode Gazza, convinto che gli studenti avessero bisogno di più controllo e educazione.
Alecto Carrow avrebbe insegnato Babbanologia e suo fratello sarebbe stato il nuovo professore di Arti Oscure. Difesa Contro le Arti Oscure non esisteva più.
Minerva McGranitt era già stufa e sconsolata ancora prima che la scuola ricominciasse.
Asteria scese a Hogsmeade con Hagrid per attendere l’arrivo dell’Espresso. Aveva avuto una dura discussione con la professoressa di Trasfigurazione ma era riuscita a strapparle il permesso di andare.
- Vieni! Andiamo controllare le carroze. Voglio vedere se i Thestral stano comodi. -
La ragazza osservò il mezzo gigante con un’aria confusa. Non capiva perché doveva andare con lui. Avrebbe voluto sedersi a terra e attendere il treno. Voleva vedere sua sorella e assicurarsi che non le fosse successo nulla.
- Minerva mi ha fato prometerle di non perderti d’ochio. -
Prevedibile. Asteria seguì l’insegnante di Cura delle Creature Magiche con un’andatura rassegnata.
Appena furono abbastanza vicini alle carrozze, la ragazza sussultò violentemente e si mise una mano sulla bocca per non urlare.
Riusciva a vedere i Thestral.
Una macabra immagine le riaffiorò dai ricordi. Una mano cianotica e ormai inerme scompariva tra le fauci di un enorme serpente verdastro. Asteria aveva visto morire quel mago che aveva osato disubbidire al Signore Oscuro.
Una grossa manona la scosse bruscamente.
- Non essere spaventata. Sono mansueti. -
Quei strani cavalli alati stavano fermi e attendevano di poter ritornare verso il castello.
Il loro viso appuntito terminava con uno strano becco da rapace e la loro pelle senza peli, pur essendo nera, sembrava trasparente. Si intravedevano le lunghe costole della loro cassa toracica, i tendini delle zampe e le venature disseminate sulle ali.
Asteria si avvicinò a uno di loro e notò i suoi grandi occhi infossati nel cranio.
Non erano occhi cattivi, la scrutavano con sguardi docili e curiosi.
Alzò una mano con cautela e la avvicinò al muso del Thestral. L’animale appoggiò il muso sule palmo della sua mano e sbuffò. Il becco era morbido al tatto, sembrava di accarezzare del soffice velluto. Asteria sorrise.
Un fischio lontano la distrasse da quella strana creatura. Corse fino ai binari e osservò il lungo treno mentre frenava, alzando nuvole di polvere che si mischiavano con il fumo che usciva dalla sua ciminiera.
Il treno arrestò la sua corsa e Asteria si preparò a dover cercare i suoi amici tra la folla, tuttavia, non ebbe alcuna difficoltà a trovarli. Dai vagoni scesero pochi gruppi di studenti. Tutti avevano uno sguardo titubante.
Daphne circondò con le braccia la sorella e cominciò a tempestarla di domande. Asteria riuscì a opporsi a quegli abbracci soffocanti e finalmente fu in grado di salutare il resto dei suoi amici.
Milla era eccitata per l’inizio del loro quinto anno e manifestò le sue preoccupazioni per il fitto programma che li aspettava, volle anche sapere se Asteria aveva studiato durante quelle vacanze. L’aria da professoressa severa, che Milla sfoggiava, fece sorridere Asteria.
Le raccontò dei lunghi e noiosi pomeriggi che aveva dovuto trascorrere in biblioteca a studiare, sotto le incessanti minacce della professoressa McGranitt.
Asteria riconobbe Luna Lovegood e andò a salutarla. Il gruppo di Grifondoro con cui stava chiacchierando la guardò con diffidenza. La sua divisa da Serpeverde doveva aver scatenato una reazione di repulsione nei suoi confronti. Luna la salutò cordialmente e le chiese se voleva sedersi sulla sua stessa carrozza.
Vista la reazione dei Grifondoro, Asteria decise di rifiutare e tornare indietro.
In quel momento lo vide.
Draco era appena sceso dal treno. Il suo viso era magro e tirato. La sua carnagione non aveva approfittato dei mesi estivi per migliorare il suo colore, ma era grigiastra e malsana. Draco camminava con la schiena curva e le mani nelle tasche del mantello.
I loro sguardi s’incrociarono e Asteria si bloccò di colpo. I suoi occhi erano spenti e tristi. Lui si diresse verso le carrozze senza nemmeno salutarla, come se non la avesse riconosciuta.
 
 
 
Ciao a tutti! Capitolo di transizione. Mi scuso per gli eventuali errori, non ho avuto tempo di rileggere il capitolo con la cura dovuta. A presto! 

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Capitolo 15
*** Regime ***


Regime

 

 

Un’immensa cupola di nuvole nere rabbuiava il cielo grigio di Hogwarts. L’atmosfera lugubre regnava anche all’interno del castello, i corridoi erano sempre silenziosi e bui. Gli studenti si muovevano taciturni, i loro visi erano una maschera di preoccupazione e sconforto.

Erano state emanate molte nuove regole attinenti alla disciplina a scuola. Inizialmente gli studenti non avevano fatto caso ai rimproveri verbali di Gazza, ma da quando le punizioni avevano cominciato a essere inflitte dai fratelli Carrow, nessuno osava più trasgredire quelle nuove leggi.

I castighi erano diventati sempre più duri e si erano presto trasformati in vere e proprie sevizie nei confronti degli studenti.

I più colpiti dalle sanzioni erano i Grifondoro; i Carrow non si lasciavano sfuggire l’occasione di tormentare chiunque, anche chi non avesse commesso alcuna infrazione. Il nuovo preside, Piton, si faceva vedere di rado nella scuola, i veri amministratori del castello erano i due Mangiamorte incaricati di far rispettare la disciplina. Piton si chiudeva spesso nel suo studio e scendeva raramente in Sala Grande per i pasti.

La nuova materia della scuola, Arti Oscure, era diventata la materia più importante di tutto il percorso scolastico, e Amycus Carrow la insegnava con indomita devozione.

Asteria seguiva annoiata le sue lezioni; purtroppo tutto ciò che le insegnavano, lo aveva già studiato a Durmstrang. Amycus aveva un occhio di riguardo per tutti i Serpeverde e per i Purosangue delle altre case. Il professore si assicurava che tutti quegli studenti riuscissero a eseguire con disinvoltura gli incantesimi più offensivi e pericolosi; per quanto riguardava i Mezzosangue, li radunava in un angolo della stanza e li costringeva ad assistere alla lezione senza potervi partecipare attivamente.

Anche Asteria, sebbene fosse una Purosangue, era trattata da Amycus con molto distacco. La guardava con sdegno e raramente la lasciava provare gli incantesimi, credendo di farle un torto; ma il Mangiamorte non poteva sapere che la ragazza conosceva già alla perfezione ciò che lui insegnava agli studenti.

Asteria era spesso preda di aspre critiche da parte di entrambi i fratelli, evidentemente, in quanto Mangiamorte, non avevano digerito il suo rifiuto ad unirsi alla schiera del Signore Oscuro.

Anche le lezioni di Babbanologia erano noiose e deprimenti. La professoressa Alecto Carrow si esibiva in lunghi monologhi per screditare i Babbani, descrivendoli come pericolosi mostri che avevano costretto i maghi alla fuga per molti secoli.

Era come se i Babbani non appartenessero al genere umano e fossero soltanto una razza inferiore da sconfiggere e denigrare.

Alecto sognava un mondo in cui i Babbani vivevano schiavi dei Maghi ed erano costretti a subire ogni sorta di punizione per i crimini da loro commessi contro il popolo magico.

Asteria osservava svogliata l’ennesimo monologo di Alecto su quanto fossero astuti e pericolosi i Babbani. La professoressa si muoveva nell’aula con passi piccoli e veloci, le sue gambe non le permettevano certo di avere un portamento elegante dalle ampie falcate.

Asteria non riuscì a trattenere un risolino, pensando a una Penelope Greengrass rabbrividita alla vista della camminata della Carrow. Una camminata così sgraziata non si addiceva di certo a una strega Purosangue.

- Signorina Greengrass! Che cosa trovi di così divertente nella persecuzione perpetrata dai cattolici verso le streghe? La tua sfrontata simpatia verso i Babbani è intollerabile. Dovrebbero toglierti la bacchetta e mandarti a vivere tra quella lurida feccia. Non sei degna del cognome che porti. -

Asteria sospirò, esasperata per l’ennesimo attacco personale inflittole dalla professoressa. Non le rispose, trovò più interessante puntare gli occhi fuori dalla finestra e osservare le foglie ingiallite che si lasciavano trasportare dolcemente dal vento freddo di fine autunno.

Un rumore di scrocchio improvviso la costrinse a voltare la testa davanti al suo banco. Alecto Carrow si ergeva sopra di lei con uno sguardo di fuoco, esigeva una risposta. Ben presto Asteria scoprì che il suono secco era stato provocato dal colpo che Alecto le aveva sferrato alle mani con la sua bacchetta. Un intenso bruciore le arrossò le nocche e il dorso della mano.

Asteria si alzò e impugnò la sua bacchetta, tutta la classe la osservava in silenzio.

- Dopo la lezione fermati nel mio ufficio.  Sei in punizione. -

Asteria scosse la testa e si riaccomodò sulla sedia.

- Sono in punizione perché sopporto in silenzio gli insulti poco velati che mi rivolgete voi due Mangiamorte? -

Alecto perse completamente la pazienza e la schiaffeggiò, poi si calmò di colpo, nello stesso modo in cui aveva avuto il suo scatto d’ira, si allontanò dal suo banco e continuò la sua lezione.

Asteria attese che tutti gli studenti uscissero dall’aula e poi si diresse nell’ufficio della Carrow.

La professoressa era già lì e la aspettava comodamente seduta dietro la sua scrivania.

Il suo ufficio era uno stanzino buio e inquietante.

Alle pareti erano appese molte foto di ragazzi incatenati e sfiniti. Nelle fotografie i Carrow ridevano e giravano attorno alle loro vittime come dei felini predatori, evidentemente condividevano la stessa perversione per il sadismo.

In una delle foto si poteva riconoscere il volto stanco di Luna Loegood sollevato per i capelli da un sorridente Amycus Carrow. Asteria provò un moto di rabbia che si spense immediatamente, quando, con un brivido, notò che dietro alla scrivania c’erano due catene che partivano dal muro e terminavano con dei grossi anelli di acciaio molto, troppo simili alle manette che imprigionavano Luna in quella foto.

- Ti interessa la foto con la Lovegood? Mi sono divertita a punire la figlia di quello schifoso filo-potteriano che dirige “Il Cavillo”. Non trovi che quella rivista sia un po’ troppo schierata? -

La ragazza si guardò le mani. Al posto del rossore era comparso un livido violaceo e doloroso.

- Non leggo quel giornale. –

Alecto la guardò con uno sguardo truce.

- Posa la bacchetta sulla mia scrivania. -

Asteria pensò per un secondo di lanciare un incantesimo sulla professoressa e scappare, ma poi si rese conto di non avere un luogo dove fuggire. E se fosse rimasta a Hogwarts i due Mangiamorte la avrebbero sicuramente uccisa, non avrebbero tollerato un attacco.

Posò la bacchetta lentamente e poi cadde in un abisso buio e ovattato.

Era stata pietrificata.

Quando ricominciò a vedere e a udire era inginocchiata a terra con i polsi stretti in una morsa. Era stata ammanettata alla parete.

Alecto emise una risata crudele.

- Ora sarò io a ridere un po’… -

Agitò la sua bacchetta e Asteria si sentì soffocare. Le sembrava di avere i polmoni pieni di acqua. Cominciò a tossire e gorgogliare.

Quando finalmente le fu permesso di respirare annaspò un paio di secondi per abituare i suoi polmoni alla presenza dell’acqua fresca.

Alzò gli occhi e fronteggiò lo sguardo d’odio che Alecto le lanciava da pochi centimetri dalla sua faccia.

Altri piccoli movimenti della bacchetta e le maniche della tunica della ragazza si arrotolarono scoprendo gli avambracci.

Asteria sentì un dolore profondo e strisciante. Lunghi tagli le si aprirono sul braccio e corsero dal gomito al polso.

Strinse i denti e chiuse gli occhi.

Il dolore cessò, ma fu costretta a sollevare la testa. La professoressa le aveva arpionato la nuca con le sue mani adunche.

- Forse il tuo portamento è degno della famiglia da cui provieni. A questo punto la maggior parte dei ragazzini implorerebbe pietà, ma tu sopporti. Sappi però che mi piace vedere gli sguardi di terrore e sentire le urla di dolore degli studenti. Solo con le punizioni corporali i bambini possono crescere ubbidienti e disciplinati. -

Asteria inarcò le sopracciglia castane. Gli occhi di Alecto si infiammarono per l’affronto.

- CRUCIO! -

Il corpo di Asteria si contorse, ma dalle sue labbra non uscì un solo suono. Il dolore era talmente forte da impedirle di urlare.

Un altro suono interruppe il suo supplizio. Due piccoli colpi alla porta distrassero la professoressa.

- Chi è? – la sua voce era palesemente irritata.

La porta si aprì e una voce annunciò: - Professoressa, suo fratello ha bisogno di lei. Alcuni studenti Grifondoro sono stati trovati nella Guferia. Temiamo che avessero intenzione di mandare lettere illegali. -

Asteria fu scossa da un forte tremito. La voce dura che stava udendo, era la voce di Draco.

Da quando la scuola era ricominciata, lui si era unito al Comitato Disciplinare dei Carrow, assieme ad altri Serpeverde del settimo anno.

Giravano voci che i professori li facessero partecipare attivamente alle punizioni verso gli studenti, in modo da affinare la loro padronanza delle Arti Oscure.

Draco non si era accorto di chi fosse la ragazza incatenata alla parete, forse era talmente abituato a vedere certe scene, che non se ne preoccupava più.

Asteria aveva abbassato la testa, non voleva essere vista da lui in una posizione tanto vulnerabile e sottomessa. Non voleva incontrare i suoi occhi nebbiosi che continuavano a ignorarla da mesi. Asteria temeva che l’estate passata a Villa Malfoy, tra torture e uccisioni, lo avesse incattivito e reso ancora più fedele al Signore Oscuro.

- Potresti occuparti tu di continuare la punizione di questa studentessa? Sembra che anche tra i Serpeverde ci siano dei focolai di ribellione. -

- Una Serpeverde signora? –

Il suo tono sembrava stupito e sdegnato.

- La lascio alle tue cure. – una risata crudele si allontanò dall’ufficio.

Dei passi incerti si avvicinarono a lei. Le scarpe nere di Draco entrarono nel campo visivo di Asteria, ma lei non alzò il capo.

Draco s’inginocchio e le afferrò il mento. Le sue dita erano dure e fredde e con una leggera pressione la indussero a guardarlo.

Asteria lo scrutò da dietro i suoi capelli ondulati e vide il suo viso inorridirsi.

Draco scattò all’indietro e cadde supino, scosso da ciò che si era ritrovato davanti.

- Asteria? -

Due occhi color nocciola lo esplorarono in profondità. Draco la guardò con uno sguardo incerto, ma quando si rese conto che negli occhi di Asteria dimorava la paura, si rialzò e la strinse tra le braccia. Non riusciva a concepire che lei potesse provare timore nei suoi confronti.

Asteria si sentì stringere dolcemente, ma la decisione con cui lui la aveva afferrata le strappò un gemito di dolore. Tutti i suoi muscoli dolevano per colpa della maledizione Cruciatus.

Senza dire una parola Draco la liberò dalle manette con un incantesimo e esaminò i solchi profondi che i tagli avevano lasciato sulla pelle candida di Asteria. Sui polsi erano vividi i segni delle manette.

Draco le prese il viso tra le mani. Asteria vide che la rabbia e la preoccupazione stavano distruggendo i lineamenti duri del ragazzo.

La aiutò delicatamente ad alzarsi e la prese in braccio. In silenzio uscì dall’aula e la portò dritta in infermeria.

Le lanciava occhiate angosciate ad ogni passo, ma Asteria evitava il suo sguardo.

Madama Chips osservò le ferite della ragazzina e dopo aver fulminato Draco con uno sguardo, molto simile a quello della McGranitt, lo cacciò dalla sua infermeria.

La guaritrice non fece domande, si limitò a guarire Asteria con incantesimi e pozioni. Le ordinò di bere un intruglio di erbe guaritrici, dal sapore orrendo, per una settimana, ogni mattina.

Asteria aveva la nausea di lettini d’ospedale, di pozioni e di ferite.

Uscì dall’infermeria con un carico di boccette e scatolette e la carta per il suo esonero dalle lezioni di quel pomeriggio.

Lui era lì.

La aspettava appoggiato al muro, aveva le braccia conserte e lo sguardo truce.

- Lascia che ti aiuti. Ti accompagno in camera. -

Con un incantesimo fece fluttuare sopra la testa di Asteria le sue medicine, liberandola da quell’inutile peso.

Camminava a grandi passi davanti a lei, faceva fatica a stargli dietro, ma lui continuava spedito senza voltarsi indietro.

Superarono la porta del dormitorio della loro Casa. La Sala Comune era deserta, erano ancora tutti a lezione.

Draco attese che Asteria aprisse la porta con la bacchetta, poi entrò nella sua stanza e appoggiò le medicine sulla scrivania della ragazza.

Si fermò a osservare la pila di libri accatastati sul tavolo, dandole le spalle.

- Ora puoi andare. Non ho più bisogno di aiuto e vorrei riposare. -

Un sospiro ruppe la rigidità delle spalle del ragazzo.

- Vorrei parlare con te. -

Asteria si accomodò sul suo letto e con un colpo di bacchetta girò la sedia accostata alla scrivania, in modo che Draco potesse sedersi. Era curiosa di sentire cosa aveva da dirle, ma voleva tenerlo a distanza.

Draco parve intuire i pensieri di Asteria e si appoggiò alla scrivania, aggrottando le sopracciglia.

- Non sei mai venuta agli allenamenti di Quidditch quest’anno. -

Lo stupore fece spalancare i grandi occhi nocciola.

- Spero che il tuo sia un modo per rompere il ghiaccio, perché se vuoi discutere di Quidditch quella è la porta. -

Quando aveva saputo che Draco aveva occupato il posto di Urquhart come capitano, Asteria non si era preoccupata di presentarsi sul campo. In più le altre squadre erano sempre decimate dalle punizioni e dalle espulsioni dei giocatori da qualsiasi attività sportiva. Si era prospettato un campionato fin troppo facile per i Serpeverde.

- Andiamo dritti al sodo allora. Non mi piace l’ostilità che provi nei miei confronti. -

Asteria scosse il capo.

- Non è ostilità, è indifferenza… -

Draco si staccò dalla scrivania e fece un passo verso di lei.

- La tua non è indifferenza, magari lo fosse! Pensi che non mi sia accorto degli sguardi di fuoco che mi lanci ogni tanto? O della fossetta di angoscia che ti rattrista l’espressione quando sei in mia presenza? -

La ragazza chinò la testa, cercando di nascondere il viso con una cortina di boccoli biondo cenere.

- Ti comporti da stupido con gli altri studenti! E sono preoccupata per ciò che stai diventando. Come ti è venuto in mente di aiutare i Carrow? -

- Sto solo svolgendo i miei compiti. Non c’è niente di male a punire i Mezzosangue o i Traditori del proprio sangue. Ma quello che la Carrow ti ha fatto oggi è inaccettabile. Sei una Purosangue e sei la figlia dei Greengrass…-

- E sono una traditrice del mio stesso sangue… -

La realtà si abbatté sulle spalle del ragazzo come un macigno, la sua schiena s’incurvò e le sue mani si nascosero nelle tasche della divisa.

La sua voce uscì rotta e soffocata. Sputò tutto ciò che si teneva dentro da molti mesi.

- Quel giorno, la sera in cui avrei dovuto uccidere silente, ho avuto paura. Ho visto i Mangiamorte in azione, e ho visto ciò che Greyback ha tentato di fare ad alcuni studenti. Anche questa estate, non hai idea del terrore che si prova a vederlo spezzare le ossa delle sue vittime a mani nude. Vederlo cibarsi di esseri umani mi ha provocato un tale orrore…continuavo a ripetermi che lui ed io siamo differenti, che io non potrei mai torturare una persona con tanta ferocia. Poi, però, il Signore Oscuro ha cominciato a ordinarmi di punire i Mezzosangue. Ho provato a non farlo ma ho ottenuto soltanto la minaccia di vedere i miei genitori uccisi. Mio padre è appena uscito da Azkaban, mia madre è così felice ed io devo riscattare l’onore della mia famiglia in decadenza. Sono diventato un burattino. Mi sto lasciando trascinare dagli eventi, ormai non mi chiedo neanche più se sia giusto o sbagliato ciò che sto facendo. Lo faccio e basta. -

Asteria tremava, si sentiva in pena per lui, ma non osava avvicinarsi al corpo contratto di Draco.

Malfoy alzò i suoi occhi tempestosi e la guardò a lungo.

- Ho acconsentito al nostro distacco, quel giorno in infermeria, soltanto perché giudicavo che per te fosse la cosa migliore. Starmi lontano è la cosa più saggia che tu possa fare. Tu non sai cosa mi ordina di fare l’Oscuro Signore. Perciò ti prego, Asteria, devi avere la forza di starmi lontana e di ignorarmi, perché io non so se ce la faccio. Ti guardo e vorrei stringerti, ma non posso. Non devo permettermelo. Aiutami a starti lontano. Per favore. Dimenticami. Sono pericoloso per te. Se tieni alla tua vita, evitami! Evita ogni contatto con me e con le persone che mi stanno attorno. -

Asteria si adagiò pesantemente sul letto.

- Ora capisco molte cose. Farò come desideri. -

Il viso di Draco si contrasse per la delusione ma si distese subito. Era sollevato della risposta diretta e affermativa di Asteria. Le sorrise timidamente e uscì dalla stanza.

Asteria rimase in uno stato catatonico per alcuni minuti. Poi si alzò e riordinò la sua stanza, tentando di riordinare anche i suoi pensieri. Si sentiva persa, ma capiva che Draco aveva ragione. Stargli vicino le era costato più di qualche ferita.

 

Le vacanze invernali arrivarono come una boccata d’aria fresca. Asteria non vedeva l’ora di rilassarsi un po’, e l’idea che i Carrow non sarebbero stati al castello per tutte le vacanze la rallegrava molto.

Trascorse le fredde giornate nella biblioteca e nella Sala Comune a leggere. Dei pochi studenti che frequentavano Hogwarts quell’anno, nessuno era rimasto al castello per le vacanze.

Quella mattina camminava tra la neve profonda del giardino del casello.

Il cielo era terso di grossi nuvoloni che annunciavano una tempesta di neve. Asteria si mise a sedere su una panchina ghiacciata e osservò il cielo. All'orizzonte si aprì un fazzoletto di un azzurro scintillante. La ragazza ammirò la lucentezza di quell'angolo di cielo e notò il forte contrasto con il nero delle nuvole plumbee.

La sua memoria fu colpita da un lampo improvviso. La prima volta che era stata tra le braccia di Draco, i suoi occhi si erano illuminati di un celeste mozzafiato.

Lo stesso lampo che le aveva colpito la memoria squarciò improvvisamente il cielo, le nuvole si ingrossarono e soppressero quell'unico angolo di sereno. Il tuono arrivò potente e rombante. L'immensità di quella scena ricordò ad Asteria quanto fosse pericoloso per lei stare vicino a Draco. Le meravigliose iridi del ragazzo potevano ricolorarsi di cupo in una frazione di secondo.

Abbassò il capo e guardò la neve rappresa sotto i suoi piedi. Sotto quello strato soffice giaceva la Terra, immobile e antica.

Da quanto tempo la terra riposava sotto il cielo senza temere le tempeste che lui le riversava addosso?

Il cielo non la avrebbe mai distrutta, per quanto fosse pericoloso e capriccioso avrebbe continuato a coprirla come un amante gentile.

Si rese conto di quanto le mancasse Draco. Sentiva un bisogno bruciante di vederlo e di accarezzare la sua pelle pallida.

Fu colpita da una sensazione di vuoto e paura che la lasciò ansimante. Con le mani in grembo.

Il sentimento che sentiva di provare per lui cominciò a erodere la spessa corazza del suo cuore, mandandola in mille pezzi.

Provare emozioni tanto potenti non le era familiare. Le doleva il petto e uno strano formicolio le tormentava la pelle.

L’attesa del suo ritorno fu struggente, Asteria camminava per i corridoi del castello come un cavallo chiuso in un piccolo recinto. Purtroppo quando rivide Draco, non ebbe il coraggio di parlargli.

Era incerta su come comportarsi, non sapeva cosa dirgli e come esprimergli ciò che sentiva.

Lasciò che gennaio e febbraio passassero davanti ai suoi occhi senza avere il coraggio di avvicinarlo. Si sentiva una fallita.

Quella notte non riusciva a chiudere occhio, continuava a tormentare le lenzuola e a sbuffare contro il cuscino. Sentì una fitta al cuore che le provocò una sensazione di urgenza e bisogno. Non poteva più rimandare.

Saltò giù dal letto e corse fuori dalla sua stanza. Si appoggiò per un momento al freddo muro di pietra e osservò il suo riflesso nel lungo finestrone che osservava il lago nero. Le deboli luci che rischiaravano il corridoio deserto le davano un’aria malsana, la sua carnagione sembrava verdognola. Un fantasma in camicia da notte.

Guardò la porta in fondo al corridoio, dietro di essa riposava Draco. Costrinse le sue gambe a trascinarsi fino all’uscio e si fermò. Osservò per un attimo le venature della porta in legno, anche se non ne era minimamente interessata. Alzò la mano e trovò il coraggio di bussare. Due piccoli colpi e poi il silenzio, anche il suo cuore si fermò in attesa.

Non giunse alcun rumore da dentro la stanza.

Asteria stava per arrendersi ma si impuntò di bussare ancora, stavolta più forte.

Udì dei bassi mormorii, poi dei passi si avvicinarono.

La porta si aprì di scatto.

Il viso di Draco fu illuminato dalla luce delle torce. I suoi capelli arruffati ricadevano scomposti sulle sue palpebre socchiuse.

La sua espressione era furente, ma quando riuscì a mettere a fuoco chi gli stava davanti le sue labbra si aprirono per lo stupore.

- Che ci fai qui a quest’ora? -

Asteria si morte il labbro inferiore.

- Devo…devo discutere con te di una cosa. -

Draco si sfregò gli occhi con il dorso della mano.

- Greengrass, non potevi aspettare la luce del giorno? -

La ragazza scosse il capo e lo guardò dritto negli occhi.

Non poteva aspettare.

Draco capì che doveva trattarsi di qualcosa di serio e si spostò dall’uscio per farla entrare.

Tutta la stanza era avvolta da una cupa penombra. Draco accese una candela sulla sua scrivania. La debole luce della fiammella rischiarava soltanto la parete di pietra e il pavimento.

Asteria rimase in silenzio per un po', cercando di scorgere i particolari delle figure sfocate del letto e dell'armadio. Non era mai entrata nella camera di Draco e ne fu improvvisamente incuriosita.

La sua curiosità fu placata da una schiarita di voce del ragazzo. Voleva spiegazioni.

Il cuore di Asteria ricominciò a rimbombarle prepotentemente nelle orecchie. Si sentì avvampare il viso dall'imbarazzo. Dapprima abbassò il capo ma poi si decise a guardarlo negli occhi. Doveva prendersi la responsabilità dei suoi sentimenti e esprimerli per la prima volta nella sua vita. Per quanto per lei fosse arduo, tirò un gran respiro e cominciò a parlare.

-Ho riflettuto a lungo su ciò che ci siamo detti l'ultima volta. So che starti accanto non è la cosa migliore per me...ma non posso più nasconderti ciò che provo. -

-Per favore non continuare, non rendere le cose più complicate! -

Lo sguardo preoccupato di Draco non la bloccò.

- Mi hai detto che per te è difficile starmi lontano, giusto? -

Draco era titubante ma annuì.

- Bene, lo stesso vale per me. Voglio starti vicino. Troveremo il modo di farlo funzionare. Non voglio stare lontana da te. La mia famiglia non mi spaventa, e nemmeno la gente per cui lavori. -

Draco strinse gli occhi.

- Quindi non hai paura di me? Io sono la gente per cui lavoro, Asteria, io sono un Mangiamorte! -

Scostò la manica del pigiama e le mise davanti agli occhi il Marchio Nero.

Asteria gli appoggiò delicatamente la mano sul braccio e lo guardò intensamente.

- Quell'immagine non mi spaventa più. Sono pronta ad affrontare le conseguenze della nostra relazione; anche se sei un seguace dell'uomo che ha tentato di uccidermi. Io accetterò ogni lato di te. Amerò il ragazzo che mi sta di fronte e sopporterò il Mangiamorte che esegue gli ordini di Volde...-

Draco le tappò la bocca con la mano. Era fredda e sudata.

- Non dire mai quel nome! È stato stregato per rintracciare i ribelli. -

Rimase a guardarla per alcuni secondi. Poi le liberò la bocca.

Dallo sguardo tormentato di Draco si scorgeva la lotta interiore che stava imperversando tra logica e sentimento. Continuava a guardarla e a scuotere la testa.

Le sue labbra si mossero ma non uscì alcun suono. Le parole gli morirono in gola, incapaci di uscire e farsi forti. Asteria riuscì comunque a leggere il labiale. Draco stava ripetendo, probabilmente più a se stesso che a lei: “Io non posso”.

Asteria non era disposta a indietreggiare, non quella volta. Annullò con un passo la distanza che li separava e si appoggiò sul suo petto.

Lo sentì ansimare e poi sospirare. Era un sospiro di resa e di liberazione. La strinse forte tra le sue braccia e affondò il viso tra i boccoli biondi che si erano raccolti sulla spalla di Asteria.

Rimasero abbracciati per molto tempo, poi Draco sollevò il capo e la guardò. I suoi occhi azzurro cielo erano velati e stanchi, ma chiaramente felici.

Le sorrise e la baciò. Fu un bacio straordinariamente bello e intimo che li trasportò presto in un vortice di passione. Draco la spinse delicatamente verso il letto e la fece adagiare tra le lenzuola di seta.

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Capitolo 16
*** Schierarsi ***


Schierarsi

 

La luce del camino creava riflessi dorati sulla pelle diafana, rivoli infuocati si rincorrevano sulla superficie liscia del corpo di Asteria.

Draco era appoggiato su un fianco e osservava la ragazza dormire.

Da quella sera in cui gli aveva confessato i suoi sentimenti, non era più riuscito a dormire senza di lei. Era diventata indispensabile, come se il letto fosse totalmente inutile senza la sua presenza.

Rimaneva per ore a fissare il suo corpo acerbo ma curvilineo nei punti giusti, adorava il modo in cui il suo petto si alzava e si abbassava, cullato dal suo respiro sereno.

La tranquillità di quella che era diventata la loro stanza, non più la stanza del prefetto Malfoy, lo aiutava a svuotare la mente dalle sue giornate frenetiche.

La situazione a Hogwarts era andata sempre più peggiorando, i Carrow avevano preso totalmente il controllo della scuola e Piton, come preside, si limitava a stare in dispare, come se cercasse di mimetizzarsi con il gargoyle che dimorava fuori dal suo studio.

L’atmosfera si era fatta sempre più tesa; gli studenti Grifondoro erano sempre più schivi e sospetti.

La resa dei conti era vicina. Suo padre continuava a dargli istruzioni sempre più concitate su come gestire la situazione e Bellatrix si infilava spesso nella sua mente per gridargli gli ordini del Signore Oscuro.

Era preoccupato per la sorte dei suoi famigliari. Voleva riscattare l’onore ormai dimenticato del suo casato, ma voleva anche proteggerli dalla sorte misera che li aspettava se la guerra fosse andata perduta.

Finire ad Azkaban era un prezzo che lui era disposto a pagare, ma sua madre non avrebbe mai resistito, e Lucius non poteva tornarci senza perdere completamente il senno.

Per questi motivi Draco doveva combattere e fare in modo che l’Oscuro Signore riuscisse a sconfiggere Potter definitivamente.

Avrebbero vinto. Erano in ballo troppe esistenze per contemplare l’idea della sconfitta.

I suoi occhi si posarono sulle labbra socchiuse di Asteria. La ragazza era una delle esistenze che più gli stavano a cuore.

Non avevano mai parlato dell’imminente battaglia che si prospettava nel loro futuro.

Si avvicinò lentamente al suo viso e le posò un dolce bacio sulla bocca. Un mugolio di risposta riempì il silenzio della stanza.

Asteria aprì gli occhi e gli sorrise. Si tirò su sui gomiti, coprendosi il corpo nudo con le lenzuola in un modo che sembrò quasi pudico, ma Draco sapeva bene che ormai non c’era più alcun imbarazzo tra loro.

Istintivamente la abbracciò per proteggerla dal freddo.

I suoi occhi grigi brillavano di una luce intensa quando si specchiavano in quelli scuri di Asteria.

- Mi piace essere svegliata così…-

Draco ghignò compiaciuto. – Lo so. –

Poi gli occhi di Draco s’incupirono di colpo.

- Ho paura che la resa dei conti tra Potter e il Signore Oscuro sia vicina. Credo che dovremmo discutere della tua posizione. -

Asteria sgranò gli occhi e si ritrasse dalla stretta delle sue braccia. Sapeva che alla fine avrebbero dovuto affrontare l’argomento.

- Io non credo di voler prendere una posizione. Se devo essere sincera, non voglio schierarmi dalla parte di nessuno. -

Le sopracciglia bionde del ragazzo si incresparono.

- Non intendevo questo. Non devi scegliere con chi stare, è ovvio che non potresti mai schierarti dalla parte di Potter. Credo che dovremmo trovare il modo per farti rientrare nelle grazie della tua famiglia e del nostro Signore. Per quanto impossibile possa sembrare ci deve essere un modo…se vinciamo la guerra, devi assicurarti un posto tra la schiera dei vincenti, altrimenti… -

Una risatina nervosa lo interruppe.

- Altrimenti? Mi ucciderà? Allora forse dovrei sperare che vincano i buoni. Ma sinceramente non vedo beneficio per me neanche in questo caso; sì, potrei vivere, ma la mia famiglia sarebbe spedita ad Azkaban. Perderei te. Sarei sola. -

A quelle parole seguì un lungo silenzio. Draco strinse le lenzuola con forza, a causa della rabbia che stava montando dentro di lui. Non riuscì a trattenersi dall’urlare.

- Speri che Potter vinca? Combatteresti al suo fianco? Rischieresti di essere uccisa…-

- Draco mi ascolti quando parlo? Non voglio morire per nessuno dei due. Non mi schiererò. Nel caso scoppi una battaglia, credo che cercherò un modo per fuggire. Potrò sembrare una codarda, ma non voglio essere coinvolta. –

Le iridi del ragazzo ritornarono ad assumere quella trasparenza celeste che avevano solamente quando guardavano Asteria. La abbracciò nuovamente e si scusò per la reazione eccessiva. Rimasero in silenzio per tutta la notte, stretti l’uno all’altra, e il silenzio su quell’argomento rimase tra loro come uno spettro anche nelle settimane successive. Draco imparò a convivere con la sua preoccupazione e Asteria continuò a rifiutare il pensiero della fine imminente che si prospettava, perché di fine si trattava; in qualunque modo la storia si fosse evoluta, qualcuno ci avrebbe rimesso.

Quando quel giorno arrivò, Asteria si trovava nei pressi delle serre. Stava completando un lavoro di ricerca sulle Mandragole, quando improvvisamente il cielo si oscurò.

Alzò il viso e vide il Marchio Nero spiccare sulle alte guglie del castello; il suo stomaco si serrò immediatamente per il panico. Gettò a terra i suoi strumenti e corse verso il castello, era decisa a trovare Draco e convincerlo a scappare con lei, ma appena entrò nell’atrio, vide che tutti gli studenti si stavano raccogliendo nella Sala Grande.

Daphne intercettò la sorellina e la sospinse verso la tavolata della loro casa.

Asteria chiese a tutti se avessero visto Draco, ma nessuno sembrava sapere dove fosse.

Seguirono molti minuti di concitati preparativi. I ragazzi più piccoli urlavano per la paura, i più grandi protestavano perché volevano rimanere a combattere. I Serpeverde rimasero in silenzio, non condividevano le proteste. Pansy urlò addirittura di consegnare Potter a Voldemort, ma fu zittita da un esercito di insulti.

I professori discussero animatamente e quando giunsero a una conclusione, si voltarono tutti con uno sguardo di preoccupazione verso i Serpeverde.

La McGrannit annunciò che gli studenti sarebbero stati tutti evacuati, a eccezione dei maggiorenni che avessero desiderato rimanere per combattere, e poi disse una frase che fece raggelare il sangue nelle vene ad Asteria. Si rivolse a Lumacorno ma tutti udirono le sue parole.

- Se gli studenti della tua Casa si schiereranno con il Signore Oscuro, saranno uccisi. -

Quella era la guerra. Nessuno sarebbe stato risparmiato. Nessuna pietà.

Draco non si vedeva ancora e la McGrannit gli aveva appena promesso battaglia.

Il cervello di Asteria si annebbiò per molti minuti, quando si risvegliò, si scoprì incolonnata dietro a sua sorella. Erano nei pressi del sentiero che portava a Hogsmeade.

Si guardò ancora intorno, ma di Draco non c’era traccia.

Il suo istinto si impossessò di lei e la guidò lontano da quel gruppo di fuggitivi.

Corse come mai aveva fatto nella sua vita, senza voltarsi indietro.

Si gettò nell’inferno che era diventato il castello con la bacchetta stretta nel suo pugno nervoso.

Lampi e bagliori illuminavano l’aria di colori cupi, sinistri e i rumori strazianti, che colpivano le orecchie sentibili di Asteria, non erano meno agghiaccianti.

I Mangiamorte combattevano con crudeltà e masochismo, gli abitanti del castello sottoassedio si difendevano bene, ma peccavano di troppa bontà verso l’avversario. Ai fasci verdi delle maledizioni mortali, rispondevano con dei miseri Schiantesimi.

Corse per moltissimo tempo, saliva e scendeva le scale magiche instabili senza sapere in che pieno si trovasse e senza sapere quale fosse la sua meta.

Vide Luna Lovegood combattere con una forza insospettabile e quando incrociò il suo sguardo, le regalò il suo solito sorriso sghembo.

Quando decise di abbandonare le scale si ritrovò di fronte ad uno spettacolo terrificante. La parete del castello era crollata addosso al ragazzo che le aveva regalato la sua Puffola Pigmea che ora giaceva morto, tra le braccia di un ragazzo che gli assomigliava molto.

Lo scenario di morte la fece sprofondare nel panico, cominciò ad ansimare e dovette premersi le mani al petto per non svenire. I battiti accelerati del suo cuore le annerivano la vista e le facevano girare la testa.

Il suo corpo reagì come uno scudo e mutò in un lupo nero dai riflessi argentati.

Un animale più freddo e razionale avrebbe potuto gestire meglio le emozioni.

Percorse i corridoi irriconoscibili a grandi falcate, cercando con il fiuto l’odore di menta e tabacco del suo Draco, ma non lo trovò.

L’unica cosa che trovò fu un enorme cratere che si apriva sul pavimento del secondo piano e sprofondava molto più in basso, fino ai sotterranei.

Prima che il suo cervello potesse comprendere ciò che le stava succedendo, cadde in quel baratro nero. Quando incontrò le rocce che la attendevano di sotto, svenne immediatamente.

 

Tutto era finito.

Draco percorse con la mente gli avvenimenti delle ultime ore e cercò di capire com’erano arrivati fino a quel punto. I suoi genitori stavano bene, eppure Voldemort era stato sconfitto. Potter gli aveva salvato la vita e Narcissa l’aveva salvata a lui.

Il mondo si era capovolto molte volte. I piatti della bilancia della giustizia avevano oscillato per molto tempo prima di pendere dalla parte di Harry.

Sua madre lo teneva stretto al petto, come se fosse ancora un bambino e avesse bisogno di essere protetto dalla vista della devastazione che li circondava. Ciò che Narcissa non sapeva, era che Draco, il suo bambino, aveva assistito alla maggior parte degli assassini che erano stati commessi quella sera.

Lucius Malfoy stava in piedi accanto a sua moglie e le appoggiava una mano sulla spalla. I suoi occhi di ghiaccio erano palesemente scossi, ma il suo viso era rilassato e calmo. Draco non lo vedeva così da molto tempo, da anni, forse da sempre.

I suoi pensieri corsero ad Asteria. Saperla al sicuro lo aveva aiutato a superare quell’ultima terribile battaglia. Probabilmente era a Hogsmeade con il resto dei Serpeverde.

- Asteria! –

Draco si liberò dalla stretta di sua madre e guardò chi avesse urlato il nome della sua ragazza, speranzoso che Asteria rispondesse al richiamo e si facesse vedere.

Daphne Greengrass correva tra le macerie che ingombravano il giardino e si guardava attorno in maniera concitata.

Perché Daphne cercava sua sorella? Lo stomaco di Draco si contrasse per uno spasmo di nausea.

La sorella maggiore lo vide e corse fino a lui.

- L’hai vista? -

Draco scosse la testa e le rivolse una muta supplica. Non riusciva a parlare, ma desiderava sapere cosa fosse successo.

- È tornata indietro a cercarti! Ha farneticato il tuo nome fin da quando siamo uscite da Hogwarts, poi ha detto delle parole sconnesse sul fatto che doveva trovarti ed è fuggita via. Lumacorno ha cercato di fermarla ma era già scomparsa. Mi ha impedito di correrle dietro – gli occhi di Daphne divennero acquosi – Draco, dov’è? -

I minuti che seguirono furono ancora più strazianti e più intensi delle ore precedenti. I due Serpeverde corsero dentro il castello, cercarono nei sotterranei, al piano terra; arrivarono fino all’infermeria senza avere successo. Poi Draco fece una cosa che non si sarebbe mai sognato di fare in una situazione normale.

Chiese aiuto alla McGrannit.

La professoressa era china su un registro e cercava di fare un censimento approssimativo degli studenti che erano rimasti a Hogwarts.

Draco le posò una mano sul braccio. Gli occhi indagatori della professoressa si posarono su di lui e incredibilmente sorrisero.

- Signor Malfoy, siete vivo! -

- Sì, ma non riesco a trovare Asteria Greengrass – la mano che non era aggrappata alla professoressa era stretta a pugno e le sue nocche erano cadaveriche.

- Sono sicura che sta bene, il professor Lumacorno l’ha personalmente scortata…-

- No! E tornata indietro! È a scuola! –

Il capo della McGrannit oscillò a destra e a sinistra con rassegnazione.

- Oh Merlino! – prese in mano una penna e si avvicinò il registro agli occhi. –Devo metterla nella lista dei dispersi. -

- Cosa? L’unica cosa che deve fare, è aiutarci a cercarla! –

Una mano gentile lo allontanò dalla professoressa. Era Luna Lovegood.

- Credo che la professoressa sia stufa di ricevere cattive notizie. È sotto shock. - con la sua solita calma e con la sua parlata strana diede a Draco una speranza.

- L’ultima volta che l’ho vista era al terzo piano. –

Minerva McGrannit aveva sentito le parole di Luna e si era alzata in piedi, recuperando gran parte del suo vigore.

- Molto bene, signor Malfoy e Luna venite con me al terzo piano. Signorina Greengrass vada a chiamare Hagrid. Abbiamo bisogno del suo segugio. - anche la sua voce autoritaria era ritornata.

- Professoressa non ce ne sarà bisogno. Posso trovarla con l’aiuto dei Nargilli… -

Daphne guardò Luna sbalordita e corse via a cercare Hagrid. Ovviamente non era intenzionata a dare credito a quella pazza.

- Molto bene Luna, portaci dove l’hai vista l’ultima volta – poi si rivolse anche a Draco – se la conosco abbastanza, Asteria avrà preferito trasformarsi. Credo che dobbiamo cercare un lupo nero. Asteria è un Animagus -.

Draco spalancò la bocca e rimase impietrito. Quando si riscosse corse dietro alla gonna sgualcita della professoressa di trasfigurazione.

 

Quando Asteria riaprì gli occhi, vide il viso sorridente della sorella. A uno sguardo più approfondito, però, notò le profonde rughe di stanchezza che rovinavano i suoi lineamenti aristocratici; quel sorriso doveva esserle costato molto.

- Sono quasi morta di paura e tu sei quasi morta! Papà ha rischiato di avere un infarto! -

Asteria si guardò intorno e la sua vista sfocata le restituì uno spettacolo deprimente. Tutti i letti dell’infermeria erano occupati, molte streghe e molti maghi andavano su e giù e piangevano. Le sue orecchie ovattate piano piano le indirizzarono al cervello suoni tristi di urla e pianti disperati.

- Dov’è papà? -

Daphne abbassò lo sguardo.

- È andato a casa… mamma è morta -.

Una lacrima solitaria bagnò le guance della sorella maggiore. Il cuore della sorella minore mancò un battito, ma non ci fu reazione alcuna.

Asteria si alzò dal letto e ammonì la sorella di non seguirla. Doveva uscire da quella stanza.

Camminò fino all’uscita come un automa. Incrociò Madama Chips, che non tentò nemmeno di fermarla; c’erano persone che avevano molto più bisogno di aiuto. Asteria aveva soltanto alcune ossa rotte e sarebbero guarite in un paio di giorni grazie alla pozione che le aveva dato.

Il corpicino esile barcollò fino alla porta dell’infermeria, poi giù dalle scale, fino alla Sala Grande. Lì, il suo cuore mancò un altro battito.

La sala era piena di corpi. Tutti i caduti erano stati deposti sul pavimento.

Un gruppo di persone era radunato attorno al corpo del ragazzo che aveva visto morire schiacciato dalle macerie.

Il fratello gemello era chino sul corpo straziato e piangeva. Asteria si accorse che quello era il vero George Weasley. Il ragazzo che le aveva regalato la Puffola era ancora vivo. Si era confusa con il suo gemello. Provò l’impulso di andare da lui e confortarlo, ma non era sicura che fosse una buona idea. C’erano troppe persone addolorate attorno a quel corpo.

Si voltò e uscì in fretta da quella sala, aveva troppa paura di posare gli occhi sul corpo esanime di sua madre.

Fuori dalla sala comune l’aria era meno pesante, ma il suo cuore era ancora provato dalla recente notizia.

Luna Lovegood la vide e corse ad abbracciarla. Il suo abbraccio sincero fece sorridere Asteria.

- Sei sveglia! I Nargilli mi hanno portato da te! Ne ero sicura! Quel buco era molto profondo, sei stata fortunata! -

Asteria ricambiò la stretta.

- Luna… mi hai salvato tu? -

- I Nargilli! –

La sconfinata generosità di quella ragazza commosse Asteria. Affondò il volto nei capelli dorati di Luna e pianse. Il suo pianto disperato la aiutò a liberarsi di tutte le preoccupazioni e di tutti i nodi che si erano formati nella sua vita. Pianse per quella guerra inutile, per quei morti, pianse per tutto ciò che aveva dovuto affrontare negli ultimi due anni; ma soprattutto pianse per sua madre. Calliope Greengrass non c’era più.

Nonostante le incomprensioni e l’atteggiamento che sua madre aveva sempre avuto nei suoi confronti, Asteria era lacerata dal rimpianto di non averle mai parlato apertamente, di essersi sempre chiusa in se stessa. Forse, se fosse stata meno codarda, le cose sarebbero potute andare diversamente.

Asteria si staccò da Luna, le sorrise e si congedò da lei.

- Se cerchi Draco, è sulla scalinata d’ingresso con i sui genitori. -

Le parole di Luna aiutarono il suo cuore, che ricominciò a battere sempre più veloce.

Draco era seduto su uno scalino e parlava con sua madre. Narcissa vide Asteria e le sorrise, poi consigliò a Draco di guardare alle sue spalle.

Il ragazzo si voltò; appena la vide, scattò in piedi come una molla e corse verso di lei.

La sollevò da terra e la baciò ridendo.

Asteria non aveva molta voglia di ridere, doveva dirgli una cosa importante; una cosa che si era prefissata di dirgli fin da quando era ritornata al castello per cercarlo. Si fece rimettere con i piedi per terra e lo guardò seriamente.

- Tempo fa mi hai chiesto di prendere una posizione. Oggi ho finalmente trovato la mia strada. Io sto dalla tua parte, Draco. Per te morirei -.

Gli occhi celesti si illuminarono come il cielo di luglio.

- Asteria, hai fatto bene a non schierarti. Hai sempre avuto ragione. Sei riuscita a fare ciò che io non ho neanche osato immaginare: starne fuori. Tu sei riuscita, dove io ho fallito. Sei la mia forza… - il suo sguardo divenne più intenso. – Ti amo… -

Asteria gli regalò una risata cristallina.

- Lo so! -

Draco sorrise a quelle parole che lui aveva sempre usato con arroganza.

- Mi credi questa volta? -

- Ti credo, perché quando mi guardi, i tuoi occhi cambiano colore. Quando sei con me le tue iridi non sono più grigie, ma diventano di un azzurro che mi lascia senza fiato. Ti amo, Draco! -

Mentre si baciavano teneramente, Draco ricordò le parole che un tempo il professor Lumacorno gli aveva rivolto e finalmente ne capì appieno il significato.

“Quando avrete visto molto di più nella vita come ho fatto io, non sottovaluterete il potere di un’ossessione d’amore…”

 

 

Siamo giunti alla fine di questa storia. Confesso che un po’ sono triste. Abbandonerò Asteria e Draco al loro destino…

Spero di aver dato un senso all’epilogo che la Rowling ci ha offerto.

Ringrazio tutti voi che avete letto fino alla fine, tutti voi che avete recensito e chi ha messo la storia tra le preferite, seguite o ricordate! Grazie per aver sopportato i miei ritardi… Grazie di tutto. A presto!

Nitro

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