Stuck in a moment

di nitro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Memories ***
Capitolo 2: *** Souls ***



Capitolo 1
*** Memories ***


STUCK IN A MOMENT

 

Capitolo uno: Memories

 

Il gran desiderio di un cuore inquieto è di possedere interminabilmente la creatura che ama o di poterla immergere, quando sia venuto il tempo dell'assenza, in un sonno senza sogni che non possa aver termine che col giorno del ricongiungimento.
 

Albert Camus
 

 

Il vento del Nord soffiava gentile sulla brughiera. Accarezzava dolcemente i lunghi steli d’erba dei prati rigogliosi, ammantando le colline di una veste ondulata e perfetta.
Le alture si lasciavano cullare dall’incessante spinta della brezza, accogliendola come le madri che per la prima volta stringono il loro bambino al petto.
Ginny incedeva lenta in quel mare di spighe verdi e argentate. Il mantello celeste pastello s’intonava perfettamente con le iridi cristalline e risaltava magnificamente il rosso rubino che illuminava i lunghi capelli. La sua esile figura pareva anch’essa essere sospinta dal vento placido, come un fiore incastonato in quel prato verde. Un piccolo e fragile Nontiscordardime in un mare d’erba.
Ginny adorava passeggiare tra le colline. Gli splendidi paesaggi che si stagliavano innanzi ai suoi occhi le regalavano quella tranquillità che non poteva trovare in nessun altro luogo.
Come il vento, anche la ragazza sfiorava l’erba alta con le mani; si godeva la sensazione di solletico sul palmo della mano.
Sorrise a quel mare di smeraldo che la circondava. Era un colore così bello, ma anche così malinconico. Era il colore degli occhi del ragazzo che amava.
Harry la aveva lasciata per andare a combattere quella che credeva fosse soltanto la sua guerra. Non era riuscito a capire che lei voleva soltanto stargli accanto, sostenerlo e aiutarlo a compiere il suo difficile compito.
Non la aveva voluta.
L’aveva giudicata troppo debole per lottare al suo fianco. Harry pensava di proteggerla, uscendo dalla sua vita, ma la aveva soltanto afflitta con un nuovo dolore.
Eppure quel verde le ricordava anche qualcos’altro, qualcosa che era rimasto ben nascosto sotto le coltri della sua coscienza ma che le trasmetteva segnali di serenità.
I pensieri tristi di Ginny furono interrotti nel momento stesso in cui s’interruppe il dolce declivio della collina. La tranquilla passeggiata terminò bruscamente sull’orlo di una scogliera, che si gettava a precipizio sul mare.
Il distacco da quel paesaggio rilassante fu freddo, ruvido. Ginny si sentì colpire dallo sconforto.
I flutti di quel mare erano neri come il suo animo. Le onde spumeggiavano come fiere rabbiose. Quella bava densa e scura era la viscosa disperazione, in cui Ginny si sentiva sprofondare.
Tutto quel nero corvino le ricordò i capelli di Harry, quei sottili filamenti in cui le piaceva tanto immergere le mani e che le donavano quella stessa sensazione di solletico, che provava accarezzando l’erba.
Provò un irresistibile desiderio di gettarsi da quello strapiombo, voleva immergersi in quel mare e non riaffiorare mai più.
Eppure quel nero le ricordava anche qualcos’altro, una sensazione antica, un senso di pericolo che aveva dimenticato da molto tempo.
Un lungo brivido, procurato da un’improvvisa vertigine, la costrinse a chiudere gli occhi.
Il suo petto si alzava e si abbassava concitatamente, mosso da un profondo affanno.
Lentamente la tachicardia rallentò e il suo cuore ricominciò a battere con un ritmo regolare.
Un sottile alito di vento le solleticò le braccia; la pelle diafana lasciata scoperta dal mantello s’increspò e rispose al leggero tocco.
L’alito era come un respiro sulla pelle. Il soffio di un amante che lusinga l’oggetto del suo desiderio.
Ginny sospirò, voleva godersi fino allo stremo le attenzioni che il vento le riservava.
Quando le sfiorò il collo, le sue labbra si socchiusero in un debole gemito.
Una dolce memoria cullò i suoi pensieri. Dall’ombra del passato riaffiorò una piccola luce. In quella luminescenza c’era una ragazzina dall’aria stanca. Era distesa su un letto di lenzuola candide, reggeva in mano un vecchio libro e ne accarezzava la copertina.
E poi la verità la colpì come un masso che impatta le onde dopo un volo a precipizio dalla scogliera.
Aveva già sentito quel sibilo sulla pelle e la sua memoria le aveva mostrato l’attimo in cui era riuscita a percepirlo per la prima volta.
L’alito lascivo che sentiva sulla sua pelle era il suo respiro.
Il respiro di Tom Riddle.
Quell’oceano di smeraldo non erano gli occhi di Harry, ma le iridi profonde di Tom.
Le onde nere erano quelle dei capelli scuri dell’erede di Serpeverde.
Il vento cominciò a insinuarsi tra le pieghe del suo mantello, a soffiare sempre più forte. Si attorcigliava attorno al suo corpo con le sue spire pericolose, lo sentiva strisciare sulla sua pelle e avviluppare intimamente il suo stomaco. Quell’aria effimera acquisì sempre più consistenza, fino a compattarsi attorno al suo esile corpo.
Ginny aprì gli occhi di scatto.
Due braccia forti la stringevano in vita e la bloccavano contro un solido torace.
Il sibilo si tramutò in una debole risata.
Il vento parlò, e il suono del vento era il suono della sua voce.
 
Ginevra…
 
La ragazza scosse il capo con disperazione. Non voleva sentire oltre. Cominciò ad agitarsi e ad ansimare.
Sfuggire da quella presa salda era impossibile, si divincolava con tutte le sue forze ma non riusciva a liberarsi.
Il vento la sferzò con un sibilo deluso. Le braccia attorno al suo corpo svanirono e Ginny fu nuovamente sola.
Ginny si voltò lentamente, timorosa di percepire con la vista ciò che fino a quel momento aveva soltanto stimolato il suo udito e il senso del tatto.
Le sue preoccupazioni si trasformarono in una triste realtà, non appena posò gli occhi sul ragazzo che le sorrideva a pochi passi da lei.
Erano passati anni dall’ultima volta che aveva visto quel sorriso e Ginny ricordò quanto fosse meraviglioso e disarmante. Le labbra carnose di Tom si curvavano in un ghigno sghembo. Ciò che l’aveva sempre colpita era la fierezza che ostentava, ma in quella superbia si poteva scorgere un pizzico di tristezza mal celata.
Ginny non sapeva dare una spiegazione alla presenza di Tom. Ogni centimetro del suo corpo aveva una consistenza terrena, ma se si guardava con attenzione, si poteva vedere oltre la sua figura, l’erba mossa dal vento.
Ginny scosse la testa e il sorriso di Tom si eclissò.
 
Perché mi respingi?
 
Ginny richiuse gli occhi di scatto; strinse forte le palpebre e sperò di essere sola quando le avrebbe riaperte. Il suo fu un vano tentativo, lui era sempre là e le sorrideva, pieno di aspettative.
« No! Tu sei morto! Vattene! »
Tom fece un passo verso di lei.
 
Non sono mai morto per te, vero, Ginevra?
 
Non riuscì più a parlare, Ginny muoveva le labbra ma i suoni si rifiutavano di uscire. Aveva l'intenzione di urlargli quanto si sbagliasse, voleva riversargli addosso tutto l’odio che aveva covato per anni, ma non ce la fece.
Tom mosse un altro passo nella sua direzione.
 
Tu mi hai riportato qui. Ero soltanto una reminescenza, ma i tuoi ricordi mi hanno dato nuova consistenza. Hai ricordato i miei occhi, il mio respiro… me.
 
Ormai i loro corpi erano a pochissima distanza l’uno dall’altro. Per toccarsi sarebbe bastato che uno dei due alzasse una mano.
Ginny non riusciva ad allontanare lo sguardo da lui. Era rapita dai lineamenti scolpiti ma allo stesso tempo dolci di Tom. Le sopraciglia scure decoravano finemente i due pozzi smeraldini che brillavano di sagacia, il naso dritto si stagliava fiero sui suoi zigomi alti e nobili. La linea dura della mascella incorniciava perfettamente le sue labbra carnose.
 
Il tempo della lontananza è giunto al termine. È arrivato il momento di ricongiungerti a me. Svegliati Ginevra… svegliati… svegliati…
 
La voce profonda del ragazzo la riportò alla realtà. Si rese conto di quanto le fosse vicino, troppo vicino. Tom protese le braccia per attirarla verso il suo corpo.
Ginny sussultò e fece un passo indietro ma non trovò la terra a sorreggerla. Sotto di lei c’era soltanto il vuoto lasciato dal precipizio.
Chiuse gli occhi e attese l’impatto con le onde che l’avrebbero inghiottita. Quel contatto brusco, tuttavia, non arrivò; non si sentì avviluppare dall’acqua scura.
La superficie che aveva urtato era dura e asciutta.
Ginny non aveva il coraggio di aprire gli occhi, era confusa e frastornata; nelle sue orecchie rimbombava ancora la voce invitante di Tom.
 
Svegliati…
 
Si sentiva stringere alla vita, eppure il ragazzo non era precipitato assieme a lei.
Si concentrò per alcuni secondi e calmò il suo respiro, poi cominciò a tastare con le mani il terreno sotto di sé. Era liscio ma presentava delle piccole imperfezioni, simili alle venature della corteccia.
Si fece coraggio e aprì gli occhi. Nella penombra distinse chiaramente le sagoma di due letti e un grosso armadio a muro.
La sua guancia era appoggiata al pavimento di legno della sua stanza, nella torre di Grifondoro.
Era a Hogwarts.
La stretta alla vita era provocata dalle lenzuola che si erano attorcigliate malamente attorno al suo corpo.
Si liberò da quella stretta e si rialzò. Toccò la sua camicia da notte, poi toccò la testiera del suo letto; voleva assicurarsi che il mondo attorno a lei fosse reale.
Si accorse immediatamente che qualcosa non andava, c’era qualcosa di diverso.
Tutto ciò che toccava, che vedeva e che percepiva, era fin troppo nitido e reale.
Ginny portò le piccole mani affusolate sul capo e strinse i suoi capelli ramati.
Più si sforzava di capire cosa ci fosse di sbagliato nel mondo attorno a lei, più si rendeva conto che quel qualcosa che non andava era dentro di lei.
Non provava le sensazioni di chi si risveglia dal sogno di una notte, si sentiva come se si fosse risvegliata dopo un sonno durato qualche secolo.
Tutti i suoi ricordi precedenti quella notte apparivano sfocati. Ginny cercava di ricordare ma vedeva solo un mondo ovattato, come se stesse osservando tutto da oltre un vetro.
Non tutti i ricordi erano così vaghi, soltanto gli avvenimenti dopo il suo primo anno a Hogwarts…dopo l’incidente con il diario.
Ginny non capiva, era come se avesse dormito per circa cinque anni e si fosse svegliata all’improvviso.
Per cinque anni aveva vissuto accanto alla sua famiglia, ai suoi amici e a Harry; lo ricordava, ma capì immediatamente che quella ragazza non era la vera Ginny. Si era lasciata trascinare dagli eventi senza reagire. Perché ora percepiva tutto più chiaramente?
Cosa l’aveva destata dal suo sonno?
C’era qualcosa, però che la sconvolgeva ancora di più. Il sogno di quella notte non era stato soltanto strano, ma era anche stato il suo primo sogno da molto tempo. Ginny non aveva più sognato, dopo che il diario era stato distrutto. Non era più riuscita a rilassare la mente e a dormire con serenità. Non riuscì però a capire se l’assenza di viaggi onirici fosse veramente tale o fosse lei che non era mai riuscita a ricordare, una volta sveglia. La memoria offuscata di quel periodo della sua vita le impediva di dare una spiegazione.
S’inginocchiò a terra e abbassò il capo, era affranta e confusa.
Qualcosa attirò il suo sguardo.
Accanto al suo piede c’era un oggetto scuro e sgualcito.
Ginny strinse le palpebre per mettere a fuoco, ma quando capì cosa giaceva accanto a lei, si ritrasse come un gatto immerso nell’acqua gelida.
Il diario di Tom Riddle la osservava.
Ginny poteva comprendere chiaramente la bramosia che quell’oggetto provava nei suoi confronti, e quella brama risvegliava in lei l’ossessione e la voglia di possederlo.
Una piccola goccia di liquido caldo solcò i lineamenti gentili del suo viso.
Raccolse con un dito la lacrima e la osservò. Non si era nemmeno accorta che stava piangendo.
Una crudele ansia cominciò a scuoterle il petto e la trascinò in un pianto disperato, quasi isterico.
 
Ginevra…
 
Di nuovo la sua voce calda. Il diario la chiamava. Ginny sentiva che la voleva. Lui la voleva.
Istintivamente si protese verso il libro. La sua mano si fermò a pochi centimetri dalla copertina slabbrata.
Sentì un piacevole formicolio alla mano. Un sottile filo di elettricità partiva dal diario e le accarezzava la pelle.
Era inutile lottare contro lo struggimento che la animava.
Rassegnata, raccolse il diario e se lo strinse al petto, come si farebbe con un vecchio amico di cui si è sentita particolarmente la mancanza.
Lo guardò a lungo e percorse tristemente con lo sguardo i bordi del buco lasciato dalla zanna di Basilisco.
In quel punto Harry aveva affondato il colpo fatale, che aveva messo fine a ciò che lei, inconsapevolmente, aveva cominciato.
L’inchiostro, fuoriuscito come sangue da quella ferita, aveva lasciato un macabro alone nero sulla copertina di pelle.
Ginny si chiese se in quelle pagine ingiallite ci fosse ancora una qualche traccia di lei e di ciò che vi aveva scritto all’interno.
Toccò i bordi lacerati dello squarcio, ma non riuscì a proseguire oltre e ad aprire il diario.
Una luce verdognola si dipanò dal foro e inondò tutta la stanza. Tutto intorno a lei fu colpito dalla luminescenza e divenne sempre più indistinto.
Ginny si sentì trascinare da quel fascio abbagliante. La tirava verso il basso come le mani di un bambino, che vogliono richiamare a sé il corpo confortante della madre.
La luce era talmente forte da impedirle di vedere e quindi di reagire. Il suo corpo e la sua mente precipitarono in un vortice di particelle scintillanti. 

 

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Capitolo 2
*** Souls ***


Capitolo due: Souls

 

   I sogni sono illustrazioni dal libro che la tua anima sta scrivendo su di te.
Alan Drew
    

Un’esile figura fluttuava in un cono di luce, con le membra abbandonate e immobili. Il corpo snello fu delicatamente adagiato da quel riverbero accecante, che andava lentamente diradandosi.
Ginny rimase immobile per un po’ in uno stato di shock.
Quando si sentì di nuovo padrona di se stessa e dei suoi movimenti si alzò a sedere con fatica.
Due piccole mani pallide corsero a cercare la bacchetta e si rassicurarono quando la ritrovarono al suo posto, poi strofinarono gli occhi cercando di scacciare i fastidiosi aloni neri, che impedivano alla vista di funzionare correttamente.
Ginny si trovava su un divano di pelle nera, molto elegante ed elaborato. Quando riuscì a metter a fuoco anche i particolari distanti da lei, scoprì di essere in un lussuoso salotto in stile vittoriano.
C’erano due poltrone identiche al divano su cui era distesa, un tavolino di legno intarsiato e un enorme tappeto persiano che ricopriva tutto il pavimento della stanza.
Ginny si alzò e si tirò dei piccoli pizzicotti sul dorso della mano; non era più in grado di capire se stesse sognando o se quello fosse il mondo reale.
Il mobilio, la stanza e lei stessa erano solidi e vividi. Era quasi certa che non si trattasse di un altro viaggio onirico.
Attraversò la stanza e si scagliò sulla massiccia porta di legno, ma la serratura dorata era stata sigillata con un incantesimo molto potente. Non riuscì ad aprirla con nessuna formula magica. Anche le finestre erano sigillate.
Oltre quei vetri si poteva scorgere un bellissimo giardino. L’erba era molto curata e qua e là si potevano vedere delle isolette di fiori rossi e celesti. Un gazebo signorile proteggeva dai raggi del sole un dondolo nero di ferro battuto.
Grazie a quella vista mozzafiato, Ginny dimenticò la foga di uscire da lì.
Il giardino e quella stanza emanavano un senso di calma, che le rilassava tutte le membra.
La porta del salotto si aprì con un lieve cigolio e la ragazza si voltò, dando le spalle alla finestra.
Un giovane alto e affascinante fece il suo ingresso nella stanza, ma si fermò di scatto, colpito dalla vista della ragazza alla finestra.
Un ghigno deformò i lineamenti di quel volto perfetto.
« Sei venuta da me… »
Ginny osservava sbalordita i movimenti eleganti che Tom sfoggiava, mentre si accomodava su una poltrona di pelle.
L’espressione di trionfo del ragazzo era sporcata da un granello di stupore.
La giovane osservò la camicia bianca che ricadeva perfettamente sulle linee scolpite dai muscoli; il colletto era stato lasciato aperto e si poteva intravedere la linea dei pettorali.
Quel corpo era reale, consistente e solido.
Il cuore cominciò a battere in maniera irregolare, si sentiva come un pettirosso in gabbia, intrappolata.
« Come sono arrivata in questo luogo? » azzardò a chiedere.
Ginny riuscì inaspettatamente a parlare con un tono di voce fermo e sicuro.
Tom le rispose mentre si sistemava meglio sulla poltrona. Allungò le gambe e si appoggiò allo schienale, incrociando le braccia. Esibiva un’aria di sfida.
« Non sono mai stato uno sprovveduto. Quando sono rimasto rinchiuso qui, ho installato nel diario un meccanismo di difesa… »
Era orgoglioso della riuscita del suo piano ed era deciso a boriarsi.
« La piccola Ginevra Weasley mi ha confidato così tante cose, era così vogliosa di aprire la sua anima a qualcuno ed io ne ho approfittato. Ho riversato nel tuo soffio vitale parte del mio. Il diario voleva ricongiungersi alla mia anima e ti ha raggiunto ».
Ginny non capiva.
« Perché proprio adesso? »
Tom appoggiò le mani sulle ginocchia e le sorrise, beffardo.
« Diciamo che sei stata tu a risvegliare il diario. Hai desiderato di rivedermi, vero? »
Non era sicura di averlo mai completamente dimenticato dopo la distruzione del diario, ma si era sempre imposta di non pensare a lui. In quel momento, però, non riuscì a ricordare.
« Non me lo ricordo… come esco da questo luogo? Dove siamo? »
Tom ghignò. Era soddisfatto.
« Questa è la casa dei Riddle, sono imprigionato da molti anni ormai, ma tu mi hai già permesso di uscire una volta. Potremmo farlo ancora, ma stavolta saremo insieme ».
Ginny era confusa. Lo aveva fatto uscire? Dove gli aveva permesso di andare? La sua mente annebbiata ci mise un po’ di tempo prima di ricordare Hogwarts e la Camera dei Segreti.
« Sto sognando? »
Tom si alzò e si avvicinò a lei.
« No Ginevra, questo è reale... la tua anima mi vuole, è lei che scrive il libro della tua vita, e nella tua esistenza hai bisogno di me. Hai reso reale la mia prigione » la guardò più intensamente, avvicinando il suo viso alle guancie piene di lentiggini della ragazza.
« Le nostre anime sono unite. Siamo legati troppo in profondità, tutto quello che abbiamo passato insieme, ci ha reso una cosa sola ».
Lo smeraldo brillava in quelle iridi espressive, lo sguardo criptico e indecifrabile gli donava una disarmante aria di mistero. Le sue parole erano, se possibile, ancora più ermetiche dei suoi occhi.
« Io sopravvivo grazie a te, se mi lascerai entrare completamente nella tua anima saremo capaci fuggire insieme ».
Le labbra carnose di Tom si avvicinarono a quelle rosee di Ginny, ma lei lo respinse, puntellando le mani sul suo petto.
Aveva agito d’istinto, senza una vera motivazione. Sentiva che c’era qualcosa che le impediva di lasciarsi sfiorare da lui, ma non sapeva dare consistenza a quei pensieri e a quei volti confusi che affollavano la sua mente.
Una luce sinistra e verdognola balenò negli occhi del ragazzo.
« Perché? » il tono e il cruccio sul suo viso rendevano la domanda quasi infantile.
« Io… non lo so, non me lo ricordo ».
Lo sguardo di Ginny era incatenato a quello del ragazzo, e più sprofondava in quell’intimo contatto, più i volti nella sua mente si sbiadivano. Ginevra non riusciva a ricordare nulla della sua vita o dei suoi cari. Esistevano soltanto quella stanza, quel momento e il ragazzo di fronte a lei.
Accarezzò con le mani affusolate la camicia di seta bianca che fasciava il torace di Tom. Desiderava stringersi a lui, ma non le fu permesso.
Tom le afferrò i polsi e la allontanò da se, poi si voltò e corse furiosamente fuori dalla stanza.
Ginny rimase con le mani a mezz’aria. Delusa da quella reazione.
D’impulso gli corse dietro. Lo seguì lungo l’atrio e fuori, oltre la porta principale.
Il sole intenso la abbagliò per un breve istante, ma poi vide un profilo aitante che si sedeva sul dondolo nero, sotto il gazebo.
L’espressione sul volto di Tom manifestava tutta la tristezza che un ragazzo di diciassette anni non era capace di contenere, di nascondere.
Doveva sentirsi molto solo.
Cautamente si avvicinò e gli toccò una spalla, aveva paura di provocare una reazione violenta. Il comportamento docile di Tom non derivava dalla sua indole, era un lupo travestito da agnello e Ginny temeva di scatenare la belva che dimorava in lui.
Contrariamente alle sue attese, Tom si alzò in piedi e la strinse tra le braccia. I capelli rossi sporcarono il bianco candido della sua camicia.
Con delicatezza le mise una mano dietro la nuca e la costrinse a guardare i suoi occhi verdi. Non gli bastava avvinghiarla con le sue membra, voleva anche incatenarla al suo sguardo.
« Io vivo in te… non voglio morire. Non permettere che ciò accada ».
Tom la attirò verso le sue labbra. Stavolta Ginny non oppose resistenza e si lasciò trascinare dalla passione del ragazzo.
Le loro labbra si rincorrevano in un gioco di seduzione mozzafiato. Ginny era totalmente persa tra le sue braccia; non si accorse neanche che Tom l’aveva trascinata sul dondolo e l’aveva fatta sdraiare sopra il suo corpo.
I capelli infuocati si fusero con quelli neri di Tom, come un sole rosso acceso che s’immerge nel mare nero all’orizzonte.
Il ragazzo abbandonò la sua bocca e le sorrise. Accarezzò dolcemente le guance costellate di efelidi.
« Ho aspettato tanti anni per rivederti, Ginevra… sono così felice. Non opporti a me, ai miei sentimenti verso di te…non vale la pena combattere una guerra, quando entrambi possiamo trovare la pace, insieme ».
Tom estrasse la bacchetta e la puntò sopra le loro teste. Un fumo argentato cominciò a fluire dai loro corpi e a intrecciarsi nell’aria. Le loro anime danzavano insieme, si rincorrevano e bramavano di mescolarsi l’una nell’altra.
Ginny continuò a perdersi negli occhi di Tom, finché una parola non rimbombò nella sua mente.
Guerra.
Quel concetto le ricordava qualcosa; un’altra guerra era in corso in un luogo remoto. Qualcuno a lei molto caro stava combattendo per la vita contro una persona empia e malvagia.
Poi comprese, non si trattava di un’altra guerra. Nei suoi ricordi vide i volti gentili dei suoi famigliari e vide lui… Harry. Il ragazzo le sorrideva da dietro i suoi occhiali sbilenchi.
La guerra era sempre la stessa.
Harry aveva sempre lottato con tutte le sue forze contro Voldemort e ora lei si trovava di fronte a quel mago senza combatterlo. Lo assecondava senza reagire, persa in una futile lascivia. Non poteva permettere a se stessa di commettere un simile errore. Non poteva lasciarsi ingannare dalle sue false promesse.
Quel mago oscuro le stava annebbiando la mente, le aveva rubato tutti i suoi ricordi e ora pretendeva di sottrarle la sua stessa anima.
Si allontanò di scatto dal corpo di Tom, interrompendo l’unione delle loro anime.
« Cosa mi stai facendo? »
Gli occhi di Tom erano irosi e agitati, ma la sua voce profonda fluì come il miele dalle sue labbra.
« Io non ti ho fatto nulla. Tutto ciò che succede in questo luogo, è il riflesso dei desideri che si nascondono dentro il tuo cuore… »
La giovane lottò contro la foschia e si aggrappò al pensiero del viso dolce di Harry.
« No! Non cederò, non ti porterò con me! Non posso tradire Harry! »
Il volto del ragazzo si deformò e divenne una maschera di rabbia.
« Harry? Harry Potter? Oh Ginevra, tu non lo ami, ti sei mai chiesta, perché ti sei interessata a lui? I suoi occhi non ti ricordano forse i miei? Oh lui è così simile a me ».
Le sue urla mutarono ancora di più il suo volto. I suoi lineamenti assunsero una linea serpentesca e ferina, simile alla terrificante fisionomia che Voldemort ostentava.
Il lupo si era privato del soffice mantello da agnello e aveva mostrato il suo lato selvaggio.
Tom estrasse la bacchetta e il corpo della ragazza fu colpito dalla Maledizione Cruciatus, che le provocò dei sussulti violenti. Il dolore era insopportabile, le lacerava la carne e lo spirito con le sue lame infuocate.
Ginny si concentrò sul volto del ragazzo che amava e raccolse le forze, riuscì a portare una mano alla bacchetta e a estrarla.
Con le ultime briciole di forza di volontà lanciò la più terrificante delle Maledizioni Senza Perdono.
« Avada Kedavra! »
Tom Riddle non si aspettava una vittima così combattiva. Il suo corpo si accasciò a terra con un’espressione di stupore.
Il suo aspettò ritornò quello di un ragazzo diciassettenne.
Prima di chiudere gli occhi per sempre guardò gli occhi celesti della sua carnefice per l’ultima volta e le rivolse un estremo dolce sorriso.
La sfolgorante luce verdognola, che la aveva trascinata in quel luogo, ricomparve e la sottrasse dalla vista del corpo esanime di Tom.
Il meraviglioso giardino scomparve e lasciò spazio alla penombra dei dormitori Grifondoro.
Ginny atterrò accanto al suo letto. I capelli ramati ricadevano scomposti sul viso stanco.
Il torpore provocato dal riverbero, si eclissò con una lentezza esasperante, la ragazza respirava affannosamente e fremeva dalla voglia di riprendersi.
Con l’aiuto della ritrovata lucidità, vide che aveva in grembo il vecchio diario di Tom Riddle.
Caracollò carponi fino al camino e gettò il libro tra le braci. Le fiamme ripresero vita grazie a quel nuovo combustibile e per un breve istante si tinsero di una sinistra tonalità di verde.
Ginny osservò la carta che bruciava e la pelle della copertina che si accartocciava. Rimase inginocchiata accanto al fuoco finché anche l’ultimo granello di quell’oggetto non si fu mescolato con la cenere.
Il diario era finalmente stato distrutto. La ragazza non avrebbe mai più rivisto il viso di Tom, poteva percepirlo nella sua anima.
L’alba bussò alle finestre della stanza ed entrò per portare un nuovo giorno.
Ginny si alzò in piedi e si strofinò le guance. Una nuova determinazione illuminava i suoi occhi turchini, da quel momento avrebbe affrontato tutte le battaglie con fierezza e risoluzione.
Tuttavia, in un angolo remoto del suo cuore, Ginny piangeva. Una piccola ferita, che difficilmente si sarebbe rimarginata, stillava sangue nero. 

 

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