Snow Time di Yoshiko (/viewuser.php?uid=1750)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Un magico momento ***
Capitolo 2: *** 1 - Ritiro con sorpresa - prima parte ***
Capitolo 3: *** 1 - Ritiro con sorpresa - seconda parte ***
Capitolo 4: *** 2 - La notte perfetta ***
Capitolo 5: *** 3 - Pesca di sopravvivenza ***
Capitolo 6: *** 4 - Piste da sballo ***
Capitolo 7: *** 5 - Compagni di scuola ***
Capitolo 8: *** 6 - L'amore geloso ***
Capitolo 9: *** 7 - I soliti idioti ***
Capitolo 10: *** 8 - La colpa di Kevin ***
Capitolo 11: *** 9 - Alcol e sapone - prima parte ***
Capitolo 12: *** 9 - Alcol e sapone - seconda parte ***
Capitolo 13: *** 10 - Resa dei conti - prima parte ***
Capitolo 14: *** 10 - Resa dei conti - seconda parte ***
Capitolo 15: *** 11 - Amici e nemici - prima parte ***
Capitolo 16: *** 11 - Amici e nemici - seconda parte ***
Capitolo 17: *** 12 - Tormenta coi fiocchi - prima parte ***
Capitolo 18: *** 12 - Tormenta coi fiocchi - seconda parte ***
Capitolo 19: *** 13 - Ghiaccio infranto ***
Capitolo 20: *** 14 - Fine dei giochi - prima parte ***
Capitolo 21: *** 14 - Fine dei giochi - seconda parte ***
Capitolo 22: *** 15 - Rientro alla base - prima parte ***
Capitolo 23: *** 15 - Rientro alla base - seconda parte ***
Capitolo 1 *** Prologo - Un magico momento ***
- Prologo -
Un magico
momento
Era una spiaggia tropicale da sogno.
La sabbia bianca e sottile somigliava allo zucchero, le palme alte e
affusolate si inchinavano al cospetto
dell’immensità del mare. La distesa oceanica
risplendeva delle tonalità del tramonto, mentre il sole si
preparava a tuffarsi nell’acqua splendente di miriadi di luci
scintillanti. Lo sciabordio della risacca cullava l’atmosfera
perfetta. Una leggera brezza agitava i capelli della giovane coppia
seduta sulla sabbia, i loro abiti estivi e le grandi foglie delle palme
che sussurravano parole d’amore a quel tramonto
d’incanto.
Julian sospirò di beatitudine, poi si volse a guardare Amy
accoccolata al suo fianco. Anche lei osservava incantata la sfera
infuocata del sole che si immergeva fra le onde dell’oceano.
Il cielo di quello splendido tramonto era di un rosso intenso che a
oriente sfumava già nel violetto del crepuscolo.
Fece correre la mano sul braccio nudo della giovane in una carezza
seducente che le provocò un brivido di piacere su, lungo la
schiena lasciata scoperta dal tessuto a fiori dell’abito
estivo.
“Questo luogo è bellissimo e goderlo insieme a te
è un’emozione stupenda.”
Amy arrossì, perdendosi nel suo sguardo pieno di desiderio.
“Oh Julian…” mormorò.
Lui sorrise, abbagliato dallo spettacolo dei suoi occhi scintillanti
del riflesso del sole al tramonto. Avvicinò il volto a
quello di Amy e sfiorò con le proprie le labbra protese
verso di lui, in un bacio che si fece subito ardente come il fuoco. Le
braccia di Julian circondarono quel corpo femminile così
perfetto nell’adattarsi al suo, ma proprio
nell’istante in cui si lasciavano cadere tra la sabbia, il
trillo crudele e improvviso di un telefono annientò la magia
del momento. Si guardarono costernati, poi la sorpresa di Amy
mutò in collera.
“Julian rispondi!”
Il ragazzo si frugò addosso in tutta fretta, alla ricerca di
un cellulare che era sicuro di non avere con sé. Si
tastò nelle tasche della camicia, poi in quelle dei
pantaloncini, cercando la fonte di quel trillo da incubo che continuava
insistente. Fu inutile.
Amy si scostò, affondando irritata le dita nella sabbia.
“Julian? Allora?”
“Non sono io.” si guardò intorno ma non
vide nulla che potesse dare una spiegazione agli squilli che gli
stavano penetrando penosamente nel cervello, seguiti dall’ira
della fidanzata. La spiaggia era deserta a parte loro stessi, gli
alberi e l’immensità dell’oceano. E un
telefono.
Amy puntò su di lui un dito minaccioso e accusatorio.
“Fallo smettere, Julian!”
“Vorrei davvero, ma non so come!”
Tornò a frugarsi disperato nelle tasche ma niente. La fonte
di quel suono non veniva fuori e, Julian lo vedeva, Amy stava perdendo
la pazienza. Il sorriso con cui lo aveva affascinato giusto una
manciata di istanti prima era scomparso dal suo volto. Gli occhi con
cui adesso lo guardava, che finora avevano sprizzato amore e
passione, erano socchiusi e carichi di collera. Come se il
cambio repentino del suo umore non fosse già sufficiente a
esternare la sua contrarietà, Amy si alzò.
“Quando imparerai a spegnere quel maledetto cellulare? Le tue
fan ti chiamano in continuazione, in ogni momento! Pure in
questo!”
“Ma Amy!” Julian si tirò su con uno
scatto e le prese una mano per trattenerla “Ti assicuro
che…”
Lei lo spinse indietro, lui inciampò tra i dislivelli della
sabbia, perse l’equilibrio e crollò
seduto. Il cielo arrossato del tramonto scomparve, le palme
scomparvero, l’oceano scomparve, la sabbia scomparve e
scomparve persino Amy.
Intorno a lui il buio delle tende tirate della sua stanza e una debole
luce che si insinuava ai lati del tessuto, lasciando scorgere le ombre
scure della scrivania, dell’armadio, della libreria, della
sedia, della porta. La spiaggia tropicale non c’era
più, il suo sogno si era dissolto portandosi via Amy, i suoi
baci, il suo amore e fortunatamente anche la sua collera. Soltanto una
cosa era rimasta. Quel maledetto suono squillante che stava continuando
a perforargli i timpani.
Per sottrarsi al micidiale trillo della sveglia, nascose esasperato la
testa sotto il cuscino e tese una mano verso il comodino, urtando un
pesante libro in bilico sul bordo del ripiano.
L’intensità del tonfo sul pavimento gli fece
capire che si trattava del manuale di chimica che aveva tentato di
studiare la sera prima, senza troppo successo. Muovendo ancora le dita
a casaccio, gettò a terra la matita e probabilmente, anche
il cellulare. La sveglia, invece, continuava a trillare. Si
tirò su di scatto e lanciò un’occhiata
carica di odio all’orologio.
-Sono in vacanza, maledetto te!-
In quel momento prese atto di due cose: che erano le sette e che non
era la sveglia a fare tutto quel fracasso.
-Arrivo, arrivo!- sentì sua madre affrettarsi nel corridoio
-Pronto?-
Diamine! Era il telefono di casa! E per averlo svegliato doveva aver
squillato a lungo. Ringraziando cielo e terra che il trillo fosse
cessato, dopo aver affibbiato un paio di insulti molto sentiti a chi
disturbava a quell’ora, Julian sprofondò di nuovo
tra le lenzuola pronto a riprendere il sogno così
bruscamente e spietatamente interrotto, convinto che adesso le cose con
Amy sarebbero andare molto meglio, fino a concludersi in bellezza. Non
fece in tempo a pensarlo che sua madre bussò alla porta.
-Julian, tesoro… è per te.-
Il ragazzo si girò sulla schiena, gli occhi al soffitto
spalancati di infastidita incredulità. Chi gli voleva
così male da chiamarlo tanto presto? Forse
l’onirica vendetta di Amy aveva travalicato il sogno? Non
sentiva la fidanzata ormai da tre giorni, a parte un paio di suoi
messaggi telegrafici che però secondo lui non facevano
testo. Nonostante le avesse insistentemente chiesto spiegazioni sulla
sua sparizione improvvisa, non era riuscito a scoprire dove fosse
andata a cacciarsi e la cosa si stava facendo inquietante,
nonché foriera di scomodi dubbi. Solo la fiducia immensa e
incondizionata che poneva in lei riusciva a scalzare il sospetto di un
doloroso tradimento. Un tradimento del quale, anche tornando indietro
con i ricordi, non riusciva ad avere sentore. Quattro sere prima,
quando si erano incontrati l’ultima volta e l’aveva
invitata a cena per la sera successiva, lei gli aveva detto senza
sbilanciarsi che aveva già un impegno e quando Julian aveva
rilanciato la proposta per la sera ancora dopo, Amy aveva nicchiato con
un sorrisetto di circostanza, facendogli capire al volo che rifiutava
l’invito per quello e i giorni seguenti. Il dubbio di non
essere al corrente di qualcosa si era insinuato in lui
all’istante. Aveva persino pensato che ci fosse sotto lo
zampino di sua madre, con la quale la fidanzata ultimamente andava
d’accordo a giorni alterni. Ma quando aveva cercato di
indagare più a fondo, Amy gli si era avvicinata con
tutt’altre intenzioni e tra una cosa e l’altra si
era poi dimenticato di informarsi. Forse, pensandoci ora, la sua era
stata una ben riuscita manovra diversiva.
-Julian!- la voce di sua madre si fece più vicina e
più insistente -Julian, vieni a rispondere.
C’è Philip Callaghan al telefono. Dice che
è importante.-
Philip Callaghan! Se si fosse trattato di Amy sarebbe saltato
giù dal letto… ma Philip! Nulla di quello che
doveva dirgli poteva essere così urgente, tanto
più che tra poche ore si sarebbero visti! Non poteva
aspettare e parlargli più tardi? Che fretta c’era?
-Julian!- insistette la donna, lasciando trapelare un velo di fastidio
sufficiente a indurlo ad alzarsi. Sua madre era la persona
più petulante del mondo.
-Arrivo…- scalciò via le coperte e
balzò giù dal letto, restando impigliato con una
gamba nel lenzuolo. Inciampò tra le pieghe della stoffa e
cadde in ginocchio -Merda!-
-Julian!- lo rimproverò lei al di là della porta
-Sai che detesto sentirti parlare così!-
-Non sto parlando!- gridò di rimando. Stava imprecando,
porca miseria. Possibile che sua madre non capisse la differenza? E poi
perché non era ancora uscita? In genere lei e suo padre alle
sette erano già fuori casa. Agitò un piede per
sganciarsi dal lenzuolo aggrovigliato al polpaccio come
un’edera, calciando il cuscino dall’altra parte
della stanza. Quando fu finalmente libero incespicò sulle
pantofole. La fugace impressione di essersi alzato quella mattina
più goffo di un elefante in un negozio di cristalli
contribuì ad accrescere il suo malumore. Soffocò
una nuova imprecazione per non farsi udire da sua madre e non doverla a
sua volta sentire, poi raggiunse la porta. Intravide il cappotto di
panno blu oltremare della signora Ross svolazzare sulle scale e la sua
voce avvertire il papà che stava arrivando. Erano in ritardo
come al solito. Presto, molto presto, suo padre avrebbe ripreso
l’abitudine di andare in ufficio in anticipo o più
tardi, evitando così di fare una parte del tragitto con lei.
Julian agguantò il cordless appoggiato sulla libreria del
corridoio e Philip rispose con voce mielosa al suo poco cordiale
grugnito.
“Ciao Julian, come stai?”
-Che or’è lassù da te?-
La scortese domanda che gli rimpallò il ragazzo,
lasciò l’altro interdetto. Seguì un
attimo di silenzio, durante il quale Julian soffocò uno
sbadiglio e Philip pensò in fretta e furia al modo migliore
per rendere il compagno più affabile. Julian lo
batté sul tempo.
-Insomma, cosa vuoi? Stavo dormendo!-
“Mi dispiace di averti svegliato ma è
importante…” esitò “Sai
dov’è Amy?”
Una sorta di allarme scattò nella mente ancora assonnata di
Julian, il dubbio che aveva rifiutato di mettergli radici nella mente.
-Amy? Mi hai telefonato per parlare di Amy?-
“No, non…”
-Cosa c’entra Amy?- l’idea, angosciante e
inaccettabile, prese forma definitivamente -L’hai forse vista
con qualcuno?- qualcuno che non era lui, ovviamente. Impossibile,
pensò un istante dopo. Philip abitava troppo lontano.
Però forse qualcuno poteva averla vista con qualcun altro e
non avendo il coraggio di avvertirlo, aveva lasciato
l’incombenza a Philip. Ma perché Philip?
“No, no! Che vai a pensare? Non è niente di tutto
questo!” lo tranquillizzò togliendogli un bel peso
“Piuttosto, rispondi alla mia domanda.”
-Cos’è un indovinello? O forse mi stai
ricattando?-
“Julian, non ti scaldare così! Non ti sto mica
insultando! Ti sei alzato con il piede sbagliato?”
-Mi sono alzato all’ora sbagliata!-
Philip soffocò un sospiro, iniziando sul serio a pentirsi di
averlo chiamato. Forse avrebbe dovuto telefonare a Bruce, o magari
direttamente a Holly.
-Ieri sono rimasto a studiare fino a tardi e grazie a te
avrò dormito sì e no cinque ore.-
“A che ora hai messo la sveglia? Devi prendere un
aereo… o lo hai dimenticato?”
-Magari lo avessi dimenticato! Non ho nessuna voglia di partire!-
Philip prese definitivamente atto del fatto che chiamarlo non era stata
una buona idea.
“Va bene, come non detto.”
-Non provare a riagganciare! Dimmi dov’è Amy,
piuttosto, visto che almeno tu lo sai. Perché tu lo sai e io
no? Lo sai, vero?-
“Sì, lo so. Amy è con Jenny, Patty ed
Evelyn.”
La notizia lo incuriosì. Amy, Patty ed Evelyn si conoscevano
ma lei e Jenny non si erano mai incontrate. Tirò
giù con un piede il pigiama che sull’altra gamba
era rimasto arrotolato sotto il ginocchio, lasciando il polpaccio
esposto al freddo mattutino.
-E perché? Cosa ci fanno insieme? Soprattutto dove?-
“Sono in… montagna.” Philip si tenne
vago, il tono di Ross non lo invogliava a spiattellargli la
verità. Lo sentiva così di malumore che
probabilmente, invece di schierarsi dalla sua parte come aveva sperato,
avrebbe finito per prendersela con lui. E allora addio complice!
Insomma, aveva fatto proprio male a chiamarlo.
-Insieme? In montagna dove?! Callaghan, piantala con gli indovinelli!
Mi sono stancato!-
“Come vuoi. Amy è a Shintoku con le
altre.”
-Shintoku. Perché mi sembra di aver già sentito
questo nome?- all’improvviso capì e gli ultimi
residui di sonno scomparvero d’incanto -Diavolo, Philip! Mi
stai dicendo che ci saranno anche loro?-
“Proprio così.”
-Il mister lo sa? E gli altri? E Holly?-
“Sei tu il primo a saperlo.”
-Grazie tante! Bel regalo! Adesso sono finito nei guai
anch’io, per complicità.- stufo di parlare in
piedi e ormai ben sveglio, si trascinò scontento lungo il
corridoio, entrò nello studio del padre e si
lasciò cadere sulla poltrona -Come stanno le cose in
realtà? Chi ha organizzato tutto?-
“Pensavo che rivedere Amy ti avrebbe fatto
piacere.”
-Certo che mi fa piacere! Ma se Gamo lo viene a sapere finiamo tutti
nei guai! In guai seri!- per un attimo gli balenò nella
mente l’espressione dell’allenatore furiosa a
prescindere e l’insopportabile eco dei suoi rimproveri.
Rabbrividì -Tu vuoi sentirlo? No, vero? Bene, neppure io!-
“Se nessuno glielo dice non verrà mai a
saperlo.”
-Questo lo so! Ma Holly? Secondo te anche lui sarà felice
dell’invasione?-
“Credo di sì, perché no? È
per questo che ti ho telefonato. Visto che lo vedi prima di me intanto
puoi avvertirlo.”
Julian ammutolì e Philip, all’altro capo del
telefono, trattenne il fiato. Il silenzio durò mezzo
secondo, poi Ross esplose.
-No! Neanche morto! Non dirò nulla, non avvertirò
nessuno! Voglio restarne fuori!-
“Ci entrerai lo stesso e sai perché?
Perché Amy è a Shintoku e penseranno che sei
d’accordo anche tu!”
-Non avresti dovuto fare una cosa simile!-
Philip mentì, appena un pochino.
“Cosa c’entro io? Jenny mi ha telefonato soltanto
quando ormai erano tutte lì!”
-Chi le ha detto dove saremmo andati?-
“Amy non lo sapeva?”
-Philip, non farmi scemo. Non sei stato proprio tu a suggerire al
mister quell’hotel?-
Seguirono alcuni istanti di silenzio.
“Me l’ha consigliato Jenny.”
-Immaginavo.-
“Cosa avresti fatto al mio posto?”-
-Lasciamo stare. Diamine! Hai fatto un casino!-
“Io non ho fatto niente.”
-Hai ragione, non ancora.-
Philip ingoiò l’accusa, aggrappandosi
all’ultimo filo di speranza.
“Allora avvertirai gli altri?”
-Ti ho detto di no! Rifletti un istante, Philip. Se lo sapessero prima
di partire qualcuno potrebbe decidere di restare a casa. Mark o Benji,
per esempio. O peggio ancora potrebbero andare a spifferare tutto al
mister. Immagini cosa succederebbe? Io sì. Lasciamo che ci
pensino loro.-
“Loro chi? Le ragazze?”
-Secondo me è la cosa migliore.-
Philip valutò la controproposta. Forse Julian non aveva
tutti i torti. Di fronte al fatto compiuto, o meglio di fronte alle
ragazze presenti, i compagni avrebbero ingoiato.
“A che ora arrivate?”
-All’una meno un quarto.- Julian soffocò uno
sbadiglio e si grattò un ginocchio -Visto che ormai sono
sveglio credo che chiamerò Mark, tante volte gli venisse in
mente di inventare una scusa per filarsela all’ultimo
momento. Gamo questa volta non gliela perdonerebbe. E dato che siamo
già nei guai fino al collo, è meglio evitare
altri problemi.-
“Credo anch’io. Ci vediamo più
tardi.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 1 - Ritiro con sorpresa - prima parte ***
- 1 -
Ritiro con
sorpresa
Prima parte
Erano le sette in punto di un gelido febbraio.
La volta del cielo azzurro profondo senza traccia di nuvole, si
scoloriva a oriente nella luce del sole appena sorto mentre brillava a
ovest con il blu dello zaffiro. Fujisawa era ancora in gran parte
addormentata. Le vacanze scolastiche rallentavano notevolmente il
frenetico ritmo della città poiché un buon terzo
della popolazione rimaneva a poltrire oltre l’ora di punta
mattutina.
Il quartiere in cui la famiglia Hutton aveva traslocato dieci anni
prima non era cambiato granché nel corso del tempo. Nessuna
nuova costruzione moderna aveva deturpato il paesaggio, nessun trasloco
aveva portato negli immediati dintorni vicini maleducati e rumorosi.
L’armoniosità e la tranquillità delle
villette e dei suoi abitanti era sempre la stessa.
-Holly, quanto ci metti?-
La voce di Bruce riecheggiò nelle strade silenziose di un
quartiere che stava appena iniziando a svegliarsi.
Nell’elegante e curato vialetto del giardino di casa Hutton,
tre ragazzi attendevano con impazienza che il capitano li raggiungesse.
Gli abiti li avvolgevano a strati, terminando con un corredo di guanti
e sciarpe. Ma il freddo pungente di quel rigido inverno li stava
ugualmente gelando fino alle ossa. I raggi del sole solcavano
l’aria trasparente come il cristallo e si riflettevano sulle
finestre delle abitazioni circostanti con lame di luce abbagliante che
ferivano gli occhi ancora assonnati di Benji, Tom e Bruce. Quel giorno
la sveglia aveva suonato troppo presto per tutti.
Benji percorse il vialetto a ritroso fino al cancello, giusto per
scaldare i muscoli delle gambe e impedire che i suoi piedi,
nell’attesa, si trasformassero in due dolorosi pezzi di
ghiaccio. La ghiaia scricchiolò sotto le suole delle scarpe
da ginnastica finché non si fermò e
gettò un’occhiata distratta alla strada, ancora
pressoché deserta. Infilò le mani nelle tasche,
tornò dai compagni e li oltrepassò sbuffando,
poiché gli seccava da morire essere costretto ad aspettare
in strada che Holly finisse di fare i suoi comodi. Il percorso del
portiere proseguì verso l’edificio, terminando
alla base dei tre gradini d’ingresso, da dove
scrutò il corridoio dell’abitazione oltre la porta
lasciata socchiusa da Holly stesso. Il ragazzo già pronto
per uscire, con la giacca e la sciarpa avvolta intorno al collo, dopo
aver aperto e averli salutati era rientrato in fretta e furia e ancora
non tornava.
Lo stavano aspettando ormai da cinque minuti così gelidi da
essersi dilatati e allungati quanto un’ora.
-Holly! Che stai facendo?-
Bruce si massaggiò le dita intirizzite sotto i guanti di
lana che le avvolgevano senza riuscire a ripararle dal freddo. Poi le
mise in tasca e riprese a scalpitare impaziente.
-È più lento di Evelyn! Che accidenti sta
combinando?-
Tom, appoggiato al muretto dell’aiuola, sospirò.
Di indole paziente e tranquilla, provava più fastidio per
l’insistenza dei loro richiami che per la lentezza del
compagno.
La loro inquietudine non smosse Holly, che continuò a non
comparire sulla soglia ma spinse invece sua madre ad affacciarsi. La
voce dei ragazzi riecheggiava da troppo tempo nelle strade silenziose
del quartiere.
Asciugandosi le mani nel grembiule annodato in vita, Maggie Hutton
uscì dalla cucina e lanciò un’occhiata
al figlio che stazionava nel corridoio. Holly indossava la giacca a
vento e la sua valigia era pronta, vicino alla porta. Tuttavia
continuava a restare impalato davanti al telefono, la cornetta
accostata all’orecchio, lo sguardo fisso sul portapenne e sul
blocco notes collocati sul ripiano. Passandogli accanto, Maggie gli
accarezzò la schiena con un gesto affettuoso che conteneva
tutta la nostalgia e l’amarezza di una madre nei confronti di
un figlio cresciuto troppo in fretta e troppo lontano. Poi lo
superò, s’infilò le scarpe, si avvolse
in un caldo scialle di lana e uscì sul vialetto, lanciando
un’occhiata furtiva alle case circostanti. Se quei benedetti
ragazzi avessero continuato a fare tanta confusione, più
tardi i vicini sarebbero arrivati a frotte a lamentarsi.
-Buongiorno! Perché non entrate? Vi preparo un
caffè al volo!- li salutò con un
sorriso e la speranza di traslocarli all’interno
dell’abitazione dove sarebbero risultati meno molesti.
-Grazie, ma non abbiamo tempo. È già tardi. Cosa
sta facendo Holly? È in bagno?-
Bruce diede un calcetto spazientito alla valigia depositata ai suoi
piedi e solo dopo averlo fatto si rese conto con un sussulto che non si
trattava della propria ma di quella di Benji. Il portiere lo
incenerì con un’occhiata assassina.
-Se lo rifai ti stacco un piede, Harper.- spostò gli occhi
sulla donna -Dov’è Holly? Non ci ha
sentiti?-
-E come avrebbe potuto non sentirci? Ci ha sentito tutto il quartiere.-
Maggie annuì, approvando le sagge parole di Tom. Lo
conosceva da quando era bambino e aveva apprezzato fin da subito la sua
sensibilità nei confronti del prossimo. Così gli
dedicò un sorriso tutto particolare.
-A me?- chiese Benji con aria innocente.
Becker annuì inesorabile.
-Sì, anche tu.-
Il portiere lo liquidò con una scrollata di spalle, poi si
rivolse alla donna.
-Holly ha deciso di venire o no? Dov’è?-
-È al telefono.-
Bruce sbirciò curioso attraverso la fessura della porta, che
il passaggio di Maggie aveva allargato ancora un poco, consentendogli
di individuare agevolmente parte della schiena del compagno che si
muoveva e si voltava.
-E con chi?-
-Patty… credo.-
Holly arrivò in quel preciso istante con la valigia in mano,
tentando un sorriso che non gli venne granché per parecchie
ragioni che non aveva nessuna voglia di analizzare. Quella giornata dal
dubbio esito non stava cominciando per niente bene visto che non
riusciva neppure a contattare Patty.
-Ciao ma’. Io vado.-
La donna si scostò per lasciarlo passare.
-Mi raccomando, fai attenzione.-
-Non c’è proprio nulla da temere, lo
terrò d’occhio io.- replicò Bruce
rassicurante.
Lei rise e lo prese in giro con affetto.
-Questa è proprio una delle cose che mi mette più
pensiero.-
Il giovane cacciò un sospiro incompreso.
-Mai nessuno che mi apprezzi quanto merito.- disse, fingendosi
più afflitto di quanto fosse in realtà e
guadagnandoci un affettuoso buffetto dalla donna. Poi seguì
i compagni lungo il vialetto fin sulla strada e si volse a salutare
Maggie. Lei sollevò una mano e l’agitò
sorridente.
Mentre si incamminavano a passo svelto verso la fermata
dell’autobus, Benji preferì affiancarsi a Holly
per beffarsi del suo umore malinconico piuttosto che indugiare a
riflettere su ciò che li aspettava. La dura e insopportabile
realtà era che il portiere detestava dover fare quel
viaggio, aborriva i giorni che gli si prospettavano davanti. Non
riusciva neppure a sfiorare l’idea che una volta raggiunta la
stazione ferroviaria di Fujisawa, sarebbero saliti su un treno diretto
a Yokohama e da lì su un altro per l’aeroporto di
Haneda. Dopodiché avrebbero volato fino in Hokkaido,
cioè nella selvaggia Siberia giapponese. Benji, al solo
pensiero, sentiva un gelo profondo e micidiale penetrargli nelle ossa.
Se proprio dovevano riunirsi per quel maledetto ritiro,
perché non Okinawa? Al mister non importava dove avrebbero
soggiornato e a Okinawa avrebbero evitato non solo di morire di freddo
ma anche di caricare le borse di maglioni di lana. E poi a Okinawa ci
sarebbe senz’altro stato da svagarsi, molto più
che in Hokkaido, l’isola di Callaghan, dei lupi e degli orsi.
Bah…
-Allora, romanticone, stavi salutando la tua bella?-
-Se proprio vuoi saperlo, no.- la voce di Holly risuonò
abbastanza seccata -Non l’ho salutata. Il suo cellulare
è staccato e casa non c’è. Sua madre mi
ha detto che è partita.-
-E perché te l’ha detto sua madre?
Perché non te lo ha detto lei? E dov’è
andata? Quand’è partita? Con chi?-
Tutte quelle domande in successione infastidirono Holly semplicemente
perché erano le stesse che si stava ponendo lui da almeno un
paio di giorni, senza peraltro riuscire a darsi una risposta.
Benji lo scrutò, chiudendo in bellezza la tirata.
-Avete litigato?-
-No!-
Holly allungò il passo per lasciarlo indietro insieme alla
sua curiosità e procedette lungo il marciapiede pensieroso,
tenendo gli occhi fissi al suolo. Quegli ultimi giorni Patty era stata
sfuggente come un’anguilla e criptica come un rebus. Cosa
stava accadendo? Erano in crisi e lui non se n’era accorto?
Benji gli rispuntò accanto.
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Allora cosa è successo?-
-Non lo so.- ammise con un moto di fastidio. Perché quel
terzo grado? Perché Benji non si faceva gli affari suoi?
Glielo chiese.
-Ma questi sono affari miei! Sono anni che ci conosciamo, permetti che
mi interessi?-
Holly alzò gli occhi al cielo.
-Sarà fuggita con qualche bel ragazzo che la considera
più importante di un pallone da calcio.- rise Bruce.
Holly non replicò. La battuta era scontata e non fece
breccia nella sua inquietudine.
-Non è da lei comportarsi così, andarsene senza
dirmi nulla. Non ha pensato che mi sarei preoccupato?-
-Sei preoccupato?-
-Come potrei non esserlo?-
-E cos’è che ti preoccupa?-
Holly fu colto da un pensiero improvviso. Riflettendoci bene, forse
l’altro giorno Patty aveva accennato qualcosa riguardo una
partenza, ma lui stava seguendo la rubrica sportiva in tv e non le
aveva prestato attenzione. Forse, invece del cronista, avrebbe dovuto
concentrarsi sulle sue parole… Com’era potuto
accadere? si chiese incredulo. Patty sapeva benissimo che il momento
della rubrica sportiva non era il più adatto a discutere di
cose importanti.
-Che vuoi farci, le donne… beato chi le capisce!- Bruce
sospirò -Anche Eve non si fa sentire da tre giorni.-
-Non potevi chiamarla tu?- chiese Tom candidamente.
-Credi che non l’abbia fatto? Al cellulare non risponde. Ho
provato a casa ma i suoi genitori hanno detto che è via da
un’amica.- il giovane alzò le spalle -È
partita senza neppure avvertirmi.-
-Perché probabilmente non è andata da
un’amica ma da un amico.-
Bruce lanciò a Benji un’occhiata infastidita, poi
Tom riportò il discorso al presente e su questioni meno
spinose.
-Hai parlato con Julian, Holly?-
-Ci aspetta all’aeroporto di Haneda.-
-E Mark?-
-Non sono riuscito a contattarlo. Il suo cellulare era staccato.-
-Speriamo sia sparito anche lui.- borbottò il portiere
-Magari con Evelyn!- rise della sua stessa battuta.
-Per favore Benji, non cominciare fin da ora.-
-Holly ha ragione. Perché per una volta non provi ad andarci
d’accordo?-
-Scherzi, Tom? Il solo pensiero mi dà il voltastomaco. Io
non ho niente da spartire con quel troglodita ignorante e con il
cervello nei bicipiti!-
Holly sospirò.
-Ho come la sensazione che la mia pazienza stia cominciando a
esaurirsi.-
-Di già? Non siamo ancora partiti!-
Il ragazzo lanciò un’occhiata a Bruce.
-Forse sto invecchiando.-
-Su, non dire così…- il placido Becker gli diede
una pacca incoraggiante -Sei depresso perché non sei
riuscito a salutare Patty, ma vedrai che quando saremo tutti insieme
andrà molto meglio.-
Holly gli lanciò un’occhiata scettica mentre
percorrevano di gran carriera l’ultimo tratto di strada per
raggiungere la fermata dell’autobus. Non credeva neanche un
po’ alle sue parole, ma pensò bene di non
distruggere il fiducioso ottimismo del compagno, che ci metteva
così tanta buona volontà a far andare
d’accordo tutti.
-Allora, vi muovete?- li chiamò Benji.
Holly si accorse che erano rimasti indietro quando vide Bruce e il
portiere già sotto la pensilina della fermata. Fecero appena
in tempo a raggiungerli che l’autobus comparve
all’orizzonte, venendo giù dalla discesa della
collina dove sorgeva il santuario shintoista più grande
della città. Quante volte aveva percorso la sua ripida
scalinata di pietra che si inerpicava tra alberi di ginko palleggiando
prima in salita e poi tutto in discesa, ottantacinque scalini che ti
riducevano i polpacci allo stremo... Ah, bei tempi!
La vettura si arrestò davanti a loro e la porta anteriore si
spalancò per lasciarli salire. Montarono uno dopo
l’altro, prendendo posto in un autobus semivuoto.
L’autista ripartì di gran carriera ma svoltate due
strade, attraversati tre incroci e un passaggio a livello, dopo pochi
chilometri e ancor meno fermate, si ritrovarono definitivamente
imbottigliati in una coda interminabile di veicoli diretti nella loro
stessa direzione, vale a dire verso Tokyo.
Nonostante la vettura si muovesse a passo di lumaca,
all’inizio Benji fu l’unico a non farci caso. Dopo
aver sprecato giusto un paio di pensieri a chiedersi dove fosse finita
Patty e appena uno per porsi la stessa domanda su Evelyn, era tornato
ad angustiarsi sullo scopo di quel viaggio e sulla loro meta finale
finché il suo sguardo afflitto era stato catturato dalla
ragazza che sedeva dal lato opposto, poco distante da lui, occupata a
digitare un messaggio al cellulare, sulle labbra un sorrisetto dedicato
al suo invisibile interlocutore. Non era una grande bellezza ma aveva
una massa di capelli stupendi che attiravano inesorabilmente, come una
calamita, la sua totale attenzione. Non ne aveva mai visti di
così: neri, lunghi, lisci e splendenti come fili di seta. Le
scendevano giù dritti ai lati del volto, si adagiavano
morbidamente sulle pieghe del cappotto color crema e le arrivavano alla
vita. Oltre i capelli c’era la bocca. Brillava di un velo di
lucidalabbra rosa che la faceva apparire simile a una fragola matura.
-Perché tutto questo traffico proprio oggi?-
Benji venne distolto dalla contemplazione dalla voce di Bruce e
spostò controvoglia, giusto per un istante, gli occhi dalla
giovane ai fanalini di coda dei veicoli che li precedevano. Poi
tornò a guardarla, incantato da quei fili di seta nera che
gli era venuta una gran voglia di toccare. Alla fermata successiva lei
scese e ogni possibile fonte di distrazione scomparve.
Realizzò così anche lui che a causa
dell’intenso traffico rischiavano di perdere il treno. Cosa
che poteva rappresentare una valida scusa per tornare a casa e
trascorrere ciascuno per i fatti propri le due settimane che avrebbero
dovuto invece dedicare al ritiro in Hokkaido, se la scelta di disertare
l’incontro non avesse avuto come conseguenza quella di
scatenare le ire funeste di Gamo. Il fatto era che non aveva vie
d’uscita. Era costretto a partecipare a quella gita e un
ritardo sulla tabella di marcia avrebbe soltanto compromesso tutte le
tappe del loro lungo e indesiderato viaggio.
Seduto dall’altra parte del corridoio Holly si volse verso
Tom e i loro sguardi si incontrarono. Becker accennò un
sorriso rassicurante mentre Bruce, spaparanzato al suo fianco, si
sporgeva tra i sedili per scrutare la strada oltre la cabina
dell’autista. La carreggiata era un serpente lunghissimo di
auto in coda di cui era impossibile scorgere la fine. Harper si
alzò, raggiunse il conducente e osservò perplesso
la strada.
-Si tenga sulla destra, la fila scorre più veloce.-
Il conducente era uomo sulla sessantina, con la divisa di ordinanza
comprensiva di cappello e guanti bianchi, una statura mingherlina e un
paio di radi baffi tendenti fortemente al grigio. Il consiglio lo
seccò parecchio e con un moto di fastidio spostò
gli occhi dalla carreggiata al ragazzo che lo fissava dietro il vetro
divisorio della cabina.
-Questo è un autobus, non una motocicletta.-
Espressa con convinzione la sua perla di saggezza, tornò a
seguire rassegnato l’andamento del traffico. La vettura che
lo precedeva si mosse e lui sollevò il piede dal freno,
consentendo all’autobus di avanzare di qualche metro.
Dopo una manciata di minuti, Tom si alzò e si
avvicinò a Holly.
-Forse faremmo prima a piedi.-
-Mi sa che hai ragione.-
Tom raggiunse Bruce e si sporse verso il conducente.
-Mi scusi, ci farebbe scendere per favore?-
-Impossibile. Non siamo sulla fermata.-
-Ma se lei non ci fa scendere, noi rischiamo di perdere il treno.-
insistette Bruce -Non potrebbe fare un’eccezione, per una
volta?-
-È contro il regolamento.-
-Ma noi stiamo facendo tardi.- insistette petulante.
-Come può ben vedere, la colpa non è mia.-
-Però potrebbe farci scendere.-
I guanti bianchi di ordinanza si contrassero sul volante, mentre
l’uomo prendeva in seria considerazione l’idea di
sbarazzarsi di quei fastidiosi passeggeri.
-Quanto manca alla prossima fermata?-
-Se andiamo avanti di questo passo, più o meno un anno.-
Rispondendo a Bruce, l’autista non tentò neppure
di dissimulare lo scherno che gli incurvò le labbra, ma
l’effetto pungente di quella replica si perse nella brusca
frenata a cui fu indotto dalla vettura che li precedeva e che era
tornata a fermarsi.
L’improvviso arresto dell’autobus colse impreparato
Benji, che si era appena alzato per raggiungere i compagni. Catapultato
in avanti dalla frenata, inciampò nella propria valigia.
Perse stabilità, un piede bloccato tra le ruote del trolley,
l’altro a cercare scompostamente di superarlo. Cadde, e con
un guizzo fulmineo si aggrappò alla spalliera di un sedile
laterale stringendo la presa. Per pochissimo non rotolò a
terra. Ondeggiò avanti e indietro nello spazio vuoto
dell’abitacolo come un pendolo e quando le sue dita
scivolarono dolorosamente via dal sedile, si salvò dalla
caduta abbracciando un paletto di sostegno. Come se l’urto
con il cilindro di acciaio non bastasse, sbilanciato a sua volta Holly
gli piombò addosso a peso morto, togliendogli il respiro.
-Cazzo!-
-Scusa Benji, non l’ho fatto apposta.-
-Vorrei vedere! Chi ha dato la patente a quest’imbecille?-
Nel silenzio dell’autobus l’imbecille lo
udì, sollevò di scatto gli occhi allo specchietto
puntato verso l’interno della vettura e lanciò al
portiere una lunga occhiata contrariata che il giovane sostenne senza
batter ciglio. Tanto che ad abbassare per primo lo sguardo fu proprio
l’autista. Mentre arrivavano proteste anche da parte degli
altri passeggeri, furibondo e umiliato il conducente arrestò
la vettura da quel passo di lumaca che ormai rimaneva costante da dieci
minuti pieni e abbondanti e aprì la porta anteriore senza
proferire parola. Una discesa fuori fermata non era prevista dal
regolamento e lui finora, in ventott’anni di servizio, non
l’aveva mai addirittura contemplata. Ma a tutto
c’era un limite!
I ragazzi colsero l’invito al volo, recuperarono in fretta i
bagagli e scesero di corsa.
-È stato gentile ad aprirci.- disse Holly quando fu sul
marciapiede. Si volse a ringraziare ma l’autobus era
già ripartito.
-Gentilissimo.- gli fece eco Bruce.
Benji li riscosse.
-Se non vi muovete perderemo davvero il treno!-
Corsero lungo il marciapiede superando la lenta fila di macchine in
coda. Arrivarono al semaforo e attraversarono la strada quando ormai il
verde dei pedoni era sul punto di mutare in rosso. Voltarono
l’angolo e nella loro folle corsa quasi travolsero una
ragazza vestita da pinguino che distribuiva volantini davanti al
McDonald’s. Superarono l’ufficio postale, il
parcheggio a pagamento, la fermata dell’autobus che era stata
la loro meta originaria e finalmente raggiunsero l’edificio
della stazione.
-Holly! Tom!- ansimò Bruce senza fiato. Una decina di metri
più in là, gli amici avevano appena varcato
l’ingresso lasciandolo paurosamente indietro -Aspettatemi!
Non ce la faccio più!-
Un bel pezzo avanti, Benji si volse e rise.
-Il treno non aspetta, Harper! Sei davvero fuori forma. Sarai
l’unico a cui il ritiro farà bene!-
Il portiere non aveva tutti i torti visto che Bruce li raggiunse alle
biglietterie automatiche completamente spompato, la lingua di fuori e
la milza che gli bruciava in modo insopportabile.
La stazione di Fujisawa era relativamente piccola ma molto frequentata
grazie alla sua vicinanza con Kamakura, storica cittadina che si
affacciava sull’oceano. Località di villeggiatura
di spicco per le sue spiagge ventilate meta di surfisti, era rinomata
specialmente per la presenza di dozzine di pittoreschi templi buddhisti
e santuari shintoisti che richiamavano visitatori da ogni parte del
Giappone e del mondo. Turisti e sportivi di passaggio affollavano di
riflesso anche Fujisawa, snodo ferroviario sulla linea rapida
Tokyo-Kyoto.
Tutta quella gente rese il tratto dalle biglietterie al binario un vero
e proprio percorso a ostacoli. Il rapido per Yokohama venne annunciato
in arrivo mentre Bruce ancora infilava gli spiccioli nella macchinetta
dei biglietti.
-Harper, muoviti!- lo sollecitò Benji volando su per le
scale.
Corsero attraverso il sovrapassaggio mentre i vagoni si arrestavano sul
binario e s’infilarono dentro in quell’attimo
sospeso tra il segnale sonoro della chiusura e l’effettivo
blocco delle porte. Poi il treno si mosse.
-Appena in tempo. Pensavo di non farcela!- Bruce si aggrappò
esausto a un paletto di sostegno, ansimando per la corsa -Ho bisogno di
acqua. Avete dell’acqua?-
I tre scossero all’unisono la testa. Tom alzò gli
occhi alla pianta del treno appesa in alto tra le
pubblicità, sopra le porte.
-Forse c’è un distributore automatico in uno dei
vagoni. Proviamo a vedere.-
Percorsero il convoglio per buona parte della sua lunghezza in una
infruttuosa ricerca. Alla fine rinunciarono.
-Ci sono dei posti, mettiamoci qui. È il vagone meno
affollato.-
Benji si volse sgomento verso Tom.
-No, qui no.- dichiarò risoluto e proseguì in
direzione della porta che comunicava con la carrozza successiva.
L’avrebbe volentieri oltrepassata se Holly non
l’avesse richiamato con asprezza.
-Ci fermiamo qui, Benji.-
L’equilibrio psichico del portiere ebbe un improvviso
cedimento. Il suo istinto di sopravvivenza gli diede un calcione verso
la porta che separava i due vagoni. Si volse non per tornare sui propri
passi e ubbidire all’ordine perentorio del capitano, quanto
per perorare le proprie ragioni. Con grande disappunto si accorse
invece che i compagni stavano prendendo posto senza esitazione in
alcuni sedili liberi. Allora si guardò intorno costernato,
mettendo a fuoco ciò che aveva finto di non vedere e che
aveva tentato di ignorare schermandosi i sensi della vista e
dell’udito. Il vagone era sì meno affollato degli
altri, ma in compenso i suoi occupanti erano un’orda di
bambini vocianti e confusionari che stavano facendo di quella carrozza
un inferno in terra. Era palese che, pur di non restare invischiati
neppure un attimo tra gli schiamazzi, i viaggiatori avessero preferito
strizzarsi negli altri vagoni.
Tornò verso Holly e lo fronteggiò.
-Perché qui?-
-Perché qui no?-
Con un gesto del braccio racchiuse ogni singolo posto occupato da un
minorenne.
-È così ovvio!-
-Sono solo dei bambini, Benji!- si spazientì Holly.
-E ti pare poco?-
Il capitano gli lanciò un’occhiata storta mentre
ficcava il trolley nel portabagagli sopra i sedili che avrebbero
occupato lui e Tom.
-Mettiti lì Benji, c’è posto.-
“Lì” non era certo il sedile che il
portiere avrebbe desiderato occupare, proprio di fronte a dove si stava
accomodando Bruce, che lo osservava divertito. Sembrava essersi
completamente ripreso dallo sforzo della corsa, tanto da trovare
persino la voglia di prendersi gioco di lui.
-Che fai, ti siedi?-
Il portiere si fece largo tra quella calca vociante e si
lasciò cadere sbuffando sul sedile. Dopodiché
manifestò ai compagni la propria contrarietà,
calcandosi il cappellino in testa e abbassando la visiera sugli occhi.
A quel punto non gli restava altro da fare che sforzarsi di ignorare la
confusione. Ma come poteva, maledizione? I bambini erano tanti, per lo
meno una quarantina di piccoli animaletti scatenati ed eccitati dalla
novità del viaggio. Non solo totalmente incapaci di rimanere
seduti composti, ma persino di stare in silenzio per più di
un minuto ciascuno. Un tale baccano non ricordava di averlo mai udito
neppure a scuola durante l’ora di ricreazione, quando
frequentava le elementari nell’elegantissimo istituto privato
della Saint Francis.
Lui e Bruce occupavano i sedili esterni di quattro e sui restanti, lato
finestrino, Benji faceva in modo di non dirigere lo sguardo per
ignorare al meglio i due marmocchi lì seduti. Avrebbe dovuto
scegliere con più cura il suo posto e non dar retta a Holly.
Lui e Tom sì che erano capitati bene. Per caso o per
consapevole scelta, si erano sistemati di fronte a una coppia di bimbe
precoci e procaci che li riempivano di sguardi pieni
d’ammirazione, così dissonanti con la loro giovane
età. Quei quattro sedili isolati dalla confusione dei
maschiacci erano circonfusi di una tranquillità idilliaca.
Benji fece saettare lo sguardo sotto la visiera in direzione dei suoi
vicini di posto più prossimi. La confusione del vagone gli
stava urtando i nervi, messi già duramente alla prova dal
fatto stesso di essere su quel maledetto treno invece che a farsi i
fatti propri con chi voleva e non con chi Gamo aveva scelto per lui.
E invece no, era in viaggio verso l’Hokkaido di Callaghan e
degli orsi. Un concetto così assurdo che per crederci doveva
continuare a ripeterselo come un mantra, ed era impossibile riuscire a
farsene una ragione. Sospirò in sordina e spostò
lo sguardo sul ragazzino che sedeva di fianco a Bruce. Un paio di
occhiali sul naso e la faccia da secchione, leggeva un manga in un mite
silenzio. Al contrario, il marmocchio che gli era toccato accanto,
seguitava ad alzarsi e sedersi di continuo, facendo la spola tra il
proprio posto e gli amichetti sparpagliati nel vagone, aprendosi un
varco tra le ginocchia sue e di Bruce a suon di spinte e manate senza
porsi il problema di disturbarli. Anzi, si era scusato solo
all’inizio, come se quell’unica volta avesse dato
il via libera a ogni passaggio successivo.
Accompagnato da un grido acuto che gli penetrò
all’istante nel cervello, il musetto sorridente di un bambino
apparve sullo schienale alle sue spalle.
-Teddy, vieni a vedere che sta facendo Meg!-
Figuriamoci se Teddy si perdeva lo spettacolo. Il bambino
saltò giù dal sedile con energico entusiasmo e
scosse l’amico secchione per la giacca.
-Vieni, Mik?-
Michael alzò il naso dal manga quanto bastava per
rivolgergli un’occhiata completamente disinteressata.
-Non mi va.-
Il rifiuto non scoraggiò Teddy. Desideroso di raggiungere
gli amici, s’infilò come un tornado tra le
ginocchia dei ragazzi.
Ma stavolta no. Benji era stufo di tutti quei viavai. Si tese,
piantò saldamente i piedi a terra e bloccò il
passaggio. Nei suoi occhi guizzò un lampo e da sotto la
visiera ghignò un avvertimento.
-Perché non leggi qualcosa anche tu? Sai leggere, vero
Teddy?-
Teddy annuì. Certo che sapeva leggere. Sapeva leggere
benissimo e stava anche per dirlo a quel signore. Ma
l’atteggiamento maldisposto che si ritrovò ad
affrontare lo indusse d’istinto a indietreggiare. Si volse in
cerca della solidarietà e dell’appoggio di Mik
contro quella vera e propria prepotenza ma l’amichetto,
immerso nelle pagine del manga, non si era accorto di nulla.
Incastrato al suo posto, Teddy dovette rinunciare afflitto al giro di
perlustrazione e tornò a sedersi mogio mogio.
Soddisfatto del buon esito della manovra intimidatrice, Benji si
sistemò meglio sul sedile e si impose di rilassarsi, senza
tener conto che l’ottimismo dei bambini è
inesauribile e l’inattività genera noia nel tempo
di un istante. Dunque, straconvinto di aver sradicato il problema una
volta per tutte, si rifiutò di notare che più i
minuti passavano e più Teddy ritornava a essere irrequieto,
dando cenni via via più espliciti di impazienza. Logicamente
era sempre più stufo di star seduto senza far niente e i
suoi piedini che avevano preso a battere impazienti contro il bordo
inferiore del sedile ne erano un chiaro segnale. D’altra
parte quel martellamento a Benji stava cominciando a dare seriamente
fastidio. In che modo farlo smettere se non legandogli le gambe?
Mentre rifletteva su come risolvere anche quel problema, Teddy
tirò su da terra lo zainetto e prese a frugare al suo
interno. Benji sperò, anzi quasi pregò, che ne
estraesse un libro. Invece tra quelle piccole dita frenetiche comparve
una macchina giocattolo. Una bella Ferrari rossa, nuova e fiammante,
grosso modo delle dimensioni di una pallina da tennis. Era un regalo
dei nonni per il compleanno festeggiato la settimana prima e tutti i
compagni della sua classe gliela invidiavano. Per questo
l’aveva portata con sé. La fece correre avanti e
indietro sulle gambe, mostrandola al mondo in tutta la sua sfolgorante
bellezza, certo che i suoi vicini adulti gliel’avrebbero
invidiata anche loro. Il percorso della Ferrari proseguì
quasi timidamente sul bracciolo in comune, inducendo Benji a spostare
il gomito per non essere investito.
Teddy era certo che prima o poi quel tipo torvo che gli aveva impedito
con tanta cattiveria di raggiungere gli altri, lo avrebbe pregato di
fargliela tenere in mano, proprio come era successo con i suoi
amichetti. Passò un minuto, ne passarono due ma la richiesta
non arrivò. Così l’automobile rossa
iniziò un vero e proprio viaggio.
La tenuta delle gomme venne testata sul vetro del finestrino, sulle
gambe di Mik e sulla sua giacca a vento. Il ragazzino
scacciò il fastidioso molestatore con una manata e un
mugolio di protesta che non fece demordere l’energico pilota.
Teddy cambiò sì percorso ma per dare un tocco di
realismo, completò l’esibizione della Ferrari
emettendo un borbottio a imitazione del motore. Con la speranza che la
benzina finisse presto, Benji sollevò il viso e
incrociò gli occhi di Bruce, illuminati di genuino
divertimento.
Dopo un paio di metri percorsi in lungo e in largo, Teddy
parcheggiò la vettura sul margine più esterno del
sedile e si guardò intorno esterrefatto. Possibile che
nessuno volesse giocare con lui? Mik continuava a voltare una pagina
dopo l’altra e quei due signori non sembravano interessati
alla sua macchinina nuova. Innervosito dall’indifferenza che
lo circondava, ricominciò testardamente il suo giro. In
piedi nello spazio tra i sedili, fece arrampicare la piccola automobile
su per la spalliera libera fin dove riuscì ad arrivare. E
quando il suo braccio si tese allo stremo, si accorse che la Ferrari
non avrebbe raggiunto il poggiatesta, la meta più alta. Sia
mai!
Montò in ginocchio sul sedile, aggrappandosi alla spalliera
con una mano e stringendo la macchinina nell’altra. E con la
stessa baldanza di chi ha raggiunto la cima dell’Everest dopo
giorni di estenuanti arrampicate tra i ghiacciai, si
affacciò dall’altra parte. Le risate allegre e
divertite dei compagni nei quattro sedili successivi lo investirono con
un contrasto così netto rispetto al silenzio da cui era
circondato, che una curiosità viscerale lo
assalì. Si spencolò più che
poté oltre il poggiatesta per guardare dall’altra
parte e il motore della Ferrari si spense del tutto.
-Meg, che stai facendo?-
Intanto gli occhi di Benji seguivano con preoccupazione le suole delle
scarpe del bambino, che guizzavano qua e là senza una logica
arrivando vicinissime ai suoi jeans. Spostò le gambe
più che poté, urtando quelle di Bruce. E non
appena si reputò salvo, un colpo improvviso fece sobbalzare
la visiera del cappellino. Un piccolo gomito la sfiorò di
nuovo mentre il ragazzino si sporgeva a scatti, come se cercasse di
afferrare qualcosa.
-Ridammela, Meg!-
Dovevano avergli soffiato la Ferrari. Alleluia!
Quel barlume di intensa soddisfazione lo indusse a spostare gli occhi
ai compagni lontani. E il sorriso gli svanì di colpo dalle
labbra quando li trovò a godersi spensierati
l’interesse di un intero gruppo di bambine. Non
più soltanto le due che sedevano di fronte. Se ne erano
aggiunte altre tre in piedi nel corridoio e una di loro teneva una mano
sul ginocchio di Holly, un po’ a sostenersi, un po’
attratta dal ragazzo, ascoltandolo parlare rapita. Aveva lo stesso
sguardo incantato di Patty alle scuole elementari.
-Teddy, stai seduto composto.- la voce ragionevole di un adulto
riportò il bambino sul sedile. Il capogruppo percorse il
corridoio, cercando di richiamare all’ordine il vagone.
Chiaramente senza troppo successo, visto che dopo il suo passaggio la
confusione ricominciò identica.
Infatti, dopo una brevissima tregua, un altro colpo arrivò
improvviso sul cappellino di Benji, facendo balenare un lampo di
collera sotto la visiera. Il terzo colpo fu quello decisivo. La
macchinina piombò giù, finendogli in grembo.
L’afferrò fulmineo, prima che riuscisse a farlo
Ted. Bruce temette che la fracassasse e fu tentato di sottrargliela.
Il bambino tese fiducioso una mano per farsi restituire il giocattolo.
Benji non si mosse, si limitò a fissarlo.
-Apri bene le orecchie, pulce! Se non la pianti all’istante,
te la faccio ingoiare, questa Ferrari!-
Gli occhi, il tono e la voce di quell’adulto a Teddy non
piacquero per niente. Lasciò perdere i compagni, ripose
prudentemente la macchinina nello zaino e dopo aver mentalmente
soppesato le scarse alternative che teneva disordinatamente ammucchiate
al suo interno, tirò fuori un manga tutto spiegazzato.
Cercò lo sguardo di Mik, neanche stavolta lo
trovò e si rassegnò a leggere. Lo fece
ininterrottamente, finché non arrivarono a destinazione.
Il sole era alto nel cielo quando giunsero ad Haneda e il tepore dei
suoi raggi aveva iniziato a riscaldare la rigida mattina invernale. I
corridoi della stazione del treno li catapultarono direttamente
all’interno dell’aeroporto e, varcato il controllo
dei biglietti ferroviari, si fermarono discosti dal viavai fitto e
continuo dei passeggeri. Tom accantonò la valigia da un lato
e si guardò intorno.
-Non vedo Julian. Dove ti ha detto che ci avrebbe aspettati?-
-Esattamente qui.- rispose Holly.
Bruce lo individuò e lo indicò agli amici.
-Infatti eccolo!-
La sciarpa avvolta intorno al collo a coprirgli mezza faccia, Ross
stazionava nei pressi delle uscite da una buona mezz’ora e si
stava annoiando da matti. Soprattutto aveva sonno e sbadigliava a
ripetizione. Quando si sentì chiamare si volse e si
staccò dal pilastro che aveva sostenuto finora il peso del
suo corpo. A terra c’erano due borse. Aspettò che
i compagni lo raggiungessero, poi abbassò la lana sotto il
mento per scoprire la bocca e salutarli.
-Sei in incognito?- domandò Bruce curioso, lanciando sguardi
qua e là senza tuttavia trovare nessuno che li osservasse
con interesse.
-Quando sono arrivato sono stato fermato per un autografo e mi seccava
che la cosa si ripetesse.-
-Ragazze?-
L’altro annuì e Bruce si lasciò andare
a un moto di invidia e sconforto.
-C’era da scommetterci. Carine?-
-Ero di fretta e non le ho guardate.-
-Sono sicuro di sì, invece.-
-E allora cosa lo chiedi a fare? Come mai ci avete messo tanto?-
-Siamo stati travolti da una scolaresca.- lo sguardo di Tom era carico
di divertimento quando lanciò un’occhiata allusiva
a Benji che non raccolse la provocazione -Dov’è
Mark?-
-È andato a comprare qualcosa da mangiare. Dice che non ha
fatto colazione.-
-Io la rifarei volentieri.- sospirò Bruce.
Holly, chino a terra, aprì la borsa e frugò al
suo interno spiegazzando buona parte dei vestiti.
-Dove accidenti sono finite?-
-Cosa?-
-Le prenotazioni del volo… Eccole.- tirò fuori un
fascio di fogli, li scorse rapido e li rificcò tutti nella
borsa, tranne una pagina stampata al pc. La porse a Tom e richiuse la
zip.
Un cellulare trillò tra loro con inaspettata e improvvisa
allegria. Holly si tirò su di colpo, scrutando i compagni
con uno sguardo assassino così insolito sul suo volto da
incutere davvero timore.
-Cos’è?-
Ma lo sgomento non era solo del capitano. Quel trillo tra loro non
avrebbe dovuto suonare perché i cellulari, nei ritiri, erano
banditi. Su questo punto si erano trovati sempre tutti
d’accordo per anni, o almeno così si era illuso
Holly. Scrutò i compagni uno per uno e fu semplicissimo
indovinare chi non aveva rispettato il patto. Figurarsi, conosceva
troppo bene i suoi polli.
Bruce, le mani in tasca, fissava un punto lontano spostando a disagio
il peso del corpo da un piede all’altro, neanche stesse
calpestando dei carboni ardenti. Nel frattempo il telefonino continuava
a vibrargli nella tasca.
-Almeno spegnilo!- lo aggredì Holly.
Bruce annuì subito e lo tirò fuori
all’istante. Chiuse la chiamata attaccando in faccia a sua
madre, che non avrebbe potuto telefonare in un momento meno opportuno.
Che accidenti voleva?
-Perché l’hai portato? Avevamo detto niente
cellulari!-
La risposta del ragazzo fu un incrocio tra una supplica e un lamento.
-È per Evelyn! Visto che non so dov’è e
visto che lei non sa che non l’avrei portato con me, ho
pensato che se mi avesse cercato non avrei potuto risponderle!-
-Quando arriviamo al ryokan te lo requisisco!-
A infastidire di più Holly era che nonostante non fosse
riuscito a contattare Patty, aveva diligentemente lasciato il cellulare
a casa. A dirla tutta, l’idea di portarlo al ritiro non gli
era proprio passata per la testa. Certe volte era così
ingenuo… e stupido.
Mark sopraggiunse alle sue spalle con incedere felino e il suo saluto
brusco lo fece sobbalzare.
-Ciao.- disse a tutti lasciando che i suoi occhi si posassero per
ultimi su Price -Ho sperato fino all’ultimo che non venissi.-
-Anch’io. E invece...- il portiere lasciò il
proprio scontento a metà, costretto a prendere atto della
presenza dell’eterno rivale.
Con un gesto stizzito, Holly afferrò la borsa.
-Ora che vi siete salutati con tanto calore, possiamo muoverci.-
Julian percorse per ultimo l’atrio dell’aeroporto,
verso il terminal delle partenze. Aveva seguito lo scambio di
convenevoli tra il portiere e l’attaccante del Giappone con
un filo di preoccupazione, perché era sicuro che tanta
tensione non avrebbe influenzato favorevolmente l’incontro
con le ragazze. La telefonata di Philip lo aveva reso irrequieto ed
erano ormai ore che si interrogava su come sarebbe andata a finire
quella giornata. Era difficile immaginare cosa sarebbe successo
trovando le ragazze ad aspettarli al ryokan. Landers e Price non
lasciavano presagire nulla di buono già da ora, figuriamoci
dopo.
In attesa che il check-in aprisse, Mark si stravaccò su una
delle poltroncine allineate lungo le pareti, non troppo distante
né troppo vicino, addentando ciò che gli era
rimasto in mano del panino acquistato poco prima. Mentre ruminava con
convinzione, osservava Julian pensieroso. Deglutì
l’ultimo boccone, poi lo apostrofò.
-Che ti passa per la testa, Ross? Oggi sei poco loquace.-
-Veramente sei tu che parli più del solito.-
Con le sue chiacchiere Mark lo stava assillando fin
dall’incontro nella stazione di Shinagawa, da dove avevano
proseguito insieme per l’aeroporto. Lo scontento di Landers
era un fiume in piena che aveva trovato sfogo nel tormentare Julian.
Quest’ultimo, dopo averlo assecondato per i primi dieci
minuti, s’era stufato parecchio di sorbirsi le sue lamentele
e si era chiuso nel silenzio. A quel punto Landers aveva cominciato a
tempestarlo di domande sul percome e perdove di quel ritiro. E Julian
era sicuro che se il compagno avesse continuato su quella strada, prima
o poi avrebbe finito per lasciarsi sfuggire qualcosa. Non poteva
rischiare, erano ancora a Tokyo, troppo vicini a casa.
-Vado al bagno.-
Tom lo seguì con lo sguardo mentre si dileguava tra la
gente.
-Cos’ha?- guardò Mark -Julian ha qualche problema?-
Landers fece spallucce.
-Che ne so? Non sono mica il suo medico curante. Stamattina
è di poche parole.-
-Mi piacerebbe conoscerla la persona che trova piacevole conversare con
te.- Benji si tolse i guanti di lana e li infilò in tasca,
guardando poi i compagni con saccenza e noncuranza -E per quanto
riguarda Ross, ha né più né meno la
stessa sindrome di Holly. Gli si legge in faccia.-
Il capitano saltò su come un grillo.
-Che sindrome?-
-Crisi d’astinenza.-
-Non sono in crisi d’astinenza!-
-Be’ insomma…- borbottò Bruce -Ti stai
lagnando da quando sei uscito di casa.-
Holly si volse imbufalito.
-Ma se per parlare con Evelyn, hai persino portato con te il cellulare!
A un ritiro!-
Mark seguiva interessato la discussione, poi un pensiero gli
attraversò la testa facendolo scoppiare in una risata che
attirò l’attenzione di tutti.
-Immaginate allora che rottura sarà Callaghan! Callaghan sta
appiccicato alla sua donna come un koala a un eucalipto.-
-Come fai a dirlo se non li hai mai visti insieme?- fece notare
giustamente Bruce -Nessuno di noi l’ha mai incontrata.-
-Come se non avessimo notato quante volte la chiama durante i ritiri e
le trasferte.-
Fu Benji a parlare stavolta e che Landers e Price sostenessero lo
stesso punto di vista era così inconsueto, da indurre Tom e
Holly a scambiarsi un’occhiata tra il sorpreso e il divertito.
Che si trovassero in Giappone o in qualsiasi altra parte del mondo, in
una manciata di giorni Philip era capace di chiamare Jenny decine di
volte, così spesso che anche il mister e Pearson a lungo
andare se ne erano accorti. E un giorno Gamo davanti a tutti gli aveva
detto chiaro e tondo che se avesse passato con il pallone lo stesso
tempo che perdeva al telefono, la squadra ne avrebbe certamente
guadagnato. Nonostante le risate e le prese in giro scaturite dal
commento, Callaghan aveva continuato a telefonare alla fidanzata con la
stessa intensità, impegnandosi però di
più in campo per evitare ulteriori rimproveri.
Benji in vita sua non aveva mai visto un tale appiccicume. E
più ne prendeva atto, più si riprometteva che a
lui non sarebbe mai successo. Non avrebbe mai accettato di annullarsi
per una donna, come invece era convinto che Philip avesse finito per
fare. Benji non solo non ammetteva tanto attaccamento, ma non riusciva
proprio a concepirlo. Qual era il problema di restare separati per un
po’, di non sentirsi per qualche giorno? Non era anche
meglio, anzi, per non rischiare assuefazione? Tutto ciò era
assurdo e questa assurdità gli aveva reso Jenny antipatica
senza neppure conoscerla di persona. Soltanto una volta
l’aveva intravista in foto: era carina, non poteva non
concederglielo, ma la sua bellezza non era sufficiente a giustificare
tutte le attenzioni e la dedizione che Callaghan le dedicava. Philip
era senza dubbio un ragazzo intelligente e ciò infittiva il
mistero. Se aveva abbastanza cervello per ragionare, allora
perché non lo capiva? Corresse immediatamente le proprie
conclusioni. Evidentemente Philip era intelligente quando non
c’era di mezzo la sua fidanzata. In caso contrario diventava
lo stupido tappetino di una femmina. Come poteva sopportare un legame
tanto esclusivo e oppressivo? Chi accidenti era questa Jenny? Come era
riuscita a imporsi così?
Holly sollevò da terra il proprio bagaglio.
-Il check-in è aperto, imbarchiamo le valigie.-
-Manca Julian.- notò Tom.
-Ora vado a recuperarlo.-
-Ti accompagno.- si offrì Bruce.
Tom osservò lui e Holly allontanarsi tra la gente. A guardar
bene c’erano più persone in giro a Fujisawa che in
aeroporto. Forse perché era ancora giovedì,
comunque la maggior parte dei viaggiatori erano soli e con pochi
bagagli, in partenza probabilmente per lavoro. Un po’ come
loro, in fondo. Seguì con lo sguardo
un’affascinante e giovanissima mammina che teneva per mano
una graziosa bimbetta sgambettante. Fece per indicarla ai compagni, poi
ricordò gli insulti di cui li aveva ricoperti Benji quando
erano scesi dal treno, conditi dall’accusa di non aver scelto
più accuratamente il vagone da occupare. Fissò il
portiere, che comunque aveva notato da solo la ragazza (figuriamoci), e
prese atto del fatto che lui e Mark seguitavano a ignorarsi fingendo
l’assenza dell’altro. Una sensazione
spiacevolissima lo assalì, così violenta da
serrargli lo stomaco. Non vedeva l’ora di raggiungere Philip.
Sapeva che anche lui si sarebbe prodigato per aiutare Holly a far
andare d’accordo quelle due teste calde e il suo apporto
poteva far pendere definitivamente l’ago della bilancia dalla
parte della civile convivenza. Per la prima volta si chiese perplesso
se davvero il ritiro sarebbe servito a qualcosa o se quei due,
approfittando del fatto che Gamo non fosse presente, avrebbero finito
per fare a botte, come del resto tutti si aspettavano che prima o poi
sarebbe successo di nuovo. Si alzò.
-Faccio un salto in libreria. Vorrei comprare qualcosa da leggere in
aereo.- e così forse sarebbe riuscito ad allontanare dalla
testa il groviglio di spiacevoli pensieri. Che l’ansia di
Holly fosse contagiosa?
-Anch’io.- Benji ne approfittò per mettere
maggiore distanza tra sé e Landers. Più si teneva
alla larga da quel pezzente e meglio si sentiva.
Mark neppure li udì. Era diventato così bravo a
filtrare la voce del portiere che di riflesso non aveva ascoltato
neppure Tom, che gli era stato seduto vicino. Allungò una
mano verso il sedile accanto, afferrò la bottiglietta di
coca-cola e la svuotò fino all’ultima goccia.
Aveva ancora fame e sperava che gli snack sull’aereo fossero
più sostanziosi del solito. Al limite avrebbe mangiato anche
la razione di Tom che, era sicuro, non avrebbe protestato. Si
accomodò meglio contro lo schienale della poltroncina e
rimase pensieroso a giocherellare con la bottiglia vuota,
finché vide Holly tornare.
-Dove sono Benji e Tom?-
-Non ne ho idea.-
Il giovane gli mise in mano tre carte d’imbarco.
-Tieni, una è tua. Per le altre, trovali e dagliele.-
Mark gli lanciò un’occhiata incredula.
-Cos’è che devo fare?-
-Trova Tom e Benji, porta loro i biglietti e avvertili che cominciamo a
fare la fila per l’imbarco.-
-Holly, sia chiaro da subito…-
s’inalberò bellicoso -Sei il capitano solo in
campo e puoi darmi ordini esclusivamente lì.-
-Cos’è che non ti va bene? Ti sto soltanto
chiedendo un favore.-
-Non c’è nulla che non vada bene e la tua non
è una richiesta ma un ordine.-
Holly sospirò e capitolò, perché era
l’unico modo per riuscire a fargli fare ciò che
gli aveva chiesto.
-Per favore Mark, potresti portare questi due biglietti a Tom e Benji?-
-Dov’è Ross?
-A recuperare un carrello su cui caricare i nostri bagagli e portarli
al check-in.-
-Allora perché non vai tu a cercare Becker e Price?-
Il capitano lo fissò stralunato e con la tentazione
fortissima di saltargli al collo per shakerargli un po’ il
cervello.
L’altoparlante che annunciava l’imbarco lo
salvò.
- I passeggeri del VOLO JAL 566 PER OBIHIRO sono pregati di raggiungere
il GATE 8 -
La voce ripeté l’annuncio due volte, poi tacque.
Nel frattempo Holly aveva ritrovato la calma e, insieme a essa, la
soluzione al problema.
-Vuoi davvero sapere perché ti sto chiedendo di andare a
cercare Tom e Benji?-
La sicurezza di Mark vacillò. Che gliene importava, in
fondo? Stava per dirglielo ma non fece in tempo, l’altro era
già partito con la spiegazione.
-Te lo sto chiedendo perché la hostess del check-in
è purtroppo una ragazza che non passa inosservata. E infatti
Bruce l’ha notata. Adesso si è attaccato come la
colla al bancone della consegna bagagli e la sta assillando per avere
il suo numero di telefono e chissà cos’altro. Se
non vado a toglierlo di lì, lei chiamerà la
sicurezza. O vuoi pensarci tu mentre io cerco Tom e Benji?-
-Haper non ce l’ha già la ragazza?-
-Certo che ce l’ha!-
-E allora che diavolo sta facendo?-
-Il deficiente!-
Mark valutò in fretta le opzioni che il capitano gli stava
servendo su un vassoio pieno di spine. Fare una figura barbina insieme
ad Harper o rintracciare l’odiato portiere? Tra i due mali
scelse quello che gli parve minore: strappò i biglietti
dalle mani di Holly e si allontanò dalla parte opposta.
Dov’è che erano andati quei due? Tom aveva detto
qualcosa ma lui non gli aveva prestato attenzione. Forse in libreria, o
almeno così gli pareva di aver udito. Che palle, quel
viaggio non gli era piaciuto fin dall’inizio. Se il mister
non lo avesse minacciato di lasciarlo in panchina e se non avesse
dovuto restarci con Price, a cui Gamo aveva ripetuto le stesse
identiche parole, avrebbe trovato il modo di rimanere a casa.
Percorrendo l’atrio dell’aeroporto a passi lunghi e
scontenti, quasi superò la libreria. Tornò
indietro imprecando e varcò rapido l’ingresso. I
due compagni erano proprio lì, nel reparto dedicato alle
pubblicazioni sportive, a leggere con interesse la rivista che Tom
teneva in mano.
-I biglietti.- disse allungandoli sopra la pagina -Stiamo imbarcando le
valigie.- lanciò un’occhiata
all’articolo, riconobbe le divise della nazionale e la
curiosità ebbe la meglio -Cos’è?-
-Parlano di noi.- lo mise al corrente Tom. Era sempre
un’emozione ritrovarsi sul giornale, un’emozione a
cui non riusciva ancora ad abituarsi.
Il portiere scostò i biglietti che Landers seguitava a
sventolare sulla rivista, impedendogli di continuare a scorrere
l’articolo. Da parte sua, Mark si avvicinò di
più, gli occhi puntati sulla foto che li ritraeva il giorno
della partita contro l’Uzbekistan. Era venuta benissimo ed
erano tutti sorridenti perché lo scatto era stato
fatto prima dell’incontro.
-Davvero? Cosa dicono?-
-Di te niente! Parlano soltanto di me e di Holly.- gongolò
il portiere fastidiosamente euforico. Afferrò il giornale
per scorrere l’articolo fino in fondo, poi voltò
pagina, proseguì nella successiva e sorrise
perché in effetti a Landers avevano dedicato soltanto una
riga striminzita. Soddisfatto, mollò di nuovo la
pubblicazione a Tom.
-E cosa dicono di te? Che ti sei fatto infilare un goal come un
cretino? Che era molto meglio se in campo scendeva Ed? O addirittura
Alan Crocker?- domandò stizzito Mark. Appioppò le
prenotazioni a Price, afferrò dal ripiano un’altra
copia della stessa rivista, la sfogliò e trovò
subito la pagina. Scorse alcune righe, poi tornò a
rivolgersi al portiere che ribolliva dell’appunto, leggendo a
voce alta e chiara una frase che lo citava -“Come di consueto
Landers ha scagliato verso la porta dell’Uzbekistan una serie
di tiri di grande potenza e precisione…”-
-E poi prosegue…- infierì Benji, appoggiando le
carte d’imbarco sul ripiano per togliere di nuovo la rivista
dalle mani di Tom -“Davvero un peccato che tranne uno, nessun
altro dei suoi stupendi tentativi si sia trasformato in un
goal.”- al ricordo i suoi occhi lampeggiarono di collera
-Come cazzo hai potuto sbagliare su quella rimessa?-
Tom trasalì e li fissò sgomento. Quei due
ricominciavano?
-Stiamo facendo tardi.- chiuse il giornale con un gesto brusco e si
avviò verso la cassa, dove trovò ad attenderlo
una fila non indifferente.
- Ultima chiamata per i passeggeri del VOLO JAL 566 PER OBIHIRO -
L’annuncio li indusse a scambiarsi un’occhiata
inquieta, l’istinto di abbandonare le riviste fu fortissimo,
ma nessuno dei tre volle rinunciare a portarsi sull’aereo
l’articolo che li riguardava. E poi la fila scorreva veloce,
tanto che quando raggiunsero il gate, le hostess stavano ancora
imbarcando l’ultima manciata di ritardatari. A un passo dagli
ingressi, neanche si fossero messi d’accordo, i tre ragazzi
si bloccarono di colpo affastagliati come le tessere di un domino. Si
guardarono le mani l’un l’altro inutilmente,
nessuno di loro aveva più i biglietti. Era come se quei tre
pezzi di carta si fossero magicamente dissolti.
-Cazzo!- da sotto la visiera, gli occhi di Benji brillarono di sgomento
-Dove sono le carte d’imbarco, idiota d’un Landers?-
-Idiota a chi, pezzo di deficiente? Le ho date a te, non ricordi?-
Benji si sforzò senza successo di recuperare quel ricordo
svanito. Niente da fare. Il passaggio di consegne di cui lo accusava
Mark gli risultò del tutto alieno.
Tom non perse tempo e fece un fulmineo dietrofront.
-Sono sicuramente rimaste in libreria!-
Benji e Mark lo seguirono difilato, correndo in mezzo ai viaggiatori
che bighellonavano tra i negozi e i ristoranti per ammazzare il tempo
dell’attesa, beati loro. Sullo stand delle riviste non
c’era traccia dei biglietti.
-Diamine Price. Dove li hai messi?-
-Li avrò appoggiati qui! Maledizione, che fine hanno fatto?-
Tom frugò tra i giornali mescolando le testate. Una commessa
li raggiunse prima che combinassero qualche danno e domandò
se per caso i signori clienti avessero bisogno di aiuto.
-Sì, abbiamo dimenticato da qualche parte le nostre carte
d’imbarco.-
-Veramente le hai perse tu.- disse Landers a Benji.
-Grazie per la precisazione, questo ci aiuterà
senz’altro a trovarle più velocmente.-
replicò il portiere a denti stretti.
Lei diede un’occhiata rapida tra le riviste, scostando tutta
la pila di giornali.
-Qui non ci sono, vado a chiedere in cassa.-
Peccato che in quel preciso momento la cassa fosse deserta.
Così la donna perse preziosissimi minuti a girovagare per il
negozio in cerca del collega. Benji la braccò come un
segugio e non gli importò che, quando lo trovarono, il tizio
fosse impegnato con un cliente. Superò la commessa e
apostrofò bruscamente l’uomo, interrompendo le sue
prolisse e dettagliate spiegazioni.
-Qualcuno le ha lasciato tre carte d’imbarco?-
L’impiegato lo squadrò ostile dall’alto
in basso e mentre lo faceva ebbe come una specie di dejavu. Quella
faccia, quell’espressione, gli sembrava di averle
già viste da qualche parte. Ma il fastidio di essere stato
interrotto ebbe la meglio. Così, piuttosto che arrovellarsi
su un’impressione che gli avrebbe forse fatto perdere un
cliente, preferì togliersi rapidamente di torno il
maleducato seccatore.
-No, non è venuto nessuno a portarmi nulla.-
Benji tornò dai compagni.
-Niente, non ci sono.-
Mark lo fissò con malcelato sospetto.
-Non l’avrai mica fatto apposta per non partire, Price?-
L’altro sostenne sia sguardo che accusa.
-Non mi costerebbe nulla dirti di sì, ma no! Non
l’ho fatto apposta! Sono qui proprio per non sentirle, le
urla di Gamo! Altro che perdere i biglietti. Tom!-
-Tom cosa?
-Fatti venire un’idea.-
-Ce l’ho già. Vediamo se ci fanno salire lo
stesso. I nostri nomi sono sulla lista.-
Alla fine di una pazza corsa nei corridoi dell’aeroporto, si
arrestarono impietriti davanti al gate, dove le hostess stavano
chiudendo gli ingressi e smontando le apparecchiature. Gli sguardi dei
tre ragazzi si spostarono increduli alle grandi vetrate che si
affacciavano sulle piste. Il loro aereo si era sganciato dal tunnel di
gomma e stava facendo retromarcia nello sterminato parcheggio.
Seguirono come ipnotizzati tutta la manovra fino al circuito di
decollo.
Mark reagì per primo allo shock.
-Maledizione!- colpì il basamento in metallo di una fila di
poltroncine con un calcio ben assestato che le fece sobbalzare tutte e
sei -Non è possibile, non possono partire senza di noi!-
L’aereo proseguì dietro le vetrate. Pochi istanti
dopo lo videro passare in decollo, la fusoliera puntata verso il cielo
mentre prendeva quota. Lo osservarono senza poter far nulla portarsi
via Bruce, Holly e Julian abbandonando loro lì, tre
deficienti che avevano perso tempo a pavoneggiarsi su una rivista e per
questo erano rimasti a terra.
Tom si afflosciò sul bordo di un sedile, gli occhi fissi
sull’asfalto grigio della pista, sull’erba
ingiallita dal freddo e sul cielo azzurro, tre fasce cromatiche che si
dipanavano in strisce orizzontali. Come poteva essere successo? Come
potevano essere stati così stupidi da perdere
l’aereo per un motivo così idiota? E adesso? In
che modo avvertire Holly? Chinò il viso a terra sconsolato e
si prese la testa tra le mani, affondando le dita nei capelli,
sforzandosi di scacciare la stizza e la delusione e smuovere le
rotelline del cervello in cerca di una soluzione. Holly non aveva il
cellulare e neppure loro ma Bruce sì. Si tirò su.
Benedetta Evelyn che non si era fatta trovare, inducendo il compagno a
infrangere il patto e portare il telefonino con sé. Per una
volta la disubbidienza di Harper era stata utile a tutti.
Una parte del piombo che gli pesava sullo stomaco scivolò
via. Non gli restava che aspettare che Bruce atterrasse a Obihiro e
riaccendesse il cellulare perché, nonostante il divieto del
capitano, era sicuro che l’avrebbe fatto. Anzi, forse sarebbe
stato lo stesso Holly a ordinargli di tenerlo acceso sperando di avere
notizie da loro. Adesso però doveva assolutamente trovare
tre posti sul volo successivo. Si alzò e raggiunse
l’unica hostess rimasta al gate a radunare le ricevute delle
carte d’imbarco.
-Abbiamo perso il volo.- le disse, le guance appena arrossate di
vergogna -E anche le prenotazioni. Anzi, per cercare le prenotazioni
non siamo riusciti a salire sull’aereo.-
La hostess recuperò tre biglietti accantonati sul ripiano.
-Mark Landers?-
-No, Tom Becker.-
-E Benjamin Price. Le vostre carte d’imbarco erano qui. Le ha
portate un passeggero che le ha trovate in libreria. Vi abbiamo anche
chiamati.-
Li avevano chiamati? Come? Quando? Non aveva sentito nulla! Si volse
stizzito verso i compagni. Sicuramente il loro continuo battibeccare
aveva coperto la voce dell’annuncio.
La hostess lo lasciò qualche istante con i suoi cupi
pensieri per digitare alcune parole sulla tastiera del computer.
-Il volo successivo per Obihiro è tra due ore.-
Tom sbiancò. Due ore! Philip li avrebbe uccisi, sempre che
non gli prendesse un colpo prima in balia di Benji e Mark.
Tornò a guardarli. Anche ora discutevano, glielo leggeva in
faccia che lo stavano facendo, anche se fortunatamente era abbastanza
lontano da non udirli. La curiosità di sapere cosa stessero
dicendo non lo sfiorò.
-I posti ci sono. Vuole che glieli fermi tutti e tre?-
domandò lei.
-Sì.-
-Paga in contanti?-
-Sì, ma solo il mio.-
Riponendo il portafoglio nella tasca dei jeans tornò verso
gli amici, chiedendosi come sopportarli per due lunghissime e
interminabili ore. Era probabile che neppure la sua riserva di
pazienza, quella dei casi eccezionali, sarebbe stata sufficiente. Si
avvicinò, li informò di ciò che
avrebbero fatto, li invitò ad andare a comprarsi il volo,
ignorò le imprecazioni di Mark che non era intenzionato a
sborsare uno yen per quella merda di ritiro - testuali parole - e si
sedette su una poltroncina, lasciando ciascuno dei due a prendere la
decisione che riteneva più opportuna. Fingendo di non
conoscerli, si immerse nella lettura della rivista che aveva continuato
a stringere tra le dita per tutto il tempo, riducendola praticamente a
un pezzo di carta straccia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 1 - Ritiro con sorpresa - seconda parte ***
- 1 -
Ritiro con
sorpresa
Seconda
parte
Philip misurava a grandi passi impazienti il corridoio degli arrivi del
piccolo ed essenziale aeroporto di Obihiro. Temendo di far tardi era
partito da Furano con troppo anticipo. Anzi, era partito presto spinto
dalla smania di rivedere Jenny, come se arrivando prima
all’appuntamento anche l’aereo avrebbe anticipato
l’atterraggio. Ora che era lì ad aspettare,
l’orologio sembrava essersi fermato e il tempo che lo
separava dalla fidanzata si era magicamente dilatato. Jenny, che quando
la mattina aveva aperto gli occhi gli era parsa vicinissima, in quel
momento era diventata quasi irraggiungibile.
-Se con i suoi sospiri l’aereo potesse volare più
veloce a quest’ora sarebbe già arrivato.-
Philip lanciò uno sguardo truce a un uomo in giacca e
cravatta che seguiva infastidito il suo continuo andirivieni. Allora
recuperò il trolley abbandonato accanto a una poltroncina e
andò a posizionarsi sul muro in fondo, tra due pannelli
pubblicitari che reclamizzavano rispettivamente le attrezzatissime
piste da sci di Tomamu e il Festival della Neve di Sapporo.
Incrociò le braccia e si rassegnò ad aspettare
tranquillo l’arrivo dei compagni.
Osservando da lontano le porte automatiche che si aprivano e si
richiudevano di continuo al passaggio dei viaggiatori, si chiese cosa
stesse facendo Jenny in quel momento e se anche lei fosse
così impaziente di rivederlo. Per quanto lo riguardava, non
aspettava altro.
Al ryokan di Shintoku era già stato quando frequentava il
liceo, ma con il trascorrere degli anni i ricordi di quel vetusto
edificio sperduto tra le montagne dell’Hokkaido Centrale si
erano sfumati. Non rammentava più la stanza in cui aveva
dormito, la cucina in cui aveva mangiato e neppure le facce degli
anziani proprietari. In compenso ricordava perfettamente che la nonna
cucinava da Dio e le terme gli erano sembrate immense. Ancora poche,
pochissime ore e finalmente avrebbe potuto riabbracciare la fidanzata e
rinfrescarsi la memoria.
Quant’era che non si vedevano? Un mese? No, per essere
precisi quasi due. A Natale come di consueto Jenny aveva raggiunto i
genitori negli Stati Uniti. Lo faceva tutti gli anni ma questa volta un
paio di giorni prima che lei tornasse, Philip era dovuto partire per
Yokohama per prendere parte al ritiro con la nazionale, e una settimana
dopo era volato in Uzbekistan insieme al resto della squadra, per
giocare quello sfacelo di partita.
Al ricordo dell’incontro sospirò. Una partita, un
disastro. Avevano vinto grazie al gol di Mark e a quello di Holly, ma
non avevano fatto altro che discutere prima, durante e dopo
l’incontro. E la vittoria non diventava affatto una
consolazione se quell’anno l’Uzbekistan si stava
dimostrando la squadra più schiappa di tutta
l’Asia. Non era mai successo prima d’ora che tra
loro serpeggiasse un malumore tale da seguirli persino in campo. Philip
stesso non riusciva a spiegarsi cosa accidenti fosse accaduto quel
giorno. Un’infausta concatenazione di eventi aveva preso
forma già prima dell’inizio
dell’incontro. Precisamente dal momento in cui Benji e Mark
avevano cominciato a guardarsi in cagnesco per uno stupido scambio di
battute avvenuto in hotel. Poi, durante il primo tempo, dopo che
Landers per errore aveva mandato a puttane una potente rimessa del
portiere arrivata dritta dritta nell’area avversaria, il
malumore che covavano entrambi era esploso. Secondo Philip, in quel
momento Price non aveva sbagliato a rimproverare Mark.
Quell’azione di risposta al blando attacco
dell’Uzbekistan, grazie all’impegno
dell’intera squadra avrebbe potuto trasformarsi facilmente in
un gol se Landers non si fosse lasciato trasportare dalle sue solite
manie di protagonismo e non si fosse messo in testa di portare avanti
la palla fino alla porta avversaria senza l’aiuto di nessuno,
neppure di Danny. Però Mark non era il tipo da lasciarsi
rimproverare senza controbattere, soprattutto se a farlo era Benji.
Nei primi minuti del secondo tempo la situazione era precipitata.
Apparentemente senza motivo Julian e Bruce avevano preso a battibeccare
per l’organizzazione della difesa. Ciò si era
ripetuto puntualmente nei momenti in cui l’Uzbekistan
ritentava l’attacco e il pallone arrivava nell’area
del Giappone. In quei terribili istanti, nella frenesia di tamponare
una difesa che aveva cominciato a fare acqua da tutte le parti (Bruce e
Clifford avevano smesso di ascoltare Benji, reso più
arrogante dal litigio con Landers), erano volati i primi temutissimi
insulti.
Philip, per quanto lo riguardava, non appena era riuscito a riprendere
fiato un istante, aveva fatto notare a Bruce che Julian aveva ragione
su ciò che stava cercando di ficcargli nella testa. Vale a
dire che per far filare tutto liscio in quella zona del campo era
sufficiente sopportare in silenzio le polemiche direttive del portiere.
Quella perla di saggezza non richiesta era servita soltanto a inasprire
Bruce, che alla fine s’era scagliato anche contro di lui,
appoggiato tra l’altro da Clifford. Nonostante una vittoria
che avrebbe dovuto perlomeno rallegrarli, negli spogliatoi la
discussione aveva preso una bruttissima piega. Cosicché
quando Tom, con il timore che si passasse presto dalle parole ai fatti,
aveva cercato di sedare il malumore di Landers che continuava,
corrisposto, a insultare Benji, i due si erano rivoltati contro il
povero Becker mettendolo malamente a tacere. A quel punto Gamo, che
secondo Philip era rimasto ad ascoltare le loro urla in corridoio
sforzandosi di non intervenire, era entrato spalancando la porta ed era
esploso. Aveva chiamato a rapporto tutti e sette (anche Holly, che
c’entrava solo in quanto capitano), e li aveva obbligati a
chiarire subito-immediatamente le loro incomprensioni mentre il resto
della squadra si faceva piccolo piccolo sullo sfondo. Nessuno dei
ragazzi era stato disposto ad aprire bocca e così Gamo era
rientrato in Giappone fumante di rabbia. Dopo una notte di riflessione
nella sua più tranquilla villa di Tokyo insieme alla moglie
e all’adorata figlia, aveva provato a chiamare Holly,
trovando il suo cellulare irraggiungibile. Esaurita la pazienza, il
mister non aveva aspettato di riuscire a parlare con il capitano, ma
aveva ripiegato sul vice. Quando aveva risposto, Philip si era sentito
assegnare una serie di direttive alle quali era stato costretto a
ubbidire senza “se” e senza
“ma”. Ed eccolo lì: il ritiro speciale.
“Insultatevi, scornatevi, ammazzatevi ma
soprattutto… chiarite! Altrimenti alla prossima discussione,
riempio il campo di riserve!” era esploso il mister. E gli
aveva segnalato un hotel in una non ben identificata
località nella provincia di Yamagata, un tranquillo paesino
sperduto tra le montagne e la neve da raggiungere senza indugi. A quel
punto a Philip era venuta in mente un’idea magnifica, di
quelle proprio forti. Avrebbe unito l’utile al dilettevole.
Era un’idea così geniale che aveva impiegato meno
di un istante a decidersi. Aveva richiamato Gamo e gli aveva proposto
in alternativa un ryokan tra le montagne dell’Hokkaido a due
ore da Furano. Come il ragazzo aveva immaginato (e sperato), per il
mister una località valeva l’altra, quello che
contava era il risultato. Così aveva acconsentito
immediatamente, convinto che il gelo più intenso
dell’inverno dell’estremo nord avrebbe raffreddato
in maniera più efficace i loro bollenti spiriti. Philip
ovviamente si era ben guardato dal rivelargli che l’hotel in
questione era gestito dai nonni paterni della sua fidanzata. Una volta
d’accordo con il mister, aveva chiamato Jenny e insieme
avevano stilato un bel programma. Lei lo avrebbe raggiunto al ryokan.
Anzi, lo avrebbe addirittura preceduto. All’inizio il ragazzo
le aveva proposto di fingere di lavorare per l’albergo
e restare così insieme per tutta la durata del
ritiro. Jenny lo aveva ascoltato perplessa, secondo lei la balla
sarebbe durata meno di un secondo. Dopodiché aveva avuto
l’illuminazione, di quelle con la “i”
maiuscola. L’unico modo per rendere meno traumatica agli
altri la sua presenza, era invitare anche le fidanzate dei compagni.
Ottenuto il via libera di Philip e il numero di Amy, Jenny era partita
da lei. Poi, attraverso la giovane, anche Patty ed Evelyn. Nessuna
delle tre si era tirata indietro, anzi erano state ben felici
dell’invito inaspettato. Certo non era la vacanza che Philip
aveva immaginato. Sarebbe stato arduo trovare il modo di riuscire a
godersi attimi di solitudine con Jenny, ma poteva accontentarsi anche
così. Insomma, meglio un po’ disagiati che niente.
Sospirò felice. Non vedeva l’ora di arrivare a
Shintoku.
Quando i passeggeri del volo proveniente da Tokyo cominciarono a
defluire nell’atrio, Philip si staccò dalla parete
e si conquistò un posto in prima fila. Appoggiato alla
balaustra, rimase in attesa degli amici per una decina di minuti e una
cinquantina di persone. Poi finalmente scorse Holly e Julian farsi
largo tra gli altri viaggiatori. Dietro di loro Bruce arrancava
spingendo un carrello su cui avevano ammonticchiato tutti i bagagli.
Visto che i tre si dirigevano esattamente dalla parte opposta, li
chiamò. Loro lo videro e lo raggiunsero.
-Ciao! Ben arrivati! Tutto a posto?- chiese di slancio, ma il sorriso
con cui li aveva accolti svanì miseramente davanti alle loro
espressioni preoccupate. Si guardò intorno -Dove sono gli
altri?-
-Non ci crederai ma hanno perso l’aereo.-
Philip spalancò gli occhi.
-Porca miseria! Holly, stai scherzando vero?-
-Magari…-
-E come ci sono riusciti?-
-Non chiedermelo.- sospirò il capitano -Quando arriva il
prossimo volo?-
Philip alzò gli occhi al tabellone.
-Tra due ore! Ma che deficienti!- no, non poteva crederci.
Imprecò tra sé e sé. Erano giorni che
aspettava di rivedere Jenny, stringerla tra le braccia…
e… e cazzo! Non era possibile! Per un attimo fu sicuro che
Landers e Price lo avessero fatto apposta e gli ci volle un istante di
saggia riflessione per capire che non poteva assolutamente essere
possibile -Vado a telefonare al ryokan per avvertire che arriveremo in
ritardo.-
Julian si mosse rapidissimo per seguire il compagno che si era
già incamminato. Philip se lo ritrovò accanto e
non ne fu contento.
-Cosa vuoi?-
-Voglio parlare con Amy. Sono giorni che non la sento.-
-Scordatelo!-
-Perché?- Julian era intenzionato a rivendicare il diritto
di scambiare due parole con la fidanzata. Se l’amico non
l’avesse accontentato era pronto a litigare. Tanto non aveva
proprio nulla da perdere, lui.
-Perché ti sei rifiutato di collaborare.-
-Collaborare?- gli fece eco Ross.
Philip annuì.
-Non hai detto niente delle ragazze. Potevi avvertire almeno Holly e
Bruce! Sarebbe stata una preoccupazione in meno!-
-L’idea è stata loro, no? Lascia che risolvano da
sole il problema. Avranno sicuramente escogitato qualcosa.- almeno lo
sperò.
-Hai paura?!-
-Io no, ma tu sì. Infatti hai chiamato me, non Holly.-
Julian scosse la testa -Non voglio assolutamente che pensino che sia
un’idea mia. Mi rovinerebbero la vacanza!-
Philip si fermò di colpo e per poco Ross non lo travolse.
-Cosacosa? Vacanza? Hai detto davvero vacanza?- lo fissò con
un’espressione indecifrabile, poi scoppiò a ridere
-Sei matto? Che vacanza? Andiamo a Shintoku per allenarci. Se ti
sentisse Holly!-
L’altro lo spintonò, seccato.
-Smetti di fare il cretino.-
Callaghan non se la prese, raggiunsero i telefoni.
-E quello?- Julian indicò sgomento il biglietto da visita
del ryokan che l’amico aveva tirato fuori dal portafoglio
-Pensavo che avessi trovato l’hotel su internet.-
Philip digitò rapido i numeri, poi si volse a guardarlo.
-Hai pensato male.-
-Come fai ad averlo? Ci sei già stato?- lo
incalzò, gli occhi socchiusi dal sospetto -Tutta questa
storia mi convince sempre meno, sappilo.-
Philip era pronto a replicare ma dall’altra parte del filo
qualcuno gli rispose. Così si concentrò sulla
telefonata.
-Sono Philip.- disse -Sì, grazie.-
Julian gli girò intorno per guardarlo.
-Mi stai nascondendo troppe cose.-
-Ah sì? E pensare che stamattina non volevi nemmeno
ascoltarmi, mentre adesso…- il tono della sua voce si
trasformò, diventando terribilmente zuccheroso -Jenny?-
Ross si guardò bene dall’allontanarsi. Non fece
neppure un passo indietro per lasciare l’amico
nell’intimità che avrebbe desiderato. Temeva, e a
ragione, che se non gli fosse stato addosso Philip avrebbe ignorato la
sua richiesta e non gli avrebbe passato Amy.
-Siamo ancora all’aeroporto. Tom, Mark e Benji hanno perso
l’aereo. Sì… Non prima delle sei.
Venite alla stazione?- la risposta gli piacque perché
sorrise. Poi qualcosa che la ragazza aggiunse e che Julian non
udì lo fece arrossire leggermente e con gli occhi velati di
imbarazzo, lanciò un’occhiata infastidita al
compagno che non si era scostato di un millimetro, nonostante tentasse
incessantemente di spingerlo via.
-Voglio parlare con Amy.-
Philip allungò ancora una volta il braccio per allontanarlo.
-È una conversazione privata. Levati di torno!-
-Passami Amy.-
Spazientito da tanta insistenza, Philip arretrò e si
accostò di più al muro, sfiorandolo quasi con la
fronte e prendendo a parlare fitto fitto con sussurri sommessi. Intanto
sul display il credito diminuiva a vista d’occhio.
La scheda si stava esaurendo e Julian non ne aveva un’altra.
Certo, poteva andare a comprarla ma poi doveva tornare e pregare Philip
di dargli il numero dell’hotel. Visto l’andazzo,
non era sicuro che si sarebbe mostrato così collaborativo.
Pochi scatti prima che il credito finisse, ritentò.
-Insomma, Philip! La vedrai tra poche ore! Vuoi lasciarmi parlare un
istante con Amy?-
Erano rimasti sì e no due minuti di conversazione e a quel
punto era necessario un atto di forza. Strappò la cornetta
al compagno e chiese a Jenny di passargli la fidanzata. Lei
l’accontentò subito.
-Prepotente!-
I due ragazzi si guardarono in cagnesco.
-Prepotente, io? Modera il linguaggio Callaghan, o non sarò
dalla tua parte!-
-E allora dovrà alzare i tacchi anche la tua, di ragazza! A
te la scelta!-
Amy rispose al telefono, mettendo fine al battibecco.
Contento di aver avuto l’ultima parola e ben sapendo che
Julian non aveva alternative se desiderava che la fidanzata restasse
con loro a Shintoku, lo lasciò solo con quella manciata di
secondi che restavano sulla scheda telefonica e tornò dai
compagni impettito e compiaciuto.
Bruce e Holly avevano trovato posto sulle poltroncine sotto un
gigantesco ikebana di rami di pino e bacche rosse, molto in tono con la
stagione invernale. Si sedette di fronte a loro, le gambe allungate
davanti a sé, i piedi incrociati e le mani nelle tasche
della giacca.
-Dov’è Julian?-
-Al telefono con Amy.-
Holly guardò Bruce, Bruce ricambiò
l’occhiata e i due ragazzi furono colti da un improvviso
quanto fastidioso attacco di invidia nei confronti di ciò
che a loro non era riuscito di fare.
-Tom ha telefonato.- lo mise al corrente Holly, accantonando la stizza
-Arriverà insieme a Benji e Mark con il volo successivo.-
-Ha telefonato?- Philip non capì -E dove?-
-Sul cellulare che Bruce non ha lasciato a casa.-
-I cellulari ai ritiri sono vietati!-
Il rimprovero partì in automatico, poiché Philip
era pur sempre il vicecapitano. Ma quando ricordò quello che
invece aveva architettato lui per quel ritiro e soprattutto chi li
attendeva al ryokan, ebbe la decenza di tacere. Il telefonino di Bruce
era niente al confronto.
****
Le facce con cui Mark, Benji e Tom si fecero strada tra i passeggeri in
arrivo varcando le porte a vetri delle uscite, non invogliavano certo a
pretendere spiegazioni sull’inaccettabile ritardo, ma Bruce
era così stufo di aspettare e quelle due ore di attesa gli
avevano messo addosso una fame così feroce, che li
apostrofò con un’arditezza tale da raggelare
persino Holly. Del resto quando il suo stomaco brontolava, Bruce era
capace di tutto.
-Cosa diavolo avete combinato voi tre? Vi stiamo aspettando da due ore!
Due ore, vi rendete conto? Due ore trascorse inutilmente a imprimerci
la sagoma delle poltroncine sul culo!-
-Vuoi anche quella della suola delle mie scarpe?- ribatté
Landers ostile -Dillo che mi ci vuole un secondo! La colpa è
di Price! Io non c’entro niente!-
-Se non c’entri niente, perché non eri sul nostro
volo? Eh?-
A Benji fregava così poco di essere coprotagonista del loro
inutile battibecco che addirittura sbadigliò. Non gli
importava del ritardo e soprattutto non gli importava del ritiro. Erano
ore ormai che rimuginava sulla scusa più plausibile da
appioppare ai ragazzi e poi al mister per poter tornare a casa. A costo
di fingere di stare male. La presenza di Landers era una condizione che
non riusciva assolutamente a sopportare.
Philip fece un passo avanti, giusto per rimarcare la propria presenza.
Nessuno dei tre ritardatari lo aveva anche solo sfiorato con lo
sguardo.
-Comunque ciao.-
-Ciao.-
Lo salutò soltanto Tom, accennando un sorriso un
po’ tirato. Dietro di lui Benji e Mark, senza spiccicare
parola, recuperarono dal carrello ciascuno il proprio bagaglio e
proseguirono verso l’uscita più vicina ignorandosi
reciprocamente.
-Cominciamo bene…- borbottò Philip, lanciando a
Julian un’occhiata parecchio preoccupata. Poi
afferrò la propria valigia e corse dietro ai due amiconi che
avevano imboccato l’uscita sbagliata, quella che portava ai
taxi e loro invece dovevano prendere il treno.
Holly non fu per niente felice di notare che dell’espressione
ottimista con cui Tom gli aveva dato il buongiorno quella mattina non
era rimasta più traccia.
-Tutto bene?-
-Tutto bene quando?- rispose lui con un’eco così
brusca da farlo trasalire -Quando si sono messi a discutere in libreria
per uno stupido articolo, quando sono rimasto a guardare
l’aereo che decollava senza di noi, quando abbiamo aspettato
due ore il volo successivo o direttamente sull’aereo, seduto
tra loro perché era l’unico modo per costringerli
a star zitti?-
Le immagini suscitate dalle parole del compagno fecero venire al
capitano i sudori freddi e non riuscì proprio a cacciar
fuori una parola di consolazione. Bruce, che era meglio se restava in
silenzio ma tanto non lo faceva mai, rigirò il dito nella
piaga.
-Philip ha ragione, cominciamo proprio bene.-
Landers agitò un braccio nella loro direzione. Era davanti
alle porte automatiche dell’uscita mentre Benji e Philip le
avevano già superate, Callaghan sicuramente fiducioso di
essere seguito dal resto del gruppo.
-Che fate? Vi muovete? Siamo già in ritardo, aspettiamo un
altro po’?-
-E di chi è la colpa se siamo in ritardo?- gli
gridò Harper di rimando.
Negli occhi di Mark passò un guizzo di fastidio, poi rispose
sollevando il dito medio.
-Vuoi piantarla di provocarlo, Bruce?-
Mentre il capitano rimproverava il compagno, Tom prese la sua decisione.
-Holly, ti avverto fin d’ora. Io non dormirò in
camera con nessuno dei due.-
-Speriamo non siano le solite stanze doppie e triple. A loro servono
due singole.-
Si guardarono incerti, la soluzione al problema poteva essere a portata
di mano, o forse no. Non sapevano nulla dell’hotel di
Shintoku perché avevano pensato a tutto Philip e Gamo,
neppure che tipo di camere li avrebbe accolti. Del resto le stanze
finora non erano mai state un problema e nessuno se ne era preoccupato.
Durante i ritiri le camerate dei centri sportivi spesso avevano anche
una mezza dozzina di letti a castello. E durante gli incontri della
nazionale, ciascuno era sempre libero di scegliere il proprio compagno
di stanza, così Mark finiva con i suoi colleghi della Toho e
Benji con quelli della New Team. Mai nessuno si era sentito costretto a
dividere la camera con una compagnia non gradita.
-Ha pensato a tutto Philip. Bisogna chiedere a lui.-
Neanche Holly lo avesse chiamato, il ragazzo arrivò di corsa.
-Che state facendo?- domandò trafelato -Il nostro treno
parte tra otto minuti! Non possiamo perderlo!- detto questo, si
lanciò verso l’uscita con l’unica
speranza di salire in tempo.
-Ma che diavolo!- Julian arraffò il proprio bagaglio e corse
via con le parti finali della sciarpa che gli danzavano sulla schiena.
Gli altri lo imitarono all’istante.
-Philip! Che aspettavi a dircelo?- l’assalì Bruce
raggiungendolo.
-I tempi erano calcolati al secondo se soltanto Benji, Tom e Mark non
avessero impiegato una vita a scendere dall’aereo!-
Tom, che l’aveva udito nonostante si trovasse qualche passo
più indietro, non riuscì a credere che
oltre a tutto ciò che aveva dovuto sopportare, adesso
venisse persino rimproverato.
-Vogliamo parlare delle due ore di ritardo?-
Si accanì anche Bruce, mentre Benji prendeva atto che
stavolta nonostante la corsa, Harper sembrava avere
ancora fiato sufficiente a sparare sentenze non richieste. Lo
urtò con la valigia facendogli perdere
l’equilibrio proprio alla fine della scala mobile. Il ragazzo
piombò dritto contro il corrimano, rimbalzando sulla gomma.
-L’hai fatto apposta!-
-Può darsi.-
Holly si sforzò di fingere di non averli visti e anzi, per
toglierseli da davanti, tante volte intendessero continuare a
rimbeccarsi come avevano fatto in campo durante l’ultima
partita – spiacevolissimo ricordo ancora troppo recente
– affiancò Philip che procedeva in testa. Se
occhio non vede, rifletté caustico, pressione non
sale e incazzatura non viene. Far finta di niente era più
facile se ce li aveva alle spalle e lui voleva crogiolarsi ancora un
pochino nella preoccupazione per la misteriosa sparizione di Patty,
prima di dedicarsi con tutte le proprie energie a contenere quelle dei
compagni. E, sprofondato in una concatenazione infinita di pensieri di
quel genere, si sedette sul treno diretto a Shintoku a un minuto appena
dalla partenza.
Il convoglio uscì a velocità moderata
dall’agglomerato di case, scuole, uffici, supermercati e
negozi che era Obihiro, strizzata tra le colline meridionali
dell’isola più a nord del Giappone e
l’Hokkaido apparve oltre i finestrini in tutto il suo
abbagliante e candido splendore invernale.
-Quanta neveÈ bellissimo!- si entusiasmò Bruce
-Non ne ho mai vista così tanta tutta insieme!-
-Te ne stancherai presto.- Philip lanciò
un’occhiata distratta oltre il vetro, poi tornò a
leggere l’articolo che parlava di loro sulla rivista
sgualcita presa in prestito da Tom. Le pagine erano così
malridotte che il suo prossimo viaggio sarebbe stato direttamente il
cestino della spazzatura.
A parte gli occhi di Callaghan, troppo abituati e già
stanchi del candore intenso e purissimo che lassù al nord
abbagliava la natura ormai da mesi, quelli dei ragazzi erano puntati su
un paesaggio incantato. Il bianco avvolgeva ogni cosa come una soffice
nuvola di panna montata che veniva voglia di toccare, affondarvi le
mani, sprofondarvi dentro. Le montagne erano ammantate di neve dalla
cima alle pendici e il ghiaccio sui picchi più alti
risplendeva di bagliori azzurri ai raggi del freddo sole invernale. I
campi che costeggiavano la ferrovia erano distese inviolate di soffici
fiocchi, ammonticchiati uno sull’altro per decine e decine di
centimetri. I tetti delle abitazioni disseminate tra i poderi, gli
alberi, i sentieri, i viottoli, i giardini, le aiuole e i cortili delle
fattorie ne erano ricolmi e le pareti degli edifici in legno brunito
dal tempo spiccavano scure contro tutto quel candore. Sembrava che
sulla terra i colori fossero stati cancellati all’improvviso
per lasciare il mondo nello scenario in bianco e nero di un malinconico
vecchio film degli anni Settanta.
Bruce soffocò uno sbadiglio e si accomodò meglio
sull’imbottitura del sedile piacevolmente riscaldato da getti
di aria calda provenienti dalle grate all’altezza
dell’impiantito, che scongelavano piedi e gambe e avevano un
magico effetto soporifero. Spostò gli occhi su Philip che
sedeva più in là.
-Tra quanto arriveremo?-
-Poco più di un’ora.-
Cinque minuti dopo Bruce già ronfava, la testa reclinata e
poggiata contro l’intelaiatura del finestrino.
Oltrepassate le pianure, tra una fermata e l’altra di piccoli
agglomerati di case, il treno cominciò a inerpicarsi tra i
dislivelli della catena montuosa dell’Hokkaido
Centro-meridionale. Il tragitto era intervallato da frequenti gallerie
e ogni volta che i vagoni ne sbucavano fuori si trovavano
più in alto. Il colore della sera iniziò a calare
già alle quattro dagli spacchi tra le cime dei monti. La
neve che li ricopriva si arrossò in sfumature madreperlacee
sempre più delicate.
Seguendo il corso millenario del fiume Tokachi, il treno
sboccò di nuovo in una pianura sovrastata dal gruppo
montuoso più alto della catena, un vulcano ancora attivo con
la vetta brulla e frastagliata come il dorso di un drago, che scendeva
però con una dolce curva verso valle. Quel picco di duemila
e duecento metri sulla destra, compreso nel più grande parco
nazionale del Giappone ubicato al centro preciso dell’isola
di Hokkaido, li osservava fin da Obihiro, facendosi via via che
avanzavano verso nord più vicino e imponente. Se la tennero
per parecchio tempo sulla destra, la cima più alta di tutto
l’Hokkaido. La montagna li seguì finché
il finestrino cominciò ad appannarsi per il freddo e
all’esterno calò sempre più rapidamente
l’oscurità.
Approfittando di una capatina in bagno, più per sgranchirsi
le gambe che per necessità, Julian e Philip si appartarono
su sedili lontani per parlare liberamente di ciò che
sapevano soltanto loro. Una precauzione necessaria solo fino a un certo
punto, perché i compagni si erano appisolati.
-Jenny ha detto di sì.-
Julian lanciò un’occhiata ai compagni ed emise un
sospiro molto sentito.
-Speriamo bene.-
Benji era l’unico che non aveva ceduto alla stanchezza del
viaggio, al gradevole calore del vagone e al silenzio lasciato dai
passeggeri che strada facendo erano quasi tutti scesi, lasciando il
treno semi vuoto. Dritto sul sedile, il cappellino appeso a un
ginocchio, era rivolto verso il finestrino e osservava annoiato quel
poco che l’illuminazione del vagone gli consentiva di
scorgere dell’esterno. Udendoli parlare, rivolse loro
un’occhiata veloce e molto, molto disinteressata. Solo quando
distolse di nuovo lo sguardo, Julian si azzardò a proseguire.
-Cosa accadrà adesso?-
-Me l’hai già fatta al telefono una domanda molto
simile.-
-Mi avevi risposto?-
-Non credo, perché non lo so.-
Il treno fece ancora l’ultima fermata prima di giungere a
destinazione e quando le porte si richiusero, Philip si alzò
perché era così agitato da non poter
più resistere seduto. Recuperò la giacca e
cominciò a radunare le proprie cose. Poi andò in
giro per il vagone a svegliare i compagni. Quando lo scosse, Bruce
spalancò gli occhi.
-È la prossima.-
-Di già?-
-Stai scherzando, vero? Abbiamo impiegato un tempo infinito ad
arrivare!-
-Callaghan, non ricominciare.- lo mise a tacere Mark, sollevando le
braccia per stiracchiarsi.
-Sicuro che siamo arrivati? Non c’è niente qui
fuori.-
Bruce osservò l’esterno, adesso improvvisamente
impaziente di scendere dal treno. Dapprima scorse soltanto il riflesso
della sua faccia assonnata. Poi, oltre l’oscurità
della notte, intravide le luci delle prime case.
A quell’ora e con quel tempo la sala d’attesa della
stazione di Shintoku era davvero poco frequentata. Oltre a una donna di
mezz’età che teneva sulle ginocchia una busta di
carta con l’insegna della pasticceria più rinomata
della cittadina, c’erano solo quattro graziose ragazze
imbacuccate e sedute composte sulle scomode e fredde poltroncine di
plastica. Il loro sguardo correva spesso alle lancette
dell’orologio appeso in alto sulla parete, che segnava quasi
le sei e avanzava con irritante lentezza. Quando fu l’ora, la
voce femminile dell’altoparlante spezzò il
silenzio assoluto della sala e annunciò l’arrivo
del treno. La donna sola si alzò, si strinse la giacca
addosso e uscì all’aperto, lasciando entrare dalla
porta una ventata di aria gelida.
Amy rabbrividì. Era avvolta da strati e strati di stoffa
eppure il freddo era così intenso che le era penetrato fino
al midollo. Le dita delle mani, avvolte da morbidi guanti color crema,
sembravano destinate a non riacquistare più
sensibilità. Si voltò a guardare le amiche
agitata, i capelli lisci e lunghi fin oltre le spalle che le
incorniciavano il volto arrossato dal freddo.
-Sono arrivati.-
Patty le rivolse un sorriso forzato che pareva imbastito più
per calmare se stessa. E le parole che pronunciò trasudavano
preoccupazione quanto la curva incerta delle sue labbra.
-Vedrai che andrà tutto liscio.-
-Speriamo.-
-Se proprio non ci vogliono faremo le valigie e torneremo a casa.-
affermò Evelyn mentre le altre annuivano d’accordo
perché era una cosa che, a mali estremi, erano tutte pronte
a fare.
Jenny non disse nulla. L’idea era stata sua, sua e di Philip
e doveva essere pronta ad affrontare qualsiasi problema o imprevisto
che sarebbe scaturito da quel ritiro, sia che fossero rimaste, sia che
ne fossero state scacciate. E se fino a poche ore prima pur di
incontrare il fidanzato e poter trascorrere del tempo con lui al ryokan
dei nonni era disposta a tutto, adesso i dubbi la rosicchiavano da
dentro minando la gioia di rivedere Philip dopo tutti quei giorni di
separazione.
Ma la tensione che la faceva sedere dritta come un fuso sulla scomoda
sedia di plastica, incurante del freddo a cui era abituata molto
più delle amiche, era dovuta anche all’emozione di
conoscere finalmente il resto della squadra, le stelle della nazionale
giapponese. Li aveva visti in foto, li aveva seguiti dal vivo dagli
spalti, ne aveva sentito raccontare di tutti i colori da Philip e da
Peter Shake ma non li aveva mai incontrati, mai aveva rivolto loro la
parola. Desiderava moltissimo fare buona impressione ma solo in quel
momento, seduta nella sala d’attesa della stazione di
Shintoku, si rendeva conto che l’imposizione della sua
presenza in un’occasione in cui non era né
prevista né ammessa, non avrebbe gettato le basi giuste per
un rapporto di stima reciproca. E se l’avessero trovata
insopportabilmente antipatica? Se non le avessero perdonato la sua
intrusione? Si guardò fugacemente alle spalle, fissando la
porta sulla strada e la salvezza, l’improvviso e
irresistibile desiderio di fuggire.
-Jenny?-
Si volse e si trovò i begli occhi nocciola di Amy puntati
addosso.
-Non avrai mica intenzione di tagliare la corda?-
Arrossì di colpo, incapace di credere che la ragazza, che
conosceva da pochissimi giorni, fosse stata capace di leggerle la
tentazione in faccia. Si prese una mano nell’altra e le dita
guantate d’azzurro si torsero nervosamente.
-Se non fosse ormai troppo tardi, annullerei tutto.-
-Di cosa hai paura?- le sorrise Patty, stavolta più decisa
-Gli unici che faranno storie saranno Benji e Mark.-
-Mark avrà sicuramente qualcosa da ridire.-
concordò Amy.
Benji e Mark preoccupavano tutte, soprattutto Jenny che non li
conosceva se non di fama. In quegli ultimi minuti in cui poteva ancora
farlo, cercò di ricordare ciò che Philip le aveva
detto di loro. Nulla di buono, a pensarci bene. Anzi, più le
parole del fidanzato le tornavano alla mente e più cresceva
il timore che le amiche avessero ragione. Philip le aveva detto per
esempio che Mark era irascibile, scontroso e con un carattere
impossibile. Era ostinato, pieno di sé e pretendeva di avere
sempre ragione. Poi però aveva aggiunto che sotto sotto,
cercando bene, aveva un sacco di lati positivi. Ma quando lei fiduciosa
gli aveva chiesto quali, Philip l’aveva guardata, era rimasto
in silenzio a riflettere per qualche istante e alla fine non gliene era
venuto in mente neppure uno. Sorrise al ricordo, poi
accantonò il problema Mark per concentrarsi sulla gioia di
incontrare Philip. La voce di Patty la riportò nella sala
d’attesa.
-Holly è il capitano e alla fine faranno come dice lui.-
-E tu sei certa di riuscire a convincerlo a farci restare?-
domandò Jenny titubante.
Evelyn le diede una pacca su una spalla e le strizzò
l’occhio.
-Ti stupirai di cosa è in grado di fare Patty.-
La risata che scaturì fu catartica, ma poi trasalirono al
fischio del treno che entrava in stazione. Il tempo delle riflessioni e
dei ripensamenti era ormai scaduto.
Jenny si alzò, spinse la porta a vetri e uscì
all’aperto, stringendosi addosso il cappotto e la sciarpa. La
notte era calata da un pezzo e faceva davvero freddo. Dalle montagne si
incanalava nella valle una brezza fastidiosa che portava con
sé il profumo del ghiaccio e della neve. Le amiche la
raggiunsero lungo il binario rabbrividendo, il respiro che si
condensava in nuvolette di vapore dissolte subito da improvvise
raffiche gelide.
I fari del treno spuntarono oltre una curva, squarciando il buio della
notte. Le quattro ragazze osservarono il convoglio
avvicinarsi, sempre più in ansia e sempre più
intirizzite. I primi vagoni si arrestarono a pochi passi da loro con
uno stridio di acciaio che fece accapponare la pelle quasi
più del freddo. Piccoli e lisci ghiaccioli trasparenti
pendevano dalle intelaiature dei finestrini, le luci della stazione si
rifrangevano su di essi e li facevano brillare di riflessi multicolori.
Finalmente le porte si aprirono e i passeggeri si riversarono sulla
banchina, affrettandosi verso l’uscita per sottrarsi il
più presto possibile al gelido inverno
dell’Hokkaido.
Julian mise piede per primo sul marciapiede stringendosi addosso la
giacca.
-Che freddo terribile! È sempre così?-
s’infilò in fretta i guanti e
rabbrividì a una folata che lo travolse con rapida
intensità, lasciandolo con naso e orecchie intirizziti. Le
dita al sicuro, afferrò la valigia e seguì i
compagni lungo il binario. Avevano preso posto negli ultimi vagoni,
quelli che a Obihiro erano riusciti a raggiungere di corsa e per un
pelo, ed erano scesi così lontano dall’uscita che
laggiù la pensilina non arrivava, lasciandoli in balia delle
raffiche di vento.
Benji si avvolse meglio la sciarpa intorno al collo e si
guardò intorno. Oltre i binari poche luci, poche abitazioni,
pochi edifici e pressoché nessuna insegna luminosa di quelle
catene di locali che sorgevano intorno a tutte le stazioni giapponesi:
Starbucks, Mc Donald’s, Seven Eleven, svariati karaoke e via
dicendo.
-Siamo scesi in provincia di Shintoku?-
-Più che altro direi che siamo arrivati in Siberia.- gemette
Bruce starnutendo e tirando poi su col naso.
Tom si avvolse meglio nella sciarpa e osservò invece i
binari e i marciapiedi.
-Siamo sicuri che sia la fermata giusta? Non vedo neppure un cartello.-
-L’hotel è molto lontano, Philip? Ci sono venuti a
prendere?-
-Avete finito con le domande? A chi volete che risponda per primo?-
-Vai con ordine.- suggerì Mark più polemico che
pratico -Così non farai torto a nessuno.-
Le ragazze impiegarono qualche istante a individuarli. Ci riuscirono
solo quando la massa dei viaggiatori si diradò e sul
marciapiede rimasero soltanto loro, una manciata di ombre lontane e
immerse nella pressoché totale oscurità,
perché gli unici lampioni della stazione di Shintoku erano
nei pressi dell’edificio e subito sopra le uscite.
-Sono lì.-
Amy li indicò anche se non ce ne fu bisogno, ora che li
avevano individuati anche le altre.
-E sono persino tutti! Io pensavo che qualcuno avrebbe tagliato la
corda lungo la strada.- s’entusiasmò Evelyn
-Approfittando magari di aver perso l’aereo.-
-Gamo stavolta deve averli proprio terrorizzati.-
-Il mister è così terribile, Patty?- chiese Jenny.
Le rispose Evelyn, in piedi al suo fianco talmente vicina da poterne
percepire il calore attraverso il cappotto.
-Tieni conto che qualche anno fa ha allontanato dalla squadra, tra gli
altri, anche Mark, Tom e mio cugino Clifford dicendo che o miglioravano
la loro tecnica o potevano scordarsi il posto in nazionale.-
-Questo non è rassicurante.-
-Non c’è niente di rassicurante in Gabriel Gamo,
Jenny.-
Adesso i ragazzi erano così vicini che riuscivano a
distinguere le loro voci. L’alta statura di Mark svettava
sugli altri insieme al cappellino di Benji che avanzava per ultimo.
Individuarono Bruce che non riusciva a camminare in linea retta,
spostandosi un po’ qua e un po’ là per
deliziare tutti con le proprie spiritosaggini, facendo inciampare i
compagni nel trolley che si trascinava dietro a zig-zag.
Confuse tra le ombre di alberi e arbusti delle aiuole che
fiancheggiavano l’edificio della stazione e correvano lungo
tutto il marciapiede, le ragazze non erano state ancora notate.
-Più o meno quanto può resistere un essere umano
a questo freddo prima di morire assiderato, Philip?-
-Direi una media di settanta-ottant’anni, Bruce. Calcola poi
che il freddo conserva più a lungo, quindi potresti arrivare
a cento.-
-Ibernato o in possesso di tutte le mie facoltà?-
Benji rise.
-Se intendi quelle intellettive, sei ibernato da quando ti conosco.-
-Te lo leverei quel cappellino, magari ti si gelano le sinapsi
cerebrali e ti cade la lingua.-
-Se non funziona per te...- Benji lo lasciò perdere
-Callaghan, ce l’hai prenotato di lusso l’igloo?-
-A cinque stelle. Vedrai che roba.-
La risposta di Philip arrivò a Jenny forte e chiara
perché il ragazzo ormai distava appena una manciata di
metri. Posare gli occhi di lui, sul suo sorriso rischiarato a tratti
dall’illuminazione stradale, scacciò di colpo
tutta l’insicurezza e i timori che l’avevano
tormentata fino a pochi istanti prima. Si staccò dalle
amiche e, come attirata da una forza magnetica alla quale non era in
grado di resistere, affrettò il passo e percorse rapida la
distanza che la separava dal fidanzato.
Jenny piombò letteralmente tra le braccia di Philip
sbilanciandolo all’indietro e facendogli sfuggire la valigia
di mano. Quell’ombra che investì inaspettatamente
il compagno li bloccò sul posto, persino Callaghan dovette
rendersi conto di cosa l’avesse appena travolto. Ma il suo
smarrimento durò giusto un secondo, il tempo di riconoscere
il profumo della fidanzata, ritrovare il calore e la morbidezza di quel
corpo che era così perfetto per il suo. Reagì
stringendola a sé e allora lei lo salutò con una
parola appena mormorata, un sussurro dolce e felice che lo raggiunse
attraverso le pieghe della sciarpa.
-Ciao…-
Si erano fermati proprio sotto il cono di luce di un lampione e questo
diede modo a Benji di scrutare la faccia di Philip colma di beata gioia
e intuire la verità. Della giovane avvinghiata al compagno
non riusciva a vedere nulla, se non uno zigomo roseo e la massa di
capelli neri e lucenti tagliati sopra le spalle. Ma tanto
bastò. Ciò che era appena accaduto davanti ai
loro occhi per il portiere fu talmente ovvio che la sua voce
uscì in un secco rimprovero.
-Che accidenti stai facendo, Callaghan? Cosa significa questo?-
La risposta del compagno non era necessaria, ci arrivava da solo
eccome. Lei! Lei era sicuramente la fantomatica fidanzata di Philip.
Lei era Jenny! La ragazza che in trasferta, persino
all’estero, pretendeva una telefonata al giorno! La tipa che
aveva ridotto nientepopodimeno che il vicecapitano della nazionale
giapponese di calcio a un povero imbecille, un calzino da girare e
rigirare a piacimento. Jenny era lì! Non riusciva a
crederci! Lei lo aveva seguito al ritiro! Era inaccettabile, i ritiri
erano off-limits! Niente distrazioni! Anzi, niente fidanzate -
perché se qualche distrazione capitava tanto meglio. Era una
regola. Era LA regola!
-Chi è questa ragazza, Philip?-
L’ingenua domanda di Bruce gli fece quasi cadere le braccia.
-Chi vuoi che sia, idiota?- rispose Mark con un’arguzia che
lasciò di stucco il portiere -Sicuramente non una sua fan.
Stiamo parlando di Callaghan, quindi...-
Quel povero imbecille del vicecapitano, che lo ascoltava distratto, non
riuscì a interpretare il tono della frase lasciata a
metà e si ripromise di chiederne conto, ma solo
più tardi perché adesso veniva la parte
più complicata del viaggio.
Jenny sembrò leggergli nel pensiero, come accadeva
spessissimo. Si scostò a malincuore dal corpo caldo e
accogliente del fidanzato e si volse verso i ragazzi, registrando nel
contempo l’avanzata di un’ombra che
schermò la luce del lampione da un’altezza
superiore a quella di Philip, facendole calare addosso
l’oscurità.
-Il problema non è chi è, Harper, ma che cazzo ci
fa qui. Chi l’ha invitata?-
Benji ghignò una presa in giro.
-Secondo te, Landers? Sei scemo o cosa?-
-La piantate voi due?- li zittì Holly stufo, poi si fece
avanti -È davvero Jenny, Philip?-
-Esattamente.-
Bruce, che aveva trattenuto il fiato, esplose di sdegno.
-Che ci fa qui? Che ci fa LEI qui? Perché? Perché
non me lo avete detto?- frignò.
-Volevi invitare anche Evelyn?-
Il ragazzo fissò Benji.
-Certo, perché no? Se c’è lei,
perché non avrebbe potuto esserci anche Eve?-
Jenny era tentatissima di dirgli che in effetti Evelyn c’era
e neppure troppo lontana, ma non era sicura che fosse il momento
giusto, visto che non riuscivano ad accettare neppure soltanto la sua,
di presenza. Le cose, a suo parere, non si stavano mettendo bene per
niente. Era comparsa tra loro da appena un paio di minuti ed erano
già sul punto di azzuffarsi. Li guardò tesa,
forse era meglio finirla lì. “Grazie è
stato un piacere.” poteva dire “Scherzavamo, sono
passata un attimo solo per salutare Philip. Adesso me ne
vado.” e poi fuggire a gambe levate. Invece si
sforzò di provare a mettere qualche pezza a destra e a
manca. Socchiuse le labbra in un sorriso che, nonostante la tensione,
le venne perfetto, con le guance arrossate dal freddo, gli occhi che
brillavano di ansia e felicità. Una felicità tale
da lasciare Bruce inerme. Le proteste gli morirono in gola, complice
anche il bel viso su cui era rimasto impigliato il suo sguardo.
Jenny allungò una mano guantata verso Holly, accompagnando
il gesto con un’espressione radiosa che avrebbe incantato
chiunque. Forse anche Benji, che poco distante fremeva di
contrarietà. Il capitano gliela strinse senza un attimo di
esitazione, in fin dei conti talmente sorpreso di trovarsi davanti la
fantomatica fidanzata di Philip da dimenticare per un attimo che non
avrebbe dovuto essere lì.
-Benvenuti a Shintoku.- li accolse lei con una voce dolce e gentile,
consapevole di avere gli sguardi di tutti, chi più e chi
meno cordiale, puntati addosso.
Persino Benji, alla fioca luce dei lampioni della stazione, non
poté non notare che Jenny oltre a essere invadente e
asfissiante era talmente graziosa da potersi permettere qualche
capriccio. Piuttosto forse c’era da cominciare a chiedersi
come accidenti avesse fatto un tipo scialbo come Callaghan a
rimorchiare una ragazza così.
-Ciao Patty.-
La voce di Tom fece sobbalzare Holly.
-Patty?- ripeté con una fievole eco.
-Sì, sono io.- disse lei emergendo dall’ombra
della notte e avanzando fino alla luce del lampione.
E dietro di lei anche Evelyn e Amy, una accanto all’altra
infreddolite – o forse intimorite – dal loro stesso
essere lì.
-Eve! Anche tu!- esclamò Bruce esprimendo sorpresa, collera
e infine sollievo in appena tre parole.
-Ciao.- lo salutò lei con un gesto della mano, rincuorata
dal suo entusiasmo -Com’è andato il viaggio?-
Mark non vedeva l’ora che qualcuno lo chiedesse. Era
così furioso da scoppiare.
-Decisamente una schifezza!-
Benji incrociò le braccia, poco incline a mostrarsi cordiale.
-E da adesso in poi non può che peggiorare.-
Secondo il portiere, il viaggio era stato davvero fin
dall’inizio una schifezza e la sorpresa finale che li aveva
accolti a Shintoku non poteva che essere la naturale conseguenza di
quella pessima giornata. Ma di chi era la colpa? Di Callaghan o della
sua ragazza? Di entrambi? Avevano complici? Nell’incertezza
il portiere tornò a guardare Jenny, una novità
che non riusciva a fare a meno di catturare i suoi occhi. Non vedeva
l’ora di osservarla alla luce, perché la penombra
mostrava davvero troppo poco per poter dare un giudizio definitivo, se
non altro sul suo aspetto fisico.
Dal volto della giovane trasferì gli occhi su quello di
Philip. Si vedeva che Callaghan era davvero stracotto ed era chiaro che
avrebbe fatto qualsiasi cosa per consentirle di restare. Finora nessuna
delle loro proteste sembrava aver incrinato il suo entusiasmo. Forse
era il caso di ribadire che la presenza delle ragazze era assolutamente
inaccettabile.
-Ci siete tutte?-
-Se tu sei ancora single, direi di sì.- rispose Patty
sfoderando la sua combattività, ora che era al fianco di
Holly.
-E chi se lo prende?-
-Su questo aspetto potremmo disquisire per giorni, Landers.-
-E non mi pare il momento di farlo.- disse il capitano e
avanzò di un passo, mettendosi tra loro pronto a zittirli se
avessero provato a continuare.
Mark tornò a guardare Philip.
-Allora Callaghan, cos’è questa novità?
Gamo ne è al corrente? Scommetto di no, vero?-
-E chi glielo dice? Nessuno di noi è così
stupido… spero!- esclamò Bruce allarmato.
Landers neppure lo udì. Abbassò gli occhi su
Jenny e si rivolse stavolta direttamente a lei.
-Forse il tuo ragazzo non ti ha spiegato bene come funziona un ritiro.-
-Mark...- tentò di intromettersi il ragazzo in questione ma
l’altro lo zittì con un brusco gesto della mano.
-Siamo venuti in questo posto dimenticato dalla civiltà per
allenarci e voi non dovreste assolutamente esserci!-
-Sai cos’è la civiltà, Landers?- fece
eco Benji.
Tom gli infilò un gomito nel fianco facendolo sobbalzare.
Mark ringhiò un insulto al portiere, poi tornò a
fissare la ragazza.
Lei esitava combattuta. Era perfettamente consapevole di cosa fosse un
ritiro e di fronte alle sue legittime rimostranze, nessuna risposta
poteva ritenersi accettabile. Certo non poteva spiattellargli chiaro e
tondo di essere lì per trascorrere qualche giorno con il
fidanzato che non vedeva da un mese. Non disse nulla quindi, gli porse
la mano e gli sorrise come aveva fatto con Holly, cercando di reprimere
il disagio che le trasmettevano quegli occhi furiosi puntati su di lei.
La sua voce venne fuori limpida e decisa, anche se il cuore nel petto
batteva all’impazzata.
-Benvenuto, Mark.-
Le labbra di Landers divennero una linea sottilissima. Non
ricambiò il saluto per protesta e non strinse la mano che
Jenny gli porgeva con tanta cordialità. Continuò
a tenere le proprie affondante nel calore delle tasche e a scrutarla
con un cipiglio infastidito. Alla fine lei abbassò il
braccio ma non si diede per vinta.
-Sono contenta di conoscerti. Philip mi ha parlato spesso di te.-
-E chissà che belle cose ti avrà detto.-
Callaghan, se solo avesse potuto, avrebbe mollato a Benji un pugno in
faccia. La sua ironia, sempre e immancabilmente fuori luogo,
annullò l’effetto benevolo delle parole di Jenny.
Lo sguardo di Mark si indurì.
-E quindi?-
Quindi la giovane capì che trattare con Landers era
difficile, ma che trattare con lui in presenza di Benji era
un’impresa ancora più ardua. Si rivolse allora al
portiere, per cercare di capire chi dei due fosse più
malleabile.
-Ho sentito parlare anche di te, Benji. è un piacere avervi
qui a Shintoku.-
-Lo immagino. Soprattutto averci Callaghan.-
A quel punto Philip intervenne.
-E sarà un piacere ancora più grande se usciamo
dalla stazione e finiamo saluti e presentazioni in un luogo
più caldo e accogliente.- riprese la valigia -Possiamo
andare?-
-Andare dove?-
-Al ryokan.-
-Con loro? Callaghan, vuoi farmi scemo? Un ritiro non prevede la
compagnia delle fidanzate. Possiamo anche andare se vuoi, ma loro
restano qui...- magari lì faceva troppo freddo, quindi Benji
si corresse -Comunque non vengono con noi. Vero Holly?-
Il capitano non gli diede l’appoggio che si aspettava. Il suo
silenzio fu eloquente, a quella battaglia non avrebbe partecipato. Per
una volta sembrava tenere più a Patty che alla squadra.
Allora cercò Tom e gli trovò sul volto
un’espressione imbarazzata che non apprezzò per
niente. E Ross? Non gli rimaneva che Ross il perfettino. Lo
cercò e lo trovò. Teneva per mano la fidanzata e
aspettava, in un paziente silenzio, che lui smettesse di far storie.
Storie? Stava facendo storie? Non era così! Lui aveva
ragione da vendere, non si portavano MAI le fidanzate ai ritiri. Si
volse verso Harper, anche se non nutriva nessuna speranza su di lui. E
infatti il ragazzo pareva addirittura non aver udito nulla di quello
che era stato detto in quegli ultimi minuti. Era così
entusiasta di aver trovato la fidanzata a Shintoku, che la sua
attenzione era totalmente rivolta a Evelyn. Per giunta lei gli stava
dicendo qualcosa che lo fece sorridere, chissà che non
stessero ridendo proprio di lui. Possibile che il suo unico alleato
fosse Landers? Merda! Lui no! Si censurò in un silenzio
infastidito, passò accanto a Patty a testa alta e si
avviò lungo il marciapiede, dove alla fine si era stufato di
stazionare, investito da continue raffiche di vento ghiacciato.
Tolto di mezzo il portiere, le ragazze si lanciarono
un’occhiata sollevata che a Mark non sfuggì.
-Non farete fesso anche me. Io aspetto ancora spiegazioni. Anzi le
pretendo, o da qui non mi muovo.-
-Nessuno vuol far fesso nessuno...- borbottò Evelyn.
Benji, che non era ancora abbastanza lontano, udì entrambi e
si volse.
-Avresti mai immaginato di trovare un eucalipto in Hokkaido, Landers?
Provaci pure, forse sarai più fortunato di me e se riuscirai
a dare un tono a questa farsa di ritiro avrai purtroppo tutta la mia
gratitudine.-
-Che eucalipto?-
-Niente Evelyn, lascia perdere.-
Holly non vedeva l’ora di raggiungere l’hotel o il
ryokan o quello che era, scongelarsi le estremità ibernate,
cenare e andare a letto. Ignorò Mark che adesso puntava i
piedi e faceva le bizze e, stringendo la mano di Patty,
seguì il portiere verso l’uscita della stazione.
Julian e Amy si scambiarono un’occhiata e
s’incamminarono anche loro, subito imitati da Evelyn e Bruce,
tremanti di freddo.
Philip sbuffò in sordina e lanciò uno sguardo
sghembo a Mark. Era strasicuro che gli amici avrebbero avuto da ridire
ma sperava almeno di riuscire a portarli fino al ryokan per discuterne
con calma, magari davanti a una tazza di tè bollente e dopo
aver cenato. E invece quel cretino di Landers seguitava a impuntarsi
lì, in stazione, in balia del freddo e della notte. Ma non
era stanco? Non aveva fame, accidenti a lui?
In quel momento comunque, la cosa più importante era
impedirgli di salire sul primo treno diretto a Obihiro. Se tornava a
casa e mandava a monte il ritiro, Gamo lo avrebbe maciullato. Avrebbe
maciullato tutti.
-Che dici Mark, ti muovi o aspetti di trasformarti in un pezzo di
ghiaccio?- lo sollecitò brusco.
-Testone...- borbottò Tom dietro di lui.
-Hai detto qualcosa, Becker?-
-Giammai.-
Mentre Tom e Philip reprimevano la violenta tentazione di afferrare il
compagno di peso e trascinarlo via, Jenny gli si avvicinò e
gli posò una mano sul braccio col tocco delicato di una
farfalla. Gli occhi di Mark seguirono il gesto, indugiarono sul guanto
azzurro e poi si spostarono sul suo viso con un lampo di collera che
indusse la giovane a ritrarre le dita all’istante. Non le
restò che parlare.
-Qui fa freddo. Va bene lo stesso se le spiegazioni te le diamo al
ryokan?-
Il bel viso di Jenny era sollevato verso di lui. Nel suo sguardo Mark
riconobbe un’espressione che aveva un qualcosa di vagamente
familiare. Una folata di vento le scompigliò i capelli, una
ciocca le finì sugli occhi ombreggiati da lunghe ciglia
scure e quando lei la scostò con un gesto della mano, il suo
profumo gli solleticò le narici. Era buono. Una seconda
raffica di vento, più forte della prima, li costrinse a
socchiudere gli occhi e ad abbassare il viso per ripararsi dai fiocchi
di neve che turbinarono nell’aria pizzicando la pelle con
minuscoli aghi.
La temperatura doveva essere scesa molto sotto lo zero. Si gelava e
gelava soprattutto chi non era abituato a inverni così
rigidi. Mark avrebbe voluto mostrarsi inflessibile, ma purtroppo per
lui stava morendo di freddo. Ancora pochi minuti nella morsa del gelo
dell’Hokkaido e, come aveva preannunciato Philip, si sarebbe
trasformato in una statua di ghiaccio. Afferrò con un
movimento brusco la valigia da terra e s’incamminò.
-Sia chiaro che non è stata lei a smuovermi ma il freddo.-
disse a Tom superandolo.
-Non ne dubito.-
-E al ryokan dovrai essere molto convincente, Callaghan. Altrimenti me
ne vado.-
-Lo abbiamo capito.-
Gli altri erano già fuori dell’edificio,
infreddoliti, disorientati e in attesa.
-Prendiamo l’autobus?- domandò Bruce.
-Il taxi, se non volete andare a piedi.-
Il ragazzo guardò Jenny.
-Quant’è distante?-
-Circa tre chilometri in salita.-
-Che bella notizia.-
-Già inizi a battere la fiacca, Harper?- lo
schernì Mark, a cui non rimaneva altro da fare che riversare
lo scontento sui compagni -Siamo venuti in ritiro, no? Cosa vuoi che
siano tre chilometri in salita?-
-Ti interessa solo risparmiare i soldi del taxi, Landers!-
Holly guardò Benji sospirando, era sicuro che lo avrebbe
detto.
-Ovvio! Per colpa di qualcuno ho dovuto pagarmi due biglietti aerei!
Non sai che un certo idiota ha lasciato le carte di imbarco in libreria
perché era troppo occupato a farsi bello su un articolo che
parlava di lui?-
Se il loro tono non avesse preannunciato nuovamente guai, Patty sarebbe
scoppiata a ridere tanto i loro continui battibecchi le parevano
infantili. Invece fu costretta a rinunciare di nuovo alle dita calde di
Holly che stringevano le sue, per dargli modo di ricorrere alla sua
autorità di capitano.
-Bene, andremo a piedi! Spero proprio che la salita e il freddo vi
gelino la lingua! Non ne posso più di sentirvi!-
-A chi lo dici.- fece eco Tom.
Benji si calcò il cappellino sulla testa e spostò
gli occhi su Jenny.
-Facci strada.- ordinò brusco.
Lei non se lo fece ripetere. Girò a destra,
attraversò il piazzale della stazione e imboccò
una via piuttosto larga che si stendeva dritta fino alle pendici della
montagna. La neve era stata spazzata dalla carreggiata, ora
sporca di terra e sale chimico per scongiurare pericolosissime lastre
di ghiaccio. Le vetture che la percorrevano producevano uno sciacquio
che intirizziva tutti i sensi. Anche i marciapiedi erano stati ripuliti
e cosparsi di granelli bianchi, ma a ridosso degli edifici si erano
accumulate alte montagnole di ghiaccio candide, solide e risplendenti.
Qua e là, davanti ai negozi, nei pressi degli incroci, sotto
i lampioni e accanto alle cabine telefoniche, si ergevano pupazzi di
neve di tutti i tipi e misure plasmati dai bambini di Shintoku, messi
lì quasi a proteggere con la loro presenza rassicurante
automobilisti e passanti dalle insidie del lungo inverno del nord.
Alle sei del pomeriggio il traffico dei veicoli era notevole, le strade
della piccola cittadina erano percorse in lungo e in largo da
automobili, furgoncini e furgoni commerciali. I fari delle vetture
illuminavano tutto quel bianco creando aloni di luce che si
riflettevano sulle nuvole basse e cariche di neve. Di passanti invece
ce n’erano pochissimi e sembravano trovarsi in strada solo
perché non avevano proprio potuto fare a meno di uscire.
Imbacuccati fino alle orecchie, infreddoliti e stanchi si affrettavano
ciascuno verso la propria meta, senza far caso a quel cospicuo
gruppetto di presenze famose che procedeva sotto anonimato per le vie
di Shintoku.
Mark si sentiva il volto ghiacciato e la pelle tirata dal freddo ma il
moto teneva al caldo il resto del corpo, ben riparato da giacca a
vento, sciarpa e guanti. Dopo tante ore trascorse seduto sui treni e in
aereo, era felice di poter fare un po’ di movimento.
Dietro di lui udiva le chiacchiere di Julian e Amy, coperte a tratti
dal rombo delle macchine che li superavano.
-Fa sempre così freddo?-
-Sentirai più tardi. Questa notte certamente
gelerà.-
-Mi sembra che lo abbia già fatto in abbondanza.-
-In effetti...- rise lei.
Mark li lasciò perdere per lanciare un’occhiata
alla vetrina sguarnita di una panetteria, ormai in chiusura. Nei cesti
di vimini in mostra dietro le vetrate era rimasto ben poco, ma il
ricordo dell’odore del pane lo colpì lo stesso,
accartocciandogli lo stomaco. Sperava che le ragazze avessero
provveduto a una cena appropriata agli strapazzi di quel giorno. Si
volse. Qualche passo più avanti Jenny procedeva alla sua
sinistra, accanto a Philip che le parlava e sorrideva. Lui la teneva
per mano e Mark gli leggeva in faccia un’espressione che non
riconosceva. Lo aveva visto felice in parecchie occasioni, praticamente
dopo tutte le loro vittorie. Ma la gioia di quel giorno era diversa,
più intima e completa. Un sentimento che forse a lui non era
mai capitato di provare. Incuriosito diede una seconda sbirciata alla
ragazza. Jenny, dunque. Finora lei gli era arrivata davanti agli occhi
solo attraverso qualche foto sottratta a Philip durante i ritiri,
sbandierata ai quattro venti a sua insaputa per prenderlo in giro o
farlo arrabbiare. Una volta gli era successo di udire la sua voce
attraverso il cellulare dell’amico. A parte ciò,
nient’altro.
Come aveva avuto già modo di notare sulle foto e intuire
poco prima nella penombra della stazione, Jenny era davvero carina.
Addirittura poteva dirsi bella, se solo fosse riuscito a guardarla
meglio. Per il momento aveva preso atto di qualche particolare, come il
viso dai tratti regolari, la pelle rosea e vellutata, il naso piccolo e
un po’ all’insù, le labbra rosse e piene
dalla linea perfetta. Tuttavia, nonostante la sua avvenenza, nonostante
i suoi sorrisi e la sua gentilezza, nonostante il suo profumo,
nonostante ciò che Philip provava per lei, non poteva
perdonarle di essere lì. Di essersi intrufolata, insieme
alle altre, nel loro ritiro.
Non era passato neppure un quarto d’ora da quando si erano
messi in cammino che Bruce iniziò con le sue scontate
lamentele.
-Quanto manca? Sto morendo di fame!-
Un po’ mancava ancora di sicuro. A circondarli, in quel
momento c’era il niente mescolato al buio. Il viale che
avevano percorso dal momento in cui erano usciti dalla stazione, a poco
a poco si era ristretto trasformandosi da arteria principale del centro
abitato a stradina di campagna. Gli edifici si erano fatti
più radi, i negozi erano scomparsi e si erano ritrovati ad
andare incontro all’oscurità della montagna. Il
largo marciapiede lastricato, comprensivo di pista ciclabile, era
diventato una gettata di asfalto così stretta che a mala
pena riuscivano a percorrerla due persone affiancate. Per di
più, i lampioni che illuminavano la carreggiata a un certo
punto erano finiti. Dopo un’ampia curva in salita che aveva
cinto col suo corso sinuoso le pendici della montagna, quella striscia
d’asfalto ammantata di ghiaccio aveva cominciato a
inerpicarsi a zig-zag tra alberi coperti di neve, arbusti e cespugli e
dal momento in cui si erano inoltrati nel bosco, non avevano
più incontrato neppure una macchina.
Le ragazze, e pure Bruce, avevano tirato fuori il telefonino e adesso
illuminavano il cammino con le luci traballanti e fredde delle torce.
-Ho fatto proprio bene a portare con me il cellulare.-
sghignazzò Harper dopo essersi piazzato appositamente
accanto al capitano, facendo luce dove mettevano i piedi -Non sembra
anche a te, Holly?-
-No, e te lo requisisco appena arriviamo.-
Bruce non badò alla minaccia.
-Quanto avete detto che manca?- domandò di nuovo petulante.
-Siamo quasi arrivati.- lo rassicurò Patty, mostrando una
pazienza che in realtà era agli sgoccioli. Ma per amore
della tranquillità e soprattutto per amore di Holly, era
decisa a sopportare anche le lagne di Bruce -Il ryokan è in
cima alla salita.-
Tom si chiese quanto fosse in alto la cima della salita, poi
tornò a rivolgersi a Benji che gli camminava accanto,
affondando rancoroso i piedi nella neve intatta ai lati della strada.
Non riusciva proprio a capire perché stesse reagendo in quel
modo.
-Che ti importa se ci sono anche loro? Le cose tra noi vanno comunque
male, la presenza delle ragazze non può turbare
un’armonia che non esiste. Ti stai impuntando su una
sciocchezza. La tua presa di posizione è assurda e
infantile.-
-Ah sì?-
Ritenendosi nel giusto, a Benji non faceva piacere sapere che
l’amico la pensasse in quel modo. Lui odiava le sorprese e
odiava ancor più che si prendessero a sua insaputa decisioni
che lo riguardavano. Odiava trovarsi di fronte al fatto compiuto se non
era lui a compierlo, quindi odiava esattamente ciò che era
appena accaduto.
-Chi ha organizzato tutto questo? Callaghan?- si fermò di
colpo per guardarlo in faccia -Tu lo sapevi?-
-Certo che no!- si affrettò a rispondere Tom, che seppure ne
fosse stato al corrente, in quel momento avrebbe negato anche sotto
tortura pur di non sentirsi accusato di qualcosa. Per quel giorno era
saturo.
-Quanto manca?- chiese Bruce ancora -Sono stanco e fa davvero troppo
freddo. Come faremo ad allenarci con questo gelo? Philip, non era
meglio l’hotel di Yamagata?-
Callaghan sussultò. Che diavolo ne sapeva lui
dell’hotel di Yamagata? Chi gliel’aveva detto?
-Ti posso assicurare che quando fa freddo, essere a meno sette o meno
quindici non fa nessuna differenza.-
-Se lo dici tu…- lo fissò poco convinto -Quindi?
Quanto manca?-
Patty alzò gli occhi al cielo.
-Risparmia il fiato per camminare, Bruce. Siamo quasi arrivati.-
-E chi ci crede più? L’hai detto anche
mezz’ora fa.-
-Lascia che si lamenti.- la rabbonì Holly -Lo fa per
scaldarsi.-
-Se sei stanco puoi fermarti qui e raggiungerci domani con
più calma.-
Jenny parlò con un sorriso gentile e una voce dolce come il
miele che dissimulò in parte l’ironia di fondo.
Bruce infatti non la colse. Si bloccò dov’era, a
guardarla con gli occhi spalancati. Dopodiché le corse
vicino con un braccio proteso, slittando sul ghiaccio.
-Comunque molto, molto piacere! Come avrai sicuramente capito io sono
Bruce Harper e senza di me, con questi qui la nazionale sarebbe di una
noia mortale.-
Tom rise di cuore mentre Philip riusciva a fatica a strecciare le dita
del compagno che stringevano quelle di Jenny e non volevano saperne di
mollarla.
-Sa perfettamente chi sei, imbecille! La tua è una faccia
che non si dimentica!-
-Verissimo.- concordò il proprietario delle fattezze
memorabili -Sono molto felice di conoscerti Jenny. Purtroppo ho sentito
pochissimo parlare di te, ed è un vero peccato. Qualche
parola in più valeva proprio la pena spendercela. Eh,
Philip?-
Lei arrossì, ma il buio celò il suo imbarazzo.
Proseguirono ancora per alcuni minuti, poi il ryokan comparve oltre una
grande curva. La strada si aprì in un ampio piazzale
pianeggiante, in fondo al quale si innalzava un imponente edificio a
tre piani in stile tradizionale, dalle linee armoniose e leggere, ma in
realtà robusto e massiccio. Il piazzale era illuminato da
lampioncini che gettavano una tenue luce anche sulla costruzione. I
muri esterni erano intonacati di bianco crema e incorniciati da travi e
pilastri di un legno reso ancor più scuro dalle intemperie e
dal passare del tempo. Leggermente curvato verso l’alto alle
estremità, il tetto dava un’impressione di
leggerezza ed era ricoperto di tegole di ardesia che si scorgevano solo
a tratti, scure, sotto il candido e spesso manto di neve. Il piano
inferiore era abbellito, nella parte centrale, da una veranda di legno
riparata da gronde sporgenti. Dal primo piano si affacciavano tre
balconate coperte da una tettoia più leggera. Il legno degli
spioventi e dei tetti dei balconi era appesantito da pietre di varie
dimensioni per non essere spazzato via dai venti impetuosi che si
incanalavano tra le valli montane. In alto, quasi all’apice
del tetto, si aprivano le minuscole finestrelle dell’abbaino
con la cima arrotondata. Ai lati e alle spalle dell’edificio
gli alberi crescevano fitti e salivano a ricoprire con un manto
continuo il pendio delle montagne.
Dalla maggior parte delle finestre del pian terreno filtrava una calda
luce dorata che si rifletteva sulla neve illuminando il piazzale.
Arrancando tra la neve i ragazzi raggiunsero l’ampio portico
aggettante dell’ingresso, coperto da un tetto a due falde. Il
pavimento era di larghe tavole disposte perpendicolarmente rispetto
alla soglia e si raggiungeva salendo tre scalini. Varcata la grande
porta a vetri a doppia anta, attraverso un altro gradino, da questo
stesso pavimento si giungeva a quello superiore, che apparteneva al
pianterreno del ryokan.
-Che piacevole tepore…- sospirò Bruce quando
furono finalmente all’interno dell’edificio e al
riparo dal freddo. Lasciò la valigia a terra per srotolare
la sciarpa mentre si guardava intorno curioso.
Uno zoccolo di legno chiaro e pregiato correva lungo i lati
dell’ingresso mentre la parte superiore del muro era
intonacata di bianco-crema. Da un lato, addossata alla parete,
c’era una scaffalatura con dei vani per riporre le scarpe e
dall’altro, appesi al muro, una fila di pomelli per giacche a
vento e cappotti. In un angolo un enorme vaso
dall’invetriatura color giada conteneva alcuni ombrelli a
disposizione dei clienti.
Mentre si sfilavano giacche e cappotti, una coppia di anziani signori
arrivò ad accoglierli con un inchino e un caloroso
benvenuto. La vecchietta squadrò uno ad uno quei ragazzi
alti e atletici, poi i suoi occhi miopi si soffermarono su Philip e le
sue labbra si schiusero in un sorriso colmo d’affetto.
-Siamo felici di rivederti, Philip. È passato
così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo
incontrati che temevamo di non riconoscerti più.-
-Anche per me è un piacere essere di nuovo qui.- rispose lui
educato e con sincerità, sfilandosi i guanti di lana e
riponendoli nelle tasche della giacca.
Lo scambio di convenevoli risultò decisamente sospetto.
-Li conosci? Vi conoscete?- quelle di Mark suonavano più
come accuse che domande -Callaghan! Sono stanco delle sorprese!-
-Ci conosciamo, sì.- disse la padrona del ryokan -Noi siamo
i nonni di Jenny.-
Poi tirò fuori gli occhiali dalla tasca della calda gonna di
lana e li inforcò, sbattendo gli occhietti per mettere a
fuoco. Esaminò Mark con ammirato stupore e le sue rughe si
tesero formando un sorriso.
-Che bel ragazzo che hai portato, nipote mia!-
Soddisfatta la vista, nonna Harriet decise di appagare anche il tatto e
gli premette due volte il dito al centro del maglione, quasi a saggiare
la sua reale presenza o forse ancor più la
solidità dei suoi muscoli, continuando comunque a fissarlo
con occhietti grinzosi luccicanti di approvazione.
-Se avessi quarant’anni di meno saprei perfettamente come
trascorrere i prossimi giorni!-
Jenny arrossì fino alla punta delle orecchie e si
accostò a nonno Ernest, sperando che riportasse
all’ordine quella burlona della moglie. Lui si
limitò a strizzarle l’occhio mentre Benji
scoppiava a ridere di cuore. Mark, totalmente privo di malizia per
indole, non fu capace di tener testa a un apprezzamento che lo colse
del tutto impreparato. Quindi si comportò come
d’abitudine e lanciò occhiate assassine a destra e
a manca, pronto a vendicare il proprio onore se qualcuno del gruppo si
fosse unito alla risata del portiere.
Harriet si sfilò gli occhiali e li ripose.
-Naturalmente scherzavo. Jenny, accompagna i tuoi amici nella loro
camera così potranno sistemarsi prima di cena.-
Lei annuì e dopo aver distribuito ai ragazzi sette paia di
pantofole dei colori dell’arcobaleno, imboccò le
scale con la punta delle orecchie ancora in fiamme, e li precedette al
primo piano, lanciando occhiate preoccupate a Mark che però
sembrava aver superato la fase critica. Aprì la porta della
stanza, allungò una mano sul muro per accendere la luce e
poi scostò per lasciarli entrare.
Era una camera di dodici tatami grande e spaziosa, in grado di
ospitarli tutti e lasciar avanzare ancora dello spazio. Le stuoie,
bordate di stoffa marrone decorata di piccoli motivi floreali color
crema, erano così pulite da emanare ancora un gradevole
profumo di paglia. Le pareti, intonacate di un pallido color avorio,
erano completamente spoglie eccetto un rotolo dipinto appeso in una
rientranza del muro, che rappresentava un paesaggio invernale a
inchiostro monocromo con pennellate morbide e un sapiente uso delle
sfumature.
Il centro della stanza era occupato da un enorme tavolo basso
rettangolare, così lucido che la superficie rispecchiava i
loro volti; a terra erano sparpagliati dei cuscini rossi e verdi
ricamati con filo beige, ognuno con motivi diversi. La luce che Jenny
aveva acceso era costituita da otto faretti incassati nel soffitto. In
un angolo c’era un lume alto e slanciato con un paraluce
rettangolare di carta di riso e bambù; la parete di fronte
alla porta era occupata per la maggior parte da un’enorme
finestra ora chiusa e nascosta dagli shoji, pannelli di carta di riso e
intelaiatura di legno, che fungevano da tapparelle. Una delle pareti
laterali della camera era costituita interamente da fusuma, i pannelli
scorrevoli tipici delle stanze giapponesi tradizionali.
L’altra era un immenso armadio a muro che conteneva i futon,
i cuscini, lo spazio per disporre le valigie e i ripiani per gli abiti.
C’era posto a sufficienza per tutti i loro bagagli. Sopra
alla finestra era istallato un climatizzatore che emetteva aria calda.
La camera era immersa in un piacevole tepore.
-Spero che non avrete problemi a dormire insieme per questa notte.-
Jenny li osservò un po’ tutti speranzosa. Non
aveva idea di come i ragazzi si comportassero gli uni con gli altri
durante i ritiri, essendo quella la prima - e probabilmente anche
l’ultima - volta che vi prendeva parte. Seguivano una
gerarchia? Decideva tutto il capitano oppure ognuno diceva la sua e poi
mettevano ai voti? Fermò lo sguardo su Holly,
perché era probabile che certe decisioni spettassero a lui.
Guardandolo, proseguì.
-Domattina partiranno gli ultimi ospiti, poi il ryokan
resterà chiuso per due settimane e avremo a disposizione
tutte le stanze di cui abbiamo bisogno.-
Benji restò a guardarla anche quando smise di parlare,
esaminandola dalla cima dei capelli fino alla punta dei calzini.
Accidenti se era carina. Ora che riusciva a vederla bene, cominciava a
capire perché Callaghan fosse cotto. Obiettivamente, lui che
se ne intendeva, non poteva dargli torto. Scacciò di corsa
quei pensieri, nati in modo del tutto spontaneo, e posò la
valigia lungo la parete.
-E voi dove dormite?- chiese Bruce.
-Ci siamo sistemate qui accanto.- Patty attraversò
l’ampia stanza, raggiunse un pannello della parete di destra
e l’aprì, mostrando una camera identica ma di
dimensioni più ridotte.
-Perfetto. Credo proprio che non mi muoverò da qui neanche
domani.-
-Il solito scontato.- Holly appoggiò la borsa a terra e si
stiracchiò, contento di essere finalmente arrivato a
destinazione dopo un’intera giornata di viaggio.
-I bagni sono in fondo al corridoio.- li informò Jenny
mentre prendevano possesso della stanza, iniziando finalmente a
scongelarsi -La cucina è al piano terra e alla fine del
corridoio di destra, ci sono le terme.-
-Terme?- fece eco Bruce -Quasi quasi...-
-La cena è pronta, ma se volete andare il tempo
c’è.-
Convincerli a farsi un bagno, per le ragazze poteva essere una buona
occasione. L’acqua calda li avrebbe rilassati e loro quattro
ne avrebbero approfittato per ritagliarsi un attimo di
tranquillità, consultarsi sull’allarmante reazione
di Benji e Mark e prendere gli opportuni provvedimenti prima di sedersi
a tavola tutti insieme.
-Se c’è tempo allora vado. Ho bisogno di
scongelarmi come si deve.- Tom si inginocchiò accanto alla
valigia, l’aprì e tirò fuori un cambio
di abiti, pregustando già quel bagno caldo che lo avrebbe
rimesso in forze e, sperava, di buonumore.
Anche Bruce, seppur combattuto tra le terme e la cena perché
desiderava sì scaldarsi ma pure rifocillarsi, alla fine
optò per la scelta di Tom e si affrettò a
seguirlo. Holly invece decise che avrebbe sistemato prima i vestiti.
Era sicuro che dopo una giornata così lunga, dopo le terme e
la cena, non avrebbe avuto voglia di farlo. Aprì la valigia
sui tatami e cominciò a trasferire i suoi abiti
nell’armadio a muro.
Philip era già lì con un paio di maglioni da
riporre.
-Il ryokan è bello.- gli disse.
-Sono contento che ti piaccia.- e lo era davvero, sicuro anche che nel
giudizio di Holly la presenza di Patty svolgesse un ruolo importante,
praticamente fondamentale. Jenny aveva fatto proprio bene a invitare
lei e le altre.
Mark li udì ma si fece i fatti propri. C’erano
ancora tante cose che voleva valutare prima di dare un parere sulla
sistemazione e in particolare sulla compagnia. Innanzitutto il freddo e
la neve, poi la camera da dividere con gli altri, anche se solo per una
notte, e per finire, la cosa più importante di tutte, la
presenza delle ragazze. Sarebbe stato un bene o un male? Non riusciva a
stabilirlo ma dentro di sé, anche se ancora non poteva
rendersene conto, l’aveva già accettata.
Prese degli abiti puliti e raggiunse la porta. Oltrepassò la
soglia e fu nel corridoio. Si guardò intorno curioso e finse
di non notare Julian all’estremità più
lontana in compagnia di Amy, così vicini che il passo
successivo poteva essere solo un bacio. Ross non era uno che perdeva
tempo.
Loro non lo notarono e lui imboccò le scale per scendere
alle terme. Quando fu sull’ultimo gradino, proprio davanti
alla porta d’ingresso, udì dei passi sulla rampa e
si volse. Benji e Holly, abiti puliti in mano, stavano scendendo. E
poiché l’ambiente era per lui del tutto nuovo,
decise di aspettarli.
Philip, al primo piano, cincischiò tra i propri vestiti
finché non restò solo. Dopodiché, non
udendo più rumori e ritenendo trascorso un tempo sufficiente
a garantire la totale assenza dei compagni, si affacciò
cauto nella camera delle ragazze attraverso il pannello divisorio.
Seduta sulle stuoie a piegare alcuni asciugamani freschi di bucato,
c’era Jenny che era riuscita a sua volta a sganciarsi dalle
amiche. La chiamò, lei si volse e guardandosi scoppiarono a
ridere di complicità.
-Siamo qui da neanche mezz’ora e li abbiamo già
fregati. Alla faccia di quei guastafeste di Landers e Price.-
Mentre Philip avanzava, lei gli corse tra le braccia. Si lasciarono
cadere tra i cuscini, unendo le labbra in un bacio che durò
poco solo perché avevano un sacco di cose da dirsi.
-Mi sei mancata decisamente troppo!-
-Anche tu… in modo insopportabile!- Jenny si
aggrappò al suo collo -Sicuro che non vuoi scendere alle
terme?-
-Pensavo di andarci con te dopo cena. Soltanto noi due mentre gli altri
dormono. Ti va?-
-C’è bisogno di chiederlo?- si accostò
per baciarlo di nuovo ma poi esitò, perché la
preoccupazione tornò a riaffacciarsi -Pensi che
andrà tutto bene?-
-Holly non sembra troppo contrariato. Hai avuto un’ottima
idea a chiamare Patty, Amy ed Evelyn.-
Lei rimase pensierosa.
-Non lo so. Adesso hanno fame e sono stanchi, ma vedrai che dopo
ricominceranno a protestare.-
-Probabile.-
-E se decidessero che dobbiamo andarcene?-
-Lo metteremo ai voti. A Tom non interessa che ci siate o meno e in
questi casi la maggioranza vince. Ora dimmi, com’è
andata dai tuoi?-
Jenny sospirò. Philip glielo chiedeva sempre anche se sapeva
che non le faceva piacere parlarne. E si informava sia
perché era sinceramente preoccupato del rapporto
conflittuale che aveva con suo padre, sia perché si sentiva
estromesso da quella parte della vita che Jenny non poteva condividere
con lui. Abbassò lo sguardo sulla trama delle stuoie,
perché non amava parlare della propria famiglia.
-Mio padre è stato insopportabile come al solito, non vedevo
l’ora di ripartire.- udì dei rumori,
abbassò la voce e lanciò un’occhiata
preoccupata alla porta. Ma era soltanto Julian che entrava nella stanza
accanto e, senza accorgersi di loro, racimolava degli abiti puliti per
raggiungere i compagni alle terme. Lo udirono scendere insieme ad Amy.
-E tu? Come hai passato le vacanze?-
-A studiare e ad allenarmi. Come al solito.-
-Non sei uscito per niente? Non hai visto Peter e gli altri?-
-Non molto. Una volta siamo andati insieme a cena fuori,
un’altra al karaoke. Ma sai, li vedo durante il giorno, non
ho voglia di trascorrere con loro anche tutte le mie serate. Adesso
però basta chiacchiere. Perché non mi saluti come
si deve?-
-Non l’ho già fatto?-
-Non direi.-
Jenny rise, prima di avvinghiarglisi addosso con tutte le intenzioni di
accontentarlo.
Amy spense il fuoco sotto la pentola che bolliva ormai da tempo. Le
patate, nel curry, erano sul punto di dissolversi. Le foglie di
tè verde giacevano in infusione nella teiera, il timer della
macchina del riso aveva raggiunto lo zero e si era spento.
-Siamo sicure che ci convenga cenare nella stanza dei ragazzi? Jenny
non ci ha raggiunte e questo significa che è ancora con
Philip.-
-Tra poco arriverà.- affermò Patty fiduciosa.
Ma Amy non si lasciò convincere. Appoggiata la schiena
contro il lavello, riprese a esternare le proprie
perplessità.
-Senza contare poi gli innumerevoli viaggi che dovremo fare per
apparecchiare, sparecchiare e portare su e giù il cibo e
tutto l’occorrente.-
-In camera l’atmosfera è molto più
raccolta e confortevole che non in cucina…-
obiettò Evelyn.
-Ho paura che l’unica cosa che avremo da raccogliere
sarà quello che ci cadrà durante il tragitto su e
giù per le scale.- sospirò Amy.
Le amiche risero, poi Patty si avvicinò ai fornelli e
sbirciò nella pentola.
-Il curry è pronto?-
-Da un bel po’.- Amy si lasciò cadere su una sedia
-Non ci resta che aspettare che i ragazzi siano pronti per la cena.-
-O che Jenny scenda.-
-Lei e Philip non si vedono da un sacco di tempo, ne avranno di cose da
dirsi.-
-Molte meno di quante ne hanno da fare.- ridacchiò Evelyn
maliziosa.
Un’ora e mezza dopo, mentre le ragazze riordinavano la
cucina, dove avevano finito per cenare, Bruce, sbracato sui tatami
della loro stanza, si massaggiava una pancia così piena da
scoppiare. Per stare più comodo, aveva persino sganciato il
primo bottone dei jeans mostrando al mondo l’elastico
griffato delle sue mutande.
-Ho mangiato benissimo.-
-Ci siamo accorti che hai gradito, ti sei ingozzato come un maiale.-
Mark gli lanciò un’occhiata disgustata mentre
afferrava un paio di cuscini e se li infilava sotto il sedere per stare
più comodo.
-Tu no?-
-No.-
Benji appoggiò i gomiti sul tavolo, bevve l’ultimo
sorso di tè e decise che era giunta l’ora di tirar
fuori le questioni rimaste in sospeso.
-Adesso Callaghan spiegaci come cazzo ti è saltato in mente
di portare qui la tua ragazza.- lo fissò furente e la sua
voce si alzò di un tono -Da quando in qua ai ritiri si viene
con la fidanzata? Pensavo che tenessi alla squadra visto che sei il
vicecapitano, e soprattutto che avessi imparato, dopo tanti anni, cosa
significa essere in ritiro!-
-Tenere alla squadra, io? Ti rendi conto di cosa hai appena detto?-
Philip si alzò in piedi -Non sono io che mi sono messo a
litigare con Mark prima della partita! Non sono io che ho cominciato a
insultare l’intera difesa!-
-Non avevo ragione, forse?-
-Certo che l’avevi! Ma non puoi pretendere che gli altri ti
diano ascolto se li aggredisci in quel modo!-
-E cosa avrei dovuto fare, secondo te? Chiedere a Bruce o a
quell’altra testa di granito di Yuma “Di grazia
potreste marcare i vostri giocatori? Ve ne sarò grato per
l’eternità”? Nel momento in cui
l’Uzbekistan veniva in attacco? Secondo te avrei avuto il
tempo di aggiungere anche qualche altro cordiale intercalare, tanto per
non rischiare di offenderli?-
-Se ti udissi pronunciare parole simili potrei vomitare anche durante
la finale della Coppa del Mondo.- ci tenne a metterlo al corrente Mark.
-Appunto.-
Holly intervenne.
-Quante volte devo ancora sentir ripetere questa storia? Possiamo
voltare pagina e andare avanti?-
-Come facciamo a voltare pagina se è proprio per questa
storia che siamo qui?- replicò giustamente Bruce.
Benji invece concordò all’istante con il capitano.
-Sì, andiamo avanti. Stavi solo cercando di divagare per non
assumerti le tue responsabilità, Callaghan!-
-Io? Ma se sei tu che...-
-Apri bene le orecchie, idiota! NOI NON SIAMO QUI IN VACANZA!-
-LO SO BENISSIMO!-
-Non urlate...- tentò di calmarli Tom -Philip, siediti...-
Lui neppure lo udì, infiammato com’era.
-Se fossimo in vacanza, voi non sareste qui e io potrei passare tutto
il mio tempo con Jenny senza fastidiosi seccatori tra i piedi!-
Mark trasecolò.
-Stai forse dicendo che siamo di troppo? CHE TI DIAMO FASTIDIO?-
-NON CAPIRE QUELLO CHE TI PARE, LANDERS!-
-MA SE L’HAI APPENA DETTO!-
-Siediti Philip.- ripeté Tom e stavolta il compagno lo
ascoltò.
Il portiere riprese la parola.
-Comunque, ora che hai salutato la tua bella rimandala a casa!-
ordinò categorico e si volse verso Holly, Julian e Bruce
-Vale anche per voi.-
-Non mando a casa proprio nessuno!- Philip si sporse sul tavolo sempre
più polemico -Stai facendo tutte queste storie soltanto
perché sei da solo! Se ci fosse stata anche la tua di
ragazza, saresti rimasto zitto esattamente come loro!- e
tirò di nuovo in ballo Julian, Bruce e Holly che in effetti
si guardavano bene dall’intervenire.
Mark fissò i tre silenti, poi lasciò che i suoi
occhi indugiassero in quelli del capitano.
-Stento a credere che tu non dica nulla!-
-Voi state già parlando a sufficienza.-
-Questo non è un ritiro, è una farsa.-
decretò Benji inesorabile -Philip, fai ancora in tempo a
resettare tutto e a rendere il nostro soggiorno qui quello che dovrebbe
essere. Dì alle ragazze di preparare le valigie e togliere
il disturbo.-
Callaghan lo fissò negli occhi.
-Perché non glielo dici tu?-
-Decidi, Callaghan. O loro, o me. Hai una notte per pensarci, rifletti
bene e poi fai la tua scelta.- si alzò e uscì
dalla stanza.
Philip lo guardò sparire nel corridoio.
-Sapevo che avrebbe fatto una marea di lagne. Anche tu hai intenzione
di filartela, Mark?-
Filarsela significava scappare e Landers non era uno che fuggiva. La
sua risposta fu scontata.
-Non me ne frega niente se le ragazze restano, ma se in qualche modo
intralciano gli allenamenti, allora me ne vado anch’io.-
Holly inspirò a fondo, poi riprese la parola.
-È evidente che questo ritiro non piace a nessuno. Se Gamo
non ci avesse obbligati, avremmo occupato il nostro tempo in modo
più piacevole.-
-Più piacevole di avere Patty qui?-
Gli zigomi del capitano si tinsero di scarlatto, forse per la collera o
più probabilmente per l’imbarazzo.
-Non sei divertente, Mark. E per favore cerchiamo di non peggiorare le
cose.- spostò gli occhi su ciascuno dei compagni e gli
dispiacque che Benji fosse uscito, per andare dove, poi...
-È ovvio che non siamo qui in vacanza ed è ovvio
che ci comporteremo tutti di conseguenza anche se ci sono le ragazze.-
fissò Philip e Bruce, quelli di cui, allo stato dei fatti,
si fidava di meno -Chiaro?-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 2 - La notte perfetta ***
- 2 -
La
notte perfetta
Il sole di quella prima
ghiacciata mattina invernale non era ancora sorto, ma dietro le
montagne innevate il cielo si stava tingendo di un tenue rosa pallido.
Vestito e pronto per iniziare una giornata di duro allenamento, Holly
si aggirava irrequieto tra gli amici sprofondati nei futon che
costellavano il pavimento della stanza, lasciando poco spazio di
manovra.
-Insomma vi alzate? È ora! No, è tardissimo!-
sbuffò a raffica, perché nessuno gli dava retta
-Non avete sentito quello che ho detto ieri sera? Julian, andiamo,
forza!- lo scosse ma il ragazzo si ritrasse sotto le coperte come un
paguro nel suo guscio -Dobbiamo allenarci ed è
già tardi!-
Ross rispuntò dal futon, sollevò appena la testa
e guardò il cielo.
-Come fa a essere già tardi se non c’è
neppure il sole? È quasi buio.- lanciò
un’occhiata all’orologio appeso sopra la porta
-Holly ma sei matto? Sono solo le sei e mezza! È
prestissimo! Tu e Philip vi siete messi d’accordo per darmi
il tormento tutte le mattine?- si girò dall’altra
parte e scomparve di nuovo tra le coperte.
-Julian! Dobbiamo andare ad allenarci! Siamo in ritiro, lo hai
dimenticato?-
Seguì un ringhio.
-Smetti di rompere le palle!- l’ammonimento di Mark
arrivò da sotto il cuscino ma non per questo fu meno
minaccioso -Abbiamo sonno! Lasciaci dormire in pace se non vuoi che ti
zittisca una volta per tutte!-
Per precauzione Holly si allontanò da Landers e raggiunse il
lato opposto della camera.
-Benji siamo in ritiro, ricordi?-
-No, non lo siamo finché ci sono le ragazze. E adesso
sparisci!-
Il capitano fremette di frustrazione e cercò Philip,
l’artefice assoluto di quell’ingestibile
situazione. Era pronto a rimproverare anche lui di tanta pigrizia, se
solo l’avesse trovato. Non lo vedeva, dove accidenti si era
cacciato? A guardar bene non c’era neppure il suo futon. Se
aveva avuto il tempo di mettere a posto cuscino e coperte senza che
nessuno se ne accorgesse, doveva essersi svegliato parecchio prima di
lui. Un barlume di speranza lo rincuorò. Magari era ad
allenarsi.
L’idea gli tirò su il morale quanto bastava per
mettere un poco da parte la delusione scaturita
dall’ammutinamento dei compagni, corredata da una buona dose
di stizza. Cosa si erano messi in testa tutti quanti? Non si erano
riuniti in quella sperduta cittadina tra le montagne innevate
dell’Hokkaido per poltrire sotto le coperte fino a tarda
mattinata. D’accordo, il sole non era ancora sorto, ma ormai
era giorno e loro dovevano sfruttare ogni ora di luce. Già
alle cinque del pomeriggio sarebbe infatti calata la notte.
Trovò Philip seduto a tavola nella cucina del ryokan. Poco
discosta e in piedi, Jenny attendeva che l’acqua del
bollitore fosse calda al punto giusto. Il forno elettrico emanava un
profumo che gli fece attorcigliare lo stomaco. Era affamato.
-Buongiorno.- li salutò entrando nella cucina più
grande in cui avesse mai messo piede. Attrezzata per preparare i pasti
degli ospiti della pensione, era fornita di elettrodomestici che Holly
in vita sua non aveva mai visto e non sapeva neppure a cosa servissero.
I mobili, pensili con sportelli, credenze e stipi di varie dimensioni,
un tavolo centrale, otto sedie e due panchetti a scaletta per
raggiungere i ripiani più alti, erano di un legno lucido
molto chiaro. Sotto i fornelli c’era un’immensa
lavastoviglie. Il frigorifero, poco lontano dall’ingresso,
era più alto di lui e il forno era sollevato da terra e
posizionato di fianco al lavandino. Vicino alla finestra che dava sul
cortile, sul lato opposto della porta, si apriva l’entrata
della dispensa. Diversamente dal resto dell’edifico ma come
nei bagni, nelle terme e nella lavanderia, il pavimento non era di
legno o ricoperto da tatami ma in mattonelle di ceramica color crema.
-Hai dormito bene?- lo accolse la ragazza con un sorriso.
-Anche troppo.- Holly si accostò al tavolo e si
lasciò cadere su una sedia -A quanto pare i futon sono
eccessivamente comodi.-
-In che senso?- domandò Philip.
-Non sono riuscito a farli alzare.-
Il forno trillò, Jenny lo aprì e tirò
fuori un grande piatto ricolmo di fette di pane tostato calde e
profumate. Il loro odore fragrante invase la cucina. Poi spense il
fuoco sotto il bollitore e lo posò sul tavolo.
-Devono essere stanchi per il viaggio di ieri.-
Holly la guardò scettico, poiché era abituato a
traversate intercontinentali che duravano ore e ore di volo e gli era
capitato più di una volta di scendere in campo subito dopo
essere atterrato, in barba alla stanchezza e all’intontimento
del jet lag. Ai compagni non stava chiedendo tanto.
-Sono solo molto pigri.- prese tra le mani la tazza di caffè
che Jenny gli porgeva e la ringraziò.
Dopodiché si concesse del tempo per osservarla, visto che la
sera prima era riuscito a farlo solo di sfuggita. Il suo sguardo
passò poi a Philip, accorgendosi con disappunto che
l’amico lo fissava stralunato. Si irrigidì
sorpreso, incapace di spiegarsi il suo improvviso atteggiamento
diffidente. Ma scacciò subito il disagio, perché
aveva ben altro a cui pensare.
-Dov’è Patty?-
-Il nonno l’ha portata in paese insieme a Evelyn e Amy.-
rispose Jenny -Ieri abbiamo dimenticato di acquistare alcune cose.-
guardò l’orologio appeso alla parete -Saranno qui
a momenti.-
Holly annuì e addentò uno dei toast che nel
frattempo la ragazza aveva posato su un piatto al centro del grande
tavolo. Mentre sbocconcellava il pane, lanciò
un’occhiata di sottecchi a Philip che sembrava aver
abbandonato l’improvvisa e inspiegabile inquietudine di un
istante prima.
-Secondo te a che ora hanno intenzione di alzarsi?-
-Con comodo, è un ammutinamento.-
-Pure di Julian e Bruce?-
-Bruce è pigro per natura.-
-E Julian ha detto che è stufo di essere tormentato
all’alba da me e da te.-
A Philip sfuggì un sorriso, poi la porta
d’ingresso della pensione si aprì e le voci delle
ragazze riecheggiarono nel corridoio.
-Si sono svegliati?!- Evelyn comparve sulla soglia e si
guardò intorno. Grande fu la sua delusione quando in cucina
trovò soltanto Philip e Holly. Sospirò sconsolata
-Bruce sta ancora dormendo, vero?- il capitano annuì -Ci
avrei scommesso!-
Patty la scostò per entrare e appoggiò le buste
della spesa sul ripiano del lavandino. Poi agitò le dita
intirizzite.
-Ho dimenticato i guanti e fuori si gela.- si avvicinò a
Holly e gli diede il buongiorno posandogli una mano ghiacciata sulla
guancia. Il ragazzo sobbalzò e si tirò indietro.
-Diavolo, sì!-
-Dov’è Julian?- domandò Amy, riponendo
la verdura nel frigorifero.
-Secondo te?-
-Sta dormendo anche lui?! E gli altri? Tom, Mark?-
-Nel futon a poltrire.-
Il genuino sconforto che percepì nel tono di voce del
compagno fece intendere a Philip che Holly era probabilmente
l’unico a contare sull’utilità del loro
ritiro. Lo compatì per un secondo, vale a dire per il tempo
sufficiente a decidere che doveva essergli grato. Aveva evitato di
rinfacciargli la presenza delle ragazze, anche se come capitano aveva
più diritto degli altri a farlo, né aveva
insistito per mandarle via. Aveva addirittura ammesso, la sera
precedente, che la loro sistemazione non era male. Mostrargli un
po’ di riconoscenza era il minimo.
-Quando hai finito di fare colazione, possiamo cominciare scaldarci con
due tiri.-
-Perfetto.- acconsentì lui, un sorriso carico di sollievo.
Non intendeva assolutamente bighellonare senza scopo in attesa degli
altri. Non era lì in vacanza, lui, e visto
l’andazzo era proprio il caso di dare il buon esempio. Se poi
Philip gli forniva un aiuto in tal senso, tanto meglio
-Dov’è il campo?-
Patty e Jenny si lanciarono un’occhiata tesa e a Holly quello
scambio di sguardi non sfuggì. Drizzò le antenne.
-Che c’è?-
Nella cucina piombò improvvisamente un silenzio assoluto e a
suo modo inquietante.
-Allora?-
Fu la fidanzata a metterlo al corrente, poiché Philip non si
sognò di parlare, forse temendo di giocarsi la sua
disponibilità una volta per tutte.
-Non è un vero e proprio campo.-
-Che significa che non è un vero e proprio campo? Non
c’è un campo da calcio?- ancora silenzio -Philip!
Dove ci hai portati?-
Il ragazzo si agitò a disagio sulla sedia e
abbassò lo sguardo sul succo d’arancia che gli
riempiva il bicchiere. Poi lanciò un’occhiata a
Jenny che era arrossita di vergogna, e s’incantò
per un attimo a fissarla. Quando arrossiva era bellissima, gli piaceva
da impazzire.
-Philip!-
Lui si volse a malincuore, perché in quel preciso istante
preferiva senza ombra di dubbio dedicare la propria attenzione alla
fidanzata piuttosto che al capitano.
-Non potremmo fare senza?-
L’altro ammutolì di colpo, stentando a credere che
Philip avesse davvero pronunciato quelle esatte parole.
-Senza?- fece eco mentre i suoi occhi passavano da lui a Patty,
cercando nella fidanzata rassicurazioni e comprensione che non trovava
nel compagno.
Lei tacque perché in un momento così drammatico
non aveva il coraggio di ribadire che no, il campo non c’era
e sì, dovevano organizzarsi in un altro modo. Ma la sua
espressione fu eloquentissima e Holly comprese l’inevitabile.
-E allora come ci alleniamo? Soprattutto, dove?-
Philip si grattò nervosamente la nuca, pensando che era
stato davvero un colpo di fortuna aver potuto mettere Holly al corrente
dell’inconveniente prima degli altri. Era molto
più semplice gestire il capitano senza le recriminazioni del
resto del gruppo e se fosse riuscito a fargli accettare anche questo,
più tardi i compagni avrebbero finito col cedere e
rassegnarsi all’assenza di quel centro sportivo che
probabilmente tutti si aspettavano di trovare.
-C’è una radura vicino al ryokan. Dista appena un
chilometro e potremmo andare ad allenarci lì.-
suggerì, corredando le parole di uno sguardo speranzoso.
Ma non fu tanto la proposta di Philip a tenere a bada Holly quanto la
presenza in cucina delle ragazze. Non poteva saltargli al collo e
strozzarlo con Patty, Amy e, soprattutto, la nipote dei padroni del
ryokan che lo guardavano. Jenny non ne sarebbe stata contenta. La
tentazione era fortissima, ma la represse addentando un altro toast. Lo
finì ruminando nel silenzio dentro e fuori di lui,
dopodiché si alzò di scatto facendo stridere la
sedia.
-Muoviti, Philip. Fammi vedere questa maledetta radura. E voi
svegliateli.- ordinò alle ragazze -Se non ci raggiungono tra
un’ora, è la volta buona che gli faccio sputare
sangue peggio di come riesce a farlo Gamo.-
Uscì a grandi passi dalla cucina lasciandoli sgomenti. Poi
Philip si affrettò a seguirlo e nell’ingresso
Holly riprese a dare ordini a raffica.
-Oggi ci alleneremo fino all’ora di pranzo. Poi continueremo
nel pomeriggio. La sveglia sarà sempre alle sei e mezza. Non
mi interessa se tira vento, se fa freddo, se nevica, se gela. Ci
alleneremo tutti i giorni finché non tramonta il sole!-
Anche se ad ascoltarlo c’era solo Philip, organizzare il
ritiro in maniera così drastica era catartico e la collera
di Holly stava già cominciando a scemare.
Mentre indossavano giacche, sciarpe e scarpe Philip annuì a
ogni condizione. A lui andava bene tutto, purché potesse
trascorrere quei giorni in compagnia di Jenny.
Holly si zittì solo quando, varcata la porta
d’ingresso, mise piede sulla veranda. Il freddo gli
sbatté addosso di colpo, rigido come un muro, ghiacciandolo
dai capelli alla punta dei piedi in pochi istanti. L’aria che
inspirò lo gelò fino al midollo e quella che
buttò fuori quando poté tornare a respirare, si
condensò davanti al suo viso in dense nuvolette.
-È terribile.-
-No Holly, te l’assicuro. La radura è abbastanza
ampia, non avremo nessun problema ad allenarci lì.-
allacciandosi la giacca, Philip uscì dal ryokan e richiuse
la porta.
-Il freddo, intendevo. È terribile.-
-Però non nevica.-
Il giorno prima le ragazze avevano segnato il percorso in modo da
raggiungere la radura e tornare poi indietro senza perdersi, affiggendo
delle frecce di plastica colorate al tronco di alcuni alberi. Philip
aveva potuto esaminare il luogo soltanto attraverso le foto inviate da
Jenny sul cellulare e sperava che le dimensioni dello spiazzo desunte
dalle immagini, fossero rispondenti alla realtà.
Arrancarono per un quarto d’ora sullo strato di ghiaccio che
ricopriva il sottobosco, aggirando i rami spezzati dal peso della neve
che giacevano al suolo, nel punto esatto in cui erano caduti. Ogni
tanto, una freccia sul tronco di un albero avvertiva loro se dovevano
fare una deviazione e quale fosse il nuovo percorso da seguire. Holly
si guardava intorno curioso e insieme affascinato dallo spettacolo
invernale della natura incontaminata che li circondava. Non aveva mai
visto tanta neve tutta insieme, e mai sentito tanto freddo.
Infilò nelle tasche le mani ricoperte dai guanti.
-Di chi è stata l’idea?-
Philip si volse, rallentò il passo e aspettò che
lui lo raggiungesse.
-Di allenarci nella radura?-
-No, di far venire le ragazze.-
-Mia, ovviamente.-
Holly alzò le spalle.
-Ovviamente.-
-Un’idea fantastica, no?- Philip quasi
s’inorgoglì, poi si arrestò di colpo
-Ecco, siamo arrivati.-
Holly lo superò seguendo la direzione indicata
dall’ultima freccia verde, gli alberi si diradarono e si
trovò ad avanzare verso il centro di un’ampia
superficie pianeggiante, ricoperta da strati e strati di neve fino alle
ginocchia. Abbracciò con lo sguardo l’intera
radura, le conifere che la racchiudevano e il cielo che li sovrastava,
illuminato d’azzurro dal sole finalmente sorto. Philip aveva
ragione, di spazio ne avevano a sufficienza, ma tutto il resto mancava.
Si sforzò di accettare l’idea che per due intere
settimane avrebbero dovuto allenarsi lì, sprovvisti di
qualsiasi tipo di attrezzatura, sperduti tra le montagne
dell’Hokkaido, in balia del freddo e forse anche dei lupi e
degli orsi.
-Non è tanto male, vero?- fu ottimista Philip, anche se
l’espressione dell’amico non era delle
più entusiaste. Trattenne il fiato, la sciarpa tirata fin
sulle orecchie, convinto che stavolta il capitano sarebbe davvero
scoppiato.
Invece Holly lo stupì poiché tacque, limitandosi
a sbuffare scontento. Il campo non esisteva, le porte non esistevano.
Che razza di allenamenti avrebbero potuto fare sprofondati in mezzo
metro di neve? Strinse i pugni nelle tasche e si chiese cosa avesse
pensato Patty dopo aver visto la radura. Aveva approvato? Si era resa
conto cosa avrebbe significato allenarsi in quel luogo, con tanto
spazio sì, ma molta più neve che impediva persino
di camminare?
Eppure… eppure lei era al ryokan e la sua presenza arrivava
a compensare ogni disagio. Purtroppo Benji aveva colto nel segno. Gli
era bastato trovarla lì per cominciare a ragionare
esattamente come Philip. Finché c’era lei, non si
sarebbe mosso da Shintoku per nulla al mondo. Ma farsi andare bene quel
campo di fortuna fu una gran fatica, lasciò scivolar fuori
le parole come fossero pietre.
-Se non c’è di meglio dovremo accontentarci.-
I nervi tesi di Philip si rilassarono di colpo.
-Sai Holly, in realtà un campo ci sarebbe ma è
nella scuola elementare del paese a quattro chilometri dal ryokan.-
-Quattro chilometri?-
-All’andata in discesa e al ritorno in salita. Sempre
però che ci diano il permesso di usarlo.-
Il capitano scosse la testa.
-Lascia perdere la scuola. Qui può andar bene dopo aver
tolto un po’ di neve.-
Philip sbiancò.
-No, guarda Holly… Non è davvero il caso. Io ho
passato interi inverni a spalare la neve dal campo di Furano, fatti
raccontare da Tom che fatica immane. E ti dico per esperienza che
appena hai finito riprende a nevicare. È matematico!-
La prospettiva di sfacchinare con una pala in mano in fondo non
entusiasmò neppure Holly.
-Lasciamo perdere anche la neve, allora. Come facciamo con le porte? Ce
ne serve almeno una.-
-Ci inventiamo qualcosa.-
-Qualcosa cosa?- Holly aprì la retina del pallone e lo
lasciò cadere sulla coltre bianca. La palla
sprofondò per parecchi centimetri e quando la
calciò, sollevò un nugolo di fiocchi bianchi
-Benji vorrà la porta. Si impunterà sulla porta.
Sarebbe capace di mandare a monte il ritiro per una stupida porta. Fai
lavorare il cervello e trova una soluzione.-
-Benji se ne andrà. Io non manderò via Jenny
perché non la vuole qui. Per lui la porta
rappresenterà soltanto l’altra scusa a cui si
aggrapperà per sentirsi libero di tagliare la corda.-
Holly gli mise una mano sul braccio e lo guardò negli occhi.
-Dobbiamo evitarlo, Philip. Non deve andarsene. Non ho nessuna
intenzione di assistere ad altri litigi in campo o negli spogliatoi.
Né di essere sottoposto all’ennesima lavata di
capo del mister.-
-Ce ne saranno sempre. Sia di litigi che di lavate di capo.-
-Può darsi, ma ora siamo in ritiro e dobbiamo restarci
tutti. Pure Benji.-
-Convincilo tu. Hai più autorità di me e lo
conosci meglio.-
Holly sospirò.
-Lui non ascolta nessuno.-
-Quindi non possiamo fare niente.-
Il portiere si arrestò torvo sulla soglia della cucina, lo
sguardo inutilmente sospettoso e ostinato per principio. Le ragazze
trafficavano tra i fornelli, non se n’erano ancora andate e
neppure sembravano intenzionate a farlo. La loro presa di posizione era
davvero inaccettabile.
-Che ci fare ancora qui?-
Lo spintone di Bruce che arrivò da dietro e lo tolse di
mezzo per passare, cancellò dal suo contegno ogni sfumatura
di minaccia.
-Stupendo!- esclamò felice Harper, le mani giunte e gli
occhi puntati sulla luculliana colazione che gli allietava la giornata
-Meglio che in hotel!-
Lo sguardo di Benji si spostò dalle giovani al tavolo
imbandito di ogni bendiddio. La loro strategia era di
prenderli per la gola? Con lui non avrebbe funzionato.
Ignorò Amy che gli si rivolgeva indicandogli due caraffe.
-Tè o caffè?-
Niente. Non voleva niente. Cedere avrebbe significato accettare la loro
presenza. Percorse l’intera cucina per prendere posto a
capotavola. I gomiti sul ripiano, le dita delle mani intrecciate tra
loro, osservò stizzito i compagni servirsi in abbondanza.
Possibile che la presenza delle amiche rappresentasse un problema
soltanto per lui? Possibile che non capissero che se Gamo fosse venuto
in qualche modo a sapere di quell’intrusione, sarebbe
successo il finimondo? Possibile che non capissero neppure che in
ritiro non dovevano abbuffarsi? Che erano tenuti seguire una dieta
equilibrata, non come Bruce che si era riempito il piatto e adesso, non
soddisfatto, afferrava un toast ricoperto di marmellata e con
l’altra mano porgeva la tazza ad Amy per fari servire?
Possibile che non si rendessero conto che la presenza delle ragazze
avrebbe occupato la maggior parte dei loro pensieri, relegando gli
allenamenti e l’intesa tanto agognata da Gamo
all’ultimo posto delle loro priorità? Possibile
che non intuissero che la stessa presenza delle ragazze avrebbe mandato
il fine ultimo del ritiro a farsi friggere?
Continuando a rimuginare quei pensieri, Benji rifiutò
testardamente tutto ciò che gli offrirono, perché
loro non dovevano essere lì ma sul treno che le avrebbe
riportate ciascuna a casa propria. Quando Jenny gli passò
accanto lui allungò svelto una mano,
l’afferrò per il maglione costringendola a
fermarsi e la fissò negli occhi torvo.
-Eravamo d’accordo con il tuo ragazzo che questa mattina
avreste preparato le valigie e ve ne sareste andate.-
-Benji…- sospirò Tom. Non riusciva assolutamente
a capire perché il portiere si impuntasse così.
Che male c’era a farle restare? Dopo lo sconcerto iniziale e
una certa dose di fastidio per essersi trovato al centro di un
complotto, adesso sperava che la loro presenza contribuisse a rendere
più sopportabili i compagni, smussando gli aspetti negativi
del loro carattere.
Il portiere le lasciò la maglia e Jenny si sforzò
di sorridergli anche se le sue parole l’avevano avvilita.
Naturalmente si aspettava nuove proteste, per quel giorno e per gli
altri a venire, ma un conto era immaginarlo, l’altro dover
tenere testa all’atteggiamento ostile che Benji sfoggiava
dalla sera precedente.
-Philip non me lo ha detto.-
-Allora te lo dico io. Se oggi non sloggiate sarò io ad
andarmene.-
-A proposito di Philip…- mugugnò Bruce a bocca
piena, dando al puntiglio del portiere la considerazione che secondo
lui meritava, vale a dire meno di zero. Inghiottì il boccone
e continuò -Dove sono finiti lui e Holly?-
-Sono usciti quasi un’ora fa.- rispose Patty controllando
l’orologio appeso alla parete.
Julian prese atto per la seconda volta – la prima era
avvenuta in camera – che le nove erano passate da un bel
pezzo e si chiese se non avesse dormito davvero troppo.
-Hanno già cominciato ad allenarsi?-
-Credo di sì.-
-Ti pareva. Holly è sempre il solito stacanovista.- Bruce
spazzolò via una miriade di briciole dal maglione -Lo
conosciamo tutti, ormai.-
-Allora saprai anche che non è contento del vostro ritardo.-
-La colpa è sua, ha messo la sveglia troppo presto. Se
l’avesse fatta suonare dopo le otto per esempio, saremmo
usciti tutti insieme.- chiuse la frase afferrando un cornetto alla
crema.
-Ti ingozzerai fino a scoppiare?-
-Con questo freddo brucerò tutto in meno di
mezz’ora.-
Mark si appoggiò allo schienale della sedia. Aveva mangiato
abbastanza, forse anche troppo, e già da qualche minuto
seguiva Jenny con lo sguardo. La ragazza lo incuriosiva e anche
sforzandosi di non farlo, si ritrovava a fissarla più spesso
di quanto razionalmente desiderasse. Da quando Benji l’aveva
minacciata di andarsene, gravitava in ansia intorno al portiere, un
sorriso tirato sulle labbra e probabilmente la speranza che rimanesse
al ryokan con loro. Mark in realtà preferiva che si
togliesse dai piedi ma la sua diserzione avrebbe avuto quelle
conseguenze disastrose che Jenny stessa temeva e faceva del proprio
meglio per arginare. Dunque non poteva che capire e condividere la sua
preoccupazione. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che a Callaghan la
premura che la ragazza stava manifestando nei confronti del portiere
non sarebbe piaciuta, ma lei sembrava disposta a sopportare il suo
atteggiamento scortese e ai limiti della maleducazione, pur di poter
rimanere a Shintoku con tutti loro, Price compreso. Mark si chiese chi
tra i due l’avrebbe sfangata. Il fatto che non si
conoscessero e fossero costretti, per tenersi testa, a lavorare di
cervello e d’istinto, rendeva quella gara un gioco
d’azzardo dall’esito imprevedibile.
A un certo punto la vide chinarsi su Benji e mormoragli qualcosa che,
da dov’era, non riuscì a udire. Il ragazzo
trasalì, poi annuì infastidito. Da quel momento
in poi lo sciopero della fame di Price ebbe fine e il portiere si
servì abbondantemente. A Mark venne da ridere. Uno a zero
per lei.
-Eve, Holly è arrabbiato?-
-Certo Bruce! E ha in mente un magnifico programma di allenamento!-
-Merda! Dev’essere proprio arrabbiato allora!-
-Perché lui prende il calcio sul serio.- lo
rimproverò Patty.
-Anch’io. Infatti ho dormito il giusto per riacquistare le
forze e mi sto rifocillando il giusto in vista degli allenamenti di
questa mattina.-
-Hai poltrito come un ghiro e ti stai abbuffando come un maiale.-
tradusse Benji e poi tornò a tacere.
*
Bruce non apprezzò affatto lo spettacolo che gli si
dischiuse davanti agli occhi quando mise piede per primo nella radura.
Avevano percorso un sentiero in salita, scarpinando tra rocce e rami
ricoperti di neve. Era inciampato ben due volte e la terza era slittato
sul ghiaccio, riuscendo a tenersi in piedi per miracolo. Tutta quella
fatica solo per trovare Philip e Holly che si passavano la palla su uno
spiazzo ricoperto di neve fino alle ginocchia. Il saluto con cui
intendeva rabbonire il capitano per scusarsi del ritardo si dissolse in
gola ed emise solo sbuffi di condensa, scaturiti più da un
moto di contrarietà che dalla necessità di
riprendere fiato.
Fu Holly stesso, voltato dalla loro parte, ad accorgersi
dell’arrivo dei compagni. Fermò la palla sotto il
piede, o meglio tra i cumuli di neve, e li accolse torvo.
-Era ora, sfaticati!- li guardò meglio e un brivido gelido
gli corse su per la schiena sudata -Dov’è Benji?-
-Con molta probabilità a preparare le valigie.-
-E me lo dici così, Bruce?-
-Scusa come dovrei dirtelo? Se vuole andar via non possiamo farci
niente.-
-Nessuno di voi lo ha fermato?-
I nuovi arrivati si guardarono in silenzio e con un leggero imbarazzo.
-Non ci avete neppure provato?- scandagliò i loro visi.
Julian? Probabilmente non si era posto il problema. Bruce? Sicuramente
era stato più occupato a rimpinzarsi. Landers? Da lui era
inutile aspettarselo… ma Tom? Lo fissò e il
ragazzo a disagio spostò il peso del corpo da un piede
all’altro.
-Lo sai anche tu che quando si mette in testa una cosa è
impossibile fargli cambiare idea.-
Infatti al ryokan, mentre tutti raggiungevano l’ingresso per
uscire, Benji aveva imboccato il corridoio in direzione delle scale.
“Dove vai?” gli aveva chiesto Julian.
“A preparare la valigia, chiamare un taxi e togliere il
disturbo.”
“Ma Benji...” aveva cercato di richiamarlo Patty
mentre Amy ed Evelyn si scambiavano un’occhiata costernata.
Bruce era rimasto seduto a terra, con i lacci delle scarpe stretti tra
le mani e gli occhi su Benji che risaliva le scale. Tom, in piedi al
suo fianco, aveva socchiuso le labbra ma la voce non era uscita. Mark
aveva finito di indossare la giacca come se niente fosse, anzi con una
specie di sorriso sulle labbra. Solo Jenny gli era corsa dietro su per
le scale. Da sotto l’avevano vista raggiungerlo e sbarragli
risoluta il passo. Lui l’aveva scostata e aveva proseguito.
Era sparito dietro l’angolo e un secondo dopo anche Jenny era
scomparsa, probabilmente all’interno della loro stanza.
A quel punto erano usciti frastornati da svariate e diversificate
emozioni. Mark con una specie di euforia addosso, Bruce un filo di
preoccupazione, Tom parecchia delusione, Julian fastidio e stizza per
la testardaggine del portiere e le ragazze dispiaciute per come si
stavano mettendo le cose. Ecco com’era andata. Ma Tom non
aveva alcuna intenzione di raccontarlo a Holly, svelandogli la propria
mancanza.
Da parte sua, Mark non si curò di nascondere il sollievo di
essersi tolto Price dai piedi senza fatica e senza sforzo. E in fondo
che gliene fregava se Gamo si incazzava? Non sarebbe toccato al
sottoscritto sorbirsi la ramanzina. Ma visto che Holly continuava a
fissarli come un’anima in pena, tanto valeva metterlo al
corrente delle ultime volontà di Price. Magari
così si sarebbe messo l’anima in pace e avrebbero
potuto voltare pagina. Non era un bene fossilizzarsi sulle intenzioni e
sulle decisioni di quel portiere viziato fin sulla punta del cappello.
-Visto che le ragazze sono ancora qui, ha detto che sarà lui
ad andarsene.-
-Philip! Che facciamo adesso?- Holly lo guardò in cerca di
appoggio ma il ragazzo non diede segno di averlo udito.
Aveva smesso da un bel pezzo di ascoltarli e camminava avanti e
indietro scrutando il sentiero tra gli alberi, aspettandosi di veder
comparire la fidanzata che non era arrivata insieme ai compagni.
-Philip, mi stai ascoltando? Che facciamo adesso?-
L’amico lo ignorò e si piantò davanti a
Tom.
-Dov’è Jenny?-
-Credo sia rimasta al ryokan per cercare di convincere Benji a restare.-
-Finalmente qualcuno che fa qualcosa di sensato!- esclamò
Holly.
-E perché proprio lei?-
-Perché lei no? È l’unica che
può farlo visto che il ryokan è il suo!-
ribatté Mark, prendendo atto che rinfocolare la gelosia di
Philip era stimolante tanto quanto insultare Price.
Holly, contrario a prescindere a entrambi i passatempi di Landers, si
chiese se si potesse fare ancora qualcosa per impedire a Benji di
mandare all’aria il loro ritiro, gettandoli in pasto alla
furia di Gamo. Ma Julian non gli diede il tempo di trovare una
soluzione.
-Dai retta a me, Holly. Se Benji vuole andar via bisogna che te ne fai
una ragione, superi il trauma e pensi alle cose serie. Per esempio
dov’è il campo? E il centro sportivo?
Perché tu e Philip siete in mezzo al bosco, nel niente
più assoluto?-
-Non c’è nessun campo! Ci alleneremo qui!
Possibilmente tutti e sette, dopo aver recuperato Benji!- Holly voleva,
anzi doveva assolutamente trattenere il portiere a Shintoku. Era una
questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Perché non
lo capivano?
-Qui?- gli fece eco Ross che di Price non si curava affatto, allargando
incredulo le braccia a comprendere l’intera radura -Non
c’è niente qui!-
-Ci siamo noi e tanto basta! Prima però dobbiamo impedire a
quel testardo di tagliare la corda!-
Si incamminò deciso verso il ryokan, Tom lo raggiunse di
corsa e lo afferrò per un braccio.
-È inutile che torni indietro, Holly. Quando siamo usciti
Benji stava per chiamare un taxi. Non arriverai mai in tempo!-
Il ragazzo strinse i pugni.
-Maledetto! Se ne va senza chiedermi neppure il permesso! Sono o no il
capitano?- mentre l’irritazione raggiungeva livelli
stratosferici, vide Philip avviarsi alla chetichella verso valle -Fermo
lì, tu!-
Il ragazzo sobbalzò e si volse con aria vagamente colpevole.
-Dove stai andando?-
-Al bagno.-
Mark scoppiò a ridere.
-E chi ci crede! Sta andando a vedere dov’è finita
Jenny!-
Il capitano trasecolò, gli occhi su Callaghan che arrossiva
di vergogna.
-Philip! Torna qui all’istante! Hai fatto già
abbastanza danni! Adesso siamo tutti, possiamo finalmente cominciare e
tu tagli la corda?!-
-Non siamo tutti, manca Benji! E poi abbiamo aspettato
tanto… Vado e torno, davvero… Ci metto un
attimo!-
-No nel modo più assoluto!-
Persino Mark iniziò a innervosirsi.
-Sturati le orecchie Callaghan, perché evidentemente ieri
non mi hai ascoltato bene. Se le ragazze intralciano gli allenamenti,
io me ne vado.-
Evelyn pestò stizzita un piede nella neve.
-Non stiamo intralciando proprio niente!-
Tutti si volsero a guardarla con un certo stupore, in effetti finora
lei e le altre erano state così silenziose che avevano
completamente rimosso la loro presenza.
-Cosa c’entrano le ragazze se devo andare in bagno?- Philip
sbuffò esasperato -Devo andare in bagno e basta!- e Landers
era uno stronzo, più gli faceva perdere tempo e
più a lungo Jenny e Price restavano soli. Di Jenny si fidava
moltissimo ma del portiere neppure un po’.
Holly capitolò di colpo.
-Va bene, hai vinto. Vai pure.-
L’amico perse un istante per fissarlo incredulo.
Dopodiché decise che era meglio approfittare di quel barlume
di magnanimità e si volse per imboccare il sentiero. Per
poco non travolse Jenny che li aveva raggiunti... insieme a Price.
Ma come, Price? Non doveva essere partito? Philip sbatté le
palpebre. Forse Benji era soltanto un’allucinazione scaturita
dal riverbero dei raggi del sole sulla neve, un ologramma del compagno
in realtà già sul treno a trenta chilometri da
lì.
-Allora, Philip, vai o no?-
Neppure la udì, l’ironia di Mark,
perché Jenny avvicinandosi gli sorrideva per un motivo che
conosceva solo lei. Una curiosità bruciante lo
assalì e, guardandola, gli venne l’idea. Holly
pensava di averlo fregato ma Philip non si sarebbe lasciato sfuggire
l’occasione. Avrebbe convinto Jenny a riaccompagnarlo al
ryokan ritagliandosi una mezz’ora per restar solo con lei.
Affrontando scontento la neve che ricopriva la radura, Benji
avanzò fino a raggiungerli. Dopodiché li
guardò infilando le mani nelle tasche, nervoso e irritato.
-Dov’è il campo?-
-Nessun campo, Price. Ti conveniva filartela. Niente campo, niente
porta...- con un gesto Mark indicò gli alberi -E avremmo
fatto a meno anche di te.-
-Sono rimasto proprio per questo.-
Philip li ascoltò solo a metà. Mentre i due
continuavano a scambiarsi espressioni di cortesia, rispetto e
ammirazione, tirò la fidanzata da parte e la
interrogò, perché la resa di Benji gli puzzava.
-Come hai fatto a convincerlo a restare?-
-Gli ho promesso che non avremmo intralciato gli allenamenti.-
-Ed è bastato?-
-Detto in un certo modo sembra di sì.-
La risposta gli fece venire i sudori freddi. Quale certo modo?
A Holly francamente non interessava sapere cosa avesse fatto cambiare
idea al portiere. Non gli interessava neanche sapere se era stata Jenny
a convincerlo a restare o se avesse avuto un’illuminazione
tutta sua. Visto che ormai erano passate le dieci, l’unica
cosa che in quel momento gli premeva era dare il via agli allenamenti e
continuarli ininterrottamente fino all’ora di pranzo.
-Se siete comodi direi di cominciare.-
-Cominciare?- Bruce trotterellò svogliato verso di lui -Dopo
la scarpinata che c’è voluta per raggiungervi io
sono già quasi a metà riscaldamento.-
Holly non si fece nessuno scrupolo.
-Allora visto che sei a buon punto, tanto vale che inizi tu.-
calciò la palla insieme a una discreta quantità
di neve, che investì Bruce e chi gli era accanto. Julian si
ripulì una manica dai fiocchi gelati, Tom li
sgrullò dai jeans ma Harper li prese in piena faccia. Tanti
piccoli cristalli di ghiaccio che lo fecero trasalire, mentre il blando
tiro del capitano gli rimbalzava al centro del torace, marchiandolo con
una bella pezza circolare di bagnato.
Il giovane abbassò sgomento gli occhi sulla giacca.
-Cavolo! E se mi raffreddo che si fa?-
-Se siamo fortunati ti viene mal di gola, perdi la voce e ci risparmi
le tue lagne per qualche giorno.- gli augurò Benji serio.
Quindi aveva davvero intenzione di restare, rifletté Mark.
-Non posso credere che sia proprio tu a dirmi una cosa del genere! Ti
stai lamentando da ieri!-
-Le mie proteste sono legittime, i tuoi sono solo stupidi capricci
infantili!-
Philip, distratto ad ascoltare loro e quasi sperando in una zuffa che
avrebbe distolto l’attenzione da lui permettendogli di fare i
suoi comodi con Jenny, purché Benji venisse mazzolato a
dovere e la smettesse una buona volta di rompere, si accorse tardi che
la fidanzata aveva raggiunto le amiche e, ormai troppo distante per
essere recuperata, aveva mandato in fumo il suo allettante programma
dei prossimi trenta minuti.
La delusione di Philip, seppur profonda e palese, passò alla
giovane del tutto inosservata.
-Credo di cominciare a capire il perché di questo ritiro.-
Amy annuì.
-Me lo aveva detto, Julian, che durante l’ultimo incontro
della nazionale c’erano state parecchie discussioni sia in
campo che negli spogliatoi. E mi ha anche detto che Gamo a un certo
punto si è stufato di sentirli ed è esploso.-
-Lo credo, hanno stancato anche me.-
-Quindi il mister li avrebbe spediti in ritiro per cosa? Farli andare
d’accordo?-
-Immagino di sì, Patty. Soprattutto durante le partite.-
-Speriamo che funzioni, allora.- sorrise Jenny fiduciosa.
Evelyn la fissò.
-Come hai fatto a convincere Benji a restare?-
-Non lo so. Non riesco ancora a credere di esserci riuscita. Forse ha
capito da solo che fuggire non era una buona idea. Che non gli conviene
mollare il ritiro, beccarsi la lavata di capo dell’allenatore
e le accuse dei compagni per essersela svignata. Può darsi
che alla fine abbia capito che tornare a casa sarebbe stato peggio.-
-Magari voleva solo essere pregato.-
-Chi lo sa.-
Gli occhi delle ragazze si spostarono pensierosi sul portiere che
gravitava annoiato su e giù per la radura, indeciso forse su
dove posizionarsi, sicuramente infastidito dalla neve che gli arrivava
ai polpacci bagnandogli i jeans prima di gelarli.
-A che cazzo ci serve un portiere senza porta? Spiegamelo Holly
perché non lo capisco!-
-Se è per questo senza porta non ci serve neppure un
attaccante, Landers!- rimbeccò subito Benji ma
l’altro lo ignorò, ben consapevole che fingere di
non ascoltarlo era l’atteggiamento che gli dava
più fastidio.
-E se usassimo Harper per fare la traversa tra due alberi?-
-Mark la pianti?-
-Dovresti apprezzare i miei sforzi per rendere questa distesa di neve
un campo appropriato.-
-Non esiste un campo appropriato in un luogo dimenticato dalla
civiltà!- Benji alzò gli occhi al cielo
-Scommetto che neppure i cellulari prenderebbero quassù.-
Evelyn fece un passo avanti.
-E cosa vuoi scomm…. Mmmm...- la mano che Patty le
piazzò sulla bocca le impedì di continuare a
rinfocolare lo scontento del portiere, mostrandogli le tacche piene
della linea sul proprio telefonino.
-Stammi a sentire, Eve.- Patty la fissò negli occhi,
piantandosi sulla traiettoria tra lo sguardo dell’amica e i
compagni -Mai! Mai cadere nel tranello delle loro provocazioni! Non
aspettano che un passo falso per mandarci via. Chiaro?-
Evelyn annuì mugolando e l’altra tolse la mano.
-La cosa più importante da fare adesso è
risolvere il problema della porta.- disse Jenny -Almeno Benji non
potrà prenderla come scusa per minacciare di tornare a casa.-
-Giusto, hai qualche ide...HA!-
Amy si volse di scatto, una mano al petto e gli occhi spalancati,
facendo guizzare lo sguardo tra gli alberi in cerca della ragione dello
schianto improvviso e vicinissimo che le aveva fatte sobbalzare
-Cos’è stato?-
-Lì, quel ramo.- Jenny indicò un legno contorto
che giaceva a terra, curiosamente libero dalla coltre bianca che
ricopriva tutto il resto -Deve essersi spezzato sotto il peso della
neve. Succede spesso. Oggi pomeriggio faremo un salto in paese, forse
riusciremo a trovare qualcosa.-
Amy reagì a un brivido di freddo avvolgendosi meglio la
sciarpa intorno al collo. Nonostante fosse ricoperta da vari strati di
abiti, sentiva di non riuscire a scaldarsi a sufficienza.
-Credo sia proprio il caso. Cosa prepariamo per pranzo?-
-Ci pensa la nonna.- Jenny le strizzò l’occhio -Ma
solo per oggi. Si è infatuata di Mark e ha deciso di fargli
assaggiare il suo piatto forte.-
-Che sarebbe?-
-Non lo so, Eve. Ogni tanto ne inventa uno nuovo.-
Rise mentre Philip la guardava e pensava che era proprio una fortuna
poter trascorrere insieme quella manciata di giorni. Perché
anche se si era appena fatto scappare
l’opportunità di tornare con lei al ryokan e
dedicarsi a sbaciucchiarla un po’, non sarebbero mancate
altre occasioni. Philip era molto fiducioso e più la
osservava ridere tra le amiche e più il suo ottimismo
lievitava.
Di pari passo cresceva anche il malumore di Benji, che però
faceva del suo meglio per dissimularlo perché tutto voleva
apparire agli amici tranne che misogino. Non lo era affatto, anzi
semmai il contrario ma certi punti saldi, come per esempio la
serietà di un ritiro, non dovevano essere messi in
discussione dal testosterone impazzito di quattro deficienti. Ecco come
la pensava lui, mentre continuava a osservare svogliato i compagni,
poco incline a inumidire di neve anche una sola fibra di stoffa dei
propri abiti. Eccetto i jeans, che purtroppo ormai erano fradici e
irrigiditi dal freddo. Senza neppure curarsi di celare
l’interesse che provava per la fidanzata, Callaghan
continuava a tenere gli occhi più su Jenny che sulla palla,
dimostrando palesemente che non gli fregava nulla degli allenamenti. E
Benji, ogni minuto che passava in quell’angolo ibernato di
mondo, era sempre più convinto di essere stato risucchiato
in uno dei peggiori ritiri della sua vita.
Se non fosse che, in quel diavolo di ryokan, si mangiava benissimo. Non
sapevano se ci fosse sotto lo zampino della nonna o le ragazze stessero
dando appositamente il meglio di loro per prenderli per la gola, ma i
compagni dimostrarono anche a pranzo di gradire ogni portata
rimpinzandosi più di quanto, in un ritiro di professionisti,
fosse opportuno. Ma Benji stavolta non disse niente, si
limitò a tacere. Dopo il colloquio con Jenny, il suo ruolo
si era trasformato da quello di bastian contrario a quello di
imparziale osservatore. A fine giornata avrebbe tirato le somme e
avrebbe deciso se preparare o meno la valigia. Stessa cosa per
l’indomani. Dopodiché, se al quarto giorno si
fosse trovato ancora a Shintoku, vi sarebbe rimasto fino alla fine. La
voce di Harper interruppe le sue riflessioni.
-Adesso Holly devi darmi il tempo di digerire, altrimenti vomito!-
Evelyn, che gli sedeva accanto, si ritrasse.
-Cerca di non farlo qui!-
-In effetti forse abbiamo mangiato un po’ troppo...- il
capitano lanciò un’occhiata a Benji quasi a
chiedere la sua opinione, ma il volto del portiere rimase
imperturbabile.
Jenny si alzò per prima, iniziando a riordinare.
-Mentre oggi pomeriggio vi allenate, noi scendiamo in paese.- disse a
Holly. Nella scala gerarchica che si era costruita nella testa, certe
iniziative andavano comunicate addirittura prima a lui che a Philip.
Il fidanzato, che appunto non ne sapeva nulla, drizzò le
antenne.
-A fare cosa?-
-Dobbiamo trovare la porta per Benji.- rivolse al portiere
un’occhiata così intensa che Callaghan
sussultò sulla sedia.
Mark e Julian lo notarono e si scambiarono un sorrisetto
d’intesa. Intanto, la speranza tornava a illuminare il volto
del capitano.
-Hai già un’idea di dove cercare?-
-Una mezza idea.-
All’incirca un’ora dopo, Holly si stava
scervellando per risalire all’esatta concatenazione di eventi
che aveva spinto lui e i compagni a imboccare la via del paese
piuttosto che quella della radura. Avrebbero dovuto allenarsi anche
quel pomeriggio, invece chissà come si ritrovarono sulla
strada asfaltata che scendeva verso il centro abitato. Benji ormai non
diceva più nulla e Holly non capiva se ciò fosse
un brutto segno e se dovesse preoccuparsi o meno del suo ostentato
mutismo.
La striscia di asfalto ghiacciato tutta curve e a doppia corsia su cui
camminavano, si dipanava lungo la montagna come un nastro scuro. Era
cosparsa di sale chimico, mescolato alla neve dal passaggio delle
macchine. Il ghiaccio aveva indurito lo strato più sottile
di neve e dovevano prestare continuamente attenzione per non scivolare.
La strada era così poco frequentata che lungo tutto il
tragitto fino al paese non incrociarono neppure una vettura.
Grossomodo a metà percorso su richiesta di Amy, Jenny
attraversò la carreggiata, lasciò la strada
asfaltata e imboccò un sentiero che si inoltrava tortuoso
nel bosco. La neve intatta scricchiolava a ogni passo, gli alberi erano
molto meno fitti e tra i rami che si protendevano spogli e curvi verso
l’etere, si scorgevano il cielo azzurro e le montagne
circostanti.
-Dov’è che stiamo andando?- domandò a
un certo punto Holly.
Amy gli sorrise.
-Al lago.-
Non che fosse una risposta particolarmente soddisfacente, ma il
capitano se la fece bastare. Purché non si crogiolassero
senza far niente a lui andava bene tutto, anche arrancare tra la neve
in una gelida giornata d’inverno. Lentamente il paesaggio
cambiò, il cammino si fece roccioso, i dislivelli
più accentuati, finché non si ritrovarono a
seguire il corso di un torrente che scorreva tra rocce gelate ammantate
di neve e tempestate di ghiaccioli splendenti. Le pozze
d’acqua nei pressi delle rive erano ricoperte da uno spesso
strato di ghiaccio e l’acqua gorgogliava solo lungo il corso
centrale, che si ampliava via via che procedevano verso valle.
Dopodiché sbucarono sulle sponde di un lago.
Tom apprezzò forse più di tutti il paesaggio che
si svelò ai loro occhi nella maestosità invernale
di brillante cristallo e soffici bianchi.
-Mio padre lo avrebbe sicuramente dipinto.-
-Forte! Si può pattinare?- Bruce si accostò alla
riva e tastò con la punta del piede la superficie gelata. Il
sottile strato di ghiaccio si infranse e la sua scarpa
sprofondò per qualche centimetro nell’acqua.
-Sì, si può. Ma non qui.- Jenny
costeggiò il lago, scavalcò un masso immerso per
metà nell’acqua e proseguì fino a un
cartello di legno rozzamente intagliato, conficcato nella neve con un
paletto. Lo indicò ai compagni -Vedete? Non bisogna mai
oltrepassare questo segnale. Il ghiaccio viene periodicamente
controllato e il cartello spostato più su o più
giù. Da questo punto in poi il lago è
praticabile.-
E lo dimostrava il fatto che non erano più soli. Lo specchio
d’acqua era costellato di gruppi di persone, soprattutto
ragazzi e bambini, che si lasciavano gioiosamente scivolare sulla
superficie. Le loro grida e le loro risate riecheggiavano
nell’aria tersa.
-In quella baita si possono affittare i pattini.-
Jenny la chiamava baita, perché tale era stata la sua
funzione originaria. Quando Shintoku era ancora un minuscolo
agglomerato di case, la baita aveva avuto la funzione di rifugio, come
tante altre costruzioni simili disseminate qua e là nei
dintorni, tra i boschi e sui declivi delle montagne. Ma una volta persa
la sua utilità primaria, la baita si era ingrandita e si era
trasformata in un luogo di ristoro. Tutt’intorno era stata
costruita una veranda perché potesse ospitarvi dei tavoli
durante l’estate e poi, qualche inverno dopo, la veranda era
stata chiusa con delle pareti affinché i tavoli fossero
usufruibili anche nella stagione rigida. A quelle nuove pareti era
stata fissata un’ulteriore tettoia che aveva
ingrandito l’edificio del doppio, includendovi oltre al
ristorante, anche uno spaccio con tutto l’essenziale.
Nei pressi della baita un pontile di legno si protendeva con una linea
scura sul lago ghiacciato, spiccando con il suo contrasto cromatico
come un punto esclamativo nero su una pagina bianca. A completare il
paesaggio, di fronte alla baita sorgeva un isolotto
disseminato di uno sparuto gruppo di alberi spogli e
collegato alla terraferma da un ponte arcuato dipinto di rosso.
Bruce si avvicinò fiducioso al ghiaccio, ne tastò
la solidità con il piede, poi fece qualche passo sulla
superficie liscia e dura. Tre secondi dopo era a terra. Il suo
maldestro approccio con il lago scatenò una sonora risata
collettiva. Tom lo raggiunse e gli tese una mano per aiutarlo a tirarsi
su.
-Tutto bene?-
-Stavo meglio prima. Eve, come te la cavi con i pattini?-
-Finora non sono mai caduta.-
-Domani veniamo a pattinare?-
Holly riuscì soltanto a modulare un’eco.
-Pattinare?-
Bruce gli arrivò così vicino che le nuvolette del
suo respiro gli finirono in faccia.
-Non ti pare un ottimo allenamento, Holly? Così per una
volta potremmo unire l’utile al dilettevole.-
-Non mi sembra affatto una buona idea, Harper.- Mark osservò
rigido i bambini che si spingevano sui pattini. Una spinta, un
capitombolo, una risata -E se qualcuno di noi si facesse male?-
La replica di Benji fu istantanea.
-Non sai pattinare, Landers?-
-E tu sai farlo invece, Price?-
I loro sguardi, quando si incontrarono, sprizzarono scintille.
-Questo non è un problema per nessuno. Non verremo a
pattinare.- Holly fu categorico -Siamo qui per allenarci.-
La neutralità di Benji si incrinò per un istante.
-Eppure adesso non lo stiamo facendo.-
Amy si accostò a Patty.
-Non pensavo che passare al lago avrebbe provocato l’ennesima
discussione.-
-L’ho detto stamattina a Eve. Ogni scusa è buona
per rimbeccarsi, dobbiamo evitare qualsiasi iniziativa.-
Jenny si mostrò preoccupata.
-Secondo voi la passeggiata in paese rischia di passare come una nostra
iniziativa?-
-In questo caso direi di no.- si intromise Evelyn -Tu avevi detto
chiaramente che saremmo andate da sole. Sono stati loro a decidere di
accompagnarsi.-
L’amica sembrò tranquillizzata e insieme ripresero
il cammino.
A Shintoku la neve caduta durante la notte era stata spazzata via dalle
strade per evitare ancora una volta formazione di pericolosissime
lastre di ghiaccio. Cumuli bianchi alti come persone erano accatastati
agli angoli dei muri, lasciando ampio spazio di manovra alle macchine e
ai passanti. Il corso principale era la lunga strada percorsa la sera
prima in senso inverso, che attraversava la cittadina da nord a sud.
Fiancheggiata da negozi, vi sorgeva la stazione di polizia, il
municipio, la farmacia, la posta, una clinica privata, una lavanderia,
diversi negozi di abbigliamento, di alimentari e, spiegò
Jenny, in fondo appena fuori dal paese, il più grande
supermercato della zona. Nonostante il freddo, il viale e i marciapiedi
erano trafficati da una miriade di persone. Si fermarono ad attendere
il verde di un semaforo, attraversarono la carreggiata, poi svoltarono
l’angolo e si arrestarono davanti a una larga cancellata.
Mark osservò l’edificio di cemento azzurro che
svettava per tre piani verso il cielo.
-Cos’è?-
-Ti ho sempre sopravvalutato, Landers. Pensavo che almeno sapessi
leggere.- Benji indicò provocatorio la targa in pietra nera
affissa al muro di quella che risultò immediatamente essere
la scuola elementare di Shintoku -Che poi non è che ci sia
bisogno di leggere per capire che si tratta di una scuola…-
gettò un’occhiata oltre le sbarre
nell’ampio cortile dove una ventina di bambini imbacuccati
giocava a qualcosa che assomigliava al baseball. Lasciò
perdere Mark, si avvicinò a Jenny e la fissò
torvo -Che siamo venuti a fare qui?-
-Quale luogo migliore per rimediare la rete di una porta?-
-Una scuola?-
-Non ci sono negozi che vendono reti da calcio a Shintoku.-
-Mi sarei stupito del contrario.-
Philip si avvicinò alla fidanzata perché il tono
polemico del portiere non gli piacque per niente.
Ma Benji aveva già finito il suo exploit vocale e
tornò nell’angolino a macerarsi in un silenzio
così contrariato che, se in quel momento non si fosse
trovato di fronte al muro di cinta di un edificio scolastico,
probabilmente sarebbe stato in camera a preparare la valigia. Tra tutti
i posti in cui credeva che avrebbero cercato una stupida rete, la
scuola elementare del paese era davvero l’ultima della lista.
La verità era che i bambini li aveva sempre mal sopportati
persino quando era bambino lui stesso. Non si era mai lasciato
coinvolgere dalla loro confusione, dal loro vociare inutile, dai giochi
privi di senso con cui sprecavano ore e ore della loro vita.
Frequentare i suoi coetanei aveva sempre significato una gran perdita
di tempo. Così, da quando aveva scoperto di avere un talento
innato per il calcio, aveva preferito spendere le proprie energie e il
proprio tempo in uno scopo ben preciso. Che quei marmocchi giocassero a
nascondino, se proprio volevano. Lui preferiva infilarsi tra i pali e
sfidarli a segnare, cosa che non riusciva a fare quasi nessuno tanto
che spesso i suoi avversari si stancavano, perdevano interesse e se ne
andavano, lasciandolo da solo. Non avrebbero mai concluso niente nella
vita, pensava già a sei anni scaricando le sue giovani
energie con violente bordate contro la rete. Lui era migliore di loro e
presto lo avrebbe dimostrato a tutto il Giappone, no, al mondo intero.
Si scostò dai compagni che cianciavano inutilmente sui pro e
i contro di chiedere quella maledetta rete in prestito. Facessero un
po’ come volevano, purché si sbrigassero a
decidere. Lui intendeva rientrare presto al ryokan per preparare la
valigia. I suoi occhi critici e impazienti incontrarono per un istante
quelli di Jenny. La ragazza si era scostata dagli altri e, annodandosi
le due bande della sciarpa sotto il mento, lanciava occhiate guardinghe
e sospette tutt’intorno. Poi si accostò alle
sbarre e valutò l’altezza del cancello.
Socchiuse le labbra Benji, quando la vide aggrapparsi e issarsi in cima
apparentemente senza sforzo. Come se Jenny, pensò
divertito, avesse passato l’adolescenza a scavalcare cancelli
e muretti. Eppure avrebbe dovuto dire qualcosa per fermarla,
perché non era un bene che qualcuno la vedesse,
né per lei né per loro, che avevano formato un
gruppetto non trascurabile di individui intenti a confabulare ormai da
troppo tempo così vicino a una scuola. Ma in fondo era un
suo problema? Assolutamente no. Se Jenny veniva arrestata per essersi
introdotta all’interno dell’edificio sarebbe stato
Callaghan ad angustiarsi, e se loro fossero finiti sui giornali per
complicità, il problema sarebbe stato più del
capitano che suo.
Controllò cosa stessero facendo i due. Holly stava parlando
giusto in quel momento, esprimendo un parere che a Benji non
interessava conoscere. Philip lo ascoltava attentamente, dava le spalle
alla fidanzata e, al pari degli altri, non la vide calarsi nel cortile
dell’edificio.
-Io adesso vado a chiedere la rete. Voi aspettate qui.-
La voce di Jenny, o forse molto di più il significato delle
sue parole, spinsero il gruppo a voltarsi all’unisono. La
guardarono increduli, nessuno di loro fu particolarmente entusiasta di
trovarla dall’altra parte della cancellata. Patty
l’apostrofò sgomenta.
-Che ci fai di là?-
-L’ho appena detto!-
-Come hai fatto a entrare?-
-Ho scavalcato.-
-Ma è vietato!-
Jenny rise di imbarazzo.
-Credo di averlo fatto lo stesso!- guardò Philip -Torno
subito!-
Quella era in effetti la sua intenzione, invece non riuscì a
muovere un passo perché il fidanzato strinse le proprie dita
sulle mani guantate che lei teneva aggrappate alle sbarre e
la bloccò.
-Torna da questa parte!- i suoi occhi saettarono in giro -Sbrigati
Jenny, non ti ha ancora vista nessuno!-
-Non preoccuparti, Philip. È tutto sotto controllo.-
Una forte scossa alla cancellata precedette l’atterraggio di
Mark esattamente accanto alla giovane. Jenny lo guardò
incredula.
-Che ci fai qui?-
-Che ci fai lì?- fece eco Callaghan.
-Di qua o di là, è solo questione di punti di
vista. Piuttosto qual è la seconda parte del piano?-
-Mark!- Holly strattonò Philip di lato e conficcò
il viso tra le sbarre -Torna immediatamente da questa parte!
All’istante! Se ti beccano finisci nei guai e se lo scopre
Gamo nei guai ci finiamo tutti!-
Bruce rise rumorosamente.
-Vi prenderanno di sicuro per due maniaci pervertiti...-
-E che c’è da ridere se dovesse accadere?-
piagnucolò Holly -Spiegamelo perché non riesco a
capirlo!-
Philip mollò le sbarre e si volse imbufalito.
-Come ti permetti, Harper? A chi stai dando del maniaco? A Jenny
forse?-
-Scusate, permesso...- Evelyn si fece largo tra i ragazzi vocianti -Sai
Jenny… Credo che non sia proprio tutto sotto controllo come
pensi tu.-
-Perché?-
-Voltati.-
La ragazza lo fece e trasalì. Mark, al suo fianco, si
irrigidì tutto. Un labrador nero come la notte stava
correndo a perdifiato proprio verso di loro, la coda dritta come un
palo, la lingua penzoloni, le zampe che sollevavano manciate di neve a
ogni salto. Jenny indietreggiò fino ad appiattirsi contro le
sbarre del cancello.
-In effetti mi sa che abbiamo un problemino.-
Anche Landers fece un passo indietro.
-Dì la verità, a quello non avevi pensato-
-Jenny, torna immediatamente qui!- ordinò Philip imperioso.
Lei lo avrebbe fatto volentieri, ma non ebbe neppure il tempo di
provarci. Il cane li raggiunse con una manciata di falcate, si
fermò davanti a loro e cominciò a ringhiare.
Philip ebbe paura, una paura folle, e reagì senza starci a
pensare. Introdusse un braccio tra le sbarre e spintonò
Landers in avanti. Il ragazzo finì tra Jenny e la bestia,
poi si volse sgomento.
-Che cazzo fai, Callaghan?-
-Se deve mordere qualcuno, meglio te che Jenny.-
-Giuro che se succede dirò a Gamo tutto quello che hai
combinato.-
Philip lo zittì sbrigativo.
-È inutile che minacci. Se verrai morso, Gamo
verrà a sapere tutto lo stesso!-
Bruce fece un passo indietro e si scostò dalle sbarre, per
sicurezza. In un’occasione simile a un suo amico era successa
una cosa terribile. Così terribile che il solo pensiero gli
rivoltò lo stomaco e gli fece venire i sudori freddi. Quasi
a voler esorcizzare il ricordo fu tentato di raccontare
l’episodio ai compagni. Poi però capì
che l’arrivo inatteso del cane aveva catalizzato
l’attenzione e nessuno gli avrebbe dato ascolto. Pazienza, si
sarebbe tenuto il racconto per dopo.
-Benji, fa’ qualcosa…-
Il portiere guardò Tom con un sopracciglio alzato.
-Perché io?-
-Perché tu hai un cane e sai sicuramente come ci si comporta
in questi casi!-
Per la prima volta da quando erano lì, un moto
d’orgoglio lo attraversò dalla testa ai piedi. Si
sentì improvvisamente importante, fondamentale e
indispensabile non solo a Jenny, che lo aveva incastrato a restare in
quel buco ibernato di mondo, ma anche a Landers. Entrambi in quel
momento avevano bisogno del suo aiuto. Temporeggiò per
prolungare il supplizio e godere ancora per qualche lungo istante dei
muscoli tirati sul volto preoccupato del compagno.
-John non mi ha mai ringhiato.-
-John?!- il tono di Landers risuonò leggermente stridulo
-Che razza di nome è John?-
Il cane appiattì le orecchie e mostrò i denti,
continuando a fissarli torvo.
-Abbassa la voce, Mark.- gli intimò Jenny -Se gridi lo fai
innervosire.-
La bestia? Lui era innervosito dalla presenza della bestia, non il
contrario. Lo guardò negli occhi così neri che la
pupilla non si distingueva dall’iride, vide il suo naso
fremere di quegli odori che percepiva per la prima volta e
contribuivano a metterlo in guardia. Lo avrebbe morso? Avrebbe fatto
male? Un brivido ghiacciato gli corse su per la schiena. Era inutile
cercare di ignorare la sua presenza parlando con i compagni o
insultando Price. Il problema c’era, tanto valeva affrontarlo
di petto.
-Buono bello…- disse piano -Fai il bravo, eh?-
Il cane abbaiò un paio di volte facendolo indietreggiare.
Urtò con il braccio la spalla di Jenny immobile al suo
fianco e si tese, pronto a difendersi non appena il cane fosse passato
all’attacco. Ebbe paura, una paura incontrollabile di sentire
i suoi denti affondargli nella carne e si vergognò. E la
vergogna scatenò dentro di lui un’ira violenta,
che esplose.
-Che cazzo ci fai qui?- gli gridò contro il muso -Non ce
l’hai un padrone?-
Il cane agitò le orecchie, abbaiò di nuovo e
riprese a ringhiare, come se non sapesse fare altro. Mark e Jenny si
guardarono indecisi.
-E adesso?-
Lei alzò le spalle. Non ne aveva idea. Il cane li aveva
bloccati lì, impedendo loro di avanzare o tornare indietro,
perché chi se la sentiva di voltarsi e arrampicarsi sul
cancello, con lui pronto ad aggredirli? Stavano perdendo un sacco di
tempo e ciò non era un bene. Proprio mentre pensava a lui,
il sorrisetto ironico di Benji comparve alle loro spalle, oltre le
sbarre del cancello.
-Non avrai paura, vero Landers?-
-Paura io? Con chi credi di parlare, imbecille?-
-Imbecille a chi, pezzo d’idiota?-
-Come, scusa?-
-Non hai capito? Se vieni più vicino te lo urlo nelle
orecchie!-
-Invece di litigare perché non fate qualcosa?- li interruppe
Philip lanciando alternativamente occhiate a loro e al cane -Di Mark
non mi frega niente ma c’è anche Jenny di
là!-
-Appunto, Landers.- Benji lo fissò negli occhi -Per prima
cosa smetti di gridare. Jenny ha ragione, lo stai facendo innervosire e
se continui così finirà per mordervi davvero!-
Philip saltò su.
-Giuro che se lo fa, ti ammazzo!-
-Callaghan! Chiudi quella ciabatta!-
-Avvicinati al cane, Landers, fatti annusare la mano e prova ad
accarezzarlo.- gli ordinò Benji -Cerca di non fargli capire
che hai paura. -
-Non ho paura, maledetto te!- gridò Mark esasperato -Se non
la smetti giuro che quando torno di là ti prendo a pugni!-
-Ti aspetto, infatti.-
Jenny sbuffò impaziente, poi spinse di lato il compagno.
-Mark, fatti da parte. Stai soltanto peggiorando la situazione.-
-Per forza, è un idiota!-
-Price! Vuoi finirla una buona volta di provocarlo?-
-Benji, Philip ha ragione. Piantala!- interloquì Holly
stanco di sentirli. Se avessero continuato così forse
sarebbe ripartito lui, altro che il portiere.
-Stavo cercando di essere d’aiuto, come mi avete chiesto!-
-Io non ti ho chiesto proprio niente!- saltò su Mark
-Figuriamoci se ho bisogno di te e dei tuoi consigli da quattro soldi!-
Philip afferrò Landers per la giacca e lo
strattonò con forza.
-Finché sarai dall’altra parte del cancello con
Jenny, prenderai i consigli da quattro soldi di Price come oro colato!
Intesi?-
Mentre loro continuavano così sotto gli occhi dei compagni e
di un’anziana coppia che si trovava a passare giusto in quel
momento sul marciapiede opposto, Jenny si accovacciò davanti
al cane. Quello reagì avvicinandosi e Philip tacque di
colpo. Aggrappato alle sbarre, trattenne il fiato. Reprimendo il timore
di quegli occhi scuri puntati su di lei, la giovane seguì le
ormai famose istruzioni da quattro soldi di Benji, sperando che non
fossero una vendetta per la discussione della mattina. Così,
quando il labrador fu abbastanza vicino, allungò una mano e
si lasciò annusare. Il cane agitò una volta la
coda e abbassò leggermente la testa in avanti, urtandole
piano la mano con il muso. Solo allora Jenny si azzardò ad
accarezzarlo, posandogli le dita tra le orecchie e muovendole
lentamente verso il dorso. Il labrador si sedette sulle zampe
posteriori e anche se la carezza non lo infastidì, non
sembrò neppure fargli troppo piacere. Ma almeno smise di
ringhiare.
-Dai la zampa.- gli ordinò Jenny mostrandogli il palmo della
mano.
Il cane le ubbidì e abbaiò due volte. Lei non se
lo aspettava e si tirò indietro di scatto.
Incespicò e cadde seduta tra la neve. Solo quando la vide a
terra il labrador cominciò a scodinzolare, la lingua
penzoloni nella bocca aperta, quasi si stesse prendendo gioco di lei.
Amy scoppiò a ridere di sollievo.
-Davvero un ottimo cane da guardia.-
Mark fece un passo verso Jenny, le porse una mano e
l’aiutò a rimettersi in piedi.
-Hai visto?- rise lei ripulendosi i pantaloni dalla neve -Ci voleva
così poco… Andiamo.- lo precedette verso
l’edificio della scuola e il cane trotterellò
dietro di loro.
-Fantastico, Benji!- si congratulò Bruce.
-Figurati. Neppure credevo che funzionasse!-
Philip scostò bruscamente Holly e si parò
infuriato davanti al portiere.
-Cosa significa?-
-Che le mie istruzioni erano per Landers. Se il cane lo avesse morso
tanto peggio per lui. L’hai detto anche tu
“chissene frega di Mark”.-
-Benji! Non hai fatto una cosa carina!-
-Io non faccio mai cose “carine”, Patty.- le fece
eco con una smorfia.
Il custode, un omone massiccio alto più di Mark, le spalle
larghe e un pancione sporgente, era troppo occupato a spalare via la
neve dalla scalinata della scuola per accorgersi dell’arrivo
della coppia di intrusi. Dava loro le spalle e si volse soltanto quando
il labrador gli corse accanto e prese a fargli le feste, spargendo
ovunque la neve radunata con tanta fatica.
-Accidenti a te! Fila via! Non vedi che ho da fare?- lo
scacciò agitando la pala nell’aria,
dopodiché individuò i due ragazzi che lo stavano
raggiungendo.
-E voi? Che ci fate qui? È proibito entrare senza permesso.-
Jenny si avvicinò con un gran sorriso.
-Lo so benissimo signor Wilson. Questa è stata anche la mia
scuola!-
L’uomo la osservò con improvvisa attenzione,
rimestando nella memoria degli ultimi dieci anni scolastici. Non era
sempre facile far combaciare sembianze infantili di fumosi ricordi sui
volti ormai adulti degli ex studenti.
Jenny volle dargli un aiutino.
-Sono venuta a trovare i nonni al ryokan.-
Wilson distese le labbra e scoppiò a ridere.
-Che mi prenda un colpo! Jenny Lohan! Che bella sorpresa!- si
avvicinò a grandi passi e stritolò la mano che
lei gli porgeva -Come stai?-
-Benissimo!-
-Lo vedo, accidenti!-
Prese atto del fatto che la natura aveva continuato il suo bel lavoro
iniziato anni prima e trasferì lo sguardo su Mark, rimasto
discosto e in silenzio, le mani nelle tasche della giacca. Certamente
era un forestiero, perché i ragazzi del paese li conosceva
tutti -Lui chi è? Il tuo fidanzato?-
-Il suo fidanzato è rimasto fuori.- Landers
indicò i compagni accalcati sul marciapiede oltre il
cancello, che li osservavano pieni di curiosità. Philip era
così premuto addosso alle sbarre che sembrava sul punto di
smaterializzarsi e rimaterializzarsi all’interno della
scuola, se solo avesse potuto -Io l’ho accompagnata per
affrontare il cane.-
-Come avete fatto a entrare?-
Jenny rispose con un sorrisetto di circostanza.
-Scavalcando il cancello. So che non si fa, ma si tratta davvero di
un’emergenza e non potevamo aspettare la fine delle lezioni.-
L’uomo scoppiò in una sonora risata.
-Bene, sentiamo un po’ quest’emergenza.-
-Abbiamo bisogno della rete di una porta da calcio. Anche dismessa e
con qualche maglia rotta sarebbe perfetta.-
-Non so se nel magazzino c’è qualcosa che possa
fare al caso vostro. Dovrei dare un’occhiata. Lo
farò domattina e, nel caso, ti telefonerò al
ryokan. D’accordo?-
La ragazza annuì, dissimulando la delusione. Aveva sperato
di risolvere il problema il giorno stesso e invece non era neppure
sicura che il signor Wilson potesse aiutarla. Lo ringraziò
comunque e tornò indietro, tallonata da Mark.
-Questa era la tua scuola?- le chiese perplesso -Pensavo abitassi a
Furano.-
-I miei genitori si sono trasferiti lì quando ho cominciato
le scuole medie. Le elementari le ho frequentate a Shintoku. Abitavo
con i nonni.-
A Holly dispiacque vederli arrivare a mani vuote.
-Allora?-
-Se il signor Wilson trova qualcosa in magazzino ci chiamerà
al ryokan.- disse Jenny delusa almeno quanto lui. Si
arrampicò sul cancello e quando fu a portata di braccia,
Philip l’afferrò per la vita e la
depositò a terra.
-Quindi per il momento niente.-
Jenny scosse la testa e osservò di sottecchi Benji che aveva
reimpostato l’espressione imparziale con cui fin dalla loro
conversazione della mattina, sembrava deciso ad affrontare gli eventi.
Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che l’opzione del ritorno a
casa stava accumulando una miriade di punti. Quella sera doveva sondare
il suo umore e tentare l’impossibile pur di salvare il
salvabile. Sospirando mestamente gli lanciò una nuova
occhiata che, come tutte quelle che l’avevano preceduta, a
Philip non sfuggì.
*
Mark osservava in silenzio il paesaggio invernale che scorgeva oltre i
vetri della finestra della stanza in cui i compagni, per ammazzare il
tempo prima della cena, si erano riuniti per una partita a carte. Il
crepuscolo era sceso rapidamente mentre rientravano al ryokan, gli
ultimi raggi del sole avevano accarezzato le cime innevate delle
montagne circostanti, tingendole di rosa. Poi era calata di colpo la
notte. Solo a occidente il cielo era ancora rischiarato di un blu meno
cupo che illuminava le distese di neve tutt’intorno. La
coltre candida del piazzale antistante la pensione rifletteva invece la
luce che filtrava dalle finestre illuminate.
Erano gli ultimi giri del mazzo e Benji stava spudoratamente vincendo.
-Bruce! Perché ti ci vuole così tanto? Intendi
barare?-
-Eve, sai bene che non lo farei mai!-
Price gli lanciò un sorrisetto sfacciato.
-E io dubito che tu possa riuscirci.-
Mark non amava i giochi di carte e aveva preferito sedersi sul basso
davanzale, la schiena addossata allo stretto muro laterale della
finestra e le gambe piegate sul ripiano di legno. Era lontano dai
compagni ma poteva tenere l’intera stanza sotto controllo.
Aveva notato Philip infilare più volte una mano sotto il
tavolo e Jenny sorridere e scostarsi, con un cipiglio infastidito
davvero poco sincero. Erano entrambi così occupati da loro
stessi che tiravano giù le carte a caso. Patty aveva
dichiarato fin da subito che non aveva voglia di giocare e soltanto
Holly e Tom continuavano caparbi a fronteggiare la gara tra Benji e
Bruce. Forse anche Evelyn. Neppure Amy e Julian partecipavano al gioco.
Si erano seduti tra i cuscini in un angolo sotto il getto caldo del
climatizzatore e compilavano il sudoku di una rivista acquistata sulla
via del ritorno.
Annoiato dal paesaggio interno, Mark tornò a osservare
assorto quello esterno. Se guardava bene, oltre il riflesso della
stanza scorgeva sul vetro le luci del paese che punteggiavano la valle
a piccoli gruppi o sparpagliate tutt’intorno a manciate. Il
panorama era notevole, ma lo era anche il problema che gli era
inaspettatamente piombato tra capo e collo quando le ragazze al ritorno
si erano fermate alla baita e avevano affittato i pattini, decise a
svagarsi sulla superficie ghiacciata del lago mentre loro si
allenavano. Dopodiché gli era bastato trasferire gli occhi
su Philip, a cui si era illuminato lo sguardo di interesse, su Bruce,
che aveva subito affermato di voler andare con loro, su Holly che non
si era espresso né in un senso né
nell’altro, per capire che non troppo tardi sarebbe toccato
anche a lui. La decisione di affittare i pattini per tutti era stata
una diretta conseguenza della mancanza di reazioni del capitano. Adesso
anche il suo paio di stivaletti, su cui era riuscito a tenersi in
equilibrio per miracolo giusto il tempo necessario a scegliere la
misura, giaceva nello scaffale portascarpe accanto
all’ingresso. Non sapeva pattinare e non voleva ammetterlo,
ma non voleva neppure spalmarsi a terra sotto gli occhi divertiti di
tutti. Non voleva capitombolare sul ghiaccio come quei bambini che
aveva visto al laghetto, o come era accaduto a Bruce. Non voleva
diventare lo zimbello dei compagni, non voleva che ridessero di lui,
non voleva coprirsi di ridicolo. Poteva rifiutarsi di pattinare? No,
perché se lo avesse fatto avrebbero capito che non ne era
capace.
La voce di Jenny lo strappò di colpo da quelle problematiche
riflessioni.
-Stavo per dimenticare una cosa importantissima!-
Mark spostò gli occhi dal paesaggio notturno al viso della
ragazza. Le carte erano tutte sul tavolo, la partita era terminata e
Philip ne aveva approfittato per avvicinarsi di più alla
fidanzata.
-Hai trovato la porta?- domandò Holly speranzoso.
L’entusiasmo della giovane si spense.
-Non ancora, ma sono sicura che risolveremo presto il problema.- si
mostrò più ottimista di quanto fosse in
realtà -Uno dei vostri bagni perde acqua e per un paio di
giorni sarà fuori uso. Ma potete utilizzare i bagni delle
terme al piano terra. Da oggi l’albergo è tutto
nostro e se desiderate stare più larghi, potete occupare le
altre stanze.-
-Io sto bene qui.- Philip le sfiorò un ginocchio e le sue
dita si intrecciarono a quelle di lei.
Julian alzò gli occhi dalla rivista, poi sorrise ad Amy che
gli era accanto.
-Anch’io.-
-Figuriamoci io.- concordò Bruce -Per quanto mi riguarda
quelle stanze possono rimanere libere.-
Quando anche Holly annuì, per Tom fu facile comprendere che
nessuno di loro desiderava trasferirsi altrove perché la
camera delle ragazze era a un passo, bastava aprire il pannello
scorrevole per caderci dentro. Li capiva perfettamente, ma non era
disposto a sacrificarsi. Lui non avrebbe dormito con Benji o Mark,
oppure peggio, con tutti e due. L’incidente
dell’aereo gli era bastato.
-Anch’io sto bene qui. La stanza è grande e
c’è posto.-
-Perché non ci vai tu?-
Benji fissò Mark.
-Vai tu piuttosto, così ti togli dai piedi.-
Patty lanciò a Holly un’occhiata allarmata ma Amy
reagì più rapidamente di tutti e si
alzò, attirando l’attenzione su di sé.
-Prima di cominciare a preparare la cena abbiamo giusto il tempo di
fare un bagno.- guardò le amiche -Andiamo?-
-Questa sì che è un’idea meravigliosa!-
-Non stava dicendo a te, Bruce.- disse Patty seccata perché
condivideva con Amy il desiderio di rilassarsi senza preoccupazioni di
sorta. In poche parole, non voleva averli intorno per poter godere in
modo assoluto del relax delle terme -Sono sicura che avrete molte
opinioni calcistiche da condividere prima di cena.- disse congedandosi.
Sparì nella stanza accanto, sperando che qualcuno, magari
Holly, impedisse a Bruce di seguirle. Jenny si scostò da
Philip e si mise in piedi.
-Dove vai?-
-Con Amy e Patty.-
-Perfetto, ci vediamo alle terme!-
-La tua presenza non è gradita, Harper. Non l’hai
capito?-
Il ragazzo fissò Mark.
-Sfido chiunque a impedirmi di scendere.- i suoi occhi si trasferirono
su Holly -Mi fermerai tu?-
-Ma fai un po’ come ti pare, Bruce!-
Julian trasecolò.
-Cioè, gli hai dato il via libera?-
-Impediscigli tu di scendere, se vuoi.-
-Certo che voglio! Patty ha chiaramente detto che non vuole averlo tra
i piedi! Perché non fai nulla?-
-Patty sa tenerlo a bada.-
-Sicuramente meglio di te.-
-Che ti prende, Julian? Perché questo tono polemico?-
-Perché non mi fido di Bruce.-
-E cosa pensi che potrebbe fare?-
-Di sicuro qualcosa che non deve.-
-Per esempio?- Holly non riusciva a trovar nulla di male nel desiderio
dell’amico di godersi le terme.
Il capitano e Julian continuarono a parlare come se Bruce non fosse
presente e in fondo a lui andava bene così. Aveva capito che
in quel momento era meglio tacere e far dimenticare la propria
esistenza.
Improvviso fu lo scalpiccio di passi leggeri sulle scale, parole
sussurrate come se le ragazze cercassero di scendere senza farsi udire.
Bruce drizzò le antenne.
-Caspita che velocità!- guardò i compagni con un
sorriso carico di aspettative -Restate pure a consultarvi, io intanto
vado.- afferrò al volo un cambio pulito e cercò
di guadagnare la porta.
Philip gli si parò davanti.
-Dove corri? Scendiamo tutti.-
-Bene, io però comincio ad andare.- sgusciò via
come un’anguilla e si precipitò al piano di sotto.
Holly guardò incerto i compagni, e Benji con un filo
d’ansia.
-Che facciamo?-
-Non mi pare opportuno lasciarlo solo, chissà cosa potrebbe
combinare!- Philip si accostò all’armadio e scelse
dei vestiti da indossare dopo il bagno.
Julian annuì.
-Sono d’accordo.-
-Era semplicemente a questo che volevi arrivare, Ross? La mancanza di
fiducia in Harper non era altro che la miglior scusa per seguirle.-
-Non ci serve una scusa per scendere alle terme, Benji!- lo
zittì Holly.
-Tu poi… Sei esattamente come gli altri.-
Gli occhi del portiere indugiarono sul capitano che lo ignorava mentre
frugava nell’armadio in cerca di abiti puliti. Innegabilmente
gli anni erano passati e Holly era cambiato. La fissazione per il
calcio gli era rimasta, a lui tanto quanto a tutti loro. Ma la tempesta
ormonale dell’adolescenza aveva lasciato i suoi segni e
adesso il cinquanta percento dei pensieri di Holly era occupato da
Patty. Buon per lei e in fondo molto più normale
così.
Bruce scese i gradini due a due. Gli ultimi tre li saltò,
atterrando pesantemente sull’impiantito di legno. Tutto il
piano terra risuonò della sua performance ma tanto in giro
non si vedeva nessuno. Fischiettando giulivo, superò
l’ingresso del ryokan, proseguì lungo il
corridoio, girò a destra e raggiunse gli spogliatoi.
Scostò la tendina azzurra di cotone grezzo che pendeva fino
a metà altezza, aprì la porta scorrevole ed
entrò in quello degli uomini. Accatastò con
allegra fretta i vestiti in un cesto di vimini, si avvolse un corto
asciugamano intorno ai fianchi e fece il suo ingresso nei bagni
fischiettando. Il pavimento di pietra era freddo sotto i piedi nudi ma
lui fremeva per raggiungere Evelyn e non ci fece caso. Scelse una delle
cannelle che spuntavano dal muro, afferrò uno sgabellino di
plastica e ci piombò seduto sopra. Dopodiché
aprì la doccia, regolò l’acqua e si
lavò alla meno peggio, strofinandosi a casaccio. Quando
reputò di essere abbastanza pulito da potersi immergere
nella vasca comune, richiuse l’acqua e si
precipitò nelle terme vere e proprie.
Era bello lì dentro. La sera precedente, quando era entrato
la prima volta, ne era rimasto subito entusiasta. Tutte le pareti,
tranne quella di fondo costituita da un’enorme vetrata
ricoperta di condensa che si affacciava sul retro
dell’edificio ma non lasciava scorger nulla, erano rivestite
di pannelli di legno color miele. Un bordo di pietra grigia, la stessa
del pavimento, correva lungo i muri. Anche l’ampia vasca, di
forma irregolare, era rivestita nella stessa pietra grigia che
modellava gli scalini. Attraverso di essi, dallo spogliatoio maschile e
da quello femminile, separati da un tramezzo ligneo poco più
basso del soffitto, si scendeva nella vasca. Massi irregolari erano
accatastati con un perfetto disordine lungo i tre muri dirimpetto. Al
centro della vasca sorgeva una formazione rocciosa sormontata da piante
rigogliose che, oltre ad avere una funzione decorativa, intendeva dare
un’idea della separazione degli spazi tra la zona maschile e
quella femminile, altrimenti non nettamente distinte. Quando
entrò nelle terme, Bruce venne completamente avvolto da
fitte nuvole di vapore.
-Eve! Dove sei?-
-Accidenti! Hanno fatto in fretta!-
Era la voce di Patty quella? Bruce non ne fu sicuro perché
lo sciabordio dell’acqua della cascatella celava ogni altro
rumore. Scese gli scalini in tutta fretta, restando senza fiato quando
si calò nell’acqua bollente. Avanzò
verso le voci.
-Pensavi davvero che sarebbero rimasti a giocare a carte?- Jenny
tirò su alcune ciocche di capelli scivolate via dal
mollettone -O a parlare di calcio?-
-Forse a giocare a carte no, ma a parlare di calcio sì...-
Risero.
-Eve!-
Era di nuovo Bruce.
-Siamo qui!-
-Qui dove?- avanzò alla cieca verso il vapore. Non riusciva
a vedere niente e l’acqua era così calda che la
sua pelle si stava ricoprendo di un velo di sudore.
-Bruce!-
Il ragazzo si volse indietro. Julian era sul bordo della vasca in
maglietta, i piedi scalzi, l’orlo dei jeans che sfiorava
l’acqua. Teneva le mani sui fianchi e gli occhi socchiusi di
contrarietà.
-Che stai facendo?-
-Il bagno.-
Ross prese atto dell’inutilità della propria
domanda. Ritentò.
-Dove stai andando?-
-Le raggiungo.-
Naturale, che altro?
Sotto gli occhi vigili di Ross, Bruce riprese a nuotare verso il centro
della piscina fino a sparire tra spesse volute di vapore. Mentre
cercava ancora di distinguere la sua sagoma, arrivò anche
Philip. Rispetto a Julian si trovava in una fase più
avanzata della svestizione perché non indossava la maglietta
e teneva le dita serrate sulla chiusura dei jeans che aveva appena
slacciato. Il suo sguardo preoccupato guizzò inutilmente
ovunque.
-Dov’è Harper?-
-Da qualche parte a far danni.-
-Dobbiamo fermarlo.-
-No, dobbiamo raggiungerlo.-
Bruce avanzò indisturbato e fiducioso tra il vapore ancora
per alcuni metri, poi si arrestò di botto e ululò
di dolore. Una fitta intollerabile scaturì dal piede e gli
penetrò dritta nel cervello. Non l’aveva vista.
Non aveva visto quella roccia sommersa tra i massi centrali e ci era
finito addosso. Adesso il suo alluce era da buttare, altro che
allenamenti.
La voce di Julian riecheggiò all’istante.
-Bruce? Che hai fatto?-
-Merda! Ho urtato contro un sasso!- gli occhi colmi di lacrime di
sofferenza, si appoggiò su una pietra e sollevò
il piede. Il dito era arrossato, ma per fortuna ancora al suo posto.
Evelyn emerse dal vapore.
-Tutto bene?- gli guardò l’arto, mentre il ragazzo
agitava le dita del piede -Dovresti metterci dell’acqua
fredda, così non si gonfia.-
Bruce tirò giù il piede e scosse la testa. Il
dolore era stato terribilmente intenso, ma adesso andava già
meglio.
-Credo che sopporterò.- le si avvicinò, immerse
le mani nell’acqua e le cinse la vita, cercando di farsi
strada sotto le pieghe dell’asciugamanino che le avvolgeva il
corpo.
Evelyn si ritrasse ridendo.
-Mi stai facendo il solletico. Non siamo soli, sai?-
Lui si guardò intorno con un sorriso saputo.
-Eppure io non vedo nessuno.-
-Harper, che stai combinando?- era di nuovo la voce di Julian.
-Diamine che palle!- esplose -Niente! Cosa vuoi che faccia?- si
grattò la nuca e sorrise -Sai Holly, credo di essermi appena
infortunato!-
Il capitano emerse di colpo dal vapore tale e quale
un’apparizione spettrale, facendolo sobbalzare di paura. E la
sua espressione era altrettanto lugubre.
-Infortunato?-
-No! Niente!- ansimò il ragazzo riprendendosi dallo spavento
-Come non detto!-
-Non dovresti essere qui, Bruce! Questa è la zona
femminile!-
Ecco anche Philip. E poi Julian. Dietro Evelyn spuntarono le ragazze, i
capelli umidi raccolti sul capo, qualche ciocca a incorniciare
sensualmente i loro visi, gli asciugamani stretti al corpo, le guance
arrossate dal vapore, goccioline luccicanti che percorrevano la loro
pelle scoperta... Incantevoli.
Callaghan afferrò il compagno per un braccio e
cercò di trascinarlo via mentre lui protestava.
-Sei il solito guastafeste! Jenny, digli qualcosa!-
Lei sorrise alzando le spalle. Quel movimento fece emergere
dall’acqua l’orlo dell’asciugamanino
azzurro che le avvolgeva il corpo nudo. Bruce sentì
chiaramente Philip allentare la stretta, consentendogli di liberarsi
con facilità.
-Se non c’è una netta divisione tra la zona degli
uomini e quella delle donne la colpa non è mia. Queste terme
sono promiscue e io ho tutto il diritto di approfittarne! Nessuno di
voi mi farà cambiare idea!-
Gli altri lo fissarono sgomenti, poi scoppiarono in una risata.
-Allora vuol dire che resteremo con te per controllare che non combini
guai.-
-E gli altri?- domandò Jenny, tornando d’un tratto
seria.
-Mark e Tom stanno finendo di lavarsi.-
-Benji?-
-Non è sceso.-
Jenny si irrigidì. Non era sceso? E che stava facendo in
camera tutto solo? Non è che per caso…
Forse… Accidenti! Stava sicuramente preparando la valigia o
chiamando un taxi per farsi venire a prendere. Guardò
Philip, incapace di nascondere l’ansia. Ma lui rideva, Bruce
rideva. Anche Holly rideva. Jenny trasse un respiro profondo.
Forse si stava preoccupando inutilmente. Magari
Benji stava soltanto riposando e non era sceso alle terme semplicemente
perché non gradiva la loro compagnia. Alzò gli
occhi all’orologio di plastica appeso alla parete.
Le sette. Poteva sganciarsi con la scusa della cena. Sorrise a Philip
meglio che poté, sforzandosi di cancellare dalla testa
l’immagine insistente che continuava a comparirvi: Benji
chino a terra a riempire la valigia.
-Esco.-
Il fidanzato protestò.
-Esci? Ma come… Sono appena arrivato!-
-La cena non si prepara da sola. Voi fate pure con calma, ho delle cose
da sistemare.-
Sgusciò via nonostante l’insistenza di Philip e
delle amiche che cercarono di trattenerla. Affrontò di corsa
i gradini della vasca, rischiando di scivolare sul bagnato. Si
precipitò nello spogliatoio, si asciugò alla meno
peggio e si vestì rapidamente. Con i capelli ancora umidi
salì di corsa le scale e si fermò sulla soglia
della stanza dei ragazzi.
Benji era lì, come aveva immaginato, ma non stava preparando
la valigia. Spaparanzato pigramente tra i cuscini, un braccio piegato
dietro la testa, l’altro disteso sui tatami e il telecomando
stretto tra le dita, seguiva svogliato un programma in tv. Quando la
vide comparire sulla porta, si volse a guardarla.
-La cena è pronta?-
Lei si appoggiò allo stipite, emettendo un impercettibile
sospiro di sollievo.
-Tra pochissimo.- gli sorrise grata e corse al piano di sotto.
Benji restò testardamente aggrappato al telecomando anche
dopo cena, monopolizzando prepotentemente la tv. Sembrava quasi che con
quel suo atteggiamento, volesse ricordare ai compagni la loro
volontà di imporgli la presenza delle ragazze.
Così, dopo un primo tentativo di trovare un compromesso su
cosa guardare, ben presto gli altri si erano arresi. Adesso,
rifocillati da un cospicuo pasto, giacevano pigramente seduti o
stravaccati sui tatami in piena fase digestiva. Benji aveva concesso
loro di seguire un famoso programma di varietà che persino
la critica più gentile aveva bollato come
“moderatamente noioso”. Consisteva in una serie di
quiz da sottoporre ai concorrenti che non brillavano mai né
per acume, né per avvenenza. Osservarli era di una noia
mortale.
Seduta accanto alla finestra, Patty appoggiò una mano sul
vetro. Lo sentì ghiacciato e la ritirò subito.
-Trema, credo sia il vento. Si sta rannuvolando.-
La luna piena e luminosissima scomparve, poi tornò, poi
scomparve ancora e tornò di nuovo.
-Nevicherà?- domandò Evelyn.
-Sì, al cento per cento.-
-Come fai a saperlo, Philip?-
-Sento l’odore della neve.-
Bruce lo guardò stupito, annusando la stanza.
-Davvero?-
L’altro annuì serio ma l’amico non gli
credette. Si alzò, raggiunse la finestra e la
spalancò. L’aria gelida si riversò
nella camera, lasciandoli senza fiato. Benji, più vicino di
tutti al davanzale, sentì una ventata di ghiaccio
penetrargli attraverso i vestiti.
-Sei impazzito, Harper? Richiudi immediatamente la finestra!-
Bruce inspirò a pieni polmoni.
-Non sento nessun odore…-
Amy starnutì.
-Bruce, ci stai facendo gelare.- si alzò e chiuse i vetri,
prima che qualcuno di loro si buscasse una polmonite.
-Philip ti ha preso in giro, Bruce. Stamattina abbiamo visto le
previsioni del tempo.- Jenny recuperò il telecomando del
climatizzatore e lo avviò al massimo per riportare la camera
a una temperatura accettabile.
Bruce lanciò al compagno un’occhiataccia, poi la
sua mente prese tutta un’altra strada.
-Oggi ho dimenticato di raccontarvi una cosa.- tornò a
sedersi accanto a Evelyn, afferrò il telecomando della tv
che Benji aveva inavvertitamente abbandonato sul tavolo e
abbassò il volume per costringere anche chi seguiva il
programma a starlo ad ascoltare -Mi è venuta in mente quando
è comparso il cane. A un mio amico è successa una
cosa simile.-
-Di scavalcare il cancello di una scuola?-
-Di scavalcare un cancello e di trovarsi di fronte un cane da guardia.-
-E…?-
-Il cane non ha gradito la sua intrusione. Indovinate un po’
dove l’ha morso?-
Il completo disinteresse con cui gli amici avevano accolto il racconto,
in un istante si trasformò in un netto rifiuto ad ascoltarne
il seguito.
-Davvero dobbiamo indovinare?- chiese Benji.
-Non voglio saperlo.- decretò Holly.
-Gli hanno messo quindici punti, vi rendete conto?! Ed è
stato fortunato che non gliel’abbia staccato. Tutto quanto
intendo, tutto il mucchio.-
-Già, proprio fortunato.- fece eco Evelyn nel silenzio
assoluto.
Intirizzita dal vento gelato che aveva invaso la camera, Amy desiderava
sorseggiare dell’altro tè ma di fronte alle facce
cadaveriche dei compagni scioccati, ammutoliti e impressionati,
esitò. Forse non sarebbe stato delicato e rispettoso nei
loro confronti protendere una mano verso il tavolo, afferrare la teiera
e riempirsi il bicchiere, gustandosi la bevanda calda mentre loro
rabbrividivano stravolti. Evelyn non si pose il problema e quando si
versò altro tè, Amy le allungò
timidamente la tazza.
*
Benji sobbalzò nel sonno perché John lo
azzannò. Sentì i denti del suo cane incidergli la
carne e strapparla a brandelli. L’urlo che lanciò
era parte dell’incubo e non svegliò nessuno.
Spalancò gli occhi nel buio della stanza, la schiena
inumidita dal sudore. Il cuore gli batteva all’impazzata e lo
sentiva martellare nelle orecchie. Si rigirò di lato e
appoggiò il viso sul cuscino, finché il respiro
affannoso non si fu placato.
L’orologio segnava le quattro. E, secondo il programma messo
a punto la sera prima a insaputa dei compagni, era maledettamente
tardi. Non aveva previsto di addormentarsi ma a quanto pareva la
stanchezza e la noia l’avevano avuta vinta sulle intenzioni.
Scostò il futon e guadagnò silenzioso
la porta. Già vestito di tutto punto, uscì di
soppiatto dalla stanza maledicendo l’incubo e i compagni che
dormivano beati. Riaccostò piano la porta e percorse il
corridoio illuminato dalla fievole luce d’emergenza affissa
al muro.
Scese le scale con passo felpato e si fermò quando raggiunse
l’ingresso del ryokan. Emise un lungo respiro di fastidio,
rassegnazione, orgoglio e testardaggine, poi recuperò da uno
dei ripiani del portascarpe i pattini che anche lui, al ritorno dal
paese, aveva finito per prendere in affitto. Forse sarebbe stato
più logico preparare la valigia e filar via alla svelta,
evitando così non solo quel ridicolo ritiro con annessi e
connessi, ma anche la figuraccia che prima o poi lo aspettava al lago.
Quasi sperò che i pattini fossero spariti, invece
purtroppo erano ancora lì, esattamente nel vano in cui li
aveva frettolosamente abbandonati poche ore prima. Indossò
la giacca, si avvolse la sciarpa intorno al collo, mise i guanti e li
afferrò per i lacci.
-Dove stai andando?-
Benji si volse di colpo. Landers era sull’ultimo scalino, con
una mano serrava la balaustra. Lo guardava curioso, perfettamente
sveglio e completamente vestito. In più, i suoi occhi
ridevano perché si era accorto di averlo spaventato.
Occupato com’era a rigirare il dito nella piaga della propria
stizza, il portiere non lo aveva udito arrivare.
-E tu?-
-Credo che la mia meta sia la tua, mi sa che abbiamo lo stesso
problema.-
-Bene. Anzi male.-
Benji lo seguì con gli occhi mentre scendeva
l’ultimo gradino, prendeva la giacca
dall’appendiabiti, la indossava e infine si infilava i
guanti, compiendo lo stesso identico rituale svolto da lui un istante
prima.
Afferrando al volo un altro paio di pattini, Mark uscì sul
piazzale subito dietro di lui.
Lo sbalzo di temperatura li ghiacciò all’istante.
In inverno in Hokkaido non contava quanto si fosse coperti, quanti
strati di abiti si indossassero. Il freddo era sempre intenso e
implacabile. Durante la notte il termometro era piombato giù
oltre lo zero. Ma almeno aveva smesso di nevicare, le nuvole si erano
diradate e la luna piena brillava su uno splendido paesaggio innevato.
Benji, di malumore sia per il motivo che lo aveva gettato
all’aperto, sia per la compagnia che gli era piombata addosso
a sorpresa, non degnò di un’occhiata neppure
frettolosa l’incanto della natura che si schiuse al suo
sguardo. Camminando accanto a Landers, in mano la torcia di emergenza
presa in prestito, imboccò la strada che portava al paese in
un silenzio di protesta molto gradito a entrambi.
Solo dopo l’ennesima curva, Mark si fermò
precisamente al centro della carreggiata.
-Come facciamo a ritrovare il sentiero?-
-È l’unico punto in cui la neve non è
più intatta. Ci siamo passati in undici, avremo sicuramente
lasciato qualche traccia.-
-Non ti sei accorto che nel frattempo ha nevicato?-
Benji si guardò intorno. Landers rischiava di avere ragione,
ma che poteva fare? S’intestardì e
proseguì. Avrebbe ritrovato il lago a ogni costo. Mark gli
andò dietro, in fin dei conti contento di non
essere solo in quell’avventura notturna.
Dopo qualche incertezza, individuarono il punto esatto in cui Jenny
aveva abbandonato la strada per inoltrarsi nel bosco. La neve risultava
ancora smossa, i rami degli alberi avevano schermato il terreno,
impedendo ai fiocchi caduti in serata di depositarsi e nascondere
completamente le tracce del loro passaggio.
Il lago li attendeva più avanti e più su, molto
più ampio di quanto ricordassero. La luna brillava e
rischiarava lo specchio di ghiaccio di un candore argentato, rendendo
tutto assolutamente visibile in una profusione di bianchi azzurrini che
l’ombra e l’oscurità degli alberi e dei
dislivelli del terreno, trasformavano in blu e neri. Era la notte
perfetta.
Mark si arrestò sulla riva e si guardò intorno.
-A questo punto propongo di separarci.-
-Vai a sinistra, io rimango a destra.-
Raggiunta la loro meta, entrambi preferivano tenersi alla larga
l’uno dall’altro. Mark si allontanò per
conto suo, mettendo una distanza ragguardevole tra sé e il
portiere. Benji restò a osservarlo fin quando non divenne
una figura difficile da distinguere tra le ombre degli alberi che
cingevano il lago. Poi percorse la riva per un tratto e si
imbatté in un grosso tronco caduto, immerso per
metà nella neve e per metà nell’acqua
ghiacciata. Sostegno perfetto, vi si appoggiò per togliersi
le scarpe e indossare i pattini. Strinse forte i lacci, poi
affondò le lame nella neve e avanzò verso il
lago, tentando un cauto approccio con la superficie gelata. Landers era
lontano, una sagoma scura vacillante che spiccava contro la bianchezza
della neve. Sufficientemente distante da provare a fare qualche passo
senza il pensiero di essere visto e, sicuramente, criticato.
Come Benji scoprì subito, sul ghiaccio era impossibile
camminare. Ci si poteva soltanto lasciar scivolare in tutte le
direzioni, provandoci, e a diverse velocità, riuscendoci.
Eppure, restare in equilibrio su quelle due lame d’acciaio
così sottili non era troppo complicato. Certo, i suoi
movimenti erano ben lontani dall’essere sciolti e fluidi,
agitava senza pace le braccia nell’aria fredda come in cerca
di un appiglio che non esisteva, ma sull’equilibrio si poteva
lavorare. Era lì apposta.
Acquistò presto sicurezza nei movimenti e si
arrischiò ad aumentare la velocità. Pattinare era
molto più semplice di quanto avesse immaginato. Si
allontanò verso il centro del lago decisamente fiducioso
nelle proprie capacità. Del resto
l’agilità era qualcosa che davvero non gli
mancava. Respirò l’aria fredda della notte,
trovando fantastica la sensazione della velocità e del vento
sul viso! Perché non lo aveva mai fatto? Perché
si era sempre rifiutato di seguire i compagni dell’Amburgo
nelle loro scorribande sull’Elba? Fece una curva per tornare
indietro, caricò tutto il peso su una gamba, si
sbilanciò da un lato e capì improvvisamente il
perché. Per paura di farsi male, maledizione!
Agitò le braccia alla disperata e inutile ricerca di un
appoggio che, ovviamente, non c’era. Il tentativo di tenersi
in piedi andò sprecato. Franò a terra come un
sacco di patate, la superficie dura come il marmo lo accolse a braccia
aperte. Imprecò con il refolo di fiato che gli rimase dopo
l’urto.
E nel momento in cui si tirava su dolorante, la voce di Mark si
levò inaspettata alla sua sinistra, così vicina
da farlo sobbalzare.
-Cazzo Landers! Piantala di spuntarmi sempre accanto! Che ci fai qui?
Dovevi restare sul tuo lato! Erano questi gli accordi, no?- lo
cercò ma non riuscì a vederlo -Dove diavolo sei?-
-Giù.-
-Giù?-
Benji abbassò lo sguardo e scoppiò a ridere. Mark
era spalmato sul lago di pancia e lo osservava frastornato,
puntellandosi sui gomiti.
-Cosa stai cercando?-
-La stessa identica cosa che stai cercando tu, Price.- facendo leva
sulle braccia Mark si mise in ginocchio e lanciò a Benji
un’occhiata furente che andò per buona parte persa
nell’oscurità -Hai poco da sfottere, sai? Non mi
sembra che tu sia messo meglio di me visto che ci troviamo nella stessa
posizione, cioè a terra.-
Il portiere scattò in piedi. Vacillò ma
riuscì a mantenersi eretto. L’altro lo
imitò, tirandosi su con più precauzione, segno
che il capitombolo era stato sufficientemente doloroso da esigere
maggiore prudenza.
-Sai una cosa, Landers? Non riesco a credere di essere qui a fare le
ore piccole con te.- il silenzio di Mark lo indusse a continuare -E la
cosa che mi dà più fastidio è che la
compagnia è l’aspetto migliore di tutto
ciò. In fin dei conti la tua faccia da schiaffi, che per
fortuna scorgo appena, è più accettabile di
questo posto dimenticato dall’uomo, di questo maledetto lago
gelato, del freddo micidiale che ci tormenta da ieri e di questa merda
di pattini!-
-Perché sei rimasto allora? Ti sei lasciato incantare da
Jenny?-
-Graziosa sì, ma non è il mio tipo. Sono rimasto
per vedere come va a finire.-
-Finirà esattamente com’è cominciata.
Quando andremo via da qui non ci ameremo più di adesso. E
comunque stiamo perdendo tempo.- alzò gli occhi al cielo
-Tra poco farà giorno.-
Benji annuì, costretto suo malgrado a condividere i pensieri
di Landers. Del resto non poteva fare altro. O meglio, una cosa
c’era. Impegnarsi e imparare prima di lui, lasciando che
Mark, e lui solo, in un futuro molto prossimo diventasse lo zimbello
dei compagni.
-Tu sempre a sinistra, io a destra.-
-D’accordo.-
Mark gli volse le spalle e tornò a spingersi sul ghiaccio.
Tentò qualche passo per prendere dimestichezza con i
pattini, allargando le braccia per mantenersi in equilibrio.
Benji rise quando intravide la sua ombra schiantarsi sul lago.
-Sei un caso disperato! Possibile che tu non riesca a tenerti in
piedi?!-
-Possibile invece che tu non riesca a stare cinque minuti in
silenzio?!-
Price ammutolì mentre l’altro si rimetteva
testardamente in piedi e ricominciava a pattinare a casaccio di qua e
di là sotto il naso di un portiere furente. Nonostante Benji
glielo augurasse con grande intensità, passarono diversi
minuti senza che cadesse. Mark stava imparando in fretta e se non si
fosse dato una mossa lo avrebbe fatto prima di lui.
Si riscosse dal fastidio, poiché non si trovava certo
lì per verificare i progressi di Landers. Riprese a
spingersi sulla superficie ghiacciata, prima cautamente, poi con
maggiore fiducia. Sotto i suoi piedi il lago scivolava via veloce,
riflettendo la luna come uno specchio. Provò una curva
rallentando, fu meno difficile e riuscì a inclinarsi il
giusto. Ecco, bastava piegare la gamba e accompagnare il movimento con
il braccio opposto, chino leggermente in avanti e poi…. Poi
provò l’ebbrezza di pattinare
all’indietro per un breve istante. Un istante davvero molto
breve, la cui fine coincise con l’incontro di una sporgenza
del ghiaccio come ce n’erano a decine e a cui non lo sapeva
ancora, doveva fare molta ma molta attenzione. Una piccola
increspatura che probabilmente non sarebbe riuscito a scorgere neppure
se fosse stato voltato nella direzione giusta, neppure se fosse stato
pieno giorno. Incespicò, si volse brusco e si protese in
avanti. Urtò un gomito e una spalla con violenza, tanto da
emettere un chiarissimo gemito.
Con un processo immediato causa-effetto, la risata di Mark
arrivò da lontano fino a lui.
-Sei caduto?-
-Vai al diavolo Landers!- gridò Benji alla notte, furioso e
dolorante.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 3 - Pesca di sopravvivenza ***
- 3 -
Pesca
di sopravvivenza
Trovare Benji e Mark pacificamente seduti in cucina a fare colazione di
buonora e già pronti per uscire, per Holly fu più
eccezionale di una nevicata in pieno agosto. Era sceso a cercarli
perché in camera non c’erano e Tom, sveglio prima
di tutti, gli aveva detto di non averli proprio visti. Che fine
avessero fatto era un mistero e che fossero spariti insieme, diventava
un fatto addirittura straordinario. Mentre Tom lo metteva al corrente
di averli cercati persino nelle terme, nello sguardo di Holly era
cresciuta la preoccupazione che i due avessero tagliato la corda. Ma
poi il compagno gli aveva fatto notare che i loro bagagli erano tutti
lì in camera e che fossero andati via insieme era
davvero poco probabile.
E infatti il miglior attaccante e il più talentuoso portiere
della nazionale giapponese erano ancora al ryokan. Precisamente in
cucina, a ingollare in un quieto silenzio una tazza di caffè
bollente.
-Ah, bene!- esclamò Holly con sollevato entusiasmo -Siete
già pronti!-
Benji strizzò gli occhi sofferente.
-Non urlare, accidenti! Mi scoppia la testa!-
-Non sto urlando.- il capitano scostò una sedia e prese
posto. Mentre si versava del caffè, lanciò loro
un’occhiata curiosa -Dov’eravate finiti?-
Mark sbuffò torvo.
-Che te ne frega? Sono affari nostri.-
Holly li guardò sgomento. Se la mettevano così,
accidenti quanto gli interessava saperlo. Praticamente la
curiosità lo stava divorando. Che quei due si coalizzassero
era un evento talmente raro!
-Non avete fatto niente che non avreste dovuto fare?-
-E quali sarebbero i nostri limiti?- lo sfidò Benji.
-Per esempio ubriacarvi o fare a botte.- sparò a casaccio,
anche se nessuno dei due presentava i sintomi di una rissa o
di una sbronza.
-Figuriamoci!- Mark mandò giù il caffè
tutto d’un fiato e si alzò -Adesso Holly, io
dormirò per almeno un paio d’ore. Non provare a
impedirmelo, perché ti assicuro che non ti conviene.- e
approfittando del fatto che il capitano, sbalordito com’era,
lo fissava a bocca aperta, lasciò la cucina con uno
sbadiglio.
Mentre Holly si riprendeva dalla sorpresa, Benji scostò a
sua volta la sedia e si mise in piedi.
-Ciao Holly, ci vediamo verso l’ora di pranzo. Cominciate
pure senza di me, tanto non ho neanche una porta.-
Il capitano lo guardò uscire, poi alzò gli occhi
sull’orologio appeso al muro. Erano quasi le otto,
l’orario perfetto per iniziare gli allenamenti, non per
tornare a poltrire. Riabbassò lo sguardo solo quando venne
attirato da un movimento sulla porta. Julian entrò.
-Sai che Mark e Benji stanno salendo a dormire? Ti pare normale?-
Seguì un attimo di silenzio, che servì ad Holly
per riordinare incredulità e stizza nel giusto ordine.
-Vuoi sapere la verità? Niente mi pare normale da quando
siamo qui.-
-Quindi hai intenzione di lasciarli stare?-
-Sì, e sai perché? Perché preferisco
che Benji faccia i suoi comodi per qualche ora, piuttosto che salga su
un treno e torni a Fujisawa.-
-Magari hai ragione.- ammise Ross senza convinzione. La presa di
posizione del portiere aveva il sapore di un ricatto.
Al primo piano intanto, lo sconcerto era totale. Sotto gli occhi
increduli di Philip, Tom e Bruce che si erano attardati per rispettare
la fila per l’unico bagno agibile, Mark si
spaparanzò nel futon così, vestito
com’era. Si tirò il cuscino sulla testa, emise un
sonoro sospiro e cacciò un avvertimento.
-Guai a voi se sento volare anche solo una mosc… ahia!-
Sobbalzò al calcione che Philip gli affibbiò
sulla schiena. Scostò rabbioso il cuscino e si
rizzò seduto.
-Rifallo e sei morto!-
-Alzati o ti prendo a pugni! Cosa diavolo ti sei messo in testa?
Dobbiamo allenarci!-
-Bene, andate. Io dormo.-
-Non ti azzardare!-
-Sennò che fai?-
Callaghan fu tentato di saltargli addosso, Tom lo intuì e
gli afferrò un braccio.
-Philip...-
Poco distante da loro, Bruce osservava Landers con lo sguardo stravolto
da un’invidia profonda e totale. Perché Mark
poteva tornare a letto e lui no? Possibile che Holly gli avesse dato il
via libera? Chiuse l’anta dell’armadio a muro con
un movimento brusco.
Landers si volse imbufalito.
-Harper, maledetto te! Fai piano o ti stacco le mani!-
-Alzati Mark!- intimò Philip -Dobbiamo andare ad allenarci!-
L’entrata del portiere, che si era attardato in bagno,
catturò gli sguardi dei ragazzi.
-Digli qualcosa, Benji!- lo esortò Bruce frignando.
-Non mi interessa quello che fa.-
Il nuovo arrivato attraversò la stanza, raggiunse la
finestra e tirò le tende, facendoli piombare
nell’oscurità. Dopodiché, senza
degnarli di uno sguardo o di una spiegazione,
s’infilò sotto le coperte lasciandoli di stucco.
-Benji! Mark! Che diavolo state combinando? È ora di
alzarsi! Tom, Philip! Fate qualcosa! Questa è
un’ingiustizia vera e propria!-
Philip li guardò impotente, poi uscì di filato
dalla stanza e corse giù per le scale. Forse solo Holly, al
piano di sotto, era in grado di dare una spiegazione a
quell’assurdo comportamento. Tanto valeva andare a sentire,
perché tirar fuori quei due dai futon non sarebbe stata
impresa facile.
Si catapultò in cucina travolgendo Evelyn che ebbe la
sfortuna di capitare sul suo percorso. Finirono a terra in un groviglio
di gambe e di braccia e Jenny accorse per tirar su l’amica,
visto che Philip lo stava facendo già da solo.
-Scusa, mi dispiace! Ti sei fatta male?-
-Proprio per niente.- rispose lei, massaggiandosi però la
spalla indolenzita.
Bruce arrivò insieme a Tom un’istante dopo.
Lanciò un’occhiata distratta alla fidanzata ancora
frastornata dallo scontro e si rivolse al capitano, dimenticando di
salutare le amiche e senza degnare di uno sguardo la tavola approntata
per la colazione.
-Holly! Perché Mark e Benji sono tornati a dormire?
Perché loro sì e noi no? Non dobbiamo allenarci?
Ci siamo alzati presto apposta!-
-Bruce non cominciare!- replicò il capitano, già
nervoso per la stessa identica ragione -Non ho detto io a quei due di
rimettersi a letto! Cosa pretendete? Che li porti giù di
peso?-
-Se si fosse trattato di uno di noi l’avresti fatto!-
-Sì, l’avrei fatto! Se lo ammetto sei contento?-
Holly guardò prima Bruce poi Philip, che girava intorno al
tavolo, si sedeva accanto a Jenny e lei sì, la salutava con
un sorriso -Se sono tornati a dormire dev’essere per una
valida ragione.-
-E gliel’hai chiesta?-
L’altro emise un sospiro deluso.
-Non ne ho avuto il tempo. Hanno tagliato la corda appena sono entrato
in cucina.-
-Forse stanotte non hanno dormito.- ipotizzò Tom prendendo
posto accanto a Philip.
-Non hanno dormito per far cosa?-
Bruce cincischiò la tazzina del caffè e
buttò lì un’idea.
-Magari sono andati giù in paese a divertirsi.-
Holly scosse scettico la testa.
-Insieme?! A divertirsi insieme? Loro due? Non ci crederei neppure se
ce li avessi davanti!-
-Obiettivamente vederli andare d’amore e d’accordo
farebbe un po’ senso.- concordò Julian ridendo.
-Intanto però loro sono su a dormire e noi tra poco usciremo
ad allenarci.- Bruce rivolse al capitano un’occhiata
scorbutica ma lui lo guardò addirittura peggio, tanto da
costringerlo alla fine ad abbassare gli occhi sul piatto.
Evelyn gli stava giusto servendo una spessa fetta di pane appena
tostato ricoperta da un velo di miele, forse sperando di addolcirgli la
giornata iniziata malino. E infatti la fame superò di colpo
l’irritazione. I suoi occhi tornarono a posarsi sul piatto,
poi scandagliarono il tavolo.
-Che fine ha fatto la colazione di ieri? Cos’è
successo? Dove sono finiti i croissant, le torte e tutto il resto?-
Amy si agitò imbarazzata sulla sedia e scambiò
con Jenny un’occhiata esitante.
-Ieri sera è arrivato un fax con la vostra dieta, insieme
alla raccomandazione di seguirla scrupolosamente.-
-Maledizione! Ci mancava solo questo!- le rotelline del cervello di
Bruce tornarono a generare lamentele a raffica -Gamo non ha tenuto
conto del clima! Sono sicuro che non ha mai trascorso neppure un giorno
della sua vita a temperature così basse. E noi invece
dovremo sopportare questo freddo dalla mattina alla sera per giorni! A
quanto siamo oggi?- si frugò nelle tasche e tirò
fuori il telefonino -Ecco! Meno quattro!-
-Bruce! Fai sparire quel cellulare!-
-Scaricare la frustrazione di una così magra colazione su di
me e sul mio cellulare non farà riapparire torte e
croissant, Holly!-
Comunque fece apparire la nonna di Jenny. La vecchina
indugiò sulla soglia e li salutò con un
buongiorno molto sentito. Però quel gran sorriso rugoso si
affievolì un poco quando non trovò il suo
prediletto tra loro.
-Va tutto bene?-
-Perfettamente.- rispose Amy, chiedendosi se si fosse affacciata
perché li aveva uditi discutere. Sul tenore della colazione,
per giunta.
-Mi fa piacere. Philip, posso chiederti un favore?-
Il ragazzo annuì, disponibile all’istante e a
prescindere.
-Nel pomeriggio arriverà il furgone con le provviste, ma sul
piazzale c’è troppa neve e non riuscirà
a fare manovra. Bisognerebbe toglierne un po’.-
Le dita di Philip si contrassero con uno spasmo sulle bacchette. In un
lampo visualizzò nella mente l’ampio slargo su cui
sorgeva il ryokan. Era immenso! Gigantesco! Colossale! Se gli amici gli
avessero dato una mano a ripulirlo tutto, si sarebbero schiantati la
schiena per ore. Se non l’avessero aiutato, ci avrebbe
passato da solo l’intera giornata e forse anche buona parte
di quella successiva. Incrociò lo sguardo di Holly che lo
fissava con un misto di curiosità e divertimento, poi quello
di Jenny sbalordita tanto quanto lui, gli occhi pieni di sconcerto.
Sembrava tentata di dire qualcosa e contemporaneamente in attesa della
sua risposta. Philip cercò di prendere tempo.
-Magari più tardi. Adesso dobbiamo andare ad allenarci,
siamo già in ritardo.-
La nonna annuì.
-Certo, capisco perfettamente. Ma se posso permettermi, credo che anche
ripulire il piazzale dalla neve sia un buon allenamento. Jenny, ho
ordinato tutto ciò che avevi segnato sulla lista...- le sue
parole vennero interrotte dal trillo del telefono nel corridoio. La
vecchina si congedò scusandosi e corse a rispondere.
-La neve ti perseguita, Philip!-
-Non c’è niente da ridere.-
-Ha ragione lui, Bruce.- Holly lo fissò negli occhi e fece
per proseguire il ragionamento ma l’amico lo precedette.
-Ti prego non dirlo.-
-Lo dico eccome. Se Philip dovrà ripulire il piazzale, noi
gli daremo una mano. Tutti.-
*
Amy conficcò la pala da neve nel mucchio che aveva radunato,
spingendo forte finché non rimase piantata dritta, il manico
rivolto al cielo azzurro e limpido. Si tolse i guanti dalle mani sudate
e li ripose ciascuno in una tasca della giacca a vento. Precisamente a
quella stessa ora del giorno prima stava gelando. Adesso sentiva
così caldo che era tentata di togliersi il giubbotto, se
solo non avesse temuto di cadere vittima di quelle temperature al
limite della sopravvivenza. Non aveva mai visto in vita sua una
così gran quantità di ghiaccioli decorare le
gronde, le staccionate delle aiuole, i rami degli alberi e ogni spazio
disponibile di qualsiasi superficie. Ai raggi del sole la luce si
rifrangeva in una miriade di coloratissimi riflessi che risplendevano
ovunque. Ogni giorno trascorso a Shintoku era una nuova emozione e lei
era felicissima di trovarsi lì. Ecco perché, in
compagnia delle amiche che condividevano i suoi stessi sentimenti, si
era messa di buona lena a spalare la neve dal piazzale.
-Faccio un salto in bagno. Porto qualcosa da bere?-
L’immensa quantità di quella coltre bianca e la
fatica di una simile impresa non le avevano spaventate, e
così erano state tutte d’accordo a pensarci loro.
Non a tutta la neve, ovviamente. Solo quanto bastava perché
quel pomeriggio il furgoncino delle provviste riuscisse a raggiungere
il ryokan e a fare manovra per tornare in paese. Erano lì,
sotto il sole che non scaldava ma rifletteva la sua luce su
quell’angolo di mondo tinto di bianco. Ormai a buon punto
della sgobbata, avevano pensato di tirar su un pupazzo di neve. Evelyn
era il primo che faceva in tutta la sua vita. A Fujisawa non nevicava
quasi mai e se anche succedeva, non ne cadeva mai abbastanza.
-Io vorrei del succo di frutta.- disse Patty accaldata, posando a terra
la pala e sfilandosi la sciarpa dal collo, perché
già da un po’ aveva cominciato a sudare. La
collocò sulla ringhiera e si sedette sui gradini a
riprendere fiato.
-Anche per te, Eve?-
-Ti accompagno.-
Insieme rientrarono nel ryokan. Jenny le osservò attraverso
i vetri della porta mentre si sfilavano le scarpe
sull’ingresso e poi imboccavano il corridoio. Raggiunse
Patty, appoggiò la pala alla balaustra del portico e si
sedette con un sospiro sfinito.
-Ammetto di essere stanca.-
-Anch’io. E tra un po’ è ora di
cominciare a preparare il pranzo.-
-Non sarà il caso di svegliare Benji e Mark? Stanno dormendo
da più di due ore.-
-Non capisco come questo per voi possa rappresentare un problema!-
disse Benji torvo dalla soglia.
La voce del ragazzo le fece sobbalzare. La porta d’ingresso
era aperta e quando si volsero, lui si stava allacciando la giacca
sopra la sciarpa già avvolta intorno al collo. Benji era
furioso. I loro schiamazzi erano arrivati fino in camera,
disturbandogli il sonno per due lunghissime ore.
Jenny scosse rapida la testa. Il portiere era lì da tre
giorni ma la sua tracotanza a volte continuava a intimidirla. E poi,
proprio quel giorno, scadeva il termine del loro patto segreto. Sperava
tanto che Benji se ne fosse dimenticato.
-Nessun problema, davvero.-
-Lo immaginavo.-
Dietro di lui arrivò Mark. Lo scorsero al di là
della porta mentre si chinava a terra per infilarsi le scarpe.
Uscì dal ryokan con la sciarpa tra le mani e, dopo aver
saggiato la temperatura esterna, si affrettò ad avvolgerla
intorno al collo.
-Che state facendo?- domandò occhieggiando i dintorni.
Il suo sguardo si soffermò su una montagnola di neve dalla
dubbia forma. Incuriosito superò il portiere, scese i tre
gradini dov’erano sedute Jenny e Patty e si
avvicinò a quella specie di fungo sbilenco.
-Cos’è ‘sto sgorbio?-
Patty scattò in piedi.
-Nulla che possa interessarti.-
-Comunque è un mostro.-
-Ce ne faremo una ragione.-
Mark rise, diede un buffetto al pupazzo e la testa rotolò a
terra. L’urto con il suolo la disintegrò.
-Ops...-
-Fila via, Landers!- gridò Patty sfoderando tutto lo smalto
di un tempo.
Il ragazzo si allontanò ridendo, mentre lei lo inseguiva con
la pala di Amy.
-Imbecille, aspettami!- lo richiamò Benji.
Attraversò la radura arrancando nella neve ancora alta e
scomparve insieme a lui tra gli alberi.
Le amiche tornarono un istante dopo. Amy scostò con la
spalla la porta d’ingresso rimasta socchiusa e
uscì, portando con sé un vassoio con quattro
bicchieri e un cesto di dolcetti speziati. Evelyn teneva tra le mani
una confezione di succo di frutta e il thermos con il tè.
Videro Patty tornare verso l’ingresso serrando la stretta
sulla pala, l’espressione combattiva.
-Mi sembrava di aver udito la voce di Mark.- disse Amy guardandosi
intorno.
-Sì, se n’è andato proprio adesso
insieme a Benji. Dopo aver distrutto il nostro pupazzo.-
-No!- esclamarono all’unisono, gli occhi sul cumulo di neve
decapitato.
-Però non lo ha fatto apposta.-
Jenny si alzò e tolse dalle mani di Amy il vassoio,
poggiandolo in equilibrio sulla balaustra della veranda
dell’ingresso.
-Lo stai difendendo, per caso?-
-No, Patty. Il fatto è che la testa era davvero solo
appoggiata. Sarebbe bastato anche un soffio di vento per farla rotolar
via. Dobbiamo costruirlo meglio, se vogliamo che duri.-
riempì i bicchieri, poi ne prese uno e lo
sorseggiò, osservando soddisfatta la strada quasi del tutto
sgombra.
Evelyn seguì il suo sguardo.
-Abbiamo radunato un bel po’ di neve e risparmiato loro una
bella fatica. Dovrebbero essere contenti.-
-Philip lo sarà di sicuro.- rise Jenny.
Patty posò il bicchiere sul vassoio e, infilandosi di nuovo
i guanti, tornò dal loro pupazzo. Gli girò
intorno tastandolo qua e là per dagli una forma migliore,
senza tuttavia riuscire a renderlo quel bell’ovale liscio e
senza difetti dei disegni.
Poi, aiutata da Jenny che aveva di certo più esperienza di
tutte, si chinò a terra per modellare una nuova testa con la
neve pulita che avevano radunato ai lati di un’aiuola.
-Adesso non ci rimane che abbellirlo.- Patty lisciò la cima
della testa -Eve, vai a prendere una carota per il naso e rimedia
qualcosa anche per gli occhi.-
-Qualcosa tipo cosa?-
-Non lo so, fatti venire un’idea.-
Evelyn rientrò nell’edificio e tornò un
istante dopo, riservandosi la soddisfazione di conficcare la carota
sulla faccia dell’omino, nel punto in cui Amy aveva fatto un
buco con il rametto di legno usato poi per una delle mani.
Dopodiché tirò fuori dalla busta appesa al
braccio il cappellino di Benji, gesto che provocò nelle tre
ragazze un’immediata esternazione di timore, sgomento e
preoccupazione. Evelyn lo calcò sulla neve meglio che
poté, ma rimase lo stesso un po’ sbilenco.
-Questa cosa non gli piacerà.-
-Non gli serve, Amy. Altrimenti non lo avrebbe lasciato.-
-Piuttosto credo che nella fretta lo abbia dimenticato.-
-È meglio se lo rimetti a posto, Eve...-
-Tranquilla Jenny, ho preso un po’ da tutti.-
frugò nella busta e ne tirò fuori una sciarpa
-È di Tom.-
-Perfetto. Lui non si offenderà se la usiamo.-
-Questi credo che li abbia messi a disposizione Julian.-
proseguì la ragazza chiedendo conferma ad Amy con lo sguardo.
-Sì, sono i suoi.-
-Hai preso qualcosa di Philip?- s’informò Jenny.
Evelyn ficcò la testa nella busta.
-Effettivamente mi pare di no. Quella stanza è un gran
casino. Non si capisce cosa sia di chi...-
-Ci penso io.-
Jenny rientrò nel ryokan mentre Amy infilava i guanti sui
ramoscelli delle braccia.
Tali piccole ma fondamentali aggiunte resero il loro omino un pupazzo
di neve a tutti gli effetti. E, come primo in assoluto di Patty ed
Evelyn, meritava di essere immortalato. Evelyn tirò fuori il
cellulare e fece alcune foto. Poi lo appoggiò in equilibrio
sulla balaustra d’ingresso, tra il thermos e la confezione
del succo di frutta, impostò l’autoscatto e corse
accanto alle amiche.
Indaffarate come furono per tutta la mattina, prima a spalare la neve,
poi a costruire il pupazzo, infine a riposare, in nessuna di loro
affiorò il ricordo della promessa fatta ai ragazzi. Vale a
dire portare su alla radura uno spuntino che rendesse più
sopportabile la fatica, il freddo e la colazione dalle calorie
centellinate.
Così, rientrati dagli allenamenti con una fame da lupi a
mezzogiorno spaccato, grazie al cellulare che Bruce continuava
a portare con sé e che Holly alla fine non gli
aveva ancora requisito, i ragazzi non gradirono soprattutto per ripicca
la scultura che li osservava inanimata dall’angolo di
un’aiuola.
-Avete già finito?- li accolse Patty balzando in piedi.
-Come già? Sono ore che sgobbiamo, anche se non ve ne siete
accorte!- replicò Bruce, rientrato carico di malumore -Anzi,
non è che non ve ne siete accorte! Ci avete totalmente
rimossi! Avete dimenticato persino di portarci lo spuntino che ci
avevate promesso e che, a quanto pare, vi siete sbafate in solitudine!-
Proprio accanto a loro, sui gradini del ryokan, erano rimasti i
bicchieri, la bottiglia di succo di frutta ormai vuota e qualche
briciola nel cestello di vimini. In due parole, tracce e residui della
merenda. Nessuno mise in dubbio il fatto che avessero mangiato e
già digerito ciò che era destinato a essere
portato alla radura.
Finita la tirata di Bruce, Evelyn gli rispose con lo stesso tono,
poiché fin dalle scuole medie era sempre stata capace di
tenergli testa senza sforzo, senza fatica e sempre con una certa
soddisfazione. Balzò in piedi.
-Se non te ne sei accorto, abbiamo tolto la neve dal piazzale! Come
minimo dovresti ringraziarci!-
-Una cosa non escludeva l’altra!- pronto a continuare, Bruce
mise a fuoco il pupazzo e si fermò così di botto
che Tom per poco non lo travolse -Cos’è questo?-
Landers riconobbe lo sgorbio di poche ore prima e lo trovò
molto migliorato.
-Guai a voi se lo toccate.- Patty arrivò di corsa
-Soprattutto tu, Mark.-
Con un guizzo fulmineo il portiere si staccò dai compagni
per recuperare il cappellino che, orrore, invece che sulla sua testa
era finito su quella di uno spaventapasseri di ghiaccio. Patty gli si
parò lesta davanti.
-Non azzardarti! Non vorrai rovinarlo!-
-Rovinare cosa?-
-Il nostro pupazzo!-
-Quello sarebbe un pupazzo? Grazie per avermelo detto perché
davvero non si capisce!-
-No! La mia hachimaki!-
Philip partì a razzo per riappropriarsi della fascetta ma
Jenny, messa in guardia dalla reazione del portiere, fu veloce a
intercettarlo.
-Philip!-
-Ma Jenny…-
-Niente ma!-
Patty si portò le mani ai fianchi minacciosa.
-Giù le zampe dal nostro capolavoro!-
Benji rise.
-Quello sarebbe un capolavoro?-
-Guai a voi se provate a toccarlo!- Evelyn afferrò la scopa
che corredava il tutto, facendo franare un braccio. Il guanto cadde a
terra e Julian tentò di recuperarlo, ma Patty lo prese e lo
rimise al suo posto.
-Non ti avvicinare, Julian!-
Infuriata da tanta mancanza di rispetto nei confronti dello sfortunato
omino, strappò a Evelyn la scopa e
l’agitò combattiva, pronta a sbatterla sul grugno
di chiunque avesse cercato di accostarsi.
Philip non si diede per vinto.
-La fascetta però la riprendo. Tanto bianco su bianco
neppure si vede...-
L’espressione di Jenny mutò in modo
così repentino da indurre il fidanzato a non avanzare di un
passo verso il pupazzo e l’hachimaki.
-Abbiamo fatto questo pupazzo con la neve che la nonna ti ha chiesto di
spalare!-
Un buon tratto del piazzale era stato ripulito ma Callaghan, che aveva
volutamente dimenticato la richiesta dell’anziana padrona del
ryokan, non ci aveva neppure fatto caso. Il sollievo di essere scampato
alla sfacchinata gli strappò l’accenno di un
sorriso. Fece un passo verso Jenny, lei fraintese le sue intenzioni e
indietreggiò, in un estremo tentativo di difendere il
pupazzo. Ma a Philip della fascetta a quel punto non importava
più nulla. Agguantò la fidanzata per i fianchi e
le stampò un bacio sulle labbra, ignorando la presenza degli
amici. Poi la lasciò e gongolò di piacere
vedendola arrossire. Lei rise, il pericolo era scampato.
La nonna si affacciò sulla soglia.
-Jenny, il telefono… è per te!-
La giovane si sciolse dall’abbraccio di Philip e corse a
rispondere.
Holly valutò critico il piazzale.
-Il resto della neve possiamo sempre toglierlo noi in un allenamento
extra serale. Se c’è abbastanza luce, quando oggi
pomeriggio torniamo…-
-Scordatelo!- intonarono in coro Bruce e Philip.
All’interno dell’edificio si sparpagliarono un
po’ ovunque, chi in bagno, chi a lavarsi le mani, chi in
stanza e Bruce direttamente in cucina, arrancando sul parquet con le
ultime forze che gli impedivano di stramazzare a terra di fame e
stanchezza.
Quando Jenny riapparve nell’ingresso, ad attenderla era
rimasto solo Philip.
-Cos’è?- le chiese incuriosito dalla stoffa che
lei stringeva tra le mani.
-Quello che ci mancava.-
-Cioè?-
-Aspetta e vedrai.-
Lo precedette in cucina, si assicurò che fossero tutti
presenti, e si fermò sulla soglia.
-Ho parlato con il signor Wilson, il custode della scuola. Non ha
trovato niente che possa fare al caso nostro. Però sua
moglie ha avuto un’idea geniale.- aprì il lenzuolo
e lo allargò per mostrarlo agli amici -Possiamo legarlo a
due alberi al posto della rete.-
Mark la fissò sbigottito.
-Geniale è dir poco…-
-Piuttosto, artigianale.- corresse il tiro Julian.
Sul viso di Benji si formò una smorfia di disgusto.
-Sarebbe meglio niente a quella roba.-
A Jenny bastò posare gli occhi sul volto del portiere
perché l’entusiasmo svanisse. Benji non si sarebbe
mai accontentato di un lenzuolo. Lui voleva una porta vera in un campo
vero. Avrebbe dovuto immaginarlo.
-Secondo me va più che bene.- intervenne Patty ottimista
-Anzi, per migliorarlo possiamo disegnarci dentro un bel cerchio
rosso.-
-Il tiro al bersaglio?-
Per poco non saltò al collo di Tom.
-Intendevo la bandiera del Giappone.-
A Bruce non importava nulla né della porta, né
del lenzuolo né della bandiera. Guardò il tavolo
e la distesa di stoviglie e controllò l’orologio.
-Allora è pronto o no?-
Era pronto, sì, e le giovani disposero sulla tavola le
pietanze, ma neanche con una doppia razione di riso la dieta di Gamo
avrebbe potuto lasciarli, più che sazi, sodddisfatto. Bruce
trovò il modo di protestare per tutto il pranzo mettendo a
dura prova i nervi dei compagni, scontenti tanto quanto lui e ciascuno
per una ragione diversa.
Dopo quel magro pasto a base di proteine vegetali e verdure che non
saziò nessuno, Holly non consentì ai compagni di
digerire né sulle sedie della cucina, né sui
cuscini della loro stanza. L’obiettivo che si era prefissato
era di recuperare l’intero pomeriggio del giorno prima andato
perso scendendo in paese a cercare le porte.
E Bruce, naturalmente, non gradì il programma.
-Cavolo Holly! Con questo freddo ci si bloccherà la
digestione a metà!-
-Finirai dopo di digerire l’altra metà.-
-Abbiamo mangiato talmente leggero che la digestione mi sembra proprio
l’ulti...- cominciò a dire Philip ma Jenny gli
pestò con forza un piede.
Bruce continuò, rivolto al capitano.
-Non sei per niente divertente, se vuoi saperlo.-
-Non gliene frega un cazzo, Harper.- passando accanto al pupazzo, Benji
recuperò il suo venerato cappellino e lo calcò in
testa -Merda, è gelato!-
-Speriamo che così si ghiacci anche la tua vena polemica.-
si augurò con fervore Mark, mentre l’altro
sollevava verso di lui il dito medio.
Raggiunta la radura tutti insieme, Holly cominciò a dare
ordini.
-Benji, vai in porta.-
-Quale porta?-
-Scegli due alberi!-
-Alberi?-
Il capitano si sforzò di avere pazienza.
-Puoi chiamarli pali se ti fa sentire meglio!-
-Non mi fa sentire meglio!-
Julian dissimulò molto male il divertimento di quei
battibecchi e infatti Benji se ne accorse.
-Cazzo ridi, Ross?- fissò Holly -Se avessi saputo prima cosa
mi aspettava, sarei rimasto a casa! Siamo nel nulla! Neppure un campo
da calcio! Un ritiro senza campo da calcio, ma vi rendete conto! No che
non vi rendete conto, altrimenti ce ne saremmo già andati!-
capì che c’era poco da fare, così si
allontanò furente in cerca degli alberi adatti.
Philip si sentì di nuovo preso in causa.
-Cos’hai che non ti va bene stavolta? Stai facendo un casino
per due tronchi! Ce ne sono a bizzeffe!-
-Hai pure in coraggio di chiederlo? Di cose che non vanno bene ne ho
una lista!-
Con un balzo Holly fu accanto a Philip.
-Giuro che se gli rispondi ti do un pugno.- lo minacciò
esasperato e quello si guardò bene dall’aprire
bocca.
Le ragazze seguirono Benji armate di spago e forbici e dopo che lui
ebbe indicato gli alberi che gli sembravano più adatti per
posizione e distanza l’uno dall’altro, lega qui,
taglia lì, cercarono di tendere il lenzuolo. Il portiere
rimase a guardarle frustrato, le braccia conserte, i piedi sprofondati
nella neve che gli superava le caviglie. Il lenzuolo si incurvava al
centro verso terra e non era abbastanza alto.
-Ti assicuro Holly che sarebbe molto meglio senza.-
-Sii ragionevole, Benji.- tentò Patty paziente -Almeno non
dovrete andare a recuperare il pallone chissà
dove… In fondo è quella la funzione primaria
della rete nella porta, no?-
-Serve per essere sicuri che la palla sia entrata.-
Patty alzò le spalle, poi tornò ad annodare lo
spago.
-Nel rugby non le usano ma il punteggio viene tenuto lo stesso.-
tagliò il filo e cercò Benji -Va bene?-
Il ragazzo scosse la testa e Philip sospirò infastidito.
Figurarsi che gli sarebbe andato bene.
-È troppo bassa.-
-Più in alto di così non ci arriviamo.- Jenny si
girò -Mark, puoi legarla tu?-
-Perché proprio io?-
-Perché sei il più alto.-
-Il più alto è Price.-
Holly, che non vedeva l’ora di cominciare, o almeno finire di
sentirli lamentarsi e rimbeccarsi, gli si avvicinò e gli
mollò uno spintone.
-Smetti di far storie e vai ad aiutarle.-
-Tu guarda cosa mi tocca fare per Price!-
-Per me? Non ti ho chiesto niente e non lo farei mai! Mi taglierei la
lingua prima di chiederti un favore! E soprattutto non ho chiesto
questa roba!- indicò il lenzuolo con un gesto disgustato.
Quando la porta fu sistemata un po’ più in alto,
Amy tentò inutilmente di strappare al portiere un sorriso, o
almeno un cenno d’approvazione.
-Ti piace così o ce lo facciamo davvero il cerchio rosso?-
-Lo volete un consiglio?- replicò lui stizzito -Lasciate
perdere il bricolage! Il pupazzo era orrendo ma questa roba fa
veramente schifo!-
Risero tutti tranne Holly.
-Possiamo cominciare, Benji?- il portiere accennò un
sì poco convinto -Allora vai in porta.-
-Guai a te se la chiami porta!-
-Cazzo, Benji! Piantala!-
Per la prima volta da quando erano arrivati, Holly si
rammaricò che il portiere non avesse preso armi e bagagli e
non fosse sparito come aveva minacciato più volte di fare.
Erano ancora all’inizio di quel soggiorno e già ne
era stufo. Cercò la comprensione della fidanzata e si
accorse che Patty lo guardava allarmata. Solo in quel momento si rese
conto di aver urlato. Respirò a fondo e si impose di
calmarsi, cercando nello stesso tempo di convincersi che era molto
meglio che Benji fosse rimasto. Probabilmente era preferibile
sopportare la sua ostinazione che la lavata di capo di Gamo. Forse.
Patty tentò un timido sorriso d’incoraggiamento e
lui si sforzò di ricambiarlo. Poi tornò a
osservare Benji e infine i compagni che aspettavano in silenzio.
-Cominciamo.-
Non ci riuscirono. Nonno Ernest sbucò nella radura e si
diresse a passo svelto verso la nipote, veloce quanto gli consentiva la
neve alta e l’età avanzata.
-Finalmente vi ho trovati! Jenny, tesoro, abbiamo un problema.-
Lei gli corse incontro.
-Il furgoncino delle provviste oggi non arriverà. Il peso
della neve ha sradicato un albero che è caduto proprio sulla
strada.-
La ragazza impallidì, afferrò il nonno per la
giacca a vento e lo allontanò dai compagni, sperando che non
avessero udito neppure una parola.
-Quindi?- sussurrò con un filo di voce.
-Quindi siamo a corto di provviste.-
-Cos’è rimasto?- gli si aggrappò alla
manica e lo supplicò -Ti prego, dillo a bassa
voce…-
-Un po’ di riso e della verdura. Un cavolo, qualche patata.-
Jenny capì che era la fine. Che stavolta Benji sarebbe
partito sul serio e forse con lui anche qualcun altro. Sentì
gli occhi inumidirsi ma non permise alle lacrime di formarsi. Si volse
indietro, gli sguardi dei compagni erano tutti su di lei. Nonostante i
disperati tentativi di tenere nascosta quella devastante notizia, il
silenzio del bosco era troppo profondo per evitare che cogliessero
qualche frase o il senso generale della conversazione. Jenny spinse
disperatamente il nonno ancora più lontano.
-Per stasera dovremo arrangiarci.- continuò lui.
Corrugò la fronte grinzosa e sospirò -Torno da
tua nonna o mi darà per disperso. Ho impiegato un bel
po’ a trovarvi, c’è davvero bisogno di
venire fin quassù?-
-Sì, è il posto ideale… Ci vediamo
dopo.-
Il nonno fece giusto in tempo a sparire nel bosco prima che lo sgomento
dei compagni trovasse voce.
-Philip!- l’urlo disumano di Bruce la fece sobbalzare -Che
significa che non c’è più cibo?-
-Ma che ne so?-
Jenny li raggiunse.
-La strada è bloccata da un albero caduto e le provviste non
sono arrivate. Non potremo seguire la dieta del mister ma qualcosa da
mangiare ci sarà di sicuro.-
Benji fulminò Philip con un’occhiata di fuoco.
-Ecco un’altra cosa da aggiungere alla lista.-
-Moriremo di fame…- si lamentò Bruce -Altro che
dieta di Gamo.-
Holly cercò di non perdersi d’animo.
-Cosa avremmo dovuto mangiare per cena?-
-Pesce.- rispose Amy.
-Forse ho un’idea.-
-Ross che significa “forse”? Ce l’hai o
no?-
-Ce l’ho. Ma non so se possiamo metterla in pratica. Jenny,
ti risulta che ci siano dei pesci nel lago ghiacciato?-
-Sì. Sicuramente delle trote.-
Julian annuì.
-La mia idea è quella di fare un buco nel ghiaccio e
prenderne qualcuna per cena.-
-Non so se si può.- esitò lei. Di chi erano i
pesci del laghetto? Del Comune di Shintoku? Di qualche privato? E se li
avessero beccati e multati? Che figura avrebbero fatto?
Mark interruppe i suoi pensieri, esternando il massimo scetticismo.
-Con questo freddo saranno schiattati.-
-O ghiacciati. Come il pesce congelato!- rise Evelyn.
-Dovremmo fare come gli eschimesi? Il buco nel ghiaccio?-
Julian annuì.
-Sei stato anche a Eschimo, Tom?- chiese Bruce curioso.
-“Eschimo”?- Philip lo guardò sgomento
-Cos’è “Eschimo”?-
-Come sei ignorante!- replicò lui ficcandosi le mani nelle
tasche -È la patria degli eschimesi.-
-Ignorante io?! Gli eschimesi abitano in Alaska! Non esiste nessun
paese che si chiama Eschimo!-
-E allora perché si chiamano eschimesi?- il ragazzo non era
del tutto convinto -Avrebbero dovuto chiamarli alaskiani.-
-Dissertare sull’etimologia di una parola non ci
riempirà la pancia.- fece presente Holly.
Mark fu d’accordo e riportò la conversazione sul
pratico.
-Dimmi un po’ Julian, hai idea di come bucare il ghiaccio?
Non sembra un’impresa proprio semplice.-
-No.-
-Allora siamo a posto. Niente buco, niente pesce, niente cena!-
-Ti pare che non troviamo il modo di fare un buchetto in un pezzo di
ghiaccio?!- minimizzò Philip. A lui l’idea di
Julian piaceva parecchio e comunque era disposto a fare qualsiasi cosa
pur di risolvere il problema.
Persino Holly annuì, perché la cena aveva la
priorità su tutto il resto. Figuriamoci, cominciava
già ad aver fame!
-Non abbiamo nulla da perdere, a parte il tempo che avremmo dovuto
dedicare ad allenarci.-
-Non avrei mai immaginato che per seguire la dieta di Gamo saremmo
giunti a tanto.- concluse Bruce facendoli ridere.
Tornarono al ryokan e Jenny li precedette fino al capanno degli
attrezzi del nonno, dove si servirono di tutto ciò che
secondo loro avrebbe potuto essere utile. Poi s’incamminarono
nel bosco e nessuno si accorse che Benji rimase indietro.
Seguirono la sponda del torrente fino al lago, i piedi nella neve ormai
calpestata di quel percorso conosciuto. Qualche nuvola striava il cielo
con una pennellata di bianco impalpabile e sottile, che sotto la
trasparenza lasciava intravedere di nuovo l’azzurro.
Più avanzavano e più il freddo si faceva meno
intenso. Il movimento scaldava nonostante il ghiaccio che ricopriva
ogni cosa, decorando il bosco di pendagli lunghi e trasparenti come
gocce di cristallo, le rocce e i legni spezzati che giacevano a terra.
Nonostante la neve che ammantava gli alberi, il terreno e il ghiaccio
che ricopriva tutto. Jenny li guidò lungo la riva sconnessa
tra i rami gelati degli arbusti, restando discosta dall’acqua
ma seguendone il corso con lo sguardo attento, tante volte le capitasse
di notare trote in letargo, evitando loro l’incombenza di far
buchi qua e là sulla più ampia, e sicuramente
spessa, superficie gelata del lago. Ma da quelle parti di pesci non ne
trovarono, così la giovane smise di cercarli e
accelerò il passo.
Scelsero con accuratezza un’ansa del lago stretta tra due
lingue di terra, dove operare senza essere visti da nessuno. Posarono a
riva gli oggetti più disparati di cui si erano ingenuamente
equipaggiati e si avventurarono sul ghiaccio, bianco e spesso nei
pressi della riva, più sottile e dell’azzurro del
cielo verso il centro del lago.
-E adesso?- domandò Evelyn.
-Adesso proviamo.-
Mark serrò le dita sul manico della pala di metallo che si
era intestardito a portare con sé per quasi tre chilometri
di sentiero sconnesso e la calò giù, caricando il
movimento con tutta la forza delle braccia. Fu come se avesse tentato
di conficcarla in una lastra d’acciaio. La violenza
dell’urto gli si ripercosse addosso, lasciandolo a vibrare
come il batacchio di una campana. Gli servì qualche istante
per riprendersi e quando abbassò gli occhi sulla superficie
di ghiaccio, notò con disappunto solo una lieve scalfittura.
Philip lo guardò.
-Pensavi di essere re Artù?-
-‘Fanculo Callaghan. Provaci tu.-
Tom si allontanò per nascondere una risata. Si
accostò a Bruce inginocchiato a terra nei pressi della riva.
Trafficava con dei legnetti e sembrava intenzionato a utilizzare a
tutti i costi i fiammiferi che aveva insistito per portare,
indipendentemente dalla loro effettiva utilità.
-Cos’è?- domandò a un certo punto
Philip annusando l’aria -Un incendio?-
Appoggiato alla pala che aveva rinunciato a utilizzare, Mark scosse la
testa scettico.
-È quel demente di Harper che sta dando fuoco alla neve.-
Philip raggiunse Bruce.
-Che stai facendo?-
-Sciolgo il ghiaccio.- soffiò sul fuocherello, inalando allo
stesso tempo una ventata di fumo che lo soffocò.
Tossì e le lacrime gli inondarono le guance.
-Impiegherai una vita.-
Bruce contemplò il proprio operato e gli diede enormemente
fastidio rendersi conto che Philip aveva ragione. Gli si rivolse
stizzito.
-Allora perché non mi dici tu come si fa?-
-Perché non lo so.-
La cena era una decina di centimetri sotto di loro, attraverso la
trasparenza del ghiaccio la vedevano addirittura guizzare con riflessi
d’argento. Belle trote grosse e carnose che non erano in
grado di raggiungere.
Holly si passava da una mano all’altra una sega che non era
in grado di adoperare perché senza il famoso buco, era
impossibile infilarla nel ghiaccio e provare a tagliarlo. Julian gli si
accostò perplesso. Se non riuscivano a perforare il
ghiaccio, la sua idea poteva andare a farsi benedire. Guardò
gli amici e si chiese cosa sarebbe successo se avessero unito le due
tecniche. Avrebbe funzionato? Tanto valeva provare. Tolse la pala dalle
mani di Mark e si avvicinò a Bruce.
-Cerca di non far spegnere il fuoco.-
-Ti sembra facile?-
-Non ho detto che è facile, ho detto che devi tenerlo
acceso.-
Amy si allontanò e tornò con altri pezzetti di
legno, perlopiù ghiacciati. Julian tenne la punta di metallo
della pala sulla fiamma e aspettò. Poi, quando gli
sembrò di averla scaldata a sufficienza,
l’appoggiò sulla superficie del laghetto. Il
ghiaccio si sciolse formando una fenditura di una decina di centimetri.
-Perfetto, ora lo allargo con la sega!- annunciò Holly
baldanzoso.
-Ancora non c’entra.-
-Ci provo lo stesso.-
-Fa’ come ti pare.- Julian si tirò da parte.
Con un bel po’ di contorsionismo e parecchia testarda
insistenza, i denti della sega riuscirono a conficcarsi nel ghiaccio.
Lo stridio che provocò fece accapponare la pelle a tutti.
-È terribile!- protestò Bruce.
-Così non va.- sopportando stoicamente il cigolio, Amy si
inginocchiò accanto al fuocherello che stentava a restare
acceso -Il ghiaccio che si scioglie spegne il fuoco…- si
guardò intorno in cerca di una soluzione e vide Benji
sbucare dagli alberi intorno alla riva.
Il ragazzo avanzava sulla superficie gelata del lago con il suo solito
incedere arrogante. In mano teneva una busta di plastica bianca
dall’aria pesante che gli sfiorava un polpaccio a ogni passo.
Li guardò con sufficienza, perché si rese conto
all’istante che in tutto quel tempo non erano riusciti a
concludere niente. Quegli incapaci.
Ignorando ostentatamente gli sguardi curiosi e nervosi che gli
piombavano addosso man mano che i compagni si accorgevano di lui,
scelse un posto a caso sulla superficie del lago, non troppo distante
da loro né troppo vicino, e posò la busta a
terra. La prima cosa che tirò fuori fu uno sgabello
pieghevole su cui si sedette per stare più comodo.
Dopodiché, dando loro le spalle per circondarsi di
un’aura di mistero, cominciò a trafficare con gli
attrezzi che aveva portato con sé.
Mark sbuffò di disappunto, la curiosità prese a
roderlo. Possibile che quel bastardo avesse già trovato la
soluzione che loro stavano cercando con tanta fatica e da parecchi
inutili minuti? Meritava di essere ignorato, quel presuntuoso, di
essere lasciato solo con la sua tracotanza. Fulminò Patty
con un’occhiataccia quando la vide orbitargli intorno
curiosa. Jenny arrivò subito dopo e lo lodò,
l’astuta ragazza.
-Geniale!-
Patty annuì.
-Non ci avevamo pensato.-
Bruce lasciò perdere il fuoco e tutto
l’armamentario di cui si era circondato e le raggiunse. Poi
accorsero anche Philip, Tom e Amy. Per ultimo Julian, che avrebbe
voluto che i loro metodi funzionassero meglio di quelli di Price, anche
se non aveva la più pallida idea né di come fare
affinché ciò avvenisse né di cosa il
portiere stesse combinando.
Holly e Mark si scambiarono uno sguardo, erano gli unici a essere
rimasti lontani, perché dare soddisfazione a Benji era
l’ultima cosa che desideravano.
-Quanto lo detesto! S’è portato pure la sedia! Non
vai a vedere anche tu, Hutton?-
-No.-
Holly sospirò di solidarietà ma alla fine
capitolò, trascinando Landers con sé.
Benji aveva trovato la soluzione più semplice e meno
faticosa, forando il ghiaccio con un trapano a batteria armato della
punta più spessa e più lunga che era riuscito a
trovare tra quelle in dotazione. Certo non avrebbe ammesso neanche
morto che non avendo mai tenuto uno di quegli aggeggi in mano, la punta
se l’era fatta avvitare dal nonno. Ma comunque il suo metodo
stava funzionando alla grande. Spingendo verso il basso con una
discreta forza, il trapano impiegò pochi istanti a
raggiungere l’acqua.
-E adesso?-
-Guarda e impara, Callaghan.- sorrise Benji arrogante.
Quegli idioti… erano veramente idioti! Avventurarsi sul
ghiaccio equipaggiati degli attrezzi più disparati senza la
minima idea di come perforare la superficie del lago. A che serviva la
tecnologia? Tre minuti su internet con il cellulare di Harper e aveva
trovato la soluzione, curandosi poi di cancellare la cronologia di
navigazione per non lasciare tracce. Con il loro fuoco, le loro pale e
le loro idee cretine… Rise tra sé e sé
sfilando il trapano dal ghiaccio. Fece altri sette fori, tracciando una
circonferenza. Poi colpì il cerchio con un martello e il
ghiaccio si spezzò. Infilò la punta del trapano
nel buco centrale e tirò fuori un cilindro spesso una
quindicina di centimetri. Al di sotto c’era
l’acqua, e le trote.
-Merda, c’è riuscito davvero e senza
fatica…- borbottò Mark, incredulo e scontento.
Holly annuì.
Nel giro di un quarto d’ora sulla superficie del lago erano
comparsi buchi a sufficienza. I ragazzi si radunarono sulla
riva vicino all’attrezzatura da pesca e si divisero le canne.
Benji si tenne discosto. Fatta la sua parte, ora si godeva lo
spettacolo seduto sullo sgabello. Holly lo raggiunse con una delle
canne, tendendola poi eloquentemente verso di lui. Il portiere scosse
la testa.
-Ho già fatto la mia parte, grazie.-
Aveva ragione, maledizione. Ma Holly non sopportava di vederlo
lì con le mani in mano e quel sorrisetto arrogante stampato
sulla faccia dal momento in cui li aveva raggiunti. Cercò di
scalfire il suo orgoglio.
-Non sai pescare?-
-È importante?-
-Fondamentale per la nostra cena.- gli appioppò la canna e
lo minacciò -Se non peschi non mangi.-
Price si alzò e raggiunse svogliato uno dei fori,
trascinando con sé lo sgabello e la lenza che strusciava sul
ghiaccio. Si sedette borbottando qualche insulto, poi mentre calava
l’amo si bloccò.
-E le esche?-
-Esche!- gli fece eco Philip -Ecco cosa mancava!-
Jenny saltò su come un grillo.
-Ci sono! Tranquilli, le ho portate!- si allontanò verso la
riva e frugò tra gli attrezzi accatastati tra la neve. Poi
tornò trionfante, esibendo una scatola di metallo verde
bottiglia -Eccola!-
-Cos’è?-
-La cassetta della pesca del nonno. Ci saranno sicuramente delle esche
artificiali… be’, lo spero.-
Calata la lenza si misero ad aspettare pazienti che i pesci
abboccassero.
Ma la pazienza non era una dote di Bruce.
-Diamine! Questo che è passato era veramente grande!-
-Non urlare deficiente, o li farai scappare tutti!-
In effetti, non era neppure una dote di Mark.
-Eccolo! È di nuovo lui! Ha abboccato, ha abboccato! Adesso
lo tiro su!-
Benji si agitò sullo sgabello, risultandogli inaccettabile
che Harper prendesse un pesce prima di lui. Se si fosse trattato di
Ross, di Becker, di Callaghan, insomma di tutti gli altri, se ne
sarebbe fatto una ragione. Ma non quel maldestro e imbranato di Bruce!
Il ragazzo girava intorno al suo buco, sollevando e abbassando la
canna, con la lenza tirata da lui e agitata dai guizzi del pesce, che
sembrava aver abboccato davvero. Ma Bruce si stava dimostrando
totalmente incapace di far emergere la cena dall’acqua. Tom
corse in suo aiuto.
-Piano Bruce, o lo farai scappare!-
-Guarda, Tom! Guarda quant’è grosso! È
fantastico!- strattonò forte e l’amo
tornò su di colpo, senza pesce né esca.
Benji scoppiò a ridere di sollievo.
-Un rarissimo esemplare di pesce-fantasma!-
-Sei riuscito a farti mangiare persino l’esca finta.-
Bruce lanciò un’occhiata di fuoco rispettivamente
a Benji e a Philip.
-Che sfortuna, l’avevo preso!-
L’insuccesso non abbatté il suo entusiasmo. Senza
darsi per vinto, tornò a sedersi sul secchio di metallo
capovolto che gli faceva da sedile. Non era il massimo della
comodità ma meglio di niente, almeno finché i
pesci non abboccavano. Poi lo avrebbe usato per infilarceli dentro.
Benji sbadigliò annoiato e scandagliò i compagni
con lo sguardo, esaminando le loro espressioni per ammazzare il tempo.
Poi pensò che se Freddie lo avesse visto appollaiato su
quello sgabellino risicato, la canna in mano in un deserto di ghiaccio
a tentare di pescare qualche improbabile pesce commestibile per
procurarsi la cena come nel paleolitico, avrebbe riso per ore, si
sarebbe sbellicato per giorni. Lo avrebbe raccontato ai suoi nipoti, ai
nipoti dei suoi nipoti, ai pronipoti dei suoi pronipoti e
così via per l’eternità
perché un Benji Price impegnato in
un’attività così primitiva sarebbe
rimasto nella memoria della sua famiglia nei secoli dei secoli.
Agitò qua e là la canna tanto per fare qualcosa,
in fondo non era fondamentale riuscire davvero a tirar su una trota.
L’importante era mantenere quella posizione, tutto sommato
comoda, per far credere agli altri che, come loro, stesse dando il suo
apporto alla cena. Contrariamente a ciò che Holly supponeva,
non sarebbe mai rimasto a bocca asciutta. La minaccia di andarsene
poteva essere reiterata all’infinito e gli avrebbe consentito
di spuntarla sempre, fino all’ultima ora
dell’ultimo giorno di quel ridicolo ritiro. Jenny non
l’avrebbe mai lasciato senza cena, a costo di servirgli la
porzione di Philip e lasciare il fidanzato a digiuno.
Abbassò gli occhi sul ghiaccio e sulle onde concentriche che
si allargavano intorno alla lenza, increspando i pochi centimetri
d’acqua portati alla luce dal progresso tecnologico della
connessione internet e di un cellulare. Aveva capito fin da subito che
quel ritiro non sarebbe stato uno dei migliori, eppure si stava
rivelando addirittura peggiore delle sue peggiori previsioni. Si tolse
il cappellino, si passò una mano tra i capelli e se lo
ricalcò in testa pensieroso.
Julian lo riportò bruscamente alla realtà.
-Se non lo tiri su, il pesce riuscirà a scappare.-
Sollevare la lenza fu uno scatto automatico del braccio con la semplice
torsione del polso. Uno splendido esemplare di trota atterrò
sul ghiaccio quasi come per magia. Benji non aveva mai pescato in vita
sua e non aveva idea di come fosse riuscito persino a staccare il pesce
dall’amo, ma i compagni lo guardavano increduli e con un
misto di mal celata ammirazione che lo portò istintivamente
ad assumere l’atteggiamento di un esperto navigato. Mentre la
trota si dimenava sulla superficie del lago, in cerca di una via di
scampo che il portiere non era disposto a concederle, la sua voce si
riempì di completo trionfo.
-Ecco la mia cena, Holly. Sei contento?-
Patty accorse con il secchio sottratto alle natiche di Bruce e ora
ricolmo d’acqua, recuperò il pesce che continuava
a saltellare sul ghiaccio e lo gettò nel contenitore, dove
rimase a nuotare vivo, vegeto e ancora in gran forma. Amy si
avvicinò impressionata, poi si rivolse a Jenny.
-C’è altro da mangiare, al ryokan?-
Dopo il portiere toccò a Julian pescare la trota numero due,
anche se quella di Benji era più grande. Jenny, che
girovagava tra i ragazzi senza null’altro da fare se non
incoraggiarli, passando accanto a Mark lo udì sbuffare.
-A parte quelli lì, gli altri pesci sono tutti emigrati in
acque più calde.-
-È molto probabile.- volle accontentarlo lei.
-Sei un incapace, ecco la verità.- il portiere
tirò su il suo secondo pesce e, senza l’aiuto di
nessuno, staccò l’amo, recuperò
l’esca e lo depositò nel secchio dove le trote,
ormai, cominciavano a star strette.
Impietosita Amy riempì il recipiente fino
all’orlo. Ma una trota intraprendente e con tanta voglia di
tornare a casa guizzò fuori e le atterrò tra i
piedi, facendola sobbalzare di paura.
Benji la rimproverò.
-Stai cercando di boicottare il mio lavoro?-
La ragazza dapprima ammutolì, poi scoppiò a
ridere agli inutili tentativi del portiere di recuperare il pesce che
guizzava ovunque, soprattutto lontano dalle mani che erano
lì lì per recuperarlo.
-Valeva la pena venire a Shintoku solo per assistere a uno spettacolo
simile!- rise Mark.
Benji lo udì e si pietrificò
all’istante, più immobile di un menhir di
Stonehenge.
-Harper, se riesci a prenderlo te lo regalo!-
Bruce abbandonò la canna a terra, balzò in piedi
e corse dietro al pesce percorrendo su e giù
l’insenatura ghiacciata in una pantomima che fece piegare i
ragazzi dalle risate.
Il portiere tornò a sedersi al suo posto e calò
la lenza. Tre secondi e un’altra trota abboccò.
Mark non credette ai propri occhi. Cosa aveva attaccato Price a quel
maledetto amo? Perché i pesci andavano tutti da lui?
-Quanto non lo sopporto…-
Jenny gli sorrise comprensiva.
-Vedrai che prenderai qualcosa anche tu. È solo questione di
tempo e pazienza.-
Le sue previsioni si rivelarono azzeccate, anche se Mark
impiegò quasi due ore a tirare su il suo primo pesce. Benji
era a quota sei, Julian ne aveva presi quattro come Tom, Holly tre e
Philip, che preferiva intrattenersi Jenny, soltanto uno. Bruce solo
quello di Benji.
A un certo punto Philip alzò gli occhi e osservò
il cielo. Poi riavvolse la lenza e prese a riordinare
l’attrezzatura. Il sole aveva ormai raggiunto le montagne a
occidente, si sarebbe presto nascosto dietro le cime
più alte e avrebbe fatto buio molto in fretta.
-È tardi, dobbiamo muoverci. La notte in montagna arriva
subito.-
Philip fece bene a spingere i compagni sulla via del ritorno. Quando
giunsero al ryokan, gli alberi creavano intorno a loro fitte zone
d’ombra. Solo il candore della neve risplendeva del tenue
bagliore del crepuscolo. Le luci dell’edificio erano accese e
lo illuminavano come una di quelle decorazioni natalizie rischiarate al
loro interno dalla fiammella di una candela.
Il secchio con i pesci finì dritto in cucina, mentre Jenny
scandagliava la zona privata del piano terra in cerca dei nonni.
Raggiunse i compagni in stanza poco dopo, con un’espressione
afflitta e scontenta, perché stava per offrirsi di fare
qualcosa che assolutamente non le andava dopo quella lunga scarpinata
nella neve.
-Credo sia meglio che io vada in paese a comprare qualcosa.-
-Adesso?-
La ragazza guardò Philip e annuì.
-Non ci vorrà più di un’ora,
farò in fretta.-
-Allora vengo anch’io.-
-No, non insieme!- obiettò Mark all’istante
-Impieghereste una vita a tornare. Alla faccia della nostra cena!-
-Vuoi andare tu con Jenny?- lo provocò Benji con malcelato
spasso, notando nel contempo lo sgomento che riempì lo
sguardo di Philip.
Come se la domanda del portiere non fosse già sufficiente a
far arrossire Jenny di imbarazzo, ci si aggiunse anche lo sguardo del
fidanzato, che la vide diventare letteralmente paonazza, mandandolo in
totale confusione. Ma Mark, che stavolta non intendeva lasciare a Benji
l’ultima parola, replicò sprezzante.
-Sì, e sai perché? Perché sono molto
più capace della maggior parte di voi a occuparmi degli
acquisti per la cena. Ma non andrò. Philip ci ha portati qui
ed è giusto che vada lui, anche se assolutamente non con
Jenny.-
-Da solo?! Piuttosto digiuno!-
-Non ci provare, Callaghan!- si intromise anche Bruce -Se rischiamo di
morire di fame la colpa è solo tua!-
-Visto cosa sei stato in grado di ingurgitare da quando siamo qui non
moriresti di fame neppure con un mese di digiuno!-
Mark li ignorò entrambi, molto più interessato a
trovare una soluzione che non lo coinvolgesse direttamente.
-Chi va con Callaghan?-
Il giovane chiamato in causa lo fissò seccato.
-Se permetti decido io! Vado con Jenny oppure va qualcun altro.-
-Smettila di far storie, Philip!- lo zittì Holly con
un’occhiata torva -Tiriamo a sorte.-
Il portiere ebbe un’idea migliore.
-Giochiamoci la scarpinata a carte.- prese il mazzo abbandonato sul
tavolo dalla sera prima -E vediamo chi saranno i fortunati tra noi
sei.-
-Sfortunati direi, piuttosto.- Julian lanciò
un’occhiata rassegnata alla finestra e
all’oscurità della notte.
-Perché sei?- domandò Bruce.
-Perché Philip si è già offerto,
naturalmente.-
-E le ragazze non sono tra i candidati.- terminò Julian. Mai
avrebbe lasciato andare Amy in paese così tardi e, con buone
probabilità, senza di lui.
Erano usciti mezz’ora dopo. Le carte avevano dato il loro
inesorabile verdetto, il tempo di indossare le giacche a vento ed erano
fuori. Bruce seguiva contrariato Holly e Philip prendendo a calci la
neve. Essere in strada a quell’ora e con quel freddo non gli
andava proprio giù.
-Davvero una bella fortuna.-
-Per te sicuramente sì. Un po’ di allenamento
extra non ti farà male.- Callaghan lanciò
un’occhiata al capitano che annuì
d’accordo.
-Mark e Benji hanno barato.- seguitò Bruce infilando le mani
ghiacciate nelle tasche, poiché in quel clima siberiano i
guanti non erano di nessun conforto.
-Non sai perdere.- tagliò corto Philip.
-Bruce ha ragione. Li ho visti anch’io.-
-Allora perché non hai detto niente?-
-Perché qualcuno sarebbe dovuto andare comunque.-
-Avresti potuto offrirti. Avremmo fatto prima.-
Un fiocco di neve fluttuò nell’aria e si
posò leggero sul naso di Bruce. Il ragazzo
starnutì.
-Maledizione! Comincia pure a nevicare!-
Holly gli lanciò un’occhiata eloquente, poi
allungò il passo.
-Cerchiamo di fare in fretta.-
-Piano, eh? Non c’è bisogno di correre!-
Philip raggiunse il capitano lasciandolo indietro.
-Si lamenta sempre? Non c’è modo di farlo stare
zitto?-
-Non se non hai niente da fargli mangiare. In questa desolazione
è di compagnia.-
Sul fatto che le lagne di Bruce fossero di compagnia Philip aveva seri
dubbi, ma che a circondarli non ci fosse nulla aveva perfettamente
ragione e tutto questo nulla non era per niente rassicurante. La
carreggiata ricoperta di ghiaccio e neve era illuminata dalle torce che
ondeggiavano nelle loro mani. Al di fuori dei fasci di luce, regnava
l’oscurità. Gli alberi del bosco ai lati della
strada si perdevano nel buio più fitto della montagna
delimitando intorno a loro un paesaggio decisamente solitario e pure un
po’ inquietante.
-Ho freddo, ho fame e sono stanco.- riprese Bruce, rimettendo poi in
ordine le sue priorità -Anzi no. Ho fame, sono stanco e ho
freddo.-
Philip lo ascoltò sempre più spazientito. Anche
lui aveva freddo, aveva fame ed era stanco ma se lo teneva dentro senza
scocciare nessuno. Anzi, a dirla tutta, avrebbe preferito non
soffermarsi troppo a riflettere sul disagio di quella passeggiata fuori
programma. Desiderava soltanto arrivare presto a Shintoku, fare la
spesa e tornare subito al ryokan, dove si stava caldi e soprattutto
dove lo aspettava Jenny. Ma come evitare di pensare di essere
lì invece che con la fidanzata se Bruce glielo ricordava a
ogni passo? Come poteva?
-Stai un po’ zitto!- lo apostrofò stufo. Avevano
superato da poco l’albero caduto che aveva impedito alle
provviste di raggiungere il ryokan, e presto avrebbero finalmente
scorto le prime case. Philip arrivò al culmine
dell’esasperazione quando dietro di lui Bruce
intonò una canzonetta con la melodia di una famosa hit del
momento.
♪Che freddo che fa, che freddo che fa…♪
Holly sorrise.
-Non farci caso, Philip.-
-Come fai a dire che è di compagnia? Altro che compagnia!
È un tormento!-
-Hai una caramella o una gomma da dargli?-
-No!-
Holly fece spallucce. Era troppo abituato al carattere di Bruce per
poter essere solidale con Philip che, tra l’altro, gli
sembrava nervosetto a prescindere dalla performance canora del
compagno.
♪Che fame che ho, che fame che ho!♪
-Sei già stato qui?- cercò di distoglierlo dalle
stonature dell’amico.
-Qui dove? In mezzo alla strada?- l’aggredì
l’altro.
♪Che freddo che fa, che freddo che fa…♪
-A Shintoku, al ryokan.-
-Sì, ci sono stato.-
-È un bel posto, anche se non c’è
niente.-
Philip lo guardò ostile, certo che si riferisse
all’assenza dell’impianto sportivo che ormai i
compagni gli rinfacciavano da due giorni.
-C’è Patty, non ti basta?-
-Certo che mi basta.-
♪Che fame che ho, che fame che ho!♪
Philip serrò i pugni.
-Fermami Holly, altrimenti lo disintegro.-
Ma l’amico non ne ebbe il tempo, perché camminava
qualche passo più avanti, illuminando con la torcia la via.
Quando si volse, Philip era già fermo sul percorso di Bruce
e non riuscì a evitare in nessun modo di urtarlo. Il
ghiaccio fece il resto.
Messo un piede in fallo, Harper slittò in avanti e
finì preciso addosso a Philip. Rotolarono tra la neve, Holly
si sforzò di trattenere una risata e ringraziò il
buio che celò il suo divertimento.
-Cos’accidenti hai bevuto prima di uscire?! Sei ubriaco?
Togliti, imbecille!- disteso a terra, Philip cercò di
scrollarsi di dosso l’ingombrante compagno, spintonandolo
via. E mentre la neve penetrava nel colletto della giacca insinuandosi
tra le pieghe della sciarpa, si chiese se l’incidente non
fosse la vendetta trasversale di Evelyn per averla travolta giusto
quella mattina.
-Scusa, Philip…- Bruce tentò di scostarsi.
Scivolò sul ghiaccio, perse l’appiglio e gli
conficcò un gomito nello stomaco.
-Harper! Togliti immediatamente!-
Bruce ubbidì e si trascinò di fianco, a distanza
di sicurezza.
-Non arrabbiarti Philip, mica l’ho fatto apposta.- si
alzò e si ripulì dalla neve.
-Fortuna per te!- l’altro si aggrappò alla mano
che il capitano gli porgeva. Una volta in piedi si massaggiò
dolorante il torace.
-Su, smettetela di giocare.- li prese in giro Holly -Ormai siamo
arrivati.-
Giù in fondo dopo la curva, si intravedevano le
luci delle prime case spuntare tra gli alberi carichi di neve. E poi,
più avanti, cominciavano i lampioni. Al primo incrocio
ricomparvero macchine e persone.
-Finalmente!- sospirò Bruce -Fa proprio freddo, vero?-
-Intendi ricominciare la lagna?-
-Philip, la tua mancanza di pazienza è altrettanto
fastidiosa.-
Holly finse di non averli uditi.
-Adesso che siamo qui, chi ricorda dov’è il
negozio di alimentari più vicino? Jenny ti ha spiegato dove
andare?-
Philip trasalì.
-Non gliel’ho chiesto.-
-Ovvio!- s’intromise Bruce -Erano troppo occupati a
sbaciucchiarsi!-
-Guardone del cavolo! Come ti sei permesso di sbirciare?-
-Eravate sul corridoio! Se non vuoi essere visto, la prossima volta
nasconditi meglio!- lasciò perdere Philip e si
rivolse a Holly -E adesso?-
Callaghan lo spintonò, neppure troppo gentilmente.
-Adesso cammina, qualcosa troveremo.-
Il capitano esitò disorientato.
-Forse è meglio chiedere.-
-A chi?-
-A lei, per esempio.-
Celata dall’oscurità della notte e a tratti
illuminata dal cono di luce dei lampioni, un’ombra procedeva
sul marciapiede diretta esattamente verso di loro. Quando giunse sotto
la luce più vicina, si fermò e li
osservò incuriosita. Si trattava di una ragazza, infagottata
in una giacca a vento rosso scuro sopra un paio di jeans blu. Un
cappellino di lana bianca con un pompon in cima alla testa le teneva al
caldo le orecchie, e una sciarpa dello stesso colore le avvolgeva il
collo.
-Ciao.- salutò Bruce -Fredda serata.-
Lei ricambiò con un sorriso, serrando la presa su una
scatola che si stringeva al petto.
-Più o meno come al solito. Cosa ci fate da queste parti?
Siete un po’ lontani dal ryokan. Avete bisogno di aiuto?-
Bruce spalancò la bocca.
-Come accidenti fai a sapere che…- si interruppe
all’improvviso e indietreggiò, quasi intimorito
-Non sarai mica la donna delle nevi?!-
Philip sprofondò il viso in una mano, pieno di vergogna.
-Non ancora, ma potrei diventarlo un giorno.-
-Allora come hai fatto a capire che veniamo dal ryokan?- Bruce la
scrutò sospettoso.
-Non siete di Shintoku perché non vi conosco quindi dovete
essere per forza dei turisti. E dei turisti in giro a
quest’ora hanno sicuramente bisogno di aiuto.-
Quel ragionamento sembrò tranquillizzarlo.
Annullò di colpo la distanza di sicurezza mantenuta finora
da quella che avrebbe potuto essere un’apparizione spiritica,
le si accostò e la guardò meglio, notando il viso
un po’ tondo, il naso piccolo e leggermente
all’insù arrossato dal gelo, gli occhi grandi e la
frangetta schiacciata sulla fronte dal cappellino.
-Mi chiamo Meryl.- sostenne la scatola sul braccio sinistro per
allungare l’altra mano.
Bruce gliela strinse con un sorriso entusiasta.
-Bellissimo nome!-
Ora che aveva verificato che la giovane era effettivamente un essere
umano e non uno spirito delle nevi, la novità
dell’incontro gli illuminò gli occhi di interesse.
Tre giorni consecutivi a esclusivo contatto con i compagni e
gli anziani nonni di Jenny, resero immensamente gradita la nuova
conoscenza.
-Vi siete persi?-
Perché no? Magari così li avrebbe accompagnati
per un tratto e lui, oltre a scampare ai continui rimproveri di Philip
di cui era francamente stufo, avrebbe potuto approfondire la sua
conoscenza. Gli stavano venendo in mente un sacco di cose da chiederle.
Per esempio quanti anni avesse, dove abitasse di preciso, se fosse
già impegnata per quella sera e per i dieci giorni
successivi.
-Più o meno.- ammise quindi senza vergogna.
Philip non riuscì a credere che il compagno stesse
collezionando senza batter ciglio quella serie infinita di figuracce.
La donna delle nevi… assurdo! S’erano
persi… peggio che mai!
-Dove dovete andare? Al ryokan?-
-Veramente stiamo cercando lo spaccio più vicino.-
-Allora è facile, mio padre è il proprietario.
Venite con me, sto tornando lì.-
I ragazzi ne furono sollevati e la seguirono fiduciosi.
-Siamo stati davvero fortunati a incontrarti.- le disse Bruce -Ti
aiuto?-
Le tolse sollecito la scatola dalle mani e Holly e Philip, che
procedevano dietro, si sorrisero con aria saputa.
Procedendo con precauzione sul sottile strato di neve ghiacciata che
ricopriva il marciapiede, Bruce le disse chi erano, da dove venivano e
che ci facevano lì, in quello sperduto paese del nord. La
ragazza lo ascoltò con reale interesse e finta sorpresa.
Sapeva già tutto di loro, perché Shintoku era una
manciata di case abitate da gente ficcanaso come tutti i piccoli centri
rurali.
Il negozio della famiglia di Meryl sorgeva in un angolo
dell’isolato fiancheggiato da un piccolo parcheggio che
poteva ospitare una decina di macchine. Davanti alla porta a vetri
stazionavano due persone in attesa: un uomo, che fumava sotto la
tettoia nei pressi dell’ingresso e un ragazzo, che si teneva
appoggiato alla vetrina tappezzata di cartelli pubblicitari, le mani
nelle tasche della giacca a vento e un assurdo cappello di lana a righe
bianche e nere calcato fin quasi sugli occhi. La luce del locale era
accesa, dall’esterno si scorgevano gli scaffali pieni di
cibo. Sulla porta era appeso un cartello con la scritta
“Torno subito”. Meryl girò la chiave
nella serratura per un paio di mandate e sbloccò
l’ingresso. La portiera di un’automobile si
aprì e ne scese una donna di mezza età che
avanzò infreddolita verso il negozio, stringendosi addosso
il cappotto.
-Buona sera Meryl, è arrivato il latte?-
-Sì, signora Wilson.-
La ragazza spalancò l’ingresso lasciando entrare i
clienti, e scambiò un saluto anche con l’uomo, che
gettava via la sigaretta ormai quasi del tutto consumata. Fece poi
cenno ai ragazzi d’entrare e Philip, Bruce e Holly si
rifugiarono all’interno del locale, dove iniziarono
immediatamente a scongelarsi. Il ragazzo con il cappello la raggiunse
sulla soglia ed esitò a proseguire, per concedersi il tempo
di osservarla non visto con occhi colmi di un’ammirazione di
cui lei non si accorse neppure quando, percependo la sua presenza, si
volse.
-Mio fratello non c’è, Johnny. Cercavi lui?-
-No, ho bisogno di una ricarica al cellulare. E poi devo ritirare la
spesa di mia madre. Ha lasciato due buste. Ma c’era tuo padre
quando è passata.-
-Me lo ha detto, vieni.-
-Chi sono quei tre? Non li ho mai visti.-
-Strano.- rispose lei con una punta di ironico divertimento -La loro
foto è sulla rivista sportiva che compri tutti i mesi.-
-Questo mese ancora no.-
Lei si avvicinò allo scaffale dell’editoria, la
prese e la portò in cassa.
-La prendi?-
Lui annuì e tirò fuori il portafoglio per pagare,
dedicando al tempo stesso un’occhiata a Bruce che,
esattamente alle sue spalle, osservava indeciso gli scaffali.
La faccia che aveva intravisto all’esterno del negozio non
gli diceva nulla e tanto meno lo faceva ora la sua schiena. Per non
dare soddisfazione a Meryl si tenne la curiosità.
-Quindi? Dov’è che stanno?-
-Al ryokan, dai Lohan.-
Johnny pagò, ripose il resto nel portamonete e
uscì portandosi via un paio di buste e la rivista, che
sfogliò soltanto quando ebbe svoltato
l’angolo. Assicuratosi che Meryl, dalle vetrate,
non potesse vederlo, si fermò sotto un lampione a leggere
proprio l’articolo che aveva creato tanto scompiglio tra i
ragazzi all’aeroporto di Haneda. Scorse rapidamente il pezzo
fino in fondo, confrontò i volti che ricordava appena con
quelli ritratti nella foto, poi tirò fuori il cellulare e
fece partire la chiamata.
Varcato l’ingresso del negozio, la priorità della
cena aveva scalzato senza indugio e senza remore l’interesse
dimostrato finora per la graziosa sconosciuta. Totalmente dimentico di
lei, Bruce si aggirava tra gli scaffali con un cesto di plastica appeso
al braccio che aumentava di volume e di peso a ogni reparto
gastronomico visitato. Holly e Philip invece si consultavano indecisi
su cosa acquistare, ma certi che se le ragazze avessero dato loro una
lista, sarebbe stato tutto molto più semplice e veloce.
Bruce raggiunse la cassa per primo, il cesto colmo fino
all’orlo.
-Avete finito? Sto morendo di fame.-
Holly, giusto nei pressi, arrivò subito. Depositò
sul banco della cassa quelle due o tre cose che aveva con
sé, vale a dire quattro confezioni grandi di tonno, un
barattolo di maionese e un sacchetto di carote da un chilo, poi
osservò gli acquisti del compagno.
-Bruce, che hai comprato? Patatine, popcorn, croccantini…?-
riuscì a sottrargli due tubi di pringles prima che Meryl li
battesse e si aggiungessero al conto -Noccioline, cioccolata,
biscotti… Sembra la spesa per una festa di bambini!
-E questo cos’è?- Philip, appena giunto,
pescò una rivista semisommersa dalle cibarie.
L’agitò in aria mostrando una famosa modella in
bikini, in posa sulla copertina -Ti pare il caso?-
-È solo una rivista.-
-Sì, per adulti.-
-Infatti siamo tutti maggiorenni!- Bruce guardò Meryl, un
sorriso le aleggiava sulle labbra -Anche tu, vero?-
-Se pure non lo fossi, ne vendo talmente tante che ormai non mi
scandalizzo più.-
Bruce tornò a rivolgersi ai compagni.
-Comunque c’è una storia che mi interessa.-
-Una storia? Non il servizio su di lei?-
-È un acquisto privato, sono fatti miei. Va bene?-
-Fai come ti pare.-
Meryl li aiutò a infilare la spesa nelle buste e quando fu
il momento di pagare, Bruce li stupì.
-Metti pure tutto in conto.-
Holly e Philip lo guardarono.
-In conto a chi?-
-Al ryokan. Penserà la Federazione a saldare.-
Fu la prima volta in assoluto che un’idea di Harper non venne
contestata. Anzi, capitano e vicecapitano osservarono il compagno con
aperta ammirazione, perché la sua era una trovata geniale
che a nessuno dei due era venuta in mente. Solo che, ad averci pensato
prima, avrebbero preso qualcosina in più.
Meryl non batté ciglio, fece come le era stato detto e
segnò in conto all’hotel.
-Ricordate la strada?-
Bruce scosse la testa.
-Non c’è un autobus per tornare lassù?-
-Niente autobus, mi dispiace.-
Con la mano libera Philip agguantò il compagno per la manica
della giacca e lo trascinò con sé verso
l’uscita del negozio.
-Un po’ di esercizio non ci farà male, prima di
cena. E io la strada la ricordo perfettamente.-
Gli acquisti non andarono a genio alle ragazze. Jenny, Amy, Evelyn e
Patty li accolsero nell’ingresso e studiarono le
buste posate a terra senza toccare nulla, senza tirarne fuori niente.
Si limitarono a ficcarci dentro il naso per scandagliarne in silenzio
il contenuto, mentre in cima alle scale si affacciavano Julian e Mark.
Poi, con un gesto brusco quanto inaspettato, le amiche afferrarono le
buste all’unisono, le portarono in cucina e chiusero
bruscamente la porta proprio sul naso di Bruce che le aveva seguite
affamato. Philip e Holly arrivarono un istante dopo.
-Che succede?-
Bruce sospirò.
-Sto morendo di fame e loro si sono chiuse dentro!- fece per entrare ma
Julian lo fermò.
-Cosa avete comprato?-
I tre si scambiarono un’occhiata.
-Merda! La rivista!-
Philip trasalì.
-L’hai lasciata nella busta, idiota d’un idiota?-
-Non ho fatto in tempo a toglierla!- il ragazzo si avvicinò
alla porta, tese un orecchio e udendo solo le loro voci pacate, strinse
piano la maniglia tra le dita ruotandola lentamente, quanto bastava per
socchiudere la porta e scorgere Patty agitare nell’aria un
pacchetto di popcorn.
-C’era da aspettarselo. Avremmo dovuto stilare una lista.-
-Oppure una di noi avrebbe dovuto accompagnarli.-
-Con questo freddo...- rabbrividì Amy.
-Sarei potuta andare io.-
Scostato Bruce per guardar dentro, Philip concordò con Jenny
su tutta la linea. Fossero andati solo loro due sarebbe stato molto
meglio. Per esempio avrebbero potuto fermarsi in un bar lungo la strada
e ricavarsi una mezz’ora da trascorrere in beata solitudine.
-Che ci volete fare…- udirono Evelyn -Acquisti tipici del
sesso maschile.-
Offeso nell’orgoglio, Bruce spalancò la porta con
un movimento così brusco che sobbalzarono tutte e quattro.
-Che modi sono?-
Il ragazzo ignorò il tono bellicoso della fidanzata e si
arrestò al centro della cucina, i pugni sui fianchi e i
piedi saldamente piantati al suolo.
-Cosa c’è che non va in quello che abbiamo
comprato?-
-Tutto.- lo stroncò Evelyn drastica.
Philip entrò subito dopo un po’ meno impetuoso e
polemico e raggiunse le buste sul ripiano. La maggior parte del
contenuto era sparpagliato sul tavolo d’acciaio.
Accantonò meticoloso gli acquisti fatti da Bruce e
impilò sopra al mucchio anche la rivista con la ragazza in
bikini.
Evelyn capì all’istante. Prese il giornale e ne
sfogliò rapida le pagine.
-Bruce! Non ne perdi un’uscita! Solo a guardarla
così mezza nuda mi vengono i brividi.-
-Anche a me, ma di tutt’altro tipo.- concordò lui
allusivo.
Non l’avesse mai detto! Evelyn lo ripagò della
battuta gettando stizzita la rivista dritta nel cestino della
spazzatura.
-No! Eve, no!-
Il ragazzo corse a recuperare il giornale e fuggì dalla
cucina per metterlo al sicuro da qualche parte nella loro stanza, con
il sottofondo delle risate divertite dei compagni. Tutti eccetto Philip
e Holly, che non trovavano nulla di spassoso in ciò che
stava accadendo sotto i loro occhi.
-Jenny?-
Lei si volse a guardare il fidanzato e il sorriso che le aveva
illuminato per un attimo il viso scomparve di colpo. Tacque
osservandolo, poi spostò gli occhi sugli altri che li
avevano raggiunti, spinti forse più dalla fame che dal
raduno improvvisato. Ma adesso, Jenny lo capiva dalle loro espressioni,
soprattutto quelle di Mark e di Benji, il divertimento aveva
rimpiazzato l’appetito e così lei non aveva il
coraggio di dire a Philip che sarebbe stato difficile approntare una
cena con ciò che avevano comprato. Era convinta infatti che
l’errore fosse stato loro, perché non avevano
pensato a stilare una lista, lasciando i ragazzi tentare a casaccio di
risolvere il problema. Ma soprattutto non voleva, nel modo
più assoluto, rinfocolare lo scherno con cui un paio dei
compagni continuava a rivolgersi a Philip per ringraziarlo della loro
imprevista presenza a Shintoku.
Evelyn non si fece nessuno di questi scrupoli e quando parlò
fu ben più che esplicita.
-Mi dispiace, ma avete fatto un casino. E non mi dispiace dirvelo, sia
chiaro. Mi dispiace che ciò che avete comprato
servirà a poco per la cena.-
-Cosa c’è che non va?-
-Vuoi un esempio, Holly? La maionese è un condimento, non un
alimento.-
-Lo so!-
-E cosa vorresti condirci? I popcorn di Bruce?-
-Perché no?- rise Mark sullo sfondo.
-Il tonno!- esclamò il capitano.
-L’olio per friggere l’avevamo già.-
sospirò Patty.
-La farina l’avete presa per...?- chiese Amy con
più tatto, lasciando la domanda in sospeso per dar loro la
possibilità di trovare una spiegazione sensata
all’acquisto.
Bruce era tornato giusto in tempo per rispondere.
-Il pane… o qualche torta…-
-Mancano le uova.-
Incoraggiato dai tentativi del compagno, anche Philip si
buttò.
-Però possiamo infarinare i pesci e friggerli.-
Ad Amy si illuminarono gli occhi.
-A proposito dei pesci! In questo momento le trote sono nel laghetto
del cortile. Se davvero volete mangiarle, qualcuno deve andare a
recuperarle.-
I ragazzi si guardarono smarriti. Significava che dovevano ricominciare
da capo dopo tutta la fatica di quel pomeriggio?
-Fortuna che ho comprato il tonno.-
Patty continuò a rimestare nelle buste, anche se ormai da
tirar fuori era rimasto davvero poco. Sul ripiano del tavolo comparvero
quattro bottiglie di birra.
-E queste? Chi le ha comprate?-
-Finalmente un acquisto decente!- Benji le fece sparire dal tavolo con
un gesto da prestigiatore.
-L’alcol non è vietato ai ritiri?-
domandò Evelyn sospettosa.
-Se solo questo lo fosse, un ritiro...- borbottò il
portiere, riponendo la birra nel frigorifero.
-È stato Bruce.- lo accusò Philip.
-Perché mi hai detto che dobbiamo fare balordi!-
-Non ho mai detto niente di simile!-
-Per forza, si dice “bagordi”.- corresse Julian.
Il suo tono da maestrino provocò un improvviso, istintivo e
inaspettato corto circuito nel cervello di Benji mentre richiudeva lo
sportello del frigorifero.
-Baldoria!- esclamò Bruce.
-Mai sentito?-
-Sì, da Philip poco fa.-
-Cos’è Bruce, stasera hai deciso di immolarti?-
ringhiò Callaghan esasperato.
Jenny lo tirò per la manica della felpa.
-Lascia stare, ti credo. Adesso prepariamo qualcosa.-
Il menù di quella sera fu essenziale e seguì alla
lettera la dieta di Gamo: pesce e verdure. Nessuno andò a
recuperare le trote nel laghetto e il tonno in scatola fu accompagnato
da patate saltate in padella, zuppa di miso bollente per scaldare il
corpo infreddolito, insalata di verza e carote sfilettate, ottanta
grammi di riso bianco a testa per non lasciar sole le portate e, come
strappo alla regola, crema al limone con scorze d’arancia e
spruzzata di cannella.
Risalirono in camera sparpagliati, per ultimo Tom che trovò
Bruce a bloccargli il passaggio, spaparanzato in diagonale sui tatami
proprio al centro della stanza.
-Ho ancora fame, maledizione! Potrei ricominciare a mangiare la cena
dall’inizio all’infinito...- vide Amy varcare la
soglia con un vassoio e un bollitore di acqua calda che, probabilmente,
conteneva solo tè -Non è avanzato niente?-
-Assolutamente niente.-
La ragazza si inginocchiò davanti al grande tavolo e
posò tutto sul ripiano.
Benji lanciò un’occhiata all’orologio.
Erano appena le dieci e anche se la stanchezza c’era tutta,
il sonno non arrivava.
-Giochiamo a carte?-
-Di nuovo?- si lamentò Patty.
-Se hai un’idea migliore delle carte e della tv…-
-Io ce l’ho!-
-Intendevo qualcosa che riguardasse tutti, Bruce. Non soltanto te ed
Evelyn.-
-Perché la televisione no?- il ragazzo si tirò su
e raggiunse carponi il tavolo, chiedendo poi ad Amy di riempirgli una
tazza di tè -A quest’ora cominciano un sacco di
programmi interessanti. Jenny, spegni la luce?-
Rimase soltanto il portalampade all’angolo della stanza a
rischiarare l’ambiente. La ragazza tornò a sedersi
accanto a Philip, la schiena appoggiata al muro. Una spalla di Benji le
copriva parte della tv e non poteva a guardar l’una senza
lanciare occhiate anche all’altro. Lo scontento del portiere
continuava a preoccuparla ma riusciva a tenere l’ansia per
sé e lo stava facendo anche piuttosto bene. Infatti Philip
aveva potuto soltanto notare le numerose e insistenti occhiate che la
fidanzata lanciava a Benji ma non la preoccupazione di cui esse erano
cariche. Persino in quel momento Philip dubitava che lei stesse
guardando la tv anziché il compagno e quando le prese una
mano intrecciando le dita alle sue, la fidanzata non reagì
in nessun modo, anzi non sembrò neppure accorgersene.
Mentre davanti agli occhi di Jenny si susseguivano le immagini colorate
e luminose del programma televisivo che le rischiaravano il volto e le
facevano brillare gli occhi, la sua mente aveva fatto un salto
indietro, alla conversazione che si era svolta tra lei e il portiere
giusto tre giorni prima. Quasi avesse percepito su di sé i
suoi pensieri più ancora dei suoi occhi, Benji a un certo
punto si volse e intrecciò il proprio sguardo a quello della
ragazza. Come trascinati insieme in un improvviso e misterioso
collegamento telepatico, i loro pensieri si unirono sullo stesso
ricordo.
La mattina di quel primo giorno a Shintoku, dopo aver fatto colazione,
si erano radunati tutti nell’ingresso a indossare giacche e
cappotti per raggiungere Holly e Philip, già nella radura.
La decisione di Benji di non farlo li aveva colti impreparati e solo
Jenny, vedendolo infilare le scale invece della giacca a vento, aveva
reagito all’istante. Gli era corsa dietro, arrivando insieme
a lui sull’ultimo gradino del pianerottolo. Da sotto, i
ragazzi l’avevano osservata mentre superava Benji e si
fermava al centro del corridoio per sbarrargli il passo.
Nessuno era intervenuto per darle manforte, l’avevano
lasciata sola a trovare il modo di convincerlo a restare. Lui
l’aveva scostata, aveva proseguito il suo percorso ed era
entrato in camera. Un secondo dopo anche Jenny era scomparsa.
Benji aveva recuperato dall’armadio la valigia che la sera
prima non aveva disfatto, l’aveva aperta sui tatami e aveva
infilato dentro quelle due o tre cose che ne aveva tolto per la notte.
Poi l’aveva richiusa e l’aveva appoggiata accanto
alla porta.
“È stato un piacere conoscerti.” le
aveva detto “Ma forse sarebbe stato un piacere maggiore se
non l’avessimo fatto in queste circostanze.”
Lei aveva taciuto e lo aveva guardato prendere dal tavolo un paio di
oggetti per infilarli in tasca.
“Salutami Philip.” aveva proseguito con un tono che
trasudava ironia, afferrando il trolley e facendo per varcare la soglia.
In preda al panico, Jenny aveva reagito con un’azione di
forza. Aveva teso un braccio, aveva stretto le dita allo stipite della
porta e gli aveva sbarrato l’uscita.
“Non andar via.”
Si erano fissati con intensità, lui deciso ma lei ancora
più determinata a impedirgli di mandare a monte il ritiro.
“Non resterò se ci sarete anche voi.”
“Perché la nostra presenza ti è
così insopportabile?”
Benji aveva tolto la mano dal trolley e aveva incrociato le braccia.
“Ascoltami bene, Jenny, e cerca di far entrare questi pochi e
semplici concetti nella tua bella testolina. Io sono un professionista,
anzi noi tutti siamo dei professionisti. Anche quell’idiota
del tuo fidanzato, che si è fatto venire la splendida idea
di invitarvi qui. Giocare a calcio è il nostro lavoro e
richiede impegno e serietà anche fuori dal campo. Un ritiro
con voi è inaccettabile. Dovresti capirlo da sola, senza che
te lo debba dire io. Noi non siamo qui in vacanza.”
“Lo so, me lo hai già detto. Ma non ce
n’era bisogno perché ne sono consapevole. Non
siamo venute con l’intenzione di disturbarvi, o per
distrarvi. Neppure per intralciarvi. Non lo faremo, te lo assicuro. E
se la nostra presenza ti è davvero così
inaccettabile, siamo pronte ad andarcene. Tu però devi
restare.”
“Bene, allora fatelo. Io resto, ma voi dovete
sparire.”
Jenny aveva indugiato combattuta.
“Tre giorni. Concedici tre giorni di tempo per dimostrarti
che la nostra presenza non pregiudicherà il ritiro. Per
favore, solo tre giorni a partire da oggi. Non ti chiedo di
più.” aveva teso la mano verso di lui, aspettando
che gliela stringesse per suggellare il patto.
Il portiere aveva valutato la proposta ma aveva valutato soprattutto il
volto di Jenny, che in fin dei conti poteva risultare molto
più piacevole da contemplare durante le pause, del grugno
strafottente di Landers o quella faccia da scimmia di Harper.
Così aveva teso il braccio e stretto la mano.
“Tre giorni.”
Il sorriso con cui lei aveva accolto la sua momentanea resa,
l’aveva ben più che ripagato
dell’accordo appena concluso.
Adesso tre giorni erano trascorsi e lui era ancora lì,
sempre meno deciso ad andarsene, sempre più propenso a
restare.
-Jenny.- la voce di Philip la riscosse di colpo -Tua nonna ti sta
chiamando.-
Bruce tolse il volume alla tv, consentendole di udire chiaramente la
voce della vecchina provenire dal piano di sotto.
Jenny fece per alzarsi ma Patty, già in piedi la
fermò.
-Aspetta, vado io a sentire cosa vuole.-
La nonna era in fondo alle scale col naso
all’insù, un vassoio pieno di dolci tra le mani.
La fragranza che si diffondeva nell’aria le fece venire
l’acquolina in bocca.
-State andando a dormire?-
-Non ancora.-
-Ho appena sfornato i biscotti. Volete assaggiarli?-
Patty sospirò. Quando la nonna aveva consegnato loro la
dieta di Gamo recuperata dal fax, avevano tentato di spiegarle che i
ragazzi stavano seguendo una preparazione atletica e quindi dovevano
nutrirsi secondo un regime particolare, ma a quanto pareva per la
vecchina i suoi biscotti facevano eccezione. Scese fino
all’ultimo gradino e prese il vassoio ringraziando. I dolci
emanavano un intenso profumo di vaniglia e miele. Ce n’erano
un’immensità, altro che dieta. Con la fame che i
ragazzi si portavano dietro nonostante la cena, avrebbero di certo
finito per abbuffarsi.
-Ne avete ancora di tè?-
-Credo di no.-
La nonna tornò in cucina per recuperare la teiera bollente.
L’olfatto di Bruce si dimostrò da guinness dei
primati. Fu in grado di percepire la fragranza dei dolci prima ancora
che Patty e la nonna mettessero piede nella stanza. Annusò
l’aria e si allungò verso la porta, attirato da un
profumo celestiale che gli fece accartocciare le budella.
-Cos’è questo?!-
-Cos’è cosa?- gli fece eco Mark.
-Biscotti!-
-La fame ti fa venire le allucinazioni?-
Patty scostò con un gomito la porta rimasta socchiusa e
precedette la nonna nella stanza.
-Uno spuntino.- annunciò soltanto.
Bruce tolse il volume alla tv, balzò in piedi e si
catapultò verso il tavolo mentre il vassoio trovava il suo
definitivo posto sul ripiano. Si riempì le mani di dolcetti
e si sedette dove avrebbe potuto raggiungerne altri allungando appena
un braccio.
-Nonna, non dovevi.- sospirò Jenny.
-Certo che doveva, invece.- la contraddisse Bruce, inghiottendo il
terzo biscotto -Soprattutto dopo la cena di oggi...-
-Cosa avresti da dire contro la cena di oggi?- domandò
Evelyn bellicosa.
La vecchina sorrise.
-Siete giovani e avete bisogno di nutrirvi.-
-Ha perfettamente ragione, nonna. Lei sì che capisce le
nostre necessità, non il nostro allenatore che se ne sta al
caldo al sud del paese dopo averci spedito in Groenlandia…-
La vecchina sorrise, poi l’attenzione dei suoi occhi
fortemente miopi venne catturata dalla foto di
un’affascinante ragazza, apparsa in tv mentre lo speaker
parlava di qualcosa che non potevano udire. La vecchina
esitò a uscire e Jenny lo notò, soprattutto
perché non aspettava altro per far sparire la tentazione dei
biscotti.
-La conosci, nonna?-
-Sì, povera creatura. Si chiamava Alice Jones.-
Benji prese dalle mani di Amy la tazza di tè bollente che
lei gli porgeva e fissò gli occhi sull’avvenente
giovane comparsa in tv.
-Era una fotomodella molto nota qui da noi.- spiegò la
vecchina -Era la figlia di una coppia di negozianti di Obihiro che
produceva e vendeva costumi tradizionali. Fin da piccola aveva posato
come modella per il loro catalogo di kimono e yukata e poi crescendo le
sue foto avevano cominciato a diffondersi anche al di fuori della
produzione familiare.-
-Cosa le è successo?-
-È scomparsa precisamente un anno fa. Per tutta la giornata
i telegiornali non hanno fatto altro che ricordarla. Aveva
vent’anni quando è svanita nel nulla.-
Amy fu percorsa da un brivido.
-Svanita come?-
-Una tragedia.- sospirò l’anziana signora -Durante
una gita con un gruppo di amici sull’altro versante della
montagna.- indicò un punto oltre la finestra, nella notte
fredda e ammantata di neve -Sulla via del ritorno il gruppo
è stato sorpreso da una tormenta. Quei poveri ragazzi non
hanno trovato riparo e sono stati costretti ad affrontare la bufera per
raggiungere le case più vicine. Hanno percorso
più di cinque chilometri in balia del maltempo e quando sono
arrivati al centro abitato erano stremati. Solo lì si sono
accorti che Alice non era più con loro. L’avevano
persa, non sapevano dove, non sapevano quando. Le ricerche sono
iniziate soltanto il giorno successivo, alla luce del sole e con un
tempo migliore. Ma la neve aveva cancellato ogni traccia. Non
è stata più trovata.-
-Ma nonna!- l’apostrofò Evelyn -Non può
essere sparita nel nulla!-
-Purtroppo è accaduto, anche se non tutti concordano sul
fatto che si sia persa. C’è chi sostiene che sia
stata rapita da un ammiratore che ha perso la testa per lei, altri che
si sia allontanata volontariamente dal resto del gruppo per scappare da
qualcosa o da qualcuno, magari all’estero. Altri ancora
giurano che fosse depressa e che abbia approfittato di quel momento per
gettasi da un dirupo.-
Amy si accostò di più a Julian mentre la nonna
continuava.
-O forse ha perso la strada ed è scivolata in una scarpata.
Nelle notti di bufera, quando la neve cade abbondante, non è
facile riuscire a vedere dove mettere i piedi.- la vecchina tacque per
riprendere fiato -Io però so qual è la
verità.- abbassò la voce e si guardò
intorno come se temesse che qualcun altro o qualcos’altro,
oltre a loro, la udisse.
-La dica anche a noi.- la esortò Benji.
Il divertimento che percepì nella sua voce non la
scoraggiò.
-Gli spiriti degli antichi abitatori dell’Hokkaido
imperversano ancora su queste montagne in cerca di vendetta. Le stragi
compiute dai colonizzatori giapponesi sono state tremende, spaventose.
Troppo sangue innocente è stato versato. Adesso ogni due o
tre anni paghiamo le conseguenze di quella carneficina e qualcuno
sparisce misteriosamente senza lasciar traccia. Le anime ainu che
dimoreranno tra le montagne per l’eternità sono in
costante ricerca di vittime con cui purificare le morti del loro
popolo. Sono proprio le notti di maltempo quelle in cui vanno a caccia
di vendetta. Trasportati dal vento e dalla neve gli spiriti irrequieti
circondano gli innocenti in cui si imbattono e li trascinano via con
sé. Alice non è altro che una delle loro
numerosissime vittime: era una ragazza che possedeva tutto e proprio
questo rendeva la sua vita più preziosa. Quale altra
spiegazione dare alla sparizione del suo corpo? Se fosse morta sarebbe
stato ritrovato. Le montagne dei dintorni sono state setacciate per
mesi!-
-Che cosa terribile!- mormorò Amy impressionata.
-Nel bosco non molto lontano da qui, è stato eretto un
piccolo altare per tutte le anime innocenti che hanno fatto questa
orrenda fine. Due volte l’anno, all’inizio e alla
fine dell’inverno, un sacerdote celebra un rito per placare
la furia dei demoni malvagi e pregare per le loro vittime.- la nonna
indietreggiò verso la porta -Per questa sera vi ho tediati
abbastanza con la mia presenza. Buona notte ragazzi.-
Dopo che se ne fu andata, un silenzio di tomba riempì la
stanza. Fu Benji a infrangerlo, con il suo scontato scetticismo.
-Tua nonna ha una notevole fantasia.- disse a Jenny.
-È superstiziosa come moltissime persone della sua
età che abitano in posti così piccoli.-
Amy si volse risentita.
-Non le credete?-
-Per quanto riguarda la storia degli spiriti in cerca di vendetta, no.-
-Non le credi perché hai paura che portino via anche te,
vero Benji?- domandò Bruce con aria grave.
-Potrebbe succedere, visto che anch’io sono ricco e famoso.-
-E un insopportabile pallone gonfiato.- mormorò Mark.
-Ho solo una pecca.- proseguì Benji senza dar peso al suo
commento -La mia famiglia è antica sì, ma di
sicuro non discende dai colonizzatori.-
-Una vera sfortuna.-
-Piantala, Mark.- lo redarguì Holly e finalmente si decise
ad assaggiare un biscotto. Non ne trovò più
-Bruce! Li hai finiti tutti!-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 4 - Piste da sballo ***
- 4 -
Piste da sballo
Avvolta nel caldo yukata del ryokan, Amy entrò in cucina e
salutò tutti ancora insonnolita. La triste storia di Alice
Jones aveva messo radici nella sua testa, impedendole di dormire sonni
tranquilli. Era rimasta sveglia per ore immaginando la disperazione di
smarrirsi nei profondi recessi delle montagne durante una tormenta di
neve. La sofferenza di una morte per assideramento le aveva messo
addosso un’angoscia così profonda da portarla, a
un certo punto, addirittura a immedesimarsi nella sfortunata
protagonista di quella tragedia. La suggestione aveva fatto il resto.
Brividi di freddo l’avevano indotta a rannicchiarsi sotto le
coperte tra cui non era più riuscita a scaldarsi, tanto che
i piedi e le mani le si erano ghiacciati. Nel buio della camera, tra i
respiri quieti delle amiche che dormivano, si era alzata per procurarsi
un paio di calzini e un’altra coperta. Poi era tornata nel
futon e si era accoccolata addosso a Patty addormentata al suo fianco,
beandosi della tranquillità e del calore del suo corpo, che
le aveva scongelato il cuore e le estremità intirizzite.
Solo all’alba era crollata di stanchezza.
Individuò Julian con occhi assonnati e infastiditi dalla
luce del sole che entrava dalla portafinestra affacciata sul cortile.
Scostò la sedia e si sedette al posto libero accanto al
fidanzato. Alla sua sinistra c’era Benji, che le
allungò la caffettiera quando lei gliela chiese.
-Non hai dormito?-
-Poco.- gli lanciò giusto un’occhiata distratta,
perché dall’altro lato Julian le aveva posto la
stessa identica domanda -Ieri sera ho impiegato parecchio tempo a
prendere sonno.-
L’orologio appeso al muro segnava già le otto. Chi
era seduto al tavolo aveva pressoché finito di fare
colazione ma Bruce, Mark e Philip ancora non arrivavano e
ciò rendeva Jenny irrequieta. Se il fidanzato non si fosse
affrettato a scendere, non avrebbe avuto il tempo di fare colazione.
Scostò la sedia e si alzò per riporre al caldo il
bricco del caffè, approfittando di essere in piedi per
lanciare un’occhiata al corridoio deserto.
-Arriveranno?- domandò a Holly.
-Me lo auguro per loro, altrimenti salteranno la colazione.-
Appunto. Jenny non disse nulla, sospirò soltanto. Passi
affrettati sulle scale annunciarono l’arrivo di Bruce,
nonostante la ragazza avesse sperato fino all’ultimo che si
trattasse di Philip. Entrò in cucina impetuoso come un
tornado, che perse però di colpo la sua irruenza davanti
alla tavola apparecchiata. Solo frutta, yogurt e fette (contate!) di
pane tostato.
-Diamine! Come ieri!-
-Mettiti l’anima in pace, Bruce.- lo zittì Evelyn
-Dobbiamo seguire la dieta che ci ha mandato Gamo.-
Lui si sedette sbuffando, tanto stizzito quanto affranto. Jenny si
affacciò sul corridoio, poi rientrò scuotendo la
testa. Le scale erano silenziose e deserte e l’unico rumore
che udiva era quello delle posate con cui Bruce si era rassegnato a
infilare nello stomaco quel poco che il mister gli aveva concesso.
-Dov’è Philip?-
-Sta litigando con Mark.- Harper piantò gli occhi sulla mano
di Evelyn -Abbonda! Mezzo cucchiaino di zucchero nel caffè
non serve a niente!-
Lei tacque per protesta.
-Centellinare persino lo zucchero! Non posso crederci!-
cercò la comprensione di Jenny e si accorse che lo osservava
in attesa -Philip, dicevi? Deve essersi alzato con il piede sbagliato.-
-Non io, Landers.-
La voce di Callaghan lo precedette in cucina. Salutò la
fidanzata con un sorriso risicato e forse addirittura un tantino
esausto nonostante si fosse appena alzato, e andò a sedersi
al posto che occupava di solito, tra Tom e Jenny. Lei si
affrettò a recuperare il bricco del caffè e a
versargli la bevanda calda nella tazza. Poi gli allungò lo
zucchero e accese il tostapane, perché le ultime fette
riscaldate se le era spazzolate tutte Bruce.
-Alla fine hai vinto tu.- si congratulò Benji, con una certa
soddisfazione.
-Certo!-
Holly non capì.
-Vinto cosa?-
-Landers e Callaghan stavano discutendo su chi dovesse andare in bagno
per primo.-
-Ancora? Non avevamo detto che avremmo seguito l’ordine
alfabetico?-
-No!- fu secco Philip -Lo hai deciso tu! E nessuno è stato
d’accordo!-
-Soprattutto perché saresti l’ultimo.-
-Veramente l’ultimo è Tom. E poi la tua proposta
è ingiusta, Holly.-
-Non la penseresti così se prendessimo come riferimento i
nostri cognomi.- questa seconda opzione a Benji non piaceva. In quel
caso Philip sarebbe andato al bagno sempre per primo e lui sempre per
ultimo. Penultimo, si corresse, prima di Ross.
-Non potreste fare a rotazione?-
Gli occhi dei ragazzi si spostarono su Patty, valutando la
proposta.
-Oppure va chi si sveglia prima.- suggerì Evelyn.
-Come facciamo adesso.-
Jenny recuperò le fette calde dal tostapane e le dispose su
un vassoio che appoggiò accanto al fidanzato. Philip
allungò una mano verso il pane, affamato com’era,
e mentre afferrava una fetta i suoi occhi indugiarono senza volerlo, o
forse consapevolmente, sulla scollatura dello yukata di Jenny, che
lasciava intravedere la pelle liscia del collo. Un panorama che, appena
sveglio, gli allietò la mattinata dissipando
all’istante gli ultimi strascichi della discussione con Mark.
Una visione che gli imprigionò gli occhi con la stessa forza
con cui una calamita attira il ferro.
-Capito, Philip?-
Richiamato così bruscamente a tutt’altri pensieri,
il ragazzo sobbalzò.
-Cosa, Holly?-
-Ho detto che stasera stabiliremo i turni per il bagno. Mi farebbe
piacere se mi ascoltassi quando parlo. Adesso andiamo, si sta facendo
tardi.- si alzò e imboccò per primo il corridoio,
seguito nell’ordine da Bruce, Julian e Tom.
E mentre Bruce continuava a borbottare improperi sugli energetici
svantaggi della risicata colazione, il capitano si disse che era stufo
di tutte quelle storie per il bagno. Se non trovava al più
presto una soluzione che li mettesse d’accordo, ogni sera
avrebbero deciso i turni del giorno successivo tirando a sorte.
Seduto sulla sedia, la tazza del caffè sollevata a
metà tra il tavolo e le labbra, Philip osservò
sgomento i compagni uscire dietro Holly.
-Sono appena arrivato, datemi il tempo di mangiare!-
Giusto un attimo prima di lasciare la cucina, Benji si volse con un
ghigno provocatorio.
-Di mangiare o di sbirciare nella scollatura di Jenny?-
La tazza di Philip sussultò tra le sue dita, versando sul
tavolo qualche goccia di caffè. Il giovane
spalancò la bocca, un guizzo di collera gli
attraversò gli occhi. La tentazione di lanciargli la tazza
addosso fu violenta e incontenibile. Ma non lo fece, perché
poi gli sarebbe toccato ripulire la cucina e non aveva da perdere
neppure un istante. Mandò giù furibondo la
bevanda scottandosi la lingua e uscì di corsa, con il
desiderio bruciante di prendere a pugni il prima possibile
quell’impiccione di Price.
Solo quando furono davanti alla porta d’ingresso a indossare
le giacche, le sciarpe, i guanti e infilare le scarpe, Tom si
sentì in dovere di far notare a Holly che qualcuno mancava
ancora.
-Non aspettiamo Mark?-
L’altro tirò su la chiusura lampo della giacca con
un movimento secco e categorico.
-Conosce la strada, ci raggiungerà. E spero per lui presto.-
Jenny si attardò in cucina per avviare la lavastoviglie.
Apparecchiò per Mark, chiuse il sacco della spazzatura e lo
mise fuori sulla veranda, ripescò la dieta di Gamo tra i
fogli infilati dritti tra il forno a microonde e il frigorifero per
accertarsi di ricordare il menù di quel giorno e
tornò al piano di sopra.
La stanza che divideva con le amiche era piacevolmente riscaldata
dall’aria proveniente dal climatizzatore acceso al massimo.
Evelyn, china davanti alla porta, stava ripiegando il proprio futon e
per entrare, Jenny dovette scavalcarla. Patty era in piedi davanti al
lungo specchio appeso al muro e si stava pettinando. Amy doveva ancora
finire di vestirsi e cercava tra i propri abiti un maglione da
indossare.
-Chissà se oggi riusciremo ad andare a pattinare.-
-Speriamo, Amy. Dopodomani dobbiamo restituire i pattini.- Jenny si
sfilò svelta lo yukata e si rivestì con dei jeans
blu e un maglione azzurro come il cielo di quel giorno.
-Perché non li abbiamo noleggiati per tutta la settimana?-
-Perché non avevamo in programma di andare a pattinare tutti
i giorni.-
-Neppure uno finora, in realtà.-
-Allora andiamoci stamattina.- propose Evelyn con un entusiasmo che
indusse le amiche a prendere in seria considerazione l’idea.
Fu Patty a bocciarla per prima.
-Ormai è troppo tardi. Non possiamo andar via senza
avvertirli.-
-Ma possiamo telefonare a Bruce e dirglielo!-
Una voce insistente raggiunse la stanza, inducendole a tacere.
-È la nonna.- sospirò Jenny -Mi sta chiamando.
Che le servirà stavolta? Ieri la neve, oggi che altro?-
Si affacciò sulle scale. Nonna Harriet era in attesa davanti
all’ingresso, la scopa in una mano, la paletta in
un’altra. Quando la vide, tirò su gli occhiali
scesi un po’ sul naso e le sorrise.
-Sono arrivate le provviste, c’è da
scaricarle… Che fine hanno fatto i ragazzi?-
-Sono già usciti.-
-Davvero? Allora buon lavoro.-
-Devo farlo io?-
-È sufficiente che dai una mano.-
Jenny sospirò, indossò la giacca a vento e
uscì sulla veranda.
L’aria era tersa e cristallina, l’azzurro infinito
del cielo si schiudeva tra le montagne innevate. Oltre il piazzale
ricoperto di neve, in lontananza scorgeva una parte del paese che si
srotolava in basso nella pianura circostante. Lì fuori tra
la neve, in quella giornata fredda e abbagliante, si imbatté
nell’unico individuo di tutta Shintoku che aveva sperato di
non incontrare durante la permanenza dai nonni. Rimase sulla veranda
d’ingresso a guardarlo interdetta, perché al suo
posto avrebbe dovuto esserci suo padre, il signor Albert Swann, il
gestore del negozio di alimentari più vicino dove i nonni
facevano rifornimento almeno tre volte a settimana. E
l’ultima, il giorno stesso dell’arrivo dei ragazzi
al ryokan, era stato proprio lui a portar su le provviste. Jenny lo
aveva intravisto dalla finestra del primo piano che insieme al nonno
portava dentro la merce.
E adesso? Si lanciò un’occhiata pavida alle spalle
ma le bastò solo pensare di fuggire per scartare
l’idea all’istante. Sarebbe stato troppo umiliante
se lui si fosse voltato e l’avesse vista darsela a gambe.
Tirò un respiro profondo, affrontò controvoglia i
quattro gradini della veranda passando tra alcuni scatoloni e si
avvicinò al furgoncino bianco. Il ragazzo, occupato a
trafficare all’interno del vano di carico, non la vide
né udì i suoi passi. La tentazione di rientrare
fu quasi ingestibile ma del tutto inutile. Finché si trovava
dai nonni, le probabilità che finissero per incontrarsi
erano troppe. Dunque tanto valeva farlo adesso, in un momento in cui
era sola.
Afferrato un pesante scatolone, il giovane si volse e la vide. A Jenny
non piacquero affatto gli occhi allo stesso tempo divertiti e critici
con cui la esaminò, ma si rifiutò testarda di
distogliere lo sguardo per prima. Ebbe modo così di prendere
atto di quanto fosse cresciuto, quanto fosse cambiato. I capelli
castani, divisi in ciocche dal gel, puntavano sparati contro il cielo.
Oltre a diventare più alto, si era fatto molto
più robusto. Il suo viso invece non era particolarmente
attraente, non lo era mai stato, ma i lineamenti erano piacevoli e sul
suo volto brillavano, in quel momento fin troppo ironici, profondi
occhi neri.
-Non sei felice di vedermi?-
Perché mai Jenny avrebbe dovuto essere felice di incontrarlo
se avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di evitarsi quel momento?
Kevin percepì all’istante la scontentezza della
ragazza, la delusione di veder lì lui invece di suo padre.
Il suo atteggiamento scontento, il fatto che lei non gli regalasse
neppure un sorriso e che non lo salutasse, lo infastidì
più di quanto sarebbe stato normale, visto che non si
vedevano, non si frequentavano – non l’avevano mai
fatto – e non si sentivano da anni. La superò,
appoggiò il carico sulla veranda e tornò verso il
furgoncino. Lei rilanciò con un’altra domanda.
-Perché sei qui, Kevin? Questo è il lavoro di tuo
padre.-
Restò discosta a guardarlo scaricare altre scatole. Erano
passati più di quattro anni, forse anche cinque, dal loro
ultimo incontro.
-Gli do una mano. Tu invece cosa sei venuta a fare a Shintoku?- Kevin
le lanciò una seconda occhiata e questa fu tutta
d’apprezzamento. Jenny era stata una bella bambina e adesso
si era fatta una bella ragazza. Una bella ragazza che la sua presenza
aveva reso scontenta e che sembrava mettere a disagio, indecisa se
aiutarlo o meno.
-Sono in vacanza.-
Senza dire nulla, neppure guardarla, la superò per
depositare uno degli scatoloni sulla veranda e lei ne
approfittò per avvicinarsi al furgoncino. Contò
le scatole rimaste, erano solo tre. Kevin aveva finito e nonostante le
convinzioni della nonna, era giusto che avesse fatto tutto da solo
visto che era pagato per sgobbare per il ryokan. Pensandoci bene
però, forse era meglio aiutarlo. Prima finiva e prima si
toglieva di torno. Si protese all’interno
dell’abitacolo, raggiunse una delle ultime scatole, la
tirò verso di sé e la sollevò. Non era
eccessivamente pesante. Quando si voltò Kevin le era
così vicino che per un soffio non gli finì
addosso.
-C’è anche il tuo ragazzo, vero?-
-Sei ben informato.-
-Per forza. Tua nonna lo va sbandierando ai quattro venti! Sembra
così orgogliosa di lui, neanche fosse il presidente degli
Stati Uniti! Oppure sei riuscita a rimorchiare proprio lui in uno dei
tuoi tanti viaggi a New York?-
-Non sei divertente.-
Jenny tornò verso l’edificio, Kevin prese la
penultima scatola, poi la seguì.
-Tu mi piaci ancora.- esordì inaspettatamente, mentre lei
posava il carico sulla veranda.
Jenny si volse a guardarlo attonita.
-Non dire assurdità.-
-Sto parlando sul serio.- la fissò dritta negli occhi,
incurante del peso che gli grava sulle braccia.
-Non ti sono mai piaciuta.-
-Questo lo credi tu. Io non l’ho mai detto.-
-Mi hai sempre ignorata.-
-Sbagli.-
Jenny gli lanciò un’occhiataccia.
-Adesso sono qui con il mio ragazzo!-
-Io ti piacevo!- insistette lui in un modo infantile e ridicolo.
-Secoli fa! Non ricordo più neppure quando! E soprattutto
non riesco proprio a spiegarmi il perché!-
Per accelerare i tempi e mettere fine a una conversazione inopportuna
che stava cominciando a sfiancarla, Jenny gli tolse lo scatolone per
depositarlo sui gradini. Kevin la raggiunse alle spalle prima che lei
si liberasse del carico e la cinse da dietro. Impiegò un
secondo ad accostare la bocca al suo volto, sfiorandole la pelle fredda
dello zigomo con le labbra calde.
-Che direbbe il tuo ragazzo se ti trovasse tra le mie braccia?- la
provocò a voce bassa, respirando il suo profumo, mentre lei
cercava senza successo di sciogliersi dal suo abbraccio.
Una simile, terribile possibilità la terrorizzò.
Spostò gli occhi verso il sentiero che portava alla radura,
tentando nel contempo di scostarsi da lui. Cosa sarebbe successo se
davvero qualcuno l’avesse vista così? O se Philip
fosse tornato all’improvviso?
-Lasciami Kevin! Mollami, accidenti a te!- cercò di voltarsi
per mettere tra loro lo scatolone. Non riuscì a smuoverlo.
Lui la serrava a sé con forza, il volto sprofondato tra i
suoi capelli, le braccia a circondarle lo stomaco.
Così, sostenendo con una mano sola il peso del carico, si
volse di colpo e gli puntò le dita contro il petto.
Riuscì a scostarlo un po’ e insistette con
più forza, appoggiandogli sul torace il gomito
dell’altro braccio. Intanto Kevin rideva e continuava a
tenerla stretta.
Con la stizza che cresceva insieme alla necessità di
toglierselo di dosso, Jenny lo spintonò bruscamente
all’indietro e la scatola le sfuggì di mano. Il
sacrificio del pacco non servì a liberarsi
dall’insistenza del ragazzo. Le permise soltanto di voltarsi
e guardarlo. Kevin le stava appiccicato come una ventosa e a pensarci
bene preferiva la posizione precedente. Certo, si era girata, le mani
del giovane le cingevano la schiena invece che lo stomaco ma era ancora
incollata a lui. Adesso che poteva farlo, lo guardò dritto
in faccia e la collera le intasò il cervello, leggendo nei
suoi occhi puro divertimento. Kevin stava giocando, si stava divertendo
a infastidirla. Ogni parola pronunciata finora dal ragazzo faceva parte
di uno stupido gioco che per lei non aveva senso. Affondò le
dita nel tessuto della giacca a vento fin quasi a lacerarlo con le
unghie.
-La-scia-mi!- scandì.
-Hai un profumo buonissimo, non lo ricordavo.-
Mark si precipitò fuori dal ryokan a testa china, cercando
di sbrogliare la sciarpa dalla chiusura lampo della giacca. Era davvero
in ritardo! Non che gli importasse di arrivare per ultimo, sapeva che
purtroppo non si stava perdendo nulla. Ma i rimbrotti di Hutton no.
Quelli voleva e poteva benissimo evitarli. Era stato l’unico
motivo, questo, che lo aveva spinto ad affrettarsi e adesso che la
sciarpa si era incastrata nella giacca, stava perdendo preziosissimi
minuti per sbrogliarla. Detestava profondamente quel genere di intoppi
perché lo facevano sentire deficiente. Il dramma attuale
consisteva nel fatto che la sciarpa era una creazione di sua madre e se
l’avesse rotta, lei ci sarebbe sicuramente rimasta malissimo.
Si fermò sulla soglia a liberare i fili di lana dai dentelli
di plastica che li stavano lacerando. Poi riprese ad avanzare e solo
per un soffio riuscì a evitare un capitombolo epocale.
Scatole ovunque a intralciare il passaggio. Una, due, tre,
quattro… Smise di contare, i suoi occhi scorsero qualcosa
che gli fece perdere il filo.
Si bloccò sul posto, la giacca ancora aperta per
metà a lasciar penetrare il freddo fino allo stomaco e di
conseguenza, alla scarna colazione non ancora digerita, gli ultimi fili
della sciarpa aggrovigliati nella chiusura lampo che ormai non guardava
più, gli occhi fissi su di loro. La fidanzata di Callaghan
era proprio davanti a lui, tra le braccia di un tizio che non era
Philip, vicini alle portiere spalancate del vano di carico di un
furgoncino bianco, uno davanti all’altra. Le mani di Jenny
erano adagiate sul torace dello sconosciuto, il viso sollevato a
guardarlo. Il ragazzo la stringeva a sé, avvolgendola in un
abbraccio. Non si erano assolutamente accorti di lui.
Mark non seppe cosa pensare e scelse di non pensare affatto. Il
comportamento della ragazza di Callaghan non lo riguardava nel modo
più assoluto e se avesse potuto non vederli sarebbe stato
meglio. Maledetta sfortuna che lo aveva fatto uscire proprio in quel
momento! Si guardò intorno cercando una via di fuga che non
c’era, esattamente come poco prima non l’aveva
trovata Jenny. Suo malgrado fu costretto ad ascoltarli quando loro
ripresero a parlare. E forse fu un bene perché gli
consentì di intuire cosa stesse accadendo.
-Sono anni che non ci vediamo e non mi dai neppure un bacio?-
-Scordatelo, Kevin! E lasciami!-
-Sicura di volerlo?-
-Mi lasci o chiamo i nonni?-
-Perché invece non chiami il tuo ragazzo e me lo presenti?
Sono curioso di conoscerlo.-
L’anonimato di Landers durò il tempo di un
respiro. Tentando ancora di scostarsi Jenny si volse, lo vide e divenne
bianca come un cencio. L’effetto dello spavento la fece poi
arrossire proprio nel modo in cui Callaghan sembrava apprezzare
parecchio. Mark non poté dargli torto perché
l’imbarazzo le donava tanto da fargli quasi dimenticare la
scomoda presenza dello sconosciuto, se solo non lo avesse avuto
così incollato addosso. Perché davanti
all’ingresso? Non voleva saper nulla di loro, e invece fu
addirittura costretto ad avanzare verso i due, fermi proprio sul suo
percorso.
Mentre scendeva in silenzio i gradini, passando accanto alla ragazza
per un istante ebbe quasi la tentazione di scusarsi per averli
interrotti. L’espressione atterrita della giovane lo indusse
a chiedersi se per caso temesse che andasse a spifferare tutto a
Philip.
Jenny non riuscì a distogliere gli occhi da quelli di Mark,
mentre un terrore puro le faceva accelerare i battiti del cuore. La sua
voce vacillò, la preoccupazione le fece salire un nodo in
gola, Mark lo avrebbe detto a Philip e lui si sarebbe infuriato.
Piegò i gomiti e tentò di allontanarsi. Doveva
assolutamente liberarsi dalla stretta di Kevin. Quando
parlò, la sua voce ebbe un sussulto.
-Non… Non è quello che sembra.-
-Disse la moglie al marito tradito. È lui il tuo ragazzo?-
-Kevin, lasciami accidenti a te!-
Mark era esterrefatto. Cosa sarebbe successo se fosse stato Callaghan a
uscire dal ryokan e ad assistere a quella scena?
-Allora? È lui?- insistette Kevin testardo.
Jenny si guardò bene dal rispondergli. Che lo pensasse, se
voleva. Purtroppo però il sollievo di non avere di fronte
Philip non riuscì a scacciare il terrore di essere stata
sorpresa tra le braccia del suo ex compagno di scuola. Cercò
di nuovo di scostarsi. Che Mark li avesse visti era già un
disastro ma se per uno sfortunatissimo caso Philip fosse tornato al
ryokan proprio in quel momento e li avesse trovati così,
sarebbe successo il finimondo. Si volse di scatto e gli
mollò una gomitata nello stomaco.
Il ragazzo la lasciò all’istante.
-Mi hai fatto male!-
Jenny indietreggiò fino a mettersi al sicuro accanto a Mark.
Lui la guardò ancora incerto.
-Chi è? Un tuo amico?-
-Un ex amico.-
-Ex amico!- fece eco Kevin sgomento, indirizzando sul nuovo arrivato lo
scontento di una risposta che non gradì -Tu chi saresti
invece? Quell’imbecille del suo ragazzo?-
-Per tua fortuna no, altrimenti ti avrei già spaccato la
faccia. Jenny, ti sta dando fastidio?-
-Certo!-
-Lo immaginavo.- guardò Kevin -Hai bisogno di aiuto per
toglierti dai piedi o ce la fai da solo?-
Jenny apprezzò moltissimo il tono minaccioso di Mark. Era
proprio quello che ci voleva per far sparire Kevin, visto che finora
non le aveva dato retta. A guardar bene, che l’amico fosse
arrivato non era poi soltanto una tragedia. Bastava convincerlo a non
riferire a Philip ciò che stava accadendo. Guardò
di nuovo Kevin, i suoi occhi erano pieni di collera e scontento ma
ancora non se ne andava. Perché? Perché restava
piantato lì a guardarli? Cos’altro voleva?
Li osservò entrambi, i due ragazzi, prima uno e poi
l’altro. Mark svettava sul suo ex compagno di scuola ed era
fisicamente più imponente. Purtroppo però anche
Kevin non era più un discolo delle elementari e pareva molto
più infuriato di Landers, che si limitava a guardarlo con
fastidio e sufficienza.
Jenny fece un passo avanti, per ribadire il concetto appena espresso da
Mark.
-Qui non sei il benvenuto, Kevin. È meglio se vai.-
Il ragazzo la fissò furente, non poteva scacciarlo. Era
Jenny l’intrusa, lì! Non lui! Quello era il suo
territorio, Jenny soltanto un’estranea che trasferendosi
altrove, aveva abbandonato Shintoku rinunciando al diritto di essere
considerata una di loro. Adesso non poteva tornare al ryokan e
pretendere di punto in bianco di dettar legge. Lui non lo avrebbe
permesso. Mentre macinava questi pensieri, recuperò
l’ultima cassa e la depositò davanti
all’ingresso.
Jenny e Mark lo osservarono richiudere le portiere posteriori del
veicolo, girargli intorno e, con sollievo lei e pienamente soddisfatto
lui, prepararsi a salire a bordo. Ma non lo fece. Tornò
inaspettatamente da loro e si piantò davanti a Jenny.
-Tra noi due non finisce qui!-
Mark si sentì rimescolare più di lei.
-Cos’è, una minaccia?-
Kevin spostò lo sguardo dall’una
all’altro. L’intervento e la strafottenza di quello
sconosciuto gli urtarono i nervi già tesi allo stremo dal
diverbio con la ragazza.
-Chi cazzo sei tu? Non devi immischiarti!-
Fu un gesto puramente istintivo quello che lo portò a
serrare le dita della mano destra. In quel medesimo istante accaddero
tre cose contemporaneamente. Kevin scagliò il pugno, Mark si
tirò di lato per sottrarsi alla traiettoria e Jenny si mise
tra loro, nell’estremo e incosciente tentativo di impedire
che il colpo arrivasse a destinazione.
D’istinto chinò la testa e sollevò le
braccia per ripararsi il viso da un pugno che se fosse andato a segno
l’avrebbe stesa a terra con il naso fratturato. Superato lo
sgomento, Landers la tirò indietro mentre Kevin correggeva
per un soffio la traiettoria del colpo. Il risultato di tutti questi
movimenti convulsi, fu che Mark si prese in faccia un pugno che avrebbe
facilmente evitato.
La violenza dell’urto lo catapultò addosso a
Jenny. Con la vista annebbiata dal dolore, si portò una mano
al viso e sbatté le palpebre un paio di volte per scacciare
i punti scuri che avevano improvvisamente saturato l’aria.
Mark poté mettere a fuoco Kevin solo nel momento in cui
saliva sul furgone e sbatteva la portiera. L’infame bastardo
fuggì sotto i suoi occhi e lui non poté fare
nulla per impedirglielo.
-Maledetto stronzo!- gridò alla neve sollevata dalla
rabbiosa manovra della vettura che imboccava la strada e spariva dietro
la curva, slittando sul ghiaccio.
-Ha avuto paura ed è fuggito!- gridò ancora ai
fiocchi che si depositavano a terra, lo zigomo dolorante che bruciava
da morire. Si rivolse a Jenny furibondo -Come ti è saltato
in mente di metterti in mezzo?-
Lei indietreggiò, consapevole del fatto che proprio la sua
manovra azzardata aveva consentito a Kevin di colpire Mark. Se fosse
rimasta al suo posto, ciò non sarebbe accaduto.
-Mi dispiace, io non...-
-Pensavi davvero che mi sarei fatto picchiare? Per chi diavolo mi hai
preso? Guarda a cosa è servito il tuo intervento! A farmi
prendere a pugni dal primo cretino di passaggio!- tacque soltanto per
riprendere fiato mentre continuava a fissarla stravolto
dall’ira.
L’arrivo di Patty fu provvidenziale.
-Mark, stai bene?-
Lui e Jenny si volsero all’unisono. La ragazza era davanti
all’ingresso e Jenny fu sollevata di vederla. La collera di
Mark sembrava incontenibile e non era preparata ad affrontarla.
-Benissimo! Grazie a Jenny sto una favola!-
-Non volevo che ti picchiasse!-
-Ed è esattamente ciò che hai fatto succedere!-
Jenny non sapeva più cosa dire per fargli capire quanto la
addolorasse ciò che era appena accaduto. Sollevò
una mano verso la sua guancia arrossata e lui le allontanò
brusco le dita, costringendola ad abbassarla.
-Lascia stare, non è niente.- ringhiò furioso,
maledettamente furioso.
Non solo quel bastardo lo aveva picchiato senza consentirgli di
ricambiare la cortesia, ma era accaduto davanti agli occhi delle amiche
che avrebbero potuto riferirlo agli altri. Già immaginava
quante risate si sarebbe fatto Price alle sue spalle. E Callaghan lo
avrebbe guardato incredulo, provando la curiosità viscerale
di sapere chi fosse riuscito ad arrivare così facilmente
alla sua faccia, visto che della nazionale soltanto lui e quel
portierucolo da strapazzo ci erano riusciti – sempre
ricambiati, s’intende. Era umiliante, maledizione! Era
dannatamente umiliante! Se solo Jenny fosse rimasta al suo posto!
-Mi dispiace davvero, sono mortificata.-
Landers ne ebbe abbastanza di inutili scuse che non avrebbero
cancellato l’onta subita. Per quante ancora gliene facesse,
lo zigomo gli pulsava e la vergogna restava. Si volse per andarsene ma
lei lo afferrò per la manica del giubbotto. Maledizione
quant’era ostinata!
-Per favore…- lo guardò supplichevole -Non dire
nulla a Philip.-
Mark annuì senza doverci neppure pensare. Figuriamoci se
voleva che i compagni sapessero che si era lasciato prendere a pugni da
un cretino qualunque. Meglio tacere, per il bene suo e di tutti, tanto
quello non era certo l’amante segreto della fidanzata di
Callaghan. Si liberò dalla sua stretta e si
allontanò seguendo la freccia rossa, la prima a indicare il
percorso fino alla radura.
-Mark!- gli gridò Patty -Mettici un po’ di neve!-
Il ragazzo sparì tra gli alberi senza voltarsi e senza
rispondere. Ma più avanti si fermò, raccolse una
manciata di neve e se la premette sullo zigomo. Provò un
improvviso sollievo, Patty aveva avuto ragione anche se lui avrebbe
dovuto pensarci da solo.
Bruce lo vide per primo sbucare dagli alberi.
-Finalmente! Come mai ci hai messo tanto?-
-Ti rendi conto di che ora è, Mark?- gridò Holly
scontento.
Julian lo osservò con più attenzione e
notò il volto arrossato.
-Cos’hai fatto in faccia?-
-Ma basta! Cos’è? Un interrogatorio? Per sbrigarmi
ho urtato contro uno scaffale!-
Bruce si accostò.
-Sai che gli incidenti domestici sono quelli che causano più
morti?-
-E tu sai che al secondo posto ci sono gli omicidi?-
-Con te non si può mai scherzare!-
-I tuoi scherzi fanno vomitare!-
-Continuiamo, per favore? Benji, torna in porta!-
-Non chiamarla porta, Holly!- sbottò il portiere, avviandosi
mestamente verso quegli alberi ridicolamente uniti dal lenzuolo che
aveva preso a odiare più del ritiro.
Dopo che Mark fu sparito, Patty si rivolse a Jenny.
-Chi era quel ragazzo? Che ci faceva qui?-
-Lui è…- esitò mentre si lasciava
cadere seduta sui gradini dell’ingresso, tra gli scatoloni
che aspettavano con pazienza che qualcuno li portasse dentro.
Patty si sedette al suo fianco curiosissima. Mentre si lavava i denti
aveva assistito per puro caso dalla finestra del bagno a tutta la
scena. Aveva visto Jenny parlare con il ragazzo sconosciuto, poi
l’aveva vista aiutarlo a scaricare il furgoncino e infine
aveva visto lui prenderla tra le braccia. Era rimasta a bocca aperta e
la curiosità l’aveva spinta a raggiungerli,
arrivando un istante dopo Mark.
Jenny ricominciò a parlare dopo aver tirato un gran respiro.
-Prima che mi trasferissi a Furano ho abitato per alcuni anni al ryokan
con i nonni. Kevin ed io andavamo alla stessa scuola elementare, del
resto a Shintoku ce n’è solo una, e lui mi
piaceva.- fu dura ammetterlo. A disagio allungò un piede,
scavando un solco nella neve ormai calpestata e sporca -Lui
è sempre stato uno sbruffone, tale e quale a ora. Il fatto
che mi piacesse gli serviva per farsi bello davanti ai compagni,
soprattutto perché non ero l’unica ad andargli
dietro. Per il resto mi prendeva in giro e mi scherniva in
continuazione. Mi tirava i capelli, mi nascondeva la cartella, mi
rubava le penne… Era con tutti così prepotente
che quella stupida infatuazione di bambina è svanita in poco
tempo. Ma lui ha continuato a comportarsi come se mi piacesse ancora e
andava in giro a dirlo a tutti. Persino ai nonni. Mezza Shintoku era
convinta addirittura che ci frequentassimo.- sospirò -Dopo
il secondo anno delle medie, sono andata ad abitare a Furano con i miei
e non l’ho più visto.-
-Sa che stai con Philip?-
-Sì.-
-E Philip sa di lui?-
-Certo che no! Kevin è passato, dimenticato, sepolto
già dalle elementari. Non pensavo neppure di incontrarlo.
Anzi, lo speravo in realtà.- arrossì e dopo un
attimo di esitazione continuò, guardandola negli occhi -Non
posso proprio dirglielo, mi vergogno da morire! Kevin è uno
stupido pallone gonfiato. Non riesco neppure a immaginare cosa mi
piacesse di lui.- scosse di nuovo la testa -Non posso parlargliene,
è troppo imbarazzante.- si alzò e
osservò gli scatoloni accantonati intorno a loro.
Patty seguì il suo sguardo.
-Serve una mano?-
-Magari…-
-Andiamo a vedere se Evelyn e Amy ci possono aiutare.-
Rientrarono insieme e un attimo prima di imboccare le scale Patty
fermò l’amica, posandole una mano sul braccio.
-Quel ragazzo sarà anche uno stupido pallone gonfiato,
però fisicamente non è proprio da buttare.-
-Sì, è l’unica cosa che ho notato. Ma
se l’aspetto fisico rispecchiasse la sua anima, sarebbe un
mostro!-
-Proviamo i tiri in porta.-
Holly sistemò meglio i guanti di lana sulle dita
disperatamente congelate. Si allenavano da più di
un’ora eppure non riusciva a scaldare le mani.
Benji annuì, livellò con cura la neve con i piedi
e calcò il cappellino sulla testa.
-Quando vuoi.-
-Non tu, Bruce.-
Quello si volse, più scioccato che sorpreso.
-Io?-
-Mettiti in porta, coraggio.-
A quel punto lo sconcerto lasciò il posto alla
preoccupazione. Oltre all’ordine, anche
l’espressione del capitano non gli piacque. Esitò
a ubbidirgli.
-Perché Bruce in porta?-
La pazienza di Holly ebbe un leggero cedimento.
-Perché ho deciso che oggi si fa a turno, Julian!
È davvero necessario discutere su ogni cosa che vi dico? A
Gamo ubbidite senza far storie!-
-Tu non sei Gamo.-
Holly lanciò a Bruce un’occhiataccia.
-Grazie per la precisazione, era fondamentale. Adesso fai come ti ho
detto e mettiti in porta.-
Il prescelto avanzò tra i ragazzi timoroso e raggiunse il
lenzuolo strascicando i piedi sulla neve.
-Tirate piano per favore.- si raccomandò.
Holly depositò il pallone a terra e si rivolse ai compagni
intorno a lui.
-Chi vuole tirare per primo?-
-Io.-
Philip si fece avanti e Bruce lo guardò in ansia. Avrebbe
preferito Tom a Philip, ma tutto sommato era meglio Philip di Mark, che
provava un piacere sadico a calciare in faccia alle persone, e lui
svariati tiri di Landers li aveva presi già addosso sia alle
elementari che alle medie. Non era stato per nulla piacevole.
-Per favore, piano e con attenzione. Se mi faccio male chi pensa alla
difesa?-
-Non farti scrupoli, Callaghan.- rise Benji -C’è
sempre quella testa di granito di Yuma.-
Philip indietreggiò di qualche passo, prese una breve
rincorsa e calciò un bolide rasente. Fendendo la neve e
sollevandola a spruzzi, la palla raggiunse la porta. Bruce non si
preoccupò affatto di indovinare la traiettoria presa dal
pallone. Non appena il tiro di Philip partì, lui si
gettò di lato piegato in avanti, la testa al sicuro tra le
braccia sollevate. Il suo tentativo di proteggersi fu inutile e
servì soltanto a spazientire il capitano perché
la sfera non lo sfiorò. Diretto rasoterra oltre le sue
gambe, il pallone si insaccò nel lenzuolo.
-Bruce! Che accidenti fai? Non devi chiudere gli occhi!-
-Sei matto, Holly? E se mi prendete in faccia?-
-Come se fosse la prima volta…- commentò Mark
facendoli ridere.
-E quando mai i tiri di Philip sono alti? Dimmelo Bruce! Hai mai visto
un tiro di Philip arrivare ad altezza occhi?-
Il ragazzo dai tiri scontati si volse sgomento verso il capitano. Non
gli piaceva essere prevedibile, così decise che al prossimo
giro avrebbe mirato un po’ più su.
Benji si avvicinò al pallone
-Tra i pali non è mai morto nessuno, almeno non ancora.
Vado, Holly?-
-Vai.-
Harper si gettò lontano, rifugiandosi terrorizzato sul lato
opposto del lenzuolo. Benji lo guardò sgomento
perché, nonostante tutto, era riuscito a intuire la
direzione che avrebbe preso la palla, gettandosi esattamente dalla
parte opposta.
Holly pestò la neve innervosito.
-Bruce! Cerca di essere serio e impegnati a prendere la palla!-
-È più facile per Harper riuscire a parare, che
prendere qualcosa sul serio.-
Accanto a Mark, Tom rise.
Il ragazzo in porta si tirò in piedi e si ripulì
gli abiti dalla neve.
-Sono serissimo! Perché accidenti non capisci quanto sia
pericoloso stare al mio posto? Holly! Li conosci perfettamente, questi
qui! La tua idea balorda sta soltanto scatenando la loro vena
più sadica!- li indicò e il capitano
seguì scettico il suo gesto.
Accanto a lui Philip fischiettava in sordina, le mani in tasca e gli
occhi sui rami più bassi degli alberi ricoperti di neve.
Benji aveva sollevato leggermente la visiera del cappellino e osservava
con interesse la scia di un aereo che aveva appena solcato il cielo
della radura. Mark invece si esaminava critico la sciarpa, tirando qua
e là qualche filo allentato. D’altro canto, Julian
e Tom ricambiarono serenamente il suo sguardo.
Bruce continuò sulla sua tragica strada.
-Sai meglio di me che nessuno di loro si farà scrupoli a
mirarmi addosso! Ma se hai deciso di sacrificarmi fai pure. Sei tu il
capitano e io non posso che ubbidire!-
Holly fu costretto a valutare la possibilità che Bruce
avesse ragione, ma prima che riuscisse a trovare una via
d’uscita dall’inghippo in cui aveva ficcato se
stesso e il compagno, Philip, stanco di tutte quelle lagne, si fece
avanti.
-Ho capito, vado io in porta.- raggiunse il lenzuolo mentre
l’altro se la svignava.
-Allora tocca a me.-
Mark posizionò per bene il pallone tra la neve e si
allontanò per prendere la mira e la rincorsa. Avrebbe
colpito con forza per vendicarsi in un’unica volta di tutto,
dalla sconfitta del bagno al pugno che s’era beccato per
colpa di Jenny.
-Non voglio guardare…- Bruce si coprì gli occhi
con le mani -Non voglio vedere brandelli di Philip sparpagliarsi per
tutta la radura.-
-Fatti sotto, Landers.-
-Stai in guardia, Callaghan!-
La tensione salì al massimo mentre i due sfidanti si
valutavano a vicenda, l’uno determinato a parare a tutti i
costi e l’altro a centrarlo in pieno. La decisione di
fermarli prima che qualcuno si facesse male sul serio si
palesò in Holly troppo tardi. Mark stava già
prendendo la rincorsa.
Calciò un tiro così potente che la sfera
schizzò verso la porta fendendo l’aria con un
sibilo e piombò dritta tra le braccia di Philip senza che
lui dovesse fare un solo passo per intercettarla. La parata fu
splendida fin quando la palla non slittò sulla lana
ghiacciata dei guanti e gli finì con crudele violenza in
pieno stomaco. L’urto lo lasciò senza fiato.
Bruce piagnucolò impressionato.
-E pensare che al suo posto avrei dovuto esserci io!-
L’iniziale espressione sofferente di Philip si
trasformò subito in un sorriso trionfante.
-Ha ragione Price! Parare i tuoi tiri è un gioco da
ragazzi!- lanciò il pallone verso Holly e una nuova fitta
gli sconquassò lo stomaco -Chi è il prossimo?-
-Io.-
-Mark, hai già tirato.-
-Ho diritto a una seconda possibilità. Holly!-
-Hai sprecato la tua occasione.- lo fermò il capitano. Per
quel giorno ne aveva già abbastanza di lui -Vai in porta.-
Mark sembrò percepire nel suo tono un velo di esasperazione
e quella fu una delle rare volte in cui gli diede ascolto senza
protestare. Si avvicinò al lenzuolo e rise quando vide che
Philip si allontanava barcollando leggermente.
-Non ti ho fatto male, vero?-
Il tiro di Julian volò alto sopra la testa
dell’improvvisato portiere e si insaccò nel
lenzuolo alle sue spalle.
-Mi è sembrato di vedere Warner.- lo schernì
Benji -Voi della Toho siete tutti della stessa pasta.-
scostò bruscamente Philip che aveva recuperato la palla e si
stava preparando a tirare -Fatti in là…-
Mark si prese addosso il tiro di Benji pur di pararlo a tutti i costi.
Per un istante l’aria gli mancò e
boccheggiò sgomento, fissando il portiere negli occhi.
Maledetto bastardo, l’aveva fatto apposta! Mentre lo pensava,
la palla gli sfuggì dalle mani, rotolò tra la
neve e andò ad appoggiarsi addosso al lenzuolo.
Philip prese la mano di Benji e gliela strinse entusiasta, agitandola
su e giù con foga.
-Ottimo tiro, davvero stupendo! Hai una mira incredibile! Potreste
persino scambiarvi i ruoli, voi due!-
Holly guardò i compagni a bocca aperta. Non seppe che dire
di tutto ciò. Quello che aveva pensato essere un ottimo
allenamento, si era di colpo trasformato in una pericolosissima
esercitazione di tiro al bersaglio.
Più tardi, all’ora di pranzo, Jenny
seguì con lo sguardo l’incedere di Philip in
cucina.
-Ti sei fatto male?-
-Ha preso una pallonata nello stomaco.- Bruce girò intorno
al tavolo per raggiungere la propria sedia -Come hai fatto a capirlo?-
-Intuito. Chi è stato? Mark?-
-Jenny, sei una veggente o cosa?- Harper la guardò
strabiliato mentre prendeva tra le mani la tazza di tè
bollente. Le sue dita cominciarono finalmente a scongelarsi -Sai dirmi
anche chi vincerà i prossimi mondiali?-
-Il Giappone.- rispose lei senza esitare.
-Questa era facile.- sorrise Mark scostando la sedia abbastanza stanco.
Mentre la guardava, ricordò d’un tratto la scena a
cui aveva assistito alcune ore prima davanti all’ingresso del
ryokan.
Per Jenny fu ancora più naturale cercare sul suo volto le
tracce lasciate da Kevin. Si chiese se ne avesse fatto parola con il
fidanzato, infrangendo la promessa. Decise di no, perché
altrimenti Philip le avrebbe chiesto spiegazioni prima ancora di
mettere piede in cucina.
Si volse e lui, che aveva notato lo scambio di sguardi, le prese una
mano e la strinse quasi a voler rimarcare la propria presenza al suo
fianco.
-Tutto bene?-
-Sì, ma per favore cercate di non farvi male.-
Amy riempì di riso le ciotole che Evelyn aveva cominciato a
porgerle. Bruce cincischiò con le bacchette, in attesa di
essere servito, poi riesumò un’idea splendida.
-Dopo andiamo a pattinare?-
Benji per poco non si strozzò con il tè.
-Quindi anche tu non hai ancora capito che non siamo qui in vacanza.-
-Anche? Chi altri con me?-
-L’ho spiegato a Jenny giusto due giorni fa.-
La guardò mentre Philip si trovava improvvisamente a pendere
dalle labbra del compagno, sperando finalmente di dissipare quel velo
di mistero che avvolgeva la conversazione svoltasi tra la fidanzata e
il portiere all’insaputa di tutti e lontano da lui.
Jenny ne aveva cento di cose da dire e mille da rispondere ma, guarda
un po’, erano precisamente al terzo giorno, quello della
decisione, e temeva di pronunciare anche solo una sillaba. La stessa
che avrebbe fornito a Benji la scusa definitiva per andar
via.
Philip rimase a bocca asciutta, perché ogni accenno alla
famosa conversazione terminò lì. La colpa fu
anche di Mark, a cui non interessava nulla di Jenny e Benji ma era
terrorizzato di dover posare sul ghiaccio anche soltanto la punta di un
pattino.
-Non sei stanco, Harper? Di solito dopo gli allenamenti non ti reggi in
piedi.-
Jenny seguitò a guardare Benji ansiosa, perché
temeva fortemente che ciò che stava per proporre avrebbe
peggiorato i rapporti incerti tra lei e il portiere. Ma che poteva fare
se non tentare? Porse ad Amy la ciotola di Philip affinché
l’amica la riempisse di riso, poi azzardò la
proposta.
-La nonna mi ha regalato una decina di biglietti omaggio per le piste
da sci di Tomamu. Volete andarci?-
-No, grazie.- Mark impiegò un decimo di secondo a
rispondere, giusto il tempo di rendersi conto di essere passato dalla
padella nella brace. Non sapeva pattinare come non sapeva sciare
perché non aveva mai fatto nessuna delle due cose.
*
Bruce sedeva sul pullman accanto a Evelyn, ma di lei riusciva a
scorgere soltanto quelle ciocche di capelli che, sfuggite alla coda con
cui li teneva quasi sempre legati, le scendevano lisci ai lati del
viso, lasciando allo scoperto la punta di un piccolo orecchio rosa che
spuntava tra le ciocche. La ragazza osservava incantata il paesaggio
lunare che scorgeva dal finestrino. Erano in viaggio da quasi
un’ora tra desolate e ripide montagne innevate. Non
attraversavano più centri abitati ormai da parecchi
chilometri, ma solo piccoli gruppi di case con il tetto di legno
ricoperto di neve, sperdute nell’immensità della
natura addormentata tra viottoli ghiacciati e alti pali della luce.
-Manca tanto?-
Jenny emerse dalle spalliere dei sedili davanti e Bruce
apprezzò molto il suo sorriso.
-Ci siamo quasi.-
-Lo spero proprio o arriveremo che è già buio.-
Mark, seduto accanto a Tom, li udì ma tenne gli occhi fissi
sul finestrino che si appannava a ogni respiro. Per poter
continuare a guardare fuori, ogni tanto lo ripuliva con la manica della
giacca.
-Anche se stiamo poco cosa ce ne importa? Andiamo gratis.-
-Sei sempre il solito spilorcio. Non hai fatto storie solo per questo
motivo. Scommetto che non sai sciare.- udì dire Benji dalla
sua postazione solitaria, davanti a Holly e Patty. L’autobus
era semivuoto e il portiere ne aveva approfittato per mettersi comodo
su due sedili.
-E tu sai farlo, Price?-
-Certo, anche con lo snowboard.-
Mark per il nervoso si sarebbe mangiato le mani.
-Se il posto vi piace potremo tornare.- disse Philip.
Circondò la vita di Jenny con un braccio riportandola
accanto a sé.
-Gli piacerà.- sorrise lei convinta. Tomamu era la migliore
stazione sciistica di tutto l’Hokkaido o forse addirittura di
tutto il Giappone. Gli amici sarebbero rimasti strabiliati da
ciò che offriva.
Bruce se ne stette per un po’ in un silenzio annoiato, poi si
volse indietro.
-Che fine ha fatto Julian? È da quando siamo partiti che non
si vede e non si sente.- si sporse nel corridoio, non riuscì
a vederlo e lo chiamò.
-Avrà da fare, non disturbarlo.-
Il viso di Amy si affacciò dalle ultime file, le guance
arrossate d’imbarazzo o da ciò che, insieme,
stavano facendo. Vallo a sapere. Gli lanciò
un’occhiataccia, poi gli mostrò la lingua e
tornò a nascondersi dietro il sedile. Benji rise.
-Non tutti sono impazienti di arrivare.-
Il pullman si arrestò in un immenso parcheggio al centro di
una valle racchiusa da massicci e suggestivi picchi rocciosi ricoperti
di neve. Ai piedi delle montagne, dove finivano le conifere imbiancate,
sorgeva un centro sciistico super attrezzato per il quale era stato
edificato a poco a poco ogni tipo di edificio. Seggiovie e skilift
partivano dagli impianti collocati sul pianoro e percorrevano le
montagne per tutta la loro altezza. Casette e cottage in travi di legno
con i tetti ricoperti di neve, si affiancavano a edifici in
cemento a più piani, appartamenti, baite, alberghi.
Ristoranti, bar, negozi, locali di ogni genere rendevano quel luogo un
vero e proprio paradiso super attrezzato a uso e consumo degli
sciatori. Il pezzo forte di tutta la valle, ciò che si
scorgeva a chilometri di distanza, era rappresentato dai quattro
imponenti grattacieli, due per ogni hotel, che svettavano contro il
cielo azzurro come lunghi chiodi piantati sulla superficie liscia di un
muro intonacato.
Holly scese dal pullman guardandosi intorno così
meravigliato che incespicò sull’ultimo gradino.
-Non credevo di trovare un posto simile quassù.-
-Tomamu è la stazione sciistica più famosa
dell’Hokkaido.- lo informò Philip -La sera
dà il meglio di sé, tra un po’ vedrete
che spettacolo!-
-Cosa sono quelle torri?- chiese Amy curiosa.
Se si tralasciava lo sgarbo inflitto alla natura incontaminata,
c’era da ammettere che due di esse erano persino decorative.
Sembravano essere state edificate da un bambino con i mattoncini lego:
verdi e bianchi con qualche spruzzata di rosso su una e bianchi e grigi
sull’altra, con punti rossi verso il cielo.
-Hotel.- spiegò Jenny -Le suite sono meravigliose.-
-Ci sei stata?-
-Le ho viste su internet.-
Philip la prese per mano incamminandosi sulla via principale che si
snodava verso le piste, fiancheggiata da negozi, ristoranti e bed and
breakfast da cui entravano e uscivano una miriade di persone.
Benji aveva sempre creduto che l’Hokkaido fosse
press’a poco disabitato. Che la maggior parte degli esseri
viventi autoctoni fossero lupi e orsi, oltre a Callaghan e alla sua
squadra di calcio. Con il freddo glaciale che si scatenava in inverno,
chi poteva mai desiderare di vivere in un posto simile? Ma adesso, di
fronte a quel brulichio di umanità, stentava ad accettare la
presenza di tutta quella gente, neanche fossero a Shibuya alle quattro
di un sabato pomeriggio. Mentre si guardava intorno, frastornato dalla
folla che l’aveva colto impreparato, quasi urtò
una donna che trascinava per mano un bambino in lacrime. Si
scostò, finendo proprio sotto un tabellone riportante una
mappa del luogo, affisso su due pali piantati nella neve. I suoi occhi
abbracciarono con interesse le piste da sci, associando a ciascuna il
numero e il nome che le indicava sulla legenda sotto il disegno. Alcune
sembravano fantastiche, veramente da sballo. Trovò persino
quelle riservate agli acrobatici snowboard. Se avesse potuto
anche solo farci un salto per dare un’occhiata, magari con
Callaghan che era più pratico del luogo… Lo
cercò e si accorse di essere rimasto indietro. Raggiunse
Jenny che camminava accanto al fidanzato e prima di tutto
sondò le intenzioni di lei.
-Dove stiamo andando?-
La giovane scorse sul suo viso tracce di entusiasmo e capì
all’istante che portarlo a sciare era stata la scelta giusta.
Fu con un sorriso di immensa felicità che indicò
un’insegna più avanti, su cui brillava a lettere
rosse una pacchiana scritta in inglese.
-“AstroBalls”?- lesse Bruce quando raggiunsero
l’impianto -Quali “balls”? Non vedo
nessun tipo di “balls”.-
Philip, fortemente stranito dal sorriso entusiasta che Jenny aveva
dedicato al portiere un attimo prima, si rivolse brusco al compagno.
-Che te ne frega, Harper?!-
-È solo curiosità.-
-Allora lascia perdere.-
Al contrario, Bruce preferì insistere.
-Secondo voi si tratta di palle di neve?- domandò a Tom,
Holly e Julian che gli erano più vicini.
-Più probabile che siano palloni da calcio.-
sbuffò Amy, si staccò dal fidanzato e si
avvicinò a Patty. Insieme raggiunsero Jenny, che chiedeva
informazioni all’entrata del locale, una specie di
supermercato a due piani, con l’insegna sgargiante che
occupava una buona parte della facciata.
-Smettila, Bruce.- lo redarguì Julian.
-Non posso sapere di che palle si tratta?-
Philip si spazientì.
-Sono le sfere che ti riempiono il cervello quando insisti con i tuoi
ragionamenti idioti!-
-Veramente le mie astroballs sono da tutt’altra parte.-
Patty era troppo poco lontana per non udirlo.
-Adesso che l’ha detto sarà contento.-
-Immagino di sì.- concordò Amy -Cominciamo a
entrare. La conversazione sta chiaramente degenerando e non ho
nessunissima intenzione di ascoltare le loro solite e scontante
allusioni maschili di dubbio gusto. Quando ero manager della Mambo ne
ho sentite a sufficienza.-
-A chi lo dici…- sospirarono in coro Patty, Jenny ed Evelyn
scoppiando a ridere insieme.
Holly lanciò un’occhiataccia a Bruce e le
seguì con Tom e Julian.
-Coraggio Harper, scatenati adesso che siamo solo noi quattro. Come
vedi l’argomento non è gradito.- lo
sollecitò Benji, annoiato anche lui dalle sue battute.
-Certo che non è gradito!- protestò Philip
-È sempre il solito maniaco!-
-Maniaco?- saltò su Bruce, stavolta offeso sul serio -E
allora a cosa avete pensato voi quando avete letto
l’insegna?-
Mark lo guardò sprezzante.
-Non mi sono posto il problema!-
-Perché tu non capisci l’inglese.-
Landers avrebbe voluto restituire a Price la battuta con tutti gli
interessi, ma l’arrivo di Holly glielo impedì.
-Che fate? Restate in strada?-
-Tu e le tue “balls”…-
borbottò Philip affrettandosi a raggiungerlo.
Il negozio del noleggio dell’attrezzatura sciistica era
immenso ed esibiva su due piani tute da neve, scarponcini, sci,
snowboard, caschi, occhiali da sole e racchette di ogni forma e colore.
Ma c’erano anche una grande quantità di creme
solari, creme abbronzanti, burri di cacao di tutti i gusti, creme per
la pelle spaccata dal freddo o cotta dal sole. Tè, infusi,
tisane, maglieria intima di lana, jeans a prova di neve, doposci di
tutti i colori, custodie di sicurezza per i cellulari, un intero
scaffale di microtelecamere da fissare sul casco per riprendere le
proprie acrobatiche performance e quelle degli amici. Oltre ai bagni,
ai camerini e alle poltroncine sparpagliate tra gli articoli in vendita
e a noleggio, c’erano una bella scelta di distributori
automatici di bevande calde, un bar e un angolo souvenir.
-Non ho mai visto niente di simile.- Amy si guardava intorno entusiasta
-Neppure nella pista artificiale di Tokyo c’è un
tale assortimento.- vide Benji passarle accanto senza notarla, lo
sguardo avvinto da tutto ciò che lo circondava. Scostandosi
da Julian che studiava l’esposizione di sci maschili, prese
Patty per mano e la trascinò con sé verso una
delle commesse.
-Quali affittiamo?-
-Non ne ho idea, Amy. Non ho mai sciato in vita mia.-
Passando in quella parte di negozio, Holly colse Benji a osservare gli
snowboard con occhi illuminati da interesse e desiderio. Senza pensarci
un attimo, lo prese per un braccio e lo trascinò via.
-Scordatelo, è troppo pericoloso.-
-Il pericolo è lo stesso degli sci, se non sei capace.-
-Vieni via e pensa a qualcosa di più ordinario e meno
spericolato.-
-Sono sicuro che Philip sarebbe d’accordo con me a...-
-Non azzardarti a mettergli in testa un’idea simile!-
Jenny lanciò un’occhiata al fidanzato che si
aggirava insieme a Tom tra gli espositori, poi individuò un
paio di sci lilla e azzurri che erano un incanto. Si
avvicinò per osservarne il grazioso motivo decorativo con
fiocchi di neve argentati, quando la sua attenzione venne catturata da
Bruce in piedi accanto a una colonna, che si guardava intorno
intimidito ed esitante. Al contrario Evelyn, al suo fianco, fremeva di
entusiasmo.
-Bruce, dai!-
-Neanche per sogno. Voglio tornare a casa tutto intero. Se proprio ci
tieni vai pure, io no.-
-E cosa farai nel frattempo?-
-Esplorerò i dintorni. Tra bar e negozi non mi
annoierò di certo.- si mise le mani in tasca e
spostò gli occhi su Jenny che si avvicinava.
-Non so sciare e non vengo con voi.- l’anticipò,
prima che lei tentasse, con il suo bel faccino, di fargli cambiare
idea. Non era detto che non ci riuscisse, Bruce era perfettamente
consapevole delle proprie debolezze.
-Puoi imparare a farlo, se vuoi ti do una mano.-
Appunto.
-Apprezzo il tentativo e non dimenticherò
l’offerta ma preferisco fare un giro. Mi sembrano molto
più interessanti i dintorni di una distesa di neve su cui
potrei farmi male.-
Mezz’ora più tardi erano in marcia verso la
seggiovia e Bruce era sparito da qualche parte. Notando che avanzava
per ultimo, incerto e pensieroso, Jenny si accostò a Mark.
Il ragazzo teneva gli occhi sollevati oltre i tetti degli edifici,
sulla distesa bianca delle piste da sci, punteggiate da alberi scuri
lungo i bordi. Dai capannoni di partenza, entravano e
uscivano una miriade di sciatori. I seggiolini vuoti venivano
giù dondolando e dopo aver preso il loro carico, risalivano
lenti la montagna.
-Non hai mai sciato, Mark?-
-No.-
-Preferisci restare qui?-
Lui si volse e la fissò. Cosa gli stava proponendo? Di
rimanere a valle in compagnia di quell’imbranato di Harper?
Loro due soli? Neppure a pensarci! Ormai era in ballo, tanto valeva
seguire gli altri lassù, poi in qualche modo sarebbe
risceso.
Si misero in coda per la seggiovia. Mark osservò
l’amica posare a terra gli sci e agganciarli agli
scarponcini, spiegando a Patty il meccanismo. Non sembrava difficile,
poteva riuscirci senza difficoltà. Ci provò,
mentre Jenny li sganciava di nuovo e tornava verso di lui, sorridendo
rassicurante.
-Vedrai, è meno difficile di quanto pensi.-
Lui la guardò scettico. Più la fila scorreva e
più era assalito dall’inquietudine. Più
si avvicinava il loro turno, più era convinto che Bruce non
avesse sbagliato poi molto a decidere di non andare. E forse avrebbe
fatto meglio a restare a valle anche lui. Abbassò pensieroso
gli occhi sugli sci, poi Holly avanzò lungo la fila. Mark si
mosse per seguirlo ma si ritrovò improvvisamente e
inaspettatamente incollato a terra. Il tentativo di procedere lo
sbilanciò in avanti e per non cadere si puntellò
sulle racchette, infilzandole nella neve. Ritrovò per un
pelo l’equilibrio.
-Cosa accidenti…-
-Philip, smettila. Non sei divertente.- sentì dire Jenny.
Un brivido di collera lo irrigidì tutto mentre si voltava di
scatto e puntava gli occhi sullo sguardo ironico e geloso del compagno.
Con i propri, Philip gli bloccava gli sci, impedendogli di muoversi,
mentre la fila scorreva e dietro di loro le persone borbottavano
perché non avanzavano. Il rimprovero della fidanzata fu
sufficiente a lasciarlo libero di muoversi.
-Imbecille.-
Callaghan gli sorrise beffardo, per metà divertito e per
l’altra metà irritato dalle attenzioni di Jenny
che si preoccupava per lui.
Possibile che Philip fosse geloso a tal punto? Mark scrollò
le spalle, si sganciò gli sci e avanzò dietro ai
compagni.
La ragazza li lasciò per raggiungere Evelyn, rimasta sola in
fondo al gruppo.
-Tutto bene?-
Lei le rivolse un’occhiata preoccupata.
-Sei sicura che ci sia davvero bisogno di arrivare fin
lassù? So che esiste anche lo sci di fondo. Che ne dici? Non
ho mai preso quella cosa…- indicò la seggiovia
con la racchetta -E neppure gli sci… Sali con me?- Evelyn
era perfettamente consapevole che se Jenny fosse andata con Philip, lei
sarebbe rimasta con Landers, l’unica alternativa possibile
-Mark mi mette ansia. Scommetto che neanche lui ha mai preso la
seggiovia.-
Jenny rifletté. Per accontentarla avrebbe dovuto lasciare
Philip con Mark e non era sicura che fosse prudente. Fin dalla mattina
non si risparmiavano una scortesia, a cominciare dalla discussione per
il bagno. E se poi a Mark fosse sfuggito qualcosa su Kevin?
Sospirò. Trovare la combinazione giusta non sembrava
semplice. Qual era la migliore? Lei con Evelyn e Philip con Mark?
Evelyn con Mark e lei con Philip oppure Mark con lei e Philip con
Evelyn? Scelse l’unica opzione possibile, quella con cui
avrebbe salvato capra e cavoli.
Tornò da Philip che nel frattempo per ingannare
l’attesa aveva impugnato una racchetta a mo’ di
spada e con agilità e convinzione duellava con Mark in una
singolar tenzone. Scosse la testa incredula. Senza dubbio quel ritiro
si stava trasformando nell’occasione di vedere Philip sotto
un’altra luce.
-Che cretini. Conviene far finta di non conoscerli, vero Tom?- Benji si
guardò intorno -Speriamo che in giro non ci siano
giornalisti. Se qualcuno li vede ci faranno fare una bella figura di
merda.-
Becker liquidò l’osservazione con una scrollata di
spalle. In quel preciso momento gli importava molto poco dei compagni,
non stava seguendo la loro ridicola esibizione. Forse non si sarebbe
scomposto neanche se una slavina si fosse portata via
l’intero costone della montagna. In coda davanti a loro,
oltre una famigliola con bambini, tre giovinette gli lanciavano
continue occhiate incuriosite e interessate. Tanto che il ragazzo era
fortemente tentato di sganciarsi dai compagni molesti e unirsi al loro
gruppo.
Il portiere seguì lo sguardo di Tom, posò gli
occhi sui marmocchi e gli sfuggì una smorfia di disgusto.
-E poi dicono che i giapponesi non fanno figli.-
Becker non fece una piega e Benji lo scosse.
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Ti piacciono i bambini? Se posso darti un consiglio, è
ancora troppo presto per pensare di mettere su famiglia.-
-Non sto guardando niente, sono loro che mi fissano da un
po’.-
-Loro chi?- il portiere le individuò e rise -Hai
perfettamente ragione, Tom. Dipende da chi hai intenzione di
coinvolgere nel tuo progetto di accasarti. Loro per esempio sono molto
più interessanti di quei due mentecatto che abbiamo in
squadra. Anzi, avrei un’idea. Dopo te la dico.-
Stufa di un duello che continuava a oltranza senza vincitori
né vinti, poiché Philip non le dava retta ma
ormai aveva capito come tenere a bada Mark, Jenny li
apostrofò a voce alta.
-Lo sapete che chi rompe paga?-
Landers s’impietrì, ma Philip no, tanto che
dovette afferrargli un braccio e interrompere a mezz’aria la
stoccata.
-Cosa state facendo?-
-Una sfida.-
-Quelle in campo non vi bastano?-
Mark rise.
-Quelle, Callaghan le perde.-
-Maledetto...-
-Basta, Philip!-
Lui si volse a guardarla e la disapprovazione che le lesse in faccia lo
indusse ad abbassare immediatamente la racchetta e a ricomporsi.
Jenny approfittò della sua improvvisa docilità
per circuirlo.
-Devi assolutamente salire con Evelyn. Non ha mai preso la seggiovia e
sono sicura che accanto a te si sentirà più
tranquilla. Soprattutto se smetti di fare quello che stavi facendo.-
Lui la guardò pieno di vergogna e annuì per
accontentarla. Il sorriso con cui Jenny accolse la sua resa fu
così radioso da lasciarlo interdetto. E la vergogna venne
sostituita prima dalla perplessità e poi dal sospetto,
mentre un brutto presentimento si affacciava nella sua testa. Non fece
in tempo a sviluppare la sensazione che lo aveva assalito,
perché lei tornò insieme a Evelyn.
-Sali con Philip, va bene?-
L’amica annuì. Avrebbe preferito Jenny, ma sempre
meglio Philip di Mark, che sembrava spaesato tanto quanto lei e che
reputava fin dalle medie poco rassicurante anche solo di carattere.
Jenny sorrise a entrambi e si mise in fila dietro, vicino a Landers.
Philip impiegò un attimo a cogliere le conseguenze del suo
assenso. Iniziò immediatamente a protestare.
-Riflettendoci bene Jenny, credo che Evelyn si sentirebbe molto
più a suo agio con te.-
-Cosa te lo fa pensare?-
-Vi conoscete meglio.-
-Ma voi vi conoscete da più tempo, no?- il tono e
l’espressione risoluta della fidanzata non lasciavano spazio
a compromessi.
Philip allora propose, a parer suo, la soluzione ideale.
-Possiamo fare così: tu ed io, Evelyn e Landers.-
-Smettila di insistere, stai diventando scortese nei confronti di Eve.-
-E nei miei.-
-Dei tuoi non me ne frega niente, Mark.-
Ma Jenny fu incorruttibile. Allora Philip sbuffò,
lanciò un’occhiata a Evelyn che lo guardava di
sottecchi e alla fine dovette capitolare.
Dopo poco più di un quarto d’ora di fila,
finalmente Benji e Tom presero posto sul doppio sedile. Poi
toccò a Patty e Holly e dopo di loro a Julian e Amy. Philip
aiutò Evelyn a salire, Jenny e Mark chiusero il gruppo.
Il seggiolino oltrepassò il binario a ruota, prese la
rincorsa e si lanciò verso la montagna a tutta birra.
-La partenza è il momento migliore.-
Mark non si ritrovò per niente d’accordo.
In pochi istanti superarono il capannone e furono all’aperto,
dove iniziarono la salita. Immobile come una statua, la brezza che gli
accarezzava il volto e gli spettinava i capelli, Landers si
guardò intorno e soprattutto in basso, sempre più
inquieto man mano che la distanza dal suolo aumentava.
-Paura?- gli domandò Jenny con un’euforia che lui
trovò del tutto fuori luogo.
-Per niente.-
La giovane rise e dopo aver lanciato un’occhiata alla schiena
di Philip che li precedeva accanto a Evelyn, si godette il paesaggio.
La seggiovia saliva lenta oltre le cime degli abeti spruzzate di bianco
che costellavano qua e là i bordi delle piste da sci. Sulla
loro destra gli sciatori scendevano veloci verso valle, qualcuno
più spericolato affrontava la discesa con lo snowboard. Il
sole era alto sopra i picchi e faceva risplendere i
ghiacciai. I suoi tiepidi raggi invernali scaldavano appena.
Più o meno a metà percorso la seggiovia
rallentò, il ronzio della corrente cessò di colpo
e i seggiolini si arrestarono oscillando nel vuoto. Evelyn si mosse
inquieta.
-Che succede?-
-Nulla, a volte capita.- rispose Philip più seccato che
preoccupato.
Non vedeva l’ora di arrivare in cima e tornare accanto a
Jenny. Più i minuti passavano e più si pentiva di
essersi fatto convincere a lasciarla insieme a Mark. Non è
che non si fidasse, anzi. Si fidava moltissimo di Jenny. Lo infastidiva
però, oltre che vederli così affiatati, anche il
fatto che soltanto lui non stesse facendo la salita con la fidanzata,
mentre Holly sedeva accanto a Patty e, più avanti, Julian
vicino ad Amy. Non era giusto, accidenti! Il ritiro non stava andando
per niente come aveva immaginato. Era a Shintoku da tre giorni e solo
il primo erano riusciti a ritagliarsi del tempo da godersi in
solitudine!
La preoccupazione di Evelyn lo investì di nuovo.
-Perché ci siamo fermati?-
-Probabilmente per un calo di tensione.-
-E se cadessimo?-
-Impossibile.-
Jenny osservava Mark curiosa. Il ragazzo cercava di dissimulare
l’inquietudine ma si capiva lontano un miglio che era teso.
Non seppe se ridere del suo terrore o cercare di rassicurarlo. Era
sicura che non avrebbe gradito né l’uno
né l’altro. Mentre lo fissava incerta,
notò un segno scuro proprio all’altezza dello
zigomo. Pensò che si fosse sporcato con qualcosa, magari
mentre si aggirava tra gli scaffali del supernegozio. Poi, guardando
meglio, si rese conto che non era così. Possibile
che… Diamine, non vedeva bene. Posò una mano
sulla barra di sicurezza e si sporse verso di lui. Mark scorse il suo
movimento con la coda dell’occhio. Si volse di scatto, il
seggiolino si mosse e oscillò. Il viso di lei gli era
vicinissimo. Si tirò indietro per scostarsi e scostarla, il
sedile dondolò ancora, con più violenza.
-Che c’è?-
Jenny non sembrò notare il suo disagio. Ridusse di nuovo la
distanza tra loro, si sfilò un guanto e gli
sfiorò la pelle con le dita calde, incredula lei per prima.
-Ti è venuto il livido.-
-No!-
Sconvolto dalla notizia, Mark si portò una mano alla
guancia. Che quel maledetto gli avesse lasciato persino il segno fu
inaccettabile. La fissò sperando che gli dicesse che era uno
scherzo, che non era vero niente. Che non aveva nessun livido in
faccia, anche se ogni volta che toccava il punto incriminato sentiva
dolore.
-Sì, c’è.- confermò lei -Non
ci hai messo la neve?-
-Sì che l’ho fatto!-
-Gli altri se ne sono accorti?-
-Solo Julian.-
-E tu cosa gli hai detto?-
-Che ho urtato contro uno scaffale.-
Lei annuì, capendo solo in quel momento che Mark aveva
scelto di non dire nulla su Kevin non per mantenere la promessa ma per
nascondere ai compagni l’umiliazione di essere stato
picchiato da un perfetto sconosciuto.
-Fa male?- chiese premendogli l’ombra scura.
Landers sussultò.
-Certo che fa male! Soprattutto se lo tocchi!-
-Si può sapere cosa accidenti state combinando?!-
Sobbalzarono di spavento. Complice la brezza che colpiva i loro visi,
il grido di Callaghan li investì forte e chiaro. Si volsero
all’unisono, il compagno li osservava stravolto, gli occhi
scintillanti e socchiusi dal sospetto, i capelli spettinati dal vento
che soffiava alle sue spalle. Un gomito sulla spalliera, la mano a
stringere lo schienale di metallo. Sollevò di scatto quello
stesso braccio e lo tese nel vuoto. Il sedile che divideva con Evelyn
dondolò violentemente.
-Tieni le mani a posto, Landers!-
-Mettiti un paio di occhiali, Callaghan!- rispose l’altro
sullo stesso tono, dimenticandosi per un attimo di essere sulla
seggiovia a dieci metri da terra. Si sporse nel vuoto in modo
così imprudente che Jenny lo afferrò per una
manica e lo tirò indietro.
-Le mie mani sono appostissimo.-
Infatti, come Philip poté vedere perfettamente, adesso le
teneva strette sulla barra di sicurezza, molto ben visibili. Ma
convinto che fosse meglio prevenire che curare, e smanioso di sfogare
lo scontento di quella situazione sul suo artefice, proseguì
l’invettiva riversandogli addosso tutto ciò che a
terra, per amore della tranquillità, per rispetto di Holly,
per non farsi udire dagli altri sciatori e per non essere criticato dai
compagni, aveva taciuto.
-Ti ho lasciato salire sulla seggiovia con Jenny, ma prova soltanto a
fare qualcosa che non devi alle mie spalle e quando saremo in cima ti
farò arrivare a valle a suon di calci!- gridò,
inducendo anche Julian e Amy a voltarsi.
-Ma vaffanculo, Callaghan! Se c’è qualcuno che sta
facendo qualcosa che non deve alle tue spalle non sono certo io!-
L’insinuazione di Mark su ciò che era successo
quella mattina fu talmente palese che Jenny reagì
ficcandogli un gomito tra le costole. Lui si volse di scatto e lei lo
assalì.
-Hai promesso di non dire nulla!-
-Allora fai in modo di togliere dalla testa del tuo ragazzo che sono io
a provarci con te! Ha completamente sbagliato persona!-
-Va bene Mark, glielo dirò.- Jenny gli strinse la manica del
giubbotto tra le dita e lo fissò supplichevole -Adesso basta
per favore.-
A colmarle gli occhi non era più il fastidio, ma il terrore
che Philip venisse a sapere dell’avventura della mattina.
Mark annuì, tirò indietro il braccio liberandosi
dalla sua stretta e si volse dall’altra parte, tenendosi sul
lato del sedile, il più possibile lontano da lei.
Philip era rimasto inutilmente a osservarli parlottare senza poter
udire nulla. Il vento soffiava contrario e se persino il suono dei suoi
respiri arrivava a Jenny e Mark, le loro parole sommesse venivano
trascinate verso valle. Serrò le dita sullo schienale e
fremette di stizza, frustrato di non poter sapere cosa si stessero
dicendo.
Due seggiolini più avanti, Amy era voltata indietro a
guardarli.
-Eve, che succede?-
Oscillando insieme al seggiolino smosso dall’agitazione di
Philip, lei rispose irrigidita dallo spavento.
-Non ho capito bene, ma credo Mark ci stia provando con Jenny.-
Julian e Amy si fissarono esterrefatti, poi tornarono a guardare
avanti, verso il capitano che li chiamava.
-È Philip che grida?-
-Proprio lui.-
-Che sta succedendo?-
Julian interpretò liberamente.
-Forse Mark ha cercato di baciare Jenny.-
-Davvero?!-
Philip scortò la fidanzata fuori del capannone di arrivo
senza curarsi di Landers che li seguiva furente, portando in spalla i
propri sci e quelli di Jenny. I compagni li attendevano sul piazzale di
partenza, terribilmente curiosi di sapere direttamente da loro cosa
fosse successo nei minimi dettagli. Evelyn aveva sì udito il
botta e risposta di Philip e di Mark, ma non si era voltata a guardare,
verificando i fatti con i propri occhi.
-Allora?-
Philip trafisse Julian con un’occhiata storta.
-Allora cosa?-
-Cos’ha fatto Mark?-
L’accusato cadde dalle nuvole e li guardò
allibito, conficcando le racchette nella neve e togliendosi gli sci
dalla spalla.
-Non ho fatto proprio nulla!-
-Stavi infastidendo Jenny.-
-Hai persino allungato le mani! E poi hai cercato di baciarla!-
Jenny spalancò la bocca e divenne tutta rossa, Mark
guardò incredulo sia Amy che Patty, seguendo
l’ordine delle accuse. Philip subì una
trasformazione repentina. Gli occhi si socchiusero e presero a brillare
di collera, gli zigomi si tinsero di viola. Esplose.
-L’hai infastidita, Landers? Hai allungato le mani? HAI
PERSINO CERCATO DI BACIARLA!-
-Tu sei fuori, Callaghan! QUANDO? DIMMI QUANDO! Sei rimasto per tutto
il tempo voltato verso di noi!-
E in effetti Philip sentiva anche un certo fastidio al collo,
intirizzito dal vento gelato e incriccato dalla scomoda posizione
mantenuta per tutta l’ascesa. Tuttavia insistette.
-LE STAVI ADDOSSO!-
-Non stavo addosso a nessuno, tanto meno alla tua ragazza! PIANTALA CON
QUESTA STORIA! MI STAI FACENDO INCAZZARE SUL SERIO!-
-Tu? E allora io?-
-BASTABASTA! MI AVETE STANCATO! TUTTI E DUE!- Holly infilzò
con violenza le racchette nella neve e calò giù
gli sci dalla spalla con un gesto così brusco che Philip e
Mark fecero un salto indietro.
Jenny riprese a respirare, ringraziandolo mentalmente per il suo
intervento. Se avesse saputo che fare la salita con Mark avrebbe
scatenato tutto ciò, si sarebbe ben guardata dallo
sceglierlo come compagno di seggiovia.
Intanto Benji, fallito il piano di fuga progettato con Tom che
prevedeva di unirsi alle ragazze con cui avevano parlato a gesti
durante tutta la salita in seggiovia, approfittando della discussione
dei compagni cercò di sganciarsi da loro e allontanarsi di
soppiatto verso le piste.
-Benji, dove vai?-
-Le prodezze di Landers non mi interessano, Ross. Dovresti saperlo.-
anche perché secondo lui gli amici avevano preso una
cantonata. Landers non era certo il tipo da provarci con la fidanzata
di Callaghan. Fosse salito lui con Jenny allora Philip avrebbe anche
potuto preoccuparsi, ma Landers… Figuriamoci.
Julian gli si parò davanti, bloccandogli ogni via di fuga.
-Non te la svignare. C’è bisogno di te.-
-Ah sì? E per cosa?-
-È opportuno che chi sa sciare aiuti chi non ne è
capace, vero Holly?-
Fu semplicissimo ottenere l’appoggio del capitano –
Julian ci contava -, visto che né lui né Patty
sarebbero mai riusciti ad arrivare a valle senza aiuto. Dunque Holly
annuì, reputando fosse la soluzione migliore per evitare che
qualcuno si facesse male.
Ottenuto il via libera da chi contava e prendeva decisioni, Ross
proseguì.
-Per esempio Holly potrebbe fare la discesa con te, Benji. A meno che
tu non preferisca dare una mano a Mark.-
Furono in tre a non apprezzare l’abbinamento. Il capitano si
trovava in un momento particolare della vita in cui
sopportava poco Benji e i suoi continui rimbrotti. Sbuffò e
lo guardò, cercando di pensare all’unico aspetto
positivo di tutto ciò. Il portiere sapeva sciare benissimo.
Neanche Mark apprezzò la proposta di Ross. Fin da quando si
era messo in fila per la seggiovia aveva capito che non sarebbe mai
riuscito ad arrivare a valle sano e salvo senza l’aiuto di
nessuno. Allo stesso modo sapeva di non dover affidare la propria
sicurezza né a Price, né tanto meno a Callaghan.
Pur di toglierselo di torno, l’avrebbero fatto ammazzare.
D’altro canto Benji non desiderava vedersi appioppare
né l’uno, né l’altro. Era
arrivato fin lassù per godersi l’ebbrezza della
velocità in santa pace, mollare per un po’ i
compagni e far finta di non essere lì con loro. Ross si
sbagliava di grosso se pensava di costringerlo a scendere a valle con
qualche imbranato incollato addosso. Se proprio gli toccava scegliere
con chi sciare, l’unico da prendere in considerazione era
Callaghan e al solo scopo di sfidarlo in una gara di
velocità e destrezza sulle discese più difficili.
Era già dura doversi accontentare di una blanda sciata nella
pista dov’era suo malgrado finito, che si srotolava fino a
valle con un dolce declivio. Guardò Julian ostile ma poi,
trasferendo gli occhi sul capitano entusiasta tanto quanto lui, si rese
conto che gli toccava scegliere davvero.
Dopo il battibecco tra Philip e Mark, lasciarli da soli impensieriva
molto Jenny e fu solo per questo che appoggiò
l’idea di Julian. Si rivolse quindi a Philip, ben sapendo che
le sue parole avrebbero generato altre proteste. Le dispiacque ma non
poté farci nulla.
-Naturalmente tu penserai a Eve.- gli disse e si avvicinò a
Mark per riprendersi gli sci.
Callaghan strabuzzò gli occhi e pestò un piede
nella neve. Accidenti! Di nuovo! Ma stavolta non lo avrebbe permesso!
Scosse la testa risoluto.
-Assolutamente no. Vado io con Landers.-
Jenny decise di ignorarlo. Del resto che altro poteva fare? Si
chinò per agganciare gli sci e fece finta di non udire le
proteste del fidanzato.
Benji seguì con interesse la discussione. Possibile che
Callaghan non capisse che più lui si intestardiva e
più Jenny si preoccupava per
l’incolumità di Landers? Fu tentato di farglielo
presente, tanto per dare una scossa alla situazione di stallo che si
era creata tra quei tre. Poi, proprio all’ultimo secondo, si
ricordò di dov’era e per colpa di chi e tacque per
dispetto.
-Jenny! Non ti lascio con lui dopo quello che ho visto!-
-Non hai visto niente, Philip! Non c’era niente da vedere!-
la sua espressione si addolcì -Per favore, cerca di essere
ragionevole.-
Lui esitò, dando il tempo a Mark di intervenire. Dal momento
che l’oggetto della discordia era la propria
incolumità, affrontò il compagno con la sua
tipica diplomazia.
-Con te non scendo neanche morto, Callaghan. Non mi fido.-
-Come io non mi fido di te!-
Benji, uno sci agganciato e l’altro ancora a terra, si volse
esasperato.
-Lasciali stare, Philip! La stai facendo troppo lunga! Hai scambiato
per un lupo una tigre innocua come un agnellino.-
-Price, fatti i fatti tuoi!- concordarono all’unisono i due.
Se Jenny avesse potuto, li avrebbe mollati tutti lì. Non
soltanto Philip e Mark, ma anche Benji, Holly che stavolta non diceva
nulla e le amiche che non le davano una mano, anzi neppure un dito, per
uscire dall’infelice impasse. Era stanca di quelle polemiche,
di tutte quelle storie senza senso. Al ryokan avrebbe parlato con
Philip per togliergli dalla testa le strambe idee che sembravano
essergli spuntate di colpo e senza motivo. Come era arrivato a pensare
che Mark fosse interessato a lei o, peggio, che a lei interessasse
Mark? Tutto ciò era assurdo, fastidiosamente assurdo!
-Andiamo Mark!- gli afferrò una manica e si
allontanò da loro, andando ad agganciare gli sci
più in là.
-Jenny!- esclamò Philip frustrato. Tra tutta quella
moltitudine di sciatori che continuavano ad arrivare, a superarli per
affrontare la discesa, persino infastiditi, alcuni,
dall’intoppo che intasava il percorso, a un certo punto perse
di vista sia Landers che la fidanzata.
Tom e Patty avevano formato una coppia grazie alla confidenza decennale
che condividevano l’uno per l’altra. Erano
già pronti, sci agganciati, ad affrontare la discesa.
-Philip è capace di diventare insopportabilmente testardo.
Cominciamo ad andare, ci vorrà un po’ per arrivare
a valle.- disse lui.
L’amica fu immediatamente d’accordo. Il tempo
passava e più guardava giù, più la
tensione le saliva in gola. Non vedeva l’ora di affrontare la
montagna, togliersi il pensiero e soprattutto gli sci.
Impugnò le racchette come le fece vedere Tom e
lanciò un’occhiata a Benji e Holly che ultimavano
i preparativi poco più in là.
Spingendosi con le racchette, Patty arrivò
sull’orlo del pianoro di partenza e lì si
bloccò, trattenendo il respiro. La discesa era ripida, molto
più di quanto avesse immaginato, e immensa. Così
immensa che sarebbe durata all’infinito.
-Tom, credo proprio che tornerò giù con la
seggiovia.-
Lui rise.
-Scherzi? Ti perderesti il meglio! Vedrai che sarà
più facile di quello che pensi.-
-Non ne sono convinta.-
Tom la guardò incredulo.
-Non dirmi che intendi davvero tirarti indietro. Proprio tu!-
-In che senso?-
-Nel senso che la Patty che conosco non ha paura di niente.-
-Su questo credo tu abbia preso un abbaglio.-
-Che ne dici se mentre ne parliamo cominciamo ad andare?-
Lei sospirò, la conversazione con Tom aveva avuto come
conseguenza quella di rilassarla un po’.
-Va bene, hai vinto. Andiamo. Come?-
Lui si dispose alle sue spalle e regolò con i propri sci
l’apertura di quelli di lei. Le mise una mano sul fianco,
nell’altra strinse entrambe le racchette.
-Sei pronta?-
-No.-
-Lo immaginavo.- sorrise e si diede una spinta.
Patty gli si aggrappò a un braccio e vide la discesa, la
neve, gli alberi, la valle, i grattacieli, andarle incontro. Si
irrigidì e fu tentata di chiudere gli occhi, poi si rese
conto che nonostante tutto si teneva in piedi, l’aria le
colpiva il viso, mantenevano una velocità moderata e lei,
per la prima volta, stava sciando.
-Tutto a posto?-
-Più o meno.-
-Non essere così tesa.-
-Ho paura di cadere.-
-Non puoi cadere. Ti tengo io.-
In effetti sembravano cavarsela alla grande. Si chinò
leggermente in avanti seguendo le istruzioni di Tom e quando lui la
vide più sicura, aumentò la velocità.
-Dove hai imparato a sciare?-
-Qui in Hokkaido, me lo ha insegnato Philip.-
Julian li superò velocissimo, poi frenò
bruscamente e rimase ad aspettarli un po’ più in
basso. Un attimo dopo arrivò anche Amy.
Patty guardò incredula l’amica.
-Sai sciare!-
-Mai affermato il contrario. Ci vediamo giù!-
Ripartirono insieme con eleganza e sicurezza, mescolandosi agli altri
sciatori e sparendo più a valle, oltre una curva di
conifere.
-Si sono organizzati per bene.-
-Devono averlo fatto in pullman, mentre erano soli e lontani.-
Tom annuì. Se avesse saputo che Amy si teneva sugli sci,
avrebbe fatto in modo che lei si occupasse di Patty, così
avrebbe potuto aiutare Mark ed evitare che lui e Philip arrivassero ai
ferri corti. Si accorse che il suo ragionamento quadrava solo in parte.
Diamine, Jenny! Perché non aveva pensato ad affidare Patty a
Jenny per dare una mano a Mark? Si volse indietro.
-Maledetto Ross!- vide sbraitare Benji dietro di loro.
-Chissà come se la sta cavando Holly…-
sentì dire Patty nello stesso istante.
-Alla grande.-
-Davvero?- lei si volse, cercando il fidanzato oltre le spalle
dell’amico. Non lo vide, non ci riuscì.
Il suo movimento fu troppo brusco e inaspettato. Colpì il
torace di Tom con la spalla, lui si sbilanciò
all’indietro, i suoi sci urtarono quelli di Patty. La giovane
perse l’equilibrio e barcollò in avanti. Si vide
già in terra, anzi, si vide rotolare fino a valle. Emise un
gemito e chiuse gli occhi mentre cadeva. Niente di ciò che
si aspettava accadde. Si sentì afferrare al volo.
Tom lasciò andare le racchette, puntò gli sci e
riuscì a fermare entrambi prima che Patty acquistasse
velocità o rotolasse giù per la discesa. Ma
impiegò troppo tempo ad accorgersi di aver posato una mano
su qualcosa di soffice e morbido che non sembrava affatto
l’imbottitura del piumino dell’amica.
Patty si ritrasse con uno scatto, le guance in fiamme e le braccia
incrociate sul petto a schermirsi. Tom divenne viola.
-Scusa! Scusa! Non mi sono accorto… Non…-
distolse gli occhi, pieno di vergogna -Non ho visto… Non mi
sono reso conto...-
Benji e Holly spuntarono accanto a loro improvvisi e inopportuni.
-Tom! Julian ci ha fregati!- lo assalì il portiere con
veemenza -Quando arriviamo giù lo gonfio di botte, giuro! E
‘sti cazzi se schiatta!-
-Benji, per favore…- tentò di placarlo Holly in
precario equilibrio sugli sci.
-Ti avverto! Se ti intrometti, stavolta un pugno non te lo toglie
nessuno anche se sei il capitano.- lo minacciò. Solo dopo
scorse l’ombra di un rossore sulle guance di Patty -Abbiamo
interrotto qualcosa?-
Né lei né Tom si azzardarono a rispondere. Si
limitarono a scambiarsi un’occhiata rapida che
generò nuovo rossore sul viso di lei e convinse Tom ad
andare a recuperare le racchette.
L’arrivo di Philip ed Evelyn risparmiò a Patty
un’imbarazzante risposta.
-Holly, mi spieghi per quale motivo Amy e Julian sono gli unici che si
stanno divertendo?-
-Veramente lo stanno facendo anche Jenny e Mark.-
La replica di Benji indusse Callaghan a voltarsi indietro. Il portiere
aveva ragione. La coppia improvvisata affrontava la pista con intesa e
affiatamento, sciando l’uno accanto all’altra.
Landers sfoggiava un’espressione seria e concentrata, ma
Jenny addirittura rideva. Philip ingoiò il fastidio soltanto
perché per lui la felicità della fidanzata era
tutto.
-Si stanno divertendo davvero!- rise Evelyn, poi si rivolse a Patty
-Come mai vi siete fermati?-
-Stavo per cadere e mi sono spaventata.-
-Ah, era questo dunque.- capì Benji.
-Tom, fate attenzione.- si raccomandò Holly, preoccupato per
l’incolumità della fidanzata ma anche, da bravo
capitano, per quella del compagno.
Lui annuì e imbastì un sorriso, anche se la
vergogna era difficile da scacciare. E adesso? Come avrebbero
continuato la discesa? Con che coraggio si sarebbe di nuovo fatto
avanti per aiutarla? Forse poteva chiedere a Benji di occuparsi di
Patty e lui andare con Holly. Ma come giustificare poi agli amici lo
scambio di coppia? E poi perché Benji ed Evelyn continuavano
a fissarlo con un filo di sospetto?
Jenny gridò e Philip addirittura sussultò.
Più indietro e più in alto la ragazza era a
terra, seduta tra la neve accanto a Mark. Jenny si alzò
ripulendosi i pantaloni dai fiocchi bianchi, Mark la imitò
molto più impacciato.
-Se ci mettessi un po’ d’impegno, sarebbe meglio
per tutti e due.-
-Credi che lo abbia fatto apposta?-
-Non voglio neppure pensarlo!-
-Landers, ti avverto!- gridò Philip dal basso -Se Jenny si
fa male per colpa tua me la paghi!-
Mark lo udì perfettamente ma lo ignorò. Poi si
rivolse alla ragazza esasperato.
-Appena mi tolgo gli sci glieli do in testa!-
-Non ascoltarlo.-
Benji era davvero stufo di quella situazione. Se tanto non poteva
affrontare quella pista da bambini come voleva, conveniva sbrigarsi a
concludere la discesa. Esortò Holly.
-Sbrighiamoci ad arrivare a valle.- ormai mancava poco e una vana
speranza gli sfiorò i pensieri -Credi di farcela da solo?-
-Perché?-
Philip impiegò meno di un attimo a intuire le sue
intenzioni: il portiere intendeva liberarsi in qualche modo del
capitano per fare la discesa in totale libertà.
-Price, non ti azzardare! Se si fa male è colpa tua!-
-Ti sbagli, Callaghan. Se Holly si fa male la colpa è tua e
della tua fidanzata che ci avete portati qui!-
-Nessuno ti ha costretto a venire!-
-Gamo.-
-Non a sciare, porca miseria!-
-Vi prego, vi supplico…- Holly fece gli scongiuri. Se i due
compagni gliela tiravano insieme, arrivare a valle diveniva davvero
rischioso. Lanciò un’ultima occhiata a Patty e Tom
che avevano proseguito, poi si udì di nuovo la voce di
Jenny.
-Mark!-
La ragazza puntellò gli sci di traverso, si fermò
davanti a lui e riuscì ad arrestare la sua rovinosa discesa,
le mani puntate sul torace del giovane, l’espressione
improvvisamente stanca e affranta. Quella giornata sugli sci
l’aveva immaginata molto diversa.
-Accidenti, sei un disastro.-
-Ti assicuro che so fare bene tante altre cose. Per esempio...-
Philip non gradì affatto il suo tentativo di salvarsi la
reputazione.
-LANDERS! PIANTALA!-
-Oh! Ma sei Harper? Che cazzo vai a pensare?-
La discesa a valle fu sofferta per tutti. Soltanto Evelyn si
divertì più di quanto avesse
preventivato. L’attenzione di Philip era stata
rivolta soprattutto verso la fidanzata e Mark, ma in qualche modo le
aveva insegnato a tenersi sugli sci. Magari con qualche lezione privata
sarebbe diventata brava quanto Amy. Era stato bello ed emozionante
lasciarsi scivolare fino a valle e l’ultimo tratto di pista
era riuscita ad affrontarlo da sola, senza neppure l’aiuto
del compagno.
Amy e Julian li aspettavano ai piedi della discesa, gli sci sganciati e
poggiati alle apposite palizzate. Bruce, poco lontano, parlottava con
un paio di bambini. Li raggiunse allegro e pimpante, ponendo la domanda
peggiore che avrebbe mai potuto fare.
-Allora com’è andata? Vi siete divertiti?-
Nessuno gli rispose, nessuno ne aveva voglia. Bruce li
guardò interdetto, poi si sentì strattonare per
la giacca. Uno dei bambini lo fissava con insistenza, un quaderno e una
penna stretti tra le piccole dita ricoperte dai guanti.
-Mi hai promesso gli autografi.- disse intimidito ma con gli occhi
luccicanti di ammirazione.
-Certo, certo! Bruce Harper mantiene sempre le promesse! Sono tutti
qui, chiedi pure!-
Il ragazzino si avvicinò a Holly e gli porse il quaderno,
restando poi a fissarlo fiducioso e troppo emozionato per formulare la
richiesta. Il capitano si tolse i guanti e li infilò nella
tasca della giacca. Prese la penna e tracciò rapido la
propria firma su una pagina bianca. Quando gli restituì il
quaderno, il bambino non lo prese.
-Li voglio tutti.-
Julian rise.
-Un tipetto che si accontenta.-
Il quaderno passò a Tom e fece il giro del gruppo. Philip
era distante e appiccicato a Jenny, da cui non aveva più
intenzione di scollarsi fino alla fine della giornata. I compagni lo
chiamarono ma quando raggiunse il giovane tifoso, lui aveva
già recuperato il quaderno e messo via la penna.
-Non vuoi il mio autografo?-
Il piccolo fan lo scrutò con attenzione.
-No, te non ti conosco.-
Benji scoppiò a ridere, il bambino continuò
scrutandolo.
-Non ti ho mai visto, chi sei?-
-Sono Philip Callaghan, anch’io sono titolare. Da anni. Non
ho mai saltato una partita, sono sempre stato convocato e ho sempre
giocato. Sono il viceca...-
-Non importa.- lo interruppe brusco il marmocchio, stringendo al petto
il prezioso quaderno. Si volse e chiamò il compagno di
giochi, rimasto più indietro con una rivista in mano.
Tom ebbe un sussulto quando riconobbe la stessa rivista che aveva fatto
perdere l’aereo a lui, Benji e Mark.
Il ragazzino si fece consegnare il giornale, voltò le pagine
spiegazzandole e si fermò sull’articolo.
-Qui il tuo nome non c’è.-
-Quel giorno non sono stato intervistato! Anch’io faccio
parte della nazionale!- cercò di convincerlo Philip.
-Però non ci sei. Nella foto sì, ma
nell’articolo no. Io gli autografi delle riserve non li
voglio.-
-Non sono una riserva! Ti ho appena detto che…-
Ma il bambino corse via.
-Mamma! Ho l’autografo di Oliver Hutton!- che era poi
l’unico che gli interessava.
Philip lo guardò attonito sparire tra la gente. Non
riuscì a capacitarsi di ciò che era appena
successo. Si sganciò gli sci, se li caricò su una
spalla e si avviò in un silenzio abbattuto verso il
noleggio.
-Ci è rimasto proprio male.- notò Holly
dispiaciuto.
Benji non aveva smesso un attimo di ridere.
-Il successo fa brutti scherzi!-
-Non avresti riso se fosse capitato a te.-
-A me non può capitare.-
Jenny raggiunse di corsa il fidanzato e s’infilò
sotto il suo braccio.
-Non te la sei presa, vero? Era solo un bambino.-
Lui le cinse le spalle, continuando a guardare fisso davanti a
sé.
-Li ha presi tutti, tranne il mio… Tutti quanti...-
Riconsegnarono gli sci al supernegozio del noleggio, persero tempo tra
i souvenir e nei pressi dei bagni. Quando uscirono il sole era
tramontato e il cielo era illuminato dal chiarore del crepuscolo.
-Qui vicino ho scovato un’immensa piscina coperta con le onde
artificiali.- li informò Bruce -Se avessi avuto
più tempo, sarei andato a fare un tuffo.-
Proseguirono sotto i grattacieli che svettavano nel cielo sempre
più scuro. La strada che percorrevano, seguendo il flusso
delle persone, li condusse direttamente all’interno del
villaggio di ghiaccio.
Contornate dagli alberi del bosco, le costruzioni che fiancheggiavano
le vie erano scolpite nella neve. Igloo dai tetti a cupola risplendenti
di giallo, azzurro, verde e arancione, piccoli locali di mattoncini di
ghiaccio trasparente, quadrati, rettangolari, circolari, che lasciavano
trapelare il chiarore delle luci all’interno. Ogni cosa era
di neve lì, dai negozi alle panchine, persino i cestini per
l’immondizia. Tutto era immerso nel bianco più
puro, sullo sfondo del cielo del nord in cui cominciavano a scorgersi
le stelle. Costeggiarono una grande pista di pattinaggio delimitata da
muretti di neve, che finiva al limitare del bosco tra tronchi tinti di
azzurro dai riflessi del ghiaccio.
-Non ho mai visto un posto simile. Sembra un mondo incantato.-
Patty si fermò a fotografare la cappella dei matrimoni, che
avevano raggiunto seguendo un percorso tra decorativi muretti scolpiti.
Sul timpano d’ingresso, una croce di ghiaccio trasparente
svettava contro l’oscurità del cielo. Tutto
splendeva d’azzurro e tutto era intarsiato nella neve, anche
le due torrette che come piccoli campanili fiancheggiavano
l’entrata.
Salirono tre gradini e si affacciarono sulla soglia, il bianco
azzurrino impregnava interamente l’ambiente,
dall’altare ai banchi da preghiera scolpiti ad arte. Gli
arredi sembravano cesellati nel cristallo.
Amy passò una mano sulla parete.
-È davvero fantastico!-
-A primavera si scioglie tutto e ogni anno la ricostruiscono in uno
stile diverso.- spiegò Jenny alzando gli occhi al soffitto.
Di giorno, oltre il tetto, si poteva a scorgere l’azzurro del
cielo. I raggi del sole, filtrando attraverso le lastre di ghiaccio,
creavano riflessi d’arcobaleno.
Entrarono nel locale scelto da un entusiastico Bruce, il fiato che si
trasformava in nuvolette di vapore anche al suo interno.
Paradossalmente sembrava far più freddo lì che in
strada. Si guardarono intorno esterrefatti. L’arredamento era
di ghiaccio, dal bancone, agli scaffali trasparenti, ai tavoli, ai
sedili.
-E io che pensavo di scaldarmi un po’.- borbottò
Mark scontento -Mi auguro che abbiano qualcosa di caldo da bere!-
Philip fu felice di infrangere le sue speranze.
-Soltanto drink freddi.-
A ben guardare, sui tavoli occupati dai clienti imbacuccati erano
posati dei cubi di ghiaccio trasparente ripieni di bevande colorate.
All’interno di recipienti di quel tipo non poteva esserci
nulla di anche appena tiepido.
Mark avrebbe traslocato volentieri in un altro posto, ma il locale era
troppo particolare per riuscire a convincere i compagni a trasferirsi
in un bar qualunque. Un giovane cameriere con cappello, guanti e
sciarpa, li accolse cordiale, precedendoli verso due tavoli trasparenti
e luccicanti come il vetro. Mark esitò ad accomodarsi, anche
se le sedie scolpite nella neve erano ricoperte da morbidi cuscini.
-Almeno il menù è di carta…-
borbottò prendendolo dal tavolo per farsi un’idea
di quanto gli sarebbe costato morire di freddo lì dentro.
-Plastica.- lo corresse Patty.
-Che prendiamo?- Holly osservò con aria indecisa la lista
delle bevande.
Benji sorrise.
-C’è poco da scegliere. L’unica cosa
fredda che riscalda è l’alcol.-
-Siamo in ritiro e l’alcol non è consentito.-
-Neppure le fidanzate, Holly.-
Il cameriere tornò per le ordinazioni e le prese tutte,
tranne quelle di Philip e Jenny, immersi in una conversazione privata
dai toni sommessi. Sedevano all’angolo, uno accanto
all’altra. Lei era voltata verso il fidanzato e dava le
spalle ai compagni, ma il viso di Philip ogni tanto spuntava oltre i
suoi capelli, l’espressione seria e scontenta. Da quando
avevano preso posto, parlottavano a bassa voce di qualcosa che li
coinvolgeva al punto da non accorgersi che toccava a loro scegliere i
drink.
-Philip? Che prendete da bere?-
Nessuno dei due udì il richiamo di Holly e Benji
afferrò il menù.
-Ordiniamo noi per loro. Una birra grande a Philip, così gli
passa la delusione di non essere famoso quanto immaginava e per
Jenny...- guardò Amy che gli sedeva di fronte.
-Per lei andrà bene un cocktail alla frutta.-
-Non posso credere che Philip se la sia presa per uno stupido
autografo.-
Evelyn scosse la testa. Sedeva accanto a Jenny e riusciva a udire
stralci di conversazione
-Non stanno parlando di quello, Tom. Il problema è Mark.-
-Io sono un problema?-
-Sempre sostenuto.- ribatté Benji sarcastico.
Fu quando il cameriere gli servì la birra, che Philip
tornò tra loro.
-L’alcol non è permesso ai ritiri.-
Benji alzò gli occhi al cielo.
-Il vostro ruolo vi rende monotoni, tu e Holly. Dite esattamente le
stesse cose. E comunque questo non è un ritiro, non ci vuole
molto a capirlo. Guarda dove siamo e con chi.-
Usciti dal bar, la notte li accolse con uno spettacolo fantastico. Le
luci colorate svelarono un paesaggio da fiaba. Gli igloo erano
illuminati di rosa, giallo e arancio, la chiesa di ghiaccio era
diventata di un bellissimo azzurro, la pista di pattinaggio risplendeva
di lilla e gli alberi erano carichi di luminarie bianche e blu. Nel
cielo galleggiava un’enorme mongolfiera di un brillante
arancio e nel buio della notte, contro il cielo nero si stagliavano le
finestre illuminate dei quattro grattacieli. Le strade innevate erano
fiancheggiate da cumuli di neve che emettevano luci bianche e
splendenti a rischiarare il percorso.
Amy si aggrappò estasiata alla mano di Julian.
-È fantastico.-
Le illuminazioni dei locali scintillavano dalle vetrate riflettendosi
sulla neve e una discoteca, poco lontano, sparava i suoi raggi turchesi
sulla montagna, disegnando strane immagini vorticose sulle piste da
sci. Nonostante il freddo intenso la via principale era traboccante di
persone, soprattutto famiglie e coppie che camminavano mano nella mano.
-Philip, mi fai un autografo?- Bruce gli allungò il
volantino del bar.
L’altro reagì alzando un pugno e agitandolo
nell’aria.
-Dove lo vuoi?-
-Non hai il senso dell’umorismo!-
Jenny si aggrappò al braccio assassino e lo tirò
giù, mentre Philip borbottava ancora improperi contro
l’ironia di dubbio gusto del compagno e Bruce tornava dagli
altri con la coda tra le gambe.
Poi raggiunsero il terminal degli autobus e salirono su quello diretto
a Shintoku.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 5 - Compagni di scuola ***
- 5 -
Compagni di
scuola
Vestite e pronte per uscire, Patty e Jenny indugiavano scontente nel
corridoio, davanti alla porta della camera dei ragazzi. L’anta
era socchiusa e dall’interno provenivano solo
oscurità e silenzio.
-Avevano detto che si sarebbero svegliati prima.-
-Invece sono già le nove e stanno ancora dormendo. Che
facciamo, Patty?-
-Non riusciremo ad andare a pattinare neppure oggi.-
Nel tono dell’amica trapelava delusione e scontento,
esattamente ciò che provava anche Jenny. Quella
mattina si erano alzate di buonora, infreddolite e assonnate ma felici
perché la sera prima, al ritorno da Tomamu, erano riuscite a
ottenere ciò che desideravano. Portare i ragazzi sul lago
ghiacciato e trascorrere insieme qualche ora spensierata. Dalle sette e
mezza la colazione era pronta in tavola e adesso tè,
caffè, toast e tutto ciò che avevano cucinato
– forse qualcosa in più di quanto prescriveva la
dieta di Gamo – si era poco a poco raffreddato senza che
nessuno arrivasse in cucina a dar loro il buongiorno.
-Allora li svegliamo?-
-Non abbiamo scelta.-
Jenny annuì d’accordo. Il patto con Benji era
scaduto. Quella decisiva mattina il portiere era ancora a poltrire sotto le
coperte e lei non avrebbe mai ringraziato abbastanza la
nonna per la magnifica idea dei biglietti omaggio per le piste di
Tomamu. Oltre a essersi divertito, Benji si era anche stancato e di
conseguenza in quel momento non stava preparando la valigia per
andarsene. Dunque aveva vinto, esultò con molta
soddisfazione. Patty, davanti a lei, spinse la porta e si fece strada
tra i compagni addormentati, tentando di non calpestare nessuno in quel
profluvio di cuscini e coperte. Raggiunse la finestra e tirò
via le tende.
I raggi del sole ormai alto nel cielo invasero la stanza ma non furono
sufficienti a destare i ragazzi. Con quell’azione di forza
ottennero soltanto qualche mugolio di protesta e movimenti confusi di
coperte, indirizzati più che altro a sfuggire al bagliore
accecante del primo mattino. Patty non si scoraggiò.
-Sono le nove.-
Annunciarlo e spalancare i vetri fu un tutt’uno. Il freddo
glaciale della neve e del ghiaccio si insinuò nella camera
serpeggiando tra le coperte e portando in meno di un istante la
temperatura sotto zero. Il climatizzatore ebbe un sobbalzo e
partì a tutta birra, spingendo quell’aria gelata
proprio addosso a chi aveva imprudentemente lasciato un piede, una
mano, il naso fuori dalle coperte.
Neanche a farlo apposta, il futon di Benji era il più vicino
alla finestra. Impreparato alla mossa estrema di Patty, fu investito in
pieno e per primo dalla corrente ghiacciata.
-Ma che cazzo…-
-Sono quasi le nove!- ripeté la giovane.
-E allora?-
-Le nove? Davvero?- Holly si destò di colpo e del tutto
-Sono le nove? Già le nove?! Non ho sentito la sveglia! Non
è possibile! Le nove! Perché non ho sentito la
sveglia? Diamine, già le nove!-
-Cazzo sì! Le nove!- urlò Mark -E se lo dici
un’altra volta dovrai aggiornarti, perché saranno
diventate le nove e un minuto!-
Per nulla intimorita dal tono adirato di Benji, Patty si ritrasse
però alle grida di Mark, indietreggiando fino alla porta e a
Jenny, che aveva preferito restare nei pressi della loro via di fuga.
Si guardarono incerte, mentre Landers imprecava ancora in direzione del
futon di Holly, che a quella temperatura non riusciva a trovare da
nessuna parte il coraggio di alzarsi nonostante lo desiderasse con
tutto se stesso, e Benji inveiva contro il freddo e i pinguini che a
suo dire stavano invadendo la camera attraverso la finestra spalancata.
In tutto quel trambusto, gli occhi di Jenny cercarono Philip e lo
trovarono disteso e voltato verso il muro, il cuscino sul capo per
schermarsi dall’improvvisa confusione. Allora
avanzò nella stanza, aggirando il futon di Julian e
costeggiando quello di Benji. Rabbrividì di freddo. Forse
era meglio chiudere la finestra, anche perché quel gelo non
sembrava invogliare i ragazzi ad alzarsi, quanto piuttosto a rifugiarsi
ancora di più al caldo.
-Philip, alzati.- lo chiamò mentre si avvicinava -Dopo gli
allenamenti dobbiamo andare a pattinare.-
Una mano le agguantò la caviglia con una stretta
d’acciaio. Quasi perse l’equilibrio mentre
vacillava e trasaliva spaventata. Abbassò lo sguardo e
incrociò quello di Benji, pieno di collera. Eccolo
lì, il portiere infuriato perché lei alla fine lo
aveva costretto a restare. Nelle sue parole e nel suo tono
trovò senza difficoltà il sapore amaro della
sconfitta, subita proprio quella mattina e proprio a causa sua.
-Sbagli, Jenny. “Potremmo” andare a pattinare, non
“dobbiamo”. L’unica cosa che DOBBIAMO
fare in questa merda di ritiro è ALLENARCI! Tutto il resto
è un optional!-
Sebbene conoscesse il motivo di quella reazione così brusca,
Jenny si impietrì, rigida come una statua.
-Sì.- gli concesse, cercando di liberare la caviglia.
Lui non la lasciò ancora.
-Ti è davvero chiaro, Jenny?-
-Basta, Benji.-
Seduto sul futon con la coperta sulle spalle, Tom gli colpì
il braccio. Price mollò la stretta e lei si tolse in fretta
di torno, scavalcando Philip per mettersi al sicuro oltre la sua
schiena. Si inginocchiò al suo fianco, gli posò
una mano sulla spalla e lo scosse piano.
-Svegliati, su.-
Mark starnutì, interrompendo per un secondo le proteste con
cui stava allietando la loro gioiosa quarta mattina di ritiro.
-Maledizione, c’è la Siberia fuori!-
-E anche dentro!-
In piedi discosta, le braccia incrociate al petto, Patty
indugiò a osservare Holly che continuava a non alzarsi.
-Che bell’esempio, capitano! Quanto ancora intendi dormire?
Sono le nove!-
-Non cominciare anche tu!- ringhiò Landers dal suo caldo
rifugio nel futon.
-Io vorrei alzarmi, Patty. Lo giuro! È tardissimo! Ma
potresti richiudere la finestra? Qui rischiamo una polmonite!-
Sulle questioni di salute c’era poco da scherzare in quei
frangenti e la ragazza stavolta si affrettò a ubbidire. Con
i vetri finalmente serrati a impedire al gelo di entrare, si
cominciò finalmente a percepire qualche ventata calda
proveniente dal climatizzatore. Holly si fece coraggio,
scostò le coperte e si alzò. Fu il primo a
conquistarsi il bagno, senza dover rispettare la fila.
Jenny incrociò con un filo di vergogna il suo sguardo mentre
usciva, e tornò subito a sollecitare il fidanzato che non
dava cenni di volersi alzare. Lei intendeva assolutamente andare al
lago, quel giorno!
-Dai Philip, è tardi. Sono tutti svegli tranne te.-
Lo udì mugolare da sotto il cuscino.
-Ancora cinque minuti.-
-Neppure uno, per favore. Oggi vorrei andare a pattinare…-
lanciò un’occhiata timorosa a Benji che rovistava
nell’armadio e che finse di non averla udita. Allora
tornò a occuparsi di Philip. Lo scrollò
più forte, poi lo colpì stizzita sulla schiena.
-Alzati!-
Niente. Spazientita, cercò di strappargli il cuscino dalla
testa ma lui lo tenne forte. Allora afferrò il futon e lo
tirò via. Il giovane si raggomitolò su se stesso
e abbracciò il cuscino rabbrividendo.
-Maledizione che freddo!-
-Alzati, Philip!-
Dritta al suo fianco, il pesante futon del ragazzo tra le braccia,
Jenny lo pungolò sulla schiena con la punta di un piede.
-Va bene, mi alzo!- concesse ma quando lei mollò le coperte,
gliele strappò rapido dalle mani e se le avvolse addosso,
scomparendo di nuovo in quel gradevole e morbido calore -Quando
sarà il mio turno per il bagno.- aggiunse lasciandola di
stucco.
-Philip!-
Jenny batté il piede sul tatami indispettita. Si sarebbe
alzato sul serio? Non poteva restar lì a controllare che lo
facesse, i compagni dovevano vestirsi e, questione di pochi istanti,
insieme a Patty avrebbe lasciato la stanza. Doveva convincerlo prima di
scendere in cucina. Ma come?
Attirate dal trambusto, Amy comparve sulla soglia ed Evelyn fece
capolino alle sue spalle.
-Che pigri… Non dovevamo andare a pattinare?-
-PATTINARE È UN’EVENTUALITÀ, NON UN
OBBLIGO!- la redarguì Benji.
Amy sobbalzò e si scostò lesta per lasciarlo
uscire. Seguì la sua schiena nel corridoio fin quando lui
sparì nel bagno.
-Se non vuole venire non è mica costretto a farlo.-
-Sono sicura che invece tu, Bruce, non vedi l’ora di andare
al lago.- disse Evelyn avvicinandosi al cumulo di coperte che avvolgeva
il fidanzato come un bozzolo -Allora perché non ti alzi? Vai
a lavarti, hai dormito a sufficienza!- cercò invano di
scostare le coperte -Molla! Bruce! Molla!-
Niente da fare. Arrotolato nel futon come un involtino primavera, lo
bloccava con il peso del suo stesso corpo.
-Bruce, sto per farti il solletico.- lo minacciò un secondo
prima di conficcargli le dita nei fianchi.
Le coperte sussultarono un paio di volte, poi presero a ridere e a
contorcersi. Bruce soffriva tremendamente il solletico. Nel giro di
pochi istanti non ne poté più e si arrese.
-Basta, basta! Hai vinto!-
Quando si alzò, il suo stomaco emise un gorgoglio.
-Soprattutto ha vinto la fame.-
Fu l’immancabile tono di scherno di Mark ad attirare
l’attenzione di Jenny e indurla a spostare gli occhi su di
lui. Comodamente disteso sulla pancia, era avvolto nelle coperte che lo
tenevano al caldo, i gomiti sprofondati nel cuscino e il viso
appoggiato sul palmo di una mano.
-Anche tu hai bisogno essere convinto?-
Gli occhi di Landers si socchiusero indagatori, la sua espressione
divenne di colpo seria.
-Non oserai.-
-Invece sì.-
-Piuttosto vai a svegliare il tuo ragazzo!-
-Lo farò tra un istante.- avanzò di un passo
verso Mark, afferrò svelta un angolo del suo futon
e tirò.
Lui resistette e rise. Lei fece altrettanto. Si sfidarono con lo
sguardo, poi Jenny si alzò e Landers si illuse di aver
vinto.
-Soffri il solletico, Mark?- lo sguardo di Jenny era risoluto e
prometteva una lenta e insopportabile tortura. Lui non rispose
né sì né no, preferendo lasciarla nel
dubbio -Allora ti alzi?-
-Deciderò io quando!- la sfidò.
E lei accettò la sfida.
-Davvero?- Jenny si sfiorò lo zigomo quasi per caso,
toccandosi precisamente il punto che Kevin aveva colpito e che
effettivamente Mark sentiva ancora a tratti dolorante. Quel gesto
così carico di sgradevoli sottintesi, fu sufficiente a
fargli cambiare idea.
-E comunque mi stavo alzando, se proprio vuoi saperlo.-
-Lo immaginavo.-
Benji rientrò dal bagno di umore migliore, non essendo stato
costretto a fare la fila come le altre mattine. Mentre Jenny
torreggiava di nuovo nei pressi del futon di Callaghan, si
scostò per lasciar uscire Patty ed Evelyn.
-Vi aspettiamo giù. La colazione è pronta.-
-In realtà è pronta da due ore, Patty...- la
corresse l’amica.
-Caffè freddo allora.- borbottò il portiere.
-Tranquillo Benji, per te lo rifacciamo di sicuro.-
Lui finse di non notare la sfumatura ironica nel tono di Patty mentre
l’amica si dirigeva verso le scale. Recuperò
dall’armadio gli abiti da indossare quel giorno e
lanciò un’occhiata a Callaghan. Tirarlo fuori dal
futon si stava rivelando un’impresa più lunga del
previsto, così decise di andare a cambiarsi in bagno dove,
tra l’altro, faceva anche più caldo.
-Alzati, Philip. Sei rimasto a letto solo tu.-
-E allora?-
-Ti alzi per favore?-
-Solo se mi dai un bacio.-
Jenny trasalì prima di accorgersi di essere rimasti soli.
-Philip...-
-Philip cosa? È un reato pretendere il bacio del buongiorno?-
Purché si alzasse, si chinò rapida e guardinga e
lo accontentò, sfiorandogli le labbra con le proprie. Jenny
voleva andare a pattinare ma più di tutto temeva che i
compagni, trovandolo ancora a poltrire, avrebbero presto ricominciato
con le insopportabili recriminazioni sul ritiro, sul ryokan, sul campo
da calcio che non esisteva e chissà cos’altro.
Philip era di tutt’altro avviso. Quei momenti tra loro erano
così rari che il bacio lo voleva, e come si deve. Le cinse
le spalle con un braccio e la tirò giù, mentre
schiudeva le labbra di lei con la lingua, nel bacio che era convinto di
meritarsi.
-E ti pareva, non si può proprio lasciarvi soli.-
Jenny sobbalzò alle parole di Bruce e spinse via Philip. Si
mise seduta con le guance in fiamme, gli occhi sull’amico che
entrava ignorandoli dopo averli apostrofati, e andava spedito verso
l’armadio.
-Alzati, per favore…- redarguì il fidanzato
un’ultima volta.
-Vai tranquilla, Jenny. Se non si alza da solo ci pensiamo noi.-
La giovane annuì e raggiunse di corsa la porta, le mani al
viso che bruciava di imbarazzo.
La magra, leggera, digeribile, calorica il giusto e soprattutto
dietetica colazione che li accolse in cucina fu deludente quanto quella
della mattina precedente e di quella ancora prima. Bruce si
lasciò cadere affranto su una sedia ed esternò
quello che in effetti era più o meno il pensiero di tutti.
-Anche oggi non c’è niente! Non si può
andare avanti così!-
Evelyn gli ficcò nel piatto anche un’intera mela
sbucciata e una fetta di pane ai cereali extra.
-Mangia questi e non fare storie.-
Lo scontento di Harper non si dissolse affatto, piuttosto prese
un’altra strada.
-Holly! Dimmi che senso ha cominciare ad allenarci se tra poco
più di un’ora dovremo smettere per pranzare!-
Sorseggiando tranquillamente il caffè, il capitano non si
scompose.
-Pranzeremo più tardi, visto tra l’altro che
stiamo ancora facendo colazione.-
La sua proposta fece storcere la bocca persino a Mark.
-Sai che colazione.-
-Il pranzo non si rimanda!- s’impuntò Bruce,
sbafandosi in un nanosecondo ciò che restava della mela e
raccattando con la punta delle dita ogni briciola rimasta sul piatto
-Eve, tira fuori qualcos’altro! Ho una fame da svenire!-
-Hai mangiato tutta la tua parte!-
Patty si mise in piedi e cominciò a radunare le stoviglie.
Quando parlò, e lo fece solo perché le amiche
avevano deciso che fosse compito suo farlo, lanciò uno
sguardo sguincio a Holly, che voleva essere qualcosa come una richiesta
di perdono.
-Mentre vi allenate, noi andremo al lago. Domani dobbiamo restituire i
pattini e non li abbiamo ancora usati.-
Philip annuì.
-Per quanto mi riguarda, potremmo andare tutti.-
-Sono d’accordo con te.- approvò Bruce.
Mentre li osservava esterrefatto, il cervello di Mark prese a lavorare
a tutta birra, dimenandosi tra atroci dubbi. Non riusciva a decidersi,
maledizione. Era meglio perorare la causa degli allenamenti sprecando
del tutto la somma pagata per affittare inutilmente quei maledetti
pattini o fare una figura barbina sul lago e sfruttare la spesa?
-Holly?- lo chiamò Julian, affinché si esprimesse
in un senso o nell’altro.
Il silenzio nella cucina durò il tempo sufficiente a
consentire al capitano di valutare i pro e i contro. Guardò
i compagni.
Già in piedi, appoggiato su un lato della porta, Philip era
in attesa che lui prendesse una decisione. Holly era certo che
nonostante preferisse di gran lunga andare a pattinare, si sarebbe
adeguato alla sua scelta. Sapeva perfettamente, Philip, che il fine
ultimo della loro permanenza a Shintoku era il ritiro e che il motivo
per cui Gamo li aveva confinati lassù aveva la
priorità su tutto. Però... Però,
pensandoci bene, per raggiungere quella tanto agognata sintonia non era
forse meglio trascorrere una giornata di puro divertimento a pattinare
su un lago ghiacciato, possibilmente cercando di non farsi male,
piuttosto che prendersi a pallonate com’era accaduto
l’ultima volta nella radura dove Bruce lo aveva accusato di
tirar fuori ai compagni la loro peggiore vena sadica? Eppure anche gli
allenamenti erano importanti perché loro litigavano in
campo, non su una pista di pattinaggio, mettendo a rischio la vittoria,
non salti lanciati e spirali acrobatiche. Tirò un respiro,
rinunciò alla sessione mattutina di allenamenti e forse
anche a quella pomeridiana, incrociò mentalmente le dita
nella speranza che nessuno si infortunasse e infine trovò un
giusto compromesso.
-Andiamo, ma a una condizione. Domattina alle otto iniziamo gli
allenamenti. Non accetto né scuse né ritardi.-
Bruce annuì, perché tanto quella sera avrebbe
manomesso di nuovo la sveglia.
Dieci minuti dopo erano davanti all’ingresso del ryokan,
ciascuno più o meno contento della giornata che si
prospettava. Fuori splendeva il sole come di consueto. Da quando erano
arrivati a Shintoku, il cielo era rimasto pressoché azzurro
e cristallino ma molto, molto freddo. Così freddo che aprire
la porta del ryokan e uscire all’aperto rappresentava ogni
volta un piccolo shock termico.
Ben coperti e con i pattini in spalla, imboccarono la strada per il
paese e poi deviarono per l’abituale sentiero che conduceva
al laghetto.
-Dopo il dovere, finalmente il piacere!-
-Cos’è tutta questa impazienza, Bruce? Non vedi
l’ora di spalmarti a terra?-
-Piuttosto non vedo l’ora di vederci te, Philip!-
-Non contarci, sono troppo bravo per cadere.-
-Callaghan il modesto!- la voce di Mark arrivò dalle ultime
file.
Landers avanzava svogliato nella retroguardia, ancora dilaniato dai
dubbi. Se avesse restituito i pattini quella mattina, avrebbe dovuto
pagare lo stesso l’intera quota di affitto o avrebbe avuto
diritto a uno sconto? E se avesse detto che non li aveva usati e non
intendeva farlo proprio per niente, gli avrebbero rimborsato
l’intera quota? Valeva la pena provarci o era meglio lasciar
perdere?
Benji camminava qualche passo più avanti e quei pattini
avrebbe invece voluto lanciarli in orbita, in modo che si incanalassero
nel percorso gravitazionale della Terra e non tornassero indietro mai
più. Andare a pattinare era l’ultimo dei suoi
desideri, ma nello stesso tempo non vedeva l’ora di godersi
la vista di Landers sdraiato sul ghiaccio alla luce del giorno e sotto
gli occhi di tutti. Mentre già si figurava la scena,
trovò il modo di commentare la tracotanza di Philip, che non
poteva proprio lasciar passare indenne.
-Nessuna modestia. Callaghan sta soltanto cercando di ricostruire il
suo ego fatto a pezzi giusto ieri dal bambino degli autografi.-
Naturalmente l’educazione di Philip prevedeva che la cortese
precisazione del portiere venisse ripagata, ma la palla di neve fu
schivata con indubbia agilità e non finì in
orbita ma dritta precisa sul muso di Bruce.
-Neanche ci avessi preso la mira...- borbottò incredulo
l’autore del tiro.
-Chi è stato?-
-Nessuno, è caduta da un ramo.-
Seguendo tutta la scena, Jenny soffocò una risatina nel
guanto.
Poi Philip la raggiunse e la trovò a camminare accanto a
Mark. Il fastidio che provò nei confronti del compagno si
tradusse in scherno con troppa facilità.
-Sono proprio curioso di vederti sui pattini, Landers. Se vali quanto
sugli sci, allora ci sarà da ridere parecchio.-
purché Jenny, anche stavolta, non si immolasse per aiutarlo.
Bruce tornò indietro carico di neve. Lanciò verso
Philip una palla gigantesca, che lui schivò per un soffio.
Poi corse via lungo la discesa che avevano imboccato. Bruce lo
inseguì. Molto meno agile tra la neve, slittò sul
ghiaccio e finì prima addosso a Holly, poi urtò
Amy.
-Scusa, scusa, scusa, scusa...-
Jenny e Mark, di nuovo soli, ripresero a parlare.
-Non sai pattinare, vero?-
-Mi tengo in piedi.- fu la dignitosa via di mezzo del ragazzo,
perché mentire a quel punto era da idioti, oltre che
inutile. Tra pochissimi istanti la verità sarebbe stata
sotto gli occhi di tutti.
Lei gli sorrise incoraggiante.
-Questo è già un inizio, il resto viene con la
pratica.-
Mark avrebbe voluto chiederle quale pratica, visto che a Saitama non
faceva mai tanto freddo da gelare il fosso vicino casa, né
aveva mai pensato di portare i fratelli su qualche pista di pattinaggio
appositamente approntata nei dintorni. Sempre che ce ne fossero. Al
massimo correvano insieme lungo i sentieri della periferia che
costeggiavano i campi di patate dolci, saltavano le pozzanghere dopo
gli acquazzoni e d’estate andavano a caccia di girini nei
fossi. Ma neve e ghiaccio proprio no.
L’arrivo di Philip mise un punto ai suoi pensieri e alla loro
conversazione. La prospettiva di riprendere con lui il discorso sulle
proprie scarse capacità di tenersi sui pattini fu
così rivoltante che mollò Jenny e si
allontanò nel momento in cui il compagno si affiancava alla
fidanzata.
-Di cosa stavate parlando tu e Landers?- le chiese incuriosito
dall’improvvisa e palese fuga di Mark.
-Pattini e ghiaccio, niente di importante.-
-Non è capace a pattinare, non vuole ammetterlo ed
è scappato.- fu l’ovvia e soddisfacente
conclusione di Philip.
Jenny non disse nulla e lasciò che il fidanzato le cingesse
le spalle con un braccio, dandole poi un leggero bacio su un lato della
testa. Philip inspirò il suo profumo. L’odore di
Jenny gli piaceva da morire, gli era sempre piaciuto. Era un misto di
frutta estiva e campi di lavanda in fiore.
-Se solo avessimo più tempo per noi...-
-Allora non sarebbe un ritiro!-
La superò e si fermò per guardarla negli occhi.
-Ma sì che lo sarebbe lo stesso! Una mezz’ora, al
massimo un’ora ogni tanto, solo questo.- e mentre la
osservava, mentre si riempiva lo sguardo del volto che adorava, delle
sue guance tinte dal freddo e delle labbra che adesso desiderava
baciare, gli venne un’idea. Si lanciò una rapida
occhiata alle spalle, i compagni avevano proseguito sul sentiero,
lasciandoli indietro.
-E se tornassimo al ryokan solo noi due?-
-Non possiamo!-
-Perché no? Non sto andando ad allenarmi!-
Lei si morse un labbro, combattuta. Vide la schiena di Tom sparire
oltre un dislivello del terreno e Mark seguirlo un attimo dopo. Lei e
Philip adesso erano soli.
-Io voglio pattinare con te. Sto aspettando di farlo da tre giorni! Il
nostro momento arriverà, ne sono sicura.-
Sorrise in modo così convincente che lui, anche se un
po’ controvoglia, l’accontentò.
Il cielo tingeva di riflessi azzurri la distesa bianca del lago
ghiacciato, le rive innevate erano costellate di alberi e arbusti. I
rami spogli creavano un reticolo scuro quasi impenetrabile su tutto
quel candore. Erano già le undici ma il sole aveva appena
superato la linea delle montagne. Davanti l’ingresso della
baita c’era un viavai continuo di persone e sulla superficie
del lago, a dare vita a quel paesaggio dalle tinte essenziali, figure
avvolte in giacche colorate pattinavano solitarie, a piccoli gruppi o
tenendosi per mano.
I ragazzi costeggiarono la sponda, rallentando il passo per dar modo a
Philip e Jenny di raggiungerli. Lei li superò, portandosi in
testa al gruppo e conducendoli fino alle rive attrezzate per il
pattinaggio, accanto al pontile che si protendeva sul lago, dove erano
state sistemate delle panche di legno ricoperte di feltro rosso, su cui
sedersi a indossare i pattini con tutta calma e comodità.
Bruce fu il primo ad avventurarsi sul ghiaccio, avanzando con meno
precauzione di quanto fosse invece necessaria a un principiante come
lui. E constatando di tenersi in piedi senza troppa fatica,
provò a darsi una spinta così maldestra che
invece di avanzare volò a terra.
Holly impallidì.
-Bruce! Fai attenzione! E se ti fai male?-
-Tranquillo!- lo rassicurò tirandosi su impacciato mentre i
piedi slittavano di qua e di là.
Tom finì di allacciarsi i pattini e lo raggiunse,
porgendogli una mano per aiutarlo a sollevarsi.
-Sei troppo spericolato!- lo rimproverò -Non ti tieni in
piedi e già vuoi correre!-
Seduto su una panca in terza o quarta fila, ben discosto da tutti, Mark
abbassò gli occhi sulle dita che stringevano svogliatamente
i lacci degli stivaletti di robusta pelle nera. Sperava che le cadute
di Harper attirassero la totale attenzione dei compagni, lasciando
sullo sfondo la sua imbranataggine o capitasse qualcos’altro,
qualsiasi cosa, che catalizzasse l’interesse degli altri.
Tutto il contrario di lui, indossati i pattini Philip partì
a razzo. Il vento freddo gli colpì il viso scompigliandogli
i capelli, in un istante raggiunse la parte opposta del lago e fece una
curva per tornare indietro. Jenny gli andò incontro, tese un
braccio e un secondo prima di superarsi, Philip le afferrò
la mano. Le loro spinte opposte formarono prima un cerchio, poi una
spirale che continuò a vorticare rallentando a poco a poco.
Le loro risate arrivarono fin sulla riva.
-Guarda quei due.- Benji li indicò, ma Mark li stava
già osservando.
-Callaghan è veramente bravo come dice.-
-Se non ne sono capaci loro che abitano in Siberia, allora chi?-
L’inammissibile realtà era che lo invidiavano
entrambi.
-Ti vedo un po’ arrugginito, Tom.- disse Philip passandogli
accanto con Jenny che si lasciava pigramente trascinare aggrappata al
suo braccio.
-Sono secoli che non indosso i pattini.-
-Quindi non te la senti di fare una gara come ai vecchi tempi?-
-Certo che sì, concedimi solo qualche minuto per sgranchirmi
le gambe.-
-Gara? Che gara?- domandò Holly, spingendosi sui pattini un
po’ titubante ma tutto sommato abbastanza sicuro di
sé, molto più che sugli sci.
Benji strinse i lacci degli stivaletti e si tirò su. Sulla
riva erano rimasti soltanto lui e Landers. Persino Bruce, dopo il volo
di un attimo prima, se la cavava piuttosto bene. E Philip e Tom,
più distanti, percorrevano il lago a una velocità
pazzesca, tanto che Holly li guardava impalato con la bocca spalancata
e un braccio sollevato a metà, nell’inutile
tentativo di fermarli o, perlomeno, farli rallentare. Adesso che gli
amici non badavano a lui, erano distratti e non guardavano verso la
riva, era il momento di darsi una scossa per non diventare lo zimbello
dell’intera compagnia, come Benji prevedeva sarebbe presto
accaduto. Il suo scontento investì Landers, pronto a
scendere sul ghiaccio.
-Hai paura?-
-Io? Certo che no!-
Mark avanzò e il pattino slittò. Si
sbilanciò in avanti ma restò in piedi caparbio,
fingendo addirittura che fosse tutto calcolato. Dalla riva, distante
solo pochi passi, Benji aspettava impaziente che si compisse il suo
destino ormai segnato e capitombolasse sotto gli occhi di tutti. Il
ragazzo si spinse per un altro paio di metri, sempre più
sicuro e più agile. Per quanto tempo sarebbe stato in grado
di rimanere in piedi, Mark stesso non lo sapeva. La nottata passata
insonne avrebbe dato i suoi frutti? Si volse indietro. Price esitava
ancora, probabilmente non era poi così sicuro di
sé come voleva far credere.
Dal lago Julian li osservava e li scherniva.
-Quei due impiastri non si muoveranno da lì.-
-Ho idea che non sappiano pattinare.-
Patty guardò Amy.
-E perché non l’hanno detto?-
-Orgogliosi come sono?-
Patty lasciò la mano di Holly e raggiunse la riva. Jenny,
rimasta a osservare le acrobazie temerarie del fidanzato, dapprima con
ammirazione e poi con una certa ansia, le andò dietro.
-Dove vai? Che succede?-
-Vado a prendere Benji, è rimasto incollato alla riva. Visto
che ci sei, dai una mano a Mark.-
Jenny non s’era neppure accorta che Mark avesse bisogno di
una mano. Ma Philip continuava a percorrere spericolato il lago da una
parte all’altra, così concentrato da non prestare
attenzione a niente e nessuno e dandole allo stesso tempo la
possibilità di fare qualcosa senza provocare il suo
scontento.
-Avete bisogno di aiuto?-
Benji fulminò Patty.
-Aiuto da te? Mai!-
Lei alzò gli occhi al cielo. Jenny rise, poi li
superò entrambi per avvicinarsi a Mark. Vista la reazione
del portiere, preferì non offrirgli il proprio supporto.
Senza dirgli nulla lo agguantò per la manica del giacchetto
e lo trascinò per alcuni metri verso il centro del lago.
-Che stai facendo?-
Lui si liberò e ritirò il braccio, ma il suo
gesto scortese non la intimidì. Del resto se
l’aspettava.
-Vieni, ti insegno a non cadere.-
Lo prese per mano e lui si ritrasse di nuovo, ma quel movimento
repentino lo fece vacillare e cercare, un secondo dopo, le dita sicure
di Jenny.
-D’accordo, spiegamelo in due minuti e poi sparisci.- anche
perché Philip stava tornando indietro e presto li avrebbe
individuati, ricominciando con le sue assurde smanie di gelosia.
Benji li osservò critico.
-Landers ha la scioltezza di un tronco. Sembra che gli abbiano appena
ficcato un bastone su per…-
-Guai a te se lo dici!- Patty lo tirò verso il ghiaccio
-Parli e critichi ma non fai un passo. Sei l’unico a essere
rimasto a riva. Per quanto tempo pensi di restare incollato qui?-
-Non mettermi fretta! Sto prendendo confidenza con i pattini, non lo
vedi?-
-Stando fermo?- tentò di smuoverlo.
-Patty! Se mi fai cadere me la paghi!-
-Se cadi ti lascio a terra, giuro!-
La giovane lo strattonò e Benji si ritrovò
aggrappato alla sua giacca senza sapere bene come ci fosse finito. Si
tirò indietro perché non poteva, assolutamente
non poteva accettare di essere tenuto in piedi da lei. Era ora di
mettere in pratica ciò che aveva imparato in quella
maledetta notte insonne.
-So pattinare, se non mi stai addosso.-
-Davvero? A vederti così mi riesce difficile crederlo.-
tuttavia si scostò volentieri perché era stufa di
tutte quelle storie e si era pentita da un pezzo di averlo raggiunto ed
essersi offerta di dargli una mano.
-Vai pure, Patty. Come vedi mi tengo in piedi anche senza di te.-
-Vedremo. La mattinata è ancora lunga.- disse e si
allontanò a testa alta.
Benji fu contento di essere riuscito a togliersela di torno. Quando fu
abbastanza lontana, si spinse sul ghiaccio prima prudentemente, poi
sempre più veloce, finché si abituò ai
pattini e prese a scorrazzare tranquillamente per il laghetto, un
po’ traballante ma senza mai cadere.
Quando Jenny reputò che Mark non avesse più
bisogno di aiuto, lo lasciò a cavarsela da solo e raggiunse
le amiche, concludendo l’avvicinamento con
un’aggraziata piroetta.
-Sei davvero brava!-
-Grazie Amy. Ho imparato a pattinare quando ero alle elementari.
Piuttosto sei tu a essere brava, visto che già non cadi
più!-
-Jenny!-
Era quasi ora di pranzo e il sole si trovava a picco nel cielo quando
la voce di Meryl scivolò sul ghiaccio come un’eco.
La ragazza interpellata si volse sorpresa.
Avvolta nella sua giacca a vento color rubino, la nuova arrivata si
sbracciava dalla riva del lago per attirare la sua attenzione. Era poco
distante, in piedi tra le panchine e Jenny la raggiunse in un attimo.
-Non ti fai vedere da un secolo! Che fine hai fatto? Se non ci fossero
i tuoi nonni a darmi notizie di te potrei pensare che sei morta!-
Lei provò a rispondere qualcosa, ma Meryl non le diede il
tempo di farlo. Le prese una mano guantata e la strinse tra le sue.
-Che piacere vederti! Sono contenta che tu sia qui!- effettivamente i
suoi occhi brillavano di sincera felicità -E visto che hai
dimenticato dove abito, sono venuta io a salutarti.-
-Come facevi a sapere che ero al lago?-
-Sono passata al ryokan, me l’ha detto nonna Harriet. E mi ha
anche detto che sei a Shintoku già da qualche giorno.
Perché non sei passata al negozio?-
-Non ne ho avuto il tempo.-
-Cioè non volevi incontrare Kevin.- tradusse Meryl alzando
le spalle -Però ti è andata male, eh? Ieri
mattina ha insistito per venire al ryokan al posto di papà.
Si è offerto dicendo che al negozio c’è
poco lavoro, ma è ovvio che l’ha fatto per
vederti.-
Jenny sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle e si
affrettò a cambiare discorso. Erano Philip, Patty e Holly,
seguiti a poca distanza da Evelyn e Bruce.
-Sei venuta a pattinare?-
-No, solo a salutarti.- Meryl sorrise ai nuovi arrivati e in
particolare a Bruce che sembrava davvero felice di rivederla -Come sono
andati gli acquisti a voi tre?-
-Un disastro!-
Evelyn strabuzzò gli occhi.
-Fermi tutti! Vi conoscete?-
-Ci siamo incontrati giù in paese quando siamo andati a
comprare da mangiare. Abbiamo fatto la spesa al suo negozio.-
spiegò Bruce.
Jenny non aveva assolutamente preso in considerazione il fatto che
avrebbero potuto incontrare Kevin al posto di Meryl. Si
sentì gelare, rendendosi conto di essere stata
fortunatissima che le cose fossero andate così.
-Meryl, lui è il mio fidanzato, Philip.-
La ragazza strinse la mano che il giovane le porgeva.
-Adesso ti conosco davvero.-
Jenny proseguì con le presentazioni, includendo anche Tom
che si era avvicinato curioso. Rimasero fuori soltanto Amy e Julian,
che avevano abbandonato momentaneamente il lago per andare a bere
qualcosa alla baita, e Benji e Mark, che pattinavano lenti, impacciati,
lontani e insieme. Insieme?
-Perché non ti unisci a noi? Più siamo e
più ci divertiamo.-
Evelyn fu contenta che lei rifiutasse l’invito di Bruce.
-Grazie, un’altra volta. Oggi sono solo di passaggio.-
-E allora? Basterebbe che passassi più piano e avresti il
tempo di restare.-
-Veramente stiamo per andar via...- borbottò Evelyn nervosa,
nascondendo le mani nelle tasche.
-Mi dispiace, devo sbrigare delle commissioni per il negozio e comunque
non ho i pattini.-
-Che problema c’è? Eve, prestale i tuoi per un
po’!-
La ragazza spalancò la bocca incredula e i suoi occhi
lampeggiarono di stizza.
-Perché invece non le dai i tuoi, Bruce?-
Meryl trasalì, poi guardò Jenny che si
mostrò spaesata tanto quanto lei.
-Non posso davvero restare. Ci vediamo un’altra volta. Ciao
Jenny, buon divertimento a tutti!-
Si allontanò in fretta e con un sorriso un po’
forzato, sentendosi sulla schiena gli occhi di tutti ma in particolar
modo lo sguardo infuocato di Evelyn. Non appena fu abbastanza lontana,
in effetti la ragazza esplose.
-Sei un cafone, Bruce! Davvero non ho parole! Avresti preferito che ci
fosse lei a pattinare al mio posto?-
-Come ti viene in mente, Eve? Non ho assolutamente detto questo!- le
gridò dietro mentre la fidanzata si allontanava furente, un
diavolo per capello.
Holly e Tom se la squagliarono zitti zitti e Philip, notando la
manovra, li seguì all’istante.
-Andiamo a prendere da bere, Tom! Tu vuoi qualcosa, Jenny?-
-Un succo di frutta.-
Abbandonato dai compagni, Bruce rimase in balia delle amiche. Patty
partì subito all’attacco.
-Che razza di atteggiamento è? Perché ti sei
comportato in modo così villano?-
-Cosa c’è di male ad aver invitato
l’amica di Jenny a pattinare con noi?- aveva cercato di
essere gentile ed ecco il risultato.
-Nulla, se non ti fosse venuto in mente di offrirle i pattini di
Evelyn!-
-Non potevo certo darle i miei! Sono troppo grandi!-
-Corri a scusarti!- sbraitò Patty -Se non vuoi che Evelyn ti
lasci all’istante, come le consiglierò di fare non
appena rientreremo al ryokan!-
Il ragazzo la guardò incredulo, giusto il tempo di
realizzare che la minaccia non era uno scherzo né una
battuta. Dopodiché corse difilato dietro la fidanzata,
all’impacciata velocità che gli consentirono i
pattini. La raggiunse barcollante e lei prese a gridargli in faccia
tutta la sua irritazione, spintonandolo finché Bruce non
cadde a terra. Allora, soddisfatta, si allontanò ignorando i
suoi richiami.
Patty e Jenny assistettero alla scenata in silenzio. Poi, a un certo
punto, l’una posò una mano sul braccio
dell’altra.
-Guarda lì.-
Jenny si volse nella direzione indicata e si irrigidì di
colpo.
Kevin era in piedi sulla riva, gli occhi strafottenti fissi su di lei.
Doveva essere arrivato insieme a Meryl, ma si faceva vedere solo adesso
che lei era entrata nella baita.
Il ragazzo continuò a osservarla con un sorrisetto ironico
finché i loro sguardi si incrociarono di nuovo. Allora le
fece cenno di avvicinarsi. Jenny scosse la testa e si
allontanò insieme a Patty, rifiutandosi di raggiungerlo.
Sperava che sparisse silenzioso com’era arrivato, invece i
minuti passavano e lui restava, la sua scomoda presenza a pochi passi
da loro, i piedi tra la neve della sponda del lago. I suoi occhi
passavano da lei ai compagni, studiandoli tutti con curioso interesse.
La presenza di altre persone nei dintorni lo lasciava passare del tutto
inosservato. Neppure Mark lo aveva notato. Era troppo occupato a
tenersi in equilibrio sul ghiaccio per avere il tempo di alzare gli
occhi dai pattini. Istintivamente diffidente dopo ciò che
era accaduto il giorno prima, Jenny non riteneva sicuro avvicinarsi. Ma
se gli avesse dato retta per una manciata di minuti, forse lui sarebbe
andato via. Non voleva raggiungerlo eppure si costrinse a farlo.
-È meglio se vado a sentire cosa vuole, Patty.
Così magari se ne va.-
Cercò Philip e lo vide davanti all’ingresso della
baita, da cui era appena uscito con Tom e Bruce. Stavano tornando
insieme verso il lago, ma si trovavano ancora lontani. Jenny si spinse
sul ghiaccio e raggiunse la riva e Kevin.
-Cosa sei venuto a fare?-
-Ciao, Jenny.-
-Sì, be’… ciao. Cosa vuoi?-
-Niente. Il lago è di tutti e io sono semplicemente di
passaggio. Ho saputo che eri qui e mi sono affacciato per vedere il tuo
fantomatico ragazzo. Che fai, me lo presenti?-
-Dov’è Meryl?-
-Tra poco torna, deve sbrigare una commissione per il negozio.-
Fu per un caso fortuito che Mark tirò su il naso dalla punta
dei pattini e li scorse. La vista dell’odiato ragazzo
risvegliò di colpo il dolore allo zigomo. Lo
sentì pulsare forte e la collera tornare a riaffacciarsi. Il
maledetto era lì. Se solo non avesse indossato i pattini
sarebbe corso da lui e lo avrebbe gonfiato di pugni come un pallone,
per poi sgonfiarlo a calci. Arrancò sul ghiaccio
più veloce che poté ma con la precauzione
necessaria a non ruzzolare davanti a tutti.
Teneva un occhio preoccupato su quell’incosciente di Jenny
che non aveva affatto imparato la lezione e l’altro
impaziente su Philip che si stava avvicinando lentamente, troppo
lentamente. Cosa aveva da ridere con Tom? Perché
piuttosto non si sbrigava a raggiungerli?
-Cretino! Imbecille!- ringhiò. Chi avrebbe fatto prima ad
arrivare a riva? Lui o Philip?
Le mani ancora infilate nelle tasche, Kevin fissò la ragazza
dritto negli occhi.
-Se ieri io non fossi venuto al ryokan, avresti continuato a ignorarmi?-
-Ignorarti? In che senso?-
-Io ti piacevo!-
-Secoli fa! Per quanto tempo ancora pensi di rinfacciarmi la stupida
infatuazione di una stupida bambina di otto anni? Io non sono qui per
te. Sono in vacanza dai nonni con il mio ragazzo. Non ti devo nessuna
visita di cortesia. Lo capisci, vero?-
Kevin le rispose con una smorfia insofferente.
-Sono proprio curioso di conoscerlo, questo ragazzo di cui tanto
parlano i tuoi nonni. Allora perché non me lo presenti?-
-Non ne vedo il motivo.- indietreggiò di un passo, pronta a
mettere fine alla conversazione.
Kevin rise.
-Certo, altrimenti dovresti dirgli che eri cotta di me, vero?-
Jenny ebbe un moto di fastidio e si volse con l’intenzione di
andarsene. Vide il fidanzato raggiungere le panche insieme a Tom e
Bruce, tenendo tra le mani il succo di frutta che gli aveva chiesto di
comprare. La conversazione con Kevin era durata troppo a lungo.
Mark e Philip arrivarono sulla riva nello stesso preciso istante,
l’uno dal lago, l’altro dal sentiero.
-Lo conosci, Callaghan?-
-Chi?-
-Il tipo che sta parlando con Jenny.-
Philip lo mise a fuoco e scosse la testa. Che lei ci parlasse non lo
sorprese. La fidanzata aveva vissuto a Shintoku per anni, doveva
conoscere più o meno tutti.
-Mai visto.-
Meryl ancora non tornava e Kevin non sembrava intenzionato ad
andarsene. Anzi, si stava facendo via via più asfissiante.
-Quindi non mi dirai chi è, giusto?-
-Assolutamente no.-
-Scommetti che lo capisco da solo?-
Gli occhi di Kevin lampeggiarono mentre sollevava una mano e
l’afferrava per la spalla, tirandola brusco verso di
sé. Il gesto deciso e repentino la colse impreparata,
scivolò sui pattini e si aggrappò al giubbotto
del ragazzo per non cadere. Poi, ritrovato l’equilibrio, si
tirò indietro per scostarsi ma Kevin non la
mollò. Stupida ingenua, si ritrovava esattamente nella
stessa situazione del giorno prima, ma stavolta purtroppo sotto gli
occhi di Philip e degli altri.
-Lasciami.-
-Che dici, Jenny.- la provocò lui -Vogliamo fargliela vedere
al tuo ragazzo una cosa che non sa?-
Strinse la presa sulle sue spalle e con un movimento improvviso
l’attirò contro di sé. Le loro labbra
si sfiorarono solo un attimo, perché Jenny fu veloce a
puntargli le mani contro il torace e respingerlo. Reagì in
modo così rapido da sperare che nessuno avesse visto cosa
fosse successo davvero.
Nonostante ciò, un violento rossore di imbarazzo e di
collera le colorò le guance mentre Kevin di fronte a lei
rideva, mandandola su tutte le furie.
Circondato dai compagni radunati quasi tutti sulla riva per prepararsi
a lasciare il lago e tornare al ryokan, Philip aveva gli occhi bloccati
su Jenny e sullo sconosciuto dal momento in cui lui le aveva posato
quella mano sulla spalla così bruscamente da farle perdere
l’equilibrio. Non fu sicuro di aver visto ciò che
aveva visto, soprattutto perché fu inaccettabile che
qualcuno oltre se stesso baciasse la fidanzata. Così
esitò, perplesso e dubbioso, al culmine
dell’incertezza, i succhi di frutta che aveva preso per
sé e per lei tra le mani.
Bruce non mancò di commentare, inopportuno come al solito.
-Philip, perché quel tizio ha baciato Jenny?-
-Baciato?-
Lui gli rifece l’eco, gli occhi spalancati e il colore che a
poco a poco svaniva dal suo viso, costretto a prendere atto di
quell’inaccettabile verità, su cui avrebbe voluto
mantenere un più confortante dubbio.
-Non hai visto?-
-Sì… no… ma...- fece un passo verso il
ghiaccio, poi si ricordò di essere senza pattini e fu
costretto a fermarsi.
Tom gli sfilò di mano i succhi di frutta prima che,
strizzate com’erano, le confezioni esplodessero.
Come se non bastasse ciò a cui aveva appena assistito,
l’ironico punto di vista di Benji impietrì Philip
sul posto.
-Magari è il suo amante, quello non ufficiale. Oppure un suo
ex.-
Philip spostò sul portiere gli occhi sconvolti da quel paio
di ipotesi che lo fecero esitare. La prima impossibile, la seconda da
valutare, anche se non poteva obiettivamente trattarsi di un ex di
Jenny perché Jenny non aveva ex. Lui era stato il suo primo
ragazzo! Indugiò perplesso su una convinzione rimasta finora
solidamente radicata nella sua testa. Lo era stato davvero? Ma certo
che lo era stato, ne era sicurissimo! Semmai la questione poteva essere
un’altra… Sollecitata dall’ironia di
dubbio gusto del portiere, la prima eventualità si
riaffacciò nella sua mente, e prese forma. Durante gli anni
in cui erano stati insieme, lei lo aveva mai tradito? In tutte quelle
occasioni in cui Jenny era andata a Shintoku dai nonni a trascorrere un
weekend o parte delle vacanze, aveva incontrato quel ragazzo?
C’era stato qualcosa tra loro? Scosse la testa con forza per
scacciare il sospetto. No che non poteva esserci stato e lui non
avrebbe dovuto neppure pensarlo! Quindi? Perché mai quel
tizio osava un gesto così intimo?
Jenny pregò con tutta se stessa che Philip non li avesse
visti o almeno non avesse visto bene. Odiò Kevin,
ferocemente. Gli puntò le mani sulle spalle e lo spinse via
con tutta la forza della disperazione e della vergogna. Le dita che la
stringevano persero la presa e lei riuscì a scostarsi. Il
giovane rise e la schernì.
-Che c’è? Non ti è piaciuto?-
Jenny lo schiaffeggiò in pieno volto. Gli occhi di Kevin
lampeggiarono d’ira e un attimo dopo le restituì
svogliato lo schiaffo, senza mettere nel gesto un briciolo di forza. Fu
quindi lo stupore a farla barcollare sui pattini. Riuscì a
rimanere in piedi per miracolo e si portò una mano al viso,
dove la guancia bruciava più per la vergogna che per il
colpo.
-Jenny!-
Udì Philip chiamarla, nel suo grido tutta la preoccupazione,
l’orrore e l’urgenza. Non ebbe il coraggio di
voltarsi.
-Eccolo lì il tuo ragazzo.- rise Kevin sprezzante
-È quello con la giacca a vento azzurra.-
Jenny lo fissò furiosa.
-Mi hai baciata! E mi hai schiaffeggiata!-
-Sì, e mi sarei limitato al bacio… Ricominciamo
dall’inizio, eh? Sono sicuro che andrà meglio.-
mise un piede sul ghiaccio e lei indietreggiò.
-Non provare ad avvicinarti!-
-Altrimenti che fai? Mi dai un altro schiaffo?- scattò
veloce e le afferrò un braccio -Davvero pensi di riuscirci?-
In un barlume di lucidità tra tutta la collera che gli
annebbiava il cervello, Philip si chiese se percorrendo la riva di
corsa, sarebbe riuscito a raggiungerli in tempo – in tempo
prima di cosa? Ma il profilo del lago, da quella parte, era tutto rocce
e spunzoni, nessuno spazio dove mettere i piedi. Quanto ci sarebbe
voluto per indossare di nuovo i pattini? Se solo li avesse avuti ancora
ai piedi avrebbe impiegato meno di un istante ad arrivare da Jenny e
stendere quel tizio.
Quasi gli avesse letto nella mente, o forse spinto dal timore che il
violento sconosciuto affibbiasse a Jenny un altro schiaffo, o peggio un
altro bacio, facendo eruttare come un vulcano l’ira
distruttiva di Philip, Holly smise si slacciarsi i pattini e si
alzò.
-Vado io.- tanto più che Patty era rimasta a metà
strada tra loro e Jenny, in ansia per l’amica -E cerco di
risolvere la questione in modo civile.-
-Civile? Uno che picchia una ragazza ti sembra civile?-
replicò Philip incredulo e fuori di sé.
Jenny puntò i pattini ma non riuscì a liberarsi
dalle mani di Kevin che le stringevano le braccia sopra i gomiti. Lo
vide accostarsi ancora, calare su di lei senza lasciarle scampo.
L’avrebbe baciata di nuovo, il maledetto! Reclinò
il viso per impedirgli di avvicinarsi, adesso che era sicura che Philip
li stava guardando.
-Non farlo, è molto meglio per te.-
-Sto morendo di paura.- rise e abbassò il volto per
raggiungere la bocca che la ragazza gli negava.
Jenny sentì il suo profumo, i suoi capelli le sfiorarono la
fronte. Allora reagì. Si aggrappò alle maniche
della sua giacca per tenersi in equilibrio, sollevò un
ginocchio e lo colpì con forza nello stomaco.
Kevin fu fortunato che Jenny indossasse i pattini e fosse
più alta di parecchi centimetri. Fu fortunato ma gli fece
male lo stesso, atrocemente male. Emise un lamento,
boccheggiò in cerca d’aria, mollò la
presa e cadde in ginocchio stringendosi lo stomaco, piegato in due dal
dolore. Jenny lo fissò dall’alto, incrociando il
suo sguardo velato di collera e sofferenza.
-Ti avevo avvertito, Kevin.- si volse e lo lasciò
così, a imprecare contro di lei.
-Dove l’ha colpito? L’ha preso lì?-
domandò Bruce.
-Magari!- Philip lo sperò con tutto se stesso.
-Io davvero non ti capisco Callaghan.- Benji si sedette su una panca,
armeggiando con i lacci degli stivaletti -Ci guardi male ogni volta che
ci avviciniamo a Jenny o le parliamo, persino se la guardiamo. E poi
lasci che succeda questo?-
-Fanculo, Price!-
Seguì la fidanzata con lo sguardo mentre raggiungeva Patty.
Le sue guance erano arrossate, i pugni serrati, gli occhi
insistentemente puntati sull’amica. Non si girò
verso di loro neppure una volta.
-Lo avete visto? Ci avete visti?- chiese in ansia -Philip ha visto?- si
portò le mani al viso, che sentiva bruciare di vergogna.
Minuscoli cristalli di ghiaccio sulla lana dei guanti le graffiarono la
pelle.
-Credo proprio di sì.-
-E adesso?- la fissò a dir poco disperata.
-Devi stare tranquilla, Jenny! Era così chiaro che non
volevi che ti baciasse. Vedrai che Philip lo capirà!-
Furono parole che non la consolarono e non la tranquillizzarono. Le
ricordarono soltanto che Patty non conosceva affatto Philip. Jenny era
sicura che si sarebbe arrabbiato, era sicura che fosse furioso. Per
colpa di Kevin avrebbero litigato, ne era certa. Si fece coraggio e si
volse a guardarlo. Anzi, fece di più. Insieme a Patty
tornò verso di lui e verso i compagni.
-Chi è quello, Jenny?- la accolse secco, restando a
guardarla dalla riva.
Lei abbassò il viso sui pattini del fidanzato abbandonati
sotto una panca. Chi era Kevin? Non era nessuno accidenti!
-Mi dispiace.- disse con voce rotta -Non so che gli sia preso, non lo
vedevo da anni…-
-Dunque ha pensato di recuperare il tempo perso.-
Tom infilò una gomitata tra le costole di Benji.
-Chi accidenti è?- insistette Philip.
-Possiamo parlarne dopo? Per favore...- supplicò lei con una
vocina timorosa, appena appena udibile. Gli lanciò una
timida occhiata e lo vide abbozzare un sì.
-Rientriamo al ryokan?-
-Ottima idea, Patty.- approvò subito Bruce -Il mio stomaco
comincia a invocare cibo. Ho una fame da svenire!-
-Non smetti mai di averne.- sbuffò Evelyn.
Sulla strada del ritorno Jenny si tenne ben alla larga da Philip. La
delusione e la collera che gli leggeva in faccia la mettevano a disagio
e la facevano star male perché temeva che tirasse
conclusioni affrettate, che il suo cervello creasse storie troppo
fantasiose su ciò che aveva visto. Sperava che non
si ficcasse in testa strane idee prima di darle il tempo di spiegarsi.
In effetti era proprio questo ciò che Philip stava facendo.
Cercare una spiegazione plausibile e indolore. Voleva sapere tutto e
subito, i dubbi lo stavano divorando e se fossero stati soli, avrebbe
preteso all’istante spiegazioni chiare e soddisfacenti.
Invece gli toccava attendere, anche se la pazienza a disposizione era
veramente troppo poca.
Con un inaspettato moto di solidarietà nei suoi confronti,
Mark lo affiancò e tentò di distrarlo.
-Andiamo alle terme?-
-Non mi frega un cazzo delle terme!-
Landers lo guardò incredulo, tutt’a un tratto
convinto che la lezione che gli aveva dato alle elementari non era
stata sufficiente. Il suo irascibile istinto gli suggerì di
ririspondergli con un pugno sul naso ben assestato, ma si trattenne.
Alla luce di ciò che era appena successo al lago, si
sforzò di essere comprensivo e di passar sopra ai suoi modi
bruschi. Con uno sforzo ancora più grande, poteva provare
persino a tranquillizzarlo.
-Ti stai agitando inutilmente, quel tipo è un cretino. Non
vale niente e soprattutto non vale la pena che reagisci
così.-
Philip si volse di colpo.
-Che ne sai? Lo conosci?- il disagio improvviso di Mark fu rivelatorio
-Lo hai già incontrato?-
-Sai cosa penso? Non è stata una buona idea quella di venire
a pattinare. Gli stivaletti erano stretti, mi hanno massacrato i piedi.-
Per Philip il tentativo di Mark di cambiare discorso fu la prova
provata che gli stava nascondendo qualcosa. Anche lui!
-Dove l’hai visto?-
-Secondo me un bel bagno alle terme ci vuole proprio, non vedo
l’ora di…-
-Dove cazzo hai visto quel tipo?!- lo superò con una falcata
e gli si parò davanti, costringendolo a fermarsi. Lo
fissò dritto negli occhi e ripeté per la terza
volta la domanda -Dove l’hai visto, Landers?-
Mark desiderò poter diventare invisibile a quegli occhi
carichi di preoccupazione e gelosia. Sospirò e cedette.
-L’ho visto al ryokan.-
-Quando?-
-Non farle a me tutte queste domande!-
-Quando?-
Landers si liberò con uno strattone.
-Perché non lo chiedi a Jenny?-
-Dimmi quando! Maledizione!-
-E va bene, porca miseria! L’ho visto ieri mattina!-
-Cos’è venuto a fare al ryokan? A vedere lei?-
-No, imbecille! È venuto a portare le provviste!-
-Sei sicuro?-
-Sì che sono sicuro!-
Nell’espressione di Philip passò un lampo di
sollievo. Riprese a camminare al suo fianco.
-Perché Jenny non mi ha detto niente?-
-Se ne sarà dimenticata.-
Philip lo fulminò.
-Dimenticata? Mi spieghi come può scordarsi di un tizio che
il giorno dopo la bacia e poi la schiaffeggia davanti a tutti? Davanti
a me?-
-Pensi che abbia voluto tenertelo nascosto?-
-Non lo penso, lo ha fatto!-
-Magari non te l’ha detto perché immaginava che
avresti reagito esattamente come stai facendo ora!-
Philip gli rivolse uno sguardo di fuoco.
-Cos’è, un rimprovero?-
-No, è una costatazione!-
-Dovrei essere contento che quel tizio l’ha baciata?-
-Certo che no, ma prima di incazzarti aspetta di sentire
cos’ha da dirti!-
-Sono tutt’orecchie, Landers, non vedo l’ora di
ascoltarla. Solo che Jenny non mi pare intenzionata a spiegarsi!-
-Ma se ha detto che ne parlerete quando sarete soli!-
-Cazzo, Landers! La smetti di difenderla?- accelerò
stizzito, lasciandolo indietro. Invece di consolarlo, capirlo e
mettersi dalla sua parte dopo l’onta subita, lo stava facendo
sentire un cretino. Come se la colpa di tutto fosse sua.
Continuò a calpestare la neve rabbioso, a testa china e in
silenzio, fino al ryokan.
La nonna chiamò Jenny non appena misero piede nella
pensione, neanche si fossero messe d’accordo. Lei corse in
cucina passando accanto al fidanzato che continuava a tenerle il muso.
Riapparve pochi istanti dopo nell’ingresso, dove gli amici
stavano finendo di liberarsi di scarpe e cappotti.
-Quanta fame avete?-
-Si mangia?- Bruce ripose i guanti nella tasca della giacca e la appese
sull’appendiabiti. Era pronto ad abbuffarsi.
-La nonna ha ordinato il sushi. È già in tavola,
va bene se alle terme ci andiamo dopo?-
-Perché? Altrimenti si fredda?-
-Certo che va bene!- esultò Bruce sgomitando Benji e la sua
battuta -Prima il dovere, poi il piacere!-
-Giratela come ti pare Harper, ma a me sembra che tu non faccia altro
che compiacerti.- dichiarò Mark.
-Giusto il tempo di lavarci le mani.-
-Lavarmi le mani?- Bruce spostò gli occhi su Patty che
imboccava le scale, seguita da Holly -E perché? Mi sono
messo i guanti prima di uscire, me li sono tolti in questo istante, non
le ho mica sporche!- per sicurezza le annusò. Odoravano di
lana e vagamente di naftalina.
Patty sorrise, continuando tuttavia a spingere Holly su per le scale.
-Fino a prova contraria acqua e sapone non hanno mai ucciso nessuno.-
Fortuna per loro, proprio quel nessuno seguì il
suggerimento. Giunto al primo piano, Holly si fermò e si
volse a osservare il corridoio, silenzioso e deserto. Poi
guardò la fidanzata con il volto illuminato da incredulo
stupore.
-Patty, non riesco a crederci! Siamo soli! Sono rimasti tutti
giù!- proprio lì dove si trovava fece un passo
verso di lei, le prese il volto tra le mani e le stampò un
entusiastico bacio sulle labbra. Dopodiché la
guardò e rise -Sono cinque giorni che aspetto di farlo.-
-A chi lo dici!- condividendo le sue stesse emozioni, Patty lo prese
per mano e lo trascinò svelta nella camera che occupava con
le amiche, curandosi di appoggiarsi contro la porta per evitare che
qualcuno la aprisse dall’esterno -Abbiamo i secondi contati e
dobbiamo sfruttarli al massimo!-
Loro labbra si unirono, desiderose di annullare i giorni trascorsi in
astinenza.
-Holly! Patty! Stiamo aspettando voi! Che state facendo?-
Naturalmente a gridare era Bruce, sollecitato dalla sua fame cronica.
Il momento tanto atteso era già terminato e Patty si
scostò controvoglia dal fidanzato. Lui tentò di
rassicurarla con l’usuale ottimismo, solido e incrollabile.
-Vedrai, prima o poi riusciremo a ritagliarci un po’ di tempo
senza nessuno tra i piedi. In fin dei conti la vacanza è
appena cominciata e…-
-Vacanza?- le venne da ridere mentre lui si rendeva conto della gaffe.
-Ritiro! Volevo dire ritiro!-
In cucina Evelyn aveva sequestrato a Bruce le bacchette e lui, pur di
mettere qualcosa nello stomaco, stava prendendo in considerazione
l’eventualità di condire il sushi con
l’aroma pungente della naftalina.
Holly entrò osservando i compagni. A parte
l’impazienza dettata dalla fame, a tavola regnava
un’insolita quiete. Certo, Bruce parlava per quattro e Benji
e Mark si punzecchiavano con battute sagaci alla velocità
della luce, eppure la cucina sembrava più silenziosa del
solito e pervasa da una sorta di calma elettrica, simile a quella che
si scatena prima della tempesta. C’era da preoccuparsi,
altroché. Per esempio che Evelyn sedesse di fronte a Bruce e
non accanto, come se intendesse rovinargli il pranzo con le sue
occhiatacce, cosa peraltro di difficile attuazione visto che Bruce
fingeva di non notarle o, troppo affamato, non le notava davvero.
Dopo Mark, andando verso la finestra, c’erano Jenny e Philip
che avevano mantenuto il loro solito posto anche se non si parlavano.
Holly comprendeva la collera del compagno e la giustificava. Come
avrebbe reagito lui stesso, se avesse visto Patty baciare un altro?
Nonostante ciò, a suo parere il silenzio ostinato in cui
Philip si era barricato non lo avrebbe portato da nessuna parte.
Ignorava la fidanzata e teneva insistentemente gli occhi sul piatto.
Lo sguardo di Holly passò da lui a Jenny, che giocherellava
nervosamente con le bacchette, lanciando occhiate timide e preoccupate
al fidanzato. Quando si accorse di essere osservata, a disagio
abbassò il viso sul piatto.
Philip scostò la sedia e si alzò da tavola non
appena ebbe finito di mangiare, senza attendere i compagni. Fremente di
collera lasciò la cucina a testa alta e in un caparbio
silenzio.
Bruce non aspettava altro. Come il compagno sparì nel
corridoio, allungò le bacchette verso il sushi di Jenny.
-Non mangi più?-
Lei scosse la testa e spinse il piatto verso il centro del tavolo, per
consentirgli di raggiungerlo agevolmente. Gli avanzi sparirono in un
lampo.
A poco a poco i ragazzi si radunarono al piano di sopra per non
intralciare le amiche nelle operazioni di sistemazione e riordino.
Rimase solo Mark, appoggiato allo stipite della porta, le braccia
incrociate sul torace muscoloso, gli occhi soprattutto su Jenny che si
spostava su e giù per la cucina con un’espressione
affranta. Era rimasto per parlarle, se ci fosse riuscito in privato.
Non impiegarono molto, le ragazze, a cogliere le sue intenzioni e non
appena fu possibile, Evelyn, Amy e Patty li lasciarono soli.
Le mani serrate sulla spalliera di una sedia, Jenny le
guardò uscire e poi spostò gli occhi su Mark, in
rassegnata attesa di venir rimproverata. Non poteva che essere quello
il motivo per cui era rimasto con lei.
-Perché non gli hai raccontato di ieri?-
Jenny non rispose ma si irrigidì. Prima di provare a
difendersi, preferiva aspettare che l’attacco terminasse.
-È arrabbiato e preoccupato, devi parlargli.-
-Non puoi farlo tu?-
-Io?-
-Sì, puoi rassicurarlo che tra me e Kevin non
c’è niente!-
-L’ho già fatto, ma lui pretende che sia tu a
dirglielo! E ha ragione!-
-Però se tu...-
Mark sollevò una mano per interromperla.
-Se anche fossi il migliore amico di Philip, cosa che assolutamente non
sono, tu sei la sua ragazza. Lui le spiegazioni le vuole da te, non da
me.-
Jenny lo guardò delusa e abbattuta. Mark non
l’avrebbe aiutata e si pentì di averglielo
chiesto. Landers non era un amico di Philip ma soltanto un compagno di
squadra, e neppure della Flynet. Non si incontravano al di fuori delle
partite e dei ritiri della nazionale e subito dopo il loro primo
incontro si erano soltanto detestati. Philip gliel’aveva
detto cento volte. Landers non era il migliore amico nessuno.
-Ho capito.-
Si volse perché non aveva più niente da dirgli. E
neppure lui, a quanto pareva. Finì di riordinare e
avviò la lavastoviglie, accorgendosi troppo tardi di aver
dimenticato fuori la pentola del riso. La prese e la
depositò nel lavandino, rassegnata a lavarla a mano. Il
rumore dell’acqua coprì tutto il resto. Non si
accorse che Mark si alzava e usciva. Non si accorse neanche che Philip,
quasi a dargli il cambio, entrò un istante dopo fermandosi
sulla soglia a osservarla.
Attese che Jenny chiudesse l’acqua e quando parlò
fu soltanto la gelosia a venir fuori, perché quello che
aveva visto gli bruciava.
-Mi devi delle spiegazioni, Jenny. E adesso siamo soli.-
Lei sussultò e si volse. Si guardarono l’uno
deluso, l’altra mortificata. Lui fremente di rabbia e
umiliazione, perché lo sconosciuto del laghetto aveva osato
baciare Jenny davanti a tutti e senza che lui potesse farci niente, lei
tormentata dalle spiegazioni che entro pochi istanti sarebbe stata
costretta a dargli, sprofondando nella vergogna di aver provato a otto
anni sincera ammirazione per quel piantagrane di Kevin. Come aveva
potuto?
Philip fece un passo all’interno della cucina,
perché da Jenny non era più disposto ad accettare
quel silenzio.
-Allora?-
Lei distolse lo sguardo per posarlo sulla pentola che teneva ancora tra
le mani. Senza essere costretta a constatare l’amarezza che
gli riempiva gli occhi, fu più facile scusarsi.
-Mi dispiace per ciò che è successo prima.-
-Sono contento che almeno ti dispiaccia. Chi era quello?-
-Un amico.- e mentre lo disse si rese conto che Kevin ormai non era
più neppure un amico. Del resto, lo era mai stato?
Philip faticò a crederle, anche se avrebbe voluto farlo con
tutto se stesso. Un amico non si permetteva certi comportamenti, non si
concedeva quelle libertà.
-Davvero?-
Il tono ironicamente sospettoso arrivò vicinissimo. Philip
si era accostato e Jenny avvertì la sua presenza a un passo
da lei. Le parole successive furono taglienti come una lama. La gelosia
aveva spazzato via calma, obiettività e diplomazia.
-A me è sembrato qualcosa di più di un amico.-
Arginando il dolore che il sospetto di Philip le aveva appena inflitto,
Jenny cercò come poté di difendersi
dall’accusa neppure troppo velata. Comprendeva perfettamente
il suo stato d’animo, ma nello stesso tempo non poteva
credere che bastasse così poco a farlo dubitare di lei.
Dov’era finita la fiducia che avevano sempre provato
l’una per l’altro?
-Era solo un amico, Philip. Ma dopo quello che ha fatto oggi, non lo
considero più tale.- gli lanciò
un’occhiata veloce e incontrò il suo sguardo di
ghiaccio. Forse non lo aveva convinto.
-Io non sapevo neppure che esistesse! Perché non mi hai
detto niente?-
-Non pensavo di incontrarlo.-
-Lui sì, a quanto pare.-
Jenny tacque, concedendosi qualche istante per finire di lavare la
pentola e riordinare le idee. Come aveva previsto al lago, per colpa di
Kevin stavano litigando. Era sicura che il ragazzo l’avesse
baciata apposta. Il suo passatempo preferito era seminare zizzania tra
le persone. Lo aveva sempre fatto, era insisto nel suo carattere e
crescendo non poteva che essere peggiorato. Posò la pentola
a scolare e, asciugandosi le mani su uno strofinaccio, si volse a
guardarlo.
-Philip, per favore! Non voglio discutere con te a causa sua!-
-Figurati io!-
-Allora perché lo stiamo facendo? Che colpa ho se mi ha
baciata? Non volevo che lo facesse!-
-Sono contento di sentirtelo dire! Adesso vorrei anche sapere
perché non mi hai detto niente di lui! Ieri vi siete
incontrati e me lo hai tenuto nascosto. Perché?-
-Non ci siamo incontrati! Lo dici come se ci fossimo dati appuntamento!
L’ho semplicemente trovato qui fuori a scaricare le provviste
per il ryokan! Questo Mark non te lo ha detto?-
-Perché l’ho dovuto sentire da Landers?
Perché non me lo hai detto tu?-
-Non ci ho pensato! Tu non mi hai detto che in paese hai conosciuto
Meryl!-
-Meryl a me non piace mentre tu a quel tizio sì.-
-Io non gli piaccio!-
-Dovevi dirmelo!-
-Non l’ho fatto non perché volevo tenerlo
nascosto, ma perché pensavo che non fosse importante!-
replicò Jenny esasperata.
Philip si accostò furente, appoggiò le mani sul
mobile ai suoi lati, imprigionandola tra sé e il ripiano del
lavello e si sforzò di controllare il tono della voce.
Avrebbe voluto gridare, tanto la frustrazione lo premeva da dentro.
-E secondo te questa non era una cosa importante?-
-Non credevo che lo fosse!-
-Maledizione Jenny!- le fu vicinissimo -Riesci a immaginare come possa
essermi sentito a vederti tra le sue braccia? A vederti baciarlo?-
-è lui che mi ha baciata! Lo ha fatto per dispetto e non
sono riuscita a impedirglielo!- la sua voce si spezzò e fu
costretta a tacere per non piangere -Mi dispiace.-
Le scuse e le lacrime di Jenny a Philip facevano sempre un certo
effetto e quando la vide ammutolire, gli occhi luccicare, almeno la
metà della collera svanì.
-Chi è?-
Lei annuì e tirò un profondo respiro, che le
consentì parlare senza che la voce le tremasse tra le labbra.
-Si chiama Kevin Swann. Suo padre è proprietario del negozio
di alimentari che rifornisce il ryokan, quello che tu, Bruce e Holly
conoscete già. Meryl è sua sorella. Lui
è un piantagrane, lo è sempre stato fin dalle
elementari.- lo guardò supplichevole -A otto anni mi
piaceva, per questo motivo oggi si è permesso tanta
confidenza.-
Abbassò lo sguardo ma lui le sollevò il viso per
poterla guardare negli occhi. Vi trovò dispiacere,
imbarazzo, vergogna e un enorme senso di colpa. Philip non avrebbe mai
immaginato di poter essere ferocemente geloso di una Jenny di otto anni
che si era invaghita di un altro bambino che non fosse lui.
-Come poteva piacerti uno così?-
L’espressione costernata del ragazzo fece scaturire
l’ombra di un sorriso sulle sue labbra.
-Non lo so neppure io. È da ieri che ci penso e non riesco a
spiegarmelo.-
-Stai pensando a lui da ieri?-
La sua faccia fu così buffa che Jenny scoppiò a
ridere. Poi gli stampò un bacio sulla bocca.
-La parte migliore di un litigio è sempre la
riconciliazione.-
Si volsero all’unisono. Benji era fermo sulla soglia con fare
annoiato e, dietro di lui, Bruce si spencolava per sbirciare.
-Si fa qualcosa oppure volete continuare così per tutto il
pomeriggio?-
-Potendo scegliere, naturalmente la seconda.- borbottò
Philip, scontento di essere stato interrotto ma comunque soddisfatto
per il chiarimento appena avuto con la fidanzata. La osservò
mentre si slacciava il grembiule e lo appendeva a un gancio affisso al
muro. Si sforzò di accantonare il problema di quel tizio che
circolava giù in paese e dedicò tutta
l’attenzione ai compagni, com’era giusto che fosse.
-Non avevamo detto che dopo pranzo saremmo andati alle terme?-
-Abbiamo rimandato a stasera.-
-Allora ci sono sempre gli allenamenti…-
-Ti prego Philip! Mi sembri Holly! Non fa che ricordarcelo.-
-Non dovrei, Bruce? Siamo qui per questo!- la voce del capitano fece
sobbalzare Harper di paura.
-Holly ha ragione. Anch’io ho voglia di sgranchirmi le
gambe.- approvò Benji -Andiamo a fare due tiri.-
-Non mi va di scarpinare fino al campo.-
-Non chiamarlo campo, Harper. È offensivo per
l’intera categoria.-
Pur di trovare una soluzione che andasse bene a tutti, Bruce si
spremette le meningi fin quasi a farle fumare. Voleva accontentare
soprattutto se stesso, ma anche il capitano, che era sempre meglio non
contrariare troppo.
-E se facessimo due tiri sul piazzale?-
Philip annuì.
-Per me va bene. Convinci Holly.-
-Già fatto.- sospirò lui paziente.
Jenny li guardò dirigersi verso l’ingresso del
ryokan, poi salì di sopra con il compito di chiamare e far
scendere anche Mark, Julian e Tom. Li salutò dalle scale
mentre uscivano, poi tornò nella stanza dei ragazzi, ora
deserta, e si guardò intorno. Era immersa in un disordine
pazzesco.
Patty la raggiunse.
-Cosa stai facendo?-
-Hai visto che confusione? Abbiamo rassettato giusto ieri.-
-Sono ragazzi.- Amy si chinò a raccogliere un maglione -Io
so che questo è di Julian, ma gli altri?-
-Possiamo ripiegarli e riporli nell’armadio. Riconosceranno
le proprie cose.-
-Ci vorrà del tempo per sistemare tutto.-
-Allora rimbocchiamoci le maniche.-
La vecchina le raggiunse al piano di sopra circa una mezz’ora
dopo e le trovò occupate nelle ultime rifiniture. Nella
stanza dei ragazzi non c’era più neppure un
cuscino fuori posto. L’anziana padrona del ryokan si
guardò intorno in cerca della nipote, tenendosi una mano
nell’altra in un gesto che tradiva una leggera ansia.
-Hai bisogno di qualcosa, nonna?- le domandò Jenny quando la
vide sulla soglia.
-Ha appena chiamato Albert.-
La ragazza si irrigidì mentre si rivolgeva alle amiche.
-Albert è il padre di Meryl e di Kevin.- spiegò
cercando di dissimulare la preoccupazione. Perché aveva
chiamato la nonna? Qualcuno si era accorto di ciò che era
successo al laghetto? Lo aveva colpito davvero troppo forte? Rimase in
trepida attesa che la vecchina continuasse.
-Voleva avvertirci di tenere gli occhi aperti. Dei malintenzionati si
stanno introducendo nelle abitazioni dei dintorni.-
-Ladri?- s’informò Amy.
-Forse, anche se ancora non è ben chiaro. Nelle scorse notti
alcuni sconosciuti si sono introdotti in un ostello, in una fattoria e
in un paio di abitazioni. Nella fattoria sono stati spaventati dai
cani, e all’interno delle case non hanno potuto prendere
nulla perché sono stati allertati dall’arrivo
della polizia. Ma gli abitanti si sono spaventati, erano almeno tre
persone, anche se nel buio potevano essercene altre. Invece
l’ostello è stato visitato ieri notte e ancora non
è chiaro se siano riusciti a rubare qualcosa.-
-Ma dove, nonna?-
-Le prime scorribande sono avvenute nella periferia di Obihiro, ma
sembra che il gruppo si sia spostato verso nord e sia arrivato nelle
vicinanze, a Shimizu.-
Le ragazze si guardarono.
-Faremo attenzione, nonna. Non ti preoccupare.- rispose Jenny, talmente
sollevata che il signor Swann non avesse chiamato per chissà
quale motivo riguardante Kevin, che in quel momento avrebbe accettato
senza batter ciglio persino l’arrivo a Shintoku di Jack lo
Squartatore.
Così, mentre le amiche riflettevano preoccupate sulle
notizie appena riportate dalla nonna, Jenny si godette in tutta
tranquillità il tanto atteso bagno ristoratore
nell’acqua calda delle terme. Distese le gambe e una miriade
di bollicine le solleticarono la pelle.
-Senza seccatori tra i piedi, le terme sono davvero un sogno.-
Amy appoggiò la schiena contro la roccia levigata da cui
scaturiva un getto d’acqua calda.
-Non sembri neppure un po’ preoccupata per quei
malintenzionati che bighellonano nei dintorni.-
-Non verrebbero mai fin quassù. Siamo in troppi e poi a fare
cosa? Non c’è assolutamente nulla da rubare. Tanto
che i nonni non hanno mai pensato di mettere neppure
l’allarme.-
-Questo non è rassicurante.-
Jenny guardò Amy, che sembrava davvero in ansia.
-Non hai nulla da temere, qui non è mai venuto nessuno a
rubare. Siamo troppo fuori mano per essere una meta allettante.
Oltretutto il ryokan è chiuso e l’incasso al
sicuro in banca già da qualche giorno.-
-Ma questo i ladri non lo sanno.-
-Però prima di mettere a punto un colpo, di sicuro si
accerteranno che il loro obiettivo valga la pena, no?-
-Basta parlare di ladri.- le interruppe Evelyn che non voleva lasciarsi
assolutamente trascinare nel vortice di inquietudine di Amy -Piuttosto
godiamoci le terme adesso che siamo sole!-
-Venire qui con i ragazzi non è per niente rilassante.-
concordò Patty -È praticamente impossibile
tenerli lontani e quando siamo con loro dobbiamo fare attenzione a
rimanere ben coperte. Invece così…- la giovane
sollevò le braccia per stiracchiarsi e
l’asciugamanino che l’avvolgeva scivolò
da un lato.
-Libertà e rilassamento.- Evelyn sospirò, poi si
rivolse a Jenny -Allora, chi era quel bel tipo di oggi? Adesso che
Philip non c’è, puoi dirci la verità.-
Lei rise.
-L’ho detta anche a Philip la verità. Si chiama
Kevin e quando avevo otto anni ero cotta di lui.-
-Mi pare legittimo, non è proprio da buttare.-
-Gliel’ho detto anch’io, Eve.- convenne Patty.
Jenny scosse la testa.
-È solo uno stupido pallone gonfiato che crescendo
è persino peggiorato.-
-Avresti dovuto vedere la faccia di Philip quando ti ha baciata.-
continuò Evelyn -Dev’esserci rimasto malissimo,
vero?-
Patty cambiò posizione e si strinse le ginocchia al petto.
Notò il disagio dell’amica ammutolita e
pensò che coinvolgere Evelyn sulla discussione avuta con
Bruce le avrebbe impedito di ficcare il naso nelle cose di Philip e
Jenny.
-Anche tu ci sei rimasta malissimo, Eve, quando Bruce ha offerto i tuoi
pattini a quella ragazza.-
-Avrei voluto ucciderlo! Non cambierà mai! Chi era, Jenny?-
-Meryl, la sorella minore di Kevin.-
-Bruce è il solito cascamorto e lei gli ha anche dato corda.-
Jenny scoppiò a ridere.
-Non penserai che a Meryl interessi Bruce? Meryl è gentile
con tutti, è buona di carattere e sta’ pur sicura
che non si prenderebbe il ragazzo di nessuna, neppure se fosse
l’ultimo uomo sulla Terra.- si liberò di una
goccia d’acqua che le faceva il solletico sulla spalla -Meryl
è completamente diversa da suo fratello. Praticamente due
opposti.-
-Forse poi il ragazzo ce l’ha già.-
suggerì Amy diplomatica.
-In effetti sì, potrebbe averlo. Sono anni che non la vedo,
non ne so nulla. Magari mi informo.-
Patty tirò su una ciocca di capelli che le era scivolato
sulla spalla.
-Io non sapevo neppure che l’avessero incontrata. Holly non
ne ha parlato.-
-Neppure Philip.-
-Figuriamoci Bruce.-
Amy rise.
-Se lo sono tenuti ben stretto il loro segreto!-
-Per quanto ne sappiamo, quella sera potrebbero essere anche andati a
divertirsi in una sala giochi, in un centro internet, in un
pub…- Evelyn tornò a scaldarsi.
-Complicità maschile.- sospirò Amy.
Mentre la curiosità apriva altri nuovi e impensabili scenari
nella sua mente, Jenny si immerse di più
nell’acqua.
-Chissà cosa combinano durante i ritiri. Philip non mi ha
mai raccontato niente. Secondo voi come passano il tempo quando non si
allenano?-
-Bruce di sicuro corre dietro alle fan.-
-E non sarà l’unico.-
Tre paia d’occhi si fissarono su Amy.
-Chi altri lo fa? Ne sai qualcosa?-
-Julian ha un sacco di fan e alcune sono molto carine.-
-Ma non ha occhi che per te.- rise Patty -Cosa che mi sembra anche
logica. Le vedo smaniare per lui a bordocampo dalle scuole elementari,
deve esserne arcistufo.-
La palla rimbalzò su un cumulo di neve e schizzò
via.
- Tom! Dove tiri?-
Becker corse dietro al pallone risucchiato dalle ombre del piazzale. Si
stava facendo buio, l’oscurità si allungava sul
declivio innevato. Le montagne avevano nascosto gli ultimi raggi di
sole, sottraendo al mondo qualsiasi colore che non fossero il bianco,
il blu, il nero.
-Non lo trovo!- udirono gridare Tom da qualche parte sul retro del
ryokan.
Dopo aver cercato un po’ nei paraggi, il ragazzo
svoltò l’angolo e tornò a mani vuote.
-Dove l’hai tirato?-
-L’hai visto anche tu, Philip. Dev’essere
lì dietro, da qualche parte, ma non riesco a trovarlo.-
Continuarono a rovistare per una buona mezz’ora tra la neve,
le scorte di legname, gli alberi e l’orto, anche se diveniva
sempre più difficile riuscire a scorgere un pallone bianco
tra la neve alla fioca luminosità di quel crepuscolo
invernale. Dovettero rinunciare, l’oscurità sempre
più fitta alla fine li spinse a rientrare.
Amy ammutolì quando udì una porta aprirsi e
richiudersi, poi lo scroscio dell’acqua delle docce.
-Rumore sospetto.-
-Chi sarà?-
Jenny si strinse addosso l’asciugamanino e si mosse.
-Vado a vedere.-
Nuotò piano verso una delle rocce più alte e si
arrampicò. Emerse fino alla vita e si infilò tra
le foglie delle felci, che le solleticarono le braccia e i fianchi. Sul
bordo della piscina sostava Mark, in piedi. Le dava le spalle, teneva
un asciugamano appeso al braccio e, a parte quello, era completamente
nudo. Quando si rese conto di ciò che stava osservando, per
poco Jenny non scivolò giù dalla roccia.
Socchiuse le labbra ammirata nonostante l’imbarazzo, i suoi
occhi indugiarono sulla carnagione scura, sulla pelle tesa dai muscoli
scolpiti, resa splendente dall’acqua e dalle luci delle terme
che mettevano in risalto tanta perfezione: il corpo fortificato dagli
allenamenti, le spalle larghe, la schiena robusta, i glutei perfetti.
Mark si mosse per voltarsi e Jenny si abbassò di colpo,
nascondendosi tra le felci, l’imbarazzo ad arrossarle le
guance e a farle incendiare le orecchie. Non riuscì a
credere di aver visto Mark nudo. Si scostò per tornare dalle
compagne, poi esitò, tentata. Perché non guardare
ancora? Lui non si era accorto di lei e una seconda sbirciatina non
avrebbe fatto male a nessuno. Lo spettacolo valeva decisamente la pena
e se la natura si era impegnata a tal punto a renderlo
com’era, non era giusto non godere il più
possibile del panorama. Quando tirò su gli occhi, Mark
avanzava verso la vasca. L’asciugamano che gli aveva visto in
mano, era adesso annodato intorno ai fianchi.
-È proprio come te lo immagini.- Evelyn spuntò
accanto a lei, gli occhi colmi di ammirazione.
L’altra arrossì.
-No, è meglio.-
-Sono d’accordo.-
Amy, più in basso nell’acqua, tirò
Jenny per l’asciugamano.
-Chi è?-
-Mark.-
-Oh…- tentò di infilarsi tra loro.
-Amy, non spingere.- sussurrò Evelyn.
L’angolino che Jenny si era ricavata tra le piante divenne
improvvisamente troppo stretto. Cercò di allontanare la
nuova arrivata ma non ci fu verso di scostarla.
-Voglio vedere anch’io!- si lamentò lei ma quando
ci riuscì il ragazzo si era immerso -‘cidenti che
sfortuna…-
Tornarono da Patty.
-Chi era?-
-Mark.-
-Perché arrossisci mentre lo dici, Jenny?-
Evelyn sospirò.
-Patty, che ti sei persa…-
-Era nudo?-
-Aveva l’asciugamano sui fianchi. Però valeva la
pena lo stesso. Vero Jenny?-
-Io l’ho visto nudo.- ammise lei facendosi ancora
più rossa -Girato di spalle ma nudo.-
Evelyn trasecolò.
-Stai dicendo sul serio?- Jenny annuì -Che fortuna
sfacciata!-
La voce di Bruce riecheggiò nelle terme.
-Landers, volevi fregarci?- corse fino al bordo della vasca ancora
vestito.
Mark, ormai in acqua, lo guardava senza capire.
-Sei venuto a sbirciare, dì la verità.-
-Sbirciare?-
-Già, sbirciare!- Bruce puntò la sezione delle
terme riservata alle donne e tentò di penetrare con lo
sguardo oltre il vapore -Eve! Patty… Siete qui vero?-
-Sì, siamo qui ma sei arrivato troppo tardi.- gli rispose
Evelyn, celata dall’umidità fitta come nebbia
-Stiamo uscendo.-
Bruce, che si stava spogliando sul posto in tutta fretta e senza
vergogna, si rinfilò al volo la felpa e
rientrò nei bagni. Era furioso. Per colpa di quel maledetto
pallone finito chissà dove, avrebbe dovuto rinunciare al
bagno con le ragazze. Per quel giorno niente visioni celestiali, niente
succinti asciugamani impregnati d’acqua, che lasciavano poco
all’immaginazione, mettendo in risalto ogni curva e
rotondità.
Rientrò negli spogliatoi con un diavolo per capello.
-Che succede, Bruce?- gli chiese Holly vedendolo raggiungere la porta.
-Abbiamo fatto tardi!-
-Te ne vai?-
Lui imboccò l’uscita senza rispondere. Nel
corridoio ricominciò a inveire contro il pallone e contro
Tom. Il bagno insieme alle ragazze si era trasformato in un
appuntamento fisso a cui non intendeva rinunciare per nulla al mondo.
Solo quando fu ai piedi delle scale, prese forma l’idea
geniale. Si arrestò di colpo guardandosi intorno per
assicurarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi mise in atto il
neo-nato piano B. Tornò indietro in punta di piedi,
raggiunse la porta dei bagni delle ragazze e tese le orecchie.
Udì le loro voci negli spogliatoi. Evelyn aveva detto la
verità, erano rientrate. Si guardò di nuovo alle
spalle per accertarsi di essere solo e appoggiò una mano
sulla porta scorrevole con la delicatezza di una madre che accarezza la
testolina del suo bimbo. Il vetro opaco della metà superiore
lasciava filtrare il chiarore della luce accesa e
nient’altro. Fece forza e con precauzione la socchiuse. Uno
sbuffo di vapore lo avvolse, insieme al profumo di shampoo e
bagnodoccia. Tornò a guardarsi intorno. Continuava a non
esserci nessuno e lui fremeva per dare una sbirciata.
Un’occhiatina veloce e innocente, tanto per rifarsi
dell’occasione mancata. Fece scorrere ancora un poco il
pannello e quando lo ebbe aperto tanto da poterci infilare il naso,
provò a guardare. Dapprincipio vide solo i ripiani su cui le
amiche avevano lasciato gli abiti puliti. Udiva scrosci di acqua che
scorreva, fon accesi e le loro voci, ma non riusciva a vederle. Era
chiaro che non avevano ancora cominciato a rivestirsi. E lui
non poteva rimanere piantato lì in eterno. Rischiava di
essere scoperto, magari proprio dai nonni di Jenny. Sbuffò
piano e si tirò indietro. Un attimo dopo udì dei
passi nel corridoio, allora si appiattì contro il muro e
trattenne il fiato, cercando una scusa plausibile per giustificare la
sua presenza giusto davanti agli spogliatoi femminili. Fu proprio la
vecchina ad attraversare il suo campo visivo, tenendo in mano un
vassoio e dei bicchieri. Non si accorse di lui. E solo dopo che si fu
allontanata Bruce riprese a respirare. Era mancato pochissimo!
Tornò a incollarsi alla porta, sbirciò negli
spogliatoi e un sorriso di pura gioia lo illuminò. Le amiche
si erano spostate, ora le vedeva. Accidenti se le vedeva! Quella
sì che era una visione paradisiaca!
Patty era la più vicina alla porta e guardandola Bruce si
trovò d’un tratto ad associare con fatica il suo
corpo di donna al maschiaccio che conosceva fin dai tempi delle
elementari. L’aveva già vista immersa
nell’acqua delle terme con l’asciugamanino avvolto
intorno al corpo, ma così era tutta un’altra
storia. Con le braccia sollevate si passava un telo di spugna sui
capelli ancora bagnati. Il completo intimo che indossava si
conquistò la piena approvazione di Bruce. Era bianco bordato
di un nastrino di raso che girava tutt’intorno e interrompeva
la monotonia di quel candore terminando con due discreti fiocchetti
rispettivamente al centro del reggiseno e al centro
dell’elastico degli slip, proprio sotto l’ombelico.
Dietro di lei, Evelyn era di spalle e completamente nuda. Intorno al
collo le pendeva un asciugamano verde, mentre frugava pensierosa
all’interno dello scaffale. I capelli le ricadevano bagnati
ai lati del viso. Chissà che accidenti stava cercando. Bruce
conosceva perfettamente il suo corpo e passò oltre. Patty si
volse e le porse qualcosa, forse una crema, consentendogli di godersi
inosservato la curva dei glutei. Spostò gli occhi dalla
parte opposta della stanza. Jenny aveva appena finito di indossare un
bel paio di mutandine lilla piene di merletti, ma la parte superiore
del suo corpo era ancora nuda. Tra le mani teneva il reggiseno
coordinato. Era voltata di profilo, verso gli scaffali, e
l’asciugamano che le avvolgeva i capelli le pendeva sbilenco
da un lato, nascondendo inopportuno tutto quel bendiddio che
c’era da vedere. E lui voleva vedere moltissimo. In attesa
che Jenny compisse il passo successivo, Bruce spostò gli
occhi su Amy, più indietro. Ancora fasciata da un
asciugamano striminzito, si stava spazzolando i capelli. Come per
Jenny, anche su di lei lo spettacolo era ancora all’inizio e
se fosse stato fortunato, se avessero fatto in fretta, non si sarebbe
perso nulla. Quando la ragazza si volse per posare la spazzola sullo
scaffale, lui riuscì a intravedere il rosa di una natica.
Consapevole che il miracolo a cui si trovava ad assistere sarebbe stato
unico e irripetibile, ma desiderando conservarlo per
l’eternità, riesumò a tentoni il
cellulare dalla tasca dei pantaloni. Lo sollevò verso le
amiche ma l’obiettivo della fotocamera si ricoprì
di vapore. Lo ripulì strofinandolo sulla felpa, poi
scattò rapidamente alcune foto. Quando reputò di
averne a sufficienza, lo ripose in tasca e tornò a guardare.
Non udì i passi alle sue spalle.
Una mano si materializzò dal nulla e lo afferrò
per il collo, lo sollevò da terra con una forza sovrumana e
lo trascinò contro la parete opposta. Si aggrappò
al polso che lo teneva, gli occhi negli occhi furiosi di Julian che lo
fronteggiava rosso di collera.
-Che stai facendo?- strinse la presa alla gola e Bruce si
sentì soffocare.
-Julian… Non respiro, lasciami…- divenne
cianotico, gli occhi si colmarono di lacrime.
Ross lo lasciò, Harper crollò a terra e prese a
tossire.
-Sei matto? Volevi uccidermi?- si mise faticosamente in piedi.
-Non devi sbirciare, non devi farlo mai più! Se ti ripesco
non rispondo di me stesso.- la sua voce era una pericolosissima
minaccia.
-Neppure se Amy è da un’altra parte?-
Un lampo di esitazione attraversò lo sguardo di Julian,
poi lo redarguì secco.
-No, neppure.-
Bruce si massaggiò il collo pensieroso. Quella era davvero
una serata speciale. Avevano perso il pallone, aveva visto le amiche
nude o quasi, era riuscito a scattar loro delle foto che avrebbe potuto
guardare e riguardare a piacimento e Julian non lo aveva beccato con il
cellulare in mano.
Ross gli lanciò un’ultima occhiata di avvertimento.
-Sono stato chiaro?-
Solo quando l’altro annuì, entrò nei
bagni degli uomini. Bruce esitò giusto il tempo di
riordinare le idee, poi gli corse dietro per arginare la catastrofe. E
fece bene perché lo trovò che già
parlava.
-Holly, fai male a fidarti. Ho trovato Harper a sbirciare nello
spogliatoio delle ragazze.-
Il capitano restò con le braccia sollevate in aria, la
maglietta sfilata per metà, gli occhi che lo fissavano dallo
scollo. Poi nel suo ristretto campo visivo entrò anche
Bruce. Allora gettò via la maglietta e il suo sguardo si
caricò di rimprovero.
-Lo hai fatto davvero?-
Philip si materializzò al suo fianco.
-HAI SBIRCIATO?-
Lui indietreggiò per mantenere una certa distanza di
sicurezza da entrambi che, alle brutte, gli avrebbe consentito di
filarsela incolume.
-Ho dato solo un’occhiatina. Era pieno di vapore, impossibile
vedere qualcosa!- non gli restava che fingersi deluso. Avrebbe
funzionato?
I ragazzi si scambiarono un’occhiata sospettosa.
-Davvero non hai visto nulla?-
-Troppo vapore, Holly.-
-Meglio così.-
Bruce infilò le mani in tasca sfiorando il cellulare.
Perché si agitavano tanto, quei tre moralisti gelosi? Evelyn
non possedeva forse gli stessi attributi delle loro ragazze? Un paio di
tette e un bel sederino che potevano mai essere?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** 6 - L'amore geloso ***
- 6 -
L’amore
geloso
Dopo sei lunghe notti d’attesa riapparve l’onirica
spiaggia, l’oceano, il tramonto. Amy e Julian erano
magicamente di nuovo lì, sotto le palme che si stagliavano
contro il cielo infuocato e frusciavano al vento. Davanti a loro, il
disco rosso del sole si tuffava tra le onde color pervinca. Avvinghiati
sulla sabbia ancora tiepida, si liberavano a poco a poco dei vestiti
che per la maggior parte giacevano sparpagliati tutt’intorno.
Ovunque allungasse le mani, Julian provava il piacere del contatto con
la pelle calda e profumata della fidanzata.
Amy sospirò di desiderio, abbassandogli la camicia sulle
spalle e facendola scivolare via con un fruscio. L’indumento
giacque immobile tra la sabbia bianca e sottile, mentre le mani della
ragazza scorrevano sulla schiena nuda e tesa in una carezza esigente e
possessiva. Julian contrasse le dita sui fianchi di lei e Amy scese con
le mani all’altezza delle anche, abbassandogli i pantaloncini
già slacciati. Lui si fece spazio tra le sue cosce, mentre
il rumore della risacca gli entrava a poco a poco nella testa,
insinuandosi con fastidiosa insistenza nella percezione di un piacere
che stavolta prometteva di raggiungere vette elevatissime.
Ciò accadde forse perché non era lo sciabordio
dell’acqua, quello che udiva. Non era l’agitarsi
delle fronde delle palme sopra le loro teste e neppure la carezza della
risacca sul bagnasciuga. Era qualcosa di diverso, qualcosa totalmente
estraneo all’onirica atmosfera che stava vivendo. A Julian
quel rumore evocava lo sfogliare della carta ogni volta che le sue fan
gli chiedevano l’autografo.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Amy si irrigidì.
“Cos’è adesso?” lo spinse
bruscamente di lato e si tirò su seduta.
La reazione della fidanzata fu talmente sconvolgente e repentina, che
Julian si svegliò di soprassalto. Aprì gli occhi
e fissò il soffitto, chiedendosi ancora una volta dove
fossero finiti la spiaggia, l’oceano, Amy e il tramonto.
Riemergendo dal sogno, riconobbe la camera del ryokan immersa nella
penombra e nei respiri dei compagni. Solo una lama di luce filtrava da
un lato della tenda, riflettendosi sul muro color crema e mostrando che
fuori stava già facendo giorno. Tra gli amici regnava il
più assoluto silenzio… a parte quel rumore
maledetto. Si girò su un fianco e non lo udì
più. Cercò l’orologio digitale posato
sul tavolo e lesse l’ora. Era presto, appena le sei. Poteva
riposare un’altra mezz’ora e tentare di passare
alla fase successiva del sogno, sperando di riuscire una buona volta ad
arrivare indisturbato dritto alla meta. Sprofondò di nuovo
nel cuscino e si sforzò di ricreare l’idilliaca
atmosfera. Com’era? Il sole al tramonto. Il fruscio
dei rami delle palme scossi dalla leggera brezza serale. Amy sotto di
sé che lo baciava felice e fremente. L’inebriante
sapore delle sue labbra. Le sue morbide rotondità su cui
aveva di nuovo posato le mani. Le sue gambe che gli cingevano i fianchi
un attimo prima di… accidenti, ricominciava! Quel maledetto
rumore ricominciava. Spalancò gli occhi e si volse indietro.
-Bruce!-
Era lui l’intruso, l’impietoso molestatore del suo
sogno. Lo vide sobbalzare spaventato, voltarsi e intimargli di tacere.
Julian si mise seduto, stralunato dal brusco risveglio e per
metà ancora stordito dal sonno. Bruce era carponi davanti al
pannello scorrevole che li separava dalla stanza delle ragazze e lo
apriva piano, un poco alla volta, provocando lo strofinio che lo aveva
svegliato. Quando il varco fu abbastanza ampio, mise dentro la testa e
guardò di qua e di là, per assicurarsi che le
amiche dormissero ancora. Il suo sbirciare insistente a Ross non
piacque.
-Quello che è successo ieri non ti è bastato?-
Bruce trasalì, temendo che il compagno gli saltasse di nuovo
al collo. Stavolta non intendeva spiarle, ma soltanto vendicarsi.
Però non poté dirglielo, non poté
spiegarsi, non poté aprire bocca. Se le ragazze si fossero
svegliate, avrebbero rappresentato un pericolo maggiore di Julian.
Soprattutto Evelyn e Patty. Sgusciò dentro.
Ross si gettò sui tatami e riuscì ad afferrargli
una gamba.
-Non ci provare! Torna qui!-
Bruce agitò il piede nel tentativo di sfuggirgli e Julian
evitò per un soffio un calcio che l’avrebbe steso.
Serrò la caviglia del compagno e lo tirò indietro
con uno strattone. Nell’altra stanza Bruce puntò i
gomiti contro il pannello socchiuso pur di non lasciarsi trascinar via.
I pantaloni del pigiama gli scesero oltre i fianchi.
-Mi stai spogliando!- gemette più piano che poté,
gli occhi fissi sulle coperte che avvolgevano le ragazze addormentate.
Nulla si mosse.
-Sbagliato! Ti sto salvando la vita!-
-Accidenti Julian, molla!- Bruce riuscì a centrarlo con un
calcio in pieno stomaco, liberandosi definitivamente di lui.
Sbilanciato all’indietro, i pantaloni del compagno tra le
mani, Ross capitombolò addosso a Benji. Il portiere
grugnì un lamento, poi scandì perfettamente un
insulto.
-Imbecille! Che diavolo stai…-
Pur di farlo tacere, Julian gli premette sul viso i pantaloni del
pigiama di Bruce, interrompendo all’istante
l’invettiva.
-Zitto! Zitto!- gli intimò senza guardarlo. I suoi occhi
erano fissi sull’oscurità della camera delle
ragazze. Bruce era sparito lì dentro in mutande, Bruce stava
per metterli nei guai!
Benji si tirò seduto con uno scatto, e altrettanto
celermente si strappò dalla faccia quel pezzo di stoffa.
-Che sta succedendo?-
-Bruce è nella stanza delle ragazze.-
-A far cosa?-
-Non ho avuto il tempo di chiederglielo.-
Parlavano a voce bassissima e, a parte loro tre, gli altri ancora
dormivano.
Il portiere raggiunse carponi il fusuma, spinto da
un’incontenibile curiosità. Scavalcò
Holly inflandogli inavvertitamente un gomito nel fianco e si
affacciò nell’oscurità della stanza
accanto.
-Cavolo, Benji… stavo dormendo!- il capitano si
tirò su seduto assonnato e dolorante, strofinandosi gli
occhi per indurli ad aprirsi. Non sapeva che ora fosse ma aveva
l’impressione di essersi appena addormentato.
Si guardò intorno. Che ci facevano Julian e Benji incollati
al pannello scorrevole della stanza delle ragazze? Un campanello
d’allarme gli risuonò nella testa svegliandolo del
tutto.
Scorrazzando indisturbato nella camera accanto, Bruce aveva raggiunto
la finestra. Lì davanti, si fermò e si volse.
Ammiccò con un sorriso diabolico in direzione degli amici
accalcati nel varco della parete divisoria, silenziosi e in attesa, poi
metà del suo corpo scomparve tra le pieghe delle pesanti
tende appese davanti ai vetri. Il movimento fece filtrare dalla stoffa
sottili fasci di luce, che saettarono sul soffitto e sulle pareti.
Holly cercò Patty e la vide, dormiva voltata dalla sua parte
così serena e tranquilla che era una crudeltà
svegliarla.
-Fatelo tornare qui!-
-A me non ha dato retta. Provaci tu che sei il capitano!-
-Bruce! Vieni qui!-
L’amico non lo ascoltò. Spalancò i
vetri, riemerse dalle tende e tornò di corsa verso di loro.
Si scostarono appena in tempo per non essere travolti dalla sua fuga.
Bruce, in mutande, richiuse il pannello, afferrò i pantaloni
del pigiama, che Benji aveva gettato via, e si tuffò sotto
le coperte. I compagni si guardarono increduli.
-Cos’hai fatto?- domandò Julian.
Lo sentirono mugolare qualcosa di incomprensibile dal mucchio che lo
copriva e si agitava mentre lui si rivestiva. Holly osservò
incerto i compagni.
-Quindi?-
-Quindi niente.- Benji fece spallucce e raggiunse il proprio futon -Non
ho capito ma non voglio entrarci. E siccome è ancora presto,
torno a letto.-
Julian e Holly si scambiarono una tacita occhiata, poi lo imitarono.
Sotto le coperte, il viso sprofondato nel cuscino, trattennero il
fiato. Il silenzio si protrasse per alcuni lunghi minuti, poi
nell’altra camera una delle amiche starnutì.
-Bruce! Se Amy si raffredda giuro che me la paghi!-
Patty starnutì di nuovo, svegliandosi del tutto. Una
corrente gelata le accarezzava il viso, ghiacciandole il naso e la
fronte. Aprì gli occhi e la stanza rischiarata dalla luce di
un giorno appena sbocciato accolse il suo risveglio. La tenda alla
finestra era scostata e i vetri erano aperti. Al suo fianco Jenny
dormiva ancora, poco più in là riusciva a
scorgere il volto di Amy sprofondato nel cuscino. Chi aveva aperto la
finestra? I suoi occhi corsero sospettosi al pannello scorrevole che
divideva la loro camera da quella degli amici e notò che non
era perfettamente chiuso. Eppure ogni sera, prima di cambiarsi per la
notte, si assicuravano che fosse ben serrato. Fremette di stizza.
Doveva esserci sotto lo zampino dei ragazzi. Una folata di vento le
gelò la guancia e si insinuò sotto le coperte
accarezzandole un polso. Un altro brivido le percorse la schiena. Quel
freddo era insopportabile, tagliava la pelle del viso come come una
lama affilata.
-Jenny…-
L’amica mugolò assonnata qualcosa di indistinto.
-Jenny, chiudi la finestra. Sto gelando.-
-La finestra?-
-Sì, qualcuno ha aperto la finestra. Ti prego, chiudila!-
-Perché io?-
-Perché tu sei abituata a questo freddo. Per favore, prima
che ci ammaliamo.-
Jenny emerse rabbrividendo dal tepore delle coperte,
calpestò le stuoie gelate a piedi nudi e raggiunse la
finestra. La richiuse guardandosi intorno nella stanza ghiacciata. Si
avvicinò al tavolino, prese il telecomando del
climatizzatore e lo accese al massimo.
-Chi l’ha aperta?-
-Secondo te?-
Jenny scosse la testa e si avvicinò al fusuma,
stropicciandosi le braccia per scaldarle. Lo aprì piano e
rimase in piedi a osservare gli amici. Erano davvero addormentati o
stavano soltanto fingendo? Incoraggiata dal calore che aveva
già mitigato la temperatura, Patty si alzò e la
raggiunse.
-Fate finta di dormire?- li apostrofò.
Bruce si irrigidì. Udì dei passi leggeri accanto
a lui. Lo superarono e si arrestarono più in là.
Patty si accoccolò vicino a Holly, gli posò una
mano sulla spalla e lo scosse. Lui fu bravissimo a fingere di
svegliarsi in quell’istante.
-Buongiorno.-
-Ne sai qualcosa?-
Con la stessa abilità, Holly cadde dalle nuvole.
-Di cosa?-
-Della finestra.-
-Quale finestra?-
Jenny attraversò la camera per raggiungere Philip. Gli
posò sul viso una mano gelida e lui sobbalzò,
strappato bruscamente dal sonno.
-Jenny?- la guardò -Sei ghiacciata!-
-Che scherzo stupido!-
-Quale scherzo?- le prese le mani tra le proprie per scaldargliele
-Perché sei così fredda?-
-Davvero non ne sai nulla?-
Philip era sveglio solo per metà e stentava a seguirla.
-Riguardo cosa? Vieni qui, sei gelata.- le fece spazio sul futon sotto
le coperte, stringendola tra le braccia per scaldarla.
-Cos’è successo? Non ho capito…-
Patty sbuffò.
-Qualcuno si è intrufolato nella nostra stanza e ha
spalancato la finestra.- e mentre lo diceva, i suoi occhi caddero su
Bruce.
-Perché guardi me?-
-Secondo te?-
-Patty, non puoi vivere di soli pregiudizi!-
-Hai la lingua fin troppo reattiva per esserti appena svegliato, Bruce.
E comunque è ora di alzarsi.-
-La colazione è già pronta?-
-Lo sarà. Molto presto e per poco tempo.-
Un diavolo per capello, Patty si volse e lasciò la stanza,
facendo sbattere il pannello scorrevole contro
l’intelaiatura.
-Colazione con conto alla rovescia.- protestò Benji -E se
non mangiamo per tempo che succede? Esplode? Bruce, se non avessi avuto
quell’idea così cretina, almeno...-
-Quindi l’avete fatto davvero!- sbottò Mark
incredulo -Da te non me lo sarei mai aspettato, Price! Posso capire
Harper, ma che tu...-
-Io cosa? Ross mi ha svegliato quando quell’idiota che ti sta
vicino già scorrazzava in mutande nella stanza delle
ragazze!-
-Ho provato a fermarlo, giuro!-
Mark spalancò la bocca.
-Bravi!-
Julian avvampò.
-Bravi cosa?-
Philip rise.
-In mutande? Perché in mutande?-
-Perché mentre cercavo di fermarlo, i suoi pantaloni mi sono
rimasti in mano.-
-Fortuna che dormivo.-
La voce di Jenny li impietrì. Possibile che si fossero
dimenticati di lei? Gli occhi dei ragazzi si trasferirono
all’istante sul futon di Philip. Il volto
dell’amica spuntava dalle coperte, rideva e i suoi occhi
brillavano di divertimento.
Bruce divenne cadaverico
-Non lo dirai a Patty, vero?-
-No.-
-Non lo dirai neppure a Eve?-
-No, non lo dirò. Adesso vestitevi, così
riuscirete a bere il caffè ancora caldo, prima che esploda.-
si mise in piedi e uscì, lasciandoli liberi di prepararsi.
-Non lo dirà, vero Philip?-
-No, non lo dirà.-
Risolto un problema, la lingua effettivamente già reattiva
di Bruce passò subito a quello successivo.
-Holly, come intendi allenarci oggi senza pallone?-
Philip ripiegò il futon.
-Perché dai per scontato che sia andato perduto?-
-Perché l’abbiamo perso.-
-Facciamo colazione e poi lo cerchiamo.- disse Holly fiducioso -Solo
dopo, in caso, ci dispereremo.-
-Ti dispererai, in caso.- ridacchiò Bruce -Io, se il pallone
non si trova, di sicuro stasera festeggio.-
Holly si accorse che Benji indugiava tra le coperte.
-Che fai tu? Non ti alzi?-
Non lo avesse mai chiesto. Benji si tirò su seduto in tutta
la sua statura e lo guardò negli occhi.
-Mi alzo, sì. Ma ascoltami bene. Nonostante quel campo di
schifo e quelle porte di merda, se dobbiamo andare ad allenarci
è un conto. Ma quando lo scopo delle nostre uscite
è cercare uno stupido pallone in uno schifosissimo orto in
mezzo a questa stramaledetta neve, allora non ci sto! Sono stato
chiaro?-
Holly annuì senza batter ciglio.
-Sei stato chiarissimo, Benji. Ora alza il culo e muoviti.-
Il pallone non venne ritrovato e per evitare di trascorrere tutta la
mattina a frugare scrupolosamente nei dintorni del ryokan, Tom
salì in camera e recuperò quello di riserva, un
po’ meno gonfio, un po’ meno in forma
dell’altro, ma meglio di niente. Dopodiché
finalmente si incamminarono verso la radura dove iniziarono gli
allenamenti, quelli seri.
Il disastro si verificò quando Mark scagliò uno
dei suoi potenti tiri contro l’odiato portiere, con
l’intenzione non solo di segnare, ma anche di colpirlo in
qualche doloroso punto per cancellare definitivamente quel sorrisetto
strafottente che si stampava sul muso ogni volta che a tirare era lui.
Il pallone partì a razzo, sfiorò un denso cumulo
di neve che ne deviò la traiettoria e si schiantò
precisamente contro l’albero-palo di sinistra. I rami
più bassi lasciarono cadere tutto il loro carico bianco.
Poi, con un sibilo, la palla si afflosciò a terra sgonfia.
-Pezzo d’idiota!- Benji si scrollò dal cappellino
e dalla giacca a vento svariati centimetri di neve -Sei un incapace!
Guarda cos’hai fatto!- si chinò a raccogliere il
pallone e glielo lanciò.
Mark osservò impassibile quella roba informe atterrare
miseramente ai suoi piedi. Dopodiché si infilò le
mani in tasca e rigirò con la punta del piede il cadavere di
cuoio.
-Evidentemente non era un buon pallone.-
-Disastro!- Holly si portò le mani al volto -Non poteva
capitarci una disgrazia peggiore!-
Di fronte all’esagerata reazione del capitano, Philip non
riuscì a trattenere una risata.
-Su Holly, è solo un pallone.-
-L’unico che avevamo!- il capitano chiuse gli occhi e
tirò un profondo respiro -Adesso come risolviamo questo
problema?
-Sei un idiota, Landers!-
-Finiscila Price!-
-Sto soltanto ribadendo l’ovvio!-
-Nessuno ti ha chiesto di farlo!-
-Basta!- Holly raccolse il cadavere della palla e i suoi occhi finirono
di nuovo su Philip -Che facciamo?-
-Andremo a comprarne un altro.-
-Sì, immediatamente!-
Stava passando l’aspirapolvere sui tatami della stanza dei
ragazzi Amy, quando per poco non si scontrò con Tom che
entrava di corsa. Spense l’elettrodomestico e lo
appoggiò alla parete.
-Già di ritorno?-
-Dobbiamo andare a Shintoku.- il ragazzo recuperò il
portafoglio abbandonato sul tavolo e se lo mise in tasca.
-A fare cosa?-
-A comprare un pallone nuovo. Mark ha distrutto quello di riserva.-
Tom uscì dalla camera con Amy alle calcagna. Jenny li
udì dall’altra stanza e si affacciò nel
corridoio.
-Meryl non vende palloni da calcio. Non mi pare, almeno.-
Tom trasalì e si guardò intorno per assicurarsi
che nessuno l’avesse inavvertitamente udita. I compagni erano
di sotto, davanti la porta d’ingresso ad aspettarlo. Li
sentiva vociare fin da lassù.
-Non dirmi che qui non esiste un negozio che vende un pallone. E chi lo
sente Holly?-
Jenny prese atto dell’entità del problema.
-Aspetta, fammi riflettere.-
Doveva consultarsi con la nonna, così su due piedi non le
veniva in mente nulla. Però era perfettamente consapevole
che la mancanza di un pallone poteva trasformarsi in un problema molto
più grave dell’assenza di un campo da calcio o
dell’inesistenza di una porta.
-Posso provare a telefonare a Meryl. Sicuramente sa dirmi dove trovare
un pallone. Oppure c’è il custode della scuola.
Potrei chiederne uno in prestito.-
Amy e Tom pendevano dalle sue labbra e annuivano insieme.
Continuando a rimuginare su una soluzione che doveva trovare a tutti i
costi, per il bene della nazionale giapponese ma soprattutto di Philip,
Jenny scese di corsa le scale.
-Permesso, permesso...- si fece strada tra i ragazzi e sparì
in cerca della nonna.
Tom e Amy scesero dopo di lei. A Holly sembrò di intravedere
una sfumatura di preoccupazione sul volto del compagno.
-Che succede?-
Tom si sforzò di sorridergli.
-Niente.-
-Allora andiamo?-
-Solo un attimo, sto aspettando Jenny.-
Stavolta fu Philip, a guardarlo di traverso.
-Perché?-
-Non ditemi che a Shintoku non vendono palloni da calcio!-
-No, Holly! Come ti viene in mente?!-
Amy sentì di cominciare a sudare. Forse era meglio tornare
di sopra. Finire di passare l’aspirapolvere stava diventando
sempre più una priorità. Prima di darsela a gambe
e lasciare che il povero Tom si salvasse in qualche modo da solo, Jenny
riapparve nel corridoio, le mani nascoste dietro la schiena e
l’ombra di un sorriso sollevato che riusciva a stento a
contenere. Philip trattenne il fiato pieno di speranza, certo che se
non fosse spuntato un altro pallone, avrebbero ricominciato a inveire
di nuovo contro di lui.
-Meryl non vende palloni da calcio. Dovremo aspettare la prossima
settimana prima che riesca a farsene arrivare uno.-
Holly trasecolò.
-E adesso?-
-Per fortuna nonno Ernest ha trovato questo.- Jenny lanciò
la palla al capitano e lui l’afferrò al volo.
-Dov’era finito?-
-Nell’orto.-
-Te l’ho detto, Holly, che non poteva essere svanito nel
nulla!-
Jenny e Amy li guardarono uscire.
-Ci siamo salvate per un pelo.-
-Davvero!-
-Torno su a finire di passare l’aspirapolvere.-
-E io vado a dare una mano a Patty ed Evelyn in lavanderia.-
Si separarono sull’ingresso, Amy imboccò le scale
e Jenny proseguì lungo il corridoio verso gli ambienti di
servizio.
Avanzando tra i fili carichi di bucato tesi da una parte
all’altra dell’ampia stanza, destinati a stendere
la biancheria del ryokan tra pareti mobili che si affacciavano sul
cortile interno e che d’estate, per arieggiare il locale,
potevano essere smontate, finse di non accorgersi che le amiche smisero
di parlare non appena la videro entrare. Più che
infastidirla, il loro atteggiamento misterioso la incuriosì.
Patty ed Evelyn si conoscevano da una vita ed era normale che tra loro
si permettessero confidenze che a lei non erano concesse.
-Ho interrotto qualcosa?- domandò dispiaciuta.
-No. Avevamo finito.- tagliò corto Evelyn. Si
guardò intorno, sui fili non era rimasto posto neppure per
un calzino -Qui non entra più nulla. Come facciamo?-
Jenny si allontanò da loro per tastare le maglie stese il
giorno prima.
-Queste possiamo portarle in stanza e appenderle
nell’armadio.- le tolse e le radunò in un capiente
catino di plastica -Fa più caldo e si asciugheranno
più in fretta.-
-Ci penso io.- si offrì Evelyn, portandosi via il carico del
bucato.
Jenny la vide scomparire dietro l’angolo, poi si rivolse a
Patty.
-Cos’è successo?-
La ragazza per un attimo fu indecisa se rivelarle la verità.
Ma Jenny era presente al momento del fatto e forse sospettava
già a cosa fosse dovuto il malumore di Evelyn.
-È per come Bruce si è comportato al lago quando
è arrivata la tua amica. Ieri sera hanno litigato.-
-Non mi sono accorta di niente.-
-Neppure io, me lo ha detto lei poco fa. Bruce a volte è
davvero ottuso, al lago non capiva neppure perché lei fosse
arrabbiata.-
Evelyn tornò e le raggiunse per finire di stendere il bucato
uscito fresco fresco dalla capiente lavatrice.
-Gliel’ho detto, Eve.- annunciò Patty -Meryl
è una sua amica, è giusto che lo sappia.-
La ragazza tacque, Jenny fermò una maglia con due mollette e
le guardò incredula, intuendo il messaggio che Patty
intendeva trasmetterle.
-A Meryl non interessa Bruce!-
-Perché allora non si è messa a fare la civetta
con Mark o Benji?-
Jenny fissò Evelyn.
-Civetta?- ripeté.
Patty si intromise per sedare sul nascere qualsiasi discussione.
-Dai Eve, non esagerare. Si saranno scambiati sì e no
quattro parole…-
-Eppure si erano già conosciuti e Bruce non mi ha detto
niente.-
-Se è per questo neppure Philip mi ha detto di averla
incontrata.-
-Lo stesso vale per Holly.
Evelyn annuì, cercando di essere ragionevole e obiettiva
prima di tutto con se stessa.
-Lo so. So che è colpa di Bruce.- guardò Jenny
-Non ce l’ho con la tua amica.-
-Dopo pranzo vado in paese per fare delle commissioni per la nonna.
Parlerò con Meryl e…-
-Lascia stare, non servirà a cambiare Bruce. Fa sempre
così.- tirò un sospiro molto sentito, con il
quale provò a espellere anche il problema -Visto che non si
possono cambiare gli altri, l’unica strada possibile
è cambiare se stessi.-
Poco prima di pranzo, Patty si spostava su e giù per la
cucina così indaffarata da non prestare nessuna attenzione a
Holly, che le orbitava intorno approfittando di quel breve momento di
pausa per stare un po’ con lei. Stanco di sentirsi ignorato,
gli venne l’idea di rendersi utile.
-Posso fare qualcosa?-
Lei si volse e lo guardò come se la proposta provenisse
direttamente da Marte. Si chiese quanto il ragazzo potesse davvero
esserle d’aiuto, ma visto che le amiche erano affaccendate
altrove e visto che Holly si stava offrendo volontario...
Tirò un sospiro e annuì, asciugandosi le mani sul
grembiule annodato in vita.
-Devo andare a chiedere del sale alla nonna, qui è finito.-
gettò nella spazzatura la confezione vuota -Puoi passare i
fagioli?-
-Certo.-
Patty tirò fuori dal frigorifero un capiente contenitore, lo
posò sul ripiano del lavandino e tolse la pellicola che lo
ricopriva, mostrandogli i legumi immersi nell’acqua.
-Usa quello.- gli indicò il colino appeso a un gancio sul
lavello -Se non c’è acqua a sufficienza aggiungine
dell’altra.-
Il giovane annuì e la seguì con gli occhi mentre
lasciava la cucina. Poi si alzò pieno di buona
volontà, raggiunse il lavello e impugnò il
colino. Dopodiché guardò i fagioli, di colpo
perplesso. Cos’è che doveva fare? Passare i
fagioli… Va bene, ma come? Col colino,
sì… in che modo? Si rese confusamente conto di
non aver assolutamente capito le istruzioni di Patty. Eppure un secondo
prima le sue parole gli erano sembrate così chiare da non
lasciare spazio a dubbi.
Philip entrò in cucina e si versò un bicchiere
d’acqua. Sorseggiandola, osservò incuriosito il
capitano.
-Prepari tu il pranzo?-
-No.- Holly si volse e lo trafisse con un’espressione
d’un tratto supplichevole -Devi aiutarmi, Philip. Patty mi ha
chiesto di passare quei fagioli con questo colino.- agitò in
aria l’utensile -E se l’acqua non basta, di
aggiungerne dell’altra. Secondo te cosa devo fare?-
Philip posò il bicchiere vuoto sul tavolo e si
accostò perplesso.
-Non hai mai passato i fagioli?-
-No, e tu?-
-No. Non potevi chiederle di spiegarsi meglio?-
-Quando l’ha detto sembrava così chiaro!-
L’altro tornò a scuotere la testa. Fece spallucce
e uscì, abbandonandolo con il suo problema.
-Philip! Resta qui! Ho bisogno di te!-
Chiamarlo non servì a nulla, l’amico si era
defilato. Holly tornò a guardare i fagioli che giacevano
poco invitanti in un liquido denso e marroncino. Afferrò il
colino e si preparò a fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di
salvare la faccia.
-Fermo Holly! Non toccare nulla! Ho portato i rinforzi!-
Il capitano sobbalzò, ma quando vide Philip varcare la
soglia con Tom, sorrise grato.
-Ho pensato che tre menti sono meglio di due.- e tra l’altro
Tom era il più indicato per risolvere il problema. Se
qualcuno a casa sua passava i fagioli, probabilmente non era il signor
Becker.
-E così questi sarebbero i legumi incriminati?-
Holly annuì e ripeté tutto d’un fiato
le istruzioni che gli aveva lasciato Patty.
Tom non fu più tanto sicuro di poter essere
d’aiuto, nonostante la fiducia incondizionata che Philip
aveva riposto in lui. Pensieroso, si tamburellò il mento con
il dito indice.
-Secondo me la questione è tutta nel tipo di piatto da
preparare.-
Passando davanti alla porta della cucina al ritorno da una telefonata a
casa, Mark li vide ed entrò.
-Non vi starete rimpinzando con il nostro pranzo, spero!-
-Abbiamo un problema da risolvere, levati di torno.- lo
liquidò Philip spazientito.
Tanto bastò a convincere Mark che lì in cucina la
sua presenza era perlomeno indispensabile.
-Dai Tom, va’ avanti e cerchiamo di fare in fretta. Se Patty
torna e non trova i fagioli pronti…-
Mark era tutt’orecchie.
-Sì, dunque… Dicevo… Se sono per il
riso bisogna lavarli, metterli direttamente nel piatto e poi condirli.
Se si tratta di una minestra dovete metterli nell’acqua
così come sono. Del resto i fagioli in scatola sono precotti
e non è necessario cuocerli di nuovo. Se invece si fosse
trattato di fagioli secchi…-
-Non divagare.- fremette Holly, lanciando alla porta occhiate cariche
d’ansia.
-Quindi, per la minestra metteteli così nell’acqua
e fateli bollire.-
Philip si ritrasse.
-Non devi parlare al plurale, Tom. Io non c’entro niente.-
-Per fare la crema di fagioli, allora bisogna passarli.-
-Passarli!- si entusiasmò Holly.
Philip lo fissò incerto.
-Dici che Patty vuole quella?-
-Non ne ho la più pallida idea.-
-Sono fagioli azuki? Fagioli di soia? Non è che vuole
preparare il tofu?- s’impelagò Tom dubbioso. Poi
guardò nel recipiente e scartò
l’ipotesi -No, sono cotti.-
-Mi stai confondendo le idee.-
-Se sono fagioli azuki Patty potrebbe farci la marmellata da mettere
nei pancake.- azzardò Philip che ne andava ghiotto.
-Non credo proprio. È quasi mezzogiorno e probabilmente sta
preparando il pranzo.- rifletté Holly -Oltretutto dubito che
la dieta di Gamo preveda i pancake.-
-A proposito di dieta di Gamo…- Philip intendeva risolvere
la questione fin dal giorno precedente ma il pensiero di Kevin gli
aveva intasato i neuroni e se ne era completamente dimenticato -Io sono
stanco di mangiare solo roba sana. Voi no?-
Tom annuì.
-Da un bel pezzo.-
-Dobbiamo far sparire quella dieta.- Mark si guardò intorno
-Chissà dove la tengono.-
-Vi prego, pensiamo ai fagioli…- supplicò Holly.
-A me la crema di fagioli non piace.-
-Mark! Il momento è già abbastanza critico senza
che ci fai partecipi dei tuoi gusti!-
Prima che riuscissero a risolvere il problema, Patty tornò
portando con sé una nuova confezione di sale.
-Hai finito, Holly?-
-Non ancora. Stavo per iniziare quando sono arrivati loro e mi hanno
distratto.-
Lei si fece largo tra i ragazzi per raggiungere il lavandino.
-Ho capito. Levatevi di torno, ci penserò io.-
La nonna stava approfittando di quei giorni di chiusura del ryokan per
le grandi pulizie. Ormai da un paio d’ore, cioè da
quando Patty aveva finito con i fagioli, supportata dal nonno aveva
tolto tutti gli utensili dagli scaffali, li aveva liberati dalla
polvere, lavati e asciugati e adesso li stava riponendo al loro posto.
Il tavolo e la maggior parte delle superfici erano completamente
ingombre di oggetti, rendendo difficoltoso persino muoversi
all’interno della cucina. Così, pronto il pranzo,
i ragazzi si erano trasferiti a mangiare di sopra.
-Vado in paese.- annunciò Jenny -Avete bisogno di qualcosa?-
-In paese?- le fece eco Philip -Perché?- non vedeva davvero
nessuna ragione per cui la fidanzata quel pomeriggio si recasse a
Shintoku.
-Devo fare degli acquisti per la nonna e per me.-
-Vuoi che ti accompagni?-
Jenny gli rivolse un sorriso carico di sottintesi.
-Lo vorrei, sì. Ma non puoi. Vero, Holly?-
-Già.-
-Per una volta potrei anche saltare gli allenamenti.-
supplicò il capitano con lo sguardo -Posso?-
-Scordatelo.-
Philip tirò un lungo sospiro rassegnato.
-Sei troppo severo, Holly.-
-Severo?- Benji rise -Siamo in un ritiro con fidanzate e lo accusi di
essere severo?-
L’altro preferì saggiamente accantonare
l’argomento, o il portiere avrebbe ricominciato ancora una
volta con la sua lunga e scontata serie di lagnanze. Accanto a lui,
Jenny annotava con precisione al cellulare gli acquisti che le stavano
commissionando le amiche.
Bruce lo notò.
-Se non ti dispiace anch’io avrei bisogno di una cosa.
Dovrebbe essere uscito giusto oggi il nuovo numero di una rivista
che...-
-Le tue riviste te le compri da solo!- lo interruppe Callaghan brusco
-Chiaro?-
-Ma Philip, non mi costa nulla.-
L’occhiataccia del compagno indusse Bruce a ritirare la
richiesta.
-Non preoccuparti, Jenny. Non è niente di urgente. La compro
da me alla prima occasione.-
-Tu e le tue riviste del cavolo…- borbottò
Philip, seguendo la fidanzata giù per le scale -Vai a
piedi?-
-Sì, i nonni stanno finendo di riordinare la cucina.
Impiegherò pochissimo.-
-Fai attenzione.-
Jenny gli sorrise, mentre si avvolgeva la sciarpa intorno al collo.
-Stai tranquillo. Conosco la strada a memoria, sarei capace di andare e
tornare a occhi chiusi. Sono appena tre chilometri.- spostò
gli occhi sull’orologio, erano le due -Per le cinque
sarò di nuovo qui, in tempo per le terme.-
Si chinò a infilare le scarpe, poi aprì la porta
e uscì al freddo.
Philip la seguì fuori.
-Torna in fretta.- mormorò con un vago senso di
preoccupazione che non riusciva a scacciare. Avrebbe voluto
accompagnarla, se solo avesse potuto. Le prese il viso tra le mani e le
sfiorò le labbra con un bacio, poi la lasciò
scostarsi da sé.
-Farò prestissimo.-
La seguì con gli occhi mentre scendeva nella neve e
attraversava il piazzale fendendo la coltre bianca, una figura sempre
più piccola e sperduta in tutto quel candore man mano che si
allontanava. Poi, quando sparì dietro la curva,
alzò gli occhi al cielo azzurro e terso che spaziava sulla
valle e accarezzava le montagne circostanti. Solo qualche nuvola
bianca, a nord, interrompeva quel turchese sfavillante.
Infreddolito, Philip rientrò nel ryokan ma il pensiero di
Jenny che percorreva da sola la strada fino a Shintoku gli rimase fisso
nella testa per tutto il pomeriggio, tanto che quando fu il momento
degli allenamenti si prodigò fino allo stremo per convincere
i compagni a restare sul piazzale e fare due tiri lì, senza
allontanarsi fino alla radura.
-Callaghan, ti dai una svegliata?!-
Mark bloccò la palla sotto il piede e la sua voce
riecheggiò tra gli alberi che circondavano
l’edificio.
Effettivamente soprappensiero, lui si volse a guardarlo.
-Che vuoi?-
-Che smetti di dormire! Oppure esci dal gioco!-
-Non ti senti bene, Philip?- si preoccupò Holly e quando lui
scosse la testa perché il problema non era quello, fraintese
e propose una nuova attività -Che ne dici di una corsa?-
Bruce lo guardò sgomento. Una corsa?
-Io eviterei, con tutta questa neve. Si scivola, ci bagniamo...
Piuttosto farei una pausa.- lanciò un’occhiata
all’ingresso del ryokan, chiedendosi se e quando le ragazze
sarebbero arrivate con lo spuntino di rito.
Philip s’illuminò d’immenso.
-E se andassimo in paese?-
-E se aspettassi qui che Jenny torna?-
-Non lo dicevo per quello, Benji.-
-E io sono Gamo. Chi vuoi prendere in giro?-
-In paese a quest’ora?- Bruce era allibito -Allora
è meglio la corsa!- a meno che le ragazze non li
raggiungessero in fretta con la merenda. Perché non
arrivavano? Che fine avevano fatto? Ormai erano passate le quattro! Se
solo fosse riuscito a mandare un messaggio a Evelyn senza essere visto,
per sollecitare lo spuntino… aveva una fame!
Neanche a dirlo, il suo desiderio venne esaudito all’istante.
La porta del ryokan si aprì e le ragazze uscirono una dopo
l’altra, portando ciascuna qualcosa con sé.
-Te l’avevo detto, Holly, che la pausa era la scelta
migliore!- neppure aspettò che il capitano gli desse il via
libera. Attraversò il piazzale di corsa sciabordando tra la
neve e raggiunse Amy che aveva tra le mani il vassoio con i dolcetti
-Meno male che non ci siamo mossi, altro che corsa!- addentò
un biscotto appena sfornato. Gli piacque e ne prese subito un altro.
-Tre a testa, Bruce!- lo redarguì Evelyn.
-Ce ne sono una valanga!-
-Ce ne sono tre a testa!-
Il ragazzo sbuffò, prese il suo terzo e si tirò
da parte per lasciar spazio agli altri.
-Jenny è tornata?-
Lo chiese lo stesso, Philip, pure se sapeva benissimo che era
impossibile che fosse rientrata senza passargli davanti.
-Non ancora.-
-Ha telefonato?-
Patty scosse la testa e Philip spostò gli occhi sulla strada
che spariva dietro la curva, scendendo verso Shintoku. Oltre si apriva
la valle, e tra le montagne l’agglomerato di case che si
scorgeva più in basso era ammantato di ghiaccio. Nel corso
del pomeriggio il cielo si era trasformato in una pesante coltre di
nubi cariche di neve che si inseguivano nell’etere, spinte da
un vento non percepibile a terra. Soltanto verso ovest si scorgeva
ancora un lembo azzurro di cielo, che stava tingendosi di indaco
all’avanzare della sera.
Benji dovette ridimensionare le proprie convinzioni sul rapporto che
legava Callaghan alla fidanzata. Fino a una manciata di giorni prima,
cioè finché non li aveva visti insieme, aveva
pensato che tra i due la piattola fosse Jenny. Aveva preso un abbaglio.
Il collante appiccicoso era Philip. Era lui che non si staccava da lei
neppure un secondo, arrivando a organizzare, all’insaputa di
Gamo, un ritiro nel ryokan dei suoi nonni. Alla luce di ciò,
era ormai chiaro che se durante le trasferte o i ritiri della nazionale
Callaghan la chiamava tutti i giorni, non era perché lei lo
pretendesse.
-Ti si è incantato il disco, per caso? Jenny qua, Jenny
là! Le dai il tormento anche quando non
c’è.-
-Tra poco farà buio e Jenny dovrà tornare da
sola. Come posso non essere preoccupato?- la palla, rimasta
inavvertitamente alla portata dei suoi piedi, con un calcio nervoso e
ben assestato partì a razzo e superò
l’angolo dell’edificio, sparendo da qualche parte.
A Philip non importò. Non ascoltò Patty che lo
richiamava indietro, ignorò la voce ragionevole di Holly che
gli diceva di stare tranquillo. Era così di cattivo umore
che preferì isolarsi. Arrancando tra la neve intatta delle
aiuole, tagliò il piazzale di traverso e raggiunse
l’ingresso.
Lo sguardo di Benji fiammeggiò sulla schiena
dell’amico.
-Quando fa i capricci è insopportabile! Lo riempirei di
pugni, stupido ragazzino!-
-Bruce…- cominciò Julian paziente.
-Sì, sì, ho capito. Vado a recuperare il
pallone.- si allontanò sbocconcellando l’ennesimo
biscotto.
L’atteggiamento poco socievole di Philip indusse Tom a
raggiungerlo. Conoscendolo da più tempo, forse era
l’unico a sapere come prenderlo. Philip non era un ragazzo
scontroso, anzi semmai il contrario. Aveva carisma, magnetismo, una
capacità di gestire e risolvere i problemi non indifferente,
altrimenti non sarebbe mai diventato né il capitano della
Flynet né il vice della nazionale. Era sempre pronto a farsi
in quattro per gli altri, possedeva un senso di giustizia molto
spiccato e la stoffa del leader, ma quando quelle rare volte gli
prendevano i cinque minuti, diventava intrattabile. E a quanto pareva,
ciò che riguardava Jenny era capace di mandarlo in tilt in
un istante. Si sedette al suo fianco, sui gradini
dell’ingresso.
-Philip...-
-Non dirmi niente, Tom. Jenny è via da più di due
ore e aveva detto che sarebbe tornata subito.-
Ecco appunto, si stava attorcigliando la mente sul pensiero della
fidanzata, e Tom sapeva benissimo il perché. Del resto ci
vedeva perfettamente e al lago era stato presente.
-Sta facendo buio e ancora non rientra e poi…- si volse a
guardarlo con un certo imbarazzo -Con quello in giro giù in
paese…-
Evidentemente Philip non pensava tanto a Jenny quanto al tipo del
giorno prima.
-Non c’è soltanto lui a Shintoku,
perché dovrebbe incontrarlo? Dai, non ci pensare. Vedrai che
tra poco sarà qui.-
Bruce lanciò a Holly il pallone recuperato tra la neve, gli
occhi fissi sui due amici, seduti comodi sotto la veranda.
-La prossima volta vado io a consolare Philip.-
-Se ti conviene.- ghignò Mark -Tu non sei Becker, spero che
te ne renda conto. Loro si conoscono da un bel po’ e
Tom… Be’, è Tom.-
Un piccolo, leggero e delicato fiocco di neve fluttuò
nell’aria, si posò sulla manica di Philip e si
sciolse all’istante. Lui alzò gli occhi al cielo,
ricoperto dallo spesso strato di nuvole bianche.
-Adesso comincia pure a nevicare.-
-Non c’è nulla di strano, visto dove siamo.-
Philip spostò gli occhi su Bruce e sui compagni che si erano
radunati intorno a loro. I fiocchi di neve avevano preso a cadere
così numerosi e convincenti da indurli a interrompere i
passaggi per mettersi al riparo sotto la tettoia.
-Noi rientriamo.-
Philip annuì e si scostò per lasciarli passare,
ma non accennò a muoversi, gli occhi sulla strada. Mentre lo
superava, Mark gli posò una mano sulla spalla in una specie
di pacca rassicurante.
-Callaghan, ti stai preoccupando inutilmente. Vedrai che tra poco
sarà qui.- disse e poi rientrò con gli altri.
Philip rimase solo. La tentazione di scendere in paese per andare
incontro a Jenny era insopportabile e difficilissimo resistervi, ma
riuscì a farlo pensando che forse i compagni avevano
ragione, la sua ansia era eccessiva. Forse la fidanzata era
già sulla via del ritorno dietro un paio di curve, sarebbe
riapparsa entro davvero poco tempo e...
Qualcosa gli colpì le gambe e lui fece un salto indietro.
Abbassò gli occhi. Un gatto bianco lo fissava con i suoi
bellissimi occhi azzurri.
-E tu da dove spunti?- domandò, come se il gatto potesse non
soltanto comprendere, ma anche rispondergli.
Il felino sembrò sorridergli mentre prendeva la mira e si
gettava contro i suoi jeans, percorrendoli con il muso, il fianco e la
coda e lasciando una scia di peli candidi e folti.
-No cavolo!-
La bestiola si accostò di nuovo per grattarsi la schiena
contro il polpaccio di Philip, ma stavolta lui si scostò
veloce e imboccò l’ingresso, lasciandola indietro.
Rientrò, si sfilò la giacca e le scarpe e corse
di sopra.
All’incirca un’ora e mezza dopo, una tormenta di
neve in piena regola infuriava all’esterno del ryokan. Il
vento soffiava forte, facendo tremare i vetri. I fiocchi turbinavano
impazziti, così fitti che non si riusciva a scorgere il
piazzale. Spinti dalle raffiche, si schiantavano contro le finestre
emettendo un sinistro scricchiolio di ghiaccio infranto. Nella stanza
dei ragazzi la tv era accesa ma il sibilo del vento a tratti sovrastava
la voce dello speaker che annunciava i titoli del telegiornale.
Sedevano a tavola e cenavano scambiandosi ogni tanto qualche frase
mentre Philip, irrequieto, misurava a grandi passi il perimetro della
camera, dalla porta alla finestra e viceversa. Aveva appena toccato
cibo ed era talmente preoccupato che non riusciva a stare fermo.
-Philip, finisci di mangiare. Non serve a niente che digiuni.-
Lui lanciò un’occhiata ad Amy.
-Non ho fame.- ed era vero. Aveva lo stomaco serrato in una morsa
d’ansia.
Bruce sollevò un braccio per allungargli una bottiglia di
birra, piena per metà.
-Tieni, bevi che ti passa. Vedrai che ti farà tornare di
buonumore e le preoccupazioni spariranno.-
-Con mezza birra?- chiese Benji perplesso.
-Intanto comincia con mezza, poi andrà avanti con il resto.-
Philip non prestò loro attenzione e ricominciò ad
andare su e giù per la stanza.
-Perché non arriva? A quest’ora dovrebbe essere
già tornata!-
-Te l’ho detto, era scritto nel messaggio.-
sospirò Patty paziente -È bloccata dalla
tormenta. Arriverà non appena potrà.-
-E se non smette di nevicare?-
-Ci farà sapere.-
-Non ti è arrivato nessun altro messaggio dopo quello?-
-No, Philip.- Patty controllò di nuovo il cellulare
appoggiato sui tatami accanto alle gambe -Se mi dovesse arrivare sarai
il primo a saperlo.-
Mentre annuiva, la mente di Philip riprese a macinare ipotesi alla
velocità della luce. Jenny era bloccata da qualche parte e
non aveva idea di dove, ma giù a Shintoku avrebbe potuto
incontrare Kevin e lui avrebbe potuto infastidirla. Quel paese era
più piccolo di Furano e la probabilità che si
imbattesse in lui non era affatto da scartare. Eppure, se Jenny avesse
avuto qualche problema avrebbe chiamato i nonni… se non
fosse che questo suo silenzio era altrettanto allarmante. Magari poteva
provare a chiamarla dal telefono del ryokan, per evitare tra
l’altro che la sua ansia risultasse ridicola agli altri.
-Ti siedi per favore?- gli chiese Benji irritato -Mi stai innervosendo.-
-Tu sei già nervoso di tuo Price, io non c’entro
niente.-
La lingua del portiere fu rapida a ricambiare la cortesia.
-Di cosa hai paura Callaghan? Che sia andata a trovare il suo
amichetto?-
Philip impallidì, poi la collera lo rese paonazzo.
-Amichetto?-
-La piantate, per favore?- cercò di calmarli Holly.
Patty gli diede man forte.
-Jenny arriverà non appena la bufera si sarà
calmata. Punto.-
Philip sperò che fosse così, e sperò
anche che non stesse passando tutto quel tempo con il suo ex compagno
di scuola. Non avrebbe potuto sopportarlo. Gli tornò in
mente il bacio sul laghetto e lo invase una gelosia violenta. Poi gli
tornò in mente anche lo schiaffo e pensò che
doveva assolutamente trovare il modo di ricambiare il gesto, anzi
entrambi i gesti. Di colpo si diresse verso la porta.
-Dove vai?- chiese Tom allarmato.
-L’aspetto giù così non disturbo.-
Quando fu uscito, Patty si alzò e si affacciò
alla porta. Mentre osservava silenziosa Philip che scendeva le scale,
udì Holly rimproverare Benji.
-Potevi evitare di mettergli la pulce nell’orecchio.-
-Figurati, ci stava pensando già da solo.-
Arrivato alla fine della rampa, il ragazzo si diresse dritto verso il
telefono e compose rapido un numero. La sua attesa durò un
istante. Patty lo vide riagganciare affranto. Incapace di accettare di
non poter parlare con la fidanzata, Philip compose di nuovo il numero,
ancora una volta e poi un’altra. Patty rientrò in
camera che stava tentando la quarta telefonata.
Trovò Mark appollaiato sul davanzale, tra le mani la ciotola
del riso e le bacchette.
-Dov’è?- le chiese.
-Sta provando a chiamarla.-
-E non risponde?-
La giovane scosse la testa. Un attimo dopo, oltre i vetri e la neve che
continuava a cadere abbondante, Mark vide Philip uscire dal ryokan.
Incurante dei fiocchi che gli turbinavano intorno e gli finivano sul
viso, ghiacciati e affilati come mille aghi, il ragazzo percorse il
piazzale per un tratto fino a divenire difficilmente individuabile.
Mark si tese, temendo che decidesse di scendere in paese in cerca della
fidanzata. Poi lo vide tornare indietro e ripararsi sotto la veranda.
-Che sta facendo?- gli chiese Holly.
-Aspetta qui sotto.-
-Meglio tenerlo d’occhio. Potrebbe decidere di andarle
incontro. Se con questo tempo si perdesse, sarebbe un disastro.-
Amy rabbrividì. Philip poteva rischiare di sparire come
Alice Jones. E non solo lui, anche Jenny. Pregò che
l’amica tornasse al ryokan sana e salva e per scacciare la
preoccupazione cercò di concentrarsi sul telegiornale.
-Le tue proteste sono inutili Jenny, ti riporterò al ryokan
in macchina.-
Al riparo della porta a vetri del negozio degli Swann, la ragazza
osservava la tormenta che imperversava su Shintoku. Il vento si era
alzato mentre percorreva a passo svelto l’ultimo tratto di
strada. Quando aveva raggiunto i marciapiedi della cittadina, qualche
sparuto fiocco di neve aveva iniziato a danzarle intorno. Il cielo si
era ricoperto presto di fitte nuvole e lei aveva proseguito svelta
verso la farmacia, dove aveva acquistato alcune medicine per i nonni.
Mentre fiocchi bianchi sempre più numerosi solcavano
l’aria, era passata all’ufficio postale per pagare
due bollette e riscuotere un vaglia da suo padre. Quindi era entrata
nel bar di fronte al negozio degli Swann, dove Meryl
l’aspettava, giusto un attimo prima che neve e vento
aumentassero d’intensità, convinta che nel giro di
un paio d’ore la nevicata sarebbe cessata, consentendole di
rientrare al ryokan.
Così si era rassegnata ad attendere con pazienza che il
tempo si rimettesse e il pomeriggio era volato prima di fronte a una
tazza di cioccolata calda con panna, poi nel retro del negozio di
alimentari, mentre rievocava insieme a Meryl i ricordi degli anni della
scuola e all’esterno la tormenta si scatenava con tutta la
sua violenza. Kevin e il signor Swann avevano trascorso quel tempo nel
negozio deserto a riempire gli scaffali della merce consegnata la
mattina. Kevin aveva imbastito un po’ di storie sul fatto che
mentre lui sgobbava Meryl batteva la fiacca e Jenny era
d’impiccio, ma era bastato un urlaccio esasperato di suo
padre per convincerlo a rassegnarsi ad aiutare.
Entusiasta del pomeriggio che potevano trascorrere insieme dopo tanto
tempo, Meryl l’aveva messa al corrente delle ultime
novità sulle loro amicizie in comune finché
l’ora di cena si era fatta sempre più vicina e
Jenny sempre più impaziente di tornare al ryokan. Dopo
essersi affacciata per l’ennesima volta alla porta
d’ingresso e aver constatato che la tormenta non cessava, era
stata costretta a chiamare i nonni per avvertirli che era al sicuro
dagli Swann e avrebbe tardato a tornare, in attesa che la bufera si
placasse. Poi aveva inviato un messaggio al cellulare di Patty,
ribadendo grosso modo lo stesso concetto ma omettendo dove si trovasse.
Che mangiassero pure senza di lei, li avrebbe raggiunti non appena
possibile.
Riposta la merce, Kevin si era offerto di accompagnarla ma lei aveva
rifiutato. Di tutto aveva bisogno tranne che della sua
magnanimità. La momentanea assenza del signor Swann, che
stava ammonticchiando i cartoni ben ripiegati in fondo al negozio, le
consentì di rispondere a tono.
-Non ho bisogno del tuo passaggio. Piuttosto chiamo il nonno e mi
faccio venire a prendere.-
-Avresti davvero il coraggio di farlo? Con un tempo simile?-
Indicò la porta e Jenny spostò gli occhi al
piazzale esterno. La neve cadeva talmente fitta da oscurare la luce dei
lampioni. Le case che sorgevano dall’altra parte della strada
erano pressoché celate dalla bufera.
-Aspetterò che smetta.-
Kevin annuì d’accordo.
-Mi pare logico. Adesso ceniamo.-
Cenare? Lì? Con loro? Con lui? Spostò gli occhi
sull’orologio appeso al muro dietro la cassa. Erano passate
le sette e rispetto alla promessa fatta a Philip, era in ritardo di due
ore.
Meryl si avvicinò con il cellulare alla mano.
-Forse è la cosa migliore da fare, sai? Non
smetterà di nevicare tanto presto.- le mostrò le
previsioni meteo -Andrà avanti così per almeno
un’altra ora.-
Il cipiglio della giovane ebbe un leggero cedimento. Era stanca di
stare lì, non vedeva l’ora di tornare al ryokan e
sorbirsi i rimproveri di Philip che, ne era certa, si stava
preoccupando parecchio. Se solo avesse disubbidito anche lui, come
Bruce, e avesse portato con sé il telefonino…
Allora avrebbe potuto mandargli un messaggio o chiamarlo, senza dover
passare attraverso i nonni o le amiche.
-Che ne dite di una pizza?-
Meryl accolse l’idea con gioia.
-Ti va, Jenny? Quanto tempo è che non mangiamo insieme?-
La ragazza annuì mestamente e le dedicò un
sorriso forzato. Non riusciva a condividere in nessun modo il suo
entusiasmo e la sua gioia di stare insieme e le costava un grande
sforzo fingersi contenta. Osservò Kevin raggiungere il banco
freezer, chinarsi a recuperare due pizze e attraversare il negozio per
entrare, seguito subito da suo padre, sul retro riservato al personale.
Meryl le passò accanto stringendo tra le mani alcune
bottiglie di birra.
-Vieni, Jenny.-
-Arrivo subito. Faccio prima un salto in bagno.-
Avrebbe dato chissà cosa per essere al ryokan con Philip,
cenare insieme a lui e ai ragazzi. Avrebbe dato chissà cosa
per rimandare indietro l’orologio di qualche ora e decidere
che non valeva proprio la pena scendere in paese per incontrare Meryl e
sbrigare le commissioni della nonna. Invece niente. Era rimasta
incastrata nella cena degli Swann, bloccata nel loro negozio da una
tormenta di neve di cui nessuno aveva previsto l’arrivo, a
consumare una pizza al microonde e una birra niente popò di
meno che con Kevin e la sua famigliola. Perché non aveva
chiesto al nonno di accompagnarla? Perché non aveva
insistito affinché Philip andasse con lei? Lanciò
un’occhiata al display del cellulare, Patty le aveva risposto
al messaggio dicendole di non preoccuparsi perché avrebbe
pensato lei a mettere Philip al corrente della situazione.
Appoggiò il telefonino accanto alla cassa dove la linea era
migliore e raggiunse il bagno, per concedersi qualche minuto di
solitaria e tranquilla riflessione.
Fu accolta sul retro con spicchi di pizza fumante in piatti di carta.
Meryl le porse un bicchiere così colmo di birra che nel
passaggio di mani si bagnò le dita. Kevin, appoggiato con le
spalle alla parete di quello stretto spazio, le puntò
addosso uno sguardo carico di ironia e sollevò la bottiglia
di birra verso di lei.
-Bentornata a Shintoku!-
La ragazza si sforzò di sorridere non per lui ma per Meryl e
suo padre che la osservavano benevoli, mentre mandava giù
senza voglia la birra e la pizza. Li conosceva da quando era bambina e
sebbene Meryl avesse un paio di anni meno di lei, che era invece
coetanea di Kevin, spesso avevano giocato insieme. Jenny non aveva
assolutamente nulla contro di loro, ma non era in grado di dimenticare
lo scontro del giorno prima, ancora troppo fresco. Lo schiaffo le
bruciava sullo zigomo e un senso di malessere le attorcigliava lo
stomaco al ricordo delle sue labbra calde e sarcastiche. Poi le saliva
proprio la nausea se nella mente le balenava l’espressione
costernata, ferita e adirata di Philip quando, dopo la sua splendida
performance sulle rive del lago, era tornata dagli amici. Voleva tanto
che smettesse una buona volta di nevicare per poter tornare al
più presto da lui.
La festicciola improvvisata a cui era costretta a partecipare mentre
fuori imperversava la tormenta di neve, oltre a toglierle
l’appetito l’aveva messa di cattivo umore. Si
affrettò a svuotare il bicchiere, impedì a Kevin
di riempirglielo di nuovo e finì presto anche la pizza. Ne
rifiutò dell’altra e lanciò uno sguardo
alle vetrate del negozio. Finse di non accorgersi che la neve
continuava a cadere forse anche più fitta di prima.
Recuperò la giacca dall’appendiabiti vicino la
porta del bagno, si ficcò in tasca il cellulare e infine
agguantò le buste della spesa che aveva depositato in un
angolo.
-Grazie per la cena, adesso devo proprio andare.-
Kevin la guardò incredulo, il bicchiere ricolmo di birra in
una mano, un pezzo di pizza nell’altro.
-Allora non hai capito, ti riaccompagno io al ryokan. Dammi il tempo di
finire di mangiare e andiamo.-
Il signor Swann, che finora si era guardato bene
dall’intromettersi nelle faccende dei ragazzi, vide Jenny
così risoluta ad affrontare la tormenta che si
trovò costretto a intervenire. La presa di posizione della
ragazza gli risultava inspiegabile. Non aveva senso che, con quel tempo
da lupi e carica di pacchi com’era, continuasse a rifiutare
l’offerta di Kevin. Con una bufera simile e a
quell’ora poi! E se le fosse successo qualcosa?
-Kevin ha ragione e ti accompagnerà. È fuori
discussione che con questo tempo torni a piedi fin lassù.-
Meryl oltrepassò Jenny e aprì la porta. Un
turbine di neve la investì, violento e ghiacciato. La morsa
di gelo avvolse entrambe, costringendole a ripararsi il viso dai
fiocchi. Kevin balzò avanti e richiuse di colpo la porta.
Ingurgitò un ultimo pezzo di pizza e si rivolse a suo padre.
-Dammi le chiavi del furgone.-
-Sii prudente.-
Il ragazzo recuperò la giacca dal retro del negozio e
l’abbottonò con cura. Osservando Jenny, si
infilò i guanti uno per volta.
-Andiamo, sei contenta?-
-Se proprio vuoi saperlo, sì.- più che contenta,
ne era decisamente sollevata.
Kevin le tolse di mano le buste e aprì la porta.
Avanzò tra le raffiche di neve che sollevavano la sua
sciarpa in ogni direzione. Depositò gli acquisti nel retro
del furgoncino e con le mani liberò il parabrezza dalla
spessa coltre di neve che nel frattempo si era accumulata. Jenny
salutò Meryl e suo padre, corse fuori e, dal lato del
passeggero, lo aiutò a spazzar via la neve. I fiocchi
fendevano l’aria illuminati dal chiarore elettrico della
luce, turbinandole intorno fitti e spessi. Stilettate di vento
ghiacciato fecero sgorgare dai suoi occhi calde lacrime che si
trasformarono in ghiaccio sulle guance bersagliate dalla corrente
gelata. Intirizzita fino alle ossa entrò nella vettura, che
Kevin aveva già messo in moto.
-Se avremo un’incidente, la colpa sarà tua.-
Lei tacque.
Attesero che il motore si scaldasse a sufficienza da sciogliere con
l’aria calda il ghiaccio tornato a depositarsi sul vetro. Poi
Kevin azionò i tergicristalli e accese i fari.
Fece manovra tra la neve alta e uscì prudentemente dal
parcheggio.
-Con il passare degli anni la tua testardaggine è
peggiorata. E a dire la verità non credo di aver capito
perché non vuoi che ti accompagni. Hai paura che il tuo
ragazzo ti veda con me oppure hai proprio paura di me?-
-Tu non mi fai paura, Kevin.- rispose lei rigida più per la
tensione che per il freddo.
All’esterno, la neve era talmente fitta che la strada si
scorgeva appena.
Il film era riuscito a mettere d’accordo tutti tranne Mark.
Lui lo aveva già visto ma a un certo punto aveva smesso di
chiedere di cambiare canale ed era tornato a sedersi accanto alla
finestra. La sua attenzione passava dalla tv al piazzale e dal piazzale
alla tv. Philip era sempre giù ad aspettare Jenny.
Quando ormai non ci sperava più, dall’alto della
sua postazione scorse una luce illuminare la strada.
-Sta arrivando qualcuno.- accostò il volto al vetro per
osservare meglio. La superficie si appannò e lui la
ripulì con una manica. Cercò Philip e vide la sua
spalla spuntare in un angolo, da sotto la tettoia a pochi passi
dall’ingresso del ryokan. Quando la macchina
arrivò abbastanza vicino, Mark riconobbe il furgoncino di
Kevin. Scosse la testa stupito.
-Jenny si è fatta accompagnare.-
Evelyn lo udì.
-Da chi?-
-Dal ragazzo del lago, credo.- Landers lanciò una seconda
occhiata a Philip, immobile in un angolo, semicelato
dall’oscurità.
A Benji sfuggì un sorrisetto saputo. Chissà
perché prevedeva già che sarebbe finita in quel
modo.
-Callaghan ne sarà felice.-
Holly gli lanciò un’occhiataccia.
-Quando tornano su, evita di infierire.-
Il piazzale finalmente si rischiarò al bagliore dei fari.
Una macchina stava arrivando. L’istinto di Philip fu quello
di correre incontro alla vettura e assicurarsi che Jenny fosse a bordo.
Ma nel tempo che impiegò ad alzarsi dal gradino della
veranda, nell’angolo in cui si era rifugiato per ripararsi
dal vento e dal freddo, un furgoncino bianco per il trasporto delle
merci si era già fermato sul piazzale.
Così restò dov’era, immobile, le mani
nelle tasche, la giacca a vento ben chiusa ma ormai inadatta a
difenderlo dal freddo, penetrato fin nelle ossa. Aveva le mani gelate,
i piedi intirizziti, le gambe ibernate e piccoli cristalli di ghiaccio
sulle ciglia e sui capelli. Era fuori da troppo tempo e sarebbe
già dovuto rientrare per non rischiare un assideramento. Se
Jenny non fosse scesa da quel furgoncino, sarebbe stato costretto ad
attenderla al caldo della loro stanza. Sperò che fosse lei,
quella era la sua unica e ultima possibilità. Quando
udì lo scatto d’apertura della portiera, si
tirò ancor più indietro per non essere scorto e
dover giustificare a qualche inopportuno sconosciuto la sua presenza
nascosta nell’ombra dell’edificio. Intorno alla
vettura la neve turbinava con meno violenza, dando a intendere che la
nevicata stava ormai cessando. Il vento che lo colpiva incanalandosi
sotto la tettoia della veranda si era placato e i fiocchi erano molto
più sottili e discreti. Dopo un tempo che gli
sembrò lunghissimo, lo sportello del passeggero si socchiuse
e la luce illuminò l’abitacolo, rendendogli
possibile distinguere i suoi occupanti.
Jenny era dentro.
Il sollievo e la gioia di vederla finalmente tornare sana e salva, si
annientarono quando mise a fuoco le fattezze di chi sedeva al suo
fianco al posto di guida. Il ghiaccio di quella notte da lupi, che
finora era riuscito a tener fuori, penetrò di colpo nel suo
corpo scosso dalla sorpresa gelandogli ogni nervo, ogni muscolo, ogni
vena e globulo rosso che smise di scorrergli nel sangue. La vista del
ragazzo gli fu odiosa, impossibile da accettare. Lo sgomento lo
colpì con una violenza tale da spingerlo indietro di un
passo, rifiutando ciò che vedeva. Urtò il muro
dell’edificio con le spalle e restò
così, immobile.
Perché, di tante persone che certamente conosceva a
Shintoku, Jenny aveva chiesto un passaggio proprio a lui? La domanda
era scontata, ma ne portò con sé delle altre,
scomode e sospette. Dov’era stata Jenny per tutto quel tempo?
Come aveva trascorso il pomeriggio? Perché tornavano insieme?
Una folle gelosia lo sbloccò, avanzò sotto la
veranda per guardare meglio, smanioso di sapere cosa stessero facendo,
cosa stessero dicendo. I minuti passavano e Jenny non smontava, la
portiera aperta oscillava, socchiudendosi fino ad accostarsi, aprendosi
quasi volesse spalancarsi, come se la ragazza fosse indecisa su come
concludere una parte della serata di cui Philip era improvvisamente e
totalmente all’oscuro. Perché Jenny non scendeva?
La luce dell’abitacolo illuminava i due ragazzi e i loro
volti che si muovevano, accostandosi e allontanandosi mentre parlavano.
Per due volte Jenny si volse verso il ryokan accennando a smontare, per
due volte ci ripensò e tornò a rivolgersi al suo
interlocutore.
E nel frattempo la mente di Philip si riempiva di dubbi orribili. E se
gli acquisti della nonna fossero stati una scusa? E se fosse scesa in
paese soltanto per vederlo? E se non fosse stato il cellulare di Jenny
a non prendere la linea quando, poco prima di uscire per aspettarla
fuori, aveva provato di nuovo a chiamarla, ma proprio lei a spegnerlo?
Possibile che mentre al ryokan si consumava di preoccupazione, Jenny
avesse trascorso il pomeriggio insieme a lui? La domanda
scaturì in una forma così devastante da
costringerlo a reagire allo shock chiudendo gli occhi e tirando un
respiro profondo, concedendosi qualche istante prima di darsi una
risposta. No. Non era possibile. Quando tornò a guardare
erano passate solo poche decine di secondi ma aveva smesso di nevicare
e le portiere del furgoncino erano entrambe spalancate.
Jenny e Kevin smontarono insieme. Lei raccolse una busta
nell’abitacolo, il ragazzo aprì il vano posteriore
del furgoncino e scaricò altri pacchi sotto la veranda. Al
buio non lo notarono.
Philip vide la fidanzata alzare gli occhi verso l’edificio,
la luce che filtrava dalle finestre illuminate le rischiarò
il volto. Sorrise e sollevò una mano in un cenno di saluto,
probabilmente a qualcuno dei compagni che aveva udito il rombo del
motore e si era affacciato ai vetri. Dal suo angolino oscuro e riparato
Philip non vedeva nulla e neppure gli interessava. Jenny si
rifugiò sotto la veranda e salutò Kevin
ringraziandolo del passaggio. Poi aprì la porta e scomparve
nell’edificio. Il maledetto rimase fermo sui gradini
d’ingresso ancora per un attimo, come se volesse assicurarsi
che lei fosse dentro sana e salva. Poi si volse e tornò
verso il furgoncino.
Philip attese che i fari sparissero oltre la curva prima di uscire sul
piazzale, lo sguardo alla strada innevata e deserta che portava a
Shintoku. Seguì le tracce lasciate dal furgoncino fino al
panorama della cittadina sparpagliata nella valle.
Abbracciò l’oscurità delle montagne
circostanti e sollevò il viso verso il cielo. Una coltre di
nubi spesse e cariche di neve copriva le stelle, ma se pure gli astri
si fossero mostrati in tutta la loro brillantezza, lui non avrebbe
potuto notarli. Davanti agli occhi aveva solo il maledetto bacio a cui
aveva assistito al lago. I dubbi che il giorno prima Jenny aveva
facilmente dissipato, erano tornati ad affacciarsi come se tra loro non
fosse avvenuto nessun chiarimento. Le parole ragionevoli di lei avevano
perso senso e significato, mentre ciò che aveva appena
visto, andava a collegarsi alla scena del giorno precedente
acquisendone molti altri impensabili e inaccettabili.
L’incontro di Jenny con quel suo ex compagno di scuola, lo
aveva messo di fronte all’esistenza di una parte della vita
della fidanzata che lui non aveva mai neppure immaginato e a cui Jenny
non aveva mai accennato. Perché? Cosa pensare di tutto
ciò?
Strinse i pugni nelle tasche conficcandosi le unghie nei palmi e,
calpestando rabbioso la neve, attraversò il piazzale e
imboccò la strada verso il paese mentre più in
alto nel cielo il vento scostava una nuvola e mostrava la luna.
Philip non voleva tornare al ryokan. Farlo avrebbe significato ingoiare
la stizza, la gelosia, la collera e mostrarsi loquace, simpatico,
gradevole ai compagni. Fingere con Jenny che il gelo che sentiva dentro
non ci fosse, oppure costringerla a sputare il rospo e farsi dire una
buona volta tutta la verità. Ma poi, era sicuro di volerla
ascoltare? E se non gli fosse piaciuta?
Diede un calcio a un cumulo di neve e continuò a camminare.
La gelosia e il fastidio di vederli insieme continuavano a soffocare la
vocina del buon senso che seguitava strenuamente a suggerirgli che
Jenny non avrebbe mai potuto tornare al ryokan da sola sotto la bufera.
Philip non riusciva ad accettare che lei avesse chiesto un passaggio
proprio a Kevin. Per quanto ci provasse, non riusciva neanche a
scacciare la paura che tra loro fosse rimasto qualcosa in sospeso da
chissà quanto tempo.
Mentre la luna faceva capolino nel cielo con sempre maggior frequenza
illuminando la strada, Philip proseguì verso Shintoku
calpestando le tracce gelate appena lasciate dal furgone del ragazzo.
Un paio di volte rischiò anche di scivolare. A tratti,
quando gli ultimi stralci di nubi oscuravano il cielo, il buio era
quasi totale. Eppure Philip continuò testardamente a
camminare incurante del freddo, della neve e
dell’oscurità.
Jenny era così felice di essere di nuovo al ryokan che,
salutato sbrigativamente Kevin, salì le scale di corsa,
desiderosa di raggiungere il fidanzato. In cima alla rampa,
Patty l’accolse sollevata e le tolse le buste di
mano.
-Bentornata. Stavamo iniziando a preoccuparci. Il tuo ultimo messaggio
risale a più di due ore fa.-
-Non smetteva di nevicare.-
Entrarono nella loro stanza vuota, Jenny raggiunse l’armadio
in cerca di calzini caldi e puliti perché quelli che
indossava si erano bagnati fin da subito mentre scendeva in paese
calpestando la neve.
-Ti ha accompagnata Kevin.-
-Non ho potuto evitarlo. Suo padre ha detto chiaro e tondo che non mi
avrebbe mai permesso di tornare da sola.-
-Ha fatto bene.-
-Philip si arrabbierà.-
-Philip s'è rincretinito a forza di cercarti al cellulare.
Eri sempre irraggiungibile.-
-Davvero?- Jenny recuperò il telefonino dalla tasca dei
jeans, dove lo aveva riposto quando si era tolta la giacca
giù nell’ingresso -È spento! Cavolo!
Dev’essere stato Kevin mentre ero in bagno. Non me ne sono
accorta!-
Posate le buste degli acquisti sul tavolo, Patty e Jenny radunarono in
una di esse quelli della nonna.
-Vado a portarla giù. Torno subito.-
Risalì al primo piano pochi minuti dopo, perché
non vedeva l’ora di dissipare definitivamente
l’ansia del fidanzato, a costo di sorbirsi i suoi rimproveri
per aver fatto tardi e non averlo chiamato. Si affacciò
sulla porta spalancata della stanza dei ragazzi, lo cercò e
non lo trovò. Il sorriso che le illuminava il volto si
affievolì e la gioia di rivederlo dopo un pomeriggio non
proprio stupendo si dissolse.
-Dov’è Philip?-
-Non è con te?-
Jenny guardò Julian stupita.
-Con me?-
-Era fuori ad aspettarti.-
-Fuori?- Jenny si volse nel corridoio, come se il fidanzato potesse
materializzarsi alle sue spalle solo perché lo desiderava.
Mark si alzò, raggiunse la finestra e guardò
fuori, scandagliando il piazzale e i dintorni del ryokan.
-Era qui sotto.-
-Non l’ho visto!-
-Eppure c’era.-
-Si starà scongelando nelle terme.- Holly si alzò
-Vado a vedere.-
Benji abbassò il volume della tv, approfittando di una serie
di pubblicità.
-È un nuovo gioco, questo? Sparire una volta ciascuno?-
-Io non sono sparita, sono scesa in paese a...-
-A incontrare quel tizio, sì. Abbiamo visto che ti ha
riaccompagnata.-
Jenny trasalì e i suoi occhi corsero per la stanza, quasi ad
assicurarsi che Philip non fosse lì a udire le allusioni del
portiere. Avrebbe voluto rispondergli, ma non ebbe l’energia
di farlo vedendo Holly rientrare da solo.
-Non è alle terme e neppure in bagno.-
Uno spiacevole presentimento la sbloccò, incanalando la
preoccupazione verso l’ultima persona con la quale sarebbe
stato il caso di sfogarsi.
-Non stiamo giocando a nessun gioco, Benji! Figuriamoci se dopo una
giornata come quella di oggi ho voglia di giocare!- poi
guardò Mark -È venuto a cercarmi?-
-Era giù. Ti ha vista tornare.- era inutile aggiungere
“con Kevin”, perché lei aveva
già capito.
La discesa finì dopo la curva e ai lati della strada
comparvero i lampioni. Philip lasciò la carreggiata e
salì sul marciapiede, oltrepassando una a una le prime case
del paese. Su quell’iniziale tratto di strada non
incontrò nessuno. L’estremità ultima di
Shintoku non aveva locali o negozi a movimentare le vie ma solo
abitazioni. Era tardi e, a quanto pareva, la tormenta aveva fatto
passare a chiunque la voglia di mettere il naso fuori casa.
Già da un paio di chilometri Philip si era pentito di quella
passeggiata extra nel freddo, nel buio e nella solitudine invernale di
un luogo che non conosceva. La neve, che aveva ripreso a cadere a
sprazzi sollevata da sporadiche folate di vento, gli trafiggeva il
volto e si depositava sul tessuto impermeabile della giacca a vento.
Aveva i capelli intrisi di umidità ghiacciata e la neve che
si scioglieva sulle ciocche con il calore del corpo, gli gocciava lungo
la nuca inzuppandogli la sciarpa e il colletto della felpa. Aveva i
calzini umidi e i piedi congelati. Il freddo che pativa ormai da ore
cominciava a stremarlo ed era senz’altro il caso di trovare
un luogo in cui fermarsi a scaldarsi un po’.
La strada principale di Shintoku finalmente si ravvivò e
cominciò a incrociare qualche passante. Superò
una libreria aperta ancora per poco, un piccolo supermercato che stava
chiudendo e un tabaccaio con le serrande quasi del tutto abbassate.
Poi, sul marciapiede opposto, scorse l’insegna di un pub.
Affrettò il passo e si fermò dubbioso davanti
all’ingresso. Aveva un’aria un po’
dimessa e non riusciva a scorgerne l’interno. Ma che gli
importava? Decise di entrare lo stesso, sperando solo che non vi fosse
troppa gente poiché desiderava pensare tranquillo ai fatti
propri. Un cameriere uscì dall’ingresso mentre
Philip attraversava la strada. Tirò su l’insegna a
ventaglio che il vento aveva gettato a terra, osservò il
futuro cliente e lo invitò ad accomodarsi.
Philip tirò un sospiro di sollievo quando il tepore del pub
lo avvolse. Il locale era veramente piccolo ed essenziale, aveva al
massimo una decina di tavoli. Sul suo c’era una boccetta di
salsa di soia piena fino all’orlo e una candela spenta
fissata in un piattino che pendeva un po’ da un lato. In un
angolo la televisione diffondeva un programma di varietà che
faceva più confusione di dieci clienti tutti insieme. Due
tavoli erano occupati da uomini decisamente silenziosi, un terzo era
libero e una donna di mezz’età, forse la moglie
del gestore, lo stava ripulendo con una pezza umida.
*
-Credo che quando tornerà lo ucciderò.-
Jenny era arrivata al ryokan con una voglia matta di farsi coccolare
dal fidanzato. Ma dopo aver scoperto che Philip era sparito
chissà dove, si era seduta davanti alla finestra alle spalle
di Mark a osservare il piazzale buio sperando di vederlo rientrare, e
non si era più mossa da lì. Quelle erano le prime
parole che pronunciava, dopo aver macinato pensieri assassini per quasi
un’ora.
-Allora forse è meglio se resta dov’è.-
La giovane lanciò un’occhiata omicida anche a
Mark. Poi sospirò e si strinse una mano
nell’altra, intrecciando preoccupata le dita, gli occhi sulle
montagne completamente avvolte dall’oscurità. Non
sapeva cosa pensare. Non aveva idea di dove Philip potesse essersi
cacciato. Era sparito nel momento in cui era tornata, quindi non era
venuto a cercarla. Dove accidenti era finito? Vedendola rientrare con
Kevin, era probabile che si fosse rifugiato da qualche parte a sbollire
la collera. Sospirò. Dove poteva essersi cacciato? Di sicuro
non nel ryokan. Avevano controllato ovunque, nascondendo ai nonni non
solo la sua scomparsa ma anche che non avevano idea di che fine avesse
fatto. E se avesse abbandonando lei e il ritiro per tornare a Furano?
Eppure le sue cose erano ancora tutte lì, e Philip non era
il tipo da colpi di testa così estremi. Però
adesso era sparito senza dire nulla, lasciandola a macerarsi nella
preoccupazione. Si passò una mano sul viso, mentre gli occhi
si riempivano di lacrime. E se si fosse perso? Se avesse fatto la fine
di quella fotomodella di cui la nonna giusto un paio di sere prima
aveva raccontato la storia? Non voleva neppure pensarci e faceva del
suo meglio per scacciare dalla testa la paura. Eppure ogni tanto il
panico la assaliva. Tornò a fissare il piazzale, scrutando
il buio del bosco e delle montagne. Se si fosse inoltrato tra gli
alberi e non avesse ritrovato la strada, lei… Lei! Cosa ci
faceva lì, ad aspettarlo al caldo? Perché non era
fuori a cercarlo? Forse, nel suo vagare senza meta, avrebbe potuto
intercettarlo e riportarlo al ryokan. Perché non ci aveva
pensato prima? E se fosse ormai troppo tardi? Guardò
l’orologio e, in preda all’inquietudine, si
alzò.
-Vado a cercarlo.-
-No.-
-Ma Holly, se si è perso e…-
-Se si è perso come pensi di ritrovarlo? Non avrei permesso
a lui di venire a cercarti e lo proibisco anche a te. Ormai
è tardi e ha ricominciato a nevicare.-
Colta di sorpresa da un ordine che non si aspettava, Jenny lo
guardò.
-Me lo proibisci?- dal suo punto di vista Holly non poteva proibirle
proprio niente. Avrebbero forse potuto farlo i nonni, se lo avessero
saputo. Ma Jenny non aveva nessuna intenzione di metterli al corrente
di ciò che aveva in mente. Attraversò la stanza
per raggiungere la porta così sicura delle proprie
convinzioni da non accorgersi che i compagni si scambiavano
un’occhiata e Holly si alzava per raggiungerla.
Riuscì a imboccare il corridoio, poi il capitano la
superò e le sbarrò la strada.
-Jenny, tu non vai da nessuna parte!-
Lei non gli diede retta e proseguì giù per i
primi gradini, finché si sentì afferrare un
braccio. Allora si aggrappò alla balaustra per contrastarlo,
gli occhi colmi di determinazione.
-Non hai alcuna autorità su di me! Io non sono Philip!-
-Come potrei scambiarti per Philip?!- la sentì provare a
liberarsi, così strinse più forte la presa -E non
ti sto fermando io perché sono il capitano, ma soltanto
perché sono stato più veloce degli altri.-
-Holly ha ragione.- disse Mark.
Lei si volse. Il ragazzo li osservava sulla soglia della camera.
Accorse anche Patty, mostrandosi il più possibile
convincente e ragionevole.
-Jenny, Philip è perfettamente in grado di badare a se
stesso. Quindi non mi sembra il caso che tu vada in giro da sola a
quest’ora e con questo tempo.-
Dunque non poteva far niente, non le avrebbero permesso di uscire.
Preferivano lasciarla impazzire di preoccupazione, relegata tra i
quattro muri del ryokan.
Holly si riservò l’ultima parola.
-Aspetterai qui come tutti noi che Philip torni.-
-Non l’ho mai visto neppure io. Dev’essere uno dei
ragazzi che alloggiano al ryokan.-
-Lo stava dicendo ieri sera mia figlia. Ha parlato con Meryl. Pare che
facciano parte della nazionale di calcio.-
-Così sembra.-
-Se un tipo del genere ci rappresenta, c’è poco di
cui essere orgogliosi.-
I tre uomini osservarono Philip e scossero la testa. Sembrava svenuto.
Era riverso sul tavolo e teneva stretto un bicchiere semivuoto. Uno dei
clienti fermò il giovane cameriere che passava accanto al
loro tavolo.
-Eric, quante birre gli hai portato?-
-Solo quattro.-
-Non deve essere di queste parti.- fu l’unanime conclusione.
L’Hokkaido era famoso per la produzione di tutte le marche
più note e rinomate di birra giapponese. Alcune, come la
Sapporo, la Kirin e la Asahi, venivano esportate e smerciate nei
ristoranti giapponesi di tutto il mondo. A partire dalla fine
dell’estate, festival e sagre della birra animavano i centri
abitati dell’estremo nord dell’arcipelago,
ripopolando per brevi periodi le cittadine più sperdute che
altrimenti in inverno sarebbero risultate completamente disabitate. Le
birrerie, in quella regione del Giappone, erano più numerose
dei tabaccai. Non c’era abitante
dell’Hokkaido, uomo o donna, che non fosse in grado di
reggere al meglio gli effetti della birra. Eppure i clienti del pub
avevano ragione. Quella sera Philip non era al massimo della forma: non
aveva cenato, era stanco e aveva preso freddo. L’alcol gli
era filtrato nel sangue in un secondo.
Scendere in paese non era servito a niente. Isolarsi dagli altri non
aveva migliorato il suo umore e non incontrare Jenny di ritorno al
ryokan, non aveva alleviato la gelosia. Aveva solo finito per prendere
freddo e intossicarsi con l’alcol, senza peraltro riceverne
un vantaggio. Piuttosto il contrario. Stimolata dalla birra, la sua
fantasia aveva finito per spaziare molto più lontano dalla
reale realtà dei fatti. Forse, per ridimensionare le cose,
doveva mandarne giù ancora un’altra. O forse
doveva bere fino a smettere di pensare. Forse un’altra birra
non era sufficiente, magari ce ne volevano due per scacciare
definitivamente dalla testa Jenny che veniva baciata da qualcuno che
non fosse lui. Il ricordo gli si era bloccato nella mente e continuava
a riapparire di continuo, come un video in loop. Non faceva altro che
pensarci. E nonostante ciò, non gli restava che tornare dai
compagni e lasciare che lo additassero per l’idiota e
l’imbecille che era per essere sparito senza avvertire
nessuno. Solo con Jenny avrebbe mantenuto il punto, almeno
finché da parte sua non fossero arrivate spiegazioni
spontanee e soddisfacenti.
La nebbia alcolica che gli invadeva il cervello non gli
impedì di udire le parole dei tre uomini. Non si erano
neppure curati di parlare a bassa voce. Alzò gli occhi e
lanciò loro uno sguardo di traverso che ebbe come unico
risultato quello di farli sorridere. Il gestore del bar
approfittò di quel barlume di lucidità per
portargli il conto.
-È l’una. Stiamo chiudendo.-
Philip si frugò nelle tasche, accorgendosi di non avere il
portafoglio. La cosa gli sembrò così buffa che
scoppiò a ridere.
-Non posso pagare. Non ho soldi con me.-
Tra i tre clienti del tavolino accanto, calò un silenzio
carico d’attesa.
-Non puoi pagare? E come pensi di fare?-
-Pago domani.-
L’uomo lo guardò.
-Sei al ryokan dei Lohan, giusto?-
Philip annuì.
-Allora risparmiati di tornare. Metto in conto a loro.-
Lui non ebbe nulla in contrario. Appoggiò i gomiti sul
tavolo e si mise in piedi. Era ora di rientrare, tanto più
che se non lo avesse fatto l’avrebbero buttato fuori a calci.
Vacillò e si aggrappò alla spalliera della sedia.
-Vuoi che ti faccia accompagnare da qualcuno?-
-Bella battuta ma non fa ridere. No, grazie.- passò tra i
tavoli barcollando molto meno di quanto si sarebbero aspettati tutti e
sparì oltre la porta.
L’orologio appeso al muro segnava ormai le due. La camera era
immersa nel silenzio, qualcuno aveva ceduto al sonno e si era
addormentato. Julian lo stava facendo seduto, con le spalle appoggiate
alla parete, proprio davanti alla tv che era stata spenta
chissà quando. Si svegliò di soprassalto nel
momento in cui la testa gli ricadde bruscamente in avanti.
Piegò le gambe, appoggiò i gomiti sulle ginocchia
e dopo aver controllato l’ora lanciò
un’occhiata ai compagni. Mark era ancora nei pressi della
finestra ma aveva smesso di guardare fuori. I suoi occhi assonnati
erano rivolti alla rivista che stava sfogliando con l’unico
scopo di tenersi sveglio ancora per un po’. Benji dormiva
riverso sul tavolo, il viso sprofondato tra le braccia. Tom era disteso
in un angolo e voltato su un fianco e Bruce ronfava poco lontano. Holly
aveva appoggiato la schiena contro la parete ma era sveglio, lo sguardo
fisso sul pavimento e un’espressione indecifrabile.
Dalla camera accanto non proveniva più alcun rumore, anche
le ragazze dovevano essersi addormentate. Julian stava per
riappisolarsi, quando gli arrivò alle orecchie lo scatto
della porta d’ingresso che si apriva. Il suo sguardo sorpreso
incrociò quello di Mark e di Holly.
-È lui?-
Landers udì dei passi sulle scale e annuì. Dopo
pochi istanti Philip comparve sulla soglia. Aveva le guance arrossate
dallo sbalzo di temperatura con l’esterno e gli occhi lucidi
per il freddo. Sembrava stanco, praticamente distrutto. Tra i capelli
gli era rimasto qualche fiocco di neve che finì di
sciogliersi e gocciargli sulla faccia mentre lo guardavano sorpresi. I
suoi jeans erano bagnati e gelati fin oltre il ginocchio. La felpa era
zuppa intorno al collo e all’inizio delle maniche,
all’altezza dei polsi. Si appoggiò con tutto il
peso del corpo allo stipite della porta e sorrise.
Holly si mise di colpo eretto.
-Dove diavolo sei stato?-
-Che ci fate già vestiti?-
Benji tirò su la testa, osservando il nuovo arrivato con
curiosità e fastidio.
-Sei tornato, finalmente.-
Tom si strofinò gli occhi per scacciare il sonno e
assicurarsi che l’amico fosse davvero lì. Holly,
da parte sua, lo fissò pieno di disapprovazione.
-Eravamo preoccupati. Dove sei sparito?-
-Da nessuna parte. Ho solo fatto un giro. Tutto bene.- rispose calmo,
come se fosse la cosa più normale del mondo andare a zonzo
di notte, quando fuori infuriava una tormenta di neve e la temperatura
era svariati gradi sotto lo zero.
-Ha fatto solo un giro.- fece eco Benji incredulo -Hai sentito Holly? E
tu che ti preoccupavi tanto…- i suoi occhi di colpo svegli
tornarono a posarsi sul nuovo arrivato -Pezzo d’imbecille! Ti
sei bevuto il cervello?-
Philip assunse un’espressione disgustata.
-Il cervello di chi?-
-Il tuo, idiota!- rispose Benji di getto. Si stava forse prendendo
gioco di loro e della loro preoccupazione? No, non era quello.
Piuttosto gli sembrava, come dire, svampito. Gli occhi di Callaghan
parevano non riuscire a mettere a fuoco la stanza e Benji sapeva per
certo che questo non era un effetto del freddo patito
all’aperto. Fu colto da un’illuminazione improvvisa
quando lo vide finalmente staccarsi dalla parete ed entrare barcollando.
Philip si guardò intorno con occhi vacui, fece qualche altro
passo esitante, inciampò e finì lungo addosso a
Holly che si stava alzando per andargli incontro. Caddero insieme sui
tatami.
-Philip! Che diavolo ti prende? Tirati subito su!- il capitano lo
spinse indietro, puntandogli le mani sulle spalle. Riuscì a
liberarsi del suo peso facendolo rotolare sulle stuoie. Poi
arricciò il naso all’odore dell’alcol e
strabuzzò gli occhi sgomento -Sei ubriaco!-
Benji rise.
-Pensavo che non te ne saresti accorto.-
-Io… ubriaco? Holly, che stai dicendo?- replicò
Philip serissimo -Non sai che l’alcol è proibito
ai ritiri?-
Il capitano perse le staffe e balzò in piedi. Agguantatolo
per la felpa, lo scosse avanti e indietro mentre la testa di Philip
oscillava su e giù.
-Piano… piano...-
Il mondo girava già da solo senza che Holly gli desse una
spinta e poi, da quando era rientrato e aveva inalato l’aria
chiusa della stanza, un fastidioso senso di oppressione aveva iniziato
a salirgli su dallo stomaco. Era molto meglio quindi che Holly lo
fermasse, il mondo, invece di continuare ad agitarlo così.
-Non ci posso credere! Noi qui a preoccuparci e tu chissà
dove a sbronzarti?-
-Per favore non gridare, mi scoppia la testa.-
Le parole con cui Mark intendeva accogliere il ritorno di Philip,
avevano perso tutta la loro baldanza. Un po’
perché il ragazzo a quanto pareva non le avrebbe recepite e
insultarlo sarebbe stato fiato sprecato, un po’
perché vederlo in quelle condizioni era sì
irritante ma anche incredibilmente divertente. Così, il suo
proposito iniziale di stenderlo a suon di pugni si trasformò
in puro divertimento.
-Sei una forza, Callaghan. Cos’hai bevuto per ridurti in
questo stato?-
-Quale stato? Sto benissimo!-
Philip mentì appena un pochino. In effetti la testa
continuava a girargli anche se Holly e il mondo si erano fermati, e
tenerla immobile gli risultava faticoso. Si passò una mano
sul viso e chiuse gli occhi. La sensazione di venir risucchiato nel
vuoto lo costrinse a spalancarli subito. Guardò i compagni,
le loro espressioni stupite lo divertirono e rise.
-Nella situazione in cui ti trovi mi sembra che ci sia ben poco da
stare allegri.-
-Holly lascialo ridere.- disse Benji -Domani starà
così male che non ne avrà nessuna voglia.-
-Sei ridotto uno straccio, Philip.- Julian scosse la testa, divertito
suo malgrado dalla situazione.
-Una spugna direi.- lo corresse Tom senza riuscire a frenare la battuta.
I commenti divertiti dei compagni, fecero intendere a Holly che
l’unico a disapprovare il comportamento di Philip era lui.
-Dove sei stato?-
-A fare un giro, te l’ho detto! L’ho detto, vero?-
si premurò di chiedere -Non va bene, Holly?-
-No!-
-Perché no?- perse il filo del discorso -Credo che non sia
un buon segno il fatto che ti veda doppio…-
Bruce glielo fece ritrovare.
-Quindi? Dove sei andato? Cosa hai bevuto? Perché non hai
portato qualcosa anche a noi, visto che c’eri?-
Philip lo fissò disorientato.
-Una domanda per volta, Bruce. Chiara e precisa.- consigliò
Benji con un sorrisetto.
Mark scosse la testa.
-Se Gamo lo venisse a sapere s’incazzerebbe di brutto.-
-Gamo è niente.- corresse Benji -Aspetta che lo veda
Jenny…-
-Jenny! Dov’è Jenny?- Philip balzò in
piedi e si guardò intorno. Se le sue gambe lo avessero
retto, si sarebbe sicuramente precipitato nella stanza delle amiche.
Invece piombò dolorosamente in ginocchio sui tatami.
-Vuoi far piano?-
L’eco del rimprovero di Julian riecheggiava ancora nella
stanza quando il fusuma comunicante si aprì. Una Patty
infuriata, gli occhi arrossati dal sonno e l’espressione
battagliera, si stagliò davanti a loro tale e quale
un’apparizione demoniaca. Spaventato, Bruce si
trascinò dietro al tavolo per mettersi al sicuro.
-Cos’è tutto questo trambusto? Volete smetterla?
Sono le due!-
Philip si puntellò sulle mani e si alzò.
-Jenny!-
Fu allora che lei lo notò. Richiuse il pannello e lo
apostrofò irritata, sforzandosi di dominare il tono della
voce per non svegliare le amiche di là.
-Ma guarda! Il disperso è tornato! Sano e salvo, per giunta.-
-Sì, è tornato.- annuì Benji
-Più o meno.-
-Leggermente alticcio.- l’avvertì Holly.
Gli occhi della ragazza emanarono un lampo molto pericoloso.
-Ah, i famosi bagordi dell’altro giorno! E noi qui ci
preoccupavamo per te! Ma bravo!-
Philip la fissava incantato. La vista un po’ offuscata, non
riusciva a mettere a fuoco le fattezze di quella figura avvolta nello
yukata che, per lui, non poteva essere che Jenny. Si era alzata per
accoglierlo e, come si aspettava, lo stava rimproverando. Ma pazienza,
perché era comunque una consolazione trovarla lì
nella loro camera, piuttosto che chissà dove con Kevin. Si
lanciò su di lei, la prese tra le braccia e la travolse come
una valanga.
Patty non poté fare nulla per evitarlo, né
indietreggiare, né scostarsi. Tirata giù dal
ragazzo, finì lunga a terra, schiacciata dal peso non
indifferente di Philip. Le braccia a cingerle i fianchi, lui la strinse
a sé, il volto sprofondato tra le pieghe della scollatura,
un ginocchio tra le sue gambe, l’altro di lato. Patty
gridò di sconcerto e sorpresa, si sollevò sui
gomiti e cercò di scostarlo. Lo yukata non resse tanta foga
e scivolò via, mettendole a nudo una spalla.
I compagni li guardarono allibiti, Holly impiegò un istante
di troppo a reagire e Philip ne approfittò per appoggiare il
viso sulla pelle calda lasciata scoperta.
Il capitano non resse allo shock.
-Cazzo!- balzò in piedi stravolto per staccare il compagno
dalla fidanzata con le buone o con le cattive -Philip! Levati! Lasciala
immediatamente!-
Benji e Mark si scambiarono un’occhiata incredula.
-Non ho mai visto niente di simile!-
-A chi lo dici.-
Patty puntò le mani contro le spalle del giovane, lo spinse
indietro e riuscì a liberare una gamba, che
spuntò nuda tra quelle di lui. Philip le era sopra, la
bloccava inesorabilmente a terra. Le si era appiccicato addosso come
una ventosa e nonostante le sue proteste, non sembrava intenzionato a
lasciarla.
-Holly!- chiamò in aiuto -Philip! Non sono Jenny, sono
Patty!- riuscì a colpirlo con forza sulla schiena, poi su
una spalla ma non servì assolutamente a nulla -Toglietemelo
di dosso o la nazionale giapponese dovrà fare a meno del suo
vicecapitano! Vi avverto!- invocò disperata, ridimensionando
un secondo dopo le proprie intenzioni -Philip, non ti spacco la faccia
solo perché alle medie hai evitato che Holly cadendo si
facesse male alla spalla!-
L’ex infortunato non fu d’accordo.
-Il passato è passato, Patty. Bisogna saper andare avanti.-
Philip non la mollò neppure quando Holly lo
afferrò da dietro.
-Lasciala Philip! O è la volta buona che ti riempio di pugni
anche per la pessima organizzazione di questo ritiro.-
Benji esultò.
-Finalmente lo ammetti anche tu!-
Tenendo Philip per le spalle a evitare che finisse di spogliare la
fidanzata, Holly si volse e lo incenerì con
un’occhiata.
-Ti sembra importante ribadirlo ora? Perché invece non mi
dai una mano?-
-Perché mi interessa conoscere l’arma segreta di
Patty.- rise il portiere, tirandosi comunque in piedi per aiutarlo.
Mosso a pietà, Mark lo anticipò.
Quando glielo tolsero di dosso Patty corse a rifugiarsi
dall’altra parte della stanza, al sicuro tra Tom e Julian.
-È spaventoso…- si sistemò la veste e
riannodò ben stretto il nodo della cinta.
Benji la guardò con un mezzo sorriso.
-È tra le cose più divertenti che mi siano mai
capitate di vedere durante un ritiro.-
Lei lo fulminò con un’occhiataccia, poi
tornò a fissare Philip, confuso e spaesato ma sicuramente
più mansueto.
-Cosa direbbe Jenny se ti vedesse adesso?-
Gli occhi di Callaghan lampeggiarono.
-E cosa dovrei dire io, allora? Sono uscito proprio per non essere
costretto a parlare!-
-E l’hai fatta stare in pensiero.-
Il botta e risposta tra i due diede a intendere che Philip stesse a
poco a poco rinsavendo, che l’amarezza stesse sopraffacendo
la sbornia.
-Non è stata l’unica a preoccuparsi, qui!- il
ragazzo abbassò gli occhi amareggiato e si toccò
pensieroso l’orlo dei pantaloni, bagnato dalla neve -Ha
trascorso tutto il pomeriggio con lui…-
Benji alzò le spalle.
-La gelosia è una brutta bestia.-
-Non sono geloso!- Callaghan sollevò di scatto il viso
-Perché dovrei esserlo? Perché non so cose che
gli altri sanno?- e guardò Mark irritato -Perché
Jenny l’ha baciato? Perché ci ha passato tutto il
pomeriggio e si è fatta accompagnare qui tardissimo? Solo
per queste stronzate? Per chi mi avete preso?-
Holly lo ascoltò in silenzio, l’ira scaturita dal
comportamento irresponsabile del compagno sparì di colpo.
-Non c’era bisogno di andare fino in paese, potevi sfogarti
anche qui.-
-Non voglio sfogarmi!-
-L’hai appena fatto!- lo assalì Benji -Anzi, se
hai finito adesso possiamo finalmente dormire!-
Mark afferrò Philip per la felpa e lo tirò
bruscamente in piedi. Lui incespicò e vacillò,
mentre il pavimento e le pareti della camera gli danzavano intorno.
-È ora di mettere fine allo spettacolo, sei
d’accordo?-
-Mark, devi proprio? È divertente!-
-È tardi, Harper.-
Philip era intontito dall’alcol, stremato dal freddo e dalla
scarpinata. Non riusciva quasi più a tenersi in piedi. Si
aggrappò al compagno.
-Piano… piano.-
-Invece di stare lì a guardare, vieni a darmi una mano,
Price.- non sarebbe stato facile trascinarlo da solo fino in bagno.
Philip non si reggeva in piedi.
Il portiere non si mosse.
-Per favore?-
-Il favore te lo sto facendo io. Non hai detto di avere sonno?-
Holly guardò con preoccupazione Benji raggiungere Philip
sbuffando.
-Cosa vuoi fare, Mark?-
-Il mio ex allenatore mi ha insegnato un mucchio di cose e so
perfettamente come ci si comporta in questi casi.-
-Chi? Quell’ubriacone di Jeff Turner?- domandò
Benji scettico, posizionandosi dall’altra parte di Philip e
aiutando Mark a sostenerlo.
-Ho detto piano… Mi viene da vomitare!-
Il portiere si irrigidì.
-Prova soltanto a pensare di farlo mentre ti sono accanto e ti cancello
dalla faccia della terra!-
-Vedrai come ti sentirai bene tra poco, Philip. Il “metodo
Landers” funzionerà alla grande. Patty,
va’ in cucina e prepara un caffè.-
-Un caffè?-
-Mettici del sale.-
-Nel caffè?-
-Al posto dello zucchero.-
Mentre uscivano Philip inciampò sulla soglia e il portiere
lo spintonò in malo modo lungo tutto il corridoio.
-E queste sarebbero le gioie dell’amore? Grazie, ne faccio a
meno.-
-A chi lo dici...- Mark aprì la porta del bagno degli
uomini.
-L’amore è una schifezza!- ci tenne a far presente
Philip.
Landers annuì d’accordo, allungò una
mano verso il rubinetto del lavandino e aprì
l’acqua. Poi, insieme a Benji che gli diede manforte, spinse
la testa di Philip sotto il getto gelato.
-È fredda, è fredda!-
Il ragazzo si tirò indietro spruzzando acqua ovunque. Benji
si ritrasse per evitare gli schizzi ma Mark, incurante di bagnarsi, lo
tenne fermo sotto l’acqua che continuava a scorrere.
-Certo che è fredda! Altrimenti ti avrei affogato nelle
terme!-
Benji si tenne indietro per sfuggire agli spruzzi che avevano allagato
il pavimento. I calzini e i pantaloni di Mark erano completamente
fradici e lui non aveva nessuna intenzione di fare la stessa fine.
-Sto bene… sto bene!- continuò a gridare Philip,
riacquistando lucidità -Ti dico che sto bene!-
l’acqua gli entrò nel naso e tossì.
-Credo che basti, se non vuoi affogarlo.-
-Stavo giusto prendendo in considerazione l’idea.-
replicò Mark. Philip aveva lasciato Jenny a macerarsi di
preoccupazione e in apprensione lui stesso più di quanto
avrebbe ammesso. Erano andati d’accordo da subito, lui e
Callaghan. Fin dal loro primo incontro-scontro ai tempi delle
elementari quando, solo per essere stato inavvertitamente urtato, lo
aveva steso con un ceffone davanti all’intera Flynet, alla
New Team, alla Muppet, a quel gigante di Teo Sellers e a Ross. Da quel
momento in poi tra loro si era creato un feeling tutto particolare.
Peccato che adesso, lì a Shintoku, Philip avesse iniziato ad
avere le allucinazioni e a essere geloso di Jenny senza uno straccio di
motivo.
-Landers, vuoi affogarlo davvero?-
Mark si riscosse da ricordi e riflessioni, lasciò la presa e
Philip, che aveva ricominciato a tossire mezzo annegato,
poté finalmente tirarsi su. Afferrò
l’asciugamano che il portiere gli porgeva, se lo
passò sul viso, sui capelli e lo lasciò ricadere
sul collo. Patty bussò ed entrò con il
caffè.
-Stai meglio?-
-Come no! Grazie, mi ci voleva proprio.- non avendo recepito le
precedenti istruzioni di Mark, prese fiducioso la tazzina e
mandò giù la bevanda in un solo sorso.
Non si accorse che Landers spingeva l’amica nel corridoio.
-Ci vediamo tra un po’.-
Anche Benji preferì aspettare fuori la magia del
“metodo Landers”. Quando l’intollerabile
amaro del caffè si rivelò, Philip divenne verde.
Spalancò gli occhi, si coprì la bocca con una
mano, scostò il compagno e si precipitò in uno
dei bagni in preda a violenti conati.
Pienamente soddisfatto del risultato ottenuto, Mark raggiunse fuori gli
amici, lasciando Philip nella privacy richiesta dal momento.
-Vedrete adesso come starà meglio!-
-Sei sicuro?- domandò Patty dubbiosa.
-Certo. Quando uscirà, sarà come nuovo.-
Mark attese ancora qualche istante e poi rientrò. Rimase nei
pressi dei lavandini ad aspettare che Philip uscisse dal gabinetto, gli
occhi sulla finestra al buio della notte. Era stanco. Quella giornata
sembrava non avere fine. O forse era il giorno successivo a essere
iniziato troppo presto.
-Dove diavolo sei andato, Philip?- domandò
all’amico che ancora non usciva -Perché sei
sparito senza avvisare?-
-Non volevo vederla!- gridò lui attraverso la porta, era
furioso e si sentiva male -Non volevo parlarle! È tornata
qui con lui! È stata con lui tutto il pomeriggio!-
Mentre lo ascoltava sfogarsi, Mark individuò uno
strofinaccio gettato in un angolo. Lo recuperò e
asciugò sommariamente il pavimento allagato, prima che
qualcuno scivolasse e si facesse male.
-Questo non puoi saperlo.-
-È andata al suo negozio!-
-E allora? Al suo negozio c’è anche la sorella,
non erano soli!-
-La stai difendendo di nuovo!-
-Sto cercando di essere obiettivo!- ripose lo straccio dove lo aveva
trovato e attese.
Philip tirò l’acqua e uscì stravolto.
Gli passò accanto, raggiunse il lavandino e si
lavò il viso. Rimase per un tempo infinito sotto il getto
freddo che gli scorreva tra le labbra e sul volto congestionato dallo
sforzo. Poi chiuse il rubinetto e si tirò su, asciugandosi
nel telo che l’amico gli porgeva.
-E se Jenny avesse intenzione di lasciarmi?-
-Per mettersi con quell’altro? L’hai visto bene?-
Mark rise dei suoi timori -Se lo pensi davvero hai proprio una bassa
considerazione di te!-
Il Philip che comparve nel corridoio sembrava una specie di zombie.
Patty lo esaminò preoccupata.
-Va meglio?-
-Giusto un briciolo.-
Benji gli diede una pacca sulla schiena e constatò che si
teneva ben saldo sulle gambe.
-Secondo me tu non reggi l’alcol. Quanto hai bevuto?-
-Non lo so. Non ho contato le birre e non le ho neppure pagate.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata sgomenta.
-Te ne sei andato senza pagare?-
-Non avevo il portafoglio, così hanno messo in conto al
ryokan. Jenny si infurierà quando lo scoprirà.-
-Domani ti conviene andare in paese e sistemare la faccenda.-
consigliò Patty -E comunque sappi che Jenny è
già infuriata.-
Philip la seguì sconfortato nella stanza dei ragazzi.
Varcò la soglia e si bloccò di colpo esattamente
dov’era, al centro della porta. Jenny era in piedi davanti al
tavolo, isolata rispetto agli altri, come se l’aurea di
collera che le aleggiava intorno avesse indotto i compagni a starle ben
distanti. Teneva le braccia conserte, le labbra serrate in una sottile
linea rossa. Uno sguardo furente le illuminava gli occhi gonfi e
arrossati, le dita di una mano che spuntavano sotto un gomito fremevano
impercettibilmente, lasciando intuire quanta tensione percorresse il
suo corpo.
Jenny non diede a Philip il tempo di parlare, e a nessun altro il tempo
di commentare. Lanciato al fidanzato un penetrante sguardo carico di
delusione, rimprovero, amarezza e disapprovazione, seguì
Patty nella loro stanza e chiuse il pannello divisorio.
-Ora che ci siamo tutti possiamo dormire? Ho talmente sonno che non
riesco più a tenere gli occhi aperti.-
-Allora tutto è tornato alla normalità, Bruce.-
lo prese in giro Tom.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** 7 - I soliti idioti ***
- 7 -
I soliti idioti
La sveglia iniziò l’impietoso concerto
all’improvviso, riempiendo la camera del suo implacabile e
assordante squillo. Benji balzò seduto, faticando a
collegare l’ora che leggeva con il suono di
quell’aggeggio, perché di sicuro qualcosa che in
quel momento gli sfuggiva non quadrava. Inveì a casaccio,
più snervante e fastidioso del trillo che gli faceva da
sottofondo.
-Maledizione! Chi accidenti ha messo la sveglia? Ditemelo che lo
disintegro! Chi è stato? Sei stato tu, Holly?-
-Invece di sbraitare perché non la spegni?- Mark
scostò le coperte, raggiunse l’oggetto infernale e
mise fine al frastuono.
Un meraviglioso silenzio tornò nella stanza. I futon furono
di nuovo accoglienti come un caldo abbraccio. Bruce riprese a ronfare
piano, Benji a distendersi, il cuore che batteva di collera repressa,
gli occhi spalancati sul soffitto, respirando a fondo per scacciare il
fastidio. Scorse accanto a lui Tom che si sollevava su un gomito
sbadigliando e allungava il collo verso la sveglia quasi disintegrata
da Mark.
-Sono solo le sette.- prese atto, tornando a sdraiarsi.
-Hai messo tu la sveglia, Holly?- tornò a insistere il
portiere, senza curarsi di nascondere il tono di minaccia che
nonostante tutto trapelò dalla sua voce.
-No.-
-E allora chi è stato?-
Lo scambio di sguardi tra chi era poco più sveglio non ebbe
il risultato sperato. La conclusione fu unanime.
-Nessuno ha pensato di toglierla.-
Bruce rotolò tra le coperte sbadigliando, disturbato dal
chiacchiericcio che non gli consentiva di riprendere il sonno. Il suo
sguardo stralunato cadde su Philip.
-Dorme! Com’è possibile?-
In effetti l’amico sembrava non aver udito né la
sveglia né gli improperi di Benji. Le coperte tirate fin
sopra la testa, di lui si scorgevano i capelli spettinati, parte della
fronte e la punta delle dita di una mano. Poltriva con tranquilla
innocenza, mentre se loro morivano di sonno era tutta colpa
sua.
-Beato lui…-
-Beato lui un corno!- Mark lanciò un’occhiata al
solito, accomodante Tom, incapace di condividere il suo punto di vista.
Si trascinò per la seconda volta fuori dal futon, raggiunse
l’amico e lo scosse -Svegliati, imbecille!-
Philip non reagì. Solo la testa scivolò inerte
giù dal cuscino e il volto sparì tra le pieghe
della stoffa. Allora gli afferrò la mano che spuntava dalle
coperte e lo strattonò sui tatami.
-In piedi, Callaghan!-
Lui rotolò con la faccia sulle stuoie, scivolando fuori dal
futon. Si mosse, mugolò qualcosa e socchiuse gli occhi,
cercando di mettere a fuoco la stanza e i ragazzi. Non fu affatto
semplice. La luce creava dolorosi vortici intorno alle tempie,
lasciandogli scorgere solo ombre più o meno spesse. Un senso
di nausea gli attanagliò lo stomaco e, ormai quasi in coma,
cercò di tirarsi su senza peraltro riuscirci.
-Diamine…- farfugliò, le tempie pulsavano
ferocemente -Che mal di testa!- si trascinò sui gomiti come
un soldato in trincea cercando di raggiungere il futon per rimettersi a
dormire. Mark gli piantò un piede al centro della schiena e
lo schiacciò al suolo senza pietà.
-Che fai, Callaghan? È ora di alzarsi!-
-Lasciami dormire ancora un po’!- invocò
allungando le braccia verso il cuscino, sotto cui intendeva infilare al
più presto il capo dolorante, sperando che smettesse di
pulsargli.
-Scordatelo! Adesso ti alzi e vieni a fare colazione con noi!-
-Ho mal di testa!-
-Non me ne frega niente!-
-Smettila di frignare Callaghan e comportati da uomo.-
Holly si volse verso Benji.
-Vale a dire?-
-Vale a dire che si alza, si veste, sopporta senza lamentarsi le
conseguenze del suo stupido comportamento di ieri sera e viene ad
allenarsi con noi.-
La prospettiva di una giornata simile generò in Philip un
conato di vomito. Si volse verso i compagni con gli occhi socchiusi di
sofferenza. Dalle loro espressioni era palese che non avrebbero
mostrato alcuna compassione. Tanto valeva cercare di commuovere una
pietra. La sua ultima speranza era Holly che però, quasi
vestito, fu altrettanto categorico.
-Alzati, Philip.-
Quell’ordine che non gli lasciava scampo gli
rimbombò nella testa. Rinunciò a raggiungere il
futon, rinunciò a dormire, rinunciò a dare
sollievo alla testa che, lo sentiva, stava per esplodere e si mise in
piedi a fatica, malfermo sulle gambe come se un macigno gli gravasse
sulla schiena. Fitte lancinanti gli trapassarono il cervello,
così dolorose che il respiro gli mancò perdendosi
da qualche parte nel suo corpo. Boccheggiò e
serrò i denti. Dopodiché, fece un unico terribile
passo: la testa rimbombò come un tuono. Siccome
però era un uomo, ne fece anche un altro e una nuova,
potente fitta lo assalì.
-Merda!- gemette, una mano a premersi la fronte.
Nessuno gli diede retta, nessuno si preoccupò. Tutti si
comportavano come se lui non esistesse, come se quella specie di zombie
in cui si era trasformato fin dalla sera precedente e adesso
attraversava la stanza per raggiungere l’armadio, fosse
invisibile. Continuarono a vestirsi, a parlare tra loro, a scherzare e
rimbeccarsi come al solito, senza badargli. E quando furono pronti,
scesero di sotto lasciandolo in piedi, tra l’armadio e il
tavolino, cuscino e coperte ancora da riporre, indeciso se ammutinarsi
e rimettersi a letto, oppure vestirsi di corsa e raggiungere gli altri
prima che s’incamminassero verso la radura senza di lui e poi
lo rimproverassero per il ritardo, per il ritiro e chissà
cos’altro. Anche decidere gli costava fatica! Se avesse
potuto dormire ancora per un po’, un’ora o due al
massimo…
-Sbrigati Callaghan, è tardi!-
Sobbalzò e si volse appena un secondo prima che Mark
sparisse oltre la porta, lasciandolo solo con un’altra,
dolorosissima, lancinante fitta alla testa.
Il silenzio che regnava in cucina aveva qualcosa di inquietante, anche
se in verità soltanto Jenny era di pessimo umore. La sua
espressione seria non invogliava a rivolgersi a lei e persino le amiche
evitavano di parlarle, se non proprio necessario. Del resto ciascuna
sapeva cosa fare per rendere la loro colazione rapida ed efficiente.
Patty era addetta alle bevande e si stava occupando di preparare il
caffè, scaldare l’acqua per il tè e il
latte. Aveva già tirato fuori dal frigorifero svariati tipi
di succhi di frutta e li aveva deposti sul tavolo. Amy stava togliendo
dal grill le fette tostate per sostituirle con altre da scaldare.
Poiché Jenny era ai fornelli alle prese con le uova, Evelyn
aveva deciso di anticipare il lavaggio delle verdure che sarebbero
servite per il pranzo.
-Quanto manca?- domandò Bruce, alzando la voce per
sovrastare il brontolii del proprio stomaco.
Jenny gli apparve accanto con un piatto da portata colmo di uova
strapazzate e glielo piazzò fin troppo vicino, facendo
cozzare ceramica e legno. Ma sembrò pentirsi subito di quel
gesto così brusco e scortese e si sforzò di
sorridere all’amico, che la guardava allibito e la
ringraziava timoroso, perdendo di vista il cucchiaio, che Mark fu
svelto a recuperare per riempirsi il piatto. Le uova fecero il giro
inverso del tavolo e a Bruce toccò accontentarsi di ripulire
ciò che i compagni non gli avevano lasciato.
-Che modi sono?- protestò afflitto -Non è rimasto
nulla! Jenny, ce n’è ancora?-
In piedi davanti al lavandino, con pochissima fame e meno voglia di
sedersi a tavola, nervosa com’era, lei scosse la testa.
-Ho preparato due uova ciascuno, com’era scritto sulla dieta.-
Philip si appiccicò in faccia un sorriso forzato che a
chiunque sarebbe risultato fuori luogo ed entrò in cucina.
Il suo incedere baldanzoso perse lo slancio quando incrociò
gli occhi scrutatori e silenziosi della fidanzata e di chi era rivolto
nella sua direzione. Arrivò al suo posto più
curvo e molto meno ottimista e si sedette in silenzio, quasi per
sbaglio. Del resto al posto che occupava di solito non c’era
tazza, non c’era bicchiere, né posate,
né ciotole né piatto o tovagliolo. Per
lui non era stato apparecchiato.
Al suo posto c’era una tale desolazione che Mark aveva
pensato bene di sconfinare di mezzo metro per stare più
comodo.
-E io?- gli sfuggì ingenuamente.
-Ah perché, sei dei nostri?-
Philip cadde nella provocazione di Benji con tutta
l’ingenuità e la stanchezza di un brusco risveglio
e del mal di testa.
-Cosa intendi dire?-
Nel lasso di tempo che il portiere impiegò a rispondergli,
gli occhi di Philip furono catturati dall’incedere della
fidanzata. Jenny girò intorno al tavolo e andò a
sedersi ben lontano da lui, praticamente dall’altro lato.
-Avevamo capito che intendessi fare un gruppo a parte: cenare da solo,
visitare i locali di Shintoku da solo, trascorrere la serata per conto
tuo, ubriacarti in solitudine… Roba così!-
Philip lo guardò sgomento, gli occhi spalancati e le labbra
socchiuse di sconcerto. Di colpo prese atto del fatto che non solo
Jenny ma anche i compagni gli avrebbero rinfacciato la sortita in paese
chissà per quanto tempo. Allora tacque e si servì
da sé, sempre che la nausea latente che gli riempiva lo
stomaco gli concedesse di mangiare qualcosa. Le fitte alla testa si
intensificarono come colpi di un martello pneumatico, mentre recuperava
il pane in cassetta direttamente dalla confezione, perché
nonostante il malessere, desiderava liberarsi del cadavere che gli si
era infilato in bocca durante la notte. Rinunciò a tostare
le fette e prese una tazza dal pensile sopra al lavandino. Si
sforzò di mandare giù quel pane gommoso e
insipido. Evitò invece il caffè,
perché il solo odore gli diede il voltastomaco. Era di
sicuro colpa di Landers e di quell’intruglio infernale che lo
aveva indotto a bere con l’inganno la sera prima.
Recuperò la confezione del succo di frutta
all’arancia, ma ne era rimasto giusto un goccio. E in fondo,
neppure quello gli andava.
Dopo aver seguito per un po’ i movimenti impacciati del
compagno, senza farsi notare da nessuno Tom fece sparire dalla tavola
una mela, un’arancia e una manciata di biscotti che
ripartì nelle tasche della felpa.
Philip riuscì a mettere le mani su così poco cibo
che nonostante fosse arrivato per ultimo, finì di fare
colazione per primo. Tanto che quando Jenny uscì diretta
chissà dove, era pronto a seguirla. Scostò la
sedia e si alzò, gli amici lo osservarono rincorrerla fuori
della cucina.
-Lo ucciderà?- scherzò Bruce.
-Non sarà una grande perdita.-
-Mark!- lo rimproverò Amy.
Jenny udì i passi di Philip nel corridoio, si volse e lo
vide. Invece di aspettarlo e affrontarlo, riversandogli addosso tutta
la preoccupazione covata la sera precedente nelle lunghe ore trascorse
in attesa, fuggì come una ladra, o come una colpevole. Non
voleva parlargli, era ancora troppo arrabbiata. Il suo comportamento
irresponsabile non le era andato proprio giù. Uscire a
quell’ora, con un tempo da lupi e sparire senza avvertire
nessuno!
-Jenny, aspetta!-
A metà rampa Philip le agguantò un braccio, la
superò e continuò a salire su per le scale,
costringendola a seguirlo di sopra. Lei lo strattonò per
liberarsi, lui non mollò ma si fermò quando Jenny
puntò i piedi.
-Smetti di fare i capricci come una bambina!-
-Bambina?- gli fece eco incredula, agitando furiosa il braccio fino a
liberarsi -E tu come ti sei comportato? Pensi di aver
dimostrato più maturità di me sparendo in quel
modo e tornando ubriaco? Non hai pensato che mi sarei preoccupata?-
-Tu ti sei preoccupata?-
-Certo!-
Philip indietreggiò di un passo, guardandola sgomento.
-E pensi che io non mi sia preoccupato quando si è fatto
buio e non ti ho vista tornare? Dannazione, Jenny! Non sapevo neppure
dove fossi! Cosa dovevo pensare?-
-Alla cosa più ovvia che chiunque con un po’ di
cervello avrebbe fatto in una situazione simile, cioè
fermarsi al riparo da qualche parte!-
-Per me non era ovvia l’eventualità che ti
fermassi da lui!-
-Lui sarebbe Kevin? Stai parlando di Kevin?-
-Certo!-
-Lui o qualcun altro, che differenza fa?-
-Non è qualcun altro che ti ha baciata l’altro
ieri, lo ha fatto lui!-
Jenny non riuscì a capire in quale momento preciso i loro
ruoli si fossero invertiti. Come aveva sempre fatto per dirimere le
liti tra i compagni della Flynet, Philip aveva capovolto magistralmente
la situazione, facendo in modo che fosse lei a doversi giustificare
anche se a comportarsi da irresponsabile era stato lui.
-Allora supponiamo che tu abbia ragione.- concesse, cercando di
ristabilire la giusta prospettiva dei fatti -Risolto il problema Kevin,
mi dici cosa ti è preso? Ti sembra normale sparire
così, senza avvertire nessuno?-
-Io ho ragione, Jenny. E il problema Kevin non è risolto per
niente. Ci sono ancora parecchie cose che pretendo di sapere,
altrimenti…-
Uno scalpiccio sulle scale interruppe quella specie di avvertimento che
forse neppure Philip sapeva come concludere. Amy si affacciò
dalla rampa, imbarazzata e timorosa. Consapevole di averli interrotti
in un brutto momento, non aveva neppure il coraggio di guardarli negli
occhi.
-Scusatemi. Volevo soltanto avvertirvi che vi si sente da
giù. Se non abbassate la voce, la nonna salirà a
vedere. Già si è affacciata una volta
per…-
-Abbiamo finito.- fu la secca risposta di Jenny, diretta più
al fidanzato che all’amica, pure se fu lei a sussultare
mortificata. Era già stanca di una discussione che non stava
portando a niente se non a farla sentire in colpa per essere stata
costretta ad accettare un passaggio da Kevin. Philip non sapeva niente
di niente eppure sparava giudizi e sentenze.
Lui si trovò suo malgrado d’accordo.
-Sì, abbiamo finito! È inutile continuare a
parlarne, almeno finché sarai convinta che quel tizio non
rappresenta un problema!- le volse le spalle e scese di sotto.
Amy sentì vibrare le scale sotto i suoi passi incolleriti,
poi lo vide afferrare la giacca e uscire con un diavolo per capello.
Jenny pestò i piedi. Non le aveva dato neppure la
soddisfazione di lasciarle l’ultima parola. Si volse verso la
finestra del corridoio e lo scorse oltre i vetri raggiungere di corsa i
compagni che lo attendevano ai margini del piazzale, per incamminarsi
poi insieme verso la radura.
Amy spostò gli occhi su Jenny e lei si sentì in
dovere di giustificarsi.
-Mi ha fatta preoccupare!-
-Anche lui è stato in pena per te.-
-Non è la stessa cosa. Io conosco il paese, so la strada a
memoria…-
-Ma a lui questo non è bastato.-
Jenny ammutolì, chiedendosi se Amy lo stesse difendendo.
-Mi sono preoccupata allo stesso modo per entrambi. Prima sei sparita
tu, poi Philip. Ho temuto davvero che uno di voi due facesse la fine di
quella fotomodella...- rabbrividì e scrollò le
spalle, come per scacciare gli ultimi residui di preoccupazione rimasti
incollati addosso dalla sera precedente -Li raggiungiamo alla radura?-
Jenny scosse la testa categorica.
-Preferisco restare ad aiutare la nonna.-
Ad Amy dispiaceva che avessero litigato ma era contenta che la sera
prima fossero tornati al ryokan sani e salvi. Infilate le scarpe e
indossato il cappotto, scese i tre gradini della veranda e mise i piedi
sulla neve calpestata dai compagni. A differenza di ciò che
accadeva in qualsiasi altro luogo in cui era stata, lì al
ryokan il freddo era talmente intenso e il viavai delle persone
così scarso, che la neve si conservava quasi ovunque candida
e pulita come se fosse appena caduta. Il suolo gelato lasciava che lo
strato di terra e quello di ghiaccio restassero due entità
distinte e separate, come una cheese-cake. Amy costeggiò le
aiuole, raccolse il braccio del pupazzo di neve che durante la notte
era caduto e lo rimise al suo posto, su quello che Mark ormai da giorni
aveva ribattezzato Lo Sgorbio. Le amiche non l’avevano
aspettata e neppure Julian. Attraversando il piazzale
individuò la freccia verde che, affissa a un albero, era la
prima indicazione verso la radura e seguì la strada,
escogitando il modo di ritagliarsi del tempo anche quel giorno per
appartarsi con Julian all’insaputa dei compagni.
Correre tra la neve alta era stancante, ci si bagnavano i pantaloni,
c’era il rischio di scivolare e cadere, e lo sforzo riduceva
i polpacci ad ammassi di carne doloranti e particolarmente predisposti
ad ancor più dolorosi crampi. Del ritiro a Shintoku, era
l’attività che Bruce odiava di più. Gli
altri, compreso Holly, stringevano i denti e affrontavano lo sforzo.
Philip era tra tutti il più resistente, perché le
sue gambe erano abituate ad affondare per parecchi mesi
l’anno in svariati centimetri di neve. Le condizioni
climatiche proibitive degli inverni di Hokkaido che aveva maledetto
durante ciascun giorno di allenamento alle scuole elementari e medie, a
lungo andare si erano trasformate in un vantaggio. Gli avevano dato
modo infatti di mettere a punto quei tiri lunghi e potenti di cui la
nazionale giapponese aveva tanto bisogno, che attraversavano il campo
da una parte all’altra con precisione millimetrica. Erano
stati i suoi tiri energici e precisi, oltre alla capacità
che aveva dimostrato di guidare la Flynet, alla volontà
sempre presente di dare una nuova possibilità ai compagni
che sbagliavano, al suo gioco altruista e al suo carisma a indurre
Marshall e Pearson a ingaggiarlo per i mondiali juniores di Parigi e
mantenerlo fisso nella rosa dei titolari.
Solo che Philip quel giorno sulla neve arrancava, affaticato e
dolorante, poca voglia di impegnarsi, molta di tornare a sdraiarsi
sotto le coperte. Restava indietro in continuazione, tanto che a un
certo punto Julian si fermò e attese che lo raggiungesse.
-Perché non corri?-
-Ogni passo è una fitta alla testa! Non oso pensare a cosa
potrebbe succedere se mi mettessi a correre.-
Benji lo udì forte e chiaro nonostante gli ansiti di Bruce,
che era lì lì per svenire.
-Siamo qui da una settimana e non siamo ancora riusciti a fare un
allenamento degno di questo nome.-
-Non dirlo a me…- sospirò il capitano abbattuto,
scostando i capelli dalla fronte sudata.
Philip saltò sulla difensiva e ridimensionò il
malessere.
-Ho soltanto un po’ di mal di testa!-
Mark lo guardò di traverso.
-E com’è che ti fa male la testa?-
-Capita, a volte!-
-Adesso ti do un pugno e te lo faccio passare!-
-Mark, per favore!- per il bene di tutti, ma più che altro
della propria sanità mentale, Holly cercò un
compromesso -Philip, se proprio non riesci a correre, invece di oziare
fai un po’ di stretching.-
-Non sto oziando, sto camminando!-
-Philip!-
-Ho capito, ho capito.-
I ragazzi si allontanarono lasciandolo indietro e appena non li vide
più, Philip deviò verso le amiche sedute al
limitare della radura, sul tronco caduto – a detta di Jenny
per la vecchiaia - ricoperto da teli di plastica che restavano
lì ben riposti in una busta anche quando andavano via, per
non doverli portare ogni giorno su dal ryokan e viceversa. Jenny non
era con loro, non si era ancora fatta viva.
-Se riprendo fiato un attimo non farete la spia, vero?-
Patty socchiuse gli occhi, poco incline ad accontentarlo.
-Perché dovresti riprendere fiato? Non puoi essere
già stanco, avete appena cominciato.-
-La testa mi sta scoppiando e sono certo che se farò una
piccola pausa, mi passerà.-
-Ho i miei dubbi.- commentò Amy.
Philip capì che non attaccava. Passò alle
suppliche.
-Siate clementi almeno voi, per pietà!-
Le ragazze si consultarono con una tacita occhiata.
-Allora torna al ryokan e prendi un analgesico. Non so se
avrà un effetto positivo in un organismo imbevuto
d’alcol come il tuo, ma ci sono buone probabilità
che il mal di testa ti passi. Fossi in te proverei.-
Philip passò oltre il critico punto di vista di Amy che lo
accomunava a un frutto sotto spirito e fece propria l’idea
fantastica, l’occasione da non lasciarsi assolutamente
sfuggire, di tornare indietro. Anzi, avrebbe dovuto pensarci prima.
Poteva approfittarne per vedere cosa stesse combinando Jenny.
Perché non li aveva ancora raggiunti?
A Patty invece il magnanimo suggerimento di Amy non piacque per niente.
-Fino al ryokan? E quanto intendi impiegare per andare e tornare?-
-Che ci vuole? Cinqu...- si corresse -Dieci minuti e sono di nuovo
qui.-
La ragazza ci pensò su un istante, poi annuì.
-Va bene, ma poi torni.-
-Certo che torno!-
Philip si inoltrò tra gli alberi e percorse il sentiero fino
al ryokan, le mani infilate nelle tasche e il passo sostenuto che gli
martellava nel cervello. Oltre al mal di testa, anche la situazione
sospesa con Jenny contribuiva a frastornarlo. Da quando stavano
insieme, ed erano passati anni, non avevano mai litigato con tanto
impegno. Doveva, anzi voleva, chiarire al più presto. Ma
anche farle capire che se lui si era comportato in modo così
idiota, pure lei aveva le sue colpe.
La trovò davanti l’ingresso
dell’edificio a spazzare con una scopa di saggina la neve
caduta durante la notte. Era voltata e non lo vide arrivare. Philip si
fermò al limitare degli alberi, una mano guantata sul tronco
ricoperto da uno strato sottile di ghiaccio, e indugiò a
osservarla. I raggi del sole la illuminavano senza scaldarla ma
nonostante ciò non indossava la giacca a vento. Il maglione
verde smeraldo che la teneva al caldo, modellava il suo corpo snello e
slanciato. Aveva ripiegato i jeans alle caviglie per evitare di
bagnarli e i capelli, raccolti da un fermaglio, lasciavano scoperta la
nuca rosea e delicata. A Philip Jenny piaceva ormai da anni e
più il tempo passava più l’amore che
provava per lei aumentava, più stavano insieme e
più l’adorava. Ma in quel momento si sentiva
così di malumore che osservarla gli procurava più
scontento e preoccupazione che gioia e soddisfazione. La
fissò ancora, mentre l’indecisione lo faceva
esitare e il mal di testa non si attenuava. D’un tratto lei
si volse, alzò una mano per scostarsi una ciocca di capelli
dal viso e lo vide. Philip allora si mosse e proseguì fino a
raggiungerla.
-Cosa ci fai qui?-
-Ho bisogno di un’aspirina. La testa mi scoppia.-
Jenny lo fissò immobile, la scopa stretta tra le dita.
-Devo chiederla alla nonna?- insistette, irritato dal suo
insopportabile atteggiamento scostante. Si perdevano sempre, nei loro
litigi.
-Se avessi evitato la visita al pub di Shintoku adesso non avresti
bisogno di nulla. Il gestore ha chiamato poco fa perché non
hai pagato il conto!-
Philip sbiancò, aveva completamente rimosso il problema.
-E chi ha risposto al telefono?-
-Io, per fortuna!- esplose lei -Se la nonna venisse a sapere che ieri a
mezzanotte eri in giro per Shintoku a scolarti a sbafo cinque birre ci
rimarrebbe malissimo!-
Lo pensava anche lui, per questo fu contento che Jenny avesse
intercettato la chiamata, nonostante tutto ciò che questo
stava comportando.
-Chi ha pagato?- domandò esitante.
-Ho telefonato a Meryl chiedendole di passare a saldare. Poi le farai
avere i soldi.-
Philip avrebbe voluto ritagliarsi un minuto per gioire di aver risolto
il problema tanto facilmente. Visto come si erano messe le cose, e
visto il mal di testa che lo tormentava implacabile, non poteva neppure
prendere in considerazione una nuova scarpinata fin laggiù.
Ma Jenny continuava a fissarlo così critica che
l’esultanza svanì senza lasciar traccia e si
ritrovò d’improvviso a giustificarsi, accusandola
di nuovo.
-Se tu non fossi andata al negozio di quell’imbecille! Se non
avessi trascorso il pomeriggio con lui! Se avessi risposto al
cellulare, ti ho chiamata mille volte! Se non fossi tornata ryokan
così tardi…- più parlava e
più si accalorava, più si accalorava e
più la testa gli faceva male, tanto che per un attimo la sua
mente ebbe un corto circuito e proseguì senza riflettere
-Avete cenato insieme, scommetto! Magari siete andati anche al
ristorante!-
Lo sgomento di Jenny fu immenso.
-Cos’è che avrei fatto?-
-Quello che ho appena detto!- strinse i pugni. Dannazione, era tornato
al ryokan per fare la pace e invece stavano di nuovo litigando.
-Philip, santo cielo! Sono scesa giù in paese per fare delle
commissioni, non per vedere Kevin!-
-E per qualche acquisto hai avuto bisogno di un intero pomeriggio? Sei
tornata a un’ora impossibile! Cos’hai fatto tutto
quel tempo?-
L’ira di Jenny si sgonfiò di colpo, stremata e
affranta da tanta mancanza di fiducia. Sentì gli occhi
inumidirsi e ricacciò indietro le lacrime.
-Sono scesa in paese per delle commissioni. Sono passata
all’ufficio postale e in farmacia. Meryl mi aspettava in un
bar, ho bevuto con lei una cioccolata calda, poi siamo andate al suo
negozio. Ha cominciato a nevicare e non appena è stato
possibile, Kevin mi ha riaccompagnata al ryokan perché suo
padre ha insistito che lo facesse. Questo è tutto.-
L’amarezza che trasudò dalla voce della fidanzata
indusse Philip a distogliere lo sguardo. Le credeva, le credeva
ciecamente, però…
-Philip, guardami.- gli ordinò Jenny. Lui non
reagì e neppure rispose. Caparbiamente avvinghiato alla sua
ira gelosa sembrava non credere a una sola parola -Pensi che ti sia
mentendo?- tese la mano e cercò di costringerlo a voltarsi
verso di lei. Ma a quel contatto lui indietreggiò. Allora,
delusa ed esasperata, perse la pazienza -Cosa vorresti sentirti dire,
Philip? Se vuoi che menta dicendoti che sono scesa a Shintoku
appositamente per incontrare Kevin, lo farò.-
Lui trasalì come se lo avesse schiaffeggiato. Si volse senza
dire nulla e Jenny non lo fermò. Così, la testa
che gli pulsava dolorosamente e gli occhi annebbiati dalla sofferenza,
varcò l’ingresso del ryokan, sperando di trovare
la nonna per chiedere a lei l'analgesico.
-Patty, che fine ha fatto Philip?-
Holly non lo vedeva da nessuna parte, nella radura non c’era
più. A quanto pareva, se l’era svignata
approfittando della loro assenza. Le spiegazioni non arrivarono e lui
tornò a guardarla: si teneva nascosta dietro un albero. Di
lei scorgeva un braccio e parte della gamba e, oltre a non avergli
ancora risposto, non sembrava avere alcuna intenzione di farlo. Forse
non l’aveva neppure udito. La chiamò di nuovo, il
volto di lei spuntò dietro al tronco e uscì dal
riparo per raggiungerlo. Incespicò su un ramo celato dalla
neve e scivolò sul ghiaccio, cadendogli precisamente
addosso. Rotolarono a terra.
Evelyn prese la mira. La palla di neve si disintegrò sul
ginocchio del capitano, lasciandogli una chiazza di ghiaccio sui jeans
blu.
-Ops! Scusa, Holly! Non era diretta a te!-
Lui non le badò. Gli interessava di più sapere
che fine avesse fatto il compagno. Era inconcepibile che avesse
disertato gli allenamenti.
-Patty, dov’è Philip?-
La giovane rispose modellando un proiettile bianco con le mani coperte
dai guanti.
-È tornato al ryokan. Ha detto che aveva assolutamente
bisogno di prendere qualcosa per il mal di testa.- si scostò
di colpo, sfuggendo per un soffio a una palla di neve che piovve ai
suoi piedi.
-E l’avete lasciato andare?-
Patty alzò gli occhi su di lui.
-Amy si è impietosita, e comunque come potevamo
impedirglielo?- fece un passo avanti per darsi lo slancio e
scagliò la palla verso le amiche. Il tiro non fu preciso e
si frantumò a terra. Delusa, agguantò per la
giacca il fidanzato che continuava a non curarsi della battaglia in
corso e lo trascinò al riparo. Evelyn fu più
rapida e colpì Holly al centro della schiena.
-Stavolta invece era proprio per te!-
-Accidenti che mira!- esclamò Amy -Due tiri, due centri!-
-Alle elementari giocavo a baseball e come lanciatrice ero forte.-
Evelyn si chinò a terra e preparò rapidamente una
serie di proiettili.
Bruce le raggiunse di corsa.
-Che state facendo? Vi divertite?-
I suoi occhi luccicavano d’invidia e il suo tono era quasi
d’accusa. Mentre loro sfacchinavano su e giù per
la montagna riducendosi i polpacci a brandelli, le ragazze giocavano
con la neve. La vita era profondamente ingiusta.
-Certo! Non siamo mica in ritiro, noi!- rispose Evelyn contenta di
potersi prendere quella piccola rivincita. Poi gli porse la palla di
neve -Su, fammi vedere di cosa sei capace.-
-Dai qui!-
Il bersaglio avrebbe dovuto essere Mark, magari per vendicarsi dei due
tiger shot mai digeriti che si era preso addosso durante la finale
delle medie, una volta in faccia e l’altra nello stomaco. La
prima era stata la più dolorosa in assoluto. Invece
colpì Tom al centro della fronte.
-Visto che mira?- si gloriò tornando prudentemente a
rifugiarsi dietro l’albero. Tom non era mai stato un ragazzo
vendicativo, ma le persone con il tempo cambiavano ed era meglio andare
sul sicuro.
-Non gli avrai fatto male?-
-Tranquilla, Amy! Tom ha la testa dura quanto la mia, forse anche di
più! Ti ricordi quando alle elementari durante la finale
contro la Muppet ha preso in pieno il palo? Non si è fatto
nulla! Eve, preparami altre munizioni…-
Lei lo accontentò, sperando che non avesse intenzione di
colpire in faccia tutti quanti. La vendetta dei compagni sarebbe stata
terribilmente dolorosa.
La pallettata successiva si ruppe su una spalla di Julian.
-Non lui!- Amy abbandonò il nascondiglio, raggiunse il
fidanzato mentre si ripuliva la giacca dalla neve e lo
trascinò al sicuro dietro un albero.
-Cos’è? Una guerra?-
-Non direi. Piuttosto una pausa!- ribatté ridendo, le guance
arrossate dal freddo e dal gioco.
Intorno a loro non c’era nessuno. Il tronco li riparava dalla
vista dei compagni. Amy lo spinse addosso all’albero, si
appoggiò contro di lui. Sentì la morbidezza della
sua giacca a vento e poi, un istante dopo, il calore che proveniva dal
suo corpo accaldato. Tolse i guanti per accarezzare i capelli corti
spettinati dalla corsa, indugiando poi sulle guance ghiacciate.
-Ci voleva proprio, una pausa.- lui l’attirò
contro di sé.
-Vero?- rise Amy, accostandosi di più.
Philip camminava afflitto e arrabbiato, le mani nelle tasche della
giacca a vento e gli occhi fissi a terra. Era appena scivolato su una
lastra di ghiaccio che il malumore gli aveva nascosto. Quando era
uscito dal ryokan Jenny non era più dove l’aveva
lasciata. Di lei restava soltanto la scopa di saggina, abbandonata
dritta contro la balaustra del portico d’ingresso. Philip,
guardandolo, si era sentito molto simile al bastone di legno e la
convinzione di essere stato a sua volta messo da parte, gli aveva
rimescolato le emozioni per l’ennesima volta. Alla collera e
al fastidio si era aggiunta anche una certa pena per se stesso. A cosa
era servito incorrere nei rimproveri degli amici e rischiare le ire di
Gamo se lui e Jenny trascorrevano quei giorni senza rivolgersi la
parola?
Un proiettile bianco accolse il suo arrivo nella radura, sfiorandogli
la spalla. Si bloccò sul posto, incapace di aggiornare i
dati del suo cervello già stanco settati su una mattina di
duro allenamento, con la nuova situazione di svago che gli si parava
davanti. Gli amici non correvano tra la neve fino a macerarsi i muscoli
delle gambe, non slittavano sul ghiaccio scambiandosi passaggi,
bensì si divertivano alla faccia sua e del suo mal di testa
in una battaglia di palle di neve a cui avrebbe volentieri partecipato
se fosse stato in condizioni emotive e fisiche migliori. Adesso che si
era fermato, Bruce tentò di nuovo di colpirlo con un tiro
molto più preciso. Philip scartò di lato,
scegliendo come riparo lo stesso albero già occupato da Amy
e Julian. Non fu divertente finire tra le loro effusioni.
-È così che vi allenate?-
Julian si diede un contegno.
-Stavamo aspettando te. Hai fatto presto.-
-Troppo, vero?-
-Ti senti meglio?-
Amy gli sembrò sinceramente preoccupata, e allora Philip
annuì. Il mal di testa si era attenuato ma il malumore no.
La guerra di palle di neve finì e l’allenamento
riprese per tutta la mattina. Holly intendeva spremerli fino
all’osso e quel giorno ci stava riuscendo egregiamente, tanto
che per la prima volta da quando avevano messo piede a Shintoku, si
allenarono sul serio. Soprattutto Philip, verso il quale il capitano
ebbe un occhio di riguardo. Intendeva infatti fargli passare la voglia
e il pensiero di ripetere la sciocchezza della sera precedente. Lo
spuntino che Tom aveva trafugato per lui durante la colazione fu
l’unica piacevole nota di colore di una mattinata grigia e
triste.
La pausa pranzo fu così breve che Bruce la
considerò del tutto inconsistente e dopo un pomeriggio
trascorso tale e quale alla mattina se non peggio, rientrarono al
ryokan con le gambe a pezzi. Il sole era sparito dietro le montagne e
il chiarore del crepuscolo stava lasciando rapidamente spazio alla
notte. Era il momento più bello, quando il cielo si
scoloriva di rosa pallido sul profilo delle cime innevate e la neve dei
ghiacciai prendeva la stessa tonalità indaco della sera. Ma
era anche il momento in cui dovevano affrettarsi a rientrare
perché la notte in montagna scendeva in fretta inghiottendo
il bosco, la radura e la strada per il ryokan.
Appena Philip mise piede nell’ingresso andò subito
in cerca della fidanzata e la trovò impegnata con
i nonni. Erano tutti e tre nella saletta da tè privata, un
gioiello di architettura tradizionale di legni antichi e arredi
pregiati, a sfogliare e conteggiare una valanga di fatture.
-Ho da fare.- gli disse quando la nonna attirò
l’attenzione della nipote sul ragazzo, che stazionava nei
pressi della soglia. Cosa peraltro inutile perché Philip si
era accorto perfettamente che Jenny lo aveva visto ma aveva preferito
ignorarlo. La giovane parlò senza neppure alzare gli occhi e
Philip si ritrasse, la coda tra le gambe e un diavolo per capello.
Rientrò in camera per ultimo, pensieroso e svogliato.
-Cos’è quello, Callaghan?-
Lui abbassò lo sguardo. Il gatto bianco della sera prima
faceva le fusa tra le sue gambe. Gli occhi depressi di Philip
incontrarono quelli azzurri e curiosi della bestiola che
miagolò entusiasta.
Facendo le fusa, il micio si strusciò contro di lui dal muso
alla coda. Philip si tirò indietro troppo tardi: sui
pantaloni gli restò una scia di peli bianchi. Si
chinò per ripulirsi.
-Callaghan, vai a farlo fuori!- l’ordine di Benji fu
perentorio e inappellabile. Non aveva un buon rapporto con i gatti,
lui, principalmente perché non gli ubbidivano. Non facevano
la guardia, non scodinzolavano, non davano la zampa, non sempre erano
felici di vederti e quando li cercavi non li trovavi mai.
Philip la pensava più o meno allo stesso modo e
uscì senza far storie. Il gatto gli trotterellò
dietro nel corridoio. Lì lo lasciò a fare le fusa
da solo, rientrò in camera e richiuse la porta.
-Quel gatto c’è sempre stato?- domandò
Bruce -È la prima volta che lo vedo.-
-E adesso è la seconda.-
Il micio bianco fece capolino dal pannello comunicante della camera
delle ragazze. Avanzò silenzioso e testardo verso Philip,
ritiratosi in un angolo a chiedersi se fosse il caso di parlare con
Jenny chiamandola al cellulare con il telefonino di Bruce.
Philip si scostò e lo spinse via infastidito, ma il gatto
tornò e ritornò cocciuto.
-Bruce, faccio una telefonata.- uscì dalla stanza sempre
più convinto che chiamare Jenny al cellulare poteva essere
una buona idea. Forse non riconoscendo il numero gli avrebbe risposto
e sarebbe stata ad ascoltarlo per il tempo sufficiente a
convincerla a raggiungerlo. Si sedette sul primo gradino della rampa e,
con il gatto accoccolato accanto, spinse il tasto di chiamata.
Il cellulare di Jenny risultò spento e ogni speranza si
infranse.
Quando uscì per andare in bagno, Tom lo trovò a
sbuffare come un mantice con il gatto appallottolato ai piedi che
muoveva a ritmo la coda. Di ritorno, Becker si sedette al suo fianco.
E così li trovò anche Bruce quando si
affacciò nel corridoio e puntò un paio di occhi
affamati su di loro.
-Avete per caso notizie della cena, voi due?-
-No.-
-Perché non ci chiamano? Non è pronto?- Bruce
adocchiò il telefonino appoggiato sul parquet e lo
recuperò. Un attimo prima di rientrare in camera si rivolse
al compagno -Sono disposto anche a cucinarti, Philip, se scopro che la
cena è saltata per colpa tua.-
Infastidito dall’accusa, l’altro si alzò
di scatto e lo seguì indignato.
-Non vedo perché la cena dovrebbe saltare. Il pranzo
c’è stato.-
-E poi, se proprio, dovresti restare a digiuno soltanto tu, Callaghan,
com’è successo stamattina.-
Rosso di stizza e umiliazione, Philip si volse verso Mark.
-Stamattina ho fatto colazione.-
-Un’abbuffata.-
-A proposito di pranzi e colazioni...- Benji tolse il volume alla tv
-Questo non è un ritiro, quindi che senso ha seguire un
regime alimentare controllato?-
Philip fece per parlare ma il portiere lo zittì senza
dargliene il tempo.
-È inutile che ti ostini, Callaghan. La presenza delle
ragazze non fa di questo soggiorno un ritiro e se vuoi ti elenco gli
altri punti che mi sono segnato nei tempi morti.-
-No, grazie.-
Lui prese a conteggiarli lo stesso.
-Primo: siamo andati a pesca su un lago ghiacciato e non per sport ma
per reale necessità, come se fosse normale restare senza
cena durante un ritiro per assoluta mancanza di cibo. Secondo: abbiamo
pattinato e addirittura sciato, anche se nessuna delle due
attività è stata particolarmente entusiasmante.
In cambio avrei quasi preferito lasciarmi segnare un goal da Landers. O
forse no. Terzo: abbiamo consumato alcolici, io una birra, tu svariati
litri e la prima notte non hai dormito in stanza con noi. Verso le due
mi sono alzato per andare in bagno e tu non c’eri.- vide
Holly spalancare la bocca, a quanto pareva il fattaccio gli era
sfuggito -Quarto: non c’è un campo né
un centro sportivo…-
-Stringi Price, la cena è quasi pronta.-
Benji rifilò un’occhiataccia a Mark che si era
già stancato di ascoltarlo.
-Speriamo, io sto per svenire dalla fame.- ansimò Bruce.
-Se mi fate finire...- proseguì il portiere seccato -Stavo
dicendo che, non essendoci i presupposti per fare di questo soggiorno
un ritiro, molto meglio archiviare la dieta di Gamo nel cestino della
spazzatura.-
Mark lo guardò con sufficienza.
-Volevamo farlo già da ieri. Poi per colpa di Holly e dei
suoi fagioli ci è passato di mente.-
Bruce non riuscì a cogliere il nesso tra i legumi del
capitano, di cui non sapeva nulla, e la dieta di Gamo, ma trovarli
tutti d’accordo su un argomento che gli stava particolarmente
a cuore, lo aiutò a recuperare un briciolo di energia. Si
alzò.
-Allora diciamo subito alle ragazze di non seguirla più.-
-Resta seduto, Bruce.- lo redarguì Holly. Era anche lui
stanco delle proposte gastronomiche, ma non desiderava perdere
né la faccia né l’autorità.
Smettendo di seguire la dieta, quello avrebbe davvero cessato a tutti
gli effetti di essere un ritiro -Non diremo niente alle ragazze.-
Bruce non riuscì a comprendere la decisione del capitano e
come lui anche Tom e Mark lo guardavano perplessi.
-E allora scopriamo dove la tengono e facciamola sparire.-
Holly pensò che la soluzione poteva proprio essere mandare
definitivamente perdute le indicazioni alimentari del mister, senza
dover ammettere di non volerle più seguire.
Ma quando Bruce raggiunse baldanzoso il pannello che immetteva nella
stanza delle ragazze, Holly lo fermò di nuovo.
-Dove stai andando?-
-A cercarla.-
-Prima di tutto la cercheremo in cucina, dov’è
più ovvio che sia.-
Cinque minuti più tardi il volontario tirato a sorte per
adempiere la doppia missione di cercare la dieta e avere notizie della
cena, scese le scale pensieroso e si fermò sulla soglia
della cucina. Le ragazze, indaffarate com’erano a preparare,
non notarono Julian e lui si prese del tempo per osservarle in silenzio.
Patty ed Evelyn erano chine sul grande tavolo, dov’era
appoggiata in bella vista proprio la dieta di Gamo che entrambe stavano
consultando. Julian seguì ogni movimento del foglio
incriminato, ascoltando con attenzione i timori che dal lato opposto
della cucina Amy esternava a Jenny mentre tagliava le verdure.
-Non pensi che potrebbero arrivare fin quassù?-
-Non abbiamo nulla da temere da tre balordi senza niente di meglio da
fare che andare in giro di notte a infastidire la gente che dorme...-
Jenny si volse per gettare gli scarti della verdura nella pattumiera e
scorse Julian sulla soglia, nello stesso istante in cui lo
notò anche Evelyn.
E, diversamente da Jenny, lei indugiò il tempo di osservarlo
perché in certi momenti guardandolo provava la stessa
emozione della prima volta, quando era comparso
all’improvviso sugli spalti insieme ad Amy e si era seduto
con loro per seguire l’incontro tra la New Team e la Hirado
al torneo delle scuole medie. Ricordava di essere stata lì
lì per chiedergli un autografo ma la familiarità
con cui Patty si era rivolta ad Amy e all’idolo di tante
adolescenti l’aveva trattenuta. Non voleva finire anche lei
nel calderone delle fan, ma conquistarsi un posto un gradino
più su, possibilmente tra gli amici. E a quanto pareva ci
era riuscita.
-Hai bisogno di qualcosa, Julian?- domandò Jenny.
-Di chi state parlando?-
-Ieri la nonna ci ha detto di tre malintenzionati che durante la notte
si sono introdotti nelle case dei dintorni.-
-Ladri?-
-Non si sa. Finora le loro scorribande sono sempre state interrotte dai
vicini, dai cani, dalla polizia…-
Mentre Amy parlava, sotto gli occhi attenti di Julian Patty ripose la
dieta accanto al forno a microonde.
-O forse non sono stati interrotti.- ipotizzò Jenny -Forse
non intendono rubare nulla.-
-E allora cosa vanno a fare?-
Lui lesse genuina preoccupazione negli occhi di Amy.
-Sono a Shintoku?-
-No, finora qui nulla. È accaduto nei paesi vicini.-
Patty impilò delle ciotole su un vassoio e lo porse a Julian.
-Visto che ci sei, lo porti in stanza? Pensavamo di mangiare su da voi,
fa più caldo di qui. Ma dovreste fare un po’ di
spazio e soprattutto liberare il tavolo.-
-E magari approfittarne per dare una parvenza di abitabilità
alla camera.- continuò Evelyn -Non facciamo altro che
mettere in ordine, ricominciamo d’accapo ogni giorno. Serve
collaborazione!-
Forse quella di scendere in cucina non era stata una buona idea. I
fornelli erano accesi, la cena sembrava quasi pronta. Meglio tornare di
sopra prima di essere coinvolto in qualche altra
attività che poco riguardava il ritiro. Improvvisamente
capì perché Holly aveva deciso di far sparire la
dieta di Gamo senza manifestare apertamente alle ragazze la decisione
di non seguirla più. Le parole di Evelyn lo indussero
tuttavia a entrare in camera e guardarsi intorno con sguardo
criticamente rinnovato, notando il disordine che occupava ogni spazio
disponibile.
L’amica aveva ragione. Il ripiano del tavolo era sepolto
sotto una pila di riviste, giornaletti di parole crociate e sudoku,
carte da gioco e di caramelle, fogli di appunti e il dvd della partita
Germania-Francia che avevano visto la sera prima. Sul tavolo
c’erano pure svariate penne, un paio di guanti di lana
abbandonati, un biglietto del treno (vidimato) e un portafoglio. A un
angolo erano ammucchiati uno scontrino e delle monete. Per ultimo un
bicchiere e la confezione degli antidolorifici che Philip aveva preso
il giorno precedente e che Julian pensò fosse il caso di far
sparire in maniera definitiva. Gli oggetti che costellavano il
pavimento erano bene o male tutti capi di abbigliamento, a parte
qualche altra rivista e il telecomando della tv, che prima o poi
qualcuno avrebbe calpestato.
-Allora? La cena?- lo incalzò Bruce.
-È quasi pronta e mangeremo qui. Ma dobbiamo fare un
po’ di ordine.-
-L’idea è tua o loro?-
-Non ha importanza, Benji.- Holly neutralizzò sul nascere la
sua vena polemica -Tu fallo e basta.-
Tom radunò i cuscini lungo il muro e spostò il
tavolo al centro della stanza. Obiettivamente le amiche avevano scelto
il momento ideale e un’ottima scusa per convincerli a
riordinare. Persino Bruce, spinto dalla prospettiva della cena, era
desideroso di darsi da fare.
Per Benji invece la solerzia con cui tutti ubbidirono
all’ordine impartito dal basso, fu più seccante
che vedere i compagni improvvisamente trasformati in operose massaie.
Benji non intendeva aiutarli. In sei erano più che
sufficienti a rassettare la camera, tanto valeva fare una passeggiata
in bagno per sgranchire le gambe affaticate dall’esercizio
sulla neve.
-Se l’è filata.-
-Meglio, Harper. Molto meglio non avere intorno il suo muso da
schiaffi.-
-Ma così fatichiamo solo noi!-
-Tanto non avrebbe aiutato lo stesso.-
-Holly ha ragione, non alza mai un dito. Philip, è tua
questa maglietta?- Mark gliela mostrò e lui annuì
-Perché è tra i miei vestiti?-
-Non ce l’ho messa io.-
-Vieni a riprendertela.-
Philip lo guardò storto.
-Quando l’hai tirata fuori era piegata!-
-Può darsi.-
-Adesso la ripieghi!-
-Neanche morto.- e gliela lanciò in faccia.
-Landers! Adesso mi ripieghi la maglietta!-
-Se non la pianti, ti do il pugno che ti tengo da parte da ieri.-
-BASTA! FINITELA!-
L’urlo esasperato di Holly li mise una buona volta a tacere.
*
-I tuoi nonni vanno spesso a cena da Kevin?-
domandò Amy, riponendo nella lavastoviglie gli ultimi piatti
sporchi.
-Sì. Sono anni ormai, almeno una volta al mese.-
-C’è qualche tipo di parentela tra voi?-
-No, ma la madre di Meryl è fuggita con un ospite del ryokan
abbandonando la famiglia e i nonni si sentono responsabili di quanto
accaduto.-
Patty fissò incredula l’amica.
-Davvero? Ha abbandonato il marito e i figli?-
-Sì, ha perso la testa per un perfetto sconosciuto, ha fatto
i bagagli e se n’è andata.-
-Quanto tempo fa è successo?-
-Non ricordo con precisione, di sicuro più di dieci anni fa.
La madre di Kevin veniva ogni mattina a fare le pulizie. Io la ricordo
perfettamente, mi riempiva di regali. Era una persona mite e gentile.-
-Com’è possibile che una madre abbandoni dei figli
così piccoli?!-
-Non lo so, Amy. È stato uno shock, soprattutto per Meryl.
Aveva cinque o sei anni.-
Evelyn afferrò uno strofinaccio appeso al muro.
-Però non poteva mica portarli con sé. Dove si
è mai vista una fuga d’amore con zavorra?-
-I figli non li fai se non li vuoi! Non sono oggetti che quando non
servono più li abbandoni.-
L’altra alzò le spalle.
-Le cose cambiano, le situazioni cambiano. Anche le persone cambiano.-
-Per il padre dev’essere stata dura.- Patty annodò
il sacco dell’immondizia, aprì la portafinestra e
lo depositò sulla veranda.
-Era distrutto.- ricordò Jenny -A vederli tutti
così disperati, io pensavo che fosse addirittura morta.
Kevin e Meryl sono stati ospiti al ryokan per alcuni giorni, mentre il
signor Swann la raggiungeva chissà dove e cercava di
convincerla a tornare. Non ci è riuscito.-
-E adesso? Ogni tanto li vede, i suoi figli?- domandò Amy.
-Solo Meryl. Kevin non vuole più sentir parlare di lei.-
-Eve! Patty!- Bruce le chiamò dalle scale -A che punto
siete? Il film sta per iniziare!-
Il piano che i ragazzi avevano messo a punto per far sparire la dieta
di Gamo era semplicissimo: riunirle tutte di sopra e distrarle con la
tv o con le chiacchiere, mentre Philip e Julian scendevano alla
chetichella e se ne liberavano definitivamente. Julian,
perché sapeva dove trovarla, Philip per distrarre i nonni,
tante volte ce ne fosse stato bisogno.
Evelyn si affacciò sulla porta della cucina, asciugando con
lo strofinaccio alcune posate. Scorse Bruce affacciato sulle scale.
-Eccoci, abbiamo finito!-
Il tempo di rispondere, poi non lo vide più. Il ryokan
piombò di colpo nel buio, l’oscurità si
abbatté su di loro come se qualcuno avesse spento le luci
del mondo. Per un lunghissimo attimo il silenzio inghiottì
l’intero edificio, poi lo stupore lasciò spazio a
pensieri e parole e dal piano di sopra arrivarono le prime esclamazioni
di sconcerto. Udirono i passi dei ragazzi proprio sulle loro teste, poi
nel corridoio. Qualcuno protestò per qualcosa,
un’altra voce si unì alla prima ma dalla cucina
non riuscirono a distinguere le parole. Nel corridoio e sulle scale, le
luci di emergenza emettevano un fievolissimo chiarore. In cucina invece
le ragazze brancolavano nel buio quasi assoluto.
-Jenny, c’è una torcia o una candela da qualche
parte?-
-Dammi un attimo, Amy. Sto cercando di ricordare dove le tiene la
nonna.- trovò il tavolo alla cieca, urtò una
delle amiche e posò le mani sulla schiena di Patty,
facendola sobbalzare. Le voci di Mark e Holly si fecero sempre
più vicine, accompagnate dal risuonare dei loro passi sulle
scale.
Landers scese aggrappato al corrimano, strizzando gli occhi nella
penombra per individuare i gradini.
-Il film che volevate vedere era la solita noiosa solfa.-
-Non ti va mai bene niente.- Holly lo superò sbuffando,
raggiunse per primo la fine della rampa e proseguì lungo il
corridoio -Patty?-
-Siamo in cucina.-
Un’ombra si stagliò sulla soglia. Lei si
avvicinò, il capitano la raggiunse a tentoni e la prese per
mano. Mark si guardò intorno e non riuscì a
distinguere nulla.
-Che ne dici di rimettere la luce, Jenny? Lo scherzo è bello
quando dura poco.-
Nonostante la strafottenza del tono e delle parole, l’amico
aveva perfettamente ragione. Molto meglio lasciar perdere torcia e
candele e risolvere il problema alla radice.
-Il contatore è sotto le scale.-
Jenny e Mark si mossero all’unisono e si scontrarono nel
buio. Lei urtò contro il torace del ragazzo e
rimbalzò indietro con un gemito.
Nell’oscurità le mani di Landers la sfiorarono a
casaccio, prima i capelli, poi la testa, fino a posarsi a tentoni sulle
spalle.
-Ti sei fatta male?-
-No.- mentì mentre si massaggiava la fronte dolorante.
Un fascio di luce abbagliò tutti. Tra proteste
più o meno esplicite, Bruce fece danzare la torcia su di
loro.
-La rimettiamo o no la corrente? Tanto per sapere, eh! Se non possiamo
vedere la tv, mi organizzo in un altro modo.-
Philip, dietro di lui, seguì il percorso della luce tra le
facce dei compagni finché scorse qualcosa che lo fece andare
su di giri. Strappò la torcia dalle mani di Bruce e la
puntò sulla fugace visione che aveva attirato il suo
sguardo.
Mark e Jenny erano tra il tavolo e i fornelli, in piedi uno di fronte
all’altra, così vicini che i loro corpi si
sfioravano. Landers aveva le mani posate sulle sue spalle, la testa
reclinata da un lato neanche dovesse darle un bacio. Jenny teneva il
capo piegato in avanti e una mano sul viso, nascosto in parte dai
capelli che le ricadevano ai lati del volto. L’altra mano era
sul braccio di Mark, all’altezza del gomito, e le dita
stringevano il maglione.
-Landers, cosa stai facendo?-
Il tempo di apostrofarli e la loro posizione mutò
radicalmente. Trasalendo si volsero all’unisono, strizzando
gli occhi alla luce puntata addosso. Jenny fece un passo indietro, Mark
ritirò di colpo le mani. Bruce rise.
-Approfitta del buio, è chiaro.-
Philip arrossì di stizza e indirizzò la luce
negli occhi di Landers. Lui protestò accecato.
-Abbassa la torcia!-
-Per permetterti di far meglio i tuoi comodi?-
-Cosa vorresti insinuare?
-Non dire sciocchezze, Philip!-
Risposero insieme Mark e Jenny, ribadendo due concetti simili con
l’identico tono tagliente. Philip avrebbe risposto molto
volentieri a Mark per spiegargli per filo e per segno cosa fosse sua
intenzione insinuare, ma quanto gli conveniva inasprire ulteriormente
la fidanzata? Tacque quindi, ma continuò a guardarli con
fastidio e un velo di sospetto.
Jenny gli tolse la torcia, lo superò e uscì nel
corridoio, lasciando gli amici di nuovo al buio.
Mark la seguì subito, urtando intenzionalmente Philip quando
gli passò accanto. Trovò Jenny sotto le scale, a
esaminare confusa e spersa il contatore generale.
-A me pare tutto a posto.-
In effetti gli interruttori erano sollevati.
-Allora il problema non è qui. Dov’è il
quadro elettrico?-
-Nel capanno degli attrezzi.- lo guardò -Nella tua vita
precedente eri un elettricista?-
-Nella mia vita attuale ho fatto di tutto.-
-Oltre a prendere a calci le gambe dei tuoi avversari?-
Mark socchiuse gli occhi.
-Vuoi litigare anche con me?-
Jenny scosse mestamente la testa, ridimensionando il fastidio che
l’atteggiamento di Philip aveva fatto scaturire poco prima.
Il ragazzo s’infilò le scarpe e uscì
dietro di lei nel buio impenetrabile della notte. Fu solo quando il
freddo lo investì spietato che si chiese cosa ci facesse
lì fuori con Jenny, per di più senza giacca. Per
quale motivo non avesse lasciato che fosse Callaghan ad accompagnarla.
Osservò i contorni scuri del suo corpo messi in risalto
dalla torcia che, camminando, teneva puntata davanti a sé
illuminando il suolo ricoperto di neve e di ghiaccio. I cristalli
sfavillavano quando la luce li colpiva: un effetto molto bello ma
soprattutto molto freddo. Seguirono il sentiero che costeggiava le mura
esterne del ryokan, girava intorno all’edificio e conduceva
sul retro. Il capanno degli attrezzi sorgeva accanto
all’orto, durante l’inverno soltanto un lembo
quadrato di terreno incolto, ricoperto di neve e di ghiaccio.
-Callaghan sarebbe stato ben felice di venire al mio posto. Poteva
essere un’ottima occasione per far pace. Non avete
organizzato il ritiro a Shintoku proprio per stare insieme?-
-Perché tutt’a un tratto ti preoccupi per lui?
Appena un paio di giorni fa mi hai fatto notare che non siete amici.
È cambiato qualcosa?-
Quel botta e risposta fu utile a entrambi per capire un po’
di più del carattere dell’una e
dell’altro. E fu sufficiente a indurli a proseguire in
silenzio fino al capanno degli attrezzi. Jenny si fermò di
colpo, Mark la schivò per un soffio.
-Ho dimenticato di prendere la chiave!- gli mollò la torcia
-Vado e torno.-
Svoltò l’angolo dell’edificio e fu il
buio più completo. La luce fin lì non arrivava,
le mura esterne del ryokan si stagliavano nere contro
l’oscurità della notte. Seguì il
perimetro della costruzione fino all’angolo successivo,
calpestando la neve senza riuscire a scorgere dove metteva i piedi. Lo
superò e sbatté la fronte già
indolenzita contro qualcosa. L’urto fu improvviso e
inaspettato, oltre che doloroso. Si sbilanciò
all’indietro, poi si sentì afferrare per un
braccio e gridò di paura.
-Jenny!-
Era Philip. Cercò di guardarlo in faccia. Non ci
riuscì, non poteva vederlo. Quella notte era terribilmente
oscura.
-Jenny, dobbiamo parlare.- la sfiorò, non seppe neppure
dove, ma non riuscì ad acchiapparla.
-Ti sembra il momento, ora? Con il ryokan senza luce, gli altri al
buio, i riscaldamenti spenti!- e Mark che l’aspettava sul
retro con la torcia in mano, tutti e tre all’aperto, al
freddo e senza giacca.
-Quando allora?- le gridò dietro esasperato mentre udiva i
suoi passi allontanarsi nell’oscurità.
Jenny corse verso l’entrata dell’edificio,
illuminata anch’essa da una luce di emergenza, reprimendo il
desiderio di tornare indietro, gettarsi tra le sue braccia e baciarlo
fino a farsi mancare il respiro, approfittando della solitudine e del
buio. Aprì la porta del ryokan e frugò nel
cassetto del mobile dell’ingresso, dove la nonna teneva
depliant e biglietti da visita della pensione e il nonno svariate
chiavi. Trovò quella del capanno a tentoni. La riconobbe
alla debole luce delle lampade di emergenza soltanto perché
era l’unica singola. Si sfilò le scarpe, le prese
in mano e corse in cucina, decisa a evitare a tutti i costi il
fidanzato. Avrebbe raggiunto Mark attraversando il cortile interno.
Philip aprì la porta. Non fece in tempo a vedere Jenny
scappar via ma udì i suoi passi risuonare sul pavimento di
legno. Maledì il suo comportamento infantile ed esasperante.
Si tolse anche lui le scarpe e arrivò in cucina nel momento
esatto in cui la fidanzata riusciva nel cortile attraverso la
porta-finestra. A quel punto fu stanco di rincorrerla e
rinunciò a seguirla.
Erano tutti lì, anche Tom, Benji e Julian. Qualcuno aveva
trovato un’altra torcia e adesso i compagni aspettavano
impazienti che Jenny e Mark risolvessero il problema, perché
senza il riscaldamento acceso, la temperatura all’interno
dell’edificio aveva già iniziato a scendere.
La ragazza armeggiò con la serratura della porta del
capanno, poi abbassò la maniglia e spinse a fatica il
pannello difettoso.
-Scostati.- Mark le mollò la torcia e aprì la
porta con una spallata.
Jenny puntò la luce sulla serratura parecchio arrugginita,
ma per fortuna ancora intatta. Lui la precedette all’interno
e si guardò intorno. La nonna era di un ordine maniacale,
dunque quello doveva essere il regno indiscusso dell’anziano
consorte.
-Dov’è il quadro elettrico?-
-Proprio lì.-
Jenny illuminò un pannello in plastica grigia affisso al
muro, quasi invisibile sotto sacchi e buste appese ai chiodi sulle
pareti. Mark dovette scostare un rastrello, una pala e il tagliaerba
prima di riuscire a raggiungerlo. Ruotò la manopola di
chiusura, aprì lo sportellino e osservò
pensieroso i pulsanti neri. Anche lì erano tutti sollevati.
-Mi pare che non ci sia nulla che non vada.-
Jenny gli si avvicinò, scrutando l’intreccio di
fili e interruttori.
-E allora perché siamo senza luce?-
-Forse i tuoi nonni non hanno pagato la bolletta.-
-Impossibile. Prova ad abbassare tutto e poi a riaccendere.-
Mark annuì ma nulla mutò mentre Jenny si
affacciava dalla porta per controllare se al ryokan la situazione fosse
cambiata. Niente da fare, l’edificio era ancora immerso nel
buio. Si riaccostò all’amico.
-Rientriamo. Provo a telefonare al nonno, forse lui sa dirmi cosa
fare.-
Mentre si voltavano per uscire dal capanno, videro la porta chiudersi
di colpo. Nello stesso istante la serratura scattò con uno
schiocco, bloccandoli all’interno. Landers scostò
Jenny e raggiunse l’uscita con un balzo. Afferrò
la maniglia e la scosse con forza, ma il pannello di legno non cedette
di un millimetro, dimostrandosi più robusto di quanto
sembrasse in realtà.
-Ma che diavolo!-
Bruce sfilò la chiave dalla serratura e fece un passo
indietro, contemplando soddisfatto lo scherzo così ben
riuscito. Quando però si volse per riderne con gli altri, si
accorse che Philip stava arrivando di corsa e non sembrava divertito
proprio per niente.
-Dammi la chiave!-
-Neanche morto.-
Lo dribblò e corse via, finendo con le pantofole tra i
cumuli di neve ammucchiati dal nonno ai lati del sentiero.
Scivolò, rischiò di cadere ma un miracolo lo
tenne in piedi. Philip lo inseguì per un pezzo, poi lo
raggiunse un attimo prima che saltasse sulla veranda della cucina e lo
strattonò indietro.
-Dammi la chiave!-
Bruce si liberò di lui ridendo, sollevò il
braccio e la lanciò lontano, in un gesto più
istintivo che ragionato. Solo quando non ebbe più la chiave
tra le dita, si rese conto di ciò che aveva appena fatto.
Con tutta probabilità si era messo da solo in guai belli
grossi.
Benji si trovò senza volerlo proprio sulla traiettoria del
tiro. Nonostante il buio quasi totale, nonostante la chiave fosse molto
più piccola di un pallone da calcio, di una palla da rugby,
di una pallina da tennis o da ping-pong, la prese al volo, la
sentì tra le dita. Non era in fondo il miglior portiere del
Giappone? Non disse nulla, strinse il pugno e la infilò in
tasca senza che nessuno, nella totale oscurità che li
inghiottiva, notasse il movimento.
-Bruce! Cosa hai fatto?- gridò Philip furibondo.
Afferrò il compagno per le spalle e lo
sheckerò avanti e indietro. Poi lo
trascinò di peso fino alla veranda della cucina -Dove
l’hai lanciata? Dov’è? Trovala subito!
Immediatamente, o stanotte non ti manderò a dormire!-
Patty rabbrividì al gelo della notte e starnutì.
Si scostò per far spazio a Evelyn e Julian che arrivarono
con le scarpe in mano. Le infilarono e scesero tra la neve, rassegnati
a cercare la famigerata chiave.
Amy rimase a osservarli un istante, poi sospirò e
s’incamminò verso il capanno degli attrezzi.
Accostò l’orecchio alla porta,
dall’interno non proveniva alcun rumore.
-Jenny?-
Mark mollò un calcio furibondo contro il legno, facendola
balzare indietro.
-È stato Harper, vero?- lo sentirono gridare -Quando esco lo
sbudello! Sbrigatevi ad aprirci, o prendo a calci anche voi!-
Julian, che aveva seguito silenzioso la fidanzata, si ficcò
le mani nelle tasche.
-Abbiamo perso la chiave.-
-No, l’ha persa Bruce!- precisò Philip -Ce
n’è una copia?-
Jenny scostò Mark e si appoggiò contro il
pannello. Il fidanzato udì la sua voce vicinissima.
-Accidenti non lo so! Ma ci sarà da qualche parte...-
rifletté e la prospettiva di dover restare imprigionata
lì dentro chissà per quanto tempo ancora le
provocò un brivido di freddo -Al cento per cento il nonno ne
ha una copia nel suo mazzo di chiavi… Che ovviamente ha
portato con sé in paese! Chissà a che ora hanno
intenzione di tornare! Qui dentro si gela!-
-Scostati Jenny.- stavolta fu Mark a parlare -Butto giù la
porta.-
-No! Assolutamente no!- si appoggiò al legno per
proteggerlo. Era fuori discussione che distruggessero il ryokan. Non
erano questi gli accordi presi con la nonna prima dell’arrivo
dei ragazzi -Abbassa quella luce, accidenti!-
-Non resterò a ibernarmi qui dentro neppure un altro
secondo! Scostati!- disse lui caparbio e visto che lei continuava a
fronteggiarlo, la prese per un braccio con l’intenzione di
allontanarla.
-Mark! Tieni giù le mani!-
-Landers! Guai a te!-
Un colpo secco sulla porta fece da eco alla minaccia di Philip che
oltrepassò lo spessore del legno.
-Invece di rompere le palle, Callaghan, ritrova quella maledetta
chiave!- Mark sottolineò l’ordine con un pugno ben
assestato sulle assi, sfogando così in parte il fastidio
scaturito dallo scherzo idiota di Harper.
Jenny si chiese per quanto ancora la povera, vecchia porta avrebbe
resistito ai loro maltrattamenti. Chissà, magari era un bene
che il pannello venisse giù, almeno lei e Mark sarebbero
stati liberi di uscire.
-Senza torcia qui fuori non si vede niente.-
Julian tornò verso il resto del gruppo che, sulla veranda,
si stava dando il suo bel daffare per ritrovare la chiave. Solo Benji
si teneva discosto, appoggiato contro un pilastro di sostegno del
tetto, e osservava gli amici senza muovere un dito, perché
il problema non lo riguardava affatto.
Con la torcia stretta tra le dita ghiacciate, Jenny tornò
verso il quadro elettrico, si sporse oltre il rastrello e
cominciò a tirare su e giù i pulsanti a casaccio,
finché uno schiocco risuonò in quello stretto
ambiente e un lampo illuminò a giorno il capanno. La ragazza
balzò indietro con un grido e cadde a terra accecata,
miriadi di puntini luminosi che le danzavano davanti agli occhi. Per
alcuni istanti non riuscì a vedere nulla. Poi
sentì accanto a sé la presenza di Mark.
-Tutto bene? Ti sei fatta male?-
La sua preoccupazione raggiunse Philip all’esterno.
-Jenny!- afferrò la maniglia e la scosse con forza, cercando
inutilmente di aprire -Jenny! Cos’è successo?
Jenny? Stai bene?- la chiamò di nuovo e accostò
l’orecchio alla porta.
-Sì, tutto bene.- mormorò con un filo
di voce che al fidanzato giunse fievolissimo.
Mark le porse una mano e l’aiutò ad alzarsi.
-Cosa stavi cercando di fare? Il quadro elettrico non è un
videogame.-
Ancora scossa e parecchio infreddolita, si avvicinò alla
porta.
-Philip!-
-Sono qui!-
-Tirami fuori!-
-Lo vorrei moltissimo, ma come?-
-Fai come vuoi, ma fallo!-
-Posso buttare giù la porta?-
-No!-
-E allora?-
-Allora ritrova la chiave!-
Philip cacciò un sospiro esasperato e tornò
davanti alla veranda della cucina dove gli amici erano impegnati
nell’infruttuosa ricerca. Bruce era chino a terra e frugava
tra la neve a mani nude. Aveva le dita congelate.
-Non posso credere che sia sparita!-
-Speralo piuttosto!- minacciò Philip -Perché se
dovremo sfondare la porta, userò la tua testa come ariete.-
Mark posò la torcia su uno scaffale e fece posto tra le
cianfrusaglie. Il capanno era così pieno di oggetti da
lasciare appena appena lo spazio per muoversi. Jenny lo
osservò seduta in un angolino, facendo scorrere su e
giù le mani sulle braccia intirizzite.
-Avrei dovuto indossare la giacca. Qui dentro si gela.-
Lui rinunciò a trasferire gli attrezzi da una parte
all’altra del capanno e si sedette al suo fianco.
-Quanto ci mettono, maledetti loro?-
Jenny rabbrividì.
-Speriamo che si sbrighino.- si massaggiò le dita ghiacciate
per scaldarle e lanciò un’occhiata alla luce della
torcia che si era affievolita -Le pile non dureranno a lungo.-
-Allora è meglio spegnerla. Adesso non ci serve, ma dopo
chissà.-
Jenny si strinse le ginocchia al petto e sfiorò con la
spalla il braccio di Mark. Lo sentì caldo e gli si
accostò di più, perché brividi
ghiacciati avevano preso a percorrere il suo corpo.
-Sento freddo.- ritrasse le dita all’interno delle maniche
della felpa -Tu no?-
-No.- ma lasciò che si avvicinasse senza scostarsi.
-Niente da fare, non c’è.- Holly si
tirò su e puntò la torcia in faccia a Philip che
ringhiò una protesta.
-Abbassa la luce!-
-Scusa.-
-Bruce, non ti resta che andare in paese a recuperare la chiave dai
nonni.-
-Non ci penso proprio.-
-Non ci devi pensare. Devi farlo e basta.-
-Con questo buio non vado da nessuna parte.-
Amy gli allungò una torcia. A forza di frugare nel ryokan,
ne aveva trovate altre.
-Eccoti la luce.-
-Siete impazziti? Non conosco neppure la strada. Potrei perdermi.-
-Vorresti lasciare Jenny tutta la notte a morire di freddo
lì dentro?-
-Con Landers?- fece eco Benji, serrando tra le dita la chiave al sicuro
nella tasca dei jeans.
-Prima o poi i nonni torneranno e nel frattempo Mark e Jenny troveranno
il modo di scaldarsi.-
Tom fu forse l’unico ad accorgersi che Philip iniziava a
bollire come una pentola a pressione. Così intervenne per
placarlo.
-Bisogna recuperare l’altra copia della chiave, Bruce. Ti
accompagno.-
-O tutti o nessuno.-
-Che c’entriamo noi?- protestò Julian trovandosi
improvvisamente tirato in mezzo.
-Più discutiamo e più si fa tardi.-
-Holly, anche tu…-
Philip si accostò alla porta del capanno.
-Jenny, scendiamo in paese a cercare i nonni e a prendere la chiave!-
-Va bene.-
-Dove sono andati?-
-A casa di Meryl.-
-Che abita?-
-La palazzina gialla di fronte al negozio. Quella che fa angolo con il
parcheggio. Al secondo piano. Si chiamano Swann.-
-Landers, alza un dito e sei morto.- dopo l’avvertimento,
Philip spintonò Bruce perché lui ancora esitava
-Muoviti, Harper. Cerchiamo di fare in fretta.-
Rientrarono per indossare giacche, scarpe, guanti e sciarpe
più o meno rassegnati ad affrontare il freddo e la
scarpinata. Poi varcarono la soglia d’ingresso e scesero sul
piazzale, imboccando la strada che conduceva al paese.
Julian avanzò per un po’ irrequieto e pensieroso,
spostando di continuo la luce della torcia dalla carreggiata ricoperta
di ghiaccio ai rami spogli e ammantati di neve degli alberi che
costeggiavano la strada, sparendo tra l’intrico dei rami e il
folto oscuro del bosco. Fu solo dopo un paio di chilometri nel buio,
nel freddo e nella desolazione di quella notte invernale che, oltre una
curva, i suoi timori mutarono in decisione inesorabile.
-A questo punto è il caso di dividerci. Tre di noi andranno
in paese. Gli altri torneranno al ryokan.-
I compagni si voltarono a guardarlo e per farlo si fermarono.
-Sì, facciamo così!- concordò Bruce
entusiasta.
Julian lo fulminò.
-Tu farai parte del gruppo che prosegue, non di quello che torna
indietro.-
-Ovvio.- convenne Philip -E comunque perché dobbiamo
dividerci? Ormai siamo a metà strada!-
-La nonna ieri ha detto alle ragazze che una banda di balordi vaga nei
paesi vicini e si diverte a fare irruzione nelle proprietà
private. Ne parlavano in cucina prima di cena. Non è il caso
di lasciarle sole a lungo.-
Benji scrutò critico i compagni, le labbra socchiuse in un
mezzo sorriso divertito.
-Veramente qui di balordi ne vedo più di tre.-
La fastidiosa battuta venne ignorata all’unanimità.
-Sono ladri?-
-Non si sa. Sembra che finora non abbiano rubato niente.-
Mentre i compagni continuavano a lanciare ipotesi come fossero palloni,
il portiere si guardò intorno. Ai limiti della carreggiata,
tra gli alberi, individuò il sentiero che qualche notte
prima aveva percorso insieme a Landers per raggiungere il lago
ghiacciato. Non erano ancora a metà strada ma la passeggiata
fuori programma gli era già venuta a noia. Tanto valeva
vuotare il sacco.
-Va bene, torniamo.- francamente lasciar uscire Landers dal capanno era
molto meglio che proseguire al freddo, al buio e tra la neve. Nel
silenzio della precedente affermazione, continuò -La chiave
ce l’ho io.-
Philip trasalì di sorpresa, poi divenne tutto rosso e quasi
esplose. Ce l’aveva lui, la chiave. E aveva anche il coraggio
di dirlo così, come se niente fosse, dopo averli fatti
arrivare fin laggiù, dopo aver lasciato inutilmente Jenny
rinchiusa con Landers in un luogo freddo, buio e angusto.
Evitò di saltargli al collo, come era invece molto tentato
di fare, strappò la torcia dalle mani di Julian e fece
dietro front.
-È inutile che corri, Callaghan! La chiave ce l’ho
sempre io!-
Philip si volse e puntò il fascio di luce negli occhi
divertiti del portiere.
-E allora muoviti!-
Per tutto il tragitto del ritorno, Julian illuminò qua e
là la strada appena percorsa, la neve smossa, le impronte
lasciate all’andata, in cerca di tracce che non fossero le
loro. La preoccupazione per Amy si era fatta via via più
pressante. Il timore che i malintenzionati (di cui era a conoscenza e
non si era preoccupato abbastanza) avessero raggiunto il ryokan
attraversando il bosco in un tragitto trasversale, lo spingeva ad
accelerare il passo e procedere in testa al gruppo, subito dopo Philip.
Arrivarono insieme sul piazzale, con l’identica fretta
sollecitata da preoccupazioni diverse. E mentre a Ross il solo vedere
l’edificio procurò sollievo, Philip dovette
aspettare preziosi istanti che Benji lo raggiungesse. Poi
cercò di riprendersi la chiave.
-Apriamo il capanno degli attrezzi!-
-Quella è l’ultima parte del piano. Prima
c’è tutto il resto.-
-Landers ci darà una mano!- e soprattutto le avrebbe tolte
da Jenny, tante volte gli fosse venuta la malaugurata idea di
posarcele.
Ma Benji fu categorico.
-Jenny ci intralcerebbe. Apriamo dopo.-
Mentre affrontavano la salita per rientrare al ryokan, avevano
pianificato l’impresa fin nei minimi dettagli. In essa
né Jenny né Mark avevano un ruolo e il portiere
era più che mai intenzionato a lasciarli dov’erano.
-Un minuto in più o in meno rinchiusi lì dentro
non fa alcuna differenza.-
-Non la fa per te!-
-Scegli, Callaghan. O una cosa o l’altra.-
L’autorità dell’ultimatum
portò Philip a chiedersi in quale preciso momento Price si
fosse arrogato il diritto di decidere per tutti. Da troppo ormai non
faceva che dare ordini e non lo sopportava più. Iniziava a
capire perché spesso Mark fosse totalmente incapace di
tollerarlo. Però Benji aveva la chiave, e Philip alla fine
dovette seguire ordini e direttive a testa bassa e controvoglia,
abbandonando la fidanzata insieme a Landers ancora per un
po’.
Julian aveva seguitato a guardarsi intorno per tutta la durata del
battibecco. Non aveva trovato tracce estranee nei paraggi e le luci di
emergenza dell’edificio continuavano a emanare un debole
chiarore sia dalla porta a vetri dell’ingresso che dalle
finestre del corridoio del primo piano. Il ryokan era silenzioso e
tranquillo esattamente come lo avevano lasciato e questo significava
che Amy era al sicuro insieme alle amiche.
Spente le torce, ora procedevano al buio.
-Forse c’è un altro modo per...-
-Holly, piantala!- lo zittì Bruce -La situazione
è insostenibile, lo hai detto anche tu poco fa.-
-Capiranno che siamo noi.-
Philip scosse la testa.
-Ad andare e tornare ci vuole all’incirca un’ora e
mezza e noi siamo usciti neppure mezz’ora fa.-
Bruce osservò la sagoma scura dell’edificio che si
stagliava contro gli alberi ammantati di neve.
-Come facciamo a sapere dove sono?-
-Sono dove vedi più luce.-
E l’unica lucesi profilava sulla neve che ricopriva il
terreno antistante la cucina. Le scorsero attraverso le vetrate, sedute
al tavolo in attesa del loro ritorno, avvolte nelle giacche
perché senza riscaldamenti la temperatura era scesa anche
all’interno del ryokan.
-Sono ancora lì. E adesso?-
-Dobbiamo farle uscire.-
-Separiamoci. Bruce, Tom e io le distraiamo.- disse Philip.
Holly annuì.
-Julian e io entreremo dalla finestra non appena lasceranno la cucina.-
-Mi raccomando. La dieta di Gamo deve sparire.- decretò
Bruce controllando l’ora al cellulare. Erano ormai quasi le
undici. Benji approfittò che lo avesse in mano per
sfilarglielo.
-Dai qua, te lo tengo io. Ti potrebbe cadere, potrebbero scoprirti.
Molto meglio che lo lasci a me.- tanto più che un giretto su
internet sarebbe stato un ottimo modo per occupare piacevolmente la
prossima mezz’ora.
-Va bene, grazie!-
I due gruppi si separarono, scambiandosi le ultime raccomandazioni.
Mentre la spedizione che avrebbe atteso in cortile il momento opportuno
per fare irruzione nel ryokan prendeva posizione nei pressi della
legnaia e al riparo delle pareti della casetta degli attrezzi, quella
che sarebbe entrata nell’edificio salì i gradini
dell’ingresso.
Philip spinse piano la porta e la campanella di benvenuto emise un
sottile tintinnio. Bruce e Tom lo seguirono di soppiatto e si sfilarono
le scarpe nascondendole poi negli scaffali. Percorsero il corridoio, le
loro ombre si profilarono scure lungo le pareti, i loro passi sul
pavimento di legno non emisero alcun rumore. Dopodiché, di
colpo e inaspettatamente, si separarono. Bruce, di propria iniziativa e
senza che i compagni potessero fermarlo, imboccò le scale e
sparì al primo piano, lasciando al suo posto soltanto un
sinistro cigolio di parquet calpestato. Tom e Philip si guardarono
sgomenti, scorgendosi appena al tenue chiarore delle lampade di
emergenza con la batteria ormai agli sgoccioli.
Amy trasalì.
-Cos’è stato?-
Patty afferrò la torcia, scostò la sedia e si
alzò. Raggiunse la porta, si affacciò sulla
soglia e illuminò il corridoio silenzioso. Il fascio di luce
colpì le pareti, il mobile dell’ingresso, la porta
chiusa che non le separava più dal freddo esterno e
dall’oscurità della notte, le scale che sparivano
nel buio del primo piano.
-Non c’è nessuno.- constatandolo, la sua voce ebbe
un leggero cedimento.
Tornò in cucina. Evelyn si era alzata, si era accostata ad
Amy e si tenevano per mano, infondendosi coraggio l’un
l’altra. Patty attraversò la stanza e
puntò la torcia sul cortile, illuminando ogni angolo
innevato che riuscì a raggiungere.
-Forse Jenny e Mark sono riusciti a uscire dal capanno…- ma
dalla casetta di legno non proveniva nessun movimento e la porta era
sempre chiusa.
-E si sono nascosti?- domandò Evelyn scettica -Secondo me
sono ancora lì dentro.-
-E allora?-
-Forse un colpo di vento.- tentò Amy e si
irrigidì quando le sembrò di udire dei passi
sommessi proprio sopra le loro teste. Era davvero così o si
trattava di pura suggestione? Nel dubbio...
-C’è qualcuno.-
Si guardarono e tacquero, le orecchie tese, i sensi all’erta.
Passò un minuto. Sessanta lunghissimi secondi che gettarono
i primi semi di terrore. Sobbalzarono a un tonfo sordo proveniente
dall’esterno e si volsero, illuminando oltre i vetri un
cumulo di neve venuto giù dal tetto della veranda e finito
sui gradini che scendevano nel cortile. Mentre osservavano
l’esterno immerso nell’oscurità, altra
neve scivolò giù dalle tegole, ammucchiandosi sul
selciato. Tra le dita di Patty la torcia ebbe un sussulto, la luce
sembrò affievolirsi.
-Brutta notizia, si sta scaricando la batteria.-
Il silenzio divenne assoluto, sembrò inghiottire tutto,
persino loro stesse e i loro respiri. Un brivido di terrore corse su
per la schiena di Amy.
-Forse sono i ragazzi che ci stanno facendo uno scherzo.-
Patty si sentì rimescolare di collera e paura.
-Sarebbero davvero degli idioti. Che razza di scherzo!-
Evelyn non riuscì a dire nulla, l’inquietudine le
serrava lo stomaco trasformandosi in dolorosi crampi. Aveva una fifa
folle ma si rifiutava ancora di ammetterlo. I suoi occhi saettavano
dalla porta alla finestra e dalla finestra alla porta, mentre la
convinzione di essere state raggiunte proprio dai balordi di cui
avevano parlato giusto un paio d’ore prima si faceva sempre
più reale. Mentre osservava il cortile oltre i vetri,
un’ombra si mosse nei pressi del capanno degli attrezzi. Si
irrigidì ed emise un gemito.
-C’è qualcuno! Fuori c’è
qualcuno!-
Amy e Patty si volsero contemporaneamente per scrutare oltre i vetri,
indietreggiando istintivamente verso la porta. Gli occhi puntati sulle
ombre dell’orto, trattennero il fiato. Poi di colpo il
parquet del corridoio cigolò come se venisse improvvisamente
calpestato. Amy si aggrappò addosso a Patty, spaventandola
ancora di più.
-Non in giardino, dentro. Sento dei passi sul corridoio… Li
sentite anche voi?- disse in un sussurro, accostando il proprio viso a
quello di lei.
-Chi c’è?- chiamò Evelyn a voce alta.
Nessuno rispose, niente si mosse. Il buio e il silenzio ripresero a
inghiottire tutto, facendosi inquietanti ogni istante di
più. Qualcosa c’era perché
l’avevano udito e l’avevano intravisto, ma
prenderne atto significava accettarlo e nessuna delle tre voleva farlo.
Amy sobbalzò di nuovo terrorizzandole. Il cuore di Patty
prese a battere a mille.
-Che c’è stavolta?-
-Ho visto qualcosa… fuori c’era
un’ombra!- tenne gli occhi fissi sulla finestra. Desiderava
non guardare, eppure non riusciva a non farlo perché il
terrore era paralizzante.
-Sono i ragazzi… Devono essere loro per forza.- Patty
cercò di rassicurare le amiche ma si sentiva morire di paura.
-O forse sono quei malintenzionati di cui parlava la nonna!-
Perché Evelyn lo aveva detto? Patty chiuse gli occhi. Forse
riaprendoli la paura si sarebbe dissolta.
-Ma Jenny ha detto che qui non c’è nulla da
rubare! L’incasso del ryokan è stato depositato in
banca!-
-Brava Amy, dillo ad alta voce. Se ti sentono può darsi che
vadano via.-
-Dai per scontato che siano dei ladri, Patty. Ma come fai a esserne
sicura? Finora non hanno rubato nulla!-
-Se non sono dei ladri allora cosa vogliono? Per quale altro motivo si
introducono nelle case se non per rubare?-
-Forse per infastidirne gli abitanti?-
-E se fossero dei maniaci pervertiti che...-
-Insomma basta!- Patty mise fine una buona volta alle loro preoccupanti
ipotesi. Erano rimaste sole in un edificio enorme sperduto tra le
montagne innevate dell’Hokkaido Centrale, nel buio assoluto e
a un’ora in cui a girovagare nei dintorni potevano esserci
davvero dei malintenzionati. Il solo pensarlo la faceva tremare come un
fuscello al vento.
-Vorrei essere al posto di Jenny. Chiusa nel capanno con Mark non ha
proprio nulla da temere.- mormorò Amy stringendosi a Evelyn
e nascondendo il viso contro la sua spalla. Quando lo
sollevò, il suo sguardo venne catturato
all’esterno, stavolta non da un’ombra
bensì da una luce. Anzi, piuttosto da un bagliore
bianco-azzurro nei pressi della legnaia, che scomparve con la stessa
rapidità con cui era comparso, tanto che sperò di
averlo immaginato. Vana speranza che si dissolse in un attimo.
Lì fuori c’era davvero qualcuno, non si trattava
soltanto di pura suggestione che le mostrava ombre spostarsi in ogni
angolo.
-Rifugiamoci da qualche parte, lasciamo che facciano ciò che
vogliono e se ne vadano...-
-Separiamoci, sarà più facile nascondersi.-
La proposta di Evelyn fece sobbalzare Amy di paura. Si
avvinghiò al suo braccio, che non avrebbe lasciato per
niente al mondo.
-Assolutamente no! Se si tratta davvero di quei tre malintenzionati,
saremo più al sicuro se resteremo unite.-
-Tre contro tre? Nel senso che pensi di poter tenere testa a qualcuno
che ti aggredisce? Magari anche armato?-
Patty emise un gemito sommesso, sempre più convinta che la
cucina non fosse un luogo sicuro. Era certa che le avessero viste, che
sapessero che erano lì. Dovevano rifugiarsi in
un’altra stanza prima che gli intrusi le raggiungessero, le
circondassero, le intrappolassero in cucina e poi…
Approfittando degli ultimi spasmi della torcia, entrò nella
dispensa e recuperò la scopa.
-A cosa ti serve?-
-Mi sento più al sicuro se ho qualcosa in...-
Si interruppe. Un miagolio disperato squarciò
l’aria. Fu un suono improvviso, terrorizzante, inaspettato.
Intravidero la gatta bianca sfrecciare come un razzo oltre la porta per
rifugiarsi chissà dove.
Philip allungò un braccio e colpì Bruce che lo
precedeva.
-Imbecille!-
-Imbecille a chi? È per seguire te, che quel gatto idiota mi
è finito tra i piedi!- replicò in un sussurro.
-Lasciate perdere il gatto.- sentirono Tom più dietro, che
li richiamò all’ordine con voce bassissima, sempre
più convinto che sarebbe stato molto meglio dire chiaro e
tondo alle ragazze di cestinare la dieta di Gamo piuttosto che
cimentarsi in un’impresa dal dubbio esito. Sulla via del
ritorno lo aveva pur detto ai compagni, ma nessuno gli aveva dato
retta. Neppure Holly, che però fino all’ultimo era
parso combattuto.
Il capitano si strinse addosso la giacca per proteggersi dal freddo che
si faceva più intenso con il trascorrere dei minuti. Nel
cortile insieme a Julian attendeva il via libera che avrebbe consentito
loro di mettere piede in una cucina deserta. Ogni tanto si affacciavano
a turno oltre l’angolo del muro di cinta per osservare la
grande portafinestra che dava sul cortile. Ross si era accorto che ogni
volta che lo facevano una delle ragazze sussultava, segno che
nonostante la notte rendesse tutto difficilmente distinguibile, le loro
ombre risaltavano scure contro la neve. Ma ciò non lo
preoccupava affatto. Adesso che erano tornati, né le amiche
né la fidanzata avevano più nulla da temere dai
poco raccomandabili sconosciuti che si aggiravano nei dintorni.
Dietro il capanno era impossibile capire cosa stessero combinando i
compagni all’interno dell’edificio, ma a quanto
pareva nulla di buono visto che la presenza delle ragazze in cucina
continuava a impedir loro di entrare. Benji poi, che avrebbe dovuto
mettersi almeno di vedetta, aveva fatto perdere le proprie tracce
già da un po’ e loro non avevano né
tempo né modo di cercarlo. E Julian sinceramente neppure la
voglia.
Amy chiuse gli occhi e si strinse le braccia intorno al corpo, ormai
sull’orlo di una crisi isterica.
-E adesso cosa...-
Patty le stritolò una mano.
-Zitta! Ti sentirà.-
Da qualche parte si udì uno strano rimbombo, poi di nuovo
silenzio. Patty spense la torcia e tese tutti i sensi al buio.
Sentì Amy accostarsi tremante di paura. Se davvero
c’era qualcuno era fondamentale capire dove fosse e cosa
volesse, per poter agire così di conseguenza. Trattenendo il
fiato attesero immobili che accadesse qualcosa. E qualcosa in effetti
accadde. La finestra risuonò con uno schiocco secco che le
fece scattare indietro nei pressi della porta.
-Ecco, stanno cercando di entrare…- gemette Amy, la voce
rotta dalla tensione -Sono loro… i ladri… che
potrebbero anche essere dei pericolosi maniaci… o degli
assassini...-
-Forse sono stati proprio loro a far saltare la luce, per potersi
introdurre indisturbati nel ryokan.-
-Eve, non dire sciocchezze!- Patty si rifiutò di prendere in
considerazione il ragionamento dell’amica, ma purtroppo lei
continuò.
-Hanno visto i ragazzi uscire… E adesso sanno che siamo
sole.-
-Non è detto, Eve. Potrebbe essere Kevin che sta facendo uno
scherzo a Jenny.-
-Kevin è a cena con i nonni, non può essere lui,
non può essere qui.- mormorò Amy in un
crescendo che sfiorò il panico -Questo è solo un
brutto sogno. Adesso ci sveglieremo, la luce sarà tornata e
anche i ragazzi. Dammi un pizzicotto, Eve! Svegliami, ti prego!-
-Usciamo da qui. Cerchiamo un posto dove nasconderci, un posto dove non
ci trovino e da cui eventualmente potremo fuggire.-
La veranda continuava a essere buia e deserta, ma lo schiocco di poco
prima non lo avevano certo immaginato. E la gatta? Cosa
l’aveva spaventata tanto da farla schizzare via
così? I maniaci erano fuori o dentro l’edificio?
Fuori e dentro? Erano ormai circondate? Allora tanto valeva agire e non
farsi cogliere spaventate e impreparate. O forse spaventate
sì, ma non indifese. A Patty sembrò di udire dei
passi, forse nel corridoio, forse solo immaginazione. Oppure era
davvero entrato qualcuno che si stava davvero avvicinando per rubare o
per far loro del male. Smisero addirittura di respirare.
Patty si affacciò timorosa dalla porta, le amiche subito
alle spalle, una di loro si tenne aggrappata al suo maglione, lo
sentì tirare sulla schiena. Immaginò che fosse
Amy, ma poteva essere anche Evelyn. L’oscurità
aveva annientato ogni certezza. Il buio che le inghiottiva era quasi
totale, le pareti e il telefono si scorgevano appena. Le luci di
emergenza iniziavano a esaurire la loro carica, lasciando il corridoio
sempre più in balia delle ombre. Armata del bastone che
brandiva davanti a sé, Patty uscì dalla cucina e
avanzò un passo dopo l’altro, le amiche alle
calcagna.
-Si sta avvicinando…-
Si bloccarono all’angolo del corridoio che, svoltando,
conduceva verso i bagni, le terme, la lavanderia e la porticina di
servizio sul retro. Un fruscio sommesso, e poi qualcosa
spuntò di colpo dietro il muro. Qualcosa di imponente, di
informe, di indescrivibile. Una sagoma alta, senza fattezze,
minacciosa, sicuramente non umana. La paura arrivò come
un’ondata, le travolse e le paralizzò. Il terrore
le fece gridare fino a lasciarle senza fiato. Le loro voci
oltrepassarono le pareti e i muri dell’edificio fino a
disperdersi nell’aria ghiacciata della notte.
Benji sollevò il viso dal display illuminato del cellulare
di Bruce e scosse la testa, prendendo atto dell’idiozia senza
speranza dei compagni. Poi tornò a farsi i fatti propri.
Holly e Julian si guardarono scorgendosi appena, perché il
buio era quasi assoluto.
-Forse hanno esagerato.-
Il capitano accese la torcia.
-Sbrighiamoci, Julian.-
Patty indietreggiò urtando Amy, lei le lasciò la
maglia, si volse indietro e fuggì. Il terrore, unito
all’istinto di sopravvivenza, le mise le ali ai piedi.
Rientrò nella cucina che aveva appena lasciato ed emise un
urlo acuto, continuo, sia per lo spavento appena avuto che per quello
intenso e devastante che provò di nuovo quando i suoi occhi
si posarono sulle due ombre che si stagliavano scure contro i vetri
della finestra e puntavano la luce di una torcia verso il lavandino e
il frigorifero. Eccoli! Erano entrati! Erano lì e lei era
sola! I malintenzionati, i ladri, gli assassini…
La luce si spostò di colpo e la investì
accecandola. Amy urlò di nuovo. A vederla così
spaventata, pallida con gli occhi spalancati su di loro, le labbra
esangui, Julian quasi fu vinto dalla pena. Ma con incredibile
perspicacia Holly lo capì, lo afferrò svelto per
un braccio e lo trascinò fuori, costringendolo a fuggire
senza aver portato a termine la missione. Balzarono dalla veranda sul
selciato e se la diedero a gambe, dileguandosi tra le ombre della
notte.
La fuga di Amy scagliò Evelyn contro il muro.
L’urto fu violento ma nonostante il dolore non
riuscì a distogliere gli occhi da ciò che
sbarrava loro strada. In preda a uno spavento folle, Patty
restò paralizzata al centro del corridoio, incapace di
fuggire. Fin quando qualcosa in lei si sbloccò, chiuse gli
occhi su ciò che la terrorizzava, agitò la scopa
e colpì.
-Ahia!-
La voce risultò ben nota, Evelyn capì in un
attimo. Un moto di sorpresa le contrasse tutti i muscoli.
Guardò Patty senza vederla, ma percepì la sua ira
che montava. Con un balzo si scostò dalla parete.
-Bruce! Non ci posso credere, sei tu! Cosa ti sei messo addosso? Che
bello scherzo idiota, complimenti! Ma stavolta giuro che non la
passerai liscia!-
Strappò la scopa dalle mani di Patty e la calò
con forza. Il movimento improvviso sfuggì al ragazzo e non
poté schivarla. Dalla spalla colpita il dolore si
propagò intenso fino al braccio, anzi no, fino alla punta
delle dita. Per un attimo temette che l’arto si staccasse e
finisse a terra, poi però uno spasmo alla mano gli fece
capire di essere ancora tutto intero. Il lenzuolo che lo avvolgeva, la
sua grande idea, scivolò via dalla spalla e ricadde da un
lato scoprendolo in parte. Percepì il pericolo e
indietreggiò, fino a mettere tra loro e se stesso una
distanza di sicurezza. Poi però ci ripensò, si
volse e corse via sparendo dietro l’angolo.
Abbandonò sul pavimento il lenzuolo che adesso lo
intralciava e, seguito da Tom e da Philip, si catapultò
fuori dal ryokan attraverso la porta d’ingresso. La
campanella tintinnò convinta mentre loro si rifugiavano
nell’orto. Una volta al riparo dietro i tronchi della
legnaia, Philip seguì con gli occhi la luce che Patty
agitava qua e là per scovarli mentre si aggirava con le
amiche armata di scopa.
-Te l’ho detto che sei un idiota! Ti sei fatto scoprire!-
-Dove vi siete nascosti?-
-Uscite fuori se ne avete il coraggio!-
-Vergognatevi! Spaventarci così!-
Bruce seguì preoccupato il loro percorso massaggiandosi la
fronte. Ma era talmente ovvio alle ragazze che si fossero rifugiati nei
pressi della casetta degli attrezzi, essendo quello l’unico
nascondiglio, che pur di non farsi trovare furono costretti a
inoltrarsi fino ai primi e oscuri alberi del bosco.
-Cosa avete combinato, alla fine?- domandò il cappellino di
Benji spuntando improvvisamente tra le ombre che li circondavano.
-E tu? Dov’eri finito?- domandò Holly,
sinceramente stupito di vederlo di nuovo tra loro.
-Da nessuna parte. Sono sempre stato qui. Avete preso la dieta?-
-No, Amy ci ha scoperti prima che riuscissimo a farlo.-
-Sappiamo che siete qui!- gridò Patty alla notte buia, molto
gelida e silenziosa, certa che i ragazzi l’avrebbero udita.
Lei e le amiche percorsero l’intero perimetro del ryokan,
illuminando con la torcia i dintorni senza provare più
neppure un filo di paura per le ombre circostanti,
l’oscurità impenetrabile degli alberi e della
montagna, il corridoio e le stanze dell’edificio risucchiati
dal buio.
Amy starnutì.
-Torniamo dentro, fa troppo freddo.-
-Sì, hai ragione, ma non la passeranno liscia.-
-Ucciderò Bruce appena lo avrò sottomano. Sono
sicura che l’idea è stata sua.-
Rientrarono senza averli trovati, e Patty richiuse con cura la porta
d’ingresso bloccandola da dentro.
-Li lasceremo fuori. Una notte all’aperto li
aiuterà a pensarci due volte prima di fare scherzi
così stupidi!-
-E Jenny?-
-Una cosa è certa. Lì dentro con Mark si
è divertita più di noi.-
Philip girò la chiave e fu con immenso sollievo che
spalancò la porta del capanno. Illuminò
l’interno e la luce percorse le pareti, posandosi sulle
cianfrusaglie e gli attrezzi del nonno, il tagliaerba e una gran
quantità di utensili da giardino. Il movimento che scorse
sulla sinistra mentre si guardava intorno fu così repentino
che non riuscì a capire se Jenny si trovasse davvero seduta
tra le gambe di Mark o fosse un semplice scherzo delle ombre. Fatto sta
che quando si volse e illuminò l’angolo, la
fidanzata era già in piedi e Landers si stava alzando.
-Finalmente!- andandogli incontro, la giovane sorrise contenta di
vederlo. Solo quando fu a un passo da lui ricordò il loro
litigio. Il sollievo lasciò subito posto al fastidio.
-Jenny, se…- cominciò a dire Philip ma Benji lo
scostò di lato e puntò la torcia in faccia a
Mark.
-Tutto bene, Landers?-
-Benissimo.- rispose a denti stretti. Poi lo oltrepassò e
imboccò l’uscita del capanno, spinto da un
impellente desiderio di rientrare nell’edificio addirittura
superiore a quello di togliere dal muso di Benji quel ghigno carico di
chissà quali sottintesi.
Jenny gli andò dietro ma si fermò sulla soglia
quando si accorse che nessuno la seguiva. Allora si volse a guardarli.
-Restate qui?-
Holly annuì.
-Dobbiamo discutere una cosa, cominciate ad andare.-
Jenny e Mark uscirono nella notte senza scambiarsi neppure una parola.
Raggiunsero la porta d’ingresso del ryokan rabbrividendo per
il freddo che avevano preso e che continuavano a sentire, senza giacca
com’erano, e la trovarono chiusa a chiave.
-Cos’accidenti sta succedendo? Amy!- Jenny gridò e
bussò forte sui vetri per farsi sentire -Patty! Eve!-
In piedi al suo fianco Landers sbuffò.
-Che serata di merda! Prima rimaniamo chiusi dentro, adesso fuori.
Peggio di così!-
Jenny continuò a chiamare finché la luce di una
torcia balenò nell’ingresso. Evelyn scese di corsa
le scale, girò la chiave e socchiuse la porta.
-Fammi entrare, sto gelando!-
-Siete soli?-
-Sì.-
Evelyn si scostò per lasciarli passare, dopodiché
bloccò di nuovo la porta con un paio di mandate.
-Perché chiudi?-
-I nonni hanno le chiavi, vero?-
-Certo, ma perché chiudi? E gli altri?-
-Sono entrati di nascosto come ladri! Ci hanno spaventate a morte!
Molto meglio se restano fuori, non li vogliamo tra i piedi!-
-E li lasciate nel cortile? Al freddo?-
-È il minimo, dopo quello che hanno fatto!- scorse
disapprovazione nell’espressione di Mark -Se non sei
d’accordo, puoi raggiungerli.-
-Sono rimasto fuori abbastanza.-
-E se si ammalassero?-
Evelyn si fermò perplessa a metà rampa.
-Hai ragione, Jenny. Darebbero sicuramente la colpa a noi.-
-Perché la colpa sarebbe vostra.- precisò Mark.
Nel corridoio del primo piano si separarono diretti ciascuno nella
propria stanza e quando le ragazze si chiusero in camera, lui si
ritrovò improvvisamente al buio. Tornò indietro e
bussò alla loro porta.
-Avete una torcia in più?-
Patty gliene allungò una.
Holly esaminò il viso di Bruce illuminato dalla luce che
Julian gli puntava in faccia. Un ematoma rosso fuoco gli decorava un
lato della fronte.
-Hai preso davvero una bella botta!-
-Ho la testa che mi risuona ancora come una campana. Devo avere un
livido anche sulla spalla!- Tutto sommato nel capanno degli attrezzi il
freddo era più sopportabile che all’aperto.
Lì dentro almeno non tirava quel venticello ghiacciato e
insistente che alla fine, come Philip sapeva bene, riusciva a
insinuarsi oltre l’imbottitura delle giacche a vento. Avevano
quindi deciso di restare al riparo il tempo necessario a capire quale
fosse la mossa giusta da fare.
Bruce guardò Holly.
-Secondo te quando potremo rientrare?-
-Speriamo presto.-
-Come avete fatto a mandare tutto all’aria?- sondò
il portiere, una spalla appoggiata su un angolo libero della parete
-Non era questo il piano. Dovevate entrare in cucina e togliere di
mezzo la dieta senza farvi vedere. Punto.-
-Bruce si è lasciato prendere la mano e ha dato fondo alla
sua idiozia, spaventandole con un lenzuolo addosso neanche fosse un
fantasma.- recriminò Philip, che non gli aveva perdonato
l’iniziativa presa in totale autonomia, senza consultarsi con
lui o con Tom e senza chiedere il loro parere.
-Sei un imbecille.-
-Glielo sto dicendo da un’ora.-
-E io mi sono stancato di sentirti.-
Sulla porta del capanno a scrutare l’esterno,
Philip lo guardò malissimo.
-Se non riusciremo a rientrare, te lo ripeterò per tutta la
notte.-
-E se chiedessimo scusa e ci mostrassimo profondamente pentiti?-
-Non mi sembri pentito proprio per niente, Bruce.- sorrise Tom.
-Non provare ad andarti a scusare con quella faccia.-
Julian rabbrividì nonostante la giacca, la sciarpa e i
guanti. Aveva i piedi congelati e dubitava che sarebbe riuscito a
scaldarli tanto presto.
-Philip, forse se chiudi fa meno freddo.-
Il ragazzo annuì, posò una mano sulla porta e
gettò un ultimo sguardo all’ingresso del ryokan.
Si bloccò così, a metà.
-Aspettate! Stanno uscendo!-
I ragazzi si accalcarono sulla soglia. Philip aveva ragione, due figure
si muovevano davanti alla porta d’ingresso nel buio
rischiarato dalla luce di una torcia che proveniva
dall’interno dell’edificio.
-Cosa stanno facendo?-
-Ci stanno sicuramente preparando una trappola.- fu certo Bruce,
sospettoso e memore delle minacce che Evelyn, anche senza vederlo, gli
aveva lanciato contro.
Ciò che le ragazze avevano combinato in un paio di minuti
all’aperto, lo scoprirono dopo oltre un’ora, quando
ritennero di essersi congelati abbastanza. Le amiche sarebbero state
sicuramente soddisfatte di averli lasciati al gelo tanto a lungo.
Adesso era davvero giunto il momento di rientrare e infilarsi nei futon
per godere del meritato riposo. Philip era così distrutto
che stava perdendo lucidità, tanto da essersi appisolato
seduto su un secchio rovesciato, la testa reclinata contro lo scaffale
vecchio e impolverato. Raggiunsero di soppiatto l’ingresso
del ryokan con le torce spente per accertarsi che l’ira delle
ragazze fosse sbollita a sufficienza o almeno si fossero addormentate.
I nonni non erano ancora rientrati e il silenzio che proveniva
dall’edificio era pressoché assoluto. -Secondo me
sono andate a dormire.- disse Bruce.
-Credo anch’io.- Philip lo superò, andò
dritto verso la porta e ruotò la maniglia. Non accadde
nulla.
-Apri, svelto. Sono stanco di sentire freddo.- lo esortò
Benji.
-Ci sto provando.- scosse la porta con maggior insistenza.
-Piano! Fai piano!- lo rimproverò Holly dall’altro
lato.
-Sto facendo piano!-
-Apri, Callaghan!-
-Senza far rumore...-
-Mettetevi d’accordo, voi due! Maledizione, non si apre!-
-Togliti!- Benji lo scostò e afferrò la maniglia.
Ma non ci fu nulla da fare. Provò ad aprire anche Bruce che
non ci credeva e Holly per puro scrupolo. E solo a quel punto nelle
loro menti semicongelate iniziò a formarsi un sospetto che
Julian, suo malgrado, confermò.
-Cos’è questo?-
Nessuno di loro, troppo concentrati sulla porta d’ingresso,
aveva notato ciò che il compagno stava ora indicando. Tom
accese la torcia e illuminò un cumulo di coperte ammucchiato
sotto la veranda.
-Ci hanno chiusi fuori.-
-Quello era già chiaro.-
-Intendo per tutta la notte.-
Julian alzò gli occhi alle finestre del primo piano,
chissà se dietro ai vetri le ragazze stessero ridendo di
loro. La prospettiva di non poter rientrare mandò Bruce su
di giri. Colpì la porta con un calcio.
-Stiamo scherzando? Non ho nessuna intenzione di passare la notte qui!-
Philip lo prese per un braccio e lo tirò indietro prima che
riuscisse a mollare una seconda pedata.
-Sei impazzito? Vuoi romperla? Prendiamo le coperte e torniamo nel
capanno. Lì decideremo cosa fare.- si occupò di
parte del carico e precedette gli amici al riparo.
Mentre depositavano le coperte sul secchio che avevano usato per il
pesce pescato al laghetto, un foglio volò a terra tra i
piedi di Benji. Il portiere lo raccolse, si fece passare la torcia da
Tom e lesse ad alta voce.
- Siamo certe che una
notte all’aperto sarà un ottimo allenamento. Anche
Gamo approverebbe. Il freddo fortifica e vi rinfrescherà le
idee, facendovi passare la voglia di fare scherzi idioti. Del resto
siete talenti dalle mille risorse, troverete senza dubbio il modo di
adattarvi anche a questo. Firmato: Amy, Evelyn e Patty.-
lo sconcerto lasciò posto al divertimento quando il suo
sguardo cadde sul seguito.
-Cosa ti fa ridere?- domandò Julian.
-Il post scriptum.- fece una pausa a effetto e proseguì - Philip sarà
sicuramente felice di sapere che Jenny è scesa alle terme
insieme a Mark.-
Si volsero tutti verso il ragazzo, che esternò il proprio
sconcerto.
-Cosa significa?-
-Quello che ho appena letto.- tradusse il portiere -Mentre noi staremo
qui a congelarci, Landers se la spasserà con Jenny, come ha
fatto finora. Anzi, continuerà a spassarsela con Jenny.-
illuminò un punto a caso, in terra -Quel preservativo usato
deve averlo lasciato lui.-
Abbassarono gli occhi a guardare il niente, perché nulla
c’era da vedere eccetto le tavole consumate da mille passaggi
che ricoprivano il pavimento, sporche di terra, polvere e qualche
foglia secca.
Mentre la risata del portiere riecheggiava tra quelle quattro strette
pareti, Philip gli strappò il foglietto dalle mani in preda
al dubbio improvviso che il post scriptum se lo fosse inventato per
fargli uno scherzo. Invece lo trovò davvero.
-Dobbiamo assolutamente rientrare.- spalancò la vecchia
porta e scandagliò l’edificio con lo sguardo,
mettendo in moto il cervello ormai atrofizzato da quella pessima
giornata iniziata male fin dal mattino -Possiamo scassinare una
finestra o arrampicarsi sulla gronda fino al primo piano...-
-Accomodati Philip, e se ci riesci fai un fischio.-
-Non dirlo neppure per scherzo, Julian.- lo redarguì Holly,
poi si parò davanti a Philip -Resetta dalla testa le tue
folli idee. Non sei un acrobata da circo, è notte e
c’è ghiaccio ovunque. Ad arrampicarti come minimo
ti ammazzi, e se ciò dovesse accadere Gamo farà
fuori mezza squadra. Cioè tutti noi qui che ti abbiamo
lasciato fare.-
-Esatto, Callaghan.- concordò Benji -Non peggiorare la tua
situazione. Anche se a mio avviso sarebbe più gloriosa
un’eroica morte scalando il tetto, piuttosto che per mano del
mister. Che comunque ti ucciderà lo stesso quando
scoprirà che razza di ritiro hai organizzato.-
-La tua puntualizzazione è fondamentale, Price, per
trascorrere una piacevole serata all’addiaccio.-
-Dico solo le cose come stanno, Callaghan.-
Tom si guardò intorno e sospirò.
-Certo è che tutti sdraiati non entriamo. Se vogliamo
dormire comodi dovremo fare due turni.-
-Comodi si fa per dire.- sospirò Holly, rabbrividendo per il
freddo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** 8 - La colpa di Kevin ***
- 8 -
La colpa di Kevin
Dalla finestrella senza imposte filtrava un timido raggio di sole che
attraversava il capanno in diagonale e si proiettava sul quadro
elettrico. Lo sportellino di plastica era rimasto spalancato dalla sera
precedente, quando Mark e Jenny lo avevano lasciato così. A
nessuno era venuto in mente di richiuderlo e ora cavi, interruttori,
collegamenti, prese e guarnizioni gioivano di una rara illuminazione
naturale.
Quando Bruce si alzò, la sua ombra mise fine al bagno di
sole di quelle parti elettriche destinate a un’esistenza di
solitudine, freddo e oscurità.
-Sarebbe stato meglio passare l’intera notte svegli piuttosto
che dormire in queste condizioni.-
-Se per te questo è dormire, Harper, ti invidio di essere
riuscito a farlo.-
Benji aveva chiuso occhio per una manciata di minuti alla volta, tutto
sommato più comodo degli altri, con la schiena contro un
sacco pieno di segatura, le gambe piegate nello stretto spazio che dopo
un po’ avevano iniziato a fargli atrocemente male. Tanto che
i momenti che non aveva passato a sforzarsi di riposare nonostante il
freddo e la scomodità, li aveva trascorsi in piedi a
maledirsi per l’idea di far sparire la dieta di Gamo
all’insaputa delle ragazze. Tra l’altro con uno
stratagemma talmente idiota che a posteriori faticava a credere di aver
dato il proprio seppur trascurabile contributo, che gli addossava
almeno in parte la colpa di aver dormito strizzati in quel capanno. E
questo significava non avere nessuno su cui scaricarla per intero.
Bruce, accanto al portiere, ripiegò la sciarpa che gli aveva
fatto da cuscino.
-Io ci ho provato, ma ho riposato malissimo e mi sono venuti i crampi
persino alle dita dei piedi. Avrei quasi preferito trascorrere la notte
ad allenarci sulla neve.-
La luce di rammarico che scorse negli occhi di Holly lo fece pentire
all’istante delle parole appena pronunciate.
-Non ci ho pensato.-
-Tanto lo avresti fatto da solo.- chiarì Julian
massaggiandosi la base del collo. I muscoli di una spalla gli tiravano
e aveva difficoltà a muovere un braccio. Si era svegliato
incriccato come mai finora.
La notte nel capanno degli attrezzi, stipati in uno spazio a mala pena
sufficiente a contenere tutta la ferraglia del nonno, li aveva ridotti
in poche ore a veri e propri rottami ambulanti.
Fuori, nel silenzio di quella mattina di ghiaccio e neve, la porta
principale del ryokan venne aperta e richiusa. Il
rumore indusse i ragazzi a tacere e a guardarsi, per il carico di
significati che esso conteneva: potevano rientrare, le ragazze erano
arrabbiate, la colazione li attendeva, qualcuno avrebbe cucinato per
loro, forse la nonna. Julian era il più vicino alla porta,
così si alzò e l’aprì
guardingo per sbirciare i paraggi. Davanti a lui si apriva
l’orto ricoperto di uno spesso strato di neve, poi il muro
dell’edificio, il sentiero e… e
l’anziano proprietario che percorreva il viottolo diretto
proprio verso il loro rifugio notturno. Trasalì.
-Sta arrivando il nonno!-
Pochi istanti di confusione e panico, poi la porta si
spalancò. Indietreggiarono tutti tanto quanto lui, che
saltò indietro di spavento.
-Che ci fate qui?-
I ragazzi si guardarono confusi
-L’attrezzatura...- farfugliò Tom cercando di
farsi venire un’idea.
Benji gli diede manforte.
-Ci presta l’attrezzatura? Vorremmo andare a pesca.-
-Certo, sì… Ma le trote stavolta rigettatele in
acqua. Dubito che la pesca sia consentita. Le montagne a nord di
Shintoku fanno parte di una riserva naturale.-
Benji guardò i compagni.
-Allora forse è meglio lasciar perdere, che dite?-
Holly annuì con ferma convinzione.
-Grazie lo stesso.-
Seguirono il nonno fuori dal capanno e rientrarono, finalmente, nel
caldo e confortevole ryokan.
-Una nutriente colazione e un bel bagno nelle terme. E poi a dormire
fino all’ora di pranzo.- programmò Bruce. Neppure
il capitano trovò nulla da ridire.
Il profumo di dolci cotti al forno trasportò i ragazzi
affamati dritti in cucina, dove trovarono la nonna in piena
attività. Una teglia colma di palline giallo arancio
tempestate di gocce di cioccolato era posata in bella mostra sul
ripiano del forno spalancato.
-Buongiorno, miei cari. Arrivate giusto in tempo, i muffin alla zucca
sono pronti.-
-Splendido!- gioì contento Bruce, le mani giunte e gli occhi
sfavillanti di fame.
-Li lasciamo raffreddare qualche minuto e intanto vi preparo il
caffè. Questa mattina vi siete alzati di buon'ora, non vi
aspettavo così presto.-
Philip replicò con un sorriso di circostanza, si
sedette e spostò gli occhi all’orologio appeso al
muro. Erano ancora le sei. La nonna finì rapidamente di
apparecchiare, servì il caffè e i dolci e li
lasciò soli.
Julian si tirò indietro per allungarsi contro la spalliera
della sedia e la sua schiena scricchiolò.
-Non ho mai dormito così male in vita mia.-
-Beato te che hai dormito.- lo invidiò Tom.
-Pensavo di aver già raggiunto il fondo in questi giorni.-
Benji soffocò uno sbadiglio, poi addentò un
muffin -Ma è proprio vero che non c’è
mai fine al peggio.-
Bruce fissò il capitano di traverso.
-Niente allenamenti oggi, mi auguro.-
-Niente allenamenti.- fu costretto ad accettare Holly, che neanche
mettendocela tutta avrebbe scovato l’energia sufficiente ad
affrontare una giornata di esercizi.
Jenny entrò in cucina in quel momento, catalizzando su di
sé gli sguardi dei ragazzi. Dietro di lei arrivò
anche Mark vestito, lavato, pettinato e straordinariamente riposato.
Benji guardò il compagno con lo stesso astio che gli
dedicò Philip, anche se per un motivo completamente diverso.
Non poteva assolutamente perdonargli di aver dormito comodo e al caldo
nel proprio futon. Soprattutto non poteva perdonargli che durante la
notte non fosse andato ad aprir loro la porta d’ingresso.
-Com’è che arrivate insieme?-
Jenny fissò il portiere senza batter ciglio.
-E com’è che voi rientrate tutti insieme? Siete
stati da qualche parte?- ricambiò lo sguardo di fuoco del
ragazzo -A bere birra in qualche locale, magari.- lanciò una
frecciata al fidanzato e fissò il portiere con
un’occhiata così intensa che Philip ebbe un
sussulto.
-Comunque la lavastoviglie è rotta.-
Benji non le perdonò la strafottenza. L’ultima
parola doveva essere la sua.
-Deve importarcene qualcosa?-
-Sì, certo.-
Tom seguì a disagio il loro dialogo, persino Callaghan era
ammutolito. Anzi, l’atteggiamento battagliero della fidanzata
non lo invogliava a intromettersi.
-Perché?-
-Amy, Evelyn e Patty mi hanno detto di dirvi che uno di voi
dovrà lavare i piatti dopo pranzo.-
-Ah sì?- il tono di Benji trasudava contrarietà
-Spiegami bene, perché non credo di aver capito.-
-Holly ha appena detto che oggi non vi allenerete.- riprese lei
ostinata -Ritengo sia un’ottima occasione per dare una mano.-
-Dare una mano? Ti risulta che siamo qui per fare le massaie tra un
esercizio e l’altro?- Benji appoggiò la schiena
alla sedia e incrociò le braccia, poi spostò gli
occhi su Patty che aveva appena varcato la soglia della cucina -Gli
allenamenti di oggi non sono saltati per colpa nostra, giusto Patty?-
Il solo ricordo dello scherzo della sera precedente, le fece correre un
brivido di terrore su per la schiena. Puntò le mani sui
fianchi, rispolverando la combattività delle finali
interscolastiche.
-E non credi che ve lo siate più che meritato?-
Benji tirò un respiro e guardò i compagni.
Possibile che nessuno avesse il coraggio di contrastare le assurde
pretese di quelle quattro ragazzine?
-Holly! Non dici niente?-
Chiamato in causa suo malgrado, lui sussultò e
abbassò gli occhi. Benji fu lì lì per
insultarlo senza pietà. Ma si controllò e si
volse di scatto quando udì la voce di Tom sancire la resa e
la sconfitta.
-Va bene, penseremo noi a lavare i piatti.-
-Perfetto.- intascata la vittoria, Patty lasciò la cucina a
testa alta seguita da Jenny. Sarebbero tornare a fare colazione
più tardi, quando avrebbero potuto mangiare da sole.
Benji calò un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare piatti,
posate e bicchieri.
-Cazzo, Tom! Perché ti sei intromesso? Perché
gliel’hai data vinta? E tu, Holly! Tu sei un uomo senza
palle! E anche tu, Callaghan!- apostrofati in quel modo, entrambi
trasalirono -Anzi, lo siete tutti! Pure tu Ross, e Harper! Lavare noi i
piatti! Il prossimo passo quale sarà? Che dovremo cucinare,
pulire, fare il bucato, stendere i panni e fare la spesa mentre loro
andranno ad allenarsi? Se volete mandare definitivamente a rotoli
questa merda di ritiro, non contate su di me!-
Il fatto che il portiere non avesse tutti i torti, innervosì
il capitano.
-Se hai finito di insultarci, Benji, dobbiamo decidere chi si
occuperà delle stoviglie.-
Lui trovò in un lampo i volontari.
-Ma io so già chi lo farà! Voi quattro senza
dubbio!-
Mark annuì all’istante, la soluzione gli parve
ottimale.
-Lavare i piatti è un ottimo allenamento. Gamo lo dice
sempre.-
Sentirlo parlare fece ricordare a Benji che ne aveva anche per lui.
-E tu, Landers! Per quale stramaledetto motivo questa notte non sei
venuto ad aprire quella cazzo di porta? Sapevi che eravamo chiusi
fuori, o no?-
-Ma l’ho fatto, idiota! Vi ho aperto verso l’una.
Sono sceso subito, appena si sono addormentate!-
-Stai scherzando?- Philip era allibito -Maledizione Mark!
Perché non ci hai avvertiti?-
-Ero in pigiama, faceva un freddo boia! Ho immaginato che prima o poi
sareste venuti a controllare la porta! Sapevate che ero dentro!-
Benji si ritrovò d’improvviso senza aver nulla da
dire. Così abbassò gli occhi sul
caffè, che nel frattempo si era freddato.
*
Holly valutò mestamente la pila di stoviglie ammucchiate
nella vasca dell’ampio lavello. A dargli manforte erano
rimasti soltanto Julian e Philip. Con la scusa del bagno, Bruce era
sparito e non era più tornato.
I ragazzi osservarono in un riverito silenzio piatti e pentole impilati
gli uni sulle altre, una torre di diversi centimetri pericolosamente
inclinata da un lato per l’inavvertito spessore di un
coltello rimasto incastrato più in basso.
-Come ci organizziamo?- domandò Julian perplesso.
-Proviamo ad aggiustare la lavastoviglie?- buttò
lì Holly.
Philip rise, aprì l’anta sotto il lavello e
recuperò il detersivo per i piatti. Ne versò una
buona dose nella vasca del lavandino, lo ripose e porse la spugnetta al
capitano.
-Tu insaponi, Julian lava e io asciugo. D’accordo?-
-Perché io?-
-Se l’assegnazione del ruoli non vi sta bene, ci scambiamo.
Ma i passaggi sono questi.-
-Li lavi tu i piatti a casa tua, Philip?-
-Qualche volta è capitato. Soprattutto dopo i litigi con mia
sorella. Chissà perché mio padre era convinto che
lavando i piatti insieme, il sapone e l’acqua avrebbero
cancellato anche il malumore. Non è mai successo.-
-Quindi tu hai una sorella.- prese atto Julian sorpreso -Non lo sapevo.-
-È più grande di me e già sposata, per
fortuna.- indicò il lavello -Prima cominciamo, prima
finiamo.-
Holly osservò quell’immane quantità di
stoviglie che occupava tutto lo spazio disponibile nella vasca del
lavandino e oltre, e dubitò che la suddivisione dei compiti
fosse equa, ma l’importante era togliersi presto il pensiero.
Sbadigliava a raffica dalla mattina e dopo pranzo arginare il sonno si
era fatto quasi impossibile. Desiderava moltissimo stendersi giusto un
attimo in camera, chiudere gli occhi una mezz’ora, no
un’ora almeno, per riprendere le forze. E invece era
lì a sostituire un elettrodomestico. Sospirò,
aprì l’acqua e la fece scorrere abbondante fino a
riempire la vasca del lavello. Sotto il getto tiepido, il detersivo
cominciò a ribollire formando un’eccezionale
quantità di vaporosa schiuma al profumo di limone, mirando
dritta e compatta verso il bordo del lavandino.
-Forse ho messo troppo sapone.-
-Dici?-
Holly arrotolò le maniche della felpa e immerse le braccia
nella schiuma fino al gomito per togliere il tappo e mandarne via un
po’. Poi recuperò la spugna, rassegnato a portare
a termine l’ingrato compito il prima possibile. Nonostante il
caffè con cui si era concluso il pranzo, aveva
l’impressione di non poter più resistere alla
necessità di chiudere gli occhi per un breve pisolino.
Sempre che Patty e le altre glielo consentissero. Se Bruce la sera
prima non avesse avuto quell’idea idiota… Anzi, se
non avesse chiuso Jenny e Mark nel capanno, o meglio se Jenny e Mark
non fossero usciti per cercare di rimettere la corrente, cosa che alla
fine non erano neppure riusciti a fare, non ci sarebbe stato nessun
motivo di allontanarsi dal ryokan e a nessuno di loro sarebbe saltato
in mente di togliere di mezzo la dieta di Gamo facendo irruzione
nell’edificio alla stregua di quei balordi, la cui presenza
nei dintorni aveva tanto spaventato le ragazze. Se Philip e Jenny si
fossero parlati, Bruce avrebbe chiuso loro due dentro il capanno e non
ci sarebbe stata nessuna fretta di recuperare le chiavi: sarebbe
bastato passar loro un paio di coperte dalla finestrella e avrebbero
trovato il modo di scaldarsi per tutta la notte. Un pensiero
tirò l’altro e lo portò a porre al
compagno la fatidica domanda.
-Philip, perché non fai pace con Jenny? O siamo venuti fin
qui per vedervi litigare?-
-Ti pare facile?-
-Magari no. Però il motivo che vi ha fatto discutere non
è neppure così grave. Alla fine Jenny non ti ha
mica tradito, con quel tipo lì.-
A Philip uscì un acuto.
-Certo che no! Vorrei vedere!-
-E quindi?-
-Ci vuole tempo, Holly. Non serve mettermi fretta.- Philip si
passò nervosamente il canovaccio tra le mani, pensando e
ripensando al modo migliore per affrontare la ragazza. Doveva
assolutamente trovare al più presto una soluzione.
-Nessuna fretta, ma tra un po’ il ritiro sarà
finito...- lo schernì Julian. Poi prese dalle mani di Holly
una capiente insalatiera, la ripulì dalla schiuma sotto il
getto d’acqua e la passò a Philip -Comincia ad
asciugare. Visto che sei qui e non con Jenny, dai una mano.-
-Secondo voi la lavastoviglie è davvero rotta?-
Holly abbassò gli occhi sull’elettrodomestico che
a guardar bene sembrava in gran forma, se soltanto ci avesse capito
qualcosa.
-Pensi che l’abbiano detto apposta?-
-Perché no? Ieri si sono prese davvero un bello spavento.-
-Bruce è stato un idiota, non c’era bisogno di
inscenare la presenza di un fantasma.- sospirò Julian
ripensando all’espressione terrorizzata con cui la fidanzata
aveva visto la sua ombra fuggire in fretta e furia.
-Lui dice che soltanto così sarebbero corse di sopra
lasciandoci ampia libertà di manovra in cucina.-
-E la partita? Siamo riusciti a registrarla?-
-Per fortuna sì. Mark ha detto che quando il nonno
è tornato ha fatto partire il generatore di emergenza. Ha
rimesso la luce e riacceso i riscaldamenti.- Holly soffocò
uno sbadiglio -A proposito di partita, mi togliete una
curiosità? Cos’è che sarebbe successo
durante l’incontro con l’Uzbekistan?
Perché Bruce si è così arrabbiato con
Benji?-
Philip guardò stupito Holly, che continuava a insaponare
tranquillamente una pentola.
-Come mai adesso vuoi saperlo?-
-Perché in questo preciso momento sono talmente stanco che
non avrei la forza di arrabbiarmi, ma me ne rimane a sufficienza per
ascoltare com’è andata.-
-Te la togli presto la curiosità. Sono passate ben due
settimane...-
-Se non vuoi raccontarmelo Philip, non farlo. Sopravviverò
lo stesso.-
L’altro alzò le spalle.
-Credo sia cominciato tutto in hotel, quando Mark ha avuto da ridire
sul fatto che Benji abbia ordinato a Danny di caricargli la borsa sul
pullman intanto che andava in bagno. Da quel momento non hanno fatto
altro che guardarsi in cagnesco e rimbeccarsi per tutto il tempo. A far
capitolare la situazione è stato il tentativo solitario e
avventato di Mark per quel gol sfumato.-
-Esattamente. Da quel momento Benji è andato su di giri e ha
cominciato a prendersela con chiunque, soprattutto con Bruce
perché gli era più vicino. E sai bene Holly che
Bruce, se provocato, non è uno che sta zitto e capisce che
in certi casi è meglio lasciar perdere.-
-Sì, Julian. Lo so. Bruce è un attaccabrighe.-
Philip riprese a raccontare.
-Tra l’altro Benji ha cominciato a insultarlo in tedesco e
allora Bruce non ci ha visto più.-
-E perché, se neppure lo capiva?-
-Proprio per questo, Holly. Non lo capiva e non poteva rispondergli per
le rime.-
-E tutto ciò proprio durante quell’unico tentativo
di attacco dell’Uzbekistan a metà del secondo
tempo.- Philip appoggiò sul tavolo la pentola appena
asciugata che non aveva idea di dove riporre -Ho provato a far notare a
Bruce che era totalmente inutile rispondere agli insulti di Benji, tra
l’altro in una lingua sconosciuta, ma non
è servito a nulla se non a far intervenire Clifford. Un
altro po’ e mi salta addosso. A volte è
completamente ingestibile.-
Julian fu d’accordo.
-Non solo. Il suo modo di giocare è dirompente. I suoi
interventi sugli altri giocatori sfiorano la prepotenza. Prima o poi si
beccherà un’ammonizione.-
-E allora si calmerà una volta per tutte.-
-Per farglielo capire non possiamo rischiare di restare in dieci in
campo e magari durante una partita importante. Deve entrargli nella
zucca molto prima.-
-Julian, ti posso assicurare che rispetto a qualche anno fa
è parecchio migliorato. Holly e io gli abbiamo insegnato a
suon di finte che una partita di calcio non si vince con la forza ma
con la tecnica. Lo ha imparato persino Mark!-
-Certo Philip, e infatti Mark lo ha imparato così bene che
se lo ricorda finché non dimentica che una squadra
è formata da undici giocatori, non soltanto da lui in
attacco e da Benji in porta.-
Holly continuò a insaponare le posate, cercandole a tentoni
tra la schiuma. Come aveva immaginato, rievocare gli episodi salienti
della disastrosa partita appena giocata con la maglia della nazionale
gli provocava una sgradevolissima sensazione allo stomaco, motivo per
cui finora aveva voluto tenersi all’oscuro dei particolari e
subire il ritiro senza nessuna spiegazione sull’accaduto.
-Abbiamo rischiato di perdere contro la squadra più schiappa
di tutta l’Asia. Vi rendete conto?-
Spaparanzato su almeno quattro cuscini messi uno accanto
all’altro, Benji mise da parte la rivista che Bruce aveva
acquistato al negozio di Meryl rinunciando a dissimulare
l’interesse scaturito suo malgrado
dall’atteggiamento cospiratore del compagno. Poco prima lo
aveva visto agguantare in fretta e furia il cellulare posato sul
tavolo, ritirarsi in un angolino, gli occhi incollati al display e
un’espressione beota e ambigua che aveva acceso ferocemente
la curiosità del portiere.
-Cosa stai guardando, Harper?-
Lui gli rivolse un sorrisetto.
-Davvero vuoi saperlo?-
Sì, accidenti, moriva dalla voglia.
-No grazie, risparmiami. Sarà una delle tue solite idiozie.-
-Be’ forse te le faccio vedere…-
temporeggiò con fare furbetto.
-Mi fai vedere cosa?-
-Le foto.-
Foto, dunque. Benji accantonò la rivista ed emerse dai
cuscini mettendosi seduto. Quel cellulare la sera prima lo aveva tenuto
in mano per una buona mezz’ora, facendosi i fatti propri e
navigando su internet. Perché non si era accorto di nulla?
Perché non aveva spulciato la galleria del compagno?
Bruce si ritrasse. Fino a un istante prima fremeva dalla voglia di
condividere il segreto con qualcuno che sapesse apprezzarlo, ma adesso
l’atteggiamento sospettoso e poco amichevole di Benji, aveva
fatto nascere in lui seri dubbi che quella fosse la scelta giusta.
Poteva davvero mostrargliele? Cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe fatto?
Come sarebbe finita? Forse non bene adesso che Mark e Tom non
guardavano più la tv ma lui, con occhi pieni di interesse.
Benji forse si sarebbe tenuto il segreto per sé, ma loro?
C’era da fidarsi?
Agli occhi del portiere, l’esitazione del ragazzo divenne
troppo sospetta. Forse Harper aveva fatto qualcosa che non doveva, che
magari riguardava lui stesso. Bisognava fargli sputare il rospo. Si
alzò determinato, lo raggiunse e lo squadrò
dall'alto in basso, le mani sui fianchi in un atteggiamento molto ma
molto preoccupante.
-Dai qua, Harper.- la sua richiesta si era improvvisamente trasformata
in un ordine.
Il sorriso sparì dalle labbra di Bruce. Si mise sulla
difensiva e si spostò di lato per lasciarsi una via di fuga.
Sgusciò tra il tavolo e la finestra, raggiungendo il lato
opposto della stanza. Benji girò intorno al tavolo in senso
inverso per intercettarlo.
-Harper, se mi hai scattato una foto non richiesta, giuro che ti
massacro!-
Tenendo stretto il cellulare, Bruce tentò di guadagnare il
corridoio ma il portiere lo anticipò sbarrandogli il passo.
-No! Non ho fotografato te! Lo giuro!-
Anche Mark si insospettì.
-E chi allora?-
-Bloccalo Landers!- ordinò Benji quando Harper si
trovò precisamente tra loro -Ne va della nostra reputazione!
Sono sicuro che ha fatto qualcosa che non doveva!-
Mark non ebbe bisogno di essere convinto. Aborriva che foto misteriose
finissero nelle mani sbagliate. Seduto sui tatami, si lanciò
in avanti mentre Bruce indietreggiava, e lo agguantò per una
caviglia. Lui incespicò, Benji gli piombò addosso
e lo bloccò a terra. Mark gli tolse il cellulare dalle dita
e sbloccò display.
-Oh cazzo! Harper, cosa hai fatto?-
Il genuino stupore di Landers fece ridere Bruce nonostante Benji,
seduto sulla sua schiena, lo schiacciasse a terra togliendogli il
respiro. Mark in mezzo secondo impallidì e
arrossì in sequenze alternate per almeno un paio di volte.
La curiosità mise Benji in piedi. Raggiunse Mark con due
falcate e gli tolse il cellulare. Prima spalancò gli occhi
di ammirato sbigottimento, poi scoppiò a ridere.
-Fantastico! Bruce, sei una forza! Quando l’hai scattata?-
-Cancellala immediatamente!-
-Scherzi, Landers? Una foto del genere non si cancella. Si mette da
parte e poi si tira fuori al momento opportuno.-
Benji si sedette al tavolo, i gomiti sul ripiano. Sfogliò la
galleria e trovò altre sette foto che ritraevano grosso modo
lo stesso soggetto, focalizzandosi in maniera diversa su alcuni
particolari.
Visto che non ci stava capendo niente, Tom si alzò e lo
raggiunse per sedersi al suo fianco.
-Di che foto si tratta?-
Benji non rispose. Zoomò l’immagine fino a
sgranare i pixel e gli piazzò davanti agli occhi una macchia
di colore che Tom non riuscì a identificare.
-Indovina cos’è.-
Tom studiò lo schermo del telefonino con sospetto e
disappunto. Non aveva voglia di giocare, soprattutto su quella che,
vista la reazione di Mark, sembrava essere una cosa importante.
-Non so… non capisco…- c’era del bianco
sullo sfondo e poi qualcosa che sembrava un nastro. Tentò di
indovinare -Un fiocco nero?-
-Bravo.- annuì il portiere. Ma invece di dargli la soluzione
restrinse l’immagine consentendogli di distinguere
chiaramente un paio di graziosi slip da donna -Ora indovina chi li
indossa.-
Messo di fronte a quella nuova sfida, Tom esitò. La
curiosità era stata ridimensionata dall’incertezza
di voler sapere e soprattutto vedere qualcosa su cui non avrebbe dovuto
mettere gli occhi. Lanciò un’occhiata di traverso
a Benji e si tirò indietro, condividendo
l’espressione accigliata di Mark.
Benji tolse lo zoom e Tom sussultò. Davanti ai suoi occhi
comparve Patty in completo intimo. Con molta probabilità
l’amica si trovava nello spogliatoio delle terme e si
strofinava i capelli bagnati con un asciugamano. Ciò su cui
aveva posato la mano sulle piste da sci, aveva improvvisamente preso
forma e colore. Si sentì arrossire.
-Bruce, cos’hai fatto?-
-Ma niente! Solo qualche foto.-
L’altro abbassò di nuovo gli occhi. Benji
continuava a rimpicciolire l’immagine mostrandone i
particolari circostanti. Accanto a Patty spuntò la schiena
nuda di Evelyn, poi le mutandine lilla di Jenny e il telo di spugna in
cui era avvolta Amy.
-Se Philip mette gli occhi su queste foto ti scotenna, Bruce.- lo
avvertì -È molto meglio se le fai sparire.-
-Philip?- rise Benji -E Ross allora?- gli tornò in mente
l’episodio di qualche giorno prima e di colpo
capì. Posò il cellulare sul ripiano e
agitò un dito accusatore verso il compagno -Ross ti ha
beccato, vero? A spiare le ragazze nei bagni.-
Lui annuì.
-Tu hai avuto paura e hai detto che non eri riuscito a vedere nulla!-
il portiere non smetteva di ridere. Quel giorno
l’espressione furiosa di Ross era stata esilarante -Invece
sei riuscito a scattare persino delle foto! Geniale!-
-Cosa c’è di geniale?- domandò Tom,
diversamente dal portiere, molto più preoccupato che
entusiasta.
Mark prese il cellulare e guardò di nuovo la foto
perché se l’avevano vista tutti, era
più che lecito darle di nuovo un’occhiata.
Tornò al menù e osservò anche le
altre, alcune si soffermavano su certi particolari che gli fecero
affluire il sangue al viso. Sperò di non essere arrossito,
sarebbe stato imbarazzante perché neppure Tom lo aveva fatto.
-C’è una cosa che non mi è chiara,
Bruce. Non ti dà fastidio mostrarci Evelyn mezza nuda?-
-No. Dovrebbe?-
Tom e Mark si scambiarono un’occhiata sgomenta.
-Direi proprio di sì.-
-Non mi dà fastidio.- ribadì lui -Anzi continuo a
non capire perché Julian quel giorno se la sia presa tanto.
Le cose belle non vanno condivise con gli amici? Io con voi lo sto
facendo.-
*
Le spalle alla parete del piano terra del ryokan, subito
sotto le scale, Philip teneva le braccia incrociate sul petto, la testa
leggermente reclinata da un lato e pensava che l’insistente
puntiglio di Jenny si era fatto davvero seccante. Avevano litigato per
una sciocchezza e la cosa più incredibile era che lei non
sembrava intenzionata a fare la pace. Lui aveva fatto il primo, il
secondo, il terzo e il quarto passo, ora si preparava al quinto, poi
avrebbe rinunciato e aspettato che lei mettesse da parte un
po’ di quel suo irritante orgoglio. Come se tutto
ciò non fosse già abbastanza, Philip temeva di
essere diventato lo zimbello dei compagni. Le frecciatine che era
convinto di ricevere di continuo non sarebbero cessate
finché non avesse risolto la situazione.
Alzò gli occhi quando un’ombra entrò
nel suo campo visivo. Eccola! Che colpo di fortuna! Stava pensando a
lei e Jenny era comparsa. La ragazza non lo aveva notato altrimenti
avrebbe sicuramente cercato di evitarlo. Silenziosissimo la
seguì per un tratto, la raggiunse alle spalle e la
fermò prendendola per un braccio.
Jenny sobbalzò e si volse, portandosi una mano al cuore
quando lo riconobbe.
-Cosa ci fai nascosto dietro le scale? Mi hai messo paura!- in una sola
volta pronunciò più parole di quante gliene
avesse rivolte in quegli ultimi due giorni.
-Dobbiamo parlare.- rispose lui fissandola con intensità -E
questa volta non puoi dirmi di no.-
-Perché no?-
-Perché no, accidenti! Per quanto tempo dobbiamo continuare
a ignorarci? Non credi che sia ora di finirla?- due giorni sprecati.
-Finalmente mi chiederai scusa?-
Philip la guardò incredulo. Fece per replicare a tono ma le
voci dei compagni provenienti dal piano di sopra lo distrassero.
Chiaramente il ryokan non era il luogo adatto per far pace con Jenny.
Gli amici avevano il magico dono di comparire tra i piedi nei momenti
meno opportuni ed era certo che se si fossero fermati nei pressi delle
scale, prima o poi qualcuno avrebbe avuto la bella idea di scendere in
cucina, alle terme oppure, ancora peggio, venire semplicemente a
impicciarsi.
-Usciamo.- la prese per mano e la tirò con sé
verso la porta d’ingresso.
Anche se controvoglia, a lei non restò altro da fare che
seguirlo. Si trovava in uno stato d’animo in cui non
sopportava che le dicesse cosa fare, ma allo stesso tempo era stanca di
tenergli il broncio. Philip aveva ragione. Due giorni senza parlarsi o
facendolo appena erano troppi.
Una volta all’aperto, il vento gelido dell’Hokkaido
spazzò via tutto il suo spirito polemico. Avanzò
sul piazzale tra la neve, lasciandosi condurre da Philip da qualche
parte nel bosco per allontanarsi dall’edificio e da
inopportuni seccatori. Procedettero tra i primi alberi del declivio
montuoso l’uno accanto all’altra in silenzio, un
silenzio che Philip aveva tutta l’intenzione di rompere al
più presto, prima che diventasse troppo difficile farlo.
Parlò per primo, dopo essersi fermato. Incrociando il suo
sguardo, osservando il suo bel viso, capì che nonostante i
litigi, le gelosie, le incomprensioni e anche le mezze
verità, l’amava talmente che non avrebbe mai
potuto fare a meno di lei. Le parole d’accusa che aveva in
mente di rivolgerle, si tramutarono in scuse mentre le pronunciava.
-Mi dispiace per quello che è successo l’altro
ieri.- ammise, nascondendo imbarazzato le mani nelle tasche.
Jenny lo guardò e il desiderio di perdonarlo divenne
più forte di tutto. Fece un passo verso di lui e le loro
giacche a vento si sfiorarono.
-Mi sono spaventata. Non sapevo dove fossi finito, ho avuto paura che
ti fossi perso.- appoggiò una mano sulla sua giacca e
cercò di indovinare cosa stesse pensando. Più che
pentito, Philip le sembrò profondamente a disagio.
-Sei tornata con Kevin, non sono riuscito a togliermi dalla testa che
fossi scesa in paese solo per incontrarlo.- distolse gli occhi a
disagio, poi tornò a guardarla. Sfilò le mani
dalle tasche e le circondò i fianchi, attirandola contro di
sé -Non mi hai mai parlato di lui. Eppure sembra conoscerti
così bene…-
-Abbiamo frequentato le elementari nella stessa scuola, Philip. E
l’altra sera non ho potuto rifiutare il passaggio.- Jenny
abbassò gli occhi sulla sciarpa avvolta intorno al collo del
ragazzo, cercando di immaginare cosa avrebbe provato se si fosse
trovata al suo posto. Se Kevin al laghetto non l’avesse
baciata, Philip non si sarebbe ingelosito e non avrebbe reagito in quel
modo -Suo padre ha insistito perché mi accompagnasse. Se non
avessi accettato non mi avrebbe lasciata tornare. Era notte, nevicava e
con tutti quei pacchi…-
Lui le prese il viso tra le mani.
-Lo so. Mi dispiace, sono stato uno stupido.- lo pensava veramente e
per dimostrarglielo la baciò. Per entrambi la questione era
chiusa.
Accadde in un attimo. Jenny si sentì agguantare con forza
per le spalle e strappare dalle braccia di Philip. Dapprima
gridò sorpresa, poi cercò di sottrarsi alle mani
ignote che la stringevano.
L’istintivo pensiero di entrambi fu che si trattasse di uno
stupido scherzo degli amici. Philip fu il primo tra i due a rendersi
conto che le cose non stavano così. Davanti a lui Jenny si
dibatteva senza scampo per liberarsi da Kevin che la teneva stretta, un
braccio serrato intorno alla vita, l’altra mano a bloccarle
un gomito. Sulla sua faccia da teppista era stampato un sorriso ironico
che lo sfidava a farsi avanti.
Posargli di nuovo gli occhi addosso e per giunta a distanza
così ravvicinata, prendere atto dell’espressione
strafottente che in tre giorni aveva già imparato a
detestare, convinse Philip ad accettare la sfida. Prima ancora di
sentire l’esigenza di strappargli Jenny di dosso,
ciò che provò ad averlo così a portata
di mano fu un’immensa soddisfazione. Senza dover fare nulla
gli si era offerta l’occasione di mettere in chiaro una
relazione che Kevin continuava a non considerare.
Jenny impiegò ancora alcuni istanti per comprendere cosa
stesse accadendo. Chi la teneva era dietro di lei, non poteva vederlo e
non aveva ancora detto una parola che le consentisse di riconoscerlo.
Le dita che le stringevano il braccio le facevano male e non si
spiegava perché il fidanzato non reagisse. Neppure la
guardava, Philip. I suoi occhi erano carichi d'ira e d'odio profondi,
in una misura tale da spaventarla. Tentò di liberarsi dalla
stretta, senza peraltro riuscirci.
-Stai ferma.-
Jenny riconobbe la voce di Kevin e s'impietrì.
L’ansia le attanagliò la gola, tanto che non
riuscì neppure a intimargli di lasciarla. La mano del
ragazzo scivolò giù dalla spalla lungo la manica
della giacca a vento, in una sorta di carezza che la
ripugnò. Le sue dita guantate le afferrarono il polso e con
un gesto repentino che lei non fu in grado di contrastare, le
sollevò il braccio e glielo torse dietro la schiena. Un
dolore da svenire le scoppiò nella testa propagandosi in un
lampo dalla spalla al cervello. Si morse un labbro per non gridare,
tentò di girarsi per attenuare la stretta ma non
riuscì a muoversi. Era bloccata contro il torace del ragazzo
e lui le stava facendo un male atroce.
-Kevin!-
In tutta Shintoku non esisteva altra persona desiderosa e capace di
comportarsi in modo così meschino. Come li aveva trovati?
Come osava metterle di nuovo le mani addosso? Le alzò il
polso sulla schiena e il dolore fu tale che le gambe di Jenny persero
forza. Se lui non l'avesse sostenuta, sarebbe caduta in ginocchio.
Gridò.
-Ti fa male?- sorrise con cattiveria -Anche tu mi hai fatto male
l'altro giorno!-
Philip si riscosse dalla sete di vendetta. Non sopportò
più che la toccasse, che la stringesse. Soprattutto non
poté tollerare che quel bastardo le procurasse dolore.
-Maledetto stronzo, lasciala!- si avventò sul ragazzo ma lui
arretrò, trascinando Jenny con sé tra la neve e
facendosi scudo con il corpo di lei.
-Stai indietro, o finisce male per entrambi.-
Jenny lo sentì allentare la stretta, il braccio smise di
bruciarle e poté tornare a respirare.
-Kevin ti avverto, tutto questo non è divertente! Lasciami
subito e fingeremo di non averti incontrato!-
Le sue parole ragionevoli persero significato e il suo tono si
affievolì fino a spegnersi quando tra gli alberi alle spalle
di Philip si materializzarono tre ragazzi che avanzarono furtivi verso
di loro. Il panico le attanagliò lo stomaco. Kevin non era
lì per infastidirli ma per far loro del male.
-Ti ho detto di lasciarla!- insistette Philip furente.
-Non ti avvicinare, Callaghan. Non sarà con me che dovrai
vedertela.-
Fu Jenny ad avvertirlo.
-Dietro di te! Attento!-
Il terrore nella voce della fidanzata lo mise in allarme più
ancora dell’avvertimento. Si volse d'istinto e solo per un
soffio riuscì a scampare a un pugno che avrebbe potuto
rompergli il setto nasale. Si tirò di lato con uno scatto,
un piede cedette sul ghiaccio e si sbilanciò. Ma
riuscì a non cadere e indietreggiare ancora. Quel bastardo
di Kevin aveva portato i rinforzi. Tre ragazzi lo guardavano seri, le
mani nelle tasche, dritti e spavaldi in un atteggiamento che non
presagiva nulla di buono. Quello che aveva provato a colpirlo era alto,
molto più di lui e svettava sugli altri due. Il ragazzo che
camminava al centro era basso e tarchiato, i capelli a spazzola e la
testa rotonda. L’ultimo era grossomodo della stessa altezza
di Philip, ma apparentemente più esile e meno robusto.
Tornò a guardare Jenny. Lei lo fissava impaurita, ma almeno
Kevin doveva aver allentato la stretta perché il suo corpo
non era più in tensione e la sofferenza le era sparita dal
volto. Adesso vi era solo terrore.
-È tutto vostro. Pensateci voi.- disse lui, ma i tre non
guardavano Philip. Il loro curioso interesse era tutto rivolto a Jenny.
-Bella la tua amica, Kevin.- disse il più basso -Potresti
presentarcela, almeno.-
-Se vuoi la tengo io, così hai le mani libere per conciarlo
per le feste.-
Kevin s'indispettì.
-Il tuo obiettivo non è lei, Steve.-
Philip era immobile, granitico, sembrava diventato di ghiaccio
più della neve che lo circondava ma dentro ribolliva di
collera, il sangue gli scorreva nelle vene incandescente come la lava
di un vulcano in eruzione. Era già iniziato il conto alla
rovescia prima che la sua furia esplodesse. Solo che, per quanto
poteva, doveva mantenersi lucido. Prima di tutto per capire che tipo di
pericolo corresse Jenny. A metterlo in guardia erano soprattutto le
espressioni di palese apprezzamento di quei tre, che avevano fatto
scaturire sulle guance della fidanzata rosse tonalità di
disagio. Fin dove aveva intenzione di spingersi, quel maledetto?
-Ci lasci sempre gli scarti.-
-Johnny ha ragione. E poi non c’era bisogno che ci
disturbassimo tutti per sistemare questa mezza calzetta.-
Philip si irrigidì ancora di più.
-Ma senti chi parla, imbecille!-
Era furioso. Se lui e Jenny avevano litigato, la colpa era di Kevin. Se
non si erano parlati per due giorni, la causa era sempre lui. Ma la
soddisfazione di averlo di fronte per dargli una lezione una volta per
tutte, si era rapidamente evoluta nel presentimento che presto si
sarebbe messa male, molto male.
Steve, il tipo alto, non gradì la precisazione.
-Come cazzo ti permetti? Adesso ti farò passare la voglia di
parlarci così!-
Ma l’altro non si lasciò intimorire,
perché l’unica cosa che gli premeva era
l’incolumità di Jenny.
-Provaci.-
Un lampo di sdegno attraversò gli occhi del ragazzo
più alto. Accettò la sfida e fece un passo verso
Philip, sprofondando nella neve ancora fresca e stringendo una mano
nell’altra fino a far scoppiettare le giunture delle dita.
Il cuore di Jenny prese a martellare nel petto a una
velocità vertiginosa.
-Kevin, che intenzioni hai? Lasciaci in pace!-
Fu come se non avesse parlato. Lui non le rispose, il ragazzo alto
continuò ad avanzare verso la sua vittima. Philip, teso e
rigido ma molto più pronto a reagire di quanto mostrasse,
aspettava che l'altro facesse per primo la sua mossa.
-Vediamo cosa sei capace di fare.-
-Vediamo.- gli fece eco beffardo.
Era certo di riuscire a tener testa allo spilungone. Non poteva essere
peggiore di Clifford che una volta, quando la sua strafottenza
inarginabile aveva superato i limiti urtando la
suscettibilità della maggior parte della nazionale, aveva
ricondotto a più miti consigli. A preoccuparlo era la
presenza degli altri due. Non aveva ancora capito se il giovane alto si
sarebbe fatto sotto da solo, lasciando gli amici liberi di infastidire
Jenny, o se l’avrebbero assalito tutti e tre insieme. A
peggiorare una situazione non del tutto rosea c'era anche il terreno
sconnesso. Si trovano nel bosco, alle pendici delle montagne che
circondavano il ryokan. Il suolo era coperto da svariati centimetri di
neve che celavano pietre, buche e dislivelli. Se non faceva attenzione
rischiava di slogarsi una caviglia e allora sì che sarebbero
stati dolori, in tutti i sensi.
-Philip!- lo richiamò Jenny. Non capiva perché
non corresse a chiedere aiuto. Perché rimanesse
lì in balia della follia di Kevin. Era più veloce
di quei tre, li avrebbe seminati in un attimo. Poi sarebbe tornato con
Mark, Benji, Holly e gli altri e avrebbero dato a Kevin la lezione che
meritava, una lezione che non avrebbe dimenticato per parecchio tempo.
Solo così poteva funzionare, eppure Philip non si muoveva.
Strattonò Kevin perché la lasciasse, ma appena
tentò di sfuggirgli il ragazzo le sollevò il
gomito e un dolore da svenire l’assalì di nuovo.
-Kevin, per favore! Cosa vuoi da noi? Lasciaci stare! Non ti abbiamo
fatto niente!-
Le era impossibile credere che il suo ex compagno di scuola le stesse
facendo questo. Che fosse andato fin lassù organizzando
l’agguato. Non riusciva a spiegarsi perché
continuasse a tenerla facendole male al braccio né
perché i suoi amici ce l’avessero con Philip, che
non aveva fatto nulla a nessuno e neppure li conosceva. Non capiva un
accidenti di niente ma doveva fermarli. Quella situazione era assurda,
il loro comportamento era assurdo, tutto era assurdo!
-Per favore, Kevin!- lo supplicò con voce rotta.
Philip era consapevole che Jenny non avrebbe potuto far nulla per
impedire ciò che stava per succedere. L’aveva
capito da quando l’aveva sentita urlare di dolore. Kevin
gongolava a vederla soffrire almeno quanto godeva a tenerla stretta a
sé. E avrebbe raggiunto l’estasi completa non
appena i suoi amici avessero cominciato a pestarlo di botte.
-Allora? Ce lo fai vedere di che pasta sei fatto?- lo
provocò Steve sarcastico girandogli intorno per innervosirlo.
Seguendo il suo percorso con gli occhi, lui fece spallucce.
-Non ho alcun interesse a gonfiarti di pugni.-
Jenny guardò il fidanzato, poi guardò i ragazzi
che gli erano vicini. Mentre la tensione cresceva diventando palpabile,
una paura folle si impadronì di lei. Il cuore continuava a
batterle all’impazzata, pulsandole nelle tempie. Non aveva
mai provato un terrore simile. L’atteggiamento di quei tre
che pressavano Philip come lupi affamati pronti a balzare sulla preda,
la stava gettando nel panico. Non poteva permettere che lo
picchiassero. Non doveva assolutamente accadere, ma come fermarli?
Kevin non l’ascoltava, loro la ignoravano del tutto e Philip
non correva via. Le rimaneva soltanto una soluzione: chiamare aiuto.
Raccolse il fiato e lanciò un grido acuto che
riempì il bosco diffondendosi nei dintorni in una
progressione di echi. Philip fu l’unico a non trasalire,
anche se la voce di Jenny lo trafisse da parte a parte.
Kevin non se lo aspettava ma reagì rapidamente. Le
piazzò una mano sulla bocca e premette così forte
da renderle difficoltoso persino respirare.
-Sta’ zitta!- era certo che qualcuno al ryokan
l’avesse udita, forse persino i nonni. L’edificio
non era distante, oltre i rami degli alberi ammantati di neve si
scorgevano le tegole del tetto. Dovevano fare in fretta, prima che
arrivasse il resto del gruppo.
Jenny restò bloccata con il viso rivolto verso Philip,
costretta ad assistere impotente a quello che sarebbe accaduto davanti
a lei. I loro occhi si incontrarono per un lungo attimo. Lui non
poté fare altro che restare a guardarla. Se si fosse mosso
per correre in suo aiuto, uno dei tre o tutti insieme lo avrebbero
assalito e riempito di pugni, impedendogli di difendere se stesso e
lei. Almeno per il momento, se Jenny fosse rimasta tranquilla non
avrebbe corso nessun pericolo. Kevin la teneva stretta, sì,
le bloccava il braccio e si stava comportando in modo spregevole ma non
pareva interessato a farle davvero del male.
Steve, lo spilungone, stanco di aspettare una reazione che non
arrivava, si scagliò all’attacco. Philip si volse
di scatto, si scostò di lato e l’impeto
dell’assalitore non lo sfiorò neppure.
Percepì però lo spostamento d’aria
provocato dal suo corpo. Lo slancio e la neve trascinarono il ragazzo
alto qualche metro più lontano.
-Hai bisogno di un paio di occhiali, Steve?- gridò Kevin
imbufalito -Non lo hai neppure sfiorato!-
Jenny avrebbe riso se le circostanze non fossero state così
tragiche. Quegli stupidi imbecilli non avevano tenuto conto del fatto
che Philip era un atleta, molto più agile di loro, molto
più abituato all’esercizio fisico. Nella neve
Philip ci correva, si allenava, si esercitava per buona parte
dell’anno. Aveva più forza, più
agilità e di sicuro più perspicacia e
intelligenza… se solo non avesse stupidamente deciso di
affrontarli. O forse Kevin aveva tenuto conto della natura del suo
avversario, visto che li aveva raggiunti al ryokan accompagnato.
Mentre Steve mugugnava un insulto in direzione di Kevin, Philip
arretrò tenendo sempre d’occhio gli altri due.
Anche se per il momento non sembravano intenzionati a intervenire, non
poteva permettersi l’ingenua mossa di lasciarseli alle spalle
e restare bloccato nel cerchio.
Steve ci riprovò e partì alla carica. Philip
questa volta non si scostò. Non poteva continuare a
evitarlo, non avrebbe ottenuto nulla se non stancarsi. Doveva
neutralizzarli, uno alla volta. Solo così si sarebbe
liberato di loro e avrebbe potuto dedicarsi a Kevin indisturbato.
Afferrò al volo il polso dello spilungone, strinse forte e
ne deviò la traiettoria, diminuendone nel contempo la
violenza. Quando le dita cozzarono contro gli addominali, fu pronto a
ricevere il colpo. Serrò i denti e fece scattare la mano
destra. Mentre Jenny gridava di paura restituì il pugno, con
gli interessi e in pieno volto. Steve urlò un insulto e
indietreggiò. Philip fece altrettanto e i muscoli dello
stomaco bruciarono come dopo un’interminabile serie di
flessioni. Ma il pugno che aveva mollato allo spilungone era stato
molto più doloroso. Gli aveva spaccato il labbro inferiore e
ora il viso del ragazzo era sporco di sangue. Lui se ne rese conto e lo
guardò con odio.
-Maledetto bastardo! Mi hai ferito!-
-Un rischio che sapevi di correre, visto che hai cominciato tu.-
Steve si ripulì il labbro con la lingua, i suoi occhi
brillavano di collera. Lanciò un’occhiata ai
compagni in attesa. Il più basso e tarchiato teneva le mani
nelle tasche e aspettava, l’altro invece sembrava valutare
Philip con molta meno boria.
-Steve, che facciamo?- domandò.
Fu Kevin a rispondergli al suo posto.
-Che cazzo vuoi fare, Johnny? Gonfiatelo di botte! Siete qui apposta! O
avete paura?-
Jenny trasalì a quegli ordini che sembravano provenire
direttamente da lei, uscirle dai capelli, attraversare la lana della
sciarpa e condannare Philip a un doloroso pestaggio.
-No! Kevin, no!- invocò -Basta così, fermali!-
Philip schivò John, impedendogli di agguantargli un braccio.
Serrò il pugno e lo colpì allo stomaco mentre gli
passava accanto.
E due.
Il ragazzo boccheggiò senza fiato e scivolò in
ginocchio, le braccia a stringersi il ventre. Il tipo basso finalmente
capì che il problema non erano Steve o John ma che la loro
vittima era molto meno innocua e sprovveduta di quanto Kevin avesse
fatto loro credere.
Philip aveva la sensazione di muoversi al rallentatore mentre i
pensieri si accavallavano nella testa alla velocità della
luce. L’adrenalina aveva modificato la percezione del tempo,
li aveva colpiti già due volte e non erano passati che pochi
istanti. Steve era in piedi dove lo aveva lasciato, una macchia di
sangue sul viso all’angolo della bocca e una striatura rossa
sulla guancia. Per ripulirsi dal sangue, si era imbrattato tutta la
faccia. John giaceva ancora a terra, piegato in due, lo stomaco stretto
tra le braccia, squassato da fitte di dolore. Si sarebbe rialzato?
Philip si augurava di no, sperava che avesse imparato la lezione.
Sapeva di avergli fatto parecchio male. La sua mano era affondata nella
carne, il ragazzo non era preparato all’urto e i muscoli non
avevano opposto alcuna resistenza.
-Ted!- invocò Steve -Hai finito di dormire?-
Tra le braccia di Kevin Jenny si tese. Sollecitato
dall’ordine perentorio, il terzo giovane si
slanciò verso Philip emettendo una specie di grido di guerra.
-Maledetto! Adesso ti concio per le feste!-
Philip aspettò fino all’ultimo momento per
scostarsi e non dare la possibilità all’altro di
modificare la sua traiettoria. Ma quando si tirò di lato,
scivolò inavvertitamente sul ghiaccio e Ted lo travolse con
una spallata. Philip accusò l’urto e spinse il
ragazzo che ormai lo aveva superato sulla stessa lastra di ghiaccio che
aveva fatto vacillare lui stesso. Ted scivolò e
rotolò tra la neve.
L’attacco del terzo giovane fu un totale insuccesso ma
catturò la completa attenzione dell’avversario,
consentendo a Steve di accostarsi non visto.
-Philip!- lo mise in guardia Jenny ma già troppo tardi.
Quando lui si volse il pugno lo colpì in pieno viso.
Udì Jenny gridare di nuovo nel momento stesso in cui
percepiva uno schiocco secco, come se qualcosa si rompesse. I denti
cozzarono gli uni contro gli altri, tagliandogli la parte interna della
guancia mentre una miriade di puntini luminosi invadevano il mondo,
insieme a macchie scure che dissolsero i contorni delle cose e del
volto ghignante che lo fronteggiava. Fu un miracolo a consentirgli di
restare in piedi e scostarsi quanto bastava per non ricevere quel
secondo pugno che stavolta lo avrebbe steso. La guancia pulsava e
bruciava come il fuoco, ma la vista si snebbiò di colpo
concedendogli di evitare John. A quanto pareva non aveva imparato la
lezione e tornava alla carica.
La situazione per Philip si era evoluta nel peggiore dei modi.
Circondato e dolorante, si era dissolta ogni possibilità di
uscire dal cerchio che si era stretto intorno a lui. Gli addominali
protestavano per il primo colpo ricevuto e tutt’intorno
continuavano a pulsare lucine luminose. Il pugno al volto lo aveva
stordito. Mentre ingoiava il sangue che gli aveva riempito la bocca,
guardò per l’ultima volta Jenny che lo fissava
piena di terrore. Kevin le premeva di nuovo una mano sulle labbra per
impedirle di chiamare aiuto.
Un movimento alla sua sinistra lo indusse a scostarsi con un balzo.
Scampò a Steve ma finì dritto sulla traiettoria
di Ted che riuscì ad afferrargli un braccio. Philip lo
strattonò, lo colpì con la mano libera e quasi
riuscì a liberarsi. Non scorse Steve arrivagli alle spalle.
Sentì soltanto qualcosa calargli sulla nuca con una violenza
tale che un lampo lo accecò. Non vide più nulla,
le orecchie presero a fischiargli distorcendo le grida di Jenny,
cercò di reagire ma le gambe cedettero e finì in
ginocchio. John gli fu subito addosso e gli sferrò un calcio
tra le costole che gli tolse il respiro. Una mano al fianco, nonostante
il dolore lo squassasse, si puntellò con l’altra
sulla neve per rimettersi in piedi, perché se fosse rimasto
a terra lo avrebbero massacrato di botte.
Non accadde.
-Tiratelo su.-
Philip si sentì afferrare per un braccio, poi subito anche
per l’altro. Scosse la testa per liberarsi dal fischio che
gli ronzava nelle orecchie e per rimettere a fuoco il mondo. Alla sua
sinistra c’era il simpatico John a cui avrebbe dovuto dare
una seconda lezione, visti i pessimi risultati della precedente. A
destra c’era Ted il tracagnotto, che poco prima era rotolato
a terra come un sacco di patate. Non riusciva a credere che due
individui così insulsi fossero riusciti a sopraffarlo. Era
proprio vero che l’unione fa la forza. Piegò le
braccia in un estremo, e purtroppo inutile, tentativo di liberarsi. Non
ci riuscì. Allora guardò dritto davanti a
sé. Steve era a un passo, in attesa. Dietro di lui Kevin, e
Jenny.
-Il tuo fidanzato non vale niente.- lo sentì dire.
Gli occhi umidi di lacrime di lei furono attraversati da un lampo di
sdegno. Non era vero che Philip non valeva niente ed era sicura che
Kevin se ne fosse accorto da solo. Philip finora era riuscito a tener
testa ai suoi amici. Non solo li aveva colpiti tutti almeno una volta
ma giudicare dalle loro reazioni gli aveva fatto anche male.
-Lo hanno assalito in tre! Sei tu che non vali niente! Non hai avuto il
coraggio di affrontarlo e stai qui a tenere me lasciando fare il lavoro
sporco a loro! Vigliacco!-
L’ombra di un sorriso aleggiò sulle labbra di
Philip perché la risposta di Jenny gli piacque. Purtroppo
però servì soltanto a inasprire Kevin.
-Che cazzo aspetti, Steve? Ci facciamo notte?-
La loro vittima era ormai del tutto impossibilitata a difendersi e a
fuggire. Lo spilungone avanzò verso di lui.
-Adesso ti restituirò tutto con gli interessi!-
Philip capì che non erano parole vane, non erano promesse
fatte al vento. Capì che sarebbe finita male, che ne sarebbe
uscito malconcio. Ma a Jenny finora non era stato torto un capello e
almeno questo era consolante. Steve tirò indietro il
braccio, contrasse fino allo stremo i muscoli della spalla e con tutta
la forza di cui riuscì a caricare il movimento gli
sferrò un poderoso pugno nello stomaco. Philip non
poté evitarlo in nessun modo. Strinse i denti e
incassò con un gemito. Il dolore fu fortissimo e gli tolse
il respiro. Il suo corpo sussultò tutto e i capelli bagnati
dall’umidità e dal sudore gli finirono sugli
occhi, il viso sofferente chino a terra.
Jenny aprì la bocca sotto la mano di Kevin, poi
serrò di colpo i denti affondando nella carne. Lui
gridò e cercò di scostarsi ma lei strinse ancora
più forte fino a farlo ululare. Solo quando smise di
tenerla, lo mollò.
Kevin continuò a urlare di dolore, ricoprendola di insulti.
La spintonò lontano con una violenza tale da scagliarla a
terra. In ginocchio tra la neve, Jenny si volse a guardarlo. Kevin si
teneva stretto tra le dita il polso della mano ferita, guardando
incredulo il sangue che gli macchiava la pelle.
Le grida del compagno bloccarono a metà il secondo pungo di
Steve. Tutti si volsero, persino Philip si riscosse dalla sofferenza
che gli riempiva il cervello per sollevare il viso e capire cosa stesse
accadendo. Vide Kevin continuare a imprecare a gran voce, una mano
insanguinata stretta nell’altra e sollevata come fosse un
trofeo, e Jenny sotto di lui che si rimetteva in piedi. Era riuscita a
liberarsi, finalmente. Socchiuse le labbra per gridarle di scappare ma
non fece in tempo. Lei gli arrivò addosso, gli cinse il
collo con le braccia e si strinse a lui. Se volevano continuare a
infierire sul fidanzato, sarebbero dovuti passare sul suo corpo.
Steve non riuscì a capacitarsi di trovare Jenny aggrappata
alla sua vittima.
-Non dovevi lasciarla, Kevin!-
-E tu dovevi fermarla!- replicò il ragazzo furente. Si
ripulì il sangue sui pantaloni e agitò la mano.
Provò a serrare le dita e ci riuscì, ma la ferita
gli faceva un male cane.
Jenny tirò indietro la testa quanto bastava per guardare il
fidanzato dritto negli occhi. Scorse lo zigomo tumefatto e sporco di
sangue, altro sangue che gli imbrattava la bocca. Represse un
singhiozzo.
-Philip, mi dispiace tantissimo. È tutta colpa mia!-
-No, non è colpa tua. Torna al ryokan.- la
sollecitò con urgenza e il terrore che prima o poi anche lei
finisse per farsi male -Vai a chiamare gli altri.-
-Non ti lascio.-
-Non puoi fare niente.- alzò il viso, vide Kevin avvicinarsi
e la pressò -Vai, fai in fretta!-
-Sarebbe inutile. Mi correrebbe dietro e mi riprenderebbe subito.-
-Esattamente, Jenny. Quindi è inutile che ci provi.-
Philip fissò Kevin con odio. Era di fronte a loro e
assisteva divertito al dialogo. Avrebbe dato chissà cosa per
poter prendere a pugni quella faccia da schiaffi. Fece forza sulle
braccia ma non servì in nessun modo a liberarsi dalla
stretta degli altri due.
-Vieni, Jenny. Qui sei d’impiccio.-
Philip sentì il braccio di Kevin insinuarsi tra i loro corpi
e afferrare la giovane per la vita. Il ragazzo cercò di
tirarla via ma per quanto ci provasse non riuscì a
staccargliela di dosso. Jenny non lo avrebbe lasciato per nulla al
mondo. Farlo significava far ricominciare il pestaggio.
-Mollalo!-
-Lasciami Kevin!- gridò lei di rimando e resistette
finché poté, finché il braccio
sinistro, quello maltrattato, pulsando di dolorosissime fitte,
riuscì a mantenere la presa.
Tra le risate di Steve, Ted e John, si fecero strada suggerimenti
sempre più inquietanti.
-Se ti serve una mano ti aiuto volentieri, Kevin!-
-Vaffanculo, Steve!-
-Falle il solletico!-
-No! Slacciale i pantaloni!- gli occhi di Ted scintillarono al solo
pensiero -Se non molla, almeno potremo goderci lo spettacolo!-
Jenny si irrigidì, stringendosi ancor più a
Philip e affondando il viso contro la sua giacca a vento. Il cuore
prese a batterle all’impazzata. Kevin sarebbe stato capace di
tanto?
Philip trapassò Ted con uno sguardo di fuoco, poi
spostò gli occhi sul ragazzo che continuava a tirar Jenny
verso sé.
-Se lo fai davvero, appena mi libero ti ammazzo!-
Steve rise di nuovo.
-Quando avremo finito con te, non avrai più la forza di
sollevare neppure un dito.-
Kevin ignorò il suggerimento di Ted che avrebbe potuto
creare un incidente diplomatico tra i proprietari del ryokan e suo
padre. A lui interessava infierire su Philip, su questo fantastico
ragazzo che faceva andare i nonni in giro per il paese a testa alta e
con orgoglio, come se Jenny a Shintoku non sarebbe mai
riuscita trovare qualcuno migliore di lui. Strattonò la
ragazza con forza e riuscì a staccarla definitivamente da
Philip. Lei perse la presa e gli finì tra le braccia. Mentre
si dibatteva, gli occhi in quelli del fidanzato che aveva appena
lasciato nelle mani dei tre teppisti, Kevin la sollevò di
peso e la portò lontana.
-Ti prego, Kevin!- si volse per guardarlo -Ti prego, ti prego, ti
prego, ti supplico…- era disperata -Non permettere che gli
facciano del male! Kevin, per favore, ti prego…-
-Troppo tardi, Jenny.- fu la sua risposta secca.
Allora lei ricominciò a gridare per chiedere aiuto.
-Insomma, cos’è?- Julian alzò gli occhi
dalla rivista. Era almeno la terza volta che udiva quella sorta di eco,
come il soffio della brezza tra i rami o il sibilo che penetra
attraverso gli infissi nelle giornate di vento.
-Cos’è cosa?- chiese Bruce.
-Questo rumore.-
-Che rumore?-
Nella stanza calò un silenzio totale. Udirono i passi di
qualcuno che percorreva il corridoio al piano di sotto, lo scricchiolio
del parquet, una porta che veniva richiusa. Un uccellino che
cinguettava all’esterno, un altro che gli rispondeva. Tom
starnutì e si scusò imbarazzato.
-Non sento niente.- Amy guardò il fidanzato -Cosa avevi
udito?-
-Era una voce. Una specie di eco, credo…-
-Udire le voci non è un buon segno.-
Julian lanciò a Benji un’occhiata di sufficienza,
poi l’udì di nuovo.
-Ho sentito anch’io. Viene da fuori.- disse Evelyn. Quel
suono aveva qualcosa di allarmante, allora si alzò e
aprì la finestra.
Udirono un grido lontano che sembrò scaturire dalle
montagne, dalla neve, dagli alberi spogli, dalle fenditure delle rocce,
dall’aria fredda che penetrava nella stanza.
Era Jenny che chiamava aiuto.
Mark balzò in piedi e si precipitò giù
per le scale facendo rimbombare dei suoi passi l’intero
ryokan. Impiegò meno di cinque secondi a infilarsi le scarpe
e uscire senza giacca, affrontando a testa alta il freddo e
l’ignoto significato di quelle urla.
-Basta! Per favore, smettetela!-
Kevin, snervato dalla voce di Jenny che gli feriva le orecchie, non
aveva il coraggio di chiuderle la bocca con la mano, terrorizzato che
lo mordesse ancora. Tornò a piegarle il braccio dietro la
schiena e ottenne soltanto di trasformare le grida di aiuto in urla di
dolore.
-Mi fai male! Lasciami! Mi fai male!-
-E allora smetti di gridare!-
Allentò appena un poco la stretta, poi spostò gli
occhi su Steve, John e Ted. Avevano fatto un ottimo lavoro ed era
giunta l’ora di andare.
Philip era in ginocchio tra la neve sostenuto per le braccia, il capo
reclinato in avanti e i capelli sul viso. Il sangue fuoriusciva da una
ferita sulla fronte, sotto le ciocche imbrattate, dove la pelle si era
spaccata in un doloroso taglio rosso. Gli rigava il volto fino al mento
e sgocciolava scarlatto sulla coltre candida, lasciando segni
visibilissimi. Non c’era più traccia di odio nei
suoi occhi, dal suo volto sfinito era scomparsa la strafottenza con cui
li aveva affrontati all’inizio. Era esausto e sofferente,
totalmente incapace di reagire.
Mark arrivò per primo sul luogo dell’aggressione.
La sua corsa si fermò solo nel momento in cui scorse tra gli
alberi la figurina di Jenny e di qualcun altro che da lontano
scambiò per Philip. Quando lei lo vide avanzare, per poco
non scoppiò a piangere di gioia e lo chiamò con
una tale angoscia che un brivido corse lungo la schiena del ragazzo.
Avanzò nella neve a grandi falcate e riconobbe Kevin che
chissà come era riuscito a starle di nuovo addosso, senza
che anche questa volta Philip potesse farci niente… Philip,
appunto! Dove diavolo era finito quel deficiente? Come aveva potuto
lasciarla sola con lui? Quando gli alberi si schiusero mostrandogli la
scena per intero, ciò che si trovò davanti gli
tolse le parole.
Si fermò allibito a un passo dall’amica e da
Kevin, dimenticando addirittura che con lui aveva un conto in sospeso.
Non riuscì a distogliere gli occhi dal disastro insanguinato
che era Philip, e dagli autori di quel capolavoro. Dietro di lui
giunsero le voci prima di Benji, poi di Holly. Il capitano, a quello
spettacolo, ebbe un mezzo infarto.
-Porca miseria!-
Benji invece fu così sbalordito da non riuscire,
stranamente, a spiccicare parola. Poi arrivarono gli altri.
-Philip!- Amy si portò le mani alla bocca in un grido
soffocato, scioccata da ciò che riusciva a scorgere del
volto tumefatto e insanguinato dell’amico.
I ragazzi che lo stavano picchiando si erano fermati già
all’arrivo di Mark e adesso osservavano i nuovi arrivati,
consapevoli che non restava loro altro da fare che tagliare la corda.
-Maledetto!- Landers accantonò lo sgomento e fece un passo
verso Kevin -Che cazzo hai fatto?- non solo aveva organizzato un
pestaggio ai danni di Philip, ma continuava ancora a tenere Jenny
stretta a sé. Un comportamento del tutto inaccettabile.
Kevin sembrò rendersi conto di rischiare grosso,
mollò la ragazza e lei si precipitò da Philip.
Cadde in ginocchio di fronte al fidanzato e gli circondò il
torace con le braccia, sostenendolo su.
-Stai bene?- gemette, la voce stentata. Lo sentì mormorare
qualcosa e sollevò il volto rigato dalle lacrime verso John
e Ted -Lasciatelo subito!-
Stordito dai colpi ricevuti e dal dolore, Philip non si era neppure
accorto dell’arrivo dei compagni. Il viso
sprofondato tra i suoi capelli, solo il profumo di Jenny gli
consentì di capire che l’agonia era finita. Poi
improvvisamente le sue braccia furono libere di ricadergli lungo i
fianchi. Quasi urlò di dolore, i muscoli della schiena
protestarono, indolenziti e sofferenti. Si aggrappò a Jenny
come poté e se lei non lo avesse sostenuto, sarebbe
sprofondato con la faccia tra la neve.
-Kevin, forse è meglio andare.-
Il ragazzo guardò Steve che era indietreggiato, Ted e Johnny
che lo fiancheggiavano tesi, Jenny che teneva tra le braccia il suo
ammaccato fidanzato, che forse adesso non era più tanto
fantastico. E poi gli altri, nove paia d’occhi puntati su di
lui. La graziosa ragazza con i capelli castani e gli occhi grandi e
limpidi lo guardava incredula, scioccata, rifiutando tanta violenza e
tanto accanimento verso uno dei suoi amici.
Kevin respinse con fastidio le accuse che quello sguardo sconvolto gli
stava riportando alla coscienza e decise che i compagni avevano
ragione. Il lavoro era stato fatto, più niente lo tratteneva
lì. Era davvero ora di andare.
-Tre contro uno, complimenti davvero!- disse Landers sprezzante
-Perché non proviamo a vedere come ve la cavate adesso?-
-Philip…-
Un braccio a cingergli la schiena, con un gesto delicatissimo Jenny
scostò i capelli ridotti in ciocche dal sangue che gli aveva
imbrattato il volto, il collo, la giacca a vento e il maglione e
continuava a stillare dalla ferita. Lo zigomo arrossato ed escoriato
dal pugno di Steve stava assumendo un brutto colore bluastro.
Cercò di aiutarlo ad alzarsi. Il ragazzo soffocò
un gemito, poi puntellò un piede a terra e fece forza sulle
gambe. Qualcuno lo afferrò sotto un braccio strappandogli un
lamento, ma grazie a quell’aiuto poté mettersi in
piedi. Jenny, da sola, non sarebbe riuscita a tirarlo su.
-Philip, tutto bene?- era Tom.
-Sì.- rispose con voce roca. Una meraviglia, avrebbe voluto
aggiungere ma non ne ebbe la forza.
Il calcio alle costole gli rendeva doloroso persino respirare e lo
faceva piano, con cautela, inalando aria sufficiente a consentirgli di
sopravvivere, non un anelito di più. Desiderò
essere un robot per poter buttare le parti danneggiate del suo corpo e
sostituirle con altre nuove. Si chiese se fosse ancora tutto intero
perché dal dolore che provava non lo credeva, e quando
riuscì finalmente a muovere qualche passo con
l’aiuto della fidanzata e di Tom, pensò che in
fondo sarebbe potuta andargli peggio.
-Philip, come ti senti?- a Jenny veniva da piangere per la pena, ma
riuscì a ricacciare indietro le lacrime.
Lui sollevò il volto, la guardò negli occhi e
tentò un sorriso.
-Stavo meglio prima, ma sono ancora vivo.-
Percorrere quel centinaio di metri fino al ryokan tra la neve alta e il
terreno sconnesso fu una vera tortura. Ogni passo si
trasformò in una fitta lancinante che gli sconquassava il
corpo, arrivandogli al cervello. Rientrarono guardinghi, prima Evelyn e
Patty per assicurarsi che i nonni non fossero nei paraggi, poi gli
altri e infine loro tre.
-Via libera.- disse Mark, facendo cenno a Tom di affrettarsi.
Davanti alle scale Philip capì che avevano tutta
l’intenzione di portarlo in camera. E lui non era pronto
né ad affrontare la rampa, né ad assecondare la
curiosità, l’interesse e la preoccupazione dei
compagni.
-No.- scosse la testa rifiutandosi di salire -Sono sporco e sudato, ho
bisogno di lavarmi.- più di tutto però voleva
vedere in che condizioni lo avevano ridotto. E voleva vederlo da solo.
Il torace faceva terribilmente male, il viso andava a fuoco e le
braccia dolevano dove i ragazzi lo avevano stretto per tenerlo fermo.
La schiena poi era una costellazione di punti critici. Obiettivamente
il dopo era sempre peggio del durante.
Jenny non reagì in nessun modo alla sua richiesta,
né in un senso né nell’altro. Temeva
che la nonna o il nonno lo vedessero e allora avrebbe dovuto raccontar
loro qualcosa di cui non voleva parlare, che non voleva che sapessero.
Ma intendeva anche accontentare ogni sua richiesta, dal momento che
ciò che aveva subito era interamente colpa sua.
Si accorse che Philip la guardava e aspettava, il volto sporco di
sangue, i capelli spettinati e l’espressione sofferente che
cercava di dissimulare.
Lei e Tom lo lasciarono davanti alla porta degli spogliatoi dove
pretese di entrare da solo. Insieme salirono al piano di sopra, Becker
per raggiungere gli amici, Jenny per recuperare degli abiti puliti da
riportare al fidanzato.
-Che ci faceva Kevin insieme a voi?- le chiese Benji quando la vide
entrare.
Jenny non seppe cosa rispondergli, allora scosse la testa e senza dire
nulla si fermò davanti all’armadio a muro in cerca
di vestiti puliti per Philip.
Patty la raggiunse.
-Come vi hanno trovati? Come sapevano che eravate fuori?-
-Sono stati fortunati, immagino.- alzò un braccio per
afferrare una felpa dallo scaffale più alto e una fitta la
fece sussultare. Ritirò di scatto la mano e si strinse la
spalla con l’altra.
-Ti sei fatta male?- si preoccupò l’amica.
-Non è nulla.-
-Quale vuoi?-
-Quella blu.-
Patty prese la felpa e gliela porse.
Jenny recuperò per ultimo un paio di calzini e
lasciò in fretta la stanza.
Gli amici la guardarono uscire in silenzio, e solo quando
udì i suoi passi sulle scale Mark parlò.
-Che stronzo! Ha fatto male anche a lei!-
-Di che ti meravigli? Al lago l’ha schiaffeggiata.-
Holly raggiunse la porta.
-Dove vai?-
-A vedere come sta Philip.-
-Non ti lascerà entrare.- lo avvertì Tom.
-Non potrà certo impedirmelo.- uscì, scese le
scale e percorse tutto il corridoio. Voltato l’angolo
trovò Jenny seduta a terra, le gambe piegate, la fronte
sulle ginocchia e la spalla dolorante stretta in una mano. Teneva la
schiena appoggiata contro la porta dello spogliatoio maschile e fu
costretto a fermarsi per non calpestarla.
-Cosa stai facendo?-
La giovane sussultò spaventata, si asciugò
rapidamente gli occhi con la mano e gli rispose senza tirare su il viso.
-Non vuole che entri.- era riuscita a malapena a passargli i vestiti da
uno spiraglio della porta. Si alzò per scostarsi e dopo un
respiro profondo alzò gli occhi -Vai alle terme?-
-Voglio vedere come sta.-
Jenny annuì e un attimo prima che entrasse gli porse il
flacone di crema rimasto a terra in un angolo. Holly lo prese e le
sorrise.
-Stai tranquilla. Sono sicuro che non è niente di grave.-
scostò le tendine blu, aprì il pannello
scorrevole e sparì nello spogliatoio.
Trovò Philip davanti al lavandino, indossava soltanto i
jeans. A torso nudo si guardava critico allo specchio, togliendosi il
sangue dal viso e dalla ferita sulla fronte con delle salviette umide.
Scorse Holly avvicinarsi attraverso il riflesso. Gli lanciò
giusto un’occhiata, poi tornò a ripulirsi la pelle.
-Come stai?-
Il corpo di Philip era costellato di segni rossi, soprattutto sul
torace, che il giorno successivo si sarebbero trasformati in dolorosi
lividi blu. La ferita sulla testa aveva ripreso a sanguinare.
-Pensavo peggio.-
-Perché ti stavano picchiando?-
-Perché Kevin è uno stronzo.-
-Gli hai fatto qualcosa?-
-Gli dà fastidio che sto con Jenny.-
Holly ripensò all’amica che stazionava sulla
porta.
-È qui fuori. Ti sta aspettando.-
Attraverso lo specchio Philip lo fissò un istante, poi
posò le salviette sul bordo del lavandino, si protese in
avanti, aprì l’acqua e si lavò il viso.
Quando si tirò su, grondante, Holly gli porse un asciugamano.
-Le fa male la spalla.-
-Kevin le ha piegato il braccio dietro la schiena per tenerla ferma.- e
ancora si tormentava per non essere riuscito a impedirlo in nessun modo
-Faccio la doccia.- si slacciò i pantaloni e se li
sfilò gemendo. Li gettò da una parte e si
massaggiò le costole doloranti. Holly notò delle
escoriazioni anche lì.
-Non credo che domani ti allenerai con noi.-
Philip posò su di lui uno sguardo autenticamente incredulo.
-Perché?-
-Visto come ti hanno ridotto, sarà già tanto se
domattina riuscirai ad alzarti.-
Il ragazzo fece spallucce e soffocò un lamento.
Finì di spogliarsi con precauzione e si diresse verso le
docce.
-Dopo metti questa.- gli gridò dietro Holly, posando la
pomata di Jenny sul lavandino.
Circa tre ore più tardi, Holly e Patty si godevano le terme
immersi nell’acqua bollente fino al collo. I compagni
facevano confusione più in là e loro erano
riusciti a ritagliarsi un’oasi di privacy e solitudine tra il
vapore, le rocce e le piante. Un pacifico silenzio li cullava ormai da
qualche minuto, precisamente da quando lui aveva rivolto alla fidanzata
la stessa domanda per ben due volte senza ottenere da Patty nessuna
risposta. In compenso udiva la voce di Bruce, dall’altra
parte della vasca, che faceva il pagliaccio come suo solito.
Patty si strinse le ginocchia al petto e sospirò. Forse era
quarta o la quinta volta che lo faceva, pensò Holly. Per
attirare la sua attenzione cercò la sua mano
sott’acqua e intrecciò le dita con quelle di lei.
-Cos’hai?-
-Ho avuto paura. Una paura folle che gli avessero fatto davvero male.
Cosa sarebbe accaduto se non fossimo arrivati, se Julian non avesse
udito le grida di Jenny?-
-Probabilmente l’avrebbero picchiato ancora un po’
e poi si sarebbero stancati.- disse seguendo con la punta di un dito
una goccia d’acqua che dalla spalla le stava scivolando piano
lungo il braccio.
-Kevin è un ragazzo violento e problematico, ma non avrei
mai immaginato che sarebbe arrivato a tanto.-
-Sinceramente non riesco neppure a capire perché lo abbia
fatto. Philip ha detto che gli dà fastidio che stia con
Jenny, ma non mi pare una ragione sufficiente a giustificare tanta
brutalità.- sollevò la mano e le
spostò dietro l’orecchio una ciocca di capelli che
era sfuggita al mollettone -Dove sono andate Amy e Jenny?-
-A Shintoku, a portare gli abiti di Philip in tintoria. Ci hanno
provato in tutti i modi ma non sono riuscite a togliere il sangue dalla
giacca a vento.-
Holly cambiò argomento, approfittando del fatto che fossero
soli e che per una volta i compagni li stessero lasciando tranquilli.
-Patty, che hanno detto i tuoi genitori?-
-A che proposito?-
-Sulla tua decisione di venire in Brasile con me.-
La ragazza riemerse dall’acqua e appoggiò la
schiena alla roccia.
-Ho parlato solo con la mamma, che naturalmente è
d’accordo. Probabilmente anche papà, ma glielo
devo ancora dire.- sospirò pensierosa e un po’
preoccupata. In realtà convincere sua madre non era stato
facile. Aveva impiegato quasi tre giorni, perché la donna
non riusciva a rassegnarsi a lasciar andare la figlia in un paese
sconosciuto e così lontano. Aveva cercato di imporle di
sposarsi prima della partenza. Ma Patty di questa condizione preferiva
non parlare a Holly, le sembrava quasi un ricatto. Lei e sua madre
avevano raggiunto un punto morto e nessuna delle due aveva ancora
comunicato la decisione al papà.
Holly percepì la sua esitazione.
-Non sono sicuro che sia il caso che tu venga…-
cominciò a dire mentre gli occhi di lei si riempivano di
contrarietà e di sconforto -Non guardarmi così,
Patty. Non sto dicendo che non voglio. L’estate si avvicina,
mi resta poco da giocare. Solo quattro mesi.-
-Quattro mesi sono troppi.- scosse la testa, per lei sarebbe stato
troppo anche solo un mese, una settimana, un giorno. La loro relazione
a distanza era durata quatto anni, precisamente da poco prima
dell’inizio del liceo, che Patty aveva dovuto frequentare
senza di lui, già partito per San Paolo. E adesso non ne
poteva più, stargli lontana ormai le provocava quasi un
dolore fisico.
-Il prossimo anno dovrò trovare un’altra squadra.-
-Hai qualche idea?-
Alzò le spalle indeciso.
-Credo che mi piacerebbe l’Europa.-
-Europa, Brasile… Distano quasi allo stesso modo dal
Giappone.-
-Lo so, mi dispiace. Dovrò viaggiare, cercare, incontrare
parecchia gente, trovarmi un procuratore, sponsorizzarmi…
Sarà stancante e alla fine quest’estate
tornerò comunque in Giappone.-
Patty lo guardò, capì che intendeva convincerla
ad aspettarlo a Fujisawa.
-Non chiedermelo per favore. Non voglio.-
Holly le accarezzò una guancia e avvicinò il viso
a quello di lei.
-In verità neppure io.-
Parlavano da mesi del loro futuro e in tutto quel tempo lui non era
riuscito a toglierle dalla testa l’idea di accompagnarlo. E
se finora la fidanzata non si era lasciata convincere, era del tutto
inutile continuare a tenerle nascosto quanto soffrisse anche lui la sua
mancanza.
Quando non era con lei provava nostalgia pur trovandosi tra i compagni
di squadra, gli amici, i tifosi, i fan. Era il turbamento di
un’assenza, di un vuoto dentro di sé. Una
sensazione che raggiungeva il suo picco quando qualcosa lo colpiva,
come i fantastici paesaggi del Brasile, così diversi da
quelli giapponesi. In quei momenti il senso di solitudine latente che
aveva dentro affiorava in superficie e allora soffriva di non essere
con lei, di non averla accanto a sé, di non poter
condividere pensieri, sensazioni ed emozioni. Molte volte, in quegli
anni trascorsi da solo, aveva provato il desiderio di passeggiare mano
nella mano per le vie di San Paolo, portarla a vedere il carnevale di
Rio, fare il bagno sulla splendida spiaggia di Copacabana fino al
tramonto, ospiti di una delle suite più belle del mondo. In
realtà sì, avrebbe davvero desiderato tornare in
Brasile con lei.
Così tanto da non notare un’ombra sotto la
superficie dell’acqua, un movimento che provocò
delle piccole increspature.
Bruce emerse di colpo vicinissimo, ricoprendoli di spruzzi e spazzando
via in meno di un attimo la loro intimità.
-Paura?-
A quanto pareva sì. Patty era aggrappata al fidanzato e
fissava Bruce pallida come un cadavere, con gli occhi spalancati e
l’espressione sconvolta. L’asciugamano che
avvolgeva il suo corpo era scivolato via lasciandole la schiena
completamente nuda. Holly continuava a stringerla a sé e lo
guardava cadaverico, neanche fosse affiorato il mostro di Loch-ness.
-Sei matto?- lo assalì Patty -Vuoi farci morire di paura?-
mentre il cuore seguitava a batterle all’impazzata, si mosse
a tentoni ma non riuscì a trovare l’asciugamanino.
Bruce lo notò e rise.
-Senza stai meglio.-
Lei arrossì e s’immerse nell’acqua fino
al mento, continuando a cercare il telo. Holly divenne paonazzo, ma di
collera.
-Fila via, Bruce!- gli gridò dietro mentre il compagno si
allontanava ridendo.
*
Fu la fame a svegliarlo, o forse il tintinnare sommesso dei piatti e le
frasi sussurrate degli amici. O più probabilmente, le fitte
di dolore che gli attraversavano il corpo da una parte
all’altra in ondate sempre più intense man mano
che riemergeva dal sonno. Philip si tirò su e i suoi muscoli
protestarono così selvaggiamente che gli sfuggì
un’imprecazione.
I ricordi del pestaggio gli invasero la testa tutti insieme e senza
ordine. Maledetto Kevin, pezzo di merda, stronzo bastardo! Maledetto
lui e maledetti quei tre deficienti che lo avevano accompagnato!
Esaurita l’invettiva silenziosa si sentì appena
appena meglio. Allora si mosse e riuscì a mettersi seduto
nel momento in cui Jenny compariva al suo fianco.
-Philip, come stai?-
Inutile mentire, era sicuro che gli si leggesse in faccia che gli
faceva male dappertutto.
-Più o meno come prima.-
-Vuoi mangiare?-
Quella sì che era un’ottima proposta. Philip
annuì di riflesso, non ebbe bisogno di pensarci neppure un
istante. Aveva una fame da lupi! Dopo la doccia era salito in camera,
una fitta ogni scalino, e non aveva trovato nessuno. Così
era passato nella stanza accanto in cerca della fidanzata. Nessuno
anche lì. Aveva percorso il corridoio aprendo una porta
dietro l’altra delle stanze libere, poi era tornato al punto
di partenza. Mentre si chiedeva se aveva la forza di affrontare le
scale per scendere a cercarla magari in cucina, dove era probabile che
fosse, una rivista abbandonata sul tavolino aveva attirato la sua
attenzione. Si era avvicinato e l’aveva riconosciuta, era la
rivista che qualche giorno prima Bruce aveva chiesto a Jenny di
comprare. Non riuscì a capacitarsi su come fosse riuscito a
procurarsela e perché fosse nella stanza delle ragazze.
Forse Evelyn l’aveva sequestrata. La curiosità
l’aveva avvicinato al tavolo. Dopodiché
l’aveva presa, si era seduto sui tatami e l’aveva
sfogliata, tanto per passare il tempo in attesa che la fidanzata si
rifacesse viva. La doccia aveva rilassato il suo corpo in tensione,
trasformando ogni respiro in una dolorosa fitta. Persino voltare le
pagine gli provocava sofferenza. Complice la nottata passata in bianco
nel capanno degli attrezzi, si era addormentato senza accorgersene,
sprofondando in un sonno così profondo che neppure il
ritorno dei compagni lo aveva svegliato.
Sotto gli occhi preoccupati di Jenny, strinse i denti e si mise in
piedi. Una mano sul fianco ad attenuare il dolore alle costole,
attraversò la stanza delle ragazze ed entrò
nell’altra. Gli amici erano seduti intorno al tavolo e
avevano cominciato a mangiare senza aspettarlo.
-Avete quasi finito!-
-Dormivi così bene che ci dispiaceva svegliarti.-
replicò Bruce a bocca piena.
-Dì piuttosto che pensavi di sbafarti anche la mia parte!-
Amy prese una ciotola pulita e la riempì di riso.
-Ce n’è anche per te.-
-Avete già visto la partita?-
-Stavamo aspettando che ti svegliassi.-
Philip rivolse a Julian uno sguardo perplesso.
-Per mangiare non mi aspettate ma per vedere la partita sì.
Che razza di ragionamento è?-
-Dì un po’ Callaghan, hai ancora voglia di
litigare? Non ti è bastato?- domandò Benji
provocatorio.
Il giovane replicò con un’occhiataccia, poi prese
fiducioso una compressa dalle mani di Jenny e la mandò
giù con l’acqua. Dopodiché si accinse a
mangiare. Aveva una fame terribile e si servì
abbondantemente. Julian rise.
-Il pestaggio non ti ha certo fatto passare l’appetito.-
-Piuttosto me l’ha fatto venire. Ho consumato un sacco di
energie.-
-A prendere pugni?- lo prese in giro Benji.
-A darli.-
-Ah, perché li avresti anche picchiati?-
-Più di una volta! Vero Jenny?- si volse per chiederle
conferma e vide che lei restava silenziosa, gli occhi fissi sul piatto.
Era seria, non seguiva la conversazione e sedeva rigida -Jenny?
Cos’hai? Ti fa male il braccio?- appoggiò le
bacchette sul tavolo e le posò una mano sulla spalla.
Lei sussultò.
-No, sto bene.- disse, ma non riusciva quasi a muovere il braccio e
l’aspirina ingoiata poco prima giù in cucina non
aveva ancora fatto effetto.
-Ora che mi ci fai pensare, mi pare infatti che uno di loro avesse il
viso sporco di sangue.- annuì Mark.
-Lui è stato il primo.- Philip agitò con orgoglio
le bacchette nell’aria -A un altro ho regalato un pugno nello
stomaco.-
Jenny posò bruscamente il bicchiere sul tavolo.
-Possiamo evitare di parlarne?- la scena continuava a comparirle
davanti agli occhi, anche senza sentirla rievocare, provocandole un
senso di colpa sempre più cocente.
-Scusa…- Philip non riuscì a incontrare il suo
sguardo ma capì che l’argomento non era gradito.
Allora cambiò discorso -Cosa avete fatto nel pomeriggio?-
-Indovina un po’?- Bruce lo guardò annoiato -Beato
te che hai dormito.-
-Se vuoi dormire anche tu come me, posso provvedere.-
-No grazie, preferisco restar sveglio.-
Quando anche Philip ebbe finito di cenare, Evelyn e Amy impilarono le
stoviglie su un paio di vassoi e le portarono giù in cucina.
Patty e Jenny radunarono coperte e cuscini rassettando un po’
la stanza e Mark e Julian scesero di sotto a recuperare il lettore dvd
della nonna. Philip si alzò per andare in bagno, incriccato
e dolorante, e quando la fidanzata lo vide uscire lo raggiunse nel
corridoio.
-Come ti senti? Realmente, intendo.-
Philip incontrò i suoi occhi carichi di preoccupazione.
Allora le prese il viso tra le mani e le sorrise rassicurante.
-Te l’ho detto. Sto bene, davvero.- affondò le
dita tra i suoi capelli morbidi e profumati e glieli scostò
indietro in un gesto al contempo possessivo e delicato.
Jenny lo ascoltò dubbiosa perché continuava a
vederlo sofferente. Gli sfiorò con la punta
dell’indice lo zigomo tumefatto e lui si scostò di
colpo, lasciandosi sfuggire un sussulto di dolore.
-Sicuro?-
-Sì ma non toccare.-
-Ecco il dvd.- annunciò Julian comparendo sul pianerottolo.
Teneva in mano la scatola nera e Mark lo seguiva con i cavi e il
telecomando.
Quando Philip rientrò in camera, Mark e Julian stavano
ancora finendo di collegare i fili. Quasi si scontrò con
Bruce che si aggirava per la stanza. Cercò Jenny e la
trovò seduta davanti al tavolo. Lei gli fece cenno di
raggiungerla, indicandogli il cuscino che aveva preparato al suo
fianco. Ma Philip preferì appoggiare la schiena contro la
parete.
Jenny allora si alzò per andare a sedersi al suo fianco.
Philip sentiva dolore ovunque e non riusciva a sistemarsi.
Impiegò del tempo per trovare una posizione comoda. Alla
fine capì che avrebbe comunque sofferto in qualsiasi
posizione e si rassegnò.
Mark controllò i cavi dopo averli collegati, poi
girò intorno al tavolo e si sedette sotto la finestra.
-Chi ha il telecomando?-
-Harper.-
Seguendo lo sguardo di Julian si volse indietro. Il ragazzo frugava
nell’armadio già da alcuni minuti.
-Cosa stai cercando?-
-Un cuscino, Holly! Li avete presi tutti, accidenti a voi!-
-Impossibile, sono undici precisi.- Patty si guardò intorno.
-Allora qualcuno si è messo comodo.- afferrò una
pila di coperte e la depositò sul pavimento.
-Visto che sei in piedi spegni la luce, Bruce?-
-E poi magari fai partire il dvd.- aggiunse Julian -Saltiamo
l’inno, vero?-
Tom non fu d’accordo.
-Assolutamente no. Pierre si mette in posa per le riprese e le foto.
È uno spasso, voglio vederlo.-
-Stanno entrando in campo.- avvertì Holly invocando il
silenzio.
Gli occhi dei compagni si spostarono sullo schermo che mostrava gli
spalti stracolmi di tifosi scalpitanti. Come sottofondo ai commenti del
cronista si udivano cori, grida, fischi e trombette. C’era
un’enorme quantità di gente, doveva essere tutto
esaurito, e tre quarti dello stadio era rosso, nero e giallo.
-Dove giocano?-
-All’Olympiastadion di Monaco.- rispose Benji -È
uno degli stadi più belli in cui mi sia mai capitato
giocare. Settantamila spettatori sugli spalti e la struttura
è ancora nuovissima anche se è stata edificata
anni fa per le olimpiadi, come tutto il quartiere.-
-È bello?- domandò Amy curiosa.
L’inno francese partì, facendo da sottofondo alla
risposta del portiere.
-Vieni a vedermi giocare una volta e te ne renderai conto.-
Le parole di Benji urtarono contro un nervo che Julian non si aspettava
di avere scoperto. Si volse di scatto, cercando nel buio lo sguardo
più provocante che provocatorio del portiere, convinto di
trovarlo ancora su Amy, carico di chissà quali improvvisi
sottintesi. Fu invece con fastidio misto a sollievo che si rese conto
che Benji seguiva la tv, come del resto tutti gli altri.
Tornò a guardare lo schermo a sua volta, sforzandosi di
scacciare la sgradevole sensazione che lo aveva assalito improvvisa,
lasciandolo con l’amaro in bocca a convincersi che le parole
di Price più che un invito erano state un tentativo scortese
di troncare il discorso. La voce di Bruce lo aiutò a pensare
ad altro.
-Tiferai per i francesi, Tom?-
-Che senso ha? Hanno perso.-
-La Francia ha perso?- domandò Patty .
-Esattamente: due a uno. Ecco Pierre, la star della nazionale.-
Il volto del capitano della Francia riempì completamente
l’obiettivo della telecamera. I bei tratti regolari del
volto, gli occhi azzurro cielo a cui sembrava che la Francia avesse
appositamente intonato il blu della bandiera, il naso dritto e fiero,
le ciglia lunghe, lo sguardo profondo, i capelli biondi e mossi, lunghi
fino alle spalle, fili lucenti che brillavano alla luce, e il
portamento elegante del rampollo di una nobile famiglia. Al contrario
dei compagni non cantava la marsigliese ma sorrideva a beneficio delle
fan che riempivano gli spalti.
-Mi pare che possa permettersi di credersi una star.-
-Hai ragione, Patty. Non gli manca nulla per vincere un oscar.-
Tom rise.
-Al massimo il Pallone d’oro.-
-Non può sperare neanche in quello, glielo
soffierà Holly.-
-Grazie per la fiducia, Bruce.-
-Eterna e incrollabile fin dalle elementari.-
-Mettiamo un punto a questa dichiarazione d’amore?-
domandò Benji -Holly ha già Patty e mi pare
abbastanza.-
Ignorando i loro infantili battibecchi, la telecamera si
spostò sugli altri volti della nazionale francese, per
ultimo un ghignante Louis Napoleon. Bruce sbuffò infastidito
dal suo sorriso ipocrita.
-Come al solito c’è anche lui.-
borbottò scontento -È colpa sua se hanno espulso
Ralph.- era trascorso un bel po’ di tempo ma non avrebbe mai
dimenticato l’episodio.
-Ce l’hai ancora con lui?-
-Non dovrei, Mark? Abbiamo rischiato di perdere.-
-Sono passati anni.-
-Ma poi abbiamo vinto e a Peterson un’ammonizione non ha
fatto certo male.- fece notare Julian cinico.
-A volte è troppo aggressivo persino durante gli
allenamenti.- commentò anche Philip dal suo angolino. Poi si
mosse per cambiare posizione costringendo la fidanzata a fare
altrettanto.
L’incontro era appena all’inizio del secondo tempo
quando il capo di Philip scivolò sulla spalla di Jenny. La
Francia aveva segnato, la Germania pure. Si volse piano e lo vide
addormentato. Allora si scostò con delicatezza per non
svegliarlo e raggiunse gli altri attorno al tavolo.
Al termine dell’incontro Tom spense la tv.
-Bella partita.- commentò Holly alzandosi.
Sollevò le braccia per sgranchirsi e la sua schiena
scricchiolò.
-Lo riportiamo giù adesso il dvd?-
-Sì, Julian.- lo sollecitò Amy -Se non lo fai ora
sono sicura che rimarrà qui in eterno.-
Lui staccò i cavi, lo prese e lasciò la stanza.
Quando tornò, nel corridoio scorse Benji che usciva dai
bagni e si dirigeva verso di lui. Anche il portiere lo
individuò e Julian fu sicuro di leggergli in faccia
l’espressione seccata di chi, per evitare uno spiacevole
incontro, se avesse potuto avrebbe cambiato strada volentieri.
L’atteggiamento del compagno gli scombussolò
l’umore e lo portò a pronunciare parole di cui si
pentì immediatamente.
-E così dobbiamo venire a vederti
all’Olympiastadion.- furono parole che risultarono a lui
stesso stupidamente infantili.
-Perché mai?-
La risposta di Benji trasudò sorpresa, facendogli capire due
cose. Prima di tutto che la risposta data ad Amy non era stata tanto un
invito quanto una provocazione che non aveva lasciato traccia di
sé nei pensieri di chi l’aveva pronunciata. La
seconda cosa fu di aver appena fatto la figura dello stupido fidanzato,
geloso senza uno straccio di motivo.
Benji lo superò ignorandolo.
Jenny, con lo yukata bianco e blu di caldo cotone indossato per la
notte, lo intercettò sul corridoio un istante prima che
varcasse la soglia della stanza dei ragazzi.
-Posso entrare?-
-Holly è nudo, ma per lui non è un problema.-
-Per me sì. Preferisco aspettare.-
-Era uno scherzo. Vieni.-
Philip dormiva ancora nell’angolo nella stessa posizione in
cui lo aveva lasciato. Si inginocchiò al suo fianco e gli
accarezzò i capelli sfiorando la ferita sulla fronte.
-Philip, metti il pigiama?-
La voce riuscì a raggiungere la sua coscienza nonostante il
sonno. Aprì appena gli occhi, scosse la testa e li richiuse,
reclinando il capo contro il muro.
-Lascialo stare, Jenny. È già tanto che riesca a
dormire.-
Lei annuì, si alzò e andò da Tom che
stava provando a dare un senso al cumulo di coperte rimestate da Bruce
prima della partita. Recuperò il futon e il cuscino del
fidanzato e tornò da lui.
-Philip, almeno mettiti sotto le coperte. Prenderai freddo.-
Lui dormiva così profondamente che non la udì e
non si mosse. Julian si accostò osservando il livido sullo
zigomo e il taglio sulla fronte, su cui si era formato uno strato scuro
e sottile di sangue rappreso.
-Philip, infilati a letto.- Jenny gli prese una mano e gliela strinse.
-Com’è che non si sveglia?- domandò
Bruce.
-Gli ho dato la morfina.-
Holly trasalì.
-Dove l’hai presa?-
Jenny si agitò a disagio sotto lo sguardo sgomento del
capitano.
-In farmacia, quando sono andata a Shintoku con Amy.-
-Gliel’ho consigliata io.- intervenne Julian per trarla
d’impaccio e nel contempo rassicurare il capitano -Altrimenti
non sarebbe riuscito a riposare e avrebbe trascorso tutta la notte a
lamentarsi.-
-Ottima mossa. Almeno potremo dormire tranquilli.- Bruce
finì di sistemare il proprio futon, lanciandole di nuovo
un’occhiata -Vedrai Jenny che quando sentirà
freddo si coprir da solo.-
Julian, osservando la ragazza che distendeva le coperte sopra il corpo
ammaccato e dolorante del fidanzato, scosse la testa.
-Non lo farà. Fai conto che sia morto.-
Lei sobbalzò.
-Morto?-
-Scusa, ho esagerato. Era giusto per rendere l’idea.-
Evelyn entrò nella stanza dei ragazzi attraverso il pannello
divisorio che separava le due camere, portando con sé un
cuscino, che lasciò cadere sul futon di Bruce.
-Che stai facendo?-
-Anch’io dormo qui. Non possiamo lasciare Jenny sola con voi.-
Benji si volse contrariato.
-Perché Jenny dovrebbe dormire qui? Callaghan non ha bisogno
di assistenza. Come minimo dormirà fino a domattina. Io non
sono d’accordo.-
-Lo immaginavo.- sospirò Holly rassegnato -Fai una cosa:
ignorale. Se ti impegni, ci riesci perfettamente.-
Amy li raggiunse per ultima. Spense la luce lasciando la stanza in una
penombra rischiarata dalla pallida luce della luna che si specchiava
sui vetri tra le tende aperte.
Ancora ben sveglio, Mark sedeva come di consueto sul davanzale della
finestra. Guardava le luci lontane di Shintoku che punteggiavano la
valle e ripensava agli avvenimenti di quel giorno. Alla notte
precedente trascorsa in beata solitudine mentre i compagni dormivano
scomodi nello spazio freddo e stretto del capanno degli attrezzi, alle
foto delle amiche nelle terme comparse inaspettatamente nel cellulare
di Bruce. Al terrore e al sollievo che si erano alternati sul volto di
Jenny quando l’aveva raggiunta nel bosco quel pomeriggio, al
volto insanguinato di Philip caduto nell’agguato. Infine al
brutto muso di Kevin a cui doveva ancora restituire il pugno ricevuto
al primo incontro, maggiorato degli interessi per ciò che
aveva fatto a Philip e Jenny. Nel mondo innevato che circondava il
ryokan il chiarore lunare illuminava la neve tingendola di blu. E su
quel blu e sulla distesa azzurra, la vegetazione si trasformava in
impenetrabili macchie nere. Il cielo era sereno, quella notte non
avrebbe nevicato.
Il fruscio delle coperte e il mormorare delle voci si spense poco a
poco. La stanza sprofondò nel silenzio dei respiri
addormentati mentre uno dopo l’altro i ragazzi venivano vinti
dal sonno. Solo Jenny era sveglia, seduta accanto a Philip, il mento
appoggiato sulle ginocchia strette al petto. Fissava il fidanzato
disteso sotto di lei, chissà cosa le frullava nella testa.
Mark si alzò e raggiunse silenzioso il futon, che lo
aspettava accogliente, accanto a quello di Philip. Il suo corpo si
stagliò scuro contro il chiarore lunare gettando
un’ombra sulla ragazza, che alzò il viso a
guardarlo. I loro occhi, luci nell’oscurità, si
incrociarono silenziosi per un istante, quasi a darsi la buona notte.
Passò altro tempo, una quantità indefinita. Jenny
sbadigliò rannicchiandosi tra le coperte accanto al
fidanzato, adagiò il viso sul cuscino. Il respiro di Philip
le accarezzava una guancia. Gli rimboccò le coperte intorno
alle spalle e chiuse gli occhi così stanca e assonnata che
neppure il ricordo di quella giornata fu abbastanza vivido e sgradevole
da tenerla sveglia.
Mark rimase a guardarla per un po’, disteso sotto le coperte,
dal lato di lei, la testa appoggiata sulla mano di un braccio piegato,
il gomito sprofondato nel cuscino. Solo una manciata di centimetri di
tatami separava il suo futon da quello di Callaghan. Quando fu certo
che anche Jenny dormisse, le accarezzò piano i capelli
sfiorandole una spalla. Poi si sporse verso di lei e si
chinò a toccarle la fronte con le labbra in un bacio
consolatorio.
Distesa ma ancora ben desta, Evelyn spalancò gli occhi e
soffocò nel cuscino un’esclamazione sorpresa. Il
cuore prese a martellarle improvviso nelle orecchie, mentre si rendeva
conto che ciò a cui aveva appena assistito era davvero
sconvolgente. Non avrebbe mai immaginato di riuscire a vedere Landers
baciare una ragazza. Che poi la prescelta fosse Jenny era
inconcepibile, inaccettabile e impensabile. Se Philip lo avesse saputo,
se li avesse visti… Cosa sarebbe successo? E lei sarebbe
riuscita a tenersi per sé un segreto così grande?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** 9 - Alcol e sapone - prima parte ***
- 9 -
Alcol e
sapone
Prima parte
La sveglia suonò alle sette in punto. Amy tese un braccio
fuori dalle coperte e la spense, riportando il silenzio nella stanza.
Holly sbadigliò, si mosse nel futon e si liberò
con cautela di Patty che gli dormiva avvinghiata addosso come
un’edera. Si tirò su e si guardò
intorno. Amy sedeva tra le coperte con il telecomando in mano e aveva
appena acceso il climatizzatore per scaldare la camera. Gli altri
giacevano ancora più o meno insonnoliti.
-Dov’è Philip?-
Non c’erano né lui né Jenny e neppure
il futon in cui la sera prima si erano addormentati.
-Si è trasferito di là.- lo informò
Amy -Si è svegliato verso le due e si sentiva
così indolenzito da non riuscire a stare neppure sdraiato.
Ha preso un altro analgesico di quelli di Julian e lui e Jenny hanno
portato il futon nell’altra stanza in modo da non disturbare.-
Holly si alzò, raggiunse il pannello divisorio e si
affacciò. Philip dormiva profondamente, il viso tumefatto
sprofondato nel cuscino. Jenny invece era sveglia, seduta al suo fianco
ancora un po’ assonnata.
Holly si volse indietro. Nella camera regnavano il silenzio e la quiete
più assoluti. E se invece di esortare i compagni ad alzarsi
com’era giusto che facessero vista l’ora, ne avesse
approfittato per andare in bagno? Gli sembrò così
una buona idea che recuperò degli abiti da indossare e
uscì in tutta fretta.
Jenny sbadigliò. I capelli di Philip spettinati dal sonno,
lasciavano scoperte sulla fronte tracce di sangue rappreso. Sullo
stesso lato del viso, lo zigomo tumefatto spiccava di un blu violento,
nonostante la crema che lei vi aveva spalmato la sera prima e poi
durante la notte. Non sarebbe stato facile nascondere il livido ai
nonni. E se l’avessero visto, cosa poteva inventarsi? Che era
caduto sul lago mentre pattinava? Che si era fatto male durante gli
allenamenti? Di sicuro Jenny non intendeva raccontar loro
dell’agguato. Era sicura che i nonni tenessero a Kevin, che
avevano visto crescere, tanto quanto a Philip e del resto lei non
desiderava affatto addolorarli, nonostante ciò che era
accaduto. Si alzò continuando a rimuginare. Una pallonata in
faccia? Uno scivolone tra la neve? Si affacciò nella camera
dei ragazzi. Erano ancora tutti nei futon.
-Non vi alzate?-
Udire la sua voce per Mark fu uno shock che gli spalancò gli
occhi sul soffitto. Impossibile gli fu cancellare dalla testa
il ricordo di un’azione tanto inspiegabile compiuta la sera
prima. E lei? Si era accorta del suo gesto insensato? Aveva percepito
nel sonno le sue labbra sulla fronte? Si volse con un peso sullo
stomaco ma l’espressione della ragazza non lasciava trapelare
nulla. Allora si sforzò di annientare il ricordo di quel
momento di debolezza.
-Callaghan?- le chiese.
-Dorme, finalmente. È rimasto sveglio a lungo.-
-Stamattina non verrà con noi.-
-Certo che no.- Jenny lo guardò seria. Non avrebbe permesso
a nessuno di svegliare Philip, tanto meno di portarlo fuori.
Sicuramente mai ad allenarsi.
Mark ricambiò l’occhiata con altrettanta fermezza.
-La mia era soltanto una constatazione.- distolse gli occhi per non
pensare alla necessità, rifiutata in blocco, di riprendere
con se stesso il dialogo che il sonno aveva interrotto, e trovare una
risposta all’assurdo e inaccettabile bacio -Questa mattina
non ci alleniamo?-
Nessuno gli rispose e lui sbuffò tirando le coperte su su
sopra le orecchie, poco propenso ad alzarsi e affrontare
l’inverno. Nella calda penombra si rivide per
l’ennesima volta baciare Jenny, quasi come se la sua mente
non riuscisse più a formulare un pensiero diverso da quello.
Il disagio gli riempì lo stomaco con una sensazione
spiacevolissima. Jenny gli piaceva? No, nel modo più
assoluto! E allora? Perché l’aveva baciata? Non
capiva, maledizione! Assolutamente non capiva!
Holly tornò dal bagno e trovò la situazione
grosso modo come l’aveva lasciata.
-Perché siete tutti ancora a letto?-
Mark sospirò contro il cuscino, poi scostò le
coperte risoluto. Bastava restare lontano da Jenny e di sicuro il
proprio infallibile istinto avrebbe smesso di fare cilecca. Si
alzò e lasciò la stanza diretto in bagno,
più tetro e silenzioso che mai.
-Benji-Tom-Julian-Bruce!-
Il richiamo catapultò Jenny verso il pannello divisorio
rimasto spalancato. Lo chiuse con fermezza, temendo che la voce del
capitano svegliasse Philip.
Immerso in un beato dormiveglia, i capelli della fronte agitati dal
getto caldo del climatizzatore, Benji aprì pigramente un
occhio.
-È ora?-
Holly si materializzò al suo fianco.
-Certo che è ora! È ora da un pezzo! Non hai
sentito la sveglia?-
-Poco.-
-Che significa “poco”? Ti alzi o no?-
-Posso decidere io?-
-No che non puoi!-
-Allora perché me lo chiedi?-
L’occhiata che lo trafisse fu così acuminata da
indurre Benji a dargli ascolto, più che altro per metterlo a
tacere. Mentre si alzava con la pigrizia tipica delle mattine
invernali, incrociò lo sguardo divertito di Amy seduta sul
futon di Julian con le ginocchia piegate e strette al petto.
-È così tutte le mattine?-
-Anche peggio.- sbadigliò Bruce, scostando le coperte
perché finalmente la fame aveva scalzato il sonno -Almeno
oggi non grida.-
Benji annuì.
-Rispetto ai primi giorni è migliorato.-
-Holly non grida per non svegliare Philip. E poi io non mi riferivo a
lui ma al tempo che ci vuole per tirarvi fuori dal letto.-
Il portiere non gradì affatto il tono di divertito
rimprovero dell’amica e le indicò Julian ancora
disteso, più addormentato che sveglio.
-Invece di criticare noi, pensa al tuo ragazzo.-
Lei si volse e trasalì.
-Julian, è tardi. Ti devi alzare.-
Fu più o meno la stessa frase che Holly rivolse giusto in
quell’istante a Patty. Ormai vestito e pronto a scendere per
la colazione, con lo stomaco che cominciava a contorcersi per la fame,
si inginocchiò al suo fianco e scostò la coperta.
-Patty, è ora.-
-Arrivo...- mugolò ma sembrava non avere alcuna intenzione
di muoversi.
Holly infilò la testa nel tunnel di coperte creato dal suo
corpo, i suoi occhi erano chiusi, i capelli le coprivano un lato del
volto. Allora le stampò un bacio sulle labbra,
all’insaputa di tutti.
Una mezz’ora più tardi di quella stessa assolata e
gelida mattina, alle sette e cinquantotto precise, dopo otto giorni di
patimenti e stenti, in un momento di disattenzione delle amiche, la
dieta di Gamo venne ridotta in coriandoli e gettata di nascosto nel
cestino dell’immondizia sotto gli scarti
dell’insalata, delle carote e delle patate.
*
La radura era fredda, piena di neve e poco accogliente come al solito.
Soprattutto perché in quegli ultimi giorni le ragazze
preferivano restare nel caldo ryokan piuttosto che scarpinare fin
lassù. Si erano rassegnati a rinunciare allo spuntino della
mattina e quel giorno era stata proprio la fame a mettere in moto le
rotelle di Bruce nonostante la neve e il ghiaccio, e a fargli venire
quella fantastica idea. Adesso Julian e Mark lo osservavano pensierosi,
Benji con un filo molto sottile di ammirazione.
Una quantità consistente di neve scivolò a terra
con un tonfo dai rami di un albero vicino, riportandoli al dunque.
-Siete o non siete d’accordo?- li pungolò Bruce.
Dovevano decidere in fretta. Avevano a disposizione appena una manciata
di istanti prima che Holly capisse che non avevano interrotto gli
allenamenti solo per avvolgersi meglio la sciarpa intorno al collo
(lui), allacciarsi una scarpa (Mark) e massaggiarsi un polpaccio
indolenzito dal freddo (Julian). Benji poi non stava neppure fingendo
una scusa che giustificasse la propria immobilità e si
limitava a rimuginare in silenzio, assorto e imperscrutabile, le mani
nelle tasche a scongelare le dita.
E infatti Holly arrivò insieme a Tom, preceduti entrambi dal
pallone che rotolò fino ai piedi di Mark.
-Cosa state facendo?-
Bruce tirò un respiro molto profondo e molto sconfortato.
Non era riuscito a convincerli e la sua idea geniale stava per andare a
farsi benedire. Mentre perdeva la speranza, al suo fianco Benji
impiegò invece un nanosecondo ad architettare la commedia
che il compagno non era stato in grado di mettere in piedi.
-Harper ha un’idea.-
Bruce si volse di scatto e con lo sguardo lo supplicò
disperatamente di tacere. Non aveva avuto il tempo di prepararsi ad
affrontare il capitano.
-Davvero? Che cosa?- Holly si portò le mani ai fianchi,
impaziente di conoscere il motivo che aveva interrotto
l’allenamento.
Bruce guardò Benji storto.
-Non doveva saperlo?- chiese il portiere, dando l’impressione
di cadere dalle nuvole.
-Certo che no!-
-Perché no? Holly è il capitano, è lui
che deve decidere! E poi lo conosci, ti pare che potrebbe dire di no?-
e con quella domanda, imboccò la strada che avrebbe
funzionato al cento per cento.
Il tono di Price mise Mark sulla difensiva. Riconobbe
all’istante la venatura sarcastica e accomodante che
preannunciava l’inganno.
-Siamo tutti adulti e Holly non è un alieno. Anche a lui
piace godersi un bicchiere ogni tanto.- parlò con una tale
disinvoltura che il capitano si trovò inconsciamente ad
annuire.
Ma se ne pentì subito.
-Un bicchiere di cosa?-
-Di qualcosa di buono e di decente. Qualcosa di confortante, qualcosa
che ci scalderà in questo posto gelido. Qualcosa che ci
renderà tutti più amici. In una parola, qualcosa
di alcolico.- Price posò una mano guantata e intirizzita
sulla spalla di Holly, rivolgendosi a lui come se stesse per rivelargli
un segreto di vitale importanza -La proposta di Bruce è
quella di comprare un paio di birre da godere stasera, dopo
cena, in camera. Dev’essere stata la sbornia di Callaghan ad
averlo ispirato.-
-Ah.-
-E io stavo giusto rispondendo a Bruce che non vedo proprio il motivo
per cui non essere d’accordo. Anche tu sei stufo
della dieta di Gamo! L’hai fatta persino a pezzi, stamattina.
Mi pare quindi il caso di festeggiare la nostra ritrovata indipendenza
gastronomica. Sei d’accordo, vero?-
-Certo che sono d’accordo.-
Julian guardò incredulo il capitano. Era certo che Holly non
avrebbe accettato di trascorrere una serata etilica durante un ritiro,
ma probabilmente aveva sottovalutato l’estro manipolatore del
portiere. O forse il fatto che persino lui aveva cominciato
inconsciamente a dubitare che il loro fosse un vero ritiro. O magari
semplicemente Benji aveva spinto il tasto giusto, visto che anche
Holly, dall’alto della sua carica, non ne poteva
più di insalate, verdure bollite, carne ai ferri e pesce
alla piastra. E riso ma poco, una ciotola a testa. Erano spariti
persino i dolci con cui le amiche li avevano accolti al ryokan e le
delizie della nonna.
-Una birra ogni tanto non uccide. Se non si eccede.-
-E chi vuole eccedere?- borbottò Mark -La performance di
Callaghan l’altra sera è bastata a tutti.-
-Passeremo a comprare qualcosa prima di pranzo.- decise Holly e
concluse solerte -Ma adesso torniamo ad allenarci, abbiamo perso anche
troppo tempo.-
Prima di parlare Benji attese che i compagni si allontanassero dietro
al capitano.
-Impara, Harper. E ora mettici un po’ di impegno. La buona
volontà viene sempre premiata.-
-Sei riuscito a convincerlo.-
-Basta assecondarlo in quello che per lui conta di più.
Funziona con tutti. Dai una mano e prenditi un braccio.-
L’idea geniale per scendere in paese senza insospettire le
ragazze alla fine venne proprio a Holly. Tornati al ryokan con ben due
ore di anticipo, avvertì Patty che sarebbero andati a
ritirare la giacca di Philip in lavanderia. La passeggiata fino a
Shintoku avrebbe sostituito la seconda parte dell’allenamento
mattutino.
All’ora di pranzo ricomparvero affamati e stracarichi di
buste. Avanzarono guardinghi fino all’entrata del ryokan, poi
Mark si affacciò sulla porta d’ingresso e spinse
Bruce lungo il corridoio.
-Controlla che non siano in cucina.-
Holly osservò l’amico allontanarsi in punta di
piedi.
-Perché le ragazze non devono saperlo?-
-E lo chiedi pure? Non ricordi quanto hanno apprezzato la spesa fatta
da te, Philip e Bruce?-
-Ma questa volta non si tratta della cena!-
Benji continuò a sollecitargli la memoria.
-Non dimenticare la reazione di Jenny quando ha visto Philip ubriaco.
Non si sono rivolti la parola per due giorni. Riguardo certe cose, meno
le ragazze sanno e meglio è. E poi se proprio volevi
metterle al corrente, perché ti sei inventato la balla della
lavanderia?-
-Non era una balla, abbiamo davvero ritirato la giacca di Philip!-
Bruce tornò.
-Via libera.-
Tom, Mark e Julian corsero a recuperare le buste, momentaneamente
depositate all’ombra della veranda. Benji non
partecipò al blitz. Preferì restare ad osservarli
appoggiato alla balaustra delle scale a metà rampa, da cui
aveva promesso, nel caso, di avvertire i compagni dell’arrivo
delle ragazze. Le birre finirono nella dispensa, ben nascoste dietro il
congelatore, tra gli scatoloni delle scorte alimentari.
Durante tutta quella manovra, nella stanza delle ragazze Philip aveva
continuato a ronfare sereno e tranquillo. Praticamente, aveva
riflettuto Bruce sulla via del ritorno, mentre loro sfacchinavano su e
giù per strade e sentieri in discesa e in salita, ammantati
di neve e ricoperti di ghiaccio, lui proseguiva il suo sonno
indisturbato, pacioso come un neonato. Era quasi
un’ingiustizia.
*
La voce della nonna s’incanalò su per le scale
fino ad arrivare a Jenny, seduta alla finestra senza nulla da fare se
non aspettare che Philip si svegliasse per potergli chiedere come si
sentisse. Dopo pranzo Holly aveva concesso ai compagni una
mezz’ora di pausa digestiva (non che ci fosse molto da
digerire con l’attuale regime alimentare - le ragazze non
sembravano essersi ancora accorte della scomparsa della dieta) e si
trastullavano nella loro stanza in un beato far niente, o molto poco, o
addirittura il minimo indispensabile.
Restia ad allontanarsi da Philip per scendere di sotto, gli occhi di
Jenny si posarono incerti su Amy mentre cercava a mente una soluzione
che le consentisse di non lasciare la stanza, qualunque fosse la
richiesta della nonna. Ma l’amica continuò a
leggere il libro che aveva in mano senza accorgersi della sua tacita
richiesta di aiuto, e Philip a dormire. Così non le
restò altro da fare che affacciarsi sulle scale.
-Oh, Jenny.- disse la nonna vedendola comparire sul pianerottolo -Meryl
è qui.-
La notizia non le fece piacere, non voleva incontrarla. Quando
udì i suoi passi lungo il corridoio si ritrasse urtando
Patty che era magicamente comparsa alle sue spalle.
-Le dico che non stai bene e di tornare un altro giorno.-
Scese spalleggiata da Evelyn mentre Jenny rientrava in camera,
perché in quel momento non voleva aver nulla a che fare
né con Meryl né con la sua famiglia. Amy era
silenziosamente scomparsa, forse in bagno.
-Cosa ci fai qui?-
Se la domanda di Evelyn risuonò poco cortese, il tono con
cui la pose lo fu ancor meno. Meryl si stava togliendo la giacca e si
fermò stupita, una manica infilata e l’altra
penzoloni sulla schiena. Il suo sorriso si spense e i suoi occhi si
colmarono di sconcerto.
Patty fu contenta che la nonna fosse sparita da qualche parte,
lasciandole libere di discutere e, se ci fossero riuscire, mandarla
via.
-Sono venuta a vedere Jenny.-
Meryl finì di togliersi la giacca ma prima di appenderla,
Patty l’avvertì.
-Jenny non sta bene, torna un’altra volta.-
-Mi ha chiesto lei di venire, ieri ha detto che doveva parlarmi.- si
sfilò le scarpe -Salgo un momento e poi vado via.-
Tentò un sorriso, cercando di essere convincente, ma Patty
le sbarrò il passo.
-È meglio se torni domani. Oggi non è il caso.-
Meryl non riuscì a capire.
-Perché non posso vedere Jenny? Cos’ha? Lasciatemi
passare!-
Evelyn fu così categorica da risultare scortese.
-Insomma, ci senti? Ti abbiamo detto di andar via!-
Meryl non riuscì a capacitarsi che la stessero scacciando.
Era cresciuta lì dentro, accidenti. Conosceva
l’edificio e i suoi proprietari dal momento in cui aveva
iniziato a camminare. Il ryokan non era il loro, eppure quelle due
perfette sconosciute si comportavano da padrone. Dov’era
finita nonna Harriet, perché glielo consentiva? Ferita dalla
loro prepotenza, capì che non si sarebbero scostate, non le
avrebbero permesso di salire. Invece di lasciarsi intimidire, doveva
inventarsi qualcosa. Chinò la testa fingendosi sconfitta, si
volse e finse di andarsene. Ma poi, invece di indossare la giacca a
vento, la gettò addosso a entrambe e si precipitò
su per le scale.
Corse lungo il corridoio senza sapere neppure dove andare, intravide
Jenny oltre una delle porte aperte e si fermò di colpo.
Seduta sotto la finestra, non sembrava star male per niente. Le avevano
mentito. Chiuse la porta e la bloccò con la chiave. Percorse
la stanza per una buona metà, vide aperto il pannello che
comunicava con la camera dei ragazzi e loro che la guardavano, sorpresi
dalla sua improvvisa comparsa. Si avvicinò, lo richiuse di
colpo e lo fermò sul binario con un piede, per impedire a
chiunque di aprirlo. Mentre riprendeva fiato guardò Jenny.
-Cosa sta succedendo? Le tue amiche volevano impedirmi di vederti.
Hanno detto che non ti senti bene e invece mi sembri in perfetta forma!-
-Abbassa la voce.-
Quello di Jenny fu più un ordine che un invito, sottolineato
dall’espressione seria, dal tono categorico e da un gesto
stizzito. Meryl ammutolì, si guardò intorno e
scorse Philip, a quell’ora stranamente ancora raggomitolato
nel futon. Socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma i suoi occhi
registrarono in un attimo una moltitudine di particolari che le tolsero
la voce. Philip era disteso, girato su un fianco, il viso adagiato sul
cuscino, gli occhi chiusi. Aveva uno zigomo tumefatto e una ferita
sulla fronte. E sentendo la sua voce si era mosso.
-Meryl, torna un’altra volta.-
-Cosa gli è successo?-
Parlavano a voce bassa.
-Davvero vuoi saperlo?-
L’altra annuì.
-Ieri Kevin è venuto a trovarci insieme a tre ragazzi.
Steve, John e Ted. Immagino che tu li conosca. Eravamo soli quando ci
hanno raggiunti nel bosco.-
Meryl la fissò sbalordita.
-È stato Kevin?-
-No, lui teneva me.-
Meryl continuò a guardarla in preda allo shock.
-Non è possibile.-
-Jenny, per favore. Non è colpa sua.-
Si volsero di scatto, un Philip parecchio stropicciato si stava
mettendo seduto tra le coperte e le guardava serio.
-Non è successo niente.- quando si mosse, i muscoli
protestarono dolorosamente.
Forse lui aveva ragione, ma Meryl non riuscì a esprimere che
parole di scusa.
-Mi dispiace… Mi dispiace tantissimo.- non seppe
cos’altro dire mentre il disagio le inceppava la mente.
Guardò di nuovo Jenny, poi Philip, sperando che fossero loro
a parlare. Ma non lo fecero e lei si sentì di troppo, fuori
posto e profondamente in colpa. Indietreggiò verso la porta,
si volse, l’aprì e uscì. Sul corridoio
quasi travolse Patty ed Evelyn. Il volto chino a terra, non ebbe il
coraggio di guardarle. Giustificò la loro scortesia,
capì perché avevano tentato di scacciarla. Gli
occhi pieni di lacrime, scese al piano di sotto. Prese la giacca e
mentre la indossava si infilò di corsa le scarpe, temendo
che la nonna tornasse e la vedesse. Che le chiedesse perché
stesse scappando, perché stesse piangendo. E lei in quel
momento non era in grado di darle spiegazioni senza maledire mille
volte l’indole prepotente e violenta del fratello. Come
poteva aver fatto una cosa simile a Jenny? E soprattutto
perché?
Udì dei passi sul corridoio e si volse. Attraverso le
lacrime che le riempivano gli occhi scorse un’ombra
avvicinarsi. Non perse tempo ad allacciarsi le scarpe. Si
passò la manica della giacca sugli occhi e
afferrò la maniglia della porta.
-Stai andando via?-
Quella non era la voce della nonna, ma neppure la voce del nonno. Era
una voce che aveva già udito e non le era del tutto estranea
ma che non riconosceva. Esitò sulla porta il tempo di
voltarsi di nuovo e guardare Tom che la guardava a sua volta, un misto
di pietà e preoccupazione negli occhi.
Lei annuì soltanto, perché il nodo che aveva in
gola non riusciva a sciogliersi. Era chiaro che stesse tagliando la
corda. Perché chiederlo, quindi? Aprì la porta e
il freddo la investì. Ma molto meglio quello al ryokan, che
non le sembrava più tanto accogliente.
-Sei sola?-
La domanda di Tom la seguì fuori.
Annuì senza voltarsi. Certo che era sola. Soprattutto adesso
che si trovavano uno dentro e l’altra fuori. Lei in balia del
gelo dell’Hokkaido, lui ancora avvolto dal calore del ryokan.
Lo vide tornare indietro, sparire all’interno
dell’edificio e poi uscire indossando la giacca e le scarpe.
Lo vide chiudersi la porta alle spalle e scendere i gradini della
veranda. Accostarsi e tornare a parlarle, forse l’unico tra
tutti che, dopo quello che era accaduto, aveva ancora voglia di
rivolgerle la parola.
-Ti accompagno per un pezzo. Ho giusto voglia di fare due passi.-
Al piano di sopra Philip era ormai ben sveglio e intenzionato a
esprimere il suo punto di vista.
-La tua amica non c’entra nulla, Jenny.- la sfiorò
con una carezza -Non devi portarle rancore.-
Lei rimase impassibile, aggrappata alle proprie convinzioni per tenersi
a galla nonostante i sensi di colpa, convincendosi che Philip soffrisse
ancora parecchio per il pestaggio anche se non lo dava a vedere, e che
Meryl non sarebbe dovuta venire a cercarla perché in quel
momento di lei non le importava assolutamente nulla.
-Come ti senti?-
-Sto bene, davvero.- la rassicurò -Sono solo un
po’ acciaccato, come dopo un allenamento extra.-
-Non mi sembra la stessa cosa.-
-Ho dei segni sul viso? I tuoi nonni se ne accorgeranno?-
-Inventeremo una scusa.-
-Tipo cosa?-
-Che sei scivolato sul ghiaccio e ti sei fatto male.-
-Non mi sono mai fatto male scivolando sul ghiaccio!-
protestò lui, ferito nell’orgoglio.
Lei lo fissò inesorabile.
-Stavolta sì.-
-Gli atleti hanno una tolleranza al dolore molto superiore rispetto
alle persone normali. Lo sapevi?-
Non era stato Philip a parlare bensì Benji e tutta la
combriccola che stazionava nella camera accanto, lanciando loro
occhiate più o meno curiose.
-Vuoi mangiare qualcosa Philip?-
Lui sorrise ad Amy e scosse la testa.
-Non subito, magari prima finisco di svegliarmi.-
Era intontito, gli doleva la testa e si sentiva come se gli stessero
conficcando centinaia di aghi nel corpo. Aveva fitte di dolore ovunque
e la fame era l’ultimo dei suoi pensieri. Però...
-Avete già fatto colazione?-
Bruce scoppiò a ridere.
-Veramente abbiamo finito di pranzare poco fa.-
Philip ebbe un momento di confusione. Quella che pensava fosse
un’assolata mattina si trasformò di colpo in un
pigro pomeriggio. Dovette ridimensionare la propria percezione
temporale e capì perché nonostante il dolore
diffuso in tutto il corpo sentisse un certo languorino. Vista
l’ora, adesso la gentile offerta di Amy non gli sembrava
più tanto da scartare.
E mentre il suo stomaco borbottava come soltanto quello di Bruce era
capace di fare, Jenny lasciò la stanza senza dire una
parola, senza neppure dargli il tempo di capire cosa avesse e
perché uscisse così in silenzio, come se qualcosa
l’avesse offesa.
Il fatto era che tutto lo stress e la tensione accumulati nelle ultime
ventiquattro ore divennero per lei impossibili da gestire. Si
trasformarono nelle lacrime non versate, nei singhiozzi soffocati il
giorno prima, nel ricordo del pestaggio impresso a fuoco nella mente.
Nella crudeltà di Kevin che non le aveva dato ascolto, non
si era lasciato impietosire dalle lacrime e dalle suppliche e aveva
continuato ad aizzare gli amici contro Philip.
Mark incrociò Jenny nel corridoio, udì Philip
chiamarla, scorse il suo viso rigato di lacrime e permise al proprio
istinto di fare cilecca una seconda volta in meno di
ventiquattr’ore. Per qualche bizzarro e misterioso motivo, in
quell’attimo brevissimo sovrappose il dolore di Jenny a
quello di sua sorella Natalie, riportandogli alla mente
l’odore dell’incenso che il monaco buddista
spandeva tutt’intorno all’urna di suo padre.
Confuse i due volti senza rendersene conto e non esitò un
istante a seguirla giù per le scale.
La meta originaria di Jenny era la stanza da tè della nonna
dove colpevolizzarsi in pace di ciò che era accaduto,
disperarsi in solitudine lontana dagli sguardi dei compagni,
riprendersi la colpa che aveva scaricato inutilmente su Meryl
nonostante sapesse che Philip aveva ragione, lei non
c’entrava nulla e non era responsabile nel modo
più assoluto delle malefatte del fratello. Udendo i passi
che la inseguivano, cercò una via di fuga cambiando
percorso. Senza starci troppo a riflettere, calzò le scarpe
e aprì la porta d’ingresso, precipitandosi fuori
del ryokan. Riuscì a sottrarsi alla mano protesa di Landers
per un soffio.
-Mark?-
Amy lo chiamò dal pianerottolo, le dita sulla balaustra, i
capelli a incorniciare il suo bel viso teso di preoccupazione. Lui non
disse nulla, la guardò solo un attimo. Poi infilò
rapido le scarpe e uscì.
Jenny si sentì afferrare così saldamente che le
fu impossibile proseguire oltre la veranda verso il piazzale. Neppure
si volse, tentò soltanto di liberarsi agitando il braccio.
Mark la strattonò indietro brusco, lei perse
l’equilibrio e gli finì addosso, il volto contro
la sua felpa. Sentì il suo odore e il suo calore e si
scostò immediatamente, turbata, le guance in fiamme. Lo
guardò e anche lui le sembrò a disagio.
-Dove stai andando?-
-Fuori.-
-A fare cosa?-
-Per stare sola.- abbassò il viso si asciugò le
lacrime con il dorso della mano.
-Perché?-
-Per riflettere, per capire…-
-Certe volte è meglio non pensare.-
-Non ci riesco…- esitò, poi le lacrime le
solcarono le guance in un pianto silenzioso. Abbassò ancora
di più il viso per nasconderle al ragazzo -È
tutta colpa mia.-
-Non è vero.- per consolarla le accarezzò i
capelli, proprio come aveva fatto con sua sorella il giorno del
funerale.
Continuando a nascondere il volto in una mano, Jenny si
appoggiò con l’altra alla sua felpa affondando le
dita nel tessuto. Scosse la testa.
-Se non foste venuti qui non sarebbe accaduto.- la sua voce fu rotta da
un singhiozzo soffocato -Se Kevin non avesse saputo di Philip non
avrebbe potuto picchiarlo… Non avrei dovuto dirgli che ero
qui con lui. Quel giorno non mi avrebbe baciata. E se poi non
l’avessi insultato lui non sarebbe mai…-
Mark la interruppe.
-Jenny, i “se” non ti porteranno da nessuna parte.
Non ti serve ipotizzare cose che non sono successe e che non possono
più accadere. E poi stai esagerando, Callaghan sta
benissimo. Sta sicuramente meglio ora che dopo un allenamento di Gamo.
Finire in una rissa non è nulla di grave e non è
certo la prima volta che qualcuno lo prende a pugni. Te lo posso
garantire. Io per esempio l’ho picchiato quando eravamo
ancora alle elementari. Quel giorno gli ho mollato uno sganassone di
quelli... È rotolato a terra come un birillo, ed era
così incazzato quando si è rialzato….
tu non hai idea.- si erano intesi subito lui e Callaghan, fin dal primo
giorno.
Jenny intercettò l’accenno di un sorriso e lo
fulminò con un’occhiataccia. Mark tentò
allora di darsi un contegno.
-Certo non significa che quel tuo amico debba venire qui e riempirlo di
botte.-
-Però è successo.-
-Ma vedrai che tra un paio di giorni Callaghan tornerà come
nuovo e potrà…-
La spiacevole e improvvisa sensazione di essere osservato, gli
pizzicò la nuca spingendolo a voltarsi e sollevare lo
sguardo. E sussultò. Non s’era sbagliato! Dietro i
vetri Philip e qualcun altro li stava osservando. Si scostò
subito da Jenny e il suo illogico comportamento fu a lui per primo
talmente palese da mozzargli il respiro per lo shock. Cosa aveva fatto?
Come gli era saltato in mente di seguirla? Con quale scusa uscire da
quella situazione così imbarazzante? Cosa gli stava
succedendo? Non si riconosceva più... Per un attimo fu preso
dal panico, lei sembrò accorgersi che tutta la sicurezza con
cui finora aveva provato a tranquillizzarla sembrava essersi dissolta.
-Mark?-
Landers le sorrise teso come un filo da bucato.
-Vieni, rientriamo. Con questo freddo maledetto ci buscheremo un
malanno. E poi quell’idiota del tuo ragazzo ti sta
aspettando.-
Tornarono sotto la tettoia e lì, dove nessuno li avrebbe
visti, le cinse le spalle con un braccio, il tempo di stringerla a
sé per un istante come se volesse incoraggiarla.
Dopodiché aprì la porta d’ingresso e si
scostò per lasciarla entrare. Mark si sfilò in
fretta le scarpe, si fermò sotto le scale ed
esitò di fronte ai gradini. Non aveva nessuna voglia di
tornare dagli amici. Tanto più che Jenny si stava dirigendo
nella direzione opposta.
-Arrivo tra un attimo.-
Mark esitò a proseguire chiedendosi se non fosse il caso di
aspettarla. Rientrando insieme, avrebbe evitato le stupide battutine
dei compagni e Philip sarebbe stato troppo occupato con lei per
chiedergli conto del suo comportamento. Ma anche tornare insieme non
era una buona soluzione. Callaghan avrebbe avuto da ridire anche su
questo. Che fare?
Decise di salire. Sarebbe riuscito a tener testa alle prese in giro
degli amici e, se proprio avessero esagerato, si sarebbe chiuso nel
silenzio.
Philip si stava vestendo nei pressi della soglia come se lo aspettasse.
Cosa che probabilmente stava davvero facendo. Indossava i jeans e
quando lui entrò stava infilando la testa nello scollo di
una t-shirt bianca. Rimase con una manica infilata, il torace nudo e
gli occhi astiosi che emanavano un tale carico di scontentezza da farlo
pentire all’istante di non essere risalito insieme
all’amica.
-Dov’è Jenny?-
-Adesso arriva.-
-Cos’ha?-
-Chiedilo a lei.-
-Perché tu puoi saperlo e io no?-
-Io gliel’ho chiesto, fallo anche tu.-
Già stanco della gelosia paranoica di Callaghan,
abbassò gli occhi sul torace del compagno che la maglietta
ancora sollevata lasciava in parte scoperto. La pelle di Philip era un
tripudio di escoriazioni e lividi sul petto e sullo stomaco, quello
più grande e rossastro sul fianco, all’altezza
delle costole. Lo zigomo paonazzo e la ferita alla tempia che si stava
già rimarginando erano niente al confronto. Jenny non aveva
poi tutti i torti a preoccuparsi per lui. Quei tre c’erano
andati giù pesanti, molto più di quanto avesse
immaginato. Era una fortuna che non gli avessero fatto male sul serio.
Philip finì di indossare la maglietta in un silenzio
scontento. Dall’armadio recuperò una felpa pulita,
emettendo qualcosa di molto simile a un ringhio.
-Voglio saperlo prima che torni. E se tu sai qualcosa che io non so
è solo colpa tua. Sei tu che le sei corso dietro e ci hai
parlato…- ci fu una pausa significativa e i suoi occhi
lampeggiarono di irritazione -E tutto il resto…-
Mark lo guardò.
-Quale resto, Callaghan? Non esiste nessun resto e sei un idiota solo a
pensarlo.-
Da parte sua, Benji impiegò meno di un istante a ribadire un
concetto su cui ormai si stava crogiolando da giorni.
-È evidente che ti piace infilarti tra loro, Landers. Mi
chiedo il perché.-
-E perché te lo devi chiedere? Non puoi farti i cazzi tuoi,
per una volta?-
Un leggero bussare alla porta impedì a Benji di rispondergli
come meritava. Jenny entrò, i suoi occhi corsero tra i
compagni e si fermarono su Philip sorpresi e contrariati.
-Cosa fai in piedi?-
-Mi sto vestendo.-
-Era proprio necessario?-
-Certo. Non ho mica l’influenza, e poi siamo qui per
allenarci.-
-Ogni tanto qualcuno se ne ricorda.-
Jenny lanciò a Holly un’occhiataccia.
-E stavolta lo fa proprio chi non dovrebbe.-
Massaggiandosi un fianco, Philip attraversò la stanza e si
fermò davanti alla fidanzata.
-Non è che puoi darmi un’altra di quelle
compresse?-
Holly si volse di scatto verso Julian.
-L’hai già drogato.-
Ross fece spallucce, poi rispose scuotendo la testa.
-Direi proprio di no, Philip.-
-Perché no? Se ne prendessi un paio sono sicuro che tornerei
in gran forma. E potrei allenarmi con voi.-
-No nel modo più assoluto. Ricordati che siamo stati
convocati per la partita contro l’Oman e tra pochi giorni
inizia il ritiro…-
-Quello serio.- precisò Benji con grande soddisfazione.
Philip non riuscì a star dietro al ragionamento di Julian.
-E allora?-
-E allora se continuassi a prendere medicinali e ci facessero un
controllo antidoping a sorpresa, tu risulteresti di sicuro positivo.-
Mentre il panico ammutoliva Philip e un silenzio stupito piombava nella
stanza, Holly saltò su come un grillo.
-Sei matto, Julian?! Stai scherzando, vero? Non l’hai drogato
sul serio, spero!-
Guardò Philip che era sbiancato e il livido sul viso
spiccava con violenza. Ascoltarono increduli le parole di Julian.
-Io invece spero che i residui di ciò che ha preso finora si
diluiscano presto nel suo sangue.-
A Philip l’indolenzimento del pestaggio crollò
addosso tutto insieme. Si afflosciò terreo come il
Sahara. A Jenny, pallida almeno quanto lui, sembrò di
scorgere nel suo sguardo una sfumatura di accusa. Cercò di
giustificarsi.
-Mi dispiace, non lo sapevo!-
Amy scoppiò a ridere.
-Julian, perché li spaventi?-
-Non è vero?- Philip agguantò il compagno per la
felpa -Disgraziato! Vuoi farmi morire di paura?-
-Julian, che spavento!- Jenny si teneva una mano sul cuore che le
batteva ancora a mille -Mi hai fatto prendere un colpo…-
guardò Philip, che aveva mollato il compagno e recuperato la
felpa da indossare, scivolata a terra -Ti abbiamo lasciato il pranzo da
parte. Vuoi mangiare?-
Lui annuì e la seguì sul corridoio, sollevato ma
ancora frastornato. Udì gli amici ridere e la voce secca di
Holly che continuava a rimproverare Julian. Imboccò le scale
e si rivolse alla fidanzata.
-Perché prima sei fuggita via?-
Lei arrossì.
-Non lo so. Per quello che è successo, per Meryl…
credo. Avevo bisogno di stare sola.-
-Landers ti è corso dietro.-
-L’ho incrociato sul corridoio, mi ha vista correre via e si
è preoccupato.- cambiò argomento entrando in
cucina -A pranzo c’era riso al curry. Ne vuoi?-
tirò fuori piatti e scodelle dal frigorifero e mise il riso
a scaldare nel microonde -Philip, forse quello che sto per dirti ti
causerà altre noie ma abbiamo perso la dieta di Gamo.-
Lui si sedette al tavolo mentre lei continuava.
-Non ho idea di come sia successo, l’avevamo messa qui.-
indicò dei fogli tra il frigorifero e il microonde -Pensavo
che fosse un posto sicurissimo, la nonna ci tiene le bollette e le
ricette del medico…- lo guardò mortificata -Non
riesco a spiegarmi come sia potuto accadere. Forse la nonna
l’ha presa per sbaglio e poi chissà dove
l’ha lasciata…-
-Non l’hai persa, Jenny. Credo che l’abbiano
gettata via. Avevamo pensato di toglierla di mezzo, l’avranno
fatta sparire mentre dormivo.-
-L’hanno buttata?-
-Ci eravamo stancati del menù. Questo è tutto
tranne che un ritiro, quindi che senso ha seguire la dieta del mister?-
-Holly si arrabbierà moltissimo.-
Philip scoppiò a ridere così di cuore che il suo
corpo protestò di dolorose fitte.
-Holly è stato il primo a essere d’accordo.-
-Non riesco a crederci.- lo guardò massaggiarsi piano le
costole incrinate -Ti fa male?-
-Un po’.-
-Avresti dovuto restare a letto. Fa’ vedere.- gli era ormai
talmente vicina che prima che lui potesse impedirglielo gli
sollevò la felpa, sfilandogli la maglietta dai jeans e
riuscendo finalmente a posare gli occhi su ciò che lui il
giorno prima le aveva nascosto. Osservò con una stretta al
cuore i lividi violacei e le escoriazioni che gli costellavano la pelle
e maledisse Kevin e i suoi amici con tutta se stessa -Cosa ti hanno
fatto…-
Philip cercò di ricoprirsi, ma Jenny non glielo permise.
-Devi mettere la crema, passeranno più in fretta.-
alzò gli occhi su di lui -Anche sul viso.- gli
accarezzò il torace nudo sfiorandolo con la punta delle
dita.
Lui si ritrasse.
-Mi fai il solletico.- un brivido gli percorse tutto il corpo. La
fissò negli occhi, perdendosi nel suo sguardo e dimenticando
il riso che si stava raffreddando nel piatto -Ti ho lasciata sola per
tutta la mattina.-
Jenny scosse la testa.
-Sono contenta che tu sia riuscito a riposare.- gli abbassò
la maglia, infilò le dita tra i capelli della nuca, poi
accostò il volto a quello di lui -Mi dispiace tantissimo per
quello che è successo.-
Il ragazzo le sfiorò le labbra con le proprie e
l’attirò contro di sé.
-Ti ho detto che sto bene, smettila di preoccuparti.-
Holly si affacciò in cucina, li vide e si ritrasse
imbarazzato.
-Immagino che in questo momento non ve ne importi niente, ma andiamo a
fare due tiri sul piazzale. Se te la senti, Philip, dopo che hai
mangiato raggiungici fuori.-
Lo scintillante sole del primo pomeriggio faceva splendere i picchi
più alti coperti di neve e di ghiaccio. Holly osservava i
loro riflessi appoggiato alla balaustra della veranda proprio davanti
alla porta d’ingresso, una spalla contro il legno del
pilastro, una gamba leggermente piegata, l’altra saldamente
piantata a terra. Teneva le mani al caldo, affondate nelle tasche della
giacca a vento. Le guance erano arrossate dal clima rigido e le labbra
screpolate dall’aria gelida. Di ritorno dal bagno osservava
pensieroso i compagni sul piazzale che si scambiavano la palla.
Udì dei passi alle sue spalle e quando si volse si
trovò davanti il bel viso di Jenny, le labbra socchiuse e
gli occhi resi scintillanti da ciò che le stava passando per
la testa.
-Holly, vi allenate per tutto il pomeriggio?-
-Riuscendoci sì, siamo qui per questo.-
La risposta un po’ brusca la fece desistere.
-Hai ragione. Come non detto.- indietreggiò per filarsela,
per non sentirlo lamentarsi ancora del ritiro adesso che persino Benji
lo aveva accettato. Si volse per rientrare nell’edificio e
vide Philip scivolare sul ghiaccio in un estremo tentativo di
recuperare un pallone lanciato troppo lontano. Si sentì
mancare il respiro -Per oggi non potresti evitare?-
Lui si mise in piedi fingendosi in forma smagliante.
-Se proprio insisti, eviterò.- più facile
ubbidirle che ammettere che quei dieci minuti di passaggi lo avevano
sfinito.
-Avevi in mente qualcosa, Jenny?-
Lei esitò. Poi, con uno sguardo inconsapevolmente seducente
che aumentò il battito cardiaco di Philip ormai tra loro,
decise di tentare il tutto per tutto per convincerlo ad assecondarla
nei propri piani. Cosa che, alla fine, forse merito del suo bel
sorriso, riuscì a fare più facilmente del
previsto.
Tanto che mezz’ora dopo erano già tutti nel bosco.
-Quindi dov’è che stiamo andando?-
ritentò Benji, ponendo la domanda per l’ennesima
volta.
-Inutile che ci provi, Price. Tanto non te lo dicono.- lo
rimbeccò Julian -Non l’hai ancora capito?-
Arrancavano tra la neve da parecchi minuti, percorrendo un sentiero che
era tutto tranne che percorribile. Jenny li guidava tra gli alberi,
avanzava sicura e senza esitazione e come facesse a sapere quale
direzione prendere in quell’intrico di piante e arbusti
cosparsi di neve e di ghiaccio era un mistero per tutti.
-Siamo quasi arrivati.-
-Lo stai dicendo già da un po’.- la
rimproverò Bruce.
-Se smettete di chiederlo finirò di ripetermi.-
-Non ti ho chiesto quanto manca ma dove stiamo andando.-
precisò il portiere testardo.
Lei fece finta di non udirlo. Lanciò a Philip uno sguardo
sbarazzino e gli strizzò un occhio. Il ragazzo
ricambiò il sorriso, poi si offrì per
l’ennesima volta di portarle lo zaino.
-Non è pesante.-
-Allora perché non lo lasci a me?-
-Mi scalda la schiena.-
-Una scusa migliore?-
-Lo porto io e basta.-
Anche Holly e Patty avevano uno zaino ciascuno e Bruce non era riuscito
assolutamente a spiegarsi cosa contenessero quelle tre zavorre. Forse
del cibo? Per essere sicuro del loro contenuto aveva provato a chiedere
a Jenny ma lei si era rifiutata di rivelarglielo. Così,
mentre camminavano nel bosco, più di una volta li aveva
tastati di sfuggita. C’era riuscito con Holly, poi solo un
istante con Patty. Quando la giovane si era accorta delle sue
intenzioni, l’aveva guardato così male da fargli
passare la voglia di riprovarci. In quel rapido contatto le sue dita
erano sprofondate in qualcosa di morbido, facendolo d’un
tratto dubitare che lì dentro ci fosse lo spuntino del
pomeriggio. Se si fossero persi, sarebbero morti di fame.
-Quindi? Quanto manca?-
-Dieci minuti al massimo, Bruce. Sono anni che non vengo qui e non
ricordo bene le distanze.-
Philip le prese una mano e gliela strinse.
-Non ci siamo persi, vero?-
Jenny non credette alle proprie orecchie e rallentò il passo
suo malgrado.
-Assolutamente no. Non mi sono mai persa, neppure a New York. Al
massimo posso aver sbagliato strada, ma persa mai!-
-Qual è la differenza?-
Lei guardò Bruce che procedeva al suo fianco e
già da un po’ la riempiva di domande.
-Semplice. Se sbagli strada la cambi, imbocchi quella giusta e
raggiungi la meta. Quando ti perdi non sai più dove vai
né dove sei e sei costretto a chiedere aiuto a qualcuno.-
Il sentiero invisibile che percorrevano cominciò a salire e
a farsi sempre più ripido, tanto che a un certo punto
dovettero arrampicarsi tra le rocce.
-Dobbiamo scalare la montagna e scendere dall’altra parte?-
-No, è soltanto una scorciatoia.- Jenny arrivò in
cima per prima -Eccoci, siamo arrivati!-
-Arrivati dove?- Philip la raggiunse e si fermò al suo
fianco. Acciaccato com’era, l’ultimo tratto di
sentiero gli aveva tolto il fiato necessario a far notare alla
fidanzata che era del tutto inutile che si arrabbiasse quando lo vedeva
fare due tiri a pallone, se poi lo costringeva a scalare montagne. Si
guardò intorno e non trovò nulla, se non Mark che
lo superava fresco e riposato come se si fosse appena svegliato da un
profondo sonno ristoratore. Incrociare il suo sguardo ironico lo
innervosì, così preferì dilungarsi a
osservare il paesaggio. I suoi occhi si posarono sugli alberi sparsi.
Tra di essi, enormi massi scuri punteggiavano di macchie la neve e una
gran nuvola di vapore, per qualche misterioso motivo, aleggiava
compatta in fondo al declivio. C’era anche un rumore di acqua
che scorreva. Osservò più attentamente e
capì: davanti a loro, più in basso, alcune grigie
e piatte rocce vulcaniche formavano una sorta di scalinata tra cui
gorgogliava una sorgente termale che si riversava in una polla.
Guardò meglio. La vasca naturale non era una. Ce
n’erano diverse, ne poteva scorgere almeno tre che si
perdevano tra il vapore denso e caldo.
Amy si fermò accanto a lui a riprendere fiato e
arricciò il naso quando le arrivò un penetrante
odore di zolfo.
-Una sorgente termale?-
-Esatto.- Jenny sorrise entusiasta e avanzò con precauzione
sulle pietre.
Il vapore l’avvolse e per un istante scomparve. Poi riapparve
e Philip la vide sfilarsi lo zainetto.
-Splendido!- Patty le andò dietro senza esitare neppure un
istante.
-Non avevo mai visto una sorgente termale tra la neve.- Holly si
guardò intorno, era uno spettacolo notevole.
Julian li raggiunse.
-Io sì, ma soltanto in tv.-
-Anch’io, in un documentario.- li mise al corrente Benji -Ora
che l’abbiamo vista, proseguiamo?-
I ragazzi scoppiarono a ridere.
-Credo che la nostra meta sia qui.-
-Tutta questa strada solo per vedere un’insulsa sorgente
termale come ce ne sono un milione in tutto il Giappone? Sono davvero
senza parole!-
-Sarebbe la prima volta.- commentò Landers dietro di lui
alzando gli occhi al cielo.
-Non venite a fare il bagno?- li chiamò Patty dalla riva.
Lo zaino ai suoi piedi era vuoto e lei teneva tra le braccia un carico
di asciugamani.
-Il bagno? Stai scherzando?-
-Non credo che scherzino Benji.- gli fece notare Evelyn -Cosa
c’è che non va?-
-Il bagno lì dentro lo fanno le scimmie.-
Bruce rise, prese la fidanzata per mano e
s’incamminò con lei verso le sorgenti. Holly
lanciò loro un’occhiata, poi tornò a
guardare Benji. Dritto in piedi, immobile come una statua, le braccia
incrociate sul petto, le guance arrossate dall’ultima salita
e sul volto un’espressione schifata.
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Resti qui?-
-Non farò mai il bagno dove si spulciano i babbuini!-
-Però usi le docce dei Derrick.- lo schernì Mark.
Benji ignorò la presa in giro.
-Al ryokan abbiamo la stessa acqua, la stessa puzza di uova marce.
Perché siamo dovuti arrivare fin qui?-
-È come giocare a calcio in un campo diverso.
L’erba è sempre erba, però è
eccitante provare un nuovo terreno di gioco.-
-Ottima metafora, Holly.- si congratulò Philip dandogli una
pacca sulla spalla -Io vado.-
-Non se le condizioni del campo sono pessime!- si intestardì
Benji -Callaghan sei inqualificabile!- gli gridò dietro il
portiere -Ti schifi dei peli di un gatto e vai a tuffarti tra le pulci
delle scimmie!-
-A quaranta gradi le pulci schiattano!-
Tom e Mark si guardarono titubanti.
-Tu non vai?- domandò l’uno all’altro
che lanciava occhiate indecifrabili verso le sorgenti.
-Questa volta passo. Ma avviciniamoci lo stesso, lì fa
più caldo. Sto gelando.-
Fu quando si accostarono alle vasche di roccia e il vapore si
diradò, che si resero conto che quel posto non era
così sperduto come avevano immaginato. Su un piccolo
riquadro di terreno, proprio tra le sorgenti, una tettoia riparava un
tavolo da pic-nic circondato da panche. L’acqua termale era
stata canalizzata e intorno al riparo creava un ruscello che permetteva
di stare comodamente seduti con i piedi a mollo.
Altre due tettoie di legno emergevano tra le pozze più
lontane. Fu proprio da lì che dopo un po’
comparvero le ragazze nuotando tra le rocce e il vapore.
-È fantastico. Sicuri che non volete entrare?- chiese Amy
-Abbiamo portato asciugamani per tutti!-
-Strasicuri.-
-In fondo il posto non è male.- Tom si guardò
intorno -È molto suggestivo.-
-Anche se non facciamo il bagno, valeva la scarpinata.- vedere Amy
contenta per Julian era un piacere che giustificava la passeggiata. Si
sedette su un’estremità della panca, si
sfilò le scarpe e poi i calzini.
-Cosa stai facendo?- gli chiese Mark.
-Mi scongelo.- arrotolò i jeans fino al polpaccio e immerse
i piedi nell’acqua bollente, provando un immediato sollievo.
-Benji ha ragione.- Tom indicò un pannello esplicativo
fissato al tavolo -Qui vengono davvero a farsi il bagno le scimmie e
c’è scritto anche che questo luogo appartiene al
ryokan. L’acqua deve essere proprio la stessa delle terme.-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** 9 - Alcol e sapone - seconda parte ***
- 9 -
Alcol e
sapone
Seconda parte
La nonna udì le loro voci sul piazzale mentre percorreva il
corridoio del piano terra e restò ad attenderli davanti alla
porta d’ingresso. Entrando per primo Bruce la
spalancò, investendola con una corrente gelida che
trascinò con sé qualche fiocco di neve. La
vecchina rabbrividì e si strinse addosso il pesante scialle
di lana che le copriva le spalle.
-Bentornati, miei cari.- il suo sguardo si spostò sulla
nipote -Jenny, ho bisogno di te per riordinare i registri.-
-Subito?-
-Perché no, di là è già
tutto pronto.-
Gli accordi erano che in cambio dell’ospitalità
per le amiche, l’avrebbe aiutata nelle faccende del ryokan.
Quindi non poté fare altro che seguirla docilmente nella
stanza da tè e restare a osservare afflitta il registro dei
conti fermo alla fine del mese precedente insieme a un discreto fascio
di fatture posato lì accanto.
-Ci vorrà almeno un’ora.-
-Per questo ti ho chiesto di aiutarmi, io non ho tempo. Prima di
riaprire il ryokan per la stagione sciistica ci sono tantissime cose da
fare.-
-Quando ti deciderai a archiviare tutto su un computer?-
-Alla mia età non ho nessuna intenzione di imparare a usare
quelle macchine infernali. I registri funzionano anche senza corrente e
almeno non corriamo il rischio di cancellarli per sbaglio.-
Mentre Philip si affacciava silenzioso sulla soglia, Jenny
aprì il libro e scosse la testa.
-Sarebbe tutto molto più semplice.-
-Philip potrebbe darti una mano, se ne ha voglia.-
Lui colse al volo l’opportunità di trascorrere del
tempo solo con Jenny e raggiunse la fidanzata passando accanto alla
nonna.
-Santo cielo! Cos’hai fatto al volto?-
Philip sobbalzò e si portò una mano al livido,
quasi a volerlo nascondere anche se era ormai troppo tardi per farlo.
-Sono scivolato sul ghiaccio.-
-Oh, accidenti! Mi dispiace moltissimo! Ci hai messo qualcosa? Dovrei
avere una crema di là che...-
-Grazie, nonna. Ci abbiamo già pensato.-
La vecchina annuì.
-Se avete bisogno di me sono in lavanderia. Oggi faccio il sapone.-
Lo sguardo della giovane si illuminò di un profondo e
incontenibile interesse.
-Davvero? Allora posso sistemare i registri domani? Voglio aiutarti.-
-Prima i registri.-
-Ma nonna! Hai promesso che me lo avresti insegnato!- lo sguardo deluso
della nipote indusse Harriet a scendere a un compromesso -E sia. Lo
prepareremo insieme stasera, dopo cena.-
Jenny annuì entusiasta e la vecchina sparì nel
corridoio.
-Che vuol dire che fa il sapone?- domandò Philip sedendosi
al suo fianco.
-Che lo produce lei. La nonna fa delle saponette fantastiche, se solo
volesse potrebbe venderle. Mescola i profumi e le essenze come solo lei
riesce a fare. Aggiunge foglie, fiori e frutta, quello che trova a
seconda delle stagioni. E le saponette sono anche belle. Hanno un
profumo buonissimo ma è un processo lungo, ci vuole tempo.-
-Tu hai un profumo buonissimo. Lo hai sempre avuto.-
-Sono sicuramente le saponette della nonna.-
-Chissà...- accostò il viso a quello di lei e
tentò di baciarla.
Le loro labbra si sfiorarono, poi Jenny lo allontanò.
-Prima il dovere, poi il piacere.- sfogliò qualche pagina a
caso -Un giorno dovrò informatizzare tutto o chiedere a
qualcuno di farlo. Se non ti va di stare qui puoi salire di sopra.
Cercherò di fare in fretta.-
-Come puoi pensare che non mi vada di starti vicino? Ho dormito
così tanto che praticamente non ci vediamo da ieri.- si
accorse che gli occhi di Jenny si erano spostati sul suo viso e si
toccò il livido con la punta delle dita -Che peccato dover
camuffare queste gloriose ferite di guerra con un incidente da
imbranato. Scivolare sul ghiaccio, che cosa da idioti…-
-Fortuna che la nonna ci ha creduto.-
Amy si affacciò.
-Jenny, che ci inventiamo per cena?-
Lei e Philip si guardarono e scoppiarono a ridere.
-Tom, che diamine stai cercando? Hai messo sottosopra
l’armadio!- annoiato dallo stupido programma che trasmetteva
la tv, Mark lo stava osservando già da un po’
rimestare tra i vestiti.
-I miei calzini. Non li trovo più.-
Benji alzò gli occhi dalla rivista. L’aveva
comprata quella mattina giù a Shintoku e un articolo
riportava alcune interessanti opinioni tecniche sulla partita giocata
due giorni prima tra la Francia e la Germania.
-Tutti?-
-Un paio, ovviamente. Sono spariti!-
-Serve una mano?- Holly si avvicinò per aiutarlo nella
ricerca e anche Julian si alzò per raggiungerli.
Amy bussò ed entrò portando con sé un
vassoio che conteneva una teiera e delle tazze. Mentre si avvicinava al
tavolo i suoi occhi vagarono per la camera.
-Julian, che stai facendo?-
-Tom non trova i suoi calzini.-
-La cosa non mi stupisce, c’è un tale disordine
qui dentro. Avete controllato in lavanderia? Può darsi che
siano rimasti lì. Forse non erano ancora asciutti e non li
abbiamo portati su.-
Tom ripose nello scaffale un paio di maglioni che gli erano rimasti in
mano e scese di sotto.
Holly tornò a sedersi davanti alla tv.
-Benji, hai finito di leggere? Vorrei darci un’occhiata
anch’io.-
-Non ho finito. Come potrei con tutte queste chiacchiere? È
la terza volta che rileggo che Schneider segna un goal e ci crederei
pure se non sapessi che non sono tutti suoi.-
Evelyn entrò e dietro di lei arrivò anche Patty,
con un cestino di minuscoli tramezzini ripieni di insalata, tonno,
prosciutto e formaggio. Lo depositò sul tavolo e Bruce
allungò automaticamente una mano.
-Non più di due.- lo avvertì Evelyn.
-Due? Perché due? Sono così tanti!-
-Non sono tanti, sono contati. Philip compreso.-
-Philip non c’è, si sta divertendo di sotto con
Jenny.-
Patty scosse la testa.
-Non si sta divertendo affatto. Li abbiamo visti un attimo fa ed erano
sommersi di fatture.-
-Tra un po’ è ora di cena e due sono
più che sufficienti.- dichiarò Evelyn senza
possibilità di compromesso.
-A proposito di cena, cosa prevede il menù di stasera?-
Le giovani colsero al balzo la domanda di Bruce per ripagarli del bliz
della mattina che aveva tolto di mezzo il regime alimentare voluto dal
mister e richiesto dalla situazione.
-Ci dispiace informarvi che purtroppo abbiamo perso la dieta di Gamo.-
disse Amy fingendosi affranta.
I ragazzi tentarono di dissimulare la gioia e il sollievo ciascuno come
meglio poté.
-Che peccato.- borbottò Mark.
-È una tragedia.- annuì anche Bruce.
Amy continuò seria.
-La stiamo cercando, speriamo di ritrovarla.-
-Speriamo…- fece eco Holly.
-Per questa sera abbiamo in programma tonno in scatola e insalata,
tanto per essere sicure di non eccedere con le calorie.-
A Bruce andò di traverso il boccone e per poco non si
strozzò.
-Cazzo! È una tragedia davvero!-
Evelyn sospirò.
-Forse dovremmo chiedere alla nonna di chiamare il mister per farcela
rimandare. Oppure può chiamarlo direttamente Jenny, tanto
Gamo non riconoscerebbe la sua voce.-
Holly divorò un panino, e mentre lo ingoiava piuttosto
affamato, fece mente locale delle cibarie che avevano acquistato
giù in paese. Sarebbero state sufficienti a saziarli tutti?
Mentre un silenzio disfatto riempiva la stanza, Tom rientrò
abbattuto addirittura più di loro.
-Trovati?- gli chiese Amy.
-No.- lanciò una rapida occhiata ai piedi dei compagni.
Tante volte qualcuno… si sa mai…
-Le lavatrici si nutrono di calzini, è sicuro. Sapessi
quanti ne sono spariti a casa mia.- disse Mark, e dopo quella perla di
saggezza casalinga tornò a pensare alla cena. Insalata e
tonno in scatola! E visto che non aveva ancora toccato i tramezzini, si
affrettò a servirsi.
Tom tornò a frugare nell’armadio e Patty lo
guardò incuriosita.
-Cosa stai cercando?-
-Un paio di calzini. Non li trovo più.-
-Sarà colpa del disordine?-
-Abbiamo messo a posto ieri!-
-Non l’avete fatto bene.-
-Patty… lascia stare.- Amy la tirò via -Andiamo a
preparare la cena.-
Quando furono soli, Bruce sbuffò.
-C’è pure bisogno di prepararla, una cena
così?-
-Tonno in scatola e insalata!- Benji chiuse brusco la rivista,
l’accantonò e si guardò intorno
cercando qualcuno da insultare -Di chi è stata
l’idea di far sparire la dieta?-
-Di Philip, chi altri?- gli rispose Bruce deciso a non dare la colpa se
non a lui, divenuto ormai il capro espiatorio su cui si trovavano
d’accordo all’unanimità.
-Non combina altro che guai.-
Ascoltandoli Tom si chiese cosa fosse accaduto in quei pochi minuti di
assenza. Aveva lasciato i compagni sereni e tranquilli e ora li
ritrovava scontenti e nervosi.
-Perché ce l’avete di nuovo con Philip?-
-Perché grazie alla sua idea di liberarci della dieta, il
menù di stasera è tonno in scatola e insalata.-
si lagnò Bruce.
-Ma eravamo tutti d’accordo.-
-Non provare a difenderlo, Tom!- Benji gli puntò contro un
dito accusatorio -Senza la dieta di Gamo come riferimento, quelle
quattro intendono fare il bello e il cattivo tempo con le nostre
calorie!-
-Bisogna assolutamente escogitare un piano B.- Julian si spremette le
meningi e quando l’ombra di un’idea gli
attraversò la testa, sollevò di scatto gli occhi
-Scendiamo ad avvertire Philip. Può far presente alla nonna
che insalata e tonno sono una cena davvero insufficiente. Al cento per
cento lei ne parlerà con Jenny e dovranno per forza cambiare
menù.-
Mark gli lanciò un’occhiata perplessa.
-Secondo me, se non coinvolgiamo i nonni è meglio.-
-Secondo me invece, se dalla nonna ci va Landers invece di Callaghan,
otterrà molto di più.-
-Non sei per niente divertente, Price.-
-Non intendevo farti ridere.-
-Andateci insieme, tu e Philip.- suggerì Holly
-L’unione fa la forza.-
Mark fu costretto a capitolare, ben sapendo che non si sarebbe
sacrificato per loro ma per se stesso.
-Metterò in conto a Callaghan anche questo.-
-Fermi tutti!-
-Che c’è adesso, Bruce?-
-Holly, questo è odore di fritto…-
-Non sento nessun odore.-
Mark si affacciò sulla soglia e vide Evelyn che stava
salendo. Bruce lo superò per andarle incontro.
-Cosa state friggendo?-
-È la nonna. Sta preparando il tempura. Niente che ci
riguardi.-
Bruce tornò dai compagni con gli occhi fuori dalle orbite.
-Avete sentito? Tempura! Holly!-
-Ho sentito benissimo.-
-Tempura contro insalata e tonno…- Bruce stava per svenire
-Non mi viene neppure il dubbio. Imbuchiamoci dai nonni.-
Il capitano annuì e imboccò per primo le scale in
cerca di Philip. Lo trovò nella stanza da tè e lo
chiamò dalla soglia.
-Puoi uscire un attimo?-
Il ragazzo smise di digitare sulla calcolatrice le cifre che Jenny gli
stava dettando, si alzò e lo raggiunse nel corridoio. Holly
lo tirò dietro al muro, dove Mark si sentì libero
di assalirlo, cercando tuttavia di controllare il volume della voce, in
modo che né Jenny, né tanto meno i nonni,
potessero udire ciò che stava accadendo.
-Tu e la tua stupida idea di far sparire la dieta di Gamo!-
Philip non si spiegò il motivo dell’assalto ma si
mise subito sulla difensiva.
-La mia idea? È stata un’intenzione collettiva,
non mia!-
-Sai cosa c’è per cena?- lo aggredì
anche Bruce e quando lui annuì, continuò
-È un disastro! Cosa facciamo?-
-Finché le ragazze non ritrovano la dieta, e non la
ritroveranno…- proseguì Julian -Dovremo seguire
un regime alimentare del tutto inadeguato.-
-Inadeguato?-
Philip sembrava continuare a cadere dalle nuvole, anzi sembrava non
porsi il problema che li aveva riuniti tutti lì, nel
corridoio dell’ingresso.
Benji scostò Bruce e gli si piazzò davanti
combattivo.
-Apri bene le orecchie, Callaghan! Da quando ho messo piede in questo
posto ho sopportato di tutto. Ma non ho nessuna intenzione di
sopportare anche la fame!-
-Neppure io, Philip.- concordò Bruce -E sai che ti dico? Che
da domani… Anzi da stasera, cenerò a Shintoku e
metterò ogni pranzo e ogni cena in conto a te!-
Nonostante la pazienza a cui cercava disperatamente di far ricorso,
dopo la sparata di Bruce Philip iniziò a innervosirsi sul
serio.
-Insopportabile viziato! Vai a mangiare dove ti pare se quello che
c’è qui non ti va bene! Sai che accidenti me ne
importa? Ma io non tirerò fuori uno yen per i tuoi stupidi
capricci!-
Richiamata dalle voci via via più concitate, Jenny li
raggiunse nel corridoio e cercò di placare il fidanzato
posandogli una mano comprensiva sul braccio. Sotto le sue dita
sentì i muscoli tendersi e i nervi fremere.
-Qual è il problema?- domandò conciliante.
-La dieta di Gamo è il problema!- replicò Harper
brusco.
-Non capisco… Come fa a essere un problema se non
c’è più?-
-Il problema è proprio questo! Non c’è
più!-
-E allora perché l’avete gettata via?-
Benji trasecolò. Si trattava di un tradimento vero e
proprio.
-Bravo, Callaghan! Hai persino vuotato il sacco! Di te non ci si
può proprio fidare!-
Philip scostò Jenny e fece un passo verso il portiere.
-Non volevi seguire la dieta del mister e l’avete cestinata!
Adesso che non c’è più la rivuoi! E
siccome sai perfettamente che non è recuperabile, non trovi
di meglio che sfogare su di me la tua frustrazione!-
Lo sguardo di Benji si fermò sul livido che gli adornava la
faccia.
-Sai cosa penso?! Che quell’amico di Jenny non ha affatto
sbagliato a darti una lezione!-
-Non è un mio amico!- protestò lei mentre le
parole del portiere, così dirette e inopportune, si
incanalavano nei suoi occhi e glieli inumidivano. Holly intervenne.
-Basta così! Il problema adesso non è la dieta di
Gamo ma la cena!- si rivolse a Jenny -Il menù di stasera non
va bene.-
Lei replicò afflitta.
-Pensavamo che il tempura piacesse a tutti.-
Lo stomaco di Bruce fece rumorosamente eco alle sue parole.
-Tempura?! Per cena non c’è insalata e tonno?-
La risata di Patty richiamò la loro attenzione. La ragazza
li osservava divertita, affacciata dalla cucina.
-Visto che non dobbiamo più seguire la dieta di Gamo, ci
siamo sbizzarrite a preparare quello che vi piace di più.-
Bruce la raggiunse sbavando.
-Ma io ti adoro, Patty! Te l’ho mai detto quanto mi piaci?-
protese le labbra -Posso darti un bacio?-
-Bruce, piantala!- accorse Holly.
Philip intanto non riusciva a capacitarsi.
-Insalata e tonno? Vi hanno detto insalata e tonno e voi ci avete
creduto?-
-Dovresti scusarti, Benji. Hai accusato Philip senza motivo.-
-Tu invece non dovresti intrometterti, Jenny.- replicò lui
glaciale -Prima di tutto perché non dovresti neppure essere
qui. E poi perché nessun ragazzo sarà mai fiero
di sentirsi difeso da una donna. Queste vostre prese di posizione
servono soltanto a farci finire l’autostima sotto i piedi.-
detto ciò si volse, scostò Tom che gli era subito
dietro e salì le scale a testa alta, sparendo di sopra.
Ancora scossa dal litigio sfiorato, Jenny abbassò gli occhi
mortificata, desiderando sparire all’istante. Non
alzò il viso neanche quando qualcuno le posò una
mano amica e rassicurante sulla spalla.
-Non farci caso.- Tom le sorrise comprensivo -Benji è
così. Quando imparerai a conoscerlo ci farai
l’abitudine.-
-Proprio l’abitudine no.- lo corresse Mark -Al massimo
riuscirai a tollerarlo.-
Philip dal canto suo le cinse le spalle con un braccio e la
riportò nella stanza da tè della nonna.
-Non mi sentirò mai offeso se prenderai le mie difese.- le
sorrise -Su, non ci pensare… Quando Benji si sente colpito
colpisce a sua volta e ci riesce sempre meglio.-
*
-Dio Tom, ho rischiato l’infarto!- Bruce si portò
una mano al cuore che aveva appena perso un battito -Che ci fai qui?-
-Sono venuto ad aiutare. Non vi serve una mano?-
-Allora tieni.- Bruce approfittò immediatamente della sua
buona volontà e gli mollò una delle buste che
stava recuperando dalla dispensa. Poi si fece largo oltre Mark
altrettanto carico e attraversò la cucina. Da lì
si affacciò furtivo per assicurarsi di avere il via libera
al piano di sopra. E si trovò faccia a faccia con Amy,
perdendo un altro battito cardiaco.
-Cosa state facendo?- li guardò incuriosita e perplessa,
tenendo tra le mani alcune magliette spiegazzate.
-È giorno di bucato?- domandò Tom tanto per dire
qualcosa mentre se la svignava. Spintonò Bruce nel corridoio
e lasciò che sparisse al piano di sopra.
-No, vado a fare il sapone.-
La sua risposta non li stupì affatto. Philip li aveva
già informati.
-Il sapone si fa con le magliette?-
Amy rise.
-Queste le laviamo.-
-E le altre birre?- li accolse Benji quando vide Bruce rientrare a mani
vuote.
-Amy è comparsa all’improvviso, ho dovuto
lasciarle giù.-
-Ben nascoste, mi auguro.-
-Non dovevano fare il sapone?- Julian si volse perplesso verso Philip,
che si limitò ad alzare le spalle.
-Forse a lei non interessa.-
-Le interessa eccome.- disse Tom posando il suo carico sul tavolino
-Stava andando.-
-Bruce, vai a recuperare il resto.-
-Scusa Benji ma perché devo scendere di nuovo io?-
-Perché le hai nascoste tu.-
-Con te sono sempre gli altri a sgobbare.-
Il corridoio stavolta era deserto ma in cucina trovò Evelyn.
China davanti alla lavapiatti, riponeva sul tavolo spiccio le stoviglie
asciutte e pulite. Bruce tirò un respiro profondo per farsi
coraggio, incrociò mentalmente le dita ed entrò
nella dispensa per recuperare un’altra parte di
ciò che era rimasto.
La fidanzata lo vide passare e si tirò su.
-Cosa stai cercando lì dentro?-
Lui ricomparve tenendo strette al petto quattro lattine di birra, come
se non volesse assolutamente lasciarsele scappare.
-E quelle?-
Bruce deglutì a disagio.
-Le beviamo più tardi.-
Evelyn lo seguì con lo sguardo mentre le passava accanto e
fuggiva via. Scuotendo la testa riprese a riordinare in fretta piatti e
piattini. Desiderava tornare dalle amiche nella lavanderia. Le aveva
lasciate a misurare insieme alla nonna le dosi di olio, acqua e soda,
perché quel giorno toccava a lei riporre le stoviglie.
Presto avrebbero finito e lei voleva assolutamente assistere al passo
successivo, scegliendo con loro tinte e profumi.
Bruce tornò, sfoggiando un atteggiamento frettoloso e
vagamente colpevole. Rientrò nella dispensa, ne
uscì con altre quattro lattine e se la svignò su
per le scale. Al terzo viaggio Evelyn lo aspettava davanti al tavolo.
Aveva tirato fuori tutte le birre che aveva trovato e le aveva poste in
bell’ordine sul ripiano. Bruce si arrestò incerto
sulla soglia. Sarebbe stato costretto a subire la sua ramanzina o gli
avrebbe consentito di raggiungere sano e salvo il piano di sopra
insieme alle bevande?
-Cosa dovete fare con tutta questa birra?-
-La beviamo.-
-Davvero?-
-Oggi è sabato e domani non ci alleneremo, così
volevamo approfittarne per rilassarci un po’.-
-Volete ubriacarvi?-
-Assolutamente no.-
Benji arrivò a trarlo d’impaccio. Vide le lattine
sul tavolo e scosse mestamente la testa. Bruce si era fatto pescare di
nuovo con le mani nel sacco, con una sfortuna e
un’imbranataggine mai viste. Li ignorò entrambi ed
entrò nella dispensa. Trovò subito la busta con
le patatine e i salatini, tornò in cucina e passando prese
veloce un paio di birre.
-Andiamo, Harper.-
Bruce non se lo fece ripetere. Recuperò le ultime lattine e
corse dietro al portiere su per le scale.
-Meno male che sei arrivato!-
Benji entrò in camera per primo.
L’altro lo seguì, poggiò le birre sul
tavolo e si lasciò cadere seduto sui tatami.
-Anche Evelyn ci ha beccati, di sicuro sospetta qualcosa.-
Benji rise.
-Più di un sospetto. Ha capito perfettamente che abbiamo
fatto scorta di birre e che stiamo per berle.-
Julian si avvicinò al tavolo, tirò fuori dalla
busta un pacchetto di patatine e l’aprì. Philip
osservò incredulo le birre e gli snack che a poco a poco
avevano riempito il tavolo.
-Da dove arriva tutto questo?-
-Stamattina mentre dormivi abbiamo fatto un salto giù in
paese.-
-Ufficialmente siamo andati a recuperare la tua giacca in lavanderia.-
disse Julian serio.
-La mia giacca?-
-Era macchiata di sangue e ieri Jenny l’ha portata a lavare.-
-Avete fatto la spesa al negozio di Meryl?-
-Conosciamo solo quello.- rispose Bruce -E poi è il
più vicino.-
-L’idiota non c’era.- lo informò Mark
pensando che l’amico volesse saperlo -Ci ha serviti suo
padre, almeno lui sembra una persona a posto.-
Incamerata l’informazione, Philip recuperò
soprappensiero una birra ma Benji gliela strappò
letteralmente di mano.
-Tu non devi toccare nulla.-
-Ridammela.-
-Dico sul serio, Callaghan.- gli occhi del portiere lampeggiarono -Hai
già bevuto la tua parte in solitudine.-
Mark fu d’accordo ma non lo disse. In compenso
allontanò tutte le lattine dall’amico.
Philip se ne accorse e cercò comprensione e
solidarietà altrove.
-Holly, passami una birra per favore!-
-Sempre a discutere, voi! Possibile?- il capitano ignorò la
richiesta. Tolse la lattina dalle mani di Benji,
l’aprì e ne bevve una lunga sorsata.
-Tom, in nome dei vecchi tempi. Di quando ti ho accolto senza riserve
nella mia squadra… Di quando ti ho insegnato a pattinare e
poi ti ho prestato i miei sci e me li hai riportati rotti...- Philip si
spremette le meningi, sforzandosi di essere il più possibile
convincente -Di quando ho diviso con te il pranzo preparato da mia
madre perché tuo padre aveva dimenticato di fare la spesa.
Di quando ti ho fatto da portavoce perché ti vergognavi di
dire a quella bambina con le trecce che…-
Una lattina di birra calò pesantemente sul tavolo davanti al
naso di Philip.
-Bevi e taci.-
-Ma Tom!- protestò Bruce deluso -Eravamo arrivati a un punto
interessante.-
-Non c’era nulla di interessante, niente da sapere. Philip
sarebbe andato avanti all’infinito.-
-Svelandoci tutti i tuoi segreti?- domandò Benji -Per noi
non sarebbe stato un problema. Gli amici condividono certe confidenze.
Che invece Callaghan stasera si astenga dall’alcol
è una questione di principio.-
-Philip è molto pentito di ciò che ha fatto, non
è così?-
L’altro annuì solerte e Benji lo fissò
scettico.
-L’unica cosa di cui si è pentito è di
non aver messo la consumazione in conto al mister.-
-Non ci ho proprio pensato.-
Holly allungò una mano verso i popcorn.
-Eri troppo ubriaco per formulare un solo pensiero appena decente.-
-Forse dovremmo lasciare qualcosa anche alle ragazze…-
rifletté Bruce mentre gustava proprio le patatine al
formaggio di cui Evelyn era ghiotta.
Mark si alzò e andò a sedersi al suo solito
posto, sul davanzale della finestra, da cui poteva osservare i compagni
e nello stesso tempo contemplare il paesaggio che scorgeva oltre i
vetri ricoperti sui bordi da un leggero velo di condensa ghiacciata.
-Invece io penso che sia meglio finire tutto prima che tornino.-
-Mi hai proprio tolto le parole di bocca.- Philip temeva di vedere
Jenny di nuovo infuriata, di litigare ancora con lei. Non ne aveva
voglia, non ne poteva più. Fissò la lattina
pensieroso, chiedendosi se il fatto che questa volta gli amici si
fossero uniti a lui fosse una sorta di garanzia.
-Molto meglio se di bocca ti avesse tolto la birra. Comunque hai
ragione, non gradirebbero.-
-Però sarebbe un gesto carino…-
-Lascia perdere, Tom.- Julian mandò giù una
sorsata, poi posò la lattina sul tavolo e
appoggiò meglio la schiena contro il muro -Fa male al loro
organismo.-
Mark rise.
-L’alcol fa male a tutti.-
-Ma a loro più che a noi.- spiegò Julian,
distendendo le gambe davanti a sé -Le ragazze hanno una
massa corporea inferiore, meno quantità d’acqua e
meno efficienza nella metabolizzazione degli alcolici. Per questo sono
più vulnerabili all’alcol e a parità di
consumo, il tasso alcolico del loro sangue è più
elevato.-
-Come sei pedante Julian.- sbuffò Benji.
-Sarò pedante ma ti sto dicendo sicuramente cose che non
sai. La capacità di smaltire l’alcol si completa
intorno ai diciotto-vent’anni, lo sapevi? E sapevi che quando
una donna incinta beve alcol, questo attraversa la placenta e arriva al
bambino in una concentrazione praticamente equivalente a quella della
madre? Con la differenza che il feto è del tutto indifeso? E
che le donne che bevono in media tre bicchieri al giorno di alcol hanno
una maggiore frequenza di aborti?-
-All’università è questo che ti
insegnano, Julian?- domandò Bruce incuriosito -Cosa fa bene
e cosa fa male alle donne incinte?-
-E molte altre cose.-
L’orologio appeso al muro segnava le dieci. Il sapone appena
fatto si stava freddando negli stampi. Il lavoro era finito e le
ragazze si godevano un po’ di relax nelle terme. Il vapore si
levava dall’acqua calda delle vasche con un sentore sulfureo
che tendeva a restare sulla pelle. Per questo le giovani, finito il
bagno, sarebbero tornare nella zona delle docce per lavarsi
dell’odore delle terme con uno dei profumatissimi saponi
della nonna avanzati dalla produzione precedente.
-Cosa pensate che stiano facendo?- Amy si aggiustò meglio il
fermaglio che le raccoglieva i capelli sul capo.
Evelyn rise.
-Stanno sicuramente parlando di calcio, come al solito.
Cos’altro vuoi che facciano?-
-Qualcosa di più creativo?- tentò Amy, per non
sminuire la loquacità argomentativa di Julian.
-Con “più creativo” intendi forse a una
partita a carte?-
Amy arrossì imbarazzata.
-Sono sicura che hanno trovato un altro modo per passare il
tempo…-
-Forse c’è un programma interessante in tv.- Patty
tirò le ginocchia al petto -Jenny, che hai?-
Amy le si avvicinò.
-Sei pensierosa dall’ora di cena. Cos’è
successo? Hai litigato di nuovo con Philip?-
-No, con Benji.-
-Per la questione della cena?- tentò Patty.
Jenny annuì.
-È stato un battibecco molto sgradevole.-
-Perché a volte Benji è molto sgradevole.-
concordò Patty che aveva assistito alla scena -Non ci
pensare più.-
Senza muoversi di un centimetro dalla sua comoda posizione spaparanzata
tra i cuscini, Benji contò le lattine appoggiate ovunque
nella stanza.
-Quante birre avevamo comprato?-
-Una decina?- tentò di ricordare Holly. Ma l’alcol
che percorreva in su e in giù il suo corpo non lo aiutava a
fare mente locale.
-Bruce, vai a vedere se giù è rimasto qualcosa.-
ordinò Mark.
-Assolutamente no. Questo atteggiamento di sfruttamento nei miei
confronti mi ha stancato.-
-Vado io.- si offrì Philip e uscì con una certa
fretta.
Mark lo notò e credette di capire cosa avesse spinto il
compagno ad offrirsi volontario.
-Non mi fido affatto di Callaghan. Approfitterà di trovarsi
a tu per tu con le lattine rimaste per scolarsi la birra che non gli
abbiamo dato.-
-Se ne ha toccata anche una sola giuro che questa volta la
pagherà sul serio.- minacciò Benji con veemenza.
Mark uscì di corsa per recuperare il compagno e, se
possibile, tutte le birre avanzate. Lui e Philip rientrarono insieme
con le ultime lattine, più una bottiglia di un liquido color
ambra che venne appoggiata cerimoniosamente sul tavolo.
-Cos’è?-
Mancava l’etichetta e a Benji fu impossibile capire di cosa
si trattasse.
-Liquore alla prugna. L’ho già bevuto una volta e
ne ho un ottimo ricordo.-
-È la tua scorta personale?- lo prese in giro il portiere.
-Me lo ha dato il nonno, lo produce lui. È molto forte, un
concentrato di alcol.-
-L’hai rubato?-
-Omaggio del ryokan.- Philip pescò dalla busta alcuni
bicchieri di plastica -Ce lo aveva già offerto quando siamo
arrivati ma io ho detto che eravamo in ritiro e non potevamo bere.-
-E allora come mai te l’ha dato?-
-Perché gli ho detto che il ritiro durava una settimana e
adesso è finito.-
Benji si versò un’abbondante quantità
di liquore. Philip gli tolse la bottiglia di mano guadagnandosi un
insulto, ma convinto che la cosa migliore da fare perché si
servissero tutti era distribuirlo equamente.
-Bruce, vuoi assaggiare?-
-Un goccio… non so se mi piace.-
Quando fu il turno di Tom, il ragazzo scosse la testa.
-Mi basta la birra, preferisco non mescolare.-
-Ti assicuro che va giù come se fosse un succo di frutta.-
Philip si rivolse poi a Julian -Sicuro che alle ragazze
l’alcol fa male?-
-Dipende dalla quantità e dalla frequenza.-
-Non invidio Amy per niente.- la compatì Benji -Stare
insieme a un ragazzo che non le permette neppure un drink non
dev’essere affatto divertente.-
-Ad Amy gli alcolici non piacciono.-
-Magari non le piacciono per farti contento.-
-Tu non sai niente di Amy.-
-Ma conosco te abbastanza da farmi un’idea.-
Holly mise il cervello in standby, concedendosi il piacere di
sorseggiare la bevanda del nonno senza ascoltare i loro infantili
battibecchi. Benji era insopportabile e a quanto pareva, se
l’alcol gli scioglieva la lingua, lo diventava ancora di
più. Lanciò un’occhiata interessata
alla modella in bikini sulle pagine della rivista che Bruce sfogliava
con estremo godimento.
-Chi è?-
-Miriam Ray.-
-Mai sentita.-
-Neanch’io. Però la lingerie che indossa le sta
molto bene. Assomiglia al completino lilla di Jenny.-
Il silenzio che l’affermazione di Bruce gettò
nella stanza fu pressoché totale. Si udirono soltanto i loro
respiri mentre il tempo sembrava dilatarsi e restringersi, e tutti gli
occhi, anche quelli che erano al corrente del misfatto, si spostavano
su di lui. Philip posò sul tavolo la birra con un gesto
misurato che parve al rallentatore. Poi, con una voce così
lugubre da sembrar provenire dall’oltretomba, si rivolse al
compagno burlone, a cui presto sarebbe passata la voglia di scherzare.
-Come, scusa?-
L’alcol ingerito fino a quel momento, camuffò a
Bruce il tono di minaccia. Così rispose tranquillo, sulle
labbra un sorriso sereno e senza preoccupazioni.
-Ho detto che Jenny ha una lingerie lilla molto simile a questa.-
-Cosa ne sai, TU?-
Philip quasi quasi aveva sperato di aver capito male. La sua reazione
fu scontata, istantanea e istintiva. Saltò sul compagno e la
rivista volò sotto il tavolo. Bruce rotolò a
terra, Callaghan si sedette a cavalcioni su di lui e lo
afferrò per lo scollo della felpa.
-MALEDETTO MANIACO GUARDONE! Hai sbirciato negli spogliatoi, VERO?-
Bruce si sentì mancare il respiro e divenne più
rosso di quanto non fosse già. Non riuscì a
rispondere, lo fece Benji.
-No, Callaghan. Non ha sbirciato, ha fatto di meglio. Le ha fotografate
tutte quante.-
Julian sussultò.
-NO! Non è vero!-
-Certo che è vero. Ma tranquillo, Ross. Non ti agitare. Tra
tutte Amy è la più coperta.-
In quei pochi istanti che seguirono la sconvolgente rivelazione, in
Philip l’euforia alcolica si dissolse completamente.
Agitò su e giù il collo di Bruce, sbattendogli
ripetutamente la nuca sui tatami.
-HAI VISTO JENNY IN MUTANDINE E REGGISENO?-
-Philip… Mi fai male...- si lamentò sofferente.
Poi immaginò la foto, l’alcol fece un altro giro
nel suo corpo e scoppiò a ridere.
-Solo in mutandine. Il reggiseno non l’aveva ancora
indossato!-
Callaghan cominciò a ringhiare.
-HARPER, T’AMMAZZO!- un altro ringhio -GIURO CHE LO FACCIO!-
-Philip, non te la prendere…- continuò a ridere
lui -Evelyn è nuda. Almeno Jenny indossa gli slip.-
-NON ME NE FREGA UN CAZZO SE EVELYN è NUDA! Non avresti
dovuto posare su Jenny i tuoi occhi da maniaco pervertito!-
-Che vuoi che sia, Callaghan?- lo prese in giro Benji -In fondo
è solo un po’ di pelle…-
-UN PO’ DI PELLE UN CAZZO!-
Holly si alzò.
-Smettila di dire parolacce, Philip.- tentò di staccarlo da
Bruce.
-Incantevole pure il completino di Patty.- sorrise lui quando il volto
del capitano spuntò alle spalle del suo torturatore.
Holly sbiancò.
-BRUCE! HAI VISTO ANCHE PATTY?
-Le ha viste tutte.-
Benji si guardò intorno, chiedendosi dove fosse finito il
cellulare del compagno. Si alzò e lo cercò per
mettere in salvo le foto prima che fosse troppo tardi. Trovò
il telefonino nell’armadio, sullo scaffale occupato dagli
abiti di Bruce. Aprì la galleria fotografica,
selezionò tutte le foto incriminate e le inviò
alla propria casella di posta.
Temendo che Bruce facesse davvero una brutta fine ora che anche Julian
mostrava intenzioni più che vendicative, Tom raggiunse Benji
e si appropriò del cellulare. Dopodiché
aprì a caso una delle immagini e
l’agitò verso i tre, proprio come
un’esca.
-Volete vedere le foto?-
Philip, Holly e Julian si volsero all’unisono, interrompendo
di colpo quello che stavano facendo e dicendo. Lo fissarono
così stralunati che per un attimo ebbe un cedimento e fu
tentato di svignarsela. Poi ricordò che sì, aveva
visto le foto ma non era stato lui a scattarle e si preparò
ad affrontare Philip, che lo raggiunse a grandi falcate. Mentre Tom lo
guardava in faccia con un filo di preoccupazione, si sentì
strappare il cellulare dalla mano tesa per tenere a distanza la collera
dell’amico. Prima ancora di Philip, però, fu
Julian a posare gli occhi sulle fatidiche fotografie togliendo il
telefonino al compagno senza che lui potesse ancora vederle.
-PERVERTITO DEL CAVOLO! STAVOLTA NON TI SALVI!-
-Julian...- tentò di calmarlo Holly, ma la voglia di
perorare la causa dell’amico d’infanzia gli
passò non appena spostò gli occhi sul display
-BRUCE! ACCIDENTI A TE! Io sono contro ogni forma di violenza, lo sai!
MA QUESTA VOLTA HAI DAVVERO ESAGERATO!-
Il colpevole intanto, seduto scompostamente sui tatami, rideva, rideva
e non riusciva a fermarsi. Tom lo mise in piedi, poi lo spinse fuori,
nel corridoio.
-Vai in bagno e restaci finché non vengo a chiamarti.-
Julian, Holly e Philip, che fino a pochi istanti prima erano
d’accordo sulla necessità di far passare a Bruce
una volta per tutte la voglia di sbirciare, di colpo presero a
discutere sulle foto.
-In fondo non si vede nulla.- disse Philip e girò e
zoomò l’immagine in ogni modo per accertarsi di
avere ragione.
Holly non gradì tutte quelle ditate sul corpo nudo della
fidanzata.
-Piantala, Philip! Che stai facendo?!-
-Cancella quelle foto!- ordinò Julian.
Il compagno li guardò in preda a una bruciante indecisione.
-Perché? Jenny è venuta bene!-
Alle loro spalle qualcuno scoppiò a ridere mentre Julian
tentava di appropriarsi del telefonino.
-Non vorrai lasciare queste foto sul cellulare di Harper! Non oso
immaginare cosa potrebbe farci!-
-Julian ha ragione, Philip. Dobbiamo farle sparire.-
L’altro annuì.
-D’accordo, ma ne voglio una copia.-
-Niente da fare.- Ross fu irremovibile -Non mi sta bene che conservi
una foto di Amy mezza nuda.-
-Di lei non si vede praticamente nulla!- Philip indietreggiò
per tenere il cellulare al sicuro -Benji ha ragione, Amy è
perfettamente coperta.-
-Non mi pare proprio!- insistette Ross -Non voglio che conservi la
foto!-
Holly gli diede manforte.
-Philip, io sono d’accordo con Julian e siccome sei in
minoranza, cancellale immediatamente.-
-Sei proprio uno spasso, Philip.- rise Mark -Saresti disposto a
lasciare la foto di Jenny nel cellulare di Harper perché
è venuta bene.-
-Non mi stai a sentire. Ne voglio una copia, ma la mia intenzione
è quella di non lasciarne traccia nel telefonino di questo
pervertito.-
La maggioranza vince sempre e alla fine Philip fu costretto a lasciare
che Julian cancellasse le foto.
Tom uscì e rientrò insieme a Bruce dopo
pochissimo. Il volto arrossato dall’alcol e un sorriso
divertito a incurvargli leggermente le labbra, Harper si
guardò intorno in cerca del cellulare. Lo trovò
abbandonato sul tavolo, lo raggiunse e spulciò le immagini
della galleria. Quando si accorse che le foto erano state cancellate
gli sfuggì un singhiozzo demoralizzato, che lo
accasciò sul tavolo.
-Erano così belle…-
Benji frugò nelle buste per fare l’inventario di
quello che era avanzato. In un paio di esse radunò le
lattine vuote e l’allontanò dal tavolo spingendola
in direzione della porta.
-Qualcuno dovrebbe cominciare a riportarle nella dispensa.-
-Va Philip.- Julian trovò immediatamente il volontario.
-Perché io? Sono già sceso prima.-
-Appunto. Così finisci il lavoro che hai cominciato, non si
lasciano le cose a metà.-
L’alcol che Philip aveva mandato giù nonostante il
divieto degli amici, non era poi così poco. Si
alzò troppo in fretta, per un attimo la stanza
vorticò sotto i suoi piedi e fu costretto a sorreggersi alla
parete.
-Hai bisogno di aiuto?- la proposta di Tom oscillò insieme
alla stanza, tanto che proprio non riuscì ad alzarsi per
aiutarlo -Forse è meglio se va qualcun altro con lui.-
-Non ho bisogno di nessuno.- Philip si staccò dalla parete,
raggiunse malfermo la porta e uscì.
-Se sentiamo un tonfo è caduto dalle scale.- Benji sorrise
ma Holly si mostrò preoccupato.
-Visto il carico che porta non sarebbe meglio evitare?-
-Hai ragione, vai ad aiutarlo.-
Poiché il ruolo che ricopriva non gli consentiva di lasciare
il vicecapitano della nazionale a cavarsela da solo in un momento
simile, si alzò e guadagnò la porta, barcollando
tale e quale a Philip.
-La stanza non sta ferma per nessuno.-
Lo videro sparire nel corridoio.
-Due tonfi, due voli giù al piano terra.-
-Benji, sei di un cinismo spaventoso.-
-Philip…- chiamandolo, Holly si aggrappò alla
balaustra con tale energia che le dita gli divennero bianche. Il
compagno era arrivato in fondo alle scale sano e salvo e si volse
-Aspettami.- stringendo saldamente il corrimano, il capitano scese con
precauzione un gradino dopo l’altro.
-Che c’è?-
-Nulla.-
-Bene.-
Holly seguì l’amico in cucina.
-Dove posiamo questa roba?-
-Bella domanda. Che ne dici di rimetterla dove stava?-
-Sì. Credo che nasconderla lì sia la cosa
migliore, per ora.-
Si introdussero nella dispensa e raggiunsero l’angolo
più lontano dalla porta, inciampando in una busta
dimenticata. Philip frugò al suo interno, poi si rivolse
all’amico.
-E queste?- chiese riesumando due lattine di birra.
-Devono esserci sfuggite. Le portiamo su?-
-Perché? Sono due e noi siamo due. Più preciso di
così.-
-Hai perfettamente ragione.- Holly tornò in cucina,
scostò una sedia dal tavolo e vi si lasciò cadere.
Philip si sedette di fronte a lui.
-Sai cosa penso Holly?-
-Cosa?-
-Che sarebbe stato più divertente se qualcuno si fosse
ubriacato.-
-Almeno nessuno ha vomitato.-
-Non è che uno debba per forza vomitare…-
-Tu l’hai fatto.-
Entrambi tacquero per alcuni istanti e poi Holly, dopo una lunga
sorsata di birra, riprese.
-Sai cosa penso io invece?-
-Cosa?-
-Che abbiamo fatto un buco nell’acqua.-
-In che senso?-
-Tra di noi, intendo. Discutiamo tanto quanto prima, lo facciamo
persino davanti alle ragazze.-
-Forse non riusciremo mai a diventare amici.-
-Se ciò accadesse sarebbe la cosa migliore. Ma sarebbe
sufficiente non litigare e non discutere in campo. Quello che
è successo durante la partita contro l’Uzbekistan
non deve più ripetersi.
-Sono d’accordo con te.-
-Forse questo ritiro sta inasprendo ancora di più i rapporti
tra noi.- Holly sospirò con amarezza -Mi ero convinto che la
presenza delle ragazze sarebbe stata positiva. Invece la maggior parte
delle discussioni avviene a causa loro. Prima abbiamo assalito Bruce
per un paio di foto.-
-Non avrebbe dovuto farle.-
-Se le ragazze non ci fossero state non sarebbe successo.-
-Vuoi mandarle via?-
-Scherzi? Sto soltanto riflettendo ad alta voce.- e siccome aveva
parlato a lungo si inumidì l’ugola con un lungo
sorso di birra -In realtà spero ancora di riuscire a trovare
del tempo da trascorrere da solo con Patty.-
-A chi lo dici.-
Holly rise.
-Pesto come sei, invece tu dovresti proprio evitare.-
l’occhiata sbilenca che gli lanciò Philip lo
spinse a continuare pur di non sentirlo replicare -Sai cosa vorrei fare
adesso?-
Philip scosse pensieroso la lattina di birra. La bevanda
vorticò al suo interno, mentre Holly continuava.
-Stare con Patty, trascorrere il resto della serata e tutta la notte
solo con lei senza avervi tra i piedi.-
-Io non ti sto tra i piedi quando t’imboschi con Patty.
Semmai mi tolgo di torno appartandomi con Jenny.- gli fece presente
anche un po’ offeso -Abbiamo fatto tanto per organizzare qui
il ritiro e non siamo riusciti a neppure a ricavarci un po’
di tempo per noi.-
A Holly sfuggì una risata.
-Come potete approfittare di quei pochi momenti che potreste
trascorrere insieme se state sempre a litigare?-
Philip si adombrò di colpo.
-Quel maledetto bastardo! Prima o poi tornerà da queste
parti e allora vedrai che…-
-Non farti venire idee vendicative! Non finché sei in un
ritiro con tutti noi! E poi guarda, per come la penso io non ne vale la
pena. È talmente chiaro che a Jenny di lui non frega nulla.
Non dovresti neppure perdere tempo a pensarlo.- guardò il
compagno dritto negli occhi per cercare di capire se avesse recepito
quell’ordine neanche troppo velato ma Philip continuava a
tenere la fronte aggrottata. E i pensieri di Holly presero una
direzione del tutto diversa e inaspettata. Ingollò un altro
sorso di birra e sospirò sentitamente -Sono ancora nelle
terme, vero? Quando Patty esce dalla doccia profuma in modo divino.-
L’espressione corrucciata sparì dal volto di
Philip, che si accomodò meglio sulla sedia.
-Anche Jenny. Il suo profumo mi è sempre piaciuto. La prima
volta l’ho sentito in aeroporto, subito dopo aver giocato la
semifinale contro di te, poco prima che partisse con sua madre per
l’America. Era così triste…
è scoppiata a piangere all’improvviso e me la sono
ritrovata tra le braccia. E quando si è allontanata, per la
prima volta ho sentito come uno strappo che bruciava molto
più della ferita che mi sono fatto al ginocchio cadendo
sull’asfalto per seguire il suo taxi. I primi tempi il
profumo di Jenny mi faceva perdere letteralmente la testa.-
Holly annuì.
-Chissà perché le ragazze profumano.-
-Forse per attirarci, come i fiori con le api.-
-Sì, i fiori. Belli e delicati…-
rifletté -E morbidi.-
Philip continuò ad annuire pensieroso.
-Beviamoci su.- consigliò mentre i suoi pensieri andavano
ben oltre l’immagine di una pianta -Con un fiore certe cose
non le puoi fare, però. Un fiore non puoi spogliarlo, puoi
togliere i petali ma poi diventa brutto. Una ragazza nuda invece
è qualcosa di… sublime…
celestiale…-
A entrambi tornarono chiare nella mente le foto di Bruce e tutta quella
pelle esposta.
-Spogliarla un po’ alla volta è davvero eccitante.-
-Sciogliere la cinta dello yukata che fruscia mentre la sfili, scostare
il kimono dalle spalle per scoprire il collo, accarezzarla sulla
schiena nuda giù fin dove riesci ad arrivare…-
-Toccarla.-
-Ovunque.-
-Baciarla.-
-Dappertutto.- Philip continuò ad annuire -Beviamoci su.- la
sua fantasia spaziò su un paesaggio di pizzo lilla con
merletti.
Il silenzio durò alcuni intensi minuti, fu Holly a romperlo
per primo.
-Philip, la birra è finita.- agitò la lattina
vuota, con la stessa aria sbattuta di qualcuno risvegliato bruscamente
da un piacevole sogno.
-Peccato.-
-Sì, peccato.-
Si alzarono più malfermi sulle gambe di come erano arrivati.
Gettarono le lattine nella busta e richiusero la porta della dispensa.
Ne uscirono scherzando e ridendo, ma una volta di fronte alle scale si
guardarono perplessi e titubanti.
-Chi va per primo?- chiese Philip.
-Insieme.-
-Forse oggi con i bagni abbiamo esagerato. Mi sento a pezzi.- Patty si
lasciò cadere sullo sgabello di vimini davanti allo
specchio. Recuperò il pettine e iniziò a
districarsi i capelli -Le terme mi hanno così rilassata che
non vedo l’ora di andare a dormire.- guardò
l’orologio che segnava le undici passate -Si è
fatto davvero tardi.-
Jenny si annusò un braccio nudo.
-Sarà andato via l’odore del tempura?-
Evelyn, che le sedeva accanto sulla panca, si sporse verso di lei per
annusarla.
-Ti assicuro che non ce n’è traccia. Profumi
così di buono che manderai Philip fuori di testa.-
Lei rise d’imbarazzo.
-È un piacere vedervi insieme, tu e Philip.- Amy le
passò accanto per raggiungere Patty davanti allo specchio
-È evidente che lui ti adora, anche quando litigate.-
-Bruce non mi guarda mai come Philip guarda te...- disse Evelyn con una
punta d’invidia -Ero curiosissima di conoscerti sai, Jenny?
Philip ti ha tenuta sempre accuratamente nascosta.-
-Quando mi hai chiamata per invitarmi qui non riuscivo a credere che
fossi davvero tu.- sorrise Amy. Posò in un cesto di vimini
il telo usato per asciugarsi e recuperò gli abiti puliti
dallo scaffale. Si sedette sulla panca e cominciò a
rivestirsi.
-A dire la verità abbiamo cominciato a pensare che non
esistessi, che fossi soltanto una specie di miraggio…-
-Un’invenzione di Philip per non sfigurare davanti ai
compagni.- aggiunse Evelyn seria -Perché non sei mai venuta
neppure a un incontro della nazionale?-
-Certo che ci sono venuta!- Jenny la guardò sorpresa.
-Ma sei rimasta sugli spalti, tra il pubblico, senza farti mai vedere.-
-Ero con Grace… Con gli altri ragazzi della Flynet. Quando
la nazionale gioca in Giappone non perdiamo una partita.-
-Ma adesso che ci siamo conosciute starai in tribuna con noi? Abbiamo
sempre i posti migliori riservati. Ci pensa il signor Pearson.-
-Chi è il signor Pearson?-
-Lavora per la Japan Football Association, è un pezzo
grosso, con una grande capacità decisionale. Lui ha portato
i ragazzi ai mondiali juniores di Parigi, alle medie.-
Jenny lo conosceva di nome perché aveva udito spesso Philip
parlarne. La prima volta era accaduto quando si crucciava per non
essere ancora riuscito a diventare il capitano della nuova Flynet che
si era formata al liceo.
-Probabilmente Philip intende tenerti lontana da quei maniaci dei
compagni di squadra.- rise Patty -Visto quant’è
possessivo…-
-Dì pure geloso.- la corresse Amy ridendo.
Julian accartocciò i contenitori delle patatine e dei
popcorn e li infilò in una busta vuota. Poi, scocciato,
spostò gli occhi sui compagni.
-Non avete nessuna intenzione di darmi una mano, vero?-
Mentre Tom si alzava e radunava le ultime lattine vuote, Julian
guardò Holly e Philip.
-Che hanno quei due? Quando sono scesi non erano in queste condizioni.-
-Forse il movimento ha mandato in circolo l’alcol.-
tentò Tom.
-Oppure hanno rubato un’altra bottiglia di liquore al nonno e
se la sono scolata alla faccia nostra.-
-Dici?-
-Non lo escluderei.- Benji tornò verso il tavolo,
afferrò le buste degli avanzi, aprì
l’armadio a muro e le nascose in un angolo.
-Anche questa.- Bruce lo raggiunse e gli porse l’ultima. Non
appena chiusero il pannello scorrevole, udirono le voci delle ragazze
sulle scale.
-Dammi una mano, Landers.- lo sollecitò il portiere.
Afferrò le caviglie di Philip che giaceva ancora a terra e
prima che lui si rendesse conto di quello che stava accadendo, lo
trascinò dall’altra parte della stanza fin sotto
la finestra. Quando anche Holly fu trasportato da Mark un po’
meno gentilmente, Benji spalancò i vetri e lasciò
che il gelo invernale li colpisse. Fu come una doccia ghiacciata. I due
si riscossero e si tirarono su in una posizione quanto meno decente.
-Che freddo micidiale!- Philip rabbrividì e Holly, malfermo
sulle gambe, cercò di trascinarsi via dal percorso della
corrente gelida senza molto successo. In compenso si schiarì
un po’ le idee e il suo sguardo si snebbiò
abbastanza da poter sostenere quello di Amy che si affacciò
sulla soglia.
Entrarono tutte, precedute da un piacevole profumo di bagnoschiuma ai
fiori che camuffò l’olezzo da bettola di cui si
era impregnata la stanza nonostante la finestra spalancata.
-Non sentite freddo?-
Rabbrividendo alla corrente gelata, Amy restò davanti alla
porta, troppo accaldata e umidiccia per desiderare esporsi al freddo
che proveniva da fuori.
-Stiamo cambiando l’aria. Bruce ne ha fatta una di quelle che
non si riesce a respirare.-
-Non è vero!-
-La stanza è gelata, finirete per prendere freddo.-
Julian concordò con Amy e chiuse la finestra destreggiandosi
tra le membra scomposte di Philip e Holly che non accennavano
né a muoversi né a scostarsi.
Benji lanciò loro un’occhiata, poi raggiunse
l’armadio.
-Ci prepariamo per andare a dormire, se non vi dispiace uscire.-
Amy annuì.
-Hai ragione, buona notte.-
Una volta soli, Bruce non riuscì a trattenere il
divertimento.
-Non si sono accorte di nulla!-
-Stento a crederlo anch’io.- convenne Mark.
-Solo perché le ho mandate via.- fece presente Benji -Se
fossero rimaste ancora avrebbero notato che quei due laggiù
non sono proprio al massimo della forma.-
Indicò con un cenno Philip e Holly. Avevano ripreso entrambi
a ridere sommessamente, complici di chissà cosa.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** 10 - Resa dei conti - prima parte ***
- 10 -
Resa dei
conti
Prima parte
Tom sbadigliò e socchiuse gli occhi. Nella penombra intorno
a lui udiva solo il respiro dei compagni addormentati. Si volse
pigramente a guardare l’orologio, pronto a riprendere il
sonno interrotto. Erano già le sette ma gli sembrava di
essersi addormentato appena un paio d’ore prima. Chiuse di
nuovo gli occhi e si ritirò pigramente sotto le coperte,
deciso a concedersi ancora tutta la mezz’ora di riposo che
gli restava, anche se… anche se a pensarci bene era meglio
approfittare di quei minuti di tranquillità e di solitudine
per lavarsi con calma, senza il solito casino, senza i soliti
schiamazzi. Appena sveglio preferiva il silenzio. Anche se molto
difficilmente gli capitava di alzarsi di cattivo umore, gli
ci voleva del tempo per carburare e finché non si svegliava
del tutto non amava fare conversazione con nessuno. Sì,
forse era proprio il caso di concedersi una tranquilla visita in bagno.
Scostò le coperte, recuperò il telecomando del
climatizzatore, lo accese e si alzò. Scavalcò un
paio di futon e uscì silenziosissimo in un corridoio
illuminato dalle prime luci del giorno.
Rimase in bagno a lungo, crogiolandosi nella tranquillità e
nella pace. Asciugandosi il viso indugiò a osservare il
paesaggio esterno. I vetri erano adornati di ghiaccio brillante che
formava splendidi ghirigori decorativi. La finestra del bagno si
affacciava sul retro del ryokan, vale a dire sui primi alberi del
bosco. A quanto pareva quella notte non aveva nevicato. Riusciva a
scorgere poco distante un angolo del piazzale e le tracce degli
pneumatici che la macchina del nonno aveva lasciato il giorno prima.
Rabbrividì e alzò gli occhi al cielo di un
azzurro tenue e limpido; non lo solcava neppure una nuvola. Il sole era
sorto da poco e la sua luce pallida e fredda accarezzava le cime
più alte delle montagne innevate. Solo in tarda mattinata
sarebbe arrivata a posarsi sul ryokan.
Mentre ripercorreva il corridoio per tornare in camera, scorse un
movimento furtivo in cima alle scale. Neve, la gatta bianca della
nonna, era comparsa senza fare alcun rumore.
-Già sveglia anche tu?- sussurrò accarezzandole
il dorso mentre lei faceva le fusa -Sei venuta a cercare Philip?-
La gatta gli percorse con la schiena le caviglie per una grattatina
mattutina e quando ne ebbe abbastanza, raggiunse quatta quatta la
soglia della camera, la coda ben dritta, gli occhi azzurri persi nel
buio.
-Sei venuta davvero a cercare Philip.- prese atto Tom, divertito al
pensiero -Sta dormendo, lascialo in pace.-
Quasi l’avesse compreso e non avesse gradito
l’ordine, la gatta agitò una volta la coda e con
uno scatto improvviso sparì nella stanza. Il sorriso si
dissolse dal volto di Tom. La seguì con un balzo per
impedirle di fare qualsiasi cosa avesse intenzione di fare e si
trovò immerso nell’oscurità
più totale. Tanto che dovette fermarsi dov’era per
non correre il rischio di calpestare i compagni. Quando i suoi occhi si
abituarono al buio, iniziò a distinguere forme e oggetti.
Cercò la gatta e non la vide. Ma lui doveva assolutamente
trovarla.
Scavalcò Holly e raggiunse la finestra in punta di piedi.
Scostò la tenda quanto bastava per far entrare uno spiraglio
di luce e l’oscurità fu dissolta dal tenue
chiarore del giorno. Così andava molto meglio e infatti la
individuò.
Neve era a due passi e si aggirava qua e là annusando i
futon dei compagni. Odorò quello di Mark, poi quello di
Holly e di Bruce. Si sedette sulle coperte di Julian e prese a leccarsi
una zampina.
Tom si avvicinò senza fare rumore e cercò di
prenderla ma lei gli sfuggì, portandosi al sicuro dietro il
ragazzo addormentato. Mentre Tom aggirava Julian, la gatta
scavalcò anche Benji, costringendolo a rifare il percorso in
senso inverso. La micia continuò a sfuggirgli per alcuni
minuti e alla fine, stanco di aggirarsi inutilmente per la stanza con
il rischio di svegliare qualcuno, la lasciò perdere e
tornò a sedersi tra le proprie coperte.
La gatta si accucciò di nuovo, stavolta accanto al futon di
Philip. Si leccò un po’ la pancia, poi
abbassò il muso e annusò le dita adagiate fuori
dalle coperte.
-Micia… vieni qui…- tentò di nuovo
Tom.
La gatta si volse a guardarlo e agitò la coda infastidita.
Poi cominciò a fare le fusa, muovendo avanti e indietro il
muso contro la mano del ragazzo addormentato.
-Tom?- Holly lo chiamò piano -Cosa stai facendo?-
-Sto guardando la gatta.-
Holly si stropicciò gli occhi e si tirò su
incuriosito.
-La gatta?-
-Si è intrufolata.-
La voce di Mark li fece voltare.
-È cotta di Callaghan.-
Era sdraiato a pancia in giù, le braccia incrociate sul
cuscino a sorreggere la testa. Osservava divertito Neve che continuava
a fare le fusa contro le dita inerti finché Philip si mosse
e ritrasse la mano.
-Forse è attirata da Callaghan perché gli sente
addosso l’odore di Jenny.-
-Allora dovresti piacerle anche tu visto che le stai sempre incollato.-
Landers ricambiò la divertita risposta di Holly con
un’occhiata di fuoco.
-La battuta alla Price potevi risparmiartela.-
Julian dal suo futon rise proprio nel momento in cui con una mossa
azzardata la gatta scomparve tra le coperte di Philip passando
attraverso l’apertura creata da un braccio piegato.
Holly si tese.
-E adesso?-
I giovani trattennero il fiato e il silenzio divenne palpabile, in un
certo modo inquietante. Philip si mosse e si voltò, poi si
agitò di nuovo in modo brusco. Dalle coperte provenne un
miagolio soffocato e lamentoso che ebbe la conseguenza di spalancargli
di colpo gli occhi. Balzò seduto, scalciò via il
futon e la gatta, altrettanto sorpresa e di sicuro terrorizzata,
soffiò appiattendosi tra le sue gambe piegate. Gli occhi di
Philip la fissarono increduli mentre lanciava una sentita imprecazione,
poi saettarono sugli amici.
-Che razza di scherzo!-
Le sue urla strapparono Benji e Bruce dal sonno insieme alla sveglia,
che fece da eco alle invettive, un frastuono tale da far schizzare la
gatta fuori dalla stanza in un baleno.
-CALLAGHAN!- tuonò il portiere stralunato -Che cazzo urli?
Dove credi di essere? Allo stadio?-
Mark scoppiò a ridere fragorosamente, creando ulteriore
confusione.
-Ti assicuro che non ti abbiamo fatto nessuno scherzo,
Philip…-
-E allora com’è entrata? È passata
attraverso le pareti?-
-È sgusciata dentro mentre tornavo dal bagno, mi dispiace.-
-Perché non l’hai cacciata via, accidenti a te?-
Certo che lo avrebbe fatto, Tom, se avesse saputo che sarebbe andata a
finire così. L’avrebbe tampinata fino a
riacchiapparla, pur di non sentir urlare nessuno, a quell’ora.
Il bussare discreto sul pannello scorrevole abbassò
immediatamente il volume delle loro voci. Il faccino sorridente di Amy
fece capolino dal fusuma.
-È un buongiorno, oggi?-
Holly si diede un contegno.
-Abbastanza. Vi abbiamo svegliate?-
-Eravamo già sveglie.- li guardò con attenzione
mista a divertimento -Stamattina siete davvero pieni di energie!-
-Faranno faville, sulla neve.- sentirono Evelyn dire di là.
Il pannello venne richiuso, Bruce sbadigliò sonoramente a
beneficio dei compagni.
-Io non ho capito cos’è successo… Chi
è entrato?-
-La gatta.- spiegò Julian.
-E allora?-
Philip tornò ad alzare la voce perché nonostante
l’intermezzo, in lui il nervosismo era ancora ben lontano
dall’essersi dissolto.
-Cosa faresti se si infilasse dentro il tuo futon mentre dormi?-
-Sicuramente continuerei a dormire.-
Mark rise.
-Probabilmente Harper non se ne accorgerebbe neppure.-
-Hai il sonno troppo leggero, Philip!-
Holly e Tom si trovarono tacitamente ad annuire, cosa che fece
imbestialire Callaghan ancora di più.
-Ma quale diavolo di sonno leggero? Il problema non sono io!-
Benji non ne poté più. Non era
umanamente possibile iniziare la giornata così.
-SMETTILA DI URLARE, MALEDETTO TE!- gli strillò in faccia
facendolo diventare cianotico.
-LO STAI FACENDO ANCHE TU!-
-Basta per favore...- mugolò Tom, alzandosi in cerca di
abiti puliti da indossare in fretta per sottrarsi al più
presto alla baraonda che aveva preso il posto di un sano e positivo
risveglio.
-Dove stai andando, Mark?-
Julian lo superò e raggiunse la porta sbarrandogli il passo.
-In bagno.-
-Oggi il primo sono io. L’hai dimenticato?-
-Ricordo perfettamente. La mia è un’urgenza.-
Julian sollevò il mento strafottente.
-Peggio per te. Aspetta il tuo turno o vai in quello delle ragazze!-
lasciò la stanza ma un secondo dopo si riaffacciò
puntandogli addosso un dito minaccioso -Cancella la seconda opzione!-
Mark ringhiò una protesta.
-Secondo te sarei capace di farlo? Ma per chi mi hai preso?-
Bruce si alzò pieno di buone intenzioni.
-Non preoccuparti Mark, vado io nel bagno delle ragazze.
Così dovrai aspettare di meno.-
-Dov’è che vai tu?- il capitano gli
agguantò svelto una gamba bloccandolo sul posto -Non ci
provare!-
Senza prestare attenzione ai compagni, Philip raggiunse la parete
divisoria con due falcate decise. Bussò e chiamò
piano.
-Jenny?-
Trascorse un istante, poi Evelyn si affacciò.
-È in cucina.-
E Philip in cucina andò a cercarla, un diavolo per capello e
una voglia matta che la fidanzata gli risolvesse il problema una volta
per tutte, facendogli tornare il buonumore. Jenny era davanti ai
fornelli e quando lo vide entrare gli sorrise.
-Buongiorno. Come mai ancora in pigiama?-
-Il gatto!-
-Che gatto?-
-Il gatto bianco. Si è intrufolato in camera mentre
dormivamo e si è infilato nel mio futon!-
Lei rise.
-Jenny, non c’è nulla di divertente.- la
guardò serio -Quel gatto ce l’ha con me.-
-Si chiama Neve ed è una femmina.- lo canzonò,
sfiorandogli il livido sullo zigomo con la punta delle dita -Ti fa
ancora male?- quella sì che era una cosa che la
preoccupava.
Lui scosse la testa e starnutì. Forse avrebbe dovuto
cambiarsi prima di scendere in cucina.
-Sto parlando sul serio, Jenny.-
-Philip, è solo una gatta…-
-Perché ce l’ha con me?-
-Sei tu ad avercela con lei!-
Lui scosse la testa.
-L’altro giorno mi ha riempito di peli la felpa e i
pantaloni. Adesso anche il futon e il pigiama…- si
scrollò di dosso immaginari peli di gatto.
-Oggi laverò tutto, il pigiama, il cuscino e le lenzuola.-
lo accontentò lei ragionevole e indaffarata. Prese le
ciotole dallo scolapiatti e le posò sul tavolo.
Recuperò la confezione del pane e
l’aprì, tirando fuori tutte le fette che
conteneva. Due alla volta iniziò a passarle nel tostapane.
-E il futon? Se lavi anche il futon io dove dormo?-
-Te ne darò un altro pulito. Ora vai a vestirti o ti
raffredderai.-
Il tostapane trillò e Jenny sostituì le fette.
Philip la seguì con lo sguardo mentre si muoveva qua e
là per la cucina e gli sembrò più
occupata a preparare la colazione che preoccupata a dargli retta.
Così le sue rassicurazioni non gli bastarono.
-Ascolta, devi impedire in qualche modo a quel gatto…-
-È una gatta, Philip.-
Lui si corresse.
-A quella gatta di starmi addosso. Da dov’è
spuntata? Dov’è stata finora? Perché
non torna da dove è venuta?-
-È sempre stata qui ma aveva paura ad avvicinarsi.
Così girava alla larga. Philip, vai a vestirti, sei anche a
piedi nudi!-
-Accidenti Jenny! Non sento freddo!- esclamò, poi
starnutì.
Lei lo fissò, sforzandosi di mostrarsi accomodante anche se
stava cominciando a perdere la pazienza. Philip sembrò
accorgersene e la guardò imbarazzato.
-Sono allergico.-
-A me?-
-Ai gatti.-
Bruce arrivò lavato e vestito, un occhio sulla tavola
apparecchiata e l’altro in giro per la cucina in cerca di
qualcosa da mettere sotto i denti che non vedeva proprio da nessuna
parte.
-Smettila di infastidire Jenny, Philip. Se non te ne sei accorto ci sta
preparando la colazione.-
Lei annuì concorde.
-Ne parliamo dopo, Philip.- disse e lo spinse con convinzione verso
l’uscita.
*
Ed e Danny seguirono la domestica nell’immenso salotto di
casa Price. Fino a quel giorno nessuno dei due aveva mai messo piede
nella villa del portiere e ora entrambi si guardavano intorno
sbalorditi. Mentre Warner paragonava le dimensioni del grande edificio
padronale risalente almeno a un paio di secoli prima, alla propria casa
in stile tradizionale probabilmente altrettanto antica, dal tetto ampio
e il giardino giapponese con l’annessa palestra di karate che
la sua famiglia gestiva da generazioni, Danny rimase letteralmente a
bocca aperta a fissare meravigliato ciò che li circondava,
dai lampadari in cristallo ai soffici tappeti persiani, dai mobili di
legno massiccio ai quadri appesi alle pareti. Sembrava tutto molto ma
molto costoso.
-Accomodatevi.-
La donna li introdusse in un salotto che era almeno cinque volte quello
di casa Mellow. Seduti sul divano, sulle poltrone e sulle sedie a
occupare tutto lo spazio, c’erano i compagni della nazionale
e Freddie Marshall che li accolse con un sorriso.
-Buongiorno a entrambi.-
-Scusare, abbiamo fatto tardi.- disse il portiere dopo aver ricambiato
il saluto.
Yuma li guardò ironico.
-Vi siete persi?-
-Non riuscivamo a trovare un taxi libero. Non ce ne sono molti, alla
stazione.-
Ed e Danny si accomodarono sulle sedie trapuntate di velluto amaranto e
rimasero in attesa. Seduto tra i morbidi cuscini del divano, Ralph
Peterson si mosse spazientito. Infilò le mani nelle tasche
della felpa e allungò scompostamente le gambe davanti a
sé.
-Ora che siamo tutti, può dirci finalmente perché
ci ha convocati?-
-Sicuramente non per una visita guidata in casa Price. Che pure forse
varrebbe la pena.- Clifford lanciò a Marshall
un’occhiata di traverso -Mi auguro che sia qualcosa di
davvero importante se ha costretto Sandy e me ad alzarci
all’alba per venire qui da Nagasaki con il minimo preavviso e
anticipando il ritiro di una settimana.-
Le indicazioni del mister, che li aveva chiamati il giorno prima uno
per uno, erano state infatti di preparare in fretta e furia i bagagli,
recarsi all’appuntamento con la valigia e proseguire poi
tutti insieme da Fujisawa direttamente a Saitama, nel centro sportivo
degli Urawa Red Diamonds che li avrebbe accolti per il ritiro (quello
serio) in vista della prossima partita della nazionale.
L’uomo sorvolò sugli inutili e polemici commenti a
cui, convivendo per anni con Benji, aveva ormai fatto il callo e decise
che adesso che erano tutti, i ragazzi meritavano finalmente qualche
spiegazione. Si sistemò meglio sulla comoda poltrona di
solito occupata dal padrone di casa e li guardò uno per uno.
Li conosceva da anni, li aveva praticamente visti crescere. Aveva
assistito alle loro sconfitte e ai loro progressi, alla
felicità e alle delusioni che la vita sportiva aveva di
volta in volta messo loro davanti. Ed era sua intenzione continuare a
supportarli lungo la via dei più alti livelli del calcio
mondiale, se loro glielo avessero consentito. Mentre a poco a poco
nello spazioso salotto calava un silenzio d’attesa, prese un
fascio di fogli dal ripiano di cristallo del basso tavolino e lo
sfogliò.
-Devo darvi alcune notizie sul ritiro e dobbiamo decidere la formazione
che scenderà in campo contro l’Oman. Julian ha
inviato i suoi appunti, che ci saranno utilissimi. Come al solito ha
fatto un ottimo lavoro. Questi sono i due motivi principali per cui ho
deciso di riunirvi tutti quanti qui prima della conferenza stampa, tra
l’altro anticipata a domani.-
-Domani?- fece eco Sandy che le aborriva.
-Esattamente. Domani Gamo ha in programma un incontro con il presidente
della JFA e dovrà sicuramente rispondere alle domande dei
giornalisti.-
-Noi no, vero?-
-Sandy, quando la smetterai di essere così timido?- lo
schernì Clifford che aveva sempre una buona parola per lui.
-Vorrei farle notare, mister, che non siamo tutti proprio per niente.-
obiettò Patrick -Decideremo anche per gli assenti?-
Marshall annuì.
-In realtà c’è una cosa su cui vorrei
sentire la vostra opinione.-
-Davvero? E cosa?- domandò James Derrick in preda a
un’improvvisa curiosità.
-Riguardo il ruolo di capitano e di vice.-
Ed e Clifford si scambiarono un’occhiata sorpresa ma fu Paul
Diamond a parlare.
-Il capitano è Holly.-
Freddie annuì di nuovo.
-Il capitano è Oliver quando c’è. Ma
quando non c’è?-
Il primo in assoluto ad aver guidato la nazionale al suo esordio ai
mondiali juniores di Parigi era stato Mark, e non era andata affatto
bene. Landers non aveva carisma e non aveva sufficiente pazienza,
più che un leader si comportava da boss e nonostante
ciò, c’era ancora chi votava per lui in modo
incondizionato.
-Quando non c’è Holly, c’è
Mark.-
La replica di Danny fu così scontata che Clifford aveva
già pronta la risposta.
-Scordatelo, pulce! Landers sarà forse il più
bravo a infilare tiri in porta, ma come capitano fa schifo. Io non lo
voterò di certo. Non è assolutamente in grado!-
guardò Sandy che annuì immediatamente, poi
Peterson anche lui d’accordo come del resto
l’intera nazionale, a parte Danny.
Freddie si limitò ad ascoltarli in silenzio. Non intendeva
intervenire, voleva che ciascuno desse la propria opinione, che si
confrontassero e arrivassero da soli ad una decisione che, nel migliore
dei casi, avrebbe coinciso con quella già presa da lui
stesso, Gamo e Pearson.
-C’è Benji.- propose Paul Diamond -Benji alle
elementari è stato il capitano della Saint Francis.-
Ma Benji si era reso ben presto conto, quando le squadre di Shizuoka
erano state riunite in un’unica rosa di talenti, la New Team,
che Holly aveva molta più ascendenza di lui sui compagni e
gli aveva lasciato il ruolo senza nessun rimpianto.
-Scherzi? Price è peggio di Landers.-
Lo pensava anche Freddie, il ruolo di capitano a Benji non si addiceva
se la squadra che doveva guidare era un gruppo di campioni ormai
adulti, cresciuti lontano dalla fama, dal rispetto e
dall’opulenza della famiglia Price che non avrebbero fatto
breccia nel loro modo di considerare Benji. Al contrario di quanto era
accaduto a un manipolo di bambini delle elementari a cui almeno una
volta nella vita era capitato di percorrere il marciapiede che
costeggiava l’infinito muro di cinta dell’antica
dimora.
-Se Holly non c’è mai, figuriamoci Benji che vive
in Germania da anni. Non ha senso scegliere lui.- fece notare Peterson.
-Io propongo Bruce! Con lui come capitano sarà una pacchia!-
I ragazzi scoppiarono a ridere alla battuta di Johnny Mason, poi
decisero che era ora di prendere la questione sul serio.
-Noi due votiamo per Philip, come al solito.- disse Jason Derrick
mentre il gemello annuiva -Ha sempre sostituito Holly ed è
sempre andata bene.-
-Hai ragione.- convenne Everett -Lo ha sempre fatto e ci è
riuscito ottimamente. Può benissimo continuare a farlo. Non
vi pare?-
-Almeno lui ti sta ad ascoltare e riesce a trovare una soluzione ai
problemi senza farteli pesare. A differenza di Landers…-
Yuma lanciò un ghigno a Mellow.
-Sono d’accordo.- annuì Ed. Sapeva benissimo che a
Mark il ruolo di capitano non era mai interessato. Nella Muppet aveva
rifiutato la fascia offertagli dai compagni di squadra lasciandola a
Danny. Si volse verso il mister -Cosa ne pensa, signor Marshall?-
-Philip Callaghan va benissimo, sono contento di trovarvi
d’accordo su di lui.-
-A proposito di Philip e compagnia, dov’è che sono
andati quei sette?- domandò Paul -Bruce è
sparito, non si fa sentire da una settimana e non risponde
più neppure al cellulare. Che fine hanno fatto?-
-Sono in Hokkaido, a Shintoku.-
-Shintoku? Mai sentito. Che posto è?-
-Non oso immaginare che freddo terribile faccia in Hokkaido in questo
periodo.- rabbrividì Clifford che proveniva da climi
meridionali molto più temperati -Cosa sono andati a fare
lassù?-
-A litigare, che altro?- sghignazzò Everett -Non ricordi
com’è finita la partita contro
l’Uzbekistan il mese scorso?-
Ed sospirò.
-Speriamo che a qualcuno si geli la lingua, così eviteremo
di ripetere certe scene pietose.-
Paul si sporse sulla sedia.
-So cosa stai insinuando, Warner. Ma non è colpa di Benji.
Quando a Bruce gli girano fa spazientire pure i sassi.-
-Veramente ha cominciato Julian.- fu contento di precisare Yuma che,
giocando in difesa, sapeva bene come si erano svolti i fatti solo che
li interpretava dal suo ristretto punto di vista.
-Ragazzi, per favore! Non ricominciate!-
Come se fossero ormai sintonizzati su una frequenza diversa, nessuno di
loro udì la voce di Freddie che cercava di richiamarli
all’ordine.
-Ross non c’entra nulla. Se Landers non si fosse intestardito
a voler segnare un goal e avesse passato la palla a Holly, per
esempio…- Bob Denver alzò le spalle -Vuol sempre
fare di testa sua, ancora non ha capito che il calcio è un
gioco di squadra.-
Gli occhi di Marshall saettarono preoccupati qua e
là nel salotto. Possibile che litigassero per colpa dei
compagni anche in assenza dei diretti interessati?
-Ragazzi…- tentò di nuovo.
Danny non riuscì a tacere.
-Holly non era in posizione per segnare, Mark sì.-
-Che assurdità!- esclamò Johnny Mason -Holly
riesce a segnare anche quando non è in posizione, Landers
evidentemente no!-
-Capita a tutti di sbagliare!-
Freddie si chiese d’un tratto se non sarebbe stato meglio
spedire in Hokkaido l’intera squadra. Anche i presenti forse
necessitavano di raffreddare i loro bollenti spiriti. Si
alzò seccato, scostando rumorosamente la sedia e provocando
un fastidiosissimo stridio sul pavimento di marmo. Il suo movimento
brusco attirò l’attenzione di tutti. Lo videro
prendere il cordless e tornare poi a sedersi.
-E adesso? Cosa sta facendo, mister?- domandò James Derrick.
-Telefono al ryokan di Shintoku.-
-Perché?-
-Per avvertire Philip e per dimostrarvi che lassù se la
stanno cavando benone.- cosa di cui era assolutamente convinto. Se
così non fosse stato Benji avrebbe disertato il ritiro e
sarebbe già tornato a casa.
Johnny e Danny si guardarono in cagnesco, restando in silenzio
nonostante tutto ciò che avevano ancora da dirsi, mentre gli
squilli della linea libera risuonavano nell’aria. Per farli
stare zitti, Marshall aveva acceso il vivavoce.
Fu la nonna a rispondere.
“Ryokan Sakura, buongiorno.”
-Buongiorno, sono Freddie Marshall, vorrei parlare con Philip
Callaghan…-
“Freddie Marshall?” la udirono ripetere. La nonnina
fece mente locale ma quel nome le risultò
totalmente sconosciuto.
-Sì, il suo allenatore.-
“Ah!” la nonna intuì che si trattava di
qualcuno paragonabile al datore di lavoro di Philip, così
scattò sull’attenti “Attenda un attimo
in linea, per favore. Vado subito a chiamarlo.”
A casa Price si udì lo schiocco della cornetta che
veniva appoggiata sul ripiano.
La nonna raggiunse la cucina dove Amy e Jenny stavano finendo di
riordinare le stoviglie della colazione e si affacciò sulla
soglia.
-Tesoro, c’è il signor Marshall al telefono, cerca
Philip. Credo sia importante. Dov’è?-
La giovane si volse di scatto, posò i cucchiaini e la
raggiunse.
-Il signor Marshall? Sei sicura?-
-Certo che sono sicura! Sono vecchia ma non rimbambita!-
-Vado subito a chiamarlo.- salì di corsa al primo piano in
cerca del fidanzato. Aprì la porta senza bussare ed
entrò -Philip, c’è il mister al
telefono!-
Le chiacchiere si arrestarono di colpo e chi stava facendo qualcosa
smise di farla.
-Gamo?-
-No, Marshall.-
La tensione si allentò un poco.
-Hai risposto tu?-
-La nonna.-
-Che vuole?-
-Non lo so.-
Benji si alzò.
-Ci parlo io, ho parecchie cose da dirgli.-
-Ha chiesto di Philip.-
Callaghan non fu contento della puntualizzazione della fidanzata. Il
fatto che chiedesse proprio di lui non era rassicurante, forse aveva
scoperto qualcosa.
-Vuoi che vada io?- si fece avanti Holly -Gli dico che sei in bagno e
sento cosa vuole.-
L’altro annuì, subito convinto. Molto meglio lui
di Benji.
-Poi in caso ci parlo.-
Philip si alzò, seguendo Jenny e il capitano nel corridoio.
Arrivarono alla fine delle scale quasi correndo e in un silenzio teso.
Quando Holly rispose, Jenny si aggrappò alla felpa di Philip
e trattenne il fiato.
-Buongiorno signor Marshall.-
“Ah, Holly. Ciao. Cercavo Philip…”
-È in bagno. Può dire a me?-
“Be’, no… aspetterò. Tutto
bene lassù?”
-Sì tutto a posto… A parte il freddo. Mai provato
un freddo così intenso in vita mia…-
“Ci sono i pinguini?” rise Jason Derrik
“Mister, gli chieda se ci sono i
pinguini…” il fratello gli diede una gomitata per
metterlo tacere. Non voleva perdersi una parola.
Marshall sondò il terreno.
“E a parte il freddo, come va il resto?”
-Il resto è una favola! Stiamo benissimo! Sembra quasi di
essere in vacanza!-
Philip e Jenny lo guardarono con gli occhi spalancati. Philip in
realtà era quasi cianotico.
-È arrabbiato?- gli chiese a voce bassissima ma colma di
preoccupazione.
Holly con una mano coprì la cornetta e scosse la
testa.
-Vuole solo sapere come va…-
-E non può chiederlo a te? Che bisogno ha di parlare con
me?- sicuramente c’era sotto dell’altro.
Holly gli allungò il telefono con fare incoraggiante ma
Philip indietreggiò scuotendo la testa. Poiché
Marshall aveva ripreso a parlare, il capitano fu costretto a tornare ad
ascoltarlo.
-Se cerca te devi parlarci, Philip…- cercò di
farlo ragionare Jenny con un filo di voce.
-Vedrai che c’è la fregatura.-
-Prima o poi dovrai rispondergli, non puoi fingere di essere sempre in
bagno.-
Lui scosse inesorabile la testa. Di lavate di capo in quei giorni ne
aveva subite abbastanza e la sua mente già provata da tanta
ingratitudine da parte dei compagni. Lui che aveva organizzato il
miglior ritiro della loro carriera calcistica, non osava neppure
sfiorare il pensiero che Marshall avesse capito qualcosa o, peggio,
qualcuno dei presenti lo avesse informato della questione delle ragazze.
Si concentrò su Holly, che aveva ripreso a parlare.
-È una località tranquilla, solitaria. Siamo gli
unici ospiti e non c’è confusione. Possiamo
allenarci per tutto il tempo che vogliamo. Niente curiosi né
giornalisti in giro...-
Proprio mentre finiva di elencare le amenità del luogo,
tonfi sordi risuonarono per l’intero edificio facendo quasi
tremare le pareti. Holly coprì la cornetta con una mano e
spostò gli occhi su Philip.
-Chi accidenti è?-
Se lo chiese anche Jenny, tesa e con un brutto presentimento che non
voleva saperne di lasciarla.
Mentre i tonfi continuavano, Philip si allontanò verso le
scale per mettere fine a quel rumore fuori controllo che rischiava di
arrivare a Fujisawa.
-SCOMMETTI CHE SE LO RIFAI TI DISINTEGRO?!-
Le parole gridate di Benji arrivarono al piano terra, seguite da altri
tonfi più affrettati e più vicini. Bruce
volò giù dalla rampa, un po’ scendendo,
un po’ precipitando ma comunque finendo preciso addosso a
Philip che aveva avuto la sfortuna di avvicinarsi troppo alle scale.
Rotolarono a terra l’uno sull’altro.
Mentre il mister continuava a parlare, ignaro del pandemonio che si
stava per scatenare nell’estremo nord del Giappone e Holly
gli dava spago per coprire il fracasso, Jenny si precipitò
accanto al fidanzato, a terra dolorante a massaggiarsi le costole
già incrinate da Kevin e combriccola, non tanto preoccupata
che si fosse fatto male ma per arginare la sua scontata e rumorosa
reazione. E infatti, quando lui spalancò la bocca per
insultare la famiglia Harper risalendo indietro almeno fino alla quarta
generazione, Jenny gliela chiuse prontamente con le mani.
Bruce balzò a una distanza che reputò sicura. E
fece bene perché Philip era furioso.
-Non è colpa mia!-
-È la seconda volta che mi cadi addosso!-
-Una mera coincidenza, te lo giuro!-
Benji, sulle scale, diede voce a tutta la propria irritazione.
-Harper sei un idiota fatto e finito! Se l’intelligenza
facesse parte del talento, non finiresti neppure tra le riserve di una
squadra di principianti!- scese le scale con il suo incedere arrogante
e un qualcosa di inquietante che Philip spazzò via appena il
portiere gli fu vicino afferrandolo per la felpa, senza peraltro
smuoverlo di un millimetro poiché oltre alla massiccia
statura, Benji era anche saldamente aggrappato alla balaustra.
-Il deficiente sei tu. Holly è al telefono.-
-Pensavo avesse finito. Che hanno da dirsi? Certo che ce ne sarebbero
da raccontare...-
“Holly, che sta succedendo?”
Stavolta l’allenatore aveva udito perfettamente il trambusto.
-Proprio nulla, signor Marshall. È la televisione.-
Bruce capì con incredibile perspicacia che era il caso di
togliersi di torno. Così svoltò il corridoio e
sparì in direzione delle terme. Aveva appena avuto
un’idea.
In compenso in cima alle scale apparve Mark.
-Sei un cretino, Price. Vuoi farti sentire?-
-Grida ancora un po’ e sentirà anche te, non solo
a Fujisawa ma pure a Okinawa.- replicò l’altro.
-Imbecille!-
-Idiota!-
Jenny non riuscì a credere che quei due fossero tanto
stupidi da mettersi a discutere in un momento così delicato.
-Per favore, smettetela! Philip, fermali!-
Patrick Everett sentì finalmente ciò che si
aspettava prima o poi di udire.
-Questa è la voce di una ragazza!- si volse verso Ralph che
gli sedeva accanto -L’hai sentita anche tu, vero?-
guardò gli amici coinvolgendoli tutti in quella scoperta
-Voi l’avete sentita?-
Clifford annuì con veemenza.
-Certo che è una ragazza! Sono in un hotel, è
normale che ci siano delle cameriere.-
-Cameriere anche lassù?- boccheggiò Freddie,
perfettamente consapevole di cosa sottintendesse quel sostantivo
purtroppo così carico di significati.
-Le cameriere sono ovunque, mister. Non lo sa?-
-Quando sono con voi mi sforzo sempre di dimenticarlo, Ralph.-
Mentre i ragazzi continuavano a scambiarsi opinioni non richieste, nel
ryokan la vita ferveva.
Ma ferveva soprattutto Bruce, che ripiombò tra loro con gli
occhi stravolti dal terrore, come se si fosse appena trovato faccia a
faccia con la morte. I ragazzi, rimasti tutti nei pressi del capitano e
del telefono, lo videro scappare di corsa su per le scale.
Dopo di lui arrivò Patty, o meglio la visione di un
asciugamano che avvolgeva appena appena un corpo nudo. In pratica la
reincarnazione dei primi piani fotografati da Bruce. Era furente e
brandiva minacciosa una bacinella vuota, una di quelle delle terme. Ma
a questo suo particolare stato d’animo diede peso solo Jenny.
Fu tutto il resto esposto alla luce del sole che il loro istinto
maschile notò. Quindi Jenny fu l’unica a
riscuotersi dalla sorpresa mentre gli altri osservavano imbambolati
tutto ciò che circondava l’asciugamanino che Patty
si stringeva addosso. Le andò incontro e
intercettò il braccio assassino, tentando di recuperare il
contenitore e nel contempo arginare la sua furia distruttiva.
-Ferma, ferma…-
-DOV’è? DOVE ACCIDENTI è?-
-Non gridare, non gridare...-
Gli occhi increduli sulla fidanzata mezza nuda, Holly non
riuscì a profferire parola nonostante Marshall
dall’altra parte del Giappone continuasse a chiedergli cosa
diamine stesse succedendo lassù. Non solo. Lo shock fu tale
che la cornetta gli sfuggì di mano. Parlare con Freddie per
togliere Philip dai guai non fu più una priorità.
Così come non si preoccupò di recuperare il
telefono e lo lasciò penzoloni lungo il mobile.
In casa Price gli ex giocatori della New Team si scambiarono
un’occhiata d’intesa.
-Questa voce credo proprio di conoscerla.- fu la conclusione di Johnny
Mason approvata all’unanimità dalla squadra delle
medie.
Jenny non poté in nessun modo contenere l’ira di
Patty. Era così fuori di sé da non rendersi conto
in quale delicato contesto le stava capitando di trovarsi. Si
liberò dell’amica, urtò Benji
passandogli accanto, poi volò su per le scale.
-Stavolta lo uccido!-
Holly la vide scomparire al piano di sopra, l’asciugamanino
che celava appena le natiche. Si riscosse dallo shock e
recuperò il telefono.
-Signor Marshall, le passo Benji. Vuole parlarle.- gli mise in mano la
cornetta -È tutto tuo!- e corse dietro alla fidanzata.
Philip non poté fare nulla per evitare il cambio di
interlocutore. In quella circostanza così delicata, non
sarebbe riuscito a trattenere Holly neppure se lo avesse incatenato al
muro. La comparsa di Patty mezza nuda aveva evidentemente mandato in
pappa il cervello del capitano.
-Buongiorno Freddie!- esordì il portiere pieno di energie e
di ottime intenzioni.
“Ciao Benji. Philip è ancora in bagno?”
Price lanciò in ghigno sadico al compagno.
-Evidentemente.-
“Come va lì?”
-Uno schifo.-
“Immaginavo.” commentò con un sospiro
“Infatti mi stavo chiedendo come mai non fossi ancora tornato
a casa.”
Benji rise.
-Ho fatto una scommessa con Landers su chi resiste di più. O
chi molla per primo, dipende dai punti di vista. Chi di noi due
vincerà, e uno dei due vincerà di sicuro,
avrà l’onore di prendere a pugni Callaghan, che ha
organizzato questo ritiro di merda.-
Jenny impallidì e si accostò a Mark
preoccupatissima.
-È vero?-
-Credi ancora alle stronzate di Price?- replicò quello
-Pensavo che ormai ti fossi fatta un’idea di lui.-
Jenny arrossì di vergogna e sollievo mentre Freddie, a
Fujisawa, sospirava.
“Perfetto Benji, le cose stanno proprio come avevo
immaginato.”
James Derrick intervenne e il dialogo si spostò in casa
Price.
-Veramente mister lei sosteneva che andasse tutto bene…-
-Era quello che voleva far credere a noi.- Clifford non c’era
cascato.
-Se fanno fuori Callaghan, dovremo incontrarci di nuovo per scegliere
un altro vicecapitano.-
-Ti ricordo Bob che lui era l’unico candidato che andasse
bene a tutti.- gli fece presente Alan Croker.
-Allora saremo la prima squadra anarchica del mondo.-
-Io un’altra volta la sveglia alle cinque non la metto.-
protestò persino Sandy Winter.
Benji non aveva ancora capito che su invito di Marshall un cospicuo
gruppo di intrusi aveva fatto irruzione in casa sua per usufruire della
comodità del suo salotto e non ebbe neppure il tempo di
farlo. Bruce venne giù dalle scale veloce come un fulmine e
si riparò dietro l’angolo del muro, alle sue
spalle.
Patty comparve in cima alla rampa nello stesso succinto abbigliamento
di poco prima, catalizzando di nuovo su di sé gli occhi
increduli dei ragazzi.
-Giuro che se ti acchiappo ti concio per le feste!-
Harper fece capolino oltre il muro.
-Non mi prenderai, sei troppo lenta!-
Il portiere scattò automatico e inesorabile come una
macchina da guerra e lo scappellotto con cui centrò la nuca
di Bruce fu tanto rumoroso quanto doloroso.
-Se non sparisci immediatamente ti faccio a pezzi!-
L’altra mano con cui copriva la cornetta non fu sufficiente a
nascondere la minaccia a chi lo ascoltava da casa sua.
“Fallo a pezzi, Price.” lo incitò
Clifford “Tanto Harper serve solo a far numero.”
Ma al piano terra del ryokan in quel momento c’era troppa
confusione perché a Benji arrivasse una voce tanto lontana.
-Sei un guardone!- Patty si precipitò giù per i
gradini, gli occhi lampeggianti d’ira e la bacinella ancora
minacciosamente sollevata in aria.
Holly arrivò stringendo tra le mani lo yukata della
fidanzata, che aveva tutta l’intenzione di farle indossare al
più presto.
-Fermati per favore…- la supplicò disperato.
Benji perse queste ultime battute. Freddie infatti gli stava rivelando
di essere in compagnia dell’altra metà della
nazionale lì nel suo salotto, che erano pronti a partire per
il ritiro a Saitama, che la conferenza stampa era stata anticipata e un
sacco di altre belle notizie capaci di calamitare completamente il suo
interesse.
Solo quando fu sull’ultimo gradino Patty capì che
Bruce aveva ragione. Non sarebbe mai riuscita ad acchiapparlo. Il
ragazzo era più svelto, più veloce e
più allenato. Avrebbero potuto fare il giro del ryokan mille
volte, fino a sfiancarsi, e non sarebbe mai riuscita a mettergli le
mani addosso. Esasperata, tentò un’altra strada.
Con un movimento dettato più che altro dalla frustrazione di
non essere in grado di punirlo quanto meritava, scagliò il
secchio contro di lui.
-Maniaco!-
Philip reagì in un millesimo di secondo, afferrò
Jenny per le spalle e la tolse di colpo dalla traiettoria. Lo
spostamento d’aria della bacinella che compiva la sua
parabola spostò una ciocca di capelli dal suo viso. Mark fu
altrettanto rapido. Si appiattì contro il muro, seguendo con
lo sguardo il percorso del lancio. Bruce, vale a dire il bersaglio
originario, si ritrasse di scatto dietro l’angolo.
Eppure il secchio, quella bacinella di plastica dura e indistruttibile
rapita alle terme e lanciata nello stretto spazio del corridoio con
tanta leggerezza, alla fine qualcosa colpì.
A casa di Benji giunse il rumore di due tonfi di entità
diversa che si susseguirono uno dopo l’altro. Poi la
bacinella terminò la sua corsa sul pavimento, dove
rimbalzò un paio di volte fino a fermarsi ai piedi di Jenny.
Ci fu un momento di silenzio assoluto, dopodiché
l’ira del portiere esplose.
-CHI è STATO? Se lo prendo lo ANNIENTO!- brandì
la cornetta davanti a sé come se fosse un’arma,
rischiando di staccarla dal telefono.
Mark gli indicò Patty.
-Accomodati e annienta, Price.-
Lei indietreggiò allarmata, nascondendosi alle spalle di
Holly, di cui notò finalmente la presenza. E lui
naturalmente la difese a spada tratta.
-Non l’ha fatto apposta.-
Poiché era evidente che non avrebbe potuto punire il
colpevole, Benji fu costretto a ingoiare il rospo mentre
l’ira, per forza di cose, a poco a poco scemava nei confronti
di Patty e raggiungeva vette stratosferiche in quelli di Bruce.
Nel momento in cui Holly riusciva finalmente ad appoggiare lo yukata
sulle spalle della fidanzata, Patty avanzò verso Benji. Gli
sfiorò la fronte nel punto in cui si stava formando una
piccola chiazza rossa che conteneva già un bernoccolo.
Lui le afferrò il polso e allontanò bruscamente
la mano. Una luce pericolosa gli attraversò lo sguardo.
Questa era la conseguenza della sua decisione di restare. Era stato un
imbecille a non andar via quando ancora poteva farlo senza rendersi
complice di quei mezzi squilibrati dei compagni di squadra.
-Davvero, mi dispiace. Scusa…-
Sembrava quasi aver riacquistato il controllo, Benji. Ma poi Mark
scoppiò a ridere. La sua risata fragorosa
riecheggiò per l’intero ryokan e Philip gli
andò dietro.
-Cominciamo bene la giornata, eh, Price? E siamo solo a metà
mattina. Se continuiamo così forse stasera avrò
il piacere di vederti schiattare.- Mark si avvicinò a Patty,
tornata a distanza di sicurezza -A quanto pare la tua
combattività di un tempo è ben nascosta sotto i
vestiti!- lei divenne scarlatta -Mai visto niente di simile!
L’hai centrato due volte! Prima il secchio in testa e poi la
fronte contro il muro. Ottima mira davvero!-
Benji lasciò definitivamente la cornetta e poiché
su qualcuno doveva pur sfogarsi, si avventò su Landers.
-Philip, prendi il telefono.- Jenny spinse il ragazzo verso il mobile
-Marshall cercava te.-
-Dovrei parlarci dopo quello che ha sicuramente sentito? Mi
terrà in panchina a vita!-
-Non lo farà se riuscirai a metterci una pezza.- sorrise lei
incoraggiante.
-Il prossimo incontro lo seguirò da riserva, lo so
già…- sospirò rassegnato e
recuperò la cornetta -Signor Marshall, sono Philip. Mi
cercava?- dall’altra parte non provenne alcun rumore -Signor
Marshall? Mister? Che fortuna sfacciata! È caduta la linea!-
-Non mi pare una cosa su cui gioire, Philip.- gli fece notare Holly.
Aveva appena avvolto la fidanzata nello yukata e ora riusciva a
valutare la situazione obiettivamente, senza che le curve di Patty gli
saturassero i pensieri -Sarà furibondo.-
-Forse conviene richiamarlo?- suggerì Jenny.
-Meglio domani. Diamogli il tempo di sbollire-
-Sono d’accordo con Philip.- disse Bruce, di cui si erano
tutti momentaneamente dimenticati.
Persino Patty. Ma il suono della voce del ragazzo rinfocolò
la sua collera, ricordandole di avere ancora un conto in sospeso con
lui. Mentre gli amici discutevano se fosse o meno il caso di richiamare
Marshall, cosa che Benji e Holly volevano fare mentre Philip e Bruce
no, raccolse silenziosa la bacinella, girò intorno ad Harper
non vista e calò il recipiente su di lui con tutta la forza
del braccio.
Quella testa dura risuonò di uno schiocco secco. Bruce
barcollò all’indietro, intontito dal colpo.
-Patty! sei impazzita?-
-Così impari a ficcare il naso nello spogliatoio femminile!-
Philip cambiò colore.
-L’hai fatto di nuovo?-
Bruce fiutò il pericolo e indietreggiò di un paio
di passi. Poi fissò l’amica.
-È colpa tua! Hai lasciato la porta aperta! Io mi sono
affacciato solo per vedere se c’era qualcuno!-
-La porta era chiusa!-
-Era aperta!-
-Chiusa!-
Jenny seguì incredula il loro botta e risposta, guardando
alternativamente l’una e l’altro. E quando il
dubbio atroce nella sua testa divenne una certezza, si
aggrappò al braccio del fidanzato e lo strattonò.
-Philip! Che significa “l’hai fatto di
nuovo”? è già successo?-
Invece di rassicurarla, lui continuò a inveire contro il
compagno.
-Maledetto maniaco! Stavolta una lezione te la meriti proprio!-
Mark e Benji avevano smesso di insultarsi e si guardarono increduli.
-Se le va proprio a cercare…- il portiere si
massaggiò il bernoccolo che gli era già cresciuto
sulla fronte.
Marshall riagganciò con il dubbio che non fosse caduta la
linea ma che fosse capitato qualcosa di sgradevole, dopo tutte quelle
urla... Indipendentemente dalla verità, urgevano
provvedimenti.
-Warner, Mellow! Partirete subito.-
-Per andare dove?-
-A Shintoku.-
-A Shintoku?- fece eco Clifford in un misto di invidia e
incredulità -A fare cosa?-
-A far rinsavire quegli scellerati. Vi darò un giorno di
tempo per riportarli alla ragione. Dopodiché Gamo vi
chiamerà e se quando ciò accadrà non
filerà tutto liscio, ve la vedrete direttamente con lui.-
Clifford pensò che avrebbe accettato molto volentieri una
vacanza pagata, soprattutto ora, con il ritiro alle porte, e
soprattutto a quelle condizioni. Molto meglio ibernarsi in Hokkaido che
finire così presto tra le grinfie di Gamo.
Checché ne dicesse Marshall, era sicuro che quei sette si
stessero divertendo da matti.
-Perché manda proprio Warner e Mellow?-
-Perché sono gli unici in grado di tenere testa a Mark senza
che lui, dopo una parola, li divori. Stava di nuovo litigando con
Benji, li avete sentiti?-
-A me piuttosto sembravano tutti contro tutti.- s’intromise
Ralph Peterson.
-Dal momento che nessuno di voi può fare lo stesso con
Benji, devo accontentarmi di riportarne alla ragione almeno uno.-
-Landers ragiona? E da quando?- domandò Yuma polemico,
scatenando lo sdegno di Mellow che prese a ringhiare come un cucciolo
di tigre.
Freddy seguitò a dare istruzioni, incurante degli sguardi
truci che i due ragazzi continuavano a scambiarsi. Tracciò
alcune parole su un foglio mentre il telefono squillava. Pensarono
tutti che fosse Holly, o Benji, o forse Philip che richiamava. Invece
era Gamo e Freddie, riconoscendo il collega, fu contento di non aver
risposto direttamente in vivavoce.
-Buongiorno, Gabriel.- lo salutò e nel salotto
calò finalmente il silenzio -Certo, alla grande.
Sì, sono qui.-
Clifford pensò che svegliarsi all’alba quella
mattina era stata la scelta giusta.
-Sì, sono tutti d’accordo su Callaghan.-
Lo seguirono con gli occhi mentre si alzava e usciva, per parlare di
chissà cosa fuori dalla loro portata.
-Sempre che Philip sopravviva…-
-Vedrai che sopravviverà, Patrick.
“Philip-fermali” non permetterà che gli
accada nulla di male.- disse Jason sgomitando il gemello. Poi di colpo
la sua risata si spense -Secondo voi si tratta di Jenny?-
Clifford, abituato com’era alla presenza delle cameriere, non
aveva preso affatto in considerazione
quell’eventualità.
-La ragazza di Callaghan? Diamine, può darsi!-
balzò in piedi -Warner, devi farci una promessa. Una
promessa solenne. Se è davvero lei devi farle una foto.
Anche se è uno sgorbio. Noi qui vogliamo vederla.- si volse
verso i compagni -Vero?-
Annuirono tutti, lo sguardo alterato da una curiosità
morbosa.
-Promettilo, Ed!- lo sollecitò anche Peterson.
Lui si agitò scontento sulla poltroncina.
-Vi sbagliate. Le fidanzate non si portano ai ritiri, è la
regola. Philip lo sa perfettamente.-
-Ma Philip gioca in casa. Si trovano in Hokkaido, ciò lo
avvantaggia.- insistette Ralph.
-Se le fidanzate non si portano ai ritiri, allora Ed spiegaci come mai
c’è anche Patty.-
-Patty?-
-Abbiamo riconosciuto la sua voce. Era lei che stava litigando con
Bruce.- aggiunse Johnny Mason.
-Impossibile.- Danny scosse la testa incredulo.
-Era lei.- fu certo anche Alan Crocker.
Marshall rientrò e l’argomento fidanzate venne
prudentemente accantonato.
*
Amy sbucò nel corridoio legandosi i capelli in una coda e si
arrestò a metà percorso quando scorse Holly
davanti allo scaffale dell’ingresso, a frugare furtivo e
silenzioso nella cassetta del pronto soccorso. Dopo aver avvolto per un
paio di giri l’elastico, lo raggiunse curiosa. I suoi passi
non fecero alcun rumore sul parquet, tanto che quando parlò,
Holly sobbalzò di paura.
-Stai male?-
La confezione di analgesici gli sfuggì di mano e cadde a
terra.
-Non proprio.- tentò un sorrisetto mentre la sua testa
protestava di fitte lancinanti.
-Posso aiutarti?- Amy raccolse la scatolina -Aspirine? Hai mica la
febbre?-
-No, mal di testa.- aprì la confezione che l’amica
gli porgeva.
Evelyn li sentì parlare dalla cucina e si
affacciò.
-Anche Bruce e Tom sono venuti a frugare lì dentro poco fa.-
Amy sorrise.
-Ma guarda! Non sapevo che il mal di testa fosse contagioso.-
-Si contagia con la birra.-
Visti i toni di scherno che la conversazione stava prendendo, il
capitano decise che era proprio ora di tagliare la corda.
Mandò giù la compressa senza acqua e
indossò giacca e scarpe.
-Fatto?- gli chiese Tom quando Holly finalmente li raggiunse sul
piazzale.
Lui guardò Philip.
-Siamo a corto di aspirine, ho preso l’ultima. Sicuro che non
ne hai bisogno?-
L’altro scosse la testa mentre Bruce si accostava.
-Hai bevuto quanto noi se non di più. L’importante
comunque è che le ragazze non si siano arrabbiate.- facendo
rotolare il pallone sulla neve si avvicinò a Holly -Secondo
voi si sono accorte?-
-Certo. E chissà grazie a chi! Ti sei fatto pescare a portar
su birra per ben due volte. Prima da Amy e poi da Evelyn.-
-La prossima volta fallo tu se sei più bravo, Benji.-
-Non permetterò che ci sia una prossima volta.- lo
bacchettò Holly.
Philip si grattò pensieroso la nuca, dove la sciarpa di lana
pizzicava a contatto con la pelle accaldata. Più ci pensava
e più si rendeva conto che quella famosa sera era stato uno
stupido a scendere a Shintoku da solo. Avrebbe dovuto convincere
qualcuno ad andare con lui, magari Tom.
-Riesco a leggere i tuoi pensieri, Callaghan.- gli disse ad un certo
punto Benji -Adesso ti spiego quello che ti ostini a non voler capire,
così smetti di affaticarti il cervello. L’altro
giorno Jenny si è arrabbiata perché sei sparito
nel bel mezzo della notte e con un tempo da lupi.-
-Quindi non per un paio di birre?-
-Veramente ti sei ubriacato.- lo corresse.
-Si è arrabbiata solo perché sono uscito?-
-No, perché sei sparito.-
Holly, a cui l’analgesico stava cominciando a fare effetto e
che comunque nonostante il mal di testa preferiva muoversi piuttosto
che ascoltare le loro chiacchiere, intervenne per mettervi fine
-Ricominciamo.- calciò la palla e ripresero gli allenamenti.
Jenny uscì dalla dispensa e tornò in cucina,
portando con sé una busta di plastica. Le lattine vuote
tintinnarono al suo interno.
-Quante ne hai contate?- domandò Amy mescolando le verdure
nella padella.
-Qui dentro sette.-
Patty pescò l’unica bottiglia di vetro in tutto
quel metallo.
-E questa cos’è? Manca l’etichetta.-
-Te lo dico io. È il liquore alla prugna che fa il nonno.
Una bomba d’alcol.-
-L’hanno preso senza chiedere il permesso?-
Jenny alzò le spalle.
-Molto più probabile che nonno Ernest gliel’abbia
offerto. Ne tiene alcune bottiglie sotto chiave, per le occasioni
speciali.-
-A quante birre siamo?-
-Tredici, però manca ancora l’ultima busta.-
Evelyn tirò fuori le lattine una ad una, contando ad alta
voce -Quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto…-
-Hanno fatto una scorta niente male.- prese atto Patty incredula.
-Quando le hanno comprate?-
Amy lasciò la verdura a bollire sul fuoco e si
accostò al tavolo.
-Sicuramente ieri, quando sono andati in paese a ritirare la giacca di
Philip.-
Evelyn diede il verdetto.
-Ventidue più il liquore del nonno.-
-Quindi circa tre birre a testa, se hanno diviso equamente. E meno male
che l’alcol è vietato ai ritiri.-
-Anche le fidanzate. Non dimenticarlo, Patty.- le ricordò
Amy ridendo.
-E tu che ti preoccupavi che Julian potesse offendersi
perché hai trascorso la serata a vedere come si prepara il
sapone.-
L’amica arrossì e Jenny le diede un buffetto, poi
tornò improvvisamente seria.
-Bisogna fare attenzione a Bruce. Philip ha detto che non è
la prima volta che sbircia negli spogliatoi.-
Gli occhi di Patty lampeggiarono di indignazione.
-Eve, giuro che se lo pesco di nuovo lo uccido.-
-E fai bene. Io l’ho già avvertito. Lo faccio
sempre ma non mi dà ascolto.-
Amy si torse nervosamente una mano nell’altra.
-Davvero stava sbirciando?-
Patty annuì.
-Ti ha vista nuda?-
L’amica arrossì.
-Non lo so. Spero di no.-
-Forse ci ha già viste tutte.- Amy non riuscì a
evitare di arrossire di imbarazzo -Non si può chiudere a
chiave la porta degli spogliatoi?-
-No, è una porta scorrevole senza chiavistello.-
-Dì al nonno se ci mette una serratura, una catenella,
qualcosa…-
-Potrei anche farlo, Amy. Ma quando lui mi chiederà il
perché, cosa gli rispondo? Che i ragazzi sbirciano?-
Patty scosse la testa.
-Perderebbero tutti la faccia mentre il problema è soltanto
Bruce!-
Il soggetto dei loro discorsi in quel preciso momento
starnutì, rabbrividì e alzò gli occhi
verso il lembo di cielo di un grigio molto tenue assediato dagli
alberi, dal ryokan e dalle montagne circostanti ricoperte di bianco.
-Nevica.-
-Ti dispiace, eh?- lo prese in giro Philip, avvolgendosi meglio la
sciarpa intorno al collo. L’inutile commento gli si ritorse
contro perché, recuperando il pallone, Bruce lo
attaccò polemico.
-Tu hai avuto un giorno di riposo, noi no. Un giorno e mezzo, se
contiamo la sbronza.-
-Ha anche fatto visita al pub del paese senza di noi.-
-E poi ha organizzato il soggiorno qui, Landers. Non dimentichiamolo.-
non poté fare a meno di aggiungere Benji.
Philip emise un sonoro sbuffo di protesta, poi si avviò per
rientrare, stanco di ascoltare le solite, scontate recriminazioni. Ogni
giorno finiva per diventare il loro capro espiatorio, ma intanto
continuavano a star lì, a godersi le terme, mangiare tempura
e sushi, sciare, pattinare e bearsi delle attenzioni delle ragazze.
Nessuno faceva le valigie e tornava a casa. Chissà
perché.
-Fuggi?!- gli gridò dietro Harper.
L’altro non gli rispose e accelerò, costringendo
il capitano quasi a correre per stargli dietro.
-Philip! Non te la prendere! Non c’è davvero
niente per cui prendersela! Non è la prima volta che si
lamentano, giusto?-
-Appunto.- continuò a camminare a passo svelto mentre Julian
si affiancava dall’altro lato.
-Lo fanno tanto per parlare, devi ignorarli.-
-Infatti.- lo appoggiò Holly.
Con i due sempre alle calcagna, Philip girò intorno
all’edificio e percorse il viottolo del giardino interno su
cui si affacciavano le finestre della cucina. Calpestando nervoso la
ghiaia mista a neve bordata dalle aiuole, raggiunse la veranda.
Julian salì dietro Philip sul pavimento di legno
sopraelevato, dove l’amico si stava già togliendo
le scarpe.
-Perché siamo qui?-
-Perché mi avete seguito.- bussò piano sul vetro.
Patty accorse e aprì la finestra lasciandoli entrare.
-Avete finito di allenarvi?-
-Ha cominciato a nevicare.-
Julian appoggiò la giacca a vento sulla spalliera di una
sedia mentre Philip si guardava intorno.
-Dov’è Jenny?-
-Con la nonna.-
Era ora di pranzo e i ragazzi erano proprio affamati. E fu la fame a
indurre Holly a guardarsi intorno in cerca di tracce del pranzo. Ma i
suoi occhi, invece che sui fornelli, caddero sulle lattine di birra ben
allineate a terra, in un angolo. Seguendo il suo sguardo, Patty ne
approfittò per porgli la domanda che le frullava in testa da
un po’.
-Il liquore del nonno lo avete rubato?-
Philip si offese.
-Come puoi pensarlo? Ce l’ha offerto!-
-Aveva ragione Jenny, allora.- rise Evelyn.
Julian si avvicinò ai fornelli circumnavigando il tavolo,
spinto dalla curiosità e dalla fame, ma soprattutto attirato
dal profumo che proveniva da lì.
-Cosa state preparando?- alzò avventatamente il coperchio di
una delle pentole e una gran quantità d’acqua
traboccò -Accidenti…-
Amy accorse subito e lo scostò per abbassare la fiamma. Per
farle spazio, Julian indietreggiò fino al tavolo dove i
compagni ridevano in sordina per il suo gesto maldestro. Si
scontrò con Philip.
Fino a quel momento nella cucina del ryokan era esistita una
zuccheriera di vetro. L’aveva acquistata la nonna una
trentina di anni prima al mercatino dell’usato di Shintoku
durante la festa del santuario Ainu che si svolgeva tutti gli anni alla
fine di giugno. Era sempre stata lì, sul ripiano. Era
arrivata prima di Jenny e finora aveva tirato avanti benino. Ma quel
giorno la sua fine era segnata. Philip la urtò senza vederla
e senza volerlo. Il rumore di qualcosa che cadeva e si frantumava
catturò gli sguardi delle ragazze, dirigendoli verso i resti
del contenitore sparpagliati sul pavimento tra miliardi di minuscoli
cristalli bianchi.
-Ma cosa...-
Philip alzò gli occhi su Jenny che entrava proprio in quel
momento, finendo inavvertitamente con le pantofole tra i granelli
sparsi ovunque. Sotto il suo sguardo accusatorio, il ragazzo
cercò di giustificarsi.
-Julian mi ha spinto.-
La sua infantile spiegazione servì soltanto a infastidire il
compagno, senza ottenere nessuna comprensione da parte delle ragazze.
-Ovviamente ripuliremo noi.- le rassicurò Holly -Anzi, voi
due.- indicò i colpevoli -Vero?-
Nel silenzio ostile della cucina, Jenny oltrepassò lo
zucchero, raggiunse la dispensa e tornò con una scopa che
mise in mano a Philip, accompagnata da un’occhiata che si
rivelò molto efficace. Peccato che lui non si reputasse
affatto colpevole. E pensò bene di passare la scopa a
Julian, che gliela riconsegnò all’istante.
-Perché io? Sei stato tu!-
-Ma sei tu che mi hai spinto.-
-Tu mi stavi dietro! Non ti ho neppure visto!-
Le ragazze si stufarono immediatamente di ascoltarli. Erano troppo
occupate, loro. Con un gesto brusco Patty spalancò la
porta-finestra e indicò il giardino senza se e senza ma
facendo, a parere di Holly, di tutta l’erba un fascio.
-Basta! Fuori!-
-Veramente io non...- tentò il capitano.
Patty non gli diede il tempo di parlare.
-Fuori! Immediatamente! Tornerete quando il pranzo sarà
pronto. Vi chiameremo noi.-
Amy tolse la scopa dalle mani di Philip con una mossa così
brusca che il giovane fece un salto indietro.
-Andate a giocare da un’altra parte, per favore.-
-Noi qui abbiamo da fare.-
Incalzati così, i ragazzi recuperarono in fretta e furia le
giacche a vento e si tolsero di torno. La finestra venne richiusa con
decisione e bloccata dall’interno. Alle spalle di Patty che
faceva loro cenno di sparire, Jenny stava spazzando con cura il
pavimento, radunando nella paletta cocci e zucchero.
Julian si rimise le scarpe e saltò dalla veranda sulla neve.
-Ci hanno sbattuti fuori!-
-Fortuna che ha smesso di nevicare.-
-La colpa è vostra.-
-Sei tu che hai esagerato, Philip.-
-E tu lo hai aiutato, Julian.-
Il verdetto del capitano non venne smentito da nessuno dei due. In
silenzio percorsero il vialetto girando di nuovo tutt’intorno
al perimetro dell’edificio.
Trovarono Meryl davanti all’ingresso, sotto i tre scalini
della veranda che non si decideva a salire. Trasalì
vedendoli sbucare dall’angolo del muro. Sorrise incerta,
colta sul fatto, e si scostò per lasciarli passare. Solo
Philip si fermò.
-Cerchi Jenny? È in cucina.-
-Veramente no, non sono qui per lei.- lo guardò con
intensità e il timore di ricevere un rifiuto -Hai un minuto?-
Lui annuì e avvisò gli amici.
-Arrivo subito.-
Era stato Tom il giorno prima, mentre l’accompagnava per un
tratto sulla strada per Shintoku, a suggerirle di scusarsi con Philip e
non direttamente con Jenny. Soltanto lui poteva fare in modo che la
bravata di Kevin non compromettesse la loro amicizia. E Meryl si era
trovata d’accordo. Era certa che quando Philip era riemerso
dal futon assonnato e ammaccato, non si fosse reso conto di quanta
mortificazione e dispiacere avesse provato venendo a sapere da Jenny
con poche, fredde ed essenziali parole pronunciate controvoglia, cosa
avesse combinato suo fratello. Attese che la porta del ryokan si
richiudesse lasciandoli soli e, determinata a giocarsi il tutto per
tutto, alzò gli occhi sul volto di Philip, sul ricordo
violaceo che gli aveva lasciato Kevin.
-Non so come scusarmi, mi dispiace moltissimo.-
-Scusarti? E per cosa?-
-Per quello che ha fatto mio fratello.-
La sua voce ebbe un cedimento e lui volle rassicurarla.
-È una questione tra noi due e tu non c’entri
nulla. E se vuoi farmi un favore, tieni anche Jenny fuori da questa
storia.-
Lei distolse gli occhi.
-Jenny non mi perdonerà mai.-
-Jenny non ce l’ha con te.-
-Ieri non ha voluto parlarmi.-
-Sei venuta troppo presto, dovevi darle il tempo. Parlerò io
con lei, va bene?-
Meryl annuì grata e speranzosa. Forse la loro amicizia non
era definitivamente perduta.
*
Bruce si accomodò meglio sul cuscino e rallegrò i
compagni con uno sbadiglio profondo, sonoro e molto sentito che fece
alzare a Mark gli occhi dalla rivista. Il sudoku era stato compilato a
matita almeno tre volte e anche cancellando i numeretti, persino al
buio era diventato impossibile non vederne le tracce calcate e
ricalcate sulla carta.
-Sonno, Harper?-
-Dopo pranzo mi piace riposare.-
-Allora riposati in fretta.- gli consigliò saggiamente il
capitano dando un’occhiata all’orologio appeso alla
parete della stanza delle ragazze, che riusciva a scorgere attraverso
il pannello spalancato -Tra poco riprenderemo gli allenamenti.- aveva
in mente un pomeriggio piuttosto faticoso.
Bruce rispose afflitto.
-Mi hai appena rovinato il piacere di un sonnellino.-
-Esagerato.-
-Mi spieghi come posso riposarmi in fretta?-
-Nello stesso modo in cui lo fai tra il primo e il secondo tempo di una
partita.-
Patty si lasciò sfuggire una risata.
-Philip, il telefono!-
Era la nonna che chiamava da sotto, stazionando in fondo alle scale che
evidentemente in quel momento non aveva il tempo o la voglia di salire.
Ma la sua voce arrivò lo stesso forte e chiara attraverso la
porta spalancata sul corridoio.
-Sarà di nuovo Marshall?-
La domanda di Julian bloccò Philip sul posto nel momento in
cui accennava ad alzarsi per scendere di sotto. Jenny se ne accorse e
lo sollecitò.
-Philip vai a rispondere. Prima o poi dovrai farlo, non puoi sfuggirgli
in eterno.-
-E oltretutto se continui a negarti finirà per capire che
quassù qualcosa non va.-
Philip si rassegnò a mettersi in piedi.
-Certo, Holly. Per te è facile perché ci hai
già parlato e prima che sentisse tutto il baccano di Bruce e
Patty. Come minimo avrà riconosciuto anche la sua voce. Che
gli dico?-
-Che era la televisione.- buttò lì Benji.
-Non crederà mai a Patty in tv.- disse Bruce.
Julian e Tom risero ma il divertimento non allentò la
preoccupazione di Philip. Si volse verso Jenny.
-Non mi accompagni?-
Lei gli dedicò un gran bel sorriso.
-Meglio di no. Se non ci sono io ad ascoltare, potrai parlargli
liberamente.-
A Philip non restò altro da fare che lasciare la stanza e
portarsi dietro soltanto la sgradevole sensazione di essere stato
abbandonato nel momento del bisogno non solo dai compagni di squadra ma
anche dalla fidanzata.
Era così convinto che al telefono fosse Marshall, che quando
riconobbe la voce di Kevin trasalì. Quel teppista da quattro
soldi che l’aveva avuta vinta solo per volere del caso, gli
rivolse parole scontrose e dirette, parole che, in realtà,
avrebbe voluto e dovuto pronunciare lui stesso.
“Abbiamo un conto in sospeso, noi due.”
Philip ringraziò la fortuna di aver lasciato Jenny di sopra.
La sua provvidenziale assenza gli consentì di accettare
senza esitazione la sfida di Kevin all’insaputa della
fidanzata e dei compagni. Mentre saliva di nuovo le scale per tornare
in stanza, pensò al modo migliore per sganciarsi da loro e
allontanarsi dal ryokan indisturbato.
-Cosa ti ha detto Marshall?- lo accolse Holly com’era
prevedibile.
-Le stesse cose che ha detto anche a te. Voleva sapere come ce la
passiamo, se litighiamo.-
-E tu che gli hai risposto?-
-Esattamente quello che hai detto anche tu. Non potevo contraddirti.-
Senza nulla da fare se non osservarlo, Mark nella sua espressione non
trovò traccia di sincerità. In preda al dubbio si
alzò e uscì, in cerca della nonna. Quando
uscì nel corridoio era satollo di torta fatta in casa e
spremuta d’arancia ma in appena un quarto d’ora
aveva ottenuto l’informazione che voleva. Incrociò
Philip in cima alle scale, lui le saliva e il compagno si preparava a
scenderle. Si arrestò proprio al centro della rampa,
bloccandolo sul primo gradino.
-Dove vai?-
-Da nessuna parte.-
-Vi vedete?-
Philip abbassò di colpo la voce.
-Cosa ne sai?-
Sulla soglia del bagno Evelyn si chinò a raccogliere un
fermaglio per capelli che doveva essere di Patty. In
quell’attimo udì le voci sommesse degli amici e
invece di uscire allo scoperto, la sua indole curiosa la fece restare
nascosta a origliare. I due stazionavano davanti alle scale. Tese le
orecchie.
-Te l’ha detto la nonna?-
Mark alzò le spalle con noncuranza, non era importante come
lo avesse saputo.
-Vengo con te.-
-No.-
-Callaghan, non essere idiota.-
-Tu resti qui.-
-E se non fosse solo?-
Philip non aveva affatto considerato
quell’eventualità. Tuttavia non cambiò
idea.
-Non deve pensare che ho paura di lui.-
-Resterò nascosto.-
-E non interverrai in nessun caso?-
-Solo se sarà necessario.-
-Non posso impedirti di venire, vero?-
-No.-
In fin dei conti per Philip sapere che Landers sarebbe stato nei
paraggi era rassicurante. Non si poteva mai sapere come sarebbe andata
a finire. Così scesero le scale insieme e in
silenzio, raggiunsero l’ingresso e indossarono
giacche e scarpe.
-È qui fuori, da qualche parte tra gli alberi.-
sussurrò Philip -Resta dentro finché non ci
saremo allontanati.-
Landers annuì. Oltre le vetrate bordate da una patina di
ghiaccio lo vide dirigersi a passo sostenuto verso il bosco.
Evelyn tirò un respiro profondo e raggiunse la finestra del
corridoio. Al di là dei vetri individuò Philip
che andava verso gli alberi. Un brivido di inquietudine le
salì su per la schiena quando ciò che aveva
creduto fossero tronchi, si rivelarono invece altre persone. Almeno
due, forse anche tre. Mark ci aveva visto giusto, Kevin non era solo.
Ancora un istante, poi udì la porta d’ingresso
riaprirsi e chiudersi piano. Anche Landers comparve sul piazzale e
sparì nella stessa direzione già presa da Philip.
Per Evelyn la sua presenza nascosta non fu per niente tranquillizzante.
La banda di Kevin era più numerosa, forse si trattava degli
stessi brutti ceffi che avevano ridotto Philip come l’avevano
poi trovato. Entrò nella stanza dei ragazzi e
puntò gli occhi su Holly.
-Abbiamo un problema.-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** 10 - Resa dei conti - seconda parte ***
- 10 -
Resa dei
conti
Seconda parte
Philip era talmente abituato a correre e giocare tra la neve, che
procedeva spedito nonostante in certi punti la coltre bianca sfiorasse
le ginocchia. I quattro ragazzi che erano con lui invece avanzavano a
fatica, ostacolati dal ghiaccio, su quel percorso impervio un
po’ in salita e un po’ in discesa. Si stavano
dirigendo verso est e Philip lo sapeva perché per un attimo
aveva scorto tra gli alberi una curva della strada asfaltata che
conduceva in paese. Poi se l’erano lasciata sulla destra,
tornando a inoltrarsi nel bosco. Già da qualche minuto aveva
preso atto del respiro affannato dei suoi accompagnatori, lui che non
si sentiva per niente affaticato e avrebbe potuto continuare ad
avanzare a quel ritmo ancora per un bel po’. Si chiese fin
dove intendessero arrivare. Possibile che fossero così
stupidi da non rendersi conto di sprecare inutilmente preziose energie?
Non sarebbe stato meglio regolare i conti sul retro del ryokan invece
di percorrere tutta quella strada?
Smise di porsi domande per osservare con più attenzione il
tizio che gli camminava davanti. Ricordava che si chiamava John, che
quando Steve lo aveva preso a pugni gli teneva il braccio sinistro.
Eppure gli sembrava di averlo visto anche altrove. Il ridicolo cappello
di lana a righe bianche e nere che indossava quel giorno aveva qualcosa
di familiare. Fu un attimo e poi capì. Era il ragazzo che
aveva atteso Meryl fuori dal negozio la sera in cui aveva conosciuto la
giovane, quando insieme a Holly e Bruce era sceso a Shintoku per fare
la spesa. Sì, doveva trattarsi proprio di lui.
Alla sua destra e alla sua sinistra, con il fiato corto, camminavano
rispettivamente Kevin e Steve. Dietro, a chiudere il cerchio, non
c’era Ted-sacco-di-patate, il ragazzo tracagnotto che durante
l’agguato forse si era fatto più male, ma un tipo
mai visto prima. Si chiese se gli stessero così addosso
perché temevano che fuggisse e il pensiero lo fece
sorridere. Ebbe quasi voglia di rassicurarli che non sarebbe andato da
nessuna parte senza aver restituito a Kevin ciò che gli
doveva.
Si guardò intorno senza farsi notare. Chissà se
Mark li stava seguendo… Chissà se aveva avvertito
gli altri… Aveva sbagliato a non farsi promettere di
mantenere il segreto, visto che desiderava lasciar Jenny fuori dalla
resa dei conti. Non voleva più scorgere terrore nei suoi
occhi, vedere le sue lacrime, sentirla piangere di paura e di dolore.
John si fermò, una mano a stringere la milza, osservando il
niente che li circondava. Intorno a loro solo alberi e neve. In alto,
tra i rami spogli e ammantati di bianco si scorgeva un lembo di cielo
che, a quell’ora del pomeriggio, si stava già
scolorendo.
-Fermiamoci qui, ci siamo allontanati abbastanza.-
Kevin annuì, consapevole del fatto che mentre loro quattro
avevano il fiatone, Philip era ancora fresco e riposato.
-Sì, qui va bene.-
Non c’era davvero nulla nei paraggi, solo un po’ di
tronchi meno fitti che lasciavano dello spazio libero. Philip
scandagliò i dintorni con sguardo attento ma non
trovò traccia di Mark. Ne fu sollevato. Non era
sicuro che sarebbe finita bene, però era fondamentale che
finisse senza l’aiuto di nessuno. Fissò Kevin
dritto negli occhi
-Anche stavolta hai portato con te la tua cricca. Hai intenzione di
lasciare di nuovo il lavoro sporco a loro?-
Il ragazzo aveva già pronta la risposta.
-Non credevo che saresti venuto da solo.-
-Tu non mi fai paura.- e lo dimostrò infilando le mani nelle
tasche della giacca, fronteggiandolo spavaldo come avrebbe affrontato
l’ultimo dei suoi problemi.
Kevin si sentì rimescolare di collera ma fermò
Steve quando lo vide fare un passo avanti.
-Non immischiarti. Stavolta ci penso io.-
John assistette ai preamboli in un silenzio nervoso. Non sapeva cosa ci
facesse di nuovo in una parte di Shintoku dove si era ripromesso di non
mettere più piede. Aveva un ricordo vivo e doloroso dei
pugni di Philip, soprattutto di quello allo stomaco, e gli
sembrò che Kevin sbagliasse a non riconoscere che quel tipo
non era per niente una schiappa. Purtroppo Johnny si trovava
lì perché faceva parte della combriccola,
perché quelli erano i suoi amici e li frequentava
dall’asilo, ma non avrebbe alzato un dito su quel ragazzo
neanche morto, perché Meryl non gli rivolgeva la parola da
due giorni e se lo incontrava cambiava percorso. Si rifiutava persino
di servirlo al negozio, trattandolo come fosse trasparente, come se non
esistesse e non fosse mai esistito. Oltre a farlo imbestialire, il suo
comportamento lo feriva a sangue, lui che aveva sempre avuto un debole
per lei. Però quell’incosciente di Kevin era pur
sempre suo fratello. E solo per questo motivo volle metterlo in guardia.
-Non lo sottovalutare.-
Il suo prezioso consiglio venne accolto da un lampo di collera.
-John, chiudi quella bocca!- risposero Kevin e Steve
all’unisono.
Lo spilungone continuò.
-Promettimi una cosa, Kevin. Quando avrai finito, lo lascerai a me.-
Philip rise.
-Piuttosto toccherà a te non appena avrò finito
con lui.-
Lasciarono Kevin e Philip a fronteggiarsi al centro dello spazio libero
e così Mark li trovò quando arrivò e
restò nascosto come promesso, perché tutto si
poteva dire di Callaghan tranne che fosse un codardo.
Philip si tolse con calma il giubbotto e lo depose su un cumulo di neve
poiché non voleva rischiare di sporcarlo di nuovo ora che
Jenny lo aveva fatto lavare. Il freddo era intenso ma la camminata lo
aveva scaldato e senza la giacca avrebbe avuto più
libertà di movimento. Avanzò verso Kevin
guardandolo negli occhi.
-Devi dirmi qualcosa, prima?-
Al ryokan Jenny era in preda a una fretta frenetica. Imboccò
le scale in un tumulto di pensieri di paura, ansia e preoccupazione ma
non riuscì a scendere che un paio di gradini
poiché Benji le tagliò la strada.
-Andiamo tutti.-
-Solo se fate in fretta. Altrimenti non vi aspetto.-
Evelyn cercò di rassicurarla.
-Mark è con lui.-
-Ma hai detto che lo aspettavano in due… forse
tre…-
Potevano essere stati anche quattro o cinque. Evelyn non era sicura di
aver contato bene, tra gli alberi.
-Da che parte sono andati?-
-Verso il bosco… Sulla sinistra.-
Mentre Jenny scendeva gli ultimi gradini e, insieme a Benji, si fermava
sulla pedana d’ingresso per allacciarsi le scarpe, Evelyn si
volse indietro impaziente per chiamare il fidanzato.
-Bruce! Dove ti sei cacciato?-
-Ho un’urgenza!-
-Proprio adesso?-
Jenny li udì e guardò il portiere risoluta.
-Non li aspetterò.-
Benji annuì.
-D’accordo con te. Voglio essere presente
dall’inizio.-
Holly, Tom e Patty scesero svelti le scale, seriamente preoccupati. Il
pensiero comune era di far presto, Philip poteva aver bisogno di aiuto.
Vedendoli arrivare, Jenny uscì sul piazzale per prima.
-Perché non mi ha detto niente?-
-Lo chiedi pure?- rispose Benji.
-Naturalmente!-
-Perché lo avresti fermato, cosa che stai appunto cercando
di fare.-
-Certo che voglio fermarlo!-
-Sbagli, non dovresti immischiarti. Kevin l’ha fatto pestare
di botte e adesso che Philip può prendersi finalmente una
rivincita tu cerchi di impedirglielo.- proseguì al suo
fianco mentre lei attraversava il piazzale e si arrestava al limitare
del bosco, indecisa sulla direzione da prendere.
-Voi ragazzi avete un modo assurdo di vedere le cose. Tu non eri
presente l’altro giorno, non hai visto quanto a lungo e con
quale violenza l’hanno picchiato.- al ricordo una fitta
dolorosa le attraversò il petto -Dovrei lasciare che accada
di nuovo?-
-Dovresti lasciare che risolvano il problema da soli.-
-Loro non hanno un problema! Philip non ha un problema. Il problema
è soltanto nella testa di Kevin!-
-Su questo non ci sono dubbi.-
Seguendo le tracce lasciate sulla neve da una comitiva tanto numerosa
appena un quarto d’ora prima, scovarono senza
difficoltà l’angolo di bosco in cui Kevin e i suoi
si erano rifugiati per evitare esattamente ciò che stava
accadendo. Vale a dire che gli altri li trovassero.
La giacca a vento di Mark spiccava come unica nota di colore in un
mondo bianco e nero, almeno finché avvicinandosi non
individuarono anche tutti i personaggi della rappresentazione. Vedere
il proprio fidanzato ad azzuffarsi con un manipolo di teppisti non fu
per Jenny uno spettacolo particolarmente esaltante, nonostante il suo
avversario fosse con le spalle contro il tronco di una conifera e un
rivolo di sangue gli imbrattasse la faccia.
Il giubbotto di Philip era a terra tra la neve, Kevin il suo lo
indossava ancora perché non aveva avuto la prontezza di
toglierlo. Più discosti c’erano Steve, un ragazzo
sconosciuto e l’altro ragazzo che aveva tenuto per un braccio
il fidanzato mentre lo spilungone lo riempiva di pugni. John era
più lontano di tutti, l’espressione contrariata,
il cellulare in una mano come se fosse indeciso se chiamare o meno
qualcuno. Steve e il ragazzo che lei non aveva mai visto incitavano
Kevin a reagire ma quello sembrava ormai stanco di lottare.
Nonostante la sua espressione disfatta, Jenny non riuscì
assolutamente a provare pena per lui. Philip gli stringeva lo scollo
della felpa intimandogli di stare alla larga da loro, anzi
dall’intero ryokan. Proprio in quel momento Kevin
alzò gli occhi e la vide. La vergogna smosse
l’orgoglio facendogli fare un salto mortale radunando le sue
ultime forze. Reagì con un guizzo, afferrando i polsi di
Philip e stringendo forte per impedirgli di liberarsi. Le labbra
serrate dal dolore si atteggiarono in un sorrisetto di scherno, mentre
alzava di scatto un ginocchio e colpiva il suo avversario al centro
dello stomaco con violenza, tanto da costringerlo a lasciarlo e
indietreggiare.
Jenny vide il fidanzato barcollare, una mano al torace, incapace di
credere che Kevin fosse riuscito a vendicarsi su Philip persino della
ginocchiata che gli aveva dato lei. L’ira le
offuscò lo sguardo, i sensi di colpa le invasero la testa.
-È il caso di fermarli.-
-Accomodati, Holly. Ci pensi tu?-
Benji si unì al tono canzonatorio di Mark.
-Stavano aspettando proprio te. Da chi vuoi cominciare?-
Landers mise in chiaro la propria opinione.
-In realtà non sono affari nostri, Holly. E Philip mi ha
proibito di intromettermi.-
Jenny ebbe l’impressione che Mark si rivolgesse non al
capitano ma a lei e faticò ad accettare che nessuno sarebbe
intervenuto per fermarli. Certo che Kevin meritava una lezione,
però avrebbe preferito che ricevesse una punizione divina
scesa dal cielo e non per mano del fidanzato. Era stanca di assistere a
tanta violenza. Tuttavia non poté distogliere gli occhi da
Philip e Kevin mentre accanto a lei Holly insisteva in un senso, Mark
nell’altro e Tom non si pronunciava, forse indeciso a chi
dare ragione.
Ma in relatà fu Patty a far desistere Holly e bloccarlo
dov’era. Un unico nome sussurrato, rivolto più a
se stessa che al fidanzato.
-Kanda.-
E nella mente del ragazzo riaffiorò vivido più
che mai il ricordo del compagno delle medie che lo prendeva a pugni
soltanto perché Patty lo amava. Si rivide subire
l’assalto del pugile, percepì il ricordo del
dolore e la sua iniziale volontà di non reagire,
perché come capitano della New Team rappresentava la squadra
di calcio della scuola che aveva vinto quattro campionati nazionali
consecutivi e non poteva finire in una rissa. Ma nonostante i buoni
propositi, per mettere fine al martellamento di pugni che lo aveva
stordito, aveva reagito lo stesso stendendo lo spasimante di Patty con
un calcio ben assestato e il terrore di avergli fatto male sul serio.
Adesso, a distanza di anni, davanti a lui la scena si ripeteva con
attori diversi. Philip al suo posto, Jenny a quello di Patty e Kevin
come Kanda. Alla luce di ciò capì che non poteva
proprio togliere a Philip la soddisfazione di prendersi una rivincita.
Mentre loro traccheggiavano, Steve si stancò di stare a
guardare. Kevin si era dimostrato del tutto incapace di tener testa al
suo avversario e stava per essere sopraffatto. Decise di intervenire.
-Lascialo a me.-
Lui rifiutò l’offerta, spintonandolo indietro e
continuando a tenere gli occhi addosso a Philip che, poco discosto,
riprendeva fiato dopo il colpo ricevuto mentre i muscoli
dell’addome si tendevano e facevano male.
Se Kevin ne aveva avuto abbastanza, lui era pronto a tornare al ryokan
e finirla lì. Tutto sommato se l’era cavata, e
senza l’aiuto di Landers che per fortuna non si era visto da
nessuna parte. O si era nascosto bene, oppure aveva rinunciato a
seguirlo. Lo cercò ancora una volta e questa, con
disappunto, lo trovò. Non era solo.
C’erano Holly, Tom, Patty, Benji. La sua occhiata incluse
tutti, naturalmente anche Jenny, che lo osservava in ansia, preoccupata
e spaventata, aggrappata al braccio di Mark. Philip dedicò a
Landers uno sguardo carico di intensa collera per la sua vicinanza a
Jenny e perché non ebbe dubbi che fosse stato proprio lui ad
avvertire gli altri. Ma un istante dopo la sua attenzione dovette
tornare per forza su Kevin. Sperò che ne avesse abbastanza,
che andasse via. Il ragazzo gli parve affaticato e sofferente ma non
così Steve che sfoggiava ancora la sua aria combattiva. E
infatti si mosse. Avanzò verso Philip con un cenno
d’intesa rivolto allo sconosciuto che quel giorno era andato
con loro al posto di Ted-sacco-di-patate.
-Vieni Michael, ora tocca a noi. Fatti da parte, Kevin.- lo
scostò brusco.
-Non ci provare, Steve! Non ti immischiare!-
La manovra preoccupò Jenny che tirò
immediatamente Mark per la giacca. Lui reagì
all’istante, scostandosi dalla ragazza e avanzando tra la
neve alta.
-Non hai capito cosa ti ha detto il tuo amico? Forse non ci senti
bene?-
Concentrato com’era sulla zuffa di Philip e Kevin, Steve non
soltanto non aveva notato la sua silenziosa presenza tra gli alberi, ma
neppure l’arrivo degli altri.
-Hai visto, Kevin? Che ti avevo detto? Non è venuto da
solo!- tornò a rivolgersi a Mark, ignorando il resto della
truppa che stazionava ancora ai margini del bosco -Se non vuoi
rischiare di farti male, levati dai piedi.-
Landers rise di gusto.
-Mi hai tolto le parole di bocca.-
Gli occhi di Steve lampeggiarono di collera, reagì in un
attimo. Si scagliò in avanti per colpirlo, ma si
ritrovò improvvisamente a terra, il volto pesto, senza
riuscire a spiegarsi cosa fosse appena successo.
Neppure Mark lo capì. Si volse stupito forse addirittura
più del suo avversario. Benji sorrideva dietro di lui,
massaggiandosi il dorso di una mano, l’espressione appagata
per aver piazzato così bene il pugno.
-Sia chiaro. Non l’ho fatto per aiutarti ma perché
nessuno può togliermi il piacere di conciarti per le feste.-
Sul volto di Landers la sorpresa si trasformò in
divertimento.
-Sono a tua disposizione non appena ci saremo liberati di questi
stronzi.-
-Non vedo l’ora.-
Nient’altro che neve e alberi, alberi e neve a costeggiare la
carreggiata ricoperta di ghiaccio, su cui Ed Warner e Danny Mellow
arrancavano ormai da una ventina di minuti. Il sole era basso e se non
si fossero sbrigati avrebbero finito per dover passare la notte
lì. Ed non era sicuro di riuscire a sopravvivere a quel
gelo.
-Che razza di posto hanno scelto?-
Già da un paio di desolate curve il portiere aveva iniziato
a pensare che si fossero sbagliati, che l’impiegato della
stazione non avesse capito quale hotel dovevano raggiungere e non
avesse indicato loro la direzione giusta. Temeva che la strada prima o
poi sarebbe finita in mezzo al bosco. Intorno niente, solo neve,
alberi, ghiaccio e montagne. A quel punto avrebbero dovuto rifare il
percorso in senso inverso e tornare in paese alla ricerca
dell’albergo giusto.
O forse l’impiegato della stazione aveva avuto ragione. Gamo
aveva optato per il confino e scelto un luogo così isolato e
fuori mano che nessuno avrebbe visto i compagni azzuffarsi, li avrebbe
sentiti urlarsi addosso e insultarsi.
Al suo fianco Danny procedeva in silenzio. Non vedeva l’ora
di incontrare Mark, fremeva solo all’idea e al contrario di
Ed era contento di essere lì, nonostante ormai anche lui
fosse stufo di scarpinare. Erano in viaggio dalla mattina e la
stanchezza iniziava a farsi sentire. Quella salita sembrava non finire
mai e il freddo si faceva più intenso man mano che la sera
si avvicinava.
-Neanche un autobus.- sentì Ed ripetere.
La borsa gli scivolò di nuovo dalla spalla e si
fermò per tirarla su. Poi si immobilizzò e tese
le orecchie.
Qualche passo più avanti, il portiere si volse incuriosito.
-Che hai?-
-Mi è sembrato di sentire una voce…-
Tacquero entrambi per ascoltare il silenzio. Poi ripresero a camminare.
Dopo pochi passi però Danny si fermò di nuovo e
si guardò intorno per capire da dove provenissero quei suoni
che sembravano voci. Si spostarono sulla destra e si fermarono al
limitare del bosco. Poi, di comune accordo, decisero di lasciare la
carreggiata.
-Andiamo a vedere.-
-Se c’è qualcuno possiamo chiedere
dov’è il ryokan.-
Avanzarono tra la neve soffice e intatta mentre i suoni diventavano
davvero delle voci, poi grida. Gli alberi e il sottobosco si diradarono
e di colpo si fermarono, allibiti, a guardare.
La borsa sportiva scivolò giù dalla spalla di Ed
e rimase appesa al braccio piegato.
-Che accidenti stanno combinando?-
Da dove si trovavano era un po’ difficile capirlo. Non
vedevano bene, non vedevano tutti. Si avvicinarono ancora
finché la situazione fu così chiara da lasciarli
senza parole.
-Mark!-
Landers si volse riconoscendo la voce di Danny e non si
capacitò di vederlo lì insieme a Ed. Scostandosi
per schivarlo, afferrò la giacca di Steve, gli fece lo
sgambetto e lo spinse a terra.
-Diamine! Marshall aveva ragione a essere preoccupato!- disse Warner
raggiungendo Holly, le ragazze e chi era rimasto saggiamente a guardare
-Non posso credere che ti stia divertendo senza di me, Mark!-
Amy sospirò.
-Perché dovete essere tutti così?-
-Vuoi giocarci un po’ anche tu?- rise Landers mentre Steve si
rimetteva in piedi.
-Maledetto…- sibilò quello furioso.
-Sì, grazie. Volentieri.- Ed mollò la borsa a
Mellow e raggiunse Steve con due falcate.
-Che cazzo vuoi? Chi sei?-
Danny appoggiò il bagaglio del compagno di viaggio su un
cumulo di neve e si infilò tra i ragazzi, desideroso di
soddisfare la propria curiosità.
-Cosa stanno facendo?-
-Un nuovo tipo di allenamento. Lo ha inventato Philip.-
Mellow guardò Bruce con sospetto, temendo che lo stesse
prendendo in giro.
Ed impiegò mezzo secondo a togliere di mezzo Steve
stordendolo a terra con un’abile mossa di karate.
-Niente male, vero?- Amy sgomitò Jenny che fissava sgomenta
il nuovo arrivato -Una volta Julian ed io siamo andati a vederlo
allenarsi nella palestra del padre. È proprio bravo.-
-Di Price non mi frega niente, ma Philip?- disse Ed a Mark mentre
raggiungevano i compagni.
-Se la caverà.-
-Sei sicuro?- il portiere esitò preoccupato,
perché sapeva per certo che Gamo lo avrebbe ucciso se gli
avesse riportato un vicecapitano pesto e malconcio -Forse è
meglio che…-
-No.-
A fermarlo fu una ragazza sconosciuta, una giovane così
graziosa che si incantò sugli occhi nocciola che lo
fissavano determinati, le ciglia lunghe e scure, le labbra rosse, i
capelli castani che incorniciavano il viso.
-Non guardarla troppo, altrimenti Philip s’incazza.- lo prese
in giro Mark generando un tenue rossore su quella pelle di pesca.
-Non è vero!-
-Sì che è vero.-
-Se vogliamo essere precisi, Philip si infastidisce solo se a guardarla
sei tu, Landers.- Benji li raggiunse mentre alle sue spalle John
aiutava Michael a mettersi in piedi -Questi ragazzi del nord non
valgono nulla.-
Jenny si risentì.
-Non sono tutti uguali!-
Il portiere le strizzò un occhio.
Philip consentì a Kevin di indietreggiare fino ai compagni.
Tutto quel movimento aveva risvegliato acciacchi vecchi di tre giorni,
il pestaggio aveva lasciato segni che ancora dolevano. Il suo
avversario era malconcio, i suoi compari si erano presi ciò
che meritavano ed era ora di tornare al ryokan perché presto
avrebbe fatto buio.
Quando capì che anche Kevin ne aveva abbastanza, Callaghan
lo congedò con un’espressione vittoriosa che
scatenò nell’altro nuova collera e scontento. Ma
era davvero meglio finirla lì e andar via con le proprie
gambe.
Mark fu di tutt’altro avviso. Silenzioso e vendicativo,
tagliò la strada a Kevin mentre imboccava per ultimo il
sentiero, caricò il destro e lo assestò talmente
bene sulla mascella del ragazzo che lui piombò tra la neve
privo di sensi.
John accorse e lo scosse inutilmente. Non potendo fare altro, se lo
caricò sulle spalle e sparì nel bosco.
A Philip l’intraprendenza di Mark non andò
giù.
-Dovevo farlo io!- protestò infervorato. Inciampò
tra la neve alta, finendo aggrappato alla giacca del compagno per non
cadere.
-E come? Non ti reggi neanche in piedi!-
-Era una questione tra me e lui! Avevi promesso che non saresti
intervenuto!-
Philip lo spintonò indietro furioso, poi venne travolto
dall’abbraccio di Jenny. Sussultò dolorante ma
riuscì a sorriderle lo stesso e a guardarla preoccupato.
-Stai bene?-
-Lo chiedi a me?-
-Ed, Danny, che cosa ci fare qui?- fu la giusta e legittima domanda di
Holly.
-È una storia lunga.- sospirò Ed e si
guardò intorno -C’è davvero un ryokan
da queste parti o siete alloggiati in un igloo?-
Mentre si incamminavano, Philip borbottò una lamentela.
-Ecco che ricominciamo con il sarcasmo dei primi giorni.-
-Marshall ci ha ordinato di partire di corsa, subito dopo la
telefonata.- raccontò Ed, seduto sui tatami, le mani a
cingere la tazza di tè che gli stava a poco a poco
scongelando le dita. Spostò gli occhi su Jenny e la
osservò ancora con tutta la curiosità di una
persona che vede per la prima volta l’oggetto di tanti
discorsi e prese in giro.
Proprio come era accaduto all’inizio, Philip provò
un fremito di fastidio verso quel palese interesse nei confronti della
fidanzata.
-Marshall ci ha dato appuntamento a casa di Price per una riunione
dell’ultimo minuto. Quando ha chiamato il ryokan eravamo
tutti lì ad ascoltare in vivavoce. Abbiamo sentito anche
Jenny.- le sorrise e Philip si agitò sui cuscini.
-E Patty.- annuì Danny -I ragazzi della New Team ti hanno
riconosciuta subito.-
Bruce alzò le spalle.
-Per forza, è sempre stata la miglior urlatrice dello
stadio.-
-Perché Marshall vi ha riuniti proprio a casa mia? A mia
insaputa, tra l’altro...-
-Marshall voleva che prima del ritiro prendessimo alcune decisioni.-
Julian trasecolò.
-Senza di noi?-
-Veramente ha pensato di approfittare della vostra assenza…-
Holly e Julian si scambiarono un’occhiata mista di sorpresa e
fastidio.
-Bella considerazione.- borbottò Philip, sussultando quando
Jenny gli spalmò lo zigomo di crema. Kevin lo aveva colpito
di nuovo esattamente sul livido che aveva già e se da una
parte ciò era una fortuna perché non avrebbe
avuto altri segni sul viso, dall’altra gli aveva fatto un
male cane.
Ed spostò a malincuore gli occhi da lei a Philip.
-Quel livido che ti porti dietro non è di oggi.-
-È una storia vecchia, infatti.-
-E lunga.- si intromise Benji -Adesso ci interessa sapere cosa avreste
deciso a casa mia senza di noi.-
-Non “avremmo”. “Abbiamo”.-
precisò Ed, temporeggiando poi con sommo gusto per tenere il
collega sulle spine -Secondo te possiamo dirglielo, Danny?-
-Non lo so. Forse no.- gli occhi di Mellow si addombrarono di
preoccupazione -A proposito! Domani o dopodomani Gamo
telefonerà qui e il signor Marshall si è
raccomandato di dargli una buona impressione del ritiro.-
Jenny rimise il tappino alla crema.
-Stavolta dovrai rispondere tu al telefono, Philip.-
-A Gamo?-
-A Marshall, a Gamo… chiunque sia.-
-Speriamo sia Marshall…- per l’ennesima volta si
accorse che sia Danny che Ed non riuscivano a distogliere gli occhi
dalla fidanzata -Si può sapere cosa avete da guardare?-
-Ve l’avevo detto.- rise Mark.
Danny abbassò gli occhi sul tavolo, poi li
trasferì di nuovo a Jenny. Il suo sguardo volò
sulla ragazza e tornò da Philip, spostandosi poi ancora su
di lei in un balletto che non aveva pace, come non l’avevano
i suoi pensieri. Anche se le premesse non erano delle più
rosee, decise lo stesso di tentare il tutto per tutto, rivolgendosi
direttamente alla ragazza.
-Dopo...- esitò -O prima di partire… Potrei farti
una foto?-
-Certo!- Jenny si dimostrò subito disponibile, mentre il
rifiuto di Philip fu secco, categorico e inesorabile.
-No nel modo più assoluto.-
Danny li guardò supplichevole.
-Per favore, me l’hanno chiesta… Mi hanno estorto
la promessa.-
-Che promessa?-
-Gli altri vogliono vedere Jenny… Una foto recente.- le
lanciò un’occhiata, sentì Ed ridere e
si volse afflitto -Certo! Divertiti… tanto poi sai come
andrà a finire.-
-Se vuoi puoi fotografarmi.- concesse Jenny disponibile, vedendolo
realmente in difficoltà.
-No, non se ne parla.- intervenne di nuovo Philip, scuro in volto.
Bruce dedicò un profondo sospiro al cellulare che non
avrebbe dovuto neanche portare con sé e che adesso giaceva a
terra da una parte.
-Ne avevo qualcuna io di foto… Ma questi tre le hanno
cancellate. Sarebbe piaciuta a tutti.-
Patty drizzò immediatamente le orecchie.
-Che foto, Bruce?-
L’indignazione di Julian sgonfiò temporaneamente
la curiosità della ragazza.
-Visto, Philip? Te l’avevo detto che se non
l’avessimo fatte sparire le avrebbe mostrate agli altri!-
-Che foto?- insistette di nuovo Patty, continuando però ad
essere ignorata.
Philip si rese finalmente conto che solo grazie
all’insistenza di Julian l’aveva scampata per un
pelo. Tuttavia cercò lo stesso di difendere il proprio punto
di vista.
-Non ho mai detto di non volerle cancellare. Ho chiesto solo di tenere
una copia!-
Jenny gli si aggrappò alla manica.
-Philip, di quali foto state parlando?-
Lui continuò per la sua strada, stavolta diretto a Danny.
-Di fare foto a Jenny non se ne parla. Punto.-
-Io continuo a non capire perché vi siate dovuti incontrare
a casa mia. Perché non direttamente al centro sportivo del
ritiro? -
-Non mi sono posto il problema, Price.- Ed lo fissò dritto
negli occhi -Marshall ci ha ordinato di andare a Fujisawa e
così abbiamo fatto.-
Certo che non s’era posto il problema, lui. Non era stata
fatta a casa sua, la riunione! Freddie aveva lasciato che gran parte
della nazionale giapponese invadesse i suoi spazi e la sua
intimità senza neppure avvertirlo. Sperava solo che Marshall
gli avesse proibito di mettere piede di sopra e di gironzolare per le
stanze. Se fosse venuto a sapere che avevano ficcato il naso nella sua
camera… Maledetti impiccioni! Finito il terzo grado a quei
due mentecatti della Toho avrebbe chiamato Freddie e gliene avrebbe
dette quattro.
-All’inizio non avevamo capito che si trattava di voi.- stava
continuando a raccontare Danny rivolgendosi alle ragazze, mentre Holly
sperava che non tornasse sull’argomento foto visto che Patty,
seduta al suo fianco, era un fremito di curiosità
insoddisfatta -Abbiamo sentito la voce Jenny, ma nessuno di noi la
conosceva. Così abbiamo pensato che si trattasse delle
solite…-
Julian sussultò. Di bene in meglio, dalla padella nella
brace.
-Invece no!- intervenne svelto -Erano proprio loro. È stata
una sorpresa anche per noi. Nessuno se lo aspettava. Soltanto Philip
che ha organizzato tutto.-
-Tu lo sapevi, Julian. Ti ho telefonato apposta per dirtelo.-
-La mattina stessa, Philip. Cosa potevo fare, ormai?-
Le chiacchiere non le fregarono. Il botta e risposta tra i due non fu
sufficiente a distrarle. Le ragazze erano sul chivalà da
parecchi minuti.
-Le “solite” cosa?- domandò infatti
Evelyn con un tono misto tra il curioso e il minaccioso.
Benji alzò gli occhi al cielo.
-Sei proprio un cretino, Mellow.-
Jenny si rivolse di nuovo a Philip.
-Le “solite” cosa?- poiché lui
continuò a non risponderle, si alterò -La smetti
di ignorarmi per favore?-
Il fidanzato la guardò e non seppe cosa dirle. Intanto la
domanda continuò a girare e stavolta arrivò sulle
labbra di Amy.
-Le “solite” cosa?-
Tom decise di soddisfare la loro curiosità.
-Le solite cameriere che si trovano in tutti gli hotel.-
Quattro paia d’occhi lo trafissero, e il cuscino su cui
sedeva d’improvviso non fu più tanto comodo. Si
mosse a disagio, chiedendosi perché si fosse intromesso.
Mentre Benji rideva in sordina, Evelyn si volse verso il fidanzato.
-Cameriere, Bruce? Adesso spiegami il significato di questa
espressione: “le solite cameriere”.-
Lui non batté ciglio.
-Le solite cameriere sono le impiegate donne che lavorano negli
alberghi.-
-So cosa sono le cameriere. Ma perché
“solite”?-
-Perché, come ti ho appena detto, si trovano in tutti gli
hotel.-
Holly assisteva come gli altri al dialogo serrato tra Bruce ed Evelyn,
trattenendo il fiato e notando nel contempo che
nell’espressione della fidanzata si stavano moltiplicando a
vista d’occhio un’incredibile quantità
di domande inespresse, la metà delle quali non gli
piacquero. Ma quel giorno il destino aveva già deciso che si
sarebbero salvati e fu la nonna a trarli d’impaccio.
Bussò alla porta e si affacciò.
-Miei cari.- li salutò con un sorriso dedicato soprattutto a
Mark -Jenny, mi hai chiesto di ricordarti che dovete andare a fare la
spesa per la cena. Si sta facendo tardi e tra un po’ i negozi
chiudono.-
-Hai ragione, nonna. Grazie.-
La ragazza si alzò e si trasferì nella stanza
accanto dove Patty la seguì, chiudendo con cura il pannello
scorrevole.
-Questa storia delle cameriere è da approfondire.- disse
contrariata.
-Già, ma non ora. Sono tutti schierati in difesa nella loro
metà campo.-
-L’ho notato anch’io. Vogliamo parlare delle foto?
Foto nostre nel cellulare di Bruce. Foto che Julian ha insistito a
voler cancellare!-
Lei annuì, mentre staccava una pagina da un notes.
-Di sicuro mia. Danny avrebbe potuto usarla per mostrarmi agli altri.-
Patty prese una penna e tornarono insieme di là. Non ebbero
bisogno di organizzarsi, perché sapevano entrambe cosa
stavano per fare. Lo avevano stabilito da giorni, dalla disastrosa
prima visita di Holly, Bruce e Philip al negozio di Meryl.
Si sedettero al tavolo, Jenny divise il foglio piccole parti e le
passò a Patty che vi tracciò i loro nomi.
-Cosa state facendo?-
-Tiriamo a sorte, Julian.-
-Questa volta faremo a modo nostro.-
Nessuno si azzardò a contraddirle.
Patty ripiegò con cura i quadratini di carta e li
mescolò tra loro.
-Danny e Ed non fanno parte dei candidati, visto che sono appena
arrivati.- alzò gli occhi su Mellow -Pescane due.-
Lui annuì e allungò una mano, fiducioso e
sorridente. Solo che quando le sue dita sfiorarono la carta, Benji
ringhiò una mezza minaccia.
-Fai attenzione a chi estrai, Mellow.-
Il ragazzo si ritrasse.
-Benji, sei incorreggibile.- Patty sospirò, lanciandogli
un’occhiataccia -Tom, pensaci tu.-
Jenny aprì i foglietti che Becker le porgeva. Fu contenta di
scoprire che non sarebbero andati né lei né
Philip.
-Vieni in cucina, Eve, così facciamo la lista delle cose che
devi comprare.-
Anche Amy si alzò.
-Julian, preparati. È toccato a te.-
Scesero tutte e quattro, Evelyn entrò in cucina per ultima.
-Questa cosa delle cameriere non mi piace per niente.-
-Infatti. Devi assolutamente estorcere a Julian qualche informazione in
più.-
-E come faccio, Patty?- replicò lei mentre Amy e Jenny,
chine sul tavolo, si consultavano e compilavano rapidamente la lista
della spesa -Julian non mi sembra il tipo che si fa raggirare
facilmente. Non saprei neppure su quali argomenti far leva…
Amy? Hai qualche consiglio da darmi?-
-Con me non parla mai neppure delle sue fan.-
-Dici così per incoraggiarmi?-
Patty le mise le mani sulle spalle e la guardò dritta negli
occhi.
-Stai studiando per diventare una giornalista, Eve. Raccogliere
informazioni sarà il tuo lavoro e non sempre chi
intervisterai vorrà rispondere alle tue domande. Questa mi
pare un’ottima occasione per fare pratica.-
Jenny porse all’amica il foglio con gli acquisti da fare.
-Eve, metticela tutta e cerca di scoprire il più possibile.-
Lei cacciò un sospiro molto sentito.
-Ci proverò, ma non garantisco.-
*
Carichi di pacchi, Evelyn e Julian procedevano lungo la salita
ricoperta di neve e di ghiaccio. La notte era arrivata così
rapidamente che li aveva sorpresi prima ancora che giungessero a
Shintoku. Evelyn era contenta di aver riempito Julian di domande
all’andata perché adesso non aveva più
fiato. Le due buste che portava cominciavano a pesarle, nonostante
contenessero tutti oggetti leggeri: quattro confezioni di uova, due di
pangrattato soffice come una nuvola, tre di insalata mista, il burro e
tre scatolette di tonno. Tutto il resto lo portava Julian. Procedevano
nel buio alla luce delle torce che tenevano in mano, una ciascuno. I
fasci di luce ondeggiavano, si incrociavano e sobbalzavano seguendo la
loro andatura, nascondendo in parte la strada e costringendoli ad
avanzare quasi alla cieca su neve e ghiaccio.
-Julian? Secondo te quanto manca?-
-Al massimo mezz’ora.-
La giovane sospirò. C’era ancora da camminare
parecchio. All’andata, in discesa, avevano proceduto a passo
svelto impiegando quasi quarantacinque minuti. Ora risalivano
più lenti e non dovevano essere neppure a metà
strada. L’unico aspetto positivo di quella passeggiata
notturna era che non nevicava e non sentiva freddo. Anzi, sotto la
giacca e il maglione, cominciava a sudare per lo sforzo.
-Julian?- lo chiamò di nuovo -Possiamo fermarci un attimo?-
-Certo.-
Evelyn posò le buste e si massaggiò le mani.
-Mi si sono intorpidite le dita.-
-Vuoi che le porti io?-
-Non sono pesanti.- riafferrò i pacchi e insieme ripresero a
camminare -Da quanti anni tu e Amy siete ufficialmente insieme?-
-Cosa intendi per “ufficialmente”?-
-Che lo sanno tutti.-
-Lo hanno sempre saputo tutti.-
-Allora che le hai chiesto di mettersi con te.-
-Non gliel’ho chiesto, è venuto naturale.-
Evelyn decise che era molto meglio risparmiare il fiato per la salita.
-E tu?- lui la colse di sorpresa.
La giovane si volse a guardarlo. Una lastra di ghiaccio più
solida e lunga delle altre le finì a tradimento sotto un
piede. Si sentì scivolare e non poté farci
niente. Le buste le impedirono ogni tentativo di mantenere
l’equilibrio. Cadde sull’asfalto in modo
così sgraziato che nonostante la fitta intensa alla
caviglia, ringraziò ogni divinità conosciuta che
fosse notte e il suo capitombolo venisse celato
dall’oscurità. Ricordò per la seconda
volta in pochi giorni che Julian le era piaciuto dal momento in cui lui
l’aveva abbagliata con la sua mascolina e perfetta bellezza
al loro primo incontro allo stadio, se ricordava bene durante la
partita tra la New Team e la squadra di Ralph Peterson, quando era
inaspettatamente arrivato insieme ad Amy, aveva salutato lei, Susie e
Patty con quel suo affascinante sorriso e si era seduto accanto a loro.
Un bellissimo ricordo, che purtroppo non alleviò il
micidiale dolore al piede, così micidiale da farle emettere
un gemito.
Julian accorse come sarebbe accorso il più bel principe
azzurro delle favole.
-Evelyn, stai bene?-
Seduta a terra, una busta poco discosta, l’altra davanti a
sé, la ragazza si puntellava con una mano tra la neve e con
l’altra si stringeva la caviglia. La torcia che le era
sfuggita era rotolata poco distante su un cumulo di neve e le
illuminava parte del volto con il suo cono di luce, gli occhi pieni di
lacrime, le labbra serrate e lo sguardo disperatamente sofferente.
-Ti giuro, stavo meglio prima.- tentò un sorriso che non le
venne granché e non cercò neppure di migliorarsi.
Piuttosto provò a muovere il piede, mordendosi le labbra per
non gridare. Poi alzò gli occhi sull’amico -Le
uova…-
Solo per farla contenta, lui frugò nella busta mentre con
una mano illuminava gli acquisti.
-Se n’è rotto solo uno. L’insalata e il
pangrattato hanno salvato le altre.- lasciò perdere la spesa
e puntò la torcia sulla caviglia -Riesci ad alzarti?-
Lei si asciugò gli occhi con il dorso dei guanti e i piccoli
cristalli di ghiaccio che si erano depositati sulla lana le graffiarono
le guance.
-Ci provo.- serrò i denti.
Julian l’aiutò ed Evelyn si mise faticosamente in
piedi, tentando di appoggiare il meno possibile il peso del corpo sulla
caviglia ferita. Il suo volto si trasfigurò di sofferenza.
-Ce la fai?-
Annuì. Che altro poteva fare? Rimanere lì mentre
l’amico tornava al ryokan e mandava il nonno a riprenderla
con la macchina? Tremò di paura al pensiero di dover restare
sola in quell’oscurità e in quella gelida
desolazione. Cercò di muovere un passo, gli occhi le si
riempirono di lacrime -Mi fa male.-
-Ti aiuto io.- Julian radunò la spesa sparpagliata, le porse
la busta più leggera, si caricò delle restanti
tre e la sostenne -Quando non ce la fai più, dimmelo.-
Lei annuì e strinse i denti. Poi chiuse gli occhi
perché intorno non c’era nulla da vedere e
provò a concentrarsi su qualsiasi cosa la distraesse dolore.
Il suo buonissimo profumo, per esempio. Il calore che emanava il suo
corpo, i muscoli che percepiva guizzare sotto strati e strati di
vestiti. Su quanto l’avrebbero invidiata tutte le sue
numerosissime fan, se l’avessero vista in quel momento.
E così, almeno all’inizio, un po’
saltellando e un po’ poggiando a terra soltanto la punta del
piede ferito, Evelyn fu in grado di avanzare abbastanza rapidamente.
Poi, dopo quello che poteva essere un quarto d’ora, mezzora o
addirittura un’ora, tanto il tempo per lei aveva perso
significato, non riuscì più a mantenere quel
ritmo e costrinse l’amico a rallentare.
-Julian…- mormorò esausta e mortificata -Devo
riposare un attimo.-
Quando la lasciò, lei si accoccolò a terra. Anche
l’altra gamba che sosteneva tutto il peso cominciava adesso a
farle male, mentre la caviglia ferita aveva preso fuoco. Tenendola tra
le mani, si accorse che si era gonfiata.
-Julian, è diventata enorme.-
Il ragazzo accorse, le consegnò la torcia e sciolse
rapidamente i lacci. Le sfilò piano la scarpa, poi il
calzino e guardò critico la pelle tesa, gonfia e arrossata.
Scosse la testa. Per la fretta di tornare, aveva sottovalutato
l’infortunio.
-Avrei dovuto toglierti subito la scarpa.-
Si alzò, radunò un po’ di neve e la
posò sul piede. Il sollievo fu tale che gli occhi di Evelyn
si riempirono di lacrime.
-Tieni qui.-
Le posò le mani al posto delle proprie e mentre il ghiaccio
si scioglieva e gocciolava a terra, depositò la busta
più pesante sul ciglio della strada. Poi tornò da
lei, mentre il fascio di luce delle torce veniva solcato da piccoli
cristalli bianchi che presero a cadere intorno e sopra di loro. Aiutata
dal ragazzo, Evelyn si alzò di nuovo.
-Comincia a nevicare.- mormorò affranta -La spesa?-
-Tornerò a prenderla dopo.-
-Mi dispiace.-
-A me dispiace per il tuo piede.-
Evelyn si appoggiò a lui con tutto il peso, un braccio a
circondargli il collo, nella mano la torcia a illuminare la strada.
Julian le teneva il polso aiutandola a indirizzare la luce davanti a
loro. All’altezza del gomito del ragazzo erano appese due
buste della spesa. Un’altra la teneva Evelyn con la mano
libera, insieme alla scarpa che non aveva rimesso e al calzino che vi
aveva infilato dentro. Il freddo pungente l’aiutava a
sopportare il dolore.
Dopo un paio di curve si fermarono un’altra volta, lei non ne
poteva più. Julian la lasciò riposare qualche
minuto e andò a depositare le ultime tre buste su un lato
della strada. Aveva sbagliato di nuovo. Avrebbe dovuto lasciarle tutte
molto prima e caricarsi la ragazza sulle spalle fin da subito, invece
di costringerla a sforzarsi di camminare.
-Quanto manca secondo te?- gli domandò quando lo vide
tornare.
-A occhio e croce direi che siamo a tre quarti di strada.-
Ma la verità era che non lo sapeva più. Avevano
proceduto pianissimo e aveva perso il conto del tempo. Potevano mancare
cinquecento metri o due chilometri. Non ne aveva idea.
Da parte sua Evelyn non riusciva neppure a immaginare di doversi
rialzare per riprendere il cammino. Illuminò il piede ferito
con la torcia: era sempre più rosso e più gonfio.
-Hai preso davvero una brutta distorsione. Se senti freddo rimetti il
calzino.-
Evelyn annuì e lo infilò sulle dita congelate.
Poi guardò costernata le spalle di Julian che le erano
comparse davanti, alla sua altezza.
-Sali.-
-Cosa?-
-Su, sali.- la sollecitò ancora, lanciandole
un’occhiata.
-No! Sono troppo pesante!-
Lui si volse per osservarla critico.
-Non mi pari molto più pesante di Amy. Dai sali, Evelyn. Non
possiamo restare qui tutta la notte.-
Julian le stava offrendo l’unica soluzione possibile in quel
momento e in quel luogo. Mise da parte gli scrupoli, si
inginocchiò e gli si aggrappò al collo.
-Prendi la torcia.-
Evelyn ubbidì, Ross si tirò su apparentemente
senza sforzo e riprese ad avanzare. Lei si abbandonò sulla
sua schiena, dispiaciuta e mortificata ma nello stesso tempo felice
perché era sicura che l’occasione di stargli
così vicina non le sarebbe mai più ricapitata.
Appoggiò il viso contro la sua spalla e puntò la
luce dalla torcia sulla strada. Julian era piacevolmente caldo e
profumava di shampoo e bagnoschiuma.
-Sei stato proprio sfortunato a dover venire tu.- tirò un
sospiro -Mi dispiace.-
Lui sorrise con quel sorriso che all’inizio l’aveva
mandata in visibilio.
-Smettila di scusarti o comincerò a pensare che lo hai fatto
apposta per non dover rifare la salita.-
-Ti giuro di no!- si agitò sulla sua schiena e
scivolò verso il basso.
Julian la ritirò su.
Evelyn si dimostrò un peso trascurabile soltanto
all’inizio. Cominciò a non esserlo più
dopo il primo chilometro. Allora, per non sentire la stanchezza, Julian
si costrinse a pensare che ormai dovevano mancare davvero pochi minuti,
cinque, dieci al massimo. Poche, pochissime centinaia di metri.
Inghiottì il fiocco di neve che si posò sulle sue
labbra e fu un sollievo per la sua gola riarsa. Aveva sete ma non
voleva fermarsi, voleva raggiungere il ryokan al più presto,
cospargere la caviglia di Evelyn di quella stessa pomata con cui Jenny
aveva ricoperto i lividi di Philip, immobilizzarla con le bende e darle
un’aspirina per calmare il dolore e consentirle di riposare
per tutta la notte.
Su di lui i fiocchi cadevano sempre più fitti diventando
fastidiosi perché finivano ovunque, in faccia, sulle ciglia,
negli occhi, tra i capelli, nel naso a ogni respiro…
-Julian, riposati un attimo.-
-Siamo quasi arrivati.-
-Lasciami scendere, allora. Il piede mi fa meno male. Adesso posso
camminare.-
-No.-
Julian sapeva con certezza che era impossibile che il dolore fosse
passato, piuttosto doveva essere aumentato. E sapeva con altrettanta
certezza che se si fosse fermato per riprendere fiato, non sarebbe
stato più un grado di riprenderla sulla schiena. Sentendola
scivolare, la ritirò su di nuovo e imboccò una
curva.
-Julian! Vedo il ryokan!-
Lui rispose con un filo di voce.
-Te l’ho detto che eravamo arrivati.-
Era stremato, senza fiato. Socchiuse gli occhi e tra la neve
riuscì a scorgere anche lui le luci. Fu Evelyn ad aprire la
porta d’ingresso. Julian la depositò con
delicatezza sul pavimento rialzato, poi si sedette al suo fianco e si
lasciò scivolare esausto a terra. Gli occhi fissi sul
soffitto respirò a fondo, i muscoli doloranti delle gambe e
delle braccia si rilassarono, allentando la tensione. Evelyn
studiò preoccupata il suo volto, bagnato dalla neve e
stravolto dalla fatica. Julian si volse e la guardò.
-Non eri poi tanto pesante.-
Amy scese i gradini di corsa.
-Julian!-
Appoggiato a una mano, il ragazzo si tirò su e si
sfilò la sciarpa dal collo sudato. Amy la mise da parte.
-Cos’è successo?-
Evelyn piegò la gamba avvicinando il piede alle mani e tolse
piano il calzino, gli occhi colmi di dolore.
-Sono scivolata.-
-Accidenti Eve, che brutta caduta.-
Patty li udì dalla cucina e si affacciò. Dietro
di lei arrivarono anche Philip, Jenny e Tom.
-Dov’è la spesa?-
-Lungo la strada.- disse Evelyn -Julian ha portato me, non poteva
portare anche le buste.- tentò di alzarsi ma non ci
riuscì e Amy accorse per aiutarla.
-Cos’hai fatto al piede?- domandò Jenny.
-Sono scivolata sul ghiaccio.-
Philip e Tom si incaricarono di recuperare la spesa. Rientrarono
portando le buste direttamente in cucina.
Jenny era lì sola, a preparare la cena.
-Ci avete messo tanto.-
-Siamo arrivati parecchio lontano.- la informò il fidanzato
-Per Julian deve essere stato uno sforzo non indifferente portare fin
qui Evelyn sulle spalle.-
-Infatti è esausto.-
La ragazza raggiunse il tavolo e cominciò a riporre gli
acquisti. Tom e Philip erano usciti affamati e la passeggiata aveva
stimolato loro ancor più l’appetito.
-Cosa c’è per cena?-
-Riso al curry.-
Benji li raggiunse, contrariato dal menù.
-Lo abbiamo già mangiato due volte. Questa è la
terza.-
-Si è fatto tardi ed è la cosa più
veloce e semplice da preparare. Soprattutto se mi date una mano, visto
che siete qui.-
Dati i presupposti, Benji si chiese se non fosse più saggio
sgattaiolate via – non si era ancora seduto – e
trovare un angolino nel ryokan dove non essere costretto a cimentarsi
nella preparazione di una cena che neppure gradiva, dove non sarebbe
rimasto in compagnia degli ex giocatori della Toho che ormai
imperversavano nell’edificio, ma senza neppure finire tra i
piedi delle tre coppie rimaste al piano superiore. Forse il male minore
era rimanere proprio lì, in cucina.
Mentre esitava, Jenny radunò una discreta
quantità di patate e carote e una cipolla, e le
posò sul tavolo insieme a tre coltelli affilati, uno per
ciascuno.
-Ci aiuti anche tu, Benji?- gli sorrise incoraggiante.
-Neanche morto. E soprattutto non la cipolla.-
-Alla cipolla penso io.- concesse -Puoi scegliere tra patate e carote.-
Benji scosse inesorabile la testa.
-Non sai farlo, ecco la verità.- commentò Philip
serafico.
Jenny li lasciò battibeccare, indaffarata com’era
nella preparazione della cena con l’unico supporto
di tre aiutanti che insieme non valevano neppure una di loro.
Prese dal frigorifero le confezioni della carne. Non sarebbe bastata,
dovevano abbondare con le verdure. Solo mentre misurava la
quantità di riso si accorse che dall’altra parte
della cucina provenivano solo silenzio e concentrazione. Si volse a
guardare. Benji, chissà come, era stato convinto dai
compagni e ora si stava destreggiando a sbucciare una patata. Sentendo
i suoi occhi addosso, sollevò il viso verso di lei e le
sorrise sornione.
-Non dovrei premiare la tua testardaggine ma se mi guardi
così non posso resistere.- rise e ricambiò
l’occhiata gelosamente infastidita di Philip con un
fastidioso commento -Devi velocizzarti, Callaghan. A questo ritmo il
curry lo mangeremo domani per pranzo.-
-Tanto c’è qualcuno veloce per entrambi.-
indicò Tom che lasciava cadere una a una le patate nella
ciotola piena d’acqua che Jenny aveva posato al centro del
tavolo.
Sentendosi chiamare in causa, il ragazzo alzò gli occhi ad
osservare i loro capolavori.
-Le verdure vanno tagliate più o meno della stessa
grandezza. Altrimenti alcune si cuoceranno troppo e altre resteranno
crude.-
-Non mi seccare, Tom. Sono perfette.-
-Anche le mie.- dichiarò Philip -Che fine hanno fatto tutti?
Perché non si vede ancora nessuno?-
Benji si appoggiò allo schienale della sedia e
posò il coltello sul tavolo.
-Quelle mezze pippe della Toho stanno sistemando i bagagli e gli
altri… Gli altri sono coppie, immaginalo da te.-
Fu allora che Jenny capì.
-Ecco perché tu sei qui! Ed ecco perché sto
preparando la cena da sola!- servì loro del tè e
tornò a occuparsi della cena.
Sorseggiando la bevanda, Benji osservò i compagni che
continuavano imperterriti a sbucciare patate e a tagliare carote.
-Hai visto che bel risultato hai ottenuto, Philip? Tenendo Jenny
nascosta, hai scatenato su di lei la curiosità
dell’intera nazionale. Adesso pretendono persino una sua
foto.-
-Non l’ho tenuta nascosta.-
-Avresti dovuto presentarcela molto prima. Vero, Tom?-
Lui sorrise con aria saputa.
-In realtà io la conoscevo già.-
Benji cadde dalle nuvole.
-E come mai quest’eccezione?-
-Tom ha fatto parte della Flynet e almeno una volta l’anno
organizziamo una cena con la squadra. Jenny partecipa e Tom
pure. È in queste occasioni che si sono conosciuti.- Philip
lasciò cadere una patata pulita nella ciotola e
proseguì -E tu allora? Quando mai ci hai presentato una
ragazza?-
Benji rise fingendo di non capire.
-Posso presentarti tutte le ragazze che vuoi.-
Jenny, che continuava ad ascoltarli, non ne fu contenta ma tacque.
-Intendo le ragazze che frequenti.-
-Sarebbe una perdita di tempo, cambio spesso.-
Le verdure finirono, Jenny le radunò sul lavandino e i
ragazzi continuarono la conversazione.
-Ti rende orgoglioso non avere una ragazza fissa?-
-Non si tratta di orgoglio, Callaghan. Ma non capiresti, vista la
situazione in cui ti trovi.-
-Cos’è che non capirei? Quale situazione, poi? Non
ti sei ancora innamorato, tutto qui.-
Il portiere sorrise di una conclusione che reputò ingenua.
-Cos’è più importante per te?
L’attrazione fisica o l’amore?-
-Una cosa non esclude l’altra.-
-Ma puoi avere l’una senza l’altro. Il sesso e
l’amore non provengono dalla stessa parte del cervello. Il
sesso si trova dove si sviluppano tutte le cose piacevoli, come per
esempio il sapore dei cibi. L’amore invece dove si sviluppano
le dipendenze, come quelle alle sostanze stupefacenti e
all’alcol. Lo sapevi?-
-Stai dicendo che l’amore è una dipendenza e il
sesso un piacere?-
-Esattamente.-
-Che diavolo di riviste leggi?-
Benji scoppiò a ridere, poi continuò a parlare.
-Da quanti anni tu e Jenny state insieme?-
-Un paio, ma che c’entra?-
Continuando a mescolare le verdure, la ragazza drizzò le
orecchie. Philip aveva sbagliato, non erano un paio ma tre e mezzo.
Anzi quasi quattro.
-Due anni? Allora hai già sviluppato dipendenza. Cosa che
peraltro si vede, vista la frequenza con cui vi sentite quando siete
lontani. Per non parlare del fatto che ci troviamo tutti qui.-
Jenny non credette alle proprie orecchie. Cosa gli stava mettendo in
testa, Benji? Che Philip avrebbe dovuto tradirla, al peggio lasciarla?
-Ma se stai già bene con qualcuno, non vedo
perché…-
-Perché per esempio non hai la certezza che Jenny sia la tua
anima gemella. Come fai a saperlo se hai frequentato solo lei? Se non
hai provato altro? Perché è così,
vero?- lo incalzò -Supponiamo che Jenny non sia la tua anima
gemella. Anche se questa storia dell’anima gemella mi sembra
più una favola per bambini che la
realtà… Comunque dicevo. Se Jenny non
è la tua anima gemella, allora con lei stai perdendo tempo.
E questo è il male minore. Il male peggiore è che
se non ti affretti a cercare la ragazza giusta, rischi davvero di
lasciartela sfuggire.-
-Non ci avevo mai pensato.-
Secondo Jenny, Philip aveva fatto indubbiamente bene a non pensarlo
mai. Ma ancora di più si chiedeva come il fidanzato potesse
lasciarsi trascinare in un ragionamento simile da quel dongiovanni da
strapazzo tutto fumo e niente arrosto perché, come aveva
giustamente fatto notare il fidanzato, Benji non era mai stato neppure
fotografato con una ragazza. Philip non si rendeva conto di cosa
stavano parlando? Si era dimenticato che lei era lì ad un
passo, ascoltava tutto ed era infastidita dai commenti sia
dell’uno che dell’altro?
Incrociò lo sguardo del silenzioso Tom.
L’argomento non era di suo gradimento o forse semplicemente
non aveva niente da dire. Però aveva notato il mutamento
nell’espressione dell’amica e neppure lui riusciva
a spiegarsi come Philip potesse seguire Benji su un terreno tanto
accidentato in presenza della fidanzata. Jenny stringeva un mestolo tra
le dita e i suoi occhi erano colmi di fastidio mal represso. Era
così furiosa che Tom era sicuro di vedere presto quel
mestolo spezzato sulla zucca vuota dell’uno o
dell’altro dei compagni.
Ma niente. Philip continuò tranquillamente ad esternare il
proprio punto di vista.
-Sai che ti dico, Benji? Il tuo discorso non fa una piega e quello che
dici ha un senso. In teoria hai perfettamente ragione, e credo che in
effetti...-
Il calcio che gli mollò Tom sotto il tavolo fu dolorosissimo
ma ebbe il suo effetto. Oltre a interrompersi, Philip alzò
lo sguardo si Jenny. Trasalì quando la vide, come se per un
momento si fosse dimenticato che anche lei era lì con loro e
li stava ascoltando. Jenny ormai fumava di collera, ai suoi occhi Benji
era inqualificabile ma lo era ancor di più Philip che aveva
continuato a dargli spago.
-In effetti cosa?- gli chiese provocatoria.
-No, niente.- ed era davvero niente, perché di colpo ogni
pensiero si era dissolto e non ricordava più cosa volesse
dire.
La reazione di Jenny tanto turbò Philip quanto
divertì Benji.
-Ovviamente il ragionamento vale anche al contrario.- riprese il
portiere.
-Vale a dire?- domandò lei secca.
-Che Philip abbia trovato la sua anima gemella al primo tentativo e che
io invece me la sia lasciata sfuggire.-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** 11 - Amici e nemici - prima parte ***
- 11 -
Amici e
nemici
Prima parte
Holly si destò di soprassalto
nell’oscurità silenziosa della stanza. Qualcosa
gli pesava sulla schiena e gli provocava un’opprimente
sensazione di soffocamento. L’orologio digitale sul tavolo
segnava ancora le sei e lui doveva liberarsi a tutti i costi della
pesantezza che lo schiantava a terra. Si mosse per scrollarsi di dosso
ciò che lo teneva giù, la faccia contro il
cuscino, e l’oppressione si attenuò. Si
tirò in ginocchio e la gamba di Bruce ricadde sui tatami con
un tonfo sordo, lasciandolo finalmente libero di muoversi. Si volse a
guardarlo. Il ragazzo era coricato al contrario, i piedi sul cuscino,
il viso al posto delle gambe. Metà del suo corpo aveva
finito per sconfinare su coperte altrui. Trascinandosi lontano dal suo
sonno scomposto, Holly si chiese come diamine avesse fatto a rivoltarsi
sottosopra.
L’arrivo improvviso di Ed e Danny aveva ristretto di colpo la
camera. Così, per riuscire a farli entrare, i futon erano
stati stesi uno accanto all’altro, trasformando il pavimento
in un unico enorme letto.
Mentre Holly valutava seriamente la possibilità di tornare a
sdraiarsi e dormire, il compagno si mosse e si trascinò di
nuovo verso di lui.
-Bruce, levati!-
Fu appena un bisbiglio eppure l’ordine secco e perentorio
svegliò Philip, che dormiva dall’altro lato
dell’irrequieto compagno. Strofinandosi gli occhi ancora
chiusi a metà, si tirò su seduto e
seguì con assonnato divertimento gli inutili tentativi del
capitano di sottrarsi alle avance di Bruce. Sembrava averlo scambiato
per Evelyn.
-Sai, lo ha fatto anche con me.-
Holly indirizzò lo sguardo su di lui.
-E come te ne sei liberato?-
-Ti faccio vedere.- curandosi di mantenere una certa distanza, Philip
scostò le coperte e chiamò piano -Sveglia,
Harper. È ora di allenarsi!-
La voce di Philip era appena un sussurro, fu quindi il significato
delle parole che pronunciò ad oltrepassare lo strato di
incoscienza, arrivando a destinazione. Bruce si ritrasse su se stesso e
con un mugolio di protesta, si volse dall’altro lato,
scomparendo sotto le coperte.
-Ottimo!-
-No, terribile. Tu non fai queste cose mentre dormi, vero?-
-Penso di no.-
-Perfetto.-
Nonostante ormai fosse quasi ora di alzarsi, Philip arrotolò
il proprio futon per far spazio, rischiando più di una volta
di interrompere, calpestandolo, il tranquillo sonno di Danny
addormentato al suo fianco.
-Dammi una mano, Holly.-
-Cosa vuoi fare?-
-Gli cedo il mio posto. Io sono fidanzato e certe cose non posso farle.
Ma Danny è libero e chissà, potrebbe apprezzare.-
Agguantarono insieme i quattro angoli del materasso di Bruce e lo
trascinarono sui tatami con tutto il suo occupante, che
continuò a russare piano. Dopodiché Philip si
allungò verso il tavolo e recuperò il telecomando
del climatizzatore. Un gradevole vento tiepido cominciò a
riscaldare la stanza.
-Ricordami di non dormirgli più vicino, Holly. Sono sicuro
che nel sonno mi ha mollato anche un calcio…- disse,
tornando a stendersi infreddolito sotto le coperte che non avevano
mantenuto neppure un filo del tepore del corpo che le aveva occupate.
A rispondergli fu la voce di Mark.
-Quello è un ricordo di Kevin. Piuttosto, perché
non dormite?-
-Bruce ci ha svegliati.-
-Ma adesso dorme, cosa che dovreste fare anche voi invece di
disturbare.- sbadigliò e si girò
dall’altra parte, borbottando qualche insulto.
Non volendo infastidire né lui né i compagni
ancora addormentati, quando si rivolse a Philip la voce di Holly fu
poco più di un sussurro.
-Ieri Patty mi ha dato il tormento per quella storia delle foto.-
-Non le hai detto niente, vero?-
-No, ma continuerà a insistere finché non glielo
dirò.-
-Non puoi farlo!-
-Allora spremiti il cervello e fatti venire una buona idea.-
-Questa testa di rapa?- borbottò Mark a mezza voce.
Philip si volse a guardarlo.
-Testa di rapa a chi? Non stai dormendo?-
-Se parlate non ci riesco.-
-E ci stai ascoltando fingendo di dormire?-
-Vorrei dormire ma sono costretto ad ascoltarvi.-
-Quindi stai origliando.-
-Piantala, Callaghan! Sono ancora le sei! Se volete continuare a
cianciare fatelo fuori da questa stanza!- detto ciò,
tornò a infilare la testa sotto le coperte.
Philip guardò Holly.
-E adesso che si fa?-
-Scendiamo?-
-Meglio.-
Mark approvò con un grugnito.
Raggiunsero il piano di sotto percorrendo il corridoio ghiacciato. La
porta del ryokan era accostata, lasciando entrare il gelo invernale.
Rabbrividendo, passarono davanti all’ingresso e lanciarono
un’occhiata frettolosa al piazzale. Lì, tra la
neve e sotto un cielo ancora incolore, il nonno stava scaricando dei
cartoni dal furgoncino di Kevin. Philip riconobbe la vettura e si
fermò, mentre un brivido di sdegno lo percorreva tutto,
insieme al gelo mattutino che lo colpì a tradimento. Si
aspettava di veder spuntare da un momento all’altro
l’odiato ragazzo, e invece fu un uomo di mezza età
carico di due scatoloni ad affacciarsi oltre il vano merci. Doveva
trattarsi del signor Swann.
Holly prese il compagno per una manica e lo tirò via.
Raggiunsero la cucina, ma era ancora troppo presto per trovarla abitata.
-Ci vuole qualcosa di caldo. Prepari tu il caffè?-
Holly annuì pieno di buone intenzioni e aprì a
caso uno dei pensili, restando poi a osservare spaesato tazze e
bicchieri.
-Sai per caso dove lo tengono?-
-Neppure mezza idea. Ma ci sarà, da qualche parte.-
Dall’altro lato della cucina Philip recuperò due
cucchiaini e un coltello, poi si avvicinò al frigorifero, lo
aprì e tirò fuori il piatto da portata con la
frittata tagliata a striscioline avanzata dalla sera prima. La mise a
scaldare nel microonde mentre Holly, trovato tutto
l’occorrente per il caffè, ultimava i preparativi.
-Prima o poi qualcuno arriverà?-
-Uscendo ho controllato la sveglia, era attivata e tra poco
suonerà. Piuttosto tu hai capito perché Marshall
ci ha mandato Ed e Danny?-
-Sinceramente no, Philip.-
-Neppure io, chissà cosa pensa di ottenere.-
-Non certo la gratitudine di Benji. Da quando è arrivato Ed,
ogni sua parola è una stilettata. Ci hai fatto caso?-
-A me sembra sempre uguale. Irrimediabilmente insopportabile per la
maggior parte del tempo. Ma tu lo conosci sicuramente meglio. Secondo
te cos’è che dovevano decidere senza di noi?-
-Julian si sta arrovellando da ieri sera e se non verrà a
capo del mistero finirà per minacciare Danny a sputare il
rospo.-
Tacquero sorseggiando il caffè, entrambi pensierosi.
Jenny entrò in cucina in quel momento di silenzio senza
accorgersi di loro. L’espressione assonnata, il volto chino e
gli occhi abbassati, strinse svogliatamente i lembi di stoffa della
cinta dello yukata che si erano allentati. I capelli tirati da un lato
del viso con una molletta, dall’altro le ricadevano su una
guancia. Quando sollevò la testa, si fermò
sorpresa.
-Pensavo di essere la prima.-
Lei e Philip si sorrisero intensamente per darsi il buongiorno al posto
del bacio che in presenza del capitano evitarono di scambiarsi. Holly
fece poco caso a loro, alzandosi per recuperare la frittata dimenticata
nel microonde, dove si stava freddando di nuovo. Jenny raggiunse il
lavandino e riempì la teiera. In attesa che
l’acqua bollisse, apparecchiò anche per gli altri.
-Cosa fate oggi?- domandò tanto per dire qualcosa.
Holly non rispose ma la guardò con un’occhiata
intensa e piena di significato.
-Scusa, ci sono ricascata.-
-Le tue idee sono benvenute, Jenny. Purché non si tratti di
qualcosa di simile alle sorgenti termali all’aperto. Benji
non ha apprezzato la gita e ce lo rinfaccerà
finché giocheremo insieme.-
-È difficile accontentare tutti.-
-A chi lo dici.-
Lei gli sorrise comprensiva.
-Non ho niente da proporre. Potrai spremerli come limoni.- si volse e
ammiccò a Philip che replicò con un brontolio
scontento.
-Come se non lo facesse già.-
-Finalmente oggi riusciremo ad allenarci per bene!-
Il borbottio di Philip proseguì.
-Lo dici come se avessimo passato una settimana a divertirci.-
-Perché, non è così?-
-Non proprio…- si sfiorò lo zigomo ancora
violaceo.
Holly gli diede una pacca sul braccio.
-Hai ragione, tu ti sei divertito più di tutti.-
La teiera cominciò a fischiare e Jenny si alzò.
-Come sta il piede di Evelyn?- le domandò Holly.
-Un po’ meglio.-
La voce di Patty nel corridoio anticipò il suo ingresso in
cucina. Entrò seguita da Amy e notò i due ragazzi
già a tavola.
-Oggi ha fatto giorno prima?-
-Bruce ci ha svegliati con il suo sonno agitato.- spiegò
Holly.
Philip seguì il loro trafficare un po’ sorpreso e
un po’ scontento, osservando il vassoio comparso sul tavolo e
la gran quantità di cibo di cui lo stavano riempiendo.
-A chi è riservato il servizio in camera?-
-A Evelyn.-
-Non riesce a camminare?-
-Sì, ci riesce. Ma è meglio se tiene il piede a
riposo.-
Amy uscì con il vassoio, arrivò in cima alle
scale e si fermò davanti alla porta, liberando una mano
pronta a bussare.
-Fossi in te non lo farei.-
La paura per poco non rovesciò in terra la colazione. Benji
era alle sue spalle e lei non lo aveva neppure sentito arrivare.
-Mi hai spaventata.-
-L’ho visto. Di solito l’effetto che faccio alle
ragazze è completamente diverso.-
La vide arrossire e rise. Pur di sottrarsi al suo sguardo sornione, Amy
allungò di nuovo una mano verso la maniglia, dimenticando
l’avvertimento.
-Come ti stavo appunto dicendo, fossi in te non entrerei. Evelyn non
è sola. Non credo che se ne accorgerebbero, ma forse a te
non piacerebbe.-
Amy abbassò il braccio ed esitò incerta. Non
aveva previsto che Bruce sconfinasse nella loro camera.
Guardò il vassoio, ancora indecisa se riportare la colazione
in cucina. Preferiva infatti che Evelyn non affrontasse le scale. Forse
poteva lasciare la colazione da qualche parte, anche se nel corridoio
non vedeva nessun ripiano su cui poggiarla.
Senza darle il tempo di protestare, Benji si appropriò
fulmineo della tazzina.
-Un peccato che si raffreddi.-
-No, non... Aspetta, è per Evelyn!-
La protesta fu inutile, il ragazzo bevve d’un sorso il
caffè ormai tiepido e Amy capì che per colpa sua
e di Bruce aveva fatto un viaggio inutile.
Tornò in cucina con il portiere alle calcagna che il
caffè aveva messo di buonumore e che non si scompose al
rimprovero di Patty sulla colazione a domicilio che non era arrivata a
destinazione.
-Qualcuno andrebbe a chiamare Bruce?-
-Vai tu, Holly. Sei il capitano.-
Julian annuì d’accordo.
-Philip ha ragione. A te dà ascolto più che a noi
e puoi approfittarne per rimproverarlo in privato.-
-Così non saremo costretti a sentire le tue urla di prima
mattina.-
-Io non urlo, Mark. Al massimo alzo un po’ la voce.-
-Spiegami la differenza.-
Piuttosto Holly preferì alzarsi e uscire.
-Mi raccomando, bussa prima di entrare.- gli gridò dietro
Philip ridendo -Anzi, dopo che hai bussato aspetta che ti rispondano.-
Salendo le scale, Holly valutò critico le prime ore di quel
giorno e assegnò loro un punteggio molto basso. Si chiese
cosa dovesse aspettarsi da un inizio così insoddisfacente e
sperò che la giornata non peggiorasse troppo.
Arrivò sul pianerottolo e guardò indeciso le due
porte, chiedendosi se Bruce ed Evelyn fossero nella loro stanza o in
quella delle ragazze. Che non si trovassero insieme in nessuna delle
due lo capì udendo la porta dei bagni aprirsi e vedendo
l’amica vestita di tutto punto percorrere il corridoio
zoppicando leggermente.
-Patty è scesa.-
-Lo so. La caviglia ti fa male?-
-Un po’, ma come vedi riesco a camminare. Ieri Julian ci ha
messo talmente tanta neve che non si è gonfiata troppo.
Spero di riuscire ad allacciare le scarpe, non voglio assolutamente
restare al ryokan da sola.-
-Dov’è Bruce?-
-Sta dormendo. Ho provato a svegliarlo ma non ci sono riuscita.-
sospirò, aprì la porta e lo precedette nella
camera, indicandogli il ragazzo che poltriva beatamente spaparanzato
nel futon della fidanzata.
Holly restò sulla soglia a guardarlo incredulo, non mosse
neppure un passo per entrare.
-Evelyn! Sveglialo in qualsiasi modo! Fallo alzare, vestire e scendere
entro cinque minuti o non solo salterà la colazione, ma lo
costringerò anche a un allenamento extra! Chiaro?-
Si volse e la mollò lì per tornare di sotto, un
diavolo per capello.
-Non ce la farà mai in cinque minuti!- la udì
gridargli dietro.
Benji accolse il suo ritorno in cucina con un sorrisetto complice.
-Allora? Com’è andata?-
-Non me lo chiedere.-
-È stato terribile?-
-Bruce sta dormendo.-
-Con Evelyn?-
-No. Evelyn era in bagno.-
-Benji!- Amy lo richiamò indignata. Adesso le toccava fare
un altro viaggio al piano di sopra -Mi hai detto che erano insieme! Non
ho lasciato la colazione a Evelyn perché hai detto che
era… impegnata!-
Lui fece spallucce.
-Ho immaginato ciò che sarebbe stato normale, senza tener
conto del fatto che Harper normale non lo è.-
Bruce li raggiunse trafelato dopo cinque minuti spaccati, nel momento
in cui le ragazze cominciavano a sparecchiare. Si tuffò su
una sedia e si servì di tutto ciò che era
rimasto, vale a dire molto poco.
-Non mangiare così in fretta.- cercò di arginarlo
Jenny -Ti farà male.-
Fu quando allungò di nuovo il piatto per elemosinare
dall’amica un altro toast che Bruce urtò malamente
un bicchiere colmo d’acqua rovesciandolo sul tavolo. Benji si
scostò rapido ma si bagnò lo stesso i pantaloni,
ripagando la goffaggine di Harper con una sentita imprecazione.
-Potresti evitare di essere così scortese?- lo
rimproverò Patty -Non l’ha fatto apposta.-
-È il solito imbranato! Così imbranato che, non
apposta, nella sua carriera è riuscito a segnare persino un
autogol in una partita di qualificazione!-
-Come diceva Holly l’altra sera, il passato è
passato. Certe cose bisogna superarle e andare avanti.- si difese Bruce
serafico mentre Benji e Patty continuavano a battibeccare per colpa
sua.
L’occhiata in tralice con cui il capitano ad un certo punto
mise a tacere la fidanzata fu per lei un chiaro segno di sconfitta.
Tacque ma, da brava donna, se la legò al dito.
Portata la pace, Holly volse lo sguardo all’orologio e
sussultò quando si accorse che erano già le nove.
-Accidenti! È tardissimo!- costrinse i compagni ad alzarsi e
li precedette nell’ingresso. Poi ci ripensò e si
riaffacciò in cucina -Il tuo tempo è scaduto,
Bruce!-
Lui ingoiò ciò che aveva in bocca. Bevve
l’ultimo sorso di caffè, si alzò e si
affrettò a seguire gli altri.
-Cosa succede questa mattina? Perché siete tutti
così nervosi?-
Al centro del piazzale, i piedi nella neve e il freddo a stringersi
intorno a lui come una morsa, Benji era uscito per primo, per non
continuare a insultare Bruce all’infinito. Adesso aspettava
che tutti lo raggiungessero. Percorse il piazzale avanti e indietro per
scaldarsi, prendendo a calci la neve ammonticchiata ai lati del
vialetto. L’aria era così fredda da ferirgli la
gola e il bagnato che aveva sui pantaloni si era gelato,
solidificandosi e risplendendo di minuscoli cristalli di ghiaccio.
Avrebbe dovuto cambiarsi, forse faceva ancora in tempo. Ma proprio
mentre lo pensava, la porta si aprì e i compagni uscirono
alla spicciolata. Erano tutti, tranne il capitano. Poteva approfittare
del ritardo?
Probabilmente sì, perché giusto in quel momento
Holly era al primo piano e bussava alla porta chiusa della camera delle
ragazze.
-Patty?- chiamò.
Fu Evelyn ad aprire uno spiraglio così sottile da
consentirgli a malapena di guardarla e soprattutto impedirgli di
sbirciare all’interno.
-Dov’è Patty?-
La ragazza sgusciò nel corridoio attraverso
l’apertura e riaccostò subito la porta dietro di
sé. Le sue parole furono un sussurro.
-Mi ha detto di dirti che non c’è.-
-E dove dovrei trovarla, secondo lei?-
L’amica alzò le spalle.
-Prova a cercarla nei bagni.-
-Ma per favore… Dai, fammi passare!-
Evelyn scosse la testa risoluta.
-Assolutamente no! Poi si arrabbierebbe con me. Lasciala in pace,
vedrai che quando tornerai le sarà passata.-
-Cos’è che deve passarle?-
-E lo chiedi a me? Non so neppure cosa sia successo!-
-Ha discusso con Benji! Io non c’entro niente!-
-Lo hai difeso?-
-No.-
-Hai fatto bene.-
-Adesso però devo proprio parlare con lei e dirle che non
è il caso di…-
-Alt! Ho capito!-
-Hai capito cosa?- stava cominciando a spazientirsi sul serio.
-Perché Patty non vuole parlarti.-
-Insomma, perché?-
-Non vuole ascoltare i tuoi rimproveri.-
-Rimproveri? Non le farei nessun rimprovero! Le direi soltanto che
battibeccare con Benji di prima mattina non serve certo a…-
-Basta, Holly.- lo interruppe lei di nuovo -Non penserai che se Patty
si rifiuta di starti ad ascoltare debba farlo io, vero?-
Lui la fissò sgomento, esitando solo un attimo.
-Allora lasciami entrare, così parlo direttamente con lei.-
-Scordatelo. Si infurierebbe con me che non c’entro nulla.-
pensò di rassicurarlo -Su, dammi ascolto. Le parlerai dopo.
È molto meglio.-
Philip si accostò a Julian e lo tirò da parte.
-Holly dice che Benji è nervoso perché
c’è Ed. Secondo te è vero?-
-Probabile.- rispose quello a mezza voce, lanciando
un’occhiata al ryokan. Erano quasi cinque minuti che
aspettavano Holly.
-Però a me sembra sempre uguale.-
Julian, che non aveva voglia di disquisire sul nervosismo, innato o
meno, del portiere numero uno della nazionale giapponese,
cambiò discorso.
-Piuttosto, quanto ci mette Holly?-
-Finiremo per congelarci qui fuori. Lo vedi quello sgorbio, Danny?-
Mark indicò il pupazzo che nonostante il soprannome godeva
di ottima salute -Ecco, tipo lui.-
-Avrei potuto dormire un altro po’… o mangiare
un’altra fetta di torta.- Bruce parve davvero indeciso sulle
due alternative, tanto che era stato quasi meglio non averla,
l’opportunità di dilungarsi ancora un
po’ all’interno del ryokan.
-Non fai altro che mangiare e dormire.-
-E cosa c’è di meglio, Tom? Mangiare dopo una
bella dormita o dormire dopo una bella mangiata!-
La risata dei ragazzi accolse Holly, comparso finalmente sulla porta
allacciandosi la giacca. Philip gli si avvicinò.
-Hai fatto presto. Tutto bene?-
-Non ha voluto parlarmi.-
-Ecco perché hai fatto presto.-
-Sbaglio oppure oggi fa più freddo?-
Benji annuì. Il cotone bagnato dei jeans gli aveva gelato
una coscia, incerto fino all’ultimo se entrare e cambiarsi.
Davanti a lui i compagni si incamminarono.
-Cominciate pure senza di me. Torno subito!-
Quando Holly si volse pronto a chiedere spiegazioni, Benji era
già rientrato. Trovò Jenny e Amy in camera a
pulire e rassettare.
-Già di ritorno?-
-Preferisco non restare con i pantaloni bagnati.-
Le due si scambiarono un’occhiata.
-Saggia decisione.- fu d’accordo Jenny, uscendo dietro Amy e
richiudendo con cura la porta
Benji raggiunse l’armadio a muro in cerca di un paio di jeans
puliti. Si sfilò quelli che indossava e li appese ad
asciugare, chiedendosi che fine avesse fatto Patty e perché
non fosse con le ragazze a riordinare la loro stanza, come gli sembrava
che le piacesse tanto fare. La conosceva bene, ormai. Alle elementari
aveva notato la sua costante presenza a bordo campo solo per il suo
carattere impetuoso. Crescendo e maturando i suoi lati spigolosi si
erano smussati ma a volte la sua testardaggine e la sua
impulsività venivano alla luce in maniera disastrosa.
Tipo prima a tavola ma anche adesso, che entrò senza
bussare, così improvvisa, che l’unica cosa che
Benji poté fare fu alzare la testa mentre lei spingeva la
porta con una spalla, introducendosi nella stanza senza guardarlo,
carica di abiti piegati, e pronunciando una domanda che di sicuro non
era per lui.
-Sapete di chi è questo maglione? L’ho visto
indossato ma non ricordo da chi.-
La voce le morì in gola quando i suoi occhi lo videro e
registrarono troppi scomodi particolari. L’espressione
sorpresa di lui, i boxer blu, i jeans che teneva in mano e stava
finendo di tirar su sulle gambe. Rimase inebetita, incapace di
distogliere gli occhi dalla curva dei glutei fasciati dal cotone scuro
che si stagliavano di profilo contro la parete color crema della stanza.
Il portiere non si scompose di una virgola. Tirò su i
pantaloni continuando a fissarla senza batter ciglio, catturando con il
proprio il suo sguardo sconvolto. Li allacciò ostentatamente
e si sfilò la felpa umida. In maglietta avanzò
verso di lei, rimasta immobile come una statua, la bocca spalancata e
gli occhi sgranati di vergogna, ma più di tutto irritazione
che si stava trasformando in collera ed esasperazione. Le tolse di mano
uno dei maglioni ripiegati che aveva portato con sé e le
parlò, strafottente più del solito.
-Questo è mio. L’altro è di Julian.
È a lui che lo hai visto addosso e la prossima volta
riconoscerai anche le mie mutande.- le lanciò un sorrisetto
sarcastico e uscì.
La sua scomparsa sbloccò Patty. Furiosa e sconvolta, prese a
gridare con tale intensità che a Benji sembrò di
udirla anche quando fu all’esterno dell’edificio.
-IO LO UCCIDO! PRIMA DI RIPARTIRE GIURO CHE LO FACCIO!-
Jenny spalancò il pannello comunicante e vide Patty, le
guance paonazze, le dita serrate a pugno, raggiungere la finestra con
due falcate e osservare oltre i vetri il portiere attraversare di corsa
il piazzale, sparendo tra gli alberi.
-L’ha fatto apposta! Sono sicura che l’ha fatto
apposta!-
Evelyn arrivò incuriosita e zoppicante.
-Chi, Patty? Cos’è successo?-
-BENJI!- si volse così inviperita che Jenny istintivamente
si ritrasse.
-Era qui, in mutande, ad aspettarmi per mettermi in imbarazzo!-
-Patty, sii ragionevole. Come può averlo fatto apposta?-
cercò di convincerla Jenny -Come poteva sapere che saresti
entrata mentre si stava cambiando?-
-Non lo so, non so come ma sapeva che sarebbe successo!-
replicò lei furibonda -Ha fatto in modo che succedesse!-
-Non capisco perché reagisci così!-
interloquì Evelyn -Non mi sarebbe dispiaciuto affatto essere
al tuo posto. Su, raccontaci com’era!-
Patty avvampò.
-Strafottente come al solito!-
Jenny le posò una mano sulla spalla cercando di placarla.
-Dai, non ci pensare. Evelyn ci stava raccontando delle cameriere.
Ascolta anche tu…-
Nello sguardo ancora indignato della ragazza balenò un lampo
di interesse.
-Le famose cameriere? Hai scoperto qualcosa?-
-Julian non è un gran parlatore.-
l’avvisò Evelyn.
-Sì, lo hai già detto. Eri arrivata al punto
degli scherzi…-
-Ma Patty non c’era, Jenny. Lo sto ripetendo per lei.-
-Quali scherzi?-
-Sembra che durante i ritiri il loro passatempo preferito nei tempi
morti tra un allenamento e l’altro sia fare scherzi e
scommesse.-
-Scommesse?- le fece di nuovo eco Patty.
-Un incentivo a impegnarsi di più in campo. Ogni giorno e in
ogni esercizio c’è sempre qualcuno che
dà il meglio e qualcuno che dà il peggio.
Trascorrono le serate a inventare premi e penitenze per i migliori e i
peggiori del giorno successivo.- Evelyn cacciò un sospiro
-Per come la penso io sarebbe molto più costruttivo se
guardassero la tv o giocassero con la playstation. Invece si riuniscono
nella sala comune e tirano fuori di tutto.-
-Julian ti ha fatto qualche esempio?-
-Un paio di scherzi. Quello inventato dai Derrick per farsi perdonare
di aver infilato un autogoal durante una partita di allenamento. Visto
che in campo avevano fatto piangere, il giorno successivo si sarebbero
dovuti impegnare a far ridere l’intera squadra. La mattina,
mentre tutti erano riuniti nella mensa a fare colazione, tra loro
è piombata una cameriera gridando sconvolta,
sull’orlo di una crisi isterica. Piangeva e tremava al punto
che ci hanno messo parecchio a calmarla e a capire cosa
l’avesse spaventata. Di sopra hanno trovato Jason, o forse
James, riverso tra le lenzuola cosparse di sangue finto che si fingeva
assassinato. Julian ha ammesso che faceva una certa impressione.-
-Non ci posso credere.-
-Credici Patty perché è successo davvero.-
-Povera ragazza.- la compatì Amy.
-Un’altra volta quel cretino di mio cugino ha fatto una
telefonata erotica all’impiegata della reception
tranquillamente seduto nella hall con la poveretta davanti agli occhi
dall’altra parte della sala, assistendo in diretta a tutto il
suo imbarazzo. Pare che sia riuscito a tenerla al telefono per parecchi
minuti.- gli occhi di Evelyn luccicarono -Effettivamente durante i
ritiri si divertono sul serio.-
Jenny si mostrò sollevata.
-Si tratta soltanto di stupidi scherzi. Quando Ed ha parlato di
cameriere, avevo pensato ad altro.-
-Adesso ci arrivo, all’altro.- gli occhi di Evelyn percorsero
i volti delle amiche per poi fermarsi sulla finestra. Il sole splendeva
e i suoi raggi stavano facendo capolino nella stanza -Julian mi ha
fatto capire che le coinvolgono nelle scommesse, oltre che negli
scherzi.-
-In che modo?-
-Cercando di sedurle.-
Jenny si lasciò sfuggire un’esclamazione
contrariata ed Evelyn la guardò comprensiva. Poi riprese a
raccontare.
-Ovviamente solo quelle più giovani, carine e disponibili.
Loro le chiamano “le cameriere”, ma non sono tutte
cameriere. Possono essere le receptionist, le ragazze al banco del bar,
quelle che riordinano le stanze o fanno le pulizie, le impiegate degli
uffici della JFA…- fece una pausa per riprendere fiato -Chi
ha sbancato in quest’impresa pare sia stato Ralph Peterson.-
Le amiche tacquero, in attesa che continuasse.
-Non solo è riuscito a portarsi a letto
l’impiegata più carina di uno dei centri sportivi
in cui hanno soggiornato, ma per quest’impresa ha incassato
dai compagni quasi settantamila yen.-
Gli occhi di Amy si riempirono di stupore e sconcerto.
-Non ci posso credere!-
-Credici.-
-Davvero Julian ti ha detto queste cose?-
-Con molte lacune che ho dovuto colmare.-
Jenny scosse la testa, incredula e sconvolta.
-Anche Philip si diverte così?-
-Quando ho chiesto a Julian chi si fosse cimentato in questo genere di
imprese, si è limitato a specificarmi che lui non ha mai
tentato di sedurre nessuna. E che in queste avventure viene coinvolto
solo chi non è già impegnato. Non so se volesse
salvare la faccia di Holly, Philip e Bruce, oltre alla sua, comunque la
giustificazione che mi ha dato è stata che su una cosa sono
tutti d’accordo. Chi ha già la ragazza parte
avvantaggiato perché ha esperienza. Di solito in queste
scommesse finiscono Winter, Everett e Mellow, che sono i più
giovani e inesperti. Oppure Denver e Crocker che sono i più
timidi. Ora però, vatti a fidare…-
-I nomi te li ha fatti Julian?- s’informò Amy
chiedendosi quanto fosse effettivamente attendibile l’amica,
ma anche il racconto del fidanzato. Non aveva mai fatto parola con lei
di tutto questo. -Qualcuno…- ammise Evelyn -Gli altri li ho
dedotti.-
Jenny e Amy si guardarono.
-Come facciamo a essere sicure che Julian e Philip non lo hanno mai
fatto?-
-Domandateglielo.- suggerì Evelyn.
-Julian non lo ammetterebbe mai! C’è
già una valanga di fan con cui mi devo confrontare ogni
giorno… Ci mancavano solo le cameriere!-
Patty la guardò comprensiva.
-La tua situazione non deve essere facile.-
-Anche perché la maggior parte di loro mi detesta.-
-Che brutta cosa…- mormorò Jenny, tornando
indietro nei ricordi -Ci sono passata anch’io quando ero al
liceo. La sorella del ragazzo più piantagrane della scuola
era cotta di Philip e tra l’altro stavano anche in classe
insieme. È stato un incubo.- sospirò, poi la sua
mente tornò al problema attuale -Vorrei davvero sapere se
anche Philip si è cimentato in questa stupida
impresa…-
-Clifford è tuo cugino, Eve. Perché non chiedi a
lui?- propose Patty -Forse ti racconterebbe qualcosa in più.-
-Chissà.-
-Secondo me vale la pena provare.-
*
Bruce pensò di essere sotto l’effetto di un
miraggio quando le ragazze comparvero inattese sul sentiero, tanto
l’allenamento del giorno lo aveva stremato. Forse sarebbe
stato meglio se durante la notte appena trascorsa lui ed Evelyn
avessero evitato di appartarsi quell’oretta appena
sufficiente a fare un rapido ripasso del suo corpo morbido e caldo.
Fortuna almeno che, a quanto pareva, nessuno si era accorto della
scappatella. Ormai erano troppi in stanza perché si notasse
un futon vuoto e lui era uscito e rientrato silenziosissimo. Il resto
della notte però aveva riposato così male che il
fattaccio appena compiuto si era mescolato ai sogni, trasformandoli in
incubi talmente raccapriccianti da lasciargli l’impressione
di aver stretto tra le braccia prima Philip e poi Holly. Ma
fortunatamente quando aveva aperto gli occhi, nessuno dei due era
accanto a lui e il sogno si era dimostrato appunto solo un incubo.
Comunque, non appena le ragazze li raggiunsero alla radura, Bruce
mollò i compagni e gli allenamenti senza pensarci due volte,
ignorando i richiami di Holly come se la sua voce fosse vento. Corse
loro incontro e cominciò a corteggiarle finché
Evelyn, per non sentirlo più, gli permise di appropriarsi di
una fetta di torta alle mele così profumata e fragrante da
mantenere ancora il tepore del forno in cui era stata cotta.
Visto che gli allenamenti ormai si erano interrotti, anche Philip le
raggiunse, accaldato e assetato.
-Che c’è da bere?-
Amy sollevò il thermos e una confezione di bicchieri di
carta.
-Caffè.-
-Acqua?-
-Anche l’acqua.-
Jenny stese a terra il grande telo di plastica blu lasciato
lì appositamente, Evelyn si avvicinò zoppicando e
depositò il vassoio con la torta già affettata. A
quel punto anche gli ultimi ritardatari si avvicinarono per
rifocillarsi e riposarsi.
-Vuoi un po’ di caffè, Julian?- domandò
Patty che, con il thermos in mano, aveva servito quasi tutti. Il
ragazzo annuì e lei gli riempì il bicchiere.
-Come va la caviglia?-
-Meglio, mi fa molto meno male.- sorrise Evelyn -Quelle compresse sono
portentose.-
Julian trasalì sgomento, perché ricordava
perfettamente di averle fatte sparire il giorno prima, riponendole tra
le proprie cose. Lanciò un’occhiata interrogativa
ad Amy e lei gli sorrise.
-Gliene ho data solo una.-
Evelyn lo guardò.
-Qual è il problema? Io non rischio un test antidoping.-
sorrise a Philip, che ricambiò con un filo di preoccupazione
nello sguardo.
-Jenny, dì loro di domani.- suggerì Amy.
La ragazza annuì, poi parlò.
-La nonna ci ha messo a disposizione altri sconti per il noleggio degli
sci e mi ha chiesto se li vogliamo.-
-Siete andati a sciare?-
-Di cosa ti meravigli, Mellow?- gli si rivolse Benji -Questa
è una vacanza, non un ritiro. Non lo hai ancora capito?-
-Per me va bene.- annuì Julian e Amy accolse la sua
decisione con un sorriso contento.
-Io sono d’accordo.- si affrettò a dire Bruce
-Voglio provare a sciare.-
-Anche per me va bene.- si affrettò a rispondere Philip che
intendeva rifarsi della volta precedente.
Tom trasferì gli occhi su Holly.
-Se anche tu sei d’accordo, io non ho niente in contrario.-
-Non posso certo mettermi contro tutti.-
-Invece puoi.- gli fece presente Bruce -Alla fine facciamo sempre
quello che dici tu.-
-Alla fine…- ripeté Holly con un borbottio
accondiscendente.
Il pallone rotolò piano verso di loro e quando
esaurì la spinta, si fermò.
-Amy, ci tiri la palla?- gridò Bruce.
Nessuna delle amiche si era accorta che mentre chiacchieravano il
pallone era rimbalzato sulla neve ed era arrivato fino ai loro piedi.
La ragazza fu svelta a calciarlo ai compagni ma non tutti si
aspettavano di riaverlo indietro tanto in fretta. Non Philip, che si
era allontanato pensieroso e accaldato verso il limitare del bosco per
appendere la giacca a vento su un ramo basso, né tanto meno
Benji, chino a terra a stringere il nodo dei lacci di una scarpa.
Davanti ai loro occhi la sfera eseguì una curva perfetta e,
mentre il portiere si rialzava, s’insaccò nel
lenzuolo prima che potesse fare un passo, tanto che non
provò neppure a intercettarla.
-Incredibile, hai segnato!- esclamò Patty esterrefatta -E
persino da fuori area!-
Holly scoppiò a ridere senza controllo.
-Tre a due!- esultò Bruce entusiasta facendo una piroetta,
le mani sollevate verso il cielo azzurro e freddo.
Julian restò attonito, incapace di credere che la fidanzata
avesse appena portato la propria squadra in svantaggio. Poi
ritrovò di colpo la voce.
-Amy! Accidenti! Perché proprio quella porta?-
-Mi dispiace, non ho guardato.- rispose lei mortificata -Ho calciato e
basta.-
-Ross! Perché te la prendi con lei?- sbraitò
Mark, in forze nella squadra dei perdenti -È colpa di Price!
È un incapace!-
Fremendo di rabbia contro l’indisponente attaccante, Benji
raccolse il pallone e glielo lanciò addosso, cominciando
seriamente a credere che quella fosse la sua giornata no.
C’era solo da sperare che non finisse peggio di
com’era cominciata.
A metterci un altro carico, ci pensò anche Holly dopo aver
smesso di ridere ed essersi fatto due conti. Poiché
detestava perdere persino nelle partite di allenamento, non
mancò di rimproverarlo.
-Benji! Non hai visto la palla?-
-No, altrimenti l’avrei presa!-
-E dove avevi gli occhi?-
-Certo non su Amy!-
-E infatti non dovevi tenerli su Amy, gli occhi!- gli fece presente
Mark -Dovevi tenerli sul pallone!-
-Landers, ma vaff...-
-Mark, ti do il cambio.- fuori dal gioco in attesa di rientrare, Tom lo
raggiunse e lo spinse verso gli alberi per prendere il suo posto.
Adesso che Ed e Danny erano con loro, avevano sì due
portieri ma erano dispari lo stesso. Quindi uscivano a turno ogni
cinque minuti.
Mark raggiunse le ragazze.
-È avanzato qualcosa da bere?-
-Caffè.- rispose Jenny -Ne vuoi?-
Sorseggiando la bevanda ancora calda, Landers seguì il gioco
in un silenzio di protesta che si interruppe solo quando vide Ed
lasciarsi sfuggire il tiro di Julian. Adesso avevano pareggiato, ma
Warner era tenuto comunque a parare.
-Cazzo, Ed! Dovevi prenderlo, maledizione!-
-Se sei più bravo tu, perché non ti metti tra i
pali?- disse una voce al suo fianco.
Abbassò gli occhi, Jenny lo sfidava a rimangiarsi la critica.
-Perché il mio ruolo è un altro!-
-Appunto! Come puoi capire…-
Restituendole bruscamente il bicchiere vuoto, Mark proseguì
imperterrito.
-Se io sbaglio e non segno, può farlo qualcun altro. Se
è Ed a sbagliare, la partita è persa.-
La risata di Benji gli fece da eco.
-Stai sprecando fiato, Landers. In campo ci sono io, non Warner.-
-Ma il fortunatissimo giorno in cui ti piglierà un colpo,
Price, sarà Ed a sostituirti!-
-Mark, finiscila di infastidirci.- lo zittì Holly ormai
saturo -Stiamo provando ad allenarci!-
-Davvero? Da qui non sembrerebbe e comunque se Ed non para
un…-
-Rientra, Mark!- ordinò Philip, tirandosi da parte in un
ultimo tentativo -Forse se torni a giocare riuscirai a tenere la bocca
chiusa!-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** 11 - Amici e nemici - seconda parte ***
- 11 -
Amici e
nemici
Seconda parte
-Tra mezz’ora
usciamo.-
L’ordine inesorabile colse Bruce di sorpresa. Si volse di
scatto procurandosi un dolorosissimo strappo al collo che gli distorse
i lineamenti in una smorfia di profonda sofferenza.
-Maledizione, Holly!- inveì a denti stretti
-Perché tutta questa fretta? Se non mi dai il tempo di
digerire mi verrà mal di pancia come l’altro ieri!-
Continuando a sparecchiare, Evelyn lo guardò sorpresa.
-L’altro ieri sei stato male? Non mi hai detto nulla. Eppure
quando stai male diventi petulante e lagnoso.-
-Lo è già.- il commento di Mark fu ignorato da
entrambi.
Bruce si massaggiò il collo mentre il dolore a poco a poco
scemava perdendo intensità.
-Be’, mi è quasi venuto, il mal di pancia.-
esitò -Per il freddo…-
Holly gli lanciò un’occhiata torva, poi decise di
mostrarsi magnanimo.
-Usciamo tra un’ora, d’accordo? Quindi sbrigati a
digerire.-
Bruce non se lo fece ripetere e corse in camera, per distendersi sui
tatami una manciata di minuti.
Riordinando e ripulendo ogni angolo della cucina, Jenny si
attardò fino a restare da sola. Quando alzò gli
occhi sull’orologio appeso al muro, si accorse con disappunto
che il tempo del riposo concesso dal capitano era quasi trascorso al
completo. Mentre percorreva svelta il corridoio diretta verso le scale,
passando davanti all’ingresso scorse oltre i vetri il
furgoncino di Kevin arrivare proprio in quel momento e parcheggiare sul
piazzale. Non credette ai propri occhi. Si paralizzò sulla
soglia, accanto a cappotti e scarpe. Era impossibile che il ragazzo
avesse la faccia tosta di tornare al ryokan dopo tutti i problemi che
aveva causato. Doveva per forza trattarsi di suo padre che veniva a
portar su le provviste o a fare qualche piccolo lavoro di manutenzione.
Non si accorse di trattenere il respiro mentre la portiera anteriore
del furgoncino si apriva, ma spalancò la bocca di sgomento
quando fu proprio Kevin a smontare. Venne scossa da un brivido di
collera come forse non le era mai accaduto prima. Con quale faccia
tosta osava farsi vedere lì dopo quello che aveva fatto?
Incollata al pavimento, il battiti del cuore nelle orecchie,
restò ad osservarlo che chiudeva la portiera e alzava gli
occhi alle finestre del primo piano, forse aspettando Philip o forse
cercando proprio lei. Indossò in un secondo la giacca,
infilò le scarpe e uscì sulla veranda.
-Perché sei qui? Cosa vuoi?- l’assalì
andandogli incontro.
Lui gioì della sua collera, delle sue guance arrossate, gli
occhi lampeggianti di un’espressione battagliera che gli
risultò uno spasso. Rispose sforzandosi di non scoppiarle a
ridere in faccia.
-Ciao, Jenny. Bentrovata.-
-Torna immediatamente a Shintoku. Non ti voglio qui!-
-Sono venuto a chiarire.-
-Non c’è nulla da chiarire, Kevin. Puoi solo
scusarti con Philip e andare via.-
-Scusarmi, io?- ripeté beffardo -E di cosa! Non mi frega un
cazzo di lui e poi siamo pari. Non hai visto? Io è con te
che intendo chiarire, ma prima c’è una cosa di cui
voglio avvisarti. Tieni i tuoi amici lontani da Meryl.-
Lei rispose brusca.
-Non so niente di tua sorella. Non parlo con lei da tre giorni.-
-Bell’amica! Meryl non c’entra in tutto questo!-
-Era Philip che non c’entrava nulla! Cosa ti ha fatto per
meritarsi di essere picchiato in quel modo? Cosa?- la sua voce si ruppe
e tacque per non piangere.
Kevin avrebbe voluto risponderle per le rime ma gli mancarono le parole
e d’un tratto non seppe come proseguire. Tutto
l’astio accumulato i giorni precedenti nei confronti del
fidanzato di Jenny era scomparso e adesso provava verso di lui solo una
sorta di rifiuto. Non sapeva più spiegarsi perché
la sua presenza al ryokan lo avesse tanto infastidito,
perché lo avesse detestato a prescindere. A pensarci ora,
non capiva neppure perché l’ira contro di lui si
fosse rinfocolata quando lo aveva scorto per la prima volta al laghetto
tra i compagni di squadra, oppure quando lo aveva trovato a baciare
Jenny nel bosco. Tutto questo adesso non importava più. Era
lì per Meryl e basta, perché John gli aveva
rivelato di averla vista passeggiare per Shintoku con uno sconosciuto.
Jenny cercò nel suo sguardo una risposta che non
arrivò, il comportamento di Kevin era stato pura cattiveria
senza uno straccio di giustificazione. Un groppo le salì in
gola, gli occhi si riempirono di lacrime.
-Sei un bastardo, Kevin! Lo sei sempre stato e lo sarai sempre!- si
scagliò contro di lui forse con l’intenzione di
colpirlo, forse con l’idea di farlo tornare verso il
furgoncino.
Kevin neppure vacillò. Riuscì ad afferrarle i
polsi e la fissò con occhi scintillanti d’ira.
-Pensavo che avessi capito che assalirmi non serve a niente. Lo hai
fatto al laghetto e guarda dopo cos’è successo.-
Jenny si ritrasse, liberandosi dalla sua stretta.
-Era questo che volevi chiarire?-
-Anche questo.-
-Allora adesso puoi tornare a Shintoku.-
Ma quando si volse per rientrare, lui le sbarrò il passo.
-Va bene se quel ragazzo di ieri è qui?- domandò
cautamente Danny, sbirciando con interesse oltre i vetri chiusi.
Mark non capì.
-Quale ragazzo?-
-Quello che Philip stava picchiando quando Ed e io siamo arrivati.-
Non finì neppure di parlare che Philip era già
quasi arrivato alla porta. Ma non poté raggiungerla
perché Holly gli agguantò una caviglia e lo
strattonò, facendolo cadere in ginocchio.
-Holly! Mollami! Holly…-
Philip tentò di liberasi ma la stretta del capitano si fece
più salda e quando incontrò il suo sguardo
risoluto, la richiesta sfumò in una supplica. Ancorato al
pavimento, l’unica cosa che poté fare fu voltarsi
di nuovo verso la finestra, cercando di strisciare fino ai vetri per
poter vedere, almeno, cosa stesse accadendo lì fuori. Scorse
il furgoncino bianco parcheggiato sul piazzale, vide Jenny e Kevin solo
per un attimo perché entrambi si mossero uscendo dal suo
campo visivo -Holly… per favore...- gemette.
Visto che Philip non poteva muoversi, decise di farlo Landers. Si
alzò, determinato a raggiungere la porta.
-Fermo, Mark!- lo redarguì il capitano sbarrandogli il
passo, costretto a mollarne uno per bloccarne un altro -Tu e Philip
dovete stare alla larga da lui, sono stato chiaro? Stavolta ci penso
io.-
-Tu?- gli fece eco la risata di Benji mentre i due si scambiavano
un’occhiata scettica -Davvero?-
-Certo. Sono o non sono il capitano?-
Vedendolo così deciso a intervenire, Patty gli corse dietro.
-Che significa che ci pensi tu?- la udirono chiedere, la voce che si
affievoliva mentre scendevano di sotto.
Ormai libero, Philip si alzò e si aggrappò alla
finestra, cercando con poco successo di convincersi che Holly avrebbe
risolto in qualche modo il problema della presenza di quel fastidioso
imbecille. E soprattutto di convincersi che se davvero ce ne fosse
stato bisogno, avrebbe potuto raggiungere la fidanzata in pochi
istanti. Jenny e Kevin erano fermi proprio sotto di lui, davanti
all’ingresso del ryokan.
Lo scomodo visitatore accolse l’arrivo di Holly con un
sorriso beffardo.
-Che fine ha fatto il tuo fidanzato, Jenny? Si è stancato di
difenderti?-
Lei non seppe cosa rispondergli. Dov’era Philip?
Alzò gli occhi all’edificio e lo scorse oltre i
vetri, chiaramente preoccupato e scontento di essere lì
invece che di sotto. Persino Mark era rimasto dentro. Si chiese come
fosse possibile e si rispose che forse era stato proprio Holly a tenere
Philip lontano da Kevin. Era una scelta saggia che avrebbe evitato
l’ennesima zuffa. Adesso toccava a lei fare in modo che quel
teppista andasse via e non tornasse più.
-Allora, Jenny? Come mai il tuo ragazzo è rimasto al sicuro
nel ryokan? Ha paura di me?-
-Non ha paura, ma si è stancato di picchiarti
perché ha capito che non vali niente.-
Holly prese atto del lampo d’ira che la risposta impertinente
della giovane fece scaturire negli occhi del ragazzo.
Kevin alzò di nuovo il viso al primo piano e
scandì lentamente l’insulto.
-Bas.tar.do.-
Philip capì e cercò di nuovo di raggiungere la
porta. Furono Mark e Tom a impedirglielo, concedendogli la sola
possibilità di assistere alla scena dalla finestra, senza
poter in nessun modo prendervi parte.
-Kevin, ho detto che devi andare via.-
-Dopo, Jenny. Adesso dobbiamo parlare.-
-Lo abbiamo appena fatto e niente di ciò che hai detto mi
interessa.-
Kevin fece un passo verso di lei ma Holly lo redarguì.
-Stalle lontano.-
Lo sguardo con cui il turbolento ragazzo ricambiò le parole
del capitano fece correre un brivido gelido lungo la schiena di Patty.
Forse presto Kevin sarebbe passato dalle parole ai fatti e lei non
voleva che ciò accadesse. Aveva ancora ben presente quello
che aveva fatto a Philip e bisognava evitare nel modo più
assoluto che anche Holly corresse un simile rischio. Si intromise
cercando di farli ragionare.
-Perché non continuate questa conversazione nel ryokan? Qui
fuori si gela.- forse sotto il tetto dei nonni Kevin avrebbe messo da
parte un po’ della sua strafottenza.
Jenny non le fu assolutamente di aiuto.
-Kevin nel ryokan non ci mette piede!-
Neanche il ragazzo, in fondo.
-Non ho nessuna intenzione di farlo!-
Dall’alto della sua postazione Philip non riusciva a sentire
niente ed era stanco di guardare e basta. Approfittò di un
momento di distrazione di Mark e lo spinse via. In un attimo raggiunse
il corridoio e corse giù per le scale.
Spalancò la porta d’ingresso e si
catapultò all’esterno. Patty si tirò
indietro un secondo prima di finire sul suo percorso. E quando
finalmente anche lui fu lì tra loro, l’unica cosa
che riuscì a mettere a fuoco fu la mano di Kevin sul braccio
di Jenny. Le era vicinissimo, troppo vicino.
-Stai lontano da lei!-
Poi qualcuno frenò il suo impeto afferrando per una spalla.
Percepì la mole di Mark accanto a sé, un
po’ ad arginare la sua ira, un po’ a supportarla
perché Kevin ormai era antipatico
all’unanimità. Proprio davanti a loro, la
fidanzata lo guardava terrorizzata ma libera dalla mano del ragazzo che
adesso non la teneva più.
-Per favore…- non voleva più assistere a nessuna
rissa -Non ricominciate.-
Kevin allora si rivolse a lei guardando Philip.
-Allora, Jenny? Possiamo parlare?-
-No, torna a Shintoku. Qui non ti vogliamo.-
Fu una risposta inesorabile. Ma lui non volle lo stesso darsi per
vinto, perché adesso che li aveva raggiunti anche Philip, la
sua improvvisata al ryokan si era trasformata in una questione di
principio. Pretendeva che Jenny facesse ciò che le chiedeva,
concedendogli così quell’unica, misera rivincita.
-Hai paura di me?- arrivò a insinuare -Devi averla per
forza, ecco perché non vuoi ascoltare ciò quello
che ho da dirti.-
Philip s’impuntò.
-Vuoi parlarle? Allora fallo! Stiamo aspettando!-
Trovandosi alle strette, Kevin le sferrò un colpo basso.
-Davanti a tutti non dirò una parola, se non ciò
che non vorresti mai sentirmi dire. Scommettiamo?-
La minaccia ebbe il suo effetto. Jenny non aveva proprio nulla da
nascondere a Philip, ma Kevin era bravissimo a mentire e a trasformare
pura menzogna in cristallina verità. E lei era stanca di
litigare con il fidanzato a causa sua. Ciò che aveva da
dirle non le interessava di certo ma fremette, indignata dalla sua
ennesima manovra per infastidire Philip o seminare zizzania tra
loro.
-Va bene, Kevin! Facciamo come dici tu! Ma poi te ne andrai e non
tornerai più qui finché ci saremo noi.-
Il ragazzo annuì, accogliendo lo scambio con
un’espressione che la disse lunga.
-Non manterrà.-
Jenny pensò che probabilmente Philip aveva ragione, ma
l’alternativa qual era? Voleva toglierselo di torno ad ogni
costo, tanto valeva provare. Lasciò la mano di Philip che
cercava di trattenerla ma che dovette rassegnarsi a restare a guardarli
da lontano, perché ancora una volta l’odiato
ragazzo l’aveva avuta vinta.
Tallonata da Kevin, Jenny raggiunse il limitare del bosco e si
fermò sotto una grande conifera ammantata di bianco che si
trovava lì prima ancora che i nonni, novelli sposi,
acquistassero il terreno e vi costruissero il ryokan.
-Allora? Cosa devi dirmi di tanto importante?-
-Ti voglio avvertire, Jenny. Tieni i tuoi amici e
quell’imbecille del tuo ragazzo lontano da Meryl!-
Jenny puntò i piedi.
-Modera i termini o non starò ad ascoltarti!-
-Mi hai già ascoltato. Voglio solo assicurarmi che tu abbia
capito!-
-Non so niente di tua sorella, non la vedo da tre giorni. Da chi dovrei
tenerla lontana? Ma perché sto qui ad sentirti parlare a
vanvera?-
Si volse per tornare indietro e Kevin la fermò per un
braccio.
-Non ho finito!-
Philip si irrigidì mentre lei si liberava ancora una volta
della stretta del ragazzo.
-Kevin, non devi toccarmi. Non voglio che lo fai. Altrimenti io...-
-Tu cosa? Ti fai difendere da quell’imbecille del tuo
fidanzato? Che paura!-
-Eppure l’ultima volta che ti ho visto davanti a lui ti
sanguinava il naso. Forse hai dimenticato che i tuoi amici ti hanno
portato via svenuto.-
Con uno scatto improvviso di collera, lui sollevò fulmineo
un braccio, gelando a Philip il sangue nelle vene. Continuando a
fissarla, Kevin calò il pugno sul tronco
dell’albero alle spalle di Jenny. La giovane non
batté ciglio, non si spaventò.
Eppure da lontano, agli occhi degli amici che assistevano al dialogo
tra i due, Jenny sembrava minuta e indifesa davanti alla collera e alla
stazza di Kevin, al punto che Philip stava compiendo una vera e propria
violenza su se stesso per continuare a star fermo lì,
limitandosi a osservarli.
-Vuoi picchiare anche me? Lo hai già fatto al lago.-
-Quel giorno è stata colpa tua.-
Una manciata di neve cadde sulla giacca a vento di Jenny e lei si
scostò.
-Non avresti dovuto baciarmi.-
-Erano anni che desideravo togliermi lo sfizio.-
-Volevi soltanto farmi un dispetto!-
Nessuno dei due notò il movimento che stava prendendo forma
tra i rami più alti, proprio sopra le loro teste. Neve cadde
sopra altra neve, aumentando di quantità. A Philip
sembrò di muoversi al rallentatore quando i muscoli
risposero all’impulso del cervello e il suo corpo
scattò in avanti. Mentre il ghiaccio si affastellava in una
piccola valanga portando con sé rami e ramoscelli spezzati
dal suo peso, arrancò tra la neve più veloce che
poté, il cuore in gola. Scivolò sul ghiaccio ma
riuscì a proseguire la sua corsa.
-Jenny! Spostati!-
Lei si volse e le fu impossibile decifrare l’espressione e le
intenzioni del fidanzato. Kevin le era distante e non stava facendo
nulla, se non intrattenerla con una conversazione noiosa e inutile.
Intuì il pericolo soltanto quando altra neve le cadde
addosso, sul braccio e sui capelli. Lo stupido pugno di Kevin aveva
infranto l’equilibrio della massa gelata depositatasi sui
rami più alti, uno strato dopo l’altro per uno
spessore di parecchi centimetri e adesso una grande quantità
di neve stava precipitando su di loro. Sotto il peso sempre
più insostenibile, anche un grosso ramo cedette e venne
giù, rimbalzando tra quelli sottostanti, preceduto e seguito
nel suo percorso imprevedibile e a sbalzi da un’enorme massa
di neve. Lo stupore la paralizzò al punto di impedirle di
sottrarsi alla valanga che stava per travolgerli. Al contrario di lei,
Kevin si mosse.
-Dannazione!-
La spinse di lato, Jenny incespicò e cadde in ginocchio.
Cercò di rialzarsi ma la neve le piombò addosso.
Travolta dalla massa di ghiaccio, sollevò le braccia per
ripararsi il capo. Qualcosa la colpì sulla schiena
gettandola a terra con il suo peso, rendendola incapace persino di
sollevare il viso dai cristalli gelati che le ferivano la pelle e
sciogliendosi le entravano nel naso. Poi, ad un certo punto,
ciò che le era addosso si mosse e gemette, e Jenny
capì che sopra di lei c’era Kevin per proteggerla.
Ma adesso le pesava e la faceva sprofondare ancora di più
tra il ghiaccio. Allora affondò le mani nude nella neve e
fece forza per tirarsi su.
-Kevin! Spostati! Mi stai schiacciando e non riesco a respirare!-
Lui si scostò un poco, Jenny sollevò il viso ma
non vide nulla. Era circondata da una luminosità azzurrina,
sprofondata nel ghiaccio.
Philip si precipitò sul posto, invaso da un terrore folle.
-Maledetto idiota!- inveì contro Kevin. Non lo vedeva ma
sperava che lo udisse -Jenny!- si gettò in ginocchio accanto
al cumulo di neve che l’aveva sepolta e agguantò
il piede della fidanzata che spuntava dal ghiaccio. La tirò
verso di sé e la trascinò fuori. Aveva neve
ovunque, sui vestiti, tra i capelli, sulle mani, sul viso -Jenny! Stai
bene?-
La giovane annuì, mettendosi seduta aiutata da lui. Philip
le ripulì la giacca e i capelli, assicurandosi nello stesso
tempo che non fosse ferita.
-Davvero stai bene? Sei sicura?-
Lei annuì di nuovo.
-Non ti fa male nulla?-
Scosse la testa, si passò una mano sugli occhi togliendosi
dalle ciglia altri fiocchi freddi e bagnati, poi si volse indietro. In
cima al cumulo di neve spuntava l’estremità di un
grosso ramo spezzato.
-Kevin?-
La testa del ragazzo emerse dal ghiaccio. Era in ginocchio, i capelli
bagnati incollati al viso e la fronte rigata da un rivolo di sangue.
Guardandolo, Philip scaricò su di lui tutto il proprio
disprezzo.
-Imbecille! Che diavolo volevi fare? Ammazzarvi tutti e due?-
-Non ho mai visto una persona più idiota!-
infierì pure Mark, accorso insieme a Patty e Holly -Ti sei
fatta male?- chiese poi a Jenny.
-No, niente.- rispose lei ancora un po’ stordita.
Alle sue spalle Kevin si tirò fuori dalla neve a fatica,
stringendosi la spalla ferita che gli faceva un male cane.
Così male che per un attimo intorno a sé vide
solo nebbia e lucine luminose danzargli davanti agli occhi.
Vacillò ma riuscì a tenersi in piedi.
-Il ramo ti ha colpito?-
La preoccupazione di Jenny irritò Philip. Se il ramo
l’aveva centrato gli stava bene, quella era
senz’altro la punizione divina per tutto ciò che
aveva combinato fino a quel momento. E basta.
-Kevin, tesoro!-
La nonna accorse talmente in ansia che passò davanti a Mark
senza neppure notarlo, lei che per lui aveva sempre un sorriso speciale.
-Vieni dentro, stai sanguinando.- sostenendolo per il braccio illeso
s’incamminarono verso il ryokan -Dico a Ernest di
chiamare il medico per visitarti. In queste condizioni non puoi andare
da nessuna parte.-
Mentre invocava a gran voce il marito, si accorse che la
nipote esitava a seguirli. Così le rivolse un urlaccio e
Jenny si mosse.
Entrò per ultima nella cucina privata della nonna, un
piccolo ambiente in stile tradizionale che veniva utilizzato per
preparare i pasti dei due anziani proprietari dell’hotel. Il
pavimento era ricoperto di legno e al centro della stanza, sopra un
tappeto, c’era un kotatsu quadrato circondato da quattro
cuscini blu, uno per lato. Su una parete si apriva una grande
porta-finestra a vetri che si affacciava sul cortile interno. A
sinistra era attrezzato un cucinino fornito di due pensili, un lavello,
quattro fornelli e un piccolo forno elettrico; sulla terza parete si
apriva la porta che dava sul corridoio dell’ingresso e, su un
angolo dell’ultima, per il resto completamente spoglia, un
piccolo tavolino con tv e lettore dvd, quello stesso che i ragazzi
avevano preso in prestito qualche giorno prima.
Philip seguì Jenny nel ryokan ma quando la vide entrare
negli ambienti dei nonni, restò nel corridoio, lasciando che
lei si richiudesse la porta alle spalle. Non era sicuro che la nonna
gradisse l’intromissione. Così, dopo aver
riflettuto un istante su cosa fosse meglio fare, sotto gli occhi di
Holly, Patty e Mark, sbirciò dapprima attraverso il buco
della serratura e poi, insoddisfatto perché non
riuscì a vedere nulla, avvicinò un orecchio al
pannello.
Mark gli si accostò.
-Riesci a sentire qualcosa?-
Callaghan annuì e gli fece cenno di tacere.
-Jenny… tieni qui.- ordinò la nonna,
costringendola a tamponare la ferita del ragazzo
-Cos’è successo?-
-Il peso della neve ha spezzato un ramo.- disse lui.
-Perché Kevin ha colpito l’albero con un pugno.-
La nonna lo guardò sorpresa.
-E perché hai preso a pugni l’albero? Ti aveva
forse fatto qualcosa?-
-In realtà voleva colpire me.- replicò Jenny.
-Non è vero!-
-Avete litigato?-
-Kevin è sempre più intrattabile.-
-E Jenny sempre più scorbutica.-
-Affiatati come al solito, nonostante gli anni.- rise e
guardò Kevin -Resterai qui fino a domani. Non è
il caso che te ne vada in giro con il furgoncino in queste condizioni.-
-Va bene.- annuì lui subito.
Jenny protestò.
-No! Non voglio che resti!-
Non avrebbe potuto dire nulla di più sbagliato. La nonna
s’impettì.
-Questo è il mio ryokan! Decido io chi resta e quando!- per
lei l’ospitalità era sacra -Adesso ritrova le
buone maniere che io e tuo nonno ti abbiamo insegnato e comportati da
adulta. Kevin è un ospite e come tale va trattato. Prepara
il tè, porta un antidolorifico e finite con calma di
discutere. Dirò agli altri di non disturbarvi.-
-Nonna…- la seguì mentre Harriet raggiungeva la
porta -Tu non sai quello che è successo! Se sapessi
ciò che ha fatto, davvero non…-
-Jenny, Kevin resta qui.-
Lacrime di frustrazione le riempirono gli occhi quando si accorse che
il ragazzo la guardava trionfante.
-Prepara il tè e appianate le incomprensioni. Pretendo che
voi due andiate d’accordo.-
-Impossibile!-
-Io ci provo ma da parte di Jenny non c’è
collaborazione.-
-Non ci andrò mai d’accordo, nonna!-
La vecchia non riuscì a spiegarsi perché Jenny si
intestardisse in quel modo. Aveva dei progetti in mente e non voleva
che lei mandasse tutto all’aria mostrandosi così
ostinata. Cercò di ammorbidirla, perché la
ragazza era testarda esattamente come suo padre e soltanto prendendola
con le buone forse sarebbe riuscita a farla ragionare.
-Ne riparleremo dopo cena, tesoro. Quando ci sarà anche il
nonno.-
-Riparleremo di cosa?-
-Abbi pazienza, stasera ti dirò tutto.-
-Tutto cosa, nonna?-
La vecchina si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato. Era
proprio come suo padre.
-Dopo.- le lanciò un’ultima occhiata perentoria,
poi uscì sul corridoio e si richiuse la porta alle spalle.
Non inciampò su Philip solo perché lui si
scostò in tempo per non finirle tra le pantofole. Lo
guardò sorpresa -Oggi pomeriggio non vi allenate?-
-Certo che sì!- rispose Holly che in quell’ultimo
quarto d’ora aveva persino dimenticato di avere un programma
da rispettare -Philip, Mark! Andiamo!-
-Andiamo? Davvero pensi che potrei lasciare Jenny sola con lui?-
-Certo che puoi!-
-No, non posso Holly. Quindi non chiedermelo.-
-Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando.- l’amico
cominciò a innervosirsi -Philip, muoviti!-
-Non posso.-
Il capitano si sforzò di mostrarsi ragionevole.
-Sono nel ryokan, ci sono i nonni. Cosa vuoi che succeda? Pensi che le
salterà addosso?-
-Sì, potrebbe farlo! Potrebbe fare qualsiasi cosa. Non mi
fido di lui, non la lascio da sola!-
La vecchina apparve di nuovo e notò la loro esitazione.
-Avete bisogno di qualcosa?-
Philip annuì risoluto.
-Stiamo aspettando Jenny.-
-Jenny non verrà. Ha da fare e resterà qui.-
Philip capì di aver perso la battaglia ma era intenzionato a
vincere la guerra. Approfittò della tregua e
seguì i compagni di sopra.
-Non passeremo tutto il pomeriggio nel ryokan, Philip. Rassegnati.-
Lui annuì.
-Non c’è bisogno che restiate anche voi.-
-Non fingere di non capire.- precisò Holly -Tu verrai con
noi. Non ti lascio qui.-
-Giuro di non fare nulla che non approveresti.-
-Devi venire con noi! Sei a Shintoku per il ritiro o per Jenny?-
Sentirono Benji sogghignare.
-Per Jenny, ovviamente. Mi stupisco che tu non lo abbia ancora capito,
Holly… Anzi, sai che ti dico?- ritrattò -Che non
mi stupisco nemmeno più.-
Il capitano fece finta di non udirlo per non dover discutere anche lui.
Si portò le mani ai fianchi e fissò Philip negli
occhi.
-Su, muoviti.-
-Holly…-
Tutte quelle lagne finirono per urtare il sistema nervoso di Mark.
-Callaghan! Non ti lasceremo qui! Non pensarci neppure!-
-La nonna non ti vuole tra i piedi.- gli ricordò Patty
-Anche se resti non potrai fare nulla.-
Amy si avvicinò, proponendo loro la soluzione.
-Rimarrò io con Jenny finché non sarete tornati.-
Philip non poté che capitolare. Amy li accompagnò
all’ingresso, dove restò ad osservarli fin quando
scomparvero tra gli alberi. Poi richiuse la porta del ryokan, percorse
il corridoio ed entrò nella cucina della nonna senza
preoccuparsi di bussare. Kevin e Jenny si volsero a guardarla.
-Sono usciti?-
-Sì, tutti.-
-E tu?-
-Rimango a tenerti compagnia.-
Jenny ne fu contenta. Recuperò una tazza pulita, la
riempì di tè e la porse alla ragazza. Amy la
ringraziò, poi si rivolse a Kevin.
-Il braccio ti fa male?-
-Sopportabile.-
-Amy! Non preoccuparti per lui, ha avuto quello che si merita!-
-Almeno lei mostra un po’ di sensibilità.-
borbottò Kevin.
L’espressione contrariata con cui Jenny continuava a
guardarla, fece intuire ad Amy quanto fosse scontenta e nervosa.
Chiaramente avrebbe preferito essere insieme agli altri e non
lì con quell’ex compagno di scuola che una
manciata di giorni prima aveva preso a pugni Philip.
-Dove pensi che mi farà dormire la nonna, Jenny?-
-Nel capanno degli attrezzi.-
Nonostante la risposta, lui continuò a provocarla petulante.
-Non è incredibile che mi abbia chiesto di passare la notte
qui?-
-La nonna non sa quello che hai fatto a Philip.-
-Ero sicuro che glielo avessi detto.-
-Non volevo rattristarla.-
Kevin sorseggiò il tè.
-Quindi il tuo ragazzo gioca a calcio.- allungò la tazza
vuota verso Jenny e visto che lei non lo fece, fu Amy a riempirgliela.
-Chi te lo ha detto?-
-Le notizie girano veloci. E poi ho visto un articolo su una rivista
della settimana scorsa. Di lui non dicevano nulla, ma c’era
la sua foto. Sei proprio un’ingenua. Se volevi diventare
ricca avresti dovuto sedurre un giocatore di baseball. Il calcio in
Giappone non conta nulla.-
L’insinuazione la ferì.
-Non ho bisogno dei soldi di nessuno, lo sai bene. E questo ryokan vale
molto più di un negozio di alimentari.-
Amy li guardò incerta, poi intervenne affinché
smettessero di punzecchiarsi.
-Kevin, come sta tua sorella?-
Lui le rivolse un’occhiataccia, facendole intendere che
l’argomento non era gradito.
-Chissà. Grazie a Jenny non mi parla.-
-Non ti parla a causa del tuo comportamento da teppista.- si
alzò per riempire la teiera di acqua calda, ma dopo aver
posato di nuovo il bollitore sul fornello non tornò a
sedersi. Non le faceva piacere accomodarsi allo stesso tavolo di chi
aveva preso a pugni Philip.
-Vogliamo parlare di comportamenti?- replicò lui -E tu,
allora? Se tutto quello che dicevi di provare per me è
svanito senza lasciar traccia, significa che mi hai preso in giro.-
-Non ti ho mai detto nulla.-
-Lo ha fatto Meryl per te. Era con lei che ti confidavi.-
Jenny arrossì di vergogna e di fastidio.
-Stai parlando di qualcosa che è successo troppi anni fa,
Kevin. Ero una bambina ingenua e sciocca.-
Kevin sorrise.
-Che è diventata una ragazza attraente che ammette i propri
difetti.-
Ascoltandolo incredula, Jenny pensò che fosse proprio il
caso di fare una capatina in bagno.
-Sono arcistufo di recuperare tutti i palloni! Perché devo
farlo sempre io?-
Per Mark il quesito di Bruce aveva una risposta talmente ovvia che
espresse senza remore la semplice verità.
-Perché tu sei meno in forma di tutti.-
-Non è vero! Guardate Philip!- e lo additò -Non
ha preso un passaggio!-
-Chiudi la bocca, Harper!- lo zittì l’altro tirato
in causa.
Ma Bruce non si lasciò intimidire.
-Stai giocando molto peggio di me!-
-E allora? In campo sono più bravo ed è
ciò che conta!-
Julian si accostò al capitano.
-Devi fare qualcosa, Holly. Allenarsi in questo clima a lungo andare
diventa snervante.-
-Neanche fossimo alla finale della coppa del mondo…-
commentò Ed dietro di loro, grattandosi la nuca pensieroso.
-E cosa dovrei fare, secondo te?-
-Per esempio potresti rimandare Philip al ryokan. Tanto qui non sta
combinando niente.-
-Chiedimi tutto ma non questo! Deve restare con noi per
principio… E poi non mi fido a lasciarlo tornare da solo. Se
lui e Kevin si azzuffassero di nuovo?-
-Lo accompagno io.-
Holly non credette alle proprie orecchie.
-Non me lo sarei mai aspettato da te! Stai cercando una scusa per
correre da Amy?-
Ross trasalì.
-Ti giuro Holly che non l’ho neppure pensato!-
-E allora per cosa?-
Il ragazzo distolse gli occhi a disagio.
-La mia idea era quella di chiamare Marshall.- spiegò a
bassa voce -E chiedergli quale accidenti di decisione hanno preso tutti
insieme.-
Sebbene le sue motivazioni ricollocassero il compagno al giusto livello
di stima con cui lo aveva sempre considerato, Holly intendeva fermarlo
lo stesso.
-Te lo proibisco! Non dopo quello che ha sentito al telefono
l’altro giorno.- notando delusione nel suo sguardo, Holly
cercò una soluzione -Facciamo così. Ti autorizzo
a mettere Danny sotto torchio.-
Mentre loro cospiravano ai danni di Mellow, intontito dalle chiacchiere
e dalle proteste di Bruce, Philip fu costretto ad avventurarsi tra la
neve alta per recuperare il pallone sperduto nel sottobosco. Quando lo
ebbe trovato, borbottando imprecazioni contro l’amico, lo
calciò verso i compagni caricandolo di tutto lo scontento
che aveva in corpo, scatenato non solo dal ritrovarsi il raccattapalle
della nazionale ma anche e soprattutto dall’arrivo improvviso
di Kevin al ryokan. Ne venne fuori un lancio di discreta potenza in
direzione di Bruce, che guarda caso si trovava proprio sulla linea
della porta. La sfera fendette l’aria superando Mark e Tom,
oltrepassando Julian e Holly ancora intenti a confabulare.
Sfiorò solo un orecchio del reale bersaglio di quel tiro,
perché Bruce si scostò per un pelo, e
proseguì la sua corsa verso la porta di Ed. Il portiere si
apprestò a parare, tanto più che se non lo avesse
fatto sarebbe stato un autogol.
Naturalmente nessuno si aspettava che Meryl si materializzasse
all’improvviso tra Warner e il pallone, tirandosi dietro una
fune agganciata a uno slittino di legno. In quel millesimo di secondo
che precedette l’impatto, Philip pensò che dopo,
Kevin avrebbe avuto finalmente un vero motivo per avercela con lui.
A salvare Meryl da una dolorosissima pallonata, e Philip da una nuova
zuffa, fu il provvidenziale Tom, dimostratosi ancora una volta, come la
sua prima comparsa nelle vite di tutti, l’uomo giusto al
momento giusto.
La ragazza non ebbe il tempo di capire ciò che accadde. Un
momento prima era in piedi, un istante dopo si ritrovava seduta tra la
neve, Tom accanto a lei che se la prendeva con il compagno.
-Salva per un pelo… Philip! Sei impazzito?-
-Non penserai che l’abbia fatto apposta! È ovvio
che non l’ho vista!-
-Sei un imbecille lo stesso!- sbraitò Mark -Quella
è la nostra porta!-
-Lo so benissimo.- e invece no, non ci aveva fatto caso.
Bruce fece un passo avanti, massaggiandosi l’orecchio
arrossato.
-Tu hai mirato contro di me!- lo accusò -Se non hai tirato
addosso a Meryl e neanche contro la porta, allora il tuo bersaglio ero
io per forza!-
-Potevi farlo secco già che c’eri…-
borbottò Mark.
Tom tese una mano a Meryl e l’aiutò a mettersi in
piedi.
-Stai bene?-
-Sì… sì, grazie.-
-Sei comparsa proprio al centro del nostro campo. È meglio
se vai dove sono Patty ed Evelyn.-
Sebbene per Meryl il suggerimento del ragazzo non fosse proprio una
buona idea, visto come si era svolto il loro ultimo incontro, non
potendo fare altro le raggiunse trascinando con sé lo
slittino.
-Ciao.- salutò titubante -Jenny non
c’è?-
-È rimasta al ryokan.-
La conversazione terminò così, visto che non
avevano altro da dirsi e visto che in sua presenza le amiche
preferirono tacere.
Bruce corse dal capitano.
-Holly, che ne dici di una pausa?-
-L’abbiamo appena fatta!-
-Quella non era una pausa. Dai, dai! Una pausa piccola-piccola!
Minuscola! Inconsistente!-
-No!-
-Ma ci stiamo allenando ininterrottamente da stamattina…-
continuò a tampinarlo -Su, cosa ti costa? Non devi essere
così severo soltanto perché sei il capitano. Ho i
polpacci da buttare e ti sto chiedendo appena dieci minuti…-
gli sembrarono pochi -Anzi, facciamo un risicatissimo quarto
d’ora.-
-No.-
-Quindici minuti, cosa vuoi che siano? Non ti accorgerai neppure di
esserti fermato!-
-No.-
-Vedrai! Te ne sarò eternamente grato!-
-No.-
-Quando torneremo al ryokan ti farò un bel massaggio sulle
spalle.-
-No.-
-In più, ti cederò il mio posto al bagno tutte le
mattine se toccherà prima a me.-
-No.-
-Dai, Holly! Ti piegherò i vestiti ogni giorno!-
-No.-
-Allora domani prometto che non ti romperò le scatole. Anzi,
non te le romperò più finché saremo
qui.-
-Basta!- esplose infine, adesso la pausa la voleva lui per primo, per
riprendersi dal martellamento che lo tallonava -Va bene! Va bene, hai
vinto ma sparisci!-
-Chissà se tra tutte queste pause riusciremo a fare anche un
po’ di allenamento.- si chiese Julian, ostentando il proprio
disappunto.
Bruce raggiunse Meryl di corsa.
-Posso?- domandò indicando lo slittino. Poi prese pese la
corda che lei gli porgeva volentieri e si fermò di fronte a
Evelyn, carico di aspettative -Dai, sali!-
-No.-
-Eve, non farti pregare!-
E siccome avevano i minuti contati, la sollevò di peso e la
depositò sul sedile di legno senza darle modo di sottrarsi a
tanta insistenza.
-Bruce! Ti ho detto di no!- la ragazza tentò di alzarsi ma
lui la spinse giù, pieno di entusiasmo.
-Sai, Eve... Ho sempre sognato farlo ma a Fujisawa non nevica mai
abbastanza! Tieniti forte!- con la corda in spalla risalì di
corsa un piccolo declivio.
Mark lo vide sparire tra gli alberi.
-Tutte queste storie e poi noi riposiamo e lui sgobba.-
-Ha una visione delle cose tutta sia.-
Benji guardò Tom scuotendo la testa.
-È soltanto un idiota fatto e finito.-
-Pistaaaaaa!-
L’entusiasmo di Bruce arrivò prima che lui
sbucasse tra gli alberi a bordo dello slittino, venendo giù
dal declivio a tutta velocità. Gli scarponcini da neve sui
pattini di legno, le mani aggrappate alla slitta, da perfetto
incosciente si piegò in avanti per aumentarne lo slancio.
Dietro di lui Evelyn si scorgeva appena. Lo slittino
sobbalzò sulla neve irregolare e di colpo cambiò
direzione, puntando proprio verso gli amici a gran velocità.
Bruce se ne accorse e si gettò di lato per schivarli ma i
sobbalzi sul percorso resero la slitta ingovernabile e priva di
controllo. Evelyn si gettò di lato nel tentativo di evitare
l’inevitabile e rotolò tra la neve, ma almeno non
finì nel groviglio di gambe e braccia in cui Bruce
trascinò Mark e Philip quanto li travolse. Benji si
salvò per pochissimo, ricevendo però in piena
faccia uno schizzo di neve gelata.
Dei tre, Landers fu il primo a rimettersi in piedi e lo fece ringhiando
minacce.
-FERMATEMI O LO UCCIDO! No, anzi! LO ANNIENTO SENZA LASCIARNE TRACCIA!-
Danny lo prese in parola e si accostò per trattenerlo ma
all’ultimo momento si ritrasse, convinto che fosse
più prudente stargli alla larga.
-CAZZO, BRUCE!- esplose anche Philip subito dopo -Da quando siamo qui
non fai altro che cadermi addosso! D’ora in poi devi starmi
alla larga, HAI CAPITO?- si alzò ripulendosi dalla neve -NON
DEVI PIU’ AVVICINARTI A ME! CHIARO?-
-Non l’ho fatto apposta!- piagnucolò lui.
-Non so cosa mi trattenga dal seppellirti a un metro di
profondità!- sbraitò Mark allontanandosi da lui
perché più lo guardava e più la
tentazione diventava irresistibile.
-La fatica di scavare una buca.-
Oltrepassò Benji e il suo commento mentre il portiere si
asciugava il viso dalla neve, dove la visiera del cappellino non era
stata sufficiente a ripararlo.
-Adesso che ne hai combinata un’altra delle tue, possiamo
ricominciare?- Holly aiutò Bruce a mettersi in piedi
-Avreste potuto farvi male, tu ed Evelyn.-
-Eve!- esclamò ricordandosi finalmente di lei.
La vide più in là che raggiungeva Patty
zoppicando leggermente e le corse accanto preoccupato.
-Ti sei fatta male? Eve? Come stai?-
-Stavo meglio prima.-
-La situazione mi è sfuggita di mano. Mi dispiace.-
-Davvero?- replicò lei diffidente -Pensavo che lo avessi
fatto apposta per gambizzare Philip e Mark.-
-Non dirlo neanche per scherzo!- esclamò lui, lanciando
un’occhiata preoccupata ai compagni centrati in pieno e
incontrando il loro sguardo assassino nonostante le scuse.
Meryl recuperò lo slittino rovesciato e semisepolto dalla
neve, assicurandosi che non si fosse rotto nulla.
-Quei due ragazzi prima non c’erano, vero? Quando sono
arrivati?- domandò a Patty che le sembrava meno ostile.
-Qualche giorno fa.-
-Precisamente quando Philip ha dato a Kevin la lezione che meritava!-
la provocò Evelyn.
Meryl ne fu entusiasta.
-Ha fatto bene, ne aveva tutte le ragioni! Quand’è
successo? Non ne so niente!-
-L’altro ieri. Kevin non ti ha detto nulla?-
-Non gli parlo più.-
-Quindi non sai neanche che adesso è al ryokan?-
Lo sguardo della ragazza si riempì di
contrarietà, poi i suoi occhi lampeggiarono di irritazione.
-No, non lo sapevo! A fare cosa?-
-Chissà.- Patty la vide voltar loro le spalle e incamminarsi
verso il sentiero -E adesso dove stai andando?-
-A riportare a casa mio fratello!-
Philip la udì.
-Era ora che qualcuno mostrasse un po’ di buonsenso.-
-E lo slittino?- le gridò dietro Patty, ma era ormai troppo
lontana.
Prima della fine della giornata, riuscirono a fare ciascuno almeno un
giro sulla slitta.
*
Amy misurò la quantità di riso, lo
lavò per liberarlo in parte dall’amido, lo
versò nel recipiente già pieno d’acqua
della pentola elettrica. Dopodiché accese il timer.
Quando si volse per togliere dal fuoco il bollitore del tè,
fu quasi travolta da Philip che percorreva in lungo e in largo la
cucina, intralciando le amiche e i compagni nello spazio diventato
troppo stretto se erano presenti tutti. Borbottava improperi verso
Kevin, che si trovava lì anche se non avrebbe dovuto esserci.
-Non capisco perché debba mangiare con noi. La sua presenza
non è più accettabile. Rappresenta soltanto un
elemento di disturbo per chi non vuole essere disturbato.
Cioè noi.-
Kevin ricambiò il brontolio con un’occhiata
ironica, restando comodamente seduto dall’altra parte della
tavola, in attesa anche lui come tutti che la cena fosse pronta.
-Fattene una ragione, Callaghan.- consigliò Mark
-C’è e basta.-
Dispiaciuta per la situazione che provocava, oltre al suo, anche lo
scontento del fidanzato, Jenny cercò di
rabbonirlo.
-Kevin è qui perché la nonna lo ha invitato a
restare. È suo ospite e non possiamo farci niente.- lei
stessa aveva impiegato del tempo ad accettare questo semplice concetto
ed era sicura che a Philip ne sarebbe servito molto di più.
-Allora perché non cena con loro?-
Non lo capiva neppure Jenny. Mentre Kevin neppure se lo chiedeva
perché ne era stato felicissimo. Infatti aveva scoperto che
la sua semplice presenza al ryokan dava più fastidio alla
coppia di quanto lo aveva fatto l’agguato organizzato nel
bosco. Mentre si massaggiava soprappensiero la spalla indolenzita, che
il medico sopraggiunto nel pomeriggio gli aveva fasciato a dovere
raccomandandogli la quasi assoluta immobilità, si accorse
che gli occhi indagatori di Amy lo stavano osservando e, probabilmente
valutando. Adesso finalmente li riconosceva, quegli occhi nocciola che
lo avevano fissato sgomenti, impauriti, costernati il giorno in cui
aveva dato al fidanzato di Jenny la bella ripassata.
Ed Warner dal suo posto osservava un po’ tutti i compagni,
senza distinzione. Studiava soprappensiero persino i due fratelli
ospiti, quando gli capitavano sotto gli occhi. Ma in realtà,
esattamente come era successo agli altri nei giorni precedenti, ad
attirare maggiormente la sua curiosità era la fidanzata di
Philip di cui aveva sentito tanto parlare senza mai avere la
possibilità di incontrarla. Fino al giorno precedente.
Mentre la osservava, per chissà quale associazione di idee,
gli venne in mente che da quando erano lì, nonostante le
raccomandazioni ricevute non aveva ancora chiamato Gamo. Ebbe uno
scompenso, scostò la sedia dal tavolo e si alzò.
-Devo fare una telefonata.- disse lasciando la cucina, improvvisamente
sulle spine.
Uno stato d’animo che non passò inosservato a chi
lo conosceva meglio. Mark si volse a guardare Danny.
-Tu sai chi va a chiamare?-
-No.-
Benji, che lo guardava, si accorse che rispondendo aveva abbassato gli
occhi, un chiaro segno che nascondeva qualcosa. E se quel
bell’imbusto di Landers non lo capiva, era proprio un
deficiente. Ricordò che Mellow alle elementari aveva osato
segnargli un goal e solo per questo meritava la tortura.
-È la sua ragazza, vero?- buttò lì
quasi per caso.
Lo sguardo ancora più intenso con cui Mark lo
scandagliò, fece desiderare a Danny di sparire fino al
ritorno del compagno.
-Warner ha la ragazza e tu non mi dici niente?-
-Non ne so nulla...- piagnucolò quasi.
-Tranquilli, adesso lo scopriamo.- Bruce si alzò e raggiunse
quatto quatto la porta.
La sua manovra a Danny non piacque.
-Cosa stai facendo?-
-Cerco di capire con chi sta parlando. Vado... e torno vincitore.
Vedrete, se è una ragazza lo scoprirò!-
Quando Bruce sparì dietro l’angolo, Danny
scostò la sedia e si alzò senza riuscirci
perché Mark lo rimise bruscamente seduto.
-Stai giù e non intrometterti.-
-Ma se non si accorge che Bruce sta origliando, lui…-
-Tutto ciò non ti riguarda.-
-E invece sì!-
-Sì?- gli fece eco -Quindi sai a chi sta telefonando?- non
gli lasciò scampo -Sputa il rospo, Mellow! immediatamente!-
Danny cercò una via di fuga poiché il suo era
solo un vago sospetto senza certezze.
-Dopo, perché adesso devo andare in bagno.-
-Non ti muovi di qui!-
Ed e Bruce lo salvarono rientrando insieme in cucina. Mark non attese
neppure che l’ex portiere della Toho si sedesse.
-Con chi eri al telefono, Ed?-
-Marshall. Mi ha chiesto di chiamare Gamo per fargli sapere se era
tutto a posto ma lui non ha risposto quindi ho chiamato Freddie.-
-E tu gli hai confermato che è tutto a posto?-
-Certo.-
-Non gli hai detto che ci siamo noi, vero?- domandò Amy
preoccupata.
-No, non gliel’ho detto.- mica era scemo -Probabilmente
domani ci telefonerà Gamo.-
-Per quale motivo?-
-Vuole parlare con Philip.-
Il diretto interessato si tramutò un pezzo di marmo.
-E perché? Sa delle ragazze?-
-Ti ho appena detto di no!-
-Tu hai solo affermato di non averglielo detto, ma forse lo ha fatto
qualcun altro...- spostò gli occhi su Danny, che scosse
energicamente la testa -Allora sei stato tu, Benji. Tu non volevi
neppure restare!-
-Pensi che sia così idiota? Se ho accettato di rimanere
significa che ho accettato anche loro.- con un cenno indicò
Amy che gli era più vicina.
-E allora cosa vuole da me?-
Warner e Mellow si guardarono, consultandosi tacitamente in un modo
molto sospetto.
-Forse vuole mettere al corrente anche loro.- concluse il portiere con
un’alzata di spalle.
-Al corrente di cosa?-
-Sei sicuro, Ed?- domandò Danny, intuendo che il compagno
era pronto a vuotare il sacco.
Lui annuì.
-Tanto ormai è questione di giorni. La verità
è che ci siamo incontrati tutti a casa di Price per
stabilire la formazione di gioco per la partita contro
l’Oman, rivedere gli schemi e confermare il vicecapitano.-
-Avete deciso la formazione senza di me… cioè, di
noi? E gli schemi di gioco?- per Julian fu del tutto inconcepibile e
guardò Holly, trovandolo altrettanto costernato -Non ci
posso credere, ci hanno bypassato!-
-Tranquillo Julian, la tua fatica non è andata sprecata. Ci
siamo basati sui tuoi appunti. Anzi, il mister ne era entusiasta! Ha
detto che hai fatto un ottimo lavoro!-
L’altro non trovò le parole con cui replicare,
quindi tacque.
-E il vicecapitano chi sarebbe?- domandò Tom che temeva la
rogna.
-Sempre Philip, nulla è cambiato. Marshall voleva essere
sicuro che fossimo tutti d’accordo e non ci lasciassimo
influenzare da voi.-
-Noi vi influenziamo?- chiese Holly incredulo a un Danny che non aveva
aperto bocca semplicemente perché aveva perso la voglia di
parlare. Infatti fu Ed a continuare.
-Il vostro parere ha sempre un certo peso. Soprattutto quando non siete
d’accordo e vi mettete a discutere. Finisce che invece di
seguire le direttive migliori ci schieriamo a simpatie. E non
è un bene.-
-Non abituarti troppo all’idea, Philip. Sarai il vicecapitano
solo per poco. Quando Gamo verrà a sapere che bel ritiro hai
organizzato, sceglierà sicuramente qualcun altro.-
Lui guardò Benji con contrarietà.
-Quindi hai intenzione di dirgli che qui con noi ci sono le ragazze,
giusto?-
-Marshall lo sa già. Al telefono ha sentito tutto e
avrà già tirato le somme. Altrimenti
perché avrebbe mandato loro due? Se non per fare la spia?
Gliel’ha già detto Warner.-
-Non gli ho detto proprio niente!- si difese di nuovo con veemenza il
secondo portiere del Giappone prima che quegli sguardi affilati che lo
fissavano, lo trafiggessero senza scampo.
-Allora lo avrà fatto Mellow.-
-Vacci piano con le accuse, Price. È vero che Danny ed io
siamo qui, ma siamo dalla vostra parte.
-Sicuro, Warner? Non è che per caso in cambio del mio posto
nella prossima partita hai garantito a Gamo un resoconto completo del
nostro ritiro?-
Mentre Holly allungava una mano per fermare lo scatto di Mark e Tom
rabboniva Ed, Kevin era diventato una presenza del tutto secondaria e i
ragazzi si erano completamente dimenticati che fosse lì.
D’altra parte lui ne stava approfittando per capire come
giocar loro un tiro barbino.
Callaghan, il fidanzato di Jenny, aveva fatto qualcosa che non avrebbe
dovuto fare, qualcosa che il loro allenatore non avrebbe mai approvato
e per cui non gliel’avrebbe fatta passare liscia. I suoi
compagni erano disposti a mantenere segreta la presenza delle ragazze a
Shintoku, ma lui avrebbe potuto fare in modo che invece venisse allo
scoperto. Non sapeva come, ma sarebbe bastato parlarne con Johnny e gli
altri, e un modo lo avrebbero trovato. Si massaggiò piano il
braccio, che continuava a pulsargli di dolorose fitte.
Mentre i ragazzi seguitavano a scambiarsi opinioni rimbeccandosi, Jenny
rapì Tom e lo portò con sé di sopra
per farsi aiutare, perché non aveva il coraggio di chiedere
al fidanzato di caricarsi il futon di Kevin giù per le
scale. Del resto era fuori questione che l’intruso dormisse
sul loro stesso piano in una stanza nei pressi. Meryl sì,
avrebbe dormito con loro, Jenny glielo aveva promesso, ma suo fratello
si sarebbe sistemato al piano terra, nella stanza da tè
della nonna. Quando lei e Tom rientrarono insieme in cucina, Philip
lanciò loro solo un’occhiata distratta. Benji
allora si chiese a tempo perso per quale motivo non avesse nulla da
obiettare sulla loro sparizione e la loro ricomparsa. Forse di Tom non
era geloso?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** 12 - Tormenta coi fiocchi - prima parte ***
- 12 -
Tormenta
coi fiocchi
Prima parte
Quando Kevin
baciò di nuovo Jenny insinuando la lingua tra le sue labbra,
Philip si svegliò di soprassalto inveendo contro il ragazzo,
contro l’incubo e soprattutto contro il fatto stesso di
essersi addormentato. La sera precedente aveva aspettato per un tempo
infinito che la fidanzata salisse da lui, ma poi il sonno aveva preso
il sopravvento. Era crollato sul tavolino, le braccia poggiate sul
ripiano, adesso il segno rosso di una piega della felpa a solcargli una
guancia. Un lato del collo gli doleva per la scomoda posizione in cui
si era appisolato e da quando aveva aperto gli occhi il piede sinistro
aveva preso a formicolare in modo insopportabile. Lo mosse e il sangue
ricominciò a scorrere, accentuando il fastidio. Si
tirò in ginocchio, gli occhi sulla finestra.
La tenda socchiusa lasciava filtrare il nuovo giorno. Lo sprazzo di
cielo che scorgeva da lì era ancora scuro ma si stava
scolorendo di azzurro rosato e i picchi più alti delle
montagne innevate erano accarezzati dal chiarore dell’alba.
L’orologio segnava le sei e Jenny non era tornata. Lei sapeva
che la stava aspettando e se fosse risalita lo avrebbe certamente
raggiunto. A meno che non avesse temuto di svegliare i compagni. Si
alzò e, facendo attenzione a non disturbare gli amici ancora
profondamente addormentati, uscì silenzioso riaccostando la
porta. Dalla finestra del corridoio che si affacciava sul piazzale,
alla luce dei lampioncini scorse i nonni percorrere in lungo e in largo
il giardino per gettare del sale sul ghiaccio che ricopriva il sentiero
di pietre. E Jenny non era con loro.
Scese le scale rapido e silenzioso, nel ryokan non volava una mosca.
Raggiunse la porta che cercava, ruotò piano la maniglia e si
affacciò oltre l’anta socchiusa. Il climatizzatore
era acceso e la camera particolarmente calda, molto più
della loro. Kevin sedeva a terra, le spalle alla parete, le gambe
piegate e la testa reclinata da un lato. Stava dormendo ma
sentì la porta schiudersi. Aprì gli occhi
voltandosi a guardarlo senza dire una parola. Philip entrò.
Jenny era raggomitolata al lato opposto della stanza, oltre il
tavolino. Distesa su un fianco, una mano abbandonata sulle stuoie,
l’altra adagiata davanti al viso, i capelli sparsi sul
cuscino e le labbra appena socchiuse. Indossava lo yukata bianco e blu
di cotone caldo per dormire, un lembo della stoffa spuntava dalla
coperta che l’avvolgeva. Philip la raggiunse, si
chinò su di lei e la scosse per svegliarla. Jenny
aprì gli occhi assonnati.
-Vieni, torniamo su.- la tirò in piedi praticamente di peso,
le passò un braccio intorno ai fianchi per sostenerla e la
trascinò verso la porta.
Jenny incespicò un paio di volte, poi si aggrappò
al suo braccio e lo seguì fuori.
Arrancò insonnolita un gradino dopo l’altro
finché Philip si fermò per sollevarla tra le
braccia. La ragazza si aggrappò alla sua felpa, sprofondando
il viso contro il suo torace. Una volta in cima alle scale, lui non si
diresse verso le loro stanze e Jenny, nonostante il sonno, lo
notò.
-Dove stai andando?-
-In un posto tranquillo.-
La camera che Philip scelse portandola con sé era
dall’altro lato del corridoio. Utilizzata come magazzino,
l’aveva scovata per caso qualche giorno prima cercando la
fidanzata, che non riusciva a trovare da nessuna parte. A terra in un
angolo erano impilati uno sull’altro una mezza dozzina di
futon più o meno spessi. Di lato erano accumulati dei
cuscini e davanti alla parete opposta, sui tatami erano disposte in
bell’ordine una serie di coperte ripiegate.
Depositò Jenny sulla montagna di futon, poi si volse per
richiudere la porta. Nella stanza disabitata faceva freddo. Philip
sfilò il telecomando del climatizzatore dalla taschina di
plastica affissa alla parete e lo accese. Quando raggiunse la fidanzata
portando con sé un paio di coperte, si accorse che lei lo
guardava confusa.
-Perché siamo qui?-
-Per goderci una meritata solitudine.- le drappeggiò una
coperta sulle spalle e si sedette al suo fianco.
-Che ore sono?-
-Le sei.-
Jenny lo guardò colpevole.
-Mi dispiace tantissimo, Philip. Mi sono addormentata senza
accorgermene. I nonni sono rimasti a parlare fino a tardi e io avevo
così sonno… Non so neppure
quand’è che sono andati via.-
-Di cosa avete parlato?-
Lei fu combattuta tra la difficoltà di ricordare una
spiacevole conversazione e il rifiuto di ripetergli quali fossero le
intenzioni degli anziani proprietari dell’altrettanto vecchia
pensione.
-Te lo dico dopo.-
-Perché non ora?- la scostò da sé per
osservarla, credendo di scorgere nel suo sguardo una nota stonata.
Jenny non se la sentì di rovinare il momento che Philip
attendeva da giorni. Ricambiò la sua curiosità
avvicinandosi per sfiorargli le labbra con un bacio pieno di promesse.
-Vuoi davvero parlare dei nonni adesso? Non è meglio farlo
dopo?-
Incapace di resistere all’invito, al suo profumo
così buono e alla morbidezza che lo aspettava sotto il
tessuto che l’avvolgeva, la mente di Philip smise di
arrovellarsi su un milione e mezzo di questioni e lasciò
massima libertà al corpo e ai sensi. Le posò una
mano sulla nuca e tornò a baciarla, spingendola piano
indietro, la schiena di lei sul materasso. Lo yukata si
allentò lasciandolo libero di far passare le dita sotto la
stoffa e accarezzarle una gamba, risalendo lungo la coscia sulla pelle
nuda e calda fino all’elastico delle mutandine che le cingeva
i fianchi. Sotto il suo tocco la sentì rabbrividire. Mentre
il corpo di Philip era già proiettato sulla
mezz’ora di piacere che stava per vivere, la mente di Jenny
era entrata in funzione e ora stentava ad andare in standby.
-Hai visto la nonna?-
-È fuori.-
-E Kevin? Lo hai visto?-
-Di sotto.-
-Gli altri sono già svegli?-
-Dormono tutti.-
-Nessuno sta preparando la colazione?-
-Jenny, sono appena le sei. Chi farebbe colazione a
quest’ora? Non dovevamo parlare dopo?-
Lei rise e gli gettò le braccia al collo.
-Va bene. Sto zitta.-
Kevin si alzò vacillando, sbilanciato dal braccio che la
sera prima il medico gli aveva appeso al collo. Il dolore si era
susseguito a ondate e gli aveva dato il tormento per tutta la notte.
Non era riuscito a chiudere occhio se non per brevi periodi,
ma si era tolto la soddisfazione di non essere rimasto da solo.
Dopo cena, mentre nonno Ernest parlava, si era goduto la sorpresa, lo
sconcerto, la contrarietà e il fastidio attraversare gli
occhi di Jenny in questo preciso ordine. Naturalmente lei aveva
protestato, ma quando la nonna le aveva risposto che alla loro
età non erano più in grado di mandare avanti il
ryokan da soli come avevano sempre fatto senza bisogno di aiuti
esterni, non aveva potuto ribattere nulla. Per la nonna era diventato
un peso spostare i futon da una stanza all’altra, lavare i
bagni, cucinare, gestire la contabilità e i clienti. Il
nonno non aveva più la forza di accatastare quintali di
legna per l’inverno, pulire le terme, occuparsi di caricare e
scaricare le provviste o di tutto ciò che si rompeva, andava
sostituito o rimesso a nuovo. All’insaputa di Jenny si erano
trovati più volte a chiedere l’intervento di Kevin
o di suo padre, entrambi abilissimi nei lavori manuali.
Jenny li aveva ascoltanti in silenzio. Era chiaro che non poteva dire
proprio nulla per far cambiare loro idea. Nessuna protesta sarebbe
stata sufficiente. Senza che lei ne avesse anche solo il sentore, Kevin
era diventato indispensabile e insostituibile. Li aveva sentiti
mettersi d’accordo, loro tre, parlare dei giorni e degli
orari di lavoro. Di come, quanto e perché lo avrebbero
pagato, cosa si aspettavano che facesse. In che modo volevano che li
aiutasse. Pian piano le loro voci si erano confuse nella sua testa.
Poco prima di mezzanotte era crollata di stanchezza.
Kevin l’aveva osservata cedere al sonno, l’aveva
vista scivolare sui cuscini e poi rannicchiarsi a terra, avvolgendosi
nelle coperte che lei stessa aveva preparato per lui. Quando i nonni
erano usciti lasciandoli soli, si era avvicinato per guardarla meglio,
cercando sul suo viso i tratti della bambina di un tempo che stravedeva
per lui. Non ne era rimasta più traccia. Quella scoperta lo
aveva deluso, così le aveva voltato le spalle ed era uscito
per andare in bagno. Tornando si era fermato in cucina a scaldare altra
acqua per il tè e aveva udito le voci sommesse delle ragazze
provenire dal piano di sopra, riconoscendo anche la risata di Meryl.
Aveva preso la teiera ed era tornato in camera. Jenny dormiva ancora,
non si era mossa. Si era versato dell’altro tè e
quando la bevanda non era stata più sufficiente a scaldarlo,
aveva acceso il climatizzatore.
Tanto era stato la sera prima il desiderio di restare al ryokan, quanta
ora era la brama di allontanarsi da lì. Voleva tornare
presto a casa per una doccia, per cambiarsi e per tenere il braccio a
riposo. Raggiunse la porta maledicendo l’albero, la neve e
Jenny. Più si muoveva e più il dolore alla spalla
aumentava. Uscì sul corridoio ed entrò in cucina
trovandola vuota. La nonna era fuori in giardino, la scorse oltre i
vetri e quando aprì la finestra il freddo lo
investì di colpo. Lei udì il rumore e si volse.
-Buongiorno, Kevin. Hai dormito bene?- gettò una manciata di
sale ai suoi piedi. Poi appoggiò il sacchetto e si
avvicinò.
-Il braccio va meglio.- mentì spudoratamente.
-Non sforzarlo, però.-
-Farò attenzione.-
-Jenny dorme?-
-No, è salita di sopra.- del tutto inutile specificare che
lo aveva fatto insieme a Callaghan -Sto tornando a casa.-
La nonna non fu d’accordo.
-Non puoi guidare con il braccio in quelle condizioni.-
-Vado a piedi. Tornerò a prendere il furgoncino non appena
starò meglio. O verrà mio padre.-
-Fai almeno colazione…- suggerì la vecchina.
-Mangerò a casa.-
-E Meryl?-
-Dorme ancora. Mi raggiungerà più tardi.-
*
-Eccoli, i due piccioncini!- li accolse Bruce quando Philip e Jenny
fecero il loro ingresso in cucina all’incirca
un’ora e mezza più tardi -Avete dormito bene?
Anzi…- si corresse con un sorrisetto carico di sottintesi
-Avete “non-dormito” bene?-
Philip notò con fastidio che l’allusione di Bruce
era negli occhi di tutti. I compagni li osservavano pieni di
condiscendenza e lui non poteva farci niente perché i loro
pensieri erano legittimi. Non solo non avevano visto Jenny tornare la
sera prima, ma neppure lui uscire dalla stanza quella mattina. Era
normale che pensassero che avessero trascorso l’intera notte
insieme.
-Direi proprio di no.-
Impiegarono mezzo secondo, gli amici, ad accorgersi che era furioso. Se
non era stata sufficiente la risposta e soprattutto il tono,
bastò seguire la sua avanzata verso la sedia, che
scostò bruscamente dal tavolo prima di mettersi seduto.
-No?- sul viso di Benji passò un lampo di scetticismo
perché non ci credeva neppure un po’. I suoi occhi
si posarono su Jenny che lo superò rapida e
salutò tutti frettolosamente -Avete trascorso
l’intera nottata a litigare?-
-Non abbiamo litigato.- mormorò lei.
-E ci siamo visti un’ora fa.- puntualizzò Philip
scorbutico.
Patty pensò che era ancora troppo presto per rovinarsi la
giornata.
-Tua nonna ti cercava, Jenny. Le abbiamo detto che ti stavi ancora
preparando. Forse dovresti andare a sentire cosa vuole.-
L’altra annuì e si guardò intorno.
-Dov’è Kevin?-
Philip le lanciò un’occhiata torva che Jenny si
sforzò di ignorare.
-È tornato a casa.- riferì Patty.
-Anche Meryl?-
-Sì, quando ha saputo che suo fratello era andato via, ha
detto che non aveva più nessun motivo per restare. Ti
saluta.-
Amy si alzò per prendere la teiera dal fornello,
l’acqua ormai calda.
-A che ora abbiamo il pullman, Jenny?-
L’amica raggiunse l’angolo tra il frigorifero e il
forno a microonde, frugò tra i documenti riposti nello
stretto spazio e tirò fuori un foglio ripiegato in quattro.
Lo porse all’amica.
-Questi sono gli orari, stavolta andremo a Tomamu in treno. Vado a
vedere cosa vuole la nonna, torno subito.-
-C’è un treno ogni ora.- Amy si rivolse a Holly
-Impiega circa quaranta minuti. A che ora vuoi partire?-
L’orologio segnava quasi le nove.
-Che ne dite per le undici? Così ci rimane un po’
di tempo per fare due tiri.-
Bruce non credette alle proprie orecchie.
-Stai scherzando? Che senso ha andarci, se perdiamo qui tutta la
mattina?-
Holly ricambiò accigliato.
-Sapevo che avresti protestato.-
-Sì, porca miseria! Non ha senso arrivare all’ora
di pranzo! E per cosa, poi? Per due tiri sul piazzale o in
quell’accidenti di radura!-
Tom tossicchiò per prendere la parola.
-Holly, secondo me Bruce non ha tutti i torti. Se siamo
d’accordo ad andare, conviene arrivare presto e goderci la
giornata.-
-A me piacerebbe fare un salto in piscina.-
Quello di Amy voleva essere un desiderio sussurrato a Julian ma il
capitano, che le sedeva accanto, la udì e la
fulminò con l’identico sguardo dedicato un attimo
prima alla propria metà calcistica.
Tom ritrattò immediatamente.
-Era un’idea. Facciamo come vuoi tu, Holly.-
-Come voglio io? Ma se sono in minoranza!- li osservò uno
per uno e quando si fermò di nuovo su Amy, nei suoi occhi
trovò soltanto il malcelato entusiasmo di una probabile
nuotata in piscina. Si rassegnò -Se usciamo prima, a che ora
parte il treno?-
Lei controllò di nuovo gli orari.
-Per esempio ce n’è uno alle nove e trentacinque.-
-Aggiudicato.-
Poiché Jenny non era tornata e non aveva fatto colazione,
mentre riordinava la cucina Patty mise da parte una brioche, un paio di
biscotti e una fetta di torta. Dopodiché salirono tutti di
sopra per ultimare i preparativi. Sulle scale, Tom si
affiancò a un Philip particolarmente silenzioso e gli
lanciò un’occhiata sguincia.
-Avete litigato un’altra volta, tu e Jenny?-
-Grazie per l’interessamento ma non ho voglia di parlarne.- e
visto che indossava ancora gli abiti della sera prima e doveva fare in
fretta a cambiarsi, stava già scegliendo mentalmente i
vestiti da recuperare dall’armadio.
Neanche si fosse messo d’accordo con Tom, non appena Philip
entrò in camera Mark lo incalzò.
-Perché hai litigato con Jenny?-
-Non abbiamo litigato!-
-Nessuno ci crede, Callaghan.- si intromise Benji giusto per non
perdere l’occasione di farlo -Ma tanto abbiamo capito che tra
voi i litigi sono la normalità e a parte la
curiosità legittima di Landers – che chiaramente
si preoccupa per Jenny ma non per te – ormai ci siamo
abituati.-
Philip lo ascoltò a bocca aperta, poi cominciò a
fumare dalle orecchie non tanto per l’allusione che tirava in
mezzo Mark quanto per lo scontento che da poco più di
un’ora gli ribolliva dentro.
-Non abbiamo litigato!- ripeté con veemenza -E di solito non
lo facciamo mai! Ma qui a Shintoku la situazione ci sta sfuggendo di
mano per parecchi motivi. Uno di questi è che i nonni hanno
intenzione di assumere Kevin per farlo lavorare al ryokan e solo
l’idea mi fa infuriare.-
Holly lo guardò sbigottito.
-Dopo quello che ti ha fatto? Lo sanno? Jenny gliel’ha
detto?-
-No che non lo sanno! Eravamo d’accordo così ma
forse sarebbe stato meglio se ne avesse parlato.- Philip fremette di
fastidio -E comunque a questo punto è completamente inutile
metterli al corrente, tanto hanno già deciso. Quel maledetto
bastardo viene a dar loro una mano da un sacco di tempo.- prese
furiosamente dall’armadio un cambio diverso da quello che
aveva pensato ma non ci fece neppure caso -Da soli non riescono
più a mandare avanti la baracca.-
-Non puoi biasimarli.- cercò di farlo ragionare Julian
-È già abbastanza che non abbiano chiesto a Jenny
di vivere a Shintoku e dar loro una mano.-
-Comunque non abbiamo litigato.- ripeté Philip tanto per
ribadire un concetto che voleva fosse chiaro a tutti, poi decise di
andare a vestirsi nel più tranquillo bagno.
Chi sarebbe partito volentieri più tardi, fu invece pronto
per primo. Stanco delle chiacchiere dei compagni tanto quanto Philip,
innervosito dall’incapacità di far valere il
proprio ruolo di capitano per la maggior parte delle volte da quando
erano arrivati a Shintoku, Holly pensò bene di togliersi di
torno e aspettare di sotto. Neanche si fossero dati appuntamento, Patty
stazionava annoiata davanti all’ingresso, seduta sul basso
scalino e le scarpe ai piedi. La raggiunse e si accomodò al
suo fianco con un sospiro profondo e scontento.
-Sei già pronta?-
-Non volevi andare?-
-Non riusciamo mai ad allenarci. Eppure questo è un ritiro.
O almeno dovrebbe esserlo.-
La ragazza gli mise una mano sul braccio e gli sorrise.
-Però sarebbe carino se riuscissimo a fare un salto in
piscina.-
-Non ho neppure il costume.-
-Possiamo comprarlo lì. Sono sicura che ne vendono!-
Il suo entusiasmo lo tirò un po’ su di morale.
-Se almeno trovassimo il modo di restare un po’ per conto
nostro… Magari potremmo andare a fare il bagno mentre gli
altri sciano.-
-Mi piacerebbe molto.-
Holly le passò un braccio intorno alle spalle per accostarla
a sé.
-Dovremmo approfittare sempre di ogni preziosissimo attimo di
solitudine.-
La giovane sorrise e si strinse contro di lui. La tentazione di
baciarla fu fortissima ma un attimo prima di riuscire a farlo, Patty si
scostò.
Anche lui si volse. Immobile in cima alle scale, aggrappato al
corrimano, Bruce li fissava divertito.
-Beccati!-
Holly non apprezzò l’intromissione ma
restò in silenzio. Si alzò, indossò la
giacca a vento e uscì. Patty cacciò un sospiro e
lo seguì fuori mentre il ragazzo dispettoso tornava di sopra.
Nei pressi della finestra della loro stanza, Tom li vide comparire sul
piazzale.
-Mi dispiace che Holly si sia arrabbiato.-
-Fai bene a dispiacerti, la colpa è tua.-
Il ragazzo guardò ingenuamente Mark.
-Mia?-
-Sicuramente non si aspettava che appoggiassi i capricci di Bruce.-
-Lo ha fatto perché avevo ragione. Non ha senso arrivare
tardi per due calci al pallone.-
-Certo, Harper. Infatti non siamo qui per dare due calci alla palla ma
per andare a sciare.- si premurò di ribadire Benji, visto
che constatare l’ovvio gli procurava un’immensa
gioia. Peccato solo che Callaghan non fosse presente.
Ed Warner li ascoltò attento per cercare di cogliere la
dinamica delle loro discussioni, che spesso gli restava ancora oscura.
Quando era partito da Tokyo aveva pensato di trovarli ad azzuffarsi per
ogni quisquilia. Invece quella che da due giorni aveva davanti era una
situazione di calma prevalente, di stallo perpetuo. E, come aveva avuto
modo di capire da subito, il fine ultimo del ritiro, cioè
allenarsi, era andato a farsi benedire ormai da diversi giorni. Era
così preso a riflettere che impiegò troppo tempo
a prepararsi e fu il penultimo a uscire. Dal corridoio
lanciò un’occhiata all’interno della
stanza. Mellow tardava, infilato per metà
nell’armadio a muro.
-Danny, sbrigati o ci lasciano qui.-
-Dove sono finiti i miei pantaloni? Tu li hai visti, Ed?-
-Ce li hai addosso!-
-Non questi!-
-Allora non ne ho idea. Ma fai in fretta a trovarli, ti aspetto di
sotto.-
Scendendo le scale, Ed pensò che tutto sommato era molto
meglio andare a sciare che spaccarsi le gambe tra la neve alta un
metro. Nell’ingresso non trovò nessuno. Allora
indossò la giacca, infilò le scarpe, si avvolse
bene nella sciarpa e uscì.
-Dov’è Danny?- lo accolse Mark -Manca soltanto
lui.-
-Manca anche Evelyn.- disse Amy, camminando avanti e indietro per
scacciare il freddo.
-Danny!- Landers lo chiamò a gran voce -Danny! Se non scendi
all’istante ti lasciamo qui!-
-Manca sempre anche Evelyn.-
Mellow li udì. Aveva trovato i pantaloni di cotone spesso e
caldo che cercava, l’ideale per una giornata
all’aperto tra montagne ancora più alte. Li
abbottonò svelto, sistemò la felpa intorno al
corpo e raggiunse la porta.
Il grido arrivò improvviso, strappandogli di dosso un paio
di mesi di vita. Senza pensarci neppure un secondo, spalancò
il pannello che divideva la stanza in cui si trovava da quella delle
ragazze.
Seduta a terra, le gambe piegate sotto di sé, Evelyn si
volse, il terrore e il disgusto ancora negli occhi. Indossava i
pantaloni e nient’altro e prima di capirlo, suo malgrado
Danny posò gli occhi sul pizzo bianco del reggiseno. Evelyn
gridò di nuovo ma stavolta contro di lui, mentre recuperava
lo yukata abbandonato sui tatami e se lo tirava addosso per coprirsi.
Danny indietreggiò, le guance presero a bruciare di
imbarazzo come probabilmente non gli era mai successo. Avrebbe
desiderato chiederle cosa stesse accadendo anche solo per rompere il
ghiaccio, e dare un senso alla scomoda situazione di stallo in cui si
guardavano e basta e lui non sapeva che pesci pigliare. Ma
l’unico suono roco che gli venne su dalla gola fu qualche
parola di scusa.
-Mi dispiace… Non pensavo…- balbettò,
si interruppe. Deglutì, abbassò lo sguardo a
terra e indietreggiò -Non credevo… non
volevo… Solo che ti ho sentita gridare e…-
Continuando a tenere lo yukata stretto al corpo, Evelyn
liberò un braccio e lo tese verso la parete. La stoffa
scivolò via, scoprendole una spalla e parte della schiena.
-Smettila di balbettare, Danny! C’è qualcosa
nell’armadio a muro, ecco perché ho gridato!-
Mellow seguì con gli occhi la direzione che lei indicava,
temendo che gli chiedesse di controllare cosa l’avesse
spaventata. Non voleva farlo ma non perché avesse paura.
Voleva togliersi d’impaccio, dall’imbarazzo di
essere entrato e averla trovata così. Avrebbe voluto sparire
e si chiese se fosse già troppo tardi per farlo. Lo
capì non appena la porta che dava sul corridoio si
spalancò.
Le urla di Evelyn erano arrivate sul piazzale e quando Bruce si era
mosso per rientrare, aveva trovato Patty e Jenny già sui
gradini. Furono loro ad arrivare per prime, tutti gli altri si
accalcarono dietro.
-Eve!- chiamò Patty dalla soglia. Guardò
l’amica, poi individuò Danny e la preoccupazione
lasciò il posto alla sorpresa. Cercò di capire
cosa fosse accaduto o cosa stesse accadendo, passando gli occhi
dall’uno all’altra. Non trovando spiegazioni,
buttò lì a caso la prima domanda che le venne in
mente -Abbiamo interrotto qualcosa?-
Bruce si fece largo tra i compagni spintonandoli senza ritegno.
-DANNYCHECIFAIQUI!-
Poi fu la volta di Mark, che scostò Bruce e
dedicò a Mellow un sorrisetto molto saputo e molto sentito,
persino navigato, seppure la seduzione non fosse materia in cui
eccellesse.
-Non avrei mai immaginato che fossi della stessa pasta di Harper!-
Danny non capì bene il significato di
quell’affermazione ma in ogni caso non gli piacque. Solo che,
con tutti quegli occhi addosso che lo mettevano a disagio, riprese a
balbettare e non riuscì neppure a spiegarsi.
-Non è come pensate… io…
lei… io… se...-
Philip diede un taglio alla sua pietosa sceneggiata.
-Bene. Adesso sappiamo perché ci mettevano tanto a
scendere.-
-No, veramente… io…-
-Smettetela!- saltò su Evelyn rossa di vergogna e di
collera. Invece di preoccuparsi, l’intera combriccola
continuava a tormentarli con commenti insensati -Accidenti a voi e alle
vostre stupide allusioni!- fulminò il fidanzato con
un’occhiataccia e agitò di nuovo il braccio nudo
indicando l’armadio -Lì dentro
c’è qualcosa!-
Patty avanzò coraggiosamente verso i futon riposti dietro le
ante. Scostò le coperte e guardò.
All’inizio non riuscì a scorgere nulla se non lana
e cotone di svariati colori, lei stessa creava sul fondo una zona buia.
Allora si scostò un poco per lasciar entrare la luce e
allungò un braccio verso coperte e guanciali per scostarli.
Un’ombra guizzò vicino alla sua mano. La ritrasse
di scatto e gridò di orrore ricadendo
all’indietro. Puntando i piedi sui tatami si tirò
via svelta finendo proprio addosso a Evelyn. Si volse a guardarla,
pallida come un cadavere.
-Cos’era?-
-Non lo so.-
-C’è davvero qualcosa!-
Allora fu Bruce che si avvicinò, scettico e sospettoso. Cosa
poteva esserci di così terrorizzante in uno stupido armadio?
-Io non vedo niente.-
-Ti dico che c’è qualcosa.- insistette Evelyn,
neppure più tanto desiderosa di scoprire cosa
l’avesse spaventata. E se si fosse trattato di qualcosa di
schifoso, come per esempio un topo, o peggio un ratto?
Il fidanzato si inginocchiò accanto alle coperte e lei
trattenne il fiato, aggrappata con una mano alla felpa di Patty.
-Vediamo un po’...-
La tensione dietro di lui divenne palpabile, sulla porta invece gli
amici aspettavano curiosi che il mistero venisse svelato, dimentichi di
avere un treno da prendere e poco tempo per raggiungerlo.
-Ma guarda...- Bruce si volse verso le due ragazze che si stringevano
l’una all’altra -Ecco qui, vi presento il mostro
dell’armadio!- tirò fuori la gatta tenendola per
la collottola e rise.
Evelyn tirò un profondo sospiro di sollievo.
-Pensavo si trattasse di un topo.-
-Eve! Non ci sono topi nel ryokan!- esclamò Jenny scioccata.
-E noi finiremo per perdere il treno.- predisse Julian già
per metà rassegnato a non raggiungere le piste.
-Accidenti, il treno!- Patty si mise in piedi -Eve! Fai in fretta a
vestirti!-
-Certo, se vi togliete dai piedi!- disse, dal momento che
l’intero gruppo stazionava ancora sulla soglia.
Prima di uscire Bruce cacciò un urlaccio verso Danny,
rimasto impalato in un angolo a sperare che tutti dimenticassero la sua
esistenza. Ancora rosso in volto, lui gli lanciò
un’occhiata silenziosa e piena di vergogna.
Dopodiché scomparve senza fiatare.
-Non ti capisco, Harper.- Benji lo aspettava nel corridoio e lo
affiancò sulle scale -Qualche giorno fa hai detto che non ti
dava fastidio che vedessimo Evelyn nuda, vero Tom?-
-Verissimo. Lo ricordo perfettamente anch’io.-
-Non mi dà fastidio se è in foto e non
è l’unica ad esserlo! E soprattutto non se lo
è in presenza di un altro, loro due da soli!-
Tom e Benji si guardarono.
-In effetti una certa logica ci sarebbe.- puntualizzò il
portiere -Se non stessimo parlando di Mellow.-
La nonna li intercettò sugli ultimi gradini.
-Al telefono c’è una persona che chiede di Holly.
Un certo signor Samo… La linea è disturbata, non
capisco di cosa si tratti.-
Alle orecchie dei ragazzi Samo non poteva essere che Gamo.
-Diamine, proprio ora! Che tempismo del...-
Philip mise Mark a tacere con una gomitata. Ripresero parlare a
sussurri, timorosi che l’allenatore più severo e
intransigente di tutta la storia del calcio giapponese carpisse anche
solo una parola sbagliata.
Benji si avvicinò al capitano e gli mise una mano sulla
spalla, incoraggiante.
-Dovrai cercare di ottenere la maggiore quantità di
informazioni nel minor tempo possibile, o perderemo il treno.-
-Non sarà facile.-
-È sufficiente che non ti dilunghi troppo.-
-Io non mi dilungo. Anzi non risponderei neppure…-
-Ma qualcuno deve farlo.-
-E lo farò, ma voi sparite. Non vi voglio tra i piedi!-
Holly li esortò a togliersi di torno. Mentre recuperava la
cornetta, non si accorse che i compagni decidevano di comune accordo di
restare nell’ingresso perché avevano
già sperimentato il freddo esterno e si erano stancati di
aspettare al gelo. Una soluzione che non andò bene a tutti.
-È meglio se ti togli di torno, Bruce. Durante
l’ultima telefonata hai combinato un casino.-
-Solo se esci anche tu, Philip.-
-No, prima tu.-
-Fuori si gela, uscirò quando andremo via.-
-Che fate? Ricominciate?-
Philip si volse furioso.
-Perché usi il plurale, Landers?-
-Perché sei tu che stai discutendo con quel mentecatto,
Callaghan.-
Holly fece loro cenno di tacere e coprì la cornetta per
lanciare l’ordine.
-Uscite tutti!-
-Fuori fa freddo, spicciati!-
Bruce e Philip si spinsero a vicenda sul piazzale. Tom li
seguì per controllarli e anche il trio della Toho si tolse
silenziosamente di mezzo. Julian si rassegnò a raggiungere i
compagni all’esterno e dentro rimase solo Benji.
-Non esci?- gli domandò Patty guardandolo storto.
-No, anzi. Mi rendo utile.-
-Per esempio?-
-Accorcio i tempi.-
-Che significa?-
-Che se non perderemo il treno sarà solo grazie a me!-
-Non ci stai facendo un favore. Anche tu vuoi andare a sciare.-
-Su quel treno potrei salirci da solo. E invece sono qui a fare in modo
che lo prenda pure Holly.-
Una mano sulla cornetta a coprire lo scomodo dialogo tra la fidanzata e
il portiere, il capitano si sforzava di ascoltare le parole del mister
che lo chiamava da Tokyo, con i rumori del traffico in sottofondo. Ma
non riusciva a ignorare Benji e si chiedeva come metterlo a tacere o,
almeno, concludere la telefonata. Tanto di ciò che aveva da
dirgli Gamo, non aveva capito nulla. La soluzione la trovò
direttamente il portiere, strappandogli letteralmente il telefono dalle
mani.
-Salve, mister! Sono Benji.-
“Price, stavo parlando con Holly di una cosa
importante...”
-Per noi non esiste nulla di più importante degli
allenamenti e stiamo giusto uscendo. Richiami stasera.
All’ora di cena dovremmo essere rientrati.-
Holly scosse la testa, lasciò Benji alle prese con
l’allenatore e raggiunse l’ingresso per infilare di
nuovo le scarpe.
Benji arrivò un secondo dopo e quando furono
all’esterno la curiosità dei ragazzi li
circondò.
-Che voleva Gamo?-
-Ve lo dico sul treno. Adesso andiamo.-
Era davvero troppo tardi. Percorsero la discesa verso il paese molto
più lentamente di quanto avrebbero voluto. Evelyn non poteva
correre né sforzare la caviglia e quando entrarono nella
stazione il treno era già sul binario pronto a partire. Il
fischio di chiusura delle porte risuonò acuto, allora Bruce
si caricò la fidanzata sulle spalle e saltò
all’interno del vagone un attimo prima di restarne chiuso
fuori.
Ferma in cima alle scale del sottopassaggio, Patty sorrise e strinse la
mano del capitano, osservando il treno che si allontanava senza di
loro. Lei e Holly non avevano neppure perso tempo ad acquistare i
biglietti e nella fretta nessuno dei compagni si era accorto di averli
lasciati indietro. Quando gli ultimi vagoni scomparvero dietro una
curva, entrambi tirarono un profondo, sentito e liberatorio sospiro di
sollievo.
-Siamo soli!- Patty si strinse a lui euforica -Sei un genio!
È per questo che ti adoro!-
Uscirono dalla stazione tenendosi per mano. Holly aveva chiaro in testa
tutto il programma della giornata. Sorrise pregustandolo, mentre lo
illustrava anche a lei.
Seduto accanto a Jenny nei posti da quattro, Philip allungò
il collo verso gli altri sedili occupati dai compagni.
-Allora, Holly. Cosa voleva Gamo?-
Poiché nessuno rispose, i suoi occhi guizzarono ovunque
senza scovarlo.
-Holly?- Julian si affacciò nel corridoio, addirittura si
alzò - Non c’è!-
E non c’era neppure Patty.
-Non è salito!-
-Non è possibile!-
I ragazzi li cercarono increduli tra gli sparuti passeggeri, arrivando
presto all’amara conclusione.
-Ci hanno giocati!-
-Strano, Patty voleva andare in piscina.-
Benji, dall’altra parte del corridoio, sorrise.
-Hanno le terme, Amy. E per di più possono godersele da
soli.-
Jenny prese l’inconsolabile fidanzato per mano e lo
tirò verso di sé.
-Siediti, Philip.-
-Sono rimasti a Shintoku!-
Lei sorrise paziente.
-Allora dobbiamo essere contenti per loro. Holly se la merita una
giornata di riposo, non credi?-
Jenny si sistemò contro la sua spalla e spostò
gli occhi sul finestrino. Usciti dalla cittadina esistevano solo neve,
alberi e cielo.
*
-Mi dispiace ma proprio non posso.- dichiarò Evelyn -Anzi, a
dire il vero non mi dispiace per niente!-
La caviglia ammaccata non avrebbe sopportato di essere strizzata negli
scarponi da sci. Bruce lo capiva ma era lo stesso combattuto tra il
desiderio di affrontare la pista e quello di restare insieme alla
fidanzata a bighellonare per la valle. Non aveva mai sciato e non aveva
idea di quando gli sarebbe ricapitata l’occasione
poiché tra le sue priorità, la settimana bianca
occupava davvero gli ultimi posti. Guardò gli sci in bella
mostra sugli espositori e sospirò.
-Non me la sento di lasciarti da sola!-
-E allora resta con lei.- suggerì Philip, sperando di
togliersi dai piedi l’ennesimo principiante.
Era determinato ad affrontare una discesa in solitaria sul percorso per
esperti e poi una gara con Jenny sulla pista meno ripida.
Già si immaginava filar via veloce lasciandola indietro,
rallentare a metà percorso fino a farsi superare e poi
seguirla passando con gli sci sui segni lasciati da quelli di lei.
Avrebbe udito la sua risata entusiasta e si sarebbe affiancato fin
quasi a sfiorarla. All’ultimo l’avrebbe sorpassata
di nuovo mandandola su tutte le furie. A valle avrebbe rallentato,
lasciandola vincere. Lei avrebbe capito la manovra ma sarebbe stata
contenta lo stesso. Le lanciò un’occhiata e la
vide camminare avanti e indietro lungo la corsia del negozio dedicata
agli accessori femminili, alla disperata ricerca degli sci della volta
precedente che non riusciva più a trovare. Doveva averli
noleggiati qualcun altro. A volte proprio non la capiva: che fossero
lilla, azzurri o verdi, cosa cambiava? Doveva soltanto affittarli.
Scosse la testa e sorrise. Dopo la gara con lei voleva riservarsi
un’altra discesa come si deve, di quelle spericolate, di
quelle a tutta velocità dove gli alberi filano via in una
linea scura e continua, di quelle che se prendi un dislivello, salti in
aria e atterri anche due metri più in basso. Era venuto fin
lì apposta, maledizione!
Lanciò un’occhiata a Benji, perché
pochi minuti prima si erano ritrovati insieme a guardare gli snowboard.
Si erano scambiati uno sguardo complice, poi il portiere aveva scosso
la testa, rassegnato in partenza a rinunciare.
-Meglio di no. Se avessimo un imprevisto...-
Aveva lasciato in sospeso l’agghiacciante
possibilità e Philip aveva capitolato senza condizioni
perché in programma c’era la partita contro
l’Oman.
Bruce continuava a non decidersi, sottraendo tempo prezioso a tutti.
-L’altra volta non sono salito.-
-E allora vieni!- Philip sospirò, cominciando a perdere la
pazienza.
-Però così Evelyn rimane sola.-
-Di cosa hai paura?-
Alla fine delle piste, sul pianoro, c’erano solo grappoli di
bambini in compagnia di istruttori, che prendevano lezioni di sci di
fondo mentre aspettavano a valle il ritorno dei genitori saliti ad
affrontare percorsi più impegnativi.
-Bruce, non preoccuparti. Farò un giro e un po’ di
foto e quando mi sarò stancata andrò a sedermi in
qualche bar.-
Il ragazzo sembrò convincersi e si mise in fila per la
seggiovia, mentre Evelyn si allontanava.
I problemi iniziarono quando si ritrovarono in cima alla pista.
-Come mai sai sciare, Danny?-
Il fastidio di Mark trapelò dal suo sguardo acuminato e dal
tono della sua voce. Non aveva dubbi che Ed ne fosse capace ma dover
annoverare tra gli esperti anche Mellow fu una sgradita sorpresa.
Danny sapeva sciare perché suo padre amava farlo e
l’aveva portato con sé sulle piste fin da bambino.
Ma come poteva dire una cosa del genere a Mark che il padre
l’aveva perso alle elementari?
-No nel modo più assoluto!- gridò una voce,
facendogli sfuggire un sospiro di sollievo.
Le proteste di Philip arrivarono al momento giusto. Con gli sci
già agganciati, seguiva Jenny che si dirigeva proprio verso
di loro. Danny fu rapidissimo a cogliere l’attimo per
dileguarsi insieme a Ed, imboccando la pista a gran
velocità.
-Callaghan! Se continui a urlare così farai venir
giù l’intera montagna!-
Jenny appoggiò Mark.
-Infatti non c’è nessun bisogno che gridi, Philip.-
-E allora aprite bene le orecchie, tutti e due! Oggi non si
ripeterà ciò che è successo
l’altro giorno.-
-Difficile evitarlo, sei di pessimo umore anche stavolta.-
sogghignò Mark, strizzando l’occhio
all’amica in un gesto complice che lo mandò su
tutte le furie.
-Jenny! Vieni con me e lascia che quest’incapace se la cavi
da solo!-
-Philip! Non possiamo! E se si fa male? Cosa dirai a Gamo?-
-Philip…- Bruce lo chiamò con una vocina timorosa.
-Cosa c’è?-
-Non so sciare.-
-Allora cosa sei venuto a fare? E soprattutto, cosa vuoi da me?!-
-Benji mi ha detto di rivolgermi a te perché sei il
più esperto. Mi ha assicurato che ci avresti pensato
tu…-
Solo nel momento in cui fu costretto a farci caso, Philip si rese conto
che il portiere e tutti gli altri erano ormai talmente lontani da
risultare dei puntini colorati sulla pista. Gli venne un colpo. Quei
maledetti avevano lasciato di nuovo lui e Jenny alle prese con due
impiastri. Guardò la fidanzata così turbato che
la ragazza provò nei suoi confronti un moto di compassione.
Dietro di lei Mark rideva, e ridendo si tirò addosso per
forza di cose la collera del compagno.
-Bene, Landers. Molto presto avrai ben poco da stare allegro. Farai la
discesa con me!-
-Ma...- tentò lei.
-Niente “ma”, Jenny!-
La giovane si rassegnò per non contrariarlo più
di così. E poi Mark con lui non correva nessun rischio,
avrebbe dovuto soltanto armarsi di pazienza e starlo ad ascoltare.
-Va bene, allora. Facciamo come dici tu.-
-Jenny… Mi lasci con lui?-
-Philip è molto più bravo di me, Mark.-
-Ma ha molta meno pazienza.- borbottò scontento, chiedendosi
se sarebbe arrivato fino in fondo alla pista tutto intero. Decise di
mettere in guardia il compagno.
-Sai bene che se mi faccio male il mister se la prenderà con
te, vero?-
Philip alzò le spalle con noncuranza.
-Se la prenderà con me comunque solo per avervi portati qui
e il fatto che tu ti sia fatto male non cambierà nulla. Come
vedi non ho niente da perdere.-
Sentirli parlare in quei termini mise Jenny in apprensione. Decise
quindi di allontanarsi per non essere costretta ad ascoltarli. Bruce la
seguì docilmente spingendosi sugli sci, maldestro ma
soddisfatto per come si erano sistemate le cose. Preferiva mille volte
lei a Callaghan. Nervoso com’era dalla mattina, il compagno
non avrebbe fatto altro che criticarlo e rimproverarlo, mentre insieme
a Mark formava la coppia perfetta di quel giorno.
Con infinita pazienza e lanciando continue occhiate preoccupate dietro
di sé, Jenny spiegò a Bruce i rudimenti per
affrontare la pista, come tenere i piedi e le braccia, come piegarsi in
avanti per mantenere l’equilibrio. A metà discesa
il ragazzo aveva ormai preso dimestichezza con gli sci, mentre dietro
di loro continuavano a volare insulti e minacce alla
velocità del suono. Jenny era sicura che una volta arrivata
a fondovalle, avrebbe impiegato un bel po’ a far tornare il
buonumore al fidanzato.
Evelyn fece il suo timido ingresso nella splendida piscina di Tomamu.
Il soffitto era immenso, sostenuto da enormi piloni e travi
d’acciaio bianco su cui risplendeva e filtrava, al di
là dei vetri, la luce del sole. La vasca era altrettanto
enorme. Per la precisione misurava ottanta metri per trenta,
cioè la metà quasi esatta di un campo da calcio,
come aveva letto sul cartellone dell’ingresso. La divisione a
corsie era stata tolta per non interrompere il susseguirsi delle onde,
generate artificialmente a intervalli di trenta minuti o di
un’ora. Aveva speso una bella cifra per l’ingresso,
l’acquisto del costume, delle ciabattine e
l’affitto del telo da bagno, ma più si guardava
intorno, più scopriva i particolari di
quell’immensa struttura e più si convinceva di
aver fatto un buon investimento. Anzi, avrebbe dovuto scegliere la
piscina anche la volta precedente.
I raggi del sole risplendevano attraverso le grandi vetrate laterali e
al di là di esse si scorgevano le montagne innevate. Mentre
avanzava verso la piscina, scovò per caso una vasca
circolare, all’interno della quale chiacchierava un gruppo di
donne. Si avvicinò chiedendosi perché, con tanto
spazio, si fossero riunite tutte lì e lo capì
quando fu abbastanza vicina da distinguere enormi bolle
d’aria che salivano in superficie. Una vasca idromassaggio,
ecco perché. Accidenti, voleva provare anche lei! Si
lanciò un’occhiata intorno per vedere se ce ne
fossero altre ma non trovandone tornò a guardare le donne.
Voleva provare sì, ma preferiva aspettare di potersi
immergere da sola. Individuò una sdraio libera e vi
portò asciugamano e borsetta. Posò sul tavolino
la lattina di caffè che aveva preso al distributore
automatico e si sedette con un sospiro contento. Tirò fuori
il cellulare per controllare il display ma non trovò
né messaggi, né chiamate. Si chiese se fosse il
caso di spegnerlo, poi raggiunse un ottimo compromesso togliendo la
suoneria. Scattò qualche foto e lo ripose sul tavolo. Le
donne erano ancora tutte nella vasca.
Assicurò ben stretti i lacci del bikini dietro al collo, poi
si mise in piedi e raggiunse il bordo dell’enorme piscina. Si
chinò, immerse una mano nell’acqua e la
sentì piacevolmente calda. Quello sì che era il
paradiso!
-Frena, Bruce! Frena!- Jenny lo vide filare spedito giù per
la discesa acquistando velocità.
-Come si fa a frenare?-
Avvolto nella sciarpa, la testa coperta dal casco, Jenny
poté solo immaginare la domanda poiché distinse
appena la sua voce. Si spinse sugli sci e si gettò
all’inseguimento.
-Bruce!- gridò tallonandolo -Ruota i piedi
all’interno!-
Lui sbandò e per poco non cadde. Riprese
l’equilibrio e puntò verso il lato della pista.
Jenny riuscì ad affiancarglisi.
-Bruce! Fai così!- lo esortò.
Ma lui non era in grado di coordinare i movimenti neppure quanto
bastava per voltarsi a guardarla. Si era accorto di mirare dritto
contro un albero e non sapeva come cambiare direzione.
Non notò la neve accumulata intorno al tronco durante le
decine di passaggi per spianare la pista. Non capì che
quella specie di protezione naturale lo avrebbe protetto.
Così si gettò di lato, tagliando la strada a
Jenny che solo per un caso fortunatissimo non gli finì
addosso.
Il percorso impazzito di Bruce e lo scontro appena sfiorato la
indussero a guardarsi alle spalle. Scorse solo un paio di sciatori
ancora troppo lontani perché il ragazzo costituisse un
pericolo per loro, così attraversò la pista in
larghezza e arrivò di nuovo accanto a Bruce.
-Devi frenare! Prima ti ho fatto vedere come si fa, ricordi?-
-No, per niente!-
Jenny regolò la propria velocità per restargli
accanto.
-La cosa più sbagliata che puoi fare adesso è
lasciarti prendere dal panico. Stai andando benissimo, devi solo
imparare a controllare gli sci.-
-Se avessi saputo farlo a quest’ora mi sarei fermato! Fermami
tu, Jenny!-
Lei tentò di afferrarlo per rallentarne la corsa. Gli
sfiorò la giacca con la punta delle dita ma non
riuscì a trattenerla quando un improvviso dislivello del
terreno li avvicinò troppo e i loro sci si urtarono.
Rischiarono di cadere. Bruce si sbilanciò ma
restò miracolosamente in piedi mentre Jenny fu costretta a
lasciarlo e a frenare.
-Bruce!-
Il ragazzo proseguì senza controllo per un buon tratto,
tagliando la strada a una mamma e una bambina, proprio quegli sciatori
che poco prima sembravano abbastanza lontani e che in vece li avevano
già raggiunti.
-Razza di imprudente! Che ci fai qui se non sai sciare?- gli
gridò dietro la donna.
Jenny si diede una spinta e la raggiunse.
-Mi dispiace, signora. È con me! Adesso lo recupero!-
O almeno sperava di riuscirci!
L’ansia della ragazza attenuò
l’indignazione della sciatrice, che rispose con un filo di
preoccupazione in più.
-Allora in bocca al lupo, cara. E cercate di non farvi male.-
Jenny lo sperò, pensando che se si trovava in quella brutta
situazione era tutta colpa di Philip. Insieme a Mark sarebbe andata
meglio ed era sicura che si sarebbero persino divertiti.
Qualche metro più giù rispetto a lei, continuando
a filare verso valle a gran velocità, il vento che gli
sbatteva addosso senza rallentare la sua corsa, Bruce si chiese come
aveva potuto pensare di affrontare una pista così difficile
senza aver mai agganciato un paio di sci. Evelyn aveva avuto ragione a
non voler tornare lassù e lui avrebbe fatto meglio a darle
ascolto. Mentre gli alberi lungo la pista filavano via ad una
velocità pazzesca, capì che se non voleva
ammazzarsi doveva trovare il modo di fermarsi, o quanto meno rallentare.
-No!- la voce di Jenny alle sue spalle lo spaventò e lo
rassicurò allo stesso tempo -Tira su le racchette! Non puoi
fermarti con quelle, devi farlo con gli sci!-
-Mi avevi detto che mi avrebbero aiutato a frenare!-
-Non a questa velocità!-
-Allora fai qualcosa tu!-
Lei, saettandogli davanti con il rischio di essere travolta, riprese a
dargli istruzioni.
-Devi fermarti da solo! È il modo migliore per non farci
male.-
-Per quanto mi riguarda, fammi male quanto vuoi ma fermami!-
Più avanti si apriva una curva e la pendenza diminuiva. Al
di là del percorso, segnalato da una bordura di neve che lo
delimitava, c’era uno spiazzo libero dagli alberi. Quello le
parve il posto migliore.
-Per favore, Jenny!-
La ragazza si tirò di lato e lo lasciò passare.
-Allunga indietro una racchetta.-
Bruce lo fece, lei la strinse con i guanti e frenò per
entrambi, come aveva visto fare una volta a un istruttore durante una
lezione. Bruce sembrò magicamente rallentare ma il suo
slancio era troppo potente perché riuscissero ad arrestarsi
definitivamente su una discesa così ripida. Così
Jenny cercò di guidarlo fuori della pista e poco a poco ci
riuscì. Sobbalzarono sulla neve ammassata, ricaddero oltre
il cumulo e rotolarono per un tratto.
-Tutto bene? Siete tutti interi?-
La donna e la bambina arrivarono subito dopo, accostandosi preoccupate.
-Sì, tutti interi e vivi.- rispose Jenny ancora incredula
per lo scampato pericolo -Ha visto? Sono riuscita a fermarlo.-
-Ho visto, sì. Ma adesso devi insegnare al tuo ragazzo a
sciare in modo che non sia un pericolo né per sé
né per gli altri. E non mi sembra impresa facile…
Comunque, in bocca al lupo!-
Jenny non ebbe il tempo di correggere l’affrettata
conclusione della donna sul rapporto che tra loro non c’era
perché insieme alla figlia si stava già
allontanando. Allora aiutò Bruce a liberarsi degli sci e si
incamminarono lungo il margine della pista, sprofondando nella neve
fresca fino al polpaccio.
-E adesso che facciamo?- chiese lui.
-Te la senti di ripartire?-
-Abbiamo un’alternativa?-
-L’alternativa è scendere a piedi. Ci
vorrà più tempo ma almeno arriveremo illesi.-
Bruce pensò che se al posto di Jenny ci fosse stato Philip,
l’amico lo avrebbe spinto giù a calci pur di
portarlo presto a valle. Allora, per mostrarle la sua gratitudine, le
tolse di mano gli sci e si caricò in spalla anche i
suoi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** 12 - Tormenta coi fiocchi - seconda parte ***
- 12 -
Tormenta
coi fiocchi
Seconda parte
-Scusa, puoi tirarci la
palla?-
Evelyn nuotò per recuperare il grande pallone gonfiabile
color arancio che galleggiando si era avvicinato a lei quasi volesse
coinvolgerla nel gruppo di tre ragazzi e due ragazze che giocavano
nella piscina esterna, dove avevano preferito trasferirsi per non
disturbare
chi, in quella interna, desiderava pace e tranquillità.
Evelyn li aveva trovati fuori durante il suo solitario giro esplorativo
e, non avendo di meglio da fare, era rimasta a guardarli. Lo faceva
ormai da un po’ ed era stata tentata più volte di
chiedere se poteva unirsi a loro. Raggiunse la palla e la
lanciò con una precisione millimetrica tra le mani di uno
dei ragazzi. Lui la ringraziò ed Evelyn tornò ad
annoiarsi. Aveva saltato le onde per due volte, era rimasta immersa
quasi venti minuti nella vasca idromassaggio, aveva fotografato ogni
angolo di quel luogo fantastico e ora non sapeva più come
ammazzare il tempo. L’ultima volta che aveva controllato il
cellulare non aveva trovato né una chiamata né un
messaggio e questo significava che gli amici erano ancora sulle piste.
Era stufa di stare a mollo ma uscire dall’acqua tiepida della
piscina per aspettarli in strada al freddo era fuori discussione.
Una delle ragazze del gruppo la raggiunse.
-Ti va di unirti a noi? Siamo dispari, ci serve una persona.-
-Magari!-
-Ben arrivati!- gridò Benji a fondo pista. Si era liberato
degli sci e del casco e osservava Callaghan e Landers scendere in
velocità l’ultimo tratto del percorso, notando con
disappunto che quest’ultimo era molto migliorato.
Anche da lontano Philip percepì senza errore la venatura di
sarcasmo che caratterizzava il novanta percento dei suoi interventi e
che anche questa volta il portiere non si curò di
dissimulare. Ciò rappresentò un ulteriore motivo
di astio nei confronti dei compagni che lo avevano ingannato,
costringendolo a rinunciare alla tanto agognata discesa con Jenny per
mollar loro i soliti incapaci. Piantò Mark, ormai in grado
di percorrere senza di lui gli ultimi metri senza ammazzarsi, si diede
una spinta e acquistò velocità. Quando fu tanto
vicino da veder comparire sui loro volti sconcerto e preoccupazione,
frenò di colpo disegnando un’ampia curva sul
pianoro. La neve crepitò sotto gli sci e schizzò
alta. Li investì tutti, nessuno poté scostarsi in
tempo.
-Fantastico!- si congratulò Mark arrivando subito dietro di
lui -Questo devi proprio insegnarmelo!-
Philip si slacciò il casco e abbassò la sciarpa
che gli riparava il viso. Si sfilò gli sci con indifferenza
e li poggiò contro i sostegni di legno mentre gli amici si
ripulivano dagli schizzi di ghiaccio. Soltanto Benji azzardò
una protesta, che però Philip ignorò del tutto,
molto più preoccupato da qualcosa che di colpo divenne di
vitale importanza.
-Dov’è Jenny?-
La fidanzata non era con loro e non la vedeva da nessuna parte.
-Lei e Harper non sono ancora arrivati.-
Le parole di Warner ebbero per lui l’effetto di una doccia
fredda. Scandagliò con gli occhi la pista, attraversata in
lungo e in largo da sciatori che affrontavano la discesa con una
spigliatezza e una velocità che non potevano essere certo
quelle di Bruce.
-Impossibile, erano davanti a noi.- Philip spostò gli occhi
su Mark cercando una conferma.
-Non mi sono accorto di averli superati.-
-Ho fatto tre volte la discesa.- li mise al corrente Benji con una
certa soddisfazione -Non li ho cercati ma se ci fossero stati li avrei
certamente visti.-
-Sei salito e sceso tre volte?-
-Sì e al contrario di te, Landers, ho impiegato
più tempo a salire che a scendere.-
-A scendere sei stato una scheggia, praticamente sei scomparso.- lo
accusò Philip -Come tutti voi. Rapidissimi a lasciare le
rogne agli altri, begli amici!- dedicò un’occhiata
accusatoria all’intero gruppo.
-Sei tu ad aver organizzato qui il ritiro e giustamente ora ne subisci
le conseguenze.-
-Io sarei una rogna, Callaghan?- Mark si sganciò sci e li
appoggiò accanto a quelli di Tom
-Sicuramente lo è Bruce…- borbottò
Philip -Dove accidenti sono finiti? Se ha combinato qualche guaio me la
paga.-
-Andiamo a bere qualcosa, nell’attesa?- propose incautamente
Julian.
-Nessuno si muove da qui senza Jenny!-
-Si vede proprio che sei preoccupato per
l’incolumità di un tuo compagno di squadra,
Callaghan.- Dopo la frecciata di rito, Benji si sedette sui sostegni
degli sci e si rassegnò ad aspettare.
-La rogna a cui ti riferivi prima te l’aveva detto che era
meglio se ti occupavi tu di quell’impiastro. Jenny ed io
ormai avevamo raggiunto un’ottima sintonia.-
l’occhiata torva che Mark rimediò da Philip non
bastò a zittirlo -Invece hai voluto fare di testa tua. Sai
che ti dico? Ti sta bene!-
Visto che non c’era Holly per farlo, Tom si sentì
in dovere di mettere pace.
-Mark, per favore. Non serve che adesso tu..-
-E invece sì! Io gliel’ho detto, a questo qui! Ma
figuriamoci se mi dava retta!-
Osservando le piste dall’alto del suo trespolo, Benji si
chiese se ci fosse ancora tempo per fare un’ultima discesa.
Poi gli venne un’idea. Saltò a terra,
afferrò gli sci e si avviò verso la seggiovia.
-E adesso dove vai?-
-A lavorare per te, Callaghan. Li cercherò sulla pista.-
-Sei preoccupato anche tu?- domandò Amy.
-Macché preoccupato, vuole soltanto fare un altro giro.
Vero, Price?- gli rise dietro Mark.
-Unirò l’utile al dilettevole.-
Julian scorse i ritardatari.
-Puoi risparmiarti la fatica. Jenny e Bruce stanno arrivando.-
Non vennero giù dalla pista sciando come tutti si
aspettavano, ma sprofondando ad ogni passo tra la neve su un sentiero
laterale.
Philip si accorse subito che la fidanzata zoppicava leggermente.
-Ti sei fatta male?-
-Ho soltanto preso una storta.-
-Perché venite giù a piedi?-
-Per fare prima, abbiamo preso una scorciatoia.- rispose Bruce pronto,
mentre Philip lo scrutava sospettoso -Sto morendo di fame, voi no?
Chissà che fine ha fatto Eve!-
-L’hai chiamata?-
-Sì ma non risponde.-
-Intanto andiamo a riconsegnare gli sci.- decise Philip -Poi
l’aspetteremo in un bar, o nel negozio del noleggio.-
Mentre si incamminavano, Bruce rifletté su dove dare
appuntamento alla fidanzata e gli tornò in mente un posto
che la volta precedente gli era piaciuto moltissimo. Così,
restituita l’attrezzatura, scettici, stanchi e infreddoliti,
gli amici lo seguirono svogliati tra gli igloo del fondovalle,
ritrovandosi esattamente sul retro della grande struttura in metallo
che ricopriva la piscina del resort. Si fermarono davanti a una vasca
all’aperto, dove dense nuvole di vapore si levavano
dall’acqua riscaldata dissolvendosi nell’aria. Amy
tirò Julian per la manica della giacca.
-Che bello, avrei voluto andarci.-
-Hai ragione, è bellissimo. Però secondo me a
abbiamo fatto meglio ad approfittare delle piste da sci, visto che
siamo in Hokkaido.-
Lei concordò, continuando tuttavia a essere
irresistibilmente attratta dall’acqua e invidiando le persone
che sguazzavano beate.
Tom si rivolse a Bruce curioso.
-Come hai fatto a trovare questo posto?-
-È stato facile. Le ragazze in costume sono sempre lo
spettacolo migliore.-
-In costume tipo Evelyn?- domandò Benji indicandola.
-Sì, proprio come… Evelyn! Cosa ci fai
lì dentro?-
Lei si volse sorpresa e una palla gonfiabile di un vistoso arancione le
rimbalzò sulla testa senza farle male. Incurante del
giocattolo, che rimase a galleggiare indisturbato nei pressi, raggiunse
gli amici nuotando beata.
Amy la guardò avvicinarsi praticamente nuda, circondata da
un paesaggio di neve.
-Non senti freddo?-
-Macché! L’acqua è calda e si sta una
favola!-
Jenny si avvicinò.
-Dove hai preso il costume?-
-L’ho comprato all’ingresso.-
-Adesso capisco perché non rispondevi al telefono.-
-Mi hai cercata, Bruce?-
-Ti ho chiamata mille volte!- il ragazzo avanzò verso di lei
fino al bordo della vasca -Adesso vai a cambiarti, dobbiamo pranzare.
Se non mangio qualcosa muoio.-
-Non se ne parla! Se esco, per rientrare dovrò rifare il
biglietto!-
-Hai intenzione di rimanere tutto il giorno lì dentro?!-
-Perché no?-
-Prima di tutto perché ho fame! E mi pare una ragione
sufficiente a uscire dall’acqua! Poi, se vuoi, ti elenco gli
altri motivi.-
Mentre il dialogo tra Bruce ed Evelyn si faceva così
concitato da trasformarsi in un vero e proprio battibecco, Philip si
avvicinò guardingo a Jenny e la tirò da parte
senza farsi notare dai compagni.
-Ho appena avuto un’idea splendida! Andiamo a pranzo per
conto nostro, solo noi due!-
-Non possiamo! Siamo con loro!-
-Ma io voglio restare solo con te! Noi due soli e basta, come Holly e
Patty!- si lamentò -Siamo venuti qui due volte ed
è stata una peggiore dell’altra! Non siamo neppure
riusciti a fare una discesa insieme!- mise le mani in tasca la
scrutò -Che fine avevi fatto prima?
Cos’è successo sulla pista?-
-Non avremmo dovuto portare Bruce fin lassù.-
Lui tacque in attesa che continuasse e Jenny si agitò a
disagio sotto il suo sguardo indagatore.
-Siamo finiti fuori pista e ho preferito tornare giù a
piedi.- gli sorrise -Philip, sii ragionevole. Non possiamo andarcene e
lasciarli così. Tu hai organizzato il ritiro a Shintoku e io
li ho portati a Tomamu. Dobbiamo per forza restare con loro.-
-Per favore, Evelyn! Ho fame!- sentirono supplicare Bruce -Cosa vuoi
per uscire da lì?-
-Posso chiedere qualsiasi cosa?-
Lui annuì esasperato. I ragazzi intorno a loro trattennero
il fiato, in trepidante attesa di sapere come sarebbe andata a finire.
-Pranzo al ristorante italiano!-
La richiesta fece ridere Benji.
-Sono proprio fatti l’uno per l’altra.-
Bruce accettò immediatamente un accordo che piaceva a lui
per primo e si volse indietro in cerca di Philip, trovandolo un
po’ distante e appartato, quasi che lui e Jenny intendessero
tagliare la corda. Il compagno era l’unico in grado di
risolvere la situazione e impedirgli di morire di fame.
-C’è un ristorante italiano qui, immagino.- Evelyn
lo reclamava, quindi doveva esserci per forza.
Se Mark non fosse stato voltato per caso verso di lei proprio in quel
momento, probabilmente gli sarebbe sfuggito il disappunto che comparve
di colpo negli occhi di Jenny e sparì un secondo dopo
lasciando solo una fievole traccia. Tanto che pensò
addirittura di averlo immaginato, se solo Philip non le avesse cinto le
spalle con un braccio mentre rispondeva a Bruce.
-Sì, c’è.- si rivolse poi alla
fidanzata -Ma non dobbiamo mangiare lì per forza. Se non
vuoi, non ci andiamo.-
Evelyn lo udì.
-Allora io non esco.-
-Ci sono ristoranti a bizzeffe, perché proprio quello?-
-E perché quello no?-
Bruce pestò i piedi, disperando di metterli
d’accordo.
-Quando fai così sei insopportabile.-
-Cos’ha che non va la cucina italiana?-
s’incaponì Evelyn.
-Prima di tutto costa cara!- sbottò Mark.
-E poi il servizio è pessimo.- aggiunse Philip.
-E allora?- insistette lei -Le recensioni sulla pizza sono tutte
positive.-
Evelyn non mollava e Jenny capì che se intendevano uscire
dalla situazione di stallo, o meglio farla uscire dalla piscina, doveva
essere lei a capitolare.
-E sia per il ristorante italiano. Evelyn, puoi andare a cambiarti.-
Un quarto d’ora dopo stavano già varcando
l’ingresso dell’hotel extralusso col naso
all’insù, ad ammirare le due altissime torri che
svettavano contro il cielo azzurro proprio sopra di loro. Evelyn si
fermò nell’atrio per fare qualche foto con il
cellulare.
-Fantastico! Ho avuto davvero un’ottima idea. Non vi pare?-
-Pessima.- rispose Philip, senza sapere di non essere l’unico
a pensarla così.
Mark infatti era convinto che più che ottima,
l’idea di Evelyn fosse un cataclisma, un fulmine a ciel
sereno, una doccia fredda, un infortunio alla finale della coppa del
mondo. E per capirlo bastava guardarsi intorno e notare il lusso e lo
sfarzo degli arredi dell’albergo che al quinto piano ospitava
il ristorante italiano. Si sforzò di ricordare quanto avesse
nel portafoglio, lui che fin dalle scuole elementari aveva preso
l’abitudine di portare poco con sé per evitare di
spendere.
I suoi peggiori timori si rivelarono fondati nel momento in cui prese
in mano il menù, seduto sulle poltroncine di morbida pelle,
con Jenny da un lato e Tom dall’altro. Gli bastò
dare un’occhiata ai prezzi per decidere all’istante
il piatto più economico, un’insulsa insalata che
non lo avrebbe né scaldato né sfamato.
Accanto a lui Jenny era stranamente rigida e silenziosa, il volto
sprofondato tra le pagine del menù come se intendesse
impararlo a memoria. Per lei in quel momento il nome di ogni pietanza
era più interessante di ciò che aveva intorno ma
quando sentì Mark muoversi e sfiorarla senza volerlo, si
volse in tempo per vederlo riporre il portamonete nella tasca dei
jeans. Guardò la sua espressione afflitta e le
balenò un sospetto.
-Quanto hai con te?-
Lui esitò a rispondere, capendo anche che era completamente
inutile nascondersi. Al momento di pagare lo avrebbero scoperto tutti.
-Duemila yen.-
Jenny ne prese atto seria, recuperando la borsetta. La
appoggiò sulle ginocchia e senza farsi vedere da nessun
altro, sfilò una banconota dal portafoglio e
l’allungò verso Mark.
Lui reagì ritraendosi.
-Prendila.- ordinò lei con un sussurro deciso.
-Mai.-
-Non è un regalo ma un prestito. Me li restituirai.-
Continuando a rifiutare, Landers pensava che se Price avesse scoperto
che non aveva con sé che pochi spicci, avrebbe ricominciato
con la storia del morto di fame, dello spilorcio e chissà
cos’altro. Insomma, alla fine non ebbe scelta.
Allungò la mano sotto il tavolo e si appropriò
dei diecimila yen che l’amica gli porgeva salvandogli la
reputazione. Quando sentì la carta tra le dita,
ripiegò la banconota e la mise furtivamente in tasca. Lei
sorrise.
-Il cibo è ottimo, approfittane.-
Mark non fu sicuro di volerla ringraziare di un gesto sì
gentile, ma che aveva dato una bella scossa al suo orgoglio. E comunque
non ebbe la possibilità di farlo.
-Ciao, Philip!-
La voce estranea fece sussultare Jenny quasi avesse ricevuto uno
schiaffo invisibile. Philip cercò la sua mano sotto il
tavolo e la strinse rassicurante.
Entrambi si aspettavano di trovarla lì e avrebbero evitato
volentieri di sedersi a quei tavoli, ben sapendo che ormai da anni
durante la stagione sciistica lavorava come cameriera proprio in quel
ristorante.
-Da quanto tempo non ci si vede!-
-Mai abbastanza.-
Philip alzò malvolentieri lo sguardo dal menù per
posarlo sulla ragazza in piedi di fronte a lui dall’altra
parte del tavolo, il grembiule bianco che le fasciava i fianchi e in
una mano il palmare per le ordinazioni. Proseguì con un
semplice saluto risicato e privo di intonazione.
-Ciao, Nancy.-
-Sapevo che prima o poi saresti venuto a trovarmi.-
-Siamo capitati per caso.-
-Cosa ti porto?-
-Non ho ancora deciso, torna dopo.-
Il suo tono e le sue parole sfiorarono la scortesia ma lei sorrise lo
stesso.
-Pensaci con calma. Per me è un piacere averti qui e
più resti, più sono contenta.- disse e si
allontanò a testa alta per raggiungere un altro tavolo.
Non essendo una tipa che per i gusti di Benji valeva una seconda
occhiata, tutta la sua attenzione si spostò sul compagno.
-Stava flirtando con te, Callaghan?- lo chiese quasi incredulo -Chi
è?-
-Frequentava il nostro stesso liceo.-
-Di tutti e due?- domandò Evelyn -Se la conoscete entrambi
perché ha salutato solo te, Philip?- fu facile indovinarlo,
Benji aveva già lanciato il primo indizio e comunque lei
aveva vista e udito ben sviluppati -Le piaci, Philip?-
L’acume della futura giornalista fece centro.
-Magari adesso non più.- intervenne Jenny -Ma
l’antipatia tra noi è rimasta.-
Mentre li ascoltava, Amy si chiese era proprio quella la ragazza di cui
Jenny aveva parlato con loro in confidenza un paio di giorni prima. La
compagna di scuola del liceo che le aveva dato il tormento
perché era cotta di Philip. Nel dubbio...
-Se lo aveste detto prima, saremmo andati da un’altra parte!-
-Evelyn ci teneva e Nancy è soltanto una seccatura.- rispose
Jenny senza riuscire a convincersi lei stessa. Tanto che desiderava
andare in bagno e riordinare le idee lontano da Philip,
perché con lui accanto non ci riusciva. E poi voleva che si
sentisse libero di rivolgersi a Nancy a piacimento, non condizionato
dalla sua presenza.
Si alzò e Amy, intuendone il motivo, la imitò.
-Se vai in bagno ti accompagno.-
Evelyn le raggiunse ancora prima che svoltassero l’angolo.
-Perché le ragazze vanno sempre al bagno insieme?-
domandò Bruce rileggendo per la quinta volta
l’intera scelta di pizze. Non riusciva proprio a decidersi.
-Per chiacchierare di ciò che non vogliono che sentiamo.-
spiegò Julian -Avete deciso? Possiamo ordinare?-
Philip annuì, poi si accorse che Benji continuava a
osservare incuriosito Nancy spostarsi tra i tavoli.
-Chiamala, Price.-
Il portiere intese l’esortazione più come un
ordine che come un suggerimento e rispose a tono.
-Chiamala tu, così arriva prima.-
Invece non ci fu neppure bisogno di chiamarla, Nancy. Bastò
che Philip le posasse gli occhi addosso e che lei incontrasse il suo
sguardo per indurla ad avvicinarsi al loro tavolo.
Bruce ne fu entusiasta.
-Forte! Avete persino un collegamento bluetooth!-
-Vaffanculo, Harper.-
Julian ordinò anche la pizza che aveva scelto Amy, Bruce
quella di Evelyn. Grazie al prestito di Jenny, Mark poté
ordinare una margherita, mentre Benji ovviamente non badò a
spese e Tom si orientò sul classico. A scegliere per ultimo
fu Philip. Nancy registrò anche la sua pizza e lo
guardò nello stesso modo in cui lo guardava al liceo.
-E Jenny cosa prende?-
-Pensavo non l’avessi notata, visto che non l’hai
salutata. Comunque non prende niente.-
Lei fece spallucce e si allontanò.
-Jenny non mangia?- chiese Mark.
-No, non vuole nulla.-
Con un tempismo perfetto Nancy intercettò la rivale del
liceo nel corridoio che portava ai bagni e, più oltre, fino
in cucina. Non badò alle due ragazze che erano con lei, gli
Allen non si lasciavano intimidire da nessuno. Era abituata ad
affrontarle, le amiche di Jenny, e non avevano mai costituito un
problema. Si piantò in mezzo al percorso sbarrandole la
strada con lo stesso fare arrogante che l’aveva sempre
contraddistinta anche a scuola.
-Non riesco a credere che Philip non si sia ancora stancato di te,
insulsa ragazzina.- la provocò in modo odioso.
-Ci sposeremo, Nancy.-
-Se fossi in te non ne sarei così sicura.-
Evelyn si sentì rimescolare dalla collera.
-Fila a lavorare o ti prendi un ceffone!-
Nancy le lanciò l’occhiata distratta che secondo
lei meritava.
-Sempre pronte a difenderti, le tue amiche.-
-È facile capire chi è l’elemento
peggiore.- rispose Jenny. Erano passati troppi anni perché
riuscisse ancora a intimidirla. Adesso neppure svettava più
su di lei come a scuola, essendosi a sua volta alzata di statura.
-Sei venuta qui per mostrarmi quanto tu e Philip siete felici?-
-Siamo venuti per mangiare.-
-Eravamo venuti per mangiare.- corresse Evelyn che ribolliva di sdegno.
Si rivolse a Jenny -Avevate ragione tu e Philip, il servizio
è pessimo. Andiamo via.- scostò la cameriera che
le impediva di passare e tornò in sala furiosa, trascinando
Amy con sé.
Quando anche Jenny fece per superarla, Nancy la prese per il maglione e
avvolse il pugno nella stoffa, bloccandola sul posto. Il gesto non la
intimorì.
-Le cattive abitudini non muoiono mai, a quanto pare. Non siamo a
scuola Nancy, lasciami.-
-Non ti sposerai con Philip.-
-Sarai tu a impedirmelo?-
-No, lo farà il destino.-
La sicurezza di Jenny vacillò. Con gli anni aveva fatto il
callo alle sue minacce, ma non era preparata ad affrontare le sue
predizioni. Ebbe paura. All’improvviso l’idea che
le parole della ragazza si avverassero la terrorizzò.
Indietreggiando tentò di scostarsi da lei e dalla sua
malaugurata profezia.
-Ti ho detto di lasciarmi.-
-Jenny?-
Tom arrivò insieme a Benji e Nancy abbassò di
colpo il braccio.
-Hai sempre avuto fortuna.- sibilò furibonda.
Benji avanzò risoluto verso di loro, il suo
incedere altezzoso e sicuro di sé occupava spazio e Jenny si
sentì improvvisamente rimpicciolire. Lo sguardo del ragazzo
brillò di divertimento mentre sgomitava il compagno con aria
saputa.
-Ti ho già detto, Tom, che ho un debole per le cameriere,
vero?-
Lui annuì come se fosse davvero così, mentre il
portiere puntava la sua preda.
-Nancy… giusto? Che ne dici della suite
dell’ultimo piano? Più tardi ti va di salire a
tenermi compagnia?-
La ragazza divenne prima tutta bianca, poi tutta rossa fin quasi a
sfiorare il violetto.
-Come ti permetti? Per chi mi hai presa?-
-Ho sbagliato? Eppure mi è sembrato che a Callaghan avresti
offerto volentieri un diversivo se solo fosse stato disponibile. Ma
purtroppo non lo è, ha la ragazza… Io invece in
questo momento sono libero come l’aria e, ti assicuro, anche
molto più esperto.- le strizzò un occhio.
Tom tossicchiò a disagio e lanciò
un’occhiata imbarazzata a Jenny. Lei gli si
accostò, il forte timore che una ragazza impulsiva come
Nancy, sorella del più pericoloso teppista del liceo di
Furano, provocata in modo così scandaloso passasse alle
mani. E lei non voleva assolutamente finire nella rissa.
Il portiere approfittò della sua esitazione, si
avvicinò e le circondò i fianchi con un braccio.
Attirarla verso di sé e sussurrarle una promessa
all’orecchio fu un tutt’uno. Nancy si
scostò furibonda spintonandolo indietro.
-Non osare mettermi le mani addosso!-
-Nancy!- il cuoco la richiamò dalla cucina -Cosa stai
combinando? I clienti aspettano!-
Lei sussultò al rimprovero, poi rispose qualcosa di
indefinito mentre Benji rideva apertamente del suo imbarazzo. Ebbe
tutto il tempo di canzonarla, mentre lei percorreva il corridoio a
testa bassa per raggiungere la cucina.
-Quando scoprirai chi hai snobbato, sono certo che te ne pentirai.-
Ancora un po’ scossa da quanto accaduto, Jenny
tirò un respiro profondo.
-È stato davvero divertente, grazie. Fai sempre
quest’effetto alle ragazze?-
-A quelle brutte e stupide sì, le altre svengono ai miei
piedi. Ne conosci di gente strana, tu… Kevin,
Nancy…-
-Posso includere anche te nella lista?-
-Sì, ma non nella stessa. Nell’altra, quella dei
ragazzi affascinanti, di ottima famiglia, ricchi e simpatici.-
Tornando dal bagno Jenny trovò Amy in piedi a insistere per
andar via mentre Evelyn non riusciva a convincere Bruce a uscire di
lì in nessun modo.
-Che vuoi fare, Jenny?-
Lei guardò Philip senza capire.
-Vuoi andare via?-
-No, perché?-
-Per Nancy.-
Evidentemente mentre lei era in bagno era stato messo al corrente
dell’accaduto.
-Vi ringrazio per la premura ma non voglio andar via. E poi abbiamo
già ordinato.-
Le ultime le speranze di Mark di risparmiare sul pranzo si infransero
definitivamente.
*
Il treno entrò in stazione sollevando una nube di neve e
Holly alzò un braccio per ripararsi il viso.
-Sei sicura che saranno contenti di vederci?- domandò
dubbioso alla fidanzata.
-A me farebbe piacere.-
-Tu non sei loro.-
I ragazzi scesero da uno degli ultimi vagoni e Patty li
chiamò agitando una mano. Bruce li individuò per
primo, commentando la loro presenza con una buona dose di ironia.
-Guardate chi c’è! Come mai da queste parti, voi
due?-
-Siamo venuti a prendervi.-
-Bel pensiero davvero, dopo averci abbandonati.-
-Come facevate a sapere che eravamo su questo treno?-
-Gliel’ho detto io, Tom.- disse Evelyn.
Senza degnare il capitano di uno sguardo, il suo vice gli
passò accanto a testa bassa davvero poco sportivamente e
imboccò l’uscita della stazione.
-Philip! Che ti prende?-
Gli rispose Bruce fermandosi esattamente davanti a Holly.
-Gli prende che non si abbandonano così gli amici.-
-Mi auguro che almeno abbiate impiegato bene il vostro tempo.
Sarà molto difficile che vi ricapiti un’occasione
simile.-
-Benji, non è che...- cercò di giustificarsi il
capitano, ma il portiere non volle starlo a sentire e si
incamminò, tanto ormai conosceva la strada.
Amy si accostò a Patty, che li guardava incredula senza
sapere cosa pensare.
-Non è andato proprio tutto liscio. Dopo ti racconto.-
Così, al capitano non rimase altro che osservare amareggiato
gli amici uscire dalla stazione uno dopo l’altro, lasciandolo
lì.
-Non te la prendere, Holly.- lo rassicurò Evelyn -Sono
nervosi e stanchi ma vedrai che appena si saranno riposati un
po’ e avranno mangiato passerà tutto.-
-Speriamo.-
Una volta fuori dall’edificio, Amy si guardò
intorno disorientata.
-Patty, ricordi per caso dov’è il negozio di
Meryl? A Tomamu ho dimenticato di ricaricare il cellulare e ho finito
il credito.-
-Ci siamo appena stati. Ti accompagno.-
La diserzione della fidanzata mise Holly in ansia.
-Non torniamo insieme?-
-Vado con Amy.-
-Mi lasci solo con loro?-
-Sono sicura che te la caverai, come al solito! Ci vediamo dopo.-
Non avendo scelta, Holly si affrettò raggiungere gli amici.
-Aspettatemi!- gridò ma nessuno lo fece.
Più o meno alla fine della salita e quasi in vista del
ryokan, Holly si affiancò a Philip e cercò di
sondare il terreno. Ma lui lo ignorò finché non
venne fermato proprio davanti la porta d’ingresso.
-Non posso credere che tu ti sia davvero offeso, Philip. Sono rimasto a
Shintoku con Patty, e allora? Non vi ho mica mollato nel bel mezzo di
un allenamento o, peggio, durante una partita! Siete andati a sciare! A
divertirvi!-
L’altro si volse e lo guardò dritto in faccia.
-Anche Jenny e io volevamo pranzare senza seccatori intorno, oggi. E
invece non lo abbiamo fatto perché siamo qui tutti insieme,
non da soli per una vacanza romantica!-
La ragazza, rimasta con loro, intervenne in difesa di Holly nonostante
si fosse pentita un bel po’ di aver dato retta ai capricci di
Evelyn e non al fidanzato. L’incontro con Nancy non era stato
piacevole e aveva risvegliato brutti ricordi.
-Se l’idea fosse venuta a noi avresti agito nello stesso
modo, Philip.-
-Ma io non sono il capitano!- insistette ostinato persino con lei.
-Lo sarai sempre, in mia assenza! E poi rifletti bene, Philip!
È anche grazie a me che Jenny è ancora qui, che
tutte loro sono ancora qui! Non ti basta?-
Davanti all’evidenza, Callaghan cacciò un sospiro
rassegnato.
-Lasciamo perdere questa storia.-
Mentre rientrava, Jenny e Holly si scambiarono un’occhiata
d’intesa. Poi anche lei varcò l’ingresso
e il capitano restò solo sulla soglia, voltato verso il
piazzate e l’orizzonte. Nel cielo, tra le nuvole, il sole
toccava le montagne, gli ultimi raggi che accarezzavano il ryokan si
facevano sempre meno intensi. In poco tempo si sarebbero dissolti
nell’ombra violetta del crepuscolo e presto nel buio
più totale. Patty e Amy non si vedevano arrivare,
così rientrò e chiuse la porta.
Come accadeva di solito nelle lunghe notti invernali del Nord, il sole
era tramontato in fretta come se la luna lo stesse inseguendo,
nascondendosi tra nuvole sempre più fitte, e aveva lasciato
Amy e Patty immerse in un chiarore che si stava rapidamente
dissolvendo. Quella sera, la luminosità del crepuscolo era
soffocata da una foschia talmente densa che i contorni della strada e
di ciò che le circondava erano scomparsi creando uno sfocato
tutt’uno. Non era trascorsa più di
mezz’ora da quando avevano lasciato il negozio di Meryl. E in
quel momento la lieve luce del tramonto invernale dorava i nuvoloni
carichi di neve che nel tardo pomeriggio avevano ricoperto il cielo. La
foschia aveva già iniziato ad abbassarsi inesorabile sul
paese mentre lasciavano la zona illuminata delle ultime case e
prendevano la solita via che le avrebbe riportate al ryokan. Salendo
erano andate incontro alla nebbia che le aveva a poco a poco
inghiottite. Adesso tutt’intorno non scorgevano altro che
bianco. Persino le loro voci sembravano venire assorbite dal nulla.
-Mai vista una nebbia così fitta.-
-Siamo rimaste nel negozio poco più di un quarto d'ora.
Perché il tempo è cambiato così?-
Mentre procedevano di buon passo, piccoli e fastidiosi fiocchi di neve
cominciarono a fluttuare lievi in un alito d’aria.
-Ecco, ci mancava solo la neve.- mormorò Amy sconsolata -E
non siamo neppure a metà strada.-
Mark intercettò Philip appena un secondo prima che varcasse
la porta dello spogliatoio delle terme. I compagni erano tutti
già dentro, più o meno a mollo
nell’acqua calda a scongelarsi.
-Dobbiamo parlare.-
L’altro lasciò cadere la tendina di stoffa che
aveva sollevato senza ancora oltrepassarla e si volse, un asciugamano
gettato su una spalla e i vestiti di ricambio tra le mani.
-Ora?-
Si vedeva che non ne aveva per niente voglia.
-Le terme possono aspettare, quello che devo dirti è
più importante.-
-Lo spero davvero.-
Philip lo seguì nella cucina deserta, dove non
c’era traccia neppure della loro cena. Sperò che
l’amico facesse in fretta perché probabilmente
Jenny era in acqua ad aspettarlo. Si volse ad accostare la
porta su quella che prevedeva essere una conversazione privata e si
preparò ad ascoltarlo. Mark praticamente lo
aggredì.
-Ne ho abbastanza di te!-
E lui lo guardò a bocca aperta.
-Che ti prende?-
-Ora non far finta di non capire! Lo sai bene tu e lo so perfettamente
anch’io che ti dà fastidio quando Jenny mi parla o
mi si avvicina. Me ne sono accorto, sai? Se ne sono accorti tutti. Se
ne accorgerebbe anche un cieco, e per tua sfortuna io ci vedo
benissimo.-
A Philip l’argomento non piacque almeno quanto non piaceva a
Mark e non intendeva assolutamente ammettere di essere geloso delle
attenzioni – a dire il vero negli ultimi giorni sporadiche
– che Jenny gli dedicava.
Si mise sulla difensiva, convinto che in questi casi la miglior difesa
fosse l’attacco. Così rilanciò.
-E se anche fosse?-
-Se è così, il tuo è un
ingiustificabile atteggiamento di merda. Da quando siamo qui non fai
che provocarmi e non sono più disposto a tollerarlo!-
-È Price che ti provoca, non io!-
-Allora dimmi perché non hai voluto che oggi Jenny facesse
la discesa con me!-
-Perché avresti dovuto farla tu se non ho potuto io?-
-Che razza di ragionamento è? Perché Harper
sì e io no? A me Jenny non interessa! Vuoi ficcartelo bene
in fondo a quella testaccia dura che hai?-
-Eppure le stai sempre addosso!-
-Stai scherzando?-
-Perché ci tenevi tanto a fare la discesa con lei?-
-Per questo!-
-Questo cosa?-
-Perché fai così! Volevo lei per evitare te! O
pensi che Jenny sarebbe stata a insultarmi tutto il tempo?-
-Non ti sto insultando! E non l’ho fatto neppure quando
avevamo entrambi gli sci ai piedi!-
Esasperato, pur di fargli capire il suo punto di vista, Mark fu tentato
di ripassarlo di pugni.
-Senti, Callaghan! Ti ho detto ciò che avevo da dirti ma se
vuoi continuare a non vedere le cose come stanno e a pensarla a modo
tuo, non mi riguarda più!-
Mentre gli urlava addosso, si accorse che l’espressione
corrucciata dell’amico si apriva in un sorriso di
gratitudine.
Avanzavano tra gli alberi a passo sostenuto per raggiungere il ryokan
al più presto. La nebbia era rimasta sulla cittadina e
salendo si erano lasciate alle spalle anche gli ultimi sfilacci. Ma la
neve continuava a scendere fitta e dritta, posandosi ovunque e formando
uno strato bianco sui cappellini di lana, sulle sciarpe e sulle
giacche. Lo scricchiolio degli scarponcini che affondavano nel ghiaccio
interrompeva il silenzio della coltre candida che ricopriva ogni cosa.
A volte però udivano il tonfo della neve che cadeva dai rami
vicini e svolazzi come di uccelli notturni. Rumori improvvisi e
attenuati che le facevano sussultare e puntare
sull’oscurità la luce del cellulare di Amy. Il
display risplendeva di azzurro ma non era in grado di penetrare il buio
denso che le avvolgeva. I rumori echeggiavano intorno a loro ed era
impossibile localizzarli, alcuni sembravano lontani, altri vicinissimi.
Amy si fermava quasi a ogni passo, tendendo le orecchie e scrutando
intorno a sé, mentre i nervi tesi cominciavano a cedere
all’inquietudine.
Poi all’improvviso, inatteso e scioccante, un lampo
illuminò il bosco. La luce le accecò e quando si
dissolse si ritrovano più al buio di prima. Un istante dopo
un boato squarciò il silenzio della foresta e Amy si
bloccò, impietrita dalla paura.
-Cos’era?-
Patty alzò gli occhi all’intrico dei rami. I
fiocchi di neve si posarono delicati sul suo viso accaldato,
sciogliendosi all’istante e bagnandola con rivoletti che le
solcarono le guance come lacrime. Non vide nulla, solo il buio
più assoluto. Non seppe neppure se riuscì a
scorgere il cielo.
-Un tuono, credo.-
Amy faticò a far uscire la voce.
-Può nevicare con i tuoni?-
-Pare di sì e questa pare proprio una tormenta coi fiocchi.-
-Ho il terrore dei tuoni!-
Madre Natura non tenne conto delle fobie di Amy e un altro lampo
illuminò il bosco. Lei serrò gli occhi e si
coprì le orecchie con le mani. Il tuono scoppiò
fragoroso, l’aria e la terra sembrarono sussultare a tanta
violenza. Ma poi il frastuono si affievolì e Patty le tolse
le mani dal viso, costringendola a sollevare le palpebre. Le
circostanze non le permisero di provare pena per l’amica
sconvolta, anzi la spinse avanti affinché procedessero sul
cammino che avevano preso.
-I tuoni no…- singhiozzò disperata.
-Amy, per favore. La situazione è già abbastanza
critica senza le tue paure.-
-I temporali mi hanno sempre terrorizzata!-
-Questo non è un temporale, Amy. Vedi? Non piove.-
-I tuoni e i lampi ci sono lo stesso!-
Proseguirono tra gli alberi arrancando tra la neve sempre
più alta. Quando avevano abbandonato la strada superava le
caviglie. Adesso, in mezzo al bosco, arrivava quasi alle ginocchia.
Avevano i piedi bagnati e intirizziti, i pantaloni zuppi e i muscoli
doloranti per lo sforzo di avanzare in salita nella coltre
così spessa. A poco a poco i tuoni si allontanarono fino a
trasformarsi in deboli brontolii. Ormai procedevano in salita da
più di un’ora e avevano perso
l’orientamento. La nebbia, dopo essere scesa sulla pianura,
si stava alzando ancora una volta e le aveva raggiunte.
Patty si fermò per riprendere fiato e Amy si
accostò, al riparo tra gli alberi.
-Hai idea di dove siamo?-
-No. E neppure di come abbiamo fatto ad arrivare fin qui. Le luci del
paese non si vedono più da nessuna parte.-
-Forse sarebbe il caso di provare a tornare indietro. Forse abbiamo
oltrepassato il ryokan.-
Patty pensò che valeva la pena tentare. Brividi di freddo e
di inquietudine le percorsero la schiena e si strinse addosso la giacca
a vento. Il buio assoluto le circondava, soltanto il chiarore del
cellulare di Amy riusciva ancora a illuminare il bosco quanto bastava
per consentir loro di avanzare. Da quando si erano inoltrate tra gli
alberi la linea del telefonino era scomparsa ed era impossibile
chiamare il ryokan per farsi venire a prendere. A prendere dove, poi?
Non sapevano neppure dove fossero.
Amy si guardò intorno mentre una paura folle le attanagliava
lo stomaco. E se non fossero riuscite a ritrovare la strada? Se
avessero fatto la fine della fotomodella scomparsa, cadendo in un
dirupo? Sentì il panico sopraffarla e scacciò
quei pensieri dalla testa. Accanto a lei Patty sospirò.
-Se non fosse tutto così buio, se le nostre impronte non
fossero state cancellate dalla neve…- mormorò
afflitta -Se non avessimo lasciato la strada principale per tagliare la
curva…-
-Ti prego!- la interruppe Amy -Non cominciamo con i
“se”. Non serve a nulla!-
Patty annuì, continuando tuttavia a pensare che se non
avesse nevicato sarebbe stato più facile, se il sole non
fosse tramontato, se non si fossero inoltrate tra gli alberi per
tentare una scorciatoia, se la nebbia si fosse alzata un altro
po’…
Amy interruppe il corso dei suoi silenziosi “se” e
Patty gliene fu grata.
-Proviamo a tornare indietro e speriamo bene.-
Fecero dietrofront e ripresero la direzione da cui credevano di essere
venute, sperando di non sbagliare ancora.
-Mai sentito nevicare con i tuoni. È possibile?-
Mark sedeva sul davanzale, i capelli profumati di shampoo e ancora
umidi per il bagno.
Holly era poco discosto, i gomiti poggiati sulla soglia della finestra.
Osservava preoccupato il piazzale illuminato dalle luci del ryokan e la
strada che faceva una curva e spariva
nell’oscurità, da cui sperava di veder presto
arrivare Patty e Amy.
-È piuttosto raro.- ammise Philip.
-E doveva capitare proprio oggi?- domandò Julian -Amy ha il
terrore dei tuoni.- con un tempo simile la fidanzata sarebbe morta di
paura. Strinse i pugni, impotente.
Lo stomaco di Danny brontolò con convinzione. Il ragazzo
avvampò e si guardò intorno colpevole. Non era
quello il momento di aver fame. Persino Bruce taceva e aspettava
paziente.
-Mi dispiace.-
-Non devi scusarti, è ora di cenare.- gli sorrise Jenny
mettendosi in piedi.
Quasi non aspettasse che un input esterno, anche Holly si
alzò.
-Vado a cercarle.- raggiunse la porta e sparì nel corridoio.
La ragazza lo seguì e riuscì a fermarlo in cima
alle scale.
-A cercarle dove?-
-A Shintoku… O sulla strada. Dovunque siano.-
Arrivò anche Julian, risoluto.
-Holly ha ragione. Non serve a niente restare qui. Bisogna andare a
cercarle.-
Jenny cercò di far cambiare loro idea.
-Se sono a Shintoku saranno al riparo da qualche parte. Se sono sulla
strada staranno sicuramente per arrivare.-
Philip le diede manforte.
-Aspettiamo ancora un po’. Tra poco saranno qui, vedrete.-
Amy e Patty proseguivano nel silenzio, parlare consumava energie e loro
non ne avevano più. Il freddo le stava stremando e la neve
continuava a cadere fitta e incessante. Nonostante avesse le mani
avvolte nei guanti e al caldo nelle tasche, Patty sentiva le dita
congelate. Tremava di freddo e non c’era verso di scaldarsi.
Amy, che le camminava davanti, si fermò di colpo ed emise un
gemito sommesso.
-Patty, guarda! Siamo di nuovo sulla strada.-
La luce del cellulare di Amy illuminava la distesa liscia di asfalto
gelato, solcata da tracce di pneumatici non ancora del tutto celate
dalla nuova nevicata.
-Dove dobbiamo andare? Su o giù?-
-Proviamo su?- propose Amy con un filo di ottimismo -A scendere faremo
sempre in tempo quando saremo più stanche.-
L’amica annuì d’accordo. Una strada
conduceva per forza in un luogo e se anche non avessero raggiunto il
ryokan, sarebbero arrivate comunque da qualche parte.
-Sono sicura che ci siamo quasi.-
Superarono una curva a gomito e a poco a poco la strada
cominciò a restringersi. Dopo un’altra curva, tra
la neve che continuava a cadere e gli ultimi sprazzi di nebbia, la
carreggiata finì all’improvviso davanti a un
altarino di legno dall’aspetto misterioso. Non
c’erano statue di divinità ma era ugualmente
adornato con offerte di fiori di stoffa scoloriti dal freddo, gru di
origami, ciotoline di sake che era evaporato prima di gelare. Tutte
cose che avevano l’aria di stare lì da molto
tempo. Poi una folata di vento scostò la nebbia e oltre i
rami scheletrici ricoperti di neve apparve massiccio e inquietante un
grande tempio, il tetto immenso ricoperto di ghiaccio, i gradini che
salivano sulla veranda, la porta spalancata alle intemperie come una
bocca contratta in un urlo di terrore, le imposte scese a
metà altezza, lunghe e dritte come occhi socchiusi.
Dall’interno non filtrava neppure un barlume di luce. Il
tempio doveva essere in disuso, sembrava abbandonato e aveva un aspetto
tetro, spaventoso.
Nel tentativo di illuminare quella massa possente che le sovrastava,
Amy puntò contro l’edificio la luce del cellulare
ma il bagliore del display non fu sufficiente. Piuttosto
accentuò l’aura di mistero e di timore che lo
avvolgeva. Un pensiero si affacciò senza controllo.
-Patty! Patty! Credi che questo sia…- le mancò la
voce -Uno di quei santuari dedicati agli spiriti degli Ainu di cui ci
ha parlato la nonna qualche sera fa?-
L’amica indietreggiò di un passo.
-Non lo so e non voglio saperlo. Vieni, andiamo via.- le
afferrò la mano nel momento in cui il cellulare squillava.
Il terrore fu tale che Amy mollò la presa e il telefonino
finì a terra tra la neve. Rimasero a guardarlo lampeggiare,
il nome di Bruce che vibrava sullo schermo.
Patty si riscosse dallo spavento, lo raccolse e rispose. Non
udì nulla se non un gracchiare confuso, la linea era
praticamente inesistente o in più probabilmente in balia
degli spiriti vendicativi dei primi abitatori del Giappone. Poi cadde e
tornò il silenzio, più profondo di prima. Si
guardarono e si volsero all’unisono verso il tempio.
-È terribile.- mormorò Amy tremante.
Girarono le spalle all’edificio e si allontanarono di corsa.
-Maledizione, è caduta la linea!- Julian entrò in
cucina, il cellulare di Bruce tra le dita. Holly arrivò
subito dopo di lui. Jenny si volse a guardarli.
-Siete riusciti a contattarle?-
-Non c’è linea. Patty ha risposto ma poi non si
è sentito più niente.-
-Vado a telefonare a Meryl.-
-Perché?-
-Forse si sono fermate lì ad aspettare che il tempo
migliori. Io l’ho fatto.-
Evelyn scosse la testa.
-Ci avrebbero avvisate per non farci preoccupare.-
-Provo lo stesso. Magari qualcuno le ha viste.-
Julian la seguì lungo il corridoio come un’anima
in pena.
Il telefono del negozio squillò per un tempo infinito, Kevin
le rispose quando stava per riagganciare.
-Sono Jenny.-
“Hai sbagliato numero.”
-Passami Meryl, per favore.-
“Non puoi dire a me?”
Ci pensò solo un istante.
-In effetti posso. Amy e Patty sono lì?-
“Sono andate via.”
-Da quanto tempo?-
“Almeno due ore. Perché? Non sono
tornate?”
-Non ancora e siamo preoccupati. Puoi dare un’occhiata nei
paraggi?-
“Hai visto cosa c’è fuori?” la
neve cadeva fitta oltre la porta a vetri del negozio, imperversando nel
parcheggio deserto “È persino peggio di quando ti
ho riaccompagnata al ryokan l’altro giorno. Non esco neanche
morto!”
-Kevin, per favore!- insistette Jenny -Sai benissimo
quant’è pericoloso andare in giro con questo
tempo!-
“Allora perché vuoi farmi uscire?”
-Non è pericoloso per te! Usciresti anche con un tempo
peggiore se non fossi io a chiedertelo!-
“Esatto.”
-Sei veramente inqualificabile!- Jenny perse definitivamente la
pazienza -Lo dirò alla nonna!-
Lui rise e riagganciò.
Continuarono a camminare in discesa finché la batteria del
cellulare di Amy cominciò a dare segni di cedimento. Quando
il telefonino emise un suono e si spense, le due si fissarono cercando
di scorgersi nel buio.
-Come facciamo senza luce?- Amy lo riaccese e abbassò la
luminosità.
Pochi minuti dopo giunsero a un incrocio del tutto privo di indicazioni
e furono costrette a fermarsi di nuovo.
-Destra o sinistra?- chiese Patty esausta.
-Non lo so.- la voce di Amy si ruppe e scoppiò in lacrime.
Aveva sperato che quella strada le portasse dritte in paese -Non ne
posso più.- scivolò a terra distrutta,
accoccolandosi sui talloni, le braccia sulle ginocchia e il viso
sprofondato tra le mani -Non riusciremo mai a trovare la strada.-
Patty si sforzò di non lasciarsi andare allo sconforto.
Ingoiò la disperazione e, sistemando meglio il cappellino di
lana ormai zuppo di neve, si avvicinò all’amica,
mettendole una mano sulla spalla.
-Allora dovremo trovare un posto in cui passare la notte. Andiamo verso
la montagna, forse tra le rocce troveremo una cavità per
ripararci.-
-Non c’è pericolo di valanghe, vero?-
-Non lo so.-
-Non troveremo orsi in letargo?-
-Spero proprio di no.-
Ripresero a camminare stanchissime, sfinite. Era il timore di dover
trascorrere la notte all’addiaccio a spingerle a proseguire
in quella ricerca disperata. Se non fossero riuscite a trovare un
riparo, forse sarebbero morte assiderate. Non avevano idea di cosa
offrisse la montagna, non sapevano dove si stessero dirigendo e fin
dove sarebbero riuscire ad arrivare, ma continuarono ugualmente ad
avanzare, pungolate dall’istinto di sopravvivenza che non
cedeva neppure alla stanchezza, ai muscoli delle gambe che facevano
sempre più male e al freddo intenso che aveva raggiunto le
ossa. La batteria del cellulare di Amy era ormai agli sgoccioli. Era
diventato quasi impossibile scorgere gli alberi anche a pochi metri di
distanza tanto la notte si era fatta buia.
La strada prese a inerpicarsi sempre più ripida e ad un
certo punto furono costrette a fermarsi per riprendere fiato. Poi la
pendenza diminuì gradualmente, i cespugli si diradarono e il
bosco si aprì in un vasto pianoro ricoperto di neve, qua e
là qualche albero spoglio. Sopra di loro
nient’altro che il cielo scuro e nuvoloso.
-E adesso?- domandò Amy ormai allo stremo.
Patty si guardò intorno per quel poco che riuscì
a vedere.
-C’è qualcosa laggiù.-
Amy arrancò dietro di lei, asciugandosi gli occhi bagnati da
lacrime di delusione, di stanchezza, di preoccupazione e di paura.
Tenendola per la giacca Patty la trascinò con sé
fino a una piccola costruzione di legno così carica di neve
da esserne quasi completamente sommersa. Come avesse fatto
l’amica a vederla per Amy fu un mistero. Quasi si
sentì svenire dal sollievo.
-Un rifugio?- corse verso la porta -Credi che sia prudente entrare?-
scrutò intimorita attraverso i vetri delle finestre
ricoperti di ghiaccio, cercando di distinguerne l’interno
immerso nel buio.
E poi un ululato squarciò il silenzio della notte e
riecheggiò sul pianoro, subito seguito da un coro di
risposta. Per un istante il loro cuore cessò di battere. Amy
si sentì mancare.
-Lupi!-
Patty afferrò la maniglia, la ruotò e la scosse.
-Apriti! Apriti, maledizione!- ma aveva le dita congelate e faceva
fatica a tenere la presa -Accidenti a te!-
La frustrazione le riempì gli occhi di lacrime. Si
appoggiò alla maniglia con tutte le forze e spingendo
insieme ad Amy, all’improvviso la porta si
spalancò. Si precipitarono nella casetta e si chiusero
all’interno.
-Amy, tira fuori il cellulare. Non si vede niente.-
Lei accese il display e illuminò l’interno di quel
minuscolo edificio.
-C’è linea?-
-No.-
L’ambiente era veramente piccolo: un tavolo di legno
circondato da quattro sedie, un letto accanto all’unica
finestra, un lavello sotto un pensile e una porta che forse conduceva
al bagno.
-Abbiamo trovato un hotel a cinque stelle.- Patty lanciò
un’occhiata entusiasta ad Amy che ricambiò con
l’accenno di un sorriso. Poi si accostò al
caminetto. La legna era già pronta per essere accesa.
Passò alla cieca una mano sopra la mensola di pietra e
trovò una scatola di fiammiferi. Si tolse i guanti, ne
accese uno e lo accostò alla carta che prese fuoco
immediatamente. Amy la raggiunse liberandosi del cappellino e della
sciarpa.
-Va già meglio.- sospirò rinfrancata.
-Ci sarà qualcosa da mangiare?-
-Se non c’è non fa niente. L’importante
è aver trovato un posto per trascorrere la notte. Dove siamo
finite?-
Patty si accostò al tavolo per osservare incuriosita una
cartina topografica aperta sul ripiano. Amy la raggiunse mentre
l’amica posava l’indice su un cerchio rosso.
-Suppongo qui.-
-Dov’è il ryokan?- Amy lo cercò ma non
riuscì a orientarsi. Fu Patty a trovarlo e mostrarglielo.
-Domani ci aspetta una bella scarpinata per tornare a casa.- si
allontanò dal tavolo e aprì un’anta
dopo l’altra alla ricerca di qualcosa con cui riempire lo
stomaco. Qualcosa in effetti trovò. Qualche scatoletta, dei
cracker, acqua da bere.
Amy tornò accanto al fuoco per scaldare le mani ghiacciate.
-Saranno preoccupatissimi e non abbiamo modo di avvertirli che stiamo
bene.-
Mentre si guardava intorno, l’attenzione di Patty fu attirata
da qualcosa sulla mensola accanto alla porta che assomigliava molto a
un telefono. Si avvicinò speranzosa ma rimase delusa.
-È una radio.- la prese trasferì sul tavolo -Non
ho idea di come farla funzionare. Tu?-
Amy scosse la testa.
-È la prima volta che ne vedo una, ma forse da qualche parte
ci sono le istruzioni.-
-Forse, ma ora mangiamo qualcosa, sto morendo di fame.-
-Tanto abbiamo tutta la notte a disposizione.-
-Fatti in là Julian, guido io.- Philip scostò il
compagno -Tu non sei abituato a tutta questa neve.- prese posto nella
vettura del nonno, inserì le chiavi nel cruscotto, accese le
luci e azionò i tergicristalli -Che tempo di merda. Erano
anni che non nevicava con i tuoni.-
Jenny prese posto al suo fianco e Holly, Evelyn e Julian si sedettero
dietro.
La neve cadeva con tale convinzione che procedettero a passo
d’uomo, le gomme che slittavano sul ghiaccio nonostante le
catene. Philip faticava a tenere la macchina all’interno
della carreggiata. Nessuno prestava attenzione alla sua guida, gli
occhi di tutti erano rivolti verso gli alberi da un lato e
dall’altro della strada, cercando tracce delle amiche da
qualche parte. In paese Jenny costrinse Philip a guidare fino al
negozio di Kevin e gli vietò di scendere. Furono Holly,
Julian ed Evelyn ad accompagnarla all’interno e tornarono
senza nessuna novità. Risalirono in macchina e si fermarono
davanti alla centrale di polizia.
Jenny smontò per prima e si precipitò al riparto
dalla tormenta, finendo addosso a qualcuno che ne usciva.
L’urto la sbalzò all’indietro ma non
cadde perché due mani la afferrarono per le spalle.
-Mi dispiace, non l’avevo...- si interruppe di colpo davanti
a Steve lo spilungone.
Indietreggiò subito, per mettere più spazio tra
sé e quell’amico di Kevin che si era accanito
più di tutti sul fidanzato.
Anche lui la riconobbe e trasalì. E quando dietro di lei
arrivò anche il resto del gruppo, nei suoi occhi
balenò un lampo di paura.
Philip non si capacitò di trovarselo di nuovo davanti.
-Ancora tu!-
-Tu, piuttosto! Cosa ci fate qui? Cosa volete?-
-Steve?- la voce di un adulto attirò tutti gli sguardi.
Nell’atrio comparve un agente in divisa -Tua madre ti sta
aspettando, fila a casa!-
Philip non riuscì a credere che il teppista che lo aveva
riempito di botte fosse il figlio di un poliziotto.
Un altro agente si affacciò nell’ingresso.
-Capo, se non ha niente in contrario io andrei. È ora.-
Philip corresse il pensiero e non riuscì a credere che il
teppista che lo aveva riempito di botte fosse figlio proprio del
comandante della stazione di polizia di Shintoku.
Mentre la guardia di fine turno si congedava, l’altro
poliziotto rivolse la propria attenzione ai ragazzi. Jenny si fece
avanti.
-Buona sera, sono la nipote dei gestori del ryokan.-
-Sì, mi ricordo di te. Anche se l’ultima volta che
ti ho vista eri alta appena un metro. Come mai qui? È
successo qualcosa?
-In effetti sì. Abbiamo un problema. Un grosso problema.-
Il poliziotto annuì, poi notò che il figlio
indugiava ancora sulla porta.
-Vai, Steve! Cosa stai aspettando?-
Il ragazzo annuì ma restò a guardarli mentre suo
padre li precedeva nella stanza dei colloqui dove, forse, lo avrebbero
denunciato per il pestaggio. Lo aveva guardato bene, Callaghan. Sul
volto aveva ancora i segni dei suoi pugni.
Raggiunse la macchina sotto la neve. Quando fu dentro tirò
fuori il cellulare e impiegò un po’ a sbloccare il
display, perché le sue mani erano scosse da un fremito di
preoccupazione. Se l’amichetta di Kevin e il suo fidanzato
erano venuti a denunciare le percosse di alcuni giorni prima, era
veramente nei casini. I lividi sul viso di Philip non erano ancora del
tutto scomparsi e il ragazzo, oltre ai testimoni che erano con lui,
aveva anche le prove. Maledetto Kevin! Stavolta sì che
l’aveva tirato in un mare di guai. Mentre accendeva il quadro
comandi e metteva in funzione il riscaldamento e i tergicristalli, fece
squillare il cellulare dell’amico finché lui non
rispose.
-Se mio padre scopre quello che è successo mi sbatte in
cella!-
“Steve? Che succede?”
-Sono qui!-
“Chi?”
-Il calciatore che mi hai fatto picchiare! È venuto con la
sua ragazza e con i suoi amici. Se mi denunciano mio padre non mi
perdonerà mai perché la mia fedina penale
sarà sporca per sempre!-
Kevin scoppiò a ridere.
“Non sono lì per te.” lo
rassicurò “Due delle ragazze si sono perse mentre
tornavano al ryokan e non riescono a trovarle.”
La terribile notizia fece recuperare a Steve il buonsenso.
-Che vuol dire che si sono perse?-
“Erano qui in paese fino ad un paio d’ore fa. Sono
venute persino al negozio, poi sono scomparse. Al ryokan non sono mai
rientrate.”
Attraverso il parabrezza ormai sgombro dalla neve, Steve
osservò la tormenta che imperversava su Shintoku.
-Sei già andato a cercarle?-
“Con questo tempo non si vede nulla, non si riesce neppure a
guidare.” fece una pausa “Tieniti fuori da questa
storia, non ti riguarda. Ci penseranno tuo padre e i suoi
colleghi.” l’avvertì e
riagganciò. Ma Steve lo richiamò.
-Sto per passare a prenderti.-
E la sua non fu una constatazione.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** 13 - Ghiaccio infranto ***
- 13 -
Ghiaccio
infranto
Kevin imboccò l’ultima ripida curva rallentando.
Il fuoristrada di suo padre non aveva problemi con la neve, ma il
ghiaccio che si era accumulato durante la notte non era stato ancora
tolto. Lo spazzaneve sarebbe arrivato a metà mattinata
perché a Shintoku ce n’era solo uno e adesso stava
sgombrando le vie del centro. Amy sedeva davanti, accanto a lui. Patty
era dietro e guardava assorta il cielo azzurro. La tormenta del giorno
prima si era dissolta lasciando l’aria tersa e limpida.
Nell’abitacolo, spazzato dal getto tiepido del riscaldamento,
regnava il silenzio: Kevin era pensieroso e taciturno e le due ragazze
erano troppo esauste e frastornate per desiderare fare conversazione.
Non vedevano l’ora di arrivare e, prima di sano un sonno
ristoratore, scendere nelle terme per togliersi definitivamente di
dosso la paura e il freddo sofferti durante la notte appena trascorsa.
Il ryokan sbucò dietro la curva, con la sua rassicurante
imponenza. La macchina del nonno era parcheggiata sul piazzale e le
imposte delle finestre del piano terra erano chiuse. Sembrava che
all’interno dell’edificio regnasse ancora il
silenzio del sonno. Ma la porta d’ingresso non era chiusa a
chiave, forse pensando che, ritrovata la strada, le due ragazze
sarebbero potute rientrare in qualsiasi momento e in qualsiasi ora
della notte.
Kevin seguì Patty e Amy nel disimpegno
dell’entrata borbottando.
-Sono le sette e ancora dormono tutti.- si sfilò le scarpe e
agganciò la giacca a vento all’appendiabiti
-Almeno i nonni a quest’ora dovrebbero essere svegli,
strano.-
Sebbene avesse parlato piano, nel silenzio pressoché
assoluto la sua voce sembrò insinuarsi ovunque. E infatti,
un istante dopo, si udirono dei passetti affrettati e la nonna apparve
nel corridoio trafelata, i capelli un po’ in
disordine, ancora lo yukata da notte.
-Grazie al cielo! Siete tornate sane e salve!- strinse le mani delle
giovani nelle proprie mentre lacrime di sollievo le riempivano gli
occhi -State bene?-
-Sì, stiamo bene. Abbiamo trascorso una nottata turbolenta
ma siamo di nuovo qui in gran forma.- cercò di
sdrammatizzare Patty. Desiderosa di raggiungere subito Holly,
provò a sottrarsi alla vecchina che però
riuscì a trascinare sia loro che Kevin in cucina, dove si
mise ad approntare una colazione coi fiocchi alla velocità
della luce -Eravamo tutti così preoccupati! Sono scesi fino
in paese a cercarvi! Ma niente! Non vi hanno trovate!-
Mentre Amy taceva frastornata dall’ansia postuma della nonna,
desiderosa al pari dell’amica di sganciarsi per salire in
camera, Patty raccontava ciò che avevano già
detto alla polizia, ripetendo per filo e per segno
l’avventura della notte precedente, da quando erano uscite
dal negozio di Kevin a quando quella mattina erano state trovate.
In fin dei conti furono sufficienti pochi minuti perché la
fretta di salire al piano di sopra fosse scacciata dalla fame.
Bastò che la nonna accendesse il fuoco e iniziasse a
spadellare come solo lei sapeva fare. Un appetito che non sapevano di
avere fece brontolare loro lo stomaco incolandole alla sedia. La sera
prima nel rifugio avevano diviso a metà una scatoletta di
tonno e un pacchetto di cracker e a parte del tè, del
caffè solubile e dello zucchero, non avevano trovato altro.
-Però adesso vorremmo salire.- sentì dire Patty,
convinta ma senza accennare ad alzarsi -Dobbiamo avvertire gli altri
che siamo tornate.-
-Oh, ma la colazione è quasi pronta! Datemi ancora un
minuto!- si volse sorridente -E poi di sopra stanno dormendo, ne sono
sicura. Se vi avessero sentite rientrare sarebbero già tutti
qui in cucina!- occhieggiò Kevin che si rimpinzava di torta
-E tu? Non hai fatto colazione?-
-Sono andato a prendere loro in centrale e non ho fatto in tempo.-
-Allora preparo il caffè anche per te.-
-Nonna, che ci fai qui a quest’ora?- domandò Jenny
fermandosi sulla porta, così insonnolita da notare soltanto
la stranezza della presenza della vecchina. Forse perché era
in piedi davanti ai fornelli, da cui proveniva un profumino celestiale.
Un altro movimento che percepì con la coda
dell’occhio le fece scorgere anche Kevin -E tu? Non ce
l’hai una casa?-
Lui rise.
-Quanta ingratitudine! Guarda, te le ho riportate!-
Seguendo il suo cenno, Jenny si accorse finalmente che le amiche
scomparse erano magicamente riapparse. Lo stupore le
spalancò gli occhi e ogni residuo di sonno si dissolse
all’istante. Evelyn, che stava entrando subito dietro di lei,
esultò e batté le mani.
-Siete tornate! Evviva!- fece un dietrofront così repentino
da urtare Jenny con la spalla -Vado ad avvisare gli altri!-
La notizia fece fare a Julian i gradini due a due, felice e impaziente
di riabbracciare la fidanzata. Già nel corridoio
udì la sua voce e il sollievo che provò fu
immenso. Amy era davvero tornata sana e salva. Entrò in
cucina e si fermò a guardare, cercandola con gli occhi e
sforzandosi di contenere l’emozione, riservandola a momenti
più intimi: era seduta al tavolo, davanti a una tazza
fumante, pallida, stanca ma ancora viva. Poi vide Patty altrettanto
spossata, ma tutta intera. Solo dopo mise a fuoco la nonna e Kevin.
Holly lo spinse in cucina per poter entrare a sua volta. Patty
sollevò lo sguardo e lo salutò.
-Ciao!-
-Ciao…- rispose lui attonito -Ma che
“ciao”...- si riprese un istante dopo -Come stai?
Cos’è successo? Che fine avevate fatto?-
Lei si sforzò di rispondere con ordine.
-Stiamo bene, solo un po’ infreddolite… e
affamate. Nel rifugio non c’era nulla.-
-Quale rifugio?- chiese Julian.
-Il rifugio in cui abbiamo trascorso la notte.- rispose Amy.
-Non riuscivamo a trovare la strada per tornare.-
-Volevamo prendere una scorciatoia e invece ci siamo perse.-
-E poi ha cominciato a nevicare.-
-Non sapevo che potesse nevicare con i tuoni. È stato
terribile, Julian.-
Mentre le amiche parlavano accavallandosi e i rispettivi fidanzati non
perdevano una parola, Jenny notò quasi per caso quale sedia
aveva occupato Kevin. Si chiese se lo avesse fatto apposta.
-Ti sei messo al posto di Philip.-
-Pazienza. Si siederà da un’altra parte.- lui le
allungò la tazza vuota e pronunciò
l’ordine -Caffè.-
Jenny non ebbe dubbi che avesse occupato apposta quella sedia. Si
scostò per aumentare la distanza tra loro e tornò
ad ascoltare le amiche. Fu la nonna, lanciandole
un’occhiataccia che non venne neppure notata, a riempirgli la
tazza.
-Come avete fatto a tornare?-
-Ci sono venuti a prendere.-
-E come vi hanno trovato?- domandò Holly.
-Alla centrale hanno seguito il segnale GPS del cellulare di Amy.-
spiegò Kevin -Siete state veramente fortunate a non
incontrare orsi, oppure lupi. E a trovare il rifugio.-
-Li abbiamo sentiti, i lupi.- gli occhi di Amy si riempirono di terrore
-Poco prima di entrare nel rifugio. Erano lì, da qualche
parte. Eravamo terrorizzate.-
-Non ci pensare. È tutto passato.- la rassicurò
Julian, rivolgendosi forse più a se stesso che a lei. Adesso
che Amy era lì, anche lui doveva smettere di angustiarsi
sullo scampato pericolo di perderla.
Aveva senza dubbio trascorso una delle notti peggiori della sua vita,
almeno finché la preoccupazione non era stata vinta dal
sonno, che aveva cancellato dalla mente i pensieri più
tetri. Ma fino a quel momento, le ore, i minuti e i secondi si erano
susseguiti inesorabili temendo di non vederla tornare, e neppure di
ricevere notizie che lo rassicurassero sulla sua sorte. Come la
fotomodella. E niente aveva potuto fare, lui, se non la segnalazione
della sua scomparsa alla polizia del luogo.
Philip entrò in cucina con tutto l’ottimismo nato
dalla buona notizia del ritorno delle amiche, lui che aveva chiuso
appena occhio sentendosi in colpa, poiché l’idea
di invitarle a Shintoku era stata sua e di Jenny. Ma il suo ritrovato
buonumore scomparve totalmente quando vide Kevin e Jenny che sedevano
vicini e che quel maledetto aveva occupato proprio la sua sedia.
Senza far caso allo stato d’animo del compagno, Mark lo
oltrepassò e andò a mettersi al suo posto,
fortunato lui che lo aveva ancora, cominciando a mangiare e ignorando
l’ospite.
-Quindi? Dov’eravate finite?- chiese ad Amy tra un
boccone e l’altro.
-Disperse.- gli rispose lei ormai stanca di rievocare la terribile
nottata. Forse era proprio giunto il momento del sospirato bagno che
lei e Patty sognavano dalla sera prima. Il problema era solo sganciarsi
dalla preoccupazione dei rispettivi fidanzati e dalle domande curiose
degli amici.
Mentre Philip si rassegnava a fare colazione lontano da Jenny e
prendeva posto a caso, Meryl arrivò in cucina sprizzando
energia e spensieratezza da tutti i pori.
-Buongiorno a tutti!-
L’unico a non ricambiare il saluto fu, naturalmente, suo
fratello che andò dritto al punto.
-E tu che ci fai qui?-
-A papà serviva la macchina, deve andare a Obihiro. Ci ha
lasciato il furgoncino. Jenny, sono passata a ritirare la segnalazione.
Il signor Marks ha detto che potevo farlo anch’io, quindi non
c’è bisogno che scendi in paese.-
guardò Amy e Patty, come per assicurarsi che stessero bene
-Avete fatto proprio una bella scarpinata, ieri sera.-
Patty annuì.
-E adesso che ci siamo rifocillate, non vediamo l’ora di
immergerci nelle terme.-
Poiché l’amica diede il la, Amy si
sentì libera di scostare la sedia e alzarsi. Solo che lo
fece nel momento preciso in cui lo stomaco bloccato di Julian cedeva
finalmente alla fame e lui si decideva ad addentare un toast.
-Dove vai?-
-Alle terme. Le sogno da ieri.-
Lui posò immediatamente il pane sul piatto.
-Allora ti accompagno.-
-No, per favore. Vado con Patty e preferisco che finisci di mangiare.-
Così, mentre Julian insisteva in un verso e Amy in un altro,
Bruce si catapultava dal bagno in camera per finire di vestirsi,
dopodiché scendeva di corsa le scale spinto dalla fame che,
al solito, faceva suonare la fanfara al suo stomaco. Per una volta
aveva poltrito senza nessuno che lo esortasse ad alzarsi, anche
perché se quel lentone di Mellow ci avesse provato, lo
avrebbe divorato vivo. Ma la conseguenza di tanta pigrizia era stata
che mentre finiva di lavarsi, per poco non era svenuto di stenti.
Entrò in cucina pensando esclusivamente alla colazione. Si
riempì il piatto di un’enorme porzione di torta al
cioccolato e di tutto ciò che la nonna aveva lasciato a loro
abbondante disposizione e, solo alla fine, salutò i compagni
che cincischiavano a tavola, nonostante avessero già
più o meno finito di mangiare.
-Dove sono Patty e Amy? Non erano tornate?-
-Alle terme, insieme a Holly e Julian.-
-Magnifico! Allora oggi non ci alleniamo!-
Mark lo guardò di traverso.
-Cosa te lo fa pensare?-
-Il fatto che Holly desideri stare con Patty.- rise e indicò
l’orologio che segnava le otto e mezza -Altrimenti a
quest’ora non sarebbe nelle terme. Logico, no?-
-Mica avrà ragione?- chiese Ed a Philip che gli era finito
seduto accanto, stravolgendo così anche il posto di Danny e
quello di Bruce, che però non se n’era neppure
accorto.
Callaghan non recepì la domanda. A lui in quel momento
interessavano poco gli allenamenti e molto più la presenza
di Kevin seduto accanto alla fidanzata, dove non faceva altro che
provocarla con occhiate ironiche e battutine idiote sussurrate
sottovoce in modo che lui, da laggiù, non potesse udirlo.
Per questo motivo e tanti altri, non intendeva allontanarsi da Jenny
neppure un istante finché l’IDIOTA fosse rimasto
al ryokan.
Bruce continuò a mangiare felice e beato.
-Oggi potrei correre il rischio di annoiarmi! Magari tutti i giorni
così!- si mise in bocca un bel pezzo di torta e
sollevò l’indice -Dovrei chiedere a Patty di
perdersi più spesso!-
-Opportunista.- commentò Benji, scostandosi dalle briciole
che il compagno sputacchiò ovunque.
L’amico inghiottì e si rivolse a Meryl.
-Se avessi saputo prima che saresti venuta al ryokan, ti avrei chiesto
di portarmi su un paio di riviste. Quelle che abbiamo qui ormai le
conosco a memoria.-
-Sarà per la prossima volta.- sorrise lei.
-Quindi?- domandò Tom che aveva finito di fare colazione da
un pezzo -Mentre Holly è alle terme, noi che facciamo?-
-Ci riposiamo.- fu l’ovvia e serafica riposta di Bruce.
-Non usciamo per niente?-
-Con questo freddo? Scherzi?-
-Io avrei un’idea!- gli occhi di Jenny brillarono -Potremmo
andare alle terme anche noi!-
Benji la guardò dritto in faccia.
-Stai parlando sul serio?-
Tom lanciò un’altra proposta.
-Piuttosto facciamo una passeggiata fino al lago. Il paesaggio
è stupendo.-
-Sì, per dipingere un quadro.- lo schernì Bruce
-Perché questa fissa di dover fare per forza qualcosa?-
Impiegarono quasi mezz’ora a trovare una via di mezzo che
accontentasse tutti.
In tarda mattinata Holly fu svegliato dall’eco di grida e
risate proveniente dall’esterno. Si tirò su
irrigidito dalla durezza dei tatami e dalla scomoda posizione in cui si
era appisolato. Sbadigliando si liberò piano
dall’abbraccio di Patty, raggiunse la finestra e
osservò oltre i vetri: il ghiaccio che ricopriva ogni cosa
brillava alla luce del sole alto nel cielo. In basso, invece, una
battaglia di palle di neve era in corso sul piazzale. La macchina del
nonno, parcheggiata proprio al centro dello spazio, faceva da linea di
demarcazione tra le due squadre di lanciatori che ci davano sotto con
rapide mitragliate di proiettili bianchi. Tutto rientrato nella norma,
insomma.
Dopo una sana dormita, la brutta avventura di Patty sembrava lontana,
quasi irreale, come facente parte di un incubo spaventoso e angosciante
di cui si era finalmente liberato, grazie anche alla palla di neve che
si schiantò sul vetro, proprio davanti alla sua faccia.
Sotto di lui Tom si sbracciava per attirare la sua attenzione.
Socchiuse la finestra e udì la sua voce.
-Sono svegli?-
Holly si volse. Distesi tra i cuscini sull’altro lato del
pavimento, Amy e Julian dormivano l’una accanto
all’altro. Tornò a guardare fuori e scosse la
testa.
-Vieni giù.- lo esortò Tom.
Il capitano richiuse la finestra e uscì nel corridoio. Scese
le scale, si infilò le scarpe, indossò la giacca
a vento e raggiunse i compagni. Bruce gli corse incontro.
-Tutto a posto? Hai dormito bene?-
-Sì. Anzi, credo che avrei continuato a farlo se non mi
aveste svegliato.-
-Oh, accidenti!- esclamò Jenny -Se è
così è meglio che ci allontaniamo, altrimenti
sveglieremo anche gli altri!-
All’ora di pranzo, Kevin si godeva beato il sole sui gradini
dell’ingresso sfogliando un quotidiano e intralciando, forse
apposta, l’entrata dell’edificio. I ragazzi, che
rientravano piuttosto stanchi e affamati, se lo trovarono proprio in
mezzo ai piedi.
La prima a vederlo fu Jenny, perché camminava in testa al
gruppo. E come lo mise fuoco, nonostante fosse consapevole che era
troppo tardi per mandarlo via prima che Philip lo vedesse,
distanziò gli amici con uno scatto da velocista.
-Kevin! Accidenti!- lo apostrofò esasperata
-Perché sei ancora qui? Vuoi rovinarci l’intera
giornata?-
-No, anche se non mi dispiacerebbe. Ho avuto da fare.-
-Da fare cosa?-
-Parecchie cose.-
-Per esempio?-
Il ragazzo sollevò una mano e distanziò le dita
per iniziare l’elenco, ma Meryl, udite le loro voci,
aprì di colpo la porta d’ingresso e lo travolse,
facendolo scivolare giù di un gradino. Kevin si
lamentò a gran voce dell’urto massaggiandosi la
schiena ma lei lo ignorò completamente.
-Jenny! Gliel’ho detto che non è il caso ma sai
com’è tua nonna. Insiste perché io e
quest’impiastro qui, ci fermiamo a pranzo!-
La ragazza non credette alle proprie orecchie e bella carica
seguì Meryl nell’edificio per andare in cerca
dell’anziana proprietaria della pensione. Kevin
balzò in piedi e rientrò a sua volta con
l’intenzione di boicottarle, mentre Philip, che volente o
nolente aveva sentito tutto o quasi ma sicuramente l’ultima
parte, prendeva a calci la neve esasperato.
-Ma è una condanna! Un supplizio! Una tortura! Sempre tra i
piedi!-
-Che ti arrabbi a fare? Tanto non ci puoi fare niente.-
Lo sguardo che Philip gli rivolse indusse Holly a ritrarre la mano che
gli aveva posato incautamente sulla spalla.
-Perché è sempre qui? Spiegatemi
perché accidenti è sempre qui!-
-Facile, Callaghan.- lo illuminò Benji accogliendo
volentieri l’invito -Perché lo hanno assunto.-
-L’accordo era che avrebbe cominciato a lavorare al ryokan
solo dopo la nostra partenza! E invece!-
Di nuovo di malumore, sparì nella stessa direzione presa
dalla fidanzata. Il capitano, temendo guai, lo seguì
sospirando rassegnato.
Bruce li guardò andar via a bocca aperta, disperato
perché perfettamente consapevole che con tanti assenti il
pranzo sarebbe iniziato tardi parecchio e probabilmente lui, che aveva
digerito la colazione ormai da un pezzo, non sarebbe sopravvissuto
all’attesa.
L’incedere a grandi falcate di Philip terminò nel
piccolo atrio che ospitava la reception, proprio davanti al banco
occupato da Kevin sull’altro lato. Lo sgradito ospite
notò il suo arrivo ma lo ignorò appositamente,
continuando a guardare lo schermo massiccio e pesante di un computer
che risaliva almeno a una decina d’anni prima. A
due passi di distanza, Meryl e Jenny discutevano con la proprietaria
del ryokan, che si limitava invece a osservarle con infinita pazienza,
come se di fronte a lei ci fossero, anziché due giovani
donne, due bimbette capricciose.
-Nonna, perché insisti se preferiscono tornare a casa?-
-Kevin si ferma volentieri, me lo ha già detto. Non
è vero?-
-Certamente. Tanto più che qui non ho finito e ormai
è ora di pranzo.- intercettò
l’espressione furiosa della sorella e
l’anticipò -Vai pure a casa, se vuoi. Io ho da
fare.-
La ragazza alzò gli occhi, incontrò quelli di
Philip, gli mormorò una scusa imbarazzata e tornò
delusa accanto a Jenny, mentre la nonna, sentendosi di colpo fuori
posto tra tutta quella gioventù che continuava ad arrivare,
se la filava per fare, a suo dire, un milione e mezzo di cose.
-Che sta combinando?- domandò Philip indicando Kevin con il
mento.
Jenny rispose a denti stretti.
-Sembra che abbiamo un problema con internet…-
-Non “sembra”, Jenny.- puntualizzò lui
-Lo abbiamo davvero.-
La ragazza fremette.
-Lo abbiamo NOI, non TU. Non includerti nella mia famiglia.-
Lui le rispose calmo.
-Il problema c’è e va risolto.-
-E ne sei davvero capace?-
-Tra tutte le teste presenti, l’unica che funziona bene
è la mia. Per cui sì, posso risolverlo.-
-Oggi non si mangia?- petulò Bruce fino a lì.
Inasprito dalla presenza di Kevin, Philip gli lanciò
un’occhiataccia.
-Come mi piacerebbe per una volta risponderti di no!-
-E perché non lo fai?-
Di ritorno da una capatina in bagno, Danny li raggiunse.
-C’è un computer.- prese atto.
-Internet non funziona.- rispose Kevin.
-Perché?- domandò Mellow.
-Sto cercando di capirlo.-
-Un problema di provider?-
Kevin non ricordava di aver mai visto prima d’ora quel
ragazzino impiccione, doveva essere appena arrivato.
-E tu chi saresti?-
-Mi chiamo Danny.-
-Giochi a calcio anche tu?-
Al suo assenso, Kevin si chiese cosa potessero farsene di quel
piccoletto in una squadra di professionisti. Che poi forse proprio
professionisti non erano affatto. Poi si rese conto che non gli
interessava, così rispose controvoglia, augurandosi che
quella fosse l’ultima interruzione e che la marmaglia che
aveva intorno si disperdesse.
-Il provider funziona perfettamente.-
-Hai provato a riavviare il modem?-
-Il modem non ha nessun problema.-
-Sicuro?-
-Sì che sono sicuro! Ma cosa sei? Un tecnico della rete o un
calciatore?-
A Jenny dispiacque vedere Mellow in difficoltà.
-Forse una cosa esclude l’altra? Tu invece non potresti
sforzarti di essere più gentile? Oppure il tuo intento
è quello di mandarci sul lastrico facendo fuggire i clienti?
Danny sta soltanto cercando di rendersi utile e tu non ti sei neanche
presentato!-
-Loro non sono clienti, sono amici tuoi e sono qui a sbafo!-
Benji, che nel frattempo li aveva raggiunti, non accettò che
un cretino qualunque gli desse dello scroccone.
-Sbagli. Siamo ospiti paganti, paga la Federazione… e puoi
star sicuro che paga bene. Sicuramente quello che serve per assumere un
fannullone come te.-
Kevin ingoiò il rospo, tolse la mano dal mouse e la tese
verso Danny.
-È vero, non mi sono presentato. Sono l’ex-ragazzo
di Jenny. Sono il passato che lei ha mollato per mettersi con un idiota
senza futuro.- disse serio -Naturalmente il piacere è tutto
tuo.-
Il pugno serrato di Philip calò con un tonfo violento e
rumoroso sul ripiano del bancone in un gesto istintivo e
incontrollabile, preciso preciso a un centimetro dal viso di Kevin.
-Posso spaccargli la faccia, Jenny?- sibilò
perché non ne poteva più.
Gli rispose Holly.
-No che non puoi. Ti sembra ragionevole farlo?-
-Mi sembra irragionevole non farlo.-
Intanto Jenny continuava a battibeccare con Kevin davanti a un Danny
ammutolito.
-Non è vero!-
-La verità è una questione di punti di vista.
Comunque adesso mi sono presentato. Sei contenta, no? Perché
non vai a prepararmi il pranzo invece di farmi perdere tempo? Sto
morendo di fame!-
Philip strabuzzò gli occhi.
-Che razza di cafone!-
-Philip, basta!-
-Lo dici a me basta, Holly?-
-A te posso dirlo perché mi darai ascolto.-
Lo afferrò per la felpa e riuscì a trascinarlo
via solo perché Jenny si era già incamminata
verso la cucina dove Meryl ed Evelyn stavano preparando il pranzo.
Vederle andare d’accordo per Jenny fu una piacevole
novità. Pensò che fosse bene lasciarle fare senza
intromettersi e, memore di quanto accaduto quella mattina a colazione,
decise di occuparsi di altro.
-Oggi decido io i posti.- tirò fuori un blocchetto notes da
un cassetto, strappò un paio di fogli e li ridusse di
formato fino ad averne una quantità sufficiente.
-“Uno”…- lesse Benji sul foglietto che
l’amica gli mise davanti -Devo spostarmi?-
-Resta pure dove sei.-
Mark si avvicinò al tavolo e prese uno dei biglietti.
-“Patty”…- lo rimise a posto
-Dov’è il mio nome?-
-Lontano da me.- replicò Price -Prova dalla parte opposta
del tavolo e se Jenny non ti ha messo lì, ti ci metto io.-
Landers si disse che l’amica sapeva quanto non si
sopportavano ed era probabile che il suo posto fosse davvero
dall’altra parte della cucina. Cercò ovunque
inutilmente.
-Qui il mio nome non c’è.- poi notò
Holly accomodarsi due sedie più in là -Quello
è il tuo posto?-
-Sì.-
-Come fai a saperlo?-
-Lo so.- Holly voltò il pezzetto di carta verso i compagni.
-“Dieci”…- Tom capì e si
accomodò davanti al numero della sua divisa della nazionale.
*
Nel primo pomeriggio, ben riposata e satolla, Patty si
affacciò nella stanza dei ragazzi. Seduto al kotatsu, Holly
giocava a carte con i compagni. Benji era di fronte a lui, a destra e a
sinistra rispettivamente Philip e Tom. Sentendosi chiamare
dalla fidanzata, spostò gli occhi sulla porta.
-Ne avete ancora per molto?-
-Abbastanza.- rispose Benji dando uno sguardo al punteggio. Philip gli
era avanti di poco e lui voleva assolutamente aggiudicarsi la vittoria.
-Tra qualche ora sarà buio, perché non andiamo a
fare un giro?-
-Dove?-
-Non so, dove volete.-
-Sì, dopo. Il tempo di finire.- fece da portavoce il
portiere per tutti.
-Quanto tempo?-
-Un’ora.-
Patty volse le spalle indispettita e scese le scale, raggiungendo Amy e
Jenny che l’aspettavano davanti all’ingresso.
-Non vengono?-
-No. Stanno giocando a carte.-
-Non possono farlo dopo?-
-Sembra di no.-
-Andiamo lo stesso?-
Patty annuì e le due amiche la seguirono fuori. Amy
respirò a pieni polmoni l’aria fredda e
cristallina che strappò via la pigrizia tipica del primo
pomeriggio.
-Si sta così bene quando c’è il sole.
Peccato che non siano usciti con noi.-
-Dov’è Julian? Non era a giocare a carte.-
-È con Kevin, in attesa che internet torni a funzionare.
Perché se non controlla la posta ogni due giorni, i messaggi
delle sue fan gli intasano la casella dell’email.-
-Davvero?- domandò Jenny -Controlla la posta ogni due
giorni? Non me ne ero accorta.-
-Perché lo fa quando noi siamo in cucina a preparare il
pranzo, o la cena. La nonna gli ha concesso l’uso del
computer.-
-Ed è vero che gli si riempie la casella? O è una
scusa per fare un giretto sulla rete?-
-È vero, Patty. Te lo garantisco.-
-Come mai le sue fan conoscono il suo indirizzo e-mail?-
Amy rifletté.
-Questo è un bel mistero. Non sono ancora riuscita a capire
se è stato lui così allocco da lasciarselo
sfuggire oppure lo hanno ottenuto per vie traverse. Fatto sta che ora
lo conosce tutto il Giappone e ogni giorno gli arrivano una valanga di
messaggi. Forse è meglio se ne apre uno dedicato.-
Ripresero a camminare tra gli alberi
-Li hai letti, questi messaggi?- chiese Jenny.
-Qualcuno… a qualcuno ho anche risposto a nome suo e con il
suo permesso, ovviamente.- divenne paonazza -Non potete immaginare cosa
gli scrivono… Alcune fan sono così…
esplicite…- la voce le morì in gola per
l’imbarazzo -Lui le cestina, quelle… Le fa sparire
subito. Anche le foto, credo… Prima che io le
veda…-
-Che foto?-
-Le foto che gli mandano… Ogni tipo di foto…-
-Amy, sono così curiosa!- Patty le si aggrappò al
braccio -Non puoi essere più precisa?-
-Qualcuna di loro è bellissima… meravigliosa.-
alzò gli occhi al cielo di un gelido azzurro -Mi rendono
inquieta.-
E in effetti Jenny percepì ansia nella sua voce.
-Perché?-
-Perché in un qualsiasi momento Julian potrebbe perdere la
testa per una di loro e lasciarmi.-
-Non dire sciocchezze. Julian ama te! Non ti lascerebbe mai per una di
quelle oche ammaliatrici.-
-Speriamo. Ai vostri ragazzi non scrive nessuna?-
Le due amiche si guardarono.
-Non so.- Patty rifletté -Holly non me ne ha mai parlato.
Quando torniamo al ryokan sarà la prima cosa che gli
chiederò.-
Jenny accantonò il discorso.
-Ieri ho scoperto che uno dei ragazzi che ha picchiato Philip
è il figlio del capo della polizia di Shintoku.-
Amy la fissò sgomenta.
-Davvero?-
-Sì, quello alto. Gli sono finita addosso, lui usciva dalla
centrale e io entravo!-
-Forse si tratta dello stesso ragazzo che stamattina è
venuto al rifugio.- rifletté Patty -Era con un poliziotto e
non ha detto una parola.-
-Aveva sicuramente paura che lo riconosceste.-
Si fermarono sulle rive del lago che si estendeva davanti a loro, una
distesa di ghiaccio che rifletteva il colore del cielo. Molto
più lontano e dietro un’insenatura, scorsero la
baita. Jenny si avventurò sul ghiaccio cercando il cartello
di legno che segnava il limite da non valicare. Poi si
lasciò distrarre dalle chiacchiere delle amiche.
-Avremmo dovuto portare i pattini. Un vero peccato non averci pensato.-
Patty sorrise, facendo attenzione a non scivolare.
-Io avrei preferito portare Holly. E invece erano così
impegnati nella loro stupidissima partita a carte…-
-A quanto pare per loro una partita è una partita. Di
qualsiasi gioco si tratti, interromperla è
un’eresia!- rise Jenny.
-Non so se siano meglio le carte o internet.-
-Non credo faccia molta differenza, Amy. Per un motivo o per
l’altro, i nostri ragazzi non sono con noi.-
-Avete saputo niente delle foto di Bruce?- domandò Patty a
un certo punto.
Jenny scosse la testa.
-Ho provato a domandare a Philip e ogni volta lui mi ha rilanciato
chiedendomi di Kevin e facendomi passare la voglia di insistere.-
Patty rise.
-Uno stratega nato. Come si dice, la miglior difesa è
l’attacco. Ieri quando Holly ed io siamo rimasti soli, ho
provato a sondare l’argomento “cameriere”
ma non ho proprio pensato a chiedere delle foto.-
-E cosa ti ha detto delle cameriere?-
-Niente. O ha fatto finta di non capire cosa volessi sapere, oppure ha
davvero frainteso.- le sembrò di vedere un pesce guizzare
sotto di lei e abbassò gli occhi sul ghiaccio -Amy, hai una
scarpa slacciata.-
L’amica si fermò per rifare il nodo. Jenny e Patty
proseguirono per un tratto.
-A chi possiamo chiedere?-
-Tu potresti provare a far leva su Mark. Forse riusciresti a cavargli
qualcosa. Stravede per te.-
-Non è vero!-
-Certo che è vero… Vero, Amy?-
-Sì, è verissimo.- rispose lei ancora a terra,
dove stava dando una stretta anche all’altro nodo.
-Proviamo con Danny.- tentò Jenny per evitare di avvicinarsi
troppo a Landers. In quegli ultimi giorni tra lei e Philip stava
andando tutto liscio. Non avevano più né discusso
né litigato per nessun motivo.
-Mi è appena venuta un’idea fantastica!-
esclamò Patty -Sono davvero un genio! Danny voleva una tua
foto, ricordi?-
Jenny si portò sulla difensiva.
-Philip non vuole…-
L’amica cercò lo stesso di convincerla.
-Pensaci, potremmo barattare una tua foto con quelle di Bruce! Danny
può provare a farsele dare!-
Anche se distante, Amy non aveva perso una parola e si trovò
completamente d’accordo con Patty. Lo scambio poteva
funzionare. Mentre si tirava su per raggiungerle, scorse qualcosa che
colpì la sua attenzione. Era il cartello! Steso sul giaccio,
scalzato dalla bufera della notte precedente! L’avviso di
legno che segnalava il pericolosissimo ghiaccio fragile era
lì e loro non lo avevano visto! Nessuna lo aveva notato! Gli
occhi di Amy percorsero la superficie del lago, alla disperata ricerca
del foro in cui era stato fissato. Lo trovò, molto indietro.
Troppo. Stavano calpestando la superficie pericolosa già da
parecchi metri. Il panico l’assalì.
-Patty, Jenny! Fermatevi! Tornate indietro! Patty!-
Jenny si volse per prima. Allarmata dalle grida di terrore
dell’amica, temendo le fosse successo qualcosa, corse
indietro per raggiungerla. Al contrario, Patty non si mosse. Non
capì il perché di tutta
quell’agitazione, della sua paura. Solo i suoi occhi
guizzarono tutt’intorno senza vedere nulla, assolutamente
nulla, che potesse causare tanto spavento. Perché?
Perché Amy aveva gridato? Perché continuava a
chiamarla? Si volse per tornare indietro. Sotto i suoi passi
affrettati, il ghiaccio emise uno scricchiolio sinistro e
raccapricciante. Un reticolo di incrinature si formò ai suoi
piedi e la superarono zigzagando, raggiungendo Jenny. I loro occhi si
incontrarono. Jenny non osò muoversi, ma Patty spaventata
prese a correre.
-No! Ferma!-
L’avvertimento arrivò troppo tardi. Il ghiaccio si
infranse come carta di riso e Patty sparì davanti ai loro
occhi, inghiottita dal lago senza neppure uno spruzzo. La superficie
ridotta in pezzi ondeggiò, frantumandosi fin
dov’era Jenny che indietreggiò svelta fino a
mettersi al sicuro, lo sguardo sul punto esatto in cui era scomparsa
l’amica.
-Patty!-
Lei riemerse un istante dopo, i capelli grondanti sul viso, le braccia
sollevate alla ricerca di un appiglio per tirarsi fuori da
un’acqua così fredda da bruciare la pelle.
Allungò le mani a tentoni ma trovò solo ghiaccio
che si spezzò sotto le sue dita.
-Amy! Jenny!-
-Patty!-
Amy si mosse ma Jenny, a metà strada tra lei e Patty,
sentì il ghiaccio cedere sotto i suoi piedi e si volse per
fermarla.
-Stai lontana o finiremo in acqua anche noi! Vai a chiamare
aiuto… presto!-
Amy capì che non poteva fare altro e corse via.
Cercò di orientarsi tra gli alberi avanzando più
veloce che poté, il sudore gelido della paura che le solcava
la schiena. Sapeva che Patty non avrebbe resistito a lungo
nell’acqua ghiacciata, che presto sarebbe sopraggiunta
l’ipotermia. I suoi tentativi di tenersi a galla si sarebbero
fatti sempre più deboli e sarebbe lentamente ma
inesorabilmente affondata. Inciampò su un sasso nascosto
dalla neve, scivolò e cadde. Si tirò su dolorante
e riprese a correre.
Jenny la guardò scomparire tra gli alberi, perfettamente
consapevole di non poter aspettare l’arrivo dei rinforzi.
Avanzò carponi verso l’amica, nonostante gli
scricchiolii delle crepe che si formavano dove appoggiava mani e
ginocchia. Davanti a lei, a pochi metri, l’amica si teneva a
galla sguazzando intirizzita. Non potendo aggrapparsi a nulla, i suoi
tentativi di tirarsi fuori dall’acqua erano completamente
inutili. Già pallidissima, le labbra violacee, tendeva le
braccia verso Jenny che si stava avvicinando.
-Adesso ti tiro fuori, Patty.- fu una promessa.
Si protese verso di lei più che poté ma non
riuscì lo stesso ad afferrarla. Era ancora troppo lontana.
-Jenny! Non ci arrivo!- gemette Patty, i denti che battevano senza
controllo, ferendole la lingua. Stava congelando.
La giovane avanzò ancora e il ghiaccio cedette sotto una
mano. Sprofondò fino al polso nell’acqua gelata ma
riuscì a non affondare nella spaccatura che si era aperta
accanto a lei. Si sdraiò prudentemente a terra. Nonostante
il ghiaccio continuasse a frantumarsi tutt’intorno,
avanzò imperterrita verso l’amica strisciando sui
gomiti. Sentì cedere la superficie sotto un ginocchio e
attraverso il tessuto dei pantaloni penetrò altra acqua. Si
scostò, togliendo il peso da quella parte per evitare di
allargare la fenditura e procedette ancora, sperando che il ghiaccio
ormai in pezzi riuscisse ancora a sostenerla.
-Patty!- chiamò allungando di nuovo la mano.
Quella nuotò verso di lei battendo le gambe intirizzita e
cercò di issarsi su una lastra di ghiaccio galleggiante, la
più grande di tutte. Si aggrappò con le unghie,
la punta delle dita ormai violacee. Ma l’appiglio non resse,
si inclinò da un lato e la scaraventò di nuovo
nell’acqua. Patty affondò, poi riemerse. Il gelo
era insostenibile. Attraverso i vestiti la trafiggeva ovunque,
intorpidendole i muscoli e rendendole sempre più faticoso
tenersi a galla. La giacca, il maglione, i pantaloni e le scarpe
impregnati d’acqua erano diventati pesantissimi e tendevano a
trascinarla a fondo.
-Jenny!- gridò disperata, scossa da violenti tremiti di
freddo. Non riusciva più neppure a parlare -Ti prego! Tirami
fuori!-
L’altra si trascinò ancora più avanti,
arrivando sull’orlo della superficie del lago. Il ghiaccio
più sottile cedette e per un soffio non scivolò
dentro anche lei. Si sporse più che poté e
sfiorò le dita di Patty.
-Cerca di avvicinarti di più.- le disse e riuscì
ad afferrarla per una manica -Ti ho presa!- gridò esultante,
attirandola verso di sé.
Dagli occhi di Patty sgorgarono lacrime di sollievo. Si protese verso
l’amica, le circondò il collo con le braccia e si
aggrappò disperatamente a lei. Era così fredda e
bagnata che Jenny sussultò. Rivoli ghiacciati le penetrarono
nella sciarpa fin sulla nuca e scivolarono sotto il maglione
incanalandosi lungo la schiena. Presto iniziò a tremare.
-Adesso ti tiro su…- tentò faticosamente di
indietreggiare, puntellandosi sul ghiaccio con i gomiti e le ginocchia.
La superficie ormai in frantumi ricominciò a sgretolarsi.
Jenny perse di nuovo l’appoggio sotto un ginocchio e si
sbilanciò. Si volse indietro e si accorse che
tutt’intorno a lei il ghiaccio si era spezzato -Non ci
riesco!- ammise frustrata.
-Jenny…- disse Patty tremante -Non ce la faccio
più… Sto congelando!-
-Resisti per favore.- supplicò accostando una guancia a
quella di lei. Sentiva il suo corpo tremarle tra le braccia. Quanto
tempo avrebbe potuto resistere così, non lo sapeva -I
ragazzi stanno arrivando, tra poco saranno qui!- la strinse
più forte a sé per trasmetterle un po’
del proprio calore -Vedrai, faranno presto.-
-Holly!- chiamò Amy, gli occhi colmi di lacrime per lo
sforzo della corsa e per la preoccupazione. Era ormai senza fiato e il
ginocchio su cui era caduta le faceva male. Sapeva di aver impiegato
una vita per arrivare fino al ryokan e si augurò solo che
nel frattempo Jenny fosse riuscita in qualche modo a tirar fuori Patty
dall’acqua -Holly!- senza più forze si
fermò sotto la finestra della camera dei ragazzi, sperando
che qualcuno la udisse e si affacciasse. Non era assolutamente in grado
di affrontare le scale -Holly!-
Il giovane impiegò un’eternità a
comparire dietro ai vetri. Aprì la finestra con una lentezza
esasperante senza peraltro prestarle attenzione, visto che dopo averle
lanciato un’occhiata distratta, era tornato ad osservare le
carte da gioco che teneva tra le dita.
-Che c’è?-
Le lacrime le rigavano le guance ma lui era lontano e non
poté vederle. Amy si asciugò il viso con il dorso
della mano stringendo con l’altra la milza che pulsava. Le
gambe tremavano per lo sforzo di tenersi in piedi.
-Il ghiaccio si è rotto!- singhiozzò -Patty
è caduta nel laghetto e Jenny da sola non può
tirarla fuori!-
Le carte di Holly si sparpagliarono sui tatami. Scomparve dalla
finestra e scese di corsa le scale con un tale fracasso che Amy
udì i suoi passi dall’esterno. Un attimo dopo
riapparve dietro la porta a vetri dell’ingresso alle prese
con le scarpe. Le infilò e corse via senza indossare neanche
la giacca. Amy se lo vide sfrecciare accanto come una saetta per poi
sparire tra gli alberi.
Quando il respiro dell’amica divenne impercettibile, Jenny la
scosse. Non aveva smesso un attimo di parlarle ma lei ormai non le
rispondeva più.
-Patty, continua a muoverti.- disse cercando di riscuoterla -Stanno
arrivando, ti tireremo fuori.-
La ragazza annuì, al limite dell'incoscienza, e
provò ad agitare le gambe ormai pesanti come due blocchi di
cemento. Il freddo le intorpidiva i muscoli, provocandole un immenso
dolore. La sensibilità delle mani cominciava a svanire, le
braccia avevano perso la loro forza e stavano a poco a poco scivolando
via dal collo di Jenny. La stanchezza stava trasformando il suo corpo
in un ammasso di piombo che presto l’avrebbe trascinata
giù, nelle profondità del lago. Una voce
interiore le sussurrava di arrendersi e lasciarsi cullare dal sonno
senza turbamenti che l'aspettava sott'acqua. E contrastare quella voce
era sempre più difficile.
Jenny la sentì scivolar via e reagì stringendola
a sé con maggior forza.
-Non ce la faccio più.- Patty chiuse gli occhi esausta,
piegando il viso contro la spalla di lei.
Poi le udì. In un angolo della testa risuonarono delle voci,
così lontane che pensò facessero parte
dell’incoscienza stordita in cui stava precipitando.
-Patty! Dove sei?-
Anche Jenny udì e le venne da piangere.
-Holly! Siamo qui!-
Il ragazzo si avventurò sul lago cercandole e, dietro
l’insenatura, finalmente le vide. Patty era
nell’acqua gelida e si teneva aggrappata al collo di Jenny.
Distesa a terra sul ghiaccio in frantumi, l’amica la
stringeva a sé, impedendole di affondare. Holly
avanzò per raggiungerle ma si arrestò di colpo
quando sotto i suoi piedi il ghiaccio cedette. Il suo peso fece
oscillare la superficie del lago e persino la lastra su cui Jenny era
distesa risentì del movimento rompendosi a metà.
Rimase solo il suo corpo a tenerla unita. La giovane sentì
il gelo raggiungerle lo stomaco.
-Non avvicinarti!- gli gridò -Il ghiaccio non
reggerà.-
Holly fremette d’impotenza, gli occhi su Patty che aveva
adagiato la testa sulla spalla dell’amica, i capelli bagnati
le ricadevano divisi in ciocche sul volto che lui da lì non
poteva scorgere.
-E allora come facciamo a portarvi a riva?-
Il panico aveva assalito Holly. In quel momento non era in grado di
trovare una soluzione che recuperasse entrambe. Soluzione che non era
in grado di trovare neppure Jenny, la quale infatti non seppe cosa
rispondergli. L’unica certezza era che Patty andava
assolutamente tirata fuori dall'acqua al più presto. Il
freddo prima intorpidiva i muscoli e annebbiava la mente, poi
trascinava la vittima incosciente nelle braccia della morte.
Tom, Benji e Philip arrivarono di corsa, per ultima comparve Amy
insieme a Julian che la teneva per mano e praticamente la trascinava di
peso, esausta com’era.
Gli occhi su Jenny, Philip fece per oltrepassare Holly con
l’intenzione di raggiungerla ma l’amico lo
strattonò indietro. Il ghiaccio gemette stridulo e Benji,
che era subito dietro di loro, indietreggiò.
-Merda! Se si rompe finiamo tutti a mollo! Siamo in troppi qui sopra.-
il portiere costrinse Tom e Julian a tornare verso la riva.
Tenendo gli occhi fissi sulla superficie gelata, incapace di restare
senza far niente, Holly fece qualche altro passo sul ghiaccio. Patty
non si muoveva e lui era lì già da un paio di
minuti senza aver né pensato né combinato nulla
di utile. Era frustrato e preoccupatissimo.
-Jenny! Non lasciarla!-
-Certo che non la lascio!-
Tom si tolse dalla spalla la corda che fu contentissimo di aver
recuperato dal capanno degli attrezzi del nonno. Aiutato da Benji la
srotolò, ne prese un’estremità e la
lanciò verso le due. Il tiro fu preciso e la fune
piombò accanto alla spalla di Jenny.
-Coraggio!- la esortò Philip -Afferrala!-
Lei annuì, si volse e allungò una mano. Nello
stesso istante Patty prese ad affondare nell’acqua. Jenny
ignorò la corda e tornò a stringere
l’amica contro di sé. Le braccia che le
circondavano il collo non avevano più energia.
-Patty! Non riesco a tenerti se non mi aiuti! Ti prego, Patty, fai un
ultimo sforzo… Cerca di restare cosciente!-
L'altra non la udì. Il torpore l’aveva
avviluppata, non percepiva più i morsi del freddo, non
sentiva più il gelo trafiggerla e neppure la fatica di
tenersi a galla, perché era l'amica a farlo al suo posto.
Jenny la scosse, accostò il viso a quello ghiacciato di lei
e la chiamò disperata. Non ricevette neppure un cenno di
risposta. Gli occhi socchiusi di Patty la guardavano senza vederla.
Aveva perso conoscenza e dovevano immediatamente tirarla fuori da
lì.
-Jenny! Prendi la corda!- sentì gridare Holly.
-Non so come fare! Patty è svenuta!- gli urlò
contro -Se non la tengo affonderà!-
Il ragazzo sussultò sconvolto mentre Jenny lasciava perdere
lui e le sue inutili istruzioni. Si puntellò sui gomiti,
cercò di tirarsi indietro ma Patty emerse
dall’acqua solo un paio di centimetri. Poi
cominciò ad affondare attraverso la giacca, sfuggendole
dalle mani. Fu presa dal panico. Conficcò le dita nella
stoffa, non servì a nulla. Patty le stava scivolando via
dall’interno del giubbotto, il suo corpo era come il piombo.
Lacrime di frustrazione presero a solcarle le guance. Sentiva le grida
dei compagni, distingueva la voce di Philip, ma non capiva cosa
stessero dicendo e neppure le importava. Ciò che contava era
soltanto impedire che l’amica le sfuggisse e affondasse. Si
sporse in avanti oltre il corpo di lei e tuffò le braccia
nell’acqua ghiacciata. Sfiorò la sua pelle nuda
sulla schiena, poi riuscì ad afferrarle l’orlo dei
pantaloni e con la forza della disperazione diede uno strattone per
tirarla su e portarla al sicuro. Il ghiaccio non resse il suo brusco
movimento. Quel poco che rimaneva della lastra su cui era sdraiata si
inclinò di colpo scaraventandola in acqua. Jenny
gridò ed entrambe sparirono risucchiate dal lago.
-Maledizione!- Holly si gettò in ginocchio, avanzando
carponi -Patty!-
-Jenny!- chiamò anche Philip.
Amy, dalla riva, si mise a piangere.
-Tornate su…- supplicò con voce rotta -Jenny,
torna su…-
Gli occhi fissi sul punto in cui era sparita la fidanzata, Philip si
liberò della giacca con un gesto fulmineo. La
gettò da una parte e corse fin dove riuscì
miracolosamente ad arrivare, incurante del ghiaccio che si spaccava
sotto i suoi piedi. Un attimo prima di tuffarsi, vide Jenny riemergere.
Stringeva Patty a sé e cercava disperatamente di tenerle la
testa fuori dall’acqua. Nuotò tra il ghiaccio
affondando continuamente, lo sforzo immane di sostenere a galla
l’amica svenuta e se stessa, entrambe appesantite dagli
indumenti bagnati.
-è fredda! Accidenti quant’è fredda!-
gridò mentre il gelo le penetrava nelle ossa.
Affondò e l’acqua le entrò in gola.
Riemerse tossendo, affondò di nuovo e nuotò
sott’acqua. Lo sforzo di avvicinarsi agli amici insieme a
Patty la stava stremando.
-Jenny!- Philip proseguì la sua avanzata in ginocchio. Il
ghiaccio si spaccò davanti a lui costringendolo ad
arrestarsi -Prendi la corda!- gridò quando la vide
riemergere e ricominciare a tossire.
La giovane lo udì e cercò la fune. Patty era
pesante e rigida come la pietra, tenerla stava diventando
un’impresa al di là delle sue forze. Le energie la
stavano abbandonando, il freddo la schiacciava e non sarebbe riuscita
ad evitare a lungo che il corpo inerte di Patty portasse a fondo
entrambe. Protese un braccio verso la corda e affondò di
nuovo, trascinata giù dal peso dell’amica.
Tornò a galla e cercò di afferrare la fune.
Doveva prenderla assolutamente, a qualsiasi costo. Le dita intorpidite
dal freddo la sfiorarono, poi l’afferrarono ma non riuscirono
a stringere la presa. Quando Tom cominciò a tirare, la corda
le scivolò via. Nel tentativo di far riemergere Patty che
era finita di nuovo sott’acqua, Jenny affondò
ancora. Nuotò sotto l’amica,
l’afferrò per la vita e la spinse in superficie.
Lo sforzo fu enorme, espirò emettendo una miriade di
bollicine e quando l’ossigeno finì, i polmoni
presero a bruciarle. Tornò a galla in cerca di aria, ormai
allo stremo. La fune era proprio davanti a lei.
-Prendi la corda!- gridò Philip.
Jenny ubbidì esausta. Si allungò verso la fune e
ruotando la mano l’avvolse più volte intorno al
polso. Tom tirò e stavolta la sua presa tenne.
-Benji, aiutami a tirare.-
Spinto da un disperato terrore, Holly si sporse verso
l’acqua, rischiando di scivolare anche lui nel lago. Poi
finalmente afferrò la mano ghiacciata di Jenny e la trasse
verso di sé.
-Patty… Prima Patty!- supplicò lei quando
cercò di issarla fuori.
Holly si allungò più che poté dal lato
della fidanzata e immerse le braccia nell’acqua gelida.
Mentre Jenny spingeva da sotto affondando di nuovo, agguantò
la ragazza svenuta per la vita e riuscì a tirarla fuori,
trascinandosi poi con lei fino ai compagni.
Jenny non riemerse. Finalmente libera dal peso dell’amica e
ormai priva di forze, andò a fondo senza neppure rendersene
conto. Il gelo e la stanchezza le piombarono addosso implacabili e
mentre il torpore la tirava giù, non si accorse che la corda
avvolta intorno al braccio sollevato le stava scivolando via dal polso.
Non poté vedere Philip prendere il posto di Holly, a mala
pena udì la sua voce che la chiamava al di sopra della
superficie. Espirò, e le bollicine d’aria
arrivarono a galla scoppiando tutt’intorno alle dita,
l’unica cosa di lei che era rimasta fuori
dall’acqua. Poi all’improvviso una mano calda le
strinse il polso. Nel momento in cui Jenny inspirava in cerca
d’aria, la sua testa affiorò dall’acqua.
Si sentì afferrare sotto le braccia e trascinare fuori dal
ghiaccio in frantumi.
-Jenny, tutto bene?- la voce di Philip vacillò di
preoccupazione. Le accarezzò il viso bagnato, ghiacciato,
pallido e stanco, le sfiorò con le dita le labbra senza
più colore e la scosse finché lei aprì
gli occhi -Jenny!-
-Sì, sto bene.- tossì, poi con il suo aiuto
riuscì a mettersi seduta -Patty?- domandò
preoccupata guardandosi intorno. Aggrappandosi a Philip si
tirò in piedi e si avvicinò all’amica
inerte tra le braccia del capitano, il volto cadaverico, la bocca
divenuta una sottile linea violacea.
-Non respira!- gemette Holly disperato -Non respira più!- la
scosse ma lei non si mosse, non diede segni di vita. Il suo viso era
spaventosamente terreo -Patty, svegliati! Patty!- la chiamò
scuotendola ancora, il terrore a riempirgli gli occhi insieme alle
lacrime.
-Scostati Holly.- Julian lo spinse bruscamente di lato,
afferrò la ragazza, la voltò a faccia in
giù e cominciò a comprimerle la schiena
riproducendo il ritmo dei battiti del cuore. Gli amici rimasero
immobili a guardarlo, incapaci di parlare.
-Patty…- continuò a piagnucolare Holly,
trascinandosi sulla neve per andarle di nuovo vicino.
Allungò un braccio verso di lei, ma Julian lo
scostò brusco.
L’espressione concentrata, gli occhi fissi sulla schiena
della ragazza e sulle proprie mani, Julian continuò a
spingere a intervalli regolari. Lo sforzo di mantenere il ritmo gli
imperlò la fronte di sudore. Ad un certo punto dalla bocca
dell’amica uscì un’incredibile
quantità d’acqua.
-Patty…- mormorò per l’ennesima volta
Holly, mentre Amy gli si accostava e gli posava le mani sulle spalle
per rassicurarlo. Patty rimase completamente immobile -Non succede
niente…-
-Holly, sta’ zitto!- Julian gli lanciò
un’occhiata di fuoco, la voce carica di tensione -Mi distrai
e non riesco a contare!- riprese la pressione sulla schiena della
ragazza finché lei cominciò a tossire.
Vomitò altra acqua e Ross si fermò soltanto
quando la sentì lamentarsi debolmente. Allora la
voltò piano, afferrò la chiusura lampo del
giubbotto, la tirò giù e cominciò a
spogliarla. Amy accorse per aiutarlo. Insieme le sfilarono la giacca,
poi il maglione e la maglietta. Si fermarono quando rimase in
reggiseno. La sua pelle era più bianca della neve su cui era
adagiata. Julian si tolse la giacca e l’avvolse intorno al
corpo ghiacciato dell’amica. Poi si tirò indietro
e lasciò che Holly la prendesse tra le braccia.
-Patty…- il ragazzo avvicinò il volto a quello di
lei e le posò una guancia sulla fronte gelata.
La giovane socchiuse gli occhi, incrociò per un istante il
suo sguardo, poi lui la strinse di nuovo a sé. Pieno di
sollievo alzò il viso verso Julian che gli era rimasto di
fronte.
-L’hai salvata.-
L’amico reagì all’imbarazzo di tanta
gratitudine dando ordini.
-Cosa stai aspettando? Portala al ryokan o le verrà una
polmonite.- si volse verso Jenny, scossa da brividi violenti -La stessa
cosa vale per te.-
Lei annuì. I capelli bagnati appiccicati al viso, impacciata
e raggelata dagli abiti che erano diventati solo un peso, si tolse la
giacca e il maglione. Mentre Amy prendeva i vestiti
dell’amica, Philip le si accostò per offrirle il
proprio giubbotto. Jenny scosse la testa. Era così zuppa che
anche indossandolo non sarebbe riuscita a scaldarsi.
-Lo bagnerei inutilmente.- rimase in maglietta, tremante di freddo, i
capelli che grondavano acqua sulle spalle e sul petto. Non vedeva
l’ora di tornare al caldo nel ryokan. Fece un solo, debole
passo, poi crollò a terra così inaspettatamente
che Philip non riuscì ad evitarglielo. Finì in
ginocchio tra la neve, completamente priva di forze, le mani puntellate
al suolo davanti a sé. Alzò sul fidanzato uno
sguardo spaventato.
-Jenny, stai bene?-
-Penso di sì…- cercò disperatamente di
alzarsi, i suoi muscoli erano di gelatina. Ci riuscì solo
grazie a Philip che l’aiutò a rimettersi in piedi
-Mi formicolano le gambe.-
-Significa che il sangue sta riprendendo a circolare.-
spiegò Julian tranquillizzando entrambi.
-Ti porto io?- propose Philip, pronto a tirarsela sulla schiena.
Jenny guardò Julian in cerca di una risposta che non era in
grado di dare.
-Se cammini è meglio.- rispose lui.
Trovarono Holly nell’ingresso del ryokan. Era chino su Patty,
seduta a terra, e le stava togliendo scarpe e calzini. La giovane
tremava, pallida come un cadavere, ma era cosciente. Quando li
udì entrare si volse a guardarli.
-Tutto bene?- le chiese Jenny.
Lei annuì e tentò un debole sorriso. Poi Holly la
prese di nuovo tra le braccia e imboccò le scale.
-Non è meglio portarla alle terme?- suggerì Amy
-Lì fa più caldo!-
Il capitano si volse indeciso, ma anche Julian annuì.
-Purché non entri in acqua.-
Solo per un soffio Jenny riuscì a evitare che irrompessero
tutti nello spogliatoio maschile. Aprì la porta di fronte e
seguì Holly e Patty in quello femminile. Il capitano era
stremato, ansimava di fatica e di paura, il cuore gli batteva ancora a
mille. Il gelo del corpo di Patty penetrava attraverso la giacca di
Julian e gli arrivava addosso, facendo rabbrividire anche lui.
Attraversò lo spogliatoio, entrò nei bagni e,
incurante di bagnarsi i calzini, arrancò verso la porta a
vetri che immetteva nel locale delle terme.
-Che ci fate lì?-
Sussultarono tutti, Jenny addirittura sobbalzò nonostante
avesse riconosciuto la voce di Mark. A mollo nell’acqua che
gli arrivava a metà del torace, i capelli inumiditi dal
vapore che gocciavano ai lati del viso e sul collo, Landers li guardava
sgomento. Accanto a lui gli immancabili Ed e Danny.
-Quello è lo spogliatoio delle ragazze!- la sua
constatazione risuonò come un’accusa.
-La Toho al completo.- rise Philip nervosamente. Anche lui si era
spaventato.
-Maniaci.- continuò Landers guadando l’acqua verso
di loro -E poi dite a Bruce!-
-È un’emergenza, Mark.- spiegò Jenny
mentre il capitano depositava Patty sui primi gradini di pietra scura
che sparivano sott’acqua.
La ragazza fu scossa da un brivido.
-Ti senti bene?-
-Sì, sto bene.- la voce le uscì roca, la gola le
bruciò.
Holly la massaggiò per riscaldarla e riattivare la
circolazione, perché nonostante lui adesso avesse cominciato
a sudare, Patty era ancora pallida e continuava a essere scossa da
brividi di freddo.
-Vuoi farmi morire di preoccupazione?- gemette in una specie di
monologo un po’ sussurrato, un po’ pensato che
Patty stentò a capire mentre le massaggiava le mani, un dito
alla volta -Non ti lascio più da sola. Finché
resteremo qui ti starò incollato addosso come una ventosa.
Due volte di seguito è troppo.- la sera prima si era persa
tra le montagne e aveva rischiato di essere sbranata dai lupi o di
cadere in un crepaccio, come quella modella di cui non si era saputo
più nulla. Neppure un giorno ed era sprofondata nel lago
ghiacciato, dove aveva rischiato di annegare congelata -Come
minimo ti verrà la febbre, se non ti buscherai una
polmonite.- cambiò mano -E tra qualche giorno il ritiro
finirà, sarò costretto a partire e
dovrò lasciarti qui, con il rischio che mentre non ci sono
ti accada qualche altra cosa e che stavolta io non faccia in tempo ad
arrivare. Non posso proprio lasciarti sola. È fuori
discussione.- “riporterò io stesso Patty a casa e
poi raggiungerò gli altri al centro di ritiro della
nazionale”, rifletté -Devo fare proprio
così.-
Amy arrivò, interrompendo il corso dei suoi pensieri.
-Dovresti toglierti anche tu quei vestiti bagnati, Jenny. Ti ho portato
il cambio, sia a te che a Patty. È di là.-
Philip seguì come un’ombra la fidanzata fin dentro
gli spogliatoi. E un secondo prima che lei si sedesse sulla panca per
togliersi gli abiti di dosso, in un improvviso impeto d’ansia
la raggiunse e le prese il viso tra le mani per guardarla negli occhi.
-Jenny, sei sicura di star bene?-
Lei gli sorrise dolcemente, per far sparire quella ruga di
preoccupazione che gli solcava la fronte.
-Sto bene. È stato faticoso e congelante ma sto bene. Mi
cambio e starò anche meglio, vedrai!-
Mentre la ragazza iniziava a togliersi di dosso gli abiti bagnati, lui
si guardò intorno. Allo spogliatoio femminile era dedicata
maggiore attenzione per i dettagli decorativi. Come il vaso rosa con il
mazzolino di campanule di carta posato sulla mensola vicino alla porta,
oppure le applique in vetro a forma di fiore che fiancheggiavano il
grande specchio sopra i due lavandini. Su una parete era appeso un
quadro con un paesaggio naif pieno di colori e i cesti di vimini per
gli abiti, ordinatamente impilati su un ripiano, avevano tutti fiocchi
di stoffa a pois.
Per Jenny fu un sollievo liberare la pelle dal gelo che
l’avviluppava. E mentre la sua priorità era
racimolare al più presto il calore perduto, Philip stava
cominciando lentamente e inesorabilmente a sciogliersi. Sudato e
accaldato come non mai, si tolse la felpa e la mise da parte, prendendo
nello stesso tempo atto del fatto che lo spogliatoio si era trasformato
in una lavanderia per abiti più o meno bagnati finiti in
ogni angolo. In maniche di maglietta, rimase di vedetta sulla porta che
immetteva nelle vasche, pronto a fermare Holly se avesse avuto la
pessima idea di rientrare. Ma Patty ancora tremava tra le sue braccia e
il capitano non l’avrebbe lasciata per niente al mondo.
Jenny indossò lo yukata, si asciugò i capelli
finché smisero di gocciolare, poi recuperò un
telo da bagno dalla pila di asciugamani puliti e tornò nelle
terme, Philip dietro di lei. Si inginocchiò accanto a Patty
e le tolse la giacca di Julian dalle spalle.
Imbarazzata dalla propria improvvisa nudità, lei si
appropriò del grande asciugamano che le porgeva Jenny e che
profumava di pulito. Se lo avvolse addosso stretto stretto,
perché nonostante il vapore che saliva dall’acqua
della grande vasca e il calore del corpo di Holly che le stava
appiccicato, continuava a sentir freddo.
-Togli i pantaloni, Patty. Se continui a tenerli addosso non ti
scalderai mai.- Jenny si avvicinò per sbottonarli e
l’amica, sorpresa, si ritrasse.
-Cosa fai?-
Amy e Jenny risero del suo imbarazzo.
-Ti vergogni? Tu che corri su e giù per il ryokan avvolta in
un minuscolo asciugamano?-
-In questo momento non ti sta guardando nessuno.- cercò di
convincerla Amy.
-Vuoi che mandi via Philip?- domandò Holly.
Ma il compagno non era più nei pressi. Si era già
saggiamente tirato da parte e voltava loro le spalle mentre, sul bordo
della vasca, riferiva a Mark e combriccola cos’era appena
accaduto sulle rive del lago.
Quando finì il racconto, Patty si era cambiata indossando lo
yukata e Jenny, davanti a lei, stava radunando i suoi abiti bagnati.
Philip si sentì quindi autorizzato a tornare verso di loro e
facendolo guardò la fidanzata. La cinta allacciata da Jenny
in fretta e furia un attimo prima, si era a poco a poco allentata
mostrando il profilo di una spalla e l’incavo dei seni. Tutte
quelle pieghe di stoffa scomposte che avevano inevitabilmente attirato
il suo sguardo geloso, erano sfortunatamente proprio di fronte a Holly
che, seduto dietro Patty, aveva sì gli occhi posati su
Jenny, ma senza vederla, perché nella sua mente si
avvolgevano e riavvolgevano le immagini dell’incidente al
lago dove la fidanzata aveva appena rischiato la vita, procurandogli le
stesse spiacevoli sensazioni di una pellicola horror.
-Cosa stai guardando, Holly?- lo apostrofò Philip brusco.
Il capitano ricambiò l’occhiata con genuina
innocenza.
-Niente! Io…-
-Stai guardando!-
-Non è vero!-
-Ti ho visto!-
-Hai visto male.-
-Ti ho visto benissimo!-
-Non ascoltarli, Patty.- disse Jenny cercando di ignorarli, mentre
stringeva alla meglio il nodo della cinta e riaggiustava la veste
addosso.
Il consiglio non servì perché lei non lo stava
facendo. Il battibecco tra i due non la interessava minimamente.
Immerse invece una mano nell’acqua. Lo sbalzo di temperatura
le arrossò la pelle all’istante e Amy, notandolo,
si accoccolò al suo fianco.
-Secondo Julian è meglio se non entri. L’acqua
è troppo calda.-
-Sì, è veramente bollente.-
Alle loro voci, fecero da sottofondo le proteste di Holly.
-Non siamo venuti fin qui per rubarti la ragazza, Philip. E se avevi
questo timore, perché hai organizzato il ritiro a Shintoku,
dov’era anche Jenny?-
Le amiche continuarono a ignorarli.
-Probabilmente ti salirà un po’ di febbre, con
tutto il freddo che hai preso. Ma con un paio di aspirine, tra stasera
e domani dovresti tornare in forma.-
-È una fortuna che Julian studi medicina, Amy.- disse Patty
e gli occhi le si riempirono di lacrime -Se non ci fosse stato lui...-
-Non ci pensare, l’importante è che sia finito
tutto bene. E poi anche Jenny si è data un bel daffare.-
Patty annuì e l’amica le sorrise.
-L’avresti fatto anche tu, no?-
Comunque, ignorare Holly e Philip che bisticciavano come bambini, era
complicato.
-Stavi guardando! Non mentire!-
-Ero soprappensiero, Philip! E se proprio vogliamo mettere i puntini
sulle i, non dimenticare che tu hai abbracciato Patty!-
Le antennine di Jenny si drizzarono di colpo.
-Hai abbracciato Patty, Philip?-
-Assolutamente no!- si schermì lui -Perché mai
dovrei abbracciare Patty?-
-Certo che lo hai fatto! Anzi, le sei saltato addosso!-
Jenny si irrigidì.
-Quando, Philip?-
-Mai! Non l’ho mai fatto! Mi stai confondendo con Tom, Holly!-
-Lascia fuori Tom da questa storia, stiamo parlando di te.
L’hai quasi spogliata e hai anche cercato di baciarla! Avrei
dovuto prenderti a ceffoni e invece mi hai fatto pena e mi sono
trattenuto!-
Sui volti di Philip e di Jenny comparve la stessa identica espressione
sbalordita.
-Non è vero! Non ho fatto nulla di simile!-
Il capitano fremette. Ne aveva mille, di testimoni. Ne prese uno a caso.
-L’ha fatto. Vero, Mark?-
La risata sguaiata del ragazzo corse sull’acqua e
sbatté dritta in faccia a Philip.
-Era talmente ubriaco che non ricorda più niente!-
Inquietudine e turbamento sul volto di Jenny, spinsero una dispiaciuta
Patty a riparare il danno causato dall’ottusa
superficialità maschile. Le prese una mano tra le sue ancora
fredde.
-Pensava che io fossi te.-
A quella conferma lei si irrigidì ancora di più.
-Philip, non posso crederci! L’hai fatto davvero?!-
-No! Certo che no! Non posso averlo fatto! Non è possibile!-
guardò Mark e Holly, cercando di scovare la
verità nei loro sguardi e trovando in uno solo voglia di
rivalsa e nell’altro puro divertimento. Allora non gli rimase
che incalzare Patty -Davvero? Davvero l’ho fatto?-
-Lo hai fatto, Philip.- rispose lei risoluta -Perché eri
così ubriaco che mi hai scambiata per Jenny. Pensavi che io
fossi lei!-
E proprio quella lei si ritrovò del tutto impreparata ad
accettare la notizia. Abbracciare Patty, saltarle addosso, tentare di
spogliarla e addirittura di baciarla! Inaccettabile! Imperdonabile!
Guardò il fidanzato furibonda. Con quale faccia tosta aveva
da ridire se Kevin l’accompagnava in macchina o se sciava con
Mark? Se cercava un motivo reale per essere geloso, lei lo avrebbe
accontentato subito! Avrebbe detto a Kevin di restare per cena, che la
nonna aveva preparato anche per lui! Si alzò di colpo,
così di colpo che la cinta dello yukata annodata
frettolosamente si allentò e si sciolse, e il kimono
scivolò via incapace di seguirla nel suo movimento verso
l’alto. Jenny non riuscì a trattenerlo mentre la
stoffa si depositava ai suoi piedi.
Philip sbiancò, un rantolo gli salì in gola.
Pietrificato dalla sorpresa, si riempì lo sguardo con il
reggiseno e le mutandine color pesca che Amy le aveva portato e che
Jenny aveva appena indossato davanti ai suoi occhi, nello spogliatoio,
come se potesse così sottrarli alla vista degli altri. Dover
condividere con i compagni le sue curve morbide ricoperte di fiocchi e
merletti gli fece provare quasi un dolore fisico. Il suo sguardo
saettò per le terme, fermandosi prima su Holly, che si era
saggiamente voltato, poi verso il trio della Toho. Warner e Mellow
erano opportunamente spariti tra il vapore, ma Philip
incrociò gli occhi di Mark, sorpreso e sgomento almeno
quanto lui. Distolse lo sguardo, sì. Però lo fece
troppo tardi.
-Landers, se ti becco a sbirciare di nuovo ti pesto a sangue!-
La collera di Jenny si infranse di fronte alla violenza della minaccia.
Prima di riuscire a porre in qualche modo rimedio alla propria
nudità, Philip aveva già raccolto da terra lo
yukata e glielo stava avvolgendo intorno al corpo, serrandola nel
contempo tra le braccia per evitare che si ripetesse uno spettacolo per
lui tanto sconvolgente.
-Ho fatto bene a raggiungervi!-
Philip non poté credere alle proprie orecchie. Quale
maledetta congiuntura astrale aveva attirato Benji Price fin
lì? Si volse, rassegnato in partenza. Benji era in piedi sul
bordo della vasca, dal lato dello spogliatoio maschile, le braccia
incrociate e un’espressione chiaramente compiaciuta.
Strizzò l’occhio a Jenny e lei
sprofondò il volto contro la spalla del fidanzato,
arrossendo d’imbarazzo.
-Non ricordo di aver abbracciato Patty.- disse lui scostandola quanto
bastava per guardarla negli occhi -Non lo ricordo proprio.-
Holly si mosse per mettersi più comodo. Seduto sui tatami,
teneva un braccio intorno alle spalle di Patty, accoccolata al suo
fianco e avvolta in un plaid per tenerla al caldo.
-Giuro che se esci di nuovo senza di me, ti mollo.- minacciò
con un sospiro. Le stava salendo la febbre, ne era sicuro al cento per
cento. Gli occhi lucidi e le guance arrossate da bruciare ne erano un
segno inconfondibile -Senti freddo?-
-Adesso sto bene.-
Amy le porse una tazza di tè caldo, ma Patty scosse la testa
e Holly la prese al suo posto posandola tra loro.
-Quando Bruce si accorgerà di aver saltato lo spuntino gli
prenderà un colpo.- disse Tom -Se continua così
si sveglierà in tempo per la cena.-
-Credi che stia dormendo?- domandò Philip.
-Dici di no?-
-Dov’è? Lo avete visto?-
s’informò Holly.
Mark alzò un braccio per indicare il corridoio.
-Qui accanto, in una delle camere libere. Sono almeno due ore che
è lì dentro.-
-Evelyn è là con lui da due ore?-
Amy scosse la testa.
-L’ho vista giù in lavanderia, stava finendo di
stendere il bucato.-
Jenny li ascoltò per metà, sforzandosi di
scacciare la stanchezza che l’assaliva a tratti. Si sentiva
esausta, ma era quasi ora di cena e non poteva addormentarsi proprio
adesso. Patty aveva bisogno di riposare e stare al caldo, Evelyn quel
giorno doveva occuparsi della biancheria e Amy non l’avrebbe
mai perdonata se l’avesse lasciata sola con quel branco di
lupi affamati. Prese una rivista a caso tra quelle finite sotto al
tavolino e la sfogliò per tenersi occupata ancora un
po’.
-Gamo ti ha detto quand’è la partita, Holly?-
domandò Tom.
-Tra dieci giorni.-
-Dove giocheremo?- chiese Julian.
-A Tokyo.-
-Quando dobbiamo raggiungere gli altri?-
-Non ho avuto il tempo di chiederglielo. Benji mi ha tolto il
telefono.-
-Era adirato?- si informò Philip con una punta
d’ansia.
-No, mi è sembrato piuttosto calmo.-
-Del resto Gamo non si arrabbia mai quando parla con te.- fece presente
Mark.
Philip si volse verso Jenny, per condividere con lei l’atroce
dubbio insinuato dal compagno, vale a dire che la serenità
del mister dipendesse soltanto dal suo interlocutore. Ma la fidanzata
non prestava attenzione al dialogo, probabilmente non aveva udito nulla
preferendo continuare a leggere ciò che aveva tra le mani.
Philip osservò l’oggetto di tanto interesse.
Riconobbe una delle riviste di Bruce, una rivista maschile, che in
alcune pagine mostrava situazioni esplicite e forse anche di cattivo
gusto. Gli tornò in mente che una volta quando era alle
medie, sua sorella aveva denigrato lui e i compagni della Flynet
sorpresi nella sua stanza a scambiarsi quel genere di pubblicazioni.
Guardandoli con commiserazione e sufficienza, come solo le sorelle
maggiori sono in grado di fare, aveva detto loro che certe cose un
conto era farle, un altro vederle fatte da altri, ritenendo
quest’altra alternativa molto squallida. A parer suo, quegli
atti che in loro appena adolescenti generavano emozioni per lo
più immature e indescrivibili, perdevano il coinvolgimento
sentimentale ed emotivo, trasformandosi esclusivamente in un fatto
fisico. Il risultato di quelle perle di saggezza non richieste era
stato che gli scambi di riviste si erano spostati in più
sicure case di figli unici e che Philip adesso si chiedeva incerto se
il punto di vista di Kate fosse lo stesso di Jenny e delle ragazze in
generale. Ma soprattutto, nel dubbio, come far sparire la rivista.
Provò a tastare il terreno.
-Cosa stai leggendo?-
Jenny alzò su di lui uno sguardo distratto.
-Questo.-
-Lascia perdere le riviste di Bruce.-
-Ah, è di Bruce?- un lampo di divertimento le
illuminò il viso.
-E di chi altri?-
-Be’, tua per esempio…-
Mentre la conversazione stava iniziando a divertirla, Philip si
ritrovò a mentire per puro istinto di sopravvivenza.
-Non ho mai letto quella roba.-
-Davvero? Eppure qualche anno fa nella tua stanza mi pare di aver visto
riviste di questo tipo.-
Philip si chiese se davvero in passato fosse stato così
imprudente da non aver nascosto accuratamente quel genere di
pubblicazioni che sì, in effetti avevano conosciuto la sua
stanza e ancor meglio il fondo buio del suo armadio.
Benji si chinò sotto al tavolo e frugò tra gli
altri settimanali. Ne scelse uno e lo porse all’amica.
-Il terzo racconto è il migliore di tutti.-
La rivista venne dirottata altrove prima che Jenny riuscisse a
impossessarsene.
-Philip! Dammela!-
-Non c’è nulla che possa piacerti.-
-Lascia che sia io a stabilirlo!-
Il no del fidanzato fu inesorabile e offese a morte Jenny, che si
rifugiò in un angolo con la rivista che stava già
leggendo, decisa a sfogliarla fino all’ultima pagina.
La fame cominciò a farsi sentire alle sette e mezza.
Un’ora più tardi divenne così difficile
da gestire che Tom diede finalmente voce alla domanda che
più o meno si stavano ponendo tutti.
-Pensate che prima o poi le ragazze si sveglieranno?-
Una domanda legittima, vitale e necessaria, poiché in cucina
nessuno stava preparando la cena per loro. Amy si era addormentata
seduta, la testa contro il braccio di Julian, Jenny si era appisolata
nell’angolo, sdraiata su un fianco, il volto su un cuscino e
la rivista ancora stretta in una mano come se non volesse
più mollarla per fare un dispetto al fidanzato. Patty
riposava tranquilla addossata a Holly, le guance arrossate dalla
febbre. Evelyn non li aveva ancora raggiunti. L’attesa si
prospettava lunga e...
-Dov’è finito Bruce? Aveva detto che avrebbe fatto
un pisolino, ma possibile che stia ancora dormendo?-
-Trattandosi di lui, Holly, potrebbe benissimo essere così.
Sai perfettamente quali sono le sue priorità. Dormire e
mangiare. Nient’altro.-
-A proposito di mangiare, se le ragazze non si svegliano, saltiamo la
cena?-
-Neanche per sogno!-
-Prepariamo noi?- domandò Holly incerto. Nessuno dei
compagni sembrava particolarmente propenso ad allacciare il grembiule
per gli altri. Eppure con qualcosa dovevano sfamarsi.
Philip ebbe un’idea appena appena accettabile.
-Che ne dite del ramen istantaneo? Ce n’è nella
dispensa. L’ho visto l’altro giorno mentre
recuperavo il liquore del nonno.-
Ed guardò l’orologio.
-A che ora pensate di avviarci verso il ramen?-
-Sono le nove meno un quarto.- abbondò Benji e si mise in
piedi -Direi che il tempo è scaduto.-
-Sono d’accordo.- Tom si alzò e seguì
il portiere nel corridoio.
Holly vide i compagni lasciare la stanza uno dopo l’altro.
Aveva una fame da lupi ma Patty gli dormiva addosso e se si fosse
spostato l’avrebbe svegliata.
-Giuro che se te ne vai anche tu…- minacciò
vedendo Philip guadagnare la porta.
-E cosa dovrei fare?-
-Aspettarmi, almeno!-
Il capitano impiegò cinque minuti buoni per togliersi di
dosso il corpo addormentato di Patty senza disturbare il suo sonno. La
adagiò sui tatami e si assicurò che fosse ben
coperta. Poi uscì nel corridoio insieme a Philip,
richiudendosi piano la porta alle spalle.
In cucina i preparativi per la cena fervevano in modo curioso. Ad
esempio Danny era inginocchiato a terra, infilato per metà
dentro il capiente mobile della dispensa, e da quella scomoda posizione
passava le confezioni di ramen a Tom che le posava sul tavolo.
Sul ripiano Holly non trovò nulla di suo gusto.
-Togliti Danny, ci penso io.-
Lui gli lasciò volentieri lo scomodo posto, portando con
sé il ramen che aveva scelto per cena.
Philip si chinò e sbirciò all’interno
del mobile.
-Holly, cosa stai cercando?-
-Ramen ai gamberetti.-
-Ne trovi uno anche per me?-
Tom lanciò un’occhiata al fornello.
-Mark, l’acqua bolle.-
Lui spense il gas mentre Julian posava le ciotole sul tavolo, una per
ciascuno. Poi agitò la teiera e si avvicinò al
tavolo.
-L’acqua è poca. Chi l’ha messa?-
-Ne ho messa poca per farla bollire prima!-
-E quante volte dovremo scaldarla, idiota di un Ross?-
-Non potete discutere anche per l’acqua!-
s’inalberò Holly -L’acqua è
l’unica cosa che non manca, porca miseria.-
-La pazienza sì, però.- sentirono Tom dal suo
angolino.
-Comincia a versare, Mark. Abbiamo fame.- lo sollecitò
Philip.
Il giovane si riempì la ciotola, dopodiché
posò la teiera completamente vuota sul fornello e si sedette
pronto a sfamarsi.
-E noi?-
-L’acqua era poca, ve l’ho detto.-
-Ottimo spirito di collaborazione, Landers.- commentò Benji
-Gamo ne sarebbe entusiasta.- girò intorno al tavolo,
riempì la teiera e la mise a scaldare -La prossima
è mia.-
-Stesso spirito di collaborazione di Mark. Praticamente identico.-
sospirò il capitano.
Benji rimase appostato accanto al fornello come un mastino da guardia,
le mani sui fianchi e la fame che cresceva. Julian, che non voleva
dargliela vinta, riempì una pentola d’acqua e la
mise a scaldare accanto alla teiera, che però
impiegò meno a bollire. E così, nel giro di pochi
istanti, anche la tazza di Benji fu piena. Sperando di accelerare i
tempi, Tom prese la teiera vuota, la riempì di nuovo e la
rimise sul fornello.
-Di chi è?-
-Non so. Possiamo tirare a sorte.-
-Non ce n’è bisogno.- intervenne Holly
-Quell’acqua è per me.-
-E perché?-
-Per la questione della fascia. Io sono il capitano e
quell’acqua mi spetta.-
-Ridicolo…- Philip lo guardò malissimo, contento
poi di scoprire che non era l’unico a farlo.
-Vorresti prenderla tu?-
-Certo.-
I compagni scossero la testa. La teiera cominciò a
gorgogliare, segno che l’acqua stava per bollire. Tom, che
era più vicino, la tolse dal fuoco e non riuscì a
decidersi a versarla per sé.
-Allora? Chi la prende?-
Mark lanciò un’idea.
-Danny. Così per una volta non sarà
l’ultimo.-
Tom si liberò dell’acqua esattamente come gli era
stato suggerito.
-Non posso credere che tu lo abbia fatto davvero!-
-Lascia stare e guarda, Philip.-
Sul fondo della pentola che Holly gli indicò si stavano
formando innumerevoli, minuscole bolle d’aria, segno
inequivocabile che l’acqua si era scaldata e presto avrebbe
iniziato a bollire.
Ma prima, la nonna si affacciò sulla porta.
-Come va, miei cari?- si guardò intorno -Dove sono le
ragazze? Le avete fatte arrabbiare di nuovo?-
-No, stanno riposando.-
Nonna Harriet li osservò tutti con un filo di sospetto.
-E state preparando voi la cena?-
-La cena è quasi pronta.- Julian indicò la
pentola dell’acqua.
La nonna all’inizio non capì, poi
spostò gli occhi al tavolo e trasalì incredula.
-Ramen istantaneo?-
-Il migliore.- annuì Mark.
-Sono senza parole! È la prima volta in assoluto che i miei
ospiti mangiano ramen istantaneo!Proprio sotto il mio tetto!-
Benji la guardò serio.
-Se può consolarla, anche per me è la prima
volta.-
La nonna non riuscì a capacitarsi di quello che reputava
poco meno di un insulto. Jenny l’indomani l’avrebbe
sentita. Trattare in questo modo i suoi ospiti…
-Perché non lo avete detto? Avrei impiegato dieci minuti a
prepararvi una cena decente. La dispensa è piena di tutto!-
Benji si sentì rimescolare.
-Perché non ci hai pensato, Callaghan? Eppure qui sei di
casa!-
A Philip schizzarono fuori gli occhi dalle orbite.
-Il ramen istantaneo non ha mai ucciso nessuno!-
-Potresti essere la prima vittima.-
-Basta, basta!- li arginò Holly -L’acqua sta per
bollire, smettete di discutere.- e di fare brutta figura con la padrona
del ryokan, soprattutto.
La vecchina si rassegnò all’inevitabile,
salutò e fece per uscire. Poi si ricordò di una
cosa e tornò verso il capitano.
-Jenny mi ha raccontato dell’incidente. Come sta Patty?-
-Si è ripresa bene.-
-Deve restare a riposo e al caldo il più possibile.-
Nonna Harriet si dilungò con le raccomandazioni,
monopolizzando non solo l’attenzione di Holly ma anche quella
di Philip, che gli era accanto. Non si accorsero i due che
l’acqua nella teiera era ormai pronta, ma Julian
sì. Si riempì di soppiatto la ciotola,
versò altra acqua nel bollitore e lo rimise a scaldare. Poi
si sedette per attendere i canonici tre minuti di infusione prima di
immergere le bacchette nel ramen caldo e fumante.
Fortunatamente, quando la nonna lasciò la cucina, bolliva
anche la pentola che conteneva ormai acqua sufficiente per tutti.
A fine cena non potevano certo dirsi satolli, ma almeno avevano messo
qualcosa di caldo nello stomaco. Certi di rifarsi la mattina successiva
con un’abbondante colazione, salirono in camera a prepararsi
per la notte. Lì, nulla era cambiato. Le ragazze erano nello
stesso posto e nella stessa posizione in cui le avevano lasciate.
Allora Julian prese il futon dall’armadio e lo stese accanto
alla fidanzata.
-Amy, mettiti sotto le coperte o prenderai freddo.-
Quando lei aprì gli occhi, le indicò il futon
pronto ad accoglierla.
-È tardi?-
-Abbastanza, sono le dieci e mezza.-
-Avete mangiato?-
-Sì, tu hai fame?-
-Per niente.- vide Holly che avvolgeva la fidanzata nelle coperte e le
posava una mano sulla fronte perplesso -Ha un po' di febbre.- gli disse
-Prima di addormentarsi l’ha misurata. Si tratta solo di
un’infreddatura, vedrai che domani starà meglio.-
Bruce arrivò tra loro così inaspettato e
improvviso da catturare su di sé gli sguardi di tutti. Da
ore si erano perse le sue tracce ma si presentò in
formissima, apostrofandoli immediatamente su ciò che, a
quell’ora, più gli premeva.
-Avete già cenato, per caso?-
-Alla buon’ora, Harper!- lo accolse Mark -Cosa diavolo hai
combinato tutto questo tempo?-
-Ho riposato. Lontano da voi ho passato un pomeriggio da favola.-
-Certo che abbiamo mangiato! Sono le dieci e mezza, se non te ne sei
accorto!-
-Scommetto che l’idea di aspettarmi non vi è
neppure passata per la testa.-
-Naturalmente.- annuì Benji -Ci siamo persino dimenticati
che esistessi!-
-Begli amici!-
-Potevi tornare prima.-
-Cosa mangio adesso?- domandò ad Amy che si era affacciata
al pannello divisorio per controllare a che punto fossero i preparativi
.
Lei fece spallucce.
-Non so neppure cosa hanno mangiato loro.-
-Scendi in cucina. Qualcosa troverai di sicuro.-
Bruce seguì il consiglio di Holly ben sapendo che a digiuno
non sarebbe mai riuscito a prendere sonno.
Proveniente dal bagno, Benji rientrò in stanza per ultimo.
Il lume nell’angolo era acceso ed emanava una luce molto
bassa attraverso la carta di riso. Qualcuno dei compagni dormiva
già. Anche Evelyn era ricomparsa e riposava tranquilla
accanto a Bruce. Il portiere raggiunse l’armadio, si
caricò il futon e lo stese a terra nel poco spazio libero
che era rimasto. Tornò verso l’armadio per
recuperare il cuscino e si sedette tra le coperte, rivolgendosi poi a
Bruce che ancora non dormiva.
-Come hai trascorso il pomeriggio?-
-Benissimo.-
Philip rise piano.
-Benji intendeva in che modo.-
-Sono affari miei. E i fatti miei non li racconto a nessuno.-
-Giusto, Harper.- lo sfotté il portiere -Molto meglio
impicciarsi di quelli degli altri.-
-Che ne dite di dormire?- propose Holly dall’altro lato della
stanza.
La richiesta servì soltanto a far loro abbassare la voce.
-C’è una cosa che mi frulla in testa da due
giorni, Philip.-
Le parole di Benji lo fecero tremare.
-Perché sei geloso di Mark, di me… forse persino
di Holly, ma non sei geloso di Tom? L’altra sera mentre
eravamo in cucina a discutere delle solite stronzate, lui e Jenny sono
spariti insieme e sono tornati insieme dopo un buon quarto
d’ora. E tu non hai avuto niente da dire. Perché?-
La testolina della ragazza emerse da sotto le coperte e lo
spiegò prima ancora che nella testa di Philip si formasse la
risposta.
-Quella fase l’ha già passata. Tom lo conosco da
anni. Philip me lo ha presentato quando eravamo al liceo.-
Gli occhi di tutti si spostarono sul ragazzo che dormiva ignaro a pochi
passi da loro.
-Ah, davvero!- Benji ne fu stupito -Vi conoscevate già e lui
su di te non ha mai detto una parola! Quanto gli avete dato per farlo
tacere?-
-Cosa c’era da dire su Jenny?- domandò Philip
sulla difensiva.
-Per esempio, quanto le dona il completo intimo color pesca che
indossava oggi.-
La ragazza trasalì, poi arrossì e Bruce, che
stava per cedere al sonno, drizzò le orecchie.
-Di cosa state parlando? Quale completino?-
-Vedi, Harper, mentre tu oggi trascorrevi la tua splendida giornata a
ronfare, abbiamo avuto il piacere di vedere Jenny in completo intimo
e...-
-Solo tu hai visto!- lo zittì Philip rosso di collera,
provando una sottile fitta di dolore al solo ricordo di ciò
che era accaduto.
-E Landers. Non dimenticare Landers, Callaghan. Quando
c’è qualcosa che riguarda Jenny, lui devi sempre
comprenderlo.-
Una voce provenne dal fondo.
-Io ancora non capisco perché quel giorno non lo abbiate
lasciato partire.-
-Sono rimasto per te, Landers.-
-Volete dormire, per favore?- invocò di nuovo Holly, e
stavolta non venne ignorato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** 14 - Fine dei giochi - prima parte ***
- 14 -
Fine dei
giochi
Prima parte
Evelyn si sentì scuotere e mugolò una protesta
nel sonno. Era ancora troppo presto per alzarsi e lo sapeva
perché il suo corpo le chiedeva almeno un’altra
ora di riposo. Così nascose la testa sotto il cuscino e si
scostò da Bruce che le dormiva addosso, un braccio a pesarle
su un fianco, il volto affondato tra i capelli. Uno scricchiolio
sinistro precedette un’altra scossa. Non fu soltanto Evelyn a
ondeggiare, ma lo fece l’intero edificio che
cigolò e gemette, oscillando con tutti i suoi occupanti. Una
matita, abbandonata sul tavolino, rotolò lungo il ripiano e
cadde a terra. Evelyn tornò ad accostarsi al fidanzato e
sentì contro il collo il suo respiro profondo. Lei moriva di
paura e Bruce continuava a dormire ignaro e beato.
Jenny, sveglia anche lei, teneva gli occhi spalancati sul soffitto.
D’istinto cercò la mano di Philip tra le coperte e
la strinse, trattenendo il fiato ad osservare la lampada che ondeggiava
sulle loro teste. Quando l’oscillazione cessò
quasi del tutto, riprese a respirare. Rotolò sulla pancia e
si guardò intorno, incrociando gli occhi di Tom, che
osservava Bruce continuare a ronfare tranquillo.
-Non sente neanche le cannonate, figuriamoci se si accorge di un
terremoto.-
-Ma è finito?- domandò Danny in ansia. Il ryokan
gli era sembrato all’improvviso decisamente vecchiotto.
-A quanto pare. Hai paura, Mellow?-
Il ragazzo spostò lo sguardo su Benji che, i gomiti
appoggiati sul cuscino e l’espressione impenetrabile, lo
puntava con occhi carichi di sarcasmo e compassione.
-Un vero uomo deve affrontare il pericolo a testa alta, senza tremare.-
disse Ed, rassicurando il compagno con una pacca sulla schiena
così poderosa da stenderlo sul cuscino.
-Già, un vero uomo.- fu d’accordo Benji
-Però qui non ne vedo.-
L’orologio segnava appena le sei e diciotto.
-Sei riuscito a offenderci tutti già all’alba. La
giornata è iniziata in modo splendido.-
-Una giornata che inizia con un terremoto comincia male per forza,
Mark.- Jenny si alzò e aprì le tende, lasciando
che la luce del giorno inondasse la stanza.
Holly sbuffò così sonoramente da riportare
immediatamente il silenzio.
-Si può sapere cosa avete da rimbeccarvi così
presto?-
-Ha insultato anche te!-
-Me ne farò una ragione, Mark.- rispose il capitano con uno
sbadiglio che terminò sotto le coperte abbracciando Patty
ancora sonnecchiante. Il suo corpo era caldo ma non bollente, forse non
aveva la febbre.
-E gli allenam…-
Quel cuscino così ben lanciato troncò la frase di
Tom centrandolo in faccia.
-Ma Philip! Avremmo potuto cominciare prima e…-
-Sta’ un po’ zitto!- lo redarguì anche
Mark con una seconda cuscinata che andò a segno.
Jenny tornò a sedersi sul futon, accanto al fidanzato.
-Non è ora?-
-No. Holly vuole dormire.-
Philip non fece in tempo a dirlo che la testolina di Patty
sgusciò fuori dal tepore del futon e
dall’abbraccio del fidanzato. Li guardò divertita
mentre si metteva seduta.
-Buongiorno.-
-Tu e Holly non stavate dormendo?-
-Io sono sveglia da un bel po’. Precisamente dalle cinque.-
-Hai sentito il terremoto?- chiese Evelyn -Bruce no, non ha sentito
niente.- infatti ancora dormiva, sdraiato al suo fianco.
-Forse è meglio se oggi non andate ad allenarvi.-
buttò lì Jenny, perché un pensiero le
era nato in testa a tradimento e le era finito sulle labbra quasi per
sbaglio.
Holly riemerse di colpo dalle coperte.
-Perché mai?-
-Per le valanghe. Penso che non sarebbe prudente allenarvi nella
radura.-
Completamente d’accordo, Philip si chiese come non fosse
venuto in mente a lui.
-Jenny ha ragione. È molto meglio evitare, non si sa mai.-
Holly fu pronto a vederli scambiarsi un cenno d’intesa, come
se si fossero messi d’accordo per fregarlo. Non accadde,
così fece fatica a capire se Philip stesse cercando di
evitare gli allenamenti o se allenarsi nella radura costituisse un
reale pericolo. Mentre lui rifletteva, la conversazione
continuò.
-Allora è meglio restare qui.-
-Danny, porca miseria! Da quando sei così fifone?-
Di fronte al rimprovero di Mark, lui rimpicciolì di vergogna
fino a sparire sotto le coperte.
-Va bene.- disse il capitano -Meglio lasciar perdere la radura.-
A Tom non sembrò particolarmente dispiaciuto. Lo conosceva
talmente bene da intuire che la sua improvvisa resa nascondeva
dell’altro e restò in attesa di sapere cosa gli
passasse nella testa. E infatti Holly proseguì.
-Ho un’idea.-
Philip ebbe un brutto presentimento.
-Quale?-
-Oggi è domenica.-
-E allora?-
-La scuola è chiusa.-
Il brutto presentimento si trasformò in un mezzo infarto.
-Stai scherzando, Holly? Assolutamente no!-
-Ci sarà mai una mia proposta che verrà accettata
all’unanimità e senza proteste? Dimmi Philip,
perché no?-
Impreparato ad affrontare l’attacco diretto del capitano,
l’altro tergiversò, incrociando lo sguardo di
Julian che stentava a seguirli e di Tom che non aveva capito niente.
-No, cosa? Qual è la tua idea, Holly?-
-Intendo chiedere in prestito il campo da calcio della scuola
elementare.-
-Ottima idea!-
-Non lo è, Tom.- Philip si oscurò sempre
più -Non lo è per niente!-
-E perché?- lo incalzò Julian -Per una volta che
potremmo fare un allenamento decente! È più di
una settimana che sprofondiamo tra la neve e francamente mi sono
stancato di andare avanti in queste condizioni.-
-Su Philip, dov’è il problema?- cercò
di rabbonirlo anche Tom.
Holly neppure tentò di convincere il recalcitrante compagno.
Lo ignorò direttamente.
-Per favore, Jenny, chiama il tuo amico custode e chiedi se ci danno il
permesso di usarlo.-
-Io non sono comunque d’accordo!-
-Insomma, Philip! Cos’è che non ti piace del campo
della scuola?- si innervosì il capitano. Stavolta Callaghan
gli avrebbe ubbidito, con le buone o con le cattive, perché
non era disposto a scendere a compromessi.
-Ci sono persino le porte!- esclamò Danny, riemergendo dalle
coperte per assistere alla discussione dei compagni.
-Le porte! Sai che consolazione.- si fece sentire Benji.
-Puoi risparmiarci il tuo sarcasmo?-
-Te lo concedo gratis, Landers.-
-Taci, Benji.- lo zittì Holly.
-Non vuoi che parli?-
-Preferisco di no.-
-Ma io ti potrei spiegare qual è il problema di Callaghan.
Il motivo per il quale è contrario a utilizzare il campo
della scuola è talmente stupido che…-
-Dannazione, Price!- lo mise a tacere Philip -Fatti i fatti tuoi per
una volta!-
Jenny invece parlò a tradimento.
-Philip, capisco che non vuoi vedere Kevin ma non devi preoccuparti. Ti
assicuro che lo terrò lontano da voi e…-
-No! Assolutamente no!- un lampo di sdegno gli attraversò lo
sguardo -Se proprio dovremo andare fin là, sarai tu a dover
stare lontano da lui! Anzi, lui da te!-
Holly li ascoltò, incredulo ma anche rassicurato di sapere
che il problema che affliggeva Philip non fosse la pigrizia di scendere
in paese, né di allenarsi, né qualsiasi altro
motivo che li riguardasse. Si trattava soltanto di Kevin, come sempre e
come al solito. Ma intanto l’orologio diceva che era quasi
ora di alzarsi. Allora si rivolse a Patty.
-Hai la febbre?-
-Non penso.-
-Oggi rimani al ryokan, d’accordo?-
Lo stupore le riempì gli occhi.
-Ma Holly! Voglio venire con voi! -
-Non mi sembra il caso, Patty.-
-Non voglio restare qui da sola!-
-Resto io con te.- si offrì Evelyn senza rimpianti.
*
Julian stava perdendo sensibilità alle dita
benché fossero avvolte dai guanti di lana. Nonostante la
lunga camminata fino a Shintoku, era riuscito a scaldarsi appena appena
perché era stata tutta in discesa e l’aveva
affrontata con la minima fatica. Il calore accumulato dopo quella
mezz’ora di passeggiata, si stava inesorabilmente dissolvendo
a star lì impalato, fuori dalla scuola, sul marciapiede dove
si erano fermati quando si erano trovati davanti il cancello
d’ingresso spalancato e una miriade di persone radunate nel
cortile. L’assembramento era stata una sgradita sorpresa e
adesso esitavano, indecisi se entrare o riscarpinare fino al ryokan.
-Cosa ci fa qui tutta questa gente, Jenny?-
-Chi hai chiamato?-
La ragazza si sentì sotto accusa e cercò di
giustificarsi.
-Soltanto il signor Wilson. E gli ho chiesto di intercedere per noi con
il preside per l’uso del campo! Giuro che non ho detto altro!-
Nessuno poteva immaginare ciò che la telefonata di Jenny
aveva scatenato. Nessuno poteva pensare che, grazie ai nonni, alle
chiacchiere di Meryl, di Kevin e dei loro amici, e persino
dell’improvvisata notturna di Philip nel bar di Shintoku, per
non parlare della scomparsa di Amy e Patty, ormai l’intera
cittadina era a conoscenza della presenza dei sette - che poi erano
diventati nove - talenti del calcio giapponese. La notizia aveva
serpeggiato lungo le strade, aveva percorso i marciapiedi e aveva
varcato la soglia di case e negozi. Tra gli abitanti di quel paese
sperduto tra le montagne dell’Hokkaido Centrale si era
scatenata una curiosità incontenibile che aveva radunato
lì tutte quelle persone.
Nel giro di pochi minuti, la richiesta del campo era passata dal signor
Wilson al preside. Dopodiché il direttore scolastico aveva
fatto il suo lavoro, telefonando al maestro di educazione fisica, vale
a dire il responsabile del campo di calcio. Questi aveva avuto la
brillante idea di informare il rappresentante dei genitori di ogni
classe e, uno per uno, i componenti della sua modesta squadra di
calcio. La notizia aveva fatto il giro del paese in meno di quindici
minuti, riunendo nel cortile della scuola una folla di bambini
scalpitanti ed emozionati, ma anche di genitori, parenti, amici e
curiosi di ogni età.
Spinta avanti all’unanimità, Jenny fu la prima a
varcare il cancello. Un uomo basso e tracagnotto si fece avanti con la
mano tesa ma la schivò per raggiungere quella del ragazzo
più vicino. Gli capitò Julian e strinse
con foga le sue dita congelate.
-Buongiorno! Molto piacere! Mi chiamo Victor Bayden e sono il direttore
della scuola. Sono onorato e lieto di avervi qui, è davvero
un grande onore concedervi l’uso del nostro modesto campo da
calcio. Naturalmente, sono a vostra disposizione anche tutti i nostri
giovanissimi calciatori.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata perplessa.
-Questi bambini non ci servono.- chiarì Benji -I palloni ce
li raccattiamo da soli.-
Poiché che le sue parole non provocarono nessun mutamento
nell’espressione entusiasta del preside, si
affiancò a Jenny. La cosa gli puzzava non poco.
-Insomma, cosa sta succedendo qui? Cosa si sono messi in testa?-
-Davvero non ne ho idea.-
Si vedeva che Jenny era sincera, ma gli eventi continuavano a non
quadrare. Lei aveva chiesto in prestito quel minuscolo campo da calcio
e avevano rimediato una turba di mocciosi, oltre ad un pubblico non
richiesto e assolutamente non necessario.
-Ci stanno offrendo l’intera scuola, bambini compresi!-
Lei annuì sgomenta, incapace di spiegarsi cosa avesse
scatenato un simile assembramento. Cominciò a pensare sul
serio che fossero vittima di qualche equivoco. Forse davvero lei e il
signor Wilson non si erano capiti. Eppure era stata chiara: a loro
serviva il campo per allenarsi, e nient’altro.
Guardò Philip che le si era incollato addosso, preso da
tutt’altre preoccupazioni. La sua attenzione non era rivolta
né ai compagni, né ai bambini, né alla
folla. Piuttosto si guardava intorno cercando inutilmente Kevin in
tutte le facce che li circondavano. E non era di nessun aiuto per
tirarsi fuori da quella scomoda situazione, pensò Holly
costretto anche lui a stringere la mano che gli porse il direttore
della scuola.
-Non era necessario che venisse anche lei, signor preside. Sarebbe
stato sufficiente farci aprire il cancello da qualcuno e…-
-Assolutamente! La vostra visita è più che
gradita. Solo che, avvertendo con un po’ di anticipo, il
campo sarebbe stato spianato e ripulito. D’inverno
è poco utilizzato perché è sempre
ricoperto di neve e il tempo a volte...-
-Preside!- un uomo in tuta blu e scarpe da ginnastica arrivò
correndo -Eccomi! Scusate il ritardo! Sono Sam. Sam Brent,
l’insegnante di educazione fisica. Sto radunando i nostri
studenti più promettenti per formare una squadra da
iscrivere al torneo nazionale delle scuole elementari e spero che
questa giornata con voi sia per i miei studenti di grande insegnamento.-
-I nostri piccoli giocatori sono stati tutti convocati.-
spiegò il preside indicandoli con un gesto.
Gli occhi dei ragazzi si spostarono su un gruppo di bambini caotici e
agitati.
-Vi saremmo grati se li lasciaste assistere ai vostri allenamenti.-
proseguì e concluse l’uomo.
-Quindi secondo lui possiamo impedirglielo? Ci resta ancora una
possibilità?- borbottò Benji a voce bassa mentre
Amy scuoteva inesorabilmente la testa.
-Preside!- si intromise Brent -In realtà io avevo in mente
tutt’altro. Non solo assistere ma anche...-
-No, non lo dica...- gemette Benji e poi si rifiutò di
ascoltare il seguito. Volse le spalle all’intraprendente
direttore scolastico e all’invadente insegnante di educazione
fisica e tornò verso il cancello. Forse faceva ancora in
tempo a tagliare la corda.
Mentre Brent illustrava la sua idea a chi era rimasto ad ascoltarlo, il
preside d’un tratto sembrò rendersi conto che i
suoi famosi ospiti erano preoccupati, indecisi e titubanti e che doveva
trovare presto il modo di coinvolgerli o si sarebbero dati alla fuga,
come stava già facendo quel ragazzo alto con il cappello.
Ordinò a Brent di mettere ordinatamente in riga i suoi
studenti e fece cenno al custode, rimasto di guardia nei pressi
dell’ingresso, di chiudere il cancello.
Benji tornò verso di loro.
-Adesso siamo in trappola. Callaghan! Tiraci fuori da
quest’assurda situazione!-
Philip rispose infuriato tanto quanto lui.
-Se poco fa al ryokan mi aveste dato retta, avremmo evitato tutto
questo! Tu davvero certe volte non ti rendi conto di
quanto…- si interruppe e si volse perché si
sentì tirare per una manica.
Accanto a lui non vide nessuno. Pensò di essersi sbagliato e
fece per terminare la frase ma poi si sentì strattonare di
nuovo. Abbassò gli occhi. Un bambino dai capelli
d’ebano lo fissava adorante, tenendolo stretto per la manica
della giacca.
-Mi scrivi il tuo nome qui?- domandò, facendogli vedere un
quaderno e una penna.
Philip li prese e firmò senza starci troppo a pensare,
più che altro per togliersi di torno quel moscerino.
Restituì il quaderno e il bambino tornò di corsa
dagli amichetti per mostrar loro il suo trofeo.
-Forse ti ha confuso con un altro.-
L’appunto di Benji fece ridere tutti, allentando un
po’ la tensione. Jenny poi, sembrava più divertita
degli altri.
-Philip, non puoi immaginare! Quel bambino si chiama Martin ed
è il cugino di Meryl e Kevin.-
-Cosa? Se lo avessi saputo prima col cavolo che…-
Mark lo interruppe.
-Il cugino di quell’idiota è un tuo fan! Da non
crederci!-
-Altro che fan. Userà la tua firma per piantarla con gli
spilli su una bambola vudu.-
-Non dire sciocchezze, Bruce. È solo un bambino.- disse Tom
-Perché fai quella faccia, Philip? Dovresti essere contento!-
-Contento? E di cosa? Firmando quel quaderno gli ho fatto un favore.-
Mark la pensava in modo del tutto diverso.
-Prova solo a immaginare quanto a quell’idiota
darà fastidio vedere il tuo autografo nelle mani del suo
piccolo cugino. Pensa a quanto la cosa lo farà infuriare.-
Mentre Jenny annuiva d’accordo, Holly tornò tra
loro.
Nessuno lo aveva visto allontanarsi, distratti com’erano
stati dall’arrivo del bambino. Nessuno si era accorto che
aveva raggiunto l’allenatore e il preside per barattare fino
all’ultimo secondo la loro mattinata di allenamenti. Mentre i
compagni facevano chissà cosa e non lo degnavano della
minima attenzione, lui aveva discusso e temporeggiato. E si era
incupito quando i due uomini avevano organizzato con prepotenza la loro
mattinata senza lasciar scampo.
-Siete pronti? Cominciamo?-
-Cominciamo cosa?- chiese Julian a nome dell’intero gruppo.
Il capitano fu tentato mollare tutto e tornare al ryokan da Patty. Poi
pensò che con o senza bambini, si sarebbero allenati a ogni
costo. Erano finiti lì apposta. La partita si avvicinava e
loro avevano dimenticato da troppi giorni di essere in ritiro.
-Cosa vorreste cominciare? Gli allenamenti, ovvio!-
Mark lo guardò perplesso. Per star dietro alle paturnie di
Philip aveva perso il filo del discorso.
-Ah, ci riusciamo?-
Holly respirò a fondo per non scoppiare. Aveva addosso gli
occhi di troppe persone, compreso il preside, l’insegnante di
educazione fisica e i bambini. Afferrò la manica della
giacca di Benji con una mano e quella di Philip con l’altra,
trascinando loro e tutti gli altri con sé per allontanarsi
un po’ dagli spettatori in attesa.
-Mentre voi stavate facendo non so cosa…-
-Philip stava firmando autografi.- disse Benji.
-Quali autografi? Era soltanto uno e…-
-Zitti! Non voglio sentirvi! Quel tizio… Brent…
l’allenatore. Mentre voi vi facevate i fatti vostri, ci ha
incastrati!-
Julian non capì.
-In che modo?-
-Ci ha dato il permesso di utilizzare il campo anche per tutto il
giorno, se vogliamo. È a nostra disposizione oggi, domani,
dopodomani… In pratica finché resteremo
qui… o forse nei secoli dei secoli però...-
-Però?-
-Però pretende che in cambio dedichiamo un po’ del
nostro tempo alla sua squadra.-
-Un po’ quanto?-
-Un’ora… due.-
-Abbiamo un piano B?- domandò Philip speranzoso.
-Mentre tu firmavi gli autografi, io li ho usati tutti i piani B, C e
D.-
-Ti ho detto che era solo uno Holly, non capisco perché la
cosa ti dia così fastidio!-
-Aspettate...- si intromise Jenny -Lasciate che ci parli io. Quello che
pretendono è assurdo.-
Combattiva e convinta di poter risolvere il problema, visto che lei a
Shintoku aveva vissuto per anni e conosceva perfettamente la montanara
testardaggine dei suoi abitanti, si allontanò fiduciosa
seguita da Amy, pronta a darle manforte.
Holly le osservò speranzoso, poi continuò.
-Spero che Jenny riesca a fare qualcosa. Nell’ipotesi
più buia, questa è la mia idea: cominciamo con i
bambini, facciamoli stancare in fretta e togliamoceli di torno.
D’accordo?-
I compagni annuirono, tutti tranne Mark.
-Non ho capito una cosa.- si infilò le mani in tasca
dubbioso -Ci pagano?-
-Ci concedono l’uso del campo.-
-E secondo te lo scambio ci conviene, Holly?-
-Assolutamente no! Vai tu a dirlo al preside davanti a tutta questa
gente?-
-Non ho problemi a farlo, ma il capitano sei tu.-
Tom tentò un’altra strada.
-Holly, gli hai spiegato che siamo qui per allenarci?-
-È stata la prima cosa che gli ho detto. Sai cosa hanno
risposto? Che siamo talmente bravi che non ne abbiamo bisogno!-
Jenny tornò con Amy, per niente soddisfatta.
-Manderanno via la maggior parte di queste persone. Amy ha detto che se
si tratta di dare spettacolo, come minimo devono pagarvi.-
Effettivamente la folla stava cominciando a disperdersi.
-È tutto?-
Jenny annuì.
-Allora diamoci da fare. Prima cominciamo, prima finiamo.-
I ragazzi raggiunsero i bambini mentre Amy e Jenny si ritrassero verso
l’edificio. Due tavolini erano stati portati fuori e
imbanditi con thermos, biscotti e salatini, un incrocio tra una
colazione e un aperitivo. Parecchi genitori erano rimasti con i loro
figlioli, e forse fratelli e sorelle dei piccoli atleti scesi in campo.
-Hai visto come si sono organizzati, Jenny?-
-Se Holly sperava in un sano allenamento, non avrebbe dovuto pensare di
farlo qui.-
-Non ho mai visto così tante persone a Shintoku.-
-Sai cosa penso, Amy? Che siano stati tutti svegliati dal terremoto e
che per paura di un’altra scossa abbiano deciso di
trascorrere la giornata all’aperto.-
-Coincidenze sfortunate.- sospirò l’amica, poi
qualcosa attirò la sua attenzione -Jenny, guarda
lì.-
Kevin stava facendo il suo baldanzoso ingresso attraverso il cancello
della scuola. Era immancabilmente fiancheggiato dai compari, tra i
quali riconobbe Steve, il ragazzo alto che il giorno prima,
accompagnato dal padre poliziotto, era andato a recuperare lei e Patty
al rifugio.
Jenny si sentì rimescolare.
-Ero sicura di vederlo. Sapevo che non si sarebbe lasciato sfuggire
l’occasione di dare fastidio. Spero soltanto che non diventi
molesto.-
Osservarono Martin raggiungerlo di corsa e sventolargli sotto gli occhi
l’autografo appena ricevuto.
-Ecco la rivincita di Philip.-
Jenny rise, ma Kevin reagì strappando il quaderno dalle mani
del bambino. Tirò via il foglio e lo fece a pezzi. Il
ragazzino lo fissò dapprima incredulo, poi
scoppiò in un pianto disperato.
-Sei cattivo! Cattivo! Cattivooo!-
Kevin gli restituì il malloppo accartocciato. Il bambino lo
prese tra le manine continuando a singhiozzare, frammenti di carta gli
sfuggirono dalle dita e caddero tra la neve.
-Sei cattivo! Sei cattivo!-
-Smettila di frignare. Era una cosa inutile.-
Martin si chinò a raccogliere i pezzetti di carta uno per
uno e più ne prendeva, più altri finivano a
terra, incapace di stringerli tutti nelle sue piccole mani. Guardandosi
intorno in cerca di aiuto, vide Meryl entrare nel cortile. Allora corse
da lei, continuando a piangere e accusando il cugino senza remore. La
ragazza non ebbe neppure bisogno di ascoltare la spiegazione per sapere
chi fosse l’autore dello sgarbo. Con Martin piagnucolante
aggrappato ai jeans, avanzò furiosa verso il fratello.
-Kevin! Che razza di comportamento è il tuo?-
-Il mio? Martin ha chiesto un autografo proprio a quel maledetto
bastardo!-
-Modera i termini! O vuoi che questo bambino diventi un teppista come
te? Che diritto avevi di farglielo a pezzi?- avrebbe continuato a
rimproverarlo se lui non avesse risposto alla sua tirata con un ghigno.
Allora si rivolse al piccolo cugino, accucciandosi di fronte a lui e
accarezzandogli i capelli per calmarlo -Non preoccuparti Martin, ce ne
faremo rifare un altro. Anzi, sai che ti dico? Quando avranno finito lo
chiederemo a tutti, va bene?-
Lui annuì e tirò su con il naso, asciugandosi con
la manica della giacca i lacrimoni che ancora gli inondavano le guance.
Detto ciò, Meryl si rivolse al fratello.
-E tu starai lontano da lui e dal suo quaderno, intesi?-
L’altro emise un borbottio e si allontanò per
raggiungere gli amici, rimasti accanto al muro perimetrale, indecisi se
restare o andar via. Meryl invece, lasciato Martin nel gruppo dei
bambini, raggiunse Amy e Jenny.
-Come mai tutta questa gente? Si vedeva dal negozio.-
-Avevano deciso di fare due tiri su un terreno decente e guarda
cos’è successo. Lezioni di calcio gratis in cambio
dell’utilizzo del campo.-
-Non li invidio per niente.-
E in effetti c’era poco da invidiare, con tutta quella
marmaglia urlante intorno.
Davanti l’unica porta di quella parte di campo liberata in
fretta e furia dalla neve accumulatasi per giorni, un pallone ben
posizionato sul dischetto di rigore, Julian stava spiegando a un
bambino i movimenti corretti del piede e del corpo per tirare al meglio
al centro dei pali. Mimò il gesto ripetutamente e lo fece
compiere un paio di volte al giovane atleta. Quando si ritenne
soddisfatto, lo incitò a calciare. Il lancio fu decisamente
debole e mirato male, ma il piccolo portiere non riuscì
ugualmente a parare. Nello slancio scivolò sul ghiaccio e
finì disteso tra la neve. Ed Warner accorse mentre il
ragazzino s’imbronciava, deluso e sul punto di mettersi a
piangere. Lo rimise in piedi e lo ripulì dalla neve,
incoraggiandolo a riprovare.
Benji non risparmiò il sarcasmo.
-Insegnante mediocre, allievo mediocre.-
-Tu che non stai facendo niente, evita almeno di commentare.-
Il portiere guardò Holly dritto in faccia.
-Non sto facendo nulla? E chi li ha messi in fila?-
-Avrebbero saputo farlo anche da soli!-
-Benissimo!- replicò entusiasta -Visto che non servo, vado a
fare un giro.-
-Sì, bravo. Togliti dai piedi.- borbottò Ed,
già innervosito dalla situazione e per niente disposto a
sopportarlo.
La fuga strategica consentì a Benji di sparire tra la folla
e lasciare i compagni a cavarsela da soli.
Ignaro del battibecco degli amici, Bruce percorse allegramente la
metà campo eseguendo baldanzoso alcuni esercizi di
riscaldamento, imitato da cinque bambini in fila dietro di lui a
ripetere uno dopo l’altro gli esatti movimenti del ragazzo.
-Giuro che non ho mai fatto un allenamento più divertente!-
rise raggiungendo Holly.
-Non capisco come tu possa chiamarlo “allenamento”.-
-Divertente, poi...- fece eco Philip.
-Ma non vi rendete conto? Questi bambini sono contenti di sgobbare!
Stanno facendo emergere la mia vena più sadica!-
Tom ne fu un tantino preoccupato.
-Stai attento a quello che fai, Bruce. A bordocampo ci sono i
genitori.-
E se non ci fossero stati i genitori, Holly avrebbe ordinato a brutto
muso a quei mocciosi di sedersi sulle gradinate della scuola e
osservare composti e in silenzio i loro allenamenti, cosa che sarebbe
stata sufficiente già da sola a far migliorare qualsiasi
principiante.
-Non posso credere di essermi ridotto a questo! Durante un ritiro, per
giunta! E a pochi giorni da una partita importante!-
-Il tuo continuo sbuffare mi innervosisce ancora di più,
Holly. Oltretutto io qui non volevo neppure venirci.-
-Taci, Philip! Ti potrei strozzare!-
-Dov’è finito Benji?-
-Ha tagliato la corda. Non sei contento? Almeno ci risparmia il suo
sarcasmo. Anzi, speriamo che non torni.-
Mark non si trovò del tutto d’accordo. Se da una
parte era contento di essersi tolto di torno quel viziato muso da
schiaffi, dall’altra non gli stava bene che Price fosse
l’unico a evitarsi la rogna. Lo cercò lungo il
perimetro del campo e non lo trovò. In compenso
adocchiò Kevin e i suoi simpatici compagni appollaiati sul
muro di cinta della scuola. Cianciavano e ridevano ad alta voce
indicandoli, facendo da sottofondo con i loro schiamazzi alla
confusione sparsa che li circondava. Era facile capire che si stavano
prendendo gioco di loro, insultandoli e schernendoli senza
pietà. Tese le orecchie e quello che udì non gli
piacque affatto.
-Professionisti un corno!-
-Sanno giocare solo il calcio delle elementari!-
-Principianti!-
E giù a ridere.
-Mezze calzette!-
-Pippe fatte e finite!-
E ancora risate a crepapelle.
Mark borbottò in risposta una valanga di insulti. Philip lo
udì e si volse per capire il motivo di tanta
contrarietà, lasciandosi così soffiare la palla
da un bambino che sfrecciò via veloce, rendendolo il
bersaglio perfetto dello scherno di Kevin.
-Wow! Che classe! Valeva la pena venire qui solo per vedere questo!-
Il clik di collera che Philip udì nel cervello lo fece
scattare furioso come non mai, mirando il muretto e i fastidiosi
ragazzi con l’incedere di un caterpillar che avrebbe travolto
tutto facendo una strage. La sua intenzione era quella di abbatterli
tali a birilli per poi riempirli di calci uno per uno. Purtroppo
però il suo gratificante proposito venne opportunamente
frenato da Julian e da Tom dopo appena pochi passi, anche se
l’impeto distruttivo di Philip li trascinò per
qualche metro.
-Che diavolo fai?-
-Stai fermo!-
-Non sentite cosa stanno dicendo?-
-No, e neanche tu devi ascoltarli!-
-Ci stanno insultando! Ci stanno prendendo in giro! Io quello lo
ammazzo! Giuro che prima di ripartire lo faccio!-
-Lascia pure che ci insultino, se vogliono. La loro è tutta
invidia!-
-Philip, calmati. Tom ha ragione. E poi ci sono persone che ci
guardano!-
-Lasciale guardare, Julian! Che me ne importa? Io con quel tizio ho un
conto in sospeso.-
-Nessun conto, Philip. Siete pari e soprattutto è tuo dovere
dare un buon esempio a questi bambini!-
-In campo, sì. Ma nella vita privata no!-
-Bene, adesso sei in campo e comportati di conseguenza.-
Un barlume di lucidità si affacciò nella mente di
Philip annebbiata dalla collera, facendolo tornare in sé.
L’unica consolazione che gli rimase fu che almeno Jenny si
stava tenendo alla larga dal suo ex compagno di scuola.
Il maleducato e incivile comportamento di Kevin e della sua cricca non
passò inosservato a chi assisteva agli allenamenti,
infastidendo soprattutto i giovani spettatori che erano lì
appositamente per inneggiare i loro beniamini. Una prima, solitaria
palla di neve attraversò l’aria con un tiro reso
dritto e preciso da anni, seppur pochi, di continue battaglie di neve,
e si schiantò in faccia al molesto ragazzo, talmente
inaspettata da lasciarlo stordito e confuso. Kevin fece appena in tempo
a ripulirsi il volto con le mani che un’altra palla di neve
lo raggiunse su una spalla e una terza sul collo.
I lanci si fecero via via più serrati e i proiettili bianchi
cominciarono a piovere ovunque, su di lui e sui suoi compagni senza
lasciar scampo. I ragazzi balzarono a terra in cerca di un riparo che
in quel punto non esisteva, mentre un manipolo di bambini, incitati dal
desiderio di vendetta di Martin, li bersagliava senza pietà
gridando loro di andar via. Attirate dal trambusto, arrivarono anche
Jenny, Amy e Meryl, che diedero man forte aumentando la portata e la
precisione dei proiettili.
-Ora sei soddisfatto, Philip?-
-Per il momento posso accontentarmi.-
Il tentativo di sfuggire all’attacco fu inutile e patetico.
Anche perché Kevin era deciso a reagire, in qualsiasi modo.
Un manipolo di mocciosi e tre ragazze non potevano averla vinta su di
loro.
-Steve, coprimi!- disse al compagno e lo costrinse a fargli da scudo
mentre preparava a sua volta un proiettile di neve.
-Che hai intenzione di fare, Kevin?- domandò Johnn
riparandosi la testa con le braccia -Sono in troppi!-
-Aspetta e vedrai.-
-È meglio se lasciamo perdere e ce ne andiamo.-
Senza ascoltare il ragionevole consiglio, Kevin andò dritto
per la sua strada. Un proiettile di ghiaccio lo colpì su una
scapola, un altro poco sotto il gomito. Poi si sporse oltre Steve e
lanciò a sua volta contro gli attaccanti un’unica,
consistente palla di neve.
La verità fu che Kevin aveva mirato alla schiena,
più precisamente sulle natiche per umiliare oltre che per
colpire, ma il bersaglio, con un unico movimento si volse e si
chinò un istante prima dell’impatto. Jenny fu
colpita in piena faccia, l’urto fu violento e inaspettato.
Cadde distesa a terra, facendo cessare immediatamente la battaglia.
Amy accorse al suo fianco.
-Jenny, stai bene?-
-Bene.- ripeté, cercando di mettere a fuoco il mondo intorno
che girava.
L’altra l’aiutò a sedersi e lei venne
colta da un istante di nausea. Si toccò il viso che le
faceva un male cane, il naso che bruciava. Il labbro superiore,
spaccato, stillava sangue e si stava già gonfiando. Fece per
alzarsi ma Amy la fermò.
-Resta seduta ancora un istante.-
Jenny annuì e si concesse il tempo di capire.
-Cos’è successo?-
-È successo che mio fratello non è solo
un teppista, ma anche un potenziale assassino.- le informò
Meryl e poi urlò contro il colpevole una valanga di insulti,
la maggior parte dei quali li aveva imparati proprio da lui.
Ted si congratulò con Kevin del lancio, e fu
l’unico a farlo. Steve, che aveva picchiato Philip senza
pietà, non appoggiò il comportamento
dell’amico soprattutto ora che quei ragazzi avevano scoperto
che suo padre era un poliziotto e la sua spavalderia nei loro confronti
era sensibilmente diminuita. Johnny, da parte sua, non aveva mai visto
Meryl così infuriata come in quel momento e
desiderò smaterializzarsi all’istante pur di non
divenire il bersaglio della sua ira.
-È meglio se vai a controllare che Jenny stia bene, Kevin.-
Benji uscì dalla scuola e indugiò sui gradini
dell’ingresso inondati dal sole. Il ghiaccio ai lati estremi
delle lastre di pietra risplendeva da accecare. Aveva fatto un giro e
l’edificio si era dimostrato né più
né meno ciò che effettivamente era: una scuola di
campagna scarsamente attrezzata. Non c’era l’aula
di informatica, non c’era il laboratorio di scienze e le
lavagne erano ancora quelle in ardesia con i gessetti. Altro che la
Saint Francis. Ma la cosa peggiore di tutte era che nei corridoi non
aveva incontrato nessuna giovane insegnante appena assunta con cui
scambiare due chiacchiere. Avrebbe dovuto fare come Harper e portarsi
l’iphone per ammazzare i tempi morti, tipo quello, girando un
po’ sulla rete.
Durante la sua breve assenza, nel cortile della scuola nulla sembrava
essere cambiato. I compagni erano in campo con i bambini, la maggior
parte dei genitori ancora lì… Che razza di
ritiro! Scendendo annoiato i gradini, le mani nelle tasche e
l’incedere pieno di sé, notò un
assembramento su un lato del cortile. Si avvicinò curioso,
facendosi largo tra i bambini. Scorse Jenny seduta a terra stordita, un
labbro gonfio e il viso insanguinato. Gli prese un colpo.
Scostò un paio di mocciosi e le fu accanto.
-Cosa diavolo è successo?-
Meryl gli si rivolse fremente d’ira.
-Quell’idiota di mio fratello ha tentato di ammazzarla!-
-Ma no, dai...- cercò di portar pace Amy -Sicuramente non lo
ha fatto apposta!-
-Ti dico di sì!-
Benji lanciò un’occhiata al campo, aspettandosi di
veder arrivare Philip di gran carriera per scatenare il finimondo.
Invece il compagno continuava a giocare ignaro.
-Con che cosa ti ha colpita?-
-Una palla di neve, credo.-
-Ma non una normale.- si sdegnò Meryl -Era grande come
un’anguria.-
-Non posso allontanarmi un attimo che finite nei guai.- mise una mano
sotto il gomito di Jenny e l’aiutò a rimettersi in
piedi.
A lei la testa girava come le pale di un ventilatore acceso a
velocità massima e il suo incedere fu ancora approssimativo.
Benji se ne accorse e continuò a sostenerla.
-Kevin! Sei impazzito? Volevi ammazzarla?- urlò Meryl in
faccia al fratello quando lo vide farsi largo tra i bambini.
-Non ti agitare, eh! Non avevo mirato in faccia! Jenny si è
chinata all’ultimo momento e la palla l’ha
centrata! Tutto qui!-
-Tutto qui?- fece eco Meryl incredula.
-Stai bene?- domandò Kevin alla ragazza ferita. Si era
avvicinato solo perché, da lontano, aveva scorto il sangue
macchiare il suo volto.
-No, e se mi hai rotto il naso stavolta la nonna verrà a
saperlo.-
-Il tuo naso sta perfettamente. Tale e quale a prima.-
sollevò un braccio per salutare -È stato un
piacere. Alla prossima!-
Benji lasciò Jenny e gli si parò davanti.
-Non le chiedi scusa?-
-Ha cominciato lei.-
Benji non si scostò, in attesa.
-Chiederle scusa è il minimo che puoi fare.-
Kevin non si fece intimorire.
-Magari un’altra volta.- disse scostando i bambini per
aggirarlo. Si allontanò a testa alta, tutto sommato
soddisfatto di aver steso Jenny al suolo senza farle troppo male.
Benji non riuscì a credere di essere stato completamente
snobbato. E proprio nel momento in cui la sua mente gli ordinava di
reagire, sentì una mano posarsi sul suo braccio.
Abbassò gli occhi, incrociando quelli di Amy.
-Lascia stare. Non ne vale la pena.-
Jenny si svegliò di soprassalto in un luogo che non
conosceva. Spalancò gli occhi sul soffitto bianco illuminato
da un neon acceso, vide di lato i vetri della finestra che lasciavano
spazio al cielo azzurro e agli alberi dai rami ricoperti di neve. Si
tirò bruscamente seduta e quasi cadde da quel lettino a
misura di bambino, troppo piccolo per lei, nell’infermeria in
cui era stata portata dopo che aveva perso i sensi. Philip era
lì, appollaiato su una sedia, soprappensiero. Rifletteva
sugli eventi di quel giorno con una tale concentrazione che il busco
agitarsi della fidanzata lo fece sobbalzare e scattare in piedi.
-Jenny, stai bene?-
-Oh, sei qui…- scostò la coperta e mise
giù le gambe per infilarsi le scarpe -Dove siamo?-
-A scuola, in infermeria.-
-In infermeria?- Jenny riordinò le idee e tentò
una conclusione -Allora devo essermi addormentata e…- rise
-Ed essere tornata indietro nel tempo!-
-Non ti sei addormentata. Sei svenuta.- fremette lui di stizza, senza
che la battuta della fidanzata facesse breccia nel suo malumore -Quel
maledetto!-
Lei lo guardò con tanto d’occhi.
-Sono svenuta? Non è possibile!-
-E invece sì.-
Lei si alzò e Philip le porse la giacca a vento.
-Stai meglio?-
Jenny si toccò con la lingua il labbro ferito e gonfio sul
viso che le faceva ancora male.
-Il naso è al suo posto?-
-Solo un po’ arrossato. Ci hanno messo del ghiaccio e non si
è neppure gonfiato.- Philip recuperò la giacca
dalla spalliera della sedia e la indossò.
-Dove sono gli altri?-
-Sono andati a mangiare qualcosa.-
Uscendo dall’infermeria Philip spense la luce e richiuse la
porta.
Raggiunsero il resto del gruppo nel locale di un ristorante che si
trovava nella via centrale di Shintoku, l’insegna di una
catena grande e famosa che rifocillava praticamente tutto il Giappone.
Voltata verso la porta d’ingresso, Amy li vide entrare e li
chiamò.
-Eccovi, finalmente! Spero che non vi dispiaccia se abbiamo
già cominciato.-
Mark si guardò il piatto.
-Veramente abbiamo quasi finito.-
-No, non ci dispiace.- disse Philip.
-Anzi, avete fatto bene.- Jenny prese posto accanto a Julian e Philip
si sedette al suo fianco -Holly e Bruce?-
-Sono tornati al ryokan per pranzare con Evelyn e Patty.-
-Alla fine com’è andata? Vi siete allenati?-
Ed sorrise alla nuova arrivata.
-Hai fatto bene a chiederlo ora che Holly non c’è.
Quei bambini erano pieni d’energia. Siamo riusciti a
liberarcene soltanto all’ora di pranzo.-
-Ma l’accordo era che…-
-Abbiamo provato a sfiancarli ma non ci siamo riusciti.- disse Mark.
-Allora vi allenerete anche oggi pomeriggio?-
Amy scosse la testa.
-Holly non vuole più sentir nominare il campo della scuola.
Ha detto che se non possiamo andare alla radura, preferisce pattinare.
Abbiamo appuntamento al lago tra un’ora. Holly e Bruce ci
raggiungeranno lì.-
*
Amy lasciò la mano di Julian, consentendogli così
di tornare a riva dove gli amici si stavano scambiando punti di vista
sempre più preoccupati riguardo la partita in programma per
la fine del mese a cui mancavano sempre meno giorni. Lei non lo
seguì.
-Dove vai?- le chiese il ragazzo.
-Faccio un giro sul lago.-
-Non allontanarti troppo.-
Amy lo rassicurò e si lasciò scivolare sul
ghiaccio che si stendeva davanti a lei. Gli argini frastagliati
restringevano la prospettiva, rendendolo agli occhi il lago
più piccolo di quanto fosse in realtà.
Proseguì costeggiando la riva. I capelli sciolti erano
spinti indietro dal vento che le sbatteva in faccia e le gelava il naso
e le guance. Le lame di centinaia di pattini che avevano solcato il
ghiaccio fino a quel giorno, avevano tracciato sulla superficie del
lago migliaia di ghirigori, linee arzigogolate, decorativi arabeschi.
Proseguì per un buon tratto osservando i disegni
affascinata, poi tornò indietro, lanciando uno sguardo
disinteressato a Julian e ai ragazzi fermi esattamente nel punto in cui
li aveva lasciati. Spesso non li capiva. Se intendevano parlare di
calcio, perché non togliersi i pattini e tornare al ryokan?
Almeno avrebbero potuto continuare la conversazione comodamente seduti
sui cuscini della loro stanza, al caldo e con una tazza di
tè bollente tra le mani. Si guardò intorno in
cerca di una distrazione, quasi rassegnata a raggiungerli a riva. Jenny
nel gruppo non c’era. Annoiata a sua volta, era sicuramente
tornata al telo di plastica azzurro steso sulla neve al loro arrivo,
dove avevano appoggiato il thermos del tè e una confezione
di ciambelle alle mele preparate dalla nonna. Poteva andare da lei,
oppure fare un altro giro. Optò per la seconda. Volse le
spalle a Julian e ai ragazzi e riprese a spingersi sul ghiaccio. Molto
più sicura sui pattini di quanto lo fosse stata il primo
giorno, tentò una piroetta, riuscì a mantenere
l’equilibrio e si congratulò con se stessa.
Finendo la giravolta di un altro tentativo ben riuscito, scorse Benji
distante, appoggiato contro il tronco di un albero caduto, i pattini
sul ghiaccio. Era solo, teneva le mani guantate posate sul legno e il
viso chino a osservare la lama di un pattino che incideva segni sulla
superficie del laghetto.
L’idea le venne improvvisa. Lei e le amiche erano ancora in
cerca di spiegazioni soddisfacenti riguardo le
‘cameriere’. Patty non aveva cavato niente da Holly
il giorno prima, mentre Julian era stato già interrogato da
Evelyn e non avrebbe più aperto bocca. Jenny non aveva
chiesto nulla a Philip, sempre nervoso a causa di Kevin. Erano quindi
ferme a un punto morto. E poi c’era la storia delle foto che
doveva aver scattato Bruce, di cui sapevano ancor meno. Dopo un rapido
e casuale accenno, nessuno ne aveva fatto più parola. Un
mistero insoluto che le incuriosiva da morire. Ma a sfilare qualche
informazione a Benji nessuna di loro aveva ancora mai provato e forse,
con un po’ di furbizia e tanta pazienza, approfittando di
quel momento di solitudine, sarebbe riuscita a ottenere ciò
che cercava. Era quasi certa che non gli sarebbe importato di rivelare
scomodi segreti dei compagni, né di parlare delle foto.
Tanto valeva provare.
Il portiere era così immerso nelle più disparate
riflessioni che non la vide neppure avvicinarsi. Amy
continuò ad avanzare a velocità sostenuta,
temendo che l’amico decidesse di mettere fine
all’isolamento e tornare dagli altri. Ma quando fu ad un
passo da lui, e stava per chiamarlo, sobbalzò su una
fenditura del ghiaccio che non aveva visto e perse
l’equilibrio. Udendo la sua esclamazione Benji
alzò di colpo gli occhi, giusto in tempo per vederla
precipitagli addosso. Lo travolse così inaspettatamente che
il portiere non ebbe il tempo di fare nulla, né sostenerla,
né scostarsi. Benji cadde all’indietro sulla
schiena, oltre il tronco, lei addosso. Restò senza fiato per
l’urto, sprofondando tra la neve. Il cappellino
volò via e il ghiaccio gli bagnò i capelli e il
collo, insinuandosi a tradimento sotto la sciarpa.
-Amy... che cazzo!-
-Benji, sono mortificata. Mi dispiace davvero.- la giovane
appoggiò le mani sul suo torace e si tirò su
quanto bastava per guardarlo in faccia -Ho inciampato mentre pattinavo,
non sono riuscita a fermarmi. Scusa.-
Lui restò in un silenzio sgomento, adirato e infastidito, a
guardare i capelli che le erano scivolati in avanti e le incorniciavano
il volto imporporato di imbarazzo, le ciglia lunghe, le labbra
leggermente screpolate dal freddo, la grana sottilissima della pelle. A
dire la verità lo spettacolo non gli dispiacque ma non fu
sufficiente a scacciare il fastidio di trovarsi disteso sulla neve con
lei sopra, in quella inaccettabile e ambigua posizione.
-Proprio addosso a me dovevi finire? Con tanto spazio che
c’è!-
Amy si ritrasse, intimidita dal rimprovero. Poi scoppiò a
ridere alla sua espressione offesa e sgomenta.
-Cosa c’è di divertente?- chiese lui sempre
più contrariato. Cercò di scostarsi e
capì che era impossibile se Amy non si alzava -Non posso
muovermi con te addosso.-
La ragazza decise di non mettere alla prova la sua pazienza.
-Mi dispiace. Aspetta.- pensò di spostare una gamba, ma
quando la mosse una fitta dolorosissima partì dal piede e le
raggiunse il cervello. Gemette e si volse indietro per capire. Un ramo
sottile e robusto si era incuneato tra il pattino di acciaio e lo
stivaletto, bloccandole il piede. Se muoveva quella gamba, la caviglia
si torceva facendole male. Tentò allora di spostare
l’altro piede, che era rimasto libero. Appoggiò il
ginocchio sulla neve, ma non poté lo stesso tirarsi su.
Allora guardò Benji sconsolata.
-Sono bloccata. Non riesco ad alzarmi.-
-Perfetto, siamo a posto.-
Mark tirò da parte Philip mentre sbocconcellava la
ciambellina alla mela che gli aveva dato Jenny e lo trascinò
lontano dagli altri, affinché solo lui sentisse
ciò che aveva da dirgli.
-Devo farti vedere una cosa. Vieni.-
-Adesso?-
-Proprio adesso. Vieni.-
Landers lo precedette tra gli alberi, prendendo apposta una direzione a
caso per sviare chiunque avesse la pessima idea di seguirli. Poi
svoltò bruscamente e tornò a dirigersi a passo
spedito verso le rive del lago. Di colpo rallentò e, al
riparo di un dislivello del terreno, tirò giù il
compagno afferrandolo per la giacca.
-Che diamine fai?-
-Sta’ zitto e guarda.-
Philip ubbidì. Davanti a loro un tronco caduto si protendeva
per metà sulla superficie di ghiaccio e l’altra
metà sulla riva ricoperta di neve. Proprio accanto a quel
pezzo di legno, c’era un ammasso colorato di gambe e braccia
che impiegò qualche istante a identificare come Benji e Amy
distesi a terra una sull’altro. Spalancò gli occhi
sbalordito.
-Cosa stanno facendo?-
-Non ne ho idea. Secondo te?-
Alla domanda seguì un silenzio pensieroso.
-In effetti non mi ero accorto che fossero così in
confidenza.-
-Neppure io, e ti assicuro che Price lo tengo d’occhio.-
Mark si accoccolò tra la neve, mettendosi comodo per godersi
lo spettacolo e Philip lo imitò.
-Si sono baciati?-
-Io non li ho visti farlo.-
Forse era la prima volta in assoluto che Benji non provava piacere a
tenersi sopra una ragazza. Non che Amy fosse pesante, non che non
apprezzasse il suo profumo. Anche la morbidezza che percepiva sul
torace attraverso gli strati delle loro giacche a vento era piacevole e
non avrebbe avuto così tanta fretta di scostarla se non ci
fosse stata la neve a rovinare il tutto. Il freddo del ghiaccio su cui
era disteso stava oltrepassando l’imbottitura della giacca a
vento, il cotone della felpa e quello della maglietta. Il calore delle
gambe aveva sciolto la neve e i jeans si erano bagnati. Insomma, il
gelo gli stava penetrando nelle ossa rendendo insopportabile la loro
posizione. Passò un braccio dietro al collo per tirare su la
testa e guardarla.
-Ross è un tipo geloso?-
-Cosa c’entra ora?- nulla ci azzeccava, con i loro tentativi
di liberarsi. Comunque gli rispose -Non lo so, perché?-
-Perché se al posto tuo ci fosse stata Jenny, per esempio,
Philip avrebbe preferito cambiare nazionalità piuttosto che
giocare ancora con me nella stessa squadra. Quindi mi chiedevo se con
Ross corressi lo stesso rischio. Oltretutto giochiamo entrambi in
difesa.-
-Non credo che Julian sia geloso. Ma se anche lo fosse, non
c’è niente di cui essere gelosi in questo momento.
Siamo semplicemente caduti e siamo rimasti incastrati. Se anzi qualcuno
venisse a darci una mano…- si guardò intorno e
vide solo alberi e neve, e cielo.
-Come fai a non sapere se il tuo fidanzato è geloso?-
Lei ci pensò un istante.
-Non l’ho mai visto comportarsi in modo geloso nei miei
confronti.-
-Magari non ci hai fatto caso. Probabilmente è geloso
né più né meno di Philip.-
Amy si infastidì.
-Se permetti, il rapporto che c’è tra me e Julian
non ti riguarda.-
-In qualche modo devo pure passare il tempo mentre aspetto che ti togli
di dosso.-
Lei trasalì, aveva completamente dimenticato ciò
di cui voleva parlargli.
-Io un argomento di conversazione ce l’avrei. È
proprio per questo che ti ho raggiunto sulla riva.- sorrise e
accostò il proprio volto al suo -Perché non mi
racconti cosa fate durante i ritiri?-
-E tu perché non ti alzi? Comincio a sentire freddo.-
-Sono bloccata.-
-Sbloccati.-
-Ti prometto che ci proverò non appena mi avrai chiarito
qualche punto che mi è rimasto oscuro.-
-Perché non ne parli con il tuo non-geloso fidanzato?-
-Lui è troppo coinvolto per essere obiettivo, lo sai
benissimo.-
Benji sogghignò.
-Ha paura, il codardo…-
Amy lo guardò senza capire.
-Di cosa dovrebbe aver paura?-
-Ne ho solo una vaga idea...-
-Allora?- lo incalzò.
-Allora che?-
-Parli o no?-
-Di quale aspetto dei nostri ritiri, in particolare?- la
schernì lui.
-Direi di cominciare con la storia delle
‘cameriere’.-
Neppure la posizione di Mark e Philip era particolarmente comoda.
Accoccolati sui talloni, non potevano muoversi o rischiavano di essere
scoperti, poiché erano abbastanza vicini da riuscire a
captare qualche parola se Amy o Benji alzavano un po’ la
voce. Così avevano inteso perfettamente il senso della
conversazione.
-Se dice qualcosa di compromettente, appena Amy si toglie lo prendo a
pugni.- minacciò Philip.
-Se vuoi ti do una mano.-
-A fare cosa?- chiese una voce alle loro spalle.
Si volsero. Holly era lì e li osservava incuriosito.
-Che state facendo?-
La sua attenzione tutta per loro non gli aveva consentito di notare
ciò che c’era poco più in
là. Mark lo tirò subito giù,
perché se Amy avesse alzato gli occhi, lo avrebbe visto.
-Abbassa la voce, Holly!- gli ordinò Philip.
Il nuovo arrivato seguì il suo sguardo e corrugò
la fronte incredulo.
-Ma sono Benji e Amy, quelli? Cosa succede?-
-Ne sappiamo tanto quanto te.-
-Io sono arrivato adesso.-
-E noi li abbiamo trovati così.-
-Cosa stanno facendo?-
-Per il momento stanno parlando.-
Al contrario di Holly, Bruce si unì a loro guardingo e di
soppiatto, silenzioso e pieno di curiosità ma soprattutto
consapevole che qualcosa di grosso bollisse in pentola.
-Perché non mi avete chiamato?-
-Siamo già in troppi!- lo zittì Philip.
Harper li avvertì di un fatto inevitabile.
-Sta per arrivare Julian.-
-Questo è un problema.- disse Mark.
Convinti entrambi della necessità di bloccare a tutti i
costi qualsiasi tentativo di intervento in favore di Amy, appena Ross
comparve Philip scattò in piedi da una parte, Mark
dall’altra e lo affiancarono senza scampo. Bloccato per le
braccia, il principe del calcio venne brutalmente scaraventato terra
dove rimase senza fiato. Non emise un suono, Julian Ross. Non disse una
parola. La sorpresa di ritrovarsi vittima di un attacco tanto violento
e improvviso gli lasciò soltanto la possibilità
di guardare ciò che stava accadendo poco distante da loro,
accanto al tronco a due passi dalla riva: Amy e Benji distesi una
sull’altro.
Prendere atto della loro presenza in quella posizione sottrasse un
battito al suo cuore, né più né meno
com’era accaduto alle elementari durante l’incontro
tra la Mambo e la New Team. Ma stavolta il dolore fu diverso, una
stilettata emotiva così inaspettata e dolorosa che neppure
si accorse di Mark che, a cavalcioni sulla sua schiena, lo schiacciava
a terra. Quando il suo volto finì tra la neve e non
poté più guardare, fece forza sui gomiti per
sollevarsi e rimettere gli occhi su ciò che sentiva avergli
mandato in stanbdy il cervello. Amy e Benji - Benji e Amy. Cosa stava
succedendo? Amy lo stava tradendo? Non con quel pallone gonfiato di
Price! Era im-pen-sa-bi-le. I-na-cce-tta-bi-le. Tentò di
scrollarsi il compagno di dosso e Philip vide Landers oscillare su di
lui, tanta era l’energia con cui Julian stava cercando di
liberarsi.
-Lasciatemi! Maledetti!-
-Ross, stai buono… Vogliamo guardare.-
Philip concordò.
-Questa è una splendida occasione per vedere Price alle
prese con una donna.-
Julian fece forza sulle braccia e si agitò con uno scossone.
-Scendi, Landers! Giuro che se non ti togli subito,
quant’è vero...-
Il resto dell’invettiva si trasformò in un
gorgoglio soffocato dalla neve che gli entrò in bocca. Ma
Ross non si perse d’animo, ingoiò il ghiaccio e
continuò.
-Maledetti! Fate la prova con Jenny… o con Patty o Evelyn!-
-Amy va benissimo.- lo mise a tacere Bruce, avvolgendogli
metà del viso nella sciarpa -Taci e guarda.-
-Benji, mi prometti che risponderai alla domanda che sto per farti?-
cinguettò Amy poco più in là.
-E tu mi prometti che una volta che ti avrò risposto
cercherai seriamente di tirarti su?-
Lei gli fece eco, candidamente meravigliata.
-Seriamente?-
-Sì, finora non ci hai neppure provato.-
-Stai forse insinuando che mi piaccia starti sopra?-
-Sto insinuando che stai approfittando della tua posizione per
ricattarmi e avere informazioni che altri non ti hanno dato.-
-Non potrei mai!- recitò con finta innocenza -Comunque, me
lo prometti?-
-Se è una domanda personale no.-
-È personale, ma non riguarda te. Riguarda me.-
La precisazione servì a stimolare la curiosità
del ragazzo.
-Spara.-
-Prima la promessa.-
-E va bene.- l’accontentò -Ti
risponderò, te lo prometto.-
La gioia che le illuminò gli occhi lo fece quasi pentire
della scelta e gli procurò un bruttissimo presentimento.
Temette che lei lo avesse appena fregato.
-Che foto ci ha fatto Bruce?-
Lui la fissò stupito.
-Ti pare il momento di chiedere una cosa simile?-
-Sì, mi pare il momento migliore.- insistette caparbia
-Questo è davvero il momento migliore per chiederti tutto.
Non puoi scappare senza darmi una risposta.- si mise comoda, le braccia
sul torace dell’amico e il mento tra le mani -Allora?-
Benji alzò gli occhi al cielo che li sovrastava, un
po’ meno azzurro e terso rispetto alla mattina adesso che
stava cominciando a calare la sera.
-Io te lo dico ma…-
-Niente condizioni.-
-Le condizioni ci sono!- la fissò negli occhi -Non devi dire
niente a Ross.-
-Ah, va bene.- le sembrò un buon compromesso -Coraggio,
sputa il rospo.-
-Bruce vi ha fotografate mentre vi state rivestendo nello spogliatoio
delle terme.-
Amy divenne bordeaux fin sulla punta delle orecchie, amaramente pentita
di avergli posto la domanda. Adesso, se avesse potuto, sarebbe scappata
ben lontano dal portiere pur di non doverlo guardare dritto negli occhi
e da così vicino. La domanda successiva venne fuori
spontanea.
-Nude?-
-Più o meno.-
-L’hai vista anche tu?-
-L’abbiamo vista tutti.-
La ragazza abbassò il viso, piena d’imbarazzo.
-Non riesco a credere che Julian ve lo abbia permesso!-
mormorò con un filo di voce.
-Non avrebbe voluto, ma è stato tra gli ultimi a saperlo.-
Lei si afflosciò e sospirò.
-Che vergogna.-
-Tranquilla, Amy. Stai benissimo. Anzi, state tutte benissimo.-
La giovane tirò su il viso di scatto.
-Voglio vederla.-
-Julian le ha cancellate.-
-Erano più di una?-
-Un servizio fotografico.-
-Non ne è rimasta nessuna?-
Benji esitò un istante di troppo prima di scuotere la testa.
Lei lo notò.
-Ce l’hai, vero?- lo scrutò negli occhi -Ce
l’hai… Voglio vederle!-
-La promessa prevedeva soltanto una risposta. E me ne hai fatte in
abbondanza.-
Lei lo colpì sul torace con un gesto pieno di stizza.
-Benji! Le foto mi rappresentano! Sono mie e voglio vederle!-
-Risparmiami i capricci, bambina viziata!- la redarguì
infastidito -Le foto sono state cancellate dal cellulare di Bruce, e se
ti dispiace che sia stato fatto, prenditela con Julian. È
stato lui a volerlo.-
-Ha fatto bene, però...-
La ragazza scorse il lampo di esasperazione che gli
attraversò lo sguardo e capì che era meglio non
insistere. Finora mostrarsi accattivante aveva funzionato ed era chiaro
che se Benji era davvero riuscito a salvare una copia delle foto, non
gliele avrebbe mai mostrate se lo avesse preteso e basta. Su di lui non
aveva nessuna ascendenza, né un motivo per ricattarlo. Per
il momento era meglio lasciar perdere. Anche Benji si
dimostrò di quell’avviso.
-La neve è fredda e io sto ghiacciando. Pensi siano
più importanti le tue foto o la mia salute? Vuoi che mi
buschi una polmonite?-
Il tono secco le fece intendere che l’occasione era passata.
Ora dovevano trovare il modo di tirarsi fuori da
quell’impiccio. Si volse indietro e si guardò i
piedi. Agitò quello libero, poi provò con
l’altro.
-Cerca di fare in fretta.- la sollecitò lui.
Il dolore che le procurò il tentativo di liberarsi
“seriamente” dal ramo infilato nel pattino la fece
sussultare. Lo guardò con occhi velati di sofferenza.
-Non ci riesco. Fai qualcosa tu.-
-Qual è il problema?-
-Ho un piede incastrato tra i rami.-
Lei mosse la gamba libera e piegò il ginocchio per
puntellarsi a terra. Urtò senza volerlo l’interno
coscia del portiere e lo sentì sussultare.
-Amy, fa’ attenzione!-
Lei rise imbarazzata, poi rinunciò.
-Mi dispiace, non ci riesco. Il piede mi fa male. Credo che sia il caso
di chiamare aiuto.-
-Questo mai!-
-E perché?-
Per esempio perché Landers l’avrebbe preso in giro
fino alla morte.
-Me lo chiedi? Ti sembra una buona idea farci vedere così,
tu su di me? Riesci a immaginare cosa potrebbero pensare?- sai per
quanto tempo mi prenderebbero in giro? proseguì la sua mente
ma non lo disse.
-E cosa c’è da pensare? Siamo semplicemente
caduti!-
-Glielo dici tu?-
-Certo che glielo dico io!- lo guardò, poi
scoppiò a ridere -Hai ragione, siamo ridicoli!-
-Non ridicoli, ma bloccati in una posizione ridicola.- si diede un tono
-Ed è proprio perché, oltre che ridicola, questa
posizione è piuttosto… ambigua, direi, che devi
riuscire ad alzarti prima che arrivi qualcuno.-
-Pensi che non ci abbia provato?- Amy lo guardò dritto negli
occhi -Dì la verità, Benji. Tu pensi che mi
piaccia starti sopra!-
Julian prese ad agitarsi con più forza. Era inconcepibile
ricevere quel trattamento dai compagni. Amy era in
difficoltà e loro, tutti loro, gli impedivano di andare a
soccorrerla. Anzi, i suoi tentativi di liberarsi non stavano servendo
assolutamente a nulla poiché erano in troppi a tenerlo.
-Non riesco a capire perché continuino a restare in quella
posizione.-
-Perché lei non può alzarsi, Bruce.- gli
spiegò Holly, lanciando un’occhiata colpevole a
Julian -Amy ha un piede incastrato tra i rami.-
-E Benji ne approfitta.- calcò la mano Philip.
Bruce sorrise.
-Da lui non ci si poteva aspettare niente di diverso.-
-Sono proprio curioso di sapere cosa si inventerà Price a
questo punto.- Mark si chinò su Julian -Tu no, Ross?-
Lui scosse la testa con un gesto rabbioso, i nervi tesi allo stremo.
Il portiere stava effettivamente architettando una soluzione che lo
tirasse fuori da quella scomoda posizione di stallo. Si tirò
sui gomiti, Amy scivolò di lato e per sostenersi
appoggiò una mano sulla neve. Quel precario equilibrio le
ruotò la caviglia bloccata, facendole emettere un breve
gemito.
-Ti fa male?-
-Un po’.- cercò di tirarsi su e gli si
aggrappò alla giacca per limitare il movimento del piede
incastrato.
In quella posizione, Benji poté individuare il pattino della
ragazza e il ramo che lo bloccava, incastrandoli entrambi. Non ne
scorgeva né l’inizio né la fine, quindi
non sapeva da quale parte lei avrebbe potuto muoversi per liberarsi, ma
ne vedeva un bel tratto e avrebbe potuto spezzarlo. La lama
d’acciaio sembrava adatta allo scopo. Doveva solo
posizionarsi meglio.
-Cosa intendi fare, Benji?-
-Spezzare il ramo.-
-E come?-
Lui e strizzò un occhio.
-Con le buone.-
La risposta la lasciò perplessa e nel dubbio si
aggrappò meglio alla sua giacca. Benji piegò la
gamba destra e scagliò risoluto il pattino contro il legno.
Il ramo schioccò secco mentre sobbalzavano entrambi per il
contraccolpo.
-Tutto bene?- le chiese.
-Per ora sì.-
E il ramo si era scheggiato, quindi l’idea del portiere
poteva funzionare. Doveva solo insistere. Affondò una mano
nella neve per sostenersi, le circondò la schiena con
l’altra e calciò un affondo con il pattino,
incidendo profondamente la corteccia. Al terzo poderoso colpo, il ramo
finalmente si spezzò e ad Amy sfuggì un lamento,
conseguenza dei sussulti violenti alla caviglia già provata.
Il portiere si fermò.
-Ti fa male?-
In realtà sì, ma scosse lo stesso la testa
perché le “buone maniere” di Benji
avevano lasciato il ramo attaccato al tronco soltanto attraverso
sottili filamenti legnosi, tuttavia così elastici e
resistenti da non essere stati recisi di netto dalla lama
d’acciaio. Benji colpì di nuovo, ancora e ancora
ripetutamente, esternando tutta l’impazienza di liberarsi al
più presto.
-Maledetto!-
-Aspetta… aspetta!- cercò di fermarlo lei.
-Amy, si sta spezzando! Tieni il piede fermo!-
Il colpo successivo fu dolorosamente insopportabile e le
riempì gli occhi di lacrime. Pur di fermare Benji, gli
puntò le mani sul torace spingendolo indietro con forza e
impedendogli di continuare. Nello stesso istante, e forse proprio a
causa del suo movimento improvviso e contrario, il ramo si
spezzò definitivamente, lasciandola libera di precipitare su
di lui, proprio come era successo pochi momenti prima. Benji
crollò di nuovo tra la neve che ormai aveva assunto la forma
del suo corpo e Amy gli arrivò ancora una volta addosso, con
la variante dei loro visi incollati, le labbra di una sopra quelle
dell’altro e le loro fronti che si scontravano con uno
schiocco secco e dolorosissimo, lasciandoli entrambi storditi e
sofferenti.
-Accidenti! Si sono baciati!- esclamò Bruce elettrizzato.
Per Julian quella fu la goccia che traboccò dal vaso.
Approfittando del turbamento dei compagni, riuscì a liberare
una mano e togliersi la sciarpa dalla bocca. Sputacchiando i fili di
lana rimasti incollati sulla lingua, riprese a imprecare.
-Maledizione! Lasciatemi andare! Mark, scendi immediatamente oppure
giuro che...- le parole gli si spensero in gola quando vide Amy
muoversi. Capì che stava solo perdendo tempo e
dimenticò ciò che aveva dire.
Davanti ai suoi occhi la fidanzata si tolse intontita da sopra il
portiere e arretrò bruscamente, trascinandosi indietro sulla
neve fino a mettere tra loro almeno un metro e mezzo di distanza. Poi
lo guardò di sottecchi. Cosa sarebbe successo?
L’avrebbe assalita? Rimproverata? Si passò un
guanto sul viso per asciugare le lacrime di dolore mentre lo guardava
tirarsi in ginocchio e voltarsi indietro in cerca del cappellino finito
più in là. Poi si massaggiò la fronte,
dove si stava già formando un bernoccolo, mosse la gamba e
abbassò gli occhi sul piede che le bruciava.
Adesso che sulla riva del lago non c’era più
niente da guardare, Holly spostò l’interesse
sull’amico immobilizzato, il volto arrossato da una furia
cieca che stava per esplodere.
-Mark, lascia andare Julian.-
Indeciso e preoccupato, Philip continuò a tenergli un
braccio.
-Forse è meglio aspettare che si calmi un po’.-
-No, fatelo subito.-
-Va bene. Allora al tre.-
Al tre, i ragazzi saltarono indietro lasciando il vuoto intorno a
Julian, pronti a darsela a gambe al primo tentativo di aggressione. Ma
Ross non era un tipo bellicoso, anche se non li avrebbe perdonati tanto
presto del trattamento subito. Con movimenti rapidi ma distratti si
ripulì dalla neve che gli aveva bagnato giacca e pantaloni.
Poi corse a raggiungere Amy.
Quando arrivò, ancora seduta a terra lei stava sciogliendo i
lacci del pattino.
-Julian? Da dove spunti?-
Il ragazzo serrò i denti.
-Lasciamo perdere, meglio se mi censuro.- si inginocchiò di
fronte a lei, prese lo stivaletto e glielo sfilò con
delicatezza. Poi ruotò e piegò piano la caviglia
avanti e dietro, sopra e sotto, per capire quanto si fosse fatta male.
Per fortuna però lei provò solo un leggero
fastidio. Allora, rassicuratasi, gli mise una mano sul braccio e gli
sorrise.
-Sto bene.-
-Non ti fa male?-
-Quasi per niente.-
-Meglio così.-
Le rinfilò lo stivaletto, la prese per mano,
l’aiutò ad alzarsi e la condusse via ignorando il
portiere come se non fosse presente, come se non fosse a un metro da
loro e non li stesse osservando. E per Price fu un bene,
perché tanto sopraggiunsero Holly, Bruce, Mark e Philip a
metterlo al centro del loro interesse e della loro curiosità.
-Com’è stato il bacio?-
L’altro, apostrofato nel momento in cui si calcava il
cappellino gelato sulla testa, dedicò a Bruce un sorriso
ironico.
-In una situazione diversa avrebbe potuto essere migliore.-
sentì sulla fronte il bernoccolo e lo nascose con la
visiera.
-Come siete finiti in quella posizione?- domandò Philip
curioso.
-Mi è caduta addosso mentre pattinava.-
-Strano.- s’insospettì Mark -Con tutto lo spazio
che c’è.-
Benji lo guardò.
-È stata la prima cosa che le ho detto.-
-E la seconda qual è stata?-
-Di togliersi.-
-Avrei scommesso il contrario.
-Invece io scommetto che ci hai trovati proprio tu, Landers.-
-Esatto!- si meravigliò Philip -Come hai fatto a indovinare?-
Mark alzò le spalle.
-Semplice. Non bisogna mai perdere d’occhio il nemico.-
Bruce si mostrò un po’ turbato.
-Cioè, voi due sapete sempre cosa sta facendo
l’altro?-
-Eccezionale! Neanche Jenny ed io siamo mai riusciti ad arrivare a
tanto!-
Particolarmente impressionato, Holly si avviò per tornare
dal resto del gruppo.
-Visto come stanno le cose, vi lasciamo alla vostra
intimità.-
-Imbecille.- concordarono all’unisono Benji e Mark.
Più lontani, avviati in tutt’altra direzione,
Julian e Amy costeggiavano il lago mano nella mano, in silenzio. Nella
pace della natura addormentata, si udivano solo i loro respiri e lo
scricchiolio della neve calpestata.
-Perché sei arrabbiato, Julian?-
-Non sono arrabbiato.-
-Sì che lo sei.-
-Hai ragione, sono arrabbiato. Ma non con te.-
-E allora con chi?-
-Con quegli idioti guardoni che mi hanno impedito di venirti ad
aiutare.-
-Eravate a guardare?-
-Io non ho potuto fare altro.-
-Che stupidi idioti.- le venne quasi da ridere -Julian, per favore, non
te la prendere per questa sciocchezza. Né io né
Benji ci siamo fatti male.-
-Non è questo…-
-E allora cosa? Che ci abbiano preso in giro? Li abbiamo fatti
divertire? Be’ pazienza. A me non importa.-
-Io non mi sono divertito per niente, soprattutto alla fine.-
Lei lo guardò comprensiva, perché sapeva che
stava pensando al bacio che non era stato un bacio, sicura che Julian
lo avesse capito.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** 14 - Fine dei giochi - seconda parte ***
- 14 -
Fine dei
giochi
Seconda parte
Patty spense di colpo la tv. Nel silenzio della stanza lei ed Evelyn
udirono chiaramente un vociare sempre più distinto oltre i
vetri ben serrati delle finestre. Gli amici erano di ritorno.
-Prima o dopo, Eve?-
Si guardarono determinate.
-Subito, direi. Il tempo stringe.-
-Speriamo che funzioni!-
-Speriamo che Jenny collabori!-
-Collaborerà, è curiosa tanto quanto noi.-
Una curiosità comune che sarebbe stata finalmente
soddisfatta grazie al piano vincente escogitato insieme nelle ore
trascorse ad aspettare il ritorno degli altri. Il piano che avrebbe
funzionato al cento percento.
Patty si alzò per accostare un orecchio alla porta chiusa.
-Sono entrati.-
-Allora vai. Se Holly ti vede non ti molla più e non
possiamo perdere neppure un istante.-
Patty sgusciò silenziosissima nel corridoio e si
rifugiò nei bagni. Evelyn uscì poco dopo di lei
e, come aveva immaginato, si imbatté nel capitano.
Impaziente di incontrare la fidanzata e assicurarsi che non avesse
avuto una ricaduta in sua assenza, aveva affrontato le scale di
corsa lasciando indietro gli altri.
-Dov’è Patty?-
-In bagno.-
-Ha la febbre?-
-No.-
La risposta fu telegrafica e risuonò secca alle orecchie del
ragazzo. Restò lì, Holly, al centro del corridoio
mentre Evelyn raggiungeva Patty in bagno e la trovava appoggiata al
lavandino, rivolta verso di lei, in attesa.
-Ho incrociato Holly, come volevasi dimostrare. Stanno salendo anche
gli altri, tra poco sarà qui.-
Fece appena in tempo a finire la frase che Jenny varcò la
porta del bagno e le trovò in attesa proprio di lei.
-Patty, come stai? La febbre è scesa?-
-Niente febbre. Dov’è Amy?-
-Con Julian. Tornano più tardi.-
Le due si scambiarono un’occhiata perplessa. Nel loro piano
il ruolo di Amy era fondamentale. Avevano bisogno anche del suo aiuto.
L’inaspettata assenza dell’amica avrebbe mandato
tutto a monte? Guardarono Jenny che si chiudeva nella toilette con
così tante cose da dire che iniziò a raccontarle
attraverso la porta.
-Non immaginereste mai cos’è successo! Purtroppo
io non ho visto nulla perché non ero presente ma mentre
rientravamo Philip me lo ha raccontato… Lui ha
assistito a tutta la scena, quasi fin dall’inizio!-
-Quale scena?-
-Di cosa stai parlando, Jenny?-
-Sto parlando di Amy e Benji! Se sapeste! Hanno avuto un piccolo
incidente. Praticamente uno scontro!- la sentirono ridacchiare in
sordina -Sembra che lei, mentre pattinava, sia inciampata e gli sia
caduta addosso. E poi sono rimasti così, bloccati in quella
posizione per un sacco di tempo! Finché Mark non li ha
trovati!-
La curiosità scaturita dalle sue parole fece loro
dimenticare il piano vincente su cui si erano tanto arrovellate fino a
pochi minuti prima.
-E Julian?- domandò Amy.
-Julian era altrove con tutti gli altri ma alla fine ha assistito anche
lui all’intera scena perché li ha trovati! Solo
che non gli hanno permesso di aiutarli.-
-Jenny, non ci sto capendo niente. Vai con ordine.-
-Ti pare facile, Patty? Mentre tornavamo Benji non ha detto una parola,
chiaramente non ne voleva parlare, ma Philip mi ha raccontato che sono
rimasti distesi l’una sull’altro, incastrati tra i
rami di un albero caduto, completamente bloccati…- Jenny
fece scorrere l’acqua della toilette, uscì e si
lavò le mani mentre Patty e Amy l’ascoltavano
-L’albero, quello grande che è sulla riva del
laghetto, avete presente?-
Annuirono all’unisono.
-E poi?- la esortò Patty.
-E poi ad un certo punto è arrivato il bello. Si sono
baciati!-
Evelyn cacciò un urlo di sgomento.
-Si sono baciati? Si sono baciati? Amy e Benji si sono baciati?- chiese
a ripetizione mentre Jenny guardava verso la porta e le faceva cenno di
abbassare la voce.
-Non gridare! Per carità, non gridare. Benji è di
malumore tanto quanto Julian!-
-Non capisco...- rifletté Patty -Perché si sono
baciati?
-Non ci posso credere! Non posso credere di aver perso una scena
simile! Accidenti! Non è possibile! Che sfiga stratosferica!
Avrei voluto vederli! Dovevo vederli, maledizione!-
-Eve, piantala, ti sentiranno!-
-Non riesco neppure a immaginarli, loro due che si baciano! Tu ci
riesci, Patty? Ma come è successo?-
-Philip mi ha detto che mentre si contorcevano per cercare di
liberarsi, Amy gli è caduta sopra, precisa sulle sue labbra.-
-Ma quindi è stato un incidente!- Evelyn ne fu quasi delusa.
-Certo, te l’ho detto!-
-Peccato non esserci stata...-
Nella pausa che seguì, a Patty tornò di nuovo in
mente il famoso piano vincente.
-Sì, peccato. Però adesso dobbiamo risolvere la
questione delle foto.-
-Hai ragione! Penserò dopo al bacio di Amy e Benji.-
-A cosa devi pensare, Eve? È finito ormai.-
L’altra sembrò non ascoltare le sue parole, la
fissò negli occhi risoluta e parlò.
-Dobbiamo convincere Danny a scoprire qualcosa sulle foto di Bruce.
Patty e io avevamo un piano ma senza Amy dovremo cambiarlo. Il tuo
ruolo comunque è sempre lo stesso: devi semplicemente
lasciarti fotografare.-
-Philip non vuole, ve l’ho detto anche ieri.-
-Philip esagera.-
-Lo so, ma se scopre che Danny mi ha fotografata si
arrabbierà con lui. Pensi che Danny voglia rischiare?-
-Dipende da quali sono la posta in gioco e l’alternativa.-
Evelyn non si lasciò convincere -Magari Danny preferisce
mettersi contro Philip piuttosto che mio cugino. Ti posso assicurare
che Clifford è molto meglio averlo come amico.-
-E poi la foto che gli offriremo sarà davvero bella.- Patty
le strizzò un occhio e Jenny indietreggiò
sospettosa fino alla porta socchiusa sul più sicuro
corridoio.
-Che significa “davvero bella”?-
Le due si scambiarono un’occhiata birichina.
-Per esempio un po’… discinta.-
-Con pochi vestiti.-
-Quasi nuda.-
-Provocante e sensuale.-
L’amica incrociò le braccia al petto, quasi a
coprirsi.
-Scordatevelo!-
-Dai, Jenny… Non si vedrà nulla.-
tentò di convincerla Patty -Evelyn ed io abbiamo fatto le
prove. In camera è già tutto pronto.-
-Pronto cosa?-
-Quello che dovrai indossare!-
-Praticamente niente.- ridacchiò Evelyn.
-Assolutamente no! E poi, se Philip vedrà una foto simile,
finirà per uccidere Danny davvero!-
Patty la guardò seria.
-È un rischio che siamo pronte a correre. Troveranno
sicuramente qualcuno per sostituirlo in campo. La nazionale giapponese
è piena di valide riserve. Andiamo!-
Riuscirono a trascinarla fuori nonostante le proteste. Il trambusto nel
corridoio e poi in camera incuriosì i ragazzi, allarmando al
tempo stesso Holly. Il capitano si accostò al fusuma e
bussò, prima piano e poi più forte
perché le loro voci coprivano il suo tentativo di attirare
l’attenzione.
-Patty?-
-Abbiamo da fare, Holly!-
La risposta brusca lo fece tornare a sedersi con la coda tra le gambe.
-Questioni da donne, sicuramente.- borbottò Bruce,
riprendendo poi il filo del discorso, appena interrotto dalla
preoccupazione del capitano -Voglio dire, non è
perché io sto con Evelyn che certe cose a me non debbano
capitare. Purtroppo però la fortuna agisce con la
rapidità di un battito di ciglia. Basta che uno, invece di
parlare di calcio, si apparti su un angolo del lago che gli piove
addosso una bella ragazza e lo bacia. La vita è
così ingiusta! E comunque trovo del tutto inutile che Julian
ci abbia mollati per starsene con Amy! Mica gliel’hai
sciupata!- ridendo della sua stessa battuta indicò le tracce
del bernoccolo che Benji si ostinava a nascondere con la visiera del
cappellino -Semmai il contrario! Un bel colpo di testa!-
Altre risatine si levarono nella stanza mentre l’oggetto di
tanto divertimento taceva ribollendo tra sé e sé
come una pentola a pressione. Continuando a cianciare, Bruce si
alzò e senza un motivo apparente si mise frugare tra gli
scaffali dell’armadio a muro.
Ed si grattò una guancia pensieroso, poi posò il
cellulare sul tavolino. Benji smise di ascoltare il fastidioso
chiacchiericcio di Harper che lo riguardavano e seguì i
movimenti del portiere rivale con invidia, perché lui il
cellulare non aveva potuto portarlo.
-Bel ritiro, mi piace. Ognuno fa come vuole.-
-Cos’hai detto, Ed?- lo fulminò Holly.
-Per carità, hai appena toccato un tasto dolente.-
sospirò Philip -Magari si fa, ma assolutamente non si dice.-
Mark seguì con lo sguardo Bruce che tornava verso di loro.
Si sedette a terra proprio accanto a lui, tenendo tra le mani un
oggetto che non riuscì a identificare finché
Harper non lo posò sul tavolo: si trattava di una
macchinetta fotografica, un modello vecchio che doveva risalire almeno
a cinquant’anni prima.
-Dove hai preso quel rudere?-
-Non capisci niente di antiquariato, Landers. È quasi un
cimelio… Aspetta un’altra decina d’anni
e diventerà una rarità.-
-Se non si autodistrugge prima.-
-Funziona?- Tom la tolse con precauzione dalle mani del compagno. La
girò e rigirò per osservarla, poi
l’accostò al viso e studiò la stanza
attraverso l’obiettivo. Provò a scattare e
incredibilmente la macchinetta ubbidì con un sonoro click
-C’è anche il rullino! Funziona davvero.-
scattò un’altra foto ai compagni, poi la
restituì a Bruce.
-Dove l’hai trovata?- domandò Philip.
-Nel mobile dell’ingresso. Quello del telefono.-
-Hai frugato tra le cose dei nonni?-
-Ho solo aperto per dare un’occhiata.-
-E ci hai rimediato una macchinetta fotografica.-
-L’ho presa solo per provarla, Mark! Dopo la rimetto a posto!-
-Vorrei vedere!- s’inalberò Philip.
-Ma per chi mi avete preso? Non sono mica un ladro!-
Nel clou della discussione la porta si aprì e Julian e Amy
misero piede nella stanza, entrambi le guance arrossate dallo sbalzo di
temperatura tra il gelido esterno e il confortevole interno. Mentre la
ragazza sembrava serena, lo sguardo di Ross era adombrato esattamente
nello stesso modo in cui lo avevano visto l’ultima volta al
laghetto.
-Già finita la fuga d’amore?-
-Rimandata, Callaghan. Solo rimandata.-
Il fatto che lo avesse chiamato per cognome, fece capire a Philip che
Julian non li aveva ancora perdonati per ciò che era
successo al laghetto. Preferirono allora tutti evitare di rivolgergli
la parola tanto più che, senza curarsi di nessuno, Ross
recuperò dall’armadio un paio di jeans e
uscì, per andare a cambiarsi in bagno dei pantaloni zuppi di
neve.
-È di cattivo umore perché gli abbiamo impedito
di raggiungervi o perché Benji ti ha baciata?- chiese Bruce
a Amy che era rimasta purtroppo alla mercé dei ragazzi.
Benji saltò come una molla.
-Mettiamo le cose in chiaro, TESTA DI RAPA! PRIMO: io non ho baciato
Amy. Se proprio vogliamo essere precisi, è stata lei a
baciare me. SECONDO: si è trattato di un incidente.
IN-CI-DEN-TE. Se Ross ce l’ha con qualcuno quello non sono
certo io.-
Mentre il portiere continuava a chiarire l’accaduto secondo
il suo punto di vista, Amy preferì darsela a gambe. Ma
quando cercò di aprire il pannello scorrevole per sparire
nella stanza accanto, non ci riuscì perché lo
trovò bloccato.
-Si sono chiuse dentro.- spiegò Ed.
La giovane allora bussò.
-Abbiamo da fare!- rispose secca la voce di Evelyn.
-Sono Amy!-
Il fusuma venne spalancato di botto, due mani la afferrarono e la
trascinarono dentro. Dopodiché il pannello fu chiuso e
bloccato di nuovo. I ragazzi si scambiarono un’occhiata
incuriosita.
-Non ho capito cosa stanno combinando.-
-Cose loro. Facciamo un giro a carte.- propose Benji mescolando il
mazzo.
-Con te non voglio giocare.- protestò Bruce -Vinci sempre.-
-Sono troppo bravo e voi non sapete perdere.-
-Tu bari!-
-Prova a ripeterlo, Harper!-
-Bari!-
Holly si intromise.
-Ma è mai possibile?-
Il portiere abbandonò il mazzo sul tavolo e si
alzò.
-Allora giocate voi, razza di principianti!-
-E tu dove vai?-
Benji non si degnò di rispondere. Recuperò una
rivista a caso tra quelle ammucchiate nell’armadio, prese una
penna e si sedette in un angolo, accanto alla lampada. Con le spalle
appoggiate al muro e le gambe piegate cominciò a compilare
un sudoku.
-Julian, perché non giochi tu?- propose Ed vedendolo
rientrare.
-Veramente… Amy?-
-Di là con le altre.-
L’esitazione di Julian durò un attimo. Tutto
sommato era meglio restare nel più caldo ryokan piuttosto
che affrontare di nuovo il gelo esterno insieme alla fidanzata, lui
che, sdraiato sul ghiaccio, di freddo ne aveva già preso
abbastanza.
-Su, dai. Non farti pregare.- Bruce finì di mescolare le
carte, poi le distribuì -Cosa scommettiamo questo giro?-
-Niente scommesse, Bruce.-
-Ma Holly! Senza Benji è più divertente!-
Nella stanza accanto Jenny si teneva ben stretti i vestiti che le
amiche stavano cercando di toglierle a forza dopo averla spinta distesa
sui tatami. Evelyn sulla schiena, rivolta verso i piedi, la bloccava a
terra. Patty e Amy erano riuscite a slacciarle i pantaloni e cercavano
di tirarli via.
-Perché fai tutte queste storie? In fondo si tratta solo di
un paio di foto!-
-Non voglio, Eve! Smettetela!-
-Se continui a gridare così finirai per far accorrere
Philip!- la rimproverò Patty.
-Invece tu se tu continui ad agitarti in questo modo, ti farai salire
la febbre a quaranta!- Jenny puntellò i gomiti a terra e
tentò di scrollarsi Evelyn di dosso -Sei pesante! Scendi
immediatamente!-
-No!-
-Ti ho detto di scendere!-
Evelyn ignorò le proteste di Jenny, strinse l’orlo
dei pantaloni e li abbassò fin sotto le natiche, mettendo
alla luce un paio di slip azzurri. Lei riprese a gridare.
-No! No! Evelyn! Smettila, accidenti a te!-
Qualcuno bussò al pannello scorrevole.
-Jenny?-
Era l’inconfondibile apprensione di Philip. Nella stanza
calò il silenzio, le ragazze si guardarono.
-Jenny? Tutto bene?-
-Per niente!- gridò al fidanzato, poi si volse per lanciare
un ultimatum alle amiche -Basta! Lasciatemi!-
Vedendo però che ciò non accadeva, mentre si
contorceva per tenersi addosso i jeans che avevano raggiunto le
ginocchia, tornò a gridare verso il pannello.
-Philip, aiutami! Philip!-
Il giovane reagì all’istante e diede uno strattone
all’anta.
-Non ti conviene aprire, Philip.- gridò Amy per fermarlo
-Jenny è nuda.-
Lui s’impietrì. Non udì nessuna
smentita da parte della fidanzata, ma solo le risate delle amiche. Il
suo silenzio gli fece temere il peggio, l’intenzione di
forzare il pannello si dissolse immediatamente. Non solo. Holly e
Julian, che si erano avvicinati, vennero redarguiti in malo modo.
-Guai a voi!- Philip si assicurò che i compagni restassero
lontani -Jenny, che faccio? Entro?-
-No!-
Il ripensamento della ragazza poteva significare molte cose e adesso
lui non si azzardava più neppure ad avvicinarsi al fusuma,
determinato però a tenere anche tutti gli altri alla larga
da lì. Le proteste della fidanzata nella stanza confinante
continuavano, ma a un volume molto più basso. Tanto che lui
riusciva a distinguerne a mala pena le parole.
-Insomma, basta! Vi ho detto di no! Smettetela!-
-Jenny, tra amiche ci vuole collaborazione.-
-Sappiamo che sei curiosa anche tu!-
-No, no, no e no!-
-Stai un po’ ferma!-
-Basta! Bastaaaaa!
Nell’altra camera Bruce fremeva. Si capiva lontano un miglio
che la curiosità lo stava divorando.
-Cosa stanno facendo? Voglio saperlo!-
Anche Philip, naturalmente. Ma restava di guardia al pannello.
-Non provare ad avvicinarti, maniaco guardone!-
-Ricordati che io l’ho già vista quasi nuda, la
tua Jenny!-
-È molto meglio per te se invece lo dimentico!-
-Cerca di collaborare, Jenny!- Amy gettò da parte i
pantaloni che erano riuscite a sfilarle -Voglio le foto che ci ha
scattato Bruce! Ci siamo tutte e siamo nude! Devo vederle a ogni costo
o non avrò più il coraggio di guardare in faccia
nessuno di loro!-
Jenny smise all’istante di agitarsi e di protestare. Si
rivolse all’amica a bassa voce, e non per intimarle di
smettere.
-Chi te lo ha detto, Amy? Chi ti ha detto che in quelle foto siamo
nude?-
-Benji poco fa! Bruce ci ha fotografate tutte e quattro nello
spogliatoio delle terme mentre ci stiamo rivestendo.-
Patty non credette alle proprie orecchie.
-Evelyn! Perché gli hai permesso di fare una cosa simile?-
-Cosa c’entro io? Ero con voi!- si difese lei, adesso ancor
più determinata -Jenny, dobbiamo vedere quelle foto!
È davvero questione di vita o di morte. Dobbiamo convincere
Mellow e lui vuole una tua foto.-
Ma Jenny aveva capito che ormai non c’era più
niente da fare.
-Se Danny riuscirà a procurarsi le foto che ci ha fatto
Bruce, non avrà più bisogno di quella che volete
dargli voi! O non ci avete pensato?-
Le sue parole sembrarono fermare il tempo. Un silenzio di tomba
riempì la stanza mentre le ragazze prendevano consapevolezza
della nuova realtà e reagivano di conseguenza,
perché tutto era perduto. Patty le lasciò
immediatamente la caviglia, Evelyn si tolse dalla sua schiena e si
sedette attonita mentre Jenny recuperava e indossava di nuovo i
pantaloni.
-E allora che facciamo?-
Si guardarono.
-Probabilmente Danny non riuscirà mai a ottenere quelle
foto.- disse Amy -Julian le ha cancellate dal cellulare di Bruce e non
sono certa che qualcun altro le abbia. O forse soltanto Benji. Lui ha
negato ma non sono sicura di credergli.-
-Perché Benji dovrebbe averle tenute?-
-Non lo so. La mia è un’impressione, ma potrei
sbagliarmi.-
-Se le ha davvero solo lui, allora ce le possiamo scordare.-
sospirò Patty affranta.
-E invece no.- si intestardì Evelyn rivolgendosi ad Amy
-Jenny ci ha appena raccontato che oggi siete entrati in confidenza,
con quella storia del bacio. Perché non cerchi di fartele
dare?-
L’amica si schermì, arrossendo.
-Tra noi non c’è nessuna confidenza! E soprattutto
nessun bacio, ci siamo solo scontrati! E poi ci ho già
provato. Lui dice di non averle.-
-Riprovaci, insisti… Forse la tua impressione è
giusta e lui le ha davvero!-
-Io invece penso che un tentativo con Danny valga la pena farlo.- Patty
le guardò -Potrebbe riuscire a sapere almeno se Benji ha le
foto, o se le ha anche qualcun altro.-
Evelyn annuì.
-Amy, Jenny! Contiamo su di voi!-
Fu con malcelata apprensione che Philip accolse la fidanzata quando
lei, insieme alle amiche, fece il suo ingresso nella stanza. La
seguì con gli occhi mentre prendeva posto al suo fianco.
Aveva il volto arrossato e i capelli appena un poco fuori posto, segno
inequivocabile che qualcosa di là era accaduto davvero.
Holly appoggiò le carte sul tavolo, sfilò il
cuscino su cui era seduto e lo posò accanto a sé,
facendo cenno a Patty di sedersi.
-Hai la febbre?-
-Penso di no.-
-Non l’hai misurata?-
-Abbiamo avuto da fare.-
-Lo abbiamo sentito.- commentò Benji dal suo angolo.
Sentendolo parlare, Amy lo individuò un attimo prima di
prendere posto vicino al fidanzato. Pensò che fosse una
fortuna trovarlo di nuovo in disparte e così, invece di
sedersi accanto a Julian come lui si aspettava che facesse, raggiunse
il portiere e si accucciò al suo fianco.
-Cosa stai facendo, Benji?-
-Non lo vedi?-
-Posso aiutarti?-
-No, grazie. Ce la faccio da solo.-
-Dici?- rispose lei, ferma a guardare.
-Perché non giochi a carte anche tu?-
-Ti do fastidio?-
-A me no.-
La ragazza colse il sottinteso ma non diede importanza alle parole del
portiere, decidendo di sedersi ugualmente al suo fianco. Julian doveva
aver pazienza, lei voleva le foto!
Da parte sua, Benji capì che era più semplice
accettare la sua presenza piuttosto che contrastarla, così
appoggiò la rivista ben aperta sui tatami e le mise in mano
la matita.
-Almeno scrivi tu.-
Amy accolse immediatamente l’invito.
-Julian, tocca a te.- lo chiamò Philip.
Ross annuì distratto, rendendosi conto di non riuscire
più a concentrarsi sul gioco. Guardava Amy e Benji e non
vedeva le carte che teneva in mano, li osservava e cercava
ostinatamente di capire cosa bollisse in pentola.
-Amy?- la chiamò -Non vuoi giocare?-
-Non mi va.-
-Cosa stai facendo?-
Lei gli indicò la pagina.
-Un sudoku.-
Infastidito dalle continue interruzioni, Benji le sfilò la
matita di mano e inserì un paio numeri nelle caselle vuote.
-Non andare avanti da solo!- protestò lei.
Holly li guardò e pensò che l’aria che
tirava da quella parte della stanza cominciava a non piacergli. Aveva
il brutto presentimento che il seme di un problema fosse stato appena
piantato nella terra dei loro rapporti, ma non riusciva a identificare
con precisione la natura del grattacapo che stava mettendo radici.
-Julian, lasciali stare.- lo richiamò.
Le parole del capitano lo fecero sentire ridicolo. Come se non
bastasse, ci si mise anche Mark.
-Non sarai geloso!-
Julian non replicò mentre guardava con un misto di stupore e
contrarietà Amy che, in ginocchio, posava una mano sulla
spalla di Benji e con l’altra cercava di recuperare la matita
che il portiere teneva in alto, fuori dalla sua portata.
-Spiegami cosa cambia se scrivo io.-
-Non mi dai il tempo di pensare.-
Amy si sporse troppo e gli cadde addosso.
-Maledizione, Price!- esplose Julian -Restituiscile immediatamente
quella matita!-
Benji si voltò pronto a rispondere a tono, ma lo sdegno gli
morì in gola quando si trovò puntato da undici
paia d’occhi che esprimevano emozioni diverse. Riconobbe il
divertimento di Philip, di Bruce ed Evelyn, la condiscendenza di Tom,
la contrarietà di Holly, la preoccupazione di Jenny e di
Patty, l’ironia di Ed e Mark, l’ingenua sorpresa di
Danny.
La matita tornò immediatamente tra le dita di Amy, che
riprese felice a compilare il sudoku.
-Forse Julian dovrebbe cominciare a preoccuparsi.- borbottò
Bruce.
-L’ho già vista questa scena… o una
molto simile.- annuì Philip guardando Mark.
-Cosa intendi dire?-
-Quello che hai capito perfettamente.-
Bruce sbuffò impaziente.
-Cioè? Che cosa? Lo dite anche a noi?-
-Se è una cosa che riguarda Amy pretendo di saperla!-
-Amy non c’entra niente, Julian!- si difese Philip.
-Non ricordi, Ross?- spiegò Benji dal suo angolo -Sulla
seggiovia Landers ci ha provato con Jenny e ora Callaghan sta
mescolando le situazioni senza un briciolo di criterio. Quello di oggi
è stato un incidente.-
-IO NON CI HO PROVATO CON JENNY! Maledetto Price!- urlò Mark
esasperato. Si accorse che Ed e Danny lo guardavano sgomenti e la cosa
lo mandò su tutte le furie -BASTA CON QUESTA STORIA!-
-Sulla seggiovia nessuno ci ha provato con nessuno!- lo
spalleggiò anche lei.
-A me lo ha riferito Ross.- li mise al corrente il portiere.
-Lo ha detto Holly!-
-Io non ho visto niente.- si tirò indietro il capitano.
-Evelyn ci ha gridato che…-
-Io non c’entro, Patty. Non mi sono neanche voltata. La colpa
è di Philip che ha cominciato ad agitarsi e a urlare.-
La catena del sentito dire finì, tornando ai sospettati.
-Questo significa che hai fatto tutto da solo, Philip?- lo
assalì Jenny incredula.
-Da solo? Landers ti stava addosso!-
-Io non le stavo addosso! È stata lei ad appiccicarsi!-
Le sue proteste vennero interrotte dal colpo ben assestato di un
cuscino. Jenny, il braccio ancora alzato per il lancio, si protese sul
ripiano per fissare negli occhi Mark, il volto vicinissimo a quello di
lui.
-Cos’è che ho fatto? Ripetilo se hai il coraggio!-
-Esattamente quello che stai facendo ora. Ti stai appiccicando!-
Philip tirò indietro la fidanzata.
-Lascialo perdere, basta con questa storia!-
Landers fu d’accordo ma non poteva lasciare impunita la causa
di tutto. Il cuscino attraversò volando la stanza e
atterrò precisamente sulla testa del portiere.
-È sempre colpa tua!-
-Concordo.- intervenne Julian -È colpa di Price.-
La presa di posizione del fidanzato fece reagire Amy che fino a quel
momento si era sforzata di tacere.
-Colpa di cosa? Benji ha soltanto ripetuto quello che tu gli hai
riferito!-
-E adesso perché lo difendi?-
-Non lo sto difendendo! Ti sto ricordando quello che è
successo, visto che tu sembri averlo dimenticato!-
Benji si chiese se la giornata della coppia sarebbe finita con un
litigio. Lui comunque non voleva entrarci, così si
alzò, pensando che fosse molto meglio scendere nelle terme.
Anche Amy si mise in piedi, inaspettatamente e inspiegabilmente,
insieme a lui.
-Non fate altro che rimbeccarvi, a volte siete davvero insopportabili!-
li rimproverò la ragazza senza escludere nessuno.
Dopodiché prese il portiere per un braccio e lo spinse oltre
il pannello divisorio nella stanza accanto senza che lui avesse il
tempo di impedirglielo.
Amy richiuse bruscamente il fusuma e cacciò un sospiro
profondo. Dopodiché ridacchiò, apparentemente
soddisfatta di se stessa, facendo venire a Benji il sospetto che la sua
fosse tutta una messinscena per dileguarsi. Ma, insieme a lui? Non ci
vide chiaro.
-Cos’hai in mente?-
-Di finire il sudoku.-
La osservò sospettoso mentre si sedeva a terra intenzionata
a continuare il gioco, facendogli cenno di mettersi accanto a lei.
L’uscita di scena di Amy e di Benji lasciò Julian
senza parole. Non se lo era aspettato e adesso non sapeva cosa fare. Se
fosse corso a recuperare la fidanzata avrebbe stracciato il proprio
orgoglio, ritrovandosi suo malgrado in un ruolo che non gli
apparteneva, quello del Philip geloso. Nello stesso tempo
però non sopportava che Amy e il portiere rimanessero soli
nell’altra stanza, senza poter sapere cosa stessero
combinando. Che fare?
Al contrario di lui, Jenny cosa fare lo sapeva perfettamente
così si alzò.
-Dove vai?- domandò Philip.
-In bagno, non posso?-
Mentre lei usciva, Callaghan balzò in piedi e la raggiunse
fuori, sulle scale. Come aveva sospettato, la ragazza si stava
dirigendo nella direzione opposta rispetto al bagno, confermando il suo
vero e proprio tentativo di fuga. Doveva essere parecchio contrariata.
Tom non si lasciò turbare dal tifone che aveva travolto la
camera disperdendo il gruppo. Recuperò le carte sparpagliate
sul tavolo e riprese a mescolarle.
-Visto che sono andati via tutti, è meglio ricominciare la
partita.-
Philip agguantò Jenny per un braccio e la fermò a
metà rampa.
-Smettila di pensare che Mark sia interessato a me!- lo
aggredì lei -Non è assolutamente
così!-
-E tu cosa ne sai? Se anche lo fosse, te lo direbbe?-
-Magari sì.- Jenny lo vide esitare e le sembrò di
intuire esserci dell’altro -Avete già parlato di
me, non è vero?-
-Sì, abbiamo parlato di te! Perché il suo
attaccamento non...-
-Quale attaccamento?-
-Quello che prova nei tuoi confronti! Tu probabilmente non te ne rendi
conto perché sei direttamente coinvolta, ma con te non si
comporta come con le altre!-
-E allora? Anche Tom non si comporta con Patty come con le altre!-
-Ma loro si conoscono da una vita, mentre tu e Mark da appena una
manciata di giorni!-
Se Jenny si fosse fermata a riflettere sulle parole del fidanzato, si
sarebbe certamente resa conto che il ragionamento di Philip non faceva
una piega.
-E quindi? Gli hai detto di starmi lontano? O qualcosa di simile?-
-Qualcosa di simile.-
Attonita lei tacque, mentre Philip decideva che non voleva
più litigare.
-Jenny, ascolta. Se ho sbagliato mi dispiace. Pensavo di far bene, ma
forse non è stato così.- lanciò
l’esca -A dimostrazione che non sono perfetto come vorresti.-
-Non ti voglio perfetto! Solo che non sopporto quando ti comporti in
modo così infantile!-
-Ho soltanto detto a Mark cosa mi dava fastidio. Mi sembra un
comportamento maturo, questo! Non sarei stato maturo se lo avessi preso
a pugni!- come in effetti era stato tentato di fare
un’infinità di volte.
Jenny sospirò.
-Perché finisce sempre che hai ragione?-
Philip sorrise. Le cinse i fianchi e la trasse a sé con aria
saputa.
-Se ho ragione alla fine, significa che l’avevo anche
all’inizio.-
-Ecco, appunto.- Jenny rise della sua logica e quando lui si
accostò per baciarla, gli andò incontro.
Un po’ più su e un po’ più a
sinistra rispetto al bacio di Jenny e Philip, nel cervello di Bruce si
affacciò un’idea così fantastica che si
alzò di colpo prima ancora di finire di formularla.
Probabilmente era stata la potenza della gelosia di Julian, che gli
sedeva vicino, ad aver messo in moto gli ingranaggi della sua mente.
-E adesso? Neanche tu giochi più?- domandò Ed
snervato, perché l’andirivieni dei compagni
impediva loro da più di mezz’ora di chiudere un
giro.
-Sì che gioco. Dai le carte anche per me.- lo
rassicurò Harper.
Prese dal tavolino la vetusta macchina fotografica e
proseguì verso il pannello divisorio, accostandovi un
orecchio.
Amy e Benji stavano parlando, udiva le loro voci ma non riusciva a
distinguere l’argomento di conversazione. Ma
tanto… Scostò piano il fusuma e gettò
una rapida occhiata all’interno della camera. Non vide nulla,
lo spiraglio aperto era troppo sottile.
Dietro di lui si fece silenzio, un silenzio che consentì a
tutti di udire la risata di Amy. Julian si irrigidì tutto ma
non si azzardò a muoversi, nonostante la forte tentazione di
correre accanto al compagno impiccione per dare anche lui
un’occhiata di là. Cosa che, sapeva bene, gli
avrebbe fatto perdere definitivamente la faccia tra i compagni.
Il tempo sembrò fermarsi mentre Bruce, silenziosissimo,
scostava ancora un po’ il pannello con la stessa tecnica
– ma gli amici non potevano saperlo – utilizzata
giorni prima per introdurre il cellulare all’interno dello
spogliatoio femminile e rubare alle ragazze ignare quella decina di
foto discinte.
Mentre lui agiva, il desiderio di Julian di raggiungere la fidanzata
divenne ingestibile. Si mosse per alzarsi ma proprio in
quell’attimo la macchinetta fotografica scattò,
abbagliando entrambe le camere con il flash. Compiuto il misfatto,
Bruce si ritrasse veloce chiudendo il pannello e Benji di là
prese a sbraitare, metà in giapponese, metà in
tedesco.
-È una bomba! Persino il flash ha funzionato!-
Correndo verso di loro per mettersi al riparo dall’ira
funesta del portiere, lanciò la macchinetta a Mark che ebbe
la prontezza di afferrarla al volo e poi nasconderla sotto al tavolo
nel momento in cui il fusuma si spalancava risuonando di uno schiocco
secco.
Naturalmente comparve Benji, fumante d’ira.
-Chi è stato?-
Nessuno rispose ma Bruce, purtroppo per lui, era ancora in piedi.
-Harper! Chi altri?-
Amy arrivò al suo fianco, altrettanto contrariata.
-Perché hai fatto una cosa così sciocca?
Dov’è? Dove l’hai messa?-
Bruce alzò le mani.
-Dov’è cosa? Non ho niente.-
Accanto a lui Mark si mosse appena per nascondere il cimelio sotto la
felpa.
-Harper, tira immediatamente fuori la macchina fotografica!- insistette
Benji categorico -Subito!-
Julian non riuscì a capacitarsi di ciò che stava
accadendo. Si alzò per fronteggiare entrambi.
-Perché vi agitate tanto? Si tratta di una semplice foto! O
volete nasconderci ciò che stavate facendo?-
-Complimenti, Ross! Mi sembra proprio di sentir parlare Callaghan!
Adesso hai iniziato a inventarti le cose anche tu? Non stavamo facendo
niente, a parte compilare un sudoku! Ma poi! Perché sto qui
a giustificarmi?-
-Appunto, Price. Se non hai niente da nascondere la macchina
fotografica non ti serve!-
Mentre cominciavano a volare parole pesanti, Bruce
sgattaiolò via raggiungendo la porta e la salvezza.
Gabriel Gamo scese dal taxi e si strinse addosso il cappotto
rabbrividendo al freddo intenso che gli sbatté dritto in
faccia non appena mise piede fuori dell’abitacolo.
Osservò pensieroso il vecchio e massiccio ryokan che lo
sovrastava con la sua imponenza, stagliandosi scuro sullo sfondo del
cielo notturno, e prima di cominciare a gelare con la valigia in mano,
s’incamminò verso l’entrata facendo
attenzione a non scivolare sul ghiaccio dei gradini
dell’ingresso. Non aveva mai visto tanta neve tutta insieme.
Erano ore che non vedeva altro che neve, da quando l’aereo si
era lasciato Tokyo alle spalle volando a est, sul mare, e poi tornando
a nord verso l’isola di Hokkaido. Oltre
l’oblò, il blu dell’oceano aveva
lasciato il posto al bianco. Solo bianco ovunque, screziato dai colori
scuri delle città e dei piccoli centri abitati. E adesso non
soltanto tutt’intorno a lui ogni cosa era ricoperta di neve e
di ghiaccio, ma faceva anche un freddo bestiale. Come i ragazzi fossero
riusciti in un simile assoluto deserto a creare una condizione tale da
far preoccupare persino Marshall, era illogico e inspiegabile.
Aprì piano la porta a vetri ed entrò, godendo del
tepore dell’edificio. La campanella appesa sulla porta
d’ingresso tintinnò appena. Gamo posò
la valigia a terra e rimase in attesa che qualcuno venisse ad
accoglierlo, certo che il suo arrivo in taxi non fosse passato
inosservato ai gestori dell’hotel. Quando ebbe aspettato un
tempo sufficiente a rendersi conto che in giro non c’era
nessuno, si sfilò le scarpe e si guardò intorno.
Avanzò sul parquet, molto più caldo dei suoi
piedi, e solo allora scorse un cartello attaccato alla scarpiera:
“Torniamo subito”.
-Bruce! Consegnami la macchinetta fotografica!-
La richiesta perentoria di una voce femminile da qualche parte al piano
di sopra arrivò a Gamo forte e chiara. Una ragazza! Si
irrigidì di colpo perché la sua mente non fu
pronta ad accettare una simile verità. C’era una
ragazza al ritiro! Una cameriera? Un’impiegata
dell’hotel? Avanzò ancora e dietro al muro scorse
i primi gradini di una scala di legno che spariva dietro
l’angolo. Si sfilò la giacca, l’appese
all’attaccapanni e procedette verso la rampa. Oltrepassato
l’angolo della parete si arrestò incredulo.
Proprio lì, sulle scale, qualche gradino più su,
c’era Callaghan. E non era solo. Un gomito appoggiato contro
il muro, stava baciando una ragazza con tale trasporto che non solo non
lo aveva udito arrivare, ma neppure lo vide far capolino
dall’ingresso. Un’ira devastante e distruttiva
tinse tutto di nero. Evidentemente a quel ritiro era presente
più di una ragazza. Inaudito e inconcepibile! Mentre la
pressione arteriosa si alzava di colpo facendogli arrivare i battiti
del cuore nelle orecchie, altre grida provennero dal primo piano.
Riconobbe la voce di Harper sulle altre, poi dei passi si precipitarono
lungo il corridoio proprio sopra la sua testa. Qualcuno
imboccò le scale e venne giù volando sui gradini.
Era proprio Bruce. Si guardava alle spalle ridendo e non si accorse di
Philip. Finì su di lui e lo travolse, schiantandolo sulla
ragazza e poi contro la parete. Callaghan perse l’equilibrio,
scivolò giù per qualche scalino ma non cadde. La
giovane invece restò impalata contro il muro, bloccata da
Bruce che aveva praticamente preso il posto del vicecapitano.
La bocca di Philip vomitò una valanga di insulti ma Harper
non li udì, non poté farlo. La sua corsa si era
interrotta bruscamente, teneva una mano sulla spalla di Jenny e gli
occhi spalancati sull’uomo che aveva davanti. Mentre Philip
continuava a insultarlo, lo sguardo di Harper passò dal
divertimento allo shock.
-Ga… Ga… Ga…-
-Harper! Accidenti a te, non ti sopporto più! Da quando
siamo qui quante volte mi sei caduto addosso? Così tante che
ho perso il conto!-
Ma Bruce non replicava perché fissava qualcosa alle sue
spalle. La sua mimica facciale si era azzerata, mutando in una maschera
di cera. E quando finalmente Philip lo capì si volse e
l’invettiva che aveva pronta per lui si dissolse,
trasformandosi in un rantolo.
-Gamo.- prese atto.
-Holly! Holly!- invocò Bruce.
-Non strillare, imbecille.- lo mise a tacere l’allenatore.
Lui deglutì.
-Bu… buongiorno mi…ster…-
-Buona sera, semmai.-
Philip tacque e basta. Gamo li aveva beccati, non poteva accadere nulla
di peggio.
-Ma non è una buona sera, sapete?- attaccò
l’uomo polemico -O forse lo è soltanto per te e
per la tua amichetta, Callaghan.-
-Holly!- Bruce chiamò di nuovo, il panico nella voce e la
confusione nella testa.
Il suo tono acuto preoccupò Evelyn, che arrivò
ancor prima del capitano. Si sporse sulle scale in cerca del fidanzato,
scorse l’allenatore e si tirò indietro prima che
lui riuscisse a mettere a fuoco il suo volto. Quasi si
scontrò con Amy che le arrivava alle spalle.
-Cosa succ...-
Evelyn le chiuse prontamente la bocca con una mano e la
trascinò con sé, per rientrare di corsa nella
stanza dei ragazzi.
-Holly! Siamo nei guai! C’è Gamo!-
Il capitano scattò come una molla.
-No! Gamo! Stai scherzando?-
-Ti pare che possa scherzare su una cosa simile?- Evelyn li
fissò terrorizzata -È appena arrivato e sta
parlando con Philip, Bruce e Jenny.-
-Ha visto Jenny?-
-Forse ha visto anche me!-
A Benji sfuggì un sorriso.
-Adesso Callaghan è veramente nei casini.-
-Nei casini ci siamo tutti! E smettila di ridere, maledizione!-
-Gridarmi addosso non lo farà sparire.-
Holly uscì nel corridoio e si affacciò sulle
scale. L’allenatore era davvero lì. Scendendo
qualche gradino i loro occhi si incontrarono e il capitano
pronunciò le uniche parole che fu in grado di dire.
-Buona sera, mister.-
-Ciao Oliver.- non c’era traccia di cordialità
nella sua voce -E Benjamin…- aggiunse vedendo il portiere
spuntare alle sue spalle.
-Buona sera, mister.- gli rispose quello gelido udendolo pronunciare il
suo nome per intero, cosa che detestava -Come mai qui?-
L’uomo si eresse in tutta la sua non indifferente statura.
-Un’improvvisata per controllare che fosse tutto a posto.
Marshall era preoccupato, così sono venuto a vedere cosa
diavolo stavate combinando.- sibilò furente -O meglio, ho
già visto cosa state combinando!- fissò Philip
con gli occhi lampeggianti -Quando la finirete di rimorchiare le
cameriere di tutti gli hotel?-
Un gemito soffocato venne su dalla gola di Jenny. Si volse sconvolta
verso Philip che la guardò ancor più sbalordito.
-Co… cosa?- trasecolò -No, non…-
-Non è una cameriera.- Benji trovò giusto e
opportuno mettere i puntini sulle i -È la sua fidanzata.-
-E cosa diamine ci fa qui la tua ragazza, Callaghan? Dovevate essere in
ritiro e invece arrivo e cosa trovo? Che pomiciate sulle scale!-
Il vicecapitano divenne viola e non riuscì a guardare Jenny.
Dopo l’infelice uscita del mister era sicuro che fosse
furiosa. Avrebbero litigato di nuovo.
-Mica tutti.- precisò Mark in cima alla rampa, con una
strafottenza che fece sussultare persino Julian.
Il mister non perse un colpo e fulminò Landers con
un’occhiata carica di collera.
-C’è chi lo fa sulle scale e chi in un ristorante
italiano!-
Nessuno di loro riuscì a dare un senso alle accuse mentre il
suo sguardo indugiava su Benji per un istante di troppo.
Holly deglutì. Erano nella merda, ma non per la presenza di
Gamo che in qualche modo era sicuro di placare. Sarebbe bastato vincere
la prossima partita. Lo erano per la storia delle cameriere, che il
mister aveva inopportunamente tirato fuori per l’ennesima
volta. Patty era in cima alle scale con le amiche, ferma dove
l’uomo non poteva scorgerla ma dove poteva ascoltare tutto.
Era spacciato… Anzi erano spacciati lui, Philip, Julian e
Bruce.
Jenny strinse le dita a pugno, affondando le unghie nel palmo. E
così il traditore durante i ritiri davvero si svagava
rimorchiando le cameriere di tutti gli hotel! Scese i gradini uno alla
volta fino a raggiungere e superare il mister. Gamo la
ignorò del tutto ma Philip si mosse, con
l’evidente intenzione suicida di seguirla. Holly lo
capì e lo bloccò con una presa così
salda che l’amico non poté spostarsi.
Jenny percorse il corridoio dell’ingresso fino alla stanza da
tè della nonna. Varcandone la soglia udì dietro
di sé le voci dell’allenatore e dei ragazzi che
riprendevano a parlare ma non riuscì a capire nulla. La sua
testa si ostinava a ripetere all’infinito la frase di Gamo
come fosse un ritornello. Fece uno sforzo e la scacciò per
concentrarsi sul modo migliore di accogliere l’inatteso e
sgradito ospite. Perché, per una volta che servivano, i
nonni non c’erano?
Sistemò i cuscini sui tatami intorno al tavolo, poi accese
il climatizzatore per riscaldare l’ambiente. Si
lanciò un’occhiata intorno, dall’armadio
a muro afferrò qualche altro cuscino. Poi raggiunse la
cucina attraverso la veranda e riempì d’acqua il
bollitore. Lo mise sul fuoco, recuperò un vassoio e le
tazze. Scelse il tè, ne estrasse un paio di bustine e rimase
impalata davanti al fornello, gli occhi sulla fiamma azzurra, ad
aspettare che l’acqua bollisse. E così era questo
che facevano durante i ritiri. Seducevano le cameriere degli
hotel… i fedifraghi. Altro che stupidi scherzi e innocenti
scommesse… Si riscosse, recuperò la scatola di
latta dei biscotti della nonna e la posò sul vassoio. Poco
prima che l’acqua iniziasse a bollire, la versò
nella teiera e tornò sul corridoio, il vassoio tra le mani.
Gamo la scorse e si volse.
-Ho preparato il tè. Accomodatevi in questa stanza, nessuno
vi disturberà.-
Dapprincipio lui non si mosse, limitandosi a osservarla. La
valutò con occhio critico e soltanto perché
capì di trovarsi di fronte alla fantomatica fidanzata di
Philip. Si trattò di un attimo fugace, poi la collera
tornò a soppiantare sorpresa e curiosità.
Avanzò a testa alta verso la porta che lei aveva aperto e
nella stanza in cui lo invitava a entrare.
I ragazzi si scambiarono un’occhiata e lo seguirono in un
corteo funebre.
-Dovrai chiedere scusa in ginocchio, Philip.- mormorò Bruce
-Forse solo così riuscirai a farti perdonare.-
-Da Gamo?-
-No, da Jenny.-
In cima alle scale, Patty fremeva come una canna in balia del vento e
non appena sparirono tutti nella stanza da tè della nonna,
sbottò.
-Passano il tempo a sedurre le cameriere degli hotel! Ma vi rendete
conto?-
-Mi rendo conto sì, maledetti! Stavolta Bruce me la paga!
Giuro che me la paga!-
Amy cercò di mostrarsi ragionevole.
-Adesso il problema da risolvere non è questo. Il mister
è qui e loro sono finiti nei guai per colpa nostra.-
Videro Jenny tornare nel corridoio, imboccare torva le scale e fermarsi
sull’ultimo scalino.
-Sono tutti nella stanza da tè della nonna. E non vedo
l’ora che Philip esca da lì per ucciderlo.-
-A chi lo dici.- fremette Evelyn.
Appoggiata alla balaustra, Amy si affacciò sul corridoio
vuoto.
-Possiamo scendere?-
-Per fare cosa?-
-Per sentire cosa succede!-
-Se vuoi, Amy…- Jenny tese un braccio, invitandola a farlo.
-Perché non sei arrabbiata?- le chiese Patty -Non ti importa
se Julian adesca le cameriere degli hotel?-
-Lui ha detto che non lo fa. La parola del mister infuriato contro la
sua…- fissò le ragazze -Voi a chi credereste? Io
a Julian.- volse loro le spalle e scese le scale a testa alta,
pienamente sicura di sé.
Evelyn, Patty e Jenny si guardarono.
-Che abbia ragione lei?-
Benji ripose la tazza del tè sul ripiano del prezioso tavolo
di ciliegio con una tranquillità che Holly gli
invidiò con tutto il cuore. Gamo sbraitava da meno di cinque
minuti e il portiere era già stanco di ascoltarlo.
Soprattutto perché, se si trovavano in quella situazione, la
colpa non era davvero la sua. Del resto era proprio Callaghan che il
mister stava mettendo sotto torchio.
-NON HO MAI VISTO ORGANIZZARE UN RITIRO IN QUESTO MODO!-
continuò a ruggire rivolto a Philip -MI FIDAVO CIECAMENTE DI
TE! Pensavo che avresti preso la cosa sul serio! PENSAVO CHE AVRESTI
PRESO LA NAZIONALE SUL SERIO! Ti avevamo addirittura confermato
capitano in assenza di Holly!- recuperò fiato mentre il
vicecapitano, forse ormai soltanto ex, abbassava mortificato gli occhi
sul tavolo -Ma a questo punto sai cosa? PUOI SCORDARTI LA FASCIA!
Troveremo qualcun altro! Qualsiasi altro…- li
fulminò tutti -ALL’INFUORI DI VOI SETTE!-
-Mi dica chi rimane.- ribatté Benji polemico -Chi ha
intenzione di candidare?-
-Price, la tua arroganza un giorno o l’altro ti
metterà nei guai!-
-O ci metterà noi.- borbottò Bruce.
-Noi ci siamo già.- sospirò Tom, versandosi altro
tè. Poi si accorse che anche la tazza di Gamo era vuota e si
affrettò a servirlo.
Julian intervenne.
-Lei sapeva che eravamo qui? A Shintoku, intendo.-
-Conoscevo il nome della località, quello del ryokan e il
numero di telefono. MI SONO FIDATO!-
-Si è fidato?- Benji si intromise di nuovo -Non si
è preoccupato di informarsi in che posto avremmo alloggiato?-
-CERTO CHE NO!-
-Non ha neppure controllato su internet?-
-Questo hotel non ha un sito internet!-
-Mi sarei meravigliato del contrario! E comunque ero sicuro di
sì! Pensavo che lei fosse d’accordo! Se avessi
saputo che non lo era, se avessi solo immaginato in che posto saremmo
finiti, sarei rimasto a casa! Si è accorto che siamo in
Siberia… no! In Alaska? Fa un freddo micidiale, ci sono
persino i lupi! E LEI NON CONTROLLA! SI FIDA!-
Gli amici ascoltavano sgomenti, persino Gamo si trovò
impreparato ad affrontare lo sfogo.
-Certo che mi fido! Callaghan mi aveva assicurato di aver organizzato
tutto nei minimi dettagli… E lo vedo, infatti!-
-QUESTO NON LA ESONERA DAL CONTROLLARE!-
Holly cercò di rimediare.
-Qui non è tanto male! Infatti sei rimasto, Benji.-
Gamo riprese la parola.
-Certo che non è male! Ho visto, prima… Vero
Callaghan?-
Le guance di Philip si chiazzarono di rosso.
-Ma siamo stati tranquilli, lontano dal caos e…-
-LONTANO DALLA CIVILTA’!-
-BENJI!- lo richiamò Tom, infilandogli un gomito tra le
costole -Mister, deve sapere che l’hotel è rimasto
aperto per noi! Non ci sono altri ospiti, abbiamo avuto
l’intero edificio a disposizione, senza fastidiosi
giornalisti in giro a ficcare il naso nella nostra privacy…-
-La tua fidanzata era compresa nel servizio, Callaghan?-
Philip non riuscì a credere di aver appena udito parole
simili. Ogni volta che cominciava a sperare che l’allenatore
si fosse dimenticato di lui, quello tornava a tormentarlo con le sue
maledette e scomode domande. Che razza di risposta si aspettava? E
perché Benji non faceva altro che rigirare il dito nella
piaga?
-Sì, e non solo lei. Ci sono tutte.-
Appunto.
Il mister socchiuse gli occhi.
-TUTTE?-
-Sì, tutte. Ci sono anche Amy, Evelyn e Patty.-
-CALLAGHAN! COMPLIMENTI! SONO DAVVERO SENZA PAROLE!-
Mark tirò un respiro e parlò per la prima volta.
-Fanno parte del pacchetto “sistemazione
economica”. Abbiamo chiesto il solo pernottamento. Con la
cucina a disposizione, loro si sono occupate dei pasti, della
biancheria e di tutto quello di cui potevamo aver bisogno.-
Gamo rivolse a Philip un sorrisetto ironico.
-Ho visto quando sono entrato. Non vi hanno fatto mancare proprio
nulla.-
Mark ignorò il sarcasmo dell’allenatore e
proseguì con maggiore cautela.
-Questa sistemazione è stata un bel risparmio per la
Federazione, dovrebbero ringraziarci.-
-E cosa te ne importa se la Federazione risparmia? Dimmelo Landers
perché non arrivo a capirlo.-
-Si tratta infatti soltanto di coerenza alla sua insita spilorceria.-
-TACI UNA BUONA VOLTA, PRICE!- cercò di zittirlo anche Mark.
La fortuna volle che proprio in quel momento qualcuno bussasse. Un
istante dopo la porta si aprì e Jenny si affacciò
nella stanza, tutti gli occhi su di lei.
-Chiedo scusa per l’interruzione.- mormorò a
disagio -Danny, puoi venire? C’è tuo padre al
telefono.-
Mellow spostò gli occhi sul mister, che gli fece cenno di
andare.
Mentre si alzava si chiese per quale motivo suo padre lo cercasse al
telefono del ryokan che lui non gli aveva dato. Perché non
lo aveva chiamato al cellulare? O forse lo aveva fatto ma lui non se ne
era accorto perché lo aveva lasciato di sopra, in camera.
Quindi suo padre, per un’emergenza, poteva aver chiamato il
signor Marshall per farselo dare. Le sue riflessioni si interruppero
quando, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, si ritrovò
circondato dalle amiche senza via di scampo.
-Cosa sta succedendo lì dentro?- lo incalzò
Evelyn.
Lui si ritrasse.
-Devo parlare con mio padre. Se...-
-Era una balla, non ti ha telefonato nessuno.-
-Il mister si è arrabbiato?- insistette Jenny.
-Vieni. Raccontaci.- Patty lo precedette verso la cucina e lui,
fiancheggiato da Amy ed Evelyn e seguito da Jenny, praticamente
circondato, fu costretto ad andare con loro. Una volta dentro, la porta
venne richiusa.
Al ragazzo la cosa non piacque.
-Clifford pretende da te una foto di Jenny, vero?- domandò
Evelyn cambiando di colpo argomento -E Jenny è disposta a
farsi fotografare.-
-Ma Philip non…-
-Philip non c’entra nulla.- lo interruppe la ragazza in
questione -Se ti scopre puoi dirgli che la foto te l’ho data
io. Non importa.-
Evelyn si appoggiò al tavolo.
-In cambio però ci serve il tuo aiuto.-
Danny deglutì. Voleva quella foto a tutti i costi, avrebbe
fatto qualsiasi cosa per ottenerla, perché se non
l’avesse portata con sé Clifford e Peterson, e
anche i gemelli Derrick, lo avrebbero martirizzato fino al giorno della
partita. E forse anche dopo.
-Il mio aiuto per cosa?-
-Non ti chiederemo nulla di impossibile, Danny. Vogliamo solo che tu
risponda sinceramente a qualche domanda.-
Vedendolo teso e preoccupato, Amy cercò di rassicurarlo.
-Niente di personale, qualcosa che riguarda noi.-
-In questi giorni hai per caso sentito parlare di alcune foto che Bruce
ci ha fatto poco prima che arrivassi?-
Il ragazzo scosse la testa e Amy si lasciò sfuggire
un’esclamazione di disappunto.
-Ve l’avevo detto, non sa nulla.-
Evelyn sbuffò.
-Sei sicuro?-
-Sì.-
-Non riusciremo mai a vederle.- si lamentò Patty.
Nel momento in cui Mellow cominciava a pensare di averla scampata,
Jenny tornò a rivolgersi a lui.
-E cosa ci sai dire sulle cameriere degli hotel e dei centri sportivi
in cui la nazionale ha fatto il ritiro?-
Lui la guardò confuso.
-Quali cameriere?-
-Devi essere più precisa, Jenny.- Patty incrociò
lo sguardo dell’amico -Chi di voi della nazionale passa i
tempi morti dei ritiri a sedurre le ragazze che vi capitano sottomano?-
Danny cominciò a capire.
-Mi state chiedendo se Philip, Julian, Bruce e Holly lo hanno mai
fatto?-
-Sei perspicace.-
Lui si concesse un istante per riflettere e si sforzò di
mostrarsi il più possibile convincente e sincero.
-Loro non lo fanno. E poi non è un passatempo
così diffuso. Dopo gli allenamenti siamo stanchi e la
maggior parte di noi ha poca voglia di impegnarsi in altre cose.-
Pensò di aver dato la risposta migliore ma le ragazze non
sembrarono comunque soddisfatte. Si scambiarono un’occhiata
dubbiosa e scettica. Adesso era la parola di Gamo contro quella di
Danny. Jenny sospirò.
-Ci possiamo fidare?-
-Ci rimane altro?-
Amy rise.
-Perché non dovreste credergli?-
La campanella d’ingresso tintinnò allegra, dando
il bentornato ai padroni dell’edificio.
-Ecco i nonni, finalmente!-
Mentre Jenny andava loro incontro, Evelyn si affrettò a
finire il discorso.
-Un’ultima cosa, Danny. Riguardo le foto di Bruce di cui
parlavamo prima.-
Il ragazzo annuì.
-Devi recuperarle.-
-E come?-
-Come meglio credi.-
-Mi state proponendo uno scambio, giusto? Se non recupero le foto che
vi interessano, voi non mi darete quella di Jenny.-
-Infatti.-
Amy si dispiacque per lui. Era sicura non soltanto che non sarebbe
riuscito a trovare le foto fatte da Bruce, ma sarebbe stato tormentato
da Clifford e chissà chi altri per non aver portato loro
quella di Jenny. E le amiche, accecate dalla vergogna, si erano
comportate esattamente come quei prepotenti.
-Tesoro, di chi è questa valigia?- domandò la
nonna indicando il trolley blu parcheggiato davanti
all’ingresso. C’erano anche un paio di scarpe da
uomo che non conosceva e, appesa all’appendiabiti, una giacca
che non era la loro.
-È arrivato l’allenatore. Siamo nei guai.-
La vecchina si tolse i guanti, il berretto, la sciarpa e la giacca a
vento con calma, senza mostrare la minima preoccupazione. Dietro di lei
nonno Ernest riuscì e rientrò un paio di volte
per finire di scaricare il bagagliaio degli acquisti fatti in paese.
-Perché sareste nei guai, tesoro?-
-Il mister è furioso perché ci ha trovate qui e
non avremmo dovuto esserci!-
-Era una vacanza per soli maschi?-
Jenny annuì.
-Non vedevo Philip da quasi un mese, ci è sembrata una buona
idea incontrarci qui.-
La nonna rise.
-Beata gioventù… Dov’è ora
l’allenatore?-
-Sono tutti nella stanza da tè a farsi rimproverare da lui.-
-Oh, poveri cari.-
Gamo recuperò dalla tasca dei pantaloni un foglio ripiegato
e tutto sgualcito. Lo aprì, lo lisciò e poi lo
allungò sul tavolo.
-Adesso dimmi, Benjamin…- iniziò mettendogli la
pagina davanti agli occhi -Chi è lei?-
La foto in bianco e nero lo ritraeva con Nancy, nel momento in cui le
posava una mano sul fianco.
-Lei? L’ex ragazza di Callaghan.-
Philip trasecolò.
-LA MIA EX RAGAZZA? IO NON HO NESSUNA EX!-
-E TE NE VANTI?-
-CERTO! SIGNIFICA CHE SONO COERENTE E FEDELE!-
-SIGNIFICA SOLTANTO CHE SEI UN INCAPACE.-
Holly non credette alle proprie orecchie.
-Vi sembra il momento?-
Il mister di fronte a loro fumava.
-Siamo alle solite, il ritiro non vi ha cambiati. Siete sempre pronti a
discutere e litigare. Cosa devo fare con voi?-
-Con noi nulla.- Mark alzò le spalle -Ma può
agire su se stesso mettendosi l’anima in pace. Ne
guadagnerebbe di salute perché per quanto ci riguarda,
neppure con dieci ritiri, fasulli o veri che siano, riuscirà
a farci andare d’accordo.-
Era esattamente ciò di cui Gamo era convinto. Ma Freddie
Marshall aveva sperato il contrario e aveva insistito così
tanto che avevano deciso di fare un tentativo. Non era servito a niente.
La nonna bussò discretamente alla porta, poi
entrò.
-Buona sera. Sono la padrona del ryokan. È un piacere averla
qui.-
-Lo pensa soltanto lei.-
Gamo si alzò per presentarsi e rispondere al saluto. Mentre
la vecchina monopolizzava la conversazione e lo intontiva di belle
parole e buone intenzioni, Jenny sgusciò alle sue spalle e
raggiunse il tavolo, recuperando la teiera ed evitando accuratamente di
guardare il fidanzato. Nonostante le ragionevoli parole di Amy, non era
sicura di non essere arrabbiata. Subito dopo di lei anche Danny
sgattaiolò nella stanza, pensando che tutto sommato erano
meglio le urla di Gamo delle scomode richieste delle amiche.
-Come sta andando?-
-Poteva mettersi peggio.- rispose Julian porgendole la tazza
affinché la riempisse di tè.
-Il peggio arriverà quando saremo a destinazione.-
profetizzò Bruce con un sospiro.
Mentre serviva i compagni, Jenny notò il foglio sul tavolo.
Benji e Nancy in primo piano, fotografati in inequivocabile
atteggiamento intimo.
-Che cosa...- cominciò a dire, ma la nonna la
chiamò con perfetto tempismo. Allora posò la
teiera sul tavolo e tornò al suo fianco.
-Jenny, vai a prendere gli asciugamani e mostra al nostro ospite dove
sono le terme.- ordinò la vecchina senza neppure
interpellarlo.
-No, aspetti… Devo finire di…-
-Può finire dopo, ha tutta la sera a disposizione. E adesso
sarà sicuramente stanco e infreddolito. Per esperienza so
che gli abitanti del Sud hanno una bassissima tolleranza
all’inverno dell’Hokkaido. Dopo un bel bagno si
sentirà sicuramente meglio e di nuovo in piena forma.-
Gamo non riuscì ad evitare che l’anziana padrona
del ryokan gli organizzasse la serata. Così
liquidò i ragazzi pregustando già
l’acqua e il vapore che lo avrebbero accolto con un caldo
abbraccio, liberandolo della stanchezza e del freddo patiti durante il
giorno.
-Ne parliamo dopo.- li avvertì prima di seguire Jenny e la
nonna fuori dalla stanza.
-Prepariamoci al secondo round.- sospirò Mark, poi prese la
foto -Cos’è questa?-
-È lo scherzo di qualche curioso.-
-Che stavi facendo?- domandò anche Philip.
-Lo sai, Tom te lo ha raccontato. La stavo mandando via, dava fastidio
a Jenny. Sei geloso?-
-Idiota.-
Mark depose il foglio sul tavolo.
-Chissà dove accidenti l’ha presa.-
-Di sicuro su internet. Sulla rete gira di tutto.-
Evelyn e Patty comparvero dalla porta rimasta aperta. Mentre loro
entravano Amy, ancora intimorita da tutto quel trambusto,
preferì restare sulla soglia.
-Si è arrabbiato molto?- domandò preoccupata.
-Come al solito.-
Jenny tornò un istante dopo.
-Gamo è nelle terme e la sua stanza è pronta. Al
resto penserà la nonna.-
-Perfetto, allora possiamo cenare.- decise Bruce.
Tom si lasciò sfuggire un gemito.
-La cena! Diamine! Abbiamo un problema enorme!-
Holly non riuscì a credere che ci fosse ancora qualcosa di
cui preoccuparsi.
-Cioè?-
-Ricordate cosa prevedeva la dieta di Gamo per la cena di oggi?-
-Cazzo, no!- esclamò Mark.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** 15 - Rientro alla base - prima parte ***
- 15 -
Rientro
alla base
Prima parte
Julian aprì la porta e avanzò nella stanza
frastornato, l’incedere di uno zombie. Nelle orecchie udiva
ancora il tono aspro della voce di Gamo, le critiche, le recriminazioni
e le accuse. Dopo la cena con i padroni del ryokan, a cui la nonna lo
aveva praticamente costretto e durante la quale si era sicuramente
abbuffato alla faccia loro, il mister era tornato a cercarli
più in forma e collerico che mai, trovandoli ancora seduti a
tavola. Aveva preso posto sulla sedia di Evelyn, occupata a
sparecchiare insieme alle amiche, e aveva ricominciato a rimproverarli,
senza per fortuna prestare attenzione agli avanzi del menù
di quella sera. A disagio sotto gli occhi critici del mister, che
più le guardava e più diventava di cattivo umore,
le ragazze avevano riordinato l’indispensabile e si erano
dileguate al piano di sopra. Jenny era uscita per ultima, lasciando sul
tavolo la teiera colma e le tazze pulite.
La camera che li accolse era silenziosa e confortevole, con la luce
soffusa della lampada nell’angolo. I futon erano
già stesi, pronti per il meritato riposo. Amy dormiva curva
sul tavolino ma sentendoli rientrare sollevò il viso
assonnato.
-Che ore sono?-
-Quasi mezzanotte.- rispose Julian, precedendo di poco lo sbadiglio di
Mark che entrò dopo di lui.
-Sto morendo di sonno.-
-A chi lo dici. Ma visto che è già tutto pronto,-
Bruce per la prima volta da ore si entusiasmò -Non ci resta
che metterci a letto.-
Patty li osservò insonnolita dal futon del capitano.
-Come mai così tardi?-
-Gamo ci ha rimproverati per ore, non ne potevo più. Altri
cinque minuti e gli sarei saltato al collo.-
-Tanto è con me che ce l’ha, Mark.-
sospirò Philip afflitto.
-Però ha ragione su tutto.- Ed alzò le spalle
-Non ti farà mai più organizzare un ritiro.-
-Questo è sicuro.- Holly raggiunse la fidanzata e le
posò una mano sulla fronte -Hai la febbre?-
-Non saprei. Il modo migliore per farla passare è non
misurarla affatto.-
-È un modo idiota!-
-L’ho imparato da te!-
Danny vide Bruce uscire con un asciugamano appeso alla spalla e lo
seguì fin nel bagno, dove l’altro prese dallo
scaffale spazzolino e dentifricio e si trasferì davanti al
lavandino. Poi, mentre si preparava a lavarsi i denti, alzò
gli occhi sullo specchio e scorse Danny riflesso nell’ombra
alle sue spalle, che lo guardava immusonito e con
un’espressione lugubre. Sobbalzò di paura, tanto
che lo spazzolino gli sfuggì di mano e cadde nel lavandino.
-Da... Danny, che stai facendo?-
-Mi dispiace, non volevo spaventarti.-
-Non mi hai spaventato, figuriamoci!- negò
l’evidenza -Cosa vuoi?-
-Farti una domanda.-
-Allora spara.-
-Hai presente le foto che hai scattato alle ragazze qualche giorno fa?-
Bruce lo scrutò con maggiore attenzione.
-Cosa ne sai tu?-
-Ho sentito gli altri parlarne. Chi le ha?-
-Volevi vederle?- mentre lo chiedeva ricordò che Danny aveva
già messo gli occhi su Evelyn mezza nuda e il suo sguardo si
oscurò. Che fosse interessato proprio a lei?
-No. Voglio solo sapere chi le ha.-
-Nessuno. Le hanno cancellate, sono andate perse. Peccato,
perché un’occasione simile non
ricapiterà più.- mise altro dentifricio sullo
spazzolino e lo infilò in bocca -…i
‘spiace…- biascicò strofinandosi i
denti.
Danny uscì afflitto dal bagno. Non avrebbe mai ottenuto la
foto di Jenny e Clifford non gli avrebbe mai perdonato lo smacco. Non
gli restava che farne una di nascosto. Lei non l’avrebbe
saputo, Philip neppure e sarebbe stato salvo.
Tornò in camera e recuperò il telefonino
dall’armadio dove Holly gli aveva chiesto di lasciarlo. Lo
accese e si sedette sul futon, ascoltando distratto i compagni che
continuavano a parlare di Gamo e del suo arrivo improvviso e inatteso.
Prima di tutto doveva aspettare che Philip andasse in bagno o comunque
uscisse dalla stanza, perché se lo avesse colto in
flagrante… non voleva neppure pensarci. Poi doveva
inquadrare Jenny con il telefono fingendo di fare altro, infine
scattare, compiendo un’odiosa azione clandestina che andava
contro la sua etica e la sua morale. Oltretutto lì dentro
era troppo buio, la lampada all’angolo non sarebbe stata
sufficiente a illuminare Jenny. E poi lei in quel momento gli dava le
spalle. Non poteva chiamarla e chiederle di voltarsi, avrebbe capito.
Né poteva spostarsi davanti a lei, lo avrebbe visto.
Ed lo raggiunse e gli si sedette vicino.
-Cos’hai? Sembri preoccupato.-
-Niente… Niente di importante.-
Ad un certo punto Jenny si alzò e si trasferì
nella stanza accanto. Danny sprofondò negli abissi della
disperazione. Se Jenny se ne andava, come poteva fotografarla?
-Secondo voi le valigie conviene farle subito o domani mattina?-
domandò Tom.
Amy si rivolse a Julian.
-Le valigie? Partite?-
-Gamo è venuto a prenderci.-
-E ce n’era bisogno?-
-Ovviamente no. Bastava una telefonata e saremmo ripartiti da soli.-
-Domani?-
-Domani mattina.-
Amy guardò Patty, poi Holly.
-E i panni che sono ad asciugare?-
-Li porteremo via bagnati.-
-Ma se adesso andiamo a metterli nell’asciugatrice, domattina
saranno perfetti.- Patty fece per alzarsi ma il fidanzato la
fermò.
-Dove vai?-
-In lavanderia.-
-Con la febbre? Non pensarci neppure.-
-Holly!- protestò lei.
-Holly, cosa? Hai la febbre non si sa a quanto, perché ti
rifiuti di misurarla. Dovresti essere a letto e invece sei tutto il
tempo in giro per il ryokan… Non mi sembra il caso che
adesso tu vada a riordinare la biancheria!-
-Non ho la febbre.-
-Perché non provi a misurarla? Sei bollente!-
Patty fece per rispondere, ma Amy si alzò per fermarla.
-Penso io al bucato, ma dopo un bel bagno alle terme che è
proprio quello che ci vuole in questo momento.- lasciò la
stanza per entrare in quella accanto.
Julian ci pensò solo un attimo, poi si alzò e
recuperò dall’armadio un asciugamano e il pigiama.
-Che fai?- gli domandò Tom.
-Se Amy va alle terme io scendo con lei.-
-Anch’io vorrei andare.- disse Patty -Non siamo scese prima
perché vi stavamo aspettando. Non immaginavamo che avreste
impiegato così tanto a salire.-
-Ma è davvero tardi. O forse è troppo presto.-
temporeggiò Holly indeciso.
Se il capitano esitava, a Mark l’idea non dispiaceva. Dopo la
strigliata di Gamo le terme lo avrebbero aiutato ad allentare la
tensione e distogliere la mente dai rimproveri. Ma immergersi con due
coppie non lo allettava, così costrinse Ed, e solo lui, ad
accompagnarlo. Al contrario di Danny, il portiere della Toho era
perfettamente in grado di restare in silenzio quando non
c’era bisogno di parlare: la migliore compagnia che Mark
avrebbe mai potuto desiderare in un momento simile.
Nello spogliatoio immerso nel vapore delle terme, Holly si
rilassò come quel giorno non era ancora riuscito a fare,
tanto da appisolarsi sulla panca senza accorgersi delle occhiate e
delle risatine che si scambiavano i compagni alle sue spalle. Julian
finì di liberarsi degli abiti, poi si avvicinò e
gli mise una mano sulla spalla.
-Non ti ho mai visto dormire con tanta convinzione in uno spogliatoio.-
Holly socchiuse gli occhi.
-Voi non avete sonno?-
-Avremo tutto il tempo di riposare domani in viaggio.- Philip raccolse
un calzino caduto dalla panca -Come minimo
torneremo fino a Tokyo e poi da lì chissà.-
Accanto a lui Mark si avvolse un asciugamano intorno ai fianchi.
-Almeno domattina eviteremo di lavarci.-
Julian si volse a guardarlo.
-Benji ha ragione. Hai davvero una fissa per il risparmio.-
-Non è necessario che quando lui non
c’è ti immedesimi nei suoi ragionamenti.-
Philip si avvicinò a Holly che stava lentamente finendo di
togliersi i jeans.
-Come mai così stanco?-
-La presenza di Gamo ha risucchiato tutte le mie energie.-
-E allora perché non sei rimasto in camera?-
-Domani partiamo, rivedrò Patty tra una settimana.-
-Già.- annuì l’amico -È
l’ultima notte che siamo qui. È uno spreco
passarla a dormire.-
Julian entrò nei bagni, si avvicinò a una
doccetta e aprì l’acqua calda. Philip gli
andò dietro, continuando il proprio ragionamento con lui.
-A pensarci bene è un peccato anche essere qui alle terme.
Avremmo potuto trascorrere l’ultima notte in un modo
diverso.-
-Sapevo che alla fine lo avresti detto.- rise Mark fastidioso.
Philip ricambiò l’ironico commento con una
secchiata d’acqua fredda. Mentre loro facevano confusione,
Julian rifletteva ad alta voce versandosi dello shampoo nel palmo della
mano.
-L’ultima notte, anche se è quasi mattina. Sarebbe
meglio dormire e invece siamo qui.- alzò le spalle e
trovò Holly seduto davanti alle docce, gli occhi chiusi -Ti
sei addormentato di nuovo?-
-Lascialo fare. Lo sveglierà Patty, se vuole.-
Warner si alzò per raggiungere le vasche, aprendo la porta a
vetri ricoperta da una condensa così spessa che non si
vedeva nulla attraverso. Avrebbe fatto un bagno veloce, tanto per
accontentare Mark, poi sarebbe salito a dormire.
Rincorso da Landers con un secchio colmo di acqua fredda, Philip gli
passò accanto nel momento del lancio e la doccia gelida
investì entrambi facendoli urlare.
-Mark! È così che mi ringrazi per averti
accompagnato?-
-Non era per te ma per questo deficiente che ti è arrivato
accanto nel momento sbagliato!-
Julian finì di ripulirsi dalla schiuma dello shampoo,
preparandosi a entrare nella grande vasca delle terme. Amy lo aspettava
sorridente, immersa nell’acqua fino al collo. Patty era con
lei mentre Jenny ancora non si vedeva.
-E gli altri? Dov’è Holly?-
-Di là.-
-Che stanno facendo? Perché ci mettono tanto?-
-Holly dorme, mentre Mark e Philip stanno giocando con
l’acqua.-
-Non volevano scendere e adesso hanno persino voglia di divertirsi.-
rise Amy.
-Callaghan! T’affogo!-
Philip schizzò attraverso la porta e si tuffò
nell’enorme vasca. Mark apparve un secondo dopo, furioso.
Cercò il compagno ma non riuscì a trovarlo. Poi
quello riemerse, ben più lontano, di fronte a Jenny avvolta
da un corto asciugamano azzurro, che scendeva i gradini di pietra scura
per entrare in acqua.
-Cosa succede? Vi sentivo da dentro.-
-Landers fa lo spiritoso.-
Insieme raggiunsero gli altri e Mark, per amore della
tranquillità, seppellì l’ascia di
guerra.
Ed, davanti a loro, soffocò l’ennesimo sbadiglio.
-Perché siamo venuti qui?-
-Perché qui possiamo fare confusione senza dare fastidio
né ai nonni, né soprattutto a Gamo.-
spiegò Amy.
-Qualcuno ha ancora la forza di fare confusione, dopo Gamo?-
-Smettila di lagnarti, Ed.- lo rimproverò Mark -O diventerai
peggio di Bruce.-
Con l’asciugamano che le avvolgeva il corpo, Patty
entrò nello spogliatoio maschile sperando che nel frattempo
non fosse sceso qualcun altro e, se proprio, quel qualcuno non fosse
Benji. Udiva le voci e le risate degli amici, di là, e non
vedeva l’ora di tornare nelle vasche insieme a Holly. Non
voleva sprecare neppure un minuto di quell’ultima notte.
Il fidanzato era effettivamente a poltrire seduto di fronte alle docce
e come riuscisse a farlo le risultava del tutto inspiegabile. Gli
sfiorò una guancia e lui aprì gli occhi sulla
scollatura dell’asciugamano, confuso dal panorama che gli si
schiuse davanti, senza capire se quelle curve morbide le stesse
sognando o fossero realtà. Poi riemerse dal dormiveglia,
allungò una mano e le accarezzò il viso. Patty
aveva le guance arrossate dal calore e forse, pensò, dalla
febbre che si ostinava a non voler misurare. Le sorrise incerto,
intontito da una stanchezza che faticava a scacciare ma
tant’è. Ormai era lì. Si
alzò e la seguì nelle terme.
-Mark, mi dai il tuo numero di telefono?-
L’inattesa domanda di Jenny attirò
l’attenzione non soltanto del suo interlocutore, ma anche e
soprattutto quella di Philip.
-A cosa ti serve il suo numero?-
-Se ho bisogno di parlarti e il tuo cellulare è
irraggiungibile, posso chiamare lui.-
Philip si piegò di lato per guardarla in faccia.
-Perché dovrei essere irraggiungibile?-
-Per esempio perché potresti trovarti in un posto dove non
c’è linea.-
-Allora non funzionerebbe neanche il cellulare di Mark!-
-O potresti avere la batteria scarica.-
-Farò attenzione che non accada.-
-Il tuo telefonino potrebbe rompersi, o potresti perderlo…-
insistette a raffica, messa in allarme da eventualità sempre
più inquietanti -E io non saprei chi chiamare per parlare
con te.-
-Va bene, Jenny.- intervenne Landers -Te lo do dopo, in privato.-
Lei lo guardò storto.
-Grazie Mark, ma non lo voglio in privato. Non è una cosa
privata, altrimenti non te l’avrei chiesto davanti a tutti. E
poi non voglio solo il tuo. Li voglio tutti quanti.- guardò
di nuovo Philip -Se tu non rispondi e Mark neppure, qualcuno prima o
poi lo farà.-
Visto che Mark e Philip tacevano entrambi, irritati da motivi diversi,
Julian intervenne.
-Non abbiamo il cellulare con noi, Jenny. Lo sai, Gamo non vuole. Solo
Bruce lo ha portato di nascosto.-
-Avresti potuto portarlo di nascosto anche tu, Philip. Pure Danny lo
ha… Prima in stanza gliel’ho visto.-
-Gamo voleva che fossimo raggiungibili in ogni momento.-
spiegò Ed.
-Non vi ha mai chiamati.-
-Lo abbiamo tenuto spento, Holly.-
Mark fu colpito da un abbagliante barlume di lucidità.
-Siete due imbecilli! Ecco cosa siete! È venuto
perché non è riuscito a rintracciarvi! Che razza
di cretino sei, Ed?-
-L’imbecille sei tu. Se avesse voluto davvero parlare con noi
avrebbe telefonato al ryokan, come hanno già fatto sia lui
che Marshall! Gamo è venuto per ciò che Marshall
ha sentito al telefono.-
-Forse no! Forse non sarebbe venuto!-
-Non arrabbiarti, Mark!- Jenny lo spruzzò con un
po’ d’acqua -Ormai è arrivato e non
possiamo farci niente. È colpa nostra, avremmo dovuto fare
più attenzione.-
Lui l’aggredì inviperito.
-Se mi getti ancora l’acqua in faccia ti affogo. E se
Callaghan si intromette affogo anche lui!-
Jenny non gli credette e volle metterlo alla prova. Sbagliò.
Con una mossa fulminea Mark le bloccò il polso, la
tirò via da Philip e le spinse la testa
sott’acqua. La ragazza riemerse un secondo dopo, scostandosi
dal viso i capelli grondanti. Lo fissò incredula.
-L’hai fatto davvero!- si volse indietro -Non gli dici
niente, Philip?-
Ma lui aveva poco da dire, soltanto che i loro scherzi lo stavano
spazientendo di nuovo. Il suo sguardo contrariato si posò
prima su Mark, poi su Jenny, poi di nuovo su Mark, dove si
fermò un istante di troppo. Landers interpretò.
-Cosa vuoi, Callaghan? Ha cominciato lei!- dichiarò e si
allontanò dai compagni, soddisfatto di aver avuto
l’ultima parola.
Ed gli andò dietro, per cercare di convincerlo a uscire
dalle terme e tornare presto in stanza.
-Holly, dormi?-
-Non sto dormendo, Julian. Mi sto rilassando.- appoggiato a una roccia,
teneva gli occhi chiusi in beata tranquillità -Se penso che
domani Gamo ci farà attraversare mezzo Giappone diretti
chissà dove e ci metterà sotto torchio, mi viene
l’ansia. Così per non pensarci mi rilasso.-
Philip si rabbuiò.
-Gamo ci farà sgobbare giorno e notte.-
-Possiamo pensarci domani?- li pregò Julian.
-Domani è oggi, non abbiamo più tempo per farlo.-
-Meglio così.-
Erano passate troppe poche ore quando Amy, udendola muoversi nella
stanza buia e immersa nel silenzio, allungò una mano verso
Jenny sdraiata al suo fianco, entrambe distese tra Julian e Philip, e
le sussurrò qualche parola.
-Jenny, sei sveglia?-
-Sì. Non riesco a dormire.-
-Neanch’io.- si scostò da Julian perché
aveva caldo -Verrai a vedere la partita?-
Jenny si appoggiò su un gomito e si tirò su piano
per non svegliare Philip.
-Non lo so.-
Proprio di fronte a lei Mark alzò il viso per guardarla.
-Adesso che ti conosciamo, allaghan può smettere di tenerti
nascosta.-
-Scusa, ti abbiamo svegliato?-
-Ero già sveglio, Amy.-
-Peccato che tu non sia Philip.- lo prese in giro Jenny -Io sono
sveglia da un’ora e avrei saputo come occupare il tempo.-
-Puoi sempre svegliarlo, ne sarebbe felicissimo.-
-Preferisco lasciarlo riposare.
Amy rise piano, poi cercò di scrutare il ragazzo attraverso
il buio.
-Sei arrossito, per caso? Accidenti, sei arrossito! Lo hai fatto
davvero! Non è che in fondo… o forse neanche
tanto in fondo, Jenny ti piace?-
-Non dire fesserie.-
Julian si girò nel futon mormorando una protesta.
-Amy, perché non dormi?-
-Non ci riesco. Le terme mi hanno tolto il sonno.-
Intanto Mark e Jenny, svegli come non mai, erano partiti per la
tangente in quella che per loro rappresentava l’ultima
occasione per mettere in chiaro certe cose.
-Tu non mi interessi.- stava ribadendo lui.
-Neppure tu mi interessi!-
-Solo quello squilibrato del tuo fidanzato può pensare una
cosa simile.-
-Non offendere Philip!-
-Li senti, Julian?- Amy gli diede un colpetto con la spalla -Sono
proprio carini quando fanno così.-
-Se lo dici tu.-
-Smettila Amy, per favore.- la redarguì Jenny timorosa che
Philip si svegliasse, li udisse e traesse le solite conclusioni
sbagliate.
-Cercate di dormire.- li pregò invece Julian -Oggi ci
aspetta una giornata terribile.-
-A che ora avete messo la sveglia?- gli chiese la fidanzata a bassa
voce.
-Alle sette, e ci resta poco più di un’ora di
riposo.-
-È meglio se noi ci alziamo prima, Amy.- mormorò
Jenny -Dobbiamo riportare su i vestiti. E poi preparare la colazione.-
-A Gamo penserà la nonna?- domandò lei in un
sussurro.
-Me lo ha assicurato.-
Tacquero per un po’, finché udirono il respiro
profondo di Julian che aveva ripreso a dormire. Ma né Amy
né Jenny riuscirono a restare a lungo immobili e in
silenzio. Anzi, Jenny si tirò su rinunciando definitivamente
a riposare e scrutò nella penombra i futon sparpagliati sul
pavimento della stanza.
-Chissà come sta Patty.- borbottò e quando
l’ebbe individuata, sgusciò fuori dalle coperte,
scavalcò Mark e proseguì carponi fino
all’amica.
Mentre il ragazzo borbottava proteste per essere stato quasi calpestato
e Amy lo prendeva in giro con battutine maliziose, scambiando con lui
mormorii che disturbavano tra l’altro il sonno di Philip,
Jenny scosse piano Patty finché lei aprì gli
occhi.
-Amy ed io tra poco scendiamo a preparare la colazione. Come ti senti?
Vieni con noi?-
Mentre l’amica valutava la proposta, restia a lasciare Holly
e il tepore delle coperte, nel sonno esausto di Philip il brusio di
voci stava affiorando alla coscienza, trasformandosi in un disturbo
sempre più percepibile. Tanto che ad un certo punto protese
una mano dove credeva fosse Jenny per avvicinarla a sé e
sopprimere i sussurri nel suo corpo morbido, caldo e profumato. Le dita
tastarono il materasso, accarezzarono il lenzuolo freddo e risalirono
fino al cuscino, senza trovare traccia di lei. La sua assenza lo
svegliò di colpo. Nell’oscurità non
proprio silenziosa della stanza mosse su e giù la mano
soltanto per rendersi conto che nel posto di Jenny non c’era
nulla. Allora la chiamò piano, pianissimo. Fu appena un
sussurro.
Lei lo udì mentre scavalcava di nuovo Mark per tornare a
distendersi sul futon. La sua voce la colse con una mano posata sulla
schiena dell’amico, un ginocchio tra le sue gambe pronta a
oltrepassarlo ma ancora sopra di lui. Se Philip l’avesse
vista in quella posizione, la notte sarebbe finita troppo presto per
tutti.
Allora silenziosissima tirò indietro il ginocchio, ritrasse
la mano muovendosi al rallentatore e si distese contro il fianco di
Mark, restando celata dal suo corpo. Philip non avrebbe potuto
vederla… a meno che non si fosse alzato. E forse lo avrebbe
fatto, per cercarla. Con il cuore che le martellava nelle orecchie,
Jenny si tirò la coperta addosso rifugiandosi sotto,
nell’oscurità calda e confortevole del futon del
ragazzo. Compì quel gesto per non farsi scoprire, senza
rendersi conto di aver soltanto peggiorato le cose.
Mark non poté in nessun modo impedirle di fare
ciò che fece, non ebbe né la
possibilità né la prontezza per evitare che lei
invadesse lo spazio del suo letto. Sentì il suo respiro
sommesso, percepì il suo corpo disteso non più
attraverso lo spessore della pesante imbottitura che fino a un secondo
prima aveva coperto solo lui. Ma non poté protestare,
né scacciarla.
Philip si mise seduto e si guardò intorno, cercando la
fidanzata in una stanza silenziosissima. Stranamente non si udiva
neppure il consueto ronfare di Bruce.
-Jenny?- la sua voce fu un altro sussurro.
Mark infilò la testa sotto le lenzuola e sfiorò
con le labbra i capelli di Jenny. Non si aspettava che fosse
così vicina e si tirò indietro con uno scatto,
tanto che Philip lo udì e si volse a guardarlo.
-Mark, sei sveglio?-
-Poco.-
-Jenny non c’è.-
-Forse è in bagno.-
Philip tornò a sdraiarsi e rimase ad aspettarla.
Mark rinfilò la testa sotto le coperte, cercando di farsi
venire un’idea per salvarsi da quel pasticcio. Accanto
a lui Jenny non si muoveva, non la sentiva più
neppure respirare. Il suo corpo disteso non lo toccava, ma era
così vicino da percepirne il calore.
-Ti sembra una buona idea nasconderti qui sotto?-
-Non mi è venuto in mente altro.-
La ragazza si fece istintivamente più vicina e Mark
sentì la sua spalla contro un braccio. Lui e i suoi fratelli
avevano dormito appiccicati un’infinità di volte.
Nella nuova minuscola e modesta casa in cui erano stati costretti a
trasferirsi dopo la morte di suo padre, abbandonando i più
comodi letti singoli per i futon distesi sul pavimento della piccola
camera da letto in comune con i fratelli, Ted gli aveva disturbato il
sonno un’infinità di volte avvinghiandoglisi
addosso. E anche Natalie aveva dormito tra le sue braccia per decine di
notti, stremata dal pianto e dal dolore della perdita. Ma Jenny non era
Natalie e nonostante la ragazza gliela ricordasse spesso, in quel
momento aveva ben chiara nella testa la differenza tra le due. E non la
voleva lì.
-E adesso? Come ne usciamo?- sussurrò scontento.
Il compagno lo udì.
-Mark?-
-Niente, Philip. Dormi.-
Come c’era da aspettarsi il compagno fece esattamente il
contrario, dando però loro l’insperata occasione
di non farsi scoprire. Scostò le coperte e si
alzò, lasciando la stanza in cerca della fidanzata.
-Sbrigati, è uscito.- la sollecitò Mark.
Jenny non se lo fece ripetere. Sgusciò fuori,
scavalcò Amy rimasta in silenzio a guardare cosa sarebbe
successo e si rifugiò nella camera accanto. Ancora incredula
per averla scampata, pensò fosse meglio dare maggiore
credibilità alla propria assenza. Raggiunse piano la porta,
si affacciò sul corridoio, non trovò Philip e
scese silenziosa le scale. Era convinta che fosse andato in bagno ma
nel caso in cui lo avesse incontrato in cucina era pronta a inventarsi
qualcosa.
Quando rientrò in camera, trovò il fidanzato di
nuovo nel futon.
-Dov’eri finita?-
-In cucina.- lo raggiunse e si distese accanto a lui.
Meno di un’ora dopo, la porta della stanza si
spalancò come colpita da una forza demoniaca e
sbatté sui cardini, svegliandoli con crudele violenza.
-Sono le sette e ancora dormite? Razza di debosciati!- tuonò
Gamo sulla soglia, sveglissimo e con l’ugola in gran forma.
Holly balzò sull’attenti, i capelli spettinati e
la faccia stravolta.
-Buongiorno, mister!- gli bastò guardarlo per capire che la
giornata sarebbe stata pessima -La sveglia stava per suonare. Va
indietro di qualche minuto.-
Gamo scelse di credergli.
-Meglio così. Davvero meglio così. Preparate i
bagagli, alle otto togliamo il disturbo.-
Lo udirono richiudere la porta con altrettanta sollecitudine e
sentirono i suoi passi pesanti sulle scale.
-Lo sapevo.- Bruce abbrancò disperato il cuscino -Ce la
farà pagare.-
Tom guardò l’orologio.
-Abbiamo poco più di mezz’ora. Invece di
lamentarti, sbrigati ad alzarti. Non è il momento di
contrariarlo.-
Holly ripiegò il futon perché non fosse di
impiccio.
-Sono io che vi ho abituati male oppure Gamo è troppo
severo?-
-Siete due aguzzini… Tu e lui!- lo accusò Bruce
piagnucolando -Da oggi comincia l’inferno.-
Julian si conosceva bene ed era consapevole che quando si svegliava col
mal di testa, ne restava vittima inerme per tutto il giorno. Doveva
assolutamente prendere un analgesico durante la colazione senza farsi
vedere da Gamo.
-Benji, a che ora avevi messo la sveglia?-
-Non l’ho messa.-
Nonostante l’atroce verità, il portiere si
alzò come se niente fosse e uscì dietro Tom
diretto in bagno. Aveva una cosa importantissima da condividere con il
compagno e lo fece solo dopo essersi assicurato che fossero soli.
-Non immagineresti mai a cosa ho assistito poco fa.-
-Non stavi dormendo?-
-Avrei voluto, sì, ma metà di noi era sveglia
svegliando anche me.- andò dritto al punto -Ho visto Jenny
emergere di nascosto e con una certa fretta dal futon di Landers.-
Tom si fermò di botto e il portiere per poco non lo travolse.
-E Philip dov’era?-
-Non c’era, forse era in bagno. È rientrato dopo
un po’. Sai cosa significa questo?-
-No.-
-Significa che adesso potrò ricattare Landers per il resto
dell’eternità!-
-Con Mark fai come ti pare ma non dirlo a Philip! Gamo
basterà per tutto il giorno.-
-Non ti agitare Tom, certo che non lo dico a Callaghan! Anche
perché quello che fanno la sua fidanzata e Landers non sono
affari miei!-
L’allenatore si sedette a tavola con una fame da lupi,
incurante del clima lugubre e teso che aleggiava in cucina a causa
della sua stessa presenza. La nonna lo aveva invitato a far colazione
insieme al nonno, solo loro tre, ma non era riuscita a spuntarla una
seconda volta.
Dopo aver avuto la brillantissima idea di riproporre il frugale
menù del secondo giorno, le ragazze si erano limitate a
mangiucchiare qualcosa mentre preparavano. E avevano fatto bene
perché l’inquietante presenza di Gamo aveva fatto
sparire la fame.
-Ho avvertito Marshall.- disse il mister, continuando a riempire le
menti ancora frastornate dei suoi pupilli di informazioni che
recepivano solo per metà, intontiti com’erano dal
brutto risveglio e dalla partenza improvvisa -Un pulmino
verrà a prenderci all’aeroporto. Se tutto fila
liscio, e filerà liscio per forza, arriveremo per
mezzogiorno e comincerete subito gli allenamenti.-
-Arriveremo dove?- domandò Holly.
-Alla nostra meta.-
-E il pranzo?- si azzardò a chiedere Bruce.
Lui lo fulminò con un’occhiata di traverso che fu
molto più esaustiva di qualsiasi risposta.
Intanto il mal di testa di Julian era diventato insopportabile, la
tensione aveva chiuso lo stomaco, il profumo delle brioche gli stava
dando la nausea e non era ancora riuscito a prendere
l’analgesico nascosto nella tasca dei pantaloni.
Gabriel bevve l’ultimo sorso di un caffè che aveva
trovato particolarmente buono e lanciò un’occhiata
ai ragazzi.
-Siete pronti?- guardò in particolare Philip, che gli sedeva
proprio di fronte e che annuì di riflesso -I vostri bagagli?-
-Sono nell’ingresso.-
Gamo sospirò.
-Spero che tornerete in forma in due o tre giorni al massimo.-
Mark per poco non si strozzò con l’ultimo sorso di
caffè.
-Siamo già in forma!-
-Lo vedremo. Per il momento mi auguro che riusciate a tenere il ritmo
degli altri.-
Non notò l’occhiata che si scambiarono Holly e Tom
perché il suo sguardo era tutto per il cestello delle
brioche. Ne aveva spazzolate la maggior parte e adesso ne era rimasta
una sola.
-Qualcuno la vuole?-
I ragazzi scossero la testa all’unisono, nessuno si sarebbe
mai sognato di sottrargli il dolce.
-Il soggiorno qui non vi ha giovato.- dichiarò masticando
-Vi è persino passato l’appetito.-
guardò Philip con più attenzione e
notò qualcosa che fino a quel momento gli era sfuggito -Che
diavolo hai combinato in faccia, Callaghan? Vi siete picchiati?-
A Jenny per poco non sfuggì dalle dita la caraffa
dell’acqua. Philip si portò una mano al viso,
sfiorando la macchia gialliccia lasciata da Kevin. Il livido sullo
zigomo si era quasi del tutto assorbito e non sentiva più
dolore ma sulla pelle si notava ancora il segno.
-Sono scivolato sul ghiaccio.-
Gamo restò scioccato, smettendo di colpo di ruminare la
brioche.
-Sul ghiaccio?! Porca miseria! Pensa se ti infortunavi una
gamba… o un piede!-
Comunque erano le otto meno un quarto e la sua tabella di marcia
procedeva senza intoppi. Si volse verso le ragazze, che avevano deciso
di comune accordo di restare sullo sfondo e fare per quanto possibile
da tappezzeria.
-C’è ancora caffè?-
Amy lo servì subito.
-Dov’è che andiamo?- ritentò
timidamente Tom.
-Cosa cambia se non ve lo dico?- replicò lui con un largo
sorriso ironico.
-Faccia un po’ come vuole.- borbottò Mark.
Danny si aggirò inconsolabile nel ryokan fino
all’ultimo minuto gravitando afflitto intorno a Jenny, ma non
riuscì in nessun modo a scattarle di nascosto la sospirata
foto. E quando la avvicinò per chiederle di nuovo se poteva,
Philip si materializzò tra loro così infastidito
che la voglia di insistere gli passò immediatamente e si
affrettò a far sparire il cellulare nella tasca della giacca.
-Ti ho detto di no, Mellow. Guai a te se ci provi.-
Non si accorse però Danny, che mentre uscivano dal ryokan
carichi di bagagli, Jenny tirava il fidanzato da parte, sotto gli occhi
incuriositi e sempre attenti di Mark.
-Promettimi una cosa, Philip.- gli disse seria.
-Cosa?-
-Non lasciare che i tuoi compagni infastidiscano Danny per una foto che
tu non gli hai permesso di farmi.-
-Non gli darà fastidio proprio nessuno per una stupida
foto.-
-Promettilo.-
-E va bene. Te lo prometto.-
*
La loro destinazione rimase segreta fino all’ultimo. Fin
quando cioè l’anonimo pulmino che li aveva
recuperati all’aeroporto di Haneda si arrestò
davanti al campo di allenamento dell’Urawa Reds, una delle
squadre più quotate della J-League. Non appena la vettura si
fermò, i ragazzi smontarono afflitti e nello stesso tempo
sollevati di essere arrivati.
-Mi fa strano non vedere neve da nessuna parte. Quasi quasi sembra
estate, sentite che caldo?-
-Fino a ieri ti lamentavi per il freddo, Bruce. Sei davvero
incorreggibile.-
Holly tirò fuori la valigia dal bagagliaio e si
scostò per lasciar spazio ai compagni, restando a osservare
il basso edificio grigio a due piani che aveva davanti,
dall’altro lato della piazzola d’asfalto del
parcheggio.
-Se ci permettono di allenarci qui, significa che cominciamo a
diventare importanti.-
La costruzione, non troppo appariscente, anzi quasi anonima, era
sormontata dallo stemma della squadra diviso in tre sezioni colorate,
rosso, bianco e nero con un pallone centrale giallo ocra.
-Chissà quanto hanno speso per l’uso del campo.-
Benji si volse esasperato.
-Perché hai questa fissa per i soldi non tuoi, Landers? Che
accidenti te ne importa di quanto spende la Federazione?-
-E a te cosa importa se lo chiedo?-
Gamo li udì, tutti e due. Si volse e li redarguì
con un urlaccio che li mise a tacere all’istante, poi li
precedette verso l’ingresso.
Il parcheggio che attraversarono non era eccessivamente vasto,
c’era posto per poche decine di vetture e al momento ne
ospitava forse una dozzina. Di solito quei luoghi erano invasi dai
tifosi e invece nei dintorni non si vedeva nessuno. Forse
perché era quasi l’ora di pranzo o forse
chissà, il luogo del ritiro era stato tenuto
nascosto.
In silenzio seguirono Gamo oltre l’ingresso.
L’interno della club house sembrava rimesso a nuovo di
recente. Si percepiva ancora un vago odore di vernice che fece fare una
capriola al mal di testa di Julian. Le pareti erano color ocra e le
mattonelle grigie del pavimento splendevano pulite. Le luci erano
accese anche se i raggi del sole entravano dalle vetrate che si
affacciavano sui campi da gioco. Erano due. Uno vicino, rigoglioso
d’erba verde e occupato. L’altro, quello di
riserva, poco più lontano e molto meno utilizzato, di un
triste e abbandonato marrone.
Lo sguardo di Julian venne attirato dal cartello esplicativo appeso al
centro del corridoio. La club house dell’Urawa Reds era stata
ricostruita nel 2004 niente popò di meno che dalla
Mitsubishi. Ma a guardar bene, per un’azienda così
prestigiosa, persino internazionale, l’edificio era fin
troppo modesto. La somma investita doveva essere stata giusto
sufficiente ad appendere un lungo cartellone di sponsor intorno alla
recinzione del campo. Il calcio in Giappone continuava a non valere
grandi investimenti.
In ogni caso, come lesse in fretta e furia perché Gamo
proseguì, il nuovo edificio era fornito di spogliatoi,
bagni, sala fitness e ambulatori al piano terra. Al primo piano
c’era l’ufficio del direttore, il salotto, la sala
stampa e un salone di novanta metri quadri corredato da un bar a uso e
consumo dei tifosi. Loro neppure ci andarono, al primo piano.
Proseguirono in silenzio dietro Gamo, che ormai evitava da ore di
parlare se non era strettamente necessario. La sua voce, o la sua
pazienza, sembrava essersi esaurita e adesso che avevano raggiunto il
resto della squadra, preferiva tacere e recuperare le forze per
sottoporli all’allenamento che secondo lui meritavano.
Gamo li accompagnò fin dentro lo spogliatoio senza curarsi
del disordine. Sparpagliati ovunque, a occupare tutto lo spazio, i
vestiti, le scarpe e le borse dei compagni già in campo.
-Naturalmente gli altri pensano che vi trovavate a Shintoku in ritiro e
non in vacanza. Dovranno restare con questa illusione. Vi proibisco nel
modo più assoluto di rivelare la vergognosa
verità. Vi concedo cinque minuti per cambiarvi. Non uno di
più. -
Bruce aspettò che si richiudesse la porta alle spalle e li
lasciasse soli.
-Con lui è sempre una corsa contro il tempo.-
Mark si guardò intorno imbufalito.
-Mi piacerebbe sapere dove metto la mia roba! Hanno occupato tutto lo
spazio disponibile!-
-Devono aver completamente rimosso la nostra esistenza.-
Mentre Benji spingeva a terra una borsa per fare un po’ di
posto, Landers scaraventò il proprio bagaglio su una delle
panche e si ricavò il suo spazio sbuffando. Era stanco ed
estremamente nervoso.
-Io non lo sopporto più!-
-Se ti sei stancato allora vattene. Quella è la porta e
vedrai che se adesso esci nessuno ti trattiene.- Benji si tolse la
giacca e la appese a un gancio libero, dopodiché prese a
spogliarsi.
-Mark...-
-Ho capito, Holly! Se proprio insisti resterò! Ma non lo
faccio né per te né per nessuno di voi, tanto
meno per questo cappellino da schiaffi che senza di me non vincerebbe
la prossima partita! Lo faccio soltanto per dimostrare a
quell’imbecille di Gamo che sono più in forma che
mai!-
-Mark, abbassa la voce.- gli disse Tom, ottenendo esattamente
l’effetto opposto.
-Ciò non toglie che ne ho piene le palle del suo ghigno
strafottente! Voi no? Sono anni che il suo maledetto carattere mi urta
il sistema nervoso! E non ditemi che sono l’unico, eh, Price?-
-La pianti, per favore?- cercò di metterlo a tacere Holly
-Puoi sbatterci contro tutte le volte che vuoi al suo maledetto
carattere, ma intanto lui è sempre al suo posto a dirci
quello che dobbiamo fare.-
Bruce annuì e Tom pure. Julian andò addirittura a
sedersi lontano da loro ma poi, caricato dal malumore del compagno,
alzò gli occhi su Philip.
-La prossima volta che vuoi fare qualcosa di illecito, rapina una banca
o ammazza qualcuno.-
-Per esempio Landers.- rise Benji, slacciandosi i jeans e sedendosi per
sfilarli dalle gambe.
-Vaffanculo Price!-
-Ti prego Julian…- Philip lo guardò implorante
-Non ricominciare con questa storia.-
Tom riuscì a ricavarsi un po’ di posto senza fare
troppi danni tra i vestiti abbandonati dai compagni già in
campo.
-Secondo me è l’aria degli spogliatoi che peggiora
il nostro umore.-
-O forse è proprio Gamo.- sospirò Danny.
Benji alzò di colpo il viso.
-Sai che potresti avere incredibilmente ragione, Mellow? è
lui che mette tutti di cattivo umore. Al ryokan siamo riusciti a
sopportarci per due settimane! La prossima volta che ci parlo faccia a
faccia glielo dico!-
Holly lo fissò sgomento.
-Sei impazzito? Vuoi peggiorare la nostra già pessima
posizione?!-
-Tanto, peggio di così…- Philip si
sfilò la felpa e l’accantonò da una
parte. Poi si chinò e frugò nella valigia alla
ricerca della propria divisa d’allenamento.
-Quello che non capisco è perché se la prende con
tutti quando il colpevole è soltanto uno.- Mark
fulminò l’amico con un’occhiataccia.
-È convinto che eravamo d’accordo. E la presenza
di Evelyn, Patty e Amy, oltre quella di Jenny, non gli farà
mai cambiare idea.- spiegò Julian che, nonostante il mal di
testa, continuava a ragionare lucidamente.
-Meno male.-
-Cos’hai detto, Callaghan?- sbraitò Mark -Non
azzardarti a farmi complice!-
Ormai pronto, Holly radunò alcuni spiccioli. Benji se ne
accorse.
-Cosa fai?-
-Devo telefonare a Patty.-
A Tom non parve una buona idea.
-Adesso? Se Gamo ti pesca, ci caccia tutti dalla squadra!-
Bruce alzò le spalle.
-Lo farebbe se beccasse me, non lui.-
Probabilmente aveva ragione ma neanche a Julian sembrava valesse la
pena rischiare.
-Holly, è davvero meglio per tutti se lasci perdere.-
-Voglio sapere come sta.-
-Tanto la febbre non se l’è misurata.-
Il capitano non si lasciò convincere.
-Bruce, prestagli il cellulare.- propose allora Ed.
-La batteria è completamente andata, lo devo ricaricare.-
Secondo Benji quello di Holly era un pessimo azzardo ma non si
espresse, evitando di intromettersi su un argomento che non lo
riguardava e soprattutto non lo interessava. Indossò la
felpa e calzò il cappellino. Poi rovistò sul
fondo della borsa fino a trovare i guanti.
-Io comincio ad andare.- li avvertì il capitano
già sulla porta -Vieni con me, Tom. Devi farmi da palo.-
Philip alzò gli occhi dai lacci dello scarpino.
-Cercate di non farvi scoprire.-
-Faremo attenzione.-
Fu Jenny a rispondere al telefono dopo pochissimi squilli.
“Dove siete?”
-A Saitama, nella club house dell’Urawa Reds.- Holly si
guardò furtivamente intorno.
“Gamo è ancora arrabbiato?”
-Esattamente come quando siamo partiti. Mi passi Patty?-
“Dorme. Devo svegliarla?”
-No, riprovo più tardi. Come sta?-
“Meglio. Non ha la febbre.”
-Troverò il modo di richiamarla.-
Holly riagganciò e raggiunse di corsa l’amico
rimasto di vedetta.
-Allora? Ci hai parlato?-
-Macché, dormiva.-
-Beata lei.-
Imboccarono un lungo corridoio e sbucarono sotto gli spalti.
Raggiunsero di corsa i cinque di Shintoku riuniti davanti alle panchine.
-Gli ultimi degli ultimi.- li accolse Gamo a denti stretti.
Serrò tra le labbra il fischietto e li guardò
sfilare davanti a lui per raggiungere in campo il resto della squadra e
iniziare il riscaldamento.
-Ce ne avete messo ad arrivare!- li accolse Clifford.
Ted, Paul e Bob circondarono Holly.
-Allora? Com’è andata?- chiese Denver.
-Più o meno bene.-
-Vi siete divertiti?- s’informò Sandy Winter.
Ralph Peterson, le mani nelle tasche dei pantaloni, li
guardò uno per uno.
-Che accidenti avete combinato? Gamo non si sopporta più da
tre giorni.-
I gemelli Derrick annuirono.
-Più intrattabile del solito… e ce ne vuole!-
-Poi ieri all’improvviso è sparito.-
-È venuto a prenderci.- spiegò Tom.
-Dove? A Shinjuku?-
-Shintoku, Yuma-testa-di-granito…- lo corresse Benji -Magari
Shinjuku.-
Philip lanciò occhiate preoccupate al mister che, dalla
panchina, li guardava spazientito.
-Basta con le chiacchiere! Gamo è già furioso,
evitiamo di peggiorare il suo umore.-
Clifford lo fissò dritto negli occhi.
-Cos’è? Neanche sei arrivato che già
cominci a dare ordini?-
Mark rise sguaiatamente.
-Il primo e l’ultimo.- sghignazzò -Gamo gli ha
tolto la fascia di vice quando a Shintoku ha scoperto che è
completamente inaffidabile.-
I ragazzi guardarono Philip costernati mentre lui abbassava gli occhi a
terra, umiliato dal voltafaccia dell’allenatore.
-Stiamo scherzando?- Clifford trasecolò -Mashall ci ha
costretti ad andare fino a Fujisawa per decidere il vice! Adesso Gamo
mi sente!-
-Magari meglio dopo.- cercò di placarlo Holly.
La curiosità di Peter Shake fu d’aiuto a far
desistere il focoso compagno.
-Cos’hai fatto in faccia Philip? Vi siete picchiati?-
L’altro si raddrizzò di colpo.
-Certo che no! Altrimenti non sarei l’unico ad averne i
segni. Sono scivolato sul ghiaccio e…-
Il richiamo dell’allenatore li colpì alle spalle.
-Allora? Non penserete mica di farvi una vacanza anche qui?-
Mark si irrigidì e strinse i pugni.
-Se non la pianta lo ammazzo!-
Ma comunque si sparpagliarono.
-Sei riuscito a sentire Patty?- chiese Philip a Holly più
tardi, quando si ritrovò al suo fianco durante i passaggi
con la palla.
-No, ma ho parlato con Jenny. Ti saluta.-
-E Patty come sta?-
-Dormiva. Però Jenny mi ha detto che non ha la febbre.-
L’allenatore li massacrò per più di
un’ora, poi lasciò che più di
metà della squadra, Warner e Mellow inclusi, tornasse negli
spogliatoi eccetto i reduci di Shintoku. Solo alle due, dopo essersi
abbondantemente rifocillato in panchina con il pranzo che gli
portò Sandy Winter, si stancò di tiranneggiarli.
Bruce arrancò esausto fino a bordocampo, invocando
l’acqua che Julian gli porse.
-Centomila volte meglio l’allenamento sulla neve.-
-Avresti mai immaginato di dirlo, Harper?- Mark arrivò
dietro di loro, recuperò un asciugamano pulito e si
tamponò il sudore sul viso -Se non altro non avevamo Gamo
col fiato sul collo.-
Bruce si dissetò a sufficienza, poi si rivolse a Philip.
-Mi dai il numero del ryokan?-
-Anche tu?- Benji scosse la testa. Prima Holly con la smania di
telefonare a Patty, adesso quest’altro mentecatto con Evelyn.
Prima o poi Gamo si sarebbe accorto del loro continuo viavai e avrebbe
ricominciato a rimproverarli daccapo, coinvolgendo anche chi non
c’entrava niente, perché in certi casi era
più comodo fare di tutta l’erba un fascio.
Holly si slacciò i parastinchi e li appoggiò
sulla panca. Poi tirò su i calzettoni.
-Io vorrei cercare di parlare con Patty. Possiamo andare insieme,
Bruce.-
-Sono dei fissati.- decise Benji mentre si allontanavano.
Julian indugiò a osservare i pochi visitatori accalcati
intorno alla recinzione e quando individuò alcune delle sue
irriducibili fan, posò l’asciugamano sulla panca.
-Devo fare una cosa.- avvertì allontanandosi.
Raggiunse il cancello e le grida eccitate e felici con venne accolto
dalle ragazze si udirono fino alle panchine. Attraverso le maglie della
rete Julian recuperò degli oggetti che mise in tasca, poi
cominciò a firmare autografi. Ritrovò i compagni
direttamente negli spogliatoi, dove arrivò carico di
lettere, pupazzetti, portachiavi e l’aria un po’
abbattuta. Svuotò le tasche sulla panca centrale e si
guardò intorno, notando le solite facce di Shintoku.
-Dove sono tutti?-
-Ancora a pranzo, probabilmente.-
-Macché, Tom. A quest’ora sono in piena fase
digestiva.- sospirò Bruce -Hanno finito gli allenamenti
un’ora prima di noi.-
Holly si avvicinò a Julian, osservando curioso gli oggetti
depositati sulla panca.
-Cosa te ne fai di tutta questa roba?-
-La getto via. Se qualcosa ti interessa, prendi pure.-
-La butti? Ma sono regali delle tue fan!-
-E cosa dovrei farne? Riempirmi la stanza? Mostrarli ad Amy o, peggio,
regalarglieli?-
-Ha ragione lui, Bruce.- concordò Holly mettendosi nei suoi
panni.
-Potresti donare peluche e pupazzi a un orfanotrofio, o al reparto di
pediatria di qualche ospedale… tu che studi medicina.- fu il
sensato suggerimento di Mark.
-Non sapevo che fossi anche il genio del riciclo, Landers.-
Mentre il commento di Benji veniva ignorato, Julian osservò
i pupazzi pensando che Mark avesse ragione e sicuramente anche Amy
avrebbe approvato.
A Danny era bastata un’occhiata per capire che i compagni non
lo avrebbero lasciato mangiare in pace. Sarebbe stato molto meglio
contrariare Philip a Shintoku e scattare quella maledetta foto a Jenny
piuttosto che avere contro Clifford e i Derrick e Peterson e
Everett… Maledizione!
Quando il suo stomaco brontolò, intorno a lui si
levò una risata.
-Hai fame, Mellow?- Yuma non gli restituì il vassoio che
teneva in ostaggio da quasi un’ora -Mostraci la foto e potrai
mangiare.-
Danny non aveva avuto neppure il coraggio di dire di non averla
scattata.
-Allora, Mellow?-
Era stato uno stupido a separarsi da Ed e traccheggiare in giro per la
club house in attesa che gli altri finissero di mangiare. Non aveva
pensato che, una volta rifocillatisi, Clifford e gli altri lo avrebbero
comunque aspettato. Il sorrisetto con cui Jason lo aveva invitato a
sedersi al loro tavolo era stata una trappola e lui non avrebbe dovuto
fidarsi. Invece, ingenuamente convinto della sua buona fede ci era
cascato, e intanto Ed aveva già finito di mangiare ed era
sparito chissà dove. Abbassò afflitto gli occhi
sul ripiano e sul vassoio del pranzo che gli veniva negato. Pazienza,
non avrebbe mangiato. Del resto neppure Mark lo stava facendo.
Lanciò un’occhiata oltre i vetri. Il terreno di
gioco era deserto quindi anche gli altri dovevano essere rientrati.
-Secondo me non le ha fatte, Clifford.- decise James.
Yuma lo guardò oltre il tavolo, i gomiti sul ripiano, le
dita intrecciate davanti alla bocca socchiusa.
-È così, Danny?- domandò senza
ottenere risposta. Districò le dita e abbassò le
braccia -Non hai fotografato la ragazza di Callaghan?-
-Non ho potuto.-
Ralph Peterson si alzò e girò intorno al tavolo,
fermandosi dietro la sedia di Danny che non poté sottrarsi
alla sua inquietante presenza. Poi, all’improvviso, gli mise
le mani su entrambe le spalle e si chinò per guardarlo in
faccia.
-E perché non l’hai fotografata?-
affondò le dita tra i muscoli tesi, fino a togliergli il
respiro -Era la sola cosa che ti avevamo chiesto di fare. Fotografare
Jenny, nient’altro.-
Clifford annuì.
-Contavamo su di te.-
-Non ho potuto, davvero…- mormorò sofferente,
cercando di sottrarsi alla stretta del compagno che lo teneva
giù seduto.
-Però l’hai vista, ci hai parlato vero?-
petulò Jason.
Philip rispose per lui.
-Mellow non l’ha vista e non le ha parlato. Jenny non
c’era, smettete di infastidirlo.- posò il vassoio
sul tavolo, scostò la sedia e si sedette accanto a Danny.
-La tua ragazza non c’era?- sondò Clifford
scettico.
-No, Jenny non c’era. Jenny non c’è mai.
Perché questa volta avrebbe dovuto essere presente?-
Mark si sedette dall’altro lato di Danny, urtando Peterson e
costringendolo ad allontanarsi dal bistrattato compagno. Non aveva
voglia sentire storie e soprattutto non voleva che per una futile foto
maltrattassero Danny. Anche perché, se Mellow non aveva
potuto scattarla, la colpa era di Philip, non sua.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** 15 - Rientro alla base - seconda parte ***
- 15 -
Rientro
alla base
Seconda parte
Dopo aver consumato un
pasto più leggero che veloce, nell’ultima
mezz’ora di pausa Julian si avventurò
nell’edificio in cerca di qualcuno in grado di fargli il
“Favore” con la effe maiuscola. Durante il breve
intermezzo davanti alla recinzione a firmare autografi e prendere
regali, aveva definitivamente scartato l’idea di incaricare
di un compito così delicato una delle sue fan. Aveva bisogno
di ingaggiare una figura professionale, qualcuno a cui non sarebbe
convenuto né parlare, né impicciarsi dei suoi
affari privati. Così aveva adocchiato la ragazza del bar. Le
era passato davanti un paio di volte, aveva anche ordinato un drink ma
lei lo aveva servito sbrigativamente. Quel poco interesse che aveva
scorto nei suoi occhi, era stato tutto per le ordinazioni dei compagni
che sedevano ai tavoli. Forse, prima di rivolgersi a lei, doveva
provare a trovare qualcun altro.
Bruce, stravaccato pigramente su una poltroncina di plastica, lo vide
attraversare il corridoio per la terza volta e ritenne sospetto il
comportamento dell’amico.
-Ross! Si può sapere cosa stai cercando?- gli
gridò.
Julian tornò indietro e rientrò nel bar, gli
occhi di nuovo sulla ragazza. Uno sguardo gettato al vento, visto che
lei era voltata a riordinare le bottiglie dei liquori.
Infilò pensieroso le mani nelle tasche della tuta, dove
aveva nascosto un piccolo oggetto di vitale importanza.
-Cosa bolle in pentola?-
-Niente.-
Bruce e Philip risero.
-Con quella faccia?-
-E chi ci crede?-
Ross si decise a raggiungerli e si sedette dove poteva tenere
d’occhio sia la ragazza che l’ingresso del bar. Si
era dato quindici minuti di tempo per decidere se adescarla o
rinunciare. A meno che nel frattempo non si fosse fatto vivo qualcuno
di più adatto.
-Sono distrutto.- Bruce chiuse gli occhi e scivolò in avanti
sulla sedia appoggiando la nuca allo schienale -Non so se
sopravviverò. Quanti giorni mancano alla partita?-
Julian rispose senza dover fare mente locale.
-Cinque.-
Continuò a tenere d’occhio la porta e allora Tom
si interessò.
-Aspetti qualcuno?-
-Sì e no.-
-Che accidenti di risposta è?-
Ross si volse verso Mark.
-Spero che passi la persona giusta. Se non l’ho
già trovata.- i suoi occhi corsero di riflesso verso il bar
-Sto decidendo.-
-Amy non va più bene?-
-Cosa c’entra Amy adesso?-
-Allora di cosa si tratta? Di un indovinello?- lo incalzò
Bruce -La persona giusta per far cosa?-
-Una cosa che mi serve.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata ancor più
confusa. Poi, siccome l’allenamento aveva risucchiato tutte
le loro energie, rinunciarono a impicciarsi. In fondo, ma molto in
fondo, gli affari di Ross erano solo suoi.
Quando il quarto d’ora che Julian si era dato come tempo
limite passò, sotto gli occhi stanchi e poco curiosi dei
compagni si alzò e raggiunse il banco del bar.
-Ciao.- disse alla ragazza e si arrampicò sullo sgabello che
le era più vicino.
Lei ricambiò il saluto con professionalità e una
punta di stupore. Era rarissimo che gli importanti e celebri
frequentatori del bar le dedicassero più di uno sguardo
distratto. Quei ragazzi erano tutti troppo bravi, troppo popolari e
troppo ricchi e neppure a lei andavano a genio. Non le piaceva come la
esaminavano, neanche fosse un giocattolo con cui dovevano decidere se
trastullarsi o meno. La conclusione a cui arrivavano sempre era che non
fosse abbastanza graziosa, così si facevano servire cibo e
bevande con distacco, parlando tra loro o di calcio o di donne, avendo
per lei la stessa considerazione che avrebbero avuto nei confronti di
un mediocre quadro appeso alla parete. Faceva parte degli arredi,
né più né meno. Da una settimana poi
il campo era a disposizione di quell’altra squadra, della
nazionale giovanile. La situazione non era cambiata di molto. Era stata
pressoché ignorata anche da loro, eccetto qualche patetico
tentativo di conversazione da parte di un paio di ragazzi di cui non
ricordava neppure il nome. Così non riuscì
assolutamente a spiegarsi l’improvvisa affabilità
che il famoso Julian Ross mostrò nei suoi confronti.
Lo fissò un tantino diffidente, anche se si
sforzò di non mostrarsi tale.
-Desideri qualcosa da bere?-
-Solo un bicchiere d’acqua.- del resto non aveva sete per
niente.
La giovane lo riempì e quando lo posò sul
ripiano, Julian le intrappolò le dita intorno al vetro.
-Effettivamente l’acqua non mi basta, ho bisogno anche di
te.- aggiunse.
Lei si irrigidì, il bicchiere ancora stretto nella mano, le
dita di Julian sulle sue.
-Come, scusa?- gli occhi della ragazza si socchiusero di preoccupazione
e di sospetto.
-Come ti chiami?-
Esitò un istante, poi rispose.
-Sally.-
Julian sorrise suadente, la mano sempre su quella di lei.
-Ho bisogno di un favore, Sally. Un enorme favore…- non la
lasciò. Percepiva la sua esitazione e temeva che si
allontanasse.
-Che tipo di favore?-
Julian estrasse dalla tasca il rullino della macchinetta fotografica
dei nonni di Jenny, recuperato in extremis prima di partire da Shintoku.
-Devo sviluppare questo rullino ma non posso allontanarmi dalla
squadra. Lo faresti tu per me?-
Lei osservò con un pizzico di curiosità il
piccolo cilindro nero, chiedendosi quali foto si nascondessero al suo
interno. Spostò gli occhi sul resto della squadra, seduta
lontano, poi cercò senza successo di liberare la mano da
quella di Julian.
-Sto lavorando, non posso farlo.-
-Va bene anche dopo. A che ora finisci il turno?-
-Alle cinque.-
Per sottrarsi allo sguardo insistente di Julian le capitò di
posare gli occhi su Mark e indugiò un attimo a guardarlo
perché, nonostante non provasse interesse per gli ospiti del
centro sportivo, Landers non era passato inosservato neppure a lei.
Giunto a un punto morto, Julian si chiese come procedere. Gamo
continuava caparbiamente a tenerli all’oscuro del programma,
lui non aveva pensato di chiedere agli altri e adesso non aveva idea su
come si sarebbe conclusa la giornata. Ritrasse la mano da quella della
giovane e fu sollevato che lei non si allontanasse.
-Non so fino a che ora ci tratterremo qui, ma se mi dai il tuo numero
ti invierò l’indirizzo del nostro alloggio.
Sicuramente è nelle vicinanze.- o almeno lo sperava.
Lei scosse la testa diffidente, spingendolo a proseguire caparbio.
-Per favore. Ti pagherò il biglietto della metro,
dell’autobus, del taxi. Di quello che vuoi. Ma ho
assolutamente bisogno di queste foto.- fece scivolare il rullino sul
bancone continuando a scorgere nei suoi occhi sospetto ed esitazione
-Anzi, se preferisci ti do il mio numero e mi chiami tu quando hai
fatto.-
La ragazza tacque, sempre sulla difensiva, e Julian non seppe
più che pesci prendere. Cos’altro poteva
convincerla?
-È davvero una questione di vita o di morte. La mia, di
morte.-
Non poteva aspettare che il ritiro finisse per sapere cosa aveva
fotografato Bruce. Non sarebbe sopravvissuto all’attesa.
Maledetto Price.
Per i gusti di Sally il ragazzo stava insistendo troppo. Doveva esserci
sotto qualcosa, chissà di chi erano quelle foto…
E se lei si fosse lasciata incantare dal suo fascino avrebbe rischiato
di cacciarsi in un bel guaio.
-Non posso.-
Julian incassò quelle due parole in un silenzio incredulo e
non riuscì a rassegnarsi di dover rinunciare. Decise che se
lei non acconsentiva avrebbe rischiato lui stesso, uscendo di nascosto
all’insaputa di Gamo e di tutti. Avrebbe sviluppato quelle
foto a qualsiasi costo. D’un tratto però si
accorse che la ragazza, convinta di averla scampata, aveva distolto gli
occhi da lui e fissava… fissava… si volse
indietro, verso i compagni, e capì! Fissava Mark! No, non si
sbagliava. Era proprio lui che, alzatosi, aveva attirato
l’attenzione di Sally. Gli venne un’idea e
tentò il tutto per tutto, lanciando l’offerta che
finalmente lei accettò.
Poco lontano, seduto sulla poltroncina del bar, Bruce teneva con il
piede il ritmo della propria curiosità che non gli
consentiva di distogliere gli occhi da Julian e dalla ragazza.
Così il suo scarpino ticchettava sul pavimento una volta al
secondo.
-Io davvero non capisco!- sbottò -Che diavolo sta facendo?
Ci sta provando?-
Clifford annuì.
-C’è bisogno di chiederlo? È talmente
evidente!-
Lo sospettava persino Benji e nel frattempo pensava ad Amy e a come
risponderle la prossima volta che gli avesse chiesto chiarimenti sulle
‘cameriere’, spiattellandole ampi particolari anche
sulle ‘bariste’.
Quando finalmente Julian ottenne ciò che in quel momento
desiderava più di tutto, il tempo a sua disposizione era
ormai agli sgoccioli. Allora allungò il rullino e Sally lo
prese, sebbene titubante, ascoltando in silenzio le ultime
raccomandazioni.
-È davvero importantissimo che tu riesca a sviluppare queste
foto.-
Non riusciva ancora a capacitarsi che tanta fatica fosse stata
premiata. Ciò che le aveva offerto in cambio non era poco,
ma probabilmente alla fine lei aveva ceduto per toglierselo di torno.
Julian tracciò su un pezzo di carta il numero di cellulare
della ragazza, lo ripose nella tasca dei pantaloni, la
salutò con un grazie molto sentito e un sorriso riconoscente
e tornò dai compagni nel momento in cui quelli si alzavano
per raggiungere il campo e iniziare la sessione di allenamento
pomeridiana.
-Pensavo che saresti rimasto lì con lei. Sembravi
particolarmente coinvolto.- lo prese in giro Holly con un sorrisetto
sornione che la diceva lunga.
Philip si affiancò a loro mentre scendevano le scale.
-Di cosa stavate parlando?-
-Nulla.-
-Allora perché stavi cercando di sedurla?-
-Sei impazzito, Harper? Non ho cercato di sedurla!-
-Tanto meglio così.- lo canzonò Mark mentre
raggiungevano le panchine -Non mi sembra che tu ci sia riuscito.-
Ross lo guardò e gli sfuggì un sorriso.
-Io no, ma tu sì.-
-Io in che senso?-
-L’ho sedotta da parte tua.-
Lo scatto di Landers fu repentino e Julian si ritrovò con
una mano intorno al collo e Holly che accorreva preoccupato.
-Mollalo, Mark! Quello che ha detto Julian non significa niente. Non si
possono sedurre le persone per conto di altri.-
La constatazione del capitano sembrò ragionevole.
Così l’altro ritrasse la mano prima che Gamo li
vedesse mentre Bruce prendeva a petulare, come soltanto lui sapeva
fare.
-E quindi, Julian? Di cosa stavate parlando?-
-Le ho chiesto un favore.-
-Quale favore?-
-Non ti riguarda, almeno fino a stasera.-
-Perché stasera? Cosa accadrà stasera?-
Julian si trincerò nel silenzio.
-Se le hai chiesto un favore, in cambio cosa le hai promesso?-
-Le ho promesso che stasera Mark uscirà con lei.-
La risata di Price e lo sgomento di Landers andarono di pari passo.
-Vuoi morire subito, Ross?- domandò la vittima ad alta voce
chiedendosi perché prima non le aveva strette come si deve,
le dita, intorno al collo di quell’idiota.
-Non fare storie, Mark. Si tratta soltanto di una sera.-
-Chi ti dà il diritto di organizzare la mia serata? Decido
io cosa farne! Non tu!-
-Veramente la tua serata odierna la decide Gamo.- cercò di
farli ragionare Holly ma le sue parole caddero nel vuoto
perché Mark e Julian continuavano a discutere con veemenza.
Clifford trovò il modo di intromettersi.
-Landers, non è che per caso sei gay? Non si tratta certo di
uno schianto di ragazza, ma mi pare che tu stia esagerando.-
Mentre il focoso compagno s’incendiava sempre più
assumendo un colorito scarlatto, Philip pensò che se
Clifford era davvero convinto di ciò che aveva detto aveva
preso una cantonata stratosferica. Gay, Landers? Figuriamoci! Andava
troppo d’accordo con Jenny!
-Gli affari tuoi mai, testa di granito?- esplose Mark, poi
tornò a guardare Julian -Con cosa mi hai barattato? Si
può sapere?-
-Certo, tra qualche ora.-
Holly non riuscì a capacitarsi di tanta idiozia.
-Julian, sei ubriaco per caso? Siamo in ritiro fino alla partita. Il
mister ci tiene d’occhio. Come pensi che Mark possa evadere
dal centro sportivo senza che Gamo se ne accorga?-
-Io non esco stasera, porca miseria!-
Ross gli parlò sopra.
-Prima o poi andrà a dormire, no? Aspetteremo e, se proprio,
creeremo un diversivo.-
Bruce approvò con entusiasmo.
-Ottimo! Un bel diversivo, una fuga coi fiocchi. Mi piace!-
sgomitò Tom che gli era accanto -Tanto in qualche modo
dovremo pur passare la serata. Far fuggire Mark dal centro sportivo per
un appuntamento romantico ci occuperà il tempo!- ci
pensò un attimo -Potrei andare io al suo posto?-
Un brivido corse su per la schiena di Julian.
-È fuori discussione!-
-Sono perfettamente d’accordo! Né Bruce
né Mark.- dichiarò Holly categorico -Posso
ricordarvi per l’ennesima volta che siamo in ritiro? E che
dopo quello che è successo a Shintoku non dobbiamo rischiare
in nessun modo che Gamo ci metta in panchina a vita?-
-Tu in panchina, Holly? Ma quando mai? Gamo sbatterà me in
panchina!- protestò Landers.
Julian lo bypassò anche questa volta.
-Sei libero di ricordarci tutto quello che vuoi, Holly. Ma vedi,
è una questione di vita o di morte. Lei lo sa e
sarà molto prudente, non preoccuparti!-
-Di vita o di morte per chi?-
-Per me. E ovviamene se morirò non potrò essere
in campo sabato.-
A Mark le mani avevano ricominciato a prudere in maniera
incontrollabile.
-Sai che ti dico, Ross? Per me puoi anche schiattare!-
Holly si intromise. Ora la curiosità era diventata
irresistibile.
-Julian! Se è davvero una questione di vita o di morte ho il
diritto di sapere di cosa si tratta. Sono il capitano, o no? Vieni con
me e sputa il rospo.-
-Non dirò una parola finché non sarà
il momento.-
Bruce fremette.
-Julian! Sto morendo dalla curiosità!-
-Per lui puoi anche crepare!- Mark puntò sul ragazzo uno
sguardo astioso ma Julian ricambiò con una calma e una
sicurezza a dir poco granitiche.
Anzi, pensò persino che fosse il caso di rassicurarlo.
-Vedrai che quando conoscerai la ragione di tutto ciò, sarai
contento anche tu.-
-Questo non accadrà mai!-
Philip, stanco di tutte quelle storie, cercò di darci un
taglio.
-Piantala Mark. Julian ti ha soltanto chiesto un favore!-
-Il favore non me lo ha chie…-
-E poi pensaci bene! Si tratta di trascorrere una serata con una
ragazza! Chiunque sarebbe contento, non è vero?-
domandò a chi era intorno e la maggior parte dei compagni
annuì.
Sentendosi spalleggiato, Julian riprese la sua opera di convinzione
perché voleva le foto a tutti i costi.
-Neppure lei voleva, ho impiegato dieci minuti buoni a convincerla!-
Clifford cacciò un fischio acuto, poi scoppiò a
ridere mentre Mark, nell’ennesimo scatto di
contrarietà, acchiappava Julian per il bavero della
maglietta.
-Che significa che l’hai convinta? Non voleva?-
-Molla, Mark.- Ross gli strinse polsi finché lui lo
lasciò -Cos’è che ti urta questa volta?
Non mi risulta che le ragazze svengano ai tuoi piedi e poi non
è che proprio non volesse… ti osservava, non ha
fatto altro. Non te ne sei accorto?-
-Perché avrei dovuto accorgermene?-
Clifford intervenne.
-Possibile che le ragazze ti siano completamente indifferenti?
Un’occhiata potevi anche dargliela, diamine! Non è
così male. Ha una scollatura notevole.-
-Le ragazze non gli sono per niente indifferenti.- precisò
Philip che aspettava già da un po’ di farlo,
lanciando a Mark uno sguardo sguincio.
Cogliendo i sottintesi dell’affermazione di Callaghan,
Landers esitò incerto su chi insultare. Poi decise di
lasciar perdere Philip e si rivolse all’altro.
-Sei un maniaco, Yuma!-
-Razza di debosciati!- tuonò Gamo -Giuro che se non la
smettete ti trastullarvi vi terrò in campo fino a domani
mattina! Nessuno escluso!-
Si sparpagliarono all’istante sul terreno di gioco in un
fugone che non lasciò vittime.
Dopo una sana doccia ristoratrice che fece calare tutta la stanchezza
di una giornata faticosissima iniziata prima dell’alba,
esausti e stramorti Philip, Tom e Holly entrarono nel bar cercando una
sedia comoda su cui stravaccarsi fino al momento del trasferimento in
hotel. Trovarono Julian seduto a uno dei tavolini, i gomiti poggiati
sul ripiano e il viso sprofondato tra le mani. Era chiaramente
affranto, forse perché al bar il posto della giovane era
stato preso da un ragazzo.
-Dov’è l’amica di Mark?-
domandò Callaghan.
-Ha finito il turno.-
-La cosa ti affligge a tal punto?-
-Spero soltanto che torni, ma mi sa che non farà in tempo.-
-Stiamo andando via?-
-Gamo ha detto che alle sei togliamo il disturbo e ormai ci siamo
quasi.-
-Tu capisci, Julian, che visto dall’esterno il tuo
comportamento è più che sospetto, vero?-
-Me ne rendo conto, Holly, ma non posso farci niente. E comunque ogni
spiegazione è ormai inutile. È andato tutto in
malora e se anche fosse tornata quell’idiota di Landers non
è disposto a collaborare.-
-Effettivamente Mark sta facendo un sacco di storie.-
borbottò Philip con le poche forze che gli restavano -Se non
andasse così d’accordo con Jenny, verrebbe da
credere alle insinuazioni di Clifford.-
Holly annuì.
-L’ho pensato anch’io.-
-Julian, non disperare.- avvertì Tom con un barlume di
vitalità -La tua amica sta arrivando.-
Ross raddrizzò la schiena mentre si voltava verso la porta a
vetri. Era vero, Sally era tornata. Saltò giù
dallo sgabello e le corse incontro.
-Beato lui, quanta energia.- lo invidiò Philip.
-Evidentemente la tipa gli interessa più di quanto voglia
ammettere.-
-No, Holly. Vedrai che c’è dell’altro.-
disse Tom fiducioso.
Lontano da loro, sull’ingresso del bar si stava svolgendo
un’altra conversazione.
-Sei riuscita a sviluppare le foto?- chiese Julian, ma la busta gialla
che la ragazza teneva in mano ne era la prova. Lui la prese e gli
mancò di colpo il coraggio di aprirla. Così la
rigirò tra le mani e la soppesò. Poi
sollevò gli occhi su Sally in preda a un dubbio.
-Le hai viste?-
-Perché avrei dovuto? Non c’è niente
lì dentro che possa interessarmi!-
Aveva ragione ed era stato maleducato a porle la domanda. Ma se per lei
in quella busta non c’era nulla di interessante, forse
conteneva qualcosa che a Julian invece non sarebbe piaciuto, qualcosa
che non era sicuro di voler vedere.
Allora, per non pensare, per tardare il momento della
verità, si rifugiò negli aspetti pratici.
-Quanto ti devo?-
Lei gli porse la ricevuta. Julian lesse la cifra e le
allungò una banconota.
-Non ho il resto.-
-Non importa.-
Sally insistette.
-Importa, invece.-
-Ti offro da bere. Va bene lo stesso?-
Lei sembrò valutare la proposta, poi scosse la testa seria.
-No, grazie. Non tu, e certo non qui.- decise di prendersi la mancia e
gli tolse la banconota dalle mani -Manterrai la promessa?-
Ross sorrise.
-Certo! Fosse l’ultima cosa che faccio!-
-A che ora?-
Nell’attesa Julian aveva già calcolato i tempi:
dovevano cenare, poi fingere di andare a dormire per non insospettire
Gamo, trovare il modo di far evadere Mark, quindi...
-Non prima delle dieci e mezzo.- abbassò la voce e si
guardò intorno con un’aria da cospiratore anche se
a osservarlo c’erano solo Holly, Philip e Tom -Ti
manderò un messaggio con l’indirizzo. Quando
arrivi fammi uno squillo a questo numero e aspetta. Appena
può, ti raggiungerà.- le porse un pizzino con il
cellulare di Bruce, felicissimo di avere un ruolo
nell’incontro clandestino.
Mentre lei usciva, stringendo tra le mani la busta Julian
tornò dai compagni ancora più nervoso e affranto
di prima. Aveva pesino perso il coraggio di aprirla. Si sedette sullo
sgabello accanto a Philip e cacciò un sospiro molto sentito.
-Cos’è?-
-Sono foto.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata.
-Non le guardi?- domandò Holly.
Ross annuì ma impiegò un minuto buono a strappare
la linguetta di chiusura e aprire la busta. Poi tirò fuori
tutto il contenuto e gli passò davanti un anno di vita dei
nonni di Jenny.
-Non dirmi che...- cominciò Philip interrompendosi a
metà.
La foto su cui Julian si soffermò spiegò tutto.
Holly si sporse verso il compagno per guardare meglio.
-Benji e Amy?-
Ross non rispose perché era evidente.
-Non riesco a capire cosa stiano facendo.-
-Neppure io.- ammise Philip.
-Cosa stanno facendo chi?-
Mark, i pugni sui fianchi, li osservava sospettoso a prescindere,
perché lo scherzo di Ross non gli era andato giù.
Dando al nuovo arrivato la giusta importanza, gli sguardi tornarono
sull’immagine.
-Senza dubbio Harper non è un bravo fotografo.-
Philip aveva ragione. Nella fretta di non farsi scoprire, non soltanto
Bruce li aveva inquadrati male ma la foto era venuta sfocata. Benji era
seduto di spalle e la sua schiena celava quasi totalmente
l’obiettivo. Teneva un braccio dritto lungo il corpo,
probabilmente la mano appoggiata sui tatami. Sembrava
leggermente protesto in avanti, verso Amy che sedeva di fronte a lui,
vicinissima. Il viso della ragazza si vedeva poco e male ma sembrava
sorridere. La sua mano era sollevata verso di lui,
nient’altro. Solo una cosa era chiara di
quell’immagine: non stavano facendo il sudoku.
Mark strappò la foto a Julian e la studiò pieno
di disappunto.
-Tutto qui?-
-Che significa “tutto qui”?-
-Significa che mi hai barattato per una foto che non mostra niente,
giusto?-
Philip rise.
-Dai Mark, lo scambio è persino vantaggioso.-
-Perché non te ne torni in Hokkaido, Callaghan?-
-Magari potessi...-
Warner era riuscito a conquistarsi l’ultima doccia libera
fregandolo per un millesimo di secondo e Benji, ruminando livore contro
il collega, non poté fare altro che attardarsi negli
spogliatoi. Odiava dover sopportare la confusione dei compagni, le loro
chiacchiere, gli schizzi d’acqua quando si asciugavano
agitando gli asciugamani in ogni direzione. Riempirsi le narici
dell’odore di bagnischiuma di qualità scadente,
prendersi in faccia l’aria calda sparata da fon altrui.
Detestava soprattutto dover entrare in una doccia che era stata
già usata da qualcun altro, mettere i piedi sul bagnato
scivolato via dal corpo sudato di altri, sciabattare sul pavimento
allagato dello spogliatoio diventato un pantano in un secondo. A lui
piaceva essere il primo a entrare e il primo a uscire, ma per colpa di
quel portierucolo privo di senso della gerarchia, stavolta gli era
andata male. Guardandosi intorno nello spogliatoio, si accorse di aver
perso di vista Tom, capitano, vicecapitano e Ross.
Domandandosi che fine avessero fatto si infilò nella prima
doccia libera, si lavò in fretta e si sbrigò a
vestirsi mentre gli altri si attardavano pigri e stanchi.
Rinunciò ad asciugarsi per bene i capelli pur di uscire al
più presto dallo spogliatoio e imboccò le scale
con un sospiro liberatorio, trascinando con sé la valigia.
Li trovò al bar, quei tre con Landers. Seduti a un tavolo
parevano confabulare di grandi segreti. Si avvicinò di
soppiatto per captare qualche parola e capire, dalle loro espressioni,
quale fosse l’argomento di conversazione.
Ma Philip lo notò subito.
-Eccolo che arriva.-
Bastarono quelle tre parole per mettere Benji in allarme.
Proseguì guardingo e si fermò soltanto quando
Mark gli gettò addosso con rabbia qualcosa che
volteggiò nell’aria e si fermò ai suoi
piedi. Allora si chinò a raccogliere quella che
scoprì essere una foto.
-Da dove arriva?-
-Dal rullino che l’amica di Julian gli ha gentilmente
sviluppato.- spiegò Philip.
-Bella.- commentò.
-Cosa stavate facendo? Non si capisce.-
-Stavamo parlando, Holly.- il portiere alzò le spalle e
restituì la foto a Julian guardandolo dritto negli occhi
-Come vedi, non stavamo facendo un bel niente.-
*
Una finestra sul fondo che si affacciava sul retro e sui palazzi
dimessi della periferia, spazio sufficiente per quattro letti a
castello addossati alle pareti laterali, due armadi con quattro ante
ciascuno e al centro un tavolo circondato da otto sedie. Philip
valutò pensieroso la camera del dormitorio che lo avrebbe
ospitato per qualche giorno.
-Le stanze non sono male. Certo, un hotel a cinque stelle non le batte.-
-Non siamo ancora abbastanza famosi perché la Federazione ci
prenoti un extra lusso.- disse Julian.
Con il cellulare di Bruce aveva appena inviato a Sally
l’indirizzo del dormitorio. Non era distante dal centro
sportivo ma si trovava in una zona desolata che non presentava
distrazioni: né centri commerciali, né cinema,
né karaoke, né pub. Solo abitazioni, condomini,
palazzine ed edifici plurifamiliari forniti o meno di giardini. Nei
pressi un ristorantino un po’ dimesso, la fermata del treno,
poi scuole, villette e uffici. Nient’altro.
Al primo piano dell’edificio in quel momento si trovava solo
chi doveva depositare i bagagli. Il resto della squadra era rimasto a
digerire la cena nella sala comune, guardando la tv o forse
giocando con la play station. I compagni avevano sistemato le valigie
una settimana prima e si erano anche scelti i posti migliori.
Sedendosi al tavolo, Benji staccò il cappellino dal passante
dei jeans e lo appese alla spalliera della sedia, osservando Julian e
Philip che si trascinavano stanchi per la stanza sistemando le loro
cose.
Solo Mark era sprofondato esausto in un dolce far niente sul materasso
più alto del letto a castello già scelto da
Philip. Segno della sua presenza era solo un braccio, che penzolava
inerte nel vuoto. E la voce.
-Callaghan, guarda se tra le valigie degli altri
c’è quella di Clifford.-
-Perché?-
-Perché russa.-
Il ragazzo setacciò la stanza.
-Questa è di Patrick.- riferì -Questa
è di Eddie Bright. E questa è di Diamond. Sei
fortunato.-
-Anche tu lo sei.- precisò Mark, anche se era
così stanco da non avere la forza di raggiungere gli altri
nella sala comune -Voi scendete? Io credo che resterò a
dormire.-
-Tu sei l’unico che non può farlo.- rise Benji
schernendolo -Stasera hai un appuntamento.-
-Non me ne frega niente. Ci va Julian.-
Ross sospirò.
-Purtroppo vuole uscire con te.-
-Saresti uscito tu con lei?- domandò Philip.
-Io no, ma se fosse stata interessata a Benji avremmo evitato tutte
queste storie.
-Ben detto, Ross.-
La risata del portiere si spense di colpo quando qualcuno
bussò alla porta e la faccia da funerale di Danny fece
capolino nella stanza. Si vedeva lontano un miglio che era nervoso,
teso e preoccupato.
-Dobbiamo scendere. Gamo ha convocato tutti quanti.-
Landers si tirò su seduto.
-Tutti quanti chi?-
-“Quei disgraziati di Shintoku”, ha detto.-
Philip avrebbe voluto seppellirsi sotto le coperte piuttosto che
affrontare di nuovo Gamo. Non ne poteva più,
l’incubo sarebbe mai finito? In mancanza di meglio, intanto
se la prese con Mark che scendeva dal letto a castello.
-Dannazione, Landers! Se metti ancora i tuoi schifosissimi e puzzolenti
piedi sul mio cuscino, ti elimino!-
-Se non ti avrà eliminato prima Gamo.- lo schernì
l’altro. Spalancò la porta e si trovò
faccia a faccia con Tom, Holly e Bruce che li aspettavano nel
corridoio, seri e preoccupati.
-Cos’altro è successo?- domandò Julian
raggiungendoli.
Bruce alzò le spalle.
-E chi lo sa. È un incubo che non finisce più.-
Scesero le scale inquieti e cupi. Danny li precedette nel corridoio che
partiva dall’atrio d’ingresso fino a un piccolo
ambiente eletto da Gamo a suo ufficio personale semplicemente
perché era dotato di computer. Il mister sedeva dietro un
tavolone scuro e lucido con un giornale spiegazzato tra le mani.
Holly varcò per primo la soglia perché Mark lo
spinse all’interno stanza.
-Mister, ci ha fatti chiamare?- si annunciò guardingo.
Gamo sollevò gli occhi dalla pagina, uno sguardo teso,
scontento, deluso e irritato. Poi voltò il giornale verso di
loro.
-Vorrei che mi spiegaste cosa significa questo.-
Incuranti del pericolo, si avvicinarono al tavolo curiosissimi.
-James, riesci a leggere?- sussurrò Jason Derrick strizzando
gli occhi.
L’altro si sporse ancora un po’, poi
rinunciò e scosse la testa.
-Pure la miopia avete identica, voi due…- Patrick Everett
scostò i gemelli infilandosi fra loro -Uhm…
“Titolari”… porca miseria,
c’è la mano del mister…
“Titolari… di calcio”…
uhm… boh… “scuola… scuola
elementare…”-
Clifford, i Derrick e tutti gli altri, si guardarono incuriositi.
-Scuola elementare?- domandò Paul Diamond.
-Che hanno fatto in una scuola elementare?- fece eco Peterson.
Alan Crocker sospirò.
-Qualsiasi cosa abbiano fatto, non vorrei essere nei loro panni per
niente al mondo.-
-Io sì!- l’inaspettata esclamazione di Yuma li
lasciò interdetti -Avrei barattato due o tremila paternali
del mister in cambio di un ritiro come il loro. Avete visto quanto
è arrabbiato Gamo?-
I compagni annuirono all’unisono.
-L’incazzatura del mister ci dà l’esatta
misura di quanto il ritiro sia stato uno spasso. Più sale
una e più sale l’altro!-
Il ragionamento del gigante della Hirado non faceva una grinza.
-Allora dev’essere stato fantastico!- concluse Jason Derrick
-Dobbiamo costringerli a raccontarci tutto!-
D’accordo all’unanimità, tra i compagni
scese il silenzio. Volevano sentire, cercare di capire,
perché sul misteriosissimo ritiro gli amici finora non si
erano lasciati sfuggire neppure una parola.
-Purtroppo da qui non si sente nulla.- Johnny Mason strisciò
lungo il muro, costretto poi a fermarsi all’angolo della
parete cercando di carpire le loro voci senza essere visto.
-NON DIRE IDIOZIE, OLIVER!- Gamo batté sdegnato un pugno sul
tavolo -È stata convocata persino la stampa!-
-Addirittura convocata!- trasecolò Benji -Che esagerazione!
Quei giornalisti non li avevamo neppure visti!-
Mark tentò una spiegazione improvvisata.
-È stato qualcuno del posto che si è divertito a
fotografarci.-
Nella testa di Philip si accese di colpo una lampadina. Qualcuno del
posto! Kevin! Lui sapeva che erano in incognito? Doveva averlo capito
dai loro discorsi. Per come lo conosceva, uno scherzo del genere poteva
essere benissimo opera sua. Osservò ancora una volta il
giornale abbandonato sul tavolo e l’articolo causa di tanto
trambusto. Nella foto che lo corredava c’era persino Jenny,
in un angolo, ritratta accanto ad Amy che però era di
spalle. Il mister non sembrava averle notate, o forse la loro presenza
sul giornale non gli interessava.
-C’è qualcuno che paga i diritti sulla vostra
immagine, lo avete dimenticato?-
Julian scosse la testa.
-Non lo abbiamo dimenticato, ma...-
-Ci pagano una miseria.- lo interruppe Mark.
-QUESTA E’ UNA FORTUNA, LANDERS, VISTI I RISULTATI!-
Marshall varcò l’ingresso del dormitorio
accompagnato dalla stanchezza di una giornata di lavoro impegnatissima.
Kirk Pearson aveva vent’anni e se lui avesse continuato a
tenere il suo ritmo un giorno o l’altro ci sarebbe rimasto
secco. E allora largo ai giovani! I giovani… Appunto.
Dov’erano? Si guardò intorno. Perché
tra i piedi non c’era nessuno? Era troppo presto
perché i suoi pupilli fossero già nelle loro
stanze. Erano appena le nove e mezza e ragazzi di
quell’età erano capaci di andare avanti a far
casino tutta la notte senza neppure risentirne il giorno dopo, beata
gioventù.
E anche quel silenzio era strano, se non addirittura inquietante.
Tenendo stretta la valigia, percorse il corridoio che partiva
dall’atrio e immetteva negli ambienti del piano terra: la
mensa, la cucina, la lavanderia, i bagni, la sala riposo, la sala
conferenze e la sala comune. Poi, nel silenzio, distinse la voce aspra
di Gamo provenire da qualche parte lì vicino. Allora
proseguì lungo il corridoio e, poco più avanti,
scorse senza essere visto ombre accalcate sull’angolo del
muro. Erano quatto o forse cinque componenti della nazionale nascosti
ad ascoltare Gamo che strigliava qualcuno che lui, da lì,
non riusciva a scorgere. Si fermò alle loro spalle per
capire cosa stesse accadendo nella stanza.
-Ci sta andando giù pesante.- commentò piano
Patrick Everett.
-Ha detto che li lascia in panchina o sbaglio?-
Clifford rise.
-Non lo farà mai. Forse ha detto che li lascia a digiuno.-
-Non so cosa sia peggio.-
-Fosse per me preferirei restare in panchina.-
-Ci sei già, in panchina, Alan.-
-Sei un vero amico a ricordarmelo, Johnny.-
James Derrick rise piano.
-Forse questa è l’occasione buona per far scendere
in campo le riserve.-
-Tanto prima di me c’è Ed Warner.-
sospirò Crocker sconsolato.
Freddie si schiarì la voce.
-Sapevo che sarei dovuto andare io.-
Sobbalzarono tutti, più spaventati che sorpresi.
-Buona sera, signor Marshall.- balbettò Alan. Poi
indicò gli sfortunati compagni -È arrivato appena
in tempo per salvarli. Gamo non ha ancora deciso come punirli.-
Freddie sospirò.
-Non sono sicuro di volerlo fare.-
A Yuma che si spendesse o meno per loro importava poco ma
c’era una cosa che intendeva assolutamente mettere in chiaro.
-Si ricordi che ci siamo accordati per avere Callaghan come
vicecapitano.-
-Lo so, Clifford. Ero presente.-
-Allora tenga presente anche che se Gamo ha intenzione di imporci
qualcun altro che non abbiamo eletto a maggioranza, non saremo
d’accordo.-
-È questo che vi ha detto?- chiese sorpreso -Non ne sapevo
nulla.-
-Ce lo ha detto Landers, a cui l’ha detto il mister.- disse
Ralph.
-Se è così, allora devo proprio andare a sentire
cosa succede.-
Trascinandosi dietro il trolley, Freddie entrò nella stanza
salutando il collega e i ragazzi che lo guardarono alquanto attoniti,
decisamente frastornati e parecchio sulla difensiva.
-Ben arrivato.- lo accolse Gamo.
Tom non fu l’unico a ritenere che Freddie fosse arrivato
proprio bene e soprattutto al momento giusto, anche se appariva stanco
e non particolarmente in forma.
Marshall si fermò accanto alla porta, depositò a
terra il bagaglio e tolse il cappotto. Lo agganciò
all’appendiabiti e avanzò verso il tavolo e il
collega, uno sguardo interrogativo a ravvivargli
l’espressione esausta.
-Cos’è successo stavolta?-
Gamo gli porse il giornale, Freddie osservò la foto, diede
una rapida scorsa all’articolo e riappoggiò il
quotidiano sul tavolo.
-È così che avete passato il tempo?-
Gli rispose Philip perché era strasicuro che i compagni si
aspettavano che fosse lui a farlo.
-Eravamo d’accordo con il preside per l’uso del
campo. Non sapevamo del comitato di accoglienza e tanto meno dei
giornalisti.-
Gamo scosse la testa scettico.
-Dovevate aspettarvelo! Ormai siete abbastanza famosi da trovarne
ovunque!-
-Lei non ha idea di cosa sia Shintoku!- rispose Benji -È uno
sputo di paese dove non ci conosce nessuno. E noi siamo rimasti
segregati nel ryokan in cima a una montagna per la maggior parte del
tempo!-
-Sareste dovuti restare lì, tra quelle quattro mura, invece
di uscire e dare spettacolo!- esclamò Gamo -Questa
è la dimostrazione di quanto siate ancora dei mocciosi
inaffidabili!- si accorse che Benji era pronto a ribattere e
aggiustò il tiro -E soprattutto non sei assolutamente
affidabile tu, Callaghan!-
Philip incassò e si stupì quando udì
Mark intervenire in sua difesa.
-Siamo scesi in paese per utilizzare un campo, non per farci
fotografare! Cosa significa che non siamo affidabili? Eravamo
lì per allenarci su uno spazio libero dalla neve!-
Julian annuì.
-Il comitato di accoglienza non era previsto.-
-E tanto meno i giornalisti.- concluse Holly lanciando
un’occhiata a Marshall che li osservava e restava in
silenzio.
Al contrario, Benji aveva tante cose da dire e faticava a trattenersi.
-E poi, mi scusi, ma che razza di ragionamento è il suo? Se
ci fotografano in strada o nei ristoranti infrangiamo qualche
contratto?-
-Non avete rilasciato dichiarazioni?-
Mark era stufo dei rimbrotti.
-Ma se le abbiamo appena detto che non li abbiamo neppure visti! Come
possiamo aver rilasciato dichiarazioni?-
-Gabriel.- intervenne Freddie -Basta perderci in chiacchiere, cerchiamo
di risolvere il problema.-
L’altro rispose brusco.
-E come lo risolviamo?-
-Prepariamo due righe per giustificare la presenza dei ragazzi a
Shintoku. Domani le rendiamo pubbliche e sistemiamo la faccenda.-
Philip pensò che Freddie era fantastico, ma anche stanco del
viaggio, infreddolito e affamato perché probabilmente non
aveva ancora cenato. Per questo voleva risolvere la questione alla
svelta. E loro dovevano approfittare del suo arrivo per mettere fine
alla strigliata e svignarsela.
Gabriel tacque, sebbene avesse ancora parecchie cose di cui
rimproverarli. Rendendosi conto però che Freddie non avrebbe
fatto un passo indietro, si alzò, girò intorno
alla scrivania e si appoggiò contro il ripiano, le braccia
conserte e lo sguardo truce.
-Non sono disposto a tollerare nient’altro. Se non righerete
dritto fino alla partita, vi farò sputare sul pallone tutto
il sangue che vi scorre nelle vene!- fece cenno di rompere le righe e
andò a chiudere la porta dietro di loro -La fai sempre
troppo facile, Feddie. Perché non li hai rimproverati?-
-Non ti sei accorto che invece di incolparsi l’un
l’altro come fanno di solito, si sono appoggiati a vicenda?
È un ottimo risultato, nonostante tutto.-
-Sciocchezze! Hanno solo fatto fronte unito contro di me.-
-Speriamo di no, Gabriel. Speriamo che non sia solo questo.-
Nel corridoio, i sopravvissuti vennero circondati dal resto della
squadra.
-Gamo ce l’ha con noi. Ormai è chiaro.-
decretò Bruce -Ogni scusa è buona per torturarci
ogni volta che può.-
Philip fu d’accordo.
-Era davvero furioso.- lanciò un’occhiata alla
porta chiusa -Speriamo che Marshall lo calmi un po’ o domani
in campo ci massacrerà.-
-Speriamo soltanto voi!- si augurò Jason Derrick -Noi non
abbiamo fatto nulla!-
Holly si fece largo fra i compagni con una faccia da funerale.
-Io vado a dormire.-
Clifford lo fermò.
-Ma se adesso comincia tutto il divertimento.-
-Vale a dire...?-
-Far uscire Landers da qui per l’appuntamento con la barista.-
Holly lo oltrepassò.
-Fossi in voi lascerei perdere. Comunque io non voglio saperne nulla.-
e lo dimostrò sparendo al piano di sopra.
Mark esitò a seguirlo per quell’attimo che fu
decisivo. Julian e Clifford gli sbarrarono la strada.
-Che fai, scappi?-
Bloccato dai compagni, Landers poté soltanto ringhiare.
-Maledetti!-
-Abbassa la voce, imbecille!-
Prevedendo che le lamentele e le proteste sarebbero andate per le
lunghe, Benji lo prese per un braccio e lo trascinò nella
sala comune, nell’angolo più lontano dalla stanza
che ospitava i due allenatori.
-La sfuriata di Gamo non ti è bastata? Vuoi fare il bis?
Anzi il tris... insomma! Ho perso il conto!-
Una mano sulla spalliera del divano, Mark ricominciò a
ringhiare.
-Io non ci vado! Non esco di qui, non mi muovo! È chiaro?-
fissò Julian -Pensi di potermi manovrare anche fuori dal
campo? Non voglio avere niente a che fare con i tuoi intrallazzi,
quella ragazza tu l’hai sedotta e tu ci esci!-
-Insomma Landers!- si intromise Cliffod che si stava divertendo da
matti -Di cosa hai paura? Faremo in modo che Gamo non si accorga di
nulla. O forse è di lei che hai paura?-
-Non ho paura di nulla! Di nulla, è chiaro?-
Philip lo prese per un braccio e lo scosse.
-Mark la smetti di urlare, porca miseria? Finirai davvero per farci
scoprire dal mister e sarà la fine!-
Bruce si portò una mano alla tasca dei pantaloni e
tirò fuori il cellulare che vibrava in modalità
silenziosa.
-Julian, mi sa che è lei. Non riconosco il numero.-
Ross gli tolse il telefonino dalle mani e rispose.
-Sei già qui? Va bene, adesso esce. Arriva tra...-
valutò il compagno e il suo abbigliamento -Cinque minuti.
Dacci cinque minuti.- riagganciò e restituì il
cellulare. Poi tornò ad osservare Mark -Non puoi incontrarla
conciato così.-
Già, perché indossava la tuta della nazionale.
-Ross ha ragione! Vai a cambiarti, Landers! Con quella addosso ti
riconoscerebbe chiunque!-
Mark non fece in tempo a rispondere a tono che Clifford lo
trascinò in camera, cioè dove lui voleva bene o
male tornare. Ma per un motivo totalmente diverso: vale a dire andare a
dormire. Solo che quei simpaticoni dei compagni si mostrarono di
tutt’altro avviso. Con l’orribile sensazione che se
non si fosse cambiato da solo lo avrebbero denudato a forza,
indossò controvoglia i jeans e una felpa griffata di Julian
sotto la minaccia di non ricevere mai palla durante la partita contro
l’Oman. Poi, non contenti, quei maledetti lo spinsero
giù per le scale fino all’ingresso. Non
poté neppure urlare le sue proteste, perché i due
allenatori erano ancora nella stessa stanza in cui Gamo li aveva
strigliati. Sarebbe bastato il rumore di un respiro per metterli
entrambi in allarme e farsi scoprire.
Nel silenzio che li circondava, Mark si convinse che uscire dal centro
sportivo proprio quel giorno equivaleva a un suicidio, lui che aveva
preso parte al ritiro di Shintoku, che aveva allenato dei bambini delle
elementari invece che se stesso nel cortile di una scuola pubblica e si
era lasciato fotografare dai giornalisti. Ora, che Price lo volesse in
panchina per il resto dell’eternità poteva anche
aspettarselo. Ma Ross?
Parlò soltanto quando furono davanti all’ingresso
e sufficientemente lontani dalla stanza occupata da Gamo e Marshall.
-Non vado, Julian. Mi dispiace. Anzi, neppure mi dispiace. Risolvitelo
da solo, il tuo problema.-
Ross fece un cenno a Clifford che spalancò di colpo la porta
d’ingresso. Mentre il freddo entrava, Mark ne usciva, spinto
a forza dai compagni. Incespicò sui gradini ma non cadde, si
volse indietro e inveì contro quei traditori che
attentavano al suo futuro calcistico.
Poi udì dei passi alle sue spalle e tacque di colpo. Si
volse.
La ragazza del bar era proprio dietro di lui e quando la
guardò, lei abbassò immediatamente lo sguardo a
terra. Era così stravolto, Mark, da non notare neppure che
si era truccata, che indossava una gonna cortissima sopra un paio di
stivali col tacco. Non notò gli orecchini che brillavano ai
lati del viso e la camicetta aperta sullo scollo. La tentazione di fare
una strage lì, sui gradini d’ingresso del
dormitorio, riducendo la nazionale di calcio giapponese a una nazionale
di calcio a cinque fu così irresistibile che per impedirselo
dovette strappare dalle mani di Philip la giacca a vento che si era
rifiutato finora di indossare, gettarsela su una spalla e allontanarsi
trascinando Sally con sé.
…Continua
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=63558
|