Snow Time

di Yoshiko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Un magico momento ***
Capitolo 2: *** 1 - Ritiro con sorpresa - prima parte ***
Capitolo 3: *** 1 - Ritiro con sorpresa - seconda parte ***
Capitolo 4: *** 2 - La notte perfetta ***
Capitolo 5: *** 3 - Pesca di sopravvivenza ***
Capitolo 6: *** 4 - Piste da sballo ***
Capitolo 7: *** 5 - Compagni di scuola ***
Capitolo 8: *** 6 - L'amore geloso ***
Capitolo 9: *** 7 - I soliti idioti ***
Capitolo 10: *** 8 - La colpa di Kevin ***
Capitolo 11: *** 9 - Alcol e sapone - prima parte ***
Capitolo 12: *** 9 - Alcol e sapone - seconda parte ***
Capitolo 13: *** 10 - Resa dei conti - prima parte ***
Capitolo 14: *** 10 - Resa dei conti - seconda parte ***
Capitolo 15: *** 11 - Amici e nemici - prima parte ***
Capitolo 16: *** 11 - Amici e nemici - seconda parte ***
Capitolo 17: *** 12 - Tormenta coi fiocchi - prima parte ***
Capitolo 18: *** 12 - Tormenta coi fiocchi - seconda parte ***
Capitolo 19: *** 13 - Ghiaccio infranto ***
Capitolo 20: *** 14 - Fine dei giochi - prima parte ***
Capitolo 21: *** 14 - Fine dei giochi - seconda parte ***
Capitolo 22: *** 15 - Rientro alla base - prima parte ***
Capitolo 23: *** 15 - Rientro alla base - seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prologo - Un magico momento ***


- Prologo -
Un magico momento
 

Era una spiaggia tropicale da sogno.
La sabbia bianca e sottile somigliava allo zucchero, le palme alte e affusolate si inchinavano al cospetto dell’immensità del mare. La distesa oceanica risplendeva delle tonalità del tramonto, mentre il sole si preparava a tuffarsi nell’acqua splendente di miriadi di luci scintillanti. Lo sciabordio della risacca cullava l’atmosfera perfetta. Una leggera brezza agitava i capelli della giovane coppia seduta sulla sabbia, i loro abiti estivi e le grandi foglie delle palme che sussurravano parole d’amore a quel tramonto d’incanto.
Julian sospirò di beatitudine, poi si volse a guardare Amy accoccolata al suo fianco. Anche lei osservava incantata la sfera infuocata del sole che si immergeva fra le onde dell’oceano. Il cielo di quello splendido tramonto era di un rosso intenso che a oriente sfumava già nel violetto del crepuscolo.  Fece correre la mano sul braccio nudo della giovane in una carezza seducente che le provocò un brivido di piacere su, lungo la schiena lasciata scoperta dal tessuto a fiori dell’abito estivo.
“Questo luogo è bellissimo e goderlo insieme a te è un’emozione stupenda.”
Amy arrossì, perdendosi nel suo sguardo pieno di desiderio.
“Oh Julian…” mormorò.
Lui sorrise, abbagliato dallo spettacolo dei suoi occhi scintillanti del riflesso del sole al tramonto. Avvicinò il volto a quello di Amy e sfiorò con le proprie le labbra protese verso di lui, in un bacio che si fece subito ardente come il fuoco. Le braccia di Julian circondarono quel corpo femminile così perfetto nell’adattarsi al suo, ma proprio nell’istante in cui si lasciavano cadere tra la sabbia, il trillo crudele e improvviso di un telefono annientò la magia del momento. Si guardarono costernati, poi la sorpresa di Amy mutò in collera.
“Julian rispondi!”
Il ragazzo si frugò addosso in tutta fretta, alla ricerca di un cellulare che era sicuro di non avere con sé. Si tastò nelle tasche della camicia, poi in quelle dei pantaloncini, cercando la fonte di quel trillo da incubo che continuava insistente. Fu inutile.
Amy si scostò, affondando irritata le dita nella sabbia.
“Julian? Allora?”
“Non sono io.” si guardò intorno ma non vide nulla che potesse dare una spiegazione agli squilli che gli stavano penetrando penosamente nel cervello, seguiti dall’ira della fidanzata. La spiaggia era deserta a parte loro stessi, gli alberi e l’immensità dell’oceano. E un telefono.
Amy puntò su di lui un dito minaccioso e accusatorio.
“Fallo smettere, Julian!”
“Vorrei davvero, ma non so come!”
Tornò a frugarsi disperato nelle tasche ma niente. La fonte di quel suono non veniva fuori e, Julian lo vedeva, Amy stava perdendo la pazienza. Il sorriso con cui lo aveva affascinato giusto una manciata di istanti prima era scomparso dal suo volto. Gli occhi con cui adesso lo guardava, che finora avevano sprizzato amore e passione,  erano socchiusi e carichi di collera. Come se il cambio repentino del suo umore non fosse già sufficiente a esternare la sua contrarietà, Amy si alzò.
“Quando imparerai a spegnere quel maledetto cellulare? Le tue fan ti chiamano in continuazione, in ogni momento! Pure in questo!”
“Ma Amy!” Julian si tirò su con uno scatto e le prese una mano per trattenerla “Ti assicuro che…”
Lei lo spinse indietro, lui inciampò tra i dislivelli della sabbia, perse l’equilibrio e crollò seduto.  Il cielo arrossato del tramonto scomparve, le palme scomparvero, l’oceano scomparve, la sabbia scomparve e scomparve persino Amy.
Intorno a lui il buio delle tende tirate della sua stanza e una debole luce che si insinuava ai lati del tessuto, lasciando scorgere le ombre scure della scrivania, dell’armadio, della libreria, della sedia, della porta. La spiaggia tropicale non c’era più, il suo sogno si era dissolto portandosi via Amy, i suoi baci, il suo amore e fortunatamente anche la sua collera. Soltanto una cosa era rimasta. Quel maledetto suono squillante che stava continuando a perforargli i timpani.
Per sottrarsi al micidiale trillo della sveglia, nascose esasperato la testa sotto il cuscino e tese una mano verso il comodino, urtando un pesante libro in bilico sul bordo del ripiano. L’intensità del tonfo sul pavimento gli fece capire che si trattava del manuale di chimica che aveva tentato di studiare la sera prima, senza troppo successo. Muovendo ancora le dita a casaccio, gettò a terra la matita e probabilmente, anche il cellulare. La sveglia, invece, continuava a trillare. Si tirò su di scatto e lanciò un’occhiata carica di odio all’orologio.
-Sono in vacanza, maledetto te!-
In quel momento prese atto di due cose: che erano le sette e che non era la sveglia a fare tutto quel fracasso.  
-Arrivo, arrivo!- sentì sua madre affrettarsi nel corridoio -Pronto?-
Diamine! Era il telefono di casa! E per averlo svegliato doveva aver squillato a lungo. Ringraziando cielo e terra che il trillo fosse cessato, dopo aver affibbiato un paio di insulti molto sentiti a chi disturbava a quell’ora, Julian sprofondò di nuovo tra le lenzuola pronto a riprendere il sogno così bruscamente e spietatamente interrotto, convinto che adesso le cose con Amy sarebbero andare molto meglio, fino a concludersi in bellezza. Non fece in tempo a pensarlo che sua madre bussò alla porta.
-Julian, tesoro… è per te.-
Il ragazzo si girò sulla schiena, gli occhi al soffitto spalancati di infastidita incredulità. Chi gli voleva così male da chiamarlo tanto presto? Forse l’onirica vendetta di Amy aveva travalicato il sogno? Non sentiva la fidanzata ormai da tre giorni, a parte un paio di suoi messaggi telegrafici che però secondo lui non facevano testo. Nonostante le avesse insistentemente chiesto spiegazioni sulla sua sparizione improvvisa, non era riuscito a scoprire dove fosse andata a cacciarsi e la cosa si stava facendo inquietante, nonché foriera di scomodi dubbi. Solo la fiducia immensa e incondizionata che poneva in lei riusciva a scalzare il sospetto di un doloroso tradimento. Un tradimento del quale, anche tornando indietro con i ricordi, non riusciva ad avere sentore. Quattro sere prima, quando si erano incontrati l’ultima volta e l’aveva invitata a cena per la sera successiva, lei gli aveva detto senza sbilanciarsi che aveva già un impegno e quando Julian aveva rilanciato la proposta per la sera ancora dopo, Amy aveva nicchiato con un sorrisetto di circostanza, facendogli capire al volo che rifiutava l’invito per quello e i giorni seguenti. Il dubbio di non essere al corrente di qualcosa si era insinuato in lui all’istante. Aveva persino pensato che ci fosse sotto lo zampino di sua madre, con la quale la fidanzata ultimamente andava d’accordo a giorni alterni. Ma quando aveva cercato di indagare più a fondo, Amy gli si era avvicinata con tutt’altre intenzioni e tra una cosa e l’altra si era poi dimenticato di informarsi. Forse, pensandoci ora, la sua era stata una ben riuscita manovra diversiva.
-Julian!- la voce di sua madre si fece più vicina e più insistente -Julian, vieni a rispondere. C’è Philip Callaghan al telefono. Dice che è importante.-
Philip Callaghan! Se si fosse trattato di Amy sarebbe saltato giù dal letto… ma Philip! Nulla di quello che doveva dirgli poteva essere così urgente, tanto più che tra poche ore si sarebbero visti! Non poteva aspettare e parlargli più tardi? Che fretta c’era?
-Julian!- insistette la donna, lasciando trapelare un velo di fastidio sufficiente a indurlo ad alzarsi. Sua madre era la persona più petulante del mondo.
-Arrivo…- scalciò via le coperte e balzò giù dal letto, restando impigliato con una gamba nel lenzuolo. Inciampò tra le pieghe della stoffa e cadde in ginocchio -Merda!-
-Julian!- lo rimproverò lei al di là della porta -Sai che detesto sentirti parlare così!-
-Non sto parlando!- gridò di rimando. Stava imprecando, porca miseria. Possibile che sua madre non capisse la differenza? E poi perché non era ancora uscita? In genere lei e suo padre alle sette erano già fuori casa. Agitò un piede per sganciarsi dal lenzuolo aggrovigliato al polpaccio come un’edera, calciando il cuscino dall’altra parte della stanza. Quando fu finalmente libero incespicò sulle pantofole. La fugace impressione di essersi alzato quella mattina più goffo di un elefante in un negozio di cristalli contribuì ad accrescere il suo malumore. Soffocò una nuova imprecazione per non farsi udire da sua madre e non doverla a sua volta sentire, poi raggiunse la porta. Intravide il cappotto di panno blu oltremare della signora Ross svolazzare sulle scale e la sua voce avvertire il papà che stava arrivando. Erano in ritardo come al solito. Presto, molto presto, suo padre avrebbe ripreso l’abitudine di andare in ufficio in anticipo o più tardi, evitando così di fare una parte del tragitto con lei.  
Julian agguantò il cordless appoggiato sulla libreria del corridoio e Philip rispose con voce mielosa al suo poco cordiale grugnito.
“Ciao Julian, come stai?”
-Che or’è lassù da te?-
La scortese domanda che gli rimpallò il ragazzo, lasciò l’altro interdetto. Seguì un attimo di silenzio, durante il quale Julian soffocò uno sbadiglio e Philip pensò in fretta e furia al modo migliore per rendere il compagno più affabile. Julian lo batté sul tempo.
-Insomma, cosa vuoi? Stavo dormendo!-
“Mi dispiace di averti svegliato ma è importante…” esitò “Sai dov’è Amy?”
Una sorta di allarme scattò nella mente ancora assonnata di Julian, il dubbio che aveva rifiutato di mettergli radici nella mente.
-Amy? Mi hai telefonato per parlare di Amy?-
“No, non…”  
-Cosa c’entra Amy?- l’idea, angosciante e inaccettabile, prese forma definitivamente -L’hai forse vista con qualcuno?- qualcuno che non era lui, ovviamente. Impossibile, pensò un istante dopo. Philip abitava troppo lontano. Però forse qualcuno poteva averla vista con qualcun altro e non avendo il coraggio di avvertirlo, aveva lasciato l’incombenza a Philip. Ma perché Philip?
“No, no! Che vai a pensare? Non è niente di tutto questo!” lo tranquillizzò togliendogli un bel peso “Piuttosto, rispondi alla mia domanda.”
-Cos’è un indovinello? O forse mi stai ricattando?-
“Julian, non ti scaldare così! Non ti sto mica insultando! Ti sei alzato con il piede sbagliato?”
-Mi sono alzato all’ora sbagliata!-
Philip soffocò un sospiro, iniziando sul serio a pentirsi di averlo chiamato. Forse avrebbe dovuto telefonare a Bruce, o magari direttamente a Holly.
-Ieri sono rimasto a studiare fino a tardi e grazie a te avrò dormito sì e no cinque ore.-
“A che ora hai messo la sveglia? Devi prendere un aereo… o lo hai dimenticato?”
-Magari lo avessi dimenticato! Non ho nessuna voglia di partire!-
Philip prese definitivamente atto del fatto che chiamarlo non era stata una buona idea.
“Va bene, come non detto.”
-Non provare a riagganciare! Dimmi dov’è Amy, piuttosto, visto che almeno tu lo sai. Perché tu lo sai e io no? Lo sai, vero?-
“Sì, lo so. Amy è con Jenny, Patty ed Evelyn.”
La notizia lo incuriosì. Amy, Patty ed Evelyn si conoscevano ma lei e Jenny non si erano mai incontrate. Tirò giù con un piede il pigiama che sull’altra gamba era rimasto arrotolato sotto il ginocchio, lasciando il polpaccio esposto al freddo mattutino.
-E perché? Cosa ci fanno insieme? Soprattutto dove?-
“Sono in… montagna.” Philip si tenne vago, il tono di Ross non lo invogliava a spiattellargli la verità. Lo sentiva così di malumore che probabilmente, invece di schierarsi dalla sua parte come aveva sperato, avrebbe finito per prendersela con lui. E allora addio complice!
Insomma, aveva fatto proprio male a chiamarlo.
-Insieme? In montagna dove?! Callaghan, piantala con gli indovinelli! Mi sono stancato!-
“Come vuoi. Amy è a Shintoku con le altre.”
-Shintoku. Perché mi sembra di aver già sentito questo nome?- all’improvviso capì e gli ultimi residui di sonno scomparvero d’incanto -Diavolo, Philip! Mi stai dicendo che ci saranno anche loro?-
“Proprio così.”
-Il mister lo sa? E gli altri? E Holly?-
“Sei tu il primo a saperlo.”
-Grazie tante! Bel regalo! Adesso sono finito nei guai anch’io, per complicità.- stufo di parlare in piedi e ormai ben sveglio, si trascinò scontento lungo il corridoio, entrò nello studio del padre e si lasciò cadere sulla poltrona -Come stanno le cose in realtà? Chi ha organizzato tutto?-
“Pensavo che rivedere Amy ti avrebbe fatto piacere.”
-Certo che mi fa piacere! Ma se Gamo lo viene a sapere finiamo tutti nei guai! In guai seri!- per un attimo gli balenò nella mente l’espressione dell’allenatore furiosa a prescindere e l’insopportabile eco dei suoi rimproveri. Rabbrividì -Tu vuoi sentirlo? No, vero? Bene, neppure io!-
“Se nessuno glielo dice non verrà mai a saperlo.”
-Questo lo so! Ma Holly? Secondo te anche lui sarà felice dell’invasione?-
“Credo di sì, perché no? È per questo che ti ho telefonato. Visto che lo vedi prima di me intanto puoi avvertirlo.”
Julian ammutolì e Philip, all’altro capo del telefono, trattenne il fiato. Il silenzio durò mezzo secondo, poi Ross esplose.
-No! Neanche morto! Non dirò nulla, non avvertirò nessuno! Voglio restarne fuori!-
“Ci entrerai lo stesso e sai perché? Perché Amy è a Shintoku e penseranno che sei d’accordo anche tu!”
-Non avresti dovuto fare una cosa simile!-
Philip mentì, appena un pochino.
“Cosa c’entro io? Jenny mi ha telefonato soltanto quando ormai erano tutte lì!”
-Chi le ha detto dove saremmo andati?-
“Amy non lo sapeva?”
-Philip, non farmi scemo. Non sei stato proprio tu a suggerire al mister quell’hotel?-
Seguirono alcuni istanti di silenzio.
“Me l’ha consigliato Jenny.”
-Immaginavo.-
“Cosa avresti fatto al mio posto?”-
-Lasciamo stare. Diamine! Hai fatto un casino!-
“Io non ho fatto niente.”
-Hai ragione, non ancora.-
Philip ingoiò l’accusa, aggrappandosi all’ultimo filo di speranza.
“Allora avvertirai gli altri?”
-Ti ho detto di no! Rifletti un istante, Philip. Se lo sapessero prima di partire qualcuno potrebbe decidere di restare a casa. Mark o Benji, per esempio. O peggio ancora potrebbero andare a spifferare tutto al mister. Immagini cosa succederebbe? Io sì. Lasciamo che ci pensino loro.-
“Loro chi? Le ragazze?”
-Secondo me è la cosa migliore.-
Philip valutò la controproposta. Forse Julian non aveva tutti i torti. Di fronte al fatto compiuto, o meglio di fronte alle ragazze presenti, i compagni avrebbero ingoiato.
“A che ora arrivate?”
-All’una meno un quarto.- Julian soffocò uno sbadiglio e si grattò un ginocchio -Visto che ormai sono sveglio credo che chiamerò Mark, tante volte gli venisse in mente di inventare una scusa per filarsela all’ultimo momento. Gamo questa volta non gliela perdonerebbe. E dato che siamo già nei guai fino al collo, è meglio evitare altri problemi.-
“Credo anch’io. Ci vediamo più tardi.”

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Capitolo 2
*** 1 - Ritiro con sorpresa - prima parte ***


- 1 -
Ritiro con sorpresa
Prima parte
 
 
Erano le sette in punto di un gelido febbraio.
La volta del cielo azzurro profondo senza traccia di nuvole, si scoloriva a oriente nella luce del sole appena sorto mentre brillava a ovest con il blu dello zaffiro. Fujisawa era ancora in gran parte addormentata. Le vacanze scolastiche rallentavano notevolmente il frenetico ritmo della città poiché un buon terzo della popolazione rimaneva a poltrire oltre l’ora di punta mattutina.
Il quartiere in cui la famiglia Hutton aveva traslocato dieci anni prima non era cambiato granché nel corso del tempo. Nessuna nuova costruzione moderna aveva deturpato il paesaggio, nessun trasloco aveva portato negli immediati dintorni vicini maleducati e rumorosi. L’armoniosità e la tranquillità delle villette e dei suoi abitanti era sempre la stessa.  
-Holly, quanto ci metti?-
La voce di Bruce riecheggiò nelle strade silenziose di un quartiere che stava appena iniziando a svegliarsi. Nell’elegante e curato vialetto del giardino di casa Hutton, tre ragazzi attendevano con impazienza che il capitano li raggiungesse. Gli abiti li avvolgevano a strati, terminando con un corredo di guanti e sciarpe. Ma il freddo pungente di quel rigido inverno li stava ugualmente gelando fino alle ossa. I raggi del sole solcavano l’aria trasparente come il cristallo e si riflettevano sulle finestre delle abitazioni circostanti con lame di luce abbagliante che ferivano gli occhi ancora assonnati di Benji, Tom e Bruce. Quel giorno la sveglia aveva suonato troppo presto per tutti.
Benji percorse il vialetto a ritroso fino al cancello, giusto per scaldare i muscoli delle gambe e impedire che i suoi piedi, nell’attesa, si trasformassero in due dolorosi pezzi di ghiaccio. La ghiaia scricchiolò sotto le suole delle scarpe da ginnastica finché non si fermò e gettò un’occhiata distratta alla strada, ancora pressoché deserta. Infilò le mani nelle tasche, tornò dai compagni e li oltrepassò sbuffando, poiché gli seccava da morire essere costretto ad aspettare in strada che Holly finisse di fare i suoi comodi. Il percorso del portiere proseguì verso l’edificio, terminando alla base dei tre gradini d’ingresso, da dove scrutò il corridoio dell’abitazione oltre la porta lasciata socchiusa da Holly stesso. Il ragazzo già pronto per uscire, con la giacca e la sciarpa avvolta intorno al collo, dopo aver aperto e averli salutati era rientrato in fretta e furia e ancora non tornava.
Lo stavano aspettando ormai da cinque minuti così gelidi da essersi dilatati e allungati quanto un’ora.
-Holly! Che stai facendo?-
Bruce si massaggiò le dita intirizzite sotto i guanti di lana che le avvolgevano senza riuscire a ripararle dal freddo. Poi le mise in tasca e riprese a scalpitare impaziente.
-È più lento di Evelyn! Che accidenti sta combinando?-
Tom, appoggiato al muretto dell’aiuola, sospirò. Di indole paziente e tranquilla, provava più fastidio per l’insistenza dei loro richiami che per la lentezza del compagno.
La loro inquietudine non smosse Holly, che continuò a non comparire sulla soglia ma spinse invece sua madre ad affacciarsi. La voce dei ragazzi riecheggiava da troppo tempo nelle strade silenziose del quartiere.
Asciugandosi le mani nel grembiule annodato in vita, Maggie Hutton uscì dalla cucina e lanciò un’occhiata al figlio che stazionava nel corridoio. Holly indossava la giacca a vento e la sua valigia era pronta, vicino alla porta. Tuttavia continuava a restare impalato davanti al telefono, la cornetta accostata all’orecchio, lo sguardo fisso sul portapenne e sul blocco notes collocati sul ripiano. Passandogli accanto, Maggie gli accarezzò la schiena con un gesto affettuoso che conteneva tutta la nostalgia e l’amarezza di una madre nei confronti di un figlio cresciuto troppo in fretta e troppo lontano. Poi lo superò, s’infilò le scarpe, si avvolse in un caldo scialle di lana e uscì sul vialetto, lanciando un’occhiata furtiva alle case circostanti. Se quei benedetti ragazzi avessero continuato a fare tanta confusione, più tardi i vicini sarebbero arrivati a frotte a lamentarsi.
-Buongiorno! Perché non entrate? Vi preparo un caffè al volo!- li salutò con  un sorriso e la speranza di traslocarli all’interno dell’abitazione dove sarebbero risultati meno molesti.
-Grazie, ma non abbiamo tempo. È già tardi. Cosa sta facendo Holly? È in bagno?-
Bruce diede un calcetto spazientito alla valigia depositata ai suoi piedi e solo dopo averlo fatto si rese conto con un sussulto che non si trattava della propria ma di quella di Benji. Il portiere lo incenerì con un’occhiata assassina.
-Se lo rifai ti stacco un piede, Harper.- spostò gli occhi sulla donna -Dov’è Holly? Non ci ha sentiti?-   
-E come avrebbe potuto non sentirci? Ci ha sentito tutto il quartiere.-
Maggie annuì, approvando le sagge parole di Tom. Lo conosceva da quando era bambino e aveva apprezzato fin da subito la sua sensibilità nei confronti del prossimo. Così gli dedicò un sorriso tutto particolare.
-A me?- chiese Benji con aria innocente.
Becker annuì inesorabile.
-Sì, anche tu.-
Il portiere lo liquidò con una scrollata di spalle, poi si rivolse alla donna.
-Holly ha deciso di venire o no? Dov’è?-
-È al telefono.-
Bruce sbirciò curioso attraverso la fessura della porta, che il passaggio di Maggie aveva allargato ancora un poco, consentendogli di individuare agevolmente parte della schiena del compagno che si muoveva e si voltava.
-E con chi?-
-Patty… credo.-
Holly arrivò in quel preciso istante con la valigia in mano, tentando un sorriso che non gli venne granché per parecchie ragioni che non aveva nessuna voglia di analizzare. Quella giornata dal dubbio esito non stava cominciando per niente bene visto che non riusciva neppure a contattare Patty.
-Ciao ma’. Io vado.-
La donna si scostò per lasciarlo passare.
-Mi raccomando, fai attenzione.-
-Non c’è proprio nulla da temere, lo terrò d’occhio io.- replicò Bruce rassicurante.
Lei rise e lo prese in giro con affetto.
-Questa è proprio una delle cose che mi mette più pensiero.-
Il giovane cacciò un sospiro incompreso.
-Mai nessuno che mi apprezzi quanto merito.- disse, fingendosi più afflitto di quanto fosse in realtà e guadagnandoci un affettuoso buffetto dalla donna. Poi seguì i compagni lungo il vialetto fin sulla strada e si volse a salutare Maggie. Lei sollevò una mano e l’agitò sorridente.
Mentre si incamminavano a passo svelto verso la fermata dell’autobus, Benji preferì affiancarsi a Holly per beffarsi del suo umore malinconico piuttosto che indugiare a riflettere su ciò che li aspettava. La dura e insopportabile realtà era che il portiere detestava dover fare quel viaggio, aborriva i giorni che gli si prospettavano davanti. Non riusciva neppure a sfiorare l’idea che una volta raggiunta la stazione ferroviaria di Fujisawa, sarebbero saliti su un treno diretto a Yokohama e da lì su un altro per l’aeroporto di Haneda. Dopodiché avrebbero volato fino in Hokkaido, cioè nella selvaggia Siberia giapponese. Benji, al solo pensiero, sentiva un gelo profondo e micidiale penetrargli nelle ossa. Se proprio dovevano riunirsi per quel maledetto ritiro, perché non Okinawa? Al mister non importava dove avrebbero soggiornato e a Okinawa avrebbero evitato non solo di morire di freddo ma anche di caricare le borse di maglioni di lana. E poi a Okinawa ci sarebbe senz’altro stato da svagarsi, molto più che in Hokkaido, l’isola di Callaghan, dei lupi e degli orsi. Bah…
-Allora, romanticone, stavi salutando la tua bella?-
-Se proprio vuoi saperlo, no.- la voce di Holly risuonò abbastanza seccata -Non l’ho salutata. Il suo cellulare è staccato e casa non c’è. Sua madre mi ha detto che è partita.-
-E perché te l’ha detto sua madre? Perché non te lo ha detto lei? E dov’è andata? Quand’è partita? Con chi?-
Tutte quelle domande in successione infastidirono Holly semplicemente perché erano le stesse che si stava ponendo lui da almeno un paio di giorni, senza peraltro riuscire a darsi una risposta.
Benji lo scrutò, chiudendo in bellezza la tirata.
-Avete litigato?-
-No!-
Holly allungò il passo per lasciarlo indietro insieme alla sua curiosità e procedette lungo il marciapiede pensieroso, tenendo gli occhi fissi al suolo. Quegli ultimi giorni Patty era stata sfuggente come un’anguilla e criptica come un rebus. Cosa stava accadendo? Erano in crisi e lui non se n’era accorto?
Benji gli rispuntò accanto.
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Allora cosa è successo?-
-Non lo so.- ammise con un moto di fastidio. Perché quel terzo grado? Perché Benji non si faceva gli affari suoi? Glielo chiese.
-Ma questi sono affari miei! Sono anni che ci conosciamo, permetti che mi interessi?-
Holly alzò gli occhi al cielo.
-Sarà fuggita con qualche bel ragazzo che la considera più importante di un pallone da calcio.- rise Bruce.
Holly non replicò. La battuta era scontata e non fece breccia nella sua inquietudine.
-Non è da lei comportarsi così, andarsene senza dirmi nulla. Non ha pensato che mi sarei preoccupato?-
-Sei preoccupato?-
-Come potrei non esserlo?-
-E cos’è che ti preoccupa?-
Holly fu colto da un pensiero improvviso. Riflettendoci bene, forse l’altro giorno Patty aveva accennato qualcosa riguardo una partenza, ma lui stava seguendo la rubrica sportiva in tv e non le aveva prestato attenzione. Forse, invece del cronista, avrebbe dovuto concentrarsi sulle sue parole… Com’era potuto accadere? si chiese incredulo. Patty sapeva benissimo che il momento della rubrica sportiva non era il più adatto a discutere di cose importanti.
-Che vuoi farci, le donne… beato chi le capisce!- Bruce sospirò -Anche Eve non si fa sentire da tre giorni.-
-Non potevi chiamarla tu?- chiese Tom candidamente.
-Credi che non l’abbia fatto? Al cellulare non risponde. Ho provato a casa ma i suoi genitori hanno detto che è via da un’amica.- il giovane alzò le spalle -È partita senza neppure avvertirmi.-
-Perché probabilmente non è andata da un’amica ma da un amico.-
Bruce lanciò a Benji un’occhiata infastidita, poi Tom riportò il discorso al presente e su questioni meno spinose.
-Hai parlato con Julian, Holly?-
-Ci aspetta all’aeroporto di Haneda.-
-E Mark?-
-Non sono riuscito a contattarlo. Il suo cellulare era staccato.-
-Speriamo sia sparito anche lui.- borbottò il portiere -Magari con Evelyn!- rise della sua stessa battuta.
-Per favore Benji, non cominciare fin da ora.-
-Holly ha ragione. Perché per una volta non provi ad andarci d’accordo?-
-Scherzi, Tom? Il solo pensiero mi dà il voltastomaco. Io non ho niente da spartire con quel troglodita ignorante e con il cervello nei bicipiti!-
Holly sospirò.
-Ho come la sensazione che la mia pazienza stia cominciando a esaurirsi.-
-Di già? Non siamo ancora partiti!-
Il ragazzo lanciò un’occhiata a Bruce.
-Forse sto invecchiando.-
-Su, non dire così…- il placido Becker gli diede una pacca incoraggiante -Sei depresso perché non sei riuscito a salutare Patty, ma vedrai che quando saremo tutti insieme andrà molto meglio.-
Holly gli lanciò un’occhiata scettica mentre percorrevano di gran carriera l’ultimo tratto di strada per raggiungere la fermata dell’autobus. Non credeva neanche un po’ alle sue parole, ma pensò bene di non distruggere il fiducioso ottimismo del compagno, che ci metteva così tanta buona volontà a far andare d’accordo tutti.
-Allora, vi muovete?- li chiamò Benji.
Holly si accorse che erano rimasti indietro quando vide Bruce e il portiere già sotto la pensilina della fermata. Fecero appena in tempo a raggiungerli che l’autobus comparve all’orizzonte, venendo giù dalla discesa della collina dove sorgeva il santuario shintoista più grande della città. Quante volte aveva percorso la sua ripida scalinata di pietra che si inerpicava tra alberi di ginko palleggiando prima in salita e poi tutto in discesa, ottantacinque scalini che ti riducevano i polpacci allo stremo... Ah, bei tempi!
La vettura si arrestò davanti a loro e la porta anteriore si spalancò per lasciarli salire. Montarono uno dopo l’altro, prendendo posto in un autobus semivuoto. L’autista ripartì di gran carriera ma svoltate due strade, attraversati tre incroci e un passaggio a livello, dopo pochi chilometri e ancor meno fermate, si ritrovarono definitivamente imbottigliati in una coda interminabile di veicoli diretti nella loro stessa direzione, vale a dire verso Tokyo.
Nonostante la vettura si muovesse a passo di lumaca, all’inizio Benji fu l’unico a non farci caso. Dopo aver sprecato giusto un paio di pensieri a chiedersi dove fosse finita Patty e appena uno per porsi la stessa domanda su Evelyn, era tornato ad angustiarsi sullo scopo di quel viaggio e sulla loro meta finale finché il suo sguardo afflitto era stato catturato dalla ragazza che sedeva dal lato opposto, poco distante da lui, occupata a digitare un messaggio al cellulare, sulle labbra un sorrisetto dedicato al suo invisibile interlocutore. Non era una grande bellezza ma aveva una massa di capelli stupendi che attiravano inesorabilmente, come una calamita, la sua totale attenzione. Non ne aveva mai visti di così: neri, lunghi, lisci e splendenti come fili di seta. Le scendevano giù dritti ai lati del volto, si adagiavano morbidamente sulle pieghe del cappotto color crema e le arrivavano alla vita. Oltre i capelli c’era la bocca. Brillava di un velo di lucidalabbra rosa che la faceva apparire simile a una fragola matura.
-Perché tutto questo traffico proprio oggi?-
Benji venne distolto dalla contemplazione dalla voce di Bruce e spostò controvoglia, giusto per un istante, gli occhi dalla giovane ai fanalini di coda dei veicoli che li precedevano. Poi tornò a guardarla, incantato da quei fili di seta nera che gli era venuta una gran voglia di toccare. Alla fermata successiva lei scese e ogni possibile fonte di distrazione scomparve.
Realizzò così anche lui che a causa dell’intenso traffico rischiavano di perdere il treno. Cosa che poteva rappresentare una valida scusa per tornare a casa e trascorrere ciascuno per i fatti propri le due settimane che avrebbero dovuto invece dedicare al ritiro in Hokkaido, se la scelta di disertare l’incontro non avesse avuto come conseguenza quella di scatenare le ire funeste di Gamo. Il fatto era che non aveva vie d’uscita. Era costretto a partecipare a quella gita e un ritardo sulla tabella di marcia avrebbe soltanto compromesso tutte le tappe del loro lungo e indesiderato viaggio.
Seduto dall’altra parte del corridoio Holly si volse verso Tom e i loro sguardi si incontrarono. Becker accennò un sorriso rassicurante mentre Bruce, spaparanzato al suo fianco, si sporgeva tra i sedili per scrutare la strada oltre la cabina dell’autista. La carreggiata era un serpente lunghissimo di auto in coda di cui era impossibile scorgere la fine. Harper si alzò, raggiunse il conducente e osservò perplesso la strada.
-Si tenga sulla destra, la fila scorre più veloce.-
Il conducente era uomo sulla sessantina, con la divisa di ordinanza comprensiva di cappello e guanti bianchi, una statura mingherlina e un paio di radi baffi tendenti fortemente al grigio. Il consiglio lo seccò parecchio e con un moto di fastidio spostò gli occhi dalla carreggiata al ragazzo che lo fissava dietro il vetro divisorio della cabina.
-Questo è un autobus, non una motocicletta.-
Espressa con convinzione la sua perla di saggezza, tornò a seguire rassegnato l’andamento del traffico. La vettura che lo precedeva si mosse e lui sollevò il piede dal freno, consentendo all’autobus di avanzare di qualche metro.  
Dopo una manciata di minuti, Tom si alzò e si avvicinò a Holly.
-Forse faremmo prima a piedi.-
-Mi sa che hai ragione.-
Tom raggiunse Bruce e si sporse verso il conducente.
-Mi scusi, ci farebbe scendere per favore?-
-Impossibile. Non siamo sulla fermata.-
-Ma se lei non ci fa scendere, noi rischiamo di perdere il treno.- insistette Bruce -Non potrebbe fare un’eccezione, per una volta?-
-È contro il regolamento.-
-Ma noi stiamo facendo tardi.- insistette petulante.
-Come può ben vedere, la colpa non è mia.-
-Però potrebbe farci scendere.-
I guanti bianchi di ordinanza si contrassero sul volante, mentre l’uomo prendeva in seria considerazione l’idea di sbarazzarsi di quei fastidiosi passeggeri.
-Quanto manca alla prossima fermata?-
-Se andiamo avanti di questo passo, più o meno un anno.-
Rispondendo a Bruce, l’autista non tentò neppure di dissimulare lo scherno che gli incurvò le labbra, ma l’effetto pungente di quella replica si perse nella brusca frenata a cui fu indotto dalla vettura che li precedeva e che era tornata a fermarsi.
L’improvviso arresto dell’autobus colse impreparato Benji, che si era appena alzato per raggiungere i compagni. Catapultato in avanti dalla frenata, inciampò nella propria valigia. Perse stabilità, un piede bloccato tra le ruote del trolley, l’altro a cercare scompostamente di superarlo. Cadde, e con un guizzo fulmineo si aggrappò alla spalliera di un sedile laterale stringendo la presa. Per pochissimo non rotolò a terra. Ondeggiò avanti e indietro nello spazio vuoto dell’abitacolo come un pendolo e quando le sue dita scivolarono dolorosamente via dal sedile, si salvò dalla caduta abbracciando un paletto di sostegno. Come se l’urto con il cilindro di acciaio non bastasse, sbilanciato a sua volta Holly gli piombò addosso a peso morto, togliendogli il respiro.
-Cazzo!-
-Scusa Benji, non l’ho fatto apposta.-
-Vorrei vedere! Chi ha dato la patente a quest’imbecille?-
Nel silenzio dell’autobus l’imbecille lo udì, sollevò di scatto gli occhi allo specchietto puntato verso l’interno della vettura e lanciò al portiere una lunga occhiata contrariata che il giovane sostenne senza batter ciglio. Tanto che ad abbassare per primo lo sguardo fu proprio l’autista. Mentre arrivavano proteste anche da parte degli altri passeggeri, furibondo e umiliato il conducente arrestò la vettura da quel passo di lumaca che ormai rimaneva costante da dieci minuti pieni e abbondanti e aprì la porta anteriore senza proferire parola. Una discesa fuori fermata non era prevista dal regolamento e lui finora, in ventott’anni di servizio, non l’aveva mai addirittura contemplata. Ma a tutto c’era un limite!
I ragazzi colsero l’invito al volo, recuperarono in fretta i bagagli e scesero di corsa.  
-È stato gentile ad aprirci.- disse Holly quando fu sul marciapiede. Si volse a ringraziare ma l’autobus era già ripartito.  
-Gentilissimo.- gli fece eco Bruce.
Benji li riscosse.
-Se non vi muovete perderemo davvero il treno!-
Corsero lungo il marciapiede superando la lenta fila di macchine in coda. Arrivarono al semaforo e attraversarono la strada quando ormai il verde dei pedoni era sul punto di mutare in rosso. Voltarono l’angolo e nella loro folle corsa quasi travolsero una ragazza vestita da pinguino che distribuiva volantini davanti al McDonald’s. Superarono l’ufficio postale, il parcheggio a pagamento, la fermata dell’autobus che era stata la loro meta originaria e finalmente raggiunsero l’edificio della stazione.
-Holly! Tom!- ansimò Bruce senza fiato. Una decina di metri più in là, gli amici avevano appena varcato l’ingresso lasciandolo paurosamente indietro -Aspettatemi! Non ce la faccio più!-
Un bel pezzo avanti, Benji si volse e rise.
-Il treno non aspetta, Harper! Sei davvero fuori forma. Sarai l’unico a cui il ritiro farà bene!-
Il portiere non aveva tutti i torti visto che Bruce li raggiunse alle biglietterie automatiche completamente spompato, la lingua di fuori e la milza che gli bruciava in modo insopportabile.
La stazione di Fujisawa era relativamente piccola ma molto frequentata grazie alla sua vicinanza con Kamakura, storica cittadina che si affacciava sull’oceano. Località di villeggiatura di spicco per le sue spiagge ventilate meta di surfisti, era rinomata specialmente per la presenza di dozzine di pittoreschi templi buddhisti e santuari shintoisti che richiamavano visitatori da ogni parte del Giappone e del mondo. Turisti e sportivi di passaggio affollavano di riflesso anche Fujisawa, snodo ferroviario sulla linea rapida Tokyo-Kyoto.
Tutta quella gente rese il tratto dalle biglietterie al binario un vero e proprio percorso a ostacoli. Il rapido per Yokohama venne annunciato in arrivo mentre Bruce ancora infilava gli spiccioli nella macchinetta dei biglietti.
-Harper, muoviti!- lo sollecitò Benji volando su per le scale.
Corsero attraverso il sovrapassaggio mentre i vagoni si arrestavano sul binario e s’infilarono dentro in quell’attimo sospeso tra il segnale sonoro della chiusura e l’effettivo blocco delle porte. Poi il treno si mosse.
-Appena in tempo. Pensavo di non farcela!- Bruce si aggrappò esausto a un paletto di sostegno, ansimando per la corsa -Ho bisogno di acqua. Avete dell’acqua?-
I tre scossero all’unisono la testa. Tom alzò gli occhi alla pianta del treno appesa in alto tra le pubblicità, sopra le porte.
-Forse c’è un distributore automatico in uno dei vagoni. Proviamo a vedere.-
Percorsero il convoglio per buona parte della sua lunghezza in una infruttuosa ricerca. Alla fine rinunciarono.
-Ci sono dei posti, mettiamoci qui. È il vagone meno affollato.-
Benji si volse sgomento verso Tom.
-No, qui no.- dichiarò risoluto e proseguì in direzione della porta che comunicava con la carrozza successiva. L’avrebbe volentieri oltrepassata se Holly non l’avesse richiamato con asprezza.
-Ci fermiamo qui, Benji.-
L’equilibrio psichico del portiere ebbe un improvviso cedimento. Il suo istinto di sopravvivenza gli diede un calcione verso la porta che separava i due vagoni. Si volse non per tornare sui propri passi e ubbidire all’ordine perentorio del capitano, quanto per perorare le proprie ragioni. Con grande disappunto si accorse invece che i compagni stavano prendendo posto senza esitazione in alcuni sedili liberi. Allora si guardò intorno costernato, mettendo a fuoco ciò che aveva finto di non vedere e che aveva tentato di ignorare schermandosi i sensi della vista e dell’udito. Il vagone era sì meno affollato degli altri, ma in compenso i suoi occupanti erano un’orda di bambini vocianti e confusionari che stavano facendo di quella carrozza un inferno in terra. Era palese che, pur di non restare invischiati neppure un attimo tra gli schiamazzi, i viaggiatori avessero preferito strizzarsi negli altri vagoni.  
Tornò verso Holly e lo fronteggiò.
-Perché qui?-
-Perché qui no?-
Con un gesto del braccio racchiuse ogni singolo posto occupato da un minorenne.
-È così ovvio!-
-Sono solo dei bambini, Benji!- si spazientì Holly.
-E ti pare poco?-
Il capitano gli lanciò un’occhiata storta mentre ficcava il trolley nel portabagagli sopra i sedili che avrebbero occupato lui e Tom.
-Mettiti lì Benji, c’è posto.-
“Lì” non era certo il sedile che il portiere avrebbe desiderato occupare, proprio di fronte a dove si stava accomodando Bruce, che lo osservava divertito. Sembrava essersi completamente ripreso dallo sforzo della corsa, tanto da trovare persino la voglia di prendersi gioco di lui.
-Che fai, ti siedi?-
Il portiere si fece largo tra quella calca vociante e si lasciò cadere sbuffando sul sedile. Dopodiché manifestò ai compagni la propria contrarietà, calcandosi il cappellino in testa e abbassando la visiera sugli occhi.
A quel punto non gli restava altro da fare che sforzarsi di ignorare la confusione. Ma come poteva, maledizione? I bambini erano tanti, per lo meno una quarantina di piccoli animaletti scatenati ed eccitati dalla novità del viaggio. Non solo totalmente incapaci di rimanere seduti composti, ma persino di stare in silenzio per più di un minuto ciascuno. Un tale baccano non ricordava di averlo mai udito neppure a scuola durante l’ora di ricreazione, quando frequentava le elementari nell’elegantissimo istituto privato della Saint Francis.
Lui e Bruce occupavano i sedili esterni di quattro e sui restanti, lato finestrino, Benji faceva in modo di non dirigere lo sguardo per ignorare al meglio i due marmocchi lì seduti. Avrebbe dovuto scegliere con più cura il suo posto e non dar retta a Holly. Lui e Tom sì che erano capitati bene. Per caso o per consapevole scelta, si erano sistemati di fronte a una coppia di bimbe precoci e procaci che li riempivano di sguardi pieni d’ammirazione, così dissonanti con la loro giovane età. Quei quattro sedili isolati dalla confusione dei maschiacci erano circonfusi di una tranquillità idilliaca.
Benji fece saettare lo sguardo sotto la visiera in direzione dei suoi vicini di posto più prossimi. La confusione del vagone gli stava urtando i nervi, messi già duramente alla prova dal fatto stesso di essere su quel maledetto treno invece che a farsi i fatti propri con chi voleva e non con chi Gamo aveva scelto per lui.  
E invece no, era in viaggio verso l’Hokkaido di Callaghan e degli orsi. Un concetto così assurdo che per crederci doveva continuare a ripeterselo come un mantra, ed era impossibile riuscire a farsene una ragione. Sospirò in sordina e spostò lo sguardo sul ragazzino che sedeva di fianco a Bruce. Un paio di occhiali sul naso e la faccia da secchione, leggeva un manga in un mite silenzio. Al contrario, il marmocchio che gli era toccato accanto, seguitava ad alzarsi e sedersi di continuo, facendo la spola tra il proprio posto e gli amichetti sparpagliati nel vagone, aprendosi un varco tra le ginocchia sue e di Bruce a suon di spinte e manate senza porsi il problema di disturbarli. Anzi, si era scusato solo all’inizio, come se quell’unica volta avesse dato il via libera a ogni passaggio successivo.
Accompagnato da un grido acuto che gli penetrò all’istante nel cervello, il musetto sorridente di un bambino apparve sullo schienale alle sue spalle.
-Teddy, vieni a vedere che sta facendo Meg!-
Figuriamoci se Teddy si perdeva lo spettacolo. Il bambino saltò giù dal sedile con energico entusiasmo e scosse l’amico secchione per la giacca.
-Vieni, Mik?-
Michael alzò il naso dal manga quanto bastava per rivolgergli un’occhiata completamente disinteressata.
-Non mi va.-
Il rifiuto non scoraggiò Teddy. Desideroso di raggiungere gli amici, s’infilò come un tornado tra le ginocchia dei ragazzi.
Ma stavolta no. Benji era stufo di tutti quei viavai. Si tese, piantò saldamente i piedi a terra e bloccò il passaggio. Nei suoi occhi guizzò un lampo e da sotto la visiera ghignò un avvertimento.
-Perché non leggi qualcosa anche tu? Sai leggere, vero Teddy?-
Teddy annuì. Certo che sapeva leggere. Sapeva leggere benissimo e stava anche per dirlo a quel signore. Ma l’atteggiamento maldisposto che si ritrovò ad affrontare lo indusse d’istinto a indietreggiare. Si volse in cerca della solidarietà e dell’appoggio di Mik contro quella vera e propria prepotenza ma l’amichetto, immerso nelle pagine del manga, non si era accorto di nulla.
Incastrato al suo posto, Teddy dovette rinunciare afflitto al giro di perlustrazione e tornò a sedersi mogio mogio.
Soddisfatto del buon esito della manovra intimidatrice, Benji si sistemò meglio sul sedile e si impose di rilassarsi, senza tener conto che l’ottimismo dei bambini è inesauribile e l’inattività genera noia nel tempo di un istante. Dunque, straconvinto di aver sradicato il problema una volta per tutte, si rifiutò di notare che più i minuti passavano e più Teddy ritornava a essere irrequieto, dando cenni via via più espliciti di impazienza. Logicamente era sempre più stufo di star seduto senza far niente e i suoi piedini che avevano preso a battere impazienti contro il bordo inferiore del sedile ne erano un chiaro segnale. D’altra parte quel martellamento a Benji stava cominciando a dare seriamente fastidio. In che modo farlo smettere se non legandogli le gambe?
Mentre rifletteva su come risolvere anche quel problema, Teddy tirò su da terra lo zainetto e prese a frugare al suo interno. Benji sperò, anzi quasi pregò, che ne estraesse un libro. Invece tra quelle piccole dita frenetiche comparve una macchina giocattolo. Una bella Ferrari rossa, nuova e fiammante, grosso modo delle dimensioni di una pallina da tennis. Era un regalo dei nonni per il compleanno festeggiato la settimana prima e tutti i compagni della sua classe gliela invidiavano. Per questo l’aveva portata con sé. La fece correre avanti e indietro sulle gambe, mostrandola al mondo in tutta la sua sfolgorante bellezza, certo che i suoi vicini adulti gliel’avrebbero invidiata anche loro. Il percorso della Ferrari proseguì quasi timidamente sul bracciolo in comune, inducendo Benji a spostare il gomito per non essere investito.
Teddy era certo che prima o poi quel tipo torvo che gli aveva impedito con tanta cattiveria di raggiungere gli altri, lo avrebbe pregato di fargliela tenere in mano, proprio come era successo con i suoi amichetti. Passò un minuto, ne passarono due ma la richiesta non arrivò. Così l’automobile rossa iniziò un vero e proprio viaggio.
La tenuta delle gomme venne testata sul vetro del finestrino, sulle gambe di Mik e sulla sua giacca a vento. Il ragazzino scacciò il fastidioso molestatore con una manata e un mugolio di protesta che non fece demordere l’energico pilota. Teddy cambiò sì percorso ma per dare un tocco di realismo, completò l’esibizione della Ferrari emettendo un borbottio a imitazione del motore. Con la speranza che la benzina finisse presto, Benji sollevò il viso e incrociò gli occhi di Bruce, illuminati di genuino divertimento.
Dopo un paio di metri percorsi in lungo e in largo, Teddy parcheggiò la vettura sul margine più esterno del sedile e si guardò intorno esterrefatto. Possibile che nessuno volesse giocare con lui? Mik continuava a voltare una pagina dopo l’altra e quei due signori non sembravano interessati alla sua macchinina nuova. Innervosito dall’indifferenza che lo circondava, ricominciò testardamente il suo giro. In piedi nello spazio tra i sedili, fece arrampicare la piccola automobile su per la spalliera libera fin dove riuscì ad arrivare. E quando il suo braccio si tese allo stremo, si accorse che la Ferrari non avrebbe raggiunto il poggiatesta, la meta più alta. Sia mai!
Montò in ginocchio sul sedile, aggrappandosi alla spalliera con una mano e stringendo la macchinina nell’altra. E con la stessa baldanza di chi ha raggiunto la cima dell’Everest dopo giorni di estenuanti arrampicate tra i ghiacciai, si affacciò dall’altra parte. Le risate allegre e divertite dei compagni nei quattro sedili successivi lo investirono con un contrasto così netto rispetto al silenzio da cui era circondato, che una curiosità viscerale lo assalì. Si spencolò più che poté oltre il poggiatesta per guardare dall’altra parte e il motore della Ferrari si spense del tutto.
-Meg, che stai facendo?-
Intanto gli occhi di Benji seguivano con preoccupazione le suole delle scarpe del bambino, che guizzavano qua e là senza una logica arrivando vicinissime ai suoi jeans. Spostò le gambe più che poté, urtando quelle di Bruce. E non appena si reputò salvo, un colpo improvviso fece sobbalzare la visiera del cappellino. Un piccolo gomito la sfiorò di nuovo mentre il ragazzino si sporgeva a scatti, come se cercasse di afferrare qualcosa.
-Ridammela, Meg!-
Dovevano avergli soffiato la Ferrari. Alleluia!
Quel barlume di intensa soddisfazione lo indusse a spostare gli occhi ai compagni lontani. E il sorriso gli svanì di colpo dalle labbra quando li trovò a godersi spensierati l’interesse di un intero gruppo di bambine. Non più soltanto le due che sedevano di fronte. Se ne erano aggiunte altre tre in piedi nel corridoio e una di loro teneva una mano sul ginocchio di Holly, un po’ a sostenersi, un po’ attratta dal ragazzo, ascoltandolo parlare rapita. Aveva lo stesso sguardo incantato di Patty alle scuole elementari.
-Teddy, stai seduto composto.- la voce ragionevole di un adulto riportò il bambino sul sedile. Il capogruppo percorse il corridoio, cercando di richiamare all’ordine il vagone. Chiaramente senza troppo successo, visto che dopo il suo passaggio la confusione ricominciò identica.
Infatti, dopo una brevissima tregua, un altro colpo arrivò improvviso sul cappellino di Benji, facendo balenare un lampo di collera sotto la visiera. Il terzo colpo fu quello decisivo. La macchinina piombò giù, finendogli in grembo. L’afferrò fulmineo, prima che riuscisse a farlo Ted. Bruce temette che la fracassasse e fu tentato di sottrargliela.
Il bambino tese fiducioso una mano per farsi restituire il giocattolo. Benji non si mosse, si limitò a fissarlo.
-Apri bene le orecchie, pulce! Se non la pianti all’istante, te la faccio ingoiare, questa Ferrari!-
Gli occhi, il tono e la voce di quell’adulto a Teddy non piacquero per niente. Lasciò perdere i compagni, ripose prudentemente la macchinina nello zaino e dopo aver mentalmente soppesato le scarse alternative che teneva disordinatamente ammucchiate al suo interno, tirò fuori un manga tutto spiegazzato. Cercò lo sguardo di Mik, neanche stavolta lo trovò e si rassegnò a leggere. Lo fece ininterrottamente, finché non arrivarono a destinazione.

Il sole era alto nel cielo quando giunsero ad Haneda e il tepore dei suoi raggi aveva iniziato a riscaldare la rigida mattina invernale. I corridoi della stazione del treno li catapultarono direttamente all’interno dell’aeroporto e, varcato il controllo dei biglietti ferroviari, si fermarono discosti dal viavai fitto e continuo dei passeggeri. Tom accantonò la valigia da un lato e si guardò intorno.
-Non vedo Julian. Dove ti ha detto che ci avrebbe aspettati?-
-Esattamente qui.- rispose Holly.
Bruce lo individuò e lo indicò agli amici.
-Infatti eccolo!-
La sciarpa avvolta intorno al collo a coprirgli mezza faccia, Ross stazionava nei pressi delle uscite da una buona mezz’ora e si stava annoiando da matti. Soprattutto aveva sonno e sbadigliava a ripetizione. Quando si sentì chiamare si volse e si staccò dal pilastro che aveva sostenuto finora il peso del suo corpo. A terra c’erano due borse. Aspettò che i compagni lo raggiungessero, poi abbassò la lana sotto il mento per scoprire la bocca e salutarli.
-Sei in incognito?- domandò Bruce curioso, lanciando sguardi qua e là senza tuttavia trovare nessuno che li osservasse con interesse.
-Quando sono arrivato sono stato fermato per un autografo e mi seccava che la cosa si ripetesse.-
-Ragazze?-
L’altro annuì e Bruce si lasciò andare a un moto di invidia e sconforto.
-C’era da scommetterci. Carine?-
-Ero di fretta e non le ho guardate.-
-Sono sicuro di sì, invece.-
-E allora cosa lo chiedi a fare? Come mai ci avete messo tanto?-
-Siamo stati travolti da una scolaresca.- lo sguardo di Tom era carico di divertimento quando lanciò un’occhiata allusiva a Benji che non raccolse la provocazione -Dov’è Mark?-
-È andato a comprare qualcosa da mangiare. Dice che non ha fatto colazione.-
-Io la rifarei volentieri.- sospirò Bruce.
Holly, chino a terra, aprì la borsa e frugò al suo interno spiegazzando buona parte dei vestiti.
-Dove accidenti sono finite?-
-Cosa?-
-Le prenotazioni del volo… Eccole.- tirò fuori un fascio di fogli, li scorse rapido e li rificcò tutti nella borsa, tranne una pagina stampata al pc. La porse a Tom e richiuse la zip.
Un cellulare trillò tra loro con inaspettata e improvvisa allegria. Holly si tirò su di colpo, scrutando i compagni con uno sguardo assassino così insolito sul suo volto da incutere davvero timore.
-Cos’è?-
Ma lo sgomento non era solo del capitano. Quel trillo tra loro non avrebbe dovuto suonare perché i cellulari, nei ritiri, erano banditi. Su questo punto si erano trovati sempre tutti d’accordo per anni, o almeno così si era illuso Holly. Scrutò i compagni uno per uno e fu semplicissimo indovinare chi non aveva rispettato il patto. Figurarsi, conosceva troppo bene i suoi polli.
Bruce, le mani in tasca, fissava un punto lontano spostando a disagio il peso del corpo da un piede all’altro, neanche stesse calpestando dei carboni ardenti. Nel frattempo il telefonino continuava a vibrargli nella tasca.
-Almeno spegnilo!- lo aggredì Holly.
Bruce annuì subito e lo tirò fuori all’istante. Chiuse la chiamata attaccando in faccia a sua madre, che non avrebbe potuto telefonare in un momento meno opportuno. Che accidenti voleva?
-Perché l’hai portato? Avevamo detto niente cellulari!-
La risposta del ragazzo fu un incrocio tra una supplica e un lamento.
-È per Evelyn! Visto che non so dov’è e visto che lei non sa che non l’avrei portato con me, ho pensato che se mi avesse cercato non avrei potuto risponderle!-
-Quando arriviamo al ryokan te lo requisisco!-
A infastidire di più Holly era che nonostante non fosse riuscito a contattare Patty, aveva diligentemente lasciato il cellulare a casa. A dirla tutta, l’idea di portarlo al ritiro non gli era proprio passata per la testa. Certe volte era così ingenuo… e stupido.
Mark sopraggiunse alle sue spalle con incedere felino e il suo saluto brusco lo fece sobbalzare.
-Ciao.- disse a tutti lasciando che i suoi occhi si posassero per ultimi su Price -Ho sperato fino all’ultimo che non venissi.-
-Anch’io. E invece...- il portiere lasciò il proprio scontento a metà, costretto a prendere atto della presenza dell’eterno rivale.
Con un gesto stizzito, Holly afferrò la borsa.
-Ora che vi siete salutati con tanto calore, possiamo muoverci.-
Julian percorse per ultimo l’atrio dell’aeroporto, verso il terminal delle partenze. Aveva seguito lo scambio di convenevoli tra il portiere e l’attaccante del Giappone con un filo di preoccupazione, perché era sicuro che tanta tensione non avrebbe influenzato favorevolmente l’incontro con le ragazze. La telefonata di Philip lo aveva reso irrequieto ed erano ormai ore che si interrogava su come sarebbe andata a finire quella giornata. Era difficile immaginare cosa sarebbe successo trovando le ragazze ad aspettarli al ryokan. Landers e Price non lasciavano presagire nulla di buono già da ora, figuriamoci dopo.
In attesa che il check-in aprisse, Mark si stravaccò su una delle poltroncine allineate lungo le pareti, non troppo distante né troppo vicino, addentando ciò che gli era rimasto in mano del panino acquistato poco prima. Mentre ruminava con convinzione, osservava Julian pensieroso. Deglutì l’ultimo boccone, poi lo apostrofò.
-Che ti passa per la testa, Ross? Oggi sei poco loquace.-
-Veramente sei tu che parli più del solito.-
Con le sue chiacchiere Mark lo stava assillando fin dall’incontro nella stazione di Shinagawa, da dove avevano proseguito insieme per l’aeroporto. Lo scontento di Landers era un fiume in piena che aveva trovato sfogo nel tormentare Julian. Quest’ultimo, dopo averlo assecondato per i primi dieci minuti, s’era stufato parecchio di sorbirsi le sue lamentele e si era chiuso nel silenzio. A quel punto Landers aveva cominciato a tempestarlo di domande sul percome e perdove di quel ritiro. E Julian era sicuro che se il compagno avesse continuato su quella strada, prima o poi avrebbe finito per lasciarsi sfuggire qualcosa. Non poteva rischiare, erano ancora a Tokyo, troppo vicini a casa.
-Vado al bagno.-
Tom lo seguì con lo sguardo mentre si dileguava tra la gente.
-Cos’ha?- guardò Mark -Julian ha qualche problema?-
Landers fece spallucce.
-Che ne so? Non sono mica il suo medico curante. Stamattina è di poche parole.-
-Mi piacerebbe conoscerla la persona che trova piacevole conversare con te.- Benji si tolse i guanti di lana e li infilò in tasca, guardando poi i compagni con saccenza e noncuranza -E per quanto riguarda Ross, ha né più né meno la stessa sindrome di Holly. Gli si legge in faccia.-
Il capitano saltò su come un grillo.
-Che sindrome?-
-Crisi d’astinenza.-
-Non sono in crisi d’astinenza!-
-Be’ insomma…- borbottò Bruce -Ti stai lagnando da quando sei uscito di casa.-
Holly si volse imbufalito.
-Ma se per parlare con Evelyn, hai persino portato con te il cellulare! A un ritiro!-
Mark seguiva interessato la discussione, poi un pensiero gli attraversò la testa facendolo scoppiare in una risata che attirò l’attenzione di tutti.
-Immaginate allora che rottura sarà Callaghan! Callaghan sta appiccicato alla sua donna come un koala a un eucalipto.-
-Come fai a dirlo se non li hai mai visti insieme?- fece notare giustamente Bruce -Nessuno di noi l’ha mai incontrata.-
-Come se non avessimo notato quante volte la chiama durante i ritiri e le trasferte.-
Fu Benji a parlare stavolta e che Landers e Price sostenessero lo stesso punto di vista era così inconsueto, da indurre Tom e Holly a scambiarsi un’occhiata tra il sorpreso e il divertito.
Che si trovassero in Giappone o in qualsiasi altra parte del mondo, in una manciata di giorni Philip era capace di chiamare Jenny decine di volte, così spesso che anche il mister e Pearson a lungo andare se ne erano accorti. E un giorno Gamo davanti a tutti gli aveva detto chiaro e tondo che se avesse passato con il pallone lo stesso tempo che perdeva al telefono, la squadra ne avrebbe certamente guadagnato. Nonostante le risate e le prese in giro scaturite dal commento, Callaghan aveva continuato a telefonare alla fidanzata con la stessa intensità, impegnandosi però di più in campo per evitare ulteriori rimproveri.
Benji in vita sua non aveva mai visto un tale appiccicume. E più ne prendeva atto, più si riprometteva che a lui non sarebbe mai successo. Non avrebbe mai accettato di annullarsi per una donna, come invece era convinto che Philip avesse finito per fare. Benji non solo non ammetteva tanto attaccamento, ma non riusciva proprio a concepirlo. Qual era il problema di restare separati per un po’, di non sentirsi per qualche giorno? Non era anche meglio, anzi, per non rischiare assuefazione? Tutto ciò era assurdo e questa assurdità gli aveva reso Jenny antipatica senza neppure conoscerla di persona. Soltanto una volta l’aveva intravista in foto: era carina, non poteva non concederglielo, ma la sua bellezza non era sufficiente a giustificare tutte le attenzioni e la dedizione che Callaghan le dedicava. Philip era senza dubbio un ragazzo intelligente e ciò infittiva il mistero. Se aveva abbastanza cervello per ragionare, allora perché non lo capiva? Corresse immediatamente le proprie conclusioni. Evidentemente Philip era intelligente quando non c’era di mezzo la sua fidanzata. In caso contrario diventava lo stupido tappetino di una femmina. Come poteva sopportare un legame tanto esclusivo e oppressivo? Chi accidenti era questa Jenny? Come era riuscita a imporsi così?
Holly sollevò da terra il proprio bagaglio.
-Il check-in è aperto, imbarchiamo le valigie.-
-Manca Julian.- notò Tom.
-Ora vado a recuperarlo.-
-Ti accompagno.- si offrì Bruce.
Tom osservò lui e Holly allontanarsi tra la gente. A guardar bene c’erano più persone in giro a Fujisawa che in aeroporto. Forse perché era ancora giovedì, comunque la maggior parte dei viaggiatori erano soli e con pochi bagagli, in partenza probabilmente per lavoro. Un po’ come loro, in fondo.  Seguì con lo sguardo un’affascinante e giovanissima mammina che teneva per mano una graziosa bimbetta sgambettante. Fece per indicarla ai compagni, poi ricordò gli insulti di cui li aveva ricoperti Benji quando erano scesi dal treno, conditi dall’accusa di non aver scelto più accuratamente il vagone da occupare. Fissò il portiere, che comunque aveva notato da solo la ragazza (figuriamoci), e prese atto del fatto che lui e Mark seguitavano a ignorarsi fingendo l’assenza dell’altro. Una sensazione spiacevolissima lo assalì, così violenta da serrargli lo stomaco. Non vedeva l’ora di raggiungere Philip. Sapeva che anche lui si sarebbe prodigato per aiutare Holly a far andare d’accordo quelle due teste calde e il suo apporto poteva far pendere definitivamente l’ago della bilancia dalla parte della civile convivenza. Per la prima volta si chiese perplesso se davvero il ritiro sarebbe servito a qualcosa o se quei due, approfittando del fatto che Gamo non fosse presente, avrebbero finito per fare a botte, come del resto tutti si aspettavano che prima o poi sarebbe successo di nuovo. Si alzò.
-Faccio un salto in libreria. Vorrei comprare qualcosa da leggere in aereo.- e così forse sarebbe riuscito ad allontanare dalla testa il groviglio di spiacevoli pensieri. Che l’ansia di Holly fosse contagiosa?
-Anch’io.- Benji ne approfittò per mettere maggiore distanza tra sé e Landers. Più si teneva alla larga da quel pezzente e meglio si sentiva.
Mark neppure li udì. Era diventato così bravo a filtrare la voce del portiere che di riflesso non aveva ascoltato neppure Tom, che gli era stato seduto vicino. Allungò una mano verso il sedile accanto, afferrò la bottiglietta di coca-cola e la svuotò fino all’ultima goccia. Aveva ancora fame e sperava che gli snack sull’aereo fossero più sostanziosi del solito. Al limite avrebbe mangiato anche la razione di Tom che, era sicuro, non avrebbe protestato. Si accomodò meglio contro lo schienale della poltroncina e rimase pensieroso a giocherellare con la bottiglia vuota, finché vide Holly tornare.
-Dove sono Benji e Tom?-
-Non ne ho idea.-
Il giovane gli mise in mano tre carte d’imbarco.
-Tieni, una è tua. Per le altre, trovali e dagliele.-
Mark gli lanciò un’occhiata incredula.
-Cos’è che devo fare?-
-Trova Tom e Benji, porta loro i biglietti e avvertili che cominciamo a fare la fila per l’imbarco.-
-Holly, sia chiaro da subito…- s’inalberò bellicoso -Sei il capitano solo in campo e puoi darmi ordini esclusivamente lì.-
-Cos’è che non ti va bene? Ti sto soltanto chiedendo un favore.-
-Non c’è nulla che non vada bene e la tua non è una richiesta ma un ordine.-
Holly sospirò e capitolò, perché era l’unico modo per riuscire a fargli fare ciò che gli aveva chiesto.
-Per favore Mark, potresti portare questi due biglietti a Tom e Benji?-
-Dov’è Ross?
-A recuperare un carrello su cui caricare i nostri bagagli e portarli al check-in.-
-Allora perché non vai tu a cercare Becker e Price?-
Il capitano lo fissò stralunato e con la tentazione fortissima di saltargli al collo per shakerargli un po’ il cervello.
L’altoparlante che annunciava l’imbarco lo salvò.
- I passeggeri del VOLO JAL 566 PER OBIHIRO sono pregati di raggiungere il GATE 8 -
La voce ripeté l’annuncio due volte, poi tacque.
Nel frattempo Holly aveva ritrovato la calma e, insieme a essa, la soluzione al  problema.
-Vuoi davvero sapere perché ti sto chiedendo di andare a cercare Tom e Benji?-
La sicurezza di Mark vacillò. Che gliene importava, in fondo? Stava per dirglielo ma non fece in tempo, l’altro era già partito con la spiegazione.
-Te lo sto chiedendo perché la hostess del check-in è purtroppo una ragazza che non passa inosservata. E infatti Bruce l’ha notata. Adesso si è attaccato come la colla al bancone della consegna bagagli e la sta assillando per avere il suo numero di telefono e chissà cos’altro. Se non vado a toglierlo di lì, lei chiamerà la sicurezza. O vuoi pensarci tu mentre io cerco Tom e Benji?-
-Haper non ce l’ha già la ragazza?-
-Certo che ce l’ha!-
-E allora che diavolo sta facendo?-
-Il deficiente!-
Mark valutò in fretta le opzioni che il capitano gli stava servendo su un vassoio pieno di spine. Fare una figura barbina insieme ad Harper o rintracciare l’odiato portiere? Tra i due mali scelse quello che gli parve minore: strappò i biglietti dalle mani di Holly e si allontanò dalla parte opposta.
Dov’è che erano andati quei due? Tom aveva detto qualcosa ma lui non gli aveva prestato attenzione. Forse in libreria, o almeno così gli pareva di aver udito. Che palle, quel viaggio non gli era piaciuto fin dall’inizio. Se il mister non lo avesse minacciato di lasciarlo in panchina e se non avesse dovuto restarci con Price, a cui Gamo aveva ripetuto le stesse identiche parole, avrebbe trovato il modo di rimanere a casa. Percorrendo l’atrio dell’aeroporto a passi lunghi e scontenti, quasi superò la libreria. Tornò indietro imprecando e varcò rapido l’ingresso. I due compagni erano proprio lì, nel reparto dedicato alle pubblicazioni sportive, a leggere con interesse la rivista che Tom teneva in mano.
-I biglietti.- disse allungandoli sopra la pagina -Stiamo imbarcando le valigie.- lanciò un’occhiata all’articolo, riconobbe le divise della nazionale e la curiosità ebbe la meglio -Cos’è?-
-Parlano di noi.- lo mise al corrente Tom. Era sempre un’emozione ritrovarsi sul giornale, un’emozione a cui non riusciva ancora ad abituarsi.
Il portiere scostò i biglietti che Landers seguitava a sventolare sulla rivista, impedendogli di continuare a scorrere l’articolo. Da parte sua, Mark si avvicinò di più, gli occhi puntati sulla foto che li ritraeva il giorno della partita contro l’Uzbekistan. Era venuta benissimo ed erano tutti sorridenti perché lo scatto era stato fatto  prima dell’incontro.
-Davvero? Cosa dicono?-
-Di te niente! Parlano soltanto di me e di Holly.- gongolò il portiere fastidiosamente euforico. Afferrò il giornale per scorrere l’articolo fino in fondo, poi voltò pagina, proseguì nella successiva e sorrise perché in effetti a Landers avevano dedicato soltanto una riga striminzita. Soddisfatto, mollò di nuovo la pubblicazione a Tom.
-E cosa dicono di te? Che ti sei fatto infilare un goal come un cretino? Che era molto meglio se in campo scendeva Ed? O addirittura Alan Crocker?- domandò stizzito Mark. Appioppò le prenotazioni a Price, afferrò dal ripiano un’altra copia della stessa rivista, la sfogliò e trovò subito la pagina. Scorse alcune righe, poi tornò a rivolgersi al portiere che ribolliva dell’appunto, leggendo a voce alta e chiara una frase che lo citava -“Come di consueto Landers ha scagliato verso la porta dell’Uzbekistan una serie di tiri di grande potenza e precisione…”-
-E poi prosegue…- infierì Benji, appoggiando le carte d’imbarco sul ripiano per togliere di nuovo la rivista dalle mani di Tom -“Davvero un peccato che tranne uno, nessun altro dei suoi stupendi tentativi si sia trasformato in un goal.”- al ricordo i suoi occhi lampeggiarono di collera -Come cazzo hai potuto sbagliare su quella rimessa?-
Tom trasalì e li fissò sgomento. Quei due ricominciavano?
-Stiamo facendo tardi.- chiuse il giornale con un gesto brusco e si avviò verso la cassa, dove trovò ad attenderlo una fila non indifferente.
- Ultima chiamata per i passeggeri del VOLO JAL 566 PER OBIHIRO -
L’annuncio li indusse a scambiarsi un’occhiata inquieta, l’istinto di abbandonare le riviste fu fortissimo, ma nessuno dei tre volle rinunciare a portarsi sull’aereo l’articolo che li riguardava. E poi la fila scorreva veloce, tanto che quando raggiunsero il gate, le hostess stavano ancora imbarcando l’ultima manciata di ritardatari. A un passo dagli ingressi, neanche si fossero messi d’accordo, i tre ragazzi si bloccarono di colpo affastagliati come le tessere di un domino. Si guardarono le mani l’un l’altro inutilmente, nessuno di loro aveva più i biglietti. Era come se quei tre pezzi di carta si fossero magicamente dissolti.
-Cazzo!- da sotto la visiera, gli occhi di Benji brillarono di sgomento -Dove sono le carte d’imbarco, idiota d’un Landers?-
-Idiota a chi, pezzo di deficiente? Le ho date a te, non ricordi?-
Benji si sforzò senza successo di recuperare quel ricordo svanito. Niente da fare. Il passaggio di consegne di cui lo accusava Mark gli risultò del tutto alieno.
Tom non perse tempo e fece un fulmineo dietrofront.
-Sono sicuramente rimaste in libreria!-
Benji e Mark lo seguirono difilato, correndo in mezzo ai viaggiatori che bighellonavano tra i negozi e i ristoranti per ammazzare il tempo dell’attesa, beati loro. Sullo stand delle riviste non c’era traccia dei biglietti.
-Diamine Price. Dove li hai messi?-
-Li avrò appoggiati qui! Maledizione, che fine hanno fatto?-
Tom frugò tra i giornali mescolando le testate. Una commessa li raggiunse prima che combinassero qualche danno e domandò se per caso i signori clienti avessero bisogno di aiuto.
-Sì, abbiamo dimenticato da qualche parte le nostre carte d’imbarco.-
-Veramente le hai perse tu.- disse Landers a Benji.
-Grazie per la precisazione, questo ci aiuterà senz’altro a trovarle più velocmente.- replicò il portiere a denti stretti.
Lei diede un’occhiata rapida tra le riviste, scostando tutta la pila di giornali.
-Qui non ci sono, vado a chiedere in cassa.-
Peccato che in quel preciso momento la cassa fosse deserta. Così la donna perse preziosissimi minuti a girovagare per il negozio in cerca del collega. Benji la braccò come un segugio e non gli importò che, quando lo trovarono, il tizio fosse impegnato con un cliente. Superò la commessa e apostrofò bruscamente l’uomo, interrompendo le sue prolisse e dettagliate spiegazioni.
-Qualcuno le ha lasciato tre carte d’imbarco?-
L’impiegato lo squadrò ostile dall’alto in basso e mentre lo faceva ebbe come una specie di dejavu. Quella faccia, quell’espressione, gli sembrava di averle già viste da qualche parte. Ma il fastidio di essere stato interrotto ebbe la meglio. Così, piuttosto che arrovellarsi su un’impressione che gli avrebbe forse fatto perdere un cliente, preferì togliersi rapidamente di torno il maleducato seccatore.
-No, non è venuto nessuno a portarmi nulla.-
Benji tornò dai compagni.
-Niente, non ci sono.-
Mark lo fissò con malcelato sospetto.
-Non l’avrai mica fatto apposta per non partire, Price?-
L’altro sostenne sia sguardo che accusa.
-Non mi costerebbe nulla dirti di sì, ma no! Non l’ho fatto apposta! Sono qui proprio per non sentirle, le urla di Gamo! Altro che perdere i biglietti. Tom!-
-Tom cosa?
-Fatti venire un’idea.-
-Ce l’ho già. Vediamo se ci fanno salire lo stesso. I nostri nomi sono sulla lista.-
Alla fine di una pazza corsa nei corridoi dell’aeroporto, si arrestarono impietriti davanti al gate, dove le hostess stavano chiudendo gli ingressi e smontando le apparecchiature. Gli sguardi dei tre ragazzi si spostarono increduli alle grandi vetrate che si affacciavano sulle piste. Il loro aereo si era sganciato dal tunnel di gomma e stava facendo retromarcia nello sterminato parcheggio. Seguirono come ipnotizzati tutta la manovra fino al circuito di decollo.
Mark reagì per primo allo shock.
-Maledizione!- colpì il basamento in metallo di una fila di poltroncine con un calcio ben assestato che le fece sobbalzare tutte e sei -Non è possibile, non possono partire senza di noi!-
L’aereo proseguì dietro le vetrate. Pochi istanti dopo lo videro passare in decollo, la fusoliera puntata verso il cielo mentre prendeva quota. Lo osservarono senza poter far nulla portarsi via Bruce, Holly e Julian abbandonando loro lì, tre deficienti che avevano perso tempo a pavoneggiarsi su una rivista e per questo erano rimasti a terra.
Tom si afflosciò sul bordo di un sedile, gli occhi fissi sull’asfalto grigio della pista, sull’erba ingiallita dal freddo e sul cielo azzurro, tre fasce cromatiche che si dipanavano in strisce orizzontali. Come poteva essere successo? Come potevano essere stati così stupidi da perdere l’aereo per un motivo così idiota? E adesso? In che modo avvertire Holly? Chinò il viso a terra sconsolato e si prese la testa tra le mani, affondando le dita nei capelli, sforzandosi di scacciare la stizza e la delusione e smuovere le rotelline del cervello in cerca di una soluzione. Holly non aveva il cellulare e neppure loro ma Bruce sì. Si tirò su. Benedetta Evelyn che non si era fatta trovare, inducendo il compagno a infrangere il patto e portare il telefonino con sé. Per una volta la disubbidienza di Harper era stata utile a tutti.
Una parte del piombo che gli pesava sullo stomaco scivolò via. Non gli restava che aspettare che Bruce atterrasse a Obihiro e riaccendesse il cellulare perché, nonostante il divieto del capitano, era sicuro che l’avrebbe fatto. Anzi, forse sarebbe stato lo stesso Holly a ordinargli di tenerlo acceso sperando di avere notizie da loro. Adesso però doveva assolutamente trovare tre posti sul volo successivo. Si alzò e raggiunse l’unica hostess rimasta al gate a radunare le ricevute delle carte d’imbarco.
-Abbiamo perso il volo.- le disse, le guance appena arrossate di vergogna -E anche le prenotazioni. Anzi, per cercare le prenotazioni non siamo riusciti a salire sull’aereo.-
La hostess recuperò tre biglietti accantonati sul ripiano.
-Mark Landers?-
-No, Tom Becker.-
-E Benjamin Price. Le vostre carte d’imbarco erano qui. Le ha portate un passeggero che le ha trovate in libreria. Vi abbiamo anche chiamati.-
Li avevano chiamati? Come? Quando? Non aveva sentito nulla! Si volse stizzito verso i compagni. Sicuramente il loro continuo battibeccare aveva coperto la voce dell’annuncio.
La hostess lo lasciò qualche istante con i suoi cupi pensieri per digitare alcune parole sulla tastiera del computer.
-Il volo successivo per Obihiro è tra due ore.-
Tom sbiancò. Due ore! Philip li avrebbe uccisi, sempre che non gli prendesse un colpo prima in balia di Benji e Mark. Tornò a guardarli. Anche ora discutevano, glielo leggeva in faccia che lo stavano facendo, anche se fortunatamente era abbastanza lontano da non udirli. La curiosità di sapere cosa stessero dicendo non lo sfiorò.
-I posti ci sono. Vuole che glieli fermi tutti e tre?- domandò lei.
-Sì.-
-Paga in contanti?-
-Sì, ma solo il mio.-
Riponendo il portafoglio nella tasca dei jeans tornò verso gli amici, chiedendosi come sopportarli per due lunghissime e interminabili ore. Era probabile che neppure la sua riserva di pazienza, quella dei casi eccezionali, sarebbe stata sufficiente. Si avvicinò, li informò di ciò che avrebbero fatto, li invitò ad andare a comprarsi il volo, ignorò le imprecazioni di Mark che non era intenzionato a sborsare uno yen per quella merda di ritiro - testuali parole - e si sedette su una poltroncina, lasciando ciascuno dei due a prendere la decisione che riteneva più opportuna. Fingendo di non conoscerli, si immerse nella lettura della rivista che aveva continuato a stringere tra le dita per tutto il tempo, riducendola praticamente a un pezzo di carta straccia.

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Capitolo 3
*** 1 - Ritiro con sorpresa - seconda parte ***


- 1 -
Ritiro con sorpresa
Seconda parte


Philip misurava a grandi passi impazienti il corridoio degli arrivi del piccolo ed essenziale aeroporto di Obihiro. Temendo di far tardi era partito da Furano con troppo anticipo. Anzi, era partito presto spinto dalla smania di rivedere Jenny, come se arrivando prima all’appuntamento anche l’aereo avrebbe anticipato l’atterraggio. Ora che era lì ad aspettare, l’orologio sembrava essersi fermato e il tempo che lo separava dalla fidanzata si era magicamente dilatato. Jenny, che quando la mattina aveva aperto gli occhi gli era parsa vicinissima, in quel momento era diventata quasi irraggiungibile.
-Se con i suoi sospiri l’aereo potesse volare più veloce a quest’ora sarebbe già arrivato.-
Philip lanciò uno sguardo truce a un uomo in giacca e cravatta che seguiva infastidito il suo continuo andirivieni. Allora recuperò il trolley abbandonato accanto a una poltroncina e andò a posizionarsi sul muro in fondo, tra due pannelli pubblicitari che reclamizzavano rispettivamente le attrezzatissime piste da sci di Tomamu e il Festival della Neve di Sapporo. Incrociò le braccia e si rassegnò ad aspettare tranquillo l’arrivo dei compagni.
Osservando da lontano le porte automatiche che si aprivano e si richiudevano di continuo al passaggio dei viaggiatori, si chiese cosa stesse facendo Jenny in quel momento e se anche lei fosse così impaziente di rivederlo. Per quanto lo riguardava, non aspettava altro.
Al ryokan di Shintoku era già stato quando frequentava il liceo, ma con il trascorrere degli anni i ricordi di quel vetusto edificio sperduto tra le montagne dell’Hokkaido Centrale si erano sfumati. Non rammentava più la stanza in cui aveva dormito, la cucina in cui aveva mangiato e neppure le facce degli anziani proprietari. In compenso ricordava perfettamente che la nonna cucinava da Dio e le terme gli erano sembrate immense. Ancora poche, pochissime ore e finalmente avrebbe potuto riabbracciare la fidanzata e rinfrescarsi la memoria.
Quant’era che non si vedevano? Un mese? No, per essere precisi quasi due. A Natale come di consueto Jenny aveva raggiunto i genitori negli Stati Uniti. Lo faceva tutti gli anni ma questa volta un paio di giorni prima che lei tornasse, Philip era dovuto partire per Yokohama per prendere parte al ritiro con la nazionale, e una settimana dopo era volato in Uzbekistan insieme al resto della squadra, per giocare quello sfacelo di partita.
Al ricordo dell’incontro sospirò. Una partita, un disastro. Avevano vinto grazie al gol di Mark e a quello di Holly, ma non avevano fatto altro che discutere prima, durante e dopo l’incontro. E la vittoria non diventava affatto una consolazione se quell’anno l’Uzbekistan si stava dimostrando la squadra più schiappa di tutta l’Asia. Non era mai successo prima d’ora che tra loro serpeggiasse un malumore tale da seguirli persino in campo. Philip stesso non riusciva a spiegarsi cosa accidenti fosse accaduto quel giorno. Un’infausta concatenazione di eventi aveva preso forma già prima dell’inizio dell’incontro. Precisamente dal momento in cui Benji e Mark avevano cominciato a guardarsi in cagnesco per uno stupido scambio di battute avvenuto in hotel. Poi, durante il primo tempo, dopo che Landers per errore aveva mandato a puttane una potente rimessa del portiere arrivata dritta dritta nell’area avversaria, il malumore che covavano entrambi era esploso. Secondo Philip, in quel momento Price non aveva sbagliato a rimproverare Mark. Quell’azione di risposta al blando attacco dell’Uzbekistan, grazie all’impegno dell’intera squadra avrebbe potuto trasformarsi facilmente in un gol se Landers non si fosse lasciato trasportare dalle sue solite manie di protagonismo e non si fosse messo in testa di portare avanti la palla fino alla porta avversaria senza l’aiuto di nessuno, neppure di Danny. Però Mark non era il tipo da lasciarsi rimproverare senza controbattere, soprattutto se a farlo era Benji.
Nei primi minuti del secondo tempo la situazione era precipitata. Apparentemente senza motivo Julian e Bruce avevano preso a battibeccare per l’organizzazione della difesa. Ciò si era ripetuto puntualmente nei momenti in cui l’Uzbekistan ritentava l’attacco e il pallone arrivava nell’area del Giappone. In quei terribili istanti, nella frenesia di tamponare una difesa che aveva cominciato a fare acqua da tutte le parti (Bruce e Clifford avevano smesso di ascoltare Benji, reso più arrogante dal litigio con Landers), erano volati i primi temutissimi insulti.
Philip, per quanto lo riguardava, non appena era riuscito a riprendere fiato un istante, aveva fatto notare a Bruce che Julian aveva ragione su ciò che stava cercando di ficcargli nella testa. Vale a dire che per far filare tutto liscio in quella zona del campo era sufficiente sopportare in silenzio le polemiche direttive del portiere. Quella perla di saggezza non richiesta era servita soltanto a inasprire Bruce, che alla fine s’era scagliato anche contro di lui, appoggiato tra l’altro da Clifford. Nonostante una vittoria che avrebbe dovuto perlomeno rallegrarli, negli spogliatoi la discussione aveva preso una bruttissima piega. Cosicché quando Tom, con il timore che si passasse presto dalle parole ai fatti, aveva cercato di sedare il malumore di Landers che continuava, corrisposto, a insultare Benji, i due si erano rivoltati contro il povero Becker mettendolo malamente a tacere. A quel punto Gamo, che secondo Philip era rimasto ad ascoltare le loro urla in corridoio sforzandosi di non intervenire, era entrato spalancando la porta ed era esploso. Aveva chiamato a rapporto tutti e sette (anche Holly, che c’entrava solo in quanto capitano), e li aveva obbligati a chiarire subito-immediatamente le loro incomprensioni mentre il resto della squadra si faceva piccolo piccolo sullo sfondo. Nessuno dei ragazzi era stato disposto ad aprire bocca e così Gamo era rientrato in Giappone fumante di rabbia. Dopo una notte di riflessione nella sua più tranquilla villa di Tokyo insieme alla moglie e all’adorata figlia, aveva provato a chiamare Holly, trovando il suo cellulare irraggiungibile. Esaurita la pazienza, il mister non aveva aspettato di riuscire a parlare con il capitano, ma aveva ripiegato sul vice. Quando aveva risposto, Philip si era sentito assegnare una serie di direttive alle quali era stato costretto a ubbidire senza “se” e senza “ma”. Ed eccolo lì: il ritiro speciale. “Insultatevi, scornatevi, ammazzatevi ma soprattutto… chiarite! Altrimenti alla prossima discussione, riempio il campo di riserve!” era esploso il mister. E gli aveva segnalato un hotel in una non ben identificata località nella provincia di Yamagata, un tranquillo paesino sperduto tra le montagne e la neve da raggiungere senza indugi. A quel punto a Philip era venuta in mente un’idea magnifica, di quelle proprio forti. Avrebbe unito l’utile al dilettevole. Era un’idea così geniale che aveva impiegato meno di un istante a decidersi. Aveva richiamato Gamo e gli aveva proposto in alternativa un ryokan tra le montagne dell’Hokkaido a due ore da Furano. Come il ragazzo aveva immaginato (e sperato), per il mister una località valeva l’altra, quello che contava era il risultato. Così aveva acconsentito immediatamente, convinto che il gelo più intenso dell’inverno dell’estremo nord avrebbe raffreddato in maniera più efficace i loro bollenti spiriti. Philip ovviamente si era ben guardato dal rivelargli che l’hotel in questione era gestito dai nonni paterni della sua fidanzata. Una volta d’accordo con il mister, aveva chiamato Jenny e insieme avevano stilato un bel programma. Lei lo avrebbe raggiunto al ryokan. Anzi, lo avrebbe addirittura preceduto. All’inizio il ragazzo le aveva proposto di fingere di lavorare per l’albergo e  restare così insieme per tutta la durata del ritiro. Jenny lo aveva ascoltato perplessa, secondo lei la balla sarebbe durata meno di un secondo. Dopodiché aveva avuto l’illuminazione, di quelle con la “i” maiuscola. L’unico modo per rendere meno traumatica agli altri la sua presenza, era invitare anche le fidanzate dei compagni. Ottenuto il via libera di Philip e il numero di Amy, Jenny era partita da lei. Poi, attraverso la giovane, anche Patty ed Evelyn. Nessuna delle tre si era tirata indietro, anzi erano state ben felici dell’invito inaspettato. Certo non era la vacanza che Philip aveva immaginato. Sarebbe stato arduo trovare il modo di riuscire a godersi attimi di solitudine con Jenny, ma poteva accontentarsi anche così. Insomma, meglio un po’ disagiati che niente. Sospirò felice. Non vedeva l’ora di arrivare a Shintoku.
Quando i passeggeri del volo proveniente da Tokyo cominciarono a defluire nell’atrio, Philip si staccò dalla parete e si conquistò un posto in prima fila. Appoggiato alla balaustra, rimase in attesa degli amici per una decina di minuti e una cinquantina di persone. Poi finalmente scorse Holly e Julian farsi largo tra gli altri viaggiatori. Dietro di loro Bruce arrancava spingendo un carrello su cui avevano ammonticchiato tutti i bagagli. Visto che i tre si dirigevano esattamente dalla parte opposta, li chiamò. Loro lo videro e lo raggiunsero.
-Ciao! Ben arrivati! Tutto a posto?- chiese di slancio, ma il sorriso con cui li aveva accolti svanì miseramente davanti alle loro espressioni preoccupate. Si guardò intorno -Dove sono gli altri?-
-Non ci crederai ma hanno perso l’aereo.-
Philip spalancò gli occhi.
-Porca miseria! Holly, stai scherzando vero?-
-Magari…-
-E come ci sono riusciti?-
-Non chiedermelo.- sospirò il capitano -Quando arriva il prossimo volo?-
Philip alzò gli occhi al tabellone.
-Tra due ore! Ma che deficienti!- no, non poteva crederci. Imprecò tra sé e sé. Erano giorni che aspettava di rivedere Jenny, stringerla tra le braccia… e… e cazzo! Non era possibile! Per un attimo fu sicuro che Landers e Price lo avessero fatto apposta e gli ci volle un istante di saggia riflessione per capire che non poteva assolutamente essere possibile -Vado a telefonare al ryokan per avvertire che arriveremo in ritardo.-
Julian si mosse rapidissimo per seguire il compagno che si era già incamminato. Philip se lo ritrovò accanto e non ne fu contento.
-Cosa vuoi?-
-Voglio parlare con Amy. Sono giorni che non la sento.-
-Scordatelo!-
-Perché?- Julian era intenzionato a rivendicare il diritto di scambiare due parole con la fidanzata. Se l’amico non l’avesse accontentato era pronto a litigare. Tanto non aveva proprio nulla da perdere, lui.
-Perché ti sei rifiutato di collaborare.-
-Collaborare?- gli fece eco Ross.
Philip annuì.
-Non hai detto niente delle ragazze. Potevi avvertire almeno Holly e Bruce! Sarebbe stata una preoccupazione in meno!-
-L’idea è stata loro, no? Lascia che risolvano da sole il problema. Avranno sicuramente escogitato qualcosa.- almeno lo sperò.
-Hai paura?!-
-Io no, ma tu sì. Infatti hai chiamato me, non Holly.- Julian scosse la testa -Non voglio assolutamente che pensino che sia un’idea mia. Mi rovinerebbero la vacanza!-
Philip si fermò di colpo e per poco Ross non lo travolse.
-Cosacosa? Vacanza? Hai detto davvero vacanza?- lo fissò con un’espressione indecifrabile, poi scoppiò a ridere -Sei matto? Che vacanza? Andiamo a Shintoku per allenarci. Se ti sentisse Holly!-
L’altro lo spintonò, seccato.
-Smetti di fare il cretino.-
Callaghan non se la prese, raggiunsero i telefoni.  
-E quello?- Julian indicò sgomento il biglietto da visita del ryokan che l’amico aveva tirato fuori dal portafoglio -Pensavo che avessi trovato l’hotel su internet.-
Philip digitò rapido i numeri, poi si volse a guardarlo.
-Hai pensato male.-
-Come fai ad averlo? Ci sei già stato?- lo incalzò, gli occhi socchiusi dal sospetto -Tutta questa storia mi convince sempre meno, sappilo.-
Philip era pronto a replicare ma dall’altra parte del filo qualcuno gli rispose. Così si concentrò sulla telefonata.
-Sono Philip.- disse -Sì, grazie.-
Julian gli girò intorno per guardarlo.
-Mi stai nascondendo troppe cose.-
-Ah sì? E pensare che stamattina non volevi nemmeno ascoltarmi, mentre adesso…- il tono della sua voce si trasformò, diventando terribilmente zuccheroso -Jenny?-
Ross si guardò bene dall’allontanarsi. Non fece neppure un passo indietro per lasciare l’amico nell’intimità che avrebbe desiderato. Temeva, e a ragione, che se non gli fosse stato addosso Philip avrebbe ignorato la sua richiesta e non gli avrebbe passato Amy.
-Siamo ancora all’aeroporto. Tom, Mark e Benji hanno perso l’aereo. Sì… Non prima delle sei. Venite alla stazione?- la risposta gli piacque perché sorrise. Poi qualcosa che la ragazza aggiunse e che Julian non udì lo fece arrossire leggermente e con gli occhi velati di imbarazzo, lanciò un’occhiata infastidita al compagno che non si era scostato di un millimetro, nonostante tentasse incessantemente di spingerlo via.
-Voglio parlare con Amy.-
Philip allungò ancora una volta il braccio per allontanarlo.
-È una conversazione privata. Levati di torno!-
-Passami Amy.-  
Spazientito da tanta insistenza, Philip arretrò e si accostò di più al muro, sfiorandolo quasi con la fronte e prendendo a parlare fitto fitto con sussurri sommessi. Intanto sul display il credito  diminuiva a vista d’occhio. La scheda si stava esaurendo e Julian non ne aveva un’altra. Certo, poteva andare a comprarla ma poi doveva tornare e pregare Philip di dargli il numero dell’hotel. Visto l’andazzo, non era sicuro che si sarebbe mostrato così collaborativo.
Pochi scatti prima che il credito finisse, ritentò.
-Insomma, Philip! La vedrai tra poche ore! Vuoi lasciarmi parlare un istante con Amy?-
Erano rimasti sì e no due minuti di conversazione e a quel punto era necessario un atto di forza. Strappò la cornetta al compagno e chiese a Jenny di passargli la fidanzata. Lei l’accontentò subito.
-Prepotente!-  
I due ragazzi si guardarono in cagnesco.
-Prepotente, io? Modera il linguaggio Callaghan, o non sarò dalla tua parte!-
-E allora dovrà alzare i tacchi anche la tua, di ragazza! A te la scelta!-
Amy rispose al telefono, mettendo fine al battibecco.
Contento di aver avuto l’ultima parola e ben sapendo che Julian non aveva alternative se desiderava che la fidanzata restasse con loro a Shintoku, lo lasciò solo con quella manciata di secondi che restavano sulla scheda telefonica e tornò dai compagni impettito e compiaciuto.
Bruce e Holly avevano trovato posto sulle poltroncine sotto un gigantesco ikebana di rami di pino e bacche rosse, molto in tono con la stagione invernale. Si sedette di fronte a loro, le gambe allungate davanti a sé, i piedi incrociati e le mani nelle tasche della giacca.
-Dov’è Julian?-
-Al telefono con Amy.-
Holly guardò Bruce, Bruce ricambiò l’occhiata e i due ragazzi furono colti da un improvviso quanto fastidioso attacco di invidia nei confronti di ciò che a loro non era riuscito di fare.  
-Tom ha telefonato.- lo mise al corrente Holly, accantonando la stizza -Arriverà insieme a Benji e Mark con il volo successivo.-
-Ha telefonato?- Philip non capì -E dove?-
-Sul cellulare che Bruce non ha lasciato a casa.-
-I cellulari ai ritiri sono vietati!-
Il rimprovero partì in automatico, poiché Philip era pur sempre il vicecapitano. Ma quando ricordò quello che invece aveva architettato lui per quel ritiro e soprattutto chi li attendeva al ryokan, ebbe la decenza di tacere. Il telefonino di Bruce era niente al confronto.

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Le facce con cui Mark, Benji e Tom si fecero strada tra i passeggeri in arrivo varcando le porte a vetri delle uscite, non invogliavano certo a pretendere spiegazioni sull’inaccettabile ritardo, ma Bruce era così stufo di aspettare e quelle due ore di attesa gli avevano messo addosso una fame così feroce, che li apostrofò con un’arditezza tale da raggelare persino Holly. Del resto quando il suo stomaco brontolava, Bruce era capace di tutto.
-Cosa diavolo avete combinato voi tre? Vi stiamo aspettando da due ore! Due ore, vi rendete conto? Due ore trascorse inutilmente a imprimerci la sagoma delle poltroncine sul culo!-
-Vuoi anche quella della suola delle mie scarpe?- ribatté Landers ostile -Dillo che mi ci vuole un secondo! La colpa è di Price! Io non c’entro niente!-
-Se non c’entri niente, perché non eri sul nostro volo? Eh?-
A Benji fregava così poco di essere coprotagonista del loro inutile battibecco che addirittura sbadigliò. Non gli importava del ritardo e soprattutto non gli importava del ritiro. Erano ore ormai che rimuginava sulla scusa più plausibile da appioppare ai ragazzi e poi al mister per poter tornare a casa. A costo di fingere di stare male. La presenza di Landers era una condizione che non riusciva assolutamente a sopportare.
Philip fece un passo avanti, giusto per rimarcare la propria presenza. Nessuno dei tre ritardatari lo aveva anche solo sfiorato con lo sguardo.
-Comunque ciao.-
-Ciao.-
Lo salutò soltanto Tom, accennando un sorriso un po’ tirato. Dietro di lui Benji e Mark, senza spiccicare parola, recuperarono dal carrello ciascuno il proprio bagaglio e proseguirono verso l’uscita più vicina ignorandosi reciprocamente.
-Cominciamo bene…- borbottò Philip, lanciando a Julian un’occhiata parecchio preoccupata. Poi afferrò la propria valigia e corse dietro ai due amiconi che avevano imboccato l’uscita sbagliata, quella che portava ai taxi e loro invece dovevano prendere il treno.
Holly non fu per niente felice di notare che dell’espressione ottimista con cui Tom gli aveva dato il buongiorno quella mattina non era rimasta più traccia.
-Tutto bene?-
-Tutto bene quando?- rispose lui con un’eco così brusca da farlo trasalire -Quando si sono messi a discutere in libreria per uno stupido articolo, quando sono rimasto a guardare l’aereo che decollava senza di noi, quando abbiamo aspettato due ore il volo successivo o direttamente sull’aereo, seduto tra loro perché era l’unico modo per costringerli a star zitti?-
Le immagini suscitate dalle parole del compagno fecero venire al capitano i sudori freddi e non riuscì proprio a cacciar fuori una parola di consolazione. Bruce, che era meglio se restava in silenzio ma tanto non lo faceva mai, rigirò il dito nella piaga.
-Philip ha ragione, cominciamo proprio bene.-
Landers agitò un braccio nella loro direzione. Era davanti alle porte automatiche dell’uscita mentre Benji e Philip le avevano già superate, Callaghan sicuramente fiducioso di essere seguito dal resto del gruppo.
-Che fate? Vi muovete? Siamo già in ritardo, aspettiamo un altro po’?-
-E di chi è la colpa se siamo in ritardo?- gli gridò Harper di rimando.
Negli occhi di Mark passò un guizzo di fastidio, poi rispose sollevando il dito medio.
-Vuoi piantarla di provocarlo, Bruce?-
Mentre il capitano rimproverava il compagno, Tom prese la sua decisione.
-Holly, ti avverto fin d’ora. Io non dormirò in camera con nessuno dei due.-
-Speriamo non siano le solite stanze doppie e triple. A loro servono due singole.-
Si guardarono incerti, la soluzione al problema poteva essere a portata di mano, o forse no. Non sapevano nulla dell’hotel di Shintoku perché avevano pensato a tutto Philip e Gamo, neppure che tipo di camere li avrebbe accolti. Del resto le stanze finora non erano mai state un problema e nessuno se ne era preoccupato. Durante i ritiri le camerate dei centri sportivi spesso avevano anche una mezza dozzina di letti a castello. E durante gli incontri della nazionale, ciascuno era sempre libero di scegliere il proprio compagno di stanza, così Mark finiva con i suoi colleghi della Toho e Benji con quelli della New Team. Mai nessuno si era sentito costretto a dividere la camera con una compagnia non gradita.
-Ha pensato a tutto Philip. Bisogna chiedere a lui.-
Neanche Holly lo avesse chiamato, il ragazzo arrivò di corsa.
-Che state facendo?- domandò trafelato -Il nostro treno parte tra otto minuti! Non possiamo perderlo!- detto questo, si lanciò verso l’uscita con l’unica speranza di salire in tempo.
-Ma che diavolo!- Julian arraffò il proprio bagaglio e corse via con le parti finali della sciarpa che gli danzavano sulla schiena.
Gli altri lo imitarono all’istante.
-Philip! Che aspettavi a dircelo?- l’assalì Bruce raggiungendolo.
-I tempi erano calcolati al secondo se soltanto Benji, Tom e Mark non avessero impiegato una vita a scendere dall’aereo!-
Tom, che l’aveva udito nonostante si trovasse qualche passo più indietro, non riuscì a credere che  oltre a tutto ciò che aveva dovuto sopportare, adesso venisse persino rimproverato.
-Vogliamo parlare delle due ore di ritardo?-
Si accanì anche Bruce, mentre Benji prendeva atto che stavolta nonostante la corsa, Harper   sembrava avere ancora fiato sufficiente a sparare sentenze non richieste. Lo urtò con la valigia facendogli perdere l’equilibrio proprio alla fine della scala mobile. Il ragazzo piombò dritto contro il corrimano, rimbalzando sulla gomma.
-L’hai fatto apposta!-
-Può darsi.-
Holly si sforzò di fingere di non averli visti e anzi, per toglierseli da davanti, tante volte intendessero continuare a rimbeccarsi come avevano fatto in campo durante l’ultima partita – spiacevolissimo ricordo ancora troppo recente – affiancò Philip che procedeva in testa. Se occhio  non vede, rifletté caustico, pressione non sale e incazzatura non viene. Far finta di niente era più facile se ce li aveva alle spalle e lui voleva crogiolarsi ancora un pochino nella preoccupazione per la misteriosa sparizione di Patty, prima di dedicarsi con tutte le proprie energie a contenere quelle dei compagni. E, sprofondato in una concatenazione infinita di pensieri di quel genere, si sedette sul treno diretto a Shintoku a un minuto appena dalla partenza.
Il convoglio uscì a velocità moderata dall’agglomerato di case, scuole, uffici, supermercati e negozi che era Obihiro, strizzata tra le colline meridionali dell’isola più a nord del Giappone e l’Hokkaido apparve oltre i finestrini in tutto il suo abbagliante e candido splendore invernale.
-Quanta neveÈ bellissimo!- si entusiasmò Bruce -Non ne ho mai vista così tanta tutta insieme!-
-Te ne stancherai presto.- Philip lanciò un’occhiata distratta oltre il vetro, poi tornò a leggere l’articolo che parlava di loro sulla rivista sgualcita presa in prestito da Tom. Le pagine erano così malridotte che il suo prossimo viaggio sarebbe stato direttamente il cestino della spazzatura.
A parte gli occhi di Callaghan, troppo abituati e già stanchi del candore intenso e purissimo che lassù al nord abbagliava la natura ormai da mesi, quelli dei ragazzi erano puntati su un paesaggio incantato. Il bianco avvolgeva ogni cosa come una soffice nuvola di panna montata che veniva voglia di toccare, affondarvi le mani, sprofondarvi dentro. Le montagne erano ammantate di neve dalla cima alle pendici e il ghiaccio sui picchi più alti risplendeva di bagliori azzurri ai raggi del freddo sole invernale. I campi che costeggiavano la ferrovia erano distese inviolate di soffici fiocchi, ammonticchiati uno sull’altro per decine e decine di centimetri. I tetti delle abitazioni disseminate tra i poderi, gli alberi, i sentieri, i viottoli, i giardini, le aiuole e i cortili delle fattorie ne erano ricolmi e le pareti degli edifici in legno brunito dal tempo spiccavano scure contro tutto quel candore. Sembrava che sulla terra i colori fossero stati cancellati all’improvviso per lasciare il mondo nello scenario in bianco e nero di un malinconico vecchio film degli anni Settanta.
Bruce soffocò uno sbadiglio e si accomodò meglio sull’imbottitura del sedile piacevolmente riscaldato da getti di aria calda provenienti dalle grate all’altezza dell’impiantito, che scongelavano piedi e gambe e avevano un magico effetto soporifero. Spostò gli occhi su Philip che sedeva più in là.
-Tra quanto arriveremo?-
-Poco più di un’ora.-
Cinque minuti dopo Bruce già ronfava, la testa reclinata e poggiata contro l’intelaiatura del finestrino.
Oltrepassate le pianure, tra una fermata e l’altra di piccoli agglomerati di case, il treno cominciò a inerpicarsi tra i dislivelli della catena montuosa dell’Hokkaido Centro-meridionale. Il tragitto era intervallato da frequenti gallerie e ogni volta che i vagoni ne sbucavano fuori si trovavano più in alto. Il colore della sera iniziò a calare già alle quattro dagli spacchi tra le cime dei monti. La neve che li ricopriva si arrossò in sfumature madreperlacee sempre più delicate.
Seguendo il corso millenario del fiume Tokachi, il treno sboccò di nuovo in una pianura sovrastata dal gruppo montuoso più alto della catena, un vulcano ancora attivo con la vetta brulla e frastagliata come il dorso di un drago, che scendeva però con una dolce curva verso valle. Quel picco di duemila e duecento metri sulla destra, compreso nel più grande parco nazionale del Giappone ubicato al centro preciso dell’isola di Hokkaido, li osservava fin da Obihiro, facendosi via via che avanzavano verso nord più vicino e imponente. Se la tennero per parecchio tempo sulla destra, la cima più alta di tutto l’Hokkaido. La montagna li seguì finché il finestrino cominciò ad appannarsi per il freddo e all’esterno calò sempre più rapidamente l’oscurità.
Approfittando di una capatina in bagno, più per sgranchirsi le gambe che per necessità, Julian e Philip si appartarono su sedili lontani per parlare liberamente di ciò che sapevano soltanto loro. Una precauzione necessaria solo fino a un certo punto, perché i compagni si erano appisolati.
-Jenny ha detto di sì.-
Julian lanciò un’occhiata ai compagni ed emise un sospiro molto sentito.
-Speriamo bene.-
Benji era l’unico che non aveva ceduto alla stanchezza del viaggio, al gradevole calore del vagone e al silenzio lasciato dai passeggeri che strada facendo erano quasi tutti scesi, lasciando il treno semi vuoto. Dritto sul sedile, il cappellino appeso a un ginocchio, era rivolto verso il finestrino e osservava annoiato quel poco che l’illuminazione del vagone gli consentiva di scorgere dell’esterno. Udendoli parlare, rivolse loro un’occhiata veloce e molto, molto disinteressata. Solo quando distolse di nuovo lo sguardo, Julian si azzardò a proseguire.
-Cosa accadrà adesso?-
-Me l’hai già fatta al telefono una domanda molto simile.-
-Mi avevi risposto?-
-Non credo, perché non lo so.-
Il treno fece ancora l’ultima fermata prima di giungere a destinazione e quando le porte si richiusero, Philip si alzò perché era così agitato da non poter più resistere seduto. Recuperò la giacca e cominciò a radunare le proprie cose. Poi andò in giro per il vagone a svegliare i compagni. Quando lo scosse, Bruce spalancò gli occhi.
-È la prossima.-
-Di già?-
-Stai scherzando, vero? Abbiamo impiegato un tempo infinito ad arrivare!-
-Callaghan, non ricominciare.- lo mise a tacere Mark, sollevando le braccia per stiracchiarsi.
-Sicuro che siamo arrivati? Non c’è niente qui fuori.-
Bruce osservò l’esterno, adesso improvvisamente impaziente di scendere dal treno. Dapprima scorse soltanto il riflesso della sua faccia assonnata. Poi, oltre l’oscurità della notte, intravide le luci delle prime case.

A quell’ora e con quel tempo la sala d’attesa della stazione di Shintoku era davvero poco frequentata. Oltre a una donna di mezz’età che teneva sulle ginocchia una busta di carta con l’insegna della pasticceria più rinomata della cittadina, c’erano solo quattro graziose ragazze imbacuccate e sedute composte sulle scomode e fredde poltroncine di plastica. Il loro sguardo correva spesso alle lancette dell’orologio appeso in alto sulla parete, che segnava quasi le sei e avanzava con irritante lentezza. Quando fu l’ora, la voce femminile dell’altoparlante spezzò il silenzio assoluto della sala e annunciò l’arrivo del treno. La donna sola si alzò, si strinse la giacca addosso e uscì all’aperto, lasciando entrare dalla porta una ventata di aria gelida.
Amy rabbrividì. Era avvolta da strati e strati di stoffa eppure il freddo era così intenso che le era penetrato fino al midollo. Le dita delle mani, avvolte da morbidi guanti color crema, sembravano destinate a non riacquistare più sensibilità. Si voltò a guardare le amiche agitata, i capelli lisci e lunghi fin oltre le spalle che le incorniciavano il volto arrossato dal freddo.
-Sono arrivati.-
Patty le rivolse un sorriso forzato che pareva imbastito più per calmare se stessa. E le parole che pronunciò trasudavano preoccupazione quanto la curva incerta delle sue labbra.
-Vedrai che andrà tutto liscio.-
-Speriamo.-
-Se proprio non ci vogliono faremo le valigie e torneremo a casa.- affermò Evelyn mentre le altre annuivano d’accordo perché era una cosa che, a mali estremi, erano tutte pronte a fare.
Jenny non disse nulla. L’idea era stata sua, sua e di Philip e doveva essere pronta ad affrontare qualsiasi problema o imprevisto che sarebbe scaturito da quel ritiro, sia che fossero rimaste, sia che ne fossero state scacciate. E se fino a poche ore prima pur di incontrare il fidanzato e poter trascorrere del tempo con lui al ryokan dei nonni era disposta a tutto, adesso i dubbi la rosicchiavano da dentro minando la gioia di rivedere Philip dopo tutti quei giorni di separazione.
Ma la tensione che la faceva sedere dritta come un fuso sulla scomoda sedia di plastica, incurante del freddo a cui era abituata molto più delle amiche, era dovuta anche all’emozione di conoscere finalmente il resto della squadra, le stelle della nazionale giapponese. Li aveva visti in foto, li aveva seguiti dal vivo dagli spalti, ne aveva sentito raccontare di tutti i colori da Philip e da Peter Shake ma non li aveva mai incontrati, mai aveva rivolto loro la parola. Desiderava moltissimo fare buona impressione ma solo in quel momento, seduta nella sala d’attesa della stazione di Shintoku, si rendeva conto che l’imposizione della sua presenza in un’occasione in cui non era né prevista né ammessa, non avrebbe gettato le basi giuste per un rapporto di stima reciproca. E se l’avessero trovata insopportabilmente antipatica? Se non le avessero perdonato la sua intrusione? Si guardò fugacemente alle spalle, fissando la porta sulla strada e la salvezza, l’improvviso e irresistibile desiderio di fuggire.
-Jenny?-
Si volse e si trovò i begli occhi nocciola di Amy puntati addosso.
-Non avrai mica intenzione di tagliare la corda?-
Arrossì di colpo, incapace di credere che la ragazza, che conosceva da pochissimi giorni, fosse stata capace di leggerle la tentazione in faccia. Si prese una mano nell’altra e le dita guantate d’azzurro si torsero nervosamente.
-Se non fosse ormai troppo tardi, annullerei tutto.-
-Di cosa hai paura?- le sorrise Patty, stavolta più decisa -Gli unici che faranno storie saranno Benji e Mark.-
-Mark avrà sicuramente qualcosa da ridire.- concordò Amy.
Benji e Mark preoccupavano tutte, soprattutto Jenny che non li conosceva se non di fama. In quegli ultimi minuti in cui poteva ancora farlo, cercò di ricordare ciò che Philip le aveva detto di loro. Nulla di buono, a pensarci bene. Anzi, più le parole del fidanzato le tornavano alla mente e più cresceva il timore che le amiche avessero ragione. Philip le aveva detto per esempio che Mark era irascibile, scontroso e con un carattere impossibile. Era ostinato, pieno di sé e pretendeva di avere sempre ragione. Poi però aveva aggiunto che sotto sotto, cercando bene, aveva un sacco di lati positivi. Ma quando lei fiduciosa gli aveva chiesto quali, Philip l’aveva guardata, era rimasto in silenzio a riflettere per qualche istante e alla fine non gliene era venuto in mente neppure uno. Sorrise al ricordo, poi accantonò il problema Mark per concentrarsi sulla gioia di incontrare Philip. La voce di Patty la riportò nella sala d’attesa.
-Holly è il capitano e alla fine faranno come dice lui.-
-E tu sei certa di riuscire a convincerlo a farci restare?- domandò Jenny titubante.
Evelyn le diede una pacca su una spalla e le strizzò l’occhio.
-Ti stupirai di cosa è in grado di fare Patty.-
La risata che scaturì fu catartica, ma poi trasalirono al fischio del treno che entrava in stazione. Il tempo delle riflessioni e dei ripensamenti era ormai scaduto.
Jenny si alzò, spinse la porta a vetri e uscì all’aperto, stringendosi addosso il cappotto e la sciarpa. La notte era calata da un pezzo e faceva davvero freddo. Dalle montagne si incanalava nella valle una brezza fastidiosa che portava con sé il profumo del ghiaccio e della neve. Le amiche la raggiunsero lungo il binario rabbrividendo, il respiro che si condensava in nuvolette di vapore dissolte subito da improvvise raffiche gelide.
I fari del treno spuntarono oltre una curva, squarciando il buio della notte. Le quattro ragazze  osservarono il convoglio avvicinarsi, sempre più in ansia e sempre più intirizzite. I primi vagoni si arrestarono a pochi passi da loro con uno stridio di acciaio che fece accapponare la pelle quasi più del freddo. Piccoli e lisci ghiaccioli trasparenti pendevano dalle intelaiature dei finestrini, le luci della stazione si rifrangevano su di essi e li facevano brillare di riflessi multicolori.
Finalmente le porte si aprirono e i passeggeri si riversarono sulla banchina, affrettandosi verso l’uscita per sottrarsi il più presto possibile al gelido inverno dell’Hokkaido.
Julian mise piede per primo sul marciapiede stringendosi addosso la giacca.
-Che freddo terribile! È sempre così?- s’infilò in fretta i guanti e rabbrividì a una folata che lo travolse con rapida intensità, lasciandolo con naso e orecchie intirizziti. Le dita al sicuro, afferrò la valigia e seguì i compagni lungo il binario. Avevano preso posto negli ultimi vagoni, quelli che a Obihiro erano riusciti a raggiungere di corsa e per un pelo, ed erano scesi così lontano dall’uscita che laggiù la pensilina non arrivava, lasciandoli in balia delle raffiche di vento.
Benji si avvolse meglio la sciarpa intorno al collo e si guardò intorno. Oltre i binari poche luci, poche abitazioni, pochi edifici e pressoché nessuna insegna luminosa di quelle catene di locali che sorgevano intorno a tutte le stazioni giapponesi: Starbucks, Mc Donald’s, Seven Eleven, svariati karaoke e via dicendo.
-Siamo scesi in provincia di Shintoku?-
-Più che altro direi che siamo arrivati in Siberia.- gemette Bruce starnutendo e tirando poi su col naso.
Tom si avvolse meglio nella sciarpa e osservò invece i binari e i marciapiedi.
-Siamo sicuri che sia la fermata giusta? Non vedo neppure un cartello.-
-L’hotel è molto lontano, Philip? Ci sono venuti a prendere?-
-Avete finito con le domande? A chi volete che risponda per primo?-
-Vai con ordine.- suggerì Mark più polemico che pratico -Così non farai torto a nessuno.-
Le ragazze impiegarono qualche istante a individuarli. Ci riuscirono solo quando la massa dei viaggiatori si diradò e sul marciapiede rimasero soltanto loro, una manciata di ombre lontane e immerse nella pressoché totale oscurità, perché gli unici lampioni della stazione di Shintoku erano nei pressi dell’edificio e subito sopra le uscite.
-Sono lì.-
Amy li indicò anche se non ce ne fu bisogno, ora che li avevano individuati anche le altre.
-E sono persino tutti! Io pensavo che qualcuno avrebbe tagliato la corda lungo la strada.- s’entusiasmò Evelyn -Approfittando magari di aver perso l’aereo.-
-Gamo stavolta deve averli proprio terrorizzati.-
-Il mister è così terribile, Patty?- chiese Jenny.
Le rispose Evelyn, in piedi al suo fianco talmente vicina da poterne percepire il calore attraverso il cappotto.
-Tieni conto che qualche anno fa ha allontanato dalla squadra, tra gli altri, anche Mark, Tom e mio cugino Clifford dicendo che o miglioravano la loro tecnica o potevano scordarsi il posto in nazionale.-
-Questo non è rassicurante.-
-Non c’è niente di rassicurante in Gabriel Gamo, Jenny.-
Adesso i ragazzi erano così vicini che riuscivano a distinguere le loro voci. L’alta statura di Mark svettava sugli altri insieme al cappellino di Benji che avanzava per ultimo. Individuarono Bruce che non riusciva a camminare in linea retta, spostandosi un po’ qua e un po’ là per deliziare tutti con le proprie spiritosaggini, facendo inciampare i compagni nel trolley che si trascinava dietro a zig-zag.
Confuse tra le ombre di alberi e arbusti delle aiuole che fiancheggiavano l’edificio della stazione e correvano lungo tutto il marciapiede, le ragazze non erano state ancora notate.
-Più o meno quanto può resistere un essere umano a questo freddo prima di morire assiderato, Philip?-
-Direi una media di settanta-ottant’anni, Bruce. Calcola poi che il freddo conserva più a lungo, quindi potresti arrivare a cento.-
-Ibernato o in possesso di tutte le mie facoltà?-
Benji rise.
-Se intendi quelle intellettive, sei ibernato da quando ti conosco.-
-Te lo leverei quel cappellino, magari ti si gelano le sinapsi cerebrali e ti cade la lingua.-
-Se non funziona per te...- Benji lo lasciò perdere -Callaghan, ce l’hai prenotato di lusso l’igloo?-
-A cinque stelle. Vedrai che roba.-
La risposta di Philip arrivò a Jenny forte e chiara perché il ragazzo ormai distava appena una manciata di metri. Posare gli occhi di lui, sul suo sorriso rischiarato a tratti dall’illuminazione stradale, scacciò di colpo tutta l’insicurezza e i timori che l’avevano tormentata fino a pochi istanti prima. Si staccò dalle amiche e, come attirata da una forza magnetica alla quale non era in grado di resistere, affrettò il passo e percorse rapida la distanza che la separava dal fidanzato.
Jenny piombò letteralmente tra le braccia di Philip sbilanciandolo all’indietro e facendogli sfuggire la valigia di mano. Quell’ombra che investì inaspettatamente il compagno li bloccò sul posto, persino Callaghan dovette rendersi conto di cosa l’avesse appena travolto. Ma il suo smarrimento durò giusto un secondo, il tempo di riconoscere il profumo della fidanzata, ritrovare il calore e la morbidezza di quel corpo che era così perfetto per il suo. Reagì stringendola a sé e allora lei lo salutò con una parola appena mormorata, un sussurro dolce e felice che lo raggiunse attraverso le pieghe della sciarpa.
-Ciao…-
Si erano fermati proprio sotto il cono di luce di un lampione e questo diede modo a Benji di scrutare la faccia di Philip colma di beata gioia e intuire la verità. Della giovane avvinghiata al compagno non riusciva a vedere nulla, se non uno zigomo roseo e la massa di capelli neri e lucenti tagliati sopra le spalle. Ma tanto bastò. Ciò che era appena accaduto davanti ai loro occhi per il portiere fu talmente ovvio che la sua voce uscì in un secco rimprovero.
-Che accidenti stai facendo, Callaghan? Cosa significa questo?-
La risposta del compagno non era necessaria, ci arrivava da solo eccome. Lei! Lei era sicuramente la fantomatica fidanzata di Philip. Lei era Jenny! La ragazza che in trasferta, persino all’estero, pretendeva una telefonata al giorno! La tipa che aveva ridotto nientepopodimeno che il vicecapitano della nazionale giapponese di calcio a un povero imbecille, un calzino da girare e rigirare a piacimento. Jenny era lì! Non riusciva a crederci! Lei lo aveva seguito al ritiro! Era inaccettabile, i ritiri erano off-limits! Niente distrazioni! Anzi, niente fidanzate - perché se qualche distrazione capitava tanto meglio. Era una regola. Era LA regola!
-Chi è questa ragazza, Philip?-
L’ingenua domanda di Bruce gli fece quasi cadere le braccia.
-Chi vuoi che sia, idiota?- rispose Mark con un’arguzia che lasciò di stucco il portiere -Sicuramente non una sua fan. Stiamo parlando di Callaghan, quindi...-
Quel povero imbecille del vicecapitano, che lo ascoltava distratto, non riuscì a interpretare il tono della frase lasciata a metà e si ripromise di chiederne conto, ma solo più tardi perché adesso veniva la parte più complicata del viaggio.
Jenny sembrò leggergli nel pensiero, come accadeva spessissimo. Si scostò a malincuore dal corpo caldo e accogliente del fidanzato e si volse verso i ragazzi, registrando nel contempo l’avanzata di un’ombra che schermò la luce del lampione da un’altezza superiore a quella di Philip, facendole calare addosso l’oscurità.
-Il problema non è chi è, Harper, ma che cazzo ci fa qui. Chi l’ha invitata?-
Benji ghignò una presa in giro.
-Secondo te, Landers? Sei scemo o cosa?-
-La piantate voi due?- li zittì Holly stufo, poi si fece avanti -È davvero Jenny, Philip?-
-Esattamente.-
Bruce, che aveva trattenuto il fiato, esplose di sdegno.
-Che ci fa qui? Che ci fa LEI qui? Perché? Perché non me lo avete detto?- frignò.
-Volevi invitare anche Evelyn?-
Il ragazzo fissò Benji.
-Certo, perché no? Se c’è lei, perché non avrebbe potuto esserci anche Eve?-
Jenny era tentatissima di dirgli che in effetti Evelyn c’era e neppure troppo lontana, ma non era sicura che fosse il momento giusto, visto che non riuscivano ad accettare neppure soltanto la sua, di presenza. Le cose, a suo parere, non si stavano mettendo bene per niente. Era comparsa tra loro da appena un paio di minuti ed erano già sul punto di azzuffarsi. Li guardò tesa, forse era meglio finirla lì. “Grazie è stato un piacere.” poteva dire “Scherzavamo, sono passata un attimo solo per salutare Philip. Adesso me ne vado.” e poi fuggire a gambe levate. Invece si sforzò di provare a mettere qualche pezza a destra e a manca. Socchiuse le labbra in un sorriso che, nonostante la tensione, le venne perfetto, con le guance arrossate dal freddo, gli occhi che brillavano di ansia e felicità. Una felicità tale da lasciare Bruce inerme. Le proteste gli morirono in gola, complice anche il bel viso su cui era rimasto impigliato il suo sguardo.
Jenny allungò una mano guantata verso Holly, accompagnando il gesto con un’espressione radiosa che avrebbe incantato chiunque. Forse anche Benji, che poco distante fremeva di contrarietà. Il capitano gliela strinse senza un attimo di esitazione, in fin dei conti talmente sorpreso di trovarsi davanti la fantomatica fidanzata di Philip da dimenticare per un attimo che non avrebbe dovuto essere lì.
-Benvenuti a Shintoku.- li accolse lei con una voce dolce e gentile, consapevole di avere gli sguardi di tutti, chi più e chi meno cordiale, puntati addosso.
Persino Benji, alla fioca luce dei lampioni della stazione, non poté non notare che Jenny oltre a essere invadente e asfissiante era talmente graziosa da potersi permettere qualche capriccio. Piuttosto forse c’era da cominciare a chiedersi come accidenti avesse fatto un tipo scialbo come Callaghan a rimorchiare una ragazza così.
-Ciao Patty.-
La voce di Tom fece sobbalzare Holly.
-Patty?- ripeté con una fievole eco.
-Sì, sono io.- disse lei emergendo dall’ombra della notte e avanzando fino alla luce del lampione.
E dietro di lei anche Evelyn e Amy, una accanto all’altra infreddolite – o forse intimorite – dal loro stesso essere lì.
-Eve! Anche tu!- esclamò Bruce esprimendo sorpresa, collera e infine sollievo in appena tre parole.   
-Ciao.- lo salutò lei con un gesto della mano, rincuorata dal suo entusiasmo -Com’è andato il viaggio?-
Mark non vedeva l’ora che qualcuno lo chiedesse. Era così furioso da scoppiare.
-Decisamente una schifezza!-
Benji incrociò le braccia, poco incline a mostrarsi cordiale.
-E da adesso in poi non può che peggiorare.-
Secondo il portiere, il viaggio era stato davvero fin dall’inizio una schifezza e la sorpresa finale che li aveva accolti a Shintoku non poteva che essere la naturale conseguenza di quella pessima giornata. Ma di chi era la colpa? Di Callaghan o della sua ragazza? Di entrambi? Avevano complici? Nell’incertezza il portiere tornò a guardare Jenny, una novità che non riusciva a fare a meno di catturare i suoi occhi. Non vedeva l’ora di osservarla alla luce, perché la penombra mostrava davvero troppo poco per poter dare un giudizio definitivo, se non altro sul suo aspetto fisico.
Dal volto della giovane trasferì gli occhi su quello di Philip. Si vedeva che Callaghan era davvero stracotto ed era chiaro che avrebbe fatto qualsiasi cosa per consentirle di restare. Finora nessuna delle loro proteste sembrava aver incrinato il suo entusiasmo. Forse era il caso di ribadire che la presenza delle ragazze era assolutamente inaccettabile.
-Ci siete tutte?-
-Se tu sei ancora single, direi di sì.- rispose Patty sfoderando la sua combattività, ora che era al fianco di Holly.
-E chi se lo prende?-
-Su questo aspetto potremmo disquisire per giorni, Landers.-
-E non mi pare il momento di farlo.- disse il capitano e avanzò di un passo, mettendosi tra loro pronto a zittirli se avessero provato a continuare.
Mark tornò a guardare Philip.
-Allora Callaghan, cos’è questa novità? Gamo ne è al corrente? Scommetto di no, vero?-
-E chi glielo dice? Nessuno di noi è così stupido… spero!- esclamò Bruce allarmato.
Landers neppure lo udì. Abbassò gli occhi su Jenny e si rivolse stavolta direttamente a lei.
-Forse il tuo ragazzo non ti ha spiegato bene come funziona un ritiro.-
-Mark...- tentò di intromettersi il ragazzo in questione ma l’altro lo zittì con un brusco gesto della mano.
-Siamo venuti in questo posto dimenticato dalla civiltà per allenarci e voi non dovreste assolutamente esserci!-
-Sai cos’è la civiltà, Landers?- fece eco Benji.
Tom gli infilò un gomito nel fianco facendolo sobbalzare.
Mark ringhiò un insulto al portiere, poi tornò a fissare la ragazza.
Lei esitava combattuta. Era perfettamente consapevole di cosa fosse un ritiro e di fronte alle sue legittime rimostranze, nessuna risposta poteva ritenersi accettabile. Certo non poteva spiattellargli chiaro e tondo di essere lì per trascorrere qualche giorno con il fidanzato che non vedeva da un mese. Non disse nulla quindi, gli porse la mano e gli sorrise come aveva fatto con Holly, cercando di reprimere il disagio che le trasmettevano quegli occhi furiosi puntati su di lei. La sua voce venne fuori limpida e decisa, anche se il cuore nel petto batteva all’impazzata.
-Benvenuto, Mark.-
Le labbra di Landers divennero una linea sottilissima. Non ricambiò il saluto per protesta e non strinse la mano che Jenny gli porgeva con tanta cordialità. Continuò a tenere le proprie affondante nel calore delle tasche e a scrutarla con un cipiglio infastidito. Alla fine lei abbassò il braccio ma non si diede per vinta.
-Sono contenta di conoscerti. Philip mi ha parlato spesso di te.-
-E chissà che belle cose ti avrà detto.-
Callaghan, se solo avesse potuto, avrebbe mollato a Benji un pugno in faccia. La sua ironia, sempre e immancabilmente fuori luogo, annullò l’effetto benevolo delle parole di Jenny. Lo sguardo di Mark si indurì.
-E quindi?-
Quindi la giovane capì che trattare con Landers era difficile, ma che trattare con lui in presenza di Benji era un’impresa ancora più ardua. Si rivolse allora al portiere, per cercare di capire chi dei due fosse più malleabile.
-Ho sentito parlare anche di te, Benji. è un piacere avervi qui a Shintoku.-
-Lo immagino. Soprattutto averci Callaghan.-
A quel punto Philip intervenne.
-E sarà un piacere ancora più grande se usciamo dalla stazione e finiamo saluti e presentazioni in un luogo più caldo e accogliente.- riprese la valigia -Possiamo andare?-
-Andare dove?-
-Al ryokan.-
-Con loro? Callaghan, vuoi farmi scemo? Un ritiro non prevede la compagnia delle fidanzate. Possiamo anche andare se vuoi, ma loro restano qui...- magari lì faceva troppo freddo, quindi Benji si corresse -Comunque non vengono con noi. Vero Holly?-
Il capitano non gli diede l’appoggio che si aspettava. Il suo silenzio fu eloquente, a quella battaglia non avrebbe partecipato. Per una volta sembrava tenere più a Patty che alla squadra. Allora cercò Tom e gli trovò sul volto un’espressione imbarazzata che non apprezzò per niente. E Ross? Non gli rimaneva che Ross il perfettino. Lo cercò e lo trovò. Teneva per mano la fidanzata e aspettava, in un paziente silenzio, che lui smettesse di far storie. Storie? Stava facendo storie? Non era così! Lui aveva ragione da vendere, non si portavano MAI le fidanzate ai ritiri. Si volse verso Harper, anche se non nutriva nessuna speranza su di lui. E infatti il ragazzo pareva addirittura non aver udito nulla di quello che era stato detto in quegli ultimi minuti. Era così entusiasta di aver trovato la fidanzata a Shintoku, che la sua attenzione era totalmente rivolta a Evelyn. Per giunta lei gli stava dicendo qualcosa che lo fece sorridere, chissà che non stessero ridendo proprio di lui. Possibile che il suo unico alleato fosse Landers? Merda! Lui no! Si censurò in un silenzio infastidito, passò accanto a Patty a testa alta e si avviò lungo il marciapiede, dove alla fine si era stufato di stazionare, investito da continue raffiche di vento ghiacciato.
Tolto di mezzo il portiere, le ragazze si lanciarono un’occhiata sollevata che a Mark non sfuggì.
-Non farete fesso anche me. Io aspetto ancora spiegazioni. Anzi le pretendo, o da qui non mi muovo.-
-Nessuno vuol far fesso nessuno...- borbottò Evelyn.
Benji, che non era ancora abbastanza lontano, udì entrambi e si volse.
-Avresti mai immaginato di trovare un eucalipto in Hokkaido, Landers? Provaci pure, forse sarai più fortunato di me e se riuscirai a dare un tono a questa farsa di ritiro avrai purtroppo tutta la mia gratitudine.-
-Che eucalipto?-
-Niente Evelyn, lascia perdere.-
Holly non vedeva l’ora di raggiungere l’hotel o il ryokan o quello che era, scongelarsi le estremità ibernate, cenare e andare a letto. Ignorò Mark che adesso puntava i piedi e faceva le bizze e,  stringendo la mano di Patty, seguì il portiere verso l’uscita della stazione. Julian e Amy si scambiarono un’occhiata e s’incamminarono anche loro, subito imitati da Evelyn e Bruce, tremanti di freddo.
Philip sbuffò in sordina e lanciò uno sguardo sghembo a Mark. Era strasicuro che gli amici avrebbero avuto da ridire ma sperava almeno di riuscire a portarli fino al ryokan per discuterne con calma, magari davanti a una tazza di tè bollente e dopo aver cenato. E invece quel cretino di Landers seguitava a impuntarsi lì, in stazione, in balia del freddo e della notte. Ma non era stanco? Non aveva fame, accidenti a lui?
In quel momento comunque, la cosa più importante era impedirgli di salire sul primo treno diretto a Obihiro. Se tornava a casa e mandava a monte il ritiro, Gamo lo avrebbe maciullato. Avrebbe maciullato tutti.
-Che dici Mark, ti muovi o aspetti di trasformarti in un pezzo di ghiaccio?- lo sollecitò brusco.
-Testone...- borbottò Tom dietro di lui.
-Hai detto qualcosa, Becker?-
-Giammai.-
Mentre Tom e Philip reprimevano la violenta tentazione di afferrare il compagno di peso e trascinarlo via, Jenny gli si avvicinò e gli posò una mano sul braccio col tocco delicato di una farfalla. Gli occhi di Mark seguirono il gesto, indugiarono sul guanto azzurro e poi si spostarono sul suo viso con un lampo di collera che indusse la giovane a ritrarre le dita all’istante. Non le restò che parlare.
-Qui fa freddo. Va bene lo stesso se le spiegazioni te le diamo al ryokan?-
Il bel viso di Jenny era sollevato verso di lui. Nel suo sguardo Mark riconobbe un’espressione che aveva un qualcosa di vagamente familiare. Una folata di vento le scompigliò i capelli, una ciocca le finì sugli occhi ombreggiati da lunghe ciglia scure e quando lei la scostò con un gesto della mano, il suo profumo gli solleticò le narici. Era buono. Una seconda raffica di vento, più forte della prima, li costrinse a socchiudere gli occhi e ad abbassare il viso per ripararsi dai fiocchi di neve che turbinarono nell’aria pizzicando la pelle con minuscoli aghi.
La temperatura doveva essere scesa molto sotto lo zero. Si gelava e gelava soprattutto chi non era abituato a inverni così rigidi. Mark avrebbe voluto mostrarsi inflessibile, ma purtroppo per lui stava morendo di freddo. Ancora pochi minuti nella morsa del gelo dell’Hokkaido e, come aveva preannunciato Philip, si sarebbe trasformato in una statua di ghiaccio. Afferrò con un movimento brusco la valigia da terra e s’incamminò.
-Sia chiaro che non è stata lei a smuovermi ma il freddo.- disse a Tom superandolo.
-Non ne dubito.-
-E al ryokan dovrai essere molto convincente, Callaghan. Altrimenti me ne vado.-
-Lo abbiamo capito.-
Gli altri erano già fuori dell’edificio, infreddoliti, disorientati e in attesa.
-Prendiamo l’autobus?- domandò Bruce.
-Il taxi, se non volete andare a piedi.-
Il ragazzo guardò Jenny.
-Quant’è distante?-
-Circa tre chilometri in salita.-
-Che bella notizia.-
-Già inizi a battere la fiacca, Harper?- lo schernì Mark, a cui non rimaneva altro da fare che riversare lo scontento sui compagni -Siamo venuti in ritiro, no? Cosa vuoi che siano tre chilometri in salita?-
-Ti interessa solo risparmiare i soldi del taxi, Landers!-
Holly guardò Benji sospirando, era sicuro che lo avrebbe detto.
-Ovvio! Per colpa di qualcuno ho dovuto pagarmi due biglietti aerei! Non sai che un certo idiota ha lasciato le carte di imbarco in libreria perché era troppo occupato a farsi bello su un articolo che parlava di lui?-
Se il loro tono non avesse preannunciato nuovamente guai, Patty sarebbe scoppiata a ridere tanto i loro continui battibecchi le parevano infantili. Invece fu costretta a rinunciare di nuovo alle dita calde di Holly che stringevano le sue, per dargli modo di ricorrere alla sua autorità di capitano.
-Bene, andremo a piedi! Spero proprio che la salita e il freddo vi gelino la lingua! Non ne posso più di sentirvi!-
-A chi lo dici.- fece eco Tom.
Benji si calcò il cappellino sulla testa e spostò gli occhi su Jenny.
-Facci strada.- ordinò brusco.
Lei non se lo fece ripetere. Girò a destra, attraversò il piazzale della stazione e imboccò una via piuttosto larga che si stendeva dritta fino alle pendici della montagna. La neve era stata spazzata  dalla carreggiata, ora sporca di terra e sale chimico per scongiurare pericolosissime lastre di ghiaccio. Le vetture che la percorrevano producevano uno sciacquio che intirizziva tutti i sensi. Anche i marciapiedi erano stati ripuliti e cosparsi di granelli bianchi, ma a ridosso degli edifici si erano accumulate alte montagnole di ghiaccio candide, solide e risplendenti. Qua e là, davanti ai negozi, nei pressi degli incroci, sotto i lampioni e accanto alle cabine telefoniche, si ergevano pupazzi di neve di tutti i tipi e misure plasmati dai bambini di Shintoku, messi lì quasi a proteggere con la loro presenza rassicurante automobilisti e passanti dalle insidie del lungo inverno del nord.
Alle sei del pomeriggio il traffico dei veicoli era notevole, le strade della piccola cittadina erano percorse in lungo e in largo da automobili, furgoncini e furgoni commerciali. I fari delle vetture illuminavano tutto quel bianco creando aloni di luce che si riflettevano sulle nuvole basse e cariche di neve. Di passanti invece ce n’erano pochissimi e sembravano trovarsi in strada solo perché non avevano proprio potuto fare a meno di uscire. Imbacuccati fino alle orecchie, infreddoliti e stanchi si affrettavano ciascuno verso la propria meta, senza far caso a quel cospicuo gruppetto di presenze famose che procedeva sotto anonimato per le vie di Shintoku.
Mark si sentiva il volto ghiacciato e la pelle tirata dal freddo ma il moto teneva al caldo il resto del corpo, ben riparato da giacca a vento, sciarpa e guanti. Dopo tante ore trascorse seduto sui treni e in aereo, era felice di poter fare un po’ di movimento.
Dietro di lui udiva le chiacchiere di Julian e Amy, coperte a tratti dal rombo delle macchine che li superavano.
-Fa sempre così freddo?-
-Sentirai più tardi. Questa notte certamente gelerà.-
-Mi sembra che lo abbia già fatto in abbondanza.-
-In effetti...- rise lei.
Mark li lasciò perdere per lanciare un’occhiata alla vetrina sguarnita di una panetteria, ormai in chiusura. Nei cesti di vimini in mostra dietro le vetrate era rimasto ben poco, ma il ricordo dell’odore del pane lo colpì lo stesso, accartocciandogli lo stomaco. Sperava che le ragazze avessero provveduto a una cena appropriata agli strapazzi di quel giorno. Si volse. Qualche passo più avanti Jenny procedeva alla sua sinistra, accanto a Philip che le parlava e sorrideva. Lui la teneva per mano e Mark gli leggeva in faccia un’espressione che non riconosceva. Lo aveva visto felice in parecchie occasioni, praticamente dopo tutte le loro vittorie. Ma la gioia di quel giorno era diversa, più intima e completa. Un sentimento che forse a lui non era mai capitato di provare. Incuriosito diede una seconda sbirciata alla ragazza. Jenny, dunque. Finora lei gli era arrivata davanti agli occhi solo attraverso qualche foto sottratta a Philip durante i ritiri, sbandierata ai quattro venti a sua insaputa per prenderlo in giro o farlo arrabbiare. Una volta gli era successo di udire la sua voce attraverso il cellulare dell’amico. A parte ciò, nient’altro.
Come aveva avuto già modo di notare sulle foto e intuire poco prima nella penombra della stazione, Jenny era davvero carina. Addirittura poteva dirsi bella, se solo fosse riuscito a guardarla meglio. Per il momento aveva preso atto di qualche particolare, come il viso dai tratti regolari, la pelle rosea e vellutata, il naso piccolo e un po’ all’insù, le labbra rosse e piene dalla linea perfetta. Tuttavia, nonostante la sua avvenenza, nonostante i suoi sorrisi e la sua gentilezza, nonostante il suo profumo, nonostante ciò che Philip provava per lei, non poteva perdonarle di essere lì. Di essersi intrufolata, insieme alle altre, nel loro ritiro.
Non era passato neppure un quarto d’ora da quando si erano messi in cammino che Bruce iniziò con le sue scontate lamentele.
-Quanto manca? Sto morendo di fame!-
Un po’ mancava ancora di sicuro. A circondarli, in quel momento c’era il niente mescolato al buio. Il viale che avevano percorso dal momento in cui erano usciti dalla stazione, a poco a poco si era ristretto trasformandosi da arteria principale del centro abitato a stradina di campagna. Gli edifici si erano fatti più radi, i negozi erano scomparsi e si erano ritrovati ad andare incontro all’oscurità della montagna. Il largo marciapiede lastricato, comprensivo di pista ciclabile, era diventato una gettata di asfalto così stretta che a mala pena riuscivano a percorrerla due persone affiancate. Per di più, i lampioni che illuminavano la carreggiata a un certo punto erano finiti. Dopo un’ampia curva in salita che aveva cinto col suo corso sinuoso le pendici della montagna, quella striscia d’asfalto ammantata di ghiaccio aveva cominciato a inerpicarsi a zig-zag tra alberi coperti di neve, arbusti e cespugli e dal momento in cui si erano inoltrati nel bosco, non avevano più incontrato neppure una macchina.
Le ragazze, e pure Bruce, avevano tirato fuori il telefonino e adesso illuminavano il cammino con le luci traballanti e fredde delle torce.
-Ho fatto proprio bene a portare con me il cellulare.- sghignazzò Harper dopo essersi piazzato appositamente accanto al capitano, facendo luce dove mettevano i piedi -Non sembra anche a te, Holly?-
-No, e te lo requisisco appena arriviamo.-
Bruce non badò alla minaccia.
-Quanto avete detto che manca?- domandò di nuovo petulante.
-Siamo quasi arrivati.- lo rassicurò Patty, mostrando una pazienza che in realtà era agli sgoccioli. Ma per amore della tranquillità e soprattutto per amore di Holly, era decisa a sopportare anche le lagne di Bruce -Il ryokan è in cima alla salita.-
Tom si chiese quanto fosse in alto la cima della salita, poi tornò a rivolgersi a Benji che gli camminava accanto, affondando rancoroso i piedi nella neve intatta ai lati della strada. Non riusciva proprio a capire perché stesse reagendo in quel modo.
-Che ti importa se ci sono anche loro? Le cose tra noi vanno comunque male, la presenza delle ragazze non può turbare un’armonia che non esiste. Ti stai impuntando su una sciocchezza. La tua presa di posizione è assurda e infantile.-
-Ah sì?-
Ritenendosi nel giusto, a Benji non faceva piacere sapere che l’amico la pensasse in quel modo. Lui odiava le sorprese e odiava ancor più che si prendessero a sua insaputa decisioni che lo riguardavano. Odiava trovarsi di fronte al fatto compiuto se non era lui a compierlo, quindi odiava esattamente ciò che era appena accaduto.
-Chi ha organizzato tutto questo? Callaghan?- si fermò di colpo per guardarlo in faccia -Tu lo sapevi?-
-Certo che no!- si affrettò a rispondere Tom, che seppure ne fosse stato al corrente, in quel momento avrebbe negato anche sotto tortura pur di non sentirsi accusato di qualcosa. Per quel giorno era saturo.
-Quanto manca?- chiese Bruce ancora -Sono stanco e fa davvero troppo freddo. Come faremo ad allenarci con questo gelo? Philip, non era meglio l’hotel di Yamagata?-
Callaghan sussultò. Che diavolo ne sapeva lui dell’hotel di Yamagata? Chi gliel’aveva detto?
-Ti posso assicurare che quando fa freddo, essere a meno sette o meno quindici non fa nessuna differenza.-
-Se lo dici tu…- lo fissò poco convinto -Quindi? Quanto manca?-
Patty alzò gli occhi al cielo.
-Risparmia il fiato per camminare, Bruce. Siamo quasi arrivati.-
-E chi ci crede più? L’hai detto anche mezz’ora fa.-
-Lascia che si lamenti.- la rabbonì Holly -Lo fa per scaldarsi.-
-Se sei stanco puoi fermarti qui e raggiungerci domani con più calma.-
Jenny parlò con un sorriso gentile e una voce dolce come il miele che dissimulò in parte l’ironia di fondo.
Bruce infatti non la colse. Si bloccò dov’era, a guardarla con gli occhi spalancati. Dopodiché le corse vicino con un braccio proteso, slittando sul ghiaccio.
-Comunque molto, molto piacere! Come avrai sicuramente capito io sono Bruce Harper e senza di me, con questi qui la nazionale sarebbe di una noia mortale.-
Tom rise di cuore mentre Philip riusciva a fatica a strecciare le dita del compagno che stringevano quelle di Jenny e non volevano saperne di mollarla.
-Sa perfettamente chi sei, imbecille! La tua è una faccia che non si dimentica!-
-Verissimo.- concordò il proprietario delle fattezze memorabili -Sono molto felice di conoscerti Jenny. Purtroppo ho sentito pochissimo parlare di te, ed è un vero peccato. Qualche parola in più valeva proprio la pena spendercela. Eh, Philip?-
Lei arrossì, ma il buio celò il suo imbarazzo.
Proseguirono ancora per alcuni minuti, poi il ryokan comparve oltre una grande curva. La strada si aprì in un ampio piazzale pianeggiante, in fondo al quale si innalzava un imponente edificio a tre piani in stile tradizionale, dalle linee armoniose e leggere, ma in realtà robusto e massiccio. Il piazzale era illuminato da lampioncini che gettavano una tenue luce anche sulla costruzione. I muri esterni erano intonacati di bianco crema e incorniciati da travi e pilastri di un legno reso ancor più scuro dalle intemperie e dal passare del tempo. Leggermente curvato verso l’alto alle estremità, il tetto dava un’impressione di leggerezza ed era ricoperto di tegole di ardesia che si scorgevano solo a tratti, scure, sotto il candido e spesso manto di neve. Il piano inferiore era abbellito, nella parte centrale, da una veranda di legno riparata da gronde sporgenti. Dal primo piano si affacciavano tre balconate coperte da una tettoia più leggera. Il legno degli spioventi e dei tetti dei balconi era appesantito da pietre di varie dimensioni per non essere spazzato via dai venti impetuosi che si incanalavano tra le valli montane. In alto, quasi all’apice del tetto, si aprivano le minuscole finestrelle dell’abbaino con la cima arrotondata. Ai lati e alle spalle dell’edificio gli alberi crescevano fitti e salivano a ricoprire con un manto continuo il pendio delle montagne.
Dalla maggior parte delle finestre del pian terreno filtrava una calda luce dorata che si rifletteva sulla neve illuminando il piazzale. Arrancando tra la neve i ragazzi raggiunsero l’ampio portico aggettante dell’ingresso, coperto da un tetto a due falde. Il pavimento era di larghe tavole disposte perpendicolarmente rispetto alla soglia e si raggiungeva salendo tre scalini. Varcata la grande porta a vetri a doppia anta, attraverso un altro gradino, da questo stesso pavimento si giungeva a quello superiore, che apparteneva al pianterreno del ryokan.
-Che piacevole tepore…- sospirò Bruce quando furono finalmente all’interno dell’edificio e al riparo dal freddo. Lasciò la valigia a terra per srotolare la sciarpa mentre si guardava intorno curioso.
Uno zoccolo di legno chiaro e pregiato correva lungo i lati dell’ingresso mentre la parte superiore del muro era intonacata di bianco-crema. Da un lato, addossata alla parete, c’era una scaffalatura con dei vani per riporre le scarpe e dall’altro, appesi al muro, una fila di pomelli per giacche a vento e cappotti. In un angolo un enorme vaso dall’invetriatura color giada conteneva alcuni ombrelli a disposizione dei clienti.
Mentre si sfilavano giacche e cappotti, una coppia di anziani signori arrivò ad accoglierli con un inchino e un caloroso benvenuto. La vecchietta squadrò uno ad uno quei ragazzi alti e atletici, poi i suoi occhi miopi si soffermarono su Philip e le sue labbra si schiusero in un sorriso colmo d’affetto.
-Siamo felici di rivederti, Philip. È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati che temevamo di non riconoscerti più.-
-Anche per me è un piacere essere di nuovo qui.- rispose lui educato e con sincerità, sfilandosi i guanti di lana e riponendoli nelle tasche della giacca.
Lo scambio di convenevoli risultò decisamente sospetto.
-Li conosci? Vi conoscete?- quelle di Mark suonavano più come accuse che domande -Callaghan! Sono stanco delle sorprese!-
-Ci conosciamo, sì.- disse la padrona del ryokan -Noi siamo i nonni di Jenny.-
Poi tirò fuori gli occhiali dalla tasca della calda gonna di lana e li inforcò, sbattendo gli occhietti per mettere a fuoco. Esaminò Mark con ammirato stupore e le sue rughe si tesero formando un sorriso.
-Che bel ragazzo che hai portato, nipote mia!-
Soddisfatta la vista, nonna Harriet decise di appagare anche il tatto e gli premette due volte il dito al centro del maglione, quasi a saggiare la sua reale presenza o forse ancor più la solidità dei suoi muscoli, continuando comunque a fissarlo con occhietti grinzosi luccicanti di approvazione.
-Se avessi quarant’anni di meno saprei perfettamente come trascorrere i prossimi giorni!-
Jenny arrossì fino alla punta delle orecchie e si accostò a nonno Ernest, sperando che riportasse all’ordine quella burlona della moglie. Lui si limitò a strizzarle l’occhio mentre Benji scoppiava a ridere di cuore. Mark, totalmente privo di malizia per indole, non fu capace di tener testa a un apprezzamento che lo colse del tutto impreparato. Quindi si comportò come d’abitudine e lanciò occhiate assassine a destra e a manca, pronto a vendicare il proprio onore se qualcuno del gruppo si fosse unito alla risata del portiere.
Harriet si sfilò gli occhiali e li ripose.
-Naturalmente scherzavo. Jenny, accompagna i tuoi amici nella loro camera così potranno sistemarsi prima di cena.-
Lei annuì e dopo aver distribuito ai ragazzi sette paia di pantofole dei colori dell’arcobaleno, imboccò le scale con la punta delle orecchie ancora in fiamme, e li precedette al primo piano, lanciando occhiate preoccupate a Mark che però sembrava aver superato la fase critica. Aprì la porta della stanza, allungò una mano sul muro per accendere la luce e poi scostò per lasciarli entrare.  
Era una camera di dodici tatami grande e spaziosa, in grado di ospitarli tutti e lasciar avanzare ancora dello spazio. Le stuoie, bordate di stoffa marrone decorata di piccoli motivi floreali color crema, erano così pulite da emanare ancora un gradevole profumo di paglia. Le pareti, intonacate di un pallido color avorio, erano completamente spoglie eccetto un rotolo dipinto appeso in una rientranza del muro, che rappresentava un paesaggio invernale a inchiostro monocromo con pennellate morbide e un sapiente uso delle sfumature.
Il centro della stanza era occupato da un enorme tavolo basso rettangolare, così lucido che la superficie rispecchiava i loro volti; a terra erano sparpagliati dei cuscini rossi e verdi ricamati con filo beige, ognuno con motivi diversi. La luce che Jenny aveva acceso era costituita da otto faretti incassati nel soffitto. In un angolo c’era un lume alto e slanciato con un paraluce rettangolare di carta di riso e bambù; la parete di fronte alla porta era occupata per la maggior parte da un’enorme finestra ora chiusa e nascosta dagli shoji, pannelli di carta di riso e intelaiatura di legno, che fungevano da tapparelle. Una delle pareti laterali della camera era costituita interamente da fusuma, i pannelli scorrevoli tipici delle stanze giapponesi tradizionali. L’altra era un immenso armadio a muro che conteneva i futon, i cuscini, lo spazio per disporre le valigie e i ripiani per gli abiti. C’era posto a sufficienza per tutti i loro bagagli. Sopra alla finestra era istallato un climatizzatore che emetteva aria calda. La camera era immersa in un piacevole tepore.
-Spero che non avrete problemi a dormire insieme per questa notte.-
Jenny li osservò un po’ tutti speranzosa. Non aveva idea di come i ragazzi si comportassero gli uni con gli altri durante i ritiri, essendo quella la prima - e probabilmente anche l’ultima - volta che vi prendeva parte. Seguivano una gerarchia? Decideva tutto il capitano oppure ognuno diceva la sua e poi mettevano ai voti? Fermò lo sguardo su Holly, perché era probabile che certe decisioni spettassero a lui. Guardandolo, proseguì.
-Domattina partiranno gli ultimi ospiti, poi il ryokan resterà chiuso per due settimane e avremo a disposizione tutte le stanze di cui abbiamo bisogno.-
Benji restò a guardarla anche quando smise di parlare, esaminandola dalla cima dei capelli fino alla punta dei calzini. Accidenti se era carina. Ora che riusciva a vederla bene, cominciava a capire perché Callaghan fosse cotto. Obiettivamente, lui che se ne intendeva, non poteva dargli torto. Scacciò di corsa quei pensieri, nati in modo del tutto spontaneo, e posò la valigia lungo la parete.
-E voi dove dormite?- chiese Bruce.
-Ci siamo sistemate qui accanto.- Patty attraversò l’ampia stanza, raggiunse un pannello della parete di destra e l’aprì, mostrando una camera identica ma di dimensioni più ridotte.
-Perfetto. Credo proprio che non mi muoverò da qui neanche domani.-
-Il solito scontato.- Holly appoggiò la borsa a terra e si stiracchiò, contento di essere finalmente arrivato a destinazione dopo un’intera giornata di viaggio.
-I bagni sono in fondo al corridoio.- li informò Jenny mentre prendevano possesso della stanza, iniziando finalmente a scongelarsi -La cucina è al piano terra e alla fine del corridoio di destra, ci sono le terme.-
-Terme?- fece eco Bruce -Quasi quasi...-
-La cena è pronta, ma se volete andare il tempo c’è.-
Convincerli a farsi un bagno, per le ragazze poteva essere una buona occasione. L’acqua calda li avrebbe rilassati e loro quattro ne avrebbero approfittato per ritagliarsi un attimo di tranquillità, consultarsi sull’allarmante reazione di Benji e Mark e prendere gli opportuni provvedimenti prima di sedersi a tavola tutti insieme.  
-Se c’è tempo allora vado. Ho bisogno di scongelarmi come si deve.- Tom si inginocchiò accanto alla valigia, l’aprì e tirò fuori un cambio di abiti, pregustando già quel bagno caldo che lo avrebbe rimesso in forze e, sperava, di buonumore.
Anche Bruce, seppur combattuto tra le terme e la cena perché desiderava sì scaldarsi ma pure rifocillarsi, alla fine optò per la scelta di Tom e si affrettò a seguirlo. Holly invece decise che avrebbe sistemato prima i vestiti. Era sicuro che dopo una giornata così lunga, dopo le terme e la cena, non avrebbe avuto voglia di farlo. Aprì la valigia sui tatami e cominciò a trasferire i suoi abiti nell’armadio a muro.
Philip era già lì con un paio di maglioni da riporre.
-Il ryokan è bello.- gli disse.
-Sono contento che ti piaccia.- e lo era davvero, sicuro anche che nel giudizio di Holly la presenza di Patty svolgesse un ruolo importante, praticamente fondamentale. Jenny aveva fatto proprio bene a invitare lei e le altre.
Mark li udì ma si fece i fatti propri. C’erano ancora tante cose che voleva valutare prima di dare un parere sulla sistemazione e in particolare sulla compagnia. Innanzitutto il freddo e la neve, poi la camera da dividere con gli altri, anche se solo per una notte, e per finire, la cosa più importante di tutte, la presenza delle ragazze. Sarebbe stato un bene o un male? Non riusciva a stabilirlo ma dentro di sé, anche se ancora non poteva rendersene conto, l’aveva già accettata.
Prese degli abiti puliti e raggiunse la porta. Oltrepassò la soglia e fu nel corridoio. Si guardò intorno curioso e finse di non notare Julian all’estremità più lontana in compagnia di Amy, così vicini che il passo successivo poteva essere solo un bacio. Ross non era uno che perdeva tempo.  
Loro non lo notarono e lui imboccò le scale per scendere alle terme. Quando fu sull’ultimo gradino, proprio davanti alla porta d’ingresso, udì dei passi sulla rampa e si volse. Benji e Holly, abiti puliti in mano, stavano scendendo. E poiché l’ambiente era per lui del tutto nuovo, decise di aspettarli.
Philip, al primo piano, cincischiò tra i propri vestiti finché non restò solo. Dopodiché, non udendo più rumori e ritenendo trascorso un tempo sufficiente a garantire la totale assenza dei compagni, si affacciò cauto nella camera delle ragazze attraverso il pannello divisorio. Seduta sulle stuoie a piegare alcuni asciugamani freschi di bucato, c’era Jenny che era riuscita a sua volta a sganciarsi dalle amiche. La chiamò, lei si volse e guardandosi scoppiarono a ridere di complicità.
-Siamo qui da neanche mezz’ora e li abbiamo già fregati. Alla faccia di quei guastafeste di Landers e Price.-
Mentre Philip avanzava, lei gli corse tra le braccia. Si lasciarono cadere tra i cuscini, unendo le labbra in un bacio che durò poco solo perché avevano un sacco di cose da dirsi.
-Mi sei mancata decisamente troppo!-
-Anche tu… in modo insopportabile!- Jenny si aggrappò al suo collo -Sicuro che non vuoi scendere alle terme?-
-Pensavo di andarci con te dopo cena. Soltanto noi due mentre gli altri dormono. Ti va?-
-C’è bisogno di chiederlo?- si accostò per baciarlo di nuovo ma poi esitò, perché la preoccupazione tornò a riaffacciarsi -Pensi che andrà tutto bene?-
-Holly non sembra troppo contrariato. Hai avuto un’ottima idea a chiamare Patty, Amy ed Evelyn.-
Lei rimase pensierosa.
-Non lo so. Adesso hanno fame e sono stanchi, ma vedrai che dopo ricominceranno a protestare.-
-Probabile.-
-E se decidessero che dobbiamo andarcene?-
-Lo metteremo ai voti. A Tom non interessa che ci siate o meno e in questi casi la maggioranza vince. Ora dimmi, com’è andata dai tuoi?-
Jenny sospirò. Philip glielo chiedeva sempre anche se sapeva che non le faceva piacere parlarne. E si informava sia perché era sinceramente preoccupato del rapporto conflittuale che aveva con suo padre, sia perché si sentiva estromesso da quella parte della vita che Jenny non poteva condividere con lui. Abbassò lo sguardo sulla trama delle stuoie, perché non amava parlare della propria famiglia.
-Mio padre è stato insopportabile come al solito, non vedevo l’ora di ripartire.- udì dei rumori, abbassò la voce e lanciò un’occhiata preoccupata alla porta. Ma era soltanto Julian che entrava nella stanza accanto e, senza accorgersi di loro, racimolava degli abiti puliti per raggiungere i compagni alle terme. Lo udirono scendere insieme ad Amy.
-E tu? Come hai passato le vacanze?-
-A studiare e ad allenarmi. Come al solito.-
-Non sei uscito per niente? Non hai visto Peter e gli altri?-
-Non molto. Una volta siamo andati insieme a cena fuori, un’altra al karaoke. Ma sai, li vedo durante il giorno, non ho voglia di trascorrere con loro anche tutte le mie serate. Adesso però basta chiacchiere. Perché non mi saluti come si deve?-
-Non l’ho già fatto?-
-Non direi.-
Jenny rise, prima di avvinghiarglisi addosso con tutte le intenzioni di accontentarlo.

Amy spense il fuoco sotto la pentola che bolliva ormai da tempo. Le patate, nel curry, erano sul punto di dissolversi. Le foglie di tè verde giacevano in infusione nella teiera, il timer della macchina del riso aveva raggiunto lo zero e si era spento.
-Siamo sicure che ci convenga cenare nella stanza dei ragazzi? Jenny non ci ha raggiunte e questo significa che è ancora con Philip.-
-Tra poco arriverà.- affermò Patty fiduciosa.
Ma Amy non si lasciò convincere. Appoggiata la schiena contro il lavello, riprese a esternare le proprie perplessità.
-Senza contare poi gli innumerevoli viaggi che dovremo fare per apparecchiare, sparecchiare e portare su e giù il cibo e tutto l’occorrente.-
-In camera l’atmosfera è molto più raccolta e confortevole che non in cucina…- obiettò Evelyn.
-Ho paura che l’unica cosa che avremo da raccogliere sarà quello che ci cadrà durante il tragitto su e giù per le scale.- sospirò Amy.
Le amiche risero, poi Patty si avvicinò ai fornelli e sbirciò nella pentola.
-Il curry è pronto?-
-Da un bel po’.- Amy si lasciò cadere su una sedia -Non ci resta che aspettare che i ragazzi siano pronti per la cena.-
-O che Jenny scenda.-
-Lei e Philip non si vedono da un sacco di tempo, ne avranno di cose da dirsi.-
-Molte meno di quante ne hanno da fare.- ridacchiò Evelyn maliziosa.
Un’ora e mezza dopo, mentre le ragazze riordinavano la cucina, dove avevano finito per cenare, Bruce, sbracato sui tatami della loro stanza, si massaggiava una pancia così piena da scoppiare. Per stare più comodo, aveva persino sganciato il primo bottone dei jeans mostrando al mondo l’elastico griffato delle sue mutande.
-Ho mangiato benissimo.-
-Ci siamo accorti che hai gradito, ti sei ingozzato come un maiale.- Mark gli lanciò un’occhiata disgustata mentre afferrava un paio di cuscini e se li infilava sotto il sedere per stare più comodo.
-Tu no?-
-No.-
Benji appoggiò i gomiti sul tavolo, bevve l’ultimo sorso di tè e decise che era giunta l’ora di tirar fuori le questioni rimaste in sospeso.
-Adesso Callaghan spiegaci come cazzo ti è saltato in mente di portare qui la tua ragazza.- lo fissò furente e la sua voce si alzò di un tono -Da quando in qua ai ritiri si viene con la fidanzata? Pensavo che tenessi alla squadra visto che sei il vicecapitano, e soprattutto che avessi imparato, dopo tanti anni, cosa significa essere in ritiro!-
-Tenere alla squadra, io? Ti rendi conto di cosa hai appena detto?- Philip si alzò in piedi -Non sono io che mi sono messo a litigare con Mark prima della partita! Non sono io che ho cominciato a insultare l’intera difesa!-
-Non avevo ragione, forse?-
-Certo che l’avevi! Ma non puoi pretendere che gli altri ti diano ascolto se li aggredisci in quel modo!-
-E cosa avrei dovuto fare, secondo te? Chiedere a Bruce o a quell’altra testa di granito di Yuma “Di grazia potreste marcare i vostri giocatori? Ve ne sarò grato per l’eternità”? Nel momento in cui l’Uzbekistan veniva in attacco? Secondo te avrei avuto il tempo di aggiungere anche qualche altro cordiale intercalare, tanto per non rischiare di offenderli?-
-Se ti udissi pronunciare parole simili potrei vomitare anche durante la finale della Coppa del Mondo.- ci tenne a metterlo al corrente Mark.
-Appunto.-
Holly intervenne.
-Quante volte devo ancora sentir ripetere questa storia? Possiamo voltare pagina e andare avanti?-
-Come facciamo a voltare pagina se è proprio per questa storia che siamo qui?- replicò giustamente Bruce.
Benji invece concordò all’istante con il capitano.
-Sì, andiamo avanti. Stavi solo cercando di divagare per non assumerti le tue responsabilità, Callaghan!-
-Io? Ma se sei tu che...-
-Apri bene le orecchie, idiota! NOI NON SIAMO QUI IN VACANZA!-
-LO SO BENISSIMO!-
-Non urlate...- tentò di calmarli Tom -Philip, siediti...-
Lui neppure lo udì, infiammato com’era.
-Se fossimo in vacanza, voi non sareste qui e io potrei passare tutto il mio tempo con Jenny senza fastidiosi seccatori tra i piedi!-
Mark trasecolò.
-Stai forse dicendo che siamo di troppo? CHE TI DIAMO FASTIDIO?-
-NON CAPIRE QUELLO CHE TI PARE, LANDERS!-
-MA SE L’HAI APPENA DETTO!-
-Siediti Philip.- ripeté Tom e stavolta il compagno lo ascoltò.
Il portiere riprese la parola.
-Comunque, ora che hai salutato la tua bella rimandala a casa!- ordinò categorico e si volse verso Holly, Julian e Bruce -Vale anche per voi.-
-Non mando a casa proprio nessuno!- Philip si sporse sul tavolo sempre più polemico -Stai facendo tutte queste storie soltanto perché sei da solo! Se ci fosse stata anche la tua di ragazza, saresti rimasto zitto esattamente come loro!- e tirò di nuovo in ballo Julian, Bruce e Holly che in effetti si guardavano bene dall’intervenire.
Mark fissò i tre silenti, poi lasciò che i suoi occhi indugiassero in quelli del capitano.
-Stento a credere che tu non dica nulla!-
-Voi state già parlando a sufficienza.-
-Questo non è un ritiro, è una farsa.- decretò Benji inesorabile -Philip, fai ancora in tempo a resettare tutto e a rendere il nostro soggiorno qui quello che dovrebbe essere. Dì alle ragazze di preparare le valigie e togliere il disturbo.-
Callaghan lo fissò negli occhi.
-Perché non glielo dici tu?-
-Decidi, Callaghan. O loro, o me. Hai una notte per pensarci, rifletti bene e poi fai la tua scelta.- si alzò e uscì dalla stanza.
Philip lo guardò sparire nel corridoio.
-Sapevo che avrebbe fatto una marea di lagne. Anche tu hai intenzione di filartela, Mark?-
Filarsela significava scappare e Landers non era uno che fuggiva. La sua risposta fu scontata.
-Non me ne frega niente se le ragazze restano, ma se in qualche modo intralciano gli allenamenti, allora me ne vado anch’io.-
Holly inspirò a fondo, poi riprese la parola.
-È evidente che questo ritiro non piace a nessuno. Se Gamo non ci avesse obbligati, avremmo occupato il nostro tempo in modo più piacevole.-
-Più piacevole di avere Patty qui?-
Gli zigomi del capitano si tinsero di scarlatto, forse per la collera o più probabilmente per l’imbarazzo.
-Non sei divertente, Mark. E per favore cerchiamo di non peggiorare le cose.- spostò gli occhi su ciascuno dei compagni e gli dispiacque che Benji fosse uscito, per andare dove, poi... -È ovvio che non siamo qui in vacanza ed è ovvio che ci comporteremo tutti di conseguenza anche se ci sono le ragazze.- fissò Philip e Bruce, quelli di cui, allo stato dei fatti, si fidava di meno -Chiaro?-  

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Capitolo 4
*** 2 - La notte perfetta ***


- 2 -
La notte perfetta



Il sole di quella prima ghiacciata mattina invernale non era ancora sorto, ma dietro le montagne innevate il cielo si stava tingendo di un tenue rosa pallido. Vestito e pronto per iniziare una giornata di duro allenamento, Holly si aggirava irrequieto tra gli amici sprofondati nei futon che costellavano il pavimento della stanza, lasciando poco spazio di manovra.
-Insomma vi alzate? È ora! No, è tardissimo!- sbuffò a raffica, perché nessuno gli dava retta -Non avete sentito quello che ho detto ieri sera? Julian, andiamo, forza!- lo scosse ma il ragazzo si ritrasse sotto le coperte come un paguro nel suo guscio -Dobbiamo allenarci ed è già tardi!-
Ross rispuntò dal futon, sollevò appena la testa e guardò il cielo.
-Come fa a essere già tardi se non c’è neppure il sole? È quasi buio.- lanciò un’occhiata all’orologio appeso sopra la porta -Holly ma sei matto? Sono solo le sei e mezza! È prestissimo! Tu e Philip vi siete messi d’accordo per darmi il tormento tutte le mattine?- si girò dall’altra parte e scomparve di nuovo tra le coperte.
-Julian! Dobbiamo andare ad allenarci! Siamo in ritiro, lo hai dimenticato?-
Seguì un ringhio.
-Smetti di rompere le palle!- l’ammonimento di Mark arrivò da sotto il cuscino ma non per questo fu meno minaccioso -Abbiamo sonno! Lasciaci dormire in pace se non vuoi che ti zittisca una volta per tutte!-
Per precauzione Holly si allontanò da Landers e raggiunse il lato opposto della camera.
-Benji siamo in ritiro, ricordi?-
-No, non lo siamo finché ci sono le ragazze. E adesso sparisci!-
Il capitano fremette di frustrazione e cercò Philip, l’artefice assoluto di quell’ingestibile situazione. Era pronto a rimproverare anche lui di tanta pigrizia, se solo l’avesse trovato. Non lo vedeva, dove accidenti si era cacciato? A guardar bene non c’era neppure il suo futon. Se aveva avuto il tempo di mettere a posto cuscino e coperte senza che nessuno se ne accorgesse, doveva essersi svegliato parecchio prima di lui. Un barlume di speranza lo rincuorò. Magari era ad allenarsi.
L’idea gli tirò su il morale quanto bastava per mettere un poco da parte la delusione scaturita dall’ammutinamento dei compagni, corredata da una buona dose di stizza. Cosa si erano messi in testa tutti quanti? Non si erano riuniti in quella sperduta cittadina tra le montagne innevate dell’Hokkaido per poltrire sotto le coperte fino a tarda mattinata. D’accordo, il sole non era ancora sorto, ma ormai era giorno e loro dovevano sfruttare ogni ora di luce. Già alle cinque del pomeriggio sarebbe infatti calata la notte.
Trovò Philip seduto a tavola nella cucina del ryokan. Poco discosta e in piedi, Jenny attendeva che l’acqua del bollitore fosse calda al punto giusto. Il forno elettrico emanava un profumo che gli fece attorcigliare lo stomaco. Era affamato.
-Buongiorno.- li salutò entrando nella cucina più grande in cui avesse mai messo piede. Attrezzata per preparare i pasti degli ospiti della pensione, era fornita di elettrodomestici che Holly in vita sua non aveva mai visto e non sapeva neppure a cosa servissero. I mobili, pensili con sportelli, credenze e stipi di varie dimensioni, un tavolo centrale, otto sedie e due panchetti a scaletta per raggiungere i ripiani più alti, erano di un legno lucido molto chiaro. Sotto i fornelli c’era un’immensa lavastoviglie. Il frigorifero, poco lontano dall’ingresso, era più alto di lui e il forno era sollevato da terra e posizionato di fianco al lavandino. Vicino alla finestra che dava sul cortile, sul lato opposto della porta, si apriva l’entrata della dispensa. Diversamente dal resto dell’edifico ma come nei bagni, nelle terme e nella lavanderia, il pavimento non era di legno o ricoperto da tatami ma in mattonelle di ceramica color crema.
-Hai dormito bene?- lo accolse la ragazza con un sorriso.
-Anche troppo.- Holly si accostò al tavolo e si lasciò cadere su una sedia -A quanto pare i futon sono eccessivamente comodi.-
-In che senso?- domandò Philip.
-Non sono riuscito a farli alzare.-
Il forno trillò, Jenny lo aprì e tirò fuori un grande piatto ricolmo di fette di pane tostato calde e profumate. Il loro odore fragrante invase la cucina. Poi spense il fuoco sotto il bollitore e lo posò sul tavolo.
-Devono essere stanchi per il viaggio di ieri.-
Holly la guardò scettico, poiché era abituato a traversate intercontinentali che duravano ore e ore di volo e gli era capitato più di una volta di scendere in campo subito dopo essere atterrato, in barba alla stanchezza e all’intontimento del jet lag. Ai compagni non stava chiedendo tanto.
-Sono solo molto pigri.- prese tra le mani la tazza di caffè che Jenny gli porgeva e la ringraziò.
Dopodiché si concesse del tempo per osservarla, visto che la sera prima era riuscito a farlo solo di sfuggita. Il suo sguardo passò poi a Philip, accorgendosi con disappunto che l’amico lo fissava stralunato. Si irrigidì sorpreso, incapace di spiegarsi il suo improvviso atteggiamento diffidente. Ma scacciò subito il disagio, perché aveva ben altro a cui pensare.
-Dov’è Patty?-  
-Il nonno l’ha portata in paese insieme a Evelyn e Amy.- rispose Jenny -Ieri abbiamo dimenticato di acquistare alcune cose.- guardò l’orologio appeso alla parete -Saranno qui a momenti.-
Holly annuì e addentò uno dei toast che nel frattempo la ragazza aveva posato su un piatto al centro del grande tavolo. Mentre sbocconcellava il pane, lanciò un’occhiata di sottecchi a Philip che sembrava aver abbandonato l’improvvisa e inspiegabile inquietudine di un istante prima.
-Secondo te a che ora hanno intenzione di alzarsi?-  
-Con comodo, è un ammutinamento.-
-Pure di Julian e Bruce?-
-Bruce è pigro per natura.-
-E Julian ha detto che è stufo di essere tormentato all’alba da me e da te.-
A Philip sfuggì un sorriso, poi la porta d’ingresso della pensione si aprì e le voci delle ragazze riecheggiarono nel corridoio.
-Si sono svegliati?!- Evelyn comparve sulla soglia e si guardò intorno. Grande fu la sua delusione quando in cucina trovò soltanto Philip e Holly. Sospirò sconsolata -Bruce sta ancora dormendo, vero?- il capitano annuì -Ci avrei scommesso!-
Patty la scostò per entrare e appoggiò le buste della spesa sul ripiano del lavandino. Poi agitò le dita intirizzite.
-Ho dimenticato i guanti e fuori si gela.- si avvicinò a Holly e gli diede il buongiorno posandogli una mano ghiacciata sulla guancia. Il ragazzo sobbalzò e si tirò indietro.
-Diavolo, sì!-
-Dov’è Julian?- domandò Amy, riponendo la verdura nel frigorifero.
-Secondo te?-
-Sta dormendo anche lui?! E gli altri? Tom, Mark?-
-Nel futon a poltrire.-
Il genuino sconforto che percepì nel tono di voce del compagno fece intendere a Philip che Holly era probabilmente l’unico a contare sull’utilità del loro ritiro. Lo compatì per un secondo, vale a dire per il tempo sufficiente a decidere che doveva essergli grato. Aveva evitato di rinfacciargli la presenza delle ragazze, anche se come capitano aveva più diritto degli altri a farlo, né aveva insistito per mandarle via. Aveva addirittura ammesso, la sera precedente, che la loro sistemazione non era male. Mostrargli un po’ di riconoscenza era il minimo.
-Quando hai finito di fare colazione, possiamo cominciare scaldarci con due tiri.-
-Perfetto.- acconsentì lui, un sorriso carico di sollievo. Non intendeva assolutamente bighellonare senza scopo in attesa degli altri. Non era lì in vacanza, lui, e visto l’andazzo era proprio il caso di dare il buon esempio. Se poi Philip gli forniva un aiuto in tal senso, tanto meglio -Dov’è il campo?-
Patty e Jenny si lanciarono un’occhiata tesa e a Holly quello scambio di sguardi non sfuggì. Drizzò le antenne.
-Che c’è?-
Nella cucina piombò improvvisamente un silenzio assoluto e a suo modo inquietante.
-Allora?-
Fu la fidanzata a metterlo al corrente, poiché Philip non si sognò di parlare, forse temendo di giocarsi la sua disponibilità una volta per tutte.
-Non è un vero e proprio campo.-
-Che significa che non è un vero e proprio campo? Non c’è un campo da calcio?- ancora silenzio -Philip! Dove ci hai portati?-
Il ragazzo si agitò a disagio sulla sedia e abbassò lo sguardo sul succo d’arancia che gli riempiva il bicchiere. Poi lanciò un’occhiata a Jenny che era arrossita di vergogna, e s’incantò per un attimo a fissarla. Quando arrossiva era bellissima, gli piaceva da impazzire.
-Philip!-
Lui si volse a malincuore, perché in quel preciso istante preferiva senza ombra di dubbio dedicare la propria attenzione alla fidanzata piuttosto che al capitano.
-Non potremmo fare senza?-
L’altro ammutolì di colpo, stentando a credere che Philip avesse davvero pronunciato quelle esatte parole.
-Senza?- fece eco mentre i suoi occhi passavano da lui a Patty, cercando nella fidanzata rassicurazioni e comprensione che non trovava nel compagno.
Lei tacque perché in un momento così drammatico non aveva il coraggio di ribadire che no, il campo non c’era e sì, dovevano organizzarsi in un altro modo. Ma la sua espressione fu eloquentissima e Holly comprese l’inevitabile.
-E allora come ci alleniamo? Soprattutto, dove?-
Philip si grattò nervosamente la nuca, pensando che era stato davvero un colpo di fortuna aver potuto mettere Holly al corrente dell’inconveniente prima degli altri. Era molto più semplice gestire il capitano senza le recriminazioni del resto del gruppo e se fosse riuscito a fargli accettare anche questo, più tardi i compagni avrebbero finito col cedere e rassegnarsi all’assenza di quel centro sportivo che probabilmente tutti si aspettavano di trovare.
-C’è una radura vicino al ryokan. Dista appena un chilometro e potremmo andare ad allenarci lì.- suggerì, corredando le parole di uno sguardo speranzoso.
Ma non fu tanto la proposta di Philip a tenere a bada Holly quanto la presenza in cucina delle ragazze. Non poteva saltargli al collo e strozzarlo con Patty, Amy e, soprattutto, la nipote dei padroni del ryokan che lo guardavano. Jenny non ne sarebbe stata contenta. La tentazione era fortissima, ma la represse addentando un altro toast. Lo finì ruminando nel silenzio dentro e fuori di lui, dopodiché si alzò di scatto facendo stridere la sedia.
-Muoviti, Philip. Fammi vedere questa maledetta radura. E voi svegliateli.- ordinò alle ragazze -Se non ci raggiungono tra un’ora, è la volta buona che gli faccio sputare sangue peggio di come riesce a farlo Gamo.-
Uscì a grandi passi dalla cucina lasciandoli sgomenti. Poi Philip si affrettò a seguirlo e nell’ingresso Holly riprese a dare ordini a raffica.
-Oggi ci alleneremo fino all’ora di pranzo. Poi continueremo nel pomeriggio. La sveglia sarà sempre alle sei e mezza. Non mi interessa se tira vento, se fa freddo, se nevica, se gela. Ci alleneremo tutti i giorni finché non tramonta il sole!-
Anche se ad ascoltarlo c’era solo Philip, organizzare il ritiro in maniera così drastica era catartico e la collera di Holly stava già cominciando a scemare.
Mentre indossavano giacche, sciarpe e scarpe Philip annuì a ogni condizione. A lui andava bene tutto, purché potesse trascorrere quei giorni in compagnia di Jenny.
Holly si zittì solo quando, varcata la porta d’ingresso, mise piede sulla veranda. Il freddo gli sbatté addosso di colpo, rigido come un muro, ghiacciandolo dai capelli alla punta dei piedi in pochi istanti. L’aria che inspirò lo gelò fino al midollo e quella che buttò fuori quando poté tornare a respirare, si condensò davanti al suo viso in dense nuvolette.
-È terribile.-
-No Holly, te l’assicuro. La radura è abbastanza ampia, non avremo nessun problema ad allenarci lì.- allacciandosi la giacca, Philip uscì dal ryokan e richiuse la porta.
-Il freddo, intendevo. È terribile.-
-Però non nevica.-
Il giorno prima le ragazze avevano segnato il percorso in modo da raggiungere la radura e tornare poi indietro senza perdersi, affiggendo delle frecce di plastica colorate al tronco di alcuni alberi. Philip aveva potuto esaminare il luogo soltanto attraverso le foto inviate da Jenny sul cellulare e sperava che le dimensioni dello spiazzo desunte dalle immagini, fossero rispondenti alla realtà.  
Arrancarono per un quarto d’ora sullo strato di ghiaccio che ricopriva il sottobosco, aggirando i rami spezzati dal peso della neve che giacevano al suolo, nel punto esatto in cui erano caduti. Ogni tanto, una freccia sul tronco di un albero avvertiva loro se dovevano fare una deviazione e quale fosse il nuovo percorso da seguire. Holly si guardava intorno curioso e insieme affascinato dallo spettacolo invernale della natura incontaminata che li circondava. Non aveva mai visto tanta neve tutta insieme, e mai sentito tanto freddo. Infilò nelle tasche le mani ricoperte dai guanti.
-Di chi è stata l’idea?-
Philip si volse, rallentò il passo e aspettò che lui lo raggiungesse.
-Di allenarci nella radura?-
-No, di far venire le ragazze.-
-Mia, ovviamente.-
Holly alzò le spalle.
-Ovviamente.-
-Un’idea fantastica, no?- Philip quasi s’inorgoglì, poi si arrestò di colpo -Ecco, siamo arrivati.-
Holly lo superò seguendo la direzione indicata dall’ultima freccia verde, gli alberi si diradarono e si trovò ad avanzare verso il centro di un’ampia superficie pianeggiante, ricoperta da strati e strati di neve fino alle ginocchia. Abbracciò con lo sguardo l’intera radura, le conifere che la racchiudevano e il cielo che li sovrastava, illuminato d’azzurro dal sole finalmente sorto. Philip aveva ragione, di spazio ne avevano a sufficienza, ma tutto il resto mancava. Si sforzò di accettare l’idea che per due intere settimane avrebbero dovuto allenarsi lì, sprovvisti di qualsiasi tipo di attrezzatura, sperduti tra le montagne dell’Hokkaido, in balia del freddo e forse anche dei lupi e degli orsi.
-Non è tanto male, vero?- fu ottimista Philip, anche se l’espressione dell’amico non era delle più entusiaste. Trattenne il fiato, la sciarpa tirata fin sulle orecchie, convinto che stavolta il capitano sarebbe davvero scoppiato.
Invece Holly lo stupì poiché tacque, limitandosi a sbuffare scontento. Il campo non esisteva, le porte non esistevano. Che razza di allenamenti avrebbero potuto fare sprofondati in mezzo metro di neve? Strinse i pugni nelle tasche e si chiese cosa avesse pensato Patty dopo aver visto la radura. Aveva approvato? Si era resa conto cosa avrebbe significato allenarsi in quel luogo, con tanto spazio sì, ma molta più neve che impediva persino di camminare?
Eppure… eppure lei era al ryokan e la sua presenza arrivava a compensare ogni disagio. Purtroppo Benji aveva colto nel segno. Gli era bastato trovarla lì per cominciare a ragionare esattamente come Philip. Finché c’era lei, non si sarebbe mosso da Shintoku per nulla al mondo. Ma farsi andare bene quel campo di fortuna fu una gran fatica, lasciò scivolar fuori le parole come fossero pietre.
-Se non c’è di meglio dovremo accontentarci.-
I nervi tesi di Philip si rilassarono di colpo.
-Sai Holly, in realtà un campo ci sarebbe ma è nella scuola elementare del paese a quattro chilometri dal ryokan.-
-Quattro chilometri?-
-All’andata in discesa e al ritorno in salita. Sempre però che ci diano il permesso di usarlo.-
Il capitano scosse la testa.
-Lascia perdere la scuola. Qui può andar bene dopo aver tolto un po’ di neve.-
Philip sbiancò.
-No, guarda Holly… Non è davvero il caso. Io ho passato interi inverni a spalare la neve dal campo di Furano, fatti raccontare da Tom che fatica immane. E ti dico per esperienza che appena hai finito riprende a nevicare. È matematico!-
La prospettiva di sfacchinare con una pala in mano in fondo non entusiasmò neppure Holly.
-Lasciamo perdere anche la neve, allora. Come facciamo con le porte? Ce ne serve almeno una.-
-Ci inventiamo qualcosa.-
-Qualcosa cosa?- Holly aprì la retina del pallone e lo lasciò cadere sulla coltre bianca. La palla sprofondò per parecchi centimetri e quando la calciò, sollevò un nugolo di fiocchi bianchi -Benji vorrà la porta. Si impunterà sulla porta. Sarebbe capace di mandare a monte il ritiro per una stupida porta. Fai lavorare il cervello e trova una soluzione.-
-Benji se ne andrà. Io non manderò via Jenny perché non la vuole qui. Per lui la porta rappresenterà soltanto l’altra scusa a cui si aggrapperà per sentirsi libero di tagliare la corda.-
Holly gli mise una mano sul braccio e lo guardò negli occhi.
-Dobbiamo evitarlo, Philip. Non deve andarsene. Non ho nessuna intenzione di assistere ad altri litigi in campo o negli spogliatoi. Né di essere sottoposto all’ennesima lavata di capo del mister.-
-Ce ne saranno sempre. Sia di litigi che di lavate di capo.-
-Può darsi, ma ora siamo in ritiro e dobbiamo restarci tutti. Pure Benji.-
-Convincilo tu. Hai più autorità di me e lo conosci meglio.-
Holly sospirò.
-Lui non ascolta nessuno.-
-Quindi non possiamo fare niente.-

Il portiere si arrestò torvo sulla soglia della cucina, lo sguardo inutilmente sospettoso e ostinato per principio. Le ragazze trafficavano tra i fornelli, non se n’erano ancora andate e neppure sembravano intenzionate a farlo. La loro presa di posizione era davvero inaccettabile.
-Che ci fare ancora qui?-
Lo spintone di Bruce che arrivò da dietro e lo tolse di mezzo per passare, cancellò dal suo contegno ogni sfumatura di minaccia.
-Stupendo!- esclamò felice Harper, le mani giunte e gli occhi puntati sulla luculliana colazione che gli allietava la giornata -Meglio che in hotel!-  
Lo sguardo di Benji si spostò dalle giovani al tavolo imbandito di ogni bendiddio.  La loro strategia era di prenderli per la gola? Con lui non avrebbe funzionato. Ignorò Amy che gli si rivolgeva indicandogli due caraffe.
-Tè o caffè?-
Niente. Non voleva niente. Cedere avrebbe significato accettare la loro presenza. Percorse l’intera cucina per prendere posto a capotavola. I gomiti sul ripiano, le dita delle mani intrecciate tra loro, osservò stizzito i compagni servirsi in abbondanza. Possibile che la presenza delle amiche rappresentasse un problema soltanto per lui? Possibile che non capissero che se Gamo fosse venuto in qualche modo a sapere di quell’intrusione, sarebbe successo il finimondo? Possibile che non capissero neppure che in ritiro non dovevano abbuffarsi? Che erano tenuti seguire una dieta equilibrata, non come Bruce che si era riempito il piatto e adesso, non soddisfatto, afferrava un toast ricoperto di marmellata e con l’altra mano porgeva la tazza ad Amy per fari servire? Possibile che non si rendessero conto che la presenza delle ragazze avrebbe occupato la maggior parte dei loro pensieri, relegando gli allenamenti e l’intesa tanto agognata da Gamo all’ultimo posto delle loro priorità? Possibile che non intuissero che la stessa presenza delle ragazze avrebbe mandato il fine ultimo del ritiro a farsi friggere?
Continuando a rimuginare quei pensieri, Benji rifiutò testardamente tutto ciò che gli offrirono, perché loro non dovevano essere lì ma sul treno che le avrebbe riportate ciascuna a casa propria. Quando Jenny gli passò accanto lui allungò svelto una mano, l’afferrò per il maglione costringendola a fermarsi e la fissò negli occhi torvo.
-Eravamo d’accordo con il tuo ragazzo che questa mattina avreste preparato le valigie e ve ne sareste andate.-
-Benji…- sospirò Tom. Non riusciva assolutamente a capire perché il portiere si impuntasse così. Che male c’era a farle restare? Dopo lo sconcerto iniziale e una certa dose di fastidio per essersi trovato al centro di un complotto, adesso sperava che la loro presenza contribuisse a rendere più sopportabili i compagni, smussando gli aspetti negativi del loro carattere.
Il portiere le lasciò la maglia e Jenny si sforzò di sorridergli anche se le sue parole l’avevano avvilita. Naturalmente si aspettava nuove proteste, per quel giorno e per gli altri a venire, ma un conto era immaginarlo, l’altro dover tenere testa all’atteggiamento ostile che Benji sfoggiava dalla sera precedente.
-Philip non me lo ha detto.-
-Allora te lo dico io. Se oggi non sloggiate sarò io ad andarmene.-
-A proposito di Philip…- mugugnò Bruce a bocca piena, dando al puntiglio del portiere la considerazione che secondo lui meritava, vale a dire meno di zero. Inghiottì il boccone e continuò -Dove sono finiti lui e Holly?-
-Sono usciti quasi un’ora fa.- rispose Patty controllando l’orologio appeso alla parete.
Julian prese atto per la seconda volta – la prima era avvenuta in camera – che le nove erano passate da un bel pezzo e si chiese se non avesse dormito davvero troppo.
-Hanno già cominciato ad allenarsi?-
-Credo di sì.-
-Ti pareva. Holly è sempre il solito stacanovista.- Bruce spazzolò via una miriade di briciole dal maglione -Lo conosciamo tutti, ormai.-
-Allora saprai anche che non è contento del vostro ritardo.-
-La colpa è sua, ha messo la sveglia troppo presto. Se l’avesse fatta suonare dopo le otto per esempio, saremmo usciti tutti insieme.- chiuse la frase afferrando un cornetto alla crema.
-Ti ingozzerai fino a scoppiare?-
-Con questo freddo brucerò tutto in meno di mezz’ora.-
Mark si appoggiò allo schienale della sedia. Aveva mangiato abbastanza, forse anche troppo, e già da qualche minuto seguiva Jenny con lo sguardo. La ragazza lo incuriosiva e anche sforzandosi di non farlo, si ritrovava a fissarla più spesso di quanto razionalmente desiderasse. Da quando Benji l’aveva minacciata di andarsene, gravitava in ansia intorno al portiere, un sorriso tirato sulle labbra e probabilmente la speranza che rimanesse al ryokan con loro. Mark in realtà preferiva che si togliesse dai piedi ma la sua diserzione avrebbe avuto quelle conseguenze disastrose che Jenny stessa temeva e faceva del proprio meglio per arginare. Dunque non poteva che capire e condividere la sua preoccupazione. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che a Callaghan la premura che la ragazza stava manifestando nei confronti del portiere non sarebbe piaciuta, ma lei sembrava disposta a sopportare il suo atteggiamento scortese e ai limiti della maleducazione, pur di poter rimanere a Shintoku con tutti loro, Price compreso. Mark si chiese chi tra i due l’avrebbe sfangata. Il fatto che non si conoscessero e fossero costretti, per tenersi testa, a lavorare di cervello e d’istinto, rendeva quella gara un gioco d’azzardo dall’esito imprevedibile.
A un certo punto la vide chinarsi su Benji e mormoragli qualcosa che, da dov’era, non riuscì a udire. Il ragazzo trasalì, poi annuì infastidito. Da quel momento in poi lo sciopero della fame di Price ebbe fine e il portiere si servì abbondantemente. A Mark venne da ridere. Uno a zero per lei.
-Eve, Holly è arrabbiato?-
-Certo Bruce! E ha in mente un magnifico programma di allenamento!-
-Merda! Dev’essere proprio arrabbiato allora!-
-Perché lui prende il calcio sul serio.- lo rimproverò Patty.
-Anch’io. Infatti ho dormito il giusto per riacquistare le forze e mi sto rifocillando il giusto in vista degli allenamenti di questa mattina.-
-Hai poltrito come un ghiro e ti stai abbuffando come un maiale.- tradusse Benji e poi tornò a tacere.

*

Bruce non apprezzò affatto lo spettacolo che gli si dischiuse davanti agli occhi quando mise piede per primo nella radura. Avevano percorso un sentiero in salita, scarpinando tra rocce e rami ricoperti di neve. Era inciampato ben due volte e la terza era slittato sul ghiaccio, riuscendo a tenersi in piedi per miracolo. Tutta quella fatica solo per trovare Philip e Holly che si passavano la palla su uno spiazzo ricoperto di neve fino alle ginocchia. Il saluto con cui intendeva rabbonire il capitano per scusarsi del ritardo si dissolse in gola ed emise solo sbuffi di condensa, scaturiti più da un moto di contrarietà che dalla necessità di riprendere fiato.
Fu Holly stesso, voltato dalla loro parte, ad accorgersi dell’arrivo dei compagni. Fermò la palla sotto il piede, o meglio tra i cumuli di neve, e li accolse torvo.
-Era ora, sfaticati!- li guardò meglio e un brivido gelido gli corse su per la schiena sudata -Dov’è Benji?-
-Con molta probabilità a preparare le valigie.-
-E me lo dici così, Bruce?-
-Scusa come dovrei dirtelo? Se vuole andar via non possiamo farci niente.-
-Nessuno di voi lo ha fermato?-
I nuovi arrivati si guardarono in silenzio e con un leggero imbarazzo.
-Non ci avete neppure provato?- scandagliò i loro visi. Julian? Probabilmente non si era posto il problema. Bruce? Sicuramente era stato più occupato a rimpinzarsi. Landers? Da lui era inutile aspettarselo… ma Tom? Lo fissò e il ragazzo a disagio spostò il peso del corpo da un piede all’altro.
-Lo sai anche tu che quando si mette in testa una cosa è impossibile fargli cambiare idea.-
Infatti al ryokan, mentre tutti raggiungevano l’ingresso per uscire, Benji aveva imboccato il corridoio in direzione delle scale.
“Dove vai?” gli aveva chiesto Julian.
“A preparare la valigia, chiamare un taxi e togliere il disturbo.”
“Ma Benji...” aveva cercato di richiamarlo Patty mentre Amy ed Evelyn si scambiavano un’occhiata costernata.
Bruce era rimasto seduto a terra, con i lacci delle scarpe stretti tra le mani e gli occhi su Benji che risaliva le scale. Tom, in piedi al suo fianco, aveva socchiuso le labbra ma la voce non era uscita. Mark aveva finito di indossare la giacca come se niente fosse, anzi con una specie di sorriso sulle labbra. Solo Jenny gli era corsa dietro su per le scale. Da sotto l’avevano vista raggiungerlo e sbarragli risoluta il passo. Lui l’aveva scostata e aveva proseguito. Era sparito dietro l’angolo e un secondo dopo anche Jenny era scomparsa, probabilmente all’interno della loro stanza.
A quel punto erano usciti frastornati da svariate e diversificate emozioni. Mark con una specie di euforia addosso, Bruce un filo di preoccupazione, Tom parecchia delusione, Julian fastidio e stizza per la testardaggine del portiere e le ragazze dispiaciute per come si stavano mettendo le cose. Ecco com’era andata. Ma Tom non aveva alcuna intenzione di raccontarlo a Holly, svelandogli la propria mancanza.
Da parte sua, Mark non si curò di nascondere il sollievo di essersi tolto Price dai piedi senza fatica e senza sforzo. E in fondo che gliene fregava se Gamo si incazzava? Non sarebbe toccato al sottoscritto sorbirsi la ramanzina. Ma visto che Holly continuava a fissarli come un’anima in pena, tanto valeva metterlo al corrente delle ultime volontà di Price. Magari così si sarebbe messo l’anima in pace e avrebbero potuto voltare pagina. Non era un bene fossilizzarsi sulle intenzioni e sulle decisioni di quel portiere viziato fin sulla punta del cappello.
-Visto che le ragazze sono ancora qui, ha detto che sarà lui ad andarsene.-
-Philip! Che facciamo adesso?- Holly lo guardò in cerca di appoggio ma il ragazzo non diede segno di averlo udito.
Aveva smesso da un bel pezzo di ascoltarli e camminava avanti e indietro scrutando il sentiero tra gli alberi, aspettandosi di veder comparire la fidanzata che non era arrivata insieme ai compagni.
-Philip, mi stai ascoltando? Che facciamo adesso?-
L’amico lo ignorò e si piantò davanti a Tom.
-Dov’è Jenny?-
-Credo sia rimasta al ryokan per cercare di convincere Benji a restare.-
-Finalmente qualcuno che fa qualcosa di sensato!- esclamò Holly.
-E perché proprio lei?-
-Perché lei no? È l’unica che può farlo visto che il ryokan è il suo!- ribatté Mark, prendendo atto che rinfocolare la gelosia di Philip era stimolante tanto quanto insultare Price.
Holly, contrario a prescindere a entrambi i passatempi di Landers, si chiese se si potesse fare ancora qualcosa per impedire a Benji di mandare all’aria il loro ritiro, gettandoli in pasto alla furia di Gamo. Ma Julian non gli diede il tempo di trovare una soluzione.
-Dai retta a me, Holly. Se Benji vuole andar via bisogna che te ne fai una ragione, superi il trauma e pensi alle cose serie. Per esempio dov’è il campo? E il centro sportivo? Perché tu e Philip siete in mezzo al bosco, nel niente più assoluto?-
-Non c’è nessun campo! Ci alleneremo qui! Possibilmente tutti e sette, dopo aver recuperato Benji!- Holly voleva, anzi doveva assolutamente trattenere il portiere a Shintoku. Era una questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Perché non lo capivano?
-Qui?- gli fece eco Ross che di Price non si curava affatto, allargando incredulo le braccia a comprendere l’intera radura -Non c’è niente qui!-
-Ci siamo noi e tanto basta! Prima però dobbiamo impedire a quel testardo di tagliare la corda!-
Si incamminò deciso verso il ryokan, Tom lo raggiunse di corsa e lo afferrò per un braccio.
-È inutile che torni indietro, Holly. Quando siamo usciti Benji stava per chiamare un taxi. Non arriverai mai in tempo!-  
Il ragazzo strinse i pugni.
-Maledetto! Se ne va senza chiedermi neppure il permesso! Sono o no il capitano?- mentre l’irritazione raggiungeva livelli stratosferici, vide Philip avviarsi alla chetichella verso valle -Fermo lì, tu!-
Il ragazzo sobbalzò e si volse con aria vagamente colpevole.
-Dove stai andando?-
-Al bagno.-
Mark scoppiò a ridere.
-E chi ci crede! Sta andando a vedere dov’è finita Jenny!-
Il capitano trasecolò, gli occhi su Callaghan che arrossiva di vergogna.
-Philip! Torna qui all’istante! Hai fatto già abbastanza danni! Adesso siamo tutti, possiamo finalmente cominciare e tu tagli la corda?!-
-Non siamo tutti, manca Benji! E poi abbiamo aspettato tanto… Vado e torno, davvero… Ci metto un attimo!-
-No nel modo più assoluto!-
Persino Mark iniziò a innervosirsi.
-Sturati le orecchie Callaghan, perché evidentemente ieri non mi hai ascoltato bene. Se le ragazze intralciano gli allenamenti, io me ne vado.-
Evelyn pestò stizzita un piede nella neve.
-Non stiamo intralciando proprio niente!-
Tutti si volsero a guardarla con un certo stupore, in effetti finora lei e le altre erano state così silenziose che avevano completamente rimosso la loro presenza.
-Cosa c’entrano le ragazze se devo andare in bagno?- Philip sbuffò esasperato -Devo andare in bagno e basta!- e Landers era uno stronzo, più gli faceva perdere tempo e più a lungo Jenny e Price restavano soli. Di Jenny si fidava moltissimo ma del portiere neppure un po’.
Holly capitolò di colpo.
-Va bene, hai vinto. Vai pure.-
L’amico perse un istante per fissarlo incredulo. Dopodiché decise che era meglio approfittare di quel barlume di magnanimità e si volse per imboccare il sentiero. Per poco non travolse Jenny che li aveva raggiunti... insieme a Price.
Ma come, Price? Non doveva essere partito? Philip sbatté le palpebre. Forse Benji era soltanto un’allucinazione scaturita dal riverbero dei raggi del sole sulla neve, un ologramma del compagno in realtà già sul treno a trenta chilometri da lì.
-Allora, Philip, vai o no?-
Neppure la udì, l’ironia di Mark, perché Jenny avvicinandosi gli sorrideva per un motivo che conosceva solo lei. Una curiosità bruciante lo assalì e, guardandola, gli venne l’idea. Holly pensava di averlo fregato ma Philip non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione. Avrebbe convinto Jenny a riaccompagnarlo al ryokan ritagliandosi una mezz’ora per restar solo con lei.
Affrontando scontento la neve che ricopriva la radura, Benji avanzò fino a raggiungerli. Dopodiché li guardò infilando le mani nelle tasche, nervoso e irritato.
-Dov’è il campo?-
-Nessun campo, Price. Ti conveniva filartela. Niente campo, niente porta...- con un gesto Mark indicò gli alberi -E avremmo fatto a meno anche di te.-
-Sono rimasto proprio per questo.-
Philip li ascoltò solo a metà. Mentre i due continuavano a scambiarsi espressioni di cortesia, rispetto e ammirazione, tirò la fidanzata da parte e la interrogò, perché la resa di Benji gli puzzava.
-Come hai fatto a convincerlo a restare?-
-Gli ho promesso che non avremmo intralciato gli allenamenti.-
-Ed è bastato?-
-Detto in un certo modo sembra di sì.-
La risposta gli fece venire i sudori freddi. Quale certo modo?
A Holly francamente non interessava sapere cosa avesse fatto cambiare idea al portiere. Non gli interessava neanche sapere se era stata Jenny a convincerlo a restare o se avesse avuto un’illuminazione tutta sua. Visto che ormai erano passate le dieci, l’unica cosa che in quel momento gli premeva era dare il via agli allenamenti e continuarli ininterrottamente fino all’ora di pranzo.
-Se siete comodi direi di cominciare.-
-Cominciare?- Bruce trotterellò svogliato verso di lui -Dopo la scarpinata che c’è voluta per raggiungervi io sono già quasi a metà riscaldamento.-
Holly non si fece nessuno scrupolo.
-Allora visto che sei a buon punto, tanto vale che inizi tu.- calciò la palla insieme a una discreta quantità di neve, che investì Bruce e chi gli era accanto. Julian si ripulì una manica dai fiocchi gelati, Tom li sgrullò dai jeans ma Harper li prese in piena faccia. Tanti piccoli cristalli di ghiaccio che lo fecero trasalire, mentre il blando tiro del capitano gli rimbalzava al centro del torace, marchiandolo con una bella pezza circolare di bagnato.
Il giovane abbassò sgomento gli occhi sulla giacca.
-Cavolo! E se mi raffreddo che si fa?-
-Se siamo fortunati ti viene mal di gola, perdi la voce e ci risparmi le tue lagne per qualche giorno.- gli augurò Benji serio.
Quindi aveva davvero intenzione di restare, rifletté Mark.
-Non posso credere che sia proprio tu a dirmi una cosa del genere! Ti stai lamentando da ieri!-
-Le mie proteste sono legittime, i tuoi sono solo stupidi capricci infantili!-
Philip, distratto ad ascoltare loro e quasi sperando in una zuffa che avrebbe distolto l’attenzione da lui permettendogli di fare i suoi comodi con Jenny, purché Benji venisse mazzolato a dovere e la smettesse una buona volta di rompere, si accorse tardi che la fidanzata aveva raggiunto le amiche e, ormai troppo distante per essere recuperata, aveva mandato in fumo il suo allettante programma dei prossimi trenta minuti.
La delusione di Philip, seppur profonda e palese, passò alla giovane del tutto inosservata.
-Credo di cominciare a capire il perché di questo ritiro.-
Amy annuì.
-Me lo aveva detto, Julian, che durante l’ultimo incontro della nazionale c’erano state parecchie discussioni sia in campo che negli spogliatoi. E mi ha anche detto che Gamo a un certo punto si è stufato di sentirli ed è esploso.-
-Lo credo, hanno stancato anche me.-
-Quindi il mister li avrebbe spediti in ritiro per cosa? Farli andare d’accordo?-
-Immagino di sì, Patty. Soprattutto durante le partite.-
-Speriamo che funzioni, allora.- sorrise Jenny fiduciosa.
Evelyn la fissò.
-Come hai fatto a convincere Benji a restare?-
-Non lo so. Non riesco ancora a credere di esserci riuscita. Forse ha capito da solo che fuggire non era una buona idea. Che non gli conviene mollare il ritiro, beccarsi la lavata di capo dell’allenatore e le accuse dei compagni per essersela svignata. Può darsi che alla fine abbia capito che tornare a casa sarebbe stato peggio.-
-Magari voleva solo essere pregato.-
-Chi lo sa.-
Gli occhi delle ragazze si spostarono pensierosi sul portiere che gravitava annoiato su e giù per la radura, indeciso forse su dove posizionarsi, sicuramente infastidito dalla neve che gli arrivava ai polpacci bagnandogli i jeans prima di gelarli.
-A che cazzo ci serve un portiere senza porta? Spiegamelo Holly perché non lo capisco!-
-Se è per questo senza porta non ci serve neppure un attaccante, Landers!- rimbeccò subito Benji ma l’altro lo ignorò, ben consapevole che fingere di non ascoltarlo era l’atteggiamento che gli dava più fastidio.
-E se usassimo Harper per fare la traversa tra due alberi?-
-Mark la pianti?-
-Dovresti apprezzare i miei sforzi per rendere questa distesa di neve un campo appropriato.-
-Non esiste un campo appropriato in un luogo dimenticato dalla civiltà!- Benji alzò gli occhi al cielo -Scommetto che neppure i cellulari prenderebbero quassù.-
Evelyn fece un passo avanti.
-E cosa vuoi scomm…. Mmmm...- la mano che Patty le piazzò sulla bocca le impedì di continuare a rinfocolare lo scontento del portiere, mostrandogli le tacche piene della linea sul proprio telefonino.
-Stammi a sentire, Eve.- Patty la fissò negli occhi, piantandosi sulla traiettoria tra lo sguardo dell’amica e i compagni -Mai! Mai cadere nel tranello delle loro provocazioni! Non aspettano che un passo falso per mandarci via. Chiaro?-
Evelyn annuì mugolando e l’altra tolse la mano.
-La cosa più importante da fare adesso è risolvere il problema della porta.- disse Jenny -Almeno Benji non potrà prenderla come scusa per minacciare di tornare a casa.-
-Giusto, hai qualche ide...HA!-  
Amy si volse di scatto, una mano al petto e gli occhi spalancati, facendo guizzare lo sguardo tra gli alberi in cerca della ragione dello schianto improvviso e vicinissimo che le aveva fatte sobbalzare -Cos’è stato?-
-Lì, quel ramo.- Jenny indicò un legno contorto che giaceva a terra, curiosamente libero dalla coltre bianca che ricopriva tutto il resto -Deve essersi spezzato sotto il peso della neve. Succede spesso. Oggi pomeriggio faremo un salto in paese, forse riusciremo a trovare qualcosa.-
Amy reagì a un brivido di freddo avvolgendosi meglio la sciarpa intorno al collo. Nonostante fosse ricoperta da vari strati di abiti, sentiva di non riuscire a scaldarsi a sufficienza.
-Credo sia proprio il caso. Cosa prepariamo per pranzo?-
-Ci pensa la nonna.- Jenny le strizzò l’occhio -Ma solo per oggi. Si è infatuata di Mark e ha deciso di fargli assaggiare il suo piatto forte.-
-Che sarebbe?-
-Non lo so, Eve. Ogni tanto ne inventa uno nuovo.-
Rise mentre Philip la guardava e pensava che era proprio una fortuna poter trascorrere insieme quella manciata di giorni. Perché anche se si era appena fatto scappare l’opportunità di tornare con lei al ryokan e dedicarsi a sbaciucchiarla un po’, non sarebbero mancate altre occasioni. Philip era molto fiducioso e più la osservava ridere tra le amiche e più il suo ottimismo lievitava.
Di pari passo cresceva anche il malumore di Benji, che però faceva del suo meglio per dissimularlo perché tutto voleva apparire agli amici tranne che misogino. Non lo era affatto, anzi semmai il contrario ma certi punti saldi, come per esempio la serietà di un ritiro, non dovevano essere messi in discussione dal testosterone impazzito di quattro deficienti. Ecco come la pensava lui, mentre continuava a osservare svogliato i compagni, poco incline a inumidire di neve anche una sola fibra di stoffa dei propri abiti. Eccetto i jeans, che purtroppo ormai erano fradici e irrigiditi dal freddo. Senza neppure curarsi di celare l’interesse che provava per la fidanzata, Callaghan continuava a tenere gli occhi più su Jenny che sulla palla, dimostrando palesemente che non gli fregava nulla degli allenamenti. E Benji, ogni minuto che passava in quell’angolo ibernato di mondo, era sempre più convinto di essere stato risucchiato in uno dei peggiori ritiri della sua vita.
Se non fosse che, in quel diavolo di ryokan, si mangiava benissimo. Non sapevano se ci fosse sotto lo zampino della nonna o le ragazze stessero dando appositamente il meglio di loro per prenderli per la gola, ma i compagni dimostrarono anche a pranzo di gradire ogni portata rimpinzandosi più di quanto, in un ritiro di professionisti, fosse opportuno. Ma Benji stavolta non disse niente, si limitò a tacere. Dopo il colloquio con Jenny, il suo ruolo si era trasformato da quello di bastian contrario a quello di imparziale osservatore. A fine giornata avrebbe tirato le somme e avrebbe deciso se preparare o meno la valigia. Stessa cosa per l’indomani. Dopodiché, se al quarto giorno si fosse trovato ancora a Shintoku, vi sarebbe rimasto fino alla fine. La voce di Harper interruppe le sue riflessioni.
-Adesso Holly devi darmi il tempo di digerire, altrimenti vomito!-
Evelyn, che gli sedeva accanto, si ritrasse.
-Cerca di non farlo qui!-
-In effetti forse abbiamo mangiato un po’ troppo...- il capitano lanciò un’occhiata a Benji quasi a chiedere la sua opinione, ma il volto del portiere rimase imperturbabile.
Jenny si alzò per prima, iniziando a riordinare.
-Mentre oggi pomeriggio vi allenate, noi scendiamo in paese.- disse a Holly. Nella scala gerarchica che si era costruita nella testa, certe iniziative andavano comunicate addirittura prima a lui che a Philip.
Il fidanzato, che appunto non ne sapeva nulla, drizzò le antenne.
-A fare cosa?-
-Dobbiamo trovare la porta per Benji.- rivolse al portiere un’occhiata così intensa che Callaghan sussultò sulla sedia.
Mark e Julian lo notarono e si scambiarono un sorrisetto d’intesa. Intanto, la speranza tornava a illuminare il volto del capitano.
-Hai già un’idea di dove cercare?-
-Una mezza idea.-
All’incirca un’ora dopo, Holly si stava scervellando per risalire all’esatta concatenazione di eventi che aveva spinto lui e i compagni a imboccare la via del paese piuttosto che quella della radura. Avrebbero dovuto allenarsi anche quel pomeriggio, invece chissà come si ritrovarono sulla strada asfaltata che scendeva verso il centro abitato. Benji ormai non diceva più nulla e Holly non capiva se ciò fosse un brutto segno e se dovesse preoccuparsi o meno del suo ostentato mutismo.
La striscia di asfalto ghiacciato tutta curve e a doppia corsia su cui camminavano, si dipanava lungo la montagna come un nastro scuro. Era cosparsa di sale chimico, mescolato alla neve dal passaggio delle macchine. Il ghiaccio aveva indurito lo strato più sottile di neve e dovevano prestare continuamente attenzione per non scivolare. La strada era così poco frequentata che lungo tutto il tragitto fino al paese non incrociarono neppure una vettura.
Grossomodo a metà percorso su richiesta di Amy, Jenny attraversò la carreggiata, lasciò la strada asfaltata e imboccò un sentiero che si inoltrava tortuoso nel bosco. La neve intatta scricchiolava a ogni passo, gli alberi erano molto meno fitti e tra i rami che si protendevano spogli e curvi verso l’etere, si scorgevano il cielo azzurro e le montagne circostanti.
-Dov’è che stiamo andando?- domandò a un certo punto Holly.
Amy gli sorrise.
-Al lago.-
Non che fosse una risposta particolarmente soddisfacente, ma il capitano se la fece bastare. Purché non si crogiolassero senza far niente a lui andava bene tutto, anche arrancare tra la neve in una gelida giornata d’inverno. Lentamente il paesaggio cambiò, il cammino si fece roccioso, i dislivelli più accentuati, finché non si ritrovarono a seguire il corso di un torrente che scorreva tra rocce gelate ammantate di neve e tempestate di ghiaccioli splendenti. Le pozze d’acqua nei pressi delle rive erano ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio e l’acqua gorgogliava solo lungo il corso centrale, che si ampliava via via che procedevano verso valle. Dopodiché sbucarono sulle sponde di un lago.
Tom apprezzò forse più di tutti il paesaggio che si svelò ai loro occhi nella maestosità invernale di brillante cristallo e soffici bianchi.
-Mio padre lo avrebbe sicuramente dipinto.-
-Forte! Si può pattinare?- Bruce si accostò alla riva e tastò con la punta del piede la superficie gelata. Il sottile strato di ghiaccio si infranse e la sua scarpa sprofondò per qualche centimetro nell’acqua.
-Sì, si può. Ma non qui.- Jenny costeggiò il lago, scavalcò un masso immerso per metà nell’acqua e proseguì fino a un cartello di legno rozzamente intagliato, conficcato nella neve con un paletto. Lo indicò ai compagni -Vedete? Non bisogna mai oltrepassare questo segnale. Il ghiaccio viene periodicamente controllato e il cartello spostato più su o più giù. Da questo punto in poi il lago è praticabile.-
E lo dimostrava il fatto che non erano più soli. Lo specchio d’acqua era costellato di gruppi di persone, soprattutto ragazzi e bambini, che si lasciavano gioiosamente scivolare sulla superficie. Le loro grida e le loro risate riecheggiavano nell’aria tersa.
-In quella baita si possono affittare i pattini.-
Jenny la chiamava baita, perché tale era stata la sua funzione originaria. Quando Shintoku era ancora un minuscolo agglomerato di case, la baita aveva avuto la funzione di rifugio, come tante altre costruzioni simili disseminate qua e là nei dintorni, tra i boschi e sui declivi delle montagne. Ma una volta persa la sua utilità primaria, la baita si era ingrandita e si era trasformata in un luogo di ristoro. Tutt’intorno era stata costruita una veranda perché potesse ospitarvi dei tavoli durante l’estate e poi, qualche inverno dopo, la veranda era stata chiusa con delle pareti affinché i tavoli fossero usufruibili anche nella stagione rigida. A quelle nuove pareti era stata fissata un’ulteriore  tettoia che aveva ingrandito l’edificio del doppio, includendovi oltre al ristorante, anche uno spaccio con tutto l’essenziale.
Nei pressi della baita un pontile di legno si protendeva con una linea scura sul lago ghiacciato, spiccando con il suo contrasto cromatico come un punto esclamativo nero su una pagina bianca. A completare il paesaggio, di fronte alla baita sorgeva un isolotto disseminato  di uno sparuto gruppo di alberi spogli e collegato alla terraferma da un ponte arcuato dipinto di rosso.
Bruce si avvicinò fiducioso al ghiaccio, ne tastò la solidità con il piede, poi fece qualche passo sulla superficie liscia e dura. Tre secondi dopo era a terra. Il suo maldestro approccio con il lago scatenò una sonora risata collettiva. Tom lo raggiunse e gli tese una mano per aiutarlo a tirarsi su.
-Tutto bene?-
-Stavo meglio prima. Eve, come te la cavi con i pattini?-
-Finora non sono mai caduta.-
-Domani veniamo a pattinare?-
Holly riuscì soltanto a modulare un’eco.
-Pattinare?-
Bruce gli arrivò così vicino che le nuvolette del suo respiro gli finirono in faccia.
-Non ti pare un ottimo allenamento, Holly? Così per una volta potremmo unire l’utile al dilettevole.-
-Non mi sembra affatto una buona idea, Harper.- Mark osservò rigido i bambini che si spingevano sui pattini. Una spinta, un capitombolo, una risata -E se qualcuno di noi si facesse male?-
La replica di Benji fu istantanea.
-Non sai pattinare, Landers?-
-E tu sai farlo invece, Price?-
I loro sguardi, quando si incontrarono, sprizzarono scintille.
-Questo non è un problema per nessuno. Non verremo a pattinare.- Holly fu categorico -Siamo qui per allenarci.-
La neutralità di Benji si incrinò per un istante.
-Eppure adesso non lo stiamo facendo.-
Amy si accostò a Patty.
-Non pensavo che passare al lago avrebbe provocato l’ennesima discussione.-
-L’ho detto stamattina a Eve. Ogni scusa è buona per rimbeccarsi, dobbiamo evitare qualsiasi iniziativa.-
Jenny si mostrò preoccupata.
-Secondo voi la passeggiata in paese rischia di passare come una nostra iniziativa?-
-In questo caso direi di no.- si intromise Evelyn -Tu avevi detto chiaramente che saremmo andate da sole. Sono stati loro a decidere di accompagnarsi.-
L’amica sembrò tranquillizzata e insieme ripresero il cammino.
A Shintoku la neve caduta durante la notte era stata spazzata via dalle strade per evitare ancora una volta formazione di pericolosissime lastre di ghiaccio. Cumuli bianchi alti come persone erano accatastati agli angoli dei muri, lasciando ampio spazio di manovra alle macchine e ai passanti. Il corso principale era la lunga strada percorsa la sera prima in senso inverso, che attraversava la cittadina da nord a sud. Fiancheggiata da negozi, vi sorgeva la stazione di polizia, il municipio, la farmacia, la posta, una clinica privata, una lavanderia, diversi negozi di abbigliamento, di alimentari e, spiegò Jenny, in fondo appena fuori dal paese, il più grande supermercato della zona. Nonostante il freddo, il viale e i marciapiedi erano trafficati da una miriade di persone. Si fermarono ad attendere il verde di un semaforo, attraversarono la carreggiata, poi svoltarono l’angolo e si arrestarono davanti a una larga cancellata.
Mark osservò l’edificio di cemento azzurro che svettava per tre piani verso il cielo.
-Cos’è?-
-Ti ho sempre sopravvalutato, Landers. Pensavo che almeno sapessi leggere.- Benji indicò provocatorio la targa in pietra nera affissa al muro di quella che risultò immediatamente essere la scuola elementare di Shintoku -Che poi non è che ci sia bisogno di leggere per capire che si tratta di una scuola…- gettò un’occhiata oltre le sbarre nell’ampio cortile dove una ventina di bambini imbacuccati giocava a qualcosa che assomigliava al baseball. Lasciò perdere Mark, si avvicinò a Jenny e la fissò torvo -Che siamo venuti a fare qui?-
-Quale luogo migliore per rimediare la rete di una porta?-
-Una scuola?-
-Non ci sono negozi che vendono reti da calcio a Shintoku.-
-Mi sarei stupito del contrario.-
Philip si avvicinò alla fidanzata perché il tono polemico del portiere non gli piacque per niente.
Ma Benji aveva già finito il suo exploit vocale e tornò nell’angolino a macerarsi in un silenzio così contrariato che, se in quel momento non si fosse trovato di fronte al muro di cinta di un edificio scolastico, probabilmente sarebbe stato in camera a preparare la valigia. Tra tutti i posti in cui credeva che avrebbero cercato una stupida rete, la scuola elementare del paese era davvero l’ultima della lista. La verità era che i bambini li aveva sempre mal sopportati persino quando era bambino lui stesso. Non si era mai lasciato coinvolgere dalla loro confusione, dal loro vociare inutile, dai giochi privi di senso con cui sprecavano ore e ore della loro vita. Frequentare i suoi coetanei aveva sempre significato una gran perdita di tempo. Così, da quando aveva scoperto di avere un talento innato per il calcio, aveva preferito spendere le proprie energie e il proprio tempo in uno scopo ben preciso. Che quei marmocchi giocassero a nascondino, se proprio volevano. Lui preferiva infilarsi tra i pali e sfidarli a segnare, cosa che non riusciva a fare quasi nessuno tanto che spesso i suoi avversari si stancavano, perdevano interesse e se ne andavano, lasciandolo da solo. Non avrebbero mai concluso niente nella vita, pensava già a sei anni scaricando le sue giovani energie con violente bordate contro la rete. Lui era migliore di loro e presto lo avrebbe dimostrato a tutto il Giappone, no, al mondo intero.
Si scostò dai compagni che cianciavano inutilmente sui pro e i contro di chiedere quella maledetta rete in prestito. Facessero un po’ come volevano, purché si sbrigassero a decidere. Lui intendeva rientrare presto al ryokan per preparare la valigia. I suoi occhi critici e impazienti incontrarono per un istante quelli di Jenny. La ragazza si era scostata dagli altri e, annodandosi le due bande della sciarpa sotto il mento, lanciava occhiate guardinghe e sospette tutt’intorno. Poi si accostò alle sbarre e valutò l’altezza del cancello.
Socchiuse le labbra Benji, quando la vide aggrapparsi e issarsi in cima apparentemente senza  sforzo. Come se Jenny, pensò divertito, avesse passato l’adolescenza a scavalcare cancelli e muretti. Eppure avrebbe dovuto dire qualcosa per fermarla, perché non era un bene che qualcuno la vedesse, né per lei né per loro, che avevano formato un gruppetto non trascurabile di individui intenti a confabulare ormai da troppo tempo così vicino a una scuola. Ma in fondo era un suo problema? Assolutamente no. Se Jenny veniva arrestata per essersi introdotta all’interno dell’edificio sarebbe stato Callaghan ad angustiarsi, e se loro fossero finiti sui giornali per complicità, il problema sarebbe stato più del capitano che suo.
Controllò cosa stessero facendo i due. Holly stava parlando giusto in quel momento, esprimendo un parere che a Benji non interessava conoscere. Philip lo ascoltava attentamente, dava le spalle alla fidanzata e, al pari degli altri, non la vide calarsi nel cortile dell’edificio.
-Io adesso vado a chiedere la rete. Voi aspettate qui.-
La voce di Jenny, o forse molto di più il significato delle sue parole, spinsero il gruppo a voltarsi all’unisono. La guardarono increduli, nessuno di loro fu particolarmente entusiasta di trovarla dall’altra parte della cancellata. Patty l’apostrofò sgomenta.
-Che ci fai di là?-
-L’ho appena detto!-
-Come hai fatto a entrare?-
-Ho scavalcato.-
-Ma è vietato!-
Jenny rise di imbarazzo.
-Credo di averlo fatto lo stesso!- guardò Philip -Torno subito!-
Quella era in effetti la sua intenzione, invece non riuscì a muovere un passo perché il fidanzato strinse le proprie dita sulle mani guantate che lei  teneva aggrappate alle sbarre e la bloccò.
-Torna da questa parte!- i suoi occhi saettarono in giro -Sbrigati Jenny, non ti ha ancora vista nessuno!-
-Non preoccuparti, Philip. È tutto sotto controllo.-
Una forte scossa alla cancellata precedette l’atterraggio di Mark esattamente accanto alla giovane. Jenny lo guardò incredula.
-Che ci fai qui?-
-Che ci fai lì?- fece eco Callaghan.
-Di qua o di là, è solo questione di punti di vista. Piuttosto qual è la seconda parte del piano?-
-Mark!- Holly strattonò Philip di lato e conficcò il viso tra le sbarre -Torna immediatamente da questa parte! All’istante! Se ti beccano finisci nei guai e se lo scopre Gamo nei guai ci finiamo tutti!-
Bruce rise rumorosamente.
-Vi prenderanno di sicuro per due maniaci pervertiti...-
-E che c’è da ridere se dovesse accadere?- piagnucolò Holly -Spiegamelo perché non riesco a capirlo!-
Philip mollò le sbarre e si volse imbufalito.
-Come ti permetti, Harper? A chi stai dando del maniaco? A Jenny forse?-
-Scusate, permesso...- Evelyn si fece largo tra i ragazzi vocianti -Sai Jenny… Credo che non sia proprio tutto sotto controllo come pensi tu.-
-Perché?-
-Voltati.-
La ragazza lo fece e trasalì. Mark, al suo fianco, si irrigidì tutto. Un labrador nero come la notte stava correndo a perdifiato proprio verso di loro, la coda dritta come un palo, la lingua penzoloni, le zampe che sollevavano manciate di neve a ogni salto. Jenny indietreggiò fino ad appiattirsi contro le sbarre del cancello.
-In effetti mi sa che abbiamo un problemino.-
Anche Landers fece un passo indietro.
-Dì la verità, a quello non avevi pensato-
-Jenny, torna immediatamente qui!- ordinò Philip imperioso.
Lei lo avrebbe fatto volentieri, ma non ebbe neppure il tempo di provarci. Il cane li raggiunse con una manciata di falcate, si fermò davanti a loro e cominciò a ringhiare. Philip ebbe paura, una paura folle, e reagì senza starci a pensare. Introdusse un braccio tra le sbarre e spintonò Landers in avanti. Il ragazzo finì tra Jenny e la bestia, poi si volse sgomento.
-Che cazzo fai, Callaghan?-
-Se deve mordere qualcuno, meglio te che Jenny.-
-Giuro che se succede dirò a Gamo tutto quello che hai combinato.-
Philip lo zittì sbrigativo.
-È inutile che minacci. Se verrai morso, Gamo verrà a sapere tutto lo stesso!-
Bruce fece un passo indietro e si scostò dalle sbarre, per sicurezza. In un’occasione simile a un suo amico era successa una cosa terribile. Così terribile che il solo pensiero gli rivoltò lo stomaco e gli fece venire i sudori freddi. Quasi a voler esorcizzare il ricordo fu tentato di raccontare l’episodio ai compagni. Poi però capì che l’arrivo inatteso del cane aveva catalizzato l’attenzione e nessuno gli avrebbe dato ascolto. Pazienza, si sarebbe tenuto il racconto per dopo.
-Benji, fa’ qualcosa…-
Il portiere guardò Tom con un sopracciglio alzato.
-Perché io?-
-Perché tu hai un cane e sai sicuramente come ci si comporta in questi casi!-
Per la prima volta da quando erano lì, un moto d’orgoglio lo attraversò dalla testa ai piedi. Si sentì improvvisamente importante, fondamentale e indispensabile non solo a Jenny, che lo aveva incastrato a restare in quel buco ibernato di mondo, ma anche a Landers. Entrambi in quel momento avevano bisogno del suo aiuto. Temporeggiò per prolungare il supplizio e godere ancora per qualche lungo istante dei muscoli tirati sul volto preoccupato del compagno.
-John non mi ha mai ringhiato.-
-John?!- il tono di Landers risuonò leggermente stridulo -Che razza di nome è John?-
Il cane appiattì le orecchie e mostrò i denti, continuando a fissarli torvo.
-Abbassa la voce, Mark.- gli intimò Jenny -Se gridi lo fai innervosire.-
La bestia? Lui era innervosito dalla presenza della bestia, non il contrario. Lo guardò negli occhi così neri che la pupilla non si distingueva dall’iride, vide il suo naso fremere di quegli odori che percepiva per la prima volta e contribuivano a metterlo in guardia. Lo avrebbe morso? Avrebbe fatto male? Un brivido ghiacciato gli corse su per la schiena. Era inutile cercare di ignorare la sua presenza parlando con i compagni o insultando Price. Il problema c’era, tanto valeva affrontarlo di petto.
-Buono bello…- disse piano -Fai il bravo, eh?-
Il cane abbaiò un paio di volte facendolo indietreggiare. Urtò con il braccio la spalla di Jenny immobile al suo fianco e si tese, pronto a difendersi non appena il cane fosse passato all’attacco. Ebbe paura, una paura incontrollabile di sentire i suoi denti affondargli nella carne e si vergognò. E la vergogna scatenò dentro di lui un’ira violenta, che esplose.
-Che cazzo ci fai qui?- gli gridò contro il muso -Non ce l’hai un padrone?-
Il cane agitò le orecchie, abbaiò di nuovo e riprese a ringhiare, come se non sapesse fare altro. Mark e Jenny si guardarono indecisi.
-E adesso?-
Lei alzò le spalle. Non ne aveva idea. Il cane li aveva bloccati lì, impedendo loro di avanzare o tornare indietro, perché chi se la sentiva di voltarsi e arrampicarsi sul cancello, con lui pronto ad aggredirli? Stavano perdendo un sacco di tempo e ciò non era un bene. Proprio mentre pensava a lui, il sorrisetto ironico di Benji comparve alle loro spalle, oltre le sbarre del cancello.
-Non avrai paura, vero Landers?-
-Paura io? Con chi credi di parlare, imbecille?-
-Imbecille a chi, pezzo d’idiota?-
-Come, scusa?-
-Non hai capito? Se vieni più vicino te lo urlo nelle orecchie!-
-Invece di litigare perché non fate qualcosa?- li interruppe Philip lanciando alternativamente occhiate a loro e al cane -Di Mark non mi frega niente ma c’è anche Jenny di là!-
-Appunto, Landers.- Benji lo fissò negli occhi -Per prima cosa smetti di gridare. Jenny ha ragione, lo stai facendo innervosire e se continui così finirà per mordervi davvero!-
Philip saltò su.
-Giuro che se lo fa, ti ammazzo!-
-Callaghan! Chiudi quella ciabatta!-
-Avvicinati al cane, Landers, fatti annusare la mano e prova ad accarezzarlo.- gli ordinò Benji -Cerca di non fargli capire che hai paura. -
-Non ho paura, maledetto te!- gridò Mark esasperato -Se non la smetti giuro che quando torno di là ti prendo a pugni!-
-Ti aspetto, infatti.-
Jenny sbuffò impaziente, poi spinse di lato il compagno.
-Mark, fatti da parte. Stai soltanto peggiorando la situazione.-
-Per forza, è un idiota!-
-Price! Vuoi finirla una buona volta di provocarlo?-
-Benji, Philip ha ragione. Piantala!- interloquì Holly stanco di sentirli. Se avessero continuato così forse sarebbe ripartito lui, altro che il portiere.
-Stavo cercando di essere d’aiuto, come mi avete chiesto!-
-Io non ti ho chiesto proprio niente!- saltò su Mark -Figuriamoci se ho bisogno di te e dei tuoi consigli da quattro soldi!-
Philip afferrò Landers per la giacca e lo strattonò con forza.
-Finché sarai dall’altra parte del cancello con Jenny, prenderai i consigli da quattro soldi di Price come oro colato! Intesi?-
Mentre loro continuavano così sotto gli occhi dei compagni e di un’anziana coppia che si trovava a passare giusto in quel momento sul marciapiede opposto, Jenny si accovacciò davanti al cane. Quello reagì avvicinandosi e Philip tacque di colpo. Aggrappato alle sbarre, trattenne il fiato. Reprimendo il timore di quegli occhi scuri puntati su di lei, la giovane seguì le ormai famose istruzioni da quattro soldi di Benji, sperando che non fossero una vendetta per la discussione della mattina. Così, quando il labrador fu abbastanza vicino, allungò una mano e si lasciò annusare. Il cane agitò una volta la coda e abbassò leggermente la testa in avanti, urtandole piano la mano con il muso. Solo allora Jenny si azzardò ad accarezzarlo, posandogli le dita tra le orecchie e muovendole lentamente verso il dorso. Il labrador si sedette sulle zampe posteriori e anche se la carezza non lo infastidì, non sembrò neppure fargli troppo piacere. Ma almeno smise di ringhiare.
-Dai la zampa.- gli ordinò Jenny mostrandogli il palmo della mano.
Il cane le ubbidì e abbaiò due volte. Lei non se lo aspettava e si tirò indietro di scatto. Incespicò e cadde seduta tra la neve. Solo quando la vide a terra il labrador cominciò a scodinzolare, la lingua penzoloni nella bocca aperta, quasi si stesse prendendo gioco di lei.
Amy scoppiò a ridere di sollievo.
-Davvero un ottimo cane da guardia.-
Mark fece un passo verso Jenny, le porse una mano e l’aiutò a rimettersi in piedi.
-Hai visto?- rise lei ripulendosi i pantaloni dalla neve -Ci voleva così poco… Andiamo.- lo precedette verso l’edificio della scuola e il cane trotterellò dietro di loro.
-Fantastico, Benji!- si congratulò Bruce.
-Figurati. Neppure credevo che funzionasse!-
Philip scostò bruscamente Holly e si parò infuriato davanti al portiere.
-Cosa significa?-
-Che le mie istruzioni erano per Landers. Se il cane lo avesse morso tanto peggio per lui. L’hai detto anche tu “chissene frega di Mark”.-
-Benji! Non hai fatto una cosa carina!-
-Io non faccio mai cose “carine”, Patty.- le fece eco con una smorfia.
Il custode, un omone massiccio alto più di Mark, le spalle larghe e un pancione sporgente, era troppo occupato a spalare via la neve dalla scalinata della scuola per accorgersi dell’arrivo della coppia di intrusi. Dava loro le spalle e si volse soltanto quando il labrador gli corse accanto e prese a fargli le feste, spargendo ovunque la neve radunata con tanta fatica.
-Accidenti a te! Fila via! Non vedi che ho da fare?- lo scacciò agitando la pala nell’aria, dopodiché individuò i due ragazzi che lo stavano raggiungendo.
-E voi? Che ci fate qui? È proibito entrare senza permesso.-
Jenny si avvicinò con un gran sorriso.
-Lo so benissimo signor Wilson. Questa è stata anche la mia scuola!-
L’uomo la osservò con improvvisa attenzione, rimestando nella memoria degli ultimi dieci anni scolastici. Non era sempre facile far combaciare sembianze infantili di fumosi ricordi sui volti ormai adulti degli ex studenti.
Jenny volle dargli un aiutino.
-Sono venuta a trovare i nonni al ryokan.-
Wilson distese le labbra e scoppiò a ridere.
-Che mi prenda un colpo! Jenny Lohan! Che bella sorpresa!- si avvicinò a grandi passi e stritolò la mano che lei gli porgeva -Come stai?-
-Benissimo!-
-Lo vedo, accidenti!-
Prese atto del fatto che la natura aveva continuato il suo bel lavoro iniziato anni prima e trasferì lo sguardo su Mark, rimasto discosto e in silenzio, le mani nelle tasche della giacca. Certamente era un forestiero, perché i ragazzi del paese li conosceva tutti -Lui chi è? Il tuo fidanzato?-
-Il suo fidanzato è rimasto fuori.- Landers indicò i compagni accalcati sul marciapiede oltre il cancello, che li osservavano pieni di curiosità. Philip era così premuto addosso alle sbarre che sembrava sul punto di smaterializzarsi e rimaterializzarsi all’interno della scuola, se solo avesse potuto -Io l’ho accompagnata per affrontare il cane.-
-Come avete fatto a entrare?-
Jenny rispose con un sorrisetto di circostanza.
-Scavalcando il cancello. So che non si fa, ma si tratta davvero di un’emergenza e non potevamo aspettare la fine delle lezioni.-
L’uomo scoppiò in una sonora risata.
-Bene, sentiamo un po’ quest’emergenza.-
-Abbiamo bisogno della rete di una porta da calcio. Anche dismessa e con qualche maglia rotta sarebbe perfetta.-
-Non so se nel magazzino c’è qualcosa che possa fare al caso vostro. Dovrei dare un’occhiata. Lo farò domattina e, nel caso, ti telefonerò al ryokan. D’accordo?-
La ragazza annuì, dissimulando la delusione. Aveva sperato di risolvere il problema il giorno stesso e invece non era neppure sicura che il signor Wilson potesse aiutarla. Lo ringraziò comunque e tornò indietro, tallonata da Mark.
-Questa era la tua scuola?- le chiese perplesso -Pensavo abitassi a Furano.-
-I miei genitori si sono trasferiti lì quando ho cominciato le scuole medie. Le elementari le ho frequentate a Shintoku. Abitavo con i nonni.-
A Holly dispiacque vederli arrivare a mani vuote.
-Allora?-
-Se il signor Wilson trova qualcosa in magazzino ci chiamerà al ryokan.- disse Jenny delusa almeno quanto lui. Si arrampicò sul cancello e quando fu a portata di braccia, Philip l’afferrò per la vita e la depositò a terra.
-Quindi per il momento niente.-
Jenny scosse la testa e osservò di sottecchi Benji che aveva reimpostato l’espressione imparziale con cui fin dalla loro conversazione della mattina, sembrava deciso ad affrontare gli eventi. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che l’opzione del ritorno a casa stava accumulando una miriade di punti. Quella sera doveva sondare il suo umore e tentare l’impossibile pur di salvare il salvabile. Sospirando mestamente gli lanciò una nuova occhiata che, come tutte quelle che l’avevano preceduta, a Philip non sfuggì.

*
 
Mark osservava in silenzio il paesaggio invernale che scorgeva oltre i vetri della finestra della stanza in cui i compagni, per ammazzare il tempo prima della cena, si erano riuniti per una partita a carte. Il crepuscolo era sceso rapidamente mentre rientravano al ryokan, gli ultimi raggi del sole avevano accarezzato le cime innevate delle montagne circostanti, tingendole di rosa. Poi era calata di colpo la notte. Solo a occidente il cielo era ancora rischiarato di un blu meno cupo che illuminava le distese di neve tutt’intorno. La coltre candida del piazzale antistante la pensione rifletteva invece la luce che filtrava dalle finestre illuminate.
Erano gli ultimi giri del mazzo e Benji stava spudoratamente vincendo.
-Bruce! Perché ti ci vuole così tanto? Intendi barare?-
-Eve, sai bene che non lo farei mai!-
Price gli lanciò un sorrisetto sfacciato.
-E io dubito che tu possa riuscirci.-
Mark non amava i giochi di carte e aveva preferito sedersi sul basso davanzale, la schiena addossata allo stretto muro laterale della finestra e le gambe piegate sul ripiano di legno. Era lontano dai compagni ma poteva tenere l’intera stanza sotto controllo.
Aveva notato Philip infilare più volte una mano sotto il tavolo e Jenny sorridere e scostarsi, con un cipiglio infastidito davvero poco sincero. Erano entrambi così occupati da loro stessi che tiravano giù le carte a caso. Patty aveva dichiarato fin da subito che non aveva voglia di giocare e soltanto Holly e Tom continuavano caparbi a fronteggiare la gara tra Benji e Bruce. Forse anche Evelyn. Neppure Amy e Julian partecipavano al gioco. Si erano seduti tra i cuscini in un angolo sotto il getto caldo del climatizzatore e compilavano il sudoku di una rivista acquistata sulla via del ritorno.
Annoiato dal paesaggio interno, Mark tornò a osservare assorto quello esterno. Se guardava bene, oltre il riflesso della stanza scorgeva sul vetro le luci del paese che punteggiavano la valle a piccoli gruppi o sparpagliate tutt’intorno a manciate. Il panorama era notevole, ma lo era anche il problema che gli era inaspettatamente piombato tra capo e collo quando le ragazze al ritorno si erano fermate alla baita e avevano affittato i pattini, decise a svagarsi sulla superficie ghiacciata del lago mentre loro si allenavano. Dopodiché gli era bastato trasferire gli occhi su Philip, a cui si era illuminato lo sguardo di interesse, su Bruce, che aveva subito affermato di voler andare con loro, su Holly che non si era espresso né in un senso né nell’altro, per capire che non troppo tardi sarebbe toccato anche a lui. La decisione di affittare i pattini per tutti era stata una diretta conseguenza della mancanza di reazioni del capitano. Adesso anche il suo paio di stivaletti, su cui era riuscito a tenersi in equilibrio per miracolo giusto il tempo necessario a scegliere la misura, giaceva nello scaffale portascarpe accanto all’ingresso. Non sapeva pattinare e non voleva ammetterlo, ma non voleva neppure spalmarsi a terra sotto gli occhi divertiti di tutti. Non voleva capitombolare sul ghiaccio come quei bambini che aveva visto al laghetto, o come era accaduto a Bruce. Non voleva diventare lo zimbello dei compagni, non voleva che ridessero di lui, non voleva coprirsi di ridicolo. Poteva rifiutarsi di pattinare? No, perché se lo avesse fatto avrebbero capito che non ne era capace.
La voce di Jenny lo strappò di colpo da quelle problematiche riflessioni.
-Stavo per dimenticare una cosa importantissima!-
Mark spostò gli occhi dal paesaggio notturno al viso della ragazza. Le carte erano tutte sul tavolo, la partita era terminata e Philip ne aveva approfittato per avvicinarsi di più alla fidanzata.
-Hai trovato la porta?- domandò Holly speranzoso.
L’entusiasmo della giovane si spense.
-Non ancora, ma sono sicura che risolveremo presto il problema.- si mostrò più ottimista di quanto fosse in realtà -Uno dei vostri bagni perde acqua e per un paio di giorni sarà fuori uso. Ma potete utilizzare i bagni delle terme al piano terra. Da oggi l’albergo è tutto nostro e se desiderate stare più larghi, potete occupare le altre stanze.-
-Io sto bene qui.- Philip le sfiorò un ginocchio e le sue dita si intrecciarono a quelle di lei.  
Julian alzò gli occhi dalla rivista, poi sorrise ad Amy che gli era accanto.
-Anch’io.-
-Figuriamoci io.- concordò Bruce -Per quanto mi riguarda quelle stanze possono rimanere libere.-
Quando anche Holly annuì, per Tom fu facile comprendere che nessuno di loro desiderava trasferirsi altrove perché la camera delle ragazze era a un passo, bastava aprire il pannello scorrevole per caderci dentro. Li capiva perfettamente, ma non era disposto a sacrificarsi. Lui non avrebbe dormito con Benji o Mark, oppure peggio, con tutti e due. L’incidente dell’aereo gli era bastato.
-Anch’io sto bene qui. La stanza è grande e c’è posto.-
-Perché non ci vai tu?-
Benji fissò Mark.
-Vai tu piuttosto, così ti togli dai piedi.-
Patty lanciò a Holly un’occhiata allarmata ma Amy reagì più rapidamente di tutti e si alzò, attirando l’attenzione su di sé.
-Prima di cominciare a preparare la cena abbiamo giusto il tempo di fare un bagno.- guardò le amiche -Andiamo?-
-Questa sì che è un’idea meravigliosa!-
-Non stava dicendo a te, Bruce.- disse Patty seccata perché condivideva con Amy il desiderio di rilassarsi senza preoccupazioni di sorta. In poche parole, non voleva averli intorno per poter godere in modo assoluto del relax delle terme -Sono sicura che avrete molte opinioni calcistiche da condividere prima di cena.- disse congedandosi.
Sparì nella stanza accanto, sperando che qualcuno, magari Holly, impedisse a Bruce di seguirle. Jenny si scostò da Philip e si mise in piedi.  
-Dove vai?-
-Con Amy e Patty.-
-Perfetto, ci vediamo alle terme!-
-La tua presenza non è gradita, Harper. Non l’hai capito?-
Il ragazzo fissò Mark.
-Sfido chiunque a impedirmi di scendere.- i suoi occhi si trasferirono su Holly -Mi fermerai tu?-
-Ma fai un po’ come ti pare, Bruce!-
Julian trasecolò.
-Cioè, gli hai dato il via libera?-
-Impediscigli tu di scendere, se vuoi.-
-Certo che voglio! Patty ha chiaramente detto che non vuole averlo tra i piedi! Perché non fai nulla?-
-Patty sa tenerlo a bada.-
-Sicuramente meglio di te.-
-Che ti prende, Julian? Perché questo tono polemico?-
-Perché non mi fido di Bruce.-
-E cosa pensi che potrebbe fare?-
-Di sicuro qualcosa che non deve.-
-Per esempio?- Holly non riusciva a trovar nulla di male nel desiderio dell’amico di godersi le terme.
Il capitano e Julian continuarono a parlare come se Bruce non fosse presente e in fondo a lui andava bene così. Aveva capito che in quel momento era meglio tacere e far dimenticare la propria esistenza.
Improvviso fu lo scalpiccio di passi leggeri sulle scale, parole sussurrate come se le ragazze cercassero di scendere senza farsi udire. Bruce drizzò le antenne.
-Caspita che velocità!- guardò i compagni con un sorriso carico di aspettative -Restate pure a consultarvi, io intanto vado.- afferrò al volo un cambio pulito e cercò di guadagnare la porta.
Philip gli si parò davanti.
-Dove corri? Scendiamo tutti.-
-Bene, io però comincio ad andare.- sgusciò via come un’anguilla e si precipitò al piano di sotto.
Holly guardò incerto i compagni, e Benji con un filo d’ansia.
-Che facciamo?-
-Non mi pare opportuno lasciarlo solo, chissà cosa potrebbe combinare!- Philip si accostò all’armadio e scelse dei vestiti da indossare dopo il bagno.
Julian annuì.
-Sono d’accordo.-
-Era semplicemente a questo che volevi arrivare, Ross? La mancanza di fiducia in Harper non era altro che la miglior scusa per seguirle.-
-Non ci serve una scusa per scendere alle terme, Benji!- lo zittì Holly.
-Tu poi… Sei esattamente come gli altri.-
Gli occhi del portiere indugiarono sul capitano che lo ignorava mentre frugava nell’armadio in cerca di abiti puliti. Innegabilmente gli anni erano passati e Holly era cambiato. La fissazione per il calcio gli era rimasta, a lui tanto quanto a tutti loro. Ma la tempesta ormonale dell’adolescenza aveva lasciato i suoi segni e adesso il cinquanta percento dei pensieri di Holly era occupato da Patty. Buon per lei e in fondo molto più normale così.
Bruce scese i gradini due a due. Gli ultimi tre li saltò, atterrando pesantemente sull’impiantito di legno. Tutto il piano terra risuonò della sua performance ma tanto in giro non si vedeva nessuno. Fischiettando giulivo, superò l’ingresso del ryokan, proseguì lungo il corridoio, girò a destra e raggiunse gli spogliatoi. Scostò la tendina azzurra di cotone grezzo che pendeva fino a metà altezza, aprì la porta scorrevole ed entrò in quello degli uomini. Accatastò con allegra fretta i vestiti in un cesto di vimini, si avvolse un corto asciugamano intorno ai fianchi e fece il suo ingresso nei bagni fischiettando. Il pavimento di pietra era freddo sotto i piedi nudi ma lui fremeva per raggiungere Evelyn e non ci fece caso. Scelse una delle cannelle che spuntavano dal muro, afferrò uno sgabellino di plastica e ci piombò seduto sopra. Dopodiché aprì la doccia, regolò l’acqua e si lavò alla meno peggio, strofinandosi a casaccio. Quando reputò di essere abbastanza pulito da potersi immergere nella vasca comune, richiuse l’acqua e si precipitò nelle terme vere e proprie.
Era bello lì dentro. La sera precedente, quando era entrato la prima volta, ne era rimasto subito entusiasta. Tutte le pareti, tranne quella di fondo costituita da un’enorme vetrata ricoperta di condensa che si affacciava sul retro dell’edificio ma non lasciava scorger nulla, erano rivestite di pannelli di legno color miele. Un bordo di pietra grigia, la stessa del pavimento, correva lungo i muri. Anche l’ampia vasca, di forma irregolare, era rivestita nella stessa pietra grigia che modellava gli scalini. Attraverso di essi, dallo spogliatoio maschile e da quello femminile, separati da un tramezzo ligneo poco più basso del soffitto, si scendeva nella vasca. Massi irregolari erano accatastati con un perfetto disordine lungo i tre muri dirimpetto. Al centro della vasca sorgeva una formazione rocciosa sormontata da piante rigogliose che, oltre ad avere una funzione decorativa, intendeva dare un’idea della separazione degli spazi tra la zona maschile e quella femminile, altrimenti non nettamente distinte. Quando entrò nelle terme, Bruce venne completamente avvolto da fitte nuvole di vapore.  
-Eve! Dove sei?-
-Accidenti! Hanno fatto in fretta!-
Era la voce di Patty quella? Bruce non ne fu sicuro perché lo sciabordio dell’acqua della cascatella celava ogni altro rumore. Scese gli scalini in tutta fretta, restando senza fiato quando si calò nell’acqua bollente. Avanzò verso le voci.
-Pensavi davvero che sarebbero rimasti a giocare a carte?- Jenny tirò su alcune ciocche di capelli scivolate via dal mollettone -O a parlare di calcio?-
-Forse a giocare a carte no, ma a parlare di calcio sì...-
Risero.
-Eve!-
Era di nuovo Bruce.
-Siamo qui!-
-Qui dove?- avanzò alla cieca verso il vapore. Non riusciva a vedere niente e l’acqua era così calda che la sua pelle si stava ricoprendo di un velo di sudore.
-Bruce!-
Il ragazzo si volse indietro. Julian era sul bordo della vasca in maglietta, i piedi scalzi, l’orlo dei jeans che sfiorava l’acqua. Teneva le mani sui fianchi e gli occhi socchiusi di contrarietà.
-Che stai facendo?-
-Il bagno.-
Ross prese atto dell’inutilità della propria domanda. Ritentò.
-Dove stai andando?-  
-Le raggiungo.-
Naturale, che altro?
Sotto gli occhi vigili di Ross, Bruce riprese a nuotare verso il centro della piscina fino a sparire tra spesse volute di vapore. Mentre cercava ancora di distinguere la sua sagoma, arrivò anche Philip. Rispetto a Julian si trovava in una fase più avanzata della svestizione perché non indossava la maglietta e teneva le dita serrate sulla chiusura dei jeans che aveva appena slacciato. Il suo sguardo preoccupato guizzò inutilmente ovunque.
-Dov’è Harper?-
-Da qualche parte a far danni.-
-Dobbiamo fermarlo.-
-No, dobbiamo raggiungerlo.-
Bruce avanzò indisturbato e fiducioso tra il vapore ancora per alcuni metri, poi si arrestò di botto e ululò di dolore. Una fitta intollerabile scaturì dal piede e gli penetrò dritta nel cervello. Non l’aveva vista. Non aveva visto quella roccia sommersa tra i massi centrali e ci era finito addosso. Adesso il suo alluce era da buttare, altro che allenamenti.
La voce di Julian riecheggiò all’istante.
-Bruce? Che hai fatto?-
-Merda! Ho urtato contro un sasso!- gli occhi colmi di lacrime di sofferenza, si appoggiò su una pietra e sollevò il piede. Il dito era arrossato, ma per fortuna ancora al suo posto.
Evelyn emerse dal vapore.
-Tutto bene?- gli guardò l’arto, mentre il ragazzo agitava le dita del piede -Dovresti metterci dell’acqua fredda, così non si gonfia.-
Bruce tirò giù il piede e scosse la testa. Il dolore era stato terribilmente intenso, ma adesso andava già meglio.
-Credo che sopporterò.- le si avvicinò, immerse le mani nell’acqua e le cinse la vita, cercando di farsi strada sotto le pieghe dell’asciugamanino che le avvolgeva il corpo.
Evelyn si ritrasse ridendo.
-Mi stai facendo il solletico. Non siamo soli, sai?-
Lui si guardò intorno con un sorriso saputo.
-Eppure io non vedo nessuno.-
-Harper, che stai combinando?- era di nuovo la voce di Julian.
-Diamine che palle!- esplose -Niente! Cosa vuoi che faccia?- si grattò la nuca e sorrise -Sai Holly, credo di essermi appena infortunato!-
Il capitano emerse di colpo dal vapore tale e quale un’apparizione spettrale, facendolo sobbalzare di paura. E la sua espressione era altrettanto lugubre.
-Infortunato?-
-No! Niente!- ansimò il ragazzo riprendendosi dallo spavento -Come non detto!-
-Non dovresti essere qui, Bruce! Questa è la zona femminile!-
Ecco anche Philip. E poi Julian. Dietro Evelyn spuntarono le ragazze, i capelli umidi raccolti sul capo, qualche ciocca a incorniciare sensualmente i loro visi, gli asciugamani stretti al corpo, le guance arrossate dal vapore, goccioline luccicanti che percorrevano la loro pelle scoperta... Incantevoli.
Callaghan afferrò il compagno per un braccio e cercò di trascinarlo via mentre lui protestava.
-Sei il solito guastafeste! Jenny, digli qualcosa!-
Lei sorrise alzando le spalle. Quel movimento fece emergere dall’acqua l’orlo dell’asciugamanino azzurro che le avvolgeva il corpo nudo. Bruce sentì chiaramente Philip allentare la stretta, consentendogli di liberarsi con facilità.
-Se non c’è una netta divisione tra la zona degli uomini e quella delle donne la colpa non è mia. Queste terme sono promiscue e io ho tutto il diritto di approfittarne! Nessuno di voi mi farà cambiare idea!-
Gli altri lo fissarono sgomenti, poi scoppiarono in una risata.
-Allora vuol dire che resteremo con te per controllare che non combini guai.-
-E gli altri?- domandò Jenny, tornando d’un tratto seria.
-Mark e Tom stanno finendo di lavarsi.-
-Benji?-
-Non è sceso.-
Jenny si irrigidì. Non era sceso? E che stava facendo in camera tutto solo? Non è che per caso… Forse… Accidenti! Stava sicuramente preparando la valigia o chiamando un taxi per farsi venire a prendere. Guardò Philip, incapace di nascondere l’ansia. Ma lui rideva, Bruce rideva. Anche Holly  rideva. Jenny trasse un respiro profondo. Forse si stava preoccupando inutilmente.   Magari Benji stava soltanto riposando e non era sceso alle terme semplicemente perché non gradiva la loro compagnia. Alzò gli occhi all’orologio di plastica appeso alla parete.
Le sette. Poteva sganciarsi con la scusa della cena. Sorrise a Philip meglio che poté, sforzandosi di cancellare dalla testa l’immagine insistente che continuava a comparirvi: Benji chino a terra a riempire la valigia.
-Esco.-
Il fidanzato protestò.
-Esci? Ma come… Sono appena arrivato!-
-La cena non si prepara da sola. Voi fate pure con calma, ho delle cose da sistemare.-
Sgusciò via nonostante l’insistenza di Philip e delle amiche che cercarono di trattenerla. Affrontò di corsa i gradini della vasca, rischiando di scivolare sul bagnato. Si precipitò nello spogliatoio, si asciugò alla meno peggio e si vestì rapidamente. Con i capelli ancora umidi salì di corsa le scale e si fermò sulla soglia della stanza dei ragazzi.
Benji era lì, come aveva immaginato, ma non stava preparando la valigia. Spaparanzato pigramente tra i cuscini, un braccio piegato dietro la testa, l’altro disteso sui tatami e il telecomando stretto tra le dita, seguiva svogliato un programma in tv. Quando la vide comparire sulla porta, si volse a guardarla.
-La cena è pronta?-
Lei si appoggiò allo stipite, emettendo un impercettibile sospiro di sollievo.
-Tra pochissimo.- gli sorrise grata e corse al piano di sotto.
 
Benji restò testardamente aggrappato al telecomando anche dopo cena, monopolizzando prepotentemente la tv. Sembrava quasi che con quel suo atteggiamento, volesse ricordare ai compagni la loro volontà di imporgli la presenza delle ragazze. Così, dopo un primo tentativo di trovare un compromesso su cosa guardare, ben presto gli altri si erano arresi. Adesso, rifocillati da un cospicuo pasto, giacevano pigramente seduti o stravaccati sui tatami in piena fase digestiva. Benji aveva concesso loro di seguire un famoso programma di varietà che persino la critica più gentile aveva bollato come “moderatamente noioso”. Consisteva in una serie di quiz da sottoporre ai concorrenti che non brillavano mai né per acume, né per avvenenza. Osservarli era di una noia mortale.
Seduta accanto alla finestra, Patty appoggiò una mano sul vetro. Lo sentì ghiacciato e la ritirò subito.
-Trema, credo sia il vento. Si sta rannuvolando.-
La luna piena e luminosissima scomparve, poi tornò, poi scomparve ancora e tornò di nuovo.
-Nevicherà?- domandò Evelyn.
-Sì, al cento per cento.-
-Come fai a saperlo, Philip?-
-Sento l’odore della neve.-
Bruce lo guardò stupito, annusando la stanza.
-Davvero?-
L’altro annuì serio ma l’amico non gli credette. Si alzò, raggiunse la finestra e la spalancò. L’aria gelida si riversò nella camera, lasciandoli senza fiato. Benji, più vicino di tutti al davanzale, sentì una ventata di ghiaccio penetrargli attraverso i vestiti.
-Sei impazzito, Harper? Richiudi immediatamente la finestra!-
Bruce inspirò a pieni polmoni.
-Non sento nessun odore…-
Amy starnutì.
-Bruce, ci stai facendo gelare.- si alzò e chiuse i vetri, prima che qualcuno di loro si buscasse una polmonite.
-Philip ti ha preso in giro, Bruce. Stamattina abbiamo visto le previsioni del tempo.- Jenny recuperò il telecomando del climatizzatore e lo avviò al massimo per riportare la camera a una temperatura accettabile.
Bruce lanciò al compagno un’occhiataccia, poi la sua mente prese tutta un’altra strada.
-Oggi ho dimenticato di raccontarvi una cosa.- tornò a sedersi accanto a Evelyn, afferrò il telecomando della tv che Benji aveva inavvertitamente abbandonato sul tavolo e abbassò il volume per costringere anche chi seguiva il programma a starlo ad ascoltare -Mi è venuta in mente quando è comparso il cane. A un mio amico è successa una cosa simile.-
-Di scavalcare il cancello di una scuola?-
-Di scavalcare un cancello e di trovarsi di fronte un cane da guardia.-
-E…?-
-Il cane non ha gradito la sua intrusione. Indovinate un po’ dove l’ha morso?-
Il completo disinteresse con cui gli amici avevano accolto il racconto, in un istante si trasformò in un netto rifiuto ad ascoltarne il seguito.
-Davvero dobbiamo indovinare?- chiese Benji.
-Non voglio saperlo.- decretò Holly.
-Gli hanno messo quindici punti, vi rendete conto?! Ed è stato fortunato che non gliel’abbia staccato. Tutto quanto intendo, tutto il mucchio.-
-Già, proprio fortunato.- fece eco Evelyn nel silenzio assoluto.
Intirizzita dal vento gelato che aveva invaso la camera, Amy desiderava sorseggiare dell’altro tè ma di fronte alle facce cadaveriche dei compagni scioccati, ammutoliti e impressionati, esitò. Forse non sarebbe stato delicato e rispettoso nei loro confronti protendere una mano verso il tavolo, afferrare la teiera e riempirsi il bicchiere, gustandosi la bevanda calda mentre loro rabbrividivano stravolti. Evelyn non si pose il problema e quando si versò altro tè, Amy le allungò timidamente la tazza.

*

Benji sobbalzò nel sonno perché John lo azzannò. Sentì i denti del suo cane incidergli la carne e strapparla a brandelli. L’urlo che lanciò era parte dell’incubo e non svegliò nessuno. Spalancò gli occhi nel buio della stanza, la schiena inumidita dal sudore. Il cuore gli batteva all’impazzata e lo sentiva martellare nelle orecchie. Si rigirò di lato e appoggiò il viso sul cuscino, finché il respiro affannoso non si fu placato.
L’orologio segnava le quattro. E, secondo il programma messo a punto la sera prima a insaputa dei compagni, era maledettamente tardi. Non aveva previsto di addormentarsi ma a quanto pareva la stanchezza e la noia l’avevano avuta vinta sulle intenzioni. Scostò il futon  e guadagnò silenzioso la porta. Già vestito di tutto punto, uscì di soppiatto dalla stanza maledicendo l’incubo e i compagni che dormivano beati. Riaccostò piano la porta e percorse il corridoio illuminato dalla fievole luce d’emergenza affissa al muro.
Scese le scale con passo felpato e si fermò quando raggiunse l’ingresso del ryokan. Emise un lungo respiro di fastidio, rassegnazione, orgoglio e testardaggine, poi recuperò da uno dei ripiani del portascarpe i pattini che anche lui, al ritorno dal paese, aveva finito per prendere in affitto. Forse sarebbe stato più logico preparare la valigia e filar via alla svelta, evitando così non solo quel ridicolo ritiro con annessi e connessi, ma anche la figuraccia che prima o poi lo aspettava al lago. Quasi sperò che i pattini  fossero spariti, invece purtroppo erano ancora lì, esattamente nel vano in cui li aveva frettolosamente abbandonati poche ore prima. Indossò la giacca, si avvolse la sciarpa intorno al collo, mise i guanti e li afferrò per i lacci.
-Dove stai andando?-
Benji si volse di colpo. Landers era sull’ultimo scalino, con una mano serrava la balaustra. Lo guardava curioso, perfettamente sveglio e completamente vestito. In più, i suoi occhi ridevano perché si era accorto di averlo spaventato. Occupato com’era a rigirare il dito nella piaga della propria stizza, il portiere non lo aveva udito arrivare.
-E tu?-
-Credo che la mia meta sia la tua, mi sa che abbiamo lo stesso problema.-
-Bene. Anzi male.-
Benji lo seguì con gli occhi mentre scendeva l’ultimo gradino, prendeva la giacca dall’appendiabiti, la indossava e infine si infilava i guanti, compiendo lo stesso identico rituale svolto da lui un istante prima.
Afferrando al volo un altro paio di pattini, Mark uscì sul piazzale subito dietro di lui.
Lo sbalzo di temperatura li ghiacciò all’istante. In inverno in Hokkaido non contava quanto si fosse coperti, quanti strati di abiti si indossassero. Il freddo era sempre intenso e implacabile. Durante la notte il termometro era piombato giù oltre lo zero. Ma almeno aveva smesso di nevicare, le nuvole si erano diradate e la luna piena brillava su uno splendido paesaggio innevato. Benji, di malumore sia per il motivo che lo aveva gettato all’aperto, sia per la compagnia che gli era piombata addosso a sorpresa, non degnò di un’occhiata neppure frettolosa l’incanto della natura che si schiuse al suo sguardo. Camminando accanto a Landers, in mano la torcia di emergenza presa in prestito, imboccò la strada che portava al paese in un silenzio di protesta molto gradito a entrambi.
Solo dopo l’ennesima curva, Mark si fermò precisamente al centro della carreggiata.
-Come facciamo a ritrovare il sentiero?-
-È l’unico punto in cui la neve non è più intatta. Ci siamo passati in undici, avremo sicuramente lasciato qualche traccia.-
-Non ti sei accorto che nel frattempo ha nevicato?-
Benji si guardò intorno. Landers rischiava di avere ragione, ma che poteva fare? S’intestardì e proseguì. Avrebbe ritrovato il lago a ogni costo. Mark gli andò dietro, in fin dei conti contento di non essere  solo in quell’avventura notturna.
Dopo qualche incertezza, individuarono il punto esatto in cui Jenny aveva abbandonato la strada per inoltrarsi nel bosco. La neve risultava ancora smossa, i rami degli alberi avevano schermato il terreno, impedendo ai fiocchi caduti in serata di depositarsi e nascondere completamente le tracce del loro passaggio.
Il lago li attendeva più avanti e più su, molto più ampio di quanto ricordassero. La luna brillava e rischiarava lo specchio di ghiaccio di un candore argentato, rendendo tutto assolutamente visibile in una profusione di bianchi azzurrini che l’ombra e l’oscurità degli alberi e dei dislivelli del terreno, trasformavano in blu e neri. Era la notte perfetta.
Mark si arrestò sulla riva e si guardò intorno.
-A questo punto propongo di separarci.-
-Vai a sinistra, io rimango a destra.-
Raggiunta la loro meta, entrambi preferivano tenersi alla larga l’uno dall’altro. Mark si allontanò per conto suo, mettendo una distanza ragguardevole tra sé e il portiere. Benji restò a osservarlo fin quando non divenne una figura difficile da distinguere tra le ombre degli alberi che cingevano il lago. Poi percorse la riva per un tratto e si imbatté in un grosso tronco caduto, immerso per metà nella neve e per metà nell’acqua ghiacciata. Sostegno perfetto, vi si appoggiò per togliersi le scarpe e indossare i pattini. Strinse forte i lacci, poi affondò le lame nella neve e avanzò verso il lago, tentando un cauto approccio con la superficie gelata. Landers era lontano, una sagoma scura vacillante che spiccava contro la bianchezza della neve. Sufficientemente distante da provare a fare qualche passo senza il pensiero di essere visto e, sicuramente, criticato.
Come Benji scoprì subito, sul ghiaccio era impossibile camminare. Ci si poteva soltanto lasciar scivolare in tutte le direzioni, provandoci, e a diverse velocità, riuscendoci. Eppure, restare in equilibrio su quelle due lame d’acciaio così sottili non era troppo complicato. Certo, i suoi movimenti erano ben lontani dall’essere sciolti e fluidi, agitava senza pace le braccia nell’aria fredda come in cerca di un appiglio che non esisteva, ma sull’equilibrio si poteva lavorare. Era lì apposta.
Acquistò presto sicurezza nei movimenti e si arrischiò ad aumentare la velocità. Pattinare era molto più semplice di quanto avesse immaginato. Si allontanò verso il centro del lago decisamente fiducioso nelle proprie capacità. Del resto l’agilità era qualcosa che davvero non gli mancava. Respirò l’aria fredda della notte, trovando fantastica la sensazione della velocità e del vento sul viso! Perché non lo aveva mai fatto? Perché si era sempre rifiutato di seguire i compagni dell’Amburgo nelle loro scorribande sull’Elba? Fece una curva per tornare indietro, caricò tutto il peso su una gamba, si sbilanciò da un lato e capì improvvisamente il perché. Per paura di farsi male, maledizione! Agitò le braccia alla disperata e inutile ricerca di un appoggio che, ovviamente, non c’era. Il tentativo di tenersi in piedi andò sprecato. Franò a terra come un sacco di patate, la superficie dura come il marmo lo accolse a braccia aperte. Imprecò con il refolo di fiato che gli rimase dopo l’urto.
E nel momento in cui si tirava su dolorante, la voce di Mark si levò inaspettata alla sua sinistra, così vicina da farlo sobbalzare.
-Cazzo Landers! Piantala di spuntarmi sempre accanto! Che ci fai qui? Dovevi restare sul tuo lato! Erano questi gli accordi, no?- lo cercò ma non riuscì a vederlo -Dove diavolo sei?-
-Giù.-
-Giù?-
Benji abbassò lo sguardo e scoppiò a ridere. Mark era spalmato sul lago di pancia e lo osservava frastornato, puntellandosi sui gomiti.
-Cosa stai cercando?-
-La stessa identica cosa che stai cercando tu, Price.- facendo leva sulle braccia Mark si mise in ginocchio e lanciò a Benji un’occhiata furente che andò per buona parte persa nell’oscurità -Hai poco da sfottere, sai? Non mi sembra che tu sia messo meglio di me visto che ci troviamo nella stessa posizione, cioè a terra.-
Il portiere scattò in piedi. Vacillò ma riuscì a mantenersi eretto. L’altro lo imitò, tirandosi su con più precauzione, segno che il capitombolo era stato sufficientemente doloroso da esigere maggiore prudenza.
-Sai una cosa, Landers? Non riesco a credere di essere qui a fare le ore piccole con te.- il silenzio di Mark lo indusse a continuare -E la cosa che mi dà più fastidio è che la compagnia è l’aspetto migliore di tutto ciò. In fin dei conti la tua faccia da schiaffi, che per fortuna scorgo appena, è più accettabile di questo posto dimenticato dall’uomo, di questo maledetto lago gelato, del freddo micidiale che ci tormenta da ieri e di questa merda di pattini!-
-Perché sei rimasto allora? Ti sei lasciato incantare da Jenny?-
-Graziosa sì, ma non è il mio tipo. Sono rimasto per vedere come va a finire.-
-Finirà esattamente com’è cominciata. Quando andremo via da qui non ci ameremo più di adesso. E comunque stiamo perdendo tempo.- alzò gli occhi al cielo -Tra poco farà giorno.-
Benji annuì, costretto suo malgrado a condividere i pensieri di Landers. Del resto non poteva fare altro. O meglio, una cosa c’era. Impegnarsi e imparare prima di lui, lasciando che Mark, e lui solo, in un futuro molto prossimo diventasse lo zimbello dei compagni.
-Tu sempre a sinistra, io a destra.-
-D’accordo.-
Mark gli volse le spalle e tornò a spingersi sul ghiaccio. Tentò qualche passo per prendere dimestichezza con i pattini, allargando le braccia per mantenersi in equilibrio.
Benji rise quando intravide la sua ombra schiantarsi sul lago.
-Sei un caso disperato! Possibile che tu non riesca a tenerti in piedi?!-
-Possibile invece che tu non riesca a stare cinque minuti in silenzio?!-
Price ammutolì mentre l’altro si rimetteva testardamente in piedi e ricominciava a pattinare a casaccio di qua e di là sotto il naso di un portiere furente. Nonostante Benji glielo augurasse con grande intensità, passarono diversi minuti senza che cadesse. Mark stava imparando in fretta e se non si fosse dato una mossa lo avrebbe fatto prima di lui.
Si riscosse dal fastidio, poiché non si trovava certo lì per verificare i progressi di Landers. Riprese a spingersi sulla superficie ghiacciata, prima cautamente, poi con maggiore fiducia. Sotto i suoi piedi il lago scivolava via veloce, riflettendo la luna come uno specchio. Provò una curva rallentando, fu meno difficile e riuscì a inclinarsi il giusto. Ecco, bastava piegare la gamba e accompagnare il movimento con il braccio opposto, chino leggermente in avanti e poi…. Poi provò l’ebbrezza di pattinare all’indietro per un breve istante. Un istante davvero molto breve, la cui fine coincise con l’incontro di una sporgenza del ghiaccio come ce n’erano a decine e a cui non lo sapeva ancora,  doveva fare molta ma molta attenzione. Una piccola increspatura che probabilmente non sarebbe riuscito a scorgere neppure se fosse stato voltato nella direzione giusta, neppure se fosse stato pieno giorno. Incespicò, si volse brusco e si protese in avanti. Urtò un gomito e una spalla con violenza, tanto da emettere un chiarissimo gemito.
Con un processo immediato causa-effetto, la risata di Mark arrivò da lontano fino a lui.
-Sei caduto?-
-Vai al diavolo Landers!- gridò Benji alla notte, furioso e dolorante.

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Capitolo 5
*** 3 - Pesca di sopravvivenza ***


- 3 -
Pesca di sopravvivenza



Trovare Benji e Mark pacificamente seduti in cucina a fare colazione di buonora e già pronti per uscire, per Holly fu più eccezionale di una nevicata in pieno agosto. Era sceso a cercarli perché in camera non c’erano e Tom, sveglio prima di tutti, gli aveva detto di non averli proprio visti. Che fine avessero fatto era un mistero e che fossero spariti insieme, diventava un fatto addirittura straordinario. Mentre Tom lo metteva al corrente di averli cercati persino nelle terme, nello sguardo di Holly era cresciuta la preoccupazione che i due avessero tagliato la corda. Ma poi il compagno gli aveva fatto notare che i loro bagagli erano tutti lì in camera e che fossero andati via  insieme era davvero poco probabile.
E infatti il miglior attaccante e il più talentuoso portiere della nazionale giapponese erano ancora al ryokan. Precisamente in cucina, a ingollare in un quieto silenzio una tazza di caffè bollente.
-Ah, bene!- esclamò Holly con sollevato entusiasmo -Siete già pronti!-
Benji strizzò gli occhi sofferente.
-Non urlare, accidenti! Mi scoppia la testa!-
-Non sto urlando.- il capitano scostò una sedia e prese posto. Mentre si versava del caffè, lanciò loro un’occhiata curiosa -Dov’eravate finiti?-
Mark sbuffò torvo.
-Che te ne frega? Sono affari nostri.-
Holly li guardò sgomento. Se la mettevano così, accidenti quanto gli interessava saperlo. Praticamente la curiosità lo stava divorando. Che quei due si coalizzassero era un evento talmente raro!
-Non avete fatto niente che non avreste dovuto fare?-
-E quali sarebbero i nostri limiti?- lo sfidò Benji.
-Per esempio ubriacarvi o fare a botte.- sparò a casaccio, anche se nessuno dei due presentava i sintomi  di una rissa o di una sbronza.
-Figuriamoci!- Mark mandò giù il caffè tutto d’un fiato e si alzò -Adesso Holly, io dormirò per almeno un paio d’ore. Non provare a impedirmelo, perché ti assicuro che non ti conviene.- e approfittando del fatto che il capitano, sbalordito com’era, lo fissava a bocca aperta, lasciò la cucina con uno sbadiglio.
Mentre Holly si riprendeva dalla sorpresa, Benji scostò a sua volta la sedia e si mise in piedi.
-Ciao Holly, ci vediamo verso l’ora di pranzo. Cominciate pure senza di me, tanto non ho neanche una porta.-
Il capitano lo guardò uscire, poi alzò gli occhi sull’orologio appeso al muro. Erano quasi le otto, l’orario perfetto per iniziare gli allenamenti, non per tornare a poltrire. Riabbassò lo sguardo solo quando venne attirato da un movimento sulla porta. Julian entrò.
-Sai che Mark e Benji stanno salendo a dormire? Ti pare normale?-
Seguì un attimo di silenzio, che servì ad Holly per riordinare incredulità e stizza nel giusto ordine.
-Vuoi sapere la verità? Niente mi pare normale da quando siamo qui.-
-Quindi hai intenzione di lasciarli stare?-
-Sì, e sai perché? Perché preferisco che Benji faccia i suoi comodi per qualche ora, piuttosto che salga su un treno e torni a Fujisawa.-
-Magari hai ragione.- ammise Ross senza convinzione. La presa di posizione del portiere aveva il sapore di un ricatto.
Al primo piano intanto, lo sconcerto era totale. Sotto gli occhi increduli di Philip, Tom e Bruce che si erano attardati per rispettare la fila per l’unico bagno agibile, Mark si spaparanzò nel futon così, vestito com’era. Si tirò il cuscino sulla testa, emise un sonoro sospiro e cacciò un avvertimento.
-Guai a voi se sento volare anche solo una mosc… ahia!-
Sobbalzò al calcione che Philip gli affibbiò sulla schiena. Scostò rabbioso il cuscino e si rizzò seduto.
-Rifallo e sei morto!-
-Alzati o ti prendo a pugni! Cosa diavolo ti sei messo in testa? Dobbiamo allenarci!-
-Bene, andate. Io dormo.-
-Non ti azzardare!-
-Sennò che fai?-
Callaghan fu tentato di saltargli addosso, Tom lo intuì e gli afferrò un braccio.
-Philip...-
Poco distante da loro, Bruce osservava Landers con lo sguardo stravolto da un’invidia profonda e totale. Perché Mark poteva tornare a letto e lui no? Possibile che Holly gli avesse dato il via libera? Chiuse l’anta dell’armadio a muro con un movimento brusco.
Landers si volse imbufalito.
-Harper, maledetto te! Fai piano o ti stacco le mani!-
-Alzati Mark!- intimò Philip -Dobbiamo andare ad allenarci!-
L’entrata del portiere, che si era attardato in bagno, catturò gli sguardi dei ragazzi.
-Digli qualcosa, Benji!- lo esortò Bruce frignando.
-Non mi interessa quello che fa.-
Il nuovo arrivato attraversò la stanza, raggiunse la finestra e tirò le tende, facendoli piombare nell’oscurità. Dopodiché, senza degnarli di uno sguardo o di una spiegazione, s’infilò sotto le coperte lasciandoli di stucco.
-Benji! Mark! Che diavolo state combinando? È ora di alzarsi! Tom, Philip! Fate qualcosa! Questa è un’ingiustizia vera e propria!-
Philip li guardò impotente, poi uscì di filato dalla stanza e corse giù per le scale. Forse solo Holly, al piano di sotto, era in grado di dare una spiegazione a quell’assurdo comportamento. Tanto valeva andare a sentire, perché tirar fuori quei due dai futon non sarebbe stata impresa facile.
Si catapultò in cucina travolgendo Evelyn che ebbe la sfortuna di capitare sul suo percorso. Finirono a terra in un groviglio di gambe e di braccia e Jenny accorse per tirar su l’amica, visto che Philip lo stava facendo già da solo.
-Scusa, mi dispiace! Ti sei fatta male?-
-Proprio per niente.- rispose lei, massaggiandosi però la spalla indolenzita.
Bruce arrivò insieme a Tom un’istante dopo. Lanciò un’occhiata distratta alla fidanzata ancora frastornata dallo scontro e si rivolse al capitano, dimenticando di salutare le amiche e senza degnare di uno sguardo la tavola approntata per la colazione.
-Holly! Perché Mark e Benji sono tornati a dormire? Perché loro sì e noi no? Non dobbiamo allenarci? Ci siamo alzati presto apposta!-
-Bruce non cominciare!- replicò il capitano, già nervoso per la stessa identica ragione -Non ho detto io a quei due di rimettersi a letto! Cosa pretendete? Che li porti giù di peso?-
-Se si fosse trattato di uno di noi l’avresti fatto!-
-Sì, l’avrei fatto! Se lo ammetto sei contento?- Holly guardò prima Bruce poi Philip, che girava intorno al tavolo, si sedeva accanto a Jenny e lei sì, la salutava con un sorriso -Se sono tornati a dormire dev’essere per una valida ragione.-
-E gliel’hai chiesta?-
L’altro emise un sospiro deluso.
-Non ne ho avuto il tempo. Hanno tagliato la corda appena sono entrato in cucina.-
-Forse stanotte non hanno dormito.- ipotizzò Tom prendendo posto accanto a Philip.
-Non hanno dormito per far cosa?-
Bruce cincischiò la tazzina del caffè e buttò lì un’idea.
-Magari sono andati giù in paese a divertirsi.-
Holly scosse scettico la testa.
-Insieme?! A divertirsi insieme? Loro due? Non ci crederei neppure se ce li avessi davanti!-
-Obiettivamente vederli andare d’amore e d’accordo farebbe un po’ senso.- concordò Julian ridendo.
-Intanto però loro sono su a dormire e noi tra poco usciremo ad allenarci.- Bruce rivolse al capitano un’occhiata scorbutica ma lui lo guardò addirittura peggio, tanto da costringerlo alla fine ad abbassare gli occhi sul piatto.
Evelyn gli stava giusto servendo una spessa fetta di pane appena tostato ricoperta da un velo di miele, forse sperando di addolcirgli la giornata iniziata malino. E infatti la fame superò di colpo l’irritazione. I suoi occhi tornarono a posarsi sul piatto, poi scandagliarono il tavolo.
-Che fine ha fatto la colazione di ieri? Cos’è successo? Dove sono finiti i croissant, le torte e tutto il resto?-
Amy si agitò imbarazzata sulla sedia e scambiò con Jenny un’occhiata esitante.
-Ieri sera è arrivato un fax con la vostra dieta, insieme alla raccomandazione di seguirla scrupolosamente.-
-Maledizione! Ci mancava solo questo!- le rotelline del cervello di Bruce tornarono a generare lamentele a raffica -Gamo non ha tenuto conto del clima! Sono sicuro che non ha mai trascorso neppure un giorno della sua vita a temperature così basse. E noi invece dovremo sopportare questo freddo dalla mattina alla sera per giorni! A quanto siamo oggi?- si frugò nelle tasche e tirò fuori il telefonino -Ecco! Meno quattro!-
-Bruce! Fai sparire quel cellulare!-
-Scaricare la frustrazione di una così magra colazione su di me e sul mio cellulare non farà riapparire torte e croissant, Holly!-
Comunque fece apparire la nonna di Jenny. La vecchina indugiò sulla soglia e li salutò con un buongiorno molto sentito. Però quel gran sorriso rugoso si affievolì un poco quando non trovò il suo prediletto tra loro.
-Va tutto bene?-
-Perfettamente.- rispose Amy, chiedendosi se si fosse affacciata perché li aveva uditi discutere. Sul tenore della colazione, per giunta.
-Mi fa piacere. Philip, posso chiederti un favore?-
Il ragazzo annuì, disponibile all’istante e a prescindere.
-Nel pomeriggio arriverà il furgone con le provviste, ma sul piazzale c’è troppa neve e non riuscirà a fare manovra. Bisognerebbe toglierne un po’.-
Le dita di Philip si contrassero con uno spasmo sulle bacchette. In un lampo visualizzò nella mente l’ampio slargo su cui sorgeva il ryokan. Era immenso! Gigantesco! Colossale! Se gli amici gli avessero dato una mano a ripulirlo tutto, si sarebbero schiantati la schiena per ore. Se non l’avessero aiutato, ci avrebbe passato da solo l’intera giornata e forse anche buona parte di quella successiva. Incrociò lo sguardo di Holly che lo fissava con un misto di curiosità e divertimento, poi quello di Jenny sbalordita tanto quanto lui, gli occhi pieni di sconcerto. Sembrava tentata di dire qualcosa e contemporaneamente in attesa della sua risposta. Philip cercò di prendere tempo.
-Magari più tardi. Adesso dobbiamo andare ad allenarci, siamo già in ritardo.-
La nonna annuì.
-Certo, capisco perfettamente. Ma se posso permettermi, credo che anche ripulire il piazzale dalla neve sia un buon allenamento. Jenny, ho ordinato tutto ciò che avevi segnato sulla lista...- le sue parole vennero interrotte dal trillo del telefono nel corridoio. La vecchina si congedò scusandosi e corse a rispondere.
-La neve ti perseguita, Philip!-
-Non c’è niente da ridere.-
-Ha ragione lui, Bruce.- Holly lo fissò negli occhi e fece per proseguire il ragionamento ma l’amico lo precedette.
-Ti prego non dirlo.-
-Lo dico eccome. Se Philip dovrà ripulire il piazzale, noi gli daremo una mano. Tutti.-

*

Amy conficcò la pala da neve nel mucchio che aveva radunato, spingendo forte finché non rimase piantata dritta, il manico rivolto al cielo azzurro e limpido. Si tolse i guanti dalle mani sudate e li ripose ciascuno in una tasca della giacca a vento. Precisamente a quella stessa ora del giorno prima stava gelando. Adesso sentiva così caldo che era tentata di togliersi il giubbotto, se solo non avesse temuto di cadere vittima di quelle temperature al limite della sopravvivenza. Non aveva mai visto in vita sua una così gran quantità di ghiaccioli decorare le gronde, le staccionate delle aiuole, i rami degli alberi e ogni spazio disponibile di qualsiasi superficie. Ai raggi del sole la luce si rifrangeva in una miriade di coloratissimi riflessi che risplendevano ovunque. Ogni giorno trascorso a Shintoku era una nuova emozione e lei era felicissima di trovarsi lì. Ecco perché, in compagnia delle amiche che condividevano i suoi stessi sentimenti, si era messa di buona lena a spalare la neve dal piazzale.
-Faccio un salto in bagno. Porto qualcosa da bere?-
L’immensa quantità di quella coltre bianca e la fatica di una simile impresa non le avevano spaventate, e così erano state tutte d’accordo a pensarci loro. Non a tutta la neve, ovviamente. Solo quanto bastava perché quel pomeriggio il furgoncino delle provviste riuscisse a raggiungere il ryokan e a fare manovra per tornare in paese. Erano lì, sotto il sole che non scaldava ma rifletteva la sua luce su quell’angolo di mondo tinto di bianco. Ormai a buon punto della sgobbata, avevano pensato di tirar su un pupazzo di neve. Evelyn era il primo che faceva in tutta la sua vita. A Fujisawa non nevicava quasi mai e se anche succedeva, non ne cadeva mai abbastanza.
-Io vorrei del succo di frutta.- disse Patty accaldata, posando a terra la pala e sfilandosi la sciarpa dal collo, perché già da un po’ aveva cominciato a sudare. La collocò sulla ringhiera e si sedette sui gradini a riprendere fiato.
-Anche per te, Eve?-
-Ti accompagno.-
Insieme rientrarono nel ryokan. Jenny le osservò attraverso i vetri della porta mentre si sfilavano le scarpe sull’ingresso e poi imboccavano il corridoio. Raggiunse Patty, appoggiò la pala alla balaustra del portico e si sedette con un sospiro sfinito.
-Ammetto di essere stanca.-
-Anch’io. E tra un po’ è ora di cominciare a preparare il pranzo.-
-Non sarà il caso di svegliare Benji e Mark? Stanno dormendo da più di due ore.-
-Non capisco come questo per voi possa rappresentare un problema!- disse Benji torvo dalla soglia.
La voce del ragazzo le fece sobbalzare. La porta d’ingresso era aperta e quando si volsero, lui si stava allacciando la giacca sopra la sciarpa già avvolta intorno al collo. Benji era furioso. I loro schiamazzi erano arrivati fino in camera, disturbandogli il sonno per due lunghissime ore.  
Jenny scosse rapida la testa. Il portiere era lì da tre giorni ma la sua tracotanza a volte continuava a intimidirla. E poi, proprio quel giorno, scadeva il termine del loro patto segreto. Sperava tanto che Benji se ne fosse dimenticato.
-Nessun problema, davvero.-  
-Lo immaginavo.-
Dietro di lui arrivò Mark. Lo scorsero al di là della porta mentre si chinava a terra per infilarsi le scarpe. Uscì dal ryokan con la sciarpa tra le mani e, dopo aver saggiato la temperatura esterna, si affrettò ad avvolgerla intorno al collo.
-Che state facendo?- domandò occhieggiando i dintorni.
Il suo sguardo si soffermò su una montagnola di neve dalla dubbia forma. Incuriosito superò il portiere, scese i tre gradini dov’erano sedute Jenny e Patty e si avvicinò a quella specie di fungo sbilenco.
-Cos’è ‘sto sgorbio?-
Patty scattò in piedi.
-Nulla che possa interessarti.-
-Comunque è un mostro.-
-Ce ne faremo una ragione.-
Mark rise, diede un buffetto al pupazzo e la testa rotolò a terra. L’urto con il suolo la disintegrò.
-Ops...-
-Fila via, Landers!- gridò Patty sfoderando tutto lo smalto di un tempo.
Il ragazzo si allontanò ridendo, mentre lei lo inseguiva con la pala di Amy.
-Imbecille, aspettami!- lo richiamò Benji. Attraversò la radura arrancando nella neve ancora alta e scomparve insieme a lui tra gli alberi.
Le amiche tornarono un istante dopo. Amy scostò con la spalla la porta d’ingresso rimasta socchiusa e uscì, portando con sé un vassoio con quattro bicchieri e un cesto di dolcetti speziati. Evelyn teneva tra le mani una confezione di succo di frutta e il thermos con il tè. Videro Patty tornare verso l’ingresso serrando la stretta sulla pala, l’espressione combattiva.
-Mi sembrava di aver udito la voce di Mark.- disse Amy guardandosi intorno.
-Sì, se n’è andato proprio adesso insieme a Benji. Dopo aver distrutto il nostro pupazzo.-
-No!- esclamarono all’unisono, gli occhi sul cumulo di neve decapitato.
-Però non lo ha fatto apposta.-
Jenny si alzò e tolse dalle mani di Amy il vassoio, poggiandolo in equilibrio sulla balaustra della veranda dell’ingresso.
-Lo stai difendendo, per caso?-
-No, Patty. Il fatto è che la testa era davvero solo appoggiata. Sarebbe bastato anche un soffio di vento per farla rotolar via. Dobbiamo costruirlo meglio, se vogliamo che duri.-  riempì i bicchieri, poi ne prese uno e lo sorseggiò, osservando soddisfatta la strada quasi del tutto sgombra.
Evelyn seguì il suo sguardo.
-Abbiamo radunato un bel po’ di neve e risparmiato loro una bella fatica. Dovrebbero essere contenti.-
-Philip lo sarà di sicuro.- rise Jenny.
Patty posò il bicchiere sul vassoio e, infilandosi di nuovo i guanti, tornò dal loro pupazzo. Gli girò intorno tastandolo qua e là per dagli una forma migliore, senza tuttavia riuscire a renderlo quel bell’ovale liscio e senza difetti dei disegni.
Poi, aiutata da Jenny che aveva di certo più esperienza di tutte, si chinò a terra per modellare una nuova testa con la neve pulita che avevano radunato ai lati di un’aiuola.
-Adesso non ci rimane che abbellirlo.- Patty lisciò la cima della testa -Eve, vai a prendere una carota per il naso e rimedia qualcosa anche per gli occhi.-
-Qualcosa tipo cosa?-
-Non lo so, fatti venire un’idea.-
Evelyn rientrò nell’edificio e tornò un istante dopo, riservandosi la soddisfazione di conficcare la carota sulla faccia dell’omino, nel punto in cui Amy aveva fatto un buco con il rametto di legno usato poi per una delle mani. Dopodiché tirò fuori dalla busta appesa al braccio il cappellino di Benji, gesto che provocò nelle tre ragazze un’immediata esternazione di timore, sgomento e preoccupazione. Evelyn lo calcò sulla neve meglio che poté, ma rimase lo stesso un po’ sbilenco.
-Questa cosa non gli piacerà.-
-Non gli serve, Amy. Altrimenti non lo avrebbe lasciato.-
-Piuttosto credo che nella fretta lo abbia dimenticato.-
-È meglio se lo rimetti a posto, Eve...-
-Tranquilla Jenny, ho preso un po’ da tutti.- frugò nella busta e ne tirò fuori una sciarpa -È di Tom.-
-Perfetto. Lui non si offenderà se la usiamo.-
-Questi credo che li abbia messi a disposizione Julian.- proseguì la ragazza chiedendo conferma ad Amy con lo sguardo.
-Sì, sono i suoi.-
-Hai preso qualcosa di Philip?- s’informò Jenny.
Evelyn ficcò la testa nella busta.
-Effettivamente mi pare di no. Quella stanza è un gran casino. Non si capisce cosa sia di chi...-
-Ci penso io.-
Jenny rientrò nel ryokan mentre Amy infilava i guanti sui ramoscelli delle braccia.
Tali piccole ma fondamentali aggiunte resero il loro omino un pupazzo di neve a tutti gli effetti. E, come primo in assoluto di Patty ed Evelyn, meritava di essere immortalato. Evelyn tirò fuori il cellulare e fece alcune foto. Poi lo appoggiò in equilibrio sulla balaustra d’ingresso, tra il thermos e la confezione del succo di frutta, impostò l’autoscatto e corse accanto alle amiche.
Indaffarate come furono per tutta la mattina, prima a spalare la neve, poi a costruire il pupazzo, infine a riposare, in nessuna di loro affiorò il ricordo della promessa fatta ai ragazzi. Vale a dire portare su alla radura uno spuntino che rendesse più sopportabile la fatica, il freddo e la colazione dalle calorie centellinate.
Così, rientrati dagli allenamenti con una fame da lupi a mezzogiorno spaccato, grazie al cellulare che Bruce continuava a  portare con sé e che Holly alla fine non gli aveva ancora requisito, i ragazzi non gradirono soprattutto per ripicca la scultura che li osservava inanimata dall’angolo di un’aiuola.
-Avete già finito?- li accolse Patty balzando in piedi.
-Come già? Sono ore che sgobbiamo, anche se non ve ne siete accorte!- replicò Bruce, rientrato carico di malumore -Anzi, non è che non ve ne siete accorte! Ci avete totalmente rimossi! Avete dimenticato persino di portarci lo spuntino che ci avevate promesso e che, a quanto pare, vi siete sbafate in solitudine!-
Proprio accanto a loro, sui gradini del ryokan, erano rimasti i bicchieri, la bottiglia di succo di frutta ormai vuota e qualche briciola nel cestello di vimini. In due parole, tracce e residui della merenda. Nessuno mise in dubbio il fatto che avessero mangiato e già digerito ciò che era destinato a essere portato alla radura.
Finita la tirata di Bruce, Evelyn gli rispose con lo stesso tono, poiché fin dalle scuole medie era sempre stata capace di tenergli testa senza sforzo, senza fatica e sempre con una certa soddisfazione. Balzò in piedi.
-Se non te ne sei accorto, abbiamo tolto la neve dal piazzale! Come minimo dovresti ringraziarci!-
-Una cosa non escludeva l’altra!- pronto a continuare, Bruce mise a fuoco il pupazzo e si fermò così di botto che Tom per poco non lo travolse -Cos’è questo?-
Landers riconobbe lo sgorbio di poche ore prima e lo trovò molto migliorato.
-Guai a voi se lo toccate.- Patty arrivò di corsa -Soprattutto tu, Mark.-
Con un guizzo fulmineo il portiere si staccò dai compagni per recuperare il cappellino che, orrore, invece che sulla sua testa era finito su quella di uno spaventapasseri di ghiaccio. Patty gli si parò lesta davanti.
-Non azzardarti! Non vorrai rovinarlo!-
-Rovinare cosa?-
-Il nostro pupazzo!-
-Quello sarebbe un pupazzo? Grazie per avermelo detto perché davvero non si capisce!-
-No! La mia hachimaki!-
Philip partì a razzo per riappropriarsi della fascetta ma Jenny, messa in guardia dalla reazione del portiere, fu veloce a intercettarlo.
-Philip!-
-Ma Jenny…-
-Niente ma!-
Patty si portò le mani ai fianchi minacciosa.
-Giù le zampe dal nostro capolavoro!-
Benji rise.
-Quello sarebbe un capolavoro?-
-Guai a voi se provate a toccarlo!- Evelyn afferrò la scopa che corredava il tutto, facendo franare un braccio. Il guanto cadde a terra e Julian tentò di recuperarlo, ma Patty lo prese e lo rimise al suo posto.
-Non ti avvicinare, Julian!-
Infuriata da tanta mancanza di rispetto nei confronti dello sfortunato omino, strappò a Evelyn la scopa e l’agitò combattiva, pronta a sbatterla sul grugno di chiunque avesse cercato di accostarsi.
Philip non si diede per vinto.
-La fascetta però la riprendo. Tanto bianco su bianco neppure si vede...-
L’espressione di Jenny mutò in modo così repentino da indurre il fidanzato a non avanzare di un passo verso il pupazzo e l’hachimaki.
-Abbiamo fatto questo pupazzo con la neve che la nonna ti ha chiesto di spalare!-
Un buon tratto del piazzale era stato ripulito ma Callaghan, che aveva volutamente dimenticato la richiesta dell’anziana padrona del ryokan, non ci aveva neppure fatto caso. Il sollievo di essere scampato alla sfacchinata gli strappò l’accenno di un sorriso. Fece un passo verso Jenny, lei fraintese le sue intenzioni e indietreggiò, in un estremo tentativo di difendere il pupazzo. Ma a Philip della fascetta a quel punto non importava più nulla. Agguantò la fidanzata per i fianchi e le stampò un bacio sulle labbra, ignorando la presenza degli amici. Poi la lasciò e gongolò di piacere vedendola arrossire. Lei rise, il pericolo era scampato.
La nonna si affacciò sulla soglia.
-Jenny, il telefono… è per te!-
La giovane si sciolse dall’abbraccio di Philip e corse a rispondere.
Holly valutò critico il piazzale.
-Il resto della neve possiamo sempre toglierlo noi in un allenamento extra serale. Se c’è abbastanza luce, quando oggi pomeriggio torniamo…-
-Scordatelo!- intonarono in coro Bruce e Philip.
All’interno dell’edificio si sparpagliarono un po’ ovunque, chi in bagno, chi a lavarsi le mani, chi in stanza e Bruce direttamente in cucina, arrancando sul parquet con le ultime forze che gli impedivano di stramazzare a terra di fame e stanchezza.
Quando Jenny riapparve nell’ingresso, ad attenderla era rimasto solo Philip.
-Cos’è?- le chiese incuriosito dalla stoffa che lei stringeva tra le mani.
-Quello che ci mancava.-
-Cioè?-
-Aspetta e vedrai.-
Lo precedette in cucina, si assicurò che fossero tutti presenti, e si fermò sulla soglia.
-Ho parlato con il signor Wilson, il custode della scuola. Non ha trovato niente che possa fare al caso nostro. Però sua moglie ha avuto un’idea geniale.- aprì il lenzuolo e lo allargò per mostrarlo agli amici -Possiamo legarlo a due alberi al posto della rete.-
Mark la fissò sbigottito.
-Geniale è dir poco…-
-Piuttosto, artigianale.- corresse il tiro Julian.
Sul viso di Benji si formò una smorfia di disgusto.
-Sarebbe meglio niente a quella roba.-
A Jenny bastò posare gli occhi sul volto del portiere perché l’entusiasmo svanisse. Benji non si sarebbe mai accontentato di un lenzuolo. Lui voleva una porta vera in un campo vero. Avrebbe dovuto immaginarlo.  
-Secondo me va più che bene.- intervenne Patty ottimista -Anzi, per migliorarlo possiamo disegnarci dentro un bel cerchio rosso.-
-Il tiro al bersaglio?-
Per poco non saltò al collo di Tom.
-Intendevo la bandiera del Giappone.-
A Bruce non importava nulla né della porta, né del lenzuolo né della bandiera. Guardò il tavolo e la distesa di stoviglie e controllò l’orologio.
-Allora è pronto o no?-
Era pronto, sì, e le giovani disposero sulla tavola le pietanze, ma neanche con una doppia razione di riso la dieta di Gamo avrebbe potuto lasciarli, più che sazi, sodddisfatto. Bruce trovò il modo di protestare per tutto il pranzo mettendo a dura prova i nervi dei compagni, scontenti tanto quanto lui e ciascuno per una ragione diversa.
Dopo quel magro pasto a base di proteine vegetali e verdure che non saziò nessuno, Holly non consentì ai compagni di digerire né sulle sedie della cucina, né sui cuscini della loro stanza. L’obiettivo che si era prefissato era di recuperare l’intero pomeriggio del giorno prima andato perso scendendo in paese a cercare le porte.
E Bruce, naturalmente, non gradì il programma.
-Cavolo Holly! Con questo freddo ci si bloccherà la digestione a metà!-
-Finirai dopo di digerire l’altra  metà.-
-Abbiamo mangiato talmente leggero che la digestione mi sembra proprio l’ulti...- cominciò a dire Philip ma Jenny gli pestò con forza un piede.
Bruce continuò, rivolto al capitano.
-Non sei per niente divertente, se vuoi saperlo.-
-Non gliene frega un cazzo, Harper.- passando accanto al pupazzo, Benji recuperò il suo venerato cappellino e lo calcò in testa -Merda, è gelato!-
-Speriamo che così si ghiacci anche la tua vena polemica.- si augurò con fervore Mark, mentre l’altro sollevava verso di lui il dito medio.
Raggiunta la radura tutti insieme, Holly cominciò a dare ordini.
-Benji, vai in porta.-
-Quale porta?-
-Scegli due alberi!-
-Alberi?-
Il capitano si sforzò di avere pazienza.
-Puoi chiamarli pali se ti fa sentire meglio!-
-Non mi fa sentire meglio!-
Julian dissimulò molto male il divertimento di quei battibecchi e infatti Benji se ne accorse.
-Cazzo ridi, Ross?- fissò Holly -Se avessi saputo prima cosa mi aspettava, sarei rimasto a casa! Siamo nel nulla! Neppure un campo da calcio! Un ritiro senza campo da calcio, ma vi rendete conto! No che non vi rendete conto, altrimenti ce ne saremmo già andati!- capì che c’era poco da fare, così si allontanò furente in cerca degli alberi adatti.
Philip si sentì di nuovo preso in causa.
-Cos’hai che non ti va bene stavolta? Stai facendo un casino per due tronchi! Ce ne sono a bizzeffe!-
-Hai pure in coraggio di chiederlo? Di cose che non vanno bene ne ho una lista!-
Con un balzo Holly fu accanto a Philip.
-Giuro che se gli rispondi ti do un pugno.- lo minacciò esasperato e quello si guardò bene dall’aprire bocca.
Le ragazze seguirono Benji armate di spago e forbici e dopo che lui ebbe indicato gli alberi che gli sembravano più adatti per posizione e distanza l’uno dall’altro, lega qui, taglia lì, cercarono di tendere il lenzuolo. Il portiere rimase a guardarle frustrato, le braccia conserte, i piedi sprofondati nella neve che gli superava le caviglie. Il lenzuolo si incurvava al centro verso terra e non era abbastanza alto.  
-Ti assicuro Holly che sarebbe molto meglio senza.-
-Sii ragionevole, Benji.- tentò Patty paziente -Almeno non dovrete andare a recuperare il pallone chissà dove… In fondo è quella la funzione primaria della rete nella porta, no?-
-Serve per essere sicuri che la palla sia entrata.-
Patty alzò le spalle, poi tornò ad annodare lo spago.
-Nel rugby non le usano ma il punteggio viene tenuto lo stesso.- tagliò il filo e cercò Benji -Va bene?-
Il ragazzo scosse la testa e Philip sospirò infastidito. Figurarsi che gli sarebbe andato bene.
-È troppo bassa.-
-Più in alto di così non ci arriviamo.- Jenny si girò -Mark, puoi legarla tu?-
-Perché proprio io?-
-Perché sei il più alto.-
-Il più alto è Price.-
Holly, che non vedeva l’ora di cominciare, o almeno finire di sentirli lamentarsi e rimbeccarsi, gli si avvicinò e gli mollò uno spintone.
-Smetti di far storie e vai ad aiutarle.-
-Tu guarda cosa mi tocca fare per Price!-
-Per me? Non ti ho chiesto niente e non lo farei mai! Mi taglierei la lingua prima di chiederti un favore! E soprattutto non ho chiesto questa roba!- indicò il lenzuolo con un gesto disgustato.
Quando la porta fu sistemata un po’ più in alto, Amy tentò inutilmente di strappare al portiere un sorriso, o almeno un cenno d’approvazione.
-Ti piace così o ce lo facciamo davvero il cerchio rosso?-
-Lo volete un consiglio?- replicò lui stizzito -Lasciate perdere il bricolage! Il pupazzo era orrendo ma questa roba fa veramente schifo!-
Risero tutti tranne Holly.
-Possiamo cominciare, Benji?- il portiere accennò un sì poco convinto -Allora vai in porta.-
-Guai a te se la chiami porta!-
-Cazzo, Benji! Piantala!-
Per la prima volta da quando erano arrivati, Holly si rammaricò che il portiere non avesse preso armi e bagagli e non fosse sparito come aveva minacciato più volte di fare. Erano ancora all’inizio di quel soggiorno e già ne era stufo. Cercò la comprensione della fidanzata e si accorse che Patty lo guardava allarmata. Solo in quel momento si rese conto di aver urlato. Respirò a fondo e si impose di calmarsi, cercando nello stesso tempo di convincersi che era molto meglio che Benji fosse rimasto. Probabilmente era preferibile sopportare la sua ostinazione che la lavata di capo di Gamo. Forse. Patty tentò un timido sorriso d’incoraggiamento e lui si sforzò di ricambiarlo. Poi tornò a osservare Benji e infine i compagni che aspettavano in silenzio.
-Cominciamo.-
Non ci riuscirono. Nonno Ernest sbucò nella radura e si diresse a passo svelto verso la nipote, veloce quanto gli consentiva la neve alta e l’età avanzata.  
-Finalmente vi ho trovati! Jenny, tesoro, abbiamo un problema.-
Lei gli corse incontro.
-Il furgoncino delle provviste oggi non arriverà. Il peso della neve ha sradicato un albero che è caduto proprio sulla strada.-
La ragazza impallidì, afferrò il nonno per la giacca a vento e lo allontanò dai compagni, sperando che non avessero udito neppure una parola.
-Quindi?- sussurrò con un filo di voce.
-Quindi siamo a corto di provviste.-
-Cos’è rimasto?- gli si aggrappò alla manica e lo supplicò -Ti prego, dillo a bassa voce…-
-Un po’ di riso e della verdura. Un cavolo, qualche patata.-
Jenny capì che era la fine. Che stavolta Benji sarebbe partito sul serio e forse con lui anche qualcun altro. Sentì gli occhi inumidirsi ma non permise alle lacrime di formarsi. Si volse indietro, gli sguardi dei compagni erano tutti su di lei. Nonostante i disperati tentativi di tenere nascosta quella devastante notizia, il silenzio del bosco era troppo profondo per evitare che cogliessero qualche frase o il senso generale della conversazione. Jenny spinse disperatamente il nonno ancora più lontano.
-Per stasera dovremo arrangiarci.- continuò lui. Corrugò la fronte grinzosa e sospirò -Torno da tua nonna o mi darà per disperso. Ho impiegato un bel po’ a trovarvi, c’è davvero bisogno di venire fin quassù?-
-Sì, è il posto ideale… Ci vediamo dopo.-
Il nonno fece giusto in tempo a sparire nel bosco prima che lo sgomento dei compagni trovasse voce.
-Philip!- l’urlo disumano di Bruce la fece sobbalzare -Che significa che non c’è più cibo?-
-Ma che ne so?-
Jenny li raggiunse.
-La strada è bloccata da un albero caduto e le provviste non sono arrivate. Non potremo seguire la dieta del mister ma qualcosa da mangiare ci sarà di sicuro.-
Benji fulminò Philip con un’occhiata di fuoco.
-Ecco un’altra cosa da aggiungere alla lista.-
-Moriremo di fame…- si lamentò Bruce -Altro che dieta di Gamo.-
Holly cercò di non perdersi d’animo.
-Cosa avremmo dovuto mangiare per cena?-
-Pesce.- rispose Amy.
-Forse ho un’idea.-
-Ross che significa “forse”? Ce l’hai o no?-
-Ce l’ho. Ma non so se possiamo metterla in pratica. Jenny, ti risulta che ci siano dei pesci nel lago ghiacciato?-
-Sì. Sicuramente delle trote.-
Julian annuì.
-La mia idea è quella di fare un buco nel ghiaccio e prenderne qualcuna per cena.-
-Non so se si può.- esitò lei. Di chi erano i pesci del laghetto? Del Comune di Shintoku? Di qualche privato? E se li avessero beccati e multati? Che figura avrebbero fatto?
Mark interruppe i suoi pensieri, esternando il massimo scetticismo.
-Con questo freddo saranno schiattati.-
-O ghiacciati. Come il pesce congelato!- rise Evelyn.
-Dovremmo fare come gli eschimesi? Il buco nel ghiaccio?-
Julian annuì.
-Sei stato anche a Eschimo, Tom?- chiese Bruce curioso.
-“Eschimo”?- Philip lo guardò sgomento -Cos’è “Eschimo”?-
-Come sei ignorante!- replicò lui ficcandosi le mani nelle tasche -È la patria degli eschimesi.-
-Ignorante io?! Gli eschimesi abitano in Alaska! Non esiste nessun paese che si chiama Eschimo!-
-E allora perché si chiamano eschimesi?- il ragazzo non era del tutto convinto -Avrebbero dovuto chiamarli alaskiani.-
-Dissertare sull’etimologia di una parola non ci riempirà la pancia.- fece presente Holly.
Mark fu d’accordo e riportò la conversazione sul pratico.
-Dimmi un po’ Julian, hai idea di come bucare il ghiaccio? Non sembra un’impresa proprio semplice.-
-No.-
-Allora siamo a posto. Niente buco, niente pesce, niente cena!-
-Ti pare che non troviamo il modo di fare un buchetto in un pezzo di ghiaccio?!- minimizzò Philip. A lui l’idea di Julian piaceva parecchio e comunque era disposto a fare qualsiasi cosa pur di risolvere il problema.
Persino Holly annuì, perché la cena aveva la priorità su tutto il resto. Figuriamoci, cominciava già ad aver fame!
-Non abbiamo nulla da perdere, a parte il tempo che avremmo dovuto dedicare ad allenarci.-
-Non avrei mai immaginato che per seguire la dieta di Gamo saremmo giunti a tanto.- concluse Bruce facendoli ridere.
Tornarono al ryokan e Jenny li precedette fino al capanno degli attrezzi del nonno, dove si servirono di tutto ciò che secondo loro avrebbe potuto essere utile. Poi s’incamminarono nel bosco e nessuno si accorse che Benji rimase indietro.
Seguirono la sponda del torrente fino al lago, i piedi nella neve ormai calpestata di quel percorso conosciuto. Qualche nuvola striava il cielo con una pennellata di bianco impalpabile e sottile, che sotto la trasparenza lasciava intravedere di nuovo l’azzurro. Più avanzavano e più il freddo si faceva meno intenso. Il movimento scaldava nonostante il ghiaccio che ricopriva ogni cosa, decorando il bosco di pendagli lunghi e trasparenti come gocce di cristallo, le rocce e i legni spezzati che giacevano a terra. Nonostante la neve che ammantava gli alberi, il terreno e il ghiaccio che ricopriva tutto. Jenny li guidò lungo la riva sconnessa tra i rami gelati degli arbusti, restando discosta dall’acqua ma seguendone il corso con lo sguardo attento, tante volte le capitasse di notare trote in letargo, evitando loro l’incombenza di far buchi qua e là sulla più ampia, e sicuramente spessa, superficie gelata del lago. Ma da quelle parti di pesci non ne trovarono, così la giovane smise di cercarli e accelerò il passo.
Scelsero con accuratezza un’ansa del lago stretta tra due lingue di terra, dove operare senza essere visti da nessuno. Posarono a riva gli oggetti più disparati di cui si erano ingenuamente equipaggiati e si avventurarono sul ghiaccio, bianco e spesso nei pressi della riva, più sottile e dell’azzurro del cielo verso il centro del lago.
-E adesso?- domandò Evelyn.
-Adesso proviamo.-
Mark serrò le dita sul manico della pala di metallo che si era intestardito a portare con sé per quasi tre chilometri di sentiero sconnesso e la calò giù, caricando il movimento con tutta la forza delle braccia. Fu come se avesse tentato di conficcarla in una lastra d’acciaio. La violenza dell’urto gli si ripercosse addosso, lasciandolo a vibrare come il batacchio di una campana. Gli servì qualche istante per riprendersi e quando abbassò gli occhi sulla superficie di ghiaccio, notò con disappunto solo una lieve scalfittura.
Philip lo guardò.
-Pensavi di essere re Artù?-
-‘Fanculo Callaghan. Provaci tu.-
Tom si allontanò per nascondere una risata. Si accostò a Bruce inginocchiato a terra nei pressi della riva. Trafficava con dei legnetti e sembrava intenzionato a utilizzare a tutti i costi i fiammiferi che aveva insistito per portare, indipendentemente dalla loro effettiva utilità.
-Cos’è?- domandò a un certo punto Philip annusando l’aria -Un incendio?-
Appoggiato alla pala che aveva rinunciato a utilizzare, Mark scosse la testa scettico.
-È quel demente di Harper che sta dando fuoco alla neve.-
Philip raggiunse Bruce.
-Che stai facendo?-
-Sciolgo il ghiaccio.- soffiò sul fuocherello, inalando allo stesso tempo una ventata di fumo che lo soffocò. Tossì e le lacrime gli inondarono le guance.
-Impiegherai una vita.-
Bruce contemplò il proprio operato e gli diede enormemente fastidio rendersi conto che Philip aveva ragione. Gli si rivolse stizzito.
-Allora perché non mi dici tu come si fa?-
-Perché non lo so.-
La cena era una decina di centimetri sotto di loro, attraverso la trasparenza del ghiaccio la vedevano addirittura guizzare con riflessi d’argento. Belle trote grosse e carnose che non erano in grado di raggiungere.
Holly si passava da una mano all’altra una sega che non era in grado di adoperare perché senza il famoso buco, era impossibile infilarla nel ghiaccio e provare a tagliarlo. Julian gli si accostò perplesso. Se non riuscivano a perforare il ghiaccio, la sua idea poteva andare a farsi benedire. Guardò gli amici e si chiese cosa sarebbe successo se avessero unito le due tecniche. Avrebbe funzionato? Tanto valeva provare. Tolse la pala dalle mani di Mark e si avvicinò a Bruce.
-Cerca di non far spegnere il fuoco.-
-Ti sembra facile?-
-Non ho detto che è facile, ho detto che devi tenerlo acceso.-
Amy si allontanò e tornò con altri pezzetti di legno, perlopiù ghiacciati. Julian tenne la punta di metallo della pala sulla fiamma e aspettò. Poi, quando gli sembrò di averla scaldata a sufficienza, l’appoggiò sulla superficie del laghetto. Il ghiaccio si sciolse formando una fenditura di una decina di centimetri.
-Perfetto, ora lo allargo con la sega!- annunciò Holly baldanzoso.
-Ancora non c’entra.-
-Ci provo lo stesso.-
-Fa’ come ti pare.- Julian si tirò da parte.
Con un bel po’ di contorsionismo e parecchia testarda insistenza, i denti della sega riuscirono a conficcarsi nel ghiaccio. Lo stridio che provocò fece accapponare la pelle a tutti.
-È terribile!- protestò Bruce.
-Così non va.- sopportando stoicamente il cigolio, Amy si inginocchiò accanto al fuocherello che stentava a restare acceso -Il ghiaccio che si scioglie spegne il fuoco…- si guardò intorno in cerca di una soluzione e vide Benji sbucare dagli alberi intorno alla riva.
Il ragazzo avanzava sulla superficie gelata del lago con il suo solito incedere arrogante. In mano teneva una busta di plastica bianca dall’aria pesante che gli sfiorava un polpaccio a ogni passo. Li guardò con sufficienza, perché si rese conto all’istante che in tutto quel tempo non erano riusciti a concludere niente. Quegli incapaci.
Ignorando ostentatamente gli sguardi curiosi e nervosi che gli piombavano addosso man mano che i compagni si accorgevano di lui, scelse un posto a caso sulla superficie del lago, non troppo distante da loro né troppo vicino, e posò la busta a terra. La prima cosa che tirò fuori fu uno sgabello pieghevole su cui si sedette per stare più comodo. Dopodiché, dando loro le spalle per circondarsi di un’aura di mistero, cominciò a trafficare con gli attrezzi che aveva portato con sé.
Mark sbuffò di disappunto, la curiosità prese a roderlo. Possibile che quel bastardo avesse già trovato la soluzione che loro stavano cercando con tanta fatica e da parecchi inutili minuti? Meritava di essere ignorato, quel presuntuoso, di essere lasciato solo con la sua tracotanza. Fulminò Patty con un’occhiataccia quando la vide orbitargli intorno curiosa. Jenny arrivò subito dopo e lo lodò, l’astuta ragazza.  
-Geniale!-
Patty annuì.
-Non ci avevamo pensato.-
Bruce lasciò perdere il fuoco e tutto l’armamentario di cui si era circondato e le raggiunse. Poi accorsero anche Philip, Tom e Amy. Per ultimo Julian, che avrebbe voluto che i loro metodi funzionassero meglio di quelli di Price, anche se non aveva la più pallida idea né di come fare affinché ciò avvenisse né di cosa il portiere stesse combinando.
Holly e Mark si scambiarono uno sguardo, erano gli unici a essere rimasti lontani, perché dare soddisfazione a Benji era l’ultima cosa che desideravano.
-Quanto lo detesto! S’è portato pure la sedia! Non vai a vedere anche tu, Hutton?-
-No.-
Holly sospirò di solidarietà ma alla fine capitolò, trascinando Landers con sé.
Benji aveva trovato la soluzione più semplice e meno faticosa, forando il ghiaccio con un trapano a batteria armato della punta più spessa e più lunga che era riuscito a trovare tra quelle in dotazione. Certo non avrebbe ammesso neanche morto che non avendo mai tenuto uno di quegli aggeggi in mano, la punta se l’era fatta avvitare dal nonno. Ma comunque il suo metodo stava funzionando alla grande. Spingendo verso il basso con una discreta forza, il trapano impiegò pochi istanti a raggiungere l’acqua.
-E adesso?-
-Guarda e impara, Callaghan.- sorrise Benji arrogante.
Quegli idioti… erano veramente idioti! Avventurarsi sul ghiaccio equipaggiati degli attrezzi più disparati senza la minima idea di come perforare la superficie del lago. A che serviva la tecnologia? Tre minuti su internet con il cellulare di Harper e aveva trovato la soluzione, curandosi poi di cancellare la cronologia di navigazione per non lasciare tracce. Con il loro fuoco, le loro pale e le loro idee cretine… Rise tra sé e sé sfilando il trapano dal ghiaccio. Fece altri sette fori, tracciando una circonferenza. Poi colpì il cerchio con un martello e il ghiaccio si spezzò. Infilò la punta del trapano nel buco centrale e tirò fuori un cilindro spesso una quindicina di centimetri. Al di sotto c’era l’acqua, e le trote.
-Merda, c’è riuscito davvero e senza fatica…- borbottò Mark, incredulo e scontento.
Holly annuì.
Nel giro di un quarto d’ora sulla superficie del lago erano comparsi buchi a sufficienza. I ragazzi si  radunarono sulla riva vicino all’attrezzatura da pesca e si divisero le canne. Benji si tenne discosto. Fatta la sua parte, ora si godeva lo spettacolo seduto sullo sgabello. Holly lo raggiunse con una delle canne, tendendola poi eloquentemente verso di lui. Il portiere scosse la testa.
-Ho già fatto la mia parte, grazie.-
Aveva ragione, maledizione. Ma Holly non sopportava di vederlo lì con le mani in mano e quel sorrisetto arrogante stampato sulla faccia dal momento in cui li aveva raggiunti. Cercò di scalfire il suo orgoglio.
-Non sai pescare?-
-È importante?-
-Fondamentale per la nostra cena.- gli appioppò la canna e lo minacciò -Se non peschi non mangi.-
Price si alzò e raggiunse svogliato uno dei fori, trascinando con sé lo sgabello e la lenza che strusciava sul ghiaccio. Si sedette borbottando qualche insulto, poi mentre calava l’amo si bloccò.
-E le esche?-
-Esche!- gli fece eco Philip -Ecco cosa mancava!-
Jenny saltò su come un grillo.
-Ci sono! Tranquilli, le ho portate!- si allontanò verso la riva e frugò tra gli attrezzi accatastati tra la neve. Poi tornò trionfante, esibendo una scatola di metallo verde bottiglia -Eccola!-
-Cos’è?-
-La cassetta della pesca del nonno. Ci saranno sicuramente delle esche artificiali… be’, lo spero.-
Calata la lenza si misero ad aspettare pazienti che i pesci abboccassero.
Ma la pazienza non era una dote di Bruce.
-Diamine! Questo che è passato era veramente grande!-
-Non urlare deficiente, o li farai scappare tutti!-
In effetti, non era neppure una dote di Mark.
-Eccolo! È di nuovo lui! Ha abboccato, ha abboccato! Adesso lo tiro su!-
Benji si agitò sullo sgabello, risultandogli inaccettabile che Harper prendesse un pesce prima di lui. Se si fosse trattato di Ross, di Becker, di Callaghan, insomma di tutti gli altri, se ne sarebbe fatto una ragione. Ma non quel maldestro e imbranato di Bruce!
Il ragazzo girava intorno al suo buco, sollevando e abbassando la canna, con la lenza tirata da lui e agitata dai guizzi del pesce, che sembrava aver abboccato davvero. Ma Bruce si stava dimostrando totalmente incapace di far emergere la cena dall’acqua. Tom corse in suo aiuto.
-Piano Bruce, o lo farai scappare!-
-Guarda, Tom! Guarda quant’è grosso! È fantastico!- strattonò forte e l’amo tornò su di colpo, senza pesce né esca.
Benji scoppiò a ridere di sollievo.
-Un rarissimo esemplare di pesce-fantasma!-
-Sei riuscito a farti mangiare persino l’esca finta.-
Bruce lanciò un’occhiata di fuoco rispettivamente a Benji e a Philip.
-Che sfortuna, l’avevo preso!-
L’insuccesso non abbatté il suo entusiasmo. Senza darsi per vinto, tornò a sedersi sul secchio di metallo capovolto che gli faceva da sedile. Non era il massimo della comodità ma meglio di niente, almeno finché i pesci non abboccavano. Poi lo avrebbe usato per infilarceli dentro.
Benji sbadigliò annoiato e scandagliò i compagni con lo sguardo, esaminando le loro espressioni per ammazzare il tempo. Poi pensò che se Freddie lo avesse visto appollaiato su quello sgabellino risicato, la canna in mano in un deserto di ghiaccio a tentare di pescare qualche improbabile pesce commestibile per procurarsi la cena come nel paleolitico, avrebbe riso per ore, si sarebbe sbellicato per giorni. Lo avrebbe raccontato ai suoi nipoti, ai nipoti dei suoi nipoti, ai pronipoti dei suoi pronipoti e così via per l’eternità perché un Benji Price impegnato in un’attività così primitiva sarebbe rimasto nella memoria della sua famiglia nei secoli dei secoli. Agitò qua e là la canna tanto per fare qualcosa, in fondo non era fondamentale riuscire davvero a tirar su una trota. L’importante era mantenere quella posizione, tutto sommato comoda, per far credere agli altri che, come loro, stesse dando il suo apporto alla cena. Contrariamente a ciò che Holly supponeva, non sarebbe mai rimasto a bocca asciutta. La minaccia di andarsene poteva essere reiterata all’infinito e gli avrebbe consentito di spuntarla sempre, fino all’ultima ora dell’ultimo giorno di quel ridicolo ritiro. Jenny non l’avrebbe mai lasciato senza cena, a costo di servirgli la porzione di Philip e lasciare il fidanzato a digiuno.
Abbassò gli occhi sul ghiaccio e sulle onde concentriche che si allargavano intorno alla lenza, increspando i pochi centimetri d’acqua portati alla luce dal progresso tecnologico della connessione internet e di un cellulare. Aveva capito fin da subito che quel ritiro non sarebbe stato uno dei migliori, eppure si stava rivelando addirittura peggiore delle sue peggiori previsioni. Si tolse il cappellino, si passò una mano tra i capelli e se lo ricalcò in testa pensieroso.
Julian lo riportò bruscamente alla realtà.
-Se non lo tiri su, il pesce riuscirà a scappare.-
Sollevare la lenza fu uno scatto automatico del braccio con la semplice torsione del polso. Uno splendido esemplare di trota atterrò sul ghiaccio quasi come per magia. Benji non aveva mai pescato in vita sua e non aveva idea di come fosse riuscito persino a staccare il pesce dall’amo, ma i compagni lo guardavano increduli e con un misto di mal celata ammirazione che lo portò istintivamente ad assumere l’atteggiamento di un esperto navigato. Mentre la trota si dimenava sulla superficie del lago, in cerca di una via di scampo che il portiere non era disposto a concederle, la sua voce si riempì di completo trionfo.
-Ecco la mia cena, Holly. Sei contento?-
Patty accorse con il secchio sottratto alle natiche di Bruce e ora ricolmo d’acqua, recuperò il pesce che continuava a saltellare sul ghiaccio e lo gettò nel contenitore, dove rimase a nuotare vivo,  vegeto e ancora in gran forma. Amy si avvicinò impressionata, poi si rivolse a Jenny.
-C’è altro da mangiare, al ryokan?-
Dopo il portiere toccò a Julian pescare la trota numero due, anche se quella di Benji era più grande. Jenny, che girovagava tra i ragazzi senza null’altro da fare se non incoraggiarli, passando accanto a Mark lo udì sbuffare.
-A parte quelli lì, gli altri pesci sono tutti emigrati in acque più calde.-
-È molto probabile.- volle accontentarlo lei.
-Sei un incapace, ecco la verità.- il portiere tirò su il suo secondo pesce e, senza l’aiuto di nessuno, staccò l’amo, recuperò l’esca e lo depositò nel secchio dove le trote, ormai, cominciavano a star strette.
Impietosita Amy riempì il recipiente fino all’orlo. Ma una trota intraprendente e con tanta voglia di tornare a casa guizzò fuori e le atterrò tra i piedi, facendola sobbalzare di paura.
Benji la rimproverò.
-Stai cercando di boicottare il mio lavoro?-
La ragazza dapprima ammutolì, poi scoppiò a ridere agli inutili tentativi del portiere di recuperare il pesce che guizzava ovunque, soprattutto lontano dalle mani che erano lì lì per recuperarlo.
-Valeva la pena venire a Shintoku solo per assistere a uno spettacolo simile!- rise Mark.
Benji lo udì e si pietrificò all’istante, più immobile di un menhir di Stonehenge.
-Harper, se riesci a prenderlo te lo regalo!-
Bruce abbandonò la canna a terra, balzò in piedi e corse dietro al pesce percorrendo su e giù l’insenatura ghiacciata in una pantomima che fece piegare i ragazzi dalle risate.
Il portiere tornò a sedersi al suo posto e calò la lenza. Tre secondi e un’altra trota abboccò.
Mark non credette ai propri occhi. Cosa aveva attaccato Price a quel maledetto amo? Perché i pesci andavano tutti da lui?
-Quanto non lo sopporto…-
Jenny gli sorrise comprensiva.
-Vedrai che prenderai qualcosa anche tu. È solo questione di tempo e pazienza.-  
Le sue previsioni si rivelarono azzeccate, anche se Mark impiegò quasi due ore a tirare su il suo primo pesce. Benji era a quota sei, Julian ne aveva presi quattro come Tom, Holly tre e Philip, che preferiva intrattenersi Jenny, soltanto uno. Bruce solo quello di Benji.
A un certo punto Philip alzò gli occhi e osservò il cielo. Poi riavvolse la lenza e prese a riordinare l’attrezzatura. Il sole aveva ormai raggiunto le montagne a occidente, si sarebbe  presto nascosto dietro le cime più alte e avrebbe fatto buio molto in fretta.
-È tardi, dobbiamo muoverci. La notte in montagna arriva subito.-
Philip fece bene a spingere i compagni sulla via del ritorno. Quando giunsero al ryokan, gli alberi creavano intorno a loro fitte zone d’ombra. Solo il candore della neve risplendeva del tenue bagliore del crepuscolo. Le luci dell’edificio erano accese e lo illuminavano come una di quelle decorazioni natalizie rischiarate al loro interno dalla fiammella di una candela.
Il secchio con i pesci finì dritto in cucina, mentre Jenny scandagliava la zona privata del piano terra in cerca dei nonni. Raggiunse i compagni in stanza poco dopo, con un’espressione afflitta e scontenta, perché stava per offrirsi di fare qualcosa che assolutamente non le andava dopo quella lunga scarpinata nella neve.
-Credo sia meglio che io vada in paese a comprare qualcosa.-
-Adesso?-
La ragazza guardò Philip e annuì.
-Non ci vorrà più di un’ora, farò in fretta.-
-Allora vengo anch’io.-
-No, non insieme!- obiettò Mark all’istante -Impieghereste una vita a tornare. Alla faccia della nostra cena!-
-Vuoi andare tu con Jenny?- lo provocò Benji con malcelato spasso, notando nel contempo lo sgomento che riempì lo sguardo di Philip.
Come se la domanda del portiere non fosse già sufficiente a far arrossire Jenny di imbarazzo, ci si aggiunse anche lo sguardo del fidanzato, che la vide diventare letteralmente paonazza, mandandolo in totale confusione. Ma Mark, che stavolta non intendeva lasciare a Benji l’ultima parola, replicò sprezzante.
-Sì, e sai perché? Perché sono molto più capace della maggior parte di voi a occuparmi degli acquisti per la cena. Ma non andrò. Philip ci ha portati qui ed è giusto che vada lui, anche se assolutamente non con Jenny.-
-Da solo?! Piuttosto digiuno!-
-Non ci provare, Callaghan!- si intromise anche Bruce -Se rischiamo di morire di fame la colpa è solo tua!-
-Visto cosa sei stato in grado di ingurgitare da quando siamo qui non moriresti di fame neppure con un mese di digiuno!-
Mark li ignorò entrambi, molto più interessato a trovare una soluzione che non lo coinvolgesse direttamente.
-Chi va con Callaghan?-
Il giovane chiamato in causa lo fissò seccato.
-Se permetti decido io! Vado con Jenny oppure va qualcun altro.-
-Smettila di far storie, Philip!- lo zittì Holly con un’occhiata torva -Tiriamo a sorte.-
Il portiere ebbe un’idea migliore.
-Giochiamoci la scarpinata a carte.- prese il mazzo abbandonato sul tavolo dalla sera prima -E vediamo chi saranno i fortunati tra noi sei.-
-Sfortunati direi, piuttosto.- Julian lanciò un’occhiata rassegnata alla finestra e all’oscurità della notte.
-Perché sei?- domandò Bruce.
-Perché Philip si è già offerto, naturalmente.-
-E le ragazze non sono tra i candidati.- terminò Julian. Mai avrebbe lasciato andare Amy in paese così tardi e, con buone probabilità, senza di lui.

Erano usciti mezz’ora dopo. Le carte avevano dato il loro inesorabile verdetto, il tempo di indossare le giacche a vento ed erano fuori. Bruce seguiva contrariato Holly e Philip prendendo a calci la neve. Essere in strada a quell’ora e con quel freddo non gli andava proprio giù.
-Davvero una bella fortuna.-
-Per te sicuramente sì. Un po’ di allenamento extra non ti farà male.- Callaghan lanciò un’occhiata al capitano che annuì d’accordo.
-Mark e Benji hanno barato.- seguitò Bruce infilando le mani ghiacciate nelle tasche, poiché in quel clima siberiano i guanti non erano di nessun conforto.
-Non sai perdere.- tagliò corto Philip.
-Bruce ha ragione. Li ho visti anch’io.-
-Allora perché non hai detto niente?-
-Perché qualcuno sarebbe dovuto andare comunque.-
-Avresti potuto offrirti. Avremmo fatto prima.-
Un fiocco di neve fluttuò nell’aria e si posò leggero sul naso di Bruce. Il ragazzo starnutì.
-Maledizione! Comincia pure a nevicare!-
Holly gli lanciò un’occhiata eloquente, poi allungò il passo.
-Cerchiamo di fare in fretta.-
-Piano, eh? Non c’è bisogno di correre!-
Philip raggiunse il capitano lasciandolo indietro.
-Si lamenta sempre? Non c’è modo di farlo stare zitto?-
-Non se non hai niente da fargli mangiare. In questa desolazione è di compagnia.-
Sul fatto che le lagne di Bruce fossero di compagnia Philip aveva seri dubbi, ma che a circondarli non ci fosse nulla aveva perfettamente ragione e tutto questo nulla non era per niente rassicurante. La carreggiata ricoperta di ghiaccio e neve era illuminata dalle torce che ondeggiavano nelle loro mani. Al di fuori dei fasci di luce, regnava l’oscurità. Gli alberi del bosco ai lati della strada si perdevano nel buio più fitto della montagna delimitando intorno a loro un paesaggio decisamente solitario e pure un po’ inquietante.
-Ho freddo, ho fame e sono stanco.- riprese Bruce, rimettendo poi in ordine le sue priorità -Anzi no. Ho fame, sono stanco e ho freddo.-
Philip lo ascoltò sempre più spazientito. Anche lui aveva freddo, aveva fame ed era stanco ma se lo teneva dentro senza scocciare nessuno. Anzi, a dirla tutta, avrebbe preferito non soffermarsi troppo a riflettere sul disagio di quella passeggiata fuori programma. Desiderava soltanto arrivare presto a Shintoku, fare la spesa e tornare subito al ryokan, dove si stava caldi e soprattutto dove lo aspettava Jenny. Ma come evitare di pensare di essere lì invece che con la fidanzata se Bruce glielo ricordava a ogni passo? Come poteva?
-Stai un po’ zitto!- lo apostrofò stufo. Avevano superato da poco l’albero caduto che aveva impedito alle provviste di raggiungere il ryokan, e presto avrebbero finalmente scorto le prime case. Philip arrivò al culmine dell’esasperazione quando dietro di lui Bruce intonò una canzonetta con la melodia di una famosa hit del momento.
♪Che freddo che fa, che freddo che fa…♪
Holly sorrise.
-Non farci caso, Philip.-
-Come fai a dire che è di compagnia? Altro che compagnia! È un tormento!-
-Hai una caramella o una gomma da dargli?-
-No!-
Holly fece spallucce. Era troppo abituato al carattere di Bruce per poter essere solidale con Philip che, tra l’altro, gli sembrava nervosetto a prescindere dalla performance canora del compagno.
♪Che fame che ho, che fame che ho!♪
-Sei già stato qui?- cercò di distoglierlo dalle stonature dell’amico.
-Qui dove? In mezzo alla strada?- l’aggredì l’altro.
♪Che freddo che fa, che freddo che fa…♪
-A Shintoku, al ryokan.-
-Sì, ci sono stato.-
-È un bel posto, anche se non c’è niente.-
Philip lo guardò ostile, certo che si riferisse all’assenza dell’impianto sportivo che ormai i compagni gli rinfacciavano da due giorni.
-C’è Patty, non ti basta?-
-Certo che mi basta.-
♪Che fame che ho, che fame che ho!♪
Philip serrò i pugni.
-Fermami Holly, altrimenti lo disintegro.-
Ma l’amico non ne ebbe il tempo, perché camminava qualche passo più avanti, illuminando con la torcia la via. Quando si volse, Philip era già fermo sul percorso di Bruce e non riuscì a evitare in nessun modo di urtarlo. Il ghiaccio fece il resto.
Messo un piede in fallo, Harper slittò in avanti e finì preciso addosso a Philip. Rotolarono tra la neve, Holly si sforzò di trattenere una risata e ringraziò il buio che celò il suo divertimento.
-Cos’accidenti hai bevuto prima di uscire?! Sei ubriaco? Togliti, imbecille!- disteso a terra, Philip cercò di scrollarsi di dosso l’ingombrante compagno, spintonandolo via. E mentre la neve penetrava nel colletto della giacca insinuandosi tra le pieghe della sciarpa, si chiese se l’incidente non fosse la vendetta trasversale di Evelyn per averla travolta giusto quella mattina.
-Scusa, Philip…- Bruce tentò di scostarsi. Scivolò sul ghiaccio, perse l’appiglio e gli conficcò un gomito nello stomaco.
-Harper! Togliti immediatamente!-
Bruce ubbidì e si trascinò di fianco, a distanza di sicurezza.
-Non arrabbiarti Philip, mica l’ho fatto apposta.- si alzò e si ripulì dalla neve.  
-Fortuna per te!- l’altro si aggrappò alla mano che il capitano gli porgeva. Una volta in piedi si massaggiò dolorante il torace.
-Su, smettetela di giocare.- li prese in giro Holly -Ormai siamo arrivati.-
Giù in fondo dopo  la curva, si intravedevano le luci delle prime case spuntare tra gli alberi carichi di neve. E poi, più avanti, cominciavano i lampioni. Al primo incrocio ricomparvero macchine e persone.
-Finalmente!- sospirò Bruce -Fa proprio freddo, vero?-
-Intendi ricominciare la lagna?-
-Philip, la tua mancanza di pazienza è altrettanto fastidiosa.-
Holly finse di non averli uditi.
-Adesso che siamo qui, chi ricorda dov’è il negozio di alimentari più vicino? Jenny ti ha spiegato dove andare?-
Philip trasalì.
-Non gliel’ho chiesto.-
-Ovvio!- s’intromise Bruce -Erano troppo occupati a sbaciucchiarsi!-
-Guardone del cavolo! Come ti sei permesso di sbirciare?-
-Eravate sul corridoio! Se non vuoi essere visto, la prossima volta nasconditi meglio!- lasciò  perdere Philip e si rivolse a Holly -E adesso?-
Callaghan lo spintonò, neppure troppo gentilmente.
-Adesso cammina, qualcosa troveremo.-
Il capitano esitò disorientato.
-Forse è meglio chiedere.-
-A chi?-
-A lei, per esempio.-
Celata dall’oscurità della notte e a tratti illuminata dal cono di luce dei lampioni, un’ombra procedeva sul marciapiede diretta esattamente verso di loro. Quando giunse sotto la luce più vicina, si fermò e li osservò incuriosita. Si trattava di una ragazza, infagottata in una giacca a vento rosso scuro sopra un paio di jeans blu. Un cappellino di lana bianca con un pompon in cima alla testa le teneva al caldo le orecchie, e una sciarpa dello stesso colore le avvolgeva il collo.
-Ciao.- salutò Bruce -Fredda serata.-
Lei ricambiò con un sorriso, serrando la presa su una scatola che si stringeva al petto.
-Più o meno come al solito. Cosa ci fate da queste parti? Siete un po’ lontani dal ryokan. Avete bisogno di aiuto?-
Bruce spalancò la bocca.
-Come accidenti fai a sapere che…- si interruppe all’improvviso e indietreggiò, quasi intimorito -Non sarai mica la donna delle nevi?!-
Philip sprofondò il viso in una mano, pieno di vergogna.
-Non ancora, ma potrei diventarlo un giorno.-
-Allora come hai fatto a capire che veniamo dal ryokan?- Bruce la scrutò sospettoso.
-Non siete di Shintoku perché non vi conosco quindi dovete essere per forza dei turisti. E dei turisti in giro a quest’ora hanno sicuramente bisogno di aiuto.-
Quel ragionamento sembrò tranquillizzarlo. Annullò di colpo la distanza di sicurezza mantenuta finora da quella che avrebbe potuto essere un’apparizione spiritica, le si accostò e la guardò meglio, notando il viso un po’ tondo, il naso piccolo e leggermente all’insù arrossato dal gelo, gli occhi grandi e la frangetta schiacciata sulla fronte dal cappellino.
-Mi chiamo Meryl.- sostenne la scatola sul braccio sinistro per allungare l’altra mano.
Bruce gliela strinse con un sorriso entusiasta.
-Bellissimo nome!-
Ora che aveva verificato che la giovane era effettivamente un essere umano e non uno spirito delle nevi, la novità dell’incontro gli illuminò gli occhi di interesse. Tre giorni consecutivi a  esclusivo contatto con i compagni e gli anziani nonni di Jenny, resero immensamente gradita la nuova conoscenza.
-Vi siete persi?-
Perché no? Magari così li avrebbe accompagnati per un tratto e lui, oltre a scampare ai continui rimproveri di Philip di cui era francamente stufo, avrebbe potuto approfondire la sua conoscenza. Gli stavano venendo in mente un sacco di cose da chiederle. Per esempio quanti anni avesse, dove abitasse di preciso, se fosse già impegnata per quella sera e per i dieci giorni successivi.
-Più o meno.- ammise quindi senza vergogna.
Philip non riuscì a credere che il compagno stesse collezionando senza batter ciglio quella serie infinita di figuracce. La donna delle nevi… assurdo! S’erano persi… peggio che mai!
-Dove dovete andare? Al ryokan?-
-Veramente stiamo cercando lo spaccio più vicino.-
-Allora è facile, mio padre è il proprietario. Venite con me, sto tornando lì.-
I ragazzi ne furono sollevati e la seguirono fiduciosi.
-Siamo stati davvero fortunati a incontrarti.- le disse Bruce -Ti aiuto?-
Le tolse sollecito la scatola dalle mani e Holly e Philip, che procedevano dietro, si sorrisero con aria saputa.
Procedendo con precauzione sul sottile strato di neve ghiacciata che ricopriva il marciapiede, Bruce le disse chi erano, da dove venivano e che ci facevano lì, in quello sperduto paese del nord. La ragazza lo ascoltò con reale interesse e finta sorpresa. Sapeva già tutto di loro, perché Shintoku era una manciata di case abitate da gente ficcanaso come tutti i piccoli centri rurali.
Il negozio della famiglia di Meryl sorgeva in un angolo dell’isolato fiancheggiato da un piccolo parcheggio che poteva ospitare una decina di macchine. Davanti alla porta a vetri stazionavano due persone in attesa: un uomo, che fumava sotto la tettoia nei pressi dell’ingresso e un ragazzo, che si teneva appoggiato alla vetrina tappezzata di cartelli pubblicitari, le mani nelle tasche della giacca a vento e un assurdo cappello di lana a righe bianche e nere calcato fin quasi sugli occhi. La luce del locale era accesa, dall’esterno si scorgevano gli scaffali pieni di cibo. Sulla porta era appeso un cartello con la scritta “Torno subito”. Meryl girò la chiave nella serratura per un paio di mandate e sbloccò l’ingresso. La portiera di un’automobile si aprì e ne scese una donna di mezza età che avanzò infreddolita verso il negozio, stringendosi addosso il cappotto.
-Buona sera Meryl, è arrivato il latte?-
-Sì, signora Wilson.-
La ragazza spalancò l’ingresso lasciando entrare i clienti, e scambiò un saluto anche con l’uomo, che gettava via la sigaretta ormai quasi del tutto consumata. Fece poi cenno ai ragazzi d’entrare e Philip, Bruce e Holly si rifugiarono all’interno del locale, dove iniziarono immediatamente a scongelarsi. Il ragazzo con il cappello la raggiunse sulla soglia ed esitò a proseguire, per concedersi il tempo di osservarla non visto con occhi colmi di un’ammirazione di cui lei non si accorse neppure quando, percependo la sua presenza, si volse.
-Mio fratello non c’è, Johnny. Cercavi lui?-
-No, ho bisogno di una ricarica al cellulare. E poi devo ritirare la spesa di mia madre. Ha lasciato due buste. Ma c’era tuo padre quando è passata.-
-Me lo ha detto, vieni.-
-Chi sono quei tre? Non li ho mai visti.-
-Strano.- rispose lei con una punta di ironico divertimento -La loro foto è sulla rivista sportiva che compri tutti i mesi.-
-Questo mese ancora no.-
Lei si avvicinò allo scaffale dell’editoria, la prese e la portò in cassa.
-La prendi?-
Lui annuì e tirò fuori il portafoglio per pagare, dedicando al tempo stesso un’occhiata a Bruce che, esattamente alle sue spalle, osservava indeciso gli scaffali.
La faccia che aveva intravisto all’esterno del negozio non gli diceva nulla e tanto meno lo faceva ora la sua schiena. Per non dare soddisfazione a Meryl si tenne la curiosità.
-Quindi? Dov’è che stanno?-
-Al ryokan, dai Lohan.-
Johnny pagò, ripose il resto nel portamonete e uscì portandosi via un paio di buste e la rivista, che sfogliò soltanto quando ebbe svoltato l’angolo.  Assicuratosi che Meryl, dalle vetrate, non potesse vederlo, si fermò sotto un lampione a leggere proprio l’articolo che aveva creato tanto scompiglio tra i ragazzi all’aeroporto di Haneda. Scorse rapidamente il pezzo fino in fondo, confrontò i volti che ricordava appena con quelli ritratti nella foto, poi tirò fuori il cellulare e fece partire la chiamata.
Varcato l’ingresso del negozio, la priorità della cena aveva scalzato senza indugio e senza remore l’interesse dimostrato finora per la graziosa sconosciuta. Totalmente dimentico di lei, Bruce si aggirava tra gli scaffali con un cesto di plastica appeso al braccio che aumentava di volume e di peso a ogni reparto gastronomico visitato. Holly e Philip invece si consultavano indecisi su cosa acquistare, ma certi che se le ragazze avessero dato loro una lista, sarebbe stato tutto molto più semplice e veloce.  
Bruce raggiunse la cassa per primo, il cesto colmo fino all’orlo.
-Avete finito? Sto morendo di fame.-
Holly, giusto nei pressi, arrivò subito. Depositò sul banco della cassa quelle due o tre cose che aveva con sé, vale a dire quattro confezioni grandi di tonno, un barattolo di maionese e un sacchetto di carote da un chilo, poi osservò gli acquisti del compagno.
-Bruce, che hai comprato? Patatine, popcorn, croccantini…?- riuscì a sottrargli due tubi di pringles prima che Meryl li battesse e si aggiungessero al conto -Noccioline, cioccolata, biscotti… Sembra la spesa per una festa di bambini!
-E questo cos’è?- Philip, appena giunto, pescò una rivista semisommersa dalle cibarie. L’agitò in aria mostrando una famosa modella in bikini, in posa sulla copertina -Ti pare il caso?-
-È solo una rivista.-
-Sì, per adulti.-
-Infatti siamo tutti maggiorenni!- Bruce guardò Meryl, un sorriso le aleggiava sulle labbra -Anche tu, vero?-
-Se pure non lo fossi, ne vendo talmente tante che ormai non mi scandalizzo più.-
Bruce tornò a rivolgersi ai compagni.
-Comunque c’è una storia che mi interessa.-
-Una storia? Non il servizio su di lei?-
-È un acquisto privato, sono fatti miei. Va bene?-
-Fai come ti pare.-
Meryl li aiutò a infilare la spesa nelle buste e quando fu il momento di pagare, Bruce li stupì.  
-Metti pure tutto in conto.-  
Holly e Philip lo guardarono.
-In conto a chi?-
-Al ryokan. Penserà la Federazione a saldare.-
Fu la prima volta in assoluto che un’idea di Harper non venne contestata. Anzi, capitano e vicecapitano osservarono il compagno con aperta ammirazione, perché la sua era una trovata geniale che a nessuno dei due era venuta in mente. Solo che, ad averci pensato prima, avrebbero preso qualcosina in più.  
Meryl non batté ciglio, fece come le era stato detto e segnò in conto all’hotel.
-Ricordate la strada?-
Bruce scosse la testa.
-Non c’è un autobus per tornare lassù?-
-Niente autobus, mi dispiace.-
Con la mano libera Philip agguantò il compagno per la manica della giacca e lo trascinò con sé verso l’uscita del negozio.
-Un po’ di esercizio non ci farà male, prima di cena. E io la strada la ricordo perfettamente.-

Gli acquisti non andarono a genio alle ragazze. Jenny, Amy, Evelyn e Patty li accolsero nell’ingresso e studiarono  le buste posate a terra senza toccare nulla, senza tirarne fuori niente. Si limitarono a ficcarci dentro il naso per scandagliarne in silenzio il contenuto, mentre in cima alle scale si affacciavano Julian e Mark.
Poi, con un gesto brusco quanto inaspettato, le amiche afferrarono le buste all’unisono, le portarono in cucina e chiusero bruscamente la porta proprio sul naso di Bruce che le aveva seguite affamato. Philip e Holly arrivarono un istante dopo.
-Che succede?-
Bruce sospirò.
-Sto morendo di fame e loro si sono chiuse dentro!- fece per entrare ma Julian lo fermò.
-Cosa avete comprato?-
I tre si scambiarono un’occhiata.
-Merda! La rivista!-
Philip trasalì.
-L’hai lasciata nella busta, idiota d’un idiota?-
-Non ho fatto in tempo a toglierla!- il ragazzo si avvicinò alla porta, tese un orecchio e udendo solo le loro voci pacate, strinse piano la maniglia tra le dita ruotandola lentamente, quanto bastava per socchiudere la porta e scorgere Patty agitare nell’aria un pacchetto di popcorn.
-C’era da aspettarselo. Avremmo dovuto stilare una lista.-
-Oppure una di noi avrebbe dovuto accompagnarli.-
-Con questo freddo...- rabbrividì Amy.
-Sarei potuta andare io.-
Scostato Bruce per guardar dentro, Philip concordò con Jenny su tutta la linea. Fossero andati solo loro due sarebbe stato molto meglio. Per esempio avrebbero potuto fermarsi in un bar lungo la strada e ricavarsi una mezz’ora da trascorrere in beata solitudine.
-Che ci volete fare…- udirono Evelyn -Acquisti tipici del sesso maschile.-
Offeso nell’orgoglio, Bruce spalancò la porta con un movimento così brusco che sobbalzarono tutte e quattro.
-Che modi sono?-
Il ragazzo ignorò il tono bellicoso della fidanzata e si arrestò al centro della cucina, i pugni sui fianchi e i piedi saldamente piantati al suolo.
-Cosa c’è che non va in quello che abbiamo comprato?-
-Tutto.- lo stroncò Evelyn drastica.
Philip entrò subito dopo un po’ meno impetuoso e polemico e raggiunse le buste sul ripiano. La maggior parte del contenuto era sparpagliato sul tavolo d’acciaio. Accantonò meticoloso gli acquisti fatti da Bruce e impilò sopra al mucchio anche la rivista con la ragazza in bikini.
Evelyn capì all’istante. Prese il giornale e ne sfogliò rapida le pagine.
-Bruce! Non ne perdi un’uscita! Solo a guardarla così mezza nuda mi vengono i brividi.-
-Anche a me, ma di tutt’altro tipo.- concordò lui allusivo.
Non l’avesse mai detto! Evelyn lo ripagò della battuta gettando stizzita la rivista dritta nel cestino della spazzatura.
-No! Eve, no!-
Il ragazzo corse a recuperare il giornale e fuggì dalla cucina per metterlo al sicuro da qualche parte nella loro stanza, con il sottofondo delle risate divertite dei compagni. Tutti eccetto Philip e Holly, che non trovavano nulla di spassoso in ciò che stava accadendo sotto i loro occhi.
-Jenny?-
Lei si volse a guardare il fidanzato e il sorriso che le aveva illuminato per un attimo il viso scomparve di colpo. Tacque osservandolo, poi spostò gli occhi sugli altri che li avevano raggiunti, spinti forse più dalla fame che dal raduno improvvisato. Ma adesso, Jenny lo capiva dalle loro espressioni, soprattutto quelle di Mark e di Benji, il divertimento aveva rimpiazzato l’appetito e così lei non aveva il coraggio di dire a Philip che sarebbe stato difficile approntare una cena con ciò che avevano comprato. Era convinta infatti che l’errore fosse stato loro, perché non avevano pensato a stilare una lista, lasciando i ragazzi tentare a casaccio di risolvere il problema. Ma soprattutto non voleva, nel modo più assoluto, rinfocolare lo scherno con cui un paio dei compagni continuava a rivolgersi a Philip per ringraziarlo della loro imprevista presenza a Shintoku.
Evelyn non si fece nessuno di questi scrupoli e quando parlò fu ben più che esplicita.
-Mi dispiace, ma avete fatto un casino. E non mi dispiace dirvelo, sia chiaro. Mi dispiace che ciò che avete comprato servirà a poco per la cena.-
-Cosa c’è che non va?-
-Vuoi un esempio, Holly? La maionese è un condimento, non un alimento.-
-Lo so!-
-E cosa vorresti condirci? I popcorn di Bruce?-
-Perché no?- rise Mark sullo sfondo.
-Il tonno!- esclamò il capitano.
-L’olio per friggere l’avevamo già.- sospirò Patty.
-La farina l’avete presa per...?- chiese Amy con più tatto, lasciando la domanda in sospeso per dar loro la possibilità di trovare una spiegazione sensata all’acquisto.
Bruce era tornato giusto in tempo per rispondere.
-Il pane… o qualche torta…-
-Mancano le uova.-
Incoraggiato dai tentativi del compagno, anche Philip si buttò.
-Però possiamo infarinare i pesci e friggerli.-
Ad Amy si illuminarono gli occhi.
-A proposito dei pesci! In questo momento le trote sono nel laghetto del cortile. Se davvero volete mangiarle, qualcuno deve andare a recuperarle.-
I ragazzi si guardarono smarriti. Significava che dovevano ricominciare da capo dopo tutta la fatica di quel pomeriggio?
-Fortuna che ho comprato il tonno.-
Patty continuò a rimestare nelle buste, anche se ormai da tirar fuori era rimasto davvero poco. Sul ripiano del tavolo comparvero quattro bottiglie di birra.
-E queste? Chi le ha comprate?-
-Finalmente un acquisto decente!- Benji le fece sparire dal tavolo con un gesto da prestigiatore.
-L’alcol non è vietato ai ritiri?- domandò Evelyn sospettosa.
-Se solo questo lo fosse, un ritiro...- borbottò il portiere, riponendo la birra nel frigorifero.
-È stato Bruce.- lo accusò Philip.
-Perché mi hai detto che dobbiamo fare balordi!-
-Non ho mai detto niente di simile!-
-Per forza, si dice “bagordi”.- corresse Julian.
Il suo tono da maestrino provocò un improvviso, istintivo e inaspettato corto circuito nel cervello di Benji mentre richiudeva lo sportello del frigorifero.
-Baldoria!- esclamò Bruce.
-Mai sentito?-
-Sì, da Philip poco fa.-
-Cos’è Bruce, stasera hai deciso di immolarti?- ringhiò Callaghan esasperato.
Jenny lo tirò per la manica della felpa.  
-Lascia stare, ti credo. Adesso prepariamo qualcosa.-
Il menù di quella sera fu essenziale e seguì alla lettera la dieta di Gamo: pesce e verdure. Nessuno andò a recuperare le trote nel laghetto e il tonno in scatola fu accompagnato da patate saltate in padella, zuppa di miso bollente per scaldare il corpo infreddolito, insalata di verza e carote sfilettate, ottanta grammi di riso bianco a testa per non lasciar sole le portate e, come strappo alla regola, crema al limone con scorze d’arancia e spruzzata di cannella.
Risalirono in camera sparpagliati, per ultimo Tom che trovò Bruce a bloccargli il passaggio, spaparanzato in diagonale sui tatami proprio al centro della stanza.
-Ho ancora fame, maledizione! Potrei ricominciare a mangiare la cena dall’inizio all’infinito...- vide Amy varcare la soglia con un vassoio e un bollitore di acqua calda che, probabilmente, conteneva solo tè -Non è avanzato niente?-
-Assolutamente niente.-
La ragazza si inginocchiò davanti al grande tavolo e posò tutto sul ripiano.
Benji lanciò un’occhiata all’orologio. Erano appena le dieci e anche se la stanchezza c’era tutta, il sonno non arrivava.
-Giochiamo a carte?-
-Di nuovo?- si lamentò Patty.
-Se hai un’idea migliore delle carte e della tv…-
-Io ce l’ho!-
-Intendevo qualcosa che riguardasse tutti, Bruce. Non soltanto te ed Evelyn.-
-Perché la televisione no?- il ragazzo si tirò su e raggiunse carponi il tavolo, chiedendo poi ad Amy di riempirgli una tazza di tè -A quest’ora cominciano un sacco di programmi interessanti. Jenny, spegni la luce?-
Rimase soltanto il portalampade all’angolo della stanza a rischiarare l’ambiente. La ragazza tornò a sedersi accanto a Philip, la schiena appoggiata al muro. Una spalla di Benji le copriva parte della tv e non poteva a guardar l’una senza lanciare occhiate anche all’altro. Lo scontento del portiere continuava a preoccuparla ma riusciva a tenere l’ansia per sé e lo stava facendo anche piuttosto bene. Infatti Philip aveva potuto soltanto notare le numerose e insistenti occhiate che la fidanzata lanciava a Benji ma non la preoccupazione di cui esse erano cariche. Persino in quel momento Philip dubitava che lei stesse guardando la tv anziché il compagno e quando le prese una mano intrecciando le dita alle sue, la fidanzata non reagì in nessun modo, anzi non sembrò neppure accorgersene.
Mentre davanti agli occhi di Jenny si susseguivano le immagini colorate e luminose del programma televisivo che le rischiaravano il volto e le facevano brillare gli occhi, la sua mente aveva fatto un salto indietro, alla conversazione che si era svolta tra lei e il portiere giusto tre giorni prima. Quasi avesse percepito su di sé i suoi pensieri più ancora dei suoi occhi, Benji a un certo punto si volse e intrecciò il proprio sguardo a quello della ragazza. Come trascinati insieme in un improvviso e misterioso collegamento telepatico, i loro pensieri si unirono sullo stesso ricordo.
La mattina di quel primo giorno a Shintoku, dopo aver fatto colazione, si erano radunati tutti nell’ingresso a indossare giacche e cappotti per raggiungere Holly e Philip, già nella radura. La decisione di Benji di non farlo li aveva colti impreparati e solo Jenny, vedendolo infilare le scale invece della giacca a vento, aveva reagito all’istante. Gli era corsa dietro, arrivando insieme a lui sull’ultimo gradino del pianerottolo. Da sotto, i ragazzi l’avevano osservata mentre superava Benji e si fermava al centro del corridoio per sbarrargli il passo.
Nessuno era intervenuto per darle manforte, l’avevano lasciata sola a trovare il modo di convincerlo a restare. Lui l’aveva scostata, aveva proseguito il suo percorso ed era entrato in camera. Un secondo dopo anche Jenny era scomparsa.
Benji aveva recuperato dall’armadio la valigia che la sera prima non aveva disfatto, l’aveva aperta sui tatami e aveva infilato dentro quelle due o tre cose che ne aveva tolto per la notte. Poi l’aveva richiusa e l’aveva appoggiata accanto alla porta.
“È stato un piacere conoscerti.” le aveva detto “Ma forse sarebbe stato un piacere maggiore se non l’avessimo fatto in queste circostanze.”
Lei aveva taciuto e lo aveva guardato prendere dal tavolo un paio di oggetti per infilarli in tasca.
“Salutami Philip.” aveva proseguito con un tono che trasudava ironia, afferrando il trolley e facendo per varcare la soglia.
In preda al panico, Jenny aveva reagito con un’azione di forza. Aveva teso un braccio, aveva stretto le dita allo stipite della porta e gli aveva sbarrato l’uscita.
“Non andar via.”
Si erano fissati con intensità, lui deciso ma lei ancora più determinata a impedirgli di mandare a monte il ritiro.
“Non resterò se ci sarete anche voi.”
“Perché la nostra presenza ti è così insopportabile?”
Benji aveva tolto la mano dal trolley e aveva incrociato le braccia.
“Ascoltami bene, Jenny, e cerca di far entrare questi pochi e semplici concetti nella tua bella testolina. Io sono un professionista, anzi noi tutti siamo dei professionisti. Anche quell’idiota del tuo fidanzato, che si è fatto venire la splendida idea di invitarvi qui. Giocare a calcio è il nostro lavoro e richiede impegno e serietà anche fuori dal campo. Un ritiro con voi è inaccettabile. Dovresti capirlo da sola, senza che te lo debba dire io. Noi non siamo qui in vacanza.”
“Lo so, me lo hai già detto. Ma non ce n’era bisogno perché ne sono consapevole. Non siamo venute con l’intenzione di disturbarvi, o per distrarvi. Neppure per intralciarvi. Non lo faremo, te lo assicuro. E se la nostra presenza ti è davvero così inaccettabile, siamo pronte ad andarcene. Tu però devi restare.”
“Bene, allora fatelo. Io resto, ma voi dovete sparire.”
Jenny aveva indugiato combattuta.
“Tre giorni. Concedici tre giorni di tempo per dimostrarti che la nostra presenza non pregiudicherà il ritiro. Per favore, solo tre giorni a partire da oggi. Non ti chiedo di più.” aveva teso la mano verso di lui, aspettando che gliela stringesse per suggellare il patto.
Il portiere aveva valutato la proposta ma aveva valutato soprattutto il volto di Jenny, che in fin dei conti poteva risultare molto più piacevole da contemplare durante le pause, del grugno strafottente di Landers o quella faccia da scimmia di Harper.
Così aveva teso il braccio e stretto la mano.
“Tre giorni.”
Il sorriso con cui lei aveva accolto la sua momentanea resa, l’aveva ben più che ripagato dell’accordo appena concluso.
Adesso tre giorni erano trascorsi e lui era ancora lì, sempre meno deciso ad andarsene, sempre più propenso a restare.
-Jenny.- la voce di Philip la riscosse di colpo -Tua nonna ti sta chiamando.-
Bruce tolse il volume alla tv, consentendole di udire chiaramente la voce della vecchina provenire dal piano di sotto.
Jenny fece per alzarsi ma Patty, già in piedi la fermò.
-Aspetta, vado io a sentire cosa vuole.-
La nonna era in fondo alle scale col naso all’insù, un vassoio pieno di dolci tra le mani. La fragranza che si diffondeva nell’aria le fece venire l’acquolina in bocca.
-State andando a dormire?-
-Non ancora.-
-Ho appena sfornato i biscotti. Volete assaggiarli?-
Patty sospirò. Quando la nonna aveva consegnato loro la dieta di Gamo recuperata dal fax, avevano tentato di spiegarle che i ragazzi stavano seguendo una preparazione atletica e quindi dovevano nutrirsi secondo un regime particolare, ma a quanto pareva per la vecchina i suoi biscotti facevano eccezione. Scese fino all’ultimo gradino e prese il vassoio ringraziando. I dolci emanavano un intenso profumo di vaniglia e miele. Ce n’erano un’immensità, altro che dieta. Con la fame che i ragazzi si portavano dietro nonostante la cena, avrebbero di certo finito per abbuffarsi.
-Ne avete ancora di tè?-
-Credo di no.-
La nonna tornò in cucina per recuperare la teiera bollente.
L’olfatto di Bruce si dimostrò da guinness dei primati. Fu in grado di percepire la fragranza dei dolci prima ancora che Patty e la nonna mettessero piede nella stanza. Annusò l’aria e si allungò verso la porta, attirato da un profumo celestiale che gli fece accartocciare le budella.
-Cos’è questo?!-
-Cos’è cosa?- gli fece eco Mark.
-Biscotti!-
-La fame ti fa venire le allucinazioni?-
Patty scostò con un gomito la porta rimasta socchiusa e precedette la nonna nella stanza.
-Uno spuntino.- annunciò soltanto.
Bruce tolse il volume alla tv, balzò in piedi e si catapultò verso il tavolo mentre il vassoio trovava il suo definitivo posto sul ripiano. Si riempì le mani di dolcetti e si sedette dove avrebbe potuto raggiungerne altri allungando appena un braccio.
-Nonna, non dovevi.- sospirò Jenny.
-Certo che doveva, invece.- la contraddisse Bruce, inghiottendo il terzo biscotto -Soprattutto dopo la cena di oggi...-
-Cosa avresti da dire contro la cena di oggi?- domandò Evelyn bellicosa.
La vecchina sorrise.
-Siete giovani e avete bisogno di nutrirvi.-
-Ha perfettamente ragione, nonna. Lei sì che capisce le nostre necessità, non il nostro allenatore che se ne sta al caldo al sud del paese dopo averci spedito in Groenlandia…-
La vecchina sorrise, poi l’attenzione dei suoi occhi fortemente miopi venne catturata dalla foto di un’affascinante ragazza, apparsa in tv mentre lo speaker parlava di qualcosa che non potevano udire. La vecchina esitò a uscire e Jenny lo notò, soprattutto perché non aspettava altro per far sparire la tentazione dei biscotti.
-La conosci, nonna?-
-Sì, povera creatura. Si chiamava Alice Jones.-
Benji prese dalle mani di Amy la tazza di tè bollente che lei gli porgeva e fissò gli occhi sull’avvenente giovane comparsa in tv.
-Era una fotomodella molto nota qui da noi.- spiegò la vecchina -Era la figlia di una coppia di negozianti di Obihiro che produceva e vendeva costumi tradizionali. Fin da piccola aveva posato come modella per il loro catalogo di kimono e yukata e poi crescendo le sue foto avevano cominciato a diffondersi anche al di fuori della produzione familiare.-
-Cosa le è successo?-
-È scomparsa precisamente un anno fa. Per tutta la giornata i telegiornali non hanno fatto altro che ricordarla. Aveva vent’anni quando è svanita nel nulla.-
Amy fu percorsa da un brivido.
-Svanita come?-
-Una tragedia.- sospirò l’anziana signora -Durante una gita con un gruppo di amici sull’altro versante della montagna.- indicò un punto oltre la finestra, nella notte fredda e ammantata di neve -Sulla via del ritorno il gruppo è stato sorpreso da una tormenta. Quei poveri ragazzi non hanno trovato riparo e sono stati costretti ad affrontare la bufera per raggiungere le case più vicine. Hanno percorso più di cinque chilometri in balia del maltempo e quando sono arrivati al centro abitato erano stremati. Solo lì si sono accorti che Alice non era più con loro. L’avevano persa, non sapevano dove, non sapevano quando. Le ricerche sono iniziate soltanto il giorno successivo, alla luce del sole e con un tempo migliore. Ma la neve aveva cancellato ogni traccia. Non è stata più trovata.-
-Ma nonna!- l’apostrofò Evelyn -Non può essere sparita nel nulla!-
-Purtroppo è accaduto, anche se non tutti concordano sul fatto che si sia persa. C’è chi sostiene che sia stata rapita da un ammiratore che ha perso la testa per lei, altri che si sia allontanata volontariamente dal resto del gruppo per scappare da qualcosa o da qualcuno, magari all’estero. Altri ancora giurano che fosse depressa e che abbia approfittato di quel momento per gettasi da un dirupo.-
Amy si accostò di più a Julian mentre la nonna continuava.
-O forse ha perso la strada ed è scivolata in una scarpata. Nelle notti di bufera, quando la neve cade abbondante, non è facile riuscire a vedere dove mettere i piedi.- la vecchina tacque per riprendere fiato -Io però so qual è la verità.- abbassò la voce e si guardò intorno come se temesse che qualcun altro o qualcos’altro, oltre a loro, la udisse.
-La dica anche a noi.- la esortò Benji.
Il divertimento che percepì nella sua voce non la scoraggiò.
-Gli spiriti degli antichi abitatori dell’Hokkaido imperversano ancora su queste montagne in cerca di vendetta. Le stragi compiute dai colonizzatori giapponesi sono state tremende, spaventose. Troppo sangue innocente è stato versato. Adesso ogni due o tre anni paghiamo le conseguenze di quella carneficina e qualcuno sparisce misteriosamente senza lasciar traccia. Le anime ainu che dimoreranno tra le montagne per l’eternità sono in costante ricerca di vittime con cui purificare le morti del loro popolo. Sono proprio le notti di maltempo quelle in cui vanno a caccia di vendetta. Trasportati dal vento e dalla neve gli spiriti irrequieti circondano gli innocenti in cui si imbattono e li trascinano via con sé. Alice non è altro che una delle loro numerosissime vittime: era una ragazza che possedeva tutto e proprio questo rendeva la sua vita più preziosa. Quale altra spiegazione dare alla sparizione del suo corpo? Se fosse morta sarebbe stato ritrovato. Le montagne dei dintorni sono state setacciate per mesi!-
-Che cosa terribile!- mormorò Amy impressionata.
-Nel bosco non molto lontano da qui, è stato eretto un piccolo altare per tutte le anime innocenti che hanno fatto questa orrenda fine. Due volte l’anno, all’inizio e alla fine dell’inverno, un sacerdote celebra un rito per placare la furia dei demoni malvagi e pregare per le loro vittime.- la nonna indietreggiò verso la porta -Per questa sera vi ho tediati abbastanza con la mia presenza. Buona notte ragazzi.-
Dopo che se ne fu andata, un silenzio di tomba riempì la stanza. Fu Benji a infrangerlo, con il suo scontato scetticismo.
-Tua nonna ha una notevole fantasia.- disse a Jenny.
-È superstiziosa come moltissime persone della sua età che abitano in posti così piccoli.-
Amy si volse risentita.
-Non le credete?-
-Per quanto riguarda la storia degli spiriti in cerca di vendetta, no.-
-Non le credi perché hai paura che portino via anche te, vero Benji?- domandò Bruce con aria grave.
-Potrebbe succedere, visto che anch’io sono ricco e famoso.-
-E un insopportabile pallone gonfiato.- mormorò Mark.
-Ho solo una pecca.- proseguì Benji senza dar peso al suo commento -La mia famiglia è antica sì, ma di sicuro non discende dai colonizzatori.-
-Una vera sfortuna.-
-Piantala, Mark.- lo redarguì Holly e finalmente si decise ad assaggiare un biscotto. Non ne trovò più -Bruce! Li hai finiti tutti!-

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Capitolo 6
*** 4 - Piste da sballo ***


- 4 -
Piste da sballo


Avvolta nel caldo yukata del ryokan, Amy entrò in cucina e salutò tutti ancora insonnolita. La triste storia di Alice Jones aveva messo radici nella sua testa, impedendole di dormire sonni tranquilli. Era rimasta sveglia per ore immaginando la disperazione di smarrirsi nei profondi recessi delle montagne durante una tormenta di neve. La sofferenza di una morte per assideramento le aveva messo addosso un’angoscia così profonda da portarla, a un certo punto, addirittura a immedesimarsi nella sfortunata protagonista di quella tragedia. La suggestione aveva fatto il resto. Brividi di freddo l’avevano indotta a rannicchiarsi sotto le coperte tra cui non era più riuscita a scaldarsi, tanto che i piedi e le mani le si erano ghiacciati. Nel buio della camera, tra i respiri quieti delle amiche che dormivano, si era alzata per procurarsi un paio di calzini e un’altra coperta. Poi era tornata nel futon e si era accoccolata addosso a Patty addormentata al suo fianco, beandosi della tranquillità e del calore del suo corpo, che le aveva scongelato il cuore e le estremità intirizzite. Solo all’alba era crollata di stanchezza.
Individuò Julian con occhi assonnati e infastiditi dalla luce del sole che entrava dalla portafinestra affacciata sul cortile. Scostò la sedia e si sedette al posto libero accanto al fidanzato. Alla sua sinistra c’era Benji, che le allungò la caffettiera quando lei gliela chiese.
-Non hai dormito?-
-Poco.- gli lanciò giusto un’occhiata distratta, perché dall’altro lato Julian le aveva posto la stessa identica domanda -Ieri sera ho impiegato parecchio tempo a prendere sonno.-
L’orologio appeso al muro segnava già le otto. Chi era seduto al tavolo aveva pressoché finito di fare colazione ma Bruce, Mark e Philip ancora non arrivavano e ciò rendeva Jenny irrequieta. Se il fidanzato non si fosse affrettato a scendere, non avrebbe avuto il tempo di fare colazione. Scostò la sedia e si alzò per riporre al caldo il bricco del caffè, approfittando di essere in piedi per lanciare un’occhiata al corridoio deserto.
-Arriveranno?- domandò a Holly.
-Me lo auguro per loro, altrimenti salteranno la colazione.-
Appunto. Jenny non disse nulla, sospirò soltanto. Passi affrettati sulle scale annunciarono l’arrivo di Bruce, nonostante la ragazza avesse sperato fino all’ultimo che si trattasse di Philip. Entrò in cucina impetuoso come un tornado, che perse però di colpo la sua irruenza davanti alla tavola apparecchiata. Solo frutta, yogurt e fette (contate!) di pane tostato.
-Diamine! Come ieri!-
-Mettiti l’anima in pace, Bruce.- lo zittì Evelyn -Dobbiamo seguire la dieta che ci ha mandato Gamo.-
Lui si sedette sbuffando, tanto stizzito quanto affranto. Jenny si affacciò sul corridoio, poi rientrò scuotendo la testa. Le scale erano silenziose e deserte e l’unico rumore che udiva era quello delle posate con cui Bruce si era rassegnato a infilare nello stomaco quel poco che il mister gli aveva concesso.
-Dov’è Philip?-
-Sta litigando con Mark.- Harper piantò gli occhi sulla mano di Evelyn -Abbonda! Mezzo cucchiaino di zucchero nel caffè non serve a niente!-
Lei tacque per protesta.
-Centellinare persino lo zucchero! Non posso crederci!- cercò la comprensione di Jenny e si accorse che lo osservava in attesa -Philip, dicevi? Deve essersi alzato con il piede sbagliato.-
-Non io, Landers.-
La voce di Callaghan lo precedette in cucina. Salutò la fidanzata con un sorriso risicato e forse addirittura un tantino esausto nonostante si fosse appena alzato, e andò a sedersi al posto che occupava di solito, tra Tom e Jenny. Lei si affrettò a recuperare il bricco del caffè e a versargli la bevanda calda nella tazza. Poi gli allungò lo zucchero e accese il tostapane, perché le ultime fette riscaldate se le era spazzolate tutte Bruce.
-Alla fine hai vinto tu.- si congratulò Benji, con una certa soddisfazione.
-Certo!-
Holly non capì.
-Vinto cosa?-
-Landers e Callaghan stavano discutendo su chi dovesse andare in bagno per primo.-
-Ancora? Non avevamo detto che avremmo seguito l’ordine alfabetico?-
-No!- fu secco Philip -Lo hai deciso tu! E nessuno è stato d’accordo!-
-Soprattutto perché saresti l’ultimo.-
-Veramente l’ultimo è Tom. E poi la tua proposta è ingiusta, Holly.-
-Non la penseresti così se prendessimo come riferimento i nostri cognomi.- questa seconda opzione a Benji non piaceva. In quel caso Philip sarebbe andato al bagno sempre per primo e lui sempre per ultimo. Penultimo, si corresse, prima di Ross.
-Non potreste fare a rotazione?-
Gli occhi dei ragazzi si spostarono su Patty, valutando la  proposta.
-Oppure va chi si sveglia prima.- suggerì Evelyn.
-Come facciamo adesso.-
Jenny recuperò le fette calde dal tostapane e le dispose su un vassoio che appoggiò accanto al fidanzato. Philip allungò una mano verso il pane, affamato com’era, e mentre afferrava una fetta i suoi occhi indugiarono senza volerlo, o forse consapevolmente, sulla scollatura dello yukata di Jenny, che lasciava intravedere la pelle liscia del collo. Un panorama che, appena sveglio, gli allietò la mattinata dissipando all’istante gli ultimi strascichi della discussione con Mark. Una visione che gli imprigionò gli occhi con la stessa forza con cui una calamita attira il ferro.
-Capito, Philip?-
Richiamato così bruscamente a tutt’altri pensieri, il ragazzo sobbalzò.
-Cosa, Holly?-
-Ho detto che stasera stabiliremo i turni per il bagno. Mi farebbe piacere se mi ascoltassi quando parlo. Adesso andiamo, si sta facendo tardi.- si alzò e imboccò per primo il corridoio, seguito nell’ordine da Bruce, Julian e Tom.
E mentre Bruce continuava a borbottare improperi sugli energetici svantaggi della risicata colazione, il capitano si disse che era stufo di tutte quelle storie per il bagno. Se non trovava al più presto una soluzione che li mettesse d’accordo, ogni sera avrebbero deciso i turni del giorno successivo tirando a sorte.
Seduto sulla sedia, la tazza del caffè sollevata a metà tra il tavolo e le labbra, Philip osservò sgomento i compagni uscire dietro Holly.
-Sono appena arrivato, datemi il tempo di mangiare!-
Giusto un attimo prima di lasciare la cucina, Benji si volse con un ghigno provocatorio.
-Di mangiare o di sbirciare nella scollatura di Jenny?-
La tazza di Philip sussultò tra le sue dita, versando sul tavolo qualche goccia di caffè. Il giovane spalancò la bocca, un guizzo di collera gli attraversò gli occhi. La tentazione di lanciargli la tazza addosso fu violenta e incontenibile. Ma non lo fece, perché poi gli sarebbe toccato ripulire la cucina e non aveva da perdere neppure un istante. Mandò giù furibondo la bevanda scottandosi la lingua e uscì di corsa, con il desiderio bruciante di prendere a pugni il prima possibile quell’impiccione di Price.
Solo quando furono davanti alla porta d’ingresso a indossare le giacche, le sciarpe, i guanti e infilare le scarpe, Tom si sentì in dovere di far notare a Holly che qualcuno mancava ancora.
-Non aspettiamo Mark?-
L’altro tirò su la chiusura lampo della giacca con un movimento secco e categorico.
-Conosce la strada, ci raggiungerà. E spero per lui presto.-
Jenny si attardò in cucina per avviare la lavastoviglie. Apparecchiò per Mark, chiuse il sacco della spazzatura e lo mise fuori sulla veranda, ripescò la dieta di Gamo tra i fogli infilati dritti tra il forno a microonde e il frigorifero per accertarsi di ricordare il menù di quel giorno e tornò al piano di sopra.
La stanza che divideva con le amiche era piacevolmente riscaldata dall’aria proveniente dal climatizzatore acceso al massimo. Evelyn, china davanti alla porta, stava ripiegando il proprio futon e per entrare, Jenny dovette scavalcarla. Patty era in piedi davanti al lungo specchio appeso al muro e si stava pettinando. Amy doveva ancora finire di vestirsi e cercava tra i propri abiti un maglione da indossare.
-Chissà se oggi riusciremo ad andare a pattinare.-
-Speriamo, Amy. Dopodomani dobbiamo restituire i pattini.- Jenny si sfilò svelta lo yukata e si rivestì con dei jeans blu e un maglione azzurro come il cielo di quel giorno.
-Perché non li abbiamo noleggiati per tutta la settimana?-
-Perché non avevamo in programma di andare a pattinare tutti i giorni.-
-Neppure uno finora, in realtà.-
-Allora andiamoci stamattina.- propose Evelyn con un entusiasmo che indusse le amiche a prendere in seria considerazione l’idea.
Fu Patty a bocciarla per prima.
-Ormai è troppo tardi. Non possiamo andar via senza avvertirli.-
-Ma possiamo telefonare a Bruce e dirglielo!-
Una voce insistente raggiunse la stanza, inducendole a tacere.
-È la nonna.- sospirò Jenny -Mi sta chiamando. Che le servirà stavolta? Ieri la neve, oggi che altro?-
Si affacciò sulle scale. Nonna Harriet era in attesa davanti all’ingresso, la scopa in una mano, la paletta in un’altra. Quando la vide, tirò su gli occhiali scesi un po’ sul naso e le sorrise.
-Sono arrivate le provviste, c’è da scaricarle… Che fine hanno fatto i ragazzi?-
-Sono già usciti.-
-Davvero? Allora buon lavoro.-
-Devo farlo io?-
-È sufficiente che dai una mano.-
Jenny sospirò, indossò la giacca a vento e uscì sulla veranda.
L’aria era tersa e cristallina, l’azzurro infinito del cielo si schiudeva tra le montagne innevate. Oltre il piazzale ricoperto di neve, in lontananza scorgeva una parte del paese che si srotolava in basso nella pianura circostante. Lì fuori tra la neve, in quella giornata fredda e abbagliante, si imbatté nell’unico individuo di tutta Shintoku che aveva sperato di non incontrare durante la permanenza dai nonni. Rimase sulla veranda d’ingresso a guardarlo interdetta, perché al suo posto avrebbe dovuto esserci suo padre, il signor Albert Swann, il gestore del negozio di alimentari più vicino dove i nonni facevano rifornimento almeno tre volte a settimana. E l’ultima, il giorno stesso dell’arrivo dei ragazzi al ryokan, era stato proprio lui a portar su le provviste. Jenny lo aveva intravisto dalla finestra del primo piano che insieme al nonno portava dentro la merce.
E adesso? Si lanciò un’occhiata pavida alle spalle ma  le bastò solo pensare di fuggire per scartare l’idea all’istante. Sarebbe stato troppo umiliante se lui si fosse voltato e l’avesse vista darsela a gambe. Tirò un respiro profondo, affrontò controvoglia i quattro gradini della veranda passando tra alcuni scatoloni e si avvicinò al furgoncino bianco. Il ragazzo, occupato a trafficare all’interno del vano di carico, non la vide né udì i suoi passi. La tentazione di rientrare fu quasi ingestibile ma del tutto inutile. Finché si trovava dai nonni, le probabilità che finissero per incontrarsi erano troppe. Dunque tanto valeva farlo adesso, in un momento in cui era sola.
Afferrato un pesante scatolone, il giovane si volse e la vide. A Jenny non piacquero affatto gli occhi allo stesso tempo divertiti e critici con cui la esaminò, ma si rifiutò testarda di distogliere lo sguardo per prima. Ebbe modo così di prendere atto di quanto fosse cresciuto, quanto fosse cambiato. I capelli castani, divisi in ciocche dal gel, puntavano sparati contro il cielo. Oltre a diventare più alto, si era fatto molto più robusto. Il suo viso invece non era particolarmente attraente, non lo era mai stato, ma i lineamenti erano piacevoli e sul suo volto brillavano, in quel momento fin troppo ironici, profondi occhi neri.
-Non sei felice di vedermi?-  
Perché mai Jenny avrebbe dovuto essere felice di incontrarlo se avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di evitarsi quel momento?
Kevin percepì all’istante la scontentezza della ragazza, la delusione di veder lì lui invece di suo padre. Il suo atteggiamento scontento, il fatto che lei non gli regalasse neppure un sorriso e che non lo salutasse, lo infastidì più di quanto sarebbe stato normale, visto che non si vedevano, non si frequentavano – non l’avevano mai fatto – e non si sentivano da anni. La superò, appoggiò il carico sulla veranda e tornò verso il furgoncino. Lei rilanciò con un’altra domanda.
-Perché sei qui, Kevin? Questo è il lavoro di tuo padre.-
Restò discosta a guardarlo scaricare altre scatole. Erano passati più di quattro anni, forse anche cinque, dal loro ultimo incontro.
-Gli do una mano. Tu invece cosa sei venuta a fare a Shintoku?- Kevin le lanciò una seconda occhiata e questa fu tutta d’apprezzamento. Jenny era stata una bella bambina e adesso si era fatta una bella ragazza. Una bella ragazza che la sua presenza aveva reso scontenta e che sembrava mettere a disagio, indecisa se aiutarlo o meno.
-Sono in vacanza.-
Senza dire nulla, neppure guardarla, la superò per depositare uno degli scatoloni sulla veranda e lei ne approfittò per avvicinarsi al furgoncino. Contò le scatole rimaste, erano solo tre. Kevin aveva finito e nonostante le convinzioni della nonna, era giusto che avesse fatto tutto da solo visto che era pagato per sgobbare per il ryokan. Pensandoci bene però, forse era meglio aiutarlo. Prima finiva e prima si toglieva di torno. Si protese all’interno dell’abitacolo, raggiunse una delle ultime scatole, la tirò verso di sé e la sollevò. Non era eccessivamente pesante. Quando si voltò Kevin le era così vicino che per un soffio non gli finì addosso.
-C’è anche il tuo ragazzo, vero?-
-Sei ben informato.-
-Per forza. Tua nonna lo va sbandierando ai quattro venti! Sembra così orgogliosa di lui, neanche fosse il presidente degli Stati Uniti! Oppure sei riuscita a rimorchiare proprio lui in uno dei tuoi tanti viaggi a New York?-
-Non sei divertente.-
Jenny tornò verso l’edificio, Kevin prese la penultima scatola, poi la seguì.
-Tu mi piaci ancora.- esordì inaspettatamente, mentre lei posava il carico sulla veranda.
Jenny si volse a guardarlo attonita.
-Non dire assurdità.-
-Sto parlando sul serio.- la fissò dritta negli occhi, incurante del peso che gli grava sulle braccia.
-Non ti sono mai piaciuta.-
-Questo lo credi tu. Io non l’ho mai detto.-
-Mi hai sempre ignorata.-
-Sbagli.-
Jenny gli lanciò un’occhiataccia.
-Adesso sono qui con il mio ragazzo!-
-Io ti piacevo!- insistette lui in un modo infantile e ridicolo.
-Secoli fa! Non ricordo più neppure quando! E soprattutto non riesco proprio a spiegarmi il perché!-
Per accelerare i tempi e mettere fine a una conversazione inopportuna che stava cominciando a sfiancarla, Jenny gli tolse lo scatolone per depositarlo sui gradini. Kevin la raggiunse alle spalle prima che lei si liberasse del carico e la cinse da dietro. Impiegò un secondo ad accostare la bocca al suo volto, sfiorandole la pelle fredda dello zigomo con le labbra calde.
-Che direbbe il tuo ragazzo se ti trovasse tra le mie braccia?- la provocò a voce bassa, respirando il suo profumo, mentre lei cercava senza successo di sciogliersi dal suo abbraccio.
Una simile, terribile possibilità la terrorizzò. Spostò gli occhi verso il sentiero che portava alla radura, tentando nel contempo di scostarsi da lui. Cosa sarebbe successo se davvero qualcuno l’avesse vista così? O se Philip fosse tornato all’improvviso?
-Lasciami Kevin! Mollami, accidenti a te!- cercò di voltarsi per mettere tra loro lo scatolone. Non riuscì a smuoverlo. Lui la serrava a sé con forza, il volto sprofondato tra i suoi capelli, le braccia a circondarle lo stomaco.
Così, sostenendo con una mano sola il peso del carico, si volse di colpo e gli puntò le dita contro il petto. Riuscì a scostarlo un po’ e insistette con più forza, appoggiandogli sul torace il gomito dell’altro braccio. Intanto Kevin rideva e continuava a tenerla stretta.
Con la stizza che cresceva insieme alla necessità di toglierselo di dosso, Jenny lo spintonò bruscamente all’indietro e la scatola le sfuggì di mano. Il sacrificio del pacco non servì a liberarsi dall’insistenza del ragazzo. Le permise soltanto di voltarsi e guardarlo. Kevin le stava appiccicato come una ventosa e a pensarci bene preferiva la posizione precedente. Certo, si era girata, le mani del giovane le cingevano la schiena invece che lo stomaco ma era ancora incollata a lui. Adesso che poteva farlo, lo guardò dritto in faccia e la collera le intasò il cervello, leggendo nei suoi occhi puro divertimento. Kevin stava giocando, si stava divertendo a infastidirla. Ogni parola pronunciata finora dal ragazzo faceva parte di uno stupido gioco che per lei non aveva senso. Affondò le dita nel tessuto della giacca a vento fin quasi a lacerarlo con le unghie.
-La-scia-mi!- scandì.
-Hai un profumo buonissimo, non lo ricordavo.-
Mark si precipitò fuori dal ryokan a testa china, cercando di sbrogliare la sciarpa dalla chiusura lampo della giacca. Era davvero in ritardo! Non che gli importasse di arrivare per ultimo, sapeva che purtroppo non si stava perdendo nulla. Ma i rimbrotti di Hutton no. Quelli voleva e poteva benissimo evitarli. Era stato l’unico motivo, questo, che lo aveva spinto ad affrettarsi e adesso che la sciarpa si era incastrata nella giacca, stava perdendo preziosissimi minuti per sbrogliarla. Detestava profondamente quel genere di intoppi perché lo facevano sentire deficiente. Il dramma attuale consisteva nel fatto che la sciarpa era una creazione di sua madre e se l’avesse rotta, lei ci sarebbe sicuramente rimasta malissimo. Si fermò sulla soglia a liberare i fili di lana dai dentelli di plastica che li stavano lacerando. Poi riprese ad avanzare e solo per un soffio riuscì a evitare un capitombolo epocale. Scatole ovunque a intralciare il passaggio. Una, due, tre, quattro… Smise di contare, i suoi occhi scorsero qualcosa che gli fece perdere il filo.
Si bloccò sul posto, la giacca ancora aperta per metà a lasciar penetrare il freddo fino allo stomaco e di conseguenza, alla scarna colazione non ancora digerita, gli ultimi fili della sciarpa aggrovigliati nella chiusura lampo che ormai non guardava più, gli occhi fissi su di loro. La fidanzata di Callaghan era proprio davanti a lui, tra le braccia di un tizio che non era Philip, vicini alle portiere spalancate del vano di carico di un furgoncino bianco, uno davanti all’altra. Le mani di Jenny erano adagiate sul torace dello sconosciuto, il viso sollevato a guardarlo. Il ragazzo la stringeva a sé, avvolgendola in un abbraccio. Non si erano assolutamente accorti di lui.
Mark non seppe cosa pensare e scelse di non pensare affatto. Il comportamento della ragazza di Callaghan non lo riguardava nel modo più assoluto e se avesse potuto non vederli sarebbe stato meglio. Maledetta sfortuna che lo aveva fatto uscire proprio in quel momento! Si guardò intorno cercando una via di fuga che non c’era, esattamente come poco prima non l’aveva trovata Jenny. Suo malgrado fu costretto ad ascoltarli quando loro ripresero a parlare. E forse fu un bene perché gli consentì di intuire cosa stesse accadendo.
-Sono anni che non ci vediamo e non mi dai neppure un bacio?-
-Scordatelo, Kevin! E lasciami!-
-Sicura di volerlo?-
-Mi lasci o chiamo i nonni?-
-Perché invece non chiami il tuo ragazzo e me lo presenti? Sono curioso di conoscerlo.-
L’anonimato di Landers durò il tempo di un respiro. Tentando ancora di scostarsi Jenny si volse, lo vide e divenne bianca come un cencio. L’effetto dello spavento la fece poi arrossire proprio nel modo in cui Callaghan sembrava apprezzare parecchio. Mark non poté dargli torto perché l’imbarazzo le donava tanto da fargli quasi dimenticare la scomoda presenza dello sconosciuto, se solo non lo avesse avuto così incollato addosso. Perché davanti all’ingresso? Non voleva saper nulla di loro, e invece fu addirittura costretto ad avanzare verso i due, fermi proprio sul suo percorso.
Mentre scendeva in silenzio i gradini, passando accanto alla ragazza per un istante ebbe quasi la tentazione di scusarsi per averli interrotti. L’espressione atterrita della giovane lo indusse a chiedersi se per caso temesse che andasse a spifferare tutto a Philip.
Jenny non riuscì a distogliere gli occhi da quelli di Mark, mentre un terrore puro le faceva accelerare i battiti del cuore. La sua voce vacillò, la preoccupazione le fece salire un nodo in gola, Mark lo avrebbe detto a Philip e lui si sarebbe infuriato. Piegò i gomiti e tentò di allontanarsi. Doveva assolutamente liberarsi dalla stretta di Kevin. Quando parlò, la sua voce ebbe un sussulto.
-Non… Non è quello che sembra.-  
-Disse la moglie al marito tradito. È lui il tuo ragazzo?-
-Kevin, lasciami accidenti a te!-
Mark era esterrefatto. Cosa sarebbe successo se fosse stato Callaghan a uscire dal ryokan e ad assistere a quella scena?
-Allora? È lui?- insistette Kevin testardo.
Jenny si guardò bene dal rispondergli. Che lo pensasse, se voleva. Purtroppo però il sollievo di non avere di fronte Philip non riuscì a scacciare il terrore di essere stata sorpresa tra le braccia del suo ex compagno di scuola. Cercò di nuovo di scostarsi. Che Mark li avesse visti era già un disastro ma se per uno sfortunatissimo caso Philip fosse tornato al ryokan proprio in quel momento e li avesse trovati così, sarebbe successo il finimondo. Si volse di scatto e gli mollò una gomitata nello stomaco.
Il ragazzo la lasciò all’istante.
-Mi hai fatto male!-
Jenny indietreggiò fino a mettersi al sicuro accanto a Mark. Lui la guardò ancora incerto.
-Chi è? Un tuo amico?-
-Un ex amico.-
-Ex amico!- fece eco Kevin sgomento, indirizzando sul nuovo arrivato lo scontento di una risposta che non gradì -Tu chi saresti invece? Quell’imbecille del suo ragazzo?-
-Per tua fortuna no, altrimenti ti avrei già spaccato la faccia. Jenny, ti sta dando fastidio?-
-Certo!-
-Lo immaginavo.- guardò Kevin -Hai bisogno di aiuto per toglierti dai piedi o ce la fai da solo?-
Jenny apprezzò moltissimo il tono minaccioso di Mark. Era proprio quello che ci voleva per far sparire Kevin, visto che finora non le aveva dato retta. A guardar bene, che l’amico fosse arrivato non era poi soltanto una tragedia. Bastava convincerlo a non riferire a Philip ciò che stava accadendo. Guardò di nuovo Kevin, i suoi occhi erano pieni di collera e scontento ma ancora non se ne andava. Perché? Perché restava piantato lì a guardarli? Cos’altro voleva?
Li osservò entrambi, i due ragazzi, prima uno e poi l’altro. Mark svettava sul suo ex compagno di scuola ed era fisicamente più imponente. Purtroppo però anche Kevin non era più un discolo delle elementari e pareva molto più infuriato di Landers, che si limitava a guardarlo con fastidio e sufficienza.
Jenny fece un passo avanti, per ribadire il concetto appena espresso da Mark.
-Qui non sei il benvenuto, Kevin. È meglio se vai.-
Il ragazzo la fissò furente, non poteva scacciarlo. Era Jenny l’intrusa, lì! Non lui! Quello era il suo territorio, Jenny soltanto un’estranea che trasferendosi altrove, aveva abbandonato Shintoku rinunciando al diritto di essere considerata una di loro. Adesso non poteva tornare al ryokan e pretendere di punto in bianco di dettar legge. Lui non lo avrebbe permesso. Mentre macinava questi pensieri, recuperò l’ultima cassa e la depositò davanti all’ingresso.  
Jenny e Mark lo osservarono richiudere le portiere posteriori del veicolo, girargli intorno e, con sollievo lei e pienamente soddisfatto lui, prepararsi a salire a bordo. Ma non lo fece. Tornò inaspettatamente da loro e si piantò davanti a Jenny.  
-Tra noi due non finisce qui!-
Mark si sentì rimescolare più di lei.
-Cos’è, una minaccia?-
Kevin spostò lo sguardo dall’una all’altro. L’intervento e la strafottenza di quello sconosciuto gli urtarono i nervi già tesi allo stremo dal diverbio con la ragazza.
-Chi cazzo sei tu? Non devi immischiarti!-
Fu un gesto puramente istintivo quello che lo portò a serrare le dita della mano destra. In quel medesimo istante accaddero tre cose contemporaneamente. Kevin scagliò il pugno, Mark si tirò di lato per sottrarsi alla traiettoria e Jenny si mise tra loro, nell’estremo e incosciente tentativo di impedire che il colpo arrivasse a destinazione.
D’istinto chinò la testa e sollevò le braccia per ripararsi il viso da un pugno che se fosse andato a segno l’avrebbe stesa a terra con il naso fratturato. Superato lo sgomento, Landers la tirò indietro mentre Kevin correggeva per un soffio la traiettoria del colpo. Il risultato di tutti questi movimenti convulsi, fu che Mark si prese in faccia un pugno che avrebbe facilmente evitato.
La violenza dell’urto lo catapultò addosso a Jenny. Con la vista annebbiata dal dolore, si portò una mano al viso e sbatté le palpebre un paio di volte per scacciare i punti scuri che avevano improvvisamente saturato l’aria. Mark poté mettere a fuoco Kevin solo nel momento in cui saliva sul furgone e sbatteva la portiera. L’infame bastardo fuggì sotto i suoi occhi e lui non poté fare nulla per impedirglielo.
-Maledetto stronzo!- gridò alla neve sollevata dalla rabbiosa manovra della vettura che imboccava la strada e spariva dietro la curva, slittando sul ghiaccio.
-Ha avuto paura ed è fuggito!- gridò ancora ai fiocchi che si depositavano a terra, lo zigomo dolorante che bruciava da morire. Si rivolse a Jenny furibondo -Come ti è saltato in mente di metterti in mezzo?-
Lei indietreggiò, consapevole del fatto che proprio la sua manovra azzardata aveva consentito a Kevin di colpire Mark. Se fosse rimasta al suo posto, ciò non sarebbe accaduto.  
-Mi dispiace, io non...-
-Pensavi davvero che mi sarei fatto picchiare? Per chi diavolo mi hai preso? Guarda a cosa è servito il tuo intervento! A farmi prendere a pugni dal primo cretino di passaggio!- tacque soltanto per riprendere fiato mentre continuava a fissarla stravolto dall’ira.
L’arrivo di Patty fu provvidenziale.
-Mark, stai bene?-
Lui e Jenny si volsero all’unisono. La ragazza era davanti all’ingresso e Jenny fu sollevata di vederla. La collera di Mark sembrava incontenibile e non era preparata ad affrontarla.  
-Benissimo! Grazie a Jenny sto una favola!-
-Non volevo che ti picchiasse!-
-Ed è esattamente ciò che hai fatto succedere!-
Jenny non sapeva più cosa dire per fargli capire quanto la addolorasse ciò che era appena accaduto. Sollevò una mano verso la sua guancia arrossata e lui le allontanò brusco le dita, costringendola ad abbassarla.
-Lascia stare, non è niente.- ringhiò furioso, maledettamente furioso.
Non solo quel bastardo lo aveva picchiato senza consentirgli di ricambiare la cortesia, ma era accaduto davanti agli occhi delle amiche che avrebbero potuto riferirlo agli altri. Già immaginava quante risate si sarebbe fatto Price alle sue spalle. E Callaghan lo avrebbe guardato incredulo, provando la curiosità viscerale di sapere chi fosse riuscito ad arrivare così facilmente alla sua faccia, visto che della nazionale soltanto lui e quel portierucolo da strapazzo ci erano riusciti – sempre ricambiati, s’intende. Era umiliante, maledizione! Era dannatamente umiliante! Se solo Jenny fosse rimasta al suo posto!
-Mi dispiace davvero, sono mortificata.-
Landers ne ebbe abbastanza di inutili scuse che non avrebbero cancellato l’onta subita. Per quante ancora gliene facesse, lo zigomo gli pulsava e la vergogna restava. Si volse per andarsene ma lei lo afferrò per la manica del giubbotto. Maledizione quant’era ostinata!
-Per favore…- lo guardò supplichevole -Non dire nulla a Philip.-
Mark annuì senza doverci neppure pensare. Figuriamoci se voleva che i compagni sapessero che si era lasciato prendere a pugni da un cretino qualunque. Meglio tacere, per il bene suo e di tutti, tanto quello non era certo l’amante segreto della fidanzata di Callaghan. Si liberò dalla sua stretta e si allontanò seguendo la freccia rossa, la prima a indicare il percorso fino alla radura.
-Mark!- gli gridò Patty -Mettici un po’ di neve!-
Il ragazzo sparì tra gli alberi senza voltarsi e senza rispondere. Ma più avanti si fermò, raccolse una manciata di neve e se la premette sullo zigomo. Provò un improvviso sollievo, Patty aveva avuto ragione anche se lui avrebbe dovuto pensarci da solo.
Bruce lo vide per primo sbucare dagli alberi.
-Finalmente! Come mai ci hai messo tanto?-
-Ti rendi conto di che ora è, Mark?- gridò Holly scontento.
Julian lo osservò con più attenzione e notò il volto arrossato.
-Cos’hai fatto in faccia?-
-Ma basta! Cos’è? Un interrogatorio? Per sbrigarmi ho urtato contro uno scaffale!-
Bruce si accostò.
-Sai che gli incidenti domestici sono quelli che causano più morti?-
-E tu sai che al secondo posto ci sono gli omicidi?-
-Con te non si può mai scherzare!-
-I tuoi scherzi fanno vomitare!-
-Continuiamo, per favore? Benji, torna in porta!-
-Non chiamarla porta, Holly!- sbottò il portiere, avviandosi mestamente verso quegli alberi ridicolamente uniti dal lenzuolo che aveva preso a odiare più del ritiro.
Dopo che Mark fu sparito, Patty si rivolse a Jenny.
-Chi era quel ragazzo? Che ci faceva qui?-
-Lui è…- esitò mentre si lasciava cadere seduta sui gradini dell’ingresso, tra gli scatoloni che aspettavano con pazienza che qualcuno li portasse dentro.
Patty si sedette al suo fianco curiosissima. Mentre si lavava i denti aveva assistito per puro caso dalla finestra del bagno a tutta la scena. Aveva visto Jenny parlare con il ragazzo sconosciuto, poi l’aveva vista aiutarlo a scaricare il furgoncino e infine aveva visto lui prenderla tra le braccia. Era rimasta a bocca aperta e la curiosità l’aveva spinta a raggiungerli, arrivando un istante dopo Mark.
Jenny ricominciò a parlare dopo aver tirato un gran respiro.
-Prima che mi trasferissi a Furano ho abitato per alcuni anni al ryokan con i nonni. Kevin ed io andavamo alla stessa scuola elementare, del resto a Shintoku ce n’è solo una, e lui mi piaceva.- fu dura ammetterlo. A disagio allungò un piede, scavando un solco nella neve ormai calpestata e sporca -Lui è sempre stato uno sbruffone, tale e quale a ora. Il fatto che mi piacesse gli serviva per farsi bello davanti ai compagni, soprattutto perché non ero l’unica ad andargli dietro. Per il resto mi prendeva in giro e mi scherniva in continuazione. Mi tirava i capelli, mi nascondeva la cartella, mi rubava le penne… Era con tutti così prepotente che quella stupida infatuazione di bambina è svanita in poco tempo. Ma lui ha continuato a comportarsi come se mi piacesse ancora e andava in giro a dirlo a tutti. Persino ai nonni. Mezza Shintoku era convinta addirittura che ci frequentassimo.- sospirò -Dopo il secondo anno delle medie, sono andata ad abitare a Furano con i miei e non l’ho più visto.-
-Sa che stai con Philip?-
-Sì.-
-E Philip sa di lui?-
-Certo che no! Kevin è passato, dimenticato, sepolto già dalle elementari. Non pensavo neppure di incontrarlo. Anzi, lo speravo in realtà.- arrossì e dopo un attimo di esitazione continuò, guardandola negli occhi -Non posso proprio dirglielo, mi vergogno da morire! Kevin è uno stupido pallone gonfiato. Non riesco neppure a immaginare cosa mi piacesse di lui.- scosse di nuovo la testa -Non posso parlargliene, è troppo imbarazzante.- si alzò e osservò gli scatoloni accantonati intorno a loro.
Patty seguì il suo sguardo.
-Serve una mano?-
-Magari…-
-Andiamo a vedere se Evelyn e Amy ci possono aiutare.-
Rientrarono insieme e un attimo prima di imboccare le scale Patty fermò l’amica, posandole una mano sul braccio.
-Quel ragazzo sarà anche uno stupido pallone gonfiato, però fisicamente non è proprio da buttare.-
-Sì, è l’unica cosa che ho notato. Ma se l’aspetto fisico rispecchiasse la sua anima, sarebbe un mostro!-

-Proviamo i tiri in porta.-
Holly sistemò meglio i guanti di lana sulle dita disperatamente congelate. Si allenavano da più di un’ora eppure non riusciva a scaldare le mani.
Benji annuì, livellò con cura la neve con i piedi e calcò il cappellino sulla testa.
-Quando vuoi.-
-Non tu, Bruce.-
Quello si volse, più scioccato che sorpreso.
-Io?-
-Mettiti in porta, coraggio.-  
A quel punto lo sconcerto lasciò il posto alla preoccupazione. Oltre all’ordine, anche l’espressione del capitano non gli piacque. Esitò a ubbidirgli.
-Perché Bruce in porta?-
La pazienza di Holly ebbe un leggero cedimento.
-Perché ho deciso che oggi si fa a turno, Julian! È davvero necessario discutere su ogni cosa che vi dico? A Gamo ubbidite senza far storie!-
-Tu non sei Gamo.-
Holly lanciò a Bruce un’occhiataccia.
-Grazie per la precisazione, era fondamentale. Adesso fai come ti ho detto e mettiti in porta.-
Il prescelto avanzò tra i ragazzi timoroso e raggiunse il lenzuolo strascicando i piedi sulla neve.
-Tirate piano per favore.- si raccomandò.
Holly depositò il pallone a terra e si rivolse ai compagni intorno a lui.
-Chi vuole tirare per primo?-
-Io.-
Philip si fece avanti e Bruce lo guardò in ansia. Avrebbe preferito Tom a Philip, ma tutto sommato era meglio Philip di Mark, che provava un piacere sadico a calciare in faccia alle persone, e lui svariati tiri di Landers li aveva presi già addosso sia alle elementari che alle medie. Non era stato per nulla piacevole.
-Per favore, piano e con attenzione. Se mi faccio male chi pensa alla difesa?-
-Non farti scrupoli, Callaghan.- rise Benji -C’è sempre quella testa di granito di Yuma.-
Philip indietreggiò di qualche passo, prese una breve rincorsa e calciò un bolide rasente. Fendendo la neve e sollevandola a spruzzi, la palla raggiunse la porta. Bruce non si preoccupò affatto di indovinare la traiettoria presa dal pallone. Non appena il tiro di Philip partì, lui si gettò di lato piegato in avanti, la testa al sicuro tra le braccia sollevate. Il suo tentativo di proteggersi fu inutile e servì soltanto a spazientire il capitano perché la sfera non lo sfiorò. Diretto rasoterra oltre le sue gambe, il pallone si insaccò nel lenzuolo.
-Bruce! Che accidenti fai? Non devi chiudere gli occhi!-
-Sei matto, Holly? E se mi prendete in faccia?-
-Come se fosse la prima volta…- commentò Mark facendoli ridere.
-E quando mai i tiri di Philip sono alti? Dimmelo Bruce! Hai mai visto un tiro di Philip arrivare ad altezza occhi?-
Il ragazzo dai tiri scontati si volse sgomento verso il capitano. Non gli piaceva essere prevedibile, così decise che al prossimo giro avrebbe mirato un po’ più su.
Benji si avvicinò al pallone
-Tra i pali non è mai morto nessuno, almeno non ancora. Vado, Holly?-
-Vai.-
Harper si gettò lontano, rifugiandosi terrorizzato sul lato opposto del lenzuolo. Benji lo guardò sgomento perché, nonostante tutto, era riuscito a intuire la direzione che avrebbe preso la palla, gettandosi esattamente dalla parte opposta.
Holly pestò la neve innervosito.
-Bruce! Cerca di essere serio e impegnati a prendere la palla!-
-È più facile per Harper riuscire a parare, che prendere qualcosa sul serio.-
Accanto a Mark, Tom rise.
Il ragazzo in porta si tirò in piedi e si ripulì gli abiti dalla neve.
-Sono serissimo! Perché accidenti non capisci quanto sia pericoloso stare al mio posto? Holly! Li conosci perfettamente, questi qui! La tua idea balorda sta soltanto scatenando la loro vena più sadica!- li indicò e il capitano seguì scettico il suo gesto.
Accanto a lui Philip fischiettava in sordina, le mani in tasca e gli occhi sui rami più bassi degli alberi ricoperti di neve. Benji aveva sollevato leggermente la visiera del cappellino e osservava con interesse la scia di un aereo che aveva appena solcato il cielo della radura. Mark invece si esaminava critico la sciarpa, tirando qua e là qualche filo allentato. D’altro canto, Julian e Tom ricambiarono serenamente il suo sguardo.
Bruce continuò sulla sua tragica strada.
-Sai meglio di me che nessuno di loro si farà scrupoli a mirarmi addosso! Ma se hai deciso di sacrificarmi fai pure. Sei tu il capitano e io non posso che ubbidire!-
Holly fu costretto a valutare la possibilità che Bruce avesse ragione, ma prima che riuscisse a trovare una via d’uscita dall’inghippo in cui aveva ficcato se stesso e il compagno, Philip, stanco di tutte quelle lagne, si fece avanti.
-Ho capito, vado io in porta.- raggiunse il lenzuolo mentre l’altro se la svignava.
-Allora tocca a me.-
Mark posizionò per bene il pallone tra la neve e si allontanò per prendere la mira e la rincorsa. Avrebbe colpito con forza per vendicarsi in un’unica volta di tutto, dalla sconfitta del bagno al pugno che s’era beccato per colpa di Jenny.
-Non voglio guardare…- Bruce si coprì gli occhi con le mani -Non voglio vedere brandelli di Philip sparpagliarsi per tutta la radura.-
-Fatti sotto, Landers.-
-Stai in guardia, Callaghan!-
La tensione salì al massimo mentre i due sfidanti si valutavano a vicenda, l’uno determinato a parare a tutti i costi e l’altro a centrarlo in pieno. La decisione di fermarli prima che qualcuno si facesse male sul serio si palesò in Holly troppo tardi. Mark stava già prendendo la rincorsa.
Calciò un tiro così potente che la sfera schizzò verso la porta fendendo l’aria con un sibilo e piombò dritta tra le braccia di Philip senza che lui dovesse fare un solo passo per intercettarla. La parata fu splendida fin quando la palla non slittò sulla lana ghiacciata dei guanti e gli finì con crudele violenza in pieno stomaco. L’urto lo lasciò senza fiato.
Bruce piagnucolò impressionato.
-E pensare che al suo posto avrei dovuto esserci io!-
L’iniziale espressione sofferente di Philip si trasformò subito in un sorriso trionfante.
-Ha ragione Price! Parare i tuoi tiri è un gioco da ragazzi!- lanciò il pallone verso Holly e una nuova fitta gli sconquassò lo stomaco -Chi è il prossimo?-
-Io.-
-Mark, hai già tirato.-
-Ho diritto a una seconda possibilità. Holly!-
-Hai sprecato la tua occasione.- lo fermò il capitano. Per quel giorno ne aveva già abbastanza di lui -Vai in porta.-
Mark sembrò percepire nel suo tono un velo di esasperazione e quella fu una delle rare volte in cui gli diede ascolto senza protestare. Si avvicinò al lenzuolo e rise quando vide che Philip si allontanava barcollando leggermente.
-Non ti ho fatto male, vero?-
Il tiro di Julian volò alto sopra la testa dell’improvvisato portiere e si insaccò nel lenzuolo alle sue spalle.
-Mi è sembrato di vedere Warner.- lo schernì Benji -Voi della Toho siete tutti della stessa pasta.- scostò bruscamente Philip che aveva recuperato la palla e si stava preparando a tirare -Fatti in là…-
Mark si prese addosso il tiro di Benji pur di pararlo a tutti i costi. Per un istante l’aria gli mancò e boccheggiò sgomento, fissando il portiere negli occhi. Maledetto bastardo, l’aveva fatto apposta! Mentre lo pensava, la palla gli sfuggì dalle mani, rotolò tra la neve e andò ad appoggiarsi addosso al lenzuolo.
Philip prese la mano di Benji e gliela strinse entusiasta, agitandola su e giù con foga.
-Ottimo tiro, davvero stupendo! Hai una mira incredibile! Potreste persino scambiarvi i ruoli, voi due!-
Holly guardò i compagni a bocca aperta. Non seppe che dire di tutto ciò. Quello che aveva pensato essere un ottimo allenamento, si era di colpo trasformato in una pericolosissima esercitazione di tiro al bersaglio.

Più tardi, all’ora di pranzo, Jenny seguì con lo sguardo l’incedere di Philip in cucina.
-Ti sei fatto male?-
-Ha preso una pallonata nello stomaco.- Bruce girò intorno al tavolo per raggiungere la propria sedia -Come hai fatto a capirlo?-
-Intuito. Chi è stato? Mark?-
-Jenny, sei una veggente o cosa?- Harper la guardò strabiliato mentre prendeva tra le mani la tazza di tè bollente. Le sue dita cominciarono finalmente a scongelarsi -Sai dirmi anche chi vincerà i prossimi mondiali?-
-Il Giappone.- rispose lei senza esitare.
-Questa era facile.- sorrise Mark scostando la sedia abbastanza stanco. Mentre la guardava, ricordò d’un tratto la scena a cui aveva assistito alcune ore prima davanti all’ingresso del ryokan.
Per Jenny fu ancora più naturale cercare sul suo volto le tracce lasciate da Kevin. Si chiese se ne avesse fatto parola con il fidanzato, infrangendo la promessa. Decise di no, perché altrimenti Philip le avrebbe chiesto spiegazioni prima ancora di mettere piede in cucina.
Si volse e lui, che aveva notato lo scambio di sguardi, le prese una mano e la strinse quasi a voler rimarcare la propria presenza al suo fianco.
-Tutto bene?-
-Sì, ma per favore cercate di non farvi male.-
Amy riempì di riso le ciotole che Evelyn aveva cominciato a porgerle. Bruce cincischiò con le bacchette, in attesa di essere servito, poi riesumò un’idea splendida.
-Dopo andiamo a pattinare?-
Benji per poco non si strozzò con il tè.
-Quindi anche tu non hai ancora capito che non siamo qui in vacanza.-
-Anche? Chi altri con me?-
-L’ho spiegato a Jenny giusto due giorni fa.-
La guardò mentre Philip si trovava improvvisamente a pendere dalle labbra del compagno, sperando finalmente di dissipare quel velo di mistero che avvolgeva la conversazione svoltasi tra la fidanzata e il portiere all’insaputa di tutti e lontano da lui.
Jenny ne aveva cento di cose da dire e mille da rispondere ma, guarda un po’, erano precisamente al terzo giorno, quello della decisione, e temeva di pronunciare anche solo una sillaba. La stessa che  avrebbe fornito a Benji la scusa definitiva per andar via.
Philip rimase a bocca asciutta, perché ogni accenno alla famosa conversazione terminò lì. La colpa fu anche di Mark, a cui non interessava nulla di Jenny e Benji ma era terrorizzato di dover posare sul ghiaccio anche soltanto la punta di un pattino.
-Non sei stanco, Harper? Di solito dopo gli allenamenti non ti reggi in piedi.-
Jenny seguitò a guardare Benji ansiosa, perché temeva fortemente che ciò che stava per proporre avrebbe peggiorato i rapporti incerti tra lei e il portiere. Ma che poteva fare se non tentare? Porse ad Amy la ciotola di Philip affinché l’amica la riempisse di riso, poi azzardò la proposta.
-La nonna mi ha regalato una decina di biglietti omaggio per le piste da sci di Tomamu. Volete andarci?-
-No, grazie.- Mark impiegò un decimo di secondo a rispondere, giusto il tempo di rendersi conto di essere passato dalla padella nella brace. Non sapeva pattinare come non sapeva sciare perché non aveva mai fatto nessuna delle due cose.

*

Bruce sedeva sul pullman accanto a Evelyn, ma di lei riusciva a scorgere soltanto quelle ciocche di capelli che, sfuggite alla coda con cui li teneva quasi sempre legati, le scendevano lisci ai lati del viso, lasciando allo scoperto la punta di un piccolo orecchio rosa che spuntava tra le ciocche. La ragazza osservava incantata il paesaggio lunare che scorgeva dal finestrino. Erano in viaggio da quasi un’ora tra desolate e ripide montagne innevate. Non attraversavano più centri abitati ormai da parecchi chilometri, ma solo piccoli gruppi di case con il tetto di legno ricoperto di neve, sperdute nell’immensità della natura addormentata tra viottoli ghiacciati e alti pali della luce.
-Manca tanto?-
Jenny emerse dalle spalliere dei sedili davanti e Bruce apprezzò molto il suo sorriso.
-Ci siamo quasi.-
-Lo spero proprio o arriveremo che è già buio.-
Mark, seduto accanto a Tom, li udì ma tenne gli occhi fissi sul finestrino che si appannava a ogni  respiro. Per poter continuare a guardare fuori, ogni tanto lo ripuliva con la manica della giacca.
-Anche se stiamo poco cosa ce ne importa? Andiamo gratis.-
-Sei sempre il solito spilorcio. Non hai fatto storie solo per questo motivo. Scommetto che non sai sciare.- udì dire Benji dalla sua postazione solitaria, davanti a Holly e Patty. L’autobus era semivuoto e il portiere ne aveva approfittato per mettersi comodo su due sedili.  
-E tu sai farlo, Price?-
-Certo, anche con lo snowboard.-
Mark per il nervoso si sarebbe mangiato le mani.
-Se il posto vi piace potremo tornare.- disse Philip. Circondò la vita di Jenny con un braccio riportandola accanto a sé.
-Gli piacerà.- sorrise lei convinta. Tomamu era la migliore stazione sciistica di tutto l’Hokkaido o forse addirittura di tutto il Giappone. Gli amici sarebbero rimasti strabiliati da ciò che offriva.
Bruce se ne stette per un po’ in un silenzio annoiato, poi si volse indietro.
-Che fine ha fatto Julian? È da quando siamo partiti che non si vede e non si sente.- si sporse nel corridoio, non riuscì a vederlo e lo chiamò.
-Avrà da fare, non disturbarlo.-
Il viso di Amy si affacciò dalle ultime file, le guance arrossate d’imbarazzo o da ciò che, insieme, stavano facendo. Vallo a sapere. Gli lanciò un’occhiataccia, poi gli mostrò la lingua e tornò a nascondersi dietro il sedile. Benji rise.
-Non tutti sono impazienti di arrivare.-
Il pullman si arrestò in un immenso parcheggio al centro di una valle racchiusa da massicci e suggestivi picchi rocciosi ricoperti di neve. Ai piedi delle montagne, dove finivano le conifere imbiancate, sorgeva un centro sciistico super attrezzato per il quale era stato edificato a poco a poco ogni tipo di edificio. Seggiovie e skilift partivano dagli impianti collocati sul pianoro e percorrevano le montagne per tutta la loro altezza. Casette e cottage in travi di legno con i tetti  ricoperti di neve, si affiancavano a edifici in cemento a più piani, appartamenti, baite, alberghi. Ristoranti, bar, negozi, locali di ogni genere rendevano quel luogo un vero e proprio paradiso super attrezzato a uso e consumo degli sciatori. Il pezzo forte di tutta la valle, ciò che si scorgeva a chilometri di distanza, era rappresentato dai quattro imponenti grattacieli, due per ogni hotel, che svettavano contro il cielo azzurro come lunghi chiodi piantati sulla superficie liscia di un muro intonacato.
Holly scese dal pullman guardandosi intorno così meravigliato che incespicò sull’ultimo gradino.
-Non credevo di trovare un posto simile quassù.-
-Tomamu è la stazione sciistica più famosa dell’Hokkaido.- lo informò Philip -La sera dà il meglio di sé, tra un po’ vedrete che spettacolo!-
-Cosa sono quelle torri?- chiese Amy curiosa.
Se si tralasciava lo sgarbo inflitto alla natura incontaminata, c’era da ammettere che due di esse erano persino decorative. Sembravano essere state edificate da un bambino con i mattoncini lego: verdi e bianchi con qualche spruzzata di rosso su una e bianchi e grigi sull’altra, con punti rossi verso il cielo.
-Hotel.- spiegò Jenny -Le suite sono meravigliose.-
-Ci sei stata?-
-Le ho viste su internet.-
Philip la prese per mano incamminandosi sulla via principale che si snodava verso le piste, fiancheggiata da negozi, ristoranti e bed and breakfast da cui entravano e uscivano una miriade di persone.
Benji aveva sempre creduto che l’Hokkaido fosse press’a poco disabitato. Che la maggior parte degli esseri viventi autoctoni fossero lupi e orsi, oltre a Callaghan e alla sua squadra di calcio. Con il freddo glaciale che si scatenava in inverno, chi poteva mai desiderare di vivere in un posto simile? Ma adesso, di fronte a quel brulichio di umanità, stentava ad accettare la presenza di tutta quella gente, neanche fossero a Shibuya alle quattro di un sabato pomeriggio. Mentre si guardava intorno, frastornato dalla folla che l’aveva colto impreparato, quasi urtò una donna che trascinava per mano un bambino in lacrime. Si scostò, finendo proprio sotto un tabellone riportante una mappa del luogo, affisso su due pali piantati nella neve. I suoi occhi abbracciarono con interesse le piste da sci, associando a ciascuna il numero e il nome che le indicava sulla legenda sotto il disegno. Alcune sembravano fantastiche, veramente da sballo. Trovò persino quelle riservate agli acrobatici snowboard.  Se avesse potuto anche solo farci un salto per dare un’occhiata, magari con Callaghan che era più pratico del luogo… Lo cercò e si accorse di essere rimasto indietro. Raggiunse Jenny che camminava accanto al fidanzato e prima di tutto sondò le intenzioni di lei.
-Dove stiamo andando?-
La giovane scorse sul suo viso tracce di entusiasmo e capì all’istante che portarlo a sciare era stata la scelta giusta. Fu con un sorriso di immensa felicità che indicò un’insegna più avanti, su cui brillava a lettere rosse una pacchiana scritta in inglese.
-“AstroBalls”?- lesse Bruce quando raggiunsero l’impianto -Quali “balls”? Non vedo nessun tipo di “balls”.-
Philip, fortemente stranito dal sorriso entusiasta che Jenny aveva dedicato al portiere un attimo prima, si rivolse brusco al compagno.
-Che te ne frega, Harper?!-
-È solo curiosità.-
-Allora lascia perdere.-
Al contrario, Bruce preferì insistere.
-Secondo voi si tratta di palle di neve?- domandò a Tom, Holly e Julian che gli erano più vicini.
-Più probabile che siano palloni da calcio.- sbuffò Amy, si staccò dal fidanzato e si avvicinò a Patty. Insieme raggiunsero Jenny, che chiedeva informazioni all’entrata del locale, una specie di supermercato a due piani, con l’insegna sgargiante che occupava una buona parte della facciata.
-Smettila, Bruce.- lo redarguì Julian.  
-Non posso sapere di che palle si tratta?-
Philip si spazientì.
-Sono le sfere che ti riempiono il cervello quando insisti con i tuoi ragionamenti idioti!-
-Veramente le mie astroballs sono da tutt’altra parte.-
Patty era troppo poco lontana per non udirlo.
-Adesso che l’ha detto sarà contento.-
-Immagino di sì.- concordò Amy -Cominciamo a entrare. La conversazione sta chiaramente degenerando e non ho nessunissima intenzione di ascoltare le loro solite e scontante allusioni maschili di dubbio gusto. Quando ero manager della Mambo ne ho sentite a sufficienza.-
-A chi lo dici…- sospirarono in coro Patty, Jenny ed Evelyn scoppiando a ridere insieme.
Holly lanciò un’occhiataccia a Bruce e le seguì con Tom e Julian.
-Coraggio Harper, scatenati adesso che siamo solo noi quattro. Come vedi l’argomento non è gradito.- lo sollecitò Benji, annoiato anche lui dalle sue battute.
-Certo che non è gradito!- protestò Philip -È sempre il solito maniaco!-
-Maniaco?- saltò su Bruce, stavolta offeso sul serio -E allora a cosa avete pensato voi quando avete letto l’insegna?-
Mark lo guardò sprezzante.
-Non mi sono posto il problema!-
-Perché tu non capisci l’inglese.-
Landers avrebbe voluto restituire a Price la battuta con tutti gli interessi, ma l’arrivo di Holly glielo impedì.
-Che fate? Restate in strada?-
-Tu e le tue “balls”…- borbottò Philip affrettandosi a raggiungerlo.
Il negozio del noleggio dell’attrezzatura sciistica era immenso ed esibiva su due piani tute da neve, scarponcini, sci, snowboard, caschi, occhiali da sole e racchette di ogni forma e colore. Ma c’erano anche una grande quantità di creme solari, creme abbronzanti, burri di cacao di tutti i gusti, creme per la pelle spaccata dal freddo o cotta dal sole. Tè, infusi, tisane, maglieria intima di lana, jeans a prova di neve, doposci di tutti i colori, custodie di sicurezza per i cellulari, un intero scaffale di microtelecamere da fissare sul casco per riprendere le proprie acrobatiche performance e quelle degli amici. Oltre ai bagni, ai camerini e alle poltroncine sparpagliate tra gli articoli in vendita e a noleggio, c’erano una bella scelta di distributori automatici di bevande calde, un bar e un angolo souvenir.
-Non ho mai visto niente di simile.- Amy si guardava intorno entusiasta -Neppure nella pista artificiale di Tokyo c’è un tale assortimento.- vide Benji passarle accanto senza notarla, lo sguardo avvinto da tutto ciò che lo circondava. Scostandosi da Julian che studiava l’esposizione di sci maschili, prese Patty per mano e la trascinò con sé verso una delle commesse.
-Quali affittiamo?-
-Non ne ho idea, Amy. Non ho mai sciato in vita mia.-
Passando in quella parte di negozio, Holly colse Benji a osservare gli snowboard con occhi illuminati da interesse e desiderio. Senza pensarci un attimo, lo prese per un braccio e lo trascinò via.
-Scordatelo, è troppo pericoloso.-
-Il pericolo è lo stesso degli sci, se non sei capace.-
-Vieni via e pensa a qualcosa di più ordinario e meno spericolato.-
-Sono sicuro che Philip sarebbe d’accordo con me a...-
-Non azzardarti a mettergli in testa un’idea simile!-
Jenny lanciò un’occhiata al fidanzato che si aggirava insieme a Tom tra gli espositori, poi individuò un paio di sci lilla e azzurri che erano un incanto. Si avvicinò per osservarne il grazioso motivo decorativo con fiocchi di neve argentati, quando la sua attenzione venne catturata da Bruce in piedi accanto a una colonna, che si guardava intorno intimidito ed esitante. Al contrario Evelyn, al suo fianco, fremeva di entusiasmo.
-Bruce, dai!-
-Neanche per sogno. Voglio tornare a casa tutto intero. Se proprio ci tieni vai pure, io no.-
-E cosa farai nel frattempo?-
-Esplorerò i dintorni. Tra bar e negozi non mi annoierò di certo.- si mise le mani in tasca e spostò gli occhi su Jenny che si avvicinava.
-Non so sciare e non vengo con voi.- l’anticipò, prima che lei tentasse, con il suo bel faccino, di fargli cambiare idea. Non era detto che non ci riuscisse, Bruce era perfettamente consapevole delle proprie debolezze.  
-Puoi imparare a farlo, se vuoi ti do una mano.-
Appunto.
-Apprezzo il tentativo e non dimenticherò l’offerta ma preferisco fare un giro. Mi sembrano molto più interessanti i dintorni di una distesa di neve su cui potrei farmi male.-
Mezz’ora più tardi erano in marcia verso la seggiovia e Bruce era sparito da qualche parte. Notando che avanzava per ultimo, incerto e pensieroso, Jenny si accostò a Mark. Il ragazzo teneva gli occhi sollevati oltre i tetti degli edifici, sulla distesa bianca delle piste da sci, punteggiate da alberi scuri lungo i bordi. Dai  capannoni di partenza, entravano e uscivano una miriade di sciatori. I seggiolini vuoti venivano giù dondolando e dopo aver preso il loro carico, risalivano lenti la montagna.
-Non hai mai sciato, Mark?-
-No.-
-Preferisci restare qui?-
Lui si volse e la fissò. Cosa gli stava proponendo? Di rimanere a valle in compagnia di quell’imbranato di Harper? Loro due soli? Neppure a pensarci! Ormai era in ballo, tanto valeva seguire gli altri lassù, poi in qualche modo sarebbe risceso.
Si misero in coda per la seggiovia. Mark osservò l’amica posare a terra gli sci e agganciarli agli scarponcini, spiegando a Patty il meccanismo. Non sembrava difficile, poteva riuscirci senza difficoltà. Ci provò, mentre Jenny li sganciava di nuovo e tornava verso di lui, sorridendo rassicurante.
-Vedrai, è meno difficile di quanto pensi.-
Lui la guardò scettico. Più la fila scorreva e più era assalito dall’inquietudine. Più si avvicinava il loro turno, più era convinto che Bruce non avesse sbagliato poi molto a decidere di non andare. E forse avrebbe fatto meglio a restare a valle anche lui. Abbassò pensieroso gli occhi sugli sci, poi Holly avanzò lungo la fila. Mark si mosse per seguirlo ma si ritrovò improvvisamente e inaspettatamente incollato a terra. Il tentativo di procedere lo sbilanciò in avanti e per non cadere si puntellò sulle racchette, infilzandole nella neve. Ritrovò per un pelo l’equilibrio.
-Cosa accidenti…-
-Philip, smettila. Non sei divertente.- sentì dire Jenny.
Un brivido di collera lo irrigidì tutto mentre si voltava di scatto e puntava gli occhi sullo sguardo ironico e geloso del compagno. Con i propri, Philip gli bloccava gli sci, impedendogli di muoversi, mentre la fila scorreva e dietro di loro le persone borbottavano perché non avanzavano. Il rimprovero della fidanzata fu sufficiente a lasciarlo libero di muoversi.
-Imbecille.-
Callaghan gli sorrise beffardo, per metà divertito e per l’altra metà irritato dalle attenzioni di Jenny che si preoccupava per lui.
Possibile che Philip fosse geloso a tal punto? Mark scrollò le spalle, si sganciò gli sci e avanzò dietro ai compagni.
La ragazza li lasciò per raggiungere Evelyn, rimasta sola in fondo al gruppo.
-Tutto bene?-
Lei le rivolse un’occhiata preoccupata.
-Sei sicura che ci sia davvero bisogno di arrivare fin lassù? So che esiste anche lo sci di fondo. Che ne dici? Non ho mai preso quella cosa…- indicò la seggiovia con la racchetta -E neppure gli sci… Sali con me?- Evelyn era perfettamente consapevole che se Jenny fosse andata con Philip, lei sarebbe rimasta con Landers, l’unica alternativa possibile -Mark mi mette ansia. Scommetto che neanche lui ha mai preso la seggiovia.-
Jenny rifletté. Per accontentarla avrebbe dovuto lasciare Philip con Mark e non era sicura che fosse prudente. Fin dalla mattina non si risparmiavano una scortesia, a cominciare dalla discussione per il bagno. E se poi a Mark fosse sfuggito qualcosa su Kevin? Sospirò. Trovare la combinazione giusta non sembrava semplice. Qual era la migliore? Lei con Evelyn e Philip con Mark? Evelyn con Mark e lei con Philip oppure Mark con lei e Philip con Evelyn? Scelse l’unica opzione possibile, quella con cui avrebbe salvato capra e cavoli.
Tornò da Philip che nel frattempo per ingannare l’attesa aveva impugnato una racchetta a mo’ di spada e con agilità e convinzione duellava con Mark in una singolar tenzone. Scosse la testa incredula. Senza dubbio quel ritiro si stava trasformando nell’occasione di vedere Philip sotto un’altra luce.
-Che cretini. Conviene far finta di non conoscerli, vero Tom?- Benji si guardò intorno -Speriamo che in giro non ci siano giornalisti. Se qualcuno li vede ci faranno fare una bella figura di merda.-
Becker liquidò l’osservazione con una scrollata di spalle. In quel preciso momento gli importava molto poco dei compagni, non stava seguendo la loro ridicola esibizione. Forse non si sarebbe scomposto neanche se una slavina si fosse portata via l’intero costone della montagna. In coda davanti a loro, oltre una famigliola con bambini, tre giovinette gli lanciavano continue occhiate incuriosite e interessate. Tanto che il ragazzo era fortemente tentato di sganciarsi dai compagni molesti e unirsi al loro gruppo.
Il portiere seguì lo sguardo di Tom, posò gli occhi sui marmocchi e gli sfuggì una smorfia di disgusto.
-E poi dicono che i giapponesi non fanno figli.-
Becker non fece una piega e Benji lo scosse.
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Ti piacciono i bambini? Se posso darti un consiglio, è ancora troppo presto per pensare di mettere su famiglia.-
-Non sto guardando niente, sono loro che mi fissano da un po’.-
-Loro chi?- il portiere le individuò e rise -Hai perfettamente ragione, Tom. Dipende da chi hai intenzione di coinvolgere nel tuo progetto di accasarti. Loro per esempio sono molto più interessanti di quei due mentecatto che abbiamo in squadra. Anzi, avrei un’idea. Dopo te la dico.-
Stufa di un duello che continuava a oltranza senza vincitori né vinti, poiché Philip non le dava retta ma ormai aveva capito come tenere a bada Mark, Jenny li apostrofò a voce alta.
-Lo sapete che chi rompe paga?-
Landers s’impietrì, ma Philip no, tanto che dovette afferrargli un braccio e interrompere a mezz’aria la stoccata.
-Cosa state facendo?-
-Una sfida.-
-Quelle in campo non vi bastano?-
Mark rise.
-Quelle, Callaghan le perde.-
-Maledetto...-
-Basta, Philip!-
Lui si volse a guardarla e la disapprovazione che le lesse in faccia lo indusse ad abbassare immediatamente la racchetta e a ricomporsi.
Jenny approfittò della sua improvvisa docilità per circuirlo.
-Devi assolutamente salire con Evelyn. Non ha mai preso la seggiovia e sono sicura che accanto a te si sentirà più tranquilla. Soprattutto se smetti di fare quello che stavi facendo.-
Lui la guardò pieno di vergogna e annuì per accontentarla. Il sorriso con cui Jenny accolse la sua resa fu così radioso da lasciarlo interdetto. E la vergogna venne sostituita prima dalla perplessità e poi dal sospetto, mentre un brutto presentimento si affacciava nella sua testa. Non fece in tempo a sviluppare la sensazione che lo aveva assalito, perché lei tornò insieme a Evelyn.
-Sali con Philip, va bene?-
L’amica annuì. Avrebbe preferito Jenny, ma sempre meglio Philip di Mark, che sembrava spaesato tanto quanto lei e che reputava fin dalle medie poco rassicurante anche solo di carattere. Jenny sorrise a entrambi e si mise in fila dietro, vicino a Landers. Philip impiegò un attimo a cogliere le conseguenze del suo assenso. Iniziò immediatamente a protestare.
-Riflettendoci bene Jenny, credo che Evelyn si sentirebbe molto più a suo agio con te.-
-Cosa te lo fa pensare?-
-Vi conoscete meglio.-
-Ma voi vi conoscete da più tempo, no?- il tono e l’espressione risoluta della fidanzata non lasciavano spazio a compromessi.
Philip allora propose, a parer suo, la soluzione ideale.
-Possiamo fare così: tu ed io, Evelyn e Landers.-
-Smettila di insistere, stai diventando scortese nei confronti di Eve.-
-E nei miei.-
-Dei tuoi non me ne frega niente, Mark.-
Ma Jenny fu incorruttibile. Allora Philip sbuffò, lanciò un’occhiata a Evelyn che lo guardava di sottecchi e alla fine dovette capitolare.
Dopo poco più di un quarto d’ora di fila, finalmente Benji e Tom presero posto sul doppio sedile. Poi toccò a Patty e Holly e dopo di loro a Julian e Amy. Philip aiutò Evelyn a salire, Jenny e Mark chiusero il gruppo.
Il seggiolino oltrepassò il binario a ruota, prese la rincorsa e si lanciò verso la montagna a tutta birra.  
-La partenza è il momento migliore.-
Mark non si ritrovò per niente d’accordo.
In pochi istanti superarono il capannone e furono all’aperto, dove iniziarono la salita. Immobile come una statua, la brezza che gli accarezzava il volto e gli spettinava i capelli, Landers si guardò intorno e soprattutto in basso, sempre più inquieto man mano che la distanza dal suolo aumentava.
-Paura?- gli domandò Jenny con un’euforia che lui trovò del tutto fuori luogo.
-Per niente.-  
La giovane rise e dopo aver lanciato un’occhiata alla schiena di Philip che li precedeva accanto a Evelyn, si godette il paesaggio. La seggiovia saliva lenta oltre le cime degli abeti spruzzate di bianco che costellavano qua e là i bordi delle piste da sci. Sulla loro destra gli sciatori scendevano veloci verso valle, qualcuno più spericolato affrontava la discesa con lo snowboard. Il sole era alto sopra  i picchi e faceva risplendere i ghiacciai. I suoi tiepidi raggi invernali scaldavano appena.
Più o meno a metà percorso la seggiovia rallentò, il ronzio della corrente cessò di colpo e i seggiolini si arrestarono oscillando nel vuoto. Evelyn si mosse inquieta.
-Che succede?-  
-Nulla, a volte capita.- rispose Philip più seccato che preoccupato.
Non vedeva l’ora di arrivare in cima e tornare accanto a Jenny. Più i minuti passavano e più si pentiva di essersi fatto convincere a lasciarla insieme a Mark. Non è che non si fidasse, anzi. Si fidava moltissimo di Jenny. Lo infastidiva però, oltre che vederli così affiatati, anche il fatto che soltanto lui non stesse facendo la salita con la fidanzata, mentre Holly sedeva accanto a Patty e, più avanti, Julian vicino ad Amy. Non era giusto, accidenti! Il ritiro non stava andando per niente come aveva immaginato. Era a Shintoku da tre giorni e solo il primo erano riusciti a ritagliarsi del tempo da godersi in solitudine!
La preoccupazione di Evelyn lo investì di nuovo.
-Perché ci siamo fermati?-
-Probabilmente per un calo di tensione.-
-E se cadessimo?-
-Impossibile.-
Jenny osservava Mark curiosa. Il ragazzo cercava di dissimulare l’inquietudine ma si capiva lontano un miglio che era teso. Non seppe se ridere del suo terrore o cercare di rassicurarlo. Era sicura che non avrebbe gradito né l’uno né l’altro. Mentre lo fissava incerta, notò un segno scuro proprio all’altezza dello zigomo. Pensò che si fosse sporcato con qualcosa, magari mentre si aggirava tra gli scaffali del supernegozio. Poi, guardando meglio, si rese conto che non era così. Possibile che… Diamine, non vedeva bene. Posò una mano sulla barra di sicurezza e si sporse verso di lui. Mark scorse il suo movimento con la coda dell’occhio. Si volse di scatto, il seggiolino si mosse e oscillò. Il viso di lei gli era vicinissimo. Si tirò indietro per scostarsi e scostarla, il sedile dondolò ancora, con più violenza.
-Che c’è?-
Jenny non sembrò notare il suo disagio. Ridusse di nuovo la distanza tra loro, si sfilò un guanto e gli sfiorò la pelle con le dita calde, incredula lei per prima.
-Ti è venuto il livido.-
-No!-
Sconvolto dalla notizia, Mark si portò una mano alla guancia. Che quel maledetto gli avesse lasciato persino il segno fu inaccettabile. La fissò sperando che gli dicesse che era uno scherzo, che non era vero niente. Che non aveva nessun livido in faccia, anche se ogni volta che toccava il punto incriminato sentiva dolore.
-Sì, c’è.- confermò lei -Non ci hai messo la neve?-
-Sì che l’ho fatto!-
-Gli altri se ne sono accorti?-
-Solo Julian.-
-E tu cosa gli hai detto?-
-Che ho urtato contro uno scaffale.-
Lei annuì, capendo solo in quel momento che Mark aveva scelto di non dire nulla su Kevin non per mantenere la promessa ma per nascondere ai compagni l’umiliazione di essere stato picchiato da un perfetto sconosciuto.
-Fa male?- chiese premendogli l’ombra scura.
Landers sussultò.
-Certo che fa male! Soprattutto se lo tocchi!-
-Si può sapere cosa accidenti state combinando?!-
Sobbalzarono di spavento. Complice la brezza che colpiva i loro visi, il grido di Callaghan li investì forte e chiaro. Si volsero all’unisono, il compagno li osservava stravolto, gli occhi scintillanti e socchiusi dal sospetto, i capelli spettinati dal vento che soffiava alle sue spalle. Un gomito sulla spalliera, la mano a stringere lo schienale di metallo. Sollevò di scatto quello stesso braccio e lo tese nel vuoto. Il sedile che divideva con Evelyn dondolò violentemente.  
-Tieni le mani a posto, Landers!-
-Mettiti un paio di occhiali, Callaghan!- rispose l’altro sullo stesso tono, dimenticandosi per un attimo di essere sulla seggiovia a dieci metri da terra. Si sporse nel vuoto in modo così imprudente che Jenny lo afferrò per una manica e lo tirò indietro.
-Le mie mani sono appostissimo.-
Infatti, come Philip poté vedere perfettamente, adesso le teneva strette sulla barra di sicurezza, molto ben visibili. Ma convinto che fosse meglio prevenire che curare, e smanioso di sfogare lo scontento di quella situazione sul suo artefice, proseguì l’invettiva riversandogli addosso tutto ciò che a terra, per amore della tranquillità, per rispetto di Holly, per non farsi udire dagli altri sciatori e per non essere criticato dai compagni, aveva taciuto.
-Ti ho lasciato salire sulla seggiovia con Jenny, ma prova soltanto a fare qualcosa che non devi alle mie spalle e quando saremo in cima ti farò arrivare a valle a suon di calci!- gridò, inducendo anche Julian e Amy a voltarsi.
-Ma vaffanculo, Callaghan! Se c’è qualcuno che sta facendo qualcosa che non deve alle tue spalle non sono certo io!-
L’insinuazione di Mark su ciò che era successo quella mattina fu talmente palese che Jenny reagì ficcandogli un gomito tra le costole. Lui si volse di scatto e lei lo assalì.
-Hai promesso di non dire nulla!-
-Allora fai in modo di togliere dalla testa del tuo ragazzo che sono io a provarci con te! Ha completamente sbagliato persona!-
-Va bene Mark, glielo dirò.- Jenny gli strinse la manica del giubbotto tra le dita e lo fissò supplichevole -Adesso basta per favore.-
A colmarle gli occhi non era più il fastidio, ma il terrore che Philip venisse a sapere dell’avventura della mattina. Mark annuì, tirò indietro il braccio liberandosi dalla sua stretta e si volse dall’altra parte, tenendosi sul lato del sedile, il più possibile lontano da lei.
Philip era rimasto inutilmente a osservarli parlottare senza poter udire nulla. Il vento soffiava contrario e se persino il suono dei suoi respiri arrivava a Jenny e Mark, le loro parole sommesse venivano trascinate verso valle. Serrò le dita sullo schienale e fremette di stizza, frustrato di non poter sapere cosa si stessero dicendo.
Due seggiolini più avanti, Amy era voltata indietro a guardarli.
-Eve, che succede?-
Oscillando insieme al seggiolino smosso dall’agitazione di Philip, lei rispose irrigidita dallo spavento.
-Non ho capito bene, ma credo Mark ci stia provando con Jenny.-
Julian e Amy si fissarono esterrefatti, poi tornarono a guardare avanti, verso il capitano che li chiamava.
-È Philip che grida?-
-Proprio lui.-
-Che sta succedendo?-
Julian interpretò liberamente.
-Forse Mark ha cercato di baciare Jenny.-  
-Davvero?!-

Philip scortò la fidanzata fuori del capannone di arrivo senza curarsi di Landers che li seguiva furente, portando in spalla i propri sci e quelli di Jenny. I compagni li attendevano sul piazzale di partenza, terribilmente curiosi di sapere direttamente da loro cosa fosse successo nei minimi dettagli. Evelyn aveva sì udito il botta e risposta di Philip e di Mark, ma non si era voltata a guardare, verificando i fatti con i propri occhi.
-Allora?-
Philip trafisse Julian con un’occhiata storta.
-Allora cosa?-
-Cos’ha fatto Mark?-
L’accusato cadde dalle nuvole e li guardò allibito, conficcando le racchette nella neve e togliendosi gli sci dalla spalla.
-Non ho fatto proprio nulla!-
-Stavi infastidendo Jenny.-
-Hai persino allungato le mani! E poi hai cercato di baciarla!-
Jenny spalancò la bocca e divenne tutta rossa, Mark guardò incredulo sia Amy che Patty, seguendo l’ordine delle accuse. Philip subì una trasformazione repentina. Gli occhi si socchiusero e presero a brillare di collera, gli zigomi si tinsero di viola. Esplose.
-L’hai infastidita, Landers? Hai allungato le mani? HAI PERSINO CERCATO DI BACIARLA!-
-Tu sei fuori, Callaghan! QUANDO? DIMMI QUANDO! Sei rimasto per tutto il tempo voltato verso di noi!-
E in effetti Philip sentiva anche un certo fastidio al collo, intirizzito dal vento gelato e incriccato dalla scomoda posizione mantenuta per tutta l’ascesa. Tuttavia insistette.
-LE STAVI ADDOSSO!-
-Non stavo addosso a nessuno, tanto meno alla tua ragazza! PIANTALA CON QUESTA STORIA! MI STAI FACENDO INCAZZARE SUL SERIO!-
-Tu? E allora io?-
-BASTABASTA! MI AVETE STANCATO! TUTTI E DUE!- Holly infilzò con violenza le racchette nella neve e calò giù gli sci dalla spalla con un gesto così brusco che Philip e Mark fecero un salto indietro.
Jenny riprese a respirare, ringraziandolo mentalmente per il suo intervento. Se avesse saputo che fare la salita con Mark avrebbe scatenato tutto ciò, si sarebbe ben guardata dallo sceglierlo come compagno di seggiovia.
Intanto Benji, fallito il piano di fuga progettato con Tom che prevedeva di unirsi alle ragazze con cui avevano parlato a gesti durante tutta la salita in seggiovia, approfittando della discussione dei compagni cercò di sganciarsi da loro e allontanarsi di soppiatto verso le piste.  
-Benji, dove vai?-
-Le prodezze di Landers non mi interessano, Ross. Dovresti saperlo.- anche perché secondo lui gli amici avevano preso una cantonata. Landers non era certo il tipo da provarci con la fidanzata di Callaghan. Fosse salito lui con Jenny allora Philip avrebbe anche potuto preoccuparsi, ma Landers… Figuriamoci.
Julian gli si parò davanti, bloccandogli ogni via di fuga.
-Non te la svignare. C’è bisogno di te.-
-Ah sì? E per cosa?-
-È opportuno che chi sa sciare aiuti chi non ne è capace, vero Holly?-
Fu semplicissimo ottenere l’appoggio del capitano – Julian ci contava -, visto che né lui né Patty sarebbero mai riusciti ad arrivare a valle senza aiuto. Dunque Holly annuì, reputando fosse la soluzione migliore per evitare che qualcuno si facesse male.
Ottenuto il via libera da chi contava e prendeva decisioni, Ross proseguì.
-Per esempio Holly potrebbe fare la discesa con te, Benji. A meno che tu non preferisca dare una mano a Mark.-
Furono in tre a non apprezzare l’abbinamento. Il capitano si trovava in un momento particolare  della vita in cui sopportava poco Benji e i suoi continui rimbrotti. Sbuffò e lo guardò, cercando di pensare all’unico aspetto positivo di tutto ciò. Il portiere sapeva sciare benissimo.
Neanche Mark apprezzò la proposta di Ross. Fin da quando si era messo in fila per la seggiovia aveva capito che non sarebbe mai riuscito ad arrivare a valle sano e salvo senza l’aiuto di nessuno. Allo stesso modo sapeva di non dover affidare la propria sicurezza né a Price, né tanto meno a Callaghan. Pur di toglierselo di torno, l’avrebbero fatto ammazzare.
D’altro canto Benji non desiderava vedersi appioppare né l’uno, né l’altro. Era arrivato fin lassù per godersi l’ebbrezza della velocità in santa pace, mollare per un po’ i compagni e far finta di non essere lì con loro. Ross si sbagliava di grosso se pensava di costringerlo a scendere a valle con qualche imbranato incollato addosso. Se proprio gli toccava scegliere con chi sciare, l’unico da prendere in considerazione era Callaghan e al solo scopo di sfidarlo in una gara di velocità e destrezza sulle discese più difficili. Era già dura doversi accontentare di una blanda sciata nella pista dov’era suo malgrado finito, che si srotolava fino a valle con un dolce declivio. Guardò Julian ostile ma poi, trasferendo gli occhi sul capitano entusiasta tanto quanto lui, si rese conto che gli toccava scegliere davvero.
Dopo il battibecco tra Philip e Mark, lasciarli da soli impensieriva molto Jenny e fu solo per questo che appoggiò l’idea di Julian. Si rivolse quindi a Philip, ben sapendo che le sue parole avrebbero generato altre proteste. Le dispiacque ma non poté farci nulla.  
-Naturalmente tu penserai a Eve.- gli disse e si avvicinò a Mark per riprendersi gli sci.
Callaghan strabuzzò gli occhi e pestò un piede nella neve. Accidenti! Di nuovo! Ma stavolta non lo avrebbe permesso! Scosse la testa risoluto.
-Assolutamente no. Vado io con Landers.-
Jenny decise di ignorarlo. Del resto che altro poteva fare? Si chinò per agganciare gli sci e fece finta di non udire le proteste del fidanzato.
Benji seguì con interesse la discussione. Possibile che Callaghan non capisse che più lui si intestardiva e più Jenny si preoccupava per l’incolumità di Landers? Fu tentato di farglielo presente, tanto per dare una scossa alla situazione di stallo che si era creata tra quei tre. Poi, proprio all’ultimo secondo, si ricordò di dov’era e per colpa di chi e tacque per dispetto.
-Jenny! Non ti lascio con lui dopo quello che ho visto!-
-Non hai visto niente, Philip! Non c’era niente da vedere!- la sua espressione si addolcì -Per favore, cerca di essere ragionevole.-
Lui esitò, dando il tempo a Mark di intervenire. Dal momento che l’oggetto della discordia era la propria incolumità, affrontò il compagno con la sua tipica diplomazia.
-Con te non scendo neanche morto, Callaghan. Non mi fido.-
-Come io non mi fido di te!-
Benji, uno sci agganciato e l’altro ancora a terra, si volse esasperato.
-Lasciali stare, Philip! La stai facendo troppo lunga! Hai scambiato per un lupo una tigre innocua come un agnellino.-
-Price, fatti i fatti tuoi!- concordarono all’unisono i due.
Se Jenny avesse potuto, li avrebbe mollati tutti lì. Non soltanto Philip e Mark, ma anche Benji, Holly che stavolta non diceva nulla e le amiche che non le davano una mano, anzi neppure un dito, per uscire dall’infelice impasse. Era stanca di quelle polemiche, di tutte quelle storie senza senso. Al ryokan avrebbe parlato con Philip per togliergli dalla testa le strambe idee che sembravano essergli spuntate di colpo e senza motivo. Come era arrivato a pensare che Mark fosse interessato a lei o, peggio, che a lei interessasse Mark? Tutto ciò era assurdo, fastidiosamente assurdo!
-Andiamo Mark!- gli afferrò una manica e si allontanò da loro, andando ad agganciare gli sci più in là.
-Jenny!- esclamò Philip frustrato. Tra tutta quella moltitudine di sciatori che continuavano ad arrivare, a superarli per affrontare la discesa, persino infastiditi, alcuni, dall’intoppo che intasava il percorso, a un certo punto perse di vista sia Landers che la fidanzata.
Tom e Patty avevano formato una coppia grazie alla confidenza decennale che condividevano l’uno per l’altra. Erano già pronti, sci agganciati, ad affrontare la discesa.
-Philip è capace di diventare insopportabilmente testardo. Cominciamo ad andare, ci vorrà un po’ per arrivare a valle.- disse lui.
L’amica fu immediatamente d’accordo. Il tempo passava e più guardava giù, più la tensione le saliva in gola. Non vedeva l’ora di affrontare la montagna, togliersi il pensiero e soprattutto gli sci. Impugnò le racchette come le fece vedere Tom e lanciò un’occhiata a Benji e Holly che ultimavano i preparativi poco più in là.
Spingendosi con le racchette, Patty arrivò sull’orlo del pianoro di partenza e lì si bloccò, trattenendo il respiro. La discesa era ripida, molto più di quanto avesse immaginato, e immensa. Così immensa che sarebbe durata all’infinito.
-Tom, credo proprio che tornerò giù con la seggiovia.-
Lui rise.
-Scherzi? Ti perderesti il meglio! Vedrai che sarà più facile di quello che pensi.-
-Non ne sono convinta.-
Tom la guardò incredulo.
-Non dirmi che intendi davvero tirarti indietro. Proprio tu!-
-In che senso?-
-Nel senso che la Patty che conosco non ha paura di niente.-
-Su questo credo tu abbia preso un abbaglio.-
-Che ne dici se mentre ne parliamo cominciamo ad andare?-
Lei sospirò, la conversazione con Tom aveva avuto come conseguenza quella di rilassarla un po’.
-Va bene, hai vinto. Andiamo. Come?-
Lui si dispose alle sue spalle e regolò con i propri sci l’apertura di quelli di lei. Le mise una mano sul fianco, nell’altra strinse entrambe le racchette.
-Sei pronta?-
-No.-
-Lo immaginavo.- sorrise e si diede una spinta.
Patty gli si aggrappò a un braccio e vide la discesa, la neve, gli alberi, la valle, i grattacieli, andarle incontro. Si irrigidì e fu tentata di chiudere gli occhi, poi si rese conto che nonostante tutto si teneva in piedi, l’aria le colpiva il viso, mantenevano una velocità moderata e lei, per la prima volta, stava sciando.
-Tutto a posto?-
-Più o meno.-
-Non essere così tesa.-
-Ho paura di cadere.-
-Non puoi cadere. Ti tengo io.-
In effetti sembravano cavarsela alla grande. Si chinò leggermente in avanti seguendo le istruzioni di Tom e quando lui la vide più sicura, aumentò la velocità.
-Dove hai imparato a sciare?-
-Qui in Hokkaido, me lo ha insegnato Philip.-
Julian li superò velocissimo, poi frenò bruscamente e rimase ad aspettarli un po’ più in basso. Un attimo dopo arrivò anche Amy.
Patty guardò incredula l’amica.
-Sai sciare!-
-Mai affermato il contrario. Ci vediamo giù!-
Ripartirono insieme con eleganza e sicurezza, mescolandosi agli altri sciatori e sparendo più a valle, oltre una curva di conifere.
-Si sono organizzati per bene.-
-Devono averlo fatto in pullman, mentre erano soli e lontani.-
Tom annuì. Se avesse saputo che Amy si teneva sugli sci, avrebbe fatto in modo che lei si occupasse di Patty, così avrebbe potuto aiutare Mark ed evitare che lui e Philip arrivassero ai ferri corti. Si accorse che il suo ragionamento quadrava solo in parte. Diamine, Jenny! Perché non aveva pensato ad affidare Patty a Jenny per dare una mano a Mark? Si volse indietro.
-Maledetto Ross!- vide sbraitare Benji dietro di loro.
-Chissà come se la sta cavando Holly…- sentì dire Patty nello stesso istante.
-Alla grande.-
-Davvero?- lei si volse, cercando il fidanzato oltre le spalle dell’amico. Non lo vide, non ci riuscì.
Il suo movimento fu troppo brusco e inaspettato. Colpì il torace di Tom con la spalla, lui si sbilanciò all’indietro, i suoi sci urtarono quelli di Patty. La giovane perse l’equilibrio e barcollò in avanti. Si vide già in terra, anzi, si vide rotolare fino a valle. Emise un gemito e chiuse gli occhi mentre cadeva. Niente di ciò che si aspettava accadde. Si sentì afferrare al volo.
Tom lasciò andare le racchette, puntò gli sci e riuscì a fermare entrambi prima che Patty acquistasse velocità o rotolasse giù per la discesa. Ma impiegò troppo tempo ad accorgersi di aver posato una mano su qualcosa di soffice e morbido che non sembrava affatto l’imbottitura del piumino dell’amica.
Patty si ritrasse con uno scatto, le guance in fiamme e le braccia incrociate sul petto a schermirsi. Tom divenne viola.
-Scusa! Scusa! Non mi sono accorto… Non…- distolse gli occhi, pieno di vergogna -Non ho visto… Non mi sono reso conto...-  
Benji e Holly spuntarono accanto a loro improvvisi e inopportuni.
-Tom! Julian ci ha fregati!- lo assalì il portiere con veemenza -Quando arriviamo giù lo gonfio di botte, giuro! E ‘sti cazzi se schiatta!-
-Benji, per favore…- tentò di placarlo Holly in precario equilibrio sugli sci.
-Ti avverto! Se ti intrometti, stavolta un pugno non te lo toglie nessuno anche se sei il capitano.- lo minacciò. Solo dopo scorse l’ombra di un rossore sulle guance di Patty -Abbiamo interrotto qualcosa?-
Né lei né Tom si azzardarono a rispondere. Si limitarono a scambiarsi un’occhiata rapida che generò nuovo rossore sul viso di lei e convinse Tom ad andare a recuperare le racchette.
L’arrivo di Philip ed Evelyn risparmiò a Patty un’imbarazzante risposta.
-Holly, mi spieghi per quale motivo Amy e Julian sono gli unici che si stanno divertendo?-
-Veramente lo stanno facendo anche Jenny e Mark.-
La replica di Benji indusse Callaghan a voltarsi indietro. Il portiere aveva ragione. La coppia improvvisata affrontava la pista con intesa e affiatamento, sciando l’uno accanto all’altra. Landers sfoggiava un’espressione seria e concentrata, ma Jenny addirittura rideva. Philip ingoiò il fastidio soltanto perché per lui la felicità della fidanzata era tutto.
-Si stanno divertendo davvero!- rise Evelyn, poi si rivolse a Patty -Come mai vi siete fermati?-
-Stavo per cadere e mi sono spaventata.-
-Ah, era questo dunque.- capì Benji.
-Tom, fate attenzione.- si raccomandò Holly, preoccupato per l’incolumità della fidanzata ma anche, da bravo capitano, per quella del compagno.
Lui annuì e imbastì un sorriso, anche se la vergogna era difficile da scacciare. E adesso? Come avrebbero continuato la discesa? Con che coraggio si sarebbe di nuovo fatto avanti per aiutarla? Forse poteva chiedere a Benji di occuparsi di Patty e lui andare con Holly. Ma come giustificare poi agli amici lo scambio di coppia? E poi perché Benji ed Evelyn continuavano a fissarlo con un filo di sospetto?
Jenny gridò e Philip addirittura sussultò. Più indietro e più in alto la ragazza era a terra, seduta tra la neve accanto a Mark. Jenny si alzò ripulendosi i pantaloni dai fiocchi bianchi, Mark la imitò molto più impacciato.
-Se ci mettessi un po’ d’impegno, sarebbe meglio per tutti e due.-
-Credi che lo abbia fatto apposta?-  
-Non voglio neppure pensarlo!-
-Landers, ti avverto!- gridò Philip dal basso -Se Jenny si fa male per colpa tua me la paghi!-
Mark lo udì perfettamente ma lo ignorò. Poi si rivolse alla ragazza esasperato.
-Appena mi tolgo gli sci glieli do in testa!-
-Non ascoltarlo.-
Benji era davvero stufo di quella situazione. Se tanto non poteva affrontare quella pista da bambini come voleva, conveniva sbrigarsi a concludere la discesa.  Esortò Holly.
-Sbrighiamoci ad arrivare a valle.- ormai mancava poco e una vana speranza gli sfiorò i pensieri -Credi di farcela da solo?-
-Perché?-
Philip impiegò meno di un attimo a intuire le sue intenzioni: il portiere intendeva liberarsi in qualche modo del capitano per fare la discesa in totale libertà.
-Price, non ti azzardare! Se si fa male è colpa tua!-
-Ti sbagli, Callaghan. Se Holly si fa male la colpa è tua e della tua fidanzata che ci avete portati qui!-
-Nessuno ti ha costretto a venire!-
-Gamo.-
-Non a sciare, porca miseria!-
-Vi prego, vi supplico…- Holly fece gli scongiuri. Se i due compagni gliela tiravano insieme, arrivare a valle diveniva davvero rischioso. Lanciò un’ultima occhiata a Patty e Tom che avevano proseguito, poi si udì di nuovo la voce di Jenny.
-Mark!-
La ragazza puntellò gli sci di traverso, si fermò davanti a lui e riuscì ad arrestare la sua rovinosa discesa, le mani puntate sul torace del giovane, l’espressione improvvisamente stanca e affranta. Quella giornata sugli sci l’aveva immaginata molto diversa.
 -Accidenti, sei un disastro.-
-Ti assicuro che so fare bene tante altre cose. Per esempio...-
Philip non gradì affatto il suo tentativo di salvarsi la reputazione.
-LANDERS! PIANTALA!-
-Oh! Ma sei Harper? Che cazzo vai a pensare?-
La discesa a valle fu sofferta per tutti. Soltanto Evelyn si divertì più di quanto avesse preventivato.  L’attenzione di Philip era stata rivolta soprattutto verso la fidanzata e Mark, ma in qualche modo le aveva insegnato a tenersi sugli sci. Magari con qualche lezione privata sarebbe diventata brava quanto Amy. Era stato bello ed emozionante lasciarsi scivolare fino a valle e l’ultimo tratto di pista era riuscita ad affrontarlo da sola, senza neppure l’aiuto del compagno.
Amy e Julian li aspettavano ai piedi della discesa, gli sci sganciati e poggiati alle apposite palizzate. Bruce, poco lontano, parlottava con un paio di bambini. Li raggiunse allegro e pimpante, ponendo la domanda peggiore che avrebbe mai potuto fare.  
-Allora com’è andata? Vi siete divertiti?-
Nessuno gli rispose, nessuno ne aveva voglia. Bruce li guardò interdetto, poi si sentì strattonare per la giacca. Uno dei bambini lo fissava con insistenza, un quaderno e una penna stretti tra le piccole dita ricoperte dai guanti.
-Mi hai promesso gli autografi.- disse intimidito ma con gli occhi luccicanti di ammirazione.
-Certo, certo! Bruce Harper mantiene sempre le promesse! Sono tutti qui, chiedi pure!-
Il ragazzino si avvicinò a Holly e gli porse il quaderno, restando poi a fissarlo fiducioso e troppo emozionato per formulare la richiesta. Il capitano si tolse i guanti e li infilò nella tasca della giacca. Prese la penna e tracciò rapido la propria firma su una pagina bianca. Quando gli restituì il quaderno, il bambino non lo prese.
-Li voglio tutti.-
Julian rise.
-Un tipetto che si accontenta.-
Il quaderno passò a Tom e fece il giro del gruppo. Philip era distante e appiccicato a Jenny, da cui non aveva più intenzione di scollarsi fino alla fine della giornata. I compagni lo chiamarono ma quando raggiunse il giovane tifoso, lui aveva già recuperato il quaderno e messo via la penna.
-Non vuoi il mio autografo?-
Il piccolo fan lo scrutò con attenzione.
-No, te non ti conosco.-
Benji scoppiò a ridere, il bambino continuò scrutandolo.
-Non ti ho mai visto, chi sei?-
-Sono Philip Callaghan, anch’io sono titolare. Da anni. Non ho mai saltato una partita, sono sempre stato convocato e ho sempre giocato. Sono il viceca...-
-Non importa.- lo interruppe brusco il marmocchio, stringendo al petto il prezioso quaderno. Si volse e chiamò il compagno di giochi, rimasto più indietro con una rivista in mano.
Tom ebbe un sussulto quando riconobbe la stessa rivista che aveva fatto perdere l’aereo a lui, Benji e Mark.
Il ragazzino si fece consegnare il giornale, voltò le pagine spiegazzandole e si fermò sull’articolo.
-Qui il tuo nome non c’è.-
-Quel giorno non sono stato intervistato! Anch’io faccio parte della nazionale!- cercò di convincerlo Philip.
-Però non ci sei. Nella foto sì, ma nell’articolo no. Io gli autografi delle riserve non li voglio.-
-Non sono una riserva! Ti ho appena detto che…-
Ma il bambino corse via.
-Mamma! Ho l’autografo di Oliver Hutton!- che era poi l’unico che gli interessava.
Philip lo guardò attonito sparire tra la gente. Non riuscì a capacitarsi di ciò che era appena successo. Si sganciò gli sci, se li caricò su una spalla e si avviò in un silenzio abbattuto verso il noleggio.
-Ci è rimasto proprio male.- notò Holly dispiaciuto.
Benji non aveva smesso un attimo di ridere.
-Il successo fa brutti scherzi!-
-Non avresti riso se fosse capitato a te.-
-A me non può capitare.-
Jenny raggiunse di corsa il fidanzato e s’infilò sotto il suo braccio.  
-Non te la sei presa, vero? Era solo un bambino.-
Lui le cinse le spalle, continuando a guardare fisso davanti a sé.
-Li ha presi tutti, tranne il mio… Tutti quanti...-
Riconsegnarono gli sci al supernegozio del noleggio, persero tempo tra i souvenir e nei pressi dei bagni. Quando uscirono il sole era tramontato e il cielo era illuminato dal chiarore del crepuscolo.
-Qui vicino ho scovato un’immensa piscina coperta con le onde artificiali.- li informò Bruce -Se avessi avuto più tempo, sarei andato a fare un tuffo.-
Proseguirono sotto i grattacieli che svettavano nel cielo sempre più scuro. La strada che percorrevano, seguendo il flusso delle persone, li condusse direttamente all’interno del villaggio di ghiaccio.
Contornate dagli alberi del bosco, le costruzioni che fiancheggiavano le vie erano scolpite nella neve. Igloo dai tetti a cupola risplendenti di giallo, azzurro, verde e arancione, piccoli locali di mattoncini di ghiaccio trasparente, quadrati, rettangolari, circolari, che lasciavano trapelare il chiarore delle luci all’interno. Ogni cosa era di neve lì, dai negozi alle panchine, persino i cestini per l’immondizia. Tutto era immerso nel bianco più puro, sullo sfondo del cielo del nord in cui cominciavano a scorgersi le stelle. Costeggiarono una grande pista di pattinaggio delimitata da muretti di neve, che finiva al limitare del bosco tra tronchi tinti di azzurro dai riflessi del ghiaccio.
-Non ho mai visto un posto simile. Sembra un mondo incantato.-
Patty si fermò a fotografare la cappella dei matrimoni, che avevano raggiunto seguendo un percorso tra decorativi muretti scolpiti. Sul timpano d’ingresso, una croce di ghiaccio trasparente svettava contro l’oscurità del cielo. Tutto splendeva d’azzurro e tutto era intarsiato nella neve, anche le due torrette che come piccoli campanili fiancheggiavano l’entrata.
Salirono tre gradini e si affacciarono sulla soglia, il bianco azzurrino impregnava interamente l’ambiente, dall’altare ai banchi da preghiera scolpiti ad arte. Gli arredi sembravano cesellati nel cristallo.
Amy passò una mano sulla parete.
-È davvero fantastico!-
-A primavera si scioglie tutto e ogni anno la ricostruiscono in uno stile diverso.- spiegò Jenny alzando gli occhi al soffitto. Di giorno, oltre il tetto, si poteva a scorgere l’azzurro del cielo. I raggi del sole, filtrando attraverso le lastre di ghiaccio, creavano riflessi d’arcobaleno.
Entrarono nel locale scelto da un entusiastico Bruce, il fiato che si trasformava in nuvolette di vapore anche al suo interno. Paradossalmente sembrava far più freddo lì che in strada. Si guardarono intorno esterrefatti. L’arredamento era di ghiaccio, dal bancone, agli scaffali trasparenti, ai tavoli, ai sedili.
-E io che pensavo di scaldarmi un po’.- borbottò Mark scontento -Mi auguro che abbiano qualcosa di caldo da bere!-
Philip fu felice di infrangere le sue speranze.
-Soltanto drink freddi.-
A ben guardare, sui tavoli occupati dai clienti imbacuccati erano posati dei cubi di ghiaccio trasparente ripieni di bevande colorate. All’interno di recipienti di quel tipo non poteva esserci nulla di anche appena tiepido.
Mark avrebbe traslocato volentieri in un altro posto, ma il locale era troppo particolare per riuscire a convincere i compagni a trasferirsi in un bar qualunque. Un giovane cameriere con cappello, guanti e sciarpa, li accolse cordiale, precedendoli verso due tavoli trasparenti e luccicanti come il vetro. Mark esitò ad accomodarsi, anche se le sedie scolpite nella neve erano ricoperte da morbidi cuscini.
-Almeno il menù è di carta…- borbottò prendendolo dal tavolo per farsi un’idea di quanto gli sarebbe costato morire di freddo lì dentro.
-Plastica.- lo corresse Patty.
-Che prendiamo?- Holly osservò con aria indecisa la lista delle bevande.
Benji sorrise.
-C’è poco da scegliere. L’unica cosa fredda che riscalda è l’alcol.-
-Siamo in ritiro e l’alcol non è consentito.-
-Neppure le fidanzate, Holly.-
Il cameriere tornò per le ordinazioni e le prese tutte, tranne quelle di Philip e Jenny, immersi in una conversazione privata dai toni sommessi. Sedevano all’angolo, uno accanto all’altra. Lei era voltata verso il fidanzato e dava le spalle ai compagni, ma il viso di Philip ogni tanto spuntava oltre i suoi capelli, l’espressione seria e scontenta. Da quando avevano preso posto, parlottavano a bassa voce di qualcosa che li coinvolgeva al punto da non accorgersi che toccava a loro scegliere i drink.
-Philip? Che prendete da bere?-
Nessuno dei due udì il richiamo di Holly e Benji afferrò il menù.
-Ordiniamo noi per loro. Una birra grande a Philip, così gli passa la delusione di non essere famoso quanto immaginava e per Jenny...- guardò Amy che gli sedeva di fronte.
-Per lei andrà bene un cocktail alla frutta.-
-Non posso credere che Philip se la sia presa per uno stupido autografo.-
Evelyn scosse la testa. Sedeva accanto a Jenny e riusciva a udire stralci di conversazione
-Non stanno parlando di quello, Tom. Il problema è Mark.-
-Io sono un problema?-
-Sempre sostenuto.- ribatté Benji sarcastico.
Fu quando il cameriere gli servì la birra, che Philip tornò tra loro.
-L’alcol non è permesso ai ritiri.-
Benji alzò gli occhi al cielo.
-Il vostro ruolo vi rende monotoni, tu e Holly. Dite esattamente le stesse cose. E comunque questo non è un ritiro, non ci vuole molto a capirlo. Guarda dove siamo e con chi.-
Usciti dal bar, la notte li accolse con uno spettacolo fantastico. Le luci colorate svelarono un paesaggio da fiaba. Gli igloo erano illuminati di rosa, giallo e arancio, la chiesa di ghiaccio era diventata di un bellissimo azzurro, la pista di pattinaggio risplendeva di lilla e gli alberi erano carichi di luminarie bianche e blu. Nel cielo galleggiava un’enorme mongolfiera di un brillante arancio e nel buio della notte, contro il cielo nero si stagliavano le finestre illuminate dei quattro grattacieli. Le strade innevate erano fiancheggiate da cumuli di neve che emettevano luci bianche e splendenti a rischiarare il percorso.
Amy si aggrappò estasiata alla mano di Julian.
-È fantastico.-
Le illuminazioni dei locali scintillavano dalle vetrate riflettendosi sulla neve e una discoteca, poco lontano, sparava i suoi raggi turchesi sulla montagna, disegnando strane immagini vorticose sulle piste da sci. Nonostante il freddo intenso la via principale era traboccante di persone, soprattutto famiglie e coppie che camminavano mano nella mano.
-Philip, mi fai un autografo?- Bruce gli allungò il volantino del bar.
L’altro reagì alzando un pugno e agitandolo nell’aria.
-Dove lo vuoi?-
-Non hai il senso dell’umorismo!-
Jenny si aggrappò al braccio assassino e lo tirò giù, mentre Philip borbottava ancora improperi contro l’ironia di dubbio gusto del compagno e Bruce tornava dagli altri con la coda tra le gambe.
Poi raggiunsero il terminal degli autobus e salirono su quello diretto a Shintoku.

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Capitolo 7
*** 5 - Compagni di scuola ***


- 5 -
Compagni di scuola


Vestite e pronte per uscire, Patty e Jenny indugiavano scontente nel corridoio, davanti alla porta della camera dei ragazzi. L’anta era socchiusa e dall’interno provenivano solo oscurità e silenzio.
-Avevano detto che si sarebbero svegliati prima.-
-Invece sono già le nove e stanno ancora dormendo. Che facciamo, Patty?-
-Non riusciremo ad andare a pattinare neppure oggi.-
Nel tono dell’amica trapelava delusione e scontento, esattamente ciò che provava anche Jenny.  Quella mattina si erano alzate di buonora, infreddolite e assonnate ma felici perché la sera prima, al ritorno da Tomamu, erano riuscite a ottenere ciò che desideravano. Portare i ragazzi sul lago ghiacciato e trascorrere insieme qualche ora spensierata. Dalle sette e mezza la colazione era pronta in tavola e adesso tè, caffè, toast e tutto ciò che avevano cucinato – forse qualcosa in più di quanto prescriveva la dieta di Gamo – si era poco a poco raffreddato senza che nessuno arrivasse in cucina a dar loro il buongiorno.
-Allora li svegliamo?-
-Non abbiamo scelta.-
Jenny annuì d’accordo. Il patto con Benji era scaduto. Quella decisiva mattina il portiere era ancora a poltrire sotto le coperte e lei non avrebbe mai ringraziato abbastanza la nonna per la magnifica idea dei biglietti omaggio per le piste di Tomamu. Oltre a essersi divertito, Benji si era anche stancato e di conseguenza in quel momento non stava preparando la valigia per andarsene. Dunque aveva vinto, esultò con molta soddisfazione. Patty, davanti a lei, spinse la porta e si fece strada tra i compagni addormentati, tentando di non calpestare nessuno in quel profluvio di cuscini e coperte. Raggiunse la finestra e tirò via le tende.
I raggi del sole ormai alto nel cielo invasero la stanza ma non furono sufficienti a destare i ragazzi. Con quell’azione di forza ottennero soltanto qualche mugolio di protesta e movimenti confusi di coperte, indirizzati più che altro a sfuggire al bagliore accecante del primo mattino. Patty non si scoraggiò.
-Sono le nove.-
Annunciarlo e spalancare i vetri fu un tutt’uno. Il freddo glaciale della neve e del ghiaccio si insinuò nella camera serpeggiando tra le coperte e portando in meno di un istante la temperatura sotto zero. Il climatizzatore ebbe un sobbalzo e partì a tutta birra, spingendo quell’aria gelata proprio addosso a chi aveva imprudentemente lasciato un piede, una mano, il naso fuori dalle coperte.
Neanche a farlo apposta, il futon di Benji era il più vicino alla finestra. Impreparato alla mossa estrema di Patty, fu investito in pieno e per primo dalla corrente ghiacciata.
-Ma che cazzo…-
-Sono quasi le nove!- ripeté la giovane.
-E allora?-
-Le nove? Davvero?- Holly si destò di colpo e del tutto -Sono le nove? Già le nove?! Non ho sentito la sveglia! Non è possibile! Le nove! Perché non ho sentito la sveglia? Diamine, già le nove!-
-Cazzo sì! Le nove!- urlò Mark -E se lo dici un’altra volta dovrai aggiornarti, perché saranno diventate le nove e un minuto!-
Per nulla intimorita dal tono adirato di Benji, Patty si ritrasse però alle grida di Mark, indietreggiando fino alla porta e a Jenny, che aveva preferito restare nei pressi della loro via di fuga. Si guardarono incerte, mentre Landers imprecava ancora in direzione del futon di Holly, che a quella temperatura non riusciva a trovare da nessuna parte il coraggio di alzarsi nonostante lo desiderasse con tutto se stesso, e Benji inveiva contro il freddo e i pinguini che a suo dire stavano invadendo la camera attraverso la finestra spalancata. In tutto quel trambusto, gli occhi di Jenny cercarono Philip e lo trovarono disteso e voltato verso il muro, il cuscino sul capo per schermarsi dall’improvvisa confusione. Allora avanzò nella stanza, aggirando il futon di Julian e costeggiando quello di Benji. Rabbrividì di freddo. Forse era meglio chiudere la finestra, anche perché quel gelo non sembrava invogliare i ragazzi ad alzarsi, quanto piuttosto a rifugiarsi ancora di più al caldo.
-Philip, alzati.- lo chiamò mentre si avvicinava -Dopo gli allenamenti dobbiamo andare a pattinare.-
Una mano le agguantò la caviglia con una stretta d’acciaio. Quasi perse l’equilibrio mentre vacillava e trasaliva spaventata. Abbassò lo sguardo e incrociò quello di Benji, pieno di collera.  Eccolo lì, il portiere infuriato perché lei alla fine lo aveva costretto a restare. Nelle sue parole e nel suo tono trovò senza difficoltà il sapore amaro della sconfitta, subita proprio quella mattina e proprio a causa sua.
-Sbagli, Jenny. “Potremmo” andare a pattinare, non “dobbiamo”. L’unica cosa che DOBBIAMO fare in questa merda di ritiro è ALLENARCI! Tutto il resto è un optional!-
Sebbene conoscesse il motivo di quella reazione così brusca, Jenny si impietrì, rigida come una statua.
-Sì.- gli concesse, cercando di liberare la caviglia.
Lui non la lasciò ancora.
-Ti è davvero chiaro, Jenny?-
-Basta, Benji.-
Seduto sul futon con la coperta sulle spalle, Tom gli colpì il braccio. Price mollò la stretta e lei si tolse in fretta di torno, scavalcando Philip per mettersi al sicuro oltre la sua schiena. Si inginocchiò al suo fianco, gli posò una mano sulla spalla e lo scosse piano.
-Svegliati, su.-
Mark starnutì, interrompendo per un secondo le proteste con cui stava allietando la loro gioiosa quarta mattina di ritiro.
-Maledizione, c’è la Siberia fuori!-
-E anche dentro!-
In piedi discosta, le braccia incrociate al petto, Patty indugiò a osservare Holly che continuava a non alzarsi.
-Che bell’esempio, capitano! Quanto ancora intendi dormire? Sono le nove!-
-Non cominciare anche tu!- ringhiò Landers dal suo caldo rifugio nel futon.
-Io vorrei alzarmi, Patty. Lo giuro! È tardissimo! Ma potresti richiudere la finestra? Qui rischiamo una polmonite!-
Sulle questioni di salute c’era poco da scherzare in quei frangenti e la ragazza stavolta si affrettò a ubbidire. Con i vetri finalmente serrati a impedire al gelo di entrare, si cominciò finalmente a percepire qualche ventata calda proveniente dal climatizzatore. Holly si fece coraggio, scostò le coperte e si alzò. Fu il primo a conquistarsi il bagno, senza dover rispettare la fila.
Jenny incrociò con un filo di vergogna il suo sguardo mentre usciva, e tornò subito a sollecitare il fidanzato che non dava cenni di volersi alzare. Lei intendeva assolutamente andare al lago, quel giorno!
-Dai Philip, è tardi. Sono tutti svegli tranne te.-
Lo udì mugolare da sotto il cuscino.
-Ancora cinque minuti.-
-Neppure uno, per favore. Oggi vorrei andare a pattinare…- lanciò un’occhiata timorosa a Benji che rovistava nell’armadio e che finse di non averla udita. Allora tornò a occuparsi di Philip. Lo scrollò più forte, poi lo colpì stizzita sulla schiena.
-Alzati!-
Niente. Spazientita, cercò di strappargli il cuscino dalla testa ma lui lo tenne forte. Allora afferrò il futon e lo tirò via. Il giovane si raggomitolò su se stesso e abbracciò il cuscino rabbrividendo.
-Maledizione che freddo!-
-Alzati, Philip!-
Dritta al suo fianco, il pesante futon del ragazzo tra le braccia, Jenny lo pungolò sulla schiena con la punta di un piede.
-Va bene, mi alzo!- concesse ma quando lei mollò le coperte, gliele strappò rapido dalle mani e se le avvolse addosso, scomparendo di nuovo in quel gradevole e morbido calore -Quando sarà il mio turno per il bagno.- aggiunse lasciandola di stucco.
-Philip!-
Jenny batté il piede sul tatami indispettita. Si sarebbe alzato sul serio? Non poteva restar lì a controllare che lo facesse, i compagni dovevano vestirsi e, questione di pochi istanti, insieme a Patty avrebbe lasciato la stanza. Doveva convincerlo prima di scendere in cucina. Ma come?
Attirate dal trambusto, Amy comparve sulla soglia ed Evelyn fece capolino alle sue spalle.
-Che pigri… Non dovevamo andare a pattinare?-
-PATTINARE È UN’EVENTUALITÀ, NON UN OBBLIGO!- la redarguì Benji.
Amy sobbalzò e si scostò lesta per lasciarlo uscire. Seguì la sua schiena nel corridoio fin quando lui sparì nel bagno.
-Se non vuole venire non è mica costretto a farlo.-
-Sono sicura che invece tu, Bruce, non vedi l’ora di andare al lago.- disse Evelyn avvicinandosi al cumulo di coperte che avvolgeva il fidanzato come un bozzolo -Allora perché non ti alzi? Vai a lavarti, hai dormito a sufficienza!- cercò invano di scostare le coperte -Molla! Bruce! Molla!-
Niente da fare. Arrotolato nel futon come un involtino primavera, lo bloccava con il peso del suo stesso corpo.
-Bruce, sto per farti il solletico.- lo minacciò un secondo prima di conficcargli le dita nei fianchi.
Le coperte sussultarono un paio di volte, poi presero a ridere e a contorcersi. Bruce soffriva tremendamente il solletico. Nel giro di pochi istanti non ne poté più e si arrese.
-Basta, basta! Hai vinto!-
Quando si alzò, il suo stomaco emise un gorgoglio.
-Soprattutto ha vinto la fame.-
Fu l’immancabile tono di scherno di Mark ad attirare l’attenzione di Jenny e indurla a spostare gli occhi su di lui. Comodamente disteso sulla pancia, era avvolto nelle coperte che lo tenevano al caldo, i gomiti sprofondati nel cuscino e il viso appoggiato sul palmo di una mano.
-Anche tu hai bisogno essere convinto?-
Gli occhi di Landers si socchiusero indagatori, la sua espressione divenne di colpo seria.
-Non oserai.-
-Invece sì.-
-Piuttosto vai a svegliare il tuo ragazzo!-
-Lo farò tra un istante.- avanzò di un passo verso Mark, afferrò svelta un angolo del suo futon e  tirò.
Lui resistette e rise. Lei fece altrettanto. Si sfidarono con lo sguardo, poi Jenny si alzò e Landers si illuse di aver vinto.
-Soffri il solletico, Mark?- lo sguardo di Jenny era risoluto e prometteva una lenta e insopportabile tortura. Lui non rispose né sì né no, preferendo lasciarla nel dubbio -Allora ti alzi?-
-Deciderò io quando!- la sfidò.
E lei accettò la sfida.
-Davvero?- Jenny si sfiorò lo zigomo quasi per caso, toccandosi precisamente il punto che Kevin aveva colpito e che effettivamente Mark sentiva ancora a tratti dolorante. Quel gesto così carico di sgradevoli sottintesi, fu sufficiente a fargli cambiare idea.
-E comunque mi stavo alzando, se proprio vuoi saperlo.-
-Lo immaginavo.-
Benji rientrò dal bagno di umore migliore, non essendo stato costretto a fare la fila come le altre mattine. Mentre Jenny torreggiava di nuovo nei pressi del futon di Callaghan, si scostò per lasciar uscire Patty ed Evelyn.
-Vi aspettiamo giù. La colazione è pronta.-
-In realtà è pronta da due ore, Patty...- la corresse l’amica.
-Caffè freddo allora.- borbottò il portiere.
-Tranquillo Benji, per te lo rifacciamo di sicuro.-
Lui finse di non notare la sfumatura ironica nel tono di Patty mentre l’amica si dirigeva verso le scale. Recuperò dall’armadio gli abiti da indossare quel giorno e lanciò un’occhiata a Callaghan. Tirarlo fuori dal futon si stava rivelando un’impresa più lunga del previsto, così decise di andare a cambiarsi in bagno dove, tra l’altro, faceva anche più caldo.
-Alzati, Philip. Sei rimasto a letto solo tu.-
-E allora?-
-Ti alzi per favore?-
-Solo se mi dai un bacio.-
Jenny trasalì prima di accorgersi di essere rimasti soli.
-Philip...-
-Philip cosa? È un reato pretendere il bacio del buongiorno?-
Purché si alzasse, si chinò rapida e guardinga e lo accontentò, sfiorandogli le labbra con le proprie. Jenny voleva andare a pattinare ma più di tutto temeva che i compagni, trovandolo ancora a poltrire, avrebbero presto ricominciato con le insopportabili recriminazioni sul ritiro, sul ryokan, sul campo da calcio che non esisteva e chissà cos’altro.
Philip era di tutt’altro avviso. Quei momenti tra loro erano così rari che il bacio lo voleva, e come si deve. Le cinse le spalle con un braccio e la tirò giù, mentre schiudeva le labbra di lei con la lingua, nel bacio che era convinto di meritarsi.
-E ti pareva, non si può proprio lasciarvi soli.-
Jenny sobbalzò alle parole di Bruce e spinse via Philip. Si mise seduta con le guance in fiamme, gli occhi sull’amico che entrava ignorandoli dopo averli apostrofati, e andava spedito verso l’armadio.
-Alzati, per favore…- redarguì il fidanzato un’ultima volta.
-Vai tranquilla, Jenny. Se non si alza da solo ci pensiamo noi.-
La giovane annuì e raggiunse di corsa la porta, le mani al viso che bruciava di imbarazzo.
La magra, leggera, digeribile, calorica il giusto e soprattutto dietetica colazione che li accolse in cucina fu deludente quanto quella della mattina precedente e di quella ancora prima. Bruce si lasciò cadere affranto su una sedia ed esternò quello che in effetti era più o meno il pensiero di tutti.
-Anche oggi non c’è niente! Non si può andare avanti così!-
Evelyn gli ficcò nel piatto anche un’intera mela sbucciata e una fetta di pane ai cereali extra.
-Mangia questi e non fare storie.-
Lo scontento di Harper non si dissolse affatto, piuttosto prese un’altra strada.  
-Holly! Dimmi che senso ha cominciare ad allenarci se tra poco più di un’ora dovremo smettere per pranzare!-
Sorseggiando tranquillamente il caffè, il capitano non si scompose.
-Pranzeremo più tardi, visto tra l’altro che stiamo ancora facendo colazione.-
La sua proposta fece storcere la bocca persino a Mark.
-Sai che colazione.-
-Il pranzo non si rimanda!- s’impuntò Bruce, sbafandosi in un nanosecondo ciò che restava della mela e raccattando con la punta delle dita ogni briciola rimasta sul piatto -Eve, tira fuori qualcos’altro! Ho una fame da svenire!-
-Hai mangiato tutta la tua parte!-
Patty si mise in piedi e cominciò a radunare le stoviglie. Quando parlò, e lo fece solo perché le amiche avevano deciso che fosse compito suo farlo, lanciò uno sguardo sguincio a Holly, che voleva essere qualcosa come una richiesta di perdono.
-Mentre vi allenate, noi andremo al lago. Domani dobbiamo restituire i pattini e non li abbiamo ancora usati.-
Philip annuì.
-Per quanto mi riguarda, potremmo andare tutti.-
-Sono d’accordo con te.- approvò Bruce.
Mentre li osservava esterrefatto, il cervello di Mark prese a lavorare a tutta birra, dimenandosi tra atroci dubbi. Non riusciva a decidersi, maledizione. Era meglio perorare la causa degli allenamenti sprecando del tutto la somma pagata per affittare inutilmente quei maledetti pattini o fare una figura barbina sul lago e sfruttare la spesa?
-Holly?- lo chiamò Julian, affinché si esprimesse in un senso o nell’altro.
Il silenzio nella cucina durò il tempo sufficiente a consentire al capitano di valutare i pro e i contro. Guardò i compagni.
Già in piedi, appoggiato su un lato della porta, Philip era in attesa che lui prendesse una decisione. Holly era certo che nonostante preferisse di gran lunga andare a pattinare, si sarebbe adeguato alla sua scelta. Sapeva perfettamente, Philip, che il fine ultimo della loro permanenza a Shintoku era il ritiro e che il motivo per cui Gamo li aveva confinati lassù aveva la priorità su tutto. Però... Però, pensandoci bene, per raggiungere quella tanto agognata sintonia non era forse meglio trascorrere una giornata di puro divertimento a pattinare su un lago ghiacciato, possibilmente cercando di non farsi male, piuttosto che prendersi a pallonate com’era accaduto l’ultima volta nella radura dove Bruce lo aveva accusato di tirar fuori ai compagni la loro peggiore vena sadica? Eppure anche gli allenamenti erano importanti perché loro litigavano in campo, non su una pista di pattinaggio, mettendo a rischio la vittoria, non salti lanciati e spirali acrobatiche. Tirò un respiro, rinunciò alla sessione mattutina di allenamenti e forse anche a quella pomeridiana, incrociò mentalmente le dita nella speranza che nessuno si infortunasse e infine trovò un giusto compromesso.
-Andiamo, ma a una condizione. Domattina alle otto iniziamo gli allenamenti. Non accetto né scuse né ritardi.-
Bruce annuì, perché tanto quella sera avrebbe manomesso di nuovo la sveglia.
Dieci minuti dopo erano davanti all’ingresso del ryokan, ciascuno più o meno contento della giornata che si prospettava. Fuori splendeva il sole come di consueto. Da quando erano arrivati a Shintoku, il cielo era rimasto pressoché azzurro e cristallino ma molto, molto freddo. Così freddo che aprire la porta del ryokan e uscire all’aperto rappresentava ogni volta un piccolo shock termico.
Ben coperti e con i pattini in spalla, imboccarono la strada per il paese e poi deviarono per l’abituale sentiero che conduceva al laghetto.
-Dopo il dovere, finalmente il piacere!-
-Cos’è tutta questa impazienza, Bruce? Non vedi l’ora di spalmarti a terra?-
-Piuttosto non vedo l’ora di vederci te, Philip!-
-Non contarci, sono troppo bravo per cadere.-
-Callaghan il modesto!- la voce di Mark arrivò dalle ultime file.
Landers avanzava svogliato nella retroguardia, ancora dilaniato dai dubbi. Se avesse restituito i pattini quella mattina, avrebbe dovuto pagare lo stesso l’intera quota di affitto o avrebbe avuto diritto a uno sconto? E se avesse detto che non li aveva usati e non intendeva farlo proprio per niente, gli avrebbero rimborsato l’intera quota? Valeva la pena provarci o era meglio lasciar perdere?
Benji camminava qualche passo più avanti e quei pattini avrebbe invece voluto lanciarli in orbita, in modo che si incanalassero nel percorso gravitazionale della Terra e non tornassero indietro mai più. Andare a pattinare era l’ultimo dei suoi desideri, ma nello stesso tempo non vedeva l’ora di godersi la vista di Landers sdraiato sul ghiaccio alla luce del giorno e sotto gli occhi di tutti. Mentre già si figurava la scena, trovò il modo di commentare la tracotanza di Philip, che non poteva proprio lasciar passare indenne.
-Nessuna modestia. Callaghan sta soltanto cercando di ricostruire il suo ego fatto a pezzi giusto ieri dal bambino degli autografi.-
Naturalmente l’educazione di Philip prevedeva che la cortese precisazione del portiere venisse ripagata, ma la palla di neve fu schivata con indubbia agilità e non finì in orbita ma dritta precisa sul muso di Bruce.
-Neanche ci avessi preso la mira...- borbottò incredulo l’autore del tiro.
-Chi è stato?-
-Nessuno, è caduta da un ramo.-
Seguendo tutta la scena, Jenny soffocò una risatina nel guanto.
Poi Philip la raggiunse e la trovò a camminare accanto a Mark. Il fastidio che provò nei confronti del compagno si tradusse in scherno con troppa facilità.
-Sono proprio curioso di vederti sui pattini, Landers. Se vali quanto sugli sci, allora ci sarà da ridere parecchio.- purché Jenny, anche stavolta, non si immolasse per aiutarlo.
Bruce tornò indietro carico di neve. Lanciò verso Philip una palla gigantesca, che lui schivò per un soffio. Poi corse via lungo la discesa che avevano imboccato. Bruce lo inseguì. Molto meno agile tra la neve, slittò sul ghiaccio e finì prima addosso a Holly, poi urtò Amy.
-Scusa, scusa, scusa, scusa...-
Jenny e Mark, di nuovo soli, ripresero a parlare.
-Non sai pattinare, vero?-
-Mi tengo in piedi.- fu la dignitosa via di mezzo del ragazzo, perché mentire a quel punto era da idioti, oltre che inutile. Tra pochissimi istanti la verità sarebbe stata sotto gli occhi di tutti.
Lei gli sorrise incoraggiante.
-Questo è già un inizio, il resto viene con la pratica.-  
Mark avrebbe voluto chiederle quale pratica, visto che a Saitama non faceva mai tanto freddo da gelare il fosso vicino casa, né aveva mai pensato di portare i fratelli su qualche pista di pattinaggio appositamente approntata nei dintorni. Sempre che ce ne fossero. Al massimo correvano insieme lungo i sentieri della periferia che costeggiavano i campi di patate dolci, saltavano le pozzanghere dopo gli acquazzoni e d’estate andavano a caccia di girini nei fossi. Ma neve e ghiaccio proprio no.
L’arrivo di Philip mise un punto ai suoi pensieri e alla loro conversazione. La prospettiva di riprendere con lui il discorso sulle proprie scarse capacità di tenersi sui pattini fu così rivoltante che mollò Jenny e si allontanò nel momento in cui il compagno si affiancava alla fidanzata.
-Di cosa stavate parlando tu e Landers?- le chiese incuriosito dall’improvvisa e palese fuga di Mark.
-Pattini e ghiaccio, niente di importante.-
-Non è capace a pattinare, non vuole ammetterlo ed è scappato.- fu l’ovvia e soddisfacente conclusione di Philip.
Jenny non disse nulla e lasciò che il fidanzato le cingesse le spalle con un braccio, dandole poi un leggero bacio su un lato della testa. Philip inspirò il suo profumo. L’odore di Jenny gli piaceva da morire, gli era sempre piaciuto. Era un misto di frutta estiva e campi di lavanda in fiore.
-Se solo avessimo più tempo per noi...-
-Allora non sarebbe un ritiro!-
La superò e si fermò per guardarla negli occhi.
-Ma sì che lo sarebbe lo stesso! Una mezz’ora, al massimo un’ora ogni tanto, solo questo.- e mentre la osservava, mentre si riempiva lo sguardo del volto che adorava, delle sue guance tinte dal freddo e delle labbra che adesso desiderava baciare, gli venne un’idea. Si lanciò una rapida occhiata alle spalle, i compagni avevano proseguito sul sentiero, lasciandoli indietro.
-E se tornassimo al ryokan solo noi due?-
-Non possiamo!-
-Perché no? Non sto andando ad allenarmi!-
Lei si morse un labbro, combattuta. Vide la schiena di Tom sparire oltre un dislivello del terreno e Mark seguirlo un attimo dopo. Lei e Philip adesso erano soli.
-Io voglio pattinare con te. Sto aspettando di farlo da tre giorni! Il nostro momento arriverà, ne sono sicura.-
Sorrise in modo così convincente che lui, anche se un po’ controvoglia, l’accontentò.
Il cielo tingeva di riflessi azzurri la distesa bianca del lago ghiacciato, le rive innevate erano costellate di alberi e arbusti. I rami spogli creavano un reticolo scuro quasi impenetrabile su tutto quel candore. Erano già le undici ma il sole aveva appena superato la linea delle montagne. Davanti l’ingresso della baita c’era un viavai continuo di persone e sulla superficie del lago, a dare vita a quel paesaggio dalle tinte essenziali, figure avvolte in giacche colorate pattinavano solitarie, a piccoli gruppi o tenendosi per mano.
I ragazzi costeggiarono la sponda, rallentando il passo per dar modo a Philip e Jenny di raggiungerli. Lei li superò, portandosi in testa al gruppo e conducendoli fino alle rive attrezzate per il pattinaggio, accanto al pontile che si protendeva sul lago, dove erano state sistemate delle panche di legno ricoperte di feltro rosso, su cui sedersi a indossare i pattini con tutta calma e comodità.
Bruce fu il primo ad avventurarsi sul ghiaccio, avanzando con meno precauzione di quanto fosse invece necessaria a un principiante come lui. E constatando di tenersi in piedi senza troppa fatica, provò a darsi una spinta così maldestra che invece di avanzare volò a terra.
Holly impallidì.
-Bruce! Fai attenzione! E se ti fai male?-
-Tranquillo!- lo rassicurò tirandosi su impacciato mentre i piedi slittavano di qua e di là.
Tom finì di allacciarsi i pattini e lo raggiunse, porgendogli una mano per aiutarlo a sollevarsi.
-Sei troppo spericolato!- lo rimproverò -Non ti tieni in piedi e già vuoi correre!-
Seduto su una panca in terza o quarta fila, ben discosto da tutti, Mark abbassò gli occhi sulle dita che stringevano svogliatamente i lacci degli stivaletti di robusta pelle nera. Sperava che le cadute di Harper attirassero la totale attenzione dei compagni, lasciando sullo sfondo la sua imbranataggine o capitasse qualcos’altro, qualsiasi cosa, che catalizzasse l’interesse degli altri.
Tutto il contrario di lui, indossati i pattini Philip partì a razzo. Il vento freddo gli colpì il viso scompigliandogli i capelli, in un istante raggiunse la parte opposta del lago e fece una curva per tornare indietro. Jenny gli andò incontro, tese un braccio e un secondo prima di superarsi, Philip le afferrò la mano. Le loro spinte opposte formarono prima un cerchio, poi una spirale che continuò a vorticare rallentando a poco a poco. Le loro risate arrivarono  fin sulla riva.
-Guarda quei due.- Benji li indicò, ma Mark li stava già osservando.
-Callaghan è veramente bravo come dice.-
-Se non ne sono capaci loro che abitano in Siberia, allora chi?-
L’inammissibile realtà era che lo invidiavano entrambi.
-Ti vedo un po’ arrugginito, Tom.- disse Philip passandogli accanto con Jenny che si lasciava pigramente trascinare aggrappata al suo braccio.
-Sono secoli che non indosso i pattini.-
-Quindi non te la senti di fare una gara come ai vecchi tempi?-
-Certo che sì, concedimi solo qualche minuto per sgranchirmi le gambe.-
-Gara? Che gara?- domandò Holly, spingendosi sui pattini un po’ titubante ma tutto sommato abbastanza sicuro di sé, molto più che sugli sci.
Benji strinse i lacci degli stivaletti e si tirò su. Sulla riva erano rimasti soltanto lui e Landers. Persino Bruce, dopo il volo di un attimo prima, se la cavava piuttosto bene. E Philip e Tom, più distanti, percorrevano il lago a una velocità pazzesca, tanto che Holly li guardava impalato con la bocca spalancata e un braccio sollevato a metà, nell’inutile tentativo di fermarli o, perlomeno, farli rallentare. Adesso che gli amici non badavano a lui, erano distratti e non guardavano verso la riva, era il momento di darsi una scossa per non diventare lo zimbello dell’intera compagnia, come Benji prevedeva sarebbe presto accaduto. Il suo scontento investì Landers, pronto a scendere sul ghiaccio.
-Hai paura?-
-Io? Certo che no!-
Mark avanzò e il pattino slittò. Si sbilanciò in avanti ma restò in piedi caparbio, fingendo addirittura che fosse tutto calcolato. Dalla riva, distante solo pochi passi, Benji aspettava impaziente che si compisse il suo destino ormai segnato e capitombolasse sotto gli occhi di tutti. Il ragazzo si spinse per un altro paio di metri, sempre più sicuro e più agile. Per quanto tempo sarebbe stato in grado di rimanere in piedi, Mark stesso non lo sapeva. La nottata passata insonne avrebbe dato i suoi frutti? Si volse indietro. Price esitava ancora, probabilmente non era poi così sicuro di sé come voleva far credere.
Dal lago Julian li osservava e li scherniva.
-Quei due impiastri non si muoveranno da lì.-
-Ho idea che non sappiano pattinare.-
Patty guardò Amy.
-E perché non l’hanno detto?-
-Orgogliosi come sono?-
Patty lasciò la mano di Holly e raggiunse la riva. Jenny, rimasta a osservare le acrobazie temerarie del fidanzato, dapprima con ammirazione e poi con una certa ansia, le andò dietro.
-Dove vai? Che succede?-
-Vado a prendere Benji, è rimasto incollato alla riva. Visto che ci sei, dai una mano a Mark.-
Jenny non s’era neppure accorta che Mark avesse bisogno di una mano. Ma Philip continuava a percorrere spericolato il lago da una parte all’altra, così concentrato da non prestare attenzione a niente e nessuno e dandole allo stesso tempo la possibilità di fare qualcosa senza provocare il suo scontento.
-Avete bisogno di aiuto?-
Benji fulminò Patty.
-Aiuto da te? Mai!-
Lei alzò gli occhi al cielo. Jenny rise, poi li superò entrambi per avvicinarsi a Mark. Vista la reazione del portiere, preferì non offrirgli il proprio supporto. Senza dirgli nulla lo agguantò per la manica del giacchetto e lo trascinò per alcuni metri verso il centro del lago.
-Che stai facendo?-
Lui si liberò e ritirò il braccio, ma il suo gesto scortese non la intimidì. Del resto se l’aspettava.
-Vieni, ti insegno a non cadere.-
Lo prese per mano e lui si ritrasse di nuovo, ma quel movimento repentino lo fece vacillare e cercare, un secondo dopo, le dita sicure di Jenny.
-D’accordo, spiegamelo in due minuti e poi sparisci.- anche perché Philip stava tornando indietro e presto li avrebbe individuati, ricominciando con le sue assurde smanie di gelosia.
Benji li osservò critico.
-Landers ha la scioltezza di un tronco. Sembra che gli abbiano appena ficcato un bastone su per…-
-Guai a te se lo dici!- Patty lo tirò verso il ghiaccio -Parli e critichi ma non fai un passo. Sei l’unico a essere rimasto a riva. Per quanto tempo pensi di restare incollato qui?-
-Non mettermi fretta! Sto prendendo confidenza con i pattini, non lo vedi?-
-Stando fermo?- tentò di smuoverlo.
-Patty! Se mi fai cadere me la paghi!-
-Se cadi ti lascio a terra, giuro!-
La giovane lo strattonò e Benji si ritrovò aggrappato alla sua giacca senza sapere bene come ci fosse finito. Si tirò indietro perché non poteva, assolutamente non poteva accettare di essere tenuto in piedi da lei. Era ora di mettere in pratica ciò che aveva imparato in quella maledetta notte insonne.
-So pattinare, se non mi stai addosso.-
-Davvero? A vederti così mi riesce difficile crederlo.- tuttavia si scostò volentieri perché era stufa di tutte quelle storie e si era pentita da un pezzo di averlo raggiunto ed essersi offerta di dargli una mano.
-Vai pure, Patty. Come vedi mi tengo in piedi anche senza di te.-
-Vedremo. La mattinata è ancora lunga.- disse e si allontanò a testa alta.
Benji fu contento di essere riuscito a togliersela di torno. Quando fu abbastanza lontana, si spinse sul ghiaccio prima prudentemente, poi sempre più veloce, finché si abituò ai pattini e prese a scorrazzare tranquillamente per il laghetto, un po’ traballante ma senza mai cadere.
Quando Jenny reputò che Mark non avesse più bisogno di aiuto, lo lasciò a cavarsela da solo e raggiunse le amiche, concludendo l’avvicinamento con un’aggraziata piroetta.
-Sei davvero brava!-
-Grazie Amy. Ho imparato a pattinare quando ero alle elementari. Piuttosto sei tu a essere brava, visto che già non cadi più!-
-Jenny!-
Era quasi ora di pranzo e il sole si trovava a picco nel cielo quando la voce di Meryl scivolò sul ghiaccio come un’eco. La ragazza interpellata si volse sorpresa.
Avvolta nella sua giacca a vento color rubino, la nuova arrivata si sbracciava dalla riva del lago per attirare la sua attenzione. Era poco distante, in piedi tra le panchine e Jenny la raggiunse in un attimo.
-Non ti fai vedere da un secolo! Che fine hai fatto? Se non ci fossero i tuoi nonni a darmi notizie di te potrei pensare che sei morta!-
Lei provò a rispondere qualcosa, ma Meryl non le diede il tempo di farlo. Le prese una mano guantata e la strinse tra le sue.
-Che piacere vederti! Sono contenta che tu sia qui!- effettivamente i suoi occhi brillavano di sincera felicità -E visto che hai dimenticato dove abito, sono venuta io a salutarti.-
-Come facevi a sapere che ero al lago?-
-Sono passata al ryokan, me l’ha detto nonna Harriet. E mi ha anche detto che sei a Shintoku già da qualche giorno. Perché non sei passata al negozio?-
-Non ne ho avuto il tempo.-  
-Cioè non volevi incontrare Kevin.- tradusse Meryl alzando le spalle -Però ti è andata male, eh? Ieri mattina ha insistito per venire al ryokan al posto di papà. Si è offerto dicendo che al negozio c’è poco lavoro, ma è ovvio che l’ha fatto per vederti.-
Jenny sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle e si affrettò a cambiare discorso. Erano Philip, Patty e Holly, seguiti a poca distanza da Evelyn e Bruce.
-Sei venuta a pattinare?-
-No, solo a salutarti.- Meryl sorrise ai nuovi arrivati e in particolare a Bruce che sembrava davvero felice di rivederla -Come sono andati gli acquisti a voi tre?-
-Un disastro!-
Evelyn strabuzzò gli occhi.
-Fermi tutti! Vi conoscete?-
-Ci siamo incontrati giù in paese quando siamo andati a comprare da mangiare. Abbiamo fatto la spesa al suo negozio.- spiegò Bruce.
Jenny non aveva assolutamente preso in considerazione il fatto che avrebbero potuto incontrare Kevin al posto di Meryl. Si sentì gelare, rendendosi conto di essere stata fortunatissima che le cose fossero andate così.
-Meryl, lui è il mio fidanzato, Philip.-
La ragazza strinse la mano che il giovane le porgeva.
-Adesso ti conosco davvero.-
Jenny proseguì con le presentazioni, includendo anche Tom che si era avvicinato curioso. Rimasero fuori soltanto Amy e Julian, che avevano abbandonato momentaneamente il lago per andare a bere qualcosa alla baita, e Benji e Mark, che pattinavano lenti, impacciati, lontani e insieme. Insieme?
-Perché non ti unisci a noi? Più siamo e più ci divertiamo.-
Evelyn fu contenta che lei rifiutasse l’invito di Bruce.
-Grazie, un’altra volta. Oggi sono solo di passaggio.-  
-E allora? Basterebbe che passassi più piano e avresti il tempo di restare.-
-Veramente stiamo per andar via...- borbottò Evelyn nervosa, nascondendo le mani nelle tasche.
-Mi dispiace, devo sbrigare delle commissioni per il negozio e comunque non ho i pattini.-
-Che problema c’è? Eve, prestale i tuoi per un po’!-  
La ragazza spalancò la bocca incredula e i suoi occhi lampeggiarono di stizza.
-Perché invece non le dai i tuoi, Bruce?-
Meryl trasalì, poi guardò Jenny che si mostrò spaesata tanto quanto lei.
-Non posso davvero restare. Ci vediamo un’altra volta. Ciao Jenny, buon divertimento a tutti!-
Si allontanò in fretta e con un sorriso un po’ forzato, sentendosi sulla schiena gli occhi di tutti ma in particolar modo lo sguardo infuocato di Evelyn. Non appena fu abbastanza lontana, in effetti la ragazza esplose.
-Sei un cafone, Bruce! Davvero non ho parole! Avresti preferito che ci fosse lei a pattinare al mio posto?-
-Come ti viene in mente, Eve? Non ho assolutamente detto questo!- le gridò dietro mentre la fidanzata si allontanava furente, un diavolo per capello.
Holly e Tom se la squagliarono zitti zitti e Philip, notando la manovra, li seguì all’istante.
-Andiamo a prendere da bere, Tom! Tu vuoi qualcosa, Jenny?-
-Un succo di frutta.-
Abbandonato dai compagni, Bruce rimase in balia delle amiche. Patty partì subito all’attacco.
-Che razza di atteggiamento è? Perché ti sei comportato in modo così villano?-
-Cosa c’è di male ad aver invitato l’amica di Jenny a pattinare con noi?- aveva cercato di essere gentile ed ecco il risultato.
-Nulla, se non ti fosse venuto in mente di offrirle i pattini di Evelyn!-
-Non potevo certo darle i miei! Sono troppo grandi!-
-Corri a scusarti!- sbraitò Patty -Se non vuoi che Evelyn ti lasci all’istante, come le consiglierò di fare non appena rientreremo al ryokan!-
Il ragazzo la guardò incredulo, giusto il tempo di realizzare che la minaccia non era uno scherzo né una battuta. Dopodiché corse difilato dietro la fidanzata, all’impacciata velocità che gli consentirono i pattini. La raggiunse barcollante e lei prese a gridargli in faccia tutta la sua irritazione, spintonandolo finché Bruce non cadde a terra. Allora, soddisfatta, si allontanò ignorando i suoi richiami.
Patty e Jenny assistettero alla scenata in silenzio. Poi, a un certo punto, l’una posò una mano sul braccio dell’altra.
-Guarda lì.-
Jenny si volse nella direzione indicata e si irrigidì di colpo.
Kevin era in piedi sulla riva, gli occhi strafottenti fissi su di lei. Doveva essere arrivato insieme a Meryl, ma si faceva vedere solo adesso che lei era entrata nella baita.
Il ragazzo continuò a osservarla con un sorrisetto ironico finché i loro sguardi si incrociarono di nuovo. Allora le fece cenno di avvicinarsi. Jenny scosse la testa e si allontanò insieme a Patty, rifiutandosi di raggiungerlo. Sperava che sparisse silenzioso com’era arrivato, invece i minuti passavano e lui restava, la sua scomoda presenza a pochi passi da loro, i piedi tra la neve della sponda del lago. I suoi occhi passavano da lei ai compagni, studiandoli tutti con curioso interesse.
La presenza di altre persone nei dintorni lo lasciava passare del tutto inosservato. Neppure Mark lo aveva notato. Era troppo occupato a tenersi in equilibrio sul ghiaccio per avere il tempo di alzare gli occhi dai pattini. Istintivamente diffidente dopo ciò che era accaduto il giorno prima, Jenny non riteneva sicuro avvicinarsi. Ma se gli avesse dato retta per una manciata di minuti, forse lui sarebbe andato via. Non voleva raggiungerlo eppure si costrinse a farlo.
-È meglio se vado a sentire cosa vuole, Patty. Così magari se ne va.-
Cercò Philip e lo vide davanti all’ingresso della baita, da cui era appena uscito con Tom e Bruce. Stavano tornando insieme verso il lago, ma si trovavano ancora lontani. Jenny si spinse sul ghiaccio e raggiunse la riva e Kevin.
-Cosa sei venuto a fare?-
-Ciao, Jenny.-
-Sì, be’… ciao. Cosa vuoi?-
-Niente. Il lago è di tutti e io sono semplicemente di passaggio. Ho saputo che eri qui e mi sono affacciato per vedere il tuo fantomatico ragazzo. Che fai, me lo presenti?-
-Dov’è Meryl?-
-Tra poco torna, deve sbrigare una commissione per il negozio.-
Fu per un caso fortuito che Mark tirò su il naso dalla punta dei pattini e li scorse. La vista dell’odiato ragazzo risvegliò di colpo il dolore allo zigomo. Lo sentì pulsare forte e la collera tornare a riaffacciarsi. Il maledetto era lì. Se solo non avesse indossato i pattini sarebbe corso da lui e lo avrebbe gonfiato di pugni come un pallone, per poi sgonfiarlo a calci. Arrancò sul ghiaccio più veloce che poté ma con la precauzione necessaria a non ruzzolare davanti a tutti.
Teneva un occhio preoccupato su quell’incosciente di Jenny che non aveva affatto imparato la lezione e l’altro impaziente su Philip che si stava avvicinando lentamente, troppo lentamente. Cosa  aveva da ridere con Tom? Perché piuttosto non si sbrigava a raggiungerli?
-Cretino! Imbecille!- ringhiò. Chi avrebbe fatto prima ad arrivare a riva? Lui o Philip?
Le mani ancora infilate nelle tasche, Kevin fissò la ragazza dritto negli occhi.
-Se ieri io non fossi venuto al ryokan, avresti continuato a ignorarmi?-
-Ignorarti? In che senso?-
-Io ti piacevo!-
-Secoli fa! Per quanto tempo ancora pensi di rinfacciarmi la stupida infatuazione di una stupida bambina di otto anni? Io non sono qui per te. Sono in vacanza dai nonni con il mio ragazzo. Non ti devo nessuna visita di cortesia. Lo capisci, vero?-
Kevin le rispose con una smorfia insofferente.
-Sono proprio curioso di conoscerlo, questo ragazzo di cui tanto parlano i tuoi nonni. Allora perché non me lo presenti?-
-Non ne vedo il motivo.- indietreggiò di un passo, pronta a mettere fine alla conversazione.
Kevin rise.
-Certo, altrimenti dovresti dirgli che eri cotta di me, vero?-  
Jenny ebbe un moto di fastidio e si volse con l’intenzione di andarsene. Vide il fidanzato raggiungere le panche insieme a Tom e Bruce, tenendo tra le mani il succo di frutta che gli aveva chiesto di comprare. La conversazione con Kevin era durata troppo a lungo.
Mark e Philip arrivarono sulla riva nello stesso preciso istante, l’uno dal lago, l’altro dal sentiero.
-Lo conosci, Callaghan?-
-Chi?-
-Il tipo che sta parlando con Jenny.-
Philip lo mise a fuoco e scosse la testa. Che lei ci parlasse non lo sorprese. La fidanzata aveva vissuto a Shintoku per anni, doveva conoscere più o meno tutti.
-Mai visto.-
Meryl ancora non tornava e Kevin non sembrava intenzionato ad andarsene. Anzi, si stava facendo via via più asfissiante.
-Quindi non mi dirai chi è, giusto?-
-Assolutamente no.-
-Scommetti che lo capisco da solo?-
Gli occhi di Kevin lampeggiarono mentre sollevava una mano e l’afferrava per la spalla, tirandola brusco verso di sé. Il gesto deciso e repentino la colse impreparata, scivolò sui pattini e si aggrappò al giubbotto del ragazzo per non cadere. Poi, ritrovato l’equilibrio, si tirò indietro per scostarsi ma Kevin non la mollò. Stupida ingenua, si ritrovava esattamente nella stessa situazione del giorno prima, ma stavolta purtroppo sotto gli occhi di Philip e degli altri.
-Lasciami.-
-Che dici, Jenny.- la provocò lui -Vogliamo fargliela vedere al tuo ragazzo una cosa che non sa?-
Strinse la presa sulle sue spalle e con un movimento improvviso l’attirò contro di sé. Le loro labbra si sfiorarono solo un attimo, perché Jenny fu veloce a puntargli le mani contro il torace e respingerlo. Reagì in modo così rapido da sperare che nessuno avesse visto cosa fosse successo davvero.
Nonostante ciò, un violento rossore di imbarazzo e di collera le colorò le guance mentre Kevin di fronte a lei rideva, mandandola su tutte le furie.
Circondato dai compagni radunati quasi tutti sulla riva per prepararsi a lasciare il lago e tornare al ryokan, Philip aveva gli occhi bloccati su Jenny e sullo sconosciuto dal momento in cui lui le aveva posato quella mano sulla spalla così bruscamente da farle perdere l’equilibrio. Non fu sicuro di aver visto ciò che aveva visto, soprattutto perché fu inaccettabile che qualcuno oltre se stesso baciasse la fidanzata. Così esitò, perplesso e dubbioso, al culmine dell’incertezza, i succhi di frutta che aveva preso per sé e per lei tra le mani.
Bruce non mancò di commentare, inopportuno come al solito.
-Philip, perché quel tizio ha baciato Jenny?-
-Baciato?-
Lui gli rifece l’eco, gli occhi spalancati e il colore che a poco a poco svaniva dal suo viso, costretto a prendere atto di quell’inaccettabile verità, su cui avrebbe voluto mantenere un più confortante dubbio.
-Non hai visto?-
-Sì… no… ma...- fece un passo verso il ghiaccio, poi si ricordò di essere senza pattini e fu costretto a fermarsi.
Tom gli sfilò di mano i succhi di frutta prima che, strizzate com’erano, le confezioni esplodessero.
Come se non bastasse ciò a cui aveva appena assistito, l’ironico punto di vista di Benji impietrì Philip sul posto.
-Magari è il suo amante, quello non ufficiale. Oppure un suo ex.-
Philip spostò sul portiere gli occhi sconvolti da quel paio di ipotesi che lo fecero esitare. La prima impossibile, la seconda da valutare, anche se non poteva obiettivamente trattarsi di un ex di Jenny perché Jenny non aveva ex. Lui era stato il suo primo ragazzo! Indugiò perplesso su una convinzione rimasta finora solidamente radicata nella sua testa. Lo era stato davvero? Ma certo che lo era stato, ne era sicurissimo! Semmai la questione poteva essere un’altra… Sollecitata dall’ironia di dubbio gusto del portiere, la prima eventualità si riaffacciò nella sua mente, e prese forma. Durante gli anni in cui erano stati insieme, lei lo aveva mai tradito? In tutte quelle occasioni in cui Jenny era andata a Shintoku dai nonni a trascorrere un weekend o parte delle vacanze, aveva incontrato quel ragazzo? C’era stato qualcosa tra loro? Scosse la testa con forza per scacciare il sospetto. No che non poteva esserci stato e lui non avrebbe dovuto neppure pensarlo! Quindi? Perché mai quel tizio osava un gesto così intimo?
Jenny pregò con tutta se stessa che Philip non li avesse visti o almeno non avesse visto bene. Odiò Kevin, ferocemente. Gli puntò le mani sulle spalle e lo spinse via con tutta la forza della disperazione e della vergogna. Le dita che la stringevano persero la presa e lei riuscì a scostarsi. Il giovane rise e la schernì.
-Che c’è? Non ti è piaciuto?-
Jenny lo schiaffeggiò in pieno volto. Gli occhi di Kevin lampeggiarono d’ira e un attimo dopo le restituì svogliato lo schiaffo, senza mettere nel gesto un briciolo di forza. Fu quindi lo stupore a farla barcollare sui pattini. Riuscì a rimanere in piedi per miracolo e si portò una mano al viso, dove la guancia bruciava più per la vergogna che per il colpo.
-Jenny!-
Udì Philip chiamarla, nel suo grido tutta la preoccupazione, l’orrore e l’urgenza. Non ebbe il coraggio di voltarsi.
-Eccolo lì il tuo ragazzo.- rise Kevin sprezzante -È quello con la giacca a vento azzurra.-
Jenny lo fissò furiosa.
-Mi hai baciata! E mi hai schiaffeggiata!-
-Sì, e mi sarei limitato al bacio… Ricominciamo dall’inizio, eh? Sono sicuro che andrà meglio.- mise un piede sul ghiaccio e lei indietreggiò.
-Non provare ad avvicinarti!-
-Altrimenti che fai? Mi dai un altro schiaffo?- scattò veloce e le afferrò un braccio -Davvero pensi di riuscirci?-
In un barlume di lucidità tra tutta la collera che gli annebbiava il cervello, Philip si chiese se percorrendo la riva di corsa, sarebbe riuscito a raggiungerli in tempo – in tempo prima di cosa? Ma il profilo del lago, da quella parte, era tutto rocce e spunzoni, nessuno spazio dove mettere i piedi. Quanto ci sarebbe voluto per indossare di nuovo i pattini? Se solo li avesse avuti ancora ai piedi avrebbe impiegato meno di un istante ad arrivare da Jenny e stendere quel tizio.
Quasi gli avesse letto nella mente, o forse spinto dal timore che il violento sconosciuto affibbiasse a Jenny un altro schiaffo, o peggio un altro bacio, facendo eruttare come un vulcano l’ira distruttiva di Philip, Holly smise si slacciarsi i pattini e si alzò.
-Vado io.- tanto più che Patty era rimasta a metà strada tra loro e Jenny, in ansia per l’amica -E cerco di risolvere la questione in modo civile.-
-Civile? Uno che picchia una ragazza ti sembra civile?- replicò Philip incredulo e fuori di sé.
Jenny puntò i pattini ma non riuscì a liberarsi dalle mani di Kevin che le stringevano le braccia sopra i gomiti. Lo vide accostarsi ancora, calare su di lei senza lasciarle scampo. L’avrebbe baciata di nuovo, il maledetto! Reclinò il viso per impedirgli di avvicinarsi, adesso che era sicura che Philip li stava guardando.
-Non farlo, è molto meglio per te.-
-Sto morendo di paura.- rise e abbassò il volto per raggiungere la bocca che la ragazza gli negava.
Jenny sentì il suo profumo, i suoi capelli le sfiorarono la fronte. Allora reagì. Si aggrappò alle maniche della sua giacca per tenersi in equilibrio, sollevò un ginocchio e lo colpì con forza nello stomaco.
Kevin fu fortunato che Jenny indossasse i pattini e fosse più alta di parecchi centimetri. Fu fortunato ma gli fece male lo stesso, atrocemente male. Emise un lamento, boccheggiò in cerca d’aria, mollò la presa e cadde in ginocchio stringendosi lo stomaco, piegato in due dal dolore. Jenny lo fissò dall’alto, incrociando il suo sguardo velato di collera e sofferenza.
-Ti avevo avvertito, Kevin.- si volse e lo lasciò così, a imprecare contro di lei.
-Dove l’ha colpito? L’ha preso lì?- domandò Bruce.
-Magari!- Philip lo sperò con tutto se stesso.
-Io davvero non ti capisco Callaghan.- Benji si sedette su una panca, armeggiando con i lacci degli stivaletti -Ci guardi male ogni volta che ci avviciniamo a Jenny o le parliamo, persino se la guardiamo. E poi lasci che succeda questo?-
-Fanculo, Price!-
Seguì la fidanzata con lo sguardo mentre raggiungeva Patty. Le sue guance erano arrossate, i pugni serrati, gli occhi insistentemente puntati sull’amica. Non si girò verso di loro neppure una volta.
-Lo avete visto? Ci avete visti?- chiese in ansia -Philip ha visto?- si portò le mani al viso, che sentiva bruciare di vergogna. Minuscoli cristalli di ghiaccio sulla lana dei guanti le graffiarono la pelle.
-Credo proprio di sì.-
-E adesso?- la fissò a dir poco disperata.
-Devi stare tranquilla, Jenny! Era così chiaro che non volevi che ti baciasse. Vedrai che Philip lo capirà!-
Furono parole che non la consolarono e non la tranquillizzarono. Le ricordarono soltanto che Patty non conosceva affatto Philip. Jenny era sicura che si sarebbe arrabbiato, era sicura che fosse furioso. Per colpa di Kevin avrebbero litigato, ne era certa. Si fece coraggio e si volse a guardarlo. Anzi, fece di più. Insieme a Patty tornò verso di lui e verso i compagni.
-Chi è quello, Jenny?- la accolse secco, restando a guardarla dalla riva.
Lei abbassò il viso sui pattini del fidanzato abbandonati sotto una panca. Chi era Kevin? Non era nessuno accidenti!
-Mi dispiace.- disse con voce rotta -Non so che gli sia preso, non lo vedevo da anni…-
-Dunque ha pensato di recuperare il tempo perso.-
Tom infilò una gomitata tra le costole di Benji.
-Chi accidenti è?- insistette Philip.
-Possiamo parlarne dopo? Per favore...- supplicò lei con una vocina timorosa, appena appena udibile. Gli lanciò una timida occhiata e lo vide abbozzare un sì.
-Rientriamo al ryokan?-
-Ottima idea, Patty.- approvò subito Bruce -Il mio stomaco comincia a invocare cibo. Ho una fame da svenire!-
-Non smetti mai di averne.- sbuffò Evelyn.
Sulla strada del ritorno Jenny si tenne ben alla larga da Philip. La delusione e la collera che gli leggeva in faccia la mettevano a disagio e la facevano star male perché temeva che tirasse conclusioni affrettate, che il suo cervello creasse storie troppo fantasiose su ciò che aveva visto. Sperava  che non si ficcasse in testa strane idee prima di darle il tempo di spiegarsi.
In effetti era proprio questo ciò che Philip stava facendo. Cercare una spiegazione plausibile e indolore. Voleva sapere tutto e subito, i dubbi lo stavano divorando e se fossero stati soli, avrebbe preteso all’istante spiegazioni chiare e soddisfacenti. Invece gli toccava attendere, anche se la pazienza a disposizione era veramente troppo poca.
Con un inaspettato moto di solidarietà nei suoi confronti, Mark lo affiancò e tentò di distrarlo.
-Andiamo alle terme?-
-Non mi frega un cazzo delle terme!-
Landers lo guardò incredulo, tutt’a un tratto convinto che la lezione che gli aveva dato alle elementari non era stata sufficiente. Il suo irascibile istinto gli suggerì di ririspondergli con un pugno sul naso ben assestato, ma si trattenne. Alla luce di ciò che era appena successo al lago, si sforzò di essere comprensivo e di passar sopra ai suoi modi bruschi. Con uno sforzo ancora più grande, poteva provare persino a tranquillizzarlo.   
-Ti stai agitando inutilmente, quel tipo è un cretino. Non vale niente e soprattutto non vale la pena che reagisci così.-
Philip si volse di colpo.
-Che ne sai? Lo conosci?- il disagio improvviso di Mark fu rivelatorio -Lo hai già incontrato?-
-Sai cosa penso? Non è stata una buona idea quella di venire a pattinare. Gli stivaletti erano stretti, mi hanno massacrato i piedi.-
Per Philip il tentativo di Mark di cambiare discorso fu la prova provata che gli stava nascondendo qualcosa. Anche lui!
-Dove l’hai visto?-
-Secondo me un bel bagno alle terme ci vuole proprio, non vedo l’ora di…-
-Dove cazzo hai visto quel tipo?!- lo superò con una falcata e gli si parò davanti, costringendolo a fermarsi. Lo fissò dritto negli occhi e ripeté per la terza volta la domanda -Dove l’hai visto, Landers?-
Mark desiderò poter diventare invisibile a quegli occhi carichi di preoccupazione e gelosia. Sospirò e cedette.
-L’ho visto al ryokan.-
-Quando?-
-Non farle a me tutte queste domande!-
-Quando?-
Landers si liberò con uno strattone.
-Perché non lo chiedi a Jenny?-
-Dimmi quando! Maledizione!-
-E va bene, porca miseria! L’ho visto ieri mattina!-
-Cos’è venuto a fare al ryokan? A vedere lei?-
-No, imbecille! È venuto a portare le provviste!-
-Sei sicuro?-
-Sì che sono sicuro!-
Nell’espressione di Philip passò un lampo di sollievo. Riprese a camminare al suo fianco.
-Perché Jenny non mi ha detto niente?-
-Se ne sarà dimenticata.-
Philip lo fulminò.
-Dimenticata? Mi spieghi come può scordarsi di un tizio che il giorno dopo la bacia e poi la schiaffeggia davanti a tutti? Davanti a me?-
-Pensi che abbia voluto tenertelo nascosto?-
-Non lo penso, lo ha fatto!-
-Magari non te l’ha detto perché immaginava che avresti reagito esattamente come stai facendo ora!-
Philip gli rivolse uno sguardo di fuoco.
-Cos’è, un rimprovero?-
-No, è una costatazione!-
-Dovrei essere contento che quel tizio l’ha baciata?-
-Certo che no, ma prima di incazzarti aspetta di sentire cos’ha da dirti!-
-Sono tutt’orecchie, Landers, non vedo l’ora di ascoltarla. Solo che Jenny non mi pare intenzionata a spiegarsi!-
-Ma se ha detto che ne parlerete quando sarete soli!-
-Cazzo, Landers! La smetti di difenderla?- accelerò stizzito, lasciandolo indietro. Invece di consolarlo, capirlo e mettersi dalla sua parte dopo l’onta subita, lo stava facendo sentire un cretino. Come se la colpa di tutto fosse sua. Continuò a calpestare la neve rabbioso, a testa china e in silenzio, fino al ryokan.
La nonna chiamò Jenny non appena misero piede nella pensione, neanche si fossero messe d’accordo. Lei corse in cucina passando accanto al fidanzato che continuava a tenerle il muso. Riapparve pochi istanti dopo nell’ingresso, dove gli amici stavano finendo di liberarsi di scarpe e cappotti.
-Quanta fame avete?-
-Si mangia?- Bruce ripose i guanti nella tasca della giacca e la appese sull’appendiabiti. Era pronto ad abbuffarsi.
-La nonna ha ordinato il sushi. È già in tavola, va bene se alle terme ci andiamo dopo?-
-Perché? Altrimenti si fredda?-
-Certo che va bene!- esultò Bruce sgomitando Benji e la sua battuta -Prima il dovere, poi il piacere!-
-Giratela come ti pare Harper, ma a me sembra che tu non faccia altro che compiacerti.- dichiarò Mark.
-Giusto il tempo di lavarci le mani.-
-Lavarmi le mani?- Bruce spostò gli occhi su Patty che imboccava le scale, seguita da Holly -E perché? Mi sono messo i guanti prima di uscire, me li sono tolti in questo istante, non le ho mica sporche!- per sicurezza le annusò. Odoravano di lana e vagamente di naftalina.
Patty sorrise, continuando tuttavia a spingere Holly su per le scale.
-Fino a prova contraria acqua e sapone non hanno mai ucciso nessuno.-
Fortuna per loro, proprio quel nessuno seguì il suggerimento. Giunto al primo piano, Holly si fermò e si volse a osservare il corridoio, silenzioso e deserto. Poi guardò la fidanzata con il volto illuminato da incredulo stupore.
-Patty, non riesco a crederci! Siamo soli! Sono rimasti tutti giù!- proprio lì dove si trovava fece un passo verso di lei, le prese il volto tra le mani e le stampò un entusiastico bacio sulle labbra. Dopodiché la guardò e rise -Sono cinque giorni che aspetto di farlo.-
-A chi lo dici!- condividendo le sue stesse emozioni, Patty lo prese per mano e lo trascinò svelta nella camera che occupava con le amiche, curandosi di appoggiarsi contro la porta per evitare che qualcuno la aprisse dall’esterno -Abbiamo i secondi contati e dobbiamo sfruttarli al massimo!-
Loro labbra si unirono, desiderose di annullare i giorni trascorsi in astinenza.
-Holly! Patty! Stiamo aspettando voi! Che state facendo?-
Naturalmente a gridare era Bruce, sollecitato dalla sua fame cronica. Il momento tanto atteso era già terminato e Patty si scostò controvoglia dal fidanzato. Lui tentò di rassicurarla con l’usuale ottimismo, solido e incrollabile.
-Vedrai, prima o poi riusciremo a ritagliarci un po’ di tempo senza nessuno tra i piedi. In fin dei conti la vacanza è appena cominciata e…-
-Vacanza?- le venne da ridere mentre lui si rendeva conto della gaffe.
-Ritiro! Volevo dire ritiro!-
In cucina Evelyn aveva sequestrato a Bruce le bacchette e lui, pur di mettere qualcosa nello stomaco, stava prendendo in considerazione l’eventualità di condire il sushi con l’aroma pungente della naftalina.
Holly entrò osservando i compagni. A parte l’impazienza dettata dalla fame, a tavola regnava un’insolita quiete. Certo, Bruce parlava per quattro e Benji e Mark si punzecchiavano con battute sagaci alla velocità della luce, eppure la cucina sembrava più silenziosa del solito e pervasa da una sorta di calma elettrica, simile a quella che si scatena prima della tempesta. C’era da preoccuparsi, altroché. Per esempio che Evelyn sedesse di fronte a Bruce e non accanto, come se intendesse rovinargli il pranzo con le sue occhiatacce, cosa peraltro di difficile attuazione visto che Bruce fingeva di non notarle o, troppo affamato, non le notava davvero.
Dopo Mark, andando verso la finestra, c’erano Jenny e Philip che avevano mantenuto il loro solito posto anche se non si parlavano. Holly comprendeva la collera del compagno e la giustificava. Come avrebbe reagito lui stesso, se avesse visto Patty baciare un altro? Nonostante ciò, a suo parere il silenzio ostinato in cui Philip si era barricato non lo avrebbe portato da nessuna parte. Ignorava la fidanzata e teneva insistentemente gli occhi sul piatto.
Lo sguardo di Holly passò da lui a Jenny, che giocherellava nervosamente con le bacchette, lanciando occhiate timide e preoccupate al fidanzato. Quando si accorse di essere osservata, a disagio abbassò il viso sul piatto.
Philip scostò la sedia e si alzò da tavola non appena ebbe finito di mangiare, senza attendere i compagni. Fremente di collera lasciò la cucina a testa alta e in un caparbio silenzio.
Bruce non aspettava altro. Come il compagno sparì nel corridoio, allungò le bacchette verso il sushi di Jenny.
-Non mangi più?-
Lei scosse la testa e spinse il piatto verso il centro del tavolo, per consentirgli di raggiungerlo agevolmente. Gli avanzi sparirono in un lampo.
A poco a poco i ragazzi si radunarono al piano di sopra per non intralciare le amiche nelle operazioni di sistemazione e riordino. Rimase solo Mark, appoggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate sul torace muscoloso, gli occhi soprattutto su Jenny che si spostava su e giù per la cucina con un’espressione affranta. Era rimasto per parlarle, se ci fosse riuscito in privato. Non impiegarono molto, le ragazze, a cogliere le sue intenzioni e non appena fu possibile, Evelyn, Amy e Patty li lasciarono soli.
Le mani serrate sulla spalliera di una sedia, Jenny le guardò uscire e poi spostò gli occhi su Mark, in rassegnata attesa di venir rimproverata. Non poteva che essere quello il motivo per cui era rimasto con lei.
-Perché non gli hai raccontato di ieri?-
Jenny non rispose ma si irrigidì. Prima di provare a difendersi, preferiva aspettare che l’attacco terminasse.
-È arrabbiato e preoccupato, devi parlargli.-
-Non puoi farlo tu?-
-Io?-
-Sì, puoi rassicurarlo che tra me e Kevin non c’è niente!-
-L’ho già fatto, ma lui pretende che sia tu a dirglielo! E ha ragione!-
-Però se tu...-
Mark sollevò una mano per interromperla.
-Se anche fossi il migliore amico di Philip, cosa che assolutamente non sono, tu sei la sua ragazza. Lui le spiegazioni le vuole da te, non da me.-
Jenny lo guardò delusa e abbattuta. Mark non l’avrebbe aiutata e si pentì di averglielo chiesto. Landers non era un amico di Philip ma soltanto un compagno di squadra, e neppure della Flynet. Non si incontravano al di fuori delle partite e dei ritiri della nazionale e subito dopo il loro primo incontro si erano soltanto detestati. Philip gliel’aveva detto cento volte. Landers non era il migliore amico nessuno.
-Ho capito.-
Si volse perché non aveva più niente da dirgli. E neppure lui, a quanto pareva. Finì di riordinare e avviò la lavastoviglie, accorgendosi troppo tardi di aver dimenticato fuori la pentola del riso. La prese e la depositò nel lavandino, rassegnata a lavarla a mano. Il rumore dell’acqua coprì tutto il resto. Non si accorse che Mark si alzava e usciva. Non si accorse neanche che Philip, quasi a dargli il cambio, entrò un istante dopo fermandosi sulla soglia a osservarla.
Attese che Jenny chiudesse l’acqua e quando parlò fu soltanto la gelosia a venir fuori, perché quello che aveva visto gli bruciava.
-Mi devi delle spiegazioni, Jenny. E adesso siamo soli.-
Lei sussultò e si volse. Si guardarono l’uno deluso, l’altra mortificata. Lui fremente di rabbia e umiliazione, perché lo sconosciuto del laghetto aveva osato baciare Jenny davanti a tutti e senza che lui potesse farci niente, lei tormentata dalle spiegazioni che entro pochi istanti sarebbe stata costretta a dargli, sprofondando nella vergogna di aver provato a otto anni sincera ammirazione per quel piantagrane di Kevin. Come aveva potuto?
Philip fece un passo all’interno della cucina, perché da Jenny non era più disposto ad accettare quel silenzio.
-Allora?-
Lei distolse lo sguardo per posarlo sulla pentola che teneva ancora tra le mani. Senza essere costretta a constatare l’amarezza che gli riempiva gli occhi, fu più facile scusarsi.
-Mi dispiace per ciò che è successo prima.-
-Sono contento che almeno ti dispiaccia. Chi era quello?-
-Un amico.- e mentre lo disse si rese conto che Kevin ormai non era più neppure un amico. Del resto, lo era mai stato?
Philip faticò a crederle, anche se avrebbe voluto farlo con tutto se stesso. Un amico non si permetteva certi comportamenti, non si concedeva quelle libertà.  
-Davvero?-
Il tono ironicamente sospettoso arrivò vicinissimo. Philip si era accostato e Jenny avvertì la sua presenza a un passo da lei. Le parole successive furono taglienti come una lama. La gelosia aveva spazzato via calma, obiettività e diplomazia.
-A me è sembrato qualcosa di più di un amico.-
Arginando il dolore che il sospetto di Philip le aveva appena inflitto, Jenny cercò come poté di difendersi dall’accusa neppure troppo velata. Comprendeva perfettamente il suo stato d’animo, ma nello stesso tempo non poteva credere che bastasse così poco a farlo dubitare di lei. Dov’era finita la fiducia che avevano sempre provato l’una per l’altro?
-Era solo un amico, Philip. Ma dopo quello che ha fatto oggi, non lo considero più tale.- gli lanciò un’occhiata veloce e incontrò il suo sguardo di ghiaccio. Forse non lo aveva convinto.
-Io non sapevo neppure che esistesse! Perché non mi hai detto niente?-
-Non pensavo di incontrarlo.-
-Lui sì, a quanto pare.-
Jenny tacque, concedendosi qualche istante per finire di lavare la pentola e riordinare le idee. Come aveva previsto al lago, per colpa di Kevin stavano litigando. Era sicura che il ragazzo l’avesse baciata apposta. Il suo passatempo preferito era seminare zizzania tra le persone. Lo aveva sempre fatto, era insisto nel suo carattere e crescendo non poteva che essere peggiorato. Posò la pentola a scolare e, asciugandosi le mani su uno strofinaccio, si volse a guardarlo.
-Philip, per favore! Non voglio discutere con te a causa sua!-
-Figurati io!-
-Allora perché lo stiamo facendo? Che colpa ho se mi ha baciata? Non volevo che lo facesse!-
-Sono contento di sentirtelo dire! Adesso vorrei anche sapere perché non mi hai detto niente di lui! Ieri vi siete incontrati e me lo hai tenuto nascosto. Perché?-
-Non ci siamo incontrati! Lo dici come se ci fossimo dati appuntamento! L’ho semplicemente trovato qui fuori a scaricare le provviste per il ryokan! Questo Mark non te lo ha detto?-
-Perché l’ho dovuto sentire da Landers? Perché non me lo hai detto tu?-
-Non ci ho pensato! Tu non mi hai detto che in paese hai conosciuto Meryl!-
-Meryl a me non piace mentre tu a quel tizio sì.-
-Io non gli piaccio!-
-Dovevi dirmelo!-
-Non l’ho fatto non perché volevo tenerlo nascosto, ma perché pensavo che non fosse importante!- replicò Jenny esasperata.
Philip si accostò furente, appoggiò le mani sul mobile ai suoi lati, imprigionandola tra sé e il ripiano del lavello e si sforzò di controllare il tono della voce. Avrebbe voluto gridare, tanto la frustrazione lo premeva da dentro.
-E secondo te questa non era una cosa importante?-
-Non credevo che lo fosse!-
-Maledizione Jenny!- le fu vicinissimo -Riesci a immaginare come possa essermi sentito a vederti tra le sue braccia? A vederti baciarlo?-
-è lui che mi ha baciata! Lo ha fatto per dispetto e non sono riuscita a impedirglielo!- la sua voce si spezzò e fu costretta a tacere per non piangere -Mi dispiace.-
Le scuse e le lacrime di Jenny a Philip facevano sempre un certo effetto e quando la vide ammutolire, gli occhi luccicare, almeno la metà della collera svanì.
-Chi è?-
Lei annuì e tirò un profondo respiro, che le consentì parlare senza che la voce le tremasse tra le labbra.
-Si chiama Kevin Swann. Suo padre è proprietario del negozio di alimentari che rifornisce il ryokan, quello che tu, Bruce e Holly conoscete già. Meryl è sua sorella. Lui è un piantagrane, lo è sempre stato fin dalle elementari.- lo guardò supplichevole -A otto anni mi piaceva, per questo motivo oggi si è permesso tanta confidenza.-
Abbassò lo sguardo ma lui le sollevò il viso per poterla guardare negli occhi. Vi trovò dispiacere, imbarazzo, vergogna e un enorme senso di colpa. Philip non avrebbe mai immaginato di poter essere ferocemente geloso di una Jenny di otto anni che si era invaghita di un altro bambino che non fosse lui.
-Come poteva piacerti uno così?-
L’espressione costernata del ragazzo fece scaturire l’ombra di un sorriso sulle sue labbra.
-Non lo so neppure io. È da ieri che ci penso e non riesco a spiegarmelo.-
-Stai pensando a lui da ieri?-
La sua faccia fu così buffa che Jenny scoppiò a ridere. Poi gli stampò un bacio sulla bocca.
-La parte migliore di un litigio è sempre la riconciliazione.-
Si volsero all’unisono. Benji era fermo sulla soglia con fare annoiato e, dietro di lui, Bruce si spencolava per sbirciare.  
-Si fa qualcosa oppure volete continuare così per tutto il pomeriggio?-
-Potendo scegliere, naturalmente la seconda.- borbottò Philip, scontento di essere stato interrotto ma comunque soddisfatto per il chiarimento appena avuto con la fidanzata. La osservò mentre si slacciava il grembiule e lo appendeva a un gancio affisso al muro. Si sforzò di accantonare il problema di quel tizio che circolava giù in paese e dedicò tutta l’attenzione ai compagni, com’era giusto che fosse.
-Non avevamo detto che dopo pranzo saremmo andati alle terme?-
-Abbiamo rimandato a stasera.-
-Allora ci sono sempre gli allenamenti…-
-Ti prego Philip! Mi sembri Holly! Non fa che ricordarcelo.-
-Non dovrei, Bruce? Siamo qui per questo!- la voce del capitano fece sobbalzare Harper di paura.
-Holly ha ragione. Anch’io ho voglia di sgranchirmi le gambe.- approvò Benji -Andiamo a fare due tiri.-
-Non mi va di scarpinare fino al campo.-
-Non chiamarlo campo, Harper. È offensivo per l’intera categoria.-
Pur di trovare una soluzione che andasse bene a tutti, Bruce si spremette le meningi fin quasi a farle fumare. Voleva accontentare soprattutto se stesso, ma anche il capitano, che era sempre meglio non contrariare troppo.
-E se facessimo due tiri sul piazzale?-
Philip annuì.
-Per me va bene. Convinci Holly.-
-Già fatto.- sospirò lui paziente.
Jenny li guardò dirigersi verso l’ingresso del ryokan, poi salì di sopra con il compito di chiamare e far scendere anche Mark, Julian e Tom. Li salutò dalle scale mentre uscivano, poi tornò nella stanza dei ragazzi, ora deserta, e si guardò intorno. Era immersa in un disordine pazzesco.
Patty la raggiunse.
-Cosa stai facendo?-
-Hai visto che confusione? Abbiamo rassettato giusto ieri.-
-Sono ragazzi.- Amy si chinò a raccogliere un maglione -Io so che questo è di Julian, ma gli altri?-
-Possiamo ripiegarli e riporli nell’armadio. Riconosceranno le proprie cose.-
-Ci vorrà del tempo per sistemare tutto.-
-Allora rimbocchiamoci le maniche.-
La vecchina le raggiunse al piano di sopra circa una mezz’ora dopo e le trovò occupate nelle ultime rifiniture. Nella stanza dei ragazzi non c’era più neppure un cuscino fuori posto. L’anziana padrona del ryokan si guardò intorno in cerca della nipote, tenendosi una mano nell’altra in un gesto che tradiva una leggera ansia.
-Hai bisogno di qualcosa, nonna?- le domandò Jenny quando la vide sulla soglia.
-Ha appena chiamato Albert.-
La ragazza si irrigidì mentre si rivolgeva alle amiche.
-Albert è il padre di Meryl e di Kevin.- spiegò cercando di dissimulare la preoccupazione. Perché aveva chiamato la nonna? Qualcuno si era accorto di ciò che era successo al laghetto? Lo aveva colpito davvero troppo forte? Rimase in trepida attesa che la vecchina continuasse.
-Voleva avvertirci di tenere gli occhi aperti. Dei malintenzionati si stanno introducendo nelle abitazioni dei dintorni.-
-Ladri?- s’informò Amy.
-Forse, anche se ancora non è ben chiaro. Nelle scorse notti alcuni sconosciuti si sono introdotti in un ostello, in una fattoria e in un paio di abitazioni. Nella fattoria sono stati spaventati dai cani, e all’interno delle case non hanno potuto prendere nulla perché sono stati allertati dall’arrivo della polizia. Ma gli abitanti si sono spaventati, erano almeno tre persone, anche se nel buio potevano essercene altre. Invece l’ostello è stato visitato ieri notte e ancora non è chiaro se siano riusciti a rubare qualcosa.-
-Ma dove, nonna?-
-Le prime scorribande sono avvenute nella periferia di Obihiro, ma sembra che il gruppo si sia spostato verso nord e sia arrivato nelle vicinanze, a Shimizu.-
Le ragazze si guardarono.
-Faremo attenzione, nonna. Non ti preoccupare.- rispose Jenny, talmente sollevata che il signor Swann non avesse chiamato per chissà quale motivo riguardante Kevin, che in quel momento avrebbe accettato senza batter ciglio persino l’arrivo a Shintoku di Jack lo Squartatore.
Così, mentre le amiche riflettevano preoccupate sulle notizie appena riportate dalla nonna, Jenny si godette in tutta tranquillità il tanto atteso bagno ristoratore nell’acqua calda delle terme. Distese le gambe e una miriade di bollicine le solleticarono la pelle.
-Senza seccatori tra i piedi, le terme sono davvero un sogno.-
Amy appoggiò la schiena contro la roccia levigata da cui scaturiva un getto d’acqua calda.
-Non sembri neppure un po’ preoccupata per quei malintenzionati che bighellonano nei dintorni.-
-Non verrebbero mai fin quassù. Siamo in troppi e poi a fare cosa? Non c’è assolutamente nulla da rubare. Tanto che i nonni non hanno mai pensato di mettere neppure l’allarme.-
-Questo non è rassicurante.-
Jenny guardò Amy, che sembrava davvero in ansia.
-Non hai nulla da temere, qui non è mai venuto nessuno a rubare. Siamo troppo fuori mano per essere una meta allettante. Oltretutto il ryokan è chiuso e l’incasso al sicuro in banca già da qualche giorno.-
-Ma questo i ladri non lo sanno.-
-Però prima di mettere a punto un colpo, di sicuro si accerteranno che il loro obiettivo valga la pena, no?-
-Basta parlare di ladri.- le interruppe Evelyn che non voleva lasciarsi assolutamente trascinare nel vortice di inquietudine di Amy -Piuttosto godiamoci le terme adesso che siamo sole!-
-Venire qui con i ragazzi non è per niente rilassante.- concordò Patty -È praticamente impossibile tenerli lontani e quando siamo con loro dobbiamo fare attenzione a rimanere ben coperte. Invece così…- la giovane sollevò le braccia per stiracchiarsi e l’asciugamanino che l’avvolgeva scivolò da un lato.
-Libertà e rilassamento.- Evelyn sospirò, poi si rivolse a Jenny -Allora, chi era quel bel tipo di oggi? Adesso che Philip non c’è, puoi dirci la verità.-
Lei rise.
-L’ho detta anche a Philip la verità. Si chiama Kevin e quando avevo otto anni ero cotta di lui.-
-Mi pare legittimo, non è proprio da buttare.-
-Gliel’ho detto anch’io, Eve.- convenne Patty.
Jenny scosse la testa.
-È solo uno stupido pallone gonfiato che crescendo è persino peggiorato.-
-Avresti dovuto vedere la faccia di Philip quando ti ha baciata.- continuò Evelyn -Dev’esserci rimasto malissimo, vero?-
Patty cambiò posizione e si strinse le ginocchia al petto. Notò il disagio dell’amica ammutolita e pensò che coinvolgere Evelyn sulla discussione avuta con Bruce le avrebbe impedito di ficcare il naso nelle cose di Philip e Jenny.
-Anche tu ci sei rimasta malissimo, Eve, quando Bruce ha offerto i tuoi pattini a quella ragazza.-
-Avrei voluto ucciderlo! Non cambierà mai! Chi era, Jenny?-
-Meryl, la sorella minore di Kevin.-
-Bruce è il solito cascamorto e lei gli ha anche dato corda.-
Jenny scoppiò a ridere.
-Non penserai che a Meryl interessi Bruce? Meryl è gentile con tutti, è buona di carattere e sta’ pur sicura che non si prenderebbe il ragazzo di nessuna, neppure se fosse l’ultimo uomo sulla Terra.- si liberò di una goccia d’acqua che le faceva il solletico sulla spalla -Meryl è completamente diversa da suo fratello. Praticamente due opposti.-
-Forse poi il ragazzo ce l’ha già.- suggerì Amy diplomatica.
-In effetti sì, potrebbe averlo. Sono anni che non la vedo, non ne so nulla. Magari mi informo.-
Patty tirò su una ciocca di capelli che le era scivolato sulla spalla.
-Io non sapevo neppure che l’avessero incontrata. Holly non ne ha parlato.-
-Neppure Philip.-
-Figuriamoci Bruce.-
Amy rise.
-Se lo sono tenuti ben stretto il loro segreto!-
-Per quanto ne sappiamo, quella sera potrebbero essere anche andati a divertirsi in una sala giochi, in un centro internet, in un pub…- Evelyn tornò a scaldarsi.
-Complicità maschile.- sospirò Amy.
Mentre la curiosità apriva altri nuovi e impensabili scenari nella sua mente, Jenny si immerse di più nell’acqua.
-Chissà cosa combinano durante i ritiri. Philip non mi ha mai raccontato niente. Secondo voi come passano il tempo quando non si allenano?-
-Bruce di sicuro corre dietro alle fan.-
-E non sarà l’unico.-
Tre paia d’occhi si fissarono su Amy.
-Chi altri lo fa? Ne sai qualcosa?-
-Julian ha un sacco di fan e alcune sono molto carine.-
-Ma non ha occhi che per te.- rise Patty -Cosa che mi sembra anche logica. Le vedo smaniare per lui a bordocampo dalle scuole elementari, deve esserne arcistufo.-

La palla rimbalzò su un cumulo di neve e schizzò via.
- Tom! Dove tiri?-
Becker corse dietro al pallone risucchiato dalle ombre del piazzale. Si stava facendo buio, l’oscurità si allungava sul declivio innevato. Le montagne avevano nascosto gli ultimi raggi di sole, sottraendo al mondo qualsiasi colore che non fossero il bianco, il blu, il nero.
-Non lo trovo!- udirono gridare Tom da qualche parte sul retro del ryokan.
Dopo aver cercato un po’ nei paraggi, il ragazzo svoltò l’angolo e tornò a mani vuote.
-Dove l’hai tirato?-
-L’hai visto anche tu, Philip. Dev’essere lì dietro, da qualche parte, ma non riesco a trovarlo.-
Continuarono a rovistare per una buona mezz’ora tra la neve, le scorte di legname, gli alberi e l’orto, anche se diveniva sempre più difficile riuscire a scorgere un pallone bianco tra la neve alla fioca luminosità di quel crepuscolo invernale. Dovettero rinunciare, l’oscurità sempre più fitta alla fine li spinse a rientrare.
Amy ammutolì quando udì una porta aprirsi e richiudersi, poi lo scroscio dell’acqua delle docce.
-Rumore sospetto.-
-Chi sarà?-
Jenny si strinse addosso l’asciugamanino e si mosse.
-Vado a vedere.-
Nuotò piano verso una delle rocce più alte e si arrampicò. Emerse fino alla vita e si infilò tra le foglie delle felci, che le solleticarono le braccia e i fianchi. Sul bordo della piscina sostava Mark, in piedi. Le dava le spalle, teneva un asciugamano appeso al braccio e, a parte quello, era completamente nudo. Quando si rese conto di ciò che stava osservando, per poco Jenny non scivolò giù dalla roccia. Socchiuse le labbra ammirata nonostante l’imbarazzo, i suoi occhi indugiarono sulla carnagione scura, sulla pelle tesa dai muscoli scolpiti, resa splendente dall’acqua e dalle luci delle terme che mettevano in risalto tanta perfezione: il corpo fortificato dagli allenamenti, le spalle larghe, la schiena robusta, i glutei perfetti. Mark si mosse per voltarsi e Jenny si abbassò di colpo, nascondendosi tra le felci, l’imbarazzo ad arrossarle le guance e a farle incendiare le orecchie. Non riuscì a credere di aver visto Mark nudo. Si scostò per tornare dalle compagne, poi esitò, tentata. Perché non guardare ancora? Lui non si era accorto di lei e una seconda sbirciatina non avrebbe fatto male a nessuno. Lo spettacolo valeva decisamente la pena e se la natura si era impegnata a tal punto a renderlo com’era, non era giusto non godere il più possibile del panorama. Quando tirò su gli occhi, Mark avanzava verso la vasca. L’asciugamano che gli aveva visto in mano, era adesso annodato intorno ai fianchi.
-È proprio come te lo immagini.- Evelyn spuntò accanto a lei, gli occhi colmi di ammirazione.
L’altra arrossì.
-No, è meglio.-
-Sono d’accordo.-
Amy, più in basso nell’acqua, tirò Jenny per l’asciugamano.
-Chi è?-
-Mark.-
-Oh…- tentò di infilarsi tra loro.
-Amy, non spingere.- sussurrò Evelyn.
L’angolino che Jenny si era ricavata tra le piante divenne improvvisamente troppo stretto. Cercò di allontanare la nuova arrivata ma non ci fu verso di scostarla.
-Voglio vedere anch’io!- si lamentò lei ma quando ci riuscì il ragazzo si era immerso -‘cidenti che sfortuna…-
Tornarono da Patty.
-Chi era?-
-Mark.-
-Perché arrossisci mentre lo dici, Jenny?-
Evelyn sospirò.
-Patty, che ti sei persa…-
-Era nudo?-
-Aveva l’asciugamano sui fianchi. Però valeva la pena lo stesso. Vero Jenny?-
-Io l’ho visto nudo.- ammise lei facendosi ancora più rossa -Girato di spalle ma nudo.-
Evelyn trasecolò.
-Stai dicendo sul serio?- Jenny annuì -Che fortuna sfacciata!-
La voce di Bruce riecheggiò nelle terme.
-Landers, volevi fregarci?- corse fino al bordo della vasca ancora vestito.
Mark, ormai in acqua, lo guardava senza capire.
-Sei venuto a sbirciare, dì la verità.-
-Sbirciare?-
-Già, sbirciare!- Bruce puntò la sezione delle terme riservata alle donne e tentò di penetrare con lo sguardo oltre il vapore -Eve! Patty… Siete qui vero?-
-Sì, siamo qui ma sei arrivato troppo tardi.- gli rispose Evelyn, celata dall’umidità fitta come nebbia -Stiamo uscendo.-
Bruce, che si stava spogliando sul posto in tutta fretta e senza vergogna, si rinfilò al volo la felpa e  rientrò nei bagni. Era furioso. Per colpa di quel maledetto pallone finito chissà dove, avrebbe dovuto rinunciare al bagno con le ragazze. Per quel giorno niente visioni celestiali, niente succinti asciugamani impregnati d’acqua, che lasciavano poco all’immaginazione, mettendo in risalto ogni curva e rotondità.
Rientrò negli spogliatoi con un diavolo per capello.
-Che succede, Bruce?- gli chiese Holly vedendolo raggiungere la porta.
-Abbiamo fatto tardi!-
-Te ne vai?-
Lui imboccò l’uscita senza rispondere. Nel corridoio ricominciò a inveire contro il pallone e contro Tom. Il bagno insieme alle ragazze si era trasformato in un appuntamento fisso a cui non intendeva rinunciare per nulla al mondo. Solo quando fu ai piedi delle scale, prese forma l’idea geniale. Si arrestò di colpo guardandosi intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi mise in atto il neo-nato piano B. Tornò indietro in punta di piedi, raggiunse la porta dei bagni delle ragazze e tese le orecchie. Udì le loro voci negli spogliatoi. Evelyn aveva detto la verità, erano rientrate. Si guardò di nuovo alle spalle per accertarsi di essere solo e appoggiò una mano sulla porta scorrevole con la delicatezza di una madre che accarezza la testolina del suo bimbo. Il vetro opaco della metà superiore lasciava filtrare il chiarore della luce accesa e nient’altro. Fece forza e con precauzione la socchiuse. Uno sbuffo di vapore lo avvolse, insieme al profumo di shampoo e bagnodoccia. Tornò a guardarsi intorno. Continuava a non esserci nessuno e lui fremeva per dare una sbirciata. Un’occhiatina veloce e innocente, tanto per rifarsi dell’occasione mancata. Fece scorrere ancora un poco il pannello e quando lo ebbe aperto tanto da poterci infilare il naso, provò a guardare. Dapprincipio vide solo i ripiani su cui le amiche avevano lasciato gli abiti puliti. Udiva scrosci di acqua che scorreva, fon accesi e le loro voci, ma non riusciva a vederle. Era chiaro che non avevano ancora cominciato a  rivestirsi. E lui non poteva rimanere piantato lì in eterno. Rischiava di essere scoperto, magari proprio dai nonni di Jenny. Sbuffò piano e si tirò indietro. Un attimo dopo udì dei passi nel corridoio, allora si appiattì contro il muro e trattenne il fiato, cercando una scusa plausibile per giustificare la sua presenza giusto davanti agli spogliatoi femminili. Fu proprio la vecchina ad attraversare il suo campo visivo, tenendo in mano un vassoio e dei bicchieri. Non si accorse di lui. E solo dopo che si fu allontanata Bruce riprese a respirare. Era mancato pochissimo!
Tornò a incollarsi alla porta, sbirciò negli spogliatoi e un sorriso di pura gioia lo illuminò. Le amiche si erano spostate, ora le vedeva. Accidenti se le vedeva! Quella sì che era una visione paradisiaca!
Patty era la più vicina alla porta e guardandola Bruce si trovò d’un tratto ad associare con fatica il suo corpo di donna al maschiaccio che conosceva fin dai tempi delle elementari. L’aveva già vista immersa nell’acqua delle terme con l’asciugamanino avvolto intorno al corpo, ma così era tutta un’altra storia. Con le braccia sollevate si passava un telo di spugna sui capelli ancora bagnati. Il completo intimo che indossava si conquistò la piena approvazione di Bruce. Era bianco bordato di un nastrino di raso che girava tutt’intorno e interrompeva la monotonia di quel candore terminando con due discreti fiocchetti rispettivamente al centro del reggiseno e al centro dell’elastico degli slip, proprio sotto l’ombelico. Dietro di lei, Evelyn era di spalle e completamente nuda. Intorno al collo le pendeva un asciugamano verde, mentre frugava pensierosa all’interno dello scaffale. I capelli le ricadevano bagnati ai lati del viso. Chissà che accidenti stava cercando. Bruce conosceva perfettamente il suo corpo e passò oltre. Patty si volse e le porse qualcosa, forse una crema, consentendogli di godersi inosservato la curva dei glutei. Spostò gli occhi dalla parte opposta della stanza. Jenny aveva appena finito di indossare un bel paio di mutandine lilla piene di merletti, ma la parte superiore del suo corpo era ancora nuda. Tra le mani teneva il reggiseno coordinato. Era voltata di profilo, verso gli scaffali, e l’asciugamano che le avvolgeva i capelli le pendeva sbilenco da un lato, nascondendo inopportuno tutto quel bendiddio che c’era da vedere. E lui voleva vedere moltissimo. In attesa che Jenny compisse il passo successivo, Bruce spostò gli occhi su Amy, più indietro. Ancora fasciata da un asciugamano striminzito, si stava spazzolando i capelli. Come per Jenny, anche su di lei lo spettacolo era ancora all’inizio e se fosse stato fortunato, se avessero fatto in fretta, non si sarebbe perso nulla. Quando la ragazza si volse per posare la spazzola sullo scaffale, lui riuscì a intravedere il rosa di una natica.
Consapevole che il miracolo a cui si trovava ad assistere sarebbe stato unico e irripetibile, ma desiderando conservarlo per l’eternità, riesumò a tentoni il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Lo sollevò verso le amiche ma l’obiettivo della fotocamera si ricoprì di vapore. Lo ripulì strofinandolo sulla felpa, poi scattò rapidamente alcune foto. Quando reputò di averne a sufficienza, lo ripose in tasca e tornò a guardare. Non udì i passi alle sue spalle.
Una mano si materializzò dal nulla e lo afferrò per il collo, lo sollevò da terra con una forza sovrumana e lo trascinò contro la parete opposta. Si aggrappò al polso che lo teneva, gli occhi negli occhi furiosi di Julian che lo fronteggiava rosso di collera.
-Che stai facendo?- strinse la presa alla gola e Bruce si sentì soffocare.
-Julian… Non respiro, lasciami…- divenne cianotico, gli occhi si colmarono di lacrime.
Ross lo lasciò, Harper crollò a terra e prese a tossire.
-Sei matto? Volevi uccidermi?- si mise faticosamente in piedi.
-Non devi sbirciare, non devi farlo mai più! Se ti ripesco non rispondo di me stesso.- la sua voce era una pericolosissima minaccia.
-Neppure se Amy è da un’altra parte?-
Un lampo di esitazione attraversò lo sguardo di Julian, poi  lo redarguì secco.
-No, neppure.-
Bruce si massaggiò il collo pensieroso. Quella era davvero una serata speciale. Avevano perso il pallone, aveva visto le amiche nude o quasi, era riuscito a scattar loro delle foto che avrebbe potuto guardare e riguardare a piacimento e Julian non lo aveva beccato con il cellulare in mano.
Ross gli lanciò un’ultima occhiata di avvertimento.
-Sono stato chiaro?-
Solo quando l’altro annuì, entrò nei bagni degli uomini. Bruce esitò giusto il tempo di riordinare le idee, poi gli corse dietro per arginare la catastrofe. E fece bene perché lo trovò che già parlava.
-Holly, fai male a fidarti. Ho trovato Harper a sbirciare nello spogliatoio delle ragazze.-
Il capitano restò con le braccia sollevate in aria, la maglietta sfilata per metà, gli occhi che lo fissavano dallo scollo. Poi nel suo ristretto campo visivo entrò anche Bruce. Allora gettò via la maglietta e il suo sguardo si caricò di rimprovero.
-Lo hai fatto davvero?-
Philip si materializzò al suo fianco.
-HAI SBIRCIATO?-
Lui indietreggiò per mantenere una certa distanza di sicurezza da entrambi che, alle brutte, gli avrebbe consentito di filarsela incolume.
-Ho dato solo un’occhiatina. Era pieno di vapore, impossibile vedere qualcosa!- non gli restava che fingersi deluso. Avrebbe funzionato?
I ragazzi si scambiarono un’occhiata sospettosa.
-Davvero non hai visto nulla?-
-Troppo vapore, Holly.-
-Meglio così.-
Bruce infilò le mani in tasca sfiorando il cellulare. Perché si agitavano tanto, quei tre moralisti gelosi? Evelyn non possedeva forse gli stessi attributi delle loro ragazze? Un paio di tette e un bel sederino che potevano mai essere?

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Capitolo 8
*** 6 - L'amore geloso ***


- 6 -
L’amore geloso



Dopo sei lunghe notti d’attesa riapparve l’onirica spiaggia, l’oceano, il tramonto. Amy e Julian erano magicamente di nuovo lì, sotto le palme che si stagliavano contro il cielo infuocato e frusciavano al vento. Davanti a loro, il disco rosso del sole si tuffava tra le onde color pervinca. Avvinghiati sulla sabbia ancora tiepida, si liberavano a poco a poco dei vestiti che per la maggior parte giacevano sparpagliati tutt’intorno. Ovunque allungasse le mani, Julian provava il piacere del contatto con la pelle calda e profumata della fidanzata.
Amy sospirò di desiderio, abbassandogli la camicia sulle spalle e facendola scivolare via con un fruscio. L’indumento giacque immobile tra la sabbia bianca e sottile, mentre le mani della ragazza scorrevano sulla schiena nuda e tesa in una carezza esigente e possessiva. Julian contrasse le dita sui fianchi di lei e Amy scese con le mani all’altezza delle anche, abbassandogli i pantaloncini già slacciati. Lui si fece spazio tra le sue cosce, mentre il rumore della risacca gli entrava a poco a poco nella testa, insinuandosi con fastidiosa insistenza nella percezione di un piacere che stavolta prometteva di raggiungere vette elevatissime.
Ciò accadde forse perché non era lo sciabordio dell’acqua, quello che udiva. Non era l’agitarsi delle fronde delle palme sopra le loro teste e neppure la carezza della risacca sul bagnasciuga. Era qualcosa di diverso, qualcosa totalmente estraneo all’onirica atmosfera che stava vivendo. A Julian quel rumore evocava lo sfogliare della carta ogni volta che le sue fan gli chiedevano l’autografo.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Amy si irrigidì.
“Cos’è adesso?” lo spinse bruscamente di lato e si tirò su seduta.
La reazione della fidanzata fu talmente sconvolgente e repentina, che Julian si svegliò di soprassalto. Aprì gli occhi e fissò il soffitto, chiedendosi ancora una volta dove fossero finiti la spiaggia, l’oceano, Amy e il tramonto. Riemergendo dal sogno, riconobbe la camera del ryokan immersa nella penombra e nei respiri dei compagni. Solo una lama di luce filtrava da un lato della tenda, riflettendosi sul muro color crema e mostrando che fuori stava già facendo giorno. Tra gli amici regnava il più assoluto silenzio… a parte quel rumore maledetto. Si girò su un fianco e non lo udì più. Cercò l’orologio digitale posato sul tavolo e lesse l’ora. Era presto, appena le sei. Poteva riposare un’altra mezz’ora e tentare di passare alla fase successiva del sogno, sperando di riuscire una buona volta ad arrivare indisturbato dritto alla meta. Sprofondò di nuovo nel cuscino e si sforzò di ricreare l’idilliaca atmosfera.  Com’era? Il sole al tramonto. Il fruscio dei rami delle palme scossi dalla leggera brezza serale. Amy sotto di sé che lo baciava felice e fremente. L’inebriante sapore delle sue labbra. Le sue morbide rotondità su cui aveva di nuovo posato le mani. Le sue gambe che gli cingevano i fianchi un attimo prima di… accidenti, ricominciava! Quel maledetto rumore ricominciava. Spalancò gli occhi e si volse indietro.
-Bruce!-
Era lui l’intruso, l’impietoso molestatore del suo sogno. Lo vide sobbalzare spaventato, voltarsi e intimargli di tacere.
Julian si mise seduto, stralunato dal brusco risveglio e per metà ancora stordito dal sonno. Bruce era carponi davanti al pannello scorrevole che li separava dalla stanza delle ragazze e lo apriva piano, un poco alla volta, provocando lo strofinio che lo aveva svegliato. Quando il varco fu abbastanza ampio, mise dentro la testa e guardò di qua e di là, per assicurarsi che le amiche dormissero ancora. Il suo sbirciare insistente a Ross non piacque.
-Quello che è successo ieri non ti è bastato?-
Bruce trasalì, temendo che il compagno gli saltasse di nuovo al collo. Stavolta non intendeva spiarle, ma soltanto vendicarsi. Però non poté dirglielo, non poté spiegarsi, non poté aprire bocca. Se le ragazze si fossero svegliate, avrebbero rappresentato un pericolo maggiore di Julian. Soprattutto Evelyn e Patty. Sgusciò dentro.
Ross si gettò sui tatami e riuscì ad afferrargli una gamba.
-Non ci provare! Torna qui!-
Bruce agitò il piede nel tentativo di sfuggirgli e Julian evitò per un soffio un calcio che l’avrebbe steso. Serrò la caviglia del compagno e lo tirò indietro con uno strattone. Nell’altra stanza Bruce puntò i gomiti contro il pannello socchiuso pur di non lasciarsi trascinar via. I pantaloni del pigiama gli scesero oltre i fianchi.
-Mi stai spogliando!- gemette più piano che poté, gli occhi fissi sulle coperte che avvolgevano le ragazze addormentate. Nulla si mosse.
-Sbagliato! Ti sto salvando la vita!-
-Accidenti Julian, molla!- Bruce riuscì a centrarlo con un calcio in pieno stomaco, liberandosi definitivamente di lui.
Sbilanciato all’indietro, i pantaloni del compagno tra le mani, Ross capitombolò addosso a Benji. Il portiere grugnì un lamento, poi scandì perfettamente un insulto.
-Imbecille! Che diavolo stai…-
Pur di farlo tacere, Julian gli premette sul viso i pantaloni del pigiama di Bruce, interrompendo all’istante l’invettiva.
-Zitto! Zitto!- gli intimò senza guardarlo. I suoi occhi erano fissi sull’oscurità della camera delle ragazze. Bruce era sparito lì dentro in mutande, Bruce stava per metterli nei guai!
Benji si tirò seduto con uno scatto, e altrettanto celermente si strappò dalla faccia quel pezzo di stoffa.
-Che sta succedendo?-
-Bruce è nella stanza delle ragazze.-
-A far cosa?-
-Non ho avuto il tempo di chiederglielo.-
Parlavano a voce bassissima e, a parte loro tre, gli altri ancora dormivano.
Il portiere raggiunse carponi il fusuma, spinto da un’incontenibile curiosità. Scavalcò Holly inflandogli inavvertitamente un gomito nel fianco e si affacciò nell’oscurità della stanza accanto.
-Cavolo, Benji… stavo dormendo!- il capitano si tirò su seduto assonnato e dolorante, strofinandosi gli occhi per indurli ad aprirsi. Non sapeva che ora fosse ma aveva l’impressione di essersi appena addormentato.
Si guardò intorno. Che ci facevano Julian e Benji incollati al pannello scorrevole della stanza delle ragazze? Un campanello d’allarme gli risuonò nella testa svegliandolo del tutto.
Scorrazzando indisturbato nella camera accanto, Bruce aveva raggiunto la finestra. Lì davanti, si fermò e si volse. Ammiccò con un sorriso diabolico in direzione degli amici accalcati nel varco della parete divisoria, silenziosi e in attesa, poi metà del suo corpo scomparve tra le pieghe delle pesanti tende appese davanti ai vetri. Il movimento fece filtrare dalla stoffa sottili fasci di luce, che saettarono sul soffitto e sulle pareti. Holly cercò Patty e la vide, dormiva voltata dalla sua parte così serena e tranquilla che era una crudeltà svegliarla.
-Fatelo tornare qui!-
-A me non ha dato retta. Provaci tu che sei il capitano!-
-Bruce! Vieni qui!-
L’amico non lo ascoltò. Spalancò i vetri, riemerse dalle tende e tornò di corsa verso di loro. Si scostarono appena in tempo per non essere travolti dalla sua fuga. Bruce, in mutande, richiuse il pannello, afferrò i pantaloni del pigiama, che Benji aveva gettato via, e si tuffò sotto le coperte. I compagni si guardarono increduli.
-Cos’hai fatto?- domandò Julian.
Lo sentirono mugolare qualcosa di incomprensibile dal mucchio che lo copriva e si agitava mentre lui si rivestiva. Holly osservò incerto i compagni.
-Quindi?-
-Quindi niente.- Benji fece spallucce e raggiunse il proprio futon -Non ho capito ma non voglio entrarci. E siccome è ancora presto, torno a letto.-
Julian e Holly si scambiarono una tacita occhiata, poi lo imitarono. Sotto le coperte, il viso sprofondato nel cuscino, trattennero il fiato. Il silenzio si protrasse per alcuni lunghi minuti, poi nell’altra camera una delle amiche starnutì.
-Bruce! Se Amy si raffredda giuro che me la paghi!-
Patty starnutì di nuovo, svegliandosi del tutto. Una corrente gelata le accarezzava il viso, ghiacciandole il naso e la fronte. Aprì gli occhi e la stanza rischiarata dalla luce di un giorno appena sbocciato accolse il suo risveglio. La tenda alla finestra era scostata e i vetri erano aperti. Al suo fianco Jenny dormiva ancora, poco più in là riusciva a scorgere il volto di Amy sprofondato nel cuscino. Chi aveva aperto la finestra? I suoi occhi corsero sospettosi al pannello scorrevole che divideva la loro camera da quella degli amici e notò che non era perfettamente chiuso. Eppure ogni sera, prima di cambiarsi per la notte, si assicuravano che fosse ben serrato. Fremette di stizza. Doveva esserci sotto lo zampino dei ragazzi. Una folata di vento le gelò la guancia e si insinuò sotto le coperte accarezzandole un polso. Un altro brivido le percorse la schiena. Quel freddo era insopportabile, tagliava la pelle del viso come come una lama affilata.
-Jenny…-
L’amica mugolò assonnata qualcosa di indistinto.
-Jenny, chiudi la finestra. Sto gelando.-
-La finestra?-
-Sì, qualcuno ha aperto la finestra. Ti prego, chiudila!-
-Perché io?-
-Perché tu sei abituata a questo freddo. Per favore, prima che ci ammaliamo.-
Jenny emerse rabbrividendo dal tepore delle coperte, calpestò le stuoie gelate a piedi nudi e raggiunse la finestra. La richiuse guardandosi intorno nella stanza ghiacciata. Si avvicinò al tavolino, prese il telecomando del climatizzatore e lo accese al massimo.
-Chi l’ha aperta?-
-Secondo te?-
Jenny scosse la testa e si avvicinò al fusuma, stropicciandosi le braccia per scaldarle. Lo aprì piano e rimase in piedi a osservare gli amici. Erano davvero addormentati o stavano soltanto fingendo?  Incoraggiata dal calore che aveva già mitigato la temperatura, Patty si alzò e la raggiunse.
-Fate finta di dormire?- li apostrofò.
Bruce si irrigidì. Udì dei passi leggeri accanto a lui. Lo superarono e si arrestarono più in là.
Patty si accoccolò vicino a Holly, gli posò una mano sulla spalla e lo scosse. Lui fu bravissimo a fingere di svegliarsi in quell’istante.
-Buongiorno.-
-Ne sai qualcosa?-
Con la stessa abilità, Holly cadde dalle nuvole.
-Di cosa?-
-Della finestra.-
-Quale finestra?-
Jenny attraversò la camera per raggiungere Philip. Gli posò sul viso una mano gelida e lui sobbalzò, strappato bruscamente dal sonno.
-Jenny?- la guardò -Sei ghiacciata!-
-Che scherzo stupido!-
-Quale scherzo?- le prese le mani tra le proprie per scaldargliele -Perché sei così fredda?-
-Davvero non ne sai nulla?-
Philip era sveglio solo per metà e stentava a seguirla.
-Riguardo cosa? Vieni qui, sei gelata.- le fece spazio sul futon sotto le coperte, stringendola tra le braccia per scaldarla.   
-Cos’è successo? Non ho capito…-
Patty sbuffò.
-Qualcuno si è intrufolato nella nostra stanza e ha spalancato la finestra.- e mentre lo diceva, i suoi occhi caddero su Bruce.
-Perché guardi me?-
-Secondo te?-
-Patty, non puoi vivere di soli pregiudizi!-
-Hai la lingua fin troppo reattiva per esserti appena svegliato, Bruce. E comunque è ora di alzarsi.-
-La colazione è già pronta?-
-Lo sarà. Molto presto e per poco tempo.-
Un diavolo per capello, Patty si volse e lasciò la stanza, facendo sbattere il pannello scorrevole contro l’intelaiatura.  
-Colazione con conto alla rovescia.- protestò Benji -E se non mangiamo per tempo che succede? Esplode? Bruce, se non avessi avuto quell’idea così cretina, almeno...-
-Quindi l’avete fatto davvero!- sbottò Mark incredulo -Da te non me lo sarei mai aspettato, Price! Posso capire Harper, ma che tu...-
-Io cosa? Ross mi ha svegliato quando quell’idiota che ti sta vicino già scorrazzava in mutande nella stanza delle ragazze!-
-Ho provato a fermarlo, giuro!-
Mark spalancò la bocca.
-Bravi!-
Julian avvampò.
-Bravi cosa?-
Philip rise.
-In mutande? Perché in mutande?-
-Perché mentre cercavo di fermarlo, i suoi pantaloni mi sono rimasti in mano.-  
-Fortuna che dormivo.-
La voce di Jenny li impietrì. Possibile che si fossero dimenticati di lei? Gli occhi dei ragazzi si trasferirono all’istante sul futon di Philip. Il volto dell’amica spuntava dalle coperte, rideva e i suoi occhi brillavano di divertimento.
Bruce divenne cadaverico
-Non lo dirai a Patty, vero?-
-No.-
-Non lo dirai neppure a Eve?-
-No, non lo dirò. Adesso vestitevi, così riuscirete a bere il caffè ancora caldo, prima che esploda.- si mise in piedi e uscì, lasciandoli liberi di prepararsi.
-Non lo dirà, vero Philip?-
-No, non lo dirà.-
Risolto un problema, la lingua effettivamente già reattiva di Bruce passò subito a quello successivo.
-Holly, come intendi allenarci oggi senza pallone?-
Philip ripiegò il futon.
-Perché dai per scontato che sia andato perduto?-
-Perché l’abbiamo perso.-
-Facciamo colazione e poi lo cerchiamo.- disse Holly fiducioso -Solo dopo, in caso, ci dispereremo.-
-Ti dispererai, in caso.- ridacchiò Bruce -Io, se il pallone non si trova, di sicuro stasera festeggio.-
Holly si accorse che Benji indugiava tra le coperte.
-Che fai tu? Non ti alzi?-
Non lo avesse mai chiesto. Benji si tirò su seduto in tutta la sua statura e lo guardò negli occhi.
-Mi alzo, sì. Ma ascoltami bene. Nonostante quel campo di schifo e quelle porte di merda, se dobbiamo andare ad allenarci è un conto. Ma quando lo scopo delle nostre uscite è cercare uno stupido pallone in uno schifosissimo orto in mezzo a questa stramaledetta neve, allora non ci sto! Sono stato chiaro?-
Holly annuì senza batter ciglio.
-Sei stato chiarissimo, Benji. Ora alza il culo e muoviti.-

Il pallone non venne ritrovato e per evitare di trascorrere tutta la mattina a frugare scrupolosamente nei dintorni del ryokan, Tom salì in camera e recuperò quello di riserva, un po’ meno gonfio, un po’ meno in forma dell’altro, ma meglio di niente. Dopodiché finalmente si incamminarono verso la radura dove iniziarono gli allenamenti, quelli seri.
Il disastro si verificò quando Mark scagliò uno dei suoi potenti tiri contro l’odiato portiere, con l’intenzione non solo di segnare, ma anche di colpirlo in qualche doloroso punto per cancellare definitivamente quel sorrisetto strafottente che si stampava sul muso ogni volta che a tirare era lui. Il pallone partì a razzo, sfiorò un denso cumulo di neve che ne deviò la traiettoria e si schiantò precisamente contro l’albero-palo di sinistra. I rami più bassi lasciarono cadere tutto il loro carico bianco. Poi, con un sibilo, la palla si afflosciò a terra sgonfia.
-Pezzo d’idiota!- Benji si scrollò dal cappellino e dalla giacca a vento svariati centimetri di neve -Sei un incapace! Guarda cos’hai fatto!- si chinò a raccogliere il pallone e glielo lanciò.
Mark osservò impassibile quella roba informe atterrare miseramente ai suoi piedi. Dopodiché si infilò le mani in tasca e rigirò con la punta del piede il cadavere di cuoio.
-Evidentemente non era un buon pallone.-
-Disastro!- Holly si portò le mani al volto -Non poteva capitarci una disgrazia peggiore!-
Di fronte all’esagerata reazione del capitano, Philip non riuscì a trattenere una risata.
-Su Holly, è solo un pallone.-
-L’unico che avevamo!- il capitano chiuse gli occhi e tirò un profondo respiro -Adesso come risolviamo questo problema?
-Sei un idiota, Landers!-
-Finiscila Price!-
-Sto soltanto ribadendo l’ovvio!-
-Nessuno ti ha chiesto di farlo!-
-Basta!- Holly raccolse il cadavere della palla e i suoi occhi finirono di nuovo su Philip -Che facciamo?-
-Andremo a comprarne un altro.-
-Sì, immediatamente!-
Stava passando l’aspirapolvere sui tatami della stanza dei ragazzi Amy, quando per poco non si scontrò con Tom che entrava di corsa. Spense l’elettrodomestico e lo appoggiò alla parete.
-Già di ritorno?-
-Dobbiamo andare a Shintoku.- il ragazzo recuperò il portafoglio abbandonato sul tavolo e se lo mise in tasca.
-A fare cosa?-
-A comprare un pallone nuovo. Mark ha distrutto quello di riserva.-
Tom uscì dalla camera con Amy alle calcagna. Jenny li udì dall’altra stanza e si affacciò nel corridoio.
-Meryl non vende palloni da calcio. Non mi pare, almeno.-
Tom trasalì e si guardò intorno per assicurarsi che nessuno l’avesse inavvertitamente udita. I compagni erano di sotto, davanti la porta d’ingresso ad aspettarlo. Li sentiva vociare fin da lassù.
-Non dirmi che qui non esiste un negozio che vende un pallone. E chi lo sente Holly?-
Jenny prese atto dell’entità del problema.
-Aspetta, fammi riflettere.-
Doveva consultarsi con la nonna, così su due piedi non le veniva in mente nulla. Però era perfettamente consapevole che la mancanza di un pallone poteva trasformarsi in un problema molto più grave dell’assenza di un campo da calcio o dell’inesistenza di una porta.
-Posso provare a telefonare a Meryl. Sicuramente sa dirmi dove trovare un pallone. Oppure c’è il custode della scuola. Potrei chiederne uno in prestito.-
Amy e Tom pendevano dalle sue labbra e annuivano insieme.
Continuando a rimuginare su una soluzione che doveva trovare a tutti i costi, per il bene della nazionale giapponese ma soprattutto di Philip, Jenny scese di corsa le scale.
-Permesso, permesso...- si fece strada tra i ragazzi e sparì in cerca della nonna.
Tom e Amy scesero dopo di lei. A Holly sembrò di intravedere una sfumatura di preoccupazione sul volto del compagno.
-Che succede?-
Tom si sforzò di sorridergli.
-Niente.-
-Allora andiamo?-
-Solo un attimo, sto aspettando Jenny.-
Stavolta fu Philip, a guardarlo di traverso.
-Perché?-
-Non ditemi che a Shintoku non vendono palloni da calcio!-
-No, Holly! Come ti viene in mente?!-
Amy sentì di cominciare a sudare. Forse era meglio tornare di sopra. Finire di passare l’aspirapolvere stava diventando sempre più una priorità. Prima di darsela a gambe e lasciare che il povero Tom si salvasse in qualche modo da solo, Jenny riapparve nel corridoio, le mani nascoste dietro la schiena e l’ombra di un sorriso sollevato che riusciva a stento a contenere. Philip trattenne il fiato pieno di speranza, certo che se non fosse spuntato un altro pallone, avrebbero ricominciato a inveire di nuovo contro di lui.
-Meryl non vende palloni da calcio. Dovremo aspettare la prossima settimana prima che riesca a farsene arrivare uno.-
Holly trasecolò.
-E adesso?-
-Per fortuna nonno Ernest ha trovato questo.- Jenny lanciò la palla al capitano e lui l’afferrò al volo.
-Dov’era finito?-
-Nell’orto.-
-Te l’ho detto, Holly, che non poteva essere svanito nel nulla!-
Jenny e Amy li guardarono uscire.
-Ci siamo salvate per un pelo.-
-Davvero!-
-Torno su a finire di passare l’aspirapolvere.-
-E io vado a dare una mano a Patty ed Evelyn in lavanderia.-
Si separarono sull’ingresso, Amy imboccò le scale e Jenny proseguì lungo il corridoio verso gli ambienti di servizio.
Avanzando tra i fili carichi di bucato tesi da una parte all’altra dell’ampia stanza, destinati a stendere la biancheria del ryokan tra pareti mobili che si affacciavano sul cortile interno e che d’estate, per arieggiare il locale, potevano essere smontate, finse di non accorgersi che le amiche smisero di parlare non appena la videro entrare. Più che infastidirla, il loro atteggiamento misterioso la incuriosì. Patty ed Evelyn si conoscevano da una vita ed era normale che tra loro si permettessero confidenze che a lei non erano concesse.
-Ho interrotto qualcosa?- domandò dispiaciuta.
-No. Avevamo finito.- tagliò corto Evelyn. Si guardò intorno, sui fili non era rimasto posto neppure per un calzino -Qui non entra più nulla. Come facciamo?-
Jenny si allontanò da loro per tastare le maglie stese il giorno prima.
-Queste possiamo portarle in stanza e appenderle nell’armadio.- le tolse e le radunò in un capiente catino di plastica -Fa più caldo e si asciugheranno più in fretta.-
-Ci penso io.- si offrì Evelyn, portandosi via il carico del bucato.
Jenny la vide scomparire dietro l’angolo, poi si rivolse a Patty.
-Cos’è successo?-
La ragazza per un attimo fu indecisa se rivelarle la verità. Ma Jenny era presente al momento del fatto e forse sospettava già a cosa fosse dovuto il malumore di Evelyn.
-È per come Bruce si è comportato al lago quando è arrivata la tua amica. Ieri sera hanno litigato.-
-Non mi sono accorta di niente.-
-Neppure io, me lo ha detto lei poco fa. Bruce a volte è davvero ottuso, al lago non capiva neppure perché lei fosse arrabbiata.-
Evelyn tornò e le raggiunse per finire di stendere il bucato uscito fresco fresco dalla capiente lavatrice.
-Gliel’ho detto, Eve.- annunciò Patty -Meryl è una sua amica, è giusto che lo sappia.-
La ragazza tacque, Jenny fermò una maglia con due mollette e le guardò incredula, intuendo il messaggio che Patty intendeva trasmetterle.
-A Meryl non interessa Bruce!-
-Perché allora non si è messa a fare la civetta con Mark o Benji?-
Jenny fissò Evelyn.
-Civetta?- ripeté.
Patty si intromise per sedare sul nascere qualsiasi discussione.
-Dai Eve, non esagerare. Si saranno scambiati sì e no quattro parole…-
-Eppure si erano già conosciuti e Bruce non mi ha detto niente.-
-Se è per questo neppure Philip mi ha detto di averla incontrata.-
-Lo stesso vale per Holly.
Evelyn annuì, cercando di essere ragionevole e obiettiva prima di tutto con se stessa.
-Lo so. So che è colpa di Bruce.- guardò Jenny -Non ce l’ho con la tua amica.-
-Dopo pranzo vado in paese per fare delle commissioni per la nonna. Parlerò con Meryl e…-
-Lascia stare, non servirà a cambiare Bruce. Fa sempre così.- tirò un sospiro molto sentito, con il quale provò a espellere anche il problema -Visto che non si possono cambiare gli altri, l’unica strada possibile è cambiare se stessi.-

Poco prima di pranzo, Patty si spostava su e giù per la cucina così indaffarata da non prestare nessuna attenzione a Holly, che le orbitava intorno approfittando di quel breve momento di pausa per stare un po’ con lei. Stanco di sentirsi ignorato, gli venne l’idea di rendersi utile.
-Posso fare qualcosa?-
Lei si volse e lo guardò come se la proposta provenisse direttamente da Marte. Si chiese quanto il ragazzo potesse davvero esserle d’aiuto, ma visto che le amiche erano affaccendate altrove e visto che Holly si stava offrendo volontario... Tirò un sospiro e annuì, asciugandosi le mani sul grembiule annodato in vita.
-Devo andare a chiedere del sale alla nonna, qui è finito.- gettò nella spazzatura la confezione vuota -Puoi passare i fagioli?-
-Certo.-
Patty tirò fuori dal frigorifero un capiente contenitore, lo posò sul ripiano del lavandino e tolse la pellicola che lo ricopriva, mostrandogli i legumi immersi nell’acqua.
-Usa quello.- gli indicò il colino appeso a un gancio sul lavello -Se non c’è acqua a sufficienza aggiungine dell’altra.-
Il giovane annuì e la seguì con gli occhi mentre lasciava la cucina. Poi si alzò pieno di buona volontà, raggiunse il lavello e impugnò il colino. Dopodiché guardò i fagioli, di colpo perplesso. Cos’è che doveva fare? Passare i fagioli… Va bene, ma come? Col colino, sì… in che modo? Si rese confusamente conto di non aver assolutamente capito le istruzioni di Patty. Eppure un secondo prima le sue parole gli erano sembrate così chiare da non lasciare spazio a dubbi.
Philip entrò in cucina e si versò un bicchiere d’acqua. Sorseggiandola, osservò incuriosito il capitano.
-Prepari tu il pranzo?-
-No.- Holly si volse e lo trafisse con un’espressione d’un tratto supplichevole -Devi aiutarmi, Philip. Patty mi ha chiesto di passare quei fagioli con questo colino.- agitò in aria l’utensile -E se l’acqua non basta, di aggiungerne dell’altra. Secondo te cosa devo fare?-
Philip posò il bicchiere vuoto sul tavolo e si accostò perplesso.
-Non hai mai passato i fagioli?-
-No, e tu?-
-No. Non potevi chiederle di spiegarsi meglio?-
-Quando l’ha detto sembrava così chiaro!-
L’altro tornò a scuotere la testa. Fece spallucce e uscì, abbandonandolo con il suo problema.
-Philip! Resta qui! Ho bisogno di te!-
Chiamarlo non servì a nulla, l’amico si era defilato. Holly tornò a guardare i fagioli che giacevano poco invitanti in un liquido denso e marroncino. Afferrò il colino e si preparò a fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di salvare la faccia.
-Fermo Holly! Non toccare nulla! Ho portato i rinforzi!-
Il capitano sobbalzò, ma quando vide Philip varcare la soglia con Tom, sorrise grato.
-Ho pensato che tre menti sono meglio di due.- e tra l’altro Tom era il più indicato per risolvere il problema. Se qualcuno a casa sua passava i fagioli, probabilmente non era il signor Becker.
-E così questi sarebbero i legumi incriminati?-
Holly annuì e ripeté tutto d’un fiato le istruzioni che gli aveva lasciato Patty.
Tom non fu più tanto sicuro di poter essere d’aiuto, nonostante la fiducia incondizionata che Philip aveva riposto in lui. Pensieroso, si tamburellò il mento con il dito indice.
-Secondo me la questione è tutta nel tipo di piatto da preparare.-
Passando davanti alla porta della cucina al ritorno da una telefonata a casa, Mark li vide ed entrò.
-Non vi starete rimpinzando con il nostro pranzo, spero!-
-Abbiamo un problema da risolvere, levati di torno.- lo liquidò Philip spazientito.
Tanto bastò a convincere Mark che lì in cucina la sua presenza era perlomeno indispensabile.
-Dai Tom, va’ avanti e cerchiamo di fare in fretta. Se Patty torna e non trova i fagioli pronti…-
Mark era tutt’orecchie.
-Sì, dunque… Dicevo… Se sono per il riso bisogna lavarli, metterli direttamente nel piatto e poi condirli. Se si tratta di una minestra dovete metterli nell’acqua così come sono. Del resto i fagioli in scatola sono precotti e non è necessario cuocerli di nuovo. Se invece si fosse trattato di fagioli secchi…-
-Non divagare.- fremette Holly, lanciando alla porta occhiate cariche d’ansia.
-Quindi, per la minestra metteteli così nell’acqua e fateli bollire.-
Philip si ritrasse.
-Non devi parlare al plurale, Tom. Io non c’entro niente.-
-Per fare la crema di fagioli, allora bisogna passarli.-
-Passarli!- si entusiasmò Holly.
Philip lo fissò incerto.
-Dici che Patty vuole quella?-
-Non ne ho la più pallida idea.-
-Sono fagioli azuki? Fagioli di soia? Non è che vuole preparare il tofu?- s’impelagò Tom dubbioso. Poi guardò nel recipiente e scartò l’ipotesi -No, sono cotti.-
-Mi stai confondendo le idee.-
-Se sono fagioli azuki Patty potrebbe farci la marmellata da mettere nei pancake.- azzardò Philip che ne andava ghiotto.
-Non credo proprio. È quasi mezzogiorno e probabilmente sta preparando il pranzo.- rifletté Holly -Oltretutto dubito che la dieta di Gamo preveda i pancake.-
-A proposito di dieta di Gamo…- Philip intendeva risolvere la questione fin dal giorno precedente ma il pensiero di Kevin gli aveva intasato i neuroni e se ne era completamente dimenticato -Io sono stanco di mangiare solo roba sana. Voi no?-
Tom annuì.
-Da un bel pezzo.-
-Dobbiamo far sparire quella dieta.- Mark si guardò intorno -Chissà dove la tengono.-
-Vi prego, pensiamo ai fagioli…- supplicò Holly.
-A me la crema di fagioli non piace.-
-Mark! Il momento è già abbastanza critico senza che ci fai partecipi dei tuoi gusti!-
Prima che riuscissero a risolvere il problema, Patty tornò portando con sé una nuova confezione di sale.
-Hai finito, Holly?-
-Non ancora. Stavo per iniziare quando sono arrivati loro e mi hanno distratto.-
Lei si fece largo tra i ragazzi per raggiungere il lavandino.
-Ho capito. Levatevi di torno, ci penserò io.-

La nonna stava approfittando di quei giorni di chiusura del ryokan per le grandi pulizie. Ormai da un paio d’ore, cioè da quando Patty aveva finito con i fagioli, supportata dal nonno aveva tolto tutti gli utensili dagli scaffali, li aveva liberati dalla polvere, lavati e asciugati e adesso li stava riponendo al loro posto. Il tavolo e la maggior parte delle superfici erano completamente ingombre di oggetti, rendendo difficoltoso persino muoversi all’interno della cucina. Così, pronto il pranzo, i ragazzi si erano trasferiti a mangiare di sopra.
-Vado in paese.- annunciò Jenny -Avete bisogno di qualcosa?-
-In paese?- le fece eco Philip -Perché?- non vedeva davvero nessuna ragione per cui la fidanzata quel pomeriggio si recasse a Shintoku.
-Devo fare degli acquisti per la nonna e per me.-
-Vuoi che ti accompagni?-
Jenny gli rivolse un sorriso carico di sottintesi.
-Lo vorrei, sì. Ma non puoi. Vero, Holly?-
-Già.-
-Per una volta potrei anche saltare gli allenamenti.- supplicò il capitano con lo sguardo -Posso?-
-Scordatelo.-
Philip tirò un lungo sospiro rassegnato.
-Sei troppo severo, Holly.-
-Severo?- Benji rise -Siamo in un ritiro con fidanzate e lo accusi di essere severo?-
L’altro preferì saggiamente accantonare l’argomento, o il portiere avrebbe ricominciato ancora una volta con la sua lunga e scontata serie di lagnanze. Accanto a lui, Jenny annotava con precisione al cellulare gli acquisti che le stavano commissionando le amiche.
Bruce lo notò.
-Se non ti dispiace anch’io avrei bisogno di una cosa. Dovrebbe essere uscito giusto oggi il nuovo numero di una rivista che...-
-Le tue riviste te le compri da solo!- lo interruppe Callaghan brusco -Chiaro?-
-Ma Philip, non mi costa nulla.-
L’occhiataccia del compagno indusse Bruce a ritirare la richiesta.
-Non preoccuparti, Jenny. Non è niente di urgente. La compro da me alla prima occasione.-
-Tu e le tue riviste del cavolo…- borbottò Philip, seguendo la fidanzata giù per le scale -Vai a piedi?-
-Sì, i nonni stanno finendo di riordinare la cucina. Impiegherò pochissimo.-
-Fai attenzione.-
Jenny gli sorrise, mentre si avvolgeva la sciarpa intorno al collo.
-Stai tranquillo. Conosco la strada a memoria, sarei capace di andare e tornare a occhi chiusi. Sono appena tre chilometri.- spostò gli occhi sull’orologio, erano le due -Per le cinque sarò di nuovo qui, in tempo per le terme.-
Si chinò a infilare le scarpe, poi aprì la porta e uscì al freddo.
Philip la seguì fuori.
-Torna in fretta.- mormorò con un vago senso di preoccupazione che non riusciva a scacciare. Avrebbe voluto accompagnarla, se solo avesse potuto. Le prese il viso tra le mani e le sfiorò le labbra con un bacio, poi la lasciò scostarsi da sé.
-Farò prestissimo.-
La seguì con gli occhi mentre scendeva nella neve e attraversava il piazzale fendendo la coltre bianca, una figura sempre più piccola e sperduta in tutto quel candore man mano che si allontanava. Poi, quando sparì dietro la curva, alzò gli occhi al cielo azzurro e terso che spaziava sulla valle e accarezzava le montagne circostanti. Solo qualche nuvola bianca, a nord, interrompeva quel turchese sfavillante.  
Infreddolito, Philip rientrò nel ryokan ma il pensiero di Jenny che percorreva da sola la strada fino a Shintoku gli rimase fisso nella testa per tutto il pomeriggio, tanto che quando fu il momento degli allenamenti si prodigò fino allo stremo per convincere i compagni a restare sul piazzale e fare due tiri lì, senza allontanarsi fino alla radura.
-Callaghan, ti dai una svegliata?!-
Mark bloccò la palla sotto il piede e la sua voce riecheggiò tra gli alberi che circondavano l’edificio.
Effettivamente soprappensiero, lui si volse a guardarlo.
-Che vuoi?-
-Che smetti di dormire! Oppure esci dal gioco!-
-Non ti senti bene, Philip?- si preoccupò Holly e quando lui scosse la testa perché il problema non era quello, fraintese e propose una nuova attività -Che ne dici di una corsa?-
Bruce lo guardò sgomento. Una corsa?
-Io eviterei, con tutta questa neve. Si scivola, ci bagniamo... Piuttosto farei una pausa.- lanciò un’occhiata all’ingresso del ryokan, chiedendosi se e quando le ragazze sarebbero arrivate con lo spuntino di rito.
Philip s’illuminò d’immenso.
-E se andassimo in paese?-
-E se aspettassi qui che Jenny torna?-
-Non lo dicevo per quello, Benji.-
-E io sono Gamo. Chi vuoi prendere in giro?-
-In paese a quest’ora?- Bruce era allibito -Allora è meglio la corsa!- a meno che le ragazze non li raggiungessero in fretta con la merenda. Perché non arrivavano? Che fine avevano fatto? Ormai erano passate le quattro! Se solo fosse riuscito a mandare un messaggio a Evelyn senza essere visto, per sollecitare lo spuntino… aveva una fame!
Neanche a dirlo, il suo desiderio venne esaudito all’istante. La porta del ryokan si aprì e le ragazze uscirono una dopo l’altra, portando ciascuna qualcosa con sé.
-Te l’avevo detto, Holly, che la pausa era la scelta migliore!- neppure aspettò che il capitano gli desse il via libera. Attraversò il piazzale di corsa sciabordando tra la neve e raggiunse Amy che aveva tra le mani il vassoio con i dolcetti -Meno male che non ci siamo mossi, altro che corsa!- addentò un biscotto appena sfornato. Gli piacque e ne prese subito un altro.
-Tre a testa, Bruce!- lo redarguì Evelyn.
-Ce ne sono una valanga!-
-Ce ne sono tre a testa!-
Il ragazzo sbuffò, prese il suo terzo e si tirò da parte per lasciar spazio agli altri.
-Jenny è tornata?-
Lo chiese lo stesso, Philip, pure se sapeva benissimo che era impossibile che fosse rientrata senza passargli davanti.
-Non ancora.-
-Ha telefonato?-
Patty scosse la testa e Philip spostò gli occhi sulla strada che spariva dietro la curva, scendendo verso Shintoku. Oltre si apriva la valle, e tra le montagne l’agglomerato di case che si scorgeva più in basso era ammantato di ghiaccio. Nel corso del pomeriggio il cielo si era trasformato in una pesante coltre di nubi cariche di neve che si inseguivano nell’etere, spinte da un vento non percepibile a terra. Soltanto verso ovest si scorgeva ancora un lembo azzurro di cielo, che stava tingendosi di indaco all’avanzare della sera.  
Benji dovette ridimensionare le proprie convinzioni sul rapporto che legava Callaghan alla fidanzata. Fino a una manciata di giorni prima, cioè finché non li aveva visti insieme, aveva pensato che tra i due la piattola fosse Jenny. Aveva preso un abbaglio. Il collante appiccicoso era Philip. Era lui che non si staccava da lei neppure un secondo, arrivando a organizzare, all’insaputa di Gamo, un ritiro nel ryokan dei suoi nonni. Alla luce di ciò, era ormai chiaro che se durante le trasferte o i ritiri della nazionale Callaghan la chiamava tutti i giorni, non era perché lei lo pretendesse.
-Ti si è incantato il disco, per caso? Jenny qua, Jenny là! Le dai il tormento anche quando non c’è.-
-Tra poco farà buio e Jenny dovrà tornare da sola. Come posso non essere preoccupato?- la palla, rimasta inavvertitamente alla portata dei suoi piedi, con un calcio nervoso e ben assestato partì a razzo e superò l’angolo dell’edificio, sparendo da qualche parte. A Philip non importò. Non ascoltò Patty che lo richiamava indietro, ignorò la voce ragionevole di Holly che gli diceva di stare tranquillo. Era così di cattivo umore che preferì isolarsi. Arrancando tra la neve intatta delle aiuole, tagliò il piazzale di traverso e raggiunse l’ingresso.
Lo sguardo di Benji fiammeggiò sulla schiena dell’amico.
-Quando fa i capricci è insopportabile! Lo riempirei di pugni, stupido ragazzino!-
-Bruce…- cominciò Julian paziente.
-Sì, sì, ho capito. Vado a recuperare il pallone.- si allontanò sbocconcellando l’ennesimo biscotto.
L’atteggiamento poco socievole di Philip indusse Tom a raggiungerlo. Conoscendolo da più tempo, forse era l’unico a sapere come prenderlo. Philip non era un ragazzo scontroso, anzi semmai il contrario. Aveva carisma, magnetismo, una capacità di gestire e risolvere i problemi non indifferente, altrimenti non sarebbe mai diventato né il capitano della Flynet né il vice della nazionale. Era sempre pronto a farsi in quattro per gli altri, possedeva un senso di giustizia molto spiccato e la stoffa del leader, ma quando quelle rare volte gli prendevano i cinque minuti, diventava intrattabile. E a quanto pareva, ciò che riguardava Jenny era capace di mandarlo in tilt in un istante. Si sedette al suo fianco, sui gradini dell’ingresso.
-Philip...-
-Non dirmi niente, Tom. Jenny è via da più di due ore e aveva detto che sarebbe tornata subito.-
Ecco appunto, si stava attorcigliando la mente sul pensiero della fidanzata, e Tom sapeva benissimo il perché. Del resto ci vedeva perfettamente e al lago era stato presente.
-Sta facendo buio e ancora non rientra e poi…- si volse a guardarlo con un certo imbarazzo -Con quello in giro giù in paese…-
Evidentemente Philip non pensava tanto a Jenny quanto al tipo del giorno prima.
-Non c’è soltanto lui a Shintoku, perché dovrebbe incontrarlo? Dai, non ci pensare. Vedrai che tra poco sarà qui.-
Bruce lanciò a Holly il pallone recuperato tra la neve, gli occhi fissi sui due amici, seduti comodi sotto la veranda.
-La prossima volta vado io a consolare Philip.-
-Se ti conviene.- ghignò Mark -Tu non sei Becker, spero che te ne renda conto. Loro si conoscono da un bel po’ e Tom… Be’, è Tom.-  
Un piccolo, leggero e delicato fiocco di neve fluttuò nell’aria, si posò sulla manica di Philip e si sciolse all’istante. Lui alzò gli occhi al cielo, ricoperto dallo spesso strato di nuvole bianche.
-Adesso comincia pure a nevicare.-
-Non c’è nulla di strano, visto dove siamo.-
Philip spostò gli occhi su Bruce e sui compagni che si erano radunati intorno a loro. I fiocchi di neve avevano preso a cadere così numerosi e convincenti da indurli a interrompere i passaggi per mettersi al riparo sotto la tettoia.
-Noi rientriamo.-
Philip annuì e si scostò per lasciarli passare, ma non accennò a muoversi, gli occhi sulla strada. Mentre lo superava, Mark gli posò una mano sulla spalla in una specie di pacca rassicurante.
-Callaghan, ti stai preoccupando inutilmente. Vedrai che tra poco sarà qui.- disse e poi rientrò con gli altri.
Philip rimase solo. La tentazione di scendere in paese per andare incontro a Jenny era insopportabile e difficilissimo resistervi, ma riuscì a farlo pensando che forse i compagni avevano ragione, la sua ansia era eccessiva. Forse la fidanzata era già sulla via del ritorno dietro un paio di curve, sarebbe riapparsa entro davvero poco tempo e...
Qualcosa gli colpì le gambe e lui fece un salto indietro. Abbassò gli occhi. Un gatto bianco lo fissava con i suoi bellissimi occhi azzurri.
-E tu da dove spunti?- domandò, come se il gatto potesse non soltanto comprendere, ma anche rispondergli.
Il felino sembrò sorridergli mentre prendeva la mira e si gettava contro i suoi jeans, percorrendoli con il muso, il fianco e la coda e lasciando una scia di peli candidi e folti.
-No cavolo!-
La bestiola si accostò di nuovo per grattarsi la schiena contro il polpaccio di Philip, ma stavolta lui si scostò veloce e imboccò l’ingresso, lasciandola indietro. Rientrò, si sfilò la giacca e le scarpe e corse di sopra.

All’incirca un’ora e mezza dopo, una tormenta di neve in piena regola infuriava all’esterno del ryokan. Il vento soffiava forte, facendo tremare i vetri. I fiocchi turbinavano impazziti, così fitti che non si riusciva a scorgere il piazzale. Spinti dalle raffiche, si schiantavano contro le finestre emettendo un sinistro scricchiolio di ghiaccio infranto. Nella stanza dei ragazzi la tv era accesa ma il sibilo del vento a tratti sovrastava la voce dello speaker che annunciava i titoli del telegiornale. Sedevano a tavola e cenavano scambiandosi ogni tanto qualche frase mentre Philip, irrequieto, misurava a grandi passi il perimetro della camera, dalla porta alla finestra e viceversa. Aveva appena toccato cibo ed era talmente preoccupato che non riusciva a stare fermo.
-Philip, finisci di mangiare. Non serve a niente che digiuni.-
Lui lanciò un’occhiata ad Amy.
-Non ho fame.- ed era vero. Aveva lo stomaco serrato in una morsa d’ansia.
Bruce sollevò un braccio per allungargli una bottiglia di birra, piena per metà.
-Tieni, bevi che ti passa. Vedrai che ti farà tornare di buonumore e le preoccupazioni spariranno.-
-Con mezza birra?- chiese Benji perplesso.
-Intanto comincia con mezza, poi andrà avanti con il resto.-
Philip non prestò loro attenzione e ricominciò ad andare su e giù per la stanza.
-Perché non arriva? A quest’ora dovrebbe essere già tornata!-
-Te l’ho detto, era scritto nel messaggio.- sospirò Patty paziente -È bloccata dalla tormenta. Arriverà non appena potrà.-
-E se non smette di nevicare?-
-Ci farà sapere.-
-Non ti è arrivato nessun altro messaggio dopo quello?-
-No, Philip.- Patty controllò di nuovo il cellulare appoggiato sui tatami accanto alle gambe -Se mi dovesse arrivare sarai il primo a saperlo.-
Mentre annuiva, la mente di Philip riprese a macinare ipotesi alla velocità della luce. Jenny era bloccata da qualche parte e non aveva idea di dove, ma giù a Shintoku avrebbe potuto incontrare Kevin e lui avrebbe potuto infastidirla. Quel paese era più piccolo di Furano e la probabilità che si imbattesse in lui non era affatto da scartare. Eppure, se Jenny avesse avuto qualche problema avrebbe chiamato i nonni… se non fosse che questo suo silenzio era altrettanto allarmante. Magari poteva provare a chiamarla dal telefono del ryokan, per evitare tra l’altro che la sua ansia risultasse ridicola agli altri.
-Ti siedi per favore?- gli chiese Benji irritato -Mi stai innervosendo.-
-Tu sei già nervoso di tuo Price, io non c’entro niente.-
La lingua del portiere fu rapida a ricambiare la cortesia.
-Di cosa hai paura Callaghan? Che sia andata a trovare il suo amichetto?-
Philip impallidì, poi la collera lo rese paonazzo.
-Amichetto?-
-La piantate, per favore?- cercò di calmarli Holly.
Patty gli diede man forte.
-Jenny arriverà non appena la bufera si sarà calmata. Punto.-
Philip sperò che fosse così, e sperò anche che non stesse passando tutto quel tempo con il suo ex compagno di scuola. Non avrebbe potuto sopportarlo. Gli tornò in mente il bacio sul laghetto e lo invase una gelosia violenta. Poi gli tornò in mente anche lo schiaffo e pensò che doveva assolutamente trovare il modo di ricambiare il gesto, anzi entrambi i gesti. Di colpo si diresse verso la porta.
-Dove vai?- chiese Tom allarmato.
-L’aspetto giù così non disturbo.-
Quando fu uscito, Patty si alzò e si affacciò alla porta. Mentre osservava silenziosa Philip che scendeva le scale, udì Holly rimproverare Benji.
-Potevi evitare di mettergli la pulce nell’orecchio.-
-Figurati, ci stava pensando già da solo.-
Arrivato alla fine della rampa, il ragazzo si diresse dritto verso il telefono e compose rapido un numero. La sua attesa durò un istante. Patty lo vide riagganciare affranto. Incapace di accettare di non poter parlare con la fidanzata, Philip compose di nuovo il numero, ancora una volta e poi un’altra. Patty rientrò in camera che stava tentando la quarta telefonata.
Trovò Mark appollaiato sul davanzale, tra le mani la ciotola del riso e le bacchette.
-Dov’è?- le chiese.
-Sta provando a chiamarla.-
-E non risponde?-
La giovane scosse la testa. Un attimo dopo, oltre i vetri e la neve che continuava a cadere abbondante, Mark vide Philip uscire dal ryokan. Incurante dei fiocchi che gli turbinavano intorno e gli finivano sul viso, ghiacciati e affilati come mille aghi, il ragazzo percorse il piazzale per un tratto fino a divenire difficilmente individuabile. Mark si tese, temendo che decidesse di scendere in paese in cerca della fidanzata. Poi lo vide tornare indietro e ripararsi sotto la veranda.
-Che sta facendo?- gli chiese Holly.
-Aspetta qui sotto.-
-Meglio tenerlo d’occhio. Potrebbe decidere di andarle incontro. Se con questo tempo si perdesse, sarebbe un disastro.-
Amy rabbrividì. Philip poteva rischiare di sparire come Alice Jones. E non solo lui, anche Jenny. Pregò che l’amica tornasse al ryokan sana e salva e per scacciare la preoccupazione cercò di concentrarsi sul telegiornale.

-Le tue proteste sono inutili Jenny, ti riporterò al ryokan in macchina.-
Al riparo della porta a vetri del negozio degli Swann, la ragazza osservava la tormenta che imperversava su Shintoku. Il vento si era alzato mentre percorreva a passo svelto l’ultimo tratto di strada. Quando aveva raggiunto i marciapiedi della cittadina, qualche sparuto fiocco di neve aveva iniziato a danzarle intorno. Il cielo si era ricoperto presto di fitte nuvole e lei aveva proseguito svelta verso la farmacia, dove aveva acquistato alcune medicine per i nonni. Mentre fiocchi bianchi sempre più numerosi solcavano l’aria, era passata all’ufficio postale per pagare due bollette e riscuotere un vaglia da suo padre. Quindi era entrata nel bar di fronte al negozio degli Swann, dove Meryl l’aspettava, giusto un attimo prima che neve e vento aumentassero d’intensità, convinta che nel giro di un paio d’ore la nevicata sarebbe cessata, consentendole di rientrare al ryokan.
Così si era rassegnata ad attendere con pazienza che il tempo si rimettesse e il pomeriggio era volato prima di fronte a una tazza di cioccolata calda con panna, poi nel retro del negozio di alimentari, mentre rievocava insieme a Meryl i ricordi degli anni della scuola e all’esterno la tormenta si scatenava con tutta la sua violenza. Kevin e il signor Swann avevano trascorso quel tempo nel negozio deserto a riempire gli scaffali della merce consegnata la mattina. Kevin aveva imbastito un po’ di storie sul fatto che mentre lui sgobbava Meryl batteva la fiacca e Jenny era d’impiccio, ma era bastato un urlaccio esasperato di suo padre per convincerlo a rassegnarsi ad aiutare.
Entusiasta del pomeriggio che potevano trascorrere insieme dopo tanto tempo, Meryl l’aveva messa al corrente delle ultime novità sulle loro amicizie in comune finché l’ora di cena si era fatta sempre più vicina e Jenny sempre più impaziente di tornare al ryokan. Dopo essersi affacciata per l’ennesima volta alla porta d’ingresso e aver constatato che la tormenta non cessava, era stata costretta a chiamare i nonni per avvertirli che era al sicuro dagli Swann e avrebbe tardato a tornare, in attesa che la bufera si placasse. Poi aveva inviato un messaggio al cellulare di Patty, ribadendo grosso modo lo stesso concetto ma omettendo dove si trovasse. Che mangiassero pure senza di lei, li avrebbe raggiunti non appena possibile.
Riposta la merce, Kevin si era offerto di accompagnarla ma lei aveva rifiutato. Di tutto aveva bisogno tranne che della sua magnanimità. La momentanea assenza del signor Swann, che stava ammonticchiando i cartoni ben ripiegati in fondo al negozio, le consentì di rispondere a tono.
-Non ho bisogno del tuo passaggio. Piuttosto chiamo il nonno e mi faccio venire a prendere.-
-Avresti davvero il coraggio di farlo? Con un tempo simile?-
Indicò la porta e Jenny spostò gli occhi al piazzale esterno. La neve cadeva talmente fitta da oscurare la luce dei lampioni. Le case che sorgevano dall’altra parte della strada erano pressoché celate dalla bufera.
-Aspetterò che smetta.-
Kevin annuì d’accordo.
-Mi pare logico. Adesso ceniamo.-
Cenare? Lì? Con loro? Con lui? Spostò gli occhi sull’orologio appeso al muro dietro la cassa. Erano passate le sette e rispetto alla promessa fatta a Philip, era in ritardo di due ore.
Meryl si avvicinò con il cellulare alla mano.
-Forse è la cosa migliore da fare, sai? Non smetterà di nevicare tanto presto.- le mostrò le previsioni meteo -Andrà avanti così per almeno un’altra ora.-
Il cipiglio della giovane ebbe un leggero cedimento. Era stanca di stare lì, non vedeva l’ora di tornare al ryokan e sorbirsi i rimproveri di Philip che, ne era certa, si stava preoccupando parecchio. Se solo avesse disubbidito anche lui, come Bruce, e avesse portato con sé il telefonino… Allora avrebbe potuto mandargli un messaggio o chiamarlo, senza dover passare attraverso i nonni o le amiche.
-Che ne dite di una pizza?-
Meryl accolse l’idea con gioia.
-Ti va, Jenny? Quanto tempo è che non mangiamo insieme?-
La ragazza annuì mestamente e le dedicò un sorriso forzato. Non riusciva a condividere in nessun modo il suo entusiasmo e la sua gioia di stare insieme e le costava un grande sforzo fingersi contenta. Osservò Kevin raggiungere il banco freezer, chinarsi a recuperare due pizze e attraversare il negozio per entrare, seguito subito da suo padre, sul retro riservato al personale. Meryl le passò accanto stringendo tra le mani alcune bottiglie di birra.
-Vieni, Jenny.-
-Arrivo subito. Faccio prima un salto in bagno.-
Avrebbe dato chissà cosa per essere al ryokan con Philip, cenare insieme a lui e ai ragazzi. Avrebbe dato chissà cosa per rimandare indietro l’orologio di qualche ora e decidere che non valeva proprio la pena scendere in paese per incontrare Meryl e sbrigare le commissioni della nonna. Invece niente. Era rimasta incastrata nella cena degli Swann, bloccata nel loro negozio da una tormenta di neve di cui nessuno aveva previsto l’arrivo, a consumare una pizza al microonde e una birra niente popò di meno che con Kevin e la sua famigliola. Perché non aveva chiesto al nonno di accompagnarla? Perché non aveva insistito affinché Philip andasse con lei? Lanciò un’occhiata al display del cellulare, Patty le aveva risposto al messaggio dicendole di non preoccuparsi perché avrebbe pensato lei a mettere Philip al corrente della situazione. Appoggiò il telefonino accanto alla cassa dove la linea era migliore e raggiunse il bagno, per concedersi qualche minuto di solitaria e tranquilla riflessione.
Fu accolta sul retro con spicchi di pizza fumante in piatti di carta. Meryl le porse un bicchiere così colmo di birra che nel passaggio di mani si bagnò le dita. Kevin, appoggiato con le spalle alla parete di quello stretto spazio, le puntò addosso uno sguardo carico di ironia e sollevò la bottiglia di birra verso di lei.
-Bentornata a Shintoku!-
La ragazza si sforzò di sorridere non per lui ma per Meryl e suo padre che la osservavano benevoli, mentre mandava giù senza voglia la birra e la pizza. Li conosceva da quando era bambina e sebbene Meryl avesse un paio di anni meno di lei, che era invece coetanea di Kevin, spesso avevano giocato insieme. Jenny non aveva assolutamente nulla contro di loro, ma non era in grado di dimenticare lo scontro del giorno prima, ancora troppo fresco. Lo schiaffo le bruciava sullo zigomo e un senso di malessere le attorcigliava lo stomaco al ricordo delle sue labbra calde e sarcastiche. Poi le saliva proprio la nausea se nella mente le balenava l’espressione costernata, ferita e adirata di Philip quando, dopo la sua splendida performance sulle rive del lago, era tornata dagli amici. Voleva tanto che smettesse una buona volta di nevicare per poter tornare al più presto da lui.
La festicciola improvvisata a cui era costretta a partecipare mentre fuori imperversava la tormenta di neve, oltre a toglierle l’appetito l’aveva messa di cattivo umore. Si affrettò a svuotare il bicchiere, impedì a Kevin di riempirglielo di nuovo e finì presto anche la pizza. Ne rifiutò dell’altra e lanciò uno sguardo alle vetrate del negozio. Finse di non accorgersi che la neve continuava a cadere forse anche più fitta di prima. Recuperò la giacca dall’appendiabiti vicino la porta del bagno, si ficcò in tasca il cellulare e infine agguantò le buste della spesa che aveva depositato in un angolo.  
-Grazie per la cena, adesso devo proprio andare.-
Kevin la guardò incredulo, il bicchiere ricolmo di birra in una mano, un pezzo di pizza nell’altro.
-Allora non hai capito, ti riaccompagno io al ryokan. Dammi il tempo di finire di mangiare e andiamo.-
Il signor Swann, che finora si era guardato bene dall’intromettersi nelle faccende dei ragazzi, vide Jenny così risoluta ad affrontare la tormenta che si trovò costretto a intervenire. La presa di posizione della ragazza gli risultava inspiegabile. Non aveva senso che, con quel tempo da lupi e carica di pacchi com’era, continuasse a rifiutare l’offerta di Kevin. Con una bufera simile e a quell’ora poi! E se le fosse successo qualcosa?
-Kevin ha ragione e ti accompagnerà. È fuori discussione che con questo tempo torni a piedi fin lassù.-
Meryl oltrepassò Jenny e aprì la porta. Un turbine di neve la investì, violento e ghiacciato. La morsa di gelo avvolse entrambe, costringendole a ripararsi il viso dai fiocchi. Kevin balzò avanti e richiuse di colpo la porta. Ingurgitò un ultimo pezzo di pizza e si rivolse a suo padre.
-Dammi le chiavi del furgone.-
-Sii prudente.-
Il ragazzo recuperò la giacca dal retro del negozio e l’abbottonò con cura. Osservando Jenny, si infilò i guanti uno per volta.
-Andiamo, sei contenta?-
-Se proprio vuoi saperlo, sì.- più che contenta, ne era decisamente sollevata.
Kevin le tolse di mano le buste e aprì la porta. Avanzò tra le raffiche di neve che sollevavano la sua sciarpa in ogni direzione. Depositò gli acquisti nel retro del furgoncino e con le mani liberò il parabrezza dalla spessa coltre di neve che nel frattempo si era accumulata. Jenny salutò Meryl e suo padre, corse fuori e, dal lato del passeggero, lo aiutò a spazzar via la neve. I fiocchi fendevano l’aria illuminati dal chiarore elettrico della luce, turbinandole intorno fitti e spessi. Stilettate di vento ghiacciato fecero sgorgare dai suoi occhi calde lacrime che si trasformarono in ghiaccio sulle guance bersagliate dalla corrente gelata. Intirizzita fino alle ossa entrò nella vettura, che Kevin aveva già messo in moto.
-Se avremo un’incidente, la colpa sarà tua.-
Lei tacque.
Attesero che il motore si scaldasse a sufficienza da sciogliere con l’aria calda il ghiaccio tornato a depositarsi sul vetro. Poi Kevin azionò i tergicristalli e accese i fari.
Fece manovra tra la neve alta e uscì prudentemente dal parcheggio.
-Con il passare degli anni la tua testardaggine è peggiorata. E a dire la verità non credo di aver capito perché non vuoi che ti accompagni. Hai paura che il tuo ragazzo ti veda con me oppure hai proprio paura di me?-
-Tu non mi fai paura, Kevin.- rispose lei rigida più per la tensione che per il freddo.
All’esterno, la neve era talmente fitta che la strada si scorgeva appena.

Il film era riuscito a mettere d’accordo tutti tranne Mark. Lui lo aveva già visto ma a un certo punto aveva smesso di chiedere di cambiare canale ed era tornato a sedersi accanto alla finestra. La sua attenzione passava dalla tv al piazzale e dal piazzale alla tv. Philip era sempre giù ad aspettare Jenny.   
Quando ormai non ci sperava più, dall’alto della sua postazione scorse una luce illuminare la strada.
-Sta arrivando qualcuno.- accostò il volto al vetro per osservare meglio. La superficie si appannò e lui la ripulì con una manica. Cercò Philip e vide la sua spalla spuntare in un angolo, da sotto la tettoia a pochi passi dall’ingresso del ryokan. Quando la macchina arrivò abbastanza vicino, Mark riconobbe il furgoncino di Kevin. Scosse la testa stupito.
-Jenny si è fatta accompagnare.-
Evelyn lo udì.
-Da chi?-
-Dal ragazzo del lago, credo.- Landers lanciò una seconda occhiata a Philip, immobile in un angolo, semicelato dall’oscurità.
A Benji sfuggì un sorrisetto saputo. Chissà perché prevedeva già che sarebbe finita in quel modo.
-Callaghan ne sarà felice.-
Holly gli lanciò un’occhiataccia.
-Quando tornano su, evita di infierire.-
Il piazzale finalmente si rischiarò al bagliore dei fari. Una macchina stava arrivando. L’istinto di Philip fu quello di correre incontro alla vettura e assicurarsi che Jenny fosse a bordo. Ma nel tempo che impiegò ad alzarsi dal gradino della veranda, nell’angolo in cui si era rifugiato per ripararsi dal vento e dal freddo, un furgoncino bianco per il trasporto delle merci si era già fermato sul piazzale.  Così restò dov’era, immobile, le mani nelle tasche, la giacca a vento ben chiusa ma ormai inadatta a difenderlo dal freddo, penetrato fin nelle ossa. Aveva le mani gelate, i piedi intirizziti, le gambe ibernate e piccoli cristalli di ghiaccio sulle ciglia e sui capelli. Era fuori da troppo tempo e sarebbe già dovuto rientrare per non rischiare un assideramento. Se Jenny non fosse scesa da quel furgoncino, sarebbe stato costretto ad attenderla al caldo della loro stanza. Sperò che fosse lei, quella era la sua unica e ultima possibilità. Quando udì lo scatto d’apertura della portiera, si tirò ancor più indietro per non essere scorto e dover giustificare a qualche inopportuno sconosciuto la sua presenza nascosta nell’ombra dell’edificio. Intorno alla vettura la neve turbinava con meno violenza, dando a intendere che la nevicata stava ormai cessando. Il vento che lo colpiva incanalandosi sotto la tettoia della veranda si era placato e i fiocchi erano molto più sottili e discreti. Dopo un tempo che gli sembrò lunghissimo, lo sportello del passeggero si socchiuse e la luce illuminò l’abitacolo, rendendogli possibile distinguere i suoi occupanti.
Jenny era dentro.
Il sollievo e la gioia di vederla finalmente tornare sana e salva, si annientarono quando mise a fuoco le fattezze di chi sedeva al suo fianco al posto di guida. Il ghiaccio di quella notte da lupi, che finora era riuscito a tener fuori, penetrò di colpo nel suo corpo scosso dalla sorpresa gelandogli ogni nervo, ogni muscolo, ogni vena e globulo rosso che smise di scorrergli nel sangue. La vista del ragazzo gli fu odiosa, impossibile da accettare. Lo sgomento lo colpì con una violenza tale da spingerlo indietro di un passo, rifiutando ciò che vedeva. Urtò il muro dell’edificio con le spalle e restò così, immobile.
Perché, di tante persone che certamente conosceva a Shintoku, Jenny aveva chiesto un passaggio proprio a lui? La domanda era scontata, ma ne portò con sé delle altre, scomode e sospette. Dov’era stata Jenny per tutto quel tempo? Come aveva trascorso il pomeriggio? Perché tornavano insieme?
Una folle gelosia lo sbloccò, avanzò sotto la veranda per guardare meglio, smanioso di sapere cosa stessero facendo, cosa stessero dicendo. I minuti passavano e Jenny non smontava, la portiera aperta oscillava, socchiudendosi fino ad accostarsi, aprendosi quasi volesse spalancarsi, come se la ragazza fosse indecisa su come concludere una parte della serata di cui Philip era improvvisamente e totalmente all’oscuro. Perché Jenny non scendeva?
La luce dell’abitacolo illuminava i due ragazzi e i loro volti che si muovevano, accostandosi e allontanandosi mentre parlavano. Per due volte Jenny si volse verso il ryokan accennando a smontare, per due volte ci ripensò e tornò a rivolgersi al suo interlocutore.
E nel frattempo la mente di Philip si riempiva di dubbi orribili. E se gli acquisti della nonna fossero stati una scusa? E se fosse scesa in paese soltanto per vederlo? E se non fosse stato il cellulare di Jenny a non prendere la linea quando, poco prima di uscire per aspettarla fuori, aveva provato di nuovo a chiamarla, ma proprio lei a spegnerlo? Possibile che mentre al ryokan si consumava di preoccupazione, Jenny avesse trascorso il pomeriggio insieme a lui? La domanda scaturì in una forma così devastante da costringerlo a reagire allo shock chiudendo gli occhi e tirando un respiro profondo, concedendosi qualche istante prima di darsi una risposta. No. Non era possibile. Quando tornò a guardare erano passate solo poche decine di secondi ma aveva smesso di nevicare e le portiere del furgoncino erano entrambe spalancate.
Jenny e Kevin smontarono insieme. Lei raccolse una busta nell’abitacolo, il ragazzo aprì il vano posteriore del furgoncino e scaricò altri pacchi sotto la veranda. Al buio non lo notarono.
Philip vide la fidanzata alzare gli occhi verso l’edificio, la luce che filtrava dalle finestre illuminate le rischiarò il volto. Sorrise e sollevò una mano in un cenno di saluto, probabilmente a qualcuno dei compagni che aveva udito il rombo del motore e si era affacciato ai vetri. Dal suo angolino oscuro e riparato Philip non vedeva nulla e neppure gli interessava. Jenny si rifugiò sotto la veranda e salutò Kevin ringraziandolo del passaggio. Poi aprì la porta e scomparve nell’edificio. Il maledetto rimase fermo sui gradini d’ingresso ancora per un attimo, come se volesse assicurarsi che lei fosse dentro sana e salva. Poi si volse e tornò verso il furgoncino.
Philip attese che i fari sparissero oltre la curva prima di uscire sul piazzale, lo sguardo alla strada innevata e deserta che portava a Shintoku. Seguì le tracce lasciate dal furgoncino fino al panorama  della cittadina sparpagliata nella valle. Abbracciò l’oscurità delle montagne circostanti e sollevò il viso verso il cielo. Una coltre di nubi spesse e cariche di neve copriva le stelle, ma se pure gli astri si fossero mostrati in tutta la loro brillantezza, lui non avrebbe potuto notarli. Davanti agli occhi aveva solo il maledetto bacio a cui aveva assistito al lago. I dubbi che il giorno prima Jenny aveva facilmente dissipato, erano tornati ad affacciarsi come se tra loro non fosse avvenuto nessun chiarimento. Le parole ragionevoli di lei avevano perso senso e significato, mentre ciò che aveva appena visto, andava a collegarsi alla scena del giorno precedente acquisendone molti altri impensabili e inaccettabili. L’incontro di Jenny con quel suo ex compagno di scuola, lo aveva messo di fronte all’esistenza di una parte della vita della fidanzata che lui non aveva mai neppure immaginato e a cui Jenny non aveva mai accennato. Perché? Cosa pensare di tutto ciò?
Strinse i pugni nelle tasche conficcandosi le unghie nei palmi e, calpestando rabbioso la neve, attraversò il piazzale e imboccò la strada verso il paese mentre più in alto nel cielo il vento scostava una nuvola e mostrava la luna.
Philip non voleva tornare al ryokan. Farlo avrebbe significato ingoiare la stizza, la gelosia, la collera e mostrarsi loquace, simpatico, gradevole ai compagni. Fingere con Jenny che il gelo che sentiva dentro non ci fosse, oppure costringerla a sputare il rospo e farsi dire una buona volta tutta la verità. Ma poi, era sicuro di volerla ascoltare? E se non gli fosse piaciuta?
Diede un calcio a un cumulo di neve e continuò a camminare. La gelosia e il fastidio di vederli insieme continuavano a soffocare la vocina del buon senso che seguitava strenuamente a suggerirgli che Jenny non avrebbe mai potuto tornare al ryokan da sola sotto la bufera. Philip non riusciva ad accettare che lei avesse chiesto un passaggio proprio a Kevin. Per quanto ci provasse, non riusciva neanche a scacciare la paura che tra loro fosse rimasto qualcosa in sospeso da chissà quanto tempo.
Mentre la luna faceva capolino nel cielo con sempre maggior frequenza illuminando la strada, Philip proseguì verso Shintoku calpestando le tracce gelate appena lasciate dal furgone del ragazzo. Un paio di volte rischiò anche di scivolare. A tratti, quando gli ultimi stralci di nubi oscuravano il cielo, il buio era quasi totale. Eppure Philip continuò testardamente a camminare incurante del freddo, della neve e dell’oscurità.

Jenny era così felice di essere di nuovo al ryokan che, salutato sbrigativamente Kevin, salì le scale di corsa, desiderosa di raggiungere il fidanzato. In cima alla rampa, Patty  l’accolse sollevata e le tolse le buste di mano.
-Bentornata. Stavamo iniziando a preoccuparci. Il tuo ultimo messaggio risale a più di due ore fa.-
-Non smetteva di nevicare.-
Entrarono nella loro stanza vuota, Jenny raggiunse l’armadio in cerca di calzini caldi e puliti perché quelli che indossava si erano bagnati fin da subito mentre scendeva in paese calpestando la neve.
-Ti ha accompagnata Kevin.-   
-Non ho potuto evitarlo. Suo padre ha detto chiaro e tondo che non mi avrebbe mai permesso di tornare da sola.-
-Ha fatto bene.-
-Philip si arrabbierà.-
-Philip s'è rincretinito a forza di cercarti al cellulare. Eri sempre irraggiungibile.-
-Davvero?- Jenny recuperò il telefonino dalla tasca dei jeans, dove lo aveva riposto quando si era tolta la giacca giù nell’ingresso -È spento! Cavolo! Dev’essere stato Kevin mentre ero in bagno. Non me ne sono accorta!-
Posate le buste degli acquisti sul tavolo, Patty e Jenny radunarono in una di esse quelli della nonna.
-Vado a portarla giù. Torno subito.-
Risalì al primo piano pochi minuti dopo, perché non vedeva l’ora di dissipare definitivamente l’ansia del fidanzato, a costo di sorbirsi i suoi rimproveri per aver fatto tardi e non averlo chiamato. Si affacciò sulla porta spalancata della stanza dei ragazzi, lo cercò e non lo trovò. Il sorriso che le illuminava il volto si affievolì e la gioia di rivederlo dopo un pomeriggio non proprio stupendo si dissolse.
-Dov’è Philip?-
-Non è con te?-
Jenny guardò Julian stupita.
-Con me?-
-Era fuori ad aspettarti.-
-Fuori?- Jenny si volse nel corridoio, come se il fidanzato potesse materializzarsi alle sue spalle solo perché lo desiderava.
Mark si alzò, raggiunse la finestra e guardò fuori, scandagliando il piazzale e i dintorni del ryokan.
-Era qui sotto.-
-Non l’ho visto!-
-Eppure c’era.-
-Si starà scongelando nelle terme.- Holly si alzò -Vado a vedere.-
Benji abbassò il volume della tv, approfittando di una serie di pubblicità.
-È un nuovo gioco, questo? Sparire una volta ciascuno?-
-Io non sono sparita, sono scesa in paese a...-
-A incontrare quel tizio, sì. Abbiamo visto che ti ha riaccompagnata.-
Jenny trasalì e i suoi occhi corsero per la stanza, quasi ad assicurarsi che Philip non fosse lì a udire le allusioni del portiere. Avrebbe voluto rispondergli, ma non ebbe l’energia di farlo vedendo Holly rientrare da solo.
-Non è alle terme e neppure in bagno.-
Uno spiacevole presentimento la sbloccò, incanalando la preoccupazione verso l’ultima persona con la quale sarebbe stato il caso di sfogarsi.
-Non stiamo giocando a nessun gioco, Benji! Figuriamoci se dopo una giornata come quella di oggi ho voglia di giocare!- poi guardò Mark -È venuto a cercarmi?-
-Era giù. Ti ha vista tornare.- era inutile aggiungere “con Kevin”, perché lei aveva già capito.

La discesa finì dopo la curva e ai lati della strada comparvero i lampioni. Philip lasciò la carreggiata e salì sul marciapiede, oltrepassando una a una le prime case del paese. Su quell’iniziale tratto di strada non incontrò nessuno. L’estremità ultima di Shintoku non aveva locali o negozi a movimentare le vie ma solo abitazioni. Era tardi e, a quanto pareva, la tormenta aveva fatto passare a chiunque la voglia di mettere il naso fuori casa. Già da un paio di chilometri Philip si era pentito di quella passeggiata extra nel freddo, nel buio e nella solitudine invernale di un luogo che non conosceva. La neve, che aveva ripreso a cadere a sprazzi sollevata da sporadiche folate di vento, gli trafiggeva il volto e si depositava sul tessuto impermeabile della giacca a vento. Aveva i capelli intrisi di umidità ghiacciata e la neve che si scioglieva sulle ciocche con il calore del corpo, gli gocciava lungo la nuca inzuppandogli la sciarpa e il colletto della felpa. Aveva i calzini umidi e i piedi congelati. Il freddo che pativa ormai da ore cominciava a stremarlo ed era senz’altro il caso di trovare un luogo in cui fermarsi a scaldarsi un po’.
La strada principale di Shintoku finalmente si ravvivò e cominciò a incrociare qualche passante. Superò una libreria aperta ancora per poco, un piccolo supermercato che stava chiudendo e un tabaccaio con le serrande quasi del tutto abbassate. Poi, sul marciapiede opposto, scorse l’insegna di un pub. Affrettò il passo e si fermò dubbioso davanti all’ingresso. Aveva un’aria un po’ dimessa e non riusciva a scorgerne l’interno. Ma che gli importava? Decise di entrare lo stesso, sperando solo che non vi fosse troppa gente poiché desiderava pensare tranquillo ai fatti propri. Un cameriere uscì dall’ingresso mentre Philip attraversava la strada. Tirò su l’insegna a ventaglio che il vento aveva gettato a terra, osservò il futuro cliente e lo invitò ad accomodarsi.
Philip tirò un sospiro di sollievo quando il tepore del pub lo avvolse. Il locale era veramente piccolo ed essenziale, aveva al massimo una decina di tavoli. Sul suo c’era una boccetta di salsa di soia piena fino all’orlo e una candela spenta fissata in un piattino che pendeva un po’ da un lato. In un angolo la televisione diffondeva un programma di varietà che faceva più confusione di dieci clienti tutti insieme. Due tavoli erano occupati da uomini decisamente silenziosi, un terzo era libero e una donna di mezz’età, forse la moglie del gestore, lo stava ripulendo con una pezza umida.

*

-Credo che quando tornerà lo ucciderò.-
Jenny era arrivata al ryokan con una voglia matta di farsi coccolare dal fidanzato. Ma dopo aver scoperto che Philip era sparito chissà dove, si era seduta davanti alla finestra alle spalle di Mark a osservare il piazzale buio sperando di vederlo rientrare, e non si era più mossa da lì. Quelle erano le prime parole che pronunciava, dopo aver macinato pensieri assassini per quasi un’ora.
-Allora forse è meglio se resta dov’è.-
La giovane lanciò un’occhiata omicida anche a Mark. Poi sospirò e si strinse una mano nell’altra, intrecciando preoccupata le dita, gli occhi sulle montagne completamente avvolte dall’oscurità. Non sapeva cosa pensare. Non aveva idea di dove Philip potesse essersi cacciato. Era sparito nel momento in cui era tornata, quindi non era venuto a cercarla. Dove accidenti era finito? Vedendola rientrare con Kevin, era probabile che si fosse rifugiato da qualche parte a sbollire la collera. Sospirò. Dove poteva essersi cacciato? Di sicuro non nel ryokan. Avevano controllato ovunque, nascondendo ai nonni non solo la sua scomparsa ma anche che non avevano idea di che fine avesse fatto. E se avesse abbandonando lei e il ritiro per tornare a Furano? Eppure le sue cose erano ancora tutte lì, e Philip non era il tipo da colpi di testa così estremi. Però adesso era sparito senza dire nulla, lasciandola a macerarsi nella preoccupazione. Si passò una mano sul viso, mentre gli occhi si riempivano di lacrime. E se si fosse perso? Se avesse fatto la fine di quella fotomodella di cui la nonna giusto un paio di sere prima aveva raccontato la storia? Non voleva neppure pensarci e faceva del suo meglio per scacciare dalla testa la paura. Eppure ogni tanto il panico la assaliva. Tornò a fissare il piazzale, scrutando il buio del bosco e delle montagne. Se si fosse inoltrato tra gli alberi e non avesse ritrovato la strada, lei… Lei! Cosa ci faceva lì, ad aspettarlo al caldo? Perché non era fuori a cercarlo? Forse, nel suo vagare senza meta, avrebbe potuto intercettarlo e riportarlo al ryokan. Perché non ci aveva pensato prima? E se fosse ormai troppo tardi? Guardò l’orologio e, in preda all’inquietudine, si alzò.
-Vado a cercarlo.-
-No.-
-Ma Holly, se si è perso e…-
-Se si è perso come pensi di ritrovarlo? Non avrei permesso a lui di venire a cercarti e lo proibisco anche a te. Ormai è tardi e ha ricominciato a nevicare.-
Colta di sorpresa da un ordine che non si aspettava, Jenny lo guardò.
-Me lo proibisci?- dal suo punto di vista Holly non poteva proibirle proprio niente. Avrebbero forse potuto farlo i nonni, se lo avessero saputo. Ma Jenny non aveva nessuna intenzione di metterli al corrente di ciò che aveva in mente. Attraversò la stanza per raggiungere la porta così sicura delle proprie convinzioni da non accorgersi che i compagni si scambiavano un’occhiata e Holly si alzava per raggiungerla. Riuscì a imboccare il corridoio, poi il capitano la superò e le sbarrò la strada.
-Jenny, tu non vai da nessuna parte!-
Lei non gli diede retta e proseguì giù per i primi gradini, finché si sentì afferrare un braccio. Allora si aggrappò alla balaustra per contrastarlo, gli occhi colmi di determinazione.
-Non hai alcuna autorità su di me! Io non sono Philip!-
-Come potrei scambiarti per Philip?!- la sentì provare a liberarsi, così strinse più forte la presa -E non ti sto fermando io perché sono il capitano, ma soltanto perché sono stato più veloce degli altri.-
-Holly ha ragione.- disse Mark.
Lei si volse. Il ragazzo li osservava sulla soglia della camera. Accorse anche Patty, mostrandosi il più possibile convincente e ragionevole.
-Jenny, Philip è perfettamente in grado di badare a se stesso. Quindi non mi sembra il caso che tu vada in giro da sola a quest’ora e con questo tempo.-
Dunque non poteva far niente, non le avrebbero permesso di uscire. Preferivano lasciarla impazzire di preoccupazione, relegata tra i quattro muri del ryokan.
Holly si riservò l’ultima parola.
-Aspetterai qui come tutti noi che Philip torni.-

-Non l’ho mai visto neppure io. Dev’essere uno dei ragazzi che alloggiano al ryokan.-
-Lo stava dicendo ieri sera mia figlia. Ha parlato con Meryl. Pare che facciano parte della nazionale di calcio.-
-Così sembra.-
-Se un tipo del genere ci rappresenta, c’è poco di cui essere orgogliosi.-
I tre uomini osservarono Philip e scossero la testa. Sembrava svenuto. Era riverso sul tavolo e teneva stretto un bicchiere semivuoto. Uno dei clienti fermò il giovane cameriere che passava accanto al loro tavolo.
-Eric, quante birre gli hai portato?-
-Solo quattro.-
-Non deve essere di queste parti.- fu l’unanime conclusione.
L’Hokkaido era famoso per la produzione di tutte le marche più note e rinomate di birra giapponese. Alcune, come la Sapporo, la Kirin e la Asahi, venivano esportate e smerciate nei ristoranti giapponesi di tutto il mondo. A partire dalla fine dell’estate, festival e sagre della birra animavano i centri abitati dell’estremo nord dell’arcipelago, ripopolando per brevi periodi le cittadine più sperdute che altrimenti in inverno sarebbero risultate completamente disabitate. Le birrerie, in quella regione del Giappone, erano più numerose dei tabaccai. Non c’era  abitante dell’Hokkaido, uomo o donna, che non fosse in grado di reggere al meglio gli effetti della birra. Eppure i clienti del pub avevano ragione. Quella sera Philip non era al massimo della forma: non aveva cenato, era stanco e aveva preso freddo. L’alcol gli era filtrato nel sangue in un secondo.
Scendere in paese non era servito a niente. Isolarsi dagli altri non aveva migliorato il suo umore e non incontrare Jenny di ritorno al ryokan, non aveva alleviato la gelosia. Aveva solo finito per prendere freddo e intossicarsi con l’alcol, senza peraltro riceverne un vantaggio. Piuttosto il contrario. Stimolata dalla birra, la sua fantasia aveva finito per spaziare molto più lontano dalla reale realtà dei fatti. Forse, per ridimensionare le cose, doveva mandarne giù ancora un’altra. O forse doveva bere fino a smettere di pensare. Forse un’altra birra non era sufficiente, magari ce ne volevano due per scacciare definitivamente dalla testa Jenny che veniva baciata da qualcuno che non fosse lui. Il ricordo gli si era bloccato nella mente e continuava a riapparire di continuo, come un video in loop. Non faceva altro che pensarci. E nonostante ciò, non gli restava che tornare dai compagni e lasciare che lo additassero per l’idiota e l’imbecille che era per essere sparito senza avvertire nessuno. Solo con Jenny avrebbe mantenuto il punto, almeno finché da parte sua non fossero arrivate spiegazioni spontanee e soddisfacenti.
La nebbia alcolica che gli invadeva il cervello non gli impedì di udire le parole dei tre uomini. Non si erano neppure curati di parlare a bassa voce. Alzò gli occhi e lanciò loro uno sguardo di traverso che ebbe come unico risultato quello di farli sorridere. Il gestore del bar approfittò di quel barlume di lucidità per portargli il conto.
-È l’una. Stiamo chiudendo.-
Philip si frugò nelle tasche, accorgendosi di non avere il portafoglio. La cosa gli sembrò così buffa che scoppiò a ridere.
-Non posso pagare. Non ho soldi con me.-
Tra i tre clienti del tavolino accanto, calò un silenzio carico d’attesa.
-Non puoi pagare? E come pensi di fare?-
-Pago domani.-
L’uomo lo guardò.
-Sei al ryokan dei Lohan, giusto?-
Philip annuì.
-Allora risparmiati di tornare. Metto in conto a loro.-
Lui non ebbe nulla in contrario. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si mise in piedi. Era ora di rientrare, tanto più che se non lo avesse fatto l’avrebbero buttato fuori a calci. Vacillò e si aggrappò alla spalliera della sedia.
-Vuoi che ti faccia accompagnare da qualcuno?-
-Bella battuta ma non fa ridere. No, grazie.- passò tra i tavoli barcollando molto meno di quanto si sarebbero aspettati tutti e sparì oltre la porta.

L’orologio appeso al muro segnava ormai le due. La camera era immersa nel silenzio, qualcuno aveva ceduto al sonno e si era addormentato. Julian lo stava facendo seduto, con le spalle appoggiate alla parete, proprio davanti alla tv che era stata spenta chissà quando. Si svegliò di soprassalto nel momento in cui la testa gli ricadde bruscamente in avanti. Piegò le gambe, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e dopo aver controllato l’ora lanciò un’occhiata ai compagni. Mark era ancora nei pressi della finestra ma aveva smesso di guardare fuori. I suoi occhi assonnati erano rivolti alla rivista che stava sfogliando con l’unico scopo di tenersi sveglio ancora per un po’. Benji dormiva riverso sul tavolo, il viso sprofondato tra le braccia. Tom era disteso in un angolo e voltato su un fianco e Bruce ronfava poco lontano. Holly aveva appoggiato la schiena contro la parete ma era sveglio, lo sguardo fisso sul pavimento e un’espressione indecifrabile.
Dalla camera accanto non proveniva più alcun rumore, anche le ragazze dovevano essersi addormentate. Julian stava per riappisolarsi, quando gli arrivò alle orecchie lo scatto della porta d’ingresso che si apriva. Il suo sguardo sorpreso incrociò quello di Mark e di Holly.
-È lui?-
Landers udì dei passi sulle scale e annuì. Dopo pochi istanti Philip comparve sulla soglia. Aveva le guance arrossate dallo sbalzo di temperatura con l’esterno e gli occhi lucidi per il freddo. Sembrava stanco, praticamente distrutto. Tra i capelli gli era rimasto qualche fiocco di neve che finì di sciogliersi e gocciargli sulla faccia mentre lo guardavano sorpresi. I suoi jeans erano bagnati e gelati fin oltre il ginocchio. La felpa era zuppa intorno al collo e all’inizio delle maniche, all’altezza dei polsi. Si appoggiò con tutto il peso del corpo allo stipite della porta e sorrise.
Holly si mise di colpo eretto.
-Dove diavolo sei stato?-  
-Che ci fate già vestiti?-
Benji tirò su la testa, osservando il nuovo arrivato con curiosità e fastidio.
-Sei tornato, finalmente.-
Tom si strofinò gli occhi per scacciare il sonno e assicurarsi che l’amico fosse davvero lì. Holly, da parte sua, lo fissò pieno di disapprovazione.
-Eravamo preoccupati. Dove sei sparito?-
-Da nessuna parte. Ho solo fatto un giro. Tutto bene.- rispose calmo, come se fosse la cosa più normale del mondo andare a zonzo di notte, quando fuori infuriava una tormenta di neve e la temperatura era svariati gradi sotto lo zero.
-Ha fatto solo un giro.- fece eco Benji incredulo -Hai sentito Holly? E tu che ti preoccupavi tanto…- i suoi occhi di colpo svegli tornarono a posarsi sul nuovo arrivato -Pezzo d’imbecille! Ti sei bevuto il cervello?-
Philip assunse un’espressione disgustata.
-Il cervello di chi?-
-Il tuo, idiota!- rispose Benji di getto. Si stava forse prendendo gioco di loro e della loro preoccupazione? No, non era quello. Piuttosto gli sembrava, come dire, svampito. Gli occhi di Callaghan parevano non riuscire a mettere a fuoco la stanza e Benji sapeva per certo che questo non era un effetto del freddo patito all’aperto. Fu colto da un’illuminazione improvvisa quando lo vide finalmente staccarsi dalla parete ed entrare barcollando.
Philip si guardò intorno con occhi vacui, fece qualche altro passo esitante, inciampò e finì lungo addosso a Holly che si stava alzando per andargli incontro. Caddero insieme sui tatami.
-Philip! Che diavolo ti prende? Tirati subito su!- il capitano lo spinse indietro, puntandogli le mani sulle spalle. Riuscì a liberarsi del suo peso facendolo rotolare sulle stuoie. Poi arricciò il naso all’odore dell’alcol e strabuzzò gli occhi sgomento -Sei ubriaco!-
Benji rise.
-Pensavo che non te ne saresti accorto.-
-Io… ubriaco? Holly, che stai dicendo?- replicò Philip serissimo -Non sai che l’alcol è proibito ai ritiri?-
Il capitano perse le staffe e balzò in piedi. Agguantatolo per la felpa, lo scosse avanti e indietro mentre la testa di Philip oscillava su e giù.
-Piano… piano...-
Il mondo girava già da solo senza che Holly gli desse una spinta e poi, da quando era rientrato e aveva inalato l’aria chiusa della stanza, un fastidioso senso di oppressione aveva iniziato a salirgli su dallo stomaco. Era molto meglio quindi che Holly lo fermasse, il mondo, invece di continuare ad agitarlo così.
-Non ci posso credere! Noi qui a preoccuparci e tu chissà dove a sbronzarti?-
-Per favore non gridare, mi scoppia la testa.-
Le parole con cui Mark intendeva accogliere il ritorno di Philip, avevano perso tutta la loro baldanza. Un po’ perché il ragazzo a quanto pareva non le avrebbe recepite e insultarlo sarebbe stato  fiato sprecato, un po’ perché vederlo in quelle condizioni era sì irritante ma anche incredibilmente divertente. Così, il suo proposito iniziale di stenderlo a suon di pugni si trasformò in puro divertimento.
-Sei una forza, Callaghan. Cos’hai bevuto per ridurti in questo stato?-
-Quale stato? Sto benissimo!-
Philip mentì appena un pochino. In effetti la testa continuava a girargli anche se Holly e il mondo si erano fermati, e tenerla immobile gli risultava faticoso. Si passò una mano sul viso e chiuse gli occhi. La sensazione di venir risucchiato nel vuoto lo costrinse a spalancarli subito. Guardò i compagni, le loro espressioni stupite lo divertirono e rise.
-Nella situazione in cui ti trovi mi sembra che ci sia ben poco da stare allegri.-
-Holly lascialo ridere.- disse Benji -Domani starà così male che non ne avrà nessuna voglia.-
-Sei ridotto uno straccio, Philip.- Julian scosse la testa, divertito suo malgrado dalla situazione.
-Una spugna direi.- lo corresse Tom senza riuscire a frenare la battuta.
I commenti divertiti dei compagni, fecero intendere a Holly che l’unico a disapprovare il comportamento di Philip era lui.
-Dove sei stato?-
-A fare un giro, te l’ho detto! L’ho detto, vero?- si premurò di chiedere -Non va bene, Holly?-
-No!-
-Perché no?- perse il filo del discorso -Credo che non sia un buon segno il fatto che ti veda doppio…-
Bruce glielo fece ritrovare.
-Quindi? Dove sei andato? Cosa hai bevuto? Perché non hai portato qualcosa anche a noi, visto che c’eri?-
Philip lo fissò disorientato.
-Una domanda per volta, Bruce. Chiara e precisa.- consigliò Benji con un sorrisetto.
Mark scosse la testa.
-Se Gamo lo venisse a sapere s’incazzerebbe di brutto.-
-Gamo è niente.- corresse Benji -Aspetta che lo veda Jenny…-
-Jenny! Dov’è Jenny?- Philip balzò in piedi e si guardò intorno. Se le sue gambe lo avessero retto, si sarebbe sicuramente precipitato nella stanza delle amiche. Invece piombò dolorosamente in ginocchio sui tatami.
-Vuoi far piano?-
L’eco del rimprovero di Julian riecheggiava ancora nella stanza quando il fusuma comunicante si aprì. Una Patty infuriata, gli occhi arrossati dal sonno e l’espressione battagliera, si stagliò davanti a loro tale e quale un’apparizione demoniaca. Spaventato, Bruce si trascinò dietro al tavolo per mettersi al sicuro.
-Cos’è tutto questo trambusto? Volete smetterla? Sono le due!-
Philip si puntellò sulle mani e si alzò.
-Jenny!-  
Fu allora che lei lo notò. Richiuse il pannello e lo apostrofò irritata, sforzandosi di dominare il tono della voce per non svegliare le amiche di là.
-Ma guarda! Il disperso è tornato! Sano e salvo, per giunta.-
-Sì, è tornato.- annuì Benji -Più o meno.-
-Leggermente alticcio.- l’avvertì Holly.
Gli occhi della ragazza emanarono un lampo molto pericoloso.
-Ah, i famosi bagordi dell’altro giorno! E noi qui ci preoccupavamo per te! Ma bravo!-
Philip la fissava incantato. La vista un po’ offuscata, non riusciva a mettere a fuoco le fattezze di quella figura avvolta nello yukata che, per lui, non poteva essere che Jenny. Si era alzata per accoglierlo e, come si aspettava, lo stava rimproverando. Ma pazienza, perché era comunque una consolazione trovarla lì nella loro camera, piuttosto che chissà dove con Kevin. Si lanciò su di lei, la prese tra le braccia e la travolse come una valanga.
Patty non poté fare nulla per evitarlo, né indietreggiare, né scostarsi. Tirata giù dal ragazzo, finì lunga a terra, schiacciata dal peso non indifferente di Philip. Le braccia a cingerle i fianchi, lui la strinse a sé, il volto sprofondato tra le pieghe della scollatura, un ginocchio tra le sue gambe, l’altro di lato. Patty gridò di sconcerto e sorpresa, si sollevò sui gomiti e cercò di scostarlo. Lo yukata non resse tanta foga e scivolò via, mettendole a nudo una spalla.
I compagni li guardarono allibiti, Holly impiegò un istante di troppo a reagire e Philip ne approfittò per appoggiare il viso sulla pelle calda lasciata scoperta.
Il capitano non resse allo shock.
-Cazzo!- balzò in piedi stravolto per staccare il compagno dalla fidanzata con le buone o con le cattive -Philip! Levati! Lasciala immediatamente!-
Benji e Mark si scambiarono un’occhiata incredula.
-Non ho mai visto niente di simile!-
-A chi lo dici.-
Patty puntò le mani contro le spalle del giovane, lo spinse indietro e riuscì a liberare una gamba, che spuntò nuda tra quelle di lui. Philip le era sopra, la bloccava inesorabilmente a terra. Le si era appiccicato addosso come una ventosa e nonostante le sue proteste, non sembrava intenzionato a lasciarla.
-Holly!- chiamò in aiuto -Philip! Non sono Jenny, sono Patty!- riuscì a colpirlo con forza sulla schiena, poi su una spalla ma non servì assolutamente a nulla -Toglietemelo di dosso o la nazionale giapponese dovrà fare a meno del suo vicecapitano! Vi avverto!- invocò disperata, ridimensionando un secondo dopo le proprie intenzioni -Philip, non ti spacco la faccia solo perché alle medie hai evitato che Holly cadendo si facesse male alla spalla!-
L’ex infortunato non fu d’accordo.
-Il passato è passato, Patty. Bisogna saper andare avanti.-
Philip non la mollò neppure quando Holly lo afferrò da dietro.
-Lasciala Philip! O è la volta buona che ti riempio di pugni anche per la pessima organizzazione di questo ritiro.-
Benji esultò.
-Finalmente lo ammetti anche tu!-
Tenendo Philip per le spalle a evitare che finisse di spogliare la fidanzata, Holly si volse e lo incenerì con un’occhiata.
-Ti sembra importante ribadirlo ora? Perché invece non mi dai una mano?-
-Perché mi interessa conoscere l’arma segreta di Patty.- rise il portiere, tirandosi comunque in piedi per aiutarlo.
Mosso a pietà, Mark lo anticipò.
Quando glielo tolsero di dosso Patty corse a rifugiarsi dall’altra parte della stanza, al sicuro tra Tom e Julian.
-È spaventoso…- si sistemò la veste e riannodò ben stretto il nodo della cinta.
Benji la guardò con un mezzo sorriso.
-È tra le cose più divertenti che mi siano mai capitate di vedere durante un ritiro.-
Lei lo fulminò con un’occhiataccia, poi tornò a fissare Philip, confuso e spaesato ma sicuramente più mansueto.
-Cosa direbbe Jenny se ti vedesse adesso?-
Gli occhi di Callaghan lampeggiarono.
-E cosa dovrei dire io, allora? Sono uscito proprio per non essere costretto a parlare!-
-E l’hai fatta stare in pensiero.-
Il botta e risposta tra i due diede a intendere che Philip stesse a poco a poco rinsavendo, che l’amarezza stesse sopraffacendo la sbornia.
-Non è stata l’unica a preoccuparsi, qui!- il ragazzo abbassò gli occhi amareggiato e si toccò pensieroso l’orlo dei pantaloni, bagnato dalla neve -Ha trascorso tutto il pomeriggio con lui…-
Benji alzò le spalle.
-La gelosia è una brutta bestia.-
-Non sono geloso!- Callaghan sollevò di scatto il viso -Perché dovrei esserlo? Perché non so cose che gli altri sanno?- e guardò Mark irritato -Perché Jenny l’ha baciato? Perché ci ha passato tutto il pomeriggio e si è fatta accompagnare qui tardissimo? Solo per queste stronzate? Per chi mi avete preso?-
Holly lo ascoltò in silenzio, l’ira scaturita dal comportamento irresponsabile del compagno sparì di colpo.
-Non c’era bisogno di andare fino in paese, potevi sfogarti anche qui.-
-Non voglio sfogarmi!-
-L’hai appena fatto!- lo assalì Benji -Anzi, se hai finito adesso possiamo finalmente dormire!-
Mark afferrò Philip per la felpa e lo tirò bruscamente in piedi. Lui incespicò e vacillò, mentre il pavimento e le pareti della camera gli danzavano intorno.
-È ora di mettere fine allo spettacolo, sei d’accordo?-
-Mark, devi proprio? È divertente!-
-È tardi, Harper.-
Philip era intontito dall’alcol, stremato dal freddo e dalla scarpinata. Non riusciva quasi più a tenersi in piedi. Si aggrappò al compagno.
-Piano… piano.-
-Invece di stare lì a guardare, vieni a darmi una mano, Price.- non sarebbe stato facile trascinarlo da solo fino in bagno. Philip non si reggeva in piedi.
Il portiere non si mosse.
-Per favore?-
-Il favore te lo sto facendo io. Non hai detto di avere sonno?-
Holly guardò con preoccupazione Benji raggiungere Philip sbuffando.
-Cosa vuoi fare, Mark?-
-Il mio ex allenatore mi ha insegnato un mucchio di cose e so perfettamente come ci si comporta in questi casi.-
-Chi? Quell’ubriacone di Jeff Turner?- domandò Benji scettico, posizionandosi dall’altra parte di Philip e aiutando Mark a sostenerlo.
-Ho detto piano… Mi viene da vomitare!-
Il portiere si irrigidì.
-Prova soltanto a pensare di farlo mentre ti sono accanto e ti cancello dalla faccia della terra!-
-Vedrai come ti sentirai bene tra poco, Philip. Il “metodo Landers” funzionerà alla grande. Patty, va’ in cucina e prepara un caffè.-
-Un caffè?-
-Mettici del sale.-
-Nel caffè?-
-Al posto dello zucchero.-
Mentre uscivano Philip inciampò sulla soglia e il portiere lo spintonò in malo modo lungo tutto il corridoio.
-E queste sarebbero le gioie dell’amore? Grazie, ne faccio a meno.-
-A chi lo dici...- Mark aprì la porta del bagno degli uomini.
-L’amore è una schifezza!- ci tenne a far presente Philip.
Landers annuì d’accordo, allungò una mano verso il rubinetto del lavandino e aprì l’acqua. Poi, insieme a Benji che gli diede manforte, spinse la testa di Philip sotto il getto gelato.
-È fredda, è fredda!-
Il ragazzo si tirò indietro spruzzando acqua ovunque. Benji si ritrasse per evitare gli schizzi ma Mark, incurante di bagnarsi, lo tenne fermo sotto l’acqua che continuava a scorrere.
-Certo che è fredda! Altrimenti ti avrei affogato nelle terme!-
Benji si tenne indietro per sfuggire agli spruzzi che avevano allagato il pavimento. I calzini e i pantaloni di Mark erano completamente fradici e lui non aveva nessuna intenzione di fare la stessa fine.
-Sto bene… sto bene!- continuò a gridare Philip, riacquistando lucidità -Ti dico che sto bene!- l’acqua gli entrò nel naso e tossì.
-Credo che basti, se non vuoi affogarlo.-
-Stavo giusto prendendo in considerazione l’idea.- replicò Mark. Philip aveva lasciato Jenny a macerarsi di preoccupazione e in apprensione lui stesso più di quanto avrebbe ammesso. Erano andati d’accordo da subito, lui e Callaghan. Fin dal loro primo incontro-scontro ai tempi delle elementari quando, solo per essere stato inavvertitamente urtato, lo aveva steso con un ceffone davanti all’intera Flynet, alla New Team, alla Muppet, a quel gigante di Teo Sellers e a Ross. Da quel momento in poi tra loro si era creato un feeling tutto particolare. Peccato che adesso, lì a Shintoku, Philip avesse iniziato ad avere le allucinazioni e a essere geloso di Jenny senza uno straccio di motivo.
-Landers, vuoi affogarlo davvero?-
Mark si riscosse da ricordi e riflessioni, lasciò la presa e Philip, che aveva ricominciato a tossire mezzo annegato, poté finalmente tirarsi su. Afferrò l’asciugamano che il portiere gli porgeva, se lo passò sul viso, sui capelli e lo lasciò ricadere sul collo. Patty bussò ed entrò con il caffè.
-Stai meglio?-
-Come no! Grazie, mi ci voleva proprio.- non avendo recepito le precedenti istruzioni di Mark, prese fiducioso la tazzina e mandò giù la bevanda in un solo sorso.
Non si accorse che Landers spingeva l’amica nel corridoio.
-Ci vediamo tra un po’.-
Anche Benji preferì aspettare fuori la magia del “metodo Landers”. Quando l’intollerabile amaro del caffè si rivelò, Philip divenne verde. Spalancò gli occhi, si coprì la bocca con una mano, scostò il compagno e si precipitò in uno dei bagni in preda a violenti conati.
Pienamente soddisfatto del risultato ottenuto, Mark raggiunse fuori gli amici, lasciando Philip nella privacy richiesta dal momento.
-Vedrete adesso come starà meglio!-
-Sei sicuro?- domandò Patty dubbiosa.
-Certo. Quando uscirà, sarà come nuovo.-
Mark attese ancora qualche istante e poi rientrò. Rimase nei pressi dei lavandini ad aspettare che Philip uscisse dal gabinetto, gli occhi sulla finestra al buio della notte. Era stanco. Quella giornata sembrava non avere fine. O forse era il giorno successivo a essere iniziato troppo presto.
-Dove diavolo sei andato, Philip?- domandò all’amico che ancora non usciva -Perché sei sparito senza avvisare?-
-Non volevo vederla!- gridò lui attraverso la porta, era furioso e si sentiva male -Non volevo parlarle! È tornata qui con lui! È stata con lui tutto il pomeriggio!-
Mentre lo ascoltava sfogarsi, Mark individuò uno strofinaccio gettato in un angolo. Lo recuperò e asciugò sommariamente il pavimento allagato, prima che qualcuno scivolasse e si facesse male.
-Questo non puoi saperlo.-
-È andata al suo negozio!-
-E allora? Al suo negozio c’è anche la sorella, non erano soli!-
-La stai difendendo di nuovo!-
-Sto cercando di essere obiettivo!- ripose lo straccio dove lo aveva trovato e attese.
Philip tirò l’acqua e uscì stravolto. Gli passò accanto, raggiunse il lavandino e si lavò il viso. Rimase per un tempo infinito sotto il getto freddo che gli scorreva tra le labbra e sul volto congestionato dallo sforzo. Poi chiuse il rubinetto e si tirò su, asciugandosi nel telo che l’amico gli porgeva.
-E se Jenny avesse intenzione di lasciarmi?-
-Per mettersi con quell’altro? L’hai visto bene?- Mark rise dei suoi timori -Se lo pensi davvero hai proprio una bassa considerazione di te!-
Il Philip che comparve nel corridoio sembrava una specie di zombie. Patty lo esaminò preoccupata.
-Va meglio?-
-Giusto un briciolo.-
Benji gli diede una pacca sulla schiena e constatò che si teneva ben saldo sulle gambe.
-Secondo me tu non reggi l’alcol. Quanto hai bevuto?-
-Non lo so. Non ho contato le birre e non le ho neppure pagate.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata sgomenta.
-Te ne sei andato senza pagare?-
-Non avevo il portafoglio, così hanno messo in conto al ryokan. Jenny si infurierà quando lo scoprirà.-
-Domani ti conviene andare in paese e sistemare la faccenda.- consigliò Patty -E comunque sappi che Jenny è già infuriata.-
Philip la seguì sconfortato nella stanza dei ragazzi. Varcò la soglia e si bloccò di colpo esattamente dov’era, al centro della porta. Jenny era in piedi davanti al tavolo, isolata rispetto agli altri, come se l’aurea di collera che le aleggiava intorno avesse indotto i compagni a starle ben distanti. Teneva le braccia conserte, le labbra serrate in una sottile linea rossa. Uno sguardo furente le illuminava gli occhi gonfi e arrossati, le dita di una mano che spuntavano sotto un gomito fremevano impercettibilmente, lasciando intuire quanta tensione percorresse il suo corpo.
Jenny non diede a Philip il tempo di parlare, e a nessun altro il tempo di commentare. Lanciato al fidanzato un penetrante sguardo carico di delusione, rimprovero, amarezza e disapprovazione, seguì Patty nella loro stanza e chiuse il pannello divisorio.
-Ora che ci siamo tutti possiamo dormire? Ho talmente sonno che non riesco più a tenere gli occhi aperti.-
-Allora tutto è tornato alla normalità, Bruce.- lo prese in giro Tom.

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Capitolo 9
*** 7 - I soliti idioti ***


- 7 -
I soliti idioti



La sveglia iniziò l’impietoso concerto all’improvviso, riempiendo la camera del suo implacabile e assordante squillo. Benji balzò seduto, faticando a collegare l’ora che leggeva con il suono di quell’aggeggio, perché di sicuro qualcosa che in quel momento gli sfuggiva non quadrava. Inveì a casaccio, più snervante e fastidioso del trillo che gli faceva da sottofondo.
-Maledizione! Chi accidenti ha messo la sveglia? Ditemelo che lo disintegro! Chi è stato? Sei stato tu, Holly?-
-Invece di sbraitare perché non la spegni?- Mark scostò le coperte, raggiunse l’oggetto infernale e mise fine al frastuono.
Un meraviglioso silenzio tornò nella stanza. I futon furono di nuovo accoglienti come un caldo abbraccio. Bruce riprese a ronfare piano, Benji a distendersi, il cuore che batteva di collera repressa, gli occhi spalancati sul soffitto, respirando a fondo per scacciare il fastidio. Scorse accanto a lui Tom che si sollevava su un gomito sbadigliando e allungava il collo verso la sveglia quasi disintegrata da Mark.
-Sono solo le sette.- prese atto, tornando a sdraiarsi.
-Hai messo tu la sveglia, Holly?- tornò a insistere il portiere, senza curarsi di nascondere il tono di minaccia che nonostante tutto trapelò dalla sua voce.
-No.-
-E allora chi è stato?-
Lo scambio di sguardi tra chi era poco più sveglio non ebbe il risultato sperato. La conclusione fu unanime.
-Nessuno ha pensato di toglierla.-
Bruce rotolò tra le coperte sbadigliando, disturbato dal chiacchiericcio che non gli consentiva di riprendere il sonno. Il suo sguardo stralunato cadde su Philip.
-Dorme! Com’è possibile?-
In effetti l’amico sembrava non aver udito né la sveglia né gli improperi di Benji. Le coperte tirate fin sopra la testa, di lui si scorgevano i capelli spettinati, parte della fronte e la punta delle dita di una mano. Poltriva con tranquilla innocenza, mentre se loro morivano di sonno era tutta colpa sua.   
-Beato lui…-
-Beato lui un corno!- Mark lanciò un’occhiata al solito, accomodante Tom, incapace di condividere il suo punto di vista. Si trascinò per la seconda volta fuori dal futon, raggiunse l’amico e lo scosse -Svegliati, imbecille!-
Philip non reagì. Solo la testa scivolò inerte giù dal cuscino e il volto sparì tra le pieghe della stoffa. Allora gli afferrò la mano che spuntava dalle coperte e lo strattonò sui tatami.
-In piedi, Callaghan!-
Lui rotolò con la faccia sulle stuoie, scivolando fuori dal futon. Si mosse, mugolò qualcosa e socchiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza e i ragazzi. Non fu affatto semplice. La luce creava dolorosi vortici intorno alle tempie, lasciandogli scorgere solo ombre più o meno spesse. Un senso di nausea gli attanagliò lo stomaco e, ormai quasi in coma, cercò di tirarsi su senza peraltro riuscirci.
-Diamine…- farfugliò, le tempie pulsavano ferocemente -Che mal di testa!- si trascinò sui gomiti come un soldato in trincea cercando di raggiungere il futon per rimettersi a dormire. Mark gli piantò un piede al centro della schiena e lo schiacciò al suolo senza pietà.
-Che fai, Callaghan? È ora di alzarsi!-
-Lasciami dormire ancora un po’!- invocò allungando le braccia verso il cuscino, sotto cui intendeva infilare al più presto il capo dolorante, sperando che smettesse di pulsargli.  
-Scordatelo! Adesso ti alzi e vieni a fare colazione con noi!-
-Ho mal di testa!-
-Non me ne frega niente!-
-Smettila di frignare Callaghan e comportati da uomo.-
Holly si volse verso Benji.
-Vale a dire?-
-Vale a dire che si alza, si veste, sopporta senza lamentarsi le conseguenze del suo stupido comportamento di ieri sera e viene ad allenarsi con noi.-
La prospettiva di una giornata simile generò in Philip un conato di vomito. Si volse verso i compagni con gli occhi socchiusi di sofferenza. Dalle loro espressioni era palese che non avrebbero mostrato alcuna compassione. Tanto valeva cercare di commuovere una pietra. La sua ultima speranza era Holly che però, quasi vestito, fu altrettanto categorico.
-Alzati, Philip.-
Quell’ordine che non gli lasciava scampo gli rimbombò nella testa. Rinunciò a raggiungere il futon, rinunciò a dormire, rinunciò a dare sollievo alla testa che, lo sentiva, stava per esplodere e si mise in piedi a fatica, malfermo sulle gambe come se un macigno gli gravasse sulla schiena. Fitte lancinanti gli trapassarono il cervello, così dolorose che il respiro gli mancò perdendosi da qualche parte nel suo corpo. Boccheggiò e serrò i denti. Dopodiché, fece un unico terribile passo: la testa rimbombò come un tuono. Siccome però era un uomo, ne fece anche un altro e una nuova, potente fitta lo assalì.
-Merda!- gemette, una mano a premersi la fronte.
Nessuno gli diede retta, nessuno si preoccupò. Tutti si comportavano come se lui non esistesse, come se quella specie di zombie in cui si era trasformato fin dalla sera precedente e adesso attraversava la stanza per raggiungere l’armadio, fosse invisibile. Continuarono a vestirsi, a parlare tra loro, a scherzare e rimbeccarsi come al solito, senza badargli. E quando furono pronti, scesero di sotto lasciandolo in piedi, tra l’armadio e il tavolino, cuscino e coperte ancora da riporre, indeciso se ammutinarsi e rimettersi a letto, oppure vestirsi di corsa e raggiungere gli altri prima che s’incamminassero verso la radura senza di lui e poi lo rimproverassero per il ritardo, per il ritiro e chissà cos’altro. Anche decidere gli costava fatica! Se avesse potuto dormire ancora per un po’, un’ora o due al massimo…
-Sbrigati Callaghan, è tardi!-
Sobbalzò e si volse appena un secondo prima che Mark sparisse oltre la porta, lasciandolo solo con un’altra, dolorosissima, lancinante fitta alla testa.
Il silenzio che regnava in cucina aveva qualcosa di inquietante, anche se in verità soltanto Jenny era di pessimo umore. La sua espressione seria non invogliava a rivolgersi a lei e persino le amiche evitavano di parlarle, se non proprio necessario. Del resto ciascuna sapeva cosa fare per rendere la loro colazione rapida ed efficiente. Patty era addetta alle bevande e si stava occupando di preparare il caffè, scaldare l’acqua per il tè e il latte. Aveva già tirato fuori dal frigorifero svariati tipi di succhi di frutta e li aveva deposti sul tavolo. Amy stava togliendo dal grill le fette tostate per sostituirle con altre da scaldare. Poiché Jenny era ai fornelli alle prese con le uova, Evelyn aveva deciso di anticipare il lavaggio delle verdure che sarebbero servite per il pranzo.
-Quanto manca?- domandò Bruce, alzando la voce per sovrastare il brontolii del proprio stomaco.
Jenny gli apparve accanto con un piatto da portata colmo di uova strapazzate e glielo piazzò fin troppo vicino, facendo cozzare ceramica e legno. Ma sembrò pentirsi subito di quel gesto così brusco e scortese e si sforzò di sorridere all’amico, che la guardava allibito e la ringraziava timoroso, perdendo di vista il cucchiaio, che Mark fu svelto a recuperare per riempirsi il piatto. Le uova fecero il giro inverso del tavolo e a Bruce toccò accontentarsi di ripulire ciò che i compagni non gli avevano lasciato.
-Che modi sono?- protestò afflitto -Non è rimasto nulla! Jenny, ce n’è ancora?-
In piedi davanti al lavandino, con pochissima fame e meno voglia di sedersi a tavola, nervosa com’era, lei scosse la testa.
-Ho preparato due uova ciascuno, com’era scritto sulla dieta.-
Philip si appiccicò in faccia un sorriso forzato che a chiunque sarebbe risultato fuori luogo ed entrò in cucina. Il suo incedere baldanzoso perse lo slancio quando incrociò gli occhi scrutatori e silenziosi della fidanzata e di chi era rivolto nella sua direzione. Arrivò al suo posto più curvo e molto meno ottimista e si sedette in silenzio, quasi per sbaglio. Del resto al posto che occupava di solito non c’era tazza, non c’era bicchiere, né posate, né ciotole né piatto o tovagliolo.  Per lui non era stato apparecchiato.  
Al suo posto c’era una tale desolazione che Mark aveva pensato bene di sconfinare di mezzo metro per stare più comodo.
-E io?- gli sfuggì ingenuamente.
-Ah perché, sei dei nostri?-
Philip cadde nella provocazione di Benji con tutta l’ingenuità e la stanchezza di un brusco risveglio e del mal di testa.
-Cosa intendi dire?-
Nel lasso di tempo che il portiere impiegò a rispondergli, gli occhi di Philip furono catturati dall’incedere della fidanzata. Jenny girò intorno al tavolo e andò a sedersi ben lontano da lui, praticamente dall’altro lato.  
-Avevamo capito che intendessi fare un gruppo a parte: cenare da solo, visitare i locali di Shintoku da solo, trascorrere la serata per conto tuo, ubriacarti in solitudine… Roba così!-
Philip lo guardò sgomento, gli occhi spalancati e le labbra socchiuse di sconcerto. Di colpo prese atto del fatto che non solo Jenny ma anche i compagni gli avrebbero rinfacciato la sortita in paese chissà per quanto tempo. Allora tacque e si servì da sé, sempre che la nausea latente che gli riempiva lo stomaco gli concedesse di mangiare qualcosa. Le fitte alla testa si intensificarono come colpi di un martello pneumatico, mentre recuperava il pane in cassetta direttamente dalla confezione, perché nonostante il malessere, desiderava liberarsi del cadavere che gli si era infilato in bocca durante la notte. Rinunciò a tostare le fette e prese una tazza dal pensile sopra al lavandino. Si sforzò di mandare giù quel pane gommoso e insipido. Evitò invece il caffè, perché il solo odore gli diede il voltastomaco. Era di sicuro colpa di Landers e di quell’intruglio infernale che lo aveva indotto a bere con l’inganno la sera prima. Recuperò la confezione del succo di frutta all’arancia, ma ne era rimasto giusto un goccio. E in fondo, neppure quello gli andava.
Dopo aver seguito per un po’ i movimenti impacciati del compagno, senza farsi notare da nessuno Tom fece sparire dalla tavola una mela, un’arancia e una manciata di biscotti che ripartì nelle tasche della felpa.
Philip riuscì a mettere le mani su così poco cibo che nonostante fosse arrivato per ultimo, finì di fare colazione per primo. Tanto che quando Jenny uscì diretta chissà dove, era pronto a seguirla. Scostò la sedia e si alzò, gli amici lo osservarono rincorrerla fuori della cucina.
-Lo ucciderà?- scherzò Bruce.
-Non sarà una grande perdita.-
-Mark!- lo rimproverò Amy.
Jenny udì i passi di Philip nel corridoio, si volse e lo vide. Invece di aspettarlo e affrontarlo, riversandogli addosso tutta la preoccupazione covata la sera precedente nelle lunghe ore trascorse in attesa, fuggì come una ladra, o come una colpevole. Non voleva parlargli, era ancora troppo arrabbiata. Il suo comportamento irresponsabile non le era andato proprio giù. Uscire a quell’ora, con un tempo da lupi e sparire senza avvertire nessuno!
-Jenny, aspetta!-
A metà rampa Philip le agguantò un braccio, la superò e continuò a salire su per le scale, costringendola a seguirlo di sopra. Lei lo strattonò per liberarsi, lui non mollò ma si fermò quando Jenny puntò i piedi.  
-Smetti di fare i capricci come una bambina!-
-Bambina?- gli fece eco incredula, agitando furiosa il braccio fino a liberarsi  -E tu come ti sei comportato? Pensi di aver dimostrato più maturità di me sparendo in quel modo e tornando ubriaco? Non hai pensato che mi sarei preoccupata?-
-Tu ti sei preoccupata?-
-Certo!-
Philip indietreggiò di un passo, guardandola sgomento.
-E pensi che io non mi sia preoccupato quando si è fatto buio e non ti ho vista tornare? Dannazione, Jenny! Non sapevo neppure dove fossi! Cosa dovevo pensare?-
-Alla cosa più ovvia che chiunque con un po’ di cervello avrebbe fatto in una situazione simile, cioè fermarsi al riparo da qualche parte!-
-Per me non era ovvia l’eventualità che ti fermassi da lui!-
-Lui sarebbe Kevin? Stai parlando di Kevin?-
-Certo!-
-Lui o qualcun altro, che differenza fa?-
-Non è qualcun altro che ti ha baciata l’altro ieri, lo ha fatto lui!-
Jenny non riuscì a capire in quale momento preciso i loro ruoli si fossero invertiti. Come aveva sempre fatto per dirimere le liti tra i compagni della Flynet, Philip aveva capovolto magistralmente la situazione, facendo in modo che fosse lei a doversi giustificare anche se a comportarsi da irresponsabile era stato lui.
-Allora supponiamo che tu abbia ragione.- concesse, cercando di ristabilire la giusta prospettiva dei fatti -Risolto il problema Kevin, mi dici cosa ti è preso? Ti sembra normale sparire così, senza avvertire nessuno?-
-Io ho ragione, Jenny. E il problema Kevin non è risolto per niente. Ci sono ancora parecchie cose che pretendo di sapere, altrimenti…-
Uno scalpiccio sulle scale interruppe quella specie di avvertimento che forse neppure Philip sapeva come concludere. Amy si affacciò dalla rampa, imbarazzata e timorosa. Consapevole di averli interrotti in un brutto momento, non aveva neppure il coraggio di guardarli negli occhi.
-Scusatemi. Volevo soltanto avvertirvi che vi si sente da giù. Se non abbassate la voce, la nonna salirà a vedere. Già si è affacciata una volta per…-
-Abbiamo finito.- fu la secca risposta di Jenny, diretta più al fidanzato che all’amica, pure se fu lei a sussultare mortificata. Era già stanca di una discussione che non stava portando a niente se non a farla sentire in colpa per essere stata costretta ad accettare un passaggio da Kevin. Philip non sapeva niente di niente eppure sparava giudizi e sentenze.
Lui si trovò suo malgrado d’accordo.
-Sì, abbiamo finito! È inutile continuare a parlarne, almeno finché sarai convinta che quel tizio non rappresenta un problema!- le volse le spalle e scese di sotto.
Amy sentì vibrare le scale sotto i suoi passi incolleriti, poi lo vide afferrare la giacca e uscire con un diavolo per capello.
Jenny pestò i piedi. Non le aveva dato neppure la soddisfazione di lasciarle l’ultima parola. Si volse verso la finestra del corridoio e lo scorse oltre i vetri raggiungere di corsa i compagni che lo attendevano ai margini del piazzale, per incamminarsi poi insieme verso la radura.
Amy spostò gli occhi su Jenny e lei si sentì in dovere di giustificarsi.
-Mi ha fatta preoccupare!-
-Anche lui è stato in pena per te.-
-Non è la stessa cosa. Io conosco il paese, so la strada a memoria…-
-Ma a lui questo non è bastato.-
Jenny ammutolì, chiedendosi se Amy lo stesse difendendo.
-Mi sono preoccupata allo stesso modo per entrambi. Prima sei sparita tu, poi Philip. Ho temuto davvero che uno di voi due facesse la fine di quella fotomodella...- rabbrividì e scrollò le spalle, come per scacciare gli ultimi residui di preoccupazione rimasti incollati addosso dalla sera precedente -Li raggiungiamo alla radura?-
Jenny scosse la testa categorica.
-Preferisco restare ad aiutare la nonna.-
Ad Amy dispiaceva che avessero litigato ma era contenta che la sera prima fossero tornati al ryokan sani e salvi. Infilate le scarpe e indossato il cappotto, scese i tre gradini della veranda e mise i piedi sulla neve calpestata dai compagni. A differenza di ciò che accadeva in qualsiasi altro luogo in cui era stata, lì al ryokan il freddo era talmente intenso e il viavai delle persone così scarso, che la neve si conservava quasi ovunque candida e pulita come se fosse appena caduta. Il suolo gelato lasciava che lo strato di terra e quello di ghiaccio restassero due entità distinte e separate, come una cheese-cake. Amy costeggiò le aiuole, raccolse il braccio del pupazzo di neve che durante la notte era caduto e lo rimise al suo posto, su quello che Mark ormai da giorni aveva ribattezzato Lo Sgorbio. Le amiche non l’avevano aspettata e neppure Julian. Attraversando il piazzale individuò la freccia verde che, affissa a un albero, era la prima indicazione verso la radura e seguì la strada, escogitando il modo di ritagliarsi del tempo anche quel giorno per appartarsi con Julian all’insaputa dei compagni.

Correre tra la neve alta era stancante, ci si bagnavano i pantaloni, c’era il rischio di scivolare e cadere, e lo sforzo riduceva i polpacci ad ammassi di carne doloranti e particolarmente predisposti ad ancor più dolorosi crampi. Del ritiro a Shintoku, era l’attività che Bruce odiava di più. Gli altri, compreso Holly, stringevano i denti e affrontavano lo sforzo.
Philip era tra tutti il più resistente, perché le sue gambe erano abituate ad affondare per parecchi mesi l’anno in svariati centimetri di neve. Le condizioni climatiche proibitive degli inverni di Hokkaido che aveva maledetto durante ciascun giorno di allenamento alle scuole elementari e medie, a lungo andare si erano trasformate in un vantaggio. Gli avevano dato modo infatti di mettere a punto quei tiri lunghi e potenti di cui la nazionale giapponese aveva tanto bisogno, che attraversavano il campo da una parte all’altra con precisione millimetrica. Erano stati i suoi tiri energici e precisi, oltre alla capacità che aveva dimostrato di guidare la Flynet, alla volontà sempre presente di dare una nuova possibilità ai compagni che sbagliavano, al suo gioco altruista e al suo carisma a indurre Marshall e Pearson a ingaggiarlo per i mondiali juniores di Parigi e mantenerlo fisso nella rosa dei titolari.
Solo che Philip quel giorno sulla neve arrancava, affaticato e dolorante, poca voglia di impegnarsi, molta di tornare a sdraiarsi sotto le coperte. Restava indietro in continuazione, tanto che a un certo punto Julian si fermò e attese che lo raggiungesse.
-Perché non corri?-
-Ogni passo è una fitta alla testa! Non oso pensare a cosa potrebbe succedere se mi mettessi a correre.-
Benji lo udì forte e chiaro nonostante gli ansiti di Bruce, che era lì lì per svenire.
-Siamo qui da una settimana e non siamo ancora riusciti a fare un allenamento degno di questo nome.-
-Non dirlo a me…- sospirò il capitano abbattuto, scostando i capelli dalla fronte sudata.
Philip saltò sulla difensiva e ridimensionò il malessere.
-Ho soltanto un po’ di mal di testa!-
Mark lo guardò di traverso.
-E com’è che ti fa male la testa?-
-Capita, a volte!-
-Adesso ti do un pugno e te lo faccio passare!-
-Mark, per favore!- per il bene di tutti, ma più che altro della propria sanità mentale, Holly cercò un compromesso -Philip, se proprio non riesci a correre, invece di oziare fai un po’ di stretching.-
-Non sto oziando, sto camminando!-
-Philip!-
-Ho capito, ho capito.-
I ragazzi si allontanarono lasciandolo indietro e appena non li vide più, Philip deviò verso le amiche sedute al limitare della radura, sul tronco caduto – a detta di Jenny per la vecchiaia - ricoperto da teli di plastica che restavano lì ben riposti in una busta anche quando andavano via, per non doverli portare ogni giorno su dal ryokan e viceversa. Jenny non era con loro, non si era ancora fatta viva.
-Se riprendo fiato un attimo non farete la spia, vero?-
Patty socchiuse gli occhi, poco incline ad accontentarlo.
-Perché dovresti riprendere fiato? Non puoi essere già stanco, avete appena cominciato.-
-La testa mi sta scoppiando e sono certo che se farò una piccola pausa, mi passerà.-
-Ho i miei dubbi.- commentò Amy.
Philip capì che non attaccava. Passò alle suppliche.
-Siate clementi almeno voi, per pietà!-
Le ragazze si consultarono con una tacita occhiata.
-Allora torna al ryokan e prendi un analgesico. Non so se avrà un effetto positivo in un organismo imbevuto d’alcol come il tuo, ma ci sono buone probabilità che il mal di testa ti passi. Fossi in te proverei.-
Philip passò oltre il critico punto di vista di Amy che lo accomunava a un frutto sotto spirito e fece propria l’idea fantastica, l’occasione da non lasciarsi assolutamente sfuggire, di tornare indietro. Anzi, avrebbe dovuto pensarci prima. Poteva approfittarne per vedere cosa stesse combinando Jenny. Perché non li aveva ancora raggiunti?
A Patty invece il magnanimo suggerimento di Amy non piacque per niente.
-Fino al ryokan? E quanto intendi impiegare per andare e tornare?-
-Che ci vuole? Cinqu...- si corresse -Dieci minuti e sono di nuovo qui.-
La ragazza ci pensò su un istante, poi annuì.
-Va bene, ma poi torni.-
-Certo che torno!-
Philip si inoltrò tra gli alberi e percorse il sentiero fino al ryokan, le mani infilate nelle tasche e il passo sostenuto che gli martellava nel cervello. Oltre al mal di testa, anche la situazione sospesa con Jenny contribuiva a frastornarlo. Da quando stavano insieme, ed erano passati anni, non avevano mai litigato con tanto impegno. Doveva, anzi voleva, chiarire al più presto. Ma anche farle capire che se lui si era comportato in modo così idiota, pure lei aveva le sue colpe.
La trovò davanti l’ingresso dell’edificio a spazzare con una scopa di saggina la neve caduta durante la notte. Era voltata e non lo vide arrivare. Philip si fermò al limitare degli alberi, una mano guantata sul tronco ricoperto da uno strato sottile di ghiaccio, e indugiò a osservarla. I raggi del sole la illuminavano senza scaldarla ma nonostante ciò non indossava la giacca a vento. Il maglione verde smeraldo che la teneva al caldo, modellava il suo corpo snello e slanciato. Aveva ripiegato i jeans alle caviglie per evitare di bagnarli e i capelli, raccolti da un fermaglio, lasciavano scoperta la nuca rosea e delicata. A Philip Jenny piaceva ormai da anni e più il tempo passava più l’amore che provava per lei aumentava, più stavano insieme e più l’adorava. Ma in quel momento si sentiva così di malumore che osservarla gli procurava più scontento e preoccupazione che gioia e soddisfazione. La fissò ancora, mentre l’indecisione lo faceva esitare e il mal di testa non si attenuava. D’un tratto lei si volse, alzò una mano per scostarsi una ciocca di capelli dal viso e lo vide. Philip allora si mosse e proseguì fino a raggiungerla.
-Cosa ci fai qui?-
-Ho bisogno di un’aspirina. La testa mi scoppia.-
Jenny lo fissò immobile, la scopa stretta tra le dita.
-Devo chiederla alla nonna?- insistette, irritato dal suo insopportabile atteggiamento scostante. Si perdevano sempre, nei loro litigi.
-Se avessi evitato la visita al pub di Shintoku adesso non avresti bisogno di nulla. Il gestore ha chiamato poco fa perché non hai pagato il conto!-
Philip sbiancò, aveva completamente rimosso il problema.
-E chi ha risposto al telefono?-
-Io, per fortuna!- esplose lei -Se la nonna venisse a sapere che ieri a mezzanotte eri in giro per Shintoku a scolarti a sbafo cinque birre ci rimarrebbe malissimo!-
Lo pensava anche lui, per questo fu contento che Jenny avesse intercettato la chiamata, nonostante tutto ciò che questo stava comportando.
-Chi ha pagato?- domandò esitante.
-Ho telefonato a Meryl chiedendole di passare a saldare. Poi le farai avere i soldi.-
Philip avrebbe voluto ritagliarsi un minuto per gioire di aver risolto il problema tanto facilmente. Visto come si erano messe le cose, e visto il mal di testa che lo tormentava implacabile, non poteva neppure prendere in considerazione una nuova scarpinata fin laggiù. Ma Jenny continuava a fissarlo così critica che l’esultanza svanì senza lasciar traccia e si ritrovò d’improvviso a giustificarsi, accusandola di nuovo.
-Se tu non fossi andata al negozio di quell’imbecille! Se non avessi trascorso il pomeriggio con lui! Se avessi risposto al cellulare, ti ho chiamata mille volte! Se non fossi tornata ryokan così tardi…- più parlava e più si accalorava, più si accalorava e più la testa gli faceva male, tanto che per un attimo la sua mente ebbe un corto circuito e proseguì senza riflettere -Avete cenato insieme, scommetto! Magari siete andati anche al ristorante!-
Lo sgomento di Jenny fu immenso.
-Cos’è che avrei fatto?-
-Quello che ho appena detto!- strinse i pugni. Dannazione, era tornato al ryokan per fare la pace e invece stavano di nuovo litigando.
-Philip, santo cielo! Sono scesa giù in paese per fare delle commissioni, non per vedere Kevin!-
-E per qualche acquisto hai avuto bisogno di un intero pomeriggio? Sei tornata a un’ora impossibile! Cos’hai fatto tutto quel tempo?-
L’ira di Jenny si sgonfiò di colpo, stremata e affranta da tanta mancanza di fiducia. Sentì gli occhi inumidirsi e ricacciò indietro le lacrime.
-Sono scesa in paese per delle commissioni. Sono passata all’ufficio postale e in farmacia. Meryl mi aspettava in un bar, ho bevuto con lei una cioccolata calda, poi siamo andate al suo negozio. Ha cominciato a nevicare e non appena è stato possibile, Kevin mi ha riaccompagnata al ryokan perché suo padre ha insistito che lo facesse. Questo è tutto.-
L’amarezza che trasudò dalla voce della fidanzata indusse Philip a distogliere lo sguardo. Le credeva, le credeva ciecamente, però…
-Philip, guardami.- gli ordinò Jenny. Lui non reagì e neppure rispose. Caparbiamente avvinghiato alla sua ira gelosa sembrava non credere a una sola parola -Pensi che ti sia mentendo?- tese la mano e cercò di costringerlo a voltarsi verso di lei. Ma a quel contatto lui indietreggiò. Allora, delusa ed esasperata, perse la pazienza -Cosa vorresti sentirti dire, Philip? Se vuoi che menta dicendoti che sono scesa a Shintoku appositamente per incontrare Kevin, lo farò.-
Lui trasalì come se lo avesse schiaffeggiato. Si volse senza dire nulla e Jenny non lo fermò. Così, la testa che gli pulsava dolorosamente e gli occhi annebbiati dalla sofferenza, varcò l’ingresso del ryokan, sperando di trovare la nonna per chiedere a lei l'analgesico.

-Patty, che fine ha fatto Philip?-
Holly non lo vedeva da nessuna parte, nella radura non c’era più. A quanto pareva, se l’era svignata approfittando della loro assenza. Le spiegazioni non arrivarono e lui tornò a guardarla: si teneva nascosta dietro un albero. Di lei scorgeva un braccio e parte della gamba e, oltre a non avergli ancora risposto, non sembrava avere alcuna intenzione di farlo. Forse non l’aveva neppure udito. La chiamò di nuovo, il volto di lei spuntò dietro al tronco e uscì dal riparo per raggiungerlo. Incespicò su un ramo celato dalla neve e scivolò sul ghiaccio, cadendogli precisamente addosso. Rotolarono a terra.  
Evelyn prese la mira. La palla di neve si disintegrò sul ginocchio del capitano, lasciandogli una chiazza di ghiaccio sui jeans blu.
-Ops! Scusa, Holly! Non era diretta a te!-
Lui non le badò. Gli interessava di più sapere che fine avesse fatto il compagno. Era inconcepibile che avesse disertato gli allenamenti.
-Patty, dov’è Philip?-
La giovane rispose modellando un proiettile bianco con le mani coperte dai guanti.
-È tornato al ryokan. Ha detto che aveva assolutamente bisogno di prendere qualcosa per il mal di testa.- si scostò di colpo, sfuggendo per un soffio a una palla di neve che piovve ai suoi piedi.
-E l’avete lasciato andare?-
Patty alzò gli occhi su di lui.
-Amy si è impietosita, e comunque come potevamo impedirglielo?- fece un passo avanti per darsi lo slancio e scagliò la palla verso le amiche. Il tiro non fu preciso e si frantumò a terra. Delusa, agguantò per la giacca il fidanzato che continuava a non curarsi della battaglia in corso e lo trascinò al riparo. Evelyn fu più rapida e colpì Holly al centro della schiena.
-Stavolta invece era proprio per te!-
-Accidenti che mira!- esclamò Amy -Due tiri, due centri!-
-Alle elementari giocavo a baseball e come lanciatrice ero forte.- Evelyn si chinò a terra e preparò rapidamente una serie di proiettili.  
Bruce le raggiunse di corsa.
-Che state facendo? Vi divertite?-
I suoi occhi luccicavano d’invidia e il suo tono era quasi d’accusa. Mentre loro sfacchinavano su e giù per la montagna riducendosi i polpacci a brandelli, le ragazze giocavano con la neve. La vita era profondamente ingiusta.
-Certo! Non siamo mica in ritiro, noi!- rispose Evelyn contenta di potersi prendere quella piccola rivincita. Poi gli porse la palla di neve -Su, fammi vedere di cosa sei capace.-
-Dai qui!-
Il bersaglio avrebbe dovuto essere Mark, magari per vendicarsi dei due tiger shot mai digeriti che si era preso addosso durante la finale delle medie, una volta in faccia e l’altra nello stomaco. La prima era stata la più dolorosa in assoluto. Invece colpì Tom al centro della fronte.
-Visto che mira?- si gloriò tornando prudentemente a rifugiarsi dietro l’albero. Tom non era mai stato un ragazzo vendicativo, ma le persone con il tempo cambiavano ed era meglio andare sul sicuro.
-Non gli avrai fatto male?-
-Tranquilla, Amy! Tom ha la testa dura quanto la mia, forse anche di più! Ti ricordi quando alle elementari durante la finale contro la Muppet ha preso in pieno il palo? Non si è fatto nulla! Eve, preparami altre munizioni…-
Lei lo accontentò, sperando che non avesse intenzione di colpire in faccia tutti quanti. La vendetta dei compagni sarebbe stata terribilmente dolorosa.
La pallettata successiva si ruppe su una spalla di Julian.
-Non lui!- Amy abbandonò il nascondiglio, raggiunse il fidanzato mentre si ripuliva la giacca dalla neve e lo trascinò al sicuro dietro un albero.
-Cos’è? Una guerra?-
-Non direi. Piuttosto una pausa!- ribatté ridendo, le guance arrossate dal freddo e dal gioco.
Intorno a loro non c’era nessuno. Il tronco li riparava dalla vista dei compagni. Amy lo spinse addosso all’albero, si appoggiò contro di lui. Sentì la morbidezza della sua giacca a vento e poi, un istante dopo, il calore che proveniva dal suo corpo accaldato. Tolse i guanti per accarezzare i capelli corti spettinati dalla corsa, indugiando poi sulle guance ghiacciate.
-Ci voleva proprio, una pausa.- lui l’attirò contro di sé.
-Vero?- rise Amy, accostandosi di più.
Philip camminava afflitto e arrabbiato, le mani nelle tasche della giacca a vento e gli occhi fissi a terra. Era appena scivolato su una lastra di ghiaccio che il malumore gli aveva nascosto. Quando era uscito dal ryokan Jenny non era più dove l’aveva lasciata. Di lei restava soltanto la scopa di saggina, abbandonata dritta contro la balaustra del portico d’ingresso. Philip, guardandolo, si era sentito molto simile al bastone di legno e la convinzione di essere stato a sua volta messo da parte, gli aveva rimescolato le emozioni per l’ennesima volta. Alla collera e al fastidio si era aggiunta anche una certa pena per se stesso. A cosa era servito incorrere nei rimproveri degli amici e rischiare le ire di Gamo se lui e Jenny trascorrevano quei giorni senza rivolgersi la parola?
Un proiettile bianco accolse il suo arrivo nella radura, sfiorandogli la spalla. Si bloccò sul posto, incapace di aggiornare i dati del suo cervello già stanco settati su una mattina di duro allenamento, con la nuova situazione di svago che gli si parava davanti. Gli amici non correvano tra la neve fino a macerarsi i muscoli delle gambe, non slittavano sul ghiaccio scambiandosi passaggi, bensì si divertivano alla faccia sua e del suo mal di testa in una battaglia di palle di neve a cui avrebbe volentieri partecipato se fosse stato in condizioni emotive e fisiche migliori. Adesso che si era fermato, Bruce tentò di nuovo di colpirlo con un tiro molto più preciso. Philip scartò di lato, scegliendo come riparo lo stesso albero già occupato da Amy e Julian. Non fu divertente finire tra le loro effusioni.
-È così che vi allenate?-
Julian si diede un contegno.
-Stavamo aspettando te. Hai fatto presto.-
-Troppo, vero?-
-Ti senti meglio?-
Amy gli sembrò sinceramente preoccupata, e allora Philip annuì. Il mal di testa si era attenuato ma il malumore no.
La guerra di palle di neve finì e l’allenamento riprese per tutta la mattina. Holly intendeva spremerli fino all’osso e quel giorno ci stava riuscendo egregiamente, tanto che per la prima volta da quando avevano messo piede a Shintoku, si allenarono sul serio. Soprattutto Philip, verso il quale il capitano ebbe un occhio di riguardo. Intendeva infatti fargli passare la voglia e il pensiero di ripetere la sciocchezza della sera precedente. Lo spuntino che Tom aveva trafugato per lui durante la colazione fu l’unica piacevole nota di colore di una mattinata grigia e triste.
La pausa pranzo fu così breve che Bruce la considerò del tutto inconsistente e dopo un pomeriggio trascorso tale e quale alla mattina se non peggio, rientrarono al ryokan con le gambe a pezzi. Il sole era sparito dietro le montagne e il chiarore del crepuscolo stava lasciando rapidamente spazio alla notte. Era il momento più bello, quando il cielo si scoloriva di rosa pallido sul profilo delle cime innevate e la neve dei ghiacciai prendeva la stessa tonalità indaco della sera. Ma era anche il momento in cui dovevano affrettarsi a rientrare perché la notte in montagna scendeva in fretta inghiottendo il bosco, la radura e la strada per il ryokan.
Appena Philip mise piede nell’ingresso andò subito in cerca della fidanzata e la trovò impegnata con  i nonni. Erano tutti e tre nella saletta da tè privata, un gioiello di architettura tradizionale di legni antichi e arredi pregiati, a sfogliare e conteggiare una valanga di fatture.
-Ho da fare.- gli disse quando la nonna attirò l’attenzione della nipote sul ragazzo, che stazionava nei pressi della soglia. Cosa peraltro inutile perché Philip si era accorto perfettamente che Jenny lo aveva visto ma aveva preferito ignorarlo. La giovane parlò senza neppure alzare gli occhi e Philip si ritrasse, la coda tra le gambe e un diavolo per capello. Rientrò in camera per ultimo, pensieroso e svogliato.
-Cos’è quello, Callaghan?-
Lui abbassò lo sguardo. Il gatto bianco della sera prima faceva le fusa tra le sue gambe. Gli occhi depressi di Philip incontrarono quelli azzurri e curiosi della bestiola che miagolò entusiasta.
Facendo le fusa, il micio si strusciò contro di lui dal muso alla coda. Philip si tirò indietro troppo tardi: sui pantaloni gli restò una scia di peli bianchi. Si chinò per ripulirsi.
-Callaghan, vai a farlo fuori!- l’ordine di Benji fu perentorio e inappellabile. Non aveva un buon rapporto con i gatti, lui, principalmente perché non gli ubbidivano. Non facevano la guardia, non scodinzolavano, non davano la zampa, non sempre erano felici di vederti e quando li cercavi non li trovavi mai.
Philip la pensava più o meno allo stesso modo e uscì senza far storie. Il gatto gli trotterellò dietro nel corridoio. Lì lo lasciò a fare le fusa da solo, rientrò in camera e richiuse la porta.
-Quel gatto c’è sempre stato?- domandò Bruce -È la prima volta che lo vedo.-
-E adesso è  la seconda.-
Il micio bianco fece capolino dal pannello comunicante della camera delle ragazze. Avanzò silenzioso e testardo verso Philip, ritiratosi in un angolo a chiedersi se fosse il caso di parlare con Jenny chiamandola al cellulare con il telefonino di Bruce.
Philip si scostò e lo spinse via infastidito, ma il gatto tornò e ritornò cocciuto.
-Bruce, faccio una telefonata.- uscì dalla stanza sempre più convinto che chiamare Jenny al cellulare poteva essere una buona idea. Forse non riconoscendo il numero gli avrebbe risposto e  sarebbe stata ad ascoltarlo per il tempo sufficiente a convincerla a raggiungerlo. Si sedette sul primo gradino della rampa e, con il gatto accoccolato accanto, spinse il tasto di chiamata.
Il cellulare di Jenny risultò spento e ogni speranza si infranse.
Quando uscì per andare in bagno, Tom lo trovò a sbuffare come un mantice con il gatto appallottolato ai piedi che muoveva a ritmo la coda. Di ritorno, Becker si sedette al suo fianco.
E così li trovò anche Bruce quando si affacciò nel corridoio e puntò un paio di occhi affamati su di loro.
-Avete per caso notizie della cena, voi due?-
-No.-
-Perché non ci chiamano? Non è pronto?- Bruce adocchiò il telefonino appoggiato sul parquet e lo recuperò. Un attimo prima di rientrare in camera si rivolse al compagno -Sono disposto anche a cucinarti, Philip, se scopro che la cena è saltata per colpa tua.-
Infastidito dall’accusa, l’altro si alzò di scatto e lo seguì indignato.
-Non vedo perché la cena dovrebbe saltare. Il pranzo c’è stato.-
-E poi, se proprio, dovresti restare a digiuno soltanto tu, Callaghan, com’è successo stamattina.-
Rosso di stizza e umiliazione, Philip si volse verso Mark.
-Stamattina ho fatto colazione.-
-Un’abbuffata.-
-A proposito di pranzi e colazioni...- Benji tolse il volume alla tv -Questo non è un ritiro, quindi che senso ha seguire un regime alimentare controllato?-
Philip fece per parlare ma il portiere lo zittì senza dargliene il tempo.
-È inutile che ti ostini, Callaghan. La presenza delle ragazze non fa di questo soggiorno un ritiro e se vuoi ti elenco gli altri punti che mi sono segnato nei tempi morti.-
-No, grazie.-
Lui prese a conteggiarli lo stesso.
-Primo: siamo andati a pesca su un lago ghiacciato e non per sport ma per reale necessità, come se fosse normale restare senza cena durante un ritiro per assoluta mancanza di cibo. Secondo: abbiamo pattinato e addirittura sciato, anche se nessuna delle due attività è stata particolarmente entusiasmante. In cambio avrei quasi preferito lasciarmi segnare un goal da Landers. O forse no. Terzo: abbiamo consumato alcolici, io una birra, tu svariati litri e la prima notte non hai dormito in stanza con noi. Verso le due mi sono alzato per andare in bagno e tu non c’eri.- vide Holly spalancare la bocca, a quanto pareva il fattaccio gli era sfuggito -Quarto: non c’è un campo né un centro sportivo…-
-Stringi Price, la cena è quasi pronta.-
Benji rifilò un’occhiataccia a Mark che si era già stancato di ascoltarlo.
-Speriamo, io sto per svenire dalla fame.- ansimò Bruce.
-Se mi fate finire...- proseguì il portiere seccato -Stavo dicendo che, non essendoci i presupposti per fare di questo soggiorno un ritiro, molto meglio archiviare la dieta di Gamo nel cestino della spazzatura.-
Mark lo guardò con sufficienza.
-Volevamo farlo già da ieri. Poi per colpa di Holly e dei suoi fagioli ci è passato di mente.-
Bruce non riuscì a cogliere il nesso tra i legumi del capitano, di cui non sapeva nulla, e la dieta di Gamo, ma trovarli tutti d’accordo su un argomento che gli stava particolarmente a cuore, lo aiutò a recuperare un briciolo di energia. Si alzò.
-Allora diciamo subito alle ragazze di non seguirla più.-
-Resta seduto, Bruce.- lo redarguì Holly. Era anche lui stanco delle proposte gastronomiche, ma non desiderava perdere né la faccia né l’autorità. Smettendo di seguire la dieta, quello avrebbe davvero cessato a tutti gli effetti di essere un ritiro -Non diremo niente alle ragazze.-
Bruce non riuscì a comprendere la decisione del capitano e come lui anche Tom e Mark lo guardavano perplessi.
-E allora scopriamo dove la tengono e facciamola sparire.-
Holly pensò che la soluzione poteva proprio essere mandare definitivamente perdute le indicazioni alimentari del mister, senza dover ammettere di non volerle più seguire.
Ma quando Bruce raggiunse baldanzoso il pannello che immetteva nella stanza delle ragazze, Holly lo fermò di nuovo.
-Dove stai andando?-
-A cercarla.-
-Prima di tutto la cercheremo in cucina, dov’è più ovvio che sia.-
Cinque minuti più tardi il volontario tirato a sorte per adempiere la doppia missione di cercare la dieta e avere notizie della cena, scese le scale pensieroso e si fermò sulla soglia della cucina. Le ragazze, indaffarate com’erano a preparare, non notarono Julian e lui si prese del tempo per osservarle in silenzio.
Patty ed Evelyn erano chine sul grande tavolo, dov’era appoggiata in bella vista proprio la dieta di Gamo che entrambe stavano consultando. Julian seguì ogni movimento del foglio incriminato, ascoltando con attenzione i timori che dal lato opposto della cucina Amy esternava a Jenny mentre tagliava le verdure.
-Non pensi che potrebbero arrivare fin quassù?-
-Non abbiamo nulla da temere da tre balordi senza niente di meglio da fare che andare in giro di notte a infastidire la gente che dorme...- Jenny si volse per gettare gli scarti della verdura nella pattumiera e scorse Julian sulla soglia, nello stesso istante in cui lo notò anche Evelyn.
E, diversamente da Jenny, lei indugiò il tempo di osservarlo perché in certi momenti guardandolo provava la stessa emozione della prima volta, quando era comparso all’improvviso sugli spalti insieme ad Amy e si era seduto con loro per seguire l’incontro tra la New Team e la Hirado al torneo delle scuole medie. Ricordava di essere stata lì lì per chiedergli un autografo ma la familiarità con cui Patty si era rivolta ad Amy e all’idolo di tante adolescenti l’aveva trattenuta. Non voleva finire anche lei nel calderone delle fan, ma conquistarsi un posto un gradino più su, possibilmente tra gli amici. E a quanto pareva ci era riuscita.
-Hai bisogno di qualcosa, Julian?- domandò Jenny.
-Di chi state parlando?-
-Ieri la nonna ci ha detto di tre malintenzionati che durante la notte si sono introdotti nelle case dei dintorni.-
-Ladri?-
-Non si sa. Finora le loro scorribande sono sempre state interrotte dai vicini, dai cani, dalla polizia…-
Mentre Amy parlava, sotto gli occhi attenti di Julian Patty ripose la dieta accanto al forno a microonde.
-O forse non sono stati interrotti.- ipotizzò Jenny -Forse non intendono rubare nulla.-
-E allora cosa vanno a fare?-
Lui lesse genuina preoccupazione negli occhi di Amy.
-Sono a Shintoku?-
-No, finora qui nulla. È accaduto nei paesi vicini.-
Patty impilò delle ciotole su un vassoio e lo porse a Julian.
-Visto che ci sei, lo porti in stanza? Pensavamo di mangiare su da voi, fa più caldo di qui. Ma dovreste fare un po’ di spazio e soprattutto liberare il tavolo.-
-E magari approfittarne per dare una parvenza di abitabilità alla camera.- continuò Evelyn -Non facciamo altro che mettere in ordine, ricominciamo d’accapo ogni giorno. Serve collaborazione!-  
Forse quella di scendere in cucina non era stata una buona idea. I fornelli erano accesi, la cena sembrava quasi pronta. Meglio tornare di sopra prima di  essere coinvolto in qualche altra attività che poco riguardava il ritiro. Improvvisamente capì perché Holly aveva deciso di far sparire la dieta di Gamo senza manifestare apertamente alle ragazze la decisione di non seguirla più. Le parole di Evelyn lo indussero tuttavia a entrare in camera e guardarsi intorno con sguardo criticamente rinnovato, notando il disordine che occupava ogni spazio disponibile.
L’amica aveva ragione. Il ripiano del tavolo era sepolto sotto una pila di riviste, giornaletti di parole crociate e sudoku, carte da gioco e di caramelle, fogli di appunti e il dvd della partita Germania-Francia che avevano visto la sera prima. Sul tavolo c’erano pure svariate penne, un paio di guanti di lana abbandonati, un biglietto del treno (vidimato) e un portafoglio. A un angolo erano ammucchiati uno scontrino e delle monete. Per ultimo un bicchiere e la confezione degli antidolorifici che Philip aveva preso il giorno precedente e che Julian pensò fosse il caso di far sparire in maniera definitiva. Gli oggetti che costellavano il pavimento erano bene o male tutti capi di abbigliamento, a parte qualche altra rivista e il telecomando della tv, che prima o poi qualcuno avrebbe calpestato.
-Allora? La cena?- lo incalzò Bruce.
-È quasi pronta e mangeremo qui. Ma dobbiamo fare un po’ di ordine.-
-L’idea è tua o loro?-
-Non ha importanza, Benji.- Holly neutralizzò sul nascere la sua vena polemica -Tu fallo e basta.-
Tom radunò i cuscini lungo il muro e spostò il tavolo al centro della stanza. Obiettivamente le amiche avevano scelto il momento ideale e un’ottima scusa per convincerli a riordinare. Persino Bruce, spinto dalla prospettiva della cena, era desideroso di darsi da fare.
Per Benji invece la solerzia con cui tutti ubbidirono all’ordine impartito dal basso, fu più seccante che vedere i compagni improvvisamente trasformati in operose massaie. Benji non intendeva aiutarli. In sei erano più che sufficienti a rassettare la camera, tanto valeva fare una passeggiata in bagno per sgranchire le gambe affaticate dall’esercizio sulla neve.
-Se l’è filata.-
-Meglio, Harper. Molto meglio non avere intorno il suo muso da schiaffi.-
-Ma così fatichiamo solo noi!-
-Tanto non avrebbe aiutato lo stesso.-
-Holly ha ragione, non alza mai un dito. Philip, è tua questa maglietta?- Mark gliela mostrò e lui annuì -Perché è tra i miei vestiti?-
-Non ce l’ho messa io.-
-Vieni a riprendertela.-  
Philip lo guardò storto.
-Quando l’hai tirata fuori era piegata!-
-Può darsi.-
-Adesso la ripieghi!-
-Neanche morto.- e gliela lanciò in faccia.
-Landers! Adesso mi ripieghi la maglietta!-
-Se non la pianti, ti do il pugno che ti tengo da parte da ieri.-
-BASTA! FINITELA!-
L’urlo esasperato di Holly li mise una buona volta a tacere.

*

-I tuoi nonni vanno spesso a cena da Kevin?-  domandò Amy, riponendo nella lavastoviglie gli ultimi piatti sporchi.
-Sì. Sono anni ormai, almeno una volta al mese.-
-C’è qualche tipo di parentela tra voi?-
-No, ma la madre di Meryl è fuggita con un ospite del ryokan abbandonando la famiglia e i nonni si sentono responsabili di quanto accaduto.-
Patty fissò incredula l’amica.  
-Davvero? Ha abbandonato il marito e i figli?-
-Sì, ha perso la testa per un perfetto sconosciuto, ha fatto i bagagli e se n’è andata.-
-Quanto tempo fa è successo?-
-Non ricordo con precisione, di sicuro più di dieci anni fa. La madre di Kevin veniva ogni mattina a fare le pulizie. Io la ricordo perfettamente, mi riempiva di regali. Era una persona mite e gentile.-
-Com’è possibile che una madre abbandoni dei figli così piccoli?!-
-Non lo so, Amy. È stato uno shock, soprattutto per Meryl. Aveva cinque o sei anni.-
Evelyn afferrò uno strofinaccio appeso al muro.
-Però non poteva mica portarli con sé. Dove si è mai vista una fuga d’amore con zavorra?-
-I figli non li fai se non li vuoi! Non sono oggetti che quando non servono più li abbandoni.-
L’altra alzò le spalle.
-Le cose cambiano, le situazioni cambiano. Anche le persone cambiano.-
-Per il padre dev’essere stata dura.- Patty annodò il sacco dell’immondizia, aprì la portafinestra e lo depositò sulla veranda.
-Era distrutto.- ricordò Jenny -A vederli tutti così disperati, io pensavo che fosse addirittura morta. Kevin e Meryl sono stati ospiti al ryokan per alcuni giorni, mentre il signor Swann la raggiungeva chissà dove e cercava di convincerla a tornare. Non ci è riuscito.-
-E adesso? Ogni tanto li vede, i suoi figli?- domandò Amy.
-Solo Meryl. Kevin non vuole più sentir parlare di lei.-
-Eve! Patty!- Bruce le chiamò dalle scale -A che punto siete? Il film sta per iniziare!-
Il piano che i ragazzi avevano messo a punto per far sparire la dieta di Gamo era semplicissimo: riunirle tutte di sopra e distrarle con la tv o con le chiacchiere, mentre Philip e Julian scendevano alla chetichella e se ne liberavano definitivamente. Julian, perché sapeva dove trovarla, Philip per distrarre i nonni, tante volte ce ne fosse stato bisogno.
Evelyn si affacciò sulla porta della cucina, asciugando con lo strofinaccio alcune posate. Scorse Bruce affacciato sulle scale.
-Eccoci, abbiamo finito!-
Il tempo di rispondere, poi non lo vide più. Il ryokan piombò di colpo nel buio, l’oscurità si abbatté su di loro come se qualcuno avesse spento le luci del mondo. Per un lunghissimo attimo il silenzio inghiottì l’intero edificio, poi lo stupore lasciò spazio a pensieri e parole e dal piano di sopra arrivarono le prime esclamazioni di sconcerto. Udirono i passi dei ragazzi proprio sulle loro teste, poi nel corridoio. Qualcuno protestò per qualcosa, un’altra voce si unì alla prima ma dalla cucina non riuscirono a distinguere le parole. Nel corridoio e sulle scale, le luci di emergenza emettevano un fievolissimo chiarore. In cucina invece le ragazze brancolavano nel buio quasi assoluto.
-Jenny, c’è una torcia o una candela da qualche parte?-
-Dammi un attimo, Amy. Sto cercando di ricordare dove le tiene la nonna.- trovò il tavolo alla cieca, urtò una delle amiche e posò le mani sulla schiena di Patty, facendola sobbalzare. Le voci di Mark e Holly si fecero sempre più vicine, accompagnate dal risuonare dei loro passi sulle scale.
Landers scese aggrappato al corrimano, strizzando gli occhi nella penombra per individuare i gradini.
-Il film che volevate vedere era la solita noiosa solfa.-
-Non ti va mai bene niente.- Holly lo superò sbuffando, raggiunse per primo la fine della rampa e proseguì lungo il corridoio -Patty?-
-Siamo in cucina.-
Un’ombra si stagliò sulla soglia. Lei si avvicinò, il capitano la raggiunse a tentoni e la prese per mano. Mark si guardò intorno e non riuscì a distinguere nulla.
-Che ne dici di rimettere la luce, Jenny? Lo scherzo è bello quando dura poco.-
Nonostante la strafottenza del tono e delle parole, l’amico aveva perfettamente ragione. Molto meglio lasciar perdere torcia e candele e risolvere il problema alla radice.
-Il contatore è sotto le scale.-
Jenny e Mark si mossero all’unisono e si scontrarono nel buio. Lei urtò contro il torace del ragazzo e rimbalzò indietro con un gemito. Nell’oscurità le mani di Landers la sfiorarono a casaccio, prima i capelli, poi la testa, fino a posarsi a tentoni sulle spalle.
-Ti sei fatta male?-
-No.- mentì mentre si massaggiava la fronte dolorante.
Un fascio di luce abbagliò tutti. Tra proteste più o meno esplicite, Bruce fece danzare la torcia su di loro.
-La rimettiamo o no la corrente? Tanto per sapere, eh! Se non possiamo vedere la tv, mi organizzo in un altro modo.-
Philip, dietro di lui, seguì il percorso della luce tra le facce dei compagni finché scorse qualcosa che lo fece andare su di giri. Strappò la torcia dalle mani di Bruce e la puntò sulla fugace visione che aveva attirato il suo sguardo.
Mark e Jenny erano tra il tavolo e i fornelli, in piedi uno di fronte all’altra, così vicini che i loro corpi si sfioravano. Landers aveva le mani posate sulle sue spalle, la testa reclinata da un lato neanche dovesse darle un bacio. Jenny teneva il capo piegato in avanti e una mano sul viso, nascosto in parte dai capelli che le ricadevano ai lati del volto. L’altra mano era sul braccio di Mark, all’altezza del gomito, e le dita stringevano il maglione.
-Landers, cosa stai facendo?-
Il tempo di apostrofarli e la loro posizione mutò radicalmente. Trasalendo si volsero all’unisono, strizzando gli occhi alla luce puntata addosso. Jenny fece un passo indietro, Mark ritirò di colpo le mani. Bruce rise.
-Approfitta del buio, è chiaro.-
Philip arrossì di stizza e indirizzò la luce negli occhi di Landers. Lui protestò accecato.
-Abbassa la torcia!-
-Per permetterti di far meglio i tuoi comodi?-
-Cosa vorresti insinuare?
-Non dire sciocchezze, Philip!-
Risposero insieme Mark e Jenny, ribadendo due concetti simili con l’identico tono tagliente. Philip avrebbe risposto molto volentieri a Mark per spiegargli per filo e per segno cosa fosse sua intenzione insinuare, ma quanto gli conveniva inasprire ulteriormente la fidanzata? Tacque quindi, ma continuò a guardarli con fastidio e un velo di sospetto.
Jenny gli tolse la torcia, lo superò e uscì nel corridoio, lasciando gli amici di nuovo al buio.
Mark la seguì subito, urtando intenzionalmente Philip quando gli passò accanto. Trovò Jenny sotto le scale, a esaminare confusa e spersa il contatore generale.  
-A me pare tutto a posto.-
In effetti gli interruttori erano sollevati.
-Allora il problema non è qui. Dov’è il quadro elettrico?-  
-Nel capanno degli attrezzi.- lo guardò -Nella tua vita precedente eri un elettricista?-
-Nella mia vita attuale ho fatto di tutto.-
-Oltre a prendere a calci le gambe dei tuoi avversari?-
Mark socchiuse gli occhi.
-Vuoi litigare anche con me?-
Jenny scosse mestamente la testa, ridimensionando il fastidio che l’atteggiamento di Philip aveva fatto scaturire poco prima. Il ragazzo s’infilò le scarpe e uscì dietro di lei nel buio impenetrabile della notte. Fu solo quando il freddo lo investì spietato che si chiese cosa ci facesse lì fuori con Jenny, per di più senza giacca. Per quale motivo non avesse lasciato che fosse Callaghan ad accompagnarla. Osservò i contorni scuri del suo corpo messi in risalto dalla torcia che, camminando, teneva puntata davanti a sé illuminando il suolo ricoperto di neve e di ghiaccio. I cristalli sfavillavano quando la luce li colpiva: un effetto molto bello ma soprattutto molto freddo. Seguirono il sentiero che costeggiava le mura esterne del ryokan, girava intorno all’edificio e conduceva sul retro. Il capanno degli attrezzi sorgeva accanto all’orto, durante l’inverno soltanto un lembo quadrato di terreno incolto, ricoperto di neve e di ghiaccio.
-Callaghan sarebbe stato ben felice di venire al mio posto. Poteva essere un’ottima occasione per far pace. Non avete organizzato il ritiro a Shintoku proprio per stare insieme?-
-Perché tutt’a un tratto ti preoccupi per lui? Appena un paio di giorni fa mi hai fatto notare che non siete amici. È cambiato qualcosa?-
Quel botta e risposta fu utile a entrambi per capire un po’ di più del carattere dell’una e dell’altro. E fu sufficiente a indurli a proseguire in silenzio fino al capanno degli attrezzi. Jenny si fermò di colpo, Mark la schivò per un soffio.
-Ho dimenticato di prendere la chiave!- gli mollò la torcia -Vado e torno.-
Svoltò l’angolo dell’edificio e fu il buio più completo. La luce fin lì non arrivava, le mura esterne del ryokan si stagliavano nere contro l’oscurità della notte. Seguì il perimetro della costruzione fino all’angolo successivo, calpestando la neve senza riuscire a scorgere dove metteva i piedi. Lo superò e sbatté la fronte già indolenzita contro qualcosa. L’urto fu improvviso e inaspettato, oltre che doloroso. Si sbilanciò all’indietro, poi si sentì afferrare per un braccio e gridò di paura.
-Jenny!-
Era Philip. Cercò di guardarlo in faccia. Non ci riuscì, non poteva vederlo. Quella notte era terribilmente oscura.
-Jenny, dobbiamo parlare.- la sfiorò, non seppe neppure dove, ma non riuscì ad acchiapparla.
-Ti sembra il momento, ora? Con il ryokan senza luce, gli altri al buio, i riscaldamenti spenti!- e Mark che l’aspettava sul retro con la torcia in mano, tutti e tre all’aperto, al freddo e senza giacca.
-Quando allora?- le gridò dietro esasperato mentre udiva i suoi passi allontanarsi nell’oscurità.
Jenny corse verso l’entrata dell’edificio, illuminata anch’essa da una luce di emergenza, reprimendo il desiderio di tornare indietro, gettarsi tra le sue braccia e baciarlo fino a farsi mancare il respiro, approfittando della solitudine e del buio. Aprì la porta del ryokan e frugò nel cassetto del mobile dell’ingresso, dove la nonna teneva depliant e biglietti da visita della pensione e il nonno svariate chiavi. Trovò quella del capanno a tentoni. La riconobbe alla debole luce delle lampade di emergenza soltanto perché era l’unica singola. Si sfilò le scarpe, le prese in mano e corse in cucina, decisa a evitare a tutti i costi il fidanzato. Avrebbe raggiunto Mark attraversando il cortile interno.
Philip aprì la porta. Non fece in tempo a vedere Jenny scappar via ma udì i suoi passi risuonare sul pavimento di legno. Maledì il suo comportamento infantile ed esasperante. Si tolse anche lui le scarpe e arrivò in cucina nel momento esatto in cui la fidanzata riusciva nel cortile attraverso la porta-finestra. A quel punto fu stanco di rincorrerla e rinunciò a seguirla.
Erano tutti lì, anche Tom, Benji e Julian. Qualcuno aveva trovato un’altra torcia e adesso i compagni aspettavano impazienti che Jenny e Mark risolvessero il problema, perché senza il riscaldamento acceso, la temperatura all’interno dell’edificio aveva già iniziato a scendere.
La ragazza armeggiò con la serratura della porta del capanno, poi abbassò la maniglia e spinse a fatica il pannello difettoso.
-Scostati.- Mark le mollò la torcia e aprì la porta con una spallata.
Jenny puntò la luce sulla serratura parecchio arrugginita, ma per fortuna ancora intatta. Lui la precedette all’interno e si guardò intorno. La nonna era di un ordine maniacale, dunque quello doveva essere il regno indiscusso dell’anziano consorte.
-Dov’è il quadro elettrico?-
-Proprio lì.-
Jenny illuminò un pannello in plastica grigia affisso al muro, quasi invisibile sotto sacchi e buste appese ai chiodi sulle pareti. Mark dovette scostare un rastrello, una pala e il tagliaerba prima di riuscire a raggiungerlo. Ruotò la manopola di chiusura, aprì lo sportellino e osservò pensieroso i pulsanti neri. Anche lì erano tutti sollevati.
-Mi pare che non ci sia nulla che non vada.-
Jenny gli si avvicinò, scrutando l’intreccio di fili e interruttori.
-E allora perché siamo senza luce?-
-Forse i tuoi nonni non hanno pagato la bolletta.-
-Impossibile. Prova ad abbassare tutto e poi a riaccendere.-
Mark annuì ma nulla mutò mentre Jenny si affacciava dalla porta per controllare se al ryokan la situazione fosse cambiata. Niente da fare, l’edificio era ancora immerso nel buio. Si riaccostò all’amico.
-Rientriamo. Provo a telefonare al nonno, forse lui sa dirmi cosa fare.-
Mentre si voltavano per uscire dal capanno, videro la porta chiudersi di colpo. Nello stesso istante la serratura scattò con uno schiocco, bloccandoli all’interno. Landers scostò Jenny e raggiunse l’uscita con un balzo. Afferrò la maniglia e la scosse con forza, ma il pannello di legno non cedette di un millimetro, dimostrandosi più robusto di quanto sembrasse in realtà.
-Ma che diavolo!-
Bruce sfilò la chiave dalla serratura e fece un passo indietro, contemplando soddisfatto lo scherzo così ben riuscito. Quando però si volse per riderne con gli altri, si accorse che Philip stava arrivando di corsa e non sembrava divertito proprio per niente.
-Dammi la chiave!-
-Neanche morto.-
Lo dribblò e corse via, finendo con le pantofole tra i cumuli di neve ammucchiati dal nonno ai lati del sentiero. Scivolò, rischiò di cadere ma un miracolo lo tenne in piedi. Philip lo inseguì per un pezzo, poi lo raggiunse un attimo prima che saltasse sulla veranda della cucina e lo strattonò indietro.
-Dammi la chiave!-
Bruce si liberò di lui ridendo, sollevò il braccio e la lanciò lontano, in un gesto più istintivo che ragionato. Solo quando non ebbe più la chiave tra le dita, si rese conto di ciò che aveva appena fatto. Con tutta probabilità si era messo da solo in guai belli grossi.
Benji si trovò senza volerlo proprio sulla traiettoria del tiro. Nonostante il buio quasi totale, nonostante la chiave fosse molto più piccola di un pallone da calcio, di una palla da rugby, di una pallina da tennis o da ping-pong, la prese al volo, la sentì tra le dita. Non era in fondo il miglior portiere del Giappone? Non disse nulla, strinse il pugno e la infilò in tasca senza che nessuno, nella totale oscurità che li inghiottiva, notasse il movimento.  
-Bruce! Cosa hai fatto?- gridò Philip furibondo. Afferrò il compagno per le spalle e lo sheckerò  avanti e indietro. Poi lo trascinò di peso fino alla veranda della cucina -Dove l’hai lanciata? Dov’è? Trovala subito! Immediatamente, o stanotte non ti manderò a dormire!-
Patty rabbrividì al gelo della notte e starnutì. Si scostò per far spazio a Evelyn e Julian che arrivarono con le scarpe in mano. Le infilarono e scesero tra la neve, rassegnati a cercare la famigerata chiave.
Amy rimase a osservarli un istante, poi sospirò e s’incamminò verso il capanno degli attrezzi. Accostò l’orecchio alla porta, dall’interno non proveniva alcun rumore.
-Jenny?-
Mark mollò un calcio furibondo contro il legno, facendola balzare indietro.
-È stato Harper, vero?- lo sentirono gridare -Quando esco lo sbudello! Sbrigatevi ad aprirci, o prendo a calci anche voi!-
Julian, che aveva seguito silenzioso la fidanzata, si ficcò le mani nelle tasche.
-Abbiamo perso la chiave.-
-No, l’ha persa Bruce!- precisò Philip -Ce n’è una copia?-
Jenny scostò Mark e si appoggiò contro il pannello. Il fidanzato udì la sua voce vicinissima.
-Accidenti non lo so! Ma ci sarà da qualche parte...- rifletté e la prospettiva di dover restare imprigionata lì dentro chissà per quanto tempo ancora le provocò un brivido di freddo -Al cento per cento il nonno ne ha una copia nel suo mazzo di chiavi… Che ovviamente ha portato con sé in paese! Chissà a che ora hanno intenzione di tornare! Qui dentro si gela!-
-Scostati Jenny.- stavolta fu Mark a parlare -Butto giù la porta.-
-No! Assolutamente no!- si appoggiò al legno per proteggerlo. Era fuori discussione che distruggessero il ryokan. Non erano questi gli accordi presi con la nonna prima dell’arrivo dei ragazzi -Abbassa quella luce, accidenti!-
-Non resterò a ibernarmi qui dentro neppure un altro secondo! Scostati!- disse lui caparbio e visto che lei continuava a fronteggiarlo, la prese per un braccio con l’intenzione di allontanarla.
-Mark! Tieni giù le mani!-
-Landers! Guai a te!-
Un colpo secco sulla porta fece da eco alla minaccia di Philip che oltrepassò lo spessore del legno.
-Invece di rompere le palle, Callaghan, ritrova quella maledetta chiave!- Mark sottolineò l’ordine con un pugno ben assestato sulle assi, sfogando così in parte il fastidio scaturito dallo scherzo idiota di Harper.
Jenny si chiese per quanto ancora la povera, vecchia porta avrebbe resistito ai loro maltrattamenti. Chissà, magari era un bene che il pannello venisse giù, almeno lei e Mark sarebbero stati liberi di uscire.
-Senza torcia qui fuori non si vede niente.-
Julian tornò verso il resto del gruppo che, sulla veranda, si stava dando il suo bel daffare per ritrovare la chiave. Solo Benji si teneva discosto, appoggiato contro un pilastro di sostegno del tetto, e osservava gli amici senza muovere un dito, perché il problema non lo riguardava affatto.
Con la torcia stretta tra le dita ghiacciate, Jenny tornò verso il quadro elettrico, si sporse oltre il rastrello e cominciò a tirare su e giù i pulsanti a casaccio, finché uno schiocco risuonò in quello stretto ambiente e un lampo illuminò a giorno il capanno. La ragazza balzò indietro con un grido e cadde a terra accecata, miriadi di puntini luminosi che le danzavano davanti agli occhi. Per alcuni istanti non riuscì a vedere nulla. Poi sentì accanto a sé la presenza di Mark.
-Tutto bene? Ti sei fatta male?-
La sua preoccupazione raggiunse Philip all’esterno.
-Jenny!- afferrò la maniglia e la scosse con forza, cercando inutilmente di aprire -Jenny! Cos’è successo? Jenny? Stai bene?- la chiamò di nuovo e accostò l’orecchio alla porta.
-Sì, tutto bene.- mormorò con  un filo di voce che al fidanzato giunse fievolissimo.
Mark le porse una mano e l’aiutò ad alzarsi.
-Cosa stavi cercando di fare? Il quadro elettrico non è un videogame.-
Ancora scossa e parecchio infreddolita, si avvicinò alla porta.
-Philip!-
-Sono qui!-
-Tirami fuori!-
-Lo vorrei moltissimo, ma come?-
-Fai come vuoi, ma fallo!-
-Posso buttare giù la porta?-
-No!-
-E allora?-
-Allora ritrova la chiave!-
Philip cacciò un sospiro esasperato e tornò davanti alla veranda della cucina dove gli amici erano impegnati nell’infruttuosa ricerca. Bruce era chino a terra e frugava tra la neve a mani nude. Aveva le dita congelate.
-Non posso credere che sia sparita!-
-Speralo piuttosto!- minacciò Philip -Perché se dovremo sfondare la porta, userò la tua testa come ariete.-
Mark posò la torcia su uno scaffale e fece posto tra le cianfrusaglie. Il capanno era così pieno di oggetti da lasciare appena appena lo spazio per muoversi. Jenny lo osservò seduta in un angolino, facendo scorrere su e giù le mani sulle braccia intirizzite.
-Avrei dovuto indossare la giacca. Qui dentro si gela.-  
Lui rinunciò a trasferire gli attrezzi da una parte all’altra del capanno e si sedette al suo fianco.
-Quanto ci mettono, maledetti loro?-
Jenny rabbrividì.
-Speriamo che si sbrighino.- si massaggiò le dita ghiacciate per scaldarle e lanciò un’occhiata alla luce della torcia che si era affievolita -Le pile non dureranno a lungo.-
-Allora è meglio spegnerla. Adesso non ci serve, ma dopo chissà.-
Jenny si strinse le ginocchia al petto e sfiorò con la spalla il braccio di Mark. Lo sentì caldo e gli si accostò di più, perché brividi ghiacciati avevano preso a percorrere il suo corpo.
-Sento freddo.- ritrasse le dita all’interno delle maniche della felpa -Tu no?-
-No.- ma lasciò che si avvicinasse senza scostarsi.
-Niente da fare, non c’è.- Holly si tirò su e puntò la torcia in faccia a Philip che ringhiò una protesta.
-Abbassa la luce!-
-Scusa.-
-Bruce, non ti resta che andare in paese a recuperare la chiave dai nonni.-
-Non ci penso proprio.-
-Non ci devi pensare. Devi farlo e basta.-
-Con questo buio non vado da nessuna parte.-
Amy gli allungò una torcia. A forza di frugare nel ryokan, ne aveva trovate altre.
-Eccoti la luce.-
-Siete impazziti? Non conosco neppure la strada. Potrei perdermi.-
-Vorresti lasciare Jenny tutta la notte a morire di freddo lì dentro?-
-Con Landers?- fece eco Benji, serrando tra le dita la chiave al sicuro nella tasca dei jeans.
-Prima o poi i nonni torneranno e nel frattempo Mark e Jenny troveranno il modo di scaldarsi.-
Tom fu forse l’unico ad accorgersi che Philip iniziava a bollire come una pentola a pressione. Così intervenne per placarlo.
-Bisogna recuperare l’altra copia della chiave, Bruce. Ti accompagno.-
-O tutti o nessuno.-
-Che c’entriamo noi?- protestò Julian trovandosi improvvisamente tirato in mezzo.
-Più discutiamo e più si fa tardi.-
-Holly, anche tu…-
Philip si accostò alla porta del capanno.
-Jenny, scendiamo in paese a cercare i nonni e a prendere la chiave!-
-Va bene.-
-Dove sono andati?-
-A casa di Meryl.-
-Che abita?-
-La palazzina gialla di fronte al negozio. Quella che fa angolo con il parcheggio. Al secondo piano. Si chiamano Swann.-
-Landers, alza un dito e sei morto.- dopo l’avvertimento, Philip spintonò Bruce perché lui ancora esitava -Muoviti, Harper. Cerchiamo di fare in fretta.-
Rientrarono per indossare giacche, scarpe, guanti e sciarpe più o meno rassegnati ad affrontare il freddo e la scarpinata. Poi varcarono la soglia d’ingresso e scesero sul piazzale, imboccando la strada che conduceva al paese.
Julian avanzò per un po’ irrequieto e pensieroso, spostando di continuo la luce della torcia dalla carreggiata ricoperta di ghiaccio ai rami spogli e ammantati di neve degli alberi che costeggiavano la strada, sparendo tra l’intrico dei rami e il folto oscuro del bosco. Fu solo dopo un paio di chilometri nel buio, nel freddo e nella desolazione di quella notte invernale che, oltre una curva, i suoi timori mutarono in decisione inesorabile.
-A questo punto è il caso di dividerci. Tre di noi andranno in paese. Gli altri torneranno al ryokan.-
I compagni si voltarono a guardarlo e per farlo si fermarono.
-Sì, facciamo così!- concordò Bruce entusiasta.
Julian lo fulminò.
-Tu farai parte del gruppo che prosegue, non di quello che torna indietro.-
-Ovvio.- convenne Philip -E comunque perché dobbiamo dividerci? Ormai siamo a  metà strada!-
-La nonna ieri ha detto alle ragazze che una banda di balordi vaga nei paesi vicini e si diverte a fare irruzione nelle proprietà private. Ne parlavano in cucina prima di cena. Non è il caso di lasciarle sole a lungo.-
Benji scrutò critico i compagni, le labbra socchiuse in un mezzo sorriso divertito.
-Veramente qui di balordi ne vedo più di tre.-
La fastidiosa battuta venne ignorata all’unanimità.
-Sono ladri?-
-Non si sa. Sembra che finora non abbiano rubato niente.-
Mentre i compagni continuavano a lanciare ipotesi come fossero palloni, il portiere si guardò intorno. Ai limiti della carreggiata, tra gli alberi, individuò il sentiero che qualche notte prima aveva percorso insieme a Landers per raggiungere il lago ghiacciato. Non erano ancora a metà strada ma la passeggiata fuori programma gli era già venuta a noia. Tanto valeva vuotare il sacco.
-Va bene, torniamo.- francamente lasciar uscire Landers dal capanno era molto meglio che proseguire al freddo, al buio e tra la neve. Nel silenzio della precedente affermazione, continuò -La chiave ce l’ho io.-
Philip trasalì di sorpresa, poi divenne tutto rosso e quasi esplose. Ce l’aveva lui, la chiave. E aveva anche il coraggio di dirlo così, come se niente fosse, dopo averli fatti arrivare fin laggiù, dopo aver lasciato inutilmente Jenny rinchiusa con Landers in un luogo freddo, buio e angusto. Evitò di saltargli al collo, come era invece molto tentato di fare, strappò la torcia dalle mani di Julian e fece dietro front.
-È inutile che corri, Callaghan! La chiave ce l’ho sempre io!-
Philip si volse e puntò il fascio di luce negli occhi divertiti del portiere.
-E allora muoviti!-
Per tutto il tragitto del ritorno, Julian illuminò qua e là la strada appena percorsa, la neve smossa, le impronte lasciate all’andata, in cerca di tracce che non fossero le loro. La preoccupazione per Amy si era fatta via via più pressante. Il timore che i malintenzionati (di cui era a conoscenza e non si era preoccupato abbastanza) avessero raggiunto il ryokan attraversando il bosco in un tragitto trasversale, lo spingeva ad accelerare il passo e procedere in testa al gruppo, subito dopo Philip. Arrivarono insieme sul piazzale, con l’identica fretta sollecitata da preoccupazioni diverse. E mentre a Ross il solo vedere l’edificio procurò sollievo, Philip dovette aspettare preziosi istanti che Benji lo raggiungesse. Poi cercò di riprendersi la chiave.
-Apriamo il capanno degli attrezzi!-
-Quella è l’ultima parte del piano. Prima c’è tutto il resto.-
-Landers ci darà una mano!- e soprattutto le avrebbe tolte da Jenny, tante volte gli fosse venuta la malaugurata idea di posarcele.
Ma Benji fu categorico.
-Jenny ci intralcerebbe. Apriamo dopo.-
Mentre affrontavano la salita per rientrare al ryokan, avevano pianificato l’impresa fin nei minimi dettagli. In essa né Jenny né Mark avevano un ruolo e il portiere era più che mai intenzionato a lasciarli dov’erano.
-Un minuto in più o in meno rinchiusi lì dentro non fa alcuna differenza.-
-Non la fa per te!-
-Scegli, Callaghan. O una cosa o l’altra.-
L’autorità dell’ultimatum portò Philip a chiedersi in quale preciso momento Price si fosse arrogato il diritto di decidere per tutti. Da troppo ormai non faceva che dare ordini e non lo sopportava più. Iniziava a capire perché spesso Mark fosse totalmente incapace di tollerarlo. Però Benji aveva la chiave, e Philip alla fine dovette seguire ordini e direttive a testa bassa e controvoglia, abbandonando la fidanzata insieme a Landers ancora per un po’.
Julian aveva seguitato a guardarsi intorno per tutta la durata del battibecco. Non aveva trovato tracce estranee nei paraggi e le luci di emergenza dell’edificio continuavano a emanare un debole chiarore sia dalla porta a vetri dell’ingresso che dalle finestre del corridoio del primo piano. Il ryokan era silenzioso e tranquillo esattamente come lo avevano lasciato e questo significava che Amy era al sicuro insieme alle amiche.
Spente le torce, ora procedevano al buio.
-Forse c’è un altro modo per...-
-Holly, piantala!- lo zittì Bruce -La situazione è insostenibile, lo hai detto anche tu poco fa.-
-Capiranno che siamo noi.-
Philip scosse la testa.
-Ad andare e tornare ci vuole all’incirca un’ora e mezza e noi siamo usciti neppure mezz’ora fa.-
Bruce osservò la sagoma scura dell’edificio che si stagliava contro gli alberi ammantati di neve.
-Come facciamo a sapere dove sono?-
-Sono dove vedi più luce.-
E l’unica lucesi profilava sulla neve che ricopriva il terreno antistante la cucina. Le scorsero attraverso le vetrate, sedute al tavolo in attesa del loro ritorno, avvolte nelle giacche perché senza riscaldamenti la temperatura era scesa anche all’interno del ryokan.
-Sono ancora lì. E adesso?-
-Dobbiamo farle uscire.-
-Separiamoci. Bruce, Tom e io le distraiamo.- disse Philip.
Holly annuì.
-Julian e io entreremo dalla finestra non appena lasceranno la cucina.-
-Mi raccomando. La dieta di Gamo deve sparire.- decretò Bruce controllando l’ora al cellulare. Erano ormai quasi le undici. Benji approfittò che lo avesse in mano per sfilarglielo.
-Dai qua, te lo tengo io. Ti potrebbe cadere, potrebbero scoprirti. Molto meglio che lo lasci a me.- tanto più che un giretto su internet sarebbe stato un ottimo modo per occupare piacevolmente la prossima mezz’ora.
-Va bene, grazie!-
I due gruppi si separarono, scambiandosi le ultime raccomandazioni. Mentre la spedizione che avrebbe atteso in cortile il momento opportuno per fare irruzione nel ryokan prendeva posizione nei pressi della legnaia e al riparo delle pareti della casetta degli attrezzi, quella che sarebbe entrata nell’edificio salì i gradini dell’ingresso.
Philip spinse piano la porta e la campanella di benvenuto emise un sottile tintinnio. Bruce e Tom lo seguirono di soppiatto e si sfilarono le scarpe nascondendole poi negli scaffali. Percorsero il corridoio, le loro ombre si profilarono scure lungo le pareti, i loro passi sul pavimento di legno non emisero alcun rumore. Dopodiché, di colpo e inaspettatamente, si separarono. Bruce, di propria iniziativa e senza che i compagni potessero fermarlo, imboccò le scale e sparì al primo piano, lasciando al suo posto soltanto un sinistro cigolio di parquet calpestato. Tom e Philip si guardarono sgomenti, scorgendosi appena al tenue chiarore delle lampade di emergenza con la batteria ormai agli sgoccioli.
Amy trasalì.
-Cos’è stato?-
Patty afferrò la torcia, scostò la sedia e si alzò. Raggiunse la porta, si affacciò sulla soglia e illuminò il corridoio silenzioso. Il fascio di luce colpì le pareti, il mobile dell’ingresso, la porta chiusa che non le separava più dal freddo esterno e dall’oscurità della notte, le scale che sparivano nel buio del primo piano.
-Non c’è nessuno.- constatandolo, la sua voce ebbe un leggero cedimento.
Tornò in cucina. Evelyn si era alzata, si era accostata ad Amy e si tenevano per mano, infondendosi coraggio l’un l’altra. Patty attraversò la stanza e puntò la torcia sul cortile, illuminando ogni angolo innevato che riuscì a raggiungere.
-Forse Jenny e Mark sono riusciti a uscire dal capanno…- ma dalla casetta di legno non proveniva nessun movimento e la porta era sempre chiusa.
-E si sono nascosti?- domandò Evelyn scettica -Secondo me sono ancora lì dentro.-
-E allora?-
-Forse un colpo di vento.- tentò Amy e si irrigidì quando le sembrò di udire dei passi sommessi proprio sopra le loro teste. Era davvero così o si trattava di pura suggestione? Nel dubbio...
-C’è qualcuno.-
Si guardarono e tacquero, le orecchie tese, i sensi all’erta. Passò un minuto. Sessanta lunghissimi secondi che gettarono i primi semi di terrore. Sobbalzarono a un tonfo sordo proveniente dall’esterno e si volsero, illuminando oltre i vetri un cumulo di neve venuto giù dal tetto della veranda e finito sui gradini che scendevano nel cortile. Mentre osservavano l’esterno immerso nell’oscurità, altra neve scivolò giù dalle tegole, ammucchiandosi sul selciato. Tra le dita di Patty la torcia ebbe un sussulto, la luce sembrò affievolirsi.
-Brutta notizia, si sta scaricando la batteria.-
Il silenzio divenne assoluto, sembrò inghiottire tutto, persino loro stesse e i loro respiri. Un brivido di terrore corse su per la schiena di Amy.
-Forse sono i ragazzi che ci stanno facendo uno scherzo.-
Patty si sentì rimescolare di collera e paura.
-Sarebbero davvero degli idioti. Che razza di scherzo!-
Evelyn non riuscì a dire nulla, l’inquietudine le serrava lo stomaco trasformandosi in dolorosi crampi. Aveva una fifa folle ma si rifiutava ancora di ammetterlo. I suoi occhi saettavano dalla porta alla finestra e dalla finestra alla porta, mentre la convinzione di essere state raggiunte proprio dai balordi di cui avevano parlato giusto un paio d’ore prima si faceva sempre più reale. Mentre osservava il cortile oltre i vetri, un’ombra si mosse nei pressi del capanno degli attrezzi. Si irrigidì ed emise un gemito.
-C’è qualcuno! Fuori c’è qualcuno!-
Amy e Patty si volsero contemporaneamente per scrutare oltre i vetri, indietreggiando istintivamente verso la porta. Gli occhi puntati sulle ombre dell’orto, trattennero il fiato. Poi di colpo il parquet del corridoio cigolò come se venisse improvvisamente calpestato. Amy si aggrappò addosso a Patty, spaventandola ancora di più.
-Non in giardino, dentro. Sento dei passi sul corridoio… Li sentite anche voi?- disse in un sussurro, accostando il proprio viso a quello di lei.
-Chi c’è?- chiamò Evelyn a voce alta.
Nessuno rispose, niente si mosse. Il buio e il silenzio ripresero a inghiottire tutto, facendosi inquietanti ogni istante di più. Qualcosa c’era perché l’avevano udito e l’avevano intravisto, ma prenderne atto significava accettarlo e nessuna delle tre voleva farlo. Amy sobbalzò di nuovo terrorizzandole. Il cuore di Patty prese a battere a mille.
-Che c’è stavolta?-
-Ho visto qualcosa… fuori c’era un’ombra!- tenne gli occhi fissi sulla finestra. Desiderava non guardare, eppure non riusciva a non farlo perché il terrore era paralizzante.
-Sono i ragazzi… Devono essere loro per forza.- Patty cercò di rassicurare le amiche ma si sentiva morire di paura.
-O forse sono quei malintenzionati di cui parlava la nonna!-
Perché Evelyn lo aveva detto? Patty chiuse gli occhi. Forse riaprendoli la paura si sarebbe dissolta.
-Ma Jenny ha detto che qui non c’è nulla da rubare! L’incasso del ryokan è stato depositato in banca!-
-Brava Amy, dillo ad alta voce. Se ti sentono può darsi che vadano via.-
-Dai per scontato che siano dei ladri, Patty. Ma come fai a esserne sicura? Finora non hanno rubato nulla!-
-Se non sono dei ladri allora cosa vogliono? Per quale altro motivo si introducono nelle case se non per rubare?-
-Forse per infastidirne gli abitanti?-
-E se fossero dei maniaci pervertiti che...-
-Insomma basta!- Patty mise fine una buona volta alle loro preoccupanti ipotesi. Erano rimaste sole in un edificio enorme sperduto tra le montagne innevate dell’Hokkaido Centrale, nel buio assoluto e a un’ora in cui a girovagare nei dintorni potevano esserci davvero dei malintenzionati. Il solo pensarlo la faceva tremare come un fuscello al vento.
-Vorrei essere al posto di Jenny. Chiusa nel capanno con Mark non ha proprio nulla da temere.- mormorò Amy stringendosi a Evelyn e nascondendo il viso contro la sua spalla. Quando lo sollevò, il suo sguardo venne catturato all’esterno, stavolta non da un’ombra bensì da una luce. Anzi, piuttosto da un bagliore bianco-azzurro nei pressi della legnaia, che scomparve con la stessa rapidità con cui era comparso, tanto che sperò di averlo immaginato. Vana speranza che si dissolse in un attimo. Lì fuori c’era davvero qualcuno, non si trattava soltanto di pura suggestione che le mostrava ombre spostarsi in ogni angolo.
-Rifugiamoci da qualche parte, lasciamo che facciano ciò che vogliono e se ne vadano...-
-Separiamoci, sarà più facile nascondersi.-
La proposta di Evelyn fece sobbalzare Amy di paura. Si avvinghiò al suo braccio, che non avrebbe lasciato per niente al mondo.
-Assolutamente no! Se si tratta davvero di quei tre malintenzionati, saremo più al sicuro se resteremo unite.-
-Tre contro tre? Nel senso che pensi di poter tenere testa a qualcuno che ti aggredisce? Magari anche armato?-
Patty emise un gemito sommesso, sempre più convinta che la cucina non fosse un luogo sicuro. Era certa che le avessero viste, che sapessero che erano lì. Dovevano rifugiarsi in un’altra stanza prima che gli intrusi le raggiungessero, le circondassero, le intrappolassero in cucina e poi…
Approfittando degli ultimi spasmi della torcia, entrò nella dispensa e recuperò la scopa.
-A cosa ti serve?-
-Mi sento più al sicuro se ho qualcosa in...-
Si interruppe. Un miagolio disperato squarciò l’aria. Fu un suono improvviso, terrorizzante, inaspettato. Intravidero la gatta bianca sfrecciare come un razzo oltre la porta per rifugiarsi chissà dove.
Philip allungò un braccio e colpì Bruce che lo precedeva.
-Imbecille!-
-Imbecille a chi? È per seguire te, che quel gatto idiota mi è finito tra i piedi!- replicò in un sussurro.
-Lasciate perdere il gatto.- sentirono Tom più dietro, che li richiamò all’ordine con voce bassissima, sempre più convinto che sarebbe stato molto meglio dire chiaro e tondo alle ragazze di cestinare la dieta di Gamo piuttosto che cimentarsi in un’impresa dal dubbio esito. Sulla via del ritorno lo aveva pur detto ai compagni, ma nessuno gli aveva dato retta. Neppure Holly, che però fino all’ultimo era parso combattuto.
Il capitano si strinse addosso la giacca per proteggersi dal freddo che si faceva più intenso con il trascorrere dei minuti. Nel cortile insieme a Julian attendeva il via libera che avrebbe consentito loro di mettere piede in una cucina deserta. Ogni tanto si affacciavano a turno oltre l’angolo del muro di cinta per osservare la grande portafinestra che dava sul cortile. Ross si era accorto che ogni volta che lo facevano una delle ragazze sussultava, segno che nonostante la notte rendesse tutto difficilmente distinguibile, le loro ombre risaltavano scure contro la neve. Ma ciò non lo preoccupava affatto. Adesso che erano tornati, né le amiche né la fidanzata avevano più nulla da temere dai poco raccomandabili sconosciuti che si aggiravano nei dintorni.
Dietro il capanno era impossibile capire cosa stessero combinando i compagni all’interno dell’edificio, ma a quanto pareva nulla di buono visto che la presenza delle ragazze in cucina continuava a impedir loro di entrare. Benji poi, che avrebbe dovuto mettersi almeno di vedetta, aveva fatto perdere le proprie tracce già da un po’ e loro non avevano né tempo né modo di cercarlo. E Julian sinceramente neppure la voglia.
Amy chiuse gli occhi e si strinse le braccia intorno al corpo, ormai sull’orlo di una crisi isterica.
-E adesso cosa...-
Patty le stritolò una mano.
-Zitta! Ti sentirà.-
Da qualche parte si udì uno strano rimbombo, poi di nuovo silenzio. Patty spense la torcia e tese tutti i sensi al buio. Sentì Amy accostarsi tremante di paura. Se davvero c’era qualcuno era fondamentale capire dove fosse e cosa volesse, per poter agire così di conseguenza. Trattenendo il fiato attesero immobili che accadesse qualcosa. E qualcosa in effetti accadde. La finestra risuonò con uno schiocco secco che le fece scattare indietro nei pressi della porta.
-Ecco, stanno cercando di entrare…- gemette Amy, la voce rotta dalla tensione -Sono loro… i ladri… che potrebbero anche essere dei pericolosi maniaci… o degli assassini...-
-Forse sono stati proprio loro a far saltare la luce, per potersi introdurre indisturbati nel ryokan.-
-Eve, non dire sciocchezze!- Patty si rifiutò di prendere in considerazione il ragionamento dell’amica, ma purtroppo lei continuò.
-Hanno visto i ragazzi uscire… E adesso sanno che siamo sole.-
-Non è detto, Eve. Potrebbe essere Kevin che sta facendo uno scherzo a Jenny.-
-Kevin è a cena con i nonni, non può essere lui, non può essere qui.- mormorò Amy in  un crescendo che sfiorò il panico -Questo è solo un brutto sogno. Adesso ci sveglieremo, la luce sarà tornata e anche i ragazzi. Dammi un pizzicotto, Eve! Svegliami, ti prego!-
-Usciamo da qui. Cerchiamo un posto dove nasconderci, un posto dove non ci trovino e da cui eventualmente potremo fuggire.-
La veranda continuava a essere buia e deserta, ma lo schiocco di poco prima non lo avevano certo immaginato. E la gatta? Cosa l’aveva spaventata tanto da farla schizzare via così? I maniaci erano fuori o dentro l’edificio? Fuori e dentro? Erano ormai circondate? Allora tanto valeva agire e non farsi cogliere spaventate e impreparate. O forse spaventate sì, ma non indifese. A Patty sembrò di udire dei passi, forse nel corridoio, forse solo immaginazione. Oppure era davvero entrato qualcuno che si stava davvero avvicinando per rubare o per far loro del male. Smisero addirittura di respirare.
Patty si affacciò timorosa dalla porta, le amiche subito alle spalle, una di loro si tenne aggrappata al suo maglione, lo sentì tirare sulla schiena. Immaginò che fosse Amy, ma poteva essere anche Evelyn. L’oscurità aveva annientato ogni certezza. Il buio che le inghiottiva era quasi totale, le pareti e il telefono si scorgevano appena. Le luci di emergenza iniziavano a esaurire la loro carica, lasciando il corridoio sempre più in balia delle ombre. Armata del bastone che brandiva davanti a sé, Patty uscì dalla cucina e avanzò un passo dopo l’altro, le amiche alle calcagna.
-Si sta avvicinando…-
Si bloccarono all’angolo del corridoio che, svoltando, conduceva verso i bagni, le terme, la lavanderia e la porticina di servizio sul retro. Un fruscio sommesso, e poi qualcosa spuntò di colpo dietro il muro. Qualcosa di imponente, di informe, di indescrivibile. Una sagoma alta, senza fattezze, minacciosa, sicuramente non umana. La paura arrivò come un’ondata, le travolse e le paralizzò. Il terrore le fece gridare fino a lasciarle senza fiato. Le loro voci oltrepassarono le pareti e i muri dell’edificio fino a disperdersi nell’aria ghiacciata della notte.
Benji sollevò il viso dal display illuminato del cellulare di Bruce e scosse la testa, prendendo atto dell’idiozia senza speranza dei compagni. Poi tornò a farsi i fatti propri.
Holly e Julian si guardarono scorgendosi appena, perché il buio era quasi assoluto.
-Forse hanno esagerato.-
Il capitano accese la torcia.
-Sbrighiamoci, Julian.-

Patty indietreggiò urtando Amy, lei le lasciò la maglia, si volse indietro e fuggì. Il terrore, unito all’istinto di sopravvivenza, le mise le ali ai piedi. Rientrò nella cucina che aveva appena lasciato ed emise un urlo acuto, continuo, sia per lo spavento appena avuto che per quello intenso e devastante che provò di nuovo quando i suoi occhi si posarono sulle due ombre che si stagliavano scure contro i vetri della finestra e puntavano la luce di una torcia verso il lavandino e il frigorifero. Eccoli! Erano entrati! Erano lì e lei era sola! I malintenzionati, i ladri, gli assassini…
La luce si spostò di colpo e la investì accecandola. Amy urlò di nuovo. A vederla così spaventata, pallida con gli occhi spalancati su di loro, le labbra esangui, Julian quasi fu vinto dalla pena. Ma con incredibile perspicacia Holly lo capì, lo afferrò svelto per un braccio e lo trascinò fuori, costringendolo a fuggire senza aver portato a termine la missione. Balzarono dalla veranda sul selciato e se la diedero a gambe, dileguandosi tra le ombre della notte.
La fuga di Amy scagliò Evelyn contro il muro. L’urto fu violento ma nonostante il dolore non riuscì a distogliere gli occhi da ciò che sbarrava loro strada. In preda a uno spavento folle, Patty restò paralizzata al centro del corridoio, incapace di fuggire. Fin quando qualcosa in lei si sbloccò, chiuse gli occhi su ciò che la terrorizzava, agitò la scopa e colpì.
-Ahia!-
La voce risultò ben nota, Evelyn capì in un attimo. Un moto di sorpresa le contrasse tutti i muscoli. Guardò Patty senza vederla, ma percepì la sua ira che montava. Con un balzo si scostò dalla parete.
-Bruce! Non ci posso credere, sei tu! Cosa ti sei messo addosso? Che bello scherzo idiota, complimenti! Ma stavolta giuro che non la passerai liscia!-
Strappò la scopa dalle mani di Patty e la calò con forza. Il movimento improvviso sfuggì al ragazzo e non poté schivarla. Dalla spalla colpita il dolore si propagò intenso fino al braccio, anzi no, fino alla punta delle dita. Per un attimo temette che l’arto si staccasse e finisse a terra, poi però uno spasmo alla mano gli fece capire di essere ancora tutto intero. Il lenzuolo che lo avvolgeva, la sua grande idea, scivolò via dalla spalla e ricadde da un lato scoprendolo in parte. Percepì il pericolo e indietreggiò, fino a mettere tra loro e se stesso una distanza di sicurezza. Poi però ci ripensò, si volse e corse via sparendo dietro l’angolo. Abbandonò sul pavimento il lenzuolo che adesso lo intralciava e, seguito da Tom e da Philip, si catapultò fuori dal ryokan attraverso la porta d’ingresso. La campanella tintinnò convinta mentre loro si rifugiavano nell’orto. Una volta al riparo dietro i tronchi della legnaia, Philip seguì con gli occhi la luce che Patty agitava qua e là per scovarli mentre si aggirava con le amiche armata di scopa.
-Te l’ho detto che sei un idiota! Ti sei fatto scoprire!-
-Dove vi siete nascosti?-
-Uscite fuori se ne avete il coraggio!-
-Vergognatevi! Spaventarci così!-
Bruce seguì preoccupato il loro percorso massaggiandosi la fronte. Ma era talmente ovvio alle ragazze che si fossero rifugiati nei pressi della casetta degli attrezzi, essendo quello l’unico nascondiglio, che pur di non farsi trovare furono costretti a inoltrarsi fino ai primi e oscuri alberi del bosco.
-Cosa avete combinato, alla fine?- domandò il cappellino di Benji spuntando improvvisamente tra le ombre che li circondavano.
-E tu? Dov’eri finito?- domandò Holly, sinceramente stupito di vederlo di nuovo tra loro.
-Da nessuna parte. Sono sempre stato qui. Avete preso la dieta?-
-No, Amy ci ha scoperti prima che riuscissimo a farlo.-
-Sappiamo che siete qui!- gridò Patty alla notte buia, molto gelida e silenziosa, certa che i ragazzi l’avrebbero udita. Lei e le amiche percorsero l’intero perimetro del ryokan, illuminando con la torcia i dintorni senza provare più neppure un filo di paura per le ombre circostanti, l’oscurità impenetrabile degli alberi e della montagna, il corridoio e le stanze dell’edificio risucchiati dal buio.
Amy starnutì.
-Torniamo dentro, fa troppo freddo.-
-Sì, hai ragione, ma non la passeranno liscia.-
-Ucciderò Bruce appena lo avrò sottomano. Sono sicura che l’idea è stata sua.-
Rientrarono senza averli trovati, e Patty richiuse con cura la porta d’ingresso bloccandola da dentro.
-Li lasceremo fuori. Una notte all’aperto li aiuterà a pensarci due volte prima di fare scherzi così stupidi!-
-E Jenny?-
-Una cosa è certa. Lì dentro con Mark si è divertita più di noi.-
Philip girò la chiave e fu con immenso sollievo che spalancò la porta del capanno. Illuminò l’interno e la luce percorse le pareti, posandosi sulle cianfrusaglie e gli attrezzi del nonno, il tagliaerba e una gran quantità di utensili da giardino. Il movimento che scorse sulla sinistra mentre si guardava intorno fu così repentino che non riuscì a capire se Jenny si trovasse davvero seduta tra le gambe di Mark o fosse un semplice scherzo delle ombre. Fatto sta che quando si volse e illuminò l’angolo, la fidanzata era già in piedi e Landers si stava alzando.
-Finalmente!- andandogli incontro, la giovane sorrise contenta di vederlo. Solo quando fu a un passo da lui ricordò il loro litigio. Il sollievo lasciò subito posto al fastidio.
-Jenny, se…- cominciò a dire Philip ma Benji lo scostò di lato e puntò la torcia in faccia a Mark.
-Tutto bene, Landers?-
-Benissimo.- rispose a denti stretti. Poi lo oltrepassò e imboccò l’uscita del capanno, spinto da un impellente desiderio di rientrare nell’edificio addirittura superiore a quello di togliere dal muso di Benji quel ghigno carico di chissà quali sottintesi.
Jenny gli andò dietro ma si fermò sulla soglia quando si accorse che nessuno la seguiva. Allora si volse a guardarli.
-Restate qui?-
Holly annuì.
-Dobbiamo discutere una cosa, cominciate ad andare.-
Jenny e Mark uscirono nella notte senza scambiarsi neppure una parola. Raggiunsero la porta d’ingresso del ryokan rabbrividendo per il freddo che avevano preso e che continuavano a sentire, senza giacca com’erano, e la trovarono chiusa a chiave.
-Cos’accidenti sta succedendo? Amy!- Jenny gridò e bussò forte sui vetri per farsi sentire -Patty! Eve!-
In piedi al suo fianco Landers sbuffò.
-Che serata di merda! Prima rimaniamo chiusi dentro, adesso fuori. Peggio di così!-
Jenny continuò a chiamare finché la luce di una torcia balenò nell’ingresso. Evelyn scese di corsa le scale, girò la chiave e socchiuse la porta.
-Fammi entrare, sto gelando!-
-Siete soli?-
-Sì.-
Evelyn si scostò per lasciarli passare, dopodiché bloccò di nuovo la porta con un paio di mandate.
-Perché chiudi?-
-I nonni hanno le chiavi, vero?-
-Certo, ma perché chiudi? E gli altri?-
-Sono entrati di nascosto come ladri! Ci hanno spaventate a morte! Molto meglio se restano fuori, non li vogliamo tra i piedi!-
-E li lasciate nel cortile? Al freddo?-
-È il minimo, dopo quello che hanno fatto!-  scorse disapprovazione nell’espressione di Mark -Se non sei d’accordo, puoi raggiungerli.-
-Sono rimasto fuori abbastanza.-
-E se si ammalassero?-
Evelyn si fermò perplessa a metà rampa.
-Hai ragione, Jenny. Darebbero sicuramente la colpa a noi.-
-Perché la colpa sarebbe vostra.- precisò Mark.  
Nel corridoio del primo piano si separarono diretti ciascuno nella propria stanza e quando le ragazze si chiusero in camera, lui si ritrovò improvvisamente al buio. Tornò indietro e bussò alla loro porta.
-Avete una torcia in più?-
Patty gliene allungò una.

Holly esaminò il viso di Bruce illuminato dalla luce che Julian gli puntava in faccia. Un ematoma rosso fuoco gli decorava un lato della fronte.
-Hai preso davvero una bella botta!-
-Ho la testa che mi risuona ancora come una campana. Devo avere un livido anche sulla spalla!- Tutto sommato nel capanno degli attrezzi il freddo era più sopportabile che all’aperto. Lì dentro almeno non tirava quel venticello ghiacciato e insistente che alla fine, come Philip sapeva bene, riusciva a insinuarsi oltre l’imbottitura delle giacche a vento. Avevano quindi deciso di restare al riparo il tempo necessario a capire quale fosse la mossa giusta da fare.
Bruce guardò Holly.
-Secondo te quando potremo rientrare?-
-Speriamo presto.-
-Come avete fatto a mandare tutto all’aria?- sondò il portiere, una spalla appoggiata su un angolo libero della parete -Non era questo il piano. Dovevate entrare in cucina e togliere di mezzo la dieta senza farvi vedere. Punto.-
-Bruce si è lasciato prendere la mano e ha dato fondo alla sua idiozia, spaventandole con un lenzuolo addosso neanche fosse un fantasma.- recriminò Philip, che non gli aveva perdonato l’iniziativa presa in totale autonomia, senza consultarsi con lui o con Tom e senza chiedere il loro parere.
-Sei un imbecille.-
-Glielo sto dicendo da un’ora.-
-E io mi sono stancato di sentirti.-
Sulla porta del capanno a scrutare l’esterno, Philip  lo guardò malissimo.
-Se non riusciremo a rientrare, te lo ripeterò per tutta la notte.-
-E se chiedessimo scusa e ci mostrassimo profondamente pentiti?-
-Non mi sembri pentito proprio per niente, Bruce.- sorrise Tom.
-Non provare ad andarti a scusare con quella faccia.-
Julian rabbrividì nonostante la giacca, la sciarpa e i guanti. Aveva i piedi congelati e dubitava che sarebbe riuscito a scaldarli tanto presto.
-Philip, forse se chiudi fa meno freddo.-
Il ragazzo annuì, posò una mano sulla porta e gettò un ultimo sguardo all’ingresso del ryokan. Si bloccò così, a metà.
-Aspettate! Stanno uscendo!-
I ragazzi si accalcarono sulla soglia. Philip aveva ragione, due figure si muovevano davanti alla porta d’ingresso nel buio rischiarato dalla luce di una torcia che proveniva dall’interno dell’edificio.
-Cosa stanno facendo?-
-Ci stanno sicuramente preparando una trappola.- fu certo Bruce, sospettoso e memore delle minacce che Evelyn, anche senza vederlo, gli aveva lanciato contro.
Ciò che le ragazze avevano combinato in un paio di minuti all’aperto, lo scoprirono dopo oltre un’ora, quando ritennero di essersi congelati abbastanza. Le amiche sarebbero state sicuramente soddisfatte di averli lasciati al gelo tanto a lungo. Adesso era davvero giunto il momento di rientrare e infilarsi nei futon per godere del meritato riposo. Philip era così distrutto che stava perdendo lucidità, tanto da essersi appisolato seduto su un secchio rovesciato, la testa reclinata contro lo scaffale vecchio e impolverato. Raggiunsero di soppiatto l’ingresso del ryokan con le torce spente per accertarsi che l’ira delle ragazze fosse sbollita a sufficienza o almeno si fossero addormentate.
I nonni non erano ancora rientrati e il silenzio che proveniva dall’edificio era pressoché assoluto. -Secondo me sono andate a dormire.- disse Bruce.
-Credo anch’io.- Philip lo superò, andò dritto verso la porta e ruotò la maniglia. Non accadde nulla.
-Apri, svelto. Sono stanco di sentire freddo.- lo esortò Benji.
-Ci sto provando.- scosse la porta con maggior insistenza.
-Piano! Fai piano!- lo rimproverò Holly dall’altro lato.
-Sto facendo piano!-
-Apri, Callaghan!-
-Senza far rumore...-
-Mettetevi d’accordo, voi due! Maledizione, non si apre!-
-Togliti!- Benji lo scostò e afferrò la maniglia.
Ma non ci fu nulla da fare. Provò ad aprire anche Bruce che non ci credeva e Holly per puro scrupolo. E solo a quel punto nelle loro menti semicongelate iniziò a formarsi un sospetto che Julian, suo malgrado, confermò.
-Cos’è questo?-
Nessuno di loro, troppo concentrati sulla porta d’ingresso, aveva notato ciò che il compagno stava ora indicando. Tom accese la torcia e illuminò un cumulo di coperte ammucchiato sotto la veranda.
-Ci hanno chiusi fuori.-
-Quello era già chiaro.-
-Intendo per tutta la notte.-
Julian alzò gli occhi alle finestre del primo piano, chissà se dietro ai vetri le ragazze stessero ridendo di loro. La prospettiva di non poter rientrare mandò Bruce su di giri. Colpì la porta con un calcio.
-Stiamo scherzando? Non ho nessuna intenzione di passare la notte qui!-
Philip lo prese per un braccio e lo tirò indietro prima che riuscisse a mollare una seconda pedata.
-Sei impazzito? Vuoi romperla? Prendiamo le coperte e torniamo nel capanno. Lì decideremo cosa fare.- si occupò di parte del carico e precedette gli amici al riparo.
Mentre depositavano le coperte sul secchio che avevano usato per il pesce pescato al laghetto, un foglio volò a terra tra i piedi di Benji. Il portiere lo raccolse, si fece passare la torcia da Tom e lesse ad alta voce.
-Siamo certe che una notte all’aperto sarà un ottimo allenamento. Anche Gamo approverebbe. Il freddo fortifica e vi rinfrescherà le idee, facendovi passare la voglia di fare scherzi idioti. Del resto siete talenti dalle mille risorse, troverete senza dubbio il modo di adattarvi anche a questo. Firmato: Amy, Evelyn e Patty.- lo sconcerto lasciò posto al divertimento quando il suo sguardo cadde sul seguito.
-Cosa ti fa ridere?- domandò Julian.
-Il post scriptum.- fece una pausa a effetto e proseguì -Philip sarà sicuramente felice di sapere che Jenny è scesa alle terme insieme a Mark.-
Si volsero tutti verso il ragazzo, che esternò il proprio sconcerto.
-Cosa significa?-
-Quello che ho appena letto.- tradusse il portiere -Mentre noi staremo qui a congelarci, Landers se la spasserà con Jenny, come ha fatto finora. Anzi, continuerà a spassarsela con Jenny.- illuminò un punto a caso, in terra -Quel preservativo usato deve averlo lasciato lui.-
Abbassarono gli occhi a guardare il niente, perché nulla c’era da vedere eccetto le tavole consumate da mille passaggi che ricoprivano il pavimento, sporche di terra, polvere e qualche foglia secca.
Mentre la risata del portiere riecheggiava tra quelle quattro strette pareti, Philip gli strappò il foglietto dalle mani in preda al dubbio improvviso che il post scriptum se lo fosse inventato per fargli uno scherzo. Invece lo trovò davvero.
-Dobbiamo assolutamente rientrare.- spalancò la vecchia porta e scandagliò l’edificio con lo sguardo, mettendo in moto il cervello ormai atrofizzato da quella pessima giornata iniziata male fin dal mattino -Possiamo scassinare una finestra o arrampicarsi sulla gronda fino al primo piano...-
-Accomodati Philip, e se ci riesci fai un fischio.-
-Non dirlo neppure per scherzo, Julian.- lo redarguì Holly, poi si parò davanti a Philip -Resetta dalla testa le tue folli idee. Non sei un acrobata da circo, è notte e c’è ghiaccio ovunque. Ad arrampicarti come minimo ti ammazzi, e se ciò dovesse accadere Gamo farà fuori mezza squadra. Cioè tutti noi qui che ti abbiamo lasciato fare.-
-Esatto, Callaghan.- concordò Benji -Non peggiorare la tua situazione. Anche se a mio avviso sarebbe più gloriosa un’eroica morte scalando il tetto, piuttosto che per mano del mister. Che comunque ti ucciderà lo stesso quando scoprirà che razza di ritiro hai organizzato.-
-La tua puntualizzazione è fondamentale, Price, per trascorrere una piacevole serata all’addiaccio.-
-Dico solo le cose come stanno, Callaghan.-
Tom si guardò intorno e sospirò.
-Certo è che tutti sdraiati non entriamo. Se vogliamo dormire comodi dovremo fare due turni.-
-Comodi si fa per dire.- sospirò Holly, rabbrividendo per il freddo.

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Capitolo 10
*** 8 - La colpa di Kevin ***


- 8 -
La colpa di Kevin



Dalla finestrella senza imposte filtrava un timido raggio di sole che attraversava il capanno in diagonale e si proiettava sul quadro elettrico. Lo sportellino di plastica era rimasto spalancato dalla sera precedente, quando Mark e Jenny lo avevano lasciato così. A nessuno era venuto in mente di richiuderlo e ora cavi, interruttori, collegamenti, prese e guarnizioni gioivano di una rara illuminazione naturale.
Quando Bruce si alzò, la sua ombra mise fine al bagno di sole di quelle parti elettriche destinate a un’esistenza di solitudine, freddo e oscurità.
-Sarebbe stato meglio passare l’intera notte svegli piuttosto che dormire in queste condizioni.-
-Se per te questo è dormire, Harper, ti invidio di essere riuscito a farlo.-
Benji aveva chiuso occhio per una manciata di minuti alla volta, tutto sommato più comodo degli altri, con la schiena contro un sacco pieno di segatura, le gambe piegate nello stretto spazio che dopo un po’ avevano iniziato a fargli atrocemente male. Tanto che i momenti che non aveva passato a sforzarsi di riposare nonostante il freddo e la scomodità, li aveva trascorsi in piedi a maledirsi per l’idea di far sparire la dieta di Gamo all’insaputa delle ragazze. Tra l’altro con uno stratagemma talmente idiota che a posteriori faticava a credere di aver dato il proprio seppur trascurabile contributo, che gli addossava almeno in parte la colpa di aver dormito strizzati in quel capanno. E questo significava non avere nessuno su cui scaricarla per intero.
Bruce, accanto al portiere, ripiegò la sciarpa che gli aveva fatto da cuscino.
-Io ci ho provato, ma ho riposato malissimo e mi sono venuti i crampi persino alle dita dei piedi. Avrei quasi preferito trascorrere la notte ad allenarci sulla neve.-
La luce di rammarico che scorse negli occhi di Holly lo fece pentire all’istante delle parole appena pronunciate.   
-Non ci ho pensato.-
-Tanto lo avresti fatto da solo.- chiarì Julian massaggiandosi la base del collo. I muscoli di una spalla gli tiravano e aveva difficoltà a muovere un braccio. Si era svegliato incriccato come mai finora.
La notte nel capanno degli attrezzi, stipati in uno spazio a mala pena sufficiente a contenere tutta la ferraglia del nonno, li aveva ridotti in poche ore a veri e propri rottami ambulanti.
Fuori, nel silenzio di quella mattina di ghiaccio e neve, la porta principale del ryokan venne aperta   e richiusa. Il rumore indusse i ragazzi a tacere e a guardarsi, per il carico di significati che esso conteneva: potevano rientrare, le ragazze erano arrabbiate, la colazione li attendeva, qualcuno avrebbe cucinato per loro, forse la nonna. Julian era il più vicino alla porta, così si alzò e l’aprì guardingo per sbirciare i paraggi. Davanti a lui si apriva l’orto ricoperto di uno spesso strato di neve, poi il muro dell’edificio, il sentiero e… e l’anziano proprietario che percorreva il viottolo diretto proprio verso il loro rifugio notturno. Trasalì.
-Sta arrivando il nonno!-
Pochi istanti di confusione e panico, poi la porta si spalancò. Indietreggiarono tutti tanto quanto lui, che saltò indietro di spavento.
-Che ci fate qui?-
I ragazzi si guardarono confusi
-L’attrezzatura...- farfugliò Tom cercando di farsi venire un’idea.
Benji gli diede manforte.
-Ci presta l’attrezzatura? Vorremmo andare a pesca.-
-Certo, sì… Ma le trote stavolta rigettatele in acqua. Dubito che la pesca sia consentita. Le montagne a nord di Shintoku fanno parte di una riserva naturale.-
Benji guardò i compagni.
-Allora forse è meglio lasciar perdere, che dite?-
Holly annuì con ferma convinzione.
-Grazie lo stesso.-
Seguirono il nonno fuori dal capanno e rientrarono, finalmente, nel caldo e confortevole ryokan.
-Una nutriente colazione e un bel bagno nelle terme. E poi a dormire fino all’ora di pranzo.- programmò Bruce. Neppure il capitano trovò nulla da ridire.
Il profumo di dolci cotti al forno trasportò i ragazzi affamati dritti in cucina, dove trovarono la nonna in piena attività. Una teglia colma di palline giallo arancio tempestate di gocce di cioccolato era posata in bella mostra sul ripiano del forno spalancato.
-Buongiorno, miei cari. Arrivate giusto in tempo, i muffin alla zucca sono pronti.-
-Splendido!- gioì contento Bruce, le mani giunte e gli occhi sfavillanti di fame.
-Li lasciamo raffreddare qualche minuto e intanto vi preparo il caffè. Questa mattina vi siete alzati di buon'ora, non vi aspettavo così presto.-
Philip replicò con  un sorriso di circostanza, si sedette e spostò gli occhi all’orologio appeso al muro. Erano ancora le sei. La nonna finì rapidamente di apparecchiare, servì il caffè e i dolci e li lasciò soli.  
Julian si tirò indietro per allungarsi contro la spalliera della sedia e la sua schiena scricchiolò.
-Non ho mai dormito così male in vita mia.-  
-Beato te che hai dormito.- lo invidiò Tom.
-Pensavo di aver già raggiunto il fondo in questi giorni.- Benji soffocò uno sbadiglio, poi addentò un muffin -Ma è proprio vero che non c’è mai fine al peggio.-
Bruce fissò il capitano di traverso.
-Niente allenamenti oggi, mi auguro.-
-Niente allenamenti.- fu costretto ad accettare Holly, che neanche mettendocela tutta avrebbe scovato l’energia sufficiente ad affrontare una giornata di esercizi.
Jenny entrò in cucina in quel momento, catalizzando su di sé gli sguardi dei ragazzi. Dietro di lei arrivò anche Mark vestito, lavato, pettinato e straordinariamente riposato.
Benji guardò il compagno con lo stesso astio che gli dedicò Philip, anche se per un motivo completamente diverso. Non poteva assolutamente perdonargli di aver dormito comodo e al caldo nel proprio futon. Soprattutto non poteva perdonargli che durante la notte non fosse andato ad aprir loro la porta d’ingresso.
-Com’è che arrivate insieme?-
Jenny fissò il portiere senza batter ciglio.
-E com’è che voi rientrate tutti insieme? Siete stati da qualche parte?- ricambiò lo sguardo di fuoco del ragazzo -A bere birra in qualche locale, magari.- lanciò una frecciata al fidanzato e fissò il portiere con un’occhiata così intensa che Philip ebbe un sussulto.
-Comunque la lavastoviglie è rotta.-
Benji non le perdonò la strafottenza. L’ultima parola doveva essere la sua.
-Deve importarcene qualcosa?-
-Sì, certo.-
Tom seguì a disagio il loro dialogo, persino Callaghan era ammutolito. Anzi, l’atteggiamento battagliero della fidanzata non lo invogliava a intromettersi.
-Perché?-
-Amy, Evelyn e Patty mi hanno detto di dirvi che uno di voi dovrà lavare i piatti dopo pranzo.-
-Ah sì?- il tono di Benji trasudava contrarietà -Spiegami bene, perché non credo di aver capito.-
-Holly ha appena detto che oggi non vi allenerete.- riprese lei ostinata -Ritengo sia un’ottima occasione per dare una mano.-
-Dare una mano? Ti risulta che siamo qui per fare le massaie tra un esercizio e l’altro?- Benji appoggiò la schiena alla sedia e incrociò le braccia, poi spostò gli occhi su Patty che aveva appena varcato la soglia della cucina -Gli allenamenti di oggi non sono saltati per colpa nostra, giusto Patty?-
Il solo ricordo dello scherzo della sera precedente, le fece correre un brivido di terrore su per la schiena. Puntò le mani sui fianchi, rispolverando la combattività delle finali interscolastiche.
-E non credi che ve lo siate più che meritato?-
Benji tirò un respiro e guardò i compagni. Possibile che nessuno avesse il coraggio di contrastare le assurde pretese di quelle quattro ragazzine?
-Holly! Non dici niente?-
Chiamato in causa suo malgrado, lui sussultò e abbassò gli occhi. Benji fu lì lì per insultarlo senza pietà. Ma si controllò e si volse di scatto quando udì la voce di Tom sancire la resa e la sconfitta.
-Va bene, penseremo noi a lavare i piatti.-
-Perfetto.- intascata la vittoria, Patty lasciò la cucina a testa alta seguita da Jenny. Sarebbero tornare a fare colazione più tardi, quando avrebbero potuto mangiare da sole.
Benji calò un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare piatti, posate e bicchieri.
-Cazzo, Tom! Perché ti sei intromesso? Perché gliel’hai data vinta? E tu, Holly! Tu sei un uomo senza palle! E anche tu, Callaghan!- apostrofati in quel modo, entrambi trasalirono -Anzi, lo siete tutti! Pure tu Ross, e Harper! Lavare noi i piatti! Il prossimo passo quale sarà? Che dovremo cucinare, pulire, fare il bucato, stendere i panni e fare la spesa mentre loro andranno ad allenarsi? Se volete mandare definitivamente a rotoli questa merda di ritiro, non contate su di me!-
Il fatto che il portiere non avesse tutti i torti, innervosì il capitano.
-Se hai finito di insultarci, Benji, dobbiamo decidere chi si occuperà delle stoviglie.-
Lui trovò in un lampo i volontari.
-Ma io so già chi lo farà! Voi quattro senza dubbio!-
Mark annuì all’istante, la soluzione gli parve ottimale.
-Lavare i piatti è un ottimo allenamento. Gamo lo dice sempre.-
Sentirlo parlare fece ricordare a Benji che ne aveva anche per lui.
-E tu, Landers! Per quale stramaledetto motivo questa notte non sei venuto ad aprire quella cazzo di porta? Sapevi che eravamo chiusi fuori, o no?-  
-Ma l’ho fatto, idiota! Vi ho aperto verso l’una. Sono sceso subito, appena si sono addormentate!-
-Stai scherzando?- Philip era allibito -Maledizione Mark! Perché non ci hai avvertiti?-
-Ero in pigiama, faceva un freddo boia! Ho immaginato che prima o poi sareste venuti a controllare la porta! Sapevate che ero dentro!-
Benji si ritrovò d’improvviso senza aver nulla da dire. Così abbassò gli occhi sul caffè, che nel frattempo si era freddato.

*

Holly valutò mestamente la pila di stoviglie ammucchiate nella vasca dell’ampio lavello. A dargli manforte erano rimasti soltanto Julian e Philip. Con la scusa del bagno, Bruce era sparito e non era più tornato.
I ragazzi osservarono in un riverito silenzio piatti e pentole impilati gli uni sulle altre, una torre di diversi centimetri pericolosamente inclinata da un lato per l’inavvertito spessore di un coltello rimasto incastrato più in basso.
-Come ci organizziamo?- domandò Julian perplesso.
-Proviamo ad aggiustare la lavastoviglie?- buttò lì Holly.
Philip rise, aprì l’anta sotto il lavello e recuperò il detersivo per i piatti. Ne versò una buona dose nella vasca del lavandino, lo ripose e porse la spugnetta al capitano.
-Tu insaponi, Julian lava e io asciugo. D’accordo?-
-Perché io?-
-Se l’assegnazione del ruoli non vi sta bene, ci scambiamo. Ma i passaggi sono questi.-
-Li lavi tu i piatti a casa tua, Philip?-
-Qualche volta è capitato. Soprattutto dopo i litigi con mia sorella. Chissà perché mio padre era convinto che lavando i piatti insieme, il sapone e l’acqua avrebbero cancellato anche il malumore. Non è mai successo.-
-Quindi tu hai una sorella.- prese atto Julian sorpreso -Non lo sapevo.-
-È più grande di me e già sposata, per fortuna.- indicò il lavello -Prima cominciamo, prima finiamo.-
Holly osservò quell’immane quantità di stoviglie che occupava tutto lo spazio disponibile nella vasca del lavandino e oltre, e dubitò che la suddivisione dei compiti fosse equa, ma l’importante era togliersi presto il pensiero. Sbadigliava a raffica dalla mattina e dopo pranzo arginare il sonno si era fatto quasi impossibile. Desiderava moltissimo stendersi giusto un attimo in camera, chiudere gli occhi una mezz’ora, no un’ora almeno, per riprendere le forze. E invece era lì a sostituire un elettrodomestico. Sospirò, aprì l’acqua e la fece scorrere abbondante fino a riempire la vasca del lavello. Sotto il getto tiepido, il detersivo cominciò a ribollire formando un’eccezionale quantità di vaporosa schiuma al profumo di limone, mirando dritta e compatta verso il bordo del lavandino.
-Forse ho messo troppo sapone.-
-Dici?-
Holly arrotolò le maniche della felpa e immerse le braccia nella schiuma fino al gomito per togliere il tappo e mandarne via un po’. Poi recuperò la spugna, rassegnato a portare a termine l’ingrato compito il prima possibile. Nonostante il caffè con cui si era concluso il pranzo, aveva l’impressione di non poter più resistere alla necessità di chiudere gli occhi per un breve pisolino. Sempre che Patty e le altre glielo consentissero. Se Bruce la sera prima non avesse avuto quell’idea idiota… Anzi, se non avesse chiuso Jenny e Mark nel capanno, o meglio se Jenny e Mark non fossero usciti per cercare di rimettere la corrente, cosa che alla fine non erano neppure riusciti a fare, non ci sarebbe stato nessun motivo di allontanarsi dal ryokan e a nessuno di loro sarebbe saltato in mente di togliere di mezzo la dieta di Gamo facendo irruzione nell’edificio alla stregua di quei balordi, la cui presenza nei dintorni aveva tanto spaventato le ragazze. Se Philip e Jenny si fossero parlati, Bruce avrebbe chiuso loro due dentro il capanno e non ci sarebbe stata nessuna fretta di recuperare le chiavi: sarebbe bastato passar loro un paio di coperte dalla finestrella e avrebbero trovato il modo di scaldarsi per tutta la notte. Un pensiero tirò l’altro e lo portò a porre al compagno la fatidica domanda.
-Philip, perché non fai pace con Jenny? O siamo venuti fin qui per vedervi litigare?-
-Ti pare facile?-
-Magari no. Però il motivo che vi ha fatto discutere non è neppure così grave. Alla fine Jenny non ti ha mica tradito, con quel tipo lì.-
A Philip uscì un acuto.
-Certo che no! Vorrei vedere!-
-E quindi?-
-Ci vuole tempo, Holly. Non serve mettermi fretta.- Philip si passò nervosamente il canovaccio tra le mani, pensando e ripensando al modo migliore per affrontare la ragazza. Doveva assolutamente trovare al più presto una soluzione.
-Nessuna fretta, ma tra un po’ il ritiro sarà finito...- lo schernì Julian. Poi prese dalle mani di Holly una capiente insalatiera, la ripulì dalla schiuma sotto il getto d’acqua e la passò a Philip -Comincia ad asciugare. Visto che sei qui e non con Jenny, dai una mano.-
-Secondo voi la lavastoviglie è davvero rotta?-
Holly abbassò gli occhi sull’elettrodomestico che a guardar bene sembrava in gran forma, se soltanto ci avesse capito qualcosa.
-Pensi che l’abbiano detto apposta?-
-Perché no? Ieri si sono prese davvero un bello spavento.-
-Bruce è stato un idiota, non c’era bisogno di inscenare la presenza di un fantasma.- sospirò Julian ripensando all’espressione terrorizzata con cui la fidanzata aveva visto la sua ombra fuggire in fretta e furia.
-Lui dice che soltanto così sarebbero corse di sopra lasciandoci ampia libertà di manovra in cucina.-
-E la partita? Siamo riusciti a registrarla?-
-Per fortuna sì. Mark ha detto che quando il nonno è tornato ha fatto partire il generatore di emergenza. Ha rimesso la luce e riacceso i riscaldamenti.- Holly soffocò uno sbadiglio -A proposito di partita, mi togliete una curiosità? Cos’è che sarebbe successo durante l’incontro con l’Uzbekistan? Perché Bruce si è così arrabbiato con Benji?-
Philip guardò stupito Holly, che continuava a insaponare tranquillamente una pentola.
-Come mai adesso vuoi saperlo?-
-Perché in questo preciso momento sono talmente stanco che non avrei la forza di arrabbiarmi, ma me ne rimane a sufficienza per ascoltare com’è andata.-
-Te la togli presto la curiosità. Sono passate ben due settimane...-
-Se non vuoi raccontarmelo Philip, non farlo. Sopravviverò lo stesso.-
L’altro alzò le spalle.
-Credo sia cominciato tutto in hotel, quando Mark ha avuto da ridire sul fatto che Benji abbia ordinato a Danny di caricargli la borsa sul pullman intanto che andava in bagno. Da quel momento non hanno fatto altro che guardarsi in cagnesco e rimbeccarsi per tutto il tempo. A far capitolare la situazione è stato il tentativo solitario e avventato di Mark per quel gol sfumato.-
-Esattamente. Da quel momento Benji è andato su di giri e ha cominciato a prendersela con chiunque, soprattutto con Bruce perché gli era più vicino. E sai bene Holly che Bruce, se provocato, non è uno che sta zitto e capisce che in certi casi è meglio lasciar perdere.-
-Sì, Julian. Lo so. Bruce è un attaccabrighe.-
Philip riprese a raccontare.
-Tra l’altro Benji ha cominciato a insultarlo in tedesco e allora Bruce non ci ha visto più.-
-E perché, se neppure lo capiva?-
-Proprio per questo, Holly. Non lo capiva e non poteva rispondergli per le rime.-
-E tutto ciò proprio durante quell’unico tentativo di attacco dell’Uzbekistan a metà del secondo tempo.- Philip appoggiò sul tavolo la pentola appena asciugata che non aveva idea di dove riporre -Ho provato a far notare a Bruce che era totalmente inutile rispondere agli insulti di Benji, tra l’altro in una lingua sconosciuta, ma non  è servito a nulla se non a far intervenire Clifford. Un altro po’ e mi salta addosso. A volte è completamente ingestibile.-
Julian fu d’accordo.
-Non solo. Il suo modo di giocare è dirompente. I suoi interventi sugli altri giocatori sfiorano la prepotenza. Prima o poi si beccherà un’ammonizione.-
-E allora si calmerà una volta per tutte.-
-Per farglielo capire non possiamo rischiare di restare in dieci in campo e magari durante una partita importante. Deve entrargli nella zucca molto prima.-
-Julian, ti posso assicurare che rispetto a qualche anno fa è parecchio migliorato. Holly e io gli abbiamo insegnato a suon di finte che una partita di calcio non si vince con la forza ma con la tecnica. Lo ha imparato persino Mark!-
-Certo Philip, e infatti Mark lo ha imparato così bene che se lo ricorda finché non dimentica che una squadra è formata da undici giocatori, non soltanto da lui in attacco e da Benji in porta.-
Holly continuò a insaponare le posate, cercandole a tentoni tra la schiuma. Come aveva immaginato, rievocare gli episodi salienti della disastrosa partita appena giocata con la maglia della nazionale gli provocava una sgradevolissima sensazione allo stomaco, motivo per cui finora aveva voluto tenersi all’oscuro dei particolari e subire il ritiro senza nessuna spiegazione sull’accaduto.
-Abbiamo rischiato di perdere contro la squadra più schiappa di tutta l’Asia. Vi rendete conto?-

Spaparanzato su almeno quattro cuscini messi uno accanto all’altro, Benji mise da parte la rivista che Bruce aveva acquistato al negozio di Meryl rinunciando a dissimulare l’interesse scaturito suo malgrado dall’atteggiamento cospiratore del compagno. Poco prima lo aveva visto agguantare in fretta e furia il cellulare posato sul tavolo, ritirarsi in un angolino, gli occhi incollati al display e un’espressione beota e ambigua che aveva acceso ferocemente la curiosità del portiere.
-Cosa stai guardando, Harper?-
Lui gli rivolse un sorrisetto.
-Davvero vuoi saperlo?-
Sì, accidenti, moriva dalla voglia.
-No grazie, risparmiami. Sarà una delle tue solite idiozie.-
-Be’ forse te le faccio vedere…- temporeggiò con fare furbetto.
-Mi fai vedere cosa?-
-Le foto.-
Foto, dunque. Benji accantonò la rivista ed emerse dai cuscini mettendosi seduto. Quel cellulare la sera prima lo aveva tenuto in mano per una buona mezz’ora, facendosi i fatti propri e navigando su internet. Perché non si era accorto di nulla? Perché non aveva spulciato la galleria del compagno?
Bruce si ritrasse. Fino a un istante prima fremeva dalla voglia di condividere il segreto con qualcuno che sapesse apprezzarlo, ma adesso l’atteggiamento sospettoso e poco amichevole di Benji, aveva fatto nascere in lui seri dubbi che quella fosse la scelta giusta. Poteva davvero mostrargliele? Cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe fatto? Come sarebbe finita? Forse non bene adesso che Mark e Tom non guardavano più la tv ma lui, con occhi pieni di interesse. Benji forse si sarebbe tenuto il segreto per sé, ma loro? C’era da fidarsi?
Agli occhi del portiere, l’esitazione del ragazzo divenne troppo sospetta. Forse Harper aveva fatto qualcosa che non doveva, che magari riguardava lui stesso. Bisognava fargli sputare il rospo. Si alzò determinato, lo raggiunse e lo squadrò dall'alto in basso, le mani sui fianchi in un atteggiamento molto ma molto preoccupante.
-Dai qua, Harper.- la sua richiesta si era improvvisamente trasformata in un ordine.
Il sorriso sparì dalle labbra di Bruce. Si mise sulla difensiva e si spostò di lato per lasciarsi una via di fuga. Sgusciò tra il tavolo e la finestra, raggiungendo il lato opposto della stanza. Benji girò intorno al tavolo in senso inverso per intercettarlo.
-Harper, se mi hai scattato una foto non richiesta, giuro che ti massacro!-
Tenendo stretto il cellulare, Bruce tentò di guadagnare il corridoio ma il portiere lo anticipò sbarrandogli il passo.
-No! Non ho fotografato te! Lo giuro!-
Anche Mark si insospettì.
-E chi allora?-
-Bloccalo Landers!- ordinò Benji quando Harper si trovò precisamente tra loro -Ne va della nostra reputazione! Sono sicuro che ha fatto qualcosa che non doveva!-
Mark non ebbe bisogno di essere convinto. Aborriva che foto misteriose finissero nelle mani sbagliate. Seduto sui tatami, si lanciò in avanti mentre Bruce indietreggiava, e lo agguantò per una caviglia. Lui incespicò, Benji gli piombò addosso e lo bloccò a terra. Mark gli tolse il cellulare dalle dita e sbloccò display.
-Oh cazzo! Harper, cosa hai fatto?-
Il genuino stupore di Landers fece ridere Bruce nonostante Benji, seduto sulla sua schiena, lo schiacciasse a terra togliendogli il respiro. Mark in mezzo secondo impallidì e arrossì in sequenze alternate per almeno un paio di volte.
La curiosità mise Benji in piedi. Raggiunse Mark con due falcate e gli tolse il cellulare. Prima spalancò gli occhi di ammirato sbigottimento, poi scoppiò a ridere.
-Fantastico! Bruce, sei una forza! Quando l’hai scattata?-
-Cancellala immediatamente!-
-Scherzi, Landers? Una foto del genere non si cancella. Si mette da parte e poi si tira fuori al momento opportuno.-
Benji si sedette al tavolo, i gomiti sul ripiano. Sfogliò la galleria e trovò altre sette foto che ritraevano grosso modo lo stesso soggetto, focalizzandosi in maniera diversa su alcuni particolari.
Visto che non ci stava capendo niente, Tom si alzò e lo raggiunse per sedersi al suo fianco.  
-Di che foto si tratta?-
Benji non rispose. Zoomò l’immagine fino a sgranare i pixel e gli piazzò davanti agli occhi una macchia di colore che Tom non riuscì a identificare.
-Indovina cos’è.-  
Tom studiò lo schermo del telefonino con sospetto e disappunto. Non aveva voglia di giocare, soprattutto su quella che, vista la reazione di Mark, sembrava essere una cosa importante.
-Non so… non capisco…- c’era del bianco sullo sfondo e poi qualcosa che sembrava un nastro. Tentò di indovinare -Un fiocco nero?-
-Bravo.- annuì il portiere. Ma invece di dargli la soluzione restrinse l’immagine consentendogli di distinguere chiaramente un paio di graziosi slip da donna -Ora indovina chi li indossa.-
Messo di fronte a quella nuova sfida, Tom esitò. La curiosità era stata ridimensionata dall’incertezza di voler sapere e soprattutto vedere qualcosa su cui non avrebbe dovuto mettere gli occhi. Lanciò un’occhiata di traverso a Benji e si tirò indietro, condividendo l’espressione accigliata di Mark.
Benji tolse lo zoom e Tom sussultò. Davanti ai suoi occhi comparve Patty in completo intimo. Con molta probabilità l’amica si trovava nello spogliatoio delle terme e si strofinava i capelli bagnati con un asciugamano. Ciò su cui aveva posato la mano sulle piste da sci, aveva improvvisamente preso forma e colore. Si sentì arrossire.
-Bruce, cos’hai fatto?-
-Ma niente! Solo qualche foto.-
L’altro abbassò di nuovo gli occhi. Benji continuava a rimpicciolire l’immagine mostrandone i particolari circostanti. Accanto a Patty spuntò la schiena nuda di Evelyn, poi le mutandine lilla di Jenny e il telo di spugna in cui era avvolta Amy.
-Se Philip mette gli occhi su queste foto ti scotenna, Bruce.- lo avvertì -È molto meglio se le fai sparire.-
-Philip?- rise Benji -E Ross allora?- gli tornò in mente l’episodio di qualche giorno prima e di colpo capì. Posò il cellulare sul ripiano e agitò un dito accusatore verso il compagno -Ross ti ha beccato, vero? A spiare le ragazze nei bagni.-
Lui annuì.
-Tu hai avuto paura e hai detto che non eri riuscito a vedere nulla!- il portiere non smetteva di  ridere. Quel giorno l’espressione furiosa di Ross era stata esilarante -Invece sei riuscito a scattare persino delle foto! Geniale!-
-Cosa c’è di geniale?- domandò Tom, diversamente dal portiere, molto più preoccupato che entusiasta.
Mark prese il cellulare e guardò di nuovo la foto perché se l’avevano vista tutti, era più che lecito darle di nuovo un’occhiata. Tornò al menù e osservò anche le altre, alcune si soffermavano su certi particolari che gli fecero affluire il sangue al viso. Sperò di non essere arrossito, sarebbe stato imbarazzante perché neppure Tom lo aveva fatto.
-C’è una cosa che non mi è chiara, Bruce. Non ti dà fastidio mostrarci Evelyn mezza nuda?-
-No. Dovrebbe?-
Tom e Mark si scambiarono un’occhiata sgomenta.
-Direi proprio di sì.-
-Non mi dà fastidio.- ribadì lui -Anzi continuo a non capire perché Julian quel giorno se la sia presa tanto. Le cose belle non vanno condivise con gli amici? Io con voi lo sto facendo.-

*

Le spalle alla parete del piano terra del ryokan,  subito sotto le scale, Philip teneva le braccia incrociate sul petto, la testa leggermente reclinata da un lato e pensava che l’insistente puntiglio di Jenny si era fatto davvero seccante. Avevano litigato per una sciocchezza e la cosa più incredibile era che lei non sembrava intenzionata a fare la pace. Lui aveva fatto il primo, il secondo, il terzo e il quarto passo, ora si preparava al quinto, poi avrebbe rinunciato e aspettato che lei mettesse da parte un po’ di quel suo irritante orgoglio. Come se tutto ciò non fosse già abbastanza, Philip temeva di essere diventato lo zimbello dei compagni. Le frecciatine che era convinto di ricevere di continuo non sarebbero cessate finché non avesse risolto la situazione.
Alzò gli occhi quando un’ombra entrò nel suo campo visivo. Eccola! Che colpo di fortuna! Stava pensando a lei e Jenny era comparsa. La ragazza non lo aveva notato altrimenti avrebbe sicuramente cercato di evitarlo. Silenziosissimo la seguì per un tratto, la raggiunse alle spalle e la fermò prendendola per un braccio.
Jenny sobbalzò e si volse, portandosi una mano al cuore quando lo riconobbe.
-Cosa ci fai nascosto dietro le scale? Mi hai messo paura!- in una sola volta pronunciò più parole di quante gliene avesse rivolte in quegli ultimi due giorni.
-Dobbiamo parlare.- rispose lui fissandola con intensità -E questa volta non puoi dirmi di no.-
-Perché no?-
-Perché no, accidenti! Per quanto tempo dobbiamo continuare a ignorarci? Non credi che sia ora di finirla?- due giorni sprecati.
-Finalmente mi chiederai scusa?-
Philip la guardò incredulo. Fece per replicare a tono ma le voci dei compagni provenienti dal piano di sopra lo distrassero. Chiaramente il ryokan non era il luogo adatto per far pace con Jenny. Gli amici avevano il magico dono di comparire tra i piedi nei momenti meno opportuni ed era certo che se si fossero fermati nei pressi delle scale, prima o poi qualcuno avrebbe avuto la bella idea di scendere in cucina, alle terme oppure, ancora peggio, venire semplicemente a impicciarsi.
-Usciamo.- la prese per mano e la tirò con sé verso la porta d’ingresso.
Anche se controvoglia, a lei non restò altro da fare che seguirlo. Si trovava in uno stato d’animo in cui non sopportava che le dicesse cosa fare, ma allo stesso tempo era stanca di tenergli il broncio. Philip aveva ragione. Due giorni senza parlarsi o facendolo appena erano troppi.
Una volta all’aperto, il vento gelido dell’Hokkaido spazzò via tutto il suo spirito polemico. Avanzò sul piazzale tra la neve, lasciandosi condurre da Philip da qualche parte nel bosco per allontanarsi dall’edificio e da inopportuni seccatori. Procedettero tra i primi alberi del declivio montuoso l’uno accanto all’altra in silenzio, un silenzio che Philip aveva tutta l’intenzione di rompere al più presto, prima che diventasse troppo difficile farlo. Parlò per primo, dopo essersi fermato. Incrociando il suo sguardo, osservando il suo bel viso, capì che nonostante i litigi, le gelosie, le incomprensioni e anche le mezze verità, l’amava talmente che non avrebbe mai potuto fare a meno di lei. Le parole d’accusa che aveva in mente di rivolgerle, si tramutarono in scuse mentre le pronunciava.
-Mi dispiace per quello che è successo l’altro ieri.- ammise, nascondendo imbarazzato le mani nelle tasche.   
Jenny lo guardò e il desiderio di perdonarlo divenne più forte di tutto. Fece un passo verso di lui e le loro giacche a vento si sfiorarono.
-Mi sono spaventata. Non sapevo dove fossi finito, ho avuto paura che ti fossi perso.- appoggiò una mano sulla sua giacca e cercò di indovinare cosa stesse pensando. Più che pentito, Philip le sembrò profondamente a disagio.
-Sei tornata con Kevin, non sono riuscito a togliermi dalla testa che fossi scesa in paese solo per incontrarlo.- distolse gli occhi a disagio, poi tornò a guardarla. Sfilò le mani dalle tasche e le circondò i fianchi, attirandola contro di sé -Non mi hai mai parlato di lui. Eppure sembra conoscerti così bene…-
-Abbiamo frequentato le elementari nella stessa scuola, Philip. E l’altra sera non ho potuto rifiutare il passaggio.- Jenny abbassò gli occhi sulla sciarpa avvolta intorno al collo del ragazzo, cercando di immaginare cosa avrebbe provato se si fosse trovata al suo posto. Se Kevin al laghetto non l’avesse baciata, Philip non si sarebbe ingelosito e non avrebbe reagito in quel modo -Suo padre ha insistito perché mi accompagnasse. Se non avessi accettato non mi avrebbe lasciata tornare. Era notte, nevicava e con tutti quei pacchi…-
Lui le prese il viso tra le mani.
-Lo so. Mi dispiace, sono stato uno stupido.- lo pensava veramente e per dimostrarglielo la baciò. Per entrambi la questione era chiusa.
Accadde in un attimo. Jenny si sentì agguantare con forza per le spalle e strappare dalle braccia di Philip. Dapprima gridò sorpresa, poi cercò di sottrarsi alle mani ignote che la stringevano.
L’istintivo pensiero di entrambi fu che si trattasse di uno stupido scherzo degli amici. Philip fu il primo tra i due a rendersi conto che le cose non stavano così. Davanti a lui Jenny si dibatteva senza scampo per liberarsi da Kevin che la teneva stretta, un braccio serrato intorno alla vita, l’altra mano a bloccarle un gomito. Sulla sua faccia da teppista era stampato un sorriso ironico che lo sfidava a farsi avanti.
Posargli di nuovo gli occhi addosso e per giunta a distanza così ravvicinata, prendere atto dell’espressione strafottente che in tre giorni aveva già imparato a detestare, convinse Philip ad accettare la sfida. Prima ancora di sentire l’esigenza di strappargli Jenny di dosso, ciò che provò ad averlo così a portata di mano fu un’immensa soddisfazione. Senza dover fare nulla gli si era offerta l’occasione di mettere in chiaro una relazione che Kevin continuava a non considerare.
Jenny impiegò ancora alcuni istanti per comprendere cosa stesse accadendo. Chi la teneva era dietro di lei, non poteva vederlo e non aveva ancora detto una parola che le consentisse di riconoscerlo. Le dita che le stringevano il braccio le facevano male e non si spiegava perché il fidanzato non reagisse. Neppure la guardava, Philip. I suoi occhi erano carichi d'ira e d'odio profondi, in una misura tale da spaventarla. Tentò di liberarsi dalla stretta, senza peraltro riuscirci.
-Stai ferma.-
Jenny riconobbe la voce di Kevin e s'impietrì. L’ansia le attanagliò la gola, tanto che non riuscì neppure a intimargli di lasciarla. La mano del ragazzo scivolò giù dalla spalla lungo la manica della giacca a vento, in una sorta di carezza che la ripugnò. Le sue dita guantate le afferrarono il polso e con un gesto repentino che lei non fu in grado di contrastare, le sollevò il braccio e glielo torse dietro la schiena. Un dolore da svenire le scoppiò nella testa propagandosi in un lampo dalla spalla al cervello. Si morse un labbro per non gridare, tentò di girarsi per attenuare la stretta ma non riuscì a muoversi. Era bloccata contro il torace del ragazzo e lui le stava facendo un male atroce.
-Kevin!-
In tutta Shintoku non esisteva altra persona desiderosa e capace di comportarsi in modo così meschino. Come li aveva trovati? Come osava metterle di nuovo le mani addosso? Le alzò il polso sulla schiena e il dolore fu tale che le gambe di Jenny persero forza. Se lui non l'avesse sostenuta, sarebbe caduta in ginocchio. Gridò.
-Ti fa male?- sorrise con cattiveria -Anche tu mi hai fatto male l'altro giorno!-
Philip si riscosse dalla sete di vendetta. Non sopportò più che la toccasse, che la stringesse. Soprattutto non poté tollerare che quel bastardo le procurasse dolore.
-Maledetto stronzo, lasciala!- si avventò sul ragazzo ma lui arretrò, trascinando Jenny con sé tra la neve e facendosi scudo con il corpo di lei.
-Stai indietro, o finisce male per entrambi.-
Jenny lo sentì allentare la stretta, il braccio smise di bruciarle e poté tornare a respirare.
-Kevin ti avverto, tutto questo non è divertente! Lasciami subito e fingeremo di non averti incontrato!-
Le sue parole ragionevoli persero significato e il suo tono si affievolì fino a spegnersi quando tra gli alberi alle spalle di Philip si materializzarono tre ragazzi che avanzarono furtivi verso di loro. Il panico le attanagliò lo stomaco. Kevin non era lì per infastidirli ma per far loro del male.
-Ti ho detto di lasciarla!- insistette Philip furente.
-Non ti avvicinare, Callaghan. Non sarà con me che dovrai vedertela.-
Fu Jenny ad avvertirlo.
-Dietro di te! Attento!-
Il terrore nella voce della fidanzata lo mise in allarme più ancora dell’avvertimento. Si volse d'istinto e solo per un soffio riuscì a scampare a un pugno che avrebbe potuto rompergli il setto nasale. Si tirò di lato con uno scatto, un piede cedette sul ghiaccio e si sbilanciò. Ma riuscì a non cadere e indietreggiare ancora. Quel bastardo di Kevin aveva portato i rinforzi. Tre ragazzi lo guardavano seri, le mani nelle tasche, dritti e spavaldi in un atteggiamento che non presagiva nulla di buono. Quello che aveva provato a colpirlo era alto, molto più di lui e svettava sugli altri due. Il ragazzo che camminava al centro era basso e tarchiato, i capelli a spazzola e la testa rotonda. L’ultimo era grossomodo della stessa altezza di Philip, ma apparentemente più esile e meno robusto. Tornò a guardare Jenny. Lei lo fissava impaurita, ma almeno Kevin doveva aver allentato la stretta perché il suo corpo non era più in tensione e la sofferenza le era sparita dal volto. Adesso vi era solo terrore.
-È tutto vostro. Pensateci voi.- disse lui, ma i tre non guardavano Philip. Il loro curioso interesse era tutto rivolto a Jenny.
-Bella la tua amica, Kevin.- disse il più basso -Potresti presentarcela, almeno.-
-Se vuoi la tengo io, così hai le mani libere per conciarlo per le feste.-
Kevin s'indispettì.
-Il tuo obiettivo non è lei, Steve.-
Philip era immobile, granitico, sembrava diventato di ghiaccio più della neve che lo circondava ma dentro ribolliva di collera, il sangue gli scorreva nelle vene incandescente come la lava di un vulcano in eruzione. Era già iniziato il conto alla rovescia prima che la sua furia esplodesse. Solo che, per quanto poteva, doveva mantenersi lucido. Prima di tutto per capire che tipo di pericolo corresse Jenny. A metterlo in guardia erano soprattutto le espressioni di palese apprezzamento di quei tre, che avevano fatto scaturire sulle guance della fidanzata rosse tonalità di disagio. Fin dove aveva intenzione di spingersi, quel maledetto?
-Ci lasci sempre gli scarti.-
-Johnny ha ragione. E poi non c’era bisogno che ci disturbassimo tutti per sistemare questa mezza calzetta.-
Philip si irrigidì ancora di più.
-Ma senti chi parla, imbecille!-
Era furioso. Se lui e Jenny avevano litigato, la colpa era di Kevin. Se non si erano parlati per due giorni, la causa era sempre lui. Ma la soddisfazione di averlo di fronte per dargli una lezione una volta per tutte, si era rapidamente evoluta nel presentimento che presto si sarebbe messa male, molto male.
Steve, il tipo alto, non gradì la precisazione.
-Come cazzo ti permetti? Adesso ti farò passare la voglia di parlarci così!-
Ma l’altro non si lasciò intimorire, perché l’unica cosa che gli premeva era l’incolumità di Jenny.
-Provaci.-
Un lampo di sdegno attraversò gli occhi del ragazzo più alto. Accettò la sfida e fece un passo verso Philip, sprofondando nella neve ancora fresca e stringendo una mano nell’altra fino a far scoppiettare le giunture delle dita.
Il cuore di Jenny prese a martellare nel petto a una velocità vertiginosa.
-Kevin, che intenzioni hai? Lasciaci in pace!-
Fu come se non avesse parlato. Lui non le rispose, il ragazzo alto continuò ad avanzare verso la sua vittima. Philip, teso e rigido ma molto più pronto a reagire di quanto mostrasse, aspettava che l'altro facesse per primo la sua mossa.
-Vediamo cosa sei capace di fare.-
-Vediamo.- gli fece eco beffardo.
Era certo di riuscire a tener testa allo spilungone. Non poteva essere peggiore di Clifford che una volta, quando la sua strafottenza inarginabile aveva superato i limiti urtando la suscettibilità della maggior parte della nazionale, aveva ricondotto a più miti consigli. A preoccuparlo era la presenza degli altri due. Non aveva ancora capito se il giovane alto si sarebbe fatto sotto da solo, lasciando gli amici liberi di infastidire Jenny, o se l’avrebbero assalito tutti e tre insieme. A peggiorare una situazione non del tutto rosea c'era anche il terreno sconnesso. Si trovano nel bosco, alle pendici delle montagne che circondavano il ryokan. Il suolo era coperto da svariati centimetri di neve che celavano pietre, buche e dislivelli. Se non faceva attenzione rischiava di slogarsi una caviglia e allora sì che sarebbero stati dolori, in tutti i sensi.
-Philip!- lo richiamò Jenny. Non capiva perché non corresse a chiedere aiuto. Perché rimanesse lì in balia della follia di Kevin. Era più veloce di quei tre, li avrebbe seminati in un attimo. Poi sarebbe tornato con Mark, Benji, Holly e gli altri e avrebbero dato a Kevin la lezione che meritava, una lezione che non avrebbe dimenticato per parecchio tempo. Solo così poteva funzionare, eppure Philip non si muoveva.
Strattonò Kevin perché la lasciasse, ma appena tentò di sfuggirgli il ragazzo le sollevò il gomito e un dolore da svenire l’assalì di nuovo.
-Kevin, per favore! Cosa vuoi da noi? Lasciaci stare! Non ti abbiamo fatto niente!-
Le era impossibile credere che il suo ex compagno di scuola le stesse facendo questo. Che fosse andato fin lassù organizzando l’agguato. Non riusciva a spiegarsi perché continuasse a tenerla facendole male al braccio né perché i suoi amici ce l’avessero con Philip, che non aveva fatto nulla a nessuno e neppure li conosceva. Non capiva un accidenti di niente ma doveva fermarli. Quella situazione era assurda, il loro comportamento era assurdo, tutto era assurdo!
-Per favore, Kevin!- lo supplicò con voce rotta.
Philip era consapevole che Jenny non avrebbe potuto far nulla per impedire ciò che stava per succedere. L’aveva capito da quando l’aveva sentita urlare di dolore. Kevin gongolava a vederla soffrire almeno quanto godeva a tenerla stretta a sé. E avrebbe raggiunto l’estasi completa non appena i suoi amici avessero cominciato a pestarlo di botte.
-Allora? Ce lo fai vedere di che pasta sei fatto?- lo provocò Steve sarcastico girandogli intorno per innervosirlo.
Seguendo il suo percorso con gli occhi, lui fece spallucce.
-Non ho alcun interesse a gonfiarti di pugni.-
Jenny guardò il fidanzato, poi guardò i ragazzi che gli erano vicini. Mentre la tensione cresceva diventando palpabile, una paura folle si impadronì di lei. Il cuore continuava a batterle all’impazzata, pulsandole nelle tempie. Non aveva mai provato un terrore simile. L’atteggiamento di quei tre che pressavano Philip come lupi affamati pronti a balzare sulla preda, la stava gettando nel panico. Non poteva permettere che lo picchiassero. Non doveva assolutamente accadere, ma come fermarli? Kevin non l’ascoltava, loro la ignoravano del tutto e Philip non correva via. Le rimaneva soltanto una soluzione: chiamare aiuto. Raccolse il fiato e lanciò un grido acuto che riempì il bosco diffondendosi nei dintorni in una progressione di echi. Philip fu l’unico a non trasalire, anche se la voce di Jenny lo trafisse da parte a parte.
Kevin non se lo aspettava ma reagì rapidamente. Le piazzò una mano sulla bocca e premette così forte da renderle difficoltoso persino respirare.
-Sta’ zitta!- era certo che qualcuno al ryokan l’avesse udita, forse persino i nonni. L’edificio non era distante, oltre i rami degli alberi ammantati di neve si scorgevano le tegole del tetto. Dovevano fare in fretta, prima che arrivasse il resto del gruppo.
Jenny restò bloccata con il viso rivolto verso Philip, costretta ad assistere impotente a quello che sarebbe accaduto davanti a lei. I loro occhi si incontrarono per un lungo attimo. Lui non poté fare altro che restare a guardarla. Se si fosse mosso per correre in suo aiuto, uno dei tre o tutti insieme lo avrebbero assalito e riempito di pugni, impedendogli di difendere se stesso e lei. Almeno per il momento, se Jenny fosse rimasta tranquilla non avrebbe corso nessun pericolo. Kevin la teneva stretta, sì, le bloccava il braccio e si stava comportando in modo spregevole ma non pareva interessato a farle davvero del male.
Steve, lo spilungone, stanco di aspettare una reazione che non arrivava, si scagliò all’attacco. Philip si volse di scatto, si scostò di lato e l’impeto dell’assalitore non lo sfiorò neppure. Percepì però lo spostamento d’aria provocato dal suo corpo. Lo slancio e la neve trascinarono il ragazzo alto qualche metro più lontano.
-Hai bisogno di un paio di occhiali, Steve?- gridò Kevin imbufalito -Non lo hai neppure sfiorato!-
Jenny avrebbe riso se le circostanze non fossero state così tragiche. Quegli stupidi imbecilli non avevano tenuto conto del fatto che Philip era un atleta, molto più agile di loro, molto più abituato all’esercizio fisico. Nella neve Philip ci correva, si allenava, si esercitava per buona parte dell’anno. Aveva più forza, più agilità e di sicuro più perspicacia e intelligenza… se solo non avesse stupidamente deciso di affrontarli. O forse Kevin aveva tenuto conto della natura del suo avversario, visto che li aveva raggiunti al ryokan accompagnato.
Mentre Steve mugugnava un insulto in direzione di Kevin, Philip arretrò tenendo sempre d’occhio gli altri due. Anche se per il momento non sembravano intenzionati a intervenire, non poteva permettersi l’ingenua mossa di lasciarseli alle spalle e restare bloccato nel cerchio.
Steve ci riprovò e partì alla carica. Philip questa volta non si scostò. Non poteva continuare a evitarlo, non avrebbe ottenuto nulla se non stancarsi. Doveva neutralizzarli, uno alla volta. Solo così si sarebbe liberato di loro e avrebbe potuto dedicarsi a Kevin indisturbato. Afferrò al volo il polso dello spilungone, strinse forte e ne deviò la traiettoria, diminuendone nel contempo la violenza. Quando le dita cozzarono contro gli addominali, fu pronto a ricevere il colpo. Serrò i denti e fece scattare la mano destra. Mentre Jenny gridava di paura restituì il pugno, con gli interessi e in pieno volto. Steve urlò un insulto e indietreggiò. Philip fece altrettanto e i muscoli dello stomaco bruciarono come dopo un’interminabile serie di flessioni. Ma il pugno che aveva mollato allo spilungone era stato molto più doloroso. Gli aveva spaccato il labbro inferiore e ora il viso del ragazzo era sporco di sangue. Lui se ne rese conto e lo guardò con odio.
-Maledetto bastardo! Mi hai ferito!-
-Un rischio che sapevi di correre, visto che hai cominciato tu.-
Steve si ripulì il labbro con la lingua, i suoi occhi brillavano di collera. Lanciò un’occhiata ai compagni in attesa. Il più basso e tarchiato teneva le mani nelle tasche e aspettava, l’altro invece sembrava valutare Philip con molta meno boria.
-Steve, che facciamo?- domandò.
Fu Kevin a rispondergli al suo posto.
-Che cazzo vuoi fare, Johnny? Gonfiatelo di botte! Siete qui apposta! O avete paura?-
Jenny trasalì a quegli ordini che sembravano provenire direttamente da lei, uscirle dai capelli, attraversare la lana della sciarpa e condannare Philip a un doloroso pestaggio.
-No! Kevin, no!- invocò -Basta così, fermali!-
Philip schivò John, impedendogli di agguantargli un braccio. Serrò il pugno e lo colpì allo stomaco mentre gli passava accanto.
E due.
Il ragazzo boccheggiò senza fiato e scivolò in ginocchio, le braccia a stringersi il ventre. Il tipo basso finalmente capì che il problema non erano Steve o John ma che la loro vittima era molto meno innocua e sprovveduta di quanto Kevin avesse fatto loro credere.
Philip aveva la sensazione di muoversi al rallentatore mentre i pensieri si accavallavano nella testa alla velocità della luce. L’adrenalina aveva modificato la percezione del tempo, li aveva colpiti già due volte e non erano passati che pochi istanti. Steve era in piedi dove lo aveva lasciato, una macchia di sangue sul viso all’angolo della bocca e una striatura rossa sulla guancia. Per ripulirsi dal sangue, si era imbrattato tutta la faccia. John giaceva ancora a terra, piegato in due, lo stomaco stretto tra le braccia, squassato da fitte di dolore. Si sarebbe rialzato? Philip si augurava di no, sperava che avesse imparato la lezione. Sapeva di avergli fatto parecchio male. La sua mano era affondata nella carne, il ragazzo non era preparato all’urto e i muscoli non avevano opposto alcuna resistenza.
-Ted!- invocò Steve -Hai finito di dormire?-
Tra le braccia di Kevin Jenny si tese. Sollecitato dall’ordine perentorio, il terzo giovane si slanciò verso Philip emettendo una specie di grido di guerra.
-Maledetto! Adesso ti concio per le feste!-
Philip aspettò fino all’ultimo momento per scostarsi e non dare la possibilità all’altro di modificare la sua traiettoria. Ma quando si tirò di lato, scivolò inavvertitamente sul ghiaccio e Ted lo travolse con una spallata. Philip accusò l’urto e spinse il ragazzo che ormai lo aveva superato sulla stessa lastra di ghiaccio che aveva fatto vacillare lui stesso. Ted scivolò e rotolò tra la neve.
L’attacco del terzo giovane fu un totale insuccesso ma catturò la completa attenzione dell’avversario, consentendo a Steve di accostarsi non visto.
-Philip!- lo mise in guardia Jenny ma già troppo tardi.
Quando lui si volse il pugno lo colpì in pieno viso. Udì Jenny gridare di nuovo nel momento stesso in cui percepiva uno schiocco secco, come se qualcosa si rompesse. I denti cozzarono gli uni contro gli altri, tagliandogli la parte interna della guancia mentre una miriade di puntini luminosi invadevano il mondo, insieme a macchie scure che dissolsero i contorni delle cose e del volto ghignante che lo fronteggiava. Fu un miracolo a consentirgli di restare in piedi e scostarsi quanto bastava per non ricevere quel secondo pugno che stavolta lo avrebbe steso. La guancia pulsava e bruciava come il fuoco, ma la vista si snebbiò di colpo concedendogli di evitare John. A quanto pareva non aveva imparato la lezione e tornava alla carica.
La situazione per Philip si era evoluta nel peggiore dei modi. Circondato e dolorante, si era dissolta ogni possibilità di uscire dal cerchio che si era stretto intorno a lui. Gli addominali protestavano per il primo colpo ricevuto e tutt’intorno continuavano a pulsare lucine luminose. Il pugno al volto lo aveva stordito. Mentre ingoiava il sangue che gli aveva riempito la bocca, guardò per l’ultima volta Jenny che lo fissava piena di terrore. Kevin le premeva di nuovo una mano sulle labbra per impedirle di chiamare aiuto.
Un movimento alla sua sinistra lo indusse a scostarsi con un balzo. Scampò a Steve ma finì dritto sulla traiettoria di Ted che riuscì ad afferrargli un braccio. Philip lo strattonò, lo colpì con la mano libera e quasi riuscì a liberarsi. Non scorse Steve arrivagli alle spalle. Sentì soltanto qualcosa calargli sulla nuca con una violenza tale che un lampo lo accecò. Non vide più nulla, le orecchie presero a fischiargli distorcendo le grida di Jenny, cercò di reagire ma le gambe cedettero e finì in ginocchio. John gli fu subito addosso e gli sferrò un calcio tra le costole che gli tolse il respiro. Una mano al fianco, nonostante il dolore lo squassasse, si puntellò con l’altra sulla neve per rimettersi in piedi, perché se fosse rimasto a terra lo avrebbero massacrato di botte.
Non accadde.
-Tiratelo su.-
Philip si sentì afferrare per un braccio, poi subito anche per l’altro. Scosse la testa per liberarsi dal fischio che gli ronzava nelle orecchie e per rimettere a fuoco il mondo. Alla sua sinistra c’era il simpatico John a cui avrebbe dovuto dare una seconda lezione, visti i pessimi risultati della precedente. A destra c’era Ted il tracagnotto, che poco prima era rotolato a terra come un sacco di patate. Non riusciva a credere che due individui così insulsi fossero riusciti a sopraffarlo. Era proprio vero che l’unione fa la forza. Piegò le braccia in un estremo, e purtroppo inutile, tentativo di liberarsi. Non ci riuscì. Allora guardò dritto davanti a sé. Steve era a un passo, in attesa. Dietro di lui Kevin, e Jenny.
-Il tuo fidanzato non vale niente.- lo sentì dire.
Gli occhi umidi di lacrime di lei furono attraversati da un lampo di sdegno. Non era vero che Philip non valeva niente ed era sicura che Kevin se ne fosse accorto da solo. Philip finora era riuscito a tener testa ai suoi amici. Non solo li aveva colpiti tutti almeno una volta ma giudicare dalle loro reazioni gli aveva fatto anche male.
-Lo hanno assalito in tre! Sei tu che non vali niente! Non hai avuto il coraggio di affrontarlo e stai qui a tenere me lasciando fare il lavoro sporco a loro! Vigliacco!-
L’ombra di un sorriso aleggiò sulle labbra di Philip perché la risposta di Jenny gli piacque. Purtroppo però servì soltanto a inasprire Kevin.
-Che cazzo aspetti, Steve? Ci facciamo notte?-
La loro vittima era ormai del tutto impossibilitata a difendersi e a fuggire. Lo spilungone avanzò verso di lui.
-Adesso ti restituirò tutto con gli interessi!-
Philip capì che non erano parole vane, non erano promesse fatte al vento. Capì che sarebbe finita male, che ne sarebbe uscito malconcio. Ma a Jenny finora non era stato torto un capello e almeno questo era consolante. Steve tirò indietro il braccio, contrasse fino allo stremo i muscoli della spalla e con tutta la forza di cui riuscì a caricare il movimento gli sferrò un poderoso pugno nello stomaco. Philip non poté evitarlo in nessun modo. Strinse i denti e incassò con un gemito. Il dolore fu fortissimo e gli tolse il respiro. Il suo corpo sussultò tutto e i capelli bagnati dall’umidità e dal sudore gli finirono sugli occhi, il viso sofferente chino a terra.
Jenny aprì la bocca sotto la mano di Kevin, poi serrò di colpo i denti affondando nella carne. Lui gridò e cercò di scostarsi ma lei strinse ancora più forte fino a farlo ululare. Solo quando smise di tenerla, lo mollò.
Kevin continuò a urlare di dolore, ricoprendola di insulti. La spintonò lontano con una violenza tale da scagliarla a terra. In ginocchio tra la neve, Jenny si volse a guardarlo. Kevin si teneva stretto tra le dita il polso della mano ferita, guardando incredulo il sangue che gli macchiava la pelle.
Le grida del compagno bloccarono a metà il secondo pungo di Steve. Tutti si volsero, persino Philip si riscosse dalla sofferenza che gli riempiva il cervello per sollevare il viso e capire cosa stesse accadendo. Vide Kevin continuare a imprecare a gran voce, una mano insanguinata stretta nell’altra e sollevata come fosse un trofeo, e Jenny sotto di lui che si rimetteva in piedi. Era riuscita a liberarsi, finalmente. Socchiuse le labbra per gridarle di scappare ma non fece in tempo. Lei gli arrivò addosso, gli cinse il collo con le braccia e si strinse a lui. Se volevano continuare a infierire sul fidanzato, sarebbero dovuti passare sul suo corpo.
Steve non riuscì a capacitarsi di trovare Jenny aggrappata alla sua vittima.
-Non dovevi lasciarla, Kevin!-
-E tu dovevi fermarla!- replicò il ragazzo furente. Si ripulì il sangue sui pantaloni e agitò la mano. Provò a serrare le dita e ci riuscì, ma la ferita gli faceva un male cane.  
Jenny tirò indietro la testa quanto bastava per guardare il fidanzato dritto negli occhi. Scorse lo zigomo tumefatto e sporco di sangue, altro sangue che gli imbrattava la bocca. Represse un singhiozzo.
-Philip, mi dispiace tantissimo. È tutta colpa mia!-
-No, non è colpa tua. Torna al ryokan.- la sollecitò con urgenza e il terrore che prima o poi anche lei finisse per farsi male -Vai a chiamare gli altri.-
-Non ti lascio.-
-Non puoi fare niente.- alzò il viso, vide Kevin avvicinarsi e la pressò -Vai, fai in fretta!-
-Sarebbe inutile. Mi correrebbe dietro e mi riprenderebbe subito.-
-Esattamente, Jenny. Quindi è inutile che ci provi.-
Philip fissò Kevin con odio. Era di fronte a loro e assisteva divertito al dialogo. Avrebbe dato chissà cosa per poter prendere a pugni quella faccia da schiaffi. Fece forza sulle braccia ma non servì in nessun modo a liberarsi dalla stretta degli altri due.
-Vieni, Jenny. Qui sei d’impiccio.-
Philip sentì il braccio di Kevin insinuarsi tra i loro corpi e afferrare la giovane per la vita. Il ragazzo cercò di tirarla via ma per quanto ci provasse non riuscì a staccargliela di dosso. Jenny non lo avrebbe lasciato per nulla al mondo. Farlo significava far ricominciare il pestaggio.
-Mollalo!-
-Lasciami Kevin!- gridò lei di rimando e resistette finché poté, finché il braccio sinistro, quello maltrattato, pulsando di dolorosissime fitte, riuscì a mantenere la presa.
Tra le risate di Steve, Ted e John, si fecero strada suggerimenti sempre più inquietanti.
-Se ti serve una mano ti aiuto volentieri, Kevin!-
-Vaffanculo, Steve!-
-Falle il solletico!-
-No! Slacciale i pantaloni!- gli occhi di Ted scintillarono al solo pensiero -Se non molla, almeno potremo goderci lo spettacolo!-
Jenny si irrigidì, stringendosi ancor più a Philip e affondando il viso contro la sua giacca a vento. Il cuore prese a batterle all’impazzata. Kevin sarebbe stato capace di tanto?
Philip trapassò Ted con uno sguardo di fuoco, poi spostò gli occhi sul ragazzo che continuava a tirar Jenny verso sé.
-Se lo fai davvero, appena mi libero ti ammazzo!-
Steve rise di nuovo.
-Quando avremo finito con te, non avrai più la forza di sollevare neppure un dito.-
Kevin ignorò il suggerimento di Ted che avrebbe potuto creare un incidente diplomatico tra i proprietari del ryokan e suo padre. A lui interessava infierire su Philip, su questo fantastico ragazzo che faceva andare i nonni in giro per il paese a testa alta e con orgoglio, come se Jenny a Shintoku non sarebbe  mai riuscita trovare qualcuno migliore di lui. Strattonò la ragazza con forza e riuscì a staccarla definitivamente da Philip. Lei perse la presa e gli finì tra le braccia. Mentre si dibatteva, gli occhi in quelli del fidanzato che aveva appena lasciato nelle mani dei tre teppisti, Kevin la sollevò di peso e la portò lontana.
-Ti prego, Kevin!- si volse per guardarlo -Ti prego, ti prego, ti prego, ti supplico…- era disperata -Non permettere che gli facciano del male! Kevin, per favore, ti prego…-
-Troppo tardi, Jenny.- fu la sua risposta secca.
Allora lei ricominciò a gridare per chiedere aiuto.

-Insomma, cos’è?- Julian alzò gli occhi dalla rivista. Era almeno la terza volta che udiva quella sorta di eco, come il soffio della brezza tra i rami o il sibilo che penetra attraverso gli infissi nelle giornate di vento.
-Cos’è cosa?- chiese Bruce.
-Questo rumore.-
-Che rumore?-
Nella stanza calò un silenzio totale. Udirono i passi di qualcuno che percorreva il corridoio al piano di sotto, lo scricchiolio del parquet, una porta che veniva richiusa. Un uccellino che cinguettava all’esterno, un altro che gli rispondeva. Tom starnutì e si scusò imbarazzato.
-Non sento niente.- Amy guardò il fidanzato -Cosa avevi udito?-
-Era una voce. Una specie di eco, credo…-
-Udire le voci non è un buon segno.-
Julian lanciò a Benji un’occhiata di sufficienza, poi l’udì di nuovo.
-Ho sentito anch’io. Viene da fuori.- disse Evelyn. Quel suono aveva qualcosa di allarmante, allora si alzò e aprì la finestra.
Udirono un grido lontano che sembrò scaturire dalle montagne, dalla neve, dagli alberi spogli, dalle fenditure delle rocce, dall’aria fredda che penetrava nella stanza.
Era Jenny che chiamava aiuto.
Mark balzò in piedi e si precipitò giù per le scale facendo rimbombare dei suoi passi l’intero ryokan. Impiegò meno di cinque secondi a infilarsi le scarpe e uscire senza giacca, affrontando a testa alta il freddo e l’ignoto significato di quelle urla.

-Basta! Per favore, smettetela!-
Kevin, snervato dalla voce di Jenny che gli feriva le orecchie, non aveva il coraggio di chiuderle la bocca con la mano, terrorizzato che lo mordesse ancora. Tornò a piegarle il braccio dietro la schiena e ottenne soltanto di trasformare le grida di aiuto in urla di dolore.
-Mi fai male! Lasciami! Mi fai male!-
-E allora smetti di gridare!-
Allentò appena un poco la stretta, poi spostò gli occhi su Steve, John e Ted. Avevano fatto un ottimo lavoro ed era giunta l’ora di andare.
Philip era in ginocchio tra la neve sostenuto per le braccia, il capo reclinato in avanti e i capelli sul viso. Il sangue fuoriusciva da una ferita sulla fronte, sotto le ciocche imbrattate, dove la pelle si era spaccata in un doloroso taglio rosso. Gli rigava il volto fino al mento e sgocciolava scarlatto sulla coltre candida, lasciando segni visibilissimi. Non c’era più traccia di odio nei suoi occhi, dal suo volto sfinito era scomparsa la strafottenza con cui li aveva affrontati all’inizio. Era esausto e sofferente, totalmente incapace di reagire.  
Mark arrivò per primo sul luogo dell’aggressione. La sua corsa si fermò solo nel momento in cui scorse tra gli alberi la figurina di Jenny e di qualcun altro che da lontano scambiò per Philip. Quando lei lo vide avanzare, per poco non scoppiò a piangere di gioia e lo chiamò con una tale angoscia che un brivido corse lungo la schiena del ragazzo. Avanzò nella neve a grandi falcate e riconobbe Kevin che chissà come era riuscito a starle di nuovo addosso, senza che anche questa volta Philip potesse farci niente… Philip, appunto! Dove diavolo era finito quel deficiente? Come aveva potuto lasciarla sola con lui? Quando gli alberi si schiusero mostrandogli la scena per intero, ciò che si trovò davanti gli tolse le parole.
Si fermò allibito a un passo dall’amica e da Kevin, dimenticando addirittura che con lui aveva un conto in sospeso. Non riuscì a distogliere gli occhi dal disastro insanguinato che era Philip, e dagli autori di quel capolavoro. Dietro di lui giunsero le voci prima di Benji, poi di Holly. Il capitano, a quello spettacolo, ebbe un mezzo infarto.
-Porca miseria!-
Benji invece fu così sbalordito da non riuscire, stranamente, a spiccicare parola. Poi arrivarono gli altri.
-Philip!- Amy si portò le mani alla bocca in un grido soffocato, scioccata da ciò che riusciva a scorgere del volto tumefatto e insanguinato dell’amico.
I ragazzi che lo stavano picchiando si erano fermati già all’arrivo di Mark e adesso osservavano i nuovi arrivati, consapevoli che non restava loro altro da fare che tagliare la corda.
-Maledetto!- Landers accantonò lo sgomento e fece un passo verso Kevin -Che cazzo hai fatto?- non solo aveva organizzato un pestaggio ai danni di Philip, ma continuava ancora a tenere Jenny stretta a sé. Un comportamento del tutto inaccettabile.
Kevin sembrò rendersi conto di rischiare grosso, mollò la ragazza e lei si precipitò da Philip. Cadde in ginocchio di fronte al fidanzato e gli circondò il torace con le braccia, sostenendolo su.
-Stai bene?- gemette, la voce stentata. Lo sentì mormorare qualcosa e sollevò il volto rigato dalle lacrime verso John e Ted -Lasciatelo subito!-
Stordito dai colpi ricevuti e dal dolore, Philip non si era neppure accorto dell’arrivo dei compagni.  Il viso sprofondato tra i suoi capelli, solo il profumo di Jenny gli consentì di capire che l’agonia era finita. Poi improvvisamente le sue braccia furono libere di ricadergli lungo i fianchi. Quasi urlò di dolore, i muscoli della schiena protestarono, indolenziti e sofferenti. Si aggrappò a Jenny come poté e se lei non lo avesse sostenuto, sarebbe sprofondato con la faccia tra la neve.
-Kevin, forse è meglio andare.-
Il ragazzo guardò Steve che era indietreggiato, Ted e Johnny che lo fiancheggiavano tesi, Jenny che teneva tra le braccia il suo ammaccato fidanzato, che forse adesso non era più tanto fantastico. E poi gli altri, nove paia d’occhi puntati su di lui. La graziosa ragazza con i capelli castani e gli occhi grandi e limpidi lo guardava incredula, scioccata, rifiutando tanta violenza e tanto accanimento verso uno dei suoi amici.
Kevin respinse con fastidio le accuse che quello sguardo sconvolto gli stava riportando alla coscienza e decise che i compagni avevano ragione. Il lavoro era stato fatto, più niente lo tratteneva lì. Era davvero ora di andare.
-Tre contro uno, complimenti davvero!- disse Landers sprezzante -Perché non proviamo a vedere come ve la cavate adesso?-
-Philip…-
Un braccio a cingergli la schiena, con un gesto delicatissimo Jenny scostò i capelli ridotti in ciocche dal sangue che gli aveva imbrattato il volto, il collo, la giacca a vento e il maglione e continuava a stillare dalla ferita. Lo zigomo arrossato ed escoriato dal pugno di Steve stava assumendo un brutto colore bluastro.  
Cercò di aiutarlo ad alzarsi. Il ragazzo soffocò un gemito, poi puntellò un piede a terra e fece forza sulle gambe. Qualcuno lo afferrò sotto un braccio strappandogli un lamento, ma grazie a quell’aiuto poté mettersi in piedi. Jenny, da sola, non sarebbe riuscita a tirarlo su.
-Philip, tutto bene?- era Tom.
-Sì.- rispose con voce roca. Una meraviglia, avrebbe voluto aggiungere ma non ne ebbe la forza.
Il calcio alle costole gli rendeva doloroso persino respirare e lo faceva piano, con cautela, inalando aria sufficiente a consentirgli di sopravvivere, non un anelito di più. Desiderò essere un robot per poter buttare le parti danneggiate del suo corpo e sostituirle con altre nuove. Si chiese se fosse ancora tutto intero perché dal dolore che provava non lo credeva, e quando riuscì finalmente a muovere qualche passo con l’aiuto della fidanzata e di Tom, pensò che in fondo sarebbe potuta andargli peggio.
-Philip, come ti senti?- a Jenny veniva da piangere per la pena, ma riuscì a ricacciare indietro le lacrime.
Lui sollevò il volto, la guardò negli occhi e tentò un sorriso.
-Stavo meglio prima, ma sono ancora vivo.-
Percorrere quel centinaio di metri fino al ryokan tra la neve alta e il terreno sconnesso fu una vera tortura. Ogni passo si trasformò in una fitta lancinante che gli sconquassava il corpo, arrivandogli al cervello. Rientrarono guardinghi, prima Evelyn e Patty per assicurarsi che i nonni non fossero nei paraggi, poi gli altri e infine loro tre.
-Via libera.- disse Mark, facendo cenno a Tom di affrettarsi.
Davanti alle scale Philip capì che avevano tutta l’intenzione di portarlo in camera. E lui non era pronto né ad affrontare la rampa, né ad assecondare la curiosità, l’interesse e la preoccupazione dei compagni.
-No.- scosse la testa rifiutandosi di salire -Sono sporco e sudato, ho bisogno di lavarmi.- più di tutto però voleva vedere in che condizioni lo avevano ridotto. E voleva vederlo da solo. Il torace faceva terribilmente male, il viso andava a fuoco e le braccia dolevano dove i ragazzi lo avevano stretto per tenerlo fermo. La schiena poi era una costellazione di punti critici. Obiettivamente il dopo era sempre peggio del durante.
Jenny non reagì in nessun modo alla sua richiesta, né in un senso né nell’altro. Temeva che la nonna o il nonno lo vedessero e allora avrebbe dovuto raccontar loro qualcosa di cui non voleva parlare, che non voleva che sapessero. Ma intendeva anche accontentare ogni sua richiesta, dal momento che ciò che aveva subito era interamente colpa sua.
Si accorse che Philip la guardava e aspettava, il volto sporco di sangue, i capelli spettinati e l’espressione sofferente che cercava di dissimulare.
Lei e Tom lo lasciarono davanti alla porta degli spogliatoi dove pretese di entrare da solo. Insieme salirono al piano di sopra, Becker per raggiungere gli amici, Jenny per recuperare degli abiti puliti da riportare al fidanzato.
-Che ci faceva Kevin insieme a voi?- le chiese Benji quando la vide entrare.
Jenny non seppe cosa rispondergli, allora scosse la testa e senza dire nulla si fermò davanti all’armadio a muro in cerca di vestiti puliti per Philip.
Patty la raggiunse.
-Come vi hanno trovati? Come sapevano che eravate fuori?-
-Sono stati fortunati, immagino.- alzò un braccio per afferrare una felpa dallo scaffale più alto e una fitta la fece sussultare. Ritirò di scatto la mano e si strinse la spalla con l’altra.
-Ti sei fatta male?- si preoccupò l’amica.
-Non è nulla.-
-Quale vuoi?-
-Quella blu.-
Patty prese la felpa e gliela porse.
Jenny recuperò per ultimo un paio di calzini e lasciò in fretta la stanza.  
Gli amici la guardarono uscire in silenzio, e solo quando udì i suoi passi sulle scale Mark parlò.
-Che stronzo! Ha fatto male anche a lei!-
-Di che ti meravigli? Al lago l’ha schiaffeggiata.-
Holly raggiunse la porta.
-Dove vai?-
-A vedere come sta Philip.-
-Non ti lascerà entrare.- lo avvertì Tom.
-Non potrà certo impedirmelo.- uscì, scese le scale e percorse tutto il corridoio. Voltato l’angolo trovò Jenny seduta a terra, le gambe piegate, la fronte sulle ginocchia e la spalla dolorante stretta in una mano. Teneva la schiena appoggiata contro la porta dello spogliatoio maschile e fu costretto a fermarsi per non calpestarla.
-Cosa stai facendo?-
La giovane sussultò spaventata, si asciugò rapidamente gli occhi con la mano e gli rispose senza tirare su il viso.
-Non vuole che entri.- era riuscita a malapena a passargli i vestiti da uno spiraglio della porta. Si alzò per scostarsi e dopo un respiro profondo alzò gli occhi -Vai alle terme?-
-Voglio vedere come sta.-
Jenny annuì e un attimo prima che entrasse gli porse il flacone di crema rimasto a terra in un angolo. Holly lo prese e le sorrise.
-Stai tranquilla. Sono sicuro che non è niente di grave.- scostò le tendine blu, aprì il pannello scorrevole e sparì nello spogliatoio.
Trovò Philip davanti al lavandino, indossava soltanto i jeans. A torso nudo si guardava critico allo specchio, togliendosi il sangue dal viso e dalla ferita sulla fronte con delle salviette umide. Scorse Holly avvicinarsi attraverso il riflesso. Gli lanciò giusto un’occhiata, poi tornò a ripulirsi la pelle.
-Come stai?-
Il corpo di Philip era costellato di segni rossi, soprattutto sul torace, che il giorno successivo si sarebbero trasformati in dolorosi lividi blu. La ferita sulla testa aveva ripreso a sanguinare.
-Pensavo peggio.-
-Perché ti stavano picchiando?-
-Perché Kevin è uno stronzo.-
-Gli hai fatto qualcosa?-
-Gli dà fastidio che sto con Jenny.-
Holly ripensò all’amica che stazionava sulla porta.
-È qui fuori. Ti sta aspettando.-
Attraverso lo specchio Philip lo fissò un istante, poi posò le salviette sul bordo del lavandino, si protese in avanti, aprì l’acqua e si lavò il viso. Quando si tirò su, grondante, Holly gli porse un asciugamano.
-Le fa male la spalla.-
-Kevin le ha piegato il braccio dietro la schiena per tenerla ferma.- e ancora si tormentava per non essere riuscito a impedirlo in nessun modo -Faccio la doccia.- si slacciò i pantaloni e se li sfilò gemendo. Li gettò da una parte e si massaggiò le costole doloranti. Holly notò delle escoriazioni anche lì.
-Non credo che domani ti allenerai con noi.-
Philip posò su di lui uno sguardo autenticamente incredulo.
-Perché?-
-Visto come ti hanno ridotto, sarà già tanto se domattina riuscirai ad alzarti.-
Il ragazzo fece spallucce e soffocò un lamento. Finì di spogliarsi con precauzione e si diresse verso le docce.
-Dopo metti questa.- gli gridò dietro Holly, posando la pomata di Jenny sul lavandino.

Circa tre ore più tardi, Holly e Patty si godevano le terme immersi nell’acqua bollente fino al collo. I compagni facevano confusione più in là e loro erano riusciti a ritagliarsi un’oasi di privacy e solitudine tra il vapore, le rocce e le piante. Un pacifico silenzio li cullava ormai da qualche minuto, precisamente da quando lui aveva rivolto alla fidanzata la stessa domanda per ben due volte senza ottenere da Patty nessuna risposta. In compenso udiva la voce di Bruce, dall’altra parte della vasca, che faceva il pagliaccio come suo solito.
Patty si strinse le ginocchia al petto e sospirò. Forse era quarta o la quinta volta che lo faceva, pensò Holly. Per attirare la sua attenzione cercò la sua mano sott’acqua e intrecciò le dita con quelle di lei.
-Cos’hai?-
-Ho avuto paura. Una paura folle che gli avessero fatto davvero male. Cosa sarebbe accaduto se non fossimo arrivati, se Julian non avesse udito le grida di Jenny?-
-Probabilmente l’avrebbero picchiato ancora un po’ e poi si sarebbero stancati.- disse seguendo con la punta di un dito una goccia d’acqua che dalla spalla le stava scivolando piano lungo il braccio.
-Kevin è un ragazzo violento e problematico, ma non avrei mai immaginato che sarebbe arrivato a tanto.-
-Sinceramente non riesco neppure a capire perché lo abbia fatto. Philip ha detto che gli dà fastidio che stia con Jenny, ma non mi pare una ragione sufficiente a giustificare tanta brutalità.- sollevò la mano e le spostò dietro l’orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita al mollettone -Dove sono andate Amy e Jenny?-
-A Shintoku, a portare gli abiti di Philip in tintoria. Ci hanno provato in tutti i modi ma non sono riuscite a togliere il sangue dalla giacca a vento.-
Holly cambiò argomento, approfittando del fatto che fossero soli e che per una volta i compagni li stessero lasciando tranquilli.
-Patty, che hanno detto i tuoi genitori?-
-A che proposito?-
-Sulla tua decisione di venire in Brasile con me.-
La ragazza riemerse dall’acqua e appoggiò la schiena alla roccia.
-Ho parlato solo con la mamma, che naturalmente è d’accordo. Probabilmente anche papà, ma glielo devo ancora dire.- sospirò pensierosa e un po’ preoccupata. In realtà convincere sua madre non era stato facile. Aveva impiegato quasi tre giorni, perché la donna non riusciva a rassegnarsi a lasciar andare la figlia in un paese sconosciuto e così lontano. Aveva cercato di imporle di sposarsi prima della partenza. Ma Patty di questa condizione preferiva non parlare a Holly, le sembrava quasi un ricatto. Lei e sua madre avevano raggiunto un punto morto e nessuna delle due aveva ancora comunicato la decisione al papà.
Holly percepì la sua esitazione.
-Non sono sicuro che sia il caso che tu venga…- cominciò a dire mentre gli occhi di lei si riempivano di contrarietà e di sconforto -Non guardarmi così, Patty. Non sto dicendo che non voglio. L’estate si avvicina, mi resta poco da giocare. Solo quattro mesi.-
-Quattro mesi sono troppi.- scosse la testa, per lei sarebbe stato troppo anche solo un mese, una settimana, un giorno. La loro relazione a distanza era durata quatto anni, precisamente da poco prima dell’inizio del liceo, che Patty aveva dovuto frequentare senza di lui, già partito per San Paolo. E adesso non ne poteva più, stargli lontana ormai le provocava quasi un dolore fisico.
-Il prossimo anno dovrò trovare un’altra squadra.-
-Hai qualche idea?-
Alzò le spalle indeciso.
-Credo che mi piacerebbe l’Europa.-
-Europa, Brasile… Distano quasi allo stesso modo dal Giappone.-
-Lo so, mi dispiace. Dovrò viaggiare, cercare, incontrare parecchia gente, trovarmi un procuratore, sponsorizzarmi… Sarà stancante e alla fine quest’estate tornerò comunque in Giappone.-
Patty lo guardò, capì che intendeva convincerla ad aspettarlo a Fujisawa.
-Non chiedermelo per favore. Non voglio.-
Holly le accarezzò una guancia e avvicinò il viso a quello di lei.
-In verità neppure io.-
Parlavano da mesi del loro futuro e in tutto quel tempo lui non era riuscito a toglierle dalla testa l’idea di accompagnarlo. E se finora la fidanzata non si era lasciata convincere, era del tutto inutile continuare a tenerle nascosto quanto soffrisse anche lui la sua mancanza.
Quando non era con lei provava nostalgia pur trovandosi tra i compagni di squadra, gli amici, i tifosi, i fan. Era il turbamento di un’assenza, di un vuoto dentro di sé. Una sensazione che raggiungeva il suo picco quando qualcosa lo colpiva, come i fantastici paesaggi del Brasile, così diversi da quelli giapponesi. In quei momenti il senso di solitudine latente che aveva dentro affiorava in superficie e allora soffriva di non essere con lei, di non averla accanto a sé, di non poter condividere pensieri, sensazioni ed emozioni. Molte volte, in quegli anni trascorsi da solo, aveva provato il desiderio di passeggiare mano nella mano per le vie di San Paolo, portarla a vedere il carnevale di Rio, fare il bagno sulla splendida spiaggia di Copacabana fino al tramonto, ospiti di una delle suite più belle del mondo. In realtà sì, avrebbe davvero desiderato tornare in Brasile con lei.
Così tanto da non notare un’ombra sotto la superficie dell’acqua, un movimento che provocò delle piccole increspature.
Bruce emerse di colpo vicinissimo, ricoprendoli di spruzzi e spazzando via in meno di un attimo la loro intimità.
-Paura?-
A quanto pareva sì. Patty era aggrappata al fidanzato e fissava Bruce pallida come un cadavere, con gli occhi spalancati e l’espressione sconvolta. L’asciugamano che avvolgeva il suo corpo era scivolato via lasciandole la schiena completamente nuda. Holly continuava a stringerla a sé e lo guardava cadaverico, neanche fosse affiorato il mostro di Loch-ness.
-Sei matto?- lo assalì Patty -Vuoi farci morire di paura?- mentre il cuore seguitava a batterle all’impazzata, si mosse a tentoni ma non riuscì a trovare l’asciugamanino.
Bruce lo notò e rise.
-Senza stai meglio.-
Lei arrossì e s’immerse nell’acqua fino al mento, continuando a cercare il telo. Holly divenne paonazzo, ma di collera.
-Fila via, Bruce!- gli gridò dietro mentre il compagno si allontanava ridendo.

*

Fu la fame a svegliarlo, o forse il tintinnare sommesso dei piatti e le frasi sussurrate degli amici. O più probabilmente, le fitte di dolore che gli attraversavano il corpo da una parte all’altra in ondate sempre più intense man mano che riemergeva dal sonno. Philip si tirò su e i suoi muscoli protestarono così selvaggiamente che gli sfuggì un’imprecazione.
I ricordi del pestaggio gli invasero la testa tutti insieme e senza ordine. Maledetto Kevin, pezzo di merda, stronzo bastardo! Maledetto lui e maledetti quei tre deficienti che lo avevano accompagnato! Esaurita l’invettiva silenziosa si sentì appena appena meglio. Allora si mosse e riuscì a mettersi seduto nel momento in cui Jenny compariva al suo fianco.
-Philip, come stai?-
Inutile mentire, era sicuro che gli si leggesse in faccia che gli faceva male dappertutto.
-Più o meno come prima.-
-Vuoi mangiare?-
Quella sì che era un’ottima proposta. Philip annuì di riflesso, non ebbe bisogno di pensarci neppure un istante. Aveva una fame da lupi! Dopo la doccia era salito in camera, una fitta ogni scalino, e non aveva trovato nessuno. Così era passato nella stanza accanto in cerca della fidanzata. Nessuno anche lì. Aveva percorso il corridoio aprendo una porta dietro l’altra delle stanze libere, poi era tornato al punto di partenza. Mentre si chiedeva se aveva la forza di affrontare le scale per scendere a cercarla magari in cucina, dove era probabile che fosse, una rivista abbandonata sul tavolino aveva attirato la sua attenzione. Si era avvicinato e l’aveva riconosciuta, era la rivista che qualche giorno prima Bruce aveva chiesto a Jenny di comprare. Non riuscì a capacitarsi su come fosse riuscito a procurarsela e perché fosse nella stanza delle ragazze. Forse Evelyn l’aveva sequestrata. La curiosità l’aveva avvicinato al tavolo. Dopodiché l’aveva presa, si era seduto sui tatami e l’aveva sfogliata, tanto per passare il tempo in attesa che la fidanzata si rifacesse viva. La doccia aveva rilassato il suo corpo in tensione, trasformando ogni respiro in una dolorosa fitta. Persino voltare le pagine gli provocava sofferenza. Complice la nottata passata in bianco nel capanno degli attrezzi, si era addormentato senza accorgersene, sprofondando in un sonno così profondo che neppure il ritorno dei compagni lo aveva svegliato.
Sotto gli occhi preoccupati di Jenny, strinse i denti e si mise in piedi. Una mano sul fianco ad attenuare il dolore alle costole, attraversò la stanza delle ragazze ed entrò nell’altra. Gli amici erano seduti intorno al tavolo e avevano cominciato a mangiare senza aspettarlo.
-Avete quasi finito!-
-Dormivi così bene che ci dispiaceva svegliarti.- replicò Bruce a bocca piena.
-Dì piuttosto che pensavi di sbafarti anche la mia parte!-
Amy prese una ciotola pulita e la riempì di riso.
-Ce n’è anche per te.-
-Avete già visto la partita?-
-Stavamo aspettando che ti svegliassi.-
Philip rivolse a Julian uno sguardo perplesso.
-Per mangiare non mi aspettate ma per vedere la partita sì. Che razza di ragionamento è?-
-Dì un po’ Callaghan, hai ancora voglia di litigare? Non ti è bastato?- domandò Benji provocatorio.
Il giovane replicò con un’occhiataccia, poi prese fiducioso una compressa dalle mani di Jenny e la mandò giù con l’acqua. Dopodiché si accinse a mangiare. Aveva una fame terribile e si servì abbondantemente. Julian rise.
-Il pestaggio non ti ha certo fatto passare l’appetito.-
-Piuttosto me l’ha fatto venire. Ho consumato un sacco di energie.-
-A prendere pugni?- lo prese in giro Benji.
-A darli.-
-Ah, perché li avresti anche picchiati?-
-Più di una volta! Vero Jenny?- si volse per chiederle conferma e vide che lei restava silenziosa, gli occhi fissi sul piatto. Era seria, non seguiva la conversazione e sedeva rigida -Jenny? Cos’hai? Ti fa male il braccio?- appoggiò le bacchette sul tavolo e le posò una mano sulla spalla.
Lei sussultò.
-No, sto bene.- disse, ma non riusciva quasi a muovere il braccio e l’aspirina ingoiata poco prima giù in cucina non aveva ancora fatto effetto.
-Ora che mi ci fai pensare, mi pare infatti che uno di loro avesse il viso sporco di sangue.- annuì Mark.
-Lui è stato il primo.- Philip agitò con orgoglio le bacchette nell’aria -A un altro ho regalato un pugno nello stomaco.-
Jenny posò bruscamente il bicchiere sul tavolo.
-Possiamo evitare di parlarne?- la scena continuava a comparirle davanti agli occhi, anche senza sentirla rievocare, provocandole un senso di colpa sempre più cocente.
-Scusa…- Philip non riuscì a incontrare il suo sguardo ma capì che l’argomento non era gradito. Allora cambiò discorso -Cosa avete fatto nel pomeriggio?-
-Indovina un po’?- Bruce lo guardò annoiato -Beato te che hai dormito.-
-Se vuoi dormire anche tu come me, posso provvedere.-
-No grazie, preferisco restar sveglio.-
Quando anche Philip ebbe finito di cenare, Evelyn e Amy impilarono le stoviglie su un paio di vassoi e le portarono giù in cucina. Patty e Jenny radunarono coperte e cuscini rassettando un po’ la stanza e Mark e Julian scesero di sotto a recuperare il lettore dvd della nonna. Philip si alzò per andare in bagno, incriccato e dolorante, e quando la fidanzata lo vide uscire lo raggiunse nel corridoio.
-Come ti senti? Realmente, intendo.-
Philip incontrò i suoi occhi carichi di preoccupazione. Allora le prese il viso tra le mani e le sorrise rassicurante.
-Te l’ho detto. Sto bene, davvero.- affondò le dita tra i suoi capelli morbidi e profumati e glieli scostò indietro in un gesto al contempo possessivo e delicato.
Jenny lo ascoltò dubbiosa perché continuava a vederlo sofferente. Gli sfiorò con la punta dell’indice lo zigomo tumefatto e lui si scostò di colpo, lasciandosi sfuggire un sussulto di dolore.
-Sicuro?-
-Sì ma non toccare.-
-Ecco il dvd.- annunciò Julian comparendo sul pianerottolo. Teneva in mano la scatola nera e Mark lo seguiva con i cavi e il telecomando.
Quando Philip rientrò in camera, Mark e Julian stavano ancora finendo di collegare i fili. Quasi si scontrò con Bruce che si aggirava per la stanza. Cercò Jenny e la trovò seduta davanti al tavolo. Lei gli fece cenno di raggiungerla, indicandogli il cuscino che aveva preparato al suo fianco. Ma Philip preferì appoggiare la schiena contro la parete.
Jenny allora si alzò per andare a sedersi al suo fianco. Philip sentiva dolore ovunque e non riusciva a sistemarsi. Impiegò del tempo per trovare una posizione comoda. Alla fine capì che avrebbe comunque sofferto in qualsiasi posizione e si rassegnò.
Mark controllò i cavi dopo averli collegati, poi girò intorno al tavolo e si sedette sotto la finestra.
-Chi ha il telecomando?-
-Harper.-
Seguendo lo sguardo di Julian si volse indietro. Il ragazzo frugava nell’armadio già da alcuni minuti.
-Cosa stai cercando?-
-Un cuscino, Holly! Li avete presi tutti, accidenti a voi!-
-Impossibile, sono undici precisi.- Patty si guardò intorno.
-Allora qualcuno si è messo comodo.- afferrò una pila di coperte e la depositò sul pavimento.
-Visto che sei in piedi spegni la luce, Bruce?-
-E poi magari fai partire il dvd.- aggiunse Julian -Saltiamo l’inno, vero?-
Tom non fu d’accordo.
-Assolutamente no. Pierre si mette in posa per le riprese e le foto. È uno spasso, voglio vederlo.-
-Stanno entrando in campo.- avvertì Holly invocando il silenzio.
Gli occhi dei compagni si spostarono sullo schermo che mostrava gli spalti stracolmi di tifosi scalpitanti. Come sottofondo ai commenti del cronista si udivano cori, grida, fischi e trombette. C’era un’enorme quantità di gente, doveva essere tutto esaurito, e tre quarti dello stadio era rosso, nero e giallo.
-Dove giocano?-
-All’Olympiastadion di Monaco.- rispose Benji -È uno degli stadi più belli in cui mi sia mai capitato giocare. Settantamila spettatori sugli spalti e la struttura è ancora nuovissima anche se è stata edificata anni fa per le olimpiadi, come tutto il quartiere.-
-È bello?- domandò Amy curiosa.
L’inno francese partì, facendo da sottofondo alla risposta del portiere.
-Vieni a vedermi giocare una volta e te ne renderai conto.-
Le parole di Benji urtarono contro un nervo che Julian non si aspettava di avere scoperto. Si volse di scatto, cercando nel buio lo sguardo più provocante che provocatorio del portiere, convinto di trovarlo ancora su Amy, carico di chissà quali improvvisi sottintesi. Fu invece con fastidio misto a sollievo che si rese conto che Benji seguiva la tv, come del resto tutti gli altri. Tornò a guardare lo schermo a sua volta, sforzandosi di scacciare la sgradevole sensazione che lo aveva assalito improvvisa, lasciandolo con l’amaro in bocca a convincersi che le parole di Price più che un invito erano state un tentativo scortese di troncare il discorso. La voce di Bruce lo aiutò a pensare ad altro.
-Tiferai per i francesi, Tom?-
-Che senso ha? Hanno perso.-
-La Francia ha perso?- domandò Patty .
-Esattamente: due a uno. Ecco Pierre, la star della nazionale.-
Il volto del capitano della Francia riempì completamente l’obiettivo della telecamera. I bei tratti regolari del volto, gli occhi azzurro cielo a cui sembrava che la Francia avesse appositamente intonato il blu della bandiera, il naso dritto e fiero, le ciglia lunghe, lo sguardo profondo, i capelli biondi e mossi, lunghi fino alle spalle, fili lucenti che brillavano alla luce, e il portamento elegante del rampollo di una nobile famiglia. Al contrario dei compagni non cantava la marsigliese ma sorrideva a beneficio delle fan che riempivano gli spalti.
-Mi pare che possa permettersi di credersi una star.-
-Hai ragione, Patty. Non gli manca nulla per vincere un oscar.-
Tom rise.
-Al massimo il Pallone d’oro.-
-Non può sperare neanche in quello, glielo soffierà Holly.-
-Grazie per la fiducia, Bruce.-
-Eterna e incrollabile fin dalle elementari.-
-Mettiamo un punto a questa dichiarazione d’amore?- domandò Benji -Holly ha già Patty e mi pare abbastanza.-
Ignorando i loro infantili battibecchi, la telecamera si spostò sugli altri volti della nazionale francese, per ultimo un ghignante Louis Napoleon. Bruce sbuffò infastidito dal suo sorriso ipocrita.
-Come al solito c’è anche lui.- borbottò scontento -È colpa sua se hanno espulso Ralph.- era trascorso un bel po’ di tempo ma non avrebbe mai dimenticato l’episodio.
-Ce l’hai ancora con lui?-
-Non dovrei, Mark? Abbiamo rischiato di perdere.-
-Sono passati anni.-
-Ma poi abbiamo vinto e a Peterson un’ammonizione non ha fatto certo male.- fece notare Julian cinico.
-A volte è troppo aggressivo persino durante gli allenamenti.- commentò anche Philip dal suo angolino. Poi si mosse per cambiare posizione costringendo la fidanzata a fare altrettanto.
L’incontro era appena all’inizio del secondo tempo quando il capo di Philip scivolò sulla spalla di Jenny. La Francia aveva segnato, la Germania pure. Si volse piano e lo vide addormentato. Allora si scostò con delicatezza per non svegliarlo e raggiunse gli altri attorno al tavolo.
Al termine dell’incontro Tom spense la tv.
-Bella partita.- commentò Holly alzandosi. Sollevò le braccia per sgranchirsi e la sua schiena scricchiolò.
-Lo riportiamo giù adesso il dvd?-
-Sì, Julian.- lo sollecitò Amy -Se non lo fai ora sono sicura che rimarrà qui in eterno.-
Lui staccò i cavi, lo prese e lasciò la stanza. Quando tornò, nel corridoio scorse Benji che usciva dai bagni e si dirigeva verso di lui. Anche il portiere lo individuò e Julian fu sicuro di leggergli in faccia l’espressione seccata di chi, per evitare uno spiacevole incontro, se avesse potuto avrebbe cambiato strada volentieri. L’atteggiamento del compagno gli scombussolò l’umore e lo portò a pronunciare parole di cui si pentì immediatamente.
-E così dobbiamo venire a vederti all’Olympiastadion.- furono parole che risultarono a lui stesso stupidamente infantili.
-Perché mai?-
La risposta di Benji trasudò sorpresa, facendogli capire due cose. Prima di tutto che la risposta data ad Amy non era stata tanto un invito quanto una provocazione che non aveva lasciato traccia di sé nei pensieri di chi l’aveva pronunciata. La seconda cosa fu di aver appena fatto la figura dello stupido fidanzato, geloso senza uno straccio di motivo.
Benji lo superò ignorandolo.
Jenny, con lo yukata bianco e blu di caldo cotone indossato per la notte, lo intercettò sul corridoio un istante prima che varcasse la soglia della stanza dei ragazzi.
-Posso entrare?-
-Holly è nudo, ma per lui non è un problema.-
-Per me sì. Preferisco aspettare.-
-Era uno scherzo. Vieni.-
Philip dormiva ancora nell’angolo nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato. Si inginocchiò al suo fianco e gli accarezzò i capelli sfiorando la ferita sulla fronte.
-Philip, metti il pigiama?-
La voce riuscì a raggiungere la sua coscienza nonostante il sonno. Aprì appena gli occhi, scosse la testa e li richiuse, reclinando il capo contro il muro.
-Lascialo stare, Jenny. È già tanto che riesca a dormire.-
Lei annuì, si alzò e andò da Tom che stava provando a dare un senso al cumulo di coperte rimestate da Bruce prima della partita. Recuperò il futon e il cuscino del fidanzato e tornò da lui.
-Philip, almeno mettiti sotto le coperte. Prenderai freddo.-
Lui dormiva così profondamente che non la udì e non si mosse. Julian si accostò osservando il livido sullo zigomo e il taglio sulla fronte, su cui si era formato uno strato scuro e sottile di sangue rappreso.
-Philip, infilati a letto.- Jenny gli prese una mano e gliela strinse.
-Com’è che non si sveglia?- domandò Bruce.
-Gli ho dato la morfina.-
Holly trasalì.
-Dove l’hai presa?-
Jenny si agitò a disagio sotto lo sguardo sgomento del capitano.
-In farmacia, quando sono andata a Shintoku con Amy.-
-Gliel’ho consigliata io.- intervenne Julian per trarla d’impaccio e nel contempo rassicurare il capitano -Altrimenti non sarebbe riuscito a riposare e avrebbe trascorso tutta la notte a lamentarsi.-
-Ottima mossa. Almeno potremo dormire tranquilli.- Bruce finì di sistemare il proprio futon, lanciandole di nuovo un’occhiata -Vedrai Jenny che quando sentirà freddo si coprir da solo.-
Julian, osservando la ragazza che distendeva le coperte sopra il corpo ammaccato e dolorante del fidanzato, scosse la testa.
-Non lo farà. Fai conto che sia morto.-
Lei sobbalzò.
-Morto?-
-Scusa, ho esagerato. Era giusto per rendere l’idea.-
Evelyn entrò nella stanza dei ragazzi attraverso il pannello divisorio che separava le due camere, portando con sé un cuscino, che lasciò cadere sul futon di Bruce.
-Che stai facendo?-
-Anch’io dormo qui. Non possiamo lasciare Jenny sola con voi.-
Benji si volse contrariato.
-Perché Jenny dovrebbe dormire qui? Callaghan non ha bisogno di assistenza. Come minimo dormirà fino a domattina. Io non sono d’accordo.-
-Lo immaginavo.- sospirò Holly rassegnato -Fai una cosa: ignorale. Se ti impegni, ci riesci perfettamente.-
Amy li raggiunse per ultima. Spense la luce lasciando la stanza in una penombra rischiarata dalla pallida luce della luna che si specchiava sui vetri tra le tende aperte.
Ancora ben sveglio, Mark sedeva come di consueto sul davanzale della finestra. Guardava le luci lontane di Shintoku che punteggiavano la valle e ripensava agli avvenimenti di quel giorno. Alla notte precedente trascorsa in beata solitudine mentre i compagni dormivano scomodi nello spazio freddo e stretto del capanno degli attrezzi, alle foto delle amiche nelle terme comparse inaspettatamente nel cellulare di Bruce. Al terrore e al sollievo che si erano alternati sul volto di Jenny quando l’aveva raggiunta nel bosco quel pomeriggio, al volto insanguinato di Philip caduto nell’agguato. Infine al brutto muso di Kevin a cui doveva ancora restituire il pugno ricevuto al primo incontro, maggiorato degli interessi per ciò che aveva fatto a Philip e Jenny. Nel mondo innevato che circondava il ryokan il chiarore lunare illuminava la neve tingendola di blu. E su quel blu e sulla distesa azzurra, la vegetazione si trasformava in impenetrabili macchie nere. Il cielo era sereno, quella notte non avrebbe nevicato.
Il fruscio delle coperte e il mormorare delle voci si spense poco a poco. La stanza sprofondò nel silenzio dei respiri addormentati mentre uno dopo l’altro i ragazzi venivano vinti dal sonno. Solo Jenny era sveglia, seduta accanto a Philip, il mento appoggiato sulle ginocchia strette al petto. Fissava il fidanzato disteso sotto di lei, chissà cosa le frullava nella testa.
Mark si alzò e raggiunse silenzioso il futon, che lo aspettava accogliente, accanto a quello di Philip. Il suo corpo si stagliò scuro contro il chiarore lunare gettando un’ombra sulla ragazza, che alzò il viso a guardarlo. I loro occhi, luci nell’oscurità, si incrociarono silenziosi per un istante, quasi a darsi la buona notte.
Passò altro tempo, una quantità indefinita. Jenny sbadigliò rannicchiandosi tra le coperte accanto al fidanzato, adagiò il viso sul cuscino. Il respiro di Philip le accarezzava una guancia. Gli rimboccò le coperte intorno alle spalle e chiuse gli occhi così stanca e assonnata che neppure il ricordo di quella giornata fu abbastanza vivido e sgradevole da tenerla sveglia.
Mark rimase a guardarla per un po’, disteso sotto le coperte, dal lato di lei, la testa appoggiata sulla mano di un braccio piegato, il gomito sprofondato nel cuscino. Solo una manciata di centimetri di tatami separava il suo futon da quello di Callaghan. Quando fu certo che anche Jenny dormisse, le accarezzò piano i capelli sfiorandole una spalla. Poi si sporse verso di lei e si chinò a toccarle la fronte con le labbra in un bacio consolatorio.
Distesa ma ancora ben desta, Evelyn spalancò gli occhi e soffocò nel cuscino un’esclamazione sorpresa. Il cuore prese a martellarle improvviso nelle orecchie, mentre si rendeva conto che ciò a cui aveva appena assistito era davvero sconvolgente. Non avrebbe mai immaginato di riuscire a vedere Landers baciare una ragazza. Che poi la prescelta fosse Jenny era inconcepibile, inaccettabile e impensabile. Se Philip lo avesse saputo, se li avesse visti… Cosa sarebbe successo? E lei sarebbe riuscita a tenersi per sé un segreto così grande?

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Capitolo 11
*** 9 - Alcol e sapone - prima parte ***


- 9 -
Alcol e sapone
Prima parte


La sveglia suonò alle sette in punto. Amy tese un braccio fuori dalle coperte e la spense, riportando il silenzio nella stanza. Holly sbadigliò, si mosse nel futon e si liberò con cautela di Patty che gli dormiva avvinghiata addosso come un’edera. Si tirò su e si guardò intorno. Amy sedeva tra le coperte con il telecomando in mano e aveva appena acceso il climatizzatore per scaldare la camera. Gli altri giacevano ancora più o meno insonnoliti.
-Dov’è Philip?-
Non c’erano né lui né Jenny e neppure il futon in cui la sera prima si erano addormentati.
-Si è trasferito di là.- lo informò Amy -Si è svegliato verso le due e si sentiva così indolenzito da non riuscire a stare neppure sdraiato. Ha preso un altro analgesico di quelli di Julian e lui e Jenny hanno portato il futon nell’altra stanza in modo da non disturbare.-
Holly si alzò, raggiunse il pannello divisorio e si affacciò. Philip dormiva profondamente, il viso tumefatto sprofondato nel cuscino. Jenny invece era sveglia, seduta al suo fianco ancora un po’ assonnata.
Holly si volse indietro. Nella camera regnavano il silenzio e la quiete più assoluti. E se invece di esortare i compagni ad alzarsi com’era giusto che facessero vista l’ora, ne avesse approfittato per andare in bagno? Gli sembrò così una buona idea che recuperò degli abiti da indossare e uscì in tutta fretta.
Jenny sbadigliò. I capelli di Philip spettinati dal sonno, lasciavano scoperte sulla fronte tracce di sangue rappreso. Sullo stesso lato del viso, lo zigomo tumefatto spiccava di un blu violento, nonostante la crema che lei vi aveva spalmato la sera prima e poi durante la notte. Non sarebbe stato facile nascondere il livido ai nonni. E se l’avessero visto, cosa poteva inventarsi? Che era caduto sul lago mentre pattinava? Che si era fatto male durante gli allenamenti? Di sicuro Jenny non intendeva raccontar loro dell’agguato. Era sicura che i nonni tenessero a Kevin, che avevano visto crescere, tanto quanto a Philip e del resto lei non desiderava affatto addolorarli, nonostante ciò che era accaduto. Si alzò continuando a rimuginare. Una pallonata in faccia? Uno scivolone tra la neve? Si affacciò nella camera dei ragazzi. Erano ancora tutti nei futon.
-Non vi alzate?-
Udire la sua voce per Mark fu uno shock che gli spalancò gli occhi sul soffitto. Impossibile gli fu cancellare  dalla testa il ricordo di un’azione tanto inspiegabile compiuta la sera prima. E lei? Si era accorta del suo gesto insensato? Aveva percepito nel sonno le sue labbra sulla fronte? Si volse con un peso sullo stomaco ma l’espressione della ragazza non lasciava trapelare nulla. Allora si sforzò di annientare il ricordo di quel momento di debolezza.
-Callaghan?- le chiese.
-Dorme, finalmente. È rimasto sveglio a lungo.-
-Stamattina non verrà con noi.-
-Certo che no.- Jenny lo guardò seria. Non avrebbe permesso a nessuno di svegliare Philip, tanto meno di portarlo fuori. Sicuramente mai ad allenarsi.
Mark ricambiò l’occhiata con altrettanta fermezza.
-La mia era soltanto una constatazione.- distolse gli occhi per non pensare alla necessità, rifiutata in blocco, di riprendere con se stesso il dialogo che il sonno aveva interrotto, e trovare una risposta all’assurdo e inaccettabile bacio -Questa mattina non ci alleniamo?-
Nessuno gli rispose e lui sbuffò tirando le coperte su su sopra le orecchie, poco propenso ad alzarsi e affrontare l’inverno. Nella calda penombra si rivide per l’ennesima volta baciare Jenny, quasi come se la sua mente non riuscisse più a formulare un pensiero diverso da quello. Il disagio gli riempì lo stomaco con una sensazione spiacevolissima. Jenny gli piaceva? No, nel modo più assoluto! E allora? Perché l’aveva baciata? Non capiva, maledizione! Assolutamente non capiva!
Holly tornò dal bagno e trovò la situazione grosso modo come l’aveva lasciata.
-Perché siete tutti ancora a letto?-
Mark sospirò contro il cuscino, poi scostò le coperte risoluto. Bastava restare lontano da Jenny e di sicuro il proprio infallibile istinto avrebbe smesso di fare cilecca. Si alzò e lasciò la stanza diretto in bagno, più tetro e silenzioso che mai.
-Benji-Tom-Julian-Bruce!-
Il richiamo catapultò Jenny verso il pannello divisorio rimasto spalancato. Lo chiuse con fermezza, temendo che la voce del capitano svegliasse Philip.
Immerso in un beato dormiveglia, i capelli della fronte agitati dal getto caldo del climatizzatore, Benji aprì pigramente un occhio.
-È ora?-
Holly si materializzò al suo fianco.
-Certo che è ora! È ora da un pezzo! Non hai sentito la sveglia?-
-Poco.-
-Che significa “poco”? Ti alzi o no?-
-Posso decidere io?-
-No che non puoi!-
-Allora perché me lo chiedi?-
L’occhiata che lo trafisse fu così acuminata da indurre Benji a dargli ascolto, più che altro per metterlo a tacere. Mentre si alzava con la pigrizia tipica delle mattine invernali, incrociò lo sguardo divertito di Amy seduta sul futon di Julian con le ginocchia piegate e strette al petto.
-È così tutte le mattine?-
-Anche peggio.- sbadigliò Bruce, scostando le coperte perché finalmente la fame aveva scalzato il sonno -Almeno oggi non grida.-
Benji annuì.
-Rispetto ai primi giorni è migliorato.-
-Holly non grida per non svegliare Philip. E poi io non mi riferivo a lui ma al tempo che ci vuole per tirarvi fuori dal letto.-
Il portiere non gradì affatto il tono di divertito rimprovero dell’amica e le indicò Julian ancora disteso, più addormentato che sveglio.
-Invece di criticare noi, pensa al tuo ragazzo.-
Lei  si volse e trasalì.
-Julian, è tardi. Ti devi alzare.-  
Fu più o meno la stessa frase che Holly rivolse giusto in quell’istante a Patty. Ormai vestito e pronto a scendere per la colazione, con lo stomaco che cominciava a contorcersi per la fame, si inginocchiò al suo fianco e scostò la coperta.  
-Patty, è ora.-
-Arrivo...- mugolò ma sembrava non avere alcuna intenzione di muoversi.
Holly infilò la testa nel tunnel di coperte creato dal suo corpo, i suoi occhi erano chiusi, i capelli le coprivano un lato del volto. Allora le stampò un bacio sulle labbra, all’insaputa di tutti.
Una mezz’ora più tardi di quella stessa assolata e gelida mattina, alle sette e cinquantotto precise, dopo otto giorni di patimenti e stenti, in un momento di disattenzione delle amiche, la dieta di Gamo venne ridotta in coriandoli e gettata di nascosto nel cestino dell’immondizia sotto gli scarti dell’insalata, delle carote e delle patate.

*

La radura era fredda, piena di neve e poco accogliente come al solito. Soprattutto perché in quegli ultimi giorni le ragazze preferivano restare nel caldo ryokan piuttosto che scarpinare fin lassù. Si erano rassegnati a rinunciare allo spuntino della mattina e quel giorno era stata proprio la fame a mettere in moto le rotelle di Bruce nonostante la neve e il ghiaccio, e a fargli venire quella fantastica idea. Adesso Julian e Mark lo osservavano pensierosi, Benji con un filo molto sottile di ammirazione.
Una quantità consistente di neve scivolò a terra con un tonfo dai rami di un albero vicino, riportandoli al dunque.
-Siete o non siete d’accordo?- li pungolò Bruce.
Dovevano decidere in fretta. Avevano a disposizione appena una manciata di istanti prima che Holly capisse che non avevano interrotto gli allenamenti solo per avvolgersi meglio la sciarpa intorno al collo (lui), allacciarsi una scarpa (Mark) e massaggiarsi un polpaccio indolenzito dal freddo (Julian). Benji poi non stava neppure fingendo una scusa che giustificasse la propria immobilità e si limitava a rimuginare in silenzio, assorto e imperscrutabile, le mani nelle tasche a scongelare le dita.
E infatti Holly arrivò insieme a Tom, preceduti entrambi dal pallone che rotolò fino ai piedi di Mark.
-Cosa state facendo?-
Bruce tirò un respiro molto profondo e molto sconfortato. Non era riuscito a convincerli e la sua idea geniale stava per andare a farsi benedire. Mentre perdeva la speranza, al suo fianco Benji impiegò invece un nanosecondo ad architettare la commedia che il compagno non era stato in grado di mettere in piedi.
-Harper ha un’idea.-
Bruce si volse di scatto e con lo sguardo lo supplicò disperatamente di tacere. Non aveva avuto il tempo di prepararsi ad affrontare il capitano.
-Davvero? Che cosa?- Holly si portò le mani ai fianchi, impaziente di conoscere il motivo che aveva interrotto l’allenamento.
Bruce guardò Benji storto.
-Non doveva saperlo?- chiese il portiere, dando l’impressione di cadere dalle nuvole.
-Certo che no!-
-Perché no? Holly è il capitano, è lui che deve decidere! E poi lo conosci, ti pare che potrebbe dire di no?- e con quella domanda, imboccò la strada che avrebbe funzionato al cento per cento.  
Il tono di Price mise Mark sulla difensiva. Riconobbe all’istante la venatura sarcastica e accomodante che preannunciava l’inganno.  
-Siamo tutti adulti e Holly non è un alieno. Anche a lui piace godersi un bicchiere ogni tanto.- parlò con una tale disinvoltura che il capitano si trovò inconsciamente ad annuire.
Ma se ne pentì subito.
-Un bicchiere di cosa?-
-Di qualcosa di buono e di decente. Qualcosa di confortante, qualcosa che ci scalderà in questo posto gelido. Qualcosa che ci renderà tutti più amici. In una parola, qualcosa di alcolico.- Price posò una mano guantata e intirizzita sulla spalla di Holly, rivolgendosi a lui come se stesse per rivelargli un segreto di vitale importanza -La proposta di Bruce è quella di comprare un paio di  birre da godere stasera, dopo cena, in camera. Dev’essere stata la sbornia di Callaghan ad averlo ispirato.-
-Ah.-
-E io stavo giusto rispondendo a Bruce che non vedo proprio il motivo per cui non  essere d’accordo. Anche tu sei stufo della dieta di Gamo! L’hai fatta persino a pezzi, stamattina. Mi pare quindi il caso di festeggiare la nostra ritrovata indipendenza gastronomica. Sei d’accordo, vero?-
-Certo che sono d’accordo.-
Julian guardò incredulo il capitano. Era certo che Holly non avrebbe accettato di trascorrere una serata etilica durante un ritiro, ma probabilmente aveva sottovalutato l’estro manipolatore del portiere. O forse il fatto che persino lui aveva cominciato inconsciamente a dubitare che il loro fosse un vero ritiro. O magari semplicemente Benji aveva spinto il tasto giusto, visto che anche Holly, dall’alto della sua carica, non ne poteva più di insalate, verdure bollite, carne ai ferri e pesce alla piastra. E riso ma poco, una ciotola a testa. Erano spariti persino i dolci con cui le amiche li avevano accolti al ryokan e le delizie della nonna.
-Una birra ogni tanto non uccide. Se non si eccede.-
-E chi vuole eccedere?- borbottò Mark -La performance di Callaghan l’altra sera è bastata a tutti.-
-Passeremo a comprare qualcosa prima di pranzo.- decise Holly e concluse solerte -Ma adesso torniamo ad allenarci, abbiamo perso anche troppo tempo.-
Prima di parlare Benji attese che i compagni si allontanassero dietro al capitano.
-Impara, Harper. E ora mettici un po’ di impegno. La buona volontà viene sempre premiata.-
-Sei riuscito a convincerlo.-
-Basta assecondarlo in quello che per lui conta di più. Funziona con tutti. Dai una mano e prenditi un braccio.-
L’idea geniale per scendere in paese senza insospettire le ragazze alla fine venne proprio a Holly. Tornati al ryokan con ben due ore di anticipo, avvertì Patty che sarebbero andati a ritirare la giacca di Philip in lavanderia. La passeggiata fino a Shintoku avrebbe sostituito la seconda parte dell’allenamento mattutino.
All’ora di pranzo ricomparvero affamati e stracarichi di buste. Avanzarono guardinghi fino all’entrata del ryokan, poi Mark si affacciò sulla porta d’ingresso e spinse Bruce lungo il corridoio.
-Controlla che non siano in cucina.-
Holly osservò l’amico allontanarsi in punta di piedi.
-Perché le ragazze non devono saperlo?-
-E lo chiedi pure? Non ricordi quanto hanno apprezzato la spesa fatta da te, Philip e Bruce?-
-Ma questa volta non si tratta della cena!-
Benji continuò a sollecitargli la memoria.
-Non dimenticare la reazione di Jenny quando ha visto Philip ubriaco. Non si sono rivolti la parola per due giorni. Riguardo certe cose, meno le ragazze sanno e meglio è. E poi se proprio volevi metterle al corrente, perché ti sei inventato la balla della lavanderia?-
-Non era una balla, abbiamo davvero ritirato la giacca di Philip!-
Bruce tornò.
-Via libera.-
Tom, Mark e Julian corsero a recuperare le buste, momentaneamente depositate all’ombra della veranda. Benji non partecipò al blitz. Preferì restare ad osservarli appoggiato alla balaustra delle scale a metà rampa, da cui aveva promesso, nel caso, di avvertire i compagni dell’arrivo delle ragazze. Le birre finirono nella dispensa, ben nascoste dietro il congelatore, tra gli scatoloni delle scorte alimentari.
Durante tutta quella manovra, nella stanza delle ragazze Philip aveva continuato a ronfare sereno e tranquillo. Praticamente, aveva riflettuto Bruce sulla via del ritorno, mentre loro sfacchinavano su e giù per strade e sentieri in discesa e in salita, ammantati di neve e ricoperti di ghiaccio, lui proseguiva il suo sonno indisturbato, pacioso come un neonato. Era quasi un’ingiustizia.

*

La voce della nonna s’incanalò su per le scale fino ad arrivare a Jenny, seduta alla finestra senza nulla da fare se non aspettare che Philip si svegliasse per potergli chiedere come si sentisse. Dopo pranzo Holly aveva concesso ai compagni una mezz’ora di pausa digestiva (non che ci fosse molto da digerire con l’attuale regime alimentare - le ragazze non sembravano essersi ancora accorte della scomparsa della dieta) e si trastullavano nella loro stanza in un beato far niente, o molto poco, o addirittura il minimo indispensabile.
Restia ad allontanarsi da Philip per scendere di sotto, gli occhi di Jenny si posarono incerti su Amy mentre cercava a mente una soluzione che le consentisse di non lasciare la stanza, qualunque fosse la richiesta della nonna. Ma l’amica continuò a leggere il libro che aveva in mano senza accorgersi della sua tacita richiesta di aiuto, e Philip a dormire. Così non le restò altro da fare che affacciarsi sulle scale.
-Oh, Jenny.- disse la nonna vedendola comparire sul pianerottolo -Meryl è qui.-
La notizia non le fece piacere, non voleva incontrarla. Quando udì i suoi passi lungo il corridoio si ritrasse urtando Patty che era magicamente comparsa alle sue spalle.
-Le dico che non stai bene e di tornare un altro giorno.-
Scese spalleggiata da Evelyn mentre Jenny rientrava in camera, perché in quel momento non voleva aver nulla a che fare né con Meryl né con la sua famiglia. Amy era silenziosamente scomparsa, forse in bagno.
-Cosa ci fai qui?-
Se la domanda di Evelyn risuonò poco cortese, il tono con cui la pose lo fu ancor meno. Meryl si stava togliendo la giacca e si fermò stupita, una manica infilata e l’altra penzoloni sulla schiena. Il suo sorriso si spense e i suoi occhi si colmarono di sconcerto.
Patty fu contenta che la nonna fosse sparita da qualche parte, lasciandole libere di discutere e, se ci fossero riuscire, mandarla via.
-Sono venuta a vedere Jenny.-
Meryl finì di togliersi la giacca ma prima di appenderla, Patty l’avvertì.
-Jenny non sta bene, torna un’altra volta.-
-Mi ha chiesto lei di venire, ieri ha detto che doveva parlarmi.- si sfilò le scarpe -Salgo un momento e poi vado via.-
Tentò un sorriso, cercando di essere convincente, ma Patty le sbarrò il passo.
-È meglio se torni domani. Oggi non è il caso.-
Meryl non riuscì a capire.
-Perché non posso vedere Jenny? Cos’ha? Lasciatemi passare!-
Evelyn fu così categorica da risultare scortese.
-Insomma, ci senti? Ti abbiamo detto di andar via!-
Meryl non riuscì a capacitarsi che la stessero scacciando. Era cresciuta lì dentro, accidenti. Conosceva l’edificio e i suoi proprietari dal momento in cui aveva iniziato a camminare. Il ryokan non era il loro, eppure quelle due perfette sconosciute si comportavano da padrone. Dov’era finita nonna Harriet, perché glielo consentiva? Ferita dalla loro prepotenza, capì che non si sarebbero scostate, non le avrebbero permesso di salire. Invece di lasciarsi intimidire, doveva inventarsi qualcosa. Chinò la testa fingendosi sconfitta, si volse e finse di andarsene. Ma poi, invece di indossare la giacca a vento, la gettò addosso a entrambe e si precipitò su per le scale.
Corse lungo il corridoio senza sapere neppure dove andare, intravide Jenny oltre una delle porte aperte e si fermò di colpo. Seduta sotto la finestra, non sembrava star male per niente. Le avevano mentito. Chiuse la porta e la bloccò con la chiave. Percorse la stanza per una buona metà, vide aperto il pannello che comunicava con la camera dei ragazzi e loro che la guardavano, sorpresi dalla sua improvvisa comparsa. Si avvicinò, lo richiuse di colpo e lo fermò sul binario con un piede, per impedire a chiunque di aprirlo. Mentre riprendeva fiato guardò Jenny.
-Cosa sta succedendo? Le tue amiche volevano impedirmi di vederti. Hanno detto che non ti senti bene e invece mi sembri in perfetta forma!-
-Abbassa la voce.-
Quello di Jenny fu più un ordine che un invito, sottolineato dall’espressione seria, dal tono categorico e da un gesto stizzito. Meryl ammutolì, si guardò intorno e scorse Philip, a quell’ora stranamente ancora raggomitolato nel futon. Socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma i suoi occhi registrarono in un attimo una moltitudine di particolari che le tolsero la voce. Philip era disteso, girato su un fianco, il viso adagiato sul cuscino, gli occhi chiusi. Aveva uno zigomo tumefatto e una ferita sulla fronte. E sentendo la sua voce si era mosso.
-Meryl, torna un’altra volta.-
-Cosa gli è successo?-
Parlavano a voce bassa.
-Davvero vuoi saperlo?-
L’altra annuì.
-Ieri Kevin è venuto a trovarci insieme a tre ragazzi. Steve, John e Ted. Immagino che tu li conosca. Eravamo soli quando ci hanno raggiunti nel bosco.-
Meryl la fissò sbalordita.  
-È stato Kevin?-
-No, lui teneva me.-
Meryl continuò a guardarla in preda allo shock.
-Non è possibile.-
-Jenny, per favore. Non è colpa sua.-
Si volsero di scatto, un Philip parecchio stropicciato si stava mettendo seduto tra le coperte e le guardava serio.
-Non è successo niente.- quando si mosse, i muscoli protestarono dolorosamente.
Forse lui aveva ragione, ma Meryl non riuscì a esprimere che parole di scusa.
-Mi dispiace… Mi dispiace tantissimo.- non seppe cos’altro dire mentre il disagio le inceppava la mente.
Guardò di nuovo Jenny, poi Philip, sperando che fossero loro a parlare. Ma non lo fecero e lei si sentì di troppo, fuori posto e profondamente in colpa. Indietreggiò verso la porta, si volse, l’aprì e uscì. Sul corridoio quasi travolse Patty ed Evelyn. Il volto chino a terra, non ebbe il coraggio di guardarle. Giustificò la loro scortesia, capì perché avevano tentato di scacciarla. Gli occhi pieni di lacrime, scese al piano di sotto. Prese la giacca e mentre la indossava si infilò di corsa le scarpe, temendo che la nonna tornasse e la vedesse. Che le chiedesse perché stesse scappando, perché stesse piangendo. E lei in quel momento non era in grado di darle spiegazioni senza maledire mille volte l’indole prepotente e violenta del fratello. Come poteva aver fatto una cosa simile a Jenny? E soprattutto perché?
Udì dei passi sul corridoio e si volse. Attraverso le lacrime che le riempivano gli occhi scorse un’ombra avvicinarsi. Non perse tempo ad allacciarsi le scarpe. Si passò la manica della giacca sugli occhi e afferrò la maniglia della porta.
-Stai andando via?-
Quella non era la voce della nonna, ma neppure la voce del nonno. Era una voce che aveva già udito e non le era del tutto estranea ma che non riconosceva. Esitò sulla porta il tempo di voltarsi di nuovo e guardare Tom che la guardava a sua volta, un misto di pietà e preoccupazione negli occhi.
Lei annuì soltanto, perché il nodo che aveva in gola non riusciva a sciogliersi. Era chiaro che stesse tagliando la corda. Perché chiederlo, quindi? Aprì la porta e il freddo la investì. Ma molto meglio quello al ryokan, che non le sembrava più tanto accogliente.
-Sei sola?-
La domanda di Tom la seguì fuori.
Annuì senza voltarsi. Certo che era sola. Soprattutto adesso che si trovavano uno dentro e l’altra fuori. Lei in balia del gelo dell’Hokkaido, lui ancora avvolto dal calore del ryokan. Lo vide tornare indietro, sparire all’interno dell’edificio e poi uscire indossando la giacca e le scarpe. Lo vide chiudersi la porta alle spalle e scendere i gradini della veranda. Accostarsi e tornare a parlarle, forse l’unico tra tutti che, dopo quello che era accaduto, aveva ancora voglia di rivolgerle la parola.
-Ti accompagno per un pezzo. Ho giusto voglia di fare due passi.-
Al piano di sopra Philip era ormai ben sveglio e intenzionato a esprimere il suo punto di vista.
-La tua amica non c’entra nulla, Jenny.- la sfiorò con una carezza -Non devi portarle rancore.-
Lei rimase impassibile, aggrappata alle proprie convinzioni per tenersi a galla nonostante i sensi di colpa, convincendosi che Philip soffrisse ancora parecchio per il pestaggio anche se non lo dava a vedere, e che Meryl non sarebbe dovuta venire a cercarla perché in quel momento di lei non le importava assolutamente nulla.
-Come ti senti?-
-Sto bene, davvero.- la rassicurò -Sono solo un po’ acciaccato, come dopo un allenamento extra.-
-Non mi sembra la stessa cosa.-
-Ho dei segni sul viso? I tuoi nonni se ne accorgeranno?-
-Inventeremo una scusa.-
-Tipo cosa?-
-Che sei scivolato sul ghiaccio e ti sei fatto male.-
-Non mi sono mai fatto male scivolando sul ghiaccio!- protestò lui, ferito nell’orgoglio.
Lei lo fissò inesorabile.
-Stavolta sì.-
-Gli atleti hanno una tolleranza al dolore molto superiore rispetto alle persone normali. Lo sapevi?-
Non era stato Philip a parlare bensì Benji e tutta la combriccola che stazionava nella camera accanto, lanciando loro occhiate più o meno curiose.
-Vuoi mangiare qualcosa Philip?-
Lui sorrise ad Amy e scosse la testa.
-Non subito, magari prima finisco di svegliarmi.-
Era intontito, gli doleva la testa e si sentiva come se gli stessero conficcando centinaia di aghi nel corpo. Aveva fitte di dolore ovunque e la fame era l’ultimo dei suoi pensieri. Però...
-Avete già fatto colazione?-
Bruce scoppiò a ridere.
-Veramente abbiamo finito di pranzare poco fa.-
Philip ebbe un momento di confusione. Quella che pensava fosse un’assolata mattina si trasformò di colpo in un pigro pomeriggio. Dovette ridimensionare la propria percezione temporale e capì perché nonostante il dolore diffuso in tutto il corpo sentisse un certo languorino. Vista l’ora, adesso la gentile offerta di Amy non gli sembrava più tanto da scartare.
E mentre il suo stomaco borbottava come soltanto quello di Bruce era capace di fare, Jenny lasciò la stanza senza dire una parola, senza neppure dargli il tempo di capire cosa avesse e perché uscisse così in silenzio, come se qualcosa l’avesse offesa.
Il fatto era che tutto lo stress e la tensione accumulati nelle ultime ventiquattro ore divennero per lei impossibili da gestire. Si trasformarono nelle lacrime non versate, nei singhiozzi soffocati il giorno prima, nel ricordo del pestaggio impresso a fuoco nella mente. Nella crudeltà di Kevin che non le aveva dato ascolto, non si era lasciato impietosire dalle lacrime e dalle suppliche e aveva continuato ad aizzare gli amici contro Philip.
Mark incrociò Jenny nel corridoio, udì Philip chiamarla, scorse il suo viso rigato di lacrime e permise al proprio istinto di fare cilecca una seconda volta in meno di ventiquattr’ore. Per qualche bizzarro e misterioso motivo, in quell’attimo brevissimo sovrappose il dolore di Jenny a quello di sua sorella Natalie, riportandogli alla mente l’odore dell’incenso che il monaco buddista spandeva tutt’intorno all’urna di suo padre. Confuse i due volti senza rendersene conto e non esitò un istante a seguirla giù per le scale.
La meta originaria di Jenny era la stanza da tè della nonna dove colpevolizzarsi in pace di ciò che era accaduto, disperarsi in solitudine lontana dagli sguardi dei compagni, riprendersi la colpa che aveva scaricato inutilmente su Meryl nonostante sapesse che Philip aveva ragione, lei non c’entrava nulla e non era responsabile nel modo più assoluto delle malefatte del fratello. Udendo i passi che la inseguivano, cercò una via di fuga cambiando percorso. Senza starci troppo a riflettere, calzò le scarpe e aprì la porta d’ingresso, precipitandosi fuori del ryokan. Riuscì a sottrarsi alla mano protesa di Landers per un soffio.
-Mark?-
Amy lo chiamò dal pianerottolo, le dita sulla balaustra, i capelli a incorniciare il suo bel viso teso di preoccupazione. Lui non disse nulla, la guardò solo un attimo. Poi infilò rapido le scarpe e uscì.
Jenny si sentì afferrare così saldamente che le fu impossibile proseguire oltre la veranda verso il piazzale. Neppure si volse, tentò soltanto di liberarsi agitando il braccio. Mark la strattonò indietro brusco, lei perse l’equilibrio e gli finì addosso, il volto contro la sua felpa. Sentì il suo odore e il suo calore e si scostò immediatamente, turbata, le guance in fiamme. Lo guardò e anche lui le sembrò a disagio.
-Dove stai andando?-
-Fuori.-
-A fare cosa?-
-Per stare sola.- abbassò il viso si asciugò le lacrime con il dorso della mano.
-Perché?-
-Per riflettere, per capire…-
-Certe volte è meglio non pensare.-
-Non ci riesco…- esitò, poi le lacrime le solcarono le guance in un pianto silenzioso. Abbassò ancora di più il viso per nasconderle al ragazzo -È tutta colpa mia.-
-Non è vero.- per consolarla le accarezzò i capelli, proprio come aveva fatto con sua sorella il giorno del funerale.
Continuando a nascondere il volto in una mano, Jenny si appoggiò con l’altra alla sua felpa affondando le dita nel tessuto. Scosse la testa.
-Se non foste venuti qui non sarebbe accaduto.- la sua voce fu rotta da un singhiozzo soffocato -Se Kevin non avesse saputo di Philip non avrebbe potuto picchiarlo… Non avrei dovuto dirgli che ero qui con lui. Quel giorno non mi avrebbe baciata. E se poi non l’avessi insultato lui non sarebbe mai…-
Mark la interruppe.
-Jenny, i “se” non ti porteranno da nessuna parte. Non ti serve ipotizzare cose che non sono successe e che non possono più accadere. E poi stai esagerando, Callaghan sta benissimo. Sta sicuramente meglio ora che dopo un allenamento di Gamo. Finire in una rissa non è nulla di grave e non è certo la prima volta che qualcuno lo prende a pugni. Te lo posso garantire. Io per esempio l’ho picchiato quando eravamo ancora alle elementari. Quel giorno gli ho mollato uno sganassone di quelli... È rotolato a terra come un birillo, ed era così incazzato quando si è rialzato…. tu non hai idea.- si erano intesi subito lui e Callaghan, fin dal primo giorno.
Jenny intercettò l’accenno di un sorriso e lo fulminò con un’occhiataccia. Mark tentò allora di darsi un contegno.
-Certo non significa che quel tuo amico debba venire qui e riempirlo di botte.-
-Però è successo.-
-Ma vedrai che tra un paio di giorni Callaghan tornerà come nuovo e potrà…-
La spiacevole e improvvisa sensazione di essere osservato, gli pizzicò la nuca spingendolo a voltarsi e sollevare lo sguardo. E sussultò. Non s’era sbagliato! Dietro i vetri Philip e qualcun altro li stava osservando. Si scostò subito da Jenny e il suo illogico comportamento fu a lui per primo talmente palese da mozzargli il respiro per lo shock. Cosa aveva fatto? Come gli era saltato in mente di seguirla? Con quale scusa uscire da quella situazione così imbarazzante? Cosa gli stava succedendo? Non si riconosceva più... Per un attimo fu preso dal panico, lei sembrò accorgersi che tutta la sicurezza con cui finora aveva provato a tranquillizzarla sembrava essersi dissolta.
-Mark?-
Landers le sorrise teso come un filo da bucato.
-Vieni, rientriamo. Con questo freddo maledetto ci buscheremo un malanno. E poi quell’idiota del tuo ragazzo ti sta aspettando.-
Tornarono sotto la tettoia e lì, dove nessuno li avrebbe visti, le cinse le spalle con un braccio, il tempo di stringerla a sé per un istante come se volesse incoraggiarla. Dopodiché aprì la porta d’ingresso e si scostò per lasciarla entrare. Mark si sfilò in fretta le scarpe, si fermò sotto le scale ed esitò di fronte ai gradini. Non aveva nessuna voglia di tornare dagli amici. Tanto più che Jenny si stava dirigendo nella direzione opposta.
-Arrivo tra un attimo.-
Mark esitò a proseguire chiedendosi se non fosse il caso di aspettarla. Rientrando insieme, avrebbe evitato le stupide battutine dei compagni e Philip sarebbe stato troppo occupato con lei per chiedergli conto del suo comportamento. Ma anche tornare insieme non era una buona soluzione. Callaghan avrebbe avuto da ridire anche su questo. Che fare?
Decise di salire. Sarebbe riuscito a tener testa alle prese in giro degli amici e, se proprio avessero esagerato, si sarebbe chiuso nel silenzio.
Philip si stava vestendo nei pressi della soglia come se lo aspettasse. Cosa che probabilmente stava davvero facendo. Indossava i jeans e quando lui entrò stava infilando la testa nello scollo di una t-shirt bianca. Rimase con una manica infilata, il torace nudo e gli occhi astiosi che emanavano un tale carico di scontentezza da farlo pentire all’istante di non essere risalito insieme all’amica.
-Dov’è Jenny?-
-Adesso arriva.-
-Cos’ha?-
-Chiedilo a lei.-
-Perché tu puoi saperlo e io no?-  
-Io gliel’ho chiesto, fallo anche tu.-
Già stanco della gelosia paranoica di Callaghan, abbassò gli occhi sul torace del compagno che la maglietta ancora sollevata lasciava in parte scoperto. La pelle di Philip era un tripudio di escoriazioni e lividi sul petto e sullo stomaco, quello più grande e rossastro sul fianco, all’altezza delle costole. Lo zigomo paonazzo e la ferita alla tempia che si stava già rimarginando erano niente al confronto. Jenny non aveva poi tutti i torti a preoccuparsi per lui. Quei tre c’erano andati giù pesanti, molto più di quanto avesse immaginato. Era una fortuna che non gli avessero fatto male sul serio.
Philip finì di indossare la maglietta in un silenzio scontento. Dall’armadio recuperò una felpa pulita, emettendo qualcosa di molto simile a un ringhio.
-Voglio saperlo prima che torni. E se tu sai qualcosa che io non so è solo colpa tua. Sei tu che le sei corso dietro e ci hai parlato…- ci fu una pausa significativa e i suoi occhi lampeggiarono di irritazione -E tutto il resto…-
Mark lo guardò.
-Quale resto, Callaghan? Non esiste nessun resto e sei un idiota solo a pensarlo.-
Da parte sua, Benji impiegò meno di un istante a ribadire un concetto su cui ormai si stava crogiolando da giorni.
-È evidente che ti piace infilarti tra loro, Landers. Mi chiedo il perché.-
-E perché te lo devi chiedere? Non puoi farti i cazzi tuoi, per una volta?-
Un leggero bussare alla porta impedì a Benji di rispondergli come meritava. Jenny entrò, i suoi occhi corsero tra i compagni e si fermarono su Philip sorpresi e contrariati.
-Cosa fai in piedi?-
-Mi sto vestendo.-
-Era proprio necessario?-
-Certo. Non ho mica l’influenza, e poi siamo qui per allenarci.-
-Ogni tanto qualcuno se ne ricorda.-
Jenny lanciò a Holly un’occhiataccia.
-E stavolta lo fa proprio chi non dovrebbe.-
Massaggiandosi un fianco, Philip attraversò la stanza e si fermò davanti alla fidanzata.
-Non è che puoi darmi un’altra di quelle compresse?-
Holly si volse di scatto verso Julian.
-L’hai già drogato.-
Ross fece spallucce, poi rispose scuotendo la testa.
-Direi proprio di no, Philip.-
-Perché no? Se ne prendessi un paio sono sicuro che tornerei in gran forma. E potrei allenarmi con voi.-
-No nel modo più assoluto. Ricordati che siamo stati convocati per la partita contro l’Oman e tra pochi giorni inizia il ritiro…-
-Quello serio.- precisò Benji con grande soddisfazione.
Philip non riuscì a star dietro al ragionamento di Julian.
-E allora?-
-E allora se continuassi a prendere medicinali e ci facessero un controllo antidoping a sorpresa, tu risulteresti di sicuro positivo.-
Mentre il panico ammutoliva Philip e un silenzio stupito piombava nella stanza, Holly saltò su come un grillo.
-Sei matto, Julian?! Stai scherzando, vero? Non l’hai drogato sul serio, spero!-
Guardò Philip che era sbiancato e il livido sul viso spiccava con violenza. Ascoltarono increduli le parole di Julian.
-Io invece spero che i residui di ciò che ha preso finora si diluiscano presto nel suo sangue.-
A Philip l’indolenzimento del pestaggio crollò addosso tutto insieme. Si afflosciò  terreo come il Sahara. A Jenny, pallida almeno quanto lui, sembrò di scorgere nel suo sguardo una sfumatura di accusa. Cercò di giustificarsi.
-Mi dispiace, non lo sapevo!-
Amy scoppiò a ridere.
-Julian, perché li spaventi?-
-Non è vero?- Philip agguantò il compagno per la felpa -Disgraziato! Vuoi farmi morire di paura?-
-Julian, che spavento!- Jenny si teneva una mano sul cuore che le batteva ancora a mille -Mi hai fatto prendere un colpo…- guardò Philip, che aveva mollato il compagno e recuperato la felpa da indossare, scivolata a terra -Ti abbiamo lasciato il pranzo da parte. Vuoi mangiare?-
Lui annuì e la seguì sul corridoio, sollevato ma ancora frastornato. Udì gli amici ridere e la voce secca di Holly che continuava a rimproverare Julian. Imboccò le scale e si rivolse alla fidanzata.
-Perché prima sei fuggita via?-
Lei arrossì.
-Non lo so. Per quello che è successo, per Meryl… credo. Avevo bisogno di stare sola.-
-Landers ti è corso dietro.-
-L’ho incrociato sul corridoio, mi ha vista correre via e si è preoccupato.- cambiò argomento entrando in cucina -A pranzo c’era riso al curry. Ne vuoi?- tirò fuori piatti e scodelle dal frigorifero e mise il riso a scaldare nel microonde -Philip, forse quello che sto per dirti ti causerà altre noie ma abbiamo perso la dieta di Gamo.-
Lui si sedette al tavolo mentre lei continuava.
-Non ho idea di come sia successo, l’avevamo messa qui.- indicò dei fogli tra il frigorifero e il microonde -Pensavo che fosse un posto sicurissimo, la nonna ci tiene le bollette e le ricette del medico…- lo guardò mortificata -Non riesco a spiegarmi come sia potuto accadere. Forse la nonna l’ha presa per sbaglio e poi chissà dove l’ha lasciata…-
-Non l’hai persa, Jenny. Credo che l’abbiano gettata via. Avevamo pensato di toglierla di mezzo, l’avranno fatta sparire mentre dormivo.-
-L’hanno buttata?-  
-Ci eravamo stancati del menù. Questo è tutto tranne che un ritiro, quindi che senso ha seguire la dieta del mister?-
-Holly si arrabbierà moltissimo.-
Philip scoppiò a ridere così di cuore che il suo corpo protestò di dolorose fitte.
-Holly è stato il primo a essere d’accordo.-
-Non riesco a crederci.- lo guardò massaggiarsi piano le costole incrinate -Ti fa male?-
-Un po’.-
-Avresti dovuto restare a letto. Fa’ vedere.- gli era ormai talmente vicina che prima che lui potesse impedirglielo gli sollevò la felpa, sfilandogli la maglietta dai jeans e riuscendo finalmente a posare gli occhi su ciò che lui il giorno prima le aveva nascosto. Osservò con una stretta al cuore i lividi violacei e le escoriazioni che gli costellavano la pelle e maledisse Kevin e i suoi amici con tutta se stessa -Cosa ti hanno fatto…-
Philip cercò di ricoprirsi, ma Jenny non glielo permise.
-Devi mettere la crema, passeranno più in fretta.- alzò gli occhi su di lui -Anche sul viso.- gli accarezzò il torace nudo sfiorandolo con la punta delle dita.
Lui si ritrasse.
-Mi fai il solletico.- un brivido gli percorse tutto il corpo. La fissò negli occhi, perdendosi nel suo sguardo e dimenticando il riso che si stava raffreddando nel piatto -Ti ho lasciata sola per tutta la mattina.-
Jenny scosse la testa.
-Sono contenta che tu sia riuscito a riposare.- gli abbassò la maglia, infilò le dita tra i capelli della nuca, poi accostò il volto a quello di lui -Mi dispiace tantissimo per quello che è successo.-
Il ragazzo le sfiorò le labbra con le proprie e l’attirò contro di sé.  
-Ti ho detto che sto bene, smettila di preoccuparti.-
Holly si affacciò in cucina, li vide e si ritrasse imbarazzato.
-Immagino che in questo momento non ve ne importi niente, ma andiamo a fare due tiri sul piazzale. Se te la senti, Philip, dopo che hai mangiato raggiungici fuori.-

Lo scintillante sole del primo pomeriggio faceva splendere i picchi più alti coperti di neve e di ghiaccio. Holly osservava i loro riflessi appoggiato alla balaustra della veranda proprio davanti alla porta d’ingresso, una spalla contro il legno del pilastro, una gamba leggermente piegata, l’altra saldamente piantata a terra. Teneva le mani al caldo, affondate nelle tasche della giacca a vento. Le guance erano arrossate dal clima rigido e le labbra screpolate dall’aria gelida. Di ritorno dal bagno osservava pensieroso i compagni sul piazzale che si scambiavano la palla.
Udì dei passi alle sue spalle e quando si volse si trovò davanti il bel viso di Jenny, le labbra socchiuse e gli occhi resi scintillanti da ciò che le stava passando per la testa.
-Holly, vi allenate per tutto il pomeriggio?-
-Riuscendoci sì, siamo qui per questo.-
La risposta un po’ brusca la fece desistere.
-Hai ragione. Come non detto.- indietreggiò per filarsela, per non sentirlo lamentarsi ancora del ritiro adesso che persino Benji lo aveva accettato. Si volse per rientrare nell’edificio e vide Philip scivolare sul ghiaccio in un estremo tentativo di recuperare un pallone lanciato troppo lontano. Si sentì mancare il respiro -Per oggi non potresti evitare?-
Lui si mise in piedi fingendosi in forma smagliante.
-Se proprio insisti, eviterò.- più facile ubbidirle che ammettere che quei dieci minuti di passaggi lo avevano sfinito.
-Avevi in mente qualcosa, Jenny?-
Lei esitò. Poi, con uno sguardo inconsapevolmente seducente che aumentò il battito cardiaco di Philip ormai tra loro, decise di tentare il tutto per tutto per convincerlo ad assecondarla nei propri piani. Cosa che, alla fine, forse merito del suo bel sorriso, riuscì a fare più facilmente del previsto.
Tanto che mezz’ora dopo erano già tutti nel bosco.
-Quindi dov’è che stiamo andando?- ritentò Benji, ponendo la domanda per l’ennesima volta.
-Inutile che ci provi, Price. Tanto non te lo dicono.- lo rimbeccò Julian -Non l’hai ancora capito?-
Arrancavano tra la neve da parecchi minuti, percorrendo un sentiero che era tutto tranne che percorribile. Jenny li guidava tra gli alberi, avanzava sicura e senza esitazione e come facesse a sapere quale direzione prendere in quell’intrico di piante e arbusti cosparsi di neve e di ghiaccio era un mistero per tutti.
-Siamo quasi arrivati.-
-Lo stai dicendo già da un po’.- la rimproverò Bruce.
-Se smettete di chiederlo finirò di ripetermi.-
-Non ti ho chiesto quanto manca ma dove stiamo andando.- precisò il portiere testardo.
Lei fece finta di non udirlo. Lanciò a Philip uno sguardo sbarazzino e gli strizzò un occhio. Il ragazzo ricambiò il sorriso, poi si offrì per l’ennesima volta di portarle lo zaino.
-Non è pesante.-
-Allora perché non lo lasci a me?-
-Mi scalda la schiena.-
-Una scusa migliore?-
-Lo porto io e basta.-
Anche Holly e Patty avevano uno zaino ciascuno e Bruce non era riuscito assolutamente a spiegarsi cosa contenessero quelle tre zavorre. Forse del cibo? Per essere sicuro del loro contenuto aveva provato a chiedere a Jenny ma lei si era rifiutata di rivelarglielo. Così, mentre camminavano nel bosco, più di una volta li aveva tastati di sfuggita. C’era riuscito con Holly, poi solo un istante con Patty. Quando la giovane si era accorta delle sue intenzioni, l’aveva guardato così male da fargli passare la voglia di riprovarci. In quel rapido contatto le sue dita erano sprofondate in qualcosa di morbido, facendolo d’un tratto dubitare che lì dentro ci fosse lo spuntino del pomeriggio. Se si fossero persi, sarebbero morti di fame.
-Quindi? Quanto manca?-
-Dieci minuti al massimo, Bruce. Sono anni che non vengo qui e non ricordo bene le distanze.-
Philip le prese una mano e gliela strinse.
-Non ci siamo persi, vero?-
Jenny non credette alle proprie orecchie e rallentò il passo suo malgrado.
-Assolutamente no. Non mi sono mai persa, neppure a New York. Al massimo posso aver sbagliato strada, ma persa mai!-
-Qual è la differenza?-
Lei guardò Bruce che procedeva al suo fianco e già da un po’ la riempiva di domande.
-Semplice. Se sbagli strada la cambi, imbocchi quella giusta e raggiungi la meta. Quando ti perdi non sai più dove vai né dove sei e sei costretto a chiedere aiuto a qualcuno.-
Il sentiero invisibile che percorrevano cominciò a salire e a farsi sempre più ripido, tanto che a un certo punto dovettero arrampicarsi tra le rocce.
-Dobbiamo scalare la montagna e scendere dall’altra parte?-
-No, è soltanto una scorciatoia.- Jenny arrivò in cima per prima -Eccoci, siamo arrivati!-
-Arrivati dove?- Philip la raggiunse e si fermò al suo fianco. Acciaccato com’era, l’ultimo tratto di sentiero gli aveva tolto il fiato necessario a far notare alla fidanzata che era del tutto inutile che si arrabbiasse quando lo vedeva fare due tiri a pallone, se poi lo costringeva a scalare montagne. Si guardò intorno e non trovò nulla, se non Mark che lo superava fresco e riposato come se si fosse appena svegliato da un profondo sonno ristoratore. Incrociare il suo sguardo ironico lo innervosì, così preferì dilungarsi a osservare il paesaggio. I suoi occhi si posarono sugli alberi sparsi. Tra di essi, enormi massi scuri punteggiavano di macchie la neve e una gran nuvola di vapore, per qualche misterioso motivo, aleggiava compatta in fondo al declivio. C’era anche un rumore di acqua che scorreva. Osservò più attentamente e capì: davanti a loro, più in basso, alcune grigie e piatte rocce vulcaniche formavano una sorta di scalinata tra cui gorgogliava una sorgente termale che si riversava in una polla. Guardò meglio. La vasca naturale non era una. Ce n’erano diverse, ne poteva scorgere almeno tre che si perdevano tra il vapore denso e caldo.
Amy si fermò accanto a lui a riprendere fiato e arricciò il naso quando le arrivò un penetrante odore di zolfo.
-Una sorgente termale?-
-Esatto.- Jenny sorrise entusiasta e avanzò con precauzione sulle pietre.
Il vapore l’avvolse e per un istante scomparve. Poi riapparve e Philip la vide sfilarsi lo zainetto.
-Splendido!- Patty le andò dietro senza esitare neppure un istante.
-Non avevo mai visto una sorgente termale tra la neve.- Holly si guardò intorno, era uno spettacolo notevole.
Julian li raggiunse.
-Io sì, ma soltanto in tv.-
-Anch’io, in un documentario.- li mise al corrente Benji -Ora che l’abbiamo vista, proseguiamo?-
I ragazzi scoppiarono a ridere.
-Credo che la nostra meta sia qui.-
-Tutta questa strada solo per vedere un’insulsa sorgente termale come ce ne sono un milione in tutto il Giappone? Sono davvero senza parole!-
-Sarebbe la prima volta.- commentò Landers dietro di lui alzando gli occhi al cielo.
-Non venite a fare il bagno?- li chiamò Patty dalla riva.
Lo zaino ai suoi piedi era vuoto e lei teneva tra le braccia un carico di asciugamani.
-Il bagno? Stai scherzando?-
-Non credo che scherzino Benji.- gli fece notare Evelyn -Cosa c’è che non va?-
-Il bagno lì dentro lo fanno le scimmie.-
Bruce rise, prese la fidanzata per mano e s’incamminò con lei verso le sorgenti. Holly lanciò loro un’occhiata, poi tornò a guardare Benji. Dritto in piedi, immobile come una statua, le braccia incrociate sul petto, le guance arrossate dall’ultima salita e sul volto un’espressione schifata.
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Resti qui?-
-Non farò mai il bagno dove si spulciano i babbuini!-
-Però usi le docce dei Derrick.- lo schernì Mark.
Benji ignorò la presa in giro.
-Al ryokan abbiamo la stessa acqua, la stessa puzza di uova marce. Perché siamo dovuti arrivare fin qui?-
-È come giocare a calcio in un campo diverso. L’erba è sempre erba, però è eccitante provare un nuovo terreno di gioco.-
-Ottima metafora, Holly.- si congratulò Philip dandogli una pacca sulla spalla -Io vado.-
-Non se le condizioni del campo sono pessime!- si intestardì Benji -Callaghan sei inqualificabile!- gli gridò dietro il portiere -Ti schifi dei peli di un gatto e vai a tuffarti tra le pulci delle scimmie!-
-A quaranta gradi le pulci schiattano!-
Tom e Mark si guardarono titubanti.
-Tu non vai?- domandò l’uno all’altro che lanciava occhiate indecifrabili verso le sorgenti.
-Questa volta passo. Ma avviciniamoci lo stesso, lì fa più caldo. Sto gelando.-
Fu quando si accostarono alle vasche di roccia e il vapore si diradò, che si resero conto che quel posto non era così sperduto come avevano immaginato. Su un piccolo riquadro di terreno, proprio tra le sorgenti, una tettoia riparava un tavolo da pic-nic circondato da panche. L’acqua termale era stata canalizzata e intorno al riparo creava un ruscello che permetteva di stare comodamente seduti con i piedi a mollo.
Altre due tettoie di legno emergevano tra le pozze più lontane. Fu proprio da lì che dopo un po’ comparvero le ragazze nuotando tra  le rocce e il vapore.  
-È fantastico. Sicuri che non volete entrare?- chiese Amy -Abbiamo portato asciugamani per tutti!-
-Strasicuri.-
-In fondo il posto non è male.- Tom si guardò intorno -È molto suggestivo.-
-Anche se non facciamo il bagno, valeva la scarpinata.- vedere Amy contenta per Julian era un piacere che giustificava la passeggiata. Si sedette su un’estremità della panca, si sfilò le scarpe e poi i calzini.
-Cosa stai facendo?- gli chiese Mark.
-Mi scongelo.- arrotolò i jeans fino al polpaccio e immerse i piedi nell’acqua bollente, provando un immediato sollievo.
-Benji ha ragione.- Tom indicò un pannello esplicativo fissato al tavolo -Qui vengono davvero a farsi il bagno le scimmie e c’è scritto anche che questo luogo appartiene al ryokan. L’acqua deve essere proprio la stessa delle terme.-

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Capitolo 12
*** 9 - Alcol e sapone - seconda parte ***


- 9 -
Alcol e sapone
Seconda parte


La nonna udì le loro voci sul piazzale mentre percorreva il corridoio del piano terra e restò ad attenderli davanti alla porta d’ingresso. Entrando per primo Bruce la spalancò, investendola con una corrente gelida che trascinò con sé qualche fiocco di neve. La vecchina rabbrividì e si strinse addosso il pesante scialle di lana che le copriva le spalle.
-Bentornati, miei cari.- il suo sguardo si spostò sulla nipote -Jenny, ho bisogno di te per riordinare i registri.-
-Subito?-
-Perché no, di là è già tutto pronto.-
Gli accordi erano che in cambio dell’ospitalità per le amiche, l’avrebbe aiutata nelle faccende del ryokan. Quindi non poté fare altro che seguirla docilmente nella stanza da tè e restare a osservare afflitta il registro dei conti fermo alla fine del mese precedente insieme a un discreto fascio di fatture posato lì accanto.
-Ci vorrà almeno un’ora.-
-Per questo ti ho chiesto di aiutarmi, io non ho tempo. Prima di riaprire il ryokan per la stagione sciistica ci sono tantissime cose da fare.-
-Quando ti deciderai a archiviare tutto su un computer?-
-Alla mia età non ho nessuna intenzione di imparare a usare quelle macchine infernali. I registri funzionano anche senza corrente e almeno non corriamo il rischio di cancellarli per sbaglio.-
Mentre Philip si affacciava silenzioso sulla soglia, Jenny aprì il libro e scosse la testa.
-Sarebbe tutto molto più semplice.-
-Philip potrebbe darti una mano, se ne ha voglia.-
Lui colse al volo l’opportunità di trascorrere del tempo solo con Jenny e raggiunse la fidanzata passando accanto alla nonna.
-Santo cielo! Cos’hai fatto al volto?-
Philip sobbalzò e si portò una mano al livido, quasi a volerlo nascondere anche se era ormai troppo tardi per farlo.
-Sono scivolato sul ghiaccio.-
-Oh, accidenti! Mi dispiace moltissimo! Ci hai messo qualcosa? Dovrei avere una crema di là che...-
-Grazie, nonna. Ci abbiamo già pensato.-
La vecchina annuì.
-Se avete bisogno di me sono in lavanderia. Oggi faccio il sapone.-
Lo sguardo della giovane si illuminò di un profondo e incontenibile interesse.
-Davvero? Allora posso sistemare i registri domani? Voglio aiutarti.-
-Prima i registri.-
-Ma nonna! Hai promesso che me lo avresti insegnato!- lo sguardo deluso della nipote indusse Harriet a scendere a un compromesso -E sia. Lo prepareremo insieme stasera, dopo cena.-
Jenny annuì entusiasta e la vecchina sparì nel corridoio.
-Che vuol dire che fa il sapone?- domandò Philip sedendosi al suo fianco.
-Che lo produce lei. La nonna fa delle saponette fantastiche, se solo volesse potrebbe venderle. Mescola i profumi e le essenze come solo lei riesce a fare. Aggiunge foglie, fiori e frutta, quello che trova a seconda delle stagioni. E le saponette sono anche belle. Hanno un profumo buonissimo ma è un processo lungo, ci vuole tempo.-
-Tu hai un profumo buonissimo. Lo hai sempre avuto.-
-Sono sicuramente le saponette della nonna.-
-Chissà...- accostò il viso a quello di lei e tentò di baciarla.
Le loro labbra si sfiorarono, poi Jenny lo allontanò.
-Prima il dovere, poi il piacere.- sfogliò qualche pagina a caso -Un giorno dovrò informatizzare tutto o chiedere a qualcuno di farlo. Se non ti va di stare qui puoi salire di sopra. Cercherò di fare in fretta.-
-Come puoi pensare che non mi vada di starti vicino? Ho dormito così tanto che praticamente non ci vediamo da ieri.- si accorse che gli occhi di Jenny si erano spostati sul suo viso e si toccò il livido con la punta delle dita -Che peccato dover camuffare queste gloriose ferite di guerra con un incidente da imbranato. Scivolare sul ghiaccio, che cosa da idioti…-
-Fortuna che la nonna ci ha creduto.-
Amy si affacciò.
-Jenny, che ci inventiamo per cena?-
Lei e Philip si guardarono e scoppiarono a ridere.

-Tom, che diamine stai cercando? Hai messo sottosopra l’armadio!- annoiato dallo stupido programma che trasmetteva la tv, Mark lo stava osservando già da un po’ rimestare tra i vestiti.  
-I miei calzini. Non li trovo più.-
Benji alzò gli occhi dalla rivista. L’aveva comprata quella mattina giù a Shintoku e un articolo riportava alcune interessanti opinioni tecniche sulla partita giocata due giorni prima tra la Francia e la Germania.
-Tutti?-
-Un paio, ovviamente. Sono spariti!-
-Serve una mano?- Holly si avvicinò per aiutarlo nella ricerca e anche Julian si alzò per raggiungerli.
Amy bussò ed entrò portando con sé un vassoio che conteneva una teiera e delle tazze. Mentre si avvicinava al tavolo i suoi occhi vagarono per la camera.
-Julian, che stai facendo?-
-Tom non trova i suoi calzini.-
-La cosa non mi stupisce, c’è un tale disordine qui dentro. Avete controllato in lavanderia? Può darsi che siano rimasti lì. Forse non erano ancora asciutti e non li abbiamo portati su.-
Tom ripose nello scaffale un paio di maglioni che gli erano rimasti in mano e scese di sotto.
Holly tornò a sedersi davanti alla tv.
-Benji, hai finito di leggere? Vorrei darci un’occhiata anch’io.-
-Non ho finito. Come potrei con tutte queste chiacchiere? È la terza volta che rileggo che Schneider segna un goal e ci crederei pure se non sapessi che non sono tutti suoi.-
Evelyn entrò e dietro di lei arrivò anche Patty, con un cestino di minuscoli tramezzini ripieni di insalata, tonno, prosciutto e formaggio. Lo depositò sul tavolo e Bruce allungò automaticamente una mano.
-Non più di due.- lo avvertì Evelyn.
-Due? Perché due? Sono così tanti!-
-Non sono tanti, sono contati. Philip compreso.-
-Philip non c’è, si sta divertendo di sotto con Jenny.-
Patty scosse la testa.
-Non si sta divertendo affatto. Li abbiamo visti un attimo fa ed erano sommersi di fatture.-
-Tra un po’ è ora di cena e due sono più che sufficienti.- dichiarò Evelyn senza possibilità di compromesso.
-A proposito di cena, cosa prevede il menù di stasera?-
Le giovani colsero al balzo la domanda di Bruce per ripagarli del bliz della mattina che aveva tolto di mezzo il regime alimentare voluto dal mister e richiesto dalla situazione.
-Ci dispiace informarvi che purtroppo abbiamo perso la dieta di Gamo.- disse Amy fingendosi affranta.
I ragazzi tentarono di dissimulare la gioia e il sollievo ciascuno come meglio poté.
-Che peccato.- borbottò Mark.
-È una tragedia.- annuì anche Bruce.
Amy continuò seria.
-La stiamo cercando, speriamo di ritrovarla.-
-Speriamo…- fece eco Holly.
-Per questa sera abbiamo in programma tonno in scatola e insalata, tanto per essere sicure di non eccedere con le calorie.-
A Bruce andò di traverso il boccone e per poco non si strozzò.
-Cazzo! È una tragedia davvero!-
Evelyn sospirò.
-Forse dovremmo chiedere alla nonna di chiamare il mister per farcela rimandare. Oppure può chiamarlo direttamente Jenny, tanto Gamo non riconoscerebbe la sua voce.-
Holly divorò un panino, e mentre lo ingoiava piuttosto affamato, fece mente locale delle cibarie che avevano acquistato giù in paese. Sarebbero state sufficienti a saziarli tutti?
Mentre un silenzio disfatto riempiva la stanza, Tom rientrò abbattuto addirittura più di loro.
-Trovati?- gli chiese Amy.
-No.- lanciò una rapida occhiata ai piedi dei compagni. Tante volte qualcuno… si sa mai…
-Le lavatrici si nutrono di calzini, è sicuro. Sapessi quanti ne sono spariti a casa mia.- disse Mark, e dopo quella perla di saggezza casalinga tornò a pensare alla cena. Insalata e tonno in scatola! E visto che non aveva ancora toccato i tramezzini, si affrettò a servirsi.
Tom tornò a frugare nell’armadio e Patty lo guardò incuriosita.
-Cosa stai cercando?-
-Un paio di calzini. Non li trovo più.-
-Sarà colpa del disordine?-
-Abbiamo messo a posto ieri!-
-Non l’avete fatto bene.-
-Patty… lascia stare.- Amy la tirò via -Andiamo a preparare la cena.-  
Quando furono soli, Bruce sbuffò.
-C’è pure bisogno di prepararla, una cena così?-
-Tonno in scatola e insalata!- Benji chiuse brusco la rivista, l’accantonò e si guardò intorno cercando qualcuno da insultare -Di chi è stata l’idea di far sparire la dieta?-
-Di Philip, chi altri?- gli rispose Bruce deciso a non dare la colpa se non a lui, divenuto ormai il capro espiatorio su cui si trovavano d’accordo all’unanimità.
-Non combina altro che guai.-
Ascoltandoli Tom si chiese cosa fosse accaduto in quei pochi minuti di assenza. Aveva lasciato i compagni sereni e tranquilli e ora li ritrovava scontenti e nervosi.
-Perché ce l’avete di nuovo con Philip?-
-Perché grazie alla sua idea di liberarci della dieta, il menù di stasera è tonno in scatola e insalata.- si lagnò Bruce.
-Ma eravamo tutti d’accordo.-
-Non provare a difenderlo, Tom!- Benji gli puntò contro un dito accusatorio -Senza la dieta di Gamo come riferimento, quelle quattro intendono fare il bello e il cattivo tempo con le nostre calorie!-
-Bisogna assolutamente escogitare un piano B.- Julian si spremette le meningi e quando l’ombra di un’idea gli attraversò la testa, sollevò di scatto gli occhi -Scendiamo ad avvertire Philip. Può far presente alla nonna che insalata e tonno sono una cena davvero insufficiente. Al cento per cento lei ne parlerà con Jenny e dovranno per forza cambiare menù.-
Mark gli lanciò un’occhiata perplessa.
-Secondo me, se non coinvolgiamo i nonni è meglio.-
-Secondo me invece, se dalla nonna ci va Landers invece di Callaghan, otterrà molto di più.-
-Non sei per niente divertente, Price.-
-Non intendevo farti ridere.-
-Andateci insieme, tu e Philip.- suggerì Holly -L’unione fa la forza.-
Mark fu costretto a capitolare, ben sapendo che non si sarebbe sacrificato per loro ma per se stesso.
-Metterò in conto a Callaghan anche questo.-
-Fermi tutti!-
-Che c’è adesso, Bruce?-
-Holly, questo è odore di fritto…-
-Non sento nessun odore.-
Mark si affacciò sulla soglia e vide Evelyn che stava salendo. Bruce lo superò per andarle incontro.
-Cosa state friggendo?-
-È la nonna. Sta preparando il tempura. Niente che ci riguardi.-
Bruce tornò dai compagni con gli occhi fuori dalle orbite.
-Avete sentito? Tempura! Holly!-
-Ho sentito benissimo.-
-Tempura contro insalata e tonno…- Bruce stava per svenire -Non mi viene neppure il dubbio. Imbuchiamoci dai nonni.-
Il capitano annuì e imboccò per primo le scale in cerca di Philip. Lo trovò nella stanza da tè e lo chiamò dalla soglia.
-Puoi uscire un attimo?-
Il ragazzo smise di digitare sulla calcolatrice le cifre che Jenny gli stava dettando, si alzò e lo raggiunse nel corridoio. Holly lo tirò dietro al muro, dove Mark si sentì libero di assalirlo, cercando tuttavia di controllare il volume della voce, in modo che né Jenny, né tanto meno i nonni, potessero udire ciò che stava accadendo.
-Tu e la tua stupida idea di far sparire la dieta di Gamo!-
Philip non si spiegò il motivo dell’assalto ma si mise subito sulla difensiva.
-La mia idea? È stata un’intenzione collettiva, non mia!-
-Sai cosa c’è per cena?- lo aggredì anche Bruce e quando lui annuì, continuò -È un disastro! Cosa facciamo?-
-Finché le ragazze non ritrovano la dieta, e non la ritroveranno…- proseguì Julian -Dovremo seguire un regime alimentare del tutto inadeguato.-
-Inadeguato?-
Philip sembrava continuare a cadere dalle nuvole, anzi sembrava non porsi il problema che li aveva riuniti tutti lì, nel corridoio dell’ingresso.
Benji scostò Bruce e gli si piazzò davanti combattivo.
-Apri bene le orecchie, Callaghan! Da quando ho messo piede in questo posto ho sopportato di tutto. Ma non ho nessuna intenzione di sopportare anche la fame!-
-Neppure io, Philip.- concordò Bruce -E sai che ti dico? Che da domani… Anzi da stasera, cenerò a Shintoku e metterò ogni pranzo e ogni cena in conto a te!-
Nonostante la pazienza a cui cercava disperatamente di far ricorso, dopo la sparata di Bruce Philip iniziò a innervosirsi sul serio.
-Insopportabile viziato! Vai a mangiare dove ti pare se quello che c’è qui non ti va bene! Sai che accidenti me ne importa? Ma io non tirerò fuori uno yen per i tuoi stupidi capricci!-
Richiamata dalle voci via via più concitate, Jenny li raggiunse nel corridoio e cercò di placare il fidanzato posandogli una mano comprensiva sul braccio. Sotto le sue dita sentì i muscoli tendersi e i nervi fremere.
-Qual è il problema?- domandò conciliante.
-La dieta di Gamo è il problema!- replicò Harper brusco.
-Non capisco… Come fa a essere un problema se non c’è più?-
-Il problema è proprio questo! Non c’è più!-
-E allora perché l’avete gettata via?-
Benji trasecolò. Si trattava di un tradimento vero e proprio.
-Bravo, Callaghan! Hai persino vuotato il sacco! Di te non ci si può proprio fidare!-
Philip scostò Jenny e fece un passo verso il portiere.
-Non volevi seguire la dieta del mister e l’avete cestinata! Adesso che non c’è più la rivuoi! E siccome sai perfettamente che non è recuperabile, non trovi di meglio che sfogare su di me la tua frustrazione!-
Lo sguardo di Benji si fermò sul livido che gli adornava la faccia.
-Sai cosa penso?! Che quell’amico di Jenny non ha affatto sbagliato a darti una lezione!-
-Non è un mio amico!- protestò lei mentre le parole del portiere, così dirette e inopportune, si incanalavano nei suoi occhi e glieli inumidivano. Holly intervenne.
-Basta così! Il problema adesso non è la dieta di Gamo ma la cena!- si rivolse a Jenny -Il menù di stasera non va bene.-
Lei replicò afflitta.
-Pensavamo che il tempura piacesse a tutti.-
Lo stomaco di Bruce fece rumorosamente eco alle sue parole.
-Tempura?! Per cena non c’è insalata e tonno?-
La risata di Patty richiamò la loro attenzione. La ragazza li osservava divertita, affacciata dalla cucina.
-Visto che non dobbiamo più seguire la dieta di Gamo, ci siamo sbizzarrite a preparare quello che vi piace di più.-
Bruce la raggiunse sbavando.
-Ma io ti adoro, Patty! Te l’ho mai detto quanto mi piaci?- protese le labbra -Posso darti un bacio?-
-Bruce, piantala!- accorse Holly.
Philip intanto non riusciva a capacitarsi.
-Insalata e tonno? Vi hanno detto insalata e tonno e voi ci avete creduto?-  
-Dovresti scusarti, Benji. Hai accusato Philip senza motivo.-
-Tu invece non dovresti intrometterti, Jenny.- replicò lui glaciale -Prima di tutto perché non dovresti neppure essere qui. E poi perché nessun ragazzo sarà mai fiero di sentirsi difeso da una donna. Queste vostre prese di posizione servono soltanto a farci finire l’autostima sotto i piedi.- detto ciò si volse, scostò Tom che gli era subito dietro e salì le scale a testa alta, sparendo di sopra.
Ancora scossa dal litigio sfiorato, Jenny abbassò gli occhi mortificata, desiderando sparire all’istante. Non alzò il viso neanche quando qualcuno le posò una mano amica e rassicurante sulla spalla.
-Non farci caso.- Tom le sorrise comprensivo -Benji è così. Quando imparerai a conoscerlo ci farai l’abitudine.-
-Proprio l’abitudine no.- lo corresse Mark -Al massimo riuscirai a tollerarlo.-
Philip dal canto suo le cinse le spalle con un braccio e la riportò nella stanza da tè della nonna.
-Non mi sentirò mai offeso se prenderai le mie difese.- le sorrise -Su, non ci pensare… Quando Benji si sente colpito colpisce a sua volta e ci riesce sempre meglio.-

*

-Dio Tom, ho rischiato l’infarto!- Bruce si portò una mano al cuore che aveva appena perso un battito -Che ci fai qui?-
-Sono venuto ad aiutare. Non vi serve una mano?-
-Allora tieni.- Bruce approfittò immediatamente della sua buona volontà e gli mollò una delle buste che stava recuperando dalla dispensa. Poi si fece largo oltre Mark altrettanto carico e attraversò la cucina. Da lì si affacciò furtivo per assicurarsi di avere il via libera al piano di sopra. E si trovò faccia a faccia con Amy, perdendo un altro battito cardiaco.
-Cosa state facendo?- li guardò incuriosita e perplessa, tenendo tra le mani alcune magliette spiegazzate.
-È giorno di bucato?- domandò Tom tanto per dire qualcosa mentre se la svignava. Spintonò Bruce nel corridoio e lasciò che sparisse al piano di sopra.
-No, vado a fare il sapone.-
La sua risposta non li stupì affatto. Philip li aveva già informati.
-Il sapone si fa con le magliette?-
Amy rise.
-Queste le laviamo.-
-E le altre birre?- li accolse Benji quando vide Bruce rientrare a mani vuote.
-Amy è comparsa all’improvviso, ho dovuto lasciarle giù.-
-Ben nascoste, mi auguro.-
-Non dovevano fare il sapone?- Julian si volse perplesso verso Philip, che si limitò ad alzare le spalle.
-Forse a lei non interessa.-
-Le interessa eccome.- disse Tom posando il suo carico sul tavolino -Stava andando.-
-Bruce, vai a recuperare il resto.-  
-Scusa Benji ma perché devo scendere di nuovo io?-
-Perché le hai nascoste tu.-
-Con te sono sempre gli altri a sgobbare.-
Il corridoio stavolta era deserto ma in cucina trovò Evelyn. China davanti alla lavapiatti, riponeva sul tavolo spiccio le stoviglie asciutte e pulite. Bruce tirò un respiro profondo per farsi coraggio, incrociò mentalmente le dita ed entrò nella dispensa per recuperare un’altra parte di ciò che era rimasto.
La fidanzata lo vide passare e si tirò su.
-Cosa stai cercando lì dentro?-
Lui ricomparve tenendo strette al petto quattro lattine di birra, come se non volesse assolutamente lasciarsele scappare.
-E quelle?-
Bruce deglutì a disagio.
-Le beviamo più tardi.-
Evelyn lo seguì con lo sguardo mentre le passava accanto e fuggiva via. Scuotendo la testa riprese a riordinare in fretta piatti e piattini. Desiderava tornare dalle amiche nella lavanderia. Le aveva lasciate a misurare insieme alla nonna le dosi di olio, acqua e soda, perché quel giorno toccava a lei riporre le stoviglie. Presto avrebbero finito e lei voleva assolutamente assistere al passo successivo, scegliendo con loro tinte e profumi.
Bruce tornò, sfoggiando un atteggiamento frettoloso e vagamente colpevole. Rientrò nella dispensa, ne uscì con altre quattro lattine e se la svignò su per le scale. Al terzo viaggio Evelyn lo aspettava davanti al tavolo. Aveva tirato fuori tutte le birre che aveva trovato e le aveva poste in bell’ordine sul ripiano. Bruce si arrestò incerto sulla soglia. Sarebbe stato costretto a subire la sua ramanzina o gli avrebbe consentito di raggiungere sano e salvo il piano di sopra insieme alle bevande?
-Cosa dovete fare con tutta questa birra?-
-La beviamo.-
-Davvero?-
-Oggi è sabato e domani non ci alleneremo, così volevamo approfittarne per rilassarci un po’.-
-Volete ubriacarvi?-
-Assolutamente no.-
Benji arrivò a trarlo d’impaccio. Vide le lattine sul tavolo e scosse mestamente la testa. Bruce si era fatto pescare di nuovo con le mani nel sacco, con una sfortuna e un’imbranataggine mai viste. Li ignorò entrambi ed entrò nella dispensa. Trovò subito la busta con le patatine e i salatini, tornò in cucina e passando prese veloce un paio di birre.
-Andiamo, Harper.-
Bruce non se lo fece ripetere. Recuperò le ultime lattine e corse dietro al portiere su per le scale.
-Meno male che sei arrivato!-
Benji entrò in camera per primo.
L’altro lo seguì, poggiò le birre sul tavolo e si lasciò cadere seduto sui tatami.
-Anche Evelyn ci ha beccati, di sicuro sospetta qualcosa.-
Benji rise.
-Più di un sospetto. Ha capito perfettamente che abbiamo fatto scorta di birre e che stiamo per berle.-
Julian si avvicinò al tavolo, tirò fuori dalla busta un pacchetto di patatine e l’aprì. Philip osservò incredulo le birre e gli snack che a poco a poco avevano riempito il tavolo.
-Da dove arriva tutto questo?-
-Stamattina mentre dormivi abbiamo fatto un salto giù in paese.-
-Ufficialmente siamo andati a recuperare la tua giacca in lavanderia.- disse Julian serio.
-La mia giacca?-
-Era macchiata di sangue e ieri Jenny l’ha portata a lavare.-  
-Avete fatto la spesa al negozio di Meryl?-
-Conosciamo solo quello.- rispose Bruce -E poi è il più vicino.-
-L’idiota non c’era.- lo informò Mark pensando che l’amico volesse saperlo -Ci ha serviti suo padre, almeno lui sembra una persona a posto.-
Incamerata l’informazione, Philip recuperò soprappensiero una birra ma Benji gliela strappò letteralmente di mano.
-Tu non devi toccare nulla.-
-Ridammela.-
-Dico sul serio, Callaghan.- gli occhi del portiere lampeggiarono -Hai già bevuto la tua parte in solitudine.-
Mark fu d’accordo ma non lo disse. In compenso allontanò tutte le lattine dall’amico.
Philip se ne accorse e cercò comprensione e solidarietà altrove.
-Holly, passami una birra per favore!-
-Sempre a discutere, voi! Possibile?- il capitano ignorò la richiesta. Tolse la lattina dalle mani di Benji, l’aprì e ne bevve una lunga sorsata.
-Tom, in nome dei vecchi tempi. Di quando ti ho accolto senza riserve nella mia squadra… Di quando ti ho insegnato a pattinare e poi ti ho prestato i miei sci e me li hai riportati rotti...- Philip si spremette le meningi, sforzandosi di essere il più possibile convincente -Di quando ho diviso con te il pranzo preparato da mia madre perché tuo padre aveva dimenticato di fare la spesa. Di quando ti ho fatto da portavoce perché ti vergognavi di dire a quella bambina con le trecce che…-
Una lattina di birra calò pesantemente sul tavolo davanti al naso di Philip.
-Bevi e taci.-
-Ma Tom!- protestò Bruce deluso -Eravamo arrivati a un punto interessante.-
-Non c’era nulla di interessante, niente da sapere. Philip sarebbe andato avanti all’infinito.-
-Svelandoci tutti i tuoi segreti?- domandò Benji -Per noi non sarebbe stato un problema. Gli amici condividono certe confidenze. Che invece Callaghan stasera si astenga dall’alcol è una questione di principio.-
-Philip è molto pentito di ciò che ha fatto, non è così?-
L’altro annuì solerte e Benji lo fissò scettico.
-L’unica cosa di cui si è pentito è di non aver messo la consumazione in conto al mister.-
-Non ci ho proprio pensato.-
Holly allungò una mano verso i popcorn.
-Eri troppo ubriaco per formulare un solo pensiero appena decente.-
-Forse dovremmo lasciare qualcosa anche alle ragazze…- rifletté Bruce mentre gustava proprio le patatine al formaggio di cui Evelyn era ghiotta.
Mark si alzò e andò a sedersi al suo solito posto, sul davanzale della finestra, da cui poteva osservare i compagni e nello stesso tempo contemplare il paesaggio che scorgeva oltre i vetri ricoperti sui bordi da un leggero velo di condensa ghiacciata.
-Invece io penso che sia meglio finire tutto prima che tornino.-
-Mi hai proprio tolto le parole di bocca.- Philip temeva di vedere Jenny di nuovo infuriata, di litigare ancora con lei. Non ne aveva voglia, non ne poteva più. Fissò la lattina pensieroso, chiedendosi se il fatto che questa volta gli amici si fossero uniti a lui fosse una sorta di garanzia.
-Molto meglio se di bocca ti avesse tolto la birra. Comunque hai ragione, non gradirebbero.-
-Però sarebbe un gesto carino…-
-Lascia perdere, Tom.- Julian mandò giù una sorsata, poi posò la lattina sul tavolo e appoggiò meglio la schiena contro il muro -Fa male al loro organismo.-
Mark rise.
-L’alcol fa male a tutti.-
-Ma a loro più che a noi.- spiegò Julian, distendendo le gambe davanti a sé -Le ragazze hanno una massa corporea inferiore, meno quantità d’acqua e meno efficienza nella metabolizzazione degli alcolici. Per questo sono più vulnerabili all’alcol e a parità di consumo, il tasso alcolico del loro sangue è più elevato.-
-Come sei pedante Julian.- sbuffò Benji.
-Sarò pedante ma ti sto dicendo sicuramente cose che non sai. La capacità di smaltire l’alcol si completa intorno ai diciotto-vent’anni, lo sapevi? E sapevi che quando una donna incinta beve alcol, questo attraversa la placenta e arriva al bambino in una concentrazione praticamente equivalente a quella della madre? Con la differenza che il feto è del tutto indifeso? E che le donne che bevono in media tre bicchieri al giorno di alcol hanno una maggiore frequenza di aborti?-
-All’università è questo che ti insegnano, Julian?- domandò Bruce incuriosito -Cosa fa bene e cosa fa male alle donne incinte?-
-E molte altre cose.-

L’orologio appeso al muro segnava le dieci. Il sapone appena fatto si stava freddando negli stampi. Il lavoro era finito e le ragazze si godevano un po’ di relax nelle terme. Il vapore si levava dall’acqua calda delle vasche con un sentore sulfureo che tendeva a restare sulla pelle. Per questo le giovani, finito il bagno, sarebbero tornare nella zona delle docce per lavarsi dell’odore delle terme con uno dei profumatissimi saponi della nonna avanzati dalla produzione precedente.
-Cosa pensate che stiano facendo?- Amy si aggiustò meglio il fermaglio che le raccoglieva i capelli sul capo.
Evelyn rise.
-Stanno sicuramente parlando di calcio, come al solito. Cos’altro vuoi che facciano?-
-Qualcosa di più creativo?- tentò Amy, per non sminuire la loquacità argomentativa di Julian.
-Con “più creativo” intendi forse a una partita a carte?-
Amy arrossì imbarazzata.
-Sono sicura che hanno trovato un altro modo per passare il tempo…-
-Forse c’è un programma interessante in tv.- Patty tirò le ginocchia al petto -Jenny, che hai?-
Amy le si avvicinò.
-Sei pensierosa dall’ora di cena. Cos’è successo? Hai litigato di nuovo con Philip?-
-No, con Benji.-
-Per la questione della cena?- tentò Patty.
Jenny annuì.
-È stato un battibecco molto sgradevole.-
-Perché a volte Benji è molto sgradevole.- concordò Patty che aveva assistito alla scena -Non ci pensare più.-

Senza muoversi di un centimetro dalla sua comoda posizione spaparanzata tra i cuscini, Benji contò le lattine appoggiate ovunque nella stanza.
-Quante birre avevamo comprato?-
-Una decina?- tentò di ricordare Holly. Ma l’alcol che percorreva in su e in giù il suo corpo non lo aiutava a fare mente locale.
-Bruce, vai a vedere se giù è rimasto qualcosa.- ordinò Mark.
-Assolutamente no. Questo atteggiamento di sfruttamento nei miei confronti mi ha stancato.-
-Vado io.- si offrì Philip e uscì con una certa fretta.
Mark lo notò e credette di capire cosa avesse spinto il compagno ad offrirsi volontario.
-Non mi fido affatto di Callaghan. Approfitterà di trovarsi a tu per tu con le lattine rimaste per scolarsi la birra che non gli abbiamo dato.-
-Se ne ha toccata anche una sola giuro che questa volta la pagherà sul serio.- minacciò Benji con veemenza.
Mark uscì di corsa per recuperare il compagno e, se possibile, tutte le birre avanzate. Lui e Philip rientrarono insieme con le ultime lattine, più una bottiglia di un liquido color ambra che venne appoggiata cerimoniosamente sul tavolo.
-Cos’è?-
Mancava l’etichetta e a Benji fu impossibile capire di cosa si trattasse.
-Liquore alla prugna. L’ho già bevuto una volta e ne ho un ottimo ricordo.-
-È la tua scorta personale?- lo prese in giro il portiere.
-Me lo ha dato il nonno, lo produce lui. È molto forte, un concentrato di alcol.-
-L’hai rubato?-
-Omaggio del ryokan.- Philip pescò dalla busta alcuni bicchieri di plastica -Ce lo aveva già offerto quando siamo arrivati ma io ho detto che eravamo in ritiro e non potevamo bere.-
-E allora come mai te l’ha dato?-
-Perché gli ho detto che il ritiro durava una settimana e adesso è finito.-
Benji si versò un’abbondante quantità di liquore. Philip gli tolse la bottiglia di mano guadagnandosi un insulto, ma convinto che la cosa migliore da fare perché si servissero tutti era distribuirlo equamente.
-Bruce, vuoi assaggiare?-
-Un goccio… non so se mi piace.-  
Quando fu il turno di Tom, il ragazzo scosse la testa.
-Mi basta la birra, preferisco non mescolare.-
-Ti assicuro che va giù come se fosse un succo di frutta.- Philip si rivolse poi a Julian -Sicuro che alle ragazze l’alcol fa male?-
-Dipende dalla quantità e dalla frequenza.-
-Non invidio Amy per niente.- la compatì Benji -Stare insieme a un ragazzo che non le permette neppure un drink non dev’essere affatto divertente.-
-Ad Amy gli alcolici non piacciono.-
-Magari non le piacciono per farti contento.-
-Tu non sai niente di Amy.-
-Ma conosco te abbastanza da farmi un’idea.-
Holly mise il cervello in standby, concedendosi il piacere di sorseggiare la bevanda del nonno senza ascoltare i loro infantili battibecchi. Benji era insopportabile e a quanto pareva, se l’alcol gli scioglieva la lingua, lo diventava ancora di più. Lanciò un’occhiata interessata alla modella in bikini sulle pagine della rivista che Bruce sfogliava con estremo godimento.
-Chi è?-
-Miriam Ray.-
-Mai sentita.-
-Neanch’io. Però la lingerie che indossa le sta molto bene. Assomiglia al completino lilla di Jenny.-
Il silenzio che l’affermazione di Bruce gettò nella stanza fu pressoché totale. Si udirono soltanto i loro respiri mentre il tempo sembrava dilatarsi e restringersi, e tutti gli occhi, anche quelli che erano al corrente del misfatto, si spostavano su di lui. Philip posò sul tavolo la birra con un gesto misurato che parve al rallentatore. Poi, con una voce così lugubre da sembrar provenire dall’oltretomba, si rivolse al compagno burlone, a cui presto sarebbe passata la voglia di scherzare.
-Come, scusa?-
L’alcol ingerito fino a quel momento, camuffò a Bruce il tono di minaccia. Così rispose tranquillo, sulle labbra un sorriso sereno e senza preoccupazioni.
-Ho detto che Jenny ha una lingerie lilla molto simile a questa.-
-Cosa ne sai, TU?-
Philip quasi quasi aveva sperato di aver capito male. La sua reazione fu scontata, istantanea e istintiva. Saltò sul compagno e la rivista volò sotto il tavolo. Bruce rotolò a terra, Callaghan si sedette a cavalcioni su di lui e lo afferrò per lo scollo della felpa.
-MALEDETTO MANIACO GUARDONE! Hai sbirciato negli spogliatoi, VERO?-
Bruce si sentì mancare il respiro e divenne più rosso di quanto non fosse già. Non riuscì a rispondere, lo fece Benji.
-No, Callaghan. Non ha sbirciato, ha fatto di meglio. Le ha fotografate tutte quante.-
Julian sussultò.
-NO! Non è vero!-
-Certo che è vero. Ma tranquillo, Ross. Non ti agitare. Tra tutte Amy è la più coperta.-
In quei pochi istanti che seguirono la sconvolgente rivelazione, in Philip l’euforia alcolica si dissolse completamente. Agitò su e giù il collo di Bruce, sbattendogli ripetutamente la nuca sui tatami.
-HAI VISTO JENNY IN MUTANDINE E REGGISENO?-
-Philip… Mi fai male...- si lamentò sofferente. Poi immaginò la foto, l’alcol fece un altro giro nel suo corpo e scoppiò a ridere.
-Solo in mutandine. Il reggiseno non l’aveva ancora indossato!-
Callaghan cominciò a ringhiare.
-HARPER, T’AMMAZZO!- un altro ringhio -GIURO CHE LO FACCIO!-
-Philip, non te la prendere…- continuò a ridere lui -Evelyn è nuda. Almeno Jenny indossa gli slip.-
-NON ME NE FREGA UN CAZZO SE EVELYN è NUDA! Non avresti dovuto posare su Jenny i tuoi occhi da maniaco pervertito!-
-Che vuoi che sia, Callaghan?- lo prese in giro Benji -In fondo è solo un po’ di pelle…-
-UN PO’ DI PELLE UN CAZZO!-
Holly si alzò.
-Smettila di dire parolacce, Philip.- tentò di staccarlo da Bruce.
-Incantevole pure il completino di Patty.- sorrise lui quando il volto del capitano spuntò alle spalle del suo torturatore.
Holly sbiancò.
-BRUCE! HAI VISTO ANCHE PATTY?
-Le ha viste tutte.-
Benji si guardò intorno, chiedendosi dove fosse finito il cellulare del compagno. Si alzò e lo cercò per mettere in salvo le foto prima che fosse troppo tardi. Trovò il telefonino nell’armadio, sullo scaffale occupato dagli abiti di Bruce. Aprì la galleria fotografica, selezionò tutte le foto incriminate e le inviò alla propria casella di posta.
Temendo che Bruce facesse davvero una brutta fine ora che anche Julian mostrava intenzioni più che vendicative, Tom raggiunse Benji e si appropriò del cellulare. Dopodiché aprì a caso una delle immagini e l’agitò verso i tre, proprio come un’esca.
-Volete vedere le foto?-
Philip, Holly e Julian si volsero all’unisono, interrompendo di colpo quello che stavano facendo e dicendo. Lo fissarono così stralunati che per un attimo ebbe un cedimento e fu tentato di svignarsela. Poi ricordò che sì, aveva visto le foto ma non era stato lui a scattarle e si preparò ad affrontare Philip, che lo raggiunse a grandi falcate. Mentre Tom lo guardava in faccia con un filo di preoccupazione, si sentì strappare il cellulare dalla mano tesa per tenere a distanza la collera dell’amico. Prima ancora di Philip, però, fu Julian a posare gli occhi sulle fatidiche fotografie togliendo il telefonino al compagno senza che lui potesse ancora vederle.
-PERVERTITO DEL CAVOLO! STAVOLTA NON TI SALVI!-
-Julian...- tentò di calmarlo Holly, ma la voglia di perorare la causa dell’amico d’infanzia gli passò non appena spostò gli occhi sul display -BRUCE! ACCIDENTI A TE! Io sono contro ogni forma di violenza, lo sai! MA QUESTA VOLTA HAI DAVVERO ESAGERATO!-
Il colpevole intanto, seduto scompostamente sui tatami, rideva, rideva e non riusciva a fermarsi. Tom lo mise in piedi, poi lo spinse fuori, nel corridoio.
-Vai in bagno e restaci finché non vengo a chiamarti.-
Julian, Holly e Philip, che fino a pochi istanti prima erano d’accordo sulla necessità di far passare a Bruce una volta per tutte la voglia di sbirciare, di colpo presero a discutere sulle foto.
-In fondo non si vede nulla.- disse Philip e girò e zoomò l’immagine in ogni modo per accertarsi di avere ragione.
Holly non gradì tutte quelle ditate sul corpo nudo della fidanzata.
-Piantala, Philip! Che stai facendo?!-
-Cancella quelle foto!- ordinò Julian.
Il compagno li guardò in preda a una bruciante indecisione.
-Perché? Jenny è venuta bene!-
Alle loro spalle qualcuno scoppiò a ridere mentre Julian tentava di appropriarsi del telefonino.
-Non vorrai lasciare queste foto sul cellulare di Harper! Non oso immaginare cosa potrebbe farci!-
-Julian ha ragione, Philip. Dobbiamo farle sparire.-
L’altro annuì.
-D’accordo, ma ne voglio una copia.-
-Niente da fare.- Ross fu irremovibile -Non mi sta bene che conservi una foto di Amy mezza nuda.-
-Di lei non si vede praticamente nulla!- Philip indietreggiò per tenere il cellulare al sicuro -Benji ha ragione, Amy è perfettamente coperta.-
-Non mi pare proprio!- insistette Ross -Non voglio che conservi la foto!-
Holly gli diede manforte.
-Philip, io sono d’accordo con Julian e siccome sei in minoranza, cancellale immediatamente.-
-Sei proprio uno spasso, Philip.- rise Mark -Saresti disposto a lasciare la foto di Jenny nel cellulare di Harper perché è venuta bene.-
-Non mi stai a sentire. Ne voglio una copia, ma la mia intenzione è quella di non lasciarne traccia nel telefonino di questo pervertito.-
La maggioranza vince sempre e alla fine Philip fu costretto a lasciare che Julian cancellasse le foto.
Tom uscì e rientrò insieme a Bruce dopo pochissimo. Il volto arrossato dall’alcol e un sorriso divertito a incurvargli leggermente le labbra, Harper si guardò intorno in cerca del cellulare. Lo trovò abbandonato sul tavolo, lo raggiunse e spulciò le immagini della galleria. Quando si accorse che le foto erano state cancellate gli sfuggì un singhiozzo demoralizzato, che lo accasciò sul tavolo.
-Erano così belle…-
Benji frugò nelle buste per fare l’inventario di quello che era avanzato. In un paio di esse radunò le lattine vuote e l’allontanò dal tavolo spingendola in direzione della porta.
-Qualcuno dovrebbe cominciare a riportarle nella dispensa.-
-Va Philip.- Julian trovò immediatamente il volontario.
-Perché io? Sono già sceso prima.-
-Appunto. Così finisci il lavoro che hai cominciato, non si lasciano le cose a metà.-
L’alcol che Philip aveva mandato giù nonostante il divieto degli amici, non era poi così poco. Si alzò troppo in fretta, per un attimo la stanza vorticò sotto i suoi piedi e fu costretto a sorreggersi alla parete.  
-Hai bisogno di aiuto?- la proposta di Tom oscillò insieme alla stanza, tanto che proprio non riuscì ad alzarsi per aiutarlo -Forse è meglio se va qualcun altro con lui.-
-Non ho bisogno di nessuno.- Philip si staccò dalla parete, raggiunse malfermo la porta e uscì.
-Se sentiamo un tonfo è caduto dalle scale.- Benji sorrise ma Holly si mostrò preoccupato.
-Visto il carico che porta non sarebbe meglio evitare?-
-Hai ragione, vai ad aiutarlo.-
Poiché il ruolo che ricopriva non gli consentiva di lasciare il vicecapitano della nazionale a cavarsela da solo in un momento simile, si alzò e guadagnò la porta, barcollando tale e quale a Philip.
-La stanza non sta ferma per nessuno.-
Lo videro sparire nel corridoio.
-Due tonfi, due voli giù al piano terra.-
-Benji, sei di un cinismo spaventoso.-
-Philip…- chiamandolo, Holly si aggrappò alla balaustra con tale energia che le dita gli divennero bianche. Il compagno era arrivato in fondo alle scale sano e salvo e si volse -Aspettami.- stringendo saldamente il corrimano, il capitano scese con precauzione un gradino dopo l’altro.
-Che c’è?-     
-Nulla.-
-Bene.-
Holly seguì l’amico in cucina.
-Dove posiamo questa roba?-
-Bella domanda. Che ne dici di rimetterla dove stava?-
-Sì. Credo che nasconderla lì sia la cosa migliore, per ora.-
Si introdussero nella dispensa e raggiunsero l’angolo più lontano dalla porta, inciampando in una busta dimenticata. Philip frugò al suo interno, poi si rivolse all’amico.
-E queste?- chiese riesumando due lattine di birra.
-Devono esserci sfuggite. Le portiamo su?-
-Perché? Sono due e noi siamo due. Più preciso di così.-
-Hai perfettamente ragione.- Holly tornò in cucina, scostò una sedia dal tavolo e vi si lasciò cadere.
Philip si sedette di fronte a lui.
-Sai cosa penso Holly?-
-Cosa?-
-Che sarebbe stato più divertente se qualcuno si fosse ubriacato.-
-Almeno nessuno ha vomitato.-
-Non è che uno debba per forza vomitare…-
-Tu l’hai fatto.-
Entrambi tacquero per alcuni istanti e poi Holly, dopo una lunga sorsata di birra, riprese.
-Sai cosa penso io invece?-
-Cosa?-
-Che abbiamo fatto un buco nell’acqua.-
-In che senso?-
-Tra di noi, intendo. Discutiamo tanto quanto prima, lo facciamo persino davanti alle ragazze.-
-Forse non riusciremo mai a diventare amici.-
-Se ciò accadesse sarebbe la cosa migliore. Ma sarebbe sufficiente non litigare e non discutere in campo. Quello che è successo durante la partita contro l’Uzbekistan non deve più ripetersi.
-Sono d’accordo con te.-
-Forse questo ritiro sta inasprendo ancora di più i rapporti tra noi.- Holly sospirò con amarezza -Mi ero convinto che la presenza delle ragazze sarebbe stata positiva. Invece la maggior parte delle discussioni avviene a causa loro. Prima abbiamo assalito Bruce per un paio di foto.-
-Non avrebbe dovuto farle.-
-Se le ragazze non ci fossero state non sarebbe successo.-
-Vuoi mandarle via?-
-Scherzi? Sto soltanto riflettendo ad alta voce.- e siccome aveva parlato a lungo si inumidì l’ugola con un lungo sorso di birra -In realtà spero ancora di riuscire a trovare del tempo da trascorrere  da solo con Patty.-
-A chi lo dici.-
Holly rise.
-Pesto come sei, invece tu dovresti proprio evitare.- l’occhiata sbilenca che gli lanciò Philip lo spinse a continuare pur di non sentirlo replicare -Sai cosa vorrei fare adesso?-
Philip scosse pensieroso la lattina di birra. La bevanda vorticò al suo interno, mentre Holly continuava.
-Stare con Patty, trascorrere il resto della serata e tutta la notte solo con lei senza avervi tra i piedi.-
-Io non ti sto tra i piedi quando t’imboschi con Patty. Semmai mi tolgo di torno appartandomi con Jenny.- gli fece presente anche un po’ offeso -Abbiamo fatto tanto per organizzare qui il ritiro e non siamo riusciti a neppure a ricavarci un po’ di tempo per noi.-
A Holly sfuggì una risata.
-Come potete approfittare di quei pochi momenti che potreste trascorrere insieme se state sempre a litigare?-
Philip si adombrò di colpo.
-Quel maledetto bastardo! Prima o poi tornerà da queste parti e allora vedrai che…-
-Non farti venire idee vendicative! Non finché sei in un ritiro con tutti noi! E poi guarda, per come la penso io non ne vale la pena. È talmente chiaro che a Jenny di lui non frega nulla. Non dovresti neppure perdere tempo a pensarlo.- guardò il compagno dritto negli occhi per cercare di capire se avesse recepito quell’ordine neanche troppo velato ma Philip continuava a tenere la fronte aggrottata. E i pensieri di Holly presero una direzione del tutto diversa e inaspettata. Ingollò un altro sorso di birra e sospirò sentitamente -Sono ancora nelle terme, vero? Quando Patty esce dalla doccia profuma in modo divino.-
L’espressione corrucciata sparì dal volto di Philip, che si accomodò meglio sulla sedia.
-Anche Jenny. Il suo profumo mi è sempre piaciuto. La prima volta l’ho sentito in aeroporto, subito dopo aver giocato la semifinale contro di te, poco prima che partisse con sua madre per l’America. Era così triste… è scoppiata a piangere all’improvviso e me la sono ritrovata tra le braccia. E quando si è allontanata, per la prima volta ho sentito come uno strappo che bruciava molto più della ferita che mi sono fatto al ginocchio cadendo sull’asfalto per seguire il suo taxi. I primi tempi il profumo di Jenny mi faceva perdere letteralmente la testa.-
Holly annuì.
-Chissà perché le ragazze profumano.-
-Forse per attirarci, come i fiori con le api.-
-Sì, i fiori. Belli e delicati…- rifletté -E morbidi.-
Philip continuò ad annuire pensieroso.
-Beviamoci su.- consigliò mentre i suoi pensieri andavano ben oltre l’immagine di una pianta -Con un fiore certe cose non le puoi fare, però. Un fiore non puoi spogliarlo, puoi togliere i petali ma poi diventa brutto. Una ragazza nuda invece è qualcosa di… sublime… celestiale…-
A entrambi tornarono chiare nella mente le foto di Bruce e tutta quella pelle esposta.
-Spogliarla un po’ alla volta è davvero eccitante.-
-Sciogliere la cinta dello yukata che fruscia mentre la sfili, scostare il kimono dalle spalle per scoprire il collo, accarezzarla sulla schiena nuda giù fin dove riesci ad arrivare…-
-Toccarla.-
-Ovunque.-
-Baciarla.-
-Dappertutto.- Philip continuò ad annuire -Beviamoci su.- la sua fantasia spaziò su un paesaggio di pizzo lilla con merletti.
Il silenzio durò alcuni intensi minuti, fu Holly a romperlo per primo.
-Philip, la birra è finita.- agitò la lattina vuota, con la stessa aria sbattuta di qualcuno risvegliato bruscamente da un piacevole sogno.
-Peccato.-
-Sì, peccato.-
Si alzarono più malfermi sulle gambe di come erano arrivati. Gettarono le lattine nella busta e richiusero la porta della dispensa. Ne uscirono scherzando e ridendo, ma una volta di fronte alle scale si guardarono perplessi e titubanti.
-Chi va per primo?- chiese Philip.
-Insieme.-

-Forse oggi con i bagni abbiamo esagerato. Mi sento a pezzi.- Patty si lasciò cadere sullo sgabello di vimini davanti allo specchio. Recuperò il pettine e iniziò a districarsi i capelli -Le terme mi hanno così rilassata che non vedo l’ora di andare a dormire.- guardò l’orologio che segnava le undici passate -Si è fatto davvero tardi.-
Jenny si annusò un braccio nudo.
-Sarà andato via l’odore del tempura?-
Evelyn, che le sedeva accanto sulla panca, si sporse verso di lei per annusarla.
-Ti assicuro che non ce n’è traccia. Profumi così di buono che manderai Philip fuori di testa.-
Lei rise d’imbarazzo.
-È un piacere vedervi insieme, tu e Philip.- Amy le passò accanto per raggiungere Patty davanti allo specchio -È evidente che lui ti adora, anche quando litigate.-
-Bruce non mi guarda mai come Philip guarda te...- disse Evelyn con una punta d’invidia -Ero curiosissima di conoscerti sai, Jenny? Philip ti ha tenuta sempre accuratamente nascosta.-
-Quando mi hai chiamata per invitarmi qui non riuscivo a credere che fossi davvero tu.- sorrise Amy. Posò in un cesto di vimini il telo usato per asciugarsi e recuperò gli abiti puliti dallo scaffale. Si sedette sulla panca e cominciò a rivestirsi.
-A dire la verità abbiamo cominciato a pensare che non esistessi, che fossi soltanto una specie di miraggio…-
-Un’invenzione di Philip per non sfigurare davanti ai compagni.- aggiunse Evelyn seria -Perché non sei mai venuta neppure a un incontro della nazionale?-
-Certo che ci sono venuta!- Jenny la guardò sorpresa.
-Ma sei rimasta sugli spalti, tra il pubblico, senza farti mai vedere.-
-Ero con Grace… Con gli altri ragazzi della Flynet. Quando la nazionale gioca in Giappone non perdiamo una partita.-
-Ma adesso che ci siamo conosciute starai in tribuna con noi? Abbiamo sempre i posti migliori riservati. Ci pensa il signor Pearson.-
-Chi è il signor Pearson?-
-Lavora per la Japan Football Association, è un pezzo grosso, con una grande capacità decisionale. Lui ha portato i ragazzi ai mondiali juniores di Parigi, alle medie.-
Jenny lo conosceva di nome perché aveva udito spesso Philip parlarne. La prima volta era accaduto quando si crucciava per non essere ancora riuscito a diventare il capitano della nuova Flynet che si era formata al liceo.
-Probabilmente Philip intende tenerti lontana da quei maniaci dei compagni di squadra.- rise Patty -Visto quant’è possessivo…-
-Dì pure geloso.- la corresse Amy ridendo.

Julian accartocciò i contenitori delle patatine e dei popcorn e li infilò in una busta vuota. Poi, scocciato, spostò gli occhi sui compagni.
-Non avete nessuna intenzione di darmi una mano, vero?-
Mentre Tom si alzava e radunava le ultime lattine vuote, Julian guardò Holly e Philip.
-Che hanno quei due? Quando sono scesi non erano in queste condizioni.-
-Forse il movimento ha mandato in circolo l’alcol.- tentò Tom.
-Oppure hanno rubato un’altra bottiglia di liquore al nonno e se la sono scolata alla faccia nostra.-
-Dici?-
-Non lo escluderei.- Benji tornò verso il tavolo, afferrò le buste degli avanzi, aprì l’armadio a muro e le nascose in un angolo.
-Anche questa.- Bruce lo raggiunse e gli porse l’ultima. Non appena chiusero il pannello scorrevole, udirono le voci delle ragazze sulle scale.
-Dammi una mano, Landers.- lo sollecitò il portiere.
Afferrò le caviglie di Philip che giaceva ancora a terra e prima che lui si rendesse conto di quello che stava accadendo, lo trascinò dall’altra parte della stanza fin sotto la finestra. Quando anche Holly fu trasportato da Mark un po’ meno gentilmente, Benji spalancò i vetri e lasciò che il gelo invernale li colpisse. Fu come una doccia ghiacciata. I due si riscossero e si tirarono su in una posizione quanto meno decente.
-Che freddo micidiale!- Philip rabbrividì e Holly, malfermo sulle gambe, cercò di trascinarsi via dal percorso della corrente gelida senza molto successo. In compenso si schiarì un po’ le idee e il suo sguardo si snebbiò abbastanza da poter sostenere quello di Amy che si affacciò sulla soglia.
Entrarono tutte, precedute da un piacevole profumo di bagnoschiuma ai fiori che camuffò l’olezzo da bettola di cui si era impregnata la stanza nonostante la finestra spalancata.
-Non sentite freddo?-
Rabbrividendo alla corrente gelata, Amy restò davanti alla porta, troppo accaldata e umidiccia per desiderare esporsi al freddo che proveniva da fuori.
-Stiamo cambiando l’aria. Bruce ne ha fatta una di quelle che non si riesce a respirare.-
-Non è vero!-
-La stanza è gelata, finirete per prendere freddo.-
Julian concordò con Amy e chiuse la finestra destreggiandosi tra le membra scomposte di Philip e Holly che non accennavano né a muoversi né a scostarsi.
Benji lanciò loro un’occhiata, poi raggiunse l’armadio.
-Ci prepariamo per andare a dormire, se non vi dispiace uscire.-
Amy annuì.
-Hai ragione, buona notte.-
Una volta soli, Bruce non riuscì a trattenere il divertimento.
-Non si sono accorte di nulla!-
-Stento a crederlo anch’io.- convenne Mark.
-Solo perché le ho mandate via.- fece presente Benji -Se fossero rimaste ancora avrebbero notato che quei due laggiù non sono proprio al massimo della forma.-
Indicò con un cenno Philip e Holly. Avevano ripreso entrambi a ridere sommessamente, complici di chissà cosa.

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Capitolo 13
*** 10 - Resa dei conti - prima parte ***


- 10 -
Resa dei conti
Prima parte


Tom sbadigliò e socchiuse gli occhi. Nella penombra intorno a lui udiva solo il respiro dei compagni addormentati. Si volse pigramente a guardare l’orologio, pronto a riprendere il sonno interrotto. Erano già le sette ma gli sembrava di essersi addormentato appena un paio d’ore prima. Chiuse di nuovo gli occhi e si ritirò pigramente sotto le coperte, deciso a concedersi ancora tutta la mezz’ora di riposo che gli restava, anche se… anche se a pensarci bene era meglio approfittare di quei minuti di tranquillità e di solitudine per lavarsi con calma, senza il solito casino, senza i soliti schiamazzi. Appena sveglio preferiva il silenzio. Anche se molto difficilmente gli capitava di alzarsi  di cattivo umore, gli ci voleva del tempo per carburare e finché non si svegliava del tutto non amava fare conversazione con nessuno. Sì, forse era proprio il caso di concedersi una tranquilla visita in bagno. Scostò le coperte, recuperò il telecomando del climatizzatore, lo accese e si alzò. Scavalcò un paio di futon e uscì silenziosissimo in un corridoio illuminato dalle prime luci del giorno.  
Rimase in bagno a lungo, crogiolandosi nella tranquillità e nella pace. Asciugandosi il viso indugiò a osservare il paesaggio esterno. I vetri erano adornati di ghiaccio brillante che formava splendidi ghirigori decorativi. La finestra del bagno si affacciava sul retro del ryokan, vale a dire sui primi alberi del bosco. A quanto pareva quella notte non aveva nevicato. Riusciva a scorgere poco distante un angolo del piazzale e le tracce degli pneumatici che la macchina del nonno aveva lasciato il giorno prima. Rabbrividì e alzò gli occhi al cielo di un azzurro tenue e limpido; non lo solcava neppure una nuvola. Il sole era sorto da poco e la sua luce pallida e fredda accarezzava le cime più alte delle montagne innevate. Solo in tarda mattinata sarebbe arrivata a posarsi sul ryokan.
Mentre ripercorreva il corridoio per tornare in camera, scorse un movimento furtivo in cima alle scale. Neve, la gatta bianca della nonna, era comparsa senza fare alcun rumore.
-Già sveglia anche tu?- sussurrò accarezzandole il dorso mentre lei faceva le fusa -Sei venuta a cercare Philip?-
La gatta gli percorse con la schiena le caviglie per una grattatina mattutina e quando ne ebbe abbastanza, raggiunse quatta quatta la soglia della camera, la coda ben dritta, gli occhi azzurri persi nel buio.
-Sei venuta davvero a cercare Philip.- prese atto Tom, divertito al pensiero -Sta dormendo, lascialo in pace.-
Quasi l’avesse compreso e non avesse gradito l’ordine, la gatta agitò una volta la coda e con uno scatto improvviso sparì nella stanza. Il sorriso si dissolse dal volto di Tom. La seguì con un balzo per impedirle di fare qualsiasi cosa avesse intenzione di fare e si trovò immerso nell’oscurità più totale. Tanto che dovette fermarsi dov’era per non correre il rischio di calpestare i compagni. Quando i suoi occhi si abituarono al buio, iniziò a distinguere forme e oggetti. Cercò la gatta e non la vide. Ma lui doveva assolutamente trovarla.
Scavalcò Holly e raggiunse la finestra in punta di piedi. Scostò la tenda quanto bastava per far entrare uno spiraglio di luce e l’oscurità fu dissolta dal tenue chiarore del giorno. Così andava molto meglio e infatti la individuò.
Neve era a due passi e si aggirava qua e là annusando i futon dei compagni. Odorò quello di Mark, poi quello di Holly e di Bruce. Si sedette sulle coperte di Julian e prese a leccarsi una zampina.
Tom si avvicinò senza fare rumore e cercò di prenderla ma lei gli sfuggì, portandosi al sicuro dietro il ragazzo addormentato. Mentre Tom aggirava Julian, la gatta scavalcò anche Benji, costringendolo a rifare il percorso in senso inverso. La micia continuò a sfuggirgli per alcuni minuti e alla fine, stanco di aggirarsi inutilmente per la stanza con il rischio di svegliare qualcuno, la lasciò perdere e tornò a sedersi tra le proprie coperte.
La gatta si accucciò di nuovo, stavolta accanto al futon di Philip. Si leccò un po’ la pancia, poi abbassò il muso e annusò le dita adagiate fuori dalle coperte.
-Micia… vieni qui…- tentò di nuovo Tom.
La gatta si volse a guardarlo e agitò la coda infastidita. Poi cominciò a fare le fusa, muovendo avanti e indietro il muso contro la mano del ragazzo addormentato.
-Tom?- Holly lo chiamò piano -Cosa stai facendo?-
-Sto guardando la gatta.-
Holly si stropicciò gli occhi e si tirò su incuriosito.
-La gatta?-
-Si è intrufolata.-
La voce di Mark li fece voltare.
-È cotta di Callaghan.-
Era sdraiato a pancia in giù, le braccia incrociate sul cuscino a sorreggere la testa. Osservava divertito Neve che continuava a fare le fusa contro le dita inerti finché Philip si mosse e ritrasse la mano.
-Forse è attirata da Callaghan perché gli sente addosso l’odore di Jenny.-
-Allora dovresti piacerle anche tu visto che le stai sempre incollato.-
Landers ricambiò la divertita risposta di Holly con un’occhiata di fuoco.
-La battuta alla Price potevi risparmiartela.-
Julian dal suo futon rise proprio nel momento in cui con una mossa azzardata la gatta scomparve tra le coperte di Philip passando attraverso l’apertura creata da un braccio piegato.
Holly si tese.
-E adesso?-
I giovani trattennero il fiato e il silenzio divenne palpabile, in un certo modo inquietante. Philip si mosse e si voltò, poi si agitò di nuovo in modo brusco. Dalle coperte provenne un miagolio soffocato e lamentoso che ebbe la conseguenza di spalancargli di colpo gli occhi. Balzò seduto, scalciò via il futon e la gatta, altrettanto sorpresa e di sicuro terrorizzata, soffiò appiattendosi tra le sue gambe piegate. Gli occhi di Philip la fissarono increduli mentre lanciava una sentita imprecazione, poi saettarono sugli amici.
-Che razza di scherzo!-
Le sue urla strapparono Benji e Bruce dal sonno insieme alla sveglia, che fece da eco alle invettive, un frastuono tale da far schizzare la gatta fuori dalla stanza in un baleno.
-CALLAGHAN!- tuonò il portiere stralunato -Che cazzo urli? Dove credi di essere? Allo stadio?-
Mark scoppiò a ridere fragorosamente, creando ulteriore confusione.
-Ti assicuro che non ti abbiamo fatto nessuno scherzo, Philip…-
-E allora com’è entrata? È passata attraverso le pareti?-
-È sgusciata dentro mentre tornavo dal bagno, mi dispiace.-
-Perché non l’hai cacciata via, accidenti a te?-  
Certo che lo avrebbe fatto, Tom, se avesse saputo che sarebbe andata a finire così. L’avrebbe tampinata fino a riacchiapparla, pur di non sentir urlare nessuno, a quell’ora.
Il bussare discreto sul pannello scorrevole abbassò immediatamente il volume delle loro voci. Il faccino sorridente di Amy fece capolino dal fusuma.
-È un buongiorno, oggi?-
Holly si diede un contegno.
-Abbastanza. Vi abbiamo svegliate?-
-Eravamo già sveglie.- li guardò con attenzione mista a divertimento -Stamattina siete davvero pieni di energie!-
-Faranno faville, sulla neve.- sentirono Evelyn dire di là.
Il pannello venne richiuso, Bruce sbadigliò sonoramente a beneficio dei compagni.
-Io non ho capito cos’è successo… Chi è entrato?-
-La gatta.- spiegò Julian.
-E allora?-
Philip tornò ad alzare la voce perché nonostante l’intermezzo, in lui il nervosismo era ancora ben lontano dall’essersi dissolto.
-Cosa faresti se si infilasse dentro il tuo futon mentre dormi?-
-Sicuramente continuerei a dormire.-
Mark rise.
-Probabilmente Harper non se ne accorgerebbe neppure.-
-Hai il sonno troppo leggero, Philip!-
Holly e Tom si trovarono tacitamente ad annuire, cosa che fece imbestialire Callaghan ancora di più.
-Ma quale diavolo di sonno leggero? Il problema non sono io!-
 Benji non ne poté più. Non era umanamente possibile iniziare la giornata così.
-SMETTILA DI URLARE, MALEDETTO TE!- gli strillò in faccia facendolo diventare cianotico.
-LO STAI FACENDO ANCHE TU!-
-Basta per favore...- mugolò Tom, alzandosi in cerca di abiti puliti da indossare in fretta per sottrarsi al più presto alla baraonda che aveva preso il posto di un sano e positivo risveglio.
-Dove stai andando, Mark?-
Julian lo superò e raggiunse la porta sbarrandogli il passo.
-In bagno.-
-Oggi il primo sono io. L’hai dimenticato?-
-Ricordo perfettamente. La mia è un’urgenza.-
Julian sollevò il mento strafottente.
-Peggio per te. Aspetta il tuo turno o vai in quello delle ragazze!- lasciò la stanza ma un secondo dopo si riaffacciò puntandogli addosso un dito minaccioso -Cancella la seconda opzione!-
Mark ringhiò una protesta.
-Secondo te sarei capace di farlo? Ma per chi mi hai preso?-
Bruce si alzò pieno di buone intenzioni.
-Non preoccuparti Mark, vado io nel bagno delle ragazze. Così dovrai aspettare di meno.-
-Dov’è che vai tu?- il capitano gli agguantò svelto una gamba bloccandolo sul posto -Non ci provare!-
Senza prestare attenzione ai compagni, Philip raggiunse la parete divisoria con due falcate decise. Bussò e chiamò piano.
-Jenny?-
Trascorse un istante, poi Evelyn si affacciò.
-È in cucina.-
E Philip in cucina andò a cercarla, un diavolo per capello e una voglia matta che la fidanzata gli risolvesse il problema una volta per tutte, facendogli tornare il buonumore. Jenny era davanti ai fornelli e quando lo vide entrare gli sorrise.
-Buongiorno. Come mai ancora in pigiama?-
-Il gatto!-
-Che gatto?-
-Il gatto bianco. Si è intrufolato in camera mentre dormivamo e si è infilato nel mio futon!-
Lei rise.
-Jenny, non c’è nulla di divertente.- la guardò serio -Quel gatto ce l’ha con me.-
-Si chiama Neve ed è una femmina.- lo canzonò, sfiorandogli il livido sullo zigomo con la punta delle dita -Ti fa ancora male?- quella sì che era una  cosa che la preoccupava.
Lui scosse la testa e starnutì. Forse avrebbe dovuto cambiarsi prima di scendere in cucina.
-Sto parlando sul serio, Jenny.-
-Philip, è solo una gatta…-
-Perché ce l’ha con me?-
-Sei tu ad avercela con lei!-
Lui scosse la testa.
-L’altro giorno mi ha riempito di peli la felpa e i pantaloni. Adesso anche il futon e il pigiama…- si scrollò di dosso immaginari peli di gatto.
-Oggi laverò tutto, il pigiama, il cuscino e le lenzuola.- lo accontentò lei ragionevole e indaffarata. Prese le ciotole dallo scolapiatti e le posò sul tavolo. Recuperò la confezione del pane e l’aprì, tirando fuori tutte le fette che conteneva. Due alla volta iniziò a passarle nel tostapane.
-E il futon? Se lavi anche il futon io dove dormo?-
-Te ne darò un altro pulito. Ora vai a vestirti o ti raffredderai.-
Il tostapane trillò e Jenny sostituì le fette. Philip la seguì con lo sguardo mentre si muoveva qua e là per la cucina e gli sembrò più occupata a preparare la colazione che preoccupata a dargli retta. Così le sue rassicurazioni non gli bastarono.
-Ascolta, devi impedire in qualche modo a quel gatto…-
-È una gatta, Philip.-
Lui si corresse.
-A quella gatta di starmi addosso. Da dov’è spuntata? Dov’è stata finora? Perché non torna da dove è venuta?-
-È sempre stata qui ma aveva paura ad avvicinarsi. Così girava alla larga. Philip, vai a vestirti, sei anche a piedi nudi!-
-Accidenti Jenny! Non sento freddo!- esclamò, poi starnutì.
Lei lo fissò, sforzandosi di mostrarsi accomodante anche se stava cominciando a perdere la pazienza. Philip sembrò accorgersene e la guardò imbarazzato.
-Sono allergico.-
-A me?-
-Ai gatti.-
Bruce arrivò lavato e vestito, un occhio sulla tavola apparecchiata e l’altro in giro per la cucina in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti che non vedeva proprio da nessuna parte.
-Smettila di infastidire Jenny, Philip. Se non te ne sei accorto ci sta preparando la colazione.-
Lei annuì concorde.
-Ne parliamo dopo, Philip.- disse e lo spinse con convinzione verso l’uscita.

*

Ed e Danny seguirono la domestica nell’immenso salotto di casa Price. Fino a quel giorno nessuno dei due aveva mai messo piede nella villa del portiere e ora entrambi si guardavano intorno sbalorditi. Mentre Warner paragonava le dimensioni del grande edificio padronale risalente almeno a un paio di secoli prima, alla propria casa in stile tradizionale probabilmente altrettanto antica, dal tetto ampio e il giardino giapponese con l’annessa palestra di karate che la sua famiglia gestiva da generazioni, Danny rimase letteralmente a bocca aperta a fissare meravigliato ciò che li circondava, dai lampadari in cristallo ai soffici tappeti persiani, dai mobili di legno massiccio ai quadri appesi alle pareti. Sembrava tutto molto ma molto costoso.
-Accomodatevi.-
La donna li introdusse in un salotto che era almeno cinque volte quello di casa Mellow. Seduti sul divano, sulle poltrone e sulle sedie a occupare tutto lo spazio, c’erano i compagni della nazionale e Freddie Marshall che li accolse con un sorriso.
-Buongiorno a entrambi.-
-Scusare, abbiamo fatto tardi.- disse il portiere dopo aver ricambiato il saluto.
Yuma li guardò ironico.
-Vi siete persi?-
-Non riuscivamo a trovare un taxi libero. Non ce ne sono molti, alla stazione.-
Ed e Danny si accomodarono sulle sedie trapuntate di velluto amaranto e rimasero in attesa. Seduto tra i morbidi cuscini del divano, Ralph Peterson si mosse spazientito. Infilò le mani nelle tasche della felpa e allungò scompostamente le gambe davanti a sé.
-Ora che siamo tutti, può dirci finalmente perché ci ha convocati?-
-Sicuramente non per una visita guidata in casa Price. Che pure forse varrebbe la pena.- Clifford lanciò a Marshall un’occhiata di traverso -Mi auguro che sia qualcosa di davvero importante se ha costretto Sandy e me ad alzarci all’alba per venire qui da Nagasaki con il minimo preavviso e anticipando il ritiro di una settimana.-
Le indicazioni del mister, che li aveva chiamati il giorno prima uno per uno, erano state infatti di preparare in fretta e furia i bagagli, recarsi all’appuntamento con la valigia e proseguire poi tutti insieme da Fujisawa direttamente a Saitama, nel centro sportivo degli Urawa Red Diamonds che li avrebbe accolti per il ritiro (quello serio) in vista della prossima partita della nazionale.
L’uomo sorvolò sugli inutili e polemici commenti a cui, convivendo per anni con Benji, aveva ormai fatto il callo e decise che adesso che erano tutti, i ragazzi meritavano finalmente qualche spiegazione. Si sistemò meglio sulla comoda poltrona di solito occupata dal padrone di casa e li guardò uno per uno. Li conosceva da anni, li aveva praticamente visti crescere. Aveva assistito alle loro sconfitte e ai loro progressi, alla felicità e alle delusioni che la vita sportiva aveva di volta in volta messo loro davanti. Ed era sua intenzione continuare a supportarli lungo la via dei più alti livelli del calcio mondiale, se loro glielo avessero consentito. Mentre a poco a poco nello spazioso salotto calava un silenzio d’attesa, prese un fascio di fogli dal ripiano di cristallo del basso tavolino e lo sfogliò.
-Devo darvi alcune notizie sul ritiro e dobbiamo decidere la formazione che scenderà in campo contro l’Oman. Julian ha inviato i suoi appunti, che ci saranno utilissimi. Come al solito ha fatto un ottimo lavoro. Questi sono i due motivi principali per cui ho deciso di riunirvi tutti quanti qui prima della conferenza stampa, tra l’altro anticipata a domani.-
-Domani?- fece eco Sandy che le aborriva.
-Esattamente. Domani Gamo ha in programma un incontro con il presidente della JFA e dovrà sicuramente rispondere alle domande dei giornalisti.-
-Noi no, vero?-
-Sandy, quando la smetterai di essere così timido?- lo schernì Clifford che aveva sempre una buona parola per lui.
-Vorrei farle notare, mister, che non siamo tutti proprio per niente.- obiettò Patrick -Decideremo anche per gli assenti?-
Marshall annuì.
-In realtà c’è una cosa su cui vorrei sentire la vostra opinione.-
-Davvero? E cosa?- domandò James Derrick in preda a un’improvvisa curiosità.
-Riguardo il ruolo di capitano e di vice.-
Ed e Clifford si scambiarono un’occhiata sorpresa ma fu Paul Diamond a parlare.
-Il capitano è Holly.-
Freddie annuì di nuovo.
-Il capitano è Oliver quando c’è. Ma quando non c’è?-
Il primo in assoluto ad aver guidato la nazionale al suo esordio ai mondiali juniores di Parigi era stato Mark, e non era andata affatto bene. Landers non aveva carisma e non aveva sufficiente pazienza, più che un leader si comportava da boss e nonostante ciò, c’era ancora chi votava per lui in modo incondizionato.
-Quando non c’è Holly, c’è Mark.-
La replica di Danny fu così scontata che Clifford aveva già pronta la risposta.
-Scordatelo, pulce! Landers sarà forse il più bravo a infilare tiri in porta, ma come capitano fa schifo. Io non lo voterò di certo. Non è assolutamente in grado!- guardò Sandy che annuì immediatamente, poi Peterson anche lui d’accordo come del resto l’intera nazionale, a parte Danny.
Freddie si limitò ad ascoltarli in silenzio. Non intendeva intervenire, voleva che ciascuno desse la propria opinione, che si confrontassero e arrivassero da soli ad una decisione che, nel migliore dei casi, avrebbe coinciso con quella già presa da lui stesso, Gamo e Pearson.
-C’è Benji.- propose Paul Diamond -Benji alle elementari è stato il capitano della Saint Francis.-
Ma Benji si era reso ben presto conto, quando le squadre di Shizuoka erano state riunite in un’unica rosa di talenti, la New Team, che Holly aveva molta più ascendenza di lui sui compagni e gli aveva lasciato il ruolo senza nessun rimpianto.
-Scherzi? Price è peggio di Landers.-
Lo pensava anche Freddie, il ruolo di capitano a Benji non si addiceva se la squadra che doveva guidare era un gruppo di campioni ormai adulti, cresciuti lontano dalla fama, dal rispetto e dall’opulenza della famiglia Price che non avrebbero fatto breccia nel loro modo di considerare Benji. Al contrario di quanto era accaduto a un manipolo di bambini delle elementari a cui almeno una volta nella vita era capitato di percorrere il marciapiede che costeggiava l’infinito muro di cinta dell’antica dimora.
-Se Holly non c’è mai, figuriamoci Benji che vive in Germania da anni. Non ha senso scegliere lui.- fece notare Peterson.
-Io propongo Bruce! Con lui come capitano sarà una pacchia!-
I ragazzi scoppiarono a ridere alla battuta di Johnny Mason, poi decisero che era ora di prendere la questione sul serio.
-Noi due votiamo per Philip, come al solito.- disse Jason Derrick mentre il gemello annuiva -Ha sempre sostituito Holly ed è sempre andata bene.-
-Hai ragione.- convenne Everett -Lo ha sempre fatto e ci è riuscito ottimamente. Può benissimo continuare a farlo. Non vi pare?-
-Almeno lui ti sta ad ascoltare e riesce a trovare una soluzione ai problemi senza farteli pesare. A differenza di Landers…- Yuma lanciò un ghigno a Mellow.
-Sono d’accordo.- annuì Ed. Sapeva benissimo che a Mark il ruolo di capitano non era mai interessato. Nella Muppet aveva rifiutato la fascia offertagli dai compagni di squadra lasciandola a Danny. Si volse verso il mister -Cosa ne pensa, signor Marshall?-
-Philip Callaghan va benissimo, sono contento di trovarvi d’accordo su di lui.-
-A proposito di Philip e compagnia, dov’è che sono andati quei sette?- domandò Paul -Bruce è sparito, non si fa sentire da una settimana e non risponde più neppure al cellulare. Che fine hanno fatto?-
-Sono in Hokkaido, a Shintoku.-
-Shintoku? Mai sentito. Che posto è?-
-Non oso immaginare che freddo terribile faccia in Hokkaido in questo periodo.- rabbrividì Clifford che proveniva da climi meridionali molto più temperati -Cosa sono andati a fare lassù?-
-A litigare, che altro?- sghignazzò Everett -Non ricordi com’è finita la partita contro l’Uzbekistan il mese scorso?-
Ed sospirò.
-Speriamo che a qualcuno si geli la lingua, così eviteremo di ripetere certe scene pietose.-
Paul si sporse sulla sedia.
-So cosa stai insinuando, Warner. Ma non è colpa di Benji. Quando a Bruce gli girano fa spazientire pure i sassi.-
-Veramente ha cominciato Julian.- fu contento di precisare Yuma che, giocando in difesa, sapeva bene come si erano svolti i fatti solo che li interpretava dal suo ristretto punto di vista.
-Ragazzi, per favore! Non ricominciate!-
Come se fossero ormai sintonizzati su una frequenza diversa, nessuno di loro udì la voce di Freddie che cercava di richiamarli all’ordine.
-Ross non c’entra nulla. Se Landers non si fosse intestardito a voler segnare un goal e avesse passato la palla a Holly, per esempio…- Bob Denver alzò le spalle -Vuol sempre fare di testa sua, ancora non ha capito che il calcio è un gioco di squadra.-
Gli occhi di Marshall saettarono preoccupati qua e  là nel salotto. Possibile che litigassero per colpa dei compagni anche in assenza dei diretti interessati?
-Ragazzi…- tentò di nuovo.
Danny non riuscì a tacere.
-Holly non era in posizione per segnare, Mark sì.-
-Che assurdità!- esclamò Johnny Mason -Holly riesce a segnare anche quando non è in posizione, Landers evidentemente no!-
-Capita a tutti di sbagliare!-
Freddie si chiese d’un tratto se non sarebbe stato meglio spedire in Hokkaido l’intera squadra. Anche i presenti forse necessitavano di raffreddare i loro bollenti spiriti. Si alzò seccato, scostando rumorosamente la sedia e provocando un fastidiosissimo stridio sul pavimento di marmo. Il suo movimento brusco attirò l’attenzione di tutti. Lo videro prendere il cordless e tornare poi a sedersi.
-E adesso? Cosa sta facendo, mister?- domandò James Derrick.
-Telefono al ryokan di Shintoku.-
-Perché?-
-Per avvertire Philip e per dimostrarvi che lassù se la stanno cavando benone.- cosa di cui era assolutamente convinto. Se così non fosse stato Benji avrebbe disertato il ritiro e sarebbe già tornato a casa.
Johnny e Danny si guardarono in cagnesco, restando in silenzio nonostante tutto ciò che avevano ancora da dirsi, mentre gli squilli della linea libera risuonavano nell’aria. Per farli stare zitti, Marshall aveva acceso il vivavoce.
Fu la nonna a rispondere.
“Ryokan Sakura, buongiorno.”
-Buongiorno, sono Freddie Marshall, vorrei parlare con Philip Callaghan…-
“Freddie Marshall?” la udirono ripetere. La nonnina fece mente locale ma quel nome le risultò  totalmente sconosciuto.
-Sì, il suo allenatore.-
“Ah!” la nonna intuì che si trattava di qualcuno paragonabile al datore di lavoro di Philip, così scattò sull’attenti “Attenda un attimo in linea, per favore. Vado subito a chiamarlo.”
A casa Price si udì lo  schiocco della cornetta che veniva appoggiata sul ripiano.
La nonna raggiunse la cucina dove Amy e Jenny stavano finendo di riordinare le stoviglie della colazione e si affacciò sulla soglia.
-Tesoro, c’è il signor Marshall al telefono, cerca Philip. Credo sia importante. Dov’è?-
La giovane si volse di scatto, posò i cucchiaini e la raggiunse.
-Il signor Marshall? Sei sicura?-
-Certo che sono sicura! Sono vecchia ma non rimbambita!-
-Vado subito a chiamarlo.- salì di corsa al primo piano in cerca del fidanzato. Aprì la porta senza bussare ed entrò -Philip, c’è il mister al telefono!-
Le chiacchiere si arrestarono di colpo e chi stava facendo qualcosa smise di farla.
-Gamo?-
-No, Marshall.-
La tensione si allentò un poco.
-Hai risposto tu?-
-La nonna.-
-Che vuole?-
-Non lo so.-
Benji si alzò.
-Ci parlo io, ho parecchie cose da dirgli.-
-Ha chiesto di Philip.-
Callaghan non fu contento della puntualizzazione della fidanzata. Il fatto che chiedesse proprio di lui non era rassicurante, forse aveva scoperto qualcosa.
-Vuoi che vada io?- si fece avanti Holly -Gli dico che sei in bagno e sento cosa vuole.-
L’altro annuì, subito convinto. Molto meglio lui di Benji.
-Poi in caso ci parlo.-
Philip si alzò, seguendo Jenny e il capitano nel corridoio. Arrivarono alla fine delle scale quasi correndo e in un silenzio teso. Quando Holly rispose, Jenny si aggrappò alla felpa di Philip e trattenne il fiato.
-Buongiorno signor Marshall.-
“Ah, Holly. Ciao. Cercavo Philip…”
-È in bagno. Può dire a me?-
“Be’, no… aspetterò. Tutto bene lassù?”
-Sì tutto a posto… A parte il freddo. Mai provato un freddo così intenso in vita mia…-
“Ci sono i pinguini?” rise Jason Derrik “Mister, gli chieda se ci sono i pinguini…” il fratello gli diede una gomitata per metterlo tacere. Non voleva perdersi una parola.
Marshall sondò il terreno.
“E a parte il freddo, come va il resto?”
-Il resto è una favola! Stiamo benissimo! Sembra quasi di essere in vacanza!-
Philip e Jenny lo guardarono con gli occhi spalancati. Philip in realtà era quasi cianotico.
-È arrabbiato?- gli chiese a voce bassissima ma colma di preoccupazione.
 Holly con una mano coprì la cornetta e scosse la testa.
-Vuole solo sapere come va…-
-E non può chiederlo a te? Che bisogno ha di parlare con me?- sicuramente c’era sotto dell’altro.
Holly gli allungò il telefono con fare incoraggiante ma Philip indietreggiò scuotendo la testa. Poiché Marshall aveva ripreso a parlare, il capitano fu costretto a tornare ad ascoltarlo.
-Se cerca te devi parlarci, Philip…- cercò di farlo ragionare Jenny con un filo di voce.
-Vedrai che c’è la fregatura.-
-Prima o poi dovrai rispondergli, non puoi fingere di essere sempre in bagno.-
Lui scosse inesorabile la testa. Di lavate di capo in quei giorni ne aveva subite abbastanza e la sua mente già provata da tanta ingratitudine da parte dei compagni. Lui che aveva organizzato il miglior ritiro della loro carriera calcistica, non osava neppure sfiorare il pensiero che Marshall avesse capito qualcosa o, peggio, qualcuno dei presenti lo avesse informato della questione delle ragazze.
Si concentrò su Holly, che aveva ripreso a parlare.
-È una località tranquilla, solitaria. Siamo gli unici ospiti e non c’è confusione. Possiamo allenarci per tutto il tempo che vogliamo. Niente curiosi né giornalisti in giro...-
Proprio mentre finiva di elencare le amenità del luogo, tonfi sordi risuonarono per l’intero edificio facendo quasi tremare le pareti. Holly coprì la cornetta con una mano e spostò gli occhi su Philip.
-Chi accidenti è?-
Se lo chiese anche Jenny, tesa e con un brutto presentimento che non voleva saperne di lasciarla.
Mentre i tonfi continuavano, Philip si allontanò verso le scale per mettere fine a quel rumore fuori controllo che rischiava di arrivare a Fujisawa.
-SCOMMETTI CHE SE LO RIFAI TI DISINTEGRO?!-
Le parole gridate di Benji arrivarono al piano terra, seguite da altri tonfi più affrettati e più vicini. Bruce volò giù dalla rampa, un po’ scendendo, un po’ precipitando ma comunque finendo preciso addosso a Philip che aveva avuto la sfortuna di avvicinarsi troppo alle scale. Rotolarono a terra l’uno sull’altro.
Mentre il mister continuava a parlare, ignaro del pandemonio che si stava per scatenare nell’estremo nord del Giappone e Holly gli dava spago per coprire il fracasso, Jenny si precipitò accanto al fidanzato, a terra dolorante a massaggiarsi le costole già incrinate da Kevin e combriccola, non tanto preoccupata che si fosse fatto male ma per arginare la sua scontata e rumorosa reazione. E infatti, quando lui spalancò la bocca per insultare la famiglia Harper risalendo indietro almeno fino alla quarta generazione, Jenny gliela chiuse prontamente con le mani.
Bruce balzò a una distanza che reputò sicura. E fece bene perché Philip era furioso.
-Non è colpa mia!-
-È la seconda volta che mi cadi addosso!-
-Una mera coincidenza, te lo giuro!-
Benji, sulle scale, diede voce a tutta la propria irritazione.
-Harper sei un idiota fatto e finito! Se l’intelligenza facesse parte del talento, non finiresti neppure tra le riserve di una squadra di principianti!- scese le scale con il suo incedere arrogante e un qualcosa di inquietante che Philip spazzò via appena il portiere gli fu vicino afferrandolo per la felpa, senza peraltro smuoverlo di un millimetro poiché oltre alla massiccia statura, Benji era anche saldamente aggrappato alla balaustra.
-Il deficiente sei tu. Holly è al telefono.-
-Pensavo avesse finito. Che hanno da dirsi? Certo che ce ne sarebbero da raccontare...-
“Holly, che sta succedendo?”
Stavolta l’allenatore aveva udito perfettamente il trambusto.
-Proprio nulla, signor Marshall. È la televisione.-
Bruce capì con incredibile perspicacia che era il caso di togliersi di torno. Così svoltò il corridoio e sparì in direzione delle terme. Aveva appena avuto un’idea.
In compenso in cima alle scale apparve Mark.
-Sei un cretino, Price. Vuoi farti sentire?-
-Grida ancora un po’ e sentirà anche te, non solo a Fujisawa ma pure a Okinawa.- replicò l’altro.
-Imbecille!-
-Idiota!-
Jenny non riuscì a credere che quei due fossero tanto stupidi da mettersi a discutere in un momento così delicato.
-Per favore, smettetela! Philip, fermali!-
Patrick Everett sentì finalmente ciò che si aspettava prima o poi di udire.
-Questa è la voce di una ragazza!- si volse verso Ralph che gli sedeva accanto -L’hai sentita anche tu, vero?- guardò gli amici coinvolgendoli tutti in quella scoperta -Voi l’avete sentita?-
Clifford annuì con veemenza.
-Certo che è una ragazza! Sono in un hotel, è normale che ci siano delle cameriere.-
-Cameriere anche lassù?- boccheggiò Freddie, perfettamente consapevole di cosa sottintendesse quel sostantivo purtroppo così carico di significati.
-Le cameriere sono ovunque, mister. Non lo sa?-
-Quando sono con voi mi sforzo sempre di dimenticarlo, Ralph.-
Mentre i ragazzi continuavano a scambiarsi opinioni non richieste, nel ryokan la vita ferveva.
Ma ferveva soprattutto Bruce, che ripiombò tra loro con gli occhi stravolti dal terrore, come se si fosse appena trovato faccia a faccia con la morte. I ragazzi, rimasti tutti nei pressi del capitano e del telefono, lo videro scappare di corsa su per le scale.
Dopo di lui arrivò Patty, o meglio la visione di un asciugamano che avvolgeva appena appena un corpo nudo. In pratica la reincarnazione dei primi piani fotografati da Bruce. Era furente e brandiva minacciosa una bacinella vuota, una di quelle delle terme. Ma a questo suo particolare stato d’animo diede peso solo Jenny. Fu tutto il resto esposto alla luce del sole che il loro istinto maschile notò. Quindi Jenny fu l’unica a riscuotersi dalla sorpresa mentre gli altri osservavano imbambolati tutto ciò che circondava l’asciugamanino che Patty si stringeva addosso. Le andò incontro e intercettò il braccio assassino, tentando di recuperare il contenitore e nel contempo arginare la sua furia distruttiva.
-Ferma, ferma…-
-DOV’è? DOVE ACCIDENTI è?-  
-Non gridare, non gridare...-
Gli occhi increduli sulla fidanzata mezza nuda, Holly non riuscì a profferire parola nonostante Marshall dall’altra parte del Giappone continuasse a chiedergli cosa diamine stesse succedendo lassù. Non solo. Lo shock fu tale che la cornetta gli sfuggì di mano. Parlare con Freddie per togliere Philip dai guai non fu più una priorità. Così come non si preoccupò di recuperare il telefono e lo lasciò penzoloni lungo il mobile.
In casa Price gli ex giocatori della New Team si scambiarono un’occhiata d’intesa.
-Questa voce credo proprio di conoscerla.- fu la conclusione di Johnny Mason approvata all’unanimità dalla squadra delle medie.
Jenny non poté in nessun modo contenere l’ira di Patty. Era così fuori di sé da non rendersi conto in quale delicato contesto le stava capitando di trovarsi. Si liberò dell’amica, urtò Benji passandogli accanto, poi volò su per le scale.
-Stavolta lo uccido!-
Holly la vide scomparire al piano di sopra, l’asciugamanino che celava appena le natiche. Si riscosse dallo shock e recuperò il telefono.
-Signor Marshall, le passo Benji. Vuole parlarle.- gli mise in mano la cornetta -È tutto tuo!- e corse dietro alla fidanzata.  
Philip non poté fare nulla per evitare il cambio di interlocutore. In quella circostanza così delicata, non sarebbe riuscito a trattenere Holly neppure se lo avesse incatenato al muro. La comparsa di Patty mezza nuda aveva evidentemente mandato in pappa il cervello del capitano.
-Buongiorno Freddie!- esordì il portiere pieno di energie e di ottime intenzioni.
“Ciao Benji. Philip è ancora in bagno?”
Price lanciò in ghigno sadico al compagno.
-Evidentemente.-
“Come va lì?”
-Uno schifo.-
“Immaginavo.” commentò con un sospiro “Infatti mi stavo chiedendo come mai non fossi ancora tornato a casa.”
Benji rise.
-Ho fatto una scommessa con Landers su chi resiste di più. O chi molla per primo, dipende dai punti di vista. Chi di noi due vincerà, e uno dei due vincerà di sicuro, avrà l’onore di prendere a pugni Callaghan, che ha organizzato questo ritiro di merda.-
Jenny impallidì e si accostò a Mark preoccupatissima.
-È vero?-
-Credi ancora alle stronzate di Price?- replicò quello -Pensavo che ormai ti fossi fatta un’idea di lui.-
Jenny arrossì di vergogna e sollievo mentre Freddie, a Fujisawa, sospirava.
“Perfetto Benji, le cose stanno proprio come avevo immaginato.”
James Derrick intervenne e il dialogo si spostò in casa Price.
-Veramente mister lei sosteneva che andasse tutto bene…-
-Era quello che voleva far credere a noi.- Clifford non c’era cascato.
-Se fanno fuori Callaghan, dovremo incontrarci di nuovo per scegliere un altro vicecapitano.-
-Ti ricordo Bob che lui era l’unico candidato che andasse bene a tutti.- gli fece presente Alan Croker.
-Allora saremo la prima squadra anarchica del mondo.-
-Io un’altra volta la sveglia alle cinque non la metto.- protestò persino Sandy Winter.
Benji non aveva ancora capito che su invito di Marshall un cospicuo gruppo di intrusi aveva fatto irruzione in casa sua per usufruire della comodità del suo salotto e non ebbe neppure il tempo di farlo. Bruce venne giù dalle scale veloce come un fulmine e si riparò dietro l’angolo del muro, alle sue spalle.
Patty comparve in cima alla rampa nello stesso succinto abbigliamento di poco prima, catalizzando di nuovo su di sé gli occhi increduli dei ragazzi.
-Giuro che se ti acchiappo ti concio per le feste!-
Harper fece capolino oltre il muro.
-Non mi prenderai, sei troppo lenta!-
Il portiere scattò automatico e inesorabile come una macchina da guerra e lo scappellotto con cui centrò la nuca di Bruce fu tanto rumoroso quanto doloroso.
-Se non sparisci immediatamente ti faccio a pezzi!-
L’altra mano con cui copriva la cornetta non fu sufficiente a nascondere la minaccia a chi lo ascoltava da casa sua.  
“Fallo a pezzi, Price.” lo incitò Clifford “Tanto Harper serve solo a far numero.”
Ma al piano terra del ryokan in quel momento c’era troppa confusione perché a Benji arrivasse una voce tanto lontana.
-Sei un guardone!- Patty si precipitò giù per i gradini, gli occhi lampeggianti d’ira e la bacinella ancora minacciosamente sollevata in aria.
Holly arrivò stringendo tra le mani lo yukata della fidanzata, che aveva tutta l’intenzione di farle indossare al più presto.
-Fermati per favore…- la supplicò disperato.
Benji perse queste ultime battute. Freddie infatti gli stava rivelando di essere in compagnia dell’altra metà della nazionale lì nel suo salotto, che erano pronti a partire per il ritiro a Saitama, che la conferenza stampa era stata anticipata e un sacco di altre belle notizie capaci di calamitare completamente il suo interesse.
Solo quando fu sull’ultimo gradino Patty capì che Bruce aveva ragione. Non sarebbe mai riuscita ad acchiapparlo. Il ragazzo era più svelto, più veloce e più allenato. Avrebbero potuto fare il giro del ryokan mille volte, fino a sfiancarsi, e non sarebbe mai riuscita a mettergli le mani addosso. Esasperata, tentò un’altra strada. Con un movimento dettato più che altro dalla frustrazione di non essere in grado di punirlo quanto meritava, scagliò il secchio contro di lui.  
-Maniaco!-
Philip reagì in un millesimo di secondo, afferrò Jenny per le spalle e la tolse di colpo dalla traiettoria. Lo spostamento d’aria della bacinella che compiva la sua parabola spostò una ciocca di capelli dal suo viso. Mark fu altrettanto rapido. Si appiattì contro il muro, seguendo con lo sguardo il percorso del lancio. Bruce, vale a dire il bersaglio originario, si ritrasse di scatto dietro l’angolo.
Eppure il secchio, quella bacinella di plastica dura e indistruttibile rapita alle terme e lanciata nello stretto spazio del corridoio con tanta leggerezza, alla fine qualcosa colpì.
A casa di Benji giunse il rumore di due tonfi di entità diversa che si susseguirono uno dopo l’altro. Poi la bacinella terminò la sua corsa sul pavimento, dove rimbalzò un paio di volte fino a fermarsi ai piedi di Jenny. Ci fu un momento di silenzio assoluto, dopodiché l’ira del portiere esplose.
-CHI è STATO? Se lo prendo lo ANNIENTO!- brandì la cornetta davanti a sé come se fosse un’arma, rischiando di staccarla dal telefono.  
Mark gli indicò Patty.
-Accomodati e annienta, Price.-
Lei indietreggiò allarmata, nascondendosi alle spalle di Holly, di cui notò finalmente la presenza. E lui naturalmente la difese a spada tratta.
-Non l’ha fatto apposta.-
Poiché era evidente che non avrebbe potuto punire il colpevole, Benji fu costretto a ingoiare il rospo mentre l’ira, per forza di cose, a poco a poco scemava nei confronti di Patty e raggiungeva vette stratosferiche in quelli di Bruce.
Nel momento in cui Holly riusciva finalmente ad appoggiare lo yukata sulle spalle della fidanzata, Patty avanzò verso Benji. Gli sfiorò la fronte nel punto in cui si stava formando una piccola chiazza rossa che conteneva già un bernoccolo.
Lui le afferrò il polso e allontanò bruscamente la mano. Una luce pericolosa gli attraversò lo sguardo. Questa era la conseguenza della sua decisione di restare. Era stato un imbecille a non andar via quando ancora poteva farlo senza rendersi complice di quei mezzi squilibrati dei compagni di squadra.
-Davvero, mi dispiace. Scusa…-
Sembrava quasi aver riacquistato il controllo, Benji. Ma poi Mark scoppiò a ridere. La sua risata fragorosa riecheggiò per l’intero ryokan e Philip gli andò dietro.
-Cominciamo bene la giornata, eh, Price? E siamo solo a metà mattina. Se continuiamo così forse stasera avrò il piacere di vederti schiattare.- Mark si avvicinò a Patty, tornata a distanza di sicurezza -A quanto pare la tua combattività di un tempo è ben nascosta sotto i vestiti!- lei divenne scarlatta -Mai visto niente di simile! L’hai centrato due volte! Prima il secchio in testa e poi la fronte contro il muro. Ottima mira davvero!-
Benji lasciò definitivamente la cornetta e poiché su qualcuno doveva pur sfogarsi, si avventò su Landers.
-Philip, prendi il telefono.- Jenny spinse il ragazzo verso il mobile -Marshall cercava te.-
-Dovrei parlarci dopo quello che ha sicuramente sentito? Mi terrà in panchina a vita!-
-Non lo farà se riuscirai a metterci una pezza.- sorrise lei incoraggiante.
-Il prossimo incontro lo seguirò da riserva, lo so già…- sospirò rassegnato e recuperò la cornetta -Signor Marshall, sono Philip. Mi cercava?- dall’altra parte non provenne alcun rumore -Signor Marshall? Mister? Che fortuna sfacciata! È caduta la linea!-
-Non mi pare una cosa su cui gioire, Philip.- gli fece notare Holly. Aveva appena avvolto la fidanzata nello yukata e ora riusciva a valutare la situazione obiettivamente, senza che le curve di Patty gli saturassero i pensieri -Sarà furibondo.-
-Forse conviene richiamarlo?- suggerì Jenny.
-Meglio domani. Diamogli il tempo di sbollire-
-Sono d’accordo con Philip.- disse Bruce, di cui si erano tutti momentaneamente dimenticati.
Persino Patty. Ma il suono della voce del ragazzo rinfocolò la sua collera, ricordandole di avere ancora un conto in sospeso con lui. Mentre gli amici discutevano se fosse o meno il caso di richiamare Marshall, cosa che Benji e Holly volevano fare mentre Philip e Bruce no, raccolse silenziosa la bacinella, girò intorno ad Harper non vista e calò il recipiente su di lui con tutta la forza del braccio.
Quella testa dura risuonò di uno schiocco secco. Bruce barcollò all’indietro, intontito dal colpo.
-Patty! sei impazzita?-
-Così impari a ficcare il naso nello spogliatoio femminile!-
Philip cambiò colore.
-L’hai fatto di nuovo?-
Bruce fiutò il pericolo e indietreggiò di un paio di passi. Poi fissò l’amica.
-È colpa tua! Hai lasciato la porta aperta! Io mi sono affacciato solo per vedere se c’era qualcuno!-
-La porta era chiusa!-
-Era aperta!-
-Chiusa!-
Jenny seguì incredula il loro botta e risposta, guardando alternativamente l’una e l’altro. E quando il dubbio atroce nella sua testa divenne una certezza, si aggrappò al braccio del fidanzato e lo strattonò.
-Philip! Che significa “l’hai fatto di nuovo”? è già successo?-
Invece di rassicurarla, lui continuò a inveire contro il compagno.
-Maledetto maniaco! Stavolta una lezione te la meriti proprio!-
Mark e Benji avevano smesso di insultarsi e si guardarono increduli.
-Se le va proprio a cercare…- il portiere si massaggiò il bernoccolo che gli era già cresciuto sulla fronte.

Marshall riagganciò con il dubbio che non fosse caduta la linea ma che fosse capitato qualcosa di sgradevole, dopo tutte quelle urla... Indipendentemente dalla verità, urgevano provvedimenti.
-Warner, Mellow! Partirete subito.-
-Per andare dove?-
-A Shintoku.-
-A Shintoku?- fece eco Clifford in un misto di invidia e incredulità -A fare cosa?-
-A far rinsavire quegli scellerati. Vi darò un giorno di tempo per riportarli alla ragione. Dopodiché Gamo vi chiamerà e se quando ciò accadrà non filerà tutto liscio, ve la vedrete direttamente con lui.-
Clifford pensò che avrebbe accettato molto volentieri una vacanza pagata, soprattutto ora, con il ritiro alle porte, e soprattutto a quelle condizioni. Molto meglio ibernarsi in Hokkaido che finire così presto tra le grinfie di Gamo. Checché ne dicesse Marshall, era sicuro che quei sette si stessero divertendo da matti.
-Perché manda proprio Warner e Mellow?-
-Perché sono gli unici in grado di tenere testa a Mark senza che lui, dopo una parola, li divori. Stava di nuovo litigando con Benji, li avete sentiti?-
-A me piuttosto sembravano tutti contro tutti.- s’intromise Ralph Peterson.
-Dal momento che nessuno di voi può fare lo stesso con Benji, devo accontentarmi di riportarne alla ragione almeno uno.-
-Landers ragiona? E da quando?- domandò Yuma polemico, scatenando lo sdegno di Mellow che prese a ringhiare come un cucciolo di tigre.
Freddy seguitò a dare istruzioni, incurante degli sguardi truci che i due ragazzi continuavano a scambiarsi. Tracciò alcune parole su un foglio mentre il telefono squillava. Pensarono tutti che fosse Holly, o Benji, o forse Philip che richiamava. Invece era Gamo e Freddie, riconoscendo il collega, fu contento di non aver risposto direttamente in vivavoce.
-Buongiorno, Gabriel.- lo salutò e nel salotto calò finalmente il silenzio -Certo, alla grande. Sì, sono qui.-
Clifford pensò che svegliarsi all’alba quella mattina era stata la scelta giusta.
-Sì, sono tutti d’accordo su Callaghan.-
Lo seguirono con gli occhi mentre si alzava e usciva, per parlare di chissà cosa fuori dalla loro portata.
-Sempre che Philip sopravviva…-
-Vedrai che sopravviverà, Patrick. “Philip-fermali” non permetterà che gli accada nulla di male.- disse Jason sgomitando il gemello. Poi di colpo la sua risata si spense -Secondo voi si tratta di Jenny?-
Clifford, abituato com’era alla presenza delle cameriere, non aveva preso affatto in considerazione quell’eventualità.
-La ragazza di Callaghan? Diamine, può darsi!- balzò in piedi -Warner, devi farci una promessa. Una promessa solenne. Se è davvero lei devi farle una foto. Anche se è uno sgorbio. Noi qui vogliamo vederla.- si volse verso i compagni -Vero?-
Annuirono tutti, lo sguardo alterato da una curiosità morbosa.
-Promettilo, Ed!- lo sollecitò anche Peterson.
Lui si agitò scontento sulla poltroncina.
-Vi sbagliate. Le fidanzate non si portano ai ritiri, è la regola. Philip lo sa perfettamente.-
-Ma Philip gioca in casa. Si trovano in Hokkaido, ciò lo avvantaggia.- insistette Ralph.
-Se le fidanzate non si portano ai ritiri, allora Ed spiegaci come mai c’è anche Patty.-
-Patty?-
-Abbiamo riconosciuto la sua voce. Era lei che stava litigando con Bruce.- aggiunse Johnny Mason.
-Impossibile.- Danny scosse la testa incredulo.
-Era lei.- fu certo anche Alan Crocker.
Marshall rientrò e l’argomento fidanzate venne prudentemente accantonato.

*

Amy sbucò nel corridoio legandosi i capelli in una coda e si arrestò a metà percorso quando scorse Holly davanti allo scaffale dell’ingresso, a frugare furtivo e silenzioso nella cassetta del pronto soccorso. Dopo aver avvolto per un paio di giri l’elastico, lo raggiunse curiosa. I suoi passi non fecero alcun rumore sul parquet, tanto che quando parlò, Holly sobbalzò di paura.
-Stai male?-
La confezione di analgesici gli sfuggì di mano e cadde a terra.
-Non proprio.- tentò un sorrisetto mentre la sua testa protestava di fitte lancinanti.
-Posso aiutarti?- Amy raccolse la scatolina -Aspirine? Hai mica la febbre?-
-No, mal di testa.- aprì la confezione che l’amica gli porgeva.
Evelyn li sentì parlare dalla cucina e si affacciò.
-Anche Bruce e Tom sono venuti a frugare lì dentro poco fa.-
Amy sorrise.
-Ma guarda! Non sapevo che il mal di testa fosse contagioso.-
-Si contagia con la birra.-
Visti i toni di scherno che la conversazione stava prendendo, il capitano decise che era proprio ora di tagliare la corda. Mandò giù la compressa senza acqua e indossò giacca e scarpe.
-Fatto?- gli chiese Tom quando Holly finalmente li raggiunse sul piazzale.
Lui guardò Philip.
-Siamo a corto di aspirine, ho preso l’ultima. Sicuro che non ne hai bisogno?-
L’altro scosse la testa mentre Bruce si accostava.
-Hai bevuto quanto noi se non di più. L’importante comunque è che le ragazze non si siano arrabbiate.- facendo rotolare il pallone sulla neve si avvicinò a Holly -Secondo voi si sono accorte?-
-Certo. E chissà grazie a chi! Ti sei fatto pescare a portar su birra per ben due volte. Prima da Amy e poi da Evelyn.-
-La prossima volta fallo tu se sei più bravo, Benji.-
-Non permetterò che ci sia una prossima volta.- lo bacchettò Holly.
Philip si grattò pensieroso la nuca, dove la sciarpa di lana pizzicava a contatto con la pelle accaldata. Più ci pensava e più si rendeva conto che quella famosa sera era stato uno stupido a scendere a Shintoku da solo. Avrebbe dovuto convincere qualcuno ad andare con lui, magari Tom.
-Riesco a leggere i tuoi pensieri, Callaghan.- gli disse ad un certo punto Benji -Adesso ti spiego quello che ti ostini a non voler capire, così smetti di affaticarti il cervello. L’altro giorno Jenny si è arrabbiata perché sei sparito nel bel mezzo della notte e con un tempo da lupi.-
-Quindi non per un paio di birre?-
-Veramente ti sei ubriacato.- lo corresse.
-Si è arrabbiata solo perché sono uscito?-
-No, perché sei sparito.-
Holly, a cui l’analgesico stava cominciando a fare effetto e che comunque nonostante il mal di testa preferiva muoversi piuttosto che ascoltare le loro chiacchiere, intervenne per mettervi fine -Ricominciamo.- calciò la palla e ripresero gli allenamenti.

Jenny uscì dalla dispensa e tornò in cucina, portando con sé una busta di plastica. Le lattine vuote tintinnarono al suo interno.
-Quante ne hai contate?- domandò Amy mescolando le verdure nella padella.
-Qui dentro sette.-
Patty pescò l’unica bottiglia di vetro in tutto quel metallo.
-E questa cos’è? Manca l’etichetta.-
-Te lo dico io. È il liquore alla prugna che fa il nonno. Una bomba d’alcol.-
-L’hanno preso senza chiedere il permesso?-
Jenny alzò le spalle.
-Molto più probabile che nonno Ernest gliel’abbia offerto. Ne tiene alcune bottiglie sotto chiave, per le occasioni speciali.-
-A quante birre siamo?-
-Tredici, però manca ancora l’ultima busta.- Evelyn tirò fuori le lattine una ad una, contando ad alta voce -Quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto…-
-Hanno fatto una scorta niente male.- prese atto Patty incredula.
-Quando le hanno comprate?-
Amy lasciò la verdura a bollire sul fuoco e si accostò al tavolo.
-Sicuramente ieri, quando sono andati in paese a ritirare la giacca di Philip.-
Evelyn diede il verdetto.
-Ventidue più il liquore del nonno.-
-Quindi circa tre birre a testa, se hanno diviso equamente. E meno male che l’alcol è vietato ai ritiri.-
-Anche le fidanzate. Non dimenticarlo, Patty.- le ricordò Amy ridendo.
-E tu che ti preoccupavi che Julian potesse offendersi perché hai trascorso la serata a vedere come si prepara il sapone.-
L’amica arrossì e Jenny le diede un buffetto, poi tornò improvvisamente seria.
-Bisogna fare attenzione a Bruce. Philip ha detto che non è la prima volta che sbircia negli spogliatoi.-
Gli occhi di Patty lampeggiarono di indignazione.
-Eve, giuro che se lo pesco di nuovo lo uccido.-
-E fai bene. Io l’ho già avvertito. Lo faccio sempre ma non mi dà ascolto.-
Amy si torse nervosamente una mano nell’altra.
-Davvero stava sbirciando?-
Patty annuì.
-Ti ha vista nuda?-
L’amica arrossì.
-Non lo so. Spero di no.-
-Forse ci ha già viste tutte.- Amy non riuscì a evitare di arrossire di imbarazzo -Non si può chiudere a chiave la porta degli spogliatoi?-
-No, è una porta scorrevole senza chiavistello.-
-Dì al nonno se ci mette una serratura, una catenella, qualcosa…-
-Potrei anche farlo, Amy. Ma quando lui mi chiederà il perché, cosa gli rispondo? Che i ragazzi sbirciano?-
Patty scosse la testa.
-Perderebbero tutti la faccia mentre il problema è soltanto Bruce!-
Il soggetto dei loro discorsi in quel preciso momento starnutì, rabbrividì e alzò gli occhi verso il lembo di cielo di un grigio molto tenue assediato dagli alberi, dal ryokan e dalle montagne circostanti ricoperte di bianco.
-Nevica.-
-Ti dispiace, eh?- lo prese in giro Philip, avvolgendosi meglio la sciarpa intorno al collo. L’inutile commento gli si ritorse contro perché, recuperando il pallone, Bruce lo attaccò polemico.
-Tu hai avuto un giorno di riposo, noi no. Un giorno e mezzo, se contiamo la sbronza.-
-Ha anche fatto visita al pub del paese senza di noi.-
-E poi ha organizzato il soggiorno qui, Landers. Non dimentichiamolo.- non poté fare a meno di aggiungere Benji.
Philip emise un sonoro sbuffo di protesta, poi si avviò per rientrare, stanco di ascoltare le solite, scontate recriminazioni. Ogni giorno finiva per diventare il loro capro espiatorio, ma intanto continuavano a star lì, a godersi le terme, mangiare tempura e sushi, sciare, pattinare e bearsi delle attenzioni delle ragazze. Nessuno faceva le valigie e tornava a casa. Chissà perché.
-Fuggi?!- gli gridò dietro Harper.
L’altro non gli rispose e accelerò, costringendo il capitano quasi a correre per stargli dietro.
-Philip! Non te la prendere! Non c’è davvero niente per cui prendersela! Non è la prima volta che si lamentano, giusto?-
-Appunto.- continuò a camminare a passo svelto mentre Julian si affiancava dall’altro lato.
-Lo fanno tanto per parlare, devi ignorarli.-
-Infatti.- lo appoggiò Holly.
Con i due sempre alle calcagna, Philip girò intorno all’edificio e percorse il viottolo del giardino interno su cui si affacciavano le finestre della cucina. Calpestando nervoso la ghiaia mista a neve bordata dalle aiuole, raggiunse la veranda.
Julian salì dietro Philip sul pavimento di legno sopraelevato, dove l’amico si stava già togliendo le scarpe.
-Perché siamo qui?-
-Perché mi avete seguito.- bussò piano sul vetro.
Patty accorse e aprì la finestra lasciandoli entrare.
-Avete finito di allenarvi?-
-Ha cominciato a nevicare.-
Julian appoggiò la giacca a vento sulla spalliera di una sedia mentre Philip si guardava intorno.
-Dov’è Jenny?-
-Con la nonna.-
Era ora di pranzo e i ragazzi erano proprio affamati. E fu la fame a indurre Holly a guardarsi intorno in cerca di tracce del pranzo. Ma i suoi occhi, invece che sui fornelli, caddero sulle lattine di birra ben allineate a terra, in un angolo. Seguendo il suo sguardo, Patty ne approfittò per porgli la domanda che le frullava in testa da un po’.
-Il liquore del nonno lo avete rubato?-
Philip si offese.
-Come puoi pensarlo? Ce l’ha offerto!-
-Aveva ragione Jenny, allora.- rise Evelyn.
Julian si avvicinò ai fornelli circumnavigando il tavolo, spinto dalla curiosità e dalla fame, ma soprattutto attirato dal profumo che proveniva da lì.
-Cosa state preparando?- alzò avventatamente il coperchio di una delle pentole e una gran quantità d’acqua traboccò -Accidenti…-
Amy accorse subito e lo scostò per abbassare la fiamma. Per farle spazio, Julian indietreggiò fino al tavolo dove i compagni ridevano in sordina per il suo gesto maldestro. Si scontrò con Philip.
Fino a quel momento nella cucina del ryokan era esistita una zuccheriera di vetro. L’aveva acquistata la nonna una trentina di anni prima al mercatino dell’usato di Shintoku durante la festa del santuario Ainu che si svolgeva tutti gli anni alla fine di giugno. Era sempre stata lì, sul ripiano. Era arrivata prima di Jenny e finora aveva tirato avanti benino. Ma quel giorno la sua fine era segnata. Philip la urtò senza vederla e senza volerlo. Il rumore di qualcosa che cadeva e si frantumava catturò gli sguardi delle ragazze, dirigendoli verso i resti del contenitore sparpagliati sul pavimento tra miliardi di minuscoli cristalli bianchi.
-Ma cosa...-
Philip alzò gli occhi su Jenny che entrava proprio in quel momento, finendo inavvertitamente con le pantofole tra i granelli sparsi ovunque. Sotto il suo sguardo accusatorio, il ragazzo cercò di giustificarsi.
-Julian mi ha spinto.-
La sua infantile spiegazione servì soltanto a infastidire il compagno, senza ottenere nessuna comprensione da parte delle ragazze.
-Ovviamente ripuliremo noi.- le rassicurò Holly -Anzi, voi due.- indicò i colpevoli -Vero?-
Nel silenzio ostile della cucina, Jenny oltrepassò lo zucchero, raggiunse la dispensa e tornò con una scopa che mise in mano a Philip, accompagnata da un’occhiata che si rivelò molto efficace. Peccato che lui non si reputasse affatto colpevole. E pensò bene di passare la scopa a Julian, che gliela riconsegnò all’istante.
-Perché io? Sei stato tu!-
-Ma sei tu che mi hai spinto.-
-Tu mi stavi dietro! Non ti ho neppure visto!-
Le ragazze si stufarono immediatamente di ascoltarli. Erano troppo occupate, loro. Con un gesto brusco Patty spalancò la porta-finestra e indicò il giardino senza se e senza ma facendo, a parere di Holly, di tutta l’erba un fascio.
-Basta! Fuori!-
-Veramente io non...- tentò il capitano.
Patty non gli diede il tempo di parlare.
-Fuori! Immediatamente! Tornerete quando il pranzo sarà pronto. Vi chiameremo noi.-
Amy tolse la scopa dalle mani di Philip con una mossa così brusca che il giovane fece un salto indietro.
-Andate a giocare da un’altra parte, per favore.-
-Noi qui abbiamo da fare.-
Incalzati così, i ragazzi recuperarono in fretta e furia le giacche a vento e si tolsero di torno. La finestra venne richiusa con decisione e bloccata dall’interno. Alle spalle di Patty che faceva loro cenno di sparire, Jenny stava spazzando con cura il pavimento, radunando nella paletta cocci e zucchero.
Julian si rimise le scarpe e saltò dalla veranda sulla neve.
-Ci hanno sbattuti fuori!-
-Fortuna che ha smesso di nevicare.-
-La colpa è vostra.-
-Sei tu che hai esagerato, Philip.-
-E tu lo hai aiutato, Julian.-
Il verdetto del capitano non venne smentito da nessuno dei due. In silenzio percorsero il vialetto girando di nuovo tutt’intorno al perimetro dell’edificio.
Trovarono Meryl davanti all’ingresso, sotto i tre scalini della veranda che non si decideva a salire. Trasalì vedendoli sbucare dall’angolo del muro. Sorrise incerta, colta sul fatto, e si scostò per lasciarli passare. Solo Philip si fermò.
-Cerchi Jenny? È in cucina.-
-Veramente no, non sono qui per lei.- lo guardò con intensità e il timore di ricevere un rifiuto -Hai un minuto?-
Lui annuì e avvisò gli amici.
-Arrivo subito.-
Era stato Tom il giorno prima, mentre l’accompagnava per un tratto sulla strada per Shintoku, a suggerirle di scusarsi con Philip e non direttamente con Jenny. Soltanto lui poteva fare in modo che la bravata di Kevin non compromettesse la loro amicizia. E Meryl si era trovata d’accordo. Era certa che quando Philip era riemerso dal futon assonnato e ammaccato, non si fosse reso conto di quanta mortificazione e dispiacere avesse provato venendo a sapere da Jenny con poche, fredde ed essenziali parole pronunciate controvoglia, cosa avesse combinato suo fratello. Attese che la porta del ryokan si richiudesse lasciandoli soli e, determinata a giocarsi il tutto per tutto, alzò gli occhi sul volto di Philip, sul ricordo violaceo che gli aveva lasciato Kevin.
-Non so come scusarmi, mi dispiace moltissimo.-
-Scusarti? E per cosa?-
-Per quello che ha fatto mio fratello.-
La sua voce ebbe un cedimento e lui volle rassicurarla.
-È una questione tra noi due e tu non c’entri nulla. E se vuoi farmi un favore, tieni anche Jenny fuori da questa storia.-
Lei distolse gli occhi.
-Jenny non mi perdonerà mai.-
-Jenny non ce l’ha con te.-
-Ieri non ha voluto parlarmi.-
-Sei venuta troppo presto, dovevi darle il tempo. Parlerò io con lei, va bene?-
Meryl annuì grata e speranzosa. Forse la loro amicizia non era definitivamente perduta.

*

Bruce si accomodò meglio sul cuscino e rallegrò i compagni con uno sbadiglio profondo, sonoro e molto sentito che fece alzare a Mark gli occhi dalla rivista. Il sudoku era stato compilato a matita almeno tre volte e anche cancellando i numeretti, persino al buio era diventato impossibile non vederne le tracce calcate e ricalcate sulla carta.
-Sonno, Harper?-
-Dopo pranzo mi piace riposare.-
-Allora riposati in fretta.- gli consigliò saggiamente il capitano dando un’occhiata all’orologio appeso alla parete della stanza delle ragazze, che riusciva a scorgere attraverso il pannello spalancato -Tra poco riprenderemo gli allenamenti.- aveva in mente un pomeriggio piuttosto faticoso.
Bruce rispose afflitto.
-Mi hai appena rovinato il piacere di un sonnellino.-
-Esagerato.-
-Mi spieghi come posso riposarmi in fretta?-
-Nello stesso modo in cui lo fai tra il primo e il secondo tempo di una partita.-
Patty si lasciò sfuggire una risata.
-Philip, il telefono!-
Era la nonna che chiamava da sotto, stazionando in fondo alle scale che evidentemente in quel momento non aveva il tempo o la voglia di salire. Ma la sua voce arrivò lo stesso forte e chiara attraverso la porta spalancata sul corridoio.
-Sarà di nuovo Marshall?-
La domanda di Julian bloccò Philip sul posto nel momento in cui accennava ad alzarsi per scendere di sotto. Jenny se ne accorse e lo sollecitò.
-Philip vai a rispondere. Prima o poi dovrai farlo, non puoi sfuggirgli in eterno.-
-E oltretutto se continui a negarti finirà per capire che quassù qualcosa non va.-
Philip si rassegnò a mettersi in piedi.
-Certo, Holly. Per te è facile perché ci hai già parlato e prima che sentisse tutto il baccano di Bruce e Patty. Come minimo avrà riconosciuto anche la sua voce. Che gli dico?-
-Che era la televisione.- buttò lì Benji.
-Non crederà mai a Patty in tv.- disse Bruce.
Julian e Tom risero ma il divertimento non allentò la preoccupazione di Philip. Si volse verso Jenny.
-Non mi accompagni?-
Lei gli dedicò un gran bel sorriso.
-Meglio di no. Se non ci sono io ad ascoltare, potrai parlargli liberamente.-
A Philip non restò altro da fare che lasciare la stanza e portarsi dietro soltanto la sgradevole sensazione di essere stato abbandonato nel momento del bisogno non solo dai compagni di squadra ma anche dalla fidanzata.
Era così convinto che al telefono fosse Marshall, che quando riconobbe la voce di Kevin trasalì. Quel teppista da quattro soldi che l’aveva avuta vinta solo per volere del caso, gli rivolse parole scontrose e dirette, parole che, in realtà, avrebbe voluto e dovuto pronunciare lui stesso.
“Abbiamo un conto in sospeso, noi due.”
Philip ringraziò la fortuna di aver lasciato Jenny di sopra. La sua provvidenziale assenza gli consentì di accettare senza esitazione la sfida di Kevin all’insaputa della fidanzata e dei compagni. Mentre saliva di nuovo le scale per tornare in stanza, pensò al modo migliore per sganciarsi da loro e allontanarsi dal ryokan indisturbato.
-Cosa ti ha detto Marshall?- lo accolse Holly com’era prevedibile.
-Le stesse cose che ha detto anche a te. Voleva sapere come ce la passiamo, se litighiamo.-
-E tu che gli hai risposto?-
-Esattamente quello che hai detto anche tu. Non potevo contraddirti.-
Senza nulla da fare se non osservarlo, Mark nella sua espressione non trovò traccia di sincerità. In preda al dubbio si alzò e uscì, in cerca della nonna. Quando uscì nel corridoio era satollo di torta fatta in casa e spremuta d’arancia ma in appena un quarto d’ora aveva ottenuto l’informazione che voleva. Incrociò Philip in cima alle scale, lui le saliva e il compagno si preparava a scenderle. Si arrestò proprio al centro della rampa, bloccandolo sul primo gradino.
-Dove vai?-
-Da nessuna parte.-
-Vi vedete?-
Philip abbassò di colpo la voce.
-Cosa ne sai?-
Sulla soglia del bagno Evelyn si chinò a raccogliere un fermaglio per capelli che doveva essere di Patty. In quell’attimo udì le voci sommesse degli amici e invece di uscire allo scoperto, la sua indole curiosa la fece restare nascosta a origliare. I due stazionavano davanti alle scale. Tese le orecchie.
-Te l’ha detto la nonna?-
Mark alzò le spalle con noncuranza, non era importante come lo avesse saputo.
-Vengo con te.-
-No.-
-Callaghan, non essere idiota.-
-Tu resti qui.-
-E se non fosse solo?-
Philip non aveva affatto considerato quell’eventualità. Tuttavia non cambiò idea.
-Non deve pensare che ho paura di lui.-
-Resterò nascosto.-
-E non interverrai in nessun caso?-
-Solo se sarà necessario.-
-Non posso impedirti di venire, vero?-
-No.-
In fin dei conti per Philip sapere che Landers sarebbe stato nei paraggi era rassicurante. Non si poteva mai sapere come sarebbe andata a finire. Così scesero le scale insieme e in silenzio,  raggiunsero l’ingresso e indossarono giacche e scarpe.
-È qui fuori, da qualche parte tra gli alberi.- sussurrò Philip -Resta dentro finché non ci saremo allontanati.-
Landers annuì. Oltre le vetrate bordate da una patina di ghiaccio lo vide dirigersi a passo sostenuto verso il bosco.  
Evelyn tirò un respiro profondo e raggiunse la finestra del corridoio. Al di là dei vetri individuò Philip che andava verso gli alberi. Un brivido di inquietudine le salì su per la schiena quando ciò che aveva creduto fossero tronchi, si rivelarono invece altre persone. Almeno due, forse anche tre. Mark ci aveva visto giusto, Kevin non era solo.
Ancora un istante, poi udì la porta d’ingresso riaprirsi e chiudersi piano. Anche Landers comparve sul piazzale e sparì nella stessa direzione già presa da Philip. Per Evelyn la sua presenza nascosta non fu per niente tranquillizzante. La banda di Kevin era più numerosa, forse si trattava degli stessi brutti ceffi che avevano ridotto Philip come l’avevano poi trovato. Entrò nella stanza dei ragazzi e puntò gli occhi su Holly.
-Abbiamo un problema.- 

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Capitolo 14
*** 10 - Resa dei conti - seconda parte ***


- 10 -
Resa dei conti
Seconda parte


Philip era talmente abituato a correre e giocare tra la neve, che procedeva spedito nonostante in certi punti la coltre bianca sfiorasse le ginocchia. I quattro ragazzi che erano con lui invece avanzavano a fatica, ostacolati dal ghiaccio, su quel percorso impervio un po’ in salita e un po’ in discesa. Si stavano dirigendo verso est e Philip lo sapeva perché per un attimo aveva scorto tra gli alberi una curva della strada asfaltata che conduceva in paese. Poi se l’erano lasciata sulla destra, tornando a inoltrarsi nel bosco. Già da qualche minuto aveva preso atto del respiro affannato dei suoi accompagnatori, lui che non si sentiva per niente affaticato e avrebbe potuto continuare ad avanzare a quel ritmo ancora per un bel po’. Si chiese fin dove intendessero arrivare. Possibile che fossero così stupidi da non rendersi conto di sprecare inutilmente preziose energie? Non sarebbe stato meglio regolare i conti sul retro del ryokan invece di percorrere tutta quella strada?
Smise di porsi domande per osservare con più attenzione il tizio che gli camminava davanti. Ricordava che si chiamava John, che quando Steve lo aveva preso a pugni gli teneva il braccio sinistro. Eppure gli sembrava di averlo visto anche altrove. Il ridicolo cappello di lana a righe bianche e nere che indossava quel giorno aveva qualcosa di familiare. Fu un attimo e poi capì. Era il ragazzo che aveva atteso Meryl fuori dal negozio la sera in cui aveva conosciuto la giovane, quando insieme a Holly e Bruce era sceso a Shintoku per fare la spesa. Sì, doveva trattarsi proprio di lui.
Alla sua destra e alla sua sinistra, con il fiato corto, camminavano rispettivamente Kevin e Steve. Dietro, a chiudere il cerchio, non c’era Ted-sacco-di-patate, il ragazzo tracagnotto che durante l’agguato forse si era fatto più male, ma un tipo mai visto prima. Si chiese se gli stessero così addosso perché temevano che fuggisse e il pensiero lo fece sorridere. Ebbe quasi voglia di rassicurarli che non sarebbe andato da nessuna parte senza aver restituito a Kevin ciò che gli doveva.
Si guardò intorno senza farsi notare. Chissà se Mark li stava seguendo… Chissà se aveva avvertito gli altri… Aveva sbagliato a non farsi promettere di mantenere il segreto, visto che desiderava lasciar Jenny fuori dalla resa dei conti. Non voleva più scorgere terrore nei suoi occhi, vedere le sue lacrime, sentirla piangere di paura e di dolore.
John si fermò, una mano a stringere la milza, osservando il niente che li circondava. Intorno a loro solo alberi e neve. In alto, tra i rami spogli e ammantati di bianco si scorgeva un lembo di cielo che, a quell’ora del pomeriggio, si stava già scolorendo.
-Fermiamoci qui, ci siamo allontanati abbastanza.-
Kevin annuì, consapevole del fatto che mentre loro quattro avevano il fiatone, Philip era ancora fresco e riposato.
-Sì, qui va bene.-
Non c’era davvero nulla nei paraggi, solo un po’ di tronchi meno fitti che lasciavano dello spazio libero. Philip scandagliò i dintorni con sguardo attento ma non trovò traccia di Mark. Ne fu  sollevato. Non era sicuro che sarebbe finita bene, però era fondamentale che finisse senza l’aiuto di nessuno. Fissò Kevin dritto negli occhi
-Anche stavolta hai portato con te la tua cricca. Hai intenzione di lasciare di nuovo il lavoro sporco a loro?-
Il ragazzo aveva già pronta la risposta.
-Non credevo che saresti venuto da solo.-
-Tu non mi fai paura.- e lo dimostrò infilando le mani nelle tasche della giacca, fronteggiandolo spavaldo come avrebbe affrontato l’ultimo dei suoi problemi.
Kevin si sentì rimescolare di collera ma fermò Steve quando lo vide fare un passo avanti.
-Non immischiarti. Stavolta ci penso io.-
John assistette ai preamboli in un silenzio nervoso. Non sapeva cosa ci facesse di nuovo in una parte di Shintoku dove si era ripromesso di non mettere più piede. Aveva un ricordo vivo e doloroso dei pugni di Philip, soprattutto di quello allo stomaco, e gli sembrò che Kevin sbagliasse a non riconoscere che quel tipo non era per niente una schiappa. Purtroppo Johnny si trovava lì perché faceva parte della combriccola, perché quelli erano i suoi amici e li frequentava dall’asilo, ma non avrebbe alzato un dito su quel ragazzo neanche morto, perché Meryl non gli rivolgeva la parola da due giorni e se lo incontrava cambiava percorso. Si rifiutava persino di servirlo al negozio, trattandolo come fosse trasparente, come se non esistesse e non fosse mai esistito. Oltre a farlo imbestialire, il suo comportamento lo feriva a sangue, lui che aveva sempre avuto un debole per lei. Però quell’incosciente di Kevin era pur sempre suo fratello. E solo per questo motivo volle metterlo in guardia.
-Non lo sottovalutare.-
Il suo prezioso consiglio venne accolto da un lampo di collera.
-John, chiudi quella bocca!- risposero Kevin e Steve all’unisono.
Lo spilungone continuò.
-Promettimi una cosa, Kevin. Quando avrai finito, lo lascerai a me.-
Philip rise.
-Piuttosto toccherà a te non appena avrò finito con lui.-  
Lasciarono Kevin e Philip a fronteggiarsi al centro dello spazio libero e così Mark li trovò quando arrivò e restò nascosto come promesso, perché tutto si poteva dire di Callaghan tranne che fosse un codardo.
Philip si tolse con calma il giubbotto e lo depose su un cumulo di neve poiché non voleva rischiare di sporcarlo di nuovo ora che Jenny lo aveva fatto lavare. Il freddo era intenso ma la camminata lo aveva scaldato e senza la giacca avrebbe avuto più libertà di movimento. Avanzò verso Kevin guardandolo negli occhi.
-Devi dirmi qualcosa, prima?-
 
Al ryokan Jenny era in preda a una fretta frenetica. Imboccò le scale in un tumulto di pensieri di paura, ansia e preoccupazione ma non riuscì a scendere che un paio di gradini poiché Benji le tagliò la strada.
-Andiamo tutti.-
-Solo se fate in fretta. Altrimenti non vi aspetto.-
Evelyn cercò di rassicurarla.
-Mark è con lui.-
-Ma hai detto che lo aspettavano in due… forse tre…-
Potevano essere stati anche quattro o cinque. Evelyn non era sicura di aver contato bene, tra gli alberi.  
-Da che parte sono andati?-
-Verso il bosco… Sulla sinistra.-
Mentre Jenny scendeva gli ultimi gradini e, insieme a Benji, si fermava sulla pedana d’ingresso per allacciarsi le scarpe, Evelyn si volse indietro impaziente per chiamare il fidanzato.
-Bruce! Dove ti sei cacciato?-
-Ho un’urgenza!-
-Proprio adesso?-
Jenny li udì e guardò il portiere risoluta.
-Non li aspetterò.-
Benji annuì.
-D’accordo con te. Voglio essere presente dall’inizio.-
Holly, Tom e Patty scesero svelti le scale, seriamente preoccupati. Il pensiero comune era di far presto, Philip poteva aver bisogno di aiuto. Vedendoli arrivare, Jenny uscì sul piazzale per prima.
-Perché non mi ha detto niente?-
-Lo chiedi pure?- rispose Benji.
-Naturalmente!-
-Perché lo avresti fermato, cosa che stai appunto cercando di fare.-
-Certo che voglio fermarlo!-
-Sbagli, non dovresti immischiarti. Kevin l’ha fatto pestare di botte e adesso che Philip può prendersi finalmente una rivincita tu cerchi di impedirglielo.- proseguì al suo fianco mentre lei attraversava il piazzale e si arrestava al limitare del bosco, indecisa sulla direzione da prendere.
-Voi ragazzi avete un modo assurdo di vedere le cose. Tu non eri presente l’altro giorno, non hai visto quanto a lungo e con quale violenza l’hanno picchiato.- al ricordo una fitta dolorosa le attraversò il petto -Dovrei lasciare che accada di nuovo?-
-Dovresti lasciare che risolvano il problema da soli.-
-Loro non hanno un problema! Philip non ha un problema. Il problema è soltanto nella testa di Kevin!-
-Su questo non ci sono dubbi.-
Seguendo le tracce lasciate sulla neve da una comitiva tanto numerosa appena un quarto d’ora prima, scovarono senza difficoltà l’angolo di bosco in cui Kevin e i suoi si erano rifugiati per evitare esattamente ciò che stava accadendo. Vale a dire che gli altri li trovassero.
La giacca a vento di Mark spiccava come unica nota di colore in un mondo bianco e nero, almeno finché avvicinandosi non individuarono anche tutti i personaggi della rappresentazione. Vedere il proprio fidanzato ad azzuffarsi con un manipolo di teppisti non fu per Jenny uno spettacolo particolarmente esaltante, nonostante il suo avversario fosse con le spalle contro il tronco di una conifera e un rivolo di sangue gli imbrattasse la faccia.
Il giubbotto di Philip era a terra tra la neve, Kevin il suo lo indossava ancora perché non aveva avuto la prontezza di toglierlo. Più discosti c’erano Steve, un ragazzo sconosciuto e l’altro ragazzo che aveva tenuto per un braccio il fidanzato mentre lo spilungone lo riempiva di pugni. John era più lontano di tutti, l’espressione contrariata, il cellulare in una mano come se fosse indeciso se chiamare o meno qualcuno. Steve e il ragazzo che lei non aveva mai visto incitavano Kevin a reagire ma quello sembrava ormai stanco di lottare.
Nonostante la sua espressione disfatta, Jenny non riuscì assolutamente a provare pena per lui. Philip gli stringeva lo scollo della felpa intimandogli di stare alla larga da loro, anzi dall’intero ryokan. Proprio in quel momento Kevin alzò gli occhi e la vide. La vergogna smosse l’orgoglio facendogli fare un salto mortale radunando le sue ultime forze. Reagì con un guizzo, afferrando i polsi di Philip e stringendo forte per impedirgli di liberarsi. Le labbra serrate dal dolore si atteggiarono in un sorrisetto di scherno, mentre alzava di scatto un ginocchio e colpiva il suo avversario al centro dello stomaco con violenza, tanto da costringerlo a lasciarlo e indietreggiare.
Jenny vide il fidanzato barcollare, una mano al torace, incapace di credere che Kevin fosse riuscito a vendicarsi su Philip persino della ginocchiata che gli aveva dato lei. L’ira le offuscò lo sguardo, i sensi di colpa le invasero la testa.
-È il caso di fermarli.-
-Accomodati, Holly. Ci pensi tu?-
Benji si unì al tono canzonatorio di Mark.
-Stavano aspettando proprio te. Da chi vuoi cominciare?-
Landers mise in chiaro la propria opinione.
-In realtà non sono affari nostri, Holly. E Philip mi ha proibito di intromettermi.-
Jenny ebbe l’impressione che Mark si rivolgesse non al capitano ma a lei e faticò ad accettare che nessuno sarebbe intervenuto per fermarli. Certo che Kevin meritava una lezione, però avrebbe preferito che ricevesse una punizione divina scesa dal cielo e non per mano del fidanzato. Era stanca di assistere a tanta violenza. Tuttavia non poté distogliere gli occhi da Philip e Kevin mentre accanto a lei Holly insisteva in un senso, Mark nell’altro e Tom non si pronunciava, forse indeciso a chi dare ragione.
Ma in relatà fu Patty a far desistere Holly e bloccarlo dov’era. Un unico nome sussurrato, rivolto più a se stessa che al fidanzato.
-Kanda.-
E nella mente del ragazzo riaffiorò vivido più che mai il ricordo del compagno delle medie che lo prendeva a pugni soltanto perché Patty lo amava. Si rivide subire l’assalto del pugile, percepì il ricordo del dolore e la sua iniziale volontà di non reagire, perché come capitano della New Team rappresentava la squadra di calcio della scuola che aveva vinto quattro campionati nazionali consecutivi e non poteva finire in una rissa. Ma nonostante i buoni propositi, per mettere fine al martellamento di pugni che lo aveva stordito, aveva reagito lo stesso stendendo lo spasimante di Patty con un calcio ben assestato e il terrore di avergli fatto male sul serio. Adesso, a distanza di anni, davanti a lui la scena si ripeteva con attori diversi. Philip al suo posto, Jenny a quello di Patty e Kevin come Kanda. Alla luce di ciò capì che non poteva proprio togliere a Philip la soddisfazione di prendersi una rivincita.
Mentre loro traccheggiavano, Steve si stancò di stare a guardare. Kevin si era dimostrato del tutto incapace di tener testa al suo avversario e stava per essere sopraffatto. Decise di intervenire.
-Lascialo a me.-
Lui rifiutò l’offerta, spintonandolo indietro e continuando a tenere gli occhi addosso a Philip che, poco discosto, riprendeva fiato dopo il colpo ricevuto mentre i muscoli dell’addome si tendevano e facevano male.  
Se Kevin ne aveva avuto abbastanza, lui era pronto a tornare al ryokan e finirla lì. Tutto sommato se l’era cavata, e senza l’aiuto di Landers che per fortuna non si era visto da nessuna parte. O si era nascosto bene, oppure aveva rinunciato a seguirlo. Lo cercò ancora una volta e questa, con disappunto, lo trovò. Non era solo.
C’erano Holly, Tom, Patty, Benji. La sua occhiata incluse tutti, naturalmente anche Jenny, che lo osservava in ansia, preoccupata e spaventata, aggrappata al braccio di Mark. Philip dedicò a Landers uno sguardo carico di intensa collera per la sua vicinanza a Jenny e perché non ebbe dubbi che fosse stato proprio lui ad avvertire gli altri. Ma un istante dopo la sua attenzione dovette tornare per forza su Kevin. Sperò che ne avesse abbastanza, che andasse via. Il ragazzo gli parve affaticato e sofferente ma non così Steve che sfoggiava ancora la sua aria combattiva. E infatti si mosse. Avanzò verso Philip con un cenno d’intesa rivolto allo sconosciuto che quel giorno era andato con loro al posto di Ted-sacco-di-patate.
-Vieni Michael, ora tocca a noi. Fatti da parte, Kevin.- lo scostò brusco.
-Non ci provare, Steve! Non ti immischiare!-
La manovra preoccupò Jenny che tirò immediatamente Mark per la giacca. Lui reagì all’istante, scostandosi dalla ragazza e avanzando tra la neve alta.
-Non hai capito cosa ti ha detto il tuo amico? Forse non ci senti bene?-
Concentrato com’era sulla zuffa di Philip e Kevin, Steve non soltanto non aveva notato la sua silenziosa presenza tra gli alberi, ma neppure l’arrivo degli altri.
-Hai visto, Kevin? Che ti avevo detto? Non è venuto da solo!- tornò a rivolgersi a Mark, ignorando il resto della truppa che stazionava ancora ai margini del bosco -Se non vuoi rischiare di farti male, levati dai piedi.-
Landers rise di gusto.
-Mi hai tolto le parole di bocca.-
Gli occhi di Steve lampeggiarono di collera, reagì in un attimo. Si scagliò in avanti per colpirlo, ma si ritrovò improvvisamente a terra, il volto pesto, senza riuscire a spiegarsi cosa fosse appena successo.
Neppure Mark lo capì. Si volse stupito forse addirittura più del suo avversario. Benji sorrideva dietro di lui, massaggiandosi il dorso di una mano, l’espressione appagata per aver piazzato così bene il pugno.
-Sia chiaro. Non l’ho fatto per aiutarti ma perché nessuno può togliermi il piacere di conciarti per le feste.-
Sul volto di Landers la sorpresa si trasformò in divertimento.
-Sono a tua disposizione non appena ci saremo liberati di questi stronzi.-
-Non vedo l’ora.-

Nient’altro che neve e alberi, alberi e neve a costeggiare la carreggiata ricoperta di ghiaccio, su cui Ed Warner e Danny Mellow arrancavano ormai da una ventina di minuti. Il sole era basso e se non si fossero sbrigati avrebbero finito per dover passare la notte lì. Ed non era sicuro di riuscire a sopravvivere a quel gelo.
-Che razza di posto hanno scelto?-
Già da un paio di desolate curve il portiere aveva iniziato a pensare che si fossero sbagliati, che l’impiegato della stazione non avesse capito quale hotel dovevano raggiungere e non avesse indicato loro la direzione giusta. Temeva che la strada prima o poi sarebbe finita in mezzo al bosco. Intorno niente, solo neve, alberi, ghiaccio e montagne. A quel punto avrebbero dovuto rifare il percorso in senso inverso e tornare in paese alla ricerca dell’albergo giusto.
O forse l’impiegato della stazione aveva avuto ragione. Gamo aveva optato per il confino e scelto un luogo così isolato e fuori mano che nessuno avrebbe visto i compagni azzuffarsi, li avrebbe sentiti urlarsi addosso e insultarsi.
Al suo fianco Danny procedeva in silenzio. Non vedeva l’ora di incontrare Mark, fremeva solo all’idea e al contrario di Ed era contento di essere lì, nonostante ormai anche lui fosse stufo di scarpinare. Erano in viaggio dalla mattina e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Quella salita sembrava non finire mai e il freddo si faceva più intenso man mano che la sera si avvicinava.
-Neanche un autobus.- sentì Ed ripetere.
La borsa gli scivolò di nuovo dalla spalla e si fermò per tirarla su. Poi si immobilizzò e tese le orecchie.
Qualche passo più avanti, il portiere si volse incuriosito.
-Che hai?-
-Mi è sembrato di sentire una voce…-
Tacquero entrambi per ascoltare il silenzio. Poi ripresero a camminare. Dopo pochi passi però Danny si fermò di nuovo e si guardò intorno per capire da dove provenissero quei suoni che sembravano voci. Si spostarono sulla destra e si fermarono al limitare del bosco. Poi, di comune accordo, decisero di lasciare la carreggiata.
-Andiamo a vedere.-
-Se c’è qualcuno possiamo chiedere dov’è il ryokan.-
Avanzarono tra la neve soffice e intatta mentre i suoni diventavano davvero delle voci, poi grida. Gli alberi e il sottobosco si diradarono e di colpo si fermarono, allibiti, a guardare.
La borsa sportiva scivolò giù dalla spalla di Ed e rimase appesa al braccio piegato.
-Che accidenti stanno combinando?-
Da dove si trovavano era un po’ difficile capirlo. Non vedevano bene, non vedevano tutti. Si avvicinarono ancora finché la situazione fu così chiara da lasciarli senza parole.
-Mark!-
Landers si volse riconoscendo la voce di Danny e non si capacitò di vederlo lì insieme a Ed. Scostandosi per schivarlo, afferrò la giacca di Steve, gli fece lo sgambetto e lo spinse a terra.
-Diamine! Marshall aveva ragione a essere preoccupato!- disse Warner raggiungendo Holly, le ragazze e chi era rimasto saggiamente a guardare -Non posso credere che ti stia divertendo senza di me, Mark!-
Amy sospirò.
-Perché dovete essere tutti così?-
-Vuoi giocarci un po’ anche tu?- rise Landers mentre Steve si rimetteva in piedi.
-Maledetto…- sibilò quello furioso.
-Sì, grazie. Volentieri.- Ed mollò la borsa a Mellow e raggiunse Steve con due falcate.
-Che cazzo vuoi? Chi sei?-
Danny appoggiò il bagaglio del compagno di viaggio su un cumulo di neve e si infilò tra i ragazzi, desideroso di soddisfare la propria curiosità.
-Cosa stanno facendo?-
-Un nuovo tipo di allenamento. Lo ha inventato Philip.-
Mellow guardò Bruce con sospetto, temendo che lo stesse prendendo in giro.
Ed impiegò mezzo secondo a togliere di mezzo Steve stordendolo a terra con un’abile mossa di karate.
-Niente male, vero?- Amy sgomitò Jenny che fissava sgomenta il nuovo arrivato -Una volta Julian ed io siamo andati a vederlo allenarsi nella palestra del padre. È proprio bravo.-
-Di Price non mi frega niente, ma Philip?- disse Ed a Mark mentre raggiungevano i compagni.
-Se la caverà.-
-Sei sicuro?- il portiere esitò preoccupato, perché sapeva per certo che Gamo lo avrebbe ucciso se gli avesse riportato un vicecapitano pesto e malconcio -Forse è meglio che…-
-No.-
A fermarlo fu una ragazza sconosciuta, una giovane così graziosa che si incantò sugli occhi nocciola che lo fissavano determinati, le ciglia lunghe e scure, le labbra rosse, i capelli castani che incorniciavano il viso.
-Non guardarla troppo, altrimenti Philip s’incazza.- lo prese in giro Mark generando un tenue rossore su quella pelle di pesca.
-Non è vero!-
-Sì che è vero.-
-Se vogliamo essere precisi, Philip si infastidisce solo se a guardarla sei tu, Landers.- Benji li raggiunse mentre alle sue spalle John aiutava Michael a mettersi in piedi -Questi ragazzi del nord non valgono nulla.-
Jenny si risentì.
-Non sono tutti uguali!-
Il portiere le strizzò un occhio.
Philip consentì a Kevin di indietreggiare fino ai compagni. Tutto quel movimento aveva risvegliato acciacchi vecchi di tre giorni, il pestaggio aveva lasciato segni che ancora dolevano. Il suo avversario era malconcio, i suoi compari si erano presi ciò che meritavano ed era ora di tornare al ryokan perché presto avrebbe fatto buio.
Quando capì che anche Kevin ne aveva abbastanza, Callaghan lo congedò con un’espressione vittoriosa che scatenò nell’altro nuova collera e scontento. Ma era davvero meglio finirla lì e andar via con le proprie gambe.
Mark fu di tutt’altro avviso. Silenzioso e vendicativo, tagliò la strada a Kevin mentre imboccava per ultimo il sentiero, caricò il destro e lo assestò talmente bene sulla mascella del ragazzo che lui piombò tra la neve privo di sensi.
John accorse e lo scosse inutilmente. Non potendo fare altro, se lo caricò sulle spalle e sparì nel bosco.
A Philip l’intraprendenza di Mark non andò giù.
-Dovevo farlo io!- protestò infervorato. Inciampò tra la neve alta, finendo aggrappato alla giacca del compagno per non cadere.
-E come? Non ti reggi neanche in piedi!-
-Era una questione tra me e lui! Avevi promesso che non saresti intervenuto!-
Philip lo spintonò indietro furioso, poi venne travolto dall’abbraccio di Jenny. Sussultò dolorante ma riuscì a sorriderle lo stesso e a guardarla preoccupato.
-Stai bene?-
-Lo chiedi a me?-
-Ed, Danny, che cosa ci fare qui?- fu la giusta e legittima domanda di Holly.
-È una storia lunga.- sospirò Ed e si guardò intorno -C’è davvero un ryokan da queste parti o siete alloggiati in un igloo?-
Mentre si incamminavano, Philip borbottò una lamentela.
-Ecco che ricominciamo con il sarcasmo dei primi giorni.-

-Marshall ci ha ordinato di partire di corsa, subito dopo la telefonata.- raccontò Ed, seduto sui tatami, le mani a cingere la tazza di tè che gli stava a poco a poco scongelando le dita. Spostò gli occhi su Jenny e la osservò ancora con tutta la curiosità di una persona che vede per la prima volta l’oggetto di tanti discorsi e prese in giro.
Proprio come era accaduto all’inizio, Philip provò un fremito di fastidio verso quel palese interesse nei confronti della fidanzata.
-Marshall ci ha dato appuntamento a casa di Price per una riunione dell’ultimo minuto. Quando ha chiamato il ryokan eravamo tutti lì ad ascoltare in vivavoce. Abbiamo sentito anche Jenny.- le sorrise e Philip si agitò sui cuscini.
-E Patty.- annuì Danny -I ragazzi della New Team ti hanno riconosciuta subito.-
Bruce alzò le spalle.
-Per forza, è sempre stata la miglior urlatrice dello stadio.-
-Perché Marshall vi ha riuniti proprio a casa mia? A mia insaputa, tra l’altro...-
-Marshall voleva che prima del ritiro prendessimo alcune decisioni.-
Julian trasecolò.
-Senza di noi?-
-Veramente ha pensato di approfittare della vostra assenza…-
Holly e Julian si scambiarono un’occhiata mista di sorpresa e fastidio.
-Bella considerazione.- borbottò Philip, sussultando quando Jenny gli spalmò lo zigomo di crema. Kevin lo aveva colpito di nuovo esattamente sul livido che aveva già e se da una parte ciò era una fortuna perché non avrebbe avuto altri segni sul viso, dall’altra gli aveva fatto un male cane.
Ed spostò a malincuore gli occhi da lei a Philip.
-Quel livido che ti porti dietro non è di oggi.-
-È una storia vecchia, infatti.-
-E lunga.- si intromise Benji -Adesso ci interessa sapere cosa avreste deciso a casa mia senza di noi.-
-Non “avremmo”. “Abbiamo”.- precisò Ed, temporeggiando poi con sommo gusto per tenere il collega sulle spine -Secondo te possiamo dirglielo, Danny?-
-Non lo so. Forse no.- gli occhi di Mellow si addombrarono di preoccupazione -A proposito! Domani o dopodomani Gamo telefonerà qui e il signor Marshall si è raccomandato di dargli una buona impressione del ritiro.-
Jenny rimise il tappino alla crema.
-Stavolta dovrai rispondere tu al telefono, Philip.-
-A Gamo?-
-A Marshall, a Gamo… chiunque sia.-
-Speriamo sia Marshall…- per l’ennesima volta si accorse che sia Danny che Ed non riuscivano a distogliere gli occhi dalla fidanzata -Si può sapere cosa avete da guardare?-
-Ve l’avevo detto.- rise Mark.
Danny abbassò gli occhi sul tavolo, poi li trasferì di nuovo a Jenny. Il suo sguardo volò sulla ragazza e tornò da Philip, spostandosi poi ancora su di lei in un balletto che non aveva pace, come non l’avevano i suoi pensieri. Anche se le premesse non erano delle più rosee, decise lo stesso di tentare il tutto per tutto, rivolgendosi direttamente alla ragazza.
-Dopo...- esitò -O prima di partire… Potrei farti una foto?-
-Certo!- Jenny si dimostrò subito disponibile, mentre il rifiuto di Philip fu secco, categorico e inesorabile.
-No nel modo più assoluto.-
Danny li guardò supplichevole.
-Per favore, me l’hanno chiesta… Mi hanno estorto la promessa.-
-Che promessa?-
-Gli altri vogliono vedere Jenny… Una foto recente.- le lanciò un’occhiata, sentì Ed ridere e si volse afflitto -Certo! Divertiti… tanto poi sai come andrà a finire.-
-Se vuoi puoi fotografarmi.- concesse Jenny disponibile, vedendolo realmente in difficoltà.
-No, non se ne parla.- intervenne di nuovo Philip, scuro in volto.
Bruce dedicò un profondo sospiro al cellulare che non avrebbe dovuto neanche portare con sé e che adesso giaceva a terra da una parte.
-Ne avevo qualcuna io di foto… Ma questi tre le hanno cancellate. Sarebbe piaciuta a tutti.-
Patty drizzò immediatamente le orecchie.
-Che foto, Bruce?-
L’indignazione di Julian sgonfiò temporaneamente la curiosità della ragazza.
-Visto, Philip? Te l’avevo detto che se non l’avessimo fatte sparire le avrebbe mostrate agli altri!-
-Che foto?- insistette di nuovo Patty, continuando però ad essere ignorata.
Philip si rese finalmente conto che solo grazie all’insistenza di Julian l’aveva scampata per un pelo. Tuttavia cercò lo stesso di difendere il proprio punto di vista.
-Non ho mai detto di non volerle cancellare. Ho chiesto solo di tenere una copia!-  
Jenny gli si aggrappò alla manica.
-Philip, di quali foto state parlando?-
Lui continuò per la sua strada, stavolta diretto a Danny.
-Di fare foto a Jenny non se ne parla. Punto.-
-Io continuo a non capire perché vi siate dovuti incontrare a casa mia. Perché non direttamente al centro sportivo del ritiro? -
-Non mi sono posto il problema, Price.- Ed lo fissò dritto negli occhi -Marshall ci ha ordinato di andare a Fujisawa e così abbiamo fatto.-
Certo che non s’era posto il problema, lui. Non era stata fatta a casa sua, la riunione! Freddie aveva lasciato che gran parte della nazionale giapponese invadesse i suoi spazi e la sua intimità senza neppure avvertirlo. Sperava solo che Marshall gli avesse proibito di mettere piede di sopra e di gironzolare per le stanze. Se fosse venuto a sapere che avevano ficcato il naso nella sua camera… Maledetti impiccioni! Finito il terzo grado a quei due mentecatti della Toho avrebbe chiamato Freddie e gliene avrebbe dette quattro.
-All’inizio non avevamo capito che si trattava di voi.- stava continuando a raccontare Danny rivolgendosi alle ragazze, mentre Holly sperava che non tornasse sull’argomento foto visto che Patty, seduta al suo fianco, era un fremito di curiosità insoddisfatta -Abbiamo sentito la voce Jenny, ma nessuno di noi la conosceva. Così abbiamo pensato che si trattasse delle solite…-
Julian sussultò. Di bene in meglio, dalla padella nella brace.
-Invece no!- intervenne svelto -Erano proprio loro. È stata una sorpresa anche per noi. Nessuno se lo aspettava. Soltanto Philip che ha organizzato tutto.-
-Tu lo sapevi, Julian. Ti ho telefonato apposta per dirtelo.-
-La mattina stessa, Philip. Cosa potevo fare, ormai?-
Le chiacchiere non le fregarono. Il botta e risposta tra i due non fu sufficiente a distrarle. Le ragazze erano sul chivalà da parecchi minuti.
-Le “solite” cosa?- domandò infatti Evelyn con un tono misto tra il curioso e il minaccioso.
Benji alzò gli occhi al cielo.
-Sei proprio un cretino, Mellow.-
Jenny si rivolse di nuovo a Philip.
-Le “solite” cosa?- poiché lui continuò a non risponderle, si alterò -La smetti di ignorarmi per favore?-
Il fidanzato la guardò e non seppe cosa dirle. Intanto la domanda continuò a girare e stavolta arrivò sulle labbra di Amy.
-Le “solite” cosa?-
Tom decise di soddisfare la loro curiosità.
-Le solite cameriere che si trovano in tutti gli hotel.-
Quattro paia d’occhi lo trafissero, e il cuscino su cui sedeva d’improvviso non fu più tanto comodo. Si mosse a disagio, chiedendosi perché si fosse intromesso.
Mentre Benji rideva in sordina, Evelyn si volse verso il fidanzato.
-Cameriere, Bruce? Adesso spiegami il significato di questa espressione: “le solite cameriere”.-
Lui non batté ciglio.
-Le solite cameriere sono le impiegate donne che lavorano negli alberghi.-
-So cosa sono le cameriere. Ma perché “solite”?-
-Perché, come ti ho appena detto, si trovano in tutti gli hotel.-
Holly assisteva come gli altri al dialogo serrato tra Bruce ed Evelyn, trattenendo il fiato e notando nel contempo che nell’espressione della fidanzata si stavano moltiplicando a vista d’occhio un’incredibile quantità di domande inespresse, la metà delle quali non gli piacquero. Ma quel giorno il destino aveva già deciso che si sarebbero salvati e fu la nonna a trarli d’impaccio. Bussò alla porta e si affacciò.
-Miei cari.- li salutò con un sorriso dedicato soprattutto a Mark -Jenny, mi hai chiesto di ricordarti che dovete andare a fare la spesa per la cena. Si sta facendo tardi e tra un po’ i negozi chiudono.-
-Hai ragione, nonna. Grazie.-
La ragazza si alzò e si trasferì nella stanza accanto dove Patty la seguì, chiudendo con cura il pannello scorrevole.
-Questa storia delle cameriere è da approfondire.- disse contrariata.
-Già, ma non ora. Sono tutti schierati in difesa nella loro metà campo.-
-L’ho notato anch’io. Vogliamo parlare delle foto? Foto nostre nel cellulare di Bruce. Foto che Julian ha insistito a voler cancellare!-
Lei annuì, mentre staccava una pagina da un notes.
-Di sicuro mia. Danny avrebbe potuto usarla per mostrarmi agli altri.-
Patty prese una penna e tornarono insieme di là. Non ebbero bisogno di organizzarsi, perché sapevano entrambe cosa stavano per fare. Lo avevano stabilito da giorni, dalla disastrosa prima visita di Holly, Bruce e Philip al negozio di Meryl.
Si sedettero al tavolo, Jenny divise il foglio piccole parti e le passò a Patty che vi tracciò i loro nomi.
-Cosa state facendo?-
-Tiriamo a sorte, Julian.-
-Questa volta faremo a modo nostro.-
Nessuno si azzardò a contraddirle.
Patty ripiegò con cura i quadratini di carta e li mescolò tra loro.
-Danny e Ed non fanno parte dei candidati, visto che sono appena arrivati.- alzò gli occhi su Mellow -Pescane due.-
Lui annuì e allungò una mano, fiducioso e sorridente. Solo che quando le sue dita sfiorarono la carta, Benji ringhiò una mezza minaccia.
-Fai attenzione a chi estrai, Mellow.-
Il ragazzo si ritrasse.
-Benji, sei incorreggibile.- Patty sospirò, lanciandogli un’occhiataccia -Tom, pensaci tu.-
Jenny aprì i foglietti che Becker le porgeva. Fu contenta di scoprire che non sarebbero andati né lei né Philip.
-Vieni in cucina, Eve, così facciamo la lista delle cose che devi comprare.-
Anche Amy si alzò.
-Julian, preparati. È toccato a te.-
Scesero tutte e quattro, Evelyn entrò in cucina per ultima.
-Questa cosa delle cameriere non mi piace per niente.-
-Infatti. Devi assolutamente estorcere a Julian qualche informazione in più.-
-E come faccio, Patty?- replicò lei mentre Amy e Jenny, chine sul tavolo, si consultavano e compilavano rapidamente la lista della spesa -Julian non mi sembra il tipo che si fa raggirare facilmente. Non saprei neppure su quali argomenti far leva… Amy? Hai qualche consiglio da darmi?-
-Con me non parla mai neppure delle sue fan.-
-Dici così per incoraggiarmi?-
Patty le mise le mani sulle spalle e la guardò dritta negli occhi.
-Stai studiando per diventare una giornalista, Eve. Raccogliere informazioni sarà il tuo lavoro e non sempre chi intervisterai vorrà rispondere alle tue domande. Questa mi pare un’ottima occasione per fare pratica.-
Jenny porse all’amica il foglio con gli acquisti da fare.
-Eve, metticela tutta e cerca di scoprire il più possibile.-
Lei cacciò un sospiro molto sentito.
-Ci proverò, ma non garantisco.-

*

Carichi di pacchi, Evelyn e Julian procedevano lungo la salita ricoperta di neve e di ghiaccio. La notte era arrivata così rapidamente che li aveva sorpresi prima ancora che giungessero a Shintoku. Evelyn era contenta di aver riempito Julian di domande all’andata perché adesso non aveva più fiato. Le due buste che portava cominciavano a pesarle, nonostante contenessero tutti oggetti leggeri: quattro confezioni di uova, due di pangrattato soffice come una nuvola, tre di insalata mista, il burro e tre scatolette di tonno. Tutto il resto lo portava Julian. Procedevano nel buio alla luce delle torce che tenevano in mano, una ciascuno. I fasci di luce ondeggiavano, si incrociavano e sobbalzavano seguendo la loro andatura, nascondendo in parte la strada e costringendoli ad avanzare quasi alla cieca su neve e ghiaccio.
-Julian? Secondo te quanto manca?-
-Al massimo mezz’ora.-
La giovane sospirò. C’era ancora da camminare parecchio. All’andata, in discesa, avevano proceduto a passo svelto impiegando quasi quarantacinque minuti. Ora risalivano più lenti e non dovevano essere neppure a metà strada. L’unico aspetto positivo di quella passeggiata notturna era che non nevicava e non sentiva freddo. Anzi, sotto la giacca e il maglione, cominciava a sudare per lo sforzo.
-Julian?- lo chiamò di nuovo -Possiamo fermarci un attimo?-
-Certo.-
Evelyn posò le buste e si massaggiò le mani.
-Mi si sono intorpidite le dita.-
-Vuoi che le porti io?-
-Non sono pesanti.- riafferrò i pacchi e insieme ripresero a camminare -Da quanti anni tu e Amy siete ufficialmente insieme?-
-Cosa intendi per “ufficialmente”?-
-Che lo sanno tutti.-
-Lo hanno sempre saputo tutti.-
-Allora che le hai chiesto di mettersi con te.-
-Non gliel’ho chiesto, è venuto naturale.-
Evelyn decise che era molto meglio risparmiare il fiato per la salita.
-E tu?- lui la colse di sorpresa.
La giovane si volse a guardarlo. Una lastra di ghiaccio più solida e lunga delle altre le finì a tradimento sotto un piede. Si sentì scivolare e non poté farci niente. Le buste le impedirono ogni tentativo di mantenere l’equilibrio. Cadde sull’asfalto in modo così sgraziato che nonostante la fitta intensa alla caviglia, ringraziò ogni divinità conosciuta che fosse notte e il suo capitombolo venisse celato dall’oscurità. Ricordò per la seconda volta in pochi giorni che Julian le era piaciuto dal momento in cui lui l’aveva abbagliata con la sua mascolina e perfetta bellezza al loro primo incontro allo stadio, se ricordava bene durante la partita tra la New Team e la squadra di Ralph Peterson, quando era inaspettatamente arrivato insieme ad Amy, aveva salutato lei, Susie e Patty con quel suo affascinante sorriso e si era seduto accanto a loro. Un bellissimo ricordo, che purtroppo non alleviò il micidiale dolore al piede, così micidiale da farle emettere un gemito.
Julian accorse come sarebbe accorso il più bel principe azzurro delle favole.
-Evelyn, stai bene?-
Seduta a terra, una busta poco discosta, l’altra davanti a sé, la ragazza si puntellava con una mano tra la neve e con l’altra si stringeva la caviglia. La torcia che le era sfuggita era rotolata poco distante su un cumulo di neve e le illuminava parte del volto con il suo cono di luce, gli occhi pieni di lacrime, le labbra serrate e lo sguardo disperatamente sofferente.
-Ti giuro, stavo meglio prima.- tentò un sorriso che non le venne granché e non cercò neppure di migliorarsi. Piuttosto provò a muovere il piede, mordendosi le labbra per non gridare. Poi alzò gli occhi sull’amico -Le uova…-
Solo per farla contenta, lui frugò nella busta mentre con una mano illuminava gli acquisti.
-Se n’è rotto solo uno. L’insalata e il pangrattato hanno salvato le altre.- lasciò perdere la spesa e puntò la torcia sulla caviglia -Riesci ad alzarti?-
Lei si asciugò gli occhi con il dorso dei guanti e i piccoli cristalli di ghiaccio che si erano depositati sulla lana le graffiarono le guance.
-Ci provo.- serrò i denti.
Julian l’aiutò ed Evelyn si mise faticosamente in piedi, tentando di appoggiare il meno possibile il peso del corpo sulla caviglia ferita. Il suo volto si trasfigurò di sofferenza.
-Ce la fai?-
Annuì. Che altro poteva fare? Rimanere lì mentre l’amico tornava al ryokan e mandava il nonno a riprenderla con la macchina? Tremò di paura al pensiero di dover restare sola in quell’oscurità e in quella gelida desolazione. Cercò di muovere un passo, gli occhi le si riempirono di lacrime -Mi fa male.-
-Ti aiuto io.- Julian radunò la spesa sparpagliata, le porse la busta più leggera, si caricò delle restanti tre e la sostenne -Quando non ce la fai più, dimmelo.-
Lei annuì e strinse i denti. Poi chiuse gli occhi perché intorno non c’era nulla da vedere e provò a concentrarsi su qualsiasi cosa la distraesse dolore. Il suo buonissimo profumo, per esempio. Il calore che emanava il suo corpo, i muscoli che percepiva guizzare sotto strati e strati di vestiti. Su quanto l’avrebbero invidiata tutte le sue numerosissime fan, se l’avessero vista in quel momento.
E così, almeno all’inizio, un po’ saltellando e un po’ poggiando a terra soltanto la punta del piede ferito, Evelyn fu in grado di avanzare abbastanza rapidamente. Poi, dopo quello che poteva essere un quarto d’ora, mezzora o addirittura un’ora, tanto il tempo per lei aveva perso significato, non riuscì più a mantenere quel ritmo e costrinse l’amico a rallentare.
-Julian…- mormorò esausta e mortificata -Devo riposare un attimo.-  
Quando la lasciò, lei si accoccolò a terra. Anche l’altra gamba che sosteneva tutto il peso cominciava adesso a farle male, mentre la caviglia ferita aveva preso fuoco. Tenendola tra le mani, si accorse che si era gonfiata.
-Julian, è diventata enorme.-
Il ragazzo accorse, le consegnò la torcia e sciolse rapidamente i lacci. Le sfilò piano la scarpa, poi il calzino e guardò critico la pelle tesa, gonfia e arrossata. Scosse la testa. Per la fretta di tornare, aveva sottovalutato l’infortunio.
-Avrei dovuto toglierti subito la scarpa.-
Si alzò, radunò un po’ di neve e la posò sul piede. Il sollievo fu tale che gli occhi di Evelyn si riempirono di lacrime.
-Tieni qui.-
Le posò le mani al posto delle proprie e mentre il ghiaccio si scioglieva e gocciolava a terra, depositò la busta più pesante sul ciglio della strada. Poi tornò da lei, mentre il fascio di luce delle torce veniva solcato da piccoli cristalli bianchi che presero a cadere intorno e sopra di loro. Aiutata dal ragazzo, Evelyn si alzò di nuovo.
-Comincia a nevicare.- mormorò affranta -La spesa?-
-Tornerò a prenderla dopo.-
-Mi dispiace.-
-A me dispiace per il tuo piede.-
Evelyn si appoggiò a lui con tutto il peso, un braccio a circondargli il collo, nella mano la torcia a illuminare la strada. Julian le teneva il polso aiutandola a indirizzare la luce davanti a loro. All’altezza del gomito del ragazzo erano appese due buste della spesa. Un’altra la teneva Evelyn con la mano libera, insieme alla scarpa che non aveva rimesso e al calzino che vi aveva infilato dentro. Il freddo pungente l’aiutava a sopportare il dolore.
Dopo un paio di curve si fermarono un’altra volta, lei non ne poteva più. Julian la lasciò riposare qualche minuto e andò a depositare le ultime tre buste su un lato della strada. Aveva sbagliato di nuovo. Avrebbe dovuto lasciarle tutte molto prima e caricarsi la ragazza sulle spalle fin da subito, invece di costringerla a sforzarsi di camminare.
-Quanto manca secondo te?- gli domandò quando lo vide tornare.
-A occhio e croce direi che siamo a tre quarti di strada.-
Ma la verità era che non lo sapeva più. Avevano proceduto pianissimo e aveva perso il conto del tempo. Potevano mancare cinquecento metri o due chilometri. Non ne aveva idea.
Da parte sua Evelyn non riusciva neppure a immaginare di doversi rialzare per riprendere il cammino. Illuminò il piede ferito con la torcia: era sempre più rosso e più gonfio.
-Hai preso davvero una brutta distorsione. Se senti freddo rimetti il calzino.-
Evelyn annuì e lo infilò sulle dita congelate. Poi guardò costernata le spalle di Julian che le erano comparse davanti, alla sua altezza.
-Sali.-
-Cosa?-
-Su, sali.- la sollecitò ancora, lanciandole un’occhiata.
-No! Sono troppo pesante!-
Lui si volse per osservarla critico.
-Non mi pari molto più pesante di Amy. Dai sali, Evelyn. Non possiamo restare qui tutta la notte.-
Julian le stava offrendo l’unica soluzione possibile in quel momento e in quel luogo. Mise da parte gli scrupoli, si inginocchiò e gli si aggrappò al collo.
-Prendi la torcia.-
Evelyn ubbidì, Ross si tirò su apparentemente senza sforzo e riprese ad avanzare. Lei si abbandonò sulla sua schiena, dispiaciuta e mortificata ma nello stesso tempo felice perché era sicura che l’occasione di stargli così vicina non le sarebbe mai più ricapitata. Appoggiò il viso contro la sua spalla e puntò la luce dalla torcia sulla strada. Julian era piacevolmente caldo e profumava di shampoo e bagnoschiuma.
-Sei stato proprio sfortunato a dover venire tu.- tirò un sospiro -Mi dispiace.-
Lui sorrise con quel sorriso che all’inizio l’aveva mandata in visibilio.
-Smettila di scusarti o comincerò a pensare che lo hai fatto apposta per non dover rifare la salita.-
-Ti giuro di no!- si agitò sulla sua schiena e scivolò verso il basso.
Julian la ritirò su.
Evelyn si dimostrò un peso trascurabile soltanto all’inizio. Cominciò a non esserlo più dopo il primo chilometro. Allora, per non sentire la stanchezza, Julian si costrinse a pensare che ormai dovevano mancare davvero pochi minuti, cinque, dieci al massimo. Poche, pochissime centinaia di metri. Inghiottì il fiocco di neve che si posò sulle sue labbra e fu un sollievo per la sua gola riarsa. Aveva sete ma non voleva fermarsi, voleva raggiungere il ryokan al più presto, cospargere la caviglia di Evelyn di quella stessa pomata con cui Jenny aveva ricoperto i lividi di Philip, immobilizzarla con le bende e darle un’aspirina per calmare il dolore e consentirle di riposare per tutta la notte.
Su di lui i fiocchi cadevano sempre più fitti diventando fastidiosi perché finivano ovunque, in faccia, sulle ciglia, negli occhi, tra i capelli, nel naso a ogni respiro…
-Julian, riposati un attimo.-
-Siamo quasi arrivati.-
-Lasciami scendere, allora. Il piede mi fa meno male. Adesso posso camminare.-
-No.-
Julian sapeva con certezza che era impossibile che il dolore fosse passato, piuttosto doveva essere aumentato. E sapeva con altrettanta certezza che se si fosse fermato per riprendere fiato, non sarebbe stato più un grado di riprenderla sulla schiena. Sentendola scivolare, la ritirò su di nuovo e imboccò una curva.
-Julian! Vedo il ryokan!-
Lui rispose con un filo di voce.
-Te l’ho detto che eravamo arrivati.-
Era stremato, senza fiato. Socchiuse gli occhi e tra la neve riuscì a scorgere anche lui le luci. Fu Evelyn ad aprire la porta d’ingresso. Julian la depositò con delicatezza sul pavimento rialzato, poi si sedette al suo fianco e si lasciò scivolare esausto a terra. Gli occhi fissi sul soffitto respirò a fondo, i muscoli doloranti delle gambe e delle braccia si rilassarono, allentando la tensione. Evelyn studiò preoccupata il suo volto, bagnato dalla neve e stravolto dalla fatica. Julian si volse e la guardò.
-Non eri poi tanto pesante.-
Amy scese i gradini di corsa.
-Julian!-
Appoggiato a una mano, il ragazzo si tirò su e si sfilò la sciarpa dal collo sudato. Amy la mise da parte.
-Cos’è successo?-
Evelyn piegò la gamba avvicinando il piede alle mani e tolse piano il calzino, gli occhi colmi di dolore.
-Sono scivolata.-
-Accidenti Eve, che brutta caduta.-
Patty li udì dalla cucina e si affacciò. Dietro di lei arrivarono anche Philip, Jenny e Tom.
-Dov’è la spesa?-
-Lungo la strada.- disse Evelyn -Julian ha portato me, non poteva portare anche le buste.- tentò di alzarsi ma non ci riuscì e Amy accorse per aiutarla.
-Cos’hai fatto al piede?- domandò Jenny.
-Sono scivolata sul ghiaccio.-
Philip e Tom si incaricarono di recuperare la spesa. Rientrarono portando le buste direttamente in cucina.
Jenny era lì sola, a preparare la cena.
-Ci avete messo tanto.-
-Siamo arrivati parecchio lontano.- la informò il fidanzato -Per Julian deve essere stato uno sforzo non indifferente portare fin qui Evelyn sulle spalle.-
-Infatti è esausto.-
La ragazza raggiunse il tavolo e cominciò a riporre gli acquisti. Tom e Philip erano usciti affamati e la passeggiata aveva stimolato loro ancor più l’appetito.
-Cosa c’è per cena?-
-Riso al curry.-
Benji li raggiunse, contrariato dal menù.
-Lo abbiamo già mangiato due volte. Questa è la terza.-
-Si è fatto tardi ed è la cosa più veloce e semplice da preparare. Soprattutto se mi date una mano, visto che siete qui.-
Dati i presupposti, Benji si chiese se non fosse più saggio sgattaiolate via – non si era ancora seduto – e trovare un angolino nel ryokan dove non essere costretto a cimentarsi nella preparazione di una cena che neppure gradiva, dove non sarebbe rimasto in compagnia degli ex giocatori della Toho che ormai imperversavano nell’edificio, ma senza neppure finire tra i piedi delle tre coppie rimaste al piano superiore. Forse il male minore era rimanere proprio lì, in cucina.
Mentre esitava, Jenny radunò una discreta quantità di patate e carote e una cipolla, e le posò sul tavolo insieme a tre coltelli affilati, uno per ciascuno.
-Ci aiuti anche tu, Benji?- gli sorrise incoraggiante.
-Neanche morto. E soprattutto non la cipolla.-
-Alla cipolla penso io.- concesse -Puoi scegliere tra patate e carote.-
Benji scosse inesorabile la testa.
-Non sai farlo, ecco la verità.- commentò Philip serafico.
Jenny li lasciò battibeccare, indaffarata com’era nella preparazione della cena con l’unico supporto di  tre aiutanti che insieme non valevano neppure una di loro. Prese dal frigorifero le confezioni della carne. Non sarebbe bastata, dovevano abbondare con le verdure. Solo mentre misurava la quantità di riso si accorse che dall’altra parte della cucina provenivano solo silenzio e concentrazione. Si volse a guardare. Benji, chissà come, era stato convinto dai compagni e ora si stava destreggiando a sbucciare una patata. Sentendo i suoi occhi addosso, sollevò il viso verso di lei e le sorrise sornione.
-Non dovrei premiare la tua testardaggine ma se mi guardi così non posso resistere.- rise e ricambiò l’occhiata gelosamente infastidita di Philip con un fastidioso commento -Devi velocizzarti, Callaghan. A questo ritmo il curry lo mangeremo domani per pranzo.-
-Tanto c’è qualcuno veloce per entrambi.- indicò Tom che lasciava cadere una a una le patate nella ciotola piena d’acqua che Jenny aveva posato al centro del tavolo.
Sentendosi chiamare in causa, il ragazzo alzò gli occhi ad osservare i loro capolavori.
-Le verdure vanno tagliate più o meno della stessa grandezza. Altrimenti alcune si cuoceranno troppo e altre resteranno crude.-
-Non mi seccare, Tom. Sono perfette.-
-Anche le mie.- dichiarò Philip -Che fine hanno fatto tutti? Perché non si vede ancora nessuno?-
Benji si appoggiò allo schienale della sedia e posò il coltello sul tavolo.
-Quelle mezze pippe della Toho stanno sistemando i bagagli e gli altri… Gli altri sono coppie, immaginalo da te.-
Fu allora che Jenny capì.
-Ecco perché tu sei qui! Ed ecco perché sto preparando la cena da sola!- servì loro del tè e tornò a occuparsi della cena.
Sorseggiando la bevanda, Benji osservò i compagni che continuavano imperterriti a sbucciare patate e a tagliare carote.
-Hai visto che bel risultato hai ottenuto, Philip? Tenendo Jenny nascosta, hai scatenato su di lei la curiosità dell’intera nazionale. Adesso pretendono persino una sua foto.-
-Non l’ho tenuta nascosta.-
-Avresti dovuto presentarcela molto prima. Vero, Tom?-
Lui sorrise con aria saputa.
-In realtà io la conoscevo già.-
Benji cadde dalle nuvole.
-E come mai quest’eccezione?-
-Tom ha fatto parte della Flynet e almeno una volta l’anno organizziamo una cena con la squadra.  Jenny partecipa e Tom pure. È in queste occasioni che si sono conosciuti.- Philip lasciò cadere una patata pulita nella ciotola e proseguì -E tu allora? Quando mai ci hai presentato una ragazza?-
Benji rise fingendo di non capire.
-Posso presentarti tutte le ragazze che vuoi.-
Jenny, che continuava ad ascoltarli, non ne fu contenta ma tacque.
-Intendo le ragazze che frequenti.-
-Sarebbe una perdita di tempo, cambio spesso.-
Le verdure finirono, Jenny le radunò sul lavandino e i ragazzi continuarono la conversazione.
-Ti rende orgoglioso non avere una ragazza fissa?-
-Non si tratta di orgoglio, Callaghan. Ma non capiresti, vista la situazione in cui ti trovi.-
-Cos’è che non capirei? Quale situazione, poi? Non ti sei ancora innamorato, tutto qui.-
Il portiere sorrise di una conclusione che reputò ingenua.
-Cos’è più importante per te? L’attrazione fisica o l’amore?-
-Una cosa non esclude l’altra.-
-Ma puoi avere l’una senza l’altro. Il sesso e l’amore non provengono dalla stessa parte del cervello. Il sesso si trova dove si sviluppano tutte le cose piacevoli, come per esempio il sapore dei cibi. L’amore invece dove si sviluppano le dipendenze, come quelle alle sostanze stupefacenti e all’alcol. Lo sapevi?-
-Stai dicendo che l’amore è una dipendenza e il sesso un piacere?-
-Esattamente.-
-Che diavolo di riviste leggi?-
Benji scoppiò a ridere, poi continuò a parlare.
-Da quanti anni tu e Jenny state insieme?-
-Un paio, ma che c’entra?-
Continuando a mescolare le verdure, la ragazza drizzò le orecchie. Philip aveva sbagliato, non erano un paio ma tre e mezzo. Anzi quasi quattro.
-Due anni? Allora hai già sviluppato dipendenza. Cosa che peraltro si vede, vista la frequenza con cui vi sentite quando siete lontani. Per non parlare del fatto che ci troviamo tutti qui.-
Jenny non credette alle proprie orecchie. Cosa gli stava mettendo in testa, Benji? Che Philip avrebbe dovuto tradirla, al peggio lasciarla?
-Ma se stai già bene con qualcuno, non vedo perché…-
-Perché per esempio non hai la certezza che Jenny sia la tua anima gemella. Come fai a saperlo se hai frequentato solo lei? Se non hai provato altro? Perché è così, vero?- lo incalzò -Supponiamo che Jenny non sia la tua anima gemella. Anche se questa storia dell’anima gemella mi sembra più una favola per bambini che la realtà… Comunque dicevo. Se Jenny non è la tua anima gemella, allora con lei stai perdendo tempo. E questo è il male minore. Il male peggiore è che se non ti affretti a cercare la ragazza giusta, rischi davvero di lasciartela sfuggire.-
-Non ci avevo mai pensato.-
Secondo Jenny, Philip aveva fatto indubbiamente bene a non pensarlo mai. Ma ancora di più si chiedeva come il fidanzato potesse lasciarsi trascinare in un ragionamento simile da quel dongiovanni da strapazzo tutto fumo e niente arrosto perché, come aveva giustamente fatto notare il fidanzato, Benji non era mai stato neppure fotografato con una ragazza. Philip non si rendeva conto di cosa stavano parlando? Si era dimenticato che lei era lì ad un passo, ascoltava tutto ed era infastidita dai commenti sia dell’uno che dell’altro?
Incrociò lo sguardo del silenzioso Tom. L’argomento non era di suo gradimento o forse semplicemente non aveva niente da dire. Però aveva notato il mutamento nell’espressione dell’amica e neppure lui riusciva a spiegarsi come Philip potesse seguire Benji su un terreno tanto accidentato in presenza della fidanzata. Jenny stringeva un mestolo tra le dita e i suoi occhi erano colmi di fastidio mal represso. Era così furiosa che Tom era sicuro di vedere presto quel mestolo spezzato sulla zucca vuota dell’uno o dell’altro dei compagni.
Ma niente. Philip continuò tranquillamente ad esternare il proprio punto di vista.
-Sai che ti dico, Benji? Il tuo discorso non fa una piega e quello che dici ha un senso. In teoria hai perfettamente ragione, e credo che in effetti...-
Il calcio che gli mollò Tom sotto il tavolo fu dolorosissimo ma ebbe il suo effetto. Oltre a interrompersi, Philip alzò lo sguardo si Jenny. Trasalì quando la vide, come se per un momento si fosse dimenticato che anche lei era lì con loro e li stava ascoltando. Jenny ormai fumava di collera, ai suoi occhi Benji era inqualificabile ma lo era ancor di più Philip che aveva continuato a dargli spago.
-In effetti cosa?- gli chiese provocatoria.
-No, niente.- ed era davvero niente, perché di colpo ogni pensiero si era dissolto e non ricordava più cosa volesse dire.
La reazione di Jenny tanto turbò Philip quanto divertì Benji.
-Ovviamente il ragionamento vale anche al contrario.- riprese il portiere.
-Vale a dire?- domandò lei secca.
-Che Philip abbia trovato la sua anima gemella al primo tentativo e che io invece me la sia lasciata sfuggire.- 

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Capitolo 15
*** 11 - Amici e nemici - prima parte ***


- 11 -
Amici e nemici
Prima parte


Holly si destò di soprassalto nell’oscurità silenziosa della stanza. Qualcosa gli pesava sulla schiena e gli provocava un’opprimente sensazione di soffocamento. L’orologio digitale sul tavolo segnava ancora le sei e lui doveva liberarsi a tutti i costi della pesantezza che lo schiantava a terra. Si mosse per scrollarsi di dosso ciò che lo teneva giù, la faccia contro il cuscino, e l’oppressione si attenuò. Si tirò in ginocchio e la gamba di Bruce ricadde sui tatami con un tonfo sordo, lasciandolo finalmente libero di muoversi. Si volse a guardarlo. Il ragazzo era coricato al contrario, i piedi sul cuscino, il viso al posto delle gambe. Metà del suo corpo aveva finito per sconfinare su coperte altrui. Trascinandosi lontano dal suo sonno scomposto, Holly si chiese come diamine avesse fatto a rivoltarsi sottosopra.
L’arrivo improvviso di Ed e Danny aveva ristretto di colpo la camera. Così, per riuscire a farli entrare, i futon erano stati stesi uno accanto all’altro, trasformando il pavimento in un unico enorme letto.
Mentre Holly valutava seriamente la possibilità di tornare a sdraiarsi e dormire, il compagno si mosse e si trascinò di nuovo verso di lui.
-Bruce, levati!-
Fu appena un bisbiglio eppure l’ordine secco e perentorio svegliò Philip, che dormiva dall’altro lato dell’irrequieto compagno. Strofinandosi gli occhi ancora chiusi a metà, si tirò su seduto e seguì con assonnato divertimento gli inutili tentativi del capitano di sottrarsi alle avance di Bruce. Sembrava averlo scambiato per Evelyn.
-Sai, lo ha fatto anche con me.-
Holly indirizzò lo sguardo su di lui.
-E come te  ne sei liberato?-
-Ti faccio vedere.- curandosi di mantenere una certa distanza, Philip scostò le coperte e chiamò piano -Sveglia, Harper. È ora di allenarsi!-
La voce di Philip era appena un sussurro, fu quindi il significato delle parole che pronunciò ad oltrepassare lo strato di incoscienza, arrivando a destinazione. Bruce si ritrasse su se stesso e con un mugolio di protesta, si volse dall’altro lato, scomparendo sotto le coperte.  
-Ottimo!-
-No, terribile. Tu non fai queste cose mentre dormi, vero?-
-Penso di no.-
-Perfetto.-
Nonostante ormai fosse quasi ora di alzarsi, Philip arrotolò il proprio futon per far spazio, rischiando più di una volta di interrompere, calpestandolo, il tranquillo sonno di Danny addormentato al suo fianco.
-Dammi una mano, Holly.-
-Cosa vuoi fare?-
-Gli cedo il mio posto. Io sono fidanzato e certe cose non posso farle. Ma Danny è libero e chissà, potrebbe apprezzare.-
Agguantarono insieme i quattro angoli del materasso di Bruce e lo trascinarono sui tatami con tutto il suo occupante, che continuò a russare piano. Dopodiché Philip si allungò verso il tavolo e recuperò il telecomando del climatizzatore. Un gradevole vento tiepido cominciò a riscaldare la stanza.
-Ricordami di non dormirgli più vicino, Holly. Sono sicuro che nel sonno mi ha mollato anche un calcio…- disse, tornando a stendersi infreddolito sotto le coperte che non avevano mantenuto neppure un filo del tepore del corpo che le aveva occupate.
A rispondergli fu la voce di Mark.
-Quello è un ricordo di Kevin. Piuttosto, perché non dormite?-
-Bruce ci ha svegliati.-
-Ma adesso dorme, cosa che dovreste fare anche voi invece di disturbare.- sbadigliò e si girò dall’altra parte, borbottando qualche insulto.
Non volendo infastidire né lui né i compagni ancora addormentati, quando si rivolse a Philip la voce di Holly fu poco più di un sussurro.
-Ieri Patty mi ha dato il tormento per quella storia delle foto.-
-Non le hai detto niente, vero?-
-No, ma continuerà a insistere finché non glielo dirò.-
-Non puoi farlo!-
-Allora spremiti il cervello e fatti venire una buona idea.-
-Questa testa di rapa?- borbottò Mark a mezza voce.
Philip si volse a guardarlo.
-Testa di rapa a chi? Non stai dormendo?-
-Se parlate non ci riesco.-
-E ci stai ascoltando fingendo di dormire?-
-Vorrei dormire ma sono costretto ad ascoltarvi.-
-Quindi stai origliando.-
-Piantala, Callaghan! Sono ancora le sei! Se volete continuare a cianciare fatelo fuori da questa stanza!- detto ciò, tornò a infilare la testa sotto le coperte.
Philip guardò Holly.
-E adesso che si fa?-
-Scendiamo?-
-Meglio.-
Mark approvò con un grugnito.
Raggiunsero il piano di sotto percorrendo il corridoio ghiacciato. La porta del ryokan era accostata, lasciando entrare il gelo invernale. Rabbrividendo, passarono davanti all’ingresso e lanciarono un’occhiata frettolosa al piazzale. Lì, tra la neve e sotto un cielo ancora incolore, il nonno stava scaricando dei cartoni dal furgoncino di Kevin. Philip riconobbe la vettura e si fermò, mentre un brivido di sdegno lo percorreva tutto, insieme al gelo mattutino che lo colpì a tradimento. Si aspettava di veder spuntare da un momento all’altro l’odiato ragazzo, e invece fu un uomo di mezza età carico di due scatoloni ad affacciarsi oltre il vano merci. Doveva trattarsi del signor Swann.
Holly prese il compagno per una manica e lo tirò via. Raggiunsero la cucina, ma era ancora troppo presto per trovarla abitata.
-Ci vuole qualcosa di caldo. Prepari tu il caffè?-
Holly annuì pieno di buone intenzioni e aprì a caso uno dei pensili, restando poi a osservare spaesato tazze e bicchieri.
-Sai per caso dove lo tengono?-
-Neppure mezza idea. Ma ci sarà, da qualche parte.-
Dall’altro lato della cucina Philip recuperò due cucchiaini e un coltello, poi si avvicinò al frigorifero, lo aprì e tirò fuori il piatto da portata con la frittata tagliata a striscioline avanzata dalla sera prima. La mise a scaldare nel microonde mentre Holly, trovato tutto l’occorrente per il caffè, ultimava i preparativi.
-Prima o poi qualcuno arriverà?-
-Uscendo ho controllato la sveglia, era attivata e tra poco suonerà. Piuttosto tu hai capito perché Marshall ci ha mandato Ed e Danny?-
-Sinceramente no, Philip.-
-Neppure io, chissà cosa pensa di ottenere.-
-Non certo la gratitudine di Benji. Da quando è arrivato Ed, ogni sua parola è una stilettata. Ci hai fatto caso?-
-A me sembra sempre uguale. Irrimediabilmente insopportabile per la maggior parte del tempo. Ma tu lo conosci sicuramente meglio. Secondo te cos’è che dovevano decidere senza di noi?-
-Julian si sta arrovellando da ieri sera e se non verrà a capo del mistero finirà per minacciare Danny a sputare il rospo.-
Tacquero sorseggiando il caffè, entrambi pensierosi.
Jenny entrò in cucina in quel momento di silenzio senza accorgersi di loro. L’espressione assonnata, il volto chino e gli occhi abbassati, strinse svogliatamente i lembi di stoffa della cinta dello yukata che si erano allentati. I capelli tirati da un lato del viso con una molletta, dall’altro le ricadevano su una guancia. Quando sollevò la testa, si fermò sorpresa.
-Pensavo di essere la prima.-
Lei e Philip si sorrisero intensamente per darsi il buongiorno al posto del bacio che in presenza del capitano evitarono di scambiarsi. Holly fece poco caso a loro, alzandosi per recuperare la frittata dimenticata nel microonde, dove si stava freddando di nuovo. Jenny raggiunse il lavandino e riempì la teiera. In attesa che l’acqua bollisse, apparecchiò anche per gli altri.
-Cosa fate oggi?- domandò tanto per dire qualcosa.
Holly non rispose ma la guardò con un’occhiata intensa e piena di significato.
-Scusa, ci sono ricascata.-
-Le tue idee sono benvenute, Jenny. Purché non si tratti di qualcosa di simile alle sorgenti termali all’aperto. Benji non ha apprezzato la gita e ce lo rinfaccerà finché giocheremo insieme.-
-È difficile accontentare tutti.-
-A chi lo dici.-
Lei gli sorrise comprensiva.
-Non ho niente da proporre. Potrai spremerli come limoni.- si volse e ammiccò a Philip che replicò con un brontolio scontento.
-Come se non lo facesse già.-
-Finalmente oggi riusciremo ad allenarci per bene!-
Il borbottio di Philip proseguì.
-Lo dici come se avessimo passato una settimana a divertirci.-
-Perché, non è così?-
-Non proprio…- si sfiorò lo zigomo ancora violaceo.
Holly gli diede una pacca sul braccio.
-Hai ragione, tu ti sei divertito più di tutti.-
La teiera cominciò a fischiare e Jenny si alzò.
-Come sta il piede di Evelyn?- le domandò Holly.
-Un po’ meglio.-
La voce di Patty nel corridoio anticipò il suo ingresso in cucina. Entrò seguita da Amy e notò i due ragazzi già a tavola.
-Oggi ha fatto giorno prima?-
-Bruce ci ha svegliati con il suo sonno agitato.- spiegò Holly.
Philip seguì il loro trafficare un po’ sorpreso e un po’ scontento, osservando il vassoio comparso sul tavolo e la gran quantità di cibo di cui lo stavano riempiendo.
-A chi è riservato il servizio in camera?-
-A Evelyn.-
-Non riesce a camminare?-
-Sì, ci riesce. Ma è meglio se tiene il piede a riposo.-
Amy uscì con il vassoio, arrivò in cima alle scale e si fermò davanti alla porta, liberando una mano pronta a bussare.
-Fossi in te non lo farei.-
La paura per poco non rovesciò in terra la colazione. Benji era alle sue spalle e lei non lo aveva neppure sentito arrivare.
-Mi hai spaventata.-
-L’ho visto. Di solito l’effetto che faccio alle ragazze è completamente diverso.-
La vide arrossire e rise. Pur di sottrarsi al suo sguardo sornione, Amy allungò di nuovo una mano verso la maniglia, dimenticando l’avvertimento.
-Come ti stavo appunto dicendo, fossi in te non entrerei. Evelyn non è sola. Non credo che se ne accorgerebbero, ma forse a te non piacerebbe.-
Amy abbassò il braccio ed esitò incerta. Non aveva previsto che Bruce sconfinasse nella loro camera. Guardò il vassoio, ancora indecisa se riportare la colazione in cucina. Preferiva infatti che Evelyn non affrontasse le scale. Forse poteva lasciare la colazione da qualche parte, anche se nel corridoio non vedeva nessun ripiano su cui poggiarla.
Senza darle il tempo di protestare, Benji si appropriò fulmineo della tazzina.
-Un peccato che si raffreddi.-  
-No, non... Aspetta, è per Evelyn!-
La protesta fu inutile, il ragazzo bevve d’un sorso il caffè ormai tiepido e Amy capì che per colpa sua e di Bruce aveva fatto un viaggio inutile.
Tornò in cucina con il portiere alle calcagna che il caffè aveva messo di buonumore e che non si scompose al rimprovero di Patty sulla colazione a domicilio che non era arrivata a destinazione.
-Qualcuno andrebbe a chiamare Bruce?-
-Vai tu, Holly. Sei il capitano.-
Julian annuì d’accordo.
-Philip ha ragione. A te dà ascolto più che a noi e puoi approfittarne per rimproverarlo in privato.-
-Così non saremo costretti a sentire le tue urla di prima mattina.-
-Io non urlo, Mark. Al massimo alzo un po’ la voce.-
-Spiegami la differenza.-
Piuttosto Holly preferì alzarsi e uscire.
-Mi raccomando, bussa prima di entrare.- gli gridò dietro Philip ridendo -Anzi, dopo che hai bussato aspetta che ti rispondano.-
Salendo le scale, Holly valutò critico le prime ore di quel giorno e assegnò loro un punteggio molto basso. Si chiese cosa dovesse aspettarsi da un inizio così insoddisfacente e sperò che la giornata non peggiorasse troppo. Arrivò sul pianerottolo e guardò indeciso le due porte, chiedendosi se Bruce ed Evelyn fossero nella loro stanza o in quella delle ragazze. Che non si trovassero insieme in nessuna delle due lo capì udendo la porta dei bagni aprirsi e vedendo l’amica vestita di tutto punto percorrere il corridoio zoppicando leggermente.  
-Patty è scesa.-
-Lo so. La caviglia ti fa male?-
-Un po’, ma come vedi riesco a camminare. Ieri Julian ci ha messo talmente tanta neve che non si è gonfiata troppo. Spero di riuscire ad allacciare le scarpe, non voglio assolutamente restare al ryokan da sola.-
-Dov’è Bruce?-
-Sta dormendo. Ho provato a svegliarlo ma non ci sono riuscita.- sospirò, aprì la porta e lo precedette nella camera, indicandogli il ragazzo che poltriva beatamente spaparanzato nel futon della fidanzata.
Holly restò sulla soglia a guardarlo incredulo, non mosse neppure un passo per entrare.
-Evelyn! Sveglialo in qualsiasi modo! Fallo alzare, vestire e scendere entro cinque minuti o non solo salterà la colazione, ma lo costringerò anche a un allenamento extra! Chiaro?-
Si volse e la mollò lì per tornare di sotto, un diavolo per capello.
-Non ce la farà mai in cinque minuti!- la udì gridargli dietro.
Benji accolse il suo ritorno in cucina con un sorrisetto complice.
-Allora? Com’è andata?-
-Non me lo chiedere.-
-È stato terribile?-
-Bruce sta dormendo.-
-Con Evelyn?-
-No. Evelyn era in bagno.-
-Benji!- Amy lo richiamò indignata. Adesso le toccava fare un altro viaggio al piano di sopra -Mi hai detto che erano insieme! Non ho lasciato la colazione a Evelyn perché hai detto che era… impegnata!-
Lui fece spallucce.
-Ho immaginato ciò che sarebbe stato normale, senza tener conto del fatto che Harper normale non lo è.-
Bruce li raggiunse trafelato dopo cinque minuti spaccati, nel momento in cui le ragazze cominciavano a sparecchiare. Si tuffò su una sedia e si servì di tutto ciò che era rimasto, vale a dire molto poco.
-Non mangiare così in fretta.- cercò di arginarlo Jenny -Ti farà male.-
Fu quando allungò di nuovo il piatto per elemosinare dall’amica un altro toast che Bruce urtò malamente un bicchiere colmo d’acqua rovesciandolo sul tavolo. Benji si scostò rapido ma si bagnò lo stesso i pantaloni, ripagando la goffaggine di Harper con una sentita imprecazione.
-Potresti evitare di essere così scortese?- lo rimproverò Patty -Non l’ha fatto apposta.-
-È il solito imbranato! Così imbranato che, non apposta, nella sua carriera è riuscito a segnare persino un autogol in una partita di qualificazione!-
-Come diceva Holly l’altra sera, il passato è passato. Certe cose bisogna superarle e andare avanti.- si difese Bruce serafico mentre Benji e Patty continuavano a battibeccare per colpa sua.
L’occhiata in tralice con cui il capitano ad un certo punto mise a tacere la fidanzata fu per lei un chiaro segno di sconfitta. Tacque ma, da brava donna, se la legò al dito.
Portata la pace, Holly volse lo sguardo all’orologio e sussultò quando si accorse che erano già le nove.
-Accidenti! È tardissimo!- costrinse i compagni ad alzarsi e li precedette nell’ingresso. Poi ci ripensò e si riaffacciò in cucina -Il tuo tempo è scaduto, Bruce!-
Lui ingoiò ciò che aveva in bocca. Bevve l’ultimo sorso di caffè, si alzò e si affrettò a seguire gli altri.
-Cosa succede questa mattina? Perché siete tutti così nervosi?-
Al centro del piazzale, i piedi nella neve e il freddo a stringersi intorno a lui come una morsa, Benji era uscito per primo, per non continuare a insultare Bruce all’infinito. Adesso aspettava che tutti lo raggiungessero. Percorse il piazzale avanti e indietro per scaldarsi, prendendo a calci la neve ammonticchiata ai lati del vialetto. L’aria era così fredda da ferirgli la gola e il bagnato che aveva sui pantaloni si era gelato, solidificandosi e risplendendo di minuscoli cristalli di ghiaccio. Avrebbe dovuto cambiarsi, forse faceva ancora in tempo. Ma proprio mentre lo pensava, la porta si aprì e i compagni uscirono alla spicciolata. Erano tutti, tranne il capitano. Poteva approfittare del ritardo?
Probabilmente sì, perché giusto in quel momento Holly era al primo piano e bussava alla porta chiusa della camera delle ragazze.
-Patty?- chiamò.
Fu Evelyn ad aprire uno spiraglio così sottile da consentirgli a malapena di guardarla e soprattutto impedirgli di sbirciare all’interno.
-Dov’è Patty?-
La ragazza sgusciò nel corridoio attraverso l’apertura e riaccostò subito la porta dietro di sé. Le sue parole furono un sussurro.
-Mi ha detto di dirti che non c’è.-
-E dove dovrei trovarla, secondo lei?-
L’amica alzò le spalle.
-Prova a cercarla nei bagni.-
-Ma per favore… Dai, fammi passare!-
Evelyn  scosse la testa risoluta.
-Assolutamente no! Poi si arrabbierebbe con me. Lasciala in pace, vedrai che quando tornerai le sarà passata.-
-Cos’è che deve passarle?-
-E lo chiedi a me? Non so neppure cosa sia successo!-
-Ha discusso con Benji! Io non c’entro niente!-
-Lo hai difeso?-
-No.-
-Hai fatto bene.-
-Adesso però devo proprio parlare con lei e dirle che non è il caso di…-
-Alt! Ho capito!-
-Hai capito cosa?- stava cominciando a spazientirsi sul serio.
-Perché Patty non vuole parlarti.-
-Insomma, perché?-
-Non vuole ascoltare i tuoi rimproveri.-
-Rimproveri? Non le farei nessun rimprovero! Le direi soltanto che battibeccare con Benji di prima mattina non serve certo a…-
-Basta, Holly.- lo interruppe lei di nuovo -Non penserai che se Patty si rifiuta di starti ad ascoltare debba farlo io, vero?-
Lui la fissò sgomento, esitando solo un attimo.
-Allora lasciami entrare, così parlo direttamente con lei.-
-Scordatelo. Si infurierebbe con me che non c’entro nulla.- pensò di rassicurarlo -Su, dammi ascolto. Le parlerai dopo. È molto meglio.-
Philip si accostò a Julian e lo tirò da parte.
-Holly dice che Benji è nervoso perché c’è Ed. Secondo te è vero?-
-Probabile.- rispose quello a mezza voce, lanciando un’occhiata al ryokan. Erano quasi cinque minuti che aspettavano Holly.
-Però a me sembra sempre uguale.-
Julian, che non aveva voglia di disquisire sul nervosismo, innato o meno, del portiere numero uno della nazionale giapponese, cambiò discorso.
-Piuttosto, quanto ci mette Holly?-
-Finiremo per congelarci qui fuori. Lo vedi quello sgorbio, Danny?- Mark indicò il pupazzo che nonostante il soprannome godeva di ottima salute -Ecco, tipo lui.-
-Avrei potuto dormire un altro po’… o mangiare un’altra fetta di torta.- Bruce parve davvero indeciso sulle due alternative, tanto che era stato quasi meglio non averla, l’opportunità di dilungarsi ancora un po’ all’interno del ryokan.
-Non fai altro che mangiare e dormire.-
-E cosa c’è di meglio, Tom? Mangiare dopo una bella dormita o dormire dopo una bella mangiata!-
La risata dei ragazzi accolse Holly, comparso finalmente sulla porta allacciandosi la giacca. Philip gli si avvicinò.
-Hai fatto presto. Tutto bene?-
-Non ha voluto parlarmi.-
-Ecco perché hai fatto presto.-
-Sbaglio oppure oggi fa più freddo?-
Benji annuì. Il cotone bagnato dei jeans gli aveva gelato una coscia, incerto fino all’ultimo se entrare e cambiarsi. Davanti a lui i compagni si incamminarono.
-Cominciate pure senza di me. Torno subito!-
Quando Holly si volse pronto a chiedere spiegazioni, Benji era già rientrato. Trovò Jenny e Amy in camera a pulire e rassettare.
-Già di ritorno?-
-Preferisco non restare con i pantaloni bagnati.-
Le due si scambiarono un’occhiata.
-Saggia decisione.- fu d’accordo Jenny, uscendo dietro Amy e richiudendo con cura la porta
Benji raggiunse l’armadio a muro in cerca di un paio di jeans puliti. Si sfilò quelli che indossava e li appese ad asciugare, chiedendosi che fine avesse fatto Patty e perché non fosse con le ragazze a riordinare la loro stanza, come gli sembrava che le piacesse tanto fare. La conosceva bene, ormai. Alle elementari aveva notato la sua costante presenza a bordo campo solo per il suo carattere impetuoso. Crescendo e maturando i suoi lati spigolosi si erano smussati ma a volte la sua testardaggine e la sua impulsività venivano alla luce in maniera disastrosa.
Tipo prima a tavola ma anche adesso, che entrò senza bussare, così improvvisa, che l’unica cosa che Benji poté fare fu alzare la testa mentre lei spingeva la porta con una spalla, introducendosi nella stanza senza guardarlo, carica di abiti piegati, e pronunciando una domanda che di sicuro non era per lui.
-Sapete di chi è questo maglione? L’ho visto indossato ma non ricordo da chi.-
La voce le morì in gola quando i suoi occhi lo videro e registrarono troppi scomodi particolari. L’espressione sorpresa di lui, i boxer blu, i jeans che teneva in mano e stava finendo di tirar su sulle gambe. Rimase inebetita, incapace di distogliere gli occhi dalla curva dei glutei fasciati dal cotone scuro che si stagliavano di profilo contro la parete color crema della stanza.
Il portiere non si scompose di una virgola. Tirò su i pantaloni continuando a fissarla senza batter ciglio, catturando con il proprio il suo sguardo sconvolto. Li allacciò ostentatamente e si sfilò la felpa umida. In maglietta avanzò verso di lei, rimasta immobile come una statua, la bocca spalancata e gli occhi sgranati di vergogna, ma più di tutto irritazione che si stava trasformando in collera ed esasperazione. Le tolse di mano uno dei maglioni ripiegati che aveva portato con sé e le parlò, strafottente più del solito.
-Questo è mio. L’altro è di Julian. È a lui che lo hai visto addosso e la prossima volta riconoscerai anche le mie mutande.- le lanciò un sorrisetto sarcastico e uscì.
La sua scomparsa sbloccò Patty. Furiosa e sconvolta, prese a gridare con tale intensità che a Benji sembrò di udirla anche quando fu all’esterno dell’edificio.
-IO LO UCCIDO! PRIMA DI RIPARTIRE GIURO CHE LO FACCIO!-
Jenny spalancò il pannello comunicante e vide Patty, le guance paonazze, le dita serrate a pugno, raggiungere la finestra con due falcate e osservare oltre i vetri il portiere attraversare di corsa il piazzale, sparendo tra gli alberi.
-L’ha fatto apposta! Sono sicura che l’ha fatto apposta!-
Evelyn arrivò incuriosita e zoppicante.
-Chi, Patty? Cos’è successo?-
-BENJI!- si volse così inviperita che Jenny istintivamente si ritrasse.
-Era qui, in mutande, ad aspettarmi per mettermi in imbarazzo!-
-Patty, sii ragionevole. Come può averlo fatto apposta?- cercò di convincerla Jenny -Come poteva sapere che saresti entrata mentre si stava cambiando?-
-Non lo so, non so come ma sapeva che sarebbe successo!- replicò lei furibonda -Ha fatto in modo che succedesse!-
-Non capisco perché reagisci così!- interloquì Evelyn -Non mi sarebbe dispiaciuto affatto essere al tuo posto. Su, raccontaci com’era!-
Patty avvampò.
-Strafottente come al solito!-  
Jenny le posò una mano sulla spalla cercando di placarla.
-Dai, non ci pensare. Evelyn ci stava raccontando delle cameriere. Ascolta anche tu…-
Nello sguardo ancora indignato della ragazza balenò un lampo di interesse.
-Le famose cameriere? Hai scoperto qualcosa?-
-Julian non è un gran parlatore.- l’avvisò Evelyn.
-Sì, lo hai già detto. Eri arrivata al punto degli scherzi…-
-Ma Patty non c’era, Jenny. Lo sto ripetendo per lei.-
-Quali scherzi?-
-Sembra che durante i ritiri il loro passatempo preferito nei tempi morti tra un allenamento e l’altro sia fare scherzi e scommesse.-
-Scommesse?- le fece di nuovo eco Patty.
-Un incentivo a impegnarsi di più in campo. Ogni giorno e in ogni esercizio c’è sempre qualcuno che dà il meglio e qualcuno che dà il peggio. Trascorrono le serate a inventare premi e penitenze per i migliori e i peggiori del giorno successivo.- Evelyn cacciò un sospiro -Per come la penso io sarebbe molto più costruttivo se guardassero la tv o giocassero con la playstation. Invece si riuniscono nella sala comune e tirano fuori di tutto.-
-Julian ti ha fatto qualche esempio?-
-Un paio di scherzi. Quello inventato dai Derrick per farsi perdonare di aver infilato un autogoal durante una partita di allenamento. Visto che in campo avevano fatto piangere, il giorno successivo si sarebbero dovuti impegnare a far ridere l’intera squadra. La mattina, mentre tutti erano riuniti nella mensa a fare colazione, tra loro è piombata una cameriera gridando sconvolta, sull’orlo di una crisi isterica. Piangeva e tremava al punto che ci hanno messo parecchio a calmarla e a capire cosa l’avesse spaventata. Di sopra hanno trovato Jason, o forse James, riverso tra le lenzuola cosparse di sangue finto che si fingeva assassinato. Julian ha ammesso che faceva una certa impressione.-
-Non ci posso credere.-
-Credici Patty perché è successo davvero.-
-Povera ragazza.- la compatì Amy.
-Un’altra volta quel cretino di mio cugino ha fatto una telefonata erotica all’impiegata della reception tranquillamente seduto nella hall con la poveretta davanti agli occhi dall’altra parte della sala, assistendo in diretta a tutto il suo imbarazzo. Pare che sia riuscito a tenerla al telefono per parecchi minuti.- gli occhi di Evelyn luccicarono -Effettivamente durante i ritiri si divertono sul serio.-
Jenny si mostrò sollevata.
-Si tratta soltanto di stupidi scherzi. Quando Ed ha parlato di cameriere, avevo pensato ad altro.-
-Adesso ci arrivo, all’altro.- gli occhi di Evelyn percorsero i volti delle amiche per poi fermarsi sulla finestra. Il sole splendeva e i suoi raggi stavano facendo capolino nella stanza -Julian mi ha fatto capire che le coinvolgono nelle scommesse, oltre che negli scherzi.-
-In che modo?-
-Cercando di sedurle.-
Jenny si lasciò sfuggire un’esclamazione contrariata ed Evelyn la guardò comprensiva. Poi riprese a raccontare.
-Ovviamente solo quelle più giovani, carine e disponibili. Loro le chiamano “le cameriere”, ma non sono tutte cameriere. Possono essere le receptionist, le ragazze al banco del bar, quelle che riordinano le stanze o fanno le pulizie, le impiegate degli uffici della JFA…- fece una pausa per riprendere fiato -Chi ha sbancato in quest’impresa pare sia stato Ralph Peterson.-
Le amiche tacquero, in attesa che continuasse.
-Non solo è riuscito a portarsi a letto l’impiegata più carina di uno dei centri sportivi in cui hanno soggiornato, ma per quest’impresa ha incassato dai compagni quasi settantamila yen.-
Gli occhi di Amy si riempirono di stupore e sconcerto.
-Non ci posso credere!-
-Credici.-
-Davvero Julian ti ha detto queste cose?-
-Con molte lacune che ho dovuto colmare.-
Jenny scosse la testa, incredula e sconvolta.
-Anche Philip si diverte così?-
-Quando ho chiesto a Julian chi si fosse cimentato in questo genere di imprese, si è limitato a specificarmi che lui non ha mai tentato di sedurre nessuna. E che in queste avventure viene coinvolto solo chi non è già impegnato. Non so se volesse salvare la faccia di Holly, Philip e Bruce, oltre alla sua, comunque la giustificazione che mi ha dato è stata che su una cosa sono tutti d’accordo. Chi ha già la ragazza parte avvantaggiato perché ha esperienza. Di solito in queste scommesse finiscono Winter, Everett e Mellow, che sono i più giovani e inesperti. Oppure Denver e Crocker che sono i più timidi. Ora però, vatti a fidare…-
-I nomi te li ha fatti Julian?- s’informò Amy chiedendosi quanto fosse effettivamente attendibile l’amica, ma anche il racconto del fidanzato. Non aveva mai fatto parola con lei di tutto questo. -Qualcuno…- ammise Evelyn -Gli altri li ho dedotti.-
Jenny e Amy si guardarono.
-Come facciamo a essere sicure che Julian e Philip non lo hanno mai fatto?-
-Domandateglielo.- suggerì Evelyn.
-Julian non lo ammetterebbe mai! C’è già una valanga di fan con cui mi devo confrontare ogni giorno… Ci mancavano solo le cameriere!-
Patty la guardò comprensiva.
-La tua situazione non deve essere facile.-
-Anche perché la maggior parte di loro mi detesta.-
-Che brutta cosa…- mormorò Jenny, tornando indietro nei ricordi -Ci sono passata anch’io quando ero al liceo. La sorella del ragazzo più piantagrane della scuola era cotta di Philip e tra l’altro stavano anche in classe insieme. È stato un incubo.- sospirò, poi la sua mente tornò al problema attuale -Vorrei davvero sapere se anche Philip si è cimentato in questa stupida impresa…-
-Clifford è tuo cugino, Eve. Perché non chiedi a lui?- propose Patty -Forse ti racconterebbe qualcosa in più.-
-Chissà.-
-Secondo me vale la pena provare.-

*

Bruce pensò di essere sotto l’effetto di un miraggio quando le ragazze comparvero inattese sul sentiero, tanto l’allenamento del giorno lo aveva stremato. Forse sarebbe stato meglio se durante la notte appena trascorsa lui ed Evelyn avessero evitato di appartarsi quell’oretta appena sufficiente a fare un rapido ripasso del suo corpo morbido e caldo. Fortuna almeno che, a quanto pareva, nessuno si era accorto della scappatella. Ormai erano troppi in stanza perché si notasse un futon vuoto e lui era uscito e rientrato silenziosissimo. Il resto della notte però aveva riposato così male che il fattaccio appena compiuto si era mescolato ai sogni, trasformandoli in incubi talmente raccapriccianti da lasciargli l’impressione di aver stretto tra le braccia prima Philip e poi Holly. Ma fortunatamente quando aveva aperto gli occhi, nessuno dei due era accanto a lui e il sogno si era dimostrato appunto solo un incubo. Comunque, non appena le ragazze li raggiunsero alla radura, Bruce mollò i compagni e gli allenamenti senza pensarci due volte, ignorando i richiami di Holly come se la sua voce fosse vento. Corse loro incontro e cominciò a corteggiarle finché Evelyn, per non sentirlo più, gli permise di appropriarsi di una fetta di torta alle mele così profumata e fragrante da mantenere ancora il tepore del forno in cui era stata cotta.
Visto che gli allenamenti ormai si erano interrotti, anche Philip le raggiunse, accaldato e assetato.
-Che c’è da bere?-
Amy sollevò il thermos e una confezione di bicchieri di carta.
-Caffè.-
-Acqua?-
-Anche l’acqua.-
Jenny stese a terra il grande telo di plastica blu lasciato lì appositamente, Evelyn si avvicinò zoppicando e depositò il vassoio con la torta già affettata. A quel punto anche gli ultimi ritardatari si avvicinarono per rifocillarsi e riposarsi.
-Vuoi un po’ di caffè, Julian?- domandò Patty che, con il thermos in mano, aveva servito quasi tutti. Il ragazzo annuì e lei gli riempì il bicchiere.
-Come va la caviglia?-
-Meglio, mi fa molto meno male.- sorrise Evelyn -Quelle compresse sono portentose.-
Julian trasalì sgomento, perché ricordava perfettamente di averle fatte sparire il giorno prima, riponendole tra le proprie cose. Lanciò un’occhiata interrogativa ad Amy e lei gli sorrise.
-Gliene ho data solo una.-
Evelyn lo guardò.
-Qual è il problema? Io non rischio un test antidoping.- sorrise a Philip, che ricambiò con un filo di preoccupazione nello sguardo.
-Jenny, dì loro di domani.- suggerì Amy.
La ragazza annuì, poi parlò.
-La nonna ci ha messo a disposizione altri sconti per il noleggio degli sci e mi ha chiesto se li vogliamo.-
-Siete andati a sciare?-
-Di cosa ti meravigli, Mellow?- gli si rivolse Benji -Questa è una vacanza, non un ritiro. Non lo hai ancora capito?-
-Per me va bene.- annuì Julian e Amy accolse la sua decisione con un sorriso contento.
-Io sono d’accordo.- si affrettò a dire Bruce -Voglio provare a sciare.-
-Anche per me va bene.- si affrettò a rispondere Philip che intendeva rifarsi della volta precedente.
Tom trasferì gli occhi su Holly.
-Se anche tu sei d’accordo, io non ho niente in contrario.-
-Non posso certo mettermi contro tutti.-
-Invece puoi.- gli fece presente Bruce -Alla fine facciamo sempre quello che dici tu.-
-Alla fine…- ripeté Holly con un borbottio accondiscendente.

Il pallone rotolò piano verso di loro e quando esaurì la spinta, si fermò.
-Amy, ci tiri la palla?- gridò Bruce.
Nessuna delle amiche si era accorta che mentre chiacchieravano il pallone era rimbalzato sulla neve ed era arrivato fino ai loro piedi. La ragazza fu svelta a calciarlo ai compagni ma non tutti si aspettavano di riaverlo indietro tanto in fretta. Non Philip, che si era allontanato pensieroso e accaldato verso il limitare del bosco per appendere la giacca a vento su un ramo basso, né tanto meno Benji, chino a terra a stringere il nodo dei lacci di una scarpa.
Davanti ai loro occhi la sfera eseguì una curva perfetta e, mentre il portiere si rialzava, s’insaccò nel lenzuolo prima che potesse fare un passo, tanto che non provò neppure a intercettarla.
-Incredibile, hai segnato!- esclamò Patty esterrefatta -E persino da fuori area!-
Holly scoppiò a ridere senza controllo.
-Tre a due!- esultò Bruce entusiasta facendo una piroetta, le mani sollevate verso il cielo azzurro e freddo.
Julian restò attonito, incapace di credere che la fidanzata avesse appena portato la propria squadra in svantaggio. Poi ritrovò di colpo la voce.
-Amy! Accidenti! Perché proprio quella porta?-
-Mi dispiace, non ho guardato.- rispose lei mortificata -Ho calciato e basta.-
-Ross! Perché te la prendi con lei?- sbraitò Mark, in forze nella squadra dei perdenti -È colpa di Price! È un incapace!-
Fremendo di rabbia contro l’indisponente attaccante, Benji raccolse il pallone e glielo lanciò addosso, cominciando seriamente a credere che quella fosse la sua giornata no. C’era solo da sperare che non finisse peggio di com’era cominciata.
A metterci un altro carico, ci pensò anche Holly dopo aver smesso di ridere ed essersi fatto due conti. Poiché detestava perdere persino nelle partite di allenamento, non mancò di rimproverarlo.
-Benji! Non hai visto la palla?-
-No, altrimenti l’avrei presa!-
-E dove avevi gli occhi?-
-Certo non su Amy!-
-E infatti non dovevi tenerli su Amy, gli occhi!- gli fece presente Mark -Dovevi tenerli sul pallone!-
-Landers, ma vaff...-
-Mark, ti do il cambio.- fuori dal gioco in attesa di rientrare, Tom lo raggiunse e lo spinse verso gli alberi per prendere il suo posto.
Adesso che Ed e Danny erano con loro, avevano sì due portieri ma erano dispari lo stesso. Quindi uscivano a turno ogni cinque minuti.
Mark raggiunse le ragazze.
-È avanzato qualcosa da bere?-
-Caffè.- rispose Jenny -Ne vuoi?-
Sorseggiando la bevanda ancora calda, Landers seguì il gioco in un silenzio di protesta che si interruppe solo quando vide Ed lasciarsi sfuggire il tiro di Julian. Adesso avevano pareggiato, ma Warner era tenuto comunque a parare.
-Cazzo, Ed! Dovevi prenderlo, maledizione!-
-Se sei più bravo tu, perché non ti metti tra i pali?- disse una voce al suo fianco.
Abbassò gli occhi, Jenny lo sfidava a rimangiarsi la critica.
-Perché il mio ruolo è un altro!-
-Appunto! Come puoi capire…-
Restituendole bruscamente il bicchiere vuoto, Mark proseguì imperterrito.
-Se io sbaglio e non segno, può farlo qualcun altro. Se è Ed a sbagliare, la partita è persa.-
La risata di Benji gli fece da eco.
-Stai sprecando fiato, Landers. In campo ci sono io, non Warner.-
-Ma il fortunatissimo giorno in cui ti piglierà un colpo, Price, sarà Ed a sostituirti!-
-Mark, finiscila di infastidirci.- lo zittì Holly ormai saturo -Stiamo provando ad allenarci!-
-Davvero? Da qui non sembrerebbe e comunque se Ed non para un…-
-Rientra, Mark!- ordinò Philip, tirandosi da parte in un ultimo tentativo -Forse se torni a giocare riuscirai a tenere la bocca chiusa!- 

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Capitolo 16
*** 11 - Amici e nemici - seconda parte ***


- 11 -
Amici e nemici
Seconda parte


-Tra mezz’ora usciamo.-
L’ordine inesorabile colse Bruce di sorpresa. Si volse di scatto procurandosi un dolorosissimo strappo al collo che gli distorse i lineamenti in una smorfia di profonda sofferenza.
-Maledizione, Holly!- inveì a denti stretti -Perché tutta questa fretta? Se non mi dai il tempo di digerire mi verrà mal di pancia come l’altro ieri!-
Continuando a sparecchiare, Evelyn lo guardò sorpresa.
-L’altro ieri sei stato male? Non mi hai detto nulla. Eppure quando stai male diventi petulante e lagnoso.-
-Lo è già.- il commento di Mark fu ignorato da entrambi.
Bruce si massaggiò il collo mentre il dolore a poco a poco scemava perdendo intensità.
-Be’, mi è quasi venuto, il mal di pancia.- esitò -Per il freddo…-
Holly gli lanciò un’occhiata torva, poi decise di mostrarsi magnanimo.
-Usciamo tra un’ora, d’accordo? Quindi sbrigati a digerire.-
Bruce non se lo fece ripetere e corse in camera, per distendersi sui tatami una manciata di minuti.
Riordinando e ripulendo ogni angolo della cucina, Jenny si attardò fino a restare da sola. Quando alzò gli occhi sull’orologio appeso al muro, si accorse con disappunto che il tempo del riposo concesso dal capitano era quasi trascorso al completo. Mentre percorreva svelta il corridoio diretta verso le scale, passando davanti all’ingresso scorse oltre i vetri il furgoncino di Kevin arrivare proprio in quel momento e parcheggiare sul piazzale. Non credette ai propri occhi. Si paralizzò sulla soglia, accanto a cappotti e scarpe. Era impossibile che il ragazzo avesse la faccia tosta di tornare al ryokan dopo tutti i problemi che aveva causato. Doveva per forza trattarsi di suo padre che veniva a portar su le provviste o a fare qualche piccolo lavoro di manutenzione. Non si accorse di trattenere il respiro mentre la portiera anteriore del furgoncino si apriva, ma spalancò la bocca di sgomento quando fu proprio Kevin a smontare. Venne scossa da un brivido di collera come forse non le era mai accaduto prima. Con quale faccia tosta osava farsi vedere lì dopo quello che aveva fatto?
Incollata al pavimento, il battiti del cuore nelle orecchie, restò ad osservarlo che chiudeva la portiera e alzava gli occhi alle finestre del primo piano, forse aspettando Philip o forse cercando proprio lei. Indossò in un secondo la giacca, infilò le scarpe e uscì sulla veranda.
-Perché sei qui? Cosa vuoi?- l’assalì andandogli incontro.
Lui gioì della sua collera, delle sue guance arrossate, gli occhi lampeggianti di un’espressione battagliera che gli risultò uno spasso. Rispose sforzandosi di non scoppiarle a ridere in faccia.
-Ciao, Jenny. Bentrovata.-
-Torna immediatamente a Shintoku. Non ti voglio qui!-
-Sono venuto a chiarire.-
-Non c’è nulla da chiarire, Kevin. Puoi solo scusarti con Philip e andare via.-
-Scusarmi, io?- ripeté beffardo -E di cosa! Non mi frega un cazzo di lui e poi siamo pari. Non hai visto? Io è con te che intendo chiarire, ma prima c’è una cosa di cui voglio avvisarti. Tieni i tuoi amici lontani da Meryl.-
Lei rispose brusca.
-Non so niente di tua sorella. Non parlo con lei da tre giorni.-
-Bell’amica! Meryl non c’entra in tutto questo!-
-Era Philip che non c’entrava nulla! Cosa ti ha fatto per meritarsi di essere picchiato in quel modo? Cosa?- la sua voce si ruppe e tacque per non piangere.
Kevin avrebbe voluto risponderle per le rime ma gli mancarono le parole e d’un tratto non seppe come proseguire. Tutto l’astio accumulato i giorni precedenti nei confronti del fidanzato di Jenny era scomparso e adesso provava verso di lui solo una sorta di rifiuto. Non sapeva più spiegarsi perché la sua presenza al ryokan lo avesse tanto infastidito, perché lo avesse detestato a prescindere. A pensarci ora, non capiva neppure perché l’ira contro di lui si fosse rinfocolata quando lo aveva scorto per la prima volta al laghetto tra i compagni di squadra, oppure quando lo aveva trovato a baciare Jenny nel bosco. Tutto questo adesso non importava più. Era lì per Meryl e basta, perché John gli aveva rivelato di averla vista passeggiare per Shintoku con uno sconosciuto.
Jenny cercò nel suo sguardo una risposta che non arrivò, il comportamento di Kevin era stato pura cattiveria senza uno straccio di giustificazione. Un groppo le salì in gola, gli occhi si riempirono di lacrime.
-Sei un bastardo, Kevin! Lo sei sempre stato e lo sarai sempre!- si scagliò contro di lui forse con l’intenzione di colpirlo, forse con l’idea di farlo tornare verso il furgoncino.
Kevin neppure vacillò. Riuscì ad afferrarle i polsi e la fissò con occhi scintillanti d’ira.
-Pensavo che avessi capito che assalirmi non serve a niente. Lo hai fatto al laghetto e guarda dopo cos’è successo.-
Jenny si ritrasse, liberandosi dalla sua stretta.
-Era questo che volevi chiarire?-
-Anche questo.-
-Allora adesso puoi tornare a Shintoku.-
Ma quando si volse per rientrare, lui le sbarrò il passo.
-Va bene se quel ragazzo di ieri è qui?- domandò cautamente Danny, sbirciando con interesse oltre i vetri chiusi.
Mark non capì.
-Quale ragazzo?-
-Quello che Philip stava picchiando quando Ed e io siamo arrivati.-
Non finì neppure di parlare che Philip era già quasi arrivato alla porta. Ma non poté raggiungerla perché Holly gli agguantò una caviglia e lo strattonò, facendolo cadere in ginocchio.   
-Holly! Mollami! Holly…-
Philip tentò di liberasi ma la stretta del capitano si fece più salda e quando incontrò il suo sguardo risoluto, la richiesta sfumò in una supplica. Ancorato al pavimento, l’unica cosa che poté fare fu voltarsi di nuovo verso la finestra, cercando di strisciare fino ai vetri per poter vedere, almeno, cosa stesse accadendo lì fuori. Scorse il furgoncino bianco parcheggiato sul piazzale, vide Jenny e Kevin solo per un attimo perché entrambi si mossero uscendo dal suo campo visivo -Holly… per favore...- gemette.
Visto che Philip non poteva muoversi, decise di farlo Landers. Si alzò, determinato a raggiungere la porta.  
-Fermo, Mark!- lo redarguì il capitano sbarrandogli il passo, costretto a mollarne uno per bloccarne un altro -Tu e Philip dovete stare alla larga da lui, sono stato chiaro? Stavolta ci penso io.-
-Tu?- gli fece eco la risata di Benji mentre i due si scambiavano un’occhiata scettica -Davvero?-
-Certo. Sono o non sono il capitano?-
Vedendolo così deciso a intervenire, Patty gli corse dietro.
-Che significa che ci pensi tu?- la udirono chiedere, la voce che si affievoliva mentre scendevano di sotto.
Ormai libero, Philip si alzò e si aggrappò alla finestra, cercando con poco successo di convincersi che Holly avrebbe risolto in qualche modo il problema della presenza di quel fastidioso imbecille. E soprattutto di convincersi che se davvero ce ne fosse stato bisogno, avrebbe potuto raggiungere la fidanzata in pochi istanti. Jenny e Kevin erano fermi proprio sotto di lui, davanti all’ingresso del ryokan.
Lo scomodo visitatore accolse l’arrivo di Holly con un sorriso beffardo.
-Che fine ha fatto il tuo fidanzato, Jenny? Si è stancato di difenderti?-
Lei non seppe cosa rispondergli. Dov’era Philip? Alzò gli occhi all’edificio e lo scorse oltre i vetri, chiaramente preoccupato e scontento di essere lì invece che di sotto. Persino Mark era rimasto dentro. Si chiese come fosse possibile e si rispose che forse era stato proprio Holly a tenere Philip lontano da Kevin. Era una scelta saggia che avrebbe evitato l’ennesima zuffa. Adesso toccava a lei fare in modo che quel teppista andasse via e non tornasse più.
-Allora, Jenny? Come mai il tuo ragazzo è rimasto al sicuro nel ryokan? Ha paura di me?-
-Non ha paura, ma si è stancato di picchiarti perché ha capito che non vali niente.-
Holly prese atto del lampo d’ira che la risposta impertinente della giovane fece scaturire negli occhi del ragazzo.  
Kevin alzò di nuovo il viso al primo piano e scandì lentamente l’insulto.
-Bas.tar.do.-
Philip capì e cercò di nuovo di raggiungere la porta. Furono Mark e Tom a impedirglielo, concedendogli la sola possibilità di assistere alla scena dalla finestra, senza poter in nessun modo prendervi parte.
-Kevin, ho detto che devi andare via.-
-Dopo, Jenny. Adesso dobbiamo parlare.-
-Lo abbiamo appena fatto e niente di ciò che hai detto mi interessa.-  
Kevin fece un passo verso di lei ma Holly lo redarguì.
-Stalle lontano.-
Lo sguardo con cui il turbolento ragazzo ricambiò le parole del capitano fece correre un brivido gelido lungo la schiena di Patty. Forse presto Kevin sarebbe passato dalle parole ai fatti e lei non voleva che ciò accadesse. Aveva ancora ben presente quello che aveva fatto a Philip e bisognava evitare nel modo più assoluto che anche Holly corresse un simile rischio. Si intromise cercando di farli ragionare.
-Perché non continuate questa conversazione nel ryokan? Qui fuori si gela.- forse sotto il tetto dei nonni Kevin avrebbe messo da parte un po’ della sua strafottenza.
Jenny non le fu assolutamente di aiuto.
-Kevin nel ryokan non ci mette piede!-
Neanche il ragazzo, in fondo.
-Non ho nessuna intenzione di farlo!-
Dall’alto della sua postazione Philip non riusciva a sentire niente ed era stanco di guardare e basta. Approfittò di un momento di distrazione di Mark e lo spinse via. In un attimo raggiunse il corridoio e corse giù per le scale.
Spalancò la porta d’ingresso e si catapultò all’esterno. Patty si tirò indietro un secondo prima di finire sul suo percorso. E quando finalmente anche lui fu lì tra loro, l’unica cosa che riuscì a mettere a fuoco fu la mano di Kevin sul braccio di Jenny. Le era vicinissimo, troppo vicino.
-Stai lontano da lei!-
Poi qualcuno frenò il suo impeto afferrando per una spalla. Percepì la mole di Mark accanto a sé, un po’ ad arginare la sua ira, un po’ a supportarla perché Kevin ormai era antipatico all’unanimità. Proprio davanti a loro, la fidanzata lo guardava terrorizzata ma libera dalla mano del ragazzo che adesso non la teneva più.
-Per favore…- non voleva più assistere a nessuna rissa -Non ricominciate.-
Kevin allora si rivolse a lei guardando Philip.
-Allora, Jenny? Possiamo parlare?-
-No, torna a Shintoku. Qui non ti vogliamo.-
Fu una risposta inesorabile. Ma lui non volle lo stesso darsi per vinto, perché adesso che li aveva raggiunti anche Philip, la sua improvvisata al ryokan si era trasformata in una questione di principio. Pretendeva che Jenny facesse ciò che le chiedeva, concedendogli così quell’unica, misera rivincita.
-Hai paura di me?- arrivò a insinuare -Devi averla per forza, ecco perché non vuoi ascoltare ciò quello che ho da dirti.-
Philip s’impuntò.
-Vuoi parlarle? Allora fallo! Stiamo aspettando!-
Trovandosi alle strette, Kevin le sferrò un colpo basso.
-Davanti a tutti non dirò una parola, se non ciò che non vorresti mai sentirmi dire. Scommettiamo?-
La minaccia ebbe il suo effetto. Jenny non aveva proprio nulla da nascondere a Philip, ma Kevin era bravissimo a mentire e a trasformare pura menzogna in cristallina verità. E lei era stanca di litigare con il fidanzato a causa sua. Ciò che aveva da dirle non le interessava di certo ma fremette, indignata dalla sua ennesima manovra per infastidire Philip o seminare zizzania tra loro.   
-Va bene, Kevin! Facciamo come dici tu! Ma poi te ne andrai e non tornerai più qui finché ci saremo noi.-
Il ragazzo annuì, accogliendo lo scambio con un’espressione che la disse lunga.
-Non manterrà.-
Jenny pensò che probabilmente Philip aveva ragione, ma l’alternativa qual era? Voleva toglierselo di torno ad ogni costo, tanto valeva provare. Lasciò la mano di Philip che cercava di trattenerla ma che dovette rassegnarsi a restare a guardarli da lontano, perché ancora una volta l’odiato ragazzo l’aveva avuta vinta.
Tallonata da Kevin, Jenny raggiunse il limitare del bosco e si fermò sotto una grande conifera ammantata di bianco che si trovava lì prima ancora che i nonni, novelli sposi, acquistassero il terreno e vi costruissero il ryokan.
-Allora? Cosa devi dirmi di tanto importante?-
-Ti voglio avvertire, Jenny. Tieni i tuoi amici e quell’imbecille del tuo ragazzo lontano da Meryl!-
Jenny puntò i piedi.
-Modera i termini o non starò ad ascoltarti!-
-Mi hai già ascoltato. Voglio solo assicurarmi che tu abbia capito!-
-Non so niente di tua sorella, non la vedo da tre giorni. Da chi dovrei tenerla lontana? Ma perché sto qui ad sentirti parlare a vanvera?-
Si volse per tornare indietro e Kevin la fermò per un braccio.
-Non ho finito!-
Philip si irrigidì mentre lei si liberava ancora una volta della stretta del ragazzo.
-Kevin, non devi toccarmi. Non voglio che lo fai. Altrimenti io...-
-Tu cosa? Ti fai difendere da quell’imbecille del tuo fidanzato? Che paura!-
-Eppure l’ultima volta che ti ho visto davanti a lui ti sanguinava il naso. Forse hai dimenticato che i tuoi amici ti hanno portato via svenuto.-
Con uno scatto improvviso di collera, lui sollevò fulmineo un braccio, gelando a Philip il sangue nelle vene. Continuando a fissarla, Kevin calò il pugno sul tronco dell’albero alle spalle di Jenny. La giovane non batté ciglio, non si spaventò.
Eppure da lontano, agli occhi degli amici che assistevano al dialogo tra i due, Jenny sembrava minuta e indifesa davanti alla collera e alla stazza di Kevin, al punto che Philip stava compiendo una vera e propria violenza su se stesso per continuare a star fermo lì, limitandosi a osservarli.  
-Vuoi picchiare anche me? Lo hai già fatto al lago.-
-Quel giorno è stata colpa tua.-
Una manciata di neve cadde sulla giacca a vento di Jenny e lei si scostò.
-Non avresti dovuto baciarmi.-
-Erano anni che desideravo togliermi lo sfizio.-
-Volevi soltanto farmi un dispetto!-
Nessuno dei due notò il movimento che stava prendendo forma tra i rami più alti, proprio sopra le loro teste. Neve cadde sopra altra neve, aumentando di quantità. A Philip sembrò di muoversi al rallentatore quando i muscoli risposero all’impulso del cervello e il suo corpo scattò in avanti. Mentre il ghiaccio si affastellava in una piccola valanga portando con sé rami e ramoscelli spezzati dal suo peso, arrancò tra la neve più veloce che poté, il cuore in gola. Scivolò sul ghiaccio ma riuscì a proseguire la sua corsa.
-Jenny! Spostati!-
Lei si volse e le fu impossibile decifrare l’espressione e le intenzioni del fidanzato. Kevin le era distante e non stava facendo nulla, se non intrattenerla con una conversazione noiosa e inutile. Intuì il pericolo soltanto quando altra neve le cadde addosso, sul braccio e sui capelli. Lo stupido pugno di Kevin aveva infranto l’equilibrio della massa gelata depositatasi sui rami più alti, uno strato dopo l’altro per uno spessore di parecchi centimetri e adesso una grande quantità di neve stava precipitando su di loro. Sotto il peso sempre più insostenibile, anche un grosso ramo cedette e venne giù, rimbalzando tra quelli sottostanti, preceduto e seguito nel suo percorso imprevedibile e a sbalzi da un’enorme massa di neve. Lo stupore la paralizzò al punto di impedirle di sottrarsi alla valanga che stava per travolgerli. Al contrario di lei, Kevin si mosse.
-Dannazione!-
La spinse di lato, Jenny incespicò e cadde in ginocchio. Cercò di rialzarsi ma la neve le piombò addosso. Travolta dalla massa di ghiaccio, sollevò le braccia per ripararsi il capo. Qualcosa la colpì sulla schiena gettandola a terra con il suo peso, rendendola incapace persino di sollevare il viso dai cristalli gelati che le ferivano la pelle e sciogliendosi le entravano nel naso. Poi, ad un certo punto, ciò che le era addosso si mosse e gemette, e Jenny capì che sopra di lei c’era Kevin per proteggerla. Ma adesso le pesava e la faceva sprofondare ancora di più tra il ghiaccio. Allora affondò le mani nude nella neve e fece forza per tirarsi su.
-Kevin! Spostati! Mi stai schiacciando e non riesco a respirare!-
Lui si scostò un poco, Jenny sollevò il viso ma non vide nulla. Era circondata da una luminosità azzurrina, sprofondata nel ghiaccio.  
Philip si precipitò sul posto, invaso da un terrore folle.
-Maledetto idiota!- inveì contro Kevin. Non lo vedeva ma sperava che lo udisse -Jenny!- si gettò in ginocchio accanto al cumulo di neve che l’aveva sepolta e agguantò il piede della fidanzata che spuntava dal ghiaccio. La tirò verso di sé e la trascinò fuori. Aveva neve ovunque, sui vestiti, tra i capelli, sulle mani, sul viso -Jenny! Stai bene?-
La giovane annuì, mettendosi seduta aiutata da lui. Philip le ripulì la giacca e i capelli, assicurandosi nello stesso tempo che non fosse ferita.
-Davvero stai bene? Sei sicura?-
Lei annuì di nuovo.
-Non ti fa male nulla?-
Scosse la testa, si passò una mano sugli occhi togliendosi dalle ciglia altri fiocchi freddi e bagnati, poi si volse indietro. In cima al cumulo di neve spuntava l’estremità di un grosso ramo spezzato.
-Kevin?-
La testa del ragazzo emerse dal ghiaccio. Era in ginocchio, i capelli bagnati incollati al viso e la fronte rigata da un rivolo di sangue.
Guardandolo, Philip scaricò su di lui tutto il proprio disprezzo.
-Imbecille! Che diavolo volevi fare? Ammazzarvi tutti e due?-
-Non ho mai visto una persona più idiota!- infierì pure Mark, accorso insieme a Patty e Holly -Ti sei fatta male?- chiese poi a Jenny.
-No, niente.- rispose lei ancora un po’ stordita.
Alle sue spalle Kevin si tirò fuori dalla neve a fatica, stringendosi la spalla ferita che gli faceva un male cane. Così male che per un attimo intorno a sé vide solo nebbia e lucine luminose danzargli davanti agli occhi. Vacillò ma riuscì a tenersi in piedi.
-Il ramo ti ha colpito?-
La preoccupazione di Jenny irritò Philip. Se il ramo l’aveva centrato gli stava bene, quella era senz’altro la punizione divina per tutto ciò che aveva combinato fino a quel momento. E basta.
-Kevin, tesoro!-
La nonna accorse talmente in ansia che passò davanti a Mark senza neppure notarlo, lei che per lui aveva sempre un sorriso speciale.
-Vieni dentro, stai sanguinando.- sostenendolo per il braccio illeso s’incamminarono verso il ryokan -Dico a  Ernest di chiamare il medico per visitarti. In queste condizioni non puoi andare da nessuna parte.-
Mentre invocava a gran voce il marito,  si accorse che la nipote esitava a seguirli. Così le rivolse un urlaccio e Jenny si mosse.
Entrò per ultima nella cucina privata della nonna, un piccolo ambiente in stile tradizionale che veniva utilizzato per preparare i pasti dei due anziani proprietari dell’hotel. Il pavimento era ricoperto di legno e al centro della stanza, sopra un tappeto, c’era un kotatsu quadrato circondato da quattro cuscini blu, uno per lato. Su una parete si apriva una grande porta-finestra a vetri che si affacciava sul cortile interno. A sinistra era attrezzato un cucinino fornito di due pensili, un lavello, quattro fornelli e un piccolo forno elettrico; sulla terza parete si apriva la porta che dava sul corridoio dell’ingresso e, su un angolo dell’ultima, per il resto completamente spoglia, un piccolo tavolino con tv e lettore dvd, quello stesso che i ragazzi avevano preso in prestito qualche giorno prima.
Philip seguì Jenny nel ryokan ma quando la vide entrare negli ambienti dei nonni, restò nel corridoio, lasciando che lei si richiudesse la porta alle spalle. Non era sicuro che la nonna gradisse l’intromissione. Così, dopo aver riflettuto un istante su cosa fosse meglio fare, sotto gli occhi di Holly, Patty e Mark, sbirciò dapprima attraverso il buco della serratura e poi, insoddisfatto perché non riuscì a vedere nulla, avvicinò un orecchio al pannello.
Mark gli si accostò.
-Riesci a sentire qualcosa?-
Callaghan annuì e gli fece cenno di tacere.
-Jenny… tieni qui.- ordinò la nonna, costringendola a tamponare la ferita del ragazzo -Cos’è successo?-
-Il peso della neve ha spezzato un ramo.- disse lui.
-Perché Kevin ha colpito l’albero con un pugno.-
La nonna lo guardò sorpresa.
-E perché hai preso a pugni l’albero? Ti aveva forse fatto qualcosa?-
-In realtà voleva colpire me.- replicò Jenny.
-Non è vero!-
-Avete litigato?-
-Kevin è sempre più intrattabile.-
-E Jenny sempre più scorbutica.-
-Affiatati come al solito, nonostante gli anni.- rise e guardò Kevin -Resterai qui fino a domani. Non è il caso che te ne vada in giro con il furgoncino in queste condizioni.-
-Va bene.- annuì lui subito.
Jenny protestò.
-No! Non voglio che resti!-
Non avrebbe potuto dire nulla di più sbagliato. La nonna s’impettì.
-Questo è il mio ryokan! Decido io chi resta e quando!- per lei l’ospitalità era sacra -Adesso ritrova le buone maniere che io e tuo nonno ti abbiamo insegnato e comportati da adulta. Kevin è un ospite e come tale va trattato. Prepara il tè, porta un antidolorifico e finite con calma di discutere. Dirò agli altri di non disturbarvi.-
-Nonna…- la seguì mentre Harriet raggiungeva la porta -Tu non sai quello che è successo! Se sapessi ciò che ha fatto, davvero non…-
-Jenny, Kevin resta qui.-
Lacrime di frustrazione le riempirono gli occhi quando si accorse che il ragazzo la guardava trionfante.
-Prepara il tè e appianate le incomprensioni. Pretendo che voi due andiate d’accordo.-
-Impossibile!-
-Io ci provo ma da parte di Jenny non c’è collaborazione.-
-Non ci andrò mai d’accordo, nonna!-
La vecchia non riuscì a spiegarsi perché Jenny si intestardisse in quel modo. Aveva dei progetti in mente e non voleva che lei mandasse tutto all’aria mostrandosi così ostinata. Cercò di ammorbidirla, perché la ragazza era testarda esattamente come suo padre e soltanto prendendola con le buone forse sarebbe riuscita a farla ragionare.
-Ne riparleremo dopo cena, tesoro. Quando ci sarà anche il nonno.-
-Riparleremo di cosa?-
-Abbi pazienza, stasera ti dirò tutto.-
-Tutto cosa, nonna?-
La vecchina si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato. Era proprio come suo padre.
-Dopo.- le lanciò un’ultima occhiata perentoria, poi uscì sul corridoio e si richiuse la porta alle spalle. Non inciampò su Philip solo perché lui si scostò in tempo per non finirle tra le pantofole. Lo guardò sorpresa -Oggi pomeriggio non vi allenate?-
-Certo che sì!- rispose Holly che in quell’ultimo quarto d’ora aveva persino dimenticato di avere un programma da rispettare -Philip, Mark! Andiamo!-
-Andiamo? Davvero pensi che potrei lasciare Jenny sola con lui?-
-Certo che puoi!-
-No, non posso Holly. Quindi non chiedermelo.-
-Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando.- l’amico cominciò a innervosirsi -Philip, muoviti!-
-Non posso.-
Il capitano si sforzò di mostrarsi ragionevole.
-Sono nel ryokan, ci sono i nonni. Cosa vuoi che succeda? Pensi che le salterà addosso?-
-Sì, potrebbe farlo! Potrebbe fare qualsiasi cosa. Non mi fido di lui, non la lascio da sola!-
La vecchina apparve di nuovo e notò la loro esitazione.
-Avete bisogno di qualcosa?-
Philip annuì risoluto.
-Stiamo aspettando Jenny.-
-Jenny non verrà. Ha da fare e resterà qui.-
Philip capì di aver perso la battaglia ma era intenzionato a vincere la guerra. Approfittò della tregua e seguì i compagni di sopra.
-Non passeremo tutto il pomeriggio nel ryokan, Philip. Rassegnati.-
Lui annuì.
-Non c’è bisogno che restiate anche voi.-
-Non fingere di non capire.- precisò Holly -Tu verrai con noi. Non ti lascio qui.-
-Giuro di non fare nulla che non approveresti.-
-Devi venire con noi! Sei a Shintoku per il ritiro o per Jenny?-
Sentirono Benji sogghignare.
-Per Jenny, ovviamente. Mi stupisco che tu non lo abbia ancora capito, Holly… Anzi, sai che ti dico?- ritrattò -Che non mi stupisco nemmeno più.-
Il capitano fece finta di non udirlo per non dover discutere anche lui. Si portò le mani ai fianchi e fissò Philip negli occhi.
-Su, muoviti.-
-Holly…-
Tutte quelle lagne finirono per urtare il sistema nervoso di Mark.
-Callaghan! Non ti lasceremo qui! Non pensarci neppure!-
-La nonna non ti vuole tra i piedi.- gli ricordò Patty -Anche se resti non potrai fare nulla.-
Amy si avvicinò, proponendo loro la soluzione.
-Rimarrò io con Jenny finché non sarete tornati.-
Philip non poté che capitolare. Amy li accompagnò all’ingresso, dove restò ad osservarli fin quando scomparvero tra gli alberi. Poi richiuse la porta del ryokan, percorse il corridoio ed entrò nella cucina della nonna senza preoccuparsi di bussare. Kevin e Jenny si volsero a guardarla.
-Sono usciti?-
-Sì, tutti.-
-E tu?-
-Rimango a tenerti compagnia.-
Jenny ne fu contenta. Recuperò una tazza pulita, la riempì di tè e la porse alla ragazza. Amy la ringraziò, poi si rivolse a Kevin.
-Il braccio ti fa male?-
-Sopportabile.-
-Amy! Non preoccuparti per lui, ha avuto quello che si merita!-
-Almeno lei mostra un po’ di sensibilità.- borbottò Kevin.
L’espressione contrariata con cui Jenny continuava a guardarla, fece intuire ad Amy quanto fosse scontenta e nervosa. Chiaramente avrebbe preferito essere insieme agli altri e non lì con quell’ex compagno di scuola che una manciata di giorni prima aveva preso a pugni Philip.
-Dove pensi che mi farà dormire la nonna, Jenny?-
-Nel capanno degli attrezzi.-
Nonostante la risposta, lui continuò a provocarla petulante.
-Non è incredibile che mi abbia chiesto di passare la notte qui?-
-La nonna non sa quello che hai fatto a Philip.-
-Ero sicuro che glielo avessi detto.-
-Non volevo rattristarla.-
Kevin sorseggiò il tè.
-Quindi il tuo ragazzo gioca a calcio.- allungò la tazza vuota verso Jenny e visto che lei non lo fece, fu Amy a riempirgliela.
-Chi te lo ha detto?-
-Le notizie girano veloci. E poi ho visto un articolo su una rivista della settimana scorsa. Di lui non dicevano nulla, ma c’era la sua foto. Sei proprio un’ingenua. Se volevi diventare ricca avresti dovuto sedurre un giocatore di baseball. Il calcio in Giappone non conta nulla.-
L’insinuazione la ferì.  
-Non ho bisogno dei soldi di nessuno, lo sai bene. E questo ryokan vale molto più di un negozio di alimentari.-
Amy li guardò incerta, poi intervenne affinché smettessero di punzecchiarsi.
-Kevin, come sta tua sorella?-
Lui le rivolse un’occhiataccia, facendole intendere che l’argomento non era gradito.
-Chissà. Grazie a Jenny non mi parla.-
-Non ti parla a causa del tuo comportamento da teppista.- si alzò per riempire la teiera di acqua calda, ma dopo aver posato di nuovo il bollitore sul fornello non tornò a sedersi. Non le faceva piacere accomodarsi allo stesso tavolo di chi aveva preso a pugni Philip.
-Vogliamo parlare di comportamenti?- replicò lui -E tu, allora? Se tutto quello che dicevi di provare per me è svanito senza lasciar traccia, significa che mi hai preso in giro.-
-Non ti ho mai detto nulla.-
-Lo ha fatto Meryl per te. Era con lei che ti confidavi.-
Jenny arrossì di vergogna e di fastidio.
-Stai parlando di qualcosa che è successo troppi anni fa, Kevin. Ero una bambina ingenua e sciocca.-
Kevin sorrise.
-Che è diventata una ragazza attraente che ammette i propri difetti.-
Ascoltandolo incredula, Jenny pensò che fosse proprio il caso di fare una capatina in bagno.

-Sono arcistufo di recuperare tutti i palloni! Perché devo farlo sempre io?-
Per Mark il quesito di Bruce aveva una risposta talmente ovvia che espresse senza remore la semplice verità.
-Perché tu sei meno in forma di tutti.-
-Non è vero! Guardate Philip!- e lo additò -Non ha preso un passaggio!-
-Chiudi la bocca, Harper!- lo zittì l’altro tirato in causa.
Ma Bruce non si lasciò intimidire.
-Stai giocando molto peggio di me!-
-E allora? In campo sono più bravo ed è ciò che conta!-
Julian si accostò al capitano.
-Devi fare qualcosa, Holly. Allenarsi in questo clima a lungo andare diventa snervante.-
-Neanche fossimo alla finale della coppa del mondo…- commentò Ed dietro di loro, grattandosi la nuca pensieroso.
-E cosa dovrei fare, secondo te?-
-Per esempio potresti rimandare Philip al ryokan. Tanto qui non sta combinando niente.-
-Chiedimi tutto ma non questo! Deve restare con noi per principio… E poi non mi fido a lasciarlo tornare da solo. Se lui e Kevin si azzuffassero di nuovo?-
-Lo accompagno io.-
Holly non credette alle proprie orecchie.
-Non me lo sarei mai aspettato da te! Stai cercando una scusa per correre da Amy?-
Ross trasalì.
-Ti giuro Holly che non l’ho neppure pensato!-
-E allora per cosa?-
Il ragazzo distolse gli occhi a disagio.
-La mia idea era quella di chiamare Marshall.- spiegò a bassa voce -E chiedergli quale accidenti di decisione hanno preso tutti insieme.-
Sebbene le sue motivazioni ricollocassero il compagno al giusto livello di stima con cui lo aveva sempre considerato, Holly intendeva fermarlo lo stesso.
-Te lo proibisco! Non dopo quello che ha sentito al telefono l’altro giorno.- notando delusione nel suo sguardo, Holly cercò una soluzione -Facciamo così. Ti autorizzo a mettere Danny sotto torchio.-
Mentre loro cospiravano ai danni di Mellow, intontito dalle chiacchiere e dalle proteste di Bruce, Philip fu costretto ad avventurarsi tra la neve alta per recuperare il pallone sperduto nel sottobosco. Quando lo ebbe trovato, borbottando imprecazioni contro l’amico, lo calciò verso i compagni caricandolo di tutto lo scontento che aveva in corpo, scatenato non solo dal ritrovarsi il raccattapalle della nazionale ma anche e soprattutto dall’arrivo improvviso di Kevin al ryokan. Ne venne fuori un lancio di discreta potenza in direzione di Bruce, che guarda caso si trovava proprio sulla linea della porta. La sfera fendette l’aria superando Mark e Tom, oltrepassando Julian e Holly ancora intenti a confabulare. Sfiorò solo un orecchio del reale bersaglio di quel tiro, perché Bruce si scostò per un pelo, e proseguì la sua corsa verso la porta di Ed. Il portiere si apprestò a parare, tanto più che se non lo avesse fatto sarebbe stato un autogol.
Naturalmente nessuno si aspettava che Meryl si materializzasse all’improvviso tra Warner e il pallone, tirandosi dietro una fune agganciata a uno slittino di legno. In quel millesimo di secondo che precedette l’impatto, Philip pensò che dopo, Kevin avrebbe avuto finalmente un vero motivo per avercela con lui.
A salvare Meryl da una dolorosissima pallonata, e Philip da una nuova zuffa, fu il provvidenziale Tom, dimostratosi ancora una volta, come la sua prima comparsa nelle vite di tutti, l’uomo giusto al momento giusto.
La ragazza non ebbe il tempo di capire ciò che accadde. Un momento prima era in piedi, un istante dopo si ritrovava seduta tra la neve, Tom accanto a lei che se la prendeva con il compagno.
-Salva per un pelo… Philip! Sei impazzito?-
-Non penserai che l’abbia fatto apposta! È ovvio che non l’ho vista!-
-Sei un imbecille lo stesso!- sbraitò Mark -Quella è la nostra porta!-
-Lo so benissimo.- e invece no, non ci aveva fatto caso.
Bruce fece un passo avanti, massaggiandosi l’orecchio arrossato.
-Tu hai mirato contro di me!- lo accusò -Se non hai tirato addosso a Meryl e neanche contro la porta, allora il tuo bersaglio ero io per forza!-
-Potevi farlo secco già che c’eri…- borbottò Mark.
Tom tese una mano a Meryl e l’aiutò a mettersi in piedi.
-Stai bene?-
-Sì… sì, grazie.-
-Sei comparsa proprio al centro del nostro campo. È meglio se vai dove sono Patty ed Evelyn.-
Sebbene per Meryl il suggerimento del ragazzo non fosse proprio una buona idea, visto come si era svolto il loro ultimo incontro, non potendo fare altro le raggiunse trascinando con sé lo slittino.
-Ciao.- salutò titubante -Jenny non c’è?-
-È rimasta al ryokan.-
La conversazione terminò così, visto che non avevano altro da dirsi e visto che in sua presenza le amiche preferirono tacere.
Bruce corse dal capitano.
-Holly, che ne dici di una pausa?-
-L’abbiamo appena fatta!-
-Quella non era una pausa. Dai, dai! Una pausa piccola-piccola! Minuscola! Inconsistente!-
-No!-
-Ma ci stiamo allenando ininterrottamente da stamattina…- continuò a tampinarlo -Su, cosa ti costa? Non devi essere così severo soltanto perché sei il capitano. Ho i polpacci da buttare e ti sto chiedendo appena dieci minuti…- gli sembrarono pochi -Anzi, facciamo un risicatissimo quarto d’ora.-
-No.-
-Quindici minuti, cosa vuoi che siano? Non ti accorgerai neppure di esserti fermato!-
-No.-
-Vedrai! Te ne sarò eternamente grato!-
-No.-
-Quando torneremo al ryokan ti farò un bel massaggio sulle spalle.-
-No.-
-In più, ti cederò il mio posto al bagno tutte le mattine se toccherà prima a me.-
-No.-
-Dai, Holly! Ti piegherò i vestiti ogni giorno!-
-No.-
-Allora domani prometto che non ti romperò le scatole. Anzi, non te le romperò più finché saremo qui.-
-Basta!- esplose infine, adesso la pausa la voleva lui per primo, per riprendersi dal martellamento che lo tallonava -Va bene! Va bene, hai vinto ma sparisci!-
-Chissà se tra tutte queste pause riusciremo a fare anche un po’ di allenamento.- si chiese Julian, ostentando il proprio disappunto.
Bruce raggiunse Meryl di corsa.
-Posso?- domandò indicando lo slittino. Poi prese pese la corda che lei gli porgeva volentieri e si fermò di fronte a Evelyn, carico di aspettative -Dai, sali!-
-No.-
-Eve, non farti pregare!-
E siccome avevano i minuti contati, la sollevò di peso e la depositò sul sedile di legno senza darle modo di sottrarsi a tanta insistenza.
-Bruce! Ti ho detto di no!- la ragazza tentò di alzarsi ma lui la spinse giù, pieno di entusiasmo.
-Sai, Eve... Ho sempre sognato farlo ma a Fujisawa non nevica mai abbastanza! Tieniti forte!- con la corda in spalla risalì di corsa un piccolo declivio.
Mark lo vide sparire tra gli alberi.
-Tutte queste storie e poi noi riposiamo e lui sgobba.-
-Ha una visione delle cose tutta sia.-
Benji guardò Tom scuotendo la testa.
-È soltanto un idiota fatto e finito.-
-Pistaaaaaa!-
L’entusiasmo di Bruce arrivò prima che lui sbucasse tra gli alberi a bordo dello slittino, venendo giù dal declivio a tutta velocità. Gli scarponcini da neve sui pattini di legno, le mani aggrappate alla slitta, da perfetto incosciente si piegò in avanti per aumentarne lo slancio. Dietro di lui Evelyn si scorgeva appena. Lo slittino sobbalzò sulla neve irregolare e di colpo cambiò direzione, puntando proprio verso gli amici a gran velocità. Bruce se ne accorse e si gettò di lato per schivarli ma i sobbalzi sul percorso resero la slitta ingovernabile e priva di controllo. Evelyn si gettò di lato nel tentativo di evitare l’inevitabile e rotolò tra la neve, ma almeno non finì nel groviglio di gambe e braccia in cui Bruce trascinò Mark e Philip quanto li travolse. Benji si salvò per pochissimo, ricevendo però in piena faccia uno schizzo di neve gelata.
Dei tre, Landers fu il primo a rimettersi in piedi e lo fece ringhiando minacce.
-FERMATEMI O LO UCCIDO! No, anzi! LO ANNIENTO SENZA LASCIARNE TRACCIA!-
Danny lo prese in parola e si accostò per trattenerlo ma all’ultimo momento si ritrasse, convinto che fosse più  prudente stargli alla larga.
-CAZZO, BRUCE!- esplose anche Philip subito dopo -Da quando siamo qui non fai altro che cadermi addosso! D’ora in poi devi starmi alla larga, HAI CAPITO?- si alzò ripulendosi dalla neve -NON DEVI PIU’ AVVICINARTI A ME! CHIARO?-
-Non l’ho fatto apposta!- piagnucolò lui.
-Non so cosa mi trattenga dal seppellirti a un metro di profondità!- sbraitò Mark allontanandosi da lui perché più lo guardava e più la tentazione diventava irresistibile.
-La fatica di scavare una buca.-
Oltrepassò Benji e il suo commento mentre il portiere si asciugava il viso dalla neve, dove la visiera del cappellino non era stata sufficiente a ripararlo.
-Adesso che ne hai combinata un’altra delle tue, possiamo ricominciare?- Holly aiutò Bruce a mettersi in piedi -Avreste potuto farvi male, tu ed Evelyn.-
-Eve!- esclamò ricordandosi finalmente di lei.
La vide più in là che raggiungeva Patty zoppicando leggermente e le corse accanto preoccupato.
-Ti sei fatta male? Eve? Come stai?-
-Stavo meglio prima.-
-La situazione mi è sfuggita di mano. Mi dispiace.-
-Davvero?- replicò lei diffidente -Pensavo che lo avessi fatto apposta per gambizzare Philip e Mark.-
-Non dirlo neanche per scherzo!- esclamò lui, lanciando un’occhiata preoccupata ai compagni centrati in pieno e incontrando il loro sguardo assassino nonostante le scuse.
Meryl recuperò lo slittino rovesciato e semisepolto dalla neve, assicurandosi che non si fosse rotto nulla.  
-Quei due ragazzi prima non c’erano, vero? Quando sono arrivati?- domandò a Patty che le sembrava meno ostile.
-Qualche giorno fa.-
-Precisamente quando Philip ha dato a Kevin la lezione che meritava!- la provocò Evelyn.
Meryl ne fu entusiasta.
-Ha fatto bene, ne aveva tutte le ragioni! Quand’è successo? Non ne so niente!-
-L’altro ieri. Kevin non ti ha detto nulla?-
-Non gli parlo più.-
-Quindi non sai neanche che adesso è al ryokan?-
Lo sguardo della ragazza si riempì di contrarietà, poi i suoi occhi lampeggiarono di irritazione.
-No, non lo sapevo! A fare cosa?-
-Chissà.- Patty la vide voltar loro le spalle e incamminarsi verso il sentiero -E adesso dove stai andando?-
-A riportare a casa mio fratello!-
Philip la udì.
-Era ora che qualcuno mostrasse un po’ di buonsenso.-
-E lo slittino?- le gridò dietro Patty, ma era ormai troppo lontana.
Prima della fine della giornata, riuscirono a fare ciascuno almeno un giro sulla slitta.

*

Amy misurò la quantità di riso, lo lavò per liberarlo in parte dall’amido, lo versò nel recipiente già pieno d’acqua della pentola elettrica. Dopodiché accese il timer.
Quando si volse per togliere dal fuoco il bollitore del tè, fu quasi travolta da Philip che percorreva in lungo e in largo la cucina, intralciando le amiche e i compagni nello spazio diventato troppo stretto se erano presenti tutti. Borbottava improperi verso Kevin, che si trovava lì anche se non avrebbe dovuto esserci.
-Non capisco perché debba mangiare con noi. La sua presenza non è più accettabile. Rappresenta soltanto un elemento di disturbo per chi non vuole essere disturbato. Cioè noi.-
Kevin ricambiò il brontolio con un’occhiata ironica, restando comodamente seduto dall’altra parte della tavola, in attesa anche lui come tutti che la cena fosse pronta.
-Fattene una ragione, Callaghan.- consigliò Mark -C’è e basta.-
Dispiaciuta per la situazione che provocava, oltre al suo, anche lo scontento del fidanzato, Jenny cercò di rabbonirlo.   
-Kevin è qui perché la nonna lo ha invitato a restare. È suo ospite e non possiamo farci niente.- lei stessa aveva impiegato del tempo ad accettare questo semplice concetto ed era sicura che a Philip ne sarebbe servito molto di più.
-Allora perché non cena con loro?-
Non lo capiva neppure Jenny. Mentre Kevin neppure se lo chiedeva perché ne era stato felicissimo. Infatti aveva scoperto che la sua semplice presenza al ryokan dava più fastidio alla coppia di quanto lo aveva fatto l’agguato organizzato nel bosco. Mentre si massaggiava soprappensiero la spalla indolenzita, che il medico sopraggiunto nel pomeriggio gli aveva fasciato a dovere raccomandandogli la quasi assoluta immobilità, si accorse che gli occhi indagatori di Amy lo stavano osservando e, probabilmente valutando. Adesso finalmente li riconosceva, quegli occhi nocciola che lo avevano fissato sgomenti, impauriti, costernati il giorno in cui aveva dato al fidanzato di Jenny la bella ripassata.
Ed Warner dal suo posto osservava un po’ tutti i compagni, senza distinzione. Studiava soprappensiero persino i due fratelli ospiti, quando gli capitavano sotto gli occhi. Ma in realtà, esattamente come era successo agli altri nei giorni precedenti, ad attirare maggiormente la sua curiosità era la fidanzata di Philip di cui aveva sentito tanto parlare senza mai avere la possibilità di incontrarla. Fino al giorno precedente.
Mentre la osservava, per chissà quale associazione di idee, gli venne in mente che da quando erano lì, nonostante le raccomandazioni ricevute non aveva ancora chiamato Gamo. Ebbe uno scompenso, scostò la sedia dal tavolo e si alzò.
-Devo fare una telefonata.- disse lasciando la cucina, improvvisamente sulle spine.
Uno stato d’animo che non passò inosservato a chi lo conosceva meglio. Mark si volse a guardare Danny.
-Tu sai chi va a chiamare?-
-No.-
Benji, che lo guardava, si accorse che rispondendo aveva abbassato gli occhi, un chiaro segno che nascondeva qualcosa. E se quel bell’imbusto di Landers non lo capiva, era proprio un deficiente. Ricordò che Mellow alle elementari aveva osato segnargli un goal e solo per questo meritava la tortura.
-È la sua ragazza, vero?- buttò lì quasi per caso.
Lo sguardo ancora più intenso con cui Mark lo scandagliò, fece desiderare a Danny di sparire fino al ritorno del compagno.
-Warner ha la ragazza e tu non mi dici niente?-
-Non ne so nulla...- piagnucolò quasi.
-Tranquilli, adesso lo scopriamo.- Bruce si alzò e raggiunse quatto quatto la porta.
La sua manovra a Danny non piacque.
-Cosa stai facendo?-
-Cerco di capire con chi sta parlando. Vado... e torno vincitore. Vedrete, se è una ragazza lo scoprirò!-
Quando Bruce sparì dietro l’angolo, Danny scostò la sedia e si alzò senza riuscirci perché Mark lo rimise bruscamente seduto.
-Stai giù e non intrometterti.-
-Ma se non si accorge che Bruce sta origliando, lui…-
-Tutto ciò non ti riguarda.-
-E invece sì!-
-Sì?- gli fece eco -Quindi sai a chi sta telefonando?- non gli lasciò scampo -Sputa il rospo, Mellow! immediatamente!-
Danny cercò una via di fuga poiché il suo era solo un vago sospetto senza certezze.
-Dopo, perché adesso devo andare in bagno.-
-Non ti muovi di qui!-
Ed e Bruce lo salvarono rientrando insieme in cucina. Mark non attese neppure che l’ex portiere della Toho si sedesse.
-Con chi eri al telefono, Ed?-
-Marshall. Mi ha chiesto di chiamare Gamo per fargli sapere se era tutto a posto ma lui non ha risposto quindi ho chiamato Freddie.-
-E tu gli hai confermato che è tutto a posto?-
-Certo.-
-Non gli hai detto che ci siamo noi, vero?- domandò Amy preoccupata.
-No, non gliel’ho detto.- mica era scemo -Probabilmente domani ci telefonerà Gamo.-
-Per quale motivo?-
-Vuole parlare con Philip.-
Il diretto interessato si tramutò un pezzo di marmo.
-E perché? Sa delle ragazze?-
-Ti ho appena detto di no!-
-Tu hai solo affermato di non averglielo detto, ma forse lo ha fatto qualcun altro...- spostò gli occhi su Danny, che scosse energicamente la testa -Allora sei stato tu, Benji. Tu non volevi neppure restare!-
-Pensi che sia così idiota? Se ho accettato di rimanere significa che ho accettato anche loro.- con un cenno indicò Amy che gli era più vicina.
-E allora cosa vuole da me?-
Warner e Mellow si guardarono, consultandosi tacitamente in un modo molto sospetto.
-Forse vuole mettere al corrente anche loro.- concluse il portiere con un’alzata di spalle.
-Al corrente di cosa?-
-Sei sicuro, Ed?- domandò Danny, intuendo che il compagno era pronto a vuotare il sacco.
Lui annuì.
-Tanto ormai è questione di giorni. La verità è che ci siamo incontrati tutti a casa di Price per stabilire la formazione di gioco per la partita contro l’Oman, rivedere gli schemi e confermare il vicecapitano.-
-Avete deciso la formazione senza di me… cioè, di noi? E gli schemi di gioco?- per Julian fu del tutto inconcepibile e guardò Holly, trovandolo altrettanto costernato -Non ci posso credere, ci hanno bypassato!-
-Tranquillo Julian, la tua fatica non è andata sprecata. Ci siamo basati sui tuoi appunti. Anzi, il mister ne era entusiasta! Ha detto che hai fatto un ottimo lavoro!-
L’altro non trovò le parole con cui replicare, quindi tacque.
-E il vicecapitano chi sarebbe?- domandò Tom che temeva la rogna.
-Sempre Philip, nulla è cambiato. Marshall voleva essere sicuro che fossimo tutti d’accordo e non ci lasciassimo influenzare da voi.-
-Noi vi influenziamo?- chiese Holly incredulo a un Danny che non aveva aperto bocca semplicemente perché aveva perso la voglia di parlare. Infatti fu Ed a continuare.
-Il vostro parere ha sempre un certo peso. Soprattutto quando non siete d’accordo e vi mettete a discutere. Finisce che invece di seguire le direttive migliori ci schieriamo a simpatie. E non è un bene.-
-Non abituarti troppo all’idea, Philip. Sarai il vicecapitano solo per poco. Quando Gamo verrà a sapere che bel ritiro hai organizzato, sceglierà sicuramente qualcun altro.-
Lui guardò Benji con contrarietà.
-Quindi hai intenzione di dirgli che qui con noi ci sono le ragazze, giusto?-
-Marshall lo sa già. Al telefono ha sentito tutto e avrà già tirato le somme. Altrimenti perché avrebbe mandato loro due? Se non per fare la spia? Gliel’ha già detto Warner.-
-Non gli ho detto proprio niente!- si difese di nuovo con veemenza il secondo portiere del Giappone prima che quegli sguardi affilati che lo fissavano, lo trafiggessero senza scampo.
-Allora lo avrà fatto Mellow.-
-Vacci piano con le accuse, Price. È vero che Danny ed io siamo qui, ma siamo dalla vostra parte.
-Sicuro, Warner? Non è che per caso in cambio del mio posto nella prossima partita hai garantito a Gamo un resoconto completo del nostro ritiro?-
Mentre Holly allungava una mano per fermare lo scatto di Mark e Tom rabboniva Ed, Kevin era diventato una presenza del tutto secondaria e i ragazzi si erano completamente dimenticati che fosse lì. D’altra parte lui ne stava approfittando per capire come giocar loro un tiro barbino.
Callaghan, il fidanzato di Jenny, aveva fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare, qualcosa che il loro allenatore non avrebbe mai approvato e per cui non gliel’avrebbe fatta passare liscia. I suoi compagni erano disposti a mantenere segreta la presenza delle ragazze a Shintoku, ma lui avrebbe potuto fare in modo che invece venisse allo scoperto. Non sapeva come, ma sarebbe bastato parlarne con Johnny e gli altri, e un modo lo avrebbero trovato. Si massaggiò piano il braccio, che continuava a pulsargli di dolorose fitte.
Mentre i ragazzi seguitavano a scambiarsi opinioni rimbeccandosi, Jenny rapì Tom e lo portò con sé di sopra per farsi aiutare, perché non aveva il coraggio di chiedere al fidanzato di caricarsi il futon di Kevin giù per le scale. Del resto era fuori questione che l’intruso dormisse sul loro stesso piano in una stanza nei pressi. Meryl sì, avrebbe dormito con loro, Jenny glielo aveva promesso, ma suo fratello si sarebbe sistemato al piano terra, nella stanza da tè della nonna. Quando lei e Tom rientrarono insieme in cucina, Philip lanciò loro solo un’occhiata distratta. Benji allora si chiese a tempo perso per quale motivo non avesse nulla da obiettare sulla loro sparizione e la loro ricomparsa. Forse di Tom non era geloso? 

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Capitolo 17
*** 12 - Tormenta coi fiocchi - prima parte ***


- 12 -
Tormenta coi fiocchi
Prima parte


Quando Kevin baciò di nuovo Jenny insinuando la lingua tra le sue labbra, Philip si svegliò di soprassalto inveendo contro il ragazzo, contro l’incubo e soprattutto contro il fatto stesso di essersi addormentato. La sera precedente aveva aspettato per un tempo infinito che la fidanzata salisse da lui, ma poi il sonno aveva preso il sopravvento. Era crollato sul tavolino, le braccia poggiate sul ripiano, adesso il segno rosso di una piega della felpa a solcargli una guancia. Un lato del collo gli doleva per la scomoda posizione in cui si era appisolato e da quando aveva aperto gli occhi il piede sinistro aveva preso a formicolare in modo insopportabile. Lo mosse e il sangue ricominciò a scorrere, accentuando il fastidio. Si tirò in ginocchio, gli occhi sulla finestra.
La tenda socchiusa lasciava filtrare il nuovo giorno. Lo sprazzo di cielo che scorgeva da lì era ancora scuro ma si stava scolorendo di azzurro rosato e i picchi più alti delle montagne innevate erano accarezzati dal chiarore dell’alba. L’orologio segnava le sei e Jenny non era tornata. Lei sapeva che la stava aspettando e se fosse risalita lo avrebbe certamente raggiunto. A meno che non avesse temuto di svegliare i compagni. Si alzò e, facendo attenzione a non disturbare gli amici ancora profondamente addormentati, uscì silenzioso riaccostando la porta. Dalla finestra del corridoio che si affacciava sul piazzale, alla luce dei lampioncini scorse i nonni percorrere in lungo e in largo il giardino per gettare del sale sul ghiaccio che ricopriva il sentiero di pietre. E Jenny non era con loro.
Scese le scale rapido e silenzioso, nel ryokan non volava una mosca. Raggiunse la porta che cercava, ruotò piano la maniglia e si affacciò oltre l’anta socchiusa. Il climatizzatore era acceso e la camera particolarmente calda, molto più della loro. Kevin sedeva a terra, le spalle alla parete, le gambe piegate e la testa reclinata da un lato. Stava dormendo ma sentì la porta schiudersi. Aprì gli occhi voltandosi a guardarlo senza dire una parola. Philip entrò. Jenny era raggomitolata al lato opposto della stanza, oltre il tavolino. Distesa su un fianco, una mano abbandonata sulle stuoie, l’altra adagiata davanti al viso, i capelli sparsi sul cuscino e le labbra appena socchiuse. Indossava lo yukata bianco e blu di cotone caldo per dormire, un lembo della stoffa spuntava dalla coperta che l’avvolgeva. Philip la raggiunse, si chinò su di lei e la scosse per svegliarla. Jenny aprì gli occhi assonnati.
-Vieni, torniamo su.- la tirò in piedi praticamente di peso, le passò un braccio intorno ai fianchi per sostenerla e la trascinò verso la porta.
Jenny incespicò un paio di volte, poi si aggrappò al suo braccio e lo seguì fuori.
Arrancò insonnolita un gradino dopo l’altro finché Philip si fermò per sollevarla tra le braccia. La ragazza si aggrappò alla sua felpa, sprofondando il viso contro il suo torace. Una volta in cima alle scale, lui non si diresse verso le loro stanze e Jenny, nonostante il sonno, lo notò.
-Dove stai andando?-
-In un posto tranquillo.-
La camera che Philip scelse portandola con sé era dall’altro lato del corridoio. Utilizzata come magazzino, l’aveva scovata per caso qualche giorno prima cercando la fidanzata, che non riusciva a trovare da nessuna parte. A terra in un angolo erano impilati uno sull’altro una mezza dozzina di futon più o meno spessi. Di lato erano accumulati dei cuscini e davanti alla parete opposta, sui tatami erano disposte in bell’ordine una serie di coperte ripiegate. Depositò Jenny sulla montagna di futon, poi si volse per richiudere la porta. Nella stanza disabitata faceva freddo. Philip sfilò il telecomando del climatizzatore dalla taschina di plastica affissa alla parete e lo accese. Quando raggiunse la fidanzata portando con sé un paio di coperte, si accorse che lei lo guardava confusa.
-Perché siamo qui?-
-Per goderci una meritata solitudine.- le drappeggiò una coperta sulle spalle e si sedette al suo fianco.
-Che ore sono?-
-Le sei.-
Jenny lo guardò colpevole.
-Mi dispiace tantissimo, Philip. Mi sono addormentata senza accorgermene. I nonni sono rimasti a parlare fino a tardi e io avevo così sonno… Non so neppure quand’è che sono andati via.-
-Di cosa avete parlato?-
Lei fu combattuta tra la difficoltà di ricordare una spiacevole conversazione e il rifiuto di ripetergli quali fossero le intenzioni degli anziani proprietari dell’altrettanto vecchia pensione.
-Te lo dico dopo.-
-Perché non ora?- la scostò da sé per osservarla, credendo di scorgere nel suo sguardo una nota stonata.
Jenny non se la sentì di rovinare il momento che Philip attendeva da giorni. Ricambiò la sua curiosità avvicinandosi per sfiorargli le labbra con un bacio pieno di promesse.
-Vuoi davvero parlare dei nonni adesso? Non è meglio farlo dopo?-
Incapace di resistere all’invito, al suo profumo così buono e alla morbidezza che lo aspettava sotto il tessuto che l’avvolgeva, la mente di Philip smise di arrovellarsi su un milione e mezzo di questioni e lasciò massima libertà al corpo e ai sensi. Le posò una mano sulla nuca e tornò a baciarla, spingendola piano indietro, la schiena di lei sul materasso. Lo yukata si allentò lasciandolo libero di far passare le dita sotto la stoffa e accarezzarle una gamba, risalendo lungo la coscia sulla pelle nuda e calda fino all’elastico delle mutandine che le cingeva i fianchi. Sotto il suo tocco la sentì rabbrividire. Mentre il corpo di Philip era già proiettato sulla mezz’ora di piacere che stava per vivere, la mente di Jenny era entrata in funzione e ora stentava ad andare in standby.
-Hai visto la nonna?-
-È fuori.-
-E Kevin? Lo hai visto?-
-Di sotto.-
-Gli altri sono già svegli?-
-Dormono tutti.-
-Nessuno sta preparando la colazione?-
-Jenny, sono appena le sei. Chi farebbe colazione a quest’ora? Non dovevamo parlare dopo?-
Lei rise e gli gettò le braccia al collo.
-Va bene. Sto zitta.-

Kevin si alzò vacillando, sbilanciato dal braccio che la sera prima il medico gli aveva appeso al collo. Il dolore si era susseguito a ondate e gli aveva dato il tormento per tutta la notte. Non era riuscito  a chiudere occhio se non per brevi periodi, ma si era tolto la soddisfazione di non essere rimasto da solo.
Dopo cena, mentre nonno Ernest parlava, si era goduto la sorpresa, lo sconcerto, la contrarietà e il fastidio attraversare gli occhi di Jenny in questo preciso ordine. Naturalmente lei aveva protestato, ma quando la nonna le aveva risposto che alla loro età non erano più in grado di mandare avanti il ryokan da soli come avevano sempre fatto senza bisogno di aiuti esterni, non aveva potuto ribattere nulla. Per la nonna era diventato un peso spostare i futon da una stanza all’altra, lavare i bagni, cucinare, gestire la contabilità e i clienti. Il nonno non aveva più la forza di accatastare quintali di legna per l’inverno, pulire le terme, occuparsi di caricare e scaricare le provviste o di tutto ciò che si rompeva, andava sostituito o rimesso a nuovo. All’insaputa di Jenny si erano trovati più volte a chiedere l’intervento di Kevin o di suo padre, entrambi abilissimi nei lavori manuali.
Jenny li aveva ascoltanti in silenzio. Era chiaro che non poteva dire proprio nulla per far cambiare loro idea. Nessuna protesta sarebbe stata sufficiente. Senza che lei ne avesse anche solo il sentore, Kevin era diventato indispensabile e insostituibile. Li aveva sentiti mettersi d’accordo, loro tre, parlare dei giorni e degli orari di lavoro. Di come, quanto e perché lo avrebbero pagato, cosa si aspettavano che facesse. In che modo volevano che li aiutasse. Pian piano le loro voci si erano confuse nella sua testa. Poco prima di mezzanotte era crollata di stanchezza.
Kevin l’aveva osservata cedere al sonno, l’aveva vista scivolare sui cuscini e poi rannicchiarsi a terra, avvolgendosi nelle coperte che lei stessa aveva preparato per lui. Quando i nonni erano usciti lasciandoli soli, si era avvicinato per guardarla meglio, cercando sul suo viso i tratti della bambina di un tempo che stravedeva per lui. Non ne era rimasta più traccia. Quella scoperta lo aveva deluso, così le aveva voltato le spalle ed era uscito per andare in bagno. Tornando si era fermato in cucina a scaldare altra acqua per il tè e aveva udito le voci sommesse delle ragazze provenire dal piano di sopra, riconoscendo anche la risata di Meryl. Aveva preso la teiera ed era tornato in camera. Jenny dormiva ancora, non si era mossa. Si era versato dell’altro tè e quando la bevanda non era stata più sufficiente a scaldarlo, aveva acceso il climatizzatore.
Tanto era stato la sera prima il desiderio di restare al ryokan, quanta ora era la brama di allontanarsi da lì. Voleva tornare presto a casa per una doccia, per cambiarsi e per tenere il braccio a riposo. Raggiunse la porta maledicendo l’albero, la neve e Jenny. Più si muoveva e più il dolore alla spalla aumentava. Uscì sul corridoio ed entrò in cucina trovandola vuota. La nonna era fuori in giardino, la scorse oltre i vetri e quando aprì la finestra il freddo lo investì di colpo. Lei udì il rumore e si volse.
-Buongiorno, Kevin. Hai dormito bene?- gettò una manciata di sale ai suoi piedi. Poi appoggiò il sacchetto e si avvicinò.
-Il braccio va meglio.- mentì spudoratamente.
-Non sforzarlo, però.-
-Farò attenzione.-
-Jenny dorme?-
-No, è salita di sopra.- del tutto inutile specificare che lo aveva fatto insieme a Callaghan -Sto tornando a casa.-
La nonna non fu d’accordo.
-Non puoi guidare con il braccio in quelle condizioni.-
-Vado a piedi. Tornerò a prendere il furgoncino non appena starò meglio. O verrà mio padre.-
-Fai almeno colazione…- suggerì la vecchina.
-Mangerò a casa.-
-E Meryl?-
-Dorme ancora. Mi raggiungerà più tardi.-

*

-Eccoli, i due piccioncini!- li accolse Bruce quando Philip e Jenny fecero il loro ingresso in cucina all’incirca un’ora e mezza più tardi -Avete dormito bene? Anzi…- si corresse con un sorrisetto carico di sottintesi -Avete “non-dormito” bene?-
Philip notò con fastidio che l’allusione di Bruce era negli occhi di tutti. I compagni li osservavano pieni di condiscendenza e lui non poteva farci niente perché i loro pensieri erano legittimi. Non solo non avevano visto Jenny tornare la sera prima, ma neppure lui uscire dalla stanza quella mattina. Era normale che pensassero che avessero trascorso l’intera notte insieme.
-Direi proprio di no.-  
Impiegarono mezzo secondo, gli amici, ad accorgersi che era furioso. Se non era stata sufficiente la risposta e soprattutto il tono, bastò seguire la sua avanzata verso la sedia, che scostò bruscamente dal tavolo prima di mettersi seduto.
-No?- sul viso di Benji passò un lampo di scetticismo perché non ci credeva neppure un po’. I suoi occhi si posarono su Jenny che lo superò rapida e salutò tutti frettolosamente -Avete trascorso l’intera nottata a litigare?-
-Non abbiamo litigato.- mormorò lei.
-E ci siamo visti un’ora fa.- puntualizzò Philip scorbutico.
Patty pensò che era ancora troppo presto per rovinarsi la giornata.
-Tua nonna ti cercava, Jenny. Le abbiamo detto che ti stavi ancora preparando. Forse dovresti andare a sentire cosa vuole.-
L’altra annuì e si guardò intorno.
-Dov’è Kevin?-
Philip le lanciò un’occhiata torva che Jenny si sforzò di ignorare.
-È tornato a casa.- riferì Patty.
-Anche Meryl?-
-Sì, quando ha saputo che suo fratello era andato via, ha detto che non aveva più nessun motivo per restare. Ti saluta.-
Amy si alzò per prendere la teiera dal fornello, l’acqua ormai calda.
-A che ora abbiamo il pullman, Jenny?-
L’amica raggiunse l’angolo tra il frigorifero e il forno a microonde, frugò tra i documenti riposti nello stretto spazio e tirò fuori un foglio ripiegato in quattro. Lo porse all’amica.
-Questi sono gli orari, stavolta andremo a Tomamu in treno. Vado a vedere cosa vuole la nonna, torno subito.-
-C’è un treno ogni ora.- Amy si rivolse a Holly -Impiega circa quaranta minuti. A che ora vuoi partire?-
L’orologio segnava quasi le nove.
-Che ne dite per le undici? Così ci rimane un po’ di tempo per fare due tiri.-
Bruce non credette alle proprie orecchie.
-Stai scherzando? Che senso ha andarci, se perdiamo qui tutta la mattina?-
Holly ricambiò accigliato.
-Sapevo che avresti protestato.-
-Sì, porca miseria! Non ha senso arrivare all’ora di pranzo! E per cosa, poi? Per due tiri sul piazzale o in quell’accidenti di radura!-
Tom tossicchiò per prendere la parola.
-Holly, secondo me Bruce non ha tutti i torti. Se siamo d’accordo ad andare, conviene arrivare presto e goderci la giornata.-
-A me piacerebbe fare un salto in piscina.-
Quello di Amy voleva essere un desiderio sussurrato a Julian ma il capitano, che le sedeva accanto, la udì e la fulminò con l’identico sguardo dedicato un attimo prima alla propria metà calcistica.
Tom ritrattò immediatamente.
-Era un’idea. Facciamo come vuoi tu, Holly.-
-Come voglio io? Ma se sono in minoranza!- li osservò uno per uno e quando si fermò di nuovo su Amy, nei suoi occhi trovò soltanto il malcelato entusiasmo di una probabile nuotata in piscina. Si rassegnò -Se usciamo prima, a che ora parte il treno?-
Lei controllò di nuovo gli orari.
-Per esempio ce n’è uno alle nove e trentacinque.-
-Aggiudicato.-
Poiché Jenny non era tornata e non aveva fatto colazione, mentre riordinava la cucina Patty mise da parte una brioche, un paio di biscotti e una fetta di torta. Dopodiché salirono tutti di sopra per ultimare i preparativi. Sulle scale, Tom si affiancò a un Philip particolarmente silenzioso e gli lanciò un’occhiata sguincia.
-Avete litigato un’altra volta, tu e Jenny?-
-Grazie per l’interessamento ma non ho voglia di parlarne.- e visto che indossava ancora gli abiti della sera prima e doveva fare in fretta a cambiarsi, stava già scegliendo mentalmente i vestiti da recuperare dall’armadio.
Neanche si fosse messo d’accordo con Tom, non appena Philip entrò in camera Mark lo incalzò.
-Perché hai litigato con Jenny?-
-Non abbiamo litigato!-
-Nessuno ci crede, Callaghan.- si intromise Benji giusto per non perdere l’occasione di farlo -Ma tanto abbiamo capito che tra voi i litigi sono la normalità e a parte la curiosità legittima di Landers – che chiaramente si preoccupa per Jenny ma non per te – ormai ci siamo abituati.-
Philip lo ascoltò a bocca aperta, poi cominciò a fumare dalle orecchie non tanto per l’allusione che tirava in mezzo Mark quanto per lo scontento che da poco più di un’ora gli ribolliva dentro.
-Non abbiamo litigato!- ripeté con veemenza -E di solito non lo facciamo mai! Ma qui a Shintoku la situazione ci sta sfuggendo di mano per parecchi motivi. Uno di questi è che i nonni hanno intenzione di assumere Kevin per farlo lavorare al ryokan e solo l’idea mi fa infuriare.-
Holly lo guardò sbigottito.
-Dopo quello che ti ha fatto? Lo sanno? Jenny gliel’ha detto?-
-No che non lo sanno! Eravamo d’accordo così ma forse sarebbe stato meglio se ne avesse parlato.- Philip fremette di fastidio -E comunque a questo punto è completamente inutile metterli al corrente, tanto hanno già deciso. Quel maledetto bastardo viene a dar loro una mano da un sacco di tempo.- prese furiosamente dall’armadio un cambio diverso da quello che aveva pensato ma non ci fece neppure caso -Da soli non riescono più a mandare avanti la baracca.-
-Non puoi biasimarli.- cercò di farlo ragionare Julian -È già abbastanza che non abbiano chiesto a Jenny di vivere a Shintoku e dar loro una mano.-
-Comunque non abbiamo litigato.- ripeté Philip tanto per ribadire un concetto che voleva fosse chiaro a tutti, poi decise di andare a vestirsi nel più tranquillo bagno.
Chi sarebbe partito volentieri più tardi, fu invece pronto per primo. Stanco delle chiacchiere dei compagni tanto quanto Philip, innervosito dall’incapacità di far valere il proprio ruolo di capitano per la maggior parte delle volte da quando erano arrivati a Shintoku, Holly pensò bene di togliersi di torno e aspettare di sotto. Neanche si fossero dati appuntamento, Patty stazionava annoiata davanti all’ingresso, seduta sul basso scalino e le scarpe ai piedi. La raggiunse e si accomodò al suo fianco con un sospiro profondo e scontento.
-Sei già pronta?-
-Non volevi andare?-
-Non riusciamo mai ad allenarci. Eppure questo è un ritiro. O almeno dovrebbe esserlo.-
La ragazza gli mise una mano sul braccio e gli sorrise.
-Però sarebbe carino se riuscissimo a fare un salto in piscina.-
-Non ho neppure il costume.-
-Possiamo comprarlo lì. Sono sicura che ne vendono!-
Il suo entusiasmo lo tirò un po’ su di morale.
-Se almeno trovassimo il modo di restare un po’ per conto nostro… Magari potremmo andare a fare il bagno mentre gli altri sciano.-
-Mi piacerebbe molto.-
Holly le passò un braccio intorno alle spalle per accostarla a sé.
-Dovremmo approfittare sempre di ogni preziosissimo attimo di solitudine.-
La giovane sorrise e si strinse contro di lui. La tentazione di baciarla fu fortissima ma un attimo prima di riuscire a farlo, Patty si scostò.
Anche lui si volse. Immobile in cima alle scale, aggrappato al corrimano, Bruce li fissava divertito.
-Beccati!-
Holly non apprezzò l’intromissione ma restò in silenzio. Si alzò, indossò la giacca a vento e uscì. Patty cacciò un sospiro e lo seguì fuori mentre il ragazzo dispettoso tornava di sopra.
Nei pressi della finestra della loro stanza, Tom li vide comparire sul piazzale.
-Mi dispiace che Holly si sia arrabbiato.-
-Fai bene a dispiacerti, la colpa è tua.-
Il ragazzo guardò ingenuamente Mark.
-Mia?-
-Sicuramente non si aspettava che appoggiassi i capricci di Bruce.-  
-Lo ha fatto perché avevo ragione. Non ha senso arrivare tardi per due calci al pallone.-
-Certo, Harper. Infatti non siamo qui per dare due calci alla palla ma per andare a sciare.- si premurò di ribadire Benji, visto che constatare l’ovvio gli procurava un’immensa gioia. Peccato solo che Callaghan non fosse presente.
Ed Warner li ascoltò attento per cercare di cogliere la dinamica delle loro discussioni, che spesso gli restava ancora oscura. Quando era partito da Tokyo aveva pensato di trovarli ad azzuffarsi per ogni quisquilia. Invece quella che da due giorni aveva davanti era una situazione di calma prevalente, di stallo perpetuo. E, come aveva avuto modo di capire da subito, il fine ultimo del ritiro, cioè allenarsi, era andato a farsi benedire ormai da diversi giorni. Era così preso a riflettere che impiegò troppo tempo a prepararsi e fu il penultimo a uscire. Dal corridoio lanciò un’occhiata all’interno della stanza. Mellow tardava, infilato per metà nell’armadio a muro.
-Danny, sbrigati o ci lasciano qui.-
-Dove sono finiti i miei pantaloni? Tu li hai visti, Ed?-
-Ce li hai addosso!-
-Non questi!-
-Allora non ne ho idea. Ma fai in fretta a trovarli, ti aspetto di sotto.-
Scendendo le scale, Ed pensò che tutto sommato era molto meglio andare a sciare che spaccarsi le gambe tra la neve alta un metro. Nell’ingresso non trovò nessuno. Allora indossò la giacca, infilò le scarpe, si avvolse bene nella sciarpa e uscì.
-Dov’è Danny?- lo accolse Mark -Manca soltanto lui.-
-Manca anche Evelyn.- disse Amy, camminando avanti e indietro per scacciare il freddo.
-Danny!- Landers lo chiamò a gran voce -Danny! Se non scendi all’istante ti lasciamo qui!-
-Manca sempre anche Evelyn.-
Mellow li udì. Aveva trovato i pantaloni di cotone spesso e caldo che cercava, l’ideale per una giornata all’aperto tra montagne ancora più alte. Li abbottonò svelto, sistemò la felpa intorno al corpo e raggiunse la porta.
Il grido arrivò improvviso, strappandogli di dosso un paio di mesi di vita. Senza pensarci neppure un secondo, spalancò il pannello che divideva la stanza in cui si trovava da quella delle ragazze.
Seduta a terra, le gambe piegate sotto di sé, Evelyn si volse, il terrore e il disgusto ancora negli occhi. Indossava i pantaloni e nient’altro e prima di capirlo, suo malgrado Danny posò gli occhi sul pizzo bianco del reggiseno. Evelyn gridò di nuovo ma stavolta contro di lui, mentre recuperava lo yukata abbandonato sui tatami e se lo tirava addosso per coprirsi. Danny indietreggiò, le guance presero a bruciare di imbarazzo come probabilmente non gli era mai successo. Avrebbe desiderato chiederle cosa stesse accadendo anche solo per rompere il ghiaccio, e dare un senso alla scomoda situazione di stallo in cui si guardavano e basta e lui non sapeva che pesci pigliare. Ma l’unico suono roco che gli venne su dalla gola fu qualche parola di scusa.
-Mi dispiace… Non pensavo…- balbettò, si interruppe. Deglutì, abbassò lo sguardo a terra e indietreggiò -Non credevo… non volevo… Solo che ti ho sentita gridare e…-
Continuando a tenere lo yukata stretto al corpo, Evelyn liberò un braccio e lo tese verso la parete. La stoffa scivolò via, scoprendole una spalla e parte della schiena.
-Smettila di balbettare, Danny! C’è qualcosa nell’armadio a muro, ecco perché ho gridato!-
Mellow seguì con gli occhi la direzione che lei indicava, temendo che gli chiedesse di controllare cosa l’avesse spaventata. Non voleva farlo ma non perché avesse paura. Voleva togliersi d’impaccio, dall’imbarazzo di essere entrato e averla trovata così. Avrebbe voluto sparire e si chiese se fosse già troppo tardi per farlo. Lo capì non appena la porta che dava sul corridoio si spalancò.
Le urla di Evelyn erano arrivate sul piazzale e quando Bruce si era mosso per rientrare, aveva trovato Patty e Jenny già sui gradini. Furono loro ad arrivare per prime, tutti gli altri si accalcarono dietro.
-Eve!- chiamò Patty dalla soglia. Guardò l’amica, poi individuò Danny e la preoccupazione lasciò il posto alla sorpresa. Cercò di capire cosa fosse accaduto o cosa stesse accadendo, passando gli occhi dall’uno all’altra. Non trovando spiegazioni, buttò lì a caso la prima domanda che le venne in mente -Abbiamo interrotto qualcosa?-
Bruce si fece largo tra i compagni spintonandoli senza ritegno.
-DANNYCHECIFAIQUI!-
Poi fu la volta di Mark, che scostò Bruce e dedicò a Mellow un sorrisetto molto saputo e molto sentito, persino navigato, seppure la seduzione non fosse materia in cui eccellesse.
-Non avrei mai immaginato che fossi della stessa pasta di Harper!-
Danny non capì bene il significato di quell’affermazione ma in ogni caso non gli piacque. Solo che, con tutti quegli occhi addosso che lo mettevano a disagio, riprese a balbettare e non riuscì neppure a spiegarsi.
-Non è come pensate… io… lei… io… se...-
Philip diede un taglio alla sua pietosa sceneggiata.
-Bene. Adesso sappiamo perché ci mettevano tanto a scendere.-
-No, veramente… io…-
-Smettetela!- saltò su Evelyn rossa di vergogna e di collera. Invece di preoccuparsi, l’intera combriccola continuava a tormentarli con commenti insensati -Accidenti a voi e alle vostre stupide allusioni!- fulminò il fidanzato con un’occhiataccia e agitò di nuovo il braccio nudo indicando l’armadio -Lì dentro c’è qualcosa!-
Patty avanzò coraggiosamente verso i futon riposti dietro le ante. Scostò le coperte e guardò. All’inizio non riuscì a scorgere nulla se non lana e cotone di svariati colori, lei stessa creava sul fondo una zona buia. Allora si scostò un poco per lasciar entrare la luce e allungò un braccio verso coperte e guanciali per scostarli. Un’ombra guizzò vicino alla sua mano. La ritrasse di scatto e gridò di orrore ricadendo all’indietro. Puntando i piedi sui tatami si tirò via svelta finendo proprio addosso a Evelyn. Si volse a guardarla, pallida come un cadavere.
-Cos’era?-
-Non lo so.-
-C’è davvero qualcosa!-
Allora fu Bruce che si avvicinò, scettico e sospettoso. Cosa poteva esserci di così terrorizzante in uno stupido armadio?
-Io non vedo niente.-
-Ti dico che c’è qualcosa.- insistette Evelyn, neppure più tanto desiderosa di scoprire cosa l’avesse spaventata. E se si fosse trattato di qualcosa di schifoso, come per esempio un topo, o peggio un ratto?
Il fidanzato si inginocchiò accanto alle coperte e lei trattenne il fiato, aggrappata con una mano alla felpa di Patty.
-Vediamo un po’...-
La tensione dietro di lui divenne palpabile, sulla porta invece gli amici aspettavano curiosi che il mistero venisse svelato, dimentichi di avere un treno da prendere e poco tempo per raggiungerlo.
-Ma guarda...- Bruce si volse verso le due ragazze che si stringevano l’una all’altra -Ecco qui, vi presento il mostro dell’armadio!- tirò fuori la gatta tenendola per la collottola e rise.
Evelyn tirò un profondo sospiro di sollievo.
-Pensavo si trattasse di un topo.-
-Eve! Non ci sono topi nel ryokan!- esclamò Jenny scioccata.
-E noi finiremo per perdere il treno.- predisse Julian già per metà rassegnato a non raggiungere le piste.
-Accidenti, il treno!- Patty si mise in piedi -Eve! Fai in fretta a vestirti!-
-Certo, se vi togliete dai piedi!- disse, dal momento che l’intero gruppo stazionava ancora sulla soglia.
Prima di uscire Bruce cacciò un urlaccio verso Danny, rimasto impalato in un angolo a sperare che tutti dimenticassero la sua esistenza. Ancora rosso in volto, lui gli lanciò un’occhiata silenziosa e piena di vergogna. Dopodiché scomparve senza fiatare.
-Non ti capisco, Harper.- Benji lo aspettava nel corridoio e lo affiancò sulle scale -Qualche giorno fa hai detto che non ti dava fastidio che vedessimo Evelyn nuda, vero Tom?-
-Verissimo. Lo ricordo perfettamente anch’io.-
-Non mi dà fastidio se è in foto e non è l’unica ad esserlo! E soprattutto non se lo è in presenza di un altro, loro due da soli!-
Tom e Benji si guardarono.
-In effetti una certa logica ci sarebbe.- puntualizzò il portiere -Se non stessimo parlando di Mellow.-
La nonna li intercettò sugli ultimi gradini.
-Al telefono c’è una persona che chiede di Holly. Un certo signor Samo… La linea è disturbata, non capisco di cosa si tratti.-
Alle orecchie dei ragazzi Samo non poteva essere che Gamo.
-Diamine, proprio ora! Che tempismo del...-
Philip mise Mark a tacere con una gomitata. Ripresero parlare a sussurri, timorosi che l’allenatore più severo e intransigente di tutta la storia del calcio giapponese carpisse anche solo una parola sbagliata.
Benji si avvicinò al capitano e gli mise una mano sulla spalla, incoraggiante.
-Dovrai cercare di ottenere la maggiore quantità di informazioni nel minor tempo possibile, o perderemo il treno.-
-Non sarà facile.-
-È sufficiente che non ti dilunghi troppo.-
-Io non mi dilungo. Anzi non risponderei neppure…-
-Ma qualcuno deve farlo.-
-E lo farò, ma voi sparite. Non vi voglio tra i piedi!- Holly li esortò a togliersi di torno. Mentre recuperava la cornetta, non si accorse che i compagni decidevano di comune accordo di restare nell’ingresso perché avevano già sperimentato il freddo esterno e si erano stancati di aspettare al gelo. Una soluzione che non andò bene a tutti.
-È meglio se ti togli di torno, Bruce. Durante l’ultima telefonata hai combinato un casino.-
-Solo se esci anche tu, Philip.-
-No, prima tu.-
-Fuori si gela, uscirò quando andremo via.-
-Che fate? Ricominciate?-
Philip si volse furioso.
-Perché usi il plurale, Landers?-
-Perché sei tu che stai discutendo con quel mentecatto, Callaghan.-
Holly fece loro cenno di tacere e coprì la cornetta per lanciare l’ordine.
-Uscite tutti!-
-Fuori fa freddo, spicciati!-
Bruce e Philip si spinsero a vicenda sul piazzale. Tom li seguì per controllarli e anche il trio della Toho si tolse silenziosamente di mezzo. Julian si rassegnò a raggiungere i compagni all’esterno e dentro rimase solo Benji.
-Non esci?- gli domandò Patty guardandolo storto.
-No, anzi. Mi rendo utile.-
-Per esempio?-
-Accorcio i tempi.-
-Che significa?-
-Che se non perderemo il treno sarà solo grazie a me!-
-Non ci stai facendo un favore. Anche tu vuoi andare a sciare.-
-Su quel treno potrei salirci da solo. E invece sono qui a fare in modo che lo prenda pure Holly.-
Una mano sulla cornetta a coprire lo scomodo dialogo tra la fidanzata e il portiere, il capitano si sforzava di ascoltare le parole del mister che lo chiamava da Tokyo, con i rumori del traffico in sottofondo. Ma non riusciva a ignorare Benji e si chiedeva come metterlo a tacere o, almeno, concludere la telefonata. Tanto di ciò che aveva da dirgli Gamo, non aveva capito nulla. La soluzione la trovò direttamente il portiere, strappandogli letteralmente il telefono dalle mani.
-Salve, mister! Sono Benji.-
“Price, stavo parlando con Holly di una cosa importante...”
-Per noi non esiste nulla di più importante degli allenamenti e stiamo giusto uscendo. Richiami stasera. All’ora di cena dovremmo essere rientrati.-
Holly scosse la testa, lasciò Benji alle prese con l’allenatore e raggiunse l’ingresso per infilare di nuovo le scarpe.
Benji arrivò un secondo dopo e quando furono all’esterno la curiosità dei ragazzi li circondò.
-Che voleva Gamo?-
-Ve lo dico sul treno. Adesso andiamo.-
Era davvero troppo tardi. Percorsero la discesa verso il paese molto più lentamente di quanto avrebbero voluto. Evelyn non poteva correre né sforzare la caviglia e quando entrarono nella stazione il treno era già sul binario pronto a partire. Il fischio di chiusura delle porte risuonò acuto, allora Bruce si caricò la fidanzata sulle spalle e saltò all’interno del vagone un attimo prima di restarne chiuso fuori.
Ferma in cima alle scale del sottopassaggio, Patty sorrise e strinse la mano del capitano, osservando il treno che si allontanava senza di loro. Lei e Holly non avevano neppure perso tempo ad acquistare i biglietti e nella fretta nessuno dei compagni si era accorto di averli lasciati indietro. Quando gli ultimi vagoni scomparvero dietro una curva, entrambi tirarono un profondo, sentito e liberatorio sospiro di sollievo.
-Siamo soli!- Patty si strinse a lui euforica -Sei un genio! È per questo che ti adoro!-
Uscirono dalla stazione tenendosi per mano. Holly aveva chiaro in testa tutto il programma della giornata. Sorrise pregustandolo, mentre lo illustrava anche a lei.

Seduto accanto a Jenny nei posti da quattro, Philip allungò il collo verso gli altri sedili occupati dai compagni.
-Allora, Holly. Cosa voleva Gamo?-
Poiché nessuno rispose, i suoi occhi guizzarono ovunque senza scovarlo.
-Holly?- Julian si affacciò nel corridoio, addirittura si alzò - Non c’è!-
E non c’era neppure Patty.
-Non è salito!-
-Non è possibile!-
I ragazzi li cercarono increduli tra gli sparuti passeggeri, arrivando presto all’amara conclusione.
-Ci hanno giocati!-
-Strano, Patty voleva andare in piscina.-
Benji, dall’altra parte del corridoio, sorrise.
-Hanno le terme, Amy. E per di più possono godersele da soli.-
Jenny prese l’inconsolabile fidanzato per mano e lo tirò verso di sé.
-Siediti, Philip.-
-Sono rimasti a Shintoku!-
Lei sorrise paziente.
-Allora dobbiamo essere contenti per loro. Holly se la merita una giornata di riposo, non credi?-
Jenny si sistemò contro la sua spalla e spostò gli occhi sul finestrino. Usciti dalla cittadina esistevano solo neve, alberi e cielo.

*

-Mi dispiace ma proprio non posso.- dichiarò Evelyn -Anzi, a dire il vero non mi dispiace per niente!-
La caviglia ammaccata non avrebbe sopportato di essere strizzata negli scarponi da sci. Bruce lo capiva ma era lo stesso combattuto tra il desiderio di affrontare la pista e quello di restare insieme alla fidanzata a bighellonare per la valle. Non aveva mai sciato e non aveva idea di quando gli sarebbe ricapitata l’occasione poiché tra le sue priorità, la settimana bianca occupava davvero gli ultimi posti. Guardò gli sci in bella mostra sugli espositori e sospirò.
-Non me la sento di lasciarti da sola!-
-E allora resta con lei.- suggerì Philip, sperando di togliersi dai piedi l’ennesimo principiante.
Era determinato ad affrontare una discesa in solitaria sul percorso per esperti e poi una gara con Jenny sulla pista meno ripida. Già si immaginava filar via veloce lasciandola indietro, rallentare a metà percorso fino a farsi superare e poi seguirla passando con gli sci sui segni lasciati da quelli di lei. Avrebbe udito la sua risata entusiasta e si sarebbe affiancato fin quasi a sfiorarla. All’ultimo l’avrebbe sorpassata di nuovo mandandola su tutte le furie. A valle avrebbe rallentato, lasciandola vincere. Lei avrebbe capito la manovra ma sarebbe stata contenta lo stesso. Le lanciò un’occhiata e la vide camminare avanti e indietro lungo la corsia del negozio dedicata agli accessori femminili, alla disperata ricerca degli sci della volta precedente che non riusciva più a trovare. Doveva averli noleggiati qualcun altro. A volte proprio non la capiva: che fossero lilla, azzurri o verdi, cosa cambiava? Doveva soltanto affittarli. Scosse la testa e sorrise. Dopo la gara con lei voleva riservarsi un’altra discesa come si deve, di quelle spericolate, di quelle a tutta velocità dove gli alberi filano via in una linea scura e continua, di quelle che se prendi un dislivello, salti in aria e atterri anche due metri più in basso. Era venuto fin lì apposta, maledizione!
Lanciò un’occhiata a Benji, perché pochi minuti prima si erano ritrovati insieme a guardare gli snowboard. Si erano scambiati uno sguardo complice, poi il portiere aveva scosso la testa, rassegnato in partenza a rinunciare.
-Meglio di no. Se avessimo un imprevisto...-
Aveva lasciato in sospeso l’agghiacciante possibilità e Philip aveva capitolato senza condizioni perché in programma c’era la partita contro l’Oman.
Bruce continuava a non decidersi, sottraendo tempo prezioso a tutti.
-L’altra volta non sono salito.-
-E allora vieni!- Philip sospirò, cominciando a perdere la pazienza.
-Però così Evelyn rimane sola.-
-Di cosa hai paura?-
Alla fine delle piste, sul pianoro, c’erano solo grappoli di bambini in compagnia di istruttori, che prendevano lezioni di sci di fondo mentre aspettavano a valle il ritorno dei genitori saliti ad affrontare percorsi più impegnativi.
-Bruce, non preoccuparti. Farò un giro e un po’ di foto e quando mi sarò stancata andrò a sedermi in qualche bar.-
Il ragazzo sembrò convincersi e si mise in fila per la seggiovia, mentre Evelyn si allontanava.
I problemi iniziarono quando si ritrovarono in cima alla pista.
-Come mai sai sciare, Danny?-
Il fastidio di Mark trapelò dal suo sguardo acuminato e dal tono della sua voce. Non aveva dubbi che Ed ne fosse capace ma dover annoverare tra gli esperti anche Mellow fu una sgradita sorpresa.
Danny sapeva sciare perché suo padre amava farlo e l’aveva portato con sé sulle piste fin da bambino. Ma come poteva dire una cosa del genere a Mark che il padre l’aveva perso alle elementari?
-No nel modo più assoluto!- gridò una voce, facendogli sfuggire un sospiro di sollievo.
Le proteste di Philip arrivarono al momento giusto. Con gli sci già agganciati, seguiva Jenny che si dirigeva proprio verso di loro. Danny fu rapidissimo a cogliere l’attimo per dileguarsi insieme a Ed, imboccando la pista a gran velocità.
-Callaghan! Se continui a urlare così farai venir giù l’intera montagna!-
Jenny appoggiò Mark.
-Infatti non c’è nessun bisogno che gridi, Philip.-
-E allora aprite bene le orecchie, tutti e due! Oggi non si ripeterà ciò che è successo l’altro giorno.-
-Difficile evitarlo, sei di pessimo umore anche stavolta.- sogghignò Mark, strizzando l’occhio all’amica in un gesto complice che lo mandò su tutte le furie.
-Jenny! Vieni con me e lascia che quest’incapace se la cavi da solo!-
-Philip! Non possiamo! E se si fa male? Cosa dirai a Gamo?-
-Philip…- Bruce lo chiamò con una vocina timorosa.
-Cosa c’è?-
-Non so sciare.-
-Allora cosa sei venuto a fare? E soprattutto, cosa vuoi da me?!-
-Benji mi ha detto di rivolgermi a te perché sei il più esperto. Mi ha assicurato che ci avresti pensato tu…-
Solo nel momento in cui fu costretto a farci caso, Philip si rese conto che il portiere e tutti gli altri erano ormai talmente lontani da risultare dei puntini colorati sulla pista. Gli venne un colpo. Quei maledetti avevano lasciato di nuovo lui e Jenny alle prese con due impiastri. Guardò la fidanzata così turbato che la ragazza provò nei suoi confronti un moto di compassione.
Dietro di lei Mark rideva, e ridendo si tirò addosso per forza di cose la collera del compagno.
-Bene, Landers. Molto presto avrai ben poco da stare allegro. Farai la discesa con me!-
-Ma...- tentò lei.
-Niente “ma”, Jenny!-
La giovane si rassegnò per non contrariarlo più di così. E poi Mark con lui non correva nessun rischio, avrebbe dovuto soltanto armarsi di pazienza e starlo ad ascoltare.
-Va bene, allora. Facciamo come dici tu.-
-Jenny… Mi lasci con lui?-
-Philip è molto più bravo di me, Mark.-
-Ma ha molta meno pazienza.- borbottò scontento, chiedendosi se sarebbe arrivato fino in fondo alla pista tutto intero. Decise di mettere in guardia il compagno.
-Sai bene che se mi faccio male il mister se la prenderà con te, vero?-
Philip alzò le spalle con noncuranza.
-Se la prenderà con me comunque solo per avervi portati qui e il fatto che tu ti sia fatto male non cambierà nulla. Come vedi non ho niente da perdere.-
Sentirli parlare in quei termini mise Jenny in apprensione. Decise quindi di allontanarsi per non essere costretta ad ascoltarli. Bruce la seguì docilmente spingendosi sugli sci, maldestro ma soddisfatto per come si erano sistemate le cose. Preferiva mille volte lei a Callaghan. Nervoso com’era dalla mattina, il compagno non avrebbe fatto altro che criticarlo e rimproverarlo, mentre insieme a Mark formava la coppia perfetta di quel giorno.
Con infinita pazienza e lanciando continue occhiate preoccupate dietro di sé, Jenny spiegò a Bruce i rudimenti per affrontare la pista, come tenere i piedi e le braccia, come piegarsi in avanti per mantenere l’equilibrio. A metà discesa il ragazzo aveva ormai preso dimestichezza con gli sci, mentre dietro di loro continuavano a volare insulti e minacce alla velocità del suono. Jenny era sicura che una volta arrivata a fondovalle, avrebbe impiegato un bel po’ a far tornare il buonumore al fidanzato.

Evelyn fece il suo timido ingresso nella splendida piscina di Tomamu. Il soffitto era immenso, sostenuto da enormi piloni e travi d’acciaio bianco su cui risplendeva e filtrava, al di là dei vetri, la luce del sole. La vasca era altrettanto enorme. Per la precisione misurava ottanta metri per trenta, cioè la metà quasi esatta di un campo da calcio, come aveva letto sul cartellone dell’ingresso. La divisione a corsie era stata tolta per non interrompere il susseguirsi delle onde, generate artificialmente a intervalli di trenta minuti o di un’ora. Aveva speso una bella cifra per l’ingresso, l’acquisto del costume, delle ciabattine e l’affitto del telo da bagno, ma più si guardava intorno,  più scopriva i particolari di quell’immensa struttura e più si convinceva di aver fatto un buon investimento. Anzi, avrebbe dovuto scegliere la piscina anche la volta precedente.
I raggi del sole risplendevano attraverso le grandi vetrate laterali e al di là di esse si scorgevano le montagne innevate. Mentre avanzava verso la piscina, scovò per caso una vasca circolare, all’interno della quale chiacchierava un gruppo di donne. Si avvicinò chiedendosi perché, con tanto spazio, si fossero riunite tutte lì e lo capì quando fu abbastanza vicina da distinguere enormi bolle d’aria che salivano in superficie. Una vasca idromassaggio, ecco perché. Accidenti, voleva provare anche lei! Si lanciò un’occhiata intorno per vedere se ce ne fossero altre ma non trovandone tornò a guardare le donne. Voleva provare sì, ma preferiva aspettare di potersi immergere da sola. Individuò una sdraio libera e vi portò asciugamano e borsetta. Posò sul tavolino la lattina di caffè che aveva preso al distributore automatico e si sedette con un sospiro contento. Tirò fuori il cellulare per controllare il display ma non trovò né messaggi, né chiamate. Si chiese se fosse il caso di spegnerlo, poi raggiunse un ottimo compromesso togliendo la suoneria. Scattò qualche foto e lo ripose sul tavolo. Le donne erano ancora tutte nella vasca.
Assicurò ben stretti i lacci del bikini dietro al collo, poi si mise in piedi e raggiunse il bordo dell’enorme piscina. Si chinò, immerse una mano nell’acqua e la sentì piacevolmente calda. Quello sì che era il paradiso!

-Frena, Bruce! Frena!- Jenny lo vide filare spedito giù per la discesa acquistando velocità.
-Come si fa a frenare?-
Avvolto nella sciarpa, la testa coperta dal casco, Jenny poté solo immaginare la domanda poiché distinse appena la sua voce. Si spinse sugli sci e si gettò all’inseguimento.
-Bruce!- gridò tallonandolo -Ruota i piedi all’interno!-
Lui sbandò e per poco non cadde. Riprese l’equilibrio e puntò verso il lato della pista. Jenny riuscì ad affiancarglisi.
-Bruce! Fai così!- lo esortò.
Ma lui non era in grado di coordinare i movimenti neppure quanto bastava per voltarsi a guardarla. Si era accorto di mirare dritto contro un albero e non sapeva come cambiare direzione.
Non notò la neve accumulata intorno al tronco durante le decine di passaggi per spianare la pista. Non capì che quella specie di protezione naturale lo avrebbe protetto. Così si gettò di lato, tagliando la strada a Jenny che solo per un caso fortunatissimo non gli finì addosso.
Il percorso impazzito di Bruce e lo scontro appena sfiorato la indussero a guardarsi alle spalle. Scorse solo un paio di sciatori ancora troppo lontani perché il ragazzo costituisse un pericolo per loro, così attraversò la pista in larghezza e arrivò di nuovo accanto a Bruce.
-Devi frenare! Prima ti ho fatto vedere come si fa, ricordi?-
-No, per niente!-
Jenny regolò la propria velocità per restargli accanto.
-La cosa più sbagliata che puoi fare adesso è lasciarti prendere dal panico. Stai andando benissimo, devi solo imparare a controllare gli sci.-
-Se avessi saputo farlo a quest’ora mi sarei fermato! Fermami tu, Jenny!-
Lei tentò di afferrarlo per rallentarne la corsa. Gli sfiorò la giacca con la punta delle dita ma non riuscì a trattenerla quando un improvviso dislivello del terreno li avvicinò troppo e i loro sci si urtarono. Rischiarono di cadere. Bruce si sbilanciò ma restò miracolosamente in piedi mentre Jenny fu costretta a lasciarlo e a frenare.
-Bruce!-
Il ragazzo proseguì senza controllo per un buon tratto, tagliando la strada a una mamma e una bambina, proprio quegli sciatori che poco prima sembravano abbastanza lontani e che in vece li avevano già raggiunti.
-Razza di imprudente! Che ci fai qui se non sai sciare?- gli gridò dietro la donna.
Jenny si diede una spinta e la raggiunse.
-Mi dispiace, signora. È con me! Adesso lo recupero!-
O almeno sperava di riuscirci!
L’ansia della ragazza attenuò l’indignazione della sciatrice, che rispose con un filo di preoccupazione in più.
-Allora in bocca al lupo, cara. E cercate di non farvi male.-
Jenny lo sperò, pensando che se si trovava in quella brutta situazione era tutta colpa di Philip. Insieme a Mark sarebbe andata meglio ed era sicura che si sarebbero persino divertiti.
Qualche metro più giù rispetto a lei, continuando a filare verso valle a gran velocità, il vento che gli sbatteva addosso senza rallentare la sua corsa, Bruce si chiese come aveva potuto pensare di affrontare una pista così difficile senza aver mai agganciato un paio di sci. Evelyn aveva avuto ragione a non voler tornare lassù e lui avrebbe fatto meglio a darle ascolto. Mentre gli alberi lungo la pista filavano via ad una velocità pazzesca, capì che se non voleva ammazzarsi doveva trovare il modo di fermarsi, o quanto meno rallentare.
-No!- la voce di Jenny alle sue spalle lo spaventò e lo rassicurò allo stesso tempo -Tira su le racchette! Non puoi fermarti con quelle, devi farlo con gli sci!-
-Mi avevi detto che mi avrebbero aiutato a frenare!-
-Non a questa velocità!-
-Allora fai qualcosa tu!-
Lei, saettandogli davanti con il rischio di essere travolta, riprese a dargli istruzioni.
-Devi fermarti da solo! È il modo migliore per non farci male.-
-Per quanto mi riguarda, fammi male quanto vuoi ma fermami!-
Più avanti si apriva una curva e la pendenza diminuiva. Al di là del percorso, segnalato da una bordura di neve che lo delimitava, c’era uno spiazzo libero dagli alberi. Quello le parve il posto migliore.
-Per favore, Jenny!-
La ragazza si tirò di lato e lo lasciò passare.
-Allunga indietro una racchetta.-
Bruce lo fece, lei la strinse con i guanti e frenò per entrambi, come aveva visto fare una volta a un istruttore durante una lezione. Bruce sembrò magicamente rallentare ma il suo slancio era troppo potente perché riuscissero ad arrestarsi definitivamente su una discesa così ripida. Così Jenny cercò di guidarlo fuori della pista e poco a poco ci riuscì. Sobbalzarono sulla neve ammassata, ricaddero oltre il cumulo e rotolarono per un tratto.
-Tutto bene? Siete tutti interi?-
La donna e la bambina arrivarono subito dopo, accostandosi preoccupate.
-Sì, tutti interi e vivi.- rispose Jenny ancora incredula per lo scampato pericolo -Ha visto? Sono riuscita a fermarlo.-
-Ho visto, sì. Ma adesso devi insegnare al tuo ragazzo a sciare in modo che non sia un pericolo né per sé né per gli altri. E non mi sembra impresa facile… Comunque, in bocca al lupo!-
Jenny non ebbe il tempo di correggere l’affrettata conclusione della donna sul rapporto che tra loro non c’era perché insieme alla figlia si stava già allontanando. Allora aiutò Bruce a liberarsi degli sci e si incamminarono lungo il margine della pista, sprofondando nella neve fresca fino al polpaccio.
-E adesso che facciamo?- chiese lui.
-Te la senti di ripartire?-
-Abbiamo un’alternativa?-
-L’alternativa è scendere a piedi. Ci vorrà più tempo ma almeno arriveremo illesi.-
Bruce pensò che se al posto di Jenny ci fosse stato Philip, l’amico lo avrebbe spinto giù a calci pur di portarlo presto a valle. Allora, per mostrarle la sua gratitudine, le tolse di mano gli sci e si caricò in spalla anche i suoi. 

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Capitolo 18
*** 12 - Tormenta coi fiocchi - seconda parte ***


- 12 -
Tormenta coi fiocchi
Seconda parte


-Scusa, puoi tirarci la palla?-
Evelyn nuotò per recuperare il grande pallone gonfiabile color arancio che galleggiando si era avvicinato a lei quasi volesse coinvolgerla nel gruppo di tre ragazzi e due ragazze che giocavano nella piscina esterna, dove avevano preferito trasferirsi per non disturbare chi, in quella interna, desiderava pace e tranquillità. Evelyn li aveva trovati fuori durante il suo solitario giro esplorativo e, non avendo di meglio da fare, era rimasta a guardarli. Lo faceva ormai da un po’ ed era stata tentata più volte di chiedere se poteva unirsi a loro. Raggiunse la palla e la lanciò con una precisione millimetrica tra le mani di uno dei ragazzi. Lui la ringraziò ed Evelyn tornò ad annoiarsi. Aveva saltato le onde per due volte, era rimasta immersa quasi venti minuti nella vasca idromassaggio, aveva fotografato ogni angolo di quel luogo fantastico e ora non sapeva più come ammazzare il tempo. L’ultima volta che aveva controllato il cellulare non aveva trovato né una chiamata né un messaggio e questo significava che gli amici erano ancora sulle piste. Era stufa di stare a mollo ma uscire dall’acqua tiepida della piscina per aspettarli in strada al freddo era fuori discussione.
Una delle ragazze del gruppo la raggiunse.
-Ti va di unirti a noi? Siamo dispari, ci serve una persona.-
-Magari!-

-Ben arrivati!- gridò Benji a fondo pista. Si era liberato degli sci e del casco e osservava Callaghan e Landers scendere in velocità l’ultimo tratto del percorso, notando con disappunto che quest’ultimo era molto migliorato.  
Anche da lontano Philip percepì senza errore la venatura di sarcasmo che caratterizzava il novanta percento dei suoi interventi e che anche questa volta il portiere non si curò di dissimulare. Ciò rappresentò un ulteriore motivo di astio nei confronti dei compagni che lo avevano ingannato, costringendolo a rinunciare alla tanto agognata discesa con Jenny per mollar loro i soliti incapaci. Piantò Mark, ormai in grado di percorrere senza di lui gli ultimi metri senza ammazzarsi, si diede una spinta e acquistò velocità. Quando fu tanto vicino da veder comparire sui loro volti sconcerto e preoccupazione, frenò di colpo disegnando un’ampia curva sul pianoro. La neve crepitò sotto gli sci e schizzò alta. Li investì tutti, nessuno poté scostarsi in tempo.
-Fantastico!- si congratulò Mark arrivando subito dietro di lui -Questo devi proprio insegnarmelo!-
Philip si slacciò il casco e abbassò la sciarpa che gli riparava il viso. Si sfilò gli sci con indifferenza e li poggiò contro i sostegni di legno mentre gli amici si ripulivano dagli schizzi di ghiaccio. Soltanto Benji azzardò una protesta, che però Philip ignorò del tutto, molto più preoccupato da qualcosa che di colpo divenne di vitale importanza.
-Dov’è Jenny?-
La fidanzata non era con loro e non la vedeva da nessuna parte.
-Lei e Harper non sono ancora arrivati.-
Le parole di Warner ebbero per lui l’effetto di una doccia fredda. Scandagliò con gli occhi la pista, attraversata in lungo e in largo da sciatori che affrontavano la discesa con una spigliatezza e una velocità che non potevano essere certo quelle di Bruce.
-Impossibile, erano davanti a noi.- Philip spostò gli occhi su Mark cercando una conferma.
-Non mi sono accorto di averli superati.-
-Ho fatto tre volte la discesa.- li mise al corrente Benji con una certa soddisfazione -Non li ho cercati ma se ci fossero stati li avrei certamente visti.-
-Sei salito e sceso tre volte?-
-Sì e al contrario di te, Landers, ho impiegato più tempo a salire che a scendere.-
-A scendere sei stato una scheggia, praticamente sei scomparso.- lo accusò Philip -Come tutti voi. Rapidissimi a lasciare le rogne agli altri, begli amici!- dedicò un’occhiata accusatoria all’intero gruppo.
-Sei tu ad aver organizzato qui il ritiro e giustamente ora ne subisci le conseguenze.-
-Io sarei una rogna, Callaghan?- Mark si sganciò sci e li appoggiò accanto a quelli di Tom
-Sicuramente lo è Bruce…- borbottò Philip -Dove accidenti sono finiti? Se ha combinato qualche guaio me la paga.-
-Andiamo a bere qualcosa, nell’attesa?- propose incautamente Julian.
-Nessuno si muove da qui senza Jenny!-
-Si vede proprio che sei preoccupato per l’incolumità di un tuo compagno di squadra, Callaghan.- Dopo la frecciata di rito, Benji si sedette sui sostegni degli sci e si rassegnò ad aspettare.
-La rogna a cui ti riferivi prima te l’aveva detto che era meglio se ti occupavi tu di quell’impiastro. Jenny ed io ormai avevamo raggiunto un’ottima sintonia.- l’occhiata torva che Mark rimediò da Philip non bastò a zittirlo -Invece hai voluto fare di testa tua. Sai che ti dico? Ti sta bene!-
Visto che non c’era Holly per farlo, Tom si sentì in dovere di mettere pace.
-Mark, per favore. Non serve che adesso tu..-
-E invece sì! Io gliel’ho detto, a questo qui! Ma figuriamoci se mi dava retta!-
Osservando le piste dall’alto del suo trespolo, Benji si chiese se ci fosse ancora tempo per fare un’ultima discesa. Poi gli venne un’idea. Saltò a terra, afferrò gli sci e si avviò verso la seggiovia.
-E adesso dove vai?-
-A lavorare per te, Callaghan. Li cercherò sulla pista.-
-Sei preoccupato anche tu?- domandò Amy.
-Macché preoccupato, vuole soltanto fare un altro giro. Vero, Price?- gli rise dietro Mark.
-Unirò l’utile al dilettevole.-
Julian scorse i ritardatari.
-Puoi risparmiarti la fatica. Jenny e Bruce stanno arrivando.-
Non vennero giù dalla pista sciando come tutti si aspettavano, ma sprofondando ad ogni passo tra la neve su un sentiero laterale.
Philip si accorse subito che la fidanzata zoppicava leggermente.
-Ti sei fatta male?-
-Ho soltanto preso una storta.-
-Perché venite giù a piedi?-
-Per fare prima, abbiamo preso una scorciatoia.- rispose Bruce pronto, mentre Philip lo scrutava sospettoso -Sto morendo di fame, voi no? Chissà che fine ha fatto Eve!-
-L’hai chiamata?-
-Sì ma non risponde.-
-Intanto andiamo a riconsegnare gli sci.- decise Philip -Poi l’aspetteremo in un bar, o nel negozio del noleggio.-
Mentre si incamminavano, Bruce rifletté su dove dare appuntamento alla fidanzata e gli tornò in mente un posto che la volta precedente gli era piaciuto moltissimo. Così, restituita l’attrezzatura, scettici, stanchi e infreddoliti, gli amici lo seguirono svogliati tra gli igloo del fondovalle, ritrovandosi esattamente sul retro della grande struttura in metallo che ricopriva la piscina del resort. Si fermarono davanti a una vasca all’aperto, dove dense nuvole di vapore si levavano dall’acqua riscaldata dissolvendosi nell’aria. Amy tirò Julian per la manica della giacca.
-Che bello, avrei voluto andarci.-
-Hai ragione, è bellissimo. Però secondo me a abbiamo fatto meglio ad approfittare delle piste da sci, visto che siamo in Hokkaido.-
Lei concordò, continuando tuttavia a essere irresistibilmente attratta dall’acqua e invidiando le persone che sguazzavano beate.
Tom si rivolse a Bruce curioso.
-Come hai fatto a trovare questo posto?-
-È stato facile. Le ragazze in costume sono sempre lo spettacolo migliore.-
-In costume tipo Evelyn?- domandò Benji indicandola.
-Sì, proprio come… Evelyn! Cosa ci fai lì dentro?-
Lei si volse sorpresa e una palla gonfiabile di un vistoso arancione le rimbalzò sulla testa senza farle male. Incurante del giocattolo, che rimase a galleggiare indisturbato nei pressi, raggiunse gli amici nuotando beata.
Amy la guardò avvicinarsi praticamente nuda, circondata da un paesaggio di neve.
-Non senti freddo?-
-Macché! L’acqua è calda e si sta una favola!-
Jenny si avvicinò.
-Dove hai preso il costume?-
-L’ho comprato all’ingresso.-
-Adesso capisco perché non rispondevi al telefono.-
-Mi hai cercata, Bruce?-
-Ti ho chiamata mille volte!- il ragazzo avanzò verso di lei fino al bordo della vasca -Adesso vai a cambiarti, dobbiamo pranzare. Se non mangio qualcosa muoio.-
-Non se ne parla! Se esco, per rientrare dovrò rifare il biglietto!-
-Hai intenzione di rimanere tutto il giorno lì dentro?!-
-Perché no?-
-Prima di tutto perché ho fame! E mi pare una ragione sufficiente a uscire dall’acqua! Poi, se vuoi, ti elenco gli altri motivi.-
Mentre il dialogo tra Bruce ed Evelyn si faceva così concitato da trasformarsi in un vero e proprio battibecco, Philip si avvicinò guardingo a Jenny e la tirò da parte senza farsi notare dai compagni.
-Ho appena avuto un’idea splendida! Andiamo a pranzo per conto nostro, solo noi due!-
-Non possiamo! Siamo con loro!-
-Ma io voglio restare solo con te! Noi due soli e basta, come Holly e Patty!- si lamentò -Siamo venuti qui due volte ed è stata una peggiore dell’altra! Non siamo neppure riusciti a fare una discesa insieme!- mise le mani in tasca la scrutò -Che fine avevi fatto prima? Cos’è successo sulla pista?-
-Non avremmo dovuto portare Bruce fin lassù.-
Lui tacque in attesa che continuasse e Jenny si agitò a disagio sotto il suo sguardo indagatore.
-Siamo finiti fuori pista e ho preferito tornare giù a piedi.- gli sorrise -Philip, sii ragionevole. Non possiamo andarcene e lasciarli così. Tu hai organizzato il ritiro a Shintoku e io li ho portati a Tomamu. Dobbiamo per forza restare con loro.-
-Per favore, Evelyn! Ho fame!- sentirono supplicare Bruce -Cosa vuoi per uscire da lì?-
-Posso chiedere qualsiasi cosa?-
Lui annuì esasperato. I ragazzi intorno a loro trattennero il fiato, in trepidante attesa di sapere come sarebbe andata a finire.
-Pranzo al ristorante italiano!-
La richiesta fece ridere Benji.
-Sono proprio fatti l’uno per l’altra.-
Bruce accettò immediatamente un accordo che piaceva a lui per primo e si volse indietro in cerca di Philip, trovandolo un po’ distante e appartato, quasi che lui e Jenny intendessero tagliare la corda. Il compagno era l’unico in grado di risolvere la situazione e impedirgli di morire di fame.
-C’è un ristorante italiano qui, immagino.- Evelyn lo reclamava, quindi doveva esserci per forza.
Se Mark non fosse stato voltato per caso verso di lei proprio in quel momento, probabilmente gli sarebbe sfuggito il disappunto che comparve di colpo negli occhi di Jenny e sparì un secondo dopo lasciando solo una fievole traccia. Tanto che pensò addirittura di averlo immaginato, se solo Philip non le avesse cinto le spalle con un braccio mentre rispondeva a Bruce.
-Sì, c’è.- si rivolse poi alla fidanzata -Ma non dobbiamo mangiare lì per forza. Se non vuoi, non ci andiamo.-
Evelyn lo udì.
-Allora io non esco.-
-Ci sono ristoranti a bizzeffe, perché proprio quello?-
-E perché quello no?-
Bruce pestò i piedi, disperando di metterli d’accordo.
-Quando fai così sei insopportabile.-
-Cos’ha che non va la cucina italiana?- s’incaponì Evelyn.
-Prima di tutto costa cara!- sbottò Mark.
-E poi il servizio è pessimo.- aggiunse Philip.
-E allora?- insistette lei -Le recensioni sulla pizza sono tutte positive.-
Evelyn non mollava e Jenny capì che se intendevano uscire dalla situazione di stallo, o meglio farla uscire dalla piscina, doveva essere lei a capitolare.
-E sia per il ristorante italiano. Evelyn, puoi andare a cambiarti.-
Un quarto d’ora dopo stavano già varcando l’ingresso dell’hotel extralusso col naso all’insù, ad ammirare le due altissime torri che svettavano contro il cielo azzurro proprio sopra di loro. Evelyn si fermò nell’atrio per fare qualche foto con il cellulare.
-Fantastico! Ho avuto davvero un’ottima idea. Non vi pare?-
-Pessima.- rispose Philip, senza sapere di non essere l’unico a pensarla così.
Mark infatti era convinto che più che ottima, l’idea di Evelyn fosse un cataclisma, un fulmine a ciel sereno, una doccia fredda, un infortunio alla finale della coppa del mondo. E per capirlo bastava guardarsi intorno e notare il lusso e lo sfarzo degli arredi dell’albergo che al quinto piano ospitava il ristorante italiano. Si sforzò di ricordare quanto avesse nel portafoglio, lui che fin dalle scuole elementari aveva preso l’abitudine di portare poco con sé per evitare di spendere.
I suoi peggiori timori si rivelarono fondati nel momento in cui prese in mano il menù, seduto sulle poltroncine di morbida pelle, con Jenny da un lato e Tom dall’altro. Gli bastò dare un’occhiata ai prezzi per decidere all’istante il piatto più economico, un’insulsa insalata che non lo avrebbe né scaldato né sfamato.
Accanto a lui Jenny era stranamente rigida e silenziosa, il volto sprofondato tra le pagine del menù come se intendesse impararlo a memoria. Per lei in quel momento il nome di ogni pietanza era più interessante di ciò che aveva intorno ma quando sentì Mark muoversi e sfiorarla senza volerlo, si volse in tempo per vederlo riporre il portamonete nella tasca dei jeans. Guardò la sua espressione afflitta e le balenò un sospetto.
-Quanto hai con te?-
Lui esitò a rispondere, capendo anche che era completamente inutile nascondersi. Al momento di pagare lo avrebbero scoperto tutti.
-Duemila yen.-
Jenny ne prese atto seria, recuperando la borsetta. La appoggiò sulle ginocchia e senza farsi vedere da nessun altro, sfilò una banconota dal portafoglio e l’allungò verso Mark.
Lui reagì ritraendosi.
-Prendila.- ordinò lei con un sussurro deciso.
-Mai.-
-Non è un regalo ma un prestito. Me li restituirai.-
Continuando a rifiutare, Landers pensava che se Price avesse scoperto che non aveva con sé che pochi spicci, avrebbe ricominciato con la storia del morto di fame, dello spilorcio e chissà cos’altro. Insomma, alla fine non ebbe scelta. Allungò la mano sotto il tavolo e si appropriò dei diecimila yen che l’amica gli porgeva salvandogli la reputazione. Quando sentì la carta tra le dita, ripiegò la banconota e la mise furtivamente in tasca. Lei sorrise.
-Il cibo è ottimo, approfittane.-
Mark non fu sicuro di volerla ringraziare di un gesto sì gentile, ma che aveva dato una bella scossa al suo orgoglio. E comunque non ebbe la possibilità di farlo.
-Ciao, Philip!-
La voce estranea fece sussultare Jenny quasi avesse ricevuto uno schiaffo invisibile. Philip cercò la sua mano sotto il tavolo e la strinse rassicurante.
Entrambi si aspettavano di trovarla lì e avrebbero evitato volentieri di sedersi a quei tavoli, ben sapendo che ormai da anni durante la stagione sciistica lavorava come cameriera proprio in quel ristorante.
-Da quanto tempo non ci si vede!-
-Mai abbastanza.-
Philip alzò malvolentieri lo sguardo dal menù per posarlo sulla ragazza in piedi di fronte a lui dall’altra parte del tavolo, il grembiule bianco che le fasciava i fianchi e in una mano il palmare per le ordinazioni. Proseguì con un semplice saluto risicato e privo di intonazione.
-Ciao, Nancy.-
-Sapevo che prima o poi saresti venuto a trovarmi.-
-Siamo capitati per caso.-
-Cosa ti porto?-
-Non ho ancora deciso, torna dopo.-
Il suo tono e le sue parole sfiorarono la scortesia ma lei sorrise lo stesso.
-Pensaci con calma. Per me è un piacere averti qui e più resti, più sono contenta.- disse e si allontanò a testa alta per raggiungere un altro tavolo.
Non essendo una tipa che per i gusti di Benji valeva una seconda occhiata, tutta la sua attenzione si spostò sul compagno.
-Stava flirtando con te, Callaghan?- lo chiese quasi incredulo -Chi è?-
-Frequentava il nostro stesso liceo.-
-Di tutti e due?- domandò Evelyn -Se la conoscete entrambi perché ha salutato solo te, Philip?- fu facile indovinarlo, Benji aveva già lanciato il primo indizio e comunque lei aveva vista e udito ben sviluppati -Le piaci, Philip?-
L’acume della futura giornalista fece centro.
-Magari adesso non più.- intervenne Jenny -Ma l’antipatia tra noi è rimasta.-
Mentre li ascoltava, Amy si chiese era proprio quella la ragazza di cui Jenny aveva parlato con loro in confidenza un paio di giorni prima. La compagna di scuola del liceo che le aveva dato il tormento perché era cotta di Philip. Nel dubbio...
-Se lo aveste detto prima, saremmo andati da un’altra parte!-
-Evelyn ci teneva e Nancy è soltanto una seccatura.- rispose Jenny senza riuscire a convincersi lei stessa. Tanto che desiderava andare in bagno e riordinare le idee lontano da Philip, perché con lui accanto non ci riusciva. E poi voleva che si sentisse libero di rivolgersi a Nancy a piacimento, non condizionato dalla sua presenza.
Si alzò e Amy, intuendone il motivo, la imitò.
-Se vai in bagno ti accompagno.-
Evelyn le raggiunse ancora prima che svoltassero l’angolo.
-Perché le ragazze vanno sempre al bagno insieme?- domandò Bruce rileggendo per la quinta volta l’intera scelta di pizze. Non riusciva proprio a decidersi.
-Per chiacchierare di ciò che non vogliono che sentiamo.- spiegò Julian -Avete deciso? Possiamo ordinare?-
Philip annuì, poi si accorse che Benji continuava a osservare incuriosito Nancy spostarsi tra i tavoli.
-Chiamala, Price.-
Il portiere intese l’esortazione più come un ordine che come un suggerimento e rispose a tono.
-Chiamala tu, così arriva prima.-
Invece non ci fu neppure bisogno di chiamarla, Nancy. Bastò che Philip le posasse gli occhi addosso e che lei incontrasse il suo sguardo per indurla ad avvicinarsi al loro tavolo.
Bruce ne fu entusiasta.
-Forte! Avete persino un collegamento bluetooth!-
-Vaffanculo, Harper.-
Julian ordinò anche la pizza che aveva scelto Amy, Bruce quella di Evelyn. Grazie al prestito di Jenny, Mark poté ordinare una margherita, mentre Benji ovviamente non badò a spese e Tom si orientò sul classico. A scegliere per ultimo fu Philip. Nancy registrò anche la sua pizza e lo guardò nello stesso modo in cui lo guardava al liceo.
-E Jenny cosa prende?-
-Pensavo non l’avessi notata, visto che non l’hai salutata. Comunque non prende niente.-
Lei fece spallucce e si allontanò.
-Jenny non mangia?- chiese Mark.
-No, non vuole nulla.-
Con un tempismo perfetto Nancy intercettò la rivale del liceo nel corridoio che portava ai bagni e, più oltre, fino in cucina. Non badò alle due ragazze che erano con lei, gli Allen non si lasciavano intimidire da nessuno. Era abituata ad affrontarle, le amiche di Jenny, e non avevano mai costituito un problema. Si piantò in mezzo al percorso sbarrandole la strada con lo stesso fare arrogante che l’aveva sempre contraddistinta anche a scuola.
-Non riesco a credere che Philip non si sia ancora stancato di te, insulsa ragazzina.- la provocò in modo odioso.
-Ci sposeremo, Nancy.-
-Se fossi in te non ne sarei così sicura.-
Evelyn si sentì rimescolare dalla collera.
-Fila a lavorare o ti prendi un ceffone!-
Nancy le lanciò l’occhiata distratta che secondo lei meritava.
-Sempre pronte a difenderti, le tue amiche.-
-È facile capire chi è l’elemento peggiore.- rispose Jenny. Erano passati troppi anni perché riuscisse ancora a intimidirla. Adesso neppure svettava più su di lei come a scuola, essendosi a sua volta alzata di statura.
-Sei venuta qui per mostrarmi quanto tu e Philip siete felici?-
-Siamo venuti per mangiare.-
-Eravamo venuti per mangiare.- corresse Evelyn che ribolliva di sdegno. Si rivolse a Jenny -Avevate ragione tu e Philip, il servizio è pessimo. Andiamo via.- scostò la cameriera che le impediva di passare e tornò in sala furiosa, trascinando Amy con sé.
Quando anche Jenny fece per superarla, Nancy la prese per il maglione e avvolse il pugno nella stoffa, bloccandola sul posto. Il gesto non la intimorì.
-Le cattive abitudini non muoiono mai, a quanto pare. Non siamo a scuola Nancy, lasciami.-
-Non ti sposerai con Philip.-
-Sarai tu a impedirmelo?-
-No, lo farà il destino.-
La sicurezza di Jenny vacillò. Con gli anni aveva fatto il callo alle sue minacce, ma non era preparata ad affrontare le sue predizioni. Ebbe paura. All’improvviso l’idea che le parole della ragazza si avverassero la terrorizzò. Indietreggiando tentò di scostarsi da lei e dalla sua malaugurata profezia.
-Ti ho detto di lasciarmi.-  
-Jenny?-
Tom arrivò insieme a Benji e Nancy abbassò di colpo il braccio.
-Hai sempre avuto fortuna.- sibilò furibonda.
Benji avanzò risoluto verso di  loro, il suo incedere altezzoso e sicuro di sé occupava spazio e Jenny si sentì improvvisamente rimpicciolire. Lo sguardo del ragazzo brillò di divertimento mentre sgomitava il compagno con aria saputa.
-Ti ho già detto, Tom, che ho un debole per le cameriere, vero?-
Lui annuì come se fosse davvero così, mentre il portiere puntava la sua preda.
-Nancy… giusto? Che ne dici della suite dell’ultimo piano? Più tardi ti va di salire a tenermi compagnia?-
La ragazza divenne prima tutta bianca, poi tutta rossa fin quasi a sfiorare il violetto.
-Come ti permetti? Per chi mi hai presa?-
-Ho sbagliato? Eppure mi è sembrato che a Callaghan avresti offerto volentieri un diversivo se solo fosse stato disponibile. Ma purtroppo non lo è, ha la ragazza… Io invece in questo momento sono libero come l’aria e, ti assicuro, anche molto più esperto.- le strizzò un occhio.
Tom tossicchiò a disagio e lanciò un’occhiata imbarazzata a Jenny. Lei gli si accostò, il forte timore che una ragazza impulsiva come Nancy, sorella del più pericoloso teppista del liceo di Furano, provocata in modo così scandaloso passasse alle mani. E lei non voleva assolutamente finire nella rissa.
Il portiere approfittò della sua esitazione, si avvicinò e le circondò i fianchi con un braccio. Attirarla verso di sé e sussurrarle una promessa all’orecchio fu un tutt’uno. Nancy si scostò furibonda spintonandolo indietro.
-Non osare mettermi le mani addosso!-
-Nancy!- il cuoco la richiamò dalla cucina -Cosa stai combinando? I clienti aspettano!-
Lei sussultò al rimprovero, poi rispose qualcosa di indefinito mentre Benji rideva apertamente del suo imbarazzo. Ebbe tutto il tempo di canzonarla, mentre lei percorreva il corridoio a testa bassa per raggiungere la cucina.
-Quando scoprirai chi hai snobbato, sono certo che te ne pentirai.-
Ancora un po’ scossa da quanto accaduto, Jenny tirò un respiro profondo.  
-È stato davvero divertente, grazie. Fai sempre quest’effetto alle ragazze?-
-A quelle brutte e stupide sì, le altre svengono ai miei piedi. Ne conosci di gente strana, tu… Kevin, Nancy…-
-Posso includere anche te nella lista?-
-Sì, ma non nella stessa. Nell’altra, quella dei ragazzi affascinanti, di ottima famiglia, ricchi e simpatici.-
Tornando dal bagno Jenny trovò Amy in piedi a insistere per andar via mentre Evelyn non riusciva a convincere Bruce a uscire di lì in nessun modo.
-Che vuoi fare, Jenny?-
Lei guardò Philip senza capire.
-Vuoi andare via?-
-No, perché?-
-Per Nancy.-
Evidentemente mentre lei era in bagno era stato messo al corrente dell’accaduto.
-Vi ringrazio per la premura ma non voglio andar via. E poi abbiamo già ordinato.-
Le ultime le speranze di Mark di risparmiare sul pranzo si infransero definitivamente.

*

Il treno entrò in stazione sollevando una nube di neve e Holly alzò un braccio per ripararsi il viso.
-Sei sicura che saranno contenti di vederci?- domandò dubbioso alla fidanzata.
-A me farebbe piacere.-
-Tu non sei loro.-
I ragazzi scesero da uno degli ultimi vagoni e Patty li chiamò agitando una mano. Bruce li individuò per primo, commentando la loro presenza con una buona dose di ironia.
-Guardate chi c’è! Come mai da queste parti, voi due?-
-Siamo venuti a prendervi.-
-Bel pensiero davvero, dopo averci abbandonati.-
-Come facevate a sapere che eravamo su questo treno?-
-Gliel’ho detto io, Tom.- disse Evelyn.
Senza degnare il capitano di uno sguardo, il suo vice gli passò accanto a testa bassa davvero poco sportivamente e imboccò l’uscita della stazione.
-Philip! Che ti prende?-
Gli rispose Bruce fermandosi esattamente davanti a Holly.
-Gli prende che non si abbandonano così gli amici.-
-Mi auguro che almeno abbiate impiegato bene il vostro tempo. Sarà molto difficile che vi ricapiti un’occasione simile.-
-Benji, non è che...- cercò di giustificarsi il capitano, ma il portiere non volle starlo a sentire e si incamminò, tanto ormai conosceva la strada.
Amy si accostò a Patty, che li guardava incredula senza sapere cosa pensare.
-Non è andato proprio tutto liscio. Dopo ti racconto.-
Così, al capitano non rimase altro che osservare amareggiato gli amici uscire dalla stazione uno dopo l’altro, lasciandolo lì.
-Non te la prendere, Holly.- lo rassicurò Evelyn -Sono nervosi e stanchi ma vedrai che appena si saranno riposati un po’ e avranno mangiato passerà tutto.-
-Speriamo.-
Una volta fuori dall’edificio, Amy si guardò intorno disorientata.
-Patty, ricordi per caso dov’è il negozio di Meryl? A Tomamu ho dimenticato di ricaricare il cellulare e ho finito il credito.-
-Ci siamo appena stati. Ti accompagno.-
La diserzione della fidanzata mise Holly in ansia.  
-Non torniamo insieme?-
-Vado con Amy.-
-Mi lasci solo con loro?-
-Sono sicura che te la caverai, come al solito! Ci vediamo dopo.-
Non avendo scelta, Holly si affrettò raggiungere gli amici.
-Aspettatemi!- gridò ma nessuno lo fece.
Più o meno alla fine della salita e quasi in vista del ryokan, Holly si affiancò a Philip e cercò di sondare il terreno. Ma lui lo ignorò finché non venne fermato proprio davanti la porta d’ingresso.
-Non posso credere che tu ti sia davvero offeso, Philip. Sono rimasto a Shintoku con Patty, e allora? Non vi ho mica mollato nel bel mezzo di un allenamento o, peggio, durante una partita! Siete andati a sciare! A divertirvi!-
L’altro si volse e lo guardò dritto in faccia.
-Anche Jenny e io volevamo pranzare senza seccatori intorno, oggi. E invece non lo abbiamo fatto perché siamo qui tutti insieme, non da soli per una vacanza romantica!-
La ragazza, rimasta con loro, intervenne in difesa di Holly nonostante si fosse pentita un bel po’ di aver dato retta ai capricci di Evelyn e non al fidanzato. L’incontro con Nancy non era stato piacevole e aveva risvegliato brutti ricordi.
-Se l’idea fosse venuta a noi avresti agito nello stesso modo, Philip.-
-Ma io non sono il capitano!- insistette ostinato persino con lei.
-Lo sarai sempre, in mia assenza! E poi rifletti bene, Philip! È anche grazie a me che Jenny è ancora qui, che tutte loro sono ancora qui! Non ti basta?-
Davanti all’evidenza, Callaghan cacciò un sospiro rassegnato.
-Lasciamo perdere questa storia.-
Mentre rientrava, Jenny e Holly si scambiarono un’occhiata d’intesa. Poi anche lei varcò l’ingresso e il capitano restò solo sulla soglia, voltato verso il piazzate e l’orizzonte. Nel cielo, tra le nuvole, il sole toccava le montagne, gli ultimi raggi che accarezzavano il ryokan si facevano sempre meno intensi. In poco tempo si sarebbero dissolti nell’ombra violetta del crepuscolo e presto nel buio più totale. Patty e Amy non si vedevano arrivare, così rientrò e chiuse la porta.

Come accadeva di solito nelle lunghe notti invernali del Nord, il sole era tramontato in fretta come se la luna lo stesse inseguendo, nascondendosi tra nuvole sempre più fitte, e aveva lasciato Amy e Patty immerse in un chiarore che si stava rapidamente dissolvendo. Quella sera, la luminosità del crepuscolo era soffocata da una foschia talmente densa che i contorni della strada e di ciò che le circondava erano scomparsi creando uno sfocato tutt’uno. Non era trascorsa più di mezz’ora da quando avevano lasciato il negozio di Meryl. E in quel momento la lieve luce del tramonto invernale dorava i nuvoloni carichi di neve che nel tardo pomeriggio avevano ricoperto il cielo. La foschia aveva già iniziato ad abbassarsi inesorabile sul paese mentre lasciavano la zona illuminata delle ultime case e prendevano la solita via che le avrebbe riportate al ryokan. Salendo erano andate incontro alla nebbia che le aveva a poco a poco inghiottite. Adesso tutt’intorno non scorgevano altro che bianco. Persino le loro voci sembravano venire assorbite dal nulla.
-Mai vista una nebbia così fitta.-
-Siamo rimaste nel negozio poco più di un quarto d'ora. Perché il tempo è cambiato così?-
Mentre procedevano di buon passo, piccoli e fastidiosi fiocchi di neve cominciarono a fluttuare lievi in un alito d’aria.
-Ecco, ci mancava solo la neve.- mormorò Amy sconsolata -E non siamo neppure a metà strada.-

Mark intercettò Philip appena un secondo prima che varcasse la porta dello spogliatoio delle terme. I compagni erano tutti già dentro, più o meno a mollo nell’acqua calda a scongelarsi.
-Dobbiamo parlare.-
L’altro lasciò cadere la tendina di stoffa che aveva sollevato senza ancora oltrepassarla e si volse, un asciugamano gettato su una spalla e i vestiti di ricambio tra le mani.
-Ora?-
Si vedeva che non ne aveva per niente voglia.
-Le terme possono aspettare, quello che devo dirti è più importante.-
-Lo spero davvero.-
Philip lo seguì nella cucina deserta, dove non c’era traccia neppure della loro cena. Sperò che l’amico facesse in fretta perché probabilmente Jenny era in acqua ad aspettarlo. Si volse ad  accostare la porta su quella che prevedeva essere una conversazione privata e si preparò ad ascoltarlo. Mark praticamente lo aggredì.
-Ne ho abbastanza di te!-
E lui lo guardò a bocca aperta.
-Che ti prende?-
-Ora non far finta di non capire! Lo sai bene tu e lo so perfettamente anch’io che ti dà fastidio quando Jenny mi parla o mi si avvicina. Me ne sono accorto, sai? Se ne sono accorti tutti. Se ne accorgerebbe anche un cieco, e per tua sfortuna io ci vedo benissimo.-
A Philip l’argomento non piacque almeno quanto non piaceva a Mark e non intendeva assolutamente ammettere di essere geloso delle attenzioni – a dire il vero negli ultimi giorni sporadiche – che Jenny gli dedicava.
Si mise sulla difensiva, convinto che in questi casi la miglior difesa fosse l’attacco. Così rilanciò.
-E se anche fosse?-
-Se è così, il tuo è un ingiustificabile atteggiamento di merda. Da quando siamo qui non fai che provocarmi e non sono più disposto a tollerarlo!-
-È Price che ti provoca, non io!-
-Allora dimmi perché non hai voluto che oggi Jenny facesse la discesa con me!-
-Perché avresti dovuto farla tu se non ho potuto io?-
-Che razza di ragionamento è? Perché Harper sì e io no? A me Jenny non interessa! Vuoi ficcartelo bene in fondo a quella testaccia dura che hai?-
-Eppure le stai sempre addosso!-
-Stai scherzando?-
-Perché ci tenevi tanto a fare la discesa con lei?-
-Per questo!-
-Questo cosa?-
-Perché fai così! Volevo lei per evitare te! O pensi che Jenny sarebbe stata a insultarmi tutto il tempo?-
-Non ti sto insultando! E non l’ho fatto neppure quando avevamo entrambi gli sci ai piedi!-
Esasperato, pur di fargli capire il suo punto di vista, Mark fu tentato di ripassarlo di pugni.
-Senti, Callaghan! Ti ho detto ciò che avevo da dirti ma se vuoi continuare a non vedere le cose come stanno e a pensarla a modo tuo, non mi riguarda più!-
Mentre gli urlava addosso, si accorse che l’espressione corrucciata dell’amico si apriva in un sorriso di gratitudine.

Avanzavano tra gli alberi a passo sostenuto per raggiungere il ryokan al più presto. La nebbia era rimasta sulla cittadina e salendo si erano lasciate alle spalle anche gli ultimi sfilacci. Ma la neve continuava a scendere fitta e dritta, posandosi ovunque e formando uno strato bianco sui cappellini di lana, sulle sciarpe e sulle giacche. Lo scricchiolio degli scarponcini che affondavano nel ghiaccio interrompeva il silenzio della coltre candida che ricopriva ogni cosa. A volte però udivano il tonfo della neve che cadeva dai rami vicini e svolazzi come di uccelli notturni. Rumori improvvisi e attenuati che le facevano sussultare e puntare sull’oscurità la luce del cellulare di Amy. Il display risplendeva di azzurro ma non era in grado di penetrare il buio denso che le avvolgeva. I rumori echeggiavano intorno a loro ed era impossibile localizzarli, alcuni sembravano lontani, altri vicinissimi. Amy si fermava quasi a ogni passo, tendendo le orecchie e scrutando intorno a sé, mentre i nervi tesi cominciavano a cedere all’inquietudine.
Poi all’improvviso, inatteso e scioccante, un lampo illuminò il bosco. La luce le accecò e quando si dissolse si ritrovano più al buio di prima. Un istante dopo un boato squarciò il silenzio della foresta e Amy si bloccò, impietrita dalla paura.  
-Cos’era?-
Patty alzò gli occhi all’intrico dei rami. I fiocchi di neve si posarono delicati sul suo viso accaldato, sciogliendosi all’istante e bagnandola con rivoletti che le solcarono le guance come lacrime. Non vide nulla, solo il buio più assoluto. Non seppe neppure se riuscì a scorgere il cielo.
-Un tuono, credo.-
Amy faticò a far uscire la voce.
-Può nevicare con i tuoni?-
-Pare di sì e questa pare proprio una tormenta coi fiocchi.-
-Ho il terrore dei tuoni!-
Madre Natura non tenne conto delle fobie di Amy e un altro lampo illuminò il bosco. Lei serrò gli occhi e si coprì le orecchie con le mani. Il tuono scoppiò fragoroso, l’aria e la terra sembrarono sussultare a tanta violenza. Ma poi il frastuono si affievolì e Patty le tolse le mani dal viso, costringendola a sollevare le palpebre. Le circostanze non le permisero di provare pena per l’amica sconvolta, anzi la spinse avanti affinché procedessero sul cammino che avevano preso.
-I tuoni no…- singhiozzò disperata.
-Amy, per favore. La situazione è già abbastanza critica senza le tue paure.-
-I temporali mi hanno sempre terrorizzata!-
-Questo non è un temporale, Amy. Vedi? Non piove.-
-I tuoni e i lampi ci sono lo stesso!-
Proseguirono tra gli alberi arrancando tra la neve sempre più alta. Quando avevano abbandonato la strada superava le caviglie. Adesso, in mezzo al bosco, arrivava quasi alle ginocchia. Avevano i piedi bagnati e intirizziti, i pantaloni zuppi e i muscoli doloranti per lo sforzo di avanzare in salita nella coltre così spessa. A poco a poco i tuoni si allontanarono fino a trasformarsi in deboli brontolii. Ormai procedevano in salita da più di un’ora e avevano perso l’orientamento. La nebbia, dopo essere scesa sulla pianura, si stava alzando ancora una volta e le aveva raggiunte.
Patty si fermò per riprendere fiato e Amy si accostò, al riparo tra gli alberi.
-Hai idea di dove siamo?-
-No. E neppure di come abbiamo fatto ad arrivare fin qui. Le luci del paese non si vedono più da nessuna parte.-
-Forse sarebbe il caso di provare a tornare indietro. Forse abbiamo oltrepassato il ryokan.-
Patty pensò che valeva la pena tentare. Brividi di freddo e di inquietudine le percorsero la schiena e si strinse addosso la giacca a vento. Il buio assoluto le circondava, soltanto il chiarore del cellulare di Amy riusciva ancora a illuminare il bosco quanto bastava per consentir loro di avanzare. Da quando si erano inoltrate tra gli alberi la linea del telefonino era scomparsa ed era impossibile chiamare il ryokan per farsi venire a prendere. A prendere dove, poi? Non sapevano neppure dove fossero.
Amy si guardò intorno mentre una paura folle le attanagliava lo stomaco. E se non fossero riuscite a ritrovare la strada? Se avessero fatto la fine della fotomodella scomparsa, cadendo in un dirupo? Sentì il panico sopraffarla e scacciò quei pensieri dalla testa. Accanto a lei Patty sospirò.
-Se non fosse tutto così buio, se le nostre impronte non fossero state cancellate dalla neve…- mormorò afflitta -Se non avessimo lasciato la strada principale per tagliare la curva…-
-Ti prego!- la interruppe Amy -Non cominciamo con i “se”. Non serve a nulla!-
Patty annuì, continuando tuttavia a pensare che se non avesse nevicato sarebbe stato più facile, se il sole non fosse tramontato, se non si fossero inoltrate tra gli alberi per tentare una scorciatoia, se la nebbia si fosse alzata un altro po’…
Amy interruppe il corso dei suoi silenziosi “se” e Patty gliene fu grata.
-Proviamo a tornare indietro e speriamo bene.-
Fecero dietrofront e ripresero la direzione da cui credevano di essere venute, sperando di non sbagliare ancora.

-Mai sentito nevicare con i tuoni. È possibile?-
Mark sedeva sul davanzale, i capelli profumati di shampoo e ancora umidi per il bagno.
Holly era poco discosto, i gomiti poggiati sulla soglia della finestra. Osservava preoccupato il piazzale illuminato dalle luci del ryokan e la strada che faceva una curva e spariva nell’oscurità, da cui sperava di veder presto arrivare Patty e Amy.
-È piuttosto raro.- ammise Philip.
-E doveva capitare proprio oggi?- domandò Julian -Amy ha il terrore dei tuoni.- con un tempo simile la fidanzata sarebbe morta di paura. Strinse i pugni, impotente.
Lo stomaco di Danny brontolò con convinzione. Il ragazzo avvampò e si guardò intorno colpevole. Non era quello il momento di aver fame. Persino Bruce taceva e aspettava paziente.
-Mi dispiace.-
-Non devi scusarti, è ora di cenare.- gli sorrise Jenny mettendosi in piedi.
Quasi non aspettasse che un input esterno, anche Holly si alzò.
-Vado a cercarle.- raggiunse la porta e sparì nel corridoio.
La ragazza lo seguì e riuscì a fermarlo in cima alle scale.
-A cercarle dove?-
-A Shintoku… O sulla strada. Dovunque siano.-
Arrivò anche Julian, risoluto.
-Holly ha ragione. Non serve a niente restare qui. Bisogna andare a cercarle.-
Jenny cercò di far cambiare loro idea.
-Se sono a Shintoku saranno al riparo da qualche parte. Se sono sulla strada staranno sicuramente per arrivare.-
Philip le diede manforte.
-Aspettiamo ancora un po’. Tra poco saranno qui, vedrete.-

Amy e Patty proseguivano nel silenzio, parlare consumava energie e loro non ne avevano più. Il freddo le stava stremando e la neve continuava a cadere fitta e incessante. Nonostante avesse le mani avvolte nei guanti e al caldo nelle tasche, Patty sentiva le dita congelate. Tremava di freddo e non c’era verso di scaldarsi. Amy, che le camminava davanti, si fermò di colpo ed emise un gemito sommesso.
-Patty, guarda! Siamo di nuovo sulla strada.-
La luce del cellulare di Amy illuminava la distesa liscia di asfalto gelato, solcata da tracce di pneumatici non ancora del tutto celate dalla nuova nevicata.
-Dove dobbiamo andare? Su o giù?-
-Proviamo su?- propose Amy con un filo di ottimismo -A scendere faremo sempre in tempo quando saremo più stanche.-
L’amica annuì d’accordo. Una strada conduceva per forza in un luogo e se anche non avessero raggiunto il ryokan, sarebbero arrivate comunque da qualche parte.
-Sono sicura che ci siamo quasi.-
Superarono una curva a gomito e a poco a poco la strada cominciò a restringersi. Dopo un’altra curva, tra la neve che continuava a cadere e gli ultimi sprazzi di nebbia, la carreggiata finì all’improvviso davanti a un altarino di legno dall’aspetto misterioso. Non c’erano statue di divinità ma era ugualmente adornato con offerte di fiori di stoffa scoloriti dal freddo, gru di origami, ciotoline di sake che era evaporato prima di gelare. Tutte cose che avevano l’aria di stare lì da molto tempo. Poi una folata di vento scostò la nebbia e oltre i rami scheletrici ricoperti di neve apparve massiccio e inquietante un grande tempio, il tetto immenso ricoperto di ghiaccio, i gradini che salivano sulla veranda, la porta spalancata alle intemperie come una bocca contratta in un urlo di terrore, le imposte scese a metà altezza, lunghe e dritte come occhi socchiusi. Dall’interno non filtrava neppure un barlume di luce. Il tempio doveva essere in disuso, sembrava abbandonato e aveva un aspetto tetro, spaventoso.
Nel tentativo di illuminare quella massa possente che le sovrastava, Amy puntò contro l’edificio la luce del cellulare ma il bagliore del display non fu sufficiente. Piuttosto accentuò l’aura di mistero e di timore che lo avvolgeva. Un pensiero si affacciò senza controllo.
-Patty! Patty! Credi che questo sia…- le mancò la voce -Uno di quei santuari dedicati agli spiriti degli Ainu di cui ci ha parlato la nonna qualche sera fa?-
L’amica indietreggiò di un passo.
-Non lo so e non voglio saperlo. Vieni, andiamo via.- le afferrò la mano nel momento in cui il cellulare squillava.
Il terrore fu tale che Amy mollò la presa e il telefonino finì a terra tra la neve. Rimasero a guardarlo lampeggiare, il nome di Bruce che vibrava sullo schermo.
Patty si riscosse dallo spavento, lo raccolse e rispose. Non udì nulla se non un gracchiare confuso, la linea era praticamente inesistente o in più probabilmente in balia degli spiriti vendicativi dei primi abitatori del Giappone. Poi cadde e tornò il silenzio, più profondo di prima. Si guardarono e si volsero all’unisono verso il tempio.
-È terribile.- mormorò Amy tremante.
Girarono le spalle all’edificio e si allontanarono di corsa.

-Maledizione, è caduta la linea!- Julian entrò in cucina, il cellulare di Bruce tra le dita. Holly arrivò subito dopo di lui. Jenny si volse a guardarli.
-Siete riusciti a contattarle?-
-Non c’è linea. Patty ha risposto ma poi non si è sentito più niente.-
-Vado a telefonare a Meryl.-
-Perché?-
-Forse si sono fermate lì ad aspettare che il tempo migliori. Io l’ho fatto.-
Evelyn scosse la testa.
-Ci avrebbero avvisate per non farci preoccupare.-
-Provo lo stesso. Magari qualcuno le ha viste.-
Julian la seguì lungo il corridoio come un’anima in pena.
Il telefono del negozio squillò per un tempo infinito, Kevin le rispose quando stava per riagganciare.
-Sono Jenny.-
“Hai sbagliato numero.”
-Passami Meryl, per favore.-
“Non puoi dire a me?”
Ci pensò solo un istante.
-In effetti posso. Amy e Patty sono lì?-
“Sono andate via.”
-Da quanto tempo?-
“Almeno due ore. Perché? Non sono tornate?”
-Non ancora e siamo preoccupati. Puoi dare un’occhiata nei paraggi?-
“Hai visto cosa c’è fuori?” la neve cadeva fitta oltre la porta a vetri del negozio, imperversando nel parcheggio deserto “È persino peggio di quando ti ho riaccompagnata al ryokan l’altro giorno. Non esco neanche morto!”
-Kevin, per favore!- insistette Jenny -Sai benissimo quant’è pericoloso andare in giro con questo tempo!-
“Allora perché vuoi farmi uscire?”
-Non è pericoloso per te! Usciresti anche con un tempo peggiore se non fossi io a chiedertelo!-
“Esatto.”
-Sei veramente inqualificabile!- Jenny perse definitivamente la pazienza -Lo dirò alla nonna!-
Lui rise e riagganciò.

Continuarono a camminare in discesa finché la batteria del cellulare di Amy cominciò a dare segni di cedimento. Quando il telefonino emise un suono e si spense, le due si fissarono cercando di scorgersi nel buio.
-Come facciamo senza luce?- Amy lo riaccese e abbassò la luminosità.
Pochi minuti dopo giunsero a un incrocio del tutto privo di indicazioni e furono costrette a fermarsi di nuovo.
-Destra o sinistra?- chiese Patty esausta.
-Non lo so.- la voce di Amy si ruppe e scoppiò in lacrime. Aveva sperato che quella strada le portasse dritte in paese -Non ne posso più.- scivolò a terra distrutta, accoccolandosi sui talloni, le braccia sulle ginocchia e il viso sprofondato tra le mani -Non riusciremo mai a trovare la strada.-
Patty si sforzò di non lasciarsi andare allo sconforto. Ingoiò la disperazione e, sistemando meglio il cappellino di lana ormai zuppo di neve, si avvicinò all’amica, mettendole una mano sulla spalla.
-Allora dovremo trovare un posto in cui passare la notte. Andiamo verso la montagna, forse tra le rocce troveremo una cavità per ripararci.-
-Non c’è pericolo di valanghe, vero?-
-Non lo so.-
-Non troveremo orsi in letargo?-
-Spero proprio di no.-
Ripresero a camminare stanchissime, sfinite. Era il timore di dover trascorrere la notte all’addiaccio a spingerle a proseguire in quella ricerca disperata. Se non fossero riuscite a trovare un riparo, forse sarebbero morte assiderate. Non avevano idea di cosa offrisse la montagna, non sapevano dove si stessero dirigendo e fin dove sarebbero riuscire ad arrivare, ma continuarono ugualmente ad avanzare, pungolate dall’istinto di sopravvivenza che non cedeva neppure alla stanchezza, ai muscoli delle gambe che facevano sempre più male e al freddo intenso che aveva raggiunto le ossa. La batteria del cellulare di Amy era ormai agli sgoccioli. Era diventato quasi impossibile scorgere gli alberi anche a pochi metri di distanza tanto la notte si era fatta buia.
La strada prese a inerpicarsi sempre più ripida e ad un certo punto furono costrette a fermarsi per riprendere fiato. Poi la pendenza diminuì gradualmente, i cespugli si diradarono e il bosco si aprì in un vasto pianoro ricoperto di neve, qua e là qualche albero spoglio. Sopra di loro nient’altro che il cielo scuro e nuvoloso.
-E adesso?- domandò Amy ormai allo stremo.
Patty si guardò intorno per quel poco che riuscì a vedere.
-C’è qualcosa laggiù.-
Amy arrancò dietro di lei, asciugandosi gli occhi bagnati da lacrime di delusione, di stanchezza, di preoccupazione e di paura. Tenendola per la giacca Patty la trascinò con sé fino a una piccola costruzione di legno così carica di neve da esserne quasi completamente sommersa. Come avesse fatto l’amica a vederla per Amy fu un mistero. Quasi si sentì svenire dal sollievo.
-Un rifugio?- corse verso la porta -Credi che sia prudente entrare?- scrutò intimorita attraverso i vetri delle finestre ricoperti di ghiaccio, cercando di distinguerne l’interno immerso nel buio.
E poi un ululato squarciò il silenzio della notte e riecheggiò sul pianoro, subito seguito da un coro di risposta. Per un istante il loro cuore cessò di battere. Amy si sentì  mancare.
-Lupi!-
Patty afferrò la maniglia, la ruotò e la scosse.
-Apriti! Apriti, maledizione!- ma aveva le dita congelate e faceva fatica a tenere la presa -Accidenti a te!-
La frustrazione le riempì gli occhi di lacrime. Si appoggiò alla maniglia con tutte le forze e spingendo insieme ad Amy, all’improvviso la porta si spalancò. Si precipitarono nella casetta e si chiusero all’interno.
-Amy, tira fuori il cellulare. Non si vede niente.-
Lei accese il display e illuminò l’interno di quel minuscolo edificio.
-C’è linea?-
-No.-
L’ambiente era veramente piccolo: un tavolo di legno circondato da quattro sedie, un letto accanto all’unica finestra, un lavello sotto un pensile e una porta che forse conduceva al bagno.
-Abbiamo trovato un hotel a cinque stelle.- Patty lanciò un’occhiata entusiasta ad Amy che ricambiò con l’accenno di un sorriso. Poi si accostò al caminetto. La legna era già pronta per essere accesa. Passò alla cieca una mano sopra la mensola di pietra e trovò una scatola di fiammiferi. Si tolse i guanti, ne accese uno e lo accostò alla carta che prese fuoco immediatamente. Amy la raggiunse liberandosi del cappellino e della sciarpa.
-Va già meglio.- sospirò rinfrancata.
-Ci sarà qualcosa da mangiare?-  
-Se non c’è non fa niente. L’importante è aver trovato un posto per trascorrere la notte. Dove siamo finite?-
Patty si accostò al tavolo per osservare incuriosita una cartina topografica aperta sul ripiano. Amy la raggiunse mentre l’amica posava l’indice su un cerchio rosso.
-Suppongo qui.-
-Dov’è il ryokan?- Amy lo cercò ma non riuscì a orientarsi. Fu Patty a trovarlo e mostrarglielo.
-Domani ci aspetta una bella scarpinata per tornare a casa.- si allontanò dal tavolo e aprì un’anta dopo l’altra alla ricerca di qualcosa con cui riempire lo stomaco. Qualcosa in effetti trovò. Qualche scatoletta, dei cracker, acqua da bere.
Amy tornò accanto al fuoco per scaldare le mani ghiacciate.
-Saranno preoccupatissimi e non abbiamo modo di avvertirli che stiamo bene.-
Mentre si guardava intorno, l’attenzione di Patty fu attirata da qualcosa sulla mensola accanto alla porta che assomigliava molto a un telefono. Si avvicinò speranzosa ma rimase delusa.
-È una radio.- la prese trasferì sul tavolo -Non ho idea di come farla funzionare. Tu?-
Amy scosse la testa.
-È la prima volta che ne vedo una, ma forse da qualche parte ci sono le istruzioni.-
-Forse, ma ora mangiamo qualcosa, sto morendo di fame.-
-Tanto abbiamo tutta la notte a disposizione.-

-Fatti in là Julian, guido io.- Philip scostò il compagno -Tu non sei abituato a tutta questa neve.- prese posto nella vettura del nonno, inserì le chiavi nel cruscotto, accese le luci e azionò i tergicristalli -Che tempo di merda. Erano anni che non nevicava con i tuoni.-
Jenny prese posto al suo fianco e Holly, Evelyn e Julian si sedettero dietro.
La neve cadeva con tale convinzione che procedettero a passo d’uomo, le gomme che slittavano sul ghiaccio nonostante le catene. Philip faticava a tenere la macchina all’interno della carreggiata. Nessuno prestava attenzione alla sua guida, gli occhi di tutti erano rivolti verso gli alberi da un lato e dall’altro della strada, cercando tracce delle amiche da qualche parte. In paese Jenny costrinse Philip a guidare fino al negozio di Kevin e gli vietò di scendere. Furono Holly, Julian ed Evelyn ad accompagnarla all’interno e tornarono senza nessuna novità. Risalirono in macchina e si fermarono davanti alla centrale di polizia.
Jenny smontò per prima e si precipitò al riparto dalla tormenta, finendo addosso a qualcuno che ne usciva. L’urto la sbalzò all’indietro ma non cadde perché due mani la afferrarono per le spalle.
-Mi dispiace, non l’avevo...- si interruppe di colpo davanti a Steve lo spilungone.
Indietreggiò subito, per mettere più spazio tra sé e quell’amico di Kevin che si era accanito più di tutti sul fidanzato.
Anche lui la riconobbe e trasalì. E quando dietro di lei arrivò anche il resto del gruppo, nei suoi occhi balenò un lampo di paura.
Philip non si capacitò di trovarselo di nuovo davanti.
-Ancora tu!-
-Tu, piuttosto! Cosa ci fate qui? Cosa volete?-
-Steve?- la voce di un adulto attirò tutti gli sguardi. Nell’atrio comparve un agente in divisa -Tua madre ti sta aspettando, fila a casa!-
Philip non riuscì a credere che il teppista che lo aveva riempito di botte fosse il figlio di un poliziotto.
Un altro agente si affacciò nell’ingresso.
-Capo, se non ha niente in contrario io andrei. È ora.-
Philip corresse il pensiero e non riuscì a credere che il teppista che lo aveva riempito di botte fosse figlio proprio del comandante della stazione di polizia di Shintoku.
Mentre la guardia di fine turno si congedava, l’altro poliziotto rivolse la propria attenzione ai ragazzi. Jenny si fece avanti.
-Buona sera, sono la nipote dei gestori del ryokan.-
-Sì, mi ricordo di te. Anche se l’ultima volta che ti ho vista eri alta appena un metro. Come mai qui? È successo qualcosa?
-In effetti sì. Abbiamo un problema. Un grosso problema.-
Il poliziotto annuì, poi notò che il figlio indugiava ancora sulla porta.
-Vai, Steve! Cosa stai aspettando?-
Il ragazzo annuì ma restò a guardarli mentre suo padre li precedeva nella stanza dei colloqui dove, forse, lo avrebbero denunciato per il pestaggio. Lo aveva guardato bene, Callaghan. Sul volto aveva ancora i segni dei suoi pugni.
Raggiunse la macchina sotto la neve. Quando fu dentro tirò fuori il cellulare e impiegò un po’ a sbloccare il display, perché le sue mani erano scosse da un fremito di preoccupazione. Se l’amichetta di Kevin e il suo fidanzato erano venuti a denunciare le percosse di alcuni giorni prima, era veramente nei casini. I lividi sul viso di Philip non erano ancora del tutto scomparsi e il ragazzo, oltre ai testimoni che erano con lui, aveva anche le prove. Maledetto Kevin! Stavolta sì che l’aveva tirato in un mare di guai. Mentre accendeva il quadro comandi e metteva in funzione il riscaldamento e i tergicristalli, fece squillare il cellulare dell’amico finché lui non rispose.
-Se mio padre scopre quello che è successo mi sbatte in cella!-
“Steve? Che succede?”
-Sono qui!-
“Chi?”
-Il calciatore che mi hai fatto picchiare! È venuto con la sua ragazza e con i suoi amici. Se mi denunciano mio padre non mi perdonerà mai perché la mia fedina penale sarà sporca per sempre!-
Kevin scoppiò a ridere.
“Non sono lì per te.” lo rassicurò “Due delle ragazze si sono perse mentre tornavano al ryokan e non riescono a trovarle.”
La terribile notizia fece recuperare a Steve il buonsenso.
-Che vuol dire che si sono perse?-
“Erano qui in paese fino ad un paio d’ore fa. Sono venute persino al negozio, poi sono scomparse. Al ryokan non sono mai rientrate.”
Attraverso il parabrezza ormai sgombro dalla neve, Steve osservò la tormenta che imperversava su Shintoku.
-Sei già andato a cercarle?-
“Con questo tempo non si vede nulla, non si riesce neppure a guidare.” fece una pausa “Tieniti fuori da questa storia, non ti riguarda. Ci penseranno tuo padre e i suoi colleghi.” l’avvertì e riagganciò. Ma Steve lo richiamò.
-Sto per passare a prenderti.-
E la sua non fu una constatazione.

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Capitolo 19
*** 13 - Ghiaccio infranto ***


- 13 -
Ghiaccio infranto


Kevin imboccò l’ultima ripida curva rallentando. Il fuoristrada di suo padre non aveva problemi con la neve, ma il ghiaccio che si era accumulato durante la notte non era stato ancora tolto. Lo spazzaneve sarebbe arrivato a metà mattinata perché a Shintoku ce n’era solo uno e adesso stava sgombrando le vie del centro. Amy sedeva davanti, accanto a lui. Patty era dietro e guardava assorta il cielo azzurro. La tormenta del giorno prima si era dissolta lasciando l’aria tersa e limpida. Nell’abitacolo, spazzato dal getto tiepido del riscaldamento, regnava il silenzio: Kevin era pensieroso e taciturno e le due ragazze erano troppo esauste e frastornate per desiderare fare conversazione. Non vedevano l’ora di arrivare e, prima di sano un sonno ristoratore, scendere nelle terme per togliersi definitivamente di dosso la paura e il freddo sofferti durante la notte appena trascorsa.
Il ryokan sbucò dietro la curva, con la sua rassicurante imponenza. La macchina del nonno era parcheggiata sul piazzale e le imposte delle finestre del piano terra erano chiuse. Sembrava che all’interno dell’edificio regnasse ancora il silenzio del sonno. Ma la porta d’ingresso non era chiusa a chiave, forse pensando che, ritrovata la strada, le due ragazze sarebbero potute rientrare in qualsiasi momento e in qualsiasi ora della notte.
Kevin seguì Patty e Amy nel disimpegno dell’entrata borbottando.
-Sono le sette e ancora dormono tutti.- si sfilò le scarpe e agganciò la giacca a vento all’appendiabiti -Almeno i nonni a quest’ora dovrebbero essere svegli, strano.-
Sebbene avesse parlato piano, nel silenzio pressoché assoluto la sua voce sembrò insinuarsi ovunque. E infatti, un istante dopo, si udirono dei passetti affrettati e la nonna apparve nel corridoio trafelata,  i capelli un po’ in disordine, ancora lo yukata da notte.
-Grazie al cielo! Siete tornate sane e salve!- strinse le mani delle giovani nelle proprie mentre lacrime di sollievo le riempivano gli occhi -State bene?-
-Sì, stiamo bene. Abbiamo trascorso una nottata turbolenta ma siamo di nuovo qui in gran forma.- cercò di sdrammatizzare Patty. Desiderosa di raggiungere subito Holly, provò a sottrarsi alla vecchina che però riuscì a trascinare sia loro che Kevin in cucina, dove si mise ad approntare una colazione coi fiocchi alla velocità della luce -Eravamo tutti così preoccupati! Sono scesi fino in paese a cercarvi! Ma niente! Non vi hanno trovate!-
Mentre Amy taceva frastornata dall’ansia postuma della nonna, desiderosa al pari dell’amica di sganciarsi per salire in camera, Patty raccontava ciò che avevano già detto alla polizia, ripetendo per filo e per segno l’avventura della notte precedente, da quando erano uscite dal negozio di Kevin a quando quella mattina erano state trovate.
In fin dei conti furono sufficienti pochi minuti perché la fretta di salire al piano di sopra fosse scacciata dalla fame. Bastò che la nonna accendesse il fuoco e iniziasse a spadellare come solo lei sapeva fare. Un appetito che non sapevano di avere fece brontolare loro lo stomaco incolandole alla sedia. La sera prima nel rifugio avevano diviso a metà una scatoletta di tonno e un pacchetto di cracker e a parte del tè, del caffè solubile e dello zucchero, non avevano trovato altro.
-Però adesso vorremmo salire.- sentì dire Patty, convinta ma senza accennare ad alzarsi -Dobbiamo avvertire gli altri che siamo tornate.-
-Oh, ma la colazione è quasi pronta! Datemi ancora un minuto!- si volse sorridente -E poi di sopra stanno dormendo, ne sono sicura. Se vi avessero sentite rientrare sarebbero già tutti qui in cucina!- occhieggiò Kevin che si rimpinzava di torta -E tu? Non hai fatto colazione?-
-Sono andato a prendere loro in centrale e non ho fatto in tempo.-
-Allora preparo il caffè anche per te.-
-Nonna, che ci fai qui a quest’ora?- domandò Jenny fermandosi sulla porta, così insonnolita da notare soltanto la stranezza della presenza della vecchina. Forse perché era in piedi davanti ai fornelli, da cui proveniva un profumino celestiale. Un altro movimento che percepì con la coda dell’occhio le fece scorgere anche Kevin -E tu? Non ce l’hai una casa?-
Lui rise.
-Quanta ingratitudine! Guarda, te le ho riportate!-
Seguendo il suo cenno, Jenny si accorse finalmente che le amiche scomparse erano magicamente riapparse. Lo stupore le spalancò gli occhi e ogni residuo di sonno si dissolse all’istante. Evelyn, che stava entrando subito dietro di lei, esultò e batté le mani.
-Siete tornate! Evviva!- fece un dietrofront così repentino da urtare Jenny con la spalla -Vado ad avvisare gli altri!-
La notizia fece fare a Julian i gradini due a due, felice e impaziente di riabbracciare la fidanzata. Già nel corridoio udì la sua voce e il sollievo che provò fu immenso. Amy era davvero tornata sana e salva. Entrò in cucina e si fermò a guardare, cercandola con gli occhi e sforzandosi di contenere l’emozione, riservandola a momenti più intimi: era seduta al tavolo, davanti a una tazza fumante, pallida, stanca ma ancora viva. Poi vide Patty altrettanto spossata, ma tutta intera. Solo dopo mise a fuoco la nonna e Kevin.
Holly lo spinse in cucina per poter entrare a sua volta. Patty sollevò lo sguardo e lo salutò.
-Ciao!-
-Ciao…- rispose lui attonito -Ma che “ciao”...- si riprese un istante dopo -Come stai? Cos’è successo? Che fine avevate fatto?-
Lei si sforzò di rispondere con ordine.
-Stiamo bene, solo un po’ infreddolite… e affamate. Nel rifugio non c’era nulla.-
-Quale rifugio?- chiese Julian.
-Il rifugio in cui abbiamo trascorso la notte.- rispose Amy.
-Non riuscivamo a trovare la strada per tornare.-
-Volevamo prendere una scorciatoia e invece ci siamo perse.-
-E poi ha cominciato a nevicare.-
-Non sapevo che potesse nevicare con i tuoni. È stato terribile, Julian.-
Mentre le amiche parlavano accavallandosi e i rispettivi fidanzati non perdevano una parola, Jenny notò quasi per caso quale sedia aveva occupato Kevin. Si chiese se lo avesse fatto apposta.
-Ti sei messo al posto di Philip.-
-Pazienza. Si siederà da un’altra parte.- lui le allungò la tazza vuota e pronunciò l’ordine -Caffè.-
Jenny non ebbe dubbi che avesse occupato apposta quella sedia. Si scostò per aumentare la distanza tra loro e tornò ad ascoltare le amiche. Fu la nonna, lanciandole un’occhiataccia che non venne neppure notata, a riempirgli la tazza.
-Come avete fatto a tornare?-
-Ci sono venuti a prendere.-
-E come vi hanno trovato?- domandò Holly.
-Alla centrale hanno seguito il segnale GPS del cellulare di Amy.- spiegò Kevin -Siete state veramente fortunate a non incontrare orsi, oppure lupi. E a trovare il rifugio.-
-Li abbiamo sentiti, i lupi.- gli occhi di Amy si riempirono di terrore -Poco prima di entrare nel rifugio. Erano lì, da qualche parte. Eravamo terrorizzate.-
-Non ci pensare. È tutto passato.- la rassicurò Julian, rivolgendosi forse più a se stesso che a lei. Adesso che Amy era lì, anche lui doveva smettere di angustiarsi sullo scampato pericolo di perderla.
Aveva senza dubbio trascorso una delle notti peggiori della sua vita, almeno finché la preoccupazione non era stata vinta dal sonno, che aveva cancellato dalla mente i pensieri più tetri. Ma fino a quel momento, le ore, i minuti e i secondi si erano susseguiti inesorabili temendo di non vederla tornare, e neppure di ricevere notizie che lo rassicurassero sulla sua sorte. Come la fotomodella. E niente aveva potuto fare, lui, se non la segnalazione della sua scomparsa alla polizia del luogo.
Philip entrò in cucina con tutto l’ottimismo nato dalla buona notizia del ritorno delle amiche, lui che aveva chiuso appena occhio sentendosi in colpa, poiché l’idea di invitarle a Shintoku era stata sua e di Jenny. Ma il suo ritrovato buonumore scomparve totalmente quando vide Kevin e Jenny che sedevano vicini e che quel maledetto aveva occupato proprio la sua sedia.
Senza far caso allo stato d’animo del compagno, Mark lo oltrepassò e andò a mettersi al suo posto, fortunato lui che lo aveva ancora, cominciando a mangiare e ignorando l’ospite.
-Quindi? Dov’eravate finite?- chiese ad Amy  tra un boccone e l’altro.
-Disperse.- gli rispose lei ormai stanca di rievocare la terribile nottata. Forse era proprio giunto il momento del sospirato bagno che lei e Patty sognavano dalla sera prima. Il problema era solo sganciarsi dalla preoccupazione dei rispettivi fidanzati e dalle domande curiose degli amici.
Mentre Philip si rassegnava a fare colazione lontano da Jenny e prendeva posto a caso, Meryl arrivò in cucina sprizzando energia e spensieratezza da tutti i pori.
-Buongiorno a tutti!-
L’unico a non ricambiare il saluto fu, naturalmente, suo fratello che andò dritto al punto.
-E tu che ci fai qui?-
-A papà serviva la macchina, deve andare a Obihiro. Ci ha lasciato il furgoncino. Jenny, sono passata a ritirare la segnalazione. Il signor Marks ha detto che potevo farlo anch’io, quindi non c’è bisogno che scendi in paese.- guardò Amy e Patty, come per assicurarsi che stessero bene -Avete fatto proprio una bella scarpinata, ieri sera.-
Patty annuì.
-E adesso che ci siamo rifocillate, non vediamo l’ora di immergerci nelle terme.-
Poiché l’amica diede il la, Amy si sentì libera di scostare la sedia e alzarsi. Solo che lo fece nel momento preciso in cui lo stomaco bloccato di Julian cedeva finalmente alla fame e lui si decideva ad addentare un toast.
-Dove vai?-
-Alle terme. Le sogno da ieri.-
Lui posò immediatamente il pane sul piatto.
-Allora ti accompagno.-
-No, per favore. Vado con Patty e preferisco che finisci di mangiare.-
Così, mentre Julian insisteva in un verso e Amy in un altro, Bruce si catapultava dal bagno in camera per finire di vestirsi, dopodiché scendeva di corsa le scale spinto dalla fame che, al solito, faceva suonare la fanfara al suo stomaco. Per una volta aveva poltrito senza nessuno che lo esortasse ad alzarsi, anche perché se quel lentone di Mellow ci avesse provato, lo avrebbe divorato vivo. Ma la conseguenza di tanta pigrizia era stata che mentre finiva di lavarsi, per poco non era svenuto di stenti.
Entrò in cucina pensando esclusivamente alla colazione. Si riempì il piatto di un’enorme porzione di torta al cioccolato e di tutto ciò che la nonna aveva lasciato a loro abbondante disposizione e, solo alla fine, salutò i compagni che cincischiavano a tavola, nonostante avessero già più o meno finito di mangiare.
-Dove sono Patty e Amy? Non erano tornate?-
-Alle terme, insieme a Holly e Julian.-
-Magnifico! Allora oggi non ci alleniamo!-
Mark lo guardò di traverso.
-Cosa te lo fa pensare?-
-Il fatto che Holly desideri stare con Patty.- rise e indicò l’orologio che segnava le otto e mezza -Altrimenti a quest’ora non sarebbe nelle terme. Logico, no?-
-Mica avrà ragione?- chiese Ed a Philip che gli era finito seduto accanto, stravolgendo così anche il posto di Danny e quello di Bruce, che però non se n’era neppure accorto.
Callaghan non recepì la domanda. A lui in quel momento interessavano poco gli allenamenti e molto più la presenza di Kevin seduto accanto alla fidanzata, dove non faceva altro che provocarla con occhiate ironiche e battutine idiote sussurrate sottovoce in modo che lui, da laggiù, non potesse udirlo. Per questo motivo e tanti altri, non intendeva allontanarsi da Jenny neppure un istante finché l’IDIOTA fosse rimasto al ryokan.
Bruce continuò a mangiare felice e beato.
-Oggi potrei correre il rischio di annoiarmi! Magari tutti i giorni così!- si mise in bocca un bel pezzo di torta e sollevò l’indice -Dovrei chiedere a Patty di perdersi più spesso!-
-Opportunista.- commentò Benji, scostandosi dalle briciole che il compagno sputacchiò ovunque.  
L’amico inghiottì e si rivolse a Meryl.
-Se avessi saputo prima che saresti venuta al ryokan, ti avrei chiesto di portarmi su un paio di riviste. Quelle che abbiamo qui ormai le conosco a memoria.-
-Sarà per la prossima volta.- sorrise lei.
-Quindi?- domandò Tom che aveva finito di fare colazione da un pezzo -Mentre Holly è alle terme, noi che facciamo?-
-Ci riposiamo.- fu l’ovvia e serafica riposta di Bruce.
-Non usciamo per niente?-
-Con questo freddo? Scherzi?-
-Io avrei un’idea!- gli occhi di Jenny brillarono -Potremmo andare alle terme anche noi!-
Benji la guardò dritto in faccia.
-Stai parlando sul serio?-
Tom lanciò un’altra proposta.
-Piuttosto facciamo una passeggiata fino al lago. Il paesaggio è stupendo.-
-Sì, per dipingere un quadro.- lo schernì Bruce -Perché questa fissa di dover fare per forza qualcosa?-
Impiegarono quasi mezz’ora a trovare una via di mezzo che accontentasse tutti.

In tarda mattinata Holly fu svegliato dall’eco di grida e risate proveniente dall’esterno. Si tirò su irrigidito dalla durezza dei tatami e dalla scomoda posizione in cui si era appisolato. Sbadigliando si liberò piano dall’abbraccio di Patty, raggiunse la finestra e osservò oltre i vetri: il ghiaccio che ricopriva ogni cosa brillava alla luce del sole alto nel cielo. In basso, invece, una battaglia di palle di neve era in corso sul piazzale. La macchina del nonno, parcheggiata proprio al centro dello spazio, faceva da linea di demarcazione tra le due squadre di lanciatori che ci davano sotto con rapide mitragliate di proiettili bianchi. Tutto rientrato nella norma, insomma.
Dopo una sana dormita, la brutta avventura di Patty sembrava lontana, quasi irreale, come facente parte di un incubo spaventoso e angosciante di cui si era finalmente liberato, grazie anche alla palla di neve che si schiantò sul vetro, proprio davanti alla sua faccia. Sotto di lui Tom si sbracciava per attirare la sua attenzione. Socchiuse la finestra e udì la sua voce.
-Sono svegli?-
Holly si volse. Distesi tra i cuscini sull’altro lato del pavimento, Amy e Julian dormivano l’una accanto all’altro. Tornò a guardare fuori e scosse la testa.
-Vieni giù.- lo esortò Tom.
Il capitano richiuse la finestra e uscì nel corridoio. Scese le scale, si infilò le scarpe, indossò la giacca a vento e raggiunse i compagni. Bruce gli corse incontro.
-Tutto a posto? Hai dormito bene?-
-Sì. Anzi, credo che avrei continuato a farlo se non mi aveste svegliato.-
-Oh, accidenti!- esclamò Jenny -Se è così è meglio che ci allontaniamo, altrimenti sveglieremo anche gli altri!-

All’ora di pranzo, Kevin si godeva beato il sole sui gradini dell’ingresso sfogliando un quotidiano e intralciando, forse apposta, l’entrata dell’edificio. I ragazzi, che rientravano piuttosto stanchi e affamati, se lo trovarono proprio in mezzo ai piedi.
La prima a vederlo fu Jenny, perché camminava in testa al gruppo. E come lo mise fuoco, nonostante fosse consapevole che era troppo tardi per mandarlo via prima che Philip lo vedesse, distanziò gli amici con uno scatto da velocista.
-Kevin! Accidenti!- lo apostrofò esasperata -Perché sei ancora qui? Vuoi rovinarci l’intera giornata?-
-No, anche se non mi dispiacerebbe. Ho avuto da fare.-
-Da fare cosa?-
-Parecchie cose.-
-Per esempio?-
Il ragazzo sollevò una mano e distanziò le dita per iniziare l’elenco, ma Meryl, udite le loro voci, aprì di colpo la porta d’ingresso e lo travolse, facendolo scivolare giù di un gradino. Kevin si lamentò a gran voce dell’urto massaggiandosi la schiena ma lei lo ignorò completamente.
-Jenny! Gliel’ho detto che non è il caso ma sai com’è tua nonna. Insiste perché io e quest’impiastro qui, ci fermiamo a pranzo!-  
La ragazza non credette alle proprie orecchie e bella carica seguì Meryl nell’edificio per andare in cerca dell’anziana proprietaria della pensione. Kevin balzò in piedi e rientrò a sua volta con l’intenzione di boicottarle, mentre Philip, che volente o nolente aveva sentito tutto o quasi ma sicuramente l’ultima parte, prendeva a calci la neve esasperato.
-Ma è una condanna! Un supplizio! Una tortura! Sempre tra i piedi!-
-Che ti arrabbi a fare? Tanto non ci puoi fare niente.-
Lo sguardo che Philip gli rivolse indusse Holly a ritrarre la mano che gli aveva posato incautamente sulla spalla.
-Perché è sempre qui? Spiegatemi perché accidenti è sempre qui!-
-Facile, Callaghan.- lo illuminò Benji accogliendo volentieri l’invito -Perché lo hanno assunto.-
-L’accordo era che avrebbe cominciato a lavorare al ryokan solo dopo la nostra partenza! E invece!-
Di nuovo di malumore, sparì nella stessa direzione presa dalla fidanzata. Il capitano, temendo guai, lo seguì sospirando rassegnato.
Bruce li guardò andar via a bocca aperta, disperato perché perfettamente consapevole che con tanti assenti il pranzo sarebbe iniziato tardi parecchio e probabilmente lui, che aveva digerito la colazione ormai da un pezzo, non sarebbe sopravvissuto all’attesa.
L’incedere a grandi falcate di Philip terminò nel piccolo atrio che ospitava la reception, proprio davanti al banco occupato da Kevin sull’altro lato. Lo sgradito ospite notò il suo arrivo ma lo ignorò appositamente, continuando a guardare lo schermo massiccio e pesante di un computer che risaliva  almeno a una decina d’anni prima. A due passi di distanza, Meryl e Jenny discutevano con la proprietaria del ryokan, che si limitava invece a osservarle con infinita pazienza, come se di fronte a lei ci fossero, anziché due giovani donne, due bimbette capricciose.
-Nonna, perché insisti se preferiscono tornare a casa?-
-Kevin si ferma volentieri, me lo ha già detto. Non è vero?-
-Certamente. Tanto più che qui non ho finito e ormai è ora di pranzo.- intercettò l’espressione furiosa della sorella e l’anticipò -Vai pure a casa, se vuoi. Io ho da fare.-
La ragazza alzò gli occhi, incontrò quelli di Philip, gli mormorò una scusa imbarazzata e tornò delusa accanto a Jenny, mentre la nonna, sentendosi di colpo fuori posto tra tutta quella gioventù che continuava ad arrivare, se la filava per fare, a suo dire, un milione e mezzo di cose.
-Che sta combinando?- domandò Philip indicando Kevin con il mento.
Jenny rispose a denti stretti.
-Sembra che abbiamo un problema con internet…-
-Non “sembra”, Jenny.- puntualizzò lui -Lo abbiamo davvero.-
La ragazza fremette.
-Lo abbiamo NOI, non TU. Non includerti nella mia famiglia.-
Lui le rispose calmo.
-Il problema c’è e va risolto.-
-E ne sei davvero capace?-
-Tra tutte le teste presenti, l’unica che funziona bene è la mia. Per cui sì, posso risolverlo.-
-Oggi non si mangia?- petulò Bruce fino a lì.
Inasprito dalla presenza di Kevin, Philip gli lanciò un’occhiataccia.
-Come mi piacerebbe per una volta risponderti di no!-
-E perché non lo fai?-
Di ritorno da una capatina in bagno, Danny li raggiunse.
-C’è un computer.- prese atto.
-Internet non funziona.- rispose Kevin.
-Perché?- domandò Mellow.
-Sto cercando di capirlo.-
-Un problema di provider?-
Kevin non ricordava di aver mai visto prima d’ora quel ragazzino impiccione, doveva essere appena arrivato.
-E tu chi saresti?-
-Mi chiamo Danny.-
-Giochi a calcio anche tu?-
Al suo assenso, Kevin si chiese cosa potessero farsene di quel piccoletto in una squadra di professionisti. Che poi forse proprio professionisti non erano affatto. Poi si rese conto che non gli interessava, così rispose controvoglia, augurandosi che quella fosse l’ultima interruzione e che la marmaglia che aveva intorno si disperdesse.
-Il provider funziona perfettamente.-
-Hai provato a riavviare il modem?-
-Il modem non ha nessun problema.-
-Sicuro?-
-Sì che sono sicuro! Ma cosa sei? Un tecnico della rete o un calciatore?-
A Jenny dispiacque vedere Mellow in difficoltà.
-Forse una cosa esclude l’altra? Tu invece non potresti sforzarti di essere più gentile? Oppure il tuo intento è quello di mandarci sul lastrico facendo fuggire i clienti? Danny sta soltanto cercando di rendersi utile e tu non ti sei neanche presentato!-
-Loro non sono clienti, sono amici tuoi e sono qui a sbafo!-
Benji, che nel frattempo li aveva raggiunti, non accettò che un cretino qualunque gli desse dello scroccone.
-Sbagli. Siamo ospiti paganti, paga la Federazione… e puoi star sicuro che paga bene. Sicuramente quello che serve per assumere un fannullone come te.-
Kevin ingoiò il rospo, tolse la mano dal mouse e la tese verso Danny.
-È vero, non mi sono presentato. Sono l’ex-ragazzo di Jenny. Sono il passato che lei ha mollato per mettersi con un idiota senza futuro.- disse serio -Naturalmente il piacere è tutto tuo.-
Il pugno serrato di Philip calò con un tonfo violento e rumoroso sul ripiano del bancone in un gesto istintivo e incontrollabile, preciso preciso a un centimetro dal viso di Kevin.
-Posso spaccargli la faccia, Jenny?- sibilò perché non ne poteva più.
Gli rispose Holly.
-No che non puoi. Ti sembra ragionevole farlo?-
-Mi sembra irragionevole non farlo.-
Intanto Jenny continuava a battibeccare con Kevin davanti a un Danny ammutolito.
-Non è vero!-
-La verità è una questione di punti di vista. Comunque adesso mi sono presentato. Sei contenta, no? Perché non vai a prepararmi il pranzo invece di farmi perdere tempo? Sto morendo di fame!-
Philip strabuzzò gli occhi.
-Che razza di cafone!-
-Philip, basta!-
-Lo dici a me basta, Holly?-
-A te posso dirlo perché mi darai ascolto.-
Lo afferrò per la felpa e riuscì a trascinarlo via solo perché Jenny si era già incamminata verso la cucina dove Meryl ed Evelyn stavano preparando il pranzo.
Vederle andare d’accordo per Jenny fu una piacevole novità. Pensò che fosse bene lasciarle fare senza intromettersi e, memore di quanto accaduto quella mattina a colazione, decise di occuparsi di altro.
-Oggi decido io i posti.- tirò fuori un blocchetto notes da un cassetto, strappò un paio di fogli e li ridusse di formato fino ad averne una quantità sufficiente.
-“Uno”…- lesse Benji sul foglietto che l’amica gli mise davanti -Devo spostarmi?-
-Resta pure dove sei.-
Mark si avvicinò al tavolo e prese uno dei biglietti.
-“Patty”…- lo rimise a posto -Dov’è il mio nome?-
-Lontano da me.- replicò Price -Prova dalla parte opposta del tavolo e se Jenny non ti ha messo lì, ti ci metto io.-
Landers si disse che l’amica sapeva quanto non si sopportavano ed era probabile che il suo posto fosse davvero dall’altra parte della cucina. Cercò ovunque inutilmente.
-Qui il mio nome non c’è.- poi notò Holly accomodarsi due sedie più in là -Quello è il tuo posto?-
-Sì.-
-Come fai a saperlo?-
-Lo so.- Holly voltò il pezzetto di carta verso i compagni.
-“Dieci”…- Tom capì e si accomodò davanti al numero della sua divisa della nazionale.

*
 
Nel primo pomeriggio, ben riposata e satolla, Patty si affacciò nella stanza dei ragazzi. Seduto al kotatsu, Holly giocava a carte con i compagni. Benji era di fronte a lui, a destra e a sinistra rispettivamente Philip e Tom.  Sentendosi chiamare dalla fidanzata, spostò gli occhi sulla porta.
-Ne avete ancora per molto?-
-Abbastanza.- rispose Benji dando uno sguardo al punteggio. Philip gli era avanti di poco e lui voleva assolutamente aggiudicarsi la vittoria.
-Tra qualche ora sarà buio, perché non andiamo a fare un giro?-
-Dove?-
-Non so, dove volete.-
-Sì, dopo. Il tempo di finire.- fece da portavoce il portiere per tutti.
-Quanto tempo?-
-Un’ora.-
Patty volse le spalle indispettita e scese le scale, raggiungendo Amy e Jenny che l’aspettavano davanti all’ingresso.
-Non vengono?-
-No. Stanno giocando a carte.-
-Non possono farlo dopo?-
-Sembra di no.-
-Andiamo lo stesso?-
Patty annuì e le due amiche la seguirono fuori. Amy respirò a pieni polmoni l’aria fredda e cristallina che strappò via la pigrizia tipica del primo pomeriggio.
-Si sta così bene quando c’è il sole. Peccato che non siano usciti con noi.-
-Dov’è Julian? Non era a giocare a carte.-
-È con Kevin, in attesa che internet torni a funzionare. Perché se non controlla la posta ogni due giorni, i messaggi delle sue fan gli intasano la casella dell’email.-
-Davvero?- domandò Jenny -Controlla la posta ogni due giorni? Non me ne ero accorta.-
-Perché lo fa quando noi siamo in cucina a preparare il pranzo, o la cena. La nonna gli ha concesso l’uso del computer.-
-Ed è vero che gli si riempie la casella? O è una scusa per fare un giretto sulla rete?-
-È vero, Patty. Te lo garantisco.-
-Come mai le sue fan conoscono il suo indirizzo e-mail?-
Amy rifletté.
-Questo è un bel mistero. Non sono ancora riuscita a capire se è stato lui così allocco da lasciarselo sfuggire oppure lo hanno ottenuto per vie traverse. Fatto sta che ora lo conosce tutto il Giappone e ogni giorno gli arrivano una valanga di messaggi. Forse è meglio se ne apre uno dedicato.-
Ripresero a camminare tra gli alberi
-Li hai letti, questi messaggi?- chiese Jenny.
-Qualcuno… a qualcuno ho anche risposto a nome suo e con il suo permesso, ovviamente.- divenne paonazza -Non potete immaginare cosa gli scrivono… Alcune fan sono così… esplicite…- la voce le morì in gola per l’imbarazzo -Lui le cestina, quelle… Le fa sparire subito. Anche le foto, credo… Prima che io le veda…-
-Che foto?-
-Le foto che gli mandano… Ogni tipo di foto…-
-Amy, sono così curiosa!- Patty le si aggrappò al braccio -Non puoi essere più precisa?-
-Qualcuna di loro è bellissima… meravigliosa.- alzò gli occhi al cielo di un gelido azzurro -Mi rendono inquieta.-
E in effetti Jenny percepì ansia nella sua voce.
-Perché?-
-Perché in un qualsiasi momento Julian potrebbe perdere la testa per una di loro e lasciarmi.-
-Non dire sciocchezze. Julian ama te! Non ti lascerebbe mai per una di quelle oche ammaliatrici.-
-Speriamo. Ai vostri ragazzi non scrive nessuna?-
Le due amiche si guardarono.
-Non so.- Patty rifletté -Holly non me ne ha mai parlato. Quando torniamo al ryokan sarà la prima cosa che gli chiederò.-
Jenny accantonò il discorso.
-Ieri ho scoperto che uno dei ragazzi che ha picchiato Philip è il figlio del capo della polizia di Shintoku.-
Amy la fissò sgomenta.
-Davvero?-
-Sì, quello alto. Gli sono finita addosso, lui usciva dalla centrale e io entravo!-
-Forse si tratta dello stesso ragazzo che stamattina è venuto al rifugio.- rifletté Patty -Era con un poliziotto e non ha detto una parola.-
-Aveva sicuramente paura che lo riconosceste.-
Si fermarono sulle rive del lago che si estendeva davanti a loro, una distesa di ghiaccio che rifletteva il colore del cielo. Molto più lontano e dietro un’insenatura, scorsero la baita. Jenny si avventurò sul ghiaccio cercando il cartello di legno che segnava il limite da non valicare. Poi si lasciò distrarre dalle chiacchiere delle amiche.
-Avremmo dovuto portare i pattini. Un vero peccato non averci pensato.-
Patty sorrise, facendo attenzione a non scivolare.
-Io avrei preferito portare Holly. E invece erano così impegnati nella loro stupidissima partita a carte…-
-A quanto pare per loro una partita è una partita. Di qualsiasi gioco si tratti, interromperla è un’eresia!- rise Jenny.
-Non so se siano meglio le carte o internet.-
-Non credo faccia molta differenza, Amy. Per un motivo o per l’altro, i nostri ragazzi non sono con noi.-
-Avete saputo niente delle foto di Bruce?- domandò Patty a un certo punto.
Jenny scosse la testa.
-Ho provato a domandare a Philip e ogni volta lui mi ha rilanciato chiedendomi di Kevin e facendomi passare la voglia di insistere.-
Patty rise.
-Uno stratega nato. Come si dice, la miglior difesa è l’attacco. Ieri quando Holly ed io siamo rimasti soli, ho provato a sondare l’argomento “cameriere” ma non ho proprio pensato a chiedere delle foto.-
-E cosa ti ha detto delle cameriere?-
-Niente. O ha fatto finta di non capire cosa volessi sapere, oppure ha davvero frainteso.- le sembrò di vedere un pesce guizzare sotto di lei e abbassò gli occhi sul ghiaccio -Amy, hai una scarpa slacciata.-
L’amica si fermò per rifare il nodo. Jenny e Patty proseguirono per un tratto.
-A chi possiamo chiedere?-
-Tu potresti provare a far leva su Mark. Forse riusciresti a cavargli qualcosa. Stravede per te.-
-Non è vero!-
-Certo che è vero… Vero, Amy?-
-Sì, è verissimo.- rispose lei ancora a terra, dove stava dando una stretta anche all’altro nodo.
-Proviamo con Danny.- tentò Jenny per evitare di avvicinarsi troppo a Landers. In quegli ultimi giorni tra lei e Philip stava andando tutto liscio. Non avevano più né discusso né litigato per nessun motivo.
-Mi è appena venuta un’idea fantastica!- esclamò Patty -Sono davvero un genio! Danny voleva una tua foto, ricordi?-
Jenny si portò sulla difensiva.
-Philip non vuole…-
L’amica cercò lo stesso di convincerla.
-Pensaci, potremmo barattare una tua foto con quelle di Bruce! Danny può provare a farsele dare!-
Anche se distante, Amy non aveva perso una parola e si trovò completamente d’accordo con Patty. Lo scambio poteva funzionare. Mentre si tirava su per raggiungerle, scorse qualcosa che colpì la sua attenzione. Era il cartello! Steso sul giaccio, scalzato dalla bufera della notte precedente! L’avviso di legno che segnalava il pericolosissimo ghiaccio fragile era lì e loro non lo avevano visto! Nessuna lo aveva notato! Gli occhi di Amy percorsero la superficie del lago, alla disperata ricerca del foro in cui era stato fissato. Lo trovò, molto indietro. Troppo. Stavano calpestando la superficie pericolosa già da parecchi metri. Il panico l’assalì.
-Patty, Jenny! Fermatevi! Tornate indietro! Patty!-
Jenny si volse per prima. Allarmata dalle grida di terrore dell’amica, temendo le fosse successo qualcosa, corse indietro per raggiungerla. Al contrario, Patty non si mosse. Non capì il perché di tutta quell’agitazione, della sua paura. Solo i suoi occhi guizzarono tutt’intorno senza vedere nulla, assolutamente nulla, che potesse causare tanto spavento. Perché? Perché Amy aveva gridato? Perché continuava a chiamarla? Si volse per tornare indietro. Sotto i suoi passi affrettati, il ghiaccio emise uno scricchiolio sinistro e raccapricciante. Un reticolo di incrinature si formò ai suoi piedi e la superarono zigzagando, raggiungendo Jenny. I loro occhi si incontrarono. Jenny non osò muoversi, ma Patty spaventata prese a correre.
-No! Ferma!-
L’avvertimento arrivò troppo tardi. Il ghiaccio si infranse come carta di riso e Patty sparì davanti ai loro occhi, inghiottita dal lago senza neppure uno spruzzo. La superficie ridotta in pezzi ondeggiò, frantumandosi fin dov’era Jenny che indietreggiò svelta fino a mettersi al sicuro, lo sguardo sul punto esatto in cui era scomparsa l’amica.
-Patty!-
Lei riemerse un istante dopo, i capelli grondanti sul viso, le braccia sollevate alla ricerca di un appiglio per tirarsi fuori da un’acqua così fredda da bruciare la pelle. Allungò le mani a tentoni ma trovò solo ghiaccio che si spezzò sotto le sue dita.
-Amy! Jenny!-
-Patty!-
Amy si mosse ma Jenny, a metà strada tra lei e Patty, sentì il ghiaccio cedere sotto i suoi piedi e si volse per fermarla.
-Stai lontana o finiremo in acqua anche noi! Vai a chiamare aiuto… presto!-
Amy capì che non poteva fare altro e corse via. Cercò di orientarsi tra gli alberi avanzando più veloce che poté, il sudore gelido della paura che le solcava la schiena. Sapeva che Patty non avrebbe resistito a lungo nell’acqua ghiacciata, che presto sarebbe sopraggiunta l’ipotermia. I suoi tentativi di tenersi a galla si sarebbero fatti sempre più deboli e sarebbe lentamente ma inesorabilmente affondata. Inciampò su un sasso nascosto dalla neve, scivolò e cadde. Si tirò su dolorante e riprese a correre.
Jenny la guardò scomparire tra gli alberi, perfettamente consapevole di non poter aspettare l’arrivo dei rinforzi. Avanzò carponi verso l’amica, nonostante gli scricchiolii delle crepe che si formavano dove appoggiava mani e ginocchia. Davanti a lei, a pochi metri, l’amica si teneva a galla sguazzando intirizzita. Non potendo aggrapparsi a nulla, i suoi tentativi di tirarsi fuori dall’acqua erano completamente inutili. Già pallidissima, le labbra violacee, tendeva le braccia verso Jenny che si stava avvicinando.
-Adesso ti tiro fuori, Patty.- fu una promessa.
Si protese verso di lei più che poté ma non riuscì lo stesso ad afferrarla. Era ancora troppo lontana.
-Jenny! Non ci arrivo!- gemette Patty, i denti che battevano senza controllo, ferendole la lingua. Stava congelando.
La giovane avanzò ancora e il ghiaccio cedette sotto una mano. Sprofondò fino al polso nell’acqua gelata ma riuscì a non affondare nella spaccatura che si era aperta accanto a lei. Si sdraiò prudentemente a terra. Nonostante il ghiaccio continuasse a frantumarsi tutt’intorno, avanzò imperterrita verso l’amica strisciando sui gomiti. Sentì cedere la superficie sotto un ginocchio e attraverso il tessuto dei pantaloni penetrò altra acqua. Si scostò, togliendo il peso da quella parte per evitare di allargare la fenditura e procedette ancora, sperando che il ghiaccio ormai in pezzi riuscisse ancora a sostenerla.
-Patty!- chiamò allungando di nuovo la mano.
Quella nuotò verso di lei battendo le gambe intirizzita e cercò di issarsi su una lastra di ghiaccio galleggiante, la più grande di tutte. Si aggrappò con le unghie, la punta delle dita ormai violacee. Ma l’appiglio non resse, si inclinò da un lato e la scaraventò di nuovo nell’acqua. Patty affondò, poi riemerse. Il gelo era insostenibile. Attraverso i vestiti la trafiggeva ovunque, intorpidendole i muscoli e rendendole sempre più faticoso tenersi a galla. La giacca, il maglione, i pantaloni e le scarpe impregnati d’acqua erano diventati pesantissimi e tendevano a trascinarla a fondo.
-Jenny!- gridò disperata, scossa da violenti tremiti di freddo. Non riusciva più neppure a parlare -Ti prego! Tirami fuori!-
L’altra si trascinò ancora più avanti, arrivando sull’orlo della superficie del lago. Il ghiaccio più sottile cedette e per un soffio non scivolò dentro anche lei. Si sporse più che poté e sfiorò le dita di Patty.
-Cerca di avvicinarti di più.- le disse e riuscì ad afferrarla per una manica -Ti ho presa!- gridò esultante, attirandola verso di sé.
Dagli occhi di Patty sgorgarono lacrime di sollievo. Si protese verso l’amica, le circondò il collo con le braccia e si aggrappò disperatamente a lei. Era così fredda e bagnata che Jenny sussultò. Rivoli ghiacciati le penetrarono nella sciarpa fin sulla nuca e scivolarono sotto il maglione incanalandosi lungo la schiena. Presto iniziò a tremare.
-Adesso ti tiro su…- tentò faticosamente di indietreggiare, puntellandosi sul ghiaccio con i gomiti e le ginocchia. La superficie ormai in frantumi ricominciò a sgretolarsi. Jenny perse di nuovo l’appoggio sotto un ginocchio e si sbilanciò. Si volse indietro e si accorse che tutt’intorno a lei il ghiaccio si era spezzato -Non ci riesco!- ammise frustrata.
-Jenny…- disse Patty tremante -Non ce la faccio più… Sto congelando!-
-Resisti per favore.- supplicò accostando una guancia a quella di lei. Sentiva il suo corpo tremarle tra le braccia. Quanto tempo avrebbe potuto resistere così, non lo sapeva -I ragazzi stanno arrivando, tra poco saranno qui!- la strinse più forte a sé per trasmetterle un po’ del proprio calore -Vedrai, faranno presto.-

-Holly!- chiamò Amy, gli occhi colmi di lacrime per lo sforzo della corsa e per la preoccupazione. Era ormai senza fiato e il ginocchio su cui era caduta le faceva male. Sapeva di aver impiegato una vita per arrivare fino al ryokan e si augurò solo che nel frattempo Jenny fosse riuscita in qualche modo a tirar fuori Patty dall’acqua -Holly!- senza più forze si fermò sotto la finestra della camera dei ragazzi, sperando che qualcuno la udisse e si affacciasse. Non era assolutamente in grado di affrontare le scale -Holly!-
Il giovane impiegò un’eternità a comparire dietro ai vetri. Aprì la finestra con una lentezza esasperante senza peraltro prestarle attenzione, visto che dopo averle lanciato un’occhiata distratta, era tornato ad osservare le carte da gioco che teneva tra le dita.
-Che c’è?-
Le lacrime le rigavano le guance ma lui era lontano e non poté vederle. Amy si asciugò il viso con il dorso della mano stringendo con l’altra la milza che pulsava. Le gambe tremavano per lo sforzo di tenersi in piedi.
-Il ghiaccio si è rotto!- singhiozzò -Patty è caduta nel laghetto e Jenny da sola non può tirarla fuori!-
Le carte di Holly si sparpagliarono sui tatami. Scomparve dalla finestra e scese di corsa le scale con un tale fracasso che Amy udì i suoi passi dall’esterno. Un attimo dopo riapparve dietro la porta a vetri dell’ingresso alle prese con le scarpe. Le infilò e corse via senza indossare neanche la giacca. Amy se lo vide sfrecciare accanto come una saetta per poi sparire tra gli alberi.

Quando il respiro dell’amica divenne impercettibile, Jenny la scosse. Non aveva smesso un attimo di parlarle ma lei ormai non le rispondeva più.
-Patty, continua a muoverti.- disse cercando di riscuoterla -Stanno arrivando, ti tireremo fuori.-
La ragazza annuì, al limite dell'incoscienza, e provò ad agitare le gambe ormai pesanti come due blocchi di cemento. Il freddo le intorpidiva i muscoli, provocandole un immenso dolore. La sensibilità delle mani cominciava a svanire, le braccia avevano perso la loro forza e stavano a poco a poco scivolando via dal collo di Jenny. La stanchezza stava trasformando il suo corpo in un ammasso di piombo che presto l’avrebbe trascinata giù, nelle profondità del lago. Una voce interiore le sussurrava di arrendersi e lasciarsi cullare dal sonno senza turbamenti che l'aspettava sott'acqua. E contrastare quella voce era sempre più difficile.
Jenny la sentì scivolar via e reagì stringendola a sé con maggior forza.
-Non ce la faccio più.- Patty chiuse gli occhi esausta, piegando il viso contro la spalla di lei.
Poi le udì. In un angolo della testa risuonarono delle voci, così lontane che pensò facessero parte dell’incoscienza stordita in cui stava precipitando.
-Patty! Dove sei?-
Anche Jenny udì e le venne da piangere.
-Holly! Siamo qui!-
Il ragazzo si avventurò sul lago cercandole e, dietro l’insenatura, finalmente le vide. Patty era nell’acqua gelida e si teneva aggrappata al collo di Jenny. Distesa a terra sul ghiaccio in frantumi, l’amica la stringeva a sé, impedendole di affondare. Holly avanzò per raggiungerle ma si arrestò di colpo quando sotto i suoi piedi il ghiaccio cedette. Il suo peso fece oscillare la superficie del lago e persino la lastra su cui Jenny era distesa risentì del movimento rompendosi a metà. Rimase solo il suo corpo a tenerla unita. La giovane sentì il gelo raggiungerle lo stomaco.
-Non avvicinarti!- gli gridò -Il ghiaccio non reggerà.-
Holly fremette d’impotenza, gli occhi su Patty che aveva adagiato la testa sulla spalla dell’amica, i capelli bagnati le ricadevano divisi in ciocche sul volto che lui da lì non poteva scorgere.
-E allora come facciamo a portarvi a riva?-
Il panico aveva assalito Holly. In quel momento non era in grado di trovare una soluzione che recuperasse entrambe. Soluzione che non era in grado di trovare neppure Jenny, la quale infatti non seppe cosa rispondergli. L’unica certezza era che Patty andava assolutamente tirata fuori dall'acqua al più presto. Il freddo prima intorpidiva i muscoli e annebbiava la mente, poi trascinava la vittima incosciente nelle braccia della morte.
Tom, Benji e Philip arrivarono di corsa, per ultima comparve Amy insieme a Julian che la teneva per mano e praticamente la trascinava di peso, esausta com’era.
Gli occhi su Jenny, Philip fece per oltrepassare Holly con l’intenzione di raggiungerla ma l’amico lo strattonò indietro. Il ghiaccio gemette stridulo e Benji, che era subito dietro di loro, indietreggiò.
-Merda! Se si rompe finiamo tutti a mollo! Siamo in troppi qui sopra.- il portiere costrinse Tom e Julian a tornare verso la riva.
Tenendo gli occhi fissi sulla superficie gelata, incapace di restare senza far niente, Holly fece qualche altro passo sul ghiaccio. Patty non si muoveva e lui era lì già da un paio di minuti senza aver né pensato né combinato nulla di utile. Era frustrato e preoccupatissimo.
-Jenny! Non lasciarla!-
-Certo che non la lascio!-
Tom si tolse dalla spalla la corda che fu contentissimo di aver recuperato dal capanno degli attrezzi del nonno. Aiutato da Benji la srotolò, ne prese un’estremità e la lanciò verso le due. Il tiro fu preciso e la fune piombò accanto alla spalla di Jenny.
-Coraggio!- la esortò Philip -Afferrala!-
Lei annuì, si volse e allungò una mano. Nello stesso istante Patty prese ad affondare nell’acqua. Jenny ignorò la corda e tornò a stringere l’amica contro di sé. Le braccia che le circondavano il collo non avevano più energia.
-Patty! Non riesco a tenerti se non mi aiuti! Ti prego, Patty, fai un ultimo sforzo… Cerca di restare cosciente!-
L'altra non la udì. Il torpore l’aveva avviluppata, non percepiva più i morsi del freddo, non sentiva più il gelo trafiggerla e neppure la fatica di tenersi a galla, perché era l'amica a farlo al suo posto. Jenny la scosse, accostò il viso a quello ghiacciato di lei e la chiamò disperata. Non ricevette neppure un cenno di risposta. Gli occhi socchiusi di Patty la guardavano senza vederla. Aveva perso conoscenza e dovevano immediatamente tirarla fuori da lì.
-Jenny! Prendi la corda!- sentì gridare Holly.
-Non so come fare! Patty è svenuta!- gli urlò contro -Se non la tengo affonderà!-
Il ragazzo sussultò sconvolto mentre Jenny lasciava perdere lui e le sue inutili istruzioni. Si puntellò sui gomiti, cercò di tirarsi indietro ma Patty emerse dall’acqua solo un paio di centimetri. Poi cominciò ad affondare attraverso la giacca, sfuggendole dalle mani. Fu presa dal panico. Conficcò le dita nella stoffa, non servì a nulla. Patty le stava scivolando via dall’interno del giubbotto, il suo corpo era come il piombo. Lacrime di frustrazione presero a solcarle le guance. Sentiva le grida dei compagni, distingueva la voce di Philip, ma non capiva cosa stessero dicendo e neppure le importava. Ciò che contava era soltanto impedire che l’amica le sfuggisse e affondasse. Si sporse in avanti oltre il corpo di lei e tuffò le braccia nell’acqua ghiacciata. Sfiorò la sua pelle nuda sulla schiena, poi riuscì ad afferrarle l’orlo dei pantaloni e con la forza della disperazione diede uno strattone per tirarla su e portarla al sicuro. Il ghiaccio non resse il suo brusco movimento. Quel poco che rimaneva della lastra su cui era sdraiata si inclinò di colpo scaraventandola in acqua. Jenny gridò ed entrambe sparirono risucchiate dal lago.
-Maledizione!- Holly si gettò in ginocchio, avanzando carponi -Patty!-
-Jenny!- chiamò anche Philip.
Amy, dalla riva, si mise a piangere.
-Tornate su…- supplicò con voce rotta -Jenny, torna su…-  
Gli occhi fissi sul punto in cui era sparita la fidanzata, Philip si liberò della giacca con un gesto fulmineo. La gettò da una parte e corse fin dove riuscì miracolosamente ad arrivare, incurante del ghiaccio che si spaccava sotto i suoi piedi. Un attimo prima di tuffarsi, vide Jenny riemergere. Stringeva Patty a sé e cercava disperatamente di tenerle la testa fuori dall’acqua. Nuotò tra il ghiaccio affondando continuamente, lo sforzo immane di sostenere a galla l’amica svenuta e se stessa, entrambe appesantite dagli indumenti bagnati.
-è fredda! Accidenti quant’è fredda!- gridò mentre il gelo le penetrava nelle ossa. Affondò e l’acqua le entrò in gola. Riemerse tossendo, affondò di nuovo e nuotò sott’acqua. Lo sforzo di avvicinarsi agli amici insieme a Patty la stava stremando.
-Jenny!- Philip proseguì la sua avanzata in ginocchio. Il ghiaccio si spaccò davanti a lui costringendolo ad arrestarsi -Prendi la corda!- gridò quando la vide riemergere e ricominciare a tossire.
La giovane lo udì e cercò la fune. Patty era pesante e rigida come la pietra, tenerla stava diventando un’impresa al di là delle sue forze. Le energie la stavano abbandonando, il freddo la schiacciava e non sarebbe riuscita ad evitare a lungo che il corpo inerte di Patty portasse a fondo entrambe. Protese un braccio verso la corda e affondò di nuovo, trascinata giù dal peso dell’amica. Tornò a galla e cercò di afferrare la fune. Doveva prenderla assolutamente, a qualsiasi costo. Le dita intorpidite dal freddo la sfiorarono, poi l’afferrarono ma non riuscirono a stringere la presa. Quando Tom cominciò a tirare, la corda le scivolò via. Nel tentativo di far riemergere Patty che era finita di nuovo sott’acqua, Jenny affondò ancora. Nuotò sotto l’amica, l’afferrò per la vita e la spinse in superficie. Lo sforzo fu enorme, espirò emettendo una miriade di bollicine e quando l’ossigeno finì, i polmoni presero a bruciarle. Tornò a galla in cerca di aria, ormai allo stremo. La fune era proprio davanti a lei.
-Prendi la corda!- gridò Philip.
Jenny ubbidì esausta. Si allungò verso la fune e ruotando la mano l’avvolse più volte intorno al polso. Tom tirò e stavolta la sua presa tenne.
-Benji, aiutami a tirare.-
Spinto da un disperato terrore, Holly si sporse verso l’acqua, rischiando di scivolare anche lui nel lago. Poi finalmente afferrò la mano ghiacciata di Jenny e la trasse verso di sé.
-Patty… Prima Patty!- supplicò lei quando cercò di issarla fuori.   
Holly si allungò più che poté dal lato della fidanzata e immerse le braccia nell’acqua gelida. Mentre Jenny spingeva da sotto affondando di nuovo, agguantò la ragazza svenuta per la vita e riuscì a tirarla fuori, trascinandosi poi con lei fino ai compagni.
Jenny non riemerse. Finalmente libera dal peso dell’amica e ormai priva di forze, andò a fondo senza neppure rendersene conto. Il gelo e la stanchezza le piombarono addosso implacabili e mentre il torpore la tirava giù, non si accorse che la corda avvolta intorno al braccio sollevato le stava scivolando via dal polso. Non poté vedere Philip prendere il posto di Holly, a mala pena udì la sua voce che la chiamava al di sopra della superficie. Espirò, e le bollicine d’aria arrivarono a galla scoppiando tutt’intorno alle dita, l’unica cosa di lei che era rimasta fuori dall’acqua. Poi all’improvviso una mano calda le strinse il polso. Nel momento in cui Jenny inspirava in cerca d’aria, la sua testa affiorò dall’acqua. Si sentì afferrare sotto le braccia e trascinare fuori dal ghiaccio in frantumi.
-Jenny, tutto bene?- la voce di Philip vacillò di preoccupazione. Le accarezzò il viso bagnato, ghiacciato, pallido e stanco, le sfiorò con le dita le labbra senza più colore e la scosse finché lei aprì gli occhi -Jenny!-
-Sì, sto bene.- tossì, poi con il suo aiuto riuscì a mettersi seduta -Patty?- domandò preoccupata guardandosi intorno. Aggrappandosi a Philip si tirò in piedi e si avvicinò all’amica inerte tra le braccia del capitano, il volto cadaverico, la bocca divenuta una sottile linea violacea.
-Non respira!- gemette Holly disperato -Non respira più!- la scosse ma lei non si mosse, non diede segni di vita. Il suo viso era spaventosamente terreo -Patty, svegliati! Patty!- la chiamò scuotendola ancora, il terrore a riempirgli gli occhi insieme alle lacrime.
-Scostati Holly.- Julian lo spinse bruscamente di lato, afferrò la ragazza, la voltò a faccia in giù e cominciò a comprimerle la schiena riproducendo il ritmo dei battiti del cuore. Gli amici rimasero immobili a guardarlo, incapaci di parlare.
-Patty…- continuò a piagnucolare Holly, trascinandosi sulla neve per andarle di nuovo vicino. Allungò un braccio verso di lei, ma Julian lo scostò brusco.
L’espressione concentrata, gli occhi fissi sulla schiena della ragazza e sulle proprie mani, Julian continuò a spingere a intervalli regolari. Lo sforzo di mantenere il ritmo gli imperlò la fronte di sudore. Ad un certo punto dalla bocca dell’amica uscì un’incredibile quantità d’acqua.
-Patty…- mormorò per l’ennesima volta Holly, mentre Amy gli si accostava e gli posava le mani sulle spalle per rassicurarlo. Patty rimase completamente immobile -Non succede niente…-
-Holly, sta’ zitto!- Julian gli lanciò un’occhiata di fuoco, la voce carica di tensione -Mi distrai e non riesco a contare!- riprese la pressione sulla schiena della ragazza finché lei cominciò a tossire. Vomitò altra acqua e Ross si fermò soltanto quando la sentì lamentarsi debolmente. Allora la voltò piano, afferrò la chiusura lampo del giubbotto, la tirò giù e cominciò a spogliarla. Amy accorse per aiutarlo. Insieme le sfilarono la giacca, poi il maglione e la maglietta. Si fermarono quando rimase in reggiseno. La sua pelle era più bianca della neve su cui era adagiata. Julian si tolse la giacca e l’avvolse intorno al corpo ghiacciato dell’amica. Poi si tirò indietro e lasciò che Holly la prendesse tra le braccia.
-Patty…- il ragazzo avvicinò il volto a quello di lei e le posò una guancia sulla fronte gelata.
La giovane socchiuse gli occhi, incrociò per un istante il suo sguardo, poi lui la strinse di nuovo a sé. Pieno di sollievo alzò il viso verso Julian che gli era rimasto di fronte.
-L’hai salvata.-
L’amico reagì all’imbarazzo di tanta gratitudine dando ordini.
-Cosa stai aspettando? Portala al ryokan o le verrà una polmonite.- si volse verso Jenny, scossa da brividi violenti -La stessa cosa vale per te.-
Lei annuì. I capelli bagnati appiccicati al viso, impacciata e raggelata dagli abiti che erano diventati solo un peso, si tolse la giacca e il maglione. Mentre Amy prendeva i vestiti dell’amica, Philip le si accostò per offrirle il proprio giubbotto. Jenny scosse la testa. Era così zuppa che anche indossandolo non sarebbe riuscita a scaldarsi.
-Lo bagnerei inutilmente.- rimase in maglietta, tremante di freddo, i capelli che grondavano acqua sulle spalle e sul petto. Non vedeva l’ora di tornare al caldo nel ryokan. Fece un solo, debole passo, poi crollò a terra così inaspettatamente che Philip non riuscì ad evitarglielo. Finì in ginocchio tra la neve, completamente priva di forze, le mani puntellate al suolo davanti a sé. Alzò sul fidanzato uno sguardo spaventato.
-Jenny, stai bene?-
-Penso di sì…- cercò disperatamente di alzarsi, i suoi muscoli erano di gelatina. Ci riuscì solo grazie a Philip che l’aiutò a rimettersi in piedi -Mi formicolano le gambe.-
-Significa che il sangue sta riprendendo a circolare.- spiegò Julian tranquillizzando entrambi.
-Ti porto io?- propose Philip, pronto a tirarsela sulla schiena.
Jenny guardò Julian in cerca di una risposta che non era in grado di dare.
-Se cammini è meglio.- rispose lui.
Trovarono Holly nell’ingresso del ryokan. Era chino su Patty, seduta a terra, e le stava togliendo scarpe e calzini. La giovane tremava, pallida come un cadavere, ma era cosciente. Quando li udì entrare si volse a guardarli.
-Tutto bene?- le chiese Jenny.
Lei annuì e tentò un debole sorriso. Poi Holly la prese di nuovo tra le braccia e imboccò le scale.
-Non è meglio portarla alle terme?- suggerì Amy -Lì fa più caldo!-
Il capitano si volse indeciso, ma anche Julian annuì.
-Purché non entri in acqua.-
Solo per un soffio Jenny riuscì a evitare che irrompessero tutti nello spogliatoio maschile. Aprì la porta di fronte e seguì Holly e Patty in quello femminile. Il capitano era stremato, ansimava di fatica e di paura, il cuore gli batteva ancora a mille. Il gelo del corpo di Patty penetrava attraverso la giacca di Julian e gli arrivava addosso, facendo rabbrividire anche lui. Attraversò lo spogliatoio, entrò nei bagni e, incurante di bagnarsi i calzini, arrancò verso la porta a vetri che immetteva nel locale delle terme.
-Che ci fate lì?-
Sussultarono tutti, Jenny addirittura sobbalzò nonostante avesse riconosciuto la voce di Mark. A mollo nell’acqua che gli arrivava a metà del torace, i capelli inumiditi dal vapore che gocciavano ai lati del viso e sul collo, Landers li guardava sgomento. Accanto a lui gli immancabili Ed e Danny.
-Quello è lo spogliatoio delle ragazze!- la sua constatazione risuonò come un’accusa.
-La Toho al completo.- rise Philip nervosamente. Anche lui si era spaventato.
-Maniaci.- continuò Landers guadando l’acqua verso di loro -E poi dite a Bruce!-
-È un’emergenza, Mark.- spiegò Jenny mentre il capitano depositava Patty sui primi gradini di pietra scura che sparivano sott’acqua.
La ragazza fu scossa da un brivido.
-Ti senti bene?-
-Sì, sto bene.- la voce le uscì roca, la gola le bruciò.
Holly la massaggiò per riscaldarla e riattivare la circolazione, perché nonostante lui adesso avesse cominciato a sudare, Patty era ancora pallida e continuava a essere scossa da brividi di freddo.
-Vuoi farmi morire di preoccupazione?- gemette in una specie di monologo un po’ sussurrato, un po’ pensato che Patty stentò a capire mentre le massaggiava le mani, un dito alla volta -Non ti lascio più da sola. Finché resteremo qui ti starò incollato addosso come una ventosa. Due volte di seguito è troppo.- la sera prima si era persa tra le montagne e aveva rischiato di essere sbranata dai lupi o di cadere in un crepaccio, come quella modella di cui non si era saputo più nulla. Neppure un giorno ed era sprofondata nel lago ghiacciato, dove aveva rischiato di  annegare congelata -Come minimo ti verrà la febbre, se non ti buscherai una polmonite.- cambiò mano -E tra qualche giorno il ritiro finirà, sarò costretto a partire e dovrò lasciarti qui, con il rischio che mentre non ci sono ti accada qualche altra cosa e che stavolta io non faccia in tempo ad arrivare. Non posso proprio lasciarti sola. È fuori discussione.- “riporterò io stesso Patty a casa e poi raggiungerò gli altri al centro di ritiro della nazionale”, rifletté -Devo fare proprio così.-
Amy arrivò, interrompendo il corso dei suoi pensieri.
-Dovresti toglierti anche tu quei vestiti bagnati, Jenny. Ti ho portato il cambio, sia a te che a Patty. È di là.-
Philip seguì come un’ombra la fidanzata fin dentro gli spogliatoi. E un secondo prima che lei si sedesse sulla panca per togliersi gli abiti di dosso, in un improvviso impeto d’ansia la raggiunse e le prese il viso tra le mani per guardarla negli occhi.
-Jenny, sei sicura di star bene?-
Lei gli sorrise dolcemente, per far sparire quella ruga di preoccupazione che gli solcava la fronte.
-Sto bene. È stato faticoso e congelante ma sto bene. Mi cambio e starò anche meglio, vedrai!-
Mentre la ragazza iniziava a togliersi di dosso gli abiti bagnati, lui si guardò intorno. Allo spogliatoio femminile era dedicata maggiore attenzione per i dettagli decorativi. Come il vaso rosa con il mazzolino di campanule di carta posato sulla mensola vicino alla porta, oppure le applique in vetro a forma di fiore che fiancheggiavano il grande specchio sopra i due lavandini. Su una parete era appeso un quadro con un paesaggio naif pieno di colori e i cesti di vimini per gli abiti, ordinatamente impilati su un ripiano, avevano tutti fiocchi di stoffa a pois.
Per Jenny fu un sollievo liberare la pelle dal gelo che l’avviluppava. E mentre la sua priorità era racimolare al più presto il calore perduto, Philip stava cominciando lentamente e inesorabilmente a sciogliersi. Sudato e accaldato come non mai, si tolse la felpa e la mise da parte, prendendo nello stesso tempo atto del fatto che lo spogliatoio si era trasformato in una lavanderia per abiti più o meno bagnati finiti in ogni angolo. In maniche di maglietta, rimase di vedetta sulla porta che immetteva nelle vasche, pronto a fermare Holly se avesse avuto la pessima idea di rientrare. Ma Patty ancora tremava tra le sue braccia e il capitano non l’avrebbe lasciata per niente al mondo.
Jenny indossò lo yukata, si asciugò i capelli finché smisero di gocciolare, poi recuperò un telo da bagno dalla pila di asciugamani puliti e tornò nelle terme, Philip dietro di lei. Si inginocchiò accanto a Patty e le tolse la giacca di Julian dalle spalle.
Imbarazzata dalla propria improvvisa nudità, lei si appropriò del grande asciugamano che le porgeva Jenny e che profumava di pulito. Se lo avvolse addosso stretto stretto, perché nonostante il vapore che saliva dall’acqua della grande vasca e il calore del corpo di Holly che le stava appiccicato, continuava a sentir freddo.
-Togli i pantaloni, Patty. Se continui a tenerli addosso non ti scalderai mai.- Jenny si avvicinò per sbottonarli e l’amica, sorpresa, si ritrasse.
-Cosa fai?-
Amy e Jenny risero del suo imbarazzo.
-Ti vergogni? Tu che corri su e giù per il ryokan avvolta in un minuscolo asciugamano?-
-In questo momento non ti sta guardando nessuno.- cercò di convincerla Amy.
-Vuoi che mandi via Philip?- domandò Holly.
Ma il compagno non era più nei pressi. Si era già saggiamente tirato da parte e voltava loro le spalle mentre, sul bordo della vasca, riferiva a Mark e combriccola cos’era appena accaduto sulle rive del lago.
Quando finì il racconto, Patty si era cambiata indossando lo yukata e Jenny, davanti a lei, stava radunando i suoi abiti bagnati.
Philip si sentì quindi autorizzato a tornare verso di loro e facendolo guardò la fidanzata. La cinta allacciata da Jenny in fretta e furia un attimo prima, si era a poco a poco allentata mostrando il profilo di una spalla e l’incavo dei seni. Tutte quelle pieghe di stoffa scomposte che avevano inevitabilmente attirato il suo sguardo geloso, erano sfortunatamente proprio di fronte a Holly che, seduto dietro Patty, aveva sì gli occhi posati su Jenny, ma senza vederla, perché nella sua mente si avvolgevano e riavvolgevano le immagini dell’incidente al lago dove la fidanzata aveva appena rischiato la vita, procurandogli le stesse spiacevoli sensazioni di una pellicola horror.
-Cosa stai guardando, Holly?- lo apostrofò Philip brusco.
Il capitano ricambiò l’occhiata con genuina innocenza.
-Niente! Io…-
-Stai guardando!-
-Non è vero!-
-Ti ho visto!-
-Hai visto male.-
-Ti ho visto benissimo!-
-Non ascoltarli, Patty.- disse Jenny cercando di ignorarli, mentre stringeva alla meglio il nodo della cinta e riaggiustava la veste addosso.
Il consiglio non servì perché lei non lo stava facendo. Il battibecco tra i due non la interessava minimamente. Immerse invece una mano nell’acqua. Lo sbalzo di temperatura le arrossò la pelle all’istante e Amy, notandolo, si accoccolò al suo fianco.
-Secondo Julian è meglio se non entri. L’acqua è troppo calda.-
-Sì, è veramente bollente.-
Alle loro voci, fecero da sottofondo le proteste di Holly.
-Non siamo venuti fin qui per rubarti la ragazza, Philip. E se avevi questo timore, perché hai organizzato il ritiro a Shintoku, dov’era anche Jenny?-
Le amiche continuarono a ignorarli.
-Probabilmente ti salirà un po’ di febbre, con tutto il freddo che hai preso. Ma con un paio di aspirine, tra stasera e domani dovresti tornare in forma.-
-È una fortuna che Julian studi medicina, Amy.- disse Patty e gli occhi le si riempirono di lacrime -Se non ci fosse stato lui...-
-Non ci pensare, l’importante è che sia finito tutto bene. E poi anche Jenny si è data un bel daffare.-
Patty annuì e l’amica le sorrise.
-L’avresti fatto anche tu, no?-
Comunque, ignorare Holly e Philip che bisticciavano come bambini, era complicato.
-Stavi guardando! Non mentire!-
-Ero soprappensiero, Philip! E se proprio vogliamo mettere i puntini sulle i, non dimenticare che tu hai abbracciato Patty!-
Le antennine di Jenny si drizzarono di colpo.
-Hai abbracciato Patty, Philip?-
-Assolutamente no!- si schermì lui -Perché mai dovrei abbracciare Patty?-
-Certo che lo hai fatto! Anzi, le sei saltato addosso!-
Jenny si irrigidì.
-Quando, Philip?-
-Mai! Non l’ho mai fatto! Mi stai confondendo con Tom, Holly!-
-Lascia fuori Tom da questa storia, stiamo parlando di te. L’hai quasi spogliata e hai anche cercato di baciarla! Avrei dovuto prenderti a ceffoni e invece mi hai fatto pena e mi sono trattenuto!-
Sui volti di Philip e di Jenny comparve la stessa identica espressione sbalordita.
-Non è vero! Non ho fatto nulla di simile!-
Il capitano fremette. Ne aveva mille, di testimoni. Ne prese uno a caso.
-L’ha fatto. Vero, Mark?-
La risata sguaiata del ragazzo corse sull’acqua e sbatté dritta in faccia a Philip.
-Era talmente ubriaco che non ricorda più niente!-
Inquietudine e turbamento sul volto di Jenny, spinsero una dispiaciuta Patty a riparare il danno causato dall’ottusa superficialità maschile. Le prese una mano tra le sue ancora fredde.
-Pensava che io fossi te.-
A quella conferma lei si irrigidì ancora di più.
-Philip, non posso crederci! L’hai fatto davvero?!-
-No! Certo che no! Non posso averlo fatto! Non è possibile!- guardò Mark e Holly, cercando di scovare la verità nei loro sguardi e trovando in uno solo voglia di rivalsa e nell’altro puro divertimento. Allora non gli rimase che incalzare Patty -Davvero? Davvero l’ho fatto?-
-Lo hai fatto, Philip.- rispose lei risoluta -Perché eri così ubriaco che mi hai scambiata per Jenny. Pensavi che io fossi lei!-
E proprio quella lei si ritrovò del tutto impreparata ad accettare la notizia. Abbracciare Patty, saltarle addosso, tentare di spogliarla e addirittura di baciarla! Inaccettabile! Imperdonabile! Guardò il fidanzato furibonda. Con quale faccia tosta aveva da ridire se Kevin l’accompagnava in macchina o se sciava con Mark? Se cercava un motivo reale per essere geloso, lei lo avrebbe accontentato subito! Avrebbe detto a Kevin di restare per cena, che la nonna aveva preparato anche per lui! Si alzò di colpo, così di colpo che la cinta dello yukata annodata frettolosamente si allentò e si sciolse, e il kimono scivolò via incapace di seguirla nel suo movimento verso l’alto. Jenny non riuscì a trattenerlo mentre la stoffa si depositava ai suoi piedi.
Philip sbiancò, un rantolo gli salì in gola. Pietrificato dalla sorpresa, si riempì lo sguardo con il reggiseno e le mutandine color pesca che Amy le aveva portato e che Jenny aveva appena indossato davanti ai suoi occhi, nello spogliatoio, come se potesse così sottrarli alla vista degli altri. Dover condividere con i compagni le sue curve morbide ricoperte di fiocchi e merletti gli fece provare quasi un dolore fisico. Il suo sguardo saettò per le terme, fermandosi prima su Holly, che si era saggiamente voltato, poi verso il trio della Toho. Warner e Mellow erano opportunamente spariti tra il vapore, ma Philip incrociò gli occhi di Mark, sorpreso e sgomento almeno quanto lui. Distolse lo sguardo, sì. Però lo fece troppo tardi.
-Landers, se ti becco a sbirciare di nuovo ti pesto a sangue!-
La collera di Jenny si infranse di fronte alla violenza della minaccia. Prima di riuscire a porre in qualche modo rimedio alla propria nudità, Philip aveva già raccolto da terra lo yukata e glielo stava avvolgendo intorno al corpo, serrandola nel contempo tra le braccia per evitare che si ripetesse uno spettacolo per lui tanto sconvolgente.
-Ho fatto bene a raggiungervi!-
Philip non poté credere alle proprie orecchie. Quale maledetta congiuntura astrale aveva attirato Benji Price fin lì? Si volse, rassegnato in partenza. Benji era in piedi sul bordo della vasca, dal lato dello spogliatoio maschile, le braccia incrociate e un’espressione chiaramente compiaciuta. Strizzò l’occhio a Jenny e lei sprofondò il volto contro la spalla del fidanzato, arrossendo d’imbarazzo.
-Non ricordo di aver abbracciato Patty.- disse lui scostandola quanto bastava per guardarla negli occhi -Non lo ricordo proprio.-

Holly si mosse per mettersi più comodo. Seduto sui tatami, teneva un braccio intorno alle spalle di Patty, accoccolata al suo fianco e avvolta in un plaid per tenerla al caldo.
-Giuro che se esci di nuovo senza di me, ti mollo.- minacciò con un sospiro. Le stava salendo la febbre, ne era sicuro al cento per cento. Gli occhi lucidi e le guance arrossate da bruciare ne erano un segno inconfondibile -Senti freddo?-
-Adesso sto bene.-
Amy le porse una tazza di tè caldo, ma Patty scosse la testa e Holly la prese al suo posto posandola tra loro.   
-Quando Bruce si accorgerà di aver saltato lo spuntino gli prenderà un colpo.- disse Tom -Se continua così si sveglierà in tempo per la cena.-
-Credi che stia dormendo?- domandò Philip.
-Dici di no?-
-Dov’è? Lo avete visto?- s’informò Holly.
Mark alzò un braccio per indicare il corridoio.
-Qui accanto, in una delle camere libere. Sono almeno due ore che è lì dentro.-
-Evelyn è là con lui da due ore?-
Amy scosse la testa.
-L’ho vista giù in lavanderia, stava finendo di stendere il bucato.-
Jenny li ascoltò per metà, sforzandosi di scacciare la stanchezza che l’assaliva a tratti. Si sentiva esausta, ma era quasi ora di cena e non poteva addormentarsi proprio adesso. Patty aveva bisogno di riposare e stare al caldo, Evelyn quel giorno doveva occuparsi della biancheria e Amy non l’avrebbe mai perdonata se l’avesse lasciata sola con quel branco di lupi affamati. Prese una rivista a caso tra quelle finite sotto al tavolino e la sfogliò per tenersi occupata ancora un po’.
-Gamo ti ha detto quand’è la partita, Holly?- domandò Tom.
-Tra dieci giorni.-
-Dove giocheremo?- chiese Julian.
-A Tokyo.-
-Quando dobbiamo raggiungere gli altri?-
-Non ho avuto il tempo di chiederglielo. Benji mi ha tolto il telefono.-
-Era adirato?- si informò Philip con una punta d’ansia.
-No, mi è sembrato piuttosto calmo.-
-Del resto Gamo non si arrabbia mai quando parla con te.- fece presente Mark.
Philip si volse verso Jenny, per condividere con lei l’atroce dubbio insinuato dal compagno, vale a dire che la serenità del mister dipendesse soltanto dal suo interlocutore. Ma la fidanzata non prestava attenzione al dialogo, probabilmente non aveva udito nulla preferendo continuare a leggere ciò che aveva tra le mani. Philip osservò l’oggetto di tanto interesse. Riconobbe una delle riviste di Bruce, una rivista maschile, che in alcune pagine mostrava situazioni esplicite e forse anche di cattivo gusto. Gli tornò in mente che una volta quando era alle medie, sua sorella aveva denigrato lui e i compagni della Flynet sorpresi nella sua stanza a scambiarsi quel genere di pubblicazioni. Guardandoli con commiserazione e sufficienza, come solo le sorelle maggiori sono in grado di fare, aveva detto loro che certe cose un conto era farle, un altro vederle fatte da altri, ritenendo quest’altra alternativa molto squallida. A parer suo, quegli atti che in loro appena adolescenti generavano emozioni per lo più immature e indescrivibili, perdevano il coinvolgimento sentimentale ed emotivo, trasformandosi esclusivamente in un fatto fisico. Il risultato di quelle perle di saggezza non richieste era stato che gli scambi di riviste si erano spostati in più sicure case di figli unici e che Philip adesso si chiedeva incerto se il punto di vista di Kate fosse lo stesso di Jenny e delle ragazze in generale. Ma soprattutto, nel dubbio, come far sparire la rivista. Provò a tastare il terreno.
-Cosa stai leggendo?-
Jenny alzò su di lui uno sguardo distratto.
-Questo.-
-Lascia perdere le riviste di Bruce.-
-Ah, è di Bruce?- un lampo di divertimento le illuminò il viso.  
-E di chi altri?-
-Be’, tua per esempio…-
Mentre la conversazione stava iniziando a divertirla, Philip si ritrovò a mentire per puro istinto di sopravvivenza.
-Non ho mai letto quella roba.-
-Davvero? Eppure qualche anno fa nella tua stanza mi pare di aver visto riviste di questo tipo.-
Philip si chiese se davvero in passato fosse stato così imprudente da non aver nascosto accuratamente quel genere di pubblicazioni che sì, in effetti avevano conosciuto la sua stanza e ancor meglio il fondo buio del suo armadio.
Benji si chinò sotto al tavolo e frugò tra gli altri settimanali. Ne scelse uno e lo porse all’amica.
-Il terzo racconto è il migliore di tutti.-
La rivista venne dirottata altrove prima che Jenny riuscisse a impossessarsene.
-Philip! Dammela!-
-Non c’è nulla che possa piacerti.-
-Lascia che sia io a stabilirlo!-
Il no del fidanzato fu inesorabile e offese a morte Jenny, che si rifugiò in un angolo con la rivista che stava già leggendo, decisa a sfogliarla fino all’ultima pagina.
La fame cominciò a farsi sentire alle sette e mezza. Un’ora più tardi divenne così difficile da gestire che Tom diede finalmente voce alla domanda che più o meno si stavano ponendo tutti.
-Pensate che prima o poi le ragazze si sveglieranno?-
Una domanda legittima, vitale e necessaria, poiché in cucina nessuno stava preparando la cena per loro. Amy si era addormentata seduta, la testa contro il braccio di Julian, Jenny si era appisolata nell’angolo, sdraiata su un fianco, il volto su un cuscino e la rivista ancora stretta in una mano come se non volesse più mollarla per fare un dispetto al fidanzato. Patty riposava tranquilla addossata a Holly, le guance arrossate dalla febbre. Evelyn non li aveva ancora raggiunti. L’attesa si prospettava lunga e...
-Dov’è finito Bruce? Aveva detto che avrebbe fatto un pisolino, ma possibile che stia ancora dormendo?-
-Trattandosi di lui, Holly, potrebbe benissimo essere così. Sai perfettamente quali sono le sue priorità. Dormire e mangiare. Nient’altro.-
-A proposito di mangiare, se le ragazze non si svegliano, saltiamo la cena?-
-Neanche per sogno!-
-Prepariamo noi?- domandò Holly incerto. Nessuno dei compagni sembrava particolarmente propenso ad allacciare il grembiule per gli altri. Eppure con qualcosa dovevano sfamarsi.
Philip ebbe un’idea appena appena accettabile.
-Che ne dite del ramen istantaneo? Ce n’è nella dispensa. L’ho visto l’altro giorno mentre recuperavo il liquore del nonno.-
Ed guardò l’orologio.
-A che ora pensate di avviarci verso il ramen?-
-Sono le nove meno un quarto.- abbondò Benji e si mise in piedi -Direi che il tempo è scaduto.-
-Sono d’accordo.- Tom si alzò e seguì il portiere nel corridoio.
Holly vide i compagni lasciare la stanza uno dopo l’altro. Aveva una fame da lupi ma Patty gli dormiva addosso e se si fosse spostato l’avrebbe svegliata.
-Giuro che se te ne vai anche tu…- minacciò vedendo Philip guadagnare la porta.
-E cosa dovrei fare?-
-Aspettarmi, almeno!-
Il capitano impiegò cinque minuti buoni per togliersi di dosso il corpo addormentato di Patty senza disturbare il suo sonno. La adagiò sui tatami e si assicurò che fosse ben coperta. Poi uscì nel corridoio insieme a Philip, richiudendosi piano la porta alle spalle.
In cucina i preparativi per la cena fervevano in modo curioso. Ad esempio Danny era inginocchiato a terra, infilato per metà dentro il capiente mobile della dispensa, e da quella scomoda posizione passava le confezioni di ramen a Tom che le posava sul tavolo.  
Sul ripiano Holly non trovò nulla di suo gusto.
-Togliti Danny, ci penso io.-
Lui gli lasciò volentieri lo scomodo posto, portando con sé il ramen che aveva scelto per cena.
Philip si chinò e sbirciò all’interno del mobile.
-Holly, cosa stai cercando?-
-Ramen ai gamberetti.-
-Ne trovi uno anche per me?-
Tom lanciò un’occhiata al fornello.
-Mark, l’acqua bolle.-
Lui spense il gas mentre Julian posava le ciotole sul tavolo, una per ciascuno. Poi agitò la teiera e si avvicinò al tavolo.
-L’acqua è poca. Chi l’ha messa?-
-Ne ho messa poca per farla bollire prima!-
-E quante volte dovremo scaldarla, idiota di un Ross?-
-Non potete discutere anche per l’acqua!- s’inalberò Holly -L’acqua è l’unica cosa che non manca, porca miseria.-
-La pazienza sì, però.- sentirono Tom dal suo angolino.
-Comincia a versare, Mark. Abbiamo fame.- lo sollecitò Philip.
Il giovane si riempì la ciotola, dopodiché posò la teiera completamente vuota sul fornello e si sedette pronto a sfamarsi.
-E noi?-
-L’acqua era poca, ve l’ho detto.-
-Ottimo spirito di collaborazione, Landers.- commentò Benji -Gamo ne sarebbe entusiasta.- girò intorno al tavolo, riempì la teiera e la mise a scaldare -La prossima è mia.-
-Stesso spirito di collaborazione di Mark. Praticamente identico.- sospirò il capitano.
Benji rimase appostato accanto al fornello come un mastino da guardia, le mani sui fianchi e la fame che cresceva. Julian, che non voleva dargliela vinta, riempì una pentola d’acqua e la mise a scaldare accanto alla teiera, che però impiegò meno a bollire. E così, nel giro di pochi istanti, anche la tazza di Benji fu piena. Sperando di accelerare i tempi, Tom prese la teiera vuota, la riempì di nuovo e la rimise sul fornello.
-Di chi è?-
-Non so. Possiamo tirare a sorte.-
-Non ce n’è bisogno.- intervenne Holly -Quell’acqua è per me.-
-E perché?-
-Per la questione della fascia. Io sono il capitano e quell’acqua mi spetta.-
-Ridicolo…- Philip lo guardò malissimo, contento poi di scoprire che non era l’unico a farlo.
-Vorresti prenderla tu?-
-Certo.-
I compagni scossero la testa. La teiera cominciò a gorgogliare, segno che l’acqua stava per bollire. Tom, che era più vicino, la tolse dal fuoco e non riuscì a decidersi a versarla per sé.
-Allora? Chi la prende?-
Mark lanciò un’idea.
-Danny. Così per una volta non sarà l’ultimo.-
Tom si liberò dell’acqua esattamente come gli era stato suggerito.
-Non posso credere che tu lo abbia fatto davvero!-  
-Lascia stare e guarda, Philip.-
Sul fondo della pentola che Holly gli indicò si stavano formando innumerevoli, minuscole bolle d’aria, segno inequivocabile che l’acqua si era scaldata e presto avrebbe iniziato a bollire.
Ma prima, la nonna si affacciò sulla porta.
-Come va, miei cari?- si guardò intorno -Dove sono le ragazze? Le avete fatte arrabbiare di nuovo?-
-No, stanno riposando.-
Nonna Harriet li osservò tutti con un filo di sospetto.
-E state preparando voi la cena?-
-La cena è quasi pronta.- Julian indicò la pentola dell’acqua.
La nonna all’inizio non capì, poi spostò gli occhi al tavolo e trasalì incredula.
-Ramen istantaneo?-
-Il migliore.- annuì Mark.
-Sono senza parole! È la prima volta in assoluto che i miei ospiti mangiano ramen istantaneo!Proprio sotto il mio tetto!-
Benji la guardò serio.
-Se può consolarla, anche per me è la prima volta.-
La nonna non riuscì a capacitarsi di quello che reputava poco meno di un insulto. Jenny l’indomani l’avrebbe sentita. Trattare in questo modo i suoi ospiti…
-Perché non lo avete detto? Avrei impiegato dieci minuti a prepararvi una cena decente. La dispensa è piena di tutto!-
Benji si sentì rimescolare.
-Perché non ci hai pensato, Callaghan? Eppure qui sei di casa!-
A Philip schizzarono fuori gli occhi dalle orbite.
-Il ramen istantaneo non ha mai ucciso nessuno!-
-Potresti essere la prima vittima.-
-Basta, basta!- li arginò Holly -L’acqua sta per bollire, smettete di discutere.- e di fare brutta figura con la padrona del ryokan, soprattutto.
La vecchina si rassegnò all’inevitabile, salutò e fece per uscire. Poi si ricordò di una cosa e tornò verso il capitano.
-Jenny mi ha raccontato dell’incidente. Come sta Patty?-
-Si è ripresa bene.-
-Deve restare a riposo e al caldo il più possibile.-
Nonna Harriet si dilungò con le raccomandazioni, monopolizzando non solo l’attenzione di Holly ma anche quella di Philip, che gli era accanto. Non si accorsero i due che l’acqua nella teiera era ormai pronta, ma Julian sì. Si riempì di soppiatto la ciotola, versò altra acqua nel bollitore e lo rimise a scaldare. Poi si sedette per attendere i canonici tre minuti di infusione prima di immergere le bacchette nel ramen caldo e fumante.
Fortunatamente, quando la nonna lasciò la cucina, bolliva anche la pentola che conteneva ormai acqua sufficiente per tutti.
A fine cena non potevano certo dirsi satolli, ma almeno avevano messo qualcosa di caldo nello stomaco. Certi di rifarsi la mattina successiva con un’abbondante colazione, salirono in camera a prepararsi per la notte. Lì, nulla era cambiato. Le ragazze erano nello stesso posto e nella stessa posizione in cui le avevano lasciate.
Allora Julian prese il futon dall’armadio e lo stese accanto alla fidanzata.
-Amy, mettiti sotto le coperte o prenderai freddo.-
Quando lei aprì gli occhi, le indicò il futon pronto ad accoglierla.
-È tardi?-
-Abbastanza, sono le dieci e mezza.-
-Avete mangiato?-
-Sì, tu hai fame?-
-Per niente.- vide Holly che avvolgeva la fidanzata nelle coperte e le posava una mano sulla fronte perplesso -Ha un po' di febbre.- gli disse -Prima di addormentarsi l’ha misurata. Si tratta solo di un’infreddatura, vedrai che domani starà meglio.-
Bruce arrivò tra loro così inaspettato e improvviso da catturare su di sé gli sguardi di tutti. Da ore si erano perse le sue tracce ma si presentò in formissima, apostrofandoli immediatamente su ciò che, a quell’ora, più gli premeva.
-Avete già cenato, per caso?-
-Alla buon’ora, Harper!- lo accolse Mark -Cosa diavolo hai combinato tutto questo tempo?-
-Ho riposato. Lontano da voi ho passato un pomeriggio da favola.-
-Certo che abbiamo mangiato! Sono le dieci e mezza, se non te ne sei accorto!-
-Scommetto che l’idea di aspettarmi non vi è neppure passata per la testa.-
-Naturalmente.- annuì Benji -Ci siamo persino dimenticati che esistessi!-
-Begli amici!-
-Potevi tornare prima.-
-Cosa mangio adesso?- domandò ad Amy che si era affacciata al pannello divisorio per controllare a che punto fossero i preparativi .
Lei fece spallucce.
-Non so neppure cosa hanno mangiato loro.-
-Scendi in cucina. Qualcosa troverai di sicuro.-
Bruce seguì il consiglio di Holly ben sapendo che a digiuno non sarebbe mai riuscito a prendere sonno.
Proveniente dal bagno, Benji rientrò in stanza per ultimo. Il lume nell’angolo era acceso ed emanava una luce molto bassa attraverso la carta di riso. Qualcuno dei compagni dormiva già. Anche Evelyn era ricomparsa e riposava tranquilla accanto a Bruce. Il portiere raggiunse l’armadio, si caricò il futon e lo stese a terra nel poco spazio libero che era rimasto. Tornò verso l’armadio per recuperare il cuscino e si sedette tra le coperte, rivolgendosi poi a Bruce che ancora non dormiva.
-Come hai trascorso il pomeriggio?-
-Benissimo.-
Philip rise piano.
-Benji intendeva in che modo.-
-Sono affari miei. E i fatti miei non li racconto a nessuno.-
-Giusto, Harper.- lo sfotté il portiere -Molto meglio impicciarsi di quelli degli altri.-
-Che ne dite di dormire?- propose Holly dall’altro lato della stanza.
La richiesta servì soltanto a far loro abbassare la voce.
-C’è una cosa che mi frulla in testa da due giorni, Philip.-
Le parole di Benji lo fecero tremare.
-Perché sei geloso di Mark, di me… forse persino di Holly, ma non sei geloso di Tom? L’altra sera mentre eravamo in cucina a discutere delle solite stronzate, lui e Jenny sono spariti insieme e sono tornati insieme dopo un buon quarto d’ora. E tu non hai avuto niente da dire. Perché?-
La testolina della ragazza emerse da sotto le coperte e lo spiegò prima ancora che nella testa di Philip si formasse la risposta.
-Quella fase l’ha già passata. Tom lo conosco da anni. Philip me lo ha presentato quando eravamo al liceo.-
Gli occhi di tutti si spostarono sul ragazzo che dormiva ignaro a pochi passi da loro.
-Ah, davvero!- Benji ne fu stupito -Vi conoscevate già e lui su di te non ha mai detto una parola! Quanto gli avete dato per farlo tacere?-
-Cosa c’era da dire su Jenny?- domandò Philip sulla difensiva.
-Per esempio, quanto le dona il completo intimo color pesca che indossava oggi.-
La ragazza trasalì, poi arrossì e Bruce, che stava per cedere al sonno, drizzò le orecchie.
-Di cosa state parlando? Quale completino?-
-Vedi, Harper, mentre tu oggi trascorrevi la tua splendida giornata a ronfare, abbiamo avuto il piacere di vedere Jenny in completo intimo e...-
-Solo tu hai visto!- lo zittì Philip rosso di collera, provando una sottile fitta di dolore al solo ricordo di ciò che era accaduto.
-E Landers. Non dimenticare Landers, Callaghan. Quando c’è qualcosa che riguarda Jenny, lui devi sempre comprenderlo.-
Una voce provenne dal fondo.
-Io ancora non capisco perché quel giorno non lo abbiate lasciato partire.-
-Sono rimasto per te, Landers.-
-Volete dormire, per favore?- invocò di nuovo Holly, e stavolta non venne ignorato.

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Capitolo 20
*** 14 - Fine dei giochi - prima parte ***


- 14 -
Fine dei giochi
Prima parte


Evelyn si sentì scuotere e mugolò una protesta nel sonno. Era ancora troppo presto per alzarsi e lo sapeva perché il suo corpo le chiedeva almeno un’altra ora di riposo. Così nascose la testa sotto il cuscino e si scostò da Bruce che le dormiva addosso, un braccio a pesarle su un fianco, il volto affondato tra i capelli. Uno scricchiolio sinistro precedette un’altra scossa. Non fu soltanto Evelyn a ondeggiare, ma lo fece l’intero edificio che cigolò e gemette, oscillando con tutti i suoi occupanti. Una matita, abbandonata sul tavolino, rotolò lungo il ripiano e cadde a terra. Evelyn tornò ad accostarsi al fidanzato e sentì contro il collo il suo respiro profondo. Lei moriva di paura e Bruce continuava a dormire ignaro e beato.
Jenny, sveglia anche lei, teneva gli occhi spalancati sul soffitto. D’istinto cercò la mano di Philip tra le coperte e la strinse, trattenendo il fiato ad osservare la lampada che ondeggiava sulle loro teste. Quando l’oscillazione cessò quasi del tutto, riprese a respirare. Rotolò sulla pancia e si guardò intorno, incrociando gli occhi di Tom, che osservava Bruce continuare a ronfare tranquillo.
-Non sente neanche le cannonate, figuriamoci se si accorge di un terremoto.-
-Ma è finito?- domandò Danny in ansia. Il ryokan gli era sembrato all’improvviso decisamente vecchiotto.
-A quanto pare. Hai paura, Mellow?-
Il ragazzo spostò lo sguardo su Benji che, i gomiti appoggiati sul cuscino e l’espressione impenetrabile, lo puntava con occhi carichi di sarcasmo e compassione.
-Un vero uomo deve affrontare il pericolo a testa alta, senza tremare.- disse Ed, rassicurando il compagno con una pacca sulla schiena così poderosa da stenderlo sul cuscino.
-Già, un vero uomo.- fu d’accordo Benji -Però qui non ne vedo.-
L’orologio segnava appena le sei e diciotto.
-Sei riuscito a offenderci tutti già all’alba. La giornata è iniziata in modo splendido.-
-Una giornata che inizia con un terremoto comincia male per forza, Mark.- Jenny si alzò e aprì le tende, lasciando che la luce del giorno inondasse la stanza.
Holly sbuffò così sonoramente da riportare immediatamente il silenzio.
-Si può sapere cosa avete da rimbeccarvi così presto?-
-Ha insultato anche te!-
-Me ne farò una ragione, Mark.- rispose il capitano con uno sbadiglio che terminò sotto le coperte abbracciando Patty ancora sonnecchiante. Il suo corpo era caldo ma non bollente, forse non aveva la febbre.
-E gli allenam…-
Quel cuscino così ben lanciato troncò la frase di Tom centrandolo in faccia.
-Ma Philip! Avremmo potuto cominciare prima e…-
-Sta’ un po’ zitto!- lo redarguì anche Mark con una seconda cuscinata che andò a segno.
Jenny tornò a sedersi sul futon, accanto al fidanzato.
-Non è ora?-
-No. Holly vuole dormire.-
Philip non fece in tempo a dirlo che la testolina di Patty sgusciò fuori dal tepore del futon e dall’abbraccio del fidanzato. Li guardò divertita mentre si metteva seduta.
-Buongiorno.-
-Tu e Holly non stavate dormendo?-
-Io sono sveglia da un bel po’. Precisamente dalle cinque.-
-Hai sentito il terremoto?- chiese Evelyn -Bruce no, non ha sentito niente.- infatti ancora dormiva, sdraiato al suo fianco.
-Forse è meglio se oggi non andate ad allenarvi.- buttò lì Jenny, perché un pensiero le era nato in testa a tradimento e le era finito sulle labbra quasi per sbaglio.
Holly riemerse di colpo dalle coperte.
-Perché mai?-
-Per le valanghe. Penso che non sarebbe prudente allenarvi nella radura.-
Completamente d’accordo, Philip si chiese come non fosse venuto in mente a lui.
-Jenny ha ragione. È molto meglio evitare, non si sa mai.-
Holly fu pronto a vederli scambiarsi un cenno d’intesa, come se si fossero messi d’accordo per fregarlo. Non accadde, così fece fatica a capire se Philip stesse cercando di evitare gli allenamenti o se allenarsi nella radura costituisse un reale pericolo. Mentre lui rifletteva, la conversazione continuò.
-Allora è meglio restare qui.-
-Danny, porca miseria! Da quando sei così fifone?-
Di fronte al rimprovero di Mark, lui rimpicciolì di vergogna fino a sparire sotto le coperte.
-Va bene.- disse il capitano -Meglio lasciar perdere la radura.-
A Tom non sembrò particolarmente dispiaciuto. Lo conosceva talmente bene da intuire che la sua improvvisa resa nascondeva dell’altro e restò in attesa di sapere cosa gli passasse nella testa. E infatti Holly proseguì.
-Ho un’idea.-
Philip ebbe un brutto presentimento.
-Quale?-
-Oggi è domenica.-
-E allora?-
-La scuola è chiusa.-
Il brutto presentimento si trasformò in un mezzo infarto.
-Stai scherzando, Holly? Assolutamente no!-
-Ci sarà mai una mia proposta che verrà accettata all’unanimità e senza proteste? Dimmi Philip, perché no?-
Impreparato ad affrontare l’attacco diretto del capitano, l’altro tergiversò, incrociando lo sguardo di Julian che stentava a seguirli e di Tom che non aveva capito niente.
-No, cosa? Qual è la tua idea, Holly?-
-Intendo chiedere in prestito il campo da calcio della scuola elementare.-
-Ottima idea!-
-Non lo è, Tom.- Philip si oscurò sempre più -Non lo è per niente!-
-E perché?- lo incalzò Julian -Per una volta che potremmo fare un allenamento decente! È più di una settimana che sprofondiamo tra la neve e francamente mi sono stancato di andare avanti in queste condizioni.-
-Su Philip, dov’è il problema?- cercò di rabbonirlo anche Tom.
Holly neppure tentò di convincere il recalcitrante compagno. Lo ignorò direttamente.
-Per favore, Jenny, chiama il tuo amico custode e chiedi se ci danno il permesso di usarlo.-
-Io non sono comunque d’accordo!-
-Insomma, Philip! Cos’è che non ti piace del campo della scuola?- si innervosì il capitano. Stavolta Callaghan gli avrebbe ubbidito, con le buone o con le cattive, perché non era disposto a scendere a compromessi.
-Ci sono persino le porte!- esclamò Danny, riemergendo dalle coperte per assistere alla discussione dei compagni.
-Le porte! Sai che consolazione.- si fece sentire Benji.
-Puoi risparmiarci il tuo sarcasmo?-
-Te lo concedo gratis, Landers.-
-Taci, Benji.- lo zittì Holly.
-Non vuoi che parli?-
-Preferisco di no.-
-Ma io ti potrei spiegare qual è il problema di Callaghan. Il motivo per il quale è contrario a utilizzare il campo della scuola è talmente stupido che…-
-Dannazione, Price!- lo mise a tacere Philip -Fatti i fatti tuoi per una volta!-
Jenny invece parlò a tradimento.
-Philip, capisco che non vuoi vedere Kevin ma non devi preoccuparti. Ti assicuro che lo terrò lontano da voi e…-
-No! Assolutamente no!- un lampo di sdegno gli attraversò lo sguardo -Se proprio dovremo andare fin là, sarai tu a dover stare lontano da lui! Anzi, lui da te!-
Holly li ascoltò, incredulo ma anche rassicurato di sapere che il problema che affliggeva Philip non fosse la pigrizia di scendere in paese, né di allenarsi, né qualsiasi altro motivo che li riguardasse. Si trattava soltanto di Kevin, come sempre e come al solito. Ma intanto l’orologio diceva che era quasi ora di alzarsi. Allora si rivolse a Patty.
-Hai la febbre?-
-Non penso.-
-Oggi rimani al ryokan, d’accordo?-
Lo stupore le riempì gli occhi.
-Ma Holly! Voglio venire con voi! -
-Non mi sembra il caso, Patty.-
-Non voglio restare qui da sola!-
-Resto io con te.- si offrì Evelyn senza rimpianti.

*

Julian stava perdendo sensibilità alle dita benché fossero avvolte dai guanti di lana. Nonostante la lunga camminata fino a Shintoku, era riuscito a scaldarsi appena appena perché era stata tutta in discesa e l’aveva affrontata con la minima fatica. Il calore accumulato dopo quella mezz’ora di passeggiata, si stava inesorabilmente dissolvendo a star lì impalato, fuori dalla scuola, sul marciapiede dove si erano fermati quando si erano trovati davanti il cancello d’ingresso spalancato e una miriade di persone radunate nel cortile. L’assembramento era stata una sgradita sorpresa e adesso esitavano, indecisi se entrare o riscarpinare fino al ryokan.
-Cosa ci fa qui tutta questa gente, Jenny?-
-Chi hai chiamato?-
La ragazza si sentì sotto accusa e cercò di giustificarsi.
-Soltanto il signor Wilson. E gli ho chiesto di intercedere per noi con il preside per l’uso del campo! Giuro che non ho detto altro!-
Nessuno poteva immaginare ciò che la telefonata di Jenny aveva scatenato. Nessuno poteva pensare che, grazie ai nonni, alle chiacchiere di Meryl, di Kevin e dei loro amici, e persino dell’improvvisata notturna di Philip nel bar di Shintoku, per non parlare della scomparsa di Amy e Patty, ormai l’intera cittadina era a conoscenza della presenza dei sette - che poi erano diventati nove - talenti del calcio giapponese. La notizia aveva serpeggiato lungo le strade, aveva percorso i marciapiedi e aveva varcato la soglia di case e negozi. Tra gli abitanti di quel paese sperduto tra le montagne dell’Hokkaido Centrale si era scatenata una curiosità incontenibile che aveva radunato lì tutte quelle persone.
Nel giro di pochi minuti, la richiesta del campo era passata dal signor Wilson al preside. Dopodiché il direttore scolastico aveva fatto il suo lavoro, telefonando al maestro di educazione fisica, vale a dire il responsabile del campo di calcio. Questi aveva avuto la brillante idea di informare il rappresentante dei genitori di ogni classe e, uno per uno, i componenti della sua modesta squadra di calcio. La notizia aveva fatto il giro del paese in meno di quindici minuti, riunendo nel cortile della scuola una folla di bambini scalpitanti ed emozionati, ma anche di genitori, parenti, amici e curiosi di ogni età.
Spinta avanti all’unanimità, Jenny fu la prima a varcare il cancello. Un uomo basso e tracagnotto si fece avanti con la mano tesa ma la schivò per raggiungere quella del ragazzo più vicino. Gli capitò  Julian e strinse con foga le sue dita congelate.
-Buongiorno! Molto piacere! Mi chiamo Victor Bayden e sono il direttore della scuola. Sono onorato e lieto di avervi qui, è davvero un grande onore concedervi l’uso del nostro modesto campo da calcio. Naturalmente, sono a vostra disposizione anche tutti i nostri giovanissimi calciatori.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata perplessa.
-Questi bambini non ci servono.- chiarì Benji -I palloni ce li raccattiamo da soli.-
Poiché che le sue parole non provocarono nessun mutamento nell’espressione entusiasta del preside, si affiancò a Jenny. La cosa gli puzzava non poco.
-Insomma, cosa sta succedendo qui? Cosa si sono messi in testa?-
-Davvero non ne ho idea.-
Si vedeva che Jenny era sincera, ma gli eventi continuavano a non quadrare. Lei aveva chiesto in prestito quel minuscolo campo da calcio e avevano rimediato una turba di mocciosi, oltre ad un pubblico non richiesto e assolutamente non necessario.
-Ci stanno offrendo l’intera scuola, bambini compresi!-
Lei annuì sgomenta, incapace di spiegarsi cosa avesse scatenato un simile assembramento. Cominciò a pensare sul serio che fossero vittima di qualche equivoco. Forse davvero lei e il signor Wilson non si erano capiti. Eppure era stata chiara: a loro serviva il campo per allenarsi, e nient’altro. Guardò Philip che le si era incollato addosso, preso da tutt’altre preoccupazioni. La sua attenzione non era rivolta né ai compagni, né ai bambini, né alla folla. Piuttosto si guardava intorno cercando inutilmente Kevin in tutte le facce che li circondavano. E non era di nessun aiuto per tirarsi fuori da quella scomoda situazione, pensò Holly costretto anche lui a stringere la mano che gli porse il direttore della scuola.
-Non era necessario che venisse anche lei, signor preside. Sarebbe stato sufficiente farci aprire il cancello da qualcuno e…-
-Assolutamente! La vostra visita è più che gradita. Solo che, avvertendo con un po’ di anticipo, il campo sarebbe stato spianato e ripulito. D’inverno è poco utilizzato perché è sempre ricoperto di neve e il tempo a volte...-
-Preside!- un uomo in tuta blu e scarpe da ginnastica arrivò correndo -Eccomi! Scusate il ritardo! Sono Sam. Sam Brent, l’insegnante di educazione fisica. Sto radunando i nostri studenti più promettenti per formare una squadra da iscrivere al torneo nazionale delle scuole elementari e spero che questa giornata con voi sia per i miei studenti di grande insegnamento.-
-I nostri piccoli giocatori sono stati tutti convocati.- spiegò il preside indicandoli con un gesto.
Gli occhi dei ragazzi si spostarono su un gruppo di bambini caotici e agitati.
-Vi saremmo grati se li lasciaste assistere ai vostri allenamenti.- proseguì e concluse l’uomo.
-Quindi secondo lui possiamo impedirglielo? Ci resta ancora una possibilità?- borbottò Benji a voce bassa mentre Amy scuoteva inesorabilmente la testa.
-Preside!- si intromise Brent -In realtà io avevo in mente tutt’altro. Non solo assistere ma anche...-
-No, non lo dica...- gemette Benji e poi si rifiutò di ascoltare il seguito. Volse le spalle all’intraprendente direttore scolastico e all’invadente insegnante di educazione fisica e tornò verso il cancello. Forse faceva ancora in tempo a tagliare la corda.
Mentre Brent illustrava la sua idea a chi era rimasto ad ascoltarlo, il preside d’un tratto sembrò rendersi conto che i suoi famosi ospiti erano preoccupati, indecisi e titubanti e che doveva trovare presto il modo di coinvolgerli o si sarebbero dati alla fuga, come stava già facendo quel ragazzo alto con il cappello. Ordinò a Brent di mettere ordinatamente in riga i suoi studenti e fece cenno al custode, rimasto di guardia nei pressi dell’ingresso, di chiudere il cancello.
Benji tornò verso di loro.
-Adesso siamo in trappola. Callaghan! Tiraci fuori da quest’assurda situazione!-
Philip rispose infuriato tanto quanto lui.
-Se poco fa al ryokan mi aveste dato retta, avremmo evitato tutto questo! Tu davvero certe volte non ti rendi conto di quanto…- si interruppe e si volse perché si sentì tirare per una manica.
Accanto a lui non vide nessuno. Pensò di essersi sbagliato e fece per terminare la frase ma poi si sentì strattonare di nuovo. Abbassò gli occhi. Un bambino dai capelli d’ebano lo fissava adorante, tenendolo stretto per la manica della giacca.
-Mi scrivi il tuo nome qui?- domandò, facendogli vedere un quaderno e una penna.
Philip li prese e firmò senza starci troppo a pensare, più che altro per togliersi di torno quel moscerino. Restituì il quaderno e il bambino tornò di corsa dagli amichetti per mostrar loro il suo trofeo.
-Forse ti ha confuso con un altro.-
L’appunto di Benji fece ridere tutti, allentando un po’ la tensione. Jenny poi, sembrava più divertita degli altri.
-Philip, non puoi immaginare! Quel bambino si chiama Martin ed è il cugino di Meryl e Kevin.-
-Cosa? Se lo avessi saputo prima col cavolo che…-
Mark lo interruppe.
-Il cugino di quell’idiota è un tuo fan! Da non crederci!-
-Altro che fan. Userà la tua firma per piantarla con gli spilli su una bambola vudu.-
-Non dire sciocchezze, Bruce. È solo un bambino.- disse Tom -Perché fai quella faccia, Philip? Dovresti essere contento!-
-Contento? E di cosa? Firmando quel quaderno gli ho fatto un favore.-
Mark la pensava in modo del tutto diverso.
-Prova solo a immaginare quanto a quell’idiota darà fastidio vedere il tuo autografo nelle mani del suo piccolo cugino. Pensa a quanto la cosa lo farà infuriare.-
Mentre Jenny annuiva d’accordo, Holly tornò tra loro.
Nessuno lo aveva visto allontanarsi, distratti com’erano stati dall’arrivo del bambino. Nessuno si era accorto che aveva raggiunto l’allenatore e il preside per barattare fino all’ultimo secondo la loro mattinata di allenamenti. Mentre i compagni facevano chissà cosa e non lo degnavano della minima attenzione, lui aveva discusso e temporeggiato. E si era incupito quando i due uomini avevano organizzato con prepotenza la loro mattinata senza lasciar scampo.
-Siete pronti? Cominciamo?-
-Cominciamo cosa?- chiese Julian a nome dell’intero gruppo.
Il capitano fu tentato mollare tutto e tornare al ryokan da Patty. Poi pensò che con o senza bambini, si sarebbero allenati a ogni costo. Erano finiti lì apposta. La partita si avvicinava e loro avevano dimenticato da troppi giorni di essere in ritiro.
-Cosa vorreste cominciare? Gli allenamenti, ovvio!-
Mark lo guardò perplesso. Per star dietro alle paturnie di Philip aveva perso il filo del discorso.
-Ah, ci riusciamo?-
Holly respirò a fondo per non scoppiare. Aveva addosso gli occhi di troppe persone, compreso il preside, l’insegnante di educazione fisica e i bambini. Afferrò la manica della giacca di Benji con una mano e quella di Philip con l’altra, trascinando loro e tutti gli altri con sé per allontanarsi un po’ dagli spettatori in attesa.  
-Mentre voi stavate facendo non so cosa…-
-Philip stava firmando autografi.- disse Benji.
-Quali autografi? Era soltanto uno e…-
-Zitti! Non voglio sentirvi! Quel tizio… Brent… l’allenatore. Mentre voi vi facevate i fatti vostri, ci ha incastrati!-
Julian non capì.
-In che modo?-
-Ci ha dato il permesso di utilizzare il campo anche per tutto il giorno, se vogliamo. È a nostra disposizione oggi, domani, dopodomani… In pratica finché resteremo qui… o forse nei secoli dei secoli però...-
-Però?-
-Però pretende che in cambio dedichiamo un po’ del nostro tempo alla sua squadra.-
-Un po’ quanto?-
-Un’ora… due.-
-Abbiamo un piano B?- domandò Philip speranzoso.
-Mentre tu firmavi gli autografi, io li ho usati tutti i piani B, C e D.-
-Ti ho detto che era solo uno Holly, non capisco perché la cosa ti dia così fastidio!-
-Aspettate...- si intromise Jenny -Lasciate che ci parli io. Quello che pretendono è assurdo.-
Combattiva e convinta di poter risolvere il problema, visto che lei a Shintoku aveva vissuto per anni e conosceva perfettamente la montanara testardaggine dei suoi abitanti, si allontanò fiduciosa seguita da Amy, pronta a darle manforte.
Holly le osservò speranzoso, poi continuò.
-Spero che Jenny riesca a fare qualcosa. Nell’ipotesi più buia, questa è la mia idea: cominciamo con i bambini, facciamoli stancare in fretta e togliamoceli di torno. D’accordo?-
I compagni annuirono, tutti tranne Mark.
-Non ho capito una cosa.- si infilò le mani in tasca dubbioso -Ci pagano?-
-Ci concedono l’uso del campo.-
-E secondo te lo scambio ci conviene, Holly?-
-Assolutamente no! Vai tu a dirlo al preside davanti a tutta questa gente?-
-Non ho problemi a farlo, ma il capitano sei tu.-
Tom tentò un’altra strada.
-Holly, gli hai spiegato che siamo qui per allenarci?-
-È stata la prima cosa che gli ho detto. Sai cosa hanno risposto? Che siamo talmente bravi che non ne abbiamo bisogno!-
Jenny tornò con Amy, per niente soddisfatta.
-Manderanno via la maggior parte di queste persone. Amy ha detto che se si tratta di dare spettacolo, come minimo devono pagarvi.-
Effettivamente la folla stava cominciando a disperdersi.
-È tutto?-
Jenny annuì.
-Allora diamoci da fare. Prima cominciamo, prima finiamo.-
I ragazzi raggiunsero i bambini mentre Amy e Jenny si ritrassero verso l’edificio. Due tavolini erano stati portati fuori e imbanditi con thermos, biscotti e salatini, un incrocio tra una colazione e un aperitivo. Parecchi genitori erano rimasti con i loro figlioli, e forse fratelli e sorelle dei piccoli atleti scesi in campo.
-Hai visto come si sono organizzati, Jenny?-
-Se Holly sperava in un sano allenamento, non avrebbe dovuto pensare di farlo qui.-
-Non ho mai visto così tante persone a Shintoku.-
-Sai cosa penso, Amy? Che siano stati tutti svegliati dal terremoto e che per paura di un’altra scossa abbiano deciso di trascorrere la giornata all’aperto.-
-Coincidenze sfortunate.- sospirò l’amica, poi qualcosa attirò la sua attenzione -Jenny, guarda lì.-
Kevin stava facendo il suo baldanzoso ingresso attraverso il cancello della scuola. Era immancabilmente fiancheggiato dai compari, tra i quali riconobbe Steve, il ragazzo alto che il giorno prima, accompagnato dal padre poliziotto, era andato a recuperare lei e Patty al rifugio.
Jenny si sentì rimescolare.
-Ero sicura di vederlo. Sapevo che non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di dare fastidio. Spero soltanto che non diventi molesto.-
Osservarono Martin raggiungerlo di corsa e sventolargli sotto gli occhi l’autografo appena ricevuto.
-Ecco la rivincita di Philip.-
Jenny rise, ma Kevin reagì strappando il quaderno dalle mani del bambino. Tirò via il foglio e lo fece a pezzi. Il ragazzino lo fissò dapprima incredulo, poi scoppiò in un pianto disperato.
-Sei cattivo! Cattivo! Cattivooo!-
Kevin gli restituì il malloppo accartocciato. Il bambino lo prese tra le manine continuando a singhiozzare, frammenti di carta gli sfuggirono dalle dita e caddero tra la neve.
-Sei cattivo! Sei cattivo!-
-Smettila di frignare. Era una cosa inutile.-
Martin si chinò a raccogliere i pezzetti di carta uno per uno e più ne prendeva, più altri finivano a terra, incapace di stringerli tutti nelle sue piccole mani. Guardandosi intorno in cerca di aiuto, vide Meryl entrare nel cortile. Allora corse da lei, continuando a piangere e accusando il cugino senza remore. La ragazza non ebbe neppure bisogno di ascoltare la spiegazione per sapere chi fosse l’autore dello sgarbo. Con Martin piagnucolante aggrappato ai jeans, avanzò furiosa verso il fratello.
-Kevin! Che razza di comportamento è il tuo?-
-Il mio? Martin ha chiesto un autografo proprio a quel maledetto bastardo!-
-Modera i termini! O vuoi che questo bambino diventi un teppista come te? Che diritto avevi di farglielo a pezzi?- avrebbe continuato a rimproverarlo se lui non avesse risposto alla sua tirata con un ghigno. Allora si rivolse al piccolo cugino, accucciandosi di fronte a lui e accarezzandogli i capelli per calmarlo -Non preoccuparti Martin, ce ne faremo rifare un altro. Anzi, sai che ti dico? Quando avranno finito lo chiederemo a tutti, va bene?-
Lui annuì e tirò su con il naso, asciugandosi con la manica della giacca i lacrimoni che ancora gli inondavano le guance.
Detto ciò, Meryl si rivolse al fratello.
-E tu starai lontano da lui e dal suo quaderno, intesi?-
L’altro emise un borbottio e si allontanò per raggiungere gli amici, rimasti accanto al muro perimetrale, indecisi se restare o andar via. Meryl invece, lasciato Martin nel gruppo dei bambini, raggiunse Amy e Jenny.
-Come mai tutta questa gente? Si vedeva dal negozio.-
-Avevano deciso di fare due tiri su un terreno decente e guarda cos’è successo. Lezioni di calcio gratis in cambio dell’utilizzo del campo.-
-Non li invidio per niente.-
E in effetti c’era poco da invidiare, con tutta quella marmaglia urlante intorno.
Davanti l’unica porta di quella parte di campo liberata in fretta e furia dalla neve accumulatasi per giorni, un pallone ben posizionato sul dischetto di rigore, Julian stava spiegando a un bambino i movimenti corretti del piede e del corpo per tirare al meglio al centro dei pali. Mimò il gesto ripetutamente e lo fece compiere un paio di volte al giovane atleta. Quando si ritenne soddisfatto, lo incitò a calciare. Il lancio fu decisamente debole e mirato male, ma il piccolo portiere non riuscì ugualmente a parare. Nello slancio scivolò sul ghiaccio e finì disteso tra la neve. Ed Warner accorse mentre il ragazzino s’imbronciava, deluso e sul punto di mettersi a piangere. Lo rimise in piedi e lo ripulì dalla neve, incoraggiandolo a riprovare.
Benji non risparmiò il sarcasmo.
-Insegnante mediocre, allievo mediocre.-
-Tu che non stai facendo niente, evita almeno di commentare.-
Il portiere guardò Holly dritto in faccia.
-Non sto facendo nulla? E chi li ha messi in fila?-
-Avrebbero saputo farlo anche da soli!-
-Benissimo!- replicò entusiasta -Visto che non servo, vado a fare un giro.-
-Sì, bravo. Togliti dai piedi.- borbottò Ed, già innervosito dalla situazione e per niente disposto a sopportarlo.
La fuga strategica consentì a Benji di sparire tra la folla e lasciare i compagni a cavarsela da soli.
Ignaro del battibecco degli amici, Bruce percorse allegramente la metà campo eseguendo baldanzoso alcuni esercizi di riscaldamento, imitato da cinque bambini in fila dietro di lui a ripetere uno dopo l’altro gli esatti movimenti del ragazzo.
-Giuro che non ho mai fatto un allenamento più divertente!- rise raggiungendo Holly.
-Non capisco come tu possa chiamarlo “allenamento”.-
-Divertente, poi...- fece eco Philip.
-Ma non vi rendete conto? Questi bambini sono contenti di sgobbare! Stanno facendo emergere la mia vena più sadica!-
Tom ne fu un tantino preoccupato.
-Stai attento a quello che fai, Bruce. A bordocampo ci sono i genitori.-
E se non ci fossero stati i genitori, Holly avrebbe ordinato a brutto muso a quei mocciosi di sedersi sulle gradinate della scuola e osservare composti e in silenzio i loro allenamenti, cosa che sarebbe stata sufficiente già da sola a far migliorare qualsiasi principiante.
-Non posso credere di essermi ridotto a questo! Durante un ritiro, per giunta! E a pochi giorni da una partita importante!-
-Il tuo continuo sbuffare mi innervosisce ancora di più, Holly. Oltretutto io qui non volevo neppure venirci.-
-Taci, Philip! Ti potrei strozzare!-
-Dov’è finito Benji?-
-Ha tagliato la corda. Non sei contento? Almeno ci risparmia il suo sarcasmo. Anzi, speriamo che non torni.-
Mark non si trovò del tutto d’accordo. Se da una parte era contento di essersi tolto di torno quel viziato muso da schiaffi, dall’altra non gli stava bene che Price fosse l’unico a evitarsi la rogna. Lo cercò lungo il perimetro del campo e non lo trovò. In compenso adocchiò Kevin e i suoi simpatici compagni appollaiati sul muro di cinta della scuola. Cianciavano e ridevano ad alta voce indicandoli, facendo da sottofondo con i loro schiamazzi alla confusione sparsa che li circondava. Era facile capire che si stavano prendendo gioco di loro, insultandoli e schernendoli senza pietà. Tese le orecchie e quello che udì non gli piacque affatto.
-Professionisti un corno!-
-Sanno giocare solo il calcio delle elementari!-
-Principianti!-
E giù a ridere.
-Mezze calzette!-
-Pippe fatte e finite!-
E ancora risate a crepapelle.
Mark borbottò in risposta una valanga di insulti. Philip lo udì e si volse per capire il motivo di tanta contrarietà, lasciandosi così soffiare la palla da un bambino che sfrecciò via veloce, rendendolo il bersaglio perfetto dello scherno di Kevin.
-Wow! Che classe! Valeva la pena venire qui solo per vedere questo!-
Il clik di collera che Philip udì nel cervello lo fece scattare furioso come non mai, mirando il muretto e i fastidiosi ragazzi con l’incedere di un caterpillar che avrebbe travolto tutto facendo una strage. La sua intenzione era quella di abbatterli tali a birilli per poi riempirli di calci uno per uno. Purtroppo però il suo gratificante proposito venne opportunamente frenato da Julian e da Tom dopo appena pochi passi, anche se l’impeto distruttivo di Philip li trascinò per qualche metro.
-Che diavolo fai?-
-Stai fermo!-
-Non sentite cosa stanno dicendo?-
-No, e neanche tu devi ascoltarli!-
-Ci stanno insultando! Ci stanno prendendo in giro! Io quello lo ammazzo! Giuro che prima di ripartire lo faccio!-
-Lascia pure che ci insultino, se vogliono. La loro è tutta invidia!-
-Philip, calmati. Tom ha ragione. E poi ci sono persone che ci guardano!-
-Lasciale guardare, Julian! Che me ne importa? Io con quel tizio ho un conto in sospeso.-
-Nessun conto, Philip. Siete pari e soprattutto è tuo dovere dare un buon esempio a questi bambini!-
-In campo, sì. Ma nella vita privata no!-
-Bene, adesso sei in campo e comportati di conseguenza.-
Un barlume di lucidità si affacciò nella mente di Philip annebbiata dalla collera, facendolo tornare in sé. L’unica consolazione che gli rimase fu che almeno Jenny si stava tenendo alla larga dal suo ex compagno di scuola.
Il maleducato e incivile comportamento di Kevin e della sua cricca non passò inosservato a chi assisteva agli allenamenti, infastidendo soprattutto i giovani spettatori che erano lì appositamente per inneggiare i loro beniamini. Una prima, solitaria palla di neve attraversò l’aria con un tiro reso dritto e preciso da anni, seppur pochi, di continue battaglie di neve, e si schiantò in faccia al molesto ragazzo, talmente inaspettata da lasciarlo stordito e confuso. Kevin fece appena in tempo a ripulirsi il volto con le mani che un’altra palla di neve lo raggiunse su una spalla e una terza sul collo.
I lanci si fecero via via più serrati e i proiettili bianchi cominciarono a piovere ovunque, su di lui e sui suoi compagni senza lasciar scampo. I ragazzi balzarono a terra in cerca di un riparo che in quel punto non esisteva, mentre un manipolo di bambini, incitati dal desiderio di vendetta di Martin, li bersagliava senza pietà gridando loro di andar via. Attirate dal trambusto, arrivarono anche Jenny, Amy e Meryl, che diedero man forte aumentando la portata e la precisione dei proiettili.
-Ora sei soddisfatto, Philip?-
-Per il momento posso accontentarmi.-
Il tentativo di sfuggire all’attacco fu inutile e patetico. Anche perché Kevin era deciso a reagire, in qualsiasi modo. Un manipolo di mocciosi e tre ragazze non potevano averla vinta su di loro.
-Steve, coprimi!- disse al compagno e lo costrinse a fargli da scudo mentre preparava a sua volta un proiettile di neve.
-Che hai intenzione di fare, Kevin?- domandò Johnn riparandosi la testa con le braccia -Sono in troppi!-
-Aspetta e vedrai.-
-È meglio se lasciamo perdere e ce ne andiamo.-
Senza ascoltare il ragionevole consiglio, Kevin andò dritto per la sua strada. Un proiettile di ghiaccio lo colpì su una scapola, un altro poco sotto il gomito. Poi si sporse oltre Steve e lanciò a sua volta contro gli attaccanti un’unica, consistente palla di neve.
La verità fu che Kevin aveva mirato alla schiena, più precisamente sulle natiche per umiliare oltre che per colpire, ma il bersaglio, con un unico movimento si volse e si chinò un istante prima dell’impatto. Jenny fu colpita in piena faccia, l’urto fu violento e inaspettato. Cadde distesa a terra, facendo cessare immediatamente la battaglia.
Amy accorse al suo fianco.
-Jenny, stai bene?-
-Bene.- ripeté, cercando di mettere a fuoco il mondo intorno che girava.
L’altra l’aiutò a sedersi e lei venne colta da un istante di nausea. Si toccò il viso che le faceva un male cane, il naso che bruciava. Il labbro superiore, spaccato, stillava sangue e si stava già gonfiando. Fece per alzarsi ma Amy la fermò.
-Resta seduta ancora un istante.-
Jenny annuì e si concesse il tempo di capire.
-Cos’è successo?-
-È  successo che mio fratello non è solo un teppista, ma anche un potenziale assassino.- le informò Meryl e poi urlò contro il colpevole una valanga di insulti, la maggior parte dei quali li aveva imparati proprio da lui.
Ted si congratulò con Kevin del lancio, e fu l’unico a farlo. Steve, che aveva picchiato Philip senza pietà, non appoggiò il comportamento dell’amico soprattutto ora che quei ragazzi avevano scoperto che suo padre era un poliziotto e la sua spavalderia nei loro confronti era sensibilmente diminuita. Johnny, da parte sua, non aveva mai visto Meryl così infuriata come in quel momento e desiderò smaterializzarsi all’istante pur di non divenire il bersaglio della sua ira.
-È meglio se vai a controllare che Jenny stia bene, Kevin.-
Benji uscì dalla scuola e indugiò sui gradini dell’ingresso inondati dal sole. Il ghiaccio ai lati estremi delle lastre di pietra risplendeva da accecare. Aveva fatto un giro e l’edificio si era dimostrato né più né meno ciò che effettivamente era: una scuola di campagna scarsamente attrezzata. Non c’era l’aula di informatica, non c’era il laboratorio di scienze e le lavagne erano ancora quelle in ardesia con i gessetti. Altro che la Saint Francis. Ma la cosa peggiore di tutte era che nei corridoi non aveva incontrato nessuna giovane insegnante appena assunta con cui scambiare due chiacchiere. Avrebbe dovuto fare come Harper e portarsi l’iphone per ammazzare i tempi morti, tipo quello, girando un po’ sulla rete.
Durante la sua breve assenza, nel cortile della scuola nulla sembrava essere cambiato. I compagni erano in campo con i bambini, la maggior parte dei genitori ancora lì… Che razza di ritiro! Scendendo annoiato i gradini, le mani nelle tasche e l’incedere pieno di sé, notò un assembramento su un lato del cortile. Si avvicinò curioso, facendosi largo tra i bambini. Scorse Jenny seduta a terra stordita, un labbro gonfio e il viso insanguinato. Gli prese un colpo. Scostò un paio di mocciosi e le fu accanto.
-Cosa diavolo è successo?-
Meryl gli si rivolse fremente d’ira.
-Quell’idiota di mio fratello ha tentato di ammazzarla!-
-Ma no, dai...- cercò di portar pace Amy -Sicuramente non lo ha fatto apposta!-
-Ti dico di sì!-
Benji lanciò un’occhiata al campo, aspettandosi di veder arrivare Philip di gran carriera per scatenare il finimondo. Invece il compagno continuava a giocare ignaro.
-Con che cosa ti ha colpita?-
-Una palla di neve, credo.-
-Ma non una normale.- si sdegnò Meryl -Era grande come un’anguria.-
-Non posso allontanarmi un attimo che finite nei guai.- mise una mano sotto il gomito di Jenny e l’aiutò a rimettersi in piedi.
A lei la testa girava come le pale di un ventilatore acceso a velocità massima e il suo incedere fu ancora approssimativo. Benji se ne accorse e continuò a sostenerla.
-Kevin! Sei impazzito? Volevi ammazzarla?- urlò Meryl in faccia al fratello quando lo vide farsi largo tra i bambini.
-Non ti agitare, eh! Non avevo mirato in faccia! Jenny si è chinata all’ultimo momento e la palla l’ha centrata! Tutto qui!-
-Tutto qui?- fece eco Meryl incredula.
-Stai bene?- domandò Kevin alla ragazza ferita. Si era avvicinato solo perché, da lontano, aveva scorto il sangue macchiare il suo volto.
-No, e se mi hai rotto il naso stavolta la nonna verrà a saperlo.-
-Il tuo naso sta perfettamente. Tale e quale a prima.- sollevò un braccio per salutare -È stato un piacere. Alla prossima!-
Benji lasciò Jenny e gli si parò davanti.
-Non le chiedi scusa?-
-Ha cominciato lei.-
Benji non si scostò, in attesa.
-Chiederle scusa è il minimo che puoi fare.-
Kevin non si fece intimorire.
-Magari un’altra volta.- disse scostando i bambini per aggirarlo. Si allontanò a testa alta, tutto sommato soddisfatto di aver steso Jenny al suolo senza farle troppo male.
Benji non riuscì a credere di essere stato completamente snobbato. E proprio nel momento in cui la sua mente gli ordinava di reagire, sentì una mano posarsi sul suo braccio. Abbassò gli occhi, incrociando quelli di Amy.
-Lascia stare. Non ne vale la pena.-

Jenny si svegliò di soprassalto in un luogo che non conosceva. Spalancò gli occhi sul soffitto bianco illuminato da un neon acceso, vide di lato i vetri della finestra che lasciavano spazio al cielo azzurro e agli alberi dai rami ricoperti di neve. Si tirò bruscamente seduta e quasi cadde da quel lettino a misura di bambino, troppo piccolo per lei, nell’infermeria in cui era stata portata dopo che aveva perso i sensi. Philip era lì, appollaiato su una sedia, soprappensiero. Rifletteva sugli eventi di quel giorno con una tale concentrazione che il busco agitarsi della fidanzata lo fece sobbalzare e scattare in piedi.
-Jenny, stai bene?-
-Oh, sei qui…- scostò la coperta e mise giù le gambe per infilarsi le scarpe -Dove siamo?-
-A scuola, in infermeria.-
-In infermeria?- Jenny riordinò le idee e tentò una conclusione -Allora devo essermi addormentata e…- rise -Ed essere tornata indietro nel tempo!-
-Non ti sei addormentata. Sei svenuta.- fremette lui di stizza, senza che la battuta della fidanzata facesse breccia nel suo malumore -Quel maledetto!-
Lei lo guardò con tanto d’occhi.
-Sono svenuta? Non è possibile!-
-E invece sì.-
Lei si alzò e Philip le porse la giacca a vento.
-Stai meglio?-
Jenny si toccò con la lingua il labbro ferito e gonfio sul viso che le faceva ancora male.
-Il naso è al suo posto?-
-Solo un po’ arrossato. Ci hanno messo del ghiaccio e non si è neppure gonfiato.- Philip recuperò la giacca dalla spalliera della sedia e la indossò.
-Dove sono gli altri?-
-Sono andati a mangiare qualcosa.-
Uscendo dall’infermeria Philip spense la luce e richiuse la porta.
Raggiunsero il resto del gruppo nel locale di un ristorante che si trovava nella via centrale di Shintoku, l’insegna di una catena grande e famosa che rifocillava praticamente tutto il Giappone. Voltata verso la porta d’ingresso, Amy li vide entrare e li chiamò.
-Eccovi, finalmente! Spero che non vi dispiaccia se abbiamo già cominciato.-
Mark si guardò il piatto.
-Veramente abbiamo quasi finito.-
-No, non ci dispiace.- disse Philip.
-Anzi, avete fatto bene.- Jenny prese posto accanto a Julian e Philip si sedette al suo fianco -Holly e Bruce?-
-Sono tornati al ryokan per pranzare con Evelyn e Patty.-
-Alla fine com’è andata? Vi siete allenati?-
Ed sorrise alla nuova arrivata.
-Hai fatto bene a chiederlo ora che Holly non c’è. Quei bambini erano pieni d’energia. Siamo riusciti a liberarcene soltanto all’ora di pranzo.-
-Ma l’accordo era che…-
-Abbiamo provato a sfiancarli ma non ci siamo riusciti.- disse Mark.
-Allora vi allenerete anche oggi pomeriggio?-
Amy scosse la testa.
-Holly non vuole più sentir nominare il campo della scuola. Ha detto che se non possiamo andare alla radura, preferisce pattinare. Abbiamo appuntamento al lago tra un’ora. Holly e Bruce ci raggiungeranno lì.-

*

Amy lasciò la mano di Julian, consentendogli così di tornare a riva dove gli amici si stavano scambiando punti di vista sempre più preoccupati riguardo la partita in programma per la fine del mese a cui mancavano sempre meno giorni. Lei non lo seguì.
-Dove vai?- le chiese il ragazzo.
-Faccio un giro sul lago.-
-Non allontanarti troppo.-
Amy lo rassicurò e si lasciò scivolare sul ghiaccio che si stendeva davanti a lei. Gli argini frastagliati restringevano la prospettiva, rendendolo agli occhi il lago più piccolo di quanto fosse in realtà. Proseguì costeggiando la riva. I capelli sciolti erano spinti indietro dal vento che le sbatteva in faccia e le gelava il naso e le guance. Le lame di centinaia di pattini che avevano solcato il ghiaccio fino a quel giorno, avevano tracciato sulla superficie del lago migliaia di ghirigori, linee arzigogolate, decorativi arabeschi. Proseguì per un buon tratto osservando i disegni affascinata, poi tornò indietro, lanciando uno sguardo disinteressato a Julian e ai ragazzi fermi esattamente nel punto in cui li aveva lasciati. Spesso non li capiva. Se intendevano parlare di calcio, perché non togliersi i pattini e tornare al ryokan? Almeno avrebbero potuto continuare la conversazione comodamente seduti sui cuscini della loro stanza, al caldo e con una tazza di tè bollente tra le mani. Si guardò intorno in cerca di una distrazione, quasi rassegnata a raggiungerli a riva. Jenny nel gruppo non c’era. Annoiata a sua volta, era sicuramente tornata al telo di plastica azzurro steso sulla neve al loro arrivo, dove avevano appoggiato il thermos del tè e una confezione di ciambelle alle mele preparate dalla nonna. Poteva andare da lei, oppure fare un altro giro. Optò per la seconda. Volse le spalle a Julian e ai ragazzi e riprese a spingersi sul ghiaccio. Molto più sicura sui pattini di quanto lo fosse stata il primo giorno, tentò una piroetta, riuscì a mantenere l’equilibrio e si congratulò con se stessa. Finendo la giravolta di un altro tentativo ben riuscito, scorse Benji distante, appoggiato contro il tronco di un albero caduto, i pattini sul ghiaccio. Era solo, teneva le mani guantate posate sul legno e il viso chino a osservare la lama di un pattino che incideva segni sulla superficie del laghetto.
L’idea le venne improvvisa. Lei e le amiche erano ancora in cerca di spiegazioni soddisfacenti riguardo le ‘cameriere’. Patty non aveva cavato niente da Holly il giorno prima, mentre Julian era stato già interrogato da Evelyn e non avrebbe più aperto bocca. Jenny non aveva chiesto nulla a Philip, sempre nervoso a causa di Kevin. Erano quindi ferme a un punto morto. E poi c’era la storia delle foto che doveva aver scattato Bruce, di cui sapevano ancor meno. Dopo un rapido e casuale accenno, nessuno ne aveva fatto più parola. Un mistero insoluto che le incuriosiva da morire. Ma a sfilare qualche informazione a Benji nessuna di loro aveva ancora mai provato e forse, con un po’ di furbizia e tanta pazienza, approfittando di quel momento di solitudine, sarebbe riuscita a ottenere ciò che cercava. Era quasi certa che non gli sarebbe importato di rivelare scomodi segreti dei compagni, né di parlare delle foto. Tanto valeva provare.
Il portiere era così immerso nelle più disparate riflessioni che non la vide neppure avvicinarsi. Amy continuò ad avanzare a velocità sostenuta, temendo che l’amico decidesse di mettere fine all’isolamento e tornare dagli altri. Ma quando fu ad un passo da lui, e stava per chiamarlo, sobbalzò su una fenditura del ghiaccio che non aveva visto e perse l’equilibrio. Udendo la sua esclamazione Benji alzò di colpo gli occhi, giusto in tempo per vederla precipitagli addosso. Lo travolse così inaspettatamente che il portiere non ebbe il tempo di fare nulla, né sostenerla, né scostarsi. Benji cadde all’indietro sulla schiena, oltre il tronco, lei addosso. Restò senza fiato per l’urto, sprofondando tra la neve. Il cappellino volò via e il ghiaccio gli bagnò i capelli e il collo, insinuandosi a tradimento sotto la sciarpa.
-Amy... che cazzo!-
-Benji, sono mortificata. Mi dispiace davvero.- la giovane appoggiò le mani sul suo torace e si tirò su quanto bastava per guardarlo in faccia -Ho inciampato mentre pattinavo, non sono riuscita a fermarmi. Scusa.-
Lui restò in un silenzio sgomento, adirato e infastidito, a guardare i capelli che le erano scivolati in avanti e le incorniciavano il volto imporporato di imbarazzo, le ciglia lunghe, le labbra leggermente screpolate dal freddo, la grana sottilissima della pelle. A dire la verità lo spettacolo non gli dispiacque ma non fu sufficiente a scacciare il fastidio di trovarsi disteso sulla neve con lei sopra, in quella inaccettabile e ambigua posizione.
-Proprio addosso a me dovevi finire? Con tanto spazio che c’è!-
Amy si ritrasse, intimidita dal rimprovero. Poi scoppiò a ridere alla sua espressione offesa e sgomenta.
-Cosa c’è di divertente?- chiese lui sempre più contrariato. Cercò di scostarsi e capì che era impossibile se Amy non si alzava -Non posso muovermi con te addosso.-
La ragazza decise di non mettere alla prova la sua pazienza.
-Mi dispiace. Aspetta.- pensò di spostare una gamba, ma quando la mosse una fitta dolorosissima partì dal piede e le raggiunse il cervello. Gemette e si volse indietro per capire. Un ramo sottile e robusto si era incuneato tra il pattino di acciaio e lo stivaletto, bloccandole il piede. Se muoveva quella gamba, la caviglia si torceva facendole male. Tentò allora di spostare l’altro piede, che era rimasto libero. Appoggiò il ginocchio sulla neve, ma non poté lo stesso tirarsi su. Allora guardò Benji sconsolata.
-Sono bloccata. Non riesco ad alzarmi.-
-Perfetto, siamo a posto.-
Mark tirò da parte Philip mentre sbocconcellava la ciambellina alla mela che gli aveva dato Jenny e lo trascinò lontano dagli altri, affinché solo lui sentisse ciò che aveva da dirgli.
-Devo farti vedere una cosa. Vieni.-
-Adesso?-
-Proprio adesso. Vieni.-
Landers lo precedette tra gli alberi, prendendo apposta una direzione a caso per sviare chiunque avesse la pessima idea di seguirli. Poi svoltò bruscamente e tornò a dirigersi a passo spedito verso le rive del lago. Di colpo rallentò e, al riparo di un dislivello del terreno, tirò giù il compagno afferrandolo per la giacca.
-Che diamine fai?-
-Sta’ zitto e guarda.-
Philip ubbidì. Davanti a loro un tronco caduto si protendeva per metà sulla superficie di ghiaccio e l’altra metà sulla riva ricoperta di neve. Proprio accanto a quel pezzo di legno, c’era un ammasso colorato di gambe e braccia che impiegò qualche istante a identificare come Benji e Amy distesi a terra una sull’altro. Spalancò gli occhi sbalordito.
-Cosa stanno facendo?-
-Non ne ho idea. Secondo te?-
Alla domanda seguì un silenzio pensieroso.
-In effetti non mi ero accorto che fossero così in confidenza.-
-Neppure io, e ti assicuro che Price lo tengo d’occhio.-
Mark si accoccolò tra la neve, mettendosi comodo per godersi lo spettacolo e Philip lo imitò.
-Si sono baciati?-
-Io non li ho visti farlo.-
Forse era la prima volta in assoluto che Benji non provava piacere a tenersi sopra una ragazza. Non che Amy fosse pesante, non che non apprezzasse il suo profumo. Anche la morbidezza che percepiva sul torace attraverso gli strati delle loro giacche a vento era piacevole e non avrebbe avuto così tanta fretta di scostarla se non ci fosse stata la neve a rovinare il tutto. Il freddo del ghiaccio su cui era disteso stava oltrepassando l’imbottitura della giacca a vento, il cotone della felpa e quello della maglietta. Il calore delle gambe aveva sciolto la neve e i jeans si erano bagnati. Insomma, il gelo gli stava penetrando nelle ossa rendendo insopportabile la loro posizione. Passò un braccio dietro al collo per tirare su la testa e guardarla.
-Ross è un tipo geloso?-
-Cosa c’entra ora?- nulla ci azzeccava, con i loro tentativi di liberarsi. Comunque gli rispose -Non lo so, perché?-
-Perché se al posto tuo ci fosse stata Jenny, per esempio, Philip avrebbe preferito cambiare nazionalità piuttosto che giocare ancora con me nella stessa squadra. Quindi mi chiedevo se con Ross corressi lo stesso rischio. Oltretutto giochiamo entrambi in difesa.-
-Non credo che Julian sia geloso. Ma se anche lo fosse, non c’è niente di cui essere gelosi in questo momento. Siamo semplicemente caduti e siamo rimasti incastrati. Se anzi qualcuno venisse a darci una mano…- si guardò intorno e vide solo alberi e neve, e cielo.
-Come fai a non sapere se il tuo fidanzato è geloso?-
Lei ci pensò un istante.
-Non l’ho mai visto comportarsi in modo geloso nei miei confronti.-
-Magari non ci hai fatto caso. Probabilmente è geloso né più né meno di Philip.-
Amy si infastidì.
-Se permetti, il rapporto che c’è tra me e Julian non ti riguarda.-
-In qualche modo devo pure passare il tempo mentre aspetto che ti togli di dosso.-
Lei trasalì, aveva completamente dimenticato ciò di cui voleva parlargli.
-Io un argomento di conversazione ce l’avrei. È proprio per questo che ti ho raggiunto sulla riva.- sorrise e accostò il proprio volto al suo -Perché non mi racconti cosa fate durante i ritiri?-
-E tu perché non ti alzi? Comincio a sentire freddo.-
-Sono bloccata.-
-Sbloccati.-
-Ti prometto che ci proverò non appena mi avrai chiarito qualche punto che mi è rimasto oscuro.-
-Perché non ne parli con il tuo non-geloso fidanzato?-
-Lui è troppo coinvolto per essere obiettivo, lo sai benissimo.-
Benji sogghignò.
-Ha paura, il codardo…-
Amy lo guardò senza capire.
-Di cosa dovrebbe aver paura?-
-Ne ho solo una vaga idea...-
-Allora?- lo incalzò.
-Allora che?-
-Parli o no?-
-Di quale aspetto dei nostri ritiri, in particolare?- la schernì lui.
-Direi di cominciare con la storia delle ‘cameriere’.-
Neppure la posizione di Mark e Philip era particolarmente comoda. Accoccolati sui talloni, non potevano muoversi o rischiavano di essere scoperti, poiché erano abbastanza vicini da riuscire a captare qualche parola se Amy o Benji alzavano un po’ la voce. Così avevano inteso perfettamente il senso della conversazione.
-Se dice qualcosa di compromettente, appena Amy si toglie lo prendo a pugni.- minacciò Philip.
-Se vuoi ti do una mano.-
-A fare cosa?- chiese una voce alle loro spalle.
Si volsero. Holly era lì e li osservava incuriosito.
-Che state facendo?-
La sua attenzione tutta per loro non gli aveva consentito di notare ciò che c’era poco più in là. Mark lo tirò subito giù, perché se Amy avesse alzato gli occhi, lo avrebbe visto.
-Abbassa la voce, Holly!- gli ordinò Philip.
Il nuovo arrivato seguì il suo sguardo e corrugò la fronte incredulo.
-Ma sono Benji e Amy, quelli? Cosa succede?-
-Ne sappiamo tanto quanto te.-
-Io sono arrivato adesso.-
-E noi li abbiamo trovati così.-
-Cosa stanno facendo?-
-Per il momento stanno parlando.-
Al contrario di Holly, Bruce si unì a loro guardingo e di soppiatto, silenzioso e pieno di curiosità ma soprattutto consapevole che qualcosa di grosso bollisse in pentola.
-Perché non mi avete chiamato?-
-Siamo già in troppi!- lo zittì Philip.
Harper li avvertì di un fatto inevitabile.
-Sta per arrivare Julian.-
-Questo è un problema.- disse Mark.
Convinti entrambi della necessità di bloccare a tutti i costi qualsiasi tentativo di intervento in favore di Amy, appena Ross comparve Philip scattò in piedi da una parte, Mark dall’altra e lo affiancarono senza scampo. Bloccato per le braccia, il principe del calcio venne brutalmente scaraventato terra dove rimase senza fiato. Non emise un suono, Julian Ross. Non disse una parola. La sorpresa di ritrovarsi vittima di un attacco tanto violento e improvviso gli lasciò soltanto la possibilità di guardare ciò che stava accadendo poco distante da loro, accanto al tronco a due passi dalla riva: Amy e Benji distesi una sull’altro.
Prendere atto della loro presenza in quella posizione sottrasse un battito al suo cuore, né più né meno com’era accaduto alle elementari durante l’incontro tra la Mambo e la New Team. Ma stavolta il dolore fu diverso, una stilettata emotiva così inaspettata e dolorosa che neppure si accorse di Mark che, a cavalcioni sulla sua schiena, lo schiacciava a terra. Quando il suo volto finì tra la neve e non poté più guardare, fece forza sui gomiti per sollevarsi e rimettere gli occhi su ciò che sentiva avergli mandato in stanbdy il cervello. Amy e Benji - Benji e Amy. Cosa stava succedendo? Amy lo stava tradendo? Non con quel pallone gonfiato di Price! Era im-pen-sa-bi-le. I-na-cce-tta-bi-le. Tentò di scrollarsi il compagno di dosso e Philip vide Landers oscillare su di lui, tanta era l’energia con cui Julian stava cercando di liberarsi.  
-Lasciatemi! Maledetti!-
-Ross, stai buono… Vogliamo guardare.-
Philip concordò.
-Questa è una splendida occasione per vedere Price alle prese con una donna.-
Julian fece forza sulle braccia e si agitò con uno scossone.
-Scendi, Landers! Giuro che se non ti togli subito, quant’è vero...-
Il resto dell’invettiva si trasformò in un gorgoglio soffocato dalla neve che gli entrò in bocca. Ma Ross non si perse d’animo, ingoiò il ghiaccio e continuò.
-Maledetti! Fate la prova con Jenny… o con Patty o Evelyn!-
-Amy va benissimo.- lo mise a tacere Bruce, avvolgendogli metà del viso nella sciarpa -Taci e guarda.-
-Benji, mi prometti che risponderai alla domanda che sto per farti?- cinguettò Amy poco più in là.
-E tu mi prometti che una volta che ti avrò risposto cercherai seriamente di tirarti su?-
Lei gli fece eco, candidamente meravigliata.
-Seriamente?-
-Sì, finora non ci hai neppure provato.-
-Stai forse insinuando che mi piaccia starti sopra?-
-Sto insinuando che stai approfittando della tua posizione per ricattarmi e avere informazioni che altri non ti hanno dato.-
-Non potrei mai!- recitò con finta innocenza -Comunque, me lo prometti?-
-Se è una domanda personale no.-
-È personale, ma non riguarda te. Riguarda me.-
La precisazione servì a stimolare la curiosità del ragazzo.
-Spara.-
-Prima la promessa.-
-E va bene.- l’accontentò -Ti risponderò, te lo prometto.-
La gioia che le illuminò gli occhi lo fece quasi pentire della scelta e gli procurò un bruttissimo presentimento. Temette che lei lo avesse appena fregato.
-Che foto ci ha fatto Bruce?-
Lui la fissò stupito.
-Ti pare il momento di chiedere una cosa simile?-
-Sì, mi pare il momento migliore.- insistette caparbia -Questo è davvero il momento migliore per chiederti tutto. Non puoi scappare senza darmi una risposta.- si mise comoda, le braccia sul torace dell’amico e il mento tra le mani -Allora?-
Benji alzò gli occhi al cielo che li sovrastava, un po’ meno azzurro e terso rispetto alla mattina adesso che stava cominciando a calare la sera.
-Io te lo dico ma…-
-Niente condizioni.-
-Le condizioni ci sono!- la fissò negli occhi -Non devi dire niente a Ross.-
-Ah, va bene.- le sembrò un buon compromesso -Coraggio, sputa il rospo.-
-Bruce vi ha fotografate mentre vi state rivestendo nello spogliatoio delle terme.-
Amy divenne bordeaux fin sulla punta delle orecchie, amaramente pentita di avergli posto la domanda. Adesso, se avesse potuto, sarebbe scappata ben lontano dal portiere pur di non doverlo guardare dritto negli occhi e da così vicino. La domanda successiva venne fuori spontanea.
-Nude?-
-Più o meno.-
-L’hai vista anche tu?-
-L’abbiamo vista tutti.-
La ragazza abbassò il viso, piena d’imbarazzo.
-Non riesco a credere che Julian ve lo abbia permesso!- mormorò con un filo di voce.
-Non avrebbe voluto, ma è stato tra gli ultimi a saperlo.-
Lei si afflosciò e sospirò.
-Che vergogna.-
-Tranquilla, Amy. Stai benissimo. Anzi, state tutte benissimo.-
La giovane tirò su il viso di scatto.
-Voglio vederla.-
-Julian le ha cancellate.-
-Erano più di una?-
-Un servizio fotografico.-
-Non ne è rimasta nessuna?-
Benji esitò un istante di troppo prima di scuotere la testa. Lei lo notò.
-Ce l’hai, vero?- lo scrutò negli occhi -Ce l’hai… Voglio vederle!-
-La promessa prevedeva soltanto una risposta. E me ne hai fatte in abbondanza.-
Lei lo colpì sul torace con un gesto pieno di stizza.
-Benji! Le foto mi rappresentano! Sono mie e voglio vederle!-
-Risparmiami i capricci, bambina viziata!- la redarguì infastidito -Le foto sono state cancellate dal cellulare di Bruce, e se ti dispiace che sia stato fatto, prenditela con Julian. È stato lui a volerlo.-
-Ha fatto bene, però...-
La ragazza scorse il lampo di esasperazione che gli attraversò lo sguardo e capì che era meglio non insistere. Finora mostrarsi accattivante aveva funzionato ed era chiaro che se Benji era davvero riuscito a salvare una copia delle foto, non gliele avrebbe mai mostrate se lo avesse preteso e basta. Su di lui non aveva nessuna ascendenza, né un motivo per ricattarlo. Per il momento era meglio lasciar perdere. Anche Benji si dimostrò di quell’avviso.
-La neve è fredda e io sto ghiacciando. Pensi siano più importanti le tue foto o la mia salute? Vuoi che mi buschi una polmonite?-
Il tono secco le fece intendere che l’occasione era passata. Ora dovevano trovare il modo di tirarsi fuori da quell’impiccio. Si volse indietro e si guardò i piedi. Agitò quello libero, poi provò con l’altro.
-Cerca di fare in fretta.- la sollecitò lui.
Il dolore che le procurò il tentativo di liberarsi “seriamente” dal ramo infilato nel pattino la fece sussultare. Lo guardò con occhi velati di sofferenza.
-Non ci riesco. Fai qualcosa tu.-
-Qual è il problema?-
-Ho un piede incastrato tra i rami.-
Lei mosse la gamba libera e piegò il ginocchio per puntellarsi a terra. Urtò senza volerlo l’interno coscia del portiere e lo sentì sussultare.
-Amy, fa’ attenzione!-
Lei rise imbarazzata, poi rinunciò.
-Mi dispiace, non ci riesco. Il piede mi fa male. Credo che sia il caso di chiamare aiuto.-
-Questo mai!-
-E perché?-
Per esempio perché Landers l’avrebbe preso in giro fino alla morte.
-Me lo chiedi? Ti sembra una buona idea farci vedere così, tu su di me? Riesci a immaginare cosa potrebbero pensare?- sai per quanto tempo mi prenderebbero in giro? proseguì la sua mente ma non lo disse.
-E cosa c’è da pensare? Siamo semplicemente caduti!-
-Glielo dici tu?-
-Certo che glielo dico io!- lo guardò, poi scoppiò a ridere -Hai ragione, siamo ridicoli!-
-Non ridicoli, ma bloccati in una posizione ridicola.- si diede un tono -Ed è proprio perché, oltre che ridicola, questa posizione è piuttosto… ambigua, direi, che devi riuscire ad alzarti prima che arrivi qualcuno.-
-Pensi che non ci abbia provato?- Amy lo guardò dritto negli occhi -Dì la verità, Benji. Tu pensi che mi piaccia starti sopra!-
Julian prese ad agitarsi con più forza. Era inconcepibile ricevere quel trattamento dai compagni. Amy era in difficoltà e loro, tutti loro, gli impedivano di andare a soccorrerla. Anzi, i suoi tentativi di liberarsi non stavano servendo assolutamente a nulla poiché erano in troppi a tenerlo.
-Non riesco a capire perché continuino a restare in quella posizione.-
-Perché lei non può alzarsi, Bruce.- gli spiegò Holly, lanciando un’occhiata colpevole a Julian -Amy ha un piede incastrato tra i rami.-
-E Benji ne approfitta.- calcò la mano Philip.
Bruce sorrise.
-Da lui non ci si poteva aspettare niente di diverso.-
-Sono proprio curioso di sapere cosa si inventerà Price a questo punto.- Mark si chinò su Julian -Tu no, Ross?-
Lui scosse la testa con un gesto rabbioso, i nervi tesi allo stremo.
Il portiere stava effettivamente architettando una soluzione che lo tirasse fuori da quella scomoda posizione di stallo. Si tirò sui gomiti, Amy scivolò di lato e per sostenersi appoggiò una mano sulla neve. Quel precario equilibrio le ruotò la caviglia bloccata, facendole emettere un breve gemito.
-Ti fa male?-
-Un po’.- cercò di tirarsi su e gli si aggrappò alla giacca per limitare il movimento del piede incastrato.
In quella posizione, Benji poté individuare il pattino della ragazza e il ramo che lo bloccava, incastrandoli entrambi. Non ne scorgeva né l’inizio né la fine, quindi non sapeva da quale parte lei avrebbe potuto muoversi per liberarsi, ma ne vedeva un bel tratto e avrebbe potuto spezzarlo. La lama d’acciaio sembrava adatta allo scopo. Doveva solo posizionarsi meglio.
-Cosa intendi fare, Benji?-
-Spezzare il ramo.-
-E come?-
Lui e strizzò un occhio.
-Con le buone.-
La risposta la lasciò perplessa e nel dubbio si aggrappò meglio alla sua giacca. Benji piegò la gamba destra e scagliò risoluto il pattino contro il legno. Il ramo schioccò secco mentre sobbalzavano entrambi per il contraccolpo.
-Tutto bene?- le chiese.
-Per ora sì.-
E il ramo si era scheggiato, quindi l’idea del portiere poteva funzionare. Doveva solo insistere. Affondò una mano nella neve per sostenersi, le circondò la schiena con l’altra e calciò un affondo con il pattino, incidendo profondamente la corteccia. Al terzo poderoso colpo, il ramo finalmente si spezzò e ad Amy sfuggì un lamento, conseguenza dei sussulti violenti alla caviglia già provata.
Il portiere si fermò.
-Ti fa male?-
In realtà sì, ma scosse lo stesso la testa perché le “buone maniere” di Benji avevano lasciato il ramo attaccato al tronco soltanto attraverso sottili filamenti legnosi, tuttavia così elastici e resistenti da non essere stati recisi di netto dalla lama d’acciaio. Benji colpì di nuovo, ancora e ancora ripetutamente, esternando tutta l’impazienza di liberarsi al più presto.
-Maledetto!-
-Aspetta… aspetta!- cercò di fermarlo lei.
-Amy, si sta spezzando! Tieni il piede fermo!-
Il colpo successivo fu dolorosamente insopportabile e le riempì gli occhi di lacrime. Pur di fermare Benji, gli puntò le mani sul torace spingendolo indietro con forza e impedendogli di continuare. Nello stesso istante, e forse proprio a causa del suo movimento improvviso e contrario, il ramo si spezzò definitivamente, lasciandola libera di precipitare su di lui, proprio come era successo pochi momenti prima. Benji crollò di nuovo tra la neve che ormai aveva assunto la forma del suo corpo e Amy gli arrivò ancora una volta addosso, con la variante dei loro visi incollati, le labbra di una sopra quelle dell’altro e le loro fronti che si scontravano con uno schiocco secco e dolorosissimo, lasciandoli entrambi storditi e sofferenti.
-Accidenti! Si sono baciati!- esclamò Bruce elettrizzato.
Per Julian quella fu la goccia che traboccò dal vaso. Approfittando del turbamento dei compagni, riuscì a liberare una mano e togliersi la sciarpa dalla bocca. Sputacchiando i fili di lana rimasti incollati sulla lingua, riprese a imprecare.
-Maledizione! Lasciatemi andare! Mark, scendi immediatamente oppure giuro che...- le parole gli si spensero in gola quando vide Amy muoversi. Capì che stava solo perdendo tempo e dimenticò ciò che aveva dire.
Davanti ai suoi occhi la fidanzata si tolse intontita da sopra il portiere e arretrò bruscamente, trascinandosi indietro sulla neve fino a mettere tra loro almeno un metro e mezzo di distanza. Poi lo guardò di sottecchi. Cosa sarebbe successo? L’avrebbe assalita? Rimproverata? Si passò un guanto sul viso per asciugare le lacrime di dolore mentre lo guardava tirarsi in ginocchio e voltarsi indietro in cerca del cappellino finito più in là. Poi si massaggiò la fronte, dove si stava già formando un bernoccolo, mosse la gamba e abbassò gli occhi sul piede che le bruciava.
Adesso che sulla riva del lago non c’era più niente da guardare, Holly spostò l’interesse sull’amico immobilizzato, il volto arrossato da una furia cieca che stava per esplodere.
-Mark, lascia andare Julian.-
Indeciso e preoccupato, Philip continuò a tenergli un braccio.
-Forse è meglio aspettare che si calmi un po’.-
-No, fatelo subito.-
-Va bene. Allora al tre.-
Al tre, i ragazzi saltarono indietro lasciando il vuoto intorno a Julian, pronti a darsela a gambe al primo tentativo di aggressione. Ma Ross non era un tipo bellicoso, anche se non li avrebbe perdonati tanto presto del trattamento subito. Con movimenti rapidi ma distratti si ripulì dalla neve che gli aveva bagnato giacca e pantaloni. Poi corse a raggiungere Amy.
Quando arrivò, ancora seduta a terra lei stava sciogliendo i lacci del pattino.
-Julian? Da dove spunti?-
Il ragazzo serrò i denti.
-Lasciamo perdere, meglio se mi censuro.- si inginocchiò di fronte a lei, prese lo stivaletto e glielo sfilò con delicatezza. Poi ruotò e piegò piano la caviglia avanti e dietro, sopra e sotto, per capire quanto si fosse fatta male.
Per fortuna però lei provò solo un leggero fastidio. Allora, rassicuratasi, gli mise una mano sul braccio e gli sorrise.
-Sto bene.-
-Non ti fa male?-
-Quasi per niente.-
-Meglio così.-
Le rinfilò lo stivaletto, la prese per mano, l’aiutò ad alzarsi e la condusse via ignorando il portiere come se non fosse presente, come se non fosse a un metro da loro e non li stesse osservando. E per Price fu un bene, perché tanto sopraggiunsero Holly, Bruce, Mark e Philip a metterlo al centro del loro interesse e della loro curiosità.
-Com’è stato il bacio?-
L’altro, apostrofato nel momento in cui si calcava il cappellino gelato sulla testa, dedicò a Bruce un sorriso ironico.
-In una situazione diversa avrebbe potuto essere migliore.- sentì sulla fronte il bernoccolo e lo nascose con la visiera.
-Come siete finiti in quella posizione?- domandò Philip curioso.
-Mi è caduta addosso mentre pattinava.-
-Strano.- s’insospettì Mark -Con tutto lo spazio che c’è.-
Benji lo guardò.
-È stata la prima cosa che le ho detto.-
-E la seconda qual è stata?-
-Di togliersi.-
-Avrei scommesso il contrario.
-Invece io scommetto che ci hai trovati proprio tu, Landers.-
-Esatto!- si meravigliò Philip -Come hai fatto a indovinare?-
Mark alzò le spalle.
-Semplice. Non bisogna mai perdere d’occhio il nemico.-
Bruce si mostrò un po’ turbato.
-Cioè, voi due sapete sempre cosa sta facendo l’altro?-
-Eccezionale! Neanche Jenny ed io siamo mai riusciti ad arrivare a tanto!-
Particolarmente impressionato, Holly si avviò per tornare dal resto del gruppo.
-Visto come stanno le cose, vi lasciamo alla vostra intimità.-
-Imbecille.- concordarono all’unisono Benji e Mark.
Più lontani, avviati in tutt’altra direzione, Julian e Amy costeggiavano il lago mano nella mano, in silenzio. Nella pace della natura addormentata, si udivano solo i loro respiri e lo scricchiolio della neve calpestata.
-Perché sei arrabbiato, Julian?-
-Non sono arrabbiato.-
-Sì che lo sei.-
-Hai ragione, sono arrabbiato. Ma non con te.-
-E allora con chi?-
-Con quegli idioti guardoni che mi hanno impedito di venirti ad aiutare.-
-Eravate a guardare?-
-Io non ho potuto fare altro.-
-Che stupidi idioti.- le venne quasi da ridere -Julian, per favore, non te la prendere per questa sciocchezza. Né io né Benji ci siamo fatti male.-
-Non è questo…-
-E allora cosa? Che ci abbiano preso in giro? Li abbiamo fatti divertire? Be’ pazienza. A me non importa.-
-Io non mi sono divertito per niente, soprattutto alla fine.-
Lei lo guardò comprensiva, perché sapeva che stava pensando al bacio che non era stato un bacio, sicura che Julian lo avesse capito.

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Capitolo 21
*** 14 - Fine dei giochi - seconda parte ***


- 14 -
Fine dei giochi
 Seconda parte


Patty spense di colpo la tv. Nel silenzio della stanza lei ed Evelyn udirono chiaramente un vociare sempre più distinto oltre i vetri ben serrati delle finestre. Gli amici erano di ritorno.
-Prima o dopo, Eve?-
Si guardarono determinate.
-Subito, direi. Il tempo stringe.-
-Speriamo che funzioni!-
-Speriamo che Jenny collabori!-
-Collaborerà, è curiosa tanto quanto noi.-
Una curiosità comune che sarebbe stata finalmente soddisfatta grazie al piano vincente escogitato insieme nelle ore trascorse ad aspettare il ritorno degli altri. Il piano che avrebbe funzionato al cento percento.
Patty si alzò per accostare un orecchio alla porta chiusa.
-Sono entrati.-
-Allora vai. Se Holly ti vede non ti molla più e non possiamo perdere neppure un istante.-
Patty sgusciò silenziosissima nel corridoio e si rifugiò nei bagni. Evelyn uscì poco dopo di lei e, come aveva immaginato, si imbatté nel capitano. Impaziente di incontrare la fidanzata e assicurarsi che non avesse avuto una ricaduta in sua assenza, aveva affrontato le scale di corsa  lasciando indietro gli altri.
-Dov’è Patty?-
-In bagno.-
-Ha la febbre?-
-No.-
La risposta fu telegrafica e risuonò secca alle orecchie del ragazzo. Restò lì, Holly, al centro del corridoio mentre Evelyn raggiungeva Patty in bagno e la trovava appoggiata al lavandino, rivolta verso di lei, in attesa.
-Ho incrociato Holly, come volevasi dimostrare. Stanno salendo anche gli altri, tra poco sarà qui.-
Fece appena in tempo a finire la frase che Jenny varcò la porta del bagno e le trovò in attesa proprio di lei.  
-Patty, come stai? La febbre è scesa?-
-Niente febbre. Dov’è Amy?-
-Con Julian. Tornano più tardi.-
Le due si scambiarono un’occhiata perplessa. Nel loro piano il ruolo di Amy era fondamentale. Avevano bisogno anche del suo aiuto. L’inaspettata assenza dell’amica avrebbe mandato tutto a monte? Guardarono Jenny che si chiudeva nella toilette con così tante cose da dire che iniziò a raccontarle attraverso la porta.
-Non immaginereste mai cos’è successo! Purtroppo io non ho visto nulla perché non ero presente ma mentre rientravamo Philip me lo ha raccontato…  Lui ha assistito a tutta la scena, quasi fin dall’inizio!-
-Quale scena?-
-Di cosa stai parlando, Jenny?-
-Sto parlando di Amy e Benji! Se sapeste! Hanno avuto un piccolo incidente. Praticamente uno scontro!- la sentirono ridacchiare in sordina -Sembra che lei, mentre pattinava, sia inciampata e gli sia caduta addosso. E poi sono rimasti così, bloccati in quella posizione per un sacco di tempo! Finché Mark non li ha trovati!-
La curiosità scaturita dalle sue parole fece loro dimenticare il piano vincente su cui si erano tanto arrovellate fino a pochi minuti prima.
-E Julian?- domandò Amy.
-Julian era altrove con tutti gli altri ma alla fine ha assistito anche lui all’intera scena perché li ha trovati! Solo che non gli hanno permesso di aiutarli.-
-Jenny, non ci sto capendo niente. Vai con ordine.-
-Ti pare facile, Patty? Mentre tornavamo Benji non ha detto una parola, chiaramente non ne voleva parlare, ma Philip mi ha raccontato che sono rimasti distesi l’una sull’altro, incastrati tra i rami di un albero caduto, completamente bloccati…- Jenny fece scorrere l’acqua della toilette, uscì e si lavò le mani mentre Patty e Amy l’ascoltavano -L’albero, quello grande che è sulla riva del laghetto, avete presente?-
Annuirono all’unisono.
-E poi?- la esortò Patty.
-E poi ad un certo punto è arrivato il bello. Si sono baciati!-
Evelyn cacciò un urlo di sgomento.
-Si sono baciati? Si sono baciati? Amy e Benji si sono baciati?- chiese a ripetizione mentre Jenny guardava verso la porta e le faceva cenno di abbassare la voce.
-Non gridare! Per carità, non gridare. Benji è di malumore tanto quanto Julian!-
-Non capisco...- rifletté Patty -Perché si sono baciati?
-Non ci posso credere! Non posso credere di aver perso una scena simile! Accidenti! Non è possibile! Che sfiga stratosferica! Avrei voluto vederli! Dovevo vederli, maledizione!-
-Eve, piantala, ti sentiranno!-
-Non riesco neppure a immaginarli, loro due che si baciano! Tu ci riesci, Patty? Ma come è successo?-
-Philip mi ha detto che mentre si contorcevano per cercare di liberarsi, Amy gli è caduta sopra, precisa sulle sue labbra.-
-Ma quindi è stato un incidente!- Evelyn ne fu quasi delusa.
-Certo, te l’ho detto!-
-Peccato non esserci stata...-
Nella pausa che seguì, a Patty tornò di nuovo in mente il famoso piano vincente.
-Sì, peccato. Però adesso dobbiamo risolvere la questione delle foto.-
-Hai ragione! Penserò dopo al bacio di Amy e Benji.-
-A cosa devi pensare, Eve? È finito ormai.-
L’altra sembrò non ascoltare le sue parole, la fissò negli occhi risoluta e parlò.
-Dobbiamo convincere Danny a scoprire qualcosa sulle foto di Bruce. Patty e io avevamo un piano ma senza Amy dovremo cambiarlo. Il tuo ruolo comunque è sempre lo stesso: devi semplicemente lasciarti fotografare.-
-Philip non vuole, ve l’ho detto anche ieri.-
-Philip esagera.-
-Lo so, ma se scopre che Danny mi ha fotografata si arrabbierà con lui. Pensi che Danny voglia rischiare?-
-Dipende da quali sono la posta in gioco e l’alternativa.- Evelyn non si lasciò convincere -Magari Danny preferisce mettersi contro Philip piuttosto che mio cugino. Ti posso assicurare che Clifford è molto meglio averlo come amico.-
-E poi la foto che gli offriremo sarà davvero bella.- Patty le strizzò un occhio e Jenny indietreggiò sospettosa fino alla porta socchiusa sul più sicuro corridoio.
-Che significa “davvero bella”?-
Le due si scambiarono un’occhiata birichina.
-Per esempio un po’… discinta.-
-Con pochi vestiti.-
-Quasi nuda.-
-Provocante e sensuale.-
L’amica incrociò le braccia al petto, quasi a coprirsi.
-Scordatevelo!-
-Dai, Jenny… Non si vedrà nulla.- tentò di convincerla Patty -Evelyn ed io abbiamo fatto le prove. In camera è già tutto pronto.-
-Pronto cosa?-
-Quello che dovrai indossare!-
-Praticamente niente.- ridacchiò Evelyn.
-Assolutamente no! E poi, se Philip vedrà una foto simile, finirà per uccidere Danny davvero!-
Patty la guardò seria.
-È un rischio che siamo pronte a correre. Troveranno sicuramente qualcuno per sostituirlo in campo. La nazionale giapponese è piena di valide riserve. Andiamo!-
Riuscirono a trascinarla fuori nonostante le proteste. Il trambusto nel corridoio e poi in camera incuriosì i ragazzi, allarmando al tempo stesso Holly. Il capitano si accostò al fusuma e bussò, prima piano e poi più forte perché le loro voci coprivano il suo tentativo di attirare l’attenzione.
-Patty?-
-Abbiamo da fare, Holly!-
La risposta brusca lo fece tornare a sedersi con la coda tra le gambe.
-Questioni da donne, sicuramente.- borbottò Bruce, riprendendo poi il filo del discorso, appena interrotto dalla preoccupazione del capitano -Voglio dire, non è perché io sto con Evelyn che certe cose a me non debbano capitare. Purtroppo però la fortuna agisce con la rapidità di un battito di ciglia. Basta che uno, invece di parlare di calcio, si apparti su un angolo del lago che gli piove addosso una bella ragazza e lo bacia. La vita è così ingiusta! E comunque trovo del tutto inutile che Julian ci abbia mollati per starsene con Amy! Mica gliel’hai sciupata!- ridendo della sua stessa battuta indicò le tracce del bernoccolo che Benji si ostinava a nascondere con la visiera del cappellino -Semmai il contrario! Un bel colpo di testa!-
Altre risatine si levarono nella stanza mentre l’oggetto di tanto divertimento taceva ribollendo tra sé e sé come una pentola a pressione. Continuando a cianciare, Bruce si alzò e senza un motivo apparente si mise frugare tra gli scaffali dell’armadio a muro.
Ed si grattò una guancia pensieroso, poi posò il cellulare sul tavolino. Benji smise di ascoltare il fastidioso chiacchiericcio di Harper che lo riguardavano e seguì i movimenti del portiere rivale con invidia, perché lui il cellulare non aveva potuto portarlo.
-Bel ritiro, mi piace. Ognuno fa come vuole.-
-Cos’hai detto, Ed?- lo fulminò Holly.
-Per carità, hai appena toccato un tasto dolente.- sospirò Philip -Magari si fa, ma assolutamente non si dice.-
Mark seguì con lo sguardo Bruce che tornava verso di loro. Si sedette a terra proprio accanto a lui, tenendo tra le mani un oggetto che non riuscì a identificare finché Harper non lo posò sul tavolo: si trattava di una macchinetta fotografica, un modello vecchio che doveva risalire almeno a cinquant’anni prima.
-Dove hai preso quel rudere?-
-Non capisci niente di antiquariato, Landers. È quasi un cimelio… Aspetta un’altra decina d’anni e diventerà una rarità.-
-Se non si autodistrugge prima.-
-Funziona?- Tom la tolse con precauzione dalle mani del compagno. La girò e rigirò per osservarla, poi l’accostò al viso e studiò la stanza attraverso l’obiettivo. Provò a scattare e incredibilmente la macchinetta ubbidì con un sonoro click -C’è anche il rullino! Funziona davvero.- scattò un’altra foto ai compagni, poi la restituì a Bruce.
-Dove l’hai trovata?- domandò Philip.
-Nel mobile dell’ingresso. Quello del telefono.-
-Hai frugato tra le cose dei nonni?-
-Ho solo aperto per dare un’occhiata.-
-E ci hai rimediato una macchinetta fotografica.-
-L’ho presa solo per provarla, Mark! Dopo la rimetto a posto!-
-Vorrei vedere!- s’inalberò Philip.
-Ma per chi mi avete preso? Non sono mica un ladro!-
Nel clou della discussione la porta si aprì e Julian e Amy misero piede nella stanza, entrambi le guance arrossate dallo sbalzo di temperatura tra il gelido esterno e il confortevole interno. Mentre la ragazza sembrava serena, lo sguardo di Ross era adombrato esattamente nello stesso modo in cui lo avevano visto l’ultima volta al laghetto.
-Già finita la fuga d’amore?-
-Rimandata, Callaghan. Solo rimandata.-
Il fatto che lo avesse chiamato per cognome, fece capire a Philip che Julian non li aveva ancora perdonati per ciò che era successo al laghetto. Preferirono allora tutti evitare di rivolgergli la parola tanto più che, senza curarsi di nessuno, Ross recuperò dall’armadio un paio di jeans e uscì, per andare a cambiarsi in bagno dei pantaloni zuppi di neve.
-È di cattivo umore perché gli abbiamo impedito di raggiungervi o perché Benji ti ha baciata?- chiese Bruce a Amy che era rimasta purtroppo alla mercé dei ragazzi.
Benji saltò come una molla.
-Mettiamo le cose in chiaro, TESTA DI RAPA! PRIMO: io non ho baciato Amy. Se proprio vogliamo essere precisi, è stata lei a baciare me. SECONDO: si è trattato di un incidente. IN-CI-DEN-TE. Se Ross ce l’ha con qualcuno quello non sono certo io.-
Mentre il portiere continuava a chiarire l’accaduto secondo il suo punto di vista, Amy preferì darsela a gambe. Ma quando cercò di aprire il pannello scorrevole per sparire nella stanza accanto, non ci riuscì perché lo trovò bloccato.
-Si sono chiuse dentro.- spiegò Ed.
La giovane allora bussò.
-Abbiamo da fare!- rispose secca la voce di Evelyn.
-Sono Amy!-
Il fusuma venne spalancato di botto, due mani la afferrarono e la trascinarono dentro. Dopodiché il pannello fu chiuso e bloccato di nuovo. I ragazzi si scambiarono un’occhiata incuriosita.
-Non ho capito cosa stanno combinando.-
-Cose loro. Facciamo un giro a carte.- propose Benji mescolando il mazzo.
-Con te non voglio giocare.- protestò Bruce -Vinci sempre.-
-Sono troppo bravo e voi non sapete perdere.-
-Tu bari!-
-Prova a ripeterlo, Harper!-
-Bari!-
Holly si intromise.
-Ma è mai possibile?-
Il portiere abbandonò il mazzo sul tavolo e si alzò.
-Allora giocate voi, razza di principianti!-
-E tu dove vai?-
Benji non si degnò di rispondere. Recuperò una rivista a caso tra quelle ammucchiate nell’armadio, prese una penna e si sedette in un angolo, accanto alla lampada. Con le spalle appoggiate al muro e le gambe piegate cominciò a compilare un sudoku.
-Julian, perché non giochi tu?- propose Ed vedendolo rientrare.
-Veramente… Amy?-
-Di là con le altre.-
L’esitazione di Julian durò un attimo. Tutto sommato era meglio restare nel più caldo ryokan piuttosto che affrontare di nuovo il gelo esterno insieme alla fidanzata, lui che, sdraiato sul ghiaccio, di freddo ne aveva già preso abbastanza.
-Su, dai. Non farti pregare.- Bruce finì di mescolare le carte, poi le distribuì -Cosa scommettiamo questo giro?-
-Niente scommesse, Bruce.-
-Ma Holly! Senza Benji è più divertente!-
Nella stanza accanto Jenny si teneva ben stretti i vestiti che le amiche stavano cercando di toglierle a forza dopo averla spinta distesa sui tatami. Evelyn sulla schiena, rivolta verso i piedi, la bloccava a terra. Patty e Amy erano riuscite a slacciarle i pantaloni e cercavano di tirarli via.
-Perché fai tutte queste storie? In fondo si tratta solo di un paio di foto!-
-Non voglio, Eve! Smettetela!-
-Se continui a gridare così finirai per far accorrere Philip!- la rimproverò Patty.
-Invece tu se tu continui ad agitarti in questo modo, ti farai salire la febbre a quaranta!- Jenny puntellò i gomiti a terra e tentò di scrollarsi Evelyn di dosso -Sei pesante! Scendi immediatamente!-
-No!-
-Ti ho detto di scendere!-
Evelyn ignorò le proteste di Jenny, strinse l’orlo dei pantaloni e li abbassò fin sotto le natiche, mettendo alla luce un paio di slip azzurri. Lei riprese a gridare.
-No! No! Evelyn! Smettila, accidenti a te!-
Qualcuno bussò al pannello scorrevole.
-Jenny?-
Era l’inconfondibile apprensione di Philip. Nella stanza calò il silenzio, le ragazze si guardarono.
-Jenny? Tutto bene?-
-Per niente!- gridò al fidanzato, poi si volse per lanciare un ultimatum alle amiche -Basta! Lasciatemi!-
Vedendo però che ciò non accadeva, mentre si contorceva per tenersi addosso i jeans che avevano raggiunto le ginocchia, tornò a gridare verso il pannello.
-Philip, aiutami! Philip!-
Il giovane reagì all’istante e diede uno strattone all’anta.
-Non ti conviene aprire, Philip.- gridò Amy per fermarlo -Jenny è nuda.-
Lui s’impietrì. Non udì nessuna smentita da parte della fidanzata, ma solo le risate delle amiche. Il suo silenzio gli fece temere il peggio, l’intenzione di forzare il pannello si dissolse immediatamente. Non solo. Holly e Julian, che si erano avvicinati, vennero redarguiti in malo modo.
-Guai a voi!- Philip si assicurò che i compagni restassero lontani -Jenny, che faccio? Entro?-
-No!-
Il ripensamento della ragazza poteva significare molte cose e adesso lui non si azzardava più neppure ad avvicinarsi al fusuma, determinato però a tenere anche tutti gli altri alla larga da lì. Le proteste della fidanzata nella stanza confinante continuavano, ma a un volume molto più basso. Tanto che lui riusciva a distinguerne a mala pena le parole.  
-Insomma, basta! Vi ho detto di no! Smettetela!-
-Jenny, tra amiche ci vuole collaborazione.-
-Sappiamo che sei curiosa anche tu!-
-No, no, no e no!-
-Stai un po’ ferma!-
-Basta! Bastaaaaa!
Nell’altra camera Bruce fremeva. Si capiva lontano un miglio che la curiosità lo stava divorando.
-Cosa stanno facendo? Voglio saperlo!-
Anche Philip, naturalmente. Ma restava di guardia al pannello.
-Non provare ad avvicinarti, maniaco guardone!-
-Ricordati che io l’ho già vista quasi nuda, la tua Jenny!-
-È  molto meglio per te se invece lo dimentico!-
-Cerca di collaborare, Jenny!- Amy gettò da parte i pantaloni che erano riuscite a sfilarle -Voglio le foto che ci ha scattato Bruce! Ci siamo tutte e siamo nude! Devo vederle a ogni costo o non avrò più il coraggio di guardare in faccia nessuno di loro!-
Jenny smise all’istante di agitarsi e di protestare. Si rivolse all’amica a bassa voce, e non per intimarle di smettere.
-Chi te lo ha detto, Amy? Chi ti ha detto che in quelle foto siamo nude?-
-Benji poco fa! Bruce ci ha fotografate tutte e quattro nello spogliatoio delle terme mentre ci stiamo rivestendo.-
Patty non credette alle proprie orecchie.
-Evelyn! Perché gli hai permesso di fare una cosa simile?-
-Cosa c’entro io? Ero con voi!- si difese lei, adesso ancor più determinata -Jenny, dobbiamo vedere quelle foto! È davvero questione di vita o di morte. Dobbiamo convincere Mellow e lui vuole una tua foto.-
Ma Jenny aveva capito che ormai non c’era più niente da fare.  
-Se Danny riuscirà a procurarsi le foto che ci ha fatto Bruce, non avrà più bisogno di quella che volete dargli voi! O non ci avete pensato?-
Le sue parole sembrarono fermare il tempo. Un silenzio di tomba riempì la stanza mentre le ragazze prendevano consapevolezza della nuova realtà e reagivano di conseguenza, perché tutto era perduto. Patty le lasciò immediatamente la caviglia, Evelyn si tolse dalla sua schiena e si sedette attonita mentre Jenny recuperava e indossava di nuovo i pantaloni.
-E allora che facciamo?-
Si guardarono.
-Probabilmente Danny non riuscirà mai a ottenere quelle foto.- disse Amy -Julian le ha cancellate dal cellulare di Bruce e non sono certa che qualcun altro le abbia. O forse soltanto Benji. Lui ha negato ma non sono sicura di credergli.-
-Perché Benji dovrebbe averle tenute?-
-Non lo so. La mia è un’impressione, ma potrei sbagliarmi.-
-Se le ha davvero solo lui, allora ce le possiamo scordare.- sospirò Patty affranta.
-E invece no.- si intestardì Evelyn rivolgendosi ad Amy -Jenny ci ha appena raccontato che oggi siete entrati in confidenza, con quella storia del bacio. Perché non cerchi di fartele dare?-
L’amica si schermì, arrossendo.
-Tra noi non c’è nessuna confidenza! E soprattutto nessun bacio, ci siamo solo scontrati! E poi ci ho già provato. Lui dice di non averle.-
-Riprovaci, insisti… Forse la tua impressione è giusta e lui le ha davvero!-
-Io invece penso che un tentativo con Danny valga la pena farlo.- Patty le guardò -Potrebbe riuscire a sapere almeno se Benji ha le foto, o se le ha anche qualcun altro.-
Evelyn annuì.
-Amy, Jenny! Contiamo su di voi!-
Fu con malcelata apprensione che Philip accolse la fidanzata quando lei, insieme alle amiche, fece il suo ingresso nella stanza. La seguì con gli occhi mentre prendeva posto al suo fianco. Aveva il volto arrossato e i capelli appena un poco fuori posto, segno inequivocabile che qualcosa di là era accaduto davvero.
Holly appoggiò le carte sul tavolo, sfilò il cuscino su cui era seduto e lo posò accanto a sé, facendo cenno a Patty di sedersi.
-Hai la febbre?-
-Penso di no.-
-Non l’hai misurata?-
-Abbiamo avuto da fare.-
-Lo abbiamo sentito.- commentò Benji dal suo angolo.
Sentendolo parlare, Amy lo individuò un attimo prima di prendere posto vicino al fidanzato. Pensò che fosse una fortuna trovarlo di nuovo in disparte e così, invece di sedersi accanto a Julian come lui si aspettava che facesse, raggiunse il portiere e si accucciò al suo fianco.
-Cosa stai facendo, Benji?-
-Non lo vedi?-
-Posso aiutarti?-
-No, grazie. Ce la faccio da solo.-
-Dici?- rispose lei, ferma a guardare.
-Perché non giochi a carte anche tu?-
-Ti do fastidio?-
-A me no.-
La ragazza colse il sottinteso ma non diede importanza alle parole del portiere, decidendo di sedersi ugualmente al suo fianco. Julian doveva aver pazienza, lei voleva le foto!
Da parte sua, Benji capì che era più semplice accettare la sua presenza piuttosto che contrastarla, così appoggiò la rivista ben aperta sui tatami e le mise in mano la matita.
-Almeno scrivi tu.-
Amy accolse immediatamente l’invito.
-Julian, tocca a te.- lo chiamò Philip.
Ross annuì distratto, rendendosi conto di non riuscire più a concentrarsi sul gioco. Guardava Amy e Benji e non vedeva le carte che teneva in mano, li osservava e cercava ostinatamente di capire cosa bollisse in pentola.
-Amy?- la chiamò -Non vuoi giocare?-
-Non mi va.-
-Cosa stai facendo?-
Lei gli indicò la pagina.
-Un sudoku.-
Infastidito dalle continue interruzioni, Benji le sfilò la matita di mano e inserì un paio numeri nelle caselle vuote.
-Non andare avanti da solo!- protestò lei.
Holly li guardò e pensò che l’aria che tirava da quella parte della stanza cominciava a non piacergli. Aveva il brutto presentimento che il seme di un problema fosse stato appena piantato nella terra dei loro rapporti, ma non riusciva a identificare con precisione la natura del grattacapo che stava mettendo radici.
-Julian, lasciali stare.- lo richiamò.
Le parole del capitano lo fecero sentire ridicolo. Come se non bastasse, ci si mise anche Mark.
-Non sarai geloso!-
Julian non replicò mentre guardava con un misto di stupore e contrarietà Amy che, in ginocchio, posava una mano sulla spalla di Benji e con l’altra cercava di recuperare la matita che il portiere teneva in alto, fuori dalla sua portata.
-Spiegami cosa cambia se scrivo io.-
-Non mi dai il tempo di pensare.-
Amy si sporse troppo e gli cadde addosso.
-Maledizione, Price!- esplose Julian -Restituiscile immediatamente quella matita!-
Benji si voltò pronto a rispondere a tono, ma lo sdegno gli morì in gola quando si trovò puntato da undici paia d’occhi che esprimevano emozioni diverse. Riconobbe il divertimento di Philip, di Bruce ed Evelyn, la condiscendenza di Tom, la contrarietà di Holly, la preoccupazione di Jenny e di Patty, l’ironia di Ed e Mark, l’ingenua sorpresa di Danny.
La matita tornò immediatamente tra le dita di Amy, che riprese felice a compilare il sudoku.
-Forse Julian dovrebbe cominciare a preoccuparsi.- borbottò Bruce.
-L’ho già vista questa scena… o una molto simile.- annuì Philip guardando Mark.
-Cosa intendi dire?-
-Quello che hai capito perfettamente.-
Bruce sbuffò impaziente.
-Cioè? Che cosa? Lo dite anche a noi?-
-Se è una cosa che riguarda Amy pretendo di saperla!-
-Amy non c’entra niente, Julian!- si difese Philip.
-Non ricordi, Ross?- spiegò Benji dal suo angolo -Sulla seggiovia Landers ci ha provato con Jenny e  ora Callaghan sta mescolando le situazioni senza un briciolo di criterio. Quello di oggi è stato un incidente.-
-IO NON CI HO PROVATO CON JENNY! Maledetto Price!- urlò Mark esasperato. Si accorse che Ed e Danny lo guardavano sgomenti e la cosa lo mandò su tutte le furie -BASTA CON QUESTA STORIA!-
-Sulla seggiovia nessuno ci ha provato con nessuno!- lo spalleggiò anche lei.
-A me lo ha riferito Ross.- li mise al corrente il portiere.
-Lo ha detto Holly!-
-Io non ho visto niente.- si tirò indietro il capitano.
-Evelyn ci ha gridato che…-
-Io non c’entro, Patty. Non mi sono neanche voltata. La colpa è di Philip che ha cominciato ad agitarsi e a urlare.-
La catena del sentito dire finì, tornando ai sospettati.
-Questo significa che hai fatto tutto da solo, Philip?- lo assalì Jenny incredula.
-Da solo? Landers ti stava addosso!-
-Io non le stavo addosso! È stata lei ad appiccicarsi!-
Le sue proteste vennero interrotte dal colpo ben assestato di un cuscino. Jenny, il braccio ancora alzato per il lancio, si protese sul ripiano per fissare negli occhi Mark, il volto vicinissimo a quello di lui.
-Cos’è che ho fatto? Ripetilo se hai il coraggio!-
-Esattamente quello che stai facendo ora. Ti stai appiccicando!-
Philip tirò indietro la fidanzata.
-Lascialo perdere, basta con questa storia!-
Landers fu d’accordo ma non poteva lasciare impunita la causa di tutto. Il cuscino attraversò volando la stanza e atterrò precisamente sulla testa del portiere.  
-È sempre colpa tua!-
-Concordo.- intervenne Julian -È colpa di Price.-
La presa di posizione del fidanzato fece reagire Amy che fino a quel momento si era sforzata di tacere.
-Colpa di cosa? Benji ha soltanto ripetuto quello che tu gli hai riferito!-
-E adesso perché lo difendi?-
-Non lo sto difendendo! Ti sto ricordando quello che è successo, visto che tu sembri averlo dimenticato!-
Benji si chiese se la giornata della coppia sarebbe finita con un litigio. Lui comunque non voleva entrarci, così si alzò, pensando che fosse molto meglio scendere nelle terme. Anche Amy si mise in piedi, inaspettatamente e inspiegabilmente, insieme a lui.
-Non fate altro che rimbeccarvi, a volte siete davvero insopportabili!- li rimproverò la ragazza senza escludere nessuno. Dopodiché prese il portiere per un braccio e lo spinse oltre il pannello divisorio nella stanza accanto senza che lui avesse il tempo di impedirglielo.
Amy richiuse bruscamente il fusuma e cacciò un sospiro profondo. Dopodiché ridacchiò, apparentemente soddisfatta di se stessa, facendo venire a Benji il sospetto che la sua fosse tutta una messinscena per dileguarsi. Ma, insieme a lui? Non ci vide chiaro.
-Cos’hai in mente?-
-Di finire il sudoku.-
La osservò sospettoso mentre si sedeva a terra intenzionata a continuare il gioco, facendogli cenno di mettersi accanto a lei.
L’uscita di scena di Amy e di Benji lasciò Julian senza parole. Non se lo era aspettato e adesso non sapeva cosa fare. Se fosse corso a recuperare la fidanzata avrebbe stracciato il proprio orgoglio, ritrovandosi suo malgrado in un ruolo che non gli apparteneva, quello del Philip geloso. Nello stesso tempo però non sopportava che Amy e il portiere rimanessero soli nell’altra stanza, senza poter sapere cosa stessero combinando. Che fare?
Al contrario di lui, Jenny cosa fare lo sapeva perfettamente così si alzò.
-Dove vai?- domandò Philip.
-In bagno, non posso?-
Mentre lei usciva, Callaghan balzò in piedi e la raggiunse fuori, sulle scale. Come aveva sospettato, la ragazza si stava dirigendo nella direzione opposta rispetto al bagno, confermando il suo vero e proprio tentativo di fuga. Doveva essere parecchio contrariata.
Tom non si lasciò turbare dal tifone che aveva travolto la camera disperdendo il gruppo. Recuperò le carte sparpagliate sul tavolo e riprese a mescolarle.
-Visto che sono andati via tutti, è meglio ricominciare la partita.-
Philip agguantò Jenny per un braccio e la fermò a metà rampa.
-Smettila di pensare che Mark sia interessato a me!- lo aggredì lei -Non è assolutamente così!-
-E tu cosa ne sai? Se anche lo fosse, te lo direbbe?-
-Magari sì.- Jenny lo vide esitare e le sembrò di intuire esserci dell’altro -Avete già parlato di me, non è vero?-
-Sì, abbiamo parlato di te! Perché il suo attaccamento non...-
-Quale attaccamento?-
-Quello che prova nei tuoi confronti! Tu probabilmente non te ne rendi conto perché sei direttamente coinvolta, ma con te non si comporta come con le altre!-
-E allora? Anche Tom non si comporta con Patty come con le altre!-
-Ma loro si conoscono da una vita, mentre tu e Mark da appena una manciata di giorni!-
Se Jenny si fosse fermata a riflettere sulle parole del fidanzato, si sarebbe certamente resa conto che il ragionamento di Philip non faceva una piega.
-E quindi? Gli hai detto di starmi lontano? O qualcosa di simile?-
-Qualcosa di simile.-
Attonita lei tacque, mentre Philip decideva che non voleva più litigare.
-Jenny, ascolta. Se ho sbagliato mi dispiace. Pensavo di far bene, ma forse non è stato così.- lanciò l’esca -A dimostrazione che non sono perfetto come vorresti.-
-Non ti voglio perfetto! Solo che non sopporto quando ti comporti in modo così infantile!-
-Ho soltanto detto a Mark cosa mi dava fastidio. Mi sembra un comportamento maturo, questo! Non sarei stato maturo se lo avessi preso a pugni!- come in effetti era stato tentato di fare un’infinità di volte.
Jenny sospirò.
-Perché finisce sempre che hai ragione?-
Philip sorrise. Le cinse i fianchi e la trasse a sé con aria saputa.
-Se ho ragione alla fine, significa che l’avevo anche all’inizio.-
-Ecco, appunto.- Jenny rise della sua logica e quando lui si accostò per baciarla, gli andò incontro.
Un po’ più su e un po’ più a sinistra rispetto al bacio di Jenny e Philip, nel cervello di Bruce si affacciò un’idea così fantastica che si alzò di colpo prima ancora di finire di formularla. Probabilmente era stata la potenza della gelosia di Julian, che gli sedeva vicino, ad aver messo in moto gli ingranaggi della sua mente.
-E adesso? Neanche tu giochi più?- domandò Ed snervato, perché l’andirivieni dei compagni impediva loro da più di mezz’ora di chiudere un giro.
-Sì che gioco. Dai le carte anche per me.- lo rassicurò Harper.
Prese dal tavolino la vetusta macchina fotografica e proseguì verso il pannello divisorio, accostandovi un orecchio.
Amy e Benji stavano parlando, udiva le loro voci ma non riusciva a distinguere l’argomento di conversazione. Ma tanto… Scostò piano il fusuma e gettò una rapida occhiata all’interno della camera. Non vide nulla, lo spiraglio aperto era troppo sottile.
Dietro di lui si fece silenzio, un silenzio che consentì a tutti di udire la risata di Amy. Julian si irrigidì tutto ma non si azzardò a muoversi, nonostante la forte tentazione di correre accanto al compagno impiccione per dare anche lui un’occhiata di là. Cosa che, sapeva bene, gli avrebbe fatto perdere definitivamente la faccia tra i compagni.
Il tempo sembrò fermarsi mentre Bruce, silenziosissimo, scostava ancora un po’ il pannello con la stessa tecnica – ma gli amici non potevano saperlo – utilizzata giorni prima per introdurre il cellulare all’interno dello spogliatoio femminile e rubare alle ragazze ignare quella decina di foto discinte.
Mentre lui agiva, il desiderio di Julian di raggiungere la fidanzata divenne ingestibile. Si mosse per alzarsi ma proprio in quell’attimo la macchinetta fotografica scattò, abbagliando entrambe le camere con il flash. Compiuto il misfatto, Bruce si ritrasse veloce chiudendo il pannello e Benji di là prese a sbraitare, metà in giapponese, metà in tedesco.
-È una bomba! Persino il flash ha funzionato!-
Correndo verso di loro per mettersi al riparo dall’ira funesta del portiere, lanciò la macchinetta a Mark che ebbe la prontezza di afferrarla al volo e poi nasconderla sotto al tavolo nel momento in cui il fusuma si spalancava risuonando di uno schiocco secco.
Naturalmente comparve Benji, fumante d’ira.
-Chi è stato?-
Nessuno rispose ma Bruce, purtroppo per lui, era ancora in piedi.
-Harper! Chi altri?-
Amy arrivò al suo fianco, altrettanto contrariata.
-Perché hai fatto una cosa così sciocca? Dov’è? Dove l’hai messa?-
Bruce alzò le mani.
-Dov’è cosa? Non ho niente.-
Accanto a lui Mark si mosse appena per nascondere il cimelio sotto la felpa.
-Harper, tira immediatamente fuori la macchina fotografica!- insistette Benji categorico -Subito!-
Julian non riuscì a capacitarsi di ciò che stava accadendo. Si alzò per fronteggiare entrambi.
-Perché vi agitate tanto? Si tratta di una semplice foto! O volete nasconderci ciò che stavate facendo?-  
-Complimenti, Ross! Mi sembra proprio di sentir parlare Callaghan! Adesso hai iniziato a inventarti le cose anche tu? Non stavamo facendo niente, a parte compilare un sudoku! Ma poi! Perché sto qui a giustificarmi?-
-Appunto, Price. Se non hai niente da nascondere la macchina fotografica non ti serve!-
Mentre cominciavano a volare parole pesanti, Bruce sgattaiolò via raggiungendo la porta e la salvezza.

Gabriel Gamo scese dal taxi e si strinse addosso il cappotto rabbrividendo al freddo intenso che gli sbatté dritto in faccia non appena mise piede fuori dell’abitacolo. Osservò pensieroso il vecchio e massiccio ryokan che lo sovrastava con la sua imponenza, stagliandosi scuro sullo sfondo del cielo notturno, e prima di cominciare a gelare con la valigia in mano, s’incamminò verso l’entrata facendo attenzione a non scivolare sul ghiaccio dei gradini dell’ingresso. Non aveva mai visto tanta neve tutta insieme. Erano ore che non vedeva altro che neve, da quando l’aereo si era lasciato Tokyo alle spalle volando a est, sul mare, e poi tornando a nord verso l’isola di Hokkaido. Oltre l’oblò, il blu dell’oceano aveva lasciato il posto al bianco. Solo bianco ovunque, screziato dai colori scuri delle città e dei piccoli centri abitati. E adesso non soltanto tutt’intorno a lui ogni cosa era ricoperta di neve e di ghiaccio, ma faceva anche un freddo bestiale. Come i ragazzi fossero riusciti in un simile assoluto deserto a creare una condizione tale da far preoccupare persino Marshall, era illogico e inspiegabile. Aprì piano la porta a vetri ed entrò, godendo del tepore dell’edificio. La campanella appesa sulla porta d’ingresso tintinnò appena. Gamo posò la valigia a terra e rimase in attesa che qualcuno venisse ad accoglierlo, certo che il suo arrivo in taxi non fosse passato inosservato ai gestori dell’hotel. Quando ebbe aspettato un tempo sufficiente a rendersi conto che in giro non c’era nessuno, si sfilò le scarpe e si guardò intorno. Avanzò sul parquet, molto più caldo dei suoi piedi, e solo allora scorse un cartello attaccato alla scarpiera: “Torniamo subito”.
-Bruce! Consegnami la macchinetta fotografica!-
La richiesta perentoria di una voce femminile da qualche parte al piano di sopra arrivò a Gamo forte e chiara. Una ragazza! Si irrigidì di colpo perché la sua mente non fu pronta ad accettare una simile verità. C’era una ragazza al ritiro! Una cameriera? Un’impiegata dell’hotel? Avanzò ancora e dietro al muro scorse i primi gradini di una scala di legno che spariva dietro l’angolo. Si sfilò la giacca, l’appese all’attaccapanni e procedette verso la rampa. Oltrepassato l’angolo della parete si arrestò incredulo. Proprio lì, sulle scale, qualche gradino più su, c’era Callaghan. E non era solo. Un gomito appoggiato contro il muro, stava baciando una ragazza con tale trasporto che non solo non lo aveva udito arrivare, ma neppure lo vide far capolino dall’ingresso. Un’ira devastante e distruttiva tinse tutto di nero. Evidentemente a quel ritiro era presente più di una ragazza. Inaudito e inconcepibile! Mentre la pressione arteriosa si alzava di colpo facendogli arrivare i battiti del cuore nelle orecchie, altre grida provennero dal primo piano. Riconobbe la voce di Harper sulle altre, poi dei passi si precipitarono lungo il corridoio proprio sopra la sua testa. Qualcuno imboccò le scale e venne giù volando sui gradini. Era proprio Bruce. Si guardava alle spalle ridendo e non si accorse di Philip. Finì su di lui e lo travolse, schiantandolo sulla ragazza e poi contro la parete. Callaghan perse l’equilibrio, scivolò giù per qualche scalino ma non cadde. La giovane invece restò impalata contro il muro, bloccata da Bruce che aveva praticamente preso il posto del vicecapitano.
La bocca di Philip vomitò una valanga di insulti ma Harper non li udì, non poté farlo. La sua corsa si era interrotta bruscamente, teneva una mano sulla spalla di Jenny e gli occhi spalancati sull’uomo che aveva davanti. Mentre Philip continuava a insultarlo, lo sguardo di Harper passò dal divertimento allo shock.
-Ga… Ga… Ga…-
-Harper! Accidenti a te, non ti sopporto più! Da quando siamo qui quante volte mi sei caduto addosso? Così tante che ho perso il conto!-
Ma Bruce non replicava perché fissava qualcosa alle sue spalle. La sua mimica facciale si era azzerata, mutando in una maschera di cera. E quando finalmente Philip lo capì si volse e l’invettiva che aveva pronta per lui si dissolse, trasformandosi in un rantolo.  
-Gamo.- prese atto.
-Holly! Holly!- invocò Bruce.  
-Non strillare, imbecille.- lo mise a tacere l’allenatore.
Lui deglutì.
-Bu… buongiorno mi…ster…-
-Buona sera, semmai.-
Philip tacque e basta. Gamo li aveva beccati, non poteva accadere nulla di peggio.
-Ma non è una buona sera, sapete?- attaccò l’uomo polemico -O forse lo è soltanto per te e per la tua amichetta, Callaghan.-
-Holly!- Bruce chiamò di nuovo, il panico nella voce e la confusione nella testa.
Il suo tono acuto preoccupò Evelyn, che arrivò ancor prima del capitano. Si sporse sulle scale in cerca del fidanzato, scorse l’allenatore e si tirò indietro prima che lui riuscisse a mettere a fuoco il suo volto. Quasi si scontrò con Amy che le arrivava alle spalle.
-Cosa succ...-
Evelyn le chiuse prontamente la bocca con una mano e la trascinò con sé, per rientrare di corsa nella stanza dei ragazzi.
-Holly! Siamo nei guai! C’è Gamo!-
Il capitano scattò come una molla.
-No! Gamo! Stai scherzando?-
-Ti pare che possa scherzare su una cosa simile?- Evelyn li fissò terrorizzata -È appena arrivato e sta parlando con Philip, Bruce e Jenny.-
-Ha visto Jenny?-
-Forse ha visto anche me!-
A Benji sfuggì un sorriso.
-Adesso Callaghan è veramente nei casini.-
-Nei casini ci siamo tutti! E smettila di ridere, maledizione!-
-Gridarmi addosso non lo farà sparire.-
Holly uscì nel corridoio e si affacciò sulle scale. L’allenatore era davvero lì. Scendendo qualche gradino i loro occhi si incontrarono e il capitano pronunciò le uniche parole che fu in grado di dire.
-Buona sera, mister.-
-Ciao Oliver.- non c’era traccia di cordialità nella sua voce -E Benjamin…- aggiunse vedendo il portiere spuntare alle sue spalle.
-Buona sera, mister.- gli rispose quello gelido udendolo pronunciare il suo nome per intero, cosa che detestava -Come mai qui?-
L’uomo si eresse in tutta la sua non indifferente statura.
-Un’improvvisata per controllare che fosse tutto a posto. Marshall era preoccupato, così sono venuto a vedere cosa diavolo stavate combinando.- sibilò furente -O meglio, ho già visto cosa state combinando!- fissò Philip con gli occhi lampeggianti -Quando la finirete di rimorchiare le cameriere di tutti gli hotel?-
Un gemito soffocato venne su dalla gola di Jenny. Si volse sconvolta verso Philip che la guardò ancor più sbalordito.
-Co… cosa?- trasecolò -No, non…-
-Non è una cameriera.- Benji trovò giusto e opportuno mettere i puntini sulle i -È la sua fidanzata.-
-E cosa diamine ci fa qui la tua ragazza, Callaghan? Dovevate essere in ritiro e invece arrivo e cosa trovo? Che pomiciate sulle scale!-
Il vicecapitano divenne viola e non riuscì a guardare Jenny. Dopo l’infelice uscita del mister era sicuro che fosse furiosa. Avrebbero litigato di nuovo.
-Mica tutti.- precisò Mark in cima alla rampa, con una strafottenza che fece sussultare persino Julian.
Il mister non perse un colpo e fulminò Landers con un’occhiata carica di collera.
-C’è chi lo fa sulle scale e chi in un ristorante italiano!-
Nessuno di loro riuscì a dare un senso alle accuse mentre il suo sguardo indugiava su Benji per un istante di troppo.
Holly deglutì. Erano nella merda, ma non per la presenza di Gamo che in qualche modo era sicuro di placare. Sarebbe bastato vincere la prossima partita. Lo erano per la storia delle cameriere, che il mister aveva inopportunamente tirato fuori per l’ennesima volta. Patty era in cima alle scale con le amiche, ferma dove l’uomo non poteva scorgerla ma dove poteva ascoltare tutto. Era spacciato… Anzi erano spacciati lui, Philip, Julian e Bruce.
Jenny strinse le dita a pugno, affondando le unghie nel palmo. E così il traditore durante i ritiri davvero si svagava rimorchiando le cameriere di tutti gli hotel! Scese i gradini uno alla volta fino a raggiungere e superare il mister. Gamo la ignorò del tutto ma Philip si mosse, con l’evidente intenzione suicida di seguirla. Holly lo capì e lo bloccò con una presa così salda che l’amico non poté spostarsi.
Jenny percorse il corridoio dell’ingresso fino alla stanza da tè della nonna. Varcandone la soglia udì dietro di sé le voci dell’allenatore e dei ragazzi che riprendevano a parlare ma non riuscì a capire nulla. La sua testa si ostinava a ripetere all’infinito la frase di Gamo come fosse un ritornello. Fece uno sforzo e la scacciò per concentrarsi sul modo migliore di accogliere l’inatteso e sgradito ospite. Perché, per una volta che servivano, i nonni non c’erano?
Sistemò i cuscini sui tatami intorno al tavolo, poi accese il climatizzatore per riscaldare l’ambiente. Si lanciò un’occhiata intorno, dall’armadio a muro afferrò qualche altro cuscino. Poi raggiunse la cucina attraverso la veranda e riempì d’acqua il bollitore. Lo mise sul fuoco, recuperò un vassoio e le tazze. Scelse il tè, ne estrasse un paio di bustine e rimase impalata davanti al fornello, gli occhi sulla fiamma azzurra, ad aspettare che l’acqua bollisse. E così era questo che facevano durante i ritiri. Seducevano le cameriere degli hotel… i fedifraghi. Altro che stupidi scherzi e innocenti scommesse… Si riscosse, recuperò la scatola di latta dei biscotti della nonna e la posò sul vassoio. Poco prima che l’acqua iniziasse a bollire, la versò nella teiera e tornò sul corridoio, il vassoio tra le mani. Gamo la scorse e si volse.
-Ho preparato il tè. Accomodatevi in questa stanza, nessuno vi disturberà.-
Dapprincipio lui non si mosse, limitandosi a osservarla. La valutò con occhio critico e soltanto perché capì di trovarsi di fronte alla fantomatica fidanzata di Philip. Si trattò di un attimo fugace, poi la collera tornò a soppiantare sorpresa e curiosità. Avanzò a testa alta verso la porta che lei aveva aperto e nella stanza in cui lo invitava a entrare.
I ragazzi si scambiarono un’occhiata e lo seguirono in un corteo funebre.
-Dovrai chiedere scusa in ginocchio, Philip.- mormorò Bruce -Forse solo così riuscirai a farti perdonare.-
-Da Gamo?-
-No, da Jenny.-
In cima alle scale, Patty fremeva come una canna in balia del vento e non appena sparirono tutti nella stanza da tè della nonna, sbottò.
-Passano il tempo a sedurre le cameriere degli hotel! Ma vi rendete conto?-
-Mi rendo conto sì, maledetti! Stavolta Bruce me la paga! Giuro che me la paga!-
Amy cercò di mostrarsi ragionevole.
-Adesso il problema da risolvere non è questo. Il mister è qui e loro sono finiti nei guai per colpa nostra.-
Videro Jenny tornare nel corridoio, imboccare torva le scale e fermarsi sull’ultimo scalino.
-Sono tutti nella stanza da tè della nonna. E non vedo l’ora che Philip esca da lì per ucciderlo.-
-A chi lo dici.- fremette Evelyn.
Appoggiata alla balaustra, Amy si affacciò sul corridoio vuoto.
-Possiamo scendere?-
-Per fare cosa?-
-Per sentire cosa succede!-
-Se vuoi, Amy…- Jenny tese un braccio, invitandola a farlo.
-Perché non sei arrabbiata?- le chiese Patty -Non ti importa se Julian adesca le cameriere degli hotel?-
-Lui ha detto che non lo fa. La parola del mister infuriato contro la sua…- fissò le ragazze -Voi a chi credereste? Io a Julian.- volse loro le spalle e scese le scale a testa alta, pienamente sicura di sé.
Evelyn, Patty e Jenny si guardarono.
-Che abbia ragione lei?-

Benji ripose la tazza del tè sul ripiano del prezioso tavolo di ciliegio con una tranquillità che Holly gli invidiò con tutto il cuore. Gamo sbraitava da meno di cinque minuti e il portiere era già stanco di ascoltarlo. Soprattutto perché, se si trovavano in quella situazione, la colpa non era davvero la sua. Del resto era proprio Callaghan che il mister stava mettendo sotto torchio.
-NON HO MAI VISTO ORGANIZZARE UN RITIRO IN QUESTO MODO!- continuò a ruggire rivolto a Philip -MI FIDAVO CIECAMENTE DI TE! Pensavo che avresti preso la cosa sul serio! PENSAVO CHE AVRESTI PRESO LA NAZIONALE SUL SERIO! Ti avevamo addirittura confermato capitano in assenza di Holly!- recuperò fiato mentre il vicecapitano, forse ormai soltanto ex, abbassava mortificato gli occhi sul tavolo -Ma a questo punto sai cosa? PUOI SCORDARTI LA FASCIA! Troveremo qualcun altro! Qualsiasi altro…- li fulminò tutti -ALL’INFUORI DI VOI SETTE!-
-Mi dica chi rimane.- ribatté Benji polemico -Chi ha intenzione di candidare?-
-Price, la tua arroganza un giorno o l’altro ti metterà nei guai!-
-O ci metterà noi.- borbottò Bruce.
-Noi ci siamo già.- sospirò Tom, versandosi altro tè. Poi si accorse che anche la tazza di Gamo era vuota e si affrettò a servirlo.
Julian intervenne.
-Lei sapeva che eravamo qui? A Shintoku, intendo.-
-Conoscevo il nome della località, quello del ryokan e il numero di telefono. MI SONO FIDATO!-
-Si è fidato?- Benji si intromise di nuovo -Non si è preoccupato di informarsi in che posto avremmo alloggiato?-
-CERTO CHE NO!-
-Non ha neppure controllato su internet?-
-Questo hotel non ha un sito internet!-
-Mi sarei meravigliato del contrario! E comunque ero sicuro di sì! Pensavo che lei fosse d’accordo! Se avessi saputo che non lo era, se avessi solo immaginato in che posto saremmo finiti, sarei rimasto a casa! Si è accorto che siamo in Siberia… no! In Alaska? Fa un freddo micidiale, ci sono persino i lupi! E LEI NON CONTROLLA! SI FIDA!-
Gli amici ascoltavano sgomenti, persino Gamo si trovò impreparato ad affrontare lo sfogo.
-Certo che mi fido! Callaghan mi aveva assicurato di aver organizzato tutto nei minimi dettagli… E lo vedo, infatti!-
-QUESTO NON LA ESONERA DAL CONTROLLARE!-
Holly cercò di rimediare.
-Qui non è tanto male! Infatti sei rimasto, Benji.-
Gamo riprese la parola.
-Certo che non è male! Ho visto, prima… Vero Callaghan?-
Le guance di Philip si chiazzarono di rosso.
-Ma siamo stati tranquilli, lontano dal caos e…-
-LONTANO DALLA CIVILTA’!-
-BENJI!- lo richiamò Tom, infilandogli un gomito tra le costole -Mister, deve sapere che l’hotel è rimasto aperto per noi! Non ci sono altri ospiti, abbiamo avuto l’intero edificio a disposizione, senza fastidiosi giornalisti in giro a ficcare il naso nella nostra privacy…-
-La tua fidanzata era compresa nel servizio, Callaghan?-
Philip non riuscì a credere di aver appena udito parole simili. Ogni volta che cominciava a sperare che l’allenatore si fosse dimenticato di lui, quello tornava a tormentarlo con le sue maledette e scomode domande. Che razza di risposta si aspettava? E perché Benji non faceva altro che rigirare il dito nella piaga?
-Sì, e non solo lei. Ci sono tutte.-
Appunto.
Il mister socchiuse gli occhi.
-TUTTE?-
-Sì, tutte. Ci sono anche Amy, Evelyn e Patty.-
-CALLAGHAN! COMPLIMENTI! SONO DAVVERO SENZA PAROLE!-
Mark tirò un respiro e parlò per la prima volta.
-Fanno parte del pacchetto “sistemazione economica”. Abbiamo chiesto il solo pernottamento. Con la cucina a disposizione, loro si sono occupate dei pasti, della biancheria e di tutto quello di cui potevamo aver bisogno.-
Gamo rivolse a Philip un sorrisetto ironico.
-Ho visto quando sono entrato. Non vi hanno fatto mancare proprio nulla.-
Mark ignorò il sarcasmo dell’allenatore e proseguì con maggiore cautela.
-Questa sistemazione è stata un bel risparmio per la Federazione, dovrebbero ringraziarci.-
-E cosa te ne importa se la Federazione risparmia? Dimmelo Landers perché non arrivo a capirlo.-
-Si tratta infatti soltanto di coerenza alla sua insita spilorceria.-
-TACI UNA BUONA VOLTA, PRICE!- cercò di zittirlo anche Mark.
La fortuna volle che proprio in quel momento qualcuno bussasse. Un istante dopo la porta si aprì e Jenny si affacciò nella stanza, tutti gli occhi su di lei.   
-Chiedo scusa per l’interruzione.- mormorò a disagio -Danny, puoi venire? C’è tuo padre al telefono.-
Mellow spostò gli occhi sul mister, che gli fece cenno di andare.
Mentre si alzava si chiese per quale motivo suo padre lo cercasse al telefono del ryokan che lui non gli aveva dato. Perché non lo aveva chiamato al cellulare? O forse lo aveva fatto ma lui non se ne era accorto perché lo aveva lasciato di sopra, in camera. Quindi suo padre, per un’emergenza, poteva aver chiamato il signor Marshall per farselo dare. Le sue riflessioni si interruppero quando, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, si ritrovò circondato dalle amiche senza via di scampo.  
-Cosa sta succedendo lì dentro?- lo incalzò Evelyn.
Lui si ritrasse.
-Devo parlare con mio padre. Se...-
-Era una balla, non ti ha telefonato nessuno.-
-Il mister si è arrabbiato?- insistette Jenny.
-Vieni. Raccontaci.- Patty lo precedette verso la cucina e lui, fiancheggiato da Amy ed Evelyn e seguito da Jenny, praticamente circondato, fu costretto ad andare con loro. Una volta dentro, la porta venne richiusa.
Al ragazzo la cosa non piacque.
-Clifford pretende da te una foto di Jenny, vero?- domandò Evelyn cambiando di colpo argomento -E Jenny è disposta a farsi fotografare.-
-Ma Philip non…-
-Philip non c’entra nulla.- lo interruppe la ragazza in questione -Se ti scopre puoi dirgli che la foto te l’ho data io. Non importa.-
Evelyn si appoggiò al tavolo.
-In cambio però ci serve il tuo aiuto.-
Danny deglutì. Voleva quella foto a tutti i costi, avrebbe fatto qualsiasi cosa per ottenerla, perché se non l’avesse portata con sé Clifford e Peterson, e anche i gemelli Derrick, lo avrebbero martirizzato fino al giorno della partita. E forse anche dopo.
-Il mio aiuto per cosa?-
-Non ti chiederemo nulla di impossibile, Danny. Vogliamo solo che tu risponda sinceramente a qualche domanda.-
Vedendolo teso e preoccupato, Amy cercò di rassicurarlo.
-Niente di personale, qualcosa che riguarda noi.-
-In questi giorni hai per caso sentito parlare di alcune foto che Bruce ci ha fatto poco prima che arrivassi?-
Il ragazzo scosse la testa e Amy si lasciò sfuggire un’esclamazione di disappunto.
-Ve l’avevo detto, non sa nulla.-
Evelyn sbuffò.
-Sei sicuro?-
-Sì.-
-Non riusciremo mai a vederle.- si lamentò Patty.
Nel momento in cui Mellow cominciava a pensare di averla scampata, Jenny tornò a rivolgersi a lui.
-E cosa ci sai dire sulle cameriere degli hotel e dei centri sportivi in cui la nazionale ha fatto il ritiro?-
Lui la guardò confuso.
-Quali cameriere?-
-Devi essere più precisa, Jenny.- Patty incrociò lo sguardo dell’amico -Chi di voi della nazionale passa i tempi morti dei ritiri a sedurre le ragazze che vi capitano sottomano?-
Danny cominciò a capire.
-Mi state chiedendo se Philip, Julian, Bruce e Holly lo hanno mai fatto?-
-Sei perspicace.-
Lui si concesse un istante per riflettere e si sforzò di mostrarsi il più possibile convincente e sincero.
-Loro non lo fanno. E poi non è un passatempo così diffuso. Dopo gli allenamenti siamo stanchi e la maggior parte di noi ha poca voglia di impegnarsi in altre cose.-
Pensò di aver dato la risposta migliore ma le ragazze non sembrarono comunque soddisfatte. Si scambiarono un’occhiata dubbiosa e scettica. Adesso era la parola di Gamo contro quella di Danny. Jenny sospirò.
-Ci possiamo fidare?-
-Ci rimane altro?-
Amy rise.
-Perché non dovreste credergli?-
La campanella d’ingresso tintinnò allegra, dando il bentornato ai padroni dell’edificio.  
-Ecco i nonni, finalmente!-
Mentre Jenny andava loro incontro, Evelyn si affrettò a finire il discorso.
-Un’ultima cosa, Danny. Riguardo le foto di Bruce di cui parlavamo prima.-
Il ragazzo annuì.
-Devi recuperarle.-
-E come?-
-Come meglio credi.-
-Mi state proponendo uno scambio, giusto? Se non recupero le foto che vi interessano, voi non mi darete quella di Jenny.-
-Infatti.-
Amy si dispiacque per lui. Era sicura non soltanto che non sarebbe riuscito a trovare le foto fatte da Bruce, ma sarebbe stato tormentato da Clifford e chissà chi altri per non aver portato loro quella di Jenny. E le amiche, accecate dalla vergogna, si erano comportate esattamente come quei prepotenti.
-Tesoro, di chi è questa valigia?- domandò la nonna indicando il trolley blu parcheggiato davanti all’ingresso. C’erano anche un paio di scarpe da uomo che non conosceva e, appesa all’appendiabiti, una giacca che non era la loro.
-È arrivato l’allenatore. Siamo nei guai.-
La vecchina si tolse i guanti, il berretto, la sciarpa e la giacca a vento con calma, senza mostrare la minima preoccupazione. Dietro di lei nonno Ernest riuscì e rientrò un paio di volte per finire di scaricare il bagagliaio degli acquisti fatti in paese.
-Perché sareste nei guai, tesoro?-
-Il mister è furioso perché ci ha trovate qui e non avremmo dovuto esserci!-
-Era una vacanza per soli maschi?-
Jenny annuì.
-Non vedevo Philip da quasi un mese, ci è sembrata una buona idea incontrarci qui.-
La nonna rise.
-Beata gioventù… Dov’è ora l’allenatore?-
-Sono tutti nella stanza da tè a farsi rimproverare da lui.-
-Oh, poveri cari.-
Gamo recuperò dalla tasca dei pantaloni un foglio ripiegato e tutto sgualcito. Lo aprì, lo lisciò e poi lo allungò sul tavolo.
-Adesso dimmi, Benjamin…- iniziò mettendogli la pagina davanti agli occhi -Chi è lei?-
La foto in bianco e nero lo ritraeva con Nancy, nel momento in cui le posava una mano sul fianco.
-Lei? L’ex ragazza di Callaghan.-
Philip trasecolò.
-LA MIA EX RAGAZZA? IO NON HO NESSUNA EX!-
-E TE NE VANTI?-
-CERTO! SIGNIFICA CHE SONO COERENTE E FEDELE!-
-SIGNIFICA SOLTANTO CHE SEI UN INCAPACE.-
Holly non credette alle proprie orecchie.
-Vi sembra il momento?-
Il mister di fronte a loro fumava.
-Siamo alle solite, il ritiro non vi ha cambiati. Siete sempre pronti a discutere e litigare. Cosa devo fare con voi?-
-Con noi nulla.- Mark alzò le spalle -Ma può agire su se stesso mettendosi l’anima in pace. Ne guadagnerebbe di salute perché per quanto ci riguarda, neppure con dieci ritiri, fasulli o veri che siano, riuscirà a farci andare d’accordo.-
Era esattamente ciò di cui Gamo era convinto. Ma Freddie Marshall aveva sperato il contrario e aveva insistito così tanto che avevano deciso di fare un tentativo. Non era servito a niente.
La nonna bussò discretamente alla porta, poi entrò.
-Buona sera. Sono la padrona del ryokan. È un piacere averla qui.-
-Lo pensa soltanto lei.-
Gamo si alzò per presentarsi e rispondere al saluto. Mentre la vecchina monopolizzava la conversazione e lo intontiva di belle parole e buone intenzioni, Jenny sgusciò alle sue spalle e raggiunse il tavolo, recuperando la teiera ed evitando accuratamente di guardare il fidanzato. Nonostante le ragionevoli parole di Amy, non era sicura di non essere arrabbiata. Subito dopo di lei anche Danny sgattaiolò nella stanza, pensando che tutto sommato erano meglio le urla di Gamo delle scomode richieste delle amiche.
-Come sta andando?-
-Poteva mettersi peggio.- rispose Julian porgendole la tazza affinché la riempisse di tè.
-Il peggio arriverà quando saremo a destinazione.- profetizzò Bruce con un sospiro.
Mentre serviva i compagni, Jenny notò il foglio sul tavolo. Benji e Nancy in primo piano, fotografati in inequivocabile atteggiamento intimo.
-Che cosa...- cominciò a dire, ma la nonna la chiamò con perfetto tempismo. Allora posò la teiera sul tavolo e tornò al suo fianco.
-Jenny, vai a prendere gli asciugamani e mostra al nostro ospite dove sono le terme.- ordinò la vecchina senza neppure interpellarlo.
-No, aspetti… Devo finire di…-
-Può finire dopo, ha tutta la sera a disposizione. E adesso sarà sicuramente stanco e infreddolito. Per esperienza so che gli abitanti del Sud hanno una bassissima tolleranza all’inverno dell’Hokkaido. Dopo un bel bagno si sentirà sicuramente meglio e di nuovo in piena forma.-
Gamo non riuscì ad evitare che l’anziana padrona del ryokan gli organizzasse la serata. Così liquidò i ragazzi pregustando già l’acqua e il vapore che lo avrebbero accolto con un caldo abbraccio, liberandolo della stanchezza e del freddo patiti durante il giorno.
-Ne parliamo dopo.- li avvertì prima di seguire Jenny e la nonna fuori dalla stanza.
-Prepariamoci al secondo round.- sospirò Mark, poi prese la foto -Cos’è questa?-
-È lo scherzo di qualche curioso.-
-Che stavi facendo?- domandò anche Philip.
-Lo sai, Tom te lo ha raccontato. La stavo mandando via, dava fastidio a Jenny. Sei geloso?-
-Idiota.-
Mark depose il foglio sul tavolo.
-Chissà dove accidenti l’ha presa.-
-Di sicuro su internet. Sulla rete gira di tutto.-
Evelyn e Patty comparvero dalla porta rimasta aperta. Mentre loro entravano Amy, ancora intimorita da tutto quel trambusto, preferì restare sulla soglia.
-Si è arrabbiato molto?- domandò preoccupata.
-Come al solito.-
Jenny tornò un istante dopo.
-Gamo è nelle terme e la sua stanza è pronta. Al resto penserà la nonna.-
-Perfetto, allora possiamo cenare.- decise Bruce.
Tom si lasciò sfuggire un gemito.
-La cena! Diamine! Abbiamo un problema enorme!-
Holly non riuscì a credere che ci fosse ancora qualcosa di cui preoccuparsi.
-Cioè?-
-Ricordate cosa prevedeva la dieta di Gamo per la cena di oggi?-
-Cazzo, no!- esclamò Mark.

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Capitolo 22
*** 15 - Rientro alla base - prima parte ***


- 15 -
Rientro alla base
Prima parte


Julian aprì la porta e avanzò nella stanza frastornato, l’incedere di uno zombie. Nelle orecchie udiva ancora il tono aspro della voce di Gamo, le critiche, le recriminazioni e le accuse. Dopo la cena con i padroni del ryokan, a cui la nonna lo aveva praticamente costretto e durante la quale si era sicuramente abbuffato alla faccia loro, il mister era tornato a cercarli più in forma e collerico che mai, trovandoli ancora seduti a tavola. Aveva preso posto sulla sedia di Evelyn, occupata a sparecchiare insieme alle amiche, e aveva ricominciato a rimproverarli, senza per fortuna prestare attenzione agli avanzi del menù di quella sera. A disagio sotto gli occhi critici del mister, che più le guardava e più diventava di cattivo umore, le ragazze avevano riordinato l’indispensabile e si erano dileguate al piano di sopra. Jenny era uscita per ultima, lasciando sul tavolo la teiera colma e le tazze pulite.
La camera che li accolse era silenziosa e confortevole, con la luce soffusa della lampada nell’angolo. I futon erano già stesi, pronti per il meritato riposo. Amy dormiva curva sul tavolino ma sentendoli rientrare sollevò il viso assonnato.
-Che ore sono?-
-Quasi mezzanotte.- rispose Julian, precedendo di poco lo sbadiglio di Mark che entrò dopo di lui.
-Sto morendo di sonno.-
-A chi lo dici. Ma visto che è già tutto pronto,- Bruce per la prima volta da ore si entusiasmò -Non ci resta che metterci a letto.-
Patty li osservò insonnolita dal futon del capitano.
-Come mai così tardi?-
-Gamo ci ha rimproverati per ore, non ne potevo più. Altri cinque minuti e gli sarei saltato al collo.-
-Tanto è con me che ce l’ha, Mark.- sospirò Philip afflitto.
-Però ha ragione su tutto.- Ed alzò le spalle -Non ti farà mai più organizzare un ritiro.-
-Questo è sicuro.- Holly raggiunse la fidanzata e le posò una mano sulla fronte -Hai la febbre?-
-Non saprei. Il modo migliore per farla passare è non misurarla affatto.-
-È un modo idiota!-
-L’ho imparato da te!-
Danny vide Bruce uscire con un asciugamano appeso alla spalla e lo seguì fin nel bagno, dove l’altro prese dallo scaffale spazzolino e dentifricio e si trasferì davanti al lavandino. Poi, mentre si preparava a lavarsi i denti, alzò gli occhi sullo specchio e scorse Danny riflesso nell’ombra alle sue spalle, che lo guardava immusonito e con un’espressione lugubre. Sobbalzò di paura, tanto che lo spazzolino gli sfuggì di mano e cadde nel lavandino.
-Da... Danny, che stai facendo?-
-Mi dispiace, non volevo spaventarti.-
-Non mi hai spaventato, figuriamoci!- negò l’evidenza -Cosa vuoi?-
-Farti una domanda.-
-Allora spara.-
-Hai presente le foto che hai scattato alle ragazze qualche giorno fa?-
Bruce lo scrutò con maggiore attenzione.
-Cosa ne sai tu?-
-Ho sentito gli altri parlarne. Chi le ha?-
-Volevi vederle?- mentre lo chiedeva ricordò che Danny aveva già messo gli occhi su Evelyn mezza nuda e il suo sguardo si oscurò. Che fosse interessato proprio a lei?
-No. Voglio solo sapere chi le ha.-
-Nessuno. Le hanno cancellate, sono andate perse. Peccato, perché un’occasione simile non ricapiterà più.- mise altro dentifricio sullo spazzolino e lo infilò in bocca -…i ‘spiace…- biascicò strofinandosi i denti.
Danny uscì afflitto dal bagno. Non avrebbe mai ottenuto la foto di Jenny e Clifford non gli avrebbe mai perdonato lo smacco. Non gli restava che farne una di nascosto. Lei non l’avrebbe saputo, Philip neppure e sarebbe stato salvo.
Tornò in camera e recuperò il telefonino dall’armadio dove Holly gli aveva chiesto di lasciarlo. Lo accese e si sedette sul futon, ascoltando distratto i compagni che continuavano a parlare di Gamo e del suo arrivo improvviso e inatteso. Prima di tutto doveva aspettare che Philip andasse in bagno o comunque uscisse dalla stanza, perché se lo avesse colto in flagrante… non voleva neppure pensarci. Poi doveva inquadrare Jenny con il telefono fingendo di fare altro, infine scattare, compiendo un’odiosa azione clandestina che andava contro la sua etica e la sua morale. Oltretutto lì dentro era troppo buio, la lampada all’angolo non sarebbe stata sufficiente a illuminare Jenny. E poi lei in quel momento gli dava le spalle. Non poteva chiamarla e chiederle di voltarsi, avrebbe capito. Né poteva spostarsi davanti a lei, lo avrebbe visto.
Ed lo raggiunse e gli si sedette vicino.
-Cos’hai? Sembri preoccupato.-
-Niente… Niente di importante.-
Ad un certo punto Jenny si alzò e si trasferì nella stanza accanto. Danny sprofondò negli abissi della disperazione. Se Jenny se ne andava, come poteva fotografarla?
-Secondo voi le valigie conviene farle subito o domani mattina?- domandò Tom.
Amy si rivolse a Julian.
-Le valigie? Partite?-
-Gamo è venuto a prenderci.-
-E ce n’era bisogno?-
-Ovviamente no. Bastava una telefonata e saremmo ripartiti da soli.-
-Domani?-
-Domani mattina.-
Amy guardò Patty, poi Holly.
-E i panni che sono ad asciugare?-
-Li porteremo via bagnati.-
-Ma se adesso andiamo a metterli nell’asciugatrice, domattina saranno perfetti.- Patty fece per alzarsi ma il fidanzato la fermò.
-Dove vai?-
-In lavanderia.-
-Con la febbre? Non pensarci neppure.-
-Holly!- protestò lei.
-Holly, cosa? Hai la febbre non si sa a quanto, perché ti rifiuti di misurarla. Dovresti essere a letto e invece sei tutto il tempo in giro per il ryokan… Non mi sembra il caso che adesso tu vada a riordinare la biancheria!-
-Non ho la febbre.-
-Perché non provi a misurarla? Sei bollente!-
Patty fece per rispondere, ma Amy si alzò per fermarla.
-Penso io al bucato, ma dopo un bel bagno alle terme che è proprio quello che ci vuole in questo momento.- lasciò la stanza per entrare in quella accanto.
Julian ci pensò solo un attimo, poi si alzò e recuperò dall’armadio un asciugamano e il pigiama.
-Che fai?- gli domandò Tom.
-Se Amy va alle terme io scendo con lei.-
-Anch’io vorrei andare.- disse Patty -Non siamo scese prima perché vi stavamo aspettando. Non immaginavamo che avreste impiegato così tanto a salire.-
-Ma è davvero tardi. O forse è troppo presto.- temporeggiò Holly indeciso.
Se il capitano esitava, a Mark l’idea non dispiaceva. Dopo la strigliata di Gamo le terme lo avrebbero aiutato ad allentare la tensione e distogliere la mente dai rimproveri. Ma immergersi con due coppie non lo allettava, così costrinse Ed, e solo lui, ad accompagnarlo. Al contrario di Danny, il portiere della Toho era perfettamente in grado di restare in silenzio quando non c’era bisogno di parlare: la migliore compagnia che Mark avrebbe mai potuto desiderare in un momento simile.
Nello spogliatoio immerso nel vapore delle terme, Holly si rilassò come quel giorno non era ancora riuscito a fare, tanto da appisolarsi sulla panca senza accorgersi delle occhiate e delle risatine che si scambiavano i compagni alle sue spalle. Julian finì di liberarsi degli abiti, poi si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
-Non ti ho mai visto dormire con tanta convinzione in uno spogliatoio.-
Holly socchiuse gli occhi.
-Voi non avete sonno?-
-Avremo tutto il tempo di riposare domani in viaggio.- Philip raccolse un calzino caduto dalla panca   -Come minimo torneremo fino a Tokyo e poi da lì chissà.-  
Accanto a lui Mark si avvolse un asciugamano intorno ai fianchi.
-Almeno domattina eviteremo di lavarci.-
Julian si volse a guardarlo.
-Benji ha ragione. Hai davvero una fissa per il risparmio.-
-Non è necessario che quando lui non c’è ti immedesimi nei suoi ragionamenti.-
Philip si avvicinò a Holly che stava lentamente finendo di togliersi i jeans.
-Come mai così stanco?-
-La presenza di Gamo ha risucchiato tutte le mie energie.-
-E allora perché non sei rimasto in camera?-
-Domani partiamo, rivedrò Patty tra una settimana.-
-Già.- annuì l’amico -È l’ultima notte che siamo qui. È uno spreco passarla a dormire.-
Julian entrò nei bagni, si avvicinò a una doccetta e aprì l’acqua calda. Philip gli andò dietro, continuando il proprio ragionamento con lui.
-A pensarci bene è un peccato anche essere qui alle terme. Avremmo potuto trascorrere l’ultima notte in un modo diverso.-
-Sapevo che alla fine lo avresti detto.- rise Mark fastidioso.
Philip ricambiò l’ironico commento con una secchiata d’acqua fredda. Mentre loro facevano confusione, Julian rifletteva ad alta voce versandosi dello shampoo nel palmo della mano.
-L’ultima notte, anche se è quasi mattina. Sarebbe meglio dormire e invece siamo qui.- alzò le spalle e trovò Holly seduto davanti alle docce, gli occhi chiusi -Ti sei addormentato di nuovo?-
-Lascialo fare. Lo sveglierà Patty, se vuole.-
Warner si alzò per raggiungere le vasche, aprendo la porta a vetri ricoperta da una condensa così spessa che non si vedeva nulla attraverso. Avrebbe fatto un bagno veloce, tanto per accontentare Mark, poi sarebbe salito a dormire.
Rincorso da Landers con un secchio colmo di acqua fredda, Philip gli passò accanto nel momento del lancio e la doccia gelida investì entrambi facendoli urlare.
-Mark! È così che mi ringrazi per averti accompagnato?-
-Non era per te ma per questo deficiente che ti è arrivato accanto nel momento sbagliato!-
Julian finì di ripulirsi dalla schiuma dello shampoo, preparandosi a entrare nella grande vasca delle terme. Amy lo aspettava sorridente, immersa nell’acqua fino al collo. Patty era con lei mentre Jenny ancora non si vedeva.
-E gli altri? Dov’è Holly?-
-Di là.-
-Che stanno facendo? Perché ci mettono tanto?-
-Holly dorme, mentre Mark e Philip stanno giocando con l’acqua.-
-Non volevano scendere e adesso hanno persino voglia di divertirsi.- rise Amy.
-Callaghan! T’affogo!-
Philip schizzò attraverso la porta e si tuffò nell’enorme vasca. Mark apparve un secondo dopo, furioso. Cercò il compagno ma non riuscì a trovarlo. Poi quello riemerse, ben più lontano, di fronte a Jenny avvolta da un corto asciugamano azzurro, che scendeva i gradini di pietra scura per entrare in acqua.
-Cosa succede? Vi sentivo da dentro.-
-Landers fa lo spiritoso.-
Insieme raggiunsero gli altri e Mark, per amore della tranquillità, seppellì l’ascia di guerra.
Ed, davanti a loro, soffocò l’ennesimo sbadiglio.
-Perché siamo venuti qui?-
-Perché qui possiamo fare confusione senza dare fastidio né ai nonni, né soprattutto a Gamo.- spiegò Amy.
-Qualcuno ha ancora la forza di fare confusione, dopo Gamo?-
-Smettila di lagnarti, Ed.- lo rimproverò Mark -O diventerai peggio di Bruce.-
Con l’asciugamano che le avvolgeva il corpo, Patty entrò nello spogliatoio maschile sperando che nel frattempo non fosse sceso qualcun altro e, se proprio, quel qualcuno non fosse Benji. Udiva le voci e le risate degli amici, di là, e non vedeva l’ora di tornare nelle vasche insieme a Holly. Non voleva sprecare neppure un minuto di quell’ultima notte.
Il fidanzato era effettivamente a poltrire seduto di fronte alle docce e come riuscisse a farlo le risultava del tutto inspiegabile. Gli sfiorò una guancia e lui aprì gli occhi sulla scollatura dell’asciugamano, confuso dal panorama che gli si schiuse davanti, senza capire se quelle curve morbide le stesse sognando o fossero realtà. Poi riemerse dal dormiveglia, allungò una mano e le accarezzò il viso. Patty aveva le guance arrossate dal calore e forse, pensò, dalla febbre che si ostinava a non voler misurare. Le sorrise incerto, intontito da una stanchezza che faticava a scacciare ma tant’è. Ormai era lì. Si alzò e la seguì nelle terme.
-Mark, mi dai il tuo numero di telefono?-
L’inattesa domanda di Jenny attirò l’attenzione non soltanto del suo interlocutore, ma anche e soprattutto quella di Philip.
-A cosa ti serve il suo numero?-
-Se ho bisogno di parlarti e il tuo cellulare è irraggiungibile, posso chiamare lui.-
Philip si piegò di lato per guardarla in faccia.
-Perché dovrei essere irraggiungibile?-
-Per esempio perché potresti trovarti in un posto dove non c’è linea.-
-Allora non funzionerebbe neanche il cellulare di Mark!-
-O potresti avere la batteria scarica.-
-Farò attenzione che non accada.-
-Il tuo telefonino potrebbe rompersi, o potresti perderlo…- insistette a raffica, messa in allarme da eventualità sempre più inquietanti -E io non saprei chi chiamare per parlare con te.-
-Va bene, Jenny.- intervenne Landers -Te lo do dopo, in privato.-
Lei lo guardò storto.
-Grazie Mark, ma non lo voglio in privato. Non è una cosa privata, altrimenti non te l’avrei chiesto davanti a tutti. E poi non voglio solo il tuo. Li voglio tutti quanti.- guardò di nuovo Philip -Se tu non rispondi e Mark neppure, qualcuno prima o poi lo farà.-
Visto che Mark e Philip tacevano entrambi, irritati da motivi diversi, Julian intervenne.
-Non abbiamo il cellulare con noi, Jenny. Lo sai, Gamo non vuole. Solo Bruce lo ha portato di nascosto.-
-Avresti potuto portarlo di nascosto anche tu, Philip. Pure Danny lo ha… Prima in stanza gliel’ho visto.-
-Gamo voleva che fossimo raggiungibili in ogni momento.- spiegò Ed.
-Non vi ha mai chiamati.-
-Lo abbiamo tenuto spento, Holly.-
Mark fu colpito da un abbagliante barlume di lucidità.
-Siete due imbecilli! Ecco cosa siete! È venuto perché non è riuscito a rintracciarvi! Che razza di cretino sei, Ed?-
-L’imbecille sei tu. Se avesse voluto davvero parlare con noi avrebbe telefonato al ryokan, come hanno già fatto sia lui che Marshall! Gamo è venuto per ciò che Marshall ha sentito al telefono.-
-Forse no! Forse non sarebbe venuto!-
-Non arrabbiarti, Mark!- Jenny lo spruzzò con un po’ d’acqua -Ormai è arrivato e non possiamo farci niente. È colpa nostra, avremmo dovuto fare più attenzione.-
Lui l’aggredì inviperito.
-Se mi getti ancora l’acqua in faccia ti affogo. E se Callaghan si intromette affogo anche lui!-
Jenny non gli credette e volle metterlo alla prova. Sbagliò.
Con una mossa fulminea Mark le bloccò il polso, la tirò via da Philip e le spinse la testa sott’acqua. La ragazza riemerse un secondo dopo, scostandosi dal viso i capelli grondanti. Lo fissò incredula.
-L’hai fatto davvero!- si volse indietro -Non gli dici niente, Philip?-
Ma lui aveva poco da dire, soltanto che i loro scherzi lo stavano spazientendo di nuovo. Il suo sguardo contrariato si posò prima su Mark, poi su Jenny, poi di nuovo su Mark, dove si fermò un istante di troppo. Landers interpretò.
-Cosa vuoi, Callaghan? Ha cominciato lei!- dichiarò e si allontanò dai compagni, soddisfatto di aver avuto l’ultima parola.
Ed gli andò dietro, per cercare di convincerlo a uscire dalle terme e tornare presto in stanza.
-Holly, dormi?-
-Non sto dormendo, Julian. Mi sto rilassando.- appoggiato a una roccia, teneva gli occhi chiusi in beata tranquillità -Se penso che domani Gamo ci farà attraversare mezzo Giappone diretti chissà dove e ci metterà sotto torchio, mi viene l’ansia. Così per non pensarci mi rilasso.-
Philip si rabbuiò.
-Gamo ci farà sgobbare giorno e notte.-
-Possiamo pensarci domani?- li pregò Julian.
-Domani è oggi, non abbiamo più tempo per farlo.-
-Meglio così.-

Erano passate troppe poche ore quando Amy, udendola muoversi nella stanza buia e immersa nel silenzio, allungò una mano verso Jenny sdraiata al suo fianco, entrambe distese tra Julian e Philip, e le sussurrò qualche parola.
-Jenny, sei sveglia?-
-Sì. Non riesco a dormire.-
-Neanch’io.- si scostò da Julian perché aveva caldo -Verrai a vedere la partita?-
Jenny si appoggiò su un gomito e si tirò su piano per non svegliare Philip.
-Non lo so.-
Proprio di fronte a lei Mark alzò il viso per guardarla.
-Adesso che ti conosciamo, allaghan può smettere di tenerti nascosta.-
-Scusa, ti abbiamo svegliato?-
-Ero già sveglio, Amy.-
-Peccato che tu non sia Philip.- lo prese in giro Jenny -Io sono sveglia da un’ora e avrei saputo come occupare il tempo.-
-Puoi sempre svegliarlo, ne sarebbe felicissimo.-
-Preferisco lasciarlo riposare.
Amy rise piano, poi cercò di scrutare il ragazzo attraverso il buio.
-Sei arrossito, per caso? Accidenti, sei arrossito! Lo hai fatto davvero! Non è che in fondo… o forse neanche tanto in fondo, Jenny ti piace?-
-Non dire fesserie.-
Julian si girò nel futon mormorando una protesta.
-Amy, perché non dormi?-
-Non ci riesco. Le terme mi hanno tolto il sonno.-
Intanto Mark e Jenny, svegli come non mai, erano partiti per la tangente in quella che per loro rappresentava l’ultima occasione per mettere in chiaro certe cose.
-Tu non mi interessi.- stava ribadendo lui.
-Neppure tu mi interessi!-
-Solo quello squilibrato del tuo fidanzato può pensare una cosa simile.-
-Non offendere Philip!-
-Li senti, Julian?- Amy gli diede un colpetto con la spalla -Sono proprio carini quando fanno così.-
-Se lo dici tu.-
-Smettila Amy, per favore.- la redarguì Jenny timorosa che Philip si svegliasse, li udisse e traesse le solite conclusioni sbagliate.
-Cercate di dormire.- li pregò invece Julian -Oggi ci aspetta una giornata terribile.-
-A che ora avete messo la sveglia?- gli chiese la fidanzata a bassa voce.
-Alle sette, e ci resta poco più di un’ora di riposo.-
-È meglio se noi ci alziamo prima, Amy.- mormorò Jenny -Dobbiamo riportare su i vestiti. E poi preparare la colazione.-
-A Gamo penserà la nonna?- domandò lei in un sussurro.
-Me lo ha assicurato.-
Tacquero per un po’, finché udirono il respiro profondo di Julian che aveva ripreso a dormire. Ma né Amy né Jenny riuscirono a restare a lungo immobili e in silenzio. Anzi, Jenny si tirò su rinunciando definitivamente a riposare e scrutò nella penombra i futon sparpagliati sul pavimento della stanza.
-Chissà come sta Patty.- borbottò e quando l’ebbe individuata, sgusciò fuori dalle coperte, scavalcò Mark e proseguì carponi fino all’amica.
Mentre il ragazzo borbottava proteste per essere stato quasi calpestato e Amy lo prendeva in giro con battutine maliziose, scambiando con lui mormorii che disturbavano tra l’altro il sonno di Philip, Jenny scosse piano Patty finché lei aprì gli occhi.
-Amy ed io tra poco scendiamo a preparare la colazione. Come ti senti? Vieni con noi?-
Mentre l’amica valutava la proposta, restia a lasciare Holly e il tepore delle coperte, nel sonno esausto di Philip il brusio di voci stava affiorando alla coscienza, trasformandosi in un disturbo sempre più percepibile. Tanto che ad un certo punto protese una mano dove credeva fosse Jenny per avvicinarla a sé e sopprimere i sussurri nel suo corpo morbido, caldo e profumato. Le dita tastarono il materasso, accarezzarono il lenzuolo freddo e risalirono fino al cuscino, senza trovare traccia di lei. La sua assenza lo svegliò di colpo. Nell’oscurità non proprio silenziosa della stanza mosse su e giù la mano soltanto per rendersi conto che nel posto di Jenny non c’era nulla. Allora la chiamò piano, pianissimo. Fu appena un sussurro.  
Lei lo udì mentre scavalcava di nuovo Mark per tornare a distendersi sul futon. La sua voce la colse con una mano posata sulla schiena dell’amico, un ginocchio tra le sue gambe pronta a oltrepassarlo ma ancora sopra di lui. Se Philip l’avesse vista in quella posizione, la notte sarebbe finita troppo presto per tutti.
Allora silenziosissima tirò indietro il ginocchio, ritrasse la mano muovendosi al rallentatore e si distese contro il fianco di Mark, restando celata dal suo corpo. Philip non avrebbe potuto vederla… a meno che non si fosse alzato. E forse lo avrebbe fatto, per cercarla. Con il cuore che le martellava nelle orecchie, Jenny si tirò la coperta addosso rifugiandosi sotto, nell’oscurità calda e confortevole del futon del ragazzo. Compì quel gesto per non farsi scoprire, senza rendersi conto di aver soltanto peggiorato le cose.
Mark non poté in nessun modo impedirle di fare ciò che fece, non ebbe né la possibilità né la prontezza per evitare che lei invadesse lo spazio del suo letto. Sentì il suo respiro sommesso, percepì il suo corpo disteso non più attraverso lo spessore della pesante imbottitura che fino a un secondo prima aveva coperto solo lui. Ma non poté protestare, né scacciarla.
Philip si mise seduto e si guardò intorno, cercando la fidanzata in una stanza silenziosissima. Stranamente non si udiva neppure il consueto ronfare di Bruce.
-Jenny?- la sua voce fu un altro sussurro.
Mark infilò la testa sotto le lenzuola e sfiorò con le labbra i capelli di Jenny. Non si aspettava che fosse così vicina e si tirò indietro con uno scatto, tanto che Philip lo udì e si volse a guardarlo.
-Mark, sei sveglio?-
-Poco.-
-Jenny non c’è.-
-Forse è in bagno.-
Philip tornò a sdraiarsi e rimase ad aspettarla.
Mark rinfilò la testa sotto le coperte, cercando di farsi venire un’idea per salvarsi da quel pasticcio. Accanto a  lui Jenny non si muoveva, non la sentiva più neppure respirare. Il suo corpo disteso non lo toccava, ma era così vicino da percepirne il calore.
-Ti sembra una buona idea nasconderti qui sotto?-
-Non mi è venuto in mente altro.-
La ragazza si fece istintivamente più vicina e Mark sentì la sua spalla contro un braccio. Lui e i suoi fratelli avevano dormito appiccicati un’infinità di volte. Nella nuova minuscola e modesta casa in cui erano stati costretti a trasferirsi dopo la morte di suo padre, abbandonando i più comodi letti singoli per i futon distesi sul pavimento della piccola camera da letto in comune con i fratelli, Ted gli aveva disturbato il sonno un’infinità di volte avvinghiandoglisi addosso. E anche Natalie aveva dormito tra le sue braccia per decine di notti, stremata dal pianto e dal dolore della perdita. Ma Jenny non era Natalie e nonostante la ragazza gliela ricordasse spesso, in quel momento aveva ben chiara nella testa la differenza tra le due. E non la voleva lì.
-E adesso? Come ne usciamo?- sussurrò scontento.
Il compagno lo udì.
-Mark?-
-Niente, Philip. Dormi.-
Come c’era da aspettarsi il compagno fece esattamente il contrario, dando però loro l’insperata occasione di non farsi scoprire. Scostò le coperte e si alzò, lasciando la stanza in cerca della fidanzata.
-Sbrigati, è uscito.- la sollecitò Mark.
Jenny non se lo fece ripetere. Sgusciò fuori, scavalcò Amy rimasta in silenzio a guardare cosa sarebbe successo e si rifugiò nella camera accanto. Ancora incredula per averla scampata, pensò fosse meglio dare maggiore credibilità alla propria assenza. Raggiunse piano la porta, si affacciò sul corridoio, non trovò Philip e scese silenziosa le scale. Era convinta che fosse andato in bagno ma nel caso in cui lo avesse incontrato in cucina era pronta a inventarsi qualcosa.
Quando rientrò in camera, trovò il fidanzato di nuovo nel futon.
-Dov’eri finita?-
-In cucina.- lo raggiunse e si distese accanto a lui.

Meno di un’ora dopo, la porta della stanza si spalancò come colpita da una forza demoniaca e sbatté sui cardini, svegliandoli con crudele violenza.
-Sono le sette e ancora dormite? Razza di debosciati!- tuonò Gamo sulla soglia, sveglissimo e con l’ugola in gran forma.
Holly balzò sull’attenti, i capelli spettinati e la faccia stravolta.
-Buongiorno, mister!- gli bastò guardarlo per capire che la giornata sarebbe stata pessima -La sveglia stava per suonare. Va indietro di qualche minuto.-
Gamo scelse di credergli.
-Meglio così. Davvero meglio così. Preparate i bagagli, alle otto togliamo il disturbo.-
Lo udirono richiudere la porta con altrettanta sollecitudine e sentirono i suoi passi pesanti sulle scale.
-Lo sapevo.- Bruce abbrancò disperato il cuscino -Ce la farà pagare.-
Tom guardò l’orologio.
-Abbiamo poco più di mezz’ora. Invece di lamentarti, sbrigati ad alzarti. Non è il momento di contrariarlo.-
Holly ripiegò il futon perché non fosse di impiccio.
-Sono io che vi ho abituati male oppure Gamo è troppo severo?-
-Siete due aguzzini… Tu e lui!- lo accusò Bruce piagnucolando -Da oggi comincia l’inferno.-
Julian si conosceva bene ed era consapevole che quando si svegliava col mal di testa, ne restava vittima inerme per tutto il giorno. Doveva assolutamente prendere un analgesico durante la colazione senza farsi vedere da Gamo.
-Benji, a che ora avevi messo la sveglia?-
-Non l’ho messa.-
Nonostante l’atroce verità, il portiere si alzò come se niente fosse e uscì dietro Tom diretto in bagno. Aveva una cosa importantissima da condividere con il compagno e lo fece solo dopo essersi assicurato che fossero soli.
-Non immagineresti mai a cosa ho assistito poco fa.-
-Non stavi dormendo?-
-Avrei voluto, sì, ma metà di noi era sveglia svegliando anche me.- andò dritto al punto -Ho visto Jenny emergere di nascosto e con una certa fretta dal futon di Landers.-
Tom si fermò di botto e il portiere per poco non lo travolse.
-E Philip dov’era?-
-Non c’era, forse era in bagno. È rientrato dopo un po’. Sai cosa significa questo?-
-No.-
-Significa che adesso potrò ricattare Landers per il resto dell’eternità!-
-Con Mark fai come ti pare ma non dirlo a Philip! Gamo basterà per tutto il giorno.-
-Non ti agitare Tom, certo che non lo dico a Callaghan! Anche perché quello che fanno la sua fidanzata e Landers non sono affari miei!-
L’allenatore si sedette a tavola con una fame da lupi, incurante del clima lugubre e teso che aleggiava in cucina a causa della sua stessa presenza. La nonna lo aveva invitato a far colazione insieme al nonno, solo loro tre, ma non era riuscita a spuntarla una seconda volta.  
Dopo aver avuto la brillantissima idea di riproporre il frugale menù del secondo giorno, le ragazze si erano limitate a mangiucchiare qualcosa mentre preparavano. E avevano fatto bene perché l’inquietante presenza di Gamo aveva fatto sparire la fame.
-Ho avvertito Marshall.- disse il mister, continuando a riempire le menti ancora frastornate dei suoi pupilli di informazioni che recepivano solo per metà, intontiti com’erano dal brutto risveglio e dalla partenza improvvisa -Un pulmino verrà a prenderci all’aeroporto. Se tutto fila liscio, e filerà liscio per forza, arriveremo per mezzogiorno e comincerete subito gli allenamenti.-
-Arriveremo dove?- domandò Holly.
-Alla nostra meta.-
-E il pranzo?- si azzardò a chiedere Bruce.
Lui lo fulminò con un’occhiata di traverso che fu molto più esaustiva di qualsiasi risposta.
Intanto il mal di testa di Julian era diventato insopportabile, la tensione aveva chiuso lo stomaco, il profumo delle brioche gli stava dando la nausea e non era ancora riuscito a prendere l’analgesico nascosto nella tasca dei pantaloni.
Gabriel bevve l’ultimo sorso di un caffè che aveva trovato particolarmente buono e lanciò un’occhiata ai ragazzi.
-Siete pronti?- guardò in particolare Philip, che gli sedeva proprio di fronte e che annuì di riflesso -I vostri bagagli?-
-Sono nell’ingresso.-
Gamo sospirò.
-Spero che tornerete in forma in due o tre giorni al massimo.-
Mark per poco non si strozzò con l’ultimo sorso di caffè.
-Siamo già in forma!-
-Lo vedremo. Per il momento mi auguro che riusciate a tenere il ritmo degli altri.-
Non notò l’occhiata che si scambiarono Holly e Tom perché il suo sguardo era tutto per il cestello delle brioche. Ne aveva spazzolate la maggior parte e adesso ne era rimasta una sola.
-Qualcuno la vuole?-
I ragazzi scossero la testa all’unisono, nessuno si sarebbe mai sognato di sottrargli il dolce.
-Il soggiorno qui non vi ha giovato.- dichiarò masticando -Vi è persino passato l’appetito.- guardò Philip con più attenzione e notò qualcosa che fino a quel momento gli era sfuggito -Che diavolo hai combinato in faccia, Callaghan? Vi siete picchiati?-
A Jenny per poco non sfuggì dalle dita la caraffa dell’acqua. Philip si portò una mano al viso, sfiorando la macchia gialliccia lasciata da Kevin. Il livido sullo zigomo si era quasi del tutto assorbito e non sentiva più dolore ma sulla pelle si notava ancora il segno.
-Sono scivolato sul ghiaccio.-
Gamo restò scioccato, smettendo di colpo di ruminare la brioche.
-Sul ghiaccio?! Porca miseria! Pensa se ti infortunavi una gamba… o un piede!-
Comunque erano le otto meno un quarto e la sua tabella di marcia procedeva senza intoppi. Si volse verso le ragazze, che avevano deciso di comune accordo di restare sullo sfondo e fare per quanto possibile da tappezzeria.
-C’è ancora caffè?-
Amy lo servì subito.
-Dov’è che andiamo?- ritentò timidamente Tom.
-Cosa cambia se non ve lo dico?- replicò lui con un largo sorriso ironico.
-Faccia un po’ come vuole.- borbottò Mark.
Danny si aggirò inconsolabile nel ryokan fino all’ultimo minuto gravitando afflitto intorno a Jenny, ma non riuscì in nessun modo a scattarle di nascosto la sospirata foto. E quando la avvicinò per chiederle di nuovo se poteva, Philip si materializzò tra loro così infastidito che la voglia di insistere gli passò immediatamente e si affrettò a far sparire il cellulare nella tasca della giacca.
-Ti ho detto di no, Mellow. Guai a te se ci provi.-
Non si accorse però Danny, che mentre uscivano dal ryokan carichi di bagagli, Jenny tirava il fidanzato da parte, sotto gli occhi incuriositi e sempre attenti di Mark.
-Promettimi una cosa, Philip.- gli disse seria.
-Cosa?-
-Non lasciare che i tuoi compagni infastidiscano Danny per una foto che tu non gli hai permesso di farmi.-
-Non gli darà fastidio proprio nessuno per una stupida foto.-
-Promettilo.-
-E va bene. Te lo prometto.-

*

La loro destinazione rimase segreta fino all’ultimo. Fin quando cioè l’anonimo pulmino che li aveva recuperati all’aeroporto di Haneda si arrestò davanti al campo di allenamento dell’Urawa Reds, una delle squadre più quotate della J-League. Non appena la vettura si fermò, i ragazzi smontarono afflitti e nello stesso tempo sollevati di essere arrivati.
-Mi fa strano non vedere neve da nessuna parte. Quasi quasi sembra estate, sentite che caldo?-
-Fino a ieri ti lamentavi per il freddo, Bruce. Sei davvero incorreggibile.-
Holly tirò fuori la valigia dal bagagliaio e si scostò per lasciar spazio ai compagni, restando a osservare il basso edificio grigio a due piani che aveva davanti, dall’altro lato della piazzola d’asfalto del parcheggio.
-Se ci permettono di allenarci qui, significa che cominciamo a diventare importanti.-
La costruzione, non troppo appariscente, anzi quasi anonima, era sormontata dallo stemma della squadra diviso in tre sezioni colorate, rosso, bianco e nero con un pallone centrale giallo ocra.
-Chissà quanto hanno speso per l’uso del campo.-
Benji si volse esasperato.
-Perché hai questa fissa per i soldi non tuoi, Landers? Che accidenti te ne importa di quanto spende la Federazione?-
-E a te cosa importa se lo chiedo?-
Gamo li udì, tutti e due. Si volse e li redarguì con un urlaccio che li mise a tacere all’istante, poi li precedette verso l’ingresso.
Il parcheggio che attraversarono non era eccessivamente vasto, c’era posto per poche decine di vetture e al momento ne ospitava forse una dozzina. Di solito quei luoghi erano invasi dai tifosi e invece nei dintorni non si vedeva nessuno. Forse perché era quasi l’ora di pranzo o forse chissà, il luogo del ritiro era stato tenuto nascosto.   
In silenzio seguirono Gamo oltre l’ingresso. L’interno della club house sembrava rimesso a nuovo di recente. Si percepiva ancora un vago odore di vernice che fece fare una capriola al mal di testa di Julian. Le pareti erano color ocra e le mattonelle grigie del pavimento splendevano pulite. Le luci erano accese anche se i raggi del sole entravano dalle vetrate che si affacciavano sui campi da gioco. Erano due. Uno vicino, rigoglioso d’erba verde e occupato. L’altro, quello di riserva, poco più lontano e molto meno utilizzato, di un triste e abbandonato marrone.  
Lo sguardo di Julian venne attirato dal cartello esplicativo appeso al centro del corridoio. La club house dell’Urawa Reds era stata ricostruita nel 2004 niente popò di meno che dalla Mitsubishi. Ma a guardar bene, per un’azienda così prestigiosa, persino internazionale, l’edificio era fin troppo modesto. La somma investita doveva essere stata giusto sufficiente ad appendere un lungo cartellone di sponsor intorno alla recinzione del campo. Il calcio in Giappone continuava a non valere grandi investimenti.
In ogni caso, come lesse in fretta e furia perché Gamo proseguì, il nuovo edificio era fornito di spogliatoi, bagni, sala fitness e ambulatori al piano terra. Al primo piano c’era l’ufficio del direttore, il salotto, la sala stampa e un salone di novanta metri quadri corredato da un bar a uso e consumo dei tifosi. Loro neppure ci andarono, al primo piano.
Proseguirono in silenzio dietro Gamo, che ormai evitava da ore di parlare se non era strettamente necessario. La sua voce, o la sua pazienza, sembrava essersi esaurita e adesso che avevano raggiunto il resto della squadra, preferiva tacere e recuperare le forze per sottoporli all’allenamento che secondo lui meritavano.
Gamo li accompagnò fin dentro lo spogliatoio senza curarsi del disordine. Sparpagliati ovunque, a occupare tutto lo spazio, i vestiti, le scarpe e le borse dei compagni già in campo.
-Naturalmente gli altri pensano che vi trovavate a Shintoku in ritiro e non in vacanza. Dovranno restare con questa illusione. Vi proibisco nel modo più assoluto di rivelare la vergognosa verità. Vi concedo cinque minuti per cambiarvi. Non uno di più. -
Bruce aspettò che si richiudesse la porta alle spalle e li lasciasse soli.
-Con lui è sempre una corsa contro il tempo.-
Mark si guardò intorno imbufalito.
-Mi piacerebbe sapere dove metto la mia roba! Hanno occupato tutto lo spazio disponibile!-
-Devono aver completamente rimosso la nostra esistenza.-
Mentre Benji spingeva a terra una borsa per fare un po’ di posto, Landers scaraventò il proprio bagaglio su una delle panche e si ricavò il suo spazio sbuffando. Era stanco ed estremamente nervoso.
-Io non lo sopporto più!-
-Se ti sei stancato allora vattene. Quella è la porta e vedrai che se adesso esci nessuno ti trattiene.- Benji si tolse la giacca e la appese a un gancio libero, dopodiché prese a spogliarsi.
-Mark...-
-Ho capito, Holly! Se proprio insisti resterò! Ma non lo faccio né per te né per nessuno di voi, tanto meno per questo cappellino da schiaffi che senza di me non vincerebbe la prossima partita! Lo faccio soltanto per dimostrare a quell’imbecille di Gamo che sono più in forma che mai!-  
-Mark, abbassa la voce.- gli disse Tom, ottenendo esattamente l’effetto opposto.
-Ciò non toglie che ne ho piene le palle del suo ghigno strafottente! Voi no? Sono anni che il suo maledetto carattere mi urta il sistema nervoso! E non ditemi che sono l’unico, eh, Price?-
-La pianti, per favore?- cercò di metterlo a tacere Holly -Puoi sbatterci contro tutte le volte che vuoi al suo maledetto carattere, ma intanto lui è sempre al suo posto a dirci quello che dobbiamo fare.-
Bruce annuì e Tom pure. Julian andò addirittura a sedersi lontano da loro ma poi, caricato dal malumore del compagno, alzò gli occhi su Philip.  
-La prossima volta che vuoi fare qualcosa di illecito, rapina una banca o ammazza qualcuno.-
-Per esempio Landers.- rise Benji, slacciandosi i jeans e sedendosi per sfilarli dalle gambe.
-Vaffanculo Price!-
-Ti prego Julian…- Philip lo guardò implorante -Non ricominciare con questa storia.-
Tom riuscì a ricavarsi un po’ di posto senza fare troppi danni tra i vestiti abbandonati dai compagni già in campo.
-Secondo me è l’aria degli spogliatoi che peggiora il nostro umore.-
-O forse è proprio Gamo.- sospirò Danny.
Benji alzò di colpo il viso.
-Sai che potresti avere incredibilmente ragione, Mellow? è lui che mette tutti di cattivo umore. Al ryokan siamo riusciti a sopportarci per due settimane! La prossima volta che ci parlo faccia a faccia glielo dico!-
Holly lo fissò sgomento.
-Sei impazzito? Vuoi peggiorare la nostra già pessima posizione?!-
-Tanto, peggio di così…- Philip si sfilò la felpa e l’accantonò da una parte. Poi si chinò e frugò nella valigia alla ricerca della propria divisa d’allenamento.
-Quello che non capisco è perché se la prende con tutti quando il colpevole è soltanto uno.- Mark fulminò l’amico con un’occhiataccia.
-È convinto che eravamo d’accordo. E la presenza di Evelyn, Patty e Amy, oltre quella di Jenny, non gli farà mai cambiare idea.- spiegò Julian che, nonostante il mal di testa, continuava a ragionare lucidamente.
-Meno male.-
-Cos’hai detto, Callaghan?- sbraitò Mark -Non azzardarti a farmi complice!-
Ormai pronto, Holly radunò alcuni spiccioli. Benji se ne accorse.
-Cosa fai?-
-Devo telefonare a Patty.-
A Tom non parve una buona idea.
-Adesso? Se Gamo ti pesca, ci caccia tutti dalla squadra!-
Bruce alzò le spalle.
-Lo farebbe se beccasse me, non lui.-
Probabilmente aveva ragione ma neanche a Julian sembrava valesse la pena rischiare.
-Holly, è davvero meglio per tutti se lasci perdere.-
-Voglio sapere come sta.-
-Tanto la febbre non se l’è misurata.-
Il capitano non si lasciò convincere.
-Bruce, prestagli il cellulare.- propose allora Ed.
-La batteria è completamente andata, lo devo ricaricare.-
Secondo Benji quello di Holly era un pessimo azzardo ma non si espresse, evitando di intromettersi su un argomento che non lo riguardava e soprattutto non lo interessava. Indossò la felpa e calzò il cappellino. Poi rovistò sul fondo della borsa fino a trovare i guanti.  
-Io comincio ad andare.- li avvertì il capitano già sulla porta -Vieni con me, Tom. Devi farmi da palo.-
Philip alzò gli occhi dai lacci dello scarpino.
-Cercate di non farvi scoprire.-
-Faremo attenzione.-
Fu Jenny a rispondere al telefono dopo pochissimi squilli.
“Dove siete?”
-A Saitama, nella club house dell’Urawa Reds.- Holly si guardò furtivamente intorno.
“Gamo è ancora arrabbiato?”
-Esattamente come quando siamo partiti. Mi passi Patty?-
“Dorme. Devo svegliarla?”
-No, riprovo più tardi. Come sta?-
“Meglio. Non ha la febbre.”
-Troverò il modo di richiamarla.-
Holly riagganciò e raggiunse di corsa l’amico rimasto di vedetta.  
-Allora? Ci hai parlato?-
-Macché, dormiva.-
-Beata lei.-
Imboccarono un lungo corridoio e sbucarono sotto gli spalti. Raggiunsero di corsa i cinque di Shintoku riuniti davanti alle panchine.
-Gli ultimi degli ultimi.- li accolse Gamo a denti stretti. Serrò tra le labbra il fischietto e li guardò sfilare davanti a lui per raggiungere in campo il resto della squadra e iniziare il riscaldamento.
-Ce ne avete messo ad arrivare!- li accolse Clifford.
Ted, Paul e Bob circondarono Holly.
-Allora? Com’è andata?- chiese Denver.
-Più o meno bene.-
-Vi siete divertiti?- s’informò Sandy Winter.
Ralph Peterson, le mani nelle tasche dei pantaloni, li guardò uno per uno.  
-Che accidenti avete combinato? Gamo non si sopporta più da tre giorni.-
I gemelli Derrick annuirono.
-Più intrattabile del solito… e ce ne vuole!-
-Poi ieri all’improvviso è sparito.-
-È venuto a prenderci.- spiegò Tom.
-Dove? A Shinjuku?-
-Shintoku, Yuma-testa-di-granito…- lo corresse Benji -Magari Shinjuku.-
Philip lanciò occhiate preoccupate al mister che, dalla panchina, li guardava spazientito.
-Basta con le chiacchiere! Gamo è già furioso, evitiamo di peggiorare il suo umore.-
Clifford lo fissò dritto negli occhi.
-Cos’è? Neanche sei arrivato che già cominci a dare ordini?-
Mark rise sguaiatamente.
-Il primo e l’ultimo.- sghignazzò -Gamo gli ha tolto la fascia di vice quando a Shintoku ha scoperto che è completamente inaffidabile.-
I ragazzi guardarono Philip costernati mentre lui abbassava gli occhi a terra, umiliato dal voltafaccia dell’allenatore.
-Stiamo scherzando?- Clifford trasecolò -Mashall ci ha costretti ad andare fino a Fujisawa per decidere il vice! Adesso Gamo mi sente!-
-Magari meglio dopo.- cercò di placarlo Holly.
La curiosità di Peter Shake fu d’aiuto a far desistere il focoso compagno.
-Cos’hai fatto in faccia Philip? Vi siete picchiati?-
L’altro si raddrizzò di colpo.
-Certo che no! Altrimenti non sarei l’unico ad averne i segni. Sono scivolato sul ghiaccio e…-
Il richiamo dell’allenatore li colpì alle spalle.
-Allora? Non penserete mica di farvi una vacanza anche qui?-
Mark si irrigidì e strinse i pugni.
-Se non la pianta lo ammazzo!-
Ma comunque si sparpagliarono.
-Sei riuscito a sentire Patty?- chiese Philip a Holly più tardi, quando si ritrovò al suo fianco durante i passaggi con la palla.
-No, ma ho parlato con Jenny. Ti saluta.-
-E Patty come sta?-
-Dormiva. Però Jenny mi ha detto che non ha la febbre.-
L’allenatore li massacrò per più di un’ora, poi lasciò che più di metà della squadra, Warner e Mellow inclusi, tornasse negli spogliatoi eccetto i reduci di Shintoku. Solo alle due, dopo essersi abbondantemente rifocillato in panchina con il pranzo che gli portò Sandy Winter, si stancò di tiranneggiarli.
Bruce arrancò esausto fino a bordocampo, invocando l’acqua che Julian gli porse.
-Centomila volte meglio l’allenamento sulla neve.-
-Avresti mai immaginato di dirlo, Harper?- Mark arrivò dietro di loro, recuperò un asciugamano pulito e si tamponò il sudore sul viso -Se non altro non avevamo Gamo col fiato sul collo.-
Bruce si dissetò a sufficienza, poi si rivolse a Philip.
-Mi dai il numero del ryokan?-
-Anche tu?- Benji scosse la testa. Prima Holly con la smania di telefonare a Patty, adesso quest’altro mentecatto con Evelyn. Prima o poi Gamo si sarebbe accorto del loro continuo viavai e avrebbe ricominciato a rimproverarli daccapo, coinvolgendo anche chi non c’entrava niente, perché in certi casi era più comodo fare di tutta l’erba un fascio.
Holly si slacciò i parastinchi e li appoggiò sulla panca. Poi tirò su i calzettoni.
-Io vorrei cercare di parlare con Patty. Possiamo andare insieme, Bruce.-
-Sono dei fissati.- decise Benji mentre si allontanavano.
Julian indugiò a osservare i pochi visitatori accalcati intorno alla recinzione e quando individuò alcune delle sue irriducibili fan, posò l’asciugamano sulla panca.
-Devo fare una cosa.- avvertì allontanandosi.
Raggiunse il cancello e le grida eccitate e felici con venne accolto dalle ragazze si udirono fino alle panchine. Attraverso le maglie della rete Julian recuperò degli oggetti che mise in tasca, poi cominciò a firmare autografi. Ritrovò i compagni direttamente negli spogliatoi, dove arrivò carico di lettere, pupazzetti, portachiavi e l’aria un po’ abbattuta. Svuotò le tasche sulla panca centrale e si guardò intorno, notando le solite facce di Shintoku.
-Dove sono tutti?-
-Ancora a pranzo, probabilmente.-
-Macché, Tom. A quest’ora sono in piena fase digestiva.- sospirò Bruce -Hanno finito gli allenamenti un’ora prima di noi.-
Holly si avvicinò a Julian, osservando curioso gli oggetti depositati sulla panca.
-Cosa te ne fai di tutta questa roba?-
-La getto via. Se qualcosa ti interessa, prendi pure.-
-La butti? Ma sono regali delle tue fan!-
-E cosa dovrei farne? Riempirmi la stanza? Mostrarli ad Amy o, peggio, regalarglieli?-
-Ha ragione lui, Bruce.- concordò Holly mettendosi nei suoi panni.
-Potresti donare peluche e pupazzi a un orfanotrofio, o al reparto di pediatria di qualche ospedale… tu che studi medicina.- fu il sensato suggerimento di Mark.
-Non sapevo che fossi anche il genio del riciclo, Landers.-
Mentre il commento di Benji veniva ignorato, Julian osservò i pupazzi pensando che Mark avesse ragione e sicuramente anche Amy avrebbe approvato.

A Danny era bastata un’occhiata per capire che i compagni non lo avrebbero lasciato mangiare in pace. Sarebbe stato molto meglio contrariare Philip a Shintoku e scattare quella maledetta foto a Jenny piuttosto che avere contro Clifford e i Derrick e Peterson e Everett… Maledizione!
Quando il suo stomaco brontolò, intorno a lui si levò una risata.
-Hai fame, Mellow?- Yuma non gli restituì il vassoio che teneva in ostaggio da quasi un’ora -Mostraci la foto e potrai mangiare.-
Danny non aveva avuto neppure il coraggio di dire di non averla scattata.
-Allora, Mellow?-
Era stato uno stupido a separarsi da Ed e traccheggiare in giro per la club house in attesa che gli altri finissero di mangiare. Non aveva pensato che, una volta rifocillatisi, Clifford e gli altri lo avrebbero comunque aspettato. Il sorrisetto con cui Jason lo aveva invitato a sedersi al loro tavolo era stata una trappola e lui non avrebbe dovuto fidarsi. Invece, ingenuamente convinto della sua buona fede ci era cascato, e intanto Ed aveva già finito di mangiare ed era sparito chissà dove. Abbassò afflitto gli occhi sul ripiano e sul vassoio del pranzo che gli veniva negato. Pazienza, non avrebbe mangiato. Del resto neppure Mark lo stava facendo. Lanciò un’occhiata oltre i vetri. Il terreno di gioco era deserto quindi anche gli altri dovevano essere rientrati.
-Secondo me non le ha fatte, Clifford.- decise James.
Yuma lo guardò oltre il tavolo, i gomiti sul ripiano, le dita intrecciate davanti alla bocca socchiusa.
-È così, Danny?- domandò senza ottenere risposta. Districò le dita e abbassò le braccia -Non hai fotografato la ragazza di Callaghan?-
-Non ho potuto.-
Ralph Peterson si alzò e girò intorno al tavolo, fermandosi dietro la sedia di Danny che non poté sottrarsi alla sua inquietante presenza. Poi, all’improvviso, gli mise le mani su entrambe le spalle e si chinò per guardarlo in faccia.
-E perché non l’hai fotografata?- affondò le dita tra i muscoli tesi, fino a togliergli il respiro -Era la sola cosa che ti avevamo chiesto di fare. Fotografare Jenny, nient’altro.-
Clifford annuì.
-Contavamo su di te.-
-Non ho potuto, davvero…- mormorò sofferente, cercando di sottrarsi alla stretta del compagno che lo teneva giù seduto.
-Però l’hai vista, ci hai parlato vero?- petulò Jason.
Philip rispose per lui.
-Mellow non l’ha vista e non le ha parlato. Jenny non c’era, smettete di infastidirlo.- posò il vassoio sul tavolo, scostò la sedia e si sedette accanto a Danny.
-La tua ragazza non c’era?- sondò Clifford scettico.
-No, Jenny non c’era. Jenny non c’è mai. Perché questa volta avrebbe dovuto essere presente?-
Mark si sedette dall’altro lato di Danny, urtando Peterson e costringendolo ad allontanarsi dal bistrattato compagno. Non aveva voglia sentire storie e soprattutto non voleva che per una futile foto maltrattassero Danny. Anche perché, se Mellow non aveva potuto scattarla, la colpa era di Philip, non sua. 

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Capitolo 23
*** 15 - Rientro alla base - seconda parte ***


- 15 -
Rientro alla base
Seconda parte


Dopo aver consumato un pasto più leggero che veloce, nell’ultima mezz’ora di pausa Julian si avventurò nell’edificio in cerca di qualcuno in grado di fargli il “Favore” con la effe maiuscola. Durante il breve intermezzo davanti alla recinzione a firmare autografi e prendere regali, aveva definitivamente scartato l’idea di incaricare di un compito così delicato una delle sue fan. Aveva bisogno di ingaggiare una figura professionale, qualcuno a cui non sarebbe convenuto né parlare, né impicciarsi dei suoi affari privati. Così aveva adocchiato la ragazza del bar. Le era passato davanti un paio di volte, aveva anche ordinato un drink ma lei lo aveva servito sbrigativamente. Quel poco interesse che aveva scorto nei suoi occhi, era stato tutto per le ordinazioni dei compagni che sedevano ai tavoli. Forse, prima di rivolgersi a lei, doveva provare a trovare qualcun altro.
Bruce, stravaccato pigramente su una poltroncina di plastica, lo vide attraversare il corridoio per la terza volta e ritenne sospetto il comportamento dell’amico.
-Ross! Si può sapere cosa stai cercando?- gli gridò.
Julian tornò indietro e rientrò nel bar, gli occhi di nuovo sulla ragazza. Uno sguardo gettato al vento, visto che lei era voltata a riordinare le bottiglie dei liquori. Infilò pensieroso le mani nelle tasche della tuta, dove aveva nascosto un piccolo oggetto di vitale importanza.
-Cosa bolle in pentola?-
-Niente.-
Bruce e Philip risero.
-Con quella faccia?-
-E chi ci crede?-
Ross si decise a raggiungerli e si sedette dove poteva tenere d’occhio sia la ragazza che l’ingresso del bar. Si era dato quindici minuti di tempo per decidere se adescarla o rinunciare. A meno che nel frattempo non si fosse fatto vivo qualcuno di più adatto.  
-Sono distrutto.- Bruce chiuse gli occhi e scivolò in avanti sulla sedia appoggiando la nuca allo schienale -Non so se sopravviverò. Quanti giorni mancano alla partita?-
Julian rispose senza dover fare mente locale.
-Cinque.-
Continuò a tenere d’occhio la porta e allora Tom si interessò.
-Aspetti qualcuno?-
-Sì e no.-
-Che accidenti di risposta è?-
Ross si volse verso Mark.
-Spero che passi la persona giusta. Se non l’ho già trovata.- i suoi occhi corsero di riflesso verso il bar -Sto decidendo.-
-Amy non va più bene?-
-Cosa c’entra Amy adesso?-
-Allora di cosa si tratta? Di un indovinello?- lo incalzò Bruce -La persona giusta per far cosa?-
-Una cosa che mi serve.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata ancor più confusa. Poi, siccome l’allenamento aveva risucchiato tutte le loro energie, rinunciarono a impicciarsi. In fondo, ma molto in fondo, gli affari di Ross erano solo suoi.
Quando il quarto d’ora che Julian si era dato come tempo limite passò, sotto gli occhi stanchi e poco curiosi dei compagni si alzò e raggiunse il banco del bar.
-Ciao.- disse alla ragazza e si arrampicò sullo sgabello che le era più vicino.
Lei ricambiò il saluto con professionalità e una punta di stupore. Era rarissimo che gli importanti e celebri frequentatori del bar le dedicassero più di uno sguardo distratto. Quei ragazzi erano tutti troppo bravi, troppo popolari e troppo ricchi e neppure a lei andavano a genio. Non le piaceva come la esaminavano, neanche fosse un giocattolo con cui dovevano decidere se trastullarsi o meno. La conclusione a cui arrivavano sempre era che non fosse abbastanza graziosa, così si facevano servire cibo e bevande con distacco, parlando tra loro o di calcio o di donne, avendo per lei la stessa considerazione che avrebbero avuto nei confronti di un mediocre quadro appeso alla parete. Faceva parte degli arredi, né più né meno. Da una settimana poi il campo era a disposizione di quell’altra squadra, della nazionale giovanile. La situazione non era cambiata di molto. Era stata pressoché ignorata anche da loro, eccetto qualche patetico tentativo di conversazione da parte di un paio di ragazzi di cui non ricordava neppure il nome. Così non riuscì assolutamente a spiegarsi l’improvvisa affabilità che il famoso Julian Ross mostrò nei suoi confronti.
Lo fissò un tantino diffidente, anche se si sforzò di non mostrarsi tale.
-Desideri qualcosa da bere?-
-Solo un bicchiere d’acqua.- del resto non aveva sete per niente.
La giovane lo riempì e quando lo posò sul ripiano, Julian le intrappolò le dita intorno al vetro.
-Effettivamente l’acqua non mi basta, ho bisogno anche di te.- aggiunse.
Lei si irrigidì, il bicchiere ancora stretto nella mano, le dita di Julian sulle sue.
-Come, scusa?- gli occhi della ragazza si socchiusero di preoccupazione e di sospetto.
-Come ti chiami?-
Esitò un istante, poi rispose.
-Sally.-
Julian sorrise suadente, la mano sempre su quella di lei.
-Ho bisogno di un favore, Sally. Un enorme favore…- non la lasciò. Percepiva la sua esitazione e temeva che si allontanasse.
-Che tipo di favore?-
Julian estrasse dalla tasca il rullino della macchinetta fotografica dei nonni di Jenny, recuperato in extremis prima di partire da Shintoku.
-Devo sviluppare questo rullino ma non posso allontanarmi dalla squadra. Lo faresti tu per me?-
Lei osservò con un pizzico di curiosità il piccolo cilindro nero, chiedendosi quali foto si nascondessero al suo interno. Spostò gli occhi sul resto della squadra, seduta lontano, poi cercò senza successo di liberare la mano da quella di Julian.
-Sto lavorando, non posso farlo.-
-Va bene anche dopo. A che ora finisci il turno?-
-Alle cinque.-
Per sottrarsi allo sguardo insistente di Julian le capitò di posare gli occhi su Mark e indugiò un attimo a guardarlo perché, nonostante non provasse interesse per gli ospiti del centro sportivo, Landers non era passato inosservato neppure a lei.
Giunto a un punto morto, Julian si chiese come procedere. Gamo continuava caparbiamente a tenerli all’oscuro del programma, lui non aveva pensato di chiedere agli altri e adesso non aveva idea su come si sarebbe conclusa la giornata. Ritrasse la mano da quella della giovane e fu sollevato che lei non si allontanasse.
-Non so fino a che ora ci tratterremo qui, ma se mi dai il tuo numero ti invierò l’indirizzo del nostro alloggio. Sicuramente è nelle vicinanze.- o almeno lo sperava.
Lei scosse la testa diffidente, spingendolo a proseguire caparbio.
-Per favore. Ti pagherò il biglietto della metro, dell’autobus, del taxi. Di quello che vuoi. Ma ho assolutamente bisogno di queste foto.- fece scivolare il rullino sul bancone continuando a scorgere nei suoi occhi sospetto ed esitazione -Anzi, se preferisci ti do il mio numero e mi chiami tu quando hai fatto.-
La ragazza tacque, sempre sulla difensiva, e Julian non seppe più che pesci prendere. Cos’altro poteva convincerla?
-È davvero una questione di vita o di morte. La mia, di morte.-
Non poteva aspettare che il ritiro finisse per sapere cosa aveva fotografato Bruce. Non sarebbe sopravvissuto all’attesa. Maledetto Price.
Per i gusti di Sally il ragazzo stava insistendo troppo. Doveva esserci sotto qualcosa, chissà di chi erano quelle foto… E se lei si fosse lasciata incantare dal suo fascino avrebbe rischiato di cacciarsi in un bel guaio.
-Non posso.-
Julian incassò quelle due parole in un silenzio incredulo e non riuscì a rassegnarsi di dover rinunciare. Decise che se lei non acconsentiva avrebbe rischiato lui stesso, uscendo di nascosto all’insaputa di Gamo e di tutti. Avrebbe sviluppato quelle foto a qualsiasi costo. D’un tratto però si accorse che la ragazza, convinta di averla scampata, aveva distolto gli occhi da lui e fissava… fissava… si volse indietro, verso i compagni, e capì! Fissava Mark! No, non si sbagliava. Era proprio lui che, alzatosi, aveva attirato l’attenzione di Sally. Gli venne un’idea e tentò il tutto per tutto, lanciando l’offerta che finalmente lei accettò.
Poco lontano, seduto sulla poltroncina del bar, Bruce teneva con il piede il ritmo della propria curiosità che non gli  consentiva di distogliere gli occhi da Julian e dalla ragazza. Così il suo scarpino ticchettava sul pavimento una volta al secondo.  
-Io davvero non capisco!- sbottò -Che diavolo sta facendo? Ci sta provando?-
Clifford annuì.
-C’è bisogno di chiederlo? È talmente evidente!-
Lo sospettava persino Benji e nel frattempo pensava ad Amy e a come risponderle la prossima volta che gli avesse chiesto chiarimenti sulle ‘cameriere’, spiattellandole ampi particolari anche sulle ‘bariste’.
Quando finalmente Julian ottenne ciò che in quel momento desiderava più di tutto, il tempo a sua disposizione era ormai agli sgoccioli. Allora allungò il rullino e Sally lo prese, sebbene titubante, ascoltando in silenzio le ultime raccomandazioni.  
-È davvero importantissimo che tu riesca a sviluppare queste foto.-
Non riusciva ancora a capacitarsi che tanta fatica fosse stata premiata. Ciò che le aveva offerto in cambio non era poco, ma probabilmente alla fine lei aveva ceduto per toglierselo di torno. Julian tracciò su un pezzo di carta il numero di cellulare della ragazza, lo ripose nella tasca dei pantaloni, la salutò con un grazie molto sentito e un sorriso riconoscente e tornò dai compagni nel momento in cui quelli si alzavano per raggiungere il campo e iniziare la sessione di allenamento pomeridiana.  
-Pensavo che saresti rimasto lì con lei. Sembravi particolarmente coinvolto.- lo prese in giro Holly con un sorrisetto sornione che la diceva lunga.
Philip si affiancò a loro mentre scendevano le scale.
-Di cosa stavate parlando?-
-Nulla.-
-Allora perché stavi cercando di sedurla?-
-Sei  impazzito, Harper? Non ho cercato di sedurla!-
-Tanto meglio così.- lo canzonò Mark mentre raggiungevano le panchine -Non mi sembra che tu ci sia riuscito.-
Ross lo guardò e gli sfuggì un sorriso.
-Io no, ma tu sì.-
-Io in che senso?-
-L’ho sedotta da parte tua.-
Lo scatto di Landers fu repentino e Julian si ritrovò con una mano intorno al collo e Holly che accorreva preoccupato.
-Mollalo, Mark! Quello che ha detto Julian non significa niente. Non si possono sedurre le persone per conto di altri.-
La constatazione del capitano sembrò ragionevole. Così l’altro ritrasse la mano prima che Gamo li vedesse mentre Bruce prendeva a petulare, come soltanto lui sapeva fare.
-E quindi, Julian? Di cosa stavate parlando?-
-Le ho chiesto un favore.-
-Quale favore?-
-Non ti riguarda, almeno fino a stasera.-
-Perché stasera? Cosa accadrà stasera?-
Julian si trincerò nel silenzio.
-Se le hai chiesto un favore, in cambio cosa le hai promesso?-
-Le ho promesso che stasera Mark uscirà con lei.-
La risata di Price e lo sgomento di Landers andarono di pari passo.
-Vuoi morire subito, Ross?- domandò la vittima ad alta voce chiedendosi perché prima non le aveva strette come si deve, le dita, intorno al collo di quell’idiota.
-Non fare storie, Mark. Si tratta soltanto di una sera.-
-Chi ti dà il diritto di organizzare la mia serata? Decido io cosa farne! Non tu!-
-Veramente la tua serata odierna la decide Gamo.- cercò di farli ragionare Holly ma le sue parole caddero nel vuoto perché Mark e Julian continuavano a discutere con veemenza.
Clifford trovò il modo di intromettersi.
-Landers, non è che per caso sei gay? Non si tratta certo di uno schianto di ragazza, ma mi pare che tu stia esagerando.-
Mentre il focoso compagno s’incendiava sempre più assumendo un colorito scarlatto, Philip pensò che se Clifford era davvero convinto di ciò che aveva detto aveva preso una cantonata stratosferica. Gay, Landers? Figuriamoci! Andava troppo d’accordo con Jenny!
-Gli affari tuoi mai, testa di granito?- esplose Mark, poi tornò a guardare Julian -Con cosa mi hai barattato? Si può sapere?-
-Certo, tra qualche ora.-
Holly non riuscì a capacitarsi di tanta idiozia.
-Julian, sei ubriaco per caso? Siamo in ritiro fino alla partita. Il mister ci tiene d’occhio. Come pensi che Mark possa evadere dal centro sportivo senza che Gamo se ne accorga?-
-Io non esco stasera, porca miseria!-
Ross gli parlò sopra.
-Prima o poi andrà a dormire, no? Aspetteremo e, se proprio, creeremo un diversivo.-
Bruce approvò con entusiasmo.
-Ottimo! Un bel diversivo, una fuga coi fiocchi. Mi piace!- sgomitò Tom che gli era accanto -Tanto in qualche modo dovremo pur passare la serata. Far fuggire Mark dal centro sportivo per un appuntamento romantico ci occuperà il tempo!- ci pensò un attimo -Potrei andare io al suo posto?-
Un brivido corse su per la schiena di Julian.
-È fuori discussione!-
-Sono perfettamente d’accordo! Né Bruce né Mark.- dichiarò Holly categorico -Posso ricordarvi per l’ennesima volta che siamo in ritiro? E che dopo quello che è successo a Shintoku non dobbiamo rischiare in nessun modo che Gamo ci metta in panchina a vita?-
-Tu in panchina, Holly? Ma quando mai? Gamo sbatterà me in panchina!- protestò Landers.
Julian lo bypassò anche questa volta.
-Sei libero di ricordarci tutto quello che vuoi, Holly. Ma vedi, è una questione di vita o di morte. Lei lo sa e sarà molto prudente, non preoccuparti!-
-Di vita o di morte per chi?-
-Per me. E ovviamene se morirò non potrò essere in campo sabato.-
A Mark le mani avevano ricominciato a prudere in maniera incontrollabile.
-Sai che ti dico, Ross? Per me puoi anche schiattare!-
Holly si intromise. Ora la curiosità era diventata irresistibile.
-Julian! Se è davvero una questione di vita o di morte ho il diritto di sapere di cosa si tratta. Sono il capitano, o no? Vieni con me e sputa il rospo.-
-Non dirò una parola finché non sarà il momento.-
Bruce fremette.
-Julian! Sto morendo dalla curiosità!-
-Per lui puoi anche crepare!- Mark puntò sul ragazzo uno sguardo astioso ma Julian ricambiò con una calma e una sicurezza a dir poco granitiche.
Anzi, pensò persino che fosse il caso di rassicurarlo.
-Vedrai che quando conoscerai la ragione di tutto ciò, sarai contento anche tu.-
-Questo non accadrà mai!-
Philip, stanco di tutte quelle storie, cercò di darci un taglio.
-Piantala Mark. Julian ti ha soltanto chiesto un favore!-
-Il favore non me lo ha chie…-
-E poi pensaci bene! Si tratta di trascorrere una serata con una ragazza! Chiunque sarebbe contento, non è vero?- domandò a chi era intorno e la maggior parte dei compagni annuì.
Sentendosi spalleggiato, Julian riprese la sua opera di convinzione perché voleva le foto a tutti i costi.
-Neppure lei voleva, ho impiegato dieci minuti buoni a convincerla!-
Clifford cacciò un fischio acuto, poi scoppiò a ridere mentre Mark, nell’ennesimo scatto di contrarietà, acchiappava Julian per il bavero della maglietta.
-Che significa che l’hai convinta? Non voleva?-
-Molla, Mark.- Ross gli strinse polsi finché lui lo lasciò -Cos’è che ti urta questa volta? Non mi risulta che le ragazze svengano ai tuoi piedi e poi non è che proprio non volesse… ti osservava, non ha fatto altro. Non te ne sei accorto?-
-Perché avrei dovuto accorgermene?-
Clifford intervenne.
-Possibile che le ragazze ti siano completamente indifferenti? Un’occhiata potevi anche dargliela, diamine! Non è così male. Ha una scollatura notevole.-
-Le ragazze non gli sono per niente indifferenti.- precisò Philip che aspettava già da un po’ di farlo, lanciando a Mark uno sguardo sguincio.
Cogliendo i sottintesi dell’affermazione di Callaghan, Landers esitò incerto su chi insultare. Poi decise di lasciar perdere Philip e si rivolse all’altro.
-Sei un maniaco, Yuma!-
-Razza di debosciati!- tuonò Gamo -Giuro che se non la smettete ti trastullarvi vi terrò in campo fino a domani mattina! Nessuno escluso!-
Si sparpagliarono all’istante sul terreno di gioco in un fugone che non lasciò vittime.

Dopo una sana doccia ristoratrice che fece calare tutta la stanchezza di una giornata faticosissima iniziata prima dell’alba, esausti e stramorti Philip, Tom e Holly entrarono nel bar cercando una sedia comoda su cui stravaccarsi fino al momento del trasferimento in hotel. Trovarono Julian seduto a uno dei tavolini, i gomiti poggiati sul ripiano e il viso sprofondato tra le mani. Era chiaramente affranto, forse perché al bar il posto della giovane era stato preso da un ragazzo.
-Dov’è l’amica di Mark?- domandò Callaghan.
-Ha finito il turno.-
-La cosa ti affligge a tal punto?-
-Spero soltanto che torni, ma mi sa che non farà in tempo.-
-Stiamo andando via?-
-Gamo ha detto che alle sei togliamo il disturbo e ormai ci siamo quasi.-
-Tu capisci, Julian, che visto dall’esterno il tuo comportamento è più che sospetto, vero?-
-Me ne rendo conto, Holly, ma non posso farci niente. E comunque ogni spiegazione è ormai inutile. È andato tutto in malora e se anche fosse tornata quell’idiota di Landers non è disposto a  collaborare.-
-Effettivamente Mark sta facendo un sacco di storie.- borbottò Philip con le poche forze che gli restavano -Se non andasse così d’accordo con Jenny, verrebbe da credere alle insinuazioni di Clifford.-
Holly annuì.
-L’ho pensato anch’io.-
-Julian, non disperare.- avvertì Tom con un barlume di vitalità -La tua amica sta arrivando.-
Ross raddrizzò la schiena mentre si voltava verso la porta a vetri. Era vero, Sally era tornata. Saltò giù dallo sgabello e le corse incontro.
-Beato lui, quanta energia.- lo invidiò Philip.
-Evidentemente la tipa gli interessa più di quanto voglia ammettere.-
-No, Holly. Vedrai che c’è dell’altro.- disse Tom fiducioso.
Lontano da loro, sull’ingresso del bar si stava svolgendo un’altra conversazione.
-Sei riuscita a sviluppare le foto?- chiese Julian, ma la busta gialla che la ragazza teneva in mano ne era la prova. Lui la prese e gli mancò di colpo il coraggio di aprirla. Così la rigirò tra le mani e la soppesò. Poi sollevò gli occhi su Sally in preda a un dubbio.
-Le hai viste?-
-Perché avrei dovuto? Non c’è niente lì dentro che possa interessarmi!-
Aveva ragione ed era stato maleducato a porle la domanda. Ma se per lei in quella busta non c’era nulla di interessante, forse conteneva qualcosa che a Julian invece non sarebbe piaciuto, qualcosa che non era sicuro di voler vedere.
Allora, per non pensare, per tardare il momento della verità, si rifugiò negli aspetti pratici.
-Quanto ti devo?-
Lei gli porse la ricevuta. Julian lesse la cifra e le allungò una banconota.
-Non ho il resto.-
-Non importa.-
Sally insistette.
-Importa, invece.-
-Ti offro da bere. Va bene lo stesso?-
Lei sembrò valutare la proposta, poi scosse la testa seria.
-No, grazie. Non tu, e certo non qui.- decise di prendersi la mancia e gli tolse la banconota dalle mani -Manterrai la promessa?-
Ross sorrise.
-Certo! Fosse l’ultima cosa che faccio!-
-A che ora?-
Nell’attesa Julian aveva già calcolato i tempi: dovevano cenare, poi fingere di andare a dormire per non insospettire Gamo, trovare il modo di far evadere Mark, quindi...
-Non prima delle dieci e mezzo.- abbassò la voce e si guardò intorno con un’aria da cospiratore anche se a osservarlo c’erano solo Holly, Philip e Tom -Ti manderò un messaggio con l’indirizzo. Quando arrivi fammi uno squillo a questo numero e aspetta. Appena può, ti raggiungerà.- le porse un pizzino con il cellulare di Bruce, felicissimo di avere un ruolo nell’incontro clandestino.
Mentre lei usciva, stringendo tra le mani la busta Julian tornò dai compagni ancora più nervoso e affranto di prima. Aveva pesino perso il coraggio di aprirla. Si sedette sullo sgabello accanto a Philip e cacciò un sospiro molto sentito.
-Cos’è?-
-Sono foto.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata.
-Non le guardi?- domandò Holly.
Ross annuì ma impiegò un minuto buono a strappare la linguetta di chiusura e aprire la busta. Poi tirò fuori tutto il contenuto e gli passò davanti un anno di vita dei nonni di Jenny.
-Non dirmi che...- cominciò Philip interrompendosi a metà.
La foto su cui Julian si soffermò spiegò tutto. Holly si sporse verso il compagno per guardare meglio.
-Benji e Amy?-
Ross non rispose perché era evidente.
-Non riesco a capire cosa stiano facendo.-
-Neppure io.- ammise Philip.  
-Cosa stanno facendo chi?-
Mark, i pugni sui fianchi, li osservava sospettoso a prescindere, perché lo scherzo di Ross non gli era andato giù.
Dando al nuovo arrivato la giusta importanza, gli sguardi tornarono sull’immagine.
-Senza dubbio Harper non è un bravo fotografo.-
Philip aveva ragione. Nella fretta di non farsi scoprire, non soltanto Bruce li aveva inquadrati male ma la foto era venuta sfocata. Benji era seduto di spalle e la sua schiena celava quasi totalmente l’obiettivo. Teneva un braccio dritto lungo il corpo, probabilmente la mano appoggiata sui tatami.  Sembrava leggermente protesto in avanti, verso Amy che sedeva di fronte a lui, vicinissima. Il viso della ragazza si vedeva poco e male ma sembrava sorridere. La sua mano era sollevata verso di lui, nient’altro. Solo una cosa era chiara di quell’immagine: non stavano facendo il sudoku.
Mark strappò la foto a Julian e la studiò pieno di disappunto.
-Tutto qui?-
-Che significa “tutto qui”?-
-Significa che mi hai barattato per una foto che non mostra niente, giusto?-
Philip rise.
-Dai Mark, lo scambio è persino vantaggioso.-
-Perché non te ne torni in Hokkaido, Callaghan?-
-Magari potessi...-
Warner era riuscito a conquistarsi l’ultima doccia libera fregandolo per un millesimo di secondo e Benji, ruminando livore contro il collega, non poté fare altro che attardarsi negli spogliatoi. Odiava dover sopportare la confusione dei compagni, le loro chiacchiere, gli schizzi d’acqua quando si asciugavano agitando gli asciugamani in ogni direzione. Riempirsi le narici dell’odore di bagnischiuma di qualità scadente, prendersi in faccia l’aria calda sparata da fon altrui. Detestava soprattutto dover entrare in una doccia che era stata già usata da qualcun altro, mettere i piedi sul bagnato scivolato via dal corpo sudato di altri, sciabattare sul pavimento allagato dello spogliatoio diventato un pantano in un secondo. A lui piaceva essere il primo a entrare e il primo a uscire, ma per colpa di quel portierucolo privo di senso della gerarchia, stavolta gli era andata male. Guardandosi intorno nello spogliatoio, si accorse di aver perso di vista Tom, capitano, vicecapitano e Ross.
Domandandosi che fine avessero fatto si infilò nella prima doccia libera, si lavò in fretta e si sbrigò a vestirsi mentre gli altri si attardavano pigri e stanchi. Rinunciò ad asciugarsi per bene i capelli pur di uscire al più presto dallo spogliatoio e imboccò le scale con un sospiro liberatorio, trascinando con sé la valigia.
Li trovò al bar, quei tre con Landers. Seduti a un tavolo parevano confabulare di grandi segreti. Si avvicinò di soppiatto per captare qualche parola e capire, dalle loro espressioni, quale fosse l’argomento di conversazione.
Ma Philip lo notò subito.
-Eccolo che arriva.-
Bastarono quelle tre parole per mettere Benji in allarme. Proseguì guardingo e si fermò soltanto quando Mark gli gettò addosso con rabbia qualcosa che volteggiò nell’aria e si fermò ai suoi piedi. Allora si chinò a raccogliere quella che scoprì essere una foto.
-Da dove arriva?-
-Dal rullino che l’amica di Julian gli ha gentilmente sviluppato.- spiegò Philip.
-Bella.- commentò.
-Cosa stavate facendo? Non si capisce.-
-Stavamo parlando, Holly.- il portiere alzò le spalle e restituì la foto a Julian guardandolo dritto negli occhi -Come vedi, non stavamo facendo un bel niente.-

 *

Una finestra sul fondo che si affacciava sul retro e sui palazzi dimessi della periferia, spazio sufficiente per quattro letti a castello addossati alle pareti laterali, due armadi con quattro ante ciascuno e al centro un tavolo circondato da otto sedie. Philip valutò pensieroso la camera del dormitorio che lo avrebbe ospitato per qualche giorno.
-Le stanze non sono male. Certo, un hotel a cinque stelle non le batte.-
-Non siamo ancora abbastanza famosi perché la Federazione ci prenoti un extra lusso.- disse Julian.
Con il cellulare di Bruce aveva appena inviato a Sally l’indirizzo del dormitorio. Non era distante dal centro sportivo ma si trovava in una zona desolata che non presentava distrazioni: né centri commerciali, né cinema, né karaoke, né pub. Solo abitazioni, condomini, palazzine ed edifici plurifamiliari forniti o meno di giardini. Nei pressi un ristorantino un po’ dimesso, la fermata del treno, poi scuole, villette e uffici. Nient’altro.
Al primo piano dell’edificio in quel momento si trovava solo chi doveva depositare i bagagli. Il resto della squadra era rimasto a digerire la cena nella sala comune, guardando la tv o forse  giocando con la play station. I compagni avevano sistemato le valigie una settimana prima e si erano anche scelti i posti migliori.
Sedendosi al tavolo, Benji staccò il cappellino dal passante dei jeans e lo appese alla spalliera della sedia, osservando Julian e Philip che si trascinavano stanchi per la stanza sistemando le loro cose.
Solo Mark era sprofondato esausto in un dolce far niente sul materasso più alto del letto a castello già scelto da Philip. Segno della sua presenza era solo un braccio, che penzolava inerte nel vuoto. E la voce.
-Callaghan, guarda se tra le valigie degli altri c’è quella di Clifford.-
-Perché?-
-Perché russa.-
Il ragazzo setacciò la stanza.
-Questa è di Patrick.- riferì -Questa è di Eddie Bright. E questa è di Diamond. Sei fortunato.-
-Anche tu lo sei.- precisò Mark, anche se era così stanco da non avere la forza di raggiungere gli altri nella sala comune -Voi scendete? Io credo che resterò a dormire.-
-Tu sei l’unico che non può farlo.- rise Benji schernendolo -Stasera hai un appuntamento.-
-Non me ne frega niente. Ci va Julian.-
Ross sospirò.
-Purtroppo vuole uscire con te.-
-Saresti uscito tu con lei?- domandò Philip.
-Io no, ma se fosse stata interessata a Benji avremmo evitato tutte queste storie.
-Ben detto, Ross.-
La risata del portiere si spense di colpo quando qualcuno bussò alla porta e la faccia da funerale di Danny fece capolino nella stanza. Si vedeva lontano un miglio che era nervoso, teso e preoccupato.
-Dobbiamo scendere. Gamo ha convocato tutti quanti.-
Landers si tirò su seduto.
-Tutti quanti chi?-
-“Quei disgraziati di Shintoku”, ha detto.-
Philip avrebbe voluto seppellirsi sotto le coperte piuttosto che affrontare di nuovo Gamo. Non ne poteva più, l’incubo sarebbe mai finito? In mancanza di meglio, intanto se la prese con Mark che scendeva dal letto a castello.
-Dannazione, Landers! Se metti ancora i tuoi schifosissimi e puzzolenti piedi sul mio cuscino, ti elimino!-
-Se non ti avrà eliminato prima Gamo.- lo schernì l’altro. Spalancò la porta e si trovò faccia a faccia con Tom, Holly e Bruce che li aspettavano nel corridoio, seri e preoccupati.
-Cos’altro è successo?- domandò Julian raggiungendoli.
Bruce alzò le spalle.
-E chi lo sa. È un incubo che non finisce più.-
Scesero le scale inquieti e cupi. Danny li precedette nel corridoio che partiva dall’atrio d’ingresso fino a un piccolo ambiente eletto da Gamo a suo ufficio personale semplicemente perché era dotato di computer. Il mister sedeva dietro un tavolone scuro e lucido con un giornale spiegazzato tra le mani.
Holly varcò per primo la soglia perché Mark lo spinse all’interno stanza.
-Mister, ci ha fatti chiamare?- si annunciò guardingo.
Gamo sollevò gli occhi dalla pagina, uno sguardo teso, scontento, deluso e irritato. Poi voltò il giornale verso di loro.
-Vorrei che mi spiegaste cosa significa questo.-
Incuranti del pericolo, si avvicinarono al tavolo curiosissimi.

-James, riesci a leggere?- sussurrò Jason Derrick strizzando gli occhi.
L’altro si sporse ancora un po’, poi rinunciò e scosse la testa.
-Pure la miopia avete identica, voi due…- Patrick Everett scostò i gemelli infilandosi fra loro -Uhm… “Titolari”… porca miseria, c’è la mano del mister… “Titolari… di calcio”… uhm… boh… “scuola… scuola elementare…”-
Clifford, i Derrick e tutti gli altri, si guardarono incuriositi.
-Scuola elementare?- domandò Paul Diamond.
-Che hanno fatto in una scuola elementare?- fece eco Peterson.
Alan Crocker sospirò.
-Qualsiasi cosa abbiano fatto, non vorrei essere nei loro panni per niente al mondo.-
-Io sì!- l’inaspettata esclamazione di Yuma li lasciò interdetti -Avrei barattato due o tremila paternali del mister in cambio di un ritiro come il loro. Avete visto quanto è arrabbiato Gamo?-
I compagni annuirono all’unisono.
-L’incazzatura del mister ci dà l’esatta misura di quanto il ritiro sia stato uno spasso. Più sale una e più sale l’altro!-
Il ragionamento del gigante della Hirado non faceva una grinza.
-Allora dev’essere stato fantastico!- concluse Jason Derrick -Dobbiamo costringerli a raccontarci tutto!-
D’accordo all’unanimità, tra i compagni scese il silenzio. Volevano sentire, cercare di capire, perché sul misteriosissimo ritiro gli amici finora non si erano lasciati sfuggire neppure una parola.
-Purtroppo da qui non si sente nulla.- Johnny Mason strisciò lungo il muro, costretto poi a fermarsi all’angolo della parete cercando di carpire le loro voci senza essere visto.

-NON DIRE IDIOZIE, OLIVER!- Gamo batté sdegnato un pugno sul tavolo -È stata convocata persino la stampa!-
-Addirittura convocata!- trasecolò Benji -Che esagerazione! Quei giornalisti non li avevamo neppure visti!-
Mark tentò una spiegazione improvvisata.
-È stato qualcuno del posto che si è divertito a fotografarci.-
Nella testa di Philip si accese di colpo una lampadina. Qualcuno del posto! Kevin! Lui sapeva che erano in incognito? Doveva averlo capito dai loro discorsi. Per come lo conosceva, uno scherzo del genere poteva essere benissimo opera sua. Osservò ancora una volta il giornale abbandonato sul tavolo e l’articolo causa di tanto trambusto. Nella foto che lo corredava c’era persino Jenny, in un angolo, ritratta accanto ad Amy che però era di spalle. Il mister non sembrava averle notate, o forse la loro presenza sul giornale non gli interessava.
-C’è qualcuno che paga i diritti sulla vostra immagine, lo avete dimenticato?-
Julian scosse la testa.
-Non lo abbiamo dimenticato, ma...-
-Ci pagano una miseria.- lo interruppe Mark.
-QUESTA E’ UNA FORTUNA, LANDERS, VISTI I RISULTATI!-

Marshall varcò l’ingresso del dormitorio accompagnato dalla stanchezza di una giornata di lavoro impegnatissima. Kirk Pearson aveva vent’anni e se lui avesse continuato a tenere il suo ritmo un giorno o l’altro ci sarebbe rimasto secco. E allora largo ai giovani! I giovani… Appunto. Dov’erano? Si guardò intorno. Perché tra i piedi non c’era nessuno? Era troppo presto perché i suoi pupilli fossero già nelle loro stanze. Erano appena le nove e mezza e ragazzi di quell’età erano capaci di andare avanti a far casino tutta la notte senza neppure risentirne il giorno dopo, beata gioventù.
E anche quel silenzio era strano, se non addirittura inquietante. Tenendo stretta la valigia, percorse il corridoio che partiva dall’atrio e immetteva negli ambienti del piano terra: la mensa, la cucina, la lavanderia, i bagni, la sala riposo, la sala conferenze e la sala comune. Poi, nel silenzio, distinse la voce aspra di Gamo provenire da qualche parte lì vicino. Allora proseguì lungo il corridoio e, poco più avanti, scorse senza essere visto ombre accalcate sull’angolo del muro. Erano quatto o forse cinque componenti della nazionale nascosti ad ascoltare Gamo che strigliava qualcuno che lui, da lì, non riusciva a scorgere. Si fermò alle loro spalle per capire cosa stesse accadendo nella stanza.
-Ci sta andando giù pesante.- commentò piano Patrick Everett.
-Ha detto che li lascia in panchina o sbaglio?-
Clifford rise.
-Non lo farà mai. Forse ha detto che li lascia a digiuno.-
-Non so cosa sia peggio.-
-Fosse per me preferirei restare in panchina.-
-Ci sei già, in panchina, Alan.-
-Sei un vero amico a ricordarmelo, Johnny.-
James Derrick rise piano.
-Forse questa è l’occasione buona per far scendere in campo le riserve.-
-Tanto prima di me c’è Ed Warner.- sospirò Crocker sconsolato.
Freddie si schiarì la voce.
-Sapevo che sarei dovuto andare io.-
Sobbalzarono tutti, più spaventati che sorpresi.
-Buona sera, signor Marshall.- balbettò Alan. Poi indicò gli sfortunati compagni -È arrivato appena in tempo per salvarli. Gamo non ha ancora deciso come punirli.-
Freddie sospirò.
-Non sono sicuro di volerlo fare.-
A Yuma che si spendesse o meno per loro importava poco ma c’era una cosa che intendeva assolutamente mettere in chiaro.
-Si ricordi che ci siamo accordati per avere Callaghan come vicecapitano.-
-Lo so, Clifford. Ero presente.-
-Allora tenga presente anche che se Gamo ha intenzione di imporci qualcun altro che non abbiamo eletto a maggioranza, non saremo d’accordo.-
-È questo che vi ha detto?- chiese sorpreso -Non ne sapevo nulla.-
-Ce lo ha detto Landers, a cui l’ha detto il mister.- disse Ralph.
-Se è così, allora devo proprio andare a sentire cosa succede.-
Trascinandosi dietro il trolley, Freddie entrò nella stanza salutando il collega e i ragazzi che lo guardarono alquanto attoniti, decisamente frastornati e parecchio sulla difensiva.
-Ben arrivato.- lo accolse Gamo.
Tom non fu l’unico a ritenere che Freddie fosse arrivato proprio bene e soprattutto al momento giusto, anche se appariva stanco e non particolarmente in forma.
Marshall si fermò accanto alla porta, depositò a terra il bagaglio e tolse il cappotto. Lo agganciò all’appendiabiti e avanzò verso il tavolo e il collega, uno sguardo interrogativo a ravvivargli l’espressione esausta.
-Cos’è successo stavolta?-
Gamo gli porse il giornale, Freddie osservò la foto, diede una rapida scorsa all’articolo e riappoggiò il quotidiano sul tavolo.
-È così che avete passato il tempo?-
Gli rispose Philip perché era strasicuro che i compagni si aspettavano che fosse lui a farlo.
-Eravamo d’accordo con il preside per l’uso del campo. Non sapevamo del comitato di accoglienza e tanto meno dei giornalisti.-
Gamo scosse la testa scettico.
-Dovevate aspettarvelo! Ormai siete abbastanza famosi da trovarne ovunque!-
-Lei non ha idea di cosa sia Shintoku!- rispose Benji -È uno sputo di paese dove non ci conosce nessuno. E noi siamo rimasti segregati nel ryokan in cima a una montagna per la maggior parte del tempo!-
-Sareste dovuti restare lì, tra quelle quattro mura, invece di uscire e dare spettacolo!- esclamò Gamo -Questa è la dimostrazione di quanto siate ancora dei mocciosi inaffidabili!- si accorse che Benji era pronto a ribattere e aggiustò il tiro -E soprattutto non sei assolutamente affidabile tu, Callaghan!-
Philip incassò e si stupì quando udì Mark intervenire in sua difesa.
-Siamo scesi in paese per utilizzare un campo, non per farci fotografare! Cosa significa che non siamo affidabili? Eravamo lì per allenarci su uno spazio libero dalla neve!-
Julian annuì.
-Il comitato di accoglienza non era previsto.-
-E tanto meno i giornalisti.- concluse Holly lanciando un’occhiata a Marshall che li osservava e restava in silenzio.
Al contrario, Benji aveva tante cose da dire e faticava a trattenersi.
-E poi, mi scusi, ma che razza di ragionamento è il suo? Se ci fotografano in strada o nei ristoranti infrangiamo qualche contratto?-
-Non avete rilasciato dichiarazioni?-
Mark era stufo dei rimbrotti.
-Ma se le abbiamo appena detto che non li abbiamo neppure visti! Come possiamo aver rilasciato dichiarazioni?-
-Gabriel.- intervenne Freddie -Basta perderci in chiacchiere, cerchiamo di risolvere il problema.-
L’altro rispose brusco.
-E come lo risolviamo?-
-Prepariamo due righe per giustificare la presenza dei ragazzi a Shintoku. Domani le rendiamo pubbliche e sistemiamo la faccenda.-
Philip pensò che Freddie era fantastico, ma anche stanco del viaggio, infreddolito e affamato perché probabilmente non aveva ancora cenato. Per questo voleva risolvere la questione alla svelta. E loro dovevano approfittare del suo arrivo per mettere fine alla strigliata e svignarsela.
Gabriel tacque, sebbene avesse ancora parecchie cose di cui rimproverarli. Rendendosi conto però che Freddie non avrebbe fatto un passo indietro, si alzò, girò intorno alla scrivania e si appoggiò contro il ripiano, le braccia conserte e lo sguardo truce.  
-Non sono disposto a tollerare nient’altro. Se non righerete dritto fino alla partita, vi farò sputare sul pallone tutto il sangue che vi scorre nelle vene!- fece cenno di rompere le righe e andò a chiudere la porta dietro di loro -La fai sempre troppo facile, Feddie. Perché non li hai rimproverati?-
-Non ti sei accorto che invece di incolparsi l’un l’altro come fanno di solito, si sono appoggiati a vicenda? È un ottimo risultato, nonostante tutto.-
-Sciocchezze! Hanno solo fatto fronte unito contro di me.-
-Speriamo di no, Gabriel. Speriamo che non sia solo questo.-  
Nel corridoio, i sopravvissuti vennero circondati dal resto della squadra.
-Gamo ce l’ha con noi. Ormai è chiaro.- decretò Bruce -Ogni scusa è buona per torturarci ogni volta che può.-
Philip fu d’accordo.
-Era davvero furioso.- lanciò un’occhiata alla porta chiusa -Speriamo che Marshall lo calmi un po’ o domani in campo ci massacrerà.-
-Speriamo soltanto voi!- si augurò Jason Derrick -Noi non abbiamo fatto nulla!-
Holly si fece largo fra i compagni con una faccia da funerale.
-Io vado a dormire.-
Clifford lo fermò.
-Ma se adesso comincia tutto il divertimento.-
-Vale a dire...?-
-Far uscire Landers da qui per l’appuntamento con la barista.-
Holly lo oltrepassò.
-Fossi in voi lascerei perdere. Comunque io non voglio saperne nulla.- e lo dimostrò sparendo al piano di sopra.
Mark esitò a seguirlo per quell’attimo che fu decisivo. Julian e Clifford gli sbarrarono la strada.
-Che fai, scappi?-
Bloccato dai compagni, Landers poté soltanto ringhiare.
-Maledetti!-
-Abbassa la voce, imbecille!-
Prevedendo che le lamentele e le proteste sarebbero andate per le lunghe, Benji lo prese per un braccio e lo trascinò nella sala comune, nell’angolo più lontano dalla stanza che ospitava i due allenatori.
-La sfuriata di Gamo non ti è bastata? Vuoi fare il bis? Anzi il tris... insomma! Ho perso il conto!-
Una mano sulla spalliera del divano, Mark ricominciò a ringhiare.
-Io non ci vado! Non esco di qui, non mi muovo! È chiaro?- fissò Julian -Pensi di potermi manovrare anche fuori dal campo? Non voglio avere niente a che fare con i tuoi intrallazzi, quella ragazza tu l’hai sedotta e tu ci esci!-
-Insomma Landers!- si intromise Cliffod che si stava divertendo da matti -Di cosa hai paura? Faremo in modo che Gamo non si accorga di nulla. O forse è di lei che hai paura?-
-Non ho paura di nulla! Di nulla, è chiaro?-
Philip lo prese per un braccio e lo scosse.
-Mark la smetti di urlare, porca miseria? Finirai davvero per farci scoprire dal mister e sarà la fine!-
Bruce si portò una mano alla tasca dei pantaloni e tirò fuori il cellulare che vibrava in modalità silenziosa.
-Julian, mi sa che è lei. Non riconosco il numero.-
Ross gli tolse il telefonino dalle mani e rispose.
-Sei già qui? Va bene, adesso esce. Arriva tra...- valutò il compagno e il suo abbigliamento -Cinque minuti. Dacci cinque minuti.- riagganciò e restituì il cellulare. Poi tornò ad osservare Mark -Non puoi incontrarla conciato così.-
Già, perché indossava la tuta della nazionale.
-Ross ha ragione! Vai a cambiarti, Landers! Con quella addosso ti riconoscerebbe chiunque!-
Mark non fece in tempo a rispondere a tono che Clifford lo trascinò in camera, cioè dove lui voleva bene o male tornare. Ma per un motivo totalmente diverso: vale a dire andare a dormire. Solo che quei simpaticoni dei compagni si mostrarono di tutt’altro avviso. Con l’orribile sensazione che se non si fosse cambiato da solo lo avrebbero denudato a forza, indossò controvoglia i jeans e una felpa griffata di Julian sotto la minaccia di non ricevere mai palla durante la partita contro l’Oman. Poi, non contenti, quei maledetti lo spinsero giù per le scale fino all’ingresso. Non poté neppure urlare le sue proteste, perché i due allenatori erano ancora nella stessa stanza in cui Gamo li aveva strigliati. Sarebbe bastato il rumore di un respiro per metterli entrambi in allarme e farsi scoprire.
Nel silenzio che li circondava, Mark si convinse che uscire dal centro sportivo proprio quel giorno equivaleva a un suicidio, lui che aveva preso parte al ritiro di Shintoku, che aveva allenato dei bambini delle elementari invece che se stesso nel cortile di una scuola pubblica e si era lasciato fotografare dai giornalisti. Ora, che Price lo volesse in panchina per il resto dell’eternità poteva anche aspettarselo. Ma Ross?
Parlò soltanto quando furono davanti all’ingresso e sufficientemente lontani dalla stanza occupata da Gamo e Marshall.
-Non vado, Julian. Mi dispiace. Anzi, neppure mi dispiace. Risolvitelo da solo, il tuo problema.-
Ross fece un cenno a Clifford che spalancò di colpo la porta d’ingresso. Mentre il freddo entrava, Mark ne usciva, spinto a forza dai compagni. Incespicò sui gradini ma non cadde, si volse indietro  e inveì contro quei traditori che attentavano al suo futuro calcistico.
Poi udì dei passi alle sue spalle e tacque di colpo. Si volse.
La ragazza del bar era proprio dietro di lui e quando la guardò, lei abbassò immediatamente lo sguardo a terra. Era così stravolto, Mark, da non notare neppure che si era truccata, che indossava una gonna cortissima sopra un paio di stivali col tacco. Non notò gli orecchini che brillavano ai lati del viso e la camicetta aperta sullo scollo. La tentazione di fare una strage lì, sui gradini d’ingresso del dormitorio, riducendo la nazionale di calcio giapponese a una nazionale di calcio a cinque fu così irresistibile che per impedirselo dovette strappare dalle mani di Philip la giacca a vento che si era rifiutato finora di indossare, gettarsela su una spalla e allontanarsi trascinando Sally con sé.

…Continua

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