Muffin.

di Gwendin Luthol
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il compleanno. ***
Capitolo 2: *** 4m!k3_4ever: Alice si rivela. ***
Capitolo 3: *** Cose inaspettate. ***
Capitolo 4: *** Tacchi a spillo dall’uso improbabile. ***
Capitolo 5: *** Fogli di giornale. ***



Capitolo 1
*** Il compleanno. ***


Pioveva,pioveva forte lì a Torino. Alice ricordava che giù a Catanzaro non pioveva così tanto,ma tutto questo era solo un lontano ricordo. Il sole calabrese che illuminava persino gli angoli più bui dei quartieri era solo un’immagine da cartolina.
La scuola nuova ormai era già stampata nella mente di Alice,poiché erano più di 8 mesi che si trovava nell’ex capitale d’Italia.
Con i suoi occhi color nocciola vedeva le gocce di pioggia infrangersi sul finestrino della macchina. Le osservava cadere giù e disegnare dei rami che si univano ad altre gocce cadute. Era in trance,alle 7:45 del mattino. Aspettava di entrare alle 8 in classe,ma non voleva farlo nel cortile con tutti gli altri ragazzi: aveva paura,costantemente paura che potessero farle qualcosa.
Assolta nei suoi pensieri,la madre,che le era seduta accanto la riportò sulla terra:
“Amore,ricorda di parlare con la Giancelli e chiederle se martedì posso venire a parlare con lei. Inoltre,attenta con questi muffin a non schiacciarli contro qualcosa,goffa come sei!Oggi la mia signorina compie 15 anni e non vorrei che tutto le se rovinasse per questi dolcetti che deve dare ai suoi compagni di classe!”.
Sì,oggi Alice compiva 15 anni e sua mamma l’aveva convinta almeno a preparare dei muffin per poter “festeggiare” con i suoi compagni di classe,dato che alice rifiutò l’idea di uno di quei locali/discoteche,solite per i compleanni degli adolescenti.
La mamma e il papà di Alice non erano a conoscenza di tutte le sofferenze della loro unica figlia e prendevano tutto innocentemente con leggerezza.
Alice si perse nei suoi pensieri e non si accorse che erano già le 8:05 e sua madre si era distratta a parlare con un collega al cellulare quindi non sollecitò la figlia. Alice indicò l’orologio mimando alla madre che doveva entrare,questa le stampò un bacio sulla fronte mentre ancora stava discutendo al telefono.
Alice prese un grosso respiro e corse veloce sotto la pioggia,proteggendo i dolcetti. Correndo si accorse che ovviamente non tutti erano entrati. Erano quelli che si preparavano a fare sega o qualche danno all’edificio scolastico. Non ebbe paura perché non erano i suoi compagni di classe e tra l’altro quelli delle altre classi che si limitavano a spacciare i filmini in cui le veniva fatto lo sgambetto dopo un’interrogazione alla cattedra,erano in campo-scuola.
Alice salì su in classe velocemente,riuscendo ad evitare la predica della bidella che l’avrebbe rimproverata per il fatto che gli avrebbe sporcato con il terriccio umido sotto le scarpe,le scale che avrebbe pulito il giorno prima. A quel punto si trovava davanti alla porta della sua classe: la disastrosa 2c. La disastrosa 2c del liceo linguistico Galileo Galilei. Nome che non centrava assolutamente nulla con le lingue,questo pensò Alice il giorno nella sua iscrizione lì.
Bussò e sentì il sottile e rosaceo “avanti” della Giancelli.
“Scusi il ritardo,prof.” E tutti risero. Ovvio,il suo accento del sud faceva ridere come matti quella classe di gente che affermava di avere genitori sostenitori della Lega Nord.
“Nulla,Alice,il tuo compagno Fogalli è entrato un secondo prima di te”,forse la Giancelli disse questo per tranquillizzarla,ma Alice si sentì peggio dato che qualcuno già cominciava a fissare la busta rigorosa che teneva fra le mani.
“Che roba l’è? una voce scordiale che sottolineava il fiero accento torinese.
“ehm..oggi è il mio compleanno e mia madre e..io,avevamo pensato di fare dei muffin per festeggiare con la classe dato che non farò feste..”.
Qualcuno rise pensando che una terrona “povera” come lei non poteva permettersi feste,mentre lei era lì a Torino proprio perché suo padre dottore aveva ricevuto una promozione. Una fottuta promozione..
“Ottima idea,Alice!Poggia tutto lì e a ricreazione mangiamo” la professoressa indicò un banchetto poco vicino alla finestra. Alice poggiò la busta e si diresse verso il suo banco accanto a Fogalli,che la guardò disgustato. Alice sentì i suoi occhi addosso e decise di voltarsi per rispondergli ma come provò a farlo,Marco Fogalli le rifilò un bel “cazzo guardi?” e Alice si sentì mortificata. Mise le mani infreddolite fra le gambe e si perse fra i versi di Leopardi,che parevano l’unica cosa normale in quella classe.
 
Suonò la campanella delle 11 : ricreazione. Qualcuno pur sprezzando Alice si fiondò sui dolcetti dato che non avevano sicuramente la merenda. “Oggi la nostra piccola Alice nel Paese delle Meraviglie diventa grande!”,Alice odiava questo loro finto affetto.
“Ma come cazzo si apre sta merda di busta?” urlò istericamente Jessika-con-la-kappa. Alice sussurrò:” se mi fate passare,ve la faccio vedere”,”ce la fa vedere??Uuuh noo!Pietà!” esclamò Fogalli. Alice cominciò a sentirsi le tempie pulsare mentre era impegnata a strappare la carta stagnola dei muffin,”fatto”. E si vide 27 mani moltiplicate per due passargli davanti e fregargli tutti i dolcetti.
“Fermi tutti!Assaggio io per prima!” urlò Jessika. Infilzò la pasta morbida dei muffin con i suoi canini ricoperti da un apparecchio per i denti invisibile,ormai ingiallito. “Mmmh…oddio,mi sento mancare..”,Jessika finse uno svenimento,buttando il dolce a terra. Fogalli assaggiò e urlò ridendo:” ma li hai fatti col culo sti cosi?” e scagliò a terra il dolcetto. Scherzando e ridendo lo fecero più o meno tutti quanti tranne qualche ipocrita che prima se ne ingozzò poi si unì al coro,dicendo:”ma c’è la merda qui dentroo?”.
Alice si vide tutte le scagliette di cioccolato a terra e la pasta dei muffin diventare un tappeto. Sì arrabbiò e diventando rossa urlò: “Fermi!Se non vi piacciono metteteli a posto!”. Fogalli si girò di scatto anche se sembrava tanto preso dal torturare un povero muffin a terra. Si diresse verso Alice,gli diede una spinta che la mise contro un banco: “eiei,quanto parli!” e gli diede un pugno dritto nel fegato. Alice vide le stelle,si accasciò su un astuccio che stava sul banco,neanche facendoci caso. “Ei idiota terrona!Non toccarmi l’astuccio!” la rimproverò Jessika che la prese a calci per finta,neanche facendole troppo male. Ma quei calci erano per Alice,delle fitte al cuore che prendevano fuoco sempre più. Iniziò a lacrimare,con il labbro tremante e pian piano scivolava a terra. Tutti erano attorno a lei e facevano filmini e foto: quell’aula era diventata teatro di uno spettacolo triste che ormai era di routine al Galilei.
“Ragazzi,ragazzi!Che succede?” gridò spaventata la Giancelli entrando in classe.
“I suoi muffin,ne ha fatto indigestione..” rispose Jessika alzando il sopracciglio.


Pensateci un attimo,
Moju <<


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Capitolo 2
*** 4m!k3_4ever: Alice si rivela. ***


“Oh no,su Alice appoggiati a me,ti porto in bagno” la Giancelli porse la spalla ad Alce la quale avvolse il braccio al collo della sua professoressa.
“Nooo!Ma cosa è successo,mi toccherà pulire tutto!” disse la bidella Velia mentre si poggiava sconsolata allo scopettone,come al solito.
“Mi scusi,qui una ragazza si è sentita male e lei pensa al pavimento da pulire?” intervenne con falso interesse Marco.
“Ecco Fogalli,dato il tuo forte senso di spirito aiuta Velia a pulire” suggerì la professoressa di lettere.
“Che palle…” sussurrò con disappunto Fogalli.
“Maimeri aiutami a portare Michienzi in bagno”.
Jessika Maimeri se ne stava appoggiata sul termosifone a giocare con il suo piercing sulla lingua. Alzò lo sguardo,impallidì per il fatto che avrebbe dovuto portare quella sfigata di Alice in bagno,aiutata dalla professoressa che odiava di più.
Il tutto si notò perché la sua lampada – che si faceva ogni due settimane- si schiarì di botto.
Jessika si trascinò verso Alice e la Giancelli facendo comunque che le sue Hogan dorate e viola,regalate dal papà per il suo primo 6+ in matematica,non si sporcassero di muffin. Sì portò il grassoccio braccio di Alice al collo,sospirò e in coerenza alla Giancelli portò pian piano la sua compagna in bagno.
Tutto questo le fece ribollire in pancia strane sensazioni, tutto queste fece rivangare a Jessika sgradevoli ricordi.
Il tragitto dalla classe al bagno fu lungo e faticoso per Alice che aveva una terribile sensazione di rigurgito,con tutte le classi accanto che guardavano incuriosite al suo passaggio. Tutti,fra l’altro,sapevano che lei fosse un bersaglio del bullismo di quella scuola.
“Non c’è niente da guardare!” gridò la Giancelli sull’orlo dell’entrata del bagno. Non avrebbe potuto urlarlo nel bel mezzo del corridoio delle classi del quarto? Lì c’era Davide che non doveva assolutamente accorgersi di come era messa Alice,più inguardabile del solito!
“Su Alice,sciacquati la faccia e respira piano” suggerì la Giancelli,o forse Grazie,smettiamola di chiamarla per cognome: cominciava ad essere oltrepassata la barriera fra “Alunno/Professore”. Il fatto che una professoressa ti porti sulle spalle dopo un’ “indigestione” non è da poco: al giorno d’oggi gli/le insegnanti se ne sbattono abbondantemente le palle.
“Asciugati con queste”,Jessika porse un fazzoletto imbrattato di Chanel n5.
Alice esitò a prenderlo ma poi si accorse della bava che le colava dalla bocca,quindi non esitò ad accettare il favore. Ad asciugarsi con un coso che era più un campioncino che danno in profumeria che un fazzoletto…
“Professoressa!Il vostro alunno ha cominciato a fare un balletto sexy attorno alla scopa!” urlò schifata Velia.
“Ragazze vi lascio sole,vedo cosa sta combinando Fogalli” spiegò Grazia.
Jessika sforzò un sorrisino all’insegnante,ma appena questa varcò la soglia del corridoio,le mimò un bel vaffanculo.
“Ei Michienzi,non perché ti abbia dato un fazzoletto e portato sulle spalle ora siamo 4m!k3_4ever”.
Alice non si voltò verso Jessika né rispose,continuò bensì ad asciugarsi.
“Oooh terrona!?Hai le orecchie ricoperte d’nduja?” la spronò Jessika.
“Non mi sono mai aspettata nulla da voi. Da voi della 2c e tutti quelli che mettono miei video su YouTube o su Facebook. Amicizia e complicità..forse all’inizio ma dopo aver visto che girava per la classe un fotomontaggio su un lottatore di sumo,sta sicura che non ho mai creduto in nessun rapporto. Mai creduto in nessun 4m!k3_4ever”.
Jessika si poggiò alla parete del bagno,fredda e di uno smorto colore bordeux,talmente abbandonata al muro quasi da farne parte.
In quel bagno un anno prima alcune ragazze del 5 la usarono come scudo per giocare a sputarsi l’acqua. Era sola,senza comitiva e soprattutto del 1!Prima la presero in giro per in fatto che sicuramente era ancora vergine,poi una ragazza strizzò l’occhio alle altre. Una di queste l’afferrò per le spalle e la scagliò addosso ad una delle sue amiche. Nel frattempo una ragazza si era riempita d’acqua la bocca e la sputò verso l’amica che aveva Jessika come scudo.
“Ferme ragazze,ferme!” implorava Jessika che non aveva ancora capito che quelle non stavano giocando fra loro,ma che la mira dello sputo era praticamente solo indirizzata a lei,per divertimento.
Era assolta in questi pensieri Jessika quando si accorse che Alice,notato il suo silenzio,se ne stava per andare.
“Ei ferma,non ti ho ancora risposto..” la chiamò Jessika.
“che vuoi..?” rispose scocciata Alice.
“Vedo che almeno non ti hanno derubata di quel poco di personalità che ti rimaneva. Dato che ti piace Davide Fusaggi di 4E –oddio,come faceva a saperlo?Ah sì,il mese scorso lei e Angela le lessero tutto il diario,sputtanando i suoi segreti – c’è una festa qua a scuola sabato  e nessuno ti ha detto che probabilmente di sarà anche lui..”.
Nell’invitare Alice alla festa,Jessika aveva camminato verso un angolo di un bagno. Stette tutto il tempo con la faccia contro il muro,poi si voltò verso Alice “.. se ti va di venire..” e lei annuì tutta rossa al pensiero di Davide che la invitava a ballare. Jessika avendo la risposta si voltò nuovamente verso il muro e con una mano iniziò ad accarezzarlo fino a giù. Poi con la stessa mano tirò fuori un accendino e un pacchetto di sigarette da una tasca anteriore sulla coscia. Senza girarsi chiese ad Alice:” ne vuoi una?”.Nessuna risposta.
Jessika udendo solo un pensante silenzio si voltò,Alice era già tornata in classe. La ragazza sola,si portò la sigaretta alla bocca,l’accese e inizialmente tossì. Aveva iniziato a fumare da poco e ancora non sapeva aspirare bene e nel tentativo di farlo,tossiva sempre.
Mise l’accendino fuxia nei pantaloni,si portò la mano sinistra alle tempie,portando la sigaretta nella mano destra.
Iniziò a singhiozzare,ricordando il passato:
quel gruppo di ragazze la misero in quello stesso angolo esattamente un anno prima,passandole un accendino acceso vicino alla faccia,minacciandola di bruciarle i capelli. Jessika era sbattuta  contro il muro,piangeva ma le lacrime le se asciugavano ogni dieci secondi grazie al calore della fiamma dell’accendino. Una di queste ragazze era in disparte a fumare fino a che le sue amiche non la chiamarono: “ ei cogliona,non vuoi divertirti anche te?”
“Arrivò subito!Fatemi largo!” la ragazza arrivò con la camminata di una sbandata. Rimasero solo due ragazze a tenere Jessika ferma mentre la finta ubriaca si avvicinò morsicandosi il labbro:
“a noi non piace il tuo fare da gran figa. I tuoi vestiti griffati perché il tuo papy è un ricco imprenditore e il tuo modo di camminare su quei tacchi che non sono affatto per te. Vedi di darti una calmanta”.
La ragazza spense la sigaretta che teneva maliziosamente nella mano sinistra,sulla spalla destra di Jessika che urlò muta: nessuno la sentì,la campanella dell’ultima ora era suonata da un po’,le uniche studentesse rimaste erano loro e i bidelli stavano sicuramente in sala-professori a farsi un caffè.
La ragazza che parlò a Jessika le diede un calcio sugli stinchi. Ormai Jessika si era abbandonata alla presa di quelle due tiranne,ma sentendosì lasciata per i polsi cadde per terra con tutto il suo peso che non era nulla in confronto alle sue lacrime ghiacciate,bagnate e non più asciugate da quell’accendino la quale fiamma sembrava bruciare tutte le speranze di Jessika di un’esistenza normale in quello stramaledetto liceo. Era lì per terra,le ragazze se ne erano andate. Ma non forse dalla sua mente,non forse dalla sua mente per sempre..

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Capitolo 3
*** Cose inaspettate. ***


Traspirava solo un filo di luce dalla finestra che andava dritto dritto a schiantarsi sul viso di Alice che dormiva ancora placidamente nel suo letto con le lenzuola di seta.
“Alice,Alice!Sono le 10:30,ti vuoi svegliare?” già la voce della mamma cominciava a rimbombare per casa.
Alice aprì poco gli occhi,la porta era semiaperta e intravide l’ombra della madre che pareva mettersi degli orecchini. Stava per riuscire,per tornare a lavoro e questo inondò il cuore di Alice,di malinconia.
Proprio mentre la ragazza stava richiudendo gli occhi rassegnata,una mano aprì del tutto la porta.
-Dai su Alice,non far finta di dormire!- il tempo di dirlo che sua madre se era già partita per il corridoio.
Alice socchiudendo gli occhi si levò di scatto la coperta di dosso e si alzò piano piano. Si mise in piedi e senza neanche mettersi le ciabatte si trascinò verso il corridoio:
-Mamma,dove vai?- chiese Alice strofinandosi l’occhio destro.
-Amore,vado a lavoro. Oggi faccio il turno della mattina perché stasera usciamo,no?Con Gianfranco e Lucrezia,gli amici di papà” disse la donna mettendosi il rimmel davanti allo specchio piazzato nel corridoio.
Oddio no,Lucrezia e Gianfranco erano due completi idioti. Lucrezia era fissata con la danza del ventre,una pacchiana assurda mentre Gianfranco puzzava costantemente di sudore.
-No mamma,oggi è sabato?Io ho da fare questa sera!” si ricordò Alice agitata.
-Scusami,non esci da quando siamo a Torino e proprio oggi…- ragionò la mamma chiudendo il tubetto del rimmel.
“Mamma,stasera c’è una festa a scuola e..io vorrei andarci” disse Alice chinando la testa.
Il silenzio piombò nel corridoio e la mamma di Alice accantonò ogni sua azione,chiudendo la pochette dei trucchi.
-Davvero Alice?Tuo padre e io cominciavamo a chiederci se non ci fossero problemi- e parlandole,si avvicinò e abbracciò stretta la sua piccola unica figliola.
-No mamma,non c’è nessun problema..nessun problema- rispose Alice appoggiandosi sulla spalla della madre.
 
“Tempo buono sul Piemonte specialmente nell’area torinese dove il freddo e le piogge si placano..”.
Alice teneva a tutto volume la tv ma se le avessero chiesto cosa aveva appena detto il meteorologo,sicuramente non avrebbe saputo rispondere: era troppo impegnata a pensare a cosa si sarebbe messa quella sera. Non aveva niente,niente di niente!
Era seduta in cucina,ancora in pigiama a fare colazione. Lo sguardo era fisso sugli ornamenti delle tende e la mano sinistra meccanicamente inzuppava il biscotto. Tutto questo continuò per qualche minuto fino a che  non suonò il campanello. Alice si alzò,si trascinò verso la porta e il citofono suonò nuovamente,ancora più insistentemente.
-Chi è?- chiese Alice mangiandosi le unghie.
-Sono Jessika-.
E le unghie di Alice non ebbero più sapore.
 
-Che metti questa sera?- domandò Jessika facendosi largo nell’ingresso.
-Io non lo so..- rispose timidamente la ragazza.
-Come non lo sai?! -Esclamò scioccata,quasi indignata Jessika che ormai era entrata nella cameretta di Alice.
-Io non ho nulla,non sto sempre in giro..- si mise sulla difensiva Alice.
-Sei proprio una sfigata- ridacchiò Jessika mentre apriva l’armadio della camera. Alice le andò dietro a testa bassa.
-Senti,io la roba ce l’ho ma è vecchia del mese scorso: non si va ad una festa con lo stesso vestito di poco tempo prima..dato che tu non hai NULLA e io non sono solita con le figure di merda,si va in centro ora!-
Alice alzò lo sguardo,fissando Jessika e l’unica cosa che riuscì a dirle fu : “Mi devo vestire un attimo,aspettami lì”-
-Nono,rimango qua- rispose Jessika incrociando maliziosamente le braccia,facendo attenzione alla sua borsa di Luijo.
Alice sì intimidì ma si ricordò di quelle volte in cui le sue compagne di classe la fissarono mezza svestita in spogliatoio,quindi fu quasi normale.
Sì infilò i jeans e la felpa che era buttata sulla sedia della scrivania. Diede una pettinata ai capelli sul biondo sbiadito che aveva,si mise gli occhiali notando l’unica cosa bella che aveva: due paia di grandi occhi grigi.
Sì allacciò ai piedi le sue vecchie e sporche scarpe da tennis.
Alice si rialzò e notò che Jessika non aveva distorto lo sguardo su di lei,neanche un secondo.
-Di alla mammina che si fa tardi èh- ricordò Jessika.
-La mamma non c’è,la mamma non c’è mai- rispose tristemente Alice.




Note d'autore:
Prevedo la fine nel prossimo capito e vi dico un'altra cosa...
non è come sembra!
Moju <<

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Capitolo 4
*** Tacchi a spillo dall’uso improbabile. ***


Gli specchi di quel dannatissimo camerino di quel dannatissimo negozio,sembravano risaltare le cosce e i fianchi di Alice.
La ragazza entrò dentro con un paio di collant neri e una maglietta di strass argentati. Era troppo per Alice,ma voleva provare e quella sera doveva essere bellissima.
Jessika era nel camerino accanto che si provava una sfilza di vestiti.
Alice cominciò a spogliarsi e pian piano infilò le calze: le strizzavano tutte le gambe. Cominciò a guardarsi con quei collant che le davano istinti suicida..sembrava un maiale ma il nero almeno per un po’,la sfinava.
Si voltò,prendendo la maglia e se la girò fra le mani. Era maledettamente eccentrica e non aspettò altro a provarsela.
La infilò e che ovviamente le era stretta. Sì guardò per qualche minuto,voltandosi a destra e a sinistra continuamente.
Però qualcosa irruppe e aprì la tenda del camerino,era inevitabilmente Jessika. Bellissima con un vestito rosso,incrociato dietro la schiena. Ne troppo lungo,ne troppo corto..semplicemente magnifico.
Alice invece sembrava un involtino primavera accanto alle gambe lunghe e slanciate di Jessika,al suo fantastico portamento su quei tacchi altissimi e così eleganti.
Jessika cominciò ad atteggarsi da modella con le mani appoggiate sui fianchi.
-Non è spettacolare?- chiese ad Alice,pur sapendo che la cosa fosse vera.
Ma Alice non guardava Jessika,ma se stessa. Sapeva di essere brutta e sgraziata e già la cosa era dolorosa da sopportare così,ma accorgersene veramente bene accanto ad una ragazza con un fisico da urlo,fu micidiale.
-Alice!Non rispondi?- chiese Jessika neanche tanto spazientita,con un’espressione beffarda sul volto.
Alice non rispondeva,Alice cominciava a piangere.
Alice si vide veramente dopo 15 anni della sua esistenza.
Jessika se ne andò senza una risposta,tranquillamente senza essersi accorta di niente.
Alice rimase lì da sola,davanti a quello specchio con quelle dannatissime luci puntante sulla faccia. Si sentiva allo scoperto,si sentiva nuda davanti al mondo.
 
-Uè raga!E’ qui la festaaa!- gridò Fogalli indicando l’entrata della palestra.
C’erano palloncini,festoni dappertutto e l’aria era carica di adrenalina.
-Aliciottaaa,di qua..lì ci son i bagni!- urlò Jessika ridendo e tutti la seguirono a ruota,senza capire ciò che aveva detto data la musica sparata ad altissimo volume.
Alice era spaesata e sola. Jessika si era data ad un gruppo di ragazzi,fra loro c’era Davide. Jessika fece notare al ragazzo,il suo vestito e lui annuendo sorrise. Davide aveva sorriso a Jessika e questo determinò un vuoto nella gola di Alice. Jessika poi fece cennò al ragazzo di abbassarsi perché doveva dirgli qualcosa. Indicò Alice e Davide guardò:
Alice impallidì e si girò da un’altra parte e verso di lei veniva Angela,l’altra sgualdrina.
-Michienzi,bella la maglietta..- e cominciò a toccarle i capelli e la maglia con fare inquietante.
Alice si distanziò un pochino fino a che,indietreggiando pestò il piede a qualcuno: Davide.
-Alicetta!C’è Daviduccio!- gridò Jessika che poi rise volgarmente.
-Ciao Alì- salutò Davide.
-Ciao Davide- rispose timidamente Alice.
Poi Davide sorrise e Alice sentì scongelarsi mille bastoncini Findus dentro al cuore.
Alice corrispose e Davide iniziò a parlare:
-Ma te sei di giù,no?-.
-Sì,Catanzaro- .
-Ho gli zii lì,è bello-.
-Già-.
E da qui ad un altro discorso,poi di nuovo ad un altro,pian piano si allontanarono dal caos della festa. Spostandosi,Alice notava lo sguardo di Jessika fisso su di lei. Non trasparivano emozioni. Però d’altra parte,c’erano gli occhi di Davide che invitavano Alice allo lasciarsi andare,a scansare le preoccupazioni.
Alice guardava i suoi capelli,la forma delle sopracciglia,studiava la conformazione degli zigomi alti di Davide che gli davano caratteristiche orientali.
Alice fissò per più di un minuto le labbra del ragazzo che intanto parlavano e ogni tanto si fermavano a sorridere.
-Un bacio,solo un bacio e dopo potrei anche morire- pensò Alice che ormai era in un giro di trip mentali degni di una 15enne.
Passarono più di quaranta minuti fino a che:
-Senti,rientriamo?Sennò ci perdiamo tutta la festa- suggerì Davide apparentemente infreddolito.
-Certo Davide,hai ragione,certo- rispose Alice senza neanche capire.
Tutto era perfetto sino a che qualcosa smontò tutto.
Alice varcò la soglia della palestra e si accorse della musica spenta e degli invitati che la guardavano ridendo.
-Che succede?- chiese Alice voltandosi verso Davide che invece si era voltato accanto a Jessika tenendola stretta per la vita.
Ridevano tutti e due. Jessika poi diede un bacio sulle labbra di Davide.
Alice rimase di stucco,il cuore le se fermò un attimo e come tutte le volte in cui diventava nervosa,le pulsavano le tempie.
Il suo cuore era stato spezzato,ma ridevano tutti per questo?
Allora cominciò a guardarsi intorno,Alice e si accorse di una sorta di maxi schermo piazzato davanti ad un canestro.
Si passavano delle immagini.
Delle foto.
Delle foto di Alice in camera sua.
Delle foto di Alice mentre si cambiava in camera sua!
Foto che aveva fatto Jessika quel giorno e che Alice non si accorse.
Alice cominciò a singhiozzare.
Jessika le se diresse accanto e le disse:
-Non piangere piccola Alice..- il tono dolce di questa frase si progredì e diventò violento.
Jessika spinse Alice a terra facendola sbattere contro un tavolo pieno di dolci. Caddero..dei muffin.
-Muffin piccola Alice,muffin..e non a caso- poi Jessika alzando la gamba destra preme con forza,il tacco a spillo sulla coscia di Alice.
Tutti in coro fecero : - OOOH!-
Alice gridò di dolore e nessuno l’aiutò.
Jessika tolse la scarpa di dosso ad Alice e si abbassò verso di lei,dicendole:
-Soffrirai come ho sofferto io.. – e con questo le diede un bel pugno sul naso. Il dolore pulsava come non mai.
Intanto le immagini scorrevano sul maxi schermo tutte uguali,come il sangue caldo di Alice che le tagliava in due la guancia destra. Perdeva poco a poco conoscenza e l’ultima cose che vide fu Jessika portarsi le mani alla bocca e correre via.
Sarebbe stato meglio andare a cena con Lucrezia e Gianpaolo,in quell’orribile casa che forse forse..la protesse da altre varie occasioni del genere che le sarebbero potute capitare.

 
Note d’autore.
Il prossimo VERAMENTE prevedo sia l’ultimo capitolo.
Risponderò alle recensioni al più presto,purtroppo non trovo sempre tempo..e le parole giuste.
Alla prossima,
Moju <<

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Capitolo 5
*** Fogli di giornale. ***


“Alice amore,hai presto tutto?Lo zaino che terrai sulle gambe,in macchina?Lo sai che il viaggio per Catanzaro è sempre lunghissimo” disse il papà.
“Sì,certo” rispose annoiata Alice,con voce nasale a causa delle bende sul naso. Il setto nasale era stato praticamente spezzato in due.
“Allora si parte” disse l’uomo.
“Ma la mamma?” chiese interessata la ragazza.
“Lo sai che la mamma scende domani” chiarì il padre mentre si sforzava a caricare l’ultimo bagaglio in auto.
Alice si era soffermata un attimo a guardarsi intorno.
“Ei piccola,tutto questo lo dimenticherai con il tempo..devi solo aver pazienza” disse il papà desolato,non trovando parole con cui contemplare il dolore della figlia.
“Alice,Alice!” gridò la mamma dal balcone di casa,ancora in vestaglia. “Ricorda che ti amo,che domani verrò da te!” urlò. Alice si voltò velocemente e sorrise alla donna.
“Dai su Alice,sali in macchina” la esortò il papà mentre mandava un bacio alla moglie.
Alice si accomodò accanto al posto del padre,schiaffengiandosi due cuffie nelle orecchie. Anche il papà salì e accese il motore.
“Brani casuali,la cosa migliore” pensò Alice.
Welcome to my life-Simple Plain.
Ti sei mai sentito depresso?
Ti sei mai sentito fuori posto?

La canzone continuava a pompare le sensazioni di Alice che cominciò inevitabilmente,a piangere.
“Ti sei mai chiuso in camera con la radio a tutto volume in modo tale che nessuno possa sentirti
gridare?”
Sentiva ancora le lacrime di quei lunghi pianti notturni,scorrerle sul viso. Ricordava ancora le mura roselline di quella cameretta che conosceva tutta la sua disperazione più di chiunque altro.
no tu non sai com'è essere come me e soffrire
sentirsi persi, sperduti nel buio
essere presi a calci quando ti senti giù

La cameretta dove Jessika le scattò le foto,senza che lei se ne accorse.
ti senti come spinto fino
all' orlo della disperazione, e non c'è nessuno
che possa salvarti

Il papà se ne accorse,ma la fece continuare senza domande e niente. Era giusto così.
Gli alberi,i palazzi,le persone sfrecciavano e la via era aperta. Sembrava come se le strade di Torino di fossero aperte liberando Alice da tutto quello che le era accaduto,dalle persone che aveva incontrato.
Sei stanco di quelli che ti circondano? con i loro grandi e falsi sorrisi e le loro stupide bugie?
mentre nel profondo stai sanguinando?

Alice piangeva forte,sentendosi le tempie pulsare e i ricordi impossessarsi di lei.
all' orlo della disperazione, e non c'è nessuno
che possa salvarti, non sai com'è
benvenuto nella mia vita

Poi la canzone finì,ma il pianto si prolungò.
Alice dopo quei terribili 8 mesi passati lì,aveva realmente compreso cosa voleva dire veramente  il verbo “piangere”.
 
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Lo studio dentistico era acromatico e luminoso. L’unica cosa che risaltava in quella stanza era un acquario tropicale e una donna vestita in nero,sui quarant’anni. Era molto magra,il viso era scavato ma ne venivano fuori bei sorrisi a tutti i pazienti che uscivano finita la loro visita.
Il penultimo paziente uscì e la donna si aprì in un grande sorriso. Dietro l’uomo appena uscito,ne venne il dentista che disse:
“Signora,prepariamo la stanza per la pulizia dei denti e può entrare”.
La donna era già in piedi ma con un “va benissimo” si risedette,sempre sorridendo.
La signora cominciò a girarsi i pollici fino a che non si accorse di un porta riviste. Ne spiccava una soprattutto,risaltava subito il titolo rosso - Pronto in Cucina,ricette mai viste prima!-.
Non era il massimo la per la pigrizia,la donna non ne cercò di migliori.
Cominciò a sfogliare con fare annoiato fino a che non si accorse di una pagina in particolare. Un slogan pubblicitario che recitava:

“L’UNICA PAURA D’ UN RAGAZZO A SCUOLA,DEVE ESSERE UN’INTERROGAZIONE A SORPRESA”.

Il cuore della donna si fermò un attimo. Non respirò più per qualche secondo.
Il suo sguardo si ritrovò in quello del ragazzo messo sulla pagina: gli stessi occhi grigi,l’espressione persa e l’atteggiamento goffo e sgraziato. Per chi l’avesse vista sorridere fino ad un attimo prima,non avrebbe mai pensato che quella donna cominciò a singhiozzare disperatamente. Le lacrime cadevano pesanti sul giornale,la cui carta si logorava  pian piano. La mano destra si spostò involontariamente sulla foto del ragazzo,e sembrò cominciare ad accarezzarla.
La donna pian piano si piegava in due sul giornale. Piangeva sempre più forte e i capelli biondi e corti le cadevano giù,coprendo il viso.
La donna sì piegò di più arrivando con la fronte a toccare il giornale mentre la mano destra,dal gesto cauto e dolce,si indurì graffiando e alla fine strappando,la pagina.
Quel giornale era ridotto uno schifo e la donna cominciò a domandarsi fra le lacrime:
“Non credi che abbia sofferto abbastanza?Non credi sia l’ora di finirla qui?”.
Era una domanda rivolta a chi?E perché alla sola vista di quella pubblicità contro il bullismo nelle scuole aveva colto così nel profondo l’anima di quella donna?
Passò qualche minuto ancora fino a che il dentista non irruppe nella sala d’attesa:
“Signora Michienzi,può accomodarsi”. Ma l’uomo non trovò nessuno così richiamò “Signora Alice Michienzi?Ma dov’è?”.
Tutto era come prima,ma Alice se n’era andata lasciando il giornale. La pagina dello slogan invece era strappata accanto alla rivista. Le finestre erano aperte e questo permetteva che il foglio svolazzasse. Cadde,sì infranse contro le sedie per poi schiantarsi sul pavimento. Cominciò a rotolare,alternandosi nella pubblicità contro il bullismo e una ricetta di cucina per…muffin.
Casualità o sono io che voglio concludere la storia di Alice con una misteriosa coincidenza?
Potrei fare quello che mi pare con il personaggio di Alice,perché mi appartiene ed è –in parte- frutto della mia immaginazione.
Mi sono arrivate un sacco di recensioni in cui molti si sentono come Alice,che la compatiscono nei suoi silenzi contro tutto quello che le succedeva e che avevano portato sulla pelle il suo stesso dolore.
Ma se invece delle volte ci comportassimo come Jessika?
Ci avete mai pensato?Che senza volerlo prendiamo a pugni i sentimenti di una persona?Che senza accorgersene,calpestiamo le idee e la diversità di qualcun altro?
E’ una piaga di tutti e spesso ce ne dimentichiamo.
Quella stanza rimase bianca e fredda con l’insopportabile rumore di quel dannato foglio di giornale che ne sbatteva di qua e di la. Come il cuore tormentato di Alice. Cresciuta e ormai adulta che si ricordava ancora benissimo del dolore provocato da quel tacco a spillo,che più che la coscia,le colpì dritto dritto il cuore.
 
 
Grazie a tutti,
Moju <<

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