L'ultimo petalo

di Poetessa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Polvere ***
Capitolo 2: *** Esteriormente ***
Capitolo 3: *** No ***



Capitolo 1
*** Polvere ***


 

~ Polvere ~

 

La rosa era quasi appassita. Un petalo scivolò in quel momento sulla superficie lucida del tavolo, intrappolata sotto la campana di vetro. Il resto era polvere. Polvere sui mobili, polvere nell’ala ovest. Polvere che avvolgeva ogni cosa, che calava giorno dopo giorno sul castello e sul suo cuore di pietra. Nessuno avrebbe  mai amato una bestia. Nessuno.

La fata aveva proclamato la sua fine e lui era stato solo in grado di odiarla. Odiare quello che gli aveva fatto, quello che aveva perduto. La sua bellezza era tutto, senza non aveva più niente. Solo quella rosa e quello specchio. E gli occhi di lei riflessi in quel vetro smerigliato. Occhi scuri, profondi, che lo perforavano pur non vedendolo, occhi che gli trafiggevano l’anima. Ma lei era troppo bella, troppo pura. Troppo. Non avrebbe potuto sfiorarla, non avrebbe potuto stringerla tra le sue braccia. Non avrebbe potuto appoggiare le sue labbra sulle sue. Quelle labbra delicate come la rosa che non osava afferrare.

Lei era lì, chiusa in una stanza stravolta dalla paura. Intrappolata, da una bestia.

Lui era solo questo. Ora e sempre. Un mostro.    

 

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Capitolo 2
*** Esteriormente ***


 

~ Esteriormente ~

 

Lo specchio sbatté con forza contro il tavolo, la campana di vetro tremò e una crepa lo spezzò da parte a parte. La magia s’interruppe e si ritrovò a fissare i suoi stessi occhi, carichi dell’odio che si portava dentro. Impenetrabili. L’unica cosa che gli era rimasta, l’espressione del vero principe che era stato. L’unica cosa che aveva disgustato anche quando era ancora “umano”. La sola parte di sé che non lo aveva mai abbandonato: l’espressione della sua anima maledetta. Quante donne si erano perse in quegli occhi di ghiaccio, abbagliate. Quante avevano avuto paura scoprendo cosa nascondevano e quante si erano piegate al suo volere solo perché lui li chiudesse. Quanti sguardi abbassati pur di non incontrare il suo. Le sue parole, i suoi gesti, la sua bellezza le ammaliava, ma i suoi occhi, quegli occhi, così limpidi e vitrei, che le conducevano fino ai suoi pensieri, le spaventavano. Ora gli erano rimasti solo quelli. Tutto ciò che li circondava era ripugnante. Una perfetta combinazione di orrore.

Erano passati molti anni, era cambiato. Eppure tutte le volte che vedeva la sua immagine riflessa non riusciva a vedere quel cambiamento. Niente di quello che gli stava addolcendo il cuore si vedeva dall’esterno. Questo lo lasciava impotente. Come avrebbe potuto far innamorare quella ragazza di lui? Come ci sarebbe riuscito se esteriormente era l’espressione del mostro che si era creato dentro? Se quello che era prima della maledizione ora lo portava addosso, ben visibile da tutti?

Si era concesso una piccola debolezza, da quando l’aveva intrappolata nel castello. Una goccia cadde sul vetro spezzato, poi un’altra e un’altra ancora. Lacrime. Purificatrici, liberatorie. Stava perdendo la sua integrità, da quando aveva capito che lei era la sua unica e ultima possibilità, da quando la rosa aveva iniziato ad appassire.      

Non si era mai curato delle sue conquiste, gli bastava un sorriso prima. Ora no, ora era un insieme di denti affilati e irregolari. Aveva imparato a convivere con il suo nuovo aspetto, ma non si era mai mostrato al di fuori della sua servitù. Sul castello era scesa una coltre di nebbia e nessuno aveva più osato avvicinarsi. Era caduto il suo regno, era svanito il suo potere. Era diventato una leggenda.

Narravano gli anziani dei villaggi vicini che…  

C’era oltre il bosco un castello. Un castello maledetto e dentro quelle mura era rinchiusa una terribile bestia. Nessuno era sopravvissuto per raccontarne le sembianze, nessuno si era salvato…

Eppure lei era venuta lo stesso, si era offerta di restare in cambio della vita del padre. Lei non era come gli altri, lei era speciale. E il cuore di lui batteva più velocemente quando la pensava. Quando le sfiorava la pelle con i suoi desideri. Era passato troppo tempo dall’ultima volta in cui aveva toccato una donna. Ma mai aveva provato qualcosa di simile, ne era sicuro. Il desiderio lo consumava, lo lasciava senza fiato. Si mischiava alle lacrime e una nuova luce brillava in quegli occhi maledetti.

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Capitolo 3
*** No ***


 

~ No ~

 

Aveva detto di no. Senza esitare, con voce ferma e sicura. Lo aveva urlato oltre la porta di mogano e lui lo aveva sentito chiaramente. Gli entrano entrate dentro quelle due lettere e lo avevano colpito, senza pietà, nell’orgoglio. Eppure facevano più male, molto più male, di qualsiasi altro rifiuto che aveva ricevuto nella sua vita. Come se si fossero incastrate nel suo corpo e continuassero a ferirlo dall’interno, echeggiando ininterrottamente nel suo petto.

“Non guardarmi con quegli occhi.” sbiascicò con rabbia.

La sua voce non era che un sussurro nel lungo corridoio. Mrs. Bric voltò la testa dall’altra parte.

“Lo so cosa stai pensando. Che sto rovinando tutto, che io rovino sempre tutto. Che la maledizione sta per diventare eterna e che lei è l’ultima possibilità che ci è rimasta. Ma nonostante questo… sembra che non riesca a capirlo, che sia lo stupido ragazzo di un tempo… che io ci sappia solo giocare con le ragazze… che io ci abbia sempre giocato!” vomitò le parole contro la vecchia teiera senza filtri, odiandosi per l’immagine che aveva mostrato a tutti di se stesso.

“Padrone, non dica così.” intervenne Lumière illuminando il suo volto con un braccio. “Questa volta non è come tutte le altre.”

“Infatti…”

“Eppure sembra che non si stia impegnando abbastanza.” sbottò la teiera imbronciata.

“E’ facile dirlo quando si è madre.” Quando non ci si vergogna di se stessi, ma quando si ha paura di quello in cui si è diventati, è diverso. “L’amore è facile per voi.” aggiunse come se la sua diversità giustificasse la sua incapacità. Perché siete stati in grado di provarlo, senza soggiogarlo, senza trasfigurarlo in altri sentimenti. Avrebbe voluto aggiungere, ma dalla sua bocca non uscì nemmeno una sillaba. Sapeva cosa stavano sopportando tutti per colpa sua. Sapeva che era in debito con loro per l’esistenza a cui li aveva condannati. Forse non avrebbe potuto salvare sé stesso, forse lui non ci avrebbe nemmeno provato se non fosse stato per il rimorso che lo divorava. Gli erano stati vicino, nonostante il suo aspetto, nonostante il suo carattere. Non lo avevano abbandonato. Da quando tutto era cambiato erano diventati la sua famiglia e lui si era ripromesso di fare tutto il possibile per aiutarli. Ma c’era qualcosa che era più forte della sua volontà, che non riusciva a contrastare. In fondo era una bestia, lo era sempre stato. E l’unica cosa che avrebbe voluto fare ora, dopo il no della ragazza e le critiche di Mrs. Bric, era digrignare i denti e ringhiare. Liberarsi.

Non era in grado di dirlo a parole, esprimere i propri sentimenti  per lui non era contemplato. Era fatto per tenersi tutto dentro. Dentro di lui le cose marcivano, come marciva il castello che lo circondava.

Era un pozzo di desideri, passioni e sentimenti, intrappolati.

E lei non era altro che una ragazza come tante, una che se lo avesse conosciuto prima lo avrebbe supplicato di concedergli un tale privilegio.

“Dovrebbe imparare anche lei ad amare.” lo accusò Mrs Brick. Poi saltellò fino alla fine del corridoio e svoltò a destra infuriata seguendo il tappeto rosso, senza lasciargli la possibilità di protestare.

La luce delle candele di Lumière si affievoliva lungo le pareti di pietra ricoperte da arazzi, segni di un antico splendore. Si affievoliva come la forza del principe di rispondere alle accuse dei suoi servitori. Lui non aveva bisogno di loro per convincere una ragazza ad accettare uno stupido invito a cena. Non ne aveva mai avuto bisogno. Ma questo era prima, prima che fosse troppo tardi.

 

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