Heartbreaking (doloroso)

di Max
(/viewuser.php?uid=579)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SI RICOMINCIA ***
Capitolo 2: *** UNA COLAZIONE MOVIMENTATA ***
Capitolo 3: *** NICOLE SEAMSTRESS ***
Capitolo 4: *** RANDOM WALK ***
Capitolo 5: *** CATTIVE NOTIZIE ***
Capitolo 6: *** PENSIERI E IMPREVISTI ***
Capitolo 7: *** SENSI DI COLPA ***
Capitolo 8: *** HOLLOW MEN ***
Capitolo 9: *** PROBLEMI IN FAMIGLIA ***
Capitolo 10: *** CINDERELLA'S GOT TO GO ***
Capitolo 11: *** SEGRETI E BUGIE ***
Capitolo 12: *** SE NON CI FOSSE BILL... ***
Capitolo 13: *** ICE ***
Capitolo 14: *** NON TI DEVI PREOCCUPARE ***
Capitolo 15: *** INCUBI E DELIRI ***
Capitolo 16: *** REMUS LUPIN ***
Capitolo 17: *** CROSS-ROAD ***
Capitolo 18: *** ESSERE AMICI ***
Capitolo 19: *** UN DOLCE RISVEGLIO ***
Capitolo 20: *** L'ISPEZIONE ***
Capitolo 21: *** SEDICI ANNI ***
Capitolo 22: *** IL MONASTERO ABBANDONATO ***
Capitolo 23: *** MISTAKES ***
Capitolo 24: *** GIRL CHAT ***
Capitolo 25: *** AT LAST... ***



Capitolo 1
*** SI RICOMINCIA ***


Tic. Tac. Tic. Tac. Cu-Cù, Cu-Cù, Cu-Cù, Cu-Cù. L’orologio a Cucù batteva già le dieci del mattino, era tardi, ma la ragazza accoccolata fra le lenzuola sgualcite non accennava ad alzarsi. Ciocche di cappelli rossi terribilmente arruffati spuntavano da sotto la vecchia trapunta, e il suono impercettibile di un respiro riempiva la stanza. Era un'altra giornata di sole alla Tana e uno strano e quanto mai insolito silenzio avvolgeva la strampalata abitazione della famiglia Weasley.

BOOOOOOOOOM! Un fragore improvviso proveniente dalla stanza dei gemelli fece sobbalzare di colpo Ginny, mentre l'inconfondibile voce della signora Weasley tuonava arrabbiata - FED! GEORGE! QUANTE VOLTE DEVO RIPETERVI DI NON USARE I VOSTRI SCHERZI IL SABATO MATTINA! VOSTRO PADRE IERI SERA É RIENTRATO MOLTO TARDI, HA BISOGNO DI RIPOSO! -

- Scusa mamma! – Cantilenò Fred subito seguito da Geoge. - Sì scusa mamma! -

La piccola di casa Weasley si era sollevata a sedere, la coperta imbottita le era scivolata alla vita. Dall’aspetto sembrava stravolta, i lunghi capelli disordinati le ricadevano scompostamente sulle spalle e la camicia da notte, un’enorme maglietta di tessuto grigio con ricamato sopra un gatto nero, era completamente stropicciata.

Il viso pallido e ricoperto da una spruzzata di lentiggini, aveva assunto un cipiglio di chi non sa bene dove si trovi o che cosa stia accadendo attorno a lui. Era a casa…le vacanze, giusto…

Ultimamente era sempre più stanca, niente di strano visto la piega che avevano preso le sue giornate nelle recenti settimane. Ginny si era lasciata cadere nuovamente sul letto, non voleva alzarsi e ricominciare un’altra volta da capo quel tormento.

- VIRGINIA WEASLEY SCENDI SUBITO DI SOTTO LO SAI CHE ORE SONO?!……….FRED LASCIA ANDARE SUBITO TUO FRATELLO RON! -

- Subito nel senso di… -

- SUBITO FRED! -

- Andiamo ‘ma Fred non intendeva mica… -

- ADESSO FALLA FINITA GEORGE WEASLEY, RON NON È MICA LA VOSTRA CAVIA! -

- Ma lo sappiamo mamma è che Ginny stava ancora dormendo, vero Fred? -

- Assolutamente, non faremmo mai del male al piccolo Ronnie… -

- FATELA FINITA SUBITO! E tu Ron tesoro va a sistemarti quel naso…VIRGINIA WEASLEY! Ron caro ti ho detto di andarti a sistemare quel naso… -

- Ho cafito ho cafito vado… -

Ecco…oltre a quello…

La ragazza si era alzata di malavoglia ed aveva preso i primi vestiti che le erano capitati sotto mano, niente di speciale, una camicia bianca a righe azzurre e una semplice gonna blu elettrico. Mentre indossava le ciabatte e si dirigeva in bagno continuava a sentire in sottofondo la voce di sua madre che le diceva di sbrigarsi, fra un rimprovero e l’altro ai gemelli.

Una volta scesa in cucina si era trovata dirimpetto alla signora Weasley, la donna aveva le mani sui fianchi e sembrava alquanto di cattivo umore.

- Buongiorno mamma… -

- Buongiorno cara…RON INFILATI IMMEDIATAMENTE LA MAGLIA NEI PANTALONI SEMBRI IL FIGLIO DI NESSUNO…non riuscivi ad alzarti stamattina tesoro? Mi spiace averti tirato giù dal letto Ginny cara, ma VOSTRO…- Molly aveva appena lanciato un’occhiataccia a George che stava tentando di far ingoiare qualcosa a Ron mentre Fred lo teneva fermo. - …padre ed io dobbiamo proprio recarci al Ministero per alcuni…affari molto importanti. ORA SONO PROPRIO STANCA DI VOI TRE SE NON LA SMETTETE IMMEDIATAMENTE DOVRETE ARRANGIARVI CON LA COLAZIONE MI SONO SPIEGATA! -

- Sì, signora. – Fred aveva tirato una gomitata a George - Chiarissima. -

- Ma io che c’entro scusa… -

- …stavo dicendo Ginny cara? Ah, giusto perciò oggi dovrai preparare tu la colazione, sempre che tu ne abbia voglia. – Aveva terminato la frase guardando aspramente i tre ragazzi che aveva di fronte.

- Ehm, certo. -

La ragazza sembrava più rassegnata che altro, mentre i suoi fratelli per manifestare il loro entusiasmo avevano improvvisato una specie di danza indiana attorno a Ron.

- ADESSO NE HO PIENE LE SCATOLE, ARTHUR! -

- Arrivo tesoro, oh buon giorno ragazzi, vivaci sin dal mattino eh? -

- Buon giorno caro, i tuoi ragazzi se vanno avanti così questa mattina si beccano una bella maledizione senza perdono. Su, andiamo, quelli non aspettano mica noi. –

Il signor Weasley aveva dato uno sguardo all’orologio babbano che aveva al polso.

- Hai ragione sarà meglio muoverci, fate i bravi eh? -

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** UNA COLAZIONE MOVIMENTATA ***


- "Che cosa ho fatto di male eh? " - Ginny continuava a ripeterselo mentre si metteva ai fornelli; era strano che sua madre le lasciasse preparare la colazione, di solito voleva sempre assicurarsi che i suoi "ehm, bambini " consumassero " il pasto più importante della giornata " in modo adeguato e questo non prevedeva schifezze gommose, o di altra natura…sembrava proprio una di quelle mamme delle pubblicità babbane di cui le aveva parlato Hermione. Ed eccoli là, i suoi simpatici fratelli, figurarsi se le davano una mano, già coi loro esperimenti culinari avrebbero fatto certamente saltare in aria la cucina, o nella migliore delle ipotesi li avrebbero spediti direttamente al S. Mungo.

" Che stai preparando donna? " George si era avvicinato seguito da Fred e aveva scrutato attentamente la padella. "Pancake? Tutto qua…vuoi vederci morire di fame Gin? " Il tono supplichevole di Fred era stato palesemente ignorato dalla ragazza. – "Stai tentando di farcela pagare per le frittelleprurigginose di ieri? Guarda che il povero Ronnie non c’entra niente." -

- Ehi Ginny sono stati loro, guarda che io non c’entro niente. -

- Parola donna! – George si era messo una mano sul cuore.

Ginny era andata avanti imperterrita nella preparazione dei Pancake, era come se avesse messo l’audio sull’off, né aveva piene le scatole delle loro storie e poi di recente aveva ben altro che le teneva la mente occupata. - Be dovrete accontentarvi, oppure imparare a cucinare a voi la scelta. –

- Uffi ma lo sai che non sei simpatica in questi giorni? … - Ron aveva terminato la frase farfugliando qualcosa mentre frugava nel sacchetto dei biscotti.

- Ginny ti pregoooo dì a tuo fratello cosa non vaaaaaaaaaa? Percheeeeeeeeeeè tratti in questo modo i membri della tua famigliaaaaaaaa, il sangueeeeee del tu sangueeeeeeeee?…..- Fred si era messo in ginocchio e aveva preso la vita della sorella fingendo un pianto decisamente esagerato. George l’aveva costretto ad andare a sedersi al tavolo tirandolo per un braccio.

- Dacci un taglio Fred non attacca. -

- Ok, come non detto evviva i Pancake. Piuttosto quanto manca? Sto morendo di fame…-

  • Per forza dopo tutta la scena di prima…comunque sarei tentata di dirti mai, ma sono pronti…ehi! ma cosa… -

I gemelli si erano alzati e George le aveva portato via la padella dalle mani prima di sparire con Fred dietro la porta della cucina. - Grazie Gin. –

- Sì, grazie Gin. -

- Resteremmo ma il tempo è denaro… -

- …e noi né abbiamo già sprecato parecchio. -

La ragazza era rimasta interdetta e Ron aveva spalancato gli occhi e la bocca nel suo solito modo di fare, voleva obiettare ma non gli era uscito un fiato.

- E la mia colazione… -

- Ehm, se vuoi posso prepararti qualcos’altro. -

Ginny era a metà strada fra il sentirsi impietosita per Ron, e l’essere divertita per le performance mai uguali dei gemelli, non le veniva neppure d’arrabbiarsi.

- Davvero? -

- Sì…se vuoi. -

- No, non fa niente Gin… -

- Andiamo Ron non morirò mica per aver messo un’altra pentola sul fuoco, in ogni caso dovresti reagire un po’ più prontamente, non puoi sempre farti trattare così. -

Dopo qualche minuto il profumo delle uova fritte e della pancetta croccante appena cotta aveva riempito tutta la cucina; la piccola Weasley malgrado avesse altro che le frullava per la testa e la preoccupava particolarmente, non aveva saputo resistere all’aria abbattuta del fratello, e come biasimarlo? I suoi amici erano quasi tutti in qualche posto emozionante, mentre lui probabilmente aveva trascorso le vacanze più noiose della storia di Hogwarts…fra i tentativi dei gemelli di mandarlo all’ospedale con le loro "invenzioni " e le urla della mamma per gli imminenti risultati dei G.U.F.O., gli unici divertimenti erano gli allenamenti di Quidditch sulla sua scopa e le lettere che ogni tanto gli arrivavano da Harry e Hermione. Poi un po’ si sentiva in colpa, di solito era lei la cavia prediletta degli "scherzi vispi Weasley ", ma da quando era finito l’anno scolastico ogni santissimo giorno si era ritrovata ad inventare una scusa per le sue continue sparizioni. A proposito, fra un po’ non avrebbe davvero più saputo che pesci pigliare…

- Ron? - Ginny si era seduta al tavolo davanti al fratello, era piuttosto occupato a tagliare le uova e non le aveva dato molto retta. Lei si era messa a giocare con le briciole sulla tovaglia con fare pensieroso.

- Sì? -

- Non trovi strano che la mamma e il papà vadano al ministero il sabato mattina? -

- No. - Il ragazzo aveva risposto infilandosi una forchettata enorme di pancetta in bocca con quello che era sembrato un grugnito, era troppo concentrato sulla sua colazione per prestare attenzione alla sorella.

- No? Ma ragiona la mamma neppure ci lavora al ministero e papà stanotte non è tornato prima delle quattro… -

Il rosso aveva deglutito con un enorme sforzo e Ginny per un momento era stata sul punto di pensare che stesse per morire soffocato.

- Ti fai troppi problemi Gin, inizi a somigliare a Harry… -

- Be grazie tante Ron , tu quindi vuoi dirmi che per te è perfettamente normale? -

- Sì Gin…non mangi? Se non mangi lo finisco io… -

- No, grazie non ho fame. -

La giovane si era alzata di scatto poggiando entrambi le mani sulla tavola, la sedia aveva emesso un suono sgradevole, sembrava arrabbiata.

- Le donne non le capirò mai…Ginny poi è un vero mistero… - Aveva osservato la sorellina allontanarsi per poi riprendere ad attaccare il piatto con aria soddisfatta, non c’era modo migliore d’iniziare la giornata che lui sapesse.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** NICOLE SEAMSTRESS ***


Salve a tutti! Da danno umano quale sono e nella fretta ^_^’ mi sono scordata d’inserire prima la solita pappardella, Harry Potter e gli altri personaggi non mi appartengono (c’erano dubbi?…) appartengono alla Rowling, e se mi appartenessero non avrei fatto morire Sirius, e soprattutto non sarei qui ma a spendere tutti i miei quattrini cercando di irretire Tom Felton. Ringrazio quelli che mi hanno recensito, sono commossa sul serio, credevo che mi avrebbero lanciato dei pomodori… Bene dopo tutta questa tiritera e dopo aver chiesto scusa in anticipo per eventuali errori, imprecisioni e soprattutto danni (sono una novizia in queste cose e ci metto un po’ a capire come funzionano…) inizio finalmente col nuovo capitolo.

 

Una piccola ragazza, avvolta in un alquanto logoro mantello, sfrecciava per le vie di Diagon Alley scontrandosi con i passanti e travolgendo vecchie streghe. Era di nuovo in ritardo, incredibilmente, incomprensibilmente, terribilmente in ritardo, ed era tutta colpa di Fred e George, e della enorme e vistosa macchia che aveva sulla camicia. Era impresentabile, aveva i capelli appiccicati al viso, e grazie alla Metropolvere era completamente ricoperta di cenere. Non ne poteva più di correre, le faceva male il petto e l’aria che avrebbe dovuto aiutarla a respirare le bruciava nei polmoni. Perché oggi doveva andarle tutto storto? Non erano già abbastanza complicate così com’erano le cose? Stavolta l’avrebbe uccisa, Dio solo sa che cosa le avrebbe fatto fare per vendicarsi, e lei non si poteva neanche lamentare…

- " Hai avuto davvero una grande idea Ginny complimenti. " -

Ginny aveva svoltato l’angolo sorpassando il Ghirigoro di parecchi metri, ritrovandosi, a suo parere, in prossimità del più brutto edificio della zona. La costruzione aveva un che di grottescamente disgustoso e mellifluo, sembrava un grosso ammasso di panna montata rancida, il tutto in stile dannatamente liberty. Sopra, una vecchia insegna diceva: Emporio di Nelly, tutto quello che vorreste trovare al prezzo che vorreste. Ovviamente quello più caro possibile.

La giovane si era fiondata dentro la porta di vetro del negozio, un suono di campanellini aveva annunciato la sua presenza irritandola non poco. Iniziava a detestarli quei campanellini, probabilmente un giorno entrando a far compere "come no… " da qualche parte le sarebbe venuta una crisi isterica.

- Virginia Weasley! Alla buon ora! Alla fine hai deciso di degnarci della tua presenza! - Dio quanto le sembrava Malfoy quando strascicava le parole in questo modo…, con la sostanziale differenza che il tono era più quello della Mcgranitt quando è incavolata.

Una donna, che poteva tranquillamente aver passato la sessantina, era uscita da dietro il bancone ed era andata in contro alla ragazza. Nicole Seamstress era il peggior esemplare di maganò esistente, non solo disprezzava profondamente i maghi, ma anche tutto quello che aveva a che fare con la magia. I capelli castani tagliati corti, il naso che poteva far tranquillamente concorrenza a quello di Piton e l’ostinata idea di essere in qualche modo superiore agli altri, inoltre, aveva una politica commerciale tutta sua che non prevedeva certo la divulgazione del suo piccolo segreto, gente come i Malfoy non avrebbero certo fatto affari con lei altrimenti. Vendeva di tutto, e niente che fosse opera di qualche incantesimo, soltanto oggetti fatti a mano, secondo lei avevano un tocco di classe che, a volte, la magia non riusciva ad imprimere; ma per Ginny era l’idea che tutto ciò che vi era lì dentro fosse fatto col sangue e col sudore di altri maghi che attirava persone dello stampo di Malfoy…solo non capiva perché, dei maghi anche in gamba, dovevano abbassarsi a tanto…soldi? D’altronde i soldi governavano il mondo che lei sapesse. Naturalmente Madama Nicole non utilizzava elfi domestici, era incredibile come certa gente potesse diventare schizzinosa quando si trattava di acquisti, fa niente se a casa avevano decine di quelle povere creature che ancora un po’ andavano al bagno anche per loro…comunque, quella era la ragione per la quale lei si trovava lì dopotutto…ormai erano quasi tre settimane che si sottoponeva a quel tormento. Nelly sembrava averla eletta sua sguattera d’onore, d’altronde era fin troppo facile per la vecchia megera tiranneggiarla…era giovane, non aveva esperienza, e senza magia non sapeva fare nient’altro se non i lavori domestici, chi l’avrebbe mai presa? Soprattutto senza dire una parola ai suoi genitori…poco importava se suo padre riusciva a malapena a sbarcare il lunario, se vedeva sua madre fare i salti mortali per star dentro coi conti, erano benissimo in grado di mantenere i propri figli e non c’era bisogno che questi iniziassero a lavorare prima di aver finito le scuole. " Si è bambini una volta sola, e i bambini devono solo pensare a godersi la propria infanzia e studiare per il resto c’è tempo. " Erano troppo orgogliosi perché ammettessero che i soldi erano un problema, una volta aveva visto sua madre guardare perfino sotto i tappeti per essere sicura che non ci fossero finiti alcuni zellini, e quando si era accorta della sua presenza, aveva finto di controllare che non fossero rimasti in giro alcuni degli scherzi di Fred e George. Non ce l’aveva mai avuta coi suoi genitori per questo, non proprio almeno, di certo non avrebbe mai fatto a cambio con i Malfoy, almeno lei aveva una vera famiglia più o meno unita…non doveva pensare a Percy…solo che certe volte i soldi erano stati effettivamente un problema, anche se non le avevano mai fatto mancare nulla che le servisse realmente, non era sempre facile andare a scuola con vestiti di seconda mano, quand’era più piccola non faceva caso a certe cose ma adesso…dieci falci a pomeriggio non erano una fortuna, ma almeno quest’anno avrebbe potuto comprarsi del tessuto non del tutto scadente e cucirci un vestito decente per il ballo.

Sì, era un obiettivo decisamente frivolo e sciocco, e se i suoi fratelli l’avessero saputo l’avrebbero presa in giro per il resto della sua vita, dopo averle fatto i complimenti per il suo spirito imprenditoriale ovviamente…Percy né sarebbe stato fiero…

Nelly indossava una specie di saio di un rosa scuro ed era piuttosto seccata, scrutava la piccola maga come se fosse un vermicolo, dal canto suo la ragazza sapeva di avere un aspetto misero ma cosa più importante non aveva una scusa accettabile per il suo ritardo. - Mi dispiace Madama Seamstress non succederà più. -

- Signorinella è la terza volta in una settimana, e il mio tempo è denaro, passino i continui disastri che combini, ma se non sei neppure in grado di presentarti qui in orario forse è meglio che…e poi cosa significa questo aspetto? Vuoi insudiciarmi tutto il negozio? I miei clienti si lamentano di te già a sufficienza. Ti assicuro che se non ci fosse tanto lavoro…indossa quel grembiule e per l’amor del cielo fa qualcosa per quei capelli che sono un insulto al buon gusto. Cosa mai devo fare con te eh? Il secchio e lo straccio sai dove sono. -

- Sì. – Con sguardo afflitto Ginny si era diretta verso il retrobottega quando Nicole l’aveva fermata.

- Oh, Ginny tesoro ricordati di pulire anche il camino. -

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** RANDOM WALK ***


Buonasera a tutti, o buongiorno se state leggendo di giorno, ad ogni modo…questo capitolo potrà sembrare noioso ad alcuni, io personalmente ho trovato piacevole scriverlo. ^_^ So perfettamente che l’analisi dei pensieri di Malfoy non è cosa nuova ma mi serviva per la storia, per inquadrare un po’ il personaggio. Come di sicuro avrete capito tutto questo avviene dopo il quinto libro; forse adesso non sembra ma vi assicuro che c’è una storia non sto facendo agire così a caso i personaggi e in futuro compariranno anche tutti gli altri personaggi della Rowling, insomma non esiste un Harry Potter senza Harry Potter, avranno anche loro dello spazio e la loro importanza. Ho messo Ginny come personaggio principale perché tenderò a soffermarmi soprattutto su di lei, anche volendo non riuscirei a fare diversamente, sono mooolto limitata come scrittrice, perciò tendo a far agire soprattutto il mio personaggio preferito. Un’ultima cosa, se qualcosa non dovesse andarvi a genio, il modo in cui tratto qualcuno, cose proprie della storia che magari secondo voi non hanno capo né coda…ecc, sono ben accetti consigli e lamentele. Be, a questo punto buona lettura.

 

 

 

Draco Malfoy era a Notturn Alley, quella mattina era uscito da Palazzo Malfoy sbattendo la porta, incurante delle urla di Dewy, il dannato elfo domestico che gli era stato messo alle calcagna da suo padre, ben prima di finire ad Azkaban ovviamente. Dewy era una creaturina petulante e insopportabile, " signorino Malfoy ", " signorino Malfoy", era in grado di piazzare quel "signorino Malfoy " una sessantina di volte all’interno di una frase; lo pedinava ovunque, una volta lo aveva seguito persino in bagno…lo aveva costretto a fare un bel tuffo nella tazza e d’allora non ci aveva più riprovato.

Il ragazzo camminava senza meta per i vicoli malridotti del quartiere, lo stemma dei Malfoy era ben in vista sull’impeccabile mantello nero, nessuno avrebbe anche solo osato avvicinarsi; per la maggior parte dei maghi non era il posto più adatto per andarsi a fare una passeggiata, a meno che non volevi correre il rischio di riscoprirti, alla meglio, nudo come un verme a strisciare sopra l’asfalto gelido.

Voleva stare solo, non ne poteva più della gente, delle persone che gli ronzavano intorno; si comportavano tutti quanti come se dovesse sentirsi a pezzi, o comunque sconfitto e decisamente umiliato, come se non si sentisse già così costantemente…ma per quello che ne sapeva non era lui quello ad essere stato rinchiuso ad Azkaban, chissà…a qualcuno avrebbe fatto certamente più piacere.

Sua madre poi era l’apogeo della disperazione, si era rinchiusa nelle proprie stanze e si era rifiutata di vedere chiunque, il suo " amato figlio " compreso. Già dalla prima volta che lo aveva visto doveva averlo considerato quello sgraziato piccolo essere che le aveva irrimediabilmente compromesso la linea, figurarsi adesso...somigliava così tanto a suo padre, e in questi anni non si sa bene come Narcissa Black aveva sviluppato una sorta di repulsione per l’uomo che prima adorava e idolatrava. Veramente un bel quadretto famigliare…ironico che non fosse lui quello ad essere stato nuovamente sconfitto, nonostante quello che tutti andassero dicendo e pensando, compreso quel dannato Potter. Se non fosse stato per l’umiliazione sarebbe potuto perfino esserne contento, finalmente si era liberato di suo padre Lucius Malfoy…ma per qualche strana forma di masochismo, non n’era affatto contento…dopo tutto non era così diverso da suo padre… - " Hai visto papà? Dopotutto siamo uguali, sei uguale al tuo stupido figlio. " -. Draco continuava a camminare incurante della feccia che lo circondava, i peggiori rifiuti del mondo magico si trovavano tutti lì confinati come reietti…e allora perché non anche lui, non poteva finalmente dire casa dolce casa? Mentre la fonte dei suoi problemi, il grande Harry Potter se ne stava tranquillamente a bearsi nella suo gloria con tutti i sui stupidi amici…quel piccolo patetico buffone paranoico, figurasi che guaio se una volta non era al centro dei pensieri di tutti…lo detestava, lo detestava con tutto se stesso, era sua la colpa se suo padre si trovava ad Azkaban, era sua la colpa se Serpeverde continuava a farsi soffiare la coppa delle case, se nessuno lo considerava come avrebbe dovuto, riusciva sempre e immancabilmente a oscurarlo, come mago, come cercatore, come persona…e qual’era il suo grande merito? Quello di essersi fatto sfregiare la faccia quand’era un lattante, non era stato lui a sconfiggere Voldemort dopotutto, non aveva tutto questo potere ma solo una stupidissima cicatrice. Solo per il fatto di chiamarsi Harry Potter…persino suo padre avrebbe preferito avere lui come figlio, e invece no… - Visto papà? Non sempre le cose vanno come vuoi tu…hai solo me. –

Perché lo aveva detestato? Perché sin da quando era nato non l’aveva ritenuto degno di essere suo figlio? I Medimaghi pensavano addirittura che sarebbe nata una femmina talmente il battito del cuore era debole…talmente sembrava un esserino indifeso. La verità è che suo padre lo sapeva, sapeva fin dall’inizio, fin da quando l’aveva visto piangere la prima volta, ciò che lui aveva sempre tentato di nascondere. Era un debole e un vigliacco…il figlio di Lucius Malfoy non poteva essere né un debole, né un vigliacco…vedeva chiaramente quale sarebbe stato il suo futuro dopo Hogwarts, che cosa sarebbe diventato: un mangiamorte; per poi contrarre un bel matrimonio rispettabile, sfornare un erede… - " …finché un bel giorno ci rimani secco, per la causa… ". Ma che importava dopotutto? Suo padre era talmente accecato dal potere, dall’idea di servire Voldemort, di elevarsi sopra gli altri…che aveva dimenticato un piccolo particolare lui non era disposto a farsi ammazzare per qualcun altro. In realtà Voldemort gli era del tutto indifferente, il bene, il male…ciò che contava era il potere, quello vero, non il pallido riflesso di quello di qualcun altro…e soprattutto l’unica cosa per cui valeva la pena di morire era se stesso.

Il problema serio era cosa avrebbe fatto se gli altri si fossero mai accorti della parte che stava recitando, del fatto che fosse un vigliacco, che il suo atteggiamento serviva solo a nascondere la sua debolezza, i suoi insulti ad affossare ciò che altrimenti non avrebbe saputo neppure affrontare…doveva essere superiore almeno con le parole, non erano questo forse i Serpeverde? Bravi a parole, tutti i rifiuti e i senza capacità con grandi ambizioni finivano lì. Usare sotterfugi, ingannare, mentire, tradire, sfruttare le debolezze altrui…

Il giovane mago si era stancato di autocommiserarsi, doveva essere un vero idiota per passeggiare ancora in mezzo a quei sudici pezzenti che gli stavano intorno, e poi quel posto iniziava davvero a emanare un odore sgradevole, non sarebbe bastata una doccia per depurarsi da quell’immondizia.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CATTIVE NOTIZIE ***


Salve di nuovo, non c’è molto da dire, questo è quanto la mia mente malata ha partorito in questi giorni. Chiedo scusa per eventuali errori d’ortografia, ho controllato e ricontrollato, ma in questo momento la vista mi va insieme, troppo tempo al computer…ringrazio ancora un sacco per i commenti, non ci speravo. Grazie ^_^

P.S: rinnovo l’invito a lapidarmi se necessario.

 

 

 

 

Al Ministero della Magia regnava il caos completo, non c’era tregua, e questo sin da poche ore prima che la Gazzetta del Profeta pubblicasse l’articolo sul ritorno dell’Oscuro Signore. I dipendenti erano costretti a lavorare giorno e notte, facendo un mucchio di straordinari; promemoria interdipartimentali di colore differente, a seconda della loro importanza, volavano ovunque. C’era un via vai di Gufi, e persone peggio che in una grande metropoli durante l’orario di punta; il Ministro della Magia, Corenlius Caramel, era arrivato al punto di autorizzare l’utilizzo dei telefoni Babbani per le comunicazioni, non c’erano abbastanza camini, gufi, personale e materiale per fare altrimenti, soprattutto per non destare i sospetti del mondo non magico su quello che stava accadendo. Tutti i Dipartimenti erano in agitazione, e ognuno dava la colpa all’altro quando qualcosa andava storto. La Guida di Elementi di Difesa Personale e della Casa non era ancora stata distribuita, c’era troppo disaccordo fra chi voleva includervi le maledizioni senza perdono e chi la riteneva una mossa troppo azzardata e controproducente, oltre che decisamente illegale, già la Sede Centrale Obliviatori era dovuta intervenire per sedare qualche occasionale attacco di panico troppo eclatante, per riuscire a passare inosservato, e il Comitato Giustificazioni per Babbani si lagnava di essere a corto di scuse credibili anche per degli allocchi senza speranza. Gruppi di Auror erano stati messi a pattugliare le strade costantemente, e alcuni dipendenti del neocostituito Dipartimento S.O.S, (Save our Skin), giravano per le abitazioni ad installare incantesimi anti-materializzazione e violazione di domicilio.

Le ispezioni e i controlli si erano fatti sempre più frequenti, mentre nei negozi era proibita la vendita di oggetti magici senza l’apposito sigillo apposto dal Ministero, e di certi tipi di ingredienti per pozioni; anche la posta richiedeva la presenza di uno speciale contrassegno, e per questa ragione erano state liberate delle cornacchie-ispettrici che avevano il compito di sorvolare i cieli alla ricerca di qualche trasgressore. In tutto questo la cosa strana era che di Voldemort, dopo l’apparizione al Ministero della Magia quell’ormai noto venerdì di giugno, non c’era più stata straccia, e al di là di qualche sedato episodio di panico, e delle nuove restrizioni, la vita nella comunità magica sembrava essere quella di sempre. I più maligni e gli scettici schernivano il Ministero e Silente dicendo che nessuno poteva sapere cosa realmente era accaduto quella notte d’inizio estate, e che forse le voci del ritorno di tu-sai-chi dopotutto erano solo voci.

Nel frattempo, al livello secondo del Ministero della Magia, il signor Weasley e la signora Weasley sedevano l’uno davanti all’altra nell’angusto spazio dell’ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani. Arthur aveva fatto accomodare la donna dietro la scrivania del collega e si era affrettato a chiudere la porta, sembrava avere molta fretta ed essere particolarmente agitato.

- Arthur cosa… - Molly aveva iniziato a spazientirsi, era da quella mattina che l’aveva fatta uscire di casa senza dirle cosa stava accadendo, era stata costretta a lasciare i ragazzi senza poter neppure preparare la colazione…Il mago le aveva fatto segno di tacere, aveva preso un pezzo di pergamena sul quale aveva scritto qualcosa per poi mostrarglielo. Non dire una parola Molly e stai al gioco. La signora Weasley aveva annuito attendendo che il marito agisse. L’ometto dai capelli rossi traendo un profondo respiro si era messo a parlare utilizzando un tono più alto del normale. – Molly non c’era bisogno che venissi sin qui a controllare di persona, ti assicuro che non mi fanno lavorare più del necessario… -, dopodiché aveva guardato la moglie in modo incoraggiante. – ARTHUR WEASLEY NON SEI MAI A CASA, IL GIARDINO È INVASO DAGLI GNOMI E I TUOI FIGLI NON SANNO NEMMENO PIÙ CHE FACCIA HA IL LORO PADRE! QUESTA FAMIGLIA VA A ROTOLI E LO SAI DI CHI È LA COLPA?-

- Molly ti prego…così ci sentiranno tutti… -

- MA DAVVERO?! SAI CHE TI DICO ARTHUR WEASLEY… -. Al di fuori della porta l’ultima parte della frase era stata coperta da un suono come di qualcosa che veniva attutito di colpo. – Nullus Vox. – Aveva pronunciato l’uomo agitando la bacchetta in aria.

- Fiuuu, adesso possiamo parlare tranquillamente…Molly cara sei stata incredibilmente convincente, se non lo sapessi, io stesso ci avrei creduto. -

- Arthur non è stato poi così difficile visto che ho semplicemente detto quello che penso… -

- Andiamo Molly…ehm…non lo penserai sul serio…dopotutto lo sai che…o non lo sai…Molly devi ascoltarmi molto attentamente. – Il mago era diventato improvvisamente serio e la signora Weasley aveva iniziato a spaventarsi veramente.

- Che cosa sta succedendo Arthur? Mi stai facendo agitare, perché siamo venuti qua pur sapendo quanto fosse rischioso? Perché non possiamo parlare a Grimmauld Place? -

L’uomo aveva assunto un’espressione sofferente. – È meglio che resti seduta Molly… - Molly Weasley aveva iniziato a tremare. - Arthur non dirmi che… -

- No, no Chiarlie e Bill stanno bene…e anche Percy malgrado tutto…la scorsa notte c’è stato… - Non riusciva a proseguire, non aveva il cuore di dire alla moglie quello che era accaduto ma non c’era alternativa. - Hestia Jones ci ha tradito. – Gli occhi della donna si erano spalancati. – Tonks e Remus stavano sorvegliando Harry quando qualcosa ha attirato la loro attenzione, naturalmente Remus è andato a controllare e… -

- Harry! -

- No Molly Harry non c’entra. Ora fammi finire, si tratta di Tonks…sapevano esattamente dove lei e Remus si trovavano e come stanarli…mi dispiace tanto Molly, adesso lei è al S. Mungo, l’hanno attaccata con molti incantesimi, volevano farla parlare…i Medimaghi non sanno esattamente… -

- Oh Arthur cosa…prima Sirius, ora Tonks…sai come la penso, non possiamo continuare in questo modo… - Lo aveva detto fra un singhiozzo e l’altro, era stato un bisbiglio.

- Ascolta…non è finita…Grimmauld Place è andato, tredici dei nostri che si trovavano lì sono morti. Bill e Malocchio stanno cercando un altro posto…Molly non sai quanto mi dispiace. Fred e George… -

- No! Mi hai sentita Arthur Weasley? I miei figli non entreranno a far parte dell’Ordine, non finché sarò al mondo. – Il viso di lei, ormai bagnato dalle lacrime, era contratto dalla rabbia e arrossato per lo sforzo. Il signor Weasley per tutto il tempo aveva mantenuto una voce atona e cadenzata, era cosciente che trattare con Molly in quel momento non era possibile e l’aveva lasciata sfogare.

- Sai cosa significa guardare i tuoi figli negli occhi ogni giorno e mentirgli? E far finta che tutto vada bene e che gli affari dell’Ordine non li riguardino per nulla? No, che non lo sai perché sei sempre rinchiuso qui dentro o a Grimmauld Place! A casa non ci sei mai, non ci sei per rispondere alle loro domande! E quella povera creatura di Harry, ma ci pensi? Rinchiuso in quella casa di Babbani che lo fanno morire di fame e lo fanno sentire come un…un…un ospite…la sua famiglia Arthur! No…no…dolore e ancora dolore, è questo il futuro che vuoi per i tuoi figli? Ma tanto non fa niente non è vero Arthur, sono io la stupida che si preoccupa… -

- Ora basta Molly, capisco il tuo dolore, capisco che tu sia sconvolta ma Tonks, Sirius e tutti gli altri hanno sempre saputo cosa c’era in gioco e a cosa andavano incontro e Harry, Molly non è più un bambino, è un ragazzo, avrebbe il diritto di sapere lui più di tutti. -

- Basta…basta…non voglio starti a sentire… -

- E invece mi ascolterai Molly. Neppure i nostri ragazzi sono più dei bambini, anch’io vorrei poterli proteggere sempre ma non è possibile, e anche Ron, Ginny…né hanno passate a sufficienza. Io credo che il miglior modo di proteggerli sarebbe metterli al corrente di quello che succede. -

- …fammi tornare a casa Arthur… -

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** PENSIERI E IMPREVISTI ***


Salve gente, eccomi di nuovo qui. Grazie ancora di cuore per le recensioni grazie, grazie, grazie, grazie, grazie…un miliardo di volte grazie. Con questo minicapitoletto chiudo la mia serata in bellezza. Buona Notte a tutti. ^_^

 

Diagon Alley restava sempre Diagon Alley, poteva anche crollare il mondo e quegli idioti non avrebbero smesso di andarsene in giro col sorriso stampato sulle labbra. Draco Malfoy si era appena lasciato alle spalle Notturn Alley e già il paesaggio era completamente trasformato; non soltanto l’aria sembrava più salubre e meno opprimente, non lo avrebbe mai ammesso ma lui stesso si sentiva più leggero, le persone parevano sbucare da ogni direzione; gente che usciva dai negozi, gente che camminava per le strade, gente ferma davanti alle vetrine o semplicemente seduta in un angolo a parlare. Una moltitudine di visi, di colori, di suoni, persino di odori che si mescolavano insieme in una caotica composizione. - Da spaccarti la testa e cavarti i bulbi oculari dagli occhi. -. Ma che avevano tutti da essere così contenti? Era il solo ad essersi reso conto che erano entrati in guerra? E poi perché c’era tutta quella gente in giro, non avevano proprio niente da fare a casa loro? Che inutile spreco di energie…che senso aveva darsi tanta pena quando tutto poteva venire distrutto in qualsiasi momento con un colpo di bacchetta? Dopotutto forse era davvero l’unico sano di mente…provava pietà per la metà di loro, e per l’altra non poteva fare a meno di pensare che era quello che si meritavano. Era la gente come loro che lo aveva costretto ad essere quello che era, era la gente come loro, come quegli stupidi Weasley, che aveva mandato suo padre in prigione. Si accanivano tanto a difendere l’onore di Silente, del grande Potter, ma poi? Passato il momento? Andavano avanti con la loro vita come se nulla fosse, mentre probabilmente, da qualche parte i loro eroi, in segreto, cadevano come mosche sotto gli attacchi dei Mangiamorte. – " Solo perché una cosa non si vede vuol dire che non accade? " –

Camminava evitando accuratamente il contatto con le persone, non che la cosa fosse particolarmente difficile visto il modo in cui si allontanava di fretta chi lo riconosceva, aaaah ma quel cipiglio d’indignazione che gli rivolgevano tentando di battere in ritirata era qualcosa di spettacolare, neppure a Hogwarts raggiungevano una tale perfezione di espressione. Fortunatamente c’era ancora qualcuno per cui il nome dei Malfoy contava qualcosa, o che perlomeno avesse abbastanza paura da rispettarlo…ironico che esistessero tanti sciocchi, neppure lui rispettava più suo padre…gli faceva maledettamente paura, questo sì. Anche adesso, anche da dietro le sbarre di Azkaban era in grado di fargli quell’effetto. Chi era spaventato non faceva testo, avevano solo il timore di quello che avrebbe potuto far loro, e per lui, per lui era diverso, perché lui a differenza di loro sapeva…ma gli altri, quelli che erano ammirati, che lo idolatravano per essersi immolato per l’Oscuro Signore…c’era davvero qualcuno che desiderava ardentemente essere come suo padre.

Si era nuovamente perso nei suoi pensieri, non era la prima volta e di certo non sarebbe stata l’ultima, visto che ultimamente era l’unico modo che aveva per avere una conversazione decente senza leccapiedi o menomati mentali…qualcosa però era riuscito a distrarlo catturando la sua attenzione.

Virginia Weasley non si era mai sentita tanto stupida come in quel momento, neppure quando a qualcuno veniva in mente di rispolverare il suo S. Valentino per Harry…stava pazientemente pulendo il camino del negozio di Nelly, lavoro di per sé già abbastanza degradante, quando questo si era messo a sputare fumo e fuliggine da tutte le parti e non c’era stato verso di farlo smettere; ovviamente Nicole era sbucata all’improvviso dal retro e aveva iniziato ad urlare come una pazza furiosa incolpando lei di aver fatto chissà quale incantesimo di pulizia, e questo fino a che un disgustosissimo Bundimun* era precipitato fuori dalla cappa schizzandole addosso tutto il suo repellente liquido; la creatura che aveva l’aspetto di una macchia di funghi verdastri con gli occhi, le era rimasta appiccicata addosso e la osservava assonnata. Nelly che era semplicemente terrorizzata, aveva continuato a starnazzare che in quarant’anni di professione non le era mai capitata una cosa simile, che se si veniva a sapere la sua reputazione sarebbe stata compromessa per sempre; a nulla erano valsi i suoi tentativi di spiegarle che sarebbe bastato un piccolissimo incantesimo per farlo sparire…tutto questo davanti agli occhi divertiti di Draco Malfoy. Prima di entrare nel negozio e fare sparire l’innocua creatura con un rapido colpo di bacchetta, il ragazzo aveva assistito con profondo gusto a tutta la scena. – Evanesco. Weasley…allora sei proprio tu, credevo di aver visto un sudicio elfo domestico…ti dona lo sporco… -

* Non mi ricordo se era presente in uno dei libri o meno, comunque era elencato in "Gli animali fantastici dove trovarli" è sempre della Rowling ed era uscito per beneficenza, se qualcuno non l’ha letto è carino… Bundimun: I Bundimun sono diffusi in tutto il mondo. Abili nello strisciare sotto i pavimenti di legno e dietro gli zoccoli delle pareti, infestano le case. La presenza di un Bundimun di solito è annunciata da un intenso puzzo di marcio. Il Bundimun secerne un liquido che fa marcire le fondamenta della dimora in cui si trova. Il Bundimun in stato di riposo assomiglia a una macchia di funghi verdastri con gli occhi, anche se quando è spaventato sgattaiola via sulle sue numerose zampette lunghe e sottili. Si ciba di sudiciume. Gli incantesimi Pulitori possono liberare una casa da un’invasione di Bundimun, ma se si è consentito che diventino troppo grossi bisognerebbe prendere contatti con l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche (Sottosezione Flagelli) prima che la casa crolli. Il secreto del Bundimun diluito viene usato in alcuni liquidi detergenti magici.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** SENSI DI COLPA ***


Salve a tutti ^_^ la storia pian piano procede, spero non la troviate particolarmente noiosa è che certe cose non posso proprio evitare di scriverle o non si capirebbe più un bel niente. Bando alle ciance, buona lettura e se avete lamentele o consigli non esitate.

 

 

La vita a Privet Drive non offriva molte distrazioni, specie in una calda giornata d’estate Londinese; non c’era nessuno a chiacchierare lungo la via, o intento ad annaffiare il proprio giardino, e neppure i soliti monelli, che si aggiravano per il quartiere tentando di far saltare qualche idrante, o infilando patate nei tubi di scappamento delle auto parcheggiate, sembravano disposti a rinunciare al refrigerio delle loro case. Tutti se ne stavano rintanati nelle proprie abitazioni cercando di godere, il più possibile, dell’aria condizionata o di qualche bibita fresca appena tolta dal frigorifero. Soprattutto a quell’ora del pomeriggio, perfino il deserto del Nevada avrebbe avuto un aspetto più florido e suggestivo, e se il suono di qualche apparecchio televisivo e di qualche impianto di condizionamento, non avesse prodotto un po’ di rumore, chiunque fosse passato da quelle parti avrebbe pensato di ritrovarsi in una di quelle vecchie città fantasma che si vedevano di solito nei film.

Non era affatto strano che in mezzo a tutta quella desolazione, la finestra sempre sbarrata di un piccolo appartamentino disabitato, posto di fronte al numero 4 di Privet Drive, non attirasse alcuna attenzione; ma se qualcuno avesse osservato con un occhio un po’ più attento il piccolo lembo di persiana sollevato, o se si fosse preso la briga di salire le scale del vecchio palazzo diroccato e aprire la porta scrostata e dai numeri d’ottone semi scollati, avrebbe di sicuro trovato molto interessante, o perlomeno strano, l’appartamento 3 e il suo inquilino. Il monolocale era completamente buio, eccettuato il piccolo spiraglio bianco provocato dalla persiana leggermente sollevata, l’aria era pesante e satura di un tremendo lezzo di chiuso, accanto ad un meditabondo odore d’alcol e di cibo in decomposizione. Rifiuti e vestiti sporchi erano ovunque, vecchie riviste ammucchiate, avanzi di pietanze precotte, bottiglie vuote…due sgangherate brande erano poste in un angolo, e si poteva distinguere chiaramente la figura di un uomo seduto in una poltrona con una bottiglia in una mano, l’altra era appoggiata sul capo chino. Remus Lupin sembrava l’ombra di se stesso.

Non sapeva quanti giorni erano passati da quando era caduto in quello stato, non sapeva se fuori fosse giorno o notte, non si ricordava neppure con esattezza il mese o l’anno in cui si trovava. C’era soltanto una cosa che aveva chiara in testa, che riportava alla sua mente di continuo avvertendo nitidamente i minimi dettagli, ogni particolare, ogni suono, ogni frase…

Era una fresca sera di giugno, quel pomeriggio aveva fatto incredibilmente caldo ma poi, come per splendida magia, una fresca pioggerellina aveva raffreddato dolcemente la temperatura. Dalla finestra con la persiana appena sollevata si potevano chiaramente osservare le goccioline che scendevano leggere e cadevano a terra. Plic. Plic. Plic. Prima lentamente, una, un’altra, e un’altra ancora, poi rapidamente.

L’appartamento numero tre era appena illuminato da qualche candela. Non era una reggia, ma era pulito e aveva un piccolo bagno. Due brandine con le coperte profumate di sapone di marsiglia erano poste con cura in un angolo, e un tavolino con due vecchie poltrone tarlate giaceva abbandonato al centro della sala. La parete centrale era interamente occupata da un diroccato camino, ad eccezione di un piccolissimo tratto dove si apriva la porta della microscopica toilette. L’aria era leggera, e si poteva percepire un piccolo accenno della fragranza dolciastra del caramello; capitava ogni volta che la giovane ragazza, intenta ad osservare la casa di fronte, dal non proprio nuovissimo telescopio, faceva un piccolo movimento o combinava qualche pasticcio. – Oggi Harry sembrava un leone in gabbia, fortuna che gli è venuto sonno…sto diventando cieca a forza di spiarlo con questo affare. -

- Non mi stupisce visto che stai inchiodata lì osservando ogni suo più piccolo spostamento, sai non credo che un dissennatore potrebbe attaccarlo durante il tragitto fra la cucina e il bagno… -

- Divertente Remus, ma non sei tu che Molly interroga quando andiamo a Grimmauld Place e l’altra volta si è arrabbiata perché non ho saputo dirle se gli hanno fatto fare merenda o meno… -

- No, no, ti assicuro Tonks che interroga anche me…ma ogni volta poi si distrae e inizia a recriminare sul mio cappotto, su quanto è logoro, su come dovrei averne più cura, e quanto diventi matta per sistemarlo ogni volta. -

- Perciò tu mi consigli di compare un cappotto… -

- No, Tonks ti consiglio di distrarla, che so puoi rompere qualcosa. Sono sicuro che non desteresti sospetti… -. La maga si era portata le mani sui fianchi con fare esasperato e aveva sorriso in modo obliquo. Lupin era divertito, stare rinchiusi lì dentro a spiare, cioè sorvegliare, un giovane sedicenne non era quel gran affare, ma Tonks se non altro gli faceva trascorrere le ore in modo più piacevole. Quel giorno portava i capelli castani liscissimi e lunghi, scalati forse in modo un po’ troppo pazzo…gli occhi erano i suoi però e si ricordava perfettamente come lo avevano guardato quando era stato costretto a lasciare il rifugio per capire cosa stava accadendo lì fuori, e se Harry potesse o meno essere in pericolo. Paura. Era spaventata. Le aveva detto di stare al coperto, di non uscire per nessuna ragione, e lei aveva obbedito.

Non aveva potuto fare niente.

Nemmeno per lei.

E adesso, e adesso avvertiva improvvisamente il peso dei suoi anni, come un macigno.

Mentre lei era giovane. Lei avrebbe potuto avere ancora un futuro.

Il primo ad andarsene era stato Peter quando aveva tradito, a causa sua era morto James, e poi era venuto il turno di Sirius…ed era rimasto solo, ma era andato avanti per loro, per James, per Sirius perché amavano entrambe Harry e per questo lui lo avrebbe difeso con la vita, ma con la sua vita…e adesso Tonks…

La porta del misero appartamento si era spalancata portando una ventata d’aria pulita, il visitatore era entrato senza troppe cerimonie storcendo il naso. C’era un tanfo peggiore che a casa sua…Malocchio Moody non era solito perdersi in chiacchiere e, dopo aver fatto un po’ di luce, era arrivato dritto al punto. - Hai intenzione di continuare a compiangerti ancora per molto? Dì è così che pensi di sorvegliare il ragazzo? -

Lupin aveva appena sollevato la testa e accennato un sorriso amaro. - Harry sta meglio di me al momento e non credo che i Mangiamorte torneranno tanto presto perciò… -

La luce improvvisa non aveva giovato all’aspetto dell’uomo, era pallido ed emaciato, dovevano essere giorni che non si faceva un bagno o si radeva la barba; due pesanti occhiaie gli scavavano il viso e gli occhi arrossati erano spenti, avevano perso qualsiasi espressione.

- Su questo non ci sono dubbi Remus Lupin questo lezzo terrebbe lontano chiunque. Bando ai convenevoli non abbiamo ancora trovato un posto per rimpiazzare Grimmauld Place, sembra che oggi giorno nessuno si fidi più di nessuno, avevo proposto casa Riddle ma Silente non è stato d’accordo. -

- Chissà perché non sono stupito eh Malocchio? -

- Non essere sciocco, lo sanno tutti che il miglior posto per nascondere qualcosa è di metterla sotto gli occhi di chi la sta cercando. -

- Sotto gli occhi…non a casa sua Malocchio. - Aveva risposto atono scuotendo la testa.

- Forse! Comunque alza le tue vecchie chiappe, sono qui per questo, Elphias Doge ti sostituirà, finché verremo a prendere il ragazzo. -

- Sono perfettamente in grado di sorvegliare Harry io stesso. -

- Sì, bene mi fa piacere. Che giorno è oggi? -

- … -

- Lo vedo…da adesso fino a che porteremo via Harry considerati in vacanza. -

- Non ho bisogno di una vacanza Malocchio. -

- No, hai bisogno di un bagno. Non sei nelle condizioni per sorvegliare il ragazzo. -

- A parte il fatto che non ha bisogno di essere sorvegliato intendi? – Aveva ribattuto ironicamente.

Malocchio Moody si era avvicinato alla finestra e aveva osservato con l’occhio magico attraverso il telescopio. Harry si trovava nella sua stanza, c’era un caos completo.

- L’attesa è snervante per tutti…sembra che al ragazzo diverta particolarmente fare a pezzi la sua stanza. È vero stavolta sono venuti per voi, ma la prossima… -

- Hestia ci ha venduto, loro non erano venuti per Harry, no, erano venuti per lei. -

- Immagino che tu ti riferisca a Tonks con questo lei. Dì Remus non è un po’ giovane per te? -

- Davvero divertente Malocchio. -

- Non sei stato a S. Mungo, Molly ti aspettava. -

- Molly incolpa me di quello che è successo. -

- Nessuno incolpa un accidenti di nessuno. Tonks è giovane ok, è inesperta ok, un danno umano non ci piove, ma è un Auror, non è una sprovveduta. Tutti i membri dell’ordine sanno perfettamente a cosa vanno incontro, lo sapeva Sirius, lo sapeva James e tutti gli altri che ci hanno lasciato le penne a Grimmauld Place, anche se noto che di loro non te ne frega poi molto. E adesso alza il tuo grosso sedere Remus e vai a farti una doccia prima di andare al S. Mungo. -

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** HOLLOW MEN ***


Salve a tutti…sono ancora io!!!!!!! Visto che brava… invece di studiare…attualmente sono più morta che viva…ho la vista che sta lanciando S.O.S allarmanti. @_@ Con questo cap. ho dato fondo alle mie ultime energie, perciò stavolta ci vorrà un po’ di tempo prima del prossimo aggiornamento, no non per via dell’ispirazione, quella galoppa talmente forte anche quando sto facendo altro, il che non è un bene. Il fatto è che, oltre che tenere alla mia sanità mentale, vorrei evitare di scrivere cose degne di un diario di terza elementare (con tutto il rispetto parlando per i diari di terza elementare), cosa che mi capita spesso. Stavolta faccio una supplica particolare a chi dovesse leggere, in questo capitolo ho veramente investito tanto, perciò (e qui non voglio forzare nessuno) sia che piaccia, o che faccia veramente vomitare (cosa non impossibile), mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Un bacio a tutti e sempre grazie.

Così aveva iniziato a piovere come non mai da due giorni e due notti, sembrava che inattesamente, di quella luminosa e assolata estate, fosse rimasta soltanto la temperatura troppo elevata e la data segnata sul calendario. La nebbia e il grigiore avevano avvolto Londra regalando ai suoi abitanti l’impressione di una notte eterna, e se prima le paure e le angosce erano mascherate sotto l’apparenza di una serenità fragile come il cristallo ma luminosa come l’aurora, il ritorno alla realtà, scandito dalle gocce di poggia e dagli ululati del vento, era stato per molti un triste risveglio; perché mai come allora era stato chiaro che una guerra era davvero in corso. I divieti, i sospetti, i controlli, il coprifuoco, tutto aveva assunto il suo arido significato, perché se in una giornata di sole era facile immaginare che il ritorno di Voldemort fosse solo una favola raccontata ai bambini la notte, una volta rinchiusi nelle proprie case, schiacciati dal peso di un’incessante pioggia, non si poteva fare a meno, anche solo di pensare, che dopotutto era reale.

Draco Malfoy non aveva mai pensato, neppure un istante, che non fosse reale. La mattina, quando si alzava da un letto troppo grande e vuoto, e la notte quando nello stesso letto attendeva un sonno che si ostinava a non venirlo a trovare. Adesso, su quel letto, gli occhi aperti a fissare il soffitto, un confuso ragazzo di sedici anni, spaventato persino dalla propria ombra, nel caso decidesse di soffocarlo nottetempo, si chiedeva seriamente se ne valesse la pena. Nell’oscurità della stanza, accompagnato esclusivamente dal silenzio di una solitudine troppo comoda a volte, e insopportabilmente odiosa altre, se ne stava sdraiato con le braccia appoggiate pesantemente dietro la nuca. Non esisteva il frastuono dei tuoni, il fruscio degli alberi al di là dalla protezione di una finestra, e neppure l’insinuante abbattersi della pioggia sui vetri, ma unicamente il dolce cullare del suo respiro. Poi quel rumore. Improvviso, schietto, acuto, e il giovane si era sollevato a sedere scrutando attento l’oscurità davanti a sé. Qualcuno si era introdotto nell’abitazione. Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto ed era come un rimbombo assordante, si era messo in ascolto smettendo persino di respirare; i muscoli del corpo tesi al massimo, e poi come un lampo, la realizzazione: sua madre. Era sola. Una scarica di adrenalina gli aveva invaso le membra, non aveva capito più niente, la lucidità di un pazzo; aveva estratto la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e si era diretto dalla parte da cui era provenuto il rumore.

Il suo passo, felpato come quello di un gatto, aveva percorso lentamente il corridoio sino a raggiungere la sterminata rampa di scale, e suoi occhi, abituati da ore all’oscurità, avevano notato le enormi macchie di sangue che dense si propagavano andando a ricoprire il pavimento. Chiunque si fosse preso il disturbo di penetrare nella costruzione doveva essere ferito. Il ragazzo aveva sorriso sardonico, ed era anche spacciato. Nessuno poteva permettersi di violare una proprietà dei Malfoy senza ricevere una degna accoglienza, specie se era così pazzo da provare, nonostante fosse ridotto in quelle condizioni.

Draco era sceso nel vasto salone, attendendo nell’ombra che lo sconosciuto tentasse di accedere al piano superiore, poi era venuto allo scoperto e aveva minacciato l’intruso puntandogli la bacchetta dritta alla gola.

- Fai un altro passo, e posso prometterti che assaggerai la più potente fra le maledizioni senza perdono.- La figura incappucciata, grondante di pioggia e sangue, aveva cercato in un rapido movimento di raggiungere la propria bacchetta, ma il mago non si era lasciato sorprendere. – Ho detto di stare fermo. Non sto scherzando, a differenza di altri maghi non mi faccio scrupoli ad usare l’Avada Kedavra. – L’uomo si era messo a ridere di gusto, e la sua risata fredda e malvagia era risuonata fra le pareti della sala. – Lo trovi così divertente? Devi essere proprio un pazzo per provocarmi…abbassati il cappuccio, voglio vederti in faccia.-

Era bastato un solo infinito attimo, il tempo che la stoffa scura aveva impiegato per scivolare sulle spalle dell’intruso, e le difese di Draco Malfoy si erano infrante come fossero di vetro. Il viso del ragazzo era una maschera di bianchissimo marmo e i suoi occhi metallici si erano socchiusi alla vista. Illuminato da un flebile spicchio di luna, il volto mortalmente pallido di Lucius Malfoy era deformato da un sorriso. Aveva parlato con lentezza, attraverso quella voce di un inconfondibile tono che pareva un bisbiglio; strascicando attentamente ogni parola, proprio come lui.

- Cosa ti prende Draco? Sembra che tu abbia visto un fantasma figliolo…cosa c’è pensavi di esserti finalmente liberato di me?…Te l’ho detto Draco…il Signore Oscuro è molto riconoscente con chi gli è fedele… -

- Voldemort. – Merda. Era stato un sussurro, ma l’uomo aveva sentito. Gli era uscito così, senza pensarci, senza rifletterci, e l’aveva pagato caro. Suo padre lo aveva colpito con inaudita forza, e non aveva esitato un istante, prima di utilizzare il bastone dal manico di serpente per percuotergli il volto. Lo avrebbe dovuto immaginare, pronunciare ad alta voce il nome di Voldemort, era stata un’imperdonabile leggerezza da parte sua. Tale realizzazione era stata ripagata dal signor Malfoy con un altro di quegli sbrigativi e compiaciuti sorrisi. - Come hai detto prego? – E la risposta era venuta meccanica. – L’Oscuro signore. -

- Molto meglio…sì…molto meglio. Ma ora non c’è tempo per le spiegazioni…presto verranno qui…non so quando…ma molto presto…e tu…devi far sparire tutto. Hai capito Draco?…Tutto…o finirete nei guai anche tu e tua madre…e io non permetterò a nessuno d’infangare il nome dei Malfoy…di violare la nostra casa. – Aveva terminato la frase a denti stretti.

Il giovane mago non era in sé, ma come sempre succube del padre; osservava ipnotizzato il sangue che gocciolava dal mantello con una lentezza esasperante, per poi cadere a terra. Plic……Plic……Plic……

- Sei ferito. – Era ovvio.

- Non dire cose ovvie Draco…se per te un po’ di sangue è un problema…forse dovrei considerare seriamente l’ipotesi di un altro figlio…E adesso ascoltami molto attentamente…c’è una cosa che voglio che tu faccia per me, e stavolta devi farla bene non sono ammessi fallimenti. Al Signore Oscuro occorre qualcuno all’interno di Hogwarts. Voglio che diventi l’ombra di Potter, che diventi il suo più intimo amico. Devi costringerlo a fidarsi di te e lo stesso vale per quel pezzente del Weasley e quella sciocca Mezzosangue. -

- … - Nessuna risposta.

- É molto importante Darco. Devi entrate a far parte di quello stupido Esercito di Silente e scoprire qualunque cosa sappiano dell’Ordine o di altro. -

- … -

- … -

- E se io mi rifiutassi o non riuscissi? – Non ce l’aveva fatta a trattenersi dal ribattere. Era stato un lampo di coraggio, non sopportava più sentirlo parlare a quel modo, e aveva voluto deliberatamente provocarlo.

- Cosa? – Era divertito, né più né meno. - La tua volontà non mi sembra mai stata un problema Draco…e sul fatto di non riuscire…be, non credo che al Signore Oscuro faccia qualche differenza se tu sia mio figlio o meno…neppure io sarò capace di proteggerti. -

- Non mi piegherò alla tua volontà stavolta. Non puoi costringermi… -

- CHE COSA HAI DETTO?! – Lucius Malfoy aveva nuovamente sollevato il bastone in aria per colpire il figlio, ma questo era indietreggiato di scatto sino a cadere a terra. L’uomo si era avvicinato pericolosamente afferrando Draco per il collo della camicia; la sua voce era il ritratto della rabbia.

- Ascoltami bene razza di piccolo arrogante, tu farai quello che ti dico è questo non è in discussione. Non hai mai avuto una qualche utilità da quando sei nato, sei stato soltanto fonte di delusione e vergogna. Sei un Malfoy ficcatelo nella testa. E finché sarai un Malfoy ti comporterai come ci si aspetta da te. – Il respiro del Mangiamorte era affannato per lo sforzo. Infiniti attimi sospesi.

– Come sta tua madre Draco? – Una semplice domanda. L’orrore, la frustrazione, l’odio, infine l’ira, tutte queste emozioni si erano fatte strada negli occhi del giovane. – Lasciala in pace lei non c’entra! – Era stato un errore, e il ghigno della vittoria infine era comparso sul volto di suo padre. Non aveva potuto fare altro che abbassare il capo sconfitto.

- Non ti ho proprio insegnato niente Draco? Se non vuoi che gli altri le usino contro di te, non mostrare mai le tue debolezze. – Entrambe si erano rialzati.

- Ho capito, hai ragione non so cosa mi sia preso. – Si sentiva svuotato.

- Molto bene. Questa è una passaporta. – Un piccolo bracciale argentato con due serpenti incrociati era passato dalla mano del padre in quella del figlio. L’unico contatto normale che avessero avuto.

- Non usarla per il momento. Mi farò vivo io. -

Lucius Malfoy si era smaterializzato lasciando Draco in mezzo al salone con in mano l’oggetto luccicante.

Tap, tap, tap, tap. Alcuni passettini sordi, poi le luci si erano accese e Dewy, l’elfo domestico, si era messo a gridare.

- Aiuto! Aiuto! Il Signorino Malfoy è stato ferito! Aiuto, aiuto! Che cosa farà mai il povero Dewy, il Signorino Malfoy è stato ferito! -

Il ragazzo aveva osservato il pavimento ricoperto dal sangue, avendo intuito il collegamento che quello stupido di un elfo poteva aver fatto, gli aveva prontamente tappato la bocca con una mano, sollevandolo poi con l’altro braccio da terra. Questo aveva continuato a dimenarsi in preda a una crisi isterica. – Sta zitto, stupido di un elfo, vedi che non sono io ad essere sporco di sangue? – La creaturina si era rilassata e Malfoy l’aveva lasciato andare.

- Non una parola mi hai capito? Se scopro che lo hai detto a qualcuno giuro che ti farò rimpiangere il giorno in cui sei nato. E adesso pulisci questo schifo non deve rimanere neppure una traccia. -

Il piccoletto aveva guardato ancora sconvolto il suo padrone e aveva annuito col capo; a quel punto il mago, ormai esausto, si era portato una mano alla testa, che sembrava dovergli esplodere da un secondo all’altro, e si era diretto verso la propria stanza da letto. Passando però accanto alla porta di sua madre era rimasto ad origliare. Niente, solo un tranquillo respiro. In quel momento Draco Malfoy aveva ringraziato il cielo, che la propria madre, fosse talmente imbottita di farmaci Babbani, da non avere udito nulla di quanto accaduto quella notte.

We are the hollow men

(Siamo gli uomini vuoti)

We are the stuffed men

(Siamo gli uomini impagliati)

Leaning together

(Che appoggiano l’un l’altro)

Head piece filled with straw. Alas!

(La testa piena di paglia. Ahimé!)

Our dried voices, when

(Le nostre voci secche, quando noi)

We whisper together

(Insieme moriamo)

Are quiet and meaningless

(Sono quiete e senza senso)

As wind in dry grass

(Come vento nell’erba rinsecchita)

Or rats’ feet over broken glass

(O come zampe di topo sopra vetri infranti)

In our dry cellar

(Nella nostra arida cantina)

[…]

The Hollow men,

The waste land T.S Eliot

Blackmoony,

Grazie mille! La questione Ginny/Draco direi che è abbastanza certa visto la mia smodata passione per uno (Dracuccio) e la mia ammirazione per l’altra (Ginny), c’è da dire che chi lo sa come andrà…sto tentando disperatamente di vedere però il punto di vista anche degli altri personaggi (e mi rendo conto che a volte fallisco miseramente). Non so quindi chi e se, si metterà con chi; anche perché per quanto riguarda la questione Hermione, Ron e Harry, sono davvero aperta a più possibilità, credo che alla fine tanto dipenderà dalle pieghe che prenderà la storia, e poi un po’ faranno quello che vorranno loro…(Come sempre) ^_^

Kiara

Un mega grazie, Draco e Ginny eh, eh…e non temere verranno fuori proprio tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** PROBLEMI IN FAMIGLIA ***


Lo so, lo so, ho detto che per un po’ non avrei più aggiornato. Ma che volete ho avuto or ora un piccolo schizzo premestruale. Fa abbastanza schifo e non l’ho neppure corretto perciò… ^_^’

 

Ginny se ne stava seduta sul letto a gambe incrociate, teneva fra le mani un piccolo specchio attraverso il quale osservava la propria immagine riflessa. Non c’era niente da fare, stupidissime occhiaie, sembrava che avesse passato le ultime sei ore piangendo a dirotto, e non era vero. Aveva trascorso l’ennesima notte insonne tentando di completare almeno qualcuno dei compiti che le erano stati assegnati per le vacanze; e come sempre, aveva prima atteso che sua madre salisse a darle la buonanotte, e poi era sgattaiolata fuori dalle coperte.

La giovane si era messa a fare qualche boccaccia allo specchio prima di decidere che così sembrava veramente stupida; con fare depresso aveva chinato il capo in avanti fino a sfiorare le lenzuola. Non avrebbe retto per molto questo ritmo. Su Molly Weasley si potevano affermare milioni di cose ma non che fosse una sprovveduta, già da qualche tempo aveva iniziato a guardare con sospetto alle sue non proprio convincenti fughe pomeridiane, per non parlare delle strampalate storie che ogni giorno le raccontava…qualche volta avrebbe voluto sul serio annullarsi, diventare piccola piccola e scomparire; sarebbe stato così comodo essere anche per la sua famiglia quell’insulsa persona che passa sempre inosservata…sì, proprio intelligente da parte sua dopo che aveva impiegato la bellezza di cinque anni per togliersi almeno in parte quell’etichetta.

L’ideale sarebbe stato poter dribblare l’attenzione solo di qualche persona e non del mondo intero. Mamma quanto si detestava quando iniziava a compiangersi in quel modo…e poi adesso c’era un altro problema ben più grave… Draco Malfoy. Se non era sfortuna quella…da quando aveva scoperto che lavorava all’Emporio di Nelly le aveva dato il tormento. Ci andava quasi tutti i giorni e immancabilmente pretendeva che fosse proprio lei a servirlo, così rimaneva pure indietro col lavoro, …spesso era solo, ma ogni tanto si portava dietro tutta l’allegra compagnia, e allora sì che era peggio…la costringeva a tirare fuori l’impossibile e la maggior parte delle volte non comprava niente o meglio ancora aveva già fatto l’ordine in precedenza. La definizione corretta poteva essere…non le veniva, non c’era una parola abbastanza oscena da poterlo indicare.

- Giiiinnyyyy! Ti vuoi muovere la mamma non aspetta mica te! -

Ron. Prima o poi avrebbe accoltellato anche lui.

- Arrivo! Un momento… -

La ragazza era scesa velocemente dalle scale, indossava una gonna corta verde acido e sopra un golfino a maglia larga che le aveva fatto sua madre, era dello stesso colore della gonna ma con alcuni fili rosa, aveva allacciato un solo bottone e lasciava intravedere la magia bianca con la scritta Wizard, un tempo doveva essere stata fucsia, ora non si riusciva a leggere bene. La famiglia Weasley, più o meno al completo, era seduta a tavola, mancavano soltanto Percy e Charlie…c’era persino Bill. – Bill!– Ginny si era precipitata dal fratello che le era andato incontro, la piccola Weasley gli era praticamente saltata al collo e il giovane uomo l’aveva dovuta prendere al volo. – Ehilà piccola, Sentito la mia mancanza? – Adesso che c’era Bill andava decisamente meglio, lui poteva tenere a bada la mamma, il papà, i gemelli…persino il mondo intero perché lui, be lui era Bill. Bill era tornato! - Ehi e noi chi siamo? – Fred sembrava contrariato e George gli aveva fatto da spalla. – Siamo tuoi fratelli anche noi Gin, perché non ci accogli mai in questo modo? – Dicendolo aveva dato una gomitata al gemello indicando la signora Weasley nell’attesa di una reazione del tipo "Mah, forse perché la usate come cavia per i vostri esperimenti?" oppure "Se voi somigliaste un po’ di più a…", invece niente. Molly Weasley era rimasta in silenzio. – Mamma tutto bene? – Bill accorgendosi dell’accaduto, aveva rimesso a terra la sorellina ed era rimasto ad osservare la madre. La donna si era improvvisamente scossa dai propri pensieri. – Ma certo caro, perché qualcosa dovrebbe non andare bene? – Ma l’esitazione nella voce e il sorriso, prima di circostanza e poi palesemente tirato, erano stati evidenti. Ginny non avendoci fatto caso, talmente era concentrata su Bill, era andata avanti. – Quando sei tornato? –

- Stanotte. – A quanto sembrava Ron e Ginny erano stati gli unici a non accorgersi di nulla, anche il Signor Weasley si era agitato un attimo. Fed e George si erano guardati negli occhi in segno d’intesa.

- Ron credeva che fosse un ladro, vero George? È sceso in cucina per affrontarlo. -

- Sì, avresti dovuto vederlo è stato uno spettacolo indimenticabile. -

- Ehi, poteva essere veramente un ladro…ho agito d’istinto, sono sceso e avrei potuto… -

- Rotolargli addosso col tuo dolce perso? – Era intervenuto Fred. Il Signor Weasley si era intromesso.

- Sì bene, ehm Ron perché non dici a Bill di essere stato preso nella squadra di Quidditch… - La signora Weasley nel frattempo si era alzata da tavola.

- Davvero Ron? Complimenti campione, spero starai tenendo altro l’onore di famiglia… -

- Ehm sì, più o meno… -

- Non è affatto vero, non ascoltarlo Bill, è bravo, e anche molto…solo è troppo stupido per accorgersene… -

- Grazie tante Gin… -

- Figurati…qualcuno ha visto la Gazzetta del Profeta? -

Crash. Stin. Stump. Stemp. Molly aveva fatto cadere pentole e piatti a terra, tutti si erano voltati di scatto ed era toccato ancora una volta a Bill salvare la situazione.

- E tu Gin che combini? -

- Io? Anch’io sono nella squadra di Quidditch, almeno fino all anno scorso, ho dovuto sostituire Harry… - Crash. La signora Weasley aveva fatto cadere nuovamente alcuni piatti. – Molly, tesoro insomma vuoi per caso rifarci il servizio? – L’ometto aveva cercato di far suonare la frase come un amorevole quanto spiritoso rimprovero, invece, stava sudando freddo. Lo sguardo della donna era lampeggiato pericolosamente nei confronti del marito.

- A proposito di Harry…sì insomma, che succede con l’Ordine intendo? Non andiamo più a Grimmauld Place? – A quel punto Molly Weasley era scoppiata in lacrime e si era accasciata a terra. – Ehi Fred, perché non andiamo a fare quella cosa che dovevamo fare? –

- Hai ragione George…la cosa che dovevamo fare, come facciamo a farla altrimenti… -

Gli unici a non capire continuavano ad essere i piccoli di casa. Arthur si era inginocchiato dolcemente accanto alla moglie, – Tesoro…andiamo… - poi aveva cambiato tono. - …ehm…suvvia Molly non te la prendere possiamo sempre comprarne uno nuovo… - La donna però era distrutta, erano giorni che si teneva tutto quanto dentro, così non ce l’aveva più fatta e strattonando il braccio dalla presa del marito gli aveva gridato in faccia per poi correre via. – TI ODIO ARTHUR WEASLEY! – Il signor Weasley era rimasto attonito, suo figlio Ron aveva la stessa identica espressione. Bill aveva lo sguardo fisso a terra, e gli occhi di Ginny avevano iniziato ad inondarsi di lacrime. Che cosa stava accadendo?

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CINDERELLA'S GOT TO GO ***


L’emporio di Nelly era decisamente troppo silenzioso quel pomeriggio, al di fuori la pioggia scendeva con insistenza e non c’erano realmente molte persone ad aggirarsi per i vicoli di Diagon Alley. Dalla vetrina del negozio era possibile osservare la strada deserta, qua e là ogni tanto comparivano alcuni ombrelli ma sparivano subito dopo. Alla gente non piaceva andarsene in giro con quel tempo, metteva tristezza. Nicole stava servendo uno dei pochi clienti della giornata, una maga dai capelli neri; a Ginny sembrava tanto che la donna avesse un manico di scopa infilato nel di dietro per come si muoveva. La piccola Weasley stava tornando dal retro bottega con delle stoffe in mano, sin da quando aveva lasciato la Tana si era comportata in modo assente, non prestando molta attenzione a quello che le accadeva attorno, perciò non aveva notato la scopa pericolosamente appoggiata contro la porta. Un secondo prima era in piedi, e un attimo dopo si era ritrovata dritta sul pavimento che lei stessa aveva pulito.

Che cosa stava succedendo? Aveva visto molte volte sua madre arrabbiata o preoccupata, e ricordava senza troppi sforzi quanto era accaduto a Grimmauld Place con Harry e poi con il molliccio, e le innumerevoli scenate che si erano susseguite da quando era stato riconvocato l’Ordine, ma stavolta era stato diverso. Non aveva mai urlato contro suo padre dicendo di odiarlo, poteva essere seccata, infuriata, ma non era mai arrivata a quel punto, e senza una ragione. No, che sciocca una ragione doveva esserci soltanto non avevano voluto metterli al corrente; ma tutto era stato così improvviso…suo padre era barcollato fuori dalla stanza e Bill doveva aver detto qualcosa che lei però non aveva sentito, Ron sì perché era uscito con lui subito dopo, ma lei era rimasta lì con gli occhi pieni di lacrime senza riuscire neppure a piangere. Sapeva di dover andare perché Nelly la stava aspettando, ma nulla in quel momento sembrava avere senso, poi doveva essersi mossa ma tutto quello che poteva riportare alla mente, era lei che correva come una disperata sotto la pioggia. Era arrivata di nuovo in ritardo ed era bagnata, ma sinceramente non aveva neppure sentito la reazione di Nicole, si era semplicemente messa al lavoro, seguendo gli ordini che dovevano arrivare al suo cervello perché il corpo rispondeva, ma lei non era lì. Aveva combinato un danno dopo l’altro, e adesso era come se avesse avuto un brusco risveglio, e si era ritrovata stesa a terra, con la guancia premuta sul parquet freddo, rendendosi conto per la prima volta da ore dove fosse e di quanto dovesse apparire stupida. Ginny si era portata una mano alla mascella dolorante, e finalmente una domanda che non aveva pertinenza con quello che era accaduto prima alla Tana, le aveva distratto la mente. Perché doveva essere sempre così incredibilmente goffa e maldestra?

- Virginia Weasley sei una disgrazia per questo posto. – La voce di Nelly era gelida. – Deve scusarla Signora Parkinson, non ci sono giustificazioni per lei, le farò portare altre stoffe non si preoccupi. Tessa! – Quella allora doveva essere la madre di Pansy Parkinson…

La nipote di Nicole Seamstress era un’altra delle ragioni per cui Ginny detestava lavorare al negozio. La ragazza, di un anno più grande, aveva lunghi capelli biondi e due grandi occhi viola, e se fosse stata ancora leggermente più piena di sé, secondo la piccola Weasley, di sicuro sarebbe esplosa. Teresa era appunto la nipote della sorella di Nelly, cioè la figlia della figlia di sua sorella, e a quanto pareva era l’unica maga vivente per cui, almeno in apparenza, la donna non provasse repulsione, oltre ai suoi clienti naturalmente. Tessa era emersa sorridente dal retrobottega, indossava un abitino inesistente di tessuto leggero e azzurro, i capelli le scendevano come una cascata sulle spalle. Era indubbiamente slanciata e bella, ok molto bella, ma tutto iniziava e finiva lì. Frequentava Beauxbatons e come tipo ricordava Fleur Delacour, ma di lei non aveva proprio nient’altro. Non era né gentile, né simpatica era soltanto…no, non la invidiava per niente. – Mi hai chiamata zia Nelle? - Ginny non si mossa di una virgola aveva soltanto roteato gli occhi. - Sì Teresa cara, ti dispiacerebbe portarmi altre di quelle stoffe che sono appena arrivate? La Signora Parkinson è stata fin troppo gentile ad attendere oltre. -

- Ma certo, sarà un piacere zia. Buongiorno Signora Parkinson. – Tess aveva accennato con la testa e la piccola maga era rimasta ad osservare con sguardo disgustato.

- Buongiorno cara…ha proprio una nipote educata, sono assai poche le ragazze così oggi giorno… -

- "Ogni riferimento naturalmente è puramente casuale."- Aveva detto a sé stessa la rossa. - No, no che dice suvvia la sua Pansy è sempre così garbata e tanto gentile e bella. -

Ginny era sul punto di vomitare, come quando Fred e George avevano sperimentato su di lei una delle loro più recenti invenzioni, poi si era chiesta se stessero davvero parlando della Pansy che conosceva lei, quella specie di orrido e appiccicoso carlino che scodinzolava dietro a Malfoy.

- Non deve preoccuparsi per le stoffe, ne ordino sempre un po’ di più per sicurezza, con dei collaboratori del genere… - Aveva squadrato Ginny. - …non si è mai troppo previdenti. Sono ancora così mortificata… -

I campanellini appesi alla porta si erano messi a tintinnare, un nuovo cliente era entrato nel piccolo emporio portando con se numerose gocce di pioggia sul pavimento lavato di fresco. Draco Malfoy nonostante il tempo fosse tremendo non aveva intenzione di rinunciare al suo piccolo divertimento quotidiano. La piccola Grifondoro si era messa a sbattere la testa contro il parquet chiedendosi se questo non potesse essere semplicemente un incubo, le premesse c’erano tutte infondo, poi prendendo un profondo respiro, aveva ricacciato in gola tutte le imprecazioni che le erano venuto alla mente, non adatte a una signorina, ma che certamente i gemelli avrebbero trovato forbite e interessanti. Perché doveva sempre trovarla in quelle condizioni? E soprattutto perché lui doveva essere sempre così dannatamente perfetto? Anche con il temporale, anche coi capelli e il mantello inzuppati. Ovviamente non che considerasse Draco Malfoy perfetto, lo era unicamente il suo aspetto, e con questo non intendeva certamente dire che le piacesse. Non lo trovava brutto, ma l’aspetto fisico, non appena apriva bocca, fortunatamente riusciva ad essere in fretta dimenticato.

Il ragazzo si era passato semplicemente una mano fra i capelli prima di rivolgere il suo sguardo indifferente alle signore presenti nella sala; Teresa che era ormai tornata nella stanza, era rimasta ad ammirare compiaciuta il nuovo arrivato. Ginny aveva avuto un altro conato di vomito, mentre, sia Madama Seamstress che Mrs Parkinson, apparivano piacevolmente colpite. Sfortunatamente Draco non si era scomodato da Palazzo Malfoy per intrattenersi in piacevole compagnia, ma per importunare un po’ la piccola Weasley. Non appena aveva individuato il suo obiettivo il resto era passato in secondo piano, sì, decisamente torturare l’eterna innamorata di Potter era esilarante, specie se non si poteva ribellare. Sarebbe stata una bella lezione per quel piccolo "incidente" accaduto nell’ufficio della Umbridge a fine anno, nessuno poteva colpire un Malfoy senza pagarne le conseguenze. – Weasley…non m’intendo molto di queste cose ma, sai non credo sia quello il modo migliore di pulire i pavimenti… – La sua voce più strascicata e perfida che mai suonava palesemente divertita, e Ginny in quel momento aveva realmente desiderato che il pavimento si fosse aperto all’improvviso e l’avesse inghiottita. – Signor Malfoy, è sempre un piacere averla qui. Se avessi immaginato che sarebbe venuto con questo tempo avrei chiesto a Tessa di venirle incontro… - Nelly aveva utilizzato un tono così servile, che la piccola Wesaley non aveva potuto fare a meno di fare una smorfia disgustata. Gli occhi di Teresa brillavano ansiosi. Per la prima volta da quando era entrato nel negozio il ragazzo si era girato verso le altre donne presenti nella stanza. – Sì be non sarebbe stata una cattiva idea… - Aveva risposto sarcastico, poi osservando la Signora Parkinson aveva aggiunto distrattamente, – Oh, Miss Parkinson…mi saluti Pansy… -. Ginny, che si era finalmente alzata da terra, aveva notato quanto Malfoy non sembrasse troppo entusiasta dall’incontro con la madre di Pansy, ma questo alla donna doveva essere sfuggito perché non aveva perso l’occasione. – Sai non fa che parlare di te Draco qua, Draco là… - Il giovane aveva roteato gli occhi stando attento a non farsi vedere, in quel momento decisamente Pansy Parkinson era il suo ultimo pensiero. – Le dica che ci vedremo a scuola… - Stavolta il tono piatto del ragazzo doveva essere stato recepito dalla Signora Parkinson perché gli aveva scoccato un’occhiata di disappunto. Draco si era stretto nelle spalle e come se gettasse per pietà un osso ad un cane aveva proseguito dicendo, - …e che naturalmente non vedo l’ora…ah e c’è anche Teresa, non l’avevo vista… -. Non gli piaceva mostrare alle persone che con certa gente doveva essere gentile perché vi era costretto da suo padre, così nel pronunciare l’ultima parte della frase era stato il più cattivo e canzonatorio possibile, nel tentativo di mantenere il suo atteggiamento superiore e strafottente di sempre. Nelly, infuriata con la nipote per non aver saputo accattivarsi in qualche modo il suo cliente, l’aveva ricacciata nel retro con uno sguardo inviperito, e Ginny a cui non importava assolutamente nulla di chi si doveva accattivare chi e perché, o se Malfoy fosse o meno gentile con la madre di Pansy Parkinson, raccogliendo i rotoli di stoffa da terra, aveva tentato di defilarsi il più rapidamente possibile in quella che, se ci fosse stato qualcuno a guardare, sarebbe parsa una scena comica.

Ignorando totalmente la donna che aveva davanti, Nicole aveva rivolto la sua più completa attenzione al figlio di Lucius Malfoy. – Immagino che abbia fretta, mi dica come posso servirla, sa perfettamente che ogni suo desiderio per me è più di un ordine… - Non era la vecchia megera che al momento gli interessava, e tutte quelle false moine avevano iniziato ad annoiarlo perciò aveva alzato la mano per interrompere il monologo della proprietaria. – In verità ho moltissimo tempo… perciò dica a Weasley la servetta che è inutile tentare di strisciare come un verme fuori dalla stanza perché io voglio essere servito proprio da lei. – La giovane stava oltrepassando esattamente in quell’istante la porta che dava sul retro, ed era stata costretta ad inchiodarsi sulla soglia pestando i piedi; – "Accidenti!" – con la consapevolezza di quel ghigno malefico puntato dritto sulla propria schiena. - Ginny! Dove credi di andare razza di stupida, vieni subito qui e occupati del Signor Malfoy! – Voleva piangere.

- Mi raccomando io ora accompagno la Signora Parkinson a provare queste, se scopro che hai combinato un altro soltanto dei tuoi danni… - Nelly aveva strattonato la ragazza da parte e le aveva detto a bassa voce - E ti ordino, pretendo, ed esigo, che tu porti rispetto al Signor Malfoy, per qualche ragione che non oso immaginare lui sembra tenere particolarmente che sia tu a servirlo, e signorinella tu lo servirai e sarai gentile. -, poi alzando nuovamente la voce – Se ha bisogno di me sono di là. -.

- Bene, bene, bene, Weasley a quanto pare siamo riamasti soltanto tu ed io… - Gli occhi di Ginny si erano ridotti a due fessure. – Che cos’è quella faccia…qualcosa per caso non è di tuo gradimento servetta? -

- No! -

- Non mi piace il tuo tono Weasley, ti conviene essere più gentile. -

- Altrimenti Malfoy? -

- Molto semplice, altrimenti ti faccio licenziare. – Il suo tono era stato persino più viscido e mellifluo del solito. – E va bene, Signor Malfoy, in che cosa posse esserle utile? – La piccola maga tratteneva a stento la rabbia. – Che cosa c’è in quelli scaffali là in alto Weasley? -

- Vestiti da donna Malfoy… - Ginny aveva le braccia incrociate al petto e stava fumando.

- Ah, ah, ah, Weasley come hai detto? -

- Signor Malfoy. -

- Be allora che aspetti a tirarli giù, e prima che tu possa aggiungere qualcosa, voglio comprare qualcosa per mia madre. -

La ragazza si era diretta sbuffando a prendere la scala, e un secondo dopo era in cima tentando disperatamente di raggiungere in qualche modo gli scaffali più alti. Era semplicemente troppo bassa. Da terra Malfoy osserva la scena ridendo di sottecchi e facendo qualche commento offensivo. – Allora Ginny-la-servetta oggi sei conciata persino peggio del solito, credevo fosse impossibile. –

- Sempre meglio che andare in giro con una scopa piantata nel sedere Malfoy. – Lo aveva borbottato a bassa voce. – Come? Come? Non ho sentito Weasley saresti così gentile da ripetere… -

- Ho detto che è sempre meglio che andare in giro con una scopa piantata nel sedere, Signor Malfoy. -

- Forse ti farebbe bene. – Aveva suggerito lui. - Cosa? – Si era messo a ridere.

- Niente, niente Weasley lascia perdere è meglio che le tue candide orecchie non sentano. -

- Candide orecchie eh? – Lei stava sempre trafficando là in alto con scarsi risultati. - È la verità…a proposito… - Draco aveva piegato la testa lateralmente scrutando da dietro la ragazza. - …guarda che i mutandoni della nonna sono fuori moda da tempo… - Ginny era avvampata, si era voltata rapida e imbestialita, ritrovandosi a fissare un Malfoy tremendamente divertito. – Tranquilla stavo scherzando, la tua virtù è intatta non guarderei lì sotto neppure sotto tortura Weasly. -

- Giusto, tu preferisci guardare il fondoschiena di Harry… - Draco aveva storto il naso con ribrezzo. Con un movimento della mano era riuscita a far cadere a terra alcuni scatoloni che per poco non avevano colpito il giovane. - Che combini razza di stupida! – Ginny aveva sorriso maliziosa. – Oops. -

Sai che ti dico Weasley ho cambiato idea…non penso che comprerò più qualcosa per mia madre, allora che aspetti a rimettere a posto queste scatole. – Se fosse stata un leone si sarebbe messa a ringhiare. – Come pensi che possa arrivare a metterle a posto di grazia? -

- Non è un problema mio. Certo che voi pezzenti dovete essere ridotti proprio alla fame se quegli staccioni Babbanofili dei tuoi genitori ti hanno spedita a lavorare qui. – L’aveva osservata con sufficienza e lei era arrossita fino alla punta delle orecchie, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per la rabbia. - Non sono affari che ti riguardino. -

- Ahi ho toccato un tasto dolente, deve essere terribilmente imbarazzante vero? – Gliela stava facendo pagare amaramente. – E già, ma chi non si vergognerebbe di provenire da un tale tugurio, io non uscirei neppure di casa per l’umiliazione…ma non ti preoccupare Weasley probabilmente presto avrete ben altri problemi, oh ma forse li avete già no? Chi sarà il primo a lasciarci le penne della felice famigliola? Il paparino ci è già andato vicino o sbaglio? No, non sbaglio vero Weasley?…conosci la storia dei dieci piccoli indiani? Voi siete soltanto in nove, ma con Potter che orami fa parte della famiglia fanno dieci, giusto? – Le parole suonavano dure come pietra, tanto da indurre Ginny a tremare, per l’umiliazione, la rabbia, ma anche perché ciò che aveva detto Malfoy non era troppo lontano dalla realtà; la scena di poche ore prima alla Tana ne era la dimostrazione…quello che però la ragazza non poteva immaginare era che l’intento del ragazzo non fosse affatto quello di ferirla, o perlomeno non a quel modo, ma semplicemente di fargliela pagare trattandola come una miserabile pezza da piedi, e che la cosa era uscita dal suo controllo ma mano che le parole volavano fuori dalla sua bocca con una crudeltà senza precedenti. Draco Malfoy stava sfogando su di lei la propria rabbia e il proprio disprezzo, quando non era lei il vero problema. Sì, certo era divertente riuscire a far perdere il controllo a qualcuno semplicemente con poche parole, affondarlo, umiliarlo, metterlo al suo posto, e riuscire così a sentirsi superiore a lui, ma dopotutto non gli veniva in tasca niente a ferire volontariamente le persone senza motivo, non era quello il suo scopo e non era certo il suo stile. La verità era che si sentiva impotente di fronte agli eventi della propria vita e ce l’aveva con suo padre per essere sempre così com’era, e con se stesso perché ancora una volta non ce l’aveva fatta ad opporvisi. In quel momento non gli interessava minimamente se la Weasly fosse una Purosangue o una Mezzosangue, se fosse ricca o povera, Babbanofila o altro; gli sarebbe andato bene chiunque. – La verità fa male è? Povera piccola Weasley che non è neppure in grado di reggere due paroline dure senza… -

- Dacci un taglio Malfoy ho capito il concetto. – Gli occhi le bruciavano da morire nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime. – Che c’è non sopporti di sentir parlare di mammina e papino a quel modo Weasley? Dovresti guardarti sei uno spettacolo…comunque ti conviene moderare il tono, ma sì dopotutto ci sono altri lavori che si addicono perfettamente a una… -

- Falla finita! Sta zitto! Con che diritto…Sei soltanto una viscida serpe Malfoy, sai soltanto strisciare e sibilare, e…io né ho piene le scatole, preferirei morire di fame che continuare a servire gente del tuo calibro. Sei soltanto un piccolo, patetico, arrogante, moccioso viziato e sono proprio contenta che tuo padre sia stato spedito dritto ad Azkaban, un vero peccato che abbiano lasciato fuori il figlio…tu…tu…sei arido, non hai sentimenti e tu non sai neppure cosa… -

Nicole attirata dalla confusione aveva spalancato la porta della stanza.

- Che cosa diavolo sta succedendo qui? Che cosa sono tutte queste urla? – In tutto questo Draco Malfoy sembrava perfettamente a suo agio e tranquillo. - Be credo che dovrebbe chiederlo alla servetta, a quanto pare ha appena avuto una crisi isterica. –

- Razza di sciocca mocciosa, chiedi immediatamente scusa al signor Malfoy. – Ginny aveva guardato Nelly con aria di sfida. – Preferirei ingoiare la mia bacchetta. -

- Virginia Weasley chiedi immediatamente scusa al Signor Malfoy o dovrai cercarti un’altra occupazione. – Draco stava sorridendo soddisfatto.

- Allora spero tanto che riuscirai a trovare qualcuno disposto a ficcare la testa su per il tuo stupido camino. – Aveva guardato dritto negli occhi grigi del ragazzo. - Ti auguro di crepare alla svelta Malfoy quando diventerai un Mangiamorte. – La ragazza si era sfilata il grembiule lasciandolo scivolare sul pavimento ed era uscita sbattendo la porta di vetro. Il sorriso di Malfoy era scomparso dalla sua faccia e il giovane mago si era passato in maniera assente una mano fra i capelli, mentre osservava Ginny Weasley allontanarsi sotto la pioggia.

Riparata da una tettoia di legno spiovente Ginny si era finalmente arresa alle lacrime. In quel momento non le importava nulla del lavoro, del vestito, della scuola o del ballo; non le interessavano i suoi capelli ormai fradici che le coprivano il viso scendendo in piccole onde, o i vestiti che si appiccicavano al corpo. Piangeva tutte le lacrime che aveva trattenuto durante quell’anno, perché voleva essere forte come Bill, Fred e George, voleva dimostrare che non era più la sciocca ragazzina innamorata di Harry Potter, quella che aveva confidato tutti i suoi segreti ad uno stupido diario incantato, rischiando di venire uccisa, ed era andata al ballo del Ceppo con Neville Paciock solo perché nessun altro l’aveva invitata. Era entrata a far parte della squadra di Quddicth, dell Es, aveva combattuto contro i Mangiamorte nel Dipartimento dei Misteri, e non le si arrotolava più la lingua se un ragazzo che le piaceva le rivolgeva la parola. Ma in fin dei conti non era neanche quello il punto, Percy se n’era andato…la mamma aveva qualcosa, nessuno le diceva cosa stava succedendo, e neppure Harry, Ron e Hermione se anche avessero saputo qualcosa gliene avrebbero parlato. Che stava facendo Voldemort? I Mangiamorte, e l’Ordine della Fenice? Stavano tutti bene? Anche Charlie in Romania? E lei che cosa doveva fare lei? Era accovacciata su un gradino con le ginocchia al petto.

- Non starai piangendo per quello vero Weasley? – Una voce indifferente e sbrigativa aveva parlato accanto a lei. Draco Malfoy osservava distrattamente le gocce di pioggia, appoggiato alla ringhiera a pochi passi di distanza. – Bisognerebbe essere degli idioti, scusa, giusto dimenticavo, allora continua pure. – Aveva sorriso, almeno a Ginny così era sembrato aveva la vista offuscata dalle lacrime, non era uno dei soliti ghigni e neppure uno da presa in giro, quanto più uno d’intesa? Era rimasto lì un po’ prima di prendere ed andarsene senza neppure salutare. – Be qualunque sia la tua ragione Weasley, non pensare di risolvere così i tuoi problemi. – Sebbene il tono fosse di ghiaccio, e senza l’ombra di comprensione, le parole non lo erano. Aveva lasciato cadere accanto a lei un fazzoletto bianco, non gliel’aveva dato, o si era chinato per appoggiarlo, ma l’aveva lanciato a terra. C’era il simbolo dei Serpeverde, e una D e una M ricamate in argento. Ginny lo aveva raccolto e poi aveva rialzato lo sguardo, era sola. Era per caso un zoppo tentativo di consolarla? Ma se prima l’aveva insultata…era stata consolata da Draco Malfoy. Il fazzoletto profumava di tè verde.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** SEGRETI E BUGIE ***


Ginny non si era spostata dal gradino sul quale era seduta, la pioggia continuava a scendere davanti ai suoi occhi ma lei non sembrava vederla; il suo sguardo era vacuo e assente, in un misto fra lo stupore, la sorpresa, l’incredulità e tanta confusione. Virginia Weasley si era infilata il fazzoletto in tasca e si era incamminata verso casa. Diagon Alley deserta le faceva venire i brividi, o chissà magari era anche per il freddo, dato che era inzuppata fino al midollo; mentre tentava di non bagnarsi ulteriormente, al riparo sotto le tettoie spioventi dei negozi, un volantino affisso su una parete, recante la prima pagina della Gazzetta del Profeta, aveva catturato la sua attenzione. Crollano definitivamente le mura di Azkaban; criminali e Mangiamorte in libertà. Una prima idea, di quello che era accaduto a sua madre, le era balenata per la testa. Ginny si era messa a correre.

Ronald Weasley era sdraiato sul proprio letto con le braccia incrociate dietro la nuca; Leo tubava allegramente nella sua gabbia, e sulla scrivania disordinata, tre lettere una infila all’altra giacevano abbandonate: Harry; Hermione e Hogwarts. Due erano già state scartate e lette con insistenza, l’ultima sembrava non aver destato alcun interesse ed era intatta. Dopo che sua madre era corsa fuori in lacrime, e che suo padre che non aveva mai visto in quello stato se n’era andato, Bill l’aveva trascinato fuori per una partita di Quidditch; Ginny non sapeva che fine avesse fatto e in realtà non gli importava. Non aveva capito esattamente cosa fosse accaduto in cucina e aveva prestato relativamente attenzione a Bill, e ai gemelli che lo prendevano in giro perché non riusciva a parare neppure un tiro, ad un certo punto il maggiore dei suoi fratelli doveva aver capito che non era un perfetto idiota, e lo aveva lasciato andare nella propria stanza. Non sopportava essere trattato come un bambino, non era mica Ginny, e avrebbe voluto che per una volta gli avessero spiegato esattamente come stavano le cose, e invece, non gli avevano spiegato niente, e aveva dovuto scoprire parte del grande mistero tramite Harry e Hermione, che l’aveva pure insultato dicendo che non leggeva mai la Gazzetta del Profeta, quando lui non aveva nemmeno potuto ribattere che erano almeno tre settimane che casualmente le copie del giornale sparivano misteriosamente in casa sua. Harry era arrabbiato perché nessuno gli stava facendo sapere niente per l’ennesima volta, come se a lui invece dicessero qualcosa…e Hermione mah lei si arrabbiava sempre tutte le volte, che poteva farci lui? Aveva fatto ancora la figura di quello stupido, venendo a scoprire per ultimo che ormai si poteva dire "Ciao, ciao, Azkaban," e che quindi adesso assassini e Mangiamorte giravano tranquillamente per le strade…e inoltre i suoi cari amici avevano voluto sottolineare, con un "Ah, Ron a proposito" che avevano brillantemente passato i loro G.U.F.O. Hermione dieci e Harry sette. - E tu sta un po’ zitto stupido uccellaccio! – Ron aveva preso i calzini che erano appallottolati accanto al letto e aveva colpito la gabbia del povero Leo. - RON! RON! – Il ragazzo aveva risposto seccato. – Che vuoi? Va via! - La voce di Ginny che stava correndo come una matta su per le scale si era interrotta di colpo. Stump! Era caduta. – Ahi! – Il mago aveva roteato gli occhi ma non aveva fatto una piega. La ragazza si era rialzata dolorante, osservandosi nello specchio appeso lungo la parete aveva notato il grosso livido sulla guancia destra, ma non se n’era curata più di tanto e aveva preso a battere insistentemente i pugni sulla porta della stanza del fratello. – Ron! Apri è importante! La Gazzetta del Profeta… -

- Lo so! Va via! -

- Ma Ron! -

- Ginny vuoi levarti dai piedi una buona volta? –

- Bene! Benissimo me ne ricorderò la prossima volta che mamma mi dirà di prepararti la colazione! -

Casa Weasley da anni, non era mai stata silenziosa come durante quelle ore che avevano preceduto il calare della sera. I gemelli si erano dileguati nel pomeriggio, il Signor Weasly non si era più visto, neppure della Signora Weasley c’era traccia, e Bill aveva lasciato detto ai fratelli che aveva del lavoro da sbrigare; Ron e Ginny erano entrambe chiusi nelle proprie stanze e si rifiutavano di rivolgersi la parola, se ne stavano stesi sul letto ad osservare il soffitto.

Alle otto Arthur Weasley aveva fatto capolino nelle camere di ciascuno dei propri figli, Fred e George erano appena tornati, e aveva detto loro che doveva parlargli. I ragazzi erano stati riuniti in cucina, i due più piccoli si rifiutavano ancora persino di guardarsi. L’atmosfera era piuttosto tesa e l’uomo si era sfilato il cappello, prima di iniziare il discorso.

- Ragazzi vorrei che vi sedeste e mi ascoltaste un momento, prima che vostra madre ritorni. – La sua voce era piatta, come se fosse stata svuotata da qualunque emozione. I Gemelli si erano guardati, per la prima volta preoccupati e a disagio, mentre Ron e Ginny erano rimasti imbambolati, alla giovane era scappato un piccolo verso simile al latrato di un cane preso a calci. Fred aveva sentito uno slancio di tenerezza per la sorellina e le aveva messo una mano sulla spalla. – Non preoccuparti piccolina. – George l’aveva imitato. – Sì, Gin. - Ron senza sapere perché aveva provato un po’ di risentimento, forse in una parte dentro di se avrebbe voluto essere trattato anche lui come un bambino, seppure coscientemente l’idea non gli piacesse per niente, ma Ginny in quel momento aveva realmente l’impressione di non avere più di sei anni. – Ginny non c’è niente d’irreparabile. – Aveva mentito, dopotutto neppure lui era tanto diverso da Molly, avrebbe voluto poterli proteggere sempre, tutti loro…i suoi ragazzi. – Vostra madre non avrebbe voluto che affrontassi questa conversazione con voi, ma se non lo facessi…probabilmente non sareste in grado di capire il comportamento e le decisioni che saranno prese in questi giorni. – Nessuno aveva obiettato, e a dire la verità, nessuno aveva avuto la minima reazione. All’uomo, per quanto costasse, non era rimasto che proseguire. – Vostra madre è spaventata all’idea che vi capiti qualcosa e io, non posso biasimarla, perciò questo è quanto, vorrei che evitaste di menzionare qualsiasi cosa, anche quando sarà qui Harry…accettate le cose come sono senza fare domande vi prego, perché dopo questo non ci saranno altri chiarimenti. – Nessuno sapeva cosa dire o cosa fare, né se fosse il caso di dire o fare qualcosa, ma non c’era stato bisogno. – Saprete ormai di Azkaban…al Ministero stiamo cercando una soluzione, ma per ora…non è tutto…Grimmauld Place è andato…e non senza conseguenze…purtroppo avevamo riposto male la nostra fiducia… - L’incredulità era dipinta sui volti dei ragazzi. - …anche Remus e Tonks sono stati attaccati…e Tonks… -

- Noooooo! -

Ginny non ce l’aveva più fatta a sentire, aveva spalancato gli occhi ormai pieni di lacrime e si era portata le mani alla bocca. – No! No…no…no… - Fred e George avevano tentato di calmarla abbracciandola, ma lei continuava a dimenarsi. Le nocche delle dita di Ron erano completamente sbiancate, tratteneva a stento la rabbia. Il Signor Weasley si era voltato dall’altra parte abbassando gli occhi un attimo, prima di trovare la forza guardare i suoi figli e continuare. - …è viva Ginny…è ridotta…i Medimaghi non sanno…potrebbe non farecela…adesso è ricoverata al S. Mungo…vostra madre… -

- Papà non dovremmo andare da lei, voglio dire… -

- No…George…so che non…non è possibile vederla…non è un bello spettacolo…solo Remus, vostra madre e i suoi genitori fin ora…mi dispiace tanto ragazzi…mi dispiace tanto… – Non aveva più retto, lentamente stringendo il cappello in una mano, era salito al piano di sopra. Non aveva la forza per confortare i propri figli e come un codardo se n’era andato.

I fratelli Weasley erano rimasti tutti in cucina. Fred e George si erano praticamente appiccicati alla sorellina e avevano tentato di farla ridere in tutti i modi, anche a spese di Ron. Il giovane se ne stava seduto al tavolo con il viso appoggiato su una mano guardando in direzione opposta agli altri ragazzi, era irritato, contrariato e stufo marcio di quella situazione. A nessuno importava come si sentisse, erano tutti troppo occupati a distrarre Ginny per curarsi di lui, ma non era Ginny che avrebbe dovuto fare i conti con Harry e Hermione, non era Ginny che avrebbe dovuto impedire al suo stupido amico di fare qualche sciocchezza, non era a lei che presto avrebbero iniziato a canticchiare perché "Weasley è il nostro Re", o che avrebbe dovuto starsene un altro anno buona buona nell’ombra di Harry, sentendosi sempre rimproverare qualcosa da Hermione…non era lei a cui avrebbero appioppato la parte dello stupido senza speranza. Dopotutto quando aveva iniziato entrarci qualcosa l’anno scorso…prima che aveva fatto? Ma perché qualcun altro doveva sempre monopolizzare l’attenzione; qualcuno si era forse curato che avesse preso anche lui sette nei G.U.F.O? Glielo avevano chiesto? O che passasse tutti quei pomeriggi ad allenarsi per non fare la figura dell’idiota un altro anno di fila? – "Ma sì tanto a chi interessa? Chi si cura di quello stupido di Ron che non capisce un accidente? Facciamogli fare la figura del fesso, gli riesce così bene…umiliamolo un po’ per sentirci meglio che tanto lui sta zitto e incassa. Sfoghiamoci con lui ha le spalle larghe…" –

La Signora Weasley era rientrata non molto più tardi, non si era aspettata di ritrovarsi quattro dei suoi figli in cucina. La donna si era sfilata il mantello zuppo di pioggia. Era così stanca e arrabbiata, aveva trascorso gran parte del pomeriggio al S. Mungo da Tonks, e aveva avuto una non molto amichevole discussione con Remus; non gli aveva proprio dato la colpa di quello che era accaduto però…insomma lui era un uomo adulto e navigato e Tonks…quella povera ragazza…e poi non si sa come era uscito fuori anche il nome di Percy…forse le era capitato anche d’insultare qualcuno dell’Ordine e le cose erano andate un po’ fuori dal suo controllo…comunque se l’era cavata piuttosto bene. Era uscita dall’ospedale per avere un po’ di resto e fare la spesa, quando aveva avuto proprio una bella sorpresa…ah ma stavolta gliel’avrebbe fatta vedere lei…come se non avesse già abbastanza preoccupazioni, una si da tanta pena per insegnare ai propri figli il valore dell’onestà e della sincerità e poi…

Prima di parlare Molly Weasley aveva preso un profondo respiro, il petto si era gonfiato conferendole un’aria minacciosa; i capelli scarmigliati e il viso arrossato per il freddo non avevano contribuito a migliorare l’effetto. – VIRGINIA WEASLEY! – Ginny, seduta tra Fred e George, era stata scossa dallo spavento. Ron non aveva potuto aiutare sorridendo, non gli dispiaceva poi tanto che per una volta sua madre se la prendesse con la piccola Ginny. I gemelli avevano spalancato gli occhi a palla, mentre la sorellina sembrava piuttosto paralizzata dalla paura. – Cara Ginny è stato un vero piacere passare del tempo in tua compagnia, purtroppo io e George al momento abbiamo un’occupazione urgente al piano di sopra. –

- Sì Gin, vas con Dios. -

- FERMI DOVE SIETE VOI DUE! DOPO NÉ HO ANCHE PER VOI! – Nessuno aveva più osato spostarsi di un millimetro solo Ron se la rideva sotto i baffi.

- Signorinella sai chi ho incontrato oggi mentre facevo la spesa? -

La piccola Weasley aveva scosso il capo troppo terrorizzata per osare aprire bocca.

- La madre di Luna Lovegood. – Ginny era preparata a tutto ma non all’uscita improvvisa di sua madre; la paura era stata sostituita dall’incredulità, e l’espressione del viso era diventata tutto meno che l’immagine del terrore, era molto buffa. - Eh? - Ron, Fred, e George avevano perso il filo della conversazione. - Be? - Molly Waesley sembrava pretendere una risposta, ma qual era la domanda? - Ma…è morta. – I tre ragazzi erano scoppiati a ridere, Ginny era uno spettacolo. - Non fare la furba con me, volevo dire il padre della Lovegood. – Altra reazione totalmente priva di timore. – Ma è in Svezia con Luna…stanno cercando il Ricciocorno Schiattoso… - La ragazza si era portata le mani alle labbra. Mossa poco furba Ginny… – Ah, ah. - La donna aveva indicato col dito la figlia. - Infatti ho incontrato sua nonna cara, sbaglio o mi avevi detto che andavi a studiare a casa sua questo pomeriggio, e il pomeriggio prima, e quello prima ancora… -

- P-posso spiegare… - La piccola maga aveva abbassato gli occhi, non poteva spiegare. - …no…non posso spiegare… - Sua madre le aveva scoccato un’occhiataccia, mentre teneva le mani sui larghi fianchi con fare risoluto. – VIRGINIA WEASLEY COSA TI HO SEMPRE DETTO SUL FATTO DI MENTIRE A TUA MADRE!!! POSSO CAPIRE TUO PADRE! MA TUA MADRE!!! CON QUELLO CHE STA ACCADENDO IN GIRO! POTEVA CAPITARTI QUALCOSA! POTEVI MORIRE! DOVE SEI STATA?! -

- Sarà stata da quel suo ragazzo, Dean Thomas… - Aveva borbottato Ron. – Ron tesoro non essere sciocco si sono lasciati da tempo… - La bocca del ragazzo era scattata aperta, George gliela aveva richiusa con una mano. – Là. – Fred si era messo a ridere. – Ron dovresti aggiornarti, le storie di Ginny non durano mai a lungo… -

- FATE SILENZIO TUTTI QUANTI!!! -

- … -

- NO! NON TU GINNY, ALLORA DOVE SEI STATA? -

- … - E adesso che le raccontava… - Ah, ‘ma a proposito a Ron sono arrivati i risultati dei G.U.F.O. –

- Questo si chiama diversivo… - Aveva bisbigliato Fred a George. L’attenzione di tutti era stata rivolta a Ron, il ragazzo aveva stretto gli occhi a due fessure come un gatto rabbioso sfolgorando alla sorellina, che per tutta risposta si era stretta nelle spalle. – Ron tesoro, perché non l’hai detto subito, allora come sono andati? Non mi arrabbierò caro, so che hai fatto del tuo meglio… -

- Adesso ne vedremo delle belle Fred. - Sfortunatamente il piano di Ginny era fallito miseramente, un primo indizio era stato il sorisetto alla Malfoy di Ron. – Oh, i G.U.F.O. dici Gin?…sette su nove non è poi un grande risultato… - La piccola volpe rossa aveva pestato i piedi, non pensava realmente che gli esami del fratello fossero andati così bene. – "Ben ti sta Ginny la prossima volta impari a voler approfittare delle disgrazie altui…" – Si era detta. – Non posso credere, e dici di essere nostro fratello…andiamo Fred o Percy Junior inizierà a parlare della sua prossima carriera al Ministero. -

Ron mi hai deluso…pensavamo che avessi preso almeno qualcosa da noi… - I gemelli se l’erano filata alla chetichella. – Ron tesoro, caro, amore della mamma…ma io lo sapevo che non eri come quei due disgraziati di Fred e George, prima Prefetto, poi portiere della squadra di Quidditch, e adesso sette G.U.F.O. su nove…ah, qui ci vuole un regalo…TU! Se non vuoi dirlo a me che sono tua madre…da questo momento fino al ritorno a Hogwarts considerati in punizione, non potrai uscire di casa se non con me o tuo padre, o i tuoi fratelli. Mi hai molto delusa Virginia. – Ron aveva sorriso soddisfatto e Ginny prima correre su per le scale gli aveva rivolto una boccaccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** SE NON CI FOSSE BILL... ***


Ginny si era chiusa in camera lanciando qualche imprecazione poco elegante per poi perdersi in un profondo sbuffo. Era rimasta per un po’ contro la porta prima di prendere una rivista e lasciarsi cadere sgraziatamente sul letto. Si sentiva di cattivo umore e piuttosto irritata, stava sfogando le sue frustrazioni girando con non troppa gentilezza le pagine del Cavillo, senza prestare realmente attenzione a quello che vi era scritto. – "In punizione a vita stupendo!" - Era esattamente quello di cui aveva bisogno adesso; tanto ormai il lavoro al negozio era andato. Ron sapeva essere uno stupido idiota a volte, che colpa ne aveva lei se si era svegliato di traverso…voleva solo fargli sapere dell’articolo del Profeta e lui le era saltato in testa, se aveva litigato con la sua amichetta, sempre che ne avesse una, lei non c’entrava per niente. – "Sì, Ron con la ragazza come no…" – Probabilmente doveva aver ricevuto la simpatica notizia di Azkaban da Harry e Hermione. Sì proprio buoni anche quei due, loro e Ron se ne stavano sempre a confabulare escludendo il resto del mondo e poi si riempivano d’indignazione quando erano gli ultimi a sapere le cose…bene che si arrangiassero da soli allora. Tock. Tock. Due rapidi colpi alla porta avevano distolto la ragazza dai suoi pensieri. – Sì? -

- Si può entrare? - Bill aveva fatto capolino dalla porta portando con se un vassoio con del cibo. – Bill! – Il viso di Ginny si era illuminato, ogni traccia di rabbia e quel senso di fastidio opprimente che aveva provato allo stomaco erano svaniti nel nulla. - Un uccellino mi ha detto che qualcuno stavolta l’ha combinata grossa. Mamma ha voluto che ti portassi su la cena. – Il mago si era seduto sul letto accanto alla sorellina e lei si era spostata per fargli posto. – Grazie. – Bill riusciva sempre a farle quell’effetto, a trasmetterle una sensazione di pace, ogni problema con lui vicino sembrava diventare minuscolo. – Tutto bene? -

- Adesso sì. – Il ragazzo aveva sorriso. Ginny adorava semplicemente suo fratello, perché era grande, buono, forte e gentile e in qualcosa le ricordava Harry, anche se non sapeva esattamente che cosa; con lui poteva semplicemente essere indifesa. – Allora che hai combinato stavolta farfallina, la mamma sembrava realmente sul punto di uccidere Fred e George di sotto e qualcosa mi dice che non ce l’aveva con loro… - Bill aveva avvolto un braccio attorno alle spalle di Ginny; andava bene con lui poteva parlare era il solo che poteva chiamarla in quello sciocco modo senza che le venisse l’impulso di scattare sulla difensiva. – Le ho mentito in pratica tutti giorni su dove trascorressi i pomeriggi… -

- Ahi Gin questo non è molto bello, lo sai come la pensa mamma sulle menzogne, specie se è la sua adorata bambina, lei crede che tu per lei non abbia segreti… -

- E non ne ho. -

- Suona un po’ contraddittorio no Gin? -

- Ma se le avessi detto lei non mi avrebbe mai lasciato… -

- Fare cosa farfallina? -

- Lavorare all’Emporio di Nelly… -

- È questo ciò che hai fatto? Lavorare all’Emporio di Nicole Seamstress? – Bill aveva alzato le sopracciglia e si era messo a ridere. - Mi domando come tu abbia fatto a resistere tanto Gin…quella donna è…Fleur una volta… -

- Fleur cosa Bill? – Ginny aveva sbattuto le ciglia con fare insinuante e provocatorio; effettivamente era anche un po’ gelosa, Bill diventava improvvisamente timido se doveva parlare della propria vita amorosa con lei, ovviamente non valeva il contrario. – Niente…niente farfallina…comunque sono contento che sia solo questo…ero un po’ preoccupato che ci fosse di mezzo qualche ragazzo non proprio affidabile, che non aveva saputo resistere al fascino della mia bella sorellina… - La ragazza aveva gonfiato le guance fingendo di essere imbronciata, e il mago non aveva potuto trattenersi dallo scompigliarle affettuosamente i capelli, solo Gin riusciva a fare delle facce tanto spassose. – Perché poi lavorare all’Emporio di Nelly c’è qualcosa che avrei dovuto sapere dalla mamma? -

- No, no, Bill noi stiamo tutti bene sul serio, cioè non abbiamo più problemi del solito da quel punto di vista…e poi adesso solo io e Ron siamo sulle spalle di mamma e papà…io solo volevo…Bill prometti che non riderai, e che non lo racconterai a Fred o a George? -

- Sicuro farfallina, ogni tuo desiderio è un ordine. -

- Volevo risparmiare per comprare della stoffa che ho visto e farci un vestito per il ballo… - Il ragazzo aveva sorriso. - Questo è tipico della mia vanitosa sorellina…tranquilla il tuo segreto con me è al sicuro, solo mi chiedo come farai adesso che sei agli arresti domiciliari…di un po’ piccola non avrai in mente di sgattaiolare dalla finestra, sai non credo sarebbe saggio visto gli istinti omicidi della nostra cara mamma. -

- Non fuggirò se è questo quello che temi, ormai ho risparmiato a sufficienza e…poi mi sono licenziata.– Sembrava un poco abbattuta, come se la cosa le provocasse brutti ricordi.

- La cara vecchia Nicole ha esagerato con le punizioni corporali? Oppure ha preteso che pulissi il suo bagno con lo spazzolino da denti? – Il giovane uomo le aveva fatto l’occhiolino. - Draco Malfoy. -

- Cos’è farfallina una nuova marca di dentifricio? -

- No Bill, è solo che quel…quel… -

- Va tutto bene Gin, tranquilla. -

- Ha scoperto che lavoravo lì e ha deciso di rendere le mie giornate un inferno. -

- Ah, nessuno può trattare in questo modo la mia sorellina, vuoi che gli dia una lezione? – Aveva fatto per alzarsi da letto, come se volesse andare a casa di Malfoy e prenderlo a bacchettate sul sedere fino a farlo diventare blu. – No! - Ginny l’aveva trattenuto ridendo. – Grazie Bill. -

- Figurarti, sempre a disposizione. – La piccola Weasley se n’era rimasta accoccolata con la testa sulle ginocchia del fratello. - Allora poi c’era sul serio di mezzo un ragazzo dalle cattive intenzioni…e io che pensavo che fosse Dean Thomas… -

- No, grazie…meglio Malfoy che Thomas… -

- Farfallina non starai uscendo con un po’ troppi ragazzi…non vorrai che passi a casa di ognuno di loro a insegnarli le buone maniere… -

- No davvero Bill… -

- Ok, allora questo vecchio uomo torna al proprio lavoro. -

- Ok, notte Bill. –

- Notte farfallina. – Le aveva accarezzato la testa prima di andarsene. – Ah, ehi Gin? -

- Sì? -

- Prima o poi troverai quello giusto. -

- Lo so. – Aveva sorriso alla porta che si chiudeva. – "Lo so Bill." -

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** ICE ***


L’aria del mattino era fresca e pungente, la pioggia sembrava aver rinunciato a scendere durante la notte ma il cielo era rimasto di un colorito grigio e un po’ spento. L’annuncio della caduta di Azkaban si era sparso rapidamente e nonostante le strade fossero pattugliate come sempre da Auror in incognito, molta gente aveva preferito starsene al riparo delle proprie case. Le ricerche degli evasi erano iniziate procedendo di pari passo con le ispezioni nelle abitazioni; già molte famiglie erano state trovate in possesso di oggetti dagli usi non proprio chiari, ed i membri erano stati costretti a presentarsi al Ministero per fornire delle delucidazioni. Una serie di perquisizioni a catena era in corso sin dall’inizio dell’estate ma aveva prodotto scarsi risultati, nessuno dei "grandi obiettivi" era stato tanto sciocco da tenere del materiale sospetto e aveva provveduto a liberarsene da quando le acque avevano iniziato ad agitarsi, inoltre, la più grande fonte di produzione di maghi oscuri era Notturn Alley e quello andava ben oltre le competenze del Ministero, in qualche modo qualcuno di molto potente nel corso degli anni era sempre riuscito a tenere come in cassaforte quel quartiere. In pratica fin che le stranezze restavano confinate lì nessuno poteva farci niente, e poi appena c’era qualche prova tutto finiva sempre in una nuvola di fumo. C’era anche chi sosteneva che se la feccia non la si teneva confinata lì sarebbe stato peggio ritrovarsela in giro per le strade. Quella mattina tre figure incappucciate di nero con mantelli logori e consunti si erano presentata a Palazzo Malfoy: Remus Lupin, Alastor Moody e Arthur Weasley. Ad aprire era stato un vecchio elfo domestico decisamente in là con gli anni. – Sì? –

I tre uomini si erano guardati negli occhi, era stato il signor Weasley a parlare. – Salve, siamo venuti per vedere il padrone di casa. –

- E Edge può sapere chi vuole vedere il padrone Signore? – Malocchio aveva roteato entrambi gli occhi con impazienza, quello magico per poco non si era incastrato. – Edge dì al tuo padrone che siamo degli amici. – La piccola creatura malandata aveva chiuso momentaneamente la porta in faccia agli sconosciuti. – Non credo sia stata una trovata brillante Malocchio. -

- Sta zitto Remus, se avessimo fatto direttamente a modo mio adesso non saremmo ad aspettare al freddo che uno stupido moccioso con la candela al naso si degni di aprirci la porta. -

- Se avessimo fatto a modo tuo avremmo violato un centinaio di leggi e avrebbero spedito noi ad Azkaban. -

- Improbabile Remus dal momento che non c’è più nessun Azkaban. – La poca luce ancora rimasta negli occhi di Remus Lupin era balenata per un momento, prima che questi abbassasse lo sguardo al terreno fangoso. Arthur Weasley era un fascio di nervi e le continue scaramucce fra gli uomini al suo fianco lo rendevano insofferente, questa era una cosa che non gli andava di fare. Dopo qualche secondo di attesa invece che Edge, alla porta si era presentato Draco Malfoy stesso rendendo impraticabile l’accesso ai visitatori. A differenza dei tre adulti che gli stavano di fronte sembrava in perfetto e innaturale controllo per un ragazzo della sua età, il viso non tradiva alcuna emozione e la presenza dei maghi non sembrava provocargli qualsiasi effetto. Per un istante i tre uomini avevano creduto di trovarsi di fronte Lucius Malfoy in persona, nonostante fosse prima mattina era vestito impeccabilmente con una maglia e dei pantaloni neri, e appariva perfettamente riposato. – Posso esservi d’aiuto in qualche modo? – Li aveva freddati. Moody stava letteralmente perdendo il controllo, anche il Signor Weasley si era risentito dal tono di voce utilizzato dal ragazzo; Lupin invece aveva mantenuto la stessa calma del giovane e aveva trattenuto Malocchio per una spalla. – Draco Malfoy finalmente ci rincontriamo. – Ma Draco Malfoy si era limitato a stringersi nelle spalle. - Non posso dire di esserne lieto. – Moody si era scosso dalla presa dell’amico e il Signor Weasley per un momento aveva pensato realmente che avrebbe colpito il giovane. – Se ha intenzione di colpirmi e bene che l’avverta, sono perfettamente in grado di difendermi, ma non credo che potrà esserle di qualche utilità sempre che non intenda essere convocato per un’udienza al Ministero. – Arthur era intervenuto prontamente sperando di sedare l’attacco d’ira dell’uomo al suo fianco.

- Non essere sciocco Draco Malfoy non siamo qui per andare a sculacciare mocciosi viziati, vero Malocchio? -

- In questo caso Signor Weasley posso chiederle com’è entrato e cosa fa sulla mia proprietà? – Freddo e sfacciato come sempre.

- Una visita amichevole a dire il vero. -

- Una visita amichevole… -

- Siamo qui per agevolare le cose a te, a tua madre…e a tuo padre. - Già a sentire nominare sua madre una profonda rabbia gli si era diffusa nello stomaco, un pezzente di quella risma non doveva neppure osare pensare a sua madre, ma suo padre…di cosa accidenti lo stavano accusando di nascondere un fuggitivo? All’esterno questi pensieri non si erano però manifestati in nessuna maniera, aveva continuato a osservare i suoi interlocutori in maniera sprezzante. – Mio padre Signore è ad Azkaban e non credo che la sua visita qui potrà agevolarlo in alcuna maniera. - Malocchio Moody sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro, era stato però Lupin a parlare. – Signor Malfoy vuole forse farci credere che non è al corrente dell’evasione di massa della scorsa notte da Azkaban? -

- Mi state forse accusando di qualcosa? Non che vi riguardi in qualche modo ma in questi giorni non ho avuto modo di leggere i giornali, mia madre ha avuto bisogno di assistenza qui alla magione. -

- Immagino che la notizia ti sconvolga parecchio. – Aveva ribattuto con ironia Arthur Weasley. – A dire la verità Signor Weasley io e mio padre non siamo in così buoni rapporti. -

- Falla finita ragazzo, levati dai piedi e facci passare! – Era sbottato d’un tratto Moody. Draco era rimasto a fissarlo annoiato con le braccia incrociate. – Prego? -

- Senti ragazzo, puoi rendere questa cosa facile e lasciarci passare per perquisire la casa… -

- Altrimenti? Sa Signor Weasley non vedo alcun mandato del Ministero. – Il vecchio Draco Malfoy dalla voce insinuante e strascicata era finalmente venuto fuori. – Non dire assurdità… - L’uomo dall’occhio magico aveva definitivamente perso la pazienza e aveva afferrato il giovane per il collo della maglia. – Al Ministero sono informati di questa vostra visita amichevole, o si tratta di pura e semplice violazione di domicilio? Signor Weasly mi stupisco di lei, lavora al Ministero e non sa che per una cosa del genere è necessario un ordine firmato dal Ministro? –

- Non sfidare la sorte ragazzo! -

- Io? Guarda, guarda…cosa abbiamo qui un ex-insegnante licantropo e ubriaco, un vecchio Auror pazzo e in pensione, e un dipendente del ministero straccione…che minacciano in questo modo il primogenito di una delle più antiche e nobili casate del mondo magico, chi è che sta sfidando la sorte? -

- Lascialo andare Malocchio, il ragazzo ha ragione. – Con un ringhio il vecchio Auror aveva rilasciato la presa dal giovane mago. -

- Non finisce qui marmocchio impertinente. -

- Oooh, io sono certo di sì invece. – Aveva risposto seccato sistemandosi il collo della maglia.

- Malocchio ha ragione, in un paio di giorni otterremo il mandato e non ci saranno più tante cerimonie. Gente che non conosci entrerà qui e rivolterà l’intero palazzo, e non serviranno a niente le tue suppliche o le tue minacce, quando metteranno a soqquadro l’edificio e infileranno le mani nelle vostre belle cose… - Lupin parlava con cattiveria, per la prima volta da settimane e forse nell’arco di una vita intera aveva perso qualsiasi residua capacità di utilizzare il suo buon senso. Lui che solitamente era ragionevole e controllato, che soffriva in silenzio, lacerandosi al suo interno; non aveva saputo reggere le provocazioni di uno stupido ragazzino sedicenne. Sia Arthur che Malocchio erano rimasti sbigottiti dalla conversione improvvisa dell’uomo. - Tu forse credi di poter resistere allo scempio della tua casa, ma cosa dice il piccolo Draco di sua madre? Anche lei riuscirà a mantenere il freddo temperamento di famiglia? Non ci saranno lacrime che tengano o scenate isteriche… - Ma Draco Malfoy aveva perso il controllo ed estraendo con un rapido movimento la bacchetta aveva schiantato con un solo colpo, due dei maghi. – Stupeficium! - Nessuno, nessuno poteva osare toccare sua madre.

Il Signor Weasley era l’unico ad essere rimasto ancora in piedi, totalmente pietrificato dalla reazione del giovane. - A tra due giorni allora. – Il suo sguardo era tornato gelido. – Ah, porti i miei saluti alla piccola Ginny. – Aveva aggiunto in tono sporco prima di sbattere in faccia all’uomo la porta. Arthur Weasley aveva spalancato gli occhi con incredulità. Ginny? Cosa c’entrava la sua piccola Ginny?

Al di là del pesante portone Draco Malfoy aveva sorriso soddisfatto. Suo padre aveva avuto ragione erano arrivati presto, sfortunatamente per loro quando avrebbero finalmente ottenuto il mandato non ci sarebbe stato già più nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** NON TI DEVI PREOCCUPARE ***


L’appartamento dei Granger era indubbiamente una delle più belle abitazioni di tutta Londra, grande e spaziosa, era stata arredata interamente con mobili di design assolutamente moderni e del tutto funzionali; lo stile era sobrio e minimalista, rispecchiava pienamente i gusti dei proprietari. Il complesso in cui si trovava l’abitazione era leggermente spostato rispetto al centro della città così rumoroso e caotico, ma poteva essere raggiunto facilmente in autobus o in metropolitana. Lo studio dentistico dove lavoravano il Signore e la Signora Granger si trovava per l’appunto in piena metropoli, occorrevano una ventina di minuti per arrivarci comodamente. Le lancette dell’orologio segnavano le otto. Hermione si trovava in cucina intenta a preparare la cena, suo padre avrebbe fatto tardi anche quella sera, il lavoro da quando sua madre si era dovuta assentare sembrava quadruplicato, perfino la casa sarebbe andata a rotoli se la donna delle pulizie non fosse venuta tre volte la settimana. Era così stanca, le numerose preoccupazioni di quei giorni non le avevano neppure lasciato il tempo per pensare, così quando si ritrovava sola tutto le crollava addosso come un macigno. Non ricordava neppure l’ultima volta che aveva sbuffato perché non sapeva cosa fare, lei che era sempre iperattiva e che non sopportava di sprecare alcuni minuti del suo tempo. La ragazza si trovava in piedi di fronte ai fornelli stava mescolando il sugo per la pasta, sua madre adorava semplicemente la cucina straniera, italiana, francese…dopo aver girato ancora un paio di volte il cucchiaio di legno, si era versata una tazza di tè ed era andata a sedersi al tavolo lì accanto. Com’è che tutto era precipitato a quel modo? Sul ripiano un mucchio di riviste, libri, e decine di Gazzette del Profeta aperte. Alcune settimane prima aveva in mente soltanto come prendere il massimo in tutti i G.U.F.O, mentre, dopo quella notte al Dipartimento dei Misteri, le cose nella sua vita erano crollate rovinosamente. Perché tutto doveva essere sempre così complicato e difficile? Anche il C.R.E.P.A in quel momento le sembrava soltanto un’ulteriore complicazione; persino Viktor Krum si era messo a darle problemi; stupido, stupidissimo viaggio in Bulgaria. Lì era iniziato tutto…era partita coi suoi genitori, sua madre non vedeva l’ora di quella vacanza, e così lei ne aveva approfittato per incontrarsi con un amico, non c’era niente di male in quello no? Peccato che il caro vecchio Krum si fosse stufato della parte dell’amico, e i suoi modi tanto gentili ed educati erano andati di colpo a farsi benedire, come poteva sapere che in realtà era una persona del genere? Prima si era infuriato, dicendole che non era più disposto ad aspettare, poi aveva tentato di baciarla, e quando lei non ne aveva voluto sapere si era messo a insultarla pesantemente…e poi sua madre, lei era stata male improvvisamente e nessuno voleva dirle cosa c’era che non andasse…e adesso era lì a casa che…si sentiva così impotente…lei che aveva sempre una risposta a qualunque domanda adesso non sapeva dove sbattere la testa…inoltre c’era anche il fatto di Voldemort e dei Mangiamorte, le restrizioni e tutto il resto…non era neppure tanto facile comunicare tramite i gufi. Azkaban era saltato e Ron sembrava far finta di niente come se tutto fosse normale e andasse per il meglio, lui che poteva avere senz’altro più informazioni di lei e Harry messi insieme…perché doveva essere sempre lei quella a preoccuparsi delle cose? Se non importavano agli altri allora che si arrangiassero, sarebbe andata avanti da sola come sempre, come aveva fatto prima di trovare degli amici, non era poi così terribile la solitudine in fondo. Sì, era terribile. Era terribile e voleva gridare, ma non era da lei comportarsi a quel modo, doveva stare calma, ponderare, valutare e trovare una soluzione…in realtà la maggior parte delle volte le sarebbe piaciuto lasciar perdere tutto…sedici anni era un tantino presto per avere dei capelli bianchi, prima che ne avesse compiuti trenta sarebbe sembrata una sessantenne…le era venuto da ridere a immaginarsi con tutti i capelli come quelli di Silente…allora era ancora capace di ridere dopo tutto.

Dei passi leggeri attutiti dalle pantofole erano giunti dalle scale, ma la ragazza era troppo presa dalle proprie riflessioni per poterli notare. Hermione non si era accorta di niente fino a quando un tonfo improvviso l’aveva costretta a voltarsi. La Signora Granger era a terra coperta unicamente da una camicia da notte troppo leggera e una vestaglia lasciata andare davanti. – Mamma! - La sedia sulla quale era seduta era caduta a terra provocando un rumore sordo, mentre la giovane era corsa a soccorrere la donna. Era così pallida… - Sto bene tesoro, sto bene… - Aveva fatto per alzarsi ma Hermione l’aveva costretta a restare ferma per controllare che non avesse battuto la testa o si fosse rotta qualcosa. – Il dottore ha detto che devi stare a letto, perché non ascolti mai…sei un medico anche tu…- La voce della ragazza tradiva l’agitazione. - …ho avuto soltanto un mancamento. Non devi agitarti tanto, volevo solo prendere un bicchiere d’acqua. – Aveva sorriso dolcemente ma si vedeva che tratteneva a stento il dolore. – Potevi chiedere a me, te l’avrei preso io il bicchiere d’acqua sono qui per questo, non sono qui per questo? -

- Non ne potevo più di stare a letto, volevo fare due passi… -

- Il dottore ha detto che è per qualche giorno, ma devi riposare è l’effetto della cura…ti avrei preso io il bicchiere d’acqua, non c’era bisogno che ti alzassi… -

- Tesoro sto bene…sul serio…mi sento già meglio…andrà bene Hermione, non devi preoccuparti così per me, hai già così tanti problemi… -

- No che non andrà bene mamma, se non segui la cura alla lettera, in fondo è temporaneo, cioè è per poco tempo, al resto ci penso io te l’ho già detto. Ce la faccio, non è un problema… - Amanda Granger aveva accarezzato il volto della figlia. – Va bene, hai ragione scusami, torno a letto… -

- Lo sai che se fosse per me… -

- Lo so tesoro rilassati, davvero…sai che sono un po’ capricciosa su queste cose. -

- … - Hermione aveva fatto un sorriso apprensivo alla donna prima di capeggiare di nuovo verso la cucina per procurarsi l’acqua; ma mentre riempiva il bicchiere non aveva potuto fare a meno di osservare la figura di sua madre, che silenziosa saliva le scale.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** INCUBI E DELIRI ***


Sì, sì lo so ci ho messo un po’ ad aggiornare è che ho avuto dei problemi col computer, credevo di avere un virus, e invece sono io che ho pasticciato, inoltre, sto avendo dei seri problemi con una parte, quella che riguarda Harry, trovo difficile immedesimarmi in lui, perciò eventualmente in futuro abbiate pietà, e sì fra poco comparirà anche il nostro eroe…mi da un sacco di grattacapi! Grazie mille per le recensioni ^_^ e bando ai convenevoli. Buona lettura!

 

Bianco. Era l’unico colore che si dipanava per il lungo e infinito corridoio; bianco era il soffitto e bianche erano le pareti. A mezz’aria galleggiavano delle bocce di cristallo, al loro interno vi erano delle candele accese. Il pavimento contro i suoi piedi risultava incredibilmente freddo, e lei non capiva come poteva essere, poi osservando attentamente aveva notato di essere scalza. Un brivido le aveva attraversato il corpo provocandole la pelle d’oca, non indossava altro che la sua camicia da notte di cotone leggero. La ragazza si era guardata attorno stringendosi nelle braccia, non sapeva dove si trovasse. Forse era morta, eppure quel luogo le sembrava così familiare…c’era già stata prima di allora. Aveva avanzato lentamente con timore quasi reverenziale, nonostante tutto non era spaventata, sapeva che presto avrebbe ricordato, doveva solo fare più attenzione ai dettagli e a quella sensazione non piacevole che provava all’interno del suo stomaco, quel posto, qualunque fosse, non le era estraneo.

C’era una porta doppia a pochi passi di distanza, era strano che non se ne fosse resa conto prima, dunque doveva semplicemente attraversarla e poi avrebbe capito. La giovane aveva appoggiato entrambe le mani contro la superficie levigata che le impediva l’accesso, avrebbe voluto guardare al di là, ma oltre il vetro era tutto buio. La sua attenzione era stata catturata dal proprio riflesso, e si era gelata. Era lei, ma non era lei. L’immagine era quella di una ragazzina di undici anni terrorizzata dal mondo…non aveva senso. Doveva sapere, doveva scoprire dove fosse e tornare a casa, i suoi genitori si sarebbero preoccupati oltremodo non vedendola rientrare, ma non era quello il punto, stava fallendo un passaggio…prendendo un profondo respiro aveva esercitato una forte pressione sulla porta e l’aveva spalancata, quando questa si era richiusa alle sue spalle, avrebbe voluto gridare. Nero. Era completamente avvolta dall’oscurità; aveva fatto un passo indietro e si era voltata per cercare nuovamente la porta e tornare indietro, ma non si vedeva nulla. Adesso il terrore aveva iniziato a farsi strada dentro lei, cosa se non fosse più riuscita a trovare l’uscita? Se non fosse più stata in grado di tornare a casa? La ragazza aveva fatto per prendere la bacchetta, ma era del tutto evidente che non la poteva avere con sé. No. No. Non poteva starsene lì al buio, il buio nascondeva sempre cose terribili…un nodo si era formato alla bocca del suo stomaco. No. Non al buio. Non dormiva neanche completamente al buio, non c’era più riuscita. Si era rannicchiata in un angolo ed era rimasta immobile. Sarebbero venuti a cercarla e l’avrebbero portata indietro, lei doveva solo starsene ferma e buona e non le sarebbe successo niente. Zitta, non doveva respirare, anche il suono del respiro era troppo assordante. Zitta. Zitta. Ferma e buona. Non le sarebbe capitato niente, perché lei era una brava bambina. Poi nel silenzio un rumore, come un’improvvisa vampata di fuoco. Lei sapeva che non si sarebbe dovuta muovere, solo se non si fosse mossa sarebbe andato tutto bene, eppure non aveva potuto far a meno di alzare il capo. Le lacrime che aveva trattenuto assieme al respiro le erano uscite di fiotto esplodendo in un singhiozzo. Luce. Luce di candele su pareti di pietra. Hogwarts. Era salva. Hogwarts andava bene, era come casa. - Dove stiamo andando Tom? – Il sorriso le era morto sul viso. Quella voce…era la sua voce che le stava rimbombando nella testa. – Perché non possiamo dirlo a nessuno? Non lo capisco questo gioco Tom… - Basta. Basta. Doveva smetterla di parlare nella sua testa. – Zitta. Sta ferma e buona e andrà tutto bene. Ti fidi di me no? – No. Stupida, stupida, non starlo a sentire.

- Certo Tom. -

- Tom? Tom? Dove sei? Qui è tutto buio. -

- Tom fa male aiuto! Tom fa male, che cosa sta succedendo…è tutto nero Tom e fa freddo…Tom aiuto! Tom perché non mi aiuti? -

- Tooooom! -

Ginny si era svegliata di soprassalto, nella stanza la luce della luna filtrava pallida creando un alone ceruleo sopra ogni cosa, rendeva impossibile distinguere la realtà dal sogno. La ragazza aveva il respiro affannato, l’informe camicia da notte bianca era incollata dal sudore al suo petto, e sul viso rigato dalle lacrime un pallore quasi mortale si accompagnava ad un’espressione sconvolta e impaurita. Il suo corpo era un fascio di nervi, sarebbe bastato un impercettibile rumore per farla gridare cose delle quali non credeva neanche di essere a conoscenza. La piccola maga era rimasta sospesa in quello stato di semi incoscienza, fino a che la porta della camera si era aperta; e allora aveva gridato con quanto fiato aveva in gola all’ombra che si affacciava sulla soglia. – Tom! – La luce era stata improvvisamente accesa, rivelando agli occhi della giovane la realtà della propria stanza, i mobili, il disordine, quel suo orsacchiotto di pezza rosso così familiare…e Bill in piedi di fronte al suo letto. – Bill… - Era stato un sussurro, prima che qualcosa di caldo e salato aveva incominciato a scenderle sulle guance e poi sulle labbra. Il ragazzo era stato destato dalle grida della sorellina, non aveva esitato un istante, prima di precipitarsi nella stanza accanto con la bacchetta inforcata. Adesso era davanti al suo letto con indosso dei pantaloni neri aderenti e la propria canottiera, si era abituato a dormire vestito da quando era entrato a far parte dell’Ordine, non era strano essere convocati nel mezzo della notte, per far fronte ad un’emergenza. Solo non si era aspettato quell’emergenza…Ginny sembrava sconvolta e c’era una sola spiegazione possibile. Il mago si era seduto sul letto accanto alla ragazza e aveva asciugato le lacrime dal suo viso. - Ancora quel sogno Gin… - La giovane aveva accennato col capo. – Shhhh, vieni qui farfallina… - Ginny era stata avvolta nell’abbraccio del fratello e finalmente si era sentita al sicuro; si era rilassata tra le braccia di Bill e aveva respirato forte il suo profumo, sapeva di dopobarba…sandalo e vetiver, soltanto lui a casa odorava in quel modo. In fondo se aveva Bill non aveva bisogno di nessuno, né di Harry, Michael, né Dean perché nessuno poteva essere come lui, nessuno poteva alleviare le sue sofferenze e capirla così bene, era anche per questo che le sue storie finivano tutte allo stesso modo. Non avrebbe saputo spiegare ma era qualcosa di simile che avrebbe voluto sentire nelle braccia del suo compagno, chiaramente non poteva essere lo stesso, Bill era Bill, ed era qualcosa di fraterno, non aveva certamente bisogno di un altro fratello…solo con lui poteva essere vulnerabile, perché non avrebbe mai fatto nulla per giudicarla e ferirla, e perché aveva la capacità di scacciare i suoi demoni, di scacciare Tom. Erano riamasti un po’ in quella posizione, il mento del giovane era sul capo della ragazza. – Adesso è tutto ok, nessuno ti farà più del male o dovrà vedersela con me…Gin…sono ricominciati? Mamma e papà lo sanno? -

- No, è solo oggi, non so neanche perché…sto bene sul serio…lo so che è finita, l’ho capito e l’ho accettato Bill… -

- Ok, ok piccolina è corretto, devono essere state tutte queste emozioni, probabilmente non è davvero niente...ora torna a dormire farfallina. -

- Tu… -

- Non vado da nessuna parte, tranquilla resto qui. – Bill aveva sorriso dolcemente, prima di rimboccarle le coperte e di sdraiarsi sulla trapunta accanto a lei. Ginny gli aveva preso la mano e aveva chiuso gli occhi. – Shhh, tranquilla farfallina, dormi tranquilla… -

Quando finalmente la piccola Weasley si era addormentata, il mago aveva lasciato la stanza accostando la porta. La luce della camera da letto di Ron era accesa e George stava nel mezzo del corridoio, semi addormentato. – Bill era di nuovo Gin? Io e Fred credevamo che stessero assassinando Ron. – La frase era suonata come un lungo sbadiglio. – Ron? Torna pure a dormire è tutto ok… - Bill aveva risposto divertito. – Carina la tenuta da notte George, non sarai voluto entrare in stanza di Gin combinato in quel modo? L’avresti terrorizzata…e stai terrorizzando anche me… - George indossava unicamente i suoi boxer rossi, la vestaglia rosa della signora Weasley, la sua cuffia per i capelli e una mascherina da notte in pizzo tirata sulla testa. – Ebbene sì amo vestirmi da donna…è tutta colpa di Fred, gli ho chiesto di lanciarmi qualcosa per andare a controllare che Ronnie stesse bene…e poi il rosa mi dona… -

- Sicuro Georgy, questo però non spiega la cuffia e la mascherina… - Bill era in evidente imbarazzo. – Fa parte del nostro esperimento. -

- Esperimento? -

- L’ultima caramella che abbiamo inventato provoca…non ce lo aspettavamo…calvizie… -

- Quindi tu la sotto sei… -

- Nudo come un verme, una palla da biliardo, ma ci stiamo lavorando…domani dovrebbe essere tutto come prima…spero, o la mamma ci uccide sul serio… -

- Ok ma la mascherina? -

- È di Pirce, tutta sua, per colpa della fosforescenza di Fred non riuscivo a dormire, ma stiamo sistemando anche quello… -

Il giovane uomo si era passato una mano nei lunghi capelli e aveva scosso il capo. - Credo che tornerò al lavoro…pensate di riuscire a non uccidere nessuno per quando mamma e papà torneranno? -

- Ci proveremo. -

- Sì, be sarà meglio. -

Ed eccoci alla fine, un po’ confuso il sogno, lo ammetto, ma mi serviva per spiegare alcune cose prossimamente. Per chi fosse curioso, non è importante, ma i corridoi bianchi erano quelli del S. Mungo. A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** REMUS LUPIN ***


Era una nottata tranquilla al S. Mungo, all’accettazione si erano presentati soltanto un paio di pazienti, uno dei quali aveva avuto problemi con la materializzazione e non era più riuscito a trovare il proprio naso, e un altro che si era completamente ustionato a causa dell’esplosione del proprio calderone. I Medimaghi, avevano potuto finalmente allentare la presa, non c’erano realmente molti letti disponibili nel reparto di lungodegenti, la gente era sembrata più propensa a farsi del male in quegli ultimi mesi, e gran parte degli Auror erano stati ricoverati, più e più volte; come se non bastasse un morbo sconosciuto aveva iniziato ad infettare gran parte dei dipendenti del Ministero della Magia, e non era ancora stata scoperta una pozione che potesse contrastarlo. I sintomi erano: improvvisi sbalzi d’umore; alternanza fra stati di pianto isterico e risate incontenibili, il termine morire dalle risate sarebbe stato appropriato; affezioni maniache per oggetti Babbani quali spillatici, graffette, chiodi, ecc., che nelle mani dei soggetti infetti potevano tramutarsi in gravi strumenti d’offesa; voglia incontrollata di burro di noccioline; e tendenza ad esibirsi pubblicamente in atti dalla dubbia moralità. Il responsabile del contagio era un batterio che si annidava in una bevanda Babbana chiamata Coca Cola, soltanto alcuni maghi erano esposti a tale pericolo, i Babbani stessi non sembravano risentirne.

Una persona però non stava traendo nessun beneficio da tale quiete, anzi non percepiva alcuna differenza fra quello e uno qualsiasi degli altri giorni che aveva trascorso seduto al di fuori del reparto Rerum Dolgelley: incantesimi combinati. Di là della pesante porta doppia, in una camera di terapia intensiva, Tonks riposava attaccata a delle apparecchiature Babbane. I Medimaghi non avevano potuto farne a meno, nonostante le varie combinazioni di pozioni e incantesimi di guarigione, erano dovuti ricorrere a quei sistemi barbari, di tubi e cannule che uscivano dai luoghi più improbabili. Non erano neppure riusciti a risalire esattamente a quali maledizioni e incantesimi fossero stati usati, talmente erano stati troppi e dall’effetto devastante. Non erano solo i danni fisici a preoccupare il personale medico, sebbene il cervello non avesse subito lesioni, non era stato possibile stimare l’entità delle ripercussioni psicologiche che avrebbero potuto derivarne, se mai la paziente si fosse ripresa.

Remus Lupin aveva trascorso gran parte delle sue ultime giornate seduto su una misera panca, osservando di tanto in tanto il Medimago Jowett Pringle o il suo tirocinante Sarge Havelok entrare e uscire dal reparto, scambiandovi di tanto in tanto due parole; o in piedi di fronte alla vetrata che mostrava il letto di Tonks, quelle poche volte che gli era concesso. I suoi genitori non gli avevano permesso di entrare nella camera, non l’avrebbero mai ammesso ma lo ritenevano responsabile di quanto accaduto alla loro bambina, come la maggior parte delle persone che conosceva del resto. Molly Weasley era la terza in ordine, e il primo era lui stesso. Nonostante tutti gli ripetessero, con sforzo estremo, che non si doveva biasimare, che non poteva prevedere, nessuno ci credeva realmente.

Ogni volta che era solo nella sua testa riviveva tutto quanto, e ogni volta pensava a cosa avrebbe potuto fare per evitarlo. Non dormiva quasi più e mangiava appena, però beveva parecchio, litri di caffè ma soprattutto alcol, inoltre, adesso aveva ripreso persino a fumare. Che gran bastardo eh? Fumare in un ospedale. Non aveva mai fumato una granché, qualche sigaretta e a volte altro, quando frequentava Hogwarts. Erano soprattutto James e Sirius a diventare matti con quella roba Babbana, ma Lily li aveva costretti a smettere entrambe; anche se era piuttosto sicuro che il buon vecchio Sirius avesse continuato di nascosto. Tonks non avrebbe approvato il fumo, e neppure lui fino a qualche settimana fa. - Impressionante come possono cambiare le cose. –

Dei passi poco delicati avevano percorso il corridoio, dalla sua posizione con le braccia appoggiate alle ginocchia Remus, aveva potuto osservare il movimento delle scarpe da uomo nere tenute in condizioni peggiori del proprio cappotto, sempre che ciò fosse possibile. Era un modello vecchio e sporco, così sporco da inzaccherare tutto il candido pavimento. Fuori doveva aver ricominciato a piovere. – Remus Lupin se sei in quello stato per essere stato colto alla sprovvista da un lattante moccioso non sarò io a dirti di smettere, altrimenti farai meglio ad alzare la tua grossa botte e starmi a sentire. Abbiamo il posto, è una sistemazione temporanea ma per ora può andare. –

- Grande. – Il tono sarcastico non era sfuggito all’uomo, come il lezzo d’alcol misto a quello del fumo. – Conserva il tuo sarcasmo per qualcun altro, visto che è la prima reazione decente che hai da giorni. Arthur ha ottenuto il mandato dal Ministero, così adesso siamo liberi di insegnare a stare al mondo a quel damerino biondo, sempre che tu riesca a tenerti in piedi per essere dei nostri. – Un sorriso indecifrabile aveva attraversato il volto di Lupin. – Ma davvero…quanti? -

- Dieci Auror e tre dipendenti del Ministero più Arthur. Uno spreco di tempo e d’energie, ma finalmente il marmocchio avrà quello che si merita. -

Ok, ormai vi starete chiedendo perché non uso il termine guaritore, no? Be ve lo dico lo stesso, non mi piace ^_- e poi in alcuni lavori inglesi che ho letto sarebbe Mediwizard, o qualcosa del genere, indi per cui Medimago mi sembrava più appropriato.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** CROSS-ROAD ***


Era la prima volta che camminava per Privet Drive, e non era del tutto sicura fosse stata una buona idea; quando aveva lasciato casa quella mattina non aveva propriamente pensato a cosa avrebbe fatto una volta arrivata, perché sinceramente non aveva neppure valutato l’opportunità di mettere in pratica realmente un simile piano. Non era poi quella gran cosa, insomma avrebbe potuto essere normale in circostanze differenti. No, voleva solo prendere una boccata d’aria, lasciarsi tutto quanto alle spalle un momento, non credeva che i passi l’avrebbero portata fin lì. Hermione Granger davanti alla porta di Harry Potter, e la cosa folle è che non aveva voglia di vederlo, non voleva vedere nessuno. Avrebbe potuto fare semplicemente retromarcia, ma ora che era lì tanto valeva suonare il campanello, non aveva senso sprecare tanto tempo per fare tutta quella strada e poi fare dietro front. Parlare le avrebbe fatto bene. Dopo essere stata sulla porta in qualche secondo d’indecisione che non le si addiceva, sicura al cento per cento dei fastidiosissimi occhi che la osservavano da dietro le tende, si era decisa a segnalare la propria presenza. Non aveva fatto in tempo ad esercitare una leggera pressione sul campanello che la porta era stata aperta da una donna, col collo più lungo che Hermione non avesse mai visto altrove, se non su una giraffa. La maga si era sentita fastidiosamente squadrata dalla signora bionda, prima il viso poi i vestiti…quel giorno non indossava niente di particolare, una normale minigonna bianca e la sua camicia rosa preferita, e di certo non aveva nessuna deformità permanente che richiedesse una simile analisi. – Ehm salve, mi chiamo Hermione Granger, volevo sapere se per caso Harry fosse in casa. –

L’espressione della Signora Dursley era divenuta prima contrita e poi minacciosa, tanto che la ragazza aveva spalancato gli occhi con incredulità. Ma chi si credeva di essere per trattarla in quel modo? – Qui non abita nessun Harry Potter. – In poco meno di un nano secondo la porta stava ritornando chiusa, ma Hermione che iniziava a sentirsi irritabile l’aveva bloccata con una mano. – Un momento, io sono stata civile e cortese e non mi sembra di aver fatto nulla per meritare un simile trattamento, inoltre, signora, io non ho nominato nessun Potter… -

Petunia Dursley non poteva permettere una scenata simile di fronte alla propria abitazione, che cosa avrebbero detto i vicini? Tanta determinazione e la forza della disperazione, erano bastate per riuscire finalmente a sbattere la porta sul muso dell’estranea perturbatrice della sua quiete domestica e della sanità dei suoi poveri nervi. Hermione era collerica, ma come si permetteva quella strega bitorzoluta di chiuderle la porta in faccia? Si era appena voltata in uno scatto di rabbia quando i suoi occhi castani avevano incontrato degli occhi verdi. La sua collera si era squagliata velocemente, e non aveva potuto trattenere un sorriso notando che, in fondo, quegli occhi erano gli stessi che ricordava.

Harry stava camminando per il quartiere in frustrazione, aveva appena terminato di fare a pezzi la sua camera per la milionesima volta sperando in chissà cosa, quando suo zio definitivamente fuori di sé lo aveva sbattuto fuori di casa prima di utilizzarlo come punching-ball. Lì per lì era stato persino sul punto di reagire, poi in un barlume di lucidità aveva deciso che non era il caso di peggiorare ancora di più la sua permanenza a casa, che per quanto lo riguardava poteva anche continuare ad oltranza visto che nessuno aveva ancora accennato al fatto di venirlo a prendere...le peggiori vacanze della sua vita. Avevano detto che si sarebbero fatti sentire…in effetti erano state davvero piacevolissime quelle conversazioni telefoniche, nelle quali per inciso non gli dicevano nulla, visto che duravano il tempo di accertarsi che fosse ancora vivo; per non parlare delle memorabili lettere dei suoi amici, con l’elenco dei divieti del Ministero e la descrizione di quei simpatici, quanto privi di ogni attrattiva, eventi della loro vita quotidiana. Grazie tante. Dopo quella conversazione con Silente, in cui se non ricordava male gli era parso di capire che c’era la seria opportunità che non sarebbe scampato all anno successivo, aveva creduto che avrebbero iniziato a prenderlo in considerazione, a tenerlo almeno minimamente informato visto che probabilmente qualcosa come il destino dell’umanità era sulle sue spalle, e invece niente. Niente. Niente funerale per Sirius, niente Harry Potter le facciamo le nostre più sentite condoglianze. Niente. Come se lui non fosse mai esistito, come se non fosse stato grazie a lui che l’Ordine poteva avere una sede. Perché in fondo quello che pensavano tutti loro è che se lo fosse meritato, perché era troppo imprudente, perché era sconsiderato e agiva d’impulso, perché non gli piaceva stare rinchiuso fra le mura di una casa muffita, tutto solo, sentendosi in trappola e impotente. Proprio come lui adesso, ironico no Sirius? Aveva camminato a lungo col capo chino prima di tornare indietro, e incontrare due occhi famigliari davanti alla soglia di casa. – Hermione? – Il ragazzo era rimasto sorpreso, contento, almeno così gli era sembrato, ma soprattutto sorpreso. – Harry… -

 

Sì, lo so sono bastarda ad interrompere così, in ogni caso c’è il capitolo dopo. ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** ESSERE AMICI ***


I due ragazzi erano rimasti per un po’ silenziosi. Harry aveva condotto Hermione ad una panchina, e si era seduto aspettando che la ragazza facesse lo stesso. Ogni tanto passava qualche macchina, ma per la maggior parte del tempo la strada restava deserta. – Pensavo fossi ancora in vacanza con la tua famiglia. – Quel silenzio stava diventando incomodo per entrambi. – Siamo tornati prima. –

- Oh. – Hermione si stava torcendo le mani in grembo ed Harry faceva dondolare le gambe avanti e indietro. – Immagino ti sarai divertita. -

- Non molto a dire il vero. -

- Mi dispiace. – Trovarsi a parlare di persona non era lo stesso che scrivere una lettera; alla fine dell’anno lei, Ron e Harry si erano lasciati con una miriade di cose in sospeso, come se evitando di discuterne queste potessero risolversi da sole. Avevano accuratamente evitato di nominare Sirius, la profezia e tutto quello che li faceva soffrire, fingendo che tutto fosse come prima. Niente però era come prima. La giovane aveva preso il coraggio a quattro mani e si era fatta forza. – Mi dispiace per Sirius Harry… - Non sapeva se fosse la cosa migliore da dire, stava così male per sua madre, eppure c’erano questioni che andavano risolte, cose che andavano fatte; Harry aveva avuto una perdita recentemente, ed ere giusto che lei cercasse di confortarlo, anche se lei stessa sentiva di aver bisogno di conforto. Non era corretto che iniziasse a parlare dei propri problemi, e neppure voleva farlo. Il ragazzo per la prima volta da quando erano seduti si era voltato dalla sua parte. Le dispiaceva per Sirius? Come no, come se lei potesse immaginare come doveva sentirsi. Era chiaro che lo aveva detto per cortesia. – Già, anche a me. – Era suonato più duro di quanto avrebbe creduto possibile e lei non aveva saputo come rispondere. – So che deve essere difficile per te, gli volevi bene sul serio e… -

- Lo sai? – Si era arrabbiato. - …-

- Come? -

- … -

- Cosa sai, eh? -

- Come devi sentirti. -

- Ah, giusto dimenticavo che sei diventata una perfetta analizzatrice di persone Hermione. – La giovane non aveva previsto una simile reazione e ci aveva messo qualche istante per formulare un pensiero sensato. - Senti… - Ma Harry si era messo a gridare. - Tu non hai mai perso nessuno! Non sai come ci si sente! Non fare finta di capire, questa non una di quelle cose che puoi imparare leggendo uno dei tuoi libri! – Si erano alzati in piedi, anche il tono di voce di Hermione era salito parecchio, era inutile tentare di fare ragionare Harry in quel momento perciò era finita per mettersi sulla difensiva. – Smettila Harry! Non sei il solo a stare male! Non sei l’unico a vivere le cose…anche gli altri hanno i loro problemi! -

- Davvero? Be sarei felice di sentirli i tuoi problemi Hermione, uno dei tuoi G.U.F.O. non era di tuo gradimento? Hanno finito le copie del libro che stavi cercando? Oppure le vacanze con la tua famiglia perfetta non sono state abbastanza entusiasmanti? –

- Mia madre è malata! – Ecco l’aveva detto. La maga si era portata le mani alla bocca. Silenzio. I due ragazzi stavano respirando pesantemente, avevano il volto arrossato per lo sforzo e si stavano trapassando da parte a parte con lo sguardo. A Hermione le lacrime pungevano gli occhi, stava tentando disperatamente di non mettersi a piangere, ma alla fine non aveva potuto controllarsi; lentamente delle goccioline si erano fatte strada fra le sue guance. Si era vergognata per questa reazione. Aveva fatto esattamente ciò che si era ripromessa di non fare e l’espressione di Harry era illeggibile; probabilmente era un po’ tardi per sperare che non le fossero fatte domande. Non sarebbe mai dovuta andare lì, non era ancora preparata a sopportare quanto usciva dalla bocca del suo amico quando era fuori di se. Non era preparata a consolare, incoraggiare qualcuno e subirne il rancore che poteva derivare dalla perdita di una persona cara. Semplicemente in quel momento non poteva affrontare altre complicazioni, risolvere nuovi problemi e se era quello che si stava aspettando Harry da lei, che gli permettesse di utilizzarla come valvola di sfogo e che poi gli desse le risposte che stava cercando allora non aveva neppure senso che restasse; ed Hermione se ne sarebbe andata su due piedi se lui non l’avesse trattenuta. – Scusami. – Il mago aveva rivolto il viso e lo sguardo a terra, come se improvvisamente lì sotto ci fosse qualcosa d’interessante. Teneva una mano fra i capelli e l’altra appoggiata su un fianco. Era imbarazzato. Aveva parlato in modo semplice e diretto, e andava bene. – Ok. – Dopo un momento di disagio in cui nessuno aveva osato guardarsi o emettere un fiato, i due ragazzi erano tornati a sedersi.

– È per questo che siete tornati prima? "Harry sei un completo idiota che vive a idiolandia, è ovvio che è per questo che sono tornati prima." Scusa. -

- No, non fa niente… -

Hermione si sentiva incomoda e si domandava se anche Harry si sentisse alla stessa maniera, ora lui anche se per un secondo l’aveva osservata. Dopo che si era messa a piangere in un modo così romanzesco forse si aspettava che ne parlasse. – Sai non è come se ce lo aspettassimo…voglio dire mia madre è sempre stata in ottima salute, il dottore le aveva detto più volte che non aveva mai visto nessuno con una salute di ferro come la sua… -

Il giovane non sapeva se aveva voglia di sentirne parlare, le aveva rivolto quella domanda non sapendo che altro dire e l’idea di ritrovarsi a consolare una persona lo metteva in difficoltà, specie per come aveva reagito prima; ma nonostante questi dubbi non l’aveva fermata e aveva lasciato che proseguisse. - …era stata così entusiasta di quella vacanza in Bulgaria, non parlava d’altro. Non l’avevo mai vista così eccitata, sembrava una scolaretta. Un giorno che io e mio padre siamo rimasti fuori un po’ più a lungo, sai lui aveva una conferenza importante e io… - Non le andava di nominare Victor in quel momento. – Una volta tornati in albergo l’abbiamo trovata svenuta sul pavimento del bagno, era ancora in vestaglia, doveva essersi sentita male quella mattina… -

- … -

- Ha un tumore Harry, e non vuole farsi curare con la magia. – La ragazza per tutto il tempo aveva mantenuto un tono di voce neutro, privo di emozione, come se cercasse di descrivere le cose con occhio critico, probabilmente per evitare di scoppiare a piangere di nuovo. Ad Harry che aveva ascoltato ogni parola era sembrato un discorso medico, non nel contenuto quanto nell’inflessione e nella cadenza. Avrebbe voluto trovare qualcosa d’intelligente con cui risponderle, purtroppo non era momentaneamente in grado di formulare un pensiero che apparisse coerente. Tutto ciò al quale riusciva a pensare suonava o incredibilmente stupido, o freddo e insensibile. Da un lato era un sollievo che non fosse l'unico a stare male, ma il solo immaginare una cosa del genere lo riempiva di sensi di colpa, era felice che un’altra persona condividesse le sue stesse sofferenze; ancora di più lo era che fosse un suo amico. In pratica follia allo stato puro, ma tanto erano pochi i sentimenti che provava nell’ultimo periodo a poter essere chiamati sensati. Gli bruciava ancora per Sirius in un modo che difficilmente avrebbe potuto spiegare, ma oltre misura lo faceva star male il fatto che non pensarci gli permetteva di andare avanti. – Perché non vuole essere curata con la magia? Sarebbe tutto più semplice. – Aveva creduto di essere stato sufficientemente gentile, di esprimere quello che sentiva anche se non direttamente a parole. Ed era vero, in un primo istante era stato stupito di averlo finalmente ammesso, la magia avrebbe potuto rendere molte cose più facili, eppure, nessuno o pochi avevano il coraggio di utilizzarla per questo. Divertente che queste persone fossero messe al bando dalla società come i Mangiamorte. La maga lo aveva finalmente guardato negli occhi e vi aveva trovato esattamente quella comprensione che stava cercando ovunque, anche se aveva intravisto dell’altro e non avrebbe saputo spiegare perché, non le era piaciuto. – Dice che non è giusto, che non se lo perdonerebbe mai, immagina quante persone potrebbero salvarsi in questo modo, ma che invece non hanno questa opportunità. Le ho spiegato che è assurdo, che non ci sarebbe niente di male a fare almeno un tentativo, e che era irragionevole…Harry non mi ha voluto dare ascolto e io adesso per la prima volta non so che fare. -

- Non so cosa dirti Hermione. – Purtroppo era la verità, se cercava qualcuno che potesse aiutarla si era rivolta alla persona sbagliata. Non si sarà aspetta sul serio che lui sapesse cosa fare? – Mi dispiace ma non sono l’ideale nel dispensare consigli. –

- Harry non sono venuta qui perché volevo un consiglio, se è per questo che sei tanto ostile puoi rilassarti. – Era esasperata dal suo comportamento, perché doveva sempre arrivare a trarre conclusioni in tutto. Harry si era reso conto di essere stato un po’ brusco, ma non aveva voluto mentirle. - Non volevo essere cattivo Hermione. Ho detto onestamente quello che pensavo. – Ecco lo aveva fatto di nuovo, le aveva messo in bocca parole non sue. - E la mia non era una critica, stavo solo cercando di farti capire che se non sai cosa dire non devi sentirti obbligato a farlo, Harry non devi consolarmi per forza, mi ha fatto bene anche solo parlarne. -

- Ma io volevo consolarti solo che non sapevo come fare. – Aveva quasi sedici anni, e ormai stava anche iniziando a diventare piuttosto alto, ma a volte Hermione aveva l’impressione di avere a che fare ancora con un bambino. Lo stesso era con Ron, quando si sentivano a disagio, imbarazzati o alle prese coi sentimenti propri e altrui, o si zittivano ed era la migliore ipotesi, oppure s’irritavano e diventavano respingenti. La ragazza aveva sospirato in segno di resa e poi aveva sorriso guardando al cielo. Non era una brutta giornata. – Ti va un gelato? – Harry era sorpreso, si era aspettato una carrellata d’insulti e non certamente di vedersi offerto un gelato. – Come? -

- Un gelato. È dolce, freddo e ha tanti gusti… -

- Lo so cos’è un gelato. -

- Perfetto, allora? –

Vi è piaciuto? Fan della coppia Ron-Hermione non mangiatemi, non ho ancora deciso niente in proposito.^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** UN DOLCE RISVEGLIO ***


Quella mattina la Tana aveva iniziato ad animarsi abbastanza presto, già durante le ore che avevano preceduto l’alba Ginny aveva potuto udire dei passi salire e scendere le scale; dalle camere dei suoi fratelli le solite esplosioni non avevano tardato a farsi sentire, e la voce della Signora Weasley che rimproverava i gemelli, o elargiva raccomandazioni, risuonava inconfondibile fra le mura domestiche. La piccola maga si trovava in piedi davanti all’anta aperta del proprio armadio, all’interno vi era un lungo specchio, e lei era intenta a rimirare la propria immagine riflessa. C’era qualcosa che non la convinceva, ma non avrebbe saputo spiegare con esattezza cosa; probabilmente era la sua faccia, ma per quella non poteva farci molto. Indossava una tanto semplice quanto antica gonna di colore ciclamino, il cui tessuto era pressoché inconsistente, e una vecchia maglia di taglio sportivo bianca e verde rancido, sopra vi era disegnata la coppa del mondo di Quidditch. L’indumento era appartenuto a George, aveva dovuto girare le maniche una decina di volte, ed in lunghezza le scendeva di un po’ oltre la vita; perché aderisse al corpo la ragazza era dovuta ricorrere ad una cintura dello stesso colore della gonna. Alla luce del sole l’incubo della notte precedente era divenuto un lontano ricordo, sebbene sul suo viso in testimonianza erano rimaste scavate due profonde occhiaie, ma Ginny non vi aveva badato più di tanto, il vero problema era un altro, ad affliggerla erano i suoi capelli, perché quel giorno non sembravano voler stare al loro posto; se non altro, con sua piacevole sorpresa, si era resa conto che almeno loro erano cresciuti parecchio, purtroppo non si poteva dire lo stesso della sua statura, stava iniziando seriamente a temere di aver preso da sua madre. - Oh Be pazienza – Si era detta torturandosi la chioma con le mani in un gesto disperato, in fondo non le era mai importato poi molto. La giovane era scesa al piano di sotto, in cucina vi erano unicamente i suoi genitori, e costatando la mancanza di Ron non era stata particolarmente dispiaciuta; sebbene non volesse ammetterlo si sentiva infastidita dalla svolta che aveva preso la situazione il giorno precedente, ancora adesso nel ripensarvici si mordeva la lingua per la sua imprudenza, e non le era ancora andato giù il fatto che l’avesse trattata a quel modo, purtroppo con suo rammarico aveva notato che neppure Bill si trovava nei paraggi. La giornata era iniziata in maniera deludente.

La Signora Weasley si trovava in piedi nel mezzo della sala, stava aiutando il marito a fare il nodo alla cravatta, il Signor Weasley d’altro canto quella mattina appariva notevolmente soddisfatto, ma anche veramente nervoso. Ginny si era trattenuta sulla soglia un secondo, non aveva ancora avuto modo di affrontare la madre sin dalla sera precedente, e non sapeva come avrebbe potuto reagire nel vederla. – Buongiorno. –

- Ah, buongiorno cara. – Aveva risposto l’uomo cercando di allentarsi un poco il nodo della cravatta, Molly al contrario era intenta nello stringerglielo il più possibile. – Buongiorno tesoro. – La Signora Weasley aveva indirizzato appena lo sguardo nei confronti della figlia, ed era stata gelida.

Ginny aveva avanzato qualche passo incerto nella cucina, sì decisamente sua madre ce l’aveva ancora con lei, e stavolta aveva la certezza che non se la sarebbe cavata tanto facilmente; poche cose erano in grado di indispettire Molly Weasley, solitamente se la prendeva per nulla ma non era mai realmente arrabbiata, ok gridava, rimproverava, minacciava, ma bastava poco perché si acquietasse. La ragazza si era sforzata di apparire naturale. – Dove sono tutti? – Notando che la moglie non era intenzionata a raccogliere la domanda, Arthur sospirando aveva risposto alla figlia. – Bill è uscito stanotte e non è ancora rientrato… - Il mago aveva fatto segno con la testa indicando l’orologio, la lancetta di Bill indicava: lavoro. – Fred e George… - aveva dovuto riflettere un secondo. – Dove sono Fred e George cara? – La loro lancetta era ferma su: in viaggio.

- Non ne ho idea, se non lo sai tu. – Dal tono si poteva intuire fosse seccata, e a quella risposta l’uomo aveva iniziato a sudare freddo. – Come posso saperlo Molly cara… – Ma la donna l’aveva fulminato con lo sguardo e si era voltata verso i fornelli. - …comunque Ron, invece, si sta allenando a Quidditch.- – No! No! No! - Dall’esterno dell’abitazione si era udito qualcosa sfrecciare rapidissimo e poi uno schianto improvviso, la piccola maga aveva voltato di scatto la testa strizzando gli occhi. – "Ahi, all’ennesima potenza". -

- Sto bene! Non preoccupatevi sto bene! – La voce di Ron suonava dolorante e un poco lamentevole.

Da parte della signora Weasley non c’era stata reazione, si era sfilata il grembiule e aveva indossato il mantello, – Io vado al San Mungo. - prima che Ginny potesse aggiungere qualcosa la donna aveva ripreso – E tu signorina te ne vai dritta al lavoro con tuo padre! -.

La piccola Weasley aveva fatto per protestare, sua madre non poteva farle una cosa del genere, non era più una bambina, che cosa avrebbero pensato di lei se avesse accompagnato suo padre al Ministero? Ma Molly era stata irremovibile, non poteva fidarsi a lasciarla a casa da sola, e i suoi fratelli non erano certo dei custodi attendibili. – Ora basta signorinella, tu te ne vai dritta al Ministero con tuo padre e questo è quanto. -

Sì, decisamente quella sarebbe stata una pessima giornata

Sì, lo so non è molto, ma il capitolo successivo sta diventando più lungo del previsto e sarà…interessante. Spero riuscirò ad aggiornare presto. Commenti, insulti, e altro sono sempre graditi. Un bacio a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** L'ISPEZIONE ***


Ce l’ho fatta!!!! Finalmente Signori e Signore anche questo capitolo è pronto, mi ci è voluto più tempo del previsto ma eccolo qui! Spero lo apprezzerete, se volete anche lasciare un commentino intanto che ci siete …. ^_-, na! Se non avete tempo non importa, solo mi piacerebbe sapere cosa pensate fino ad ora della storia. Ok, ok, basta la faccio finita. Un bacio a tutti quelli che leggono, o aprono anche e solo per sbaglio la pagina.

La Magione dei Malfoy rendeva un ritratto strabiliante della campagna inglese dello Yorkshire, la proprietà terriera si estendeva per parecchi acri, comprendendo un grande lago e dei vasti giardini; solitamente i colori dell’estate dipingevano il paesaggio rendendolo allettante allo sguardo e conferendo una sensazione di completezza e di pace che soltanto tanta natura ricca di profondità poteva ispirare, tuttavia, il cielo grigio e fumoso, e la sottile coltre di nebbia che quel giorno avvolgeva come un manto la tenuta, generava nei visitatori la sgradevole sensazione di non essere benvenuti. Il maniero, che sovrastava in tutta la sua statura l’ambiente circostante, risultava opprimente e la sua austerità, in parte suscitata dalla struttura così tonante e in parte dalle sculture barocche di enormi draghi alati, che con le fauci spalancate e l’espressione minacciosa, trapassavano con lo sguardo chiunque osasse fissarli, creava l’impressione di trovarsi in un vecchio film dell’orrore. Le solide pareti marmoree, che col sole risplendevano nella loro magnificenza del candido colore dell’alabastro, avevano assunto la tonalità cupa e il grigiore di un’uggiosa giornata di pioggia; e sebbene ben poche e isolate goccioline si staccassero da quella sbiadita cornice che era il cielo, quando queste toccavano il viso o una qualsiasi altra parte del corpo, trasmettevano tutto il gelo di un’estate ormai compromessa. Ginny che forse in un altro tempo, e in altre condizioni, avrebbe saputo godere appieno di quel grandioso spettacolo che le si presentava di fronte, perché quando il sole ricopriva e riscaldava ogni cosa, in quel luogo freddo e tranquillo risiedeva tanta di quella forza e di quella vita, che non potevano essere disprezzate da colei che possedeva uno spirito così vibrante e infiammabile; provava tanto disappunto e tanta angoscia che nemmeno lei avrebbe saputo spiegare. Lì e in quel momento, era come trovarsi alla presenza di uno stuolo di Dissennatori, pronti a depredare ogni sentimento di gioia e di felicità provata.

La giovane maga non aveva potuto trattenersi dal rabbrividire e dallo stringersi ulteriormente nel mantello, era una magra consolazione osservare che anche i suoi compagni di viaggio, seppur tradendo una certa soddisfazione, si sentissero a disagio. Arthur Weasley aveva inconsapevolmente attirato la figlia ancora più vicino a se, man mano che giungevano in prossimità della massiccia cancellata. Stavolta avrebbero dovuto fare le cose per bene, seguendo le procedure, niente colpi di testa; il Ministro aveva finalmente firmato l’ordine, seppur con non poca riluttanza, e non si sarebbe potuto certo affermare che si fosse adoperato per facilitare le cose. Solamente quattro degli Auror forniti aveva veduto un numero sufficiente di primavere e di combattimenti, i rimanenti sei erano stati sfornati dal corso neppure da una coppia di mesi, e dei quattro dipendenti del Ministero, unicamente Arthur Weasley aveva acquisito abbastanza esperienza da poter svolgere appropriatamente un simile incarico. La presenza non richiesta di Remus Lupin e di Malocchio Moody come "osservatori esterni" era stata accuratamente occultata a Cornelius Caramel, e dei presenti nessuno si era preso la briga di prestare alcun’obbiezione. Ginny che neppure doveva trovarsi lì, aveva deciso di evitare che la sua presenza potesse creare complicazioni e se n’era stata zitta nonostante, oltre a quel sottile senso d’angoscia, provasse una ben più forte curiosità. Era dovuta ricorrere a molto più che al proprio buon senso per evitare di tempestare con domande il padre, e a quella piccola eccitazione, ora quasi dolorosa perché mista un poco di paura, si era unito una qual sorta d’orgoglio per il solo fatto di trovarsi lì. Era stato forse più che un colpo di fortuna l’essere stata costretta a seguire il padre al lavoro perché, una volta arrivata, aveva appreso che questi si sarebbe dovuto allontanare per svolgere un’ispezione; e poiché nessun altro dipendente era così poco occupato da potersi prendere cura di lei durante l’assenza dell’uomo, la giovane aveva dovuto congiungere la spedizione. Il suo stupore era cresciuto maggiormente, quando aveva scoperto che l’oggetto del loro viaggio era il Maniero della famiglia Malfoy, e intimamente n’era stata felice, perché in una piccolissima parte di lei albergava fortissimo un sentimento di rivalsa per le umiliazioni fino allora subite.

Una volta superato il cancello, il percorso sino all’ingresso si era svolto in un reverenziale silenzio, e la piccola Weasley non aveva saputo frenarsi nello spostare lo sguardo dall’uno all’altro dei presenti nel tentativo di comprenderne i pensieri. Tutta quell’attesa non stava giovando ad alcuno di loro, Moody in particolare appariva impaziente d’iniziare la perquisizione, era come se non avesse atteso che quel momento, lo stesso traspariva dal contegno di Lupin, seppur in modo così differente; il mago all’esterno era freddo e distaccato, ma i suoi occhi tradivano un odio e un rancore tanto radicato quanto antico. Ginny aveva notato quanto anche il Signor Weasley non riuscisse a dissimulare una certa soddisfazione, eppure qualcos’altro, forse la gravosità di tutto questo, era altrettanto evidente nella sua espressione crucciata. Gli altri godevano per lei di scarsa stima ed erano degnati di poca attenzione, un po’ perché erano dei perfetti estranei, un po’ perché non si faticava ad intuire che fossero lì perché costretti; l’unica nota di distinzione, interpretata ingenuamente dalla ragazza come codardia, si manifestava nell’indubbia apprensione dei più giovani, forse per paura di commettere qualche errore e di fare una brutta figura, oppure per timore di non essere all’altezza delle attese.

Giunti di fronte al pesante portone, i visitatori non avevano dovuto attendere a lungo prima che Edge si affacciasse leggermente per verificare chi fossero i forestieri; il contegno del vecchio elfo domestico doveva presupporre che quella visita non fosse gradita. – Sì? –

Arthur Weasley aveva esibito dinanzi allo sguardo vuoto della creturina il mandato di perquisizione firmato dal Ministro della Magia. – In nome del Ministero della Magia, e su ordine del Ministro Cornelius Caramel dobbiamo sottoporre la residenza di Lucius Malfoy a perquisizione. – Ginny aveva avuto un sussulto nel sentire suo padre pronunciare parole tanto formali, allora era così che funzionava. Non sapeva la ragione, ma non le era piaciuto. Edge sembrava esserne stato sconvolto ed appariva ancora più pietoso e miserevole di quanto non fosse, come se nutrisse la convinzione che il proprio padrone gli avrebbe attribuito tutta la responsabilità di un evento dalla simile portata; dapprima l’elfo si era irrigidito, poi aveva iniziato ad essere scosso da forti tremiti, i grandi occhi erano stati spalancati in terrore. La piccola Weasley osservava la scena ammutolita.

- Il padrone sarà molto arrabbiato con Edge Signore, Edge non sa se può riferire al padrone… -

Malocchio di fronte ad un simile avvilente spettacolo si stava rapidamente spazientendo, non era sua abitudine protrarre le cose per le lunghe, e le pene interiori di un vecchio elfo domestico lo lasciavano al quanto indifferente. – Dacci un taglio Edge, il padrone si arrabbierà comunque perciò levati dai piedi e lasciaci passare. – Ginny in quel preciso istante aveva detestato l’uomo dall’occhio magico; gli Auror più "anziani" erano rimasti atterriti da un simile comportamento, ritenendolo incivile e indecente, oltre che estraneo ad ogni protocollo, e gli altri, fatta eccezione di Lupin, che si era mostrato indifferente, e di Arthur, non avevano osato emettere un suono. Edge si era accasciato in ginocchio, perdendosi in profondi singhiozzi, lo sgomento provocato da Malocchio, unito al serio timore che il padrone lo punisse dolorosamente, era sortito da effetto contrario rispetto a quello sperato dal vecchio mago; con ogni probabilità l’esserino avrebbe perduto i sensi, se sulla soglia non fosse apparso il padrone di casa stesso. Draco Malfoy aveva seguito l’avanzata degli uomini dalla finestra dello studio del padre osservando con interesse e curiosità la scena, sapeva che sarebbero tornati rapidamente e per questo non era stato colto di sorpresa, anzi si sarebbe trattenuto ulteriormente al piano superiore, giusto per prolungare quei piacevolissimi momenti d’attesa che senza dubbio sarebbero occorsi a spazientire ulteriormente i visitatori, se l’atteggiamento di uno dei suoi ospiti non fosse stato tanto inammissibile. Una cosa che non tollerava in nessun caso, era che qualcuno si comportasse da padrone in casa sua, e forse, questa era un’altra caratteristica del proprio carattere di cui doveva ringraziare il padre.

Il giovane mago si era posto alle spalle del proprio dipendente mantenendo un dignitoso contegno, e ciò era bastato per far indietreggiare alcuni degli Auror maggiormente inesperti. Malocchio Moody avrebbe schiantato tutti loro. Ginny si era stupita della propria riflessione, ma non aveva potuto evitare di pensare che mentre i suoi compagni apparivano irritati da una simile sicurezza, a lei tale atteggiamento, pur incutendo soggezione, ricordava vagamente la maniera protettiva cui Bill soleva porsi nei suoi confronti. Unito a questo confuso sentimento che la portava a schierarsi idealmente dalla sua parte, vi era l’indefinita reminiscenza della sensazione provata alcuni giorni addietro, al riparo di quella spiovente tettoia di Diagon Alley, quando una persona a lei sconosciuta aveva tentato di consolarla. Che cos’era stato quel sorriso? Le mani pallide della ragazza si erano ritrovate a cercare all’interno del proprio mantello, nel tentativo di raggiungere un pezzo di stoffa candida che se ne stava celato da tempo.

Il ragazzo non si era scomposto minimamente ed era rimasto in piedi nell’ingresso, aveva osservato gli uomini come fossero trasparenti, non curandosi della presenza di Ginny, ed infine aveva rivolto lo sguardo alla miserevole creatura accasciata ai propri piedi; aveva parlato utilizzando un tono di fredda cortesia. - Edge si può sapere a cosa è dovuto tanto baccano? Mia madre sta riposando al piano superiore e non deve essere disturbata in alcuna maniera. – L’elfo domestico ancora tremante, era stato improvvisamente scosso dalla semplicità di quel modo di rivolgersi, il giovane padrone non era mai stato crudele con lui, non sempre almeno, e non quanto il Signore padrone, tuttavia anni di servizio, lo avevano portato a dubitare di simili gentilezze a lui rivolte, che per lo più significavano soltanto che il momento della punizione era rinviato di qualche tempo. – Padrone, Signore, giovane padrone Draco, Edge è mortificato e merita di essere punito, Edge non sapeva cosa fare, quando i Signori ospiti hanno mostrato una carta del Ministero… - Malfoy con un gesto della mano aveva interrotto quel fiume di parole e Edge con il cuore un poco più leggero aveva preso congedo. Rivolgendosi ai suoi interlocutori il giovane era rimasto freddo e distaccato, come se l’intrusione della delegazione nella sua proprietà gli fosse del tutto indifferente. – Presumo che le buone maniere non facciano parte dei requisiti richiesti per le assunzioni al Ministero, o non vi sareste presi il disturbo di terrorizzare un mio dipendente. -

Il gruppetto formato dai maghi più giovani aveva atteso in disparte che il Signor Weasley o uno dei due uomini che si erano aggregati alla spedizione azzardassero una mossa, ormai era palese per tutti loro chi avesse effettivamente il controllo della situazione. Ginny solo allora si era resa conto di stare trattenendo il fiato, tutta quella situazione le appariva inverosimile, come se non fosse in alcun modo possibile la sua presenza lì, lei stessa avrebbe preferito di gran lunga trovasi altrove, in qualsiasi altro luogo al di fuori di quello e a quelle condizioni. Potevano essere trascorsi pochi attimi o parecchi minuti quando il vecchio Auror si era mosso verso l’interno, evidentemente aspettandosi che il giovane si facesse da parte e se, come si era auspicato il Signor Weasley, Draco avesse utilizzato un poco di criterio probabilmente lo avrebbe lasciato fare, ma presto l’uomo aveva dovuto rendersi conto che apparire ragionevole era l’ultima delle preoccupazioni di Draco Malfoy. Il giovane, invece di lasciare libero l’accesso, aveva reso impraticabile il passo a Malocchio. - Non mi pare di aver sentito chiedere permesso. –

Ginny non capiva come potesse farlo tutte le volte, Draco Malfoy aveva la capacità di apparire sempre controllato anche quando veniva a confrontarsi con persone adulte che avrebbero potuto farlo a pezzi; non solo era in grado di porsi su loro stesso piano, riusciva persino a metterle in difficoltà. Lo stesso stava accadendo in quel momento, era lì in piedi che teneva testa a Malocchio Moody. L’uomo aveva sfolgorato al ragazzo come un cane rabbioso di cui non si potevano prevedere le mosse, e a frenare l’amico dal commettere qualche sciocchezza era stata la mano di Lupin. Sino allora era stato silenzioso e vi era una strana luce nei suoi occhi. – Possiamo procedere Malfoy? – Aveva mantenuto un tono calmo e pacato, ma anche al giovane mago non era sfuggita la piccola scintilla d’odio nel suo sguardo.

Draco sollevando le sopracciglia si era scansato con noncuranza e gli uomini si erano fatti strada all’interno dell’abitazione. Malfoy non vi aveva più prestato attenzione.

- Da dove cominciamo? -

- Prima sarà meglio dipingersi un quadro generale. –

- Sì be, ma ci vorrebbe una planimetria. -

- Qua di sicuro non finiamo prima di pasqua… -

- E se ci dividessimo in squadre? -

Commenti d’ogni genere e sorta si susseguivano incessantemente alle sue spalle, ma attualmente il ragazzo era concentrato sulla persona in piedi, ferma sulla porta ancora aperta. Sapeva che avrebbe dovuto occuparsi di controllare che gli intrusi non causassero danni, ed era sua intenzione, ma non riusciva a capire che diammine ci facesse lei lì. Ginny Weasley. Malfoy era rimasto a fissarla per un po’ squadrandola da capo a piedi, come sempre era un insulto al buon gusto coi suoi soliti vestiti di seconda mano, e quei capelli irritanti, erano persino peggiori del solito, forse a causa dell’umidità e della pioggia. Il rosso sembrava addirittura più intenso e ricadeva sulle sottili spalle in scomposte onde. – No, grazie non ci servono altri elfi domestici siamo al completo. – La piccola Weasley che prima era rimasta incerta sul da farsi, e tremendamente a disagio sotto lo sguardo indagatore del giovane, al suono delle parole si era completamente scordata della comprensione provata nei pochi istanti precedenti, e arrossendo furiosamente per la rabbia, con passi pesanti, aveva varcato l’ingresso. – Prego Weasley, sempre a disposizione. - Malfoy in un semplice gesto aveva chiuso la porta. – Allora Weasley dev’essere terribilmente eccitante per tuo padre aver finalmente un incarico degno di questo nome. – Il tono piatto, lasciava emergere una certa acidità di fondo che non era passata inosservata alla ragazza. Evidentemente era infastidito dalla situazione, e lei si stava sbagliando di poco nell’intuire che la propria presenza non aiutava le cose; doveva essere terribile per lui farsi vedere impotente di fronte alla violazione, lecita o meno, della propria casa.

Il commento secco che aveva pronto sulla punta della lingua era rimasto bloccato non appena si era voltata per affrontarlo. Gli occhi non mentono mai e i suoi le stavano dicendo qualcosa. Il ragazzo si era preparato a sostenere un simpatico scontro verbale, dal quale non poteva che uscire vincitore, quando la propria attenzione era stata deviata alla scena che si prestava al proprio sguardo. Gli Auror avevano iniziato a mettere a soqquadro l’edificio, senza nessuna cura e con poca gentilezza, mentre i dipendenti del ministero scarabocchiavano sui loro blocchetti sollevando appena la testa di tanto in tanto, al suono di un cassetto rovesciato a terra o di una poltrona capovolta. – Vi pregerei di evitare quantomeno di distruggere la casa. – Il commento era stato lasciato cadere come se fosse poca cosa, eppure, Ginny che non aveva mai smesso di provare a leggerne lo sguardo aveva sentito qualcosa contorcersi nel profondo del proprio stomaco.

Draco internamente stava facendo appiglio a tutte le sue energie, non voleva dare a nessuno di loro la soddisfazione di vederlo turbato, no in nessuna maniera avrebbe permesso a chicchessia d’averla vinta sotto quel punto di vista. Come osavano entrare nella sua abitazione come se né avessero tutti i diritti, sbandierando uno stupido pezzo di carta, pur sapendo che non avrebbero trovato nulla, e agire piaccia padroni, non curandosi in alcuna maniera che quelle su cui stavano posando le loro luride mani erano cose di famiglia, cose che erano lì da generazioni, alcune delle quali neppure a lui erano state permesse toccare, perché sua madre adorava con un amore maniacale.

La collera stava lentamente perdendo il sopravvento sul giovane, e la mano nascosta alla vista stringeva convulsamente la bacchetta nella tasca dei pantaloni, in quella che all’esterno appariva una postura beffarda. Nel momento in cui lo sguardo di Malfoy aveva incontrato quello di Remus Lupin, abbastanza era stato chiaro senza che fossero dette parole; l’uomo sembrava serafico, stava realmente godendo di ogni istante speso lì dentro, mentre il ragazzo secondo dopo secondo sentiva affiorare la rabbia, la sua fronte andava corrugandosi e le sue sopracciglia aggrottandosi. Nel rivolgersi nuovamente alla piccola maga aveva contattato i grandi occhi blu, che un attimo prima di fuggire al pavimento erano stati allacciati coi propri, se era possibile quello che vi aveva intravisto era riuscito ad adirarlo maggiormente. Pietà.

Il Signor Weasley non approvava completamente l’atteggiamento dei propri colleghi, anche se affondare Lucius Malfoy era stato da sempre considerato un grande traguardo, ciò non toglieva che si aveva pur sempre a che fare con persone e che come tali andavano trattate. – Cercate di fare un po’ di attenzione… - Moody era apparso contrariato e il mago si era affrettato ad aggiungere - …il Ministero non è certo in grado di ripagare simili danni. -.

Lo sguardo di Malfoy aveva trapassato da parte a parte la piccola Grifondoro, e la giovane aveva mantenuto gli occhi puntati a terra in evidente disagio. Un pensiero aveva attraversato la mente del ragazzo: avrebbe voluto farle molto male fisicamente; era insopportabile l’imbarazzo che continuava ad indirizzargli, perché accidenti doveva sentirsi così per lui? Perché non stava esultando o ridendo come ci si sarebbe potuto aspettare, era questo che lui pretendeva, che gli desse un pretesto per aggredirla almeno a parole, che gli permettesse di sfogare la sua frustrazione, e invece se ne stava lì come una bambola rotta a fissare il marmo del pavimento. – Immagino che starai traendo il massimo divertimento da questa situazione Weasley. – Aveva azzardato, doveva dargli almeno quello per la miseria, bastava una sola parolina, un minimo accenno così che avrebbe potuto…ma Ginny aveva alzato lo sguardo confuso, sbigottito. Ma per chi accidenti l’aveva presa, sì era vero in altre circostanze avrebbe trovato la situazione divertente, forse esilarante, ma che stava dicendo, no, come avrebbe mai potuto? Chi con un minimo di cervello avrebbe potuto trarre qualche diletto da una cosa del genere? Soltanto un Malfoy poteva arrivare a concepire una cosa simile…e lei ci stava provando, fin dall’istante in cui si era ritrovata sulla soglia, a dirsi che avrebbe dovuto esserne felice, che era quello che aveva sempre voluto, vedere umiliato e deriso Draco Malfoy; ma un conto è desiderare, un conto è vedere realizzati i propri desideri.

Il giovane non era preparato all’occhiata smarrita della ragazza, lo guardava come se fosse alienato, e per una frazione di secondo era rimasto interdetto, poi riprendendosi aveva spostato rapidamente il proprio interesse altrove.

- Mi dispiace. – Ecco l’aveva detto e a questo punto, poco sarebbe servito far finta di niente, non poteva starsene zitta? – "Ginny Weasley morditi quella lingua una volta tanto." – Purtroppo era esattamente quello che sentiva, e non avrebbe potuto semplicemente sorvolare sulla cosa e insultarlo come se fosse normale.

Crak, qualcosa si era definitivamente frantumato dentro il ragazzo, quello era davvero troppo; quella stupida ragazzina doveva rimpiangere amaramente di averlo fatto sentire a quel modo. – Cosa? – Aveva preso a fissarla tra l’adirato e il divertito; la piccola Weasley aveva avuto un sussulto, ora lei appariva spaventata quel giusto che si addiceva alle circostanze, così andava meglio.

– Ho-detto-che-mi-mi-dispiace. -

- Merlino mi scampi dalla pietà di un Weasley! –

Lo aveva detto stando attento a sporcare accuratamente ogni parola, e Ginny aveva scosso piano il capo in un misto fra la confusione, l’incredulità, e l’irritazione; era combattuta fra l’impulso di reagire alla provocazione e il ribadire di sentirsi spiacente, perché non voleva accettare la sua comprensione? Non poteva essere solo orgoglio, poteva? Lui a suo modo l’aveva consolata…però adesso si trattava pur sempre di difendere il nome della propria famiglia… - Senti Malfoy io… -.

No, non glielo avrebbe lasciato fare, non le avrebbe permesso di mostrarsi spiacente per lui. – Andiamo chi vuoi prendere in giro? Se fossi io starei già esultando…dei sporchi pezzenti come voi che hanno finalmente il loro momento di gloria e non ne approfittano? Non adularti in questa superiorità Weasley, è solo per un giorno, la vostra condizione invece è permanen-… - Non aveva avuto modo terminare la frase, e a Ginny il cui viso stava ormai deformandosi per la collera non era stata data nuovamente l’opportunità di rispondere; il ragazzo aveva intravisto Moody ed altri due Auror portasi nelle vicinanze del salottino privato di sua madre, e tentare di accedervi con un incantesimo. - Che diavolo credete di fare? Allontanatevi immediatamente da quella stanza! – Estraendo la bacchetta dalla tasca aveva pronunciato la formula contraria, e le grandi porte semiaperte si erano richiuse in un pesante tonfo. – Iterum claudo! -

Nella sala era caduto il silenzio, ciascuno dei presenti aveva interrotto il proprio lavoro sollevando lo sguardo su quello che stava accadendo a pochi passi di distanza da loro.

Ginny era più disorientata che mai, osservava Malfoy e Malocchio incredula e spaventata, un attimo prima il giovane era di fronte a lei e la stava insultando, un attimo dopo si trovava a metà strada sulle scale impugnando nella mano la bacchetta e puntandola verso l’Auror. Il Signor Weasley era impallidito; era stata una mossa molto imprudente quella del ragazzo e Malocchio con tutta probabilità non l’avrebbe presa molto bene, aveva sempre cercato un qualsiasi pretesto per potergli dare una lezione e finalmente sembrava essersi presentata l’occasione. Lupin estasiato ammirava la scenetta con un sorriso divertito, facendo roteare tranquillamente la propria bacchetta per aria riprendendola poi nella mano, per un istante Arthur Weasley giurò di avere intravisto in lui Sirius Black, era questo allora che guidava il comportamento di Remus in quei giorni? Vendetta? Per James, Lily, Sirius e Tonks…scuotendosi da quei pensieri, l’uomo era tornato alla realtà, in tempo per vedere Malocchio Moody afferrare per il collo della camicia il giovane Malfoy e farlo sbarcare in malo modo contro la parete.

– Dammi un solo pretesto per colpirti ragazzo. –

Il petto di Draco si alzava e abbassava rapidamente in un respiro affannoso e delle ciocche ribelli erano scese a sfiorargli la fronte, eppure, nonostante lo sguardo carico d’odio, il ragazzo sembrava aver riacquistato il solito contegno. – Se non è chiedere troppo le dispiacerebbe lasciarmi andare, mi sta fermando la circolazione. – Fissava con tranquillità e arroganza l’occhio magico dell’uomo, il quale non aveva saputo trattenere un ringhio.

Ginny non aveva parole, come poteva continuare a farsi beffa del mondo a quel modo nonostante le circostanze? La piccola maga stava tentando d’intercettare col proprio lo sguardo del padre, supplicandolo silenziosamente di fare qualcosa, quando una voce gentile di donna aveva parlato con preoccupazione.

Il suono proveniva dall’interno della stanza chiusa. - Draco?…Sei tu?…Che cosa succede? Ho sentito dei rumori… -

Dei passi leggeri, esitanti si erano fatti più vicini.

Maledizione. Malfoy con rapidità era scivolato fuori della presa dell’Auror; e aveva aggiustato il collo della propria camicia prima di passarsi una mano fra i capelli nel tentativo di trasportare indietro i ciuffi ribelli. Tutto doveva apparire come se niente fosse agli occhi di sua madre, lei non aveva a che fare con quella storia e non era necessario che fosse coinvolta. Era patetico questo suo sentimento per una persona che probabilmente neppure lo ricambiava, ma non poteva permetterlo, suo padre l’aveva fatta soffrire a sufficienza, lui non avrebbe commesso lo stesso errore. Lui non era Lucius Malfoy.

Naricissa Black si era appena affacciata alle porte della propria stanza privata quando suo figlio si era parato davanti negandole la vista. Era una bella donna la madre di Draco, esile e alta, sebbene non quanto Draco stesso, e incredibilmente giovane. I lunghissimi e lisci capelli biondi nonostante fossero scompigliati posavano elegantemente sulle sue spalle e proseguivano ancora oltre, erano lucenti come seta; e quegli occhi di un azzurro vivo ormai spento, un tempo dovevano aver illuminato la pelle lattea e vellutata come una pesca. Indossava un semplicissimo abito bianco che sfiorava leggermente terra, le spalline erano sottili, la scollatura ampia, e il tessuto in alcuni punti era ricamato con intarsi argentati. Era una sfortuna che quella grazia e quella bellezza apparissero minacciate e corrotte dalle profonde e scure occhiaie che solcavano il viso della donna, e da un alone di solitudine e fragilità che sembrava avvolgere tutta la sua persona. La Signora Mafoy non era definitivamente più la stessa donna snob e altera, che Ginny aveva avuto modo d’osservare alla Coppa del Mondo di quidditch; comparata a Draco sembrava lei la bambina e lui il genitore. Narcissa Balck era il ritratto dell’infelicità, e osservava smarrita e preoccupata il volto del figlio, in realtà era come se non si rendesse realmente conto di quanto la circondava.

Il giovane Malfoy aveva separato delicatamente le mani di sua madre dalle porte mantenendo queste ultime ferme fra le sue. – Non è nulla, torna a riposare. – Aveva parlato come se stesse tentando di convincerla che andasse tutto bene pur sapendo di mentire, e nonostante nessuno potesse osservarlo il giovane aveva rivolto alla donna un sorriso triste. Narcissa aveva risposto al sorriso. – Tornerà e tutto andrà a posto vero Draco? – Non era nuovamente lucida, quando capitava si dimenticava di odiare quella vita, odiare Lucius e suo figlio; con la testa tornava a quando erano felici insieme, non che lui potesse ricordare qualcosa di simile, evidentemente doveva essere stato prima che nascesse. Il giovane aveva abbassato il capo senza rispondere, c’era così tanta supplica e speranza in quegli occhi. Sua madre non doveva umiliarsi così, non doveva mostrarsi in quello stato. Draco ignorando chiunque era scivolato nella stanza chiudendo le porte alle proprie spalle.

Gli uomini dal di fuori si sentivano incomodi e restii a continuare il lavoro, nessuno aveva proferito parola; il Signor Weasley si era perso a contemplare il pavimento, Lupin aveva occhi e bocca spalancati, e Moody celava malamente la rabbia, si stava sforzando per evitare di esplodere in imprecazioni, una grossa vena pulsava sulla sua fronte. Il vecchio uomo da un lato ce l’aveva col ragazzo e da un lato con se stesso perché si era lasciato colpire dalla situazione.

Per la seconda volta Ginny Weasley era rimasta scioccata quel giorno, malgrado la sua mente le ripetesse che ciò che aveva visto era normale, insomma quale figlio non si comporterebbe con riguardo nei confronti del proprio genitore…vedere Malfoy compiere un gesto tanto gentile l’aveva atterrita.

Era consapevole del perché tutti stessero agendo a quella maniera, lei stessa si sentiva abbietta, si detestava e detestava suo padre e gli altri, perché avrebbero potuto fare diversamente. Avrebbero dovuto fare diversamente. Stavolta erano andati troppo oltre.

Di là dalla porta si erano sentiti dei lamenti sommessi e infine uno scoppio di pianto.

Nella stanza ora c’erano soltanto loro due, eppure era come se un muro li tenesse separati; finalmente il mago si era deciso a soddisfare quella richiesta.

– Non lo so. -

La donna in shock aveva guardato il figlio, come se stesse chiedendogli come aveva potuto farle questo, negarle quella speranza; delle lacrime lente si erano insinuate fra le sue ciglia.

Malfoy ormai aveva imparato a maneggiare con sua madre quand’era in quelle condizioni, aveva parlato tranquillamente raccontandole una sorta di verità, questo solitamente bastava per riportarla in parte in sé, e non voleva mentirle del tutto. – Voglio… - Non era vero. – …e lo vuole anche lui. – Non poteva saperlo, di certo voleva risalire alla sua posizione sociale, al proprio potere…in quanto a loro…c’erano anche loro…

Lei aveva avviato a singhiozzare aggrappandosi all’unico petto che orami le era rimasto di sostegno, e al giovane, impacciato nelle dimostrazioni d’affetto, non era rimasto che accarezzarle leggermente la testa. – Lo aggiusterò in qualche modo…te lo prometto. –

- Lucius… -

- Draco…sono Draco mamma. –

Dopotutto c’era ancora qualcosa che poteva essere riparato? Il ragazzo aveva ricacciato quel pensiero lontano dove non avrebbe potuto raggiungerlo. Non era né tempo né luogo per porsi quesiti di cui non voleva conoscere la risposta, adesso doveva occuparsi dei suoi "ospiti" poi si sarebbe preoccupato del resto. C’erano voluti alcuni minuti, dopo che Draco aveva ricondotto Narcissa nella vasta stanza da letto, perché la donna finalmente si addormentasse in un sonno agitato. La camera di sua madre era separata dal salottino privato unicamente da una parete girevole, nessuno doveva quindi essersi accorto di quanto era avvenuto.

Ricongiunti i visitatori, questi avevano ripreso rapidamente le proprie occupazioni; unicamente i tre membri dell’Ordine e Ginny erano rimasti ad osservare il giovane come se attendessero qualcosa. – Se i Signori desiderano controllare il resto dell’abitazione sarà necessario che vi scorti, non vorrei si ripetessero altri spiacevoli inconvenienti. – Aveva affermato gelidamente il ragazzo. Gli occhi di Malfoy erano ridotti a due fessure, e si percepiva lievemente la tensione nervosa che rivestiva la sua figura. Il Signor Weasley aveva ribattuto che non sarebbe stato necessario, e che avevano già veduto a sufficienza per affermare con certezza che nascosto non c’era nulla, si sarebbero limitati a passare accanto alle rimanenti stanze gettando degli incantesimi di controllo. Lupin e Malocchio non erano stati d’accordo col discorso di Arthur, ma non avevano dissentito, in particolare Remus aveva preso a vagare per l’edificio tenendo le mani in tasca. Moody era rimasto a sorvegliare il procedere del lavoro degli altri Auror, sbraitando in continuazione ogni qual volta qualcosa non gli era del tutto congeniale.

Arthur aveva sorriso leggermente e con dolcezza alla sua bambina, in un modo che era sembrato voler dire "ho fatto quello che volevi, no?…era giusto così.", ed era disceso con tranquillità per le scale lasciandola sola col ragazzo. Voleva che gli tenesse società?

Ginny si era voltata dalla sua parte non sapendo come iniziare, non sapendo neppure se voleva sul serio dire qualcosa, ma era evidente che qualcosa andava pur fatto…ribadirsi dispiaciuta? Tentare di lanciarsi in un’opera di consolazione, ma ne sarebbe stata capace? Aveva la sensazione che avrebbe potuto rivelarsi una scelta pericolosa, se non un’impresa impossibile. Scherzarci sopra? Sì lei che aveva la sensibilità e il tatto di un elefante zoppo…fare finta di niente?

- Io… -

- Levati dai piedi Weasley. -

Problema risolto. Ginny aveva calpestato furente fino all’ingresso ed era uscita dalla residenza sbattendo il pesante portone, se non voleva ucciderlo avrebbe dovuto mettere miglia e miglia di distanza fra loro, invece, era rimasta seduta sui gradini davanti all’entrata.

Sì, ok lo ammetto l’idea delle porte girevoli in casa Malfoy mi è venuta dal film la Maschera di ferro, ma non so perché mi è sembrato ci stesse bene, così la userò anche per l’avvenire.

Ho letto i commenti e fino ad ora tutti parteggiano per la coppia Ron-Hermione, bene, bene, buono a sapersi. Alla prossima vostra Max.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** SEDICI ANNI ***


Salve I’m Back! Lo so non è molto ma non volevo lasciarvi del tutto a bocca asciutta, l’altro capitolo è incompleto perciò temo che dovrete aspettare un po’, non so ancora se dividerlo in due parti o in una sola, prometto ulteriori aggiornamenti sicuramente nella settimana dopo la domenica di Pasqua, se le cose vanno bene e risolvo un po’ di guai addirittura martedì, o mercoledì prox. Scusate ma qua è un grandissimo casino, ho troppe cose in mente ed è un caos farle venire prima o dopo, in un modo o nell’altro………argh! Alcuni mi hanno detto che siccome non aggiornavo da un po’ avevano paura lasciassi perdere, e questo posso garantire non accadrà visto che sono stata minacciata da una mia amica di rivelare il luogo in cui vivo e dare a tutti, nome, cognome, e numero di telefono…e qualsiasi cosa possa permettere l’invio di pacchi-bomba o telefonate minatorie ^_^’. Perciò tranquilli non mollo, mi sto divertendo troppo…un bacio a tutti.

 

Harry e Hermione erano giunti ad una sorta di tacito accordo, fintanto che nessuno dei due nominava cose sgradite all’altro potevano restare insieme e perfino godere di quel tempo trascorso a chiacchierare di nulla. In fondo la compagnia di qualcuno, specie quella di un amico, era pur sempre preferibile alla solitudine, e quel parlare senza sosta permetteva ad entrambi di tenere la mente occupata. Seduti ad un tavolino all’aperto i ragazzi sembravano aver raggiunto un buon equilibrio. L’arrivo del cameriere con le ordinazioni aveva permesso loro di impiegare il primo quarto d’ora mangiando, non dovendo quindi scambiare più di alcune parole; successivamente, rotto il ghiaccio, il resto era venuto da sé, con grande sollievo dei giovani maghi.

Era uno di quei pomeriggi adatti per restare fuori di casa, il sole estivo sebbene fosse caldo era mitigato dalla brezza residua della pioggerella d’inizio mattina; il tempo appariva notevolmente trasformato rispetto alle prime ore del giorno, quando era impensabile poter trovare piacevole un altro luogo oltre il proprio letto.

- Toglimi una curiosità Hermione, come hai trovato questo posto? Credevo che abitassi dalla parte opposta della città… -

- Be a differenza di te e Ron, Harry, io mi guardo intorno quando mi capita di andare da qualche parte, non riesco a credere che tu viva qui accanto e non te ne sia mai accorto. -

- Scusa tanto Hermione, ma non è come se mio zio mi lasciasse andare dove voglio… -

- Sì, be non è poi così lontano, ci vogliono quindici minuti in metro, ho calcolato anche il percorso a piedi e sono quattro minuti…considerando che per raggiungere il centro di Londra occorrono venti minuti buoni e che qui accanto c’è una biblioteca più piccola, ma molto più fornita di quella sotto lo studio dentistico dei miei genitori…ah Harry ti dispiace se poi ci facciamo un salto? -

Il ragazzo aveva roteato gli occhi, un vero peccato che non vi fosse Ron con loro a cui fare segno sotto il tavolo, solitamente avrebbero iniziato a calciarsi a vicenda, non appena Hermione avesse preso il via coi suoi soliti discorsi pieni di calcoli e valutazioni. Una volta non si erano accorti dello specchio accanto alla parete, tramite il quale la ragazza aveva visto tutto e si era talmente infuriata…

- No figurati… -

- Ah, bene perché è uscito un libro che m’interessa molto… -

- Davvero Hermione? -

La risposta del ragazzo era stata palesemente priva di qualsiasi interesse, in un misto fra l’annoiato e lo scocciato, ma la giovane maga intenta com’era nel suo sproloquiare non sembrava essersene accorta; quando attaccava con un argomento che destava il proprio interesse né era talmente assorta che finiva per non rendersi neppure conto delle reazioni dei propri interlocutori, e se da un lato Harry ammirava questa parte del carattere della propria amica, a volte ne restava infastidito. Era bello che avesse così tanta passione per qualcosa, per lui era lo stesso con il Quidditch, però gli altri diventavano per lei improvvisamente trasparenti, e dopo che l’aveva praticamente trascinato con se, non era esattamente il modo migliore nel quale avrebbe pensato d’impiegare il pomeriggio, e in quel momento poco importava al ragazzo che se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo punto rispondere come avrebbe preferito impiegare il proprio tempo.

Dal canto suo Hermione era talmente entusiasmata dall’argomento del discorso come non le capitava ormai da giorni, e il fatto che questo le permettesse di non pensare a sua madre, unito alla gioia che provava nell’illustrare il contenuto dell’opera che agognava tanto avere fra le proprie mani, le trasmetteva un tale senso di benessere che si rifletteva persino all’esterno. Così seduta al sole era proprio carina; le piccole occhiaie passavano pressoché inosservate e non toglievano alcunché alla bellezza semplice del suo viso, i capelli luminosi e folti di quel colorito dell’oro scuro e gli occhi castani grandi e lucenti apparivano accentuati dall’espressione puramente emozionata. Persino Harry non aveva potuto fare a meno di pensare che in confronto Cho non era proprio niente. Sì Cho Chang era veramente carina, ma nello stesso modo in cui lo erano molte altre, ed era sapendo questo che si comportava con quel suo modo di fare che ultimamente gli era apparso insopportabilmente artificiale, Hermione invece sembrava appunto non rendersene neppure conto. Harry si chiedeva se riuscisse a vederla bella semplicemente perché era una sua amica o perché lo fosse davvero, ma di una cosa era sicuro Hermione Granger non sarebbe mai passata da un ragazzo all’altro con la velocità di Cho Chang, e soprattutto, non aveva mai avuto quegli atteggiamenti tipicamente femminili e irritanti di tante altre, come stupide gelosie o crisi di pianto immotivate; anche prima le sue lacrime non erano state così…insomma non si era profusa in un pianto isterico e insensato, non erano state affatto lacrime di coccodrillo come si suole dire.

- Terra chiama Harry Potter, terra chiama Harry Potter…Harry hai ascoltato almeno un terzo di quello che ti ho detto? -

- … -

- Pronto? Harry? Perché stai sorridendo adesso? –

Ed ora un particolare grazie a tutti quanti.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** IL MONASTERO ABBANDONATO ***


Il tradimento di Hestia Jones aveva inferto un duro colpo all’Ordine della Fenice, le cui fila parevano assottigliarsi sempre più; quella notte tredici maghi avevano perduto tragicamente la vita, e due altri membri erano stati attaccati provocando il ricovero di uno di questi al S. Mungo.

Nifadora Tonks era la più giovane Auror ad aver congiunto l’Ordine e non avrebbe dovuto correre molti pericoli, o perlomeno non tanti quanti erano corsi da maghi ben più esperti. L’incidente accaduto al numero 3 di Privet Drive semplicemente non si sarebbe mai dovuto verificare. Erano state prese tutte le cautele necessarie; le probabilità di un attacco ad Harry Potter erano quasi nulle, fintantoché il giovane si trovava lì era al sicuro, e dalle informazioni attualmente in loro possesso non era prevista da parte delle fila nemiche alcun’offensiva. Le forze del Signore Oscuro stavano attendendo qualcosa, e nell'attesa reclutavano senza sosta braccia disposte alla loro causa.

Mai avrebbero pensato che un colpo potesse essere inferto dall’interno. Albus Silente era il custode segreto dell’Ordine, l’unico mago di cui Voldemort avesse timore, l’unica persona pressoché inavvicinabile, lui solo poteva svelare la sede o i piani principali di questo. Altre informazioni minori sempre con lo stesso incantesimo erano state ripartite fra i membri, ma ciò che contava realmente non aveva modo di essere svelato al nemico; eppure Hestia Jones aveva trovato il mezzo per eludere l’incanto Fidelius, ed era bastato un sistema assai sciocco secondo quanto erano venuti a conoscenza in seguito. L’Ordine si basava e si era sempre basato sulla fiducia prima di tutto, non era uno scherzo entrarne a far parte e una volta all’interno si poteva avere la certezza che i membri fossero leali; Hestia aveva sfruttato appunto questa debolezza.

Hestia Jones era una bella ragazza, di qualche anno più grande di Tonks, possedeva una carnagione rosea invidiabile e dei folti capelli castani che le ricadevano dolcemente sulle spalle; gli occhi azzurri da gatto e il viso ingenuo erano la sua caratteristica principale. Albus Silente si era subito affezionato alla giovane, che ai tempi di Hogwarts era rimasta orfana per mano dello stesso Voldemort, e i genitori di Tonks le avevano aperto più che volentieri la propria casa. Dopo il diploma la maga aveva intrapreso il percorso per diventare Auror ed aveva persino allacciato per qualche tempo uno strettissimo rapporto con lo stesso Sirius Black. Hestia aveva sempre avuto il dono di parlare dritto al cuore delle persone, e quando le era stato affidato l’incarico di informare della sede un nuovo membro dell’Ordine, nessuno avrebbe creduto che invece di bruciare il bigliettino scritto da Silente se lo sarebbe intascato. La notte successiva Grimmauld Place era stato attaccato.

Quanto sciocchi erano stati per non prendere in considerazione una simile eventualità nessuno l’avrebbe saputo spiegare, fiducia e affetto erano stati da sempre la loro debolezza, e da sempre, in un verso e nell’altro, erano stati quello a fare la differenza. Il medesimo Ordine della Fenice aveva una spia all’interno della cerchia di colui che non deve essere nominato, pochi erano a conoscenza di questo fatto, ancor meno sapevano chi fosse, ma ciò sarebbe bastato per far presupporre che fosse possibile anche l’inverso. L’esperienza con Peter Minus non aveva insegnato loro nulla?

Ora che la nuova sede temporanea era stata allestita ben pochi avevano il coraggio di manifestare palesemente i loro pensieri, tutto ciò era frustrante. Sfiducia. Delusione. Impotenza. Erano i sentimenti che maggiormente albergavano nelle parti della resistenza.

Da alcune ore una riunione era in corso all’interno del vecchio monastero abbandonato, il luogo non era attrezzato mancava di ogni cosa, e non si era avuto tempo o voglia di sistemarlo. Nessuno si sarebbe preso la briga di renderlo confortevole o vivibile, in parte perché chi si occupava del corretto funzionamento della sede non era al momento più in grado di farlo, non c’era alcuno ad avere cuore o coraggio di chiedere a Molly Weasley e ai suoi ragazzi di mettere in atto la stessa opera di disinfestazione effettuata per l’abitazione di Sirius; in parte perché, rendere accogliente un posto, crearvisi all’interno dei ricordi piacevoli con persone care che non si aveva la certezza di rivedere il giorno seguente, faceva dannatamente male.

L’antica costruzione, che un tempo doveva essere stata una magnifica opera architettonica, ormai stava cadendo letteralmente in pezzi. Edificata durante il periodo medioevale e attualmente parte della proprietà di un ricco possidente, non potendo essere sfruttata economicamente dall’uomo era caduta presto nel dimenticatoio; troppo denaro sarebbe occorso per ricavarne qualcosa e l’americano, che aveva i propri affari all’estero, non si era mai curato granché di suoi possedimenti inglesi. Il caso aveva voluto che si trattasse di Michael Duff cugino di un membro dell’Ordine e la sistemazione era stata così improvvisata.

Il blocco più grande dell’edificio era costituito dalla chiesa, orientata a croce latina e praticamente distrutta, le macerie rovinate al suolo rendevano forte l’impressione di desolazione che abbracciava la costruzione nella sua interezza; la restante parte dell’edificio, sebbene fosse vasta e costituita da diversi blocchi minori che andavano a circondare il chiostro, si trovava in pessime condizioni ma era asciutta e abbastanza riparata dall’aria e dalla pioggia. Gli incontri dell’Ordine erano avvenuti sin dal primo insediamento nel Refettorio, presso le lunghissime tavole che si estendeva fino all’estremità opposta della stanza. Erano sette in tutto.

Non era un ambiente allegro e neppure particolarmente confortante, ma era spazioso e consentiva la presenza di numerose persone ciò che era realmente importante; a causa dei molti spifferi e della mancanza di un funzionale sistema di riscaldamento erano stati utilizzati alcuni incantesimi per ovviare al problema. Ogni centimetro, dalle spesse pareti all’irregolare pavimento di pietra, emanava uno sgradevolissime odore di vecchio e muffito che andava a piantartisi nelle narici, e lì rimaneva a lungo anche una volta abbandonato il fatiscente edificio; anche dopo esserti rintanato al sicuro nella propria casa, a tavola con la tua famiglia, quando abbracciavi i tuoi bambini o baciavi tua moglie, mentre leggevi un libro, ascoltavi della musica; era il tanfo che ti ricordava tutto quello cui stavi passando attraverso, tutto ciò che dovevi affrontare. Ti riportava alla mente le immagini peggiori di quella guerra silenziosa, delle facce sofferenti delle persone che amavi, dei corpi straziati dei tuoi compagni che avevi visto cadere, e la consapevolezza che la prossima volta avrebbe potuto toccare a te. Era l’odore della colpa e della morte, di quella vocina dentro di te che ti sussurrava in continuazione e che non volevi ascoltare perché diceva che era felice perché qualcun altro era morto al tuo posto. E tu iniziavi a chiederti se ne valesse la pena, e allora ti ripetevi che, sì ne valeva la pena. Doveva valerne la pena per tutte quelle vite che erano state spezzate combattendo quella lotta, perché eri ancora vivo e la vita gridava ancora forte dentro di te e pretendeva che tu facessi qualcosa, e poi, be e poi perché era giusto. Se Albus Silente si fosse alzato in piedi adesso, e avesse chiesto guardando negli occhi uno per uno i presenti, quanti di loro ritenessero che ciò che stavano facendo fosse giusto, probabilmente nessuno avrebbe aperto bocca. L’eterno problema del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, ma al momento non c’era bene o male, non cera giusto o ingiusto, c’era soltanto morte, sia da una parte sia dall’altra.

La tavolata centrale quella sera si trovava al completo, una moltitudine di maghi e di streghe sedevano confrontandosi l’uno con l’altro nell’attesa che la seduta proseguisse. A differenza degli incontri informali di Grimmauld Place, che avvenivano nella spaziosa cucina di Sirius, fra te e pasticcini, questo era veramente formale. Quando finalmente Albus Silente era tornato nella sala, e aveva preso posto presso la poltrona disposta a capotavola, il Refettorio era piombato nel silenzio più completo. Alla sinistra e alla destra del vecchio mago sedevano rispettivamente suo fratello Aberforth e Malocchio Moody, seguiti da Remus Lupin e Severus Piton da un lato, e da Arthur e Molly Weasley dall’altro, in ordine successivo venivano Bill e Charlie Weasley, Rubeus Hagrid, Olympe Maxime, Emmeline Vance, Strugis Podmore, Elphias Doge e Kingsley Shacklebolt; i quattordici, assieme ai restanti diciotto membri presenti, e a Tonks che era assente, costituivano in nucleo principale dell’Ordine della Fenice. Erano in tutto trentatré persone più Silente, soltanto un anno prima ve n’erano quindici di più. Ciascuno di loro era custode segreto di almeno un’informazione, e tutti erano a conoscenza del ruolo di Piton, e dell’esistenza della profezia, sebbene nessuno avesse avuto accesso al contenuto.

Silente aveva ripreso la discussione con l’intenzione di non protrarre ulteriormente quella lunga e penosa seduta, ma sebbene le recenti notizie che aveva ricevuto necessitassero di una rapida risoluzione, era ancora necessario chiarire alcuni punti essenziali; l’uomo aveva parlato con quella sua solita voce flebile e stentata.

- Scusate per questa spiacevole interruzione…colgo l’occasione per ringraziarvi di essere venuti, so quanto a molti di voi dev’essere costato essere qui oggi e non vorrei essere costretto ad abusare oltremodo del vostro tempo, tuttavia i recenti avvenimenti ci hanno portato a dover modificare le nostre prospettive per il futuro, ma questo non è nulla in confronto al pesante tributo di sangue che è costato. Oggi più che mai vi si richiede di rinnovare quella fiducia che un tempo avevate posto nell’Ordine, vi si richiede di fare appiglio a tutte le vostre risorse per non permettere che quanto è accaduto possa provocare maggiore sofferenza. Vi si richiede di sperare. -

Che cosa fosse appena giunto alle orecchie del mago per spingerlo ad utilizzare quelle parole a nessuno era stato dato modo di conoscerlo. – Vi sono ancora due questioni che mi premono particolarmente e una di queste è la ragione principale per cui è stata richiesta oggi la vostra presenza, per quanto sia doloroso tanto per me quanto per voi nominarlo, è necessario discutere delle conseguenze che ha portato l'abbandono di Hestia Jones delle nostre file. –

Un brusio si era levato nella sala. – Per favore…mantenete l’ordine…Severus mi ha informato questa mattina che sebbene Hestia non abbia potuto tradirci completamente, e fare il suo nome a Voldemort, nonostante questo è stata in grado di spargere il seme del dubbio all’interno della sua cerchia. In altre parole hanno il sospetto che qualcuno dell’Ordine lavori al loro interno permettendo una fuga d’informazioni, ciò per nostra sfortuna limita ancora ulteriormente la quantità di materiale che Severus potrebbe essere capace di fornirci; potrebbe arrivare il momento in cui tale incarico diventi troppo gravoso e rischioso e che ci venga imposta una scelta…per quanto mi riguarda se quel giorno dovesse arrivare… - Il vecchio mago si era rivolto a Severus Piton scrutando nello sguardo dell’uomo. - …Severus t’invito ad abbandonare la missione… -. Di nuovo, bisbigli e manifestazioni di sgomento erano risuonate attraversato le spesse pareti del Refettorio, il disaccordo su questo punto era manifesto. – Vi prego fate silenzio…permettetemi di continuare…non ci occorrono martiri…e chiunque ritenga che il sacrificio di una vita umana senza scopo alcuno possa avere qualche valore, in tal caso, ha congiunto il lato sbagliato ed è pregato di lasciare immediatamente questa sala, ovviamente non prima di aver subito un incantesimo di memoria. Molto bene, qualcuno è di questa opinione? – Non vi era stata risposta, ma un silenzio carico d’imbarazzo. – Tanto meglio, ed ora l’altra questione: Harry Potter… –

Et voilà, alla fine ce l’ho fatta, come promesso un altro capitoletto prima di Pasqua; secondo voi la sto tirando troppo per le lunghe? È che non so se saprei fare meglio, vorrei riuscire a creare un minimo di trama…comunque dopo diverrà più interessante, soprattutto quando torneranno ad Hogwarts…anche se ci sono in servo un paio di sorpresine prima di quel momento, una probabilmente già nei prossimi capitoli. ^_- Se avete qualche suggerimento non fatevi scrupoli, se non intralciano la storia sono ben lieta di fare contento qualcuno.

Un bacione e Buona Pasqua.

Un saluto speciale a Neris, (Ron e Hermione eh? Arriverà anche il loro momento…) Miky, (Grazie grazie ^_^) Angele87, (Grazie anche a te) Giada, (Grazie ^_^), Keira, (Bellissima, dici? Divento rossa, comunque non preoccuparti non mollo!).

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** MISTAKES ***


Non era stato come uno se lo sarebbe immaginato, come si descrive nei film o nei romanzi. Non c’era stato un inizio o un perché. Nessuna particolare emozione che giustificasse il gesto. Era successo e basta. Senza trasporto, senza slancio, né alcun altro tipo di sentimento. Prima erano stati lì in piedi e dopo si erano ritrovati di sopra in camera da letto. Una sorta di atto consequenziale, come il mangiare, il bere o il dormire; quando si fa perché "capita che sia così", senza avere particolarmente fame, sete, o sonno. Non avresti voglia di rifarlo, e il senso d’insoddisfazione resta piuttosto forte; non è neanche un senso d’insoddisfazione è il sentirsi esattamente come prima, il sapere che avresti anche potuto farne a meno. Non hai accresciuto niente di te stesso, ma non hai neanche perso qualcosa…deludente è la parola esatta. Fare l’amore, no, fare sesso con Pancy Parkinson era stato deludente perché: a) non né aveva avuto esattamente voglia; b) per lei non provava nessun tipo di sentimento, né di odio, né di amore. Gli era indifferente, e a dirla tutta la trovava un po’ patetica; c) non c’era con la testa. Pensava a quanto accaduto quel pomeriggio, all’espressione irritante della Weasley, e all’incarico affidatogli da suo padre, nonché ai compiti di pozioni; d) si era appena scolato qualcosa come due bicchieri di una bevanda dal colorito assai poco invitante trovata nella riserva di suo padre; e) non sopportava il profumo che quella stupida continuava ad ostinarsi a mettere, infine, due cubetti di ghiaccio insieme non fanno un incendio.

La prima volta di Draco Malfoy era stata come venire sottoposti alla vaccinazione contro il vaiolo di drago. Indolore.

Draco era rotolato dalla propria parte del grande letto tirando con sé un lembo del lenzuolo candido. Il movimento lo aveva portato a sfiorare, in un gesto totalmente involontario, il corpo della ragazza stesa al suo fianco. Per Pancy Parkinson quel leggero contatto con la mano sottile e fresca del mago, si era rivelato in tutta la sua freddezza. Non aveva ottenuto niente. Nemmeno quella volta, per quanto fosse stata determinata e abile, per quanto lo avesse portato esattamente doveva voleva, era riuscita a strappare qualcosa dal principe dei Serpeverde. – Non dimenticare di prendere la tua roba prima di andartene. - L’espressione della giovane aveva subito un lento mutamento, da sorridente e soddisfatta a risentita e umiliata, la totale indifferenza con cui il ragazzo aveva parlato dandole le spalle e facendole intendere di non essere più la benvenuta l’aveva ferita in qualcosa di ben più importante dei sentimenti. L’orgoglio. – Come? - Chi si credeva di essere per poterla trattare a quel modo? Nessuno poteva permettersi di farla sentire come una nullità e passarla liscia, neppure Draco Malfoy. La sua era un’antichissima e rispettabilissima famiglia che vantava generazioni di maghi e streghe risalenti a più di mille anni di Storia della Magia, c’era più dignità e integrità nel suo dito mignolo del piede che in tutta la casata dei Malfoy, cui tutto quello che ormai era rimasto era un nome vuotato del suo contenuto.

La ragazza si era sollevata a sedere tenendosi la coperta stretta al petto con una mano. L’altra era andata a passarsi, in un atteggiamento che avrebbe voluto essere disinvolto, i capelli dietro un orecchio. – Non mi sembra di aver parlato Serpentese. Voglio dormire e non posso farlo con te qui. – Pancy era rimasta a fissare la schiena nuda del mago incredula. Come osava quel patetico rifiuto della comunità magica, un perdente sconfitto e ormai privo di qualsiasi credibilità, che fino a pochi mesi prima si nascondeva dietro al denaro e al potere di suo padre, comportarsi come se lei fosse stata una semplice plebea qualsiasi, una mezzosangue, e forse anche meno… - Credi davvero che qualcun’altra sarebbe stata qui al mio posto? Pensi sul serio che qualsiasi altra maga in tutta l’Inghilterra avrebbe messo ancora piede in casa tua dopo quello che è successo alla tua famiglia? –. Il tono acido e lo sguardo perfido caratteristica dei Serpeverde erano finalmente venuti a galla anche nella giovane maga. Pancy sembrava aver perduto il suo atteggiamento controllato, il suo contegno e il fascino che solitamente emanava, lasciando spazio a qualcosa di diverso ed estremamente volgare - Tuo padre è un ricercato e tua madre è pazza… -. Gli occhi di Malfoy erano lampeggiati pericolosamente e il ragazzo aveva afferrato l’amica per un polso stringendo saldamente la presa. Per un momento Pancy aveva creduto che le avrebbe rotto un braccio. Il giovane tratteneva a stento la rabbia – Non ti azzardare a nominare mia madre o potrei dimenticare che sei una ragazza Parkinson. –. Lo sguardo della Serpeverde aveva vacillato un istante, prima che la ragazza riuscisse a recuperare quel briciolo di dignità e amor proprio che le permettesse di rispondere - L’unica cosa che incute ancora timore della vostra famiglia è il legame con il Signore Oscuro, se venisse reciso quello non avreste più nulla oltre al denaro, e credi a me Draco Malfoy senza potere anche quello non vale poi molto…l’onore, il rispetto, la dignità, non dureranno a lungo, e questo vale anche per te, ad Hogwarts senza le spalle coperte dal tuo paparino non sei niente. Un cercatore che non sa trovare il boccino, che si è comprato l’ammissione nella squadra di Quidditch…e la spilla da Prefetto, senza i tuoi tirapiedi che ti vengono attorno non hai la metà della spavalderia che dimostri solitamente… - Era stato troppo tardi quando si era resa conto che insultare Draco Malfoy non era una possibilità, la mano del ragazzo si era stretta attorno al suo collo. Sarebbe bastato veramente poco per spezzarglielo, – Quando ti dico di andartene, significa che - l’aveva fatta sbracare al pavimento senza troppa gentilezza - devi andartene! -. La maga era precipitata a terra nella confusione del copriletto sgualcito, osservava il giovane ad occhi spalancati e impauriti. Non aveva più tutta quella voglia di restare dopotutto. – Tranquilla puoi dire ai tuoi genitori che hai fatto un ottimo lavoro. – Allora lo sapeva, l’aveva sempre saputo sin dall’inizio… – Che cosa c’è, mi credevi veramente così stupido da pensare che fossi venuta qui di tua iniziativa?…certo che devono proprio considerarti di poca importanza se ti hanno spedita qui per questo… - Aveva fatto un gesto con la mano per sottolineare l’evidenza, lasciandosi poi ricadere sul letto e voltandosi dall’altra parte – Non scordarti di chiudere la porta. -.

Pancy si era rialzata mettendosi a raccogliere i propri indumenti e spostando ogni tanto lo sguardo sul mago. Se s’illudeva che finisse qui si sbagliava di grosso, lei era l’unica che lo conosceva per quello che era realmente ed era disposta a stare con lui. Credeva veramente che se qualcun’altra si fosse resa conto di come stessero le cose avrebbe voluto anche e solo frequentarlo, se non fosse stato per i suoi soldi e il suo titolo? Lei era ricca, forse non quanto lui, ma molto; la sua era una famiglia prestigiosa, il cui nome avrebbe potuto arrecare maggior lustro a quello dei Malfoy, avrebbe potuto risollevarne le sorti agli occhi del resto della comunità magica. E lui aveva il coraggio di disprezzarla? Erano passati i tempi in cui Draco Malfoy poteva permettersi di farla sentire importante e lusingata solo per il fatto di trovarsi al suo fianco, tanto sapeva che sarebbe comunque tornato da lei alla fine. Erano uguali lei e lui, lui non era diverso, migliore o superiore, e lei era il massimo cui mai avrebbe potuto aspirare. Credeva realmente che suo padre gli avrebbe permesso qualcosa di meno? Pazienza se lui non l’amava, dove non arrivava l’amore arrivava l’autorità di Lucius Malfoy…ma non doveva permettersi di umiliarla, mai.

Quando si era presentata a casa sua sapeva esattamente come sarebbero andate a finire le cose, era lì per quello. I suoi senza dirlo l’avevano mandata a lui precisamente con quello scopo, senza neppure curarsi che lei fosse stata d’accordo. Non che quel punto fosse mai stato messo in discussione, era quello per cui consapevolmente o meno aveva preparato il terreno per anni, e stavolta non se ne sarebbe andata via a mani vuote, non si sarebbe lasciata respingere. Non era più questione di sentimenti, era un fatto di principio e orgoglio. Se non avesse concluso niente avrebbe significato che tutti i suoi sforzi erano andati a vuoto. Lei avrebbe avuto qualcosa di importante da lui quella notte, che fosse stato d’accordo o meno…pazienza se non poteva avere il suo cuore, non era neppure sicura che né avesse uno, si sarebbe accontentata del suo corpo. Non capiva come era stato frustrante per lei avere a che fare con la sua indifferenza durante tutto quel tempo? All’inizio era stato anche un bel gioco, si sentiva ad un metro da terra solamente passeggiandogli accanto o rivolgendogli la parola, era a conoscenza che le cose dovevano essere così, anche perché le era stato spiegato dai suoi genitori, ma a lei di quello allora non importava, era così bello e speciale poter stare al fianco di Draco Malfoy, lui era così incredibilmente importante, sprezzante e beffardo nei confronti di chiunque, tutti pendevano dalle sue labbra, anche lei. Ma lei a differenza degli altri, aveva imparato a conoscerlo, osservandolo da vicino aveva scoperto le sue debolezze, le sue paure, e lui non sembrava essersene neppure reso conto…ma anche allora non le importava, nonostante tutto si era innamorata di lui. Pazienza se lui non sembrava ricambiare, se a volte arrivava a schernirla quando diventava arrabbiato, non le importava se la baciava unicamente davanti ai suoi amici e mai in privato, se quando erano soli non faceva neppure finta di gradire la cosa. Non la trattava neppure male, a mala pena la considerava…era stato allora che aveva realizzato, lei non avrebbe mai ottenuto nulla di più, ed era stato sempre allora che aveva iniziato a vederlo per quello che era realmente, un impostore. Lo aveva odiato, si era odiata, e si era disprezzata per continuare a volerlo nonostante tutto, però da allora la musica era cambiata. Lei era cambiata, ed aveva fatto un modo di essere come lui, al suo livello, così finalmente l’avrebbe almeno rispettata. Aveva scherzato con lui, risposto ai suoi giochi e alle sue provocazioni, si era resa complice di quel suo modo di comportarsi e si era così a forza fatta strada nel suo mondo. Non aveva ottenuto rispetto ma una sorta di tacito accordo per il quale finche lei riusciva a rendere il suo tempo interessante, lui si sarebbe sforzato di sopportarla. Lui ora non aveva il diritto di spingerla via dal suo mondo, ed era stato con questo pensiero che si era presentata a lui e aveva fatto quel suo gioco sporco, e c’era riuscita, finalmente ce l’aveva fatta. Forse non c’erano stati fuochi d’artificio o grandi emozioni, ma nonostante tutto aveva avuto esattamente quello che voleva. Si era insinuata dentro di lui e ora lui non poteva semplicemente fare finta di niente. Nessun’altra gli era arrivata così vicino, lo aveva toccato così in profondità, non l’aveva mai permesso. Avevano diviso qualcosa di intimo, di unico, e lui non poteva averlo ignorato. Draco Malfoy avrebbe capito che non c’era nessun’altra che potesse andare bene per lui, che fosse al suo stesso livello.

Pancy esausta non si era mossa dal suo giaciglio e lui, finalmente libero da quella stretta fastidiosa, si era affrettato a spostarsi nella propria parte del letto toccando involontariamente il corpo ancora caldo della ragazza. Era stato come sfiorare il proprio comodino, non gli aveva fatto alcun effetto. Quella cosa non aveva significato niente per entrambe, e adesso non aveva voglia di guardarla in faccia o di averla nel suo letto, quel suo profumo non gli avrebbe permesso di dormire…sperava solo che lei avesse almeno il buon senso di prendere le sue cose e andarsene alla svelta.

Non aveva sentito alcun peso lasciare il letto… – Non dimenticare di prendere la tua roba prima di andartene. – Forse almeno avrebbe capito che non la voleva lì con lui. – Come? – E adesso cos’era quel tono di voce? L’aveva trascinato lei di sopra, e sapeva benissimo che una volta finito non sarebbe cambiato assolutamente niente. Che si aspettava, che sarebbero rimasti a dormire insieme? O a coccolarsi fino al mattino? Con sua madre che dormiva ad un passo da quella stanza? Aveva cercato di farle capire in tutti i modi che non sarebbe servito a niente e lei aveva voluto lo stesso andare fino in fondo, pur sapendo che a lui di lei non importava niente.

Aveva sentito un movimento alle proprie spalle forse non avrebbe fatto storie e avrebbe preso le sue cose. No, si era fermata di nuovo. Perché diavolo voleva far finta di non capire? Ci teneva così tanto a costringerlo ad insultarla, ad essere umiliata? – Non mi sembra di aver parlato Serpentese. Voglio dormire e non posso farlo con te qui. – Ancora nessuna reazione, eppure aveva la certezza del suo sguardo puntato sulla schiena. - Credi davvero che qualcun’altra sarebbe stata qui al mio posto? Pensi sul serio che qualsiasi altra maga in tutta l’Inghilterra avrebbe messo ancora piede in casa tua dopo quello che è successo alla tua famiglia? – Ah, ecco la vera Pancy che saltava allo scoperto…stava iniziando a diventare patetica, forse avrebbe dovuto fermarla. - Tuo padre è un ricercato e tua madre è pazza… -. Si era voltato di scatto, gli occhi della ragazza tradivano la sorpresa e la paura, ed era ancora niente. "Pessima mossa davvero Parkinson." Le aveva afferrato il polso e lo aveva stretto con forza, se non fosse stata una ragazza probabilmente l’avrebbe presa a schiaffi. Nessuno, nessuno, poteva permettersi d’insultare sua madre, specie una piccola e patetica mocciosa viziata che crede che tutto le sia dovuto unicamente perché sbatte leggermente le ciglia lunghe - Non ti azzardare a nominare mia madre o potrei dimenticare che sei una ragazza Parkinson. -. Non voleva proprio accettare il fatto che per lui non contasse niente, e che più gli correva dietro come un cagnolino scodinzolante sforzandosi di stare al suo passo la trovava sempre e più infinitamente svenevole. Avrebbe potuto anche essere interessante se non fosse stata così maledettamente ossessionata da lui tanto da cambiare se stessa. Non se ne faceva niente di un altro manichino, che gli leccasse i piedi e obbedisse ad ogni suo comando, o ancora peggio che pretendesse di essere il solo e unico a capirlo, tanto più che dietro al suo modo di fare c’era così tanta ipocrisia da dargli il voltastomaco…no, tu non sai proprio quando è il caso di fermarti vero Parkinson? - L’unica cosa che incute ancora timore della vostra famiglia è il legame con il Signore Oscuro, se venisse reciso quello non avreste più nulla oltre al denaro, e credi a me Draco Malfoy senza potere anche quello non vale poi molto…l’onore, il rispetto, la dignità, non dureranno a lungo, e questo vale anche per te, ad Hogwarts senza le spalle coperte dal tuo paparino non sei niente. Un cercatore che non sa trovare il boccino, che si è comprato l’ammissione nella squadra di Quidditch…e la spilla da Prefetto, senza i tuoi tirapiedi che ti vengono attorno non hai la metà della spavalderia che dimostri solitamente… - Era stato semplicemente troppo. Non aveva intenzione di lasciarsi insultare sull’onore, la dignità e il rispetto, da qualcuno che non sapeva assolutamente niente di lui, da qualcuno che era venuto a casa sua con il solo scopo di farsi portare a letto col benestare dei genitori, pur sapendo di non ottenere assolutamente nulla a quel modo. Draco Malfoy poteva essere un codardo o un perdente, anche un leccapiedi, ma se c’era una cosa sulla quale non aveva mai scherzato era Onore, dignità, e rispetto, per sé e la sua famiglia. La mano del mago si era stretta attorno al suo collo per riflesso, e se avesse voluto avrebbe potuto anche spezzarglielo. – Quando ti dico di andartene, significa che - l’aveva costretta giù dal letto con la forza - devi andartene! -. Pancy era finita a terra, lo stava osservando impaurita e sconvolta. Avrebbe dovuto immaginarlo che insultare un Malfoy avrebbe avuto delle conseguenze. – Tranquilla puoi dire ai tuoi genitori che hai fatto un ottimo lavoro. – L’espressione del suo viso era stata fantastica, un’attrice perfetta. – Che cosa c’è, mi credevi veramente così stupido da pensare che fossi venuta qui di tua iniziativa?…certo che devono proprio considerarti di poca importanza se ti hanno spedita qui per questo… - …e considerare lui un povero idiota per finire in quella trappola. Doveva ancora nascere la ragazza in grado di legarlo a sé usando dei simili trucchetti, fargli recitare la parte dello schiavo d’amore, cadere ai suoi piedi. Non era un idiota, conosceva abbastanza le donne per evitarle. Si era lasciato ricadere sul letto voltandosi dall’altra parte. – Non scordarti di chiudere la porta. -. Poteva sentire il rumore dei suoi passi nervosi per la stanza. Aveva voluto a tutti i costi costringerlo a trattarla in quel modo quando sarebbe stato semplicemente più facile andarsene quando le aveva detto di farlo. Forse non era vero che conosceva poi così bene le donne, e dopotutto non ci teneva a capirle, vedeva sua madre…e vedeva i suoi amici, e come si lasciavano abbindolare da un paio di gambe…perfino Potter si era fatto fregare da quella stupida orientale che non aveva aspettato due giorni prima di mettersi a rincorrere un altro pollo…la vedovella inconsolabile…che aveva speso milioni di lacrime per il suo bel Tassorosso scomparso in modo così tragicamente ridicolo…gli veniva quasi il voltastomaco. Non c’erano esseri più falsamente indifesi sulla faccia della terra. Se non ricordava male c’era un popolo che le figlie femmine e i figli storpi o malaticci li buttava giù da una rupe…o forse se l’era solo sognato. Be se ci fosse stato avrebbe goduto di tutta la sua ammirazione, anche se si fosse trattato di Babbani.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** GIRL CHAT ***


Salve a tutti, I’m back. Volevo solo dire che potrebbe esserci un leggero mutamento nel mio modo di scrivere, perché questa storia se no diventerà peggio di quella infinita, forse non si noterà però nel caso…ok, buona lettura.

Era assurdo perché non riusciva ad essere completamente arrabbiata. Non era un problema suo, lei non aveva nulla di cui rimproverarsi, aveva cercato di essere comprensiva, perché lui a suo modo lo era stato, ma lui l’aveva respinta. Non gli doveva più niente. Ragion per cui non si doveva più sentire obbligata nei suoi confronti, poteva tranquillamente tornare a detestarlo senza provare sensi di colpa.

Era stato necessario l’intero tragitto sino al Ministero e quello verso casa, perché Ginny potesse giungere ad una simile risoluzione e sedersi tranquillamente a tavola per cena. Aveva sentito da suo padre che Harry sarebbe arrivato l’indomani, ed Hermione lo avrebbe preceduto nel mattino. Un altro anno ad Hogwarts stava per iniziare, e c’era un vestito per un ballo da ultimare.

Le risate cristalline delle due ragazze si potevano sentire sin da dietro la porta della stanza da letto, era passata l’ora di cena, ed il Signor Weasley, accompagnato da Malocchio Moody, Remus Lupin, Elphias Doge e Bill Weasley, era andato a recuperare Harry dai Dursley. Ron, la Signora Weasley, e i gemelli, al piano di sotto, stavano attendendo l’arrivo della comitiva. Fred e George per ingannare l’attesa si divertivano a torturare il fratellino fra le urla spazientite della donna; Ginny ed Hermione, al piano superiore, erano intente in una chiacchierata da ragazze, per la prima volta durante la giornata si erano riuscite a liberare di Ron, o meglio, la giovane Weasley si era riuscita a liberare di Ron e a monopolizzare l’attenzione dell’amica comune per fargli un dispetto. La maghetta bionda, imbarazzata, non aveva potuto fare a meno di seguire la sorella del suo amico su per le scale, venendo trascinata per un braccio.

La stanza era una tale confusione di vestiti e giornali ma Ginny non sembrava farsi troppi problemi nei confronti della sua ospite, seduta sul proprio letto a gambe incrociate, parlava animatamente dondolandosi avanti e indietro con le mani alle ginocchia; sul letto di fronte, Hermione sorrideva divertita ai racconti della giovane. - …e così alla fine la mamma ha spedito Fred e George dai Signori Liddel per riparare i danni, e senza magia oltretutto. - Le due Grifondoro erano scoppiate a ridere.

Hermione si era passata i capelli dietro un orecchio, c’era una cosa che aveva notato sin da quando aveva messo piede alla Tana ma non sapeva se fosse il caso di chiedere. – Ginny, tua madre ha qualcosa? Si comporta in un modo un po’… - Non trovava le parole. L’amica alzando le sopracciglia le era venuta in soccorso ipotizzando. – Strano? – Hermione si era fatta paonazza. – No, non strano…cioè, voglio dire… - "Strano" suonava brutto, nonché scortese. – No, no, dillo pure…l’ho fatta proprio arrabbiare stavolta… - Aveva accennato col capo. L’espressione ad occhi larghi di Ginny era quasi comica. – No, dai scusa, tua madre difficilmente si arrabbia sul serio, non posso credere…che cosa hai fatto? - La piccola Weasley si era subito agitata in difficoltà, se glielo avesse detto avrebbe dovuto rivelare tutto quello che ci stava dietro, compreso del negozio e di Malfoy, no, no, grazie, meglio di no. Si era stretta nelle spalle. – Ahm…ahm…ma niente di che…una piccolissima alterazione della verità. – Una piccolissima alterazione della verità? Una piccolissima alterazione della verità? Ma come le era venuto in mente, neppure Parcy parlava a quel modo. – Oh. –

- "Oh?" – Si era fatta seria. - Comunque, sai, credo che ci sia dell’altro…anzi lo so per certo…Ron ti avrà detto di Grimmauld Place… -

- Non c’è stato bisogno, sai che sono arrivata con tuo padre, no? Ha insistito per venirmi a prendere, e durante il tragitto mi ha spiegato come stavano le cose. Non potevo credere alla mie orecchie…mi è sembrato così assurdo, voglio dire, l’incanto Fidelius è uno dei più potenti incantesimi che esistono e se l’ha eseguito Silente non è possibile che abbia commesso un errore, perciò mi chiedo come abbiano fatto a scoprire di Grimmauld Place… -

- In effetti, me lo sono chiesta anch’io, è strano…ad ogni modo, la mamma non ha reagito bene alla notizia, ha sempre paura che a qualcuno di noi possa succedere qualcosa…papà ha detto che non dobbiamo nominare niente che riguardi l’Ordine o Voldemort… - Il modo in cui l’amica aveva pronunciato quel nome aveva fatto rabbrividire Hermione. - Ginny! – Ginny si era stretta nelle spalle come fosse cosa di poco conto. - Che c’è? Se voi potete nominarlo, perché non dovrei farlo anch’io… - Colpita e affondata, la giovane era in difficoltà. - Noi non lo nominiamo…noi… -

- Harry lo nomina… -

- Ginny… - Quello era da sempre stato un terreno minato, le dispiaceva che si sentisse un po’ esclusa da loro tre però…forse era più saggio cambiare discorso. – A proposito…che n’è stato con… - Ma che le era saltato in mente? Accidenti a lei e alla sua timidezza, lei e Ginny non erano così in confidenza…forse avrebbe dovuto cercare un argomento di conversazione più neutro. - Dean Thomas? – Era nuovamente intervenuta Ginny, che non appariva farsi di questi scrupoli. – L’ho lasciato. – Aveva detto semplicemente la maga, tirando le mani indietro per appoggiarvi il peso e inclinando la schiena. Hermione era rimasta perplessa e l’aveva guardata ad occhi sgranati. Certo, non era compito suo giudicare il comportamento dell’amica, non sapeva neppure come stavano le cose, tuttavia, magari, la sorellina di Ron stava un po’ esagerando nel darsi alla "vita di coppia". – Oh, oh, aaah… - La giovane Weasley aveva fissato la compagna di stanza come se non capisse proprio il suo comportamento. Perché la cosa la sconvolgeva tanto? A lei appariva perfettamente normale, invece. – Ginny, non per farmi gli affari tuoi ma…posso chiederti il motivo? -

La rossa si era grattata leggermente il naso. – Ho scoperto che aveva un’altra… - Hermione aveva spalancato gli occhi. - …altre due a dire il vero… - E lo diceva pure con tanta indifferenza… - Ti ho scioccato? – La ragazza si era affrettata a replicare agitando nervosamente le mani- No, no, figurati, perché ti sono sembrata scioccata? – Non poteva credere che Dean Thomas, quel Dean Thomas… - E come hai fatto a scoprirlo? – Ginny aveva avuto l’impressione che l’amica del fratello ci stesse prendendo gusto, non che le desse fastidio parlare di quelle cose, ci mancherebbe…solo era un po’ scortese da parte sua visto che dei fatti suoi ultimamente non le diceva mai nulla o quasi… - L’ho beccato durante il viaggio di ritorno, era chiuso in un vagone con una Tassorosso del secondo anno a scambiarsi i fluidi corporali, patetico…e poi ho scoperto che aveva già la ragazza a casa…la stessa tipa in questione mi ha spedito un Gufo… - Hermione Granger era allibita, scioccata, perplessa, e terribilmente incuriosita. – E non ha provato a giustificarsi? – La maga Si era messa a ridere. – Eccome, ma da quello che ho capito…io sarei dovuta essere una specie di ragazza ufficiale ad Hogwarts, quella con cui uscire e tutto il resto, la piccola Tassorosso una specie di amica con cui sbaciucchiarsi negli angoli bui, e la Miss la-sua-ragazza-sono-io, quella che ha a casa e con cui passa le feste, conosciuta dalla famiglia e tutto il resto, nonché quella che non si fa troppi problemi a… - E qui vedendo lo sconcerto di Hermione aveva lasciato cadere la frase. Ma dov’era la piccola Ginny a cui si inceppava la lingua se qualcuno le rivolgeva la parola? - Ma tu-tu…non avrai…voglio dire… - L’espressione di Ginny era diventata un grandissimo punto interrogativo. – Cosa? –

- Ecco, sì insomma…lo sai, no? -

- Spedito un Gufo a Dean? -

- Un Gufo? – Che cosa c’entravano i Gufi adesso? Chi diavolo era questa persona dall’inquietante doppia personalità…passava dal parlare come una che conosceva già i fatti della vita, allo sconfinare in un’ingenuità e innocenza quasi imbarazzante. Sospirando e spostando lo sguardo la maga aveva notato un volantino ai piedi del letto. Ginny era rimasta ad osservare l’amica che si chinava a terra per raccogliere una pergamena spiegazzata. – Ginny? Che cos’è L’emporio del sogno?…oggetti preziosi su misura? -

- Mh? – Si era spostata in modo da lasciar cadere le gambe dal letto – Oh, quello…- e si era messa a farle ondeggiare avanti e indietro. – Non è nulla…mi è arrivato con la posta di oggi, credo che sia l’invito all’inaugurazione di quel negozio. - Aveva fatto segno col dito. - Dietro dovrebbe esserci un buono sconto o qualcosa del genere. – Hermione aveva girato il foglio dalla parte opposta. – Dice che i primi clienti avranno diritto ad uno sconto del 80% su tutta la merce esposta… - Era piuttosto scettica al riguardo. - …certo, come no…ah, infatti, aggiunge che ci sarà solo un oggetto giusto per ognuno…ma che significa? – Ginny si era messa un attimo a pensare, anche se non le interessava più di tanto. – Ah, sì ora ricordo…in pratica se leggi fino in fondo dice che in quel posto troverai proprio l’oggetto che fa per te, una sorta di vendita personalizzata, l’oggetto che ti è destinato non potrà essere venduto a nessun altro… - Si era stretta nelle spalle. – Se vuoi domani quando andiamo a Diagon Alley ci facciamo un salto. -

- Perché no, potrebbe essere interessante…voglio proprio vedere fino a che punto sono in grado di truffare le persone. -

- Allora è deciso. -

Grazie a _Kristel_, Miky, _Eleanor_, Neris e Blackmoony, e a tutti gli altri che hanno la pazienza di continuare a leggere questa fic.

Un bacione Max

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** AT LAST... ***


L’oscurità era calata sul numero 4 di Privet Drive; le luci della grande casa erano spente e oltre ai rumori della notte, alle poche macchine di passaggio, e al miagolio di qualche gatto in lontananza, nessun suono sembrava giungere dalle lunghe strade deserte del quartiere. La famiglia Dursley non stava mai alzata sino a tardi, se non a causa delle cene intavolate dal Signor Dursley per i pochi parenti o i clienti della sua ditta di trapani, quella sera, non essendoci stati ospiti, alle ore dieci in punto l’abitazione era piombata nel silenzio più completo. Harry stava dormendo nella sua stanza, dopo aver trascorso l’ennesima e infinita giornata a domandarsi che fine avessero fatto tutti quanti, era crollato esausto sul letto addormentandosi quasi subito. Il fastidioso russare dello zio Vernon giungeva dalla stanza accanto.

Alcune figure avevano sostato davanti all’abitazione attendendo qualcosa.

- Che stiamo aspettando? – La voce piuttosto confusa di Bill Weasley, aveva rotto l’insopportabile silenzio.

Malocchio Moddy si era rivolto spazientito all’uomo che aveva accanto. - Fammi indovinare Remus, qualcuno si è dimenticato di dire a Harry che saremmo venuti a prenderlo…- Lupin in tutta risposta si era stretto nelle spalle tenendo le mani in tasca. – Non era compito mio, mi è stato tolto l’incarico di sorvegliare Harry se non sbaglio. – L’occhio magico dell’uomo si era incastrato a causa dell’irritazione. Il Signor Wesley si era messo in mezzo. – Ora basta voi due, è chiaro che ci siamo scordati di avvertirlo, ora è necessario trovare un modo per farci notare senza allarmare i Babbani. Qualche suggerimento? –

- Perché non lo chiedi alla nuova versione di Remus Lupin in puro stile Black. – Aveva sbottato l’uomo. – Avrete altri momenti per pensare alle questioni personali, ora dobbiamo occuparci di Harry… -

Pic.

Pic.

Pic.

Harry era stato svegliato da alcuni colpi distanziati alla finestra, era come se qualcuno stesse lanciando dei sassi contro il vetro. No, correzione, qualcuno stava lanciando dei sassi contro il vetro. Inforcando gli occhiali e scivolando giù dal letto il giovane mago si era diretto verso la finestra chiusa. Fuori era buio non si riusciva a vedere bene, tuttavia sembrava che ci fossero alcune figure appostate sotto casa sua. Per riflesso si era portato una mano alla cicatrice, non stava bruciando…sì, e poi se fossero stati Dissennatori o Mangiamorte sicuramente si sarebbero messi a lanciare sassi alla sua finestra…nel primo caso lo avrebbe sentito, e nel secondo non si sarebbero certo presi la briga di segnalare la propria presenza. Questo poteva significare solo una cosa…erano venuti a prenderlo.

Non era stato difficile sgattaiolare fuori della finestra con la scopa, il baule fatto lievitare dietro ad essa e la gabbia di Edvige; nessuno degli abitanti della casa sembrava essersi reso conto di nulla.

- Ciao Harry. – Atterrato senza problemi sull’erba tagliata di fresco il giovane mago si era trovato di fronte Bill Weasley. – Bill… - Di tutte le persone che sarebbero potute andarlo a prendere, Bill Weasley, era fra le ultime che avrebbe messo in elenco. Non che la cosa fosse strana, ad essere sincero era convinto che quella dei sassi fosse stata un idea di Tonks, ma ripensandoci avrebbe dovuto capire subito che lo stile era tutto alla Weasley.

- Andiamo… - Il fratello di Ron aveva posato una mano sulla spalla di Harry indicandogli con la testa gli uomini a pochi passi di distanza. - Allora tutto bene? - Scuotendosi dai propri pensieri il ragazzo aveva risposto un po’ in difficoltà, chiedendosi se il mago stesse riferendosi al suo stato di salute, o alla morte di Sirius. - S-si credo di sì, grazie. -

- Oh, ecco Potter. Potter finalmente ci si rivede. – Malocchio occupato a controllare che il suo occhio magico fosse in ordine aveva rivolto appena lo sguardo al giovane. Harry era rimasto leggermente schifato da quella vista, no, non si sarebbe mai abituato. – Salve. – Si era sforzato di rispondere educatamente, anche se a dirla tutta era piuttosto risentito dal modo in cui era stato trattato, o meglio, ignorato durante gli ultimi mesi. - Harry. - Era stato impreparato a ritrovarsi davanti la freddezza con la quale il Professor Lupin si era rivolto a lui. Non riusciva a capire il perché di quello sguardo gelido. Probabilmente si stava sbagliando, ma gli era sembrato che qualcosa nell’uomo fosse cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto e non aveva potuto fare a meno di rispondergli con una certa esitazione, come se si fosse trovato di fronte ad una persona che gli era presentata per la prima volta. – Professor Lupin. -

- Oh, molto bene Harry, forza andiamo Molly e i ragazzi ci stanno aspettando. -

- Harry... - Elphias Doge aveva salutato togliendosi il cappello. – Buonasera…ehm stiamo andando a Grimmauld Place giusto? – Gli uomini si erano scambiati uno sguardo d’intesa. – Non è il momento ragazzo, a dopo le spiegazioni… - Moody era intervenuto per porre fine alla questione ma il Signor Weasley l’aveva interrotto. - Un momento Malocchio, credo che prima sia meglio parlare con Harry. – Il vecchio Auror aveva fatto un gesto spazientito. – E va bene ma sbrighiamoci, non è sicuro starsene qui in giro… - Lupin si era limitato a voltare le spalle dall’altra parte, mentre Arthur faceva segno al ragazzo di seguirlo. – Seguimi Harry… - Ma che stava accadendo? Che cos’erano tutti questi misteri, non lo stavano portando alla sede dell’Ordine? Harry, confuso, aveva seguito il padre di Ron distanziarsi di qualche passo dal resto del gruppo. – Harry ascoltami, non ci saranno davvero molte altre occasioni per parlare. Non stiamo andando a Grimmauld Place ma alla Tana. – Il ragazzo aveva fatto per replicare ma il Signor Weasley non gliene aveva dato il tempo. – No. Lasciami finire. Abbiamo fatto in modo che sia un luogo sicuro e Remus si tratterrà da noi fino che ritornerete ad Hogwarts… -

- Il Professor Lupin? – Harry non stava seguendo il ragionamento dell’uomo, aveva sporto la testa per vedere al di là dalle spalle del mago quello che stava facendo Remus Lupin; ma questo era ancora voltato di schiena.

- Harry… - Il giovane era tornato a dare la sua attenzione al Signor Weasley. - …purtroppo la vecchia sede dell’Ordine è andata. Tredici dei nostri migliori uomini sono morti. -

- Che cosa? – Non era possibile, la casa di Sirius era inattaccabile. Nessuno dei Mangiamorte poteva sapere dove si trovasse la sede dell’Ordine. – Già, sfortunatamente non è tutto… - L’uomo aveva ripreso a parlare con voce mesta. – Remus e Tonks sono stati attaccati mentre erano intenti a sorvegliarti. –

- "Tonks…" – Ecco perché non era venuta…no non Tonks. Un momento… - "…sorvegliarlo? " Sorvegliarmi! - Il giovane aveva urlato contro il mago. Non poteva credere alle sue orecchie. - Tonks adesso si trova ricoverata al S. Mungo, la prognosi è riservata…mi dispiace tanto Harry. – Harry aveva scosso il capo, non ce la faceva neppure a parlare talmente era confuso, arrabbiato, e incredulo. – No, ascolta, so che potrà sembrarti irragionevole ma fintantoché starai da noi non dovrai nominare Grimmauld Place o L’Ordine, per nessuna ragione…l’ho detto anche ad Hermione ed ai ragazzi. Molly è sconvolta, e non la si può biasimare. Harry, se ti dico questo non è perché voglio tenerti all’oscuro di qualcosa, ma perché ti ritengo abbastanza maturo da comprendere che non è quello né il momento né il luogo…verrà l’ora. È importante ragazzo. So quanto deve essere difficile per te, e che le mie parole potranno non servirti a niente, ma devi essere forte e avere fiducia nell’Ordine e in Silente. Lo sai che la nostra casa per te è sempre aperta. – Non vi era stata riposta, solo uno sguardo vuoto. – Forza andiamo, è pericoloso esitare oltre. -

Ed eccoci arrivati alla fine di un altro penoso capitolo ^_- …ma prima o poi arriveranno ad Hogwarts…suvvia vi devo chiedere di pazientare ancora un po’. Un megagrazie come sempre a tutti quanti per la comprensione. Grazie a Heavy, _Kristel_ e phi phi. Un bacione.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=7113