Nirvana

di N3trosis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Passi nella neve ***
Capitolo 3: *** La sacca per cadaveri ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Dedicato alla mia preferita, unica luce quando tutto si fa buio.
Dedicato anche ad Abe, che con il suo russare non può che ispirarmi.

 





- Aspetta Jimi... -

La voce, appena incerta, arriva tremolante dai vecchi autoparlanti del computer davanti al giovane programmatore.
L'uomo inarcò affettuosamente le sopracciglia, guardando la figura al di là dello schermo. La sua
preoccupazione davanti all'ignoto della morte è palese. Lui, che non era nemmeno vivo, si
comportava come un perfetto essere umano.
- ...ma dopo... dopo cosa succede? Quando mi cancelli... cosa divento?- chiede ancora il personaggio,
lui che era nato solo come il protagonista di un videogioco, ora diventato terribilmente umano.

Stava li, il povero Solo, seduto sopra degli scatoloni dentro un grosso magazzino. Quello che era il
suo mondo non era altro che un gioco, e lui sarebbe stato costretto a riviverlo in eterno, conscio di
come tutto questo fosse finto. Per questo aveva implorato Jimi, il programmatore che aveva
inventato il suo mondo, di cancellarlo. Meglio l'oblio che una vita così.

Ma Jimi non poteva rispondere a una domanda del genere, non senza domandarsi a sua volta
cosa sarebbe successo dopo la sua morte... cosa che sarebbe avvenuta molto presto.
La squallida camera d'albergo che aveva prenotato assieme a Joystick e Naima, poche ore prima,
ricambiava il suo sguardo attonito. La piccola finestrella sbarrata dava su uno dei tanti vicoli di bombay city,
con i suoi cacciatori d'organi e spacciatori di emozioni. Già gli pareva di sentire le sirene dei blindati della

Okosama Star , che venivano a prenderlo.

Solo allora si accorse che fuori aveva iniziato a nevicare.
Si ricordò la sensazione di assoluta libertà che aveva provato a sorvolare la rete, a fare “l'angelo”, l'hacker,
e penetrare nei file della
Okosama Star per poter finalmente cancellare ogni traccia di Nirvana, il videogioco
dove era ambientata la vita di Solo.

-Diventi come un fiocco di neve che non cade da nessuna parte- rispose Jimi, sempre affettuosamente. Solo,
dall'altra parte dello schermo, sorrise debolmente, come se non fosse pienamente soddisfatto della conclusione dell'amico.
L'unico che abbia mai avuto, l'unica persona vera che abbia mai potuto conoscere.

Il bussare alla porta della camera riscosse i due da quel prolungato addio. Finalmente erano arrivati.

-Jimi-san... sappiamo che è li-

Una ormai ben nota voce dall'accento fortemente orientale fece scomparire il sorriso dal volto dell'uomo,
la cui mano andò velocemente al calcio della pistola. Sapeva benissimo cosa sarebbe successo, lo sapeva
da quando aveva fatto scappare via
Joystick e Naima dalla camera d'albergo, dopo aver rubato i soldi della società giapponese.
Sarebbe scappato anche lui... ma non era li per i soldi. Lui voleva liberare Solo dalla sua prigione virtuale, prigione dove lui lo aveva messo.

-... mi ascolti.. lei chi ha fatto del male.. chi ha feriti. Ma noi possiamo dimenticare. Ricominciare da capo!- La voce del sicario della
Okosama Star suonava molto convincente, anche se l'effetto persuasivo sarebbe stato più alto se le sue parole non fossero state seguite
da almeno cinque pistole alla quale veniva rimossa la sicura. Lo scatto secco delle leve che sbloccavano i grilletti risuonò come una campana
nella notte silenziosa. Istintivamente, Jimi puntò la pistola alla porta, mentre con l'altra mano muoveva il cursore sulla voce “delete” di Nirvana.

Solo gli rivolse un ultima occhiata, felice e triste allo stesso tempo. -Abbiamo vinto noi Jimi?-

L'uomo si voltò un ultima volta a guardare l'amico per il quale aveva rinunciato a tutto. - Si. Abbiamo vinto noi - rispose il giovane programmatore,
cliccando sul mouse. La figura di Solo si scompose in infiniti trattini bianchi mentre lo sfondo si scuriva. Quando divenne solo un ammasso di linee statiche,
il groviglio si accartocciò su se stesso, scomparendo dentro l'icona di un cestino.

Era fatta, ora era davvero libero.

-Sto entrando, Jimi-san...- insistette la voce al di la della porta, mentre la maniglia d'ottone si piegava lentamente dietro
i modi cauti del sicario.
Jimi non ci pensò oltre, puntò la pistola verso la porta e fece fuoco.

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Capitolo 2
*** Passi nella neve ***


La neve, che prima cadeva timidamente sulle strade dell'Agglomerato, ora copriva impetuosa col suo
manto le strade della tentacolare città, spingendo i suoi abitante a fuggire come tanti ratti nei cunicoli più profondi.
Naima e Joystick uscirono da uno di questi cunicoli, cercando di dare meno dell'occhio possibile.
I due si diressero a passo svelto al furgone casa della ragazza, che li attendeva a poche decine
di metri in un parcheggio nei pressi delle sopraelevate, le gigantesche autostrade che sovrastavano
con i loro tentacoli tutto l'Agglomerato.

-Ma porca di quella...- imprecò Joystick, inciampando per l'ennesima volta.

Joystick era quello che nel gergo dell'Agglomerato veniva chiamato “angelo”, un hacker di altissimo livello
che si collegava direttamente alla rete attraverso il proprio cervello per poter rubare informazioni, forzare
conti e sbloccare chip di credito. Venivano chiamati angeli proprio perchè volavano dentro la rete.

-Dai reggiti testone... siamo quasi arrivati.- mormorò Naima, cercando di tenerlo più saldo possibile a se.

Era una vita pericolosa quella dell'angelo. Una volta, se ti beccavano a volare, ti davano una multa che te la
ricordavi per tutta la vita. Ora semplicemente ti friggevano il cervello.
Questo stava capitando a Joystick, durante il suo ultimo volo. Se non fosse stato così veloce da scollegarsi
dalla rete, non avrebbe perso solo gli occhi, ma il suo cervello sarebbe stato fatto a pezzi da qualche programma anti virus.
Promise a se stesso che non avrebbe volato mai più volato in vita sua, anche dopo che le protesi, due microtelecamere
in bianco e nero collegate al cervello al posto degli occhi, gli avevano permesso di riprendere a vedere più o meno normalmente, non aveva più volato.
L'unico ad essere riuscito a fargli cambiare idea era stato Jimi, con questa pazza idea che gli aveva
appena fruttato qualche miliardo di crediti., con i quali, finalmente, avrebbe potuto comprarsi delle telecamere nuove, magari a colori.
Entrare nei server della Okosama Star! La grande impresa, il grande traguardo.
E una volta dentro, depredare un intero conto di crediti in nero, non denunciabili.

Avevano fatto due grandi versamenti sui conti segreti Joystick e Naima, senza esagerare per non dare dell'occhio.
Avevano mandato grosse fette della torta a amici, parenti, creditori... e quello che era rimasto alla fine lo avevano distribuito
(con grande disappunto del hacker) a tutto l'agglomerato.

come polvere nel vento” aveva detto Jimi.

La cosa che lo aveva stupito di più all'inizio era che Jimi stesso non volesse nulla di quei soldi.
Si vedeva subito che non era dei bassifondi, e come programmatore doveva sicuramente avere un bel gruzzoletto da qualche parte.
Lo faceva per cancellare un gioco, una sua creazione, dai server privati della multinazionale.
Il perchè, lo avrebbero capito in seguito.
Inizialmente gli era sembrato solo pazzo, e aveva accettato di aiutarlo solo per poterlo far pagare a ogni angolo,
ogni volta che si presentava un creditore, con la scusa delle “spese” del suo servizio.

Volare per un pazzo... che gran battuta.

Poi aveva capito che Jimi credeva davvero in quello che voleva fare, e sopratutto che quei soldi c'erano davvero.
Per lui avrebbe anche potuto riprendere a volare... per lui e per quel suo amico dall'altra parte dello schermo.
Come aveva detto che si chiama?

Quando in fine erano iniziati i guai, quando i sicari della Okosma si erano fatti vedere, l'idea di poter sganciare
Jimi era diventata semplicemente improponibile. Gli rimase accanto, aiutandolo come poteva.
Per quello svitato era davvero disposto a un ultimo volo nella rete, e non solo per i benefici economici che derivavano
da questo volo, come in realtà continuava a voler far credere.
Non aveva previsto però che uno dei sicari riuscisse a colpirlo così forte da rompergli le protesi che aveva al posto degli
occhi, nascoste perennemente sotto spessi occhiali da sole.
Joystick si era così ritrovato cieco, e a volare era toccato a Jimi.

-Coraggio, tirati su... siamo quasi al furgone- mormorò la voce della ragazza, alla quale si teneva per non perdersi nella
strada innevata. Da quando le tenebre erano calate sulla sua vista, un senso perenne di angoscia era rimasto costantemente con lui.
Ma era davvero per la vista... o era per il fatto di aver lasciato Jimi indietro?
Eppure non avevano scelta: li avevano rintracciati. Potevano ancora uscirne puliti: lasciare immediatamente la camera e
intascare comunque i soldi. Ma lui no, lui volle restare per poter cancellare quel suo gioco. Aveva dato la sua parola, diceva.

-Maledetto deficiente...- mormorò l'uomo, arrancando verso il parcheggio mentre furtivamente una lacrima gli scivolava lungo
la guancia, cristallizzandosi per il freddo.

Finalmente, i due raggiunsero il furgone che fungeva da quartier generale di Naima. Una volta richiuse le due pesanti porte di
sicurezza, la ragazza scivolò verso uno dei tanti monitor fissati alla carrozzeria del veicolo.
Nel silenzio della notte rieccheggiò la voce metallica del computer che scandiva le parole
“Naima is on-line!”
-Controlla come sta Jimi!- esclamò subito l'haker, cercando di mettersi seduto su piccolo divano davanti ai monitor.
Udiva perfettamente il suono dei tasti premuti alla velocità della luce dalle dita della ragazza, ma non poteva vedere
quello che il monitor proiettava... e forse questa fu una fortuna.

La ragazza trattenne il fiato mentre vedeva con gli occhi di una telecamera di sorvegliaza nei pressi del motel
dal quale erano appena scappati. Mezza dozzina di uomini vestiti da pinguini con tanto di cannoni alla mano
stavano trasportando un corpo su un furgone senza insegne, dal quale scesero altri due uomini, questi vestiti con un
lungo camice bianco
che si diressero dentro il palazzo.
-Eddai Namì! Dimmi che vedi!- la esortò il cieco, gesticolando a vuoto con le mani. La ragazza trattenne il fiato.
C'era la possibilità che non lo avessero ucciso, che fosse solo stordito. C'era la possibilità che potesse riprendersi.
La ragazza si illudeva, e lo sapeva perfettamente, ma sapeva anche che finché i due tizi in camice non
fossero tornati sul furgone, questo non sarebbe ripartito.
Joystick potè solo sentire le porte del furgone aprirsi di nuovo e richiudersi, bloccandosi nuovamente.

-Naì? No Naì non fare stronzate eh? Naima?Dove cazzo sei Naima?!?-
Joystick rimase solo su quel furgone, cieco e incapace di scendere,
mentre la ragazza ricalcava le sue orme tornando al motel, pregando di fare in tempo.

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Capitolo 3
*** La sacca per cadaveri ***


Erano da poco passate le quattro, e il piccolo sole artificiale che stazionava sopra l'agglomerato
iniziava a scaldare i propri sistemi per potersi sostituire alle luci artificiali che illuminavano di notte le vie della grande città.
Erano ormai anni che il cielo era oscurato dalla Coltre, una distesa infinita di nubi nere come il petrolio
che avvolgevano quasi per intero il pianeta. I piccoli soli artificiali erano l'unica soluzione a una notte eterna,
e solo le grandi città come gli agglomerati potevano permettere uno.
Il sole artificiale doveva simulare la luce diurna, di notte bastavano le luci artificiali di lampioni e insegne.

Vi era però un lasso di tempo di circa un ora in cui un innaturale oscurità calava su tutta la città.
Le luci notturne della città si spegnevano tutte all'unisono per lasciare il posto al piccolo sole, che però
aveva bisogno di almeno un ora per potersi avviare. Un piccolo, banale errore di progettazione che nessuno
si era mai preoccupato di sistemare.

Era in questa totale oscurità che Naima si aggirava nei cunicoli della città, cercando di tornare allo squallido
albergo dal quale era scappata appena due ore prima.
Erano stati rintracciati mentre "volavano" dentro le subrettine private della Okosam Star, una delle più grandi
multinazionali nel campo dell'intrattenimento. In un mondo dove il cielo era nero e il futuro era tutt'altro che
sicuro, il campo dell'intrattenimento, del controllo delle masse, era improvvisamente abbastanza importante
per far diventare spietati i maggiori azionisti di tutto il mondo.
Quella gente non andava molto per il sottile.
Lei e Joystick erano andati via appena avevano avuto i soldi sui loro conti, lasciando Jimi a completare l'opera.
Non era stata una decisione dettata solo dall'egoismo, ma anche dal buon senso. Joystick era praticamente cieco
e non sarebbero riusciti a fare una fuga troppo movimentata. Avevano bisogno di più tempo.
E ora lo avevano preso.
Mentre Naima arrancava nel buio più totale continuava a ripetersi che il programmatore era ancora vivo, e che
l'agenzia non lo avrebbe ammazzato prima di aver ottenuto quello che voleva.
La nuova novità nel campo delle difese informatiche era l'utilizzare il cervello degli angeli catturati per analizzarne
gli schemi di pensiero. Capire come aggirava un angelo era il modo migliore per proteggerai dai futuri attacchi.

Ma Jimi non era un angelo, l'unico motivo per cui aveva "volato" lui era perché Joistick era diventato cieco...
Sperare che fosse ancora vivo era , appunto, solo una speranza.
Naima scavalcò la recinzione dell'albergo, scivolando protetta dall'oscurità nei pressi dell'entrata in lamiera
del palazzo che fungeva da albergo.
Il furgone della multinazionale era ancora li, a fari spenti. I vetri oscurati impedivano di capire chi vi fosse dentro,
ma sicuramente almeno un sicario, pronto a mettere in moto, c'era.
E se Jimi era vivo, una altra guardia a sorvegliarlo sul retro.

La ragazza si fermò un attimo, prendendo fiato. Il suo piano si fermava alla parte dove raggiungeva il furgone, ma
la parte dove eludeva la sorveglianza e trascinava in salvo il suo amico non la aveva ancora progettata.
Aveva tempo: il veicolo non avrebbe potuto guidare nell'ora di buio, e sopratutto i due tizi in bianco non sarebbero
tornati subito. Li aveva riconosciuti subito: erano due angeli caduti.
Succedeva sempre più spesso: gli angeli mollavano la vita di hacker e si facevano assumere come consulenti
dalle stesse multinazionali che rapinavano
Venduti.

Il motivo della loro presenza era palese: capire cosa stavano facendo nella rete della Okosama e sopratutto
cancellare le prove di quel conto in nero che avevano prosciugato.
Anche se aveva tempo, questo non toglieva che doveva muoversi, guardie o meno.
Si era già trovata a muoversi nell'oscurità, ma mai in situazioni come queste. Solitamente scappava da gente
come quella, non gli andava certo in contro.
- Vedi di essere ancora vivo, stupidone... mi devi ancora una scopata... - sussurrò la ragazza, prima di prendere
il coraggio a due mani e avvicinarsi al furgone. Dall'entrata della bettola non arrivava nessuno, e contrariamente
a quanto aveva creduto, il retro del furgone era appena socchiuso. Cercando in tutti i modi di non entrare nel campo
visivo del possibile guidatore, Naima sgusciò dietro il veicolo aprendo lentamente le porte.
L'interno del furgone era completamente spoglio di qualsiasi cosa, nessun monitor, console o accesso alla rete.
In un mondo dove è necessario connettersi alla rete anche per usare i bagni pubblici, questo era molto, molto strano.
La buona notizia era che non sembrava esserci nessuna guardia all'interno. La cattiva era che quello che aveva
visto attraverso la telecamera era proprio quello che sembrava: una sacca per cadaveri.

Naima trattenne un singhiozzo e, con la mano che gli tremava, andò alla cerniera, aprendo la prima parte del sacco.
Quando ebbe il coraggio di guardare, la disperazione lasciò posto sul volto della ragazza alla sorpresa.
-E tu chi cazzo sei?- domandò la ragazza al corpo dello sconosciuto, con gli occhi sgranati.

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