Il Cronide

di piccolalettrice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** introduzione ***
Capitolo 2: *** da quando i nuovi arrivati fanno i cow-boy?! ***
Capitolo 3: *** come partecipare ai provini per l'esorcista 2 ***
Capitolo 4: *** centauri e tempismo non vanno d'accordo ***
Capitolo 5: *** nemmeno fosse S. Valentino ***
Capitolo 6: *** salvata in extremis dall'idea di un cavallo ***
Capitolo 7: *** quando la voglia di uccidere chiama non può essere ignorata ***
Capitolo 8: *** con la pioggia è iniziata e con la pioggia è finita ***
Capitolo 9: *** le streghe giganti non sono poi tanto male e i tizi pallidi lo sono sempre di più ***
Capitolo 10: *** un vecchio amico ritorna e un'altra torna in sè ***
Capitolo 11: *** Annabeth da fondo al suo arsenale di strategie ***
Capitolo 12: *** come prendere il diploma in psicologia ***
Capitolo 13: *** ormai ci vado a spasso con la morte ***
Capitolo 14: *** la mia spalla è ottima per piangere ***
Capitolo 15: *** come deprimere un gruppo di semidei ***
Capitolo 16: *** dalle stelle... ai cassonetti ***
Capitolo 17: *** Luke si da alla fioricoltura ***
Capitolo 18: *** quando si dice piccolo inconveniente ***
Capitolo 19: *** nessuno sfugge alle grinfie della morte ***
Capitolo 20: *** anime caprine a L.A. ***
Capitolo 21: *** frullato di emozioni ***
Capitolo 22: *** insoliti sacrifici ad un insolito dio ***
Capitolo 23: *** ecco a cosa possono portare le parole sbagliate ***
Capitolo 24: *** Afrodite ci cova ***
Capitolo 25: *** è la fine di un eroe? ***
Capitolo 26: *** ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** introduzione ***


INTRODUZIONE DA PARTE DELL’ AUTRICE:
ciao a tutti...
eccomi qui con la seconda storia della serie...
quindi se la citazione vi ha incuriosito (ma non credo che l’abbia fatto perché fa un po’ vomitare) e non avete ancora letto la prima storia vi consiglio di farlo... e fatemi sapere anche cosa ne pensate, io rispondo sempre, anche se ho già finito di scrivere la vecchia storia e anche se ci fossero recensioni negative.
Detto questo saluto tutti quelli che so che stanno leggendo (o che sono direttamente passati al primo capitolo).
Adesso un paio di cose sulla trama...
N° 1- il misterioso fagotto... non apparirà la spiegazione nei primi capitoli, ma sappiate che è di vitale importanza per la storia e che forse qualcuno può avere intuito di che si tratta.
N°2- Clarisse che era diventata spia non intenzionalmente... vedrete come il bisogno di una cosa che la nostra figlia di Ares non ha abbia avuto la meglio sulle raccomandazioni di Chirone.
N°3- in questa fic ho messo dentro una cosa a cui pensavo da un po’... è un’idea decisamente impraticabile, lo so, e non è mai stata nemmeno immaginata, ne sono certa, ma mi intrigava troppo e ho scritto.
N°4- fan dei Percabeth... devo complicare un po’ la situazione. Mi dispiace dirvi che la situazione tra Percy e Annabeth va movimentata... non so come ma non saranno tutte rose e fiori per quei due (non lanciatemi verdure marce, lo sapete che amo quella coppietta, ma se la lascio così diventerà noiosa...)
N°5- ho imparato ad apprezzare Talia, e non me la prenderò con lei, come ho fatto nell’altra fic.
N°6- di solito tendo ad ignorare quello che dico nelle introduzioni, quindi può darsi che cambierò alcune cose nel corso della storia.
Wow, sono già ad una pagina, vi lascio leggere prima che diventiate troppo vecchi per farlo.
Buona lettura
piccolalettrice 

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Capitolo 2
*** da quando i nuovi arrivati fanno i cow-boy?! ***


SPAZIO AUTRICE:
eccomi qui con il primo cappy, scusate il ritardo, ma la chiavetta mi ha abbandonato e la connessione alla rete di casa era debole...
comunque ecco qui... non è niente di che... avrei voluto scriverlo meglio ma sinceramente la mia mente malata ha prodotto questo...D:
spero che vi piaccia comunque.
 Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate
piccolalettrice
 
1-Da quando i nuovi arrivati fanno i cow-boy?!
 
Intorno  a me il buio più totale. Non vedevo niente, c’era solo il respiro affannoso di...qualcosa... che si muoveva per la stanza, sussurrando parole arcane, più vecchie del greco, ed incomprensibili.
Per gli dei, mi sembrava di essere finito in un film horror; stavo per farmela addosso.
“credo che così possa bastare” sussurrò la voce, tornando, a tratti, comprensibile.
Poi si avvicinò ad un ombra che fino a pochi secondi prima non c’era e sembrò quasi che le stesse alitando in faccia.
“sei pronto, ora”
Sentii un rumore metallico, una luce nell’oscurità, l’ombra viene illuminata... un ragazzo pallido, dai capelli neri e gli occhi del medesimo colore...ma in qualche modo vuoti. Il suo viso viene investito da un fascio di luce... che proviene da una... falce?
Fece passare lo sguardo per la stanza, poi il suo sguardo si fermò in un punto indefinito sopra la mia spalla, allora si inginocchiò.
Io mi girai lentamente per vedere di cosa si trattasse, anche se già lo sapevo bene.
Visi solo le tenebre più scure, sembravano trasparire di una strana forza, antica e terribile. Avanzavano inesorabilmente verso di me.
Urlai.
 
“Percy! Percy!” aprii gli occhi, trovandomi davanti Grover.
“oh, miei dei, miei dei!”
“che è successo... un attacco di epilessia?”
Era solo un sogno, per fortuna era solo un sogno.
“Percy?” chiese il mio migliore amico allarmato.
“io... tutto bene... è stato solo... un incubo, credo”
“mi hai fatto prendere un colpo, ti rigiravi come se fossi posseduto e non riuscivo a svegliarti...”
“ma tu che ci fai qui?” chiesi notando che i riccioli erano talmente spettinati che le corna non si vedevano neppure.
“oh, ero venuto a svegliarti... Annabeth vuole che vi alleniate per la corsa... di nuovo”
“ma se è oggi!”
“è quello che le ho detto anch’io”
Sospirai, avevo nella mente ancora impresso quel sogno... era stato terribile.
“si, mi vesto e arrivo”
Lui uscì dalla mia capanna girandosi di tanto in tanto a guardarmi.
Forse avevo mangiato troppa pizza ieri sera.
Infilai un paio di jeans e la maglietta del campo, poi indossai l’armatura... con Annabeth era sempre meglio essere preparati.
E ripensando a quell’incubo idiota che avevo fatto proprio prima di una gara uscii, fuori il cielo era ancora semi-buio.
Trovai Grover e Annabeth, quest’ultima carica di armi di vario genere.
“cos’è tutta quella roba?”
“ma buon giorno anche a te, Testa d’Alghe... siamo di buon umore!”
“lasciamo perdere” dissi stropicciandomi gli occhi e sbadigliando.
“comunque è tutta roba per la biga... dobbiamo prepararla e poi alcuni figli di Efesto hanno messo dei trabocchetti alla pista, dobbiamo capire dove sono ed evitarli”
Alzai gli occhi al cielo e sbadigliando di nuovo.
“non fare quella faccia, Testa d’Alghe... se gareggiano anche Talia e Luke, la fortuna da sola non ci basterà”
Feci per ribattere ma lei mi fermò :” e non iniziare con la storia mio-padre-ha-inventato-i-cavalli-e-tua-madre-il-cocchio... ci serve allenamento!”
“e va bene!” dissi rassegnato aiutandola con i giavellotti e portandoli verso l’arena.
Grover si congedò con una scusa... assistere agli allenamenti miei e di Annabeth voleva dire che alla fine ti ritrovavi su una biga a fare “L’Ipotetico Avversario”, in pratica il più delle volte finivi con il sedere, caprino o meno, a pulire la pista.
Annabeth continuava a blaterare sulle ultime modifiche da apportare alla nostra biga, troppo concentrata per capire che non la stavo ascoltando.
Passammo davanti al pino, dov’era appeso il vello e dove Cerbero... si proprio Cerbero, il cane a tre teste dell’Ade e grande amico di Annabeth... gli faceva da guardia.
L’avevano messo lì per controllare che nessuno cercasse di rubarlo perché, povero cucciolo, Ade non lo faceva mai giocare e a noi serviva un guardiano.
Appena vide Annabeth iniziò a scodinzolare, ma lei era irremovibile e tirò dritto facendogli un cenno con la mano. Io però mi fermai.
In lontananza vedevo un puntino scuro che si avvicinava sempre di più.
“Percy?”
“che diamine...?” mi avvicinai al confine, Cerbero si mise a scodinzolare, e il puntino assunse la forma di una persona...
“Percy, guarda!” Annabeth indicò un punto indefinito oltre al ragazzo, tre cavalli correvano, al galoppo.
Perché scappava? Erano solo cavalli!
Cerbero ringhiò in direzione degli animali
“ehi, bello... sono solo cavalli!” dissi dando voce ai miei pensieri.
“cavalli?! Quelle sono le cavalle di Diomede!” esclamò Annabeth con la voce di un’ottava troppo alta... la guardai...
“Cavalle carnivore, Percy”
Ok, forse quel tizio era nei guai.
“vieni!” le urlai facendo scattare vortice e partendo all’attacco.
Uscii dai confini, Cerbero ringhiava, ed il ragazzo correva spaventato verso di noi.
Le cavalle galoppavano e ansimavano, erano tre animali alti e austeri, dal mantello nero e lucido... dei cavalli bellissimi, se non avessero avuto dei dolcissimi occhi rossi iniettati di sangue e anche qualcosa di rosso che colava dalla bocca... che sembrava quasi... soffocai un conato di vomito e mi lanciai contro una cavalla, menando un fendente.
Annabeth aveva lanciato una lancia che si era portata dietro al nuovo arrivato, e poi si era messa a tenere occupata un’altra cavalla con il suo coltello.
A differenza degli altri cavalli, di queste non riuscivo a sentire i pensieri, se provavo a mettermi in contatto con loro vedevo solo una specie di velo rosso... e qualcosa che sembrava un –uccidi, uccidi, uccidi- sparato a raffica... avrei dovuto fare causa al loro addestratore...
Probabilmente se non fossero state così agili le avrei ridotte in cenere in poco tempo, ma si muovevano più veloce di Grover che ballava Michel Jackson o che correva per le enchiladas.
Tentai di colpire la mia equina avversaria in mezzo alla fronte per stordirla un po’, ma quando quella tentò di staccarmi la testa rinunciai.
“Annabeth! Come si battono queste?” le urlai, lei schivò una doppietta della cavalla con una mezza capriola, poi si abbassò per evitare il morso della puledrina assassina, che continuava imperterrita ad attaccare pretendendo tutta la sua concentrazione.
La terza cavalla se la vedeva con cerbero, che da parte sua si divertiva un mondo a cercare di schiacciare il suo giocattolino, anche se quando quello gli morse la zampa smise di scodinzolare.
Il ragazzo nuovo era inginocchiato tra le armi che portava Annabeth...
-principianti- mi dissi – adesso magari vuole fare l’eroe e ci rimane secco-
 Feci roteare Vortice e tentai un affondo, ma quella lo schivò, così provai  a spingere indietro la cavalla con un calcio ben assestato, ma non avevo calcolato che i suoi muscoli erano un pelino più forti dei miei, così mi ritrovai con le chiappe a terra e una cavalla assassina che incombeva minacciosa sopra di me.
“Percy!” urlò Annabeth distraendosi e prendendosi una doppietta nello stomaco. Stramazzò a terra.
Eravamo finiti.
Poi sentii uno spostamento d’aria sopra il mio orecchio sinistro, alzai lo sguardo e vidi il ragazzo a cui avrei voluto salvare la pelle far roteare una corda a mo’ di lazo.
In un batter d’occhio afferrò la cavalla che mi sbavava sopra e la tirò indietro, poi si avvicinò ad Annabeth e con un’altra corda catturò anche l’altra cavalla. Lasciando Annabeth con la mascella che voleva staccarsi dal resto della faccia... la mia reazione, d’altra parte era più o meno la stessa.
Legò le due cavalle ad un albero, dove presero a bisticciare tra di loro.
Guardai Annabeth che era sorpresa quanto me.
Il ragazzo le si avvicinò, tendendole una mano, lei la prese e si alzò.
Io mi tirai su e andai verso quei due.
“come cavolo...?”
Guardai il ragazzo e per poco non mi venne un colpo.
Aveva i capelli neri e lisci, la carnagione pallida e... due occhi neri e in qualche modo vuoti: era il ragazzo del mio sogno.
“che cosa...?”
“sono David Time” disse facendo il baciamano ad Annabeth che arrossì, non vi dico cosa fece il gatto che avevo nello stomaco... basti sapere che la parte razionale (e dico, quella razionale!) del mio cervello avrebbe voluto mollargli un pugno sul naso.
Poi mi porse la mano, che evitai accuratamente di stringere. Per tutta risposta lo guardai in cagnesco.
“chi diamine saresti?!”
“mi chiamo David Time... ma, cosa sono quei cavalli?”
Annabeth lo guardò con uno sguardo a metà fra il lusingato e il rispettoso:
“ti portiamo da Chirone.”
 
  

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Capitolo 3
*** come partecipare ai provini per l'esorcista 2 ***


SPAZIO AUTRICE:
ciao a tutti... eccomi qui stranamente in anticipo con il nuovo cap.
è un cap un po’... strano... è visto da Percy e diciamo che è una specie di punto di svolta... vedrete perchè e in che senso.
Vediamo... ringrazio tutti quelli che hanno continuato a seguirmi (non sto qui a citarvi tutti, lo sapete chi siete XD!) più lazionelcuore, che è “nuova”...
Volevo dirvi che la mia mente delirante ha postato delle poesiole senza pretese, se avete voglia date un’occhiata e fatemi sapere cosa ve ne pare...
Buona lettura & recensite
piccolalettrice
 
 
 
2- come partecipare ai provini per “l’esorcista 2”
 
Ci avviammo verso l’alloggio di Chirone, quel David si vantava di avere uno zio nel Texas che aveva un grande ranch e per questo era riuscito a catturare le cavalle. Era tutto molto patetico.
Annabeth ascoltava rapita, il mio gatto soffiava, David parlava ed io sapevo che il quel tipo c’era qualcosa di losco.
Se solo avesse smesso di blaterare avrei potuto dire ad Annabeth del sogno e cosa pensavo, ma quel tizio era una cosa immonda per quanto parlava... di sé per altro.
“e ti ho detto di quella volta che da bambino mi ha trovato con un serpente nella culla?”
“quello capita quasi a tutti... i serpenti nella culla sono un classico” dissi.
“a me non è successo... e tu cos’hai fatto?” chiese Annabeth
E David, che brutto nome per altro, riattaccò a blaterare.
“Chirone!” urlai quando vidi il centauro intento ad insegnare ad un novellino come si tiene una spada, non ero mai stato più felice di vedere il vecchio centauro.
“Percy, Annabeth...” fissò il ragazzo “ e tu chi sei?”
“David Time” disse lui porgendo una mano e guardando il sedere di Chirone, basito.
“è appena arrivato, era inseguito dalle cavalle di Diomede, ma le ha catturate” disse Annabeth
“mio zio ha un ranch in Texas” si strinse nelle spalle con finta modestia; patetico.
“oh, ehm... voi due avreste dovuto chiamarmi” ci disse
“lo sappiamo, ma... diciamo che quelle cavalle erano un po’ affamate, non so se mi spiego...” dissi.
“scusate se vi interrompo... ma che diamine è questo posto, perché lei è mezzo cavallo e che vuol dire tutto questo?”
Chirone sospirò “vedi... hai presente l’Olimpo? La mitologia greca? Tutte quelle favolette che racconta?”
“è sempre la stessa storia... Andiamo Annabeth?” chiesi lanciando un’occhiataccia al nuovo arrivato.
“io veramente...” il gatto soffiò assatanato.
“dobbiamo prepararci per la gara” dissi tentando di mantenere un tono neutro... non so se ci riuscii.
“oh, sì... vero... ci si vede” disse rivolta a quel tizio.
“di sicuro!” ma quanto entusiasmo...
Presi Annabeth per un braccio, appena fummo abbastanza lontani le dissi:
“quel tipo non mi piace per niente”
“e perché?”
“prima di tutto è un novellino patetico e pieno di sé e poi...  ho fatto un sogno...”
“Ehi, ragazzi!” Talia ci venne incontro seguita da Luke.
“pronti per la gara? O meglio, pronti per essere stracciati?”
Mi guardò un secondo, poi aggiunse:” che c’è Testa d’Alghe? Paura?”
“no, Talia...” stavo per rifilarle la solita antifona “mio-padre-ha-creato-i-cavalli-sua-madre-il-cocchio-non-possiamo-essere-battuti” che Annabeth fece un verso disperato
“dovevamo allenarci! Ora la pista è piena!” e in effetti c’era un sacco di gente tutta accalcata che faceva le ultime prove sulle bighe di prova.
“Annabeth sono tre settimane che ci alleniamo praticamente ogni giorno...”
“ma i trabocchetti dei figli di Efesto...”
“credo che Clarisse ne sappia qualcosa...” disse Luke indicando una biga che aveva fatto tre capriole in aria prima di atterrare capovolta.
Da sotto ne uscì una Clarisse con l’elmo rivoltato.
Annabeth mugolò... “ormai, non si può più fare niente...ehi sapete che ci è successo questa mattina?”
E si lanciò in una descrizione minuziosa dell’accaduto.
“ wow... allora arriverà nella mia casa... non ho idea di dove potrei metterlo, siamo tutti lì ammassati...”
“puoi sempre metterlo a dormire nel lago... sarei più che felice di conciliargli il sonno...” dissi
“non ti sta molto simpatico, vero?”
“non si era capito?... vedete ho fatto un sogno questa notte...”
“Annabeth!”
“parli del diavolo...”
“ehi, ragazzi... qui è tutto troppo figo!” disse alzando una spada che per poco non mi finì nell’occhio.
“Attento che potresti fare male a qualcuno!” gli dissi in tono un tantino sgarbato.
“uh, sì scusa...”
“ciao, io sono Talia Grace... figlia di Zeus”
“wow... Zeus...io sono David Time, incrementato”,
“si dice indeterminato...”
“oh, sì... è tutto così nuovo per me!”
le strinse la mano... credo che se le avesse fatto il baciamano come con Annabeth, si sarebbe ritrovato a terra con un fulmine piantato in testa... e magari un caduceo nel sedere...
poi Luke si presentò.
“Luke Castellan, figlio di Hermes... tu starai nella mia capanna, mio padre è il dio anche dei viandanti...”
“e dei ladri” intervenne Talia e “se non vuoi ritrovarti senza mutande ti conviene stargli alla larga”
Luke sorrise con aria diabolica.
“però è strano... come hai fatto ad arrivare qui? Insomma non eri con un satiro...?” dissi in tono d’accusa
“oh” il suo sguardo si fece triste all’improvviso... “credo che si chiamasse Elvis... mi ha accompagnato fino ai piedi della collina poi le cavalle...”
“mi dispiace” disse Annabeth mettendogli un mano sulla spalla.
“Percy! Annabeth!” mi girai per vedere Grover che ci veniva incontro con passo caprino.
“avete sentito del nuovo arrivat... ciao!”
“è lui” dissi arcigno.
“David Time”
“Grover Underwood, satiro e custode di Percy Jackson e Talia Grace...”
“da quando ci usi per la tua popolarità?” chiese Talia ridendo...
“da quando avete sistemato Crono con un po’ di acqua e vento”
“Crono? Ma mica...?”
“è una lunga storia... noi dobbiamo andare ad allenarci” dissi prendendo Annabeth per un braccio e Grover per la manica della felpa.
“ehi! Che problemi hai?” chiese Grover quando fummo lontani
“quel tipo non mi piace... il sogno che ho fatto...”
“ehi, Annabeth, ma tu mica partecipi alla corsa?” chiese un figlio di Atena che passava di lì.
“sì, perché?”
“non per dire... ma se non volete ritrovarvi ultimi farete meglio a sbrigarvi” indicò la pista dove altri semidei preparavano le bighe.
“oh, per gli dei!”
E detto questo mi trascinò a tutta velocità fino alle stalle.
In un baleno e con parecchia fatica riuscimmo a trascinare biga, cavalli e armi in pista e a salirci sopra un secondo prima che Chirone urlasse
“eroi! Pronti!”
Afferrai le redini e Annabeth fece volteggiare un giavellotto in direzione di Clarisse.
“partenza”
Mi misi in contatto telepatico con i cavalli
“via!”
E partimmo, in un batter d’occhio ci ritrovammo terzi, dietro ad Apollo e ad Efesto.
E fu un bene, perché poco dopo un gran fumo uscì da un angolo della pista esattamente un millesimo di secondo dopo che i cavalli robotici di Efesto furono passati per quel tratto di pista.
Schivai abilmente il polverone, e Annabeth sfruttò il cambio di rotta per lanciare un giavellotto contro Clarisse che ci stava alle calcagna. Il guidatore della sua biga sbandò un po’ e perse terreno, facendo guadagnare punti a Luke e Talia che ci vennero dietro e in poco tempo ci affiancarono.
Annabeth iniziò un duello a colpi di spada con Luke, che su una biga non era poi così bravo, mentre lei, forse perché si trovava su un’invenzione di sua madre, era imbattibile.
Continuavamo a duellare con la biga Zeus\Hermes quando una poderosa fiammata proveniente dalla pista mandò in frantumi la biga di Efesto. Scossi la testa, evidentemente quei polli si erano scordati del loro stesso trabocchetto.
Il testa a testa con Talia continuò per poco, loro avevano un sacco di diavolerie, ma  noi avevamo il talento, così poco dopo fummo in testa.
Mi mantenevo esattamente al centro, in modo da non rischiare i trabocchetti di Efesto ai bordi della pista, ma così eravamo un bel bersaglio per le frecce di Luke.
Una finì pericolosamente vicina alla ruota e non so come Annabeth riuscì a prenderla senza staccarsi una mano con i raggi o finire fuori dalla biga.
Quando ebbe tirato via la freccia ne incoccò una nell’arco e tirò mirando anche lei alle ruote.
Aveva una mira eccezionale e il colpo andò a segno facendo sbandare la biga di Talia e Luke.
Mi sorrise, come quando sentiva l’ebbrezza della vittoria, ed io feci vagare lo sguardo sugli spalti, come a sfidare qualcuno a contestare la nostra bravura e incrociai lo sguardo del nuovo arrivato.
Non so come feci; noi viaggiavamo a un velocità notevole e lui era fermo, ma per un istante incrociai il suo sguardo e la vista mi si annebbiò.
Sentii le gambe tremare e mi aggrappai al bordo della biga cercando di tenere le redini.
“Percy?”
Sentii Annabeth prendermi i finimenti di mano e sorreggermi.
“Percy, che succede?”
Aprii gli occhi, vedevo tutto offuscato e sbiadito. Iniziai a tremare violentemente.
“oh, per gli dei,” sentii biascicare Annabeth poi anche l’udito iniziò a mancarmi.
Percepii vagamente che la biga si era fermata e cercai di visualizzare qualcosa, e una fitta alla testa mi fece cadere in ginocchio.
Sentivo solo la fitta, nient’altro.
Tentai di aprire gli occhi ma sentii un dolore acutissimo dietro le palpebre, poi qualcosa che mi strattonava, no... che mi tirava verso destra e subito dopo verso sinistra, a scatti.
Alla fine caddi per terra.  

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Capitolo 4
*** centauri e tempismo non vanno d'accordo ***


SPAZIO AUTRICE:
eccomi qui... non posso dire molto perché, come alcuni sanno, sono in punizione  e sono al computer in segreto e se mia mamma mi becca Zeus arrabbiato a confronto sarà un agnellino...
Allora, per questo cap ho preso ispirazione da uno spoiler sui libri seguenti (grazie Esl!), spero non sia una cosa troppo esplicita; ho cercato di renderla il più possibile “mia”.
Apparte questo ringrazio tutti per le bellissime rec...
Buona lettura
piccolalettrice
 
 
3- centauri e tempismo non vanno d’accordo.
 
Mi svegliai nel letto della mia capanna, il sole filtrava dalla finestra con un’angolazione strana.
Avevo la bocca impastata dal troppo dormire e la testa pesantissima... ricordavo perfettamente ciò che era successo; le fitte dolorose alla testa, la perdita della cognizione del tempo e dello spazio... la brutta faccia di Time...
“ti sei svegliato”
alzai lo sguardo e vidi Grover intento a trasportare un bicchiere colmo di un liquido che ricordava il succo di mela ghiacciato.
“come ti senti?”
“come se mi fosse passato sopra un camion”
“bevi” disse mettendomi in mano il nettare, lo ingoiai d’un fiato, deliziato da quel sapore di biscotti caldi che mi fece sentire subito meglio e mi fece dimenticare, in parte, quei pensieri stressanti sul nuovo arrivato e su ciò che mi era successo.
Riuscii a mettermi seduto.
“ma perché non sono in infermeria?”
“troppi curiosi”
“curiosi? Perché?”
“per quello che ti è successo... di solito il campo è in salute... e anche chi ci sta dentro, apparte alcuni feriti... poi con il Vello tutto dovrebbe essere tutto ancora più sano...” si fermò a riprendere fiato, “in effetti è strano”
“traduzione: sono un fenomeno da baraccone”
Alzò gli occhi al cielo e bofonchiò qualcosa sull’ “umorismo spropositato di certe persone”, poi mi tolse il bicchiere di mano.
“riesci ad alzarti? Chirone vuole vederti”
mi alzai, la testa non faceva nemmeno tanto male, il nettare aveva sistemato i miei ultimi malori.
Ci incamminammo verso l’alloggio di Chirone, mentre passeggiavamo lanciai un’occhiata al poligono del tiro con l’arco, dove vidi un paio di figli d’Apollo (sempre a prendere in giro le schiappe) e Luke e Annabeth che cercavano di insegnare le basi a quell’ idiota anemico e pieno di sé di Time.
Annabeth aveva perdonato subito Luke, era passata sopra a tutto quello che aveva fatto, e la situazione non mi piaceva, io non mi fidavo ancora del tutto e, ogni qualvolta me lo ritrovavo davanti, lo ignoravo.
Grover vide la direzione del mio sguardo e disse:
“per le mutande di zio Ferdinand, quel Time è...”
“lo so, un assoluto imbecille” almeno il mio migliore amico poteva aderire alla campagna “David Time al rogo”
“eh? ... quel tizio è un fenomeno! Dai, ma lo sai che è riuscito a disarmare Luke? al suo secondo giorno!” come non detto, soffocai la delusione riflettendo su un’altra parte delle parole pronunciate da quella sotto specie di migliore amico che mi ritrovavo.
“secondo giorno... per quanto ho dormito?”
“un bel po’”
“perfetto” chissà cos’era successo mentre io ero svenuto... scommetto che quel deficiente aveva già iniziato ad incantare la gente con i suoi modi da “guardatemi! Sono il migliore!”
Arrivammo al tavolo dove il signor D. stava facendo il conteggio dei punti... si vedeva che non era proprio un asso in matematica, infatti si grattava la testa con aria assorta e Chirone mescolava le carte.
Talia era seduta su una sedia  gambe incrociate.
“Chirone, volevi vedermi?”
“umani, sempre così ben educati...” intervenne il signor D. “senti Jersey Jikinson, solo perché hai salvato le chiappe a me e agli altri dei, non significa che i saluti e dei modi riverenti siano un optional!”
“signor D. lui è Percy Jackson, non Jersey Jikinson”
“oh, stessa cosa Trace”
“Grace... il mio cognome è Grace”
“uh... come dite voi giovani in questo secolo? “Che palle”? bene... Che palle!”
“scusi signor D.” dissi fingendo riverenza, come voleva lui... forse un po’ l’aveva capito che lo stavo prendendo in giro, ma lasciò perdere.
“dicevo... volevi parlarmi, Chirone?”
“sì...” lanciò un’occhiata ai due satiri al servizio del direttore che, approfittando della sua distrazione, bisbigliavano tra loro, indicandomi
“andiamo dentro”
“cos’è, vecchio ronzino, hai paura?”
“mi trema la coda... le lascio questo degno sostituto” disse agguantando il povero Grover e facendolo accomodare sulla sedia.
Il vecchio dio borbottò qualcosa ed io seguii Chirone insieme a Talia, le lanciai un’occhiata... se veniva anche lei voleva dire che doveva riguardare qualcosa sulla profezia...
Entrammo nella stanzetta del centauro, in un angolo c’era la sedia a rotelle motorizzata che costituiva il suo travestimento.
“Ragazzi” esordì dopo che ci fummo accomodati intorno ad un tavolo di legno rotondo e traballante “mi sembra giusto informare voi due su quello che penso sia successo ieri mattina” mi guardò.
“un po’ di chiarimenti mi sembrano d’obbligo” disse Talia.
“bè vedete... sapete che da quando abbiamo il Vello tutto quello che c’è all’interno dei confini è in ottima salute, vero?”
Annuimmo.
“vedete, è molto strano che Percy abbia avuto il... collasso... che ha avuto, insomma le malattie mortali non riescono ad entrare al campo dall’estate scorsa.”
“non capisco dove tu voglia andare a parare, Chirone” disse lei... dal mio canto credevo di conoscere dove volesse parare.
“ragiona, se non è la tua parte umana a farti stare male...”
“è quella divina” conclusi.
“già, e... credo che Crono possa centrarci qualcosa”.
“ma è impossibile... l’abbiamo sconfitto...”
“di fatto non l’avete distrutto del tutto, dovete fare conto che  l’avete indebolito, lo avete privato di una buona percentuale di alleati, ma abbiamo visto che nel giro di due anni o poco più si è ripreso davvero in fretta, chi non ci dice che non si sia già ripreso? Il vostro attacco era pur sempre l’attacco di due semidei e... credo che abbia trovato un modo per passare sotto le nostre difese un’altra volta”.
“quindi quello che è successo potrebbe ricapitare?” chiesi
“sì... e non solo a te”
Tutti e tre sprofondammo in un breve silenzio.
“ma, c’è un modo per non far si che accada ancora ed è mio dovere comunicarvelo”.
Lo guardammo in attesa, troppo basiti per dire una qualsiasi cosa.
“la profezia dice che un figlio dei tre pezzi grossi, badate bene, con questo si intende una persona che sia solo figlia dei tre pezzi grossi...”
“e di chi altro dovremmo essere figli?” lo interruppe Talia con una specie di macabro umorismo.
“no, non mi sono spiegato... diciamo... una persona che come unica... qualità sia figlia dei tre pezzi grossi, ecco”
Qualità? Essere figlio del dio del mare per farsi ammazzare un giorno sì e l’altro peggio era una qua-li-tà?!
“... quindi se voi non foste solo figli dei tre pezzi grossi sareste fuori dalla profezia”
“non capisco” ammisi.
“Atena, aiutami tu!” disse alzando gli occhi al cielo, “vedi Percy, hai presente Enea, Achille e Perseo? Ecco, loro erano eroi, figli di divinità e sono ricordati tutt’ora come eroi e figli di divinità... ora, se Enea fosse stato anche... un famoso addestratore di pegasi, di quelli davvero famosi, sarebbe stato ricordato come tale o come eroe, contando che di eroi ce ne sono già un bel po’?”
Ci pensai un secondo, il discorso aveva una logica.
“e perché non ce l’avete detto prima?!” chiese Talia
“credevamo che la storia fosse sotto controllo e che... bè, che nessuno di voi cambiasse “rotta” facilmente, non so se mi spiego” Talia arrossì... il suo “cambio di rotta” era ancora un tabù per chiunque.
“e come sarebbe possibile non essere solo un figlio dei tre pezzi grossi?”
“diventando qualcos’altro, come ti ho spiegato prima...” si mise a trafficare con una valigetta ventiquattr’ore che aprì e ci mostrò... era piena di volantini colorati che splendevano... letteralmente, ne presi uno che diceva: “Apprendistato per oracoli! Predici fortuna ai tuoi cari e morte a chi non sopporti” (e avevo una bella lista di persone a cui predire una brutta  e prematura morte)... un altro che recitava: “sei bravo con la spada? L’arco è la tua passione? Il giavellotto non ha più segreti per te? Il gruppo MadeHeroes&co. ti offre un apprendistato come gladiatore!”
“sappiate che a parer mio dovreste lasciar perdere”.
“perché?” chiesi, più incuriosito che altro.
“bè... ormai ci siete dentro e poi se più avanti capitasse un altro figlio dei tre pezzi grossi chi ci garantisce che sarà dalla nostra parte? Ormai voi siete allenati e pronti a tutto... sappiamo che ormai niente vi potrebbe far passare da Crono, mollare tutto sarebbe un gran rischio... senza contare che secondo me, per voi è quasi un dovere ormai, una questione di moralità, ecco”
In fondo non aveva tutti i torti.
Fissai tutti quei volantini, anche Talia faceva lo stesso, assorta in non so quali pensieri.
“comunque voi pensateci...”
Annuimmo e ci alzammo. Rimanemmo in silenzio fino a che non fummo lontani dal tavolo del pinnacolo.
Avevo paura di chiederle cosa ne pensasse, aveva gli occhi spalancati e accesi da un entusiasmo che era da un po’ che non le vedevo, i capelli elettrici... significava che era felice.
“che ne pensi?”
“è stato... carino da parte sua dirci che se vogliamo possiamo salvarci la pelle”
“uhm, sì.”
Mi guardò come se sapesse cosa stavo pensando.
“ma tu vuoi fare l’eroe e continuare a combattere per dei nobili ideali, vero?”
“no... cioè sì...non ci ho ancora pensato... ma.. dai, la fai sembrare una cosa così brutta!”
“sai cosa testa d’Alghe? Sei troppo orgoglioso...”
Senti chi parla “sarà il mio difetto fatale?”
“no, quello è la deficienza...”
“ma come sei gentile... seriamente, che pensi di fare?”
“c’è bisogno di chiederlo? Mi sembra ovvio”
“quindi mi abbandoni”
“se “abbandonarti” vuol dire salvarmi la vita allora sì... e poi nessuno ti obbliga a continuare, Percy”
“ma...”
“oh per gli dei, pensa a salvarti le chiappe per una buona volta e non fare l’eroe... sei così stereotipato e prevedibile!”
“stereotiche?!”
“lasciamo perdere” scosse la testa, poi riprese “quello che sto cercando di dirti è che io la mia scelta l’ho fatta...non mi guardare così, sappiamo entrambi che compirò gli anni prima di te e che ho già cambiato idea una volta, in più io non ho chiesto di essere il burattino degli dei o di essere la loro paladina... in più guarda come ci si può ridurre” disse indicandomi, sapevo che si riferiva all’incidente delle bighe, e da una parte aveva ragione.
“non lo so... devo pensarci...”
“fai come ti pare Jackson, secondo me questa volta devi mettere da parte l’orgoglio, o il testosterone, e pensare alla pelle”
“cosa centra il testosterone?”
Buttò gli occhi al cielo e scese per i gradini dell’arena precedendomi.
Io buttai lo sguardo di sotto.
Luke la salutò puntandole scherzosamente la spada alla gola e iniziarono a combattere troppo veloci anche per essere visti.
Grover seguiva tutto dagli spalti e Annabeth stava mostrando il modo migliore per disarmare con l’elsa della spada a quell’australopiteco (cos’è un australopiteco?) di David.
Guardai il mio migliore amico e la mia... ragazza (l’ho detto!) e pensai a mia madre e a tutte le persone a cui tenevo, per loro avrei dovuto ascoltare la parte meno idiota del mio cervello e lasciar perdere la profezia, ma poi mi venne in mente che non avrebbero avuto una vita facile se Crono avesse preso il potere... non sapevo cosa fare. 

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Capitolo 5
*** nemmeno fosse S. Valentino ***


SPAZIO AUTRICE:
ciao, eccomi qua.
Volevo dirvi una cosina... avete presente il terzo romanzo di RR e tutti quelli che seguono? ecco, quando leggete le mia fic cancellateli dalla memoria.
Questa mia fic è SOLO la mia interpretazione di ciò che potrebbe avvenire, secondo me, dopo il secondo libro... ho detto che avrei preso spunto da alcuni spoiler, ma è uno spunto mooolto vago e (SPOIIILER!!!!!!!) non centra nulla con Talia cacciatrice.
Dopo questa premessa, volevo dire che spero che questo POV vi chiarirà un paio di cose riguardo ad Annabeth, più avanti commetterà un mezzo sbaglio, ma per ora è sempre la solita.
Da adesso iniziano gli svolgimenti della coppia Lukia (chi ha dei nomi migliori per la coppia Luke\Talia è esplicitamente invitato a comunicarmeli).
Avviso: a tutte le fan di Luke, spero che il secondo POV sia di vostro gusto, soprattutto l’inizio... e spero di non aver fatto una cosa troppo da adolescente impazzita...
L’ultimo POV è corto e fa davvero cagare, ma non volevo lasciare l’impressione di un Luke sconsiderato e l’ho aggiunto.
Grazie a tutti quelli che seguono, leggono e recensiscono... vvb!
Buona lettura
piccolalettrice
ps. non sapevo che nome dare al cap e ho messo questo anche s enon centra molto...
 
 
4- Neanche fosse S. Valentino
POV
 
Arrivai al lago con quella strana sensazione che avevo da giorni, ormai.
La sensazione che il mondo si stesse rivoltando, e detto da una figlia di Atena non era una cosa molto buona.
Vi state chiedendo il perché? Bè, in primo luogo c’era Luke, un Luke che tutti credevano essere il figlio del demonio e che invece si stava rivelando leale, ovviamente ero una delle poche che lo reputava tale, diciamo che il resto del campo tranne Talia e altri pochi, lo consideravano ancora un bastardo viscido traditore, presente solo come spia.
Poi c’era Talia, con quella sua aria troppo felice. all’inizio avevo creduto che fosse semplicemente cotta (magari del bel figlio di Hermes... sono così carini insieme!), sapevo che quando si è innamorati si tende ad essere belli, bravi, dolci e carini con tutti, ma sospettavo che si trattasse d’altro e quando glielo avevo detto lei mi aveva fatto un gran sorriso dicendo che adorava i cavalli. Ma che caspita c’entravano i cavalli?! La spiegazione per Talia poteva essere solo che avesse scoperto qualche traffico illegale di sostanze allucinogene dei figli di Hermes.
Inoltre c’era il nuovo arrivato, David, era davvero simpatico, intelligente anche e bravo con la spada. Sembrava che il campo per lui non avesse segreti ed era lì da nemmeno tre giorni!  Era un tipo strano, lo ammetto, ma in qualche modo affascinante. Aveva una sete di conoscenza a dir poco spropositata. Mentre ci allenavamo aveva preteso di sapere tutto su quello che era successo negli ultimi tempi, e così gli avevo raccontato le mie avventure con Percy, Grover e Talia, da quando avevamo fatto una gita negli inferi a quando mi ero fatta maciullare da un ciclope adulto a quando il figlio di Poseidone aveva combattuto eroicamente le arpie in mutande, e poi dal parlare di queste cose mi aveva chiesto anche di me, cosa mi piacesse fare, cosa sapevo di mia madre, da quanto fossi al campo eccetera, era davvero carino da parte sua interessarsi così, lo scorso pomeriggio avevamo passato due ore nell’arena a chiacchierare mentre gli mostravo un paio di trucchetti con la spada. David era un ragazzo simpatico, lo diceva tutto il campo, e anche Chirone ammetteva che quel tipo avesse del talento... se non fosse stato così pallido e con degli occhi così neri avrei quasi detto che avrebbe potuto essere un perfetto figlio di Atena, eppure a certe persone non andava minimamente giù, me ne ero accorta... in primo luogo a Luke; avevo visto come lo guardava con aria sospettosa qualunque cosa facesse...
Nemmeno a Clarisse piaceva così tanto, ma a lei non piaceva nessuno, quindi...
E poi a Percy, non mi ero persa i commentini acidi che aveva fatto dalla prima volta che l’aveva visto.
Anche se devo dire che Percy era davvero strano in quei giorni. Forse per colpa del collasso che aveva avuto sembrava aver perso quel suo fare così esuberante; pareva invecchiato di anni, era sempre immusonito e scontroso, e vedevo quanto tentava di isolarsi, ero rimasta sorpresa dal suo invito al lago per quella sera.
Comunque ero andata all’appuntamento puntuale e l’avevo trovato lì, sulla riva, son i piedi a mollo e le spalle tese.
Mi avvicinai e gli posai una mano sulla spalla.
“ciao” disse
“ciao”
Tornò evidentemente ai suoi pensieri, così cadde un silenzio pesante e denso di preoccupazione.
“Percy, che c’è?” gli chiesi avvicinandomi e parlandogli piano e gentilmente. Lui rimase lì, ad abbracciarsi le ginocchia e con lo sguardo perso.
“sono confuso”
Lo fissai, non mi aspettavo quella risposta, poteva essere spaventato, preoccupato da quello che era successo ma confuso?
“perché?”
Sospirò e mi guardò dritto negli occhi:
“io... potrei non diventare quello di cui parla la profezia”
Aggrottai le sopraccigli; non capivo.
“Chirone ha chiamato me e Talia per dirci che ci sarebbe un modo per condurre una vita normale se volessimo”
Non riuscivo a crederci.
“come?”
“in pratica, se siamo ricordati per qualcosa di diverso che per essere solo eroi figli dei Tre Pezzi Grossi potremmo vivere in pace... ma allora per l’Olimpo sarebbe una fregatura perché dovrebbe aspettare un altro figlio dei Tre che potrebbe schierarsi con Crono e allora sarebbe la fine...” prese fiato “Talia... ha già deciso”
E allora il comportamento solare della figlia di Zeus ebbe una spiegazione.
“ha deciso di diventare “qualcos’altro”” citai.
“già”
Questo spiegava tutto; si sentiva tutto il peso della decisione sulle spalle, ne ero certa, capiva che dalla sua decisione sarebbe dipeso il futuro di tutti.
Gli strinsi la mano per consolarlo. Girò il viso dall’altra parte, per nascondere gli occhi lucidi, immaginai, ma con me non doveva nascondere le lacrime, con me poteva sfogarsi.
 Gli toccai una guancia e gli feci girare il volto verso di me, fissandolo. Gli diedi un bacio leggero sulle labbra e lo abbracciai.
“qualunque cosa tu decida, io sono con te” sussurrai al suo orecchio.
Finalmente contraccambiò la stretta.
 
POV
 
Era davvero carino quando si allenava così.
I miei ormoni da adolescente impazzita stavano sbavando, ma per fortuna erano una minima parte di me e riuscivo a mantenere il controllo... quasi.
Vedevo ogni singolo muscolo delle braccia tendersi velocemente per parare i colpi dell’avversario e per attaccare repentinamente.
I capelli biondi erano sudati e scompigliati, e gli occhi brillavano anche a quella distanza, con una punta di malizia. La maglietta sudata gli si appiccicava al torace mettendo in evidenza i pettorali scolpiti.
Sorrideva, muovendosi agilmente tra le parate e le stoccate di David, un po’ strafottente anche quando era concentrato; adoravo quel suo fare ribelle. La cicatrice che aveva sul viso gli dava quel non so che di affascinante: era perfetto.
Finalmente smise di giocare e lo buttò a terra puntandogli la spada alla gola, per poi cercare il mio sguardo con fare altezzoso... io cercai di riprendermi:
“Ma bravo il nostro Luke, diamo man forte al testosterone!”
“lo so, sono troppo bravo” sorrise.
Scesi i pochi gradini che mi separavano dai due ragazzi che si allenavano.
“questa volta è stata fortuna!” disse David, cercando di rialzarsi, anche se Luke gli teneva un piede sul petto.
“fortuna?” lo fissai, poveretto, Luke gliele doveva aver suonate ben bene “dai, Luke, lascialo... è solo un novellino...”
“ai suoi ordini” tolse il piede e fece l’accenno di un saluto militare.
Non mi persi l’occhiata truce che gli lanciò di sottecchi, alla quale il povero ragazzo non poté fa altro che congedarsi con un:
“ho da fare!” appena accennato.
Lo fissammo usciva dall’arena con passo svelto.
“sbaglio o ho la sensazione che non ti stia molto simpatico?”
“uh... fa troppo il lecchino secondo me, devi vedere come ci prova con Annabeth...” scosse la testa.
Alzai gli occhi al cielo
“però ti fa sudare, eh?” indicai la maglietta
“a me? Quello lì?”
Inarcai un sopracciglio... a chi la voleva dare a bere?
“forse un po’” ammise,
sorrisi e presi la spada che il suddetto novellino aveva abbandonato puntandogliela con fare giocoso alla gola.
“vuoi sfidare la sorte e batterti con una donna?” chiesi
“l’ho sempre detto che il look da Emo ti ha fatto diventare un’aspirante suicida...”
Indicai la maglietta nera e i pantaloncini del medesimo colore, offesa.
“sono una punk, idiota”
“uh, stessa roba”
Tentai un affondo, che non si aspettava e che deviò all’ultimo secondo.
“Ehi!”
“ops!” feci con finto fare innocente.
Iniziammo a duellare, più per gioco che per altro, ma lui doveva essere proprio distrutto perché inciampò nei suoi piedi e cadde a terra.
“Luke?” chiesi punzecchiandolo con la punta della spada.
Non capii esattamente come ma in un istante mi ritrovai lungo distesa addosso a lui.  
Figli di Hermes e i loro trabocchetti!
Arrossii impacciata, non volevo mostrare quanto quella situazione fosse ben accetta.
“idiota” bofonchiai rialzandomi per nascondere l’imbarazzo.
Gli tesi una mano che afferrò per tirarsi su con il suo miglior sorriso sghembo alla sto-per-infilarti-un-petardo-nelle-mutande.
“sei arrossita” disse.
“io?!”
“e chi altro?”
“no!”
“eh, no... ti vedo...”
“no! È... il caldo!”
“il caldo... tutto in un colpo?”
“già, problemi?”
“giusto un paio”
“risolviteli, allora”
“magari lo farò”
Lo guardai infastidita.
In quel momento suonò la conchiglia della cena.
“devo andare a togliermi questa” disse indicando la maglietta
“a dopo allora” mi voltai, ancora rossa.
“Ah, Talia...” mi voltai, lui si fece vicino, a pochi centimetri dal mio viso “ forse se risolvessi i miei problemi potresti gradire...”
Cercai di incenerirlo con un’espressione da dura... verità? Avevo le gambe  molli.
“ci vediamo!” disse poi allontanandosi.
Rimasi lì impalata come un idiota, troppo piacevolmente sorpresa, scossa, felice ed esultante nello stesso tempo... nemmeno mi avesse chiesto di sposarlo.
 
POV
 
Ok, forse ero stato un po’ troppo avventato.
In fondo non ero nemmeno convinto che le piacessi... e poi come dovevo comportarmi con lei?
E soprattutto... io le piacevo? Forse il rossore che le coloriva le guancie di rado, ma che con me era all’ordine del giorno era sinonimo di cotta? Sarebbe stato troppo bello... ero riuscito a far arrossire Talia Grace, la figlia di Zeus. Wow, le mie doti di conquistatore non funzionavano solo con quelle oche delle figlie di Afrodite, allora... Non fraintendetemi, Talia non era come le figlie di Afrodite, lei era più intelligente, più divertente, più carina... e con un pizzico di egoismo che non stonava.
Ok, potevo definirmi cotto a puntino, lo ammetto.
D'altronde Talia era la cosa che mi aveva riportato alla normalità, la persona a cui ero più legato in assoluto, e... mi ero reso conto che la semplice amicizia non mi bastava. Volevo qualcosa di più, qualcosa che facesse in modo che sapesse cosa provavo ogni volta che la vedevo, che le parlavo... le farfalle nello stomaco, il nervosismo, il pensiero che si offuscava quando era troppo vicina e tutto il resto.
Si, lo so, anche Luke Castellan ha un anima e una cotta, strano eh?
Mi sfilai la maglietta e ne infilai una pulita, per poi correre alla mensa un secondo prima che i miei fratelli partissero senza di me per il tavolo.
 
 
                                       
 
  

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Capitolo 6
*** salvata in extremis dall'idea di un cavallo ***


SPAZIO AUTRICE:
scusate tantissimissimamente tanto se non ho postato prima, ma mia nonna sta male e sono andata ad aiutarla, ma il computer era a casa (lo so che suona come una scusa, ma non lo è!)
comunque, ecco a voi il cap, diciamo che vi farà spuntare fuori un bel po’ di domande, ma la risposta arriverà nel prossimo cap, state sicuri.
Ringrazio i recensori (che sono diminuiti!  X Voi che non avete recensito il precedente cap: mi aspetto una rec a questo e al precedente, se no mi offendo * fa il broncio e incrocia le braccia, arrabbiata *... no scherzo, ma se vi va recensite, ok?) e chi segue, ricorda e preferisce... e anche a chi mi ha messo tra gli autori preferiti... non avrei mai creduto di poter essere tra gli autori preferiti di qualcuno, davvero... grazie!
Buona lettura e recensite!!!!!
Piccolalettrice
Ps. Sorry se è un pochino cortino
 
 
5-  salvata in extremis dall’idea di un cavallo
 
Eravamo rimasti lì al lago fino all’ora di cena, lo scorso pomeriggio.
Le avevo confidato tutto e lei mi aveva ascoltato, dicendo che la decisione poteva essere solo mia (ma che bell’aiuto!), poi aveva tentato di distrarmi, doveva sembrarle strano vedermi così giù, di solito ero sempre su di giri, ma cavolo, vorrei vedere voi starvene lì tranquilli dopo aver avuto un collasso probabilmente causato dal vostro acerrimo nemico, indecisi su una faccenda che potrebbe salvare l’Olimpo ma non in modo così certo da poter scegliere... e aggiungeteci anche una generosa dose di un certo indeterminato anemico e regredito che tenta di prendere il vostro posto, cosa viene fuori? Una mente mooolto stressata, ve lo assicuro.
Quel Time era la cosa più brutta che mi fosse capitata quanto è vero che mio padre è Poseidone; prima di tutto era bravo con la spada... e vi chiederete che male ci possa mai essere, ma vedete, ero IO lo spadaccino migliore del campo, ed ora tutti non facevano altro che elogiare Time su quanto fosse abile. E con tutti intendo tutti, dalla più oca figlia di Afrodite alla più intelligente figlia di Atena, cioè Annabeth... a questo proposito c’è da dire che quell’idiota tentava anche di fregarmi la ragazza, avevo visto come le sorrideva, come le parlava, come si comportava... insomma, come facesse il lecchino patentato, ma non avevo prove contro di lui e non potevo spaccargli la faccia senza finire in pasto alle arpie per aver scatenato una rissa.
Avevo tentato di parlare ad Annabeth di come quell’idiota le stesse dietro durante il nostro colloquio al lago e lei cosa mi aveva detto?
“ma no, Percy... com’è possibile...? David...? nah!”
“sul serio, “ avevo ribadito “tu sei una ragazza, non puoi entrare nella mente di noi uomini e ti dico che quella sottospecie di rifiuto umano e divino ci prova come un dannato”.
“è solo un amico”
“per te”
“sei così dolce a fare il geloso...” aveva detto trattenendo le risate, con tono di scherno.
“non sono geloso!”
E vi risparmio la nostra discussione su quanto fosse elevata la mia gelosia... che per fortuna si era conclusa con me che ammettevo di esserlo solo un pochino e con lei che mi si accoccolava contro (la mia parte preferita è quest’ultima...).
Apparte questo dettaglio, quel Time mi stava fregando anche di fregarmi altre cose... come il migliore amico, Grover ormai passava un bel po’ di tempo a chiacchierare con Time (avevano in comune l’interesse per Hilary Duff, a detta del satiro traditore...), ma non è finita qui, e magari lo fosse! Quel tipo mi stava allontanando da tutti e tutto! Ero già una sottospecie di zombie alienato di mio in quei giorni, e lui stava occupando il vuoto che io avevo lasciato estraniandomi da tutti, lo vedevo.
Avevo una voglia pazzesca di fare qualcosa di avventato che nel mondo umano mi avrebbe fatto mettere in galera per anni, ma quando avevo dato voce ai miei dubbi ad Annabeth lei mi aveva risposto che dovevo essere paziente e che, se volevo, avrebbe passato più tempo con me e avrebbe convinto (alias obbligato) gli altri a fare lo stesso... sapevo che lo faceva con le migliori intenzioni, ma così mi sembrava di essere uno di quei vecchietti rinchiusi negli ospizi che si vanno a trovare una volta ogni tanto perché si è obbligati, e non volevo che fosse così.
Quindi ero deciso a parlare a Time. A dirgli che conoscevo le sue intenzioni e che se non l’avesse fatta finita ci avrei pensato io a farlo smettere.
Quindi quel giorno, dopo pranzo, mentre lui si avviava con i figli di Hermes alla parete delle scalate io lo avevo tirato da parte.
“ehi, ciao Percy” Percy? da dove veniva tutta questa confidenza? Io non gli avevo mai nemmeno detto come mi chiamavo...
“non credi di dovermi qualche spiegazione?” chiesi celando a mala pena il tono minaccioso
“spiegazioni? Riguardo a cosa?”oh, faceva l’innocente, stetti al gioco:
“uh, non saprei... magari sul fatto che stai cercando di fregarmi tutto!”
“ehi, dormo con i figli di Hermes, ma non sono un ladro, io non ti ho fregato nulla!” che idiota, faceva il finto tonto... cercai di non far scattare la mano verso Vortice e staccargli la testa.
“ascolta, so cosa stai cercando di fare, ok?”
Pensai che volesse rifilarmi un altro commento idiota, ma invece mi fissò, acquistando tutt’un tratto un’aria scaltra.
“ne sei proprio sicuro?”
In quel momento i suoi occhi divennero completamente neri, la parte bianca dell’occhio, pupilla, iride... tutto un gran buco nero. Qualcosa alla bocca del mio stomaco si strinse, e sentii un dolore lancinante alle tempie...
“ma cosa...?!”
Lui mi fissò ancora ed io urlai.
Rimaneva lì sorridendo e avanzando lentamente, io tentavo di indietreggiare mentre mi sorreggevo la testa. Alla fine caddi all’indietro... lui si avvicinò e mi toccò al centro  del petto, dove non era la prima volta che venivo colpito... che non venivo colpito da qualcosa si normale.
La sua mano divenne intessuta d’ombra, come se avesse un guanto, sembrò perforarmi. Urlai ancora di più. Poi tutto divenne nero.
 
POV


adesso ne ero sicuro. Il fatto accaduto parlava da solo.
Sapevo chi era e cosa ci faceva lì.
Riuscivo a mettere insieme tutte le tessere del puzzle e a dare una risposta a tutte le mie domande.
Era lui. Sapevo chi era... o meglio che cos’era.
Quando servivo Crono avevo sentito parlare il mio padrone di questo progetto, ma avevo sempre creduto che fosse irrealizzabile... fino a che non l’avevo visto.
Crono era stato abile. Aveva utilizzato un altro espediente per intervenire, una spia che non solo gli serviva per le informazioni, ma che poteva anche far interagire con chi gli pareva.
Aveva sfruttato il suo potere di gestire il tempo.
Era stato abile.
Dovevo parlarne con Percy, subito.
 
POV
 
Ero più spaventata che mai.
Era il secondo attacco, il secondo in tre giorni, se non mi sbrigavo sarebbe capitato anche a me; fu allora che presi la mia decisione.
“dove vai?” chiese Grover mentre mi alzavo. Io, Grover e Annabeth stavamo aspettando che Chirone ci lasciasse entrare in infermeria.
“devo parlare con Chirone”
“Chirone è dentro con Percy”
“è urgente” ribadii e prima che potesse legarmi al primo albero sgattaiolai dentro.
Si sentivano dei gemiti soffocati e due persone che parlavano...
“ non è nulla di normale...”
“quindi ribadisco quello che ho già detto... è colpa sua”.
“Inizio a credere che possa essere cos... figlia di Zeus!” il volto barbuto di Chirone e quello dall’aria scaltra, con gli occhi luccicanti che mi ricordava qualcuno, di uno sconosciuto, si voltarono verso di me.
“Talia, che ci fai qui?!”
“devo parlarti” mi fissò, furibondo, “è urgente” aggiunsi.
Lui sospirò e disse:
“Hermes, riferisci a Zeus e a Poseidone quello che ti ho detto”
“agli ordini...” l’uomo, o meglio, il dio si voltò verso l’uscita, ma lo fermai...
“ehm, divino Hermes?”
“si?” si voltò incuriosito
“se non le dispiacerebbe potrebbe lasciare un messaggio a suo figlio Luke? ... per non rischiare di finire come l’ultima volta, sa com’è... gli farebbe piacere”
“forse lo farò... ma Zeus non dovrebbe saperne nulla...”
Mi fissò con aria ovvia
“nessuno farà la spia, glielo garantisco”
Mi sorrise e si voltò.
“è gentile da parte tua... e sconsiderato infrangere le regole davanti a me, aggiungerei”
“ma tu non farai la spia” dissi sicura, lui alzò gli occhi al cielo.
“cosa c’è di così importante che vuoi dirmi?”
“ho preso una decisione”
Gli occhi gli si illuminarono
“non voglio finire così” dissi “sarò qualcos’altro”
“se è quello che senti non interferirò con la tua scelta, anche se...”
“oh, risparmiati la ramanzina, so come la pensi”
Sospirò e mi fece cenno di precederlo fuori.
Lanciai un’occhiata a Percy, era immobile e livido, ogni tanto faceva dei brevi scatti con la testa e grugniva.
Non volevo finire così.
Seguii il centauro fuori. Chirone rimise a posto Annabeth e Grover che lo assalirono per sapere di Percy, preoccupati e pallidi.
Non volevo finire così.
Una volta che li ebbe rassicurati in malo modo li lasciò lì e prese a passeggiare con me al fianco.
“dicevamo... cosa hai deciso?”
“voglio essere qualcos’altro... non voglio far parte della profezia”
“e cosa vuoi diventare?”
A questo non avevo pensato.
“non ne ho idea”
“sappi che qualsiasi cosa sceglierai dovrai andartene da qui per gli apprendistati”
Quelle parole mi si sbatterono in faccia.
“cosa?!”
“Talia, per imparare il mestiere dovrai lavorare sul campo...”
“ma non posso andarmene!”
“è l’unico modo”
“ma...”
“L’unico modo” ribadì.
Come avrei fatto?! come cavolo avrei fatto?! abbandonare il campo, i miei amici, quel posto che era stato la mia casa... Luke... non potevo
“non posso abbandonare il campo, non posso”
“vorrei poter fare qualcosa...” scosse la testa.
Camminammo in silenzio, ognuno perso in pensieri diversi.
Come avrei fatto a lasciare quel luogo? Guardai gli alberi, i satiri e le ninfe che correvano, i semidei che si allenavano... come avrei fatto?
E poi con Luke... per noi sarebbe stato difficile anche senza tutta quella storia, ora con la lontananza... sarebbe stato impossibile.
“anche se...”
Fissai Chirone.
“anche se...?” avevo quasi paura di sperare.
“una situazione per non farti allontanare e farti fare un apprendistato ci sarebbe”.
Ero salva. 

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Capitolo 7
*** quando la voglia di uccidere chiama non può essere ignorata ***


SPAZIO AUTRICE:
ciao a tutti... questo capitolo l’ho scritto in pochissimo per i miei standard, spero piaccia... finalmente il CADEIT e il “Time al rogo” avranno pane per i loro denti...
vorrei ringraziarvi tutti nome e cognome per le rec e per aver aggiunto tra le seguite, ricordate e preferite, ma cavolo, siete tanti!
Spero vi piaccia anche se la prima parte è incasinata.
Buona lettura
piccolalettrice
 
 
 
6- quando la voglia di uccidere chiama non può essere ignorata.
 
 “Percy non accuserebbe mai qualcuno così per così!” dissi
“Luke... Percy crede che David stia cercando di prendere  il suo posto o che so io, sarebbe tipico di lui andare a chiedere spiegazioni in modo un po’ sgarbato” mi disse Annabeth, come se fosse una cosa ragionevole.
Avevo preso da parte Talia, Annabeth e Grover per spiegare loro cosa credevo fosse successo. Non mi sarei mai aspettato che succedesse quello che stava succedendo: Talia, dalla mia parte e fin qui nulla di strano), ma Grover e Annabeth che... si schieravano con Time; non in modo radicale, è vero, ma lo difendevano smontando le mie accuse.
La versione di Time era che Percy l’avesse preso da parte e avesse iniziato a urlargli contro, accusandolo di aver rubato qualcosa, poi aveva iniziato a fare il pazzo, sbraitando e dimenandosi, per, in fine, accasciarsi a terra, privo di sensi, tutto in stile “esorcista”.
Non gli credevo. Ero uno dei pochi che non gli credeva.
Tutto il campo, dopo aver sentito la versione di David, andava contro a Percy, il suo migliore amico e la sua ragazza compresi, senza nemmeno sentire la sua versione... che cosa idiota...
Credevano che fosse pazzo, che fosse geloso, che dopo il secondo collasso, ormai aveva perso la testa. Non era così, ne ero certo.
“aprite gli occhi, ragazzi! Vi sto dicendo che Crono aveva intenzione di...”
“oh, Luke... come può essere lui?” mi interruppe la figlia di Atena.
“solo perché gli è capitato di trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato non vuol dire che sa il figlio del demonio!”
“Grover, sono sicuro che sia lui!”
“dei immortali, ma devi sempre cercare di seminar zizzania dappertutto?!Sei peggio di Eris!”
“la pensate così? Credevo che fossimo amici, ormai! Come potete venirmi contro così?!”
“Luke, non voglio litigare...”
“io sì, Annabeth! Quello che c’è lì” indicai l’infermeria “è Percy, il ragazzo che ami, voglio sperare, e qui ci sono io, una persona fidata che ti sta dicendo qual è la causa di tutti i problemi del tuo ragazzo... perché non sei a spaccare la testa a Time?!”
“Luke...”
“te lo dico io! Sei cambiata, quel Time ti ha infettata!”
“ma come cavolo ti perm...?”
“ragionaci! Quello sta prendendo per il culo tutti quanti, qui!”
“non hai basi per accusarlo così, non ne hai... quindi risparmiati le tue congetture idiote!”
“sei tu l’idiota, come fai ad essere così cieca?!”
“dei divini,  ma la finisci?! Non so perché ce l’hai tanto con quel povero ragazzo, te la stai prendendo con lui senza motivo, come può essere figlio di Crono?! È impossibile!”
Non ci vedevo più dalla rabbia, girai sui tacci e me ne andai, prima che la mia testa calda avesse la meglio e riducesse quella figlia di Atena in pezzettini.
Com’era possibile che lei, propio lei, difendesse la persona che stava causando tutti quei problemi a Percy?
Non voleva capire, non c’era nulla da fare... chissà come l’avrebbe presa Percy, quando fosse venuto a sapere quello che pensavo.
“Luke...” mi voltai, non mi ero nemmeno reso conto che Talia mi aveva seguito.
“che vuoi? Sei venuta a darmi dell’idiota anche tu?!”
Sapevo di non dover fare così, per quanto ne sapevo lei era dalla mia parte, ma avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno.
Lei ignorò il mio commento.
“ sei davvero sicuro di quello che hai detto?”
“si, diamine! Ti ho detto che ho sentito Crono che ne parlava con le mie orecchie!”
“la situazione è grave”
“e grazie! Sono ore che tento di dirlo!”
“e smettila di fare l’esaltato, piuttosto... dobbiamo parlarne a Chirone”.
“NO!”
Mi fissò, basita.
“no?”
“non posso! Già Annabeth e Grover pensano che mi stia inventando tutto, Chirone cosa può pensare?”
“capirà che dici la verità”
“no, Talia, lo sappiamo tutti e due... qui c’è gente che mi considera un traditore fatto e finito, come credi che reagirebbe? Ogni cosa che dico non viene presa in considerazione nemmeno con i miei fratelli!”
Ci pensò su un secondo.
“dirò che il ragionamento è mio”
“si, perché eri la serva più fedele di Crono tu, vero?”
“ero un’arma... si suppone che io sia stata abbastanza in confidenza con Mr. Voglio Polverizzare L’Olimpo”
Ma non riusciva davvero a capire?
“ascolta, se tu facessi così diventeresti come me, un relitto, una traditrice...”
“e lo sono...” mi interruppe
“se lo sei gli altri non ti giudicano tale, tu sei una persona fidata che ha avuto un crollo e ha cambiato fazione, io sono l’idiota viscido che ha tradito i suoi” la bloccai a mia volta.
“parliamone con Percy... insieme vedremo cosa fare”
“è l’unica soluzione”
Rimanemmo in silenzio, al limitare del bosco, immobili.
“Luke?”
“dimmi”
“volevo dirti che... qualunque cosa succeda, non sei solo...”
La fissai.
“ci sono io” continuò.
Ed ecco quella sensazione, quella calda, che veniva fuori solo quando io e Talia avevamo quei momenti insieme, quella che mi ricordava quanto lei fosse una parte di me, la parte più importante di me.
“grazie” le sorrisi.
 
POV
 
Camminavo svelta verso la capanna di Hermes.
Avevo bisogno di spiegazioni.
Non riuscivo a credere alle parole di Luke, non ostante sapessi che ormai potevo chiamarlo amico. Non era possibile che quel ragazzo che mi stava tanto  a cuore fosse una cosa così... abominevole.
Non poteva davvero essere così.
“DAVID!” urlai quando giunsi davanti alla grand casa marrone.
Una figlia di Hermes dall’aria scocciata si affacciò dalla porta.
“Cerchi David?”
“non si era capito?!” feci, minacciosa
“ehi, datti una calmata... Credo sia andato al lago”
Mi voltai senza degnarla più di uno sguardo.
“ehi, puoi anche dire grazie!” mi urlò dietro, le feci un gesto non molto carino che comprendeva il dito medio... ok, forse ero un po’ scortese, ma cavolo stavo morendo per colpa dei dubbi che mi assillavano, dovevo sentirmi dire che lui non c’entrava nulla, dovevo davvero.
Raggiunsi il lago a tutta velocità, lo trovai vicino alla riva, quasi nell’esatto punto dove mi ero fermata con Percy.
“David!”
“Annabeth”
“David, devo parlarti” dissi, ansimante per la corsa.
“dimmi tutto” disse con un’espressione confusa, facendomi segno di sedermi accanto a lui.
Mi sedetti, ma subito dopo mi rialzai, la mia iperattività si faceva sentire.
“ti senti bene?” chiese
Lo fissai. Mi guardava con espressione ansiosa, i tratti un po’ spigolosi corrugati in un’espressione preoccupata e gli occhi neri che contrastavano con la pelle così candida.
Sospirai.
Luke non poteva avere ragione, non poteva proprio.
“Annabeth, dimmi cosa c’è, mi stai facendo preoccupare”
Mi risedetti accanto a lui e lo fissai negli occhi
“David, sii sincero, tu c’entri qualcosa con quello che è successo a Percy?”
Mi fissò, il silenzio sembrò durare ore.
“ti prego, dimmi che mi sto sbagliando”
Altro silenzio. Avevo bisogno di sentirmi dire che non era vero... non sapevo spiegarmi il perché, ma ero affezionata a quel ragazzo.
Avevo imparato a conoscerlo, a capirlo e mi piaceva, lo trovavo piacevole e affascinante, intelligente ed emblematico.
Strano, in senso buono, però.
Fissava il lago con quegli occhi neri e duri, sembrava indeciso, combattuto.
E se Luke avesse avuto ragione?
“David...?” negli occhi un baluginio di comprensione.
“lo sapevo” sussurrò
“lo... che stai dicendo?”
“lo sapevo, lo sapevo”
“Sapevi cosa?”
“ci è riuscito... sapevo che ci sarebbe riuscito” si alzò e si avvicinò ad un albero, prendendolo a pugni, non era un bello spettacolo.
“di che stai parlando?, David, mi fai paura”
“tu... io lo sapevo!”
“David, cosa sapevi?” mi alzai e lo raggiunsi, prendendogli il polso per fermarlo.
“ci è riuscito... lui sta tentando di metterti contro di me!”
“lui?”
“il tuo amichetto, Percy... vuole separarmi da te”
Lo disse in un modo strano, digrignando i denti, con un fare possessivo che quasi mi spaventò.
“Percy?”
“sì... si è inventato questa... questa idiozia per farti allontanare...”
“Lui? No, non può esserne capace”“mi fissò inarcando un sopracciglio, ironico.
Anche se i fatti parlavano da soli... era geloso, lo aveva anche ammesso, ma da lì a mentire a quel modo... Percy non era il tipo...
“quindi tu non c’entri nulla con...?”
“no, Annabeth!... vedi? Ti ha messo contro di me!”
Si risedette, prendendosi il viso tra le mani, mi sembrò anche di sentire un singhiozzo.
mi inginocchiai al suo fianco e gli strinsi una spalla.
“non mi ha messo contro di te, noi siamo amici, gli farò capire che ha sbagliato...” gli tolsi le mani dalla faccia “non riuscirà a separarci”
Oh, dei, così suonava da schifo! Sembrava che... fossimo chissà cosa, quando non era vero... era un amico per me, non avrei mai tradito Percy, mai.
Ma lui non la pensava così: fissò un punto sopra la mia spalla, poi con un gesto scattante, mi cinse la nuca con una presa ferrea e posò bruscamente le labbra sulle mie.
 
POV- nel frattempo...
 
“Che cosa?!” esclamai mettendomi seduto di scatto.
“Time è un semi-titano, figlio di Crono... lui... è nato da un’umana, Crono ha velocizzato i tempi della gravidanza e della crescita con i suoi poteri sul tempo, addestrandolo come credeva... è lui la causa di tutti gli attacchi”
Lo fissai sbalordito.
 Se diceva la verità eravamo in pericolo. Se diceva la verità allora tutti i miei attacchi erano colpa sua. Se diceva la verità Talia aveva fatto bene a fare quello che aveva fatto. Se diceva la verità voleva dire che eravamo stati traditi di nuovo.  Se diceva la verità tutte le cose successe negli ultimi tempi avevano trovato un’unica spiegazione: lui.
“IO LO AMMAZZO!” mi alzai di scatto, facendo scattare Vortice.
“Percy, non credo sia... dobbiamo aspettare... parlarne con Chirone...”
“IO LO UCCIDO!”
Corsi fuori come una furia ignorando le ninfe che si occupavano dei feriti e minacciando chiunque si mettesse tra me e la capanna marrone di Hermes.
“TIME!” urlai quasi sfondando la porta, Luke e Talia mi stavano dietro, senza capire bene cosa fare, immaginai.
Una ragazza aprì la porta.
“ma che avete tutti oggi con David, nemmeno fosse una pop-star...” si zittì guardando la mia espressione.
“dov’è quel... dov’è Time?” le chiesi, con le mani tremanti.
“perché lo vuoi sapere?”
Devo spaccargli la faccia
“devo parlargli”
“è... al lago, credo...”
Mi voltai e corsi come una furia verso il lago, un manipolo di curiosi mi seguiva, io correvo con il solo desiderio di staccargli la testa.
Arrivai davanti al punto in cui io e Annabeth ci eravamo fermati l’ultima volta, accecato dalla rabbia.
Mi sembrò di vedere noi due lì, intenti a baciarci, com’era successo il giorno prima.
-aspetta un secondo- mi dissi – ma quello non sono io-
 Mi cadde la mascella.
Quella era Annabeth, senza dubbio, ma la mano che le teneva la nuca non era la mia, le labbra che sfioravano le sue non erano le mie, quegli occhi neri e vuoti che sapevo si celavano sotto le palpebre chiuse non erano i miei.
Annabeth si staccò, indietreggiando e fissando quell’abominio, poi si voltò verso di me.
Gli occhi le si spalancarono. Vidi le labbra sillabare il mio nome.
Io fissai Time.
Tutti coloro che mi avevano seguito trattenevano il respiro.
“IO TI AMMAZZO!”
Non ci vidi più dalla rabbia e non risposi più delle mie azioni.
 


 

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Capitolo 8
*** con la pioggia è iniziata e con la pioggia è finita ***


SPAZIO AUTRICE:
eccomi qui. Questo capitolo è cortissimo, ma davvero pieno di... di un sacco di cose.
Non voglio dire altro se non che a scriverlo sono quasi caduta in depressione, in più con ‘sto mal di stomaco...
Comunque spero vi piaccia.
Ripeto, scusate se è corto, ma volevo una parte solo dedicata a loro.
Grazie a tutti
Buona lettura
piccolalettrice
 
7- con la pioggia è iniziata e con la pioggia è finita.
 
 
Mi avventai su Time.
Persi la condizione del tempo e dello spazio, c’ero solo io e quella faccia strafottente davanti a me.
Lo buttai a terra con un calcio nello stomaco e gli misi un ginocchio sul petto per tenerlo fermo e fare in modo che quel sorrisetto idiota gli si cancellasse dalla faccia.
Non contai dopo quanti pugni gli apparirono i primi segni o dopo quanto il naso iniziò a sanguinare, ma la mia rabbia alimentava i colpi.
Intorno a me percepivo vagamente gli sguardi di tutti i ragazzi del campo. Non appena tentavano di avvicinarsi la terra tremava e le onde li investivano. Ero io. Era la mia rabbia.
Non ricordo come e quando quel mostro schifoso perse i sensi, ma proprio mentre mi preparavo per tirargli l’ennesimo pugno che l’avrebbe steso definitivamente percepii un movimento ai margini del mio campo visivo che il tremore della terra e le onde non fermarono. Annabeth.
Mi fermò il braccio a pochi centimetri dal viso privo di sensi di Time.
Al contatto con la sua pelle percepii una scossa e la terra vibrò leggermente.
Alzai lo sguardo lentamente e lei... distolse il suo.
La fissai.
La cosa peggiore fu non vederle alzare la testa,non degnarmi di uno sguardo.
In quel momento la lucidità tornò a farsi sentire.
Ad un tratto seppi come tutta quella gente mi considerava, sapevo come lei mi considerava.
Per loro non ero niente di più che un pazzo, lo avevano creduto dal primo svenimento, questa era la conferma. Stavo facendo il suo gioco.
Guardai quegli occhi grigi ancora per un secondo poi sottrassi bruscamente la mano alla sua presa e me ne andai, a testa alta.
Tra i semidei si aprì un varco.
Io tenevo lo sguardo alto, attento a non incrociare gli occhi di nessuno.
Quando fui abbastanza lontano iniziai a correre.
 
POV
 
Iniziò a piovere.
Al campo iniziò a piovere.
Immaginai che fosse stata Talia ad eludere così le difese del Vello, ma non me ne curai.
Ero rimasta immobile sotto la pioggia, in ginocchio.
Pian piano tutti i ragazzi del campo se ne erano andati, Chirone si era assicurato che David non fosse completamente morto e lo aveva fatto portare in infermeria.
David.
Non so cosa mi fosse preso. Non lo sapevo davvero. Solo, ad un certo punto mi ero ritrovata le sue labbra sulle mie e... e... avevo risposto al bacio.
Non sapevo perché l’avevo fatto. ne ero innamorata?
 No. non lo ero.
Il mio cuore batteva per un’altra persona.
Ma avevo davvero a cuore David, come amico, ma mi stava pur sempre a cuore.
Forse quel suo strano modo di sapere tutto di tutti  mi aveva affascinata. Sì, era probabile.
O forse erano state tutte quelle sensazioni forti e poco piacevoli di quei giorni che davanti ad una dichiarazione d’affetto così immediata e spensierata mi avevano fatto cedere.
Da figlia di Atena quale ero credetti che quella fosse la spiegazione migliore.
Dovevo spiegarmi a Percy, dovevo. Io avevo bisogno di lui.
Mi alzai, a fatica, avevo i capelli zuppi d’acqua e i vestiti bagnati.
Mi trascinai come uno zombie dove sapevo di trovarlo.
Pensavo a cosa dire, a cosa fare, ma niente poteva giustificare quello che avevo fatto.
Arrivai sulla spiaggia e lo vidi, in piedi in mezzo alla battigia, i pugni stretti, macchiati di rosso e il viso rivolto al mare.
Rimasi immobile:-e adesso?-
Mi avvicinai e quando fui ad almeno tre passi da lui si girò.
Abbassai lo sguardo di nuovo.
Ma cosa ci facevo lì? Non era già abbastanza brutta la situazione? Cosa volevo sentirmi dire? Che ero stata... non trovavo nemmeno le parole.
Passarono pochi secondi che mi parvero ore, poi si voltò e fece per andarsene.
“Percy” sussurrai. Lui  non si voltò.
Mi feci avanti e lo sfiorai. Avevo la sensazione che se se ne fosse andato adesso non sarebbe più tornato indietro.
Appena lo sfiorai le onde dietro di noi divennero burrascose. se lui provava qualcosa non lo dava a vedere. Lo conoscevo abbastanza per dire che dentro aveva una tempesta.
Non si voltò nemmeno quando tentai di sussurrare un “mi dispiace”.
Fece per andarsene.
No, non doveva fare un altro passo.
“Percy, ti prego....!” gli urlai.
Si voltò fino a fissare la gelida furia dei suoi occhi nei miei, io non abbassai lo sguardo e gli lasciai leggere tutto quello che avevo dentro.
“Cosa-dovrei- fare?!” scandì, a bassa voce, con un tono minaccioso.
Rimasi basita, non credevo che avesse potuto parlare a me così.
“io... ti prego... non volevo...”
“non volevi?! NON VOLEVI COSA?!”
“Percy...”
“Cosa Annabeth?!... non volevi cosa?! Tradirmi?! Voltarmi le spalle nonostante mi avessi promesso che saresti rimasta con me sempre e comunque?!”
Sentii le lacrime bagnarmi le guancie
“io...”
“sai, per un momento mi sono aggrappato alle tue parole...”
“Percy, davv....”
“tu eri una delle poche cose che credevo sicure...”
“ti prego, io...”
“credevo saresti stata con me!”
“io...”
“io andavo avanti per te!”
“io...”
“TU COSA?!”
“io... io ti...”
“non dirlo... non dire quelle parole!”
Mi si era fatto vicino, intravedevo la pazzia nei suoi occhi, la furia cieca che prima aveva celato ora traboccava da ogni poro, le onde si alzavano sempre di più dietro di noi. In quel momento ebbi paura davvero.
“sei come tutti gli altri” sputò tra i denti.
Si girò e si incamminò verso il campo.
“ti prego.. Percy, ti prego... non...” gli presi un braccio.
Con uno strattone si allontanò.
“sotto la pioggia è iniziata e sotto la pioggia è finita, strano, eh?” chiese in tono gelido.
fi-finita?
Se ne andò a grandi passi e presto divenne un puntino lontano.
Vedevo solo quel puntino allontanarsi sempre di più dalla battigia, dalla pioggia, dalle mie lacrime, da me e da ciò che significavo per lui. 

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Capitolo 9
*** le streghe giganti non sono poi tanto male e i tizi pallidi lo sono sempre di più ***


SPAZIO AUTRICE:
ciao a tutti! Mi dispiace per aver postato così in ritardo, ma tra i compiti, e un paio di chiarimenti con la mia migliore amica non ho avuto molto tempo di scrivere e questo capitolo fa pure un po’ schifo... cercherò di farmi perdonare con gli altri.
Il capitolo è di transizione, ma ci sono due scene che fanno da “incipit” al loro sviluppo e non credo di averli espressi bene, ma mi era quasi venuta una crisi da pagina bianca e ho scritto quello che mi è venuto.
Spero che lo apprezziate almeno un pochino.
Buona lettura
Grazie a tutti per le rec e per aver seguito, preferito e ricordato.
piccolalettrice
 
8- le streghe giganti non sono poi tanto male e i tizi pallidi lo sono sempre di più
 
 
 
Quel giorno ci eravamo appostati in una zona poco popolata dai ragazzi del campo, vicino al limitare del bosco, per evitare le solite occhiate alla “guarda che gruppo di matti” che ormai ci seguivano dovunque.
E difatti eravamo praticamente da soli.
“ok, adesso dobbiamo pensare a cosa fare” dissi provando a prendere le redini della situazione.
“no, non l’avevo capito” fece Percy, ironico, lo lasciai perdere e continuai:
“allora, sappiamo che Time è il figlio di Crono e che vuole rendere la vita di Percy uno schifo per motivi oscuri”
“sì” disse poco convinto il figlio di Hermes “ anche se motivi oscuri, non mi sembra una giustificazione...”
“oh, che noia che sei” gli feci la linguaccia.
“sappiamo anche che è lui che mi fa venire quegli attacchi” disse Percy con la luce assassina negli occhi che lo accompagnava sempre quando parlava di Time.
“c’è anche quello, vero... ma... mi chiedo come cavolo faccia a farti venire quei collassi però” dissi
“avrà preso qualche potere dal padre...” ci voltammo verso Luke per chiedere conferma.
“diciamo che tra le molteplici qualità di Crono non c’è il far svenire  la gente, torturarla in modo che svenga sì, ma non farla svenire e punto.”
“sono sicuro che sia lui... l’ultima volta...” iniziò scaldandosi il figlio di Poseidone.
“si, sappiamo com’è andata e ti crediamo è solo che non sappiamo come abbia fatto” disse Luke.
Percy annuì e tornò ai suoi pensieri, doveva capire che eravamo dalla sua parte e smetterla di venirci contro.
“poi, sappiamo che Crono è anche debole e che i resti che abbiamo messo nella bara sono al Tartaro di nuovo...”
“ma come fa ad essere debole e a fare tutti quei giochetti del tipo far crescere suo figlio in pochi minuti?”
“e poi non tutti i pezzi sono al Tartaro... il pezzo che mi ha colpito...”
“e per quanto ne sappiamo potrebbe avere degli alleati nuovi o aver salvato qualcuno dei vecchi...”
“e...”
“calma! Mi scoppia la testa!” dissi, il mio deficit dell’attenzione tornò a farsi sentire, nemmeno fossimo a scuola, e non c’era nemmeno Annabeth che con la sua presenza ti permetteva di divagare con la mente!
 Luke ridacchiò biascicando qualcosa tipo “l’intelligenza non è tra le tue qualità”, io gli tirai una sberla giocosa sulla nuca, stava per rispondere alla provocazione che Percy disse:
“dovete per forza fare così davanti a me?” lo fissammo
“così come?”
“i...gli sdolcinati, ecco.”
Sdolcinati? Mi ricordai in quel momento che forse descrivere un quadretto così giocoso\carino\complice tra me e Luke in quella situazione e con “Percy Ho-appena-mollato-la-mia-ragazza-ma-non-avrei-voluto Jackson” davanti non era proprio il massimo.
“scusa, amico” fece Luke “torniamo a noi... lasciamo perdere il punto della situazione e pensiamo a come agire”
“se non sappiamo i suoi piani non possiamo agire” dissi
“alcune cose basi da fare ci sono...”
“del tipo?”
“ehm...”
“Ann... i figli di Atena saprebbero cosa fare” disse Percy
Sapevamo cosa stava per dire e cosa quell’affermazione significava.
“scusa, ma perché l’hai mollata se ti manca così?” chiese Luke
“a che ti riferisci?” faceva anche il finto tonto.
“perché hai mollato Annabeth se ti manca?” ripetè
“non mi manca!” per fortuna si rese conto di quanto enorme fosse la cavolata che aveva sparato e proseguì, sospirando:“sai com’è, mi ha tradito, mi ha abbandonato e mi ha deluso profondamente... basta?”
“potevi farle una scenata ma non mollarla se ci tenevi...”
“così...”
“ragazzi! Potete parlarne anche dopo, no? adesso concentriamoci sull’idealizzazione del piano, poi affronteremo la love story di Testa d’ Alghe”.
Alzarono gli occhi ali cielo, scocciati, e tornammo a concentrarci, per quanto a noi fosse possibile, anche se notavo che Percy, non era molto propenso... evidentemente elaborare strategie così gli ricordava una certa persona.
“dicevamo...” ripresi “ Luke, cosa dovremmo fare come “base””? mi mai le virgolette all’ultima parola.
“bè... innanzi tutto...trovare degli alleati, mi sembra ovvio... quelli servono sempre e magari eviteremmo di apparire pazzi agli occhi di tutti se abbiamo una squadra di opposizione, no?”
“allora... chi proponete voi?” chiesi
“uhm, credo che Grover e Ann... che Grover sia da escludere” disse Percy,“anche lui ha ceduto al fascino di Time”
“con gli occhi viola e il naso gonfio, non avrà conservato molto fascino”
Ok, almeno gli avevo tirato fuori un sorriso appena accennato, più compiaciuto che divertito, ma pur sempre un sorriso.
“va bene, niente capretta, altri?”
Luke scosse la testa e Percy alzò le spalle.
“Bekendorf?” fece poi il figlio di Hermes.
“ha costruito un fodero per Time e se l’è fatto amico”
“qualcuno della tua casa, Luke?” domandai “lì di solito non si fanno abbindolare tanto facilmente...”
“dopo la scenetta di Percy, credono che anche io sia pazzo, oltre che un  traditore, perché sto con lui... l’altra volta mi sono ritrovato una biscia nel letto, chi credi che ce l’abbia messa?”
“ok, tutti i figli di Hermes sono fuori...”
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, feci vagare lo sguardo fino a fissare Luke, corrugato in un’espressione pensosa, ad un tratto uno strano scintillio gli apparve negli occhi:
“forse...” mi illuminai anch’io nel vederlo così “ma sì! Perché non ci ho pensato prima?”.
“che?” fece Percy
“ho trovato qualcuno che ci potrebbe aiutare... venite!” disse correndo verso le capanne.
“di chi parli?” gli urlammo dietro
“aspettate e vedrete!”
Lo seguimmo scambiandoci un’occhiata dubbiosa.
 
“non vorrai mica...?” chiesi indicando la casa davanti a me.
Da dentro proveniva il rumore di una rissa, e la testa del cinghiale lì in alto mi fissava come se volesse scorticarmi viva.
“non è che hai sbagliato casa, Luke?” fece Percy.
“no, è quella giusta” disse sicuro e poi si avvicinò.
Io e Percy ci scambiammo l’ennesima occhiata significativa, forse il pazzo era Luke dopotutto...
Dopo numerosi strilli e minacce di morte dalla porta uscì una ragazzona corpulenta dai capelli a spaghetto marroni.
“Clarisse, ti puoi spostare, così vedo chi è venuto a chiamare Luke” disse Percy, lei ci lanciò un’occhiataccia con quei suoi occhi porcini e si rivolse al ragazzo accanto a me:
“cosa vuoi, traditore?”
“una mano” subito al sodo, e bravo il mio Luke.
“a fare che?”
“ci servono alleati”
“alleati?” fece  Clarisse strafottente.
“sì... contro Time”
“fare parte della vostra combriccola di sfigati con idee sfigate?  Ma fammi il piacere!... perché sprecate il vostro tempo con me, poi?”
Lui le si avvicinò all’orecchio ed io mi feci più vicina per ascoltare quei bisbigli.
“so che vuoi vendetta” disse solo.
Gli occhi della figlia di Ares si illuminarono.
“vuoi... vuoi dire che non è tutta una finzione?”
“sì”
Fece un passo indietro, impressionata e passò lo sguardo su Luke, con una sorta di rispetto, e poi guardò me e Percy con la stessa espressione; molto strano...
“ci sto”. Disse solo.
Ok, ci doveva essere sotto qualcosa.

POV
 
-Non mi importa, non mi importa e non mi importa.-
Ripetei quel mio mantra per l’ennesima volta, tentando di ignorare le occhiate di alcune figlie di Afrodite.
Sapevo cosa si sussurravano: guarda Annabeth Chase, la povera sfigata che ha tradito il ragazzo e che ora è rimasta praticamente da sola perché ai suoi amici non gliene importa un fico secco di lei.
Era così per tutti, lo pensavano tutti.
I più maligni dicevano che ero stata un po’ una... diciamo che mi affibbiavano l’ultima parte dell’ appellativo di Elena di Troia.
Ma non me ne importava, non me ne importava e non me ne importava.
I miei fratelli evitavano di farsi sorprendere a parlare di me, forse perché ero la loro capogruppo o forse perché li avrei potuti polverizzare tutti in qualsiasi disciplina, ma lo facevano e appena potevano mantenevano le distanze come se avessi la lebbra.
Stavo mostrando delle tecniche di disarmo ad alcuni novellini di loro, che si lanciavano occhiate dense di significato ogni volta che credevano non stessi guardando.
Quando la sessione di allenamento finì mi sedetti sotto un albero, come sempre sola (anche perché Grover, l’unico che mi stesse vicino era a fare un servizietto, non so di che tipo, al signor D. o a Chirone), pensando a quello che dovevo fare da un po’ e che continuavo a  rimandare.
Avevo pianificato tutto e sapevo cosa dire e come comportarmi, sarebbe stato un taglio netto... ma avevo paura di una sua reazione spropositata, non tanto violenta (a quella avrei saputo tener testa) quanto al fatto che avrebbe potuto scoppiare in lacrime, lasciando via libera al mio lato compassionevole.
Ma mi dissi che dovevo andare, così mi alzai, misi nel fodero la spada e mi avviai verso l’infermeria.
Arrivai fino all’entrata, ma vidi il letto che David avrebbe dovuto occupare vuoto.
Fermai un figlio di Hermes che faceva il turno:
“ma David dov’è?”
Lui cercò di non guardarmi con sufficienza come facevano tutti e rispose:
“dimesso stamattina, credo sia alla capanna undici”
Lo ringraziai brevemente e me ne andai alla svelta verso la capanna.
Quando fui davanti feci per chiamarlo, ma non volevo attirare ancora di più l’attenzione, e trovando la porta aperta entrai.
Dentro era come sempre un’accozzaglia di letti e oggetti personali che poi diventavano di bene comune, dato che quei tizi erano capaci di rovistarti nelle tasche al tuo primo momento di distrazione.
Saltai tra un sacco a pelo e una brandina, ma di David neppure l’ombra, passai davanti al bagno della casa, e sentii una voce, quella di lui, provenire da dietro la porta. Feci per bussare, ma colsi un frammento del discorso e mi misi ad ascoltare.
“no... ancora una settimana... ha ancora qualcuno dalla sua...”
“NON C’è TEMPO!” disse una voce bassissima e sibilante, che avevo già sentito.
“mi serve del tempo, vi imploro, di darmi altro tempo...” disse David con voce  sottomessa
“tre giorni... non di più... devi organizzare tutto per tre giorni”
“padre, vi prego... non bastano...” ... padre? Ma David era indeterminato...
“fatteli bastare o subirai la mia ira!”
Questa volta alla voce si accompagnò un rumore metallico e un lieve gemito.
“spero di essere stato chiaro... devo avere il figlio di Poseidone il prima possibile... e poi i mostri sono impazienti di sbranare qualche semidio...”
 Figlio di Poseidone? Mostri?
Barcollai e sbattei il ginocchio contro la rete di un letto.
“cos’ era?!” chiese la voce.
Sentii dei passi. Calcolai velocemente il percorso fino alla porta e mi ci fiondai, anche se sapevo bene che mi aveva visto.
Dovevo avvisare Percy.
 
 
  

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Capitolo 10
*** un vecchio amico ritorna e un'altra torna in sè ***


SPAZIO AUTRICE:
eccomi qui, ho fatto in fretta  a scrivere questo cap, contando che è abbastanza lungo e che mia mamma mi ha trascinato a vedere pavimenti per la casa nuova tutto il pomeriggio-.-
comunque... trovare un nome a questo cap è stata un’impresa degna dei nostri eroi preferiti e infatti fa un po’ schifo, ma apparte questo devo dire che questo cap soddisferà in parte le esigenze di chi tifa per i Lukia.
Poi c’è l’arrivo di un nuovo\vecchio personaggio, che mi è anche stato richiesto da tanta gente... di solito le sorprese le metto alla fine del cap, ma in questo caso ho dovuto cambiare un po’, in quanto la fine lascia comunque suspance, credo...
Spero che vi piaccia perché nelle revisioni l’ho modificato un’infinità di volte...
Devo dire che l’ultimo POV sarebbe stato meglio metterlo al posto del secondo ma volevo che chiudesse il cap...
Buona lettura
Piccolalettrice
Ps. Grazie a tutti, vvb!
 
9-  un vecchio amico ritorna e un’altra torna in sé
 
“Percy!”
Mi girai di scatto, Annabeth mi correva incontro, con una strana espressione negli occhi.
Nel vederla avvicinarsi così, con quello sguardo, con quell’ansia nei movimenti quasi mi dimenticai di tutto quello che mi aveva fatto e, per un momento, ebbi la voglia di superare quei pochi passi che ci dividevano e far tornare tutto come prima. Ma ho detto quasi.
Nella mia testa tornò quell’immagine che da quando era successo tutto popolava i miei sogni; lei e Time, in riva al lago.
Mi voltai di scatto ignorandola e tornai a parlare con Clarisse, Luke e Talia.
“Percy!” feci per voltarmi un’altra volta, interdetto se ignorarla o sbraitarle contro, ma quando mi voltai vidi dietro di lei apparire un Grover saltellante che passeggiava con un tipo alto ed enorme, dai denti storti e... un solo occhio.
“Annabeth!” urlò quel tipo, sollevandola da dietro e stringendola in un abbraccio che la sollevò di mezzo metro da terra.
“Tyson? Che... che ci fai qui?” chiese impressionata quando il mio Campione la lasciò andare.
“Tyson?” chiesi guardandolo.
“Percy!” disse attraversando i pochi metri che ci dividevano con due passi per stritolarmi.
“A Tyson è mancato tanto Percy!” disse mentre le mie costole imploravano pietà.
“ehi, Campione, vacci piano!” gli urlai e lui mi mollò, per poi mettersi a saltellare sul posto come un bambino felice.
Guardai appena dietro di lui, Annabeth era sparita, volatilizzata. Mi parve strano ma lasciai perdere.
“Tyson” dissi tornando a concentrarmi su mio fratello “che ci fai qui?”
“ Papà ha detto che Tyson doveva venire da Percy perché  l’uomo-pony ha detto a papà che Percy era tanto triste e che aveva picchiato qualcuno”
Ma come viaggiavano in fretta le notizie.
“ma Percy non ha picchiato nessuno, vero? Percy non picchia i buoni, lui picchia i cattivi” disse convinto.
A Luke scappò un risolino.
“Percy!” disse Tyson fissando il figlio di Hermes: “ ma lui è il cattivo che voleva fare la bua a Tyson e a Percy e a Annabeth!”
Il ciclope ringhiò e con una manata sbattè a terra Luke.
“no! Tyson, lui è... uhm, un bravo bambino!” urlai, mentre Luke si rialzava, Tyson si metteva in guardia come un’imitazione di serie B di Rocky Balboa, Talia e Grover ridevano come dei matti e Clarisse si congedava borbottando che le avremmo rovinato la reputazione.
“Ma lui è cattivo!” disse convinto
“no, no! è bravo, fidati, ha chiesto scusa a tutti per quello che ha fatto e adesso è bravo!”
“Percy è sicuro?”
“si!”
Talia ormai si spanciava dalle risate, Grover belava come un dannato e Luke si massaggiava una spalla con aria torva e non più molto divertita.
“oh, allora Tyson chiede scusa all’amico-che-era-cattivo di Percy”
Disse abbracciando anche Luke, mi sembrava quasi di sentire le sue ossa chiedere l’intervento dell’ambulanza.
“Ma Percy cos’ha fatto in tutto questo tempo?” chiese poi
“oh, la lista è lunga” fece Grover, e iniziai a raccontare, censurando ovviamente la questione Annabeth, non ne volevo più sapere di lei, non volevo più averla come chiodo fisso in testa.
Ovviamente era facile solo a dirsi.
 
POV
 
Tyson voleva andare in riva al lago, così, dopo le presentazioni, io e Talia decidemmo di lasciare soli i due fratellini con il satiro per farli restare tra amici a chiacchierare, ovvero per restare da soli, anche se ne io ne lei lo avremmo mai ammesso.
Salutammo i tre mostriciattoli e ci appostammo sugli spalti del circuito delle bighe.
“a Percy serviva proprio un po’ di svago... devo dire che dopo la punizione delle arpie lo vedevo ancora più giù” dissi
“vero... tra il lavare i piatti tutte le sere,  i nostri piani idioti, Annabeth e tutta l’ansia che queste cose comportano non so come faccia a rimanere vivo”
“Secondo me ha sbagliato a lasciarla... in fondo quella ragazza è pazza di lui... ha solo sbagliato, il perdono va sempre concesso secondo me...” dissi. La questione di Annabeth mi lasciava interdetto... se Percy aveva perdonato me che stavo per uccidere Talia e anche lui stesso, perché non poteva perdonare Annabeth?
“bè... lei l’ha tradito davanti a tutto il campo e come se non bastasse gli è andata contro senza pudore... Annabeth è la mia migliore amica, ma quando fa le sue cavolate le fa per benino”
“bè sì, ma è pentita, e poi guarda Percy... è lui il primo che ci sta male”
“bè, si, ma ciò non sminuisce la gravità di quello che Annabeth ha combinato...”
“ma che almeno le facesse spiegare, magari Time le si è appiccicato con la forza... non li ho più visti insieme da quel giorno”
“boh, forse hai ragione... almeno con l’arrivo di Tyson Percy si distrarrà, senza contare il fatto che Grovvy è tornato a considerarlo...”
“Grovvy?”
“sì, è un nomignolo... carino, eh?”
“da quando dai nomignoli alle capre?!” chiesi
“non è una capra!”
“per metà lo è!”
Lei mi fissò con aria di chi la sa lunga, poi mi strizzò un guancia e disse:
“povero il mio Lukie, è geloso!”
“non sono geloso!”
Come potevo, io, essere geloso di un satiro?
“come no”
“io sono molto più bello, intelligente e simpatico del tuo Grovvy”
“e con un ego infinitamente più smisurato” aggiunse
“era una battuta? Non mi fa ridere”
“a me si” e mi sghignazzò a due centimetri dal naso.
“ma quanto sei idiota?” le dissi
“sicuramente sempre meno di te, Lukie”
“Lukie? Sembra il nome di un cane”
“ehi, se non ti piace non lamentarti perché do nomignoli alle capre e non a te!”
“allora ammetti che sia una capra!”
Lei alzò gli occhi al cielo e sillabò la parola “deficiente”, sghignazzando.
“non ridi così tanto durante le lezioni con Chirone, vero?” le chiesi, spostando il discorso sul suo “tirocinio”.
“oh, non voglio parlarne, quel centauro è peggio di un SS con la sindrome premestruale”.
Ridacchiai, in effetti Chirone non era proprio un agnellino...
“comunque no ho molto da imparare” proseguì “insomma un paio di tecniche segrete e il modo di spiegarle agli altri, tutto qui”
“non ti ci vedo a fare l’allenatrice di eroi, circondata dai marmocchi...” scossi la testa, già me la immaginavo mentre fulminava i suoi “studenti”.
“oh, nemmeno io mi ci vedo” disse
“e allora perché hai scelto proprio di diventare allenatrice?”
“oh... ehm...” si morse il labbro “perché volevo... rimanere al campo, ecco”
Rimasi un po’ deluso, mi aspettavo che dicesse... bè non ha importanza.
“solo per quello?” chiesi, facendo finta che non mi importasse
“uh... bè, no... cioè si... si, solo per quello”
La guardai, di sottecchi. Aveva il viso rivolto al cielo (un po’ arrossato, come le capitava sempre quando stava con me) che era dello stesso azzurro limpido e perfetto dei suoi occhi, i capelli neri le si scompigliavano con la leggera brezza che soffiava, le lentiggini che aveva sul naso le davano l’aria di una bambina.
“ah...” sfoderai il mio miglior sorriso strafottente “ non l’hai fatto per restare vicina al tuo Grovvy?”
“potrebbe essere... per Grover o... per qualcun altro” disse posando lo sguardo su di me.
Mi avvicinai al suo volto e lei non indietreggiò.
“potrebbe essere stato per me?”
“ma che ego smisurato hai, Luke?”
“non hai risposto” mi feci ancora più vicino
“bè... l’ho perché volevo... guarda quella biga!” disse indietreggiando e indicando una biga che prendeva fuoco.
Sospirai, era inutile continuare con lei... anche se sapevo che era rimasta per me almeno quanto ero certo che il mio ego non fosse così esagerato come diceva lei.
 
 
POV
 Nel frattempo...
 
Qualcosa mi toppò la bocca e mi trascinò verso il bosco.
Una mano fredda e pallida mi teneva le braccia dietro la schiena in una morsa d’acciaio.
“mollami!” urlai tentando di sferrare un calcio all’indietro.
“cos’ hai sentito?!”
“lasciami, ho detto!”
“cos’hai sentito?! Rispondimi!” mi strattonò per un braccio.
La cosa più intelligente che mi venne da dire fu:” vai al Tartaro Time”
Cercai di prendere il pugnale che tenevo fissato alla cintura ma lui fu più veloce e mi piegò il braccio dietro la schiena, immobilizzandomi.
“lasciami!”
“ allora hai scoperto il mio piccolo segreto, Annabeth... devo dire che mi aspettavo ci arrivassi prima.”
Provai a tirargli un calcio ma lui mi diede uno strattone ed io mi ritrovai per terra con una spada alla gola.
“vuoi uccidermi?” gli ringhiai contro
“no, non credo... tanto so che non andrai in giro a parlare...”
Non voleva uccidermi?
“non puoi saperlo”
-brava, Annabeth così adesso ti infilza per benino, dovevi tenere la bocca chiusa- mi dissi
Fece uno strano gesto con la mano e pronunciò delle parole altrettanto strane, che sembravano molto più antiche persino del greco, poi sotto il movimento della sua mano apparve una specie di schermo nero.
“Guarda, Annabeth, cosa succederà se parli” disse sghignazzando con aria perfida.
Lo fissai, la pelle pallida, quasi malsana,gli occhi neri con quel luccichio malvagio e i tratti che prima mi erano sembrati quasi belli adesso erano aggrottati in un espressione mostruosa.
Distolsi gli occhi da lui e guardai quella specie di schermo fatto di una sorta di nebbiolina nera.
Dal nero iniziarono a definirsi i contorni di un’immagine, una casa, con un cortile soleggiato, fuori c’era un uomo con una donna, abbracciati: La mia matrigna e mio padre.
Fissai quell’immagine per un istante e capii in che modo mi stava ricattando.
“no!” urlai “se provi a toccarlo giuro che...”
“che cosa?” chiese in tono dolce e quindi ancora più minaccioso “lo dici ai tuoi amichetti? non ti guardano nemmeno in faccia e poi come se io, il grande cronide avessi paura di loro” rise sprezzante
“era tutto calcolato... hai fatto tutto per uccidere Percy... mi hai usata! Hai fatto in modo che tutti gli andassero contro per ucciderlo... sei solo un mostro!”
Alle mie parole il suo sguardo si fece ancora più rabbioso.
“no, non voglio ucciderlo... voglio portarlo da mio padre, da Crono...” mi fissò con uno sguardo indecifrabile.
 “non voglio ucciderti... ma sappi che se dirai qualcosa in giro il tuo caro padre...” non c’era bisogno che concludesse la frase.
 “ e non provare a fare la furba, i miei occhi sono dappertutto”
Mi tolse la spada dalla gola e si voltò.
Io sfilai il pugnale dalla cintura e mi fiondai contro di lui.
Con un gesto fulmineo si voltò  e in un istante mi puntò alla gola qualcosa di argentato: una falce.
“non fare la furba con me, figlia di Atena, o dovrò farti del male”
Come faceva a muoversi così velocemente? Ora mi sembrò chiaro che si fosse fatto picchiare da Percy solo per farlo passare dal torto. Che idiota che ero stata.
 Mi staccò l’arma dalla gola e se ne andò.
E adesso?
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 11
*** Annabeth da fondo al suo arsenale di strategie ***


SPAZIO AUTRICE:
good evening, guys! Oggi ho tante cose da comunicare... ma la prima è una bella strigliatina generale: ma le rec! Che fine hanno fatto quelle bellissime recensioni che adoravo leggere? Davvero ci sono rimasta male! * piange *
quindi per favore, recensite come facevate, perché i vostri pareri mi interessano sul serio... anche se so che questa fic è un po’ deboluccia confronto alla prima...
seconda cosa: questo cap è degno dei Promessi Sposi o della Divina Commedia per quanto riguarda la lunghezza... insomma 9 pagine!... apparte la lunghezza devo dire che non mi convince molto...
Terza cosa: sono curiosa... la mia prof. dice che scrivo come una più grande della mia età, io non ci credo e ho pensato di fare questo esperimento: secondo voi quanti anni posso avere io, basandovi su questa fic e su come scrivo? Secondo me non è poi tanto difficile capirlo...
RECENSITE, PER FAVORE!
Buona lunga lettura
piccolalettrice
 
10-  Annabeth da fondo al suo arsenale di strategie
 
Avere vicino il mio Campione era bellissimo.
Mi era mancato davvero tanto da quando se n’era andato. Era stato carino da parte di mio padre dirgli di venire.
Per rendergli grazie quella sera a cena bruciai una quantità molto generosa di pizza, a differenza delle quattro briciole che davo di solito... ehi, non giudicate, provate voi ad avere un padre che sembra dimenticarsi di voi ogni due per tre... fare un po’ gli spilorci con le offerte è d’obbligo.
Comunque sacrificai ben metà pizza e tornai a sedermi al tavolo con Tyson.
“domani Tyson va all’officina di Backendorf” annunciò tutto gongolante.
Stranamente il mio fratellone era stato accolto molto calorosamente da tutti, io ero felice di vedere che l’opinione pubblica aveva capito che bisognava superare le apparenze.
“certo, campione” dissi, anche se un po’ mi dispiaceva, perché voleva dire che Backendorf se lo sarebbe tenuto con sé almeno metà giornata.
“poi Tyson viene a giocare con Percy” promise
Gli sorrisi, quello si che era un amico che non mi avrebbe tradito. Quando aveva visto Time l’aveva subito inquadrato nel modo giusto, ovviamente io gli avevo spiegato che non era un tipo proprio raccomandabile e lui gli stava alla larga.
Si, lo so che avrei dovuto fornirgli la versione completa ma provate voi a spiegare ad un bambino di cinque anni che pesa poco più di duecento chili che c’è il figlio del demonio a due passi da lui, non era un’opzione praticabile.
“ma Percy ha litigato con Annabeth?” chiese ad un certo punto.
“uh... ehm...altra pizza?”
“Percy non ha risposto” disse servendosi comunque di un’altra dose non proprio piccola.
“uh, diciamo di sì, abbiamo litigato”
Il suo grande occhio divenne lucido
“Tyson non vuole che Percy e Annabeth litigano!”
“oh, su, non è poi una tragedia” anche se forse lo era, dopo tutto.
“ma perché Percy e Annabeth hanno litigato?”
-Diciamo che la tua amichetta Annabeth mi ha tradito\abbandonato\lasciato a me stesso quando avevo bisogno di lei-
“diciamo che... ha tifato per un’altra squadra”
Lui aggrottò il sopracciglio, pensieroso.
“ooh, Tyson ha capito”
-Bè, grazie tante di avermi ricordato quella bella storiella, Tyson!-
“ma Percy e Annabeth faranno pace, vero?”
Ahi, tasto dolente
“no” risposi risoluto.
non volevo dargli false speranze... anche se ero io il primo che un po’ ci aveva pensato a fare pace... ma l’immagine di lei con... era davvero troppo.
Un paio di lacrime grosse come palle da baseball scesero lungo le guancie di Tyson ed io mi pentii un po’ di essere stato così duro.
“su, non piangere, Tyson...” gli dissi battendogli una mano sul braccio.
“ma Tyson vuole bene ad Annabeth e a Percy, Tyson non vuole che litigano!”
“non piangere... su, su”
“Perché Percy e Annabeth non fanno la pace?”
“vedrò di...” mi sforzai di cacciar fuori le parole “chiederle scusa... ma tu smettila di piangere” mentii, non mi andava di vederlo piangere... anche se probabilmente sarebbe stato meglio che rimanesse lì a frignare
“Percy promette?”
 incrociai le dita dietro la schiena
“prometto”
“allora Tyson è contento...” disse tornando a sorridere, anche se aveva le guancie lucide di lacrime. Poi sventolò una mano verso il tavolo di Atena:
“Annabeth!”
“no, Tyson... A cuccia!”
“ANNABETH!”
“Tyson...”
Non mi girai nemmeno per vedere la reazione della persona che aveva chiamato, ma abbassai lo sguardo, furente.
Non ostante le regole non scritte del campo imponessero di rimanere al proprio tavolo Annabeth arrivò fino al nostro.
“che c’è Tyson?” chiese timidamente.
“Annabeth si siede?” le fece spazio accanto a sé.
Percepii lo sguardo della ragazza passarmi sopra.
Non volevo parlarle, non volevo guardarla, non volevo restarle nemmeno vicino. O meglio, dovevo convincermi di non volerlo.
“Percy ha detto a Tyson che Percy e Annabeth hanno litigato”
“oh” disse lei.
Prima che potesse aggiungere altro alzai lo sguardo e lo fissai in quegli occhi grigi e arrossati.
La odiavo. La odiavo perché mi aveva tradito, la odiavo perché mi aveva lasciato solo, la odiavo perchè non c’era stata quando avevo avuto bisogno di lei.  Dovevo odiarla per questo.
“mi viene da vomitare” dissi, fissandola. Lei arrossì violentemente.
“Percy...” sussurrò
E prima che potesse dire altro le voltai le spalle e me ne andai.
-forse sei stato troppo duro, Percy- disse una vocina in fondo alla mia testa.
-se lo merita- rispose un’altra
-ma guarda come ci sta male... aveva gli occhi arrossati, scommetto che ha pianto per tutto il giorno...-
-Ripeto: se lo merita-
-ma se ci stai male pure tu!-
-mai quanto sono stato male mentre faceva quello che ha fatto-
-ma...-
-E STA UN PO’ ZITTA!-
Arrivai alla mia capanna e mi ci chiusi dentro.
Già mi davano del pazzo, adesso sentivo anche le voci... di bene in meglio!
 
POV
 
Per un momento avevo creduto che la situazione potesse tornare ad essere normale.
“Percy sta male?” mi chiese Tyson con la sua innocenza, era così dolce.
“credo di sì”
“oh magari la pizza è diventata cattiva...” guardò la grossa fetta che teneva tra le mani e le diete un pugno, schizzando peperoni dappertutto: “Brutta Pizza! Non si fa la bua a Percy!”
“Tyson, io torno dai miei fratelli” dissi
“no! ancora un pochino! Ti prego!”
“devo andare, davvero, scusa” gli sorrisi, mio malgrado e tornai al tavolo.
Non avevo idea di cosa combinare.
Una parte di me voleva essere forte e ignorare Percy come lui si ostinava a fare.
Ma l’altra parte, quella infinitamente più grande trasmetteva ancora l’impulso alle gambe di corrergli incontro, alle braccia di gettarsi intorno al suo collo e alle labbra...
Scossi la testa, non era il caso di lasciarsi andare adesso a quei pensieri malsani.
Dovevo comunque avvisarlo, sapevo che c’era qualcuno, tra i ragazzi di Hermes che aveva un cellulare pensavo di usarlo per dire a mio padre di scappare, probabilmente Luke sapeva chi era... avrei dovuto parlargli e poi, solo dopo aver chiamato per evitare di essere sentita da Time, dirgli quello che sapevo. Sperai che almeno lui non mi fosse tanto ostile...
-questa sera- mi dissi...
Guardai verso la tavola di Hermes e incrociai un paio di occhi neri, spaventosi.
Sapevo cosa voleva dire: ti tengo d’occhio
 
“Luke?”
Abbassò lo sguardo su di me.
“Annabeth”
“devo parlarti...”
Lo vidi rimanere interdetto. Immaginavo cosa stesse pensando: doveva voltarmi le spalle e ignorarmi, ma d’altra parte c’era qualcosa che lo fermava, curiosità, immaginai.
“dimmi” disse infine.
Lo trascinai indietro, vicino ai tavoli, mentre tutti gli altri se ne andavano verso il falò
“chi è che ha un cellulare, dei tuoi fratelli?”
“cellulare? ...Mi sarei aspettato più qualcosa come... lasciamo stare... perché vuoi un cellulare?”
“è importante”
Aggrottò ancora di più le sopracciglia, poi alzò le spalle.
“te lo procuro per domani...”
“mi serve subito” avevo già sprecato un bel po’ di tempo.
“ma perché tanta urgenza?” fece in tono sospettoso
“non posso spiegartelo adesso...”
il suo sguardo si fece ancora più sospettoso. Non potevo dirgli nulla perché se davvero Time aveva altre spie al campo avrebbe scoperto il mio piano e non potevo proprio rischiare.
“credi davvero che potrei fare qualcosa di male a Percy?” gli sussurrai.
Sembrò convincersi, il suo sguardo parlava da solo.
“vieni davanti alla mia capanna tra tre ore”
“grazie” gli regalai un sorriso forzato e mi voltai verso il falò
“Annabeth?” mi girai
“sì?”
“se vuoi posso aiutarti... per... lui, intendo” sorrisi, questa volta davvero... forse mi rimaneva almeno un amico...
“ne approfitterò... ci vediamo tra tre ore!” e andai al falò prima che Time si insospettisse.
 
“Pronto?”
“papà! Sono Annabeth...”
“Annabeth?... è successo qualcosa di brutto al campo?”
“sì... cioè, no... non ancora...”
“perché hai chiamato?”
“ascoltami... devi prendere tutti e scappare da lì il prima possibile.”
“devi andare a Montauk,  vicino a Long Island... troverai una donna, Sally Jackson, dovete restare lì tutti quanti”.  Dissi, mi era venuto un lampo di genio... li avrei fatti andare dove si nascondeva la madre di Percy , in modo che, in qualche modo, si proteggessero a vicenda... e poi sapevo che Poseidone aveva reso sicuro quel luogo apposta per Sally.
“Long Island? Sally Jackson?... Annabeth, cosa stai dicendo?”
“papà, devi ascoltarmi... non posso spiegarti molto... ma se non ve ne andate sarete tutti in pericolo... non ti chiederei una cosa simile se non fosse di vitale importanza”
“va bene ma... dimmi cosa sta succedendo, Annabeth”
“non posso spiegarti, tu scappa devi fare in fretta, ne va della vostra vita, davvero”
Bip!
“Annabeth...”
Il telefono si spense.
“Tecnologia umana, sempre così scarsa” disse Luke, io gli restituii il cellulare.
“spero che basti... io ho fatto il possibile, ora devo...”
“darmi delle spiegazioni?”
“devo avvisare Percy, e fare in fretta... dobbiamo chiamare Talia e Grover, fai presto!”
E detto questo corsi alla volta della capanna numero tre.
POV
 
“Percy!”  
Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti un manipolo di persone in pigiama e con l’aria assonnata.
“che succede?” chiesi allarmato, scattando a sedere... “che ci fate tutti qui?”
“è la stessa domanda che mi faccio io” disse Talia, sbadigliando.
“devo parlarvi...”
Annabeth, cosa voleva ancora? Doveva proprio torturarmi così fino alla fine?
“oh, che c’è sei venuta  a decantare quanto bacia bene Time?” fece acida Clarisse.
“io...”
“se non si era capito non sei la benvenuta” le dissi brusco.
Vidi le sue guancie arrossarsi, ma per la prima volta non si comportò da pentita, ma mi fissò, con quegli occhi troppo svegli.
“Percy... non dovrest...”
“oh, zitto Luke, non provare a prendere le sue difese”
“in fondo non ha mica ucciso qualc...”
“eh, no Grover, anche tu no!”
Annabeth mi si avvicinò e mi fissò dritto negli occhi, con una decisione che non le vedevo da tempo nello sguardo.
“ascoltami bene... tu sei liberissimo di avere le tue idee su di me e su quello che ho fatto, ma ti sto dicendo che devo parlarti e mi ascolterai, siamo intesi?
Ho sbagliato, hai ragione, ma che diritto hai tu di negarmi la libertà di parola? Che diritto hai di negarmi i miei amici?
Lo ripeto, puoi pensarla come vuoi sul mio conto ma non puoi escludermi dalla tua vita perché ne faccio parte, che ti piaccia o no.”
Non capii da dove arrivasse quello sfogo, ma ne rimasi impressionato.
Non puoi escludermi dalla tua vita perché ne faccio parte... fino a quanto poteva essere vero?
Annabeth si raddrizzò, lanciandomi un’occhiataccia.
“ascoltatemi... ho sentito Time parlare con suo padre, Crono, ho capito che Luke aveva ragione... ma non è questo l’importante... Time attaccherà tra due giorni, stanno preparando un’armata di mostri per entrare al campo...”
“sei sicura di quello che dici, Annabeth?”
“sì, Talia, sono sicura, l’ho sentito con le mie orecchie e... Time ha minacciato di uccidere mio padre se ne avessi parlato”
“è per questo che hai chiamato?”chiese Luke
“sì... li ho mandati a Montauk... è l’unico posto sicuro”
Bè almeno aveva capito che quell’idiota era... bè, un idiota.
E adesso stava per attaccare. Avevamo solo due giorni per prepararci.
Come avremmo fatto?
“cosa facciamo?” chiese Grover dando voce ai pensieri di tutti
“io ho un’idea” disse Annabeth, non a caso era figlia di Atena: “ Time pensa che io me ne sia stata zitta e buona, non sa che voi sapete. Dobbiamo dividerci in due gruppi: chi rimarrà qui a difendere il campo e chi porterà Percy a Montauk”
“un’altra volta? Non è bastata la scampagnata di quest’estate?”
“preferisci che resti qui a farsi rapire dal primo mostro che entrerà al campo, Talia?”
“ ma non sarebbe meglio parlarne a Chirone?” Chiese grover un po’ intimidito.
“oh, lascia perdere il vecchio ronzino... teniamoci la gloria tutta per noi!” intervenne Clarisse, con il suo tipico brio da pre-guerra; della serie i figli di Ares sono sempre i soliti.
“no... Chirone ci direbbe che non è possibile una cosa del genere e poi non farebbe altro che confermare quello che già tutti pensano: che siamo un gruppo di poveri pazzi che se la prende con un ragazzino”
“quindi?”
“quindi faremo come ho detto... la squadra che rimarrà qui pedinerà Time e lo fermerà appena inizierà a fare qualcosa”.
“non possiamo andare lì e ammazzarlo?”
“no... dobbiamo avere delle prove contro di lui per la stessa ragione per cui non possiamo dirlo a Chirone.”
Il ragionamento non faceva una piega, me ne rendevo conto anch’io... rimanemmo in silenzio per un secondo.
“altre domande?”
“piccola parentesi” intervenni “io non scappo come l’ultima volta”
“Bravo, Jackson, è così che ti voglio!” fece Clarisse.
“ma sei completamente scemo o cosa? Se non te ne vai rischi di mandare tutto quello che hai fatto fin’ora! Rischi di distruggere l’Olimpo, davvero questa volta!... riesci a capire che DEVI andartene?!” mi inveì contro la figlia di Atena.
“Percy, sappiamo che non vuoi fare il codardo, ma forse è meglio se ascolti Annabeth”
Annuii, avevano ragione, ma il fatto di scappare sempre non mi andava molto a genio.
“Ma quanto siete mollaccioni?” biascicò Clarisse, prendendosi un’occhiataccia dalla metà dei presenti.
Passarono alcuni istanti di silenzio. Nei quali mi tornarono in mente le parole di Annabeth: Non puoi escludermi dalla tua vita perché ne faccio parte... ne faceva parte, vero, ed io non potevo escluderla. Ma non potevo fare a meno di volerla odiare, da lei, proprio da lei, non mi sarei ami aspettato un tradimento come quello. Proprio da lei che aveva detto di amarmi. Non poteva essere perdonata. E non lo sarebbe stata.
Talia si appoggiò al comodino.
“io ho ancora...sooonno” disse stiracchiandosi con un lungo sbadiglio.
Lasciò cadere la testa sulla spalla di Luke che fece un gesto improvviso e mandò in frantumi la lampada sul comodino. Il rumore infernale che ne scaturì svegliò quell’uragano di fratello che mi ritrovavo e che solo il rumore della lampada rotta era riuscito a svegliare.
“Cosa succede?!” urlò Tyson mettendosi a sedere “Tyson ha paura! PEEERCY! Chi c’è? Tyson ha paura!!!!!!”
Qualcuno borbottò cose del tipo “ma quanto sono idioti i ciclopi?” e tra le risate generali ce ne tornammo a dormire, prima che le arpie i accorgessero della nostra riunione notturna.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 12
*** come prendere il diploma in psicologia ***


SPAZIO AUTRICE:
 ciao, volevo chiedere scusa a tutti per il ritardo e anche per la cortezza di questo cap, ma non so come occupare i giorni prima della battaglia e mi stava per venire una bella crisi da pagina bianca, così ho scritto quello che mi è venuto... non ho ancora pensato ad una soluzione per le domande che verranno poste qui, ma so “la modalità” con cui rispondere... più avanti (probabilmente mooolto più avanti) spiegherò, è tutto collegato, state tranquilli poi... il prossimo capitolo sarà molto meglio, ve lo garantisco.
Per quanto riguarda l’esperimento... diciamo che in molti hanno alzato il tiro... ho * effetto suspance *.... tredici anni, faccio la terza media.
Solo una persona ci ha azzeccato, ma in molti ci sono andati viciniJ
Adesso posto questo cap un po’ schifosino
Buona lettura
Piccolalettrice
Ps. Ho scritto una one-shot su Percy... e credo che ne scriverò altre dello stesso stampo...
 
 
11- Come prendere il diploma in psicologia
 
Avevamo organizzato tutto nei minimi dettagli.
Periodicamente ci davamo il cambio per pedinare Time (perché con un tipo così era sempre meglio prevenire da eventuali colpi di scena indesiderati), mentre chi rimaneva faceva il possibile per prepararsi al meglio per la fuga e la battaglia.
Dico che “faceva il possibile” perché Luke aveva un esercito di fratelli da tenere sotto controllo e da organizzare, Talia aveva le sue lezioni, Tyson i suoi appuntamenti all’officina e Grover le commissioni per quell’esaltato di Dionisio.
Così eravamo rimasti io, Annabeth e Clarisse.
Trovarmi da solo con quelle due non era esattamente in cima alla mia lista delle priorità anche se...
“dobbiamo parlare di altro o me ne posso andare?” chiese la figlia di Ares con aria scocciata.
Annabeth scosse la testa ma io la interruppi; qualcosa da discutere c’era, anche se probabilmente avrebbe portato all’ennesima litigata:
“Tyson viene a Montauk”
“io proporrei di metterlo  nella squadra che resterà qui, invece” disse lei, con aria di sfida, quasi.
“è mio fratello, verrà con me”
 non l’avrei lasciato lì a farsi ammazzare, poteva toglierselo dalla testa.
Di punto in bianco iniziammo ad urlare, un copione già recitato migliaia di volte in quanto era quasi d’obbligo, per noi, litigare ogni due secondi.
“Percy, ragiona, Tyson è immune al fuoco...”
“è piccolo!”
“è forte!... ci garantirebbe la vittoria su tutti i mostri che sputano fuoco...”
“non se ne parla, è troppo pericoloso!”
“Percy, Tyson ci serve...”
“sempre a guardare l’utilità delle cose, non è vero Annabeth? ... mai una volta che tu faccia caso ai sentimenti altrui!”
Quel riferimento poco velato sui nostri problemi personali la fece imbestialire, sempre come da copione io tiravo fuori quel discorso e lei, come sempre, mi rispondeva:
“cosa centra adesso?! Sempre a tirare fuori il passato! Sei così... Non riesci a passare nemmeno sopra a...”
“al fatto che tu mi abbia fatto le corna davanti a tutto il campo?! Che tu mi abbia abbandonato nel momento in cui avevo più bisogno di te?! Al fatto che...”
“ma ti senti?! Ancora con quella storia! Per ogni cosa devi andare a ripescare quel fatto... se mi hai dimenticato perché continui?!”
“Rissa! Rissa! Ris... che avete da guardare?!” fece clarisse battendo i pugni sul suo scudo...
Se non avessi conosciuto Clarisse avrei detto che quello era un modo per farci smettere di litigare.
Le lanciammo un’occhiataccia ma abbassammo il tono di voce...più o meno
“Tyson, viene con me, ribadii”
“lui non...”
“viene con me, ho detto!”
“sai, cosa, Jackson? Sei un essere insopportabile!”
“grazie!”
“prego!” disse, poi si rivolse alla figlia di Ares “tu che fai?”
“vado ad allenarmi”
“vengo anch’io” e detto questo si avviò verso l’arena.
Lanciai un’altra occhiata alla figlia di Atena.
Come sempre fui investito dai soliti pensieri alla “dottor Jackill e Mr. Hide”
-La odio, la odio e la odio-
-chi vuoi prendere in giro?- mi rispose una vocina
-ancora tu? Ma come diamine ti si spegne?!-
-idiota, se tu la odi io sono il presidente Obama –
-quante volte devo ripeterti di stare zitta?!-
Perfetto, se continuavo così avrei davvero rischiato di vincere un biglietto di sola andata per il manicomio.
 
POV
 
“deve sempre fare così... sempre la stessa identica storia!” esclamai “sembra quasi che non possa vivere se non mi attacca ogni due per tre!”
“non hai pensato che potrebbe essere il suo modo di starti vicino?”
“ah, grazie se per starmi vicino deve fare così siamo a posto!”
“usa il cervello, siccome ce l’hai... lui non vuole avere più nulla a  che fare con te, eppure non può starti lontano... e qual è il modo che ha di tenerti lontana senza dimenticarti?”
Il ragionamento filava, lo capivo.
“mi fai sentire un idiota e non la figlia di Atena che sono, Luke”
“modestamente”
“oh, Castellan, finiscila... si vede da chilometri di distanza che ormai la odia”
“cosa ne vuoi sapere tu?.... fidati, è come ho detto io”
“capisco quando una persona ne odia un’altra... e lui la odia”
“stai dicendo che non è cotto di lei?... forse non vediamo le stesse cose...”
“non è più cotto di lei, lo capirebbero anche gli alberi!”
“oh, sta’ un po’ zitta Clarisse” disse guardando la ragazza. “non ti ha dimenticato, fidati, Annabeth”
Non riuscivo bene a capire perché Clarisse si ostinasse a rimanere lì con noi... insomma, ok, era una nostra alleata, ma credevo che appena le avessimo dato il via libera se la sarebbe filata... invece eccola lì a cercare di consolarmi.
“sì, Chase, Jackson ti adora, ti ama... è diventato masochista e adesso ti vuole sposare!” fece ironica
“non è così...”
“tu, Luke, come va con Talia?” li interruppi cercando di portare il discorso da un’altra parte. Pensargli non mi faceva bene.
“in che senso?”
“oh,” esclamò Clarisse “fa il finto tonto!”
“che? Talia è solo un’amica...”
“sì, e Zeus e gay”
“ma perché sei sempre così acida, si può sapere?!”
“cosa non capisci della frase –Sono figlia di Ares -?”
“no, tu sei più acida del solito...”
“saranno cavoli miei, no?”
Luke biascicò qualcosa che ricordava molto un “ragazze... sempre le solite”, io, che mi sentivo in vena di opere buone mi rivolsi a Clarisse:
“se ne vuoi parlare...”
Non l’avessi mai detto, che partì in un monologo sul fatto che i figli di Atena dovevano fare gli psicanalisti dei mortali o cose del genere.
“ehi, non ti scaldare, cercavo solo di essere umana... e poi di litigate ne ho già avute abbastanza per oggi”
Lei mi lanciò un’occhiataccia.
“non sei la prima fottutissima figlia di Atena che cerca di estrarmi informazioni con la psicologia”
“ma cosa ti sei bevuta a colazione?” fece Luke “che informazioni dovrebbero tentare di estrarti?!”
“lascia perdere”
Sapevo di alcuni figli di Atena della mia casa che facevano dei trucchetti di intelligenza con le spie, ma mai avrei pensato...
Aspetta, Clarisse è stata una spia.
“Clarisse?”
“che vuoi, Chase?”
“a me... a noi, puoi dirlo” le dissi, tentare non faceva male a nessuno, no? “non iniziare ad urlare e ascoltami, puoi reputarci amici, davvero, se tu non vuoi non lo diremo ad anima viva”
“sì, quello che ho sentito l’ultima volta”
“quale ultima volta?”
“con quell’idiota di Simon Keel...” si toppò la bocca di scatto, come se si fosse lasciata scappare un segreto...
“Simon Keel?”
“tu e le tue diavoleria da sapientona...” divenne improvvisamente rossa.
“Simon Keel era... oh” disse Luke, guardando Clarisse negli occhi, per la prima volta senza astio, con... compassione, quasi “non credevo che... insomma, sapevo che... ma non pensavo...”
“zitto Castellan o giuro che ti uccido”
“di noi ti puoi fidare...”
“mi sono fidata anche troppo”
“chi è Simon Keel?” chiesi
“nessuno”
“Clarisse...”
“lasciami stare Chase”
“davvero se vuoi...”
“non rompere, ho detto”
“ok, ok”
Rimanemmo in silenzio, io fissai Luke, con aria interrogativa e lui scosse la testa.
Decisi di provare a dire quello che pensavo:
“Clarisse?”
“che vuoi?”
“io... qualunque cosa sia successa... mi dispiace”
Lei si voltò e fissò quei suoi occhi castani prima nei miei e poi in quelli di Luke, sospirò e si mise a contemplare le stringhe delle sue scarpe.
sembrò quasi addolorata, tradita... aveva in viso uno sguardo simile quasi a... quello che Percy mi dedicava ogni volta che mi vedeva, negli ultimi tempi...
Proprio quando credetti che sarebbe rimasta zitta disse:
“avete ragione, di voi forse posso fidarmi” e iniziò a raccontare.
 
 
 
 
  

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Capitolo 13
*** ormai ci vado a spasso con la morte ***


SPAZIO AUTRICE:
ed ecco qui la battaglia... vado piuttosto fiera di questo capitolo, anche se si discorda un po’ troppo con il precedente... (le prime tre righe sono appunto per omologare un po’)
credo sia venuto bene, e finisce con un bel po’ di phatos... o almeno nelle mie intenzioni c’era il phatos, spero sia riuscito.
Questo è scritto interamente dal POV di Percy, spero vi piaccia.
Ok, chiuso con le informazioni tecniche... adesso... ma non recensisce più nessuno?  Davvero, apparte quelle 4 persone che recensiscono sempre (grazie, vvb!) gli altri mi fanno sapere cosa pensano solo ogni tanto...
Bè, comunque grazie anche a chi non recensisce e a chi segue, legge e preferisce ecc...
Buona lettura...                                                             
piccolalettrice
 
12-  Ormai ci vado a spasso con la morte.
 
Quella notte ero andato a dormire presto, per preparami alla battaglia del giorno dopo... ma i nostri piani non erano andati esattamente come avevamo previsto...
 
Mi svegliai di soprassalto sentendo quel frastuono, quel boato.
Cosa stava succedendo?
Mi alzai in fretta, precipitandomi a svegliare Tyson, fuori il cielo era ancora buio.
“Tyson!” lo scrollai “Tyson, devi svegliarti!”
Lui aprì l’occhio e mi fissò spaventato: “cosa succede?! Tyson ha paura!”
E detto questo scattò a sedere, abbracciandosi le ginocchia.
“Tyson, devi sbrigarti, dobbiamo uscire da qui” se stava succedendo quello che immaginavo allora eravamo davvero nei guai.
Infilai velocemente un paio di jeans e mi precipitai fuori trascinando mio fratello.
Quando uscii dalla capanna mi sembrò che fosse l’inferno in terra.
Non me lo aspettavo.
Questo non me lo aspettavo, davvero.
Aveva capito. Aveva colpito prima che potessimo prepararci.
Dei boati arrivavano dalla foresta; urla di battaglia.
Odore di tragedia si affacciava nel campo, odore di chi non capisce e che è certo solo di una cosa: è in pericolo.
I mostri si erano riversati nel campo, a flotte, io non capivo più nulla.
“Tyson, presto... dobbiamo cercare Grover e gli altri” gli urlai
Prendemmo a correre, attenti a passare inosservati, per quanto un ciclope possa passare inosservato.
“Tyson ha paura! Perché tutti urlano e fanno a botte?!” disse, io non risposi  e lo presi per una mano, cercando di indurlo a correre, in quell’inferno non avrei mai trovato tutti.
I mostri erano troppi, alcuni combattevano anche contro più eroi in una volta, altri si dedicavano a distruggere le capanne, altri ancora a incendiare gli alberi, era davvero un inferno.
Polverizzai un’arpia che mi veniva contro ad artigli protesi e proseguii la corsa. Non mi accorsi della meta fino a che non me la ritrovai davanti: la casa di Atena.
Con l’ampia scelta di capanne da controllare e amici che avrei potuto salvare avevo scelto...
Corsi dentro senza nemmeno pensare, ma ovviamente la trovai vuota, vestiti e pergamene sparsi per terra di chi si è svegliato velocemente, ma apparte quello era vuota.
Cercai di fare in modo che il mondo non mi crollasse addosso; niente era sicuro.
Mi precipitai fuori di nuovo, seguito da  Tyson che piagnucolava come un bambino.
Mi guardai in torno, gli occhi cercavano una figura in particolare e sembravano volessero prendere completa autonomia dal corpo.
Nessun posto era sicuro, e in poco tempo mi ritrovai a subire gli attacchi di diversi mostri.
Tyson faceva lo stesso, era occupato con un’idra a cui tentava di calpestare le teste.
Io combattevo contro un minotauro inferocito e a una chimera, appena potevo, alzavo lo sguardo, cercando.
Niente, non vedevo nulla.
Con un affondo conficcai Vortice nel petto del minotauro e decapitai la chimera,  mi sorpresi di quanto fossi migliorato, mi guardai attorno spaesato ed ansimante, vedevo solo gente che combatteva, non riconoscevo nessuno.
Ad un tratto sentii distintamente una risata tra la folla.
Mi voltai appena in tempo per vedere Time venirmi incontro, con un ghigno malefico in viso.
“Perseus Jackson” disse “ti vedo spaesato... ho deciso di cambiare un po’ i miei piani... piaciuta la sorpresina?”
“tu...” sibilai
“che c’è?, impressionato? Davvero credevi che mi sarei fatto fregare da un gruppo di ragazzini?”
Mi si avvicinò, tra le mani qualcosa di argenteo, a mezza luna, una... falce.
“sì, Jackson, è di mio padre... carina, non è vero?”
Si avvicinò ancora.
“volevo inaugurarla con il tuo sangue!” mi disse, in modo quasi delicato e per questo ancor più terribile, menando l’arma in direzione della mia testa, mi abbassai e feci roteare le spada, per poi iniziare a colpire.
La falce splendeva di un baluginio sinistro, la sua forma era perfetta per amputarti una mano e se non stavi attento rischiavi davvero.
Feci una finta al fianco destro per poi gettarmi su quello sinistro, ma parò il colpo con facilità, era davvero bravo, anche troppo. Capii che non poteva essere normale... quel tipo non aveva nulla di umano, nulla, era impossibile che fosse nato da un’umana.
Poi mi ricordati del sogno che avevo fatto la notte prima di incontrarlo, ma non mi lasciò il tempo di perdermi in quei pensieri perché gli attacchi si fecero più fulminei e pretesero tutta la mia attenzione.
“hai perso, Jackson, arrenditi!”
“mai!”
“in tal caso...” mi disarmò con un gesto semplice che mi fece intuire quanto avesse solo giocato, fino  a quel momento.
“mio padre ha fatto bene a colpirti con una parte di sé... io ora posso avere una piccola influenza su di te... ma forse conosci la sensazione...”
Questa volta ero pronto, serrai i pugni e lo fissai negli occhi con aria di sfida, vedevo le capanne in fiamme dietro di noi riflettersi nei suoi occhi, che in quel momento si fecero completamente neri.
Sorrise, poi aggrottò impercettibilmente le sopracciglia e... la fitta che aspettavo mi dilaniò.
Tentai di resistere, di rimanere in piedi, e per poco ci riuscii. Ma il dolore cresceva e con lui anche la consapevolezza che quella volta poteva davvero essere la fine.
Sentii vagamente il terreno sotto le ginocchia e Time che avanzava verso di me.
“eccolo qui, il salvatore del mondo, piegato al mio volere!” rise “morirai Jackson, morirai...”
Sapevo che mi stava lasciando quel briciolo di lucidità per sentire la vita fluirmi dalle membra, vidi il bagliore della falce quando la alzò sopra di me, mi preparai ad accusare il colpo.
Era davvero la fine.
Ma proprio mentre serravo gli occhi e la falce arrivava verso il mio collo sentii un urlo: “no!”
Un clangore metallico si frappose tra la vita e la morte, distraendo Time e permettendomi di riacquistare la lucidità completa.
Alzai lo sguardo per vedere la figura che avevo riconosciuto fin da subito, per la quale sapevo che non poteva finire. Annabeth.
Approfittò della sorpresa di Time per tirargli un calcio nello stomaco e sbatterlo a terra, poi mi afferrò per una manica della maglietta e mi trascinò via.
Ci perdemmo tra la folla di combattimenti, mi lasciai trascinare verso un punto indefinito del campo.
“dov’è Grover? Talia? Gli altri?” le urlai, sopra il frastuono che c’era intorno a noi.
Lei non mi rispose ma si mise due dita in bocca e fischiò, un pegaso bianco, che riconobbi dalle lezioni dell’anno scorso arrivò dal cielo.
“che cosa...?”
Mi fissò dritta negli occhi, con uno sguardo risoluto.
“prendi il Pegaso e vai a Montauk, non voltarti” disse sospingendomi verso il cavallo
“cosa?”
“lì sarai al sicuro... devi andare Percy”
“ma... il campo...”
“è in buone mani, tu devi pensare a scappare, adesso... corri!”
“io...”
“Percy ti prego... devi andartene... devi... Time starà arrivando...”
“ma Tyson...”
“se la caverà... giuro che lo difenderò... anche con la vita... vai, però, ti prego...”
un’arpia fece per colpirla alle spalle, io la spinsi di lato e mozzai la testa al mostro con uno scatto, stavo davvero migliorando.
Alla fine, quasi spinto a forza, montai.
“non voltarti”
“vieni con me” la bocca sembrava aver preso anche lei autonomia propria, la mano si allungò verso di lei, mentre il pegaso scalpitava, nervoso.
“cosa?... non posso...”
“Annabeth, senza di te non me ne vado”
“il campo ha bisogno di me...”
Quella mi sembrò la risposta più stupida che avesse mai dato.
“IO ho bisogno di te!” le urlai afferrandole il polso.
“monta!” rimase interdetta, tra la folla di combattenti, una figura pallida e illuminata da una luce argentea spuntò, armata di falce.
Appena ci vide ci venne incontro spedito.
“Annabeth, ti prego!” lei si voltò e si affrettò a montare con un balzo agile, fino a ritrovarsi dietro di me.
Mi misi in contatto con i pensieri spaventati del pegaso e ordinai di partire un secondo prima che Time arrivasse sul posto brandendo la sua arma.
“vai!” urlò Annabeth stringendosi alla mia maglietta, io ordinai al pegaso di andare più veloce, come mi aveva chiesto, prima che quello strano potere, che ormai sapevo essere dovuto al contatto che avevo avuto con Crono e che mi provocava quella reazione avesse effetti.
Indirizzai il cavallo verso l’entrata del campo, in modo da poter seguire la strada, sotto di noi le case in fiamme e le urla popolavano quello che una volta doveva essere il campo, la mia casa.
Ogni volta era sempre più difficile lasciarlo.
E poco dopo superammo il pino e il Vello, Cerbero doveva essere anche lui a difendere il campo e aveva lasciato il Vello senza custode.
Un secondo... Crono voleva anche il Vello perché l’avrebbe aiutato a ricomporsi, non potevo permettere che lo prendesse.
Ordinai al pegaso di scendere.
“Percy, ma che fai?!”
“il, Vello... non può restare lì!”
Quando il cavallo toccò terra scesi velocemente e mi feci strada nell’erba alta fino ad arrivare all’albero.
Feci leva sul tronco e mi detti la spinta, afferrando la lana ruvida e dorata.
Sapevo che nel pino di Talia c’era una cavità, non volevo portarlo via, ma nasconderlo.
“Percy, che vuoi fare?!”
“zitta un secondo” mi abbassai e grattai il muschio dal tronco... ecco, la cavità dove si era infilzato il corno del minotauro, appallottolai il pelo in modo che ci stesse e lo spinsi a forza nella cavità, quando fui certo che non se ne vedesse nemmeno la minima parte chiusi il buco con il muschio, in modo che non si vedesse.
“Percy...?” mi disse Annabeth, in piedi al mio fianco.
“così non possono trovarlo” spiegai
“bene... dobbiamo andare, presto i mostri arriveranno anche qui.
Ci mettemmo a correre verso il pegaso, a cui avevo ordinato di rimanere fermo, ma che scalpitava nervoso, feci leva al ginocchio di Annabeth per farla salire e proprio mentre tentavo di issarmi sulla groppa del cavallo sentii un rumore provenire dall’entrata del campo.
Time.
“sapevo di trovarti qui, eroe” disse, poi si lanciò in una corsa verso di noi,
salii sul cavallo e mi alzai in volo, ma non fui abbastanza veloce.
Sentii Annabeth urlare, sotto di noi il sorriso malefico del cronide.
La vidi cercare di combattere la morsa che le attanagliava la caviglia, la mano bianca di Time, non demordeva e tirò, facendole perdere l’equilibrio.
Ordinai al pegaso di abbassarsi, in modo che se fosse caduta non avrebbe accusato un colpo tropo forte, appena gli zoccoli del pegaso sfiorarono terra quella figura pallida strattonò la ragazza facendola finire nell’erba alta, io scesi velocemente e il pegaso, spaventato a morte, prese il volo, abbandonandoci.
-grazie tante!-
-padrone... mostro!... uccidere... sete di sangue... paura!- questo è quello che percepii nei pensieri del cavallo.
Non ebbi tempo per inveire contro la mia mala sorte.
“Jackson,, davvero credevi che ti avrei lasciato andare così?”
Corsi da Annabeth e le diedi una mano a rialzarsi.
“riesci a correre?” le sussurrai all’orecchio, mentre la mettevo in piedi, lei annuì, io guardai Time in faccia.
“sei un mostro” gli dissi, poi mi voltai e iniziai a correre nell’erba bagnata e lambita da quel vento fortissimo, che, grazie agli dei, era a nostro favore.
Corsi verso la strada a tutta velocità.
Dietro di me percepivo le urla del cronide che ci inseguiva, e dei mostri che, ovviamente, erano con lui.
Ci precipitammo lungo il versante della collina, talmente veloci che più di una volta rischiai di cadere per la collina ripida e scivolosa.
Ovviamente i mostri dietro di noi erano veloci, ma noi avevamo quel briciolo di vantaggio consentitoci dal fatto che fossimo partiti prima e che fossimo più agili.
Ovviamente non avevo pensato che non potevamo correre all’infinito.
Arrivammo oltre il versante della collina, sull’asfalto.   E ci mettemmo a correre in una direzione qualsiasi.
“non puoi scappare, Jackson!” alzai gli occhi per vedere Time  su un carro nero e lucido trainato da un pegaso alato completamente nero... i cui pensieri mi ricordarono molto quelli delle cavalle di Diomede.
Il cronide si fermò davanti a noi, sbarrandoci la strada, ci voltammo per vedere i mostri che formarono una vera e propria barriera tra noi e la strada.
“morirai... sei davvero stupido... pensavi davvero che ti avrei lasciato vivere?” chiese fermando il suo carro e scendendo lentamente da esso, io e Annabeth facemmo un passo indietro.
Per la seconda volta in quella sera fissai quegli occhi infidi e vuoti, lui sorrise e vidi i suoi occhi farsi sempre più neri.
“prima di ucciderti volevo fare in modo che provassi quello che ha provato mio padre... mentre era rinchiuso nel tartaro” disse dolce, brandendo la falce
“l’hanno fatto di nuovo a pezzi, sai?... quel poco che eravamo riusciti a ricostruire è stato di nuovo fatto a pezzi”
Il vento soffiava impetuoso, e quasi non sentivo le sue parole, indietreggiavo ad ogni suo passo.
“e poi, l’umiliazione di non essere riuscito nel suo intento... di venire sbeffeggiato da un dio pomposo... sai cosa vuole mio padre? Vuole vendetta. Vuole uccidere colui che ha salvato il mondo, vuole che gli dei sappiano quanto è grande la sua potenza!”
I suoi occhi a quel punto si fecero completamente neri e le tempie iniziarono a bruciare di nuovo, lo stomaco sembrò volermi uscire dalla pelle. Caddi in ginocchio sull’asfalto ruvido.
“no!”  sentii la voce di Annabeth supplicare... “ti prego...”
“come sei patetica, figlia di Atena” le disse.
Il dolore crebbe, e gemetti, tenendomi la testa.
“ti prego... David...”
sapevo che Time  mi stava lasciando un briciolo di lucidità, probabilmente per lasciarmi vedere tutto quello che aveva intenzione di fare.
Vidi Annabeth, la camicia da notte bianca bagnata, a causa della scampagnata nell’erba alta, che le frustava le ginocchia mossa dal vento, si avvicinò a Time, guardandolo negli occhi.
“David... io so che non sei un mostro... ti prego...”
“ma io non sono un mostro Annabeth.” Le disse “sono molto di più, e adesso levati dai piedi” disse spingendola via e venendo verso di me.
“no!” lei gli sbarrò la strada, frapponendosi tra me e lui.
“togliti se non vuoi morire” le disse gentilmente
Non si spostò.
“ok, l’hai voluto tu”
Ad un tratto seppi che non era più davanti a me, la sentii poco distante urlare...
Provai ad aprire gli occhi, non ostante mi facesse male persino muovere i muscoli delle palpebre e la vidi alla mia destra, che sgomitava, tra le mani di un minotauro.
“Percy!”
“davvero adorabile... ma torniamo a noi...” Time mi guardò dall’alto in basso, poi strinse gli occhi e un’altra fitta mi dilaniò la testa.
Mi sferrò un calcio nello stomaco e sentii il viso sbattere contro l’asfalto.
“eccolo, l’eroe... vi sembra tanto glorioso?”
Sentivo le urla di Annabeth e le risate dei mostri, ma tutto era attutito dal dolore che mi rimbombava dentro.
Un’altra fitta. Cercai di non urlare, ma alla fine cedetti.
“ti farò a pezzi, Jackson” sussurrò.
“Percy... ti prego... Percy!”
Risate generali.
Ad un tratto il dolore fluì via abbastanza da farmi capire quello che avevo intorno ma non abbastanza da farmi smettere di tremare.
Vidi chiaramente la falce brillare sotto la luce della luna.
Le urla di Annabeth si fecero sempre più forti.
Questa volta era finita sul serio.
Pensai a Tyson, e a come lo avevo lasciato a combattere... anche se dopo tutto era stato un bene che non fosse venuto.
Poi pensai a Talia, al suo orgoglio e a come doveva essere felice, in quel momento, del fatto che questa volta non era scappata, e Luke, che sapevo l’avrebbe protetta, poi a Grover, a mia madre, a mio padre, e ancora a tutte le persone che avevo conosciuto.
Era tutto finito, Crono aveva vinto. Stavo per morire, stavo per salutare definitivamente la vita. Guardai in faccia il mio assassino.
Se dovevo affrontare la morte l’avrei affrontata a testa alta.
Ad un tratto una luce bianca poi più nulla. 

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Capitolo 14
*** la mia spalla è ottima per piangere ***


SPAZIO AUTRICE:
non so come possiate prendere questo capitolo.
Premetto dicendo che non mi convince e, anche se aspettavo di scriverlo da tanto, non è il massimo.
Come cap, forse avrebbe dovuto essere più lento, ma questo è quello che mi è venuto.
Probabilmente avrei dovuto renderlo meglio, ma secondo me Percy avrebbe fatto esattamente così. Anche se poi, nel prossimo cap, farò affrontare tutto il resto dei problemi che ho accennato dentro.
Inoltre devo dire che oggi sono particolarmente fissata con Sally Jackson e con le cose tristi...
Spero che vi piaccia comunque
Buona lettura
piccolalettrice
 
 
 
12- la mia spalla è ottima per piangere
 
Aprii gli occhi, ritrovandomi ad osservare un cielo aranciato e terso.
Ero sdraiato su qualcosa di morbido e percepivo le onde che mi lambivano i piedi.
Mi misi a sedere lentamente, avevo la schiena  e la nuca completamente doloranti, non ostante ci fosse l’acqua che mi bagnava fino alle ginocchia e avrebbe dovuto farmi rinsavire.
Ero in mezzo alla battigia, asciutto come sempre. Non avevo idea di cosa ci facessi lì... avevo solo ricordi confusi pieni di dolore, Annabeth che urlava, Time che rideva, la sua falce e poi una luce bianca.
-forse sono morto- mi dissi, anche se ero consapevole che i campi degli asfodeli dove sarei dovuto finire erano un tantino diversi e un po’ più affollati.
Mi alzai in piedi e mi guardai attorno di nuovo. Era una spiaggia in tutto e per tutto, sabbia scura, mare limpido, cielo terso, nessun bagnante, mi ricordava vagamente qualcosa.
Roteai il collo, per sgranchirmi e lo sentii scricchiolare pericolosamente, così lasciai perdere gli stiracchiamenti. Feci vagare ancora lo sguardo sulla sabbia, poi qualcosa di bianco catturò la mia attenzione.
Mi avvicinai lentamente, e mi ritrovai davanti ad un’Annabeth assopita e bagnata fino al midollo.
I capelli le ricadevano disordinatamente sul viso, la camicia da notte bianca ormai non proprio candida, era bagnata e una manica era strappata, per non parlare dei numerosi tagli che aveva su braccia e gambe.
Mi inginocchiai e la scossi.
“Annabeth, svegliati”
Strizzò le palpebre ma poi le aprì, sbattendole ripetutamente per la troppa luce.
“Percy... cosa?” fece mettendosi a sedere con aria confusa e guardandosi attorno “dove siamo?”
“non ne ho idea”
Si strizzò i capelli, togliendo un’alga dai ricci biondi con una smorfia di disgusto.
“la luce bianca...” disse ricordandosene in quel momento, evidentemente “...cos’era? ”
Si alzò con una smorfia e gocciolando  dappertutto.
“non lo so... però credo che siamo salvi per merito suo”
Mi guardai intorno di nuovo, quel posto mi ricordava vagamente... ma non poteva essere... era a chilometri di distanza dal campo.
“come abbiamo fatto ad arrivare qui?” chiesi
“con il mare, penso” rispose lei, indicandosi i capelli bagnati.
Annuii, tornando a fissare quel luogo.
Non poteva essere quello che pensavo, ma un piccolo agglomerato di casette in legno in lontananza parlava chiaro.
“Annabeth...” indicai l’insieme di costruzioni “quello è...”
“è cosa?”
Ma sì, era davvero il posto che pensavo, e se era il posto che pensavo allora...
“non ci credo!” dissi iniziando a correre e sprizzando felicità da tutti i pori.
“Percy, che cosa...?!”
“vieni!” le urlai mentre correvo, lei scosse la testa ma mi seguì riluttante.
 
Quando arrivammo davanti ad un bungalow di legno, il mio bungalow di legno, quasi sfondai la porta a suon di pugni.
Da dentro sentii una voce urlare “arrivo!”... era la sua voce! Da quanto tempo non la sentivo, ero così felice di ritrovarmi di nuovo con lei, dopo tutto quello che avevo passato.
Quando aprì la porta mi ritrovai davanti una donna dai lunghi capelli castani e gli occhi azzurri, con un piccolo sorriso sulle labbra, quel piccolo sorriso che la rendeva sempre la donna, e la mamma, più dolce del mondo.
Le gettai le braccia al collo ancora prima che potesse spalancare del tutto la porta.
“mamma!”
“oh, P-Percy?... che... che cosa?” sapevo che era davvero felice di vedermi e mi stritolò in un abbraccio da mamma-orsa... adoravo quegli abbracci.
Dopo un po’ si scostò e mi squadrò, come a esaminare ogni minima ferita e ogni minimo taglio... non dovevo essere proprio conciato bene perché vidi i suoi dolci occhioni da bambina farsi preoccupati:
“ma che ti è successo?... e perché sei qui?”
“è una lunga storia”
Mi fissò per qualche secondo, poi il suo sguardo si spostò su Annabeth, sulla sua camicia da notte gocciolante e sui suoi capelli pieni di alghe.
“Annabeth!” corse fuori “ma che ti è successo?”
In effetti, forse perché era fradicia, era conciata anche peggio di me.
“oh... lunga storia anche questa”
“vieni dentro o ti prenderai un raffreddore... ti abbraccerei ma...”
“lo capisco, tranquilla”
Entrò anche lei e mia madre la spedì a fare una doccia, mentre mi esaminava i tagli e i lividi, quando Annabeth uscì, vestita con i vestiti un tantino larghi di mia madre, mandò anche me.
L’acqua mi fece riprendere del tutto, il collo non mi faceva più così male e le giunture non imploravano più il soccorso dell’ambulanza come prima.
Quando uscii misi i vestiti che, come sempre, avevo dimenticato l’ultima volta e che, puntualmente, mia madre aveva rilavato e tornai in salotto, dove stava medicando il ginocchio arrossato di Annabeth con quel disinfettante che tanto odiavo e che bruciava Zeus solo la quanto.
Mi sedetti accanto alla mamma, che attaccò con le solite cose:
“ragazzi, che ci fate qui?... Chirone sa dove siete?... oh, per Dio, non ditemi che...” ci guardò, allarmata.
Annuii solamente e in quel momento, per la prima volta da quando mi ero ritrovato sulla spiaggia, ripensai al campo e a come lo avevamo lasciato. Mi domandai se Grover, Tyson, Talia e Luke stessero bene, mi preoccupai per Chirone, e devo ammetterlo, anche un pochino per Clarisse.
“raccontatemi” disse mia madre e noi iniziammo a raccontarle tutto, dall’arrivo di Time e di come aveva fatto passare molta gente dalla sua, quando spiegai che avevo preso a pugni Time, mi astenni bene dal dire come mai ero così incavolato... badate bene, lo avrei ammazzato di botte comunque ma quello che era successo... aveva aiutato la mia causa, ecco.
Quando censurai quella parte incrociai gli occhi di Annabeth per un istante, e i miei soliti pensieri idioti tornarono con il loro fare logorroico:
Dovevo convincermi di odiarla, era quasi una questione di principio, ma dopo quello che aveva fatto per me durante la battaglia...
E poi non ero nemmeno granchè sicuro di averla voluta odiare fino a quel momento...
“e poi Percy?” mi incitò mia madre.
Le dissi il resto, tentando di non pensare ai miei (non proprio) nuovi dubbi su Annabeth.
Quando finii mia madre rimase a bocca spalancata, ed io mi preparai alle solite moine:
“oh, Percy... se quel Time ti avesse fatto qualcosa... giuro che... Dio, Percy, fortuna che sei salvo!” e altra roba da mamma iper protettiva che durò per circa tre ore.
“ehm, Sally?” chiese Annabeth, interrompendo mia madre intenta a controllare quanti graffi avessi addosso, di nuovo.
“dimmi cara”
“sai se... per caso... mio... mio padre è qui?” chiese con una nota malinconica nella voce.
In quel momento mi ricordai che aveva detto ai suoi di raggiungere mia madre a Montauk, il fatto che il campeggio sembrasse deserto non doveva averla certo rassicurata.
“tuo padre?”
Gli occhi di Annabeth si spalancarono, vidi il viso sbiancare e le dita stringere convulsamente l’orlo della camicia da notte.
“che c’è, piccola?” chiese mia madre andando a sedersi accanto a lei e posandole una mano sulla spalla “che succede?”
“Time l’ha minacciata dicendo che avrebbe ucciso i suoi, lei gli ha chiamati dicendo di fuggire e di venire qui” snocciolai, indeciso se correre ad abbracciare Annabeth o meno... in quel momento i pensieri di odio che mi ero ostinato a costruire crollarono del tutto.
“oh, mio Dio” sussurrò mia madre abbracciando la ragazza “mi dispiace... non sapevo...”
“è... è tutto a posto... davvero...” cercò di dire “devo solo... devo... un secondo” disse sciogliendo l’abbraccio e uscendo dalla porta.
Io rimasi lì, seduto sul bordo del divanetto, impacciato, mia madre fissava la porta con aria dispiaciuta.
“questo vuol dire che Crono...?” mi chiese, io rimasi interdetto un secondo, ma poi decisi di dirle la verità:
“probabilmente sì, li ha uccisi”
 
Quando il buio si fece davvero pesto uscii con una tazza di latte bollente,che mia madre mi aveva chiesto (ovvero ordinato) di portare ad Annabeth, e con l’intenzione di ricondurla dentro.
Ero rimasto in pensiero per tutto il tempo. Forse era la prima volta che la vedevo così scioccata.
Sapevo che non era proprio in buoni rapporti col padre e la famiglia di quest’ultimo, ma in fondo gli voleva bene.
La raggiunsi sui tronchi che costeggiavano i resti di un falò, ben attento a non rovesciare il latte anche se avevo le mani ustionate.
“ehi” le dissi
“ciao”  rispose piano, io mi sedetti accanto a lei e le porsi la tazza.
“mia madre mi ha detto di portarti questa... non voleva disturbarti, così ha lasciato la cena nel microonde...”
“Non ho fame”
“per questo mi ha dato il latte” prese la tazza e la rigirò nelle mani.
Passarono alcuni istanti di silenzio, nei quali fissai i miei piedi scalzi che giocherellavano con la sabbia. Non sapevo bene cosa fare...insomma fino a due giorni prima le parlavo solo per litigare e adesso mi ritrovavo con il bisogno di fare qualcosa per lei... così decisi di tentare:
“come stai?”
“c’è bisogno di chiederlo?”
“scusa, domanda idiota”
Altro silenzio
“sai come penso sia andata?” chiese dopo un po’, la guardai e lei proseguì:
“se ne sono fregati. Se ne sono fregati di quello che gli ho detto, come sempre. –sarà un’altra delle idiozie di tua figlia, Fred –“ scimmiottò la voce di qualcuno “mi sembra di sentirla la mia matrigna... non hanno capito che lo facevo per loro... come sempre hanno ignorato le mie parole... lui le ha ignorate... e ha ignorato me”. Le sfuggì un singhiozzo.
“sono sicuro che non è andata così”
“tu... tu non lo puoi sapere... non conosci l modo in cui mi guardano... ad ogni occhiata che mi lanciano vedo... il disprezzo...il disgusto nei loro occhi... adesso non ci sono  più però” un altro singhiozzo
“Annabeth...”
“e dovrei sentirmi bene... in-insomma, un peso levato... eppure... ci sto male, Percy... ci sto male...” ormai le lacrime scendevano copiose, non resistetti e l’abbracciai.
I suoi capelli mi solleticarono il viso e la sua testa ritrovò il suo posto nell’incavo le mio collo. Per un istante, non ostante percepissi il suo dolore, ebbi la sensazione che tutto fosse a posto.
La lasciai sfogare, accarezzandole la testa e stringendola a me.
Passarono minuti, forse ore, lei buttò fuori tutto quello che aveva dentro e io la lasciai fare.
Quando i tremiti delle sue spalle si placarono si scostò, io le asciugai le lacrime con il pollice prendendole il viso tra le mani.
“Grazie Percy”
La guardai negli occhi, dovevo dirle quello che pensavo:
“Annabeth... io per te ci sono e sempre ci sarò... ho provato a non esserci, ma non ci riesco... io... quello che ti ho detto ieri è vero... ho bisogno di te, e tu hai bisogno di me... e lo so che non è il momento per parlarne ma... non possiamo restare separati noi... suona anche sdolcinato ma è così... io...”
“grazie Percy”
Le sorrisi, felice di essermi tolto un peso, felice di essere tornato a poterla riavere tra le braccia, felice di averle dato un motivo per essere meno triste.
“rientriamo” dissi, mettendole un braccio intorno alla vita e portandola dentro.
Mia mamma già dormiva, la luce era spenta, evidentemente era già tardi.
La accompagnai al letto e le accarezzai una guancia.
“buona notte”
avrei voluto dirle qualcosa per confortarla ma non sapevo cosa dire e non volevo  che le lacrime le rigassero ancora il volto.
“anche a te” le strinsi la mano per un secondo, poi spensi la luce e mi avviai verso il divano.
“grazie Percy” la sentii dire, sorrisi nel buio.
Fui certo, in quel momento come mai, che insieme avremmo potuto superare qualsiasi cosa.
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 15
*** come deprimere un gruppo di semidei ***


SPAZIO AUTRICE:
oh, cavolo, mi sorprendo di me stessa, sto facendo dei capitoli lunghissimi! E vi prego con tutto il mio cuore di dirmi se lo sono troppo e se stufano in qualche modo...
apparte questo... mentre scrivevo il primo POV ero davvero contenta e ho deciso di sfruttare questa contentezza anche se non ci acchiappava una mazza con il contesto... spero che non strida come le unghie marce della Dodds sulla lavagna della Yancy (notare il “meraviglioso” paragone)... lo so, oggi sono più pazza del solito, scusate...
vi lascio leggere prima che diventiate troppo vecchi...
ringrazio tutti (in particolare AnnieJ, che è “nuova”, che la pensa proprio come me su molte cose e che sta recuperando velocemente ...e mi scuso se non l’ho citata prima...)
buona lettura
piccolalettrice
 
 
14- Come deprimere un gruppo di semidei
 
Parte I: la felicità dura il tempo di una colazione
 
Aprii gli occhi nella luce di una di quelle mattine tipiche di Montauk che adoravo; con l’odore delle cialde azzurre di mia madre, la sensazione dei  granelli di sabbia nelle lenzuola, un paio spifferi che filtravano dalle pareti di legno e tanta, tanta contentezza, nemmeno fosse Natale.
Mi misi a sedere sorridendo. In quel momento ero davvero felice.
“ciao, mamma” dissi alzandomi e raggiungendola in cucina per darle un bacio sulla guancia.
“fai piano” mi ammonì lei indicando con il mestolo il salotto (che poi era anche la camera) dove dormiva Annabeth.
“certo” rubai una frittella beccandomi una mestolata sulla mano
“lasciane un po’ per la tua amica”
“Mh-mh”
Nascosi il sorriso nel sentire la parola “amica”.
Mi appoggiai al piano del lavandino mangiucchiando una frittella.
 “Percy, ti vedo tranquillo” fece mia madre, io le sorrisi.
“è che sono felice di essere qui... nonostante tutto”
Felice di essere lontano dai miei problemi, una volta tanto.
Anche mia madre sorrise, poi mise le frittelle in tavola.
“Forse dovresti svegliare Annabeth... so che ha bisogno di dormire ma ieri non ha mangiato...”
“vado!”
La sentii biascicare un “ma quanto entusiasmo...” che mi fece pensare che forse iniziava a sospettare qualcosa, ma non me ne curai molto e andai in salotto.
Diedi un’occhiata alla porta della cucina, poi mi avvicinai al viso addormentato di Annabeth, sfiorandole i capelli.
“ehi, dormigliona”
Per tutta risposta lei grugnì e si girò dall’altra parte.
“davvero, Sapientona, la colazione è pronta”
La sentii sospirare e alzarsi sui gomiti.
Aveva gli occhi un po’ arrossati e il viso ancora leggermente pallido, ma tutto sommato non aveva una brutta cera.
“ciao” mi disse
“la colazione è pronta” ripetei, finalmente si alzò, e tornammo in cucina.
“buon giorno, cara” disse mia madre rivolgendole uno dei suoi sorrisi. “come ti senti?”
“meglio”
“sicura?”
“sì, davvero”
Mia mamma le sorrise di nuovo e noi ci accomodammo in due posti vicini, davanti ad un piatto pieno di cialde azzurre.
“sono cialde?” chiese Annabeth guardando il piatto.
“si... mia madre cucina sempre in azzurro”
“per una vecchia scommessa, diciamo” disse con un sorrisetto soddisfatto, forse perché, in fondo, la sua scommessa l’aveva vinta.
“oh”
Mangiammo, mentre io e mia madre cercavamo di distrarre Annabeth e lei annuiva a tutte le cavolate che sparavamo... non volevamo che si perdesse in pensieri tristi, anche se sapevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare tutte le domande che ancora non avevano una risposta e che non erano poi troppo allegre.
La vedevo migliorata dal giorno prima, ma era ancora scossa, lo sentivo.
Quando finimmo sparecchiammo ed io, “da bravo ometto di casa” (come disse mia madre scompigliandomi i capelli) lavai i piatti mentre Annabeth li asciugava e li rimetteva a posto.
Ero davvero contento, malgrado dentro di me si facesse strada la consapevolezza che forse non avrei dovuto esserlo così tanto... ma non ci potevo fare nulla, e poi avere mia madre e il suo sorriso dolce vicini era davvero fantastico.
Come sospettavo poco dopo Annabeth tirò fuori gli argomenti che premevano ad uscire.
Mia madre andò a riassettare il salotto ed io e lei rimanemmo da soli.
“ Percy, credo che dobbiamo parlare” mi disse“dobbiamo decidere cosa fare”
“ok” risposi “andiamo fuori” ; non volevo preoccupare mia madre.
Lei annuì, ci vestimmo, io con un vecchio paio di jeans che mi andavano un po’ corti e una maglietta slabbrata che avevo trovato in fondo all’armadio e Annabeth con i vestiti di mia madre che le andavano un po’ larghi, nonostante mia madre fosse magra.
“noi usciamo, mamma!” le urlai
“sì tesoro ma...” ci raggiunse vicino alla porta con una coperta “non andate oltre al cartello con su scritto camping, è fin dove arriva l’influenza di tuo padre e...” sospirò “Percy, giurami che prima di andartene mi avviserai”
“certo mamma”
“e prendete questa, fuori inizia a far freddo e tu sei a maniche corte... io non ho nemmeno un’aspirina qui”.
“ok”
Ci sorrise e noi uscimmo, armati di coperta.
“è davvero dolce tua madre”
“è la persona migliore del mondo”
“forse lo è davvero” disse in tono malinconico, immaginai che la stesse paragonando a suo padre, così mi adoperai per distrarla
“hai un piano, Sapientona?”
Le sorrisi, ci sedemmo accanto ai resti del vecchio falò, ed io le buttai la coperta sulle spalle.
“dobbiamo capire cosa sta succedendo al campo” disse poi “ non è che hai delle dracme, vero?”
Scossi la testa,
“questo è un problema... non abbiamo contatti con l’esterno”
“non potremmo chiamare Hermes?”
“come?”
“invocandolo o pregandolo o che so io, no?” dissi poco convinto
“se non hai delle dracme  non puoi fare proprio nulla” scosse la testa “non ci resta che aspettare che siano loro a chiamare noi”
“dobbiamo anche capire come cavolo siamo arrivati qui” dissi
“ma quello non è importante... insomma, ormai ci siamo, è questo che conta, dobbiamo pensare a cosa fare adesso”
Alzai le spalle, pensando a quale dio o strana forza dovessi un favore, almeno di una cosa non dovevo preoccuparmi.
“e chissà cos’è successo al campo” disse, quasi sovrappensiero.
“sarà andato tutto bene, altrimenti ci avrebbero avvisato”
“ma non capisci? E se quel qualcosa che ci ha spedito qui l’avesse fatto solo perché non c’era più speranza per il campo?”
Oh, sotto quel punto di vista suonava peggio, ma mi ostinai ad essere ottimista.
“si, ma se tutti i semidei fossero morti qualcuno là in alto almeno uno squillo ce l’avrebbe fatto, no?”
“non so Percy... ma sono preoccupata... i mostri erano tanti...”
“dovremmo andare a vedere in prima persona?” le chiesi, con la tenue speranza che non me ne sarei restato con le mani in mano, dopo tutto.
“bè, in effetti dovremmo” la guardai, iniziando a pensare a come avremmo potuto arrivarci. Lei evidentemente scorse quel mio sguardo pensoso e disse:
“ma non pensare che ti lasci venire con me” sempre la solita storia.
“eh? Perché scusa?”
“se i miei calcoli sono esatti nessuno sa che siamo qui, altrimenti ci avrebbero davvero contattato, e poi questo posto è protetto da tuo padre e siamo al sicuro, più o meno... ma se usciamo di qui ci staranno col fiato sul collo come segugi... e io devo proteggerti, sei troppo importante per il destino dell’Olimpo”
“cosa?!” dissi, fissandola “te ne vuoi andare da sola?! Ma sei impazzita?! Non se ne parla nemmeno, proprio no!”
“Percy, ragiona...”
“è un’idea stupida, hai appena detto che ci staranno col fiato sul collo se usciamo... posso capire, o meglio non arrabbiarmi, per i tuoi piani suicidi se servono per salvare delle persone, ma non ti lascio andare al campo, probabilmente per lasciarti ammazzare dai mostri, solo per dare una sbirciatina, non se ne parla nemmeno”
“era solo un’idea... e poi devo ammettere che un po’ hai ragione... insomma, guardiamo in faccia la realtà, se ne saranno salvati in pochi e chi si è salvato spero che abbia avuto il buon senso di andarsene”.
“spero che Tyson e gli altri non siano morti” dissi.
La gravità della situazione mi si abbatté contro, così com’era.
Nel profondo sapevo bene che dovevano essere morti in tanti, mi chiesi se il mio dolce fratellone fosse salvo, se Grover fosse riuscito a cavarsela e se Luke fosse riuscito a proteggere Talia e viceversa... e poi ancora passai in rassegna tutti i nomi di coloro che conoscevo, ma anche si quelli che avevo solo visto, sperando che almeno qualcuno fosse riuscito a rimanere vivo.
“se la saranno cavata, ne sono certa”
“mica eri tu quella pessimista?”
“non c’entra... loro DEVONO essersela cavata”
“già” sospirai.
“quindi che facciamo?”
“aspettiamo”
“che bella prospettiva” dissi ironico
“dai, so che ti piace stare qui”
E in effetti mi piaceva solo che...
“sì, ma non voglio rimanere qui con le mani in mano, non l’ho mai fatto”
“bè, questa volta farai bene a farlo, anche perché la questione è seria, Crono sta prendendo il potere sul serio”
Sbuffai
“mi dispiace che tu non possa goderti il momento con tua madre”
“anche a me”
Lei appoggiò la testa alla mia spalla, stringendosi a me, sorrisi:
“in teoria dovresti essere tu quella da consolare”
“sto cercando di non pensarci”
“scusa”
“niente”
Le passai un braccio intorno alle spalle:
“e allora aspettiamo?”
“è l’unica cosa che possiamo fare”
Perfetto, adesso altro che essere tutto sorrisi e sorrisini, il morale mi era caduto del tutto sotto ai piedi.
 
Parte II- le perdite non sono mai una buona cosa
 
POV
 
Non potevo credere di averla persa sul serio.
Avevo giurato a me stesso che qualsiasi osa fosse successa non avrei lasciato la sua mano per nessun motivo al mondo.
E adesso non sapevo dov’era.
Me l’ero vista portar via, strappata dai fiumi di persone che cercavano di scappare, che battevano in ritirata.
Ovviamente non sapevo nemmeno che fine avessero fatto altre persone, come Grover e Clarisse o i miei fratelli, ma per lei era diverso.
E poi c’erano anche Percy e Annabeth. Volatilizzati.
Avevo visto Annabeth prima della battaglia, ma poi l’avevo persa di vista,  di Percy, invece, nemmeno l’ombra.
Quando quella luce bianca aveva distratto i mostri, accecandoli, c’era stata una fuga di massa... (normalmente saremmo rimasti a combattere, ma eravamo già decimati e i mostri erano tantissimi, rimanere sarebbe stato un suicidio). Mentre correvo tenevo la mano di Talia, ed ero consapevole della presenza del satiro accanto a me, ma appena eravamo giunti fuori dal campo, in molti si erano precipitati per i boschi e tra gli spintona menti io avevo perso di vista Talia e gli altri, ritrovandomi in mezzo alla strada con un gruppo di persone e un ciclope piagnucolante.
Confidavo, però, che non fosse morta, altrimenti sarebbe successo qualcosa come quello che era accaduto quando Talia si era trasformata in pino: tuoni che sembravano volessero spaccare il cielo, nuvole scure su tutta l’America e anche su buona parte del resto del mondo, e poi l’apparizione di un pino, ma niente di questo era successo.
“Amico-che-era-cattivo-di-Percy può dire a Tyson dov’è Percy?” chiese per l’ennesima volta quella sottospecie di neonato che era con me.
“Tyson, per la centesima volta, mi chiamo LUKE!”
“ok, Amico-che-era-cattivo-di-Percy, ma Percy dov’è?”
“non lo so Tyson”
Non  potevo vedere il suo grande occhio castano per via della foschia, ma lo immaginai pieno di lacrime.
“Tyson vuole Percy!” piagnucolò
Ed eccomi a consolare un ciclope, quando avevo i miei problemi a cui pensare e la mia tristezza in cui flagellarmi.
“su Tyson, tranquillo” gli disse la ragazza seduta davanti, una figlia di Afrodite, dandogli dei colpetti sulla spalla “Percy starà bene”
“sul serio?”
“ne sono certa” della serie “diamo false speranze a chi non può comprendere concetti complicati come la morte”, eh?
“Allora Tyson smette di piangere”
“bravo, Campione” la ragazza gli sorrise
“Percy chiamava Tyson Campione!” altri singhiozzi, sospirai.
“su, Tyson, se fai il bravo ti lascio usare i miei attrezzi quando torniamo” gli disse allora Backendorf, seduto accanto alla ragazza.
“Qu-quando torniamo?”
“sì, non appena torneremo”
“e ci sarà anche Percy?”
“certo, Campione”
Altri piagnistei.
Appoggiai la testa al finestrino ghiacciato dell’autobus, immaginando dove potesse essere Talia... se l’avessero presa... non so cosa avrei fatto a Time e a Crono.
Rimasi sorpreso nel constatare quanto dovessi a Talia, insomma, se non fosse stato per lei a quell’ora sarei stato al servizio di Crono a cercare di rintracciare tutti i semidei che erano riusciti a scappare... quella ragazza mi aveva davvero cambiato, mi aveva fatto conoscere cose che non avrei creduto possibili e mi aveva fatto provare dei sentimenti e delle sensazioni che non avrei mai pensato potessero appartenermi.
E non averla con me in quel momento era peggio di qualsiasi tortura.
 
POV
 
“e smettila di belare, capra che non sei altro!”
“Perché mi tratti così, che ti ho fatto di male?!”
“smettila di fare quei versi o giuro che le tue corna non saranno più tanto attaccate alla testa!”
“no! le corna no! ho fatto così tanto per guadagnarmele!”
“e allora stai zitto!”
Decisi di porre fine a quella conversazione idiota che andava avanti da quando ci eravamo separati dal gruppo che era finito in mezzo al bosco.
“ma la volete smettere di litigare?! Volete andare a sbattere?!”
“dillo a lei!”
“dillo a lui!”
“se non aveste rubato una macchina e non fossimo inseguiti da una marea di mostri e altrettanti poliziotti non belerei!”
“cuciti la bocca, satiro” sibilai
“tiè” sibilò la figlia di Ares a Grover
“non fare la bambina, Clarisse” le dissi, lei borbottò qualcos’altro ma non era più fastidiosa come prima, così tornai ai miei pensieri.
Il cielo era coperto da una coltre spessa di nubi, che non lasciavano intravedere il sole e ti trasmettevano un nervoso inimmaginabile, almeno era così per me. Odiavo quando il tempo era così, ma non feci nulla per cambiarlo, come invece avrei potuto, poiché era perfetto per il mio umore.
Già, perché ero elettrica e nervosa come non mai, arrabbiata direi.
Arrabbiata con quei due che continuavano ad urlare, arrabbiata con Crono e suo figlio per aver portato quei mostri, arrabbiata con Percy ed Annabeth perché non c’erano adesso e non c’erano stati durante la battaglia, arrabbiata con tutti i mostri che ci stavano dietro, arrabbiata con la polizia, che faceva lo stesso, ed infine arrabbiatissima con me stessa perché avevo lasciato la mano di Luke.
Avrei voluto trovarmi al suo fianco in quel momento, avrei dovuto trovarmi al suo fianco, ma per colpa di quegli idioti dei miei compagni che fuggivano come cani dal canile, senza un criterio mi ero ritrovata in mezzo al bosco, lontana da Luke e con un satiro frignone e una figlia di Ares odiosa.
Ma perché succedevano tutte a me? Essere figlia di Zeus è così... schifoso. Mi venne voglia di urlarglielo, a quel padre snaturato che mi ritrovavo, mi venne voglia di mettermi ad imprecare contro quel tempo odioso, contro tutti e tutto...
Strinsi il volante così forte che le nocche mi diventarono bianche.
Che nervoso.
In quel momento girai verso al scritta New York senza accorgermene.
“New York?” fece Clarisse con una smorfia
Alzai lo sguardo verso il cartello e feci la stessa smorfia, non avevo voglia di stare sotto l’influenza di mio padre, ma non volevo nemmeno darla vinta a Clarisse, così risposi:
“sì, problemi?”
Lei alzò le spalle ed io accelerai, beccandomi una suonata di clacson da parte di un autobus.
Bene, adesso ero anche arrabbiata con gli autobus.
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 16
*** dalle stelle... ai cassonetti ***


SPAZIO AUTRICE:
Buona sra a tutti, eccomi qui con il nuovo cap, tutto dedicato alla nostra figlia di Zeus incazzosa e al suo elfo (ex) bastardo Luke... sinceramente devo dire che è un po’ delirante, e non fa per niente ridere -.-...
mi piaceva l’idea che i semidei fuggiti rimanessero a gruppi per un po’...
non c’è altro da dire se non che questo cap proprio non mi convince...
poi... in molti mi avete chiesto se la figlia di Afrodite dello scorso capitolo fosse Silena, e in effetti lo era, solo che mi ero dimenticata di specificare e ho voluto solo lasciare intendere chi fosse... anche se in questo cap la bella Silena avrà un ruolo mediamente importante.
(non intendo ispirarmi a RR per quanto riguarda la “love story” tra Luke e Silena... Lukie, rimarrà fedele al... suo dolce bocciolo, Talia - capirete la battuta a fine cap)
Buona lettura e vedete di recensire in tanti, per favore
piccolalettrice
 
 
15- Dalle stelle... ai cassonetti
 
Scendemmo davanti all’Empire State Building, sotto quel cielo nuvolosissimo e nero. Non avevamo idea di cosa fare, né di dove andare. Eravamo una ventina di semidei, disorganizzati e inseguiti da una marea di mostri, la cosa più sensata che i miei compagni di viaggio riuscirono a pensare fu di chiedere aiuto ai nostri divini genitori.
Ma la piccola cosa che non avevano calcolato era che i nostri divini genitori, sono un tantino, come dire... menefreghisti.
“ma il campo...!” tentò un’altra volta la ragazza.
“non me ne frega niente del vostro “campo”! non posso fare entrare una ventina di ragazzi sporchi e in pigiama!” sibilò il tipo seduto alla reception, tentando di non farsi sentire dagli uomini in giacca e cravatta che uscivano dalla porta.
“ma i mostri...”
“siete eroi, dovete cavarvela da soli! I mostri fanno parte del mestiere, idioti!”
“la prego... non sappiamo cosa...”
“non. Posso. Farvi. Entrare e basta!”
“ma noi...”
“sicurezza!”
Mi feci avanti, se ci fossero stati Percy e Talia a quest’ora saremmo già saliti... bè, se ci fosse stata Talia io non me ne sarei rimasto con quel gruppo di semidei idioti.
“Lascia perdere, Silena, è inutile” dissi, sospingendo la ragazza indietro e avvicinandomi al tizio.
“magari verranno a portarci i fiori sulla tomba... riferisca pure il messaggio da parte di Luke Castellan, figlio di Hermes... arrivederci!”
E detto questo mi voltai, sospingendo i miei compagni, che, restii, uscirono con me.
Non seppi bene, perché dissi quello che avevo detto, forse perché volevo che quegli idioti là in alto si sentissero in colpa, o cose simili
Quando fummo fuori nella fredda aria di inizio ottobre, tremanti e disorientati capii che se in quel momento fossero arrivati dei mostri non avremmo saputo uscirne vivi, così decisi di prendere in mano la situazione:
“è inutile chiedere aiuto a loro” dissi indicando il grattacielo alle nostre spalle, “dobbiamo cavarcela da soli, siamo addestrati per questo, e non possiamo rifugiarci tra le gonne di mammina, chiaro?”
Mi sorpresi del tono autoritario che avevo conservato da quando organizzavo le squadre per Crono,  mi sembrò di essere vagamene patetico con quel discorsetto “infervoratore”, con i mostri funzionava...
“Perché dovremmo ascoltarti, Castellan?... sei solo una spia, dopotutto”
Eh no, con i semidei non era molto utile... tuttavia la parte della frase, che, come sempre, mi mandò in bestia fu quel “traditore”.
“senti un po’...”
“tu non parla così a Amico-che-era-cattivo di Percy!” urlò Tyson alzando di circa due metri da terra il figlio di Apollo che aveva parlato, il ragazzo urlò spaventato.
Alcuni passanti si fermarono a guardare la scena.
“Tyson! Tyson, lascialo!”
Il ciclope mi fissò, poi mi sorrise con i suoi denti storti.
“ok, Amico-che-era-cattivo di Percy” disse lasciando cadere la sua vittima, che si rialzò allarmato, allontanandosi dal ciclope.
“ecco, adesso ci mette contro anche la sua bestia!” urlò
“Tyson non è bestia! Tu bestia!” disse il ciclope cercando di acciuffare il malcapitato, che però si nascose dietro Backendorf.
“ragazzi, smettiamola di dare spettacolo, ci guardano tutti” sibilò Silena, con lo sguardo allarmato.
“ma quale spettacolo e spettacolo! Io con il traditore non voglio aver niente a che fare!”
Lo guardai con sguardo truce:
“bene!” dissi “chi vuole restare con la mammoletta qui presente, a supplicare gli dei mentre aspetta che un mostro gli stacchi la testa, faccia pure!... mai pensato, però, che io potrei essere più d’aiuto siccome conosco come lavora Crono?!” feci acido
“sei una spia, è ovvio che sai come lavora!”
“cosa non ti è chiaro della frase “non lo sono più, idiota”?!” mi avvicinai al ragazzo, sfoderando la spada.
“Luke, ti prego... lascia perdere...” mi sibilò la figlia di Afrodite frapponendosi tra me e il figlio di Apollo.
Lanciai un’occhiata truce a tutti i presenti e mi allontanai.
“bene, fate come vi pare, addio!” e detto questo feci un cenno a Tyson e voltai i tacchi.
Il ciclope mi seguì, mi avviai per le strade di New York, e dopo un po’ mi accorsi che qualcuno mi aveva seguito, mi voltai, trovandomi davanti a Backendorf e Silena.
“che c’è? Volete vedere come farò a dire a Crono la posizione di quegli esaltati?!”
“Luke, smettila, siamo dalla tua” fece il figlio di Efesto con quel suo fare pacato, che quando eri arrabbiato ti dava sui nervi in un modo...
“come vi pare”, borbottai “sappiate che non ho uno straccio di piano”
“sempre meglio che restare con quei microcefali di figli di Apollo ringalluzziti”
Feci un mezzo sorriso all’insulto.
“Tyson è felice che Backendorf sta con Tyson!” disse, appunto, Tyson sputacchiando mentre diceva “Backendorf”
“Anch’io sono contento, Tyson”
“bene, ma adesso dobbiamo capire cosa fare” fece Silena asciugandosi dalla saliva del ciclope, leggermente infastidita... (almeno non si era messa a urlare per la piega come avrebbero fatto altri suoi fratelli che conoscevo...)
“dovremmo cercare di contattare qualcuno... Chirone, per esempio”
“Chirone è meno organizzato di noi, altrimenti avrebbe già chiamato”
“e poi non abbiamo dracme, come facciamo a chiamare?”
“uh! Monetine luccicose! Tyson ha monetine luccicose!” disse esibendo tre monete tonde e dorate. Spalancai gli occhi; quel ciclope non era poi tanto idiota.
“A Tyson piacciono tanto!” disse facendole tintinnare, nella grossa mano “fanno un bel rumore!”
Ok, era un idiota... questione genetica, forse?
“Sei grande Tyson!” fece Silena prendendo le monete, mentre il ciclope si prendeva i complimenti, tutto gongolante.
“chi chiamiamo, allora?”
“da’ qui” dissi, prendendo le dracme, poi mi avvicinai ad un idrante, anche se forse non sarebbe servito avevo bisogno di chiamare chi volevo chiamare:
“Tyson, puoi tirare un calcio a questo coso rosso?”
“poi non si fa male?” chiese, guardando l’idrante, con aria preoccupata.
“no, non si fa male, tranquillo”
“sicuro?”
“sì, Tyson”
“uh, ok... scusa idrante” disse avvicinandosi, poi sferrò un piccolo calcetto che fece sprizzare acqua dappertutto.
Io mi affrettai a buttar dentro al vapore prodotto una dracma, chiedendo di... Talia Grace.
Trattenni il fiato, sperando di non vedere quello che temevo, incurante delle proteste dei miei compagni e del fatto che Tyson si stesse rotolando nell’acqua... poi il viso che tanto avevo aspettato di rivedere apparve, con le sopracciglia aggrottate e l’aria infastidita, la sentii urlare qualcosa su una ghigliottina, e quando tornò a fissare davanti a sé e mi vide spalancò gli occhi:
“Luke!” urlò, si sentii un fischio acuto, come di una frenata e parecchi rumori di clacson: “per gli dei, sei vivo... dove... come?”
“è tutto a posto, tu dove sei?”
“si guardò intorno, “Lexington Avenue, credo”
“sei con Chirone?”
“no, l’ho mollato, sono con... UN MOMENTO!” urlò a qualcosa alla sua destra, poi il viso di Grover apparve davanti a me
“Luke!”
“Grover, che succede?”
“oh... ehm... Talia non guida molto bene  e... SE LA SMETTESSERO Di URLARE!” disse rivolto a qualcosa fuori dal finestrino più che a me.
“... comunque...” i suoi occhi castani si fissarono su qualcosa, fuori dall’auto, e spalancò la bocca in un’espressione spaventata  “oh, per gli dei... ecco perché urlavano!” emise un belato terrorizzato
“Grover?”
“oh, no, no!”
Si rivolse a me...
“sbrigati a venire!”
E la comunicazione si interruppe.
 
POV
 
“mollami!” urlai tentando di tirare un calcio al mostro che mi aveva preso per una gamba.
Tutt’attorno, la gente gridava, spaventata, scappando a destra e sinistra, il tipo che si era lamentato della macchina ammaccata stava sgommando via a tutta velocità in contromano, scatenando il putiferio generale.
La macchina intanto veniva capovolta da un’idra: ci avevano trovati.
Per fortuna Grover riuscì a uscire un secondo prima che l’auto venisse maciullata, trascinandosi dietro Clarisse.
Vidi la figlia di Ares estrarre la sua spada, mentre il sangue iniziava  a fluirmi alla testa, e quando Grover iniziò a saltellare attorno al mostro, quello tentò di acciuffarlo, dandomi forti scossoni.
“Clarisse, aiuto!”
La ragazza impegnata in un corpo a corpo con l’Idra fece un balzo e mi lanciò la spada che, essendo a testa in giù, mi era caduta.
La afferrai al volo e riuscii appena a dondolarmi abbastanza per infilare la lama nel fianco del mostro, che puntualmente non mancò di diventare polvere, facendomi cadere.
Per fortuna feci un atterraggio morbido.
“AHI!” belò Grover, mentre mi rialzavo.
”non lagnarti, il tuo dovere e proteggermi da cadute come quella!” gli urlai, mentre accorrevo in aiuto di Clarisse, che ghignava come una matta, nel vedere l’Idra in difficoltà.
Peccato che ad un certo punto, il mostro fece un urlo terrorizzante e dalle vie  laterali spuntarono un paio di suoi amichetti.
“Perfetto!” urlai “siamo fregati!”
“andiamo!” fece Grover prendendomi il braccio
“no!”
“come “no”?! qui ci maciullano vivi!” disse, terrorizzato vedendo le arpie che accorrevano.
“dobbiamo... Luke sta arrivando e...”
“Talia, forse non vediamo le stesse cose!”
“ma...”
“sbrigati!”
In quel momento Clarisse venne in soccorso di Grover e mi trascinarono quasi di peso verso una via laterale... se anche Clarisse batteva in ritirata voleva dire che eravamo davvero messi male.
Svoltammo in un vicolo dalle finestre piene di grandi vasi di fiori bianchi, che contrastavano con il grigiore dei muri, inseguiti da quelle simpatiche bestioline.
Ci spingemmo avanti, e quasi ci scontrammo con un muro: era un vicolo cieco.
Guardai i miei due compagni, spaventati e ansanti almeno quanto me... sembravano pensare la stessa cosa: ci avrebbero presi.
 
POV
 
No, non mi ero sognato tutto, quella figura dai capelli scuri e i pantaloni del  pigiama a righe era davvero lei...avevo appena fatto in tempo a vederla scomparire in quel vicolo che tutti quei mostri, incuranti degli umani che travolgevano,  avevano seguito lei e gli altri due.
“Luke, ma sei impazzito?! non puoi andare!” disse Silena trattenendomi per una manica.
Mi divincolai, liberandomi, per poi fissarla.
Lei e Backendorf mi avevano seguito durante la mia folle corsa verso Lexington Avenue senza battere ciglio, e adesso mi impedivano di andare in soccorso di Talia?
“se non vuoi venire resta qui”
“morirai!” mi riafferrò e io la scansai di nuovo.
“io vado!” dissi risoluto, e corsi senza voltarmi indietro.
Appena arrivai nel vicolo mi ritrovai davanti  tutti i mostri, circa una quindicina, che si voltarono  a fissarmi, fu solo per un istante poi mi si avventarono contro.
Menavo ora un fendente a destra, ora un affondo a sinistra, senza poter distrarmi un secondo, perso nei combattimenti... ma sapevo... sentivo, che la presenza che mi dava la forza di combattere non era lì.
Mi chiesi dove fosse... non potevano averla uccisa... vero?
Sentii poco distante il  fragore di armi metalliche, mi voltai, schivando la coda di una chimera, e sperando di trovarmi davanti la figura esile ma forte della ragazza che avrei dovuto proteggere.
Ma mi ritrovai a fissare solo Silena e Backendorf, che combattevano schiena contro schiena e Tyson, impegnato con un’Idra.
Polverizzai un mostro, poi un altro... già con i miei compagni combattere era più facile e in poco tempo rimasero solo un paio di arpie, che ci fissarono ancora un secondo ringhiandoci contro prima di salire in volo e sparire.
Mi guardai intorno, confuso. C’era solo un cassonetto chiuso da una trave caduta da chissà dove durante il duello e un balcone pieno di fiori bianchi... ma nessuna zazzera di capelli neri in vista.
“Dov’è Talia?!”
Gli occhi dei due ragazzi e quello del ciclope mi fissarono.
Sentivo il cuore battere troppo forte, rimbombarmi nelle orecchie, la gola mi divenne secca e sugli occhi cadde un velo che non mi permise di vedere con chiarezza.
“Dov’è Talia?!”
In quel momento, dal cielo, già perennemente scuro si sentì un tuono.
Oh, no.
Guardai nel vicolo e i miei occhi si fermarono su un vaso di fiori bianchi, che contrastavano con lo squallore del vicolo.
No, no e no.
Mi avvicinai ai fiori, lentamente.
Le ginocchia mi caddero e mi ritrovai per terra a fissare quei fiori bianchi e delicati.
Non poteva essere.
Tutto quello che rimaneva della ragazza che avevo amato erano quattro boccioli bianchi.
Quelle quattro piantine erano la mia Talia.
Le sfiorai, con un dito.
Non stava succedendo a me.
Non riuscii più a vederci, la gola mi divenne secca all’improvviso e la testa si fece pesantissima.
Non c’era più.
 
POV
 
Intorno a me era tutto buio, non vedevo nulla.
“Ahi!”
“Tieni le mani a posto, satiro!”
“sssh, sto cercando di sentire!” sibilai, ritornando ad affinare l’udito.
“senti nulla?”
“no”
Tentai di aprire il coperchio di quella scatola puzzolente.
“per gli dei, non si apre”
“come?!”
“non riesco ad aprire”
Sentii un rumore, poi qualcosa mi buttò contro un sacco della spazzatura e sbattè contro il coperchio del cassonetto, sforzando le braccia.
“come può essere bloccato?!”
“Grover, prova con le tue zampe” il satiro fece leva, ma il cassonetto rimase chiuso.
“siamo fregati”
Mi guardai intorno nel buio...
Ed ecco la grande figlia di Zeus, chiusa in un cassonetto pieno di spazzatura rancida, con un satiro in lacrime, una figlia di Ares bellicosa e un sacco di cose viscide e puzzolenti non identificate... meglio di così non poteva andare
“ “nascondiamoci in quel cassonetto!”” lo scimmiottò acida Clarisse.“che idea geniale, Grover!”
“cosa facciamo adesso?”
Ci fissammo, o meglio fissammo le nostre ombre nel buio del cassonetto, poi prendemmo a battere sulle pareti di lamiera:
“Aiuto!”
E andammo avanti così sperando che prima o poi qualcuno dovesse buttare la pattumiera e ci salvasse da morte certa per inalazione di sostanze tossiche. 

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Capitolo 17
*** Luke si da alla fioricoltura ***


SPAZIO AUTRICE:
lo so, lo so sono in ritardo... ma questo cap è IL cap.
Volete sapere il perché? Leggete, non vi dico nulla (muhahaha)
Altra cosa... ho pronto un capitolo Percabeth che doveva annettersi a questo, ma siccome non c’entra proprio un fico secco nemmeno se divido il cap in due ho deciso di fare un altro cap.
Inoltre non so se continuare con Talia e Luke o mettere il suddetto capitolo, perché non vorrei “spezzare”la trama... ma vedrò poi.
Va bè, spero vi piaccia come a me è piaciuto scriverlo.
Un bacio
piccolalettrice
 
 
 
16- Luke si da alla fioricoltura.
 
Mi sembravano passate ore da quando eravamo rimasti chiusi nel cassonetto.
Tra la puzza e le cose che ogni tanto si muovevano sul fondo non sapevo cosa fosse peggio.
Forse in cima alla lista delle cose sgradevoli c’erano i battibecchi dei miei due adorati compagni di pattumiera:
“ Ahi! Grover!” fece Clarisse con aria indignata
“che vuoi?”
“mi hai tirato un pizzicotto!”
“non sono stato io!”
“certo e chi è stato? Lo Yeti?”
“qui dentro potresti trovarci pure lui” disse il satiro con quella che, siccome era buio pesto, intuii essere una smorfia di disgusto.
“divertente... non farlo mai più”
“ma non ero io!”
“sei un vero idiota, ragazzo-capra!”
“senti chi parla!”
“porta rispetto ad una figlia di Ares, altrimenti...”
“che fai? Mi uccidi?... magari così non mi toccherebbe sopportare la puzza che c’è qui!”
“se vuoi ti accontento!”
“E BASTA!” urlai esasperata!
Quei due mi facevano montare un nervoso... era già abbastanza brutto essere seduta su sacchi dell’immondizia e la loro puzza, al buio, da quasi due ore, con strane... cose... che ti strisciavano intorno ai piedi di tanto in tanto... in più ci si mettevano loro!
Chissà dov’era in quel momento Luke... magari mi stava cercando, all’inizio del vicolo, magari era lì accanto alla mia prigione puzzolente...
E forse era anche preoccupato... anzi lo era di sicuro, conoscendolo.
Ma cosa potevo farci? Nessuno avrebbe aperto un cassonetto rumoroso per paura di ritrovarsi a faccia a faccia con un barbone ubriaco o che so io...
Ero condannata all’ergastolo tra i sacchi dell’immondizia; la fine di una semidea, la figlia di Zeus, tra l’altro!
Ma il mio dolce paparino non poteva intervenire? Tanto per concedermi almeno una degna sepoltura... mi sarebbe tanto piaciuto morire in modo normale, possibilmente al più tardi possibile...
E adesso mi ritrovavo a soccombere lentamente dentro un cassonetto!
Ma di chi era stata la brillante idea?!
in quel momento mi venne voglia di strozzare Grover, che belava disperato qualcosa riguardo alla luce del sole e a quanto gli mancasse.
Clarisse al suo fianco batteva la punta del piede sulla parete di lamiera con sempre lo stesso ritmo che ricordava vagamente una canzone di...
“ti piace Hilary Duff?” le chiese Grover
“eh?”
“stai battendo il piede a tempo di una sua canzone”
“oh, non posso dire che mi facci impazzire ma non è...”
“io adoro Hilary Duff!”
La figlia di Ares lo guardò come se fosse un decerebrato, poi disse:
“tu hai seri problemi, capra”
Il satiro intanto si mise a suonare con quel suo stramaledettissimo flauto.
Ecco, in quel momento era tutto davvero perfetto.
 
Dopo circa un quarto d’ora di note stonate e spappolamenti di cervello da parte mia e di Clarisse qualcosa attirò la mia attenzione sotto all’assordante rumore del flauto: “toc”
“zitto un secondo, Grover” gli dissi.
“ehi, la mia musica non è poi così male!”
“sta’ zitto per favore, sto cercando di...” un altro di quei “toc” “l’avete sentito?”
“toc”
“che cos’è?”
In risposta alla domanda di Clarisse arrivò un potente colpo sulla parete dietro la mia schiena, io mi spostai in fretta finendo in braccio ai miei compagni, guardai spaventata la parete del cassonetto staccarsi dalla struttura, per lasciar filtrare uno spiraglio di luce aranciata.
Libertà!
I sacchi rotolarono fuori ed io uscii con loro.
Quello che vidi mi lasciò basita. Un uomo in tuta da trekking, con un caduceo in mano.
-Per la barba di Afrodite, puzzi come una fogna figlia di Zeus – disse una vocetta proveniente dal caduceo. Fissai il bastone e vidi due serpenti arrotolati attorno a tutta la sua lunghezza.
-no, Martha, puzza come un TOPO di fogna... magari ne ha preso qualcuno per me!- disse il secondo rettile, sibilando nella mia direzione.
Dietro di me anche Clarisse e Grover uscirono.
“Divino Hermes?”fece Grover a bocca spalancata.
“in tutto il mio splendore!”
“ma che... cosa...?” balbettai
“oh, Talia, non ci crederai... ma mi hanno pregato di fare qualcosa per... uhm, la tua condizione o quella che lui credeva fosse la tua condizione... non potevo restare con le mani in mano” ridacchiò

_Se non le racconti tutta la storia non può deridere quell’idiota di tuo figlio- disse Martha
_
Già... e dovevi vedere come si teneva stretto quelle piantine!-
“non prendete in giro mio figlio!” sibilò il dio e le due bisce si zittirono
“suo figlio?! Piantine?!... ma che  sta succedendo, porco Zeus?!” urlò Clarisse molto educata, come sempre...
-figli di Ares... sempre così sgarbati... mai che mi portino un topo!-
- pensi solo a mangiare, George... è per questo che Hermes preferisce  me!-
“ancora con questa storia?! Va avanti da secoli, ormai!” urlò Hermes ai due, poi si rivolse a me con un sorrisetto furbo:
“credo che mio figlio ti spiegherà un po’ di cose, ma tu farai bene a raggiungerlo...”
“ma...”
“ la carrozza vi attende, madame” fece lui, indicando tre pegasi che planarono verso di noi.
“ma...”
“sanno già la strada, vi porteranno da Luke”
“ma...”
“ma cosa?”
“scusi, divino Hermes... ma non ci capisco molto...”
“appena vedrai mio figlio capirai” sospirò “sei una brava ragazza, Talia”
Io? Una brava ragazza? Lanciai un’occhiataccia ad Hermes, senza capire.
“eh?”
“sei una brava ragazza, la degna figlia di tuo padre... sarai un’ottima nuora”
Nuora?!
“co-come scusi?”
“adesso andate, quei cavalli non vi aspetteranno in eterno” ci sospinse verso i pegasi, i quali, non appena salimmo, si alzarono in volo
“... salutatemi Luke!” urlò il dio
-e portatemi dei topi!- ingiunse George, prendendosi una testata da Martha.
Guardai quell’assurda figura rimpicciolirsi fino a diventare un puntino scuro.
Cos’era quella storia della nuora?!
 
 
POV
 
Ormai era buio, la notte era calata sopra la mia testa e nella mia vita.
Niente aveva più senso, ormai.
Avrei potuto tornare il mostro che ero per quanto mi riguardava, tanto non avevo più nemmeno un briciolo di... lei.
Sì, perché quella parte di me che aveva voluto riscattarsi rendersi migliore lo aveva fatto solo per lei e con la sua morte anche io, in un certo senso, ero morto.
Fissai di nuovo quelle piantine delicate.
Non le somigliavano, non le rendevano giustizia.
Lei era bella, forte, unica... nulla a che vedere con il delicato bocciolo bianco che avevo tra le dita.
Ma lì era racchiusa la sua anima e quindi avrei conservato e curato quelle piantine a costo della mia stessa vita; erano tutto quello che mi rimaneva di lei.
Fortunatamente i miei compagni di viaggio avevano capito che dovevano lasciarmi in pace, nella mia tristezza.
Era stata una tortura rispondere “tutto bene” alle loro preoccupazioni.
Non era “tutto bene”, non lo era per niente.
Adesso che Morfeo era calato su di loro potevo annegare nel mio dolore.
La sua immagine mi era impressa nelle palpebre, così nitida da fare male.
Il suo nome mi assordava i timpani, sentivo solo e soltanto quel dolce suono.
Percepivo la sua stretta decisa sulla spalla, le sue mani affusolate che mi scrollavano dolcemente. 
Il pensiero che era tutto quanto frutto della mia immaginazione mi faceva morire.
Inspirai, per sentire il suo profumo, sperando che la mia mente ne avesse conservato le note.
Ma evidentemente non era così; un odore pestilenziale di fogna mi bruciò le narici, facendo contrarre i miei lineamenti in una smorfia di disgusto.
Aprii gli occhi, sorpreso.
Ma quelli, infami, volevano continuare a guardare il suo ricordo, le orecchie volevano sentire la sua voce e la pelle voleva sentire il suo tocco elettrico.
“Luke, ti senti bene?”
Com’era bella, com’era reale.
Allungai una mano per sfiorarle il viso, e mi sorpresi nel sentire la scossa famigliare che prendevo ogni volta che la toccavo.
“Luke?”
“Talia... sembri così vera”
“sembro che?”
“sembri qui, davanti a me”
“sono qui davanti a te, idiota”
Era davvero un ricordo realistico.
Strizzai le palpebre, era un’immagine davvero  troppo reale... e se lo fosse stato davvero?
“Talia? Sei tu?”
“e chi altro dovrei essere?”
Mi alzai di scatto, fissandola ancora per un istante, la pelle chiara, punteggiata di lentiggini, i capelli neri scompigliati e gli occhi di quel blu troppo intenso, che in quel momento mi guardavano straniti.
Era davvero lei.
Le preghiere fatte a mio padre l’avevano riportata da me.
“sei viva” dissi, in tono neutro, troppo sorpreso persino per manifestare tutta la mia incredula felicità.
“Direi di sì” fece mezzo passo indietro come se stesse parlando con uno squilibrato.
Alla fine non resistetti e l’abbracciai.
“sei viva” ripetei.
Lei si scansò per guardarmi negli occhi.
“Ti senti bene?”
“sei viva!”
In quel momento tutta la sorpresa che avevo dentro strabordò, rompendo ogni confine, ogni senso logico, ogni timor e ogni paura.
 la abbracciai di nuovo, sollevandola da terra.
“LUKE, CHE STAI....?!”
Non le lasciai il tempo di finire che, troppo entusiasta di averla tra le braccia, la baciai.
  

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Capitolo 18
*** quando si dice piccolo inconveniente ***


SPAZIO AUTRICE:
buon giorno... eccomi qui... scusate il ritardo ma la chiavetta mi ha abbandonato e ho dovuto fare un po’ di giri per postare...
comunque... questo cap è l’ultimo prima del ricongiungimento.
C’è un bel po’ di Talike, soprattutto nella parte iniziale, ma poi tende a sfumare...
Allora, vediamo... non me la sentivo di scrivere la parte subito dopo il bacio in modo “attivo” così ho optato per un’altra cosa, che mi è servita per rendere di più riflessioni che non potevo fare scrivendo il post immediato del frutto dell’entusiasmo di Luke... (ma che periodo lungo!)
Poi... spero che notiate una cosa dell’inconveniente che verrà spiegata più avanti e che vuole significare una cosa, anch’essa spiegata insieme all’altra.
Si, lo so, do risposte più chiare di Annabeth (mi sto riferendo al Mare dei Mostri)
Ok... ho detto tutto, no?
Secondo me la parte finale lascia molto a desiderare quella iniziale pure, ma un po’ meno… fatemi sapere cosa ne pensate…
Vado a dormire che sto morendo * sbadiglia *
Bacioni e recensite!
Piccolalettrice
Ps. Grazie a tutti, ma in particolare a Kiuubina e nessie97, che spero continueranno a recensire... grazie, ragazze, vvb!
 
 
17-  quando si dice “piccolo” inconveniente
 
Mi svegliai con la luce del sole che filtrava tra i rami frondosi degli alberi.
Avevo dormito davvero male, con tutte quelle radici, ma mi dovevo accontentare del poco sonno che mi ero riuscita a guadagnare.
Accanto a me Grover belava qualcosa su delle lattine e scalciava con le zampe, immerso nei sogni, dall’altra parte Clarisse russava con la bocca spalancata.
Ok, era il risveglio peggiore della mia vita.
Senza contare quello che era successo la sera prima.
Ancora non mi capacitavo del perché mi fossi comportata come mi ero comportata; insomma, avrei dovuto saltargli addosso o non so... come minimo rispondere al bacio e terminare con una frase sdolcinata, avrei dovuto fare qualsiasi altra cosa tranne quella che avevo fatto.
Sì, avete capito, avevo tirato una sonora sberla a Luke. Perché mi  aveva baciato. Io avevo tirato una sberla a Luke perché mi aveva baciato.
E più me lo ripetevo più mi sembrava di aver fatto una cosa idiota.
Ne ero terribilmente cotta... anche innamorata direi, non era una novità.
E allora perché avevo reagito così?
-Orgoglio, cara la mia Talia, - mi dissi – una delle tante cose che hai preso da tuo padre-
Ed era così.
Sentire le risate e i commenti di Clarisse, vedere le espressioni degli altri, sentire tutti quegli occhi puntati addosso...
Oltre ad essere questione d’orgoglio c’era qualcos’altro... era il fatto di... non so come spiegarmi... dimostrare la mia debolezza, credo.
Sì era così,Luke era la mia debolezza, il mio difetto fatale.
Se non lo controlli ti distrugge.          
Sì, Luke era l’unico modo per arrivare a me, per distruggermi.
Era l’unica cosa che faceva sì che non fossi la persona fredda e cinica che volevo apparire.
Lui tirava fuori la vera Talia.
E non potevo permetterlo...
Dopo tutto non sapevo ano ancora che ero destinata a diventare allenatrice quindi ero sicura che avrebbero usato lui per arrivare a me.
L’avevo sempre saputo ed era una delle cose, insieme al mio dannato orgoglio,  che mi rendeva capace di fare idiozie come prenderlo a schiaffi
dopo il mio primo bacio.
Ora che sapevo per certo cosa provava era tutto più difficile, eppure dannatamente facile... Complessivamente tutto sbagliato
Questo fu il ragionamento a cui pensai per spiegarmi quel dannato gesto.
La cosa peggiore era stata la sua reazione: sguardo indecifrabile.
Poi una sorta di sorriso poco convinto, come se tentasse di convincersi che non era una tragedia. Ma lo era.
“Talia? Sei sveglia?”
“sì, Grover” guardai il viso  ancora mezzo addormentato del satiro accanto a me.
“come va?” chiese poco convinto. Era palese che volesse sapere cosa mi frullasse per la testa.
Da parte mia, non volevo proferir parola... non ancora, almeno
“benone”
“sicura? Cioè, per ieri...”
“dovremmo svegliare gli altri, non credi?... per trovare un posto sicuro”
“oh, sì, svegliare gli altri”
Tirai un calcio sulla testa di Backendorf, che dormiva poco distante, tenendo, anche nel sonno, la mano di Silena.
“ehi, figlio di Efesto, sveglia!” gli tirai un altro calcio, e finalmente si svegliò mugugnando qualcosa su “un’ascia” e il “fare a pezzi”
“su, Manine d’Oro, sveglia la tua ragazza”
Lui mi lanciò un’occhiataccia e si passò una mano nei capelli neri:
“e tu perché non svegli Luke?” chiese tagliente.
-Non conta quello che provi ma quello che vuoi far credere di provare- mi dissi
“oh... ma è troppo lontano e io sto così comoda qui... perché non vai tu? O no puoi mollare la tua Bambolina nemmeno un secondo?”
Lui scosse la testa accingendosi nel delicato compito di scrollare una figlia di Afrodite dormiente, ed io sorrisi, vittoriosa.
Quando tutti fummo svegli, tranne Tyson, che preferimmo lasciare dormire, e dopo un simpatico scambio di urla e insulti tra la capra e la guerriera sanguinaria perché la capra aveva osato toccare la guerriera sanguinaria, ci sedemmo in cerchio, pronti a fare il punto della situazione:
“credo che dovremmo cercare un posto sicuro dove mettere le chiappe” dissi
“subito al dunque, eh?”
Ignorai la mezza battutina di Clarisse e ripresi:
“qualche idea?”
Ci guardammo, senza sapere come rispondere.
“il campo?” fece timidamente Silena
“non sappiamo com’è conciato... potrebbe anche essere occupato dai mostri di Time... meglio non rischiare”
“l’Olimpo?...insomma, gli dei dovrebbero offrire protez...”
“risparmia il fiato Grover, ci abbiamo provato, sono dei bastardi egoisti, di noi agli dei non importa nulla”
Rimasi scioccata, come tutti, a quelle parole.
Sapevo che gli dei tendevano ad essere un tantino menefreghisti ma quello che mi lasciò di stucco fu vedere come Luke ne parlava.
Credevo che gli fosse passata. Credevo che avesse perdonato gli dei.
Non era così.
In quel momento ebbi paura.
Paura che se ne andasse, paura che mi lasciasse di nuovo.
“vero, ci abbiamo provato” distolsi lo sguardo da gli occhi azzurri di Luke, dal suo sguardo emblematico e dal suo cipiglio pensieroso, per fissare Backendorf:
“che è successo?”
E mi raccontò tutto, dal tipo della reception all’odioso figlio di Apollo a come Luke si era fatto in quattro per cercarmi.
Tutto questo mettendo il nome “Luke” almeno cinque volte in una frase.
Il messaggio era chiaro: “voglio farti sentire in colpa perché ieri ti è venuto un ictus e hai preso a botte il tipo a cui sbavi dietro da un paio di mesi”
Come se ci volesse lui.
“wow” esclamò Grover “mentre noi eravamo nel cassonetto voi eravate lì? E pensavate che Talia fosse diventata una piantina?”
“Luke lo pensava” 
Da parte sua l’interessato sembrava trovare particolarmente attraenti i lacci delle sue stringhe, e alla fine del discorso se ne uscì con un sorriso più tirato e falso della faccia di Madonna e un:
“quindi, niente campo e niente Olimpo... altre idee?”
Ognuno tornò a pensare...
Un posto dove saremmo stati protetti dai mostri di Crono?
Dove un dio, possibilmente potente, ci avrebbe tenuto al sicuro?
Ci pensai su...
Mi venne in mente il campo, con il signor D... lui era abbastanza potente da proteggerci? Probabilmente sì, ma sapevo che in quel momento si trovava sull’Olimpo a farsi consolare dal nostro caro paparino perché i mostri cattivi gli avevano bruciato le divine chiappe... lui era fuori gioco.
Annabeth avrebbe saputo cosa fare. la mia migliore amica, data per dispersa, mi mancava da impazzire, così come quel Ragazzo-Pesce esaltato dalle manie di protagonismo e una sfaccettatura masochista di Percy.
Un secondo.
Percy e Annabeth avevano mandato i loro genitori in un posto sicuro, al riparo dai mostri. Un posto che era sotto l’influenza di un dio.
Mi si illuminarono gli occhi:
“Montauk!”
“come?”
“ma certo, perché non ci ho pensato prima? Percy e Annabeth ci hanno spedito i loro genitori... quel luogo è sotto il controllo di Testa d’ Alghe senior!”
Backendorf e Silena ci guardarono incuriositi, ma Clarisse liquidò la questione con un gesto della mano:
“che ci facciamo ancora qui?” fece
“aspettiamo un qualche mezzo di trasporto?” le rispose Grover.
“non fare il sarcastico, Capra!”
“non fare la prepotente... Comunista!”
Lei lo fissò inarcando un sopracciglio:
“comunista? Non sai fare di meglio?”
“o ragazzi, per favore...” intervenne Silena “svegliamo Tyson e cerchiamo un pullman”
“non abbiamo soldi”
“chi ha detto che ci servono soldi?” chiese Luke, con un sorrisetto astuto stampato in faccia... il primo sorriso naturale che gli vedevo da ieri.
“cos’hai in mente, Luke?”
 
Ed ecco che stavamo mettendo in atto il piano diabolico del degno figlio del dio dei ladri.
Ci trovavamo nel parcheggio di uno squallido supermercato, sei semi dei e un ciclope che aspettavano “il tipo giusto”.
“ricordate, dev’essere una vecchietta o qualcuno di piccolo, facile da nascondere nel bagagliaio.
“lo sai che il tuo piano è idiota, Luke?” gli chiese Clarisse “talmente idiota che quasi mi piace”.
Luke fece un mezzo sorriso (ritornato ad essere tiratissimo) e tornò a fissare il parcheggio.
Era un piano molto semplice.
Consisteva nell’adocchiare la preda, “il tipo giusto” di Luke, e distrarla, per poi fregarle la macchina sotto il naso, e se si accorgeva infilarla nel bagagliaio per evitare che facesse casino.
“quello!” disse lui, fissando un ciccione dalla felpa macchiata di ketchup che si sbrodolava con un hot-dog  mentre si avviava ad un suv nero e sporco di fango.
“ma se è talmente grosso che confronto Clarisse potrebbe fare la top-model!” disse Grover.
“questa era cattiva, Capra”
“ragaz...”
“si lo sappiamo “smettetela o vi ritroverete un fulmine nelle chiappe”” mi imitò la figlia di Ares, prendendosi un’occhiataccia sincera.
“comunque lo metti K.O. con un calcio ben assestato” Backendorf sorrise con aria complice a Luke.
“e Tyson cosa fa?” fece il ciclope.
“Tyson, tu aiuti me, Luke e gli altri a scappare, ti va?”
“sì! Tyson aiuta!”
“bravo Campione!”
“Tyson aiuta così Tyson va da Percy e si fa chiamare Campione da lui... perché è più bello quando Percy chiama Tyson Campione!” disse soddisfatto come se avesse tirato fuori un discorso filosofico di quelli potenti.
Quando vidi che il tipo stava per aprire la macchina elargii con  un:
“ookay, sbrighiamoci” e trascinai Clarisse a pochi passi dal ciccione, lei mi guardò e sillabò un: “che facciamo?”
Io alzai le spalle e risposi:” improvvisiamo”
Lei sorrise, un minuto dopo si lanciò nella perfetta imitazione degli attacchi di Percy.
E dovevo dire che aveva un talento naturale come attrice, così stetti al gioco:
“aiuto! Qualcuno la aiuti!”
Silena accorse subito, urlando anche lei “un ambulanza! Chiamate un’ambulanza!”
Il ciccione, che stava appoggiando delle buste nel suv si voltò, accorrendo e lasciando la macchina aperta... troppo facile. Intanto con al coda dell’occhio vedevo i miei compagni all’azione.
Avevano infilato Tyson dietro, Luke si era messo al volante con Backendorf al suo fianco, Silena, che era sgattaiolata verso l’auto, e Grover dietro.
Partirono a tutta velocità verso l’angolo e a quel punto il nostro “tipo giusto” si accorse che gli stavano fregando La macchina e tentò di rincorrergli con la ciccia che gli ballonzolava da tutte le parti.
Io feci un cenno a Clarisse, e tentammo di svicolare fino al punto che avevamo concordato, ma non poteva andare tutto liscio, no?
“ehi voi!” il ciccione ci venne incontro, minaccioso. “tu non stavi male?”
“sì, ma adesso sto meglio era solo...” fece Clarisse, ma il tipo l’afferrò per la gola,alzandola da terra e sibilando:
“siete loro complici!”
“mi lasci!”
“ridatemi la macchina, sporchi ladri!”
Ma com’era aggressivo quel tipo... forse era anche un po’ troppo aggressivo... sì, decisamente... ebbi paura di alzare lo sguardo ma guardai in su e vidi quello che non avrei voluto vedere: un occhio solo.
“Clarisse è un ciclope!”
“fai qualcosa, idiota!”
Estrassi la spada
“due semidee?”
Feci roteare l’arma:
“sì... ora lasci la mia amica per favore”
-Wow Talia – mi dissi – è proprio il momento perfetto per fare la bambina gentile!
“altrimenti cosa mi fai?” fece, strafottente.
“forse non sa chi sono io”
“sì, lasciamo perdere i convenevoli, magari!” mi urlò Clarisse mentre vedevo il suo viso farsi sempre più viola.
“e chi saresti, ragazzina?”
Fissai il ciclope, nell’occhio... mai provocare una figlia di Zeus:
“Talia Grace, figlia di Zeus... lasciala subito se non vuoi morire fulminato!”
“Talia... passa... ai... fatti!” urlò Clarisse, con un colorito sempre più malsano
Feci roteare la mia spada e tentai un affondo, che schivò con agilità malgrado la ciccia.
“figlia di Zeus.. il mio padrone sarà felice di sapere che sei viva”
Oh-oh... avevo combinato un bel disastro... quel tipo era in combutta con Time, avrei dovuto immaginarmelo... adesso ero un tantino nei casini.
Mannaggia  a me.
Feci una finta sulla destra per poi scoccare a sinistra, movimento che lo disorientò e che gli fece allentare la stretta sul collo di Clarisse, facendola cadere a terra, con il viso viola e il respiro affannoso.
Ma quel ciclope era davvero ben piazzato e mentre tentavo un affondo prese la punta della mia spada di bronzo celeste con le mani e... ne piegò la punta. In quel momento avrei voluto staccargli la testa.
Clarisse la pensava come me e si armò, tentando una serie di colpi velocissimi, che il tipo parò prontamente. Lei continuò imperterrita, mentre io mollai la spada, ormai inutilizzabile  mi misi dietro al ciclope assestandogli un calcio nel didietro che però, grazie alla sua mole, non lo fece nemmeno perdere il controllo, anzi....
Il mostro venne indietro, spinto dai colpi di Clarisse, io, ancora scossa dal colpo finii travolta, appiattita a terra, con sopra un ciclope.
L’avevo detto io che non me ne andava mai una giusta.
A quel punto il bisonte che avevo addosso lanciò un urlo fortissimo... simile a quello che avevo sentito uscire dalla bocca dell’Idra il giorno prima; stava chiamando rinforzi.
Grazie agli dei Clarisse si affrettò a decapitare il mostro, che divenne cenere, ed io tornai ad usare i polmoni.
“ne ha chiamati altri” ansimai.
“non  l’avevo capito!” fece ironica, io mi alzai:
“andiamo!”
E ci fiondammo verso l’angolo dell’isolato lì dietro.
Corremmo fino a che non scorgemmo il macchinone nero, nel punto stabilito.
“Ma dove eravate finite?”
Ci chiese Grover mentre salivamo, sudate e sfiancate al suo fianco sul suv.
“complicazioni” dissi.
Ci guardarono allarmati.
“in che senso?” e noi raccontammo della sorpresina che ci eravamo trovati sotto la foschia: il solo occhio del nostro “tipo perfetto”.
“l’avete battuto?” chiese Backendorf, guardandomi.
“sì... ma ne ha chiamati altri, credo ci stiamo alle calcagna”.
Lui annuì solamente, con aria rassegnata e disse:
“accelera, Luke”
E Luke accelerò, dritto alla volta di Montauk.
 
 
 
 
  

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Capitolo 19
*** nessuno sfugge alle grinfie della morte ***


SPAZIO AUTRICE:
eccomi qui...
premetto dicendo che questo capitolo dovrebbe essere quello di ricongiungimento, solo che diciamo che non è proprio quello effettivo, in quanto  tutti i passaggi verranno spiegati nel prossimo.
ho fatto succedere quel che ho fatto succedere solo perché mi servirà più avanti, quindi non lapidatemi quando leggerete * si nasconde sotto il letto, spaventata *
come cap è molto deprimente, vi avviso, tranne forse l’ultimissima parte dell’ultimissimo POV che da una bella speranza futura.
Il penultimo POV è molto atteso, e i primi sono quelli che nessuno si sarebbe aspettato.
Che dire? Buona lettura
Piccolalettrice
Ps. Ho scritto una one-shot relativa ad una cosa inespressa de “il Cronide”...  mi piacerebbe che la leggeste J
 
 
18- nessuno sfugge alle grinfie della morte.
 
“A che pensi?” mi chiese dopo un po’.
Eravamo rientrati dal nostro allenamento ormai quotidiano perché si era fatto buio, ed eravamo sul divano, completamente avvolti in un piumone, rannicchiati vicini per la mancanza di riscaldamento.
“non lo vuoi sapere davvero”
“perché?”
“perché pensavo che se mia madre uscisse dal bagno proprio in questo momento e venisse di qua saremmo fregati”
“ti vergogni di me?” disse, scostandosi per guardarmi in viso e inarcando un sopracciglio... aveva un’aria divertita... all’apparenza; se avessi risposto di sì, conoscendola, avrei dovuto trasferirmi in Tibet.
“no, ma...” cercai di trovare le parole, “uhm... non voglio che si faccia strane idee, lo sai come sono i genitori, no?”
Ecco che avevo detto un’altra cavolata che volli rimangiarmi: i suoi erano morti da poco.
“scusa”
“nulla... comunque non ti capisco proprio”
“la mia corrente di pensiero è troppo complicata per essere compresa da una semplice figlia di Atena?” scherzai.
Alzò gli occhi al cielo, poi disse:
“io invece pensavo a Crono”
Ed ecco che rovinava un altro bel momento spensierato con i suoi pensieri... e con tutti quelli che potevano girarle per la testa, proprio Crono doveva andare a pescare?
Riuscii a dire solo:
“oh”
“ho come la sensazione che succederà qualcosa... qualcosa di brutto”
“ogni cosa che ha a che fare con Crono è brutta”
“ma ho come la sensazione che stia per colpire, che si nasconda da tutte le parti... sento che ogni mio movimento è osservato. Mi fa paura, Percy”
La strinsi più forte, come a proteggerla.
“ci sono io” le dissi poi, poco convinto; anch’io ero spaventato dalle sue parole... in fondo avevo la stessa sensazione. Tutte le notti sognavo lo sguardo di Time e quello che mi provocava. La notte della battaglia sembrava come impressa  a fuoco nella mia mente.
“ogni notte lo sogno.” Proseguì poi, “sogno quei suoi occhi neri, la pelle bianca, poi l’erba bagnata sulle gambe, il vento che soffia... la sua risata” rabbrividì.
“lo so... anch’io sogno la stessa cosa”
“è terribile... lo sento dappertutto... per quanto mi riguarda, potrebbe anche essere qui, adesso. Nascosto nelle ombre di questa stanza” fece vagare lo sguardo sui mobili spaiati, poi riprese in tono lugubre, posando lo sguardo sulla porta:“o qui fuori... sì, potrebbe essere esattamente fuori dalla porta in questo momento”. A qual punto successe una cosa strana  e spaventosa al contempo.
Qualcuno –o qualcosa- bussò alla porta.
 
POV
 
fissammo la porta allarmati.
Non poteva essere.
Dopo un secondo qualcosa tornò a bussare.
Io fissai Percy, incapace di muovermi... lui sembrava sorpreso e terrorizzato quanto me.
Ad un tratto la porta si spalancò lasciando entrare un forte vento.
Quello che vidi oltre la soglia fu terribile.
Talia con la mano protesa verso la porta, Silena e Backendorf che si guardavano le spalle, spaventati e alla fine, la parte che mi spaventò: Clarisse e Luke che sostenevano... Grover, ferito, esanime. Che non dava segni di vita.
“oh, dei... ma cosa?”
 Mi districai dalle coperte arrivando davanti alla porta, Percy mi imitò fissando il suo migliore amico.
“ragazzi...? ma cosa diamine...?” fece Talia, sorpresa. “non eravate...?”
“Portatelo dentro!” urlai. Non c’era tempo per le domande.
La maglietta del satiro era rossa di sangue, sul collo aveva un taglio che valutai come profondo e le zampe erano anch’esse rossastre per il troppo sangue perso. Era livido.
Luke e Clarisse appoggiarono il satiro sul divano.
In quel momento Sally uscì dal bagno con i capelli bagnati:
“ragazzi, che succede?” fece, allarmata, guardando i presenti uno ad uno, quando quei suoi occhi grandi si posarono su Grover sussurrò:
“oh, cielo”
Mi girai verso la porta, che era rimasta spalancata. Percy era sulla soglia e fissava il satiro con uno sguardo indecifrabile.
“dov’è Tyson?”
Tutti si fermarono e nella stanza calò il silenzio.
“Percy...” disse Silena alzandosi e guardandolo negli occhi.
“dov’è?!” urlò lui, con uno sguardo da pazzo negli occhi.
“non siamo riusciti a... è rimasto indietro”
“indietro?” sussurrò poi, fissando la figlia di Afrodite.
“l’hanno preso, Percy” intervenne Talia con tono neutro. “mi dispiace”
Il viso del figlio di Poseidone si fece duro, poi  guardò Grover, con aria interdetta.
Alla fine senza dire una parola si voltò verso il divano e si issò il peso del satiro al fianco.
Lo trascinò per alcuni passi, poi successe una cosa inaspettata: Clarisse andò in aiuto di Percy e sostenne il fardello.
Arrancarono insieme, velocemente, verso il mare.
Nessuno disse una parola, nessuno osò fare altro che dirigersi verso la riva, per poi fermarsi dove la sabbia era bagnata.
Percy e Clarisse lasciarono il corpo di Grover nell’acqua che si fece, pian piano rossa, creando un netto contrasto con il colore cupo dell’oceano.
Percy si inginocchiò accanto al satiro, poggiando le mani sulle sue spalle.
L’acqua coprì Grover come una coperta, la potevo quasi vedere insinuarsi tra le ferite, pulirle, tentare di rimarginarle...
Invano.
Se fino a un secondo prima in lui era rimasta una scintilla di vita ora... non c’era più.
L’acqua continuava a lambire il corpo morto di quello che era stato il mio.. il nostro Custode.
Clarisse cadde in ginocchio nel mare, al fianco di Percy, che continuava imperterrito nel suo tentativo di guarigione.
Lo vidi stringere gli occhi, moltiplicare gli sforzi.
Mi ritrovai a piangere, senza accorgermene le lacrime mi avevano rigato il viso, silenziose.
Anche gli altri al mio fianco piangevano.
Tutti tranne Clarisse.
Fissava il corpo livido del ragazzo.
“è inutile” sussurrò  Backendorf avvicinandosi “è...”
“Non dirlo!” gli sibilò in risposta Clarisse “non dire quella parola!”
Tornò a fissare il satiro, scostandogli i ricci dal viso.
La sua mano si ritrasse al contatto con la pelle. Come se avesse preso la scossa.
“è freddo” disse, più a se stessa che a qualcuno in particolare.
Ad un tratto Percy scostò le mani dal torace del suo migliore amico e lo fissò.
Anche i suoi occhi divennero lucidi.
Rimanemmo in quelle posizioni per un’ora, o forse un secondo, il tempo necessario per capire realmente la situazione:
Era morto.
Quel mio pensiero era quello degli altri, lo sapevo. Tutti piangevamo la morte dell’amico più leale che avessimo mai avuto.
Ad un tratto Percy si alzò, e voltò le spalle a quella scena avviandosi verso il confine del malcapitato lido. Per la prima volta aveva i vestiti bagnati. Bagnati di rosso.
Stava per fare una cavolata, lo sentivo.
Mi presi un secondo per asciugare le lacrime, poi mi voltai anch’io.
Il vento era davvero fortissimo, mi era avverso e rendeva ogni mio movimento lento. Arrancai fino al cartello con la scritta camping, con i capelli e i vestiti che mi frustavano la pelle, quando arrivai a pochi passi dall’entrata scostai i capelli dagli occhi e uno spettacolo orribile si parò davanti ad essi: mostri, almeno un centinaio, che pressavano i margini della barriera invisibile, tentando di crearsi un varco. Trovai Percy con la spada sguainata ad un passo dal varcare il muro.
Corsi più veloce, sfidando il vento.
“Percy!” lui non si voltò neppure,fece roteare la spada e mosse un passo per lanciarsi alla carica.
Ero a pochi passi da lui, mi lanciai e gli afferrai il polso trascinandolo indietro.
“Percy, che stavi facendo?!”
Lui fissò i mostri, tentando di svicolare dalla mia presa.
“Percy!”
Fissò i mostri con sguardo truce, una specie di grido a metà tra l’agonia e la rabbia gli svicolò dalle labbra.
“Percy...”
“hanno ucciso mio fratello e il mio migliore amico!” sibilò tentando di divincolarsi di nuovo.
“Percy, è inutile... guardami!”
Prima che potesse fare qualcosa gli presi la spada dalle mani e la piantai nella sabbia, poi gli misi le mani sulle spalle e lo scrollai.
“ascoltami, è inutile... ormai non puoi fare più nulla...” le sue mani si strinsero a pugno, fissò la sabbia in cui affondavano i piedi nudi.
Le lacrime agli occhi.
Poco dopo le sue spalle iniziarono a tremare, e le guance si bagnarono di lacrime.
Mi parve fragile. Come se fosse tornato il ragazzino spaventato che avevo conosciuto due anni prima... e per questo la sua... la nostra tristezza era ancora più struggente.
Lo abbracciai e lui prese a singhiozzare sopra la mia spalla di un pianto pieno di dolore, pieno di disperazione.
E piansi anch’io.
Piangemmo insieme, sentendo le lacrime degli altri bagnare la stessa sabbia e cadere nello stesso profondo abisso di tristezza.
 
POV
 
Entrai in quel rozzo prefabbricato, esitando appena sulla soglia.
Non avevo idea di quello che stavo per fare.
Ma sapevo che DOVEVO farlo.
Era giusto così.
Era giusto che lo salutassi come doveva essere salutato, lontano dagli occhi di tutti.
Mi sedetti sul pavimento spoglio e ruvido, accanto al suo sudario. Scostai il lenzuolo e fissai quel volto pallido, dagli occhi chiusi e infossati, adagiato sul pavimento di legno di un bungalow diroccato
Senza nemmeno rendermi conto delle mie azioni presi a sussurrare, senza controllo, quello che mi affollava la mente.
 “ mi hai salvato la vita. L’hai salvata a tutti noi... ti sono debitrice.”
Sospirai. Era davvero difficile.
“Sei morto per noi, sei morto da eroe, Ragazzo-Capra.”
Guardai ancora quel viso, eternamente avvolto tra le braccia di Morfeo, ormai. E tirai fuori ogni pensiero che mi passava per la testa, certa che il mio interlocutore avrebbe capito.
“Non posso fingere di non aver provato un vuoto dentro.
Non posso fingere di sentirmi normale quando invece mi sento come se mi avessero tolto il respiro.
Di te non mi è mai importato nulla, mai.”
Strinsi le mani a pugno, affondando le unghie nel palmo della mano.
“E allora perché devo trattenermi dallo scoppiare a piangere?
Perché sto così male, Grover? Sai dirmelo?
Io non ho mai sofferto così. Mai.
Nemmeno quando mia madre è morta. Nemmeno quando ho capito che era morta per mano del ragazzo che credevo di amare.
Mai.
È stato il tuo modo di morire.
Sì, è stato il tuo modo di tirare fuori il coraggio, di usarlo per frapporti tra la morte e me.
Perché tu mi hai salvato la vita.
Malgrado non siamo mai riusciti a stare nella stessa stanza senza insultarci, malgrado cercassimo di renderci la vita impossibile a vicenda... tu mi hai strappato alle braccia della morte, facendo sì ch’ella prendesse te al mio posto.”
Gli sfiorai una mano gelida involontariamente. Ma poi, senza sapere come mi ritrovai a stringergliela.
Ma cosa stavo facendo? Stavo davvero parlando con un morto? era una cosa così stupida... ma mi sembrava quella giusta da fare.
Parlare era l’unico modo per fermare le lacrime, perché il vuoto non si occupa con altro vuoto quindi le parole mi servivano per colmare quell’ abisso.
“sono una stupida, lo so. Me l’hai sempre detto infondo, no?...
E mi sento ancora più stupida nel dirti che non mi sei mai stato più... vicino... che in questo momento.
Non so perché ti sto dicendo questo, ma in questo preciso istante mi sento vicina a te, più che a chiunque altro.
Non so perché ma credo che il mio dolore sia più forte che quello di Backendorf e Silena, più forte di quello di Annabeth, Talia e Luke, i tuoi protetti... forse più forte di quello di Percy, il tuo migliore amico.
Non so perché ma sento che è così.
Non avevo mai sentito tanto dolore come ora.”
Fissai di nuovo il volto esanime di Grover, e una sola, singola, solitaria lacrima mi sfuggì dall’angolo dell’occhio, scendendo sulla guancia e lasciando un solco bruciante sulla pelle.
Chiusi gli occhi, aggrappandomi alla mano gelida che tenevo tra le dita.
“Perché fa così male? Perché la tua mano mi sembra l’unica cosa viva di questo schifoso mondo mentre tu sei...” chiusi gli occhi, incapace di dire quella parola.
“Perché proprio tu?... perché mi dispero per te? Perché?!”
Le lacrime ormai scendevano copiose, sospirai, tentando di aprire gli occhi.
“perché sento quella sensazione? Quella troppo famigliare che ho odiato, che ti rende schiavo e padrone insieme? E perché la sento per te?... perché la sento per un morto?
Perché è tutto così veloce? La durata di una vita, il momento di una morte... il crescere di un sentimento. Perché ogni dannato secondo deve passare così velocemente?
Perché? Perché non sei più qui?”
Mi bloccai, sopraffatta dai singhiozzi.
Ero vagamente consapevole di star parlando come una pazza, ad un morto, ero vagamente consapevole che quello che dicevo non aveva senso e che non potevo provare qualcosa per lui, che neppure esisteva più.
Non potevo.
Eppure ero vagamente consapevole della realtà delle mie parole.
 
POV
 
-Stupido, stupido idiota di un satiro- mi dissi, cercando di frenare la voglia di prendermi a pugni – ma perché? Perché il mio cervello è così poco sviluppato?! Perché?!”
Tirai un calcio alla poltrona davanti a me, facendomi regalare un’occhiata stizzita della vecchietta decrepita che vi era seduta sopra.
Ed ecco la fine di Grover, custode di Talia Grace, figlia di Zeus e Percy Jackson, figlio di Poseidone, per la seconda volta salvatore dell’Olimpo.
Mannaggia  a me.
Ma perché diamine avevo deciso di fare l’idiota?!
Con tutti i bei momenti in cui avrei potuto fare il coraggioso avevo scelto proprio una fuga all’ultimo sangue?!
Avevo scelto proprio di proteggere, tra la vasta gamma di protetti che mi ritrovavo, l’unica persona che se la sarebbe potuta cavare da sola.
Clarisse.
Avevo fatto scudo con il mio corpo a Clarisse.
Oh, dei, quanto ero stato idiota.
Ed ero stato ancora più idiota a non farmi nemmeno centrare dritto al cuore, provocandomi quella morte lenta e dolorosa.
-complimenti Grover -
Ma cosa avevo mai fatto di male, io?!
Mannaggia, mannaggia a me!
La cosa più brutta era stata l’essere abbastanza lucido da vedere il dolore nello sguardo di coloro che erano stati i miei compagni, i miei amici.
Anche nel SUO sguardo.
Mi era quasi sembrato uno di quei video-game a cui giocavo insieme a Percy, prima che scoprisse chi era davvero.
Quelli dove alla fine esce la scritta rossa “game over” e tu ti ritrovi con il gioistic in mano e quella sensazione di aver sbagliato qualcosa e grazie a quel qualcosa di aver perso l’ultima chance per vincere.
Era la stessa cosa, solo che al posto del gioistic mi ritrovavo ricordi frammentati, e la sensazione di “irrisolto” era dannatamente e dolorosamente più grande... non dovevo vincere, ma vivere.
E in quel momento, negli studi di registrazione R.I.P e con quel senso immane di attesa, mi ritrovavo a crogiolarmi nei ricordi, in attesa che quell’idiota di Caronte la smettesse di lisciarsi la cravatta e che caricasse un po’ di anime in quello stramaledetto ascensore.
Quel pallone gonfiato intercettò il mio sguardo, sorridendo con aria sadica, come a dire “aspetta un paio di secoli, satiro”, io gli lanciai un’occhiataccia e mi spostai verso la parte opposta di quella stanza affollata.
Incrociai ogni tipo di persona e di sguardo, dalla vecchietta stizzita di prima alla bambina innocente lì a fianco, dal tipo nerboruto e tatuato con la divisa da carcerato all’uomo d’affari in giacca e cravatta.
Alla fine trovai un angolino solitario, dietro un grosso vaso dall’aria vagamente grecizzante e mi ci accomodai, perso nei ricordi e nelle canzoni di Hilary Duff che tanto adoravo, con la voglia di rimanere da solo.
“ehi!”
Mi guardai attorno scocciato, girando la testa, ma non vidi anima viva... o, meglio non vidi anima morta... va bè, non vidi nessuno e punto, pensai di essermi immaginato tutto, ed era possibile dato il posto in cui mi trovavo, e tornai a canticchiare.
“ehi!”
Bene, ora non ero più un satiro stecchito amante di Hilary Duff e basta; ora ero un satiro stecchito amante di Hilary Duff visionario.
Scossi la testa, pensando all’ennesimo scherzo che aveva prodotto la mente malata che mi ritrovavo.
“ehi, ma sei sordo o cosa?”
Fissai il grosso vaso, con aria stranita...
Forse non ero proprio visionario.
Era... un vaso parlante?
“ma vuoi rispondermi?! Sono millenni che sto chiuso qui e nessuno mi si avvicina... tanto meno un satiro!”
“co-come sai che sono un satiro?” chiesi accostandomi al vaso.
Ok, forse mi sarei dovuto chiedere perché un vaso parlava, ma quella fu la prima cosa che mi venne in mente.
L’oggetto rise:
“oh, lo sento... lo sento”
“lo... senti?”
“proprio così...”
“scusa... ma, di grazia, perché parli... insomma, non vorrei offenderti ma sei... bè, un vaso”
“un vaso?... ma quanto vi siete instupiditi voi satiri senza di me?”
“non capisco” confessai
“sono colui che ti ha dato la vita, satiro, sono colui che protegge gli animali, la natura e l’ambiente, sono il dio protettore della fauna e della flora, il dio delle selve, sono...”
“PAN!”  

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Capitolo 20
*** anime caprine a L.A. ***


SPAZIO AUTRICE:
ce l’ho fatta * si asciuga il sudore dalla fronte *
non ostante abbia scoperto la magnificenza dei contest, sono riuscita a scriver il cap, anche se non è un granchè L
allora... nessuno ha notato una cosa che Kiuubina mi ha fatto notare (grazie mille!) e che ho spiegato.
Ho tentato anche di inserire un accenno di Talike, ma non so se possa stridere o meno.
Ho anche spiegato tutta la storia dei mostri, spero sia di vostro gradimento.
Non vi faccio attendere oltre
Buona lettura & rec!
Piccolalettrice
 
 
19- Anime caprine a L.A.
 
“Te l’avevo detto di non uscire a piedi nudi” disse Sally squadrando il termometro “quaranta, complimenti Percy, hai superato te stesso”
“la prossima volta che il mio migliore amico sta per morire gli chiedo di aspettare che mi metto i calzettoni di lana” bofonchiò lui, sommerso da un’indicibile quantità di coperte
Non era passato nemmeno un giorno dalla morte di Grover e Tyson.
Ci dovevamo ancora riprendere, e Percy, che avrebbe dovuto prendere le redini della situazione, si beccava l’influenza. Perfetto.
“ti faccio una tazza di latte” disse poi la donna andando in cucina.
Io mi sedetti sul bracciolo accanto alla testa di mio cugino e gli misi una mano sulla fronte.
“wow, scotti davvero Testa d’Alghe”
Annabeth si inginocchiò per terra, scostandogli i capelli dagli occhi.
Si scambiarono uno di quei bellissimi sguardi patetici.
Cos’era quella cosa che mi rodeva in fondo allo stomaco? Gelosia?
Sì, gelosia.
Ero gelosa perché era tutto dannatamente ingiusto.
Se loro potevano scambiarsi uno sguardo così, perché io non potevo fare lo stesso con la persona che desideravo?
Sospirai, rassegnata, il perché lo sapevo fin troppo bene.
I miei occhi si posarono su Luke, che mi fissava. Non ostante stessi male nel farlo, lo guardai storto fino a che non distolse lo sguardo con l’aria di chi ha appena preso un pugno in pancia.
Decisi di distrarmi, porgendo ai due piccioncini  le domande che mi affollavano il cervello da quando li avevo visti:
“allora, ragazzi, ci volete dire perché durante la battaglia le vostre chiappe erano qui al sicuro mentre le nostre rischiavano di fare una brutta fine?”
“noi c’eravamo durante la battaglia” disse Annabeth e si lanciò in una descrizione minuziosa di quello che avevano passato lei e Testa d’Alghe.
“...quindi” concluse “le nostre chiappe rischiavano di finire male più delle vostre”
“ho sempre detto che quel Time era un poco di buono” fece Backendorf scuotendo la testa.
Parlava proprio lui che era diventato uno dei tanti amichetti del Cronide.
Percy sembrava condividere il mio parere e da sotto la montagna di coperte provenì un :”sì, e io sono Babbo Natale”
“che vorresti dire?”
“vuole dire che anche tu ti eri fatto abbindolare da Time... come tutti... come me” intervenne Annabeth, abbassando la voce di un tono sulle ultime parole.
“quello che è successo è successo” intervenne Luke, sapevo che non gli piaceva parlare di tradimenti, soprattutto quando quelle accuse diventavano pesanti... insomma, se Percy accusava così Backendorf e Annabeth come avrebbe accusato lui?
“già, ragazzi, non litighiamo”
“voi invece come avete fatto ad arrivare qui?” ci chiese Percy.
“oh... dopo la battaglia Talia...” Luke si sforzò di pronunciare quel nome:” Grover... e Clarisse eravamo nel gruppo di Chirone...”
“a proposito, dov’è quella simpaticona di Clarisse?” feci, interrompendolo e guardandomi attorno notando solo allora che mancava.
“non ne ho idea... ma passa un bel po’ di tempo nel bungalow dove... nel bungalow” mi rispose la figlia di Afrodite.
“oh”
Evidentemente il fatto che Grover le avesse salvato la pelle doveva averla lasciata non poco indifferente.
“stavo dicendo...” riprese il figlio di Hermes, raccontando tutta la storia del tipo della reception, del cassonetto e del ciclope, omettendo, ovviamente la parte più imbarazzante, e non mi riferisco a quando il sedere del suddetto ciclope mi era finito in faccia.
“solo che quel ciccione ha chiamato i suoi amichetti e noi ci siamo ritrovati a scappare da tutti i simpatici tipi che avete visto la fuori, ma poi, il Fato ha voluto che al suv finisse la benzina”
“oh, dei, ve la siete fatta a piedi?” chiese Annabeth
“sì, ma non eravamo distanti... peccato che i mostri erano un po’ più veloci e ci hanno circondato.”
“E Tyson?... insomma come... com’è... cosa è successo?” fece Percy, esitando.
“oh...”
“vuoi saperlo davvero, Testa d’Alghe?” gli chiesi dolcemente.
Lui rimase in silenzio un secondo, poi annuì.
“stavamo correndo, mancava poco ad arrivare, ma non ce l’avremmo mai fatta, i mostri erano troppi... allora Tyson si è fermato, ha detto qualcosa come...”
“dite ciao a Percy da parte di Tyson” intervenne Silena “ha detto così” gli occhi le si riempirono di lacrime e Backendorf le circondò le spalle.
Distolsi lo sguardo.
“ e ha tenuto a bada tutti quei mostri per un po’, consentendoci di scappare” conclusi.
“racconta com’è andata sul serio” intervenne Backendorf inarcando un sopracciglio.
Lo fulminai con uno sguardo:
“e come sarebbe andata?”
Si rivolse a Percy e Annabeth:” dopo che Tyson ha tentato di tenerli a bada continuavano ad inseguirci e Talia...”
“vi ha detto di mettervi in salvo?... chissà perché questa storia l’ho già sentita” intervenne la figlia di Atena puntandomi addosso quegli occhi grigi.
Mi strinsi nelle spalle con finta non curanza... sapevo dove quell’idiota di un figlio di Efesto rompiscatole voleva andare a parare, faceva tutto per provocarmi, lo sapevo.
“ ... e diciamo che sarebbe ritornata ad avere le radici se non fosse stato per qualcun altro che questa volta è intervenuto” tutti puntammo lo sguardo su Luke “si è caricato la nostra mansueta aspirante suicida in spalla e l’ha trascinata fino a qui, non ostante lei prima gli abbia...”
“chiudi quella bocca, Backendorf” sibilai.
Lui mi guardò, innocente
“che c’è figlia di Zeus, vergogna?”
“non provocarmi, fabbro”
“senti senti” ghignò “hai paura che dica come hai reagito quando...”
“se non vuole che si dica lascia stare” intervenne Luke.
“che cosa?”
Gli occhi della figlia di Atena si spostarono da me a Backendorf e a Luke.
“niente” sibilai alla volta di quel pallone gonfiato di figlio di Efesto.
Lui fece una smorfia nella mia direzione e tornò a consolare la sua bella.
Incrociai lo sguardo di Luke.
Fu solo un istante, ma bastò.
-perché mi fai questo?- sembrava chiedermi.
Distolsi lo sguardo, vagamente conscia che tutti i presenti ci guardavano.
“dicevamo?” feci in tono brusco
“ e poi Grover ha fatto scudo a Clarisse?” chiese Percy tossendo, quella situazione doveva essere strana anche per lui.
“proprio così”
“ho sottovalutato il fegato di quel satiro”.
“è... era una persona molto coraggiosa”
A quel punto Sally entrò in salotto con una tazza di latte fumante che porse al figlio, sedendosi ai piedi del divano.
“mi dispiace per Grover e Tyson, ragazzi, ma quando il fato reclama qualcuno non si può fare nulla” disse, con aria quasi laconica.
“magari non fosse così”
“già, Percy, magari”
Rimanemmo a crogiolarci nel dolore fino a quando non si fece troppo tardi e Sally ci diede qualcosa per coprirci e ci spedì nel prefabbricato a fianco per il semplice motivo che non potevamo stare tutti ammassati nella stessa stanza.
Così mi ritrovai stesa su una coperta accanto a Luke e a Silena.
“Potreste evitare?” domandai scocciata, notando che la figlia di Afrodite si era accoccolata al suo figlio di Efesto odioso, che sghignazzò.
“che c’è, Talia? Infastidita?” strinse ancora di più Silena “sai, se non fossi tanto... uhm, come dire? Messa male di testa, adesso potresti...”
“chiudi quella bocca, Backendorf”
“agli ordini!” ghignò ancora, poi si mise  a sussurrare qualcosa a Silena, che annuì.
Alzai gli occhi al cielo. Ma doveva fare sempre l’antipatico così? Cosa gli avevo fatto io? Era a Luke che avevo tirato lo schiaffo non a lui, era Luke quello che avrebbe potuto tirarmi le battutine.
Mi girai dalla parte opposta.
Luke era rivolto al muro, in evidente disagio.
Mi persi ad osservare il profilo delle sue spalle nell’oscurità che si faceva sempre più fitta.
Forse quel cretino di Backendorf aveva ragione, dopo tutto.
Insomma, magari ero io che mi facevo i complessi.
-no, non è così- mi dissi – fino a che non sanno che non sono più la ragazza della profezia non posso permettermi di fare qualcosa.-
Mi ricordavo bene cos’era successo ad Annabeth, tra l’altro per mano dello stesso Luke.
Già avevano una scusa buona per avercela con il figlio di Hermes perché li aveva traditi, non volevo dare a Crono un altro motivo per prendersela con lui.
Sospirai, sdraiandomi sulla schiena.
“sei sveglia?”
“no”
Luke si girò dalla mia parte puntellandosi sui gomiti.
“sai di dovermi qualche spiegazione, vero?”
Ero contenta che il buio coprisse la mia espressione, addolorata.
“io non ti devo proprio nulla”
“Talia...”
“torna a dormire”
“a me sembrava che...”
“torna a dormire ti ho detto”, mi girai dalla parte opposta.
“allora non c’è mai stato... nulla?”
Esitai “No”
“per me non provi niente?”
Sospirai “perché ti avrei dato quello schiaffo allora?”
“ti conosco”
“che risposta è?”
“c’è sotto qualcosa... ti sei fatta qualche idea delle tue e...”
“ma ti senti, Luke?... torna a dormire che è meglio”
“ma...”
“non ne voglio parlare, per te non sento nulla, se non una gran voglia di prenderti a calci perché non mi stai facendo dormire”
“certo, evitiamo di parlarne eh?” mi disse tagliente, girandosi verso il muro.
Sì, mi conosceva.
 
POV
 
C’era una cosa che dovevo chiedere, di vitale importanza... non per me, perché ormai avevo poco di “vitale” ma per qualcun altro di infinitamente più importante di me.
“se la libero deve promettermi una cosa” dissi al vaso.
“sì, satiro, ti farò un autografo sulle corna”
“no, apparte quello”
“cosa vuoi?”
“deve promettermi che troverà un modo per tirarmi fuori di qui”
“forse non sai che dovrei andare contro al volere del fato per...”
“è di vitale importanza che io ritorni in vita... lei non lo sa ma c’è una profezia...” e gli raccontai tutta la storia, come meglio potevo.
“e questo come centrerebbe con la tua voglia di tornare tra i vivi?”
“oh, si ricorda quando le ho detto che ero sull’isola di Polifemo?”
“sì”
“ecco, per interagire con Percy ho instaurato un collegamento e...
“se tu muori muore anche questo figlio di Poseidone... che è il tipo di cui parla questa profezia?”
“proprio così”
“ma tu sei già morto”
“infatti mi chiedo perché non sia qui”
Ed era davvero strano che non fosse già morto anche lui... insomma ero stecchito da un po’, lui avrebbe dovuto essere lì a tenermi compagnia, no?
“ok, hai incontrato gli otri di Dionisio di recente?” si mise a ridere.
“ma è tutto vero!”
“ehi, satiro!”
Caronte mi si avvicinò, facendosi strada tra le anime che gli si appigliavano ai vestiti.
“il limbo ti sta già facendo impazzire?”
“eh?”
Scosse la testa ossigenata, accennando al vaso:
“perché parli con un vaso?”
“perché parli con me?”
“ma che caratterino...” fece per andarsene, scocciato.
“Caronte, traghettatore di anime!” urlò il dio all’interno del vaso.
Mannaggia a Pan, doveva proprio complicarmi la vita così?
Meno persone sapevano meno avrei rischiato di trovarmi dei simpatici mostriciattoli tra i piedi, anche se ero morto non volevo rotture di scatole.
“chi ha parlato?” Caronte si voltò, disorientato.
“è vero quello che dice questo satiro, dalla lingua forse bugiarda?”
“chi parla?”
Il “traghettatore di anime” si guardò intorno di nuovo, fulminando tutta la povera gente che incontrava e che, molto probabilmente, se ne sarebbe rimasta lì per un altro centinaio di anni... tanto per ripicca.
“qui giù!”
Fissò il vaso, poi mi guardò arcigno:
“è uno degli scherzi di voi satiri?”
“esiste davvero una profezia? Un Percy Jackson?” fece il vaso
“Percy Jackson? Oh, quel tipo esiste eccome, ho anche avuto il piacere di traghettarlo... da vivo”
“devo ricredermi, satiro, dici il vero”
“grazie, divino Pan!”
“PAN?!... vuoi dire che qui dentro c’è Pan?!”
Ma non riuscivo a starmene zitto?
“già”
“hai trovato Pan?!”
“già”
“HA TOVATO PAN!” urlò, molte anime lo guardarono scocciati, a meno che non ci fossero dei professori di epica non credevo si ricordassero di quel dio.
“devi portarlo sull’Olimpo....” disse con entusiasmo e sorridendo, falso. “lo porto io”
Capii cosa voleva fare, ma non ero così scemo da acconsentire.
“eh, no, bello... ce lo porto io, non ti prenderai il merito”
“forse hai dimenticato una cosa... sei morto, i morti non escono dal Limbo”
“il divino Pan mi farà tornare normale!”
“nemmeno lui può!”
“scommettiamo?”
“a dir la verità non potrei”
“ecco!”
“chiamiamo le Parche, parlerai con le Parche!”
“le Parche! Avevo una storia con la vecchia Vespa”
“questa mi è nuova” intervenne Caronte
“chiama le Parche, traghettatore!” mi piaceva chiamarlo “traghettatore”, dava l’idea che fosse una sottospecie di autista.
“ma non posso!”
“oh, per le mutande di Zeus” mi alzai, prendendo il vaso sottobraccio.
“che fai?!”
“cos’hai intenzione di fare, satiro?!”
Tutte le anime ci guardarono, chi scocciato e chi sorpreso.
Io mi rivolsi a Caronte.
“non posso lasciare morire il mio protetto!”
E me ne uscii dagli studi R.I.P
Alcune anime, tentarono di imitarmi, peccato che non riuscissero a passare oltre la porta.
“ma cosa...?!” esclamò Caronte, sorpreso quanto me, non mi aspettavo di riuscire ad uscire “torna qui, satiro!”
Prima che potesse farsi strada tra i morti accalcati me la filai, uscendo tra i grattacieli di Los Angeles.
“perché sei riuscito ad uscire, satiro? nascondi qualche dote a me poco affine?”
“non credo”
“allora che dio devi ringraziare?”
“lei?”
“io non ho mosso un dito”
Mi guardai indietro, notando qualche pitbull che mi ricordava vagamente dei segugi infernali.
 “non importa, ormai sono fuori, forse è meglio sbrigarci”
E mi lanciai nel traffico.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 21
*** frullato di emozioni ***


SPAZIO AUTRICE:
eccomi qui, questo cap l’ho scritto a tempo di record e non è molto sano di mente... il secondo POV fa un po’ tanto schifo, ma ci tenevo a far vedere la mente delirante di Percy, quindi....
il terzo mi piace abbastanza, il primo è movimentato.
Ma chiudiamo la parte relativa al cap...
Sapete che recentemente sono stata vittima da un’irrefrenabile febbre da contest?
Ecco, girovagando ho trovato un concorso su... *suspance* ... PJ!
Peccato che ci siano pochissimi iscritti (uno, + me che devo iscrivermi a breve) quindi io e il mio egoismo siamo venuti a supplicare voi lettrici (e forse lettori) del fandom di PJ di dargli un’occhiatina veloce... che ne pensate? Ovviamente non siete obbligati era solo un’informazione per chi volesse mettersi alla prova...
Chiudiamo anche questa parte...
Altro da dire?  Non mi sembra
Buona lettura
Piccoalelttrice
Ps. Perché le rec sono drasticamente scese???
Ps n° 2. il nome di questo cap fa schifo lo so, ma le emozioni qui sono varie e tante così ho messo ‘sto titolo idiota, quindi non commentate, lo so che fa vomitare
 
20-  Frullato di emozioni
 
“non ti azzardare a rubare uno di quegli aggeggi infernali!”
“ma, divino Pan, è il modo più veloce!”
“rendono il mondo una fogna!”
“dobbiamo sbrigarci, i segugi infernali seguono la mia essenza caprina!”
Mi guardai intorno, poi appoggiai il vaso per terra, e mi preparai a tirare una doppietta al finestrino della Volvo che avevo davanti, mentre il dio borbottava qualcosa sui “satiri d’oggi”.
“satiro, non farlo, io mi rifiuto di salire sopra ad una biga infern...”
“si chiama auto, divino Pan” dissi, piuttosto scocciato.
Pan era il mio idolo, ma proprio era insopportabile, alle volte.
Ok, l’ecologismo ma così era un po’ eccessivo, no?
“subirai la mia ira quando riuscirò ad uscire da qui, satiro”
“intanto devo spicciarmi a portarti all’Olimpo, e le macchine ad acqua non le hanno inventate ancora, per ciò...”
Sfondai il vetro e prima che qualcuno tra i passanti potesse fare qualcosa mi ci infilai dentro insieme al vaso, giocherellando con i fili di sotto per far partire l’auto come facevano nei film e come riuscivano a fare Luke e Talia... soltanto che era un po’ più difficile di quello che credevo.
“satiro, ti giuro che subirai la mia...”
“la tua ira, lo so lo so, sono anni che Dionisio mi ripete la stessa cosa e il mio fondoschiena è ancora al suo posto”
“come osi...?!”
“un secondo”
Armeggiai con i fili sotto il cruscotto, sentendomi un disinnescatore di bombe da Oscar.
Filo rosso e filo blu o filo rosso e filo giallo? Proviamo a mettere tutto assieme.
“e parti, per le mutande di Zeus!” sibilai, frustrato.
“non per interrompere le tue imprecazioni contro il divino padre degli dei, ma avverto presenze infime qui intorno”
Buttai un occhio fuori dal finestrino e vidi circa una ventina di pitbull che ringhiavano e abbaiavano in direzione della macchina.
“oh oh”
“dovrei preoccuparmi, satiro?”
“ehm, forse sì”
 Ripresi ad armeggiare con i fili...
Uhm, filo rosso con filo blu? Non va.
Oddei, se mi beccano sono fregato, Percy morirà! E con lui, L’Olimpo, Pan, Hilary Duff... e Clarisse!
Clarisse?
Avevo davvero pensato “Clarisse”?!
“non ti sento armeggiare, satiro, devo dedurre di essere in salvo?”
Guardai fuori dal finestrino.
“ehm...”
“sbrigati! Quei segugi infernali hanno fame!”
Ok, filo blu e filo giallo?  Non va, ancora.
I segugi all’angolo della strada ormai erano partiti alla carica, dovevano sembrare dei cani randagi scappati dal canile, ma mentre si avvicinavano li vedevo trasformarsi in qual cosa di leggermente più mostruoso e orripilante.
“ e parti, stupida carriola!” urlai tirando un calcio al cruscotto.
Improvvisamente la macchina si accese.
“cos’era? Ci attaccano?”
“stiamo partendo!” dissi sorpreso ingranando la marcia a tutta velocità e facendo retromarcia.
“satiro, perché mi sento andare a ritroso?”
“si chiama retromarcia”
“non mi piace”
“se vuole, divino Pan, posso lasciarla con i segugi infermali”
“...me la farò piacere”
Guardai nello specchietto retrovisore i cani che assalivano il paraurti e diedi gas. Il vaso ed io ci ritrovammo spiaccicati contro il sedile, mentre l’auto scattava in avanti a tutta velocità.
Il mio stomaco rimase a fare compagnia ai segugi, che intanto sbraitavano per chiedere i rinforzi di chi era più veloce di loro: Furie.
“sento odore di Furie, satiro”.
No, non l’avevo capito.
Spronai l’auto ad andare più forte, zigzagando tra le auto ferme per il traffico che strombazzavano all’impazzata.
una furia sbucò all’improvviso dal vicolo, parandosi davanti al parabrezza.
Sbandai pericolosamente, mentre il contenuto del vaso accanto a me strepitava.
Feci un testa coda  e andai a finire dritto addosso ad un’altra auto, poco distante.
Sarei morto se non lo fossi già stato.
Il vaso, assicurato con la cintura di sicurezza era incolume, mentre il suo contenuto continuava ad urlare nonostante la macchina si fosse fermata.
Gli artigli della furia perforarono il tettuccio della macchina con gli artigli, scappottandola, io urlai, poi afferrai il dio e mi precipitai fuori dal finestrino rotto, rovinando a terra.
Il mostro mi si abbatté contro ed io rotolai su un fianco per schivare i suoi artigli, anche se ovviamente non credo avrei sentito qualcosa nel farmi perforare.
Mi alzai, guardandomi attorno, una piccola folla di automobilisti tamponati guardava la scena, basita... molto probabilmente vedeva uno stormo di piccioni che attaccavano un ragazzo e il suo vaso greco.
Arrancai tentando di aprirmi un varco, quella gente mi lasciò passare, con la coda dell’occhio vedevo alcune persone sbraitare qualcosa al telefono riguardo un attacco di locuste.
Ovvio, i piccioni erano passati di moda.
corsi nel primo vicolo che trovai, inseguito dal mostro.
Era la fine, se mi avessero riportato indietro sarei morto davvero e Percy mi avrebbe seguito a ruota.
La mia sfortuna dette un’ulteriore prova di sé quando mi ritrovai davanti ad un muro. Imprecai, maledicendo la furia, Ade, Crono e Clarisse.
“satiro!”
Mi girai pronto ad affrontare il secondo livello della morte a testa alta.
Ok, mi girai, pronto  a supplicarla di non portarmi nell’Ade ma detta come prima faceva più “eroe figo”.
“satiro!”
“che vuoi?!”
Ero troppo terrorizzato dalla figura che ormai avanzava lentamente, come a gustarsi la mia folle paura, per rispondere gentilmente ad un dio.
“dio... un altro...”
“che cosa?”
A quel punto un baluginio dorato attirò la mia attenzione.
Incastonata nel muro a qualche metro da me c’era l’arma più bella che avessi mai visto, era completamente dorata, possente con dei disegni sull’elsa.
Scattai con l’ultimo impeto di coraggio che mi rimaneva, e l’afferrai.
Nell’esatto istante in cui le mie dita toccarono l’arma un calore mi invase dalla punta degli zoccoli a quella delle corna.
In un attimo mi sentii forte e coraggioso come mai, e un tantino incavolato, anche.
La furia si era fermata a qualche metro, evidentemente indecisa se fare ancora la gradassa, girare i tacchi o chiamare rinforzi.
io sorrisi, travolto da non so quale impulso... stesso in pulso che mi fece avanzare di qualche passo e sferrare il primo fendente.
Ookay, questo sì che faceva “eroe figo”!
Ma perché non c’erano mai figlie di Afrodite quando facevo il coraggioso?
La furia era troppo basita per fare qualcosa, ed io ero più sorpreso di lei... insomma, il piccolo satiro morto indifeso era diventato il magnifico satiro morto agguerrito, era capibile che si fosse lasciata ammazzare così facilmente, con un netto colpo alla testa.
Io rimasi a fissare la spada e la polvere che veniva portata via dal vento.
La mia arma da vicino era ancora più bella; la lama era affilatissima, dorata, e le immagini raffiguravano scene di battaglia, da battaglie greche ai combattimenti in trincea, all’aviazione inglese.
Ma come c’era finita lì?
“Satiro?”
“l’ho battuta”
“ne stanno arrivando altri, satiro”
“l’ho battuta! Da solo!”
Mi misi a saltellare sul posto come una bambina di cinque anni davanti ad un viaggio a Disneyland.
“smettila di fare la capra immatura, andiamocene prima che arrivino”
“tenni la spada in mano e  mi misi il vaso sottobraccio, correndo verso la via principale.
Ovviamente non avevo soldi con me, ma feci un fischio ad un taxi.
“perché fischi, satiro?”
sbuffai, ma da quanto tempo stava rinchiuso in quel dannato vaso?
“glielo spiego un’altra volta, divino Pan”
Montai sul taxi, il tipo al volante mi guardò inarcando un sopracciglio.
“prego?” chiese
“New York”
“sai quanti soldi ci vogliono, ragazzo?”
“un po’?”
“un po’ tanti”
“no problem”
Il tipo mi squadrò come se fossi un ritardato,
“pagamento anticipato per le lunghe destinazioni”
“oh”
Mi guardai intorno, come se i soldi potessero venirmi dal cielo, ad un tratto sentii qualcosa comparirmi nella tasca posteriore dei jeans.
Tastai il rigonfiamento nella tasca tirando fuori una mazzetta da cento dollari, che un attimo prima non c’era.
“bastano” dissi esibendo il malloppo più sorpreso del taxista.
L’uomo mi guardò come se fossi il figlio del presidente, a bocca aperta.
“hai rapinato una banca, per caso?”
“si sbrighi e li potrà tenere tutti”
“Sai come conquistare il cuore di un vecchio autista, eh?”
“si sbrighi!”
I rinforzi della furia che avevo decapitato non aspettavano di certo me.
E il tipo partì verso New York, verso l’Olimpo, e verso la salvezza del mio migliore amico.
 
POV
 
Feci un sogno molto strano.
Ero nelle stalle del campo, insieme al signor D. e a un paio di satiri ubriachi che non conoscevo.
E poi c’era Time che ballava la tarantella con Chirone e Clarisse che faceva il pedicure a un’ Arpia.
Non capivo dove caspita ero finito, mi avvicinai ad un satiro con in testa un cappellino degli Yankee che mi ricordava vagamente quello di qualcun altro, e quando il satiro si girò vidi che aveva i capelli biondi e ricci e due occhi grigi enormi.
E le zampe da capra.
“Perché sei un satiro?”
“Perché sei un semidio?”
“perché teoricamente mia mamma è un’umana  e mio papà un dio e...”
“ e io sono un satiro perché mia mamma è una capra e mio papà è un uomo”
In quel momento fui certo di stare sognando.
“bè? Che hai da guardare?”
“niente”
Distolsi lo sguardo dal sedere di Annabeth.
Ok, così suonava davvero male, ma vorrei sfidare voi a non fissare il sedere della vostra ragazza se fosse peloso e caprino.
Stavo per rivolgermi a qualcuno che speravo fosse più sano di mente o meno ubriaco quando il sogno cambiò.
E  forse non era più un sogno.
Ero in un posto buio e cavernoso, qualcuno se ne stava seduto nell’angolo più lontano.
“sei tu, figlio di Poseidone?”
“eh?”
“sei anche un po’ tardo... comunque lo sei, l’odore della tua anima si sente”
“eh?”
“SATIRO!”
“divino Pan?”
Quella voce mi ricordava vagamente...
“GROVER!”
“ma che perspicacia!” fece il... tipo, ironico.
“Percy? grazie agli dei sei ancora vivo!”
“che posto è?”
“mi dispiace, Percy, davvero... io non avrei dovuto farmi ammazzare... il collegamento, io...”
Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo.
“collegamento?”
Ovvio, come avevo fatto a dimenticarmene? Se lui moriva... morivo anch’io.
Ecco spiegata la febbre.
Appunto, febbre, non morte.
“ma com’è intelligente! Non potevate scegliere un figlio di Atena per la profezia?”
Ignorai le battutine di quella cosa e mi rivolsi alla voce di Grover
“ma io non sono morto... non sono morto vero?”
Il tipo nell’angolo ridacchiò.
“no, non sei morto, stai sognando... e nemmeno io”
“ma io... insomma, ti ho visto... eri...”
“lo so ma, vedi non sono proprio... morto morto”
“eh?”
“e non sono nemmeno vivo vivo”
“tradotto per i comuni semi-mortali?”
“sono al limbo, Percy, agli studi RIP... cioè, c’ero, ora sono diretto a New York.
“a New York?”
“satiro, non riuscirò a mantenere il collegamento per molto”
“chi è lui?”
“il mio... uhm, riscatto, diciamo”
“cosa sarei io?” chiese il tipo, arrabbiato
“cosa sarebbe lui?” feci.
“nulla, sappi solo che devi tenere duro, ok?”
“tenere... ma...”
“tieni duro”
“non posso più...”
E tutto tornò ad essere buio.
 
POV
 
“non è per niente normale”
“ Sally ha detto che non l’ha mai visto così male”
“sarà l’influenza di Crono, Time o qualcos’altro?”
“non credo”
“e allora cos’è?”
Ci guardammo l’un l’altro, il problema si stava davvero facendo serio.
Ed io ero più preoccupata di quanto dessi a vedere.
La febbre aveva raggiunto la soglia del quarantadue.
Ormai non riusciva più a tenere gli occhi aperti.
Sembrava in coma.
Avevo voglia di urlare.
-calma, Annabeth, calmati- mi dissi.
Eravamo tutti nel panico più totale.
Sally non si allontanava da Percy nemmeno un attimo, non mangiava più, non faceva più nulla se non rimanere al capezzale del figlio.
E noi ci sentivamo impotenti.
Io mi sentivo impotente.
Lui era divorato dalla febbre, io non sapevo come fare per... per cosa?
Non avevo idea di cosa fare.
Lanciai un’occhiata alla finestra del bungalow, da dentro si vedeva solo una madre preoccupata per il suo bambino.
E il bambino in questione.
Aveva la pelle livida, ombre scure sotto gli occhi e le tempie sudate.
Il viso era troppo incavato.
Sembrava un’altra persona, stentavo a riconoscerlo.
Nemmeno l’acqua riusciva a rinsavirlo.
“Annabeth, ti senti bene?” chiese Talia appoggiandomi una mano sulla spalla “io? Sì... sì tutto bene”
Non avevo convinto nessuno, lo sapevo, ma c’erano cose più gravi della mia paura cieca.
“cosa possiamo fare?” chiesi
“non possiamo fare proprio nulla, che c’è da fare?”
“dobbiamo seppellire il corpo di Grover” disse Luke in tono affranto.
Non l’avesse mai detto scoppiò il putiferio, Clarisse iniziò ad urlare:
“no!”
“no?”
“non possiamo”
“Clarisse, so che ti dispiace ma...”
“non possiamo”
“il corpo non può stare così...”
“Ascoltami bene, Castellan, tu non devi azzardarti a toccare quel corpo, se lo fai...”
Non mi interessava sentirli discutere, non mi interessava nulla.
Mi davano fastidio le voci, mi davano fastidio loro, mi dava fastidio tutto.
Perciò me ne andai.
Entrai.
Sally alzò la testa, e accennò un sorriso, o meglio quello che voleva essere un sorriso ma che era una smorfia di dolore.
Mi avvicinai e le posai una mano sulla spalla.
“co... come va?”
Mi mostrò il termometro.
La lineetta di mercurio era ferma sul quarantadue.
Non poteva essere.
La gente muore con la febbre così alta.
Guardai gli occhi azzurri di quella donna così dolce, di quella madre così premurosa, senza rendermene conto mi ritrovai in ginocchio, a piangere nel suo grembo, come una bambina.
Lei mi accarezzava i capelli, tentando di darmi un po’ di quel conforto che lei nemmeno riusciva a trovare per se stessa.
Sentivo anche i suoi singhiozzi.
Pregavo ogni dio che mi venisse in mente, lo pregavo per non fa accadere nulla, per far sì che una stupida linea blu scendesse di qualche tacca.
Per far sì che le braccia della morte non avvolgessero nessuno.
Piansi con Sally fino a che le lacrime non uscirono più.
Alzai il viso verso gli occhi lucidi della donna, addolorati quanto i miei.
Eravamo... cosa eravamo?
Una madre e una figlia addolorate per il pericolo in cui si era cacciata la persona più importante della nostra vita.
Non poteva accadere. Non poteva e basta.
La gente muore con la febbre così alta.
 
 
 
 
  

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Capitolo 22
*** insoliti sacrifici ad un insolito dio ***


SPAZIO AUTRICE:
buona sera! Rieccomi con un nuovo cappy!
Allora prima di tutto volevo dedicarlo a Kiuubina, che mi ha fatto una sorpresa bellissima e inaspettata e alla mia prof di tecnica, che con il suo delirare mi ha concesso di vagare con la mente per  produrre questo.
Ma ringrazio anche tutti coloro che leggono.
Passiamo al cap...
Gli ho scritti in ordine sparso, sono partita dall’ultimo, ispirandomi alla canzone “urlo e non mi senti” (davvero provate ad ascoltarla e ditemi se non è perfetta!), poi il primo, il secondo e infine il terzo (si, lo so che non ve ne frega nulla)...
Comunque ecco a voi, ci sono alcuni passaggi di cui vado piuttosto fiera, inoltre mi sorprendo della lunghezza dei cap, sono 10 pagine alla volta XD!
Un bacio, buona lettura
Piccolalettrice
Ps. Ma tutti i recensori di un po’ di tempo fa dove sono finiti???
Ps n° 2 il titolo non c’entra molto ma non mi veniva nulla -.-“
 
 
 
21-  Insoliti acrifici ad un dio insolito.
 
 
Mi sedetti sui tronchi vicino al falò, volevo guardare un po’ l’oceano e dimenticare tutto almeno per qualche minuto.
Sapete quando si dice “pianto liberatorio”? ecco, quello da cui ero appena uscita era l’esatto opposto. Era uno di quei pianti che ti lasciano un senso di... irrisolto, di frustrazione incredibili, sono quei pianti che non servono a nulla, in poche parole, se non a farti andare i nervi a fior di pelle ancora più di prima.
Il cielo era bianco e lattiginoso, un colore orribile e spento, perfetto per un giorno di fine ottobre e così lontano dal sole che desideravo sentire sulla pelle, che forse mi avrebbe riscaldato da tutto il gelo che sentivo dentro.
La testa mi scoppiava.
Io e Sally pensavamo la stessa cosa, lo sapevo.
Un semidio non può ammalarsi; la sua parte divina non lo rende possibile.
E se un semidio si ammala la questione è grave. Molto grave.
Soprattutto con una febbre oltre i quarantadue gradi. Sì, oltre i quarantadue.
Con l’arrivo del pomeriggio era peggiorato.
Era davvero strano che si fosse ammalato così.
Non poteva essere una cosa naturale, no.
Ero sicura che sotto ci fosse qualcosa, e se avessi avuto la mente più lucida molto probabilmente ci sarei arrivata, ma non riuscivo a pensare.
Per la prima volta la figlia di Atena non aveva un piano.
L’acqua era calma e piatta, di quel colore impenetrabile che te la fa sembrare quasi un enorme distesa solida, accresceva la mia frustrazione.
Sentivo che c’era come qualcosa che avrei dovuto sapere, qualcosa che avrei dovuto ricordarmi, qualcosa di importante.
E più mi sembrava di essere vicina alla soluzione più non riuscivo a pensare.
C’ero, avevo la sensazione che la risposta (a non so nemmeno che domanda)  fosse lì, a qualche millimetro di distanza ma... nulla.
Mi alzai dal tronco, sbattendomi i pantaloni per far sì che la sabbia non vi rimanesse attaccata, guardai il mare un’ultima volta, anche se lo spettacolo non era dei migliori e mi diressi, senza nemmeno pensarci al bungalow dove c’era la salma di Grover.
Non so perché le gambe mi portarono lì, col senno di poi intuii che qualcosa di più grande di me, gli dei o il fato, mi avessero condotto lì, ma sul momento non ci pensai molto e mi diressi fino alla porta.
Mi fermai di colpo, con la mano ad un centimetro dalla maniglia.
Dentro c’era qualcuno che parlava, Clarisse, immaginai.
Ma con chi parlava?
“...e ho fatto un sogno, sai?”
Nessuna risposta.
“era un sogno strano, era tutto buio e qualcuno rideva nell’angolo, poi tu che balbettavi e io che ti dicevo che eri stato un idiota a morire, una Capra senza cervello, ma questo non è l’importante...”
ma... stava davvero... parlando a Grover? Ad un cadavere?
Fui sul punto di entrare per prendere Clarisse, chiederle cosa stesse facendo, farla rinsavire. Sapevo che tutto il tempo che passava lì non era da persone sane di mente, ma addirittura parlare con un morto... era troppo.
Stavo per fare irruzione nella tranquillità di quel patetico e ambiguo dialogo che quello che sentii mi fermò:
“hai parlato di... una cosa strana, una specie di collegamento... non avevo idea di cosa potesse significare...”
Collegamento. Ecco la soluzione a tutto.
Guardai sorpresa il legno della porta, senza fissarlo davvero.
La risposta era così semplice, così palese, come avevo fatto a non pensarci prima?
Il collegamento di Percy con Grover, quello che diceva che se uno dei due moriva anche l’altro era destinato a morire! Come avevo fatto a dimenticarmene?
Quindi questo voleva dire che Percy stava davvero morendo.
Quella considerazione mi colpì come un pugno nello stomaco, ma fece più male.
Mi sentii impotente e piccola.
Idiota, anche. Idiota perché non avevo impedito a quei due di rompere il collegamento, sapendo che era pericolosissimo per entrambi.
E se Percy fosse stato un normale semidio sarebbe stato un conto, molti ci avrebbero sofferto, io per prima e più di tutti, ma c’era la profezia con cui fare i conti... L’Olimpo era destinato a morire.
E Percy prima di lui.
Ma perché era ancora vivo?
Insomma, avrebbe dovuto morire subito dopo la morte di Grover, no?
Quella era una bella domanda, ma non mi persi molto sui dettagli, andai, invece, a cercare qualcuno che mi avrebbe potuto dare una mano.
Talia? No, avrebbe voluto fare tutto al posto mio, impedendo di fare ciò che pensavo, Silena o Backendorf? No, non avrebbero mai accettato, Clarisse? Era già abbastanza matta così, non le serviva un’avventura di quel tipo... rimaneva Luke.
Sì, Luke mi avrebbe aiutato. Luke non era sempre pronto a sacrificarsi come Talia o come il figlio di Efesto e la figlia di Afrodite, e di certo non pazzo come Clarisse. Sì, Luke mi avrebbe aiutato.
Perché anche quella volta, la figlia di Atena aveva un piano.
 
POV
 
“Cosa vuoi ancora?”
Gli occhi di Talia, di quel blu elettrico erano esasperati e arrabbiati mentre mi fissavano.
“Tu devi darmi qualche spiegazione”
“io non ti devo dare proprio nulla, Castellan”
I capelli le si alzavano sulla testa, elettrici; era nervosa.
“Talia...”
“smettila, ti prego” la sua voce adesso era esasperata, stanca quasi...
Stanca di me.
Le avevo voluto parlare e adesso ero stato accontentato; stavamo parlando... ma io non sapevo cosa dire.
Dai, io sapevo che qualcosa c’era, ne ero certo, lo vedevo, vedevo la scintilla nei suoi occhi quando mi guardava.
Lei non poteva rifiutarmi così, io avevo fatto tutto per lei, tutto.
“tu... sembrava quasi... io ero convinto...”
“basta”
“spiegami perché?”
“Cosa c’è da spiegare?”
“oh, non saprei... non mi guardi in faccia, non mi parli, non mi calcoli nemmeno, sembra che ti faccia schifo toccarmi!... e tutto questo da quando... lo sai”
“saranno cavoli miei se voglio parlarti, guardarti o toccarti!”
“Talia, lo sai”
“che cosa so, Luke?”
“lo sai cosa provi, lo sai”
Si mise a ridere, di una risata forzata, di scherno.
“io dovrei provare qualcosa per te?”
La guardai, poteva prendere in giro tutti ma non me, la conoscevo troppo bene.
“tu PROVI qualcosa per me, Talia”
Non le piaceva, non le piaceva proprio quella situazione, lo vedevo.
Era in difficoltà, il baluginio di confusione nei suoi occhi parlava chiaro.
E per questo decise di passare all’attacco:
“sei solo un peso... tu vuoi parlare e parlare e parlare ancora... non capisci che non mi importa, io non ti voglio Luke”
No, non mi convinceva.
Non mi guardava nemmeno in faccia.
Era una brava attrice, ma con me non poteva proprio fingere.
“ti conosco, Talia, tu...”
“smettila, Luke, basta... io non ti sopporto più... cosa vuoi da me?”
“una spiegazione, dammi un perché!”
“Non ci sono perché, è così!”
“allora guardami in faccia e dimmi che non te ne importa nulla!”
Lei non alzò lo sguardo dalla sabbia in cui affondava i piedi e disse:
“di te, Luke Castellan, figlio di Hermes, non mi importa nulla.”
Tenne ,lo sguardo incollato a terra ed io mi avvicinai , fino a sollevarle il mento con un dito. Si ritrasse al mio tocco, ma io l’afferrai per le spalle tenendola ferma, fissandola dritto negli occhi e avvicinandomi fino a distinguere ogni singola lentiggine sui suoi zigomi.
“dimmi che non ti importa nulla di me, dillo adesso e ti lascerò in pace” dissi calmo, delicato quasi... ma sapevo che i miei occhi ardevano.
Lei fece vagare lo sguardo verso il mare, svicolando alla presa del mio.
Un modo di rabbia mi diede l’impulso di prendere tutto a pugni, di spaccare ogni cosa, ma mi trattenni, sfogando tutta la mia ira in quello che dissi:
“GUARDAMI, DANNAZIONE!”
Lei fissò gli occhi nei miei, irata almeno quanto me e urlò la frase più brutta che avessi mai sentito, quella che mi smontò totalmente.
“sono ancora innamorata di Jackson, va bene?!”
Allontanai le mani di scatto, come avessi preso la scossa.
Che cosa?
Non sapevo come fosse il mio sguardo, ma non doveva essere dei migliori. Per un istante i suoi occhi si allargarono, facendo entrare dentro ad essi il tutto e il niente con uno sguardo aperto dall’incredulità per la sua stessa frase.
Ma fu solo un istante, e dio nemmeno lo notai.
Poi tornò la Talia fredda e dura che tanto odiavo e tanto amavo.
Mi guardò con aria di sfida, con quegli occhi blu troppo grandi e troppo arrabbiati, troppo ostili. Mi sembrò di scivolare giù, di annegare.
E poi mi sentii imbarazzato, tanto.
Ero stato così idiota a credere che... ma ne ero certo... io avevo visto...
-sono ancora innamorata di Jackson - quelle parole mi risuonavano nella testa, infinite solo come il nulla.
Niente riusciva a colmare quel senso di vuoto.
Non ebbi nemmeno il coraggio di guardarla,girai sui tacchi e me ne andai.
Non volli vedere la sua reazione.
 
POV
 
 
 
“Luke!” mi girai di scatto, sentendomi chiamare.
Non volevo vedere nessuno, ma Annabeth mi veniva incontro a passo di marcia con gli occhi accesi di quella luce che non le vedevo da tempo nello sguardo.
Sembrava tornata viva.
Per un istante fui felice di vederla così, ma fu un istante perché poi quelle parole tornarono.
“ciao”
“Luke... devi darmi una mano”
“a fare cosa?” la guardai, incuriosito, era tipico di Annabeth andare al dunque, ma così era davvero precipitosa, o aveva qualcosa di tremendamente importante da dire o era impazzita anche lei come Clarisse, come Percy, come Talia e come me.
Lei puntò gli occhi nei miei, con quello sguardo a cui era impossibile svicolare.
Malgrado fosse più piccola di me di molto quando usava quello sguardo mi sentivo un bambino.
Già quando aveva sette anni io e Talia...
Io e Talia.
Ma perché? Perché doveva essere una parte così importante e pure così lontana da  me?
“Luke? è tutto ok?”
La guardai, ora i suoi occhi mi fissavano, indagatori e preoccupati, come quelli di una madre premurosa... la sensazione di essere piccolo sotto quello sguardo tornò-
“eh?”
“ti senti bene? Sei un po’...”
“è tutto a posto... che devi dirmi?”
Lei mi guardò un po’ restia, poi i suoi occhi tornarono ad accendersi.
Evidentemente non aveva dato molta importanza al mio sguardo da funerale.
“so perché Percy sta male”
La guardai, con tutte le cose che poteva dirmi quella era davvero l’ultima; non me l’aspettavo.
“perché?”
“Grover l’anno scorso ha instaurato un collegamento per comunicare con lui attraverso i sogni... e se uno dei due muore...”
“non dirmelo, muore anche l’altro”
Il suo sguardo si incupì di botto, ed io rimpiansi di aver parlato in modo così precipitoso, non sembrava, ma sapevo che era sensibile.
“scusa...”
“no, niente... è così comunque...”
“ma perché Percy è vivo se grover è morto? insomma, dovrebbe essere...” cercai di non usare la parola “morto”: “come il suo amico, no?”
“non so perché è vivo, ma non è l’importante...”
inarcai un sopracciglio, il vizio di Annabeth era quello di tralasciare i dettagli, occuparsi della parte generale e prendere i dettagli solo alla fine, lei alzò gli occhi al cielo, come faceva quando c’erano persone che non la capivano... negli ultimi tempi non usava più quell’espressione.
“vedi, ho un piano...”
Mi illuminai un po’ anch’io: “che piano?”
“tu prima promettimi che mi aiuterai”
“bè...”
“prometti”
Guardai Annabeth, cosa mai poteva tirar fuori da quella testa? Un’altra gita nell’ Ade, sorrisi mentalmente a quel pensiero idiota.
“prometto” dissi infine.
“bene...” puntò gli occhi nei miei: “devi accompagnarmi nell’Ade”
Mi cadde la mascella.
Proprio la cosa più assurda, mi tirava fuori.
“che vuoi fare? andare a prendere l’anima di Grover e rimettergliela nel corpo?”
Tentai di fare un po’ di umorismo, ma non convincevo nemmeno me, lei rispose, seria:
“no, scambierò la mia anima con quella di Grover”
“CHE COSA?!”
“prima di fare quella faccia ascoltami...”
“Annabeth, ma sei completamente impazzita?!”
“ragiona, Luke, è completamente...”
“è un’idiozia!”
“stavo per dire logico... tu ascoltami, se io scambio la mia anima con quella di Grover Percy sarà salvo e...”
“ma quanto sei idiota? Non ti rendi conto di quello che dici?”
“è tutto...”
“ma perché quando si parla di Jackson diventi così masochista?”
“Luke, dai, è tutto molto semplice, io sono una semidea, Ade sarà felice di fare quel piccolo scambio e ....”
Decisi che era il momento di finirla di fare il bambino e vestii i panni del fratello maggiore che ero per lei:
“non fare l’idiota, tu non ci vai”
“avevi detto che mi avresti...”
“non conoscevo la tua idea, Annabeth, non puoi pretendere che io ti accompagni a morire così!”
Cercò di ribattere ma io posi fine alla discussione con uno sguardo.
“e immagino che tu non ne abbia parlato con gli altri”
Lei mi guardò, con sguardo eloquente.
“se tu mi hai fatto la paternale così cosa credi che avrebbero fatto gli altri?”
Non c’era bisogno che rispondessi.
Lei si alzò, un po’ restia, e se ne tornò nell’altra stanza.
“Annabeth?”
“hai cambiato idea?” fece speranzosa.
Come se non sapessi che ci sarebbe andata ugualmente a fare quell’assurdo giochino con la morte.
“tu non ci andrai”
Sorrise, come a dire che avrebbe ovviamente fatto il contrario, anche se da quel sorriso traspariva la paura.
“dico sul serio, non ci andrai”
 E ne fui certo, LEI non ci sarebbe andata.
 
...quella notte...
 
-Ormai ho deciso.- mi dissi –non posso più tornare indietro... non devo tornare indietro.-
Sospirai, appoggiando la testa alla parete. la spada mi giaceva accanto, vicino alla finestra.
Dall’altra parte giaceva Talia, addormentata e inconscia di ciò che volevo fare.
-tanto non ha senso stare qui... perché dovrei farlo?-
Ci pensai seriamente, come facevo da quando Annabeth mi aveva parlato della sua idea folle, ormai.
Dovevo restare per gli dei? Per quei palloni gonfiati a cui non importava nulla dei loro figli? No
Dovevo restare per i miei amici? senza la paura che Crono volesse vendicarsi su di me stavano tutti meglio.
Dovevo restare per... lei?
No, perché lei non lo voleva, non mi voleva.
Lei voleva il suo Jackson.
Poco importava se io ero lì per lei, se io sarei morto per lei...
Lei era masochista, voleva rimanere all’ombra di Annabeth aspettando in eterno probabilmente.
Era stata molto chiara.
Quel “sono innamorata ancora di Jackson” urlatomi in faccia, quel suo sguardo fulminante... troppo, era stato troppo.
Avrei voluto urlargli che ero lì solo per lei, che lei era l’unica cosa che mi avesse convinto ad andarmene da Crono, che ogni singola cosa che facevo era solo e soltanto per lei.
Ma io avevo già urlato, però. E anche troppo.
E lei non mi aveva sentito.
A lei importava solo di Jackson, tutta quella storia degli dei era solamente una gran cazzata, gli dei lo erano.
Mi tremarono le mani dalla rabbia.
Mi riscossi appena in tempo; per un istante ero tornato il vecchio Luke.
Percy era mio amico, non potevo assecondare l’impulso di tagliargli le gambe, insomma era Talia quella innamorata, lui cosa poteva farci?
Eppure non potevo pensare a lui con una punta di gelosia.
Ma cos’aveva lui più di me?
Guardai Talia, stretta nella coperta, il viso appena illuminato dalla luna, le palpebre serrate e le sopracciglia aggrottate, con un’espressione irata anche nel sonno.
-tanto non ti importa nulla di me, l’hai detto tu che sono un peso, no? che sono sempre lì a voler parlare e parlare, che non te ne importa nulla.
Che differenza potrà mai farti?-
Mi sentivo idiota ad aver creduto che... per un momento ci avevo davvero sperato.
Avevo sperato in noi.
Per un momento, poi ho visto com’eri... com’eri... distante.
Ecco, distante era la parola perfetta.
Eri distante da me, da quello che provavo... lontanissima da quello che credevo essere...un qualcosa, un sentimento... un po’ di affetto.
Era troppo chiederlo?
-Ma ok, sei accontentata, me ne vado, sparisco, così è meglio per te vero? Ti ho reso al vita più facile, Talia?-
Dicono che la gente non può cambiare, io ero addirittura rinato per te.
Tu avevi rovinato tutto.
Tutto.
Dormi tranquilla, al tuo risveglio non mi troverai qui.
Era questo che avevi chiesto, no?
 
 
 
  

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Capitolo 23
*** ecco a cosa possono portare le parole sbagliate ***


SPAZIO AUTRICE:
eccomi! Scusate il ritardo ma questo cap ha richiesto un bel po’ di sforzi (tra l’altro sono ben 11 pagine!)...
poi, volevo porvi una piccola domandina... questa fic sta diventando un polpettone? No, lo chiedo perché sto superando le 10 pagine a capitolo e non vorrei che annoiasse...
apparte questo... sapete che ci avviciniamo alla fine? Mancano (escluso questo) ancora due, massimo tre cap (ma non credo), più i ringraziamenti.
Ma...  ci sarà, per chi ancora non lo sapesse, il seguito.
Lascio a voi le reazioni.
Altre cose da dire?
Ringrazio tutti, davvero, siete grandissimi!
Bacioni
Piccolalettrice
Ps. Recensite, mi raccomando!
 
22- Ecco a cosa possono portare delle parole sbagliate
        
Il tempo poteva essere un  problema.
Prima di tutto perché fuori c’erano i mostri, che attendevano solo che qualche idiota come me superasse la barriera di Poseidone, e secondo perché dovevo semplicemente spicciarmi ad arrivare agli inferi prima che si svegliassero.
Così presi il telefono di Sally e prenotai un volo last minute per Los Angeles, poi presi anche la macchina e, sperando che i mostri stessero schiacciando un pisolino, mi affrettai a mettere in moto.
L’auto per fortuna era stata parcheggiata dietro al bungalow, posto poco visibile dalla strada, così quando partii fui certo che eventuali mostri non mi avessero visto.
Come sempre mi sbagliavo.
Partii a tutta velocità verso l’aeroporto di New York, perso tra i miei pensieri.
Stavo facendo la cosa giusta?
cercai di convincermi che sì, la stavo facendo.
Senza di me sarebbero stati meglio, tutti, e in più stavo facendo un favore, il mio ultimo favore, a Percy e all’Olimpo e a Talia, che non mi voleva più vedere.
Non sarebbe dispiaciuto a nessuno, in fondo... sì, forse a Backendorf, a Silena e soprattutto ad Annabeth, ma sarebbe passata a tutti.
La persona a cui avrei voluto che importasse se ne fregava, anzi peggio, non mi voleva nemmeno avermi davanti agli occhi.
Quindi cosa mi rimaneva da fare se non accontentarla, ancora una volta?
E magari unire l’utile al dilettevole.
Insomma, mio padre era il dio dei ladri, e poi non credevo che Annabeth si sarebbe arrabbiata perché avevo rubato la sua idea.
Perché quella figlia di Atena aveva ragione, il suo piano sarebbe stato perfetto se non avesse compreso il suo suicidio.
Il mio compito era quello di renderlo tale, andando al posto suo, consapevole che nessuno avrebbe sentito la mia mancanza.
L’abitacolo della macchina era buio e desolato come il mio animo.
La verità era che avevo paura.
Non sapevo come sarebbe stato, se avessi provato dolore o chissà cosa; andavo incontro all’ignoto.
E in più c’era la sensazione che non avessi lasciato nulla dietro di me.
Non ci sarebbe stato qualcuno che mi avrebbe aspettato, che avrebbe preteso un mio ritorno.
Da una parte era confortante sapere che non avrebbe sofferto nessuno, dall’altra dannatamente  triste.
Arrivai all’aeroporto dopo una mezzora di viaggio a cento all’ora e dopo quelli che mi erano parsi secoli di pensieri.
Lasciai l’auto poco distante dall’entrata, lasciando le chiavi nella serratura della portiera, tanto non mi sarebbe servita, e mi diressi a passo svelto verso l’entrata.
Alla luce desolata dei lampioni mi sentii più che mai vuoto e freddo.
Quando dopo i “convenevoli” con i vari biglietti eccetera finalmente salii sull’aereo che mi avrebbe portato a morire ebbi la sensazione che tutto fosse reale; per la prima volta mi sentii solo.
Sperai sinceramente che Zeus non intervenisse per bloccarmi la partenza o il viaggio; in fondo stavo facendo un favore a sua figlia, non poteva che rispettare la mia e la sua scelta.
Fissai il piccolo finestrino alla mia sinistra. Il cielo era buio, si intravedevano solo le luci lontane delle grandi città, mi persi nella magnificenza di quel panorama, godendomelo come mai avrei fatto, poco dopo mi addormentai, incurante degli occhi  che mi spiavano, silenziosi.
 
POV
 
Aprii gli occhi con il pallido sole che entrava dalla finestra.
Mi sembrò strano perché  di solito non succedeva così, di solito c’era qualcosa che lo scherniva.
C’era Luke, tra me  e quella finestra, di solito.
Mi parve strano.
Non so perché il fatto di non averlo visto come sempre appena sveglia fece insinuare in me quella strana sensazione, fatto sta che un’ansia che non avevo mai provato mi fece scattare una molla nel cervello.
 
Mi misi a sedere lentamente, guardandomi attorno. Backendorf e Silena dormivano poco distanti, ma c’erano solo loro sul pavimento polveroso del bungalow.
Tastai dove c’era la coperta sgualcita su cui riposava il figlio di Hermes, come se avesse potuto diventare invisibile ed essere lì, ma toccai solo la ruvida coperta di lana.
“Dov’è Luke?”
 Silena aprì gli occhi e scrollò Backendorf affinché si svegliasse, si guardarono attorno.
“sarà andato a far colazione” la figlia di Afrodite accompagnò la frase con uno sbadiglio:” ma che ore sono?”
colazione? Così presto? Guardai preoccupata fuori dalla finestra; avevo una brutta, bruttissima sensazione.
“che c’è Talia? Prima non lo calcoli poi quando non lo trovi pronto a fare il cane da riporto ti preoccupi?” fece Backendorf sghignazzando.
Gli lanciai un’occhiataccia e mi alzai, incamminandomi a passo di marcia verso il prefabbricato lì accanto.
Bussai, ma da dentro nessun rumore.
Bussai di nuovo, con più insistenza, e dopo un po’ sentii qualcuno borbottare oltre la porta, poi una Clarisse strapazzata e mezza addormentata mi venne ad aprire:
“che vuoi?”
La scansai, non volevo sembrare scortese, ma quell’inspiegabile ansia mi stava invadendo sempre di più, così entrai.
Annabeth era accovacciata ai piedi del divano con la testa appoggiata sul lenzuolo bianco dove Percy dormiva e delirava, con la febbre sempre più alta, sull’altro letto c’era Sally, addormentata.
Di certo non stavano facendo colazione.
A quel punto anche Silena e Backendorf ci raggiunsero.
Mi guardai attorno un’ultima volta come a constatare che davvero non c’era, che non era nascosto in un angolo o che so io.
Alla fine dissi, quasi urlando:
“Dov’è Luke?!”
Annabeth strizzò le palpebre e si alzò roteando il collo che fece uno strano scricchiolio, dovuto probabilmente alla posizione in cui aveva dormito, Sally invece si mise a sedere.
Perché avevo quella sensazione?
“buon giorno anche a te, Talia” fece Annabeth ironica
“non è il momento di far la spiritosa, dov’è Luke?”
“come posso saperlo?”
Mi guardai intorno ancora, poi uscii a grandi passi, seguita dagli altri.
Anche loro, ora, iniziavano  preoccuparsi... forse nel constatare che Luke non c’era davvero o forse nel vedere quanto stessi letteralmente e inesorabilmente impazzendo nel non trovarlo.
Ma per me era diverso, non ero preoccupata, io avevo quella sensazione strana, che era peggio della preoccupazione.
Controllai in tutti i bungalow, poi sulla spiaggia.
Non c’era.
Perché quella sensazione?
“allora?” mi chiese Clarisse, guardandomi.
Io scossi la testa una volta, mentre mi allarmavo sempre di più.
A quel punto Silena spuntò da dietro il prefabbricato, con una faccia che non prometteva nulla di buono.
La fissammo tutti.
“la macchina non c’è”
Mi crollò il mondo addosso.
Tutti trattennero il fiato, io guardai la ragazza che avevo davanti senza capire.
“come hai detto?”
“l’auto di Sally... è sparita”
La mia mente ricorse alla discussione che avevo intrattenuto il giorno prima.
Conoscevo Luke abbastanza da sapere che non aveva reagito bene.
-E da lì a prendere la macchina per... – mi sforzai a pensare quelle parole: -andarsene mancava davvero così poco?-
Conoscevo la risposta.
Per poco le gambe non mi cedettero.
Se n’era andato davvero.
Idiota, idiota e idiota, ecco cos’ero stata. Una grandissima idiota.
Avevo fatto tutto per non perderlo e nel farlo mi ero ritrovata ad averlo perso definitivamente.
“ehi, Talia” Silena mi cinse le spalle, “tranquilla, è tutto ok”
Mi scostai guardandola negli occhi, qualcosa vicino alla bocca dello stomaco iniziò a bruciare di collera.
Collera contro Silena e il suo essere sempre gentile all’inverosimile, contro Luke che se n’era andato, ma soprattutto contro di me, che avevo sbagliato tutto.
“tutto ok?!” sussurrai, guardandola in faccia, un po’ isterica: “ Mi CHIEDI SE è TUTTO OK?!”
“Talia, se non stai calma non possiamo capire dove può essere andato”
“CALMA?! DOVREI STARE CALMA, BACKENDORF?!”
Fissai gli occhi in quelli del figlio di Efesto, che mi guardò a sua volta con aria di comprensione:
“smettila di fare la sclerata e calmati”
“sclerata?! IO SAREI SCLERATA?!”
Sì, ero sclerata, ma in quel momento non mi sembrò un dettaglio rilevante.
“dove può essere?” fece Clarisse ignorandomi.
“non molto lontano se è partito da poco” le rispose Backendorf.
si guardarono, con aria pensierosa,
“al massimo è arrivato a New York, oltre...”
“...e... e se non fosse così?”
Tutti ci girammo a guardare Annabeth, che era rimasta in silenzio fino a quel momento.
“che vuoi dire?” le chiese Silena
“io... penso di sapere dove sia...”
La guardai negli occhi, era riluttante a parlare, esitava troppo.
“dimmi dov’è, Annabeth” le ordinai.
Lei mi fissò, poi tirò fuori due parole che mi gelarono il sangue, facendo concretizzare quella che fino a qualche secondo prima era solo una pessima sensazione:
“negli inferi”
“do-dove?”
“negli inferi... io...” guardò la sabbia ai suoi piedi “io... avevo un piano per far tornare Percy normale e...” al nostro sguardo confuso spiegò:”
C’è un collegamento tra lui e Grover, che in pratica dice che se uno muore anche l’altro fa la stessa fine e io avrei voluto... uhm... diciamo... dare la mia anima per quella di Grover e... l’ho detto a Luke...” mi guardò “mi dispiace, Talia”
La fissai.
Capii tutto in un istante.
“tu cosa hai fatto?!”
“Talia, io non credevo che...”
“tu cos’hai fatto?!”
Avanzai fino a trovarmi ad un palmo dal suo naso, indecisa se ammazzarla in quel momento e subito o se torturarla poi lentamente.
“Talia...”
“Annabeth, ti rendi conto di quello che hai fatto?! TE NE RENDI CONTO?!”
“io...”
Stavo per prenderla a pugni, ma la voce pacata di Silena si frappose tra me e quella figlia di Atena che non era degna del suo appellativo:
“Talia, facendo così non risolvi nulla”
“già” fece Backendorf mettendosi in mezzo come sempre:” andiamo a cercare Luke”
“fino a Los Angeles? Non possiamo prenotare un volo adesso, non arriveremo mai in tempo”
“ma quanto ottimismo, Clarisse”
“dobbiamo tentare”
“non servirebbe, ormai è...”
Fissai il figlio di Efesto, guardandolo negli occhi:
“non dire quella parola, Backendorf, non dirla”
Lui per tutta risposta mi rivolse uno sguardo di comprensione che mi innervosì; gli lanciai un’occhiataccia.
Mi guardai intorno spaesata. Cosa dovevo fare?
Ero stata davvero una... non mi veniva un insulto abbastanza grande da rivolgermi.
Era colpa mia, non potevo accusare Annabeth o Luke, era solo colpa mia.
Se me ne fossi stata zitta, se non avessi parlato, se avessi assecondato quel maledetto impulso di buttargli le braccia al collo... adesso sarebbe stato lì.
Non seppi bene quando caddi in ginocchio e quando mi ritrovai a sussurrare quelle parole, ma ad un tratto avevo le ginocchia nella sabbia e stavo pregando mio padre, l’ultima cosa che avrei fatto in un momento simile, ma in quel momento sentii il bisogno di pregarlo, di chiedergli di fermare Luke, di farmelo vedere ancora un’ultima volta, di potergli dire che quelle parole erano tutte una falsità, o almeno di darmi una speranza che Ade rifiutasse la sua anima... qualsiasi cosa.
Lo supplicai, in ginocchio, come non avevo mai fatto.
E, grazie al cielo, lui mi sentì.
Alzai gli occhi, erano sei, bellissimi, con lunghe ali candide.
Un istante prima non c’erano, ora mi stavano davanti, sbuffando sulla mia spalla.
“grazie” sussurrai.
poi partimmo.
 
POV
 
Mi svegliai bruscamente quando l’aereo toccò terra, il contatto con il suolo e le orecchie toppate mi fecero subito perdere il sonno.
Strizzai gli occhi, fuori il cielo era di quel grigiore che precede l’alba, l’aria doveva essere fredda, rimpiansi di essere andato via in maglietta a maniche corte e con il vecchio impermeabile di Percy.
Quando scesi dall’aereo mi diressi verso l’uscita dell’aeroporto, senza fermarmi come tutta la gente al ritiro bagagli.
Una strana sensazione alla base della nuca mi fece allarmare, mi voltai di scatto,sicuro che qualcuno- o qualcosa- mi stesse guardando, ma non vidi nessuno e siccome per tutto il viaggio non avevo incrociato ancora anima viva decisi di ignorare quella sensazione.
Presi un taxi per gli studi R.I.P con una desolazione che per poco non scoppiai a piangere mentre davo i soldi che avevo preso dal portafoglio di Sally al taxista, ma mi trattenni, ripetendo a me stesso che sarei andato fino in fondo a quella storia e che ormai non sarei tornato indietro.
Non avevo rimpianti, anche se mi sarebbe piaciuto vedere Talia un’ultima volta, nonostante mi avesse guardato con odio, nonostante mi avesse detto tutte quelle cose, io desideravo con tutto me stesso guardarla negli occhi, contare tutte le lentiggini che aveva sul naso, sentire l’elettricità allo sfiorarsi delle nostre dita.
“ehi, ma mi senti? Ti ho detto che non so dove sono questi studi R.I.P!”
Il tipo al volante voleva una risposta, alla fine approssimai l’indirizzo come meglio potevo, l’autista mi guardò con uno sguardo di disapprovazione, ma partì ugualmente.
Andava tutto troppo lentamente e troppo velocemente insieme.
Più guardavo fuori dal finestrino più avrei voluto catturare con lo sguardo tutto, al fine di ricordare com’era fatta la vita una volta giunto nei campi Elisi, nel Tartaro o dove diamine sarei andato a finire, eppure non volevo vedere, poiché era troppo triste pensare a tutto quello che stavo lasciando.
Alla fine arrivai in una via poco distante da dove sapevo essere gli studi.
“arrivederci” mi disse il taxista, io non lo degnai di risposta e scesi dall’auto.
Non mi resi conto di camminare, non mi resi conto di nulla, le mani mi tremavano, mi girava la testa e avevo un senso di nausea alla bocca dello stomaco.
Ma andai avanti fino a trovarmi davanti all’entrata.
Presi un respiro ed entrai tra i morti.
Caronte era poco distante, intento a sghignazzare alle anime.
Mi avvicinai e lui posò lo sguardo su di me, sorpreso.
“Posso aiutarti?”
“devo andare agli inferi, devo vedere Ade”
Lui si mise a ridere:
“andare agli inferi per parlare con Ade! Questa è bella! volete anche prendere il the?”
In quel momento un moto di rabbia, un po’dovuta al crollo di nervi che stavo per avere e un po’ alla risata di quel pallone gonfiato, mi fece sbottare; presi Caronte per il bavero della camicia firmata e lo fissai negli occhi con lo sguardo più intimidatorio di cui ero capace:
“adesso tu carichi quella barca e mi porti da Ade, mi hai capito?”
Lui annuì, intimidito, sapevo per certo che non era mai stato sul punto di venir preso a pugni come in quel momento.
“e sbrigati” aggiunsi mollandolo di colpo che quasi perse l’equilibrio.
Caricò le prime anime che vide, mentre io rimanevo fermo a osservarlo, con le mani tremanti e la gola riarsa.
Quando mi fece un cenno lo seguii sull’ascensore, insieme alle anime.
Ben presto i vestiti firmati di Caronte divennero un lungo mantello nero, così come quelli delle anime, e l’ascensore divenne una barca.
La desolazione degli inferi era davvero insostenibile. La testa mi scoppiava, le spalle sembravano bloccate tanto erano rigide. Tutti i muscoli erano tesi, le mani ormai tremavano incontrollabilmente, chinai il capo e immaginai Talia che mi teneva la mano, il calore invadermi il corpo con quella scossa famigliare, il rumore del suo respiro.
Forse fu il suo ricordo a farmi proseguire, immaginai che le parole che aveva detto non fossero mai uscite dalla sua bocca, che fossimo rimasti i bambini spensierati di un tempo.
La immaginai sorridere, con gli occhi accesi e lo sguardo felice.
Alla fine la barca si fermò bruscamente.
“fine del giro” fece Caronte, io scesi con le anime e prima che potessi dire qualsiasi cosa il traghettatore se ne tornò indietro. Dovevo proprio averlo spaventato.
 Davanti a me c’erano le tre file che sapevo portavano ai vari luoghi degli inferi, Cerbero era stato rimpiazzato da delle furie, non aspettavo altro. mi avvicinai ad una di esse, che mi si avventò contro.
“vivo!”
“portami dal tuo padrone” le dissi “devo vederlo”
La furia mi guardò in cagnesco, stralunata.
“è importante” le dissi poi “sono un amico di Percy Jackson”
Un baluginio di comprensione le spuntò negli occhi, mi afferrò le braccia con i suoi artigli e si alzò in volo.
Non riuscii a percepire i dettagli, sembrava tutto troppo veloce e confuso, c’erano solo gli artigli della furia sulle mie braccia e la morte tutto attorno.
Io chiusi gli occhi per non vedere quello che mi stava sotto, per non vedere la desolazione e il dolore... ne avevo già abbastanza da me.
ad un tratto non sentii più la presa degli artigli e caddi su un pavimento freddo e nero.
Mi alzai sfoderando la spada.
“butta via le armi” mi sibilò la furia e prima che potessi fare qualcosa mi tolse Vipera dalle mani, lanciandola in un angolo lontano.
Feci vagare lo sguardo nella stanza, fino ad incrociare lo sguardo incuriosito di un dio in abito greco, dai capelli ricci e nerissimi.
“Perché è qui?” chiese in tono pacato e crudele.
Guardò la furia, inclinando la testa e congiungendo le mani.
“voleva parlarle mio signore... è un amico di Perseus Jackson”
Il dio si alzò, in tutta la sua imponenza, venendo verso di me e girandomi attorno:
“e così sei amico di mio nipote”
La risposta faticò a uscirmi. La gola era arida e ogni gesto del mio corpo era incontrollato.
“sì... sono venuto a porgergli una richiesta”dissi infine.
“una richiesta?”
Il dio si fermò davanti a me fissandomi begli occhi.
“sì... lei ha preso l’anima di un satiro, Grover, il custode di Percy”
Il dio annuì facendo una smorfia.
“io volevo... barattare la mia anima... con la sua”
Il dio mi guardò serio. Per un istante mi sembrò che il tempo si fosse fermato.
Poi Ade sorrise.
“mi stai chiedendo di prendere la tua anima e di lasciare quella del satiro?”
“già” presi un respiro, sapendo che mi toccava anche convincere il dio degli inferi a tenermi nel suo regno malgrado la cosa che desiderassi di più al mondo era correre via; ripescai tutto quello che mi aveva detto Annabeth:
“la mia anima vale molto di più di quell...”
“non c’è bisogno che tu mi convinca... come ti chiami?”
“Luke Castellan, figlio di Hermes”
“Ah, il traditore”
Strinsi la mascella e guardai il dio negli occhi, in un impeto di coraggio:
“non lo sono più”
“certo certo... quindi Luke Castellan, figlio di Hermes, vorresti scambiare la tua anima con quella del satiro?”
Presi un sospiro prima di rispondere.
“sì”
Lui mi squadrò
“e perché? Se posso chiederlo?”
Scossi la testa, non volevo parlarne, sarebbe stato troppo.
“niente”
Lui alzò le spalle, poi si girò, alzando le braccia al cielo.
Io non sentii nulla, ma fui consapevole che, da qualche altra parte l’alito della vita tornava ad invadere un corpo.
 
Pochi minuti prima...
 
POV


“ehi, ragazzo!” mi svegliai bruscamente, sobbalzando.
“cosa?”
“siamo arrivati” guardai il tipo che c’era al volante, Jim, per tutta la durata del viaggio avevamo parlato ed ero finito per conoscerlo, era un tipo simpatico.
Buttai lo sguardo fuori dal finestrino, e sì, eravamo davanti al grande Empire State Building, l’Olimpo.
Finalmente.
“tenga” dissi, porgendogli quel denaro che mi era apparso magicamente in tasca a Los Angeles.
Il tipo mi sorrise, io presi il mio vaso e uscii, precipitandomi dentro all’edificio.
“divino Pan?” sussurrai accostandomi al vaso.
“che vuoi, satiro?”
“uhm, siamo arrivati”
“sbrigati a liberarmi allora”
“non è ancora il momento”
Il dio sbuffò ed io mi avvicinai alla reception.
Ma non la raggiunsi.
Ad un tratto sentii una specie di strappo dove un tempo c’era il mio ombelico, poi un forte capogiro.
Il vaso mi cadde di mano, rotolando a terra.
Un’infinita quantità di immagini mi passarono davanti, percepii colori e suoni che avevo visto e sentito alla mia morte, poi ad un tratto il buio e il freddo.
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 24
*** Afrodite ci cova ***


SPAZIO AUTRICE:
penultimo chappy!  13 pagine! Crampi alle mani!
... finita la premessa... buon giorno.
Parto dicendo che ho copiato spudoratamente l’ultima frase da, mi sembra, il secondo libro, ma secondo me ci stava perfettamente.
Poi... questo cap ha il mio inconfutabile (ma che parola è?!) marchio: la pioggia, un bel diluvio in grande stile!
Credo che questo cap possa essere digerito e piacere alle persone diabetiche e a quelle non (mi riferisco a te Jishiku, e scusa se ho sbagliato a scrivere il tuo nik, ma è un po’ difficile da ricordare XD)
Poi, vediamo... spero di avervi chiarito un po’ di dubbi con il terzo POV...
Ma ne rimangono altri, a cui risponderò nel seguito!
Inoltre sto sinceramente valutando l’idea di concludere così e far diventare l’ultimo cap l’epilogo, ma devo decidere...;)
Spero vi piaccia perché io mi sono davvero divertita a scriverlo, e magari recensite, perché sono gli ultimi cap e mi piacerebbe vedere un po’ di gente e non i fantastici cinque dello scorso cap (che ringrazio)... 
Buona lettura
Piccolalettrice
Ps. Ho scritto una robetta demenziale, se vi va perché non le date un’occhiata? Non ne vado fiera, ma mi piacerebbe sentire un po’ di pareriJ
 
 
23- Afrodite ci cova
 
“E adesso torniamo a noi, figlio di Hermes” il dio mi guardò negli occhi “ sto per prendere ciò che mi spetta” fece uno strano sorriso, al quale per poco non mi sentii mancare.
Stavo per morire.
Non avrei più rivisto la luce del sole, né quella della luna, né tantomeno quella dei suoi occhi.
Delle prime due potevo fare benissimo a meno, ma della terza...
Ecco cosa si prova a morire.
Non sapete cosa significa sentire che la vita sta per abbandonarti. È la consapevolezza del fatto che tra non meno di pochi secondi tu... cosa succederà? Non lo sai.
E ti ritrovi a pensare a quello che hai lasciato, perché sebbene sai che la morte è vicina tu non puoi far altro che aggrapparti ai ricordi, che sono l’unica cosa che ti impedisce di scappare, perché ci sei così perso da non riuscire a pensare ad altro, e lo sei di proposito, perché conosci te stesso e sai che se la realtà della situazione dovesse sbatterti contro tu cercheresti di fuggire, ma non puoi, e neppure vuoi,  farlo. E vai contro te stesso e tutto quello che sei per rimanere immobile.
Chiudi gli occhi perché non vuoi vedere, stringi i denti perché non vuoi urlare. Pensi, pensi e pensi perché è l’unica cosa che ti è concessa, che puoi fare.
I miei ricordi erano bellissimi, dolorosi, ma bellissimi.
Erano occhi blu enormi, troppo grandi per il viso minuto e spruzzato di lentiggini su cui giacevano, erano capelli neri spettinati che gli facevano da cornice, dita lunghe e affusolate che sfioravano le mie, e labbra piccole e delicate, sorprese, sconcertate ma, per il secondo più bello della mia vita, reali e sulle mie.
Erano la mia Talia.
La sua voce, il suo odore, tutto di lei.
Tenevo gli occhi chiusi, come a sigillare la porta tra sogno e realtà. Era difficile, ma presto sarebbe tutto finito.
Il cuore era a mille, ma la mente correva più veloce, cercando di ripescare tutti i ricordi che includessero lei. Li rivisitai tutti, mentre i secondi passavano.
 “addio, figlio di Hermes”
Era davvero la fine.
Sussurrai quelle parole che non ero mai riuscito a farmi uscire di bocca, le sussurrai all’aria viziosa degli Inferi, alla paura e al senso di vuoto, ma le sussurrai:
“Ti amo, Talia”
 
POV
 
Entrai nella sala correndo, incurante del bruciore alle gambe e al cuore che sembrava volesse uscirmi dal petto.
“NO!” urlai, ancora prima di vedere la scena macabra e terrorizzante che mi si stava parando davanti.
Ade, in piedi, la mano protesa verso il cuore di Luke, ad occhi chiusi, tremante, spaventato, ma ancora vivo.
La mano del dio si fermò a due centimetri dal figlio di Hermes, poi quegli occhi profondi e terribili incontrarono i miei, troppo sorpresi per permettere alla bocca di dire o al cervello di pensare qualcosa.
Corsi avanti e spinsi indietro Luke, che solo in quel momento sembrò accorgersi di me, sottraendolo al tocco mortale.
“Talia...”
“Figlia di Zeus” fece il dio, con la mano ancora protesa. “il tuo fegato è ammirevole”
“non lo tocchi” sibilai.
“sei una degna figlia di tuo padre”
“se prova a toccarlo giuro che...”
“cosa? Passerò le pene dell’inferno?” rise della sua battuta, mentre io continuavo a guardarlo con astio. “ora togliti”
Non mi mossi di un centimetro.
“figlia di Zeus... davvero, adesso smamma”
“se lei prova anche solo a...”
Gli puntai contro l’indice, combattendo con la voglia di prenderlo a cazzotti.
“cosa?” chiese, sornione. “a fare questo?”
Senza staccare gli occhi dai miei mosse la mano di scatto, sentii uno spostamento d’aria sopra l’orecchio sinistro e mi girai appena in tempo per vedere Luke che veniva scagliato contro il muro in fondo alla sala. Dopo un volo di parecchi metri.
“Luke!” lo raggiunsi correndo, il viso era pallidissimo, non sembrava cosciente.
Lo fissai per un secondo interminabile, con la mente azzerata. Non riuscivo nemmeno a pensare, tremavo di rabbia.
Mi alzai lentamente dal pavimento freddo, poi fissai Ade.
Un secondo dopo mi stavo scagliando su di lui, con il coltello che mi aveva lasciato Annabeth.
Il dio mi fissò solamente, inarcando un sopracciglio, e quando fui a mezzo centimetro dalla sua gola mi fermò il polso con un gesto repentino della mano.
Il suo tocco era ghiacciato come quello di un cadavere, mi parve che la pelle in quel punto morisse. Abbassai lo sguardo sul polso, e vidi la mano che brandiva il coltello decomporsi, diventare grigiastra, perdere vigore, trasformarsi in scheletro e poi in polvere.
Urlai spaventata ritirando la mano e lasciando cadere il coltello. Appena mi allontanai la vidi tornare normale.
“... ma cosa...?!”
“sono il dio degli inferi, piccola Talia, il dio della morte” sorrise, accarezzandomi la testa, esattamente come si fa con i cani.
“non mi tocchi!” gli sibilai.
“ragazzini... io non li capisco proprio” sospirò “vogliono scambiare un’anima, poi chiamano gli amichetti a difenderli”
Basta, era troppo. Sarei morta comunque, tanto valeva scavarmi direttamente la fossa:
“ma non si vergogna?! Lei si crede tanto potente, vero? Bè è solo un povero fallito che aspira al potere!”
Ade mi guardò sconcertato, sorpreso che qualcuno avesse osato davvero così tanto.
“come osi...?!”
“come osa lei! Io pensavo che almeno gli importasse qualcosa dell’Olimpo, qualcosa del mondo in cui vive, invece nulla! Anzi, aiuta il nemico!”
“come osi insinuare...?!”
“non mi dica che non sapeva nulla del collegamento!”
Guardai in faccia il dio, che mi restituì uno sguardo interrogativo:
“che collegamento?! Se stai cerando di fregarmi...”
“ah, e allora il suo caro nipotino, che è proprio quello della profezia guarda caso, come ha fatto ad ammalarsi e a rischiare la vita?!”
“menti!”
“e allora perché lui avrebbe voluto scambiare la sua anima con quella del satiro?”
“tu hai la vaga idea di quanto possa essere difficile instaurare un collegamento del genere?”
“si rende conto che per poco non ha aiutato Crono a distruggere l’Olimpo?!”
“dici il vero, figlia di Zeus?”
“posso giurarlo sullo Stige!”
Mi si avvicinò fino a fissare quegli occhi neri nei miei. Non abbassai lo sguardo, sperando di fargli capire quanto tutto quello che avevo detto fosse vero.
Quegli occhi neri scrutavano ogni mio pensiero, pronti a scovare anche solo un cedimento o un’incrinatura nelle mie parole. Era difficile non abbassare lo sguardo davanti ad un’occhiata del genere.
Ma resistetti, malgrado il cuore mi battesse a più non posso, impaurito e le mani mi tremassero.
Alla fine il serpente mi liberò dalle sue spire.
Ad un tratto Ade mi sembrò stanco, più vecchio di quello che dimostrava, o forse mi apparve com’era realmente: un vecchio dio, stanco di sotterfugi e tranelli.
Continuò a fissarmi con quello sguardo. Ad un tratto mi voltò le spalle e andò a sedersi sul suo trono, poi fece un gesto scocciato con la mano:
“andatevene”
Rimasi interdetta per un secondo, poi non me lo feci ripetere due volte e sostenni Luke, ancora esanime, arrancando verso la porta:
“grazie” sussurrai al dio, che mi lanciò un’occhiataccia.
“ora ho dato anch’io il mio aiuto” guardò il soffitto “siamo pari”
“aiuto?”
“vattene, figlia di Zeus, prima che cambi idea” disse tornando a fulminarmi. Sarei rimasta volentieri a urlare contro al dio degli inferi, ma il peso di Luke cominciava a farsi sentire perciò mi affrettai ad andarmene, ringraziando la mia ritrovata buona sorte.
Quando giunsi fuori dal palazzo dove avevo lasciato il pegaso posai Luke a terra, e per la prima volta da quando avevo messo piede negli inferi, da sola, e con la convinzione di non tornare viva, il peso della situazione mi crollò addosso, e in seguito a quello il sollievo di averla scampata.
Poi tutta l’ansia, il terrore, la preoccupazione e il dolore per quella che davo per scontato essere la perdita di Luke ritornarono nella mia mente, per poi essere rimpiazzate ancora da una sensazione di sollievo, ma anche di pesantezza. Come se tutte le emozioni che avevo sopportato mi opprimessero il petto. E tutto nel giro di venti secondi.
Un paio di segugi infernali mi fissavano, curiosi e minacciosi, alcuni guardavano il pegaso con aria affamata e altri fissavano me.
Alla fine mi decisi ad andare, caricai Luke sulla groppa e montai anch’io.
Quando fummo più o meno a metà strada dall’ingresso degli inferi, che Caronte teneva aperto sotto minaccia della spada di Clarisse, Luke emise un gemito.
In quel momento fui tentata di buttarlo giù e lasciarlo cadere nei campi della Pena lì sotto.
Era stato un vero idiota, un idiota.
Mi montò su un nervoso al pensiero che quella sottospecie di... non mi veniva un insulto abbastanza grande, avesse combinato tutto quel casino solo per... per cosa? Per delle parole.
Strinsi le mani a pugno per evitare che la tentazione di buttarlo giù fosse troppo forte.
“sei un grandissimo idiota, Luke”
 
POV
 
“Ah!” aprii gli occhi di scatto.
La testa mi doleva tantissimo, ed ero sicuro che dietro alla nuca ci fosse un bernoccolo grande almeno quanto una pallina da golf.
Credetti di essere finito da qualche parte in fondo al Tartaro, ma pensai che se il Tartaro avesse avuto quelle comode poltroncine allora Crono non avrebbe fatto tante storie per andarsene.
Alzai lo sguardo, e tutto quello che era successo mi tornò alla mente.
La morte, Talia che  si frapponeva tra me e Ade, poi lui che faceva quello strano gesto ed io che finivo contro il muro, poi tutto nero.
Alzai lo sguardo e fissai i presenti, c’erano tutti.
“Luke!”
La prima che mi venne incontro fu Silena. Mi stritolò in un abbraccio spacca ossa, dopo di lei Backendorf mi diede una pacca sulla spalla che per poco non mi buttò a terra, poi toccò ad Annabeth, e anche Clarisse mi concesse un mezzo sorriso.
“...e non sai quanto ci hai fatto preoccupare!” stava finendo Silena “davvero, appena abbiamo visto che non c’eri...”
“Sil, lascialo respirare” fece Backendorf sorridendo e afferrandola per la vita.
L’unica che non mi era venuta incontro era Talia, certo non mi aspettavo nulla di particolare dopo tutto ciò che era successo, ma non riusciva nemmeno a sopportare la mia presenza? mi guardai intorno alla ricerca della sua figura minuta, ma non la vidi.
Mi preoccupai che Ade avesse deciso di prendere lei al mio posto o, peggio, che lei si fosse offerta.
Ebbi quasi paura a chiedere:” dov’è Talia?”
Backendorf e Annabeth si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi risposero riluttanti:
“fuori”
Buttai lo sguardo verso le porte a vetri bagnate di pioggia e in effetti era lì, con lo sguardo alla strada.
“suppongo di...” indicai fuori.
Si sentì il rimbombo di un tuono.
“vai... a tuo rischio e pericolo”
Guardai la figlia di Atena, interrogativo, ma lei scosse la testa, così uscii nell’ acquazzone di ottobre e affiancai la ragazza.
“ehi”
Lei mi fissò, strizzando gli occhi a causa dell’acquazzone che tempestava fuori. Poi fece la cosa, che tra tutte quelle che poteva fare, mi sembrò la più inimmaginabile: si voltò e con uno scatto repentino mi tirò un pugno sulla guancia.
 “Ahi! Ma sei impazzita?!” urlai sopra lo scrosciare della pioggia.
“sei un idiota! Un grandissimo, enorme, odiosissimo idiota!”
Fece per tirarmi un altro pugno che schivai, indeciso se darmela a gambe o chiamare un manicomio.
Ovviamente siccome avevo schivato il pugno mi mollò un calcio negli stinchi.
Un fulmine squarciò il cielo rimbombando per la strada, mentre la pioggia veniva giù, se possibile, ancora più fitta.
“Talia!”
“ringrazia gli dei che Annabeth mi abbia disarmato, Castellan!”
“Ma, Talia... AHIA!”
Incassai il pugno nello stomaco che mi aveva tirato.
“sei impazzita?!”
“ non sono io quella che voleva suicidarsi!” fece per darmi una ginocchiata, ma la schivai allontanandomi di qualche passo.
“ma...”
Questa volta un fulmine si abbatté a qualche metro di distanza da noi, io fissai la scena preoccupato di poter trovarmi “nel momento sbagliato nel posto sbagliato” ovvero nell’orbita del prossimo fulmine.
“sei solo un povero cretino, Luke” e mi si avventò contro di nuovo.
Tentò di colpirmi un altro paio di volte, ma alla fine, stufo di esser preso a pugni le bloccai le braccia, sperando che non ricominciasse a scatenare fulmini.
“ma la vuoi smettere?!” urlai per coprire il rumore della pioggia che ormai veniva giù a fiumi.
“io ti uccido, Luke, ti ammazzo con le mie mani!” fece per spintonarmi, ma non mollai la presa, anzi la immobilizzai in modo che non potesse tentare di staccarmi la testa.
Mi avvicinai fino a sfiorarle il naso con il mio, la pioggia batteva sempre più forte, lei sembrava appena caduta in una piscina, i capelli le si erano incollati ai lati del volto, i suoi occhi erano l’unico punto di colore in tutto quel grigiore provocato dalla pioggia.
“credevo che non ti importasse” sussurrai.
Ecco, se c’era una cosa sbagliata da dire era quella, perché approfittando della vicinanza, mi tirò una di quelle testate che avrebbero abbattuto un bisonte: “Ahi!” le mollai una mano per tastarmi la testa dove probabilmente avrei collezionato un altro bernoccolo e lei si allontanò di scatto, voltandomi le spalle.
“Vattene Luke, se non vuoi finire male, ma male davvero”
Il tono era serio, le mani le tremavano e i capelli erano elettrici, nonostante fossero fradici.
Non ho mai capito perché il mio spirito fosse tanto autolesionista... o masochista, chiamatelo come vi pare, ed era un problema serio visto che ignorai l’avvertimento e mossi due passi nella sua direzione, esitando.
“Vattene”
Era poco più di un sussurro, ma lo sentii distintamente. La voce era bassa, distrutta.
Sì, distrutta era l’aggettivo perfetto. Se fino a quel momento aveva sfogato tutta la sua rabbia con la pioggia e con i fulmini  in quel momento stava sfogando la tristezza con un la pioggia salata che viene dal cuore e scende dagli occhi.
Fu quello che mi fece decidere.
Percorsi la distanza che ci separava, la presi per le spalle e la feci voltare. La fissai negli occhi per un secondo, poi la strinsi tra le braccia come non avevo mai fatto.
Le cinsi le spalle e l’attirai a me, fino a sentire il suo cuore battere contro il mio.
Un tuono fece sentire la sua potenza oltre lo scrosciare dell’acqua, io gli risposi stringendo di più.
E non immaginai le braccia che mi si avvolsero intorno al collo dopo un po’, tremanti ma sicure.
Rimanemmo così per qualche secondo, o forse qualche ora... magari secoli e millenni, poi però ci allontanammo.
Non sapevo cosa dire, cosa fare. la testa mi diceva qualcosa, l’istinto qualcos’altro, volevo dirle fiumi di parole, ma la gola era riarsa, avrei voluto continuare a stringerla e scappare lontano, avrei voluto tutto eppure niente.
Per fortuna lei trovò il modo di spiegarmi tutto di concordare testa e cuore, di farmi comunicare e di chiudermi la bocca, di farsi stringere e di farmi correre lontano, di unire il tutto e il niente: mi baciò.
 
POV
 
Aprii gli occhi grazie ad un forte odore che ricordava vagamente un letamaio.
“Percy!” girai la testa e mi trovai davanti mia madre, con i lunghi capelli castani legati e un termometro in mano e...
“Grover?... ma tu non eri morto?”
“bè adesso sono qui” sorrise “vivo e...”
“puzzolente, vai a farti una doccia, per favore”
“divertente”
“Percy, come ti senti?” fece mia madre con sguardo preoccupato.
Provai a mettermi seduto, poi a stirarmi un po’ le braccia.
“sto bene”
“non sai quanto mi hai fatto preoccupare” la fissai, gli occhi azzurri le si stavano riempiendo di lacrime “per un momento ho creduto che...”
“è tutto a posto, mamma, sto bene”
Scalciai via le coperte e la strinsi, quando faceva così mi pareva tanto fragile.
“ma dov’è Annabeth?... cioè, gli altri... dove sono gli altri?”
Ehi, non giudicatemi non me la sentivo ancora di parlarne a mia madre.
“oh... hanno detto che andavano a recuperare Luke...”
“Luke?”
“sì, non l’hanno più trovato questa mattina, e sono andati a cercarlo”.
“tutti?”
“già”
“con i mostri in giro?”
“credo di sì”
“ma sono impazziti?! Vado a cercarli”
Feci per alzarmi, ma Grover mi rimise giù con una spinta.
“eh, no... se tu finisci ammazzato ci finisco anch’io, non posso farti uscire da qui”
“è vero, il collegamento! Che idiota... anzi che idiota tu che ti sei fatto ammazzare per Clarisse!”
“Percy!”
“che c’è, mamma? Questo satiro ha in mano anche la mia vita, sai? Non può mica andarsene in giro a salvare la prima pazza che gli capita” guardai il satiro in questione con uno sguardo d’accusa.
“ma quanto sei simpatico” mi diede uno spintone.
“ma ragazzi! Vi sembra il modo?”
“dai mamma, siamo appena resuscitati... lasciaci divertire!”
“non sul mio divano... e tu Grover o ti fai una doccia o ti fai una doccia, queste sono le scelte”
“agli ordini, Sally” le sorrise e se ne andò in bagno saltellando e fischiettando una canzone di Hilary Duff.
Poi lei si rivolse a me:
“Adesso posso respirare” mia madre mi sorrise, sedendosi accanto a me e passandomi una mano tra i capelli.
“sicuro di stare bene?”
“certo” le sorrisi anch’io.
“vuoi riprovare la febbre?”
“no, sto benone, davvero”
“non capita tutti i giorni di vedere tuo figlio sfiorare la morte, posso fare la madre apprensiva una volta tanto?”
“sei anche troppo dolce, mamma” la riabbracciai.
Dopo un po’ si staccò dall’abbraccio, e si alzò dirigendosi in cucina:
“preparo qualcosa, avrai fame, no?”
Proprio in quel momento il mio stomaco borbottò qualcosa, la guardai con fare ovvio.
Lei sfoderò una padella e si mise a canticchiare ai fornelli.
Non sembrava preoccupata per Annabeth... insomma, per gli altri... e nemmeno Grover.
Ma dov’era?... Cioè, dov’erano?
Quella storia non mi andava giù.
Qualche minuto dopo Grover uscì dal bagno con i ricci bagnati e indosso una maglietta uscita da chissà quale concerto.
“ehi, Grover... non hai da spiegarmi nulla?” gli chiesi tirandolo a sedere sul divano prima che se ne sgattaiolasse in cucina ad importunare mia madre e le sue frittelle
“cosa dovrei spiegarti quando tua madre ha fatto le frittelle?” disse fissando la porta della cucina... quasi sbavando.
Ma per il momento doveva rispondere a qualche domandina, e non l’avrei lasciato andare senza risposte esaurienti.
“ad esempio perché non sono sotto terra... insomma tu eri morto ed avrei dovuto esserlo anch’io, non ti pare?”
“bè, io non ero proprio morto...” lo guardai interrogativo  “ma nemmeno vivo”
“oh, grazie, un’altra risposta chiara”
“vedi, secondo me tu sei entrato in uno stato vegetativo...”
“vegetache?!”
“vegetativo, Percy... un morto che respira, diciamo... e bè, sei entrato in questo stato perché io non ero ancora del tutto morto in quanto non ero entrato negli inferi”
“ah, bè allora prima di morire anch’io avrei dovuto aspettare un bel po’  conoscendo Caronte” sghignazzai
“bè, non proprio...” disse, lanciandosi in una storia che rasentava il ridicolo, e che comprendeva il dio Pan, un vaso, una spada apparsa dal nulla e un taxista di nome Jim.
“ookay” dissi alla fine “tu non stai bene”
“dico davvero”
“e come diamine hai fatto ad uscire dal Limbo?”
“come ho fatto a polverizzare la Furia? Come ho pagato Jim?”
“se non lo sai tu...”
“sono stato aiutato, credo”
“aiutato?”
“già, da un dio, ma non posso esserne sicuro... o meglio, posso, ma non voglio sapere a quale devo un favore”
“Pan?”
“nah, quel tipo è troppo codardo” rimasi impressionato dal vedere come ne parlava, insomma... fino a qualche tempo fa lo venerava, ora sembrava che parlasse di un vecchio amico piuttosto strambo.
“e chi altro?”
“non ne ho idea”
Che dio avrebbe potuto aiutarlo? Forse mio padre? No, non penso, lui era impegnato a mantenere i confini, non poteva essere lui.
Scrollai le spalle.
“A proposito di Pan... che fine ha fatto?”
“uhm... credo che passerà un altro po’ di tempo in quel vaso”
“poveretto”
“già”
Chiacchierammo per qualche altro minuto del più e del meno, poi qualcosa, che non erano le frittelle ci distolse dalla nostra chiacchierata:
“Idiota! Mi hai tamponato il cavallo!” le urla arrivavano da fuori.
“Ma è...”
“CLARISSE!” Grover scattò in piedi, lo guardai inarcando un sopracciglio, ma quanto entusiasmo.
“Sei tu che hai frenato, Clarisse!” un’altra voce, più limpida, più bella, più tutto.
“Annabeth!” scattai anch’io, Grover corse fuori, mentre io spinsi la porta della cucina e biascicai un “sono arrivati” appena accennato, prima di lanciarmi fuori.
Non feci nemmeno in tempo a scendere i gradini che qualcosa mi venne addosso facendomi barcollare.
“Percy!”
“ehi!”
“stai bene.. grazie agli dei stai bene!” mi stritolò di più.
“Annabeth... ehm... c’è mia madre...” le sussurrai.
“Ancora con quella storia?” si staccò lanciandomi un’occhiataccia, ma sorrideva.
Alzai lo sguardo sugli altri, sinceramente mi aspettavo un qualcosa di più caloroso, almeno da parte di Silena che era sempre così dolce con tutti, ma lei, come tutti gli altri, stavano fissando la macabra scenetta tra Grover e Clarisse.
Se ne stavano in piedi, impacciati, una che fissava la punta della spada che giaceva nella sabbia, e l’altro che spostava il peso da uno zoccolo all’altro.
“sei un’idiota” disse infine la figlia di Ares
“lo so”
“niente insulti? Mi deludi, Ragazzo Capra.”
Lui sorrise e... un momento, sorrise?! A Clarisse?!
Li guardai sconcertato... lei gli diede un pugno giocoso sulla spalla e lui rise.
Ok, avevo ufficialmente paura.
“ma quello è Grover o uno strano sosia?” sussurrai ad Annabeth.
“non fare lo scemo, Testa d’Alghe... com’è che era il detto? Qui Afrodite ci cova...”
“il mio migliore amico e Clarisse?!”
Mi presi una gomitata nelle costole.
“che c’è? non approvi?” sghignazzò
“no! assolutamente no!”
Guardai ancora una volta il “Satiro-Sosia-Del-Mio-Migliore-Amico”  e Clarisse, sconcertato.
“Ehi, Annabeth! non tenertelo tutto per te, ne voglio un po’ anch’io!” fece Talia, poi guardò Luke, con fare complice e tutti e due si misero a ridere, come ad una battuta privata, di quelle che se non le capisci ti fanno girare i nervi e se le capisci sono ancora più divertenti perché sai che fanno girare i nervi agli altri.
“mi sa che lì” indicai Talia e Luke “Afrodite ci ha già covato, che dici?”
“oh, non sai quanto” disse, con fare malizioso.
“mi sono perso qualcosa?”
“Vieni qui sì o no, Testa d’Alghe?”
Sorrisi, e andai incontro ai miei amici.
In quel momento sentii che tutto era al suo posto. Certo, non tutto, ma una buona parte, per lo meno. Mi sentii, per la prima volta da un bel po’, davvero, ma davvero felice.
Quanto avrei voluto che quella felicità durasse... Ma i miei guai non potevano aver fine, vero?
  

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Capitolo 25
*** è la fine di un eroe? ***


SPAZIO AUTRICE:
*IL 10 ESCE IL TERZO LIBRO Di PJ!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!*
 Scusate sono un po’ tropo su di giri XD...
...Ed eccomi qui, con l’ultimo cap.
premetto dicendo che questo prodotto della mia mente può essere benissimo inteso sia come epilogo che come ultimo cap effettivo, fate un po’ voi.
Diciamo che è molto confuso, ma l’ho fatto apposta perché è proprio come qualcuno vuole far sentire qualcun altro.
Lo so, sono sempre chiara ed esauriente.
Vediamo un po’... altre cose da dire?
Non uccidetemi quando l’avrete finito.
A dir la verità non mi convince molto, avrei voluto concludere con qualcosa di veramente bello ma... è questo che mi è uscito, quindi dovete accontentarvi, mi spiace...e poi è più corto del solito.
Che dire spero che vi invogli a leggere il seguito (ribadisco: ci sarà il seguito)
Quindi buona ultima lettura della fic
Piccolalettrice
Ps. Posterò presto anche i ringraziamenti, e mi piacerebbe che li leggeste anche se sono solo una palla, lo so bene... grazie in anticipoJ
 
 
 
24- è la fine di un eroe?
 
Avete presente quando si ha la sensazione che sia tutto perfetto? Tutto esattamente al suo posto, come deve essere?
Bè, diciamo che la situazione in cui mi trovavo era l’esatto opposto.
Pensate alla spiaggia, al mare, al fuoco e a una canzone stonata di Hilary Duff, poi aggiungeteci un paio di minacce di morte, delle risate, e delle lunghe chiacchierate sul nuovo completo firmato di un certo traghettatore di anime, contornate tutto da un’atmosfera calda e burrosa e ditemi se non esce qualcosa di perfetto.
Talmente perfetto da essere più falso dei piedi di Grover.
Me ne stavo seduto sul tronco vicino al falò, accanto a me c’erano il satiro e Talia, ai miei piedi Annabeth giocherellava con il suo coltello e la sabbia. Io ero impegnato a sperare che la figlia di Atena non sbagliasse mira mentre infilzava sovrappensiero il tronco, Luke rideva con Talia (di nuovo), Clarisse minacciava Grover (di nuovo), Silena e Backendorf si facevano i cavoli loro e mia madre supervisionava, ridendo ogni tanto alle mie barzellette idiote. Poteva sembrare tutto un po’ troppo... innaturale, ma dopo aver passato quei giorni in stato vegetativo ed aver imparato il significato della precedente parola, anche un semplice falò di Halloween mi sembrava un lusso e per tanto ero deciso a godermelo, ignorando quel brutto presentimento che mi attanagliava le viscere.
Non chiedetemi cosa fossimo andati a fare fuori, sotto il cielo di ottobre, con quell’aria ghiacciata che sembrava volesse far atrofizzare le nostre povere chiappe, ma era appunto Halloween, dovevamo dare un po’ d’atmosfera, e il fuoco era perfetto, anche se non riscaldava certo come quello che accendevamo al campo.
Eravamo tutti davvero preoccupati per Chirone e il resto, ma avevamo raggiunto il tacito accordo che ci saremmo presi una giornata di riposo da tutte le apprensioni, così eccoci tutti riuniti intorno al falò, a pensare solo ai lati positivi... o almeno era quello che tentavamo di fare.
Malgrado le risate dei miei amici notavo che erano tutti tesi; vedevo una certa rigidità nelle spalle di Annabeth e nella mascella di Luke, l’espressione da pazza e i capelli elettrici di Talia, e Clarisse che non riusciva ad allontanarsi dalla sua spada, ora puntandola contro Grover ora lucidandola, il tutto con una posa rigida.
Sembrava quasi... la quiete prima della tempesta, ecco.
Ma non ci badai molto, volevo godermi il momento, stare tranquillo, rilassarmi e scherzare, senza dar peso a tutte le inquietudini che tentavano di fare capolino nella mia testa.
Quanto ero stato sciocco.
“...secondo me il viola gli sta meglio del giallo”
“nah, il giallo gli illumina la carnagione”
“io ce lo vedrei con un bel verde mela, che dite?”
Guardai Grover, Annabeth e mia madre, inarcando un sopracciglio:
“ragazzi state davvero parlando dei completi firmati di Caronte?”
“già Testa d’Alghe, hai qualche argomento più filosofico da proporre?” fece la figlia di Atena, punzecchiandomi l’alluce con il coltello.
“in effetti...” allontanai il piede, prima che ci prendesse gusto “non vi ho ancora raccontato quella barzelletta con la sfinge e ....”
“no! basta barzellette!” intervenne Grover “io mi sono esercitato su una nuova canzone... volete sentire?”
“prova a toccare quel dannato coso, Capra, e non avrai più una testa”
“Clarisse, ti ho mai detto che sei simpatica come un attacco di diarrea?”
“da dove l’hai copiata questa? Dal tuo amichetto “mi-credo-divertente-perché-sono-il-figlio-di-Poseidone” o da internet?”
Mia madre li fissava scuotendo la testa, mentre Annabeth li guardava con l’aria di chi la sa lunga. Io ero troppo impegnato a reprimere quello strano presentimento che sentivo alla bocca dello stomaco, che alla fine era riuscita ad aprirsi un varco nella serenità di quella notte, per dar peso alle solite discussioni di quei due o al fatto che in quel periodo la frase preferita di Annabeth fosse “l’amore non è bello se non è litigarello”.
Posai lo sguardo oltre le basse fiamme del falò, verso i confini posti da mio padre.
Quei malsani pensieri si fecero strada in me, senza che li chiamassi, senza che li volessi, indelebili e presenti più del mio buon senso.
Lui era lì. Stava aspettando solo il momento più opportuno per colpire, lo sentivo.
Mi stava guardando, osservava ogni mia mossa. Ero circondato.
“Perseus...” la voce era sibilante “vieni, Perseus, vieni”
Mi rimbombava nelle orecchie, con un silenzio assordante.
“Perseus...”
“Percy?”
Abbassai lo sguardo, Annabeth mi fissava con un’espressione a metà tra il preoccupato e l’allarmato negli occhi:
“Percy, ti senti bene?”
“sì, tutto bene” mi sforzai di sorridere “sono solo... un po’ stanco”
Mia madre guardò l’orologio
“sono le undici, credo che sia ora di andare a nanna, bambini”
I miei amici protestarono un po’ mentre io me ne restavo fermo, a fissare l’oscurità oltre il fuoco. Non avevo mai avuto così paura del buio come in quel momento.
“L’oscurità ti fa paura, Perseus?”
Ancora.
“Percy, sicuro di sentirti bene?” mi sussurrò Annabeth mentre entravamo nel bungalow. Non mi ero nemmeno accorto di essermi alzato dal tronco, di aver spento il fuoco e di aver camminato fino a lì... era tutto molto strano.
Mi voltai di  nuovo verso l’entrata del camping, il fuoco era spento, il vento sibilava e l’oscurità... faceva paura.
“Percy...?”
“io...”
Guardai gli occhi attenti di Annabeth, non potendo evitare di sentirmi almeno un po’ più al sicuro sotto quello sguardo calcolatore che temevo e adoravo in egual misura, ma che non potevo far preoccupare ancora di più, quindi risposi:
“sto bene”
“sicuro?”
“mh-mh”
Mi fissò con quella sua occhiata che sembrava leggerti dentro al cervello in un modo tanto inquietante quanto straordinario.
Forse fu tutto quel buio, forse fu colpa di quella strana voce che mi sembrava di sentire nelle orecchie, forse fu il suo sguardo preoccupato, ma ad un tratto mi chinai su di lei, incurante di mia madre che era appena dietro la soglia, e la baciai, perché in quel momento, non so perché, mi sembrava di vitale importanza farlo.
All’inizio fu un bacio leggero, lei si scostò subito, sorpresa, ma poi l’attirai a me e ripresi con più foga, come se volessi lasciarle impresso il sapore delle mie labbra.
“hai paura per la tua bella, Perseus?”
La strinsi di più, e continuai a baciarla, come aggrappandomi a lei per ore, o forse secondi.
Sentii vagamente qualcuno che si schiariva la voce e Annabeth che si allontanava di scatto.
“ragazzi... potreste... evitare?”
Alzai lo sguardo sul viso di mia madre, sui suoi occhi azzurri a metà tra lo sconcertato, il preoccupato, il sorpreso e il terrorizzato.
Stranamente non mi sentii imbarazzato, non mi importava quali filmini mentali si fosse fatta o si stesse facendo, non mi importava quanto avrebbe potuto pensare male, mi sorpresi di me stesso nel constatare che tutto ciò non aveva importanza.
Fissai i suoi occhi azzurri, limpidi, le sopracciglia corrugate in una smorfia di preoccupazione, il viso arrossato per l’imbarazzo... e, travolto da un impulso simile a quello di prima, l’abbracciai.
“Percy... cosa...?”
“paura anche per tua madre, piccolo dio?”
La strinsi forte per un interminabile secondo, quasi come a voler imprimerle nella pelle il segno delle mie braccia, poi la lasciai e senza degnare di una parola né lei né Annabeth entrai, mettendomi sotto le coperte e girandomi dalla parte del muro.
Ma cosa mi stava succedendo?
Mi rannicchiai fino quasi ad abbracciarmi le ginocchia con le braccia, sentendo sfregare i granelli di sabbia sui piedi nudi e rabbrividendo di freddo.
“sei patetico, figlio di Poseidone”
Rabbrividii ancora, ma per un motivo diverso da prima.
Rimasi sveglio non so quanto a contemplare le venature del legno invisibili per il buio, non sentii più la voce, ma l’eco di una risata sibilante persisteva.
Ero consapevole della posizione esatta dei miei amici e di mia madre nella stanza, sapevo per certo che nulla si sarebbe insinuato nella quiete dei loro sonni quella notte almeno tanto quanto ero consapevole che i miei non sarebbero stati tranquilli.
Mi girai fino ad osservare il profilo del viso addormentato di mia madre, poi lo strano riflesso delle corna di Grover, il russare di Clarisse e il respiro di Annabeth.
“patetico”
 Mi addormentai cercando di imprimermi quell’immagine in tutti i suoi dettagli.
Pensando che, forse, il desiderio che avevo avuto di lasciare qualcosa a mia madre e ad Annabeth fosse più il macabro bisogno di imprimermi qualcosa di loro perché... perché cosa? Cosa stava succedendo? Cosa diamine era quella sensazione?
Tentai di rispondere a quelle domande, ma alla fine caddi tra le braccia di Morfeo.
Quando chiusi gli occhi, fin da subito cadde un buio, se possibile, ancora più fitto di quello che aleggiava fuori e dentro il bungalow e il sogno, che forse non era proprio tale, cominciò.
Poi, pian piano, la lontana eco della risata crudele che mi perforava i timpani si fece sempre più alta fino a diventare assordante, per poi mutare in parole.
“ricordi, Perseus, solo ricordi... tu vuoi solo ricordi, ma non li terrai con te a lungo...” un’altra risata “dimenticherai... perché dimenticare è giusto, dimenticherai di conoscere perché la conoscenza è sbagliata, ciò che conosci lo è.
Abbraccia l’oscurità, figlio di Poseidone, vieni da me”.
Rimasi immobile, troppo spaventato per fare qualcosa.
“vieni, Perseus”
Un’altra risata
“vieni”
non so dove trovai un briciolo di coraggio, di forza, di cui intersecai il mio urlo:
“NO!”
Un’altra risata, che, come prima, divenne da un bisbiglio, sempre più forte fino a far vibrare le pareti della mia testa, per poi diventare urla di dolore, intense.
Non riuscivo a capacitarmi di cosa fossero... di chi fossero. O meglio, ci riuscivo talmente bene da non voler ammetterlo a me stesso:
“lo riconosci, Perseus?” un altro urlo agonizzante “è proprio lui... già... sei così affezionato a questo rifiuto divino, vero?”
Le urla si inseguivano, instancabilmente.
Urla e pianto, ecco cos’erano.
Tyson.
“NO!”
“vieni a prendere tuo fratello, allora, figlio di Poseidone” rise ancora “svegliati, esci, vieni da me”
Mosso da un impeto di furia cieca dal desiderio di salvare o vendicare mio fratello, feci come mi era stato detto. Aprii gli occhi, alzandomi di corsa, senza nemmeno mettermi le scarpe, troppo istintivo per capire il suo gioco. Intanto nella mia testa c’erano solo urla, a cui si sovrapponeva una macabra canzone:
-svegliati, esci, vieni da me... ricordi... non avrai altro che ricordi... ricordi... svegliati,esci,vieni da me... ricordi... dimenticare è giusto... svegliati, esci, vieni da me, la conoscenza è sbagliata...-
E continuava, imperterrita, come sottofondo aveva le urla di Tyson, dentro la mia testa si susseguivano immagini, immagini di sangue.
Prima c’era Tyson, nel lago rosso, poi mia madre, poi Grover, Talia, Luke, Annabeth ed infine me stesso.
Non mi resi quasi conto del vento ghiacciato che sembrava voler spingermi indietro o del fatto che il mare si facesse strada sulla sabbia solitamente asciutta, fino a lambirmi le caviglie come a voler trascinarmi con sè, non mi resi conto di nulla, c’ero solo io, la rabbia, e il desiderio di proseguire.
Andai avanti, inesorabilmente, senza rendermi conto davvero di niente.
Alla fine mi ritrovai a faccia a faccia con la barriera invisibile.
Non potevo vederla eppure i miei occhi si posarono lo stesso su di lei, sul confine tra sicurezza e pericolo, tra vendetta e semplice desiderio di essa.
Fissai la barriera senza poter vederla per un interminabile secondo, poi le urla e la canzone tornarono a spingersi nella mia testa... o forse non solo lì:
“svegliati, esci, vieni da me... hai paura?... svegliati, esci, vieni da me... sei patetico... svegliati, esci, vieni da me... Perseus...”
Mossi un passo e la superai.
Poco più in là intravidi una luce argentea, quattro sagome nere.
La canzone, ormai non più solo frutto della mia immaginazione, ma latrata quasi, e le urla, che ne scandivano il ritmo erano sempre più insistenti.
“svegliati, esci, vieni da me...”
Feci scattare Vortice.
Altre urla.
Suoni confusi.
Paura.
Il colpo di una mezza luna, una delle sagome cadde a terra.
La canzone si interruppe con l’interrompersi delle grida.
“NO!”
Corsi incontro alle figure brandendo la mia spada, poi un clangore metallico, la luce argentea illuminò i tratti incavati di un viso pallido, dagli occhi neri e vacui, intrisi dell’oscurità ce ci attorniava.
Non si erano dimenticati, lui e suo padre.
Rimasi immobile, ipnotizzato dalla paura e dal pericolo di morte.
Cadde il silenzio.
Poi due paia di braccia intorno alle mie, altri versi della canzone sussurrati vicino alle mie orecchie.
Il sorriso del Cronide, sensazione di pericolo, paura, richiesta silenziosa  d’aiuto, confusione, tutto si conseguì troppo velocemente per essere assorbito dalla mia mente.
Ritornai in me giusto un attimo prima.
Attimo in cui vidi tutto e niente passarmi davanti agli occhi.
Ricordi, avevo solo i ricordi.
Poi un colpo di luce malsana.
Infine neanche quelli, solo oscurità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 26
*** ringraziamenti ***


RINGRAZIAMENTI:
 
E anche la seconda fic è conclusa.
Allora... complessivamente come vi è sembrata?
Personalmente mi è piaciuto scriverla, soprattutto la parte finale...
Mentre scrivevo quella centrale i capitoli mi sembravano tutti deboli o comunque non mi piacevano quindi ho preferito di gran lunga la fine, anche se mi è sembrata un po’ polpettosa con tutte quelle pagine...
Ma non voglio “deliziarvi” con tutte le mie sensazioni e pareri su questo e quell’aspetto della storia, quindi passiamo ai fatti...
Ringrazio:
 _Francy96­_  è stata la prima a recensire la storia, e con la sua fic riesce davvero a sorprendermi!
Chubby Girl, le cui recensioni sono sempre tra le più apprezzate, malgrado mi abbia “abbandonato” nell’ultimo periodo.
AnnieJ, che ha letto e recensito tutti i capitoli anche della scorsa fic, non so come abbia fatto a sopportare le mie risposte ma l’ha fatto, e per questo l’adoro XD
Kiuubina, mitica, la mia “amica di tastiera” è stata una recensitrice (si dice così?) tra le più apprezzate, tvb! E poi le sue sorprese sono le migliori XD
Cicciolgeiri, un’altra molto apprezzata di cui non si vedono più le rec, ma di cui ho molto gradito i commenti.
Lazionelcuore1711, che ogni tanto torna a farmi visita, le sue rec sono sempre concrete, le ho adorateJ... inoltre ha indetto un contest su pj, non posso fare a meno di adorarla anche se non se ne sa più niente
Esl, Che mi segue dalla scorsa fic, è una tra le persone che leggono che preferisco, validissima come lettrice, super come scrittrice e insuperabile come spoilerizzatrice... un bacione!
Tael, che è sempre molto divertente, malgrado abbia abbandonato un po’ la tastiera in questo periodo
Mavim, anche lei mi segue dalla scorsa, fic, le sono davvero grata, tvb!
MidnightSun_  onnipresente, è una di quelle lettrici che fanno morire dalle risate, lei e il suo Luke, perennemente a guinzaglio (povero)! W Mavco Mengoni! XDXD
Vale_misty, una di quelle persone di cui mi fa sempre piacere leggere XD
Nessie97­­_ che ha una grandissima capacità di sintesi  (intendo dire che fa delle rec corte) ma è sempre presente e mi fa piacere sapere che i capitoli le sono piaciutiJ
Jishiku, la mia diabetica preferita! Hihihi... malgrado sia intollerante allo zucchero la adoro, sono felice che non trovi la fic “moderatamente sdolcinata” XD tvb!
Fenarete83, che mi ha fatto sapere cosa pensa della fic, sono contenta di sapere che le piace, grazie milleJ
Valees95, i cui complimenti mi fanno ancora arrossire, grazie davvero, un bacio
Poi ci sono anche:
Giuxi_dream, Maia95, e Nevilleluna, che hanno messo la storia nelle seguite senza recensire... vi ringrazio tantissimo comunque, davvero.
Sinceramente vorrei dedicare ad ognuno più di due righe di ringraziamento, ma non voglio annoiarvi-.-
(specifico che i nomi sono in ordine cronologico)
Ci tenevo a ringraziare tutti,
spero continuiate a seguire XD
grazie a tutti di tutto
piccolalettrice
  

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