Friends Will Be Friends di crazyhorse (/viewuser.php?uid=116878)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Summer of '69 ***
Capitolo 2: *** Take Me to the Place I Love ***
Capitolo 3: *** Babe I'm Gonna Leave You ***
Capitolo 4: *** Do Right Woman ***
Capitolo 5: *** Do Right Man ***
Capitolo 6: *** Don't Waste Your Time ***
Capitolo 7: *** Gonna See My Friends ***
Capitolo 1 *** Summer of '69 ***
SUMMER OF '69
Questa è una storia inventata...quasi. Ogni riferimento a fatti
realmente accaduti o persone realmente esistenti è puramente
casuale...più o meno.
SUMMER OF '69(1)
L'aria era tiepida, il sole primaverile era alto nel cielo terso e la
temperatura era di circa vetidue gradi centigradi, cioè la
temperatura ideale per Rachele; anzi la primavera le piaceva
così tanto che più di una volta aveva pensato di
trasferirsi in qualche isola tropicale. Poi, inevitabilemente, arrivava
l'inverno e lei si rendeva conto che stare a letto, al caldo sotto il suo
piumone colorato mentre fuori pioveva o, meglio ancora, nevicava, le
piaceva ancora di più della primavera, per cui, nonostante
il suo lavoro glielo avesse permesso senza troppi problemi, lei si
convinceva che l'isola tropicale avrebbe dovuto aspettare e che Bologna sarebbe rimasta la sua città ancora per
molto tempo.
Già il suo lavoro. Che strazio! Fare la scrittrice aveva i suoi
vantaggi: poteva lavorare a casa seguendo i ritmi che preferiva, se
voleva scrivere di notte e dormire di giorno lo poteva benissimo fare,
l'importante era fornire a Giorgio, il suo editore, un libro
best-seller come aveva fatto negli ultimi quattro anni. Il problema,
però, di recente era proprio quello: scrivere un
best-seller.
Rachele aveva cominciato a scrivere a quindici anni, ma non seriamente,
lo faceva per sfogare tutte le sue frustrazioni. Non essendo mai stata
brava con le persone, non aveva molti amici...anzi non ne aveva per
niente, l'unico
modo per comunicare con il mondo esterno, per lei era scrivere, anche
se il destinatario di tutti i suoi pensieri sarebbe stato sempre e
soltanto il suo computer. Scrivere non le era mai stato difficile; le
bastava inventare dei personaggi e far vivere a loro quello che avrebbe
voluto capitasse a lei; doveva solo sguinzagliare i suoi desideri e
la sua immaginazione per farsi catapultare nel Suo Mondo, quello in cui
tutto può succedere e niente è impossibile.
Poi un bel giorno, quando Rachele aveva circa ventun anni, sua madre
aveva trovato alcune delle sue storie e aveva deciso di inviarne una ad un
editore senza dirle niente. Il problema di vivere a Bologna è
che Bologna non è una
città abbastanza grande per essere definita metropoli, ma non
è, contemporaneamente, troppo piccola per non ospitare una
succursale di una delle più grandi case editrici d'Italia:
L'Idea. Siccome Lucia, la mamma di Rachele, quando fa una cosa la
fa in grande, in quell'occasione aveva spedito un'e-mail con una delle storie della figlia
al capo della sede di Bologna de L'Idea, appunto. Quando glielo aveva detto
Rachele per poco non ci era rimasta secca, in fondo lei scriveva per
sè stessa, e non aveva mai pensato di far leggere le sue storie
a qualcuno, anzi si vergognava così tanto di quello che scriveva
che aveva protetto con una password che lei pensava inattaccabile il
suo computer. A quanto pareva però, o questa password non era
poi così inattaccabile come lei pensava o sua madre era
più
intelligente di quello che lei credeva. Comunque fosse, Rachele aveva
tolto la parola ed il saluto alla madre per un'intera settimana,
cioè fino a quando non era arrivata la risposta dall'editore, che, sorprendentemente,
era rimasto entusiasta di una storia così fresca e semplice ma
che rifletteva i desideri e i pensieri dei giovani. A quel punto,
dopo qualche modifica, il suo primo romanzo era andato in stampa con
uno pseudonimo (piuttosto che usare il suo vero nome Rachele si sarebbe
fatta sparare un colpo in testa), e, piano piano, aveva scalato le
classifiche di vendita...complice anche l'avvicinarsi del Natale.
Ora, cinque anni dopo il primo, Rachele, ora era al suo quinto romanzo.
No,
scusate, avrebbe dovuto essere al suo quinto romanzo, perchè di
esso, in effetti, l'unica cosa che c'era era una spaventosa, minacciosa
e terrificante pagina bianca sullo schermo del computer; erano
settimane (dodici per la precisione) che fissava tutti i santi giorni
quel dannato schermo sempre bianco. Una volta, presa dalla rabbia, lo
aveva addirittura rimproverato perchè non si scriveva da solo.
Rachele sapeva che, prima o poi, il blocco dello scrittore sarebbe
arrivato, solo sperava che arrivasse il più possibile vicino
all'età pensionabile. Giorgio, al contrario, non era preoccupato
per niente. In fondo il suo quarto libro era appena uscito, quindi,
secondo lui, Rachele avrebbe avuto tutto il tempo per inventarsi
qualcosa. Il problema era che tutte le idee che le venivano in mente le
sembrava
che fossero già state raccontate, da lei o da qualcun'altro. Le
aveva provate tutte, perfino cercare l'ispirazione nella sua nutrita
collezione di dvd di telefilm. Rachele era una grande appassionata di
serie tv. Il suo preferito, nonchè primo amore, era e
sarebbe sempre rimasto "X-Files", ma si era appassionata subito anche a
"Fringe", "Firefly", "Dexter" e "Bones", solo per dirne alcuni. Ok, le
storie le
piacevano, ma ne approffittava anche per "farsi" le storie d'amore
degli altri, perchè, dovendo essere sinceri fino in fondo, la
desertificazione non si era fermata solo alla sua creatività di
scrittrice. Va bene, seguiva assiduamente anche "Supernatural": insomma
lei era pur sempre fatta di carne, come poteva farsi sfuggire le
vicende di due fratelli giovani e carini che combattevano demoni e
vampiri...no, ma lei "Supernatural" lo seguiva solo per la trama....
Siccome ormai non aveva più senso stare a
spremersi le meningi, cosa che se si faceva senza ottenere nessun
risultato era anche maledettamente frustrante, quella mattina di fine aprile Rachele aveva
deciso di dedicarla al relax; ragione per cui non aveva neanche acceso il
computer, ma era direttamente andata dal suo cavallo. Sì,
perchè se Rachele non
era brava con le persone, riscuoteva un notevole successo con gli
animali ed il
suo cavallo, l'enorme e tutto muscoli puledro di sei anni di nome Just Dance with Me, era praticamente il suo migliore
amico. Una bella e lunga passeggiata a cavallo, godendosi la musica
nelle orecchie e la primavera intorno a sè con il suo
tripudio di profumi, colori e fiori era di sicuro la soluzione
migliore per liberare la mente da tutto, che fosse il suo lavoro o la
solitudine del suo appartamento nel quale non c'era mai nessuno ad
aspettarla.
Era sull'argine del fiume Reno a gironzolare fra alberi e fagiani senza meta da circa
un'ora quando, attraverso l'iPod, arrivò alle orecchie di
Rachele la voce rauca di Bryan Adams che cantava "Summer of '69". Il
suo cuore accellerò improvvisamente i battiti. Quella canzone le
ricordava la sua estate più bella. Per la verità si
trattava di una serie di estati, cominciata nel 1984, a Cattolica
quando aveva conosciuto quelli che sarebbero rimasti i suoi unici
amici. Respirando profondamente l'aria pulita del parco intorno a
sè, Rachele rivisse tutti quei momenti, dall'inizio un po' traumatico fino
all'inevitabile fine. Perchè, tristemente, ce n'è sempre una, quando si
parla di amici conosciuti durante le vacanze.
CATTOLICA, giugno 1984 - Bagni N. 84 "Franco"
Sotto l'ombrellone N. 35 della terza fila dei bagni "Franco" sulla
spiaggia di Cattolica, una mamma stava pacificamente leggendo un libro,
mentre la figlia, Rachele di cinque anni, se ne stava seduta sulla sabbia a giocare con alcune
formine. Cioè, per la verità stava facendo finta di
giocare con le formine, perchè tutta la sua attenzione era catalizzata da due
bambini, più o meno della sua età, che giocavano con le
biglie a pochi metri da lei su una pista bellissima; la bambina era
stata letteralmente rapita da quella superficie così liscia e
larga sulla quale le biglie con le foto dei ciclisti all'interno
rotolavano spinte dalle piccole dita dei due bambini; e poi era piena
buche e ponti e ponti sopra le buche e c'erano anche un sacco di
ostacoli da superare. Oh, come le sarebbe piaciuto avere il coraggio di
avvicinarsi a loro e giocare tutti insieme!
-Rachele...perchè non vai da quei bimbi e non chiedi loro se
puoi giocare anche tu?- disse la mamma guardando la figlia con occhi
pieni di affetto e, allo stesso tempo, preoccupazione per la sconfinata
timidezza di quest'ultima, il cui broncio, in effetti, non le era
sfuggito. Per la verità il broncio di Rachele aveva proporzioni
talmente monumentali che non sarebbe sfuggito neanche a un cieco.
La
bimba non rispose; semplicemente distolse faticosamente lo sguardo dai
suoi vicini di ombrellone e lo volse alla madre, fissandola. Dopo un
istante tornò a dedicarsi alle sue formine.
Poi, improvvisamente, come se fosse stata colpita da un fulmine, si
alzò e, sicura come un pompiere, si avvicinò ai due
bambini che stavano incitanto ognuno la propria biglia:
-Ciao...- disse timidamente e con un filo di voce. I due bimbi si
fermarono per un istante e si voltarono verso la nuova arrivata.
Avevano entrambi occhi e capelli scuri, ma uno aveva la pelle color
latte e ricoperta da uno strato di crema solare così spesso
che gli avrebbe permesso di affrontare senza danni un'ora di cottura in un forno
a legna, mentre l'altro era leggermente più alto, aveva occhi e
capelli nerissimi e aveva la carnagione molto più scura,
quasi avesse origini latino-americane.
-Ciao!- risposero in coro e allegramente. Poi il bambino con la pelle più scura chiese: -Come ti chiami?-
-Rachele....- rispose lei sempre con un filo di voce fissando la sabbia
ai suoi piedi mentre il cuore le martellava nel petto per la paura.
-Ciao Raci....Rach....beh ti chiamerò R è più semplice...- sentenziò lui risoluto.
A quel punto intervenne il bambino sotto la crema solare dicendo: -Io
sono Marco e lui è Christian...vieni
giochiamo insieme!-
Così Marco affidò a Rachele "Fausto Coppi" e tutti
e tre andarono avanti a giocare e ridere per circa un'ora,
finchè la mamma di Rachele non la chiamò:
-Rachele!! Vieni qui! E' arrivato papà! Vieni a salutarlo poi torni a giocare!-
La bimba saettò via abbandonando i suoi nuovi amici per quello
che doveva essere un secondo soltanto. Si avvicinò al padre, lo
abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia:
-Ciao papà! Io vado ancora a giocare con i miei amici!- disse voltandosi e correndo nuovamente verso di loro.
A metà strada, però, si fermò. C'era qualcosa di
sbagiato nel punto dov'era lei prima. Cosa? Già, un'altra
bambina. Una spanna più alta dei suoi amici e con i capelli
castani e mossi si era impadronita di "Fausto Coppi", del SUO "Fausto
Coppi". Il cuore di Rachele cominciò a correre come
impazzito, mentre lei se ne stava paralizzata fra due file di
ombrelloni senza neanche sentire il dolore della sabbia bollente
sotto i piedi. E adesso? Beh, adesso non poteva più tornare da
loro...c'era già lei....aveva vinto la sua timidezza e si era
avvicinata a loro perchè avevano la faccia simpatica, ma adesso
che c'era quella lì...non poteva...sentì due grosse
lacrime inondarle gli occhi.
Poi successe una cosa che a Rachele non sarebbe più accaduta per
tutto il resto della sua vita. Christian le si avvicinò, la
prese per mano e l'accompagnò di nuovo alla pista per le biglie.
Prima di raggiungere gli altri due, però, le sussurrò
piano in un orecchio: "Senti lo so che Isabella non è molto
simpatica, ma per giocare, qui intorno ci siamo solo noi...dai vieni
anche tu..."
-Senti tesoro...ma sei sicura che quella là sia nostra figlia?- chiese Mauro, il papà di Rachele.
-Beh, se qualcuno l'ha sostituita io non me ne sono accorta..- ribattè Lucia riprendendo a leggere il suo libro.
-E' la stessa bambina per la quale la maestra ci ha fatti chiamare
apposta pochi mesi fa per dirci che era preoccupata perchè in tre anni di
asilo non aveva legato con nessuno? Sei sicura?-
-A quanto pare...-
Quell'anno Rachele diventò R, scoprì che i suoi amici avevano la sua
stessa età, Marco abitava a Pavia ed aveva una sorellina più piccola,
mentre Christian abitava a Milano e la sua pelle scura era dovuta al
fatto che sua madre era originaria del Perù.
Di quell'estate lei ricordava un'infinita serie di partite a biglie,
bagni interminabili, corse sulla battigia che facevano indignare le
vecchiette, giochi con le carte e, soprattutto tante, ma tante risate.
I momenti più divertenti erano quelli in cui loro tre costruivano la
pista per le biglie, in particolare quando il papà di Marco prendeva uno dei
tre bambini
per i piedi e lo trascinava con il sedere sulla sabbia in modo da
costruire una pista bella larga. Era così divertente che i tre amici facevano i turni per farsi trascinare.
Ok, non è che fosse tutto rose e fiori. Quando facevano il
bagno, per esempio, Marco e Christian avevano preso la pessima
abitudine di schizzare Rachele prima che lei potesse buttarsi in acqua,
e questo la mandava su tutte le furie..per quanto furiosa potesse
diventare una bambina di cinque anni. Ma, soprattutto, Isabella ogni tanto
faceva le sue comparsate e Rachele reagiva chiudendosi a riccio e senza
spiccicare una sola parola per tutto il tempo. Non cedeva, anche
se Marco e Christian facevano di tutto per coinvolgerla o farla ridere,
lei, ostinata come un branco di muli messi insieme, se ne stava
leggermente in disparte aspettando che Isabella se ne andasse.
Decisamente quella
bambina non le stava per niente simpatica, arrogante, invadente e
strafottente
com'era.
Negli anni successivi, loro tre, si erano sempre incontrati e la
tradizione delle biglie era continuata fino a che non erano
diventati troppo grandi e avevano rivolto la loro attenzione verso
altri passatempi, come il beach volley solo per dirne uno. Altre
tradizioni, invece, erano rimaste: i bagni in mare, per esempio,
preceduti dal pre-bagno cui Rachele doveva obbligatoriamente
sottoporsi neanche fosse un rito purificatore, mentre le corse
sulla battigia erano state sostituite da più tranquille
passeggiate, con buona pace delle vecchiette.
Ma la più bella estate di cui Rachele avesse memoria, la più meravigliosa in assoluto, fu quella del 1996.
(1) "Summer of '69" - Bryan Adams
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Capitolo 2 *** Take Me to the Place I Love ***
TEKE ME TO THE PLACE I LOVE 2
TAKE ME TO THE PLACE I LOVE(1)
CATTOLICA - Agosto 1996
Siete mai stati DAVVERO FELICI? Vi auguro di sì, ma io intendo
quella felicità pura, che vi rende leggeri, che vi fa viaggiare
con la mente in posti sconosciuti e fantastici dove la sofferenza, se
mai l'avete provata, è una cosa lontanissima, dove tutto vi
sembra possibile, dove il domani sarà un giorno ancora
più meraviglioso di oggi e dal quale non vorreste mai venire
via, ma nel quale vi rifugiate quando siete tristi. Allora, siete mai
stati COSI' FELICI?
Rachele lo fu per due settimane nell'agosto del 1996, quando a diciotto
anni ancora da compiere si ritrovò con i suoi amici di nuovo a
Cattolica. Ovviamente nessuno di loro era più il bambino di
quando si erano conosciuti ormai dodici anni prima, e non lo era
neanche il sentimento che legava tutti e tre, nel bene e nel male. Se
dodici anni prima insieme giocavano a biglie e facevano il bagno in
mare, ora, nel 1996 loro tre insieme continuavano a divertirsi
come dei bambini, ma avevano anche scoperto quanto profonda può
essere un'amicizia e quanto importante sia avere qualcuno accanto
che ascolta tutti i deliri giovanili senza giudicare, ma anzi avendo la
straordinaria capacità di capire quello che si prova da un solo
sfuggente sguardo. In pratica loro tre insieme si sentivano
invincibili.
Di quelle due settimane Rachele immaginava che ci fossero state le solite partite
a beach-volley e bagni in mare come tutti gli anni; già lo
immaginava perchè in effetti non se lo ricordava con esattezza.
Le uniche cose che ricordava chiaramente erano le interminabili
passeggiate che loro tre facevano sulla spiaggia, la sera...la
sera...la notte più che altro. Dopo un veloce giro in centro per
prendere un gelato o per bere qualcosa, raggiungevano la spiaggia e si
sdraiavano su tre lettini, guardando le stelle e parlando di qualunque
cosa venisse loro in mente; che fosse stupida o esistenziale, non
importava. Stavano lì sdraiati per ore e ore, fino a notte
fonda, senza che a nessuno dei tre venisse sonno, perchè parlare
di tutto così sinceramente era talmente liberatorio da essere
quasi esaltante.
Quell'estate Rachele prese la sua prima (e unica)
sbonza...sbronza...più che altro si era trattato di una quasi-sbronza. Era
stata sufficiente una tequila bum-bum per farle girare leggermente la
testa. A quel punto non aveva più bevuto niente, perchè
perdere le ore di chiacchiere insieme ai suoi amici sulla spiaggia per
colpa di uno stupido stordimento post-alcool sarebbe stato da idioti.
Tuttavia la tequila, quella sera, le aprì una serie di
riflessioni interiori, le uniche che non comunicò ai suoi
amici, nè in quell'occasione, nè mai in futuro. Come al
solito erano sdraiati su tre lettini di qualche bagno fra Rimini e
Gabicce Mare, senza sapere esattamente a che altezza fossero, e stavano
parlando di cosa avrebbe potuto succedere nelle loro vite una volta
fatta la maturità:
-Cosa sarà di noi...dopo...?- chiese Rachele, la cui logica nei
concetti era stata parzialmente spazzata via dai fumi della tequila
bum-bum, guardando le stelle sopra di loro.
(Ok, non parlavano sempre di concetti esistenziali come quello. Due
minuti prima Marco aveva chiesto: "Cosa fa un gatto nell'acqua?" e
Rachele aveva risposto immediatamente: "Galleggia!". Dopo una buone dose di risate
tutti e tre insieme era stato Christian a porre una domanda: "Cosa
fanno due galli nello stesso pollaio?". Marco aveva risposto senza
neanche pensarci un secondo: "Litigano per la gallina migliore...".
Ecco, in quel caso prima che tutti e tre ridessero passarono un paio di
secondi di tensione; Rachele, beata innocenza, non fu neanche sfiorata
dall'idea che la "gallina" in questione potesse essere lei.)
In ogni caso la domanda di Rachele fu seguita da un denso silenzio
durante il quale i suoi amici rifletterono su quello che avrebbero
voluto fare della propria vita. Siccome il loro silenzio si protrasse
per diverso tempo, Rachele si era voltata prima verso l'uno poi verso
l'altro e solo in quel
momento mise realmente e coscientemente a fuoco le Persone che aveva
al proprio fianco. Marco era decisamente il più esuberante e
pazzo di loro tre. Spigliato e con la battuta sempre pronta, non si
tirava mai indietro quando era il prorpio turno in una conversazione.
Ok, non era particolarmente attraente, i lineamenti del suo viso erano
un po' spigolosi e le orecchie a sventola non portavano di sicuro
armonia in essi, ma la sua spontaneità
aveva fregato anche Rachele, due estati prima. Christian, invece, era
decisamente più riservato; non che si facesse mancare la battuta
giusta al momento giusto, ma quando doveva comunicare qualcosa di
sè a qualcun'altro ci pensava sempre due volte. Era il
più riflessivo di loro ed aveva un tocco
di ombrosità che aveva sempre attratto Rachele un filo
più di quanto un semplice amico avrebbe dovuto. E poi,
fisicamente parlando, era decisamente in forma...molto in forma.
Guardandolo, mentre lui era concentrato su qualche stella nel cielo,
Rachele ripensò a tutte le estati passate insieme e
realizzò che era sempre stata affascinata da lui in modo
particolare...insomma per
farla breve, da piccola si era presa una cotta colossale che si
rinnovava tutte le estati e che, crescendo si era trasformata
in...in...cosa? Cosa provava esattamente Rachele per Christian in
quel momento, mentre erano sdraiati sulla spiaggia a parlare del
futuro? Beh, la ragazza non seppe definire quel sentimento, però
sapeva anche fin troppo bene che esso si traduceva fisicamente in un
fastidiosissimo e costante formicolio allo stomaco e in un impulso al contatto
fisico che lei doveva continuamente reprimere con disumana fatica.
Tuttavia due estati prima, l'uragano Marco l'aveva travolta con tutta
la sua follia e Rachele aveva dato il suo primo bacio. Sì, avete
ragione, non si fanno cose tipo trasformare il tuo migliore amico nel
tuo ragazzo, ma lì per lì e, soprattutto per mancanza di
esperienza, Rachele non ci aveva trovato niente di male. Finite le
vacanze, lei e Marco si erano tenuti in contatto per un po', poi era
risultato fin troppo evidente che mantenere seriamente una relazione a
distanza, che già in età adulta è una cosa di per
sè complicata, a sedici anni era un'impresa improba, per cui
avevano deciso di "rimanere amici"....o meglio lei era rimasta sua
amica, ma Rachele aveva sempre avuto la sensazione che, dopo
quell'estate, lui si sentisse in imbarazzo quando intorno c'era anche
lei.
Quell'estate Christian non c'era....sarà stato significativo questo fatto per determinare il corso degli eventi?
L'estate del 1996 fu l'ultima che i tre amici passarono insieme. Negli anni
successivi, si persero fra fidanzati e fidanzate, parenti
in Perù, vacanze-studio all'estero, esami universitari che da
soli non si sarebbero dati, lavoro e libri che dovevano andare in
stampa possibilmente includendo nel volume anche l'ultimo capitolo. Risultato?
Qualche contatto per
e-mail (ripensando ai quali Rachele si sentiva una perfetta stronza) auguri di
Natale e basta.
Mentre, durante la passeggiata a cavallo, l'odore della primavera
arrivava dritto e prepotente nel cervello di Rachele,
lei ripensò a quella sera, quella della sua prima e unica
quasi-sbronza, quando, forse per la prima volta, aveva fatto capolino
dentro di lei il concreto pensiero di Christian, un ragazzo e non di Christian,
il suo amico; quella sera sulla spiaggia lei aveva percepito
qualcosa di invincibile e potente che li legava tutti e tre. Che fine
aveva fatto?
Scomparso? Sciolto come neve al sole? Che amarezza...certo non è
che lei si fosse comportata granchè bene con i suoi amici.
Chiaramente i messaggi che si
era scambiata con Marco e Christian era totalmente diversi. Con Marco
scherzava e faceva battute stupide e piccanti sulle sue avventure
irlandesi (finita la scuola si era trasferito in Irlanda per trovare
lavoro), mentre con
Christian no. Con lui sviscerava i suoi problemi, si liberava e si
sfogava di tutto il caos che aveva in testa riguardo a tutto. Per
esempio sul fatto che non sapeva cosa fare della propria vita dopo la
maturità. Non aveva mai detto a nessuno dei due che a Bologna
c'era un editore abbastanza fuori di testa per accettare di pubblicare
quello che lei scriveva. Chissà perchè?
Ricordava perfettamente di
essersi confidata con Christian, tramite e-mail, quando si era
innamorata
del
suo istruttore di equitazione. Gli aveva raccontato quanto le
piacesse e quanto quello la facesse stare male. Ricordava perfettamente
di averlo praticamente sepolto sotto tonnellate di parole di angoscia e
disperazione. E poi? Poi la storia
con
l'istruttore si era concretizzata e lei e Christian non si erano
più sentiti...sì, Rachele si era comportata come una
stronza, e tutte le volte che ripensava a come stupidamente era finita
un'amicizia così profonda si sentiva un verme!
Ripensandoci le venne spontaneo insultarsi abbondantemente. Perchè lei
doveva essere stata dosì stupida? Improvvisamente un pensiero orrendo le squarciò la mente come un
coltello affilato: a parte sua madre, Christian era la persona che la
conosceva meglio sulla faccia della terra, e lei come si era comportata
con lui? Ma cosa diavolo aveva nella testa? Sabbia? Segatura?
Probabilmente una miscela di entrambe le cose!
Rientrando al maneggio, due ore dopo essere uscita, Rachele non era
più tanto sicura che una bella passeggiata a cavallo fosse la
soluzione migliore per liberare la mente. Ora aveva la sensazione che,
oltre ad essere una scrittrice finita già a venticinque anni, era anche un'idiota.
Per la cronaca, la storia con l'istruttore era andata avanti per sei
anni, poi, dopo due anni di convivenza, era finita miseramente con lui
a letto con un'altra.
(1) Da "Under The Bridge" - Red Hot Chili Peppers
************************
Gli eventi raccontati in questo capitolo ed in quello precedente
saranno più o meno
gli unici realmente accaduti di tutti quelli che
costituiranno questa storia. Rachele esiste
davvero, ovviamente non si chiama Rachele e, ahimè, non fa la
scrittrice (...e provate a indovinare chi è); anche Marco e
Christian esistono davvero. E' ovvia anche un'altra cosa, e cioè
che la "vera Rachele" non è stata così fortunata come lo
sarà quella della storia, per questo ci terrebbe a dire un paio
di cose. Primo vorrebbe porgere delle scuse gigantesche ai suoi amici;
purtroppo è troppo orgogliosa per implorare perdono in modo
esplicito, ma questa storia è il suo modo per farlo; secondo
vorrebbe far sapere loro che lei ha un suo "Posto Felice", nel quale
ritorna tutte le volte che è triste, ed è lo stesso della
Rachele della storia: l'estate del '96 quando tutti e tre passavano le
ore di notte sulla spiaggia a parlare di qualunque cosa. Quello
è stato l'unico momento in cui la vera Rachele si sia mai
sentita davvero libera di essere sè stessa e davvero parte di qualcosa. Per
questo vorrebbe ringraziare "Marco e Christian".
Lo so, non è molto e
loro non leggeranno mai queste righe, ma la "vera Rachele",
nonostante si stia imponendo con tutte le sue forze di smettere di
sperare, probabilmente non riuscirà mai a farlo.
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Capitolo 3 *** Babe I'm Gonna Leave You ***
BABE I'M GONNA LEAVE YOU 3
BABE I'M GONNA LEAVE YOU(1)
Christian aveva un grosso problema. Sì, certo, lo condivideva con
tanti altri milanesi, ma il concetto di "siamo tutti sulla stessa
barca" non lo rendeva meno snervante. Questo problema era un
appartamento in centro città e l'ufficio in provincia,
così ogni mattina per andare a guadagnarsi il pane non poteva
usare i mezzi pubblici, ma doveva fare ricorso alla sua macchina. Ok, la sua era un auto molto modesta,
non un ingombrante suv di quelli che hanno certi uomini per colmare alcune
carenze di natura fisica molto particolari, ma avete mai visto
cos'è Milano nell'ora di punta? Un inferno, e anche se lui
usciva di casa un'ora prima per raggiungere l'ufficio, immancabilmente
arrivava con qualche minuto di ritardo, qualche buco nello stomaco in
più e diversi accidenti lanciati contro un sacco di "uomini col
cappello" che lui sperava non gli tornassero mai indietro, altrimenti
la sua vecchiaia sarebbe stata un incubo.
Lo stesso tragitto che faceva ogni giorno fra le sette e le otto e un
quarto di mattina, ultimamente era allietato, si fa per dire, da un
sacco di pensieri che di certo non lo aiutavano ad essere più
clemente con i suddetti "uomini col cappello". Tanto per cominciare
ultimamente gli sembrava di vivere da solo, anzi no gli sembrava di
essere diventato quasi trasparente agli occhi della sua compagna,
Silvia, che
forse era anche peggio. Aveva l'impressione di parlare con il muro la
metà delle volte, mentre l'altra metà gli sembrava che
lei gli parlasse per mezzo di battute tratte da quegli stupidi "Libri
delle Risposte" tipo "Fai quello che ti senti" oppure "Tu cosa credi?"
o ancora "Quello che deve succedere succederà!!". Ma che cavolo
di risposte erano quelle!?! Se lui avesse voluto una risposta insulsa
avrebbe scosso una stupida palla nera, non avrebbe certo chiesto a lei!
E poi la crisi economica che, alla faccia dei cervelloni di Roma e
Bruxelles che continuavano a predicare la ripresa, non era affatto
finita, almeno non era finita per il conto in banca della sua
microscopica società di software che continuava paurosamente
ad avvicinarsi al colore che hanno sempre i semafori quando hai
fretta: il rosso. Ok, lui aveva un asso nella manica, e cioè il
suo videogioco che avrebbe dovuto essere presentato ad un'importante
fiera a luglio, ma nessuno gli assicurava che quello sarebbe stato
sufficiente a trasformarlo nel nuovo Bill Gates o Steve Jobs...oddio
non che lui avesse mire così ambiziose, gli sarebbe bastato non
rischiare un ictus tutte le volte che guardava l'estratto conto. Poi,
oltre all'ansia per il debutto di quello che per lui era diventato
quasi un figlio, c'era anche la beffa: Silvia non sarebbe stata
presente. Perchè? Semplice, perchè sarebbe stata in
vacanza con le sue amiche proprio quella settimana e non sia mai che
qualcuno le togliesse il tanto agoniato riposo per una cosa così
insignificante come "l'evento che potrebbe cambiare la vita del tuo
fidanzato"! No, ci mancherebbe!!
-Se quell'idiota non si scanta giuro che scendo e lo prendo a calci!!-
imprecò nervosamente Christian rivolto ad un signore su una panda del 1906
che si era spenta per ben quattro volte davanti al semaforo verde.
Per fortuna che il cd inserito nell'autoradio gli andò in
soccorso: i Led Zeppelin attaccarono con "Babe I'm Gonna Leave You". Christian amava i
Led Zeppelin, era convinto che rock così nessuno mai sarebbe
stato in grado di farlo di nuovo. In ogni caso quella canzone in
particolare gli metteva una tristezza infinita.
"Babe baby baby I'm gonna leave you
I said baby you know I'm gonna leave you
.....
Leave you when the summer comes along..."
Insomma, per quanto geniali fossero i Led Zeppelin quei versi lo
riempivano di amarezza e malinconia. Ok, c'era anche un altro motivo
direttamente collegato al significato della canzone che lo faceva stare
uno schifo. Quella canzone gli faceva immancabilmente pensare a R. Il
motivo era molto semplice: quel dannato verso che dice "Leave
you when the summer comes along...".
Ecco quelle parole gli facevano venire in
mente l'estate e quello che per lui significava: i suoi amici Marco e
R. Cioè, con Marco si divertiva, era talmente fuori di testa da
sfiorare l'irriverenza e
avrebbe perfino convinto un'intera comunità di eschimesi a
montare un impianto di riscaldamento nei rispettivi igloo; erano ancora
in contatto tramite facebook. Ma
quello che, anni addietro, gli faceva pizzicare lo stomaco da maggio ad agosto quando
le vacanze a Cattolica erano un punto fermo della sua vita, era il
pensiro che avrebbe rivisto R. Ok, loro erano sempre stati solo amici,
ma era inutile mentire a sè stesso: a lui sarebbe piaciuto che R
diventasse qualcosa di più che un'amica...e di sicuro non
l'avrebbe lasciata durante le vacanze come cantava Robert Plant. Erano
passati
anni dall'ultima volta che si era sentito con R, ma quando gli veniva
in mente quella ragazza così timida con quegli occhi di un
azzurro-nocciola unico al mondo, il suo stomaco faceva una serie di
salti mortali da guinness dei primati. Come in quel momento, quando,
ascoltando quella canzone e ricordando il sorriso schietto ed allegro
di R, Christian si dimenticò completamente del signore con la
panda e fece perdere un'altro verde ai suoi compagni di traffico
già imbufaliti alle sette e mezza di mattina.
Mentre aspettava che il maledetto semaforo gli permettesse di passare
ripensò a come mai loro due avevano smesso di
scriversi...già forse perchè l'ultima volta toccava a lui
rispondere e non l'aveva mai fatto...perchè era troppo preso fra
esami universitari e lavoro....bella mossa Christian, magari R è
ancora
davanti al computer che aspetta! Ok, un po' di
responsabilità per il fatto che lui non le aveva mai risposto
andava ricercata anche in quello che R gli scriveva. Per carità
essere amici voleva dire anche essere una specie di punching ball
emotivo, e lui per R avrebbe ricoperto quel ruolo per tutto il tempo
che fosse stato necessario, ma sentirla parlare di quanto fosse
innamorata del suo istrutture di equitazione gli dava ai nervi e lo
faceva diventare verde di gelosia, ragion per cui quando R gli aveva
scritto che il simpatico istruttore aveva lasciato la sua compagna per
stare con lei, lui non aveva più risposto, in fondo da quel
momento in poi R non avrebbe dovuto più aver bisogno di un
punching ball emotivo sul quale scaricarsi. Era stata decisamente una
mossa egoistica la sua, se ne rendava perfettamente conto, ma non
avrebbe potuto sopportare di sentirla felice insieme
a....a....a...un'altro.
I restanti chilometri che lo
separavano dall'ufficio, Christian, li compì insultandosi e ripromettendosi
di ricorrere all'hacker che c'era in lui per stanare R dovunque fosse e farsi
perdonare.
La giornata lavorativa di Christian si svolse come sempre: lui
già davanti al computer alle otto e un quarto, il suo socio
Andrea che arrivava alle nove passate (magari i sensi di colpa di
Chritian avrebbero permesso anche a lui di fare altrettanto!), dieci
ore davanti ad uno schermo interrotte solamente dalle quattro o cinque
telefnate quotidiane di Dafne.
Vale la pena soffermarsi un attimo su Dafne, la miglior cliente di
Christian e Andrea, nonchè titolare di una ditta di
abbigliamento. Cinquat'anni suonati da un pezzo e tutta finta dalla
testa ai piedi; tuttavia i suoi difetti fisici erano niente in confronto alla
cotta colossale che si era presa per Christian. Gli telefonava ogni due
ore, impedendogli di portare a termine uno straccio di lavoro tutto in
una volta e inventandosi problemi inesistenti al software gestionale
solo per parlargli e flirtare, in alcuni casi. Christian aveva provato a
passarle Andrea in un'occasione; non lo aveva più fatto: in quel caso ci avevano impiegato
due mesi per riscuotere la fattura e lui aveva evitato per un soffio un
invito a cena che sarebbe stato peggio che bruciare fra le fiamme dell'inferno.
Alle otto di sera, prima di andare a casa aggiornò il suo
profilo di facebook con l'ultimo delirio di Dafne per rimorchiarlo,
salutò Marco che ancora non aveva finito di raccontargli le sue
follie per la festa di San Patrizio, poi già che c'era
provò a controllare se su facebook ci fosse anche R.
Niente. In genere quella ricerca la faceva una volta ogni quindici
giorni, puntuale come la morte, ma quel giorno R aveva continuato ad
entrare e uscire dalla sua mente senza sosta, per cui fece un tentativo; vano. Ma
che fine aveva fatto quella benedetta ragazza, dannazione??!!
Quella sera rincasò alle otto passate e, una volta seduto a
tavola per cenare con Silvia, prese la palla al balzo per
affrontare una questione che gli premeva da un po' di tempo:
-Senti Sil ma come sta andando con la libreria?-
Silvia gestiva una piccola libreria in centro a Milano. Ora, tutti
siamo d'accordo sul fatto che i libri
siano cibo per la mente. Lo dicono tutti, sacrosanta verità.
Tuttavia la crisi economica aveva fatto diventare un sacco di
persone mentalmente anoressiche, per cui Silvia aveva pensato
più di una volta di
chiudere baracca e burattini. Ecco, quel pensiero aveva sconvolto
Christian non poco: come si supponeva che lui potesse mantenere anche
lei viste le caratteristiche del conto in banca della sua
società già discusse prima?
-Mmhh...un po' meglio!- rispose Silvia seza troppa convinzione.
Ok, non era una risposta entusiasmante, ma poteva andare decisamente peggio. Silvia continuò
-Domani arrivano le copie del nuovo libro di Bianca Gandolfi, spero che
almeno quelle richiamino un po' di gente. Alcuni l'hanno già
prenotata!-
-Bianca chi???!!!- fece Christian poco interessato ma giusto per tenere
viva la prima vera conversazione che avevano da giorni lui e Silvia.
-Oh ma dai!!! Bianca Gandolfi!!! Non fa molta pubblicità dei suoi libri, ma sono quattro anni che che
vanno a ruba! Cioè non è che siano da premio nobel, ma
sono divertenti ed ottimistici! Ti sembra di vivere dentro quelle
storie...sul serio! Dovresti leggerne uno, scommetto che ti
piacerebbe!!-
-Romanzi....d'amore?- ribattè lui un po' scettico.
-Senti sono divertenti, ok? E poi non sono banali!-
Christian non rispose, i romanzi d'amore (anche se divertenti) non
erano esattamente il suo genere. A lui piacevano più che altro
thriller e gialli. Ultimamente si era appassionato a Jeff Lindsay e
alla serie di romanzi che per protagonista avevano Dexter, il serial
killer dei delinquenti. Idea geniale! Insomma un serial killer che
uccide altri delinquenti senza bisogno di ricorrere a poteri speciali! Semplicemente geniale!
Per cui passare da
sangue e sventramenti a baci e frasi sdolcinate non era una cosa che lo
entusiasmava in modo particolare. Comunque fosse, quella sera R aveva
deciso di stabilirsi nella mente di
Christian in pianta stabile e lui alle undici e mezza non aveva
per niente sonno, per cui decise di prendere il toro per le corna e
scelse uno dei romanzi di questa Bianca Qualchecosa.
"Dov'è il
Paradiso?". Ok, il titolo non prometteva nè sangue nè
sventramenti, ma i protagonisti erano due scienziati, quindi, magari, se
c'era un po' di scienza sarebbe stato meno noioso.
Il primo capitolo scivolò via liscio come l'olio. Colloquiale e
divertente questa Bianca Vattelapesca scriveva proprio bene. Il secondo
capitolo introduceva il protagonista maschile, un professore di un'università texana che
Christian prese subito in simpatia. Primo perchè a quanto diceva
l'autrice era un genio nel suo lavoro e poi perchè la moglie lo
ignorava. Sì, decisamente questo tizio aveva tutta la
solidarietà di Christian. Più lui leggeva e più si calava nei panni di questo genio della scienza ignorato
dall moglie...hey, ma come faceva Bianca Qualchecosa a conoscere la sua
vita?
(1) "Babe I'm Gonna Leave You" - Led Zeppelin
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Capitolo 4 *** Do Right Woman ***
DO RIGHT WOMAN 3
DO RIGHT WOMAN(1)
Oltre al fatto che è una
città sufficientemente grande per ospitare un editore
sufficientemente pazzo per pubblicare il libro di una ragazza poco
più che maggiorenne e che dopo cinque anni e quattro best-seller
fatica ancora a definirsi scrittrice, Bologna ha un'altro problema: il traffico. Strade
troppo piccole per tutte le macchine che circolano e il gioco è
fatto: congestione stradale assicurata allo scoccare delle otto di mattina,
cioè l'ora di punta.
Tuttavia quella mattina il traffico impazzito era l'ultimo dei problemi
di Rachele, ferma da venti minuti buoni davanti allo stesso giornalaio
e in ritardo di mezz'ora per l'appuntamento che aveva con Giorgio. Un
caleidoscopio di emozioni e pensieri le vorticavano in testa
provocandole un continuo stato d'ansia che non le dava pace dalla
mattina precedente. Beh, almeno una certezza l'aveva: non sempre una
bella passeggiata a cavallo con la musica nelle orecchie era la
soluzione migliore per liberare la mente, anzi alcune volte poteva
avere effetti perfino catastrofici. Tanto per cominciare la sua mente
non si era per niente liberata ed il suo blocco dello scrittore era
sempre lì, che incombeva minaccioso sopra la sua testa come un
enorme spada di Damocle.
Già si immaginava quello che Giorgio le
voleva dire quella mattina: allora novità? no?? dai non ti
buttare giù vedrai che prima o poi un'idea ti verrà,
perchè non ti prendi una vacanza, magari vai in India!
...sì, tutti gli artisti trovano giovamento dopo un viaggio in
India...o magari in Sud America! Guarda Alanis Morissette, i Negrita o
Elizabeth Gilbert...sì, dai....quella tizia che ha scritto
"Mangia, Prega, Ama"!
Ormai erano due mesi che Giorgio le diceva le stesse cose e Rachele
cominciava davvero a pensare che un viaggio, forse, non sarebbe stata
un'idea sbagliata. Non in India, però, lei non era mai stata un
tipo spirituale, ma piuttosto pratica, quindi magari chissà un
bel coast-to-coast degli Stati Uniti, o magari un tour
dell'Australia...già, ma da sola? Che tristezza infinita!!!
Poi, non riusciva a smettere di insultarsi per come si era comportata
con i suoi amici, scomparendo di punto in bianco dalla loro vita dopo uno risicato
"ciao" e senza farsi più sentire. E poi, tanto per non farsi
mancare
niente, quel formicolio allo stomaco che provava sempre quando era in
vacanza con loro, era ricomparso come per magia, senza
un'apparente ragione. Risultato: una notte insonne passata a girarsi e
rigirarsi nelle lenzuola senza sosta. Così oltre che
amareggiata, quella mattina Rachele si sentiva anche fisicamente uno
schifo.
Quei pensieri accompagnarono la giovane scrittrice fino ad un palazzo rinascimentale
appena restaurato sui viali di Bologna dove Giorgio aveva il suo
ufficio. Si fermò davanti alla sbarra del parcheggio sotterraneo dell'edificio
e fece passare nel lettore la tessera magnetica che le dava diritto a lasciare lì la sua
macchina nonostante fosse proprietà privata: i vantaggi di
essere una scrittrice di best-seller.
Due minuti dopo aver parcheggiato l'auto, Rachele era di fronte a Giorgio,
seduta su una comoda poltroncina di pelle.
Dallo sguardo e
dall'espressione del viso della ragazza, l'editore capì in un nanosecondo che di novità non ce n'erano:
-Ok, niente novità! Non te lo chiedo neanche!...- un attimo di
pausa per riflettere se fosse il caso di ripetere alla testona che gli
stava di fronte le stesse cose che le diceva da mesi. Decise per il
sì:
-Senti Rachele, lo so come la pensi, ma prenditi una vacanza per l'amor del cielo! Guardati sei uno straccio!-
Lei lo interruppe, perchè se Giorgio avesse continuato non
sarebbe riuscita a nascondergli che il motivo per cui aveva l'aspetto
di un canovaccio usato non era solo il libro che non riusciva a scrivere, ma c'era anche
qualcosaltro:
-Sì lo so! Vai in India, sì, tutti gli artisti trovano
giovamento dopo un viaggio in India...o
magari in Sud America...guarda Alanis Morissette, i Negrita o Elizabeth Gilbert quella
tizia che ha scritto mangia, prega, ama...- disse con tono di voce
appositamente inespressivo, poi, passando ad un tono scocciato: -Senti
mandaci Britney Spears in India! Lei sì che ne ha un gran
bisogno!!-
Giorgio mangiò la foglia: non era il caso di infierire, quel
giorno Rachele era già abbastanza avvelenata per conto suo;
passò al motivo dell'appuntamento:
-Allora, Andrea ti ha aperto un profilo su facebook...cioè l'ha aperto a Bianca Gandolfi per la verità...-
-Cosa ha fatto Andrea?- chiese Rachele. Non era arrabbiata, più
che altro non sapeva proprio di cosa Giorgio stesse parlando.
-Sì, sai...social network...quelli che hanno inventato per
ritrovare vecchi compagni di scuola o vecchi amici...quelle robe
lì! Dovresti andare da lui per rivedere dei dettagli...-
-E c'è la mia foto da qualche parte?- chiese poi inorridita e rabbrividendo.
-Hey per chi mi hai preso! Certo che no! ...Ehm abbiamo messo la foto di Lamù!!- precisò infine.
Lamù??!! LAMU'!!?? Quel cartone animato con le misure di una
pornostar, i capelli blu, un completino sexy tigrato e i denti da
vampira???? Oddio Giorgio doveva aver cominciato a fare uso di
sostanze stupefacenti!
-No, dimmi che non è vero...- sussurrò Rachele sciogliendosi dall'angoscia.
-Senti, tu non vuoi farti riconoscere e questo mi sta bene, ma per i
tuoi romanzi ci vuole un personaggio grintoso, giovane e simpatico e
Lamù è l'ideale...- si giustificò l'editore.
-A parte il fatto che Lamù era giovane vent'anni fa...- gli fece notare piccata la giovane scrittrice.
Siccome Giorgio non era uno stupido quella risposta se l'aspettava da
Rachele e si era perciò preparato anche una controbattuta:
-Cioè esattamente l'età del tuo target di lettori!
Rachele ti vuoi fidare per favore!!??- concluse l'editore che ora cominciava ad essere un po'
scocciato.
-Va bene! Hai vinto! Lamù sia! Scusa...non volevo sindacare sulle tue competenze!-
Uno dei motivi per cui Rachele non riusciva a socializzare con le
persone, oltre la sua soprannaturale timidezza, era la sua eccessiva schiettezza. Cioè, lei si
considerava una persona sincera che diceva quello che pensava sempre e
comunque, ma non a tutti andava bene questo aspetto del suo carattere.
Tuttavia, quando esagerava lo ammetteva e sapeva anche chiedere scusa.
Controvoglia si alzò dalla poltroncina di pelle e si avviò verso la porta: -Ok, ok,
vado da Andrea...ci sentiamo- disse con poco entusiasmo.
***********************
A mezzogiorno Rachele era nuovamente a casa chiedendosi che cosa se ne
fosse fatta Bianca Gandolfi, cioè lo speudonimo con il quale
venivano pubblicati i suoi libri, di un profilo su facebook. Lei certe
cose proprio non le capiva! Insomma la tecnologia dovrebbe avere lo
scopo di facilitarti la vita, ma non di tiranneggiarla! Lasciò
da parte facebook e accesse quel dannato aggeggio con il quale scriveva
e che qualcuno chiamava computer, ma che lei ultimamente insultava e
basta perchè odiava vedere quella pagina sempre bianca che la
fissava di rimando implacabile e minacciosa come il martello di un maniscalco.
Di ritorno da un appuntamento con Giorgio, Rachele nelle ultime
settimane si sentiva sempre malissimo, divorata com'era dai sensi di colpa e
dalla responsabilità di mantenere gli stessi standard dei libri
precedenti. Per non parlare delle aspettative che avevano sia il suo editore che i lettori
e che lei era terrorizzata di deludere. Perciò, quel giorno, una volta a casa
si era armata delle migliori intenzioni e aveva avviato word per
scrivere almeno uno straccio di inizio....no, niente. La mente di
Rachele era completamente vuota, talmente vuota che cominciò a
chiedersi come diavolo aveva fatto a farsi venire le idee per ben
quattro libri negli anni precedenti. E non era stata una cosa difficile in quel momento
a pensarci bene. I primi due praticamente li aveva già scritti
prima di firmare il contratto con L'Idea,
mentre gli altri due erano venuti fuori dal suo cervello come un
coniglio dal cilindro di un mago. Puff! Così, senza che lei si
fosse
sforzata più di tanto, la storia era nata praticamente da sola e
lei l'aveva semplicemente plasmata con le parole adatte sulla tastiera
del computer.
Però sembrava che la pacchia fosse finita e la sua mente si fosse
trasformata in un arido deserto senza neanche uno straccio di oasi.
Che
strazio!! Innervosita, si alzò dalla sedia e si avvicinò alla
libreria,
fissando i suoi libri. Il primo si intitolava "Dov'è il
Paradiso?" ed era il suo preferito. Era stato quello che era nato il
più in fretta di tutti: tre settimane passate a scrivere e
scrivere, di notte ovviamente, perchè di giorno doveva andare a
scuola. Il risultato però l'aveva soddisfatta e le piaceva
rileggerlo per sentire dentro di sè le emozioni dei
protagonisti, due scienziati. Il secondo, "Stringi i denti", era la
storia di una studentessa che per pagarsi l'università era
diventata una ballerina di lap-dance...poi ovviamente era arrivato il
principe azzurro sotto forma di un ragazzo ricco che faceva il paramedico e che era dovuto intervenire
dopo un incidente nel locale...insomma la fine era in perfetta regola
"Pretty Woman". Nel terzo, "Quando meno te lo aspetti", aveva messo un
po' di sè stessa nella protagonista...una studentessa di
medicina scritturata per fare da controfigura all'attrice protagonista per le
riprese di alcune scene a cavallo durante la registrazione di un film. In questo caso il finale era in perfetto stile
"Notting Hill". Il quarto, quello appena uscito, aveva cominciato a
scriverlo prima ancora di finire il terzo, e si intitolava "SMS" ed
era una divertente commedia sugli equivoci che si possone verificare se
sbagli a scrivere i messaggi con il telefonino e magari sbagli anche il
numero del destinatario. Certo, non sarebbero mai stati libri
di spessore, ma non avevano neanche la presunzione di esserlo, e poi era
anche vero che Rachele non pensava assolutamente di essere la nuova
Grazia Deledda. Semplicemente il suo scopo era cercare di far passare
qualche ora divertente ai suoi lettori; se poi qualcuno di loro fosse
stato abbastanza fuori di testa per immedesimarsi nei suoi
protagonisti...beh, allora Rachele si sarebbe sentita già arrivata nella
vita.
Ma da dove diavolo le era venuta l'ispirazione fino a quel momento?
A quel punto, presa da un'ondata di sconforto che la travolse come uno tsunami,
pensò: "Oh per l'amor del cielo, ma come cavolo mi è
venuto in mente di fare la scrittrice, è ovvio che non sono in
grado! Non potevo fare la cameriera o la barista come la maggior parte
delle mie coetanee?"
Irritata e nervosa, si avvicinò di nuovo al computer, chiuse word e aprì internet. Così,
senza uno scopo preciso, cominciò a navigare fra previsioni del tempo,
notizie dal mondo (che abbandonò subito perchè era
abbastanza stanca di leggere di persone morte ammazzate senza
un'apparente ragione) finchè le sue dita, quasi come fossero dotate di una
propria indipendenza, digitarono l'indirizzo di facebook.
In un secondo si aprì una pagina web che la invitava ad
iscriversi per trovare nuovi o vecchi amici. Rachele rimase lì,
ferma a
fissare quella pagina. Cosa doveva fare? E se avesse aperto un suo
profilo personale per...per cosa? Oh, lo sapeva benissimo dove i suoi
dannati neuroni volevano andare a parare: aprire un profilo su facebook
per contattare ancora i suoi amici! Colta da un'improvviso panico
cliccò sulla crocetta in alto a destra della finestra di
internet e facebook
scomparve. Rachele rimase ferma un'istante a guardare la foto di Just
Dance with Me che la fissava dal desktop, poi riaprì google
chrome e, un po' titubante, andò nuovamente sulla pagina
iniziale di facebook. Stava per cliccare su enorme tasto verde che
diceva "Registrazione", ma
si bloccò, come se una forza invisibile le stesse trattenendo la mano
appoggiata sul mouse. Piena di rabbia verso sè stessa e verso la sua
codardia, si
alzò di scatto dalla sedia e cominciò a passeggiare
avanti e indietro davanti allo schermo piatto del computer, sempre
fermo
ubbidiente su facebook. Cosa sarebbe successo se Marco e Christian non
avessero risposto
ai suoi messaggi? Cosa sarebbe successo se loro fossero stati talmente
infuriati con lei, non solo da ignorarla, ma addirittura da rifuitarla
senza pensare troppo alle buone maniere? Già, cosa avrebbe fatto
lei se gli unici suoi amici l'avessero mandata a spendere? Ok, c'erano
anche un altro paio di "se". In particolare: come avrebbe reagito lei
se avesse scoperto che Christian, nel frattempo, si era trasformato nel
tipico "family
man" con tanto di moglie e prole? E cosa avrebbe fatto lei
se....se....no, c'era solo quel
"se", cioè il più grande di tutti, e quel "se"
l'assillava più di ogni altra cosa, perchè in fondo al
suo cuore Rachele sapeva perfettamente cosa volesse dire quel
formicolio che aveva preso possesso del suo stomaco già dal
giorno prima. Beh, di sicuro la sua autostima non avrebbe retto di
fronte ad un rifiuto da parte dei suoi amici e lei sarebbe
scomparsa un'altra volta dalla loro vita...che sarebbe
comunque stata perfetta anche senza di lei, quindi, in fondo, cos'aveva
lei da perdere se non un po'
di rispetto per sè stessa che già ultimamente non se la
passava tanto bene in ogni caso?
Raschiando tutto il suo coraggio e bevendo un lungo sorso dalla
bottiglia di acqua che teneva sempre sulla sua scrivania, finalmente
cliccò su quel
maledetto bottone "Registrazione" e quattro ore più tardi
Rachele Gamberini era su facebook. Per confondere un po' le acque aveva
inserito una sua foto a cavallo, presa un po' da lontano.
Ok, Rachele e la tecnologia erano come due rette parallele: non
s'intersecavano mai, per cui impiegò un'altra ora per
capire come diavolo
si faceva per cercare una persona, soprattutto se questa persona non
metteva una sua foto sul profilo o se c'erano diversi profili con lo
stesso nome. Era quasi sull'orlo di una crisi di nervi, quando
trovò i suoi amici: Marco era un po' cambiato rispetto a quando
aveva diciotto anni, dimagrito più che altro, ma Rachele lo
riconobbe immediatamente grazie alle
sue inconfondibili orecchie a sventola ed al suo immenso sorriso. Era
irresistibile, a lei veniva da ridere solo a guardarlo in foto, come si
faceva a non trovarlo simpatico? Per quanto riguardava Christian,
invece, Rachele rimase ferma immobile a studiare la foto di un ragazzo
con i capelli mossi, nerissimmi e lunghi
fino
alle spalle che le sorrideva mentre due occhi scuri e brillanti la
fissavano allegramente attraverso lo schermo del computer. Ebbe la
sensazione che il tempo si fosse fermato a dieci anni prima. Perfetto,
semplicemente perfetto. Rachele non trovò altro modo per descriverlo.
Impiegò un'altra mezz'ora per contattare entrambi: un secondo
per inviare un messaggio a Marco e ventinove minuti e cinquantanove
secondi per inviarlo a Christian. Alla fine, però, una crisi isterica e sette camicie sudate più tardi, Rachele
aveva inviato i due messaggi più importanti della sua vita: in
entrambe i casi un semplice "Ciao!".
Ora non le restava che aspettare con le
dita incrociate...e con una mazza da besaball a fianco del computer nel
caso in cui Christian fosse diventato davvero un bravo "family
man".
(1) Da "Do Right Woman, Do Right Man" - Aretha Franklin
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Capitolo 5 *** Do Right Man ***
DO RIGHT MAN 4
NOTA: Io non sono un'esperta di facebook, ma a questo punto della
trama il social network diventa piuttosto importante. Non so se
facebook abbia davvero le caratteristiche che ho descritto in questo
capitolo e nei successivi; in caso negativo certi aspetti me li sono
evidentemente inventati per far fronte a particolari necessità
narrative.
DO RIGHT MAN (1)
Il libro "Dov'è il Paradiso?" aveva tenuto sveglio Christian per
buona parte della notte. Si era addormentato solo quando finalmente i
due protagonisti si erano decisi ad ascoltare i rispettivi sentimenti;
a quel punto si era sentito un po' più tranquillo ed il sonno
aveva
preso il sopravvento. Gli mancavano ancora quattro o cinque
capitoli, ma alle tre di notte era crollato addormentato sul
divano. Il mal di schiena del giorno successivo era comunque valso la
pena, quel professore
texano gli stava simpatico, almeno lui aveva avuto il coraggio di
lasciare
la moglie e ricominciare da capo con una donna che amava
profondamente. Beato lui! Si chiedeva come facesse questa Bianca
Gandolfi a conoscere così bene il cuore delle persone...e con
"il cuore delle persone", Christian intendeva anche il suo.
Una notte di scomodo sonno sul divano, in ogni caso, non era servita per
scacciare R dalla sua mente. Ma che cavolo! Forse lei aveva deciso di
mettere le
radici fra i suoi neuroni!? Almeno si facesse trovare per la miseria! E
poi cosa
significava per lui R, in fin dei conti? Insomma erano anni che non si
sentivano nè tanto meno si vedevano, lei magari era contenta
e sposata con quel dannato tizio dei cavalli e a lui non ci
pensava
neanche un pochino...e poi lui era felicemente accompagnato...no no no,
lui era accompagnato, felicemente era una cosa che lui da tempo
non si ricordava neanche più!
Erano le sei e mezza del mattino quando il giovane programmatore si alzò
faticosamente dal divano, mentre la sua schiena gridava vendetta, e
cominciò un'altra giornata, identica a tutte le precedenti e a
tutte quelle che fossero venute. Ogni tanto si sentiva come rassegnato al suo
futuro. Accidenti, aveva ventisei anni, mica ottanta! Che strazio, cosa
poteva fare per cambiare le cose?
Beh, tanto per cominciare avrebbe
potuto non fare quello che avrebbe fatto quella sera quando
trovò su facebook un messaggio di una certa "Rachele
non-lesse-bene-il-cognome-accidenti-a-lui" che
gli diceva solo "Ciao!".
****************
Se c'era una cosa che Rachele detestava era sentirsi succube e
dipendente da qualcosa o qualcuno, quindi nelle ore che seguirono
l'invio dei due messaggi ai suoi amici su facebook si odiò
profondamente per l'impazienza che provava. In un modo o nell'altro,
più che altro ricorrendo ad improperi verso la propria persona,
riuscì a resistere per ben ventiquattro ore prima di
gettarsi nel proprio profilo sul social network come un drogato
si butterebbe su una dose.
Rimase a bocca aperta quando vide che entrambi i suoi amici le avevano risposto. Ok, e adesso? Cosa
doveva fare? Di sicuro loro si aspettavano che lei rispondesse....in
effetti un messaggio richiede sempre una risposta...ma lei aveva una
paura folle di scoprire cosa avevano risposto. E se le avevano risposto
di andare a quel paese? Con la bocca arida posizionò il puntatore sul messaggio di
Marco e cliccò chiudendo gli occhi. Non voleva vedere...lo
stomaco in gola ed il cuore che le batteva ad una velocità
disumana...li riaprì e lesse:
"Rachele sei tu? Non ci posso credere! Che bello sentirti! Pensavo fossi
morta! Sono anni che non dai segni di vita! Certo la tecnologia non
è mai stata il tuo forte! Come stai? Cosa fai? Io sono ancora in
Irlanda. Lavoro in una banca! Capisci? Mi ci vedi a lavorare in banca?
In ogni caso qui sto bene, ci si diverte un sacco e c'è tanta
gente amichevole ed accogliente! Una pacchia!! Per non parlare
dell'alcool, guarda io confronto a loro sono un dilettante!"
*********************
In effetti la risposa che Marco aveva inviato a Rachele avrebbe potuto
sembrare, a chi lo conosceva bene e dopo un'attenta analisi, un po'
affrettata; tuttavia il ragazzo non era riuscito a reprimere la
capriola che aveva fatto fatto il suo cuore quando aveva visto il
messaggio di Rachele sul suo profilo. Dire che era emigrato in Irlanda
per colpa sua sarebbe effettivamente esagerato. No, Marco era emigrato
in Irlanda perchè in Italia il mercato del lavoro faceva schifo
e lui, dopo il diploma di ragioniere, non era riuscito a trovare
di meglio se non uno striminzito posto in un caseificio, per
tenersi il quale era stato costretto per due anni ad alzarsi alle tre
del mattino. Alla fine, sfiancato e con in testa aspirazioni migliori
rispetto alle caciotte aveva preso la decisione di espatriare. Non si
era mai pentito di averlo fatto, ma Rachele non era mai riuscito a
dimenticarla. Così, quando la sua "sfortunatamente-solo-amica"
gli aveva scritto, lui, un po' scombussolato, aveva risposto le prime
cose che gli erano saltate in mente. Aveva anche valutato la
possibilità di non rispondere per niente, in fondo ignorarla
probabilmente sarebbe stato il primo passo verso "il dimenticarla", ma
poi aveva realizzato che non sarebbe mai stato in grado di fare a meno
di lei, anche se Rachele fosse rimasta solo sua amica.
*********************
Rachele rise leggendo quel messaggio; tipico di Marco: finchè c'era da divertirsi
avrebbe potuto anche andare a ballare in un campo minato in Sierra
Leone! Sorridendo, rispose così:
"Hey grazie per l'augurio! Comunque, sono contenta che ti trovi bene
senza spaghetti e pizza. Come sto io? Direi di stendere un velo
pietoso, magari, se sopravviverò, te lo racconterò quando
saremo tutti e due sul letto di morte...e gurda che con la teconologia
io potrei anche prenderti a calci! Decisamente una banca è
l'ultimo posto dove ti avrei immaginato, ma penso che ora per i tuoi
clienti, fare debiti sia più divertente, quindi fortunati loro
ad averti!! Voglio sapere tutto sulla tua vita
in Irlanda! Un bacio. Rachele"
Ok, ora si sentiva molto più sollevata. Il 50% del peggio era
passato. Ora rimaneva l'altro 50%. Tornò
alla pagina principale del suo profilo. Deglutì faticosamente
quella che non sembrava più neanche essere saliva ma un olio
denso e viscoso, mentre fissava il nome "Chritian" scritto in neretto
nella lista dei messaggi da leggere. Non poteva
guardare....dannazione ma come cavolo le era saltato in testa di
ricontattare Christian dopo così tanto tempo...insomma aveva
ventisei anni pure lui e niente di più facile che fosse
diventato un responsabile marito ed amorevole padre di
famiglia....mannaggia
maledetto accidenti a lui!! Trattenendo il fiato RAchele cliccò
sul messaggio del ragazzo. Rimase a bocca aperta leggendo:
"...in genere ci si presenta con più di un "Ciao"!!!"
Basta, nient'altro. Gli occhi di Rachele si riempirono di lacrime.
Ecco, Christian-che-non-si-ricordava-di-lei era anche peggio di
Christian-il-bravo-papà! E adesso? Cosa doveva fare?
Rispondergli arrabiata o non rispondergli per niente? Sì, non
rispondere sarebbe stata la cosa più sensata da fare. Rachele si
convinse che la cosa migliore che poteva fare sarebbe stata chiudere
facebook,
essere contenta che Marco le aveva
risposto...no, non ce la fece. Si alzò di scatto dalla sedia
dov'era seduta e prese a passeggiare avanti e indietro, nervosa come
una tigre in gabbia e senza riuscire a distogliere lo sguardo da
quelle poche parole. Maledizione una coltellata dritta al cuore le
avrebbe fatto meno male! Ok, ragionando a mente fredda (cioè
come la sua mente NON era in quel momento) quella risposta poteva voler
dire due cose: o davvero non si ricordava di lei e questo significava
che non era mai stata importante per Christian, oppure lui gliela stava
facendo pagare per essere scomparsa nel nulla diversi anni prima e
questo, Dio solo sapeva quanto lei se lo meritasse.
Al diavolo, avrebbe pagato le sue colpe fino in fondo. Si sedette di nuovo e scrisse il seguente messaggio:
"Ok, me lo merito, ma pensavo, se non altro, di poter saltare le presentazioni formali!"
Lo inviò d'impulso, senza pensarci, perchè se lo avesse
fatto, non era sicura che sarebbe riuscita a cliccare quel maledetto
bottone "Invia messaggio". Solo dopo che ricevette la conferma di
consegna della sua risposta, si rese conto di avere il fiatone, per
cui si alzò e si fiondò in balcone per respirare un po'
di quell'ossigeno che sembrava essere finito, dentro il suo
appartamento. Ci rimase per diversi minuti, il debito di ossigeno era
una cosa che le era sempre riuscita difficile da pagare; quando
rientrò, però, vide qualcosa che le fece tornare il
fiatone, e molto più severo rispetto a quello di prima.
****************
-Ok me lo merito...ma pensavo se non altro di poter saltare le
presentazioni formali!???- Christian ripetè indignato e ad alta voce il
messagio che aveva appena ricevuto su facebook. Poi passò a lamentarsi: -Oh
ma chi si crede di essere questa qui! Insomma io sono stanco, sono
dodici ore che lavoro...adesso la metto al suo posto....cosa pensava di
fare sua altezza??-
Prima di rispondere andò a controllare bene il mittente di quell'oltraggioso
messaggio per assicurarsi di non sbagliare a scrivere il nome: Rachele Gamberini...
Rachele Gamberini....dove aveva già sentito quel
nome...Rachele...R...Christian si paralizzò, mentre un "porca
*******" grande come una casa
prese a vagare senza meta nella sua testa completamente svuotata. Fermo
immobile davanti allo schermo del computer
senza neanche respirare nè battere le palpebre, il ragazzo
rimase a
fissare quel nome, Rachele Gamberini, per diversi istanti. Impossibile!
R??? Lui l'aveva sempre chiamata così...oddio aveva mandato R a
quel paese!! Inorridì. Che idiota! Ma sarebbe mai
arrivato un fondo per la sua
stupidaggine? No, probabilmente no. Ok, analizzando attentamente la
risposta di R, lei non sembrava arrabbiata. Magari
aveva pensato che lui si fosse scordato di lei! NOOOOO! Doveva
assolutamente toglierle dalla testa quell'idea assurda, ma d'altra parte
lui non
poteva mica risponderle "No, non potrei mai
dimenticarmi di te campassi anche mille anni!!", no? Motivo per cui, una
volta accertatosi che lei fosse in linea, optò per una forma di
scuse più essenziale e mimetica:
"R?? Sei davvero tu?"
Inviò il messaggio e rimase in attesa della risposta di lei. E
rispondi! Avanti!! Gli sembrava di essere sospeso sopra un pentolone
di acqua bollente legato al ramo di un gracile alberello con una corda che minacciava di spezzarsi da un
momento all'altro. "Ok, aspetta...pazienza...magari sta facendo
qualcos'altro al computer..." pensò. No, non ce la fece a far passare un
intero minuto, scrisse ed inviò un secondo messaggio:
"R, lo so che sei collegata! Rispondimi per favore! Non avevo capito che eri tu...."
E prese di nuovo a fissare quel dannato schermo insopportabilmente immobile.
*******************
Oh, cavolo lei era stata in balcone...quanto? Due minuti? Tre? E al suo
ritorno Christian le aveva scritto due volte. Non una! Due!! DUE!!!
Altro che debito di ossigeno, avrebbe avuto bisogno di un
defibrillatore! Ok, doveva solo calmarsi e respirare....calmarsi e
respirare...un momento, ma quelli non erano messaggi normali, quelle
erano finestre aperte per chattare! Voleva dire che lui era in linea
dall'altra parte e stava aspettando che lei rispondesse! Adesso le
girava anche la testa! Ok, allora per prima cosa bisognava sedersi
davanti allo schermo, continuare a respirare e leggere tutto quello che dicevano i messaggi, se
non altro per rispondere in modo coerente. Allora, il primo messaggio
diceva: "R?? Sei davvero tu?" Ah, allora il genio alla fine si era
ricordato di lei...
Mentre il secondo diceva: "R, lo so che sei collegata! Rispondimi per
favore! Non avevo capito che eri tu...." Ok, spiegazione logica e del
tutto comprensibile. E qui veniva il brutto...come diavolo si faceva a
chattare? Si guardò intorno, nella cornice della finestra di
dialogo. Forse il tasto "Rispondi" aveva un suo significato non troppo
recondito dopo tutto. Lo scliccò e comparve una finestra vuota
sotto il secondo messaggio di Christian. Ok, e adesso cosa avrebbe
dovuto scrivergli? Non sembrava arrabbiato, anzi sembrava quasi preoccupato
ed ansioso che lei rispondesse. Per cui inviò la prima cosa che
le venne in mente:
Sì, sono io! Ciao...
Ok, la scrittrice originale che era in lei si vede che era andata in
vacanza un momento, mentre scriveva quella frase.
La risposta
arrivò così rapida che quasi Rachele ebbe paura:
C: Hey!! Come sono contento di sentirti! Senti mi dispiace non averti mai risposto...tanti anni fa...scusa!
R: Scherzi, dopo averti seppellito sotto metri di pene d'amore insulse
e patetiche è già tanto se non mi hai mai mandata a quel
paese! Sono io che dovrei chiederti scusa! Anzi, siccome non ho mai
avuto occasione, ne approfitto nel caso dovessi scomparire per altri
cinque lunghi anni...grazie Chris...per tutto davvero...
C: Per carità, lo sai che per te farei da punching ball emotivo
fino alla fine dei miei giorni! Allora come stai? Oddio quanto mi sei
mancata!!
Un secondo, fermi tutti! Quel "Oddio quanto mi sei mancata!!" mise in
grosse difficoltà la stabilità emotiva di Rachele per le
successive settimane, mentre nei
secondi che seguirono quel messaggio, lei non seppe cosa rispondere. Gli era
mancata! GLI ERA MANCATA!!! Ora bisognava indagare da che punto di
vista "gli era mancata". Rispose di getto, evidentemente la scrittrice
che era in lei aveva fatto ritorno:
R: Hey, anche tu mi sei mancato tanto. Però, siccome la volta
scorsa praticamente ho parlato solo io, questa volta dovrai essere tu a
usare me come punching ball emotivo! Coraggio, voglio sapere tutto:
gioie e dolori, vittorie e sconfitte, amori e contrasti...insomma tutto
quanto..solo salta le nudità, per favore, perchè non
nessun bisogno dei dettagli! Forza ti ascolto!
C: Ma dov'è finita quella bambina tanto timida?
R: Beh, sono passati vent'anni Chris direi che è cresciuta, e un
bel po' anche!! Come del resto spero che sia cresciuto quel
bambino che non riusciva a pronunciare il mio nome!!
C: Sì, è cresciuto anche lui! Comunque se ti da fastidio posso chiamarti Rachele...se ci riesco!
R: No, per favore!!! No...sono affezionata a R...mi piace quando mi chiami R!
Ok, l'inizio fu traumatico per entrambi, ma il seguito fu emozionante
per entrambi. Chattarono fino a mezzanotte passata e Christian
parlò davvero di tutta la sua vita: del suo lavoro che, per
quanto gli piacesse aveva i suoi lati tristi (come Dafne e l'estratto
conto, tanto per fare due esempi), della sua vita con Silvia che
all'inizio pensava fosse meglio di com'era in quel momento...beh,
parlò quasi di tutto, perchè del videogioco non
disse nulla, per scaramanzia, forse e anche perchè aveva paura del giudizio di lei.
Verso la fine della conversazione Rachele si sentiva rincuorata, e
molto anche; in fondo aveva ritrovato il suo amico e anche se lui fosse
comunque rimasto tale la cosa importante era che lo rimanesse per
sempre. Ok, niente figli ma una compagna: forse la mazza da
beseball virtuale avrebbe dovuto rimanere accanto al computer ancora un
po'.
Le poche domande che lui fece a
R, invece,
ricevettero una risposta un po' evasiva:
C: Allora, il tizio dei cavalli? (Christian s'insultò per averlo chiamato poco educatamente
"tizio", ma proprio non gli riusciva di chiamarlo più
civilmente. Inutile negarlo, lo odiava con tutto sè stesso.)
R: Non ne ho la minima idea da più di un anno! Cioè da
quando l'ho buttato fuori di casa a calci! E non ti azzardare a
chiedermi altro su quel maiale!!
La definizione "maiale" rese altre richieste di dettagli letteralmente
superflue, almeno dal punto di vista di Christian, che quindi
cambiò argomento:
C: E tu che lavoro fai? Ero rimasto che non sapevi che facoltà prendere all'università.
R: Freelance. (Per fortuna Christian non riuscì a vedere la
faccia di Rachele contratta di una smorfia di paura mista a disgusto
mentre digitava questa risposta.)
Lui rimase inizialmente sconcertatato: freelance??? Poteva voler dire tutto o niente!
C: Oh.
Un secondo di vuoto, poi:
C: Cioè scrivi...ho capito...(non era vero, Christian non aveva
capito, ma aveva la netta sensazione che lei volesse schivare
l'argomento per cui non indagò oltre).
(1) Da "Do Right Woman, Do Right Man" - Aretha Franklin
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Capitolo 6 *** Don't Waste Your Time ***
DON'T WASTE YOUR TIME 4
DON'T WASTE YOUR TIME(1)
Christian e Rachele non si erano mai dati un appuntamento ufficiale, ma
fatto stava che alle otto, tutte le sere puntuali come un orologio al
quarzo svizzero si incontravano su facebook e chattavano. Non per ore
come la prima volta, ma solo il tempo sufficiente per raccontarsi le
rispettive giornate e le cose che erano successe nel bene o nel
male. Col tempo quei minuti divennero per entrambi di vitale
importanza, li aspettavano con impazienza e con le dita che prudevano
sulla tastiera del computer mentre le 20,00 scoccavano sull'orologio.
Per i due ragazzi quella mezz'ora era un po' come tornare a casa.
Avete presente quando siete stati via da casa tanto tempo e siete fuori
dalla porta con le chiavi in mano? Ricordate il suono della chiave che
entra sicura nella toppa ed il rumore che fa la serratura mentre gira?
E quando la porta finalmente si apre ed il profumo rassicurante e
prodigioso della vostra casa vi investe e voi d'istinto lo
respirate profondamente come se in quel profumo potesse esserci il vero
significato di un posto tutto e solo vostro? Ecco, Christian e Rachele
si sentivano così, mentre chiacchieravano, scherzavano e si
confidavano. Ok, non è che si dicevano proprio tutto. Rachele
per esempio non gli disse mai che faceva la scrittrice, il fatto che
lui potesse leggere un suo romanzo e trovarlo stupido l'avrebbe uccisa;
mentre Christian non parlava mai di Silvia e della loro non-convivenza,
perchè quel momento era solo per loro e non l'avrebbe rovinato
per niente al mondo e poi non fece mai accenno al videogioco, un possibile fallimento davanti a R appena ritrovata glielo
impedì.
*****************
Per Christian aver ritrovato R ebbe effetti devastanti. Tanto
per cominciare ora R, oltre che averla in pianta stabile nel suo
cervello, ce l'aveva costantemente anche davanti agli occhi;
improvvisamente, come gli scatti in sequenza di una macchina fotografica, Christian
aveva ricordato tutti i particolari del suo viso, dagli occhi (che in
effetti non aveva mai dimenticato), ai capelli castani e ribelli che
non ubbidivano mai ai suoi ordini e questo la faceva uscire dalla
grazia di Dio, passando per il mento con una fossetta al centro e la
bocca che a lui era sempre sembrata semplicemente perfetta. Insomma perfino
Andrea, il suo egoista socio, si era reso conto che qualcosa in
Christian non andava:
-Chritian c'è Dafne al telefono..- gli disse un giorno.
Niente.
-Chris?-
Ancora niente.
-CHRIS!! DAFNE!!!- urlò infina per scuotere Christian da quel suo
stato di costante torpore nel quale era immerso da un paio di settimane a quella parte.
Si convinse che Christian doveva essere innamorato, e si chiese se lo era
di Silvia, mentre passava la telefonata di
"Dafne-la-donna-di-silicone" sul terminale dell'amico.
-EH? Cos'hai detto Andrea?- chiese Christian ritornando sulla terra.
-C'è Dafne al telefono!-
-Va bene...va bene! Ora rispondo!- si rassegnò lui con molto poco entusiasmo
Ma il fondo, però, Christian lo toccò quella stessa sera,
a cena.
Mentre mangiavano, Silvia stava leggendo il nuovo libro di Bianca
Vattelapesca...giustamente, in fondo loro due non si erano nè
visti nè parlati per tutto il
giorno, quindi era perfettamente comprensibile che lei leggesse durante
l'unico momento nel quale avrebbero potuto fare due chiacchiere.
Soprapensiero mentre addentava un boccone di bistecca lui disse:
-R, mi p....- si fermò inorridito per quello che era appena
uscito dalla sua bocca. R. Aveva davvero chiamato R? Impallidì e
cominciò a pregare che Silvia fosse talmente immersa nella lettura del libro di Bianca Qualchecosa da non
aver capito quello che lui aveva appena
detto. E cominciò anche a sudare freddo, molto freddo. Per
fortuna, Silvia rispose distrattamente, fra una risatina e l'altra e
senza neanche alzare gli occhi
dal libro, come se si trovasse a chilometri di distanza:
-Cosa...?-
Christian si affrettò a rispondere riprendendo a respirare:
-Ehm...niente niente volevo l'acqua ma mi arrangio io...tu continua a
leggere...- e si allungò sopra il tavolo per prendere la
bottiglia dell'acqua che, per inciso, non gli serviva. Mentre beveva,
perchè doveva reggere il gioco fino in fondo, prese veloce
appunto mentale di dare un enorme
bacio a questa Bianca Qualchecosa se mai l'avesse incontrata, fosse
anche stata una vecchia zitella inacidita e incartapecorita.
A quel punto Christian trovò urgente riflettere su quanto era
appena accaduto. Ok, il fatto che aveva chiamato la sua ragazza R gli
sembrava significativo, e di sicuro non ci voleva il genio scientifico
del protagonista del libro di Bianca Vattelapesca che lui stava leggendo per capire il perchè. Il
ritorno di R l'aveva praticamente sconvolto. Erano diversi giorni che
non faceva che pensare a lei e a come potesse essere diventata dopo
quell'estate del 1996, cioè l'ultima volta che si erano visti.
Per la cronaca, quell'estate sarebbe rimasta, anche per lui, la più bella di
tutta la sua vita. R a parte, quello era il suo ricordo migliore, dove si
rifugiava quando era triste o quando qualcosa non andava per il verso
giusto. Semplicemente perchè durante quell'estate tutto era stato
perfetto. Ok, "perfetto" nel vero concetto della parola per
un diciottenne quale lui era nel 1996 avrebbe voluto dire stare con R
un po' di più che su due lettini a mezzo metro l'uno dall'altra,
ma Christian sapeva che in fondo dalla vita non si può avere tutto.
Comunque, quella sera, decise che bisognava dare una scossa alla
situazione; era stanco di subire il susseguirsi delle giornate sapendo
già al mattino cosa gli sarebbe successo la sera. E poi si
convinse di avere tutto il diritto di trovare un suo "posto
felice", lì nel 2006,
invece che continuare a vivere nel passato. Motivo per cui, dopo aver finito di
cenare, in silenzio per evitare di chiamare ancora una volta Silvia con
il nome della ragazza sbagliata (o forse quella giusta, a seconda dei
punti di vista),
accese il computer e scrisse a R, quella originale e inimitabile, il
seguente messaggio; semplice e diretto, proprio come lei:
Ho bisogno di vederti!
***************
La notte passata a chattere con Christian ebbe un duplice effetto su
Rachele: uno positivo e uno negativo. Quello negativo consisteva in un
costante
stato di eccitazione che sfiorava un disturbo maniacale
della personalità che non la faceva dormire per niente. Nei
giorni
successivi non ebbe un gran bell'aspetto, in effetti. Quello
positivo era che lei aveva di nuovo tutti e due i suoi amici ed era
decisa a fare di tutto per evitare di comportarsi
come un verme com'era successo anni prima. Ok, il fatto che Christian
convivesse con una ragazza non le piaceva molto, anzi per niente, ma
d'altra parte non poteva di certo dirgli "Lasciala per stare con me!",
quindi avrebbe dovuto rassegnarsi a tenerselo solo come amico, il che
comunque era già un passo avanti rispetto al niente di pochi
giorni prima.
Ah già, e poi ci fu anche un'altro piccolo particolare: Rachele
riprese a scrivere. In effetti i suoi neuroni non trovavano idee
per una nuova storia come si trovano bambini sotto un cavolo come
prima, ma almeno l'inizio di una nuova storia lo aveva scritto. Le
passeggiate poco liberatorie a cavallo con la musica nelle orecchie
lungo l'argine del fiume vicino a casa sua si fecero più
frequenti ma non liberatorie per sua sfortuna. Al povero
Just Dance with Me bisognava dare atto del fatto di essere un cavallo
estremamente paziente, perchè sopportò i repentini
cambiamenti d'umore della padrona con stoica tranquillità ed imperturbabilità. Per
fortuna di Rachele non poteva parlare,
perchè se avesse potuto farlo avrebbe detto qualcosa come: "Hey, vacci
piano guarda che le redini arrivano nella mia bocca!! Magari aiuterebbe
se mi dessi un po' più di carote e di zucchero!!".
Quell'insistente sfarfallio allo stomaco che lei conosceva alla perfezione la disturbava parecchio, ma
non era in grado di scacciarlo, nonostante si ripetesse almeno mille
volte al giorno che doveva scordarsi Christian che ricopriva per lei un
ruolo diverso da quello di "amico". Sperava solo che, col tempo,
sarebbe passato da solo, magari prima degli ottant'anni. Tuttavia, ogni
qualvolta stava un po' meglio ed il suo stomaco smetteva di girare o di
annodarsi, lei si ricordava delle parole "Oddio quanto mi sei mancata!"
e tutto ricominciava da capo. Ok, il fatto che fra di loro ci
fossero duecento chilometri di distanza, l'aiutava a reprimere i suoi
bollenti spiriti...anche perchè evitava accuratamente di
concentrarsi sulla foto di Christian tutte le volte che capitava, per
puro caso ovviamente, sul suo profilo di facebook. In ogni caso il
masochismo di Rachele l'aveva portata a rileggere tutte le lettere
(sì, quelle cose antidiluviane tanto frequenti prima
dell'avvento delle e-mail, scritte su pezzi di carta che andavano
imbustate ed affrancate...avete presnete?) che, fra il '93 e il '96,
lei e Christian
si erano scambiati. Non fu decisamente una bella idea, per niente,
perchè solo in quel momento Rachele scoprì che lui
le aveva lanciato ogni tipo di suggerimenti riguardo al fatto che era
particolarmente interessato a
lei in tutti modi, praticamente gli mancava di dire "Senti tu mi piaci
e
tanto anche" e lei non aveva reagito in nessun modo, che stupida!!. Ma Christian era fatto così: riservato e in fondo
in fondo timido anche lui. Mentre rileggeva quelle pagine Rachele si
prodigò in impressionanti sessioni di "Insulto creativo" contro
sè stessa: come accidenti aveva fatto a farselo scappare a quel
modo. Ok, magari sarebbe finita in ogni caso, ma almeno adesso non
sarebbe divorata dai rimpianti. Rilesse quelle lettere una sola
volta poi le ripose
dov'erano sempre state negli ultimi anni, perchè il balcone del
suo appartamento al quarto piano cominciò a diventare
spaventosamente invitante. Di sicuro il messaggio che Christian le
inviò circa un paio di settimane
dopo aver riallacciato i contatti, non
l'aiutò per niente a schedarlo definitivamente nella categoria "Amici
forzati":
Ho bisogno di vederti!
Rachele rimase a fissare quelle quattro parole e quel punto esclamativo
come se scintillassero ricoperti d'oro. Analizzò a fondo il
messaggio e tutti i suoi possibili significati ufficiali o reconditi che
fossero. Il verbo "vedere" non
lasciava possibiltà di equivoci: vedere voleva proprio dire
trovarsi uno di fronte all'altra in carne e ossa, guardarsi, potersi
parlare e toccare...lo stomaco di Rachele fece un doppio salto mortale
con avvitamento triplo e quant'altro potesse fare per annodarsi. Ma la
cosa peggiore era l'altro verbo: "avere bisogno". Ecco, Rachele in quel
momento avrebbe potuto tenere una conferenza intera sul significato del
verbo "avere bisogno". Tanto per cominciare denotava una certa urgenza,
e poi quando qualcuno "ha bisogno" di qualcosa, in genere questo
qualcosa è abbastanza importante. Tuttavia un bisogno può
essere di natura fisica (e qui Rachele ebbe un altro brivido), oppure
psicologica, e qui la ragazza comincio a tremare. In ogni caso
Christian "aveva bisogno" di vederla e quello fu sufficiente per farla
volteggiare a qualche centimetro da terra per diversi minuti.
"Oddio e adesso lui come pensa che me lo possa togliere dalla testa se
ha bisogno di vedermi?! Ma è proprio sadico accidenti!!"
pensò.
Quel messaggio lo aveva letto la mattina successiva al suo arrivo, quindi ben
dieci interminabili ore la separavano dalla sua quotidiana
chiacchierata con Christian. Rabbrividì. Come si supponeva che lei potesse
resistere tutto quel tempo prima di chiedere spiegazioni al diretto
interessato in tempo reale? Semplice, si supponeva che le passasse malissimo. E
infatti una passeggiata a cavallo non servì a niente, il pranzo
le andò quasi di traverso perchè il suo stomaco si
rifiutava di aprirsi, mentre il pomeriggio scrisse qualcosa che
però cancellò quasi subito, perchè anche il suo
cervello si era chiuso. In un modo o nell'altro le 20,00 arrivarono e
lei quasi non fece in tempo a collegarsi a facebook che arrivò
la familiare finestra di chat di Christian:
C: Allora?
Prima di rispondere Rachele si sistemò bene sulla sua sedia,
come se stare più comoda l'aiutasse a scacciare l'agitazione:
R: Accidenti hai proprio fretta eh? Certo. Come quando e dove? (la
risposta sembrò disinvolta, ma chi la scrisse non lo era per
niente in realtà)
Leggendo il messaggio di R il volto di Christian s'illuminò con un
sorriso che andava da un orecchio all'altro. Si rilassò; era da
solo in ufficio (Andrea andava a casa sempre prima delle sette di sera,
beato lui che non aveva mai sensi di colpa!), quindi allontanò
un poco la sedia ed appoggiò i piedi sopra la scrivania
mettendosi la tastiera del computer sulla gambe. Solo quando si
sentì perfettamente a suo agio rispose:
C: Io sono un po' incasinato con il lavoro, ho una scadenza abbastanza
importante da mantenere...possiamo incontrarci a Milano? Riesci o sei
presa anche tu..? (non aveva ancora capito appieno il significato di
"freelance", ma non voleva sembrare invadente)
R: Certo! No, riesco a gestirmi bene...facciamo questo Sabato? Dimmi
dove e quando! (Era già giovedì, e proporre sabato poteva
dare l'impressione che Rachele fosse disperata, ma...in fondo lo era davvero
quindi che senso aveva nascondersi dietro un filo d'erba?)
C: Benissimo, alle undici davanti al duomo?
R: Perfetto! Allora com'è andata la tua giornata? Qual'è
questa scadenza improrogabile? (Ok, se Christian non glielo voleva dire
una ragione c'era, ma lei era curiosa come una scimmia.)
C: Niente, niente, solo che sai le tasse si avvicinano e i nostri
clienti scalpitano per gli aggiornamenti e gli skip di programma che
permettono di allineare gli spix per non parlare dei tag che hanno
sempre bisogno di essere corretti....un sacco di cose noiose (quando
R
gli chiese quale fosse la sua scadenza, Christian per poco non cadde
dalla sedia perchè la scadenza riguardava il suo videogioco del
quale però lei non sapeva niente, per cui decise appositamente
di entrare in dettagli che
sapeva che R non avrebbe potuto conoscere)(2)
R: Ah beh, non vorrai mica far aspettare lo spix, e se poi si arrabbia?
E la-donna-di-silicone, cosa si è inventata oggi?
C: Oggi è stata particolarmente creativa. Voleva stampare il
bilancio d'esercizio definitivo! R, ti faccio notare che siamo a maggio, crede di farmi fesso?
R: Eh, no Chris, non è quello! E' che è innamorata!! Chissà che
farai tu alle donne!!?? (Già avrebbe tanto voluto saperlo anche
lei, per la miseria!!)
C: Hey, no aspetta un attimo guarda che io non ha dato nessun motivo
alla donna-di-silicone per poter credere di avere qualche
possibilità. Accidenti potrebbe essere mia madre...e guarda che
mia madre è molto meglio, almeno è tutta naturale!
R: Non ti scaldare, sono sicura che tu non le abbia mai dato corda! A proposito come sta tua madre quella vera?
C: Bene...direi...è tornata a casa in Perù, quindi direi che sta bene!
R: Sono contenta, salutamela quando la senti!
C: Senz'altro grazie! Senti R ma dieci anni fa ti ricordi cosa hai chiesto a me e Marco sulla spiaggia una notte?
R: Non potrei mai dimenticarlo!
C: Sei soddisfatta della tua vita? Voglio dire...magari in quel momento
non te la immaginavi così, ma ora ne sei contenta?
Rachele ci mise un attimo prima di rispondere. Voleva scegliere con
cura le parole da usare, per non essere troppo brutale dicendo che la
sua vita le sembrava tutta sbagliata, ma neanche troppo diretta
dicendogli che era comunque migliorata enormemente dopo averlo
ritrovato:
R: Direi che ci sono delle cose positive e negative come nella vita di
chiunque, penso. Tutto sommato lo so che non dovrei lamentarimi ma
tante volte mi
sembra così difficile andare avanti....(tentennò poi
decise di concludere comunque così come le era venuto d'istinto)
...da sola. E tu?
C: Già, hai ragione...mi trovi perfettamente d'accordo. A volte
si è più da soli quando si è insieme a qualcuno
che quando si è da soli veramente. E' triste, non trovi? In ogni
caso ci sono qui io adesso...per qualunque cosa dovessi mai avere bisogno...
Il cuore di Rachele era perfettamente fermo mentre leggeva le parole di Christian, e anche mentre rispondeva:
R: Sì, è triste! E grazie...lo sai che anche io sono qui per te ora, vero?
C: Meno male! Se non ci fossi dovrei inventarti! Buonanotte R!
R: Buonanotte Chris!
(1) "Don't Waste YouR Time" - Mary J. Blige
(2) Ovviamente i dettagli di un prgramma gestionale non li conosco e me li sono inventati
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Capitolo 7 *** Gonna See My Friends ***
GONNA SEE MY FRIEND 5BIS
GONNA SEE MY FRIEND(1)
Eviterò di parlarvi del venerdì infernale che passarono
sia Rachele che Christian...ok solo un breve accenno. Rachele sembrava
una gallina isterica in cerca di qualcosa da mettersi il giorno dopo:
qualcosa di sportivo ma non troppo, audace ma non troppo, che
facesse risaltare i suoi punti forti ma senza sottolineare quelli che
lei odiava. Insomma una mission impossible che neanche Tom Cruise in forma smagliante
avrebbe potuto portare a termine con successo. Christian invece, era talmente
nervoso che tutto quello che fece in ufficio lo dovette ripetere due
volte, alcune cose anche tre, tanto i suoi neuroni erano fra le nuvole.
Il sabato dell'appuntamento Rachele aveva il treno alle otto di
mattina, ma alle cinque era già sveglia come se avesse bevuto un
silos di caffè concentrato. Alla fine optò per un
paio di jeans azzurri che sua madre le diceva sempre
che le stavano così bene, una polo bianca (non era molto sexy,
ma siccome in quella zona lei non aveva niente di sexy da mostrare ed
imbottire il reggiseno non rientrava nelle opzioni a sua disposizione,
la polo era perfetta), un paio di comode Reebock bianche, giusto per
fare pandant con la polo, e
una giacca leggera e impermeabile grigia. Sportiva, e con alcuni dei
suoi punti forti in evidenza. Tutto sommato era soddisfatta.
Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli, come una tabella di marcia
militare. Arrivo alla stazione centrale: ore dieci meno cinque, metrò linea gialla in
direzione "S.Donato", scendere alla quarta fermata, uscire dalla
metrò, ovviamente, di fronte alla basilica. Niente di più
facile, sarebbe stato impossibile sbagliare o arrivare in
ritardo, non ci sarebbe riuscito neanche un neonato...eppure Rachele fu in grado di fare entrambe le cose. Tanto per
cominciare invece che la linea gialla prese quella verde e se ne rese
conto solo una volta raggiunto il capolinea, quindi ritornò
indietro, ma scese alla stazione sbagliata e dovette aspettare il treno
successivo. Raggiunse di nuovo la fermata della stazione centrale cinquanta
minuti dopo che ci era passata la prima volta. Il secondo tentativo fu
più fortunato: arrivò al duomo alle undici e un quarto
(accidenti alle metrò di Milano sempre stippate neanche i
milanesi fossero carne da mecello!) tremante sia per l'ansia che per il
ritardo.
Un volta guadagnato lo scalino più alto davanti al
duomo, in cinque secondi cronometrati, Rachele scandagliò
l'intera piazza in cerca di Christian, neanche avesse sviluppato un
sofisticato sonar da sottomarino. Niente, neanche l'ombra di lui.
Cominciò ad aspettare, ferma in un angolo della scalinata.
Resistette circa un minuto, poi prese a camminare nervosamente avanti e
indietro compiendo più o meno venti vasche davanti al duomo
assediato da innumerevoli turisti fra i quali i proverbiali giapponesi
che fotografavano qualunque cosa. Guardò l'orologio: le undici e
quaratanta. Sgranò gli occhi. Quaranta!!?? QUARANTA!!?? Oddio e
se Christian quella mattina ci avesse ripensato e non aveva potuto
contattarla perchè lei era già uscita? Magari c'era un
messaggio su facebook che le diceva: "Senti fa niente, non
venire!".
D'istinto tirò fuori il cellulare, ma fissando lo schermo nero
in modalità "risparmio energetico", Rachele si sentì
morire: non si erano scambiati i numeri di telefono! Ma che idioti
che erano stati! Cos'avevano in testa! Forse erano tornati due bambini
di sei anni? Possibile, almeno per quanto riguardava lei. Come si
faceva a non scambiarsi i numeri di cellulare in
occasioni come quella? Guadò di nuovo l'orologio: le undici e
cinquanta. Ormai non sarebbe più venuto, Rachele ne era sicura.
Con le spalle curve sotto il peso del bidone da una tonnellata che
Christian le aveva lanciato addosso come una bomba atomica,
cominciò ad incamminarsi triste e avvilita verso
l'affollatissima
metropolitana di Milano.
********************
Di Christian si potevano dire un sacco di cose, ma di sicuro non che
fosse un lavativo. Ok, bisogna anche ammettere che se la mattina
dell'appuntamento con R lui andò
in ufficio in parte era dovuto al fatto che il giorno prima non era
riuscito a finire le sue cose, causa innumerevoli ripetizioni di altre
cose resesi necessarie dal suo cervello trasformato in ricotta dal
pensiero di R. Tuttavia, secondo il suo programma non avrebbe dovuto
trattenersi oltre
le dieci e un quarto, ora in cui avrebbe dovuto chiudere baracca e
burattini e dirigersi verso il duomo. Purtroppo
la-donna-di-silicone era sempre in agguato; mai sottovalutare cosa
può fare una-donna-di-silicone innamorata.
Ore nove e un quarto, il telefono dell'ufficio squillò, facendo
fare un salto sulla sedia a Christian. Lui rispose senza neanche
pensare, tanto era concentrato in quello che stava facendo:
-Pronto...- disse distrattamente
-Oh, Christian meno male che ti ho trovato, senti ho un problema! Non
riesco più ad accedere al programma e io ho un assoluto bisogno
di farlo ora!-
Christian impallidì e, mentalmente gridò: NOOOOOOO!!!
-Dafne, buongiorno...ehm ha provato ad accendere il server?-
-Certo per chi mi hai preso? Ma non va lo stesso! Senti non puoi venire a dare un'occhiata!?-
Ancora una volta: NOOOOOOO!
-Ehm...veramente ho un sacco di lavoro e un appuntamento...non possiamo
fare lunedì?- tentò un po' titubante il giovane programmatore.
-No, assolutamente ho bisogno di te ADESSO!-
Quell'"adesso" fu come un ago incandescente nello stomaco di Christian che si contrasse dolorosamente. Guardò
l'orologio sullo schermo del suo computer e fece una botta di
conti...avrebbe dovuto correre come un ossesso, ma poteva farcela se si
dava una mossa subito.
-Ok, arrivo subito!- e riagganciò, ignorando il saluto pieno di
gratitudine della ribattezzata rompiscatole-di-silicone. In due secondi spense
computer e luci e si fiondò verso la sua macchina.
Per fortuna, o purtroppo a seconda dei punti di vista, la ditta di
Dafne distava solo un quarto d'ora di macchina dall'ufficio di
Christian, per cui lui, alle nove e trentacinque già stava
suonando il campanello per andare dritto nella tana del lupo.
-Oh grazie Christian! Sei un angelo...-
-Ok allora vediamo cosa c'è che non va!- disse lui sbrigativo
gettandosi a pesce sul computer ed ignorando gli occhi dolci e le
ciglia chilometriche (finte anche quelle probabilmente) di Dafne, che
per inciso quella volta
avrebbe pagato in fattura anche due extra: uno per le emergenze e
uno per la festività.
Digitò abilmente qualche comando sulla tastiera, poi guardò l'orologio: dieci meno dieci. Accidenti!
-Oh no si è cancellata la cartella intranet! Ma come ha fatto?-
-Oh, beh....io non ho fatto niente di diverso dal solito....senti ma perchè non mi dai del tu Christian...?-
Lui alzò gli occhi al cielo e rimise Dafne al suo posto senza troppo cerimonie:
-Perchè lei mi paga Dafne! E' sconveniente che le dia del tu!-
Poi si alzò e cominciò a frugare nella sua borsa in cerca
di un cd con i dati mancanti. Lo prese e tornò al computer.
Guardò ancora l'orologio: dieci! E il lavoro che si apprestava a
fare non era neanche breve! Accidenti un'altra volta!
-Ehm...hai fretta per caso Christian?- gli chiese Dafne con voce dolce,
che però su lui ebbe come unico effetto quello di dargli il
voltastomaco.
-Beh, avrei un appuntamento....- decise di mantenersi sul vago.
-Oh!- ribattè lei offesa. Christian rise sotto i baffi che non aveva.
-Di lavoro?- s'informò la donna insistente e lievemente irritata.
-Eh, che vuole che le dica sono uno stacanovista!!- rispose lui felice di aver messo Dafne in difficoltà.
La mezz'ora successiva passò lentamente come un'era geologica:
il computer di Dafne sembrava indolente come non mai, il cd sembrava voler
trattenere i dati con i denti e con le unghie e Christian era sull'orlo
del collasso. Non avrebbe mai fatto in tempo ad arrivare in pieno
centro a Milano per le undici, considerando il traffico del sabato.
Quando finalmente il masterizzatore risputò il cd-rom, il
giovane controllò che il programma funzionasse correttamente,
quindi cominciò a sistemare le varie cartelle virtuali al loro posto,
imprecando sottovoce quando qualcuna non voleva ubbidire ai suoi ordini, che a lui sembravano
chiari come il sole. Impiegò altri dieci minuti, nel frattempo
si erano fatte le dieci e tre quarti. Ora di rimettere tutto a posto,
uscire dall'ufficio di Dafne mormorando a malapena un "Arrivederci,
buon week-end!" e fiondarsi nuovamente alla macchina erano le undici
meno cinque: un ritardo abominevole.
Mentre partiva, si allacciò la cintura di sicurezza e fece per prendere il cellulare dalla tasca dei jeans, ma:
-Ma che idioti che siamo!!- imprecò.
Cosa voleva fare? Forse avvisare R che era in ritardo chiamandola al
cellulare di cui non aveva il numero? Imprecò altre tre volte,
poi si concentrò sul traffico, cercando di rispettare quante
più norme del codice della strada poteva, ma senza riuscire ad evitare due
sorpassi sulla destra...ok, tre. Alle undici e mezza era ancora lontano
anni luce dal duomo; possibile che tutti gli "uomini col cappello"
decidessero di uscire di casa sempre quando lui aveva una fretta del
diavolo? Di quel passo sarebbe arrivato che R probabilmente
aveva messo le radici davanti alla chiesa, per la
miseria...sempre che non avesse già deciso di andarsene.
Prese una drastica decisione: parcheggiare e raggiungere il duomo a
piedi, cioè di corsa. Così fece, e corse per mezz'ora di
seguito come un forsennato senza fermarsi mai, superando due scolaresche, una dozzina di
vecchiette con il loro ingombrante e sovraccarico trolley per la spesa datato 1906 e
qualche
mendicante che non mancava mai per le strade di Milano.
Raggiunse piazza del duomo che era più morto che vivo.
Completamente senza fiato si fermò un secondo in un angolo, solo
per cercare R e riprendere a correre per raggiungerla, sempre che lei
avesse deciso di aspettarlo o che lui fosse stato in grado di
riconoscerla: la foto su facebook non era molto chiara, in effetti.
Dubbio assolutamente inutile: R, identica a come lui se la
ricordava, era in cima alle scale davanti al duomo nell'angolo a destra
della facciata della chiesa.
Riprese a correre immediatamente dribblando diversi turisti ed un
numero impressionante di studenti che avevano deciso di marinare la
scuola, poi, quando vide che lei si stava mestamente
avviando verso la metropolitana, cominciò anche a chiamarla,
trovando il fiato necessario neanche lui seppe bene dove:
-R! R! R! Aspetta...- fu tutto quello che riuscì ad uscire dai suoi polmoni.
********************
Rachele era a metà strada fra la chiesa e le scale
che l'avrebbero portata nei tunnel della metropolitana,
cioè sottoterra dove il suo umore era già precipitato, quando sentì una
voce chiamarla. Beh, quella voce poteva rivolgersi solo a lei:
-R! R! R! Aspetta...-
D'istinto Rachele si voltò cercando la fonte di quella voce che
sembrava abbastanza provata e stanca, ma non fece in tempo, fu la voce
ad arrivare per prima da lei. O meglio, sopra di lei. Christian,
nell'inerzia della corsa, la investì letteralmente, facendola
quasi cadere a terra:
-Oh!!- disse solo lei mentre il fiato che aveva nei polmoni veniva energicamente spinto fuori dall'impeto dell'impatto.
-Oh, meno male ho fatto in tempo! Scusa scusa scusa! Lo so sono in
ritardo, ma la-donna-di-plastica mi ha bloccato accidenti a lei...- si
fermò per prendere fiato, cioè quella cosa che da circa
mezz'ora era un lontano ricordo per lui.
Rachele se ne accorse, non che
ci volesse l'occhio esperto di Sherlock Holmes, in effetti:
-Oddio, non morire proprio ora! Vieni sediamoci sulle scale!-
Una volta seduti, e una volta che il viso di Christian ebbe riacquistato un colorito umano, Rachele disse:
-E così la tua spasimante ti marca stretto, eh?- lo
guardò ed ebbe un brivido. Era possibile essere più in
forma a ventisei anni che a diciotto? Beh, Rachele non si era mai posta
una domanda simile, ma se l'avesse fatto, in quel momento avrebbe
ricevuto una risposta: certo che si poteva, eccome! Di fianco a lei
stava
seduto un ragazzo...cioè un uomo ormai, che non sembrava
assomigliare per niente al ragazzo che lei ricordava. Fisicamente
era
identico a otto anni prima: non era più alto, ma sotto la
maglietta s'intuivano muscoli ben definiti ed atletici; aveva gli
stessi capelli scompigliati, la stessa bocca che le richiamava alla
mente i pensieri più peccaminosi che la mente umana possa
concepire, la stessa pelle
scura e sensuale, e gli stessi occhi nerissimi e brillanti; ma
contemporaneamente non
era lui, la sua espressione era più matura e consapevole, e
maturità e consapevolezza gli avevano fatto un gran bene!
-Già...- rispose lui fra un affanno e l'altro.
-Accidenti avevo paura che ci avessi ripensato e stavo per tornare indietro!-
-Scusa...sono scappato prima che ho potuto...non avevo il tuo numero...che bravi a non scambiarcelo, vero?-
-Sì, la prossima volta ti mando un piccione viaggiatore!- rise lei, poi: -comunque ora sei qui ed è questo quello
che conta...- ribattè Rachele mentre la sua voce si spegneva nei
meandri di quei brillanti occhi neri che le stavano dicendo un sacco di
cose.
-No, la prossima volta ti dò il mio numero!- scherzò lui
mentre non riusciva a togliere gli occhi di dosso da lei. Seguì un
istante di teso silenzio mentre i due ragazzi si
fissavano, come a voler recuperare sei lunghissimi anni di lontananza
con un solo sguardo.
-Non sei cambiata per niente!- ruppe il silenzio Christian improvvisamente.
Rachele rise: -Occhio, perchè se dici una frase di questo tipo a
una ragazza più vicina ai trenta che ai venti, può
passare per un complimento, e bello grosso anche!-
-Oh, ma lo voleva essere in effetti!-
Altro istante di teso silenzio, mentre i due si rendevano conto che quegli
anni di lontananza erano già stati recuperati abbondantemente con poche parole
ed uno sguardo.
-Scusa...- mormorò Rachele abbracciandosi le gambe ed
appoggiando il mento sulle ginocchia rannicchiate contro il suo torace. Non era riuscita a resistere; i
suoi sensi di colpa assumevano sempre dimensioni spropositate.
-Di che? Non sono io che stavo per darti buca?- chiese Christian cadendo dalle nuvole.
-Beh, io ti ho sempre sommerso con tutti i miei stupidi problemi...senza lasciarti mai spazio! Volevo solo chiederti scusa!-
-Scherzi vero? Primo non mi sono mai accorto di non aver avuto spazio, e
secondo tu c'eri ed era quello che contava e che conta anche ora!-
rispose lui sciogliendosi di fronte a quegli occhi azzurro-nocciola lucidi e
pieni di tristezza. Christian decise di scuotere un po' la situazione:
-E poi tu non eri mica Isabella!!-
Risero entrambi...Isabella non era mai stata simpatica a nessuno.
-Allora cosa c'è di così vitale da richiedere la mia presenza a Milano?- chiese Rachele curiosa.
Christian spostò uno sguardo pensieroso sui turisti che invadevano la piazza
e che sembravano una colonia di operose formiche. Rispose, alzando le
spalle, come per dare poca importanza alle sue ragioni:
-Niente! Avevo solo voglia di vederti!- concluse con tono
fintamente scontroso per camuffare una bugia grande come il Titanic:
-Perchè c'è bisogno di una ragione di stato per voler
vedere una vecchia amica?-
Il fatto non era che Christian aveva "solo voglia di
vedere una vecchia amica"; semplicemente la risposta che stava cercando
l'aveva già trovata, quindi il tempo che rimaneva
sarebbe stato tutto per loro.
Rachele sorrise ironica:
-Va bene, ti perdono il "vecchia" che si annulla con il complimento di prima!-
-Lo sai cosa volevo dire!-
-Si lo so! Non posso neanche prenderti in giro? Hey mi hai fatto
aspettare quasi un'ora, devo pur vendicarmi in qualche modo!-
ribattè lei fingendosi offesa, ma senza riuscirci perchè
Christian rendeva impossibile far nascere in lei qualunque sentimento di
natura negativa, anche se simulato.
Improvvisamente e senza un'apparente ragione lui disse una cosa completamente slegata dal resto della
conversazione. Semplicemente lo sentì venire fuori e non
riuscì a reprimere l'urgente bisogno di dirlo anche a lei. Ci
aveva provato un sacco di volte in passato, ma R o non l'aveva capito o
aveva deciso di non reagire, per qualche motivo. Ma in quel momento lui
decise di dire tutto chiaramente:
-Lo sai, vero, che eravamo tutti e due innamorati di te?-
Rachele rimase senza fiato per cinque secondi. Ecco fatto! Cosa
avrebbe potuto rispondere lei che non sembrasse una frase arrivata
direttamente dall'agosto del 1984 quando entrambi avevano sei anni? Si
voltò a fissare gli occhi neri di Christian che già
stavano fissando lei, ma non disse niente, sorrise e annuì
semplicemente con il capo, mentre il suo stomaco si stava sciogliendo
come neve al sole.
-Io e Marco...tutti due...cotti come due patate lesse!- ribadì un concetto che non ne aveva nessun bisogno.
E adesso invece? Già, perchè Rachele ormai quello lo
sapeva, ma ciò che non sapeva ma che moriva dalla voglia di
sapere era: e
adesso, invece? Quella domanda però sfortunatamente lei non
poteva fargliela con
la stessa schiettezza che aveva usato lui pochi secondi prima, per cui
si limitò a sorridere ancora e a dargli
un'affettuasa spallata mentre erano seduti fianco a fianco sulle scale
davanti al duomo di Milano.
Per Christian quella dolce spallata valse mille parole: sì
lei sapeva che lui era stato cotto perso di lei. Quello che non
sapeva, e
difficilmente avrebbe potuto immaginare, era che un solo sguardo gli era
servito per capire che lo era ancora in quel
momento.
Respirò profondamente, abbandonando gli occhi di R, e si alzò. Poi le tese la mano e disse:
-Dai, ti offro una pizza!-
Quella mano davanti ai suoi occhi, a Rachele sembrò quasi una
rivelazione divina. Non se lo fece ripetere due volte: l'afferrò
con decisione e ribattè:
-Me lo merito in fondo, no?-
(1) "Gonna See My Friend" - Pearl Jam
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