Aspetterò...

di hipstah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Conoscenze ***
Capitolo 3: *** Spiegazioni ***
Capitolo 4: *** Lui ***
Capitolo 5: *** Bingo! ***
Capitolo 6: *** Ricordi.. ***
Capitolo 7: *** Impossibile! ***
Capitolo 8: *** La prima conversazione ***
Capitolo 9: *** Colazione ***
Capitolo 10: *** L'appuntamento. ***
Capitolo 11: *** Gegen meinen willen ***
Capitolo 12: *** Momento della verità.. ***
Capitolo 13: *** E' arrivato il momento di salutarci.. ***
Capitolo 14: *** Il ritorno a scuola ***



Capitolo 1
*** Quando tutto ebbe inizio ***


Scusate se il primo capitolo è un po' corto ma non sapevo cos'altro aggiungere! Comunque spero che vi piaccia! Buona lettura :)

Confusione… Era l’unica cosa che c’era nella mia testa da quando mi ero trasferita in quella maledetta città. Avevo quattordici anni quando mia madre decise di trasferirsi da Frohburg a Magdeburgo per andare a convivere con un certo Jörg Kaulitz che conoscevo solo dai racconti di mia madre. Non sapevo come si erano conosciuti, siccome le nostre città erano un po’ distanti e sinceramente non m’interessava saperlo. Fatto sta che dopo tre mesi che si conoscevano, avevano deciso di convivere. I miei genitori si erano divorziati quando avevo sette anni e mia madre non riusciva a riprendersi dopo di ciò. Non avevo mantenuto buoni rapporti con mio padre perché non riuscivo a perdonarlo per aver fatto soffrire mia madre. Quando mi chiamava gli rispondevo di malavoglia perché mia madre mi diceva “ anche se ci siamo lasciati lui rimane sempre tuo padre” e quindi possiamo dire che in qualche modo ero costretta a parlargli. Era facile per me lasciare la mia città perché non avevo amici e speravo di trovarli almeno lì, mi sbagliavo. Non era facile per me trovare amici e ora ne ero convinta. Stavamo in quella città da due settimane ma a me sembrava già passata un’eternità. Erano in arrivo le vacanze natalizie e mia madre mi aveva avvisato dell’arrivo dei figli di Jörg, non avevo un buon rapporto neanche con lui ma se mia madre era felice, lo ero anch’io. Anche lui si era divorziato con sua moglie lasciando due gemelli maschi, i quali venivano da lui per un po’ di tempo durante le vacanze. Avevano la mia stessa età e mia madre credeva che avrei fatto amicizia con loro. Sarebbero arrivati domani
-  Rachel siamo arrivati – disse mia madre una volta arrivate davanti a scuola.
-  Ehm... sì. Ciao, mi vieni a prendere dopo scuola? – le chiesi.
-  Sì ma non sarò sola. Jörg ha detto che Bill e Tom – così si chiamavano i gemelli – arrivano oggi e abbiamo pensato di andare a pranzo in un ristorante per conoscerci meglio. – mi avvisò lei. Sospirai e dissi un “Va bene” quasi inudibile prima di chiudere lo sportello della macchina alle mie spalle e avviarmi verso l’entrata della scuola.

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Capitolo 2
*** Conoscenze ***


Vi è piaciuto il primo capitolo? Spero di sì! Eccovi un'altro capitolo, buona lettura.


L’ultima campanella suonò e tutti si alzarono per uscire. Per la prima volta uscì per l’ultima e vidi fuori dalla scuola la macchina di Jörg che mi aspettava. Uno dei due sportelli posteriori si aprì e vidi uscire un ragazzo dai capelli scuri e occhi cerchiati di nero, proprio come me, per quanto ne sapevo, lui si chiamava Bill. Mi venne incontro e mi porse una mano dicendo: - Ciao. Piacere io sono Bill. – gli strinsi la mano sorridendo.
-   Piacere, mi chiamo Rachel. – dissi, non so per quale motivo ma quel ragazzo mi stava già simpatico – ehm… tuo fratello?
-   Ah lui sta dentro la macchina, scusa se non è uscito, ma è troppo pigro per alzarsi. – fece una smorfia ed io sorrisi. Era carino nei suoi modi di fare. Mia madre aveva detto che Bill era un po’ strano e ora non riuscivo proprio a capire il perché. Va bene era truccato e aveva lo smalto sulle unghie ma non si poteva mica giudicare una persona dal suo aspetto. Jörg aveva detto che anche Tom non era un ragazzo come tutti, quindi mi chiesi se anche lui si truccasse come il gemello. Notai che Bill era un ragazzo davvero carino e sorrisi un’altra volta. Lui ricambiò il sorriso e si girò facendomi cenno di seguirlo. Salì in macchina e vidi una figura incappucciata seduta dall’altra parte della macchina. Salutai tutti senza distogliere lo sguardo da lui. Quello doveva essere Tom. Non era per niente vestito come il fratello, a differenza di Bill che aveva addosso una maglietta e un paio di jeans attillati, Tom aveva i vestiti larghi, “anche troppo” – pensai. Lo guardai per bene e vidi una cascata di dreadlock di un biondo scuro, “ ma è sicuro che abbia la mia stessa età?” – mi chiesi, doveva essere davvero particolare quel ragazzo se aveva già a quell’età i dreadlock.
-   È tuo fratello quello? – sussurrai all’orecchio di Bill.
-   Sì, è lui. – mi rispose anche lui sussurrando. Poi si girò verso il rasta e gli diede una gomitata. Il biondo alzò la testa facendo cascare il cappuccio che aveva in testa. Quando lo vidi il mio cuore perse un battito. Era bellissimo. Non era truccato e, a differenza del suo fratello che aveva il piercing sul sopracciglio destro, lui aveva un piercing sul labbro inferiore a sinistra. Gli donava. Mi fissò dritto negli occhi ed io mi persi nella profondità dei suoi occhi di un bellissimo castano scuro.
-   Sono Tom – disse, con una voce magnifica, mi porse la mano di malavoglia, si vedeva che era in qualche modo costretto di farlo per l’educazione. Che cosa gli avevo fatto? Non mi conosceva nemmeno, perché sembrava che non gli stavo per niente simpatica? Non gradiva la mia presenza. Ciò mi ferì, anche se non seppi dire perché.
-   Io sono Rachel, piacere – corrugai la fronte ma strinsi comunque la sua mano, quel contatto provocò una scarica elettrica dentro il mio corpo ed era indescrivibile quello che provai quando strinsi la sua mano piacevolmente calda. Dopo un secondo ritirò la mano e si rimise il cappuccio in testa senza la minima voglia di proseguire la conversazione. Rivolsi a Bill uno sguardo interrogativo e lui mi sussurrò un “ ti spiego dopo”. Annuì e mi girai a guardare la strada in silenzio.

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Capitolo 3
*** Spiegazioni ***


Eccomi qua con un nuovo capitolo =) Volevo ringraziare quelli che hanno recensito, mi fa davvero piacere che vi piaccia la mia FF. Ringrazio anche quelli che leggono e basta. Scusate se questo capitolo è corto ma ero a corto di idee, poi madificandolo mi è venuto ancora più corto >.<
Buona lettura <3


Appena scesi dalla macchina, presi Bill per un braccio e lo allontanai da tutti.
-  Ma che ha tuo fratello? – dissi un po’ scocciata.
-  Perdonalo è che non è per niente a suo agio quando parla con persone sconosciute. – lo giustificò Bill. C’era qualcos’altro dietro, me lo sentivo.
-  Sei sicuro che sia solo per questo? Perché non mi sembra così.
-  Sei una buona osservatrice! Uffa però ho promesso a Tom che non te l’avrei detto. – si lamentò Bill.
-  Dai? Ti giuro che non lo dirò a nessuno! – promisi. Tanto era sicuro che non l’avrei detto a nessuno. Come ho già detto non avevo preso confidenza con Jörg per dirglielo e con mia madre, l’ultimo periodo, le cose non andavano per niente bene quindi non mi sarei mica messa a raccontargli tutto. E gli amici? Semplice, non ce li avevo. Lui mi fissò per assicurarsi che ero sincera e disse: - eh va bene, ma non dire a Tom che te l’ho detto. – annuì e lui continuò – è solo che Tom non sopporta Jörg perché lui ha mollato nostra madre. E ora lo odia ancora di più perché si è rimesso con un’altra che per di più ha una figlia. – loro stavano nella mia stessa situazione. Ok lo odiava, ma io che cosa c’entravo?
- Oddio! Credimi sto nella vostra stessa situazione. Io odio mio padre per aver lasciato mia madre. Solo che non capisco che cosa c’entro io? Mica ho deciso io di trasferirmi?
- Si lo so che tu non c’entri niente! È solo che Tom è così, tende sempre a incolpare gli altri. Perdonalo e dagli possibilità di conoscerti. Va bene? – mi chiesi guardandomi dritto negli occhi – e mi dispiace per i tuoi. Vedi che abbiamo più cose in comune di quanto tu possa pensare. – disse cercando di trovare un qualcosa di positivo in quella situazione. Sorrisi. Era molto simpatico Bill e sapevo che lui potrebbe essere un buon amico per me, il mio unico amico… ricambiò il sorriso ed entrammo dentro il ristorante.

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Capitolo 4
*** Lui ***


Rieccomi con un nuovo capitolo :D Buona lettura.

Stavo in camera mia e cercavo di concentrarmi sui compiti, matematica! Non sono mai stata brava in quella materia, era inutile anche provarci! Dopo un po’ arrivai alla conclusione che non ci sarei riuscita perché nella mia testa girava solo Lui. Misi da parte i compiti, tanto avevo ancora due settimane per farli, sospirai e mi andai a sdraiare sul letto. Perché era venuto? Non poteva vedersi con suo padre per poco e tornare a casa di sua madre? Tanto stiamo nella stessa città, no? Poi però mi ricordai il vero motivo per cui venivano. Loro madre era partita per il lavoro e ha dovuto affidare loro al padre. Sospirai. Non sapevo perché c’era sempre lui nella mia testa, quando cercavo di parlargli, m’ignorava e se ne andava. Era sempre sgarbato ma quando lui si trovava vicino a me, il mio cuore iniziava a battere all’impazzata. Dovevo odiarlo per come si comportava con me, ma non ci riuscivo proprio. Inoltre lo consideravo fottutamente bello! I suoi occhi magnetici, la sua voce roca, il suo nasino a patata, quelle labbra piene e invitanti, quel piercing provocante che le abbelliva, tutto ciò mi faceva girare la testa e non mi piaceva affatto l’effetto che mi faceva. Avevo provato una cosa del genere solo una volta in vita mia, mi ero follemente innamorata di un ragazzo che si era rivelato un bastardo, avevo paura di innamorarmi di nuovo. Senza un motivo preciso presi il cellulare e andai e vedere i messaggi vecchi. Avevo sofferto abbastanza per il tradimento subito da quello stronzo “ e anche da quella stronza!” – mi ricordai.

Rache… stasera sono stato benissimo. Dovevo dirtelo. Ed ehm… volevo chiederti una cosa. Ti vuoi mettere con me?

Davanti ai miei occhi apparve una sua immagine al nostro primo appuntamento. Sorridente e apparentemente felice. Dopo ebbi un flash di quando lui mi prendeva la mano e me la stringeva. Ma perché ero masochista?! Rievocavo da sola quei ricordi pur sapendo che mi facevano male. “Basta Rachel, basta pensare a lui, a lei. Basta leggere quei fottuti messaggi!” - Scacciai quel pensiero ma non feci in tempo perché una lacrima scivolo sulla mia guancia e finì sul cuscino, fissai quella macchia nera per un po’. Senza un motivo preciso mi ritrovai a pensare a Tom, merda di nuovo. Non cercai nemmeno di trattenere le lacrime, speravo che nessuno entrasse ma era inutile perché Bill entrava sempre nei momenti meno opportuni, sembrava che sentisse quando stavo male e veniva per consolarmi, anche se dovevo ammettere che ci riusciva. Quel momento era più che inopportuno perché la cosa che non doveva proprio sapere era che io mi ero innamorata (in soli due giorni) di suo fratello gemello. “No, Non mi sono innamorata di Tom!” – cercai di convincere me stessa ma non ottenni un risultato positivo, al contrario, continuavo a piangere ma ora con i singhiozzi che si potevano sentire da lontano un miglio, Bill sarebbe sicuramente entrato in camera mia preoccupato. Infatti, sentì bussare qualcuno, ero sicura che fosse Bill.
-          Entra. – dissi con la voce rassegnata.
 La porta si aprì e alla luce venne la figura della persona che meno aspettavo di vedere: Tom!

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Capitolo 5
*** Bingo! ***


Ecco a voi un altro capitolo. Un'altra volta grazie alla ragazza che ha ricensito, mi fa piacere che la mia storia ti piaccia ;) Beh tutto qui. Buona lettura! 

-  Scusa, ma ho sentito un… singhiozzo, e mi sembrava che provenisse dalla camera tua ed ecco… ho deciso di vedere. – disse abbassando il capo imbarazzato. Ma era Tom? Davvero? Me lo immaginavo come un ragazzo strafottente ma ora ai miei non si presentava come tale. Stavo a testa bassa per non far vedere che stavo piangendo “cosa stupida perché è ovvio che stai piangendo!” – mi ritrovai a pensare, ci mancava solo che lui venisse a sapere il tutto. Nella mia testa apparve l’immagine degli occhi di Tom ed ebbi un desiderio pazzesco di vederli. Così alzai la testa dimenticandomi completamente delle lacrime nere che scivolavano indisturbate sulle mie guance. Lui vide che stavo piangendo e disse: - Stai bene? Perché piangi? Vuoi che chiami Bill? Così ne parlerai con lui perché, credimi io non sono esperta in queste cose. – disse serio.
-  No grazie – riuscì a dire. – è solo che mi manca la mia città, mi passerà presto. Grazie comunque. – dissi poco convincente anche per me.
-  Sicura? – disse, infatti, incredulo. – secondo me sarà meglio se lo chiamo. – non riuscì nemmeno dire una parola che il rasta sparì dal mio campo visivo e dopo poco alla porta apparve Bill. Sospirai e lui, vedendomi piangere, si mise sul letto vicino a me, preoccupato.
-  Rache hai qualcosa che non va?
-  No Bill tranquillo. Grazie comunque. – dissi cercando di sorridere.
-  Rache sai che ti puoi fidare di me! Non ti credo. – disse alla fine.
-  Mi manca Frohburg – mentì, non me ne fregava niente di quella città. L’unica cosa che mi fregava era la persona che stava nella stanza accanto alla mia. Sapevo che non se la sarebbe bevuta Bill, non ero mai stata brava nel mentire e poi Bill riusciva sempre notare ogni cosa.
-  Rachel non sono stupido. Non mi avevi detto che non ti era mai piaciuta quella città? – disse tranquillamente.
-  Non mi avevi detto che avevi una buona memoria. – la mia non era una domanda ma una conferma. Non avevo scampo, avrebbe insistito a lungo per farmelo dire.
-  Allora vuoi dirmi che cosa succede oppure devo indovinare io? – senza accorgermene avevo smesso di piangere.  Anche se volevo dirglielo, non ci sarei mai riuscita perché non ne avevo il coraggio. Rimasi zitta e lui capì che era il momento di indovinare.
-  Tom? – colpito e affondato. Come faceva sempre a capire cosa avevo? Non mi sembrava di aver fatto qualcosa per farlo notare. Rabbrividì involontariamente e pregai che Bill non lo notasse. Vana speranza, certo che l’aveva notato, stavamo parlando di Bill, no?
-  Ahaaa! Lo sapevo, lo sapevo! – esclamò lui contento di aver indovinato. Dopo un po’, però, divenne serio.
-  Insomma mi vuoi dire qualcosa? Stai male per lui perché si comporta male con te oppure perché… perché ti piace? – buttò lì alla fine tutto tranquillo. Spalancai gli occhi e gli tappai la bocca con una mano.
-  Zitto! Certo che è solo perché si comporta male ed io non me lo merito questo! Secondo te posso innamorarmi di uno stronzo strafottente come tuo fratello? Senza offesa eh! – dissi convincendo più me che lui. La mia reazione era stata esagerata e dato che Bill riusciva sempre a capire tutto avrebbe capito che gli stavo mentendo un’altra volta. Sospirò.
-  Rachel – usava il mio nome pieno solo quando era estremamente serio, la cosa mi puzzava già, ora mi avrebbe detto qualcosa che non mi sarebbe piaciuto – non sei brava a mentire sai? Io non ci credo in quello che mi hai detto! Non stai mentendo a me, ma a te stessa. Dovresti smetterla. Si vede che ti piace Tom. Opprimendo questo sentimento non ti viene fuori niente di buono, credimi. – mi fissava e non potevo fare a meno di pensare che gli occhi di Bill fossero uguali a quelli di Tom e quindi erano bellissimi! Guardandoli mi venne da piangere e sapevo che era inutile provare a fermare le lacrime che già scivolavano sulle mie guance la vista si stava offuscando, era come guardare dalla finestra quando fuori piove. Lui intuì che aveva toccato il tasto sbagliato e mi abbracciò dicendo: - Scusa se ti ho detto tutto ciò ma sai che è la verità. È inutile che provi a dirmi di no.
-  Si… ma non dovevo innamorarmi di lui. Finisco sempre per innamorarmi degli stronzi. Perché? – capì che avevo sbagliato a dirglielo, ora avrebbe voluto sapere tutto ad ogni costo.

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Capitolo 6
*** Ricordi.. ***


Oggi ho postato due capitoli perché credo che non ci sarò per un po' di tempo, scusatemi. Tutto per colpa della scuola, non vedo l'ora che finisce! Comunque Buona lettura :D

Non dovevo dirglielo, sono stata una cretina a tirare in ballo quel discorso. Mi faceva male ogni volta che ci pensavo. Bill fissava per terra cercando di capire ciò che avevo appena detto ma senza alcun risultato, così alzò la testa e mi fissò con lo sguardo interrogativo.
-  Bill… non ne voglio parale ora, ti prego. – sapevo che era inutile. Voleva sapere tutto.
-  Se vuoi che ti aiuti mi devi raccontare tutto. Ma se non ti serve il mio aiuto allora non sei obbligata a raccontarmelo. – disse serio. Sospirai e mi dissi che forse parlandone, specialmente con Bill, mi sarei sentita meglio. Forse avevo solo bisogno di sfogarmi. Sospirai e mi rassegnai all’idea che dovevo raccontarglielo.
- Quando avevo dieci anni, m’innamorai di un ragazzo che stava nella classe accanto alla mia.  Dopo un po’ ci eravamo messi insieme. Era passato un anno e stavamo ancora insieme e tutto era come un sogno… - mi fermai e cercai di mandare giù un nodo che mi si era formato nella gola, quella parte era la più difficile da raccontare – allora avevo un’amica che consideravo la mia migliore amica, che stupida che ero – sorrisi al pensiero di quanto ero stata ingenua, ma non era un sorriso felice, non lo era affatto – quest’amica stava in classe sua. Un giorno a scuola ero uscita al bagno per farmi una passeggiata e … li vidi che si baciavano. Da quel giorno non rivolsi più neanche una parola né a lui né a lei. – conclusi sospirando. Nella mia voce si sentiva tutto il dolore che portavo dentro da tanto. – ecco perché non ho amici e ho paura di innamorarmi un’altra volta. – spiegai poi tranquilla.
-  Rachel… mi dispiace tanto. Ora capisco tante cose… - era l’unica cosa che riusciva a dire. Si sentiva che era davvero dispiaciuto per me. Stranamente mi sentì leggera come mai prima. Avevo ragione, tutti questi anni avevo solo avuto bisogno di sfogarmi. Non ne avevo mai parlato con nessuno, manco con mia madre. Ora che non tenevo più tutto questo dentro, mi sentivo meglio.
-  Mi dispiace… ma non per quello stronzo devi smettere di credere nell’amore. Mio fratello è uno stronzo anche lui, lo ammetto. Ma credimi, se lui s’innamorerà, sarà il ragazzo più dolce e romantico che potresti mai conoscere. Lo conosco fin troppo bene, lui vuole solo farsi vedere così, duro, strafottente, stronzo, tutto quello che vuoi, ma in realtà lui ha sofferto troppo quindi si è chiuso dentro di sé e riesce ad aprirsi solo con me perché sono su fratello-gemello. Mi prometti che ci proverai? – mi chiese. Le sue parole mi avevano fatto ragionare. Forse veramente voleva solo mostrarsi così per proteggersi? Speravo che fosse davvero così, anche se mi riusciva difficile immaginarlo romantico.
-  Grazie Bill. – dissi sincera. – prometto che cercherò di conoscerlo meglio, sempre se lui vorrà parlarmi. – mi dispiaceva il fatto che io volevo conoscerlo ma lui non voleva conoscere me. – beh ora cerco di addormentarmi. Ti vengo a cercare domattina. – sorrisi – e grazie ancora! Sono davvero felice di avere un amico come te.
-  Di niente! Ci vediamo domani mattina allora! Buonanotte!
-  Buonanotte Bill! – dissi prima di vederlo sparire dietro la porta. Sapevo che non sarei riuscita ad addormentarmi facilmente, ma ci dovevo provare. Così mi misi sotto le coperte e chiusi gli occhi.

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Capitolo 7
*** Impossibile! ***


Ho avuto un po' di tempo libero e ho deciso di postare un nuovo capitolo! Spero davvero che vi piaccia anche se è corto ma prometto che mi farò perdonare la prossima volta. Buona lettura!


Mi svegliai di soprassalto tutta sudata e sentivo qualcosa che mi bagnava la guancia, era una lacrima. Avevo sognato Lui, avevo sognato Tom. Non ricordavo bene cosa, ma ricordavo che avevo visto il suo volto nel sogno. Mi asciugai la lacrima e andai al bagno per rinfrescarmi la faccia. Mi guardai allo specchio, mi accorsi che mi ero addormentata senza essermi levata il trucco, infatti avevo tutta la matita e il mascara sbavati, ma a parte questo ero pallida e non riuscì a capirne il perché. Mi levai il trucco e decisi che, probabilmente, sarei riuscita ad addormentarmi meglio dopo un bicchiere di latte fresco. Uscì dalla mia camera chiudendomi la porta alle spalle e facendo attenzione di non far rumore. Scesi le scali e mi diressi verso la cucina. Aprì il frigorifero e presi la bottiglia di latte, presi un bicchiere e versai il latte dentro. Decisi di restare a bere in cucina e quindi accesi la luce. Mi sedetti al tavolo da sola e presi un sorso. Fissavo il vuoto cercando di ricordarmi cosa avessi sognato ma senza un risultato positivo. Fui distratta da un rumore che proveniva dalle scali. Guardai in quella direzione e alla luce venne la figura di Tom. Oh no! Quello non ci voleva proprio.
-  Oh mi hai spaventato. – dissi.
-  Scusa. Sono venuto a prendermi un bicchiere di latte, non riesco a prendere sonno. Manco tu, vedo. Stai meglio? Bill è riuscito a calmarti?
-  Ehm... si sto meglio, grazie. No, mi sono appena svegliata, ho fatto un incubo. – spiegai. Non so perché glielo stavo dicendo, tanto sapevo che non gliene fregava niente.
-  Ah… Che incubo? – chiese lui, sembrava davvero curioso, oppure era solo la mia immaginazione. Scossi la testa mentre lui prendeva un bicchiere dalla credenza. Mi morsi il labbro.
-  Non so, non mi ricordo praticamente niente. So solo che mi sono svegliata sudata, quindi non poteva essere altro che un incubo. – mentì. Speravo che Tom non fosse un osservatore così bravo come Bill. Non sapevo se aveva fatto finta di niente, oppure ci aveva creduto ma lasciai stare. – Hai sonno oppure possiamo parlare un po’? – gli chiesi ricordandomi improvvisamente della richiesta di Bill, ma pensandoci non l'avevo fatto solo perché me l'aveva chiesto Bill, l'ho fatto perché lo volevo io. Pensavo che fosse di buon umore e quindi, forse, mi avrebbe rivolto parola.
-  No, non ho sonno, potremmo parlare. Forse potremmo anche conoscerci meglio. Tu e Bill siete amici e quindi penso che potremmo diventarlo anche noi. - Era Tom quello che mi aveva appena detto che potevamo diventare amici? Lui si sedette di fronte a me con il bicchiere in mano e mi fissò come se aspettasse che io cominciassi a parlare.

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Capitolo 8
*** La prima conversazione ***


Questa settimana è inziata male quindi mi sono messa a scrivere e devo dire che mi sono sentita meglio! :D Ecco comunque come ho promesso questo capitolo è moolto più lungo! Spero vi piaccia, buona lettura!

Dio quanto era bello lui. I suoi occhi puntati su di me mi mettevano in imbarazzo. Lui stava ancora aspettando che cominciassi a paralare ma dopo un po’ visto che non riuscivo a spiccicare una parola cominciò lui: - Scusa se non ti ho rivolto parola prima, ma se vuoi posso spiegare il perché. – qui c’era lo zampino di Bill, ne ero sicura, ma andava comunque bene perché almeno ora mi parlava. Annuì e dissi: - sì, se non è difficile per te, vorrei saperlo. – sapevo il motivo, almeno in parte, perché Bill mi aveva già raccontato tutto il primo giorno che erano venuti, ma aveva anche chiesto di non dirlo a Tom e quindi finsi di non sapere niente, anche perché forse volevo avere la certezza che fosse solo per il motivo che mi ha detto Bill.
-  È tutta colpa di un pregiudizio. Odio mio padre per aver lasciato mia madre e ora lo odio ancora di più perché si è rimesso con un’altra donna. E dato che sei figlia di quella donna ho pensato che era meglio evitarti. Però ora ho capito che avevo sbagliato perché tu non c’entri niente. E adesso che lo dico mi sembra ancora più stupido quello che ho fatto. Scusami un’altra volta. – abbassò la testa, sembrava davvero dispiaciuto. Mi faceva tenerezza.
-  Tranquillo, non è niente, ti capisco. Sto nella stessa situazione, forse anche peggio.
-  Perché peggio? – chiese lui corrugando la fronte.
-  Perché anche i miei genitori sono divorziati, come avrai capito, ed io odio mio padre per aver fatto soffrire mia madre. La differenza è che tu vai d’accordo con tua madre ed io invece sento che le cose con mia madre non vanno più bene da quando si è messa con Jörg. Non mi parla più come prima e non mi dedica tempo come una volta. – nella mia voce si poteva sentire qualche nota di nostalgia per quei tempi quando mia madre veniva in camera mia per parlare con me oppure semplicemente per dirmi “buonanotte”. Era tutto cambiato contro il mio volere.
-  Capisco… mi dispiace. – disse. - Ti sei fatta qualche amico o amica qui, a parte Bill? – chiese cercando di cambiare il discorso.
-  No. E sinceramente non credo che ne avrò. – ammisi. Lui spalancò gli occhi e disse: - e perché?
-  È una lunga storia. Fatto sta che non ce li ho e non ce li avrò. Non sono come tutte le altre ragazze, sono diversa da loro.
-  Ho notato. – disse con nonchalance. Non so perché ma la cosa mi diede fastidio e anche molto.
-  Hai notato? Hai notato? Ma se è la prima volta in assoluto che mi parli? Come fai a sapere come sono? Non credo di essermi meritata ciò, io non ti ho fatto niente! So che ora hai capito che hai sbagliato ma questo non cambia le cose. Questo non può annullare tutto il dolore che ho provato in questi due giorni. Solo due giorni ma sei comunque riuscito a farmi del male in così poco tempo. – dissi sull’orlo delle lacrime e con la voce quasi isterica. Dovevo tenere a bada le lacrime se non volevo che scoprisse che mi piaceva, se non l’aveva già capito. Non sapevo perché gli avevo detto quelle cose. Eppure non mi aveva detto niente di offensivo. Lo vidi pietrificato e negli occhi c’era solo il dolore. Mi pentì subito delle mie parole. L’avevo davvero ferito e mi sentivo una stronza. Nonostante ciò non potevo dire “scusa”. Feci finta di non essermene pentita e me ne andai. Salì di fretta le scali fregandomi di non fare tanto rumore e aprì la porta. Quando stavo per entrare, mi sentì afferrare per un braccio. Non volevo girarmi e guardarlo negli occhi, sapevo che se l’avrei fatto, sarei scoppiata a piangere vedendo il suo volto. Tom prolungò la mano e con un dito girò il mio viso verso di lui delicatamente. Mi aspettavo di vederlo arrabbiato per quello che gli avevo appena detto, ma tutto quello che vidi fu di nuovo la sua espressione triste. Le lacrime stavano per uscire e non cercai nemmeno di trattenerle. Lui mi abbracciò.
-          Calmati. È tutto a posto. Scusami… hai ragione tu, sono stato uno stronzo. Avevo solo paura di affezionarmi a te. Cosa inutile perché è successo comunque. – non riuscivo a credere alle mie orecchie. Si era scusato, detto che avevo ragione a chiamarlo stronzo, e come se ciò non bastasse per farmi sciogliere aveva detto anche che si era affezionato a me! Mi feci scappare qualche singhiozzo e lui cominciò ad accarezzarmi i capelli cercando invano di calmarmi.
-  Entriamo in camera sennò ci sentiranno tutti e non credo sia il caso che ci trovino abbracciati alle 3 di notte vicino alla tua camera. - Entrammo in camera senza smettere di abbracciarci. Quel contatto era così bello che non volevo interromperlo.
-  No! Non avevo ragione. Scusami te! Non è mica colpa tua se sei così. È tutta colpa mia se mi sono lasciata incuriosire da te e ho finito per innamorarmi. – cazzo! Avevo appena detto che mi ero innamorata di lui. Con quale naturalezza poi! Perché ero così stupida? Perché non potevo tenermi la bocca chiusa per una buona volta? Ora se ne sarebbe andato e non mi avrebbe più rivolto nemmeno una parola.
-  Rachel… davvero ti sei innamorata di me? – chiese incredulo. Ma si era visto allo specchio? Come potevo non innamorarmi di un ragazzo del genere?
-  Certo! – mi ritrovai a dire. Cretina! Se prima potevo metterla sul ridere, ora non potevo più rimangiarmi le mie parole. – So che non provi lo stesso! Non fa niente. Tanto sono abituata a soffrire. – dissi abbassando il capo. Lo sentì sospirare e ridere. Perché rideva? Rideva sulle mie emozioni? La cosa mi fece male in un modo malsano. Ma cercai di fregarmene. Volevo godermi ogni istante di quell’abbraccio, volevo godermi il senso di protezione, pace e tranquillità che lui riusciva a trasmettermi, volevo godermi il tutto perché sapevo che l’indomani lui sarebbe tornato a essere il ragazzo strafottente di prima, ed io… io sarei tornata ad essere il nulla per lui. Inspirai il suo dolce profumo.
- Come fai a sapere cosa provo e cosa no? – chiese. La sua domanda mi lasciò interdetta. Che cosa significava?
-  E quindi? – chiesi tra un singhiozzo e l’altro.
-          E quindi? Come quindi? Ti ho detto che cerco di starti lontano ma non ci riesco. Mi sono affezionato a te anche senza averti mai parlato, e credimi questo non è poco! Prima quando ti ho detto che avevo notato che sei una ragazza particolare, intendevo che lo sei positivamente. In senso che mi piace che sei così. – il tono della sua voce pian piano stava diventando più dolce. Voleva dire che gli piacevo? Perché non me lo poteva dire senza tanti giri di parole?
- Ciò vuol dire che ti piaccio? – cercai di andare subito al sodo. Ci speravo, anche se sapevo che non era così. Sì, penserete che ero una stupida a sperare in una cosa del genere ma lo facevo perché mi faceva stare bene la speranza che poteva essere vero.
- Certo! – disse come se ciò fosse la cosa più ovvia al mondo. La mia fantasia si era spinta troppo in là. Sapevo che aveva detto di no, vero? Però dopo averlo guardato negli occhi, mi venne il dubbio. Forse aveva davvero detto sì? Forse avevo sbagliato a pensare che l’indomani sarebbe tutto tornato come prima.
- Cos’hai detto scusa? – chiesi insicura. Lui sorrise e ripeté: - Ho detto che mi piaci. - era tranquillo e sicuro di se. Allora avevo sentito bene. Sorrisi e lo strinsi più forte che potevo. Non volevo lasciarlo andar via. Improvvisamente sentì le mie palpebre appesantirsi e chiusi gli occhi.
-  Hai sonno? Vuoi che me ne vada? Ti vengo a cercare domani mattina, se vuoi. – fece per alzarsi ma lo fermai.
-  Nono! Ti prego resta. – protestai ormai senza speranza che restasse.
-  Sicura? Non è che domani te ne pentirai?
-   A patto che non te ne pentirai manco tu! – dissi sicura.
-   Ok allora rimango! – non riuscivo a credere che fosse tutto reale. Si alzò e mi fece cenno di mettermi a letto e io lo feci. Lui si accomodò vicino a me.
-   Metto la sveglia presto perché se i nostri ci vedono, saremo finiti. – mi avviso.
-   Va bene. Buonanotte! – mi accoccolai sul suo petto. Ero felice come mai. Tom non era come prima, Bill aveva ragione, dovevo solo conoscerlo meglio. Però un cambiamento così era praticamente impossibile, quindi mi chiesi se tutto ciò fosse un sogno o meno.
-  ‘notte. – s’inchinò per darmi un bacio sull’angolo della bocca. Un brivido mi percorse la schiena, sorrisi e chiusi gli occhi.

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Capitolo 9
*** Colazione ***


Rieccomi! Finalmente la scuola è finita e posso tranquillamente scrivere la mia FF :D Spero di postare il prossimo capitolo entro il 26 perché dopo parto e non ci sarò per una settimana >.< se non riesco a postare mi spiace ma dovrete aspettare più o meno due settimane! SCUSATEMI. Comunque per ora posto questo capitolo che spero vi piacerà, buona lettura <3
 
Fui svegliata dal raggio di sole che filtrava dalla finestra. Con gli occhi ancora chiusi tastai l’altra parte del letto in cerca di Tom. Non c’era. Allora è stato solo un sogno? Sospirai capendo che la risposta era un “sì è stato solo un sogno!”. L’orologio segnava le nove del mattino passate. Mi misi a sedere e cercai ad aprire gli occhi, rimasi ferma per un po’. Dopo di che mi alzai di malavoglia, rassegnandomi all’idea che era in arrivo un’altra giornata senza di lui, e andai al bagno per lavarmi. Mi vestì e mi misi a rifare il letto. Sul cuscino vidi un foglio, lo presi tra le mani.
Sono andato in camera mia presto per non far notare a nessuno che ho dormito da te. Ci vediamo a colazione. T.
Sorrisi involontariamente come una cretina. Non era stato un sogno. Rilessi quelle due frasi ancora una volta e poi uscì dalla mia camera di corsa diretta in cucina a fare la colazione. Entrai in cucina quasi correndo ma dopo mi accorsi che era vuota. Sul frigo vidi attaccato un altro bigliettino.
Piccola io Jörg e Bill siamo andati al supermercato. Mi raccomando mangia qualcosa. Mamma.
Non aveva nominato Tom. Ciò voleva dire che io e lui stavamo da soli a casa. Poggiai il foglio sul tavolo e feci quasi per saltare di gioia quando vidi la figura di Tom entrare in cucina. Tenevo ancora stretto in mano il suo biglietto. Lui si fermò sulla soglia e mi fissò. Quando vide il biglietto sorrise e avanzò verso di me.
-          Buongiorno. – sorrise maliziosamente. Era bellissimo anche di prima mattina.
-          ‘giorno! – ricambiai il sorriso. – mamma, Jörg e Bill sono al supermercato e quindi noi siamo da soli a casa. – lo informai.
-          Ah! – si avvicinò di più a me e mi diede un bacio a fior di labbra. Ebbi un brivido e alzai lo sguardo su di lui. Arrossì e sorrisi un’altra volta. – che ne dici se stasera usciamo? – chiese all’improvviso. Mi bloccai. Non aveva più paura che i genitori ci vedessero assieme? Corrugai la fronte. Lui dovette fraintendermi e si allontanò per guardarmi. – beh se non vuoi, non ti obbligo, eh? – disse, infatti.
-          Nono lo voglio! Solo che… come la mettiamo con i genitori? – dissi.
-          Oh. Non ci avevo pensato - disse abbassando il capo. – quindi sei d’accordo che dobbiamo tenere in segreto la nostra… relazione? – chiese.
-          Si sono d’accordo con te. Passeremo dei bei guai se lo scopriranno. Bill ci bombarderà di domande, mia madre non immagino neanche cosa farà, e Jörg non credo che ne sarà contento. Dobbiamo fingere di non aver mai parlato, anche se per me sarà difficile.
-          Anche per me sarà difficile. – ammise – ma dobbiamo provarci ok?
-          Sì! Quindi per oggi che facciamo? – chiesi
-          Uhm… io posso dire che esco con degli amici miei. E tu… non so.
-          Posso dire che esco anch’io con le amiche mie. Solo che... te e Bill non avete amici in comune? Forse vorrà uscire anche lui?
-          No credimi a Bill piace passare le serate a scrivere. Ma tu non avevi detto che non hai amici?
-          Sì ma mia madre non lo sa, ti ho detto che è da tanto che non parliamo. E comunque in che senso a scrivere? Bill è un poeta? – chiesi meravigliata.
-          Ah allora va bene se io esco mezz’ora prima per non dare sospetti? No Bill non è un poeta, Bill è un cantante e lui che compone le canzoni nella nostra band.
-          Avete una band? – chiesi meravigliata.
-          Sì io, Bill e altri due amici nostri abbiamo fondato una band che si chiama “ Devilish”. Io sono il chitarrista – disse fiero di se.
-          Figo! Mi farai sentire qualche vostra canzone? – chiesi speranzosa con gli occhi che mi brillavano. Adoravo la musica, era sempre lei ad aiutarmi quando stavo male. – ah e comunque per stasera va benissimo. – sorrisi e lui ricambiò.
-           Certo se vuoi, ti faccio sentire qualcosa. Ora però ho fame, mangiamo qualcosa? – chiese passandomi accanto e aprendo il frigo. Tirò fuori il latte e lo mise sul tavolo – cereali?
-          Si perfetto. – dissi andando a prendere un pacchetto di cereali a caso. Lui mise sul tavolo due piatti e due cucchiai. Mischiammo il latte con i cereali e ci mettemmo a sedere. Passammo la colazione parlando del più e del meno, cercando di conoscerci meglio. Dopo di che Tom salì gli scali e andò a cambiarsi. Quando scese, arrivarono mamma, Jörg e Bill. Li aiutò a portare la spesa dentro ed io cercai di non fissarlo più di tanto, impresa davvero molto difficile.

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Capitolo 10
*** L'appuntamento. ***


Eccomi qua. Vi prego scusatemi per l'ENORME assenza, prometto che non si ripeterà più. Per farmi perdonare almeno un pochetto ho scritto un capitolo davvero lungo che come sempre spero che vi piaccia. Mi scuso un'altra volta soltanto che in questi ultimi giorni avevo dei problemi col pc e poi dopo averli risolti ho dovuto riscrivere tutto ciò che avevo scritto a mano sul computer, quindi potete capire che ora non sento più le mani. Comuuunque vi auguro buona lettura. un Bacio, LisaHeiligTK <3

Stavo davanti allo specchio da circa una mezz’ora. Non andava per niente bene come mi ero vestita, così mi misi a rovestare in mezzo alla montagna di vestiti sul mio letto. Dopo un po’ mi ritrovai a cambiare per la millesima volta la maglietta che avevo adosso. Questa volta avevo scelto una maglia bianca con un manico solo, l’altra spalla era totalmente nuda. In mezzo alla maglia in altezza della pancia troneggiava una zebra. I pantaloni erano sempre gli stessi, aderenti e di colore blu. Le scarpe. Cavolo mi ero dimenticata delle scarpe. Qui ci volevano dei tacchi. Non troppo alti, giusto per arrivare all’altezza di Tom. Misi i tacchi e mi fiondai di nuovo davanti allo specchio. Esaminai dettagliamente ciò che vidi. Allora, i capelli neri ondulati ricadevano sulle spalle coprendoli un poco, occhi verdi avevano un velo di matita nera attorno, il naso leggermente all’insù era abbelliito da un piercing e il lucibalabbra rosa risplendeva sulle mie labbra. Ok, tutto sommato non ero così male.
Dopo aver avvertito mia madre che uscivo afferrai il cappotto e mi afrettai a uscire da quella casa. L’appuntamente era alle 20 davanti al supermercato che stava due feramte più avanti. Dato che ero uscita pure prima decisi di farmi la strada a piedi. Quando il supermercato apparve ai miei occhi anche se da lontano assotigliai gli occhi cercando la figura di Tom che però non c’era. Controllai l’orologgio. Segnava le otto passate. Strano. Cominciai ad andare in panico. Forse mi aveva dato buca. Forse aveva di meglio da fare. Alla vista di una figura ricoperta da metri di stoffa tutti i miei dubbi svanirono e accellerai il passo. Quando ormai ci dividevano pochi passi, cercai di fare il più piano possibile per coprirgli gli occhi da dietro. Per fortuna lui non si accorse della mia presenza e quindi feci quello che volevo. Lo sentì sorridere al tocco della mia mano.
-          Rache… sei qui. – disse come se non si aspettasse che arrivassi.
-          Certo che sono qui. Ricordati è normale se una ragazza fa..- controllai l’orologio – cinque minuti di ritardo. – sorrisi. Lui si girò e mi fisso a lungo come se temesse che potessi sparire da un momento all’altro. Quel silenzio stava diventando imbarazzante, almeno per me. Lui sembrava non accorgersene e allora decisi di parlare.
-          Beh dove vogliamo andare? – cominciai insicura. Tom sembrò riprendersi da una specie di trance.
-          Ah volevo portarti in un parco a fare picnic… scusa, so che è inverno e fa freddo ma a quest’ora non ci sta nessuno e volevo approfittarne. – un picnic? Era al quanto originale la cosa. Sorrisi spontaneamente. L’idea mi sembrava carina. - Uhm.. carina come idea. Ma abbiamo un qualcosa su cui sederci?
-          Sisi certo. Non ti preoccupare. – disse e sul suo viso appari un sorriso appena accennato, anzi sembrava più un sorriso malizioso, anche se non ne capì il motivo. Lui si avviò e mi fece cenno di seguirlo. Restammo in silenzio percorrendo una stradina isolata, che probabilmente portava a quel parco, illuminata solo da alcuni lampioni posti a qualche metro di distanza l’uno dall’altro. Fissavo lui e mi chiedevo a cosa stesse pensando. Lui guardava per terra con la testa bassa. Vedevo solo il piercing che si muoveva ogni tanto, e… diamine se era provocante. “Ok Rachel calmati! È solo un fottuto piercing, non puoi reagire così.”- pensai. Mi guardai indietro vedendo pian piano sparire la città alle nostre spalle e guardando avanti vedevo solo alberi. Non c’ero mai stata lì, “ beh mi sembra ovvio dato che non hai amici e quindi non esci mai” – pensai. Sentì un rumore ed ebbi paura. Senza nemmeno pensarci mi avvicinai a Tom e lo afferrai per mano. Lui alzò la testa come sorpreso e rise.
-          Perché ridi? – dissi spezzando il silenzio di tomba che c’era in quella stradina isolata.
-          Scusa… è che hai fatto una faccia da cucciolo spaurito molto buffa. – disse ghignando.
-          Sì… è normale avere paura. Ma ora mi sento più al sicuro. – ammisi abbassando il capo cercando di nascondere l’imbarazzo. Avevo detto la verità, quando avevo preso la sua mano mi ero sentita al sicuro, protetta da tutto e da tutti, era incredibile il senso di sicurezza che riusciva a trasmettermi ad un semplice tocco. Perché l’avevo detto? Perché con lui dicevo sempre tutto quello che pensavo? Perché non riuscivo a mentire, o almeno starmi zitta? Lui sorrise e i suoi occhi brillarono per un motivo che non riuscì a capire.
-          Beh allora… - prese un respiro come per prendere coraggio e passò una mano dietro la mia schiena a mi attirò a sé. – spero che ti sentirai ancora più protetta così, e spero anche che non abbia osato tanto e che non ti dispiaccia. -  Mi sentì al settimo cielo e poi qualcosa di umido bagnarmi la guancia. Lui se ne accorse e raccolse prontamente la scia argentea che scorreva sul mio viso. Poi mi fissò negli occhi intensamente. – non vuoi che ti abbracci? Scusa ti lascio allora… - stava per sfilare la mano e lasciarmi quando lo bloccai.
-          No… ti pare che mi dispiaccia? – era una domanda retorica. – solo che non mi sono mai sentita così bene in vita mia. – conclusi sussurrando, ma ero sicura che potesse sentirmi. Lui si bloccò con un sorriso mozzafiato in volto, dopo aver visto quel sorriso sentì delle farfalle farsi largo dentro il mio stomaco, anzi no, non erano delle farfalle, quelle assomigliavano più a dei pterodattili. Poi riprendemmo a camminare non sapendo cosa dirci. Ci avvicinammo all’entrata del parco tutto illuminato. Tom aveva ragione, era tutto deserto. Entrammo e dopo un po’ vidi una fonte di luce che attirava la mia attenzione. Ci avvicinavamo sempre di più a quel posto. Vidi una coperta messa per terra e su di essa c’erano due buste di McDonald’s e una torcia a gas (interessante dove l’aveva presa quella?), sorrisi, era da tanto che non mangiavo quelle schifezze che mi piacevano tanto. Lui notò il mio sorriso.
-          Ti piace? – chiese speranzoso.
-          Ma che domande? Certo che mi piace! L’hai preparato prima? Che gesto carino. – dissi con la testa persa tra le nuvolette rosa. Nessuna aveva mai fatto un gesto tanto carino per me. Lui sorrise imbarazzato anche se non lo diede a vedere.
-          Beh si… ecco so essere carino quando voglio. – disse ancora più imbarazzato. – Anche se non sembra. – aggiunse poi. Sentì scivolare la sua mano via e lo vidi sedersi per terra invitandomi a fare lo stesso. Mi accomodai di fronte a lui, anche se la distanza che ci divideva non mi piaceva per nulla.
-          Non sapevo cosa ti piacesse e quindi ti ho preso le stesse cose che ho preso per me, spero ti piacciano. – disse porgendomi una delle buste del McDonald’s
-          Uhm grazie. – sorrisi. Iniziammo a mangiare in silenzio. Dopo un po’ però spezzai il silenzio chiedendo della band che aveva. Mi raccontò come si erano conosciuti, che tipo di musica facevano, di come mai avesse scelto la chitarra, di come si sentiva quando suonava. Si vedeva che amava la musica con tutto il cuore e non potei fare a meno di sorridere perché era un’altra cosa che avevamo in comune. La musica era l’unica amica fedele per me e mi faceva stare bene ogni volta che ne avevo davvero bisogno.
Finito di mangiare ci avviammo verso casa in silenzio. Stavamo di nuovo su quella stradina isolata e ora che faceva ancora più buio, era sempre più inquietante. La mia mano era nella sua e quel contatto era dannatamente fantastico. Sorrisi godendomi ogni attimo. Quella relazione era appena iniziata ma già non immaginavo come avrei potuto farne a meno da quel momento in poi. Alzai lo sguardo per vedere il suo volto e sospirai ammirando la sua bellezza. Guardava avanti e sembrava non accorgersi che lo fissavo. Avrei dato di tutto per sapere cosa gli passava per la mente in quel momento. Ormai ci stavamo avvicinando alla casa. Il mio sorriso sparì. Lui lasciò andare la mia mano e si mise di fronte a me fissandomi negli occhi.
-          Che c’è? – chiesi alla fine diventando rossa come un peperone.
-          Hai degli occhi bellissimi. – disse serio. Beh era ora di sprofondare. Volevo sotterrarmi dall’imbarazzo.
-          Uhm… grazie. – sorrisi abbassando gli occhi.
-          Anche il tuo sorriso è qualcosa di fantastico. – disse.
-          Beh anche il tuo è niente male eh! E anche tu hai degli occhi fantastici. – ero ufficialmente cotta e ne ero fiera.
-          Grazie. Sai sei la prima che me lo dice. – ammise.
-          Non ci credo!
-          Sì invece è vero.
-          Beh allora mi fa piacere ad essere la prima.
-          Ehm… ora dovremmo salutarci. – disse e pian piano il suo sorriso svanì.
-          Noo! – piagnucolai lasciando trapelare tutta la mia contrarietà. Abbassai la testa gonfiando il labbro inferiore come una bambina capricciosa.
-          Lo so manco io voglio che finisca ma ti prometto che usciremo ancora. Ok? – lui con un dito alzò il mio viso e s’inchinò per guardarmi dritto negli occhi.
-          Uffa! – lui sorrise e si avvicinò di più a me. Ci dividevano due centimetri contati. Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata. Sapevo cosa stava per accadere. Non era il mio primo bacio ma desideravo che lo fosse. Avevo rimpianto troppe volte di averlo sprecato con quello stronzo! Vedevo gli occhi di Tom che fissavano le mie labbra e dopo pochi secondi percepì le sue labbra che si posavano sulle mie. Erano piacevolmente calde e morbide. Un brivido percorse la mia schiena quando sentì il freddo del metallo del piercing che si poggiava sulle mie labbra. Chiusi gli occhi godendomi quel istante magico. Gli misi le mani dietro la nuca e lo attirai a me, lui mi prese i fianchi e fece dischiudere le mie labbra. Le nostre lingue iniziarono a muoversi all’unisono. Quando l’aria divenne la priorità per entrambi, ci staccammo. Rimasi un attimo con gli occhi chiusi. Quando li riaprì, lo vedi davanti a me con un sorriso stampato in faccia. Sorrisi anch’io rassegnandomi all’idea che ero ufficialmente innamorata. Era troppo bello lui. Non potevo credere che potevo piacergli davvero però guardandolo negli occhi non potevo dire che mentiva. Era sinceramente felice.
-          Beh… tu entra, io torno più tardi. Ci vediamo dopo. – mi diede un bacio sulle labbra e se ne andò.
-          Ciao. – sussurrai in trance e sventolai la mano vedendolo sparire nel buio della sera.

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Capitolo 11
*** Gegen meinen willen ***


Beh dato che sono stata assente per un po' ho deciso di postare un'altro capitolo, quindiiii.. eccolo qua :D Buona lettura.

Rientrai a casa con un sorriso sul viso e gli occhi lucidi. Il ricordo di quello che era successo poco fa mi mandava i brividi per tutto il corpo. Mi ricordai che nessuno in casa sapeva che ero uscita con Tom e che dovevo fingere di essere uscita con un’amica. Feci sparire il sorriso e divenni seria, quasi triste. Passai vicino al salotto e vidi mia madre dentro, nella stessa posizione di quando me ne ero andata, solo che ora vicino a lei c’era anche Jörg.
-  Ciao mà, sono tornata. Ciao Jörg. Vado nella mia camera che sono stanca. – sapevo che mia madre non mi avrebbe chiesto com’era andata quindi non c’era senso rimanere lì con lei. Salì gli scali ed entrai in camera mia buttandomi sul letto. Dopo un po’ sentì bussare qualcuno.
-  Entra Bill. – tanto ero sicura che era lui. Chi sennò?
-  Ti ho disturbato? – chiese Bill aprendo la porta.
-  Nono tranquillo.
-  Ho sentito che eri tornata e volevo passarti a salutare. Com’è andata oggi? – chiese sedendosi sulla sedia vicino alla scrivania con nonchalance.
-  Beh niente male. Non è l’amica che vorrei avere, ma è simpatica. Se mi chiamerà un’altra volta forse ci esco. Invece i ragazzi… lasciamo stare, mi sa che sono davvero sfigata. Non ne ho visto nemmeno uno carino. – sospirai sperando di essere davvero credibile.
-  Mi dispiace.
-  Va beh niente. Mi passerà. Sei riuscito a scrivere qualcosa di nuovo?
-  Sì. – disse con gli occhi spalancati, battendo le mani.
-  Mi fai leggere? O è una cosa privata?
-  Sì certo se vuoi, te lo faccio leggere così mi dici se ti piace o no. – disse alzandosi e correndo in camera sua. Dopo un secondo riapparve alla mia porta con un quaderno in mano. Mi si avvicinò e mi porse il quaderno. La sua scrittura era ordinata e molto bella. Iniziai a leggere.

"Gegen meinen willen”

Wie soll es mir schon gehn
Ihr guckt euch nicht mehr an
Und ihr glaubt ich merk das nicht
Wo soll ich jetzt hin
Was habt ihr euch gedacht
Sagt es mir jetzt in mein Gesicht
Sagt wofür das alles hier zerbricht
Es macht mich fertig… -
iniziai a leggere ad alta voce ma poi continuai a mente accorgendomi che il testo era bellissimo. Capì subito di cosa parlava. Divorzio. Quel testo rispecchiava in pieno le mie emozioni. Una lacrima scivolò sulla mia guancia. Alzai lo sguardo su Bill che si era inginocchiato davanti a me.
-  È… è bellissimo Bill. Davvero, l’hai scritto tu? Hai un talento incredibile. – dissi raccogliendo la lacrima sulla mia guancia.
-  Ti piace?
-  Certo che mi piace, Bill sei bravissimo.
-  Grazie. Non so ho pensato ai vecchi tempi quando i miei genitori stavano insieme e mi è venuta l’ispirazione. – sorrise tristemente. Dio quanto assomigliava a Tom! Cercai di scacciare quel pensiero. Lo guardai, assomigliava a un cucciolo bastonato e non mi trattenni da scendere dal letto sedermi davanti a lui ed abbracciarlo.
-  Bill mi dispiace tanto… - iniziai io ma lui mi blocco. – shhhh. Tranquilla, non sono l’unico qui ad aver passato quel periodo. Ma come ho detto, è passato…
Mi staccai da lui e sorrisi. Lo guardai dritto negli occhi. Era sincero con me e diceva tutto ciò che pensava, provava, faceva. Mi dispiaceva che io non potessi fare altrettanto. Gli stavo mentendo, anche in quel momento. Dovevo dirgli tutto! Mi sarei sentita più libera, uno. Due, potevo raccontargli tutto e chiedergli anche dei consigli. Però avevo promesso a Tom che non l’avrebbe saputo nessuno. La confusione s’impadronì della mia mente. Avevo due possibilità. Uno: Raccontare tutto a Bill, per avere la coscienza pulita, ma non mantenere la parola data a Tom, con conseguenze sconosciute che potrebbero rovinare il nostro rapporto. Due: Starmi zitta e continuare a mentire a Bill mantenendo così la promessa che ho fatto a Tom, mantenendo anche un buon rapporto con quest’ultimo. Era davvero una decisione difficile. Scegliere l’amicizia o l’amore. “Beh amore è una parola “grossa” Rachel!” – pensai dopo ma lasciai stare. Mi morsi il labbro. Allora ragiona Rachel. Se lo dici a Bill, lui ti potrà dare consigli su tutto ma non si sa come andrà a finire con Tom. Se non glielo dici, ti sentirai una bugiarda ma con Tom andrà tutto a gonfie vele. “Ok questo non mi aiuta! Agisci d’istinto Rache!” – mi disse la mente. Stavo per aprire bocca per raccontargli tutto e metter fine alla confusione che c’era nella mia testa, ma sentì bussare qualcuno alla porta. Tom! Mi ha salvato da quella cazzata che stavo per fare.
-  Uhm Bill sei qui! – era nervoso, guardò sia me che Bill seduti per terra e corrugo la fronte, non se l’aspettava di vederlo qui, era ovvio. Era venuto da me, ma doveva mentire. – ehm… ti stavo cercando. Sono appena tornato. Beh ti aspetto in camera. – disse chiudendosi la porta alle spalle imbarazzato. Bill ed io scoppiammo a ridere.
-  Beh io vado. – disse sbadigliando. – ci sentiamo domattina.
-  Sì, Buonanotte. – gli dissi alzandomi in piedi. Lui usci dalla mia stanza. Crollai a peso morto sul letto. Rimasi un po’ così. Finalmente potevo concentrarmi su ciò che era successo poco fa fuori da questa casa. Tom mi aveva baciata. Sgranai gli occhi. “Oh cazzo CISIAMOBACIATI!” – ricollegai qualche secondo dopo. Mi portai la mano alla bocca. È successo tutto così velocemente! Sorrisi spontaneamente al ricordo della sua bocca premuta contro la mia. Dopo essermi goduta in pieno il ricordo del bacio mi alzai di malavoglia per andarmi a cambiare e lavare la faccia. Tornai a letto sfinita e mi addormentai subito dopo aver chiuso gli occhi.

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Capitolo 12
*** Momento della verità.. ***


Ecco un'altro capitolo! Il 'piccolo segreto' di Rahcel e Tom non poteva rimanere un segreto per sempre e infatti qualcuno viene a saperlo.. Buona lettura!

Stavo davanti allo specchio e non sapevo cosa fare. I capelli facevano schifo. La mia faccia quella mattina era inguardabile. Sembravo uno zombie. Dovevo assolutamente fare qualcosa. Ma cosa? Non potevo scendere giù così. Non potevo apparire conciata così davanti a Tom. Andai a prendere la borsetta con i trucchi e questa volta pensai che la matita nera fosse la scelta migliore. Dopo aver cerchiato completamente i miei occhi di nero, tanto da sembrare Bill, mi guardai allo specchio un’altra volta e dissi che per la faccia poteva anche andare bene così. Restavano i capelli che proprio non volevano mettersi come li volevo io. Decisi di tirarli su, raccolti in una coda alta. Diedi un’ultima controllatina allo specchio e dissi che, tutto sommato, non ero male. Mi fiondai davanti all’armadio. Cosa mi sarei messa? Dopo un po’ la testa comincio a farmi male e decisi di mettermi le prime cose che mi capitavano a tiro. Presi dei pantaloni neri attillati e una maglietta azzurra con una scritta nera “I <3 you, don’t you understand?”. Scesi di fretta le scale ma quando entrai in cucina, vidi solo Bill seduto da solo a fare la colazione e a fissare il vuoto.
- Bill. Buongiorno. – sorrisi. Lui alzò la testa e sorrise a sua volta.
- Buongiorno Rache. Sai che stai particolarmente bene con la matita nera. – mi disse.
- Davvero? Grazie. Com’è che sei solo?
- Ah beh Jörg e tua madre stanno ancora dormendo credo. E Tom è andato a fare la corsa mattutina. Sai, è da tanto che non la faceva. Strano. Comunque dato che avevo fame e non volevo disturbarti o svegliarti, mi sono ritrovato a fare la colazione da solo.
- Lo sai che non disturbi mai. Potevi pure svegliarmi. È triste fare la colazione da soli. Almeno secondo me. – dissi andando a prendermi un bicchiere di latte con dei biscotti. Mi misi di fronte a lui e cominciai a mangiare.
- Come stai oggi? Ti vedo allegra, spensierata. – disse Bill.
- Sì, oggi mi sono svegliata abbastanza bene. – sorrisi. – tu? Come stai?
- Mah, tutto bene. Ho solo un po’ sonno. – disse sbadigliando.
- Ah capito. – non seppi mai come ma riuscì a sentire il mio cellulare suonare di sopra in camera mia. Così mi alzai e corsi come se fosse questione di vita o di morte.
- Pronto! – dissi, non avevo fatto nemmeno in tempo per vedere chi fosse.
- Buongiorno. Spero di non averti svegliato. – riconobbi subito la voce. Tom. Un sorriso a trentadue denti spuntò sul mio viso.
- Tooom. – gridai. Però subito dopo mi tappai la bocca sperando che Bill non mi avesse sentito dal piano di sotto. – ’giorno. No comunque non mi hai svegliata. – dissi poi abbassando il tono della voce.
- Come stai? Hai già fatto colazione? – mi chiese.
- No la stavo giusto facendo.
- Ah scusa ti ho interrotto. Volevo solo dirti Buongiorno e che io tra un po’ torno e possiamo stare insieme per un po’.
- Oddio davvero? – il tono della mia voce salì di un’ottava. – aspetta… ma come facciamo? Ci stanno i genitori e anche Bill.
- No Jörg è al lavoro, tua madre è dal parrucchiere e Bill ora va da Georg e Gustav per una cosa che riguarda la band.
- Ma scusa non ci devi andare pure tu? – chiesi perplessa.
- Naaah non ne ho voglia. Dico che sto male, m’invento qualcosa. – disse con la voce esageratamente pigra. Sorrisi senza un motivo preciso.
- Ok perfetto allora ci vediamo dopo. – chiusi la chiamata e scesi di sotto con il sorriso ancora stampato in faccia. Per non farmi sospettare da Bill feci sparire il sorriso ed entrai in cucina.
- Chi era? – chiese Bill tranquillo.
- Era mia madre, non stanno a casa. Lei sta dal parrucchiere e Jörg sta al lavoro.
- Oddio e quindi tu ora rimani da sola a casa? – disse preoccupato.
- Perché? – chiesi come se già non lo sapessi.
- Perché Tom ed io ora andiamo da Georg e Gustav per una cosa della band. Voglio fargli vedere la canzone che ho scritto.
- Ah beh fai niente. Troverò qualcosa da fare. – dissi guardandolo tranquilla, cercando di rassicurarlo che sarei stata bene.
- Va bene allora ora vado a prepararmi che la madre di Gustav ci passa a prendere tra un quarto d’ora. – Bill salì gli scali ed io andai in salotto.
Sprofondai nel divano e accesi la TV. Non c’era niente che attirava la mia attenzione, cambiavo canale buttando di tanto in tanto un’occhiata alla porta d’ingresso in attesa che essa si apri e la figura di Tom appaia ai miei occhi. Sentivo le porte aprirsi e chiudersi al piano di sopra, segno che Bill si stava preparando. Spostai di nuovo lo sguardo verso la porta d’ingresso e in quel preciso momento essa si aprì. Tom. Senza pensarci corsi da lui e gli saltai addosso facendolo traballare. Il suo odore mi pervase e mi rilassai inspirandolo avaramente. Era passato pochissimo tempo dall’ultima volta che l’avevo visto, ma già mi era mancato tanto.
- Piccola. – disse lui con la voce dolce e mi baciò i capelli. Pochi giorni fa non mi sarei mai immaginata che Tom potesse fare un gesto tanto carino.
- Mi sei mancato. – sussurrai.
- Anche tu mi sei mancata. Però ti ricordo che dobbiamo fingere l’indifferenza finché Bill non se ne sarà andato.
- Oh giusto. – dissi staccandomi da lui di malavoglia. Lo guardai per un’ultima volta e tornai in salotto. Subito dopo sentì qualcuno scendere le scale.
- Tooom! Vai a prepararti, la madre di Gustav starà qui tra 5 minuti! – gridò Bill.
- Bill non mi sento tanto bene. Sarà meglio se rimango a casa. Scusa. – disse Tom improvvisando una voce malata.
- Che hai? – chiese Bill con la voce preoccupata.
- Niente, mi viene da vomitare. Ma mi riposo e vedrai che starò meglio.
- Va beh allora ci vado da solo, ce la caveremo. Tanto non volevo suonare.
- Grazie Bill, la prossima volta non mancherò, promesso. – disse Tom. Sul mio viso spuntò un sorriso. Sentì dei passi avvicinarsi e finsi di non aver sentito nulla.
- Rache hai il campo libero. Tom resta a casa, non farti scappare quest’occasione. – disse Bill a bassa voce. Sorrisi e annuì dicendo un “speriamo” quasi inudibile. Il telefono di casa prese a suonare. Bill rispose.
- Pronto? – silenzio – Ah Gus! Si ora esco, sono pronto. – chiuse la chiamata.
- Beh ora vado. Prova a parlargli. – disse Bill rivolgendosi a me e avviandosi verso la porta. Quando fu ormai fuori saltai in piedi e corsi su per le scale. Mi fermai davanti alla porta di Tom per darmi una sistemata e riprendere fiato. Entrai n camera sua e lo vidi con torso nudo. Per un secondo mi mancò l’aria, diventai tutta rossa dall’imbarazzo e uscì.
- No dai entra, tranquilla. – disse ridendo.
- Scusa, non sapevo ti stessi cambiando. Dovevo bussare. – dissi imbarazzata.
- Ti ho detto, stai tranquilla. Non mi vergogno del mio fisico perfetto! – scherzò – poi quando siamo soli, puoi fare quello che vuoi. Tanto non disturbi. – aggiunse poi addolcendo il tono della voce. Sorrisi.
- Molto modesto eh! – lo rimproverai entrando in camera.
- Sì, ma non puoi dirmi che mi sto sbagliando. – disse sogghignando. Dio quanto era bello! Beh in effetti, era vero, aveva un fisico perfetto. Feci un passo in avanti e mi chiusi la porta alle spalle. Mi misi sdraiata sul letto fissandolo. Lui si girò mi guardò a sua volte e sorrise. Cristo cos’era quel sorriso!
- Sei bellissima. Lo sai? – disse avvicinandosi a me. Mi portai le mani al viso e mi coprì cercando di nascondere almeno in parte il mio imbarazzo. Lui prese le mie mani e le scostò dal viso continuando a fissarmi.
- Tu sei più bello. – protestai.
- Io sono bello, quello non lo metto in dubbio ma addirittura più bello di te... – fece finta di pensarci – non credo! – aggiunse alla fine. Risi, divertita dalla sua affermazione. Restammo zitti per un po’, fissandoci a vicenda. Lui non era bello, Lui era bellissimo! Com’era possibile che io potessi piacere a un ragazzo che assomigliava più a un angelo che ad un comune mortale? Era impossibile infatti. Forse era tutto un sogno. Lasciai stare i miei pensieri e mi concentrai su di lui. In quel momento lo vidi avvicinarsi a me e posare le sue labbra sulle mie. Un calore piacevole mi avvolse. Misi le mani dietro la sua nuca e lo attirai a me. Quel momento idilliaco fu interrotto dal rumore della porta che si apre e una voce.
- Tom mi sono dimenticato il testo della canzone, sai per caso do... – s’interruppe vedendoci sul letto, abbracciati e persi in un bacio. Tom si alzò di fretta e vidi Bill sulla soglia della porta con la bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite.
- Oh cazzo! – Si lasciò scappare Bill.
- Ehm Bill… siediti. Ti raccontiamo tutto. – disse Tom rassegnandosi. Abbassai la testa sentendomi terribilmente in colpa davanti a Bill. Che amica ero? Non gli avevo raccontato che mi ero messa con Tom, suo fratello-gemello per di più. Bill si lasciò guidare da Tom verso la sedia davanti alla scrivania.
- Bill… io e Rache non ti abbiamo detto niente perché non volevamo che qualcuno lo sapesse. Scusaci. Anzi no, scusami, Rache non c’entra niente, sono stato io a impedirle di dirtelo, lei voleva raccontartelo. Scusami! – disse Tom.
- Ma… ma io sono davvero contento per voi. Soltanto che me lo dovevate dire. Da quando state insieme? – chiese Bill ancora sotto shock. Io mi aspettavo che si offendesse. Mi aspettavo di sentire il disprezzo, l’offesa, la delusione nella sua voce, ma tutto quello che sentì era: comprensione, shock e felicità sincera. Sospirai sollevata e alzai la testa.
- Da ieri, più io meno. – dissi.
- Sono davvero felice per voi, solo che, certo, avrei preferito che me lo diceste voi stessi. Ma fa niente, capisco. Beh ora potete continuare, io sparisco perché c’è Gus sotto che mi sta aspettando. – disse Bill prendendo il quaderno con le canzoni che stava sulla scrivania e si alzò.
- Grazie per la comprensione Bill. – dissimo all’unisono Tom ed io. Scoppiamo a ridere tutti e tre.
- Va beh salutami quei due cretini di Gus e Geo. – disse Tom dando una pacca affettuosa  sulla spalla di Bill. Bill sorrise e si affretto ad uscire. Tom si girò e mi guardò. Io ero immobile sul letto. Il senso di colpa si era impadronito di me e non se ne voleva proprio andare.
- Ooops! – disse Tom scoppiando a ridere. La sua risata cristallina mi calmò un po’. – beh dove avevamo finito? – disse sogghignando e avvicinandosi pericolosamente a me. Quando mi ritrovai le sue labbra sulle mie chiusi gli occhi e lasciai stare tutti i pensieri e i sensi di colpa che mi fluttuavano nella testa.

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Capitolo 13
*** E' arrivato il momento di salutarci.. ***


Ho fatto un ritardo enorme, lo so, scusatemi vi prego! Che dire, questo capitolo è triste ma Rachel sapeva che prima o poi sarebbe arrivate e beh ecolo qui. Buona lettura <3

Stavo seduta sul letto con la schiena contro la testiera e la testa tra le ginocchia. Stavo pensando a come avrei fatto senza Tom e Bill, dato che quella sera dovevano andarsene. Queste due settimane erano volate troppo velocemente. Erano le due settimane più belle della mia vita. Mi ero scusata con Bill almeno un milione di volte per non avergli detto nulla sulla mia relazione con Tom e lui mi aveva detto più volte che era tutto a posto. Con Tom andava tutto a gonfie vele. Ma ora che dovevamo salutarci, mi sentivo vuota. Da lì a poco sarei stata di nuovo da sola, sempre. Certo, Tom e Bill abitavano nella stessa città, però non era più la stessa cosa di vederli ogni giorno a casa, loro abitavano un po’ fuori da Magdeburgo, quindi ci volevano almeno due ore per arrivarci. Sbuffai, la situazione non mi piaceva affatto. Stavo sull’orlo delle lacrime, di nuovo, quando sentì la porta aprirsi.
- Rache… sei qui? – era la voce di Tom. Ormai la conoscevo troppo bene, quella voce che mi faceva sognare, quella voce che mi aveva fatto innamorare.
- Si sono qui. Entra. – dissi cercando di nascondere che ero triste. Alzai la testa e tentai di sorridere, senza riuscirci.
- Che hai? – chiese. Mi conosceva bene, non potevo nascondergli nulla.
- Te ne stai per andare e mi chiedi cos’ho? – dissi trattenendo a stento le lacrime.
- … - non sapeva cosa dire. Manco a lui piaceva quella situazione, l’avevo capito, anche se lui non me l’aveva mai detto.
- Appunto... – dissi abbassando il capo.
- Non fare così. Ci vedremo, te lo prometto. Non stiamo mica sui pianeti diversi. – disse cercando di scherzare inutilmente.
- Tom, stiamo entrambi a scuola sei giorni su sette. Quando non stiamo a scuola dobbiamo fare i compiti e l’unico giorno in cui siamo liberi non credo che ogni volta a uno dei due andrà di fare tutta quella strada. – spiegai. Chiusi gli occhi sentendo una fitta al cuore. Detto così, ad alta voce, il tutto sembrava ancora più difficile. Tom restava zitto, non avendo nulla da dire. Infondo sapeva che io avevo ragione.
- Rachel, ogni domenica verrò qua di prima mattina, te lo giuro. Non me ne frega niente se siamo così distanti, la distanza è nulla per me. – disse sicuro di sé. Mi avvicinai a lui cercando un abbraccio. Lui mi strinse a se accarezzandomi i capelli, cercando di calmarmi.
- Grazie Tom. – riuscì a dire con la vece tremante. Le lacrime mi rigavano il viso e finivano sulla maglietta di Tom. Lo sentì annuire. Lui iniziò a cullarmi finché le lacrime smisero di scendere si asciugarono sulle mie guance.
 

Io, Bill e Tom stavamo in camera mia. Bill era seduto sulla sua valigia e Tom con me sul letto. Ci stavamo salutando. Sospirai, in realtà stavamo tutti e tre zitti perché non sapevamo cosa dire, non volevamo salutarci, non volevamo credere che era già arrivato il momento.
- Biiiill, Tooom! Vostra madre è arrivata! – annunciò Jörg dal piano di sotto. Ed ecco che quel momento era arrivato. Le lacrime si rifecero vive senza alcun preavviso. Quanto le odiavo.
- Si papà, stiamo scendendo! – gridò Bill spezzando il silenzio che si era creato nella mia stanza. Tom si avvicinò a me e donò un ultimo bacio. Dischiusi le labbra accogliendo la sua lingua con piacere. Cercai di rinchiudere nella mia mente ogni singolo particolare di quel bacio. Sapevo che avrei dovuto resistere senza quel bacio per una settimana o nel peggiore dei casi per due settimane. Tom si staccò un poco per riprendere a respirare.
- Ci vedremo presto, te lo prometto. Questo non è un addio, è soltanto un ciao. – sussurrò. Mi morsi il labbro.
-  Spero di rivederti presto, allora. Ciao. – sussurrai chiudendo gli occhi e sentendo un dolore incredibile al cuore, come se qualcuno me l’avesse strappato dal petto. Alzai lo sguardo e vidi Bill vicino a Tom. Sospirai e mi alzai.
- Bill, mi mancherai, davvero! – dissi ormai in crisi. Certo che ero in crisi, era lecito. Non avrei visto il mio ragazzo per un bel po’ e ci si aggiungeva che non avrei visto manco il mio migliore amico. Lo strinsi forte a me.
- Anche tu mi mancherai Rache. – mi disse Bill all’orecchio. – Ciao. – cercò di sorridere.
- Ciao. – dissi. Vidi Tom andare a prender la sua valigia e anche Bill fare lo stesso. Si girarono sulla soglia della mia porta. Si erano uguali. In tutto e per tutto. Erano i due ragazzi più importanti della mia vita in quel momento. Soltanto che uno era il mio ragazzo e uno era il mio migliore amico. Una lacrima solitaria attraversò il mio viso. Loro alzarono le mani e li sventolarono. Li imitai guardandoli sparire nel corridoio. Crollai sul letto in preda alle lacrime che non volevano fermarsi. Sia Tom sia Bill mi avevano promesso che ci saremo rivisti presto, ma qualcosa mi diceva che non sarebbe stato così…

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Capitolo 14
*** Il ritorno a scuola ***


Sono stata assente per due mesi. Vi sono mancata? Scusatemi taaaanto! Ma dove siete sparite? ç_ç Mi sento sola.
Buon lettura! <3


Cercai a tentoni la sveglia, posta sul comodino vicino al letto. Quando la spensi mi misi a sedere stropicciando gli occhi ancora chiusi. Il primo giorno di scuola dopo le vacanze, era il giorno più difficile in assoluto. Poi che a questo ci si aggiunge anche l’assenza di almeno una persona con cui chiacchierare durante le lezioni. Sospirai e scesi dal letto diretta verso il bagno strusciando i piedi per terra. Mi lavai la faccia, i denti e guardai la borsetta con i trucchi, senza alcuna voglia di truccarmi quella mattina. Infatti lasciai perdere dicendo che ormai non c’era più nessuno per cui rendermi bella. Ed eccolo quel dolore e quel senso di vuoto che ritornano a galla. Tom non era più qui, manco Bill. Era come se una parte di me mancasse. Chiusi gli occhi e cacciai un sospiro profondo cercando di ricacciare indietro quel dolore. Uscì dalla camera e mi ritrovai la porta della stanza di Bill e Tom davanti. Fissai per un po’ quella porta indecisa se aprirla o no. Alla fine raccolsi tutto il coraggio che avevo e la spinsi in avanti. La stanza era vuota e buia, proprio come mi sentivo io in quel  momento. Dava un senso di abbandono totale e una tristezza immensa. Provai una fitta al cuore e mi affrettai a richiudere la porta, era stata una pessima idea quella di aprirla. Scesci gli scali diretta in cucina. Mamma e Jörg stavano già facendo la colazione. Beh certo mia madre non si è nemmeno preoccupata se sono sveglia o no. Avanzai verso il frigorifero ma nessuno dei due fece caso a me, proprio come se non esistessi. Presi il latte con i cereali e mi sedetti al tavolo in silenzio.
- Sbrigati ti aspetto in macchina. – disse mia madre con un tono distaccato una volta finito di mangiare. Sospirai e salì in camera mia per prendere la borsa e scesi subito dopo per non soffermarmi di nuovo sulla porta della loro camera. Jörg non disse manco una parola, come sempre d’altronde. Uscì dalla casa e una follata di vento gelido, tipico dell’inverno in Germania, mi investì. Mi affettai a salire in macchina. Il viaggio durò poco e mia madre stette zitta per tutto il tragitto, manco io avevo l’intenzione di rivolgerle parola. Arrivate a scuola scesi dall’auto sbattendomi lo sportello alle spalle senza dire una parola. Cazzo cosa le costava dire una misera frase come: “ciao, ti vengo a prendere dopo scuola”. Punto, non chiedevo nient’altro! Entrai in classe notando che la lezione era già iniziata e io ero in ritardo.
- Kraus! You’re late. – sentì la voce tagliente del professore d’inglese e trasalì.
- I’m sorry, it won’t happen again. – balbettai sperando che fosse giusto ciò che ho detto.
- I hope so. – disse il professore e si girò alla lavagna facendomi così capire che potevo accomodarmi. Passai tra i banchi sotto gli occhi dei miei compagni. Appena mi sedetti sospirai e mi concentrai sulla lezione, beh almeno cercai di concentrarmi.
La lezione passò in fretta, come le altre due d’altronde. Mi stavo dirigendo in mensa anche se, pensandoci, non avevo fame. In realtà, non avevo voglia di niente da quando Tom e Bill se n’erano andati. Si lo ametto, ero un po’ esagerata ma non ci potevo fare niente. Mi sedetti al solito tavolo, da sola, come sempre. Misi le mani sul tavolo e vi appoggiai la testa.
- Scusa disturbo? – chiese una voce femminile. Alzai la testa. Era una ragazza alta, magra con i capelli biondi e gli occhi castani. Aveva un piercing al sopracciglio destro. Sorrisi, anche Bill ne aveva uno identico. La ragazza tossì per riattirare la mia attenzione.
- Ehm scusa dici a me? – chiesi un po’ stranita. Da quando qualcuno mi rivolgeva parola?
- Si, è libero qua? – indicò il posto vicino a me. Sgranai gli occhi. Non solo parlava con me ma voleva anche sedersi vicino a me.
- Certo che è libero, accomodati. – dissi con un sorriso sincero stampato in faccia. La ragazza si sedette accanto e si girò verso di me.
- Sono Nicole. – disse la ragazza porgendomi la mano.
- Piacere Rachel. – le strinsi la mano e lei sorrise.
- Sono nuova qui. – disse.
- Ah ti piace qui? – chiesi.
- Beh sai la gente qui non è tanto gentile da quello che ho capito.
- Hai capito bene. Ma io non sono così. Io anche sono nuova. Sono arrivata due settimane prima delle vacanze natalizie. Non mi sono fatta degli amici e sai la vedo molto difficile la cosa.
- Allora io e te potremmo diventare amiche, che dici? – chiese lei, entusiasta.
- Mi piacerebbe. – dissi sorridendo.
- Che lezione hai dopo?
- Tedesco, te?
- Anche io! – esclamò Nicole.
Passammo la giornata insieme e le raccontai tutta la mia vita. Sentivo in qualche modo che potevo fidarmi di lei anche se la conoscevo si e no sei ore.  Al ritorno scoprì che lei era la mia nuova vicina di casa. Stavamo già davanti casa sua quando lei mi disse:
- Se vuoi sfogarti un altro po’ sappi che io sono qui.
- Anche tu se decidi di raccontarmi la tua storia. – sorrisi.
- Grazie.
- A te.
- Va beh io vado. Sto qui accanto a te eh! Ti aspetto. – rise e sventolò la mano per salutarmi. Cazzo quel gesto mi riporto alla mente il momento in cui Bill e Tom uscivano dalla mia stanza. Chiusi gli occhi e cercai di scacciare quel ricordo. Sventolai la mano e mi girai per tornare a casa. Una volta entrata gridai “ sono a casa” per avvertire mia madre. Salì gli scali e aprì la porta della mia camera. Era buia e fredda. Ebbi èaura ad entrare lì. Paura di provare quel dolore che avevo provato quella mattina nella stanza di Bill e Tom. No, la cosa era andata troppo a fondo. Era esagerato aver paura a entrare in camera mia. Chiusi gli occhi e feci un passo in avanti varcando la soglia di quella benedetta stanza. Chiusi la porta alle spalle ignorando quella paura del tutto insensata. Buttai lo zaino per terra accanto alla porta e andai a sedermi alla scrivania. Presi una penna e un quaderno dicendo un bel “vaffanculo” ai compiti che erano assegnati per casa e iniziai a scrivere.
Caro diario,

Lui, lui mi manca, mi manca da morire. Come faccio a sopportare tutto questo dolore causato dalla sua assenza e dall’assenza del affetto da parte di mia madre? Sì,quella madre che non mi chiede mai “com’è andata a scuola?”, quella madre che non mi dice mai “buonanotte piccola!”, quella madre che non mi vuole nemmeno bene. Ok basta. Devo fregarmene. Da ora in poi la chiamerò Livia, come tutti. Lei non è più mia madre. Devo smetterla sennò mi farò solo del male. Comunque torniamo al discorso iniziale. Tom. Non lo sento da un giorno e già non ce la faccio più. Come posso andare avanti così? Va beh pazienza. Forse più in là scoprirò che la relazione a distanza non è poi così male…

Posai la penna sul tavolo vicino al quaderno e sospirai. Mi sentivo meglio. Non so perché ma mi senti un po’ in colpa. In colpa per Nicole. Mi ero sfogata a lei e lei mi aveva ascoltato pazientemente fingendo che lei non volesse dire niente perché era tutto a posto. Invece no, non era così. Io avevo notato la tristezza nei suoi occhi. Ad un certo punto mi era chiaro cosa fare. Mi alzai e usci dalla camera a grandi passi. Scesi gli scali e mi diressi nello studio di mia madre. Aprì la porta e la vidi. Stava al computer, probabilmente stava scrivendo un articolo sulla moda (visto che quello era il suo lavoro) e aveva una tazza di caffè sotto il naso. Aveva delle occhiaie enormi, ciò probabilmente voleva dire che non dormiva da giorni. La cosa che mi stupì e che mi accorsi che non me ne fregava sinceramente nulla. Dovetti tossire per attirare la sua attenzione. Solo allora alzò la testa e mi fece capire che mi stava ascoltando.
- Io esco. – l’avvisai. Non sapevo neanche perché l’avvisavo. Sicuramente non si era nemmeno accorta che ero tornata.
- Dove vai? – chiese senza nemmeno cercare di nascondere il suo menefreghismo. In quel momento mi fece davvero schifo e non mi trattenni dal dire:   
- Perché me lo chiedi? Tanto lo so che non te ne frega niente. – lei boccheggiò un paio di volte ma non disse nulla. Ovvio che non aveva niente da dirmi perché sapeva che io avevo ragione. Così senza aspettare una risposta girai sui tacchi e me ne andai sbattendo violentemente la porta alle mie spalle. Uscì dalla casa a grandi passi e mi fermai una volta fuori. Una follata di vento gelido m’investì il viso. Ero schifata, arrabbiata e triste allo stesso tempo. Lei non era mia madre, ci doveva essere uno sbaglio. O forse ci doveva essere un motivo per quale era così cambiata, ma dissi che non me ne doveva importare. Avrei fatto finta che non esistesse, proprio come stava facendo lei. Chiusi gli occhi e inspirai l’aria gelida sperando che la rabbia mi passasse. Scoprì che era facile smettere di pensare a mia madre, soltanto che nella mia mente torno il pensiero fisso. Tom. Ovvio, lui non poteva mancare. M’incamminai e dopo neanche un minuto mi ritrovai davanti alla porta della casa di Nicole. Avvicinai la mano al campanello ma la tolsi subito dopo. Avevo paura. E se apriva sua madre o suo padre? Che cosa avrei detto? Feci un altro respiro e prima che potessi ripensare suonai alla porta e attesi. La porta si spalancò poco dopo. Sospirai. Alla porta apparve Nicole con gli stessi occhi tristi ma appena mi vide improvvisò un sorriso radioso.
- Scusa disturbo? – chiesi con un sorriso da ebete.
- Nono ti pare? Entra. – si scostò per farmi entrare. Feci un passo insicuro in avanti varcando la soglia della sua casa. Davanti a me si aprì un ampio salone con le pareti color pesca e un bel camino circondato da un divano e due poltrone sempre color pesca. Sopra il camino c’erano delle foto che dal punto dove stavo non riuscivo a vedere bene e sopra ancora c’era appesa una TV a plasma. Poi vicino c’era uno scaffale con dentro una collezione di libri davvero impressionante. Nicole avanzò verso la porta dall’altra parte della stanza facendomi cenno di seguirla. Oltrepassai la porta e mi ritrovai in mezzo al corridoio. Alla fine di esso c’erano gli scali sui quali stava per salire Nicole. Vidi una porta aperta. Probabilmente era la cucina quella. Salì le scali e mi ritrovai in un altro corridoio ma più lungo di quello di prima. Qui c’erano tre porte. Due chiuse e una aperta. Nicole entrò nella stanza con la porta aperta e io la seguì. Quella stanza era tutta tappezzata dai poster vari. Riconobbi subito tutti i cantanti e le band che c’erano perché erano gli stessi che ascoltavo io. Avril Lavigne, Linkin Park, Evanescence, 30 seconds to Mars, Green Day e un unico gruppo che non riconobbi.
- Beh… questa è la mia stanza. – disse un po’ imbarazzata anche se non capì perché – Lo so ci sono troppi poster ma mi sento a mio agio così.
- Tranquilla.. anche la mia camera è così. E poi abbiamo gli stessi gusti. – dissi sorridendo. Le si illuminarono gli occhi e sorrise anche lei.
- Sei venuta per sfogarti?
- Non esattamente. Ehm… sai prima avevo notato una nota di tristezza nei tuoi occhi e quindi ho pensato che io mi sono sfogata e tu no… questo non è giusto. Beh almeno credo che le amiche non facciano così. Quindi sono qui per chiederti se vuoi sfogarti te. – dissi tutto d’un fiato sentendomi come se non avessi mai parlato così tanto. Per una frazione di secondo mi sentì anche stupida. Ma tra le amiche si faceva così, giusto? Lei sorrise ma non fu un sorriso di felicità. Infatti poi abbassò lo sguardo.
- Non so… non ne ho mai parlato con nessuno…
- A maggior ragione ora dovresti raccontarmi tutto. – la interruppi.
- Forse hai ragione.
- Sono pronta per ascoltarti. – dissi con tono incoraggiante.
- Sono orfana. – disse velocemente, quasi quasi non riuscì neanche a capire cosa disse. – sono stata adottata. I miei veri genitori sono morti quando avevo sette anni, avevo solo loro. Non avevo ne nonni ne zii. – disse abbassando il capo.
- E ti trattano male qui? – chiesi sinceramente preoccupata.
- Nono, anzi mi trattano come se fossi la loro vera figlia. Solo che mi mancano terribilmente i miei genitori. Io li amavo con tutto il mio cuore e quando mi dissero che non li avrei mai più rivisti questo cuore si è rotto in mille piccoli frammenti come un vetro delicato.
- Mi dispiace davvero tanto. Non so come aiutarti. E non posso neanche capirti perché per quanto possa essere orribile mia madre… è viva. – sospirai. – mi dispiace davvero tanto. – l’abbracciai e quando sentì qualcosa di umido sulla mia spalla iniziai a cullarla.
- Grazie… mi sento meglio dopo averlo raccontato a qualcuno. – cercò di sorridere.
- Vedi, avevo ragione. Comunque sai che io sono qui e non me ne andrò a patto che non lo faccia neanche tu, promesso.
- Promesso. – ci conoscevamo da più o meno sei ore ma già sentivo che potevo fare una promessa del genere a lei. Sentivo che era la cosa giusta. In quel momento la porta si spalancò e una figura alta fece il suo ingresso. Un ragazzo alto e moro apparve sulla soglia.
- Nicole mi presti il CD dei Lin… - s’interruppe entrando nella stanza. – non sapevo che stavi con un’amica.  – disse grattandosi la nuca in imbarazzo.
- Ehm sì… lei è Rachel, ci siamo conosciute oggi a scuola. – disse Nicole sorridendo. Non seppi perché ma colsi un pizzico di maliziosità nel suo sorriso.
- Piacere sono Oskar, il fratello di Nicole. – sorrise e mi porse la mano. Fui indecisa per un millesimo di secondo. Oskar era il primo ragazzo carino che incontravo dal momento che Tom era partito. Sì, lo so è stupido ma per un secondo nella mia mente passò un pensiero al quanto cretino, infondo avevo solo quattordici anni. Pensai di tradire in qualche modo Tom pensando che Oskar fosse carino. Poi scacciai quel pensiero inutile che non faceva altro che darmi fastidio gironzolando per la mia mente. Gli strinsi la mano. Non percepì quella scarica elettrica attraversarmi tutto il corpo come era successo due settimane fa con Tom. Non ne capì mai il motivo ma fu un sollievo.
- Piacere. – ripetei. Oskar arrossì visibilmente e si girò a guardare Nicole.
- Ecco volevo chiederti se mi potevi prestare l’ultimo CD dei Linkin Park. – Nicole si alzò aprì un cassetto pieno di CD messi in ordine. Ne estrasse uno che conoscevo bene. Nell’ultimo periodo ascoltavo solo quello.
- Tieni. – gli porse il CD, Oskar lo prese e si affrettò di uscire dalla stanza. – in presenza di ragazze carine si imbarazza e riesce a malapena a parlare. – mi sussurrò Nicole al orecchio. Sorrisi e diventai rossa anche io.
Il cellulare prese a vibrare e poi partì una canzone di Avril. Sobbalzai e con la mano tremante presi il cellulare che stava in tasca. Tom. Mi bastò leggere quel nome sullo schermo del cellulare per cominciare a sentire i pterodattili nello stomaco.
- Pronto. – risposi con la voce tramante e gli occhi già umidi.
- Rache! – esclamò una voce che conoscevo benissimo. A quel punto scoppiai a piangere.
- TOM! – gridai. – mi sei mancato tanto. Che bello sentire la tua voce di nuovo!
- Stai piangendo? Comunque mi sei mancata anche tu, ma non piangere.
- Si, non posso fare altrimenti. Come stai?
- Mi manchi, sono lontano da te, come posso stare secondo te? Tu come stai?
- Stessa cosa.
Silenzio. Si sentivano solo i miei singhiozzi. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Quando stavamo vicini era difficile farci stare zitti. Qua era difficile cavarci dalla bocca una sola parola. Non potevo reagire così ogni volta che mi chiamava, ma sapevo già che l’avrei fatto.
- Com’è andata oggi? – chiese.
- Diciamo bene. Ho incontrato una ragazza. Abbiamo fatto amicizia. Si chiama Nicole. La tua giornata com’è andata?
- Ah davvero? Mi fa piacere. Non sei più sola. Io come al solito. Ho difeso Bill dai soliti bulletti della scuola e basta.
- Come sta Bill?
- Tutto bene. Mi ha chiesto di salutarti, non può parlare perché mamma ora gli sta disinfettando la ferità sul labbro che gli hanno procurato quelli bulletti.
- Oddio mi dispiace. Salutamelo. Salutami anche Simone.
- Si. Tua madre?
-  … - sospirai. – ci ho appena litigato.. abbiamo avuto una specie di discussione.
- Mi dispiace. Senti ora vado. Ho davvero tante cose da fare. Ho chiamato solo per sentire la tua voce.
-  Ti chiamo stasera. – misi tutto l’amore che provavo per lui in quella frase sperando che lui lo capisse. – un bacio.
- Si. Mi manca baciarti.. -  e attaccò. Dalla voce sembrava che stesse per piangere. Forse non voleva farmi sentire che piangeva. Mi asciugai le guance e mi girai. Nicole mi stava fissando intenerita.
- Siete così dolci. – disse. Sorrisi.
- Senti ora vado. Ho bisogno di stare un po’ da sola.
- Sisi certo, ci sentiamo. – uscì dalla stanza a grandi passi. Scesi gli scali. Gli occhi cominciavano a pizzicarmi di nuovo. Ad un certo punto sbattei contro qualcuno. Alzai la testa. Oskar.
- Oddio scusa. – dissi.
- No, non ti preoccupare. Stai piangendo?
- No, mi è andato qualcosa nell’occhio. Ora vado. Ciao.
- Ciao. – attraversai il salone e uscì dalla casa. Nel tragitto da casa di Nicole a casa mia le lacrime quasi quasi diventarono dei ghiaccioli. Entrai in casa e corsi di sopra. Sbattei la porta della mia camera e mi buttai sul letto abbandonandomi in un pianto disperato.

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