Nel sangue e nell'anima

di ornylumi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mio marito ***
Capitolo 2: *** Le mie figlie ***
Capitolo 3: *** Il mio silenzio ***



Capitolo 1
*** Mio marito ***


È ora di cena. Impartisco distrattamente gli ordini agli elfi, come faccio da quasi trent’anni, dalla prima volta che ho messo piede in questa casa. Uno dei tanti specchi del corridoio riflette la mia immagine, mentre mi sposto dalla cucina alla sala da pranzo; anche questo, un rito che eseguo da molto tempo. Oggi, però, faccio qualcosa di diverso: mi guardo.

Sono Druella Black. Una donna, una strega, una purosangue. Non ho più usato il mio cognome da nubile, da quando ho sposato Cygnus. Perché non aveva più senso, e anche perché, come diceva mia madre, dovevo essere fiera di diventare una Black; lo sono stata.

Mi guardo, e l’immagine che vedo mi ricorda che sto invecchiando. Lo penso senza compiangermi: è un fatto, e resta tale. Non esiste incantesimo tanto potente da impedirlo, nemmeno per una strega ereditaria come me. Ma l’età non ha cambiato il mio carattere, la mia nobiltà, il mio orgoglio. È questo ciò che sono, e che resterò sempre: Druella Black, nel sangue e nell’anima.

Quando è tutto pronto, prendo posto a tavola accanto a mio marito. Ceniamo in silenzio, come sempre. Non servono molte parole tra di noi. Ci conosciamo da così tanto tempo da non avere più nulla su cui confrontarci, e per un tacito accordo preferiamo entrambi che sia così. Quando abbiamo provato a parlare, è sempre finita con uno scontro. Siamo troppo diversi; io non sopporto la sua eccessiva calma e tolleranza, lui odia i miei scatti d’ira e la mia incapacità al perdono. Ma non mi piace litigare, così il più delle volte lascio che sia lui ad avere la meglio, inibendo il mio desiderio di ribellione. Meglio lasciare fuori dalla nostra casa volgari scenate, meglio il silenzio.

Mentre ceniamo, lo guardo e ricordo di quando seppi che l’avrei sposato. Ero solo una ragazzina innamorata, allora. Non di Cygnus; di un altro ragazzo, anche lui di buona famiglia, ma non quanto un Black. Pensavo di sposarlo, ma i miei genitori decisero diversamente. Una sera, mia madre mi chiamò da parte e mi annunciò che sarei diventata la moglie di Cygnus Black. Lo disse con entusiasmo, aspettandosi la stessa reazione da parte mia. Non notò nemmeno quelle lacrime uscire dai miei occhi, quando non riuscii più a trattenerle. Mi ripeteva una sola frase: devi esserne orgogliosa. E i miei deboli tentativi di protesta venivano scambiati con dubbi e paure comprensibili per una sposa. Sapevo che avrei fatto come volevano, nonostante tutto. Avrei messo da parte il mio istinto ribelle e sarei stata la figlia educata e sottomessa che si aspettavano.

Solo qualche anno dopo le nozze, dopo una discussione particolarmente accesa, osai dire a mia madre che non amavo mio marito. E lei, abituata a quel nuovo lato del mio carattere che avevo iniziato a mostrare, dopo essere diventata moglie e madre, per una volta non mi contraddisse. Si limitò a dirmi, invece, che avrei imparato ad amarlo. Non so se ci sono davvero riuscita; se l’amore è la nostra profonda conoscenza, il rispetto che comunque abbiamo l’uno per l’altra, il nostro silenzio, allora sì, ho imparato ad amarlo.

E tu, mi hai mai amata, Cygnus? Come ti sei sentito, quando i tuoi genitori hanno scelto per te? Anche tu, allora, volevi sposare un’altra? Sono domande che mi nascono dentro, e lì le lascio morire. Restano insieme a tante altre, nell’abisso di cose non dette che ci separa. Molte, però, le conosco da me, non ho bisogno che tu me le dica. Ad esempio, so che ami le nostre figlie. Le hai seguite nella crescita, le hai sgridate quando era il caso di farlo, ma sempre con la tua pacatezza, spiegando loro la ragione di ogni cosa. Le hai protette quando erano bambine e le proteggi ancora adesso, perfino da me. Ma anch’io le amo, Cygnus. Anche se non do mai loro una carezza, perché voglio che se la cavino da sole e non siano deboli come la loro madre. Anche se non sono come te, disposta a perdonare qualunque cosa. Perché tu perdoni sempre; e sono certa, pur se non oseresti mai ammettere tanto, che avresti perdonato anche lei. Lei, che non è più nostra figlia.

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Capitolo 2
*** Le mie figlie ***


Credo che il mio gesto d’affetto più grande nei confronti delle ragazze sia stato quello di non imporre loro un matrimonio combinato. Volevo che fossero libere di scegliere quale mago purosangue sposare. Non mi hanno delusa, ma devo ammettere che, da quando sono andate via, questa casa mi sembra vuota. Il silenzio che tanto amavo si è ingigantito, e a volte mi pare quasi di non sopportarlo. La verità è che le mie figlie mi mancano. Anche quando vivevano qui, raramente passavamo del tempo insieme, ma l’idea che ci fossero bastava a darmi tranquillità.

Sono profondamente diverse, le mie ragazze. Bellatrix, la primogenita, ha un carattere forte e volitivo. È testarda, ribelle, come un tempo sono stata anch’io, ma crede nei valori della nostra famiglia. È fiera di essere una Black, e mette in pratica i suoi ideali. Ha scelto di servire colui che viene chiamato l’Oscuro Signore. Ad essere sincera, è una decisione che non ho approvato del tutto. Non che non sia orgogliosa di lei, anzi; ma è solo una ragazza, temo che si sia coinvolta in una cosa più grande di lei. Quando ho provato a farglielo notare, però, mi ha subito attaccata, rinfacciandomi di essere ipocrita. Crede che noi, io e Cygnus, non facciamo abbastanza per difendere la nostra stirpe e il nostro sangue. La verità è che non vorremmo trovarci coinvolti in una guerra magica, ma questo lei non lo comprende. Dopo quella volta ho taciuto; non sarei mai riuscita a farle cambiare idea. Mia figlia è indomabile, e sono convinta che sia meglio stare dalla sua parte piuttosto che averla come nemica.

Non ho mai capito cosa facesse, per l’Oscuro Signore. Restava per ore chiusa nella sua stanza o in quella sul retro, a preparare pozioni e strani riti di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza. A volte la spiavo; è sempre stata una brava strega, fin da bambina. Prendeva ottimi voti a scuola e non ha mai avuto un attimo di cedimento. Credevo lo facesse per noi, per non deluderci, ma poi ho capito che doveva esserci dell’altro. Non si spiegherebbe, altrimenti, quella passione che le brucia negli occhi ogni volta che compie quegli incantesimi sconosciuti. Non ha niente a che fare con suo marito, e credo nemmeno con le sue profonde convinzioni. È qualcosa di più, che non riesco a decifrare. A volte, ho paura per lei; delle altre, mi fa paura.

Narcissa è molto diversa dalla sorella, e anche da me e Cygnus. Se non l’avessi messa al mondo, dubiterei che è davvero mia figlia. Avrebbe dovuto chiamarsi Nashira, per continuare la tradizione; ma quando l’ho vista per la prima volta, così pallida, bionda e delicata come un fiore, ho capito che era speciale, come un dono del cielo. E così, le ho cambiato il nome. È stata una delle poche decisioni che ho preso da sola, senza consultare nessuno. Cygnus è rimasto sorpreso, ma non seccato.

Man mano che cresceva, la sua personalità ha continuato a stupirmi. Era una bambina docile, educata, gentile con gli ospiti e con i suoi coetanei; sembrava una principessa. E adesso sembra una regina, una perfetta padrona di casa dal sangue puro. Sono certa che sarà una buona madre.

Quello che più mi colpisce di lei, però, è il suo modo di tenere alla famiglia. Non al nostro cognome, come Bellatrix, ma a noi. A volte, quando mi vede stanca o agitata, si avvicina e mi appoggia una mano sulla spalla, con la sua innata delicatezza. Proprio io, che non sono solita elargire gesti d’affetto, ne ricevo da lei. E anche quando non lo fa, mi resta vicina; sa che la sua silenziosa presenza mi rassicura.

Sono loro, Bellatrix e Narcissa, le mie uniche figlie. Un tempo pensavo di averne una terza, ma mi sono dovuta ricredere. Ci ha traditi, ci ha rinnegati nel peggiore dei modi possibili; e questo non può, non dovrà mai avere perdono.

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Capitolo 3
*** Il mio silenzio ***


Dopo cena, Cygnus mi ha dato la buonanotte ed è andato subito a letto. Io resto, come mio solito, almeno per un’altra ora, a godermi la pace della notte. Percorro i corridoi della casa, e senza rendermene davvero conto raggiungo la stanza sul retro. Mi accorgo, entrando, che odora ancora delle misteriose pozioni di Bellatrix, o forse è solo la mia immaginazione. Raggiungo la porta a vetri e la spalanco, lasciando entrare una brezza fresca di quasi primavera. Poi esco, raggiungo il giardino. Alzo lo sguardo, e quello che vedo è una grande luna, quasi più del normale, circondata da nubi che non riescono del tutto a coprirla, ma le conferiscono un’aura spettrale. E lì, davanti a quello spettacolo della natura, finalmente mi concedo di ripensare a quanto è successo.

Solo poche ore fa, ero a Diagon Alley per delle commissioni. Quando posso, mi piace uscire per strada e vedere volti nuovi, entrare anche per pochi istanti nella vita di qualcun altro. Chi mi conosce, mi saluta con rispetto; non solo per il nome che porto, ma per la persona che sono. Almeno, è quello che mi piace pensare.

Camminavo, dunque, per la strada, quando mi sono fermata davanti a una vetrina. Gli oggetti magici in vendita mi ricordavano l’entusiasmo che provai da bambina, quando per la prima volta mi preparavo ad andare a Hogwarts. E poi, non so nemmeno perché, ho alzato lo sguardo verso l’interno del negozio.

E c’era lei. L’ho riconosciuta anche di spalle, anche se non la vedevo da almeno sei anni, da quella volta in cui si era alzata a metà della cena e se n’era andata per sempre. Era accanto a quello che doveva essere suo marito, e ridevano. Ridevano, quegli sciocchi. Ho sentito montare dentro una rabbia senza precedenti. Non le importava niente, niente del dolore che ci aveva arrecato. Era felice di quella vita che si era scelta, accanto a un Nato Babbano che disonorava la nostra famiglia. Il mio sacrificio, i miei insegnamenti… tutto inutile, completamente inutile. Erano finiti lì, in un miscuglio di sangue puro e sporco che faceva ribrezzo.

Non riuscivo a sopportarlo. Stavo per andare via, ma prima che potessi muovermi una bambina è uscita in tutta fretta dal negozio. Doveva avere circa cinque anni, e devo ammettere che i suoi capelli rosa confetto hanno attirato la mia attenzione. Appena mi ha vista, mi ha fatto un gran sorriso e ha detto: "Ciao, signora!"

Sono rimasta zitta. Non riuscivo a dire niente, nemmeno a una bambina. Perché, forse, dentro di me avevo già capito chi era. Sua madre è arrivata subito dopo, chiamandola “Ninfadora” e afferrandola per le spalle. La sgridava, le diceva che non doveva allontanarsi. Poi ha alzato lo sguardo, e mi ha vista. Ci siamo viste, osservate, per istanti che sembravano eterni. Nei suoi occhi ho letto incredulità, poi il disprezzo. Stava zitta, io stavo zitta. Finché si è rivolta di nuovo alla figlia: “Andiamo, Ninfadora. Non disturbare la signora”.

Se ne sono andate. Ed io sono rimasta lì, immobile, preda di emozioni che ho voluto frenare e controllare. Solo adesso, finalmente, smetto di trattenerle. Prendo la testa tra le mani e piango, grido, faccio tutto ciò che mio marito non approverebbe, che non si addice a una signora. Non mi importa; so che è solo un momento, che passerà. Lo negherò agli altri, e poi a me stessa, che questa sera non è il mio sangue a urlare, ma la mia anima. E ritornerò alla mia vita, al mio silenzio.

----Giudizio ottenuto:----

Grammatica: 9/10

Originalità: 9/10

Forma e stile: 8/10

Gradimento personale: 8.5/10

Totale: 34.5/40

Il motivo per cui ti ho abbassato il punteggio nell’originalità è lo stesso per cui te l’ho alzato nel gradimento: l’incontro con Andromeda e il successivo “crollo” di Druella. L’ho trovato prevedibile, ma mi è piaciuto un sacco! Una cosa che invece non ho apprezzato molto è lo stile frammentario: mi sembra che a volte ci siano punti e virgole dove non dovrebbero essere. Tuttavia, ti ho dato come errore solo le virgole in “la verità, è che” perché dividono soggetto e verbo; inoltre ho considerato anche la ripetizione di quella formula a così poca distanza. Un altro errore che ho considerato è stato “dubiterei che è”, dove invece sarebbe andato un “sia”.

Come risultato del mio primo contest, sono stata più che contenta :) Ho corretto alcune cose, l'ultima no poiché non mi suonava bene. Grazie ancora a MedusaNoir e a tutti coloro che hanno letto la storia!

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