Sul filo del sogno

di hotaru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogni di cristallo ***
Capitolo 2: *** La tempesta ***
Capitolo 3: *** L'unicorno ***
Capitolo 4: *** Pallidi raggi ***
Capitolo 5: *** Magiche cantonate ***



Capitolo 1
*** Sogni di cristallo ***


1- Sogni di cristallo
Sul filo del sogno

Sogni di cristallo

"Hoc argumento eum capiunt:
puellam virginem ducunt in illum locum ubi moratur et dimittunt eam in silvam solam."

[Con questo stratagemma lo catturano:
conducono nel luogo dove quello dimora una fanciulla vergine e la lasciano sola nella selva]

(dal "Fisiologo" latino)

Sul filo del sogno



- Quando ci rivedremo ancora noi tre, con tuoni, lampi o raffiche di pioggia? -. (¹)
- Direi che tutta l'acqua che sta venendo giù sia più che sufficiente, Minako – fece una giovane donna la cui lunghissima chioma nera si confondeva con l'oscurità della grotta – Odio tutta quest'umidità, guarda i miei capelli! -.
- I miei sono perfetti come sempre, invece – replicò una terza donna, rimirando le proprie ciocche ondulate nello specchio intarsiato che portava sempre con sé – E poi il sole secca la pelle e la invecchia -.
- Ma rende i miei capelli ancor più luminosi! - protestò la ragazza che aveva parlato per prima, facendo scorrere fra le dita alcune ciocche color dell'oro – E poi il problema della pelle secca si presenta solo con l'età -.
- Come ti permetti? - fece, gelida, la donna con lo specchio – Ti ricordo che nemmeno tu sei più una fanciulla in fiore -.
- Ma ho sempre un paio di secoli meno della nostra Michiru. Giusto, Rei? -.
- Silenzio, ora – ordinò la giovane di nome Rei, puntando gli occhi scuri come la notte nel fuoco che ardeva in mezzo a loro – Phobos e Deimos l'hanno trovata -.
- Era ora – commentò Minako, accarezzando il gatto bianco che teneva in grembo – Pensavo fossero annegati nella notte tempestosa -.
Si beccò un'occhiata bieca di Rei, mentre Michiru controllava la situazione nel suo specchio.
- Sì, li vedo – disse infine – Sono riusciti ad entrare -.
Minako e Rei tacquero, pendendo dalle labbra della loro compagna: dalla missione affidata ai due corvi dipendeva il successo del loro piano.
- La bambina dorme profondamente, come previsto – Michiru continuò a descrivere la scena – Ora Phobos sta planando su di lei... no, un momento! Si è rigirata nel letto in quest'istante, la ragazzina! -.
Una smorfia alterò i tratti delicati della donna, che tuttavia si ridistesero subito dopo.
- No, ecco, è tornata nella posizione di prima. Ora, pennuto, ora! -.
- Un po' di rispetto per i miei corvi! - pretese Rei.
- Ecco, ce l'ha fatta! - un sorriso soddisfatto si disegnò sulle labbra di Michiru, i cui occhi rimasero tuttavia fissi sullo specchio – La cenere è caduta proprio sugli occhi della principessa -.
Le tre si scambiarono uno sguardo di trionfo, poi Rei raddrizzò la schiena e si rivolse al fuoco.
- Allora andiamo a incominciare... -.


Il fastidio improvviso che aveva sentito agli occhi era scomparso quasi subito, non appena li aveva aperti. Ma ora non capiva dove si trovasse.
Era un posto che non aveva mai visto prima, e forse nemmeno esisteva. Somigliava ad un bosco, questo sì, come quello che circondava il castello e il villaggio, ma gli alberi erano come ricoperti di vetro. Inoltre non aveva idea di cosa fossero quelle strane forme luminose che spuntavano qua e là... sembravano dei cristalli.
E quei colori così strani, che non parevano essere affatto provocati dalla luce del sole che filtrava tra le fronde. La prima consigliera di sua madre, che si occupava anche della sua educazione, non le aveva mai parlato di una cosa del genere. La foresta intorno a lei sfumava nei colori più vari: dall'azzurro, al giallo tenue, al rosa che sembrava lo stesso dei suoi capelli.
Abbassò lo sguardo sui propri abiti: indossava ancora la camicia da notte ed era scalza, eppure non sentiva minimamente freddo. L'erba della notte non era umida di rugiada, come le diceva sempre Ami, e nemmeno il paesaggio circostante era così buio. Sembrava brillasse di luce propria; o forse erano quegli strani cristalli, chissà.
Poi alzò gli occhi al cielo, e fra le stelle della notte scorse come delle onde di luce colorata, somiglianti alle pieghe di grandi drappi di seta, che non stavano ferme un momento. Erano uno spettacolo meraviglioso, e in quell'istante miriadi di stelle si staccarono dalla loro posizione nel firmamento, iniziando a cadere verso la terra in una scia luminosa: Chibiusa non ne aveva mai viste così tante tutte in una volta.
Sentì un rumore dietro di sé e, quando si voltò, vide qualcosa di bianco stagliarsi in quello splendore di luci.


- Potrebbe trattarsi dell'aurora boreale – ipotizzò Ami quella mattina. La prima consigliera della regina, con profonde conoscenze in qualunque campo del sapere, era anche la sua insegnante privata – Anzi, ne sono piuttosto sicura -.
- L'aurora... boreale? - Chibiusa sapeva che l'aurora era il momento che precedeva l'alba e il sorgere del sole, ma... - Cosa significa? -.
Ami aprì uno degli enormi libri in cui, secondo Chibiusa, era contenuto tutto il sapere dell'umanità.  
- Le aurore boreali sono un fenomeno ottico dell'atmosfera caratterizzato da bande luminose di colore rosso-verde-azzurro. È causato dall'interazione di particelle cariche di origine solare con la ionosfera terr... - Ami si interruppe, notando che Chibiusa era ammutolita – Sì, beh... dobbiamo ancora arrivarci. Di solito compaiono molto più a nord, comunque, e se chiedi in giro ti diranno che sono i riflessi degli scudi delle Valchirie... -.
Ami sospirò. Che fatica, il progresso della scienza.
- Però è strano – commentò poi – Come hai fatto a sognarle, se non le conoscevi? -.
- Non lo so -.
- Non è che hai sbirciato in qualcuno dei miei libri e ne hai visto un'immagine? -.
- Ecco, io... - in effetti l'aveva fatto, e più di una volta: i libri di Ami erano la cosa più affascinante che avesse mai visto. Ma non le sembrava di aver mai trovato niente su quelle "aurore boreali".
- Va bene, non importa. Adesso apri il tuo libro: eravamo rimaste all'area del triangolo, ricordi? -.


Le bastò dare un'occhiata intorno per rendersi conto che quello era lo stesso bosco che aveva sognato la notte prima. Ma non c'erano più quelle strane fasce luminose che danzavano nel cielo, semplicemente trapunto di stelle come quello che conosceva.
Tuttavia dei cristalli luminescenti continuavano a spuntare qua e là fra l'erba, alla stregua di funghi o fiori, e quella luce soffusa era sufficiente ad illuminare il bosco quel tanto da non averne paura.
Ora che lo guardava meglio, somigliava parecchio a quello che circondava il castello, nonostante lei non lo frequentasse più di tanto. C'era lo stesso profumo: quell'odore fragrante di muschio, alberi e piante selvatiche, così intenso da avvolgerla. Malgrado si trovasse in un bosco, di notte, sentiva di non avere la minima paura: era tutto immerso in un silenzio ovattato, il silenzio del sonno. Un silenzio talmente profondo che il nitrito che si udì sembrò lacerarlo all'improvviso, come il primo raggio di sole squarcia le tenebre della notte.
Chibiusa non capiva certo il linguaggio degli animali, ma all'udire quel verso voltò lo sguardo in ogni direzione, cercando di capire da dove provenisse. Non sapeva perché, ma le era sembrato che stesse chiamando qualcuno; che stesse chiamando proprio lei.


- Quanto ci vorrà? - domandò Minako, attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno a un dito con aria annoiata.
- Poche notti saranno sufficienti – rispose Michiru, continuando a seguire Chibiusa nel suo specchio – La piccola sembra decisamente ammaliata -.
- Comunque continuo a non capire perché non posso farlo io. Non ci saremmo risparmiate un sacco di scocciature? - insistette la fanciulla, che adesso aveva preso a tirare scherzosamente la coda al suo gatto bianco.
- Ci serve una vergine, Minako – sbottò Rei, alzando per un momento gli occhi dal fuoco ed interrompendo gli incantesimi che stava bisbigliando alle fiamme.
- Come se una vergine potesse essere più bella di me! -.
Rei sbuffò, mentre Michiru non riuscì a trattenere una risatina divertita.
- Suvvia, questa ragazzina non è tanto male – commentò, osservandola nello specchio e alzando un sopracciglio un po' scettica – Certo, non fosse per quest'assurdo colore di capelli... -.
- Che poi chissà da dov'è saltato fuori – rincarò Minako, che si lanciava in appassionate discussioni non appena rintracciava nell'aria il minimo sentore di pettegolezzo – Poteva averli scuri come suo padre, o biondi come quelli di Usa... -.
- Non pronunciare quel nome! - la ammonì Rei, gli occhi improvvisamente affilati e pericolosi – I traditori non vanno nemmeno nominati! -.
Nessuna replicò; in effetti pronunciare il nome della loro antica compagna di fronte a Rei non era mai una buona idea.
- Beh, sorelle, sbrighiamoci – fece Minako con nonchalance, cambiando discorso in men che non si dica – La mia pelle inizia a sciuparsi; diamoci una mossa a trovare quella specie di equino col corno -.







(¹) Citazione dell'inizio del "Macbeth", Shakespeare: "When shall we three meet again, in thunder, lightning or in rain?"



E con questa sono a quattro storie che contengono nel titolo la parola "filo". Non so perché finisco sempre su questo termine, se vogliamo ricco di metafore... magari perché sono nipote di una sarta, chi lo sa.
Comunque sia, questa storia si è classificata prima al contest "Era un Sogno" di Fabi_Fabi, dove dovevo prendere spunto da questa frase: "Se il sogno muore, che ne sarà del sognatore? E se muore il sognatore, che ne sarà del sogno...?" di Arthur B. Chandler. Inoltre dovevo inserire le parole: gatto, corvo, fuoco, occhi, tempesta e ombra.
Si è inoltre classificata seconda al contest "Mondi Paralleli" di Red Diablo e Kiki: qui si doveva ambientare la storia in un universo alternativo a scelta, e io ho optato per il Mondo Fantasy.
Anche se alla voce "Personaggi" c'è scritto "Un po' tutti", metto le mani avanti e vi dico subito che in questa storia non ci sarà traccia di Makoto, Hotaru o Setsuna. Più che altro non mi servivano per i ruoli che avevo in mente, perciò spero non ne rimarrete troppo delusi. Ami stessa, in realtà, non viene nominata più di tanto.

Questa fic trae spunto da una leggenda medievale (vedete la citazione in alto) secondo la quale, per catturare un unicorno, bisognava mandare una vergine- meglio se bambina- da sola in un bosco. Solo lei sarebbe riuscita ad ammansirlo, e in questo modo lo si sarebbe potuto catturare.
Ho poi aggiunto delle invenzioni mie, ovviamente, ma rimango dell'idea che nel realizzare la quarta serie di "Sailor Moon" si avesse bene in mente questa leggenda medievale occidentale...

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Capitolo 2
*** La tempesta ***


2- La tempesta La tempesta


Sul filo del sogno 2


Era un cavallo?

Un cavallo bianco nel bel mezzo di quella foresta di sogno, anche se rispetto alla notte prima i cristalli sembravano essere scomparsi. Non era rimasto più nulla ad illuminare l'oscurità profonda del bosco, eppure sembrava che il manto bianco di quel meraviglioso animale fosse sufficiente a rischiarare il terreno su cui camminava, come la luna da sola riesce ad illuminare un cielo buio.
Era laggiù, sotto quelle fronde, e sembrava aspettarla. Guardava lei, l'aveva chiamata.
Eppure era sempre così lontano... perché non si avvicinava un po'? Nonostante non si muovesse, Chibiusa non riusciva mai a raggiungerlo. Quando avrebbe potuto toccarlo, accarezzare le sue froge delicate e il corno che lanciava lampi dorati nella notte?
Aspettava lei, solo lei.
"Dove sei?".


Quella mattina Chibiusa si era svegliata con un certo fastidio alle orecchie, come se ci fosse stato un corpo estraneo all'interno. Cercò di sturarsele con un dito, e se ne ritrovò la punta sporca di una strana polvere grigia; la annusò: sembrava cenere, anche se odorava di essenze strane e sconosciute.
Non disse nulla alla servitù che le portò i vestiti per la giornata, e nemmeno ad Ami durante la lezione: si sarebbe beccata solo un rimprovero e la raccomandazione a lavarsi meglio, lo sapeva.
Il cielo di quella mattina sembrava quasi violaceo, tanto le nubi si accalcavano scure le une sulle altre: era in arrivo un bel temporale, poco ma sicuro. Eppure il mezzogiorno passò senza che accennasse minimamente a piovere, nonostante lampi sfolgoranti illuminassero i nuvoloni dall'interno e il brontolio del tuono fosse costante, una pentola di fagioli messi a bollire nel grande paiolo del cielo estivo.
Era ormai pomeriggio inoltrato; Chibiusa aveva terminato gli studi della giornata e si apprestava a tornare nella propria stanza per continuare il ricamo iniziato la settimana prima, alternando saltelli e passi di danza nel grande corridoio in pietra del castello.
Si affacciò ad una finestra, lanciando un'occhiata critica al cielo tumefatto che lanciava un'ombra sinistra sul castello e sui boschi lì attorno: Ami aveva detto che quella era una condizione atmosferica piuttosto anomala, e nel momento in cui il temporale avesse deciso di abbattersi sulla terra l'avrebbe sferzata senza pietà. Era opportuno che nel villaggio si mettessero al riparo raccolti e animali, e suo padre aveva subito dato disposizioni al riguardo.
Per quanto la riguardava avrebbe ricamato con foga per un po', così da avere il tempo di disegnare con calma più tardi: era assurdo che i carboncini ricevuti da suo padre dopo l'ultimo viaggio nel regno vicino rimanessero a fare la muffa nella loro scatola.
Con questa convinzione Chibiusa si stava dirigendo senza indugio nella sua stanza, senza far caso al bubbolio del tuono che sembrava rimbombare in ogni pietra. Non fece caso nemmeno al canto delle cicale e degli uccelli, che prima della tempesta sembravano dover dar sfogo a tutte le loro abilità canore.
Non fece caso a niente di tutto ciò, ma quando quel suono fendette l'aria umida e pesante lo udì all'istante.
Lo riconobbe, bloccando un passo di danza sul pavimento tirato a lucido. Un nitrito. Quel nitrito.
E in quell'istante iniziò a piovere.


- Come sarebbe a dire, che non la trovate da nessuna parte? - la voce di Usagi da stupefatta si fece ansiosa – Il castello è grande, ma da qualche parte deve esserci! -.
- Mi spiace, o mia regina, ma abbiamo mobilitato l'intera servitù e sembra non esserci traccia della principessa – rispose la governante, tormentandosi le mani preoccupata, mentre fuori dalla finestra la pioggia cadeva come se non dovesse più smettere.
- Ami! Tu l'hai vista stamattina, non è vero? -.
- Certo – annuì la prima consigliera del regno, braccio destro di entrambi i sovrani – La lezione si è svolta regolarmente, e quando l'ho lasciata mi ha detto che era diretta nella sua stanza... è da allora che nessuno l'ha più vista -.
- Cerca di stare tranquilla, Usako – la profonda voce del re era pacata, ben sapendo che la figlia non era nuova a quel genere di scherzi – Può darsi che abbia avuto paura del temporale e si sia nascosta da qualche parte. Vedrai che all'ora di cena la vedremo arrivare in sala da pranzo come se niente fosse -.
- E in quel momento la salterà, la cena, te lo posso assicurare! - ribatté Usagi, che tuttavia non poteva fare a meno di sentirsi assurdamente preoccupata: c'era qualcosa che le attanagliava il punto più profondo della gola, quel punto che si collegava allo stomaco. E non era fame, ma un terribile presentimento.


La tempesta sferzava cielo e terra con tale violenza che non si capiva più dove fossero, cielo e terra.
Chibiusa non sapeva più dove stesse andando, avanzando a fatica in un bosco che conosceva a malapena, il vestito madido e appiccicato addosso, con l'acqua che la colpiva da ogni direzione. Ma aveva ancora nelle orecchie il nitrito di quel cavallo, e doveva raggiungerlo. Ovunque fosse.
Non sapeva da quanto tempo stesse camminando, ma il castello doveva essere ormai lontano: non riusciva a vederne nemmeno le torri lontane, comunque nascoste dalle altre fronde di tutti gli alberi che la circondavano. La pioggia cadeva, i lampi flagellavano il cielo come fruste luminose e il tuono sembrava un randello che colpisse la terra con violenza inaudita.
Chibiusa iniziava ad avere freddo, malgrado fosse estate, e la consapevolezza di non sapere come tornare indietro iniziò a farsi strada in lei come una serpe viscida, alimentando una paura sorda e confusa.
Perché era venuta fin lì? Per un cavallo visto in un sogno, che le sembrava di aver sentito nella realtà? Come poteva una fantasia simile averla trascinata in quel modo? Cosa le stava succedendo?
L'ennesimo fulmine illuminò il cielo a giorno, malgrado cominciasse ormai a scendere la sera e il buio si apprestasse ad inghiottire ogni cosa, partendo per l'appunto dal bosco in cui si trovava lei. Le ombre si facevano sempre più lunghe e minacciose, tanto che Chibiusa cercò finalmente riparo sotto l'albero più frondoso che trovò. Non sapeva che poteva essere pericoloso a causa dei fulmini, e anche se l'avesse saputo forse non le sarebbe importato: era stanca, voleva tornare a casa.
Ma chi l'avrebbe trovata, lì in mezzo?


- Le cose stanno andando meglio del previsto – constatò Michiru, osservando la bambina bagnata e tremante come un pulcino nel suo specchio incantato – Non pensavo avrebbe reagito così bene -.
- Devono essere i poteri magici latenti in lei – dichiarò Rei dal suo fuoco, un corvo su una spalla e l'altro appollaiato su un masso lì accanto, impegnato a lisciarsi le penne. Erano entrambi reduci dalla missione di quella notte, che aveva visto la cenere posarsi nelle orecchie di Chibiusa invece che sui suoi occhi.
- Intende quelli ereditati da... ? - Minako non terminò la frase, lanciando un'occhiata eloquente a Michiru, che annuì.
- Sì, è per questo che reagisce tanto bene alla magia: da un lato è sotto il nostro incantesimo, ma dall'altro è la magia innata dentro di lei a spingerla verso ciò che sente, ma di cui non si rende conto -.
- Quindi è per questo che la scelta è ricaduta su di lei? - Minako sembrò arrivarci solo in quel momento – Ecco perché non avete preso la prima figlia di contadini che capitava! -.
- Non era così difficile da capire, Minako – fece Rei, intenta a mormorare le proprie litanie al fuoco.
- Oh, falla finita! L'idea di usare quella bestia è venuta a me, l'hai dimenticato? - esclamò Minako, piccata.
- Certo, noi abbiamo solo pensato a tutto il resto del piano – ribatté Rei.
- Smettetela – la voce di Michiru aveva assunto il pericoloso tono da mare in tempesta che la caratterizzava sempre quando iniziava ad arrabbiarsi – Ora si tratta solo di attendere, e non ho alcuna intenzione di farlo con voi due che vi punzecchiate come oche arrabbiate -.
- A chi hai dato dell'oca? - borbottò Minako, che tuttavia non osò controbattere, mentre Rei tornava al suo fuoco con aria offesa.
La tranquillità sembrò tornare nell'antro che ospitava le tre streghe, almeno finché non venne nuovamente turbata dalla voce squillante di Minako che esclamò:
- Ehi, ma... dov'è Artemis? -.


Un gatto nero se ne stava seduto sul davanzale di una delle finestre del castello, osservando preoccupato i boschi lì intorno, muovendo la coda con aria ansiosa. Persino l'ultimo dei paggi di corte sapeva che quel gatto non andava disturbato, pena un rimprovero della regina in persona: era giunto al castello con lei quando Usagi aveva sposato l'allora principe del regno, ed era sempre rimasto al suo fianco. Tutti sapevano che c'era, anche se la maggior parte dei servitori non ci faceva più molto caso, e solo pochi ogni tanto si ponevano la fatidica domanda: ma quanto vive un gatto?
Non molti sapevano il suo nome, e meno ancora erano a conoscenza del fatto che quello non era un gatto, ma una gatta. Una gatta di nome...
- Luna! -.
Luna drizzò orecchie, baffi e coda in un solo sussulto, volgendo incredula lo sguardo dietro di sé, rimanendo a bocca aperta quando vide un felino delle sue stesse dimensioni avanzare nella stanza. Il pelo solitamente immacolato era madido di pioggia, e le vibrisse penzolavano flosce ai lati del muso. Luna era sgomenta, ma un fantasma non si sarebbe di certo presentato in quelle condizioni penose.
- Artemis... tu! -.
- Proprio io, mia cara. È passato un bel po' di tempo, non è vero? -.
Luna era saltata giù dal davanzale, raggiungendo quello che tanti anni prima era stato il suo compagno più affine, perché con i corvi non era mai andata molto d'accordo.
- Se sei qui significa che i miei sospetti erano fondati: c'entrano quelle tre, non è vero? - chiese la gatta, cercando di dominare l'ansia nella voce.
- Certo che non badi ai convenevoli, tu: saranno dieci anni che non ci vediamo e mi saluti così? - fece Artemis, un po' deluso dall'accoglienza tutt'altro che calorosa di Luna.
- Piantala con le smancerie: dov'è Chibiusa? Se sei qui le colpevoli non possono essere che loro! -.
Artemis abbassò le orecchie, sentendosi improvvisamente in colpa: in effetti era venuto lì per un motivo preciso, e non c'era tempo da perdere. La bambina era in pericolo.
- Sì, sono state loro – ammise – Mina non sa che sono qui, e non dovrà mai saperlo. Ma non si tratta di una vendetta, o comunque non solo: la piccola Chibiusa non è altro che parte del piano -.
- Il piano? Quale piano? Che ruolo avrebbe la principessa? -.
Artemis scosse il corpo bagnato e infreddolito, liberandosi di una parte dell'acqua che gli inzuppava il pelo, preparandosi a raccontare ogni cosa a Luna.
- È l'esca -.


Era ormai scesa la sera: il buio della tempesta era stato accentuato dall'oscurità in cui la terra veniva avvolta ogni giorno, al calar del sole. Malgrado tutti i domestici del castello fossero stati sguinzagliati alla ricerca di Chibiusa, sembrava che non ci fosse traccia della principessa: nessuno era riuscito a trovarla nemmeno al villaggio, come se fosse scomparsa nel nulla.
La regina, lungi dall'essere soddisfatta per aver avuto ragione nel volerla cercare subito, iniziava a sentirsi sempre più ansiosa: ed era un'ansia profonda e inquietante, un animale impantanato nelle acque stagnose di un acquitrino sempre più simile alle sabbie mobili. Un'ansia che si intrecciava al presentimento, come non ne sperimentava ormai da tanti anni.
Gettatasi sul grande letto matrimoniale delle stanze che condivideva col re, affondò il viso nel cuscino di piuma, stringendo fra le dita le coperte damascate. Dov'era la sua bambina? Che cosa le era successo? Era scappata per qualche motivo, per qualcosa che le aveva detto lei? I suoi doveri di regina le avevano fatto trascurare un po' la figlia, negli ultimi tempi, ma le sembrava che Chibiusa fosse serena come al solito, allegra e a volte un po' capricciosa: la sua bambina, che se avesse avuto qualche cruccio lei avrebbe di certo notato. Era sua madre, ed era stato anche per diventarlo che in passato aveva fatto la più grande e importante delle scelte. Sua figlia era una ragazzina vivace, che combinava spesso qualche guaio di poco conto, come tutte le bambine della sua età: lei la conosceva, sapeva che non avrebbe mai fatto preoccupare tutti in quel modo. Non sarebbe mai scappata di sua iniziativa.
... no?
Affondò ulteriormente la testa nel cuscino, soffocando un gemito: e se le fosse successo qualcosa? Poteva essere ovunque, con chiunque, e con quel tempo orribile forse era rimasta bloccata da qualche parte...
Un fulmine scelse proprio quel momento per scendere a colpire la terra livida, accompagnato dal rombo di un tuono che zittì perfino il rumore della pioggia scrosciante: fu un brontolio talmente assordante che Usagi non udì il miagolio proveniente dai piedi del letto, almeno finché un musetto nero non venne a leccarle le orecchie e a riscuoterla dal suo abbattimento.
- Oh, Luna! Sei tu... - allungò una mano ad accarezzarle la testa, grattandola dietro le orecchie nel punto che sapeva piacerle di più. Si sorprese un po' quando la gatta non cominciò a fare le fusa come al solito, ma non era nello stato d'animo per preoccuparsi di simili particolari – Che cosa devo fare, Luna? Dov'è Chibiusa? -.
Usagi non si aspettava certo che la gatta le rispondesse; non più, almeno, ma la forza dell'abitudine faceva sì che le si rivolgesse come se ancora potesse comprendere i suoi miagolii.
Luna non rispose, ma quando un altro gatto saltò sulle preziose coperte del letto matrimoniale Usagi trattenne a stento un grido. Un grido che esprimeva stupore, incredulità e un'improvvisa intuizione, seguito dal balbettio di chi si ritrova davanti uno dei fantasmi della propria vita passata:
- A-ar... Artemis? -.





francylibellula: non è che siano state cacciate da Usagi, è lei che se n'è andata... e in seguito si capirà perché. Comunque spero che la storia ti piaccia!
criss90: la storia del “tradimento” di Usagi verrà fuori, non preoccuparti. Sono contenta che apprezzi la storia. ^^
Cri cri: anch'io le vedevo benissimo nel ruolo di “cattive” della situazione; ho esasperato un po' certe loro caratteristiche, anche se ho cercato di mantenerle il più possibile IC. Non le ho prese a caso: loro sono i personaggi che più spesso pongono l'accento sulla propria bellezza, più o meno esplicitamente, per cui le trovavo perfette. ^^
lulu85: la faccenda del tradimento verrà spiegata man mano che procede la storia, non temere. Sono molto contenta di ritrovarti anche qui, spero che la storia ti piaccia anche se è molto diversa da “Un giro di chiave”!
ellephedre: non scrivo mai capitoli troppo lunghi- di norma sono sulle quattro pagine Word- forse perché io stessa non ho mai molto tempo per leggere e quindi preferisco ripiegare su storie più brevi. Con le dovute eccezioni alla regola, ovviamente.
Sono contenta che la storia ti sembri divertente, perché personalmente mi sono divertita molto a scrivere di queste tre, e trovo che come trio di “cattive” non abbiano nulla da invidiare ai cattivi canonici di Sailor Moon. Fanno un po'... Occhio di Pesce, Falco e Tigre, non so se mi spiego, che anche se si punzecchiavano di continuo in fondo si volevano bene. ^^
E sì, a loro la verve non manca di certo!
Deep Submerge85: come hai visto, anche l'idea delle tre streghe è ripresa dal “Macbeth”- opera che adoro. Sono contenta che il primo capitolo ti sia parso divertente, perché ho cercato di impostarla anche in modo ironico... e devo dire che Rei, Minako e Michiru assieme offrono parecchi spunti. ^^

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Capitolo 3
*** L'unicorno ***


3- L'unicorno L'unicorno


Quando Chibiusa si svegliò, prima ancora di guardarsi intorno si stupì di aver dormito. Non pensava si potesse davvero dormire sotto la pioggia scrosciante, nel bel mezzo di un bosco buio, mentre si aveva freddo, fame e paura allo stesso tempo, eppure ci era riuscita.
Ancora un po' intontita dal sonno, sfregandosi energicamente gli occhi ci mise qualche istante a rendersi conto che malgrado pioggia, bosco e fame ci fossero ancora, per qualche motivo non aveva più freddo. Né tanto meno paura, tutto d'un tratto. Com'era po...
- Oh! -.
Lo vide solo in quel momento, e per un attimo si chiese se non stesse ancora dormendo, persa in quel sogno che l'aveva portata fin lì: nel suo grembo, sulla gonna madida del vestito che le si era appiccicato alle gambe, era poggiato il capo dell'animale che era venuta a cercare.
Il cavallo che aveva finora visto solo nei suoi sogni era lì, caldo e vivo, accovacciato accanto a lei e con il muso appoggiato sulle sue gambe: poteva sentirne il fiato tiepido scaldarle le dita intirizzite, e la folta criniera asciugarle le braccia ancora bagnate. Aveva gli occhi chiusi, ma Chibiusa non credeva che stesse dormendo: la sua testa sarebbe stata ben più pesante da sostenere, e invece era appoggiato in maniera quasi delicata, per non schiacciarla o farle del male.
Perché il suo corno- quel corno che lo rendeva diverso da qualunque cavallo avesse visto finora- poteva di certo ferire.
- Allora... allora esisti davvero – mormorò Chibiusa, allungando quasi timorosa le dita verso il suo muso, fino a sfiorarne le froge delicate. Il cavallo- l'unicorno, perché di quello si trattava- spinse la testa verso la sua mano, tanto che la bambina si ritrovò ad accarezzare quasi l'attaccatura del corno.
E quando un lampo improvviso illuminò quasi a giorno il bosco minaccioso intorno a lei, facendo rifulgere il corno dorato dell'animale, qualcosa scattò dentro Chibiusa. Non aveva la minima idea del perché quell'unicorno le fosse apparso in sogno e l'avesse poi chiamata durante la tempesta, tanto da indurla a correre da lui; ma sapeva che, se avesse avuto bisogno di lei, avrebbe fatto qualunque cosa per aiutarlo. Perché lui era il suo sogno e Chibiusa colei che l'aveva sognato: sogno e sognatore, due elementi inscindibili l'uno dall'altro.
Presa da un impulso improvviso, si chinò di slancio su di lui, cingendogli il muso con le braccia.
Se quello era ancora un sogno, non voleva più svegliarsi.


- Se aggrotti le sopracciglia in quel modo, ti verranno un sacco di rughe. E credo che nemmeno il potere dell'unicorno riuscirà a farle andar via – nel canzonare Michiru, Minako sembrava allegra e spensierata come al solito; eppure non poteva fare a meno di chiedersi dove diavolo si fosse cacciato Artemis. Possibile che fosse andato in cerca di qualche gatta con quel tempo da lupi? Ma quando mai?
Michiru non rispose subito, malgrado il fastidioso commento di Minako. Per parecchi istanti non staccò gli occhi dallo specchio, le sopracciglia in effetti aggrottate in un'espressione poco elegante per una come lei.
- Insomma, che succede? - domandò Rei, alla quale non era sfuggito lo sguardo assorto della compagna.
- L'unicorno l'ha trovata – rispose lei.
- Ah! - sui volti di Rei e Minako si aprì un sorriso soddisfatto, a cui Minako aggiunse un entusiasta: - Finalmente! -.
Ma Michiru non si unì a loro, continuando a rimuginare sulla figura della bambina abbracciata al muso dell'unicorno che si rifletteva nel suo specchio incantato.
- Possibile che...? No, è assurdo... non può essere... - mormorò.
- Cosa non può essere? - domandò Rei – C'è qualcosa che non va? -.
- E se fosse... - Michiru alzò lo sguardo sulle compagne, chiedendosi se la sua impressione potesse davvero essere esatta: sembrava assurdo, e la possibilità che avesse ragione era più remota che mai, eppure... eppure... - E se fosse il suo famiglio? -.
Non fu solo Minako a lanciarle un'occhiata interrogativa, chiedendole silenziosamente di spiegarsi meglio.
- Il famiglio? Il famiglio di chi? -.
- Della... della bambina – forse spiegare il suo sospetto a parole l'avrebbe fatto sembrare meno assurdo – In fondo è la figlia femmina di una strega, la magia potrebbe scorrere in lei malgrado il sangue mortale, e qualunque... -.
- Sua madre non è più una strega – la interruppe Rei, gelida.
- Chiunque appartenga alla magia ha bisogno di un famiglio, lo sapete. Siamo noi che lo troviamo o lui che trova noi, o entrambe le cose -.
- Tu non ne hai uno – osservò Minako.
- Io ho il mio specchio – replicò Michiru, seccata per quelle continue interruzioni – È più fedele di qualunque corvo o gattaccio si possa trovare -.
- Ehi! - Minako sembrava pronta a muovere guerra: nessuno poteva parlare male del suo Artemis – Ritira subito... -.
- Che c'entrano i famigli con la bambina? - domandò Rei bloccando l'invettiva della compagna, malgrado anche a lei desse fastidio chiunque denigrasse i suoi corvi.
- Voglio dire che forse... forse l'unicorno è il famiglio della bambina – disse piano Michiru.
- Co... cosa? - farfugliò Minako, lasciando perdere di botto la difesa del suo gatto – Ma è... assurdo. No, impossibile! -.
Per una volta Minako ha ragione – convenne Rei – Famiglio... un unicorno? Stai scherzando? -.
- Niente affatto: da quando questa bambina è entrata nel bosco si comporta in modo strano. Soprattutto dopo che l'unicorno l'ha trovata non sembra più neanche spaventata, come se non le importasse di essere lontana da casa, di notte, in un posto che non conosce – Michiru scostò i capelli che le erano finiti sul viso, sentendosi all'improvviso quasi euforica: se quella bambina aveva davvero il potere di rendere un unicorno il suo famiglio... il loro non era più un semplice piano portato a termine. Era un trionfo – Avanti, guardate! -.
Volse il suo prezioso specchio verso di loro, e sia Rei che Minako rimasero a guardare incredule la figlia della loro antica compagna addormentata sotto la pioggia, accoccolata contro l'unicorno come se non avesse più nulla da temere al mondo.
- Ma non doveva farci da esca? - fece Minako, allibita – Rendere mansueta la bestia perché noi potessimo prenderle il corno? È... è normale che dorma così beata? -.
- E adesso cosa facciamo? - sbottò Rei, quasi stizzita – È contro le nostre leggi portar via il famiglio ad una compagna, malgrado sia... malgrado sia figlia di una traditrice -.
- Ma a noi non interessa il cavallo – obiettò Minako – Ci basta il corno, no? È solo quello a rendere innocuo qualunque tipo di veleno, giusto? -.
- Minako, ma non lo sai? - le inveì contro Rei – Se lo si priva del suo corno, un unicorno muore! -.
- Ah... ah, non lo sapevo! - protestò lei, come se le altre glielo avessero nascosto fino a quel momento.
- Ma se sei stata tu a proporre di usarlo! - ribatté Rei, allibita.
- Beh... sapevo solamente che il corno è efficace contro ogni genere di veleno, e quale veleno peggiore della vecchiaia? Pensavo sarebbe bastato strapparglielo via per rimanere giovane qualche altro centinaio d'anni! -.
Le teste di Rei e Michiru scosse all'unisono, mentre entrambe le sue compagne sospiravano pesantemente, la indispettirono parecchio.
- Insomma, un cervo mica muore senza le sue corna! -.
- Un unicorno non è un volgare cervo, Minako! -.
- Ma... -.
- Non importa -.
La voce autorevole di Michiru si levò a quietare entrambe; Rei e Minako si zittirono all'istante, chiedendosi cosa fosse quell'improvvisa luce sinistra negli occhi color tempesta della loro compagna.
- La legge vieta di portar via un famiglio ad un'altra strega... - mormorò lei, consapevole della gravità di quanto stava per dire - … ma in un caso simile non si tratta solo di questo -.
- Che... che cosa intendi dire? -.
- Una leggenda ancor più antica dice che, se l'unicorno è davvero un famiglio e muore per mano esterna, la strega perirà assieme a lui, perché uniti l'uno all'altra dal legame sottile che corre sul filo dei sogni. E il corno diverrà il talismano più potente mai creato da mano magica -.
- Non ho mai sentito una leggenda simile – osservò Rei.
- È perché siete più... - Michiru si morse un labbro - … giovani. Si tratta di una leggenda davvero molto antica, tramandata da streghe che ho conosciuto quand'ero bambina -.
- Tantissimo tempo fa, allora – fece Minako stupefatta, beccandosi un'occhiataccia.
- Vuoi... ucciderla? - mormorò Rei con voce grave – Arrivare ad eliminare una compagna solo per raggiungere il nostro obiettivo? -.
- Ah, è una compagna adesso? - fece Michiru, alzando scettica un sopracciglio – Non più la “figlia della traditrice”? -.
Rei non rispose, e Michiru assottigliò gli occhi.
- Non avresti la tua vendetta? - si volse poi verso Minako, con fare suadente: - E i secoli passano anche per te, mia cara -.
Non le servì guardarle veramente negli occhi: lo specchio mostrava ogni cosa. E sapeva che erano con lei.
- È ora di andare. La pioggia smetterà presto -.
 

Fin da quando, tanti anni prima, il giovane principe Mamoru aveva portato al castello la fanciulla che aveva deciso di sposare, si era vociferato che la ragazza fosse in realtà una strega, vista la sua incredibile e assoluta bellezza. Tali voci erano scomparse col tempo, man mano che la popolazione del regno andava rendendosi conto della bontà e gentilezza che la nuova regina dimostrava nei loro confronti, fino a renderla più amata persino della precedente sovrana.
Tuttavia i domestici che quella sera la videro procedere lungo il corridoio in pietra del castello, diretta alla sala del trono, coi capelli sciolti che quasi toccavano terra in un'aura d'oro, splendida e terribile, furono seriamente sul punto di ricredersi. Di credere alle anziane che una decina d'anni prima erano andate dicendosi sicure della natura magica della nuova sovrana: una strega che aveva rinunciato alla magia, perché altrimenti non avrebbe potuto avere una bambina con un normale essere umano.
- L'hanno presa loro! - furono le uniche parole che Usagi rivolse al marito, facendo poi per uscire senza indugio dal palazzo – Le uccido tutte, stavolta! -.
- Usako, calmati! - il re raggiunse in due passi la sua sposa, abbracciandola di slancio. Aveva capito all'istante cos'era accaduto: non tanto per l'ermetica spiegazione, quanto per gli occhi che sembravano lanciare lampi celesti – La troveremo, sta' tranquilla -.
- È nella foresta – aggiunse Usagi poggiando il capo contro la spalla del marito, per riprendere forza e sussurrargli piano, perché nessun altro sentisse: - Lo ha saputo Luna da Artemis. Il gatto di Minako -.
Mamoru annuì impercettibilmente, ripetendo: - La troveremo -. Poi si rivolse ai cortigiani lì attorno:
- Chiamatemi il capitano delle guardie! -.
- Sono qui, mio sire! - rispose pronta una voce decisa, anche se molto meno profonda di quella di un uomo. Si fece avanti quello che sembrava un giovane alto e slanciato, l'uniforme impeccabile e la spada al fianco.
- Capitano, radunate un gruppo di soldati e dirigetevi verso il bosco. Voglio che cerchiate la principessa in ogni anfratto, pertugio, dietro ogni albero! -.
- Sì, vostra maestà! Non temete, la troveremo – il capitano fece per uscire dalla sala, ma la voce della regina lo richiamò:
- Haruka, fa' attenzione! Abbiamo a che fare con la magia, non con semplici uomini armati! -.
- Non temete, mia regina – la rassicurò lei, per poi dirigersi con fare risoluto fuori dal castello.
- Usako, ora vado con loro – le disse il re con voce dolce, poggiandole le mani sulle spalle per allontanarla da sé – La troveremo, vedrai -.
- Vengo anch'io! – esclamò lei, decisa.
- No, Usako... è pericoloso. E qualcuno deve rimanere al castello -.
- Ami gestirà al meglio ogni cosa – replicò Usagi, cercando con gli occhi la prima consigliera, che annuì col capo – Molto meglio di quanto potrei fare io, in effetti -.
- Usako, non puoi – vedendo che con i miti consigli non otteneva niente, Mamoru decise di parlar chiaro – Non puoi più usare la magia da molto tempo, ormai, e rischi di ritrovarti in serio pericolo -.
- Mamo-chan, si tratta di mia figlia. Nostra figlia – gli ricordò dolcemente lei – E di quelle che un tempo erano le mie sorelle -.
Alzò gli occhi azzurri su di lui, sorridendo piano. E Mamoru seppe di non avere altra scelta.
- Vengo anch'io -.





Nelle prime puntate della prima serie di “Sailor Moon”, quando le guerriere erano ancora solo in tre, si vedevano spessissimo i corvi di Rei e Usagi andava in giro con Luna stravaccata su una spalla. Tra gatti e corvi- e mancava ancora Artemis!- ricordo che mi ritrovai a pensare: “Cavolo, sembra un gruppo di streghe!”. E questo è stato lo spunto per questa storia: come vedete non sto facendo altro che rileggere in chiave “fantasy-favolistica” elementi già presenti nella serie.

lulu85: sono contenta che la faccenda ti intrighi, perché in effetti si va facendo più intricata. Come vedi, sono spuntati nuovi personaggi, che avranno un ruolo non indifferente. ^^
Deep Submerge85: ti dirò, sono rimasta sorpresa anch'io dall'affiatamento comico che hanno queste tre... all'inizio le ho messe insieme solo perché sono quelle che più spesso insistono sulla propria bellezza- in modo più o meno velato- ma si sono rivelate davvero perfette! Come vedi, il passato di Usagi e delle altre comincia pian piano a delinearsi...




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Capitolo 4
*** Pallidi raggi ***


4- Pallidi raggi Pallidi raggi


- Oh, oh – constatò Michiru dal suo specchio, leggermente divertita – I mortali ci muovono guerra -.
- Cosa? -.
- Hanno iniziato a perlustrare il bosco: i soldati, il re e perfino... Usagi -.
Rei corrugò la fronte.
- Allora sanno tutto, perché non attuerebbero una mobilitazione simile per cercare una bambina che si è persa chissà dove. Ma come...? -.
- Il gatto di Minako – spiegò semplicemente Michiru, per nulla turbata – Li ha avvertiti lui -.
- Che cosa? Artemis? - esclamò la sua signora – Ma che razza di... se lo prendo... -.
- Non è di lui che dobbiamo preoccuparci adesso! - la richiamò Rei – Se perlustrano il bosco a tappeto, prima o poi la troveranno! -.
- Sorelle, direi che è giunto il momento di intervenire – Michiru si alzò in piedi, lo specchio in una mano e la gonna della lunga veste nell'altra, in un movimento elegante – In fondo quel corno dovevamo pur andarlo a prendere -.
Rei e Minako annuirono, alzandosi contemporaneamente, mentre i due corvi di Rei volavano gracchiando fuori dalla grotta in cui si trovavano. La donna dai capelli neri come il loro piumaggio spense il fuoco con un unico movimento fluido della mano, e le chiome di Minako sembrarono rifulgere nell'oscurità.
- È la resa dei conti, dunque -.


- Sire, ho visto qualcosa! Laggiù, in quella radura! - un soldato indicò un'ombra poco lontano, che a quella distanza poteva sembrare una sagoma umana. Anche se la pioggia si era finalmente placata, le nubi stentavano a diradarsi, rendendo quella notte estiva più buia che mai.
- Chibiusa! - chiamò il re, correndo verso quella figura che poteva essere la sua bambina. Ma quando la raggiunse, illuminandola con una fiaccola, vide che altro non era se non un ammasso di sterpi e fogliame.
- Maestà, da questa parte! È laggiù! - un'altra voce sembrò localizzare Chibiusa qualche centinaio di metri più a sinistra, e persino a Mamoru parve di scorgere un familiare paio di codini; che tuttavia si rivelarono un semplice cespuglio dalle forme bizzarre.
- Sire, di qua! -.
- No, è laggiù! -.
- La principessa! L'ho vista! -.
- Ma che cosa...? - per quanto privo di poteri magici, Mamoru non era tanto sprovveduto da non riconoscere un incantesimo quando ne incontrava uno: e dietro quei falsi avvistamenti, che si susseguivano uno dopo l'altro, c'era senz'altro la mano di una strega.
- Maestà, eccola! No, non è... ma sembrava... -.
Usagi aveva voluto ad ogni costo dividersi da loro: "Conosco questo bosco come il palmo della mia mano", aveva detto. Mamoru sperò davvero che non avrebbe tentato niente di azzardato, disarmata com'era: ma quando la sua sposa si metteva in testa qualcosa, era impossibile farle cambiare idea.
- Sire, da questa parte! -.
Sarebbe stata una notte molto lunga.


Il capitano delle guardie aveva proseguito da sola, nell'oscurità del bosco, dietro permesso del re. Sapeva che i suoi uomini erano affidati a lui, e questo la faceva star tranquilla, ma era anche consapevole del fatto che, per riuscire davvero ad essere utile in una situazione come quella, doveva andare avanti per conto proprio.
Nonostante il buio pesto e le ombre che si allungavano, più scure della notte stessa, Haruka avanzava determinata e sicura, guidata dalla propria spada. Riluceva leggermente nell'oscurità, una pallida falce di luna nel bosco che la guidava oltre qualunque ostacolo: solo il re e la regina erano a conoscenza del segreto della sua arma, e in un regno che non vedeva di buon occhio magia e incantesimi avevano trovato opportuno tenerlo nascosto ai più.
Per utilizzarla al meglio, Haruka non doveva quindi avere sottoposti tra i piedi. Saltò abilmente una radice che sporgeva dal terreno, pur senza vederla, e malgrado il buio si rese conto di essere giunta in una radura che ospitava uno specchio d'acqua di discrete dimensioni: poté udirne le increspature provocate dalla brezza leggera di quella notte estiva e sentirne l'odore di piante acquatiche.
L'elsa che stringeva in mano pulsò.
- Una spada magica, a quanto vedo -.
- Io invece non vedo molto, ma non credo di sbagliare nel ritenerti senza dubbio una strega -.
- Strega, che brutta parola! Maga o incantatrice suonano molto meglio, non trovi? -.
In effetti quella voce suadente aveva lo stesso incanto delle onde leggere che increspavano la superficie dell'acqua lì accanto, ma Haruka non si lasciò distrarre.
- È una vera fortuna che il buio mi risparmi la vista del tuo naso adunco, per non parlare del viso da vecchia tartaruga: non credo siano molto incantevoli -.
- Come ti permetti? - sibilò, gelida, Michiru.
- Beh... devi avere qualche secolo, no? -.
Haruka seppe di aver toccato il tasto giusto quando una luce improvvisa si irradiò da quello che per un attimo le sembrò uno specchio da toeletta, per poi andare ad accendere l'intera superficie dell'acqua lì accanto. La radura si illuminò allora di un bagliore quasi ultraterreno, che permise finalmente ad Haruka di studiare la sua avversaria.
- A giudicare dalla tua espressione, non devi trovarmi poi così repellente – sorrise sorniona Michiru.
In effetti non aveva mai visto creatura più avvenente, nemmeno fra le più belle dame di corte. Forse non era un caso che avesse scelto di incontrarla proprio presso uno specchio d'acqua: sembrava una creatura acquatica lei stessa.
Una creatura acquatica i cui occhi minacciavano tempesta.
- La ragazzina morirà stanotte. È solo questione di tempo – annunciò infatti Michiru, rendendo ancor più dura l'espressione della sua avversaria.
- Se ne sei convinta, non sarò io a contraddirti – ribatté Haruka – Ma fossi in te non ne sarei tanto sicura: la regina in persona è venuta a cercare la principessa -.
- La regina in persona non possiede più alcun potere: è una comune mortale, ormai – rispose con sufficienza Michiru.
- All'apparenza, forse – replicò Haruka. Ritenendo che si fosse ormai chiacchierato abbastanza, lanciò un'occhiata ironica allo specchio che la strega teneva in mano – Pensi di affrontarmi con quell'arnese? -.
- Quest'arnese è cento volte più potente della tua ridicola spada, per quanto magica – puntualizzò Michiru, alla quale quello scambio di battute iniziava quasi a piacere.  
- Ti rammento che non è tanto l'oggetto in sé ad essere potente, quanto chi sa utilizzarlo – affermò Haruka, già in posizione di battaglia.
- Non potrei essere più d'accordo – convenne Michiru, alzando il suo fedele compagno con il movimento fluido di un'onda – Stiamo aspettando -.
Haruka si lanciò all'attacco.


Usagi non aveva mentito, nel dire a Mamoru che conosceva quel bosco come il palmo della sua mano; tuttavia non aveva fatto i conti con la sua estrema goffaggine, che a volte la faceva ancora inciampare nei lunghi abiti da cerimonia usati a corte. E che l'aveva fatta finire lunga distesa già un paio di volte, a causa di alcune radici che sporgevano dal terreno.
Usagi era certa di avere il vestito rovinato in più punti, per non parlare del naso: era sicura di esserselo graffiato, per quanto le faceva male.
... forse quella di andare avanti da sola non era stata una buona idea, dopotutto. Sapeva solo che voleva riabbracciare la sua bambina, ma di quel passo l'avrebbe trovata solo se vi fosse inciampata addosso.
L'istante successivo non inciampò su Chibiusa: incespicò su alcuni sterpi nascosti dal fogliame del sottobosco, finendo a terra per l'ennesima volta.
La risata che udì pochi metri avanti a sé, l'avrebbe riconosciuta fra mille.
- Rei! - gridò rialzandosi, infischiandosene di avere probabilmente il viso sporco di terra – Dov'è mia figlia? -.
- Tutto questo tempo non ti ha fatta diventare più intelligente, Usagi: pensi davvero che ti risponda? -.
- Ti costringerò a rispondermi! -.
- Ah, sì? E come? Messa come sei adesso, mi basterebbe aizzarti contro i miei corvi, lo sai? -.
- Non dire scioc... ah! - Usagi portò istintivamente le braccia a coprire la testa e il viso, mentre un paio di uccelli che si confondevano nell'oscurità tentavano di beccarla. Ma ad un tratto il frullio d'ali attorno alla sua testa venne sovrastato da un miagolio minaccioso, e l'istante dopo sentì uno dei due corvi finire a terra, tra le grinfie di una Luna furibonda, mentre l'altro si alzava in fretta in aria.
- Luna, sei tu! - nonostante il buio, gli occhi della gatta scintillarono solidali nelle tenebre. Malgrado non fossero più riuscite a parlarsi dopo che Usagi aveva rinunciato alla magia, l'affetto tra loro non era mai venuto meno.
Udì Rei sibilare un "Gattacci!", e alzò il viso verso il punto in cui presumeva si trovasse la sua antica compagna.
- Perché, Rei? - gridò, più per la distanza del suo cuore che per quella effettivamente fisica – Se dovete vendicarvi, fatelo su di me! Chibiusa non c'entra nulla! -.
- Veramente c'entra anche solo per il fatto di essere tua figlia – replicò lei – Comunque non è per vendicarci che l'abbiamo fatta venire fin qui. Non solo almeno: semplicemente ci serviva -.
- Vi serviva? E per cosa? -.
- Andiamo, Usagi: anche una come te sa qual è l'unico sistema per attirare un unicorno -.
Certo che lo sapeva: ma cosa poteva servire un unicorno a un gruppo di tre streghe?
- Beh, sai anche tu che il suo corno è efficace contro qualunque tipo di veleno – spiegò Rei, udendo la sua tacita domanda – E noi cominciamo ad avere qualche secolo di troppo, ormai... quale veleno peggiore della vecchiaia? -.
- Che cosa? -.
- Ma sì: Minako ha pensato che potevamo usare il suo corno per ricavarne un elisir di giovinezza, ma non solo – a Usagi non servì vederla per sapere che aveva assottigliato gli occhi: dopo tutti quegli anni, la conosceva ancora alla perfezione – Sembra che la mocciosa abbia in sé una potente dose di magia: Michiru sostiene che quell'unicorno potrebbe essere il suo famiglio -.
- Che... cosa? Famiglio? Un unicorno? -.
- È quello che ci siamo chieste anche io e Minako, ma a quanto sembra è possibile. E ti dirò di più: se è così, significa che sono uniti dal filo sottile dei sogni, che è assolutamente indissolubile. Sai questo cosa significa? -.
- N-no – Usagi era incredula: sua figlia? Con un unicorno per famiglio? Ma era impossibile: era mezza mortale, e lei aveva rinunciato alla magia tanto tempo prima... ma cercò di seguire il discorso di Rei, per quanto possibile – Che cosa significa? -.
- Oh, Usagi – fece l'altra, in tono quasi compassionevole – Se il sogno muore, che ne sarà del sognatore? E se muore il sognatore, che ne sarà del sogno...? -.
Malgrado fosse una splendida notte estiva, lavata da tutta la pioggia di quel giorno, Usagi si sentì ricoprire di sudore gelido.
- N-no... - balbettò – Tu non puoi... voi... non fareste mai... -.
- Davvero, Usagi? - la voce di Rei si era fatta tagliente, affilata come una falce – Sei stata tu a tradire le tue sorelle: pensavi davvero che non ci sarebbero state delle conseguenze? -.
- No! - stavolta Usagi urlò con quanto fiato aveva in corpo – Io non ho tradito nessuno: credi sia stato facile rinunciare alla magia, a tutto ciò che ero? L'ho fatto per amore! Sai cos'è, Rei? -.
Rei non rispose, presa in contropiede: sapeva quanto la sua antica compagna dovesse tenere alla figlia, ma non si era aspettata una reazione del genere.
- No, non lo sai! - continuò Usagi, mentre le nuvole nel cielo scuro iniziavano lentamente a diradarsi – E ti dirò di più: non ho perso una parte di me, l'ho ritrovata! Sono ciò che sono, e sono sempre io! -.
Le parole fluivano come un fiume in piena, ed entrambe sapevano che Usagi stava iniziando ad ingarbugliarsi nei propri discorsi. Ma quando dalle nubi cominciò a far capolino una pallida luce che conoscevano ambedue molto bene, Usagi si calmò: guardò in alto, verso quella tenue falce di sole che dondolava i sogni ogni notte (¹), alla quale aveva tante volte rivelato i propri segreti. Era stata la prima a sapere del suo amore per quel giovane mortale dai capelli scuri come il cielo notturno, ed era stato pensando al coniglio nascosto lassù che aveva inventato le fiabe per la sua bambina. Poi abbassò lo sguardo su Rei, pochi metri più avanti, la cui figura era ormai perfettamente visibile.
- La luna è una gran dama, Rei. Non permette che a una sua creatura venga fatto del male in una notte come questa, nemmeno se si è allontanata da lei -.
Rei non replicò, e Usagi sorrise.
- La luna proteggerà mia figlia -.


Un raggio di luna cadde sugli occhi di Chibiusa, molto più gentile e delicato del sole che al mattino le feriva gli occhi, destandola dal sonno. Ma non dal suo sogno, ancora lì accanto a lei, con la testa nel suo grembo. Anche l'unicorno aprì gli occhi, la guardò e si alzò, scrollando leggermente la criniera.
- Ehi, aspetta! - esclamò Chibiusa, alzandosi a sua volta – Non andrai via, adesso! -.
L'unicorno sembrò non averne alcuna intenzione, perché avvicinò il muso al suo viso, facendosi abbracciare di nuovo. Chibiusa non sapeva in che punto del bosco si trovavano, e non aveva la minima idea che i suoi genitori la stessero cercando o che tre streghe fossero sul punto di venire fin lì per il corno di quello splendido cavallo.
C'era qualcosa, in quella strana atmosfera, che la faceva sentire come se non si trovasse più nemmeno nel suo mondo; come se non fosse stato altro che un sogno, di nuovo. E lei in realtà si trovava addormentata nel suo letto, quindi non c'era alcun motivo che i suoi genitori si preoccupassero per lei.
Ma la luce della luna che accarezzava il bosco intero, bagnando d'argento ogni foglia e filo d'erba, era qualcosa che nei suoi sogni era mancato: per cui forse era tutto ancora più bello, e la realtà aveva superato il sogno.
L'unicorno abbassò ulteriormente il muso, fin quasi a toccare l'erba umida di pioggia e rugiada, finché Chibiusa non si trovò il corno dorato all'altezza del viso. Forse alla luce del sole avrebbe potuto addirittura ferirle gli occhi, tanto sembrava abbagliante, ma in quel momento il sole non c'era: c'era solo la luna, con la sua luce gentile e delicata.
Chibiusa alzò lentamente le mani, senza rendersi del tutto conto di ciò che stava facendo, e toccò il corno. L'unicorno si spostò e il corno le restò in mano.
- Eh? Cosa? - ci mise un istante a rendersi conto che il corno si era chissà come staccato dalla fronte dell'animale. L'attimo dopo il corno brillò di una luce intensa e potente, cambiando forma tra le sue mani: ciò che si ritrovò sui palmi era una specie di strano cristallo, dorato e raffinato.
Quando alzò gli occhi sull'unicorno, convinta di trovarsi ormai di fronte a un semplice cavallo bianco, rimase a bocca aperta nel constatare che il cavallo non c'era più.
E in quel momento capì che non c'era mai stato.   






 
(¹) Credit necessario, perché questa frase è più o meno presa dalla prima sigla italiana di "Sailor Moon"



La frase "Se il sogno muore, che ne sarà del sognatore? E se muore il sognatore, che ne sarà del sogno...?" , di Arthur B. Chandler, dovevo inserirla per uno dei due contest.
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo, e spero proprio che seguiate questa storia fino alla fine. ^^



Arwen297: ti sei spiegata benissimo, e come "sorella" intendevo per l'appunto in senso magico. Non ci sono parentele inventate, da questo punto di vista è tutto come lo conosciamo- quindi l'unica è quella tra Chibiusa e i suoi genitori.
Quando ho riletto questa storia, dopo averla scritta, mi sono accorta che Haruka fa molto "Lady Oscar", ma devo dire che in queste vesti mi piace molto. E tra lei e Michiru non si può mai sapere...
Sono contenta che questa versione fantasy ti piaccia, spero che continuerai a seguire la storia. ^^
Cri cri: sono contenta che ti piaccia l'abbinamento "Sailor Moon- fantasy", mi sono divertita un sacco a scrivere questa storia! ^^
Deep Submerge85: sì, sorelle è da intendere ovviamente in senso magico, e ci hai azzeccato col motivo per cui Rei considera Usagi una traditrice! E come hai letto, questo capitolo spiega tutto quanto.  
Haruka non ha un ruolo in secondo piano, e qui mi è venuta un po' alla "Lady Oscar"... XD
lulu85: come avrai già letto, in questo capitolo si spiega bene cosa è avvenuto perché Usagi "tradisse" le sue compagne. Comunque il prossimo sarà l'ultimo capitolo, quindi non manca molto alla fine. ^^
criss90: sono contenta che la storia ti piaccia, anche se non è molto lunga (il prossimo è l'ultimo capitolo). E sono felice anche che tu convenga con me sull'assoluta comicità nascosta del trio Rei-Minako-Michiru. ^^

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Capitolo 5
*** Magiche cantonate ***


5- Magiche cantonate Magiche cantonate


Anche se Minako si stava divertendo un mondo, le sarebbe piaciuto sapere cosa stavano combinando le altre sue due compagne, e quanto ci avrebbero messo a catturare quel dannato cavallo. In realtà, più ci pensava e più cominciava a pentirsi di aver dato il via a tutta quella storia: non era mai stato nelle sue intenzioni arrivare ad uccidere una bambina, ma sembrava che Michiru e Rei fossero intenzionate a farlo.
- Sire, di qua! - tuttavia non poté fare a meno di trattenere un risolino quando l'ennesimo soldato incappò nell'ennesimo falso allarme. Che sempliciotti, erano: bastava qualche giochetto d'ombra per mostrare loro ciò che sembrava ma non era, traendoli in inganno. Alzò il viso verso la luna apparsa tra le nubi: i suoi pallidi raggi non facevano altro che allungare le ombre, rendendole il lavoro ancora più semplice. Se la specialità di Rei era il fuoco e quella di Michiru le acque, nei giochi di luce non la batteva nessuno: e non c'era niente di meglio di una semplice rifrazione luminosa per ingannare il più attento degli occhi umani.
- Eccoti qui -.
O forse no?
Le labbra le si curvarono in un sorriso malizioso: mica stupida, Usagi. Sembrava che il suo uomo fosse più sveglio della media. Si voltò, scuotendo leggiadra la chioma fluente che incantava anche i ciechi, ritrovandosi ad osservare ammirata che i gusti di Usagi erano davvero impeccabili: forse uno o due degli amanti che aveva avuto lei erano all'altezza di un esemplare simile. Capelli corvini, occhi celesti, aitante come un cavaliere. Un re, oltretutto.
Toccò con la punta di un dito il filo della spada che aveva puntata alla gola, sfoggiando tutto il suo fascino.
- Re Mamoru, giusto? - chiese seducente, anche se entrambi sapevano che era una domanda del tutto superflua – E dire che una decina d'anni fa dovevi essere ancora più bello -.
- Niente chiacchiere: dov'è mia figlia? -.
- Oh, la ragazzina con quei capelli assurdi? Da qualche parte, no? - rispose civettuola, sbattendo le lunghe ciglia.
- Dov'é? -.
- Che ti importa? - con la fluidità di una ninfa si sottrasse alla minaccia della lama affilata, avvicinandosi tanto da riuscire a tamburellare con le dita l'armatura splendente di Mamoru, guardandolo languida. Ma il re fu rapido a scostarsi, puntandole di nuovo la spada alla gola.
Minako rettificò: quell'uomo era decisamente più stupido della media maschile. Nessuno aveva mai osato rifiutarla.
- Rispondi, o questa spada sarà l'ultima cosa che vedrai – ringhiò minaccioso.
- Tsk, credi di farmi paura? - ribatté Minako, lanciandogli un'occhiata quasi scocciata – Il sognatore si troverà col suo sogno, no? E il sogno avrà accompagnato il sognatore, ovviamente -.
Mamoru non ebbe il tempo di decifrare quella risposta sibillina, perché la voce gracchiante di un corvo si alzò nel silenzio di quella notte surreale.
- Che... diavolo...? - Mamoru sapeva che le streghe potevano comprendere il linguaggio degli animali, e sospettava che quell'imprecazione poco elegante fosse dovuta al verso dell'uccello appena udito – Che diamine va ciarlando quel corvaccio? Si è rincoglionito del tutto? -.
Sentire una splendida fanciulla vecchia di secoli imprecare come uno scaricatore di porto era uno spettacolo decisamente suggestivo, ma Mamoru non aveva il tempo di occuparsi di simili particolari.
- Cosa ha detto? - domandò, intuendo che le "parole" del corvo dovevano avere a che fare con tutta quella faccenda – Rispondi! -.
Aveva sentito ripetere spesso, da sua moglie, che Minako era sempre stata la più sorprendente delle sue antiche sorelle: ma "sorprendente" non era forse sufficiente a descrivere l'occhiata che la strega gli lanciò, il suo sospiro seccato e la successiva manciata di parole:
- Vieni con me, muoviti -.


Haruka se la stava vedendo più dura del previsto, ma gli avversari difficili erano ciò che rendeva interessante un combattimento. Evidentemente non era un caso se quella strega aveva scelto di incontrarla accanto ad uno specchio d'acqua: ad un suo cenno le onde si erano alzate dal loro quieto giaciglio, attaccandola con tutta la violenza di cui l'acqua è capace.
Ma l'acqua non può sperare di acchiappare una folata di vento; e Haruka, modestamente, al vento stesso non aveva nulla da invidiare.
- Sei tenace – mormorò Michiru, che si stava quasi divertendo nel vedere quella giovane spedaccina schivare i suoi attacchi con degli scatti eleganti, come se stesse danzando. Niente male davvero, ma non è che avesse tutto questo tempo da perdere – Ma l'acqua scava anche le pietre, lo sai? -.
Fece per dare al suo elemento l'ordine di attaccare per l'ultima volta, ma nell'alzare il braccio lo sguardo le cadde sullo specchio, che aveva ignorato durante l'intero duello. Ciò che vide la sconvolse abbastanza da distrarla, per un fatale istante: l'acqua allentò lo scudo che aveva eretto a difesa della sua signora, e Haruka ne approfittò per sferrare il suo fendente.
I riflessi di Michiru le permisero di schivare il colpo quel tanto da prenderlo solo di striscio, ferendosi leggermente ad una spalla. Ma ciò che lo specchio le stava rivelando era troppo sconvolgente per riuscire a pensare ad altro.
- Che... che cosa? -.
Nell'impeto dell'offensiva si erano sbilanciate entrambe, ed ora si ritrovavano ambedue a terra, mentre l'acqua attorno a loro, perdendo il sostegno della magia, si lasciava cadere in una pioggia leggera che finì per annaffiarle.
Haruka non era tanto vile da attaccare un avversario distratto e ferito, per quanto lievemente; inoltre aveva la sensazione che fosse accaduto qualcosa di piuttosto rilevante.
- Era un... un incantesimo? -.
- Non sono quel che fai nella vita, gli incantesimi? Che hai da sorprenderti tanto? -.
Il duello sembrava essere stato sospeso, e Haruka non era per nulla dispiaciuta di poter studiare quella donna un po' più da vicino. Continuò a tenere la spada stretta in mano, ma abbassò la guardia.
- Si può sapere che è successo? - domandò finalmente, dato che quello specchio a lei non rivelava alcunché.
- L'unicorno... - la voce di Michiru vibrava di rabbia, una rabbia che sembrava illuminarla dall'interno. Vedendola così da vicino, Haruka dovette riconoscere che i suoi occhi non avevano nulla da invidiare al mare in tempesta - ... era un falso! -.


Era stato ovviamente uno dei corvi di Rei a dare l'allarme: più precisamente Phobos, quello che era sfuggito all'attacco di Luna. Dal ramo di un albero aveva visto ogni cosa, tutto ciò che era accaduto da quando Chibiusa e l'unicorno si erano svegliati, e aveva ritenuto opportuno avvertire subito la sua padrona.
Ché se lei cercava un unicorno, questi doveva sicuramente morire nel momento in cui qualcuno gli avesse staccato il corno; non certo trasformarsi in un essere umano, come invece era accaduto.
Chibiusa aveva smesso di respirare per l'ennesima volta in quella notte: perché quello che si era ritrovata davanti, mentre teneva il cristallo dorato fra le mani, era un ragazzo poco più grande di lei, dai capelli candidi come il pelo dell'unicorno.
- Tu... tu chi...? -.
- Chi sono? - quel ragazzo sorrise gentile, e Chibiusa poté notare che in fondo i suoi occhi non erano poi molto diversi da prima – Il custode del Cristallo d'Oro, che protegge questo regno da tempo immemore -.
Il Cristallo d'Oro? Chibiusa ne aveva sentito parlare, ma come di una leggenda di tanti e tanti anni prima: quasi una favola, che le raccontavano a volte le più anziane domestiche del castello.
- Ma la leggenda dice che una strega lo rubò – obiettò Chibiusa, ricordando appunto quei racconti.
- È quel che accadde, infatti – annuì il ragazzo – Io che ne ero il custode cercai di recuperarlo, riuscendo a sottrarlo alla strega, ma prima di fare ritorno al castello venni colpito dal suo maleficio: dato che avevo penato tanto per recuperarlo, fui condannato a non separarmene mai più, e assunsi le sembianze che hai potuto vedere fino a poco fa -.
- L'u-unicorno? Sei stato trasformato in unicorno da... un incantesimo? -.
Il ragazzo annuì, sorridendole così dolcemente che Chibiusa si sentì arrossire. Se pensava che aveva dormito abbracciata a lui, con la sua testa posata in grembo, si sentiva addirittura andare a fuoco.
- Ma... -.
- Fammi indovinare – una voce femminile spuntata improvvisamente dal nulla li fece sobbalzare, ma a Chibiusa non importò più nulla nel momento in cui sua madre corse ad abbracciarla. Poi Rei continuò, gli occhi in fiamme e la voce tagliente: - A liberarti dal sortilegio doveva essere qualcosa di magico, ma legato al regno che il tuo cristallo proteggeva -.
- Sì, signora – annuì il ragazzo.
- Non chiamarmi signora! - inveì Rei, sul punto di scoppiare: tutta la fatica che avevano fatto non era servita a niente?
- E noi gli abbiamo servito su un piatto d'argento la figlia di un'ex-strega, oltretutto principessa del regno – la voce di Michiru, giunta sul posto assieme ad Haruka come se non avessero appena cercato di ammazzarsi a vicenda, appariva estremamente seccata – Non ci posso credere -.
- Che razza di cantonata! - esclamò allegra Minako, che nel tragitto fin lì era stata conquistata dal lato divertente della faccenda – Mi sa che un certo specchio magico sta perdendo colpi! -.
- È stata una tua idea! - le rinfacciarono all'unisono Rei e Michiru.
- Oh, ma l'unicorno l'avete trovato fuori voi – osservò tranquillamente Minako, per nulla turbata da tale responsabilità.
Mamoru, che le era trotterellato dietro e si trovava ora al fianco di moglie e figlia, lanciò un'occhiata significativa a Usagi: sembrava che Chibiusa non avrebbe corso più alcun pericolo, ma non trovava saggio per un uomo intromettersi nel litigio di tre streghe.
Tuttavia non avrebbe mai immaginato che la sua consorte, la quale solo fino a poche ore prima aveva dichiarato decisa: "Le uccido tutte!", esordisse con un nostalgico:
- È bello rivedervi, ragazze -.
Le "ragazze", ognuna con un discreto numero di secoli sulle spalle, si voltarono a guardare la loro antica compagna. La traditrice, come l'aveva sempre chiamata Rei da quando le aveva lasciate.
Per cui Minako e Michiru rimasero allibite quando udirono la loro irriducibile sorella rispondere:
- È bello anche per noi -.
- Tu volevi fare del male a mia figlia, Rei – ribatté Usagi, meno dura di quanto avrebbe voluto.
- E tu poi avresti ammazzato me, credi che non lo sappia? - replicò lei, tranquilla, mentre Chibiusa si guardava intorno un po' confusa: da dove spuntavano quelle tre? E chi era che voleva farle del male? Ma quando il suo sguardo incontrò quello del custode del Cristallo, che le sorrise di nuovo, si sentì arrostire come una polpetta e dimenticò tutto quanto stava pensando.
- Questo significherebbe che saremmo pari? - fece Usagi battagliera, incrociando le braccia.
- Beh, si è risolto tutto con un nulla di fatto – replicò Rei. Il loro piano era completamente sfumato, dal momento che il fondamentale unicorno non era un unicorno: addio, rinnovata giovinezza – E poi la tua gatta ha maltrattato Phobos e Deimos, non dimenticarlo -.
- Ma se loro avevano attaccato me! - esclamò Usagi indignata.
- Sentite – intervenne Minako, che non ne poteva decisamente più. Prese Rei per le spalle e la spinse verso Usagi, mentre Michiru rimaneva a guardare. Anche se, più che altro, sembrava non avesse molta intenzione di spostarsi dal fianco di quell'avvenente cavaliere biondo che era giunto assieme a lei. Minako sghignazzò sotto i baffi: anche l'intoccabile Michiru aveva trovato il suo punto debole, dunque. Ma intanto c'era da pensare alle altre due – Prendetevi per i capelli, picchiatevi, graffiatevi... quello che volete. Ma che sia finita qui -.
Allo sguardo perplesso delle due rispose con una scrollata di spalle.
- E se pensate che io faccia da arbitro, scordatevelo. Nessuna regola e nessun rimpianto: sfogatevi e facciamola finita -.
Anche se Rei aveva davvero avuto voglia di picchiarla, durante tutti quei lunghi anni, all'improvviso se ne vergognò: in fondo- e lo capiva soltanto ora- Usagi aveva soltanto dato retta al suo cuore, come sempre. E anche se Usagi aveva voglia di mollarle un sonoro ceffone per aver anche soltanto pensato di poter toccare sua figlia, era sollevata che fosse finito tutto bene. Anzi, col loro diabolico piano avevano contribuito a spezzare un incantesimo antico, la cui memoria era finita nella leggenda. Si volse verso il marito, chiedendogli: - Lo conosci? - accennando al ragazzo-unicorno.
- Credo l'abbia conosciuto mio nonno, da ragazzo – rispose Mamoru, il quale aveva udito spesso quella leggenda pur sapendo che si trattava della verità: ma quello del Cristallo d'Oro era un segreto che si tramandava nella famiglia reale di generazione in generazione.
- Oh, sì signore – confermò il giovane – Vivere in questa foresta con le sembianze di un animale mi ha fatto perdere il senso del tempo, tanto più che l'incantesimo mi aveva condannato ad una vita eterna come unicorno, ma sono certo che i fatti di cui parliamo risalgano a non più di due o tre generazioni fa -.
- Il tuo nome? -.
- L'ho dimenticato – ammise sinceramente il ragazzo – Ma i nomi non sono importanti -.
- Certo che sono importanti! - esclamò all'improvviso Chibiusa – Io ho lo stesso nome di mia madre: questo è importante! -.
Il ragazzo sembrò riflettere su ciò che gli era appena stato detto, e alla fine annuì.
- Hai ragione – disse sorridendole, tanto dolcemente che Chibiusa sperò che nessuno si fosse accorto delle sue guance ormai di brace – I nomi sono importanti, ma io non ricordo lo stesso il mio -.
- Ah... - Chibiusa non sapeva più cosa rispondere, quando intervenne Michiru:
- Nel rifletterlo, lo specchio indica il sole – li informò, senza tanti giri di parole – Presumo abbia a che fare col suo nome -.
- Sire, perdoni se mi intrometto – Haruka, il cui sesto senso diceva che ogni pericolo era chissà come svanito nel nulla, prese la parola – Forse la prima consigliera del regno saprà rispondere a tale domanda -.
- Giusto, Ami sa sempre tutto! - approvò Usagi, per poi tendere una mano al ragazzo – Vieni con noi. Ti sei fatto onore nel proteggere il Cristallo per tutto questo tempo; è ora che ti riposi un po' -.
Lui annuì, apprestandosi a seguire il re e la principessa, che si incamminarono verso il castello.
Usagi fece per accompagnarli, ma poi tornò indietro. Prese fra le sue le mani delle sue antiche sorelle, dicendo in un soffio:
- Venite anche voi -.
- Oh, no – fece Rei – Non ne ho la minima intenzione: non darti tante arie solo perché adesso sei una regina! -.
- Già, il problema di Rei non è mai stato il fatto che tu ci abbia lasciate, ma che sia diventata addirittura una regina! È solo gelosa, lo sai – sussurrò Minako nell'orecchio di Usagi, ma abbastanza forte perché Rei udisse benissimo – Comunque a questo punto dobbiamo metterci alla ricerca di un altro unicorno -.
- Oh, no. Questo no – si oppose Michiru – Non ne voglio più sapere! -.
- E come farai, tu che sei la più decrepita fra noi? - chiese melliflua Minako.
- Il tempo non conta nulla – commentò Haruka, ancora lì vicino e pronta a scortare la regina al castello. Finse indifferenza mentre lasciava vagare lo sguardo sulle streghe, indugiando appena sul viso di Michiru – Per alcuni non è altro che un accessorio in più, alla stregua di uno specchio -.
Vide la strega delle acque sorridere appena, lusingata ma discreta, ma non le rispose. Ci sarebbe stato tempo, anche per quello.
- Allora... buona fortuna – disse sincera Usagi, lei sorridendo apertamente – E quando vedete la luna, ricordatevi di me -.
- Modesta come sempre – commentò Rei, stringendole la mano ancora fra le sue, come quelle delle sue compagne – Ci rivedremo quando avrai i capelli bianchi, Usagi. E a te accadrà prima che a noi -.
Usagi fece una smorfia allegra.
- Bianchi come la luna! -.
- Sì, fai la spiritosa – la prese in giro Minako – Voglio proprio vedere, quando avrai la faccia più rugosa di una vecchia tartaruga -.
- Per non parlare della silhouette – rincarò Michiru – Sembra che gli umani, invecchiando, tendano a prendere peso. E con quello che mangi tu... -.
- ... non avrai nulla da invidiare alla luna piena! - concluse Minako, sghignazzando assieme alle altre. Haruka cercò di controllarsi, ma non riuscì a reprimere un sorrisetto nel ricordare le abbuffate della regina in occasione di ogni banchetto.
- Come regina potrei bandire una caccia alle streghe, sapete? - fece Usagi, imperturbabile – Ma sono una sovrana clemente e generosa, e non lo farò -.
- Allora muoviamoci, prima che Sua Maestà cambi idea – dettò ciò si voltarono, inoltrandosi nel bosco; tre ombre che si confusero presto con quelle dell'intera foresta. Prima che Usagi avesse il tempo di sbattere le palpebre, se ne erano già andate.
Strinse le labbra, cercando di non piangere. Non di nuovo.
- Maestà, la precedo – disse con tatto Haruka, avviandosi in direzione del castello.
- Arrivo – mormorò Usagi.
Guardò la luna alta nel cielo, proprio sopra di sé, e d'un tratto sorrise: lei le avrebbe seguite ovunque.
Si voltò e raggiunse Haruka.
- Allora... - cominciò, improvvisamente in vena di chiacchiere – Che te ne pare di Michiru? -.


- Toh, ecco il traditore -.
- Oh, insomma! - Minako si voltò stizzita verso Rei – Non puoi proprio farne a meno, dei traditori? -.
- È andato a spifferare tutto quanto alla gatta di Usagi – replicò l'altra – Questo si chiama "tradire". Dovresti dargli una lezione, lo sai? -.
Artemis, che aveva appena raggiunto il gruppo delle streghe, abbassò timoroso le orecchie. Oh, lo sapeva di averla combinata grossa, ma sperava che, visto come si erano messe le cose...
- E il fatto che si sia poi rivelata una gigantesca bufala non significa niente – aggiunse Michiru, senza degnare di uno sguardo il gatto che le seguiva a testa bassa – Un traditore rimane un traditore -.
- Andiamo, piantala di fare l'offesa: tanto il gioco non sta in piedi. L'abbiamo visto tutte che facevi gli occhi dolci a quell'aitante cavaliere -.
Michiru alzò il naso per aria, ostentando indifferenza, usando lo specchio a mo' di ventaglio.
- Quale cavaliere? - intervenne Rei – Quella donna alta coi capelli corti? -.
- Eh? - Minako cadde dalle nuvole – Era una donna? Stai scherzando? -.
- Demos sostiene di sì – fece Rei, per poi indirizzare un sorrisetto malizioso a Michiru – Non è che fra un po' avremo un'altra "traditrice", qui? -.
- Non ci lascerai mica in due! - esclamò Minako preoccupata – Che figura ci faremmo? E con i cerchi magici, poi? -.
- Oh, piantatela! - sbottò Michiru, perdendo tutta la sua aria altezzosa – Fossi in voi starei attenta, visto che siamo dirette verso il mare... -.
- Passiamo alle minacce, adesso? - domandò divertita Minako, quando un miagolio pieno di scuse attirò la sua attenzione – Oh, stai tranquillo, Artemis: non ce l'ho con te. È con quella vecchia arpia di Michiru che... -.
La "vecchia arpia" la fulminò con lo sguardo, ma Minako fece finta di nulla.
- Vuoi dire che... non sei arrabbiata? - le domandò il gatto, incredulo.
- Certo che no! - sul volto della strega si aprì un sorriso comprensivo ed orgoglioso, quasi entusiasta – L'hai fatto per amore! -.
Artemis si zittì all'istante. Veramente lui... no, non era proprio così: lui voleva solamente...
- Luna deve piacerti davvero molto, eh? Se dopo tutti questi anni sei corso subito da lei... a quando la nidiata? Servirà un vero famiglio alla figlia di Usagi, adesso che abbiamo appurato che non può essere un unicorno... come lo chiamerete? - Minako, che non aveva alcuna intenzione di arrestare il suo monologo, rifletté per qualche istante – Sarebbe bello un nome sempre legato alla luna, tanto per seguire la tradizione. Che ne dici? -.
Se era possibile che un gatto arrossisse, era appena accaduto.





So che il finale è vagamente non-sense, e se davvero per una volta sono riuscita a scriverne uno, ne sono davvero contenta! Scherzi a parte, mi sembrava anche in linea con certe puntate dell'anime, in cui si faceva tanto rumore per nulla e poi si risolveva tutto in un modo un po' folle.
Spero comunque che questa storia vi sia piaciuta.



criss90: bene, qualcuno che come me apprezza Haruka in versione Lady Oscar. XD In effetti, a pensarci bene, come personaggi hanno molto in comune. Spero che anche l'ultimo capitolo ti sia piaciuto!
Cri cri: hai indovinato, Chibiusa si è ritrovata davanti proprio Helios. Sarà che è la mia coppia preferita, ma in un modo o nell'altro questo pairing cerco di infilarlo sempre, ogni volta che scrivo di Sailor Moon. Figurarsi se qui poteva mancare. ^^
Esatto anche sulla seconda, il problema sta tutto nel fatto che Usagi ha rinunciato alla magia e lasciato le altre, cosa non facile da mandare giù. Ma come vedi si è risolto tutto per il meglio.
lulu85: in effetti ho messo un po' di carne al fuoco nello scorso capitolo, ma alla fine è andato tutto bene. Spero che il finale di questa storia ti sia piaciuto, grazie per aver commentato. ^^
Arwen297: anch'io adoro Michiru, e proprio per questo ho trovato opportuno darle il giusto sfondo per il suo duello. Ci hai azzeccato alla perfezione, nel dire che forse "finirà in tutt'altro modo", perché è quello che è successo. ^^
Deep Submerge85: in effetti questa storia è tutta ispirata alle fiabe e al fantasy, perciò se li rievoca in qualche modo ne sono davvero contenta! Spero che anche il finale ti sia piaciuto, fammi sapere. ^^

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