Sul filo del sogno di hotaru (/viewuser.php?uid=42075)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogni di cristallo ***
Capitolo 2: *** La tempesta ***
Capitolo 3: *** L'unicorno ***
Capitolo 4: *** Pallidi raggi ***
Capitolo 5: *** Magiche cantonate ***
Capitolo 1 *** Sogni di cristallo ***
1- Sogni di cristallo
Sul
filo del sogno
Sogni
di cristallo
"Hoc argumento eum capiunt:
puellam virginem ducunt
in illum locum ubi moratur et dimittunt eam in silvam solam."
[Con questo stratagemma
lo catturano:
conducono nel luogo dove
quello dimora una fanciulla vergine e la lasciano sola nella selva]
(dal "Fisiologo" latino)
- Quando ci rivedremo ancora noi tre, con tuoni, lampi o raffiche di
pioggia? -. (¹)
- Direi che tutta l'acqua che sta venendo giù sia
più che sufficiente, Minako – fece una giovane
donna la cui lunghissima chioma nera si confondeva con
l'oscurità della grotta – Odio tutta
quest'umidità, guarda i miei capelli! -.
- I miei sono perfetti come sempre, invece –
replicò una terza donna, rimirando le proprie ciocche
ondulate nello specchio intarsiato che portava sempre con sé
– E poi il sole secca la pelle e la invecchia -.
- Ma rende i miei capelli ancor più luminosi! -
protestò la ragazza che aveva parlato per prima, facendo
scorrere fra le dita alcune ciocche color dell'oro – E poi il
problema della pelle secca si presenta solo con l'età -.
- Come ti permetti? - fece, gelida, la donna con lo specchio
– Ti ricordo che nemmeno tu sei più una fanciulla
in fiore -.
- Ma ho sempre un paio di secoli meno della nostra Michiru. Giusto,
Rei? -.
- Silenzio, ora – ordinò la giovane di nome Rei,
puntando gli occhi scuri come la notte nel fuoco che ardeva in mezzo a
loro – Phobos e Deimos l'hanno trovata -.
- Era ora – commentò Minako, accarezzando il gatto
bianco che teneva in grembo – Pensavo fossero annegati nella
notte tempestosa -.
Si beccò un'occhiata bieca di Rei, mentre Michiru
controllava la situazione nel suo specchio.
- Sì, li vedo – disse infine – Sono
riusciti ad entrare -.
Minako e Rei tacquero, pendendo dalle labbra della loro compagna: dalla
missione affidata ai due corvi dipendeva il successo del loro piano.
- La bambina dorme profondamente, come previsto – Michiru
continuò a descrivere la scena – Ora Phobos sta
planando su di lei... no, un momento! Si è rigirata nel
letto in quest'istante, la ragazzina! -.
Una smorfia alterò i tratti delicati della donna, che
tuttavia si ridistesero subito dopo.
- No, ecco, è tornata nella posizione di prima. Ora,
pennuto, ora! -.
- Un po' di rispetto per i miei corvi! - pretese Rei.
- Ecco, ce l'ha fatta! - un sorriso soddisfatto si disegnò
sulle labbra di Michiru, i cui occhi rimasero tuttavia fissi sullo
specchio – La cenere è caduta proprio sugli occhi
della principessa -.
Le tre si scambiarono uno sguardo di trionfo, poi Rei
raddrizzò la schiena e si rivolse al fuoco.
- Allora andiamo a incominciare... -.
Il fastidio improvviso
che aveva sentito agli occhi era scomparso quasi subito, non appena li
aveva aperti. Ma ora non capiva dove si trovasse.
Era un posto che non
aveva mai visto prima, e forse nemmeno esisteva. Somigliava ad un
bosco, questo sì, come quello che circondava il castello e
il villaggio, ma gli alberi erano come ricoperti di vetro. Inoltre non
aveva idea di cosa fossero quelle strane forme luminose che spuntavano
qua e là... sembravano dei cristalli.
E quei colori
così strani, che non parevano essere affatto provocati dalla
luce del sole che filtrava tra le fronde. La prima consigliera di sua
madre, che si occupava anche della sua educazione, non le aveva mai
parlato di una cosa del genere. La foresta intorno a lei sfumava nei
colori più vari: dall'azzurro, al giallo tenue, al rosa che
sembrava lo stesso dei suoi capelli.
Abbassò lo
sguardo sui propri abiti: indossava ancora la camicia da notte ed era
scalza, eppure non sentiva minimamente freddo. L'erba della notte non
era umida di rugiada, come le diceva sempre Ami, e nemmeno il paesaggio
circostante era così buio. Sembrava brillasse di luce
propria; o forse erano quegli strani cristalli, chissà.
Poi alzò gli
occhi al cielo, e fra le stelle della notte scorse come delle onde di
luce colorata, somiglianti alle pieghe di grandi drappi di seta, che
non stavano ferme un momento. Erano uno spettacolo meraviglioso, e in
quell'istante miriadi di stelle si staccarono dalla loro posizione nel
firmamento, iniziando a cadere verso la terra in una scia luminosa:
Chibiusa non ne aveva mai viste così tante tutte in una
volta.
Sentì un
rumore dietro di sé e, quando si voltò, vide
qualcosa di bianco stagliarsi in quello splendore di luci.
- Potrebbe trattarsi dell'aurora boreale –
ipotizzò Ami quella mattina. La prima consigliera della
regina, con profonde conoscenze in qualunque campo del sapere, era
anche la sua insegnante privata – Anzi, ne sono piuttosto
sicura -.
- L'aurora... boreale? - Chibiusa sapeva che l'aurora era il momento
che precedeva l'alba e il sorgere del sole, ma... - Cosa significa? -.
Ami aprì uno degli enormi libri in cui, secondo Chibiusa,
era contenuto tutto il sapere dell'umanità.
- Le aurore boreali sono un fenomeno ottico dell'atmosfera
caratterizzato da bande luminose di colore rosso-verde-azzurro.
È causato dall'interazione di particelle cariche di origine
solare con la ionosfera terr... - Ami si interruppe, notando che
Chibiusa era ammutolita – Sì, beh... dobbiamo
ancora arrivarci. Di solito compaiono molto più a nord,
comunque, e se chiedi in giro ti diranno che sono i riflessi degli
scudi delle Valchirie... -.
Ami sospirò. Che fatica, il progresso della scienza.
- Però è strano – commentò
poi – Come hai fatto a sognarle, se non le conoscevi? -.
- Non lo so -.
- Non è che hai sbirciato in qualcuno dei miei libri e ne
hai visto un'immagine? -.
- Ecco, io... - in effetti l'aveva fatto, e più di una
volta: i libri di Ami erano la cosa più affascinante che
avesse mai visto. Ma non le sembrava di aver mai trovato niente su
quelle "aurore boreali".
- Va bene, non importa. Adesso apri il tuo libro: eravamo rimaste
all'area del triangolo, ricordi? -.
Le bastò dare
un'occhiata intorno per rendersi conto che quello era lo stesso bosco
che aveva sognato la notte prima. Ma non c'erano più quelle
strane fasce luminose che danzavano nel cielo, semplicemente trapunto
di stelle come quello che conosceva.
Tuttavia dei cristalli
luminescenti continuavano a spuntare qua e là fra l'erba,
alla stregua di funghi o fiori, e quella luce soffusa era sufficiente
ad illuminare il bosco quel tanto da non averne paura.
Ora che lo guardava
meglio, somigliava parecchio a quello che circondava il castello,
nonostante lei non lo frequentasse più di tanto. C'era lo
stesso profumo: quell'odore fragrante di muschio, alberi e piante
selvatiche, così intenso da avvolgerla. Malgrado si trovasse
in un bosco, di notte, sentiva di non avere la minima paura: era tutto
immerso in un silenzio ovattato, il silenzio del sonno. Un silenzio
talmente profondo che il nitrito che si udì
sembrò lacerarlo all'improvviso, come il primo raggio di
sole squarcia le tenebre della notte.
Chibiusa non capiva
certo il linguaggio degli animali, ma all'udire quel verso
voltò lo sguardo in ogni direzione, cercando di capire da
dove provenisse. Non sapeva perché, ma le era sembrato che
stesse chiamando qualcuno; che stesse chiamando proprio lei.
- Quanto ci vorrà? - domandò Minako,
attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno a un dito con aria
annoiata.
- Poche notti saranno sufficienti – rispose Michiru,
continuando a seguire Chibiusa nel suo specchio – La piccola
sembra decisamente ammaliata -.
- Comunque continuo a non capire perché non posso farlo io.
Non ci saremmo risparmiate un sacco di scocciature? - insistette la
fanciulla, che adesso aveva preso a tirare scherzosamente la coda al
suo gatto bianco.
- Ci serve una vergine,
Minako – sbottò Rei, alzando per un momento gli
occhi dal fuoco ed interrompendo gli incantesimi che stava bisbigliando
alle fiamme.
- Come se una vergine potesse essere più bella di me! -.
Rei sbuffò, mentre Michiru non riuscì a
trattenere una risatina divertita.
- Suvvia, questa ragazzina non è tanto male –
commentò, osservandola nello specchio e alzando un
sopracciglio un po' scettica – Certo, non fosse per
quest'assurdo colore di capelli... -.
- Che poi chissà da dov'è saltato fuori
– rincarò Minako, che si lanciava in appassionate
discussioni non appena rintracciava nell'aria il minimo sentore di
pettegolezzo – Poteva averli scuri come suo padre, o biondi
come quelli di Usa... -.
- Non pronunciare quel nome! - la ammonì Rei, gli occhi
improvvisamente affilati e pericolosi – I traditori non vanno
nemmeno nominati! -.
Nessuna replicò; in effetti pronunciare il nome della loro
antica compagna di fronte a Rei non era mai una buona idea.
- Beh, sorelle, sbrighiamoci – fece Minako con nonchalance,
cambiando discorso in men che non si dica – La mia pelle
inizia a sciuparsi; diamoci una mossa a trovare quella specie di equino
col corno -.
(¹) Citazione dell'inizio del "Macbeth", Shakespeare: "When shall we three meet
again, in thunder, lightning or in rain?"
E con questa sono a
quattro storie che contengono nel titolo la parola "filo". Non so
perché finisco sempre su questo termine, se vogliamo ricco
di metafore... magari perché sono nipote di una sarta, chi
lo sa.
Comunque sia, questa
storia si è classificata prima al contest "Era
un Sogno" di Fabi_Fabi, dove dovevo prendere spunto da questa
frase: "Se il sogno muore, che ne sarà del sognatore? E se
muore il sognatore, che ne sarà del sogno...?" di Arthur B.
Chandler. Inoltre dovevo inserire le parole: gatto, corvo, fuoco,
occhi, tempesta e ombra.
Si è inoltre
classificata seconda al contest "Mondi
Paralleli" di Red Diablo e Kiki: qui si doveva ambientare la
storia in un universo alternativo a scelta, e io ho optato per il Mondo
Fantasy.
Anche se alla voce "Personaggi"
c'è scritto "Un po' tutti", metto le mani avanti e vi dico
subito che in questa storia non ci sarà traccia di Makoto,
Hotaru o Setsuna. Più che altro non mi servivano per i ruoli
che avevo in mente, perciò spero non ne rimarrete troppo
delusi. Ami stessa, in realtà, non viene nominata
più di tanto.
Questa fic trae spunto
da una leggenda medievale (vedete la citazione in alto) secondo la
quale, per catturare un unicorno, bisognava mandare una vergine- meglio
se bambina- da sola in un bosco. Solo lei sarebbe riuscita ad
ammansirlo, e in questo modo lo si sarebbe potuto catturare.
Ho poi aggiunto delle
invenzioni mie, ovviamente, ma rimango dell'idea che nel realizzare la
quarta serie di "Sailor Moon" si avesse bene in mente questa leggenda
medievale occidentale...
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Capitolo 2 *** La tempesta ***
2- La tempesta
La
tempesta
Era un cavallo?
Un cavallo bianco nel
bel mezzo di quella foresta di sogno, anche se rispetto alla notte
prima i cristalli sembravano essere scomparsi. Non era rimasto
più nulla ad illuminare l'oscurità profonda del
bosco, eppure sembrava che il manto bianco di quel meraviglioso animale
fosse sufficiente a rischiarare il terreno su cui camminava, come la
luna da sola riesce ad illuminare un cielo buio.
Era laggiù,
sotto quelle fronde, e sembrava aspettarla. Guardava lei, l'aveva
chiamata.
Eppure era sempre
così lontano... perché non si avvicinava un po'?
Nonostante non si muovesse, Chibiusa non riusciva mai a raggiungerlo.
Quando avrebbe potuto toccarlo, accarezzare le sue froge delicate e il
corno che lanciava lampi dorati nella notte?
Aspettava lei, solo lei.
"Dove sei?".
Quella mattina Chibiusa si era svegliata con un certo fastidio alle
orecchie, come se ci fosse stato un corpo estraneo all'interno.
Cercò di sturarsele con un dito, e se ne ritrovò
la punta sporca di una strana polvere grigia; la annusò:
sembrava cenere, anche se odorava di essenze strane e sconosciute.
Non disse nulla alla servitù che le portò i
vestiti per la giornata, e nemmeno ad Ami durante la lezione: si
sarebbe beccata solo un rimprovero e la raccomandazione a lavarsi
meglio, lo sapeva.
Il cielo di quella mattina sembrava quasi violaceo, tanto le nubi si
accalcavano scure le une sulle altre: era in arrivo un bel temporale,
poco ma sicuro. Eppure il mezzogiorno passò senza che
accennasse minimamente a piovere, nonostante lampi sfolgoranti
illuminassero i nuvoloni dall'interno e il brontolio del tuono fosse
costante, una pentola di fagioli messi a bollire nel grande paiolo del
cielo estivo.
Era ormai pomeriggio inoltrato; Chibiusa aveva terminato gli studi
della giornata e si apprestava a tornare nella propria stanza per
continuare il ricamo iniziato la settimana prima, alternando saltelli e
passi di danza nel grande corridoio in pietra del castello.
Si affacciò ad una finestra, lanciando un'occhiata critica
al cielo tumefatto che lanciava un'ombra sinistra sul castello e sui
boschi lì attorno: Ami aveva detto che quella era una
condizione atmosferica piuttosto anomala, e nel momento in cui il
temporale avesse deciso di abbattersi sulla terra l'avrebbe sferzata
senza pietà. Era opportuno che nel villaggio si mettessero
al riparo raccolti e animali, e suo padre aveva subito dato
disposizioni al riguardo.
Per quanto la riguardava avrebbe ricamato con foga per un po',
così da avere il tempo di disegnare con calma più
tardi: era assurdo che i carboncini ricevuti da suo padre dopo l'ultimo
viaggio nel regno vicino rimanessero a fare la muffa nella loro scatola.
Con questa convinzione Chibiusa si stava dirigendo senza indugio nella
sua stanza, senza far caso al bubbolio del tuono che sembrava
rimbombare in ogni pietra. Non fece caso nemmeno al canto delle cicale
e degli uccelli, che prima della tempesta sembravano dover dar sfogo a
tutte le loro abilità canore.
Non fece caso a niente di tutto ciò, ma quando quel suono
fendette l'aria umida e pesante lo udì all'istante.
Lo riconobbe, bloccando un passo di danza sul pavimento tirato a
lucido. Un nitrito. Quel
nitrito.
E in quell'istante iniziò a piovere.
- Come sarebbe a dire, che non la trovate da nessuna parte? - la voce
di Usagi da stupefatta si fece ansiosa – Il castello
è grande, ma da qualche parte deve esserci! -.
- Mi spiace, o mia regina, ma abbiamo mobilitato l'intera
servitù e sembra non esserci traccia della principessa
– rispose la governante, tormentandosi le mani preoccupata,
mentre fuori dalla finestra la pioggia cadeva come se non dovesse
più smettere.
- Ami! Tu l'hai vista stamattina, non è vero? -.
- Certo – annuì la prima consigliera del regno,
braccio destro di entrambi i sovrani – La lezione si
è svolta regolarmente, e quando l'ho lasciata mi ha detto
che era diretta nella sua stanza... è da allora che nessuno
l'ha più vista -.
- Cerca di stare tranquilla, Usako – la profonda voce del re
era pacata, ben sapendo che la figlia non era nuova a quel genere di
scherzi – Può darsi che abbia avuto paura del
temporale e si sia nascosta da qualche parte. Vedrai che all'ora di
cena la vedremo arrivare in sala da pranzo come se niente fosse -.
- E in quel momento la salterà, la cena, te lo posso
assicurare! - ribatté Usagi, che tuttavia non poteva fare a
meno di sentirsi assurdamente preoccupata: c'era qualcosa che le
attanagliava il punto più profondo della gola, quel punto
che si collegava allo stomaco. E non era fame, ma un terribile
presentimento.
La tempesta sferzava cielo e terra con tale violenza che non si capiva
più dove fossero, cielo e terra.
Chibiusa non sapeva più dove stesse andando, avanzando a
fatica in un bosco che conosceva a malapena, il vestito madido e
appiccicato addosso, con l'acqua che la colpiva da ogni direzione. Ma
aveva ancora nelle orecchie il nitrito di quel cavallo, e doveva
raggiungerlo. Ovunque fosse.
Non sapeva da quanto tempo stesse camminando, ma il castello doveva
essere ormai lontano: non riusciva a vederne nemmeno le torri lontane,
comunque nascoste dalle altre fronde di tutti gli alberi che la
circondavano. La pioggia cadeva, i lampi flagellavano il cielo come
fruste luminose e il tuono sembrava un randello che colpisse la terra
con violenza inaudita.
Chibiusa iniziava ad avere freddo, malgrado fosse estate, e la
consapevolezza di non sapere come tornare indietro iniziò a
farsi strada in lei come una serpe viscida, alimentando una paura sorda
e confusa.
Perché era venuta fin lì? Per un cavallo visto in
un sogno, che le sembrava di aver sentito nella realtà? Come
poteva una fantasia simile averla trascinata in quel modo? Cosa le
stava succedendo?
L'ennesimo fulmine illuminò il cielo a giorno, malgrado
cominciasse ormai a scendere la sera e il buio si apprestasse ad
inghiottire ogni cosa, partendo per l'appunto dal bosco in cui si
trovava lei. Le ombre si facevano sempre più lunghe e
minacciose, tanto che Chibiusa cercò finalmente riparo sotto
l'albero più frondoso che trovò. Non sapeva che
poteva essere pericoloso a causa dei fulmini, e anche se l'avesse
saputo forse non le sarebbe importato: era stanca, voleva tornare a
casa.
Ma chi l'avrebbe trovata, lì in mezzo?
- Le cose stanno andando meglio del previsto –
constatò Michiru, osservando la bambina bagnata e tremante
come un pulcino nel suo specchio incantato – Non pensavo
avrebbe reagito così bene -.
- Devono essere i poteri magici latenti in lei –
dichiarò Rei dal suo fuoco, un corvo su una spalla e l'altro
appollaiato su un masso lì accanto, impegnato a lisciarsi le
penne. Erano entrambi reduci dalla missione di quella notte, che aveva
visto la cenere posarsi nelle orecchie di Chibiusa invece che sui suoi
occhi.
- Intende quelli ereditati da... ? - Minako non terminò la
frase, lanciando un'occhiata eloquente a Michiru, che annuì.
- Sì, è per questo che reagisce tanto bene alla
magia: da un lato è sotto il nostro incantesimo, ma
dall'altro è la magia innata dentro di lei a spingerla verso
ciò che sente,
ma di cui non si rende conto -.
- Quindi è per questo che la scelta è ricaduta su
di lei? - Minako sembrò arrivarci solo in quel momento
– Ecco perché non avete preso la prima figlia di
contadini che capitava! -.
- Non era così difficile da capire, Minako – fece
Rei, intenta a mormorare le proprie litanie al fuoco.
- Oh, falla finita! L'idea di usare quella bestia è venuta a
me, l'hai dimenticato? - esclamò Minako, piccata.
- Certo, noi abbiamo solo pensato a tutto il resto del piano
– ribatté Rei.
- Smettetela – la voce di Michiru aveva assunto il pericoloso
tono da mare in tempesta che la caratterizzava sempre quando iniziava
ad arrabbiarsi – Ora si tratta solo di attendere, e non ho
alcuna intenzione di farlo con voi due che vi punzecchiate come oche
arrabbiate -.
- A chi hai dato dell'oca? - borbottò Minako, che tuttavia
non osò controbattere, mentre Rei tornava al suo fuoco con
aria offesa.
La tranquillità sembrò tornare nell'antro che
ospitava le tre streghe, almeno finché non venne nuovamente
turbata dalla voce squillante di Minako che esclamò:
- Ehi, ma... dov'è Artemis? -.
Un gatto nero se ne stava seduto sul davanzale di una delle finestre
del castello, osservando preoccupato i boschi lì intorno,
muovendo la coda con aria ansiosa. Persino l'ultimo dei paggi di corte
sapeva che quel gatto non andava disturbato, pena un rimprovero della
regina in persona: era giunto al castello con lei quando Usagi aveva
sposato l'allora principe del regno, ed era sempre rimasto al suo
fianco. Tutti sapevano che c'era, anche se la maggior parte dei
servitori non ci faceva più molto caso, e solo pochi ogni
tanto si ponevano la fatidica domanda: ma quanto vive un
gatto?
Non molti sapevano il suo nome, e meno ancora erano a conoscenza del
fatto che quello non era un gatto, ma una gatta. Una gatta di nome...
- Luna! -.
Luna drizzò orecchie, baffi e coda in un solo sussulto,
volgendo incredula lo sguardo dietro di sé, rimanendo a
bocca aperta quando vide un felino delle sue stesse dimensioni avanzare
nella stanza. Il pelo solitamente immacolato era madido di pioggia, e
le vibrisse penzolavano flosce ai lati del muso. Luna era sgomenta, ma
un fantasma non si sarebbe di certo presentato in quelle condizioni
penose.
- Artemis... tu! -.
- Proprio io, mia cara. È passato un bel po' di tempo, non
è vero? -.
Luna era saltata giù dal davanzale, raggiungendo quello che
tanti anni prima era stato il suo compagno più affine,
perché con i corvi non era mai andata molto d'accordo.
- Se sei qui significa che i miei sospetti erano fondati: c'entrano
quelle tre, non è vero? - chiese la gatta, cercando di
dominare l'ansia nella voce.
- Certo che non badi ai convenevoli, tu: saranno dieci anni che non ci
vediamo e mi saluti così? - fece Artemis, un po' deluso
dall'accoglienza tutt'altro che calorosa di Luna.
- Piantala con le smancerie: dov'è Chibiusa? Se sei qui le
colpevoli non possono essere che loro! -.
Artemis abbassò le orecchie, sentendosi improvvisamente in
colpa: in effetti era venuto lì per un motivo preciso, e non
c'era tempo da perdere. La bambina era in pericolo.
- Sì, sono state loro – ammise – Mina
non sa che sono qui, e non dovrà mai saperlo. Ma non si
tratta di una vendetta, o comunque non solo: la piccola Chibiusa non
è altro che parte del piano -.
- Il piano? Quale piano? Che ruolo avrebbe la principessa? -.
Artemis scosse il corpo bagnato e infreddolito, liberandosi di una
parte dell'acqua che gli inzuppava il pelo, preparandosi a raccontare
ogni cosa a Luna.
- È l'esca -.
Era ormai scesa la sera: il buio della tempesta era stato accentuato
dall'oscurità in cui la terra veniva avvolta ogni giorno, al
calar del sole. Malgrado tutti i domestici del castello fossero stati
sguinzagliati alla ricerca di Chibiusa, sembrava che non ci fosse
traccia della principessa: nessuno era riuscito a trovarla nemmeno al
villaggio, come se fosse scomparsa nel nulla.
La regina, lungi dall'essere soddisfatta per aver avuto ragione nel
volerla cercare subito, iniziava a sentirsi sempre più
ansiosa: ed era un'ansia profonda e inquietante, un animale impantanato
nelle acque stagnose di un acquitrino sempre più simile alle
sabbie mobili. Un'ansia che si intrecciava al presentimento, come non
ne sperimentava ormai da tanti anni.
Gettatasi sul grande letto matrimoniale delle stanze che condivideva
col re, affondò il viso nel cuscino di piuma, stringendo fra
le dita le coperte damascate. Dov'era la sua bambina? Che cosa le era
successo? Era scappata per qualche motivo, per qualcosa che le aveva
detto lei? I suoi doveri di regina le avevano fatto trascurare un po'
la figlia, negli ultimi tempi, ma le sembrava che Chibiusa fosse serena
come al solito, allegra e a volte un po' capricciosa: la sua bambina, che se
avesse avuto qualche cruccio lei avrebbe di certo notato. Era sua
madre, ed era stato anche per diventarlo che in passato aveva fatto la
più grande e importante delle scelte. Sua figlia era una
ragazzina vivace, che combinava spesso qualche guaio di poco conto,
come tutte le bambine della sua età: lei la conosceva,
sapeva che non avrebbe mai fatto preoccupare tutti in quel modo. Non
sarebbe mai scappata di sua iniziativa.
... no?
Affondò ulteriormente la testa nel cuscino, soffocando un
gemito: e se le fosse successo qualcosa? Poteva essere ovunque, con
chiunque, e con quel tempo orribile forse era rimasta bloccata da
qualche parte...
Un fulmine scelse proprio quel momento per scendere a colpire la terra
livida, accompagnato dal rombo di un tuono che zittì perfino
il rumore della pioggia scrosciante: fu un brontolio talmente
assordante che Usagi non udì il miagolio proveniente dai
piedi del letto, almeno finché un musetto nero non venne a
leccarle le orecchie e a riscuoterla dal suo abbattimento.
- Oh, Luna! Sei tu... - allungò una mano ad accarezzarle la
testa, grattandola dietro le orecchie nel punto che sapeva piacerle di
più. Si sorprese un po' quando la gatta non
cominciò a fare le fusa come al solito, ma non era nello
stato d'animo per preoccuparsi di simili particolari – Che
cosa devo fare, Luna? Dov'è Chibiusa? -.
Usagi non si aspettava certo che la gatta le rispondesse; non
più, almeno, ma la forza dell'abitudine faceva sì
che le si rivolgesse come se ancora potesse comprendere i suoi miagolii.
Luna non rispose, ma quando un altro gatto saltò sulle
preziose coperte del letto matrimoniale Usagi trattenne a stento un
grido. Un grido che esprimeva stupore, incredulità e
un'improvvisa intuizione, seguito dal balbettio di chi si ritrova
davanti uno dei fantasmi della propria vita passata:
- A-ar... Artemis?
-.
francylibellula: non
è che siano state cacciate da Usagi, è lei che se
n'è andata... e in seguito si capirà
perché. Comunque spero che la storia ti piaccia!
criss90: la storia
del “tradimento” di Usagi verrà fuori,
non preoccuparti. Sono contenta che apprezzi la storia. ^^
Cri cri: anch'io le
vedevo benissimo nel ruolo di “cattive” della
situazione; ho esasperato un po' certe loro caratteristiche, anche se
ho cercato di mantenerle il più possibile IC. Non le ho
prese a caso: loro sono i personaggi che più spesso pongono
l'accento sulla propria bellezza, più o meno esplicitamente,
per cui le trovavo perfette. ^^
lulu85: la faccenda
del tradimento verrà spiegata man mano che procede la
storia, non temere. Sono molto contenta di ritrovarti anche qui, spero
che la storia ti piaccia anche se è molto diversa da
“Un giro di chiave”!
ellephedre: non
scrivo mai capitoli troppo lunghi- di norma sono sulle quattro pagine
Word- forse perché io stessa non ho mai molto tempo per
leggere e quindi preferisco ripiegare su storie più brevi.
Con le dovute eccezioni alla regola, ovviamente.
Sono contenta che la
storia ti sembri divertente, perché personalmente mi sono
divertita molto a scrivere di queste tre, e trovo che come trio di
“cattive” non abbiano nulla da invidiare ai cattivi
canonici di Sailor Moon. Fanno un po'... Occhio di Pesce, Falco e
Tigre, non so se mi spiego, che anche se si punzecchiavano di continuo
in fondo si volevano bene. ^^
E sì, a loro
la verve non manca di certo!
Deep Submerge85:
come hai visto, anche l'idea delle tre streghe è ripresa dal
“Macbeth”- opera che adoro. Sono contenta che il
primo capitolo ti sia parso divertente, perché ho cercato di
impostarla anche in modo ironico... e devo dire che Rei, Minako e
Michiru assieme offrono parecchi spunti. ^^
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Capitolo 3 *** L'unicorno ***
3- L'unicorno
L'unicorno
Quando Chibiusa si svegliò, prima ancora di guardarsi intorno si
stupì di aver dormito. Non pensava si potesse davvero dormire
sotto la pioggia scrosciante, nel bel mezzo di un bosco buio, mentre si
aveva freddo, fame e paura allo stesso tempo, eppure ci era riuscita.
Ancora un po' intontita dal sonno, sfregandosi energicamente gli occhi
ci mise qualche istante a rendersi conto che malgrado pioggia, bosco e
fame ci fossero ancora, per qualche motivo non aveva più freddo.
Né tanto meno paura, tutto d'un tratto. Com'era po...
- Oh! -.
Lo vide solo in quel momento, e per un attimo si chiese se non stesse
ancora dormendo, persa in quel sogno che l'aveva portata fin lì:
nel suo grembo, sulla gonna madida del vestito che le si era
appiccicato alle gambe, era poggiato il capo dell'animale che era
venuta a cercare.
Il cavallo che aveva finora visto solo nei suoi sogni era lì,
caldo e vivo, accovacciato accanto a lei e con il muso appoggiato sulle
sue gambe: poteva sentirne il fiato tiepido scaldarle le dita
intirizzite, e la folta criniera asciugarle le braccia ancora bagnate.
Aveva gli occhi chiusi, ma Chibiusa non credeva che stesse dormendo: la
sua testa sarebbe stata ben più pesante da sostenere, e invece
era appoggiato in maniera quasi delicata, per non schiacciarla o farle
del male.
Perché il suo corno- quel corno che lo rendeva diverso da qualunque cavallo avesse visto finora- poteva di certo ferire.
- Allora... allora esisti davvero – mormorò Chibiusa,
allungando quasi timorosa le dita verso il suo muso, fino a sfiorarne
le froge delicate. Il cavallo- l'unicorno,
perché di quello si trattava- spinse la testa verso la sua mano,
tanto che la bambina si ritrovò ad accarezzare quasi
l'attaccatura del corno.
E quando un lampo improvviso illuminò quasi a giorno il bosco
minaccioso intorno a lei, facendo rifulgere il corno dorato
dell'animale, qualcosa scattò dentro Chibiusa. Non aveva la
minima idea del perché quell'unicorno le fosse apparso in sogno
e l'avesse poi chiamata durante la tempesta, tanto da indurla a correre
da lui; ma sapeva che, se avesse avuto bisogno di lei, avrebbe fatto
qualunque cosa per aiutarlo. Perché lui era il suo sogno e
Chibiusa colei che l'aveva sognato: sogno e sognatore, due elementi
inscindibili l'uno dall'altro.
Presa da un impulso improvviso, si chinò di slancio su di lui, cingendogli il muso con le braccia.
Se quello era ancora un sogno, non voleva più svegliarsi.
- Se aggrotti le sopracciglia in quel modo, ti verranno un sacco di
rughe. E credo che nemmeno il potere dell'unicorno riuscirà a
farle andar via – nel canzonare Michiru, Minako sembrava allegra
e spensierata come al solito; eppure non poteva fare a meno di
chiedersi dove diavolo si fosse cacciato Artemis. Possibile che fosse
andato in cerca di qualche gatta con quel tempo da lupi? Ma quando mai?
Michiru non rispose subito, malgrado il fastidioso commento di Minako.
Per parecchi istanti non staccò gli occhi dallo specchio, le
sopracciglia in effetti aggrottate in un'espressione poco elegante per
una come lei.
- Insomma, che succede? - domandò Rei, alla quale non era sfuggito lo sguardo assorto della compagna.
- L'unicorno l'ha trovata – rispose lei.
- Ah! - sui volti di Rei e Minako si aprì un sorriso soddisfatto, a cui Minako aggiunse un entusiasta: - Finalmente! -.
Ma Michiru non si unì a loro, continuando a rimuginare sulla
figura della bambina abbracciata al muso dell'unicorno che si
rifletteva nel suo specchio incantato.
- Possibile che...? No, è assurdo... non può essere... - mormorò.
- Cosa non può essere? - domandò Rei – C'è qualcosa che non va? -.
- E se fosse... - Michiru alzò lo sguardo sulle compagne,
chiedendosi se la sua impressione potesse davvero essere esatta:
sembrava assurdo, e la possibilità che avesse ragione era
più remota che mai, eppure... eppure... - E se fosse il suo
famiglio? -.
Non fu solo Minako a lanciarle un'occhiata interrogativa, chiedendole silenziosamente di spiegarsi meglio.
- Il famiglio? Il famiglio di chi? -.
- Della... della bambina – forse spiegare il suo sospetto a
parole l'avrebbe fatto sembrare meno assurdo – In fondo è
la figlia femmina di una strega, la magia potrebbe scorrere in lei
malgrado il sangue mortale, e qualunque... -.
- Sua madre non è più una strega – la interruppe Rei, gelida.
- Chiunque appartenga alla magia ha bisogno di un famiglio, lo sapete.
Siamo noi che lo troviamo o lui che trova noi, o entrambe le cose -.
- Tu non ne hai uno – osservò Minako.
- Io ho il mio specchio – replicò Michiru, seccata per
quelle continue interruzioni – È più fedele di
qualunque corvo o gattaccio si possa trovare -.
- Ehi! - Minako sembrava pronta a muovere guerra: nessuno poteva parlare male del suo Artemis – Ritira subito... -.
- Che c'entrano i famigli con la bambina? - domandò Rei
bloccando l'invettiva della compagna, malgrado anche a lei desse
fastidio chiunque denigrasse i suoi corvi.
- Voglio dire che forse... forse l'unicorno è il famiglio della bambina – disse piano Michiru.
- Co... cosa? - farfugliò Minako, lasciando perdere di botto la
difesa del suo gatto – Ma è... assurdo. No, impossibile! -.
Per una volta Minako ha ragione – convenne Rei – Famiglio... un unicorno? Stai scherzando? -.
- Niente affatto: da quando questa bambina è entrata nel bosco
si comporta in modo strano. Soprattutto dopo che l'unicorno l'ha
trovata non sembra più neanche spaventata, come se non le
importasse di essere lontana da casa, di notte, in un posto che non
conosce – Michiru scostò i capelli che le erano finiti sul
viso, sentendosi all'improvviso quasi euforica: se quella bambina aveva
davvero il potere di rendere un unicorno il suo famiglio... il loro non
era più un semplice piano portato a termine. Era un trionfo
– Avanti, guardate! -.
Volse il suo prezioso specchio verso di loro, e sia Rei che Minako
rimasero a guardare incredule la figlia della loro antica compagna
addormentata sotto la pioggia, accoccolata contro l'unicorno come se
non avesse più nulla da temere al mondo.
- Ma non doveva farci da esca? - fece Minako, allibita – Rendere
mansueta la bestia perché noi potessimo prenderle il corno?
È... è normale che dorma così beata? -.
- E adesso cosa facciamo? - sbottò Rei, quasi stizzita –
È contro le nostre leggi portar via il famiglio ad una compagna,
malgrado sia... malgrado sia figlia di una traditrice -.
- Ma a noi non interessa il cavallo – obiettò Minako
– Ci basta il corno, no? È solo quello a rendere innocuo
qualunque tipo di veleno, giusto? -.
- Minako, ma non lo sai? - le inveì contro Rei – Se lo si priva del suo corno, un unicorno muore! -.
- Ah... ah, non lo sapevo! - protestò lei, come se le altre glielo avessero nascosto fino a quel momento.
- Ma se sei stata tu a proporre di usarlo! - ribatté Rei, allibita.
- Beh... sapevo solamente che il corno è efficace contro ogni
genere di veleno, e quale veleno peggiore della vecchiaia? Pensavo
sarebbe bastato strapparglielo via per rimanere giovane qualche altro
centinaio d'anni! -.
Le teste di Rei e Michiru scosse all'unisono, mentre entrambe le sue
compagne sospiravano pesantemente, la indispettirono parecchio.
- Insomma, un cervo mica muore senza le sue corna! -.
- Un unicorno non è un volgare cervo, Minako! -.
- Ma... -.
- Non importa -.
La voce autorevole di Michiru si levò a quietare entrambe; Rei e
Minako si zittirono all'istante, chiedendosi cosa fosse
quell'improvvisa luce sinistra negli occhi color tempesta della loro
compagna.
- La legge vieta di portar via un famiglio ad un'altra strega... -
mormorò lei, consapevole della gravità di quanto stava
per dire - … ma in un caso simile non si tratta solo di questo -.
- Che... che cosa intendi dire? -.
- Una leggenda ancor più antica dice che, se l'unicorno è
davvero un famiglio e muore per mano esterna, la strega perirà
assieme a lui, perché uniti l'uno all'altra dal legame sottile
che corre sul filo dei sogni. E il corno diverrà il talismano
più potente mai creato da mano magica -.
- Non ho mai sentito una leggenda simile – osservò Rei.
- È perché siete più... - Michiru si morse un labbro - … giovani. Si tratta di una leggenda davvero molto antica, tramandata da streghe che ho conosciuto quand'ero bambina -.
- Tantissimo tempo fa, allora – fece Minako stupefatta, beccandosi un'occhiataccia.
- Vuoi... ucciderla? - mormorò Rei con voce grave –
Arrivare ad eliminare una compagna solo per raggiungere il nostro
obiettivo? -.
- Ah, è una compagna adesso? - fece Michiru, alzando scettica un
sopracciglio – Non più la “figlia della
traditrice”? -.
Rei non rispose, e Michiru assottigliò gli occhi.
- Non avresti la tua vendetta? - si volse poi verso Minako, con fare suadente: - E i secoli passano anche per te, mia cara -.
Non le servì guardarle veramente negli occhi: lo specchio mostrava ogni cosa. E sapeva che erano con lei.
- È ora di andare. La pioggia smetterà presto -.
Fin da quando, tanti anni prima, il giovane principe Mamoru aveva
portato al castello la fanciulla che aveva deciso di sposare, si era
vociferato che la ragazza fosse in realtà una strega, vista la
sua incredibile e assoluta bellezza. Tali voci erano scomparse col
tempo, man mano che la popolazione del regno andava rendendosi conto
della bontà e gentilezza che la nuova regina dimostrava nei loro
confronti, fino a renderla più amata persino della precedente
sovrana.
Tuttavia i domestici che quella sera la videro procedere lungo il
corridoio in pietra del castello, diretta alla sala del trono, coi
capelli sciolti che quasi toccavano terra in un'aura d'oro, splendida e
terribile, furono seriamente sul punto di ricredersi. Di credere alle
anziane che una decina d'anni prima erano andate dicendosi sicure della
natura magica della nuova sovrana: una strega che aveva rinunciato alla
magia, perché altrimenti non avrebbe potuto avere una bambina
con un normale essere umano.
- L'hanno presa loro! - furono
le uniche parole che Usagi rivolse al marito, facendo poi per uscire
senza indugio dal palazzo – Le uccido tutte, stavolta! -.
- Usako, calmati! - il re raggiunse in due passi la sua sposa,
abbracciandola di slancio. Aveva capito all'istante cos'era accaduto:
non tanto per l'ermetica spiegazione, quanto per gli occhi che
sembravano lanciare lampi celesti – La troveremo, sta' tranquilla
-.
- È nella foresta – aggiunse Usagi poggiando il capo
contro la spalla del marito, per riprendere forza e sussurrargli piano,
perché nessun altro sentisse: - Lo ha saputo Luna da Artemis. Il
gatto di Minako -.
Mamoru annuì impercettibilmente, ripetendo: - La troveremo -. Poi si rivolse ai cortigiani lì attorno:
- Chiamatemi il capitano delle guardie! -.
- Sono qui, mio sire! - rispose pronta una voce decisa, anche se molto
meno profonda di quella di un uomo. Si fece avanti quello che sembrava
un giovane alto e slanciato, l'uniforme impeccabile e la spada al
fianco.
- Capitano, radunate un gruppo di soldati e dirigetevi verso il bosco.
Voglio che cerchiate la principessa in ogni anfratto, pertugio, dietro
ogni albero! -.
- Sì, vostra maestà! Non temete, la troveremo – il
capitano fece per uscire dalla sala, ma la voce della regina lo
richiamò:
- Haruka, fa' attenzione! Abbiamo a che fare con la magia, non con semplici uomini armati! -.
- Non temete, mia regina – la rassicurò lei, per poi dirigersi con fare risoluto fuori dal castello.
- Usako, ora vado con loro – le disse il re con voce dolce,
poggiandole le mani sulle spalle per allontanarla da sé –
La troveremo, vedrai -.
- Vengo anch'io! – esclamò lei, decisa.
- No, Usako... è pericoloso. E qualcuno deve rimanere al castello -.
- Ami gestirà al meglio ogni cosa – replicò Usagi,
cercando con gli occhi la prima consigliera, che annuì col capo
– Molto meglio di quanto potrei fare io, in effetti -.
- Usako, non puoi – vedendo che con i miti consigli non otteneva
niente, Mamoru decise di parlar chiaro – Non puoi più
usare la magia da molto tempo, ormai, e rischi di ritrovarti in serio
pericolo -.
- Mamo-chan, si tratta di mia figlia. Nostra figlia – gli ricordò dolcemente lei – E di quelle che un tempo erano le mie sorelle -.
Alzò gli occhi azzurri su di lui, sorridendo piano. E Mamoru seppe di non avere altra scelta.
- Vengo anch'io -.
Nelle prime puntate della prima serie
di “Sailor Moon”, quando le guerriere erano ancora solo in
tre, si vedevano spessissimo i corvi di Rei e Usagi andava in giro con
Luna stravaccata su una spalla. Tra gatti e corvi- e mancava ancora
Artemis!- ricordo che mi ritrovai a pensare: “Cavolo, sembra un
gruppo di streghe!”. E questo è stato lo spunto per questa
storia: come vedete non sto facendo altro che rileggere in chiave
“fantasy-favolistica” elementi già presenti nella
serie.
lulu85:
sono contenta che la faccenda ti intrighi, perché in effetti si
va facendo più intricata. Come vedi, sono spuntati nuovi
personaggi, che avranno un ruolo non indifferente. ^^
Deep Submerge85:
ti dirò, sono rimasta sorpresa anch'io dall'affiatamento comico
che hanno queste tre... all'inizio le ho messe insieme solo
perché sono quelle che più spesso insistono sulla propria
bellezza- in modo più o meno velato- ma si sono rivelate davvero
perfette! Come vedi, il passato di Usagi e delle altre comincia pian
piano a delinearsi...
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Capitolo 4 *** Pallidi raggi ***
4- Pallidi raggi
Pallidi raggi
- Oh, oh – constatò Michiru dal suo specchio, leggermente divertita – I mortali ci muovono guerra -.
- Cosa? -.
- Hanno iniziato a perlustrare il bosco: i soldati, il re e perfino... Usagi -.
Rei corrugò la fronte.
- Allora sanno tutto, perché non attuerebbero una mobilitazione
simile per cercare una bambina che si è persa chissà
dove. Ma come...? -.
- Il gatto di Minako – spiegò semplicemente Michiru, per nulla turbata – Li ha avvertiti lui -.
- Che cosa? Artemis? - esclamò la sua signora – Ma che razza di... se lo prendo... -.
- Non è di lui che dobbiamo preoccuparci adesso! - la
richiamò Rei – Se perlustrano il bosco a tappeto, prima o
poi la troveranno! -.
- Sorelle, direi che è giunto il momento di intervenire –
Michiru si alzò in piedi, lo specchio in una mano e la gonna
della lunga veste nell'altra, in un movimento elegante – In fondo
quel corno dovevamo pur andarlo a prendere -.
Rei e Minako annuirono, alzandosi contemporaneamente, mentre i due
corvi di Rei volavano gracchiando fuori dalla grotta in cui si
trovavano. La donna dai capelli neri come il loro piumaggio spense il
fuoco con un unico movimento fluido della mano, e le chiome di Minako
sembrarono rifulgere nell'oscurità.
- È la resa dei conti, dunque -.
- Sire, ho visto qualcosa! Laggiù, in quella radura! - un
soldato indicò un'ombra poco lontano, che a quella distanza
poteva sembrare una sagoma umana. Anche se la pioggia si era finalmente
placata, le nubi stentavano a diradarsi, rendendo quella notte estiva
più buia che mai.
- Chibiusa! - chiamò il re, correndo verso quella figura che
poteva essere la sua bambina. Ma quando la raggiunse, illuminandola con
una fiaccola, vide che altro non era se non un ammasso di sterpi e
fogliame.
- Maestà, da questa parte! È laggiù! - un'altra
voce sembrò localizzare Chibiusa qualche centinaio di metri
più a sinistra, e persino a Mamoru parve di scorgere un
familiare paio di codini; che tuttavia si rivelarono un semplice
cespuglio dalle forme bizzarre.
- Sire, di qua! -.
- No, è laggiù! -.
- La principessa! L'ho vista! -.
- Ma che cosa...? - per quanto privo di poteri magici, Mamoru non era
tanto sprovveduto da non riconoscere un incantesimo quando ne
incontrava uno: e dietro quei falsi avvistamenti, che si susseguivano
uno dopo l'altro, c'era senz'altro la mano di una strega.
- Maestà, eccola! No, non è... ma sembrava... -.
Usagi aveva voluto ad ogni costo dividersi da loro: "Conosco questo
bosco come il palmo della mia mano", aveva detto. Mamoru sperò
davvero che non avrebbe tentato niente di azzardato, disarmata com'era:
ma quando la sua sposa si metteva in testa qualcosa, era impossibile
farle cambiare idea.
- Sire, da questa parte! -.
Sarebbe stata una notte molto lunga.
Il capitano delle guardie aveva proseguito da sola,
nell'oscurità del bosco, dietro permesso del re. Sapeva che i
suoi uomini erano affidati a lui, e questo la faceva star tranquilla,
ma era anche consapevole del fatto che, per riuscire davvero ad essere
utile in una situazione come quella, doveva andare avanti per conto
proprio.
Nonostante il buio pesto e le ombre che si allungavano, più
scure della notte stessa, Haruka avanzava determinata e sicura, guidata
dalla propria spada. Riluceva leggermente nell'oscurità, una
pallida falce di luna nel bosco che la guidava oltre qualunque
ostacolo: solo il re e la regina erano a conoscenza del segreto della
sua arma, e in un regno che non vedeva di buon occhio magia e
incantesimi avevano trovato opportuno tenerlo nascosto ai più.
Per utilizzarla al meglio, Haruka non doveva quindi avere sottoposti
tra i piedi. Saltò abilmente una radice che sporgeva dal
terreno, pur senza vederla, e malgrado il buio si rese conto di essere
giunta in una radura che ospitava uno specchio d'acqua di discrete
dimensioni: poté udirne le increspature provocate dalla brezza
leggera di quella notte estiva e sentirne l'odore di piante acquatiche.
L'elsa che stringeva in mano pulsò.
- Una spada magica, a quanto vedo -.
- Io invece non vedo molto, ma non credo di sbagliare nel ritenerti senza dubbio una strega -.
- Strega, che brutta parola! Maga o incantatrice suonano molto meglio, non trovi? -.
In effetti quella voce suadente aveva lo stesso incanto delle onde
leggere che increspavano la superficie dell'acqua lì accanto, ma
Haruka non si lasciò distrarre.
- È una vera fortuna che il buio mi risparmi la vista del tuo
naso adunco, per non parlare del viso da vecchia tartaruga: non credo
siano molto incantevoli -.
- Come ti permetti? - sibilò, gelida, Michiru.
- Beh... devi avere qualche secolo, no? -.
Haruka seppe di aver toccato il tasto giusto quando una luce improvvisa
si irradiò da quello che per un attimo le sembrò uno
specchio da toeletta, per poi andare ad accendere l'intera superficie
dell'acqua lì accanto. La radura si illuminò allora di un
bagliore quasi ultraterreno, che permise finalmente ad Haruka di
studiare la sua avversaria.
- A giudicare dalla tua espressione, non devi trovarmi poi così repellente – sorrise sorniona Michiru.
In effetti non aveva mai visto creatura più avvenente, nemmeno
fra le più belle dame di corte. Forse non era un caso che avesse
scelto di incontrarla proprio presso uno specchio d'acqua: sembrava una
creatura acquatica lei stessa.
Una creatura acquatica i cui occhi minacciavano tempesta.
- La ragazzina morirà stanotte. È solo questione di tempo
– annunciò infatti Michiru, rendendo ancor più dura
l'espressione della sua avversaria.
- Se ne sei convinta, non sarò io a contraddirti –
ribatté Haruka – Ma fossi in te non ne sarei tanto sicura:
la regina in persona è venuta a cercare la principessa -.
- La regina in persona non possiede più alcun potere: è
una comune mortale, ormai – rispose con sufficienza Michiru.
- All'apparenza, forse – replicò Haruka. Ritenendo che si
fosse ormai chiacchierato abbastanza, lanciò un'occhiata ironica
allo specchio che la strega teneva in mano – Pensi di affrontarmi
con quell'arnese? -.
- Quest'arnese è cento
volte più potente della tua ridicola spada, per quanto magica
– puntualizzò Michiru, alla quale quello scambio di
battute iniziava quasi a piacere.
- Ti rammento che non è tanto l'oggetto in sé ad essere
potente, quanto chi sa utilizzarlo – affermò Haruka,
già in posizione di battaglia.
- Non potrei essere più d'accordo – convenne Michiru,
alzando il suo fedele compagno con il movimento fluido di un'onda
– Stiamo aspettando -.
Haruka si lanciò all'attacco.
Usagi non aveva mentito, nel dire a Mamoru che conosceva quel bosco
come il palmo della sua mano; tuttavia non aveva fatto i conti con la
sua estrema goffaggine, che a volte la faceva ancora inciampare nei
lunghi abiti da cerimonia usati a corte. E che l'aveva fatta finire
lunga distesa già un paio di volte, a causa di alcune radici che
sporgevano dal terreno.
Usagi era certa di avere il vestito rovinato in più punti, per
non parlare del naso: era sicura di esserselo graffiato, per quanto le
faceva male.
... forse quella di andare avanti da sola non era stata una buona idea,
dopotutto. Sapeva solo che voleva riabbracciare la sua bambina, ma di
quel passo l'avrebbe trovata solo se vi fosse inciampata addosso.
L'istante successivo non inciampò su Chibiusa: incespicò
su alcuni sterpi nascosti dal fogliame del sottobosco, finendo a terra
per l'ennesima volta.
La risata che udì pochi metri avanti a sé, l'avrebbe riconosciuta fra mille.
- Rei! - gridò rialzandosi, infischiandosene di avere
probabilmente il viso sporco di terra – Dov'è mia figlia?
-.
- Tutto questo tempo non ti ha fatta diventare più intelligente, Usagi: pensi davvero che ti risponda? -.
- Ti costringerò a rispondermi! -.
- Ah, sì? E come? Messa come sei adesso, mi basterebbe aizzarti contro i miei corvi, lo sai? -.
- Non dire scioc... ah! - Usagi portò istintivamente le braccia
a coprire la testa e il viso, mentre un paio di uccelli che si
confondevano nell'oscurità tentavano di beccarla. Ma ad un
tratto il frullio d'ali attorno alla sua testa venne sovrastato da un
miagolio minaccioso, e l'istante dopo sentì uno dei due corvi
finire a terra, tra le grinfie di una Luna furibonda, mentre l'altro si
alzava in fretta in aria.
- Luna, sei tu! - nonostante il buio, gli occhi della gatta
scintillarono solidali nelle tenebre. Malgrado non fossero più
riuscite a parlarsi dopo che Usagi aveva rinunciato alla magia,
l'affetto tra loro non era mai venuto meno.
Udì Rei sibilare un "Gattacci!", e alzò il viso verso il
punto in cui presumeva si trovasse la sua antica compagna.
- Perché, Rei? - gridò, più per la distanza del
suo cuore che per quella effettivamente fisica – Se dovete
vendicarvi, fatelo su di me! Chibiusa non c'entra nulla! -.
- Veramente c'entra anche solo per il fatto di essere tua figlia
– replicò lei – Comunque non è per vendicarci
che l'abbiamo fatta venire fin qui. Non solo almeno: semplicemente ci
serviva -.
- Vi serviva? E per cosa? -.
- Andiamo, Usagi: anche una come te sa qual è l'unico sistema per attirare un unicorno -.
Certo che lo sapeva: ma cosa poteva servire un unicorno a un gruppo di tre streghe?
- Beh, sai anche tu che il suo corno è efficace contro qualunque
tipo di veleno – spiegò Rei, udendo la sua tacita domanda
– E noi cominciamo ad avere qualche secolo di troppo, ormai...
quale veleno peggiore della vecchiaia? -.
- Che cosa? -.
- Ma sì: Minako ha pensato che potevamo usare il suo corno per
ricavarne un elisir di giovinezza, ma non solo – a Usagi non
servì vederla per sapere che aveva assottigliato gli occhi: dopo
tutti quegli anni, la conosceva ancora alla perfezione – Sembra
che la mocciosa abbia in sé una potente dose di magia: Michiru
sostiene che quell'unicorno potrebbe essere il suo famiglio -.
- Che... cosa? Famiglio? Un unicorno? -.
- È quello che ci siamo chieste anche io e Minako, ma a quanto
sembra è possibile. E ti dirò di più: se è
così, significa che sono uniti dal filo sottile dei sogni, che
è assolutamente indissolubile. Sai questo cosa significa? -.
- N-no – Usagi era incredula: sua figlia? Con un unicorno per
famiglio? Ma era impossibile: era mezza mortale, e lei aveva rinunciato
alla magia tanto tempo prima... ma cercò di seguire il discorso
di Rei, per quanto possibile – Che cosa significa? -.
- Oh, Usagi – fece l'altra, in tono quasi compassionevole –
Se il sogno muore, che ne sarà del sognatore? E se muore il
sognatore, che ne sarà del sogno...? -.
Malgrado fosse una splendida notte estiva, lavata da tutta la pioggia
di quel giorno, Usagi si sentì ricoprire di sudore gelido.
- N-no... - balbettò – Tu non puoi... voi... non fareste mai... -.
- Davvero, Usagi? - la voce di Rei si era fatta tagliente, affilata
come una falce – Sei stata tu a tradire le tue sorelle: pensavi
davvero che non ci sarebbero state delle conseguenze? -.
- No! - stavolta Usagi
urlò con quanto fiato aveva in corpo – Io non ho tradito
nessuno: credi sia stato facile rinunciare alla magia, a tutto
ciò che ero? L'ho fatto per amore! Sai cos'è, Rei? -.
Rei non rispose, presa in contropiede: sapeva quanto la sua antica
compagna dovesse tenere alla figlia, ma non si era aspettata una
reazione del genere.
- No, non lo sai! - continuò Usagi, mentre le nuvole nel cielo
scuro iniziavano lentamente a diradarsi – E ti dirò di
più: non ho perso una parte di me, l'ho ritrovata! Sono
ciò che sono, e sono sempre io! -.
Le parole fluivano come un fiume in piena, ed entrambe sapevano che
Usagi stava iniziando ad ingarbugliarsi nei propri discorsi. Ma quando
dalle nubi cominciò a far capolino una pallida luce che
conoscevano ambedue molto bene, Usagi si calmò: guardò in
alto, verso quella tenue falce di sole che dondolava i sogni ogni notte
(¹), alla quale aveva tante volte rivelato i propri segreti. Era
stata la prima a sapere del suo amore per quel giovane mortale dai
capelli scuri come il cielo notturno, ed era stato pensando al coniglio
nascosto lassù che aveva inventato le fiabe per la sua bambina.
Poi abbassò lo sguardo su Rei, pochi metri più avanti, la
cui figura era ormai perfettamente visibile.
- La luna è una gran dama, Rei. Non permette che a una sua
creatura venga fatto del male in una notte come questa, nemmeno se si
è allontanata da lei -.
Rei non replicò, e Usagi sorrise.
- La luna proteggerà mia figlia -.
Un raggio di luna cadde sugli occhi di Chibiusa, molto più
gentile e delicato del sole che al mattino le feriva gli occhi,
destandola dal sonno. Ma non dal suo sogno,
ancora lì accanto a lei, con la testa nel suo grembo. Anche
l'unicorno aprì gli occhi, la guardò e si alzò,
scrollando leggermente la criniera.
- Ehi, aspetta! - esclamò Chibiusa, alzandosi a sua volta – Non andrai via, adesso! -.
L'unicorno sembrò non averne alcuna intenzione, perché
avvicinò il muso al suo viso, facendosi abbracciare di nuovo.
Chibiusa non sapeva in che punto del bosco si trovavano, e non aveva la
minima idea che i suoi genitori la stessero cercando o che tre streghe
fossero sul punto di venire fin lì per il corno di quello
splendido cavallo.
C'era qualcosa, in quella strana atmosfera, che la faceva sentire come
se non si trovasse più nemmeno nel suo mondo; come se non fosse
stato altro che un sogno, di nuovo. E lei in realtà si trovava
addormentata nel suo letto, quindi non c'era alcun motivo che i suoi
genitori si preoccupassero per lei.
Ma la luce della luna che accarezzava il bosco intero, bagnando
d'argento ogni foglia e filo d'erba, era qualcosa che nei suoi sogni
era mancato: per cui forse era tutto ancora più bello, e la
realtà aveva superato il sogno.
L'unicorno abbassò ulteriormente il muso, fin quasi a toccare
l'erba umida di pioggia e rugiada, finché Chibiusa non si
trovò il corno dorato all'altezza del viso. Forse alla luce del
sole avrebbe potuto addirittura ferirle gli occhi, tanto sembrava
abbagliante, ma in quel momento il sole non c'era: c'era solo la luna,
con la sua luce gentile e delicata.
Chibiusa alzò lentamente le mani, senza rendersi del tutto conto
di ciò che stava facendo, e toccò il corno. L'unicorno si
spostò e il corno le restò in mano.
- Eh? Cosa? - ci mise un istante a rendersi conto che il corno si era
chissà come staccato dalla fronte dell'animale. L'attimo dopo il
corno brillò di una luce intensa e potente, cambiando forma tra
le sue mani: ciò che si ritrovò sui palmi era una specie
di strano cristallo, dorato e raffinato.
Quando alzò gli occhi sull'unicorno, convinta di trovarsi ormai
di fronte a un semplice cavallo bianco, rimase a bocca aperta nel
constatare che il cavallo non c'era più.
E in quel momento capì che non c'era mai stato.
(¹) Credit necessario, perché questa frase è
più o meno presa dalla prima sigla italiana di "Sailor Moon"
La frase "Se il sogno muore, che ne
sarà del sognatore? E se muore il sognatore, che ne sarà
del sogno...?" , di Arthur B. Chandler, dovevo inserirla per uno dei
due contest.
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo, e spero proprio che seguiate questa storia fino alla fine. ^^
Arwen297:
ti sei spiegata benissimo, e come "sorella" intendevo per l'appunto in
senso magico. Non ci sono parentele inventate, da questo punto di vista
è tutto come lo conosciamo- quindi l'unica è quella tra
Chibiusa e i suoi genitori.
Quando ho riletto questa storia, dopo
averla scritta, mi sono accorta che Haruka fa molto "Lady Oscar", ma
devo dire che in queste vesti mi piace molto. E tra lei e Michiru non
si può mai sapere...
Sono contenta che questa versione fantasy ti piaccia, spero che continuerai a seguire la storia. ^^
Cri cri: sono contenta che ti piaccia l'abbinamento "Sailor Moon- fantasy", mi sono divertita un sacco a scrivere questa storia! ^^
Deep Submerge85:
sì, sorelle è da intendere ovviamente in senso magico, e
ci hai azzeccato col motivo per cui Rei considera Usagi una traditrice!
E come hai letto, questo capitolo spiega tutto quanto.
Haruka non ha un ruolo in secondo piano, e qui mi è venuta un po' alla "Lady Oscar"... XD
lulu85:
come avrai già letto, in questo capitolo si spiega bene cosa
è avvenuto perché Usagi "tradisse" le sue compagne.
Comunque il prossimo sarà l'ultimo capitolo, quindi non manca
molto alla fine. ^^
criss90:
sono contenta che la storia ti piaccia, anche se non è molto
lunga (il prossimo è l'ultimo capitolo). E sono felice anche che
tu convenga con me sull'assoluta comicità nascosta del trio
Rei-Minako-Michiru. ^^
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Capitolo 5 *** Magiche cantonate ***
5- Magiche cantonate
Magiche cantonate
Anche se Minako si stava divertendo un mondo, le sarebbe piaciuto
sapere cosa stavano combinando le altre sue due compagne, e quanto ci
avrebbero messo a catturare quel dannato cavallo. In realtà,
più ci pensava e più cominciava a pentirsi di aver dato
il via a tutta quella storia: non era mai stato nelle sue intenzioni
arrivare ad uccidere una bambina, ma sembrava che Michiru e Rei fossero
intenzionate a farlo.
- Sire, di qua! - tuttavia non poté fare a meno di trattenere un
risolino quando l'ennesimo soldato incappò nell'ennesimo falso
allarme. Che sempliciotti, erano: bastava qualche giochetto d'ombra per
mostrare loro ciò che sembrava ma non era, traendoli in inganno.
Alzò il viso verso la luna apparsa tra le nubi: i suoi pallidi
raggi non facevano altro che allungare le ombre, rendendole il lavoro
ancora più semplice. Se la specialità di Rei era il fuoco
e quella di Michiru le acque, nei giochi di luce non la batteva
nessuno: e non c'era niente di meglio di una semplice rifrazione
luminosa per ingannare il più attento degli occhi umani.
- Eccoti qui -.
O forse no?
Le labbra le si curvarono in un sorriso malizioso: mica stupida, Usagi.
Sembrava che il suo uomo fosse più sveglio della media. Si
voltò, scuotendo leggiadra la chioma fluente che incantava anche
i ciechi, ritrovandosi ad osservare ammirata che i gusti di Usagi erano
davvero impeccabili: forse uno o due degli amanti che aveva avuto lei
erano all'altezza di un esemplare simile. Capelli corvini, occhi
celesti, aitante come un cavaliere. Un re, oltretutto.
Toccò con la punta di un dito il filo della spada che aveva puntata alla gola, sfoggiando tutto il suo fascino.
- Re Mamoru, giusto? - chiese seducente, anche se entrambi sapevano che
era una domanda del tutto superflua – E dire che una decina
d'anni fa dovevi essere ancora più bello -.
- Niente chiacchiere: dov'è mia figlia? -.
- Oh, la ragazzina con quei capelli assurdi? Da qualche parte, no? - rispose civettuola, sbattendo le lunghe ciglia.
- Dov'é? -.
- Che ti importa? - con la fluidità di una ninfa si sottrasse
alla minaccia della lama affilata, avvicinandosi tanto da riuscire a
tamburellare con le dita l'armatura splendente di Mamoru, guardandolo
languida. Ma il re fu rapido a scostarsi, puntandole di nuovo la spada
alla gola.
Minako rettificò: quell'uomo era decisamente più stupido della media maschile. Nessuno aveva mai osato rifiutarla.
- Rispondi, o questa spada sarà l'ultima cosa che vedrai – ringhiò minaccioso.
- Tsk, credi di farmi paura? - ribatté Minako, lanciandogli
un'occhiata quasi scocciata – Il sognatore si troverà col
suo sogno, no? E il sogno avrà accompagnato il sognatore,
ovviamente -.
Mamoru non ebbe il tempo di decifrare quella risposta sibillina,
perché la voce gracchiante di un corvo si alzò nel
silenzio di quella notte surreale.
- Che... diavolo...? - Mamoru
sapeva che le streghe potevano comprendere il linguaggio degli animali,
e sospettava che quell'imprecazione poco elegante fosse dovuta al verso
dell'uccello appena udito – Che diamine va ciarlando quel
corvaccio? Si è rincoglionito del tutto? -.
Sentire una splendida fanciulla vecchia di secoli imprecare come uno
scaricatore di porto era uno spettacolo decisamente suggestivo, ma
Mamoru non aveva il tempo di occuparsi di simili particolari.
- Cosa ha detto? - domandò, intuendo che le "parole" del corvo
dovevano avere a che fare con tutta quella faccenda – Rispondi! -.
Aveva sentito ripetere spesso, da sua moglie, che Minako era sempre
stata la più sorprendente delle sue antiche sorelle: ma
"sorprendente" non era forse sufficiente a descrivere l'occhiata che la
strega gli lanciò, il suo sospiro seccato e la successiva
manciata di parole:
- Vieni con me, muoviti -.
Haruka se la stava vedendo più dura del previsto, ma gli
avversari difficili erano ciò che rendeva interessante un
combattimento. Evidentemente non era un caso se quella strega aveva
scelto di incontrarla accanto ad uno specchio d'acqua: ad un suo cenno
le onde si erano alzate dal loro quieto giaciglio, attaccandola con
tutta la violenza di cui l'acqua è capace.
Ma l'acqua non può sperare di acchiappare una folata di vento; e
Haruka, modestamente, al vento stesso non aveva nulla da invidiare.
- Sei tenace – mormorò Michiru, che si stava quasi
divertendo nel vedere quella giovane spedaccina schivare i suoi
attacchi con degli scatti eleganti, come se stesse danzando. Niente
male davvero, ma non è che avesse tutto questo tempo da perdere
– Ma l'acqua scava anche le pietre, lo sai? -.
Fece per dare al suo elemento l'ordine di attaccare per l'ultima volta,
ma nell'alzare il braccio lo sguardo le cadde sullo specchio, che aveva
ignorato durante l'intero duello. Ciò che vide la sconvolse
abbastanza da distrarla, per un fatale istante: l'acqua allentò
lo scudo che aveva eretto a difesa della sua signora, e Haruka ne
approfittò per sferrare il suo fendente.
I riflessi di Michiru le permisero di schivare il colpo quel tanto da
prenderlo solo di striscio, ferendosi leggermente ad una spalla. Ma
ciò che lo specchio le stava rivelando era troppo sconvolgente
per riuscire a pensare ad altro.
- Che... che cosa? -.
Nell'impeto dell'offensiva si erano sbilanciate entrambe, ed ora si
ritrovavano ambedue a terra, mentre l'acqua attorno a loro, perdendo il
sostegno della magia, si lasciava cadere in una pioggia leggera che
finì per annaffiarle.
Haruka non era tanto vile da attaccare un avversario distratto e
ferito, per quanto lievemente; inoltre aveva la sensazione che fosse
accaduto qualcosa di piuttosto rilevante.
- Era un... un incantesimo? -.
- Non sono quel che fai nella vita, gli incantesimi? Che hai da sorprenderti tanto? -.
Il duello sembrava essere stato sospeso, e Haruka non era per nulla
dispiaciuta di poter studiare quella donna un po' più da vicino.
Continuò a tenere la spada stretta in mano, ma abbassò la
guardia.
- Si può sapere che è successo? - domandò
finalmente, dato che quello specchio a lei non rivelava alcunché.
- L'unicorno... - la voce di Michiru vibrava di rabbia, una rabbia che
sembrava illuminarla dall'interno. Vedendola così da vicino,
Haruka dovette riconoscere che i suoi occhi non avevano nulla da
invidiare al mare in tempesta - ... era un falso! -.
Era stato ovviamente uno dei corvi di Rei a dare l'allarme: più
precisamente Phobos, quello che era sfuggito all'attacco di Luna. Dal
ramo di un albero aveva visto ogni cosa, tutto ciò che era
accaduto da quando Chibiusa e l'unicorno si erano svegliati, e aveva
ritenuto opportuno avvertire subito la sua padrona.
Ché se lei cercava un unicorno, questi doveva sicuramente morire
nel momento in cui qualcuno gli avesse staccato il corno; non certo
trasformarsi in un essere umano, come invece era accaduto.
Chibiusa aveva smesso di respirare per l'ennesima volta in quella
notte: perché quello che si era ritrovata davanti, mentre teneva
il cristallo dorato fra le mani, era un ragazzo poco più grande
di lei, dai capelli candidi come il pelo dell'unicorno.
- Tu... tu chi...? -.
- Chi sono? - quel ragazzo sorrise gentile, e Chibiusa poté
notare che in fondo i suoi occhi non erano poi molto diversi da prima
– Il custode del Cristallo d'Oro, che protegge questo regno da
tempo immemore -.
Il Cristallo d'Oro? Chibiusa ne aveva sentito parlare, ma come di una
leggenda di tanti e tanti anni prima: quasi una favola, che le
raccontavano a volte le più anziane domestiche del castello.
- Ma la leggenda dice che una strega lo rubò – obiettò Chibiusa, ricordando appunto quei racconti.
- È quel che accadde, infatti – annuì il ragazzo
– Io che ne ero il custode cercai di recuperarlo, riuscendo a
sottrarlo alla strega, ma prima di fare ritorno al castello venni
colpito dal suo maleficio: dato che avevo penato tanto per recuperarlo,
fui condannato a non separarmene mai più, e assunsi le sembianze
che hai potuto vedere fino a poco fa -.
- L'u-unicorno? Sei stato trasformato in unicorno da... un incantesimo? -.
Il ragazzo annuì, sorridendole così dolcemente che
Chibiusa si sentì arrossire. Se pensava che aveva dormito
abbracciata a lui, con la sua testa posata in grembo, si sentiva
addirittura andare a fuoco.
- Ma... -.
- Fammi indovinare – una voce femminile spuntata improvvisamente
dal nulla li fece sobbalzare, ma a Chibiusa non importò
più nulla nel momento in cui sua madre corse ad abbracciarla.
Poi Rei continuò, gli occhi in fiamme e la voce tagliente: - A
liberarti dal sortilegio doveva essere qualcosa di magico, ma legato al
regno che il tuo cristallo proteggeva -.
- Sì, signora – annuì il ragazzo.
- Non chiamarmi signora! - inveì Rei, sul punto di scoppiare: tutta la fatica che avevano fatto non era servita a niente?
- E noi gli abbiamo servito su un piatto d'argento la figlia di
un'ex-strega, oltretutto principessa del regno – la voce di
Michiru, giunta sul posto assieme ad Haruka come se non avessero appena
cercato di ammazzarsi a vicenda, appariva estremamente seccata –
Non ci posso credere -.
- Che razza di cantonata! - esclamò allegra Minako, che nel
tragitto fin lì era stata conquistata dal lato divertente della
faccenda – Mi sa che un certo specchio magico sta perdendo colpi!
-.
- È stata una tua idea! - le rinfacciarono all'unisono Rei e Michiru.
- Oh, ma l'unicorno l'avete trovato fuori voi – osservò
tranquillamente Minako, per nulla turbata da tale responsabilità.
Mamoru, che le era trotterellato dietro e si trovava ora al fianco di
moglie e figlia, lanciò un'occhiata significativa a Usagi:
sembrava che Chibiusa non avrebbe corso più alcun pericolo, ma
non trovava saggio per un uomo intromettersi nel litigio di tre streghe.
Tuttavia non avrebbe mai immaginato che la sua consorte, la quale solo
fino a poche ore prima aveva dichiarato decisa: "Le uccido tutte!",
esordisse con un nostalgico:
- È bello rivedervi, ragazze -.
Le "ragazze", ognuna con un discreto numero di secoli sulle spalle, si
voltarono a guardare la loro antica compagna. La traditrice, come
l'aveva sempre chiamata Rei da quando le aveva lasciate.
Per cui Minako e Michiru rimasero allibite quando udirono la loro irriducibile sorella rispondere:
- È bello anche per noi -.
- Tu volevi fare del male a mia figlia, Rei – ribatté Usagi, meno dura di quanto avrebbe voluto.
- E tu poi avresti ammazzato me, credi che non lo sappia? -
replicò lei, tranquilla, mentre Chibiusa si guardava intorno un
po' confusa: da dove spuntavano quelle tre? E chi era che voleva farle
del male? Ma quando il suo sguardo incontrò quello del custode
del Cristallo, che le sorrise di nuovo, si sentì arrostire come
una polpetta e dimenticò tutto quanto stava pensando.
- Questo significherebbe che saremmo pari? - fece Usagi battagliera, incrociando le braccia.
- Beh, si è risolto tutto con un nulla di fatto –
replicò Rei. Il loro piano era completamente sfumato, dal
momento che il fondamentale unicorno non era un unicorno: addio,
rinnovata giovinezza – E poi la tua gatta ha maltrattato Phobos e
Deimos, non dimenticarlo -.
- Ma se loro avevano attaccato me! - esclamò Usagi indignata.
- Sentite – intervenne Minako, che non ne poteva decisamente
più. Prese Rei per le spalle e la spinse verso Usagi, mentre
Michiru rimaneva a guardare. Anche se, più che altro, sembrava
non avesse molta intenzione di spostarsi dal fianco di quell'avvenente
cavaliere biondo che era giunto assieme a lei. Minako sghignazzò
sotto i baffi: anche l'intoccabile Michiru aveva trovato il suo punto
debole, dunque. Ma intanto c'era da pensare alle altre due –
Prendetevi per i capelli, picchiatevi, graffiatevi... quello che
volete. Ma che sia finita qui -.
Allo sguardo perplesso delle due rispose con una scrollata di spalle.
- E se pensate che io faccia da arbitro, scordatevelo. Nessuna regola e nessun rimpianto: sfogatevi e facciamola finita -.
Anche se Rei aveva davvero avuto voglia di picchiarla, durante tutti
quei lunghi anni, all'improvviso se ne vergognò: in fondo- e lo
capiva soltanto ora- Usagi aveva soltanto dato retta al suo cuore, come
sempre. E anche se Usagi aveva voglia di mollarle un sonoro ceffone per
aver anche soltanto pensato di
poter toccare sua figlia, era sollevata che fosse finito tutto bene.
Anzi, col loro diabolico piano avevano contribuito a spezzare un
incantesimo antico, la cui memoria era finita nella leggenda. Si volse
verso il marito, chiedendogli: - Lo conosci? - accennando al
ragazzo-unicorno.
- Credo l'abbia conosciuto mio nonno, da ragazzo – rispose
Mamoru, il quale aveva udito spesso quella leggenda pur sapendo che si
trattava della verità: ma quello del Cristallo d'Oro era un
segreto che si tramandava nella famiglia reale di generazione in
generazione.
- Oh, sì signore – confermò il giovane –
Vivere in questa foresta con le sembianze di un animale mi ha fatto
perdere il senso del tempo, tanto più che l'incantesimo mi aveva
condannato ad una vita eterna come unicorno, ma sono certo che i fatti
di cui parliamo risalgano a non più di due o tre generazioni fa
-.
- Il tuo nome? -.
- L'ho dimenticato – ammise sinceramente il ragazzo – Ma i nomi non sono importanti -.
- Certo che sono importanti! - esclamò all'improvviso Chibiusa – Io ho lo stesso nome di mia madre: questo è importante! -.
Il ragazzo sembrò riflettere su ciò che gli era appena stato detto, e alla fine annuì.
- Hai ragione – disse sorridendole, tanto dolcemente che Chibiusa
sperò che nessuno si fosse accorto delle sue guance ormai di
brace – I nomi sono importanti, ma io non ricordo lo stesso il
mio -.
- Ah... - Chibiusa non sapeva più cosa rispondere, quando intervenne Michiru:
- Nel rifletterlo, lo specchio indica il sole – li
informò, senza tanti giri di parole – Presumo abbia a che
fare col suo nome -.
- Sire, perdoni se mi intrometto – Haruka, il cui sesto senso
diceva che ogni pericolo era chissà come svanito nel nulla,
prese la parola – Forse la prima consigliera del regno
saprà rispondere a tale domanda -.
- Giusto, Ami sa sempre tutto! - approvò Usagi, per poi tendere
una mano al ragazzo – Vieni con noi. Ti sei fatto onore nel
proteggere il Cristallo per tutto questo tempo; è ora che ti
riposi un po' -.
Lui annuì, apprestandosi a seguire il re e la principessa, che si incamminarono verso il castello.
Usagi fece per accompagnarli, ma poi tornò indietro. Prese fra
le sue le mani delle sue antiche sorelle, dicendo in un soffio:
- Venite anche voi -.
- Oh, no – fece Rei – Non ne ho la minima intenzione: non
darti tante arie solo perché adesso sei una regina! -.
- Già, il problema di Rei non è mai stato il fatto che tu
ci abbia lasciate, ma che sia diventata addirittura una regina!
È solo gelosa, lo sai – sussurrò Minako
nell'orecchio di Usagi, ma abbastanza forte perché Rei udisse
benissimo – Comunque a questo punto dobbiamo metterci alla
ricerca di un altro unicorno -.
- Oh, no. Questo no – si oppose Michiru – Non ne voglio più sapere! -.
- E come farai, tu che sei la più decrepita fra noi? - chiese melliflua Minako.
- Il tempo non conta nulla – commentò Haruka, ancora
lì vicino e pronta a scortare la regina al castello. Finse
indifferenza mentre lasciava vagare lo sguardo sulle streghe,
indugiando appena sul viso di Michiru – Per alcuni non è
altro che un accessorio in più, alla stregua di uno specchio -.
Vide la strega delle acque sorridere appena, lusingata ma discreta, ma non le rispose. Ci sarebbe stato tempo, anche per quello.
- Allora... buona fortuna – disse sincera Usagi, lei sorridendo
apertamente – E quando vedete la luna, ricordatevi di me -.
- Modesta come sempre – commentò Rei, stringendole la mano
ancora fra le sue, come quelle delle sue compagne – Ci rivedremo
quando avrai i capelli bianchi, Usagi. E a te accadrà prima che a noi -.
Usagi fece una smorfia allegra.
- Bianchi come la luna! -.
- Sì, fai la spiritosa – la prese in giro Minako –
Voglio proprio vedere, quando avrai la faccia più rugosa di una
vecchia tartaruga -.
- Per non parlare della silhouette – rincarò Michiru
– Sembra che gli umani, invecchiando, tendano a prendere peso. E
con quello che mangi tu... -.
- ... non avrai nulla da invidiare alla luna piena! - concluse Minako,
sghignazzando assieme alle altre. Haruka cercò di controllarsi,
ma non riuscì a reprimere un sorrisetto nel ricordare le
abbuffate della regina in occasione di ogni banchetto.
- Come regina potrei bandire una caccia alle streghe, sapete? - fece
Usagi, imperturbabile – Ma sono una sovrana clemente e generosa,
e non lo farò -.
- Allora muoviamoci, prima che Sua Maestà cambi idea –
dettò ciò si voltarono, inoltrandosi nel bosco; tre ombre
che si confusero presto con quelle dell'intera foresta. Prima che Usagi
avesse il tempo di sbattere le palpebre, se ne erano già andate.
Strinse le labbra, cercando di non piangere. Non di nuovo.
- Maestà, la precedo – disse con tatto Haruka, avviandosi in direzione del castello.
- Arrivo – mormorò Usagi.
Guardò la luna alta nel cielo, proprio sopra di sé, e d'un tratto sorrise: lei le avrebbe seguite ovunque.
Si voltò e raggiunse Haruka.
- Allora... - cominciò, improvvisamente in vena di chiacchiere – Che te ne pare di Michiru? -.
- Toh, ecco il traditore -.
- Oh, insomma! - Minako si voltò stizzita verso Rei – Non puoi proprio farne a meno, dei traditori? -.
- È andato a spifferare tutto quanto alla gatta di Usagi –
replicò l'altra – Questo si chiama "tradire". Dovresti
dargli una lezione, lo sai? -.
Artemis, che aveva appena raggiunto il gruppo delle streghe,
abbassò timoroso le orecchie. Oh, lo sapeva di averla combinata
grossa, ma sperava che, visto come si erano messe le cose...
- E il fatto che si sia poi rivelata una gigantesca bufala non
significa niente – aggiunse Michiru, senza degnare di uno sguardo
il gatto che le seguiva a testa bassa – Un traditore rimane un
traditore -.
- Andiamo, piantala di fare l'offesa: tanto il gioco non sta in piedi.
L'abbiamo visto tutte che facevi gli occhi dolci a quell'aitante
cavaliere -.
Michiru alzò il naso per aria, ostentando indifferenza, usando lo specchio a mo' di ventaglio.
- Quale cavaliere? - intervenne Rei – Quella donna alta coi capelli corti? -.
- Eh? - Minako cadde dalle nuvole – Era una donna? Stai scherzando? -.
- Demos sostiene di sì – fece Rei, per poi indirizzare un
sorrisetto malizioso a Michiru – Non è che fra un po'
avremo un'altra "traditrice", qui? -.
- Non ci lascerai mica in due! - esclamò Minako preoccupata – Che figura ci faremmo? E con i cerchi magici, poi? -.
- Oh, piantatela! - sbottò Michiru, perdendo tutta la sua aria
altezzosa – Fossi in voi starei attenta, visto che siamo dirette
verso il mare... -.
- Passiamo alle minacce, adesso? - domandò divertita Minako,
quando un miagolio pieno di scuse attirò la sua attenzione
– Oh, stai tranquillo, Artemis: non ce l'ho con te. È con
quella vecchia arpia di Michiru che... -.
La "vecchia arpia" la fulminò con lo sguardo, ma Minako fece finta di nulla.
- Vuoi dire che... non sei arrabbiata? - le domandò il gatto, incredulo.
- Certo che no! - sul volto della strega si aprì un sorriso
comprensivo ed orgoglioso, quasi entusiasta – L'hai fatto per
amore! -.
Artemis si zittì all'istante. Veramente lui... no, non era proprio così: lui voleva solamente...
- Luna deve piacerti davvero molto, eh? Se dopo tutti questi anni sei
corso subito da lei... a quando la nidiata? Servirà un vero
famiglio alla figlia di Usagi, adesso che abbiamo appurato che non
può essere un unicorno... come lo chiamerete? - Minako, che non
aveva alcuna intenzione di arrestare il suo monologo, rifletté
per qualche istante – Sarebbe bello un nome sempre legato alla
luna, tanto per seguire la tradizione. Che ne dici? -.
Se era possibile che un gatto arrossisse, era appena accaduto.
So che il finale è vagamente
non-sense, e se davvero per una volta sono riuscita a scriverne uno, ne
sono davvero contenta! Scherzi a parte, mi sembrava anche in linea con
certe puntate dell'anime, in cui si faceva tanto rumore per nulla e poi
si risolveva tutto in un modo un po' folle.
Spero comunque che questa storia vi sia piaciuta.
criss90: bene,
qualcuno che come me apprezza Haruka in versione Lady Oscar. XD In
effetti, a pensarci bene, come personaggi hanno molto in comune. Spero
che anche l'ultimo capitolo ti sia piaciuto!
Cri cri:
hai indovinato, Chibiusa si è ritrovata davanti proprio Helios.
Sarà che è la mia coppia preferita, ma in un modo o
nell'altro questo pairing cerco di infilarlo sempre, ogni volta che
scrivo di Sailor Moon. Figurarsi se qui poteva mancare. ^^
Esatto anche sulla seconda, il
problema sta tutto nel fatto che Usagi ha rinunciato alla magia e
lasciato le altre, cosa non facile da mandare giù. Ma come vedi
si è risolto tutto per il meglio.
lulu85: in
effetti ho messo un po' di carne al fuoco nello scorso capitolo, ma
alla fine è andato tutto bene. Spero che il finale di questa
storia ti sia piaciuto, grazie per aver commentato. ^^
Arwen297:
anch'io adoro Michiru, e proprio per questo ho trovato opportuno darle
il giusto sfondo per il suo duello. Ci hai azzeccato alla perfezione,
nel dire che forse "finirà in tutt'altro modo", perché
è quello che è successo. ^^
Deep Submerge85:
in effetti questa storia è tutta ispirata alle fiabe e al
fantasy, perciò se li rievoca in qualche modo ne sono davvero
contenta! Spero che anche il finale ti sia piaciuto, fammi sapere. ^^
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