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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1. Londra, 31 ottobre 1981 *** Capitolo 2: *** 2. Ottery St. Catchpole, 31 ottobre 1981 *** Capitolo 3: *** 3. Little Hangleton, 31 ottobre 1981 *** Capitolo 4: *** 4. Hogsmeade, agosto 1995 *** Capitolo 5: *** 5. Grimmauld Place, nr. 12, agosto 1995 - Ritorno all'Ordine *** Capitolo 6: *** 6. Grimmauld Place, nr. 12, agosto 1995 - Ritorno al Passato *** Capitolo 7: *** 7. Grimmauld Place, nr. 12, agosto 1995 - Ritorno alla Vita ***
7. “Lo
so che a volte ti senti inadatto, sotto pressione. È lo stesso per me, Ron.”
Generi
Introspettivo,
Malinconico, Sentimentale
Rating
Rosso
Avvertimenti
Het, Lemon, Missing Moments, What If?
Personaggi
Alastor
Moody, Nuovo Personaggio, Remus Lupin, Ron Weasley, Sirius Black, altri
NdA
Il
titolo è ispirato alla canzone “Vento di Passione”, scritta e interpretata da
Pino Daniele. È una canzone semplicemente meravigliosa, che consiglio a
tutti. La citazione a inizio testo, come segnalato, è tratta appunto da
questa canzone.
Ho
deciso di apporre il rating rosso e l’avvertimento Lemon, anche se è presente
soltanto una breve scena di questo genere. Per il resto, immagino che possa
essere letta da tutti.
L’ho
spedita alla giudice del contest come one-shot, ma ho deciso di spezzarla in
capitoli per la pubblicazione.
Vento
Di Passione
Il
ricordo di un amore […]
è
come un vento di passione,
o
una rosa rossa,
il
ricordo di un amore
ci
cambia e non ci passa.
{Vento
di Passione – Pino Daniele}
Londra, 31 ottobre 1981
Sofia
gettò un’occhiata all’orologio, la quinta in pochi minuti. Si avvicinò ai
fornelli e guardò l’arrosto preparato con tanta cura per la cena di quella
sera, ripensando alle ore sprecate per cuocerlo a puntino. Eppure era stata
chiara: “Mi raccomando, Sirius, si cena alle sette. Sii puntuale.” Certo, come
no. Puntualità era un concetto
assolutamente incompatibile con Sirius
Black, ormai avrebbe dovuto capirlo.
Sofia aveva quasi ventun anni, e da
quattro tentava di condurre una relazione seria con il sopracitato Malandrino:
impresa degna dei più indomiti eroi. Eppure, nonostante le delusioni e gli alti
e bassi, Sofia non si arrendeva, da vera ex Grifondoro. Probabilmente Sirius
avrebbe bussato alla sua porta nel cuore della notte, accampando scuse
insostenibili e promettendole che in futuro non avrebbe tardato. Faceva sempre così. E lei, come una stupida
ragazzina innamorata, lo perdonava sempre.
Erano ormai le dieci, e non si era nemmeno
preso il disturbo di avvertire. Sofia si rassegnò a cenare sola, davanti agli
appunti di Pozioni: le mancava soltanto un esame per conseguire il diploma di
Auror, e naturalmente preparare quell’ultima prova le stava costando una fatica
inaudita. D’altra parte, a lei non era mai andata a genio l’idea di
rinchiudersi in un sotterraneo con un calderone fumante e migliaia di sostanze
potenzialmente pericolose, e se aveva sempre ottenuto risultati accettabili era
soltanto grazie alla benevolenza del professor Lumacorno, che nutriva per lei
una profonda simpatia.
Sofia
aveva sempre amato la vita all’aria aperta: per questo al terzo anno a Hogwarts
aveva scelto Cura Delle Creature Magiche – materia nella quale eccelleva, e che
un giorno le sarebbe piaciuto insegnare. I suoi piani, però, erano stati
rimandati dall’ostinazione del professor Kettleburn, per nulla intenzionato a
lasciare la propria cattedra, e completamente sovvertiti dal definitivo scoppio
della guerra. Pochi mesi dopo essersi diplomata, Sofia aveva deciso di unirsi
all’Ordine della Fenice,e nello stesso
periodo aveva iniziato il corso da Auror, sotto la severa direzione di Alastor
Moody. Molti neodiplomati avevano tentato la stessa strada di Sofia, ma pochi
erano riusciti a tenere il passo dell’insegnante.
Un
rumore improvviso in strada la fece sobbalzare, mentre rileggeva per la terza
volta la ricetta per distillare il Veritaserum, una delle poche pozioni che non
sarebbe mai riuscita a preparare in maniera corretta. “Vigilanza costante!” ringhiò Moody nella sua testa, spingendola ad
afferrare immediatamente la bacchetta magica. Si alzò e rimase in attesa,
tendendo l’orecchio per cogliere ogni minimo suono. Una serie di miagolii e
l’abbaiare di un cane la tranquillizzarono, ma proprio mentre stava per lasciar
cadere la bacchetta un orso1 argenteo attraversò la porta e si fermò
al centro della cucina.
“Li
ha trovati. Alla Tana” disse sbrigativamente l’animale, parlando con la voce
del vecchio Auror, un attimo prima di dissolversi.
1Orso
– Il Patronus di Malocchio non viene mai citato, all’interno della saga. Ho
pensato che l’orso fosse l’animale perfetto per Moody: solitario e schivo, ma
fedele e pronto a combattere fino alla morte per proteggere ciò a cui tiene.
Capitolo 2 *** 2. Ottery St. Catchpole, 31 ottobre 1981 ***
Vento Di Passione.
Ottery St. Catchpole, 31 ottobre
1981
Sofia
non perse tempo: senza nemmeno indossare il mantello, si Smaterializzò nel
giardino di Arthur e Molly Weasley, atterrando su un ignaro gnomo. Riaprì gli
occhi, cercando di abituarsi in fretta al buio, e si precipitò in casa. Il
messaggio era chiaro: Voldemort aveva trovato James e Lily. Restava solo da
capire quanto tempo restasse all’Ordine per intervenire, prima che… Lo sguardo
sconfitto di Remus, la prima persona che Sofia incontrò entrando alla Tana,
diceva tutto. “No” sussurrò la ragazza, scuotendo la testa. “No, no, non può
essere…”
Remus
le mise una mano sulla spalla, cercando parole impossibili da trovare. “Non
c’è… non c’è stato nulla da fare… lo sai, quando Lui…”
“NO!”
gridò Sofia, scostandosi per respingerlo. Remus non reagì. “Lily e James non
possono essere… non può averli UCCISI!” gridò ancora. Dal piano di sopra, il
pianto di un neonato ruppe il silenzio che seguì.
Molly
alzò lo sguardo sul soffitto. “Questa… questa è Ginny. Si dev’essere svegliata.
Scusate, vado… vado a vedere…” Lasciò il salotto, e la stanza ripiombò nella
calma: una calma amara, che sapeva di sconfitta e bruciava di lacrime non
versate.
“Una
buona notizia c’è” disse Moody all’improvviso, alzando lo sguardo sugli altri.
“Non ce l’ha fatta. È morto. L’intero mondo magico sta festeggiando.”
“James,
Lily e Harry sono morti, e io dovrei festeggiare?” domandò Sofia, quasi
ringhiando.
“Come,
non lo sai?” le domandò incredulo Arthur, “Harry è vivo.”
“Cosa?”
“L’Anatema
Che Uccide gli è rimbalzato addosso” spiegò Moody prima di tirare un sorso
dalla fiaschetta. “In qualche modo è rimbalzato da Harry a Voldemort, e lo ha
fatto fuori.”
“C-com’è
possibile? Harry èsoltanto un bambino,
e l’Avada… è impossibile…”
Remus
fece spallucce. “Nemmeno Silente è riuscito a spiegarselo.”
“Dov’è
adesso?”
“Silente
lo ha portato dalla sorella di Lily. Dice che è meglio così” continuò Arthur.
Sofia
si coprì gli occhi con una mano. Bruciavano terribilmente, ma non aveva la
forza di piangere. La guerra era finita: i Mangiamorte, privi di un capo, si
sarebbero arresi. La guerra era finita. Lily e James erano morti. La guerra era
finita. Era tutto più semplice, quando ancora si combatteva e ogni giorno
poteva essere l’ultimo. In quell’attimo, la ragazza si accorse dell’assenza di
Sirius. “Dov’è Sirius?” domandò.
“Non
lo so” ammise Remus, ravviandosi i capelli con una mano. “Era il loro Custode
Segreto” sussurrò, sconvolto. “Era il loro Custode Segreto.”
“E
Peter? Dov’è Peter?” domandò ancora la ragazza.
“Non
lo so” disse ancora Remus.
Sofia
si Smaterializzò in fretta, senza salutare. Se né Sirius né Peter erano alla
Tana, qualcuno avrebbe fatto meglio ad andare a cercarli.
Capitolo 3 *** 3. Little Hangleton, 31 ottobre 1981 ***
Vento Di Passione.
Little Hangleton2, 31
ottobre 1981
Sofia
si Smaterializzò nel buio di un vicolo di Little Hangleton, il villaggio dove
si era trasferito Peter da qualche mese. Corse fino ad una casetta scrostata e
trascurata, in netto contrasto con le villette ben curate del resto del
quartiere. Un ragazzo stava bussando nervosamente alla porta, intervallando
colpi decisi a brevi silenzi. “Sirius!” lo apostrofò Sofia, percorrendo il
vialetto.
Sirius si voltò, i lineamenti del
viso completamente stravolti dal dolore per la perdita di James. “Sofia! Che
cosa ci fai qui?”
“Quello che ci fai tu. Cerco Peter.
Cercavo te” rispose in modo confuso la ragazza, completamente senza fiato.
Sirius allungò le braccia per stringerla, ma lei si sottrasse al contatto.
“Lily e James sono morti” sussurrò. “Eri il loro Custode Segreto.”
Il ragazzo scosse la testa. “No. Non
ero io il loro Custode Segreto.”
Sofia aprì e richiuse la bocca un
paio di volte, senza riuscire a dire nulla. Prima la morte dei Potter, poi la
sconfitta di Voldemort, e poi l’inaspettata incolumità di Harry… e adesso questo. “Ma… James aveva insistito così
tanto… eri il suo migliore amico, sei… sei il padrino di Harry.”
“Appunto, è per questo che ho
rifiutato. Voldemort sapeva che James avrebbe scelto me come Custode Segreto,
era scontato. Ha ordinato ai Mangiamorte di starmi addosso, di cercare di
strapparmi il segreto, ma tutto ciò che hanno fatto è stato perdere tempo. Così
il vero Custode è stato al sicuro.” Tirò su con il naso, cercando di reprimere
le lacrime. “Non sono stato io a tradirli” aggiunse. “Mi conosci, non avrei
potuto” sussurrò, guardandola negli occhi.
“Chi è stato, Sirius?” gli domandò.
“Chi era il loro Custode Segreto?”
Sirius scosse la testa. “Non lo so”
mentì. “Non so chi fosse.” Fece una pausa. “Sono stato a Godric’s Hollow. È…
era tutto distrutto. La casa, tutto… non c’è rimasto niente.”
“E Harry? Come sta Harry? Che ne
sarà di lui?”
“Silente
ha mandato Hagrid a prenderlo. Gli ho dato la mia moto, per fare più in fretta.
Silente lo… lo porterà dai suoi zii.”
“Ma tu sei il suo padrino. James avrebbe
voluto che…”
“Forse hai ragione, ma credo che
starà meglio con loro che con me. Io non so niente di bambini. Forse quando
sarà cresciuto, allora magari potrò prendermi cura di lui…” Sorrise, un sorriso
nervoso e carico di dolore. “Merlino, ti stai congelando” osservò, notando
l’assenza del mantello. “Vieni qui” sussurrò, avvicinandosi e abbracciandola.
Sofia si rannicchiò contro il suo
petto, lasciandosi stringere come una bambina. Lasciò che Sirius le appoggiasse
il mento sulla testa e le accarezzasse la schiena con dolcezza, cercando di
lenire il dolore di quella lunghissima notte. “Sirius…” sussurrò, senza
staccarsi da lui.
“Sì?”
“Che ne sarà di noi?”
Le mani di Sirius si immobilizzarono
per un istante, poi ripresero ad accarezzarla. “Ce la faremo, te lo prometto.”
Si staccò lievemente da lei. “Vai a casa, adesso. Aspettami lì. Devo parlare
con Peter. Appena l’avrò trovato, verrò da te.”
“Ma…”
“Fai come ti dico. Per favore.” Le accarezzò il volto, poi
la baciò. “Sofia, io… lo sai.”
Sul volto della ragazza,
profondamente segnato dalle poche lacrime che era riuscita a versare, si fece
strada un timido sorriso: Sirius non sarebbe mai riuscito a dirle ‘Ti amo’.
“Sì, lo so.” Dopo aver controllato che non ci fossero Babbani in giro, si
Smaterializzò.
2Little
Hangleton – All’interno della saga non viene
mai detto nulla circa la residenza di Peter Minus prima della sua vita alla
Tana sotto forma di topo. Ho pensato che sarebbe stata una buona idea farlo
vivere a Little Hangleton, là dove vivevano i Riddle, e là dove, in un certo
senso, è nato Voldemort.
Hogsmeade
non era affatto tranquilla e accogliente come Sofia se la ricordava. O forse
sembrava straordinaria soltanto quando si era adolescenti, e si vedeva nelle
viuzze del villaggio una piacevole e discreta alternativa alle sale del
castello. Nemmeno Hogsmeade è più sicura,
aveva pensato la donna, entrando in città. Nessuno ne parlava, ma tutti erano
chiaramente preoccupati per la notizia comparsa meno di due mesi prima su tutti
i giornali: ‘STUDENTE MUORE DURANTE IL TORNEO
TREMAGHI’. Nessuno ne parlava, ma intimamente tutti si stavano informando
per decidere da quale parte stare: dalla parte del Ministero o dalla parte di
Silente? Dalla parte del Ministero o dalla parte di Harry Potter?
Durante gli ultimi sei anni Sofia
aveva vissuto in Bulgaria, svolgendo importanti ricerche sugli Ippogrifi, ed
era tornata in Inghilterra soltanto all’inizio di giugno, intenzionata a
continuare le proprie ricerche in patria. Dopo aver trascorso un paio di
settimane a Londra a casa dei genitori, aveva deciso di prendere una stanza a
Hogsmeade, per riuscire a tenersi meglio al corrente di ciò che stava accadendo
nel mondo magico. Nel frattempo, il Ministero aveva respinto la sua richiesta
di assunzione al Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature
Magiche, dichiarando di non avere bisogno di alcun nuovo dipendente. Così, si
era rassegnata a sfogliare le offerte di lavoro sulla Gazzetta del Profeta, sperando di non dover tornare a spalare letame
di Kneazle. Ci era già passata una volta, e non era per nulla intenzionata a
ripetere l’esperienza.
Due pesanti colpi alla porta le
fecero alzare la testa con sospetto. Aveva chiesto di non essere disturbata per
nessuna ragione, e soltanto i suoi genitori avrebbero saputo dove trovarla.
Impugnò la bacchetta e raggiunse l’uscio. “Chi è là?”
“Alastor Moody, detto Malocchio,
oppure Quel-Vecchio-Pazzo. Fammi entrare.”
“Dimostrami che sei proprio
Malocchio.”
“Non sai distillare il Veritaserum.”
“Di’ qualcosa che solo Malocchio
sa.”
“Al secondo anno di addestramento ti
sei messa d’accordo con Alice Paciock3 per trovarmi una donna”
ringhiò il vecchio Auror dall’altra parte della porta.
Nel sentire quella vecchia storia,
Sofia aprì la porta, senza tuttavia abbassare il braccio. “Ammettilo, eravamo
due streghe piuttosto brillanti.”
“Lo siete ancora. Almeno, tu lo sei. Abbassa il legno, pivella”
ribatté Moody, indicando la bacchetta ancora tesa verso un eventuale pericolo e
accomodandosi nella stanza senza attendere il permesso.
“Avevo chiesto di non essere
disturbata” osservò Sofia, chiudendo la porta. “E come sapevi che alloggio
qui?”
“Oh, sai com’è Rosmerta. Bravissima
donna, ma tu falle qualche complimento e quella ti va in brodo di giuggiole.
Scoprire che sei qui non è stato difficile. Ti ho cercata in Bulgaria e mi
hanno detto che eri tornata. Ho fatto qualche ricerca, ed eccomi qua.” Vagò un
po’ per la stanza, guardandosi intorno. “Non dirmi che leggi le porcherie che
scrive il Profeta!” si indignò,
vedendo il giornale aperto sullo scrittoio.
“Solo le pagine sportive” sorrise
lei. “Le Harpies non vanno bene, ultimamente.”
“Andrebbero benissimo, se non te ne
fossi andata” ribatté Moody, tenendo l’occhio normale fisso sulla carta
stampata, e alzando quello magico sulla donna. “Eri una delle Cacciatrici più
brave che avessero mai avuto. Spero che tu sia tornata per riprenderti il
posto.”
“Era un’altra vita, Malocchio”
tagliò corto lei, incrociando le braccia davanti al petto. “Non sono più una
ragazzina. È finito il tempo di rincorrere una palla magica a cavallo di una
scopa.”
“Stai cercando lavoro, però. Oppure
leggere gli annunci economici è diventato uno sport?”
“Ho fatto domanda al Ministero, per
un posto al Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature
Magiche, ma l’hanno rifiutata. Mi serve un lavoro, non posso rimanere
disoccupata.” Sostenne con fierezza lo sguardo dell’occhio magico. “Allora, mi
dici perché sei qui?”
Moody si avvicinò, estraendo un
biglietto dalla tasca del mantello. “Leggi.” Sofia prese tra le dita la
striscia di pergamena. Il Quartier
Generale dell’Ordine della Fenice si può trovare al numero 12 di Grimmauld
Place, Londra, diceva il biglietto. Alzò gli occhi sul suo vecchio mentore.
“L’hai memorizzato?” Sofia annuì. “Bene. Dai qua. Incendio” sussurrò, riducendo in cenere il promemoria. “Andiamo?”
“Adesso?”
“Tu-Sai-Chi è tornato. Io non l’ho
visto, ma Potter sì. Ho visto il cadavere di Cedric Diggory, e tanto basta.
Ucciderà ancora. E questa volta sarà molto peggio. Silente ha bisogno di tutto
l’aiuto possibile, questa volta. Allora, andiamo?” le domandò ancora, dopo una
breve pausa.
“Dammi cinque minuti, scendo da
Rosmerta a saldare il conto, e…”
“Già fatto. Devi solo prendere le
tue cose.”
“Oh, in questo caso…” osservò la
donna, mettendosi a tracolla una semplice borsetta. “Sono pronta.”
“Tutto qui?”
“Incantesimo Estensivo, Malocchio.
Roba da quinto anno.”
Moody piegò un angolo della bocca in
un sorriso. “Bene. Ti sai ancora Materializzare, oppure sai viaggiare solo se
hai un manico di scopa attaccato al sedere?”
3Alice
Paciock – Nella saga, i genitori di Neville
vengono citati come Auror, ma non vengono mai dati riferimenti riguardo le loro
età o il periodo in cui hanno frequentato Hogwarts; ai fini della narrazione,
ho deciso di renderli coetanei dei genitori di Harry (ovvero nati nel
1959/1960). Sofia, invece, è nata nel 1961, quindi è perfettamente plausibile
che abbia frequentato il corso di addestramento per Auror insieme ad Alice.
Capitolo 5 *** 5. Grimmauld Place, nr. 12, agosto 1995 - Ritorno all'Ordine ***
Vento Di Passione.
12, Grimmauld Place, Londra, agosto
1995
Si Materializzarono sull’ultimo
gradino, proprio davanti al portone. “Mi raccomando, fai sempre attenzione a finire
qui, altrimenti i Babbani ti vedranno. Non mi fido di quello là del numero
otto” disse Malocchio, facendo roteare l’occhio magico verso il civico appena
citato. “Attenzione anche quando entri” continuò, aprendo il portone per
entrare in casa. “Abbassa sempre la voce nell’ingresso, e attenzione agli
Incantesimi di Protezione che ha messo su Silente.” Superarono la prova di
identificazione e proseguirono lungo il corridoio. “Occhio a quella stupida
zampa di troll. Non farla cadere, altrimenti sveglierai Walburga e saranno
insulti per tutti.”
Sofia si irrigidì. “Walburga?” sussurrò. Dove ho già sentito questo nome?
“Walburga Black, la madre di Sirius.
La casa è sua.”
“Siamo a casa di Sirius?”
“Cos’è, in Bulgaria sei diventata
sorda? Sì, siamo a casa di Sirius” ripeté il vecchio Auror, svoltando a destra,
diretto verso la cucina.
“Ma Sirius è…”
“…felice di vederti” concluse una
voce roca alle sue spalle.
“Stavo per dire latitante, in realtà” lo corresse, voltandosi. Impiegò parecchi
secondi per convincersi che si trattasse davvero di Sirius: non era come nei
romanzi Babbani che aveva letto da ragazza, dove due personaggi si incontravano
dopo decenni e si riconoscevano alla prima occhiata. Sirius era radicalmente
cambiato rispetto all’ultima volta che si erano visti, la notte in cui Lily e
James erano morti e Voldemort era stato sconfitto. È invecchiato, pensò Sofia, correggendosi subito dopo. Il termine
‘invecchiato’ si addiceva di più a tipi come Malocchio, cui le rughe e le
cicatrici conferivano un aspetto vissuto e saggio; il viso di Sirius, invece,
non sembrava affatto più saggio o più equilibrato: era semplicemente molto più
affascinante di quando aveva vent’anni.
“Gli altri sono già pronti per la
riunione?” domandò Moody, burbero come al solito.
“Manca soltanto Silente” rispose
Sirius. “Ma gli altri sono tutti in cucina, sì.”
“Beh, io vado avanti. Vedete di non
tardare, voi due.”
Sofia seguì con lo sguardo il
vecchio Auror, poi tornò a guardare il padrone di casa. “I cronisti del Profeta sono convinti che tu sia uno
sperduto atollo tropicale, tutto preso a spassartela con una bella strega
indigena” commentò, tentando di assumere un tono indifferente.
“I cronisti del Profeta non saprebbero distinguere una Pluffa da una Ricordella”
sorrise lui. “Che c’è, gelosa?”
“La gelosia non fa per me” rispose
distrattamente lei. “Sei cambiato, lo sai?” gli fece notare.
“Solo all’esterno, non ti allarmare.
E comunque, nemmeno tu sei la ragazzina di un tempo.”
“E così, la tua casa è il Quartier
Generale dell’Ordine della Fenice…” ribatté Sofia, tentando di cambiare
discorso. Non voleva parlare del passato: aveva sofferto immensamente per il
modo in cui era finita la loro storia, e non aveva alcuna intenzione di
riaprire vecchie ferite. Inoltre, sarebbe stato fuori luogo, considerando che
erano entrambi lì per tentare di salvare il mondo magico dalla distruzione.
“Non saprei che altro farmene”
commentò lui. “Non potrei mai restare chiuso qui dentro da solo. C’è di che diventare matti.” Fece una pausa. “Ho proposto
a Silente di trasformarlo nel Quartier Generale. Con una piccola
disinfestazione, diventerà una bella casa accogliente. Quello che non è mai
stata.” L’ingresso si aprì cigolando, e dei passi risuonarono nel corridoio.
“Questo deve essere Silente. Vieni, ti faccio strada.”
Sofia lo seguì fino alla cucina,
dove erano già riuniti gli altri membri convocati all’incontro. Il repentino
arrivo di Silente non le permise di salutare, ma già ad un primo esame si
accorse di conoscere parecchi dei maghi e delle streghe riuniti: oltre a
Malocchio e Sirius, riconobbe all’istante Remus Lupin, Molly Weasley e suo
marito Arthur, Ninfadora Tonks, Sturgis Podmore, Mundungus Fletcher… nonostante
l’impossibilità di osservarli per bene, avvertì gli sguardi di molti posarsi su
di lei, stupefatti o curiosi.
“Buonasera a tutti” salutò Silente.
“Alastor, ti spiace?” aggiunse poi, rivolgendosi al vecchio Auror, rimasto in
piedi di fianco alla porta. Doveva trattarsi di una prassi consolidata, poiché
Malocchio annuì e iniziò a lanciare ogni sorta di Incantesimo di Protezione
contro la pesante porta in legno. “Perdonate il ritardo, ma sta per iniziare il
nuovo anno scolastico, e non avete la minima idea di quanto possa essere
difficile trovare un insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure disposto ad
accettare l’incarico, dopo le tragiche esperienze passate” commentò, osservando
prima Remus e poi Moody. “Oh, noto con piacere che la signorina Bradford ha
accettato il mio invito ad unirsi di nuovo all’Ordine” aggiunse, notando in quel
momento la presenza di Sofia.
“Mi è stato impossibile rifiutare”
rispose lei, con un sorriso. “Alastor era più che mai deciso a portarmi qui.”
“Esattamente come gli avevo chiesto
di fare” ribatté Silente. “Signori, lasciate che vi presenti Sofia Bradford:
molti di voi la ricorderanno come una delle Cacciatrici del cosiddetto ‘periodo
d’oro’ delle Holyhead Harpies,ma
desidero ricordare che Sofia è stata un Auror impiegata al Ministero della
Magia e un elemento molto valido del primo Ordine della Fenice, nonché membro
del corpo insegnante di Hogwarts e, recentemente, anche una celebre studiosa
del comportamento degli Ippogrifi.” Si concesse una pausa e osservò la ragazza
al di sopra delle lenti a mezzaluna. “Credo che lei conosca buona parte dei
suoi colleghi, tranne forse Hestia Jones, Dedalus Lux e Kingsley Shacklebolt.
Via, ci sarà tempo per le presentazioni. Purtroppo oggi non ho molto tempo da
concedervi. Arthur, notizie dal Ministero?”
“Poche nuove, e per giunta poco rassicuranti.
Ho sentito che sarà il Ministro in persona a presiedere il processo a carico di
Harry, e pare che l’Ufficio Auror sia stato costretto a sospendere alcune delle
perquisizioni precedentemente disposte.”
“Purtroppo è così” confermò
Kingsley. “Gli ordini di perquisizione a Villa Malfoy e Villa Lestrange sono
stati revocati. Pare che Lucius Malfoy si sia rivolto al Ministro della Magia
lamentando ‘un assurdo accanimento delle autorità nei confronti della sua
famiglia’. E sembra che abbia querelato i giornali che hanno anche solo ipotizzato la sua presenza al cimitero,
la notte in cui Voldemort è tornato.”
“Ma è assurdo!” commentò Sirius.
“Harry è certo di averlo visto, e con tutto il rispetto per le autorità, ma
crederei di più a lui che non ad uno sporco…”
Silente alzò una mano per
interrompere l’arringa di Sirius. “Suppongo che chiunque, in questa stanza,
preferisca credere alla parola di Harry che non a quella di Lucius Malfoy, ma
non credo sia necessario ricordarvi che Harry Potter sta per essere processato dal Ministero della
Magia per una violazione della Restrizione per l’Uso delle Arti Magiche tra i
Maghi Minorenni. Non credo che il Ministro ritenga opportuno credere alla
parola di un ragazzo che ha infranto la legge.” Consultò l’orologio. “Non ci
resta molto tempo. Kingsley, Arthur, vi ringrazio per i vostri resoconti.
Mundungus?”
“A Hogsmeade niente di nuovo.
Sicuramente da quelle parti non si è ancora fatto vedere.”
“Grazie, Mundungus. Naturalmente, mi
aspetto che tutti teniate le orecchie ben aperte. Sappiamo tutti che diventerà
molto pericoloso. Alastor, parliamo del trasferimento di Harry: avete deciso
quando verrà attuato il piano?”
“Andremo a prenderlo stasera.
Volevamo aspettare ancora un paio di giorni, per essere sicuri di essere davvero pronti, ma Ninfadora mi ha fatto
notare….”
“Tonks,
Malocchio” lo fulminò la ragazza, mentre i corti e ispidi capelli passavano da
un rassicurante rosa tenue ad un pericoloso rosso scarlatto.
“Dicevo, mi ha fatto notare che più aspettiamo,
meno tempo avrà il ragazzo per prepararsi serenamente al processo e all’inizio
della scuola” concluse l’Auror.
“Veramente, quella era la
motivazione di Remus” osservò Tonks, mentre i capelli tornavano all’originale
rosa. “Io ho detto che probabilmente i Babbani lo stanno facendo annoiare a
morte, e qui si troverebbe molto meglio.”
“Molto bene” commentò Silente.
“Condivido entrambe le motivazioni, anche se riconosco che il processo dovrebbe
essere anteposto al divertimento, almeno per la prossima settimana. Spero che
Sofia non si arrabbierà, se le chiedo di restare al Quartier Generale mentre
gli altri prelevano Harry da Privet Drive. La squadra è al completo, e immagino
che le servirà qualche ora per sistemarsi.”
Sistemarsi a Grimmauld Place era
certamente una delle ultime cose che Sofia avrebbe desiderato fare. “In realtà,
stavo pensando che potrei restare a Hogsmeade. Servirà qualcuno laggiù, no?”
“In verità, ho già le mie sentinelle
al villaggio4” rispose il Preside, congiungendo le mani davanti al
volto. “Gradirei restassi qui al Quartier Generale, almeno per un po’. Molly ha
bisogno del supporto di un’altra donna, e penso che i ragazzi saranno felici di
conoscere un’ex campionessa di Quidditch. Senza contare Fierobecco” aggiunse,
voltandosi verso Sirius. “Immagino che dopo più di un anno di latitanza abbia
diritto ad una bella visita medica.” Sofia guardò interrogativa verso il
padrone di casa, che rispose con un mezzo sorriso. “Bene” disse ancora Silente,
alzandosi in piedi. “Dichiaro conclusa la riunione. Grazie a tutti per
l’attenzione. Vorrei augurarvi un ‘In bocca al lupo’ per la missione di questa
sera, ma immagino sarebbe incredibilmente fuori luogo” commentò, sorridendo
all’indirizzo di Remus, che sorrise a sua volta. “Bene, auguro a tutti una
buona serata. È tempo di tornare ognuno alle proprie occupazioni.” Lasciò la
cucina, seguito da gran parte dei membri dell’Ordine.
“Ma che magnifica sorpresa!”
commentò Molly Weasley, stringendo l’ospite in uno dei suoi famigerati abbracci
stritolanti. “Oh, Silente avrebbe dovuto avvertirmi, ti avrei preparato subito
una stanza… per Morgana, ti vedo sciupata, sai? Ma dove sei stata negli ultimi
tempi?”
“Bulgaria” fu la risposta. “Sono
stata laggiù sei anni a studiare gli Ippogrifi, ma era ora di tornare a casa.
Sono anche stata in Romania, un paio d’anni fa. Ho incontrato Charlie: l’ho
trovato…”
“L’incubo di ogni ex-studente,
incontrare i propri ex-insegnanti!” disse una voce allegra alle sue spalle. “O
almeno il mio…”
Sofia sorrise. “E’ un piacere
vederti, Dora. Quasi non ti riconoscevo, con i capelli rosa…” commentò,
abbracciandola. Sette anni prima, prima di partire per la Bulgaria, Sofia aveva
accettato di ricoprire per un anno la cattedra di Babbanologia ad Hogwarts,
trovandosi a fronteggiare, tra gli altri, due studenti come Charlie Weasley e
Ninfadora Tonks. “Vedo che sei riuscita comunque a diventare un Auror,
nonostante il parere contrario di alcuni…”
“Intendi Piton? Sì, credo che il mio
successo gli roda parecchio: tutte le volte che viene qui per una riunione mi
guarda storto, nemmeno fossi una putrida…”
“Piton è nell’Ordine?” domandò
Sofia, sconvolta da quell’ennesima rivelazione.
“Se hai qualche reclamo, vai da
Silente” sussurrò Sirius, avvicinatosi di soppiatto. “Ma tanto Mocciosus non se ne va.”
“Lo chiami ancora con quello stupido
soprannome?”
“Che vuoi farci? Meglio non cambiare
mai le buone abitudini… e per tua informazione, Fierobecco è un Ippogrifo. È al
piano di sopra.”
“Tieni un Ippogrifo in casa?”
“Credimi, è una lunga storia”
intervenne Molly, riprendendo il controllo dell’ospite. “Hai fame, cara? Vuoi
mangiare qualcosa?”
“Noi
abbiamo fame, mamma” dissero all’unisono le voci di tre ragazzi comparsi in
quell’istante sulla soglia della cucina. Tutti e tre erano molto alti, con i
capelli rossi come il fuoco e i visi dominati da occhi azzurri e lentiggini.
“Voi aspetterete che sia ora di cena,
come tutti gli altri. E non fate i maleducati, venite subito qui a presentarvi,
abbiamo ospiti. Sofia, credo che tu non conosca i ragazzi. Loro sono Fred e
George, e lui è Ron. Da qualche parte deve esserci anche Ginny. Oh, e poi c’è
anche Hermione, naturalmente.”
“Hermione?” Sofia si irrigidì come
colpita da un Petrificus Totalus,
proprio mentre stringeva la mano di Ron. “Non dirmi che…”
“Oh, no, Hermione non è nostra
sorella” chiarì il ragazzo, traendola dall’impaccio di formulare la domanda.
“Frequenta Hogwarts insieme a me e Harry.”
“Vi spiace salire a chiamare le
ragazze?”
“Certo, mamma” risposero all’unisono
i gemelli, Smaterializzandosi un istante più tardi.
“USANDO LE SCALE!” ruggì Molly. “Da
quando hanno superato l’esame di Materializzazione, non fanno che apparire e
scomparire da una parte all’altra della casa senza ragione. Io davvero non li
capisco…”
“Se non ricordo male, una cosa del
genere erano soliti farla anche Fabian e Gideon…” osservò Sirius, sorridendo al
ricordo dei fratelli Prewett.
“Già, però loro erano soliti
prendere la gente alle spalle, per spaventarla a morte. Merlino, quante volte
lo hanno fatto con me?” commentò Sofia.
“Continuavano a prenderti di mira
perché ti arrabbiavi” ribatté Sirius, alzandosi dalla sedia. “Beh, io vado a
controllare Fierobecco” disse, lasciando la stanza.
Un
rumore lungo le scale informò gli occupanti della cucina che le due ragazze
stavano scendendo dal piano superiore – e a giudicare dalla pesantezza dei
passi, dovevano essere molto arrabbiate. Con un sonoro crac, i gemelli riapparvero nella cucina, pronti a subire una
tripla ramanzina. Furono le due ragazze a iniziare. “Quando vi deciderete a
crescere e a comportarvi in modo meno cretino?” esordì la ragazza con i capelli
rossi, visibilmente alterata. “Vorrei vedere come la prendereste, se fossimo
noi a piombare ogni cinque secondi in camera vostra senza permesso!”
“Beh, certamente la nostra reazione
dipenderebbe dal soggetto appena Materializzato” osservò George, dando di
gomito al gemello.
“Questo non vi autorizza a…” ribatté
l’altra ragazza, interrompendosi nel vedere Sofia. “Oh, mamma mia. Non può
essere vero…” I gemelli si voltarono a guardare nella direzione indicata dalla
ragazza con i capelli crespi, che per esclusione doveva certamente essere
Hermione. “Ma lei è Sofia Bradford! Ho letto la sua ricerca, Un Ippogrifo Non Si Dispiace5,
e l’ho trovata davvero… è formidabile! È molto più semplice dei testi di
Firewalks, eppure è la più completa che abbia mai letto.”
Ginny osservò sconvolta l’amica.
“Ehm… Hermione, di che parli?”
L’altra non le rispose. “Oh, mi
scusi, non mi sono nemmeno presentata. Sono Hermione Granger. Ho letto la sua
pubblicazione un paio d’anni fa, per aiutare Hagrid con il processo a
Fierobecco, e… oh, ma nessuno si è preso la briga di leggere Animali Fantastici: Dove Trovarli?”
domandò esasperata, guardandosi attorno. “Non sapevo che lei facesse parte
dell’Ordine della Fenice” aggiunse, tornando a guardare Sofia.
“Sono tornata da poco in
Inghilterra, in realtà. Negli ultimi sei anni sono stata in Bulgaria per una
serie di studi. Mi fa piacere che tu abbia letto la mia ricerca. Ha avuto molto
più successo di quanto avessi ipotizzato.”
“Mamma, perché hai mandato Cip e
Ciop6 a cercarci?” domandò Ginny.
“Oh, giusto. Volevo chiedervi, se
non avete altro da fare, di preparare per Sofia una delle stanze che abbiamo
disinfestato stamattina. Si fermerà con noi per un po’, avrà bisogno di uno
spazio suo. Sareste davvero gentili.”
“No, Molly, posso fare da sola”
tentò di protestare Sofia, ben sapendo che nulla poteva far cambiare idea a
Molly Weasley. “Basta che mi indichi la stanza, io…”
“Non c’è problema, davvero” sorrise
Ginny.
“Fatti accompagnare su da loro, dai.
Si cenerà verso le nove, credo. Non appena saranno arrivati gli altri con
Harry. E non ti azzardare a scendere prima per aiutarmi” aggiunse, mentre Sofia
stava già lasciando la cucina insieme alle due ragazze. “Sai che sarei capace
di pietrificarti e rispedirti al piano di sopra con un colpo di bacchetta.”
Sofia si rassegnò a seguire le due
giovani streghe al piano di sopra, osservando con attenzione le varie porte
distribuite ai due lati dei corridoi. “Dobbiamo salire fino al secondo piano”
spiegò Ginny. “Abbiamo iniziato la disinfestazione dall’alto.”
“Non ha bagagli?” domandò Hermione,
osservando la borsa a tracolla.
“No, è tutto nella borsa. L’ho
incantata in modo da renderla più spaziosa.”
“Incantesimo Estensivo” disse Ginny.
“Come le tende da campeggio alla Coppa del Mondo di Quidditch.”
“Siete state alla Coppa del Mondo di
Quidditch?”
Hermione annuì. “Una bella
esperienza. Almeno finché non sono arrivati i Mangiamorte.”
“Sì, ricordo di aver letto qualcosa
sui giornali. Mi chiedo perché il Ministero non abbia indagato più a fondo,
allora” aggiunse, sovrappensiero.
“Probabilmente perché il Ministero è
impegnato a diffondere la voce della semi-infermità mentale di Harry” osservò
Ginny. “Lo stanno facendo passare praticamente per matto. Siamo arrivate”
aggiunse, aprendo una porta sulla sinistra. “Dovrebbero esserci delle lenzuola
pulite, qui, e…”
“Oh, lasciate, faccio io” la
interruppe Sofia, alzando la bacchetta e mormorando qualche breve incantesimo,
preparandosi il letto in un batter d’occhio. “Non sono un fenomeno come Molly
con gli incantesimi casalinghi, ma qualcosa l’ho dovuto imparare” sorrise. “Sei
quasi obbligata, quando decidi di andare a vivere da sola.”
“Com’era la Bulgaria?” si interessò
Hermione.
“Piuttosto fredda” rispose Sofia,
appoggiando la tracolla sul letto e tirandone fuori alcuni libri. “Ma la gente
era molto più cordiale di quanto si dica in giro.”
“E perché è tornata?” le domandò
Ginny.
“Mi mancava la cara, vecchia
Inghilterra, e non vedevo la mia famiglia da troppo tempo. E poi, beh, tornare
era la cosa giusta. C’è bisogno del maggior numero possibile di maghi e
streghe, e non potevo tirarmi indietro.” Tirò fuori dalla borsa un po’ di vestiti.
“Oh, e vorrei che mi deste del tu. Tutte e due. Non sopporto i formalismi.”
“Va bene” risposero entrambe.
“Tornerà… cioè, tornerai in Bulgaria, un giorno?” si interessò Ginny.
“Non lo so. Penso che dipenderà da
come andranno le cose qui. Non credo me ne andrò tanto presto.”
4Ho
già le mie sentinelle al villaggio – Mi
riferisco ad Aberforth Silente, fratello di Albus. Immagino che, nonostante le
loro divergenze personali, Albus e Aberforth non abbiano mai avuto problemi nel
lavorare insieme nell’Ordine della Fenice.
5Un
Ippogrifo Non Si Dispiace – Questo titolo è una mia
invenzione. Ho pensato che Sofia, in qualità di studiosa di Ippogrifi, potrebbe
aver pubblicato articoli o saggi circa questi meravigliosi animali, e ho
pensato che Hermione avrebbe potuto leggere le sue ricerche al terzo anno,
quando era impegnata con la costruzione della difesa di Fierobecco, accusato di
aver attaccato Malfoy.
6Cip
e Ciop – Sì, lo so, Cip e Ciop sono
un’invenzione Babbana, e Ginny Babbana non lo è. Però sappiamo che le due si
frequentano, e non escludo che Hermione abbia impartito alla giovane Weasley
qualche sana e utile lezione di Babbanologia.
Capitolo 6 *** 6. Grimmauld Place, nr. 12, agosto 1995 - Ritorno al Passato ***
Vento Di Passione.
12, Grimmauld Place, Londra, agosto
1995
Mezz’ora più tardi, appena finito di
metterea posto i propri bagagli, Sofia
scese di nuovo al pianterreno, accompagnata dalle due ragazze, e raggiunse in
cucina la signora Weasley. “E dai, Molly, lascia che ti aiuti! Non posso vivere
a sbafo, devo aiutarti a fare
qualcosa!” protestò nel vedersi puntare addosso la bacchetta magica.
“Passano gli anni ma sei sempre la
solita testarda, vedo. Vuoi proprio tenerti occupata? Potresti salire da
Fierobecco, come ha suggerito Silente.”
“Oh, va bene. In che stanza si
trova?”
“Vuoi accompagnarla tu, Ron?”
domandò Molly al figlio, impegnato a sgranare i piselli per lo stufato.
“Potrebbe avere bisogno d’aiuto con Becco.”
“Oh, certo!” esclamò il ragazzo,
alzandosi di scatto. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di essere liberato dalla
maledizione dei baccelli da sgranare. “Andiamo?” le domandò, superandola di
corsa e imboccando le scale. Sofia lo seguì, faticando non poco per stargli
dietro: Ron sembrava avere due manici di scopa al posto delle gambe, e dal modo
in cui era schizzato via dalla cucina veniva da pensare che odiasse dare una
mano in cucina. “Ecco, ci siamo” spiegò, aprendo la porta di una stanza del
primo piano. “Era la stanza della madre di Sirius, una volta. Era la più grande
della casa, per questo ci ha messo Fierobecco. Così sta comodo.”
Sofia gli rivolse un sorriso, poi
entrò nella stanza, guardandosi cautamente attorno. Pesanti tendaggi, argento e
velluto: il risultato era una stanza buia, oscura quanto lo spirito della donna
che vi aveva vissuto. Sofia poteva quasi avvertire il respiro bloccarsi in
gola, come soffocato da tutto quel buio. Dal centro del letto, comodamente
appollaiato sulle preziose coperte, l’Ippogrifo la fissava con un misto di
curiosità e austerità. La donna respirò profondamente, avanzò di un passo e si
inchinò nei confronti dell’animale, rimanendo ad aspettare. Fierobecco abbassò
il capo in segno di accettazione, poi lo rialzò e guardò Ron. “Inchinati anche
tu, Ron. So che ti conosce, ma queste cose fanno bene al suo ego.”
Il ragazzo obbedì, inchinandosi come
Hagrid aveva insegnato loro due anni prima. “Davvero ha passato sei anni in
Bulgaria da sola per studiarli?” le
domandò, una volta ottenuta la benevolenza di Becco.
“Sì, è vero. Anche se non ero sola.
E come ho già detto a tua sorella e alla tua ragazza, vorrei che mi si desse
del tu.”
“La mia… oh, no, Hermione non è la
mia ragazza” la corresse rapidamente lui.
“Oh. Avevo capito… devo aver capito
male. È che mi sembravate in sintonia…”
“Lo siamo. Insomma, come amici.
Compagni di scuola.” Diede un colpo di tosse e accarezzò le piume del collo di
Fierobecco, tentando di non pensare al profondo rossore al quale stava
condannando le proprie orecchie. “Come posso aiutare?”
“Continua ad accarezzarlo come stai
facendo. Mettilo a suo agio, intanto io gli do un’occhiata.” Mentre Ron parlava
all’Ippogrifo, Sofia lo esaminò da tutte le angolazioni, sottoponendolo ad un
paio di incantesimi per controllare che fosse tutto a posto. “Fierobecco è sano
come un pesce” sentenziò alla fine della visita. “Davvero non avrei detto che
esce da una latitanza di un anno. E dire che deve aver volato più di Gwenog
Jones7.”
Ron sorrise. “Sai, è un peccato che
tu abbia lasciato le Holyhead Harpies. Stanno facendo un campionato schifoso.”
“Arrivano momenti della vita in cui
capisci di dover cambiare qualcosa. Sono stata con loro per sei anni. Sono
stati sei anni meravigliosi, non lo nego, però…”
“…però non ti bastavano più”
completò Ron in un sussurro, sedendosi per terra e porgendo un topo morto a
Fierobecco.
“Non è che non mi bastassero, è solo
che… volevo che la gente mi vedesse in modo diverso, per una volta. Forse ero
stanca di essere considerata una campionessa, forse ero stufa del fatto che la
gente mi riconoscesse soltanto per quello.” Si sedette accanto a lui, pescando
un topo dal grosso sacco di iuta e porgendolo a Becco. “A volte, se fai una
cosa per troppo tempo, la gente finisce con l’identificarti con quella cosa.
Non so se ti è mai capitato.”
Ron annuì. “Sì, beh, qualcosa del
genere.”
Sofia lo osservò in silenzio, con la
coda dell’occhio. “Un paio d’anni fa sono stata in Romania, e ho incontrato tuo
fratello Charlie. Mi disse che anche tu e Ginny avevate iniziato a frequentare
Hogwarts, e che tu eri diventato amico di Harry Potter.” Fece una pausa. “E’
dura, vero? Essere l’amico di un ragazzo come lui?”
“No, non è questo. È che… beh, forse
un po’. Insomma, lui è ok, ma a volte la gente… ah, lasciamo stare.” Tornò a
concentrarsi sui topi, le orecchie più rosse che mai.
“Ti capisco, sai? Sono stata a
Hogwarts con i suoi genitori. Loro erano una classe avanti, ma ci
frequentavamo. James e io eravamo insieme nella squadra di Quidditch, e… beh,
dove c’era Potter, non c’era posto per nessun altro. Era piuttosto dura emergere,
se nei dintorni c’era lui.” Si lasciò sfuggire una risatina al ricordo
dell’amico. “James aveva un ego enorme, impossibile da frenare. Per questo
molti lo ritenevano arrogante. Ma la verità era che non riusciva a
controllarsi.”
“No, Harry questo problema non ce
l’ha. Insomma, lui fa di tutto per passare inosservato. È la gente che riesce a
scovarlo ovunque.”
“Lily, invece, era simpatica a
tutti. Era bravissima a scuola ed era un Prefetto, ma riusciva comunque a
interagire con tutti. È una dote che non tutti possiedono.” Fece una pausa.
“Hogwarts era piena di gente eccezionale, in quel periodo. Non era facile farsi
notare per qualcosa.”
“E tu, per che cosa ti sei fatta
notare?”
“Io?” Sofia sorrise. “Ci ho provato
con il Quidditch.”
“Ha funzionato, mi pare.” Ron passò
un altro topo a Fierobecco. “Io… ecco, non l’ho mai detto a nessuno, ma… ehm,
anche a me piace il Quidditch.”
“A chi non piace il Quidditch?”
“No, io… io intendevo giocare a Quidditch.”
“Oh. Beh, non sarebbe così strano.
Vieni da una famiglia di giocatori: Charlie, Fred, George… quale ruolo ti
piacerebbe?”
“Portiere. Ma non credo di essere
abbastanza bravo. Ho giocato qualche volta con i miei fratelli, per scherzo, ma
non l’ho mai fatto sul serio. Credo
che Fred e George mi riderebbero in faccia, se dicessi che vorrei partecipare
ai provini. Non ho nemmeno una scopa decente, miseriaccia.”
Sofia rimase a guardarlo per un
minuto, avvertendo una sensazione familiare all’altezza dello stomaco. Ron
Weasley aveva quindici anni, troppi fratelli e una personalità ancora da
definire: ci era passata anche lei, e senza aiuti aveva impiegato anni per
uscirne. “Lo so che a volte ti senti
inadatto, sotto pressione. È lo stesso per me, Ron. O almeno, per un
periodo è stato così.”
“Tu? Ma tu sei… miseriaccia, tu sei
Sofia Bradford! Giocavi con le Holyhead Harpies, vivevi nella foresta con gli
Ippogrifi, e… miseriaccia, non è possibile.”
Sofia rise. “Sì, è vero, nella mia
vita ho fatto un sacco di cose tremendamente interessanti, ma ho avuto anch’io
quindici anni. E sono l’ultima di quattro fratelli: so come ci si sente quando
i più grandi hanno ottimi voti a scuola e sono assi dello sport, e tu non
brilli come vorresti. I miei fratelli erano quello che sono per te Bill,
Charlie e Percy, niente più e niente meno. Ero convinta di dover a tutti i
costi fare qualcosa di straordinario per brillare agli occhi della mia
famiglia, ero convinta di dovermi impegnare al massimo per renderli fieri di
me… e poi ho scoperto che mi amavano già con tutto il loro cuore, e che niente
di ciò che avrei potuto fare avrebbe mai smosso il loro affetto.”
“Stai dicendo che dovrei rinunciare
all’idea di fare i provini per la squadra, perché tanto mi vogliono bene
comunque?”
“No” sorrise Sofia. “Sto dicendo che loro
avranno comunque stima di te, anche se i provini dovessero andare male. E sto
anche dicendo che dovresti partecipare. Saggio
è colui che decide del proprio destino dopo aver saggiato ogni sentiero.”
Questa
volta fu Ron a sorridere. “Questa sembra una delle massime di Silente.”
“In
effetti, lo è. Fu la frase conclusiva del suo discorso di commiato al mio
ultimo anno di scuola. Forse è per questo che ho cambiato così tante volte
lavoro.”
“Posso
farti una domanda?” chiese il ragazzo, dopo un breve silenzio rotto solo dallo
schioccare del becco dell’Ippogrifo, che reclamava altri topi.
“Ma certo.”
“Ecco… tra
tutte le cose che hai fatto, qual è quella che ti ha dato più soddisfazione?”
Sofia ci
rifletté su per qualche istante. “L’ultimo campionato scolastico di Quidditch.
Fu il mio unico anno da Cercatrice. James si era diplomato l’anno prima, e
negli ultimi mesi aveva organizzato dei provini per trovare il proprio
sostituto. Sai, per avvantaggiarci. Il problema era che la maggior parte di
quelli che si presentavano non era in grado di stare in sella alla scopa.
Oppure, se riuscivano a sollevarsi da terra non erano abbastanza bravi da
prendere il Boccino. Così, a James tornò in mente il nostro provino. Ci eravamo
presentati insieme: lui era al secondo anno, io al primo. Io avevo iniziato da
poco le lezioni di Volo, e Madama Bumb aveva detto di aver visto in me un
ottimo potenziale, quindi non ci pensai due volte, prima di iscrivermi ai
provini. Tentai prima come Cercatrice, e non andò nemmeno troppo male:
acchiappai il Boccino in quaranta secondi.”
“E allora
perché non ti scelsero?”
“Beh, James
Potter impiegò quindici secondi in meno, e lo afferrò durante una strepitosa
picchiata. Aveva decisamente molto più stile di me. Il provino da Cacciatrice
andò meglio: il Capitano della squadra disse che avevo una certa attitudine
nello schivare i Bolidi, e che con un po’ di allenamento sarei diventata molto
in gamba. E in effetti andò così, anche se in cuor mio continuavo a sperare che
James si facesse male per poterlo sostituire, almeno una volta. Non davvero male, intendiamoci. È solo che
avrei dato di tutto, per giocare almeno una partita nel suo ruolo. E lui questo
lo aveva sempre saputo.”
“Così ti
nominò sua erede?”
Sofia
annuì. “Esatto. Fu il campionato più bello. Non che non mi piacesse Cacciare,
anzi: adoravo segnare. Però Cercare…
beh, è tutta un’altra cosa. Non ero in gamba come James, questo no, e
infatti non riuscii a battere nemmeno uno dei suoi record, però amavo
l’atmosfera, il fatto di ricoprire il suo ruolo. Avevo il dovere di non far rimpiangere a nessuno James Potter, e credo sia
stata la cosa più soddisfacente che abbia mai fatto in vita mia.”
Ron passò un altro topo a
Fierobecco. “Il Portiere di Grifondoro si è diplomato lo scorso anno. Credo…
credo che mi piacerebbe sostituirlo.”
“Se non ti iscrivi ai provini, non
avrai mai l’occasione di farlo.”
“Non ho nemmeno una scopa…”
“Beh, se ti può interessare, posso prestarti
la mia Nimbus Novantotto. Non è l’ultimo modello, ma non vola male. E se
entrassi nella squadra, credo proprio che ai tuoi non dispiacerebbe comprarti
un nuovo manico di scopa.”
“Oh, beh… grazie. Io… io ci
penserò.” Gettò un ultimo topo a Fierobecco, poi chiuse il sacco. “Miseriaccia,
che fame. Spero che gli altri si sbrighino a portare qui Harry.”
“Non dovrebbe mancare molto”
commentò lei, alzandosi e gettando un’occhiata all’orologio Babbano che portava
al polso. “Sono quasi le nove.”
Un improvviso rumore al pianterreno
li attirò fuori dalla stanza e giù per le scale, fino al pianterreno. “Feccia, nella casa dei miei padri! Mostri,
sudici ibridi, traditori del loro sangue…” tuonò il ritratto di Walburga,
nell’ingresso, mentre Tonks continuava a scusarsi. “Oh, mi dispiace, mi
dispiace, mi dispiace! Scusa, Molly, continuo a dimenticarmi di questa stupida
zampa di troll, mi dispiace!” Sirius e Remus chiusero le tende, ponendo fine
allo strazio. Sofia, rimasta sulle scale, alle spalle di Ron, sentì il cuore
accelerare. Nell’ingresso, pochi metri davanti a lei, c’era Harry. Lo aveva
visto parecchie volte nelle fotografie pubblicate dalla Gazzetta del Profeta, ma mai dal vivo. Era più simile a James di
quanto avrebbe mai potuto immaginare, eppure c’era qualcosa, nel suo modo di
guardare il mondo, che ricordava incredibilmente Lily.
“Tutti in cucina, riunione
straordinaria” borbottò Moody, spingendo Harry verso le scale. “Presto, che poi
c’è da fare.”
Sofia superò Ron, e cercando di non
fissare troppo Harry seguì Malocchio, mentre in lontananza sentiva accendersi
le proteste dei ragazzi. “Noi siamo maggiorenni!” tuonarono Fred e George,
mentre Molly accompagnava di sopra il nuovo arrivato. Sofia sedette in un
angolo lontano dal camino, cercando di non dare troppo a vedere la propria
agitazione.
“Va tutto bene?” le domandò Sirius a
bassa voce, passandole accanto.
Lei annuì. “Sì, tutto a posto. Sono
solo stanca. Passerà.” Una bugia bella e buona, esattamente come quella che le
aveva rifilato lui quattordici anni prima, quando le aveva detto di non sapere
chi fosse il Custode Segreto di Lily e James, con la sola differenza che questa
menzogna non avrebbe ferito nessuno. Aspettò paziente che Molly li raggiungesse
e sigillasse la porta, poi seguì con scarso interesse il resoconto del recupero
di Harry e le ultime novità dalla Gringott, riportate fedelmente da Bill
Weasley, assente all’incontro di poche ore prima. Nonostante tentasse di
concentrarsi su ciò che gli altri stavano dicendo, Sofia continuava a pensare a
Harry, probabilmente intento a consultare i propri amici in merito
all’assembramento di maghi e streghe che avevano assalito la casa di Sirius.
Circa mezz’ora più tardi, a riunione
terminata, Sofia riuscì a sgattaiolare via senza farsi notare, e a raggiungere
indenne la propria stanza. Si distese sul letto, spegnendo le luci con un colpo
di bacchetta e chiudendo immediatamente le palpebre, cercando di scacciare le
preoccupazioni e un fastidioso inizio di emicrania. Immersa nel buio e nel
silenzio del piano, si addormentò nel giro di pochi minuti. Quando Tonks, su
ordine di Molly, salì a chiamarla per la cena, stava dormendo troppo
profondamente per accorgersene.
7Gwenog
Jones – Celebre giocatrice di Quidditch
(ruolo: Battitore). Viene citata da Ludo Bagman in “Harry Potter e il Calice di
Fuoco”.
Capitolo 7 *** 7. Grimmauld Place, nr. 12, agosto 1995 - Ritorno alla Vita ***
Vento Di Passione.
12, Grimmauld Place, Londra, agosto
1995
Si svegliò a notte fonda, in preda
ai morsi della fame. Non metteva niente nello stomaco dall’ora di pranzo, e per
una buona forchetta come lei un digiuno così lungo era a dir poco impossibile
da reggere. Frugò nella borsa a tracolla alla ricerca di un vecchio album di
fotografie, uno dei pochi oggetti – insieme al proprio manico di scopa, alla
lettera con la quale Silente le aveva proposto la cattedra di Babbanologia e
alla sua vecchia divisa da Quidditch – che non aveva voluto mostrare a Hermione
e Ginny, e tenendoselo stretto al petto si Materializzò in cucina. Sull’ampio
tavolo in legno, Molly aveva lasciato una pentola corredata da un messaggio: Per Sofia, se più tardi ti dovesse venire
fame. “Oh, Molly…” sussurrò, alzando il coperchio e inspirando il buon
odore dello stufato. Lo scaldò in fretta, rispolverando un vecchio incantesimo,
e iniziò a mangiare sfogliando l’album, pieno fino all’inverosimile di scatti
magici e non. La prima fotografia era stata realizzata con una vecchia
Polaroid, proprio il giorno in cui era venuta al mondo. Doveva essere stata
un’infermiera a scattarla, perché nella foto comparivano tutti: suo padre, sua
madre e i suoi tre fratelli. Sofia sorrise nell’incrociare quel bizzarro
ritratto di se stessa, che non poteva nemmeno fissarla di rimando,
soffermandosi per più di un istante sulla buffa cuffietta verde – eredità dei
suoi fratelli – che le era stata calcata sulla testolina fragile per nascondere
la completa assenza di capelli. Capelli che erano cresciuti in fretta, perché
nemmeno un mese più tardi – almeno stando a ciò che mostravano le immagini –
Sofia mostrava una chioma più folta di quella di Hermione Granger.
Le fotografie magiche iniziarono a
farla da padrona a partire dal 1972, anno in cui Sofia era stata ammessa a
Hogwarts. Parecchi scatti la ritraevano in sella al suo manico di scopa,
impegnata in una partita a Quidditch, specialmente nei primi tre anni. In molte
delle immagini, naturalmente, era presente anche James: capelli perennemente
scompigliati, come un gatto centrifugato per sbaglio da una lavatrice Babbana;
occhi nocciola, brillanti e incredibilmente sorridenti, anche quando le labbra
erano nascoste o assolutamente inespressive. Volendo identificare James Potter
con uno stato d’animo, si sarebbe certamente dovuto accostare ad una risata.
Risate e un pizzico di sana incoscienza, ecco qual era la natura di James,
completamente diversa da quella di Lily, fin dal primo giorno più seria e meno
estroversa, ma non per questo schiva. Nessuno aveva mai capito come quei due
avessero potuto innamorarsi: forse il temperamento pacifico della ragazza era
riuscito a domare quello guerriero di lui, come l’acqua riesce a domare gli
incendi. O forse, semplicemente non c’era spiegazione, e quei due si erano
innamorati perché quello era il loro destino.
Sofia finì di mangiare e pulì le
stoviglie con un colpo di bacchetta, riponendole poi ciascuna al proprio posto.
Con la pancia piena e nessuna voglia di tornare a dormire, continuò a sfogliare
le pagine dell’album. Con un sorriso, si fermò su un’immagine scattata il primo
settembre 1977, il primo giorno del suo sesto anno a Hogwarts. Suo padre
gliel’aveva scattata a King’s Cross, a tradimento, con la stessa vecchia
Polaroid usata per immortalare il suo primo giorno di vita, mentre era china
sul baule, intenta a controllare che fosse ben fissato al carrello. Quel giorno
aveva cambiato tante cose: quel giorno, scendendo dal treno, si era
accidentalmente scontrata con Sirius, che in risposta alle sue scuse l’aveva
invitata ad uscire. Era iniziata così, tra di loro: un pomeriggio di sole, una
visita a Mielandia, una passeggiata per le strade del villaggio e un bacio
rubato davanti alla Stamberga Strillante. Sofia se lo sarebbe ricordato per
sempre, quel bacio, ma in caso di un’improvvisa amnesia le sarebbe bastato
guardare la fotografia di cui le avevano fatto dono Marlene McKinnon e Alice
Paciock, che si erano opportunamente Disilluse per seguirli e immortalare quel
momento.
“Come mai sei sveglia?” le chiese
una voce roca, la stessa che l’aveva fatta voltare poche ore prima, al suo
arrivo a Grimmauld Place.
“Avevo fame, sono scesa per cenare”
rispose, senza voltarsi e senza tentare di nascondere l’album.
“Molly ti aveva lasciato dello
stufato.”
“Sì, l’ho trovato. È stata gentile.
E tu, come mai sveglio?”
“Sono sceso a prendere un bicchiere
d’acqua” rispose Sirius, sedendosi alla sua destra.
“Potevi Evocarlo” gli fece notare,
senza staccare gli occhi dalle fotografie.
“In realtà, speravo di trovare te.”
Sofia alzò finalmente lo sguardo. “Sei sicura di stare bene? Alla riunione eri
strana, e poi hai saltato la cena. Tu non salteresti mai un pasto.”
“Beh, non credevo che incontrare
Harry potesse essere così… spiazzante.
È stato come guardare Lily e James allo stesso momento. Lui… confonde.”
“Gli hai parlato?”
“No. L’ho incrociato nell’ingresso
quand’è arrivato, e basta.”
“Gli parlerai?”
“Per dirgli cosa? Che sua madre mi
dava ripetizioni di Pozioni e che suo padre mi designò come sua erede nella
squadra di Quidditch del dormitorio?”
“Credo che qualsiasi cosa sarebbe
abbastanza, per lui” commentò Sirius. “Non sa nulla di loro. Non ha ricordi.
Non li conosce. Forse potrebbe conoscerli attraverso i ricordi degli altri…”
Fece una pausa e sospirò. “Dev’essere terribile, non avere ricordi dei propri
genitori.”
“A volte è meglio non averne, che
averne di dolorosi. E parlo in generale, non solo della propria famiglia.”
“Beh, in questo Harry è ferrato.
Basti vedere l’inferno che ha dovuto sopportare dai Dursley…” ribatté Sirius,
con un sorriso.
Anche Sofia sorrise. “Non lo
invidio. Ne ho abbastanza dei miei,
di ricordi.”
“Ti riferisci a Lily e James? Ne
vuoi parlare?”
Sofia scosse la testa. “No, non mi
riferisco soltanto a loro. E no, non ne voglio parlare.”
“Se non ne vuoi parlare, perché stai
guardando queste vecchie fotografie?” la interrogò, avvicinando l’album per poterlo
osservare meglio. “Il primo giorno del mio ultimo anno” sorrise. “Questa me la
ricordo. Mentre scendevi dal treno mi sei venuta addosso. Merlino, non la
smettevi di chiedermi scusa. Sembravi Tonks.” Si grattò il mento con due dita.
“Per farti stare zitta, ti chiesi di venire a Hogsmeade con me, il primo
weekend libero. Ma te lo avrei chiesto comunque, anche se non mi avessi mai
investito” specificò. Girò distrattamente la pagina, senza incontrare
resistenza da parte della donna. La fotografia scattata da Alice e Marlene
catturò immediatamente la sua attenzione: Sirius rimase senza parole, mentre
una versione di se stesso più giovane di diciotto anni si avvicinava ad una
Sofia molto più timida di quella che gli sedeva accanto, e con la scusa di
toglierle un bruscolo dall’occhio poggiava le labbra sulle sue. “Immagino che
questo fosse uno dei soliti scherzi di James” osservò, improvvisamente senza
voce.
“No, di Alice e Marlene. Si
Disillusero entrambe per seguirci senza essere viste.”
“Ho sempre pensato che fossero due
streghe piene di potenzialità.” Tornò a guardare la donna seduta al suo fianco.
“Perché non me l’hai mostrata prima?”
“Non lo so” rispose Sofia, alzando
le spalle. “Forse pensavo che ti saresti arrabbiato. In fondo, Alice e Marlene
avevano violato la nostra privacy.”
“Non esiste privacy, quando porti
una ragazza a spasso per Hogsmeade” osservò Sirius, voltando altre pagine.
“Come non esiste quando la ragazza in questione stabilisce il record di reti
segnate da un Cacciatore in una sola partita, e alla fine dell’incontro salta
addosso al proprio ragazzosenza
ritegno” commentò, indicando un’immagine che ritraeva la gioia di Sofia
nell’aver stabilito un record che sarebbe stato battuto soltanto molti anni più
tardi.
“Confesso di aver un po’ esagerato,
quella volta” ammise lei, voltandosi a guardarlo.
“Confesso che non mi dispiacque”
ribatté lui, alzando a sua volta lo sguardo. “In fondo, tutti sapevano di noi.”
Senza pensarci due volte, alzò una mano ad accarezzarle i corti capelli scuri.
“Mi sei sempre piaciuta, con questo taglio” sussurrò. “E in tutti questi anni
ho sempre sperato che non lo avessi cambiato.”
“Sirius…”
“So cosa stai per dire. La notte in
cui Lily e James sono stati uccisi ti ho mentito, sì. Ti ho detto che non
sapevo chi fosse il loro Custode Segreto, ma invece… invece lo sapevo. Era
Peter, ed ero stato io a pregare James di scegliere lui. Scegliere me sarebbe
stato scontato, e altrettanto lo sarebbe stato scegliere Remus. Peter non aveva
più avuto contatti frequenti con loro, anche se faceva parte dell’Ordine. Tu…
tu non sai quanto mi sono detestato,
per avergli consigliato Peter. Sarebbe stato più sicuro scegliere Piton, a
questo punto.” La mano che ancora accarezzava i capelli di Sofia si scostò
bruscamente. “Io… io avevo sopravvalutato Peter. Credevo sarebbe stato disposto
a morire per noi, così come noi
saremmo morti per lui, e invece…”
La mano di Sofia scattò avanti senza
esitazioni, proprio come aveva fatto quella di Sirius poco prima. “Non devi
fartene una colpa, Sirius” gli sussurrò, sfiorandogli una guancia. “Peter ha
deciso da solo da che parte stare. Non è colpa tua.”
“Se non avessi suggerito a James di
scegliere Peter, lui e Lily non sarebbero morti. Harry non avrebbe perso i suoi
genitori, e io non avrei perso te.”
Quella frase valeva quanto i ‘Ti amo’ omessi nei loro quattro anni insieme.
Sofia sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime: dunque, nonostante tutto quel
tempo, Sirius continuava a pensare a lei? Continuò ad accarezzargli il viso,
fin quando non sentì la mano di lui raggiungere la sua. “Dimmi che non ti ho
persa, Sofia” le sussurrò, facendosi più vicino. “Dimmi che non ti ho persa, ti
prego.”
“Non… tu non mi hai mai persa,
Sirius” rispose lei, la voce mai così bassa prima di allora. Aspettò, completamente
immobile, che Sirius si avvicinasse ancora. Le loro labbra si toccarono con
dolcezza, quasi con timore, proprio come a Hogsmeade, in quel soleggiato
pomeriggio di settembre. Lei schiuse le proprie, lasciandosi sfuggire un
sospiro. In quell’attimo comprese che era esattamente come nei romanzi Babbani
che aveva letto da ragazza: le labbra di Sirius avevano conservato la
delicatezza di un tempo, e i suoi baci continuavano ad essere i migliori che
avesse mai ricevuto. Completamente coinvolta da quel bacio, Sofia quasi non si
era accorta che una delle mani di Sirius si era poggiata sulla sua schiena,
premendovi dolcemente per attirarla vicino a sé. Sapeva che cosa avrebbe dovuto
fare: avrebbe dovuto fermarlo, domandargli quali fossero le sue intenzioni… al
solo pensiero di fare una cosa del genere, si ritrovò a sorridere. Conosceva le
intenzioni di Sirius, e sapeva che non sarebbe mai riuscita a tirarsi indietro.
Tuttavia, un improvviso borbottio li costrinse a dividersi. “Oh, certo, il
padrone si intrattiene con donne indegne nella casa di sua madre, oh, se la
povera padrona potesse vedere, ora sì che lo caccerebbe, questo figlio indegno,
questo criminale che mescola il suo sangue puro con il sangue sporco di donne
di dubbia…”
“Questo è Kreacher” sussurrò Sirius,
staccando la bocca da quella di Sofia. “Il nostro elfo domestico. Credo sia
diventato completamente matto: è rimasto chiuso qui per dieci anni a parlare
con il ritratto di mia madre. Beh, nemmeno prima era completamente sano di
mente. Kreacher, che diavolo ci fai qui?”
“Oh, il padrone domanda a Kreacher
che cosa vuole, oh, Kreacher vorrebbe rispondere che vorrebbe indietro la
padrona, ma Kreacher sa che non può, allora Kreacher dice che niente, stava
solo controllando che tutto va bene in casa Black, i Black erano una grande
famiglia, i Black sono rispettati, ma il padrone si intrattiene con strane
donne…”
“Kreacher, perché non vai a
dormire?”
“Oh, sì, Kreacher farà come dice il
padrone, quel farabutto, farà così, andrà a dormire e a sognare la padrona, lei
sì che era buona con Kreacher…” continuò a borbottare l’elfo, lasciando la
stanza.
“Era decisamente molto devoto a mia
madre. Credo che avesse una cotta per lei…” osservò Sirius, seguendo con lo
sguardo l’uscita di scena dell’elfo. Tornò a guardare Sofia, ancora seduta al
suo fianco, ancora a pochissimi centimetri da lui. “Sei bellissima, lo sai?” le
sussurrò, sfiorandole una guancia con la punta delle dita. “Sei diversa da come
ti ricordavo, ma sei sempre bellissima.”
“Certo che sono diversa. Non ci
vediamo da quattordici anni.”
“Perché continui a ricordarmi quanto
tempo è passato?”
“Ho paura che tu possa
dimenticartene.”
“Non potrei. Ti amavo, e sono stato
costretto a lasciarti. Ho perso il conto di quante volte ho immaginato di
averti perduta, di quante volte mi sono convinto che mi avessi dimenticato, che
avessi ricominciato con un altro… ma era più facile pensare che non mi amassi
più, piuttosto che immaginarti triste a causa mia.” L’attenzione di Sofia aveva
rischiato di vacillare nei dintorni della quarta parola, quando Sirius era
andato vicino a dare un nome a tutto ciò che non aveva mai osato nominare
prima. Improvvisamente, si sorprese ad arrossire: c’era stato qualcuno, in quei
lunghissimi quattordici anni che separavano Little Hangleton da Grimmauld
Place, e uno di questi era il suo migliore amico, Greg8, con il
quale aveva condiviso la passione per il Quidditch e ben ventidue mesi della
propria vita. C’era stato qualcuno nel suo letto, sì, ma il suo cuore era
sempre appartenuto ad un solo uomo: lo stesso che la stava fissando,
accarezzandola con lo sguardo nello stesso modo in cui l’avrebbero accarezzata
le sue mani.
“Ci ho provato” ammise, la voce
spezzata dall’imbarazzo. “Sono uscita con altri uomini, in questi anni.”
“Non ti biasimo. Non eri chiusa in
una cella.”
Io ti perdono, le
stava dicendo. Le perdonava qualcosa per cui lei non aveva nemmeno chiesto
scusa. “Forse la mia prigione era diversa dalla tua” sospirò, “ma era pur
sempre una prigione. Diciotto anni fa ti ho dato il mio cuore. Non me lo hai
mai restituito.”
“Non
me lo hai mai chiesto indietro” fu il commento di lui.
Sofia
alzò la testa, e per la prima volta dopo tanto tempo guardò dritta nei suoi
occhi grigi, senza paura e senza imbarazzo. “Non ho nessuna intenzione di farlo”
confessò, a voce bassa, incredibilmente sicura di quanto stava dicendo. Negli
occhi grigi di Sirius parve accendersi una scintilla, come se qualcuno lo
avesse improvvisamente svegliato da un lungo sonno con un scossone. Avvertì una
strana sensazione, come un nodo in gola, qualcosa che non aveva mai sentito
prima d’allora: come se Malocchio gli avesse assestato un poderoso pugno
all’altezza dello stomaco, lasciandolo senza fiato. Era questo, dunque, ciò che
aveva provato James quando Lily aveva accettato di uscire con lui? Quando aveva
accettato di sposarlo? Quando gli aveva detto di essere incinta? “T-ti… ti
senti bene, Sirius?” gli domandò Sofia, vagamente preoccupata da quel silenzio.
“Io…”
iniziò, titubante, improvvisamente insicuro come mai era stato in vita propria,
“io credo di essermi innamorato di te.” Un sorriso confermò la confessione. “E
sono contento che Silente ti abbia fatta restare qui. E credo… credo sia ora di
andare a letto” concluse, alzandosi.
Il
vuoto improvviso alla sua destra la spiazzò, forse ancora più di quanto avesse
appena sentito dire. Si alzò e prese l’album, stringendoselo forte al petto.
Lasciarono la cucina insieme, senza parlare, entrambi ugualmente sconvolti
dall’incredibile numero di confessioni che si erano scambiati. Salirono le
scale in sincronia, un gradino dopo l’altro, senza riuscire a lasciarsi alle
spalle nemmeno una tra le mille parole dette quella notte. Raggiunsero il primo
piano, Sirius si fermò, la mano aggrappata alla porta della propria stanza.
Allungò l’altra verso Sofia, la lasciò cadere a metà percorso. Se la portò
davanti alla bocca, come a volersi nascondere. “Io… Merlino, mi sento così in
imbarazzo. Ho… ho detto cose che… che non pensavo avrei mai detto.” Sorrise.
“Ma ti immagini? Sirius Black nervoso…
e non ho nemmeno detto tutto quello che volevo dire.”
“Perché,
c’è dell’altro?” gli domandò Sofia, sorridendo a sua volta.
“Vorrei…
ah, lascia stare. Probabilmente perderesti quel poco di fiducia che hai
riacquistato in me.”
“Dimmelo,
dai. Che c’è?”
Sirius
sospirò, passandosi la lingua sulle labbra, un po’ per inumidirle, un po’ per
prendere tempo. Indicò l’album. “Posso?” Sofia glielo porse, e lui prese a
sfogliarlo nervosamente fino al giugno 1979. Indicò una fotografia scattata con
una Polaroid, alla stazione di King’s Cross, in un caldo giorno di inizio
estate. Sofia la riconobbe subito: l’aveva scattata suo padre, il giorno in cui
era definitivamente tornata a casa da Hogwarts, diplomata e pronta a gettarsi
nel mondo reale. L’immagine era tipicamente Babbana, e la Sofia diciottenne che
vi era ritratta era immobile: immobile tra le braccia di Sirius, felicemente
pietrificato quanto lei, il naso e le fronti a pochi centimetri di distanza, le
labbra di entrambi dischiuse in un sorriso. “Ti ricordi?” le domandò.
Sofia
non staccò gli occhi dall’immagine nemmeno per un istante: ricordava, sì.
Ricordava del modo in cui si era letteralmente gettata giù dal treno, sotto gli
sguardi invidiosi delle altre ragazze, per correre ad abbracciare il suo fidanzato. Ricordava del modo in cui lui
l’aveva stretta, ricordando a tutti che lei gli apparteneva, e che lui
apparteneva a lei. Ricordava quella stupida Polaroid, sempre pronta ad
immortalare i momenti meno opportuni. Ricordava di quella notte, quando si
erano Smaterializzati in Cornovaglia, e sotto la luce delle stelle avevano
fatto l’amore per la prima volta. “Sì, mi ricordo. Mi ricordo tutto” specificò, alzando gli occhi e
badando di tenere la voce bassa, per non rischiare di svegliare nessuno.
“Ricordo tutto” disse ancora,
sperando che lui cogliesse quella particolare sfumatura.
“Anche
tu? Anch’io ricordo tutto” rispose lui, dandole ad intendere di ricordare davvero ogni dettaglio di quella
giornata.
“Sirius?”
disse lei, dopo un breve silenzio.
“Sì?”
Erano di nuovo vicini, l’album di nuovo sigillato. Potevano avvertire l’uno il
respiro dell’altra, potevano di nuovo guardarsi negli occhi, lasciando stare
tutto il resto.
“Voglio
ricordi nuovi.”
Sirius
avvertì di nuovo quella strana sensazione, come se improvvisamente qualcuno gli
avesse svuotato i polmoni, come se Hagrid gli avesse appena dato una delle sue
celebri pacche sulle spalle. “Ricordi nuovi?” domandò, con la splendida
certezza di quanto Sofia avesse inteso dire con quella frase.
“Ricordi
nostri” disse lei, distogliendo lo
sguardo e arrossendo appena, come era accaduto spesso nei primi tempi della
loro relazione.
Sirius
sorrise, reprimendo una risata che avrebbe svegliato tutta la casa. Lasciò
morire l’ilarità sulle labbra di lei, tirandosela vicina in fretta, quasi con
urgenza, come se dopo quattordici anni un minuto potesse fare la differenza. La
strinse a sé il più possibile, avvertendo tra loro l’ingombrante presenza
dell’album. Schiuse le labbra, cercando di catturare il suo respiro, cercando di
recuperare il tempo perso, cercando di renderla di nuovo sua. Un rumore di passi li divise, lasciandoli immobili a fissarsi,
decidendo cosa fare. I passi si avvicinavano, il rischio di essere scoperti
cresceva.
Sirius
fu il più veloce a reagire: aprì la porta della propria stanza e tirò dentro
Sofia, che nella concitazione del momento mollò la presa sull’album, facendolo
cadere. I passi si fermarono, indugiando al centro del corridoio. Seguì il noto
fruscio di un libro che viene raccolto da terra, poi un rumore di pagine
sfogliate. Sirius e Sofia erano in attesa: lei, con la schiena appoggiata alla
porta, e lui davanti a lei, le mani all’altezza delle sue spalle, quasi a
volerla imprigionare, quasi temesse una sua fuga. Avevano entrambi il fiato
corto, come reduci da una lunga corsa, imbarazzati come due adolescenti quasi
scoperti dai genitori. Ricominciarono i passi, diretti verso il piano
inferiore: erano troppo pesanti per appartenere all’elfo domestico, ma troppo
leggeri per appartenere ad un adulto. Sofia si voltò verso la porta chiusa,
come per guardarsi indietro, come a voler protestare, come a pretendere la
restituzione del maltolto. Ma voltare la testa significò offrire il collo a
Sirius, che senza preavviso vi poggiò le labbra, sospirandovi contro. Sofia
chiuse gli occhi, lasciando che un brivido le attraversasse la schiena. Nella
penombra della stanza, le sue mani salirono a cingere le spalle dell’uomo,
invitandolo tacitamente a continuare. Il sospiro si mutòin un bacio, che dall’incavo tra il collo e
la spalla salì alla mandibola, sfiorò la guancia e arrivò alle labbra, tornando
a ricoprirle completamente.
Finalmente
liberi dall’impaccio dell’albo che, tra tante, raccontava anche la loro storia,
Sirius e Sofia si avvicinarono di più, facendo aderire i loro corpi l’uno
all’altro. Le mani di Sirius scivolarono dalle spalle ai fianchi,
racchiudendoli con delicatezza, nello stesso modo in cui succedeva in passato,
e di lì iniziarono quasi subito una lenta risalita, infiltrandosi sotto la
blusa dal taglio maschile indossata da Sofia: avvertì le lunghe dita di Sirius
sfiorarle il ventre, e dopo quelli che parevano giorni interi, arrivare al
seno, senza tuttavia soffermarcisi a lungo, e poi ridiscendere, impossibili da
fermare. Quelle stesse dita separarono ogni bottone dalla corrispondente asola,
decise più che mai a scoprirla. Sofia percepì di nuovo il loro calore pochi
istanti più tardi, quando le cinsero la vita, finalmente senza impedimenti,
mentre la bocca di Sirius lasciava la sua per scendere verso il seno. Con un
sospiro, abbassò lo sguardo e spostò le mani, raggiungendo il torace dell’uomo.
Costringendolo a baciarla ancora, si accanì contro la sua camicia, slacciando
in fretta ogni bottone.
Nel
trovarselo davanti così, mezzo spogliato, Sofia trattenne a stento un sussulto:
Sirius era magro, troppo magro. Aveva sempre avuto un fisico piuttosto
asciutto, ma così era davvero
eccessivo. Si sentiva quasi in colpa nell’ostentare un corpo diametralmente
opposto: non che fosse grassa, ma non era mai stata nemmeno un’acciuga. “Che ti
è successo?” sussurrò, senza riuscire a trattenersi dall’accarezzargli
l’addome, avvertendo la sagoma delle costole sotto le dita.
“Il
servizio mensa di Azkaban non è esattamente lo stesso di Hogwarts” scherzò,
prendendole il viso tra le mani. “Ma non ti preoccupare, sto recuperando:
svolgo una regolare attività fisica e Molly mi rimpinza come un Vermicolo.
Tornerò quello di prima” aggiunse, prima di baciarla. Sofia gli fece scivolare
le mani sulla schiena, sfiorandogli la spina dorsale con le punte delle dita.
Si chiese come gli fosse possibile non soffrire il freddo, con un fisico in
apparenza tanto debole. Si rimangiò il dubbio nell’istante in cui i loro corpi
tornarono a combaciare, permettendole di avvertire la sua reazione, tanto
esplicita quanto condivisibile. Stese le braccia per spogliarsi della blusa,
domandando poi a lui lo stesso sforzo. Sentì le mani di Sirius scendere lungo
la sua schiena scoperta, esercitando poi una pressione più forte sul
fondoschiena: gli strinse le spalle, garantendosi un appoggio, e poi rispose a
quella silenziosa richiesta, lasciandosi sollevare tra le sue braccia e
allacciandogli le gambe alla vita. Così legati raggiunsero il letto, ancora
fatto ma un po’ sgualcito, esattamente quanto la camicia di cui Sirius era
appena stato spogliato, indice del fatto che il proprietario non vi aveva
dormito – e che, visto come si stavano mettendo le cose, per un po’ ancora non
vi sarebbe riuscito. Adagiò Sofia sul soffice materasso, abbassandosi per
baciarla ancora, raggiungendo con una mano i pantaloni. “Toglimi una curiosità”
le sussurrò, nella pausa intercorsa tra due baci, “perché non ti vesti come
tutte le altre streghe?”
“E
somigliare alla McGranitt?” scherzò lei, aspettando che la cintura di lui
entrasse nel proprio raggio d’azione. “Neanche per sogno, ci tengo alla mia
immagine.” Si tirò a sedere, issandosi contro i cuscini, cercando di
facilitargli il compito. Sollevò il bacino e sentì la stoffa scivolare via con
grazia, scoprendole a poco a poco le gambe. Sirius non applicò la medesima
pazienza a se stesso: non lo aveva mai fatto, e nel rendersi conto che questo
aspetto di lui non era mutato, Sofia si sorprese a sorridere. Lo osservò
attentamente mentre si spogliava in fretta, mordicchiandosi il labbro con più
forza ad ogni centimetro di pelle che si rivelava alla luce fioca che
rischiarava la stanza. Tuttavia, non ebbe il tempo di osservarlo, perché quasi
immediatamente Sirius tornò sul letto, ricoprendola di carezze, dalle gambe
risalendo fino al ventre, fino a tornare al seno e al viso, che baciò con
rinnovata dolcezza. Scostò le lenzuola e la aiutò a distendersi, impegnandosi
poi a liberarla dalla biancheria, la sola cosa che ancora impediva ai loro
corpi di toccarsi davvero.
Rimasta
completamente nuda di fronte all’uomo che non aveva mai smesso di amare, Sofia
ebbe un attimo di smarrimento, ma dopo un respiro profondo si rese conto di
essere pronta a diventare di nuovo la ragazza di un tempo, quella che arrossiva
per uno sguardo e che si faceva confondere da un’unica, fugace carezza. “Posso
ancora fermarmi, se vuoi” le sussurrò Sirius, di nuovo a stretto contatto con
il suo collo.
“Tu
parli sempre nei momenti sbagliati, Black” sorrise lei di rimando, inarcando la
schiena per sfiorargli il bacino.
Con
un sorriso, Sirius tacque e scivolò avanti, lasciando che il corpo di Sofia lo
accogliesse lentamente. Un lieve gemito da parte della donna lo indusse a
fermarsi, assaporando quell’istante a fondo, cercando di riportare alla mente
le sensazioni di un tempo. Premendogli con forza le mani sulle spalle, Sofia
gli domandò di tornare ad essere sua, per quella notte e per tutte quelle che
sarebbero seguite. Sirius acconsentì alla richiesta celata da quella stretta
così intensa, e puntellandosi sulle braccia magre, eppure incredibilmente
forti, si spinse più a fondo in lei, risvegliando in entrambi l’antico
sentimento. Si riabbassò su di lei, accarezzandola con le dita e con le labbra,
senza interrompere i propri movimenti, cogliendo ogni sospiro e ogni gemito come
un invito ad amarla di più. Non esisteva più il tempo, non esisteva Voldemort,
non esisteva l’Ordine della Fenice, il figlio dei loro migliori amici non stava
dormendo al piano di sopra e non c’era un elfo mezzo matto a piede libero.
Esistevano soltanto loro, Sirius e Sofia, stretti in un abbraccio la cui magia
superava di gran lunga gli incantesimi più potenti.
Fin
dall’inizio della sua prigionia, Sirius si era accorto di non riuscire più a
dormire serenamente come un tempo: spesso, durante la notte, si scopriva
improvvisamente sveglio e vigile, tutti i sensi all’erta per cogliere ogni
possibile pericolo. Soltanto nell’ultimo periodo, una volta sistemato al
Quartier Generale, aveva potuto ricominciare a dormire senza temere di essere
improvvisamente catturato. Quella notte, però, non ci riusciva: non aveva
dormito prima, scosso dal ritorno
della donna che aveva amato, e non riusciva a dormire adesso, spaventato all’idea che tutto ciò che era successo potesse
essere etichettato come un errore, o che, ancora peggio, potesse rivelarsi
tutto un sogno.
Mentre
fissava le ante del proprio armadio, ricoperte di gagliardetti con i colori di
Grifondoro e poster Babbani, Sirius fu distratto da un leggero rumore di passi
che risalivano dal piano inferiore, e immediatamente realizzò che doveva
trattarsi della stessa persona scesa qualche ora prima. Si alzò dal letto con
cautela, badando a non svegliare Sofia – il cui sonno sembrava non aver subito
alcuna modifica nel corso degli anni, al contrario del suo –, e si avvicinò
alla porta, tendendo l’orecchio per percepire ogni scricchiolio. Attese il
completo silenzio, poi aprì con circospezione l’uscio. Il corridoio era
deserto, fatta eccezione per l’album di Sofia, compostamente abbandonato sul
pavimento, davanti a lui. Sirius gettò un’occhiata ai due lati del corridoio,
ben sapendo che avrebbe visto nessuno, poi raccolse l’albo.
Richiudendo
la porta, notò la presenza di un angolo spiegazzato, un impercettibile difetto
che prima non c’era, forse dovuto ad una chiusura troppo precipitosa della
copertina. Lo sfogliò fino alla pagina in questione, dedicata al giorno delle
nozze di Lily e James. Era una foto Babbana, una di quelle che Sofia amava
tanto, e che lui non era mai riuscito ad apprezzare a dovere. Era in bianco e
nero, il che rendeva tutto molto più malinconico e lontano nel tempo.
L’impronta piuttosto chiara di un dito indice sul vestito bianco di Lily e una
macchia umida sulla pergamena della pagina gli rivelarono, senza ombra di
dubbio, l’identità dell’insonne. “Harry…” sospirò, lisciando l’angolo sgualcito
e richiudendo i ricordi là dove sarebbero rimasti: nel passato.
Lasciò
l’album sulla scrivania e si rimise a letto, senza smettere di guardare Sofia: senza
nemmeno averne l’intenzione, aveva rivelato a Harry molto più di quanto lui
avrebbe mai osato domandare. Mentre la stringeva tra le braccia, uno strano
senso di spossatezza lo colse: improvvisamente, seppe che non si trattava di un
sogno, né tantomeno di un errore. Sofia era tornata, e tutti insieme avrebbero
potuto cambiare il mondo.
8Greg
– Personaggio inventato da me, non presente nella saga. Nato nel 1961,
frequenta Hogwarts insieme a Sofia; Cacciatore per Grifondoro, diventerà poi
titolare dei Cannoni di Chudley e della Nazionale inglese, e per un periodo
sarà anche il fidanzato della protagonista di questa storia.