Stockholm Syndrome

di Kat Luna89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


cap 1

STOCKHOLM SYNDROME

Solita serata di lavoro sulla Salaria a Roma.

Alexandra passeggiava avanti e indietro dalla sua postazione aspettando che qualche cliente si facesse vivo.

Era estate inoltrata e verso quell’ora di tarda notte, ogni tanto, qualche spiffero d’aria fredda le provocava dei brividi lungo la schiena nuda.

Era da circa tra anni che risiedeva a Roma grazie al suo protettore, Giacomo De Luigi, che l’aveva offerto vitto e alloggio presso la sua villa prima come cameriera poi come prostituta poiché da circa due anni gli affari alla ditta di De Luigi andavano male, la moglie lo aveva lasciato e lui era rimasto solo e pieno di debiti. Alexandra era riconoscente a Giacomo, dopotutto lui l’aveva salvata da una situazione terribile. Era stata lei a convincerlo. Era lei che voleva prostituirsi per poterlo aiutare economicamente. Voleva restituire il favore.

A Varsavia non le era rimasto più nulla, la madre e i fratelli erano morti a causa della mafia russa mentre il padre era finito in galera per spaccio di stupefacenti. Alexandra aveva solo diciotto anni e iniziò a lavorare come cameriera in un hotel di lusso nella sua città. Giacomo era in Polonia per un viaggio d’affari. Si conobbero lì.

Le propose un posto sicuro e la salvò non solo dalla miseria ma anche dalla mafia che era riuscita a rintracciarla.

Nonostante la sua vita travagliata, piena di scelte non facili e di sacrifici, Alexandra sperava ancora in un futuro migliore.

 

Buttò a terra il mozzicone di sigaretta appena fumata e scostò i capelli biondi dal viso appena sentì il rumore di una macchina.

Un auto si era appena accostata a lei. Scese un uomo di corporatura snella, piuttosto alto.

Non era possibile vederlo in volto, portava la maschera di una scimmia.

Le intimò: Sali!

Aprì lo sportello anteriore del passeggero e Alexandra salì.

Al posto del guidatore c’era un uomo della stessa corporatura della scimmia, forse più muscoloso e indossava la maschera di un lupo. Scimmia chiuse lo sportello e salì dietro. A fargli compagnia c’erano altri due individui uno con la maschera di un maiale e l’altro con la maschera di una Tigre.

“Quanto prendi all’ora?” domandò freddamente il Lupo.

“80 euro.”

“Quindi guadagni un bel po’ di soldi a sera…”

“Non abbastanza per le mie necessità… e poi per più persone il prezzo aumenta.”

Una risata di scherno proveniente dal sedile posteriore fece accapponare la pelle alla ragazza che, voltatasi, poté ben vedere il ghigno compiaciuto che le mostrava Tigre.

“Non siamo interessati ai tuoi servizi.” Disse il Lupo.

“Almeno, non tutti noi.” Lo interruppe Tigre.

Scimmia lo fulminò con lo sguardo mentre il Lupo continuò:

“Sei tu Alexandra Jans?”

“Come fate a sapere il mio nome?” domandò spaventata la ragazza mentre la macchina accelerava.

“Lo sappiamo e basta. Conosciamo anche il nome del tuo protettore.”

“Ma che cazzo volete da me? Fatemi scendere!” urlò lei.

Tigre le puntò una pistola alla tempia e le sussurrò all’orecchio “Stai tranquilla o ti ammazzo.”

“E’ questa casa tua?” domandò Lupo senza aspettarsi una risposta fermandosi davanti a villa De Luigi.

Alexandra non rispose, sentiva le pulsazioni una ad una, riusciva ad ascoltare i molteplici battiti del suo cuore che si dimenava all’interno del suo petto. Il respiro si faceva sempre più affannoso e questo fece spuntare un sorrisetto compiaciuto sul viso di Tigre.

“Perfetto ragazzi, possiamo scendere ora.” Annunciò Lupo.

Tigre passò la pistola a Scimmia “ La tiro fuori io.” Intimò Tigre al compagno. Scese dall’auto e trascinò la ragazza fino all’entrata della villa. Fece aderire il suo corpo contro quello della ragazza e le sussurrò all’orecchio:

“Ora tu entri in casa, dici a De Luigi di preparare sul tavolo del salotto 70.000 € o entriamo noi tra mezz’ora e ce li prendiamo da soli con un’unica differenza: farete tutti e due una fine pietosa che non si augura a nessuno, nemmeno ad una puttana di strada come te.”

Qui Maiale, che non aveva mai detto nulla emise una risata così cinica e malvagia che, unita alle minacce di Tigre, spaventò ancora di più Alexandra che cercò di scappare dalla forte presa di Tigre senza alcun risultato.

“Che cazzo vuoi fare?” gridò Tigre tirandole uno schiaffo.

“LASCIAMI!” urlò lei in preda al panico.

“Perché provi a scappare?” domandò lui attirandola a se e facendo scorrere la canna della pistola lungo la sua scollatura provocante.

La situazione stava sfuggendo di mano. Per fortuna intervenne Lupo prendendo Tigre per un braccio facendogli mollare la presa sulla ragazza.

“Entra.” Le intimò.

Appena suonò il campanello Giacomo le aprì subito.

“Alex? Cosa ci fai qui?”

“Giacomo, apri la cassaforte e prendi i soldi o questi ci ammazzano!” disse lei tutt’affannata entrando in casa.”

“Alexandra che cazzo sta succedendo?”

“Ci sono quattro uomini qua fuori! Ci ammazzano se non gli diamo 70.000 euro!”

“70.000 euro? Alex ma sei impazzita? Non abbiamo tutti questi soldi!”

“Beh allora inizia a pregare Giacomo perché sa questa casa non ne usciamo vivi!” urlò lei.

“Senti, ora ci esco a parlare io…”

“Giacomo, ti prego non farlo! Quelli sono armati! Ti ammazzeranno!”

“Almeno andrò in un posto migliore…non eri stanca si questa vita anche tu?”

Alexandra non rispose, in fin dei conti Giacomo non aveva torto.

Una lacrima solitaria le solcò il viso. Lui le diede un abbraccio paterno dopodiché uscì con tutti i soldi che era riuscito a prendere.

Passarono pochi secondi, poi lo sparo.

Giacomo.

Alexandra rimase immobile con lo sguardo fisso sul portone.

La banda irruppe nella casa noncurante del fatto che la povera ragazza aveva perso per la terza volta la sua famiglia.

Il Lupo e la Scimmia si occuparono di mettere a soqquadro la villa per recuperare qualsiasi oggetto di valore che poteva essere nascosto all’interno della casa, Maiale scese nelle cantine per prendere il vino più pregiato che De Luigi possedeva mentre Tigre prese la ragazza e la trascinò al piano superiore.

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti!
Siate clementi è la mia prima fic, vorrei sapere cosa ne pensate per poter scrivere meglio, non solo questa fic, ma anche quelle che sono in "fase di costruzione".
Spero sia andato tutto bene con l'HTML.
Fatemi sapere.
Un Bacio, Kat.

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Capitolo 2
*** Capitolo Due. ***


cap 2

“Che vuoi fare?” chiese lei con voce tremante quando l’uomo la sbatté violentemente sul letto di Giacomo.

Tigre non rispose. Accese il computer di fronte al letto e sistemò la webcam in modo che inquadrasse quella direzione.

Scimmia irruppe nella stanza e si piazzò davanti al PC mentre tigre sollevò la ragazza di peso dal letto e la fece sedere sulla sedia accanto, legandole mani e piedi.

“LASCIAMI STARE CAZZO! LASCIAMI!”

Gli sputò in faccia.

“Brutta figlia di puttana!” inveì Tigre tirandole uno pugno in pieno viso e, con l’anello che portava al dito, le graffiò il volto facendole sgorgare qualche goccia di sangue sulla guancia. Successivamente entrarono Lupo e Maiale con un calice ed una bottiglia di vino. Lupo ne assaporò un bicchiere come fanno i veri intenditori dopodiché Maiale si divertì a distruggere l’intera stanza.

Ruppe una ad una le doghe del letto, frantumò i vetri delle finestre e distrusse le ante degli armadi.

Anni di lavoro del povero Giacomo, di sacrifici di Alexandra perduti per sempre.

Nella mente della ragazza c’era il caos più totale. E quell’uomo che era accanto a lei, che l’aveva quella presa così potente, così virile, le faceva paura ma allo stesso tempo la ammaliava.

Scosse la testa, in preda al panico, diede qualche strattone con i polsi, come per scacciare quell’orribile pensiero che le era balenato in testa, quando Tigre la fermò solo con il gesto di una mano.

Solo quel gesto la fece fermare. Era come ipnotizzata da quell’autoritaria ferocia.

Quando Lupo ordinò a Maiale di fermarsi, lui si posizionò vicino a Scimmia mentre il capo si mise di fronte alla webcam.

“Tre a zero per noi.” Disse compiaciuto.

Dopo qualche secondo Scimmia chiese al capo “Cosa ne facciamo di lei?” indicando Alexandra.

“Portala in macchina.” Ordinò Lupo facendo un piccolo cenno a Tigre.

Non se lo fece ripetere due volte. Tigre sollevò la ragazza, tagliò le corde che la imprigionavano e le puntò la pistola alla gola.

Scesero lentamente le scale e uscirono dalla villa.

Maiale e Scimmia caricarono la refurtiva nel portabagagli mentre Lupo si sedette alla guida dell’automobile. Alexandra e Tigre furono gli ultimi ad uscire dalla casa. Alexandra guardò il corpo di Giacomo accasciato al suolo. Aveva ancora gli occhi blu aperti. Quel blu zaffiro che l’aveva incantata il primo giorno che si erano conosciuti.

“Ti prego, fammelo salutare…” sussurrò lei al suo carceriere.

Tigre non rispose, la spinse a terra e le puntò la pistola alla testa.

“Prova a scappare e ti ammazzo, puttana.”

Alex era china sul viso di Giacomo. Gli accarezzò la guancia e gli diede un bacio sulla fronte. Fece gli stessi identici movimenti che fece quando suo padre fu sbattuto in carcere. Dopotutto Giacomo era come suo padre e l’aveva trattata come una figlia e l’aveva protetta. Era morto per proteggerla. Alexandra prese una collanina che Giacomo portava al collo e la indossò. La ragazza aprì il medaglione. C’era una foto. Lei, Giacomo e la moglie in vacanza ad Ibiza, quando gli affari procedevano bene ed Alexandra era solo una semplice ragazza polacca.

Sull’altro lato c’era incisa una data: 3/07/2009

 

e più in basso: La mia famiglia.

 

Trattenne un singhiozzo. Non doveva piangere. Non voleva farsi vedere debole. La sua famiglia l’avrebbe aiutata. L’avrebbe protetta dall’alto.

Sentì sbattere una portiera.

Infilò il medaglione all’interno della scollatura, s’alzò e si diresse verso la macchina. Tigre si stupì di quel comportamento così deciso e coraggioso. Alex si sedette davanti, vicino a Lupo mentre Tigre si unì a Scimmia e Maiale nel sedile posteriore. Quando la macchina partì si sentì prendere da dietro e qualcuno le portò un fazzoletto davanti al viso. Dopo pochi secondi la vista le si annebbiò..

 

 

IL MATTINO SEGUENTE AI RIS DI ROMA…

 

Lucia Brancato, il capitano, era seduta alla sua scrivania aspettando che i suoi colleghi arrivassero per dare loro una brutta notizia.

“Lucia cos’è successo?” irruppe trafelato nell’ufficio del capitano il tenente Bartolomeo Dossena.

“La banda ha colpito di nuovo.” Rispose lei senza molto entusiasmo.

Subito dopo arrivarono il tenente Orlando Serra, il sotto-tenente Bianca Proietti e il capitano Daniele Ghirelli. Lucia li accolse con un cenno.

“Emiliano?” chiese Bart ai tre.

Tutti si voltarono verso Bianca.

“Non guardate me, non ne so nulla.” Rispose lei arrossendo.

Appena pronunciò quelle parole, squillò il telefono di Daniele.

“Ghirelli” rispose deciso. “Mmm…ah okay, tranquillo Milo, rimani lì per oggi.”

“Era Emiliano” continuò Ghiro “Alla bambina è venuta la varicella, Giada non l’ha avuta e gli suoceri sono fuori Roma. Tornerà domani.”

“Perfetto, ora che ci siamo tutti possiamo iniziare.

Terracciano mi ha appena passato un video. Un altro colpo della banda.”

Il video raffigurava l’uccisione di Giacomo De Luigi e l’entrata della banda nella villa.

“Giacomo De Luigi, 48 anni, proprietario della ditta de Luigi che da circa 2 anni ha chiuso i battenti.”

“Ma se non aveva più denaro, perché la banda lo ha ammazzato e rapinato?” chiese Serra.

“Non lo sappiamo ancora…i conti erano in rosso, nonostante questo De Luigi spendeva molti soldi per il gioco d’azzardo e per fare la bella vita. Dobbiamo scoprire come se li guadagnava.” Arrivò al punto la Brancato.

“Sospetta qualcosa d’illegale?” ipotizzò la Proietti.

“Probabile. Ma sono solo congetture.” Concluse il capitano. “Allora, Ghiro e Serra, voi rimanete qui ad esaminare il video. Bart, tu e Bianca venite con me alla villa di De Luigi.”

SPAZIO AUTRICE:

Salve a Tutti! Ringrazio ancora a Khendest e a Brancarellina di aver recensito la mia storia e grazie mille anche a quelli che hanno solo letto!

Un bacio, Kat.

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre. ***


TANA DELLA BANDA

 

Alexandra aprì gli occhi. La vista era un po’appannata ma sbatté le palpebre un paio di volte per riacquistarla perfettamente. Era in una piccola stanza completamente bianca. Di fronte a lei un tavolo con un computer portatile, a sinistra del tavolo c’era una porta blindata con 3 serrature ma senza maniglia.

Si rialzò da terra, intontita, aggrappandosi alla parete per rialzarsi.

I piedi le facevano male a causa dei tacchi, le calze a rete erano ormai tutte strappate, la minigonna sporca d’intonaco e polvere mentre il top non sembrava aver subito alcun danno.

S’alzò barcollante controllò lo schermo del portatile. Spento. Una luce rossa però lampeggiava. Alexandra non se ne intendeva di computer e pensò ad una casualità.

Trascorse così due giorni, senza mangiare, senza bere, senza una coperta, sola.

Sola con quel maledetto computer.

Ogni tanto urlava, chiedeva aiuto ma niente. Nessuno la sentiva.

Il terzo giorno si risvegliò grazie ad una gelida secchiata d’acqua sul volto.

Alexandra si stropicciò gli occhi, quel risveglio non le era affatto piaciuto. Stava per protestare quando s’accorse di dov’era e di aver davanti due figure, un uomo ed una donna.

Lei aveva un volto dai dolci lineamenti, occhi scuri, capelli corti color cioccolato ed un bellissimo fisico. Indossava jeans bianchi attillati ed una t-shirt rossa a mezza maniche.

Lui aveva un fisico asciutto con i lineamenti spigolosi e i capelli neri, abbastanza lunghi, gli incorniciavano il volto.

L’uomo le porse una mano per rialzarsi mentre la donna la guardava con disprezzo e sdegno. Appena la ragazza riuscì a reggersi in piedi i due individui l’accompagnarono fuori dalla stanza per un lunghissimo corridoio. I due si tenevano per mano scambiandosi di tanto in tento uno sguardo dolce o un bacio a stampo, mentre Alexandra era preoccupata per la sua incolumità. Alla fine del bianco e spoglio corridoio c’era una porta con un maniglione antipanico. L’uomo spinse e aprì la porta. Alexandra fu investita dalla luce. Si trovata presumibilmente in un attico ben arredato. L’uomo la fece sedere, indicandole il divano in pelle bianca mentre la donna era sempre presente come il suo sguardo vigile e contrariato. Alexandra si sentì sollevata ma il suo timore era sempre presente e costante.

“Alexandra.” Sussurrò una voce dietro il suo orecchio. Lei s’irrigidì. Riconosceva quel suono agghiacciante. Appena lei contrasse i muscoli, l’uomo dietro di lei sorrise maliziosamente. La ragazza non osò girarsi a causa del suo incontrollato terrore. Quella voce l’aveva sognata le notti della sua prigionia.

Sentì il respiro dell’uomo scorrere lungo il suo collo.

Alexandra sussultò: era eccitazione misto terrore: un mix perfettamente letale.

Sentì qualcuno tossicchiare e dei passi dietro di lei. I passi s’avvicinavano sempre più. Alexandra deglutì atterrita. Le si presentò davanti un uomo dal fisico magro con dei piccoli occhi azzurri che sembravano quasi incastonati nel suo viso come pietre preziose, le labbra sottili e i capelli lunghi che ricadevano dolcemente sul volto.

“Lasciateci soli.” Disse.

Tutti i presenti della stanza se ne andarono di controvoglia. Quando Alexandra sentì chiudersi una porta dietro di sé, l’uomo iniziò a parlare. Aveva un tono freddo, autoritario, quasi cattivo.

“Alexandra.”

“Chi siete? Cosa volete da me?” domandò lei con lo stesso tono senza lasciar trapelare una sola nota di paura.

“Voglio rivelarti una cosa.”

“Io non voglio sapere niente! Voglio solo andarmene di qui!” gridò lei alzandosi.

“Riguarda De Luigi.”

Alexandra s’impietrì.

“Non permetterti di parlare di Giacomo! Tu non sai nulla di noi né della mia famiglia!” urlò lei in preda alla rabbia.

Sentite le grida tornò nella stanza l’uomo magro con una pistola in mano.

“Tranquillo Stinco, ci penso io.” Disse l’uomo, sicuro di sé.

Stinco uscì di scena di nuovo.

Alexandra era sull’orlo di una crisi isterica.

L’uomo l’afferrò per le spalle e le disse.

“Ora ti cambi e ce ne andiamo fuori a mangiare qualcosa okay?”

Alexandra annuì riluttante. Aveva fame e sete in più le veniva offerta una facile via di fuga s’un piatto d’argento.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


cap 4

Okay, okay.. Chiedo davvero umilmente perdono. Questa storia non è assolutamente conclusa, anzi! Il mio problema principale è che, avendo un computer fisso e condiviso, ogni volta che ho l'ispirazione scrivo su carta piuttosto che in digitale. Il guaio è che mi ritrovo sempre impegnata e non riesco a trascrivere.

Ammetto anche che avevo perso l'ispirazione ma nulla è perduto! La storia è già stata conclusa su carta e ne sto già scrivendo un piccolo seguito!

A breve pubblicherò il seguente capitolo!

Chiedo ancora perdono!

Un bacio, Kat.

CAPITOLO 4

 

L’uomo la accompagno al piano di sopra nel bagno dove la ragazza la stava aspettando. Le fece fare una doccia e le diede un cambio pulito.

Alexandra s’infilò il tubino nero che le era stato prestato dalla mora e la seguì al piano inferiore.

“Il tutto senza costrizione! Brava Alex, fai il cagnolino docile e abbasseranno la guardia” pensò.

Aveva passato anni a scappare dalla mafia russa. Scappare da una banda di ladri sarebbe stato molto più facile.

Scese le scale e trovò davanti a sé i componenti della Banda. L’uomo dagli occhi glaciali le porse il braccio e tutti insieme si diressero verso la limousine nera parcheggiata di fronte a loro.

L’uomo le rivolgeva un sorriso amichevole. Così amichevole da essere falso.

Alexandra lo fissò intensamente. Ora la rabbia nei confronti di quell’uomo cresceva a dismisura ma si finse indifferente.

La vendetta è un piatto che va servito freddo.

 

Quando furono seduti al tavolo dell’Happylife, uno dei più esclusivi circoli per ricconi con lo yacht, l’uomo dagli occhi azzurri finalmente parlò.

“Alexandra” disse rivolgendosi alla bionda. “Penso sia ora delle presentazioni. Questi sono i miei compagni: Stinco o Scimmia” l’uomo magro. “Giordana o Coniglio.” La moretta. “Ninni o Maiale.” L’uomo dal fisico pesante. “E Gerry, mio fratello, o Tigre.”

L’uomo dalla barba incolta.

Alexandra non parlò. Si concentrò principalmente sul cibo che era nel suo piatto.

Quando ebbe finito domandò in tono di sfida. “ Molto bene, perche tu non ti sei presentato?”

“Perdona la mia scortesia, io sono Mario. Il Lupo. Il capobranco.” Rispose in tono quasi canzonatorio.

Alexandra afferrò la sottile sfumatura di sarcasmo e rispose per le rime. “Bene, Mario, ora che abbiamo finito con questa pagliacciata si può sapere che cazzo vuoi da me?”

Ninni emesse una leggera risata che terminò in un battibaleno dallo sguardo minaccioso di Gerry.

Alexandra guardò dritto negli occhi il Lupo, sfidandolo.

Mario rispose quasi scherzosamente. “ Ragazzina, hai riposto la fiducia nella persona sbagliata, De Luigi era uno sfruttatore.”

“Anche se fosse così, questo ti dà il diritto di aggredire me e uccidere lui? Il tuo atteggiamento da giustiziere è veramente patetico.”

“ Sappi che il signor De Luigi utilizzava i soldi del tuo..come dire?..guadagno, per fare la bella vita e sperperarli nel gioco d’azzardo.”

“Ma che cazzo stai dicendo? Come ti permetti di insinuare queste cose?”

“Mi permetto perché lo so. De Luigi giocava con noi. Indovina in quali tasche sono finiti i tuoi soldi?”

“Brutto Bast..” Alexandra si bloccò.

Gerry da sotto il tavolo le aveva puntato una pistola provvista di silenziatore contro la coscia.

“Shhh! Ragazzina, stai calma!” le sussurrò all’orecchio.

Alexandra, stizzita, si ricompose appena arrivò il cameriere.

“Ora scusatemi, dovrei andare in bagno.”

“Giordana, accompagnala.” Ordinò Mario.

 

Le sue ragazze si diressero verso il bagno.

A metà strada Giordana le afferrò il braccio, trascinandola dietro ad un cespuglio.

“Stai attenta.”

“Ma dai? E a cosa di preciso?” rispose sarcasticamente la bionda.

“Smettila. Stinco m’ha detto che durante la tua prigionia sei stata filmata e il video è stato trasmesso ad un’asta in rete. Sei uscita perché ti hanno comprata.”

“Sono sopravvissuta alle orde sella mafia russa, Giordana. Peggio non ce n’è.”

“Si invece. Sei stata comprata da loro. E’ stata un’idea di Lupo.”

“E tu perché mi stai dicendo questo?”

“Chiamala solidarietà femminile.” Sussurrò lei prima che qualcuno mi trascinasse via.

 

NEL FRATTEMPO AI RIS DI ROMA…

 

“Capitano, sono le dieci passate, vada a casa a riposare.” Consigliò il tenente Serra.

“Tenente, non so se ha capito, ma qui c’è in gioco la vita di una ragazza.” Rispose la Brancato.

“Non sto sminuendo il caso. Semplicemente sto cercando di farle un piacere.”

“Bravo Serra, questo è l’ultimo piacere che può farmi questa sera: porti questo CD a Ghiro e poi se ne vada a casa.”

“Ma..”

“Vada, Serra!”

Il tenente, riluttante, uscì dal laboratorio per raggiungere la postazione dell’informatico Daniele Ghirelli.

“Ghiro, la Brancato vuole che tu esamini questo disco.”

“Ti ha dato buca pure questa volta?” chiese l’informatico riccioluto.

“non proprio. Non le avevo chiesto ancora nulla.”

“Orlando, devi capire che la Brancato meno la cerchi, meglio è.” Disse Ghirelli inserendo il CD.

Serra alzò gli occhi al cielo e guardò nel monitor.

“Ecco una cosa che non fa piacere vedere.” Disse Ghiro.

Sullo schermo venivano riprodotte le immagini della prigionia di Alexandra.

“Provengono da una pagina WEB. Guarda qui, Serra: ASTA CONCLUSA. Vuol dire che la ragazza verrà venduta al più presto.”

“Cazzo Ghiro dobbiamo trovarla!”

“Provo ad analizzare il video..”

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