Petali di rosa 2

di mikelina
(/viewuser.php?uid=49567)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ancora insieme ***
Capitolo 2: *** Love and Wedding ***
Capitolo 3: *** Wedding reception ***
Capitolo 4: *** La prima notte ***
Capitolo 5: *** Proposta ***
Capitolo 6: *** Famiglia ***
Capitolo 7: *** Decisioni Importanti ***
Capitolo 8: *** Tristezza e delusione ***
Capitolo 9: *** Pace ***
Capitolo 10: *** Messico ***
Capitolo 11: *** Guai in paradiso ***
Capitolo 12: *** Sorpresa ***
Capitolo 13: *** Amiche ***
Capitolo 14: *** Novità ***
Capitolo 15: *** Tregua ***
Capitolo 16: *** Colpo di fulmine ***
Capitolo 17: *** Paris ***
Capitolo 18: *** Mikky ***
Capitolo 19: *** Una giornata di lavoro ***
Capitolo 20: *** Broken Heart ***
Capitolo 21: *** Gelosie ***



Capitolo 1
*** Ancora insieme ***


petali di rosa. 1 capitolo
Le girls

Ancora insieme

Pov. Beth

Si può essere amici per sempre 
Anche quando le vite ci cambiano
Ci separano e ci oppongono
Si può essere amici per sempre                                                                                         Anche quando le feste finiscono                                                                                     Anche quando le feste finiscono 

Amici per sempre - Pooh


famiglia parker

Quattro anni erano passati da quel capodanno. Tante cose erano accadute nel frattempo. Circa un mese dopo il suo annuncio, Dana era partita per l’Iraq. Ormai erano 4 anni che tornava a Los Angeles giusto un mese e poi ripartiva. La povera Nina era sempre in ansia per la sua sorte. Un po’ come tutte noi. Ormai erano più di sei mesi che era partita per la sua ultima missione e ancora non era tornata. Nel frattempo anche le vite di noi altre erano cambiate. Io e James eravamo diventati marito e moglie il 17 giugno 2011, per la nostra gioia e quella di amici e parenti. Era stata una cerimonia semplice ma molto intensa. Kate cresceva a vista d’occhio e somigliava sempre di più a me. Appena due anni dopo la sua nascita, il 22 marzo, nacque Matthew Thomas, l’ometto di casa. Era un bambino stupendo. A soli 18 mesi era capace di articolare frasi complete e sensate, anche se i difetti di pronuncia rimanevano, proprio come gli altri bambini. Quando era nato ricordo che Kate era stata gelosissima. Sentiva che qualcosa era cambiato, l’attenzione non era più solo per lei ma equamente divisa tra lei e il fratellino. Fortunatamente poi accettò di buon grado il ruolo di sorella maggiore, diventando molto protettiva nei confronti di Matt. Sophie appena un anno dopo il suo matrimonio aveva scoperto di essere incinta di uno splendido maschietto che chiamò Edward. Anche Ally aveva sposato il suo Jacob, e poco più di un anno fa era nato il piccolo Alex. Nel mentre era diventata proprietaria dell’asilo in cui lavorava. Aveva apportato alcuni cambiamenti che l’avevano fatta diventare una delle scuole più frequentate di Los Angeles. Di Megan non avevamo più avuto notizie. Era completamente scomparsa dalle nostre vite. Rachel, la direttrice del St. Jhon era ormai entrata a far parte del nostro gruppo a pieno titolo insieme a Mitsuki, una nostra amica di liceo che avevamo ritrovato con piacere.

Vi starete chiedendo: e Alice? Alice.

Alice lavorava ancora al St. John e ad oggi era una delle dottoresse più brave che quell’istituto aveva. Dopo la laurea in Psicologia, era andata a convivere con Helena e dopo quasi 4 anni, oggi finalmente, in una calda giornata di inizio Aprile, si sarebbe celebrato il loro matrimonio. Io, Ally, Sophie e Rachel eravamo state nominate damigelle d’onore, mentre dei bimbi i tre maschietti Nicholas, Matt e Edward, sarebbero stati i pagetti e Kate la piccola damigella. Alice avrebbe tanto voluto che fosse Dana ad accompagnarla all’altare, ma quest’ultima le aveva mandato una mail in cui le aveva comunicato che non sarebbe potuta essere presente per dei problemi di lavoro. Quello che la nostra sposina non sapeva e che era tutto programmato per farle una sorpresa. In questo momento infatti, con James e i bambini, eravamo in viaggio verso l’aeroporto. Quando arrivammo scoprimmo che l’aereo proveniente dall’Iraq era appena atterrato. Erano passati forse 15 minuti quando la vidi. Vestita con l’uniforme ufficiale da cerimonia, Dana era uno spettacolo. Vidi Kate lasciare la mano di James e correre da lei.
“Zia Dana!” gridò.

Lei le sorrise e la prese in braccio.
“Ciao piccola, ma che bella che sei con questo vestito!” le rispose Dana

“L’ha scelto zia Al! Però io sono grande, è Matt piccolo!” puntualizzò la mia bambina.

Scoppiammo a ridere. Odiava sentirsi dire che era piccola. Solo il suo papà poteva permetterlo. Nel frattempo Matt iniziò a scalciare tra le mie braccia, segno che voleva essere messo a terra. A passi incerti e un po’ traballanti imitò la sorella e andò verso la mia amica.

“Ma guarda un po’ questo ometto come è cresciuto” disse lei.

Mise a terra Kate e prese in braccio Matt. Poi si avvicinò a noi.

“Ciao Beth, ciao James. Come state?”

Andai ad abbracciarla.

“Ciao Dana. Bentornata! Tutto bene. Alice non sospetta nulla, ma se vogliamo arrivare in tempo conviene muoverci!”

“Hai ragione Beth. Voglio proprio vedere la faccia di Al quando mi vedrà!”

Salimmo in macchina e ci dirigemmo verso la casa di Dana e Nina. Arrivati lì Dana si diresse verso il garage e potrò fuori la moto, la sua splendida bambina, come la chiamava lei. Con un rombo assordante quel gigante della strada riprese vita. Poi fece segno a James di andare, e mentre lei ci seguiva, ci dirigemmo verso casa di Alice ed Helena dove la sposina si stava preparando. Finalmente la sorpresa sarebbe stata svelata e avremmo fatto tornare il sorriso sulle labbra di Alice, rendendo il suo matrimonio veramente perfetto. Arrivammo lì con un leggero anticipo e così feci segno a Dana di restare nascosta dietro l’angolo dell’incrocio, ben nascosta dagli occhi di Alice ma abbastanza vicino da capire quando uscire. Quindi io e James prendemmo i bambini ed entrammo dentro. La cosa che ci colpì appena varcammo la soglia di casa fu che tutti i gli amici di Alice erano in giro per la casa. Possibile che nessuno fosse con Alice? Mi avvicinai ad Ally e chiesi spiegazioni.

“Che succede?”

“Ray ha detto che voleva stare un attimo da sola. Penso le manchi Dana per essere veramente felice. A proposito, dov’è?”chiese guardandosi intorno.

“É all’angolo della strada pronta ad uscire appena vedrà Alice varcare la porta.”

“Non vedo l’ora di riabbracciarla. Come sta?”

“Benone! È in gran forma. E poi quella divisa le sta d’incanto.”

Proprio in quel momento vedemmo Alice scendere le scale e sorriderci, al braccio di Gregory, il padre di Helena, e Nicholas. Vedevo l’emozione nei suoi occhi, ma anche l’ansia e la tristezza. Ero certa che tra poco tutta quella tristezza sarebbe sparita. Alice stava per salire nella limousine, quando sentimmo il rombo di un motore. Tutti ci girammo in direzione del rumore e mentre la figura di Dana si faceva sempre più vicina vidi Alice portarsi le mani alla bocca e piangere incredula.

“Forza salta su!” la incitò Dana.

Alice ci guardò come per ricevere l’approvazione e vedendo i nostri sorrisi salì in sella alla moto che partì a tutta velocità.

“Beh possiamo dire che la sorpresa è riuscita no?” disse Nina

“Alla grande direi!” rispose Mikky.

E mentre guardavamo la moto scomparire all’orizzonte tutti quanti salimmo nelle rispettive macchine e ci avviammo verso il Les Coyotes Country Club, ansiosi di assistere alla coronazione di uno splendido sogno.

Angolo Autrici  
Ciao a tutte. Siamo tornate!!! Ecco il continuo di petali di rosa. é ancora in fase di scrittura quindi potremmo essere un po' lente con la pubblicazione. Intanto però fateci sapere che ne pensate! A presto!!! ^^


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Love and Wedding ***


petali di rosa. 1 capitolo

Love and Wedding



Pov. Alice

Alice and Helan Wedding

From: Dana Lewis (dan.lew@gmail.com)

To: Alice Williams (al.will@gmail.com)

Object: R:

                                                                                       Afghanistan, 7 Marzo

 

Ciao Alice! Ho letto con piacere la tua lettera, che mi informava degli ultimi preparativi per il matrimonio. Ho fatto il possibile per risponderti al più presto; purtroppo devo darti una brutta notizia: il nostro rientro dalla missione di pace è stato spostato di un mese, e quindi non mi sarà possibile essere presente nel giorno più bello della tua vita. So che capirai, nonostante il dispiacere, e ti prometto che non appena tornerò organizzeremo un te tutte insieme, così che tu possa raccontarmi ogni singolo particolare della cerimonia e mostrarmi le innumerevoli foto che sicuramente farà Beth. Ti abbraccio forte, cercherò di chiamarti il giorno della cerimonia per farvi gli auguri.

Con affetto.

Dana.

 

Seduta alla scrivania, rilessi quelle parole con gli occhi pieni di lacrime. Quando avevo letto la mail, circa un mese prima, la mia istintiva reazione era stata quella di prendere a pugni il libro di Psicologia Clinica che avevo di fianco a me. Ora, invece, dai miei occhi scendevano lacrime di delusione al solo pensiero che Dana non potesse essere con me in quel meraviglioso giorno. 2 Marzo 2016: Io ed Helena tra poche ore ci saremo sposate. Avevamo organizzato tutto nei minimi dettagli: partecipazioni, ricevimento, avevamo perfino organizzato un pulmino che andasse a prendere tutti i suoi parenti che arrivavano dall’Inghilterra all’aeroporto. Durante l’ultima telefonata che ci eravamo scambiate, avevo chiesto a Dana di accompagnarmi all’altare in divisa. Ci tenevo tantissimo: era stato grazie a lei e Nina se ora io ed Helena stavamo per diventare marito e moglie...ops, moglie e moglie! Mentre fissavo lo schermo del pc, bussarono alla porta.

“Alice? Posso entrare?” Rachel aprì piano la porta ed aspettò il mio consenso prima di entrare.

“Si Ray...vieni pure...” Chiusi la posta elettronica e spensi il pc.

“Fortuna che l’estetista è ancora qui...guarda come ti sei conciata!” Rachel scosse la testa: piangendo avevo rovinato tutto il trucco, ed ora dovevamo ricominciare tutto da capo. In quel preciso istante entrarono Ally, Sophie e Nina, accompagnate da Lara, la ragazza che avevo scelto come estetista. Nina mi guardò e sorrise lievemente. La abbracciai.

“Ti manca vero?” Mi chiese stringendomi forte. Ricominciai a piangere, stavolta seguita da Nina. Le ragazze aspettarono che ci calmassimo, poi Lara mi fece sedere ed iniziò a sistemare il trucco.

“Beth dov’è?” Chiesi distrattamente, accorgendomi solo in quel momento che non era nella stanza. Ally scosse la testa.

“Ha scordato la digitale a casa Alice...è corsa a prenderla...sai che non può vivere senza!!” Lei e Sophie risero. Guardai l’orologio.

“Porca puttana!! Sono in ritardo per le fotografie ragazze! Sono già qui i fotografi?” Sophie mi prese la mano.

“Alice, sei peggio di me il giorno del mio matrimonio! Rilassati...i fotografi sono qui...stai tranquilla...” Respirai profondamente; aveva ragione, ma non so per quale motivo non riuscivo a calmarmi. La cerimonia era fissata per le 11:00 al Les Coyotes Country Club, un luogo che io ed Helena avevamo scelto con cura tra tantissimi che avevamo visitato. Il ricevimento invece si sarebbe svolto al Doubletree Hotel Claremont, scelto dai genitori di Helena. Avevano tanto insistito per regalarci il ricevimento migliore del mondo che noi, nonostante avessimo già scelto dove si sarebbe dovuto svolgere, non eravamo riuscite a dire no. E quando ci avevano portato a vedere il Doubletree avevamo capito di aver fatto la scelta giusta. La festa sarebbe durata fino a notte fonda, visto che subito dopo il pranzo ci sarebbero state dapprima le foto di rito, con amici e parenti, in seguito canti e balli ed infine una deliziosa cena fredda in stile giapponese, per la quale ci saremo trasferiti all’ Earl Burns Miller Japanese Garden, scelto da me e dalla mia futura sposa.

“Permesso?” Mi voltai verso la porta e vidi la mamma di Helena, Gillian,  entrare nella stanza. Lara aveva terminato. Gilly si avvicinò e mi abbracciò fortissimo.

“Come sei bella Alice!! Helena è rimasta sveglia quasi tutta la notte...è molto in ansia...crede che tu cambierai idea!” Ridemmo tutte.

“Non potrei mai farlo...” Sorrisi dolcemente. Gilly e Rachel presero il vestito e mi aiutarono ad indossarlo: avevo scelto un abito stretto, con un lungo strascico, color avorio. Mi sarebbe piaciuto sposarmi in bianco, ma parlandone con le ragazze ero giunta alla conclusione che non sarebbe stato adatto ad una cerimonia del genere. Ricamati nell’abito, tanti fiorellini di color avorio più tenue, che si ripetevano anche sul velo, di raso soffice. Gilly me lo appuntò sulla testa servendosi del piccolo pettinino che mi aveva prestato Sophie, tempestato di tanti piccoli swarovski.

“Come ti senti Alice?” Mi chiese Allyson sorridendo.

“Ansiosa! Non vedo l’ora di vederla!” Gillian si avvicinò a me con una piccola scatola in mano.

“Avevi dimenticato che serve qualcosa di blu e di regalato, oltre che qualcosa di prestato e di nuovo...è la tradizione..” Presi la scatola tra le mani e sorrisi emozionata. Tutte si misero intorno a noi. Quando la aprii, restai sconvolta: dentro c’era una bellissima collana d’oro, alla quale era appeso un piccolo cuore blu di diamante. Guardai Gillian con gli occhi che brillavano.

“è bellissimo...davvero!” La abbracciai forte; per me era come una madre...visto che la mia ormai si era scordata di avere una figlia.

“Mi sono sposata con questa collana...ora voglio che la metta tu...e dopo di te tua figlia...perché sono convinta che tu ed Hel avrete dei bellissimi bambini!” Mi strinse a lei commossa ed io feci lo stesso. Poi Rachel mi aiutò a metterla, portandomi davanti allo specchio.

“Eccoti sposina...sei pronta per il grande passo” Guardai la mia immagine riflessa; stentavo a riconoscermi e non capivo perché. Mi sentivo più grande, più bella addirittura, cosa che mai avrei potuto pensare prima di quel momento. Erano passati 5 anni da quando avevo scoperto di amare le donne...anzi, LA donna...la mia donna. Helena era stata il mio passato, era il mio presente e sarebbe stata il mio futuro per tutta la vita. Ricordavo ancora quando mi aveva chiesto di diventare sua moglie, guardandomi negli occhi, cercando di mettere da parte ansia ed emozione. I suoi occhi verdi avevano brillato di gioia quando aveva sentito il mio “si”. Lo ricordavo come se fosse accaduto in quel preciso istante. Le ragazze decisero di scendere al piano di sotto. Sarebbe dovuta essere Dana ad accompagnarmi lungo la scalinata che dal primo piano portava all’immenso salone di casa mia e di Helena, e così dovetti farmi forza e scendere da sola. Aprii la porta della stanza e trovai davanti a me Gregory, il padre di Helena, e mio fratello Nicholas. Sorrisi ad entrambi. Mio fratello si sistemò il cravattino e con sguardo serio iniziò a comunicarmi tramite gesti il perché della loro presenza.

“Vorremo essere noi ad accompagnarti lungo la scalinata...possiamo?” Sorrisi emozionata ed annuii. Poi guardai Gregory che mi porgeva il braccio.

“Sei mia figlia ormai...come posso lasciarti scendere da sola la scalinata? Fossi stato davvero tuo padre non avrei voluto perdere questo momento per niente al mondo”

Strinsi delicatamente il suo braccio, mentre Nicholas si metteva alla mia sinistra e mi sorrideva. Lo ringraziai con il linguaggio dei segni e lui mi fece chinare alla sua altezza per baciarmi sulla guancia. Mentre scendevo la lunga scalinata, vidi i volti sorridenti dei miei amici, tutti presenti nel giorno per me più bello: Beth e James con Kate Rose ed il piccolo Matthew; Ally e Jacob, che teneva in braccio Alex; Sophie e Lucas con il piccolo Edward; Rachel con Claire e le altre colleghe di lavoro con cui avevo un rapporto più stretto; Nina che teneva tra le braccia Otto, con un cravattino per cani, e Sheyla, con una tutina rosa e bianca, insieme ad una sua amica (ed ex ragazza) ammalata di cancro, che aveva chiesto il suo aiuto per sopportare la malattia nel modo migliore; Jordan e Cory, una coppia di amici gay che io ed Helena avevamo conosciuto durante una manifestazione e che da allora erano diventati i nostri migliori amici. Insieme a loro, tanti altri amici ed amiche che avevano ricevuto il nostro invito per partecipare alla cerimonia. Arrivata in fondo alla scalinata, sorrisi a tutti coloro che mi salutavano e vidi che fuori era parcheggiata la macchina che avrebbe dovuto portarmi al Les Coyotes. Varcammo la soglia della porta e Gregory mi accompagnò alla macchina. Stava aprendo lo sportello posteriore per farmi salire, quando sentii il rombo assordante di una moto che arrivava a tutta velocità. Mi voltai insieme a tutti gli altri e restai immobile: davanti a me, sulla sua fiammante moto nera, c’era Dana, con la sua divisa da capitano dell’esercito americano. Mi sorrise ed io ricambiai con le lacrime agli occhi; dubitavo che il trucco avrebbe resistito alle numerose lacrime che avrei versato quel giorno.

“Forza, salta su Alice! Siamo in ritardo!” Guardai le mie amiche che sorridevano e corsi via. Dana mi aiutò a salire ed io sistemai velo e vestito. Partimmo a tutta velocità.

“Non ci posso credere...cosa ci fai qui?” La guardai ancora sconvolta e lei rise.

“Potevo mancare al giorno più bello della tua vita? Beth e James sono venuti a prendermi all’aeroporto e mi hanno accompagnato a casa, dove mi aspettava la mia moto. Guarda, ho messo pure i fiocchetti bianchi e rosa!!” Ridemmo insieme.

“La tua moto è cento volte meglio della limousine Dan!” Le dissi sorridendo.

“Ci credo...mi sarei offesa se tu avessi detto il contrario!! Stringiti forte, non vorrei perderti per strada!” Poco dopo arrivammo al Les Coyotes, dove ci aspettavano amici e parenti. Dana scese dalla moto e mi aiutò a sistemare il vestito. Passò la mano sulla divisa.

“Come sto?” Le sistemai la cravatta e sorrisi.

“Benissimo, capitano Lewis!” I bambini che dovevano fare da paggetti e damigelle mi corsero incontro. Kate Rose teneva un cestino pieno di petali di rosa che doveva spargere lungo il cammino; Nicholas invece avrebbe sorretto il velo insieme al piccolo Edward, che nonostante la sua età era già abbastanza alto. Infine, il piccolissimo Matthew, di soli due anni, avrebbe portato le fedi. Ci preparammo, ed io presi Dana a braccetto.

“Ci siamo... -Mi sorrise ed io ricambiai- Sei pronta?” Mi chiese. Annuii e ci incamminammo, mentre intorno le note della marcia nuziale riempivano l’aria. Tutti si voltarono a guardarmi, ma io avevo occhi solo per Helena, che, in piedi accanto all’arco di fiori sotto il quale si sarebbe svolta la cerimonia, nel suo tailleur nero, mi aspettava sorridendo emozionata. Era bellissima. Quando giungemmo vicino a lei, Dana lasciò il mio braccio e presi la mano di Helena, che la strinse forte. Poi Rachel mi porse il mio mazzolino, composto da viole fresche e rose bianche e calle. Guardai Helena e ci sorridemmo: era l’inizio della nostra nuova vita insieme.

Angolo Autrici
Ciao a tutte!!! eccoci tornate col 2° capitolo!!! :) Finalmente dopo tanto dolore anche Alice ed Helena realizzano il loro sogni :) speriamo vi sia piaciuto!! a presto!! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Wedding reception ***


petali di rosa. 1 capitolo

Wedding Reception



Pov. Beth

hotel




japan garden

“Con i poteri a me conferiti vi dichiaro unite in matrimonio. Può baciare la sposa”

Partì uno scroscio di applausi e Alice ed Helena furono investite da una marea di amici e parenti che volevano congratularsi con loro. Vidi Al ridere mentre abbracciava Dana. Conoscendola non avrà sicuramente mancato l’occasione per fare qualche battutina delle sue. Presi per mano Matt che cercava di fuggire nel grande giardino che c’era tutt’intorno e mi avvicinai verso le spose.

“Auguri ragazze” dissi abbracciando prima l’una e poi l’altra, quando finalmente riuscii a raggiungerle. Nei loro occhi si poteva leggere l’emozione e la gioia di esser riuscita ad arrivare fin qui. In quel momento arrivò il fotografo, reclamandole per le foto di rito, così dopo aver individuato James in mezzo alla folla, ci avviammo verso la macchina, diretti al Doubletree Hotel Claremont dove si sarebbe svolto il ricevimento. Dopo circa mezz’ora di viaggio giungemmo a destinazione. Ad accoglierci all’ingresso del locale un grande arco con palloncini rossi e viola sui quali si scorgevano i nomi di Alice ed Helena. All’interno tutto era stato decorato con questi due colori. Tutto lì  ricordava l’amore. Si vedeva proprio che c’era lo zampino di Alice. “Mamma mamma, guadda!!! Cuoe!”

Matt richiamò la mia attenzione indicandomi i tanti cuori presenti in quella sala.

“Si amore, hai visto quanti cuori? Sono belli vero?” risposi sorridendo.

La sala ricevimenti era stata riempita di tanti piccoli tavoli circolari sui quali erano posate, alternativamente, tovaglie rosse e viola. Su di essi erano poi sparsi tanti petali di rosa di vari colori.

All’ingresso c’era un grande cartello con tutta la disposizione dei tavoli. Le ragazze avevano avuto l’idea di nominare i tavoli con la frase “Ti amo” scritta in varie lingue. C’era lo spagnolo “Te amo”, il tedesco “Ich liebe dich” e anche il greco “S'ayapo”. Secondo il cartellone noi eravamo stati assegnati al tavolo “Je t’aime” insieme ad Ally. Mikky e Sophie invece si sarebbero sedute al tavolo dal sapore orientale “Kimi o ai shiteru” insieme a Rachel. Dana invece, in quanto testimone di Alice, era stata sistemata nel tavolo “I love you” insieme alle spose, ai genitori di Helena e a nonna Agnese con Nicholas. L’ingresso delle spose fu accolto con un lungo applauso. Il pranzo procedette tranquillamente, tra una portata e l’altra, chiacchierando con Ally e Jacob. A un tratto vidi Dana alzarsi e richiamare l’attenzione degli invitati:

“Scusate! Potrei avere un momento la vostra attenzione?! Grazie! Dunque come molti di voi sapete sono una delle migliori amiche di Alice. Sono ormai tanti anni che ci conosciamo. L’ho vista innamorasi di tanti ragazzi e troppe volte rimanere scottata. Conoscevo già Helena, tramite vecchie conoscenze, e mai avrei immaginato che un giorno sarebbe stata la compagna della mia migliore amica. Ricordo quanto fosse spaventata Al all’inizio e quanto è stato difficile accettare per lei questo amore. Anche quando entrambe hanno preso consapevolezza dei reciproci sentimenti che le univano hanno dovuto superare tante prove difficili. Ci sono persone che hanno fatto parte della loro vita che oggi non son qui a festeggiare con noi. Persone che non riescono ad accettare una relazione omosessuale e per questo si sono allontanate da loro. Alice anche se dici che non t’importa che queste persone non siano con noi oggi, ti conosco troppo bene per non capire che nel profondo del tuo cuore le vorresti accanto a te a festeggiare il coronamento del tuo sogno d’amore. Dirti che non devi dar importanza a questo sarebbe da ipocriti. Tutti sappiamo che non è possibile far finta di nulla se le persone che ti feriscono sono coloro che dovrebbero volere il tuo bene.  Posso solo dirti che ci sono comunque tante persone cheti accettano così come sei, e oggi sono qui per darti tutto il loro affetto. Ad Helena vorrei solo chiedere di proteggerla. Sembra un leone, ma dentro è molto fragile. Vorrei quindi proporre un brindisi! Ad Alice ed Helena e alla loro nuova vita insieme!”

“AD ALICE ED HELENA!!!”

Vidi Alice alzarsi ed andare ad abbracciare Dana, visibilmente commossa. Fino a qualche ora fa era rassegnata all’idea che lei non sarebbe stata presente nel giorno più importante della sua vita, e invece ora era lì accanto a lei, a dimostrarle quanto tenesse a lei. I bambini si erano alzati e giocavano per tutta la sala. Era arrivato il momento di dare inizio ai balli, così mi alzai sotto lo sguardo preoccupato delle spose e mi avviai verso il bellissimo pianoforte a coda nero che troneggiava su un lato della pista da balla.

“Che stai facendo?” mi chiese Alice col labbiale.

“Non ti preoccupare!” risposi sorridendole.

Mi avvicinai al pianista che aveva suonato fino a quel momento e feci la mia proposta.

“Vorrei suonare io il loro primo ballo, se è possibile” dissi

“Si certo, prego!” mi rispose lui.

Lo ringraziai e presi il microfono, attirando l’attenzione di tutti gli ospiti.

“Buonasera! Inviterei Alice ed Helena a venire al centro della pista da ballo per il loro primo ballo da moglie e moglie.”
Mi sedetti sul pianoforte e iniziai a suonare “My Valentine” di Martina McBride

Come si diffusero le prime note vidi Alice girarsi verso di me visibilmente sorpresa. Sapevo il perché di tutto questo stupore. Era la canzone che rappresentava il loro amore, la canzone che Helena aveva dedicato ad Alice quando le aveva chiesto di sposarla. Per questo l’avevo scelta come primo ballo. Le spose raggiunsero il centro della pista e iniziarono a ballare.

 

All of my life 
I have been waiting for 
All you give to me 
You've opened my eyes 
And showed me how to love unselfishly 

I've dreamed of this a thousand times before 
In my dreams i couldnt love you more 
I will give you my heart 
Until the end of time 
You're all i need 
My love, my valentine

 

Nei loro occhi si poteva leggere tutto l’amore che provavano l’una per l’altra, e tutta l’emozione di cui questo momento era carica. Quando la canzone giunse al termine restituii il pianoforte al pianista e mi avviai di nuovo al mio tavolo. I balli continuarono ancora. Mentre Helena ballava col padre, vidi lo sguardo di Alice velarsi. Sapevo che in quel momento pensava al padre assente. Fortunatamente ci pensò Nicholas a distrarla con l’innocenza dei suoi 8 anni abbracciò Al e le sorrise indicandole la pista. Non era un vero e proprio ballo quello che stavano eseguendo, più che altro si limitavano a dondolarsi sul posto e a fare qualche giro ogni tanto. Ma era comunque una bellissima scena. Era ormai il tramonto quando lasciamo il Doubletree Hotel Claremont per dirigerci verso l’Earl Burns Miller Japanese Garden. Era un bellissimo giardino giapponese, un posto da favola per immergersi nell’ambiente orientale. C’era un enorme giardino con uno splendido laghetto pieno di cigni e anatre che attirarono l’attenzione dei  bambini. Mangiammo una squisita cena fredda in tipico stile giapponese , dopodiché venne organizzata una gara di karaoke in cui tutti ci cimentammo, tra le risate generali. Quando giunse la notte tutte le luci vennero spente. Le uniche luci che illuminavano la sala erano quelle che provenivano dalle candele sparse in tutta la sala. Dal fondo della sala venne portata una meravigliosa torta nuziale. Aveva tre piani quadrati messi l’uno su l’altro un po’ di sbieco. Alla base di ogni piano c’era un nastrino di diverse tonalità di viola e tre rose di colori diversi. In cima, visto il matrimonio particolare, invece che i classici sposi troneggiavano due splendidi cuori creati con tanti piccoli Swarosky di colori diversi. La festa si protrasse per tutta la notte e io e James con Matt e Kate addormentati tra le nostre braccia. Avevano corso tutto il giorno finché la stanchezza non aveva preso il soppravvento. Era stata una magnifica giornata, ricca di emozioni. Finalmente anche Alice aveva coronato il suo sogno d’amore.

 

Angolo Autrici
Ciao a tutte!!! eccoci tornate col 3° capitolo!!! :) Finalmente il tanto atteso ricevimento!!! speriamo vi sia piaciuto!! a presto!! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La prima notte ***


petali di rosa. 1 capitolo

La prima notte



Pov. Alice


petali  vasca petali                        



Quella giornata era stata la più bella della mia vita. Ed ora, davanti alla porta di casa, alle tre del mattino, stavamo salutando i nostri amici. Rachel mi baciò sulla guancia.

“Fate sogni d’oro Alice...ci vediamo domani mattina per salutarci!” Le sorrisi.

“Grazie di tutto Ray...davvero!” Poi fu il turno di Beth. La strinsi forte.

“Non avresti potuto farmi un regalo migliore...sei unica” Lei si commosse.

“Finalmente posso piangere senza preoccuparmi del trucco!” Alzai gli occhi al cielo ridendo.

“Non dirlo a me, mi sono dovuta trattenere per paura che si rovinasse tutto dopo 20 secondi!” Ridemmo tutti insieme. Ringraziammo e li guardammo salire ognuno sulle proprie macchine. Restarono solo Dana e Nina.

“Allora ragazze...vi lasciamo anche noi –Nina mi baciò sulla guancia- ci vediamo domattina, veniamo a prendere la piccoletta...ora sarete stanche” Annuii e le abbracciai.

“Vi aspettiamo per colazione prima della partenza!” Le accompagnammo in macchina e quando andarono, finalmente rientrammo in casa. La prima cosa che feci fu togliere le scarpe. Non sopportavo i tacchi e quella era stata la tortura più grande di tutta la giornata. Helena mi strinse a lei e mi baciò.

“Sei felice amore?” La guardai sorridendo, emozionata come il giorno del nostro primo incontro.

“Si...felicissima...e tu amore? Ti sei pentita?” Lei ci pensò su.

“Un po’ si...ma solo perché sei un disastro e non fai altro che combinare guai!” Le diedi un leggero schiaffetto sulla guancia e scoppiammo a ridere.

“Ah è così? Chiedo subito il divorzio!” Helena diventò di colpo seria.

“Vieni amore...abbiamo bisogno di rilassarci un po’ prima di andare a dormire...” Mi prese per mano e la seguii al piano superiore. Mi portò fino al bagno e spalancò la porta facendomi entrare per prima. Restai a bocca aperta.

“Amore...ma...è bellissimo!” La abbracciai: sulla vasca da bagno e sparse per tutta la stanza c’erano minuscole candele che emanavano un dolce profumo di vaniglia e rose ed illuminavano la stanza. Mi avvicinai alla vasca e toccai l’acqua. Calda al punto giusto, era ricoperta di schiuma che profumava di cioccolata e petali di rosa. Tutto era perfetto.

“Ti piace?” Mi sussurrò Helena all’orecchio, posandomi una mano sul fianco.

“Si amore...ma...come hai fatto?!” Lei sorrise della mia ingenuità.

“Non sono stata io...diciamo che ho solo programmato come volevo preparare tutto...ci ha pensato Rachel a creare questa meraviglia...” Ray. Ecco dov’era quando l’avevo cercata per il lancio del bouquet! Era arrivata di corsa e quando le avevo chiesto dove fosse finita, mi aveva risposto che aveva dimenticato la borsetta in macchina ed era corsa a riprenderla.

“Forza amore...entra in acqua prima che si freddi...” Helena mi aiutò a slacciare il fiocco del vestito e lo lasciai cadere a terra. Mi accarezzò dolcemente la schiena e mi diede un bacio.

“Torno subito...vado a cambiarmi e sono da te...” Finii di togliere anche l’intimo che avevo usato per la cerimonia e entrai in acqua. Chiusi gli occhi e mi rilassai, bagnandomi il viso per togliere il trucco. Sfiorai le candele sul bordo della vasca pensando che tutto era stato perfetto: la cerimonia, il ricevimento, tutte le sorprese preparate dai miei amici...solo una macchia nel mio cuore. Il fatto che i miei genitori non si fossero presentati. Stavo giusto riflettendo su questo particolare quando Helena tornò da me.

“Entri?” Le chiesi sorridendo. Lei appese l’accappatoio e si immerse dietro di me. Mi fece poggiare a lei e mi accarezzò il viso dolcemente. Chiusi gli occhi e accarezzai il suo braccio poggiato sul bordo della vasca.

“A cosa pensavi quando sono entrata?” La guardai e restai seria.

“Posso dirtelo domani amore? Non voglio rovinare questo bellissimo momento con te...” Helena mi sorrise e posò le sue labbra sulle mie. Le accarezzai il viso ed i capelli, mentre lei mi stringeva ancor di più a se. Restammo a coccolarci così fino a quando l’acqua non diventò fredda, poi ancora strette nei nostri accappatoi arrivammo in camera da letto. Mi fermai a guardare l’alba che sorgeva in quel momento, abbracciata a lei. La guardai sedersi sul letto e la raggiunsi, sedendomi in braccio a lei. La baciai dolcemente, mentre lei slacciava la cinta del mio accappatoio. Sentire le sue mani sul mio corpo, il calore che mi trasmetteva quel contatto così stretto con lei...mi faceva provare ogni volta nuove emozioni...sensazioni bellissime che solo con lei avrei potuto condividere.

 

Il sole timido del primo mattino illuminò i nostri corpi stretti ed accompagnò i nostri respiri che si fondevano in uno solo, in quel momento di intima complicità che ci legava per sempre

 

Angolo Autrici
Ciao!! Siamo ancora noi!!!! Eccovi il nostro regalo di natale!!! Torneremo dopo natale!!! Per cui vi auguriamo BUONE FESTE!!
Alice e Beth

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Proposta ***


petali di rosa. 1 capitolo

Proposta



Pov. Alice

dana e nina

 

Adoravo il modo in cui mi guardava. Con gli occhi timidi, lucidi e dolci, mi trasmetteva tutto l’amore che provava per me. Mi era mancata tantissimo mentre stavo in Iraq; mi erano mancati i suoi baci, le sue coccole, ma soprattutto la nostra quotidianità: svegliarmi e trovarla lì, accanto a me, col viso coperto dai capelli, il respiro leggero. Andare al Planet a prenderla a notte fonda, e vedere che nonostante la stanchezza aveva ancora voglia di parlare con me, di coccolarmi. Nina era la mia gioia più grande. Ed ora, mentre accarezzo il suo viso, che dopo aver fatto l’amore è ancora più dolce, mi convinco che non posso rinunciare a lei. D’accordo, non è il modo più romantico per farlo, qui sotto la doccia, ma non posso più aspettare.

“Amore...vuoi sposarmi?” Le sorrido, accarezzandole le labbra con le mani piene di schiuma. Lei mi guarda; la conosco da tempo, so che pensa che io stia scherzando.

“Sposami...” Le sussurro nuovamente. Spero di non aver scelto il momento sbagliato per chiederglielo. E mentre sto già pensando di essere una scema, lei sorride. È quel sorriso luminoso che mi ha fatto innamorare di lei, è felice.

“Si amore...voglio sposarti...si si si!!!!” Mi stringe forte a lei, come non aveva mai fatto prima, ed io ricambio. Ridiamo, ci abbracciamo, io la bacio e ridiamo ancora. Voglio sposarla. È tutto ciò che desidero.

 

Nel primo mattino suonarono al campanello: erano le nove e trenta del mattino. Sheyla e Otto abbaiavano freneticamente. Scesi le scale e per poco non inciampai nelle valigie che io ed Helena avevamo preparato da giorni, in vista del viaggio di nozze in Spagna. Saremo partite la sera stessa. Aprii e trovai davanti a me Dana e Nina in tenuta sportiva.

“Buongiorno sposina!!!” Nina mi abbracciò forte ed io ricambiai. Poi abbracciai Dana.

“Dov’è??!! Dov’è la mia bambina???” Sapevo che cercava Sheyla. Quando era partita per l’Iraq mi ero offerta di tenerla, visto che Otto poteva farle compagnia, ed ora era tornata a prenderla. Le feci entrare in casa, mentre Helena scendeva dalle scale.

“Buongiorno ragazze!! Siamo mattiniere oggi?” Si salutarono. Poi Dana vide Sheyla e corse a prenderla in braccio.

“Alice!! È ingrassata!! Ma cosa le hai dato da mangiare?!” Me la misi davanti agli occhi ed io risi.

“Quello che mi hai lasciato tu in questa lista Dan!” Gliela mostrai: attaccato al frigo c’era il foglio con le chilometriche regole da rispettare con Sheyla. Quando si trattava di lei, Dana era iperprotettiva. Anche Nina rise.

“Amore, ma è uguale a quando l’hai lasciata! È solo cresciuta!” Dana baciò Sheyla sul musetto.

“Sei diventata un porcellino!!” Ridemmo. Vedevo una luce strana negli occhi di entrambe. C’era stato un piccolo problema il giorno prima, al matrimonio. Dana non sapeva che Nina stesse aiutando la sua ex ragazza, malata al quarto stadio di cancro, e quando l’ha vista alla cerimonia accanto a lei è andata in escandescenza. Fortuna che poi Nina ha pazientemente spiegato ogni cosa, ed il contrattempo si è risolto senza ulteriori litigi. Mentre Helena spiegava a Nina le tappe del viaggio di nozze, Dana si avvicinò a me.

“Alice...posso parlarti?” Annuii e mi diressi verso il giardino, dicendole di seguirmi. Ci sedemmo sotto il gazebo.

“Le ho chiesto di sposarmi” Mi disse Dana sorridendo mentre bevevo un thè freddo. Per poco non mi andò di traverso tutto.

“Cos’hai detto?!” Le chiesi tossendo. Lei rise. Mi era mancata tanto ed ora finalmente era tornata da noi. Ero felicissima.

“Le ho chiesto di sposarmi...e lei ha detto si!! E da stasera viene a stare da me!” Era euforica. La abbracciai.

“Congratulazioni Capitano!! Questa è una missione molto importante...pensi di farcela?” Dana sorrise.

“Alice...io la amo...tantissimo!! Sono pazza di lei! Voglio che diventi mia moglie...” Le brillavano gli occhi. Non l’avevo mai vista così felice.

“Ti capisco perfettamente...pensa che io ancora non credo di essere sposata!!” Guardai la fede al dito e sorrisi.

“Grazie per aver mantenuto la promessa Dan...” le sussurrai sorridendo. Lei mi abbracciò.

“Non potevo lasciarti andare all’altare da sola...mi siete mancate tanto!!” Mi stavo commuovendo.

“Anche tu ci sei mancata...” Vidi Nina che ci chiamava.

“Andiamo Dan...la tua sposa ci chiama!” Lei sorrise e ci incamminammo verso le nostre mogli.

Angolo Autrici
Ciao a tutte!!! Siamo di nuovo qui!!! E nell'augurarvi un felice anno nuovo vi regaliamo questo capitolo!! Fateci sapere che ne pensate mi raccomando!!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Famiglia ***


petali di rosa. 1 capitolo

Famiglia



mom dad



parker family             chris ashley        

Beth

Quando crescono i figli c’è uno scontro diretto 
Tra le loro esigenze e il tuo mare d’affetto 
Chi si crede più grande, chi si sente più vecchio 
Ma poi ti guardi allo specchio 
E quel ragazzo davanti ai tuoi occhi… sei tu…

Quando crescono i figli – Fausto Leali

Dovevano essere circa le tre del mattino, e io ero immersa in sonno profondo quando ad un tratto mi parve di sentire qualcuno chiamarmi.
“Mamy, mamy?!”

Aprii gli occhi e vidi Matthew in piedi vicino al mio letto con Luky, il suo cagnolino di peluche, stretto al petto, che si strofinava gli occhietti.

“Matt che ci fai in piedi? Non dovresti essere a letto?” gli chiesi.

“Ho fatto un blutto soio” mi disse, e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime.

Mi si strinse in cuore a vederlo così. Se c’era una cosa che non sopportavo era vedere i miei bambini piangere. “Vieni qui” gli dissi scostando le coperte.

Lo presi in braccio lo sistemai nel lettone tra me e James, che in quel momento si svegliò.

“Che succede?” mi chiese.

“Il nostro ometto ha fatto un incubo” gli spiegai.

Matt nel frattempo si era stretto a me e continuava a piangere.
“Hei cucciolo, me lo dici cos’hai sognato di brutto?” chiese James.

“C’elano… c’elano i mostli … volevano lubae a me e a Kate.” Gli disse in un sussurro, mentre in suo piccolo corpicino era scosso da sussulti.

“Shh, tesoro, tranquillo. Non è successo nulla. Ci sono la mamma e il papà ora”.

Gli accarezzai la testa nel tentativo di calmarlo. Lui si strinse di più a me e io iniziai a cantargli una ninna nanna per farlo addormentare. Ci mise circa un’ora per calmarsi, ma alla fine sfinito si addormentò tra le mie braccia.

La mattina dopo mi svegliai presto. Matt dormiva ancora e aveva un bellissimo sorriso sul viso, segno che stava sicuramente sognando qualcosa di bello. Notai che James non c’era. Doveva essersi svegliato prima di me, e sicuramente ora stava preparando la colazione. Invece dopo neanche due minuti lo vidi entrare in camera con la nostra bambina in braccio. Insieme erano uno spettacolo unico.

“La principessa si sentiva sola” mi spiegò James sorridendomi.

Sorrisi a mia volta e feci segno a  Kate di venire nel lettone. Lei non se lo fece ripetere due volte e si sporse dalle braccia di James per scendere.

“Dady fammi scendere!” si lamentò, con la sua vocina squillante.

“Kate non urlare - la rimproverai - Matt sta ancora dormendo.”

“Scusa mamma” mi disse abbassando lo sguardo.
“Dai non è successo niente – la rassicurò James – ora però vai a salutare la mamma” le disse mettendola nel lettone.

Lei gattonò fino a me e io mi sporsi, facendo attenzione a non svegliare Matthew, per farmi dare il bacio del buongiorno.

“Buongiorno mamy.” Mi disse

“Buongiorno Kate.” La salutai a mia volta.

In quel momento qualcun altro si svegliò e reclamò le mie attenzioni tirandomi la maglietta del pigiama.

“Oh buongiorno.” Lo salutai baciandogli la fronte. “Hai sognato ancora i mostri?” gli chiesi

“No” mi rispose scuotendo la testa.

“Hai fame ometto?” chiese James. Matt annuii

“Ora papà ti prepara il latte” gli assicurai vedendo mio marito dirigersi al piano di sotto.

Dopo circa 5 minuti tornò col biberon e glielo porse. Mentre Matt mangiava avido la sua colazione, James iniziò a fare il solletico a Kate. Vedere la mia bambina ridere spensierata era la cosa più bella del mondo. Poi lei, come tutte le bambine, era molto attaccata al padre. Quando era più piccolina se stavo troppo con James lei iniziava a piangere a reclamare le sue attenzioni. Che ricordi…I miei bambini stavano crescendo a vista d’occhio. Quel giorno era domenica così James propose di andare tutti al parco. Visti i gridolini entusiasti dei bambini, non potei far altro che acconsentire. Ci alzammo dal letto e mentre James portava Kate a fare colazione, io andai a vestire il piccolo di casa. Era giugno quindi optai per un paio di bermuda bianche e una polo blu. Così poteva correre liberamente. Gli misi le scarpine e lo portai nel box. Nel frattempo arrivò anche Kate. La misi sul letto e dopo qualche capriccio riuscii a vestirla. Le feci indossare una magliettina azzurra, i leggins bianchi e le legai i capelli in due splendide codette alte che facevano risaltare i suoi capelli mossi. In quel momento James apparve sulla porta, già vestito.

“Amore vai a fare colazione e a cambiarti. Ci penso io ai bambini” mi disse.

Lo baciai e corsi a fare colazione. 15 minuti più tardi eravamo pronti per uscire. Aprii la portina della macchina e misi Matthew nel seggiolino. Dopo che James ebbe caricato la bici di Kate nel cofano potemmo partire. Arrivammo al parco che erano circa le undici. Lasciai Kate libera di giocare con la sua bicicletta, sotto lo sguardo attento e vigile di James. Matt vedendo che ero distratta, attirò la mia attenzione.

“Mamy, voio andae lì” mi disse indicandomi le altalene.

Lo presi in braccio e lo feci sedere sulle altalene con il seggiolino, in modo tale che non cadesse. Poi iniziai a farlo dondolare. Come spesso succedeva si stancò in fretta di questo gioco.

“Mamma giù! Palla” mi disse. Vidi James avvicinarsi e prenderlo in braccio.
“Vai a prendere la digitale – mi disse – lo so che muori dalla voglia di fare foto!”

Gli sorrisi e corsi in macchina a prenderla. Poi iniziai a scattare foto ai miei bambini. Avevo preso questa passione da mia mamma. Anche lei si era divertita a scattare tantissime foto a me e a Chris quando eravamo piccoli. Fotografai Kate che andava in bici, Matt e James che giocavano con la palla. Matt che correva. Kate sull’altalena. James, Kate e Matt che rotolavano sull’erba. Tornati a casa decisi che era in caso di fare il bagno alle due piccole pesti visto in che condizioni erano ridotti. Presi Matt in braccio e seguita da James mi diressi verso il bagno. Mentre spogliavo i bambini lui riempì la vasca. Prima di risciacquarli però li lasciammo giocare un po’ in acqua. Dopo circa venti minuti decisi che era ora di tirarli fuori. Presi prima Kate e dopo averle messo l’accappatoio la mandai in camera dove la raggiunsi con Matt in braccio. Li vestii e scendemmo in cucina, dove James aveva apparecchiato la tavola e preparato il pranzo. Dopo mangiato portai i bambini nella loro cameretta e li feci addormentare. Erano stanchi morti. Io approfittai di quel momento di tranquillità per sistemare un po’ la casa. Quella sera eravamo stati invitati a cena dai miei. Così appena si svegliarono li preparai per andare dai nonni. Erano un po’ che non li vedevano e non stavano più nella pelle. Da quello che i miei mi avevano detto Chris ci avrebbe presentato la sua ragazza. Finalmente si era deciso a mettere la testa a posto, impegnandosi seriamente. Quando arrivammo Kate corse impaziente a suonare il campanello, seguita a ruota da Matt. Venne ad aprirci mia madre col suo solito sorriso.
“Nonna!” gridò Kate andando ad abbracciarla.

“Ciao tesoro. Come siamo cresciute!” le disse mia mamma prendendola in braccio. “C’è anche Matt! Me lo dai un bacio?” Gli chiese piegandosi alla sua altezza.

Lui l’abbracciò e le diede un bacino sulla guancia.

“Ciao mamma” la salutai, prendendo la mano a Matthew.

“Oh ciao Beth, James. Prego entrate!”

Entrai dentro casa e andai a salutare mio padre. Ci sedemmo in salotto e iniziammo a parlare, finché non sentimmo il campanello suonare. Anche questa volta fu mia madre ad aprire la porta. Vidi Matt cercare di seguirla a passi incerti così decisi di prenderlo in braccio e mi avvicinai a mia madre. Davanti alla porta c’era mio fratello. Era cresciuto in questi anni. Ormai aveva 22 anni. Il bambino di un tempo non c’era più, ma aveva ormai lasciato posto a uno splendido ragazzo. Crescendo però non aveva perso la voglia di scherzare.

“Tio Clis!” lo indicò Matthew.

“Si, tesoro, è zio Chris” confermai sorridendo.

“Ciao sorellona -  mi salutò mio fratello – ciao Matthew. Vuoi venire in braccio allo zio?” gli chiese prendendomelo dalle braccia. Poi si voltò indietro e sorrise. Dietro di lui, timida e forse un po’ impaurita stava una ragazza davvero carina sui 20 anni. La prese per mano e la portò in salotto. Dopo aver finito di salutare tutti la presentò.
“Famiglia, vi presento Ashley. Ashley questi sono i miei genitori, Justin e Audrey, mia sorella Elisabeth, ma si fa chiamare Beth, mio cognato James e i miei splendidi nipotini: Katreen Rose, detta Kate, e Matthew Thomas, che tutti chiamiamo Matt.”

Lei sorrise. “Piacere di conoscervi”.

Durante la cena mi sedetti vicino a lei e iniziai a parlarci un po’. Volevo conoscerla un po’ meglio e volevo che si sentisse accettata all’interno della famiglia come era stato per James tanto tempo fa.

“Ashley, Chris mi ha detto che sei all’università. Cosa studi esattamente?” le chiesi.

“Sono al primo anno di psicologia” mi disse.
“Dai davvero? Una mia amica è psicologa. Lavora al St Jhon. Io invece sono assistente sociale. Lavoro in un orfanotrofio.” Le dissi.

Continuammo a parlare per tutto il pasto. Finito di mangiare ci spostammo in salotto, dove i bambini si misero a giocare. Dopo un po’ anche Chris decise di unirsi ai loro giochi, facendoli divertire tantissimo. Kate e Matt lo adoravano. E pensare che c’era stato un periodo in cui non li sopportava i bambini. Da quando era diventato zio però era sempre ben contento di far giocare i nipoti, e ciò mi rendeva davvero felice. A un tratto Kate si avvicinò a me con una faccia dubbiosa.

“Mamy – mi disse – ma se lo zio Chris è fidanzato con Ashley allora lei è mia zia?”

Scoppiai a ridere. Beata innocenza. “Perché non lo vai a chiedere a lei?” la incoraggiai sorridendo. Lei allora si diresse verso Ashley, intimidita.

“Visto che sei fidanzata con zio Chris, posso chiamarti zia Ashley?” chiese con una voce così tenera che veniva voglia di prenderla e coccolarsela tutta. Ashley la guardò e con gli occhi lucidi le rispose:“Certo piccola, ne sarei molto contenta!”

Kate allora le fece uno dei suoi sorrisi e dopo averle dato un bacino sulla guancia tornò a giocare. Verso le dieci Matt si addormentò tra le braccia di James. Quando poco dopo anche Kate smise di giocare e si avvicinò a me stropicciandosi gli occhi,decidemmo di andare via. La presi in braccio e salimmo in macchina. Arrivammo a casa e li portammo nella loro cameretta. Durante il viaggio si era addormentata anche Kate quindi dopo averli messo il pigiama, li mettemmo nei loro lettini. Demmo ad ognuno il bacio della buonanotte e andammo in camera nostra.
“Certo che è stata proprio una bella giornata oggi” mi disse James.

“Hai ragione. Mi mancavano queste riunioni di famiglia. Ashley poi è davvero una brava ragazza. Carina, solare, con la testa sulle spalle. Proprio la ragazza che speravo che Chris incontrasse.” Dissi.

“Già, tuo fratello non poteva trovarne una migliore di lei.” Concordò James.

“Ora però meglio che andiamo a dormire. È stata una giornata faticosa. E domani dobbiamo andare a lavoro. Buonanotte amore!” lo salutai baciandolo.

“Buonanotte tesoro!” mi salutò lui di rimando.

Spensi la luce e mi addormentai.


Angolo autrici!!
Ecco qui!!! Per iniziare bene l'anno un bel capitolo!!! Speriamo sia di vostro gradimento!! BUON 2011!!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Decisioni Importanti ***


petali di rosa. 1 capitolo

Decisioni Importanti 


donatori alice helena


Alice

Erano trascorse due settimane dal matrimonio; io ed Helena avevamo fatto un bellissimo viaggio di nozze in Spagna, dove c’eravamo documentate sull’adozione alle coppie omosessuali. L’idea di avere un figlio nostro ci riempiva immensamente di gioia, e non avevamo fatto altro che parlarne per tutto il viaggio, giungendo alla conclusione che al nostro rientro potevamo prendere un appuntamento al centro per l’inseminazione artificiale. Dopo numerosi confronti tra me e la mia neo-moglie, avevamo deciso che sarebbe stata lei a sottoporsi all’inseminazione; io avevo da poco iniziato con un nuovo incarico al centro, e non potevo abbandonare tutto per avere un bambino. Helena invece era più che felice di potermi dare un figlio, e l’idea di lasciare per un po’ il suo lavoro non le pesava. Presa questa decisione, il successivo ostacolo da affrontare era quello della scelta dei donatori; ovviamente, ne io ne lei avevamo alcun dubbio su questo punto. Il problema era ben più serio: non sapevamo se coloro che avevamo scelto per aiutarci avrebbero acconsentito. E quella sera, eravamo lì, davanti alla porta di casa loro per scoprirlo. Io ed Helena ci guardammo e sospirammo, poi lei suonò il campanello. Mi prese la mano.

“Vedrai che andrà tutto bene amore, stai tranquilla” Mi sussurrò, mentre dei passi si avvicinavano alla porta, che poco dopo si aprì. Sulla soglia c’era Jeremy, uno dei nostri migliori amici. Lo abbracciammo felici e lui fece altrettanto.

“Avete fatto benissimo a chiamarci! Dovevamo proprio invitarvi a cena al vostro rientro!” Jeremy mi circondò le spalle con il braccio e mi sorrise entusiasta. Era un ragazzo molto dolce, dagli splendidi occhi verdi e i capelli ricci sempre disordinati. Lo adoravo, perché nel suo viso non avevo mai visto lacrime, ma solo sorrisi, anche quando c’era qualcosa che non andava. Mentre ci avviavamo alla cucina, dal giardino entrò Cory, il suo compagno da oltre 5 anni. Erano meravigliosi insieme, sebbene molto diversi tra loro. Cory infatti aveva corti capelli biondo cenere ed occhi scuri. Inoltre, a differenza del suo compagno, era molto lunatico e spesso passava dalla rabbia all’allegria in poche ore. Anche lui ci abbracciò felice.

“Allora chicas, com’è è andato il viaggio in Spagna?” Ci chiese mentre ci facevano accomodare a tavola, dove avevano già preparato una gustosissima cena messicana.

“è meravigliosa Cory!” rispose Helena sorridendo ed io aggiunsi

“Soprattutto Madrid e Barcellona!” Ci chiesero di raccontare tutto e sembravano non annoiarsi del nostro entusiasmo quando si parlava di Barcellona, città dove loro abitavano stabilmente e che lasciavano solo quando venivano in America a trovare i loro genitori, come in questo periodo. Parlammo del più e del meno mentre mangiavamo nachos e salse, e loro ci raccontarono della mostra che stavano preparando. I nostri amici infatti erano degli artisti, altro motivo per cui la scelta riguardo ai donatori era caduta su di loro. Cory dipingeva bellissimi quadri, mentre Jeremy si stava occupando della redazione del suo ultimo libro, per il quale ancora non aveva scelto un titolo.

“Dovrei pensarci ora, lo so, ma ancora non ho avuto un’idea ragazze credetemi!” ci disse scoraggiato, ma senza abbandonare il suo solare sorriso.

“Di cosa parla?” Gli chiesi, mangiando del pollo piccante.

“è la storia di una coppia di ragazzi che decide di avere un figlio...e della ricerca da parte loro della madre perfetta...che tuttavia sembra non esistere!” Lui e Cory risero, mentre io ed Helena sbiancammo guardandoci. Cory se ne accorse.

“Ehi, è tutto ok? State bene? Ho messo troppo peperoncino nel pollo?!”

 Lo guardai e poi guardai Helena.

“Ecco...ragazzi noi dovremo chiedervi una cosa...è molto difficile per noi, ma...abbiamo un favore da chiedervi” Sussurrai alla fine. Jeremy mi sorrise.

“Ehi forza Alice! Qualsiasi cosa sia non ci siamo mai tirati indietro! Lo sapete bene che per noi siete importantissime” Ci abbracciammo.

“Ecco... –dissi quando ci staccammo- in Spagna ci siamo documentate su fecondazione assistita ed inseminazione...e....vorremmo avere un bambino...” Cory batté le mani come un bambino felice.

“Alice, è una splendida notizia!! Sapete già quando lo farete? Vorremo esserci anche noi! Giusto amore?” disse rivolto a Jeremy che annuì.

“Veramente...se voi sareste d’accordo...dovreste esserci per forza...perché...” Guardai Helena che mi sorrise e continuò più sicura di me

“...vorremmo voi come donatori...se per voi va bene naturalmente!” Per un attimo calò il silenzio nella stanza. Cory e Jeremy si guardarono allibiti.

“Noi? –disse infine Jeremy guardandoci- ma noi veramente...insomma non siamo proprio perfetti! Siete sicure?” Noi annuimmo.

“Sicurissime! –rispose Helena sorridendo- siete perfetti così come siete...più volte parlando avete detto che vi sarebbe piaciuto avere dei bambini...o essere i donatori di una coppia lesbica...beh noi saremmo felici se voi lo faceste per noi...” Jeremy si alzò e ci abbracciò forte, seguito da Cory. Eravamo stretti in un groviglio di mani e braccia legate tra loro e ridevamo.

“Siamo davvero felici che voi abbiate pensato a noi” Disse Cory quando ci ricomponemmo.

“Sarete delle madri meravigliose! E ovviamente vogliamo esserci anche noi per il parto! Chi porterà a termine la gravidanza?” Helena alzò la mano.

“Presente! Helena Robbins a rapporto!” Ridemmo e loro si mostrarono soddisfatti.

“Perfetto! Come funziona? Cioè dobbiamo donare entrambi oppure...solo uno di noi?” Io sorrisi.

“Beh, ci piacerebbe se lo faceste entrambi...e poi...insomma quel che sarà sarà! Non staremo a guardare di chi sarà il seme che impianteranno...sarete papà entrambi!” Loro erano entusiasti ed anche noi. Non vedevamo l’ora che tutto fosse pronto per quel momento. La serata si concluse parlando di pappe e culla. Mi sentivo già un po’ mamma.

Angolo autrici!!
Ciao a tutti! Siamo ancora noi! Le feste sono finite ma noi continuiamo a scrivere. Fateci sapere che ne pensate. Beth e Alice

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tristezza e delusione ***


petali di rosa. 1 capitolo

Tristezza e Delusione


tristezza


Alice

È una questione di mancanza temporanea 
se non so proprio bene cosa voglio 
bastasse solamente un bacio 
o una carezza per ritornare uguali a come eravamo 
e invece sembra ma è difficile da fare 
e poi fa freddo 
ed io non so nemmeno se mi vuoi...più 
siamo nella stessa stanza e c'è distanza 

Dove sono i colori - Alessandra amoroso

Il giorno del primo appuntamento al centro per le inseminazioni a cui avevamo deciso di rivolgerci, ci chiesero tutte le informazioni di cui avevano bisogno, ed Helena fece dei prelievi di sangue che sarebbero serviti a determinare in pochi giorni se poteva avere dei bambini; quando seppero che avevamo già scelto il donatore, e che si trattava di un ragazzo omosessuale, ci dissero subito che la banca del seme non avrebbe accettato donatori gay, e che per questo motivo avremo dovuto procedere noi all’inseminazione. Ci spiegarono come fare tutto in totale tranquillità a casa nostra, e anche se questo ci metteva un po’ in imbarazzo cercammo di ascoltare tutto ciò che avevano da dirci. Poi ci fissarono un appuntamento per la settimana successiva, durante il quale ci avrebbero comunicato l’esito delle analisi. Quel giorno era arrivato. Scesi dalla macchina insieme ad Helena e misi l’antifurto; ero tesa, ma cercavo di non farglielo notare, perché sapevo che avrei peggiorato la sua ansia. Entrammo senza parlare e mi avvicinai alla reception.

“Buongiorno, posso esserle utile?” mi chiese una dottoressa gentile.

“Si...io e la mia compagna avremo un appuntamento con il dottor Taylor...” lei cercò in un elenco.

“La signora Robbins?” Annuii.

“Si...è mia moglie...” Vidi che mi guardava perplessa. Poi distolse lo sguardo.

“Il dottor Taylor vi sta aspettando..” La ringraziai mormorando e ci incamminammo verso lo studio. Appena arrivate, vedendo che Helena non si muoveva, decisi di bussare.

“Avanti!” Entrammo silenziosamente.

“Signora Williams...signora Robbins...buonasera” Il dottor Taylor ci strinse la mano e ci invitò ad accomodarci. Poi aprì la cartella di Helena.

“Allora...abbiamo ripetuto le analisi, poiché eravamo convinti di aver sbagliato in qualche modo...in casi simili... –fece una pausa guardandoci- ripetiamo sempre le analisi due volte, per assicurarci che non ci siano errori. Purtroppo, signora Robbins, dalle analisi risulta che non c’è ovulazione...” Guardai il dottore in attesa che continuasse a parlare, ma lui non lo fece.

“Mi scusi, dottor Taylor...io non capisco...cosa significa..” Helena mi interruppe bruscamente.

“Significa che non posso avere figli Alice. Sta zitta.” Aveva il viso basso; cercai la sua mano ma lei la ritrasse irritata.

“Signora Robbins...so che per quanto quello che sto per dirle possa essere fuori luogo, molte donne hanno problemi di sterilità...dovremo fare altri accertamenti...altre analisi...verificare che non vi sia un’ostruzione delle tube...insomma, non è detto che non si possa fare niente...” Helena scosse la testa.

“Dottore, con tutto il rispetto, sono medico anche io, e so come vanno queste cose. Una diagnosi di sterilità per mancanza di ovulazione non è mai sbagliata.. quindi evitiamo altre analisi...d’accordo?” La sua voce era tremante. Non l’avevo mai sentita così.

“Ad ogni modo...se volesse fare lei l’inseminazione, signora Williams...io sono disponibile a seguirla...” Lo guardai terrorizzata.

“No no...non si preoccupi...io...non credo che mi sottoporrò all’inseminazione..” Helena mi guardò ed in quel momento vidi nei suoi occhi tutto il dolore che la mia frase le aveva procurato. Mi alzai e salutai il dottore. Poi entrambe uscimmo dalla stanza. Il viaggio in macchina fu terribile; nessuna delle due osava parlare e quando arrivammo a casa per me fu una liberazione. Helena si sedette nel divano con un cuscino in grembo, stretto tra le braccia. Mi sedetti accanto a lei.

“Amore mio...” Provai ad abbracciarla, ma lei mi spinse via.

“Il tuo lavoro è più importante di me vero? È così Alice?” Mi gridò con rabbia, le lacrime agli occhi. Sapevo che aveva ragione.

“No amore...no che non è più importante! Tu sei importante...sei mia moglie...” Lei mi guardò implorante.

“Allora Alice ti prego...fai tu l’inseminazione...ti prego Alice...dammi la gioia di stringere tra le braccia nostro figlio...” Non sapevo cosa rispondere. La guardavo e pensavo alla mia carriera, a quello che potevo perdere. Il mio lavoro mi piaceva, stavo dando un aiuto ai bambini che avevano bisogno di cure...cosa potevo fare? Dovevo rinunciare a tutto questo?

“Non lo so Hel...dammi tempo per pensarci...per riflettere...non posso lasciare il lavoro così...” Lei si alzò di scatto e prese le chiavi della macchina.

“Io per te non sono importante... sai cosa ti dico? Fottiti Alice...ti odio e odio la tua testardaggine e odio la tua carriera!!! Odio tutto di te!! Non so come ho fatto a sposarti...è stato il più brutto errore della mia vita” Senza guardarmi si diresse verso la porta e uscì sbattendola. Mi accasciai sul pavimento e scoppiai a piangere disperatamente. Un mese. Ecco quanto era durato il mio perfetto matrimonio.

Angolo autrici!!
Eccoci di nuovo con un nuovo capitolo... Anche questa volta le protagoniste sono Alice ed Helena.. Ma le cose sembrano aver preso una brutta piega... che succederà ora?? continuate a leggere per scoprirlo

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Pace ***


petali di rosa. 1 capitolo

Pace

pace



Alice

Non ho che te mi fai diventare la cosa più importante 
Non ho che te  a sorridermi per mano tra la gente                      
Non ho che te che sai decifrare tutti i miei silenzi,                    
Contrattempi del mio cuore, senza bisogno di spiegare 
Non ho che te anche se lo so, non ti dimostro niente 

Alessandra Amoroso - Non ho che te

“Alice? Posso entrare?” Rachel spuntò da dietro la porta semiaperta mentre lavoravo al pc nel mio studio.

“Si Ray...entra pure...dimmi...” ero triste; ormai era una settimana che io ed Helena non ci sentivamo, dopo la nostra furiosa litigata. Ero stata una stupida; avevo preferito la mia carriera ed il mio lavoro alla mia compagna, che piangendo mi chiedeva di darle la gioia di un figlio tutto nostro. La notizia della sua sterilità ci aveva lasciate scosse; avevo passato giorni interi a piangere, chiedendomi perché era andato tutto così storto. Ripensavo a  quando lei mi aveva chiesto di provare con l’inseminazione...ed io avevo preferito la mia carriera di psicologa e collaboratrice del direttore del St. John.

“è arrivato l’assistente sociale, il signor Carter, insieme ai genitori adottivi di Joshua. Dovrebbero firmare i documenti per la terapia settimanale, visto che il bambino è ufficialmente loro figlio....” Rachel sorrise ed io annuii.

“Sono pronti...andiamo” presi una cartella dalle mani e mi avviai insieme a Rachel verso la sala colloqui. Appena svoltammo l’angolo, ci venne incontro il piccolo Joshua, tre anni e mezzo, affetto dalla sindrome di down. Mi strinse forte le gambe e tirò la gonna di Rachel per farsi prendere in braccio.

“Ehi piccolino!!! Sei felice? Ho saputo che mamma e papà hanno una bellissima casa al mare...” Beth mi aveva parlato molto di quella coppia di genitori, che non avevano potuto avere bambini. Entrammo nella stanza e restai perplessa: pensavo di trovarmi davanti due persone importanti, un po’ con la puzza sotto il naso, a quanto mi avevano detto le infermiere che avevano parlato con loro. La famiglia che aveva scelto di adottare Joshua, era invece una semplice famiglia sorridente, elegante ed ordinata, che ora mi porgeva la mano. Strinsi quella di entrambi mentre Rachel mi presentava.

“Lei è la dottoressa Williams, specialista di psicologia infantile, uno dei migliori elementi della St.John..” Sorrisi a Rachel, che ricambiò. Mi sedetti affianco a lei dietro la scrivania.

“Allora...i documenti sono pronti...avrei bisogno di qualche firma, così potremo procedere all’inserimento nelle liste per la terapia settimanale...e poi se sarà necessario per quella giornaliera...” porsi un mazzo di fogli ad entrambi.

“Dottoressa Williams...io e mio marito vorremo sapere se possiamo contare su di lei...se dovessimo avere qualche problema col piccolo...” la madre adottiva di Joshua mi guardava speranzosa. Sorrisi.

“Si signora Spyer... vi aiuterò volentieri se doveste avere bisogno...questo è il mio biglietto da visita” ne cercai uno nella tasca e glielo porsi. Lei mi sorrise riconoscente.

“Lei si chiederà il perché di questa decisione... –mi guardò intensamente mentre parlava; sentii un brivido- io e Mike non abbiamo tantissimi soldi...non abbiamo un lavoro importante...a dire la verità, io ho un lavoro precario... ma non posso avere figli...capisce dottoressa? Lei ha figli?” Deglutii e cercai di sorridere come potevo, con un peso sullo stomaco.

“No...non ho figli” La signora Spyer mi sorrise.

“Io non posso averli...e questo mi distrugge dentro ogni giorno...ma poi...poi ho visto Joshua... –lo guardò mentre giocava con le penne sulla scrivania- lui è perfetto...non mi importa che lui non sia frutto del nostro amore...voglio dargli tutto l’amore che posso...essere per lui una madre esemplare...che lui possa adorare...lo amerò perché è mio figlio...e vederlo crescere per me sarà l’orgoglio più grande” I miei occhi si riempirono di lacrime.

“Scusate...” mi alzai di scatto ed uscii dalla porta. Come avevo potuto dire no alla mia compagna, alla mia ragione di vita? Come avevo potuto toglierle la gioia di vedere un figlio crescere? Un figlio nostro... avevo sbagliato. Ma ora, lì fuori da quella porta, avevo capito il mio errore, ed ero pronta a rimediare, stasera stessa. In quell’istante Rachel uscì fuori dallo studio con i signori Spyer e Joshua. Strinsi la mano ad entrambi e baciai il piccolo. Li guardai andare via insieme a Rachel. Ad un tratto la signora Spyer si girò verso di noi con il piccolo tra le braccia.

“Dottoressa Williams?” Le sorrisi.

“Si?” Lei mi guardò, sfiorando la guancia del piccolo Joshua che poggiò la testa sulla sua spalla.

“Lei sarà un’ottima madre...ha tanto amore da dare ad un figlio” le sorrisi senza rispondere, e dopo un cenno di saluto, uscirono dal St.John.

Tornai nel mio studio e presi tutte le mie cose. Corsi da Rachel.

“Ehi Ray?” era al telefono e dalla sua espressione seria intuii che si trattava di lavoro. Qualche nuovo bimbo era in arrivo.

“Signora Black, mi scusi solo un secondo... dimmi Alice...” Ero elettrizzata.

“Posso prendere qualche ora di permesso? Devo fare una cosa urgente...” Rachel annuì.

“Certo...ma è successo qualcosa?” Ma io ero già scappata fuori. La sentii che mi chiamava dalla porta del suo ufficio e mi voltai.

“Ti chiamo più tardi!!!” Corsi fuori disperata e montai in macchina. Arrivai alla clinica e chiesi di vedere il dottor Taylor. La segretaria mi chiese gentilmente di aspettare. Camminavo avanti e indietro come una matta. Finalmente la segretaria mi chiamò e mi disse che il dottore poteva ricevermi solo per 5 minuti prima del suo appuntamento. Corsi nel suo studio; cercai di darmi un contegno e bussai. Sentii la sua voce che mi invitava ad entrare.

“Buonasera dottore...mi scuso per lo scarso preavviso...” Gli strinsi la mano e lui sorrise.

“Immagino che lei sia qui per un solo motivo...giusto?” Annuii.

“Quando posso iniziare?” gli chiesi speranzosa.

“Dovrei dirle domattina...ma a quanto pare lei non può aspettare, vista la sua visita di stasera...perciò...chiamerò gli infermieri e le faranno subito i prelievi, così che domani mattina lei possa tranquillamente fare l’ecografia, e se tutto va x il verso giusto, sottoporsi all’inseminazione in una settimana. Chiamerò io il laboratorio per chiedere massima priorità per le sue analisi.” Lo ringraziai con le lacrime agli occhi. Mi accompagnò nella sala prelievi e mi diede appuntamento per la mattina successiva. Corsi fuori dal centro e andai al Planet, dove ero sicura avrei trovato Helena. Ed infatti era li, seduta con Dana e Nina ad un tavolo. Quando mi vide, nonostante la rabbia che ancora traspariva dai suoi occhi, sorrise dolcemente. Mi avvicinai e tirai fuori una cartella dalla borsa.

“Non posso farcela senza te...ho fatto un errore immenso...” Helena prese la cartella in mano e la guardò incredula: sopra c’era scritto il mio nome e i miei dati. Mi guardò.

“Lo hai fatto veramente?” Sorrisi. Lei mi prese la mano.

“Alice...ci hai messo un po’ troppo a decidere...ma sono felice che tu lo abbia fatto...mi hai fatto capire che sono importante per te...e che questo bambino lo vuoi anche tu...” Annuii a testa bassa. Mi vergognavo per quello che avevo fatto.

“Pensavi davvero quello che mi hai detto quando sei andata via di casa?” Helena mi guardò e sorrise.

“No amore...non lo pensavo...sposarti è stata la decisione più bella della mia vita...” mi strinse a lei e mi baciò dolcemente. Ora che Helena mi era accanto, tutto sarebbe stato più facile. Non vedevo l’ora di stringere a me il nostro bambino.

Angolo autrici!!
Eccoci di nuovo. Ancora un capitolo di Alice. Finalemente torna il sereno tra le sposine. E con una grande novità. E ora? continuate a seguirci ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Messico ***


petali di rosa. 1 capitolo

Mexico

pace



Beth

Era una mattina di fine Aprile ed io ero nel mio ufficio in istituto a controllare un po’ di pratiche sulle ultime adozioni che dovevamo ancora valutare, quando il computer mi avvisò della presenza di una mail non letta nella casella di posta elettronica. Chi mai poteva scrivermi mentre ero a lavoro? Cliccai sull’icona e mi apparve la finestra di google. Andai su posta ricevuta e rimasi piacevolmente sorpresa nello scoprire di avere una mail di Sophie. Il mese scorso a Lucas avevano affidato un lavoro in Messico, per cui anche Sophie ed Edward erano andati con lui. Le ricerche sarebbero durate due mesi quindi mancava ancora tanto prima di rivedere la mia amica. Meno male che c’erano le mail per tenersi in contatto. Ora che ci pensavo era da un po’ che non avevo sue notizie. Ansiosa di leggere aprii la mail:

Monday, 23rd April 2016

From: Sophie Black (soph.bk@gmail.com)

To: Elisabeth Evans (bethan.ev@gmail.com)

Object: Saluti

 

Ciao Beth, come stai?

Come vanno le cose a L.A.? I bimbi?

Edward è qui a fianco a me che gioca con il suo computer giocattolo cercando di imitare i miei gesti. Il Messico è un Paese stupendo!! Ricco di storia e con dei panorami stupendi.

Ma mi manca tanto la mia California. Il nostro sole, il nostro caro oceano…

Ora devo andare!

Saluta le ragazze e di loro che li voglio bene!!!

Un abbraccio

Sophie

 

Decisi di risponderle subito. Così aprii una nuova finestra e iniziai a scrivere:

Monday, 23rd April 2016

From: Elisabeth Evans (bethan.ev@gmail.com)

To: Sophie Black (soph.bk@gmail.com)

Object: R:Saluti

 

Ciao Soph, che piacere leggere la tua mail !!!

Qui a Los Angeles splende il sole, anche se non fa ancora tanto caldo per poter andare a farsi una nuotatina nell’oceano. Per ora dobbiamo accontentarci delle piscine. I bimbi stanno benone!! Ti scrivo dal mio ufficio quindi Kate in questo momento è all’asilo mentre Matt è a casa dei miei. Anche a noi manchi tanto non vediamo l’ora di riabbracciarti!!! Ultimamente non ci vediamo spesso con le altre! Alice ed Helena si godono il primo mese da sposine, Dana e Nina sono concentrate sui preparativi del loro matrimonio. Ma appena le vedo te le saluterò sicuramente!! Tu come stai? Lucas? Come procede la ricerca??

Un abbraccio grande.

Beth

Erano passati ormai tre giorni da quando avevo risposto alla mail di Sophie ma ancora non avevo ricevuto risposta. Ieri non ero potuta andare a controllare la posta elettronica per cui, approfittando della presenza di Alice e Ally a controllare i bambini, mi collegai per vedere se c’era una mail di risposta. Aperta la mia casella vidi che effettivamente Sophie mi aveva risposto il giorno prima, così iniziai a leggere a voce alta in modo da rendere partecipi anche le altre:

Wednesday, 25th April 2016

From: Sophie Black (soph.bk@gmail.com)

To: Elisabeth Evans (bethan.ev@gmail.com)

Object: R:R:Saluti

 

Beth, scusa il ritardo nella risposta. Ho avuto qualche problema negli ultimi giorni.

La ricerca di Lucas procede benone. Purtroppo è sempre super impegnato e il tempo per stare insieme è molto ridotto. Per fortuna c’è Eddy a tenermi compagnia. Penso gli piaccia lo spagnolo. Cerca di ripetere tutte le parole che sente. Sta ancora imparando l’americano e già vuole imparare un’altra lingua. Mi sa che mio figlio diventerà poliglotta come il padre. J

Scappo prima che mi distrugga tutta la casa!

Un bacio

Sophie


La sua mail ci aveva lasciato un po’ di preoccupazione ma cercai di non farglielo notare nella risposta:

Thursday, 26th April 2016

From: Elisabeth Evans (bethan.ev@gmail.com)

To: Sophie Black (soph.bk@gmail.com)

Object: Problemi?!

 

Mi dispiace abbia avuto qualche problema ultimamente, spero non sia niente di grave. In questo momento insieme a me c’è la neo sposina e Ally. Se le potessi vedere rideresti di loro. Alice si è lasciata impiastricciare da Kate con i suoi trucchi giocattolo, mentre Ally fa smorfie strane per far ridere Matt e il piccolo Alex. Tralasciando gli epiteti poco carini che mi stanno rivolgendo ti salutano e mandano un bacio ad Edward
Beth, Alice e Ally

 

Tempo 30 minuti e trovai la sua mail di risposta:

Thursday, 26th April 2016

From: Sophie Black (soph.bk@gmail.com)

To: Elisabeth Evans (bethan.ev@gmail.com)

Object: R:Problemi?!

 

State tranquille non è niente di preoccupante! Solo qualche piccolo malessere, niente di che. Poi quando torno vi spiego meglio. Io e Lucas dobbiamo dirvi una cosa importante. Saluta Alice e Ally e dille di dare un bacio al piccolo Alex.

Sophie

 

Che mai dovevano dirci di così importante? Incuriosite dalla sua risposta ci affettammo a chiedere ulteriori dettagli.

Thursday, 26th April 2016

From: Elisabeth Evans (bethan.ev@gmail.com)

To: Sophie Black (soph.bk@gmail.com)

Object: Problemi?!

 

Cosa dovete dirci di importante?? Non tenerci sulle spine!! Siamo in ansia per te!!

Baci
Beth, Alice e Ally

 

La risposta non tardò ad arrivare:

Thursday, 26th April 2016

From: Sophie Black (soph.bk@gmail.com)

To: Elisabeth Evans (bethan.ev@gmail.com)

Object: R:Problemi?!

 

Non agitatevi, è una bella notizia. Vogliamo dirvela di persona non via mail. Per cui pazientate ancora un mesetto e state tranquille!! Vi voglio bene.

Sophie

Era evidente che non saremo riuscite ad avere ulteriori informazioni fino al loro ritorno, quindi non ci rimaneva che pazientare ed attendere il loro rientro.

Angolo autrici!!
Eccoci di nuovo. Ancora un capitolo di Alice. Finalemente torna il sereno tra le sposine. E con una grande novità. E ora? continuate a seguirci ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Guai in paradiso ***


petali di rosa. 1 capitolo

Guai in Paradiso

guai in paradiso

Guardaci, guardaci adesso 
non c'è più un gesto non c'è compromesso 
e lo capisco dal tono diverso di voce 
con cui mi dici: stasera ho da fare... non mi aspettare 
Estranei a partire da ieri... 
siamo due estranei a partire da ieri
Alessandra Amoroso - Estranei a partire da ieri

James

 Guardo fuori dalla finestra il sole tramontare... Le campane della chiesa hanno da poco suonato le 8 ma di Beth nemmeno l'ombra... Chissà dov'è finita.. Torna sempre tardi ormai… La scusa e sempre la stessa: lavoro lavoro e ancora lavoro. Possibile che non esistesse altro nella vita di mia moglie ultimamente? Se c'era una cosa che mi faceva incazzare era quando trascurava la famiglia per un lavoro, che per quanto importante potesse essere alla fine non ripagava... Più volte ci eravamo scontrati su questo punto...

"Papà quando torna la mamma?" mi volto verso Kate

Cosa rispondere ai tuoi figli quando la madre preferisce lavorare piuttosto che star con loro?

“Sta arrivando tesoro, non preoccuparti.” Le risposi sorridendole.
Lei mi guardò ancora, come se volesse chiedermi qualcosa ma le mancasse il coraggio… “Dady… ma la mamma è arrabbiata con noi?” mi chiese e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime. Mi inginocchiai e la strinsi a me. Poi la cullai un poco come quando era piccola.

“No,tesoro no! Perché pensi questo?”

“Perché… perché non gioca con me… Se ne va via anche lei come la mamma di Gwen?”

Gwen era la sua amichetta della scuola materna. Avevamo conosciuto il padre e ci aveva raccontato la loro storia. La mamma della bambina se n’era andata via qualche mese fa stanca di quella vita… Evidentemente la bambina doveva aver saputo parte della storia e l’aveva raccontata a Katreen.. Odiai Elisabeth in quel momento… Era tutta colpa sua se nostra figlia era arrivata a pensare una cosa del genere!! Colpa sua e di quel maledetto orfanotrofio… Lo sapevo che non era corretto inveire contro una struttura del genere ma in quel momento ero troppo arrabbiato e preoccupato per la mia bambina…

“Kate, guardami per favore…” quando fui certo di avere la sua attenzione continuai…

“Non pensare mai che la mamma non vi voglia bene o che voglia andare via, ok? La mamma vi ama tantissimo, siete la cosa più importante per lei. Non gioca con te perché sta aiutando quei bambini che non hanno ne la mamma ne il papà… Ricordi che te ne abbiamo parlata?” tempo fa avevamo spiegato alla piccola il lavoro della mamma.

Lei annui e mi strinse più forte.

“Davvero? Me lo prometti?”

“Promesso principessa. Adesso me lo fai un sorriso?” vidi la sua bocca aprirsi in un sorriso timido. Le baciai la fronte come a volerla rassicurare ancora.

“Ti voglio bene tesoro.”

“Anche io daddy!”

“Avete fame?” chiesi

“Si…”

“Allora andiamo in cucina dai! Così vi preparo la cena.”

Arrivati nella sala vidi Matt raggiungerci.

“Ehi campione la vuoi la pasta col sugo?” chiesi mentre iniziavo a mettere l’acqua a bollire

“Siiiiiiiiiiiiiiiiiii!”

“Benissimo! Allora visto che siete così bravi mi aiutate ad apparecchiare la tavola?”

Li coinvolsi nella preparazione della cena in modo da distrarli. Poi li mandai a giocare in attesa che cuocesse la pasta. Quando fu pronta li chiamai.

“KATE, MATT, venite a tavola dai!”

In quel momento mi accorsi di una macchina che parcheggiava in garage. Beth era finalmente tornata a casa. Sentii la serratura scattare.

“James, bambini? Sono a casa!”

I piccoli corsero ad abbracciarla, mentre io rimasi in cucina. La vidi affacciarsi alla porta. “Ciao amore, chiamo Marie e arrivo.”

“Non la puoi chiamare dopo? La cena è pronta…”

“Mi serve un favore per lavoro. Ci metto un attimo.. Voi iniziate”

Ecco qua… Ancora lavoro. Se il suo intento era farmi incazzare ci era riuscita benissimo!

Era il momento di parlarle… Non si poteva più andare così… La telefonata che doveva durare un attimo si protrasse per oltre un quarto d’ora. Quando le feci notare per l’ennesima volta che era tardi si decise finalmente a chiudere la chiamata. I bambini nel mentre avevano finito di cenare… Come entrò in cucina non potei fare a meno di farle notare il mio stato d’animo…

“Era ora..” dissi gelido. Lessi nei suoi occhi lo stupore per quel tono. Ma ormai non mi importava più niente… Così non si poteva continuare… Se voleva che il nostro matrimonio continuasse a funzionare sarebbe dovuta cambiare… Perché al momento stavamo affondando lentamente senza che lei se ne accorgesse.

“Scusa… Era importante.. Era per lo spettacolo che sto organizzando in orfanotrofio…”

Ancora l’orfanotrofio… Possibile che dovesse continuarmi a parlare del lavoro anche ora che era a casa? Ne avevo veramente le palle piene…

“Sei a casa ora, ricordi? Sei con tuo marito e i tuoi figli lascialo stare il lavoro” dissi. Ero talmente arrabbiato che avevo involontariamente alzato la voce…

Probabilmente capì finalmente che c’era qualcosa che non andava, perché chiese ai bambini di andare a giocare… Una volta soli mi chiese che cosa mi fosse preso. A quel punto non riuscii più a trattenermi e iniziai ad urlare…

CHE MI PRENDE? CHE MI PRENDE? CHE PRENDE A TE! CAZZO POSSIBILE CHE NON LO CAPISCA? SEI DAVVERO COSÌ PRESA DA TE STESSA DA NON CAPIRE Ciò CHESUCCEDE INTORNO?” Mi passai una mano tra i capelli cercando di calmarmi. Poi ripresi con un tono di voce più basso… “Stai all’orfanotrofio anche oltre il tuo orario di lavoro per un motivo o per un altro. E quando c’era un bambino che stava male, e quando avevi delle pratiche da finire.. Ora questo stramaledetto spettacolo di merda!! Come se non bastasse quando sei a casa invece di approfittare del tempo che hai per giocare con i tuoi figli rimani incollata o al telefono o al pc… Pensi che non se ne accorgano che non stai mai con loro? Invece se ne rendono perfettamente conto.. Sai cosa mi ha chiesto Kate prima? Se fossi arrabbiata con loro e se volevi andare via anche tu come la madre di Gwen… Secondo te è giusto che una bambina di 5 anni debba mettere in dubbio l’affetto che sua madre prova per lei? Non capisco come fai a guardarti alla specchio la mattina e sentirti soddisfatta della tua vita… Io mi sentirei una merda al tuo posto..”

A quel punto esplose anche lei..

“SCUSA SE MI STO FACENDO IN QUATTRO PER IL MIO LAVORO! SCUSA SE STO FATICANDO PER PORTARE QUALCHE SOLDO IN PIÙ A CASA! SCUSA EH!”

“POSSIBILE CHE NON CAPISCI? A NESSUNO SBATTE UN CAZZO SE TU TI SPACCHI LA SCHIENA PER MANDARE AVANTI QUELLA CAZZO DI STURTTURA… NESSUNO RICONOSCE TUTTO IL LAVORO CHE FAI!! NESSUNO!!! TE NE RENDI CONTO? “mi rispose esasperato. Respirai profondamente cercando di calmarmi…

“Stai trascurando la tua famiglia per niente! Stai lavorando da sola! Scommetto che i tuoi colleghi non rimangono fino alle 9 di sera come te!” conclusi esasperato…

“E cosa dovrei fare? Mollare tutto e fregarmene? Mi dispiace, non sono così. E tu dovresti saperlo. Pensavo mi conoscessi! A quanto pare non è così” rispose lei uscendo di corsa dalla stanza con gli occhi lucidi… Non riuscivo a sentirmi in colpa… Era una situazione che non poteva continuare.. Soprattutto dopo quello che mia aveva detto Kate… Andava avanti già da troppo tempo… Guardai il piatto pieno di pasta. Era ancora intatto, ma avevo lo stomaco chiuso per poter mangiare… Sistemai la cucina, lavai i piatti poi andai in salotto… Vidi i bimbi addormentati nel divano. Poveri… Sperai non avessero sentito ciò che ci eravamo detti io e la madre… Anche se i toni erano abbastanza elevati… Presi prima Matt e lo portai nel suo lettino… Poi ritornai giù a prendere Kate. Solo ora che ce l’avevo tra le braccia vidi tracce di pianto sul suo visino… Doveva aver capito che era successo qualcosa di brutto.. Infondo era più grande di Matt e quindi più attenta. La adagiai sul lettino e feci per andarmene quando sentii la sua voce chiamarmi piangendo.

“Papà!!! Non andare via…”

“Shhhh, piccola tranquilla sono qui. Cosa c’è?”

“Ho paura…” disse affondando il visino sulla mia spalla… Era tanto che dormiva da sola nel lettino ormai, ma da quando aveva cambiato cameretta per dormire insieme a Matt, spesso succedeva che avesse queste crisi..

“Tesoro non devi… La mamma e il papà sono qui a fianco!! Non vanno via!! Sai cosa facciamo ora? Mettiamo Pippo così non sei al buio ok?” Pippo era la lampadina che avevamo preso apposta per la loro cameretta per quando avevano paura con sopra rappresentato appunto Pippo. In questo modo non rimanevano al buio…

“Mi dai Fufy?” mi chiese con la voce impastata dal sonno..

Fufy era l’orsetto che le avevamo regalato io e Beth quando era dovuta restare in ospedale per essere operata di adenoidi. Aveva appena 2 anni e da allora non se n’era più separata. Glielo porsi e iniziai a cantare una ninnananna con l’intento di tranquillizzarla.. Quando fui sicuro che dormisse di nuovo profondamente, riscesi giù in salone, presi una coperta e mi addormentai sul divano, mentre ripensavo al litigio appena successo… Non sapevo come si sarebbe evoluta la situazione… Ma avevo il sospetto che ci avremo impiegato un po’ prima di riavvicinarsi.. Beth doveva dimostrarmi di aver capito e di esser cambiata.. Solo così si sarebbero potute sistemare le cose… Questa volta non sarebbe passata in fretta… 

Beth

Erano giorni di lavoro intenso, in istituto. L’estate era alle porte ormai, e con i miei colleghi stavamo lavorando sodo per organizzare uno spettacolo di beneficenza con i bambini dell’orfanotrofio, in modo da raccogliere i fondi necessari da mandare avanti alla struttura, e per far conoscere questi bambini che spesso erano invisibili agli occhi della città. Anche loro avevano diritto di avere una vita felice, con una famiglia al loro fianco. Speravamo che con questa iniziativa qualcuno di questi bimbi venisse adottato. In istituto c’era un gran da fare. Era da poco arrivato una bimba nuova. Si chiamava Phoebe e aveva appena 4 anni e mezzo. Era rimasta orfana della madre, dopo che il padre, stanco delle continue visite che la moglie era costretta a fare, per monitorare la gravidanza, le aveva sparato. Era stato un episodio di brutale violenza. Purtroppo non c’era stato niente da fare ne per lei ne per il bimbo che portava in grembo. Il padre era stato arrestato  e condannato a 20 anni di carcere. Ovviamente gli era stata tolta la patria potestà. La bimba era spaventatissima. Si isolava, non giocava mai con gli altri bambini, non voleva essere avvicinato da nessuno. Dai lividi che aveva in tutto il corpo doveva essere stata picchiata da padre. Povera piccola. Mi faceva tanta tenerezza. Io ero l’unica che Phoebe faceva avvicinare. Forse per il fatto che ero andata a prenderla io, o perché gli parlavo di Kate e Matt. Avevo in programma di farglieli conoscere. Magari sarebbe servito a sbloccarla nei rapporti con gli altri bimbi. Quando accadevano queste situazioni, tornavo a casa e pensavo a quanto fossi fortunata ad avere un marito che mi amava e che mi rispettava, che considerava i nostri figli come un dono e non come uno sbaglio. Di lavoro ce n’era parecchio. Dovevamo insegnare le canzoni ai bambini, trovare un teatro che ci ospitasse, contattare varie associazioni per chiedere di sponsorizzare l’evento. I bambini avevano accolto con gioia la notizia dello spettacolo e si erano divertiti a imparare tante canzoni carine fatte a posta per loro. Spesso mi trattenevo in istituto anche oltre il mio orario di lavoro per allestire tutto. Volevo fosse tutto perfetto. L’orfanotrofio aveva davvero bisogno di fondi e questo era un buon modo per farlo conoscere. Speravo inoltre che qualche coppia vedendo questi bimbi così soli, decidesse di adottarne qualcuno. Tornando a casa avevo visto sul cellulare un messaggio di Marie. Eravamo da molto che non ci sentivamo e mi chiedeva come stavo. Solo in quel momento mi ricordai che lei lavorava al Los Angeles Times e che poteva fare una grossa pubblicità all’evento. Entrata a casa salutai i bambini e James.

“Guarda che la cena è pronta” mi disse appena mi vide dirigermi verso il salone per chiamare Marie senza avere le grida dei bambini nelle orecchie.

“Iniziate a mangiare, vi raggiungo”

Mi sedetti nel divano, composi il numero e aspettai che rispondesse.

…Tu-Tu-Tu….

 Pronto?

Marie, ciao! Sono Beth

Beth, ciao! Sono passati secoli dall’ultima volta che ci siamo sentite come stai?

Tutto bene. Solo tanto lavoro.

Ti capisco. Anche qui in redazione è un caos totale ormai

Senti a proposito del giornale. Stiamo organizzando uno spettacolo di beneficenza per raccogliere fondi per l’orfanotrofio. Non è che potresti pubblicizzare l’evento nel tuo giornale? Abbiamo bisogno di far conoscere l’iniziativa a più persone possibili...

Certo! Non c’è nessun problema: Lo faccio volentieri! Chiederò al mio capo di affiancarmi un fotografo in modo da poter venire anche allo spettacolo

Grazie Mary, davvero

Figurati, è un piacere

Uno di questi giorni usciamo di nuovo tutte insieme eh

Si volentieri, come ai vecchi tempi

Proprio in quel momento sentii James chiamarmi per l’ennesima volta.
Marie ora devo proprio andare, ci sentiamo nei prossimi giorni.”

Certo vai tranquilla. Saluta James e i bambini!
Sarà fatto. Tu saluta Gabriel ok? Un bacio
Chiusi la telefonata e mi diressi in cucina.
I bimbi avevano già finito di mangiare, James si stava versando la seconda porzione di pasta.

“Era ora” mi disse gelido.

Mi sorpresi di quel tono così freddo. Non mi parlava mai così…

“Scusa, dovevo terminare una cosa di lavoro” dissi.

“Sei a casa ora, ricordi? Lascialo stare il lavoro!” disse alzando la voce.

Seguì una delle peggiori litigate che avessimo mai avuto… Volarono urla e parole grosse… Mi aveva accusato di fregarmene dei miei figli… Quando non riuscì più a sostenere la conversazione scappai via…Salii di corsa le scale e ancora vestita, mi misi a letto. Senza accorgermene le lacrime avevano iniziato a scorrere. Perché non capiva? Ma soprattutto perché non riuscivo a convincermi che stavo facendo la cosa giusta? Mi addormentai con quei pensieri…

La mattina dopo mi svegliai sperando che avessi fatto solo un brutto incubo.

Ma quando scesi in cucina la realtà mi si presentò in tutta la sua drammaticità.

James era già uscito per andare a lavoro senza nemmeno salutarmi come faceva di solito. Quando poi quella sera tornò a casa la situazione era ancora peggiore. Mi parlava a malapena, e quando cercavo di instaurare una conversazione lui mi rispondeva con una voce fredda come il ghiaccio. Se poteva evitava di stare troppo nella stessa stanza mia. Anche i bambini si erano accorti che qualcosa non andava. Durante la cena mangiammo in silenzio, senza che nessuno parlasse. Non sopportavo questo clima. Era qualcosa di insostenibile. Quando lo vidi aprire il divano-letto non riuscii più a reggere quella tensione. Mentre le lacrime mi scorrevano sul viso mi addormentai nel letto da sola, con un grosso peso sul cuore. Quanto sarebbe durata questa situazione?

Angolo autrici!!
Oggi ho passato il primo esame all'università finalmente! Per festeggiare ecco un nuovo capitolo anche se è un po' triste.^^

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Sorpresa ***


petali di rosa. 1 capitolo

Sorpresa

baby alice


Ogni tanto penso a te sposti tutti i miei confini 
Amor che bello darti al mondo 
Amor che bello darsi al mondo 
Quando quest’alba esploderà 
Vivrò nel fuoco di una stella 
per lasciare con te la terra

Gianna Nannini - Ogni tanto

Alice

Quella mattina mi ero svegliata con un fastidioso cerchio alla testa. Helena era già andata a lavoro, e non volevo disturbarla chiedendole di tornare a casa prima del tempo. Così, seppur lentamente, avevo iniziato a prepararmi ed ero andata a lavoro. Dopo le prime sedute di terapia, avevo deciso di andare nello studio di Rachel a chiederle se aveva qualcosa per il mal di testa. La incontrai nel corridoio, mentre salutava i genitori di una bimba che faceva terapia con lei.

“Ehi Alice...sei un po’ pallida...è tutto ok?” Mi chiese avvicinandosi.

“No...in effetti è da stamattina che non mi sento tanto bene...ho un cerchio alla testa...mi sento debole...” Ray mi toccò la fronte.

“Sei fresca però... perché non sei restata a casa stamattina? Potevi chiamare, ti avrei sostituita io...” Scossi la testa.

“Ma no dai...adesso passa...senti, hai qualcosa per il mal di testa? Così lo prendo dopo pranzo...” Entrammo nel suo studio e lei cercò delle compresse.

“Eccole...adesso andiamo a pranzo ok? Così poi puoi prenderne due...vedrai che ti sentirai meglio.” La seguii fino alla mensa. Guardai il cibo mentre facevamo la fila e scambiavamo due parole con Claire, che ci aveva aspettato li. Adesso al mal di testa si era aggiunta una sensibile sensazione di nausea.

“Alice...sei sicura di star bene?” Claire mi guardò preoccupata.

“Si...adesso prendo due pastiglie e starò meglio...vedrai...” Mi girava la testa. Presi un’insalata e cercai un tavolo; mi lasciai cadere sulla sedia. Rachel e Claire mi raggiunsero poco dopo. Cercavo di partecipare alla loro discussione e di mangiare qualcosa, ma non riuscivo.

“...così le ho detto: senti, se così non ti va bene, ti rispedisco a fare la segretaria in dermatologia...insomma, non gliene va bene una!! Giusto Alice?” Claire mi guardò perplessa.

“Alice...stai bene?” Mi portai la mano alla fronte: sentivo un doloroso fischio alle orecchie e mi accorsi che la vista si appannava. Sapevo cosa stava per succedere, e decisi di non continuare a fingere.

“Rachel... –le toccai un braccio- sto male...” Svenni prima di riuscire a spiegarle cosa sentivo. Quando mi risvegliai, ero in un posto mai visto prima. Accanto a me c’era Rachel. Lei mi guardò.

“Alice...ehi...sono qui...non preoccuparti...non è successo niente ok?” Annuii.

“Helena...l’hai chiamata..?” Le chiesi preoccupata.

“Si...sta arrivando Alice...ora stai tranquilla...ti senti meglio?” Mi faceva male la fronte; mi toccai e sentii un dolore acutissimo, che mi fece chiudere gli occhi.

“No...non toccarti Al... hai sbattuto la testa...ma non è successo niente...sono solo 4 punti...” sorrise ed io cercai di ricambiare. In quel momento entrò il medico.

“Buongiorno dottoressa Williams...come si sente?” Mi resi conto solo dopo qualche secondo che era Lee, un nostro collega.

“Ehi Lee...sto meglio...ma cosa è successo?” Lui esaminò attentamente dei fogli.

“Deve essere stato un forte calo di pressione...fortunatamente eri circondata da medici!” Lee e Rachel risero ed io sorrisi debolmente.

“Senti Alice...Rachel mi ha detto che ti sei sottoposta all’inseminazione artificiale da poco...” Annuii.  “Si...circa un mese fa...ma Helena dov’è?” In quel momento bussarono alla porta.

“Avanti” disse Lee distrattamente. Entrò una dottoressa accompagnata da un infermiere.

“Alice, lei è la dottoressa Ryan...Jamie, lei è Alice Williams, la nostra psicologa...ha avuto uno svenimento, ha battuto la testa. Ti ho chiamata perché ha fatto un’inseminazione recentemente...volevo che tu controllassi se è tutto ok...” Jamie annuì.

“Buongiorno Alice...posso chiederti da quanto tempo ti sei sottoposta all’inseminazione?” Le sorrisi.

“Buongiorno dottoressa Ryan... ho fatto l’inseminazione un mese fa...” Mi toccai la testa che faceva sempre più male, mi sentivo stordita.

“Chiamami Jamie... – sorrise - hai fatto tutto alla clinica?” Scossi la testa.

“No...veramente...abbiamo fatto tutto noi...la clinica non accetta donatori omosessuali...ci hanno soltanto spiegato come dovevamo procedere...” Le spiegai. Poi mi voltai da Ray.

“Rachel...posso avere un bicchier d’acqua? E puoi vedere se è arrivata Helena?” Le chiesi.

“Vado subito a controllare...” Ray uscì dall’ambulatorio lasciandomi sola con Lee e Jamie.

“Alice, adesso facciamo un’ecografia di controllo...per vedere se il tuo svenimento dipende in qualche modo dall’inseminazione...d’accordo?” Bussarono alla porta, e Rachel entrò seguita da Helena.

“Amore!! Cos’è successo?” Helena corse da me e mi abbracciò forte. La baciai sulle labbra.

“Sto bene amore... è solo uno svenimento... sto benone...” Lei mi toccò la fronte.

“Ahi...” mi morsi le labbra. Poi mi voltai verso Jamie.

“Lei è Helena...mia moglie...” Jamie le sorrise.

È un piacere conoscerla. Come ho già spiegato ad Alice, adesso farò un’ecografia per accertarmi che sia tutto ok...e che lo svenimento non sia causato dall’inseminazione alla quale si è sottoposta.” Spense la luce ed accese l’ecografo. Mi sollevò la maglietta e mise il gel sull’addome. Poi con la sonda iniziò a controllare che tutto fosse normale.

“Alice...guarda qui... vedi?” Mi indicò un punto dell’utero, dove apparivano due sacche bianche ben distinte. Annuii. Anche Helena si avvicinò per guardare.

È successo qualcosa dottoressa? Ha qualche malattia...qualcosa che non va?” chiese a Jamie, preoccupata. Ma lei non le rispose neppure e chiamò Rachel accanto a se.

“Guarda qui...vedi quello che vedo io?” Ray si avvicinò e restò a guardare il monitor perplessa.

“E si...direi che è abbastanza chiaro...” Entrambe si voltarono a guardarci.

“Alice...Helena...i miei più cari auguri...per i prossimi mesi ci vedremo molto spesso, se non avete ancora una ginecologa di fiducia...” Jamie sorrise ed io guardai Rachel.

“Allora...quello che penso...sono incinta?” Le chiesi raggiante. Guardai Helena: sembrava che non credesse neppure lei a quanto ci avevano appena comunicato.

“Si Alice...sei incinta!! E sono due!!” Ray mi abbracciò forte ed io iniziai a piangere. Non potevo crederci...due bambini...i nostri due bambini...strinsi la mano di Helena.

“Amore...hai capito?” lei mi sorrise; non l’avevo mai vista così felice.

“Si amore...i nostri bambini...sarai la mamma più brava del mondo...” Finalmente eravamo felici. Jamie mi diede un altro appuntamento per un controllo e subito dopo Rachel ci accompagnò alla macchina.

“Allora ragazze...quando ci vediamo per festeggiare?” sorrisi; ero stanca, ma volevo che tutte sapessero al più presto quello che stava per succedere.

“Facciamo domani...se Alice sta meglio...per stasera penso che starà a riposo...giusto amore?” Helena sarebbe diventata iperprotettiva ora; come avevo sospettato fin dall’inizio. Ma stavolta aveva ragione.

“Si si...magari domani al Lez Ladies Club...che dici Ray?” Rachel annuì contenta.

“Allora io torno in studio...e ti chiamo stasera per sapere come stai, d’accordo? Se non te la senti di venire domani stai a casa...devi riposare!!” Ci salutammo ed io ed Helena tornammo a casa, felici come non lo eravamo mai state, parlando dei possibili nomi da dare ai nostri due bambini.

Angolo autrici!!
Ecco a voi il 12 esimo capitolo!! Alice ha ricevuto una splendida notizia! Ora come affronterà la gravidanza? continuate a seguirci!!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Amiche ***


petali di rosa. 1 capitolo

Amiche 

amiche


Beth

Guardami bene negli occhi, da troppo tempo sfuggi da me 
sembran lontani quasi anni luce quei momenti con te 
quando mi dicevi sei bellissima, mi facevi vivere una favola, 
quando mi sentivo indispensabile, di un gioia immensa fino a piangere. 
Mentre adesso è tutto lontanissimo, e ci divide un solco profondissimo 

Alessandra Amoroso - La mia storia con te

Erano ormai passati quindici giorni dalla furiosa litigata che avevamo avuto io e James e la situazione in casa non era delle migliori. Il clima era sempre teso. Ci parlavamo a stento, e solo quando c’erano i bambini. Cercavamo di dare una parvenza di normalità ai loro occhi, ma a quanto pare non avevamo molto successo visto che Matt un giorno mi si avvicinò e mi chiese se il papà era arrabbiato. James stava tutto il giorno fuori casa e rientrava solo all’ora di cena. Non sapevo dove andasse dopo il lavoro e domandarmelo faceva nascere in me mille dubbi a cui la mia mentre dava le risposte più temibili. E se avesse un’amante? E se dopo la litigata non mi volesse più? Erano tutte ipotesi che non volevo considerare. Per fortuna ci pensò lo squillo del telefono a risvegliarmi da quei brutti pensieri. Dopo aver trovato il cellulare infondo alla borsa, guardai il display per vedere chi era stata la mia salvezza: Jenny.

Io e Jennifer eravamo amiche da una vita, nel vero senso della parola. Ancora prima di conoscere le ragazze io e lei eravamo inseparabili. Aveva solo un anno più di me, anzi qualche mese per esser precisi, ma non avevamo mai sentito la differenza. Quando eravamo piccole d’estate andavamo nello stesso stabilimento balneare, ed era lì che ci eravamo conosciute. Lì è nata la nostra amicizia che è continua oggi forte come allora. Abbiamo condiviso tutto io e lei. La prima cotta, il primo bacio. Penso siano veramente poche le cose che non sappiamo l’una dell’altra. Riemersi dai ricordi lontani e risposi.

Pronto?

Beth, ciao! Sono Jenny

Ciao Jenny! Come stai?

Tutto bene!! Voi come state? I bambini?

I bambini stanno bene. Io non tanto…”

“Come mai?? È successo qualcosa?”

“Diciamo che in casa la situazione non è delle migliori. Poi quando ci vediamo ti racconto”

“A proposito!! Che ne dici di una serata sole donne stasera? Vieni a casa e passiamo un po’ di tempo insieme. Ho un paio di cose da raccontarti anche io”

“Penso non ci siano problemi… Sento James e ti dico ok?”

“Va bene!! Attendo una tua risposta”

“Ok dai!! Ci sentiamo più tardi.”

Chiusi la chiamata e mandai un messaggio a James.

<< Mi ha chiamato Jenny. Mi ha invitato a cena stasera. Puoi tornare un po’ prima? Grazie.>>

<< Ok…>> mi rispose.

Sospirai. Non ne potevo più di quella situazione, ma al momento non c’era nessuna possibilità di chiarire.

Verso l’ora di pranzo andai a prendere i bimbi dai nonni. Oggi li avevano tenuti July e David mentre io e James eravamo a lavoro. Mia suocera aveva intuito che qualcosa non andava, visto che andavamo a trovarla sempre separatamente, ma non avevamo voluto dirle niente. Ma non sapevo per quanto saremo riusciti a tenerlo nascosto anche agli altri. Ormai il distacco tra di noi era evidente visto che eravamo passati da essere sempre insieme, a stare un due parti opposte della stanza, ignorandoci a vicenda. Giunti a casa preparai il pranzo e poi lasciai i bimbi liberi di giocare mentre io cercavo di sistemare la casa. Ultimamente, con tutto il casino che era successo avevo trascurato le faccende domestiche e ora in casa sembrava fosse passato un uragano. Tra sistemare, spolverare e lavare si fecero le 7.00. Jenny mi aveva detto di andare da lei verso le 8.00. In quel momento sentii il rumore di un auto che parcheggiava e la porta d’ingresso che veniva aperta. James doveva essere tornato. Visto che i bambini erano con lui decisi di farmi una doccia per togliermi di dosso tutta la stanchezza. Alle 8 meno un quarto ero pronta ad uscire. Salutai i bambini e partii. Jenny abitava in un piccolo appartamento alla periferia di Los Angeles.  Quando venne ad aprirmi ci abbracciammo strette. Era da troppo tempo che non la vedevo e avevo sentito la sua mancanza. Iniziammo a chiacchierare del più e del meno fino a quando non fu pronta la cena e ci sedemmo a tavola.

“Allora, raccontami un po’ cos’è successo con James.” Mi incoraggiò la mia amica

“In sintesi si è lamentato che dedico quasi tutto il mio tempo al lavoro e alla famiglia invece ne lascio pochissimo. Ma è un assurdità!! Non riesco a capire come può pensarlo. Abbiamo avuto un violento litigio e da allora non ci parliamo se non qualche parola di cortesia davanti ai bambini… Non ce la faccio più a sopportare questa situazione Jen!! Non la reggo!! Non riesco a stare indifferente mentre lui sta tutto il giorno fuori!! Ho persino pensato che abbia l’amante!!” dissi scoppiando a piangere.

“Ma no dai!! Cosa dici!! Stiamo parlando di James!! Il tuo James. Il tuo cavaliere dall’armatura scintillante, il tuo principe azzurro. Lo stesso che ha atteso che tu fossi pronta prima di andare a vivere insieme, lo stesso che ti ha dimostrato in mille modi quanto tu sia importante per lui. Vedrai che tornerà quello di prima! Lasciagli solo un po’ di tempo. È normale avere dei momenti di distacco! Capita a tutti. Vedrai che si sistemerà tutto!” mi disse sorridendomi rassicurante.

“Speriamo…. Ora però basta parlare di me! Hai detto che dovevi dirmi qualcosa! Beh di che si tratta?” dissi asciugandomi le lacrime e prestando tutta la mia attenzione su di lei.

“Ecco… Tu sai vero che ho anche la cittadinanza spagnola?!” mi chiese.

Annuii. Si, ricordavo questo particolare. Anni prima mi aveva rivelato di avere la doppia cittadinanza perché i genitori quando la madre ancora non sapeva di essere in attesa, si erano trasferiti un anno a Madrid per lavoro e quindi lei era nata in Spagna. IL suo nome completo infatti era Jennifer Leonor. Inoltre essendo figlia di genitori americani, aveva diritto anche alla cittadinanza americana. Questo piccolo particolare della sua vita le aveva fatto nascere la passione per lo spagnolo. Si era laureata in lingue l’anno scorso e aveva seguito un master per interprete. Da allora lavorava presso un’agenzia viaggi, anche se il suo sogno era quello di lavorare in ambasciata.
“Si certo, ricordo!”

“E sai anche che il mio più grande sogno è quello di lavorare in ambasciata no?” ad un mio cenno di assenso continuò “ Ecco, sono riuscita ad ottenere un posto come interprete all’ambasciata spagnola di New York!!”

“Oh Jenny ma è fantastico!! Finalmente il tuo sogno si realizza!!”

“Già…Da un lato sono al settimo cielo… Dall’altro però sono un po’ triste. Devo lasciare la mia città, i miei amici… Non potremo vederci come prima…” i suoi occhi si velarono di tristezza.

“Ehi, ehi, cos’è questa tristezza?? Non la voglio vedere!! Insomma si tra realizzando il TUO SOGNO!! Poche cose supereranno questo momento!! Goditelo!!! Poi al resto c’è una soluzione!! Per nostra fortuna ci sono tantissimi mezzi di comunicazione rapidi!! Basta una mail, un messaggio ed è come se fossimo l’una accanto all’altra!”

“Hai ragione!! Grazie amica mia. Ti voglio bene!!!”

“Anche io!” dissi abbracciandola.

Quella sera tornai a casa un po’ rincuorata. Nel cuore una nuova speranza

Angolo autrici!!
Ecco qui un nuovissimo capitolo!! Come sempre aspettiamo i vostri commenti!! Ah un applauso ad Alice che ha passato il suo primo esame!! :D (Ti voglio bene) ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Novità ***


petali di rosa. 1 capitolo

Novità 

novità


Alice

Finalmente, dopo tanto tempo in Messico, Sophie era tornata a Los Angeles. Eravamo tutte ansiose di vederla ed abbracciarla. In più, da quando ci aveva comunicato di doverci dire qualcosa di molto importante, era stato tutto un susseguirsi di supposizioni su quello che poteva essere successo. Quel giorno avremo scoperto cosa era accaduto: eravamo tutte invitate a casa sua per un the. Io ed Helena ci preparammo velocemente e passammo a prendere Rachel. Insolitamente, lei era già sulla porta.

“Per quanto ancora dovevo aspettarvi?” Ci chiese facendoci la linguaccia. Risi.

“Sei sempre in ritardo, così abbiamo pensato di arrivare cinque minuti dopo” Le risposi baciandola sulla guancia. Lei mi toccò la pancia.

“Quando inizierà a vedersi?” Sollevai la maglietta e le mostrai il piccolo rigonfiamento che iniziava a notarsi. Lei sorrise.

“Si vede un po’!! beh voglio dire, con due gemelle nella pancia sfido che non si veda a due mesi!” Continuammo a parlare finchè non arrivammo di fronte a casa di Sophie. In giardino, il piccolo Edward giocava a pallone con il loro cagnolino e le ragazze parlavano tra loro; evidentemente eravamo le uniche in ritardo. Appena ci vide, il piccolo corse a salutarci.

“Ciao zia Alice!! Ciao zia Helena!! Ciao zia Rachel!!” Ci salutò con un bacio sulla guancia e poi corse vicino a Sophie. Tornò con un enorme sombrero.

“Guarda zia Alice!!” me lo porse.

“Wow, che magnifico sombrero!! Fammi vedere come ti sta!” Glielo misi in testa e lo guardai.

“Sono bello?” Ridemmo tutti mentre io, Helena e Rachel abbracciavamo Sophie.

“Sei bellissimo!!” Gli rispose Helena.

“Mi siete mancate tantissimo!!” Mi disse Sophie commossa ed io la strinsi forte.

“Ti trovo benissimo!! Sei pure abbronzata!!” Salutai le ragazze e ci sedemmo all’ombra del grosso albero della loro casa.

“Ma...Lucas dov’è?” chiesi guardandomi intorno. Sophie sospirò.

“è dovuto restare in Messico per una questione importante di lavoro...dovrebbe tornare tra qualche mese...” La guardammo un po’ perplesse. Sicuramente era successo qualcosa, ma lei non ci aveva voluto dire nulla. Cercammo di farla sorridere con qualche battuta, poi Sophie ci raccontò del suo soggiorno in Messico e ci mostrò tutte le foto che avevano fatto. Poi Ally prese la parola.

“Beh, adesso passiamo ad un argomento serio...cosa dovevi dirci?” ridemmo tutte insieme per due minuti buoni, mentre Dana prendeva in giro Ally per la sua sfacciataggine. Poi Sophie chiamò accanto a se il piccolo Eddy.

“Ehi amore...vuoi dire alle zie che cosa è successo in Messico?” Eddy si illuminò in un sorriso.

“Un giorno mentre io facevo un riposino di pomeriggio...è venuta una fatina!” Lo guardammo sorridendo, e lui continuò.

“è andata dalla mia mamma e le ha detto: << mamma di Eddy, lui sta tanto tanto solo, e non ha neppure un amichetto con cui giocare >> e le ha lasciato un regalino per me! Però la mamma lo deve tenere dentro la sua pancia per tanto tanto tempo prima che io ci possa giocare!” Lo guardammo temendo di aver capito male e Sophie sorrise.

“Avete capito bene...sto aspettando un bambino!” La abbracciammo tutte insieme e lei pianse di gioia.

“Sai già se è maschio o femmina?” Le chiese Beth.

“No, veramente non si sa ancora...non si fa vedere!” Mentre ascoltavamo i loro discorsi io ed Helena ci guardammo. Presi Eddy e lo portai vicino a me.

“Lo vuoi sapere un segreto piccolino?” Lui annuì sorridendo.

“La fatina che è passata dalla mamma...è passata anche dalle zie...” Gli feci l’occhiolino e lui subito si illuminò. Corse da Sophie che stava dall’altra parte del tavolino.

“Mamma mamma!!! Mamma devo dirti una cosa!!!” Io ed Helena ridemmo. Era proprio quello che volevamo lui facesse. Soph lo guardò.

“Dimmi amore..” lui saltellando allegro disse con voce seria:

“Anche da zia Alice è passata la tua fatina!!” Le ragazze si voltarono a guardare Helena. Sapevano che ci avevano comunicato la sua sterilità, perciò si chiedevano sicuramente di cosa il piccolino stesse parlando. Poi Ally e Dana spostarono il loro sguardo su di me.

“Alice?!?” Mi chiesero in coro ed io scoppiai a ridere. In un attimo tutte capirono. Beth fu la prima ad alzarsi ad abbracciarmi, seguita da tutte le altre.

“Nasceranno insieme!!” Mi disse Sophie entusiasta. La guardai dubbiosa.

“Mah sai, non credo...i gemelli non aspettano mai i nove mesi esatti!” Dana mi guardò sconvolta.

“Sono gemelli?!?” io ed Helena annuimmo ridendo e di nuovo tutte mi abbracciarono per la seconda volta. Fu bellissimo condividere con loro quel piccolo segreto che cresceva dentro di me, impaziente di regalarci tutta la felicità che solo un bambino può portare.

Angolo autrici!!
Ecco qui un altro capitolo!! La storia inizia ad entrare nel vivo ma ancora tante sono le cose che dovranno accadere!!
Speriamo vi piaccia!!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Tregua ***


petali di rosa. 1 capitolo

Tregua

novità



Guardami ancora con gli occhi di ieri 
Ti sembra lontano perchè non ci speri 
Un giorno succede per caso, che manca soltanto qualcosa 
Quel giorno che tutto è sbagliato, e non esisterà una scusa 
Guardami ancora con gli occhi di ieri 
Ti sembrerà strano ma resterai in piedi 
Mi chiedo se fosse già scritta la nostra esigenza 
Di andare a cercare, la vita è soltanto questione di urgenza 
Domani con gli occhi di ieri 

Domani con gli occhi di ieri – Alessandra Amoroso

Beth

Finalmente, dopo tante prove, era arrivato il giorno dello spettacolo. Dietro le quinte del teatro dell’orfanotrofio eravamo tutti in fermento. Tenevamo molto che questa manifestazione avesse successo. L’orfanotrofio aveva veramente bisogno di nuovi fondi. Nei giorni precedenti avevo lavorato tantissimo. Bisognava organizzare un sacco di cose ed essendo l’ideatrice dell’evento dovevo occuparmene io. Scenografie da realizzare, coreografie da montare, impianto stereo da provare. Ero davvero a pezzi, ma sapevo quanto tutto ciò fosse importante per i bambini dell’istituto. Purtroppo la situazione a casa non era migliorata. Con James, eravamo ancora al punto di partenza. Anzi forse anche peggio. Ormai dormivamo in letti separati. Tutte le sere, dopo aver messo a letto i bambini, James andava a dormire sul divano. Così mi ritrovavo sola in quell’enorme camera da letto, a domandarmi quanto tutto sarebbe tornato normale… Tutte le volte che cercavo di fare un passo verso la riappacificazione lui restava scostante e freddo come il ghiaccio. Davanti ai bambini cercavamo di essere il più normali possibili, ma era capitato che Kate mi facesse domande. Erano quelli i momenti di maggiore difficoltà, per me. Non volevo che i bambini risentissero della nostra lite. Dovevano continuare a pensare che la mamma e il papà si volessero ancora bene,

“Beth tutto ok?” Samantha, una mia collega, nonché ormai una delle mie più care amiche, mi ridestò dai miei pensieri.

“Si Sammy, non preoccuparti. Dovevi dirmi qualcosa?”

“Si, noi siamo quasi pronti. Hai visto quanta gente?”

“No veramente no”

“Sarà un successo vedrai!”

“Speriamo” dissi, mostrandole le dita incrociate.

“Io torno dai bambini. Quando siamo pronti ti vengo a chiamarti ok?”

“Grazie Sammy!”

Mi avvicinai al tendone e lo scostati leggermente per dare un’occhiata alla platea. Il teatro era già pieno di gente e tanta ancora stava continuando ad arrivare. In prima fila c’erano i più famosi giornalisti di Los Angeles e molte delle famiglie più facoltose di Los Angeles che, notavo con piacere, avevano accettato l’invito. Subito dietro di loro c’era la mia famiglia e i miei amici. James nonostante tutto aveva deciso di venire e di portare i bambini, che ora erano in braccio ai nonni. Gli ero grata per questo. Di fianco a lui le mie girls con i rispettivi partner. Persino Alice con le sue gemelline nel suo pancino appena accennato era venuta a sostenere la causa. Non li avrei mai ringraziati abbastanza. Dietro le quinte i bambini erano emozionatissimi. Avevamo procurato loro delle magliette che ricordassero i colori dell’estate, come il giallo e l’azzurro, e dei pantaloni bianchi.

“Beth, ci siamo!” mi chiamò Sammy.

 A un tratto le luci si spensero, così presi un respiro profondo e uscii fuori dal tendone per parlare.

“Buonasera! Sono Elisabeth, una delle assistenti sociali che lavorano al Children House, nonché organizzatrice dell’evento. Vi  ringrazio davvero tanto per la vostra presenza qui, questa sera. Come sapete questo orfanotrofio ospita tanti bambini che purtroppo o sono rimasti orfani, o sono stati tolti dalla custodia dei loro genitori per la loro sicurezza. Le donazioni che avete fatto venendo qui questa sera saranno interamente devolute a loro favore. Molti di questi bambini non aspettano altro che una mamma e un papà che si prenda cura di loro e che gli dia tutto l’amore che non hanno avuto fino a questo momento. Alla fine della serata, Holly, la direttrice dell’istituto, sarà a vostra disposizione, nel caso in cui foste interessati all’adozione di questi bimbi. Ma ora basta, ho parlato anche troppo. Diamo inizio allo spettacolo! Vi auguro una buona serata”

Mentre tornavo dietro le quinte, il sipario si aprì. Nell’aria si diffusero le note dell’inno americano e i bambini iniziarono a cantare.

A parte qualche piccolo intoppo con l’audio, che venne risolto immediatamente, tutto filò liscio. I bimbi si divertirono a cantare e gli spettatori furono felici di aiutarli, cantando anch’essi le canzoni più note. Finalmente lo spettacolo finì, sotto l’applauso scrosciante del pubblico. Secondo il tesoriere, avevamo raccolto più di 300.000 dollari.

“Beth, complimenti! Davvero uno splendido spettacolo!” mi disse Marie venendomi incontro e abbracciandomi.

“Grazie Marie, dopo tanta fatica è bello sapere che avete apprezzato!”

In quel momento vidi mia cugina Christine e suo marito Bill avvicinarsi ad Holly. Così mi congedai da Marie e mi avvicinai a loro stupita.

“Christine! Bill”

“Oh, ciao Beth. Complimenti per lo spettacolo. Molto molto bello!”

“Grazie Christy! Non mi avevi detto che volevate avviare le procedure per l’adozione!”

“Si, beh, in effetti è un po’ che ci stavamo pensando. Poi quando ci hai raccontato la storia di questi bimbi ci siamo decisi.” Mi disse

“Siete sicuri? – chiesi – Avete già Cloe che vi tiene impegnati… Due bimbi piccoli insieme è in grosso impegno, una grossa responsabilità…”

“Mai stati così sicuri, Beth. Ne abbiamo parlato a lungo e la decisione è stata unanime.” Mi disse Bill.

“Beh in questo caso… Holly, ti prego di prendere realmente in considerazione la loro richiesta di adozione. Sono due bravissime persone, te lo assicuro, e potrebbero rendere felice Dylan. Non lo dico perché sono miei parenti!” dissi alla mia superiore.

“Ti credo Beth, ti credo. Ma sai anche tu che la prassi va rispettata. Dovrò comunque mandare una di voi a fare degli accertamenti. Presumo tu non voglia occuparti del loro caso…”

“No, penso sia meglio che se ne occupasse qualcun altro. Non vorrei che venissero penalizzati solo perché, essendo miei amici, potrei aver dato un giudizio imparziale.”

“In questo caso… Signori Davies, penso che riceverete presto la visita di Samantha. È una delle mie collaboratrici migliori, insieme a Beth ovviamente.

“Grazie mille, signora Connor. A presto allora. Ciao Beth, ci sentiamo uno di questi giorni ok?”

“Perfetto Christy. Ciao Bill!”

Mentre Christine e William si allontanavano, arrivò Samantha.

“Beth hai visto? Alla fine è stato un sucessone! Abbiamo raccolto tantissimo soldi! Tutto grazie a te!”

“Sono felice del l’ottimo risultato che abbiamo ottenuto. Ma il merito non è solo mio! Abbiamo collaborato tutti quanti! È un successo collettivo”

Diedi una rapida occhiata all’orologio: le 10:20. Era tardissimo! James doveva già essere tornato a casa e i bambini probabilmente erano già a letto. Nel frattempo altri colleghi ci avevano raggiunto e stavano proponendo di andare in un pub a festeggiare il successo. Così recuperai il cappotto e salutai.

“Ragazzi io devo andare. Buone feste a tutti”

“Ma come Beth, non vieni a festeggiare con noi?” chiese Richard, uno dei pochi colleghi maschi presenti nell’istituto.

“No mi dispiace. Ho un marito e due figli che mi aspettano a casa e che con molta probabilità si staranno già chiedendo che fine ho fatto.”

Tornata a casa il silenzio regnava sovrano. James era addormentato sul divano. Cercando di non fare rumore, presi un plaid e glielo misi addosso, poi mi diressi nella camera dei bambini e diedi loro un bacio sulla fronte, per la buona notte, prima di dirigermi in camera da letto e addormentarmi. Durante la notte non feci altro che ripensare a ciò che aveva causato la lite con mio marito e ciò non mi permise di dormire serenamente. Mi svegliai che erano le 4 del mattino. Non riuscendo a prendere sonno mi diressi in cucina a prepararmi una tisana. Quando entrai mi accorsi che James era seduto nel tavolo assorto in chissà quali pensieri.

“Anche tu sveglio?” chiesi, mettendo un pentolino d’acqua a bollire.

“Troppi pensieri” rispose.

Annui e attesi che la tisana fosse pronta poi mi sedetti a tavola con lui.

“Grazie per esser venuto stasera. Mi ha fatto molto piacere la tua presenza.”

“Volevo vedere il risultato di tutte quelle ore di lavoro che hai tolto alla famiglia…” rispose.

“Già… a proposito di questo… Mi dispiace. So di aver esagerato, ma… è il mio lavoro. Sai che quando mi impegno in un progetto mi faccio in quattro perché tutto risulti perfetto…”

“Lo so, ti conosco bene ormai, dopo tanti anni… Capisco che il lavoro sia importante, ma devi riuscire a gestire meglio il tuo tempo, dividendolo equamente tra lavoro e famiglia… I bambini hanno bisogno anche della loro mamma, io da solo non basto!”

A quelle parole mi sentii tremendamente in colpa. Calde lacrime mi rigavano il viso, mentre il mio corpo veniva scosso da singhiozzi. Che razza di persona stavo diventando? Ero una pessima madre. Trascuravo i miei figli per il lavoro! Come se non bastasse ero anche una pessima moglie.

“Che ci è successo James? Eravamo così affiatati, così innamorati… Come siamo finiti così…?!”

“Non lo so Beth. Forse troppe cose non dette, troppi silenzi tra noi. Ma di una cosa sono sicuro. L’amore che proviamo l’uno per l’altro non può finire per una litigata. Non hai idea di come sono stato male, quando cercavo di ignorarti e di evitarti.”

“Davvero?” chiesi timorosa, alzando lo sguardo verso di lui.

“Certo! Non sai quanto mi costasse non saltarti addosso e baciarti in certi momenti. Mi sono fatto violenza da solo imponendomi di restare freddo e distante.”

In quel momento feci l’unica cosa che mi sentivo di dover fare. Mi alzai, presi il suo viso tra le mani e lo baciai. Quando le nostre labbra si toccarono mi sentii rinascere. Finalmente tornavo a respirare. James era la mia aria, il mio ossigeno. Senza di lui non potevo farcela. Fu un bacio intenso e passionale. Sembravamo volerci divorare a vicenda. Lo sentii stringermi di più a lui, mentre la sua bocca lasciava le mie labbra per dedicarsi al mio collo con baci e piccoli morsi. Piegai la testa per permettergli un accesso migliore, mentre dalle mie labbra usciva un gemito. I nostri corpi si reclamavano  noi ormai eravamo in balia della passione. James mi prese in braccio e le mie gambe andarono a cirgondargli la vita mentre io continuavo a restare aggrappata al suo collo con una mano, mentre l’altra era immersa tra i suoi capelli. Arrivammo in camera da letto e chiudemmo la porta a chiave. Un morso un po’ più forte degli altri mi fece lanciare un urletto.

“Shhhh, zitta che svegli i bambini!” disse James ridendo, mentre mi zittiva con un bacio.

Le nostre mani riscoprirono le une il corpo dell’altro. Iniziammo a toglierci ognuno qualcosa fino a quando fummo completamente nudi. In quel momento non potei fare a meno di guardalo. Mi sembrava quasi di vederlo per la prima volta. Era bellissimo, ed era mio. I nostri corpi si fusero in uno, impazienti di ritrovarsi. Un sospiro uscì dalle nostre bocche a quel contatto. Dio, quanto mi era mancato! Era come se una parte di me fosse tornata al suo posto, colmando il vuoto che sentivo con la sua lontananza. Iniziò a muoversi in me sempre più velocemente.

Alla fine crollammo sfiniti sul letto, l’uno tra le braccia dell’altro. James mi strinse sul suo petto tenendomi stretta a lui, come se potessi scappare.

“Mi sei mancata, amore” mi sussurrò all’orecchio.

“Come mi hai chiamata?” chiesi, girandomi per guardarmi negli occhi.

“Amore” ripeté, non capendo il motivo del mio stupore.

“Era da molto che non mi chiamavi così” spiegai baciandolo.

Lui sorrise e mi diede un tenero bacio sulla fronte. Poi guardandomi negli occhi mi disse:

“Ti amo”

“Ti amo anch’io” risposi.

Finalmente tutto stava tornando alla normalità ed io non potevo essere più felice di così.



Angolo autrici!!
Direi che Beth e James hanno chiarito alla grande. Ovviamente non poteva durare molto.. Si amano troppo. Ma ora che succederà? continuate a leggere per saperlo

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Colpo di fulmine ***


petali di rosa. 1 capitolo

Colpo di fulmine

ray-belle



Cerco una forma che sia complementare a me 
cerco l'altra metà anche fosse impossibile 
cerco una storia d'amore che parli anche un po' di me 
che non sappia di principi azzurri o di favole
Vorrei un amore non da manuale, amore che fa stare bene 
Sentimenti, sensazioni, emozioni e… 
l'incontenibile 

Amore incontenibile – Studio 3

Alice   

“No aspetta...spiegami con calma Alice...” Rachel camminava al mio fianco stringendo tra le mani la documentazione sulla quale avevamo lavorato insieme quella sera.

“Ho parlato con Jamie ieri sera, e mi ha comunicato che molto probabilmente dovrò diminuire l’orario di lavoro...oppure prendere la maternità anticipata...con i gemelli un rischio d’aborto è duplicato...mi spiace lasciarvi nei casi Ray...pensi che si possa fare qualcosa per ridurre il mio orario?” la stavo quasi supplicando, pur sapendo che non avrebbe mai detto no ad una mia richiesta; nonostante fosse il mio capo, Rachel era anche una delle mie più care amiche, e sapeva bene tutti i problemi che avrebbe comportato la mia decisione di avere un bambino.

“Non preoccuparti Alice...ce la caveremo...puoi prendere anche la maternità, oppure se preferisci riduciamo l’orario di lavoro e lo dividiamo con Mandy...ma stai tranquilla!” sorrise dolcemente.

“Ma ora –riprese- dobbiamo assolutamente pensare a questo bimbo di cui ci hanno comunicato l’arrivo...Alice non sappiamo nulla della sua vita e domani sarà al centro!! Entro stasera dovremo riuscire a saperne il più possibile...vieni a cena da me?” Ci pensai su.

“D’accordo...chiamo Helena e la avviso, ma so già che sarei stata sola...ha turno all’ospedale fino a tardi!” presi il cellulare e mandai velocemente un messaggio ad Helena, nel quale le chiedevo di richiamarmi appena possibile. Poi sorrisi a Rachel.

“Bene capo...andiamo al take - away...o facciamo tutto noi?” Lei scosse la testa.

“Ovviamente facciamo tutto noi!! Una donna incinta non può mangiare quelle schifezze... Andiamo a fare la spesa...c’è un market qui vicino...ti va?” Ci avviammo con tutta calma, nonostante fossero già le 19:30 ed il market chiudesse alle 20:00. Entrammo chiacchierando allegramente.

“Quindi...non solo ci molli proprio adesso...ma ci mollerai per altri sette mesi!!! Se non di più... Dovrei licenziarti sai?” Rachel mi circondò le spalle con un braccio ed io risi.

“Ma dai..!! Giuro che lavorerò da casa capo... E poi se non ci sono problemi posso lavorare anche fino al parto!!” Sembravo tranquilla ma dentro di me ero in totale subbuglio: dentro di me stavano crescendo due creature, che avrei dato alla luce tra qualche mese... Per alcuni era totale pazzia, visto il mio livello di vice capo... Per me era solo amore; amavo Helena e avrei dato qualunque cosa per vederla felice.

“Alice...è tutto ok?” mi resi conto che Rachel stava parlando ma che io non avevo ascoltato una sola parola di quello che aveva detto.

“Scusami Ray...puoi ripetere? Ero sovrappensiero...” La guardai mentre mi indicava due tipi diversi di panna da cucina.

“Funghi porcini o salmone?” Era così seria che scoppiai a ridere.

“Che ho detto di male?!” fingeva di essere seria ma rideva anche lei.

Quando raggiungemmo le casse stavamo ancora ridendo, nonostante alla fine avessimo deciso di prendere la panna classica.

“Ma ti immagini se avessimo preso quella al salmone? Sicuramente i tuoi gatti sarebbero stati felici!!” Mi bloccai di colpo non ricevendo risposta. Mi voltai a guardare Rachel: era ferma vicino al carrello, ed il suo sguardo era perso in qualcosa che non avevo visto. Mi voltai dove pensavo stesse guardando e in un attimo capii il perché del suo interesse: la nostra cassiera. La guardai meglio per qualche istante; occhi fortemente espressivi e sinceri, un viso dolce che attirava l’attenzione al primo sguardo.

“Ray... – le diedi una gomitata- sveglia...” Lei mi guardò ancora sconvolta.

“Credo di aver trovato la donna della mia vita...” e riprese a guardarla.

A quel punto, anche la ragazza aveva iniziato ad osservare Ray. Sorrisi.

“Ray...dobbiamo pagare...faccio io ok? Altrimenti le salti addosso in due secondi!” Rachel mi guardò scuotendo la testa.

“Assolutamente no!! Lascia fare a me...”

Si avvicinò alla ragazza e le porse la carta di credito; la guardò per un attimo, poi abbassò lo sguardo. Osservavo la scena con curiosità; non avevo mai visto Rachel in quello stato. Tutte le ragazze che aveva conosciuto non erano durate più di una settimana, e mai avevo visto nei suoi occhi quella luce che vedevo ora mentre guardava la nostra cassiera.

“Emh...questa è tua...” La ragazza si rivolse a Rachel, che ancora non riusciva a guardarla negli occhi, porgendole la carta.

“Ah si...grazie... – guardò nel cartellino che aveva appuntato nella divisa - Annabelle...hai un nome davvero bellissimo” Rachel sorrise e la ragazza arrossì lievemente.

“Grazie...” sussurrò. Rachel le sorrise. Mi avvicinai a lei.

“Andiamo Ray? Non puoi restare qui a guardarla...” La spinsi verso l’uscita sorridendo ad Annabelle, che ricambiò. Eravamo quasi vicino all’uscita quando Annabelle ci corse incontro.

“Scusatemi...avevo dimenticato questo...è lo scontrino della carta di credito...” Rachel lo prese delicatamente dalle sue mani soffermandosi un po’ troppo a sfiorarle. Entrambe arrossirono.

“Grazie...” Le sorrisi. Lei tornò alla cassa dopo aver guardato a lungo Rachel. Appena uscite fermai Ray e la guardai.

“Sembri sconvolta... È tutto ok?!” Lei rise.

È bellissima Alice!!! È stupenda...l’hai vista? Ha degli occhi meravigliosi... E il suo viso? Resterei a baciarla per ore...  Scommetto che con la mia solita fortuna è eterosessuale...” Prese lo scontrino tra le mani e restò immobile.

“Al...Alice...” mi girai a guardarla e corsi da lei lasciando il carrello.

“Ray è tutto ok? Stai male? Ray???!!” Le toccai la fronte; era fresca. Il polso regolare. Lei prese la mia mano e ci mise lo scontrino. Non capivo. Mi fece cenno di guardare. Lessi e in un secondo sorrisi e la abbracciai.

“Ray Ray Ray!!!! Hai fatto colpo!!!! Adesso hai pure il suo numero!!!” Lei mi sorrise, poi corse vicino alle porte del market. Guardò Annabelle e le fece un cenno di saluto con la mano; la ragazza rispose sorridendo. Poi Rachel tornò da me.

“Andiamo a casa?” Era raggiante. La presi a braccetto e ci avviammo verso le macchine.

“Quando hai intenzione di chiamarla?” Indagai. Rachel mi guardò e finse di pensarci su.

“Mmmm...stasera?” scoppiammo a ridere insieme.

“Ma è mai possibile?! Sei sempre la solita!!” La sgridai affettuosamente.

“No Alice... – mi guardò seriamente, un sorriso dolce sulle sue labbra - stavolta è diverso...lei è quella giusta...e non intendo lasciarla scappare via”.

Angolo autrici!!
Eccoci! Anche il capo di Alice, nonchè una delle sue migliori amiche ormai, si è innamorata. Vi lasciamo il link del video che abbiamo realizzato sui primi 26 capitoli di petali di rosa 2! Contiene molte anticipazioni. Cliccate qui per vederlo -->  Petali di rosa 2 (parte 1)
Aspettiamo i vostri commenti!!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Paris ***


petali di rosa. 1 capitolo

Paris 

ray-belle


Mentre accarezzi un pensiero e sorridi
ho voglia di te
come quei giorni lontani e felici
in un tramonto d'estate a Parigi
mentre accarezzo un pensiero e sorridi
hai voglia di me
come quei giorni lucenti e felici
in un tramonto d'estate a Parigi


La differenza – Tramonto d’estate a Parigi 

Beth 

Era qualche giorno che vedo le mie amiche e mio marito strani. Lanciavano sempre strane allusioni, quando arrivavo io cambiavano argomento… Che stessero tramando qualcosa? Chissà a cosa avevano pensato quelle pazze… Misi da parte quei pensieri. Questo sarebbe stato il mio ultimo giorno di lavoro prima delle ferie. Poi mi sarei concessa una settimana di riposo, dedicandomi solo ai miei figli e mio marito, visto che tra soli 2 giorni sarebbe stato il nostro 3° anniversario di matrimonio. All’orfanotrofio c’era tanto da fare. Giusto il mese scorso avevamo concesso l’adozione a una giovane coppia di un bambino down, Josh, e stavamo ancora monitorando la situazione, con l’aiuto del St. Jhon. Lavorando all’orfanotrofio mi ero resa conto di quanto fossero fortunati i miei bambini, e io non perdevo occasione per ricordaglielo. Capitava che li portassi con me qualche volta. In questo modo loro capivano che c’erano bambini meno fortunati di loro, e i bambini dell’orfanotrofio imparavano a socializzare anche con degli estranei.

Il 17 agosto mi svegliai presto. La casa era insolitamente silenziosa. I bimbi avrebbero passato un paio di giorni dai nonni. Si sentiva la loro assenza. Scesi in cucina e inaspettatamente trovai James già in piedi. Mi raggiunse e mi salutò.

“Buon anniversario, tesoro.” Disse baciandomi.

“Buon anniversario anche a te.” Risposi sorridendo.

“Ho una sorpresa per te. Vai a cambiarti. Vestiti comoda mi raccomando” mi disse con un sorriso enigmatico dipinto sul volto.

Salii in camera e presi un paio di jeans e una polo dall’armadio, poi entrai in bagno. Avevo bisogno di una doccia veloce per rilassarmi un po’. 20 minuti dopo ero pronta ad uscire. Stavo per salire in macchina quando James mi fermò.

“Amore aspetta. Prima questa” disse tirando fuori un mio vecchio foulard e avvicinandosi.

“Nooooo! – mi lamentai – La benda no!”

“È necessario! Se scopri tutto che sorpresa è?”

Sbuffando mi feci portare fino alla macchina. Poi salì anche lui e partimmo.

Non so dire esattamente quanto ci impiegammo. Con la benda tutti i miei sensi erano offuscati.

Sentivo solo il rumore delle auto che scorrevano sulla strada. A un tratto sentì la macchina fermarsi e una portina chiudersi. Subito dopo James mi aveva aperto la portina ed aiutato a scendere. Percepì il passaggio dall’aperto al chiuso tramite lo sbalzo di temperatura. Fuori c’era un caldo tremendo invece ora sembrava di essere entrati in una cella frigorifera.

“Amore ferma qui, vado a sistemare una cosa. Arrivo subito!” mi disse James.

“E dove vuoi che vada? Sono bendata! Non vedo niente!” ero ancora indispettita per essere stata bendata.

Lui prese e mi baciò.

“Ehi così non vale!” protestai

“Non te l’ha mai detto nessuno che in guerra e in amore tutto e lecito?” disse. Sentii la sua risata allontanarsi e capii che non era più vicino a me. Dovevano essere passati circa dieci minuti quando sentii due braccia forti avvolgermi e due labbra posarsi sull’incavo del mio collo. A quel contatto rabbrividì.

“Fatto tutto?” chiesi mentre mi rigirava tra le sue braccia.

“Si si, tutto apposto.” Disse lui

“Ora posso togliere la benda?”

“E va bene!” concesse lui.

A un tratto la benda mi scivolò dagli occhi permettendomi di tornare a vedere. La prima cosa che vidi fu solo molta luce. Quando poi i miei occhi tornarono ad abituarsi iniziai a notare un via vai di gente. Guardandomi intorno ci misi poco a collegare dove eravamo.

“Cosa ci facciamo in aeroporto?” chiesi.

“Che domande partiamo no?” rispose ridendo

Lo incenerii con lo sguardo.

“Ah ah ah molto divertente davvero.” Dissi voltandomi dall’altra parte e incrociando le braccia.

“Dai amore non fare così! Ho pensato che visto che appena sposati, con il fatto che c’era Kate piccola, non abbiamo potuto fare il viaggio di nozze, ti avrebbe fatto piacere farlo ora, anche se sono passati 3 anni e mezzo!”

A quelle parole mi sciolsi.

“Dici davvero? Un viaggio io e te? E i bimbi? Sono così piccoli come faccio a lasciarli? E poi dove rimangono?”

“Ehi ehi. Non sono così sconsiderato come padre. I bimbi staranno a casa nostra con i nonni. Fa male anche a me lasciarli, ma volevo passare qualche giorno con te come una volta. Vedrai che staranno bene”

Dopo queste rassicurazioni ci dirigemmo verso i metal-detector per i controlli. In quel momento mi ricordai che ancora non mi aveva detto la meta.

“Proprio non me lo dici dove mi porti?” dissi facendogli gli occhi dolci.

“Nono. Pazienta amore. Tra poco lo scoprirai!”

Superati i controlli, andammo a sederci sulle poltroncine vicino ai gates. Restammo lì seduti a parlare per una buona mezz’ora. A un tratto vidi James guardare l’ora e alzarsi.

“È ora di andare” disse tirando fuori la benda.

“No ti prego. Non di nuovo. Non guardo te lo prometto!” dissi chiudendo gli occhi.

Lui sorrise e mi guidò verso l’imbarco. Poi mi guidò fin dentro l’aereo.

“Ora puoi aprire gli occhi.”

Quando l’aereo iniziò le operazioni di decollo lui prontamente mi baciò distraendomi e non facendomi sentire qual’era la nostra destinazione. Dopo qualche ora durante la quale avevamo visto un bel film, vedendo che l’aereo non accennava ad atterrare mi domandai quanto durasse il volo. “James, quanto dura il volo?”

“Um direi che mancano ancora 9 ore prima di arrivare” disse guardando l’ora.

9 ore... Chissà dov’eravamo diretti se il viaggio durava così tanto. Decisi di non preoccuparmene. Mi misi comoda nella poltrona e mi rilassai ascoltando musica.

“Beth, Beth, Elisabeth… Amore svegliati siamo arrivati!”

La voce di James che chiamava il mio nome mi svegliò. Dovevo essermi addormentata senza accorgermene. Mi prese per mano e mi trascinò giù dall’aereo. Appena arrivai all’aeroporto una grande scritta attirò la mia attenzione. Benvenues en France. Fissai quel grande cartello con gli occhi sbarrati. Lo leggevo e rileggevo ma non ci credevo. No… ERA UN SOGNO!!!
“Amore tutto bene?” Mi chiese James sorridente mentre io ero ancora impalata davanti al cartello.

“Mi… mi hai portato in FRANCIA?” Dissi incredula.

“A Parigi per la precisione!” disse sorridendomi.

Ancora incredula gli saltai al collo.

“Grazie, grazie, grazie!” dissi abbracciandolo forte.

“Era il tuo sogno no? Tornare a Parigi” mi disse stringendomi a sua volta.

“Ti amo” dissi guardandolo negli occhi.

Lui in tutta risposta avvicinò i nostri volti e mi coinvolse in un bacio dolce ma appassionato allo stesso tempo. Quando ci staccammo avevamo entrambi il fiatone. Appoggiai la mia fronte sulla sua incatenando i nostri  sguardi.

“Grazie davvero! Ti amo”

“Anche io amore. Lo sai che farei di tutto per te. Ora però che ne dici di andare a ritirare le valige? Non vorrei le rimandassero a L.A.” disse.

Tornai a terra e presa per mano con lui andammo a recuperare le valigie. Poi salimmo su un taxi per raggiungere l’albergo. Mi accorsi che il sole stava sorgendo. Effettivamente non avevo contato il fuso orario. Qui a Parigi erano già le 6 del 18 agosto. A un tratto il taxi si fermò davanti a un gigantesco edificio di lusso. Solo quando vidi James pagare l’autista e scendere mi resi conto che quello doveva essere il nostro albergo. Se fuori era lussuoso, dentro lo era ancora di più. Ci avviammo alla reception e dopo vari tentativi di spiegarci riuscimmo a fare il check – in e ci consegnarono le chiavi della stanza. Quando vi entrai non potevo credere ai miei occhi. Sembrava una suite. Il pavimento era in parquet e le tende dorate che riprendevano un po’ il colore delle pareti, e al centro della stanza un bellissimo letto matrimoniale. Mi affacciai alla finestra e notai con stupore che l’hotel dava sugli Champes – Elisèe. Mio marito non avrebbe mai finito di stupirmi. In quel momento desiderai che con me ci fossero anche i miei bambini. Mi immaginavo Kate che saltava sul letto e Matt che cercava di imitarla. I miei occhi si velarono al pensiero dei miei bimbi lontani. Dovevo sentirli solo così mi sarei tranquillizzata.

“Il telefono può fare chiamate internazionali?” chiesi a James.

“Si certo. Tanto poi l’addebitano nel nostro conto”

Mi sedetti sul letto e composi il numero di casa. I bimbi sicuramente stavano per andare a dormire. Dopo un paio di squilli finalmente risposero.

Casa Parker, chi parla?” sorrisi riconoscendo la voce di mia mamma.

Mamma sono io

Beth! Come va? Arrivati? Dove siete?

Tutto bene, siamo appena arrivati. In questo momento sono in albergo, ma dalla mia finestra vedo gli Champes – Elisèe!

Oh che bello!

I bimbi?” chiesi

Sono in salone. Matt dorme mentre Kate sta guardando i cartoni animanti. Ora te la chiamo. Kate vieni dalla nonna? C’è qualcuno che ti vuole parlare.

Sentii dei passetti veloci, poi finalmente udii la voce della mia bambina

Pronto?” disse timida.

Ciao tesoro, che stavi facendo?

Mamy! Guardo i cartoni! Dove siete tu e papà? Quando torni? Mi manchi.

Siamo in un posto molto lontano, ma torniamo presto promesso! Mi manchi tanto anche tu tesoro. Però la mamma ti pensa sempre lo sai vero?

Uhuh.

E Matt? Sta facendo il bravo? Non fate arrabbiare la nonna mi raccomando.

Vidi James farmi il segno di passargli il telefono.
Amore c’è qualcuno che ti vuole salutare

Passai il telefono a James che si sedette affianco a me.

Ciao principessa!

Daddy!”sentii dire.

Era incredibile il livello di adorazione che nostra figlia aveva per suo padre. Meno male che c’era il mio ometto che mi consolava. Senza accorgermene James aveva chiuso la chiamata. Mi mancavano i miei bambini, ma ora che avevo sentito Kate ero più tranquilla. Desideravo tanto iniziare a vedere Parigi ma il cambio di fuso orario ci aveva scombussolati perciò decidemmo di restare in albergo. D’altronde erano ancora le 8 del mattino lì. Avremo avuto tutto il resto della giornata per visitare la città. Due ore dopo eravamo fuori dall’albergo. Tenevo per mano James, lasciandomi guidare. Ancora non mi sembrava vero… Mi portò in giro per gli Champes Elisèe, poi verso l’ora di pranzo mi fece salire sul Bateaux Muche, un battello che naviga sulla Senna, il fiume che attraversa Parigi, e sul quale si affacciano i più importanti monumenti della città.

Quando arrivammo nel piazzale del Louvre mi sentii mancare il fiato. Era enorme! Al centro del piazzale l’enorme piramide di vetro. Entrare dentro quell’immenso museo fu un’emozione unica. Viaggiare dai greci, ai romani, fino ad arrivare alle famose opere di Leonardo.

L’opera più importante di quest’autore, presente al Louvre, era senz’altro la Monna Lisa. Per poterla vedere dovemmo affrontare una calca di gente, per poi fermarci a circa un metro di distanza. Era incredibile il grado di sicurezza che c’era su quel museo. Le guardie erano dappertutto. D’altronde era comprensibile. Una sola di quelle opere valeva miliardi. Quando uscimmo dal Louvre era ormai sera. Vidi James chiamare un taxi e dare delle indicazioni all’autista. Dopo circa venti minuti il taxi si fermo davanti al simbolo di Parigi. Di fronte a me, stava in tutta la sua imponenza la Tour Eiffel. Sapevo che era alta, ma vederla dal vivo, faceva quasi paura.

“Vieni!” Mi disse James sorridendomi e prendendomi per mano.

Mi trascinò dentro un ascensore e salimmo fino all’ultimo piano della torre. Arrivati in alto non potevo credere a ciò che vedevo. Il sole stava tramontando su Parigi, illuminando tutta la città di rosa e arancione. James mi abbracciò da dietro.
“Ti piace?” mi sussurrò all’orecchio.

Mi rigirai tra le sue braccia in modo da poterlo guardare negli occhi.

“Non immagini quanto! È sempre stato il mio sogno poter venire qui a Parigi con te. Avrei voluto fosse il nostro viaggio di nozze ma non mi pentirò mai di averci rinunciato allora. Kate era più importante. Ma ora qui insieme a te, nelle mia città… Non so… È come sognare ad occhi aperti” conclusi baciandolo. Nel frattempo qualche lacrima era scesa dai miei occhi.

“Ti amo!” mi sussurrò quando ci staccammo.

“Anche io tanto” risposi.

Mi rigirai di nuovo e posai la testa sul petto di James. Rimanemmo così, abbracciati, a guardare il tramonto su Parigi.

Dopo aver cenato a lume di candela al primo piano della Torre, tornammo in albergo.

Era stata una giornata intensa così decisi di farmi una doccia per rilassarmi. Sotto il getto dell’acqua sentivo tutta la tensione del viaggio, tutta la stanchezza della giornata abbandonarmi. Uscii dal bagno avvolta da un asciugamano e mi diressi verso al valigia per cercare un cambio. A un tratto sentii una musica conosciuta diffondersi per la stanza. Era la voce di Celine Dion che cantavano la nostra canzone: Because You Loved Me. 

 

For all those times you stood by me 
For all the truth that you made me see 
For all the joy you brought to my life 
For all the wrong that you made right 
For every dream you made come true 
For all the love I found in you 
I'll be forever thankful baby 
You're the one who held me up 
Never let me fall 

You're the one who saw me through through it all 

You were my strength when I was weak 
You were my voice when I couldn't speak 
You were my eyes when I couldn't see 
You saw the best there was in me 
Lifted me up when I couldn't reach 
You gave me faith 'coz you believed 
I'm everything I am 
Because you loved me

 

Sentii James avvicinarsi e abbracciarmi da dietro.

“Te la ricordi?” mi chiese.

“Come potrei dimenticarla? È la nostra canzone. Quella che ti ho dedicato per il tuo compleanno dopo che è nata Kate”

In quel momento iniziò a baciarmi il collo. Istintivamente reclinai la testa da un lato per permettere un maggiore contatto.

“Sei una tentazione con quell’asciugamano addosso” sussurrò con voce rocca all’orecchio.
Un brivido di eccitazione mi percorse la schiena. Mi rigirai nelle sue braccia e mi impossessai delle sue labbra. L’asciugamano scivolò a terra, raggiunto presto dai suoi boxer. Finalmente nudi, lo baciai con più passione e feci aderire ancora di più i nostri corpi. Un gemito uscì dalle labbra di James. Incapaci di aspettare oltre ci dirigemmo verso il letto. Le nostre mani vagavano le une sul corpo dell’altro, desiderose di riscoprirsi. Con due bambini a casa era difficile avere momenti di intimità come questi. Quando finalmente diventammo una cosa sola un sospiro di sollievo uscii dalle nostre labbra. Ora mi sentivo di nuovo completa. Iniziammo a muoverci prima piano poi via via sempre più veloce, senza smettere di baciarci. Raggiungemmo l’apice contemporaneamente. Restammo così uniti ancora qualche minuto. Poi James si mise a mio fianco e mi abbracciò.

“Mi mancavano questi momenti” confessai, poggiata al suo petto.

“Anche a me amore. Non mi pento di aver voluto formare una famiglia. Però ogni tanto dovremo trovare un momento per noi.” Mi disse lui.

Stanchi, ma felici, ci addormentammo così, ancora nudi, stretti l’uno nell’altro, in quel letto che sapeva ancora d’amore
Angolo autrici!!
Siamo tornate!!! Questa volta voliamo a Parigi per una romantica vacanza. Vi lasciamo il link del video che abbiamo realizzato sui primi 26 capitoli di petali di rosa 2! Contiene molte anticipazioni. Cliccate qui per vederlo -->  Petali di rosa 2 (parte 1)
Aspettiamo i vostri commenti!!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Mikky ***


petali di rosa. 1 capitolo
Mikky
 
mikky


And we've got everybody singing
Whoa, whoa, whoa, whoa
We've got everybody singing
Whoa, whoa, whoa, whoa
We're doing fine
And it gets better everytime
We're doing fine
But I'll let you decide
Paramore - Whoa

Mikky

Da quando ero tornata dal tour col gruppo e avevo rincontrato le mie vecchie amiche di liceo, Beth e Alice, la mia vita era più impegnata del solito. La tornee era andata alla grande e ora con i Soundwave, il mio gruppo, facevamo live ogni volta che potevamo. Alice e Beth erano così diverse da come le avevo conosciute al liceo e effettivamente anche io ero molto diversa. Ora vivevo solo ed esclusivamente per la musica. Era l'unica cosa in cui credevo e avevo, mentre loro avevano figli, compagni di vita. Cavoli, pensai subito che mi sarei sentita come in prigione. Io volevo ancora rimanere libera da tutto quello. E ci stavo riuscendo pienamente.
“Rux! È Julian” Ian, il mio bassista e migliore amico, rispose al telefono come fosse a casa sua. Se il chitarrista Mark l'avesse sentito chiamarmi Rux, l'avrebbe ucciso. Mark diceva che solo lui poteva chiamarmi in quel modo: era l'abbrevviazione del mio cognome, Russel, per lui risultava complicato chiamarmi Mitzuki.
“Julian? Metti il vivavoce.” Ian mise il vivavoce, poi si avvicinò a me aiutandomi a tagliare la verdura per il pranzo.
“Rux, questo sabato potete suonare?”. Julian al telefono sembrò disperata, sicuramente qualcosa era andata male col locale.
“Juli, siamo liberissimi.” rispose Ian.
“Dovete coprirmi un buco. Il cantante ha avuto un incidente e non possono suonare.”
“Chi è il gruppo?” chiesi incuriosita.
“I New Dark., conosci?”
“No. Prima volta che li sento.” mentii e guardando il mio amico capii che anche lui si ricordava di quel gruppo di ubriaconi chiassosi che avevamo incontrato alla reunion di qualche mese prima.
“Comunque, riuscite a suonare?”
“Juli, non preoccuparti. Ci saremmo. A domani.”. Dopo aver chiuso la telefonata Ian telefonò Mark e Jei per avvisarli. Jei, il nostro batterista, ne fu contento e Mark non rifiutò certo di suonare davanti a ragazze impazzite per far ingelosire un po' Terry, la sua ragazza e futura moglie. Io telefonai Beth e l'avvisai che non potevo più andare a quella serata solo donne che avevamo organizzato. Alice, appena lo seppe, mi telefonò chiedendomi il motivo e tartassandomi di domande. Era tanto dispiaciuta che mi sentii in colpa.
L'indomani, sabato, Juli fu felicissima di vederci. Nonostante il poco preavviso eravamo prontissimi per riscaldare con la nostra musica quel locale in cui avevamo suonato moltissime volte.
“Non so davvero come ringraziarvi.” disse Juli.
“Offrici da bere.” rispose scherzando Mark. Lei fu contentissima che ci bastasse quello per essere ripagati. Così ci portò le birre. Aspettammo che il locale fosse pieno per iniziare, nel frattempo bevemmo e parlammo con gli altri ragazzi che conoscevamo da tempo ed erano venuti per passare la serata là. Verso le dieci il locale era abbastanza pieno.
“Ehy guys! What's up?!”. Mi scatenai sul palco coinvolgendo il pubblico il più che potevo. Guardavo tra di loro, c'era qualche ragazzo che mi sarei portata volentieri a letto. Tra una canzone e l'altra avevo il tempo di bere, e forse bevetti un po' troppa birra a stomaco vuoto. Il pubblico era euforico.
“Rux, quella non è Ally?” mi disse Mark mentre scendevamo dal palco. Mi voltai a guardare. Era lei! E c'erano tutte le altre.
“Ehi, ragazze!” esclamai avvicinandomi.
“Mikky, sei stata fantastica.” iniziarono a complimentarsi. Era così bello vederle lì. Loro erano le mie fans numero uno. Mark, vedendo Terry avviarsi nella nostra direzione, circondò le spalle a Ally e Dana che lo guardarono torve. Pensai che l'avrebbero fulminato volentieri se avessero avuto dei poteri magici. Terry mi rimproverò di non averlo controllato in sua assenza e di non averlo allontanato dalle due ragazze. Le risposi che era troppo simpatica quando diventava gelosa.
“Ragazze, la vostra serata?” ci dirigemmo verso un tavolo libero, ricordandomi della serata solo donne che avevamo organizzato, chiesi loro che fine avesse fatto tutto il programma.
“Lo abbiamo modificato. Tu non c'eri...quindi abbiamo pensato di venire noi da te. Non ti andava?”
rispose Sophie mentre sorseggiava un succo alla pesca.
“Non dirlo mai più! È sempre bello vedervi!”
“Tranne quando rimorchi, non è così Mikky?” ridemmo tutte insieme. Era veramente bello passare del tempo insieme senza pensare ai compagni di vita e ai marmocchi.
“Mikky, chi è quel ragazzo lì? Ti sta fissando da un'ora.” visualizzai il ragazzo. Non era tanto interessante, ma poteva tornarmi utile.
“E Mikky si trasforma in una cacciatrice di uomini.” disse scherzando Helena.
“Vuoi vedere come lo faccio impazzire?” sorrisi. Presi un pezzo di frutta dal bicchiere di Beth con uno stecchino. Lo misi prima fra le labbra, giocherellai un po' con la lingua e dopo qualche secondo diedi un un piccolo morso. Il ragazzo guardava ogni mio gesto e io guardavo i suoi occhi intensamente.
“Rux, quel tipo ti manda questo.” Juli arrivò con un bicchiere di qualche bevanda a me non abbastanza nota. Lo presi, lo alzai verso di lui, poi bevetti.
“Complimenti!” mi disse Hel sorridendo. “Ora gli fai conoscere casa tua?” risi. Non sapeva come funzionava allora.
“Hel, gli uomini devono desiderare una donna. La donna li deve usare fino alla fine.” dissi. Ero fatta così non avevo mai avuto una relazione seria, la storia più lunga durò tre mesi ed era stata col mio chitarrista, sì, con Mark. Mi avvicinai da Ian che stava a pochi passi dal nostro tavolo. Gli riferì del tipo e lui senza pensarci due vole si avvicinò a me e mi baciò sulle labbra.
“Ragazze, che ne dite di andare al Bronx?”.
“Il che?” disse Dana.
“E' un locale in cui si può anche ballare. Ci divertiremo.” convinsi tutte loro a unirsi al gruppo. Come passammo difronte al tipo, Ian si voltò e lo ringraziò di avermi offerto la bibita così che lui non avrebbe pagato per me.
Il Bronx non era affollato, anzi era abbastanza tranquillo. Il proprietario riconobbe subito Jei e Mark. Trovammo posto in un angolo, l'ideale per Alice e le sue gemelle. La musica non era alta, ma la mia testa la percepiva come un daluo suonato vicino alle mie orecchie. Sapevo di aver bevuto molto ma non mi interessava, volevo divertirmi con il mio gruppo e le mie amiche.
“Chi viene a ballare?” dissi. Beth e Sophie si unirono subito a me, riuscii a convincere anche Ally.
“Dai, Dana!” la supplicai, ma fu irremovibile. Sapevo avrebbe fatto così, non amava ballare.
Una volta sulla pista ci scatenammo, dei ragazzi si avvicinarono a noi, tutte di allontanarono subito tranne me. Stavo ormai tra loro due. Mi stavo divertendo. Le ragazze ridevano per come ballavo con quei due.
“Mikky, tu si che ci sai fare.” commentò Al.
“Non sai quanto, tesoro.” rispose Ian.
“Tu cosa ne sai?” gli chiesi.
“Devo ricordarti Phoenix!” mi guardò abbastanza convincente. Jei si mise a ridere, mentre le ragazze ci guardavano confuse. Non avevo mai detto a nessuno cosa era successo a Phoenix. Era meglio per tutti non parlarne.
“Ora lo voglio sapere!” si puntò Dana accompagnata da tutte le altre ovviamente.
“Io e Rux siamo stati a letto insieme” disse Ian senza pensarci due volte.
“Ian!” urlai. Le ragazze mi guardavano quasi sconvolte. Che vergogna! Sapevano che tra me e il mio bassista c'era solo un forte legame di amicizia, ma dopo di questa non so cosa avessero in mente.
“Che c'è? -mi guardò come se non avesse fatto niente- Tanto lo avrebbero saputo prima o poi.” disse sorseggiando la sua birra. “E comunque eravamo ubriachi entrambi.” aggiunse.
“Grazie, qualcuno ha altro da aggiungere?” dissi un po' seccata dell'argomento.
“Eravate ubriachi?” chiese come per conferma Sophie. A quel punto dissi tutto: eravamo ubriachi, stavamo nella stessa camera d'albergo e abbiamo fatto sesso. Neanche mio padre sarebbe stato così sconvolto.
Dopo aver continuato la serata scherzando su doppi sensi e “insegnando” alle ragazze cosa faceva impazzire un uomo, iniziarono ad andare via. Al e Hel furono le prime per ovvi motivi.
Alla fine rimasi nel locale con Ian e Mark e Terry. Non ricordo di esser andata via, né di come mi addormentai. So solo che quando mi svegliai mi ritrovai nel letto con Ian.
Ops! Notai che i miei indumenti erano sparsi insieme a quelli di Ian per tutto la stanza.
Merda!, pensai. Sotto le coperte eravamo nudi. Questa è l'ultima volta che bevo così tanto, lo giuro!


Angolo autrici!!
Eccoci di nuovo con un personaggio tutto inedito!! Come avrete capito è la pazza cantante, ma tanto tanto simpatica :D. Vi ricordiamo il video che abbiamo realizzato sui primi 26 capitoli di petali di rosa 2! Contiene molte anticipazioni. Cliccate qui per vederlo -->  Petali di rosa 2 (parte 1)
Aspettiamo i vostri commenti!!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Una giornata di lavoro ***


petali di rosa. 1 capitolo
Una giornata di lavoro
 
electra-stella

e la notte che scendeva non sembrava vera....
lei
 solo lei gli occhi suoi come stelle sulle strade mi portavano a viaggiare
viaggiavo ed ero vento
 sconfinavo le pareti nel silenzio
ero notte sul suo seno
 e sfuggivano le mani
senza più paura
 donna una donna donna una donna 
Gianna Nannini - Lei

Alice

“Dai Annabelle!!! Corri!!!” Ridevamo come delle bambine, prese per mano sotto la pioggia che cadeva ininterrottamente da ore. Mi girai a guardarla e restai incantata dal suo meraviglioso sorriso dolce. Arrivammo alla macchina ormai completamente bagnate. Cercai le chiavi dentro la borsa, poi dentro le tasche dei jeans: non le trovavo da nessuna parte.

“Le chiavi!!! Non trovo le chiavi!!” la situazione era disperata ma noi ridevamo senza sosta. Poi all’improvviso ci fermammo. La pioggia continuava a scendere, e noi eravamo li...senza un ombrello, senza riparo. Le scostai i capelli dal viso; era bellissima...non riuscivo a staccare i miei occhi dai suoi. Lei mi sorrise arrossendo leggermente.

“Non trovi le chiavi?” mi sussurrò avvicinandosi a me. Potevo sentire il suo profumo, il calore della sua pelle ed il suo cuore che batteva nonostante fossimo ancora distanti. Mi avvicinai e le accarezzai il viso.

“No...mi spiace...” non riuscivo a parlare...mi avvicinai ancor più a lei...sentivo il suo respiro accelerato per l’emozione...le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza...

 

“Ray? Posso entrare?” Guardai Rachel seduta alla sua scrivania che fantasticava. Non mi aveva neppure sentita entrare. Bussai di nuovo alla porta e finalmente lei alzò gli occhi.

“Alice...scusami...entra, entra pure!!” Sorrisi e mi accomodai sulla sedia.

“Allora...qual è il motivo per cui non ti sei neanche accorta della mia presenza?” Incrociai le braccia aspettando una sua risposta. Lei rise.

“Ieri sono uscita con Annabelle...il nostro primo appuntamento...sono stata benissimo...e...credo anche lei...Alice è stupenda!!! Non parlo solo del suo aspetto fisico...ma anche del suo carattere...è simpatica, dolce...” I suoi occhi brillavano dall’emozione ed io sorrisi.

“Dai raccontami!! Cos’avete fatto? Dove l’hai portata?” Lei si alzò dalla sedia e andò a sedersi sul divano. Mi sedetti accanto a lei ad ascoltarla.

“Allora...sono andata a prenderla in macchina...pioveva un sacco!! Forse se il tempo fosse stato migliore avrei organizzato qualcosa di diverso...di più interessante...ma comunque...” Rise e continuò a raccontare.

“Non appena è entrata in macchina...non so...era stupenda...ci siamo salutate...presentate come si deve...e...le ho proposto di prendere qualcosa da bere al bar...abbiamo chiacchierato...” La guardai fulminandola con lo sguardo e lei rise; ancora mi stupiva il modo in cui riusciva a tenermi sulle spine raccontandomi solo quello che voleva. Sapeva che presto l’avrei interrotta per chiederle di andare avanti, e quel giorno decise di graziarmi senza che io la supplicassi.

“Siamo uscite dal bar...e abbiamo fatto una passeggiata...siamo andate al lago visto che il tempo sembrava essere migliorato...le ho preso la mano... –potevo vedere nei suoi occhi tutta l’emozione che aveva provato non appena era successo- e poi...ha ricominciato a piovere!!!” Iniziai a ridere senza riuscire a fermarmi e Rachel fece finta di arrabbiarsi.

“Ma ti sembra il caso di ridere? No, vorrei capire...è una disgrazia!!! Siamo corse alla macchina, mentre praticamente diluviava, arriviamo lì e mi accorgo di non sapere dove ho messo le chiavi... poi ad un tratto ho capito che non mi importava molto di averle o meno... e di metterci al riparo...lei si è avvicinata...mi ha sorriso...ed in quel momento ho capito cosa desideravo più di ogni altra cosa dal momento in cui l’ho vista...e l’ho baciata...e siamo state li...sotto la pioggia...solo io e lei...intorno a noi non c’era nulla...”

Sorrise ed io la lasciai pensare liberamente a quel momento, senza interromperla. Poi bussarono alla porta. Rachel si alzò dal divano.

“Avanti!” Dalla porta semiaperta spuntò Claire.

“Ragazze, venite a prendere un caffè con me? Avete due minuti?” Io e Rachel ci guardammo e sorridemmo.

“Ma si dai...mi ci vuole un bel caffè...non ho dormito tutta la notte...con questo fastidioso mal di gola...” Guardai Rachel mentre raggiungevamo Claire.

“Si si...mal di gola...” Le feci l’occhiolino e ridemmo. Claire si girò a guardarci.

“Ma che succede? Avete bevuto qualcosa?” Io scossi la testa.

“No no... è una lunghissima storia...” Rachel mi toccò un braccio.

“Alice?” Mi voltai a guardarla.

“Non posso lasciarla scappare...lei è quella giusta...non so perché, però lo sento...capisci? lei è stupenda...meravigliosa...vai tu con Claire ok? Prendete un caffè, un the...quello che volete...io vado a chiamare Annabelle...” La vidi tornare indietro verso il suo studio e sorrisi. Claire mi guardò.

“Sta male?”

“No...sta benissimo...e sono sicura che starà sempre meglio.”

 La presi a braccetto e ci avviammo verso il bar.

Dopo il caffè e la chiacchierata con Claire tornai in ufficio.

Stavo lavorando come una disperata nel mio studio, quando entrò Charlotte, la nostra infermiera.

“Mi scusi dottoressa Williams...posso?”

Alzai gli occhi dai documenti che stavo compilando e le sorrisi.

“Si Charlotte vieni pure...dimmi.” Lei sorride educata.

“Dottoressa, è arrivata la bambina che ha l’appuntamento con lei per la prima visita...” Faccio mente locale: Stella Lenders, sette anni, affetta dalla sindrome di down. Era la sua prima visita in attesa di iniziare le prime terapie con me e Rachel. Mi alzai dalla scrivania e guardai la foto dei miei angioletti sorridendo, poi mi diressi verso la sala colloqui accompagnata da Charlotte.

“Senta dottoressa...volevo chiederle se posso prendere qualche giorno libero la settimana prossima...” Mi chiese timidamente. Sorrisi.

“Dovremo chiedere a Rachel...ma credo sia ok...non preoccuparti!” lei ricambiò il sorriso rasserenata dalle mie parole.

“La ringrazio...” Abbassò lo sguardo; sapevo che Charlotte era al corrente della mia omosessualità, come molti dei miei collaboratori, e ne era ancora un po’ spaventata. Il fatto che fossi incinta della mia compagna inoltre, a volte li metteva ancor più in soggezione. Cercai di farla sentire a suo agio come potevo.

“Chi accompagna la piccola Lenders?” Le chiesi prendendo in mano la cartella della bimba.

“Credo sia suo fratello dottoressa... è troppo giovane per essere suo padre!!” Arrivammo alla sala colloqui e la ringraziai. Aprii la porta e vidi davanti a me una bimba minuta, con tenere guance e occhi splendidamente azzurri. Chiusi la porta dietro di me.

“Ciao... –mi avvicinai alla piccola- tu devi essere Stella vero?” Lei mi guardò curiosa ed annuì. Le presi una manina e gliela strinsi.

“Io sono Alice... è un piacere conoscerti!” Per la prima volta la bimba mi sorrise. Frugai nella tasca del camice e presi una caramella.

“Questa è per te...” Lei la prese velocemente e mi ringraziò con un cenno della testa. Poi corse dall’altra parte della stanza. Mi voltai e la vidi in piedi accanto ad una persona seduta nel divanetto della sala colloqui: nonostante la difficoltà a capire il suo linguaggio, compresi che stava chiamando quella persona “mama”. Mi avvicinai sorridendo.

“Piacere...io sono la dottoressa Williams.. lei deve essere...la madre di Stella..?” Chiesi titubante. Non faticavo a capire per quale motivo Charlotte mi avesse detto che Stella era accompagnata da suo fratello; la ragazza che avevo davanti a me era molto mascolina, ma aveva gli stessi splendidi occhi azzurri della piccola, e un viso sereno e disponibile. Lei mi guardò stupita.

“Non sono sua madre,sono sua sorella..Stella ha difficoltà a pronunciare la lettera T...voleva dire Tata non Mama. Comunque piacere mio,sono Electra” Le strinsi la mano e cercai di capire dove l’avevo già vista. Lei evidentemente capì il mio pensiero.

“Se stai pensando a dove mi hai già visto,ti do un indizio..Lez Ladies Club” .

Ma certo!! Era la barista del Club!

“Si.. –risi- ci vado spesso con la mia...compagnia...”

Mi sedetti alla scrivania con Electra e lasciammo giocare Stella da sola per un po’.

“Allora...parliamo di Stella...ha particolari problemi oltre la pronuncia della T, come mi ha detto poco fa?” Scrivevo nel mio block notes e nel frattempo parlavo con la ragazza.

“Si...il suo vocabolario è abbastanza limitato...non parla molto...in casa preferisce farsi capire come può, ormai abbiamo imparato il suo modo personale di chiedere le cose... però a scuola le cose non vanno altrettanto bene...neppure la sua insegnante di sostegno a volte riesce a capirla,con il risultato che Stella scoppia in un pianto disperato inconsolabile”

Electra sembrava preoccupata.

“Capisco...quindi dovremo lavorare sul linguaggio...” Guardai Stella e restai basita per un attimo: aveva in mano un peluche e stava parlando con lui tramite il linguaggio dei segni.

“Emh... Signorina Lenders...” Lei mi interruppe.

“Chiamami pure Electra e diamoci del tu, detesto le formalità” Sorrisi.

“Electra...tua sorella parla l’ameslan?” Le chiesi stupita. Lei annuì e guardò Stella.

“Si...inizialmente, quando ci siamo accorti che aveva difficoltà a comunicare con noi,per aiutarla a farsi capire meglio, le ho insegnato il linguaggio dei segni. Mi è stato insegnato da mia nonna quando da piccolissima fui operata alle tonsille e per un paio di mesi ebbi notevoli difficoltà a parlare...lei l’ha imparato subito e ne ha fatto una lingua tutta sua...tuttavia, in casa sono l’unica che lo parla correttamente..i miei genitori non sanno dire che poche cose..e purtroppo non sempre corrette” Notai una punta di tristezza nelle sue parole, ma non osai interromperla.

“I  nostri genitori, sono spesso fuori casa per lavoro o viaggi di piacere...quindi sono io che mi occupo di Stella durante il giorno, mentre la notte, quando lavoro al Lez Ladies, è nostra nonna a occuparsi di lei... La dottoressa Stevens la conosce...siamo vicine di casa...” Stella si avvicinò a noi e chiese ad Electra dov’era il bagno, tramite il linguaggio dei segni. Io sorridendo glielo indicai tramite l’ameslan. Sia Stella che sua sorella mi guardarono stupite.

“Parli il linguaggio dei segni?” Electra sembrava stupita. Sorrisi.

“Mio fratello Nicholas è sordomuto...lo parlo come se fosse la mia unica lingua da anni ormai...e mi serve molto anche con i bimbi che sono in cura qui con me” Lei ricambiò il mio sorriso.

“Bene... –chiusi il mio block notes- vogliamo andare a vedere la sala della terapia? Così se hai qualche domanda da farmi sono a tua completa disposizione” Electra annuì.

“Poi naturalmente...siamo in due a fare la terapia...io e la mia collega, la dottoressa Rachel Stevens,che ovviamente voi conoscete già perfettamente essendo vicine di casa...se preferite lei non ho problemi” Risi. Electra scosse la testa.

“No no...non ci sono problemi” Le portai a vedere la sala terapia e feci firmare alcuni documenti ad Electra. Poi le accompagnai all’uscita.

“Allora, vi aspetto domani alle 16 per la prima seduta...va bene?” Electra annuì e mi strinse la mano. 

“Allora a domani!”

Stella mi salutò allegramente ed entrambe si incamminarono verso una macchina posteggiata sull’altro lato della strada dalla quale scese una ragazza alta e mora, che subito prese in braccio la bambina, che si strinse a lei. Poi salutò Electra con un bacio sulle labbra e tutte insieme salirono in macchina. Sorrisi e rientrai.

Angolo autrici!!
Siamo di nuovo qui!! Dopo le vacanze di pasqua ecco un nuovo capitolo! Come sempre aspettiamo i vostri commenti!! Intanto noi stiamo ultimando la stesura del libro. Mancano solo pochi capitoli. Ma non preoccupatevi, per voi ne mancano ancora tanti xD Vi ricordiamo il video che abbiamo realizzato sui primi 26 capitoli di petali di rosa 2! Contiene molte anticipazioni. Cliccate qui per vederlo -->  Petali di rosa 2 (parte 1)
Aspettiamo i vostri commenti!!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Broken Heart ***


petali di rosa. 1 capitolo
Broken Heart 

electra-stella
Ripensavo ai giorni passati  io e te e a quel bacio che 
Mi ha lasciato un'impronta profonda nel cuore  
Insolita malinconia di te che sei andata via 
Il dolore è troppo forte e non sai 
Quanto ti vorrei , per dirti che
Se si potesse giuro venderei l'anima 
Per riavere te così splendida ma io so 
So che non ci sei 
Studio 3 - Non ci sei  

Jacob

 È un ora che Allyson se n’è andata. Uscita definitivamente dalla mia vita. Ha fatto le valigie ed è fuggita da casa con il piccolo Alex. E la colpa è solo mia. Io l’ho tradita non lei. Lei che mi è stata sempre fedele, ha sempre sopportato tutto di me, anche se la facevo soffrire. Ho mandato via Pam. Avevo bisogno di stare solo, di raccogliere i cocci di una vita che io stesso ho distrutto. Giro per casa come un automa. Tutto mi parla di lei. La foto del nostro matrimonio, noi due con Alex appena nato, lei che mi sorride da quella foto scattata durante il nostro viaggio in Canada. Prepotenti riaffiorano i ricordi. Quando la vidi per la prima volta, uscire dalla palestra mentre parlava con un’amica, mi innamorai del suo sorriso. Quando le chiesi di diventare la mia ragazza, mi innamorai della sua vitalità, della sua gioia di vivere. Ricordo quando l’aspettavo all’uscita di scuola, col motorino, senza avere una meta, solo per passare qualche momento insieme. I salone trovai la fede e l’anello di fidanzamento. Lo presi in mano e ricordai quando le avevo chiesto di sposarla. Eravamo tornati in Italia, solo noi due questa volta. Fu vedendola guardare con occhi sognante una sposa che riflettei sul nostro futuro. Non avevo certezze allora ma ero sicuro di volere lei nel mio futuro. Tutto questo ormai faceva parte del passato. Ora cercavo di pensare a cosa mi aveva spinto tra le braccia di un’altra. Cosa mi aveva fatto buttare al vento ciò che avevo costruito con lei? Avrei tentato di riconquistare Ally? Conoscendola non sarebbe servito a molto. Ormai aveva preso la sua decisione. Ma la vera domanda era: Amavo ancora Ally o ero innamorato solo del ricordo di ciò che c’era tra noi? E allora cosa provavo per Pam? Dovevo fare chiarezza dentro di me. Lo dovevo a Pam ma soprattutto ad Ally.

 
Beth

 Agosto stava ormai giungendo al termine. Erano passati due giorni dal nostro ritorno da Parigi e io stavo finendo di disfare le valigie, quando sentii qualcuno bussare insistentemente.
“Beth sono Ally! Apri per favore!”
Sentendo la sua voce mi sbrigai ad aprire la porta. Davanti a me c’era Allison con in braccio Alex, che in quel momento sembrava confuso e spaventato. Ai suoi piedi un borsone. Presi il Alexander dalle braccia della madre e mi scostai per farla entrare.
“Io lo ammazzo, questa volta giuro che lo ammazzo quel lurido figlio di ….” Si bloccò ricordandosi della presenza del figlio.
Forse era in caso di allontanarlo da quella situazione. Qualunque cosa fosse successo ero sicura che centrasse Jacob e non era bello parlare male del padre davanti a lui per cui gli proposi di andare a giocare con Kate e Matt. Al suo cenno di assenso lo portai nella stanza dei giochi dove i miei figli erano intenti a giocare con bambole e costruzioni. Poi tornai in salotto. Ally stava facendo avanti indietro per la stanza borbottando qualcosa tra se. Era evidente il suo nervosismo.
“Guarda che così mi consumi il pavimento!!” la bloccai cercando di sdrammatizzare.
“Scusa Beth, sono troppo nervosa. È un bastardo!! Un emerito stronzo!! Non so come ho fatto a sposarlo! Ma ora basta! Mi sono rotta le palle di aspettare i suoi porci comodi! Questa volta faccio sul serio!!”
Ok era ufficiale non avevo capito nulla di quello che era successo.
“Ally perché non ci sediamo? Così con calma e tranquillità mi racconti cos’è successo. Dall’inizio possibilmente!!” dissi accomodandomi sul divano.
Ally mi seguì, poi fece un profondo respiro e iniziò a raccontare.
“Ti ricordi Pam?”
“Si certo la tua collega. Eravate diventate amiche se non sbaglio!”
“Eravamo hai detto bene.”
“Perché ora non lo siete più?”
“No. Ma procediamo con calma. Non so se ricordi circa un anno dopo la nascita di Alex avevo sospettato che Jacob mi tradisse. Riceveva continui sms, telefonate sospette. Gliene parlai ma lui mi disse che erano tutte mie fantasie, che mi amava che non era vero niente. Così mi auto convinsi che erano solo mie paranoie e dimenticai la questione. Poi un paio di mesi dopo stavo uscendo da lavoro e vidi Jacob baciarsi con un’altra donna. Non la vidi in faccia ma poco mi importava in quel momento. Chiamai l’avocato e feci avviare le procedure di separazione. Quando però lo comunicai a lui , mi supplicò di non farlo, mi raggirò dicendomi di pensare ad Alex, che era ancora piccolo e aveva bisogno di entrambi i genitori. Mi promise di troncare qualsiasi rapporto con l’altra donna, e io acconsentii a chiudere la pratica di separazione
In tutti questi anni ho sempre avuto il dubbio che in realtà lui continuasse a sentirla, ma non volevo vedere la realtà. Preferivo fingere che tutto andasse bene. Fino a stamattina… Sono andata un paio di giorni da mia madre a Santa Monica insieme ad Alex, per passare una settimana di relax. Gli avevo chiesto di venire ma mi aveva detto che doveva lavorare. Oggi ho scopeto che in realtà era tutta una scusa per poter stare un paio di giorni con l’amante. Quando sono tornata a casa ho trovato Jacob e Pam nel nostro letto, nudi, mentre si baciavano. In quel momento ho capito che in realtà l’amicizia di Pam era solo la scusa per stare vicino a mio marito, e che quest’ultimo mi aveva solo preso in giro per tutti questi anni.”
Ero sconvolta! Non mi ero mai accorta di tutto il casino che stava succedendo nella vita di Ally. Era sempre stata brava a nascondere le delusioni. Faceva un sorriso e andava avanti. Nonostante tutto però nei suoi occhi non c’era traccia di tristezza. Solo tanta delusione nei confronti del marito e tanto biasimo per se stessa, per non aver voluto vedere. Si leggeva però la determinazione nel voler rompere quella relazione ormai giunta al capolinea da un po’
“Mi dispiace..” dissi soltanto…
“In questo momento vorrei andare li e urlare contro a tutt’e due tutto ciò che mi passa in testa. Ma non ne vale la pena. Non capirebbero lo stesso..”
“Come fate ora con Alex?”
“Potrà vederlo quando vorrà. Per quanto sia stato un bastardo nei miei confronti, è sempre stato un ottimo padre per nostro figlio. Penso sia la cosa migliore che abbiamo fatto insieme.”
“Dove starai ora?” chiesi
“Se non ti creo fastidio, ti vorrei chiedere di ospitarmi per la notte. Da domani mi trasferirò da Dana. Ho già parlato con lei e Nina per telefono. Sarà solo una sistemazione temporanea, almeno fino a che non riesco a trovare un appartamento tutto mio.”
“Certo che puoi rimanere qui! Non c’è bisogno di andare da Dana, la casa è grande! Potete stare qui quanto volete!”
“Grazie Beth, ma non voglio approfittarne. Hai già due bambini di cui occuparti e sono abbastanza impegnativi senza che ci aggiungiamo noi. Da domani saremo i coinquilini di Dana e Nina. Ti devo chiedere solo un favore. Posso usare il tuo telefono? Devo chiamare l’avocato per spiegargli la situazione e avviare la procedura di separazione, ma non ho più traffico nel telefono.”
“Nessun problema! Stacci tutto il tempo di cui hai bisogno d’accordo?” dissi porgendole il telefono. Lei annuii poi digitò il numero dell’avocato.
Era incredibile quanto in fretta possa cambiare al tua vita. Un secondo prima è tutto perfetto, poi basta che ti distrai un attimo e tutto cambia. Il matrimonio dovrebbe essere qualcosa di forte indistruttibile. Certo le liti ci sono e ci devono essere, ma il tradimento non può essere perdonato. Il matrimonio di Ally si era sgretolato come un castello di carte. E quello che più di tutti ne farà le spese sarà Alexander. Sperai con tutta me stessa che Ally e Jacob riuscissero a trovare un accordo e a mantenere rapporti civili, per il bene del loro bambino.

Angolo autrici!!
Eccoci! Capitolo dedicato ad Ally e Jacob. Quest'ultimo prima tradisce poi se ne pente. Voi che ne pensate? ha fatto bene Ally? Vi ricordiamo il video che abbiamo realizzato sui primi 26 capitoli di petali di rosa 2! Contiene molte anticipazioni. Cliccate qui per vederlo -->  Petali di rosa 2 (parte 1)
Aspettiamo i vostri commenti!!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Gelosie ***


petali di rosa. 1 capitolo
Gelosie
 
gtelosie

Sono umane situazioni quei momenti fra di noi 
i distacchi e i ritorni da capirci niente poi 
già...come vedi  sto pensando a te...sì...da un po' 
sono umane condizioni stare bene oppure no 
può dipendere dai giorni dalle nostalgie che ho 
Eros Ramazzotti - Cose della vita

Alice

Sola in casa, stavo finendo di sistemare le ultime cose nella cameretta delle piccole. Io ed Helena avevamo deciso che le bambine avrebbero dormito da subito nella stanza accanto alla nostra, e così avevamo iniziato ad arredarla a misura di bambino, essendo stata in precedenza la camera degli ospiti. Mi guardai intorno: ancora non c’erano le culle, ne le carrozzine, ma solo vedere gli orsetti attaccati ai muri rosa salmone ed i poster di Winnie The Pooh mi faceva commuovere. Spensi la luce e scesi al piano di sotto. Otto mi corse incontro scodinzolando e così mi dovetti sedere sul divano a coccolarlo; non sopportavo che potesse sentirsi messo da parte con l’arrivo delle bambine, quindi cercavo di renderlo più partecipe possibile di quello che succedeva in casa. Mentre cercavo di seguire il notiziario della sera, qualcuno suonò al campanello; sicuramente non poteva essere Helena, pensai guardando l’orologio appeso al camino, era troppo presto. Lentamente mi incamminai verso la porta. Anche fare pochi passi, con il mio pancione di 5 mesi era faticosissimo. Aprii la porta e trovai davanti a me Rachel, in lacrime.

“Ray...che succede?” Lei mi abbracciò ed io la strinsi forte, per quanto potevo. La feci entrare in casa e chiusi la porta.

“Quello stronzo...io lo ammazzo quello stronzo Alice!!” Camminava velocemente da una parte all’altra della cucina, mentre io le preparavo un the caldo.

“Ray...calmati...è tutto ok... raccontami cos’è successo... con calma...” Sicuramente parlava dell’amico di Annabelle; mi aveva già raccontato alcuni episodi che l’avevano fatta arrabbiare che riguardavano questo ragazzo. Rachel prese una sedia e sospirò.

“Succede che tutte le volte che devo vedere Annabelle lui c’è...sempre!! Ci spostiamo noi, si sposta lui; prendiamo da bere noi? Bene, lo prende anche lui! Ci baciamo? Se potesse vorrebbe stare in mezzo a noi!! Alice, io non lo sopporto più!!! Abbiamo litigato per questa storia... Me ne sono andata da casa sua sbattendo la porta... Cosa devo fare Al?” La guardai mentre le mettevo la tazza davanti; era sconvolta. Non avevo mai visto Rachel piangere, e mi faceva male la sola idea di vedere una delle mie migliori amiche soffrire.

“Ray... Tu ami Annabelle vero?” Le presi la mano e lei mi sorrise. Annuì seriamente.

“Ecco...allora...lui si sta comportando malissimo...lo so...è un cretino...cosa ti aspetti da lui? Sai come si comporta...lo ha sempre fatto...è geloso del vostro legame...vorrebbe esserci lui al tuo posto... Ray, tu sai che Annabelle ti ama...e tu ami lei...sai cosa devi fare adesso?” Lei scosse la testa. “Cosa Alice?” Io le sorrisi.

“Ora prendi il telefono...chiami Annabelle...e le dici che la ami...e che faresti di tutto per lei...e poi...devi avere pazienza...quando c’è lui...fai buon viso a cattivo gioco...tu sei superiore rispetto a lui Ray...e lo sai benissimo...devi fargli capire che qualsiasi cosa lui faccia...tu ed Annabelle non vi lascerete mai...capisci?” Lei per la prima volta mi sorrise felice.

“Hai ragione Alice...grazie grazie grazie!!!” Mi abbracciò come poteva ed io risi.

“Si lo so non dire nulla...sono terribilmente ingombrante!!” Rachel mi accarezzò il pancione.

“Dev’essere una sensazione unica Alice...avere due vite che crescono dentro te...ed una moglie che vi adora...” Sorrisi, ma non riuscii a rispondere; avevo un nodo in gola dall’emozione.

“Senti Ray...” In quel momento squillò il cellulare di Rachel. Lei lo cercò freneticamente.

È Annabelle!!” era euforica.

“Forza rispondi!! Cosa aspetti?!” Lei mi guardò e poi rispose.

Mentre lavavo le tazze la lasciai tranquilla.

“Si amore...dispiace anche a me per quello che è successo...quando? ora? Si sono da Alice, ma sto andando via...ti raggiungo subito...” Fu allora che ebbi un’idea.

“Ray...Rachel?” lei si voltò a guardarmi.

“Chiedile se sabato prossimo le va di venire qui a cena...io, te, Helena e lei...” Rachel sorrise annuendo.

“Amore, abbiamo da fare sabato prossimo? Alice ci ha appena invitate a cena..” Attese la risposta e la vidi sorridere.

“Io ed Annabelle siamo liete di annunciarti che saremo molto felici di essere vostre ospiti sabato prossimo per cena!” Sorrisi.

“Allora vi aspetto!! Non portate nulla...pensiamo a tutto noi!” Accompagnai Ray alla porta.

“Grazie Alice...sei un’amica...davvero...” mi abbracciò ed io ricambiai. La salutai con la mano mentre saliva in macchina e rientrai dentro casa. In quel momento, per la prima volta, sentii un colpo secco venire dall’interno del mio corpo. Istintivamente mi toccai il ventre: una delle bambine aveva appena scalciato. Sorrisi e mi sedetti sul divano a leggere.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=603877