Il Sesto Nordico

di Kyuketsuki Assassin
(/viewuser.php?uid=103215)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1: L'inizio di tutto ***
Capitolo 2: *** Cap 2: Cambiamenti ***
Capitolo 3: *** Cap 3: L'arrivo a casa di Danimarca ***
Capitolo 4: *** Cap 4: Primo giorno ***
Capitolo 5: *** Cap 5: Alle prese col danese ***
Capitolo 6: *** Cap 6: Gli imprevisti della caccia ***
Capitolo 7: *** Cap 7: La guerra non è un gioco ***



Capitolo 1
*** Cap 1: L'inizio di tutto ***


Il  Sesto Nordico

Cap 1: L'inizio di tutto

Non sapeva cosa l’avesse spinto quella mattina a lasciare Nuuk per andare a Copenaghen, ma la prima cosa che aveva fatto era andarsene dalla Danimarca: non riusciva a sopportare la vista di Mathias, la sola presenza del danese bastava per mandarlo in bestia, non sopportava la cosa di dover dipendere da lui, per cui alla prima occasione era andato in Finlandia. Con Tino riusciva tranquillamente a parlare, era l’unico dei Nordici con cui andava d’accordo: sarà stato per il suo sorriso sempre gentile e la sua indole benevola, ma fatto sta che era l’unico con cui stesse bene.

Arrivò a casa del finlandese nel giro di poche ore, e quest’ultimo, quando suonò, l’accolse alla porta con il suo immancabile sorriso.

“Ciao Erik! A cosa devo la tua visita?”

“Ero venuto a salutarti, tutto qui: è da un po’ che non ci vediamo” gli rispose il groenlandese, sorridendo appena: per quanto si sforzasse, Erik non riusciva mai a sorridere, o meglio, non era capace. Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui aveva sorriso sul serio …

Groenlandia entrò nella casa, venendo subito accolto da uno scodinzolante ed eccitato Hanatamago, che si mise a fargli subito le feste. Il ragazzo si limitò ad accarezzarlo con fare affettuoso, per poi sistemarsi in salotto, venendo raggiunto poco dopo da Finlandia che gli porse una tazza di tè   fumante. Le mani pallide del ragazzo parvero assorbire il calore della bevanda, e questo fece piacere al groenlandese.

“Ma non  ti sei tagliato ancora i capelli? L’ultima volta mi avevi detto che lo facevi”

“Eh? Ah, i capelli … beh, alla fine non l’ho fatto, sono troppo abituato a tenerli lunghi” spiegò Erik portando dietro all’orecchio una ciocca di capelli ribelli che gli era finita davanti agli occhi. La vera ragione per cui Groenlandia non li tagliava era perché amava tenere i capelli, bianchi come la neve, lunghi fino alle spalle: portava la riga sul lato destro, e se si faceva attenzione, si notava una piccola treccia, appena prima dell’orecchio sinistro. I suoi occhi erano azzurro ghiaccio, freddi e calcolatori, che non lasciavano trapelare nessuna emozione, ed era così pallido che sembrava un morto vivente, ma queste erano cose che ad Erik non importavano, così come non gli importava dei commenti poco graditi di Danimarca che continuava a lamentarsi del suo pessimo carattere e della sua poca pazienza, un carattere che spesso aveva procurato al danese un sacco di ferite.

“Senti Erik … nonostante siamo amici, non so nulla sulla tua storia, tu stesso eviti di raccontare quello che ti è successo, così come Norvegia e Danimarca”

“Quindi … vorresti che ti raccontasi la mia storia?”

Il finlandese annuì. Erik non rispose, rimase a fissare il suo tè, con aria falsamente interessata. Sospirò amaramente, bevendo un sorso del liquido, ormai tiepido, per poi appoggiare la tazza sul tavolino che aveva davanti, fissando fuori dalla finestra, notando che si era messo a nevicare.

“Nevica fuori … nevicava anche quel giorno …” cominciò, senza smettere di fissare i fiocchi di neve candida che scendevano leggiadri dal cielo, in eleganti turbinii che disegnavano ghirigori nella fredda aria pomeridiana.

“Cosa intendi?” gli chiese Tino

“Nevica il giorno in cui … conobbi Islanda”

“Quindi … mi racconterai la tua storia?”

“Sì, ma bisogna tornare indietro di tanto tempo … nel lontano 980 Dopo Cristo …”

 

 

Nevicava, come ti ho già detto. Ero sulla riva del mare, quella mattina. Nonostante fosse inverno, la temperatura era sopportabile rispetto a quella che c’è oggi, non a torto il mio nome significa Terra Verde, ma ora sto divagando.

Ricordo che fissavano l’orizzonte, immobile come una statua, mentre le acque grigie del mare si infrangevano placide sulla riva, portando con sé i detriti della scorsa tempesta. Gli unici suoni che sentivo erano quelli del mare e del vento, che trasportava i fiocchi di neve che si adagiavano dolcemente a terra, coprendo la sabbia con un sottile strato bianco, confondendosi con i miei capelli. A me non importava, avevo la sensazione che qualcosa sarebbe accaduto, ma non sapevo dirmi se sarebbe stata positiva oppure no, fatto sta che, dopo quelle che mi parvero ore, in lontananza vidi qualcosa di scuro avvicinarsi alla costa, e ben presto ne apparvero altre. Si facevano sempre più vicine, e mi spaventai. Fu solo quando vidi che quelle strane cose si avvicinavano che mi alzai per correre via, ma non me ne andai molto lontano, mi nascosi tra dei cespugli, e osservai quelle cose che, avrei scoperto più tardi, si chiamavano navi, fermarsi sulla riva. Quello che vidi dopo mi scioccò: erano degli essere come me, anche se più grandi. Parlavano una lingua che non capivo, e uno di loro, forse il capo, urlavano ordini agli altri, che si affrettavano ad ubbidire. Li osservai per parecchio tempo, studiando ogni singolo movimento, senza essere notato, quando, all’improvviso, uno di loro si girà dalla mia parte: un ragazzo all’apparenza gracile, completamente diverso dagli altri, grossi il doppio. Aveva i capelli bianchi, come i miei, e i suoi occhi violetti mi fissavano, sembrava che mi vedesse, e la cosa mi allarmò di più quando, dicendo una cosa a uno dei compagni, si allontanò per avvicinarsi al mio nascondiglio. Corsi via, senza osare guardarmi indietro, saltando tronchi e rocce, cercando di seminarlo, e quando mi fermai, stanco per la corsa, lo vidi davanti a me, che mi fissava. Ero spaventato, ma il suo sguardo non faceva trapelare cattive intenzioni. Si chinò abbastanza per permettergli di fissarmi. Restammo in silenzio per un tempo che parve interminabile, poi lui sorrise, parlando in un modo completamente diverso da quello che avevo sentito prima:

“Io sono Islanda, tu come ti chiami?”

 

 

Angolo Autrice:


Era da un po’ di tempo che volevo scrivere una fic dove apparissero i Nordici, e da brava fan quale sono, ho deciso di scrivere della vita di Groenlandia: dalla sua scoperta da parte di Islanda fino ai giorni nostri dov’è ancora sotto il dominio di Danimarca, anche se si autogoverna. Le informazioni su Erik (mio OC, ovvero Groenlandia) le cerco su Wikipedia, quindi abbiate pietà di me: se ci sono delle incoerenze fatemelo sapere, ok? 

Beh, questo era il primo capitolo, spero di essere stata abbastanza brava a descrivere.

Detto ciò, ci vediamo al prossimo capitolo! ^__^

 

Farvel!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap 2: Cambiamenti ***


“Io sono Islanda, tu come ti chiami?”
 
Già … come mi chiamavo? In quel momento mi accorsi che non avevo un nome, ma, d’altro canto, non ne avevo mai avuto bisogno dati i miei scarsi contatti con gli Inuit, la popolazione che viveva e vive ancora oggi nella mia terra, quindi abbassai lo sguardo, imbarazzato.
 
“Io … non … non ho un nome”
 
Lo sentii ridacchiare divertito, e la cosa mi irritò parecchio.
 
“Cos’hai da ridere?!”

“Scusami, non volevo prenderti in giro. Comunque … che ne pensi se ti chiamassi … Groenlandia?”
 
“Groenlandia?”
 
“Significa Terra Verde”
 
Mi presi qualche minuto per riflettere, poi annuii, convinto. Islanda sorrise appena, soddisfatto, poggiandomi una mano sulla testa e spettinandomi con fare affettuoso, ma siccome non ero abituato a tali gesti, indietreggiai irritato, rimettendomi in ordine i capelli, guardandolo storto.
 
“Certo che hai un bel caratterino …”
 
Mi limitai a sbuffare, assumendo quella che ritenevo un’espressione minacciosa, ma ottenni l’effetto contrario perché Islanda mi guardò intenerito, molto probabilmente avevo assunto uno sguardo tenero e adorabile, e la cosa mi diede ancora più fastidio quando ricominciò a ridacchiare.
 
“Non rideresti se mi conoscessi bene! Sono capace di far paura anch’io!”
 
“Ti credo sulla parola …”
 
Senza aggiungere altro si rialzò, facendomi segno di seguirlo. Guardai la sua mano tesa verso di me dubbioso: non era che non mi fidassi di lui, ma avevo semplicemente paura, ed Islanda se ne accorse.
 
“Non temere, non ti accadrà niente”
 
 


Gli anni seguente furono pieni di eventi: cinque anni dopo l’arrivo di Erik il Rosso, arrivarono i primi coloni islandesi, che si insediarono sulla costa, creando così la prima colonia, suddivisa in insediamento d’Occidente, d’Oriente e Centrale.
 
Cominciai a crescere, e anche molto velocemente, tanto che nel giro di sette anni mostravo l’età di un dodicenne, e Islanda ne approfittò per insegnarmi l’uso della spada e dell’arco, oltre ad imparare la sua lingua. Mi aveva, inoltre, battezzato Erik, in onore del “mio” scopritore.
 
I miei rapporto con Emil, però, erano sempre meno frequenti, e la cosa era preoccupante, perché era l’unico che potesse rifornirmi delle materie prime di cui, purtroppo, non disponevo, e di cui i coloni avevano un disperato bisogno.
 
Da qualche tempo un uomo dell’insediamento, venuto dall’Islanda, iniziò a preoccuparsi per la mancanza di quella che lui chiamava religione, fatto sta che un giorno partì. Un mese dopo, all’insediamento, arrivarono tre presone, guidate da un ragazzo che mi ricordava tantissimo Islanda, ma capii fin troppo presto che non era lui: i suoi occhi, blu scuro, erano glaciali, e il suo volto perennemente impassibile non tralasciava nessuna emozione. Era Norvegia, venuto per convertici al cristianesimo, religione che né io e né il mio popolo accettammo, almeno all’inizio. Ricordo ancora la volta in cui un missionario mi stava facendo la predica, spiegandomi che se avessi continuato a venerare gli spiriti della natura la mia anima sarebbe bruciata all’Inferno: non erano tanto le sue parole a darmi fastidio, ma lo era il suo tono accusatorio. Chi mi conosceva sapeva che non doveva farmi arrabbiare, infatti gli urlai contro così tanti insulti e bestemmie che fu un miracolo se quell’uomo non morì sul posto, ma la cosa non piacque per niente a Norvegia, infatti se facevo qualcosa che non gli andava a genio non esitava a punirmi, e anche severamente, continuando a chiamarmi skraeling, che in antico norvegese significava miserabile. Fu con enorme riluttanza che, nel 1261, accettai la sovranità del Re di Norvegia sulla mia terra.
 
I rapporti tra Norvegesi e Inuit non erano per niente amichevoli, e gli ultimi non volevano avere niente a che fare con i coloni, per cui evitavano di avere contatti. E le cose peggiorarono quando, all’inizio del 1300, il clima della mia terra cominciò a cambiare: gli inverni divennero più freddi e lunghi, tanto che la popolazione a stento riusciva a sopravvivere, ma ricordo poco di quel periodo, ricordo solo che deliravo a causa della febbre, che nonostante fossi coperto bene avevo sempre freddo, un freddo che veniva dal mio corpo. Ricordo le preghiere che rivolgevo agli spiriti affinché vegliassero su di me, impedendomi di fare quegli orribili incubi che mi assalivano appena calava il sole.
 
Nonostante lo odiassi, nonostante lo facessi sempre disperare, Norvegia non mi lasciò mai da solo. Rimase sempre al mio fianco a prendersi cura di me, a rassicurarmi con parole di conforto, che mai avrei creduto potessero uscire dalla sua bocca.
 
Quando mi ripresi dalla mia lunga malattia, era l’anno 1537. Non sapevo ancora che presto avrei patito le pene dell’Inferno sotto il dominio del diavolo in persona.
 
Un diavolo che si chiamava Danimarca.










 
Angolo Autrice:
 
Ho essenzialmente messo i principali avvenimenti che accaddero in Groenlandia prima del domino danese, e spero di essere stata abbastanza fedele ai fatti storici. Beh, passiamo a rispondere:
 
Lady_Shinigami: sono contenta che la storia di Groenlandia ti incuriosisca, spero che anche questo capitolo ti piaccia ^__^
 
Blue_Witch: ho letto la tua fic, e la trovo molto carina ^__^ spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
 
moniko chan: mmmh … dovrò cominciare a non far trapelare nulla su quello che voglio far accadere … anche se è più forte di me fare spoiler! XD spero che continuerai a seguire la fic, ora arriva il bello! :D
 
Miharu_Chan: a te devo un ringraziamento colossale: vedi, non ero mai soddisfatta del primo capitolo, avevo sempre in mente di cambiarlo, ma poi la tua recensione mi ha fatto cambiare idea. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo, forse un po’ nozionistico, ma il bello arriva dopo!


 
Ci vediamo al prossimo capitolo, aspetto i vostri commenti! :D
 
Farvel! ^O^




P.S.: Emil è il nome che ho scelto per Islanda, mentre Lukas per Norvegia e Mathias per Danimarca. Alla prossima! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap 3: L'arrivo a casa di Danimarca ***


Quando mi ripresi dalla mia lunga malattia, era l’anno 1537. Non sapevo ancora che presto avrei patito le pene dell’Inferno sotto il dominio del diavolo in persona.
 
Un diavolo che si chiamava Danimarca.
 
Quella mattina, quando mi svegliai finalmente guarito, vidi Norvegia che mi fissava con aria afflitta.
 
“Cosa c’è Lukas? Perché quello sguardo?”
 
Lui non rispose, si limitò ad abbracciarmi stretto. Rimasi quasi scioccato, ma il mio stupore aumentò quando lo sentii piangere.
 
“Mi dispiace Erik … mi dispiace tantissimo … non ce l’ho fatta …” si bloccò, aumentando la presa, quasi soffocandomi, come se non volesse lasciarmi andare “ … ti giuro, ho fatto di tutto per impedirglielo, ma non è stato sufficiente … ora sei suo”
 
“Di chi stai parlando?”
 
Norvegia non rispose, ma aumentò di più la presa, ostinato a non rispondermi.
 
“Norvegia, dimmi il nome”
 
“ … Danimarca”
 
Mi sentii mancare: da quello che mi aveva Lukas, Danimarca era una nazione assetata di sangue e di potere che aveva ucciso migliaia di persone solo per ampliare i propri territori, e nonostante Svezia si fosse ribellato a lui e ottenuto la sua indipendenza, restava comunque una nazione temuta. Venni assalito dal panico, tremai, stringendo la presa su Norvegia, bisognoso di stringere qualcosa di reale, di concreto, che mi desse sicurezza, ma ero tutt’altro che tranquillo, avevo una paura tremenda, con un solo pensiero fisso in mente: cosa mi avrebbe fatto quel pazzo?
 
“Devi prepararti, Danimarca mi ha mandato per venire a prenderti”
 
“Perché non è venuto lui?”
 
“Perché gli piace farmi soffrire: sa quanto tengo a te, non gli è bastato impossessarsi del mio territorio, vuole anche umiliarmi” mi rispose, stringendo i denti e lasciandosi scappare alcune imprecazioni pesanti contro il danese, per poi staccarsi dalla presa e alzarsi.
 
“Prendi lo stretto indispensabile, partiremo all’alzarsi della marea”
 
Il momento della partenza arrivò fin troppo presto, quasi mi misi a piangere quando i coloni vennero a salutarmi, mi si stringeva il cuore a vedere le facce di quelle persone così afflitte, ma il colmo fu quando una bambina, di forse sei anni, si avvicinò, con il visetto triste, mi fissò, poi mi abbracciò le gambe, piangendo.
 
“Snart tilbake … ”
 
“Jeg vil gjøre”
 
Fissai la costa finché non fu più visibile. Conoscevo tutte le persone che mi avevano salutato, e sapevo bene, purtroppo, che se fossi mai tornato, non li avrei più rivisti. Quella fu la prima volta che piansi in tutta la mia vita.
 
Furono i mesi più lunghi e pesanti della mia vita, dove scoprii, con immenso dispiacere, che soffrivo terribilmente il mar di mare. Passai metà del viaggio in quello stato pietoso, arrivando a digiunare pur di non dare di stomaco, e per non sentire i morsi della fame ascoltavo i marinai raccontare leggende, che parlavano di sirene e mostri marini, e loro erano più che contenti di rispondere alle mie domande o parlarmi di quella leggenda piuttosto che dell’altra.
 
Facemmo porto in una città dell’Islanda, e in me si accese la flebile speranza di poter rivedere Emil, ma Lukas stroncò il mio entusiasmo sul nascere.
 
“Islanda non è qui, è a casa di Danimarca”
 
Ne rimasi un pochino deluso, ma non obbiettai, guardai nella direzione in cui doveva trovarsi la Danimarca, con addosso quell’orribile malessere che non ne voleva sapere di abbandonarmi.
 
“Lukas … come si comporta Danimarca con le nazioni che conquista?”
 
“Malissimo, ti tratta come se fossi uno schiavo, ti fa sgobbare dalla mattina alla sera, ti sta sempre col fiato sul collo. Se vuoi vivere con lui non devi mai azzardarti a dire mezza parola che lo contraddica, ti assicuro che non esita a punirti, e anche pesantemente. Fossi in te terrei la lingua ben stretta tra i denti, conoscendo il pessimo carattere che ti ritrovi ti caccerai presto nei guai”
 
“Non sono più un bambino”
 
“Nonostante ora dimostri fisicamente diciassette anni, sei ancora una nazione giovane e inesperta, e Danimarca può spazzarti via come niente, devi stare attento con lui: sei in pericolo ventiquattrore su ventiquattro. Una sola parola di troppo e sei morto”
 
“Vorrà dire che starò attento”
 
“Lo spero per te, Mathias ha le mani pesanti”
 
Dicendo questo Norvegia si passò una mano sulla spalla, facendo una smorfia di dolore. Rabbrividii al solo pensiero di quello che gli avesse fatto Danimarca.
 
Finalmente, dopo mesi e mesi di navigazione, arrivammo al porto di Copenaghen. Guardai a bocca aperta la città, completamente diversa dai villaggi a cui ero abituato, era tutto così … grande, e la gente così numerosa, con un sacco di odori, forme e oggetti che non aveva mai sentito o visto in vita mia. Non so se fosse a causa della mia pelle pallidissima o dal fatto che mi guardava in giro come un cretino, ma i passanti mi fissavano, chi curioso, chi disgustato dal mio aspetto. Quando me ne accorsi fui tentato di dirle dietro di santa ragione a quella gente, ma bastò uno sguardo freddo da parte di Norvegia per farmi desistere.
 
Eravamo poco distanti dalla città, in campagna, quando arrivammo a casa di Danimarca, o meglio, quando arrivammo in quella specie di villa-fortezza, che metteva suggestione solo a guardarla, e non osavo pensare come fosse all’interno …
 
“Prima entriamo meglio è …” borbottò Lukas, per poi aprire il portone d’ingresso ed entrare, con me al seguito, ma non ebbi il tempo di guardami in giro che venimmo subito raggiunti.
 
Raggiunti da Danimarca.
 
Per un millisecondo incrociai i suoi occhi azzurri, freddi e taglienti come la selce, il volto serio, crudele. Distolsi lo sguardo, intimorito, la paura che avevo celato in quei mesi che ora si mostrava tutta, nascondendomi leggermente dietro a Norvegia, che invece lo guardava senza timore, o meglio, senza farlo vedere, lo vedevo tremare leggermente infatti. Danimarca mi guardò, o almeno, credo che mi guardò, infatti rise poco dopo quasi con cattiveria.
 
“Den knægt ligner en kanin fra ryster! Norge, lad os være i fred”
 
Non capii, ma quando vidi lo sguardo freddo di Lukas compresi che Danimarca doveva avermi preso in giro, oltre ad avergli ordinato qualcosa, infatto Norvegia si allontanò, ma ebbi il tempo di vedere il suo sguardo preoccupato pri a che sparisse nel corridoio. Rimanemmo solo io e Mathias. Mi sentii lo stomaco cotrarsi dalla paura, avevo voglia di aprire quella dannata porta e scappare, prendere la prima nave al porto e tornarmene a casa mia, ma non feci nulla, rimasi lì, fermo e immobile come una statua. Trasalii quando sentii le dita fredde di Danimarca che mi afferavano il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi, ma non disse nulla, si limitò a voltarmi la testa, studiandomi il volto.
 
”Come ti chiami?” mi chiese nella lingua delle nazioni, senza smettere di fissarmi
 
”Groen-”
 
”Non quel nome, l’altro”
 
” ... Erik”
 
”Sei un po’ gracilino ...” commentò, lasciandomi il mento e iniziando a girarmi intorno come se fosse un predatore che studia la preda, innervosendomi.
 
”Potrai essermi lo stesso utile. ISLANDA!” urlò, e la sua voce rimbombò sulle pareti, facendola sembrare un ruggito.
 
Subito Islanda fece la sua comparsa, dallo stesso corridioi in cui era scomparso Norvegia. Vidi la gioia nel rivedermi nei suoi occhi, ma sparì subito quando Danimarca richiamò la sua attenzione.
 
”Porta Erik a darsi una lavata e ... dagli degli abiti più consoni” aggiunse, guardando schifato il mo abbigliamento, cosa che mi irritò notevolmente, ma ricordando gli ammonimenti di Norvegia non fiatai.
 
”Io ora devo uscire, ma quando torno voglio trovare la casa in perfetto ordine” poi si rivolse a me, minaccioso ”Combina qualcosa e dormirai nelle stalle” senza aggiungere altro uscì, lasciandoci soli.
 
 






 
Traduzioni:
 

  • Snart tilbake: torna presto (norvegese)

  • Jeg vil gjøre: lo farò (norvegese)


 

  • Den knægt ligner en kanin fra ryster! Norge, lad os være i fred: Il moccioso sembra un coniglio da quanto trema! Norvegia, lasciaci soli (danese)
 
 
 
Angolo Autrice:
 
Non uccidetemi per il comportamento di Danimarca: a mio parere in quel periodo storico era veramente così, crudele fino al midollo, ma tra quel Danimarca a quello che conosciamo tutti c’è un abisso. Beh, passiamo a rispondere ...
 
Lady_Shinigami: Sono contenta che la storia della Groenlandia ti interessi, e a mio parere Norvegia è tenero e coccolone, ma solo quando vuole lui XD spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, grazie per aver recensito ^^
 
moniko chan: Sappi che Groenaldia ti odia a morte perché continui a chiamrlo Groe (nomignolo che Den nella storia usaerà per lui, quindi grazie per averlo suggerito ^^) (Konoha, sappi che ti odio ndGroe) (io ti ho creato e io ti posso distruggere è___é ndme) (ç___ç ndGroe) spero che anche questo cap ti sia piaciuto, e non uccidermi per il comportamento del TUO Den XD
 
Miharu_Chan: oddio ... non ci ho mai fatto caso che la scena tra Islanda e Groenlandia ricordasse quella tra Inghilterra e America O_O la mia è stata una cosa involontaria ^^” beh, grazie per aver recensito, e sappi che sei finita sulla lista nera di Erik.
 
adrienne riordan: Non sapevo che il personaggio di Islanda all’inzio era studiato per Groenlandia ** che scoperta gnari, non si smette mai di imparare XD spero che il mio Danimarca cattivo ti sia piaciuto!
 
Chiaki_chan: e sì, proprio l’opposto il mio Groenlandia dal tuo! XD spero che continuerai a recensire la fic, io continuerò con la tua, e non vedo l’ora che aggiorni! :D
 
 
Detto ciò, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, fatemi sapere che ne pensate, ok? Basta anche un commento piccolo, mi farete felice lo stesso ^^ alla prossima, dove le cose per ik povero Erik si metteranno molto male (ma tu mi odio?! ndGroe) (no, te voglio bene, ma la storia va così, e poi a me piace fare i personaggi con storie drammatiche alle spalle :D ndme) (sì, mi odia ç__ç ndGroe)
 
Farvel! ^O^

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap 4: Primo giorno ***


”Combina qualcosa e dormirai nelle stalle” senza aggiungere altro uscì, lasciandoci soli.
 
”ERIK!” Islanda mi si buttò addosso, facendomi quasi cadere a terra, abbracciandomi, felicissimo.
 
”Speravo tanto di vederti di nuovo Erik! M-mi dispiace così tanto ... io non volevo abbandonarti ... le navi faticavano a portare i rifornimenti, e da quando sono sotto il dominio di Danimarca non ho più potuto contattarti ... ti prego, perdonami ...”
 
Non dissi nulla, mi limitai a stringere la presa, come se non volessi farlo uscire mai più dalla mia vita.
 
”Fa nulla Emil, è ... tutto passato”
 
Restammo abbracciati ancora per qualche minuto, poi Islanda mi guidò attraverso i numerosi corridoi dell’abitazione, iniziando a spiegarmi la funzione di ogni stanza, le abitudini di Danimarca e via discorrendo.
 
Tre minuti dopo avevo la testa che mi faceva male per le troppe informazioni ricevute, ma fortunatamente Emil lo notò, e smise di spiegarmi. Mi portò in una stanza un po’ separata dalle altre, e capii che si trattava del bagno. Ero un tantino spaesato, ad essere sincero, non ero abituato a una stanza del genere, avevo vissuto fino ad allora come se vivessi ancora nel Medio Evo, e le cose del XVI secolo mi disorientavano.
 
”Se vuoi ti aiuto io la prima volta, ma ti conviene  imparare in fretta”
 
”Grazie Emil”
 
Farsi il bagno risultò piuttosto complicato, non mancarono le volte in cui scivolai, così come non mancarono le risate di Islanda.
 
”Che hai da ridere?! Non è colpa mia se sono così ... arretrato!”
 
”No no, non è di certo colpa tua. Nell’armadio ci sono degli abiti” mi disse, indicando l’armadio vicino alla porta.
 
”A proposito di abiti ... che intendeva Danimarca con abiti consoni?”
 
”Cos ... ehi, non farti strane idee: Mathias sarà pure un essere spregevole, ma non ha mai messo le mani addosso a me o a Norvegia”
 
Tirai un sospiro di sollievo: l’idea di essere finito nelle mani di un maniaco non era proprio il massimo. Presi gli abiti nell’armadio, notando che mi stavano a pennello. Erano semplici, è vero, però erano molto comodi. Ed erano verdi.
 
”Emil ... chi ha scelto questo abiti?”
 
”Perchè me lo chiedi?”
 
”Rispondimi”
 
”Danimarca. Pensava che, chiamandoti Groenalndia, ti piacesse il verde”
 
E ci aveva azzeccato in pieno, io amavo quel colore. Forse non era così bastardo come pensavo.
 
Quanto mi sbagliavo.
 
Passai la mattina a fare le faccende domestiche sotto la guida di Norvegia e Islanda, dal preparare il pranzo (ci misi un bel po’ a essere sincero, non ero bravo ai fornelli, e non lo sono tutt’ora) a occuparmi dei due cani da caccia di Danimarca, dove uno dei due mi morse alla mano sinistra perchè avevo fatto una carezza di troppo all’altro. Mi arrabbiai così tanto che gli urlai contro talmente tante bestemmie e insulti che l’animale abbassò le orecchie impaurito, uggiolando con la coda tra le zampe.
 
”Bestiaccia immonda! Ahia, fa un male bestiale ...”
 
”Che ti sei fatto alla mano?”
 
Alzai il volto di scatto quando sentii la voce di Danimarca, appena rientrato. Ero di pessimo umore per ricordarmi che lui era il mio ”capo”, infatti gli sbuffai, come a dire lasciami stare che non è giornata e feci per andarmene.
 
Pessima. Idea.
 
Mi afferrò per il polso sinistro con una morza ferrea, ma non gli diedi la soddisfazione di sentirmi gemere, mi limitai a fare una smorfia di dolore.
 
”Quando uno ti fa una domanda, sarebbe educazione rispondere. Islanda non te l’ha insegnato?” sibilò gelido, trafiggendomi con i suoi occhi azzurro ghiaccio, che mi fecero rabbrividire, ma ancora una volta non risposi, e lui per ripicca strinse talmente forte il mio polso che temevo di sentire le ossa rompersi da un momento all’altro, e non riuscii a non farmi scappare un gemito.
 
”Allora? Che ti sei fatto alla mano?”
 
” ... uno dei cani mi ha morso” risposi, senza guardarlo in faccia.
 
”Ci voleva tanto Groe?”
 
Prego? Groe? Mi aveva davvero chiamato Groe? Nessuno, e ripeto, nessuno aveva il diritto di chiamarmi così, e Danimarca non era l’eccezione.
 
”Come mi hai chiamato?” ringhiai a denti stretti, fissandolo gelido

”Io ti chiamo come mi pare e piace ... Groe, e sarebbe anche il caso che abbassi la cresta, o non avrai vita facile qui” mi rispose a tono, lasciandomi andare per poi allontanarsi, lasciandomi solo nel corridoio.
 
L’ora di pranzo passò, grazie a Dio, in fretta, e fui enormemente sollevato nel sapere che al pomeriggio, per un’oretta, noi tre poveri disgraziati avevamo una pausa. Non avevo voglia di stare con Norvegia e Islanda, per cui uscii nell’enorme giardino della villa per poi sistemarmi sui rami di un albero. Mi piaceva arrampicarmi sugli alberi, nonostante da me ce ne fossero pochi, però mi dava l’impressione di essere al di sopra di tutti.
 
Nonostante mi fossi fasciato la ferita, la mano mi faceva ancora male, ma non ci feci caso quando mi addormentai, cominciando a sognare di essere di nuovo a casa mia, di rivedere le persone che erano venute a salutarmi, compresa quella bambina che ora sorrideva felice mentre mi veniva incontro per abbracciarmi ...
 
”Ehi, bello addormentato! Svegliati!”
 
Voce molto poco opportuna. Aprii un occhio, seccato, trasalendo quando vidi Danimarca che mi fissava da sotto. Possibile che continuasse a starmi col fiato sul collo?! Forse era davvero un maniaco. Ebbi l’impluso di urlargli dietro, ma ricordando quello che mi aveva fatto  prima preferii non reagire per non ritrovarmi un polso rotto, o peggio.
 
”Cosa c’è?”
 
”Scendi e seguimi”
 
Sbuffai ma non obiettai e scesi, seguendolo dentro casa, finchè non mi portò in quella che doveva essere la biblioteca: una stanza piena di libri, tutti posti in ordine nei numerosi scaffali. La stanza era ben iluminata, e su un tavolo, posto vicino alla finestra, erano disposte parecchie carte, boccette con l’inchiostro e varie penne d’oca. Mi fece segno di sedermi su una delle sedie del tavolo. Così feci.
 
”Sai leggere o scrivere?”
 
Negai.
 
”Bene, vorrà dire che te lo insegnerò io”
 
”Cosa?”
 
”Mi hai sentito Groe, ti insegnerò il danese”
 
 





 
Angolo dell’Autrice:
 

Ko: salve! Visto che rispondere alla vecchia maniera mi annoiava, inizierò a rispondere così, aiutata dal nostro caro Groenlandia! ^^
 
Groe: di pure che mi costringi ... e poi perchè devo imparare il danese?!
 
Ko: nella tua terra il danese lo parli come il groenlandese, quindi stai buono! La prossima volta ti faccio più carino e coccoloso!
 
Groe: provaci! è____é
 
Ko: tanto decido io U_U
 
Greo: ti odio ç_ç
 
Ko: (lo ignora) beh, ora iniziamo! La prima di oggi è Lady_Shinigami. Gioia non credevo di riuscire a commuoverti! E poi ho l’impressione che con questa fic stia aizzando tutti contro Danimarca ...
 
Den: solo una tua impressione?! Metà di quelle che recensiscono vogliono farmi la pelle!
 
Groe: DANIMARCA CREPAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!
 
Den: WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!! ÇOç (scappa)
 
Ko: fermo Erik! Mi servi qui! E poi Danimarca mi serve ancora vivo e vegeto!
 
Groe: alla fine della fic lo ammazzo ...
 
Ko: fa come vuoi. Dai, tocca a te
 
Groe: Chiaki_chan, concordo con te che un Danimarca così ... serio faccia un po’ di paura, ma ora è un completo idiota -____- non oso immaginare cosa mi farà accadere l’autrice ... e come vedi non c’erano doppi sensi
 
Ko: per ora ... kesesesese ...
 
Groe: più passo tempo con te più mi preoccupo per la mia salute fisica ...
 
Ko: la prossima è moniko chan! Ok, ti ho aizzato contro il tuo amato Den, ma non ucciderlo! Mi serve! E poi so bene che ti arrabbierai quando arriverà quella parte, quindi, den, fossi in te comincerei a cercare un posto dove nascondermi ...
 
Den: perchè, che succede?!
 
Ko: non farmi fare spoiler U_U
 
Groe: la prossima è hanta97: a te piace un Danimarca cattivo, ma per noi tre Nordici è un inferno stare con lui ç___ç
 
Ko: pora stella! (patta Groe) la faccio io l’ultima, ok? Tu va a farti una camomilla gioia
 
Groe: grazie Konoha ç___ç
 
Ko: bene! L’ultima è Miharu__Chan. Sai Miharu, ieri una tipa che si chiama come te ha recensito in modo neutro ma pesantemente l’ultimo capitolo postato della fic che sto scrivendo con moniko chan, e all’inizio avevo pensato fossi tu, ma poi ho scartato l’ipotesi, quindi scusami, anche perché tu non l’avresti mai letta, dato che Russia lì ama me! >:D comunque ... spero che la sadicità di Den ti sia piaciuta, e più avanti, per la sfortuna di Groe, andrà a peggiorare!
 
Groe: dice che sembro Germania Magna e Legolas messi insieme ... ah ... ah ... divertente ... (frega l’ascia di Spagna e inizia a rincorrere Miharu) IO TI AMMAZZOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!
 
Ko: .-. caliamo un velo sulla faccenda ... beh, spero che anche questo capitolo vi sia piaicuto, io e groe non vediamo l’ora di leggere i vostri commenti, vi aspettiamo! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cap 5: Alle prese col danese ***


”Cosa?”
 
”Mi hai sentito Groe, ti insegnerò il danese”
 
Lo fissai tra lo scioccato e l’orripilato: perchè mai avrei dovuto imparare il danese?! Non andava bene che parlassimo tra di noi col linguaggio delle nazioni?! E poi, da quel poco che avevo sentito al mio arrivo, il danese suonava tanto come una lingua molto complicata.
 
”Perchè mai dovrei parlare la tua lingua?!”
 
”Che ti piaccia o no, Groe, ora sei sotto il mio dominio e come minimo devi imparare la mia lingua. Non fare quella faccia, vivendo qui e seguendo le mie lezioni sarà facile impararlo”
 
Lo fissai storto, senza la minima intenzione di imparare la sua stupida lingua, ma una sua occhiata glaciale bastò a farmi perdere la voglia di ribattere, era ancora troppo vivido il dolore che mi aveva fatto al polso poche ore prima. Abbassai lo sguardo, rassegnato, e Danimarca ridacchiò soddisfatto.
 
”Bene, direi che hai capito. Inizieremo con l’alfabeto”
 
Perse un’ora buona a scrivere l’intero alfabeto danese, spiegandomi la pronuncia e insegnandomi a scrivere le lettere, e appena vedeva che ero in difficoltà mi prendeva la mano che stringeva la penna per guidarla e finire di scrivere, e puntualmente io rabbrividivo, ma non so se fosse per paura o perchè avevo il suo alito caldo che mi solleticava i capelli vicino all’orecchio, ma per quanto la cosa mi desse fastidio, dovevo ammettere che il suo odore mi piaceva, sapeva tanto di mare. Scacciai quei pensieri immediatamente, orripilato e imbarazato allo stesso tempo, e mi concentrai sullo scrivere quelle maledette lettere.
 
Danimarca mi sorprese non poco per la pazienza pressoché infinita che mostrava nei miei confronti, ed era anche bravo a spiegare. In quel momento non sembrava un essere spregevole e sadico, era tranquillo, perfettamente a suo agio, sembrava una persona normale che insegnava la propria lingua a un amico.
 
”Groe, perchè mi stai fissando?”
 
Eh?!

Mi irrigidii, accorgendomi solo in quel momento che lo stavo fissando dritto negli occhi. Arrossii violentemente, tornando a concentrarmi sul foglio che avevo davanti, continuando a ricopiare le lettere che aveva scritto Danimarca, e per tutta la durata della lezione non osai gaurdarlo negli occhi, mi limitai a rispondere per monosillabi.
 
”Ok, per oggi può bastare, va ad aiutare Islanda per i preparativi della cena”
 
”V-va bene” borbottai, mettendo in ordine, ma mi ero appena alzato dalla sedia quando mi afferrò per il braccio, facendomi voltare di colpo, stringendomi la vita con il braccio libero avvicinandomi al suo bacino.
 
Avevo il suo volto a pochi centimetri dal mio, sentivo il suo alito caldo sulla pelle, e sentii le guance andarmi a fuoco. Perchè cavolo mi fissava con quel sorrisetto malizioso?! Che aveva in mente di fare?! Queste erano le domande che mi ronzavano in testa, e le risposte erano le più disparate e sceme che la mia mente potesse partorire. Danimarca ridacchiò divertito nel vedermi così in crisi, sempre con quel sorriso irritante e malizioso stampato in faccia. Mi passò una mano sulla testa, scompigliandomi i capelli come se fossi un bambino, facendomi rabbrividire.
 
”Bravo Groe: hai già capito chi comanda. Se farai il bravo bambino domani, ti porterò a caccia con me”
 
Mi lasciò andare, e appena fui libero schizzai via, dirigendomi di corsa in cucina, col cuore che batteva all’impazzata. Non capivo perchè mi fossi sentito così strano quando mi aveva stretto a lui, non capivo perchè il solo sfiorarmi mi faceva rabbrividire, però mi sembrava sbagliato, completamente sbagliato. Raggiunsi la cucina col fiatone, e quando Emil mi chiese dove fossi stato non risposi, e cominciai ad aiutarlo con i preparativi per al cena di quella sera.
 
Arrivò l’ora di coricarsi, e non potevo chiedere di meglio: tra l’essere stato morso da un cane, l’aver sgobbato tutto il giorno ed aver ricevuto lezioni di danese non sapevo cosa fosse peggiore. Mi buttai sul letto della mia stanza a peso morto, ed ero talmente stanco che non mi cambiai nemmeno, e appena poggia la testa sul cuscino mi addormentai subito.
 
Sentii il letto farsi improvvisamente pesante, come se qualcuno vi si fosse seduto, ma non per questo mi svegliai, mi limitai a borbottare un qualcosa che somigliava vagamente a un ”va via”. Mi svegliai di colpo quando sentii delle dita tra i capelli e un famigliare odore di salsedine.
 
”D-Danimarca?!”
 
”Shhh ... non urlare ... non vorrai svegliare Islanda e Norvegia, vero?” mi sussurrò all’orecchio, scostandomi i capelli dal collo, leccandolo con la punta della lingua, facendomi trasalire.
 
”C-che stai fancendo?!”
 
Lui non rispose, mi si mise a cavalcioni su di me, facendomi avampare.
 
”I-idiota! C-che vuoi fare?!”
 
”Non temere Groe ... farò piano, talmente piano che sarai tu stesso a chiedermi di fare forte, sarai un tutt’uno con la Danimarca ...”
 
Mi baciò con foga, entrando prepotentemente con la lingua nella mia bocca, trovandomi impreparato. Volevo scacciarlo, urlargli dietro, dargli del maniaco, ma non ci riuscii, ogni mio tentativo veniva smorzato sul nascere, e sembrava che il mio corpo non rispondesse più delle mie azioni, ma che si muovesse animato da una volontà propria. Si staccò per primo, fissandomi, compiaciuto nel vedere il mio volto sconvolto, arrossato. Si spostò sul mio collo, lasciando dei lievi baci che mi fecero impazzire. Cominciai ad ansimare pesantemente non appena le sue mani si spostarono a slacciare la fascia che mi stringeva la vita, per poi insinuarsi sotto la camicia a toccarmi il petto, studiando ogni centimetro della mia pelle.
 
”D-Danimarca ... b-basta ... t-ti prego ...”
 
”Risparmia il fiato Groe ...” senza che me ne fossi accorto mi aveva slacciato la cintura dei pantaloni, e aveva cominciato a svestirsi, mostrando un fisico asciutto e muscoloso, per poi ricominciare a baciarmi famelico, giocando con la mia lingua inesperta, che rincorreva la sua.
 
Poco dopo mi ritrovai senza abiti. Tremavo, sia dalla paura che, molto probabilmente, dall’eccitazione, fremendo ogni volta che le sue mani mi accarezzavano.
 
Mi prese le gambe, aprendole e leccandomi l’interno coscia, facendomi gemere e ansiamare dal piacere.
 
”B-bastaaaaaa ...”
 
”Lo vuoi Groe?”
 
”S-sì ...”
 
”Dimmelo in danese”

” ... ja”
 
Danimarca ridacchiò, aprendomi di più le gambe e sollevandomele ...
 
 
 
”NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!”
 
”ERIK! CHE SUCCEDE?!”
 
Mi ero svegliato di colpo, urlando a squacia gola, agitatissimo, sudando freddo e scosso da violenti tremori. Fissai ansimante Norvegia e Islanda che erano entrati nella stanza, e che mi fissavano spaventati.
 
”N-nulla ... era solo un incubo ...” borbottai, notando che si tranquillizzarono subito, augurandomi la buona notte prima di uscire e chiudere. Mi precipitai a chiudere la porta a chiave, per poi cambiami e mettermi sotto le coperte, coprendomi fin sopra la testa, senza riuscire ad addormentarmi, con ancora quel sogno stampato in mente: perché cavolo avevo fatto un sogno erotico su Danimarca?!
 
 
 
Angolo Autrice:
 
Ko: chiedo scusa ai non amanti dello yaoi, ma io vedo troppo bene insieme Danimarca e Groenlandia, spero di non aver creato disagio, tanto si trattava di un sogno! Ma a Groe non dispiace, vero Groe? :D
 
Groe: MANIACA!!
 
Ko: no, yaoista :D
 
Groe: ma perché mi fai questo?!
 
Ko: perché tu e Den state bene insieme, e sappi che non finisce qui U_U
 
Groe: aiuto … ç___ç
 
Ko: cominciamo a rispondere, ok? Parti tu Groe?
 
Groe: ok … minoko chan, sono felice che tu voglia ammazzare Danimarca per quello che mi farà … ma aspetta … che mi farà?!
 
Ko: non dico nulla U_U
 
Groe: mi devo preoccupare?
 
Ko: … sì :D
 
Groe: çAç
 
Ko: tocca a Lady_Shinigami. Ti do ragione, Den è figo, anche se qui è un bastardo di prima categoria U_U e poi non è colpa di Groe se non sa farsi un bagno! Tieni conto che è stato malato per circa 230 anni!
 
Groe: è il turno di Hullabaloons: chiamami ancora piccolo Groe e sei morta!
 
Ko: non si trattano così le lettrici!
 
Groe: (ignora e continua a leggere) per la cronaca, Danimarca già conosce la birra, e non è mai una bene stargli vicino quando beve, potrebbe farci cose molto poco carine … e … mi fa piacere che … io ti piaccia
 
Ko: ora tocca a Chiaki_chan, che al posto di una recensione ha fatto una fic! XD però leggendola mi è venuta un’idea scema … facciamo insieme una fic dove compaiono i nostri due Groenlandia? :D se la cosa ti va dimmelo ^^ e comunque sì, il passaggio da Den cattivo a Den cretino c’è, ma si vedrà più avanti ^^
 
Groe: O___O” o cielo … adrienne riordan ha ragione, a me è andata di lusso rispetto ai nativi d’America e gli aborigeni australiani! Non oso immaginare coma mi sarebbe successo se fosse accaduto il contrario … ç___ç e comunque Danimarca la paghetta non me la da -_______-“
 
Ko: tirchio Den .-.
 
Den: perché dovrei pagarlo scusa? -__-
 
Ko: perché ti pulisce la casa?
 
Den: capirai … non gli basta fare sogni a luci rosse su di me?
 
Groe: O////////////O
 
Ko: procediamo … mi dispiace Miharu__Chan per averti infranto i sogni sulla DenNor, ma la fic va così, una DenGroe pura U_U ah, e devo ricordarmi di alzare il rating … in quanto a Den, sarà sadico, ma più avanti, e non riuscirà mai a farmi fare spoiler >:D
 
Den: uffa çAç
 
Groe: in bocca al lupo per gli esami Blue_Witch, ti auguro di riuscire a superare gli esami di terza media
 
Ko: ricorda: va bene agli scritti che agli orali ti terranno dentro poco tempo ^^ buona fortuna :D e l’ultima è … oh mio Dio! medinspower Ari! Quanto mi fa piacere sapere che la mia idea di Groe come sesto Nordico ti piaccia! <33 e spero di poter leggere al più presto il nuovo capitolo di Glorous Flag! Ma tornando alla recensione ti do ragione, nel capitolo precedente la sua figura da bastardo Den l’ha fatta XD spero che questo nuovo paring ti stuzzichi, aspetto una tua risposta! :D
 
Groe: hai finito?
 
Ko: sì! ^^
 
Groe: posso chiederti perché hai aggiornato così presto?
 
Ko: perché tra due giorni è il mio compleanno, e oggi, mentre eravamo al ristorante, i miei genitori e i miei nonni mi hanno fatto una sorpresa facendo portare al cameriere una torta di profiterl con sopra due candele che formavano il numero diciassette! E tutti i presenti hanno applaudito facendomi gli auguri! Ero commossa, mi sarei messa a piangere! çUç e poi mi hanno regalato questo braccialetto con gli angioletti! <3
 
Groe: oh …. Auguri allora! ^^
 
Ko: grazie Groe! Martedì 7 Giugno (il giorno dopo il compleanno di Svezia, LOL) compirò diciassette anni, che vecchia decrepita che sono XD ci vediamo alla prossima gente! Farvel!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cap 6: Gli imprevisti della caccia ***


 Perché cavolo avevo fatto un sogno erotico su Danimarca?!
 
Ci misi due ore prima di addormentarmi del tutto. Fortunatamente non rifeci il sogno poco casto che avevo fatto su Danimarca, ma la mattina dopo ero di pessimo umore, senza contare le profonde occhiaie che avevo sotto gli occhi.
 
Cercavo in tutti i modi di non dare a vedere che ero irritato oltre ogni dire, ma era del tutto inutile, infatti mi lasciavo scappare degli scatti d’ira silenziosi non appena sentivo l’odore di salsedine oppure quando mi capitava di udire in lontananza la voce di Danimarca. Non riuscivo a capire perché ci dessi tanto peso: lo odiavo perché mi aveva strappato dalla mia terra e perché aveva ridotto praticamente in schiavitù Norvegia e Islanda, eppure dopo quel maledetto sogno non facevo altro che pensare a lui, era diventato la mia ossessione, e più provavo a non pensarci, più la mia mente continuava a tornare a lui. Quanto mi odiai.
 
Quel giorno avevo deciso, senza volerlo, di restare in un religioso silenzio, il che preoccupò non poco Emil e Lukas, dato che conoscevano la mia propensione a commentare tutto e tutti nei modi più taglienti possibili e inimmaginabili.
 
“Erik, stai bene?” mi chiese timidamente Islanda avvicinandosi a me mentre ero impegnato a pulire l’argenteria. Lo guardai appena, annuendo, senza dire niente tornando a lucidare quel maledetto coltello che non ne voleva sapere di essere pulito.
 
“Io e Norvegia siamo preoccupati, ancora non hai spiccato parola. C’è qualcosa che ti turba? Vuoi parlane?” continuò, ma io negai, senza guardarlo.
 
“Capisco … beh, se cambi idea, siamo disposti ad ascoltarti” dicendo questo Emil si allontanò per tornare alle sue mansioni. L’osservai allontanarsi dispiaciuto, conscio che lui e Lukas volevano solo aiutarmi. Venni colto da un altro attacco d’ira, mischiato al senso di colpa, e cominciai a strofinare talmente forte sul coltello che questo stava diventando pericolosamente bollente.
 
“Groe, non fondermi l’argenteria”
 
Il sangue mi si ghiacciò nelle vene, mi irrigidii di colpo quando sentii Danimarca appoggiare il mento sulla mia spalla, osservando il mio lavoro. Il suo odore mi faceva girare la testa, il calore del suo corpo sembrava ustionarmi, così come il suo alito alla menta sembrava bruciarmi i polmoni. Nella mia mente si ripresentò quel maledetto sogno, e il solo pensiero delle sue labbra sulla mia pelle bastò per farmi andare in tilt, inconsciamente avevo serrato la presa sul manico del coltello fino a farmi diventare le nocche bianche. Sentii Danimarca ridacchiare, sicuramente divertito della mia reazione.
 
“La mia presenza ti agita fino a questo punto?” mi sussurrò languido all’orecchio, abbracciandomi alla vita. Sentii il cuore perdere due battiti, avevo paura di svenire da un momento all’altro e come se non bastasse non riuscivo a respirare bene, tanto che cominciai ad ansimare leggermente. Vedermi in crisi doveva divertirlo, perché serrò la presa sfiorandomi la tempia con le labbra, e fu solo in quel momento che trovai il coraggio di parlare, anche se la mia voce risultata tutt’altro che sicura.
 
“L-lasciami …” biascicai, cercando di ignorare le pressioni che stava facendo sul mio addome, e mi accorsi solo in quel momento che era completamente attaccato a me.
 
Di male in peggio.
 
“Ti lascio solo se me lo dici in danese” mi disse, senza staccarsi o senza allentare la presa, affondando il volto tra i miei capelli e inspirando a fondo. Ma perché faceva così?!
 
“Hai un buon odore Groe … mi ricorda tanto l’erba fresca” sussurrò ancora. Aprii bocca due o tre volte, volendo parlare, ma non uscì nessun suono. Feci un respiro profondo, cercando di calmarmi e soprattutto di ignorare la presa ferrea di Danimarca, e finalmente riuscii a parlare.  
 
“Lad … ” biascicai, e Mathias mi lasciò.
 
Mentalmente tirai un sospiro di sollievo, mi appoggiai al tavolo cercando di non dare di stomaco tanto la nausea era forte, ma Danimarca non ci fece caso, notò solo le mie occhiaie di sfuggita.
 
“Dormito male Groe?” lo chiese come se non fosse successo niente, e la cosa stranamente mi fece star male.
 
Mi voltai appena per guardarlo, in cagnesco, ma sebbene avessi una voglia matta di urlargli dietro e dargli del maniaco e del pervertito, non lo feci, ben conscio di quello che era in grado di fare.
 
“Sono … sono stato perseguitato dagli incubi, e non ho dormito bene”
 
“Capisco … sai usare l’arco?”
 
Annuii, e Danimarca parve soddisfatto.
 
“Ti do cinque minuti per cambiarti, ci vediamo nell’armeria”
 
“Perché?”
 
“Hai la memoria corta? Ieri ti avevo promesso che se fossi stato bravo ti avrei permesso di venire a caccia con me” per bravo intendeva farsi molestare sessualmente senza opporre resistenza? Ma avevo appena formulato questo pensiero che il sorriso che aveva sul volto sparì subito, sostituito da uno sguardo freddo che non ammetteva repliche “Fila a cambiarti, e non tardare. Non ho molta pazienza”
 
 
Poco dopo eravamo già nella foresta sulle tracce di un cervo. Mi sentivo un po’ uno scemo a guardare tutta quella vegetazione, non ero abituato, a casa mia di alberi ce n’erano pochi, oggi praticamente non ci sono più, sostituiti da arbusti e cespugli. Più volte Danimarca mi rimproverò dicendomi di concentrarmi sulle tracce e sui suoni che ci circondassero.
 
Odiavo ammetterlo, ma era un gran cacciatore: mentre procedevamo, appena sentivamo un verso o un suono in particolare, mi spiegava subito di che animale si trattasse, stesso dicasi anche per tutti i segni che trovammo per terra, ma mancò poco che non mi dirigessi verso un branco di lupi che si trovava lì vicino: Danimarca era andato fuori di sé dalla rabbia, tanto che adesso mi teneva davanti, non fidandosi di lasciarmi dietro.
 
“Idiota che non sei altro Groe! Volevi diventare la cena di quei lupi?!”
 
“Certo che no! Ma credo che ci stiamo avvicinando al fiume comunque” feci notare, infatti quando uscimmo dalla macchia, ce lo ritrovammo davanti. In lontananza c’era la nostra preda, che stava bevendo.
 
“Niente movimenti bruschi, e attento a non cadere in acqua, le pietre sono scivolose” mi ammonì Danimarca che, una volta presa l’accetta che aveva portato con sé, iniziò ad avvicinarsi alla preda.
 
Presi l’arco e l’incordai, presi una freccia dalla faretra e l’incoccai, prendendo la mira. Nonostante fossi bravo con l’arco da quella distanza non sarei riuscito a colpire l’animale, quindi fui costretto a spostarmi per forza.
 
Scivolando e cadendo in acqua.
 
A prima vista non lo sembrava, ma quel fiume era profondo e la corrente altrettanto forte. Tentai subito di tornare a riva, ma la forza dell’acqua era troppo forte e violenta e mi trascinò lontano dal punto in cui ero caduto, senza contare che i miei abiti, appesantiti, mi stavano trascinando sul fondo. Inutili furono i miei tentativi di chiamare Danimarca, era troppo lontano, e io sarei morto affogato. L’ultima cosa che pensai prima di perdere i sensi fu il rimpianto di non poter rivedere mai più Islanda e Norvegia, ma soprattutto, di non rivedere mai più la mia amata terra.
 
 
“Svegliati! Apri quei cazzo di occhi!”
 
Lasciami stare … non vedi che sono morto? Cos’è questo dolore al petto? È come se mi stessero schiacciando la gabbia toracica …
 
“Merda! Giuro che se non ti svegli con questo metodo di prendo a calci in culo!”
 
Sento la bocca aprirsi e il naso chiudersi, come se qualcuno me lo stesse tappando, poi sento due labbra poggiarsi sulle mie e l’aria entrare nei miei polmoni.
 
Quindi … non ero morto?
 
Aprii gli occhi, a fatica, senza riuscire a mettere a fuoco, ma appena ci riuscii e vidi gli occhi chiusi di Danimarca a pochissimi centimetri dai miei, mi ripresi del tutto e sputai l’acqua che avevo bevuto, tossendo, allontanandomi, venendo subito assalito da un unico pensiero: mi aveva baciato. Certo, non era un bacio vero e proprio, era la respirazione bocca a bocca, ma aveva comunque unito le sue labbra con le mie!
 
Facendosi scappare un ringhio di rabbia, Danimarca mi afferrò per il bavero della veste, fissandomi dritto negli occhi, schiumante di rabbia, sembrava che i suoi occhi azzurri potessero incenerirmi da un momento all’altro.
 
“IDIOTA!! CAZZO, SEI UNA FOTTUTA ISOLA! COME FAI A NON SAPER NUOTARE?!” sbraitò. Era davvero arrabbiato, non sapevo che rispondere, mi limitai a spostare lo sguardo mortificato.
 
“Mi … mi dispiace … sono scivolato …”

“E PENSARE CHE TI AVEVO ANCHE AVVERTITO!! HAI RISCHIATO DI MORIRE AFFOGATO! LA PROSSIMA VOLTA GIURO CHE TI LASCIO A MORIRE!!” dopo essersi sfogato mi lasciò andare, imbestialito, e dopo essersi rimesso le armi si incamminò verso casa. Rimasi a fissare la sua schiena farsi sempre più lontana, poi decisi di seguirlo, un po’ traballante e parecchio stordito, ma appena osavo avvicinarmi troppo Danimarca si girava di scatto fissandomi gelido, intimandomi a non avvicinarmi oltre, al che io mi allontanavo di qualche passo. Mi sentivo stanco, senza contare che avevo cominciato a tremare e ad avere freddo. Stringersi nelle spalle era inutile, sentivo l’aria gelida che si insinuava sotto i miei abiti fradici per raggiungere la pelle ed entrarmi nelle ossa.
 
“Che ti prende?! Aumenta il passo! Perfino una lumaca è più veloce di te!” mi rimbeccò Danimarca voltandosi verso di me, ma stavo talmente male che non risposi alla provocazione. Mi fermai, accasciandomi a terra, tremante come una foglia, incapace di andare avanti. Sentii Mathias sbuffare irritato, avvicinandosi. Alzai appena lo sguardo: era furioso, e mi sentii uno schifo, una nullità completa, un peso inutile. Con mia grande sorpresa Danimarca si tolse il mantello per mettermelo sulle spalle. Lo fissai sbigottito, quasi mi lasciai scappare un grido di sorpresa quando mi sollevò e mi prese in braccio.
 
“Non una parola” sbottò, per poi riprendere a camminare. Per tutto il tragitto non parlammo, mi limitai a fissarlo, leggermente imbarazzato.
 
Per quanto odiassi ammetterlo i suoi occhi color del mare erano bellissimi, e nonostante a volte mi guardassero freddi e taglienti, mi ci sarei perso dentro a fissarli, vedendo in essi il riflesso dei miei color ghiaccio.
 
Ma che cavolo stavo pensando?! Questi erano pensieri tipici di un’adolescente innamorata del belloccio di turno! Non permisi al ricordo del sogno di farsi strada nella mia mente, e mi concentrai sui bei ricordi che avevo su sulla mia terra, tutto pur di non pensare agli occhi di Danimarca. Ben presto la stanchezza mi vinse, e mi addormentai contro il suo petto, cullato dal battito regolare del suo cuore.
 
 
 

  • Lad: lasciami (danese)
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
 
Ko: salve! Scusate per la scena della caccia, ma non ho idea di come si cacciasse il cervo e soprattutto non so se c’era l’argenteria a quel tempo .-. Ed è anche da un po’ che non aggiorno, ma è tutta colpa del Grest! Grazie al cielo mancano ancora due settimane, ma io non ho più voce! ç_ç                                                                   
 
Groe: meglio, così non dirai più le tue cavolate
 
Ko: che antipatico! Certo dopo quel sogno a luci rosse su Den, appena ti sfiora cominci a farti idee un tantinello perverse XD
 
Groe: E’ COLPA TUA!! SEI TU CHE SCRIVI! E POI VORREI VEDERE CHE FARESTI AL MIO POSTO!! >////////<
 
Ko: tanto lo so che ti piace U_U
 
Groe: partiamo a rispondere prima che ti ammazzi … è normale che qualche parolina sbagliata scappi moniko chan, ma sai bene che l’autrice scrive di sera, ovvero sia quando non connette più il cervello, altrimenti non mi farebbe fare queste cose oscene, e poi è Danimarca che mi salta addosso, non il contrario <__<
 
Ko: e non uccidermi Den, che mi serve ancora vivo! E ricorda che dobbiamo andare a vedere l’ultima parte del sette di Harry Potter prima che tu parta in Inghilterra!
 
Uk: WHAT?! QUELLA PSICOPATICA A CASA MIA?!
 
Groe: ringrazia che non venga anche Konoha …
 
Uk: çAç
 
Ko: ciau Lady_Shinigami! ** sono contenta che il sogno di Groe ti sia piaciuto, e sta certa che non mancheranno altre scene del genere! ;D e poi, mio caro Lud, non metterti contro una Yaoista, lo dico per il tuo bene U_U
 
Groe: Miharu__Chan, non so se te ne sei accorta, ma hai messo la stessa recensione due volte, ma a parte questo …
 
Ko e Den: AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!! GROE SEME!!!! TROPPO FORTEEEEEEEEEEE!!!!! AHAHAHAHAHAHAHAH!!!! X°°D
 
Groe: ah-ah … molto divertenti -____-  parlando del sogno … conoscendo l’autrice mi sa tanto che arriverà in fretta quel momento.
 
Ko: moooooooooolto in fretta *____*
 
Groe: aiuto ç___ç
 
Ko: tranquilla Chiaki_chan, non andrò in rating rosso, purtroppo non sono ancora maggiorenne ç___ç
 
Groe: non oso immaginare che faresti se lo fossi …
 
Ko: MUAHAHAHAHAHAHAH!!! UN BORDELLO DI FIC YAOI A RATING ROSSO!!! *ç*
 
Groe: ecco, appunto
 
Ko: non credo che Fin si sia scandalizzato più di tanto, con Berwald fa cose peggiori, vero Tino? :D
 
Fin: m-ma non è vero! çAç
 
Ko: raccontalo alle foto ù___ù
 
Fin: ç____ç
 
Ko: non temere, l’UsUk per me è sacra quanto la GerIta, la SpaMano e la SuFin, quindi non verrà toccata U_U
 
Groe: COSA?! IO SAREI SUA MOGLIE?! E LA TERZA POI?! GRRRRR!! DANIMARCAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!! (insegue Den)
 
Den: E IO CHE CENTROOOOOOOOOOOOOO?! çOç
 
Ko: sono contenta che, anche se non si tratta della DenNor, la fic ti piaccia lo stesso, adrienne riordan, spero che anche questo cap ti piaccia ^__^
 
Groe: medinspower Ari, come ha già detto Konoha, Fin non si è scandalizzato più di tanto, e l’autrice è felice perché gli hai fatto gli auguri, anche se in anticipo
 
Ko: quand’è che aggiorni Glorus Flaaaaaag? Me muore dalla curiosità ç_ç
 
Groe: ti conviene farlo o questa ti tartasserà fino alla fine dei tuoi giorni -__-“  Hullaballons, Danimarca ti sta ancora cercando con l’ascia in mano, quindi fossi in te mi rifugerei da qualche parte
 
Ko: certo che Den è geloso del suo piccolo Groe :D
 
Groe: IO NON SONO IL SUO PICCOLO GROE!! >//////////<
 
Den: certo che lo sei :D
 
Groe: voglio morire, nessuno mi ama ç____ç
 
Ko: non fare così, lo sai che io, ma soprattutto Den, ti vogliamo bene ^^
 
Groe: Ecco, adesso anche South Iceland mi odia ç___ç
 
Ko: non esagerare adesso! Den, consolalo
 
Den: subito ** (trascina via Groenlandia)
 
Ko: ihihihih … andate e divertitevi *__* Blue_Witch spero che i tuoi esami stiano andando bene, in bocca al lupo e grazie per gli auguri ^___^ e con questo abbiamo finito, spero che anche questo capitolo, anche se a mio parere cortino, vi sia piaciuto, alla prossima, se il Grest me lo permette cercherò di aggiornare il più presto possibile! Farvel! ^O^

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cap 7: La guerra non è un gioco ***


Passarono i giorni, le settimane, i mesi, gli anni … e nel 1625 Danimarca entrò in guerra contro Sacro Romano Impero per difendere i suoi ideali religiosi, in quella che più avanti sarebbe stata chiamata la Guerra dei Trent’anni.
 
Fu qui che conobbi gli orrori della guerra: l’odore forte del sangue che scorreva a fiumi sul terreno coperto di cadaveri, gli eserciti che si massacravano a vicenda, urlando,  e il cielo grigio e carico di pioggia che assisteva all’orribile spettacolo, mentre i corvi volteggiavano nel cielo, gracchiando in modo agghiacciante, impazienti di avventarsi sui corpi senza vita dei soldati per iniziare un macabro banchetto. Mentre ero sul campo di battaglia, nelle retrovie, ebbi solo paura in quel momento, paura di morire, stringevo l’impugnatura della spada fino a farmi male, fissando terrorizzato il nemico che avanzava minaccioso, ignorando il mio vicino che tentava di calmarmi inutilmente, ma se volevo sopravvivere ero costretto ad uccidere a mia volta.
 
Non seppi quanti soldati nemici uccisi, ma fu un’esperienza traumatizzante, tanto traumatizzante che non parlai per tre mesi, e le cose peggiorarono ancora di più quando, nel 1657, quando il popolo danese si era appena ripreso dalla pesante sconfitta subita nella Guerra dei Trent’anni, il capo di Danimarca dichiarò, stupidamente, di nuovo guerra a Svezia.
 
Danimarca ne uscì pesantemente sconfitto, senza contare dell’assedio di Copenaghen, che durò due anni, ma Svezia non riuscì mai a piegare la volontà dei danesi, che mantennero la loro completa indipendenza.
 
Fu un continuo susseguirsi di guerre e periodi di crisi, e nonostante la cosa mi facesse ribrezzo, ormai ero abituato alla vista del sangue e dei morti, ma non potevo fare a meno di sentirmi male ogni volta che vedevi Danimarca: era esausto, pallido, dall’aria malata, aveva perso tutto quella grinta che una volta lo caratterizzava, i suoi occhi azzurri erano spenti, assenti, vitrei, privi di emozioni, e ogni volta che tornava a casa era sempre pieno di ferite, che cercavo sempre di curare e fasciare al meglio, cercando di causargli meno dolore possibile.
 
Era diventato meno violento, propenso al restare neutrale e alla pace in modo da non causare più dolore al suo popolo, e lo dimostrò quando scoppiarono le Guerre Napoleoniche: nonostante mostrò subito un atteggiamento neutrale, Danimarca continuò ad avere rapporti commerciali sia con Francia (che vidi solo una volta di sfuggita, ma bastò un suo sguardo per far sì che lo odiassi) che con Inghilterra, ma l’atto di entrare nella Lega della neutralità assieme a Russia, Svezia e Prussia venne colto dall’inglese come un segno di ostilità, e per questo, nel 1801 e nel 1807, quel fottuto britannico attaccò la capitale, sconfiggendo prima la flotta, per poi distruggere buona parte di Copenaghen. La sopportazione di Danimarca era la limite, lo vedevo chiaramente che non ne poteva più di tutti quei civili uccisi.
 
Non sapevo che fare: Islanda era sempre per le strade della città cercando di dare appoggio ai feriti e ai senza tetto, mentre Norvegia, appena aveva visto che le cose si stavano mettendo veramente male, era tornato in patria, e cominciava pericolosamente a mostrare segni di rivolta, come se Danimarca non avesse abbastanza grane a cui pensare, ma il peggio doveva ancora venire …
 
Ero andato in città per aiutare Emil a prestare aiuto ai cittadini, ma a essere sinceri era stato Mathias a chiedermelo, e non avevo colto toni autoritari nella sua voce, ma era come se me lo avesse chiesto gentilmente. Avrei voluto restare lì con lui, ma nonostante ciò ubbidii. Copenaghen non aveva più niente della grandezza che aveva avuto un tempo, le strade erano deserte, fatta eccezione di poche persone che si sbrigavano ad arrivare a destinazione, le abitazioni semi distrutte o completamente rase al suolo, bruciate, in lontananza si sentivano perfino i pianti di un bambino che chiamava la madre. Proseguii a passo rapido verso la piazza del mercato, ma avevo appena svoltato un angolo che mi ero sentito afferrare di colpo. Tentai subito di liberarmi, ma il mio aggressore aveva una forza tenace e con un colpo ben assestato dietro alla nuca mi stordì, e in pochi secondi non vidi più niente.
 
 
Quando ripresi i sensi ero legato a una sedia, ero bendato e non vedevo niente, sentivo solo un brusio di sotto fondo: erano voci, ma non riuscii a capire che dicevano. Le voci si spensero, sentii dei passi avvicinarsi per poi superarmi e una porta aprirsi e chiudersi. Ci furono ancora degli attimi di silenzio, poi altri passi si avvicinarono, per fermarsi davanti a me.
 
“Good morning Greenland, sleep well?”
 
Riconobbi la voce e ringhiai, letteralmente.
 
“Fottuto inglese del cazzo! Che vuoi da me?!” urlai, facendolo ridere divertito-
 
“Danimarca non ti ha insegnato le buone maniere?”
 
Si avvicinò ancora, e sentii la sua mano fredda insinuarsi nei miei capelli, accarezzandomeli, e in quel momento avrei tanto voluto avere quella dannata mano a portata di bocca, così gliel’avrei morsa tanto forte da fargli uscire il sangue e chissà, magari staccargli un pezzo di carne, solo per sentirlo urlare dal dolore.
 
“Se mi chiedi scusa ti tolgo la benda dagli occhi” disse.
 
Rimasi in silenzio, riluttante dal fargli le mie scuse, ma cambiai idea non appena sentii la sua mano serrarsi con forza sui miei capelli. Prima di scusarmi gli borbottai contro insulti molto poco carini sia in danese che in norvegese e islandese, per poi dire a denti stretti un tirato “Perdonami”
 
La benda mi fu tolta, e mi ritrovai faccia a faccia con Inghilterra: la prima impressione che ebbi su di lui, la prima volta che lo vidi per puro caso, anni addietro, prima della Guerra dei Trent’anni, era stata anche positiva, ma dopo quello che aveva fatto a Danimarca nel 1801 e 1807 avevo cominciato ad odiarlo profondamente.
 
“Ripeto: che cazzo vuoi da me?” sibilai, e appena provò ad allungare una mano verso di me scattai in avanti tentando di morderlo. Mi fissò freddo, e senza che me ne accorgessi mi diede uno schiaffo, facendomi voltare la testa. Sentii il sapore ferroso del sangue, e sputai il grumo che mi si era formato in bocca, ma subito dopo Inghilterra mi afferrò per i capelli, facendomi gemere appena.
 
“Tu non sei altro che l’esca, è Danimarca che voglio attirare” disse freddo
 
“Perché?”
 
“Mi da il volta stomaco … è da parecchio che vi osservo, non sono mai riuscito a scollarlo da te, aspettavo solo l’occasione giusta per rapirti, e si è presentata questo pomeriggio stesso. Perché cavolo tiene così tanto a te? Non bisogno affezionarsi così alle colonie, alla prima occasione queste si rivoltano, abbandonandoti, dimenticando tutto quello che hai fatto per loro, non sono altro che degli ingrati” sibilò gelido, ma in quegli occhi verdi riuscii a vedere nel profondo un dolore e una tristezza infinita.
 
“Dici questo … perché è quello che ha fatto America con te … ti sei sentito abbandonato … e continui a soffrire”
 
Dovevo aver fatto centro perché lo sguardo dell’inglese si incupì. Lasciò la presa, superandomi per uscire dalla stanza, senza dire nulla.
 
Venni svegliato da un improvviso rumore di passi che correvano, dirigendosi verso la stanza dove mi trovavo. Mi voltai per quel poco che potevo, guardando la porta, e quando quella si aprì rimasi sbalordito nel vedere Danimarca che mi guardava ansimante, ma tremendamente felice di vedermi.
 
“Grazie a Dio non ti ha fatto nulla …” mormorò sollevato avvicinandosi e slegandomi.
 
Appena fui libero mi buttai tra le sue braccia, spontaneamente, abbracciandolo stretto e nascondendo il volto contro il suo petto.
 
Sembrava non aspettasse altro perché strinse più forte, quasi soffocandomi, voltandomi e facendo aderire la mia schiena alla porta. Mi prese il volto tra le mani, carezzandomi le guance dolcemente, sorridendo appena, e dopo tanti anni rividi nei suoi occhi color del mare una scintilla di vita.
 
“Jeg elsker dig …” mormorò.
 
Rimasi spiazzato dalle sue parole, ma non ebbi il tempo di parlare o formulare un pensiero sensato che sentii le labbra morbide di Mathias posarsi sulle mie in un tenero e dolce bacio. La mia mente parve svuotarsi, sparirono tutte le mie preoccupazioni e i miei pensieri, ora quello che importava era la lingua di Danimarca che faceva leggere pressioni sulla mia bocca, chiedendo il permesso di entrare. L’accontentai aprendo la bocca non prima di avergli circondato il collo con le braccia, infilando le dita nei suoi capelli. Mi lasciai scappare un sospiro quando le nostre lingue entrarono in contatto. Mi sentivo un po’ impacciato e nervoso, ma le carezze di Mathias mi tranquillizzavano, ma non più di tanto. Sentivo il suo corpo stringersi al mio, le sue mani accarezzarmi i fianchi, facendomi fremere, ma quando le portò pericolosamente vicino alle mie zone intime mi staccai, guardando dalla parte opposta, rosso in volto e accaldato, negando con la testa.
 
“N-non … non mi sento pronto …” mormorai, imbarazzato. Anche se non lo guardavo potevo immaginare lo sguardo deluso di Danimarca, ma quest’ultimo mi voltò verso di lui, che sorrideva dolcemente.
 
“Non ho fretta, quando ti sentirai pronto”
 
Uscimmo dalla stanza, e quando arrivammo infondo al corridoio vidi Inghilterra che mi guardo ghignando gelido: non prometteva nulla di buono.
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
 

Kyu: scusate il ritardo e anche per la non molta originalità del capitolo, ma dovevo andare avanti di qualche secolo e ora le cose si faranno interessanti ** quindi chiedo umilmente perdono se non sono molto precisa ç___ç
 
Groe: hai finito di scusarti?!
 
Kyu: sciallati tu ne!
 
Groe: col cavolo! MI HAI FATTO FARE LA FIGURA DELLA VERGINELLA!! TI ODIO KONOHA!
 
Kyu: alt, fermo carino, io non mi chiamo più Konoha_Hellsing_94, ora sono Kyuketsuki Assassin, e comunque … tu SEI una verginella! XD     
 
Groe: ç______ç
 
Kyu: non fare quella faccia ora e cominciamo a rispondere alle recensioni! Allora moniko chan, anche se ora sei a casa di Iggy spero che tu riesca a recensire lo stesso il capitolo, e mi manchi tanto, spero torni presto ç___ç e non accopparmi Den, mi serve ancora.
 
Groe: comunque Kyu, spiegami perché mi hai fatto fare quella figura del cavolo! Ora tutte le nazioni mi prendono in giro! ç___ç
 
Kyu: quanto la fai lunga!
 
Groe: lasciamo perdere … Chiaki_chan, spero che … la scenetta finale ti sia piaciuta >///////>
 
Den: a te è piaciuta di sicuro
 
Groe: cuciti la bocca tu! >///////<
 
Kyu: Lady_Shinigami, sta tranquilla che le scene a luci rosse ci saranno, forse addirittura nel prossimo capitolo. Ti prego convinci tuo papà a lasciarti il portatileeeeeeeeeeeeeeee!!! çOç io non campo senza di te! Mi connetterò tutti i giorni su msn, ti aspetterò, proprio come Hachiko, sempai! ç___ç
 
Groe: che paragone triste!
 
Den: ma azzeccato … speriamo che tuo padre sia clemente allora Lady, in bocca al lupo
 
Groe: crepi
 
Kyu: povera bestia ç__ç
 
Groe: la prossima è adrienne riordan … perfetto, a tutti piace la mia aria da Uke ç___ç
 
Kyu: lo so che non sono Harbre Magique, però a me piace pure descrivere gli odori ** e comunque io metterei che sono maggiorenne, ma ho così tanti indizi nelle fic che dicono il contrario, quindi mi sgamerebbero subito e non potrei connettermi per una settimana, e sinceramente non è tra le mie più grandi aspirazioni .-. ma sono felice che il cap ti sia piaciuto, spero che anche questo sia stato di tuo gradimento! ^^
 
Groe: speriamo che gli esami ti siano andati bene Blue_Witch, facci sapere com’è andata! E grazie Suoth Iceland per avermi liberato da quel demone
 
Kyu: e siamo all’ultima! medinspower Ari! Hai sentito Groe? Hai un’ammiratrice! :D
 
Groe: grazie Ari! çUç
 
Kyu: non montarti la testa e va a sbaciucchiarti con Den >___>
 
Groe: °//////////////°
 
Kyu: aggiorna presto Glorius Flag che non vedo l’ora di leggere! ** sai, non ho idea da dove mi sia uscita la cosa di far affogare Groe XD
 
Groe: grazie, ne .-.
 
Kyu: (ignora) spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, aspetto i vostri commenti! Ed ecco il tormentone di quest’anno del mio Grest: COS’HAI BEPPE?! :D
 
Groe: che senso ha?! °__°
 
Kyu: non lo so, uno degli animatori ne è uscito con ‘sta frase mentre facevamo la scenografia. Beh, detto ciò, alla prossima! Farvel! ^O^
 

  • Jeg elsker dig: ti amo (danese)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=715964