Aggressioni, cloni ed Edward Cullen

di essie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***
Capitolo 3: *** Extra ***



Capitolo 1
*** #1 ***


Questa è una OS, ma se avrete voglia di leggere un altro capitolo basta dirmelo. Lo scriverò volentieri.

E' strana =) Spero vi piaccia! Ditemi cosa ne pensate, io mi sono divertita molto a scriverla.

 

Aggressioni, cloni ed Edward Cullen

 

 

Buongiorno, mondo.

Mi stiracchio con un vistoso sbadiglio, strizzando gli occhi a causa del sole che, anche se timidamente, dalla finestra mi colpisce in pieno viso.

Afferro il cellulare da sotto il cuscino e guardo l’ora: le nove del mattino. Strano che mi sia svegliata così presto, di solito la domenica dormo fino a mezzogiorno.

Sbadiglio ancora mentre mi alzo dal letto con attenzione. Vado in bagno, uscendone pochi minuti dopo con i capelli raccolti in una coda alta e l’aria decisamente più vigile grazie all’acqua fredda che ha colpito ripetutamente il mio viso, svegliandomi.

Con addosso solo una canottiera di cotone blu scuro e un paio di slip neri, mi dirigo in cucina per prepararmi una tazza di cornflakes come ogni mattina dopo aver aperto la porta di casa.

Vivo in una villetta a schiera a Notting Hill, Londra, ma sono nata in America, nello Stato di Washington.

Ascolto la televisione in soggiorno, mangiando i cereali, guardando la strada fuori dalla finestra. Mi ha sempre affascinato osservare le persone sconosciute; potrebbero essere chiunque, o avere una vita segreta di cui nessuno sa nulla…

Lavo la tazza vuota e vado in camera per rifare il letto e dare una spolverata ai mobili. Sono sempre stata indipendente, e trasferirmi a Londra (una città che ho sempre amato) da Phoenix non è stato molto difficile. Mi sono ambientata piuttosto bene, ma non credo perderò mai l’accento americano, anche se vivendo qui si è alleggerito.

Mi sono spostata in cucina, quando sento delle urla acutissime provenire da fuori, sulla strada, ma quando mi affaccio non vedo nessuno. L’immaginazione a volte gioca brutti scherzi.

Eppure, perché mi pare di aver udito la porta di casa aprirsi?

Mi blocco, interrompendo quello che stavo facendo, le orecchie drizzate. Niente.

Oh, bene. Torno a pulire il frigorifero.

“Oh, bene” prima di sentire la porta chiudersi, segno che è entrato qualcuno. Prima che il cuore inizi a battermi forsennatamente nel petto e mi si formi un groppo in gola. Prima che la parola “ladri” si formi nella mia mente. Prima di afferrare silenziosamente il mattarello dal terzo cassetto.

Prima che la paura si impossessi di me.

Oh mio Dio. Non posso credere che stia succedendo. E se ha una pistola, o un bastone, o un fucile con sé? E se mi spara? E… e se mi rapisce, portandomi in qualche luogo sconosciuto?

Oh mio Dio.

Le dita serrate sul mattarello, mi affaccio titubante fuori dalla cucina.

Oddio, lo sapevo! Lo sapevo!

C’è qualcuno davanti alla porta di casa. Un ragazzo, o meglio, un uomo… e… e parla!

‹‹C’è nessuno in casa?›› sta dicendo.

Ma che razza di ladro è? Fa irruzione in casa mia, non si preoccupa di nascondersi e chiede pure se c’è qualcuno?

Oh cazzo, ho capito: è un maniaco.

La paura mi stringe con maggior forza nella sua morsa.

Lancio un ultimo sguardo a ciò che ho attorno, e mi accorgo che la televisione è ancora accesa proprio mentre inizia il trailer del nuovo film di Edward Cullen, affascinante, sensualissimo, dolcissimo attore proprio di Londra. Adoro Edward Cullen. È così vero, quando recita, così incredibilmente emozionante!

Prendo un respiro profondo e comincio ad avanzare verso l’ingresso, il mattarello stretto tra le mani sudate.

L’uomo ha il volto coperto dal cappuccio della felpa grigia che indossa, sembra magro e abbastanza muscoloso. Ce la posso fare.

‹‹Aaaah!›› il mio grido di guerra rompe il silenzio, e il tipo ha solamente il tempo di sobbalzare prima che mi scagli contro di lui, brandendo il mattarello sopra la testa come se fosse una qualche potentissima arma e non un semplice attrezzo da cucina.

Lo calo su di lui e inizio a colpirlo con tutta la forza che ho. La spalla, il fianco, il braccio…

‹‹No… no… aspetta!›› continua a urlare, ma io non gli presto attenzione. Sta usando una strategia per farmi abbassare la guardia, lo so. Ne hanno anche parlato al telegiornale!

‹‹Maniaco!›› sbraito, beccandogli l’avambraccio. ‹‹Ladro!››. Altro colpo. ‹‹Credevi davvero di riuscire a farla franca?››. Altro colpo.

‹‹No!›› strilla, e allora mi accorgo che la sua voce non mi è sconosciuta. ‹‹Non sono quello che pensi!››.

‹‹Dicono tutti così!›› rimbecco io, e per poco manco la sua testa. E’ agile, il maniaco-barra-ladro.

In realtà non lo so, se dicono tutti così, ma cosa importa?

A furia di “lottare” siamo finiti in salotto, dove il trailer in TV continua allegramente.

‹‹Ehi, ferma, ferma!›› ulula.

‹‹Mai!›› dichiaro, rincorrendolo per la sala.

‹‹Io… io sono lui!›› grida. Sta freneticamente indicando la TV.

‹‹Sei un televisore?››

‹‹Sono Edward Cullen!››

Scoppio a ridere: se avesse affermato di essere una televisione sarebbe stato più credibile.

Per un attimo abbasso la mia fedele arma, e lui ne approfitta per sfilarsi la felpa e mostrarsi a me. Mi immobilizzo.

Il tizio davanti a me è assurdamente simile a Edward Cullen. Stessi capelli rossicci e spettinati, stessa corporatura, stesse labbra rosse e sottili, stessi occhi verdi.

‹‹Sei un sosia?›› domando curiosa.

Scuote la testa con quella specie di sorriso storto che spesso vedo in TV.

Inclino il capo di lato. ‹‹Un clone?›› riprovo, e lo sento ridere piano.

‹‹Guarda…››. Si fruga nelle tasche dei pantaloni. ‹‹Se con quel coso non me l’hai distrutto, ovvio…›› mormora, lanciando un’occhiataccia al mattarello.

Tira fuori un iPhone e muove le dita sul touch-screen per qualche secondo. Poi me lo porge.

‹‹Cosa dovrei farci?››. Non ho ancora abbassato la guardia.

Azzarda un passo verso di me. ‹‹E’ la mia rubrica›› spiega.

Lo fisso perplessa. Quanto è bello, però…

‹‹Chiama un numero a caso, quello che vuoi, poiché non credi che io sia Edward Cullen››

Non è una bomba, vero?

Titubante, schiaccio il tasto di chiamata del primo numero che trovo: Alice.

Risponde al secondo squillo. ‹‹Fratellinooo, finalmente ti fai sentire! Sei arrivato a Londra? Fa freddo? Hai già visto mamma e papà?›› cinguetta allegra, e la sua voce è così acuta che ho paura mi spacchi un timpano. Mi affretto a chiudere la chiamata.

So che Edward ha una sorella, Alice, che vive a Los Angeles.

Provo con “mamma”.

‹‹Edward, tesoro! Sei arrivato? Quand’è che vieni a pranzo qui? I paparazzi ti hanno dato fastidio?››

Tocco il tasto rosso e guardo Edward, meravigliata. Mi fissa incerto. Non sa cosa fare.

Che dolce.

Ed io corro ad abbracciarlo.

 

 

 

 La casa di Bella, se qualcuno volesse vederla =)

 

 

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Capitolo 2
*** #2 ***


Grazie, grazie, grazie per le 29 recensioni che avete lasciato per il primo capitolo *-* E scusate se non ho ancora risposto a nessuna.

Allora, eccovi il secondo - e ultimo! - capitolo. Spero vi piaccia.

 

Aggressioni, cloni ed Edward Cullen

Capitolo 2

 

Edward si lascia sfuggire un gemito prolungato. Di dolore, ovvio.

È seduto sul mio divano senza maglietta, ed io sono al suo fianco, piena di sensi di colpa, a premere del ghiaccio sui suoi lividi.

‹‹Mi dispiace!›› urlo per l’ennesima volta quando si ficca un pugno in bocca per non strillarmi addosso varie imprecazioni.

Dopo averlo stretto tra le mie braccia ed essermi data qualche furtivo pizzicotto per accertarmi di non essere ancora nel mondo dei sogni, Edward mi ha chiesto del ghiaccio. A quanto pare con il mattarello gli ho fatto piuttosto male.

Non abbiamo parlato molto, ma a me sembra ancora una situazione decisamente surreale. Edward Cullen a casa mia?!

‹‹Cosa fai qui?›› gli chiedo a bassa voce. Poso il ghiaccio sul livido che ho procurato sul suo fianco.

Percepisco i suoi occhi studiarmi il viso, ma tengo lo sguardo sulla mia mano. ‹‹Ci vivo›› risponde. ‹‹Sono nato e cresciuto a Londra››.

‹‹Lo so, intendevo perché sei qui, a casa mia››

‹‹Oh, ehm…›› si schiarisce la voce ‹‹ecco, stavo facendo jogging quando mi è caduto il cappuccio della felpa, mostrando il mio viso. Una ragazza mi ha riconosciuto ed ha iniziato a urlare, cominciando a rincorrermi. Si sono aggiunge altre pazze, e mentre passavo di qui mi è venuta l’idea per seminarle. Così ho provato a entrare qui, e ce l’ho fatta. Anche se la tua non è stata l’accoglienza che speravo›› conclude il racconto facendo una smorfia.

‹‹Credevo fossi un maniaco, o un ladro›› mi giustifico. ‹‹Insomma, ti rendi conto di ciò che hai fatto? Della paura che mi hai fatto prendere? Credevo di stare per morire! Credevo che…››. Spalanco gli occhi.

Edward mi sta baciando.

Mi. Sta. Baciando.

Ci vuole poco alla mia mano di infrangersi sulla sua guancia. Certo, è un attore famoso, bellissimo, anche simpatico, ma in fondo è uno come tutti gli altri.

‹‹Ahi! Ma sei pazza?!››

‹‹Tu sei pazzo!›› ribatto, da perfetta bambina dell’asilo ‹‹mi hai baciata!›› esclamo arrossendo. Anche se breve, il bacio mi è piaciuto eccome. Le labbra di Edward erano morbide, calde, gentili mentre si posavano sulle mie.

‹‹Non la smettevi più di parlare›› dice soltanto.

‹‹Ah, tu di solito fai così?››. Lo guardo male. ‹‹Chissà quanti baci dai alle giornaliste, allora…››.

‹‹D’accordo, basta›› mi interrompe divertito. ‹‹Ricominciamo da capo. Ciao, io sono Edward››. Mi porge la mano con un sorriso allegro.

Sbuffo, ma alla fine gliela stringo alzando gli occhi al cielo.

Edward mi fissa, in attesa.

‹‹Cosa c’è?›› domando.

‹‹Ora devi dirmi il tuo nome››

Lo guardo esasperata. ‹‹Ciao, io sono Bella›› mi costringo a dire, a denti stretti.

Il sorriso, adesso, è soddisfatto. ‹‹Vivi qui a Londra, Bella?››.

‹‹Sei un pessimo attore›› commento ridacchiando. Mi alzo dal divano, lasciando il ghiaccio nelle sue mani, e mi dirigo in cucina.

‹‹Ho fatto qualcosa?›› chiede seguendomi. È ancora senza maglietta, ed io in questo momento vorrei solo saltargli addosso.

Calma, Bella.

‹‹E’ quasi ora di pranzo›› gli faccio notare.

Si appoggia allo stipite della porta, incrociando le braccia, osservando ogni mio movimento con un sorriso leggero disegnato sulle labbra piene. ‹‹Mi stai per caso invitando a pranzo, Bella? In fondo hai ragione: devi farti perdonare per avermi ridotto così›› annuisce saggiamente, indicando il suo corpo, e ammicca per farmi capire che sta scherzando.

Prendo un libro di cucina orientale e inizio a sfogliarlo. Salto la sezione del pesce, arrivando subito a quella della carne, cercando la ricetta del piatto che volevo preparare per il pranzo di oggi.

‹‹Se non te ne sei accorto, Edward, fuori si è scatenato un temporale›› chiarisco, trovando la pagina giusta. Appoggio il libro vicino ai fornelli e recupero i filetti di pollo, che ho tagliato a fettine sottili questa mattina.

Ho intenzione di cucinare il pollo seguendo una ricetta indonesiana, magari un contorno di verdure indiano, e non sarà certo un attore bello, sexy, affascinante, spiritoso… a impedirmelo.

Edward guarda fuori dalla finestra, spalanca la bocca quando si accorge che ho ragione. ‹‹E io come faccio a tornare a casa? Abito dall’altra parte della città!››.

Scrollo le spalle con un sorriso. ‹‹Non ne ho idea. Intanto che ci pensi, vieni ad aiutarmi a cucinare››.

 

Dopo pranzo, Edward decide che fa troppo freddo per continuare a rimanere a petto nudo e infila la t-shirt che indossava sotto la felpa. E, poiché anche io inizio ad avere i brividi, mi copro con un vecchio, comodo, caldo felpone della Coca Cola.

Ha deciso di rimanere qui fino a che il temporale non si sarà placato, ed io ne sono internamente felice. Mentre mangiavamo abbiamo chiacchierato un po’ – cose futili, tante tante cose futili – e ho scoperto che Edward Cullen è anche un ragazzo tenero.

Ma ora c’è una cosa che devo assolutamente fare. Una cosa che sogno dalla prima volta che l’ho visto in televisione. Se non lo faccio, non me lo perdonerò mai.

Torno in soggiorno, e mi siedo sul divano accanto a Edward, incrociando le gambe sui cuscini. Mi sorride, ricambio con una punta di imbarazzo.

‹‹Qualcosa non va?›› chiede osservandomi.

Prendo un respiro profondo. ‹‹Devo chiederti una cosa›› dico, mordicchiandomi il labbro inferiore, come faccio ogni volta che sono nervosa.

‹‹Dimmi››

‹‹Posso… posso toccarti i capelli?›› domando, la voce piccola piccola.

Cerco di non ridere dell’espressione comparsa sul suo viso dopo le mie parole.

‹‹Vuoi toccarmi i capelli?›› ripete, per essere certo di aver capito bene.

Annuisco, titubante e imbarazzata. Non mi prenderà per pazza, vero? Tanto, ormai, cos’altro posso sembrare ai suoi occhi?

‹‹Oh, ehm… va bene›› accetta, alzando le spalle.

Non me lo faccio ripetere: subito mi inginocchio accanto a lui e, dopo un respiro profondo, immergo le mani in quella massa bronzea e disordinata.

‹‹Oh mio Dio›› sussurro estasiata. I capelli di Edward sembrano appartenere ad un altro mondo. Sono così soffici! Li accarezzo per almeno dieci minuti, mettendomi a cavalcioni su di lui per facilitarmi l’accesso alla sua testa.

‹‹Cos’hai?›› mormoro quando lo sento sospirare.

Mi scosto quel tanto che basta per osservarlo in viso e mi perdo nei suoi occhi verdi come… verdi come…

‹‹I tuoi occhi sono verdi come la menta piperita›› bisbiglio a poca distanza dalle sue labbra.

Sorride quando appoggio le mani sulle sue spalle, sistemandomi meglio sulle sue gambe, portando il mio viso ancora più vicino al suo.

‹‹Edward, ti decidi a baciarmi?››

‹‹Aspettavo lo facessi tu››

M accarezza le guance con la punta delle dita, e, finalmente, fa aderire la bocca alla mia. È un bacio lento, dolce, delicato.

O meglio, lo è prima che io mi faccia prendere dalla passione e gli circondi il collo con le braccia, approfondendo il bacio e stringendomi a lui con una forza che non pensavo di avere. Edward mi accarezza la schiena e le gambe, ancora nude, con una mano, mentre l’altra è sulla mia nuca e mi tiene stretta al suo corpo.

Quando ci separiamo, ansanti, comincia a parlare. Mi racconta tutto di lui, dal suo colore preferito alla sua infanzia qui a Londra, fino all’inizio della sua carriera d’attore. Lo fa tenendomi stretta a sé, con la voce bassa e la mano appoggiata alla mia guancia, il pollice che si muove sulla mia pelle in una carezza impercettibile.

Chiudo gli occhi, cullata dalle sue parole e dalle sue carezze lievi, il viso nel suo collo per inspirare il suo profumo.

Sospira ancora, e per un secondo sento le sue labbra sulla mia fronte. Ci scambiamo un lungo, intenso sguardo.

‹‹Non me ne andrò, Bella›› promette. ‹‹Finchè posso, rimarrò qui con te››.

Mi rilasso nel suo abbraccio, desiderando ardentemente di rimanere qui per sempre, di fermare il tempo.

Anche se, lo so, non è possibile.

 

Un abbraccio,

S.

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Capitolo 3
*** Extra ***


Se non si è ancora capito, questa è una storia completamente, incondizionatamente pazza. Quello che succede a Bella è assurdo, improbabile, ma questa è una fan fiction. Pura finzione ;) 

Credevate davvero che vi avrei lasciate così? Va bene il finale aperto, ma quello del capitolo scorso lo era troppo xD 

Questo è un piccolo extra. Ed è assolutamente pazzo, vi avviso. 

 

Extra 

 

 

Festival del cinema, Cannes, 2014

 

‹‹Oddio, Edward, da quanto tempo siamo qui? Due minuti?››

 

‹‹Bella! Bella, guarda di qua!››

‹‹Edward! Ti amo, Edward! Sei bellissimo!››

‹‹Edward! Edward, ti voglio!››

 

Edward mi sorride comprensivo, stringendo forte la mia mano per infondermi sicurezza. ‹‹Tesoro, calmati›› mi bisbiglia all’orecchio mentre camminiamo fingendo tranquillità – o almeno, questo è ciò che faccio io – sul red carpet. La sua voce, così dolce e carezzevole, ha il potere di calmarmi sul serio.

‹‹Sì›› mugugno abbassando lo sguardo.

Sono terribilmente nervosa, non solo perché sono al centro dell’attenzione – cosa che odio –, ma anche perché devo assolutamente parlare con Edward. Devo dirgli una cosa; ieri sera quando l’ho scoperto, non ce l’ho fatta, ero troppo preoccupata.

 

‹‹Edward! Edward!››

‹‹EDWARD!››

 

Sono certa che con tutte queste urla il mio udito ne risentirà, e con questi tacchi dall’altezza improponibile i piedi mi faranno male per una settimana, se sono fortunata.

‹‹Respira profondamente›› prosegue Edward, il tono basso, senza quasi muovere le labbra.

Faccio come dice, continuando ad avanzare sul tappeto rosso, ignorando le grida dei fans.

Questo è il primo evento a cui partecipo con lui, dopo il matrimonio. Nei tre anni passati l’ho accompagnato a qualche prima dei suoi film e ad un tour promozionale – dove in Spagna siamo stati beccati dai paparazzi, dopo essere andati in Francia, Italia e Germania senza che mi scovassero.

È stata dura in passato, lo è ancora. Notizie false, paparazzi che ti seguono ovunque e che si appostano sotto casa tua, la gente che sa tutto di te. Una volta hanno fotografato me e Carlisle, il padre di Edward, a pranzo insieme, e il giorno dopo eravamo su tutti i giornali come “coppia clandestina”. In realtà stavamo discutendo della mia tesi di laurea.

Alla fine io ed Edward ci mettiamo in posizione per i fotografi, il sorriso sulle labbra, il suo braccio che mi circonda la vita e la sua mano sulla mia spalla.

Glielo devi dire, Bella.

‹‹Ti amo›› sussurra, le labbra tra i miei capelli.

I miei vecchi amici, i brividi, tornano a farmi compagnia. È sempre così, ogni volta che mi dice quelle due piccole, grandi paroline.

Appena che ripenso a ciò che gli devo dire, l’ansia torna ad impadronirsi di me.

Io e mio marito non ne abbiamo mai parlato, lui non ha mai iniziato il discorso. Ci sarà un motivo, no?

Oh mio Dio. Non ce la farò mai.

‹‹Edward›› lo chiamo a bassa voce, ignorando le grida dei fotografi, mantenendo sulle labbra un sorriso falso. Il cuore mi batte così forte che forse riesce a sentirlo.

Mi guarda tranquillo, ignaro. ‹‹Dimmi, Bella››.

‹‹Sono…›› deglutisco ‹‹Ed, io sono…››. Oh, Dio, non riesco a dirlo.

I suoi occhi color menta piperita mi scrutano preoccupati, mentre i fotografi continuano a scattarci foto. ‹‹Stai bene? Sei pallida. Bella, ce ne andiamo quando vuoi, io…››.

‹‹Sono incinta›› dico tutto d’un fiato, interrompendolo, e quando lo faccio ho una curiosa sensazione di sollievo.

Avere un bambino è la cosa più bella, per una donna, ma se Edward non è d’accordo? Perché non ne ha mai parlato?

Mi do della stupida. Insomma, quale persona sana di mente annuncerebbe al proprio marito di essere incinta durante un festival del cinema? Quando mai si è visto?

Stupida, stupida, stupida!

Edward mi fissa, inespressivo, per un attimo eterno. Lo vedo diventare sempre più bianco, ma non sposta lo sguardo da me neanche per un momento.

Due donne in tailleur scuro ci fanno segno di procedere a sinistra, concitate, ma noi non muoviamo un muscolo. Lui sembra immobilizzato, io sono in attesa di una sua reazione.

E poi… Edward si accascia al suolo. Definitivamente svenuto.

 

È il caos.

Gente che corre da tutte le parti, le fans impazzite, i fotografi che mi bombardano di domande, e naturalmente di scatti.

‹‹Edward!›› grido terrorizzata. Mi inginocchio accanto a lui, infischiandomene del vestito che indosso, e lo scuoto piano. ‹‹Edward!››,

Oh mio Dio.

Cos’ho fatto? Cos’ho fatto?

‹‹Edward?›› lo chiamo isterica.

Apre cautamente gli occhi, mettendo a fuoco il mio volto, e batte le palpebre un paio di volte. Sembra disorientato, forse anche a causa di tutti i flash, e delle telecamere che sono puntate su di noi.

‹‹Bella? Cos’è successo?››

Quando sento la sua voce, riprendo a respirare normalmente, sollevata.

Qualcuno porta un bicchiere d’acqua e un ventaglio.

‹‹Amore, sei svenuto›› spiego accarezzandogli i capelli. ‹‹Come ti senti?››.

Si porta le mani al viso, strofinandosi gli occhi. ‹‹Bene. Cioè, sono ancora un po’ disorientato, debole, ma va molto meglio››.

‹‹Qui c’è dell’acqua. Riesci a metterti seduto?››

Lo aiuto, e alla fine dell’operazione gli getto le braccia al collo, stringendolo forte, poi gli porgo il bicchiere.

Sollevo gli occhi. ‹‹Via dalle palle›› ringhio minacciosa alla folla che si è radunata attorno a noi, che ovviamente si avvicina ancora di più. Fantastico.

‹‹Bella?››

Sorrido a Edward. ‹‹Va meglio?›› domando apprensiva.

‹‹Sto bene›› annuisce, e mi guarda in attesa.

‹‹Cosa c’è?››

‹‹Sei incinta? Aspettiamo davvero un bambino?›› mormora, l’espressione indecifrabile.

Non so cosa dire.

La verità, idiota.

‹‹Sì›› confermo titubante. ‹‹Edward, io…››.

‹‹Sei incinta›› ripete, come per esserne sicuro.

‹‹Sì›› dico ancora, paziente. ‹‹Io…››.

Edward balza in piedi con una tale energia da farmi sobbalzare, e le parole mi si bloccano in gola.

Vuole scappare.

Ma no… ha un sorriso così raggiante che non ho il coraggio di dire niente e, automaticamente, anche le mie labbra si curvano in un sorriso quando si china e mi prende tra le braccia, davanti a tutti.

‹‹Oh mio Dio, Bella››. Mi fa girare in tondo, il viso nel mio collo, ridendo. ‹‹Diventerò papà. Non posso crederci!›› preme le labbra sulle mie in un bacio mozzafiato.

Sento la notizia spargersi tra tutte le persone lì presenti – fans, fotografi, giornalisti, anche attori – e io ed Edward veniamo sommersi da migliaia di domande, ma siamo troppo presi da noi stessi per curarcene.

Siamo troppo felici per preoccuparci di qualsiasi cosa.

 

Il mattino dopo averlo conosciuto, Edward è tornato da me – questa volta suonando il campanello –, e così ha fatto per tutti i giorni che sono seguiti. Fino a che siamo diventati una coppia a tutti gli effetti.

Dopo due mesi, mi ha presentato ai suoi genitori. Prematuro? Forse.

Mio padre, quando lo ha conosciuto, si è passato una mano sul viso e mi ha chiesto con un sospiro: “sei felice, Bella?”. Gli ho risposto di sì rapidamente, come si fa con una cosa ovvia.

Quattro mesi fa, a tre anni di distanza da quel giorno, io ed Edward ci siamo sposati.

Adesso aspettiamo un bambino.

E, mentre percorriamo il tappeto rosso a ritroso, non riesco a trovare altra risposta alla domanda di mio padre. Non ci sono altre risposte.

‹‹Ti amo›› sussurro a mio marito, poggiando la mano sulla sua, posata sul mio ventre.

Ci lasciamo alle spalle il Festival del cinema di Cannes.

Edward mi sorride con dolcezza, baciandomi la fronte. ‹‹Ti amo anch’io, Bella››.

Sì, papà. Sono felice.

 

- Fine -

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