Quando non ero ancora un fiore.

di Umbreon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Credo di essere sull'Olimpo! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Come una foglia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Quando non ero ancora un fiore.

Prologo

Il mio nome è Violetta.
Secondo le poche amiche che mi ritrovavo, il mio nome corrispondeva al mio essere: un fiore che doveva ancora sbocciare, doveva dimostrare agli altri che non è un fiore di contorno e che è capace di cambiare le cose, di rendere un insulso mazzolino di fiori in un bellissimo ricordo, un gradito regalo.
- Saresti così bella, cara – mi ripetevano in continuazione amiche, parenti e fra un po’ anche gli sconosciuti per strada -, se solo ti decidessi a curare un po’ il tuo aspetto fisico! –
Quello che vedevo ogni volta che mi specchiavo, in effetti, non era un granchè: una ragazza non molto alta, non magra come le modelle della tv, dai capelli di un comunissimo castano raccolti sempre in una coda o in una treccia e dagli occhi neri ereditati da mio padre. Già, i miei occhi erano l’unica parte che mi piacesse di me: non avevano un taglio o una forma particolarmente bella, ma il colore dell’iride si confondeva così tanto con la pupilla da non far trapelare nessuna emozione dal mio sguardo.
Ed era così che mi descrivevano i miei compagni di classe, fin dalla prima superiore: “fredda, poco amichevole, non particolarmente simpatica, non si fa notare” e i più stronzi arrivavano addirittura a definirmi “frigida”.
Evidentemente perché io non davo molto peso alle relazioni sentimentali: vivevo benissimo sola soletta nel mio mondo, con i miei occhiali dalla montatura comune sul naso e con i miei libri di scuola. Già, dimenticavo. Anche “secchiona”, mi chiamavano; non che avessero tutti i torti, dato che i miei voti erano eccellenti e che passavo tutti i pomeriggi a studiare e a faticare. Il mio sogno era sempre stato iscrivermi ad una buona università, avere un lavoro dignitoso, sposare qualcuno con i soldi e trascorrere la mia vita in una villa al mare o in campagna, dove avrei potuto stare tranquilla.
Ah, se ripenso alla me stessa di quel tempo! Ora sono un'altra persona. Senza il sostegno delle mie due migliori (e uniche) amiche di quel tempo,  Bianca e Sara, ora non sarei qui dove sono.
Ed è proprio la mia storia che voglio raccontarvi: la storia dei miei cambiamenti, degli avvenimenti che mi hanno aperto il cuore e che soprattutto mi hanno fatto provare dei sentimenti puri.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Credo di essere sull'Olimpo! ***


Quando non ero ancora un fiore. 


Capitolo 1 – Credo di essere sull’Olimpo

 
*beeeeep….beeeeeeeep*
La sveglia aveva un suono talmente fastidioso che, a malincuore, dovetti alzarmi e spegnerla con un’energica manata (il tutto accompagnato da sonori sbuffi).
Dopo aver fatto colazione, come al solito in perfetta solitudine (i miei erano sempre fuori per motivi lavorativi), mi buttai sotto la doccia gustandomi il calore scaturito dal potente getto d’acqua.
Il nuovo bagnoschiuma ai fiori di ciliegio era così buono che avrei voluto passare tutta la mattinata ad annusarlo e a spalmarmelo sul corpo come Nutella sul Pan Carrè; purtroppo il primo giorno di liceo mi aspettava.
Ero speranzosa nei confronti dei miei nuovi compagni di classe: magari erano intelligenti, forse avrebbero almeno tentato di rivolgere qualche parola a me nonostante la mia aria da secchiona e il mio volto ricoperto da impurità e punti neri.
Ah, le mie speranze vane: appena entrata in classe era sceso un improvviso silenzio, accompagnato subito dopo da commentini sarcastici e stupide risatine sottovoce.
Mi trovavo in mezzo a quel branco di idioti da 5 minuti abbondanti, da sola, senza sapere cosa fare, quando qualcuno mi afferrò energicamente il braccio: mi voltai di scatto per poi soffermare il mio sguardo sulla donna più bella che avessi mai visto, praticamente una Venere dei poveri. Aveva capelli castano-biondi che colpiti da un raggio di sole si stemperavano in un arcobaleno di tonalità; occhi azzurro ghiaccio; pelle candida e assolutamente priva di imperfezioni, spruzzata di efelidi che le davano un’aria molto dolce.
- Non mi va che qualcuno si senta escluso; piacere, Sara! – disse allungando la mano verso di me e sorridendo, rivelando così una dentatura pressochè perfetta.
- P…piacerem Violetta – replicai io ricambiando debolmente la stretta.
Lei fece per dire qualcosa, quando la porta si spalancò lasciando entrare un’altra creatura di straordinaria bellezza (tutte a me!): un ragazzo alto, magro ma non per questo poco atletico (sebbene non fosse un palestrato), con capelli corvini lunghi ma non troppo e scompigliati per una presunta folata di vento, occhi verde smeraldo e pelle abbronzata.
Notai che Sara mi stava stritolando la mano che prima aveva stretto, guardando con occhi a cuoricino quella sottospecie di dio greco.
Osservandolo di sottecchi un dubbio terribile si insinuò nella mia mente: lo conoscevo già? Aveva un aspetto familiare…dove potevo averlo incontrato?
I miei viaggi mentali furono interrotti proprio dalla voce calda e sensuale dell’adone:
- Ehi, ma tu sei Violetta? –

 

Fine Capitolo 1

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Come una foglia ***


 

Quando non ero ancora un fiore.


Capitolo 2 – Come una foglia

Dopo qualche secondo di silenzio, la corazza dentro di me cominciò a rigenerarsi eliminando tutti i pochi ma presenti sentimenti che erano nati dentro me.
- E tu chi saresti, di grazia? – gli risposi con un tono forse un po’ troppo brusco.
- Mh, simpatica come al solito vedo – disse lui sorridendo di rimando.
- Scusa prego? COME AL SOLITO? Non credo di averti mai visto prima! E ora scusami ma vorrei trovare un posto che non sia vicino a nessun essere umano presente in quest’aula. – Con fare altezzoso – ero insopportabile, ne sono consapevole – mi diressi verso il primo banco libero che trovavo, proprio in fondo alla classe, rendendomi conto di avere appena offeso la gentile Sara che si era offerta di illuminare anche solo un pochino la mia buia solitudine.
Ma, prima che potessi anche muovere un solo muscolo per andarmi a scusare, la campanella suonò e il mio primo giorno di scuola iniziò ufficialmente.
 
Mentre camminavo nel viale alberato che ospitava la mia abitazione pensavo.
Le foglie dai caldi colori mi svolazzavano attorno contribuendo al fluire dei miei pensieri.
Pensavo alla mia prima giornata di Liceo, che nonostante le mie preoccupazioni era volata in un attimo, come una foglia secca che si stacca da un albero e comincia a fluttuare in aria, trovando poi il suo posto sul duro selciato.
Pensavo alla diffidenza e alla cattiveria dei miei nuovi compagni; mille foglie ora si allontanavano da quella appena caduta, che cercava solo un po’ di calore.
Pensavo alla mia, di diffidenza: ero sempre fredda e scorbutica e non avrei mai aperto il mio cuore ad un estraneo. La foglia sola, unica macchia colorata in un metro quadro di grigio, affondava ancor di più nella sua solitudine, assumendo quasi il colore della mattonella di marciapiede.
 
Arrivata a casa, non vidi luci accese né sentii passi o voci umane. Come al solito ero sola anche a casa, abbandonata persino dai genitori. D’altronde era meglio così.
Rimpiansi di non aver niente da studiare; dopotutto era solo il primo giorno di scuola. Anche i libri, mia unica compagnia,  avevano deciso di scioperare.
Affranta, mi buttai sul letto.
 
Era ormai tardo pomeriggio quando mi svegliai di soprassalto. Dei passi. Di un’unica persona.
Avevo paura, forse per la prima volta nella mia vita. I miei lavoravano insieme; mia madre era la segretaria di mio padre, imprenditore sempre in giro per l’Italia.
Spaventata, mi alzai frettolosamente, prendendo la scopa dall’armadio e uscendo silenziosamente dalla camera per tentare di scoprire l’identità dell’aggressore o del ladro.
Un rumore dalla camera. Mi girai. Una mano mi spinse all’interno della stanza.
Mi voltai, e quello che vidi mi tranquillizzò ma allo stesso tempo suscitò in me nuove preoccupazioni.

Fine Capitolo 2

 

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