Yogurt

di Kukiness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Allora sono gay ***
Capitolo 2: *** Allora è l'imprinting ***
Capitolo 3: *** Allora sarà qualcosa che ho mangiato ***
Capitolo 4: *** Alla fine era quell'altra cosa ***



Capitolo 1
*** Allora sono gay ***


L'abbiamo sempre chiamata Penny il Femmino, ma non con cattiveria. Cioè, okay, non è una cosa gentile da dire a qualcuno, ma mica glielo dicevamo in faccia! Era una cosa tra di noi, tipo: “Ehi, hai presente Penny?” “Chi, quella che sembra un uomo?” “Eh, il Femmino!” “Ah!” e magari ci scappava anche una risata, ma finiva tutto lì. E poi non è colpa nostra se Penny è... beh, mascolina.


Faccia quadrata, naso schiacciato, pelle bruna ma bruno-color-terra, non come Emily o Leah che sono più... dorate, credo. Occhi piccoli e scuri, sopracciglia spesse e dritte che le fanno lo sguardo determinato, capelli sempre raccolti in una coda e, beh, muscoli. È che Penny adora lo sport, soprattutto quello violento, e il risultato sono due spalle così e delle gambe belle grosse – insomma, muscolose, quelle che tirano bei calci al pallone, tanto per intenderci.


E poi le tette. Le tette sono una cosa che guardi, anche se la ragazza è brutta in faccia. Le sue sembrano più dei pettorali. E il che va benissimo quando devi indossare la divisa da football, ma di certo non ti aiuta a ricevere inviti al ballo di primavera, tutto qui.


Per questo, quando ho realizzato di essere innamorato di lei mi sono fatto alcune domande.



1.

Allora sono gay.”



Eravamo in pausa pranzo, a scuola. Ce ne stavamo tutti al solito tavolo, in cortile, io, Quil e gli altri, e Penny era con noi – è l'unica ragazza, a parte Leah e Emily, che riesce a guardarci mangiare senza ruotare gli occhi o fare facce strane. Ha sbattuto il vassoio sul tavolo, ha scartocciato il panino al prosciutto e poi ha fatto la faccia di una che si ricorda qualcosa all'improvviso. Mi ha guardato e mi ha teso un barattolo di yogurt ai cereali. «Embry, toh. L’ho preso per te. Era l'ultimo,» ha detto. «È il tuo preferito, no?» E ha sorriso. E boh, a quel punto io ho fatto oh.


Cioè, non è che ho detto “oh”. Ho detto “grazie”. Ma qualcosa dentro di me, nel petto o giù di lì, ha fatto “oh” e ha sfarfallato. È stato un “oh” più tipo... wow. Wow, si è ricordata il mio yogurt preferito. E poi non ho praticamente più parlato per tutto il pranzo.


La cosa davvero strana è che, anche dopo il fatto dello yogurt, l'oh è rimasto. Era come se mi si fosse incastrato un boccone a metà strada, ma non era una sensazione sgradevole, anzi. Ed è questo che mi dava davvero da pensare. Cioè, la scuola della riserva è piena di ragazze per cui varrebbe la pena fare oh. Milly Shien, del terzo, con quelle bocce così, per esempio, o Nancy Garson, che ha delle gambe che non finiscono più. Ragazze così sì che ti fanno fare oh solo respirando. Penny mi aveva solo allungato uno yogurt, uno stupidissimo yogurt – il mio preferito – e io ero lì che non sapevo più da che parte ero girato, sul serio.


Il punto era: se una ragazza come Penny il Femmino mi faceva fare oh, se una che sembra un uomo maschio mi faceva sorridere come uno scemo, allora forse... Beh, insomma, il dubbio mi era venuto! Così, niente, appena sono tornato a casa ho acceso il computer e ho cercato Megan Fox. Ho digitato “Megan Fox in bikini” e poi “Mi sento fortunato” e Google Immagini mi ha fatto sentire molto fortunato. Ho cercato anche “Ian Somerhalder” per la prova del nove e ho tirato un sospiro di sollievo. Poi è entrata mia madre in camera e vabbè, ho dovuto spiegare alcune cose, ma intanto avevo capito che se Penny mi faceva fare oh era proprio per Penny, non per il fatto che sembrava un uomo.







Note – Scritta per Abraxas. Sono quattro mini-capitoli. Sono sicura di aver fatto cinquemila-duecento errori, perché ammetto di non ricordare granché sull’imprinting e robe così, ma mi stuzzicava l’idea della ragazza brutta. Tutto qui.

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Capitolo 2
*** Allora è l'imprinting ***


2.

Allora è l’imprinting”


L'alternativa, però, non è che fosse migliore. Okay, forse non mi piacevano gli uomini, ma probabilmente avevo appena avuto l'imprinting con Penny. La cosa non mi faceva fare i salti di gioia. E Google questa volta non poteva aiutarmi – se scrivi “imprinting” sul motore di ricerca, compaiono papere e anatroccoli, non licantropi. Se volevo davvero sapere qualcosa riguardo all’imprinting, avrei dovuto domandare a chi lo aveva sperimentato. E questo era un bel problema. Cioè, tipo, non è che potevo andare di punto in bianco da Sam – Sam, che aveva avuto l’imprinting con la cugina nonché migliore amica della sua fidanzata – e chiedergli “No, Sam, ma tipo, l’imprinting? Posso farne a meno?”. Eh, perché, Jacob? Jacob che ha avuto l’imprinting con la figlia mezza-succhiasangue della donna di cui era follemente innamorato – e che era praticamente morta per dare alla luce quella bimba? Poi vabbè, c’è Quil che si è preso una scuffia per un bebè... Okay, forse andare da loro e lamentarmi del mio Femmino non era proprio il caso.


Ragazzi, ho avuto l’imprinting con una donna brutta! Povero me.” E qui giace Embry, morto per mancanza di tatto.


C’erano pur sempre Paul e Jared. Però loro non contavano. Loro erano stati fortunati e lo sapevano: non facevano altro che sospirare e dire “adesso esco con la mia ragazza”, “vado al cinema con la mia ragazza”, “che bello specchiarsi negli occhi della persona amata” e cose così, roba da vomito. E io volevo sapere come fare a guarire dall’imprinting, non sentirmi dire quanto sarebbe stato bello e fantastico una volta che mi ci fossi abituato. Io non mi ci volevo abituare!


Però sapevo una cosa, cioè che essere mutaforma è una specie di immensa fregatura. Più desideri che una cosa non si sappia, più pensi a come nascondere quella cosa, e più pensi a quella cosa e a quanto vorresti che nessuno la sapesse, più gli altri – che ti leggono nella mente, ed è questa la fregatura – sentono che c’è qualcosa che vuoi nascondere. Sapevo che prima o poi qualcuno mi avrebbe detto qualcosa, ma non pensavo che quel qualcuno sarebbe stato Seth.


«Sai,» mi ha detto una sera, dopo essersi seduto vicino a me sotto il portico, «oggi a scuola ho visto Penny. Sai, no? Quella sportiva, faccia allegra... beh, dai, è un tipo a posto. È in gamba.»


Se si fosse trattato di Paul, mi avrebbe detto qualcosa tipo: «Eddai, Embry. Se spegni la luce, le dai le spalle, chiudi gli occhi e ti allontani di dieci passi, vedrai che diventa quasi passabile!» E a quel punto io avrei potuto incazzarmi a morte e picchiarlo, almeno. Invece no, si trattava di Seth e Seth cercava di essere gentile. Che palle.


«Seth, dai...» Mi sono nascosto la faccia tra le mani.


«No, niente, volevo solo dirti che a me sta simpatica. Mi mette allegria. A te no?»


«No,» ho mugugnato, contro i palmi delle mani.


«Ah. Okay.» È seguito un breve silenzio imbarazzato. «Cioè, è forte, negli sport. Non tutte le ragazze saprebbero calciare un pallone come fa lei. E poi so che è bravissima in matematica. E da quando ha cambiato gli occhiali, sembra che...»


«Sì, vabbè, non devi mica vendermela.»


Seth ha ridacchiato, a disagio. «No, ma dicevo...»


«Sì, ho capito quello che dicevi.» Ho sospirato forte e mi sono raddrizzato. «Chi altro lo sa?»


Seth ha sgranato gli occhi, tipo cerbiatto davanti ai fanali di un’auto. «I-io... non...» Poi ha tossicchiato. «Beh, in realtà, tutti.»


Ho grugnito. «Fantastico. Immagino di essere lo zimbello del branco.»


«No!» ha esclamato Seth, scuotendo forte la testa. Poi ha storto la bocca. «Cioè, lascia stare Paul. E Jacob. E Jared. E Leah. Okay, lo sanno tutti e tutti ridono, ma poco! È solo perché quando la vedi tu diventi tutto rosso e fai tutte quelle mosse...»


«Quali mosse?» ho ringhiato.


Seth ha sobbalzato. «Oddio, non te le so rifare! È Jake che ti imita bene...» È impallidito rapidamente. «Cioè, non è che ti imita, nessuno ti imita. È solo che... ah, boh, ma perché te la prendi con me? Sei tu che hai una cotta per Penny.»


A quel punto non ci ho visto più. Mi sono alzato in piedi di scatto. «Non ho una cotta proprio per nessuno! Io ho avuto l’imprinting. Nessuno ha riso di Quil quando si è innamorato del bebé, o di Jacob quando, beh, lo sai! Io ci sto male e non frega niente a nessuno.»


Seth è rimasto a fissarmi un attimo con la bocca semi aperta. Poi ha aggrottato la fronte, perplesso. «Beh... no, Embry. Non hai avuto l’imprinting.»

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Capitolo 3
*** Allora sarà qualcosa che ho mangiato ***


3.

Allora sarà qualcosa che ho mangiato”



Vi ricordate il boccone incastrato a metà strada di cui vi ho parlato qualche pagina fa? Bene. Quando Seth mi ha detto quella cosa, si è tipo conficcato tra le tonsille. Ho sinceramente rischiato di soffocare.


«Certo che ho avuto l’imprinting!» ho squittito, poi ho realizzato di aver squittito, e allora mi sono schiarito la voce. «Cioè, che cazzo ne sai, tu, dell’imprinting? Non l’hai nemmeno ancora avuto!»


Seth ha inarcato le sopracciglia. «Io no, okay, ma nemmeno tu. Scemo.» Si è alzato in piedi e ha scosso la testa. «Non ho bisogno di averlo sperimentato sulla mia pelle, per dire che quello che hai tu non è l’imprinting. Ho condiviso i ricordi di Sam e di Jacob, di Paul e di Jared. Quelli di Sam sono sbiaditi dal tempo e distorti dai sensi di colpa, ma, ehi, quando guarda Emily...» Ha frullato le mani in aria. «Quello è l’imprinting. E lo sai benissimo anche tu. La tua cosa, mio caro, è del tutto diversa. Non c’entra la magia.» Mi ha sbattuto in faccia un sorrisetto sognante. «Cioè, sì, un po’ magia lo è, ma non è certo colpa della licantropia.»


Non sapevo nemmeno se essere più arrabbiato o più disgustato. «Sta’ zitto! Lo so io che cosa sto provando, e non può essere altro che l’imprinting. Quella sensazione di...» Mi sono strofinato eloquentemente la mano sul collo. «Quella cosa che non va né su né giù, poi arriva lei e va decisamente giù, però è come l’ottovolante e torna subito su. O è l’imprinting o è qualcosa che ho mangiato, va bene? Che altro diavolo può essere?»


Seth ha fatto spallucce. «Non so. Può essere che ti piace Penny?»


Sono rimasto a fissarlo per qualche istante con la mente assolutamente vuota. Ronzava, quasi. «È più probabile che sia qualcosa che ho mangiato.»


«Okay, senti,» Seth ha sospirato forte, «se non vuoi prendere sul serio questa cosa, io non...»


«Sei tu che non mi prendi sul serio! Cioè, è di Penny che stiamo parlando. È come se mi fossi preso una cotta per un... non so, un caimano!» Mi sono sentito subito malissimo per averlo detto, ma non è che prima mi sentissi meglio. Seth ha scosso la testa.


«Mi stai dicendo che non c’è nessun-altro-motivo» e ha scandito molto bene quelle tre ultime parole «nessun altro motivo al mondo, per farsi piacere una ragazza, oltre al fatto che è bella


Il boccone incastrato tra le tonsille è calato di nuovo verso il basso.


«I-io non intendevo questo.»


«Sì, ma questo è quello che hai detto.»


Seth stava parlando come mia madre quando vuole rigirarmi la frittata. Mi sono sentito fregato. «Okay, senti, parliamo fuori dai denti. Com’era quella cosa, “anche l’occhio vuole la sua parte”? Non facciamo gli ipocriti! È così! Se sei brutto, sei brutto! Non è mica colpa mia se Penny è...»


«È brutta? Sembra un uomo? È sgraziata? Tozza?»


In quel momento è successa una cosa strana. Nella mia testa, Penny era tutte quelle cose. Era tozza, perché era muscolosa e quando indossava le canottiere le sue spalle quadrate le davano un’aria marziale. Era sgraziata, perché quando si muoveva sbatteva da tutte le parti – non come quella tonta di Bella, ma perché si faceva strada tra le cose, spintonandole. Sembrava un uomo, perché sì, non si truccava mai, aveva le sopracciglie dritte e folte e calciava il pallone meglio di me.


Ma non era brutta.


Cioè, lo era, ma lo era in maniera speciale. Il fatto che lo dicesse Seth, mi fece tremare le ossa dalla rabbia.


«Non ti permettere, NON.TI.PERMETTERE di parlare così Penny, sai? Ti uccido! Ti ammazzo!»


Seth ha sgranato gli occhi. E poi ha sorriso. Un sorriso alla ‘a-ah, fregato!’, con tanto di lampo di vittoria nello sguardo. «Okay.» Ha alzato entrambe le mani in segno di resa. «Tutto quello che potevo fare l’ho fatto. Ti lascio qui a riflettere su quello che ci siamo detti.»


Io sono rimasto immobile – gli avevo puntato il dito contro tipo pistola, e mi sono affrettato ad abbassarlo. «Non usare la psicologia inversa con me. Io...»


«Tu cosa?» Seth ha allargato le braccia. «Sei a posto, no? Non è l’imprinting, non è qualcosa che hai mangiato e, come hai detto tu» ha inarcato eloquentemente le sopracciglia «non è nemmeno amore, no? Quindi non è niente. Sei guarito, ta-daan.» E ha sorriso di nuovo. Un sorriso da spaccargli la faccia.


«Vaffanculo, Seth.»


«Dottor Seth, grazie, Psicologo Inverso. Sono cinque dollari per la consulenza. Puoi sempre pagarmi domani, ovviamente, dopo che avrai... messo in pratica i miei suggerimenti.»


«Non mi hai dato nessun suggerimento.»


Seth ha riso. «O forse te li ho dati e non te ne sei accorto. È così che funziona la psicologia inversa.»


«A casa mia è così che funziona il pigliare per il culo.»

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Capitolo 4
*** Alla fine era quell'altra cosa ***


4.

Alla fine era quell'altra cosa




«Stasera danno un film.»


Penny alza lo sguardo. Mi sorride. «Mh,» dice. E aspetta.


«Già.»


È andata così anche all’esame di storia contemporanea. “Call, quando è caduto il muro di Berlino?” E io “Aaaah... il muro di Berlino... si trovava a Berlino... eeee...” E anche lì, tic-toc-tic-toc, sentivo i secondi che mi crepitavano addosso. E adesso è uguale, ma peggio, perché il muro di Berlino è caduto nel 1989, ma che cazzo di film davano al cinema che l’ho letto ieri e adesso non me lo ricordo più?


«Già, sì, come dire... è un film che...»


Che film? Che film era? Il genere? Ommioddio!


«Quando... È uscito tipo... E comunque dicono che è bello.»


Penny si mette a ridere. Mi piace quando ride, da morire. Butta la testa all’indietro e fa proprio ‘ah ah ah’, ma non troppo forte. Quando Penny ride, ride sul serio. Non hai mai dubbi su questo.


«Okay. C’è questo film misterioso, alla gente piace, ma nessuno sa che film sia.» Frulla le dita in aria. «Ci conviene andare a vederlo, a questo punto. Non pensi?»


Il disagio si dirada nel mio stomaco all’improvviso. Sorrido.


«Io... sì, pensavo appunto di vederlo...» Aggrotto le sopracciglia. «Con te. Nel senso, insieme. La stessa sera. Non insieme nel senso ‘noi solito gruppo che esce a cazzeggiare’, noi nel senso di noi due.»


«Call, mi stai spaventando. Respira.»


«Se non ti va è okay,» mi affretto a dire, e di nuovo tic-toc-tic-toc, non mi ricordo quando è caduto il muro di Berlino. «Cioè, lo dicevo tanto per dire, non è che io ci tenga disperatamente a questo film in particolare. Nel senso...» Oddio. Oddio!


Penny mi fissa perplessa. «Okay, allora non vuoi andare a vederlo?»


«No! Sì! Io...» Mi passo le mani sulla faccia. «È colpa tua. Mi agiti. Non riesco a pensare.»


Mi guarda fisso. «È tipo un... complimento? O mi stai sfottendo? Non ho capito.»


Scuoto la testa. «Era un... Beh, era un complimento. Ora che ci penso, era anche un bel complimento. Dovresti ringraziarmi.» Abbozzo un sorriso sbilenco, quello delle grandi occasioni, Embry – Sono Molto Sicuro Di Me – Call. Qualcosa mi dice che assomiglio a un quadro cubista.


«Allora grazie.» Mi sorride. Un lampo di comprensione le illumina gli occhi. Aveva ragione Seth. Da quando ha cambiato la montatura degli occhiali, ha lo sguardo più bello. Il muro di Berlino si sgretola nella mia testa.




Epilogo


Penny non è bella. Ha le spalle larghe, le sopracciglia spesse, gli occhi piccoli. Non può indossare i colori pastello perché stanno male sul marrone della sua carnagione, non si trucca spesso perché è allergica a metà dei prodotti in commercio, non si acconcia i capelli perché le piace stare comoda quando fa sport.


Penny però mi fa ridere. Non perché è buffa o strana, ma perché è sveglia. Più sveglia di me – di gran lunga, fidatevi. Penny la sa lunga: quando le ho detto di me e di noi e della cosa della foresta e della magia, lei ha fatto una faccia da ‘lo sapevo che c’era qualcosa sotto’. Quando mi sono trasformato per la prima volta davanti a lei ha detto che sembro un grosso coniglio e mi ha baciato sul naso. Penny sa qual è il mio gusto di yogurt preferito. Non gioco con lei alla Playstation perché non sa perdere e mi dà i pugni sulle spalle. Non sa nemmeno vincere, mi picchia comunque.


Due anni fa, i miei amici hanno smesso di chiamarla “il femmino”. Adesso è ufficialmente “il moglio”.

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