It's only art

di AlterNeko
(/viewuser.php?uid=79509)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guernica ***
Capitolo 2: *** Al Moulin Rouge ***
Capitolo 3: *** Al Moulin Rouge ( seconda parte ) ***
Capitolo 4: *** Al Moulin Rouge ( terza parte ) ***



Capitolo 1
*** Guernica ***


Note dell’Autrice: come sempre salve a Tutti !!! Eccomi qua con una nuova idea che mi è praticamente venuta in mente mentre sfogliavo una rivista ^_^ Insomma un critico d’arte aveva stilato una sua personale classifica delle opere più suggestive e mentre guardavo Guernica di Pablo Picasso mi è venuta in mente quest’idea. In teoria dovrebbe essere una storia a capitoli anche questa, ma per continuare dovrei trovare altre fonti d’ispirazione. Comunque spero che vi piaccia e che abbiate la voglia di farmi sapere qualsiasi opinione in merito. Grazie e buona lettura.

G u e r n i c a

data: 26 Aprile 1936

obiettivo: Città di Guernica

località: provincia di Biscaglia, nord della Spagna

scopo della missione: bombardamento

Quel giorno il sole brillava alto nel cielo.

Era un monotono pomeriggio di fine Aprile, o almeno lo sarebbe stato. Come tutta l’Europa, anche la Spagna stava attraversando un momento critico. I continui conflitti per il potere avevano diviso la popolazione e ormai, dopo troppe inutili elezioni, la guerra civile sembrava inevitabile.
Solo poche persone, per lo più giovani ragazzi, speravano ancora che il loro amato paese riuscisse a scampare a quell’assurda moda che, con calcolata lentezza, aveva infettato gran parte delle nazioni vicine: la dittatura.
Non c’era praticamente nulla da fare per fermare l’inevitabile, già da tempo i partiti più conservatori avevano stretto alleanza con la Germania nazista e di conseguenza molti uomini avevano deciso di imbracciare i fucili per tentare di creare una blanda resistenza contro un destino già scritto, ma che non riuscivano in alcun modo ad accettare.

Meglio morire libero che vivere incatenato al volere di uno stronzo qualsiasi! Per poi dimostrare cosa? Che anche la Spagna può essere una degna prostituta di Hitler?!


Queste erano state le parole che suo padre aveva pronunciato con orgoglio dopo che con un’assurda sentenza, un giudice altrettanto improbabile e fintamente imparziale, aveva dichiarato lui e altri uomini, fra cui anche due dei suoi fratelli maggiori, a finire i loro giorni in prigione.
Antonio non aveva mai avuto alcuna abilità particolare con le armi da fuoco, anzi a dirla tutta non sapeva assolutamente sparare o fare qualsiasi altra cosa che sarebbe potuta tornare utile a una precaria resistenza. L’unico talento che possedeva era la fotografia. Decise dunque di arruolarsi nelle file di un piccolo giornale indipendente intenzionato a riportare una precisa documentazione degli eventi che stavano accadendo in quel periodo.
L’informazione era forse una delle poche carte che la Spagna poteva ancora giocarsi nel tentativo di mantenere, almeno in parte, un brandello di libertà.
Di conseguenza, armato solo di una macchina fotografica, stava girando in lungo e in largo da ormai alcuni mesi. I genitori non erano stati troppo contenti della sua decisione, ma sapevano anche che opporsi sarebbe stato inutile, il ragazzo era piuttosto cocciuto.


Antonio non tornava a casa da parecchie settimane ormai, l’ultima volta che aveva visto la sua famiglia era stato per assistere al processo di suo padre. Solo il tempo di ascoltare quell’ingiusta sentenza, consolare come meglio poteva sua madre, lasciarle gran parte del suo misero salario e poi, come sempre, era ripartito per chissà dove, fino a chissà quando.
Riusciva raramente a mettersi in contatto con i suoi parenti, i telefoni scarseggiavano e spesso non erano funzionanti, al massimo ogni tanto, Antonio riusciva a mandare due righe scritte di fretta sul retro di un volantino di propaganda, poche parole scarabocchiate con una calligrafia piuttosto malferma, solo per dire che andava tutto bene e che non c’era da preoccuparsi per lui.
Per sua madre era però impossibile non essere in pensiero, le continue notizie che arrivavano ormai a valanga prospettavano per la Spagna un periodo tutt’altro che felice. L’unica cosa che la donna avrebbe voluto in quel momento era di poter avere tutta la sua famiglia vicina, ora che non aveva più il sostegno del marito e dei due figli maggiori, sentiva l’impellente bisogno di tenere tutti gli altri pulcini sotto la sua ala, anche se si accorgeva ogni giorno di più che i suoi figli erano ormai troppo grandi per essere protetti da lei e per di più, erano quasi tutti lontani.

Lovino continuava a studiare con attenzione il paesaggio che si stagliava davanti a lui, aveva immaginato Guernica come un’imponente e maestosa città e quasi rimase deluso nel vedere il complesso di edifici piuttosto modesto che componeva parte del mediocre centro abitato.
Si voltò lentamente cercando Antonio con lo sguardo, lo trovò senza troppa fatica appena pochi metri più indietro intento a scattare alcune foto che, con tutta probabilità, non sarebbero servite che da contorno per uno dei brucianti articoli che il giornale per cui lavorava avrebbe poi assemblato.
Il ragazzo più grande, sentendosi osservato, si affrettò a raggiungere il compagno e non appena i due furono vicini, l’ennesimo aereo tedesco sfrecciò sopra le loro teste producendo un forte rumore irritante. Guernica non era certo uno dei posti più sicuri al momento, anzi era ritenuto da molti un punto perfetto per un probabile attacco nazista. Proprio per questo motivo ad Antonio era stato affidato il compito di fare un reportage fotografico dettagliato di una delle ultime città simbolo di una disperata resistenza, il mercato in particolare aveva un ruolo di rilievo in quel periodo.
Prima di proseguire in direzione della meta del loro viaggio, Antonio si prese qualche altro secondo per ammirare Lovino ancora intento a seguire con gli occhi la scia biancastra che l’aereo aveva disegnato durante il suo passaggio.


- Lovino?

- Uhm …

- Me lo fai un favore?

- No Antonio! Non torno in albergo.

- Ma è pericoloso stare qui! L’hai visto anche tu quell’aereo, potrebbe succedere qualsiasi cosa in un posto così.

- Allora perché ci siamo venuti?

- E’ il mio lavoro, ciò non vuol dire che anche tu debba rischiare di farti male. Quindi ti prego …

- Antonio piantala! Io vengo con te, fine della discussione.

L’intensità dello sguardo con cui Lovino fissò Antonio negli occhi fu sufficiente a far crollare anche l’ultimo brandello di fermezza a cui lo spagnolo si stava aggrappando.
Il più grande chiuse gli occhi qualche secondo, giusto il tempo necessario per prendere una lunga boccata d’aria, poi tentò di apparire il più rilassato possibile mentre sorrideva al più piccolo tendendogli la mano.
Quel ragazzino italiano era un osso molto più duro di lui, fin dalla prima volta che s’incontrarono Antonio capì che avrebbe sempre perso contro Lovino.

Continuarono ad avanzare facendo attenzione a qualsiasi rumore. La quiete spettrale che regnava per le vie quasi deserte della cittadina aveva suscitato in entrambi una strana inquietudine e Antonio non riusciva a liberarsi di uno sgradevole presentimento; era come in attesa di qualcosa e l’istinto gli suggeriva che non sarebbe stato nulla di buono.
L’unico modo che aveva per calmarsi era stringere saldamente la mano di Lovino nella sua, si voltò ancora una volta verso il silenzioso compagno di viaggio e, come sempre, si ritrovò a sorridere senza una ragione particolare. Non si conoscevano da molto, si erano incontrati meno di due mesi prima,ma in quell’esiguo lasso di tempo avevano sviluppato un forte legame che da amicizia si era ben presto trasformato in amore.
Avevano caratteri molto diversi e, all’inizio, si capivano a fatica. Grazie al cielo l’italiano e lo spagnolo sono due lingue piuttosto simili e Lovino non impiegò più di tanto ad imparare a comprendere e a esprimersi in maniera quasi sufficiente in quella lingua così dannatamente morbida.

S’incontrarono in un piovoso giorno di fine Febbraio, al porto di Barcellona. Antonio aveva appena concluso uno dei suoi tanti lavoretti e Lovino era appena sbarcato in Spagna, l’Italia, per uno come lui, non era un posto che poteva ancora considerare la sua casa.
I loro sguardi s’incrociarono per caso e, in quel momento, Antonio fu certo di aver compreso appieno cosa fosse un colpo di fulmine. Con una velocità di cui anche lui stesso si sorprese, corse verso quello strano ragazzo dall’aria imbronciata e successivamente, dopo averlo raggiunto e afferrato per un braccio con tutta la delicatezza di cui era capace, iniziò a parlargli incurante del fatto che l’italiano capisse a malapena una parola su dieci di quello che stava dicendo.
Lovino che per natura era piuttosto sospettoso, ci mise relativamente poco per cominciare a fidarsi del pazzo maniaco che aveva deciso di non lasciarlo andare via senza di lui.

Non avrebbero mai immaginato che, in un momento così delicato per entrambi, le loro vite potessero essere nuovamente scombussolate da un sentimento tanto forte come l’amore. Antonio non si era mai innamorato veramente di nessuna delle donne con cui aveva condiviso il letto, pensava che il suo cuore fosse solo della Spagna, invece Lovino, con i suoi occhi tristi, il suo faccino arrabbiato e quell’adorabile ricciolo, aveva mandato letteralmente in fumo la ferma convinzione del ragazzo più grande.
Antonio ci mise solo cinque giorni di spietate avance prima di riuscire a far cedere le difese del compagno reclamando, di conseguenza, le labbra di quest’ultimo come esclusivo territorio spagnolo. Le notti per loro erano troppo corte e i giorni sembravano infinitamente lunghi, nessuno dei due aveva mai amato un altro ragazzo, ma in questo specifico caso il sesso del partner non aveva alcuna importanza. Antonio amava Lovino e viceversa, tutto il resto erano solo futili dettagli.


La città nel suo complesso non era niente di particolare, somigliava molto alle ultime due in cui erano stati, a Lovino riusciva difficile credere che un posto così apparentemente normale potesse suscitare tanto interesse sia da parte degli spagnoli sia dei tedeschi.
In poco più di quindici minuti erano riusciti a raggiungere il loro obiettivo: il mercato.
Le diffidenti e misere informazioni di qualche scorbutico passante non erano certo servite a granché, ma l’innato senso dell’orientamento di Antonio si era rivelato utile anche in quest’occasione. Sfortunatamente ben presto i ragazzi si resero conto di aver fatto un viaggio a vuoto. Un loquace vecchietto, vedendoli gironzolare curiosi nei pressi del mercato, si era avvicinato ai due ragazzi e, dopo aver visto Antonio scattare alcune foto, aveva deciso di avvertirli riguardo alla chiusura anticipata del mercato a scopo di prevenzione in caso di un eventuale attacco da parte della
Luftwaffe , l’aeronautica tedesca.

- Perfetto, tanta fatica sprecata!

- Non arrabbiarti Lovino, sei tropo carino imbronciato.

- Antonio, ma ti sembra il momento per certe uscite?!

- Perché no?! Adesso però ci sbrighiamo e torniamo in albergo, ho bisogno di un posticino caldo per riposarci e farti le coccole.

- Antonio …

- Shh, tranquillo mi niño

Appena finito di sussurrare quell’ultima frase, il ragazzo più grande appoggiò delicatamente le labbra su quelle del compagno. Ormai nessuno dei due aveva più molte remore a scambiarsi effusioni in pubblico, quindi Lovino non perse tempo e approfondì il bacio dopo pochi secondi.
Quando si separarono avevano le guance arrossate e il fiato corto, il modo di baciare di Antonio era parecchio focoso e raramente si accontentava di quel semplice contatto. Con calcolata lentezza portò le mani sui fianchi dell’italiano e iniziò ad accarezzare con le dita quel gracile corpo bollente nascosto da un sottile strato di stoffa. Antonio andò ad appoggiare il viso sulla spalla di Lovino riuscendo in questo modo a godersi sia i deboli gemiti che riusciva a strappare dal compagno con le sue lascive carezze, sia a percepire l’odore piuttosto intenso della sua pelle.

- Lovino

- Uhm?

- Hai ancora addosso il mio odore.

- Non mi sembra che la cosa ti dispiaccia.

- Infatti mi eccita.

- Puerco

- Te quiero mi niño.

Lovino sorrise prima di tornare a baciare il compagno. Sentì di nuovo le labbra di Antonio sulle sue, le mani che veloci gli accarezzavano la schiena per poi terminare la loro sensuale carezza sul sedere. L’italiano si lasciò sfuggire un piccolo gemito decisamente troppo alto quando sentì la gamba dello spagnolo che cercava di divaricare le sue, il contatto della sua virilità, ormai risvegliata, con la coscia dell’amante lo portò ad arrossire violentemente e per evitare di emettere altri rumori sconvenienti cercò di concentrarsi unicamente sul bacio che si stavano scambiando.
Probabilmente sarebbero finiti come al solito a fare l’amore in un vicolo un po’ fuorimano, vista la piega che aveva preso la situazione Antonio non avrebbe mai resistito fino in albergo. Lovino si stava ormai lasciando completamente andare quando un rumore improvviso e sordo ruppe la quiete del silenzio e sconvolse ancora una volta le loro vite.

Aerei della Luftwaffe sfrecciarono sopra il cielo terso di Guernica.
Improvvisamente iniziò una pioggia di piccole sfere, che raggiunta una
determinata altezza, si trasformavano in mortali fiammelle
pronte a divorare con il fuoco qualsiasi superficie
su cui si sarebbero andate a posate.

Successe tutto in troppo poco tempo.
I continui scoppi delle bombe e gli innumerevoli roghi
colsero impreparati gli abitanti malgrado le blande difese che
avevano inutilmente allestito. Il vento propagò la furia del fuoco che
non soddisfatto di aver divorato il mercato, si estese a tutta la città.

Bastarono poche ore e un solo attacco per far crollare Guernica, l’evento fu un triste preludio del futuro della Spagna, quel giorno segnò la vita di molte persone e contribuì a scrivere la storia di un popolo.
Quando Antonio riaprì gli occhi, si accorse di essere a più di un centinaio di metri dal mercato. Non aveva idea di come fosse riuscito ad arrivare fin lì, l’ultima cosa che ricordava erano le soffici labbra di Lovino. Cercò di alzarsi in piedi e, non riuscendoci, si accorse di essere ferito a una gamba, questo, al momento, era il minore dei suoi problemi, la sua priorità era trovare il suo compagno. Vincendo l’iniziale avversione del suo corpo al tentativo di mettersi in posizione eretta, tornò barcollando verso il mercato. Lo scenario che gli si presentò davanti era fra i più sconvolgenti che avesse mai visto: le fiamme e il fumo avvolgevano gran parte degli edifici adiacenti, la gente scappava in tutte le direzioni e quella che prima poteva apparire come una città fantasma si presentava ora come un formicaio attaccato. In tutta quella bolgia di gente iniziavano già a spiccare macabri i primi cadaveri, monito di un destino a cui le persone restanti volevano sfuggire. Le piccole formichine atterrite non collaboravano fra loro tentando di salvare la regina, la loro unica preoccupazione era scappare dall’inferno, il panico e il fuoco avevano reso il tutto ancora più grottesco, aggravando una situazione già di per se piuttosto complicata.
Antonio continuava a farsi largo nella direzione opposta rispetto al flusso disordinato di persone, cercava di urlare più forte di tutti nell’irrealizzabile speranza di ricevere una risposta. Cercò a lungo, ma solo quando la folla si fu diradata quasi del tutto, l’orribile presentimento di aver perso la cosa più preziosa che avesse si trasformò con una forza violenta in una disperata consapevolezza.
Sotto un discreto cumulo di pietre e legno Antonio riuscì a riconoscere la sagoma, in parte nascosta, del corpo di Lovino. Si affrettò a raggiungerlo e mentre continuava a chiamarlo con la voce rotta da singhiozzi, inginocchiato di fianco a quella pila di rovine, con le mani scavò in quell’ammasso di pietre tentando di liberare il ragazzo. Con te dita sbucciate e senza più forze riuscì nel suo intento e, con la stessa delicatezza che usava per accarezzarlo, cercò di spostare il corpo fin troppo freddo dell’italiano.

- Tranquillo niño, no pasa nada, ci sono io adesso.

-

- Lovino, rispondimi accidenti a te, non è il momento di scherzare

-

- LOVINO!

-

- SVEGLIATI. Lovino, ti prego svegliati.

Antonio continuò a chiamare Lovino finché non perse quasi del tutto la voce, non smise di stringerlo e di scuoterlo cercando inutilmente di farlo svegliare, provò anche a baciarlo più volte sperando in uno di quegli stupidi finali con cui spesso si concludono le favole, ma nulla, le labbra del ragazzo restarono fredde e i suoi occhi non si aprirono. Fu in quel preciso momento che Antonio comprese quanto la vita fosse diversa dal mondo in cui era sempre vissuto fino a quel momento, niente gli avrebbe ridato Lovino, niente avrebbe salvato la Spagna, niente avrebbe cambiato le cose.
Improvvisamente tutto gli sembrava vuoto e privo di un qualsiasi significato, nella sua mente si affollavano mille domande mentre continuava ad aggrapparsi a quel piccolo corpo gelido in attesa di una qualsiasi reazione che sapeva che non sarebbe arrivata. Non avrebbe mai saputo dire quanto tempo passò seduto fra le macerie a cullare Lovino, né quando qualcuno venne ad aiutarlo, l’unica cosa che si ricordava con certezza era di aver praticamente preso a pugni un uomo che aveva cercato di spiegargli che il ragazzo che continuava ad abbracciare era morto oramai da ore.

Quel giorno il sole brillò alto nel cielo.

Ora stava tramontando, inondando di nuove sfumature rossastre quello che restava della città di Guernica. La notte arrivò quasi inaspettata e gettò un cupo velo sulle macerie di un sogno ormai distrutto, le nuvole si ammassarono sopra le pietre unendosi al pianto di un giovane innamorato. Le invocazioni a un Dio muto non avevano esaudito il suo desiderio, il ragazzo non implorava più preghiere e il vento copriva adesso le sue imprecazioni. Il sole non sarebbe tornato a brillare per lui, ad Antonio restava un'unica cosa da fare e benché fosse contraria a gran parte dei suoi principi, raccolse la poca forza che aveva ancora in corpo e si apprestò a farla.

- Antonio, dove hai intenzione di andare?

- Ad arruolarmi nella resistenza.

- Ma non hai mai preso un’ arma in mano, se vai ti uccideranno.

- Mi dispiace mamma, ma non avrò pace finché non ammazzerò fino all’ultimo di quei bastardi.

- Non dire sciocchezze, è una cosa insensata Antonio tu …

- Antonio è morto a Guernica mamma, non preoccuparti per un figlio che hai già perso.

Epilogo:

«Avete fatto voi quest’orrore maestro?»

«No, è opera vostra»

( Risposta di Picasso alla domanda di un ufficiale tedesco, in visita al suo studio, alla visione di Guernica )

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Al Moulin Rouge ***


Note dell'autrice: Salve a Tutti ! Come al solito aggiorno dopo mille anni, vi prego di scusarmi. Adesso che ho un po' di vacanza sto riprendendo tutti i bozzetti dei capitoli e li sto sistemando e a breve dovrei aggiornare di nuovo anche le altre FanFiction.

Innanzi tutto volevo dedicare questo capitolo e il seguente a Sasa *_* l'ho scritta principalmente per il suo compleanno e quindi ho cambiato un po' lo stile che uso di solito per esigenze legate alla trama e vorrei anche fare un ringraziamento speciale a ballerinaclassica che come sempre mi da la carica per finire quello che ho iniziato visto che ho la brutta abitudine di cominciare cento cose e non finirne una, quindi grazie e presto vedrai nuovi sviluppi nella tua FanFic adorata ^_^

Allora per questi capitoli ( ho pensato di dividere la storia in due perchè la faccenda si stava allungando più del dovuto XD ) mi sono ispirata al quadro di Henri de Toulouse-Lautrec di cui appunto il capitolo porta il nome.

Presumo che troverete il tutto un po' strano, quindi ci terrei davvero a sapere cosa ne pensate, in questo modo mi aiutereste anche per quanto riguarda il capitolo successivo visto che la mia adorata committente mi ha dato indicazioni sommarie solo su alcuni punti. Un parere schietto sarebbe davvero molto gradito.

Ultima cosa, questo capitolo è ROSSO con tanto di linguaggio poco educato, scene non adatte a un pubblico non adulto, ecc ecc quindi io vi ho avvertito :D


Prima di augurarvi buona lettura volevo però rispodere ai commenti che mi avete fatto e ringraziarvi per averli lasciati, mi hanno fatto davvero tantissimo picere e spero di risentirvi anche stavolta.


cry_chan : grazie a te per il meraviglioso commento, le tue parole mi hanno veramente toccata e il sapere di averti trasmesso emozioni mi ha davvero fatto felice. A presto spero.


niisan : un commento breve ma davvero intenso, sapere che ti è piaciuta la mia storia è davvero una bella soddisfazione, sappi che anche le tue splendide parole hanno commosso me. Spero di leggere presto un tuo nuovo commento.


lucy6 : Oddio *_* davvero grazie per il commento, mi hai davvero fatto emozionare mentre lo leggevo. Hai proprio ragione e stavo pensando proprio la stessa cosa quando mi è venuta l'idea di scrivere questa raccolta, sappiamo fare delle cose splendide ma siamo altrettanto capaci di compiere i più orribili massacri.
Certo, non l'ho dimenticata e presto arriverà anche il quarto capitolo :D A presto !



Perfetto, grazie per l'attenzione e ora a voi buona lettura :3 ci sentiamo a fine capitolo.




Al Moulin Rouge


Parigi, 1899


Aspirò l'ennesima boccata di nicotina intento a fissare con disinteresse il cielo cupo che avvolgeva la notte di Parigi. Appoggiò la testa sullo stipite scalcinato della portafinestra affacciata su un vicoletto poco lontano dai quartieri malfamati della città, chiuse gli occhi ascoltando per qualche minuto il rumore baccanale di Montmartre. Espirò con lentezza parte del fumo che non aveva precedentemente ingerito mentre i suoi occhi tornavano ancora una volta a fissarsi sull'imponente figura rossa di un vecchio mulino ora trasformato in uno dei locali più conosciuti d'Europa. Stanco di aspettare lanciò un'occhiata veloce all'orologio e scoprì a malincuore che erano da poco passate le tre.


Non l'avrebbe visto, non sarebbe venuto neppure stanotte.


Spense con irritazione la sigaretta sul pavimento bofonchiando qualche imprecazione, si concesse l'ultimo sguardo verso la strada deserta sperando inutilmente di veder spuntare quell'esile figura. Futile illusione. Lanciò stizzito il mozzicone oltre l'arrugginito parapetto mentre alcuni rumori piuttosto familiari gli arrivarono distinti alle orecchie. Cercò dapprima d'ignorare i versi lascivi dell'amico che fortunatamente non comprendeva vista la sua scarsa conoscenza della lingua spagnola, ma quando oltre a un duetto concitato di voci si aggiunsero anche i vari scricchiolii di un povero letto abusato non riuscì a trattenersi dall'urlare contro la porta chiusa. - Antonio cazzo, vedi di fare meno casino mentre trombi. Non me ne frega nulla di sentire i vostri fottuti rumori.- Aveva pronunciato quelle parole tutto d'un fiato, piuttosto velocemente e con un tono tutt'altro che amichevole, sicuramente non era stato troppo gentile, avrebbe chiesto scusa, ma in un altro momento, ora aveva solo voglia di prendere a schiaffi quell'odioso ragazzetto biondo.


Appoggiò la schiena al muro e si lasciò scivolare lentamente verso il basso fino ad assumere una squallida posizione seduta, abbasso di qualche centimetro la testa nascondendola in parte fra le ginocchia. Fece qualche respiro profondo sperando di riuscire a calmarsi, non era solito avere scatti d'ira, anzi generalmente era un tipo piuttosto calmo. Si rilassò ascoltando il chiassoso nulla di Parigi constatando con piacere di essere avvolto solo da un freddo rumore lontano.
Avvertiva un disperato bisogno di vederlo, di toccarlo, di scoparlo sperando in questo modo di poter cancellare dal suo corpo qualsiasi altra traccia dei suoi innumerevoli amanti. Aveva l'impellente necessità di stringerlo forte fra le sue braccia, schiaffeggiarlo come si usa fare con le prostitute disobbedienti per poi urlargli in faccia tutto l'amore che provava per lui. Dannatissimo ragazzino ambiguo, e stupido lui che con tante donne che poteva avere si era andato ad innamorare di una sorta di puttana per lo più di sesso maschile.


Rimase immobile in quella posizione per un tempo indeterminato scivolando a poco a poco in una sorta di torpore, lasciò fluire liberamente i troppi pensieri che gli affollavano la testa senza curarsi di attribuire ad essi troppa attenzione, li lasciava scorrere in maniera disordinata, privi di una qualsiasi regola cronologica. All'improvviso però si sentì scuotere delicatamente e solo in quel momento avvertì la gentile pressione che la mano di Antonio esercitava sulla sua spalla.


- Va tutto bene Francis ? - chiese un po' preoccupato il ragazzo spagnolo conservando però il solito sorriso rassicurante.


- No, non va bene proprio per niente. - Il tono era piatto, privo di sfumature e insolitamente serio, specie per uno come lui. Il coinquilino inclinò di poco il capo intento a squadrare preoccupato l'accucciata figura bionda, poi con un unico rapido movimento si andò a sedere di fronte al francese.


- Su, no pasa nada. Hai voglia di raccontarmi. - Antonio era l'amico che tutti avrebbero voluto avere, sempre allegro e ottimista, anche nelle situazioni più scure riusciva a intravedere uno spiraglio di luce, sapeva ascoltare e dare buoni consigli, ma la sua semplicità alle volte poteva farlo apparire un po' stupido specie in una società non troppo avvezza alla semplice bontà d'animo.


- Cosa dovrei dirti ? Il problema lo conosci. - Francis sentì l'amico sospirare e pochi istanti dopo avvertì nuovamente la presenza della sua mano sulla propria spalla.


- Francis, te lo devi dimenticare. Sei stato proprio tu a dire a Gilbert che non ci si deve innamorare delle ballerine e adesso segui le sue orme ? - Il ragazzo francese sorrise amaramente ricordandosi delle parole che aveva usato per ammonire l'amico solo poche settimane prima.


- Hai ragione, ma nel mio caso non si tratta di una ballerina. - Per la prima volta dall'inizio della conversazione alzò la testa per poter guardare il suo interlocutore che rispose al gesto con un ampio sorriso.


- Usare il termine puttana mi sembrava poco elegante. - Aggiunse lo spagnolo corredando il commento con un piccolo sbuffo per sottolineare l'ironia delle sue parole.


- Tecnicamente non è neppure una puttana, è più, come dire ... - prima di riuscire a completare la frase venne però interrotto dalla calda voce dell'amico.


- Francis, non è per essere pignolo, ma uno che si fa scopare per soldi è una puttana. - L'espressione serena di Antonio impedì al ragazzo più grande di arrabbiarsi per quella precisazione scomoda quanto inutile. Insomma lo sapeva benissimo da solo che si era cacciato in una situazione malsana e senza via d'uscita. Sospirò nuovamente mentre un'espressione apatica andava ancora una volta a rendere inespressivo il viso dell'uomo.


Stettero in silenzio entrambi per una manciata di minuti, poi inaspettatamente fu Francis a rompere quell'ovattato torpore. - Ti volevo chiedere scusa per poco fa, insomma .. non avevo intenzione di .. -

Prima di rispondere Antonio si concesse una leggera risatina imbarazzata - De nada, è colpa mia. Dovrei controllarmi, ma non ci riesco, quel niño mi fa impazzire. -


I due amici si guardarono nuovamente negli occhi e lo spagnolo notò sollevato che Francis sembrava stare un po' meglio, almeno adesso parlava e aveva un qualche tipo di reazione agli stimoli esterni. Si alzarono poco dopo dal pavimento e si diressero nell'angusta stanzetta adiacente al soggiorno. Quel piccolo cucinotto era in perenne disordine, ma tutti gli abitanti della casa sapevano perfettamente come muoversi un quel cumulo di scatole vuote e stoviglie ammucchiate. Il miglior rimedio per scacciare completamente la tristezza era senz'ombra di dubbio un buon bicchiere di vino rosso. Francis si occupò di provvedere sia alla bevanda sia ai bicchieri mentre Antonio si limitò ad accomodarsi sulla sua solita sedia vicino alla finestra. In poco più di mezz'ora si erano scolati quasi due bottiglie e l'effetto inebriante del vino iniziava ormai a far sentire i suoi effetti. Entrambi infatti avevano le guance leggermente sfumate di rosso ed erano inclini a ridere per ogni minima stupidaggine.


- Allora ti sei divertito parecchio stasera, almeno da quanto ho sentito deve essere così. -


- Tu non puoi neppure immaginare, mi sa che mi sono proprio perso per quel ragazzino. -


- Sono contento per te, Lovino è un bravo ragazzo e ha anche un gran bel culo. -


- Francis ti permetto questo genere di commenti solo perché sono piuttosto ubriaco e perché concordo pienamente con quello che hai appena detto. - entrambi si lasciarono andare a una risata piuttosto sonora e malgrado l'ora tarda continuarono a chiacchierare ancora per parecchio tempo.


- Tornando a Gilbert - il tono del francese assunse una sfumatura più seria - hai idea di dove si sia cacciato, è quasi mattina. -


- Dove vuoi che sia Francis, con la sua ballerina preferita. - dedusse semplicemente Antonio prima di tornare a concentrasi sul suo bicchiere pieno a metà - voi due vi ci siete fregati in quel locale, io ve l'avevo detto e anche tu avevi detto a Gilbert di stare attento, almeno prima che facessi la stessa fine. -


Francis distolse lo sguardo dal suo interlocutore per spostarlo sulla piccola porzione di cielo visibile dalla finestrella che illuminava l'ambiente. Ormai stava albeggiando e le scure nuvole che avevano coperto Parigi per tutto il giorno precedente si stavano ora chiazzando di sfumature rosate. Ancora assorto Francis mormorò - Se non avessi avuto bisogno di soldi tutto questo non sarebbe mai successo, di conseguenza non sarei mai e poi mai entrato al Moulin Rouge. -


L'idea di tirar su un po' di soldi affittando il suo piccolo appartamento gli era balenata in mente per caso; quello che guadagnava lavorando non gli bastava più per pagarsi gli studi e certo mamma e papà non avrebbero investito i modesti risparmi di famiglia in un progetto che, a loro parere, faceva acqua da tutte le parti. Parigi in quel periodo era una delle mete più ambite da tantissimi giovani e sicuramente non avrebbe avuto molti problemi a trovare qualcuno interessato a condividere l'alloggio con lui. L'ingenioso piano non aveva fatto attendere i suoi frutti e in neppure una settimana dalla diffusione dell'annuncio, Francis trovò due coinquilini, così ormai da quasi due anni Francia, Prussia e Spagna vivevano sotto lo stesso tetto. Fra i tre si era subito creata una sorta d'intesa speciale e anche se non si conoscevano da molto, divennero subito ottimi amici. Ben presto però nell'angusto appartamentino di Francis lo spazio si era nuovamente ridotto, infatti da tre inquilini quali erano in origine, erano passati dapprima a quattro poi a cinque, anzi fra meno di sette mesi sarebbero stati in sei.
La prima annessione si verificò qualche settimana dopo l'inizio della loro convivenza quando Antonio si presentò a casa una sera con un ragazzino italiano che a detta dello spagnolo aveva bisogno di un posto dove stare solo per qualche giorno. Poi insomma, Lovino aveva talmente un bel musetto che, nonostante tutti i suoi infantili capricci e il suo carattere viziato, era risultato impossibile liberarsi di lui; sicuramente quello che avveniva di notte fra l'italiano e Antonio aveva senza dubbio contribuito alla decisione di promuovere quell'ospite ad abitante effettivo. Meno di un anno dopo Francis si vide costretto ad assistere ad un analogo episodio il cui protagonista stavolta era però Gilbert. Quest'ultimo infatti aveva preso a frequentare con regolarità un certo numero di locali altamente sconsigliati e più volte aveva costretto i due amici, più per mancanza di soldi che per bisogno di compagnia, ad andare insieme a lui al Moulin Rouge. La vera ragione di queste frequenti uscite era rimasta sconosciuta ad entrambi per parecchio tempo, i due pensavano semplicemente che il loro spavaldo amico volesse divertirsi un po' con le disinibite ballerine di can-can che erano solite svolazzare in giro per il locale, mai avrebbero creduto di ritrovarsi a condividere l'alloggio con una di esse. Infatti, come aveva fatto precedentemente Antonio, anche Gilbert una sera tornò a casa in compagnia e come era già successo per Lovino, la stessa cosa si ripeté anche nei confronti di Elizabeta specie dopo la sconvolgente scoperta della gravidanza della ragazza.


- Credo che, vista l'ora, sia davvero passato a prendere Eliza. - ipotizzò Francis rivolgendo nuovamente l'attenzione all'amico.

- Si, avrà sicuramente aspettato che finisse lo spettacolo, ma lavora ancora nelle sue condizioni ? - biascicò Antonio che, ormai non più molto lucido, iniziava a strascicare le parole.


- Credo che ne abbia ancora per questa settimana, poi dovrebbe smettere definitivamente di fare la ballerina, in più essendo ormai incinta di tre mesi l'avrebbero cacciata a prescindere. - Fece una breve pausa di un paio di secondi poi continuò - Con tutta questa storia Gilbert sembra essersi calmato un po', almeno si è trovato un lavoro e ha smesso di bere come una spugna. -

- Grazie al cielo, anche se mi sa che poi alla fine ci toccherà dargli una mano pure noi, i niños sono cari, eh Francis ?! -


- Già, i bambini costano, mi chiedo dove lo mettiamo un bambino, stiamo già stretti così. Basta non ci voglio pensare adesso altrimenti mi torna mal di testa. Vuoi un altro bicchiere di vino? -


- Meglio di no, ci vedo già imbrogliato e domattina devo lavorare quindi credo che per adesso possa bastare così, gracias. -


Antonio aveva appena finito di mormorare il suo blando ringraziamento quando la conversazione venne interrotta dal chiassoso arrivo di Gilbert. Il ragazzo raggiunse subito i due amici in cucina e, assecondando un muto gesto di Francis, si sedette al tavolo e si fece riempire un bicchiere.


- A momenti ti davamo per disperso. - Sentenziò bonariamente lo spagnolo


- Nah abbiamo fatto tardi perché Eliza si è persa in chiacchiere come al solito, tranquillo mamma il tuo bambino sa cavarsela anche da solo. - I tre scoppiarono a ridere mentre una figura esile e aggraziata faceva il suo ingresso nella stanza.


- Ciao ragazzi, cosa fate ancora svegli ? - Chiese la ragazza prima di avvicinarsi al presunto fidanzato con l'intento di sedersi sulle sue gambe. Gilbert, a quel gesto, emise un piccolo sbuffo infastidito dettato più dall'imbarazzo che da un reale disagio, ma non si oppose, anzi con qualche piccolo movimento riuscì a trovare la posizione più comoda per entrambi. Infine le cinse la vita con il braccio libero accertandosi di appoggiare la mano sul ventre leggermente arrotondato di lei.


- Ci sparlano dietro queste due pettegole ecco cosa fanno ancora svegli. - Rispose Gilbert alla domanda rivolta in precedenza dalla ragazza. Rimasero tutti insieme a parlare ancora per un po' di tempo, finché Antonio non si sentì chiamare da una vocetta assonnata ma piuttosto decisa.


- Antonio, sarà meglio che ti sbrighi ad andare a sentire cosa vuole, altrimenti il tuo morosino si mette a strillare e sveglia tutto il palazzo. - Lo spagnolo rise imbarazzato alla battuta di Francis prima di congedarsi dal gruppo ed affrettarsi a raggiungere la sua camera da letto.


- Comunque sarebbe meglio se anche tu andassi a riposare adesso, abbiamo fatto tardi stanotte. - Aggiunse Gilbert rivolto alla ragazza. - Io arrivo fra poco, ho bisogno di farmi un bagno. Francis la potresti aiutare a portare in camere della roba che abbiamo portato via stasera dal suo camerino ? - Il ragazzo accolse con un sorriso la proposta dell'amico e poco dopo si trovò ad armeggiare con Eliza nel disperato tentativo di piegare un lunghissimo lenzuolo bianco.


- Non per farmi gli affari tuoi, ma che te ne facevi di un lenzuolo in camerino ? - chiese Francis con un tono leggermente perplesso mentre cercava di trovare il modo di riuscire a ordinare quella massa di stoffa.


- Veramente è un regalo che mi hanno fatto le mie amiche quando hanno saputo che lasciavo il Moulin Rouge. - la ragazza sorrise stringendo dolcemente fra le mani un lembo del tessuto candido. - Ci hanno ricamato sopra alcuni piccoli fiori e hanno detto che in questo modo mi sarebbero sempre state vicine e mi avrebbero protetto. Sono state davvero gentili, mi mancheranno molto alcune di loro. - Sfiorò con le dita sottili i piccoli boccioli ricamati con precisione e cura, accarezzò la loro finta corolla rosa mentre continuava a mantenere inalterato il dolce sorriso che le si era dipinto in viso durante la descrizione del prezioso regalo.


Francis si accorse solo in quel momento di quella piccola chiazza di colore che qualcuno aveva aggiunto al tessuto immacolato, strinse appena gli occhi cercando di mettere ben a fuoco il delicato ricamo e, prima ancora che riuscisse a formulare la domanda nella sua mente, Eliza gli stava già fornendo la risposta.


- Sì, li ha ricamati lui. - Il ragazzo alzò di scatto lo sguardo e lo incollo ai grandi occhi di lei, respirò affannosamente per un paio di secondi prima di iniziare a parlare.


- L'hai visto? Stasera intendo, l'hai visto? Era con te? Con chi cazzo è andato a letto stavolta ?! - il tono di voce dapprima flebile era cresciuto man mano che le parole gli uscivano di bocca, tanto che Francis aveva praticamente urlato l'ultima frase in faccia ad Eliza che si era limitata ad alzare un sopracciglio. Prima di rispondere alle domande disordinate del suo padrone di casa, la ragazza aspettò qualche secondo in modo da farlo in parte calmare, ogni volta che si entrava in quel genere di argomento diventava piuttosto intrattabile e ciò era dovuto alla commistione di un'assurda gelosia mischiata ad una grande insicurezza.


- Francis, calmati. Si, l'ho visto ma sono passata io da lui è per questo che abbiamo fatto così tardi. Non è venuto al Moulin Rouge stasera e ormai non ci viene quasi più, tanto lo sai perfettamente anche tu il vero motivo per cui aveva chiesto di essere assunto per dare una mano dietro il sipario. Ha già trovato abbastanza clienti e perdere le serate in quel locale non gli servirebbe a molto. -


- Certo che ha già trovato abbastanza clienti, ma che cazzo se ne fa di tutti quei vecchi maiali se ha anche un lavoro normale ? Per questo che non trova tempo per me, si vede che lo pago troppo poco e poi adesso ha cominciato a ricevere pure a casa, ma che bravo il nostro Iggy davvero, complimenti vivissimi .. - lo sproloquio di Francis fu brutalmente interrotto da un sonoro schiaffo di Eliza.


La mano della ragazza andò a colpire con decisione la guancia del francese, il ragazzo di cui stavano parlando era una persona a lei estremamente cara, si conoscevano ormai da alcuni mesi e si erano affezionati molto l'uno all'altra, Eliza era la sola che conosceva veramente Iggy, tanto che era l'unica a cui quest'ultimo avesse mai detto il suo vero nome: Arthur.


- Non è venuto a farsi sbattere da te perché il suo fratellino non sta bene. - La ragazza mormorò piano queste parole mentre le si stringeva il cuore al ricordo di quella gracile figura accovacciata in un letto apparentemente troppo grande e dell'espressione preoccupata del fratello maggiore. Arthur le aveva raccontato d aver chiamato più volte il dottore in quei giorni e ormai quello che all'inizio era solo un brutto sospetto stava diventando un'angosciate consapevolezza. Eliza venne risvegliata dai suoi pensieri da una sgradevole quanto velenosa replica di Francis.


- Certo che non sta bene, povero bambino con un fratello così come mai potrebbe ... - nuovamente la ragazza azzittì il suo interlocutore.


- Francis vedi di piantarla di fare lo stronzo. Probabilmente Peter ha la tisi. -


Dopo aver sentito l'ultima frase detta dalla ragazza, Francis spalancò gli occhi per la sorpresa, rimase immobile qualche secondo vergognandosi di quello che aveva appena detto e pensato. Tenne lo sguardo fisso sull'aggraziata figura di Eliza che nel frattempo cercava di trattenere come meglio poteva le lacrime che avevano già cominciato a rigarle le guance.


- Non volevo, io .. mi dispiace. - il francese mormorò quelle poche parole flebilmente, abbassando la testa. Elizabeta mosse qualche passo verso di lui e lo abbracciò, lo strinse forte cercando di rassicurarlo, sapeva che Francis aveva detto quelle parole inconsapevolmente e mosso dalla gelosia, conosceva bene il suo padrone di casa e sapeva quanto in questo momento stesse soffrendo.


- Shh, non lo potevi sapere. Adesso vedi di calmarti sul serio, se stai qui a piagnucolare non aiuti nessuno. Perché non ti dai una sistemata e non lo vai a trovare al lavoro, dopotutto è un po' che non vi vedete vero ?! - Francis, prima di accennare qualsiasi tipo di risposta, si lasciò confortare ancora un po' dall'abbraccio caldo della ragazza. Non appena i loro corpi si staccarono si prese qualche secondo per osservarla. Gilbert aveva davvero buon gusto, Eliza era davvero bella, sicuramente il loro bambino sarebbe stato uno splendore. Francis si ritrovò a sorridere senza neppure accorgersene, l'idea che gli era stata suggerita non era affatto male, anzi avrebbe fatto proprio così, sarebbe andato a trovare Iggy.


- Ehm ehm – i due sentirono un distinto colpetto di tosse alle loro spalle. - Non per interrompervi sia chiaro, ma gradirei molto sapere cosa ci fai appiccicato alla mia ragazza con quel sorriso da ebete stampato sul grugno barbuto. - La voce appena irritata di Gilbert alleggerì parecchio il clima che involontariamente si era creato, entrambi sorrisero divertiti alla volta del nuovo venuto che liquidò quella strana reazione con un gesto infastidito.


- Stavo solo facendo dei piccoli test sui fianchi della tua ragazza. - rispose ironico Francis prima di staccarsi definitivamente dal corpo di Eliza. - e devo dire che le mie ricerche e i miei attenti studi mi hanno portato a dedurre che .. - venne nuovamente interrotto dalla voce dell'amico.


- Ti hanno fatto dedurre che se non levi le zampacce da quello che non è tuo io mi incazzo e dopo ... - Rendendo il favore all'amico, Francis completò la frase per lui.


- e dopo speriamo che tuo figlio non prenda il tuo carattere perché altrimenti siamo tutti fregati. - Lui ed Eliza scoppiarono a ridere mentre Gilbert, con il solito sorrisino strafottente stampato in faccia, alzò elegantemente il medio in direzione del ragazzo parigino.



________________



Parigi a quell'ora era sempre parecchio trafficata, tutti avevano qualcosa da fare e la maggior parte delle persone si muoveva rapidamente senza badare a chi o cosa avessero intorno, la fretta che si era impossessata del mondo ormai da quasi un secolo non lasciava più tempo alla calma e ormai ognuno come meglio poteva si era adeguato al nuovo ritmo dettato dalla fiorente tecnologia.
Francis conosceva bene la sua città, non aveva problemi ad orientarsi e così scelse di percorrere un numero imprecisato di sporchi vicoletti per raggiungere la sua meta, in questo modo avrebbe sicuramente evitato di perdere tempo imbottigliato in un mare di gente disorientata. Non impiegò più di un quarto d'ora per arrivare a un piccolo bar che esteriormente non aveva nulla di diverso dalla miriade di cafè che continuavano a spuntare in tutta la capitale. L'unica eccezione era rappresentata da un particolare cameriere biondo.

Francis sapeva davvero poco di Iggy e gran parte delle cose di cui era a conoscenza le aveva apprese per deduzione, quindi non rappresentavano poi una vera e propria scoperta. Per esempio visto l'assurdo accento del ragazzo Francis aveva subito capito che doveva avere origini anglosassoni, aveva inoltre scoperto da poco che aveva un fratello più piccolo al quale badare, per il resto le esigue informazioni in suo possesso riguardanti la vita dell'inglese le aveva sentite, per errore, direttamente da lui. Una sera l'aveva trovato ubriaco fradicio sotto casa sua, non aveva idea del perché il ragazzo fosse venuto a cercarlo, ma passarono insieme tutta la notte. Ubriaco Iggy era sicuramente molto più loquace e di compagnia, ma purtroppo in tutto quello che aveva detto non c'era un minimo senso logico, almeno per Francis. In quell'occasione il francese ottenne delle informazioni preziose tipo il lavoro diurno che il ragazzo inglese svolgeva in un piccolo bar, qualche intima informazione sui clienti che abitualmente frequentava e più volte sentì Iggy chiamare il nome di un certo Alfred. Chi fosse questo Alfred non lo sapeva nessuno, certo Francis non aveva mai chiesto spiegazioni al diretto interessato, ma la cosa strana era che neppure Eliza ne aveva mai sentito parlare.

Mosse qualche altro frettoloso passo in direzione dell'entrata del piccolo locale e non appena fu all'interno iniziò a cercare con gli occhi quel particolare cameriere biondo. Guardò attentamente tutte le persone presenti nell'angusto ambiente, ma di Iggy neppure l'ombra. Piuttosto sconcertato cercò di ottenere qualche informazione dagli altri dipendenti e dopo alcune veloci domande venne a sapere che il ragazzo non si presentava al lavoro ormai da una settimana. Il solito pettegolo di turno aggiunse anche che probabilmente era stato licenziato perchè il principale aveva scoperto qualcosa di scomodo su di lui, ma quale fosse di preciso la causa del presunto licenziamento non lo sapeva nessuno. Francis rimase in silenzio per alcuni secondi prima di sedersi ad un tavolino vicino alla porta e ordinare un caffè, forse quella bevanda forte gli avrebbe schiarito le idee e gli avrebbe fatto venire in mente qualcosa di utile per rintracciare il ragazzo inglese visto che, ironia della sorte, non aveva la più pallida idea di dove abitasse e di sicuro non glielo avrebbero mai e poi mai rivelato più che per rispetto della privacy per mancanza di informazioni, d'altra parte Iggy era un maestro a non lasciare la minima traccia che permettesse di poterlo rintracciare. Fin dalla prima volta che si erano incontrati Francis aveva subito capito che quel ragazzo era estremamente riservato, era anche convinto che quello con cui si presentava non fosse il suo vero nome, insomma che razza di nome è Iggy ?! D'accordo che gli inglesi sono rinomati per il loro pessimo gusto, ma quello non poteva assolutamente essere il suo nome. Non sapeva nulla di lui, nessun intimo dettaglio della sua vita, era anche certo che non avessero mai fatto veramente l'amore, Iggy era bravo a prendere le distanze anche in quel campo. Non c'era nulla di vero, era tutto palesemente costruito durante i loro amplessi a cominciare da quell'orrido rossetto rosso che Francis aveva ben presto incominciato ad odiare, ma che non aveva il coraggio di togliere dai colletti delle sue camicie. Si lasciò nuovamente trasportare dai ricordi, la prima sera che si erano incontrati pioveva a dirotto, faceva un freddo cane e lui era di pessimo umore.


Francis odiava il Moulin Rouge, preferiva di gran lunga trovarsela fuori la compagnia femminile, ma purtroppo per lui, Gilbert non era del suo stesso parere. Come tutte le volte l'amico l'aveva incastrato e, anche se controvoglia, adesso si ritrovava a vagare con la solita aria scocciata per l'enorme salone illuminato a giorno pieno di allegre ballerine molto poco vestite. Naturalmente la stragrande maggioranza di quelle sorridenti signorine fin troppo truccate svolgeva, oltre a quell'impiego, anche tutt'altro tipo di attività molto meno morale ma sicuramente più redditizia. Francis per principio odiava le puttane, rappresentavano tutto ciò che andava contro la sua filosofia di vita: l'amore; e con le prostitute non c'è l'amore ma solo squallido sesso.

Gilbert naturalmente, come al solito, si era bellamente fregato dei consigli suoi e di Antonio e ormai da alcuni mesi frequentava assiduamente il locale. Eliza gli aveva fatto perdere la testa ed era fondamentale per lui che si vedessero praticamente tutte le sere. In tutto questo Francis non aveva ben capito il ruolo che avrebbe dovuto svolgere visto che, finito lo spettacolo della ragazza, veniva gentilmente parcheggiato in qualche angolo dalla coppia di piccioncini bisognosa d'intimità. Francis solitamente s'intratteneva pochi minuti ancora dietro il sipario poi tornava a casa, ma quella notte successe qualcosa di totalmente inaspettato.

Aveva appena salutato Gilbert con le solite raccomandazioni da mamma che lui e Antonio gli facevano a turno e si stava preparando per andarsene quando notò un ragazzo biondo che non aveva mai visto. Incuriosito, anzi attratto da quella figura così fuori luogo dietro le quinte di un locale di can-can si avvicinò velocemente a lui. Quando le distanze fra di loro vennero ridotte appena ad una manciata di centimetri, Francis si fermò aspettando che il ragazzo si accorgesse della sua presenza. In quei pochi secondi il francese si concesse il lusso di studiare attentamente l'elegante fisionomia piuttosto minuta di quello che poi sarebbe diventato una vera e propria ossessione per lui. Aveva un fisico asciutto e fin troppo esile per essere un maschio, anche i tratti del viso erano piuttosto delicati, fatta eccezione per le sopracciglia oltremodo esagerate. Nel complesso la sua figura era armoniosa e altamente arrapante, ecco quello era l'aggettivo adatto per descrivere appieno il ragazzo che gli stava di fronte intento a contare una manciata di sgualcite banconote di piccolo taglio. Il fatto che fosse un maschio non era un problema per uno come Francis che da sempre era innamorato dell'amore, e l'amore, come spesso quest'ultimo spiegava ad Antonio, non è nè maschio nè femmina.


- Fuck you, stupid old pervert. Here are missing 30 francs. - Solo dopo aver esclamato queste parole il ragazzo si accorse della presenza di Francis. - La pianti di fissarmi il culo ? - Chiese con tono leggermente irritato mentre squadrava il suo interlocutore spuntato da chissà dove.


- Ti prego di scusarmi. - Bofonchiò un po' imbarazzato Francis non essendosi neppure reso conto di essersi soffermato un po' troppo su una particolare zona del corpo dell'altro. Qualcosa lo attraeva in maniera irresistibile in quel ragazzo arrogante, ma visto il suo atteggiamento c'erano solo due possibili alternative: o si occupava di gestire i guadagni di qualche ragazza o svolgeva lo stesso lavoro di gran parte delle dipendenti del locale. - Non era mia intenzione soffermarmi così insistentemente sul tuo .. ehm .. sederino. - Francis sorrise, ormai totalmente stregato dalle occhiatacce che riceveva come risposta a qualsiasi suo comportamento. - Senti, che fai di bello stasera ? - chiese stupendo più sé stesso che la persona con cui stava parlando. Insomma probabilmente quel ragazzo era una puttana e lui gli stava chiedendo di passare la notte insieme, stava facendo tutto ciò che si era categoricamente vietato e su cui aveva messo in guardia Gilbert. La risposta quasi ovvia del ragazzo interruppe il filo dei suoi pensieri impedendo così a Francis di fare un ultimo tentativo per non impelagarsi in una situazione che sarebbe, con il tempo, risultata estremamente problematica, specie per lui.


- Se vuoi stare con me stasera sappi che costo caro e da adesso ho deciso che voglio il pagamento anticipato. - L'intensità del suo sguardo deciso fece crollare anche l'ultima fragile incertezza di Francis che sfoggiando il consueto sorriso seducente chiese spavaldo a quanto ammontasse il prezzo richiesto da quello strano ragazzo.


- Vediamo .. diciamo che 150 franchi dovrebbero bastare. - La voce ferma e sicura andò a contrastare lo sguardo attonito di Francis, insomma era una cifra decisamente alta. Prima che quest'ultimo potesse protestare sulla somma fin troppo elevata, il suo interlocutore prese nuovamente la parola. 
- Non si contratta, non abbasso il prezzo neppure di un franco, se ti sembra troppo allora va a scocciare qualcun altro. - Era abituato a fare lo spaccone e anche se aveva un disperato bisogno di soldi non si vendeva per delle cifre irrisorie, insomma se doveva fare quel genere di lavoro per far quadrare i conti almeno voleva guadagnare abbastanza, la sua sottomissione costava caro. Francis stette in silenzio ancora per qualche minuto, poi accettò.


- Vada per 150 franchi, spero almeno che tu valga tutti questi soldi. - Prima di frugarsi nelle tasche della giacca per recuperare il portafogli fece un rapido occhiolino a quella che sarebbe stata la sua compagnia per quella notte. Contò velocemente le banconote e sopperì alla mancanza degli ultimi franchi aggiungendo un paio di arrugginite monetine. Porse il consistente mazzetto di soldi al ragazzo davanti a lui e aspettò con impazienza che quest'ultimo contasse nuovamente il denaro. Al termine dell'imbarazzante operazione i due si fissarono negli occhi ancora una volta.


- Va bene, seguimi. - Il ragazzo più piccolo fece un lieve cenno al suo nuovo amante, lo condusse in un angusto alberghetto sporco poco distante dal Moulin Rouge. Entrarono da una porta sul retro e ben presto si trovarono in una stanzetta scarsamente ammobiliata, solo un letto e un comodino mezzo rotto riempivano lo squallido ambiente, ma almeno le lenzuola sembravano lavate di fresco.


- Ah, è qui che vivi ? - Chiese incuriosito Francis mentre studiava il povero ambiente polveroso.


- No. Qui è dove lavoro. - Rispose l'altro precedendolo e accendendo la piccola lampada appoggiata sul comodino. La fioca luce illuminò l'ambiente donando, con la sua tenue luce giallastra, un po' più di calore a quello sporco angolo di Parigi. - Non è un granché, ma è pulito. - Precisò il ragazzo prima di sedersi sul letto.


- Perfetto allora. - Sorrise Francis mentre una strana sensazione di disagio si faceva sentire alla bocca dello stomaco. C'era qualcosa di strano in quel ragazzo, pochissime persone avevano il potere di agitarlo e lui lo stava decisamente mandando in confusione. Gli si piazzò davanti continuando a fissare quegli enigmatici occhi verdi.


- Cominciamo ? - Chiese con voce suadente la piccola figura accoccolata sul morbido materasso. Il tono che aveva usato era totalmente diverso da quello precedente e Francis stentava quasi a credere che quella carezzevole parola lasciva fosse stata pronunciata dalla stessa persona che aveva incontrato poco prima. Gli sorrise nuovamente mentre il desiderio di fare l'amore con quello strano ragazzo cresceva ogni minuto di più, tanto che ormai stava iniziando ad essere evidente un leggero rigonfiamento nel cavallo dei suoi pantaloni.


- Certo, ti lascio carta bianca .. emh ehm .. come ti chiami ? - La domanda arrivò così inaspettata che l'inglese ne rimase spiazzato, nessuno gli aveva mai chiesto il suo nome, almeno mai prima di un rapporto, di solito quella parte se la riservavano per il post-sesso mentre si rivestivano frettolosamente. Scosse leggermente la testa come a volersi riprendere dalla sorpresa poi rispose con voce piuttosto lasciva.


- Puoi chiamarmi Iggy e non voglio sentire commenti relativi al mio nome. - Tagliò corto liquidando la domanda come la maggior parte di quelle che gli venivano rivolte, era abituato a rispondere in modo laconico, fornendo il minor numero possibile di informazioni e dicendo sempre solo una mezza verità se non una bugia vera e propria. Non avrebbe mai permesso a nessuno dei suoi clienti di violare anche la sua vita, avevano già il suo corpo con cui divertirsi.


- Ok, io sono Francis, non sei di queste parti vero ? - La sua curiosità l'aveva spesso cacciato nei guai, ma era un qualcosa a cui non riusciva proprio a resistere specie se la persona in questione lo interessava. Si scambiarono ancora un breve sguardo poi, più perché aveva già pagato che per altro, Iggy decise di rispondere anche a questa domanda.


- Infatti, non sono di qui e non mi piace neppure questo posto. - Nuovamente non concesse alcuna informazione riservata a parte un inutile parere su Parigi. Si stava decisamente irritando, odiava fare conversazione specie in circostanze del genere. Squadrò il suo interlocutore e forse lo vide veramente per la prima volta. Era abituato a non soffermarsi mai molto sulla fisionomia dei suoi amanti anche perché la maggior parte di loro era composta da uomini piuttosto grandicelli e non particolarmente attraenti. Quello che aveva davanti invece era un uomo molto giovane, di sicuro avevano solo un paio d'anni di differenza, e dovette ammettere che era davvero di bell'aspetto. Almeno per quella sera non avrebbe dovuto tenere gli occhi obbligatoriamente chiusi, ma con la fortuna che aveva c'era sempre la possibilità che il bel francesino fosse un pervertito. Sbuffò appena cercando di scacciare quel pensiero, quella sera non era proprio in vena di strani giochetti schifosi.


- Sei inglese vero? - Le parole pronunciate improvvisamente da Francis lo fecero sobbalzare, era totalmente perso nei suoi pensieri e non si sarebbe aspettato che qualcuno riuscisse ad indovinare così facilmente la sua nazionalità. La lunghissima pausa che seguì quella semplice affermazione e la sguardo piuttosto spaurito di Iggy non lasciarono dubbi in merito alla risposta. Per la prima volta l'avevano preso così alla sprovvista che non era riuscito a simulare nulla che non fosse altro che la verità. Era inglese fin dentro all'anima, amava l'Inghilterra e sentiva un disperato bisogno di tornare a casa, ma al momento le sue precarie condizioni economiche gli impedivano qualsiasi possibilità di ritorno, in più adesso doveva pensare solo ed esclusivamente al suo fratellino. Rimase in silenzio ancora qualche secondo mordicchiandosi il labbro inferiore, quasi fosse indeciso sulla prossima mossa, era in evidente difficoltà e per quanto il fatto che quel Francis sapesse la sua nazionalità non rappresentasse un'informazione così personale, si sentiva in qualche modo violato. Non voleva mescolare sé stesso al suo sporco lavoro, per questo non concedeva mai dettagli della sua vera vita, anche il nome era una cosa troppo personale e non avrebbe mai permesso a nessuno di scoprirlo.


- Indovinato, sei piuttosto perspicace ... Francis giusto ?! - Il tono di voce era tornato quello sicuro di prima, ma i suoi occhi tradivano ancora un certo nervosismo che il francese non mancò di notare. L'aver messo così in crisi quella figura apparentemente così inarrivabile gli aveva conferito una sorta di strana fiducia e adesso si sentiva come rassicurato da quella inaspettata reazione.


- Nah .. è che prima, mentre contavi i soldi, ti ho sentito parlare in inglese allora ho supposto che fossi straniero, sai Parigi in questo periodo è piena di gente che arriva da tutte le parti d'Europa. - Sorrise, cercando forse di dare un po' di conforto a quel ragazzo che gli era apparso, anche se solo per pochi secondi, così fragile. Senza neppure pensarci si chinò appena in avanti e catturò con un unico movimento veloce le labbra morbide dell'inglese. La risposta non tardò ad arrivare e mentre era intento ad accarezzare con la lingua la pienezza di quella soffice bocca, sentì il dolce sapore del compagno. Il bacio diventò ben presto molto più profondo e i due si trovarono avvinghiati sul materasso intenti a divorarsi a vicenda. Francis non sapeva con esattezza se ciò che stava facendo il suo amante fosse dettato dall'esperienza o dalla stessa passione di cui lui stesso era caduto vittima, ma non ebbe il tempo di soffermarsi troppo su questo pensiero. Le sue mani, avevano infatti preso a vagare bramose sul corpo asciutto di Iggy e continuavano a soffermarsi impazienti sulla rotondità appena accennata del sedere sodo di quest'ultimo.


- Adesso rilassati e lasciami lavorare. - Queste poche parole vennero pronunciate direttamente all'orecchio di Francis e furono seguite da un'umida lappata. Il francese non potè far altro che guardare curioso il ragazzo più piccolo allontanarsi da lui, lo seguì con lo sguardo sollevando appena la testa e lo vide frugare frettolosamente nel piccolo cassetto del traballante comodino. Udì una flebile imprecazione in inglese che non riuscì però a decifrare e all'improvviso si ritrovò con due occhi verdi puntati di nuovo addosso.


- Ti piace il sesso orale vero ? - La voce calda dell'inglese fece sembrare la frase appena pronunciata molto più romantica, almeno alle orecchie di Francis che annuì vigorosamente alla domanda che gli era stata appena rivolta.


- Pensavo che per questo genere di cose si dovesse pagare un extra .. - Aggiunse poi Francis non perché avesse qualcosa da ridire in merito alla proposta, ma più che altro per il fatto che era completamente al verde dopo aver pagato l'esorbitale parcella. Venne però interrotto prima di poter completare la frase.


- In teoria sì, ma ho finito la vaselina e non ho alcuna intenzione di farlo a secco, quindi vedrò d'impegnarmi affinché tu ne faccia davvero tanta. - Il francese rimase davvero sbigottito da queste parole, ma la cosa che lo colpì maggiormente fu quello che successe immediatamente dopo. Infatti Iggy si mise di nuovo a ravanare nel cassetto finché non ne estrasse un piccolo cilindro argentato, questa volta il gesto venne accompagnato da un piccolo mugolio d'approvazione. Francis intanto stava cercando di scoprire a cosa servisse l'oggetto apparentemente inutile che il compagno aveva recuperato, ma non appena capì di cosa si trattasse non poté evitare di fare una domanda.


- Scusa la mia ignoranza, ma che cosa dovremmo farcene di un rossetto ?! - Mentre formulava la domanda inclinò appena la testa di lato cercando di cogliere qualche dettaglio utile dalle espressioni enigmatiche di Iggy. Quest'ultimo sentendo quelle parole si girò verso di lui e sfoggiando un ostentato sorriso seducente rispose velocemente.


- Tu proprio niente, serve a me. - Entrambi spostarono lo sguardo sul piccolo contenitore che, dopo essere stato aperto, rivelava il suo morbido contenuto. Francis era decisamente confuso, all'inizio aveva pensato a uno scherzo, forse quello strano ragazzo si voleva divertire a prenderlo un po' in giro, ma ancora una volta fu costretto a rivedere le proprie convinzioni. Dopo aver fatto un veloce respiro Iggy appoggiò il trucco alla bocca e con poche lascive mosse dipinse completamente le sue labbra che da rosa diventarono rosso acceso. Francis da parte sua non avrebbe saputo dire se fosse più eccitato o sconvolto, non aveva mai visto un ragazzo mettersi il rossetto e soprattutto non in quel modo. Squadrò per una manciata di istanti il viso dell'inglese che grazie a quella macchia brillante di colore si era trasformato così tanto. Non sembrava più neppure la stessa persona, ma prima che potesse formulare qualsiasi altro tipo di pensiero razionale, Iggy prese in mano la situazione, letteralmente. Francis sentì le calde mani del ragazzo insinuarsi sotto la stoffa spessa dei sui pantaloni, avvertì un'eccitante brivido non appena le dita dell'altro sfiorarono la sua virilità ancora imprigionata nella scura biancheria intima. Bisognoso di ricevere attenzioni più dirette aiutò il compagno a liberarlo dall'impiccio dei vestiti e pochi secondi dopo trovò il paradiso nella bocca di uno sconosciuto.


Non gli piaceva perdere tempo, quindi non appena vide che il suo nuovo cliente era pronto afferrò con dolcezza la base del suo pene già eretto e avvicinò con calcolata lentezza le sue labbra dipinte verso la voglia dell'uomo. Dapprima si limitò a piccoli baci, alternati a veloci lappate riservate solo alla parte più sensibile. I mugolii impazienti che riusciva a strappargli lo aiutavano a preparare la mossa successiva e non appena il francese iniziò a spingere il bacino verso di lui, cercando una soddisfazione più profonda, decise di accontentarlo accogliendo la maggior parte dell'asta dell'uomo nella sua bocca. Chiuse gli occhi, era schifosamente umiliante fare pompini, ma stavolta non aveva avuto altra scelta. Iniziò a muoversi ritmicamente su e giù per tutta la lunghezza del suo amante muovendo la lingua per stimolare le zone più sensibili. Il pesante strato di rossetto applicato in precedenza lasciava ad ogni passaggio delle sue labbra una sottile traccia rossa, Iggy cercò di essere piuttosto veloce e non appena sentì che gli ansimi dell'uomo si facevano sempre più affannosi e alti e che i suoi muscoli stavano iniziando a contrarsi si preparò psicologicamente a non spostarsi. Doveva assolutamente reprimere la sensazione di nausea che aveva e riuscire a trattenere in bocca più liquido che poteva.


Francis rimase piuttosto stupito dall'inaspettata bravura del ragazzo tanto che non ci mise molto a riversare il suo orgasmo direttamente fra quelle labbra che avrebbe preferito baciare, specie in un momento del genere. Si concesse qualche secondo per riprendersi dalle coinvolgenti sensazione che quel contatto gli aveva regalato. Succhiò avidamente l'aria calda e pesante che aleggiava nella piccola stanzetta poi si puntellò sui gomiti per riuscire ad alzare la schiena dal materasso. Voleva vederlo quasi come se avesse paura di essersi immaginato tutto. Non appena sollevò il capo i suoi occhi incontrarono quella gracile figura accucciata fra le sue gambe intenta a succhiarsi velocemente le dita in modo da ricoprirle abbondantemente di sperma. Era sporco in più punti, colpa del rossetto sbavato, e Francis immaginò che la sua virilità fosse conciata poco meglio; vedere quella sottile traccia rossa eccitò incredibilmente il francese che tentò di guadagnare una più decorosa e comoda posizione seduta. Fu però bloccato nel movimento dalle mani di Iggy che si erano nuovamente appoggiate sul suo pene, ora quelle dita leggere e sporche lo stavano accarezzando con delicatezza risvegliando la sua voglia. Passò meno di un minuto e Francis era di nuovo pronto, l'inglese ritrasse le mani, si spogliò velocemente andando infine ad appoggiarsi a cavalcioni sul bacino dell'uomo che rimase immobile a fissare gli eleganti movimenti di quell'audace ragazzetto. Lento Iggy si appoggiò alla sua virilità gonfia strofinandosi un paio di volte sopra di essa, poi, aiutandosi con una mano, iniziò a farlo scivolare dentro di sé. Non fece male, almeno non tantissimo, ma l'eccessiva foga con cui il francese dava il ritmo rendevano il tutto piuttosto doloroso. Raramente riusciva a rilassarsi durante un rapporto, ma questo poco interessava ai suoi clienti anzi più era stretto e contratto più questi si divertivano a sfondarlo. Chiuse gli occhi sperando come sempre che finisse il prima possibile quando improvvisamente sentì le ditta dell'uomo carezzargli la schiena.


- Ehi, tranquillo, va tutto bene. Preferisci che aspettiamo un secondo così riesci a rilassarti un po' ? - Iggy riaprì gli occhi sorpreso sia dal gesto di tenerezza sia delle parole dell'uomo, da quando aveva iniziato quel genere di lavoro nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per lui. Non era più abituato alle coccole così come aveva praticamente accantonato l'idea di potersi godere anche uno di quei rapporti che concedeva solo per soldi e questo insolito comportamento lo stava totalmente spiazzando. Non si ricordava neppure più l'ultima volta che aveva fatto davvero l'amore, da quando Alfred non c'era più aveva accantonato l'idea dell'amore e l'unica cosa a cui puntava era di ritornarsene a Londra con suo fratello. Francis, così almeno aveva detto di chiamarsi, lo stava mettendo in seria difficoltà, non poteva assolutamente concedersi il lusso di provare qualche genere di sentimento verso i suoi clienti e non sarebbero certo state due carezze a comprarlo anche se per sentirsi amato si sarebbe fatto volentieri scopare gratis. Scosse velocemente la testa cercando di dare una convincente risposta negativa alla domanda che gli era stata posta, ma Francis comunque rimase fermo aspettando di vedere il suo amante un po' più rilassato. Allungò le braccia appoggiando le mani sulle spalle esili dell'inglese, esercitò una lieve pressione verso il basso portando così il ragazzo ad appoggiarsi al suo petto. Rovesciò successivamente le posizioni e dopo aver regalato ad uno sconvolto Iggy uno sfavillante sorriso iniziò nuovamente a spingere dentro di lui. Francis cercò di usare la massima delicatezza possibile, ma fu difficile mantenere tale proposito, infatti ben presto riprese il ritmo dell'inizio constatando però che il suo amante si era notevolmente rilassato. Non appena si sentì nuovamente vicino all'orgasmo impugnò la virilità dell'inglese ed iniziò a massaggiarla vigorosamente tanto che dopo pochi rapidi movimenti precisi quest'ultimo di riversò nella mano dell'altro emettendo un suono piuttosto acuto. Sentendo l'orgasmo del compagno Francis sorrise soddisfatto di sé stesso per poi concentrasi sul meraviglioso calore che il corpo di Iggy gli trasmetteva. Bastò una lieve contrazione dei muscoli del ragazzo più piccolo per portare Francis direttamente all'apice, senza tanti complimenti assestò alcune spinte piuttosto violente venendo infine dentro quel meraviglioso calore.


Rimasero nudi e ansimanti ancora per qualche altro secondo, immobili, impegnati a regolarizzare il respiro e a smettere di ansimare. Era stato un rapporto decisamente coinvolgente per entrambi e l'intensità che avevano provato in quei momenti lasciava ora il posto ad un pesante torpore. Francis aveva incominciato ad accarezzare con delicatezza i morbidi capelli chiari del suo amante, ora leggermente umidi per via del sudore. Lo guardava respirare con gli occhi chiusi, ancora appoggiato sul suo petto. Il calore dei loro corpi attaccati era ancora forte, ma stava pian piano scemando, presto avrebbero iniziato a sentire un po' di freddo. Iggy era abbastanza frastornato, più per il comportamento atipico del cliente che per il rapporto in sé. L'aveva prima coccolato e poi si era anche preso il disturbo di fargli avere un orgasmo, Il problema più grosso era un altro: gli era piaciuto. Questo infrangeva tutti i limiti che si era fissato nel momento stesso in cui aveva deciso di tirar su un po' di soldi in questa schifosa maniera. Non sapeva se provare commiserazione o disgusto per sé stesso, ormai non si riconosceva neppure più, una volta aveva dei sogni, una vita, un ragazzo .. una volta era felice. Improvvisamente la voce calda e ovattata del suo nuovo cliente lo riportò alla realtà.


- Sì, decisamente li vali tutti 150 franchi. - Mormorò il francese continuando a passare le dita fra le ciocche bionde del ragazzo più piccolo che per tutta risposta fece un piccolo sbuffo.


- Posso farti una domanda ? - Continuò Francis con lo stesso tono carezzevole di prima. Iggy emise un brontolio infastidito, ma perché erano tutti fissati con le domande, possibile che dovesse sempre aver a che fare con della gente impicciona ?! Adesso chissà quale assurda idea stava frullando nella testa di quel citrullo biondo che era riuscito, dopo tanto tempo, a fargli riscoprire almeno in parte le gioie del sesso.


- Immagino di sì. - Rispose con voce piatta e decisamente ben poco entusiasta.


- Non che non mi sia piaciuto, ma perché il rossetto ? - Ecco, lo sapeva che alla fine sarebbe andato a parare da quelle parti, lui stesso si rendeva conto che quello che aveva fatto era piuttosto strano quindi era inevitabile dare un spiegazione. L'aveva già messo in conto fin dall'inizio, ma non sapeva come rispondere, magari a lui avrebbe potuto dire la verità, anche solo per ringraziarlo di non averlo trattato come una puttana. Fece un respiro profondo prima di rotolare via da sopra il corpo caldo dell'uomo, si sdraiò vicino a lui in modo da poterlo guardare negli occhi.


- Mi dà l'impressione di non essere io. - Abbasso di poco lo sguardo, era imbarazzato. Stava rivelando a qualcuno una piccola parte di sé e aveva paura di essere giudicato o peggio deriso. Si costrinse a risollevare lo sguardo e incrociò l'espressione leggermente confusa di Francis. Un altro profondo respiro introdusse una spiegazione più approfondita. - Non metterei mai il rossetto, quindi facendolo è come se mettessi una sorta di protezione sulle mie labbra, lo so che è stupido, ma ho l'impressione di non toccare direttamente quello che mi metto in bocca, è una sarta di barriera fra la mia bocca e il resto. - Rimase fisso in quegli occhi azzurri pronto a fronteggiare qualsiasi tipo di reazione negativa. Invece rimase stupito ancora una volta, dopo avergli regalato l'ennesimo sorriso, Francis lo baciò nuovamente. Un bacio veloce, quasi a stampo se non fosse stato per quella piccola lappata finale, qualcosa di dolce, di intimo, qualcosa che non si spreca per una puttana.


- Penso che tu sia davvero un bravo ragazzo, ti assicuro che mi interesserebbe molto sapere come sei finito a fare questo mestiere, ma sono altrettanto sicuro che non mi risponderesti quindi, almeno per il momento, mi accontento così. Ti andrebbe di fare un bagno ? - Iggy a quelle parole gentili sorrise imbarazzato poi indicò una porta in un angolo della stanza.


Francis avrebbe voluto sapere ancora molte cose di quel ragazzo, ma non avrebbe mai ricevuto le risposte sperate nemmeno nei loro incontri successivi. Da quella sera aveva iniziato a vivere con l'ossessione di Iggy, lo cercava continuamente, spendeva i suoi scarsi risparmi per comprare qualche ora del suo tempo e si stava accorgendo ogni giorno di più di essere innamorato di lui. Il loro primo incontro fu sicuramente quello più intimo, Iggy piano piano aveva cominciato a fidarsi di lui, ma non abbastanza da ritenerlo meritevole di entrare a far parte della sua vita reale, quella in cui viveva al di fuori della calda e lasciva notte parigina. Ultimamente però i loro incontri erano diventati sempre meno frequenti, Iggy era sfuggente e nervoso, spesso saltava gli appuntamenti che si davano ed era sempre più difficile da rintracciare. Francis aveva provato a cercare di scoprire quale fosse il problema, ma il ragazzo non gli aveva concesso nessun genere d'informazione. Adesso però aveva assoluto bisogno di trovarlo, doveva parlargli e riuscire in qualche modo a farsi spiegare la situazione, la cosa sarebbe stata sicuramente vantaggiosa per entrambi.


Mentre stava sorseggiando l'amaro liquido scuro a Francis venne un'illuminazione: Eliza. La ragazza infatti gli aveva detto di essere passata a casa sua la sera precedente e forse con un po' di fortuna sarebbe riuscito a farsi dare l'indirizzo, anzi meglio chiedere direttamente a Gilbert, meno domande e risultato più sicuro.
Lasciò direttamente sul tavolo i soldi necessari a pagare la consumazione e si ritrovò a compiere a ritroso il percorso di vicoletti intrapreso meno di un'ora prima.

Entrò in casa come una furia, piuttosto trafelato e con piccole gocce di sudore che gli colavano lente lungo il viso dai lineameti morbidi. Nonostante il caldo aveva corso per impiegare il minor tempo possibile. Trovò solo Lovino ad accoglierlo nel salotto, il ragazzo italiano lo guardava sbigottito, sicuramente non si asepttava quel genere d'incursione, tanto che era rimasto immobile con il biscotto che stava mangiando ancora per metà stretto fra le labbra.


- Ciao Lovi, fatto tanta nanna ? - Chiese con voce fin troppo dolce Francis. Quasi tutti in casa avevano l'abitudine di trattare e rivolgersi all'italiano come se avessero a che fare con un bambino. Il padrone di casa forse si soffermò qualche secondo di troppo sul sedere sodo del suo ospite che girava deliberatamente in mutande. Lo sguardo stizzito che gli venne rivolto come risposta confermò a Francis la sua supposizione e dopo aver sorriso candidamente al ragazzino continuò. - Sai dov'è Gilbert ? - chiese ansioso ricordandosi improvvisamente il motivo del suo anticipato ritorno a casa.
Lovino si limitò ad alzare svogliato le spalle per poi alzare rapido il braccio indicando la porta della sua camera da letto che proprio in quel momento si spalancò mostrando la figura altezzosa di Gilbert tutto tirato a lucido per affrontare un'impegnativa giornata di lavoro.


- Hey, buon giorno, senti Gilbert ti vorrei chiedere una cosa importante, hai due minuti per me? - chiese Francis cercando di apparire il più rilassato possibile, insomma non voleva che tutti capissero quanto quel dannato inglese lo avesse coinvolto.


- Ciao, no mi dispiace adesso non posso badarti, sono già in ritardo e visto che non è la prima volta rischio di essere licenziato se non vado subito. - Il tono del ragazzo era abbastanza irritato, odiava lavorare, ma con un bambino in arrivo ed Eliza a carico non potevano esserci alternative. Superò velocemente Lovino dopo averlo salutato con un breve cenno del capo oltrepassò anche Francis. Si fermò però un momento sulla soglia rivolgendosi nuovamente all'amico.


- Il suo indirizzo te l'ho scritto in un foglietto di là in cucina, ho pensato che magari ti poteva servire, ci vediamo stasera e mi raccomando Lovino tieni d'occhio Eliza. Buona fortuna Francis. - Dette queste parole il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, a Francis non restava altro che trovare l'indirizzo riportato sul piccolo pezzo di carta.



_______ Fine primo capitolo _


Grazie a tutti per essere arrivati fin qui.
Spero di leggere tanti vostri commenti e ci sentiamo presto.
Un bacio a tutti, alla prossima <3


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Al Moulin Rouge ( seconda parte ) ***


Al Moulin Rouge


seconda parte:

eccomi tornata con la seconda parte della storia

entro breve posterò anche il capitolo conclusivo. Spero

che vi piaccia e che siate così gentili da farmi sapere ancora

una volta il vostro parere. Adesso vi lascio, buona lettura e ci sentiamo

a fine capitolo.



Correva. Stava letteralmente travolgendo qualsiasi persona gli si parasse di fronte e malgrado tutte le imprecazioni che gli innocenti passanti gli avevano rivolto, non si era girato a chiedere scusa neppure una volta. Aveva ben altro a cui pensare e in più doveva cercare di orientarsi nell'unica parte di Parigi che non conosceva. Non ci mise molto per trovare la zona in cui, secondo il biglietto lasciatoli da Gilbert, Iggy viveva, il problema più grande sarebbe stato trovare l'esatta abitazione visto che in quella dannata strada le numerazioni degli edifici erano assegnate secondo un ordine piuttosto inusuale. Fece per tre volte il giro completo dell'isolato senza ottenere nessun tipo di miglioramento tangibile, continuava a rileggere le poche parole riportate sul piccolo pezzo di carta. Era così vicino a lui eppure non lo riusciva a trovare; era sempre stato così fra di loro anche quando le distanze erano minime sembrava che ci fosse qualcosa che impediva a Francis di poterlo raggiungere realmente. Batté violentemente il pugno su uno a caso dei muri scalcinati che aveva intorno, tenne la mano dolorante appoggiata alla ruvida superficie stringendo i denti e impedendo alla frustrazione di avere la meglio ancora una volta. Fece un paio di respiri profondi dilatando e contraendo ritmicamente la cassa toracica, di una cosa era sicuro: l'avrebbe trovato, anche a costo di bussare a tutte le dannate porte di quella stramaledetta strada.
La sua tenacia questa volta ebbe la meglio e, dopo un numero imprecisato di tentativi andati a vuoto, finalmente Francis riuscì a trovare la palazzina n. 57. Le indicazioni che gli aveva fornito una anziana donna pochi minuti prima erano state fondamentali e ora si trovava di fronte alla patetica tana in cui Iggy andava a nascondersi dal mondo. Si fermò solo qualche secondo davanti all'arrugginito cancello aperto che delimitava il perimetro dell'inesistente cortile, doveva assolutamente riprendere fiato. Lanciò un'occhiata non molto attenta alla precaria costruzione: muri scalcinati e cotti dal sole, cocci vari sparsi un po' ovunque, vetri rotti e un persistente cattivo odore. Era sicuramente uno dei quartieri peggiori di Parigi, avrebbe dovuto tirarlo fuori da quel buco e, anche se non sapeva come, doveva assolutamente riuscirci.
Trovò il minuscolo appartamento di Iggy al secondo tentativo, l'idea di cominciare dall'ultimo piano si era rivelata estremamente proficua. Bussò un paio di volte alla porta sbiadita e pochi secondi dopo apparve sulla soglia un bambino. Francis spalancò gli occhi per la sorpresa. Squadrò attentamente quell'esile figura in parte ancora coperta dalla pesante superficie di legno, si soffermò in particolare su alcuni inconfutabili dettagli: i morbidi lineamenti del viso, i capelli biondissimi, le labbra piene, ma soprattutto quelle ridicole sopracciglia enormi. Quel bambino era senza dubbio il fratellino di Iggy, si somigliavano troppo perché si trattasse di una mera coincidenza. Il piccolo piegò appena la testa di lato come per poter avere una diversa visuale da cui poter studiare il nuovo venuto, non aveva mai visto quel giovane uomo e a pelle sentiva che quella visita avrebbe portato qualcosa di nuovo. Seguì Francis con lo sguardo mentre quest'ultimo appoggiava le mani sulle ginocchia creando così un sosteno stabile che gli permettesse d'inclinare il busto in avanti senza sbilanciarsi troppo.


- Ciao Peter. - Disse Francis parlando in un inglese eccessivamente morbido che fece ridere il suo piccolo interlocutore. - Mi chiamo Francis, tuo fratello è in casa ? Avrei bisogno di fare quattro chiacchiere con lui. - Non appena ebbe fino la frase il francese tese una mano verso il bambino sperando che quest'ultimo la stringesse e si fidasse abbastanza di lui per fornirgli una qualsiasi risposta. Si fissarono in silenzio ancora per pochi secondi, Peter sembrava parecchio indeciso sul da farsi e Francis pregò in cuor suo che il piccolo avesse un carattere diverso da quello diffidente e schivo del fratello maggiore altrimenti si sarebbe ritrovato di nuovo davanti ad una porta chiusa, probabilmente sbattuta in faccia. Contrariamente a quello che si aspettava, Peter gli regalò un ampio sorriso e intrecciò la sua gracile manina fredda con quella di Francis. L'uomo gli sorrise di rimando e non oppose la minima resistenza quando il bambino lo guidò dentro all'angusto ingresso. Non appena il francese si chiuse la porta alle spalle l'intero ambiente sprofondò in un angosciante penombra, Peter continuava a tenergli la mano e, usando lo stesso metodo adottato pochi istanti prima, portò l'ospite davanti ad uno sgualcito divano pieno di strappi da cui fuoriusciva parte dell'imbottitura che riempiva i cuscini ormai sgonfi. Il piccolo indicò a Francis il divano per poi sparire pochi secondi dopo dietro ad un colorato paravento che separava quell'ambiente dall'angolo cottura. Il francese decise di accomodarsi sullo scomodo mobile che, a giudicare dalle condizioni, doveva aver visto tempi migliori, e rimase in silenzio limitandosi a fissare la sottile finta parete dietro cui Peter era scomparso. Quest'ultimo fece ben presto ritorno da lui con due tazze sbeccate in mano, ne porse una al suo ospite poi, dopo essersi seduto vicino a lui, iniziò a bere a piccoli sorsi il freddo liquido bianco contenuto in quel rovinato contenitore di ceramica. Francis decise d'imitare il bambino senza protestare o chiedere spiegazioni e mentre si portava alle labbra qualche sorso di latte iniziò a guardarsi intorno sperando di trovare qualche traccia di Iggy.


- Grazie mille per l'ottima ospitalità Peter. Questo latte è davvero buono. - Francis tentò nuovamente d'intavolare una conversazione, ma con scarsi risultati. Non aveva una grande esperienza di bambini e non sapeva esattamente come comportarsi. Appoggiò la tazza ormai vuota sul tavolinetto basso davanti al divano e dopo qualche minuto anche Peter lo imitò. Francis lo fissò ancora una volta cercando di capire qualcosa di più di quello strano ragazzino. Era estremamente esile, forse anche troppo così come era eccessivo anche il colorito pallido che mascherava il rossore che normalmente colora le guance dei bambini, gli occhi grandi erano come velati da una patina invisibile che ne smorzava in parte la vivacità. Ormai era passata quasi una mezz'ora da quando Francis era arrivato e in quell'esiguo lasso di tempo l'aveva sentito tossire violentemente un paio di volte, sperava davvero che quello che gli aveva detto Eliza la sera prima fosse solo un brutto sospetto, ma la realtà dei fatti lasciava pochi dubbi sulla gravità della salute di quel bambino. Francis desiderò ardentemente fare qualcosa per quel cucciolo e forse aiutando lui sarebbe riuscito anche ad aiutare il fratello.

Peter non aveva ancora distolto gli occhi dalle sue ginocchia, aveva lo sguardo concentrato e le labbra appena contratte in un piccolo broncio, sembrava stesse meditando su qualcosa di molto importante. Francis appoggiò con dolcezza una mano sulla spalla del piccolo e non appena questo gli restituì lo sguardo, il francese gli regalò un dolce sorriso.


- Hey, se c'è qualche problema puoi parlarmene se ti va, io ti ascolto volentieri. - La voce di Francis era dolce e carezzevole, la sua mano era così calda e i suoi occhi così limpidi che Peter decise di fidarsi di lui. Rimase in silenzio ancora qualche secondo poi, finalmente, fece sentire all'ospite la sua voce.

- Mio fratello mi ha detto che non devo mai parlare con gli estranei, ma ormai è passato un po' di tempo da quando sei arrivato, quindi adesso ti conosco giusto? - La voce di Peter era sottile quasi come la sua figura e l'innocenza della domanda fece intenerire Francis che represse la voglia di stringere quel piccolo bambino a sé.

- Certo, ormai io e te siamo amici. Ci siamo presentati e abbiamo anche bevuto qualcosa insieme, gli sconosciuti non fanno questo genere di cose. - Le parole di Francis convinsero del tutto Peter che si sciolse nell'ennesimo sorriso.

- Hai detto che avevi bisogno di vedere mio fratello vero ? - A quelle parole Francis ebbe una sorta di brivido e sentì parte dei suoi muscoli irrigidirsi, cercò di mascherare la sua ansia invitando il piccolo a continuare annuendo con la testa. - Ecco, è di là che dorme adesso. Stamattina è tornato tardi tardi e poi era strano, non mi è neppure venuto a salutare, di solito lo fa sempre. E' andato in camera e si è messo a borbottare come fa quando lo fanno arrabbiare e quando sono entrato per dargli il bacino del buon giorno mi ha detto di andare via. - Peter distolse lo sguardo da quello di Francis abbassando anche la testa, il comportamento del fratello lo aveva turbato e, anche se non avrebbe saputo spiegare la ragione, si sentiva in parte responsabile per il malumore che da qualche tempo si era impossessato dell'unica persona che gli era rimasta.

- Tranquillo Peter, avrà avuto solo una brutta serata e forse era solo un po' stanco e aveva bisogno di restare da solo. Lo sai che tuo fratello è un po' strano a volte. - Quella battuta semplice fece ridere Peter che, ritrovata l'allegra, iniziò a raccontare al suo ospite una lunga serie di aneddoti riguardante il carattere lunatico del fratello maggiore. Francis da parte sua, ascoltava avido qualsiasi particolare della vera vita di Iggy beandosi dei racconti innocenti di Peter e facendo qualche domanda ogni tanto per manifestare maggiore interesse. Peter si sentiva felice, finalmente c'era qualcuno, oltre ad Arthur, che stava un po' con lui, che lo ascoltava e che lo faceva ridere.

Fecero una lunga chiacchierata intessuta di piccoli dettagli durante la quale Peter aveva buttato per aria il minuscolo appartamento per mostrare al suo nuovo amico tutti i suo più preziosi tesori, Francis lo ascoltava divertito e lo assecondava guidato dalla spensieratezza di quel bambino che, per poche brevi ore, era riuscito ad alleggerirgli il cuore dall'angosciante oppressione che sentiva. Dopo tutte quelle parole Peter sembrava davvero stanco e tornò nuovamente a sedersi vicino al francese, in poci istanti però cambiò posizione e senza chiedere alcun tipo di permesso si sedette sulle gambe dell'uomo e dopo avergli dato un sonoro bacio sulla guancia si accoccolò su di lui appoggiandogli la testa nell'incavo fra il collo e le spalle. Francis non si mosse per non intralciare i movimenti del bambino e non appena quest'ultimo ebbe trovato la posizione più comoda iniziò ad accarezzargli la schiena così come sua madre faceva con lui quando era piccolo. Muoveva lento la mano coccolando quel corpicino così gracile e poco prima di addormentarsi sentì nuovamente la sua voce sottile. - E' da quando Alfred è andato via che nessuno gioca più così con me. Credo che andandosene abbia portato via anche l'allegria del fratellone, da quel giorno è diventato tanto triste. Però adesso sei arrivato tu, non ci lasci soli vero Francis? -
A quelle parole Francis sgranò nuovamente gli occhi, ancora quel dannato nome, ma chi accidenti era Alfred e dove diamine era andato. Avrebbe voluto dar voce ai suoi dubbi, chiedere a Peter di risolvere questi enigmi per lui troppo difficili, ma sentendo il respiro un po' affannato del piccolo e la sua fronte farsi sempre più calda a contatto con il suo collo decise di continuare a coccolarlo. - Certo, adesso ci sono io e penserò a tutto. Puoi smettere di preoccuparti Peter, lascia fare a me. - Le parole calme di Francis lo rassicurarono e pochi istanti dopo Peter era già nel mondo dei sogni.

Rimase in quella posizione ancora un paio di minuti poi iniziò a chiedersi dove fosse la camera da letto di Peter, sicuramente il piccolo avrebbe riposato meglio steso e al calduccio sotto le coperte e forse, vista la rapidità con cui gli saliva la temperatura, avrebbe fatto bene anche a mettergli un bel panno fresco sulla fronte. Cercando di fare il più piano possibile, Francis si alzò tenendo Peter in braccio, mosse solo pochi passi verso una porta quando quest'ultima si aprì improvvisamente rivelando la spettinata figura di Iggy. Non appena entrambi ebbero realizzato di trovarsi l'uno di fronte all'altro ebbero reazioni opposte, Francis fece un ampio sorriso al padrone di casa mentre quest'ultimo si trattenne dall'urlare qualcosa di molto poco educato all'ospite, più per non svegliare il fratellino che per educazione.


- Francis, cosa accidenti fai a casa mia e come cavolo hai avuto il mio indirizzo, ma cosa più importante cosa ci fai con mio fratello in braccio. - Borbottò I'inglese evidentemente seccato aspettando una risposta che non si fece attendere.

- Sono passato a trovarti visto che ieri sera ti sei dimenticato del nostro appuntamento. Diciamo che ti ho cercato un po' dappertutto e che Peter è stato molto ospitale com me, è davvero un bambino adorabile e abbiamo parlato fin'adesso ma credo che si sia stancato un po'. A proposito, senti Iggy dove posso metterlo, sarebbe meglio portarlo a letto anche perché penso che abbia la febbre. - Francis non distolse lo sguardo neppure per un istante dal suo interlocutore e decise di ignorare momentaneamente i lividi violacei che gli rovinavano il viso e la profonda spaccatura che gli attraversava in verticale il labbro inferiore.


A quelle ultime parole le pupille di Iggy si dilatarono e, dimenticandosi di qualsiasi altra cosa, si diresse veloce verso il paravento. - Portalo nella mia stanza, è la porta sulla destra. Mettilo pure sul letto e coprilo bene, usa anche le coperte che sono sopra l'armadio se ti servono, ma coprilo bene. Io prendo dell'acqua fredda e arrivo subito. -
Francis ubbidì senza discutere e, dopo aver coperto attentamente Peter, si spostò un po' dal letto per permettere a Iggy di sistemare la piccola pezza di stoffa intrisa d'acqua fredda sulla fronte bollente del bambino. L'inglese si sedette sul ciglio del letto continuando a fissare il fratellino, si portò nervoso l'indice alla bocca e iniziò a mangiucchiarsi convulsamente l'unghia già cortissima. Francis si avvicinò a lui lentamente e quando gli appoggiò una mano sulla spalla fu sorpreso di sentire l'esiguo peso del corpo di Iggy che si appoggiava a lui.

- Non capisco perché gli sia già tornata la febbre. Eppure il dottore gli ha fatto l'iniezione ieri sera, di solito sta bene qualche giorno. Non va bene, non va affatto bene. Accidenti se non si abbassa è un guaio. - Stava mormorando cose senza senso, pensava semplicemente a voce alta cercando una soluzione inesistente ad un problema che non poteva combattere.

- Iggy senti perché non vai a chiamare il dottore, ci penso io a Peter nel frattempo o se preferisci facciamo il contrario. Magari facendogli un'altra iniezione starà meglio e ... - Non riuscì a concludere la frase perché venne interrotto dal suo interlocutore. - Francis ma che cazzo stai dicendo. Secondo te non sarei già corso da quel fottuto dottore se avessi anche solo la possibilità di permettermi una di quelle carissime iniezioni d'antibiotico. Porca puttana costano talmente tanto che non riesco più a pagarle e Peter ne ha bisogno sempre più spesso, ormai deve farle a giorni alterni. - La voce, man mano che proseguiva nel discorso, gli morì in gola mentre calde lacrime gli rigavano le guance. Ben presto i due si ritrovarono abbracciati, Iggy cercava conforto mentre Francis cercava di dargliene quando improvvisamente al ragzzo più grande venne un'idea.

- Ascoltami, corri a chiamare quel dottore, ci penso io a pagare le spese per le medicine però sbrigati e niente domande, più tardi avremmo tutto il tempo per parlare ma adesso devi sbrigarti. - Il tono sicuro di Francis e la determinazione che gli brillava negli occhi riuscirono veramente a calmare l'inglese che dopo aver mormorato un sommesso grazie appoggiò le labbra a quelle del francese. Pochi secondi dopo si precipitò fuori dall'appartamento lasciando Francis a sorvegliare il fratellino.


Neppure un'ora dopo i due ragazzi si trovavano seduti ad un piccolo tavolo di compensato, l'uno di fronte all'altro, nella stessa stanza in cui Francis era stato accolto quella mattina da Peter. Il dottore era arrivato d'urgenza scortato da un Iggy senza più fiato, aveva corso così tanto che il suo respiro aveva impiegato una manciata buona di minuti per tornare regolare. Dopo una breve visita di controllo il medico aveva estratto, come d'abitudine, la solita fialetta d'antibiotico che aveva poi ignettato nel corpo del piccolo solo dopo che Francis ebbe pagato l'assurdo prezzo per quei pochi millilitri di liquido. Avevano aspettato che la febbre scendesse e che il respiro di Peter si regolarizzasse prima di azzardarsi a lasciarlo da solo e ora si trovavano nuovamente insieme. Il primo a rompere quell'ovattato silenzio fu Iggy, la sua voce distolse Francis dai suoi pensieri riportandolo alla realtà.


- Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per noi. Io ecco, vedrò di risarcirti quindi credo che per le prossime volte tu non mi debba niente e ti prometto anche che non salterò più gli appuntamenti, ho avuto un contrattempo ieri sera che mi ha impedito di venire e quindi io .. - Vedendolo palesemente in difficoltà Francis decise di prendere la situazione in mano, era il momento giusto, dovevano parlare. Nolente o volente questa volta Iggy avrebbe dovuto rispondere a tutte le sue domande, solo in questo modo Francis sarebbe stato in grado di poterlo realmente aiutare.

- Senti Iggy, cerchiamo di parlarci chiaro. Io non voglio niente in cambio da te, non ti ho aiutato per ricavarne un qualche profitto, l'ho fatto per tuo fratello e per te, perché ti amo cazzo e perché voglio capire che diavolo ti succede quindi vediamo di andare con ordine. Dimmi che accidenti ti è successo, comincia dal principio, voglio sapere come sei finito a fare la puttana e chi cazzo è Alfred. Ah vedi d'includere nel racconto anche quello che hai combinato alla faccia -

- Credo di dovertelo, anche solo per ringraziarti di quello che hai fatto per me, è una storia lunga e non intendo ripetere nulla quindi vedi di ascoltare e riservati per dopo le domande. - Francis annuì appoggiando entrambe le braccia sul tavolo e protendendosi in avanti come per mostrare una maggiore concentrazione. Aveva pura di quello che avrebbe potuto sentire ma non sarebbe tornato indietro per nulla al mondo anche se appena Iggy iniziò a parlare, il ragazzo più grande fu scocco da un lungo brivido.






Fine secondo capitolo


grazie mille per essere arrivati anche alla

fine di questo capitolo, spero di leggere presto i

vostri commenti e io prometto di farvi avere entro

breve il capitolo conclusivo di questa parte di storia.

Ancora grazie e a prestissimo !




Un grazie speciale a :



Sui:

spero che ti piaccia anche questo capitolo e che sia riuscita a placare la tua curiosità *_*


ballerinaclassica:

Oddio *_* come ho già avuto modo di dirti i tuoi commenti sono sempre adorabili e davvero il tuo parere per me è fondamentale :3 Hai ragione UsUk è assolutamente la perfezione e nel prossimo capitolo ci saranno dei forti accenni alla nostra coppietta. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e il prossimo aggiornamento promesso che è di Home Sweet Home <3


Emi_Iino:

Oddio °w° ho adorato il tuo commento, ti ringrazio davvero tanto per i complimenti e per avermi detto che ti avevo lasciato la voglia di leggere il seguito. Spero di risentirti presto e di averti accontentata !



Grazie anche a tutti coloro che hanno commentato Guernica <3

Ho apprezzato davvero tantissimo i vostri splendidi commenti e spero di risentirvi nuovamente *_*







Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Al Moulin Rouge ( terza parte ) ***


Al Moulin Rouge


terza parte:


Premetto che sono consapevole del mostruoso ritardo con cui aggiorno

e davvero chiedo scusa anche se immagino che serva a poco.

Purtroppo ho avuto vari problemi personali e sono riuscita solo adesso

a trovare il tempo per continuare questo capitolo iniziato mesi fa.

Spero che abbiate ancora la voglia di leggerlo e magari

di lasciarmi un commento. Ho nuovamente allungato anche questa

storia che doveva concludersi in due capitoli e invece non è ancora finita.

L'epilogo lo sposto al prossimo aggiornamento altrimenti

veniva fuori una roba davvero troppo lunga e pesante.

Vi auguro una buona lettura e ci risentiamo in fondo alla pagina.


- Mi chiamo Arthur Kirkland, sono nato ventitre anni fa nella periferia di Londra, quinto di sei fratelli. Quando avevo circa undici anni mia madre è morta di parto, era una donna molto debole e l'ennesima gravidanza aveva irrimediabilmente compromesso la sua salute già precaria. Da quel momento mio padre decise di dedicarsi più allo scotch che ai suoi figli, così nel giro di pochissimo tempo la nostra famiglia si è sfaldata: i miei fratelli, poco tempo dopo, appena ne hanno avuto le forze, sono scappati di casa. Di tre non ho più avuto notizie, ma so per certo che uno è morto in una rissa, gli hanno sparato o almeno dovrebbe essere così, non ci ho capito molto e il tipo che mi è venuto a riferire la cosa aveva di meglio da fare che spiegarmi l'accaduto in maniera dettagliata. Io invece restai lì dove ero nato ancora per parecchi anni, non potevo abbandonare Peter. Ho lavorato facendo l'apprendista in varie botteghe, mio fratello mi seguiva ovunque anche perchè avevo paura a lasciarlo solo in casa con mio padre, credo che l'aclol non faccia un bell'effetto su nessuno.- alzò lo sguardo sul suo interlocutore e smise per alcuni interminabili secondi di giocare con l'orlo della logora camicia azzurro sporco che usava come pigiama. Francis era lì di fronte a lui che lo fissava attento esortandolo con gli occhi a continuare il suo racconto. Non lo avrebbe giudicato, di questo Arthur ne era sicuro, ma aveva comunque paura di mettersi a nudo davanti a qualcuno, odiava la pietà ed era fin troppo spaventato dalla compassione. Da molto tempo aveva dimenticato cosa comporta l'essere innamorati e il fatto che il francese gli avesse rivelato i suoi sentimenti non lo aveva toccato più di tanto. Francis era sicuramente diverso da tutti i suoi altri innumerevoli amanti, ma da quando aveva cominciato quel genere di attività gli erano state raccontate fin troppe bugie. Molti gli dichiaravano amore ubriacati dall'orgasmo con cui lo avevano sporcato appena pochi minuti prima, promettevano sogni e offrivano speranze per poi ritrattare tutto alcuni attimi dopo mentre erano obbligati a mettere mano al portafogli per saldare il conto a una puttana che non concede sconti.

Arthur sospirò conservando quel fragile silenzio ancora per qualche altro secondo, ogni parola gli costava un grande sacrificio, ma nuovamente per amore di suo fratello era disposto a disfarsi di quella dignità che fingeva ancora di possedere. Chiuse gli occhi e dopo aver inalato un eccessivo quantitativo d'aria, cominciò di nuovo a parlare usando sempre un tono incolore, piatto, sforzandosi di estraniarsi da quel racconto, illudendosi che la storia che stava narrando non riguardasse la sua vita.

- Poi un giorno successe qualcosa di – fece una breve pausa rendendosi conto di non riuscire a trovare l'aggettivo adatto per descrivere quel particolare momento. - assurdo. Stavo tornando a casa dal lavoro quando improvvisamente incontrai un ragazzo .. - Arthur interruppe ancora una volta il discorso abbassando lo sguardo sulle proprie gambe, cercando di mascherare l'insolita sfumatura rossastra che stava diventando ben visibile sulle sue guance.

- Alfred – la voce di Francis ruppe quell'ennesima pausa precisando il nome del soggetto su cui verteva adesso l'intricato racconto che Iggy gli stava a poco a poco svelando. Vista l'insolita reazione avuta dall'inglese, doveva per forza trattarsi di Alfred e il crescente imbarazzo manifestato dal suo interlocutore non faceva che confermare quell'ipotesi. Per la prima volta da quando si conoscevano, Francis vedeva Iggy imbarazzato. Mai, neppure durante uno dei loro più focosi e perversi incontri, l'aveva visto arrossire o scomporsi. Era sempre sicuro e deciso, con una strana arroganza che continuava a brillare in quegli spettacolari occhi verdi accompagnata da uno smisurato orgoglio che non abbandonava mai il suo sguardo neppure nel momento in cui si sottometteva a qualcuno. Arthur era una persona estremamente fredda e razionale, difficilmente si concedeva il lusso di lasciarsi guidare dalle emozioni e vederlo in quello stato lo portava a provare una folle gelosia nei confronti di quello che, ancora per il momento, non era altro che un nome.

Arthur annuì all'unica parola pronunciata dal francese e cercò di radunare tutto il coraggio che ancora aveva in corpo, parlare di Alfred era come riaprire una ferita che fatica a cicatrizzarsi, un dolore sempre presente che non si riesce a dimenticare nonostante innumerevoli sforzi. Quel ragazzo rappresentava il momento più bello della sua vita e sapere di averlo perso lo distruggeva. Aveva relegato in fondo al suo cuore tutto l'amore e la dolcezza che il viso di quel maledetto americano riusciva a fargli provare e non aveva alcuna intenzione di vivere di nuovo certe sensazioni per poi essere abbandonato ancora una volta. Quasi senza accorgersene riprese il discorso lasciato a metà evitando però di alzare lo sguardo per rispondere all'urgente occhiata che sentiva su di sé.

- Sì, Alfred. Aveva qualche anno in meno di me, ma era molto più alto e grosso, veniva dall'America e continuava a ripetermi che odiava la Gran Bretagna e che se non fosse stato per forza maggiore non ci avrebbe mai messo piede. Quando ci siamo conosciuti era una rara giornata di sole, come saprai in Inghilterra piove moltissimo, ma quel giorno il cielo era di un azzurro intenso e nonostante fossimo a novembre la temperatura era piuttosto gradevole. Mi chiese quale fosse la strada più breve per raggiungere la stazione, doveva assolutamente andare in Francia perchè, a suo avviso, quello era l'unico posto in cui il suo talento avrebbe mai potuto essere capito ed apprezzato. Diceva di essere un artista, un pittore nato, ma a me i suoi quadri hanno sempre fatto davvero schifo; non sai quante volte criticavo i suoi orrendi lavori e lui fingeva di offendersi .. era un tipo molto allegro e solare. Comunque Peter non aveva per niente voglia di tornare a casa quel pomeriggio e neppure io, forse è per questo che cedetti alle lagnose suppliche di mio fratello. Accompagnammo Alfred in stazione, da lì avrebbe preso un treno che lo avrebbe portato nel sud dell'Inghilterra dove, con un po' di fortuna, avrebbe trovato un battello con cui arrivare in Francia in meno di un giorno. Ci avviammo al binario e Peter insistette perchè aspettassimo che arrivasse il treno, nuovamente diedi retta a mio fratello e rimanemmo con lui un'altra mezz'ora. Parlammo di tutto e di niente in quel brevissimo lasso di tempo, lui ci raccontò dei suoi sogni e dei suoi irrealizzabili progetti, mi fece un paio di domande alle quali risposi nella maniera più evasiva possibile mentre Peter continuava a correre per la stazione esplorando dall'interno quell'edificio che aveva sempre visto da fuori. In quell'occasione mi sentii davvero felice, quasi come se tutti i pensieri e le preoccupazioni della mia vita si fossero improvvisamente dissolti. 
Ci pensò il fastidioso fischio della locomotiva a riportarmi alla realtà; il treno era a pochi metri dalla stazione e annunciava il suo arrivo emettendo quel fastidioso rumore acuto. Richiamai Peter vicino a me e stranamente, anche se era parecchio impegnato a rimirare quella macchina sbuffante, mi ubbidì. Volevo sbrigarmi ad uscire dalla stazione, per qualche assurda ragione non volevo vedere Alfred partire, non l'avrei sopportato. Iniziai a sentire distintamente una morsa alla bocca dello stomaco e l'ansia non faceva altro che aumentare, presto cominciai a respirare in maniera irregolare mentre stringevo convulsamente la mano di mio fratello. Improvvisamente sentii le mani di Alfred appoggiarsi sulle mie spalle e, ancora prima che riuscissi a registrare questo contatto, lui si avvicinò a me e mi baciò. Sentire le sue labbra sulle mie mi rilasso incredibilmente, fu un contatto dannatamente intimo e imbarazzante. Non so con precisione quanto sia durato, l'unica cosa che mi ricordo è che dopo quell'inaspettato bacio, Alfred mi tirò a sé e mi tenne stretto per qualche secondo. Rimasi immobile a respirare il profumo che il suo corpo emanava felice di trovarmi in quella situazione tanto da dimenticarmi di ogni cosa attorno a noi, tranne di mio fratello a cui tenevo ancora la mano. - Sospirò girando appena la testa verso una piccola finestrella dai vetri appannati, fuori ormai aveva iniziato a piovere già da diverso tempo. Si prese qualche altro attimo di calma poi si decise a rivolgere finalmente lo sguardo al suo interlocutore. Francis non aveva mutato ne posizione ne espressione, continuava a fissarlo con interesse anche se la sua aria serafica non riusciva a mascherare del tutto il fastidio che la gelosia gli stava provocando. Arthur rimase ancora in silenzio iniziando a giocherellare con alcune briciole rimaste sul piccolo tavolo, doveva trovare la calma necessaria per continuare il suo difficile racconto, la parte peggiore doveva ancora arrivare. Francis vedendo Iggy nuovamente turbato decise di violare il tassativo divieto d'intimità che il più piccolo esigeva fuori dal letto; con un unico rapido movimento appoggio la sua mano calda su quella decisamente più piccola e fredda dell'inglese. Intrappolò fra le sue dita quelle dell'altro cercando di trasmettere al suo interlocutore un senso di tranquillità.

- Non ti ho chiesto di fermarti e non hai nulla di cui vergognarti, ti prego continua ... Arthur. - L'inglese trasalì sentendo il suo nome pronunciato per la prima volta dalla calda voce di Francis; sorrise appena, divertito dall'accento eccessivamente morbido con cui il più grande aveva pronunciato il suo nome. Alzò poi lo sguardo ringraziando l'altro del gesto con una muta cortesia, un ennesimo sospiro fu il preludio al continuo della vicenda.

- Mentre mi teneva abbracciato si avvicinò al mio orecchio e con lo stesso tono allegro con cui avevamo parlato fino a quel momento mi sussurrò solo poche parole. Mi chiese di andare con lui, di partire con lo stesso treno che avevo appena visto arrivare, di seguirlo in un viaggio che non avevo mai programmato di fare. Dopo quell'assurda richiesta allentò la presa e pochi secondi dopo il mio sguardo sconvolto si specchiava nei sui sinceri occhi azzurri. Visto che non accennavo a dare risposta aggiunse anche che per il biglietto avrebbe provveduto lui e che Peter era incluso nell'offerta. Io continuavo a fissarlo a bocca aperta, incapace di pensare o fare una qualsiasi cosa razionale, Peter invece, nel sentire l'idea di Alfred, iniziò a tirarmi per la manica supplicandomi di accettare. Non avremmo lasciato niente a casa, solo un mare di debiti di mio padre da saldare e le tante, troppe botte che ci dava regolarmente. Dato che anche i nostri fratelli l'avevano fatto perchè io e lui non potevamo scappare lontano lontano da quella vita e cominciarne una migliore. Le parole di mio fratello mi portarono a confermare una scelta che avevo comunque già preso nel momento stesso in cui Alfred mi aveva offerto quello spiraglio di libertà. Mi ricordo che feci solo un breve segno di assenso con la testa e ancora prima che riuscissi a mettere la mano nella tasca in cui tenevo i pochi soldi che mi avevano dato quella mattina come paga, Alfred era già sfrecciato verso la biglietteria.- Fece un profondo respiro, come per voler digerire le notizie appena svelate, fissò nuovamente Francis che lo ascoltava con rispettoso silenzio. Restarono immobili ancora qualche attimo, con le dita intrecciate, fermi a guardarsi negli occhi. Il primo a rompere quell'irreale stato di tranquillità fu nuovamente il francese che non potè evitare di mettere a voce i suoi pensieri.

- Pensa che, a giudicare dai tuoi modi, ho sempre creduto che tu venissi da una famiglia se non nobile, almeno benestante. E invece .. - venne interrotto dal suo interlocutore che si sentì in dovere di terminare per lui la frase che il più grande aveva cominciato. - e invece sono figlio di un povero puttaniere, ubriacone e violento, strano che sia diventato una prostituta a mia volta. - Arthur concluse stizzito la frase pronunciando quelle parole con un tono particolarmente tagliente. Francis chiuse gli occhi emettendo un lieve sospiro, non aveva intenzione ne di dire, ne di sottendere una cosa simile, ma aveva anche voluto fare una constatazione quando fin dal principio Arthur gli aveva espressamente vietato di farlo.

- Non intendevo dire una cosa del genere Iggy e tu lo sai bene. Io non .. - nuovamente venne interrotto dalla voce irritata del più piccolo che, sciolto l'intreccio delle loro mani, lo stava adesso guardando con la solita aria di sfida. Era piuttosto arrabbiato, sapeva che Francis diceva la verità, ma era stato chiaro fin dall'inizio: non avrebbe tollerato interruzioni.

- Io non ti avevo espressamente vietato di non interrompermi con .. con .. - lasciò la frase incompleta, prendendo coscienza forse per la prima volta di quanto in realtà avesse un carattere suscettibile. Si stava attaccando a un niente per creare un precario pretesto al fine di poter litigare con lui, con lo stesso ragazzo che era venuto a casa sua per chiedergli come stava, per aiutarlo. La stessa persona che aveva pagato la medicina per suo fratello e che stava chiedendo in cambio solo la verità su di lui. Francis si era esposto più volte per lui, aveva spesso perdonato e capito i suoi innumerevoli ritardi, le sue assenza ingiustificate e spesso pagava gli assurdi prezzi che Arthur gli imponeva accontentandosi anche solo di qualche bacio.

Doveva calmarsi. Capire che nessuno lo stava attaccando, dopo quello che aveva passato era diventato difficile fidarsi degli altri, ma per quel francese così strano avrebbe potuto fare un'eccezione, doveva trovare il coraggio di farlo.

Abbassò lo sguardo e, continuando a tenere il capo chino in una sorta di muta scusa, cercò nuovamente la mano che il più grande aveva ancora appoggiata sulla misera superficie del piccolo tavolo. Appoggiò le proprie dita su quelle di Francis e rimase sorpreso, per la seconda volta, dalla rapidità con cui il suo interlocutore gliele afferrò stringendolo ancora in quel soffice contatto.

- Ti chiedo scusa, non avrei dovuto interrompere. - Fece una breve pausa accarezzando con il pollice il dorso della mano dell'altro. - Te la senti di continuare ? Prometto che questa volta resterò muto come una tomba. - Arthur alzò finalmente lo sguardo e dopo aver emesso un sottile brontolio decise di ricominciare a parlare, avrebbe fatto presto, da adesso in poi si sarebbe risparmiato tutti gli inutili dettagli, certi ricordi non avrebbero fatto altro che infliggergli nuove ferite. Avrebbe finito il discorso in poche frasi senza fronzoli o nulla di simile e, cosa più importante, non avrebbe pianto, neppure una minima, singola lacrima. E come tutte le cose che si prefissava di fare, non riuscì a portare a termine neppure una di queste intenzioni.

Per quasi un'ora Arthur parlò incessantemente infarcendo di ogni più piccolo dettaglio ogni momento che ricordava di quel periodo, Francis ascoltava attento beandosi nel sapere che, almeno per un breve lasso di tempo, Iggy era stato felice. Da quel racconto imparò molte cose sul conto del più piccolo specialmente in merito al suo carattere mutevole e alle sue strane abitudini da inglese. Arthur riprese a narrargli del lungo, ma divertente viaggio in treno fino a Dover, la burrascosa traversata della Manica in cui l'inglese aveva vomitato anche l'anima. Il tanto sospirato sbarco a Parigi, l'affitto di una sgangherata camera di un albergo in cui passare solo il tempo necessario per la ricerca della loro futura casa. In quella squallida stanzetta, la sera stessa del loro arrivo, Arthur e Alfred fecero l'amore per la prima volta, scambiandosi la reciproca promessa di stare sempre insieme. In meno di un mese erano riusciti a trovare un minuscolo loculo in cui vivere e avevano acquistato la consapevolezza di non aver rimasto neppure un soldo in tasca. Arthur si trovò un lavoro mentre Peter aiutava Alfred nella creazione dei suoi improbabili quadri. Ben presto però i pennelli, i colori e le tele iniziarono a scarseggiare e visto che l'americano non era riuscito a vendere nessuna delle sue fantastiche opere, decise di imitare il compagno e cercare a sua volta un impiego di gran lunga più proficuo, con la convinzione che un giorno sarebbe riuscito a diventare famoso e che non era la sua arte a fare schifo, come sosteneva Arthur e gran parte del popolo parigino, ma era la massa che era troppo stupida per cogliere la magnificenza delle sue creazioni. Il loro mondo però, per quanto per Arthur fosse perfetto, era irrimediabilmente fragile e sebbene avesse sviluppato un fortissimo amore nei confronti di Alfred, i suoi sentimenti non poterono in alcun modo impedire che quell'idillio finisse. Ben presto si resero conto che le spese superavano di gran lunga i guadagni e il dover badare a Peter rappresentava una sorta d'impedimento in quanto l'americano aveva tassativamente vietato al bambino di trovarsi un lavoro. Il compito del piccolo era studiare e diventare qualcuno di ricco e famoso così avrebbe potuto fare la bella vita e tutti e tre sarebbero stati invitati nei più eleganti salotti di Parigi. Nel sentire quelle stupide storie irrealizzabili Arthur finiva sempre per l'innervosirsi, troppo stanco dai massacranti turni di lavoro che gli venivano retribuiti con una vera miseria di salario. Non voleva che Alfred riempisse la testa di suo fratello di inutili sogni, sapeva che difficilmente il loro tenore di vita avrebbe potuto cambiare così radicalmente. Il più piccolo a quelle parole metteva su una sorta di broncio polemizzando che non c'era nulla di sbagliato nell'immaginare qualcosa di assurdo, visto che non potevano fare altro che sognare, almeno che sognassero in grande. L'esuberanza e l'allegria dell'americano riuscivano sempre a calmare e a mettere di buon umore Arthur e ancora prima che si rendesse conto di non essere più arrabbiato, era già impegnato a rotolare fra le coperte insieme al suo ragazzo.
Questa vita, povera ma felice, durò poco meno di un anno. Improvvisamente Arthur vide sgretolarsi il suo piccolo mondo, tutti i suoi sogni e le sue fragili speranze andarono in fumo e a nulla valsero i suoi innumerevoli sforzi per cambiare le cose. Stava combattendo contro un nemico molto più forte di lui e nonostante tutto il suo amore e la sua disperazione non potè fare nulla per cambiare le cose.

- Non ci misi molto a capire che le cose stavano cambiando, ma nel preciso istante in cui acquistai la consapevolezza di quello che ci stava accadendo io, ecco .. non avrei mai pensato che .. -

Arthur bloccò improvvisamente il suo racconto. Si accorse della presenza di grosse e calde lacrime che gli rigavano le guance, il problema è che non si era neppure accorto di aver iniziato a piangere. Strinse convulsamente la mano di Francis incapace di continuare a parlare, le troppe emozioni che lo avevano investito durante quel pomeriggio erano troppo da sopportare. Il francese vedendolo così in difficoltà si azzardo a prendere nuovamente la parola, aveva dedotto un paio di cose da quel preciso resoconto della vita di Iggy e si sentiva abbastanza competente da azzardare un'ipotesi sul seguito.

- Alfred ti ha lasciato per qualcun altro giusto? - chiese il francese sicuro di essere molto vicino alla verità. Il sonoro ceffone che gli arrivò sulla guancia meno di un secondo dopo gli fece intuire che probabilmente doveva rivedere le sue certezze. Realizzò di essere stato colpito solo qualche secondo dopo l'accaduto, quando un dolore forte e pulsante iniziò ad irradiarsi dalla zona lesa. Forse anche questa volta avrebbe fatto meglio a restare in silenzio.

- Stupido cretino di un francese ottuso e completamente privo di un qualsiasi senso logico. Come puoi solo pensare che Alfred avrebbe mai potuto tradirmi. - Era in piedi di fronte a lui, la sua esigua figura era completamente tesa dalla rabbia e dallo sforzo inutile di trattenere le lacrime. Aveva ritratto immediatamente la mano con cui lo aveva colpito e adesso le sue dita stavano tormentando ancora una volta quel logoro indumento slavato che copriva il suo corpo. Cercò inutilmente di calmarsi, di darsi un qualche contegno, ma l'unica cosa che realizzò è che se avesse aperto la bocca avrebbe cominciato ad urlare imprecando contro tutto e tutti, implorando un Dio muto a cui non credeva di ridargli quello che aveva deciso di togliergli.

Vedendolo in quella condizione, Francis rimase letteralmente interdetto. Una reazione così forte proprio non se la sarebbe mai aspettata e, per la seconda volta nel giro di pochi minuti, si accorse di essere stato stupido e invadente. Si era permesso di prendersi troppe libertà e quello schiaffo ne era la prova. Avvicinarsi ad Arthur adesso sarebbe stato totalmente inutile, l'unica cosa che poteva fare era sperare nel proverbiale autocontrollo dell'altro. Decise di restare in silenzio, di non muoversi dalla sua posizione mentre continuava ad osservare il più piccolo tremare leggermente nel disperato tentativo di mettere a tacere quelle emozioni che aveva tenuto così a lungo nascoste. Forse, per la prima volta da quando si conoscevano, lo vedeva vivo, lo vedeva in preda a qualcosa che la sua freddezza non riusciva a mascherare e benché morisse dalla voglia di farlo, il francese soffocò l'istinto di alzarsi e stringere fra le sue braccia il gracile corpo dell'inglese.

Passarono lenti ancora un paio di minuti, Arthur riuscì a darsi un contegno solo dopo essersi massacrato il labbro inferiore con gli incisivi riaprendo il taglio che vi era sopra. Dopo qualche respiro lungo e profondo trovò la forza di alzare lo sguardo per puntarlo in quello cristallino di Francis. La dolcezza che vide riflessa negli occhi chiari dell'uomo lo convinse a sedersi nuovamente e a cercare di finire quello che avevano cominciato. Doveva farcela forse ora più per sé stesso che per il suo interlocutore, non aveva mai parlato con nessuno di Alfred e di tutto quello che avevano vissuto insieme ed era davvero giunto il momento di farlo.

Chiuse gli occhi, un ultimo respiro e avrebbe finalmente concluso con quel suo assurdo racconto. Li riaprì di scatto sentendo la presenza della mano del francese sulla propria accompagnata dalla calda voce di Francis.

- Non volevo essere così insensibile. Ti prometto che non mi permetterò più di fare errori così leggeri, ti chiedo scusa, Arthur. - La sua voce era sempre calda e dolce e il suo nome pronunciato da lui aveva tutt'un altro effetto. Strinse quasi di riflesso la mano del ragazzo più grande e, anche se con un tono un po' incerto, continuò la sua improbabile favola.

- Facevamo dei turni massacranti ma i soldi non bastavano mai, Alfred faceva un'infinità di lavori diversi e non gli ci volle molto per crollare. Era un ragazzo grande e forte ma aveva appena vent'anni e nelle condizioni in cui vivevamo il suo fisico non avrebbe mai potuto reggere a lungo. Non ci volle molto infatti perchè si ammalasse. - Si bloccò di colpo, ingurgitando una spropositata quantità d'aria del tutto inutile, doveva soffocare il pesante nodo che stava tornando a opprimergli la gola. Sentì le mani di Francis appoggiarsi sulle sue spalle ancora prima di aver realizzato che l'uomo si era alzato e che adesso lo stava abbracciando, con pochi passi aveva annullato le distanze fra loro aggirando quel logoro tavolo. Arthur appoggiò la testa contro il petto del francese e seguì il consiglio che il suo interlocutore gli aveva appena finito di sussurrare; chiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella inaspettata presenza e per l'ultima volta riprese il discorso.

- Mi resi conto che Alfred stava male solo quando non c'era già più niente da fare, mi aveva nascosto di essersi ammalato mascherando i sintomi di qualcosa di ben più grave dietro una banale influenza. Mi sono fidato delle sue parole finchè non l'ho visto tossire sangue. Gli feci un'inutile sfuriata urlandogli che era un emerito coglione, corsi a chiamare il dottore che hai visto poco fa e per la prima volta in vita mia ebbi a che fare con la tisi.- Un lungo quanto inutile sospiro gli diedero la forza per pronunciare lo scontato epilogo. - Alfred morì di tisi appena una decina di giorni dopo, tutti i mie sforzi per comprargli le medicine non servirono a nulla, la malattia era già ad uno stadio troppo avanzato e lui era troppo debole per poterla combattere e io .. io non ho saputo fare altro che stare lì a tenergli la mano pregandolo di non morire, di non lasciarmi di nuovo solo. Inutile dire che ne le mie lacrime e ne le mie preghiere servirono a qualcosa. Alfred morì mentre lo tenevo stretto a me, mi sussurrò che mi amava e che dovevo impegnarmi a migliorare un po' il mio brutto carattere, mi ha chiesto di perdonarlo se potevo e poi .. ha detto che era tanto stanco e che voleva dormire un po'. Io ho annuito conscio che quella era l'ultima cosa che ci saremmo mai detti, gli risposi con un sussurro incrinato che lui era tutta la mia vita e l'ho visto sorridere appena prima di ... - Grosse lacrime rigavano le sue guance mentre numerose pause intervallavano l'atto finale del suo racconto, Francis continuava a stringerlo a sé cercando di dargli un conforto piuttosto inutile in quelle situazioni. - L'ho tenuto stretto a me per molto tempo, ho continuato a baciare le sue labbra che diventavano sempre più fredde. Non avevo nessuna intenzione di separarmi da lui e dopo la sua morte sono caduto in uno strano stato d'inedia. Andavo avanti per inerzia e credo che solo la presenza di mio fratello mi abbia impedito di fare qualche stupida sciocchezza. Il problema è che adesso si è ammalato anche lui e io, per la seconda volta, non sono in grado di combattere quella stupida malattia che sembra .. - Arthur non riuscì a terminare la frase perchè le sue labbra furono coperte da quelle di Francis. Ogni parola in quel momento sarebbe stata totalmente inutile era meglio far sentire la propria presenza in maniera meno scontata e più fisica. Il francese si accorse di aver fatto la cosa giusta nel momento stesso i cui sentì il più piccolo che ricambiava il bacio.

Dopo quel bacio così inaspettato entrambi ritornarono alle precedenti posizioni, si ritrovarono ben presto seduti l'uno di fronte all'altro con le mani unite in una morbida stretta. Arthur aveva smesso di piangere solo da pochi secondi e adesso stava cercando di scacciare via quell'ondata di tristezza che lo aveva avvolto, doveva chiudere ancora una volta tutti quei sentimenti in fondo al suo cuore, erano troppo preziosi e purtroppo al momento non poteva fare altro che tenerli sottochiave. Sentì Francis schiarirsi la voce, ma al contrario di quello che si aspettava, questa volta restò in silenzio. Sicuramente aveva mille domande da fargli, fortunatamente però aveva trovato il buon senso di trattenersi, almeno questa volta. Decise di prendere la parola ancora una volta e dopo un lungo secondo d'incertezza alzò il viso.

- Io .. so che nessuno potrà mai ridarmi Alfred e questo lo capisco anche se non riesco ad accettarlo. Ma .. insomma non possono prendersi anche mio fratello, è una cosa insensata e totalmente priva di logica. Spesso la notte, le poche volte che la passo da solo, mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi rifiutato la sua proposta di venire in Francia, probabilmente Alfred sarebbe ancora vivo e Peter non si sarebbe ammalato e quindi mi rendo conto che è tutta colpa mia e che .. - Non riuscì a terminare la frase perchè sentì la grande mano di Francis sbattere contro la sua guancia; gli aveva dato uno schiaffo o per meglio dire, glielo aveva restituito. Quel gesto lasciò interdetto Arthur che, dopo aver sgranato gli occhi, rimase immobile per qualche secondo. Si portò lento una mano alla guancia appena colpita, appoggiò le dita sulla superficie leggermente arrossata e iniziò pian piano a realizzare quello che era successo. Certo Francis non gli aveva fatto male, aveva usato ben poca forza, ma era l'intensità del gesto che lo aveva sconvolto specie perchè fino a due secondi prima si stavano baciando. La risposta alle sue domande non tardò ad arrivare e direttamente dalla fonte di ogni suo dubbio.

- Sei uno stupido Arthur. - Il suo tono era fermo e serio. - Se davvero tieni tanto a quello che c'è stato fra te ed Alfred non dovresti permetterti di fare certi pensieri. Facendo così sei tu che non porti rispetto per quello che avete vissuto e non puoi sapere come sarebbero andate le cose altrimenti. L'unica cosa che ti deve interessare è che un uomo ha deciso di dividere parte della sua vita con te, vi siete amati e purtroppo l'hai perso. Ha visto qualcosa di tanto speciale in te da chiederti subito di scappare con lui, ti ha dedicato tutto quello che aveva, non mancargli di rispetto facendo certi pensieri così cretini.- Non aspettò nessun tipo di risposta, si alzò dalla sedia per potersi sporgere verso l'inglese e, per la terza volta quel giorno, catturò le sue labbra coinvolgendo entrambi nell'ennesimo bacio che nulla aveva a che fare con il sesso o con quelli che si erano scambiati nei loro precedenti incontri.

Restarono insieme tutto il pomeriggio, accoccolati sul divano. Francis ebbe il permesso di fare tutte le mille domande che lo avevano assillato fino a quel momento e Arthur si impegnò a soddisfare tutte le sue curiosità. Gli raccontò di come avesse preso la decisione di fare la puttana, di come i soldi non bastassero a prescindere per le medicine di Peter e del suo desiderio di tornare a casa, in Inghilterra. Francis continuò a tenerlo stretto a sè e rimase in silenzio anche dopo che l'inglese ebbe smesso di parlare, sentire le sue parole gli aveva fatto maturare un'assurda idea, doveva solo trovare il modo giusto di esporla al suo interlocutore; quello che era successo quel giorno fra di loro gli aveva dato la forza per nutrire quella fievole speranza che lo aveva portato fino a lui. Decise di prendere la cosa un po' alla larga, troppo spaventato dalla possibilità di ricevere una risposta negativa, ma allo stesso tempo bisognoso di dare consistenza a quella proposta. Si concesse ancora qualche altro secondo di silenzio poi, cercando di non alterare con l'agitazione il suo solito tono di voce, spezzò ancora una volta il silenzio che li avvolgeva.

- Ascolta Arthur, che ne diresti di vendere questo appartamentino e venire a vivere con me? - chiese il francese tutto d'un fiato non riuscendo però a staccare lo sguardo da quello del più piccolo che ora lo fissava con un'espressione decisamente sconvolta.




Fine terzo capitolo


Voglio ringraziare specialmente le mie care amiche

che in questo periodo mi sono mancate da matti *-*

Grazie mille ragazze, voi sapete chi siete e questo

capitolo lo dedico tutto a voi per ringraziarvi di tutto quello

che fate sempre per me <3


Voglio anche ringraziare tutti voi che avete recensito, risponderò in privato a tutti!


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=427260