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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guernica ***
Capitolo 2: *** Al Moulin Rouge ***
Capitolo 3: *** Al Moulin Rouge ( seconda parte ) ***
Capitolo 4: *** Al Moulin Rouge ( terza parte ) ***
Capitolo 1 *** Guernica ***
Note
dell’Autrice: come
sempre salve a Tutti !!! Eccomi qua con una nuova
idea che mi è praticamente venuta in mente mentre sfogliavo
una rivista ^_^
Insomma un critico d’arte aveva stilato una sua personale
classifica delle
opere più suggestive e mentre guardavo Guernica di Pablo
Picasso mi è venuta in
mente quest’idea. In teoria dovrebbe essere una storia a
capitoli anche questa,
ma per continuare dovrei trovare altre fonti d’ispirazione.
Comunque spero che
vi piaccia e che abbiate la voglia di farmi sapere qualsiasi opinione
in
merito. Grazie e buona lettura.
G u e r n i c a
data: 26
Aprile 1936
obiettivo:
Città di Guernica
località: provincia
di Biscaglia, nord
della Spagna
scopo
della
missione: bombardamento
Quel giorno il
sole brillava alto nel cielo.
Era un
monotono pomeriggio
di fine Aprile, o almeno lo sarebbe stato. Come tutta
l’Europa, anche la Spagna
stava attraversando un momento critico. I continui conflitti per il
potere
avevano diviso la popolazione e ormai, dopo troppe inutili elezioni, la
guerra
civile sembrava inevitabile.
Solo poche persone,
per lo più giovani ragazzi, speravano ancora che il loro
amato paese riuscisse
a scampare a quell’assurda moda che, con calcolata lentezza,
aveva infettato
gran parte delle nazioni vicine: la dittatura.
Non c’era praticamente
nulla da fare per fermare l’inevitabile, già da
tempo i partiti più
conservatori avevano stretto alleanza con la Germania nazista e di
conseguenza
molti uomini avevano deciso di imbracciare i fucili per tentare di
creare una
blanda resistenza contro un destino già scritto, ma che non
riuscivano in alcun
modo ad accettare.
Meglio morire libero che vivere incatenato al
volere di uno stronzo qualsiasi! Per poi dimostrare cosa? Che anche la
Spagna può
essere una degna prostituta di Hitler?!
Queste erano state
le parole che suo padre aveva pronunciato con orgoglio dopo che con
un’assurda
sentenza, un giudice altrettanto improbabile e fintamente imparziale,
aveva
dichiarato lui e altri uomini, fra cui anche due dei suoi fratelli
maggiori, a
finire i loro giorni in prigione.
Antonio non aveva
mai avuto alcuna abilità particolare con le armi da fuoco,
anzi a dirla tutta
non sapeva assolutamente sparare o fare qualsiasi altra cosa che
sarebbe potuta
tornare utile a una precaria resistenza. L’unico talento che
possedeva era la
fotografia. Decise dunque di arruolarsi nelle file di un piccolo
giornale
indipendente intenzionato a riportare una precisa documentazione degli
eventi
che stavano accadendo in quel periodo.
L’informazione era
forse una delle poche carte che la Spagna poteva ancora giocarsi nel
tentativo
di mantenere, almeno in parte, un brandello di libertà.
Di conseguenza,
armato solo di una macchina fotografica, stava girando in lungo e in
largo da
ormai alcuni mesi. I genitori non erano stati troppo contenti della sua
decisione, ma sapevano anche che opporsi sarebbe stato inutile, il
ragazzo era
piuttosto cocciuto.
Antonio non tornava
a casa da parecchie settimane ormai, l’ultima volta che aveva
visto la sua
famiglia era stato per assistere al processo di suo padre. Solo il
tempo di
ascoltare quell’ingiusta sentenza, consolare come meglio
poteva sua madre,
lasciarle gran parte del suo misero salario e poi, come sempre, era
ripartito
per chissà dove, fino a chissà quando.
Riusciva raramente
a mettersi in contatto con i suoi parenti, i telefoni scarseggiavano e
spesso
non erano funzionanti, al massimo ogni tanto, Antonio riusciva a
mandare due
righe scritte di fretta sul retro di un volantino di propaganda, poche
parole
scarabocchiate con una calligrafia piuttosto malferma, solo per dire
che andava
tutto bene e che non c’era da preoccuparsi per lui.
Per sua madre era
però impossibile non essere in pensiero, le continue notizie
che arrivavano
ormai a valanga prospettavano per la Spagna un periodo
tutt’altro che felice.
L’unica cosa che la donna avrebbe voluto in quel momento era
di poter avere
tutta la sua famiglia vicina, ora che non aveva più il
sostegno del marito e
dei due figli maggiori, sentiva l’impellente bisogno di
tenere tutti gli altri
pulcini sotto la sua ala, anche se si accorgeva ogni giorno di
più che i suoi
figli erano ormai troppo grandi per essere protetti da lei e per di
più, erano
quasi tutti lontani.
Lovino
continuava a
studiare con attenzione il paesaggio che si stagliava davanti a lui,
aveva
immaginato Guernica come un’imponente e maestosa
città e quasi rimase deluso
nel vedere il complesso di edifici piuttosto modesto che componeva
parte del
mediocre centro abitato.
Si voltò lentamente
cercando Antonio con lo sguardo, lo trovò senza troppa
fatica appena pochi
metri più indietro intento a scattare alcune foto che, con
tutta probabilità, non
sarebbero servite che da contorno per uno dei brucianti articoli che il
giornale per cui lavorava avrebbe poi assemblato.
Il ragazzo più
grande, sentendosi osservato, si affrettò a raggiungere il
compagno e non
appena i due furono vicini, l’ennesimo aereo tedesco
sfrecciò sopra le loro
teste producendo un forte rumore irritante. Guernica non era certo uno
dei
posti più sicuri al momento, anzi era ritenuto da molti un
punto perfetto per
un probabile attacco nazista. Proprio per questo motivo ad Antonio era
stato
affidato il compito di fare un reportage fotografico dettagliato di una
delle
ultime città simbolo di una disperata resistenza, il mercato
in particolare
aveva un ruolo di rilievo in quel periodo.
Prima di proseguire
in direzione della meta del loro viaggio, Antonio si prese qualche
altro
secondo per ammirare Lovino ancora intento a seguire con gli occhi la
scia biancastra
che l’aereo aveva disegnato durante il suo passaggio.
- Lovino?
- Uhm
…
- Me lo
fai un favore?
- No
Antonio! Non
torno in albergo.
- Ma
è pericoloso
stare qui! L’hai visto anche tu quell’aereo,
potrebbe succedere qualsiasi cosa
in un posto così.
- Allora
perché ci
siamo venuti?
-
E’ il mio lavoro,
ciò non vuol dire che anche tu debba rischiare di farti
male. Quindi ti prego …
- Antonio
piantala! Io
vengo con te, fine della discussione.
L’intensità
dello
sguardo con cui Lovino fissò Antonio negli occhi fu
sufficiente a far crollare
anche l’ultimo brandello di fermezza a cui lo spagnolo si
stava aggrappando.
Il più grande
chiuse gli occhi qualche secondo, giusto il tempo necessario per
prendere una
lunga boccata d’aria, poi tentò di apparire il
più rilassato possibile mentre
sorrideva al più piccolo tendendogli la mano.
Quel ragazzino
italiano era un osso molto più duro di lui, fin dalla prima
volta che s’incontrarono
Antonio capì che avrebbe sempre perso contro Lovino.
Continuarono
ad
avanzare facendo attenzione a qualsiasi rumore. La quiete spettrale che
regnava
per le vie quasi deserte della cittadina aveva suscitato in entrambi
una strana
inquietudine e Antonio non riusciva a liberarsi di uno sgradevole
presentimento;
era come in attesa di qualcosa e l’istinto gli suggeriva che
non sarebbe stato
nulla di buono.
L’unico modo che
aveva per calmarsi era stringere saldamente la mano di Lovino nella
sua, si
voltò ancora una volta verso il silenzioso compagno di
viaggio e, come sempre,
si ritrovò a sorridere senza una ragione particolare. Non si
conoscevano da
molto, si erano incontrati meno di due mesi prima,ma in
quell’esiguo lasso di
tempo avevano sviluppato un forte legame che da amicizia si era ben
presto
trasformato in amore.
Avevano caratteri
molto diversi e, all’inizio, si capivano a fatica. Grazie al
cielo l’italiano e
lo spagnolo sono due lingue piuttosto simili e Lovino non
impiegò più di tanto
ad imparare a comprendere e a esprimersi in maniera quasi sufficiente
in quella
lingua così dannatamente morbida.
S’incontrarono
in
un piovoso giorno di fine Febbraio, al porto di Barcellona. Antonio
aveva
appena concluso uno dei suoi tanti lavoretti e Lovino era appena
sbarcato in
Spagna, l’Italia, per uno come lui, non era un posto che
poteva ancora
considerare la sua casa.
I loro sguardi
s’incrociarono per caso e, in quel momento, Antonio fu certo
di aver compreso
appieno cosa fosse un colpo di fulmine. Con una velocità di
cui anche lui
stesso si sorprese, corse verso quello strano ragazzo
dall’aria imbronciata e
successivamente, dopo averlo raggiunto e afferrato per un braccio con
tutta la
delicatezza di cui era capace, iniziò a parlargli incurante
del fatto che
l’italiano capisse a malapena una parola su dieci di quello
che stava dicendo.
Lovino che per
natura era piuttosto sospettoso, ci mise relativamente poco per
cominciare a
fidarsi del pazzo maniaco che aveva deciso di non lasciarlo andare via
senza di
lui.
Non
avrebbero mai
immaginato che, in un momento così delicato per entrambi, le
loro vite
potessero essere nuovamente scombussolate da un sentimento tanto forte
come
l’amore. Antonio non si era mai innamorato veramente di
nessuna delle donne con
cui aveva condiviso il letto, pensava che il suo cuore fosse solo della
Spagna,
invece Lovino, con i suoi occhi tristi, il suo faccino arrabbiato e
quell’adorabile ricciolo, aveva mandato letteralmente in fumo
la ferma
convinzione del ragazzo più grande.
Antonio ci mise
solo cinque giorni di spietate avance prima di riuscire a far cedere le
difese
del compagno reclamando, di conseguenza, le labbra di
quest’ultimo come
esclusivo territorio spagnolo. Le notti per loro erano troppo corte e i
giorni
sembravano infinitamente lunghi, nessuno dei due aveva mai amato un
altro
ragazzo, ma in questo specifico caso il sesso del partner non aveva
alcuna
importanza. Antonio amava Lovino e viceversa, tutto il resto erano solo
futili
dettagli.
La città nel suo
complesso non era niente di particolare, somigliava molto alle ultime
due in
cui erano stati, a Lovino riusciva difficile credere che un posto
così
apparentemente normale potesse suscitare tanto interesse sia da parte
degli
spagnoli sia dei tedeschi.
In poco più di
quindici minuti erano riusciti a raggiungere il loro obiettivo: il
mercato.
Le diffidenti e
misere informazioni di qualche scorbutico passante non erano certo
servite a
granché, ma l’innato senso
dell’orientamento di Antonio si era rivelato utile
anche in quest’occasione. Sfortunatamente ben presto i
ragazzi si resero conto
di aver fatto un viaggio a vuoto. Un loquace vecchietto, vedendoli
gironzolare
curiosi nei pressi del mercato, si era avvicinato ai due ragazzi e,
dopo aver
visto Antonio scattare
alcune foto,
aveva deciso di avvertirli riguardo alla chiusura anticipata del
mercato a
scopo di prevenzione in caso di un eventuale attacco da parte della Luftwaffe ,
l’aeronautica tedesca.
-
Perfetto, tanta
fatica sprecata!
- Non
arrabbiarti
Lovino, sei tropo carino imbronciato.
-
Antonio, ma ti
sembra il momento per certe uscite?!
-
Perché no?! Adesso
però ci sbrighiamo e torniamo in albergo, ho bisogno di un
posticino caldo per
riposarci e farti le coccole.
- Antonio
…
- Shh,
tranquillo mi
niño
Appena
finito di sussurrare
quell’ultima frase, il ragazzo più grande
appoggiò delicatamente le labbra su
quelle del compagno. Ormai nessuno dei due aveva più molte
remore a scambiarsi
effusioni in pubblico, quindi Lovino non perse tempo e
approfondì il bacio dopo
pochi secondi.
Quando si
separarono avevano le guance arrossate e il fiato corto, il modo di
baciare di
Antonio era parecchio focoso e raramente si accontentava di quel
semplice
contatto. Con calcolata lentezza portò le mani sui fianchi
dell’italiano e
iniziò ad accarezzare con le dita quel gracile corpo
bollente nascosto da un
sottile strato di stoffa. Antonio andò ad appoggiare il viso
sulla spalla di
Lovino riuscendo in questo modo a godersi sia i deboli gemiti che
riusciva a
strappare dal compagno con le sue lascive carezze, sia a percepire
l’odore
piuttosto intenso della sua pelle.
- Lovino
- Uhm?
- Hai
ancora addosso
il mio odore.
- Non mi
sembra che la
cosa ti dispiaccia.
- Infatti
mi eccita.
- Puerco
- Te
quiero mi niño.
Lovino
sorrise
prima di tornare a baciare il compagno. Sentì di nuovo le
labbra di Antonio
sulle sue, le mani che veloci gli accarezzavano la schiena per poi
terminare la
loro sensuale carezza sul sedere. L’italiano si
lasciò sfuggire un piccolo
gemito decisamente troppo alto quando sentì la gamba dello
spagnolo che cercava
di divaricare le sue, il contatto della sua virilità, ormai
risvegliata, con la
coscia dell’amante lo portò ad arrossire
violentemente e per evitare di
emettere altri rumori sconvenienti cercò di concentrarsi
unicamente sul bacio
che si stavano scambiando.
Probabilmente
sarebbero finiti come al solito a fare l’amore in un vicolo
un po’ fuorimano,
vista la piega che aveva preso la situazione Antonio non avrebbe mai
resistito
fino in albergo. Lovino si stava ormai lasciando completamente andare
quando un
rumore improvviso e sordo ruppe la quiete del silenzio e sconvolse
ancora una
volta le loro vite.
Aerei
della Luftwaffe sfrecciarono sopra il cielo terso di Guernica.
Improvvisamente iniziò una pioggia di piccole sfere, che
raggiunta una
determinata altezza, si trasformavano in mortali fiammelle
pronte
a divorare con il fuoco qualsiasi superficie
su cui
si sarebbero andate a posate.
Successe
tutto in troppo poco tempo.
I
continui scoppi delle bombe e gli innumerevoli roghi
colsero
impreparati gli abitanti malgrado le blande difese che
avevano
inutilmente allestito. Il vento propagò la furia del fuoco
che
non
soddisfatto di aver divorato il mercato, si estese a tutta la
città.
Bastarono
poche ore
e un solo attacco per far crollare Guernica, l’evento fu un
triste preludio del
futuro della Spagna, quel giorno segnò la vita di molte
persone e contribuì a
scrivere la storia di un popolo.
Quando Antonio
riaprì gli occhi, si accorse di essere a più di
un centinaio di metri dal
mercato. Non aveva idea di come fosse riuscito ad arrivare fin
lì, l’ultima
cosa che ricordava erano le soffici labbra di Lovino. Cercò
di alzarsi in piedi
e, non riuscendoci, si accorse di essere ferito a una gamba, questo, al
momento, era il minore dei suoi problemi, la sua priorità
era trovare il suo
compagno. Vincendo l’iniziale avversione del suo corpo al
tentativo di mettersi
in posizione eretta, tornò barcollando verso il mercato. Lo
scenario che gli si
presentò davanti era fra i più sconvolgenti che
avesse mai visto: le fiamme e
il fumo avvolgevano gran parte degli edifici adiacenti, la gente
scappava in
tutte le direzioni e quella che prima poteva apparire come una
città fantasma
si presentava ora come un formicaio attaccato. In tutta quella bolgia
di gente
iniziavano già a spiccare macabri i primi cadaveri, monito
di un destino a cui
le persone restanti volevano sfuggire. Le piccole formichine atterrite
non
collaboravano fra loro tentando di salvare la regina, la loro unica
preoccupazione era scappare dall’inferno, il panico e il
fuoco avevano reso il
tutto ancora più grottesco, aggravando una situazione
già di per se piuttosto
complicata.
Antonio continuava
a farsi largo nella direzione opposta rispetto al flusso disordinato di
persone, cercava di urlare più forte di tutti
nell’irrealizzabile speranza di
ricevere una risposta. Cercò a lungo, ma solo quando la
folla si fu diradata
quasi del tutto, l’orribile presentimento di aver perso la
cosa più preziosa
che avesse si trasformò con una forza violenta in una
disperata consapevolezza.
Sotto un discreto
cumulo di pietre e legno Antonio riuscì a riconoscere la
sagoma, in parte
nascosta, del corpo di Lovino. Si affrettò a raggiungerlo e
mentre continuava a
chiamarlo con la voce rotta da singhiozzi, inginocchiato di fianco a
quella
pila di rovine, con le mani scavò in quell’ammasso
di pietre tentando di
liberare il ragazzo. Con te dita sbucciate e senza più forze
riuscì nel suo
intento e, con la stessa delicatezza che usava per accarezzarlo,
cercò di
spostare il corpo fin troppo freddo dell’italiano.
-
Tranquillo niño, no pasa nada, ci sono io adesso.
-
- Lovino,
rispondimi
accidenti a te, non è il momento di scherzare
-
- LOVINO!
-
-
SVEGLIATI. Lovino,
ti prego svegliati.
Antonio
continuò a
chiamare Lovino finché non perse quasi del tutto la voce,
non smise di
stringerlo e di scuoterlo cercando inutilmente di farlo svegliare,
provò anche
a baciarlo più volte sperando in uno di quegli stupidi
finali con cui spesso si
concludono le favole, ma nulla, le labbra del ragazzo restarono fredde
e i suoi
occhi non si aprirono. Fu in quel preciso momento che Antonio comprese
quanto
la vita fosse diversa dal mondo in cui era sempre vissuto fino a quel
momento,
niente gli avrebbe ridato Lovino, niente avrebbe salvato la Spagna,
niente
avrebbe cambiato le cose.
Improvvisamente
tutto gli sembrava vuoto e privo di un qualsiasi significato, nella sua
mente
si affollavano mille domande mentre continuava ad aggrapparsi a quel
piccolo
corpo gelido in attesa di una qualsiasi reazione che sapeva che non
sarebbe
arrivata. Non avrebbe mai saputo dire quanto tempo passò
seduto fra le macerie
a cullare Lovino, né quando qualcuno venne ad aiutarlo,
l’unica cosa che si
ricordava con certezza era di aver praticamente preso a pugni un uomo
che aveva
cercato di spiegargli che il ragazzo che continuava ad abbracciare era
morto
oramai da ore.
Quel giorno il
sole brillò alto nel cielo.
Ora
stava
tramontando, inondando di nuove sfumature rossastre quello che restava
della
città di Guernica. La notte arrivò quasi
inaspettata e gettò un cupo velo sulle
macerie di un sogno ormai distrutto, le nuvole si ammassarono sopra le
pietre
unendosi al pianto di un giovane innamorato. Le invocazioni a un Dio
muto non
avevano esaudito il suo desiderio, il ragazzo non implorava
più preghiere e il
vento copriva adesso le sue imprecazioni. Il sole non sarebbe tornato a
brillare per lui, ad Antonio restava un'unica cosa da fare e
benché fosse
contraria a gran parte dei suoi principi, raccolse la poca forza che
aveva
ancora in corpo e si apprestò a farla.
-
Antonio, dove hai intenzione
di andare?
- Ad
arruolarmi nella
resistenza.
- Ma non
hai mai preso
un’ arma in mano, se vai ti uccideranno.
- Mi
dispiace mamma,
ma non avrò pace finché non ammazzerò
fino all’ultimo di quei bastardi.
- Non
dire
sciocchezze, è una cosa insensata Antonio tu …
- Antonio
è morto a
Guernica mamma, non preoccuparti per un figlio che hai già
perso.
Epilogo:
«Avete
fatto voi quest’orrore
maestro?»
«No,
è opera
vostra»
( Risposta
di Picasso alla domanda di un
ufficiale
tedesco, in visita al suo studio, alla visione di Guernica
)
|
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Capitolo 2 *** Al Moulin Rouge ***
Note
dell'autrice:
Salve
a Tutti ! Come al solito aggiorno dopo mille anni, vi prego di
scusarmi. Adesso che ho un po' di vacanza sto riprendendo tutti i
bozzetti dei capitoli e li sto sistemando e a breve dovrei aggiornare
di nuovo anche le altre FanFiction.
Innanzi
tutto volevo dedicare questo capitolo e il seguente a Sasa
*_*
l'ho scritta principalmente per il suo compleanno e quindi ho
cambiato un po' lo stile che uso di solito per esigenze legate alla
trama e vorrei anche fare un ringraziamento speciale a
ballerinaclassica
che
come sempre mi da la carica per finire quello che ho iniziato visto
che ho la brutta abitudine di cominciare cento cose e non finirne
una, quindi grazie e presto vedrai nuovi sviluppi nella tua FanFic
adorata ^_^
Allora
per questi capitoli ( ho pensato di dividere la storia in due
perchè
la faccenda si stava allungando più del dovuto XD ) mi sono
ispirata
al quadro di Henri
de Toulouse-Lautrec
di cui appunto il capitolo porta il nome.
Presumo
che troverete il tutto un po' strano, quindi ci terrei davvero a
sapere cosa ne pensate, in questo modo mi aiutereste anche per quanto
riguarda il capitolo successivo visto che la mia adorata committente
mi ha dato indicazioni sommarie solo su alcuni punti. Un parere
schietto sarebbe davvero molto gradito.
Ultima
cosa, questo capitolo è ROSSO
con
tanto di linguaggio poco educato, scene non adatte a un pubblico non
adulto, ecc ecc quindi io vi ho avvertito :D
Prima
di augurarvi buona lettura volevo però rispodere ai commenti
che mi
avete fatto e ringraziarvi per averli lasciati, mi hanno fatto
davvero tantissimo picere e spero di risentirvi anche stavolta.
cry_chan
:
grazie a te per il meraviglioso commento, le tue parole mi hanno
veramente toccata e il sapere di averti trasmesso emozioni mi ha
davvero fatto felice. A presto spero.
niisan
:
un commento breve ma davvero intenso, sapere che ti è
piaciuta la
mia storia è davvero una bella soddisfazione, sappi che
anche le tue
splendide parole hanno commosso me. Spero di leggere presto un tuo
nuovo commento.
lucy6
:
Oddio *_* davvero grazie per il commento, mi hai davvero fatto
emozionare mentre lo leggevo. Hai proprio ragione e stavo pensando
proprio la stessa cosa quando mi è venuta l'idea di scrivere
questa
raccolta, sappiamo fare delle cose splendide ma siamo altrettanto
capaci di compiere i più orribili massacri.
Certo, non l'ho
dimenticata e presto arriverà anche il quarto capitolo :D A
presto !
Perfetto,
grazie per l'attenzione e ora a voi buona lettura :3 ci sentiamo a
fine capitolo.
Al
Moulin
Rouge
Parigi,
1899
Aspirò
l'ennesima boccata di nicotina intento a fissare con disinteresse il
cielo cupo che avvolgeva la notte di Parigi. Appoggiò la
testa sullo
stipite scalcinato della portafinestra affacciata su un vicoletto
poco lontano dai quartieri malfamati della città, chiuse gli
occhi
ascoltando per qualche minuto il rumore baccanale di Montmartre.
Espirò con lentezza parte del fumo che non aveva
precedentemente
ingerito mentre i suoi occhi tornavano ancora una volta a fissarsi
sull'imponente figura rossa di un vecchio mulino ora trasformato in
uno dei locali più conosciuti d'Europa. Stanco di aspettare
lanciò
un'occhiata veloce all'orologio e scoprì a malincuore che
erano da
poco passate le tre.
Non
l'avrebbe visto, non sarebbe venuto neppure stanotte.
Spense
con irritazione la sigaretta sul pavimento bofonchiando qualche
imprecazione, si concesse l'ultimo sguardo verso la strada deserta
sperando inutilmente di veder spuntare quell'esile figura. Futile
illusione. Lanciò
stizzito il mozzicone oltre l'arrugginito parapetto mentre alcuni
rumori piuttosto familiari gli arrivarono distinti alle orecchie.
Cercò dapprima d'ignorare i versi lascivi dell'amico che
fortunatamente non comprendeva vista la sua scarsa conoscenza della
lingua spagnola, ma quando oltre a un duetto concitato di voci si
aggiunsero anche i vari scricchiolii di un povero letto abusato non
riuscì a trattenersi dall'urlare contro la porta chiusa. -
Antonio
cazzo, vedi di fare meno casino mentre trombi. Non me ne frega nulla
di sentire i vostri fottuti rumori.- Aveva pronunciato quelle parole
tutto d'un fiato, piuttosto velocemente e con un tono tutt'altro che
amichevole, sicuramente non era stato troppo gentile, avrebbe chiesto
scusa, ma in un altro momento, ora aveva solo voglia di prendere a
schiaffi quell'odioso ragazzetto biondo.
Appoggiò
la schiena al muro e si lasciò scivolare lentamente verso il
basso
fino ad assumere una squallida posizione seduta, abbasso di qualche
centimetro la testa nascondendola in parte fra le ginocchia. Fece
qualche respiro profondo sperando di riuscire a calmarsi, non era
solito avere scatti d'ira, anzi generalmente era un tipo piuttosto
calmo. Si rilassò ascoltando il chiassoso nulla di Parigi
constatando con piacere di essere avvolto solo da un freddo rumore
lontano.
Avvertiva un disperato bisogno di vederlo, di toccarlo,
di scoparlo sperando in questo modo di poter cancellare dal suo corpo
qualsiasi altra traccia dei suoi innumerevoli amanti. Aveva
l'impellente necessità di stringerlo forte fra le sue
braccia,
schiaffeggiarlo come si usa fare con le prostitute disobbedienti per
poi urlargli in faccia tutto l'amore che provava per lui.
Dannatissimo ragazzino ambiguo, e stupido lui che con tante donne che
poteva avere si era andato ad innamorare di una sorta di puttana per
lo più di sesso maschile.
Rimase
immobile in quella posizione per un tempo indeterminato scivolando a
poco a poco in una sorta di torpore, lasciò fluire
liberamente i
troppi pensieri che gli affollavano la testa senza curarsi di
attribuire ad essi troppa attenzione, li lasciava scorrere in maniera
disordinata, privi di una qualsiasi regola cronologica.
All'improvviso però si sentì scuotere
delicatamente e solo in quel
momento avvertì la gentile pressione che la mano di Antonio
esercitava sulla sua spalla.
-
Va tutto bene Francis ? - chiese un po' preoccupato il ragazzo
spagnolo conservando però il solito sorriso rassicurante.
-
No, non va bene proprio per niente. - Il tono era piatto, privo di
sfumature e insolitamente serio, specie per uno come lui. Il
coinquilino inclinò di poco il capo intento a squadrare
preoccupato
l'accucciata figura bionda, poi con un unico rapido movimento si
andò
a sedere di fronte al francese.
-
Su, no pasa nada. Hai voglia di raccontarmi. - Antonio era l'amico
che tutti avrebbero voluto avere, sempre allegro e ottimista, anche
nelle situazioni più scure riusciva a intravedere uno
spiraglio di
luce, sapeva ascoltare e dare buoni consigli, ma la sua
semplicità
alle volte poteva farlo apparire un po' stupido specie in una
società
non troppo avvezza alla semplice bontà d'animo.
-
Cosa dovrei dirti ? Il problema lo conosci. - Francis sentì
l'amico
sospirare e pochi istanti dopo avvertì nuovamente la
presenza della
sua mano sulla propria spalla.
-
Francis, te lo devi dimenticare. Sei stato proprio tu a dire a
Gilbert che non ci si deve innamorare delle ballerine e adesso segui
le sue orme ? - Il ragazzo francese sorrise amaramente ricordandosi
delle parole che aveva usato per ammonire l'amico solo poche
settimane prima.
-
Hai ragione, ma nel mio caso non si tratta di una ballerina. - Per la
prima volta dall'inizio della conversazione alzò la testa
per poter
guardare il suo interlocutore che rispose al gesto con un ampio
sorriso.
-
Usare il termine puttana mi sembrava poco elegante. - Aggiunse lo
spagnolo corredando il commento con un piccolo sbuffo per
sottolineare l'ironia delle sue parole.
-
Tecnicamente non è neppure una puttana, è
più, come dire ... -
prima di riuscire a completare la frase venne però
interrotto dalla
calda voce dell'amico.
-
Francis, non è per essere pignolo, ma uno che si fa scopare
per
soldi è una puttana. - L'espressione serena di Antonio
impedì al
ragazzo più grande di arrabbiarsi per quella precisazione
scomoda
quanto inutile. Insomma lo sapeva benissimo da solo che si era
cacciato in una situazione malsana e senza via d'uscita.
Sospirò
nuovamente mentre un'espressione apatica andava ancora una volta a
rendere inespressivo il viso dell'uomo.
Stettero
in silenzio entrambi per una manciata di minuti, poi inaspettatamente
fu Francis a rompere quell'ovattato torpore. - Ti volevo chiedere
scusa per poco fa, insomma .. non avevo intenzione di .. -
Prima
di rispondere Antonio si concesse una leggera risatina imbarazzata -
De nada, è colpa mia. Dovrei controllarmi, ma non ci riesco,
quel
niño mi fa impazzire. -
I
due amici si guardarono nuovamente negli occhi e lo spagnolo
notò
sollevato che Francis sembrava stare un po' meglio, almeno adesso
parlava e aveva un qualche tipo di reazione agli stimoli esterni. Si
alzarono poco dopo dal pavimento e si diressero nell'angusta
stanzetta adiacente al soggiorno. Quel piccolo cucinotto era in
perenne disordine, ma tutti gli abitanti della casa sapevano
perfettamente come muoversi un quel cumulo di scatole vuote e
stoviglie ammucchiate. Il miglior rimedio per scacciare completamente
la tristezza era senz'ombra di dubbio un buon bicchiere di vino
rosso. Francis si occupò di provvedere sia alla bevanda sia
ai
bicchieri mentre Antonio si limitò ad accomodarsi sulla sua
solita
sedia vicino alla finestra. In poco più di mezz'ora si erano
scolati
quasi due bottiglie e l'effetto inebriante del vino iniziava ormai a
far sentire i suoi effetti. Entrambi infatti avevano le guance
leggermente sfumate di rosso ed erano inclini a ridere per ogni
minima stupidaggine.
-
Allora ti sei divertito parecchio stasera, almeno da quanto ho
sentito deve essere così. -
-
Tu non puoi neppure immaginare, mi sa che mi sono proprio perso per
quel ragazzino. -
-
Sono contento per te, Lovino è un bravo ragazzo e ha anche
un gran
bel culo. -
-
Francis ti permetto questo genere di commenti solo perché
sono
piuttosto ubriaco e perché concordo pienamente con quello
che hai
appena detto. - entrambi si lasciarono andare a una risata piuttosto
sonora e malgrado l'ora tarda continuarono a chiacchierare ancora per
parecchio tempo.
-
Tornando a Gilbert - il tono del francese assunse una sfumatura
più
seria - hai idea di dove si sia cacciato, è quasi mattina. -
-
Dove vuoi che sia Francis, con la sua ballerina preferita. - dedusse
semplicemente Antonio prima di tornare a concentrasi sul suo
bicchiere pieno a metà - voi due vi ci siete fregati in quel
locale,
io ve l'avevo detto e anche tu avevi detto a Gilbert di stare
attento, almeno prima che facessi la stessa fine. -
Francis
distolse lo sguardo dal suo interlocutore per spostarlo sulla piccola
porzione di cielo visibile dalla finestrella che illuminava
l'ambiente. Ormai stava albeggiando e le scure nuvole che avevano
coperto Parigi per tutto il giorno precedente si stavano ora
chiazzando di sfumature rosate. Ancora assorto Francis
mormorò - Se
non avessi avuto bisogno di soldi tutto questo non sarebbe mai
successo, di conseguenza non sarei mai e poi mai entrato al Moulin
Rouge. -
L'idea
di tirar su un po' di soldi affittando il suo piccolo appartamento
gli era balenata in mente per caso; quello che guadagnava lavorando
non gli bastava più per pagarsi gli studi e certo mamma e
papà non
avrebbero investito i modesti risparmi di famiglia in un progetto
che, a loro parere, faceva acqua da tutte le parti. Parigi in quel
periodo era una delle mete più ambite da tantissimi giovani
e
sicuramente non avrebbe avuto molti problemi a trovare qualcuno
interessato a condividere l'alloggio con lui. L'ingenioso piano non
aveva fatto attendere i suoi frutti e in neppure una settimana dalla
diffusione dell'annuncio, Francis trovò due coinquilini,
così ormai
da quasi due anni Francia, Prussia e Spagna vivevano sotto lo stesso
tetto. Fra i tre si era subito creata una sorta d'intesa speciale e
anche se non si conoscevano da molto, divennero subito ottimi amici.
Ben presto però nell'angusto appartamentino di Francis lo
spazio si
era nuovamente ridotto, infatti da tre inquilini quali erano in
origine, erano passati dapprima a quattro poi a cinque, anzi fra meno
di sette mesi sarebbero stati in sei.
La
prima annessione si verificò qualche settimana dopo l'inizio
della
loro convivenza quando Antonio si presentò a casa una sera
con un
ragazzino italiano che a detta dello spagnolo aveva bisogno di un
posto dove stare solo per qualche giorno. Poi insomma, Lovino aveva
talmente un bel musetto che, nonostante tutti i suoi infantili
capricci e il suo carattere viziato, era risultato impossibile
liberarsi di lui; sicuramente quello che avveniva di notte fra
l'italiano e Antonio aveva senza dubbio contribuito alla decisione di
promuovere quell'ospite ad abitante effettivo. Meno di un anno dopo
Francis si vide costretto ad assistere ad un analogo episodio il cui
protagonista stavolta era però Gilbert. Quest'ultimo infatti
aveva
preso a frequentare con regolarità un certo numero di locali
altamente sconsigliati e più volte aveva costretto i due
amici, più
per mancanza di soldi che per bisogno di compagnia, ad andare insieme
a lui al Moulin Rouge. La vera ragione di queste frequenti uscite era
rimasta sconosciuta ad entrambi per parecchio tempo, i due pensavano
semplicemente che il loro spavaldo amico volesse divertirsi un po'
con le disinibite ballerine di can-can che erano solite svolazzare in
giro per il locale, mai avrebbero creduto di ritrovarsi a condividere
l'alloggio con una di esse. Infatti, come aveva fatto precedentemente
Antonio, anche Gilbert una sera tornò a casa in compagnia e
come era
già successo per Lovino, la stessa cosa si ripeté
anche nei
confronti di Elizabeta specie dopo la sconvolgente scoperta della
gravidanza della ragazza.
-
Credo che, vista l'ora, sia davvero passato a prendere Eliza. -
ipotizzò Francis rivolgendo nuovamente l'attenzione
all'amico.
-
Si, avrà sicuramente aspettato che finisse lo spettacolo, ma
lavora
ancora nelle sue condizioni ? - biascicò Antonio che, ormai
non più
molto lucido, iniziava a strascicare le parole.
-
Credo che ne abbia ancora per questa settimana, poi dovrebbe smettere
definitivamente di fare la ballerina, in più essendo ormai
incinta
di tre mesi l'avrebbero cacciata a prescindere. - Fece una breve
pausa di un paio di secondi poi continuò - Con tutta questa
storia
Gilbert sembra essersi calmato un po', almeno si è trovato
un lavoro
e ha smesso di bere come una spugna. -
-
Grazie al cielo, anche se mi sa che poi alla fine ci
toccherà dargli
una mano pure noi, i niños sono cari, eh Francis ?! -
-
Già, i bambini costano, mi chiedo dove lo mettiamo un
bambino,
stiamo già stretti così. Basta non ci voglio
pensare adesso
altrimenti mi torna mal di testa. Vuoi un altro bicchiere di vino? -
-
Meglio di no, ci vedo già imbrogliato e domattina devo
lavorare
quindi credo che per adesso possa bastare così, gracias. -
Antonio
aveva appena finito di mormorare il suo blando ringraziamento quando
la conversazione venne interrotta dal chiassoso arrivo di Gilbert. Il
ragazzo raggiunse subito i due amici in cucina e, assecondando un
muto gesto di Francis, si sedette al tavolo e si fece riempire un
bicchiere.
-
A momenti ti davamo per disperso. - Sentenziò bonariamente
lo
spagnolo
-
Nah abbiamo fatto tardi perché Eliza si è persa
in chiacchiere come
al solito, tranquillo mamma il tuo bambino sa cavarsela anche da
solo. - I tre scoppiarono a ridere mentre una figura esile e
aggraziata faceva il suo ingresso nella stanza.
-
Ciao ragazzi, cosa fate ancora svegli ? - Chiese la ragazza prima di
avvicinarsi al presunto fidanzato con l'intento di sedersi sulle sue
gambe. Gilbert, a quel gesto, emise un piccolo sbuffo infastidito
dettato più dall'imbarazzo che da un reale disagio, ma non
si
oppose, anzi con qualche piccolo movimento riuscì a trovare
la
posizione più comoda per entrambi. Infine le cinse la vita
con il
braccio libero accertandosi di appoggiare la mano sul ventre
leggermente arrotondato di lei.
-
Ci sparlano dietro queste due pettegole ecco cosa fanno ancora
svegli. - Rispose Gilbert alla domanda rivolta in precedenza dalla
ragazza. Rimasero tutti insieme a parlare ancora per un po' di tempo,
finché Antonio non si sentì chiamare da una
vocetta assonnata ma
piuttosto decisa.
-
Antonio, sarà meglio che ti sbrighi ad andare a sentire cosa
vuole,
altrimenti il tuo morosino si mette a strillare e sveglia tutto il
palazzo. - Lo spagnolo rise imbarazzato alla battuta di Francis prima
di congedarsi dal gruppo ed affrettarsi a raggiungere la sua camera
da letto.
-
Comunque sarebbe meglio se anche tu andassi a riposare adesso,
abbiamo fatto tardi stanotte. - Aggiunse Gilbert rivolto alla
ragazza. - Io arrivo fra poco, ho bisogno di farmi un bagno. Francis
la potresti aiutare a portare in camere della roba che abbiamo
portato via stasera dal suo camerino ? - Il ragazzo accolse con un
sorriso la proposta dell'amico e poco dopo si trovò ad
armeggiare
con Eliza nel disperato tentativo di piegare un lunghissimo lenzuolo
bianco.
-
Non per farmi gli affari tuoi, ma che te ne facevi di un lenzuolo in
camerino ? - chiese Francis con un tono leggermente perplesso mentre
cercava di trovare il modo di riuscire a ordinare quella massa di
stoffa.
-
Veramente è un regalo che mi hanno fatto le mie amiche
quando hanno
saputo che lasciavo il Moulin Rouge. - la ragazza sorrise stringendo
dolcemente fra le mani un lembo del tessuto candido. - Ci hanno
ricamato sopra alcuni piccoli fiori e hanno detto che in questo modo
mi sarebbero sempre state vicine e mi avrebbero protetto. Sono state
davvero gentili, mi mancheranno molto alcune di loro. -
Sfiorò con
le dita sottili i piccoli boccioli ricamati con precisione e cura,
accarezzò la loro finta corolla rosa mentre continuava a
mantenere
inalterato il dolce sorriso che le si era dipinto in viso durante la
descrizione del prezioso regalo.
Francis
si accorse solo in quel momento di quella piccola chiazza di colore
che qualcuno aveva aggiunto al tessuto immacolato, strinse appena gli
occhi cercando di mettere ben a fuoco il delicato ricamo e, prima
ancora che riuscisse a formulare la domanda nella sua mente, Eliza
gli stava già fornendo la risposta.
-
Sì, li ha ricamati lui. - Il ragazzo alzò di
scatto lo sguardo e lo
incollo ai grandi occhi di lei, respirò affannosamente per
un paio
di secondi prima di iniziare a parlare.
-
L'hai visto? Stasera intendo, l'hai visto? Era con te? Con chi cazzo
è andato a letto stavolta ?! - il tono di voce dapprima
flebile era
cresciuto man mano che le parole gli uscivano di bocca, tanto che
Francis aveva praticamente urlato l'ultima frase in faccia ad Eliza
che si era limitata ad alzare un sopracciglio. Prima di rispondere
alle domande disordinate del suo padrone di casa, la ragazza
aspettò
qualche secondo in modo da farlo in parte calmare, ogni volta che si
entrava in quel genere di argomento diventava piuttosto intrattabile
e ciò era dovuto alla commistione di un'assurda gelosia
mischiata ad
una grande insicurezza.
-
Francis, calmati. Si, l'ho visto ma sono passata io da lui è
per
questo che abbiamo fatto così tardi. Non è venuto
al Moulin Rouge
stasera e ormai non ci viene quasi più, tanto lo sai
perfettamente
anche tu il vero motivo per cui aveva chiesto di essere assunto per
dare una mano dietro il sipario. Ha già trovato abbastanza
clienti e
perdere le serate in quel locale non gli servirebbe a molto. -
-
Certo che ha già trovato abbastanza clienti, ma che cazzo se
ne fa
di tutti quei vecchi maiali se ha anche un lavoro normale ? Per
questo che non trova tempo per me, si vede che lo pago troppo poco e
poi adesso ha cominciato a ricevere pure a casa, ma che bravo il
nostro Iggy davvero, complimenti vivissimi .. - lo sproloquio di
Francis fu brutalmente interrotto da un sonoro schiaffo di Eliza.
La
mano della ragazza andò a colpire con decisione la guancia
del
francese, il ragazzo di cui stavano parlando era una persona a lei
estremamente cara, si conoscevano ormai da alcuni mesi e si erano
affezionati molto l'uno all'altra, Eliza era la sola che conosceva
veramente Iggy, tanto che era l'unica a cui quest'ultimo avesse mai
detto il suo vero nome: Arthur.
-
Non è venuto a farsi sbattere da te perché il suo
fratellino non
sta bene. - La ragazza mormorò piano queste parole mentre le
si
stringeva il cuore al ricordo di quella gracile figura accovacciata
in un letto apparentemente troppo grande e dell'espressione
preoccupata del fratello maggiore. Arthur le aveva raccontato d aver
chiamato più volte il dottore in quei giorni e ormai quello
che
all'inizio era solo un brutto sospetto stava diventando un'angosciate
consapevolezza. Eliza venne risvegliata dai suoi pensieri da una
sgradevole quanto velenosa replica di Francis.
-
Certo che non sta bene, povero bambino con un fratello così
come mai
potrebbe ... - nuovamente la ragazza azzittì il suo
interlocutore.
-
Francis vedi di piantarla di fare lo stronzo. Probabilmente Peter ha
la tisi. -
Dopo
aver sentito l'ultima frase detta dalla ragazza, Francis
spalancò
gli occhi per la sorpresa, rimase immobile qualche secondo
vergognandosi di quello che aveva appena detto e pensato. Tenne lo
sguardo fisso sull'aggraziata figura di Eliza che nel frattempo
cercava di trattenere come meglio poteva le lacrime che avevano
già
cominciato a rigarle le guance.
-
Non volevo, io .. mi dispiace. - il francese mormorò quelle
poche
parole flebilmente, abbassando la testa. Elizabeta mosse qualche
passo verso di lui e lo abbracciò, lo strinse forte cercando
di
rassicurarlo, sapeva che Francis aveva detto quelle parole
inconsapevolmente e mosso dalla gelosia, conosceva bene il suo
padrone di casa e sapeva quanto in questo momento stesse soffrendo.
- Shh,
non lo potevi sapere. Adesso vedi di calmarti sul serio, se stai qui
a piagnucolare non aiuti nessuno. Perché non ti dai una
sistemata e
non lo vai a trovare al lavoro, dopotutto è un po' che non
vi vedete
vero ?! - Francis, prima di accennare qualsiasi tipo di risposta, si
lasciò confortare ancora un po' dall'abbraccio caldo della
ragazza.
Non appena i loro corpi si staccarono si prese qualche secondo per
osservarla. Gilbert aveva davvero buon gusto, Eliza era davvero
bella, sicuramente il loro bambino sarebbe stato uno splendore.
Francis si ritrovò a sorridere senza neppure accorgersene,
l'idea
che gli era stata suggerita non era affatto male, anzi avrebbe fatto
proprio così, sarebbe andato a trovare Iggy.
-
Ehm ehm – i due sentirono un distinto colpetto di tosse alle
loro
spalle. - Non per interrompervi sia chiaro, ma gradirei molto sapere
cosa ci fai appiccicato alla mia ragazza con quel sorriso da ebete
stampato sul grugno barbuto. - La voce appena irritata di Gilbert
alleggerì parecchio il clima che involontariamente si era
creato,
entrambi sorrisero divertiti alla volta del nuovo venuto che
liquidò
quella strana reazione con un gesto infastidito.
-
Stavo solo facendo dei piccoli test sui fianchi della tua ragazza. -
rispose ironico Francis prima di staccarsi definitivamente dal corpo
di Eliza. - e devo dire che le mie ricerche e i miei attenti studi mi
hanno portato a dedurre che .. - venne nuovamente interrotto dalla
voce dell'amico.
-
Ti hanno fatto dedurre che se non levi le zampacce da quello che non
è tuo io mi incazzo e dopo ... - Rendendo il favore
all'amico,
Francis completò la frase per lui.
-
e dopo speriamo che tuo figlio non prenda il tuo carattere
perché
altrimenti siamo tutti fregati. - Lui ed Eliza scoppiarono a ridere
mentre Gilbert, con il solito sorrisino strafottente stampato in
faccia, alzò elegantemente il medio in direzione del ragazzo
parigino.
________________
Parigi
a quell'ora era sempre parecchio trafficata, tutti avevano qualcosa
da fare e la maggior parte delle persone si muoveva rapidamente senza
badare a chi o cosa avessero intorno, la fretta che si era
impossessata del mondo ormai da quasi un secolo non lasciava
più
tempo alla calma e ormai ognuno come meglio poteva si era adeguato al
nuovo ritmo dettato dalla fiorente tecnologia.
Francis conosceva
bene la sua città, non aveva problemi ad orientarsi e
così scelse
di percorrere un numero imprecisato di sporchi vicoletti per
raggiungere la sua meta, in questo modo avrebbe sicuramente evitato
di perdere tempo imbottigliato in un mare di gente disorientata. Non
impiegò più di un quarto d'ora per arrivare a un
piccolo bar che
esteriormente non aveva nulla di diverso dalla miriade di
cafè che
continuavano a spuntare in tutta la capitale. L'unica eccezione era
rappresentata da un particolare cameriere biondo.
Francis
sapeva davvero poco di Iggy e gran parte delle cose di cui era a
conoscenza le aveva apprese per deduzione, quindi non rappresentavano
poi una vera e propria scoperta. Per esempio visto l'assurdo accento
del ragazzo Francis aveva subito capito che doveva avere origini
anglosassoni, aveva inoltre scoperto da poco che aveva un fratello
più piccolo al quale badare, per il resto le esigue
informazioni in
suo possesso riguardanti la vita dell'inglese le aveva sentite, per
errore, direttamente da lui. Una sera l'aveva trovato ubriaco
fradicio sotto casa sua, non aveva idea del perché il
ragazzo fosse
venuto a cercarlo, ma passarono insieme tutta la notte. Ubriaco Iggy
era sicuramente molto più loquace e di compagnia, ma
purtroppo in
tutto quello che aveva detto non c'era un minimo senso logico, almeno
per Francis. In quell'occasione il francese ottenne delle
informazioni preziose tipo il lavoro diurno che il ragazzo inglese
svolgeva in un piccolo bar, qualche intima informazione sui clienti
che abitualmente frequentava e più volte sentì
Iggy chiamare il
nome di un certo Alfred. Chi fosse questo Alfred non lo sapeva
nessuno, certo Francis non aveva mai chiesto spiegazioni al diretto
interessato, ma la cosa strana era che neppure Eliza ne aveva mai
sentito parlare.
Mosse
qualche altro frettoloso passo in direzione dell'entrata del piccolo
locale e non appena fu all'interno iniziò a cercare con gli
occhi
quel particolare cameriere biondo. Guardò attentamente tutte
le
persone presenti nell'angusto ambiente, ma di Iggy neppure l'ombra.
Piuttosto sconcertato cercò di ottenere qualche informazione
dagli
altri dipendenti e dopo alcune veloci domande venne a sapere che il
ragazzo non si presentava al lavoro ormai da una settimana. Il solito
pettegolo di turno aggiunse anche che probabilmente era stato
licenziato perchè il principale aveva scoperto qualcosa di
scomodo
su di lui, ma quale fosse di preciso la causa del presunto
licenziamento non lo sapeva nessuno. Francis rimase in silenzio per
alcuni secondi prima di sedersi ad un tavolino vicino alla porta e
ordinare un caffè, forse quella bevanda forte gli avrebbe
schiarito
le idee e gli avrebbe fatto venire in mente qualcosa di utile per
rintracciare il ragazzo inglese visto che, ironia della sorte, non
aveva la più pallida idea di dove abitasse e di sicuro non
glielo
avrebbero mai e poi mai rivelato più che per rispetto della
privacy
per mancanza di informazioni, d'altra parte Iggy era un maestro a non
lasciare la minima traccia che permettesse di poterlo rintracciare.
Fin dalla prima volta che si erano incontrati Francis aveva subito
capito che quel ragazzo era estremamente riservato, era anche
convinto che quello con cui si presentava non fosse il suo vero nome,
insomma che razza di nome è Iggy ?! D'accordo che gli
inglesi sono
rinomati per il loro pessimo gusto, ma quello non poteva
assolutamente essere il suo nome. Non sapeva nulla di lui, nessun
intimo dettaglio della sua vita, era anche certo che non avessero mai
fatto veramente l'amore, Iggy era bravo a prendere le distanze anche
in quel campo. Non c'era nulla di vero, era tutto palesemente
costruito durante i loro amplessi a cominciare da quell'orrido
rossetto rosso che Francis aveva ben presto incominciato ad odiare,
ma che non aveva il coraggio di togliere dai colletti delle sue
camicie. Si lasciò nuovamente trasportare dai ricordi, la
prima sera
che si erano incontrati pioveva a dirotto, faceva un freddo cane e
lui era di pessimo umore.
Francis
odiava il Moulin Rouge, preferiva di gran lunga trovarsela fuori la
compagnia femminile, ma purtroppo per lui, Gilbert non era del suo
stesso parere. Come tutte le volte l'amico l'aveva incastrato e,
anche se controvoglia, adesso si ritrovava a vagare con la solita
aria scocciata per l'enorme salone illuminato a giorno pieno di
allegre ballerine molto poco vestite. Naturalmente la stragrande
maggioranza di quelle sorridenti signorine fin troppo truccate
svolgeva, oltre a quell'impiego, anche tutt'altro tipo di
attività
molto meno morale ma sicuramente più redditizia. Francis per
principio odiava le puttane, rappresentavano tutto ciò che
andava
contro la sua filosofia di vita: l'amore; e con le prostitute non
c'è
l'amore ma solo squallido sesso.
Gilbert
naturalmente, come al solito, si era bellamente fregato dei consigli
suoi e di Antonio e ormai da alcuni mesi frequentava assiduamente il
locale. Eliza gli aveva fatto perdere la testa ed era fondamentale
per lui che si vedessero praticamente tutte le sere. In tutto questo
Francis non aveva ben capito il ruolo che avrebbe dovuto svolgere
visto che, finito lo spettacolo della ragazza, veniva gentilmente
parcheggiato in qualche angolo dalla coppia di piccioncini bisognosa
d'intimità. Francis solitamente s'intratteneva pochi minuti
ancora
dietro il sipario poi tornava a casa, ma quella notte successe
qualcosa di totalmente inaspettato.
Aveva
appena salutato Gilbert con le solite raccomandazioni da mamma che
lui e Antonio gli facevano a turno e si stava preparando per
andarsene quando notò un ragazzo biondo che non aveva mai
visto.
Incuriosito, anzi attratto da quella figura così fuori luogo
dietro
le quinte di un locale di can-can si avvicinò velocemente a
lui.
Quando le distanze fra di loro vennero ridotte appena ad una manciata
di centimetri, Francis si fermò aspettando che il ragazzo si
accorgesse della sua presenza. In quei pochi secondi il francese si
concesse il lusso di studiare attentamente l'elegante fisionomia
piuttosto minuta di quello che poi sarebbe diventato una vera e
propria ossessione per lui. Aveva un fisico asciutto e fin troppo
esile per essere un maschio, anche i tratti del viso erano piuttosto
delicati, fatta eccezione per le sopracciglia oltremodo esagerate.
Nel complesso la sua figura era armoniosa e altamente arrapante, ecco
quello era l'aggettivo adatto per descrivere appieno il ragazzo che
gli stava di fronte intento a contare una manciata di sgualcite
banconote di piccolo taglio. Il fatto che fosse un maschio non era un
problema per uno come Francis che da sempre era innamorato
dell'amore, e l'amore, come spesso quest'ultimo spiegava ad Antonio,
non è nè maschio nè femmina.
-
Fuck you, stupid old pervert. Here are missing 30 francs. - Solo dopo
aver esclamato queste parole il ragazzo si accorse della presenza di
Francis. - La pianti di fissarmi il culo ? - Chiese con tono
leggermente irritato mentre squadrava il suo interlocutore spuntato
da chissà dove.
-
Ti prego di scusarmi. - Bofonchiò un po' imbarazzato Francis
non
essendosi neppure reso conto di essersi soffermato un po' troppo su
una particolare zona del corpo dell'altro. Qualcosa lo attraeva in
maniera irresistibile in quel ragazzo arrogante, ma visto il suo
atteggiamento c'erano solo due possibili alternative: o si occupava
di gestire i guadagni di qualche ragazza o svolgeva lo stesso lavoro
di gran parte delle dipendenti del locale. - Non era mia intenzione
soffermarmi così insistentemente sul tuo .. ehm .. sederino.
-
Francis sorrise, ormai totalmente stregato dalle occhiatacce che
riceveva come risposta a qualsiasi suo comportamento. - Senti, che
fai di bello stasera ? - chiese stupendo più sé
stesso che la
persona con cui stava parlando. Insomma probabilmente quel ragazzo
era una puttana e lui gli stava chiedendo di passare la notte
insieme, stava facendo tutto ciò che si era categoricamente
vietato
e su cui aveva messo in guardia Gilbert. La risposta quasi ovvia del
ragazzo interruppe il filo dei suoi pensieri impedendo così
a
Francis di fare un ultimo tentativo per non impelagarsi in una
situazione che sarebbe, con il tempo, risultata estremamente
problematica, specie per lui.
-
Se vuoi stare con me stasera sappi che costo caro e da adesso ho
deciso che voglio il pagamento anticipato. - L'intensità del
suo
sguardo deciso fece crollare anche l'ultima fragile incertezza di
Francis che sfoggiando il consueto sorriso seducente chiese spavaldo
a quanto ammontasse il prezzo richiesto da quello strano ragazzo.
-
Vediamo .. diciamo che 150 franchi dovrebbero bastare. - La voce
ferma e sicura andò a contrastare lo sguardo attonito di
Francis,
insomma era una cifra decisamente alta. Prima che quest'ultimo
potesse protestare sulla somma fin troppo elevata, il suo
interlocutore prese nuovamente la parola.
- Non si
contratta, non abbasso il prezzo neppure di un franco, se ti sembra
troppo allora va a scocciare qualcun altro. - Era abituato a fare lo
spaccone e anche se aveva un disperato bisogno di soldi non si
vendeva per delle cifre irrisorie, insomma se doveva fare quel genere
di lavoro per far quadrare i conti almeno voleva guadagnare
abbastanza, la sua sottomissione costava caro. Francis stette in
silenzio ancora per qualche minuto, poi accettò.
-
Vada per 150 franchi, spero almeno che tu valga tutti questi soldi. -
Prima di frugarsi nelle tasche della giacca per recuperare il
portafogli fece un rapido occhiolino a quella che sarebbe stata la
sua compagnia per quella notte. Contò velocemente le
banconote e
sopperì alla mancanza degli ultimi franchi aggiungendo un
paio di
arrugginite monetine. Porse il consistente mazzetto di soldi al
ragazzo davanti a lui e aspettò con impazienza che
quest'ultimo
contasse nuovamente il denaro. Al termine dell'imbarazzante
operazione i due si fissarono negli occhi ancora una volta.
-
Va bene, seguimi. - Il ragazzo più piccolo fece un lieve
cenno al
suo nuovo amante, lo condusse in un angusto alberghetto sporco poco
distante dal Moulin Rouge. Entrarono da una porta sul retro e ben
presto si trovarono in una stanzetta scarsamente ammobiliata, solo un
letto e un comodino mezzo rotto riempivano lo squallido ambiente, ma
almeno le lenzuola sembravano lavate di fresco.
-
Ah, è qui che vivi ? - Chiese incuriosito Francis mentre
studiava il
povero ambiente polveroso.
-
No. Qui è dove lavoro. - Rispose l'altro precedendolo e
accendendo
la piccola lampada appoggiata sul comodino. La fioca luce
illuminò
l'ambiente donando, con la sua tenue luce giallastra, un po'
più di
calore a quello sporco angolo di Parigi. - Non è un
granché, ma è
pulito. - Precisò il ragazzo prima di sedersi sul letto.
-
Perfetto allora. - Sorrise Francis mentre una strana sensazione di
disagio si faceva sentire alla bocca dello stomaco. C'era qualcosa di
strano in quel ragazzo, pochissime persone avevano il potere di
agitarlo e lui lo stava decisamente mandando in confusione. Gli si
piazzò davanti continuando a fissare quegli enigmatici occhi
verdi.
-
Cominciamo ? - Chiese con voce suadente la piccola figura accoccolata
sul morbido materasso. Il tono che aveva usato era totalmente diverso
da quello precedente e Francis stentava quasi a credere che quella
carezzevole parola lasciva fosse stata pronunciata dalla stessa
persona che aveva incontrato poco prima. Gli sorrise nuovamente
mentre il desiderio di fare l'amore con quello strano ragazzo
cresceva ogni minuto di più, tanto che ormai stava iniziando
ad
essere evidente un leggero rigonfiamento nel cavallo dei suoi
pantaloni.
-
Certo, ti lascio carta bianca .. emh ehm .. come ti chiami ? - La
domanda arrivò così inaspettata che l'inglese ne
rimase spiazzato,
nessuno gli aveva mai chiesto il suo nome, almeno mai prima di un
rapporto, di solito quella parte se la riservavano per il post-sesso
mentre si rivestivano frettolosamente. Scosse leggermente la testa
come a volersi riprendere dalla sorpresa poi rispose con voce
piuttosto lasciva.
-
Puoi chiamarmi Iggy e non voglio sentire commenti relativi al mio
nome. - Tagliò corto liquidando la domanda come la maggior
parte di
quelle che gli venivano rivolte, era abituato a rispondere in modo
laconico, fornendo il minor numero possibile di informazioni e
dicendo sempre solo una mezza verità se non una bugia vera e
propria. Non avrebbe mai permesso a nessuno dei suoi clienti di
violare anche la sua vita, avevano già il suo corpo con cui
divertirsi.
-
Ok, io sono Francis, non sei di queste parti vero ? - La sua
curiosità l'aveva spesso cacciato nei guai, ma era un
qualcosa a cui
non riusciva proprio a resistere specie se la persona in questione lo
interessava. Si scambiarono ancora un breve sguardo poi, più
perché
aveva già pagato che per altro, Iggy decise di rispondere
anche a
questa domanda.
-
Infatti, non sono di qui e non mi piace neppure questo posto. -
Nuovamente non concesse alcuna informazione riservata a parte un
inutile parere su Parigi. Si stava decisamente irritando, odiava fare
conversazione specie in circostanze del genere. Squadrò il
suo
interlocutore e forse lo vide veramente per la prima volta. Era
abituato a non soffermarsi mai molto sulla fisionomia dei suoi amanti
anche perché la maggior parte di loro era composta da uomini
piuttosto grandicelli e non particolarmente attraenti. Quello che
aveva davanti invece era un uomo molto giovane, di sicuro avevano
solo un paio d'anni di differenza, e dovette ammettere che era
davvero di bell'aspetto. Almeno per quella sera non avrebbe dovuto
tenere gli occhi obbligatoriamente chiusi, ma con la fortuna che
aveva c'era sempre la possibilità che il bel francesino
fosse un
pervertito. Sbuffò appena cercando di scacciare quel
pensiero,
quella sera non era proprio in vena di strani giochetti schifosi.
-
Sei inglese vero? - Le parole pronunciate improvvisamente da Francis
lo fecero sobbalzare, era totalmente perso nei suoi pensieri e non si
sarebbe aspettato che qualcuno riuscisse ad indovinare così
facilmente la sua nazionalità. La lunghissima pausa che
seguì
quella semplice affermazione e la sguardo piuttosto spaurito di Iggy
non lasciarono dubbi in merito alla risposta. Per la prima volta
l'avevano preso così alla sprovvista che non era riuscito a
simulare
nulla che non fosse altro che la verità. Era inglese fin
dentro
all'anima, amava l'Inghilterra e sentiva un disperato bisogno di
tornare a casa, ma al momento le sue precarie condizioni economiche
gli impedivano qualsiasi possibilità di ritorno, in
più adesso
doveva pensare solo ed esclusivamente al suo fratellino. Rimase in
silenzio ancora qualche secondo mordicchiandosi il labbro inferiore,
quasi fosse indeciso sulla prossima mossa, era in evidente
difficoltà
e per quanto il fatto che quel Francis sapesse la sua
nazionalità
non rappresentasse un'informazione così personale, si
sentiva in
qualche modo violato. Non voleva mescolare sé stesso al suo
sporco
lavoro, per questo non concedeva mai dettagli della sua vera vita,
anche il nome era una cosa troppo personale e non avrebbe mai
permesso a nessuno di scoprirlo.
-
Indovinato, sei piuttosto perspicace ... Francis giusto ?! - Il tono
di voce era tornato quello sicuro di prima, ma i suoi occhi tradivano
ancora un certo nervosismo che il francese non mancò di
notare.
L'aver messo così in crisi quella figura apparentemente
così
inarrivabile gli aveva conferito una sorta di strana fiducia e adesso
si sentiva come rassicurato da quella inaspettata reazione.
-
Nah .. è che prima, mentre contavi i soldi, ti ho sentito
parlare in
inglese allora ho supposto che fossi straniero, sai Parigi in questo
periodo è piena di gente che arriva da tutte le parti
d'Europa. -
Sorrise, cercando forse di dare un po' di conforto a quel ragazzo che
gli era apparso, anche se solo per pochi secondi, così
fragile.
Senza neppure pensarci si chinò appena in avanti e
catturò con un
unico movimento veloce le labbra morbide dell'inglese. La risposta
non tardò ad arrivare e mentre era intento ad accarezzare
con la
lingua la pienezza di quella soffice bocca, sentì il dolce
sapore
del compagno. Il bacio diventò ben presto molto
più profondo e i
due si trovarono avvinghiati sul materasso intenti a divorarsi a
vicenda. Francis non sapeva con esattezza se ciò che stava
facendo
il suo amante fosse dettato dall'esperienza o dalla stessa passione
di cui lui stesso era caduto vittima, ma non ebbe il tempo di
soffermarsi troppo su questo pensiero. Le sue mani, avevano infatti
preso a vagare bramose sul corpo asciutto di Iggy e continuavano a
soffermarsi impazienti sulla rotondità appena accennata del
sedere
sodo di quest'ultimo.
-
Adesso rilassati e lasciami lavorare. - Queste poche parole vennero
pronunciate direttamente all'orecchio di Francis e furono seguite da
un'umida lappata. Il francese non potè far altro che
guardare
curioso il ragazzo più piccolo allontanarsi da lui, lo
seguì con lo
sguardo sollevando appena la testa e lo vide frugare frettolosamente
nel piccolo cassetto del traballante comodino. Udì una
flebile
imprecazione in inglese che non riuscì però a
decifrare e
all'improvviso si ritrovò con due occhi verdi puntati di
nuovo
addosso.
-
Ti piace il sesso orale vero ? - La voce calda dell'inglese fece
sembrare la frase appena pronunciata molto più romantica,
almeno
alle orecchie di Francis che annuì vigorosamente alla
domanda che
gli era stata appena rivolta.
-
Pensavo che per questo genere di cose si dovesse pagare un extra .. -
Aggiunse poi Francis non perché avesse qualcosa da ridire in
merito
alla proposta, ma più che altro per il fatto che era
completamente
al verde dopo aver pagato l'esorbitale parcella. Venne però
interrotto prima di poter completare la frase.
-
In teoria sì, ma ho finito la vaselina e non ho alcuna
intenzione di
farlo a secco, quindi vedrò d'impegnarmi affinché
tu ne faccia
davvero tanta. - Il francese rimase davvero sbigottito da queste
parole, ma la cosa che lo colpì maggiormente fu quello che
successe
immediatamente dopo. Infatti Iggy si mise di nuovo a ravanare nel
cassetto finché non ne estrasse un piccolo cilindro
argentato,
questa volta il gesto venne accompagnato da un piccolo mugolio
d'approvazione. Francis intanto stava cercando di scoprire a cosa
servisse l'oggetto apparentemente inutile che il compagno aveva
recuperato, ma non appena capì di cosa si trattasse non
poté
evitare di fare una domanda.
-
Scusa la mia ignoranza, ma che cosa dovremmo farcene di un rossetto
?! - Mentre formulava la domanda inclinò appena la testa di
lato
cercando di cogliere qualche dettaglio utile dalle espressioni
enigmatiche di Iggy. Quest'ultimo sentendo quelle parole si
girò
verso di lui e sfoggiando un ostentato sorriso seducente rispose
velocemente.
-
Tu proprio niente, serve a me. - Entrambi spostarono lo sguardo sul
piccolo contenitore che, dopo essere stato aperto, rivelava il suo
morbido contenuto. Francis era decisamente confuso, all'inizio aveva
pensato a uno scherzo, forse quello strano ragazzo si voleva
divertire a prenderlo un po' in giro, ma ancora una volta fu
costretto a rivedere le proprie convinzioni. Dopo aver fatto un
veloce respiro Iggy appoggiò il trucco alla bocca e con
poche
lascive mosse dipinse completamente le sue labbra che da rosa
diventarono rosso acceso. Francis da parte sua non avrebbe saputo
dire se fosse più eccitato o sconvolto, non aveva mai visto
un
ragazzo mettersi il rossetto e soprattutto non in quel modo.
Squadrò
per una manciata di istanti il viso dell'inglese che grazie a quella
macchia brillante di colore si era trasformato così tanto.
Non
sembrava più neppure la stessa persona, ma prima che potesse
formulare qualsiasi altro tipo di pensiero razionale, Iggy prese in
mano la situazione, letteralmente. Francis sentì le calde
mani del
ragazzo insinuarsi sotto la stoffa spessa dei sui pantaloni,
avvertì
un'eccitante brivido non appena le dita dell'altro sfiorarono la sua
virilità ancora imprigionata nella scura biancheria intima.
Bisognoso di ricevere attenzioni più dirette
aiutò il compagno a
liberarlo dall'impiccio dei vestiti e pochi secondi dopo
trovò il
paradiso nella bocca di uno sconosciuto.
Non
gli piaceva perdere tempo, quindi non appena vide che il suo nuovo
cliente era pronto afferrò con dolcezza la base del suo pene
già
eretto e avvicinò con calcolata lentezza le sue labbra
dipinte verso
la voglia dell'uomo. Dapprima si limitò a piccoli baci,
alternati a
veloci lappate riservate solo alla parte più sensibile. I
mugolii
impazienti che riusciva a strappargli lo aiutavano a preparare la
mossa successiva e non appena il francese iniziò a spingere
il
bacino verso di lui, cercando una soddisfazione più
profonda, decise
di accontentarlo accogliendo la maggior parte dell'asta dell'uomo
nella sua bocca. Chiuse gli occhi, era schifosamente umiliante fare
pompini, ma stavolta non aveva avuto altra scelta. Iniziò a
muoversi
ritmicamente su e giù per tutta la lunghezza del suo amante
muovendo
la lingua per stimolare le zone più sensibili. Il pesante
strato di
rossetto applicato in precedenza lasciava ad ogni passaggio delle sue
labbra una sottile traccia rossa, Iggy cercò di essere
piuttosto
veloce e non appena sentì che gli ansimi dell'uomo si
facevano
sempre più affannosi e alti e che i suoi muscoli stavano
iniziando a
contrarsi si preparò psicologicamente a non spostarsi.
Doveva
assolutamente reprimere la sensazione di nausea che aveva e riuscire
a trattenere in bocca più liquido che poteva.
Francis
rimase piuttosto stupito dall'inaspettata bravura del ragazzo tanto
che non ci mise molto a riversare il suo orgasmo direttamente fra
quelle labbra che avrebbe preferito baciare, specie in un momento del
genere. Si concesse qualche secondo per riprendersi dalle
coinvolgenti sensazione che quel contatto gli aveva regalato.
Succhiò
avidamente l'aria calda e pesante che aleggiava nella piccola
stanzetta poi si puntellò sui gomiti per riuscire ad alzare
la
schiena dal materasso. Voleva vederlo quasi come se avesse paura di
essersi immaginato tutto. Non appena sollevò il capo i suoi
occhi
incontrarono quella gracile figura accucciata fra le sue gambe
intenta a succhiarsi velocemente le dita in modo da ricoprirle
abbondantemente di sperma. Era sporco in più punti, colpa
del
rossetto sbavato, e Francis immaginò che la sua
virilità fosse
conciata poco meglio; vedere quella sottile traccia rossa
eccitò
incredibilmente il francese che tentò di guadagnare una
più
decorosa e comoda posizione seduta. Fu però bloccato nel
movimento
dalle mani di Iggy che si erano nuovamente appoggiate sul suo pene,
ora quelle dita leggere e sporche lo stavano accarezzando con
delicatezza risvegliando la sua voglia. Passò meno di un
minuto e
Francis era di nuovo pronto, l'inglese ritrasse le mani, si
spogliò
velocemente andando infine ad appoggiarsi a cavalcioni sul bacino
dell'uomo che rimase immobile a fissare gli eleganti movimenti di
quell'audace ragazzetto. Lento Iggy si appoggiò alla sua
virilità
gonfia strofinandosi un paio di volte sopra di essa, poi, aiutandosi
con una mano, iniziò a farlo scivolare dentro di
sé. Non fece male,
almeno non tantissimo, ma l'eccessiva foga con cui il francese dava
il ritmo rendevano il tutto piuttosto doloroso. Raramente riusciva a
rilassarsi durante un rapporto, ma questo poco interessava ai suoi
clienti anzi più era stretto e contratto più
questi si divertivano
a sfondarlo. Chiuse gli occhi sperando come sempre che finisse il
prima possibile quando improvvisamente sentì le ditta
dell'uomo
carezzargli la schiena.
-
Ehi, tranquillo, va tutto bene. Preferisci che aspettiamo un secondo
così riesci a rilassarti un po' ? - Iggy riaprì
gli occhi sorpreso
sia dal gesto di tenerezza sia delle parole dell'uomo, da quando
aveva iniziato quel genere di lavoro nessuno aveva mai fatto una cosa
del genere per lui. Non era più abituato alle coccole
così come
aveva praticamente accantonato l'idea di potersi godere anche uno di
quei rapporti che concedeva solo per soldi e questo insolito
comportamento lo stava totalmente spiazzando. Non si ricordava
neppure più l'ultima volta che aveva fatto davvero l'amore,
da
quando Alfred non c'era più aveva accantonato l'idea
dell'amore e
l'unica cosa a cui puntava era di ritornarsene a Londra con suo
fratello. Francis, così almeno aveva detto di chiamarsi, lo
stava
mettendo in seria difficoltà, non poteva assolutamente
concedersi il
lusso di provare qualche genere di sentimento verso i suoi clienti e
non sarebbero certo state due carezze a comprarlo anche se per
sentirsi amato si sarebbe fatto volentieri scopare gratis. Scosse
velocemente la testa cercando di dare una convincente risposta
negativa alla domanda che gli era stata posta, ma Francis comunque
rimase fermo aspettando di vedere il suo amante un po' più
rilassato. Allungò le braccia appoggiando le mani sulle
spalle esili
dell'inglese, esercitò una lieve pressione verso il basso
portando
così il ragazzo ad appoggiarsi al suo petto.
Rovesciò
successivamente le posizioni e dopo aver regalato ad uno sconvolto
Iggy uno sfavillante sorriso iniziò nuovamente a spingere
dentro di
lui. Francis cercò di usare la massima delicatezza
possibile, ma fu
difficile mantenere tale proposito, infatti ben presto riprese il
ritmo dell'inizio constatando però che il suo amante si era
notevolmente rilassato. Non appena si sentì nuovamente
vicino
all'orgasmo impugnò la virilità dell'inglese ed
iniziò a
massaggiarla vigorosamente tanto che dopo pochi rapidi movimenti
precisi quest'ultimo di riversò nella mano dell'altro
emettendo un
suono piuttosto acuto. Sentendo l'orgasmo del compagno Francis
sorrise soddisfatto di sé stesso per poi concentrasi sul
meraviglioso calore che il corpo di Iggy gli trasmetteva.
Bastò una
lieve contrazione dei muscoli del ragazzo più piccolo per
portare
Francis direttamente all'apice, senza tanti complimenti
assestò
alcune spinte piuttosto violente venendo infine dentro quel
meraviglioso calore.
Rimasero
nudi e ansimanti ancora per qualche altro secondo, immobili,
impegnati a regolarizzare il respiro e a smettere di ansimare. Era
stato un rapporto decisamente coinvolgente per entrambi e
l'intensità
che avevano provato in quei momenti lasciava ora il posto ad un
pesante torpore. Francis aveva incominciato ad accarezzare con
delicatezza i morbidi capelli chiari del suo amante, ora leggermente
umidi per via del sudore. Lo guardava respirare con gli occhi chiusi,
ancora appoggiato sul suo petto. Il calore dei loro corpi attaccati
era ancora forte, ma stava pian piano scemando, presto avrebbero
iniziato a sentire un po' di freddo. Iggy era abbastanza frastornato,
più per il comportamento atipico del cliente che per il
rapporto in
sé. L'aveva prima coccolato e poi si era anche preso il
disturbo di
fargli avere un orgasmo, Il problema più grosso era un
altro: gli
era piaciuto. Questo infrangeva tutti i limiti che si era fissato nel
momento stesso in cui aveva deciso di tirar su un po' di soldi in
questa schifosa maniera. Non sapeva se provare commiserazione o
disgusto per sé stesso, ormai non si riconosceva neppure
più, una
volta aveva dei sogni, una vita, un ragazzo .. una volta era felice.
Improvvisamente la voce calda e ovattata del suo nuovo cliente lo
riportò alla realtà.
-
Sì, decisamente li vali tutti 150 franchi. -
Mormorò il francese
continuando a passare le dita fra le ciocche bionde del ragazzo
più
piccolo che per tutta risposta fece un piccolo sbuffo.
-
Posso farti una domanda ? - Continuò Francis con lo stesso
tono
carezzevole di prima. Iggy emise un brontolio infastidito, ma
perché
erano tutti fissati con le domande, possibile che dovesse sempre aver
a che fare con della gente impicciona ?! Adesso chissà quale
assurda
idea stava frullando nella testa di quel citrullo biondo che era
riuscito, dopo tanto tempo, a fargli riscoprire almeno in parte le
gioie del sesso.
-
Immagino di sì. - Rispose con voce piatta e decisamente ben
poco
entusiasta.
-
Non che non mi sia piaciuto, ma perché il rossetto ? - Ecco,
lo
sapeva che alla fine sarebbe andato a parare da quelle parti, lui
stesso si rendeva conto che quello che aveva fatto era piuttosto
strano quindi era inevitabile dare un spiegazione. L'aveva
già messo
in conto fin dall'inizio, ma non sapeva come rispondere, magari a lui
avrebbe potuto dire la verità, anche solo per ringraziarlo
di non
averlo trattato come una puttana. Fece un respiro profondo prima di
rotolare via da sopra il corpo caldo dell'uomo, si sdraiò
vicino a
lui in modo da poterlo guardare negli occhi.
-
Mi dà l'impressione di non essere io. - Abbasso di poco lo
sguardo,
era imbarazzato. Stava rivelando a qualcuno una piccola parte di
sé
e aveva paura di essere giudicato o peggio deriso. Si costrinse a
risollevare lo sguardo e incrociò l'espressione leggermente
confusa
di Francis. Un altro profondo respiro introdusse una spiegazione
più
approfondita. - Non metterei mai il rossetto, quindi facendolo
è
come se mettessi una sorta di protezione sulle mie labbra, lo so che
è stupido, ma ho l'impressione di non toccare direttamente
quello
che mi metto in bocca, è una sarta di barriera fra la mia
bocca e il
resto. - Rimase fisso in quegli occhi azzurri pronto a fronteggiare
qualsiasi tipo di reazione negativa. Invece rimase stupito ancora una
volta, dopo avergli regalato l'ennesimo sorriso, Francis lo
baciò
nuovamente. Un bacio veloce, quasi a stampo se non fosse stato per
quella piccola lappata finale, qualcosa di dolce, di intimo, qualcosa
che non si spreca per una puttana.
-
Penso che tu sia davvero un bravo ragazzo, ti assicuro che mi
interesserebbe molto sapere come sei finito a fare questo mestiere,
ma sono altrettanto sicuro che non mi risponderesti quindi, almeno
per il momento, mi accontento così. Ti andrebbe di fare un
bagno ? -
Iggy a quelle parole gentili sorrise imbarazzato poi indicò
una
porta in un angolo della stanza.
Francis
avrebbe voluto sapere ancora molte cose di quel ragazzo, ma non
avrebbe mai ricevuto le risposte sperate nemmeno nei loro incontri
successivi. Da quella sera aveva iniziato a vivere con l'ossessione
di Iggy, lo cercava continuamente, spendeva
i suoi scarsi risparmi per comprare qualche ora del suo tempo e si
stava accorgendo ogni giorno di più di essere innamorato di
lui. Il
loro primo incontro fu sicuramente quello più intimo, Iggy
piano
piano aveva cominciato a fidarsi di lui, ma non abbastanza da
ritenerlo meritevole di entrare a far parte della sua vita reale,
quella in cui viveva al di fuori della calda e lasciva notte
parigina. Ultimamente però i loro incontri erano diventati
sempre
meno frequenti, Iggy era sfuggente e nervoso, spesso saltava gli
appuntamenti che si davano ed era sempre più difficile da
rintracciare. Francis aveva provato a cercare di scoprire quale fosse
il problema, ma il ragazzo non gli aveva concesso nessun genere
d'informazione. Adesso però aveva assoluto bisogno di
trovarlo,
doveva parlargli e riuscire in qualche modo a farsi spiegare la
situazione, la cosa sarebbe stata sicuramente vantaggiosa per
entrambi.
Mentre
stava sorseggiando l'amaro liquido scuro a Francis venne
un'illuminazione: Eliza. La ragazza infatti gli aveva detto di essere
passata a casa sua la sera precedente e forse con un po' di fortuna
sarebbe riuscito a farsi dare l'indirizzo, anzi meglio chiedere
direttamente a Gilbert, meno domande e risultato più sicuro.
Lasciò
direttamente sul tavolo i soldi necessari a pagare la consumazione e
si ritrovò a compiere a ritroso il percorso di vicoletti
intrapreso
meno di un'ora prima.
Entrò
in casa come una furia, piuttosto trafelato e con piccole gocce di
sudore che gli colavano lente lungo il viso dai lineameti morbidi.
Nonostante il caldo aveva corso per impiegare il minor tempo
possibile. Trovò solo Lovino ad accoglierlo nel salotto, il
ragazzo
italiano lo guardava sbigottito, sicuramente non si asepttava quel
genere d'incursione, tanto che era rimasto immobile con il biscotto
che stava mangiando ancora per metà stretto fra le labbra.
-
Ciao Lovi, fatto tanta nanna ? - Chiese con voce fin troppo dolce
Francis. Quasi tutti in casa avevano l'abitudine di trattare e
rivolgersi all'italiano come se avessero a che fare con un bambino.
Il padrone di casa forse si soffermò qualche secondo di
troppo sul
sedere sodo del suo ospite che girava deliberatamente in mutande. Lo
sguardo stizzito che gli venne rivolto come risposta
confermò a
Francis la sua supposizione e dopo aver sorriso candidamente al
ragazzino continuò. - Sai dov'è Gilbert ? -
chiese ansioso
ricordandosi improvvisamente il motivo del suo anticipato ritorno a
casa.
Lovino si limitò ad alzare svogliato le spalle per poi
alzare rapido il braccio indicando la porta della sua camera da letto
che proprio in quel momento si spalancò mostrando la figura
altezzosa di Gilbert tutto tirato a lucido per affrontare
un'impegnativa giornata di lavoro.
-
Hey, buon giorno, senti Gilbert ti vorrei chiedere una cosa
importante, hai due minuti per me? - chiese Francis cercando di
apparire il più rilassato possibile, insomma non voleva che
tutti
capissero quanto quel dannato inglese lo avesse coinvolto.
-
Ciao, no mi dispiace adesso non posso badarti, sono già in
ritardo e
visto che non è la prima volta rischio di essere licenziato
se non
vado subito. - Il tono del ragazzo era abbastanza irritato, odiava
lavorare, ma con un bambino in arrivo ed Eliza a carico non potevano
esserci alternative. Superò velocemente Lovino dopo averlo
salutato
con un breve cenno del capo oltrepassò anche Francis. Si
fermò però
un momento sulla soglia rivolgendosi nuovamente all'amico.
-
Il suo indirizzo te l'ho scritto in un foglietto di là in
cucina, ho
pensato che magari ti poteva servire, ci vediamo stasera e mi
raccomando Lovino tieni d'occhio Eliza. Buona fortuna Francis. -
Dette queste parole il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, a
Francis non restava altro che trovare l'indirizzo riportato sul
piccolo pezzo di carta.
_______
Fine primo capitolo _
Grazie
a tutti per essere arrivati fin qui.
Spero di leggere tanti vostri
commenti e ci sentiamo presto.
Un bacio a tutti, alla prossima <3
|
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Capitolo 3 *** Al Moulin Rouge ( seconda parte ) ***
Al Moulin Rouge
seconda
parte:
eccomi
tornata con la seconda parte della storia
entro
breve posterò anche il capitolo conclusivo. Spero
che
vi piaccia e che siate così gentili da farmi sapere ancora
una
volta il vostro parere. Adesso vi lascio, buona lettura e ci sentiamo
a
fine capitolo.
Correva.
Stava letteralmente travolgendo qualsiasi persona gli si parasse di
fronte e malgrado tutte le imprecazioni che gli innocenti passanti
gli avevano rivolto, non si era girato a chiedere scusa neppure una
volta. Aveva ben altro a cui pensare e in più doveva cercare
di
orientarsi nell'unica parte di Parigi che non conosceva. Non ci mise
molto per trovare la zona in cui, secondo il biglietto lasciatoli da
Gilbert, Iggy viveva, il problema più grande sarebbe stato
trovare
l'esatta abitazione visto che in quella dannata strada le numerazioni
degli edifici erano assegnate secondo un ordine piuttosto inusuale.
Fece per tre volte il giro completo dell'isolato senza ottenere
nessun tipo di miglioramento tangibile, continuava a rileggere le
poche parole riportate sul piccolo pezzo di carta. Era così
vicino a
lui eppure non lo riusciva a trovare; era sempre stato così
fra di
loro anche quando le distanze erano minime sembrava che ci fosse
qualcosa che impediva a Francis di poterlo raggiungere realmente.
Batté violentemente il pugno su uno a caso dei muri
scalcinati che
aveva intorno, tenne la mano dolorante appoggiata alla ruvida
superficie stringendo i denti e impedendo alla frustrazione di avere
la meglio ancora una volta. Fece un paio di respiri profondi
dilatando e contraendo ritmicamente la cassa toracica, di una cosa
era sicuro: l'avrebbe trovato, anche a costo di bussare a tutte le
dannate porte di quella stramaledetta strada.
La
sua tenacia questa volta ebbe la meglio e, dopo un numero imprecisato
di tentativi andati a vuoto, finalmente Francis riuscì a
trovare la
palazzina n. 57. Le indicazioni che gli aveva fornito una anziana
donna pochi minuti prima erano state fondamentali e ora si trovava di
fronte alla patetica tana in cui Iggy andava a nascondersi dal mondo.
Si fermò solo qualche secondo davanti all'arrugginito
cancello
aperto che delimitava il perimetro dell'inesistente cortile, doveva
assolutamente riprendere fiato. Lanciò un'occhiata non molto
attenta
alla precaria costruzione: muri scalcinati e cotti dal sole, cocci
vari sparsi un po' ovunque, vetri rotti e un persistente cattivo
odore. Era sicuramente uno dei quartieri peggiori di Parigi, avrebbe
dovuto tirarlo fuori da quel buco e, anche se non sapeva come, doveva
assolutamente riuscirci.
Trovò
il minuscolo appartamento di Iggy al secondo tentativo, l'idea di
cominciare dall'ultimo piano si era rivelata estremamente proficua.
Bussò un paio di volte alla porta sbiadita e pochi secondi
dopo
apparve sulla soglia un bambino. Francis spalancò gli occhi
per la
sorpresa. Squadrò attentamente quell'esile figura in parte
ancora
coperta dalla pesante superficie di legno, si soffermò in
particolare su alcuni inconfutabili dettagli: i morbidi lineamenti
del viso, i capelli biondissimi, le labbra piene, ma soprattutto
quelle ridicole sopracciglia enormi. Quel bambino era senza dubbio il
fratellino di Iggy, si somigliavano troppo perché si
trattasse di
una mera coincidenza. Il piccolo piegò appena la testa di
lato come
per poter avere una diversa visuale da cui poter studiare il nuovo
venuto, non aveva mai visto quel giovane uomo e a pelle sentiva che
quella visita avrebbe portato qualcosa di nuovo. Seguì
Francis con
lo sguardo mentre quest'ultimo appoggiava le mani sulle ginocchia
creando così un sosteno stabile che gli permettesse
d'inclinare il
busto in avanti senza sbilanciarsi troppo.
-
Ciao Peter. - Disse Francis parlando in un inglese eccessivamente
morbido che fece ridere il suo piccolo interlocutore. - Mi chiamo
Francis, tuo fratello è in casa ? Avrei bisogno di fare
quattro
chiacchiere con lui. - Non appena ebbe fino la frase il francese tese
una mano verso il bambino sperando che quest'ultimo la stringesse e
si fidasse abbastanza di lui per fornirgli una qualsiasi risposta. Si
fissarono in silenzio ancora per pochi secondi, Peter sembrava
parecchio indeciso sul da farsi e Francis pregò in cuor suo
che il
piccolo avesse un carattere diverso da quello diffidente e schivo del
fratello maggiore altrimenti si sarebbe ritrovato di nuovo davanti ad
una porta chiusa, probabilmente sbattuta in faccia. Contrariamente a
quello che si aspettava, Peter gli regalò un ampio sorriso e
intrecciò la sua gracile manina fredda con quella di
Francis. L'uomo
gli sorrise di rimando e non oppose la minima resistenza quando il
bambino lo guidò dentro all'angusto ingresso. Non appena il
francese
si chiuse la porta alle spalle l'intero ambiente sprofondò
in un
angosciante penombra, Peter continuava a tenergli la mano e, usando
lo stesso metodo adottato pochi istanti prima, portò
l'ospite
davanti ad uno sgualcito divano pieno di strappi da cui fuoriusciva
parte dell'imbottitura che riempiva i cuscini ormai sgonfi. Il
piccolo indicò a Francis il divano per poi sparire pochi
secondi
dopo dietro ad un colorato paravento che separava quell'ambiente
dall'angolo cottura. Il francese decise di accomodarsi sullo scomodo
mobile che, a giudicare dalle condizioni, doveva aver visto tempi
migliori, e rimase in silenzio limitandosi a fissare la sottile finta
parete dietro cui Peter era scomparso. Quest'ultimo fece ben presto
ritorno da lui con due tazze sbeccate in mano, ne porse una al suo
ospite poi, dopo essersi seduto vicino a lui, iniziò a bere
a
piccoli sorsi il freddo liquido bianco contenuto in quel rovinato
contenitore di ceramica. Francis decise d'imitare il bambino senza
protestare o chiedere spiegazioni e mentre si portava alle labbra
qualche sorso di latte iniziò a guardarsi intorno sperando
di
trovare qualche traccia di Iggy.
-
Grazie mille per l'ottima ospitalità Peter. Questo latte
è davvero
buono. - Francis tentò nuovamente d'intavolare una
conversazione, ma
con scarsi risultati. Non aveva una grande esperienza di bambini e
non sapeva esattamente come comportarsi. Appoggiò la tazza
ormai
vuota sul tavolinetto basso davanti al divano e dopo qualche minuto
anche Peter lo imitò. Francis lo fissò ancora una
volta cercando di
capire qualcosa di più di quello strano ragazzino. Era
estremamente
esile, forse anche troppo così come era eccessivo anche il
colorito
pallido che mascherava il rossore che normalmente colora le guance
dei bambini, gli occhi grandi erano come velati da una patina
invisibile che ne smorzava in parte la vivacità. Ormai era
passata
quasi una mezz'ora da quando Francis era arrivato e in quell'esiguo
lasso di tempo l'aveva sentito tossire violentemente un paio di
volte, sperava davvero che quello che gli aveva detto Eliza la sera
prima fosse solo un brutto sospetto, ma la realtà dei fatti
lasciava
pochi dubbi sulla gravità della salute di quel bambino.
Francis
desiderò ardentemente fare qualcosa per quel cucciolo e
forse
aiutando lui sarebbe riuscito anche ad aiutare il fratello.
Peter
non aveva ancora distolto gli occhi dalle sue ginocchia, aveva lo
sguardo concentrato e le labbra appena contratte in un piccolo
broncio, sembrava stesse meditando su qualcosa di molto importante.
Francis appoggiò con dolcezza una mano sulla spalla del
piccolo e
non appena questo gli restituì lo sguardo, il francese gli
regalò
un dolce sorriso.
-
Hey, se c'è qualche problema puoi parlarmene se ti va, io ti
ascolto
volentieri. - La voce di Francis era dolce e carezzevole, la sua mano
era così calda e i suoi occhi così limpidi che
Peter decise di
fidarsi di lui. Rimase in silenzio ancora qualche secondo poi,
finalmente, fece sentire all'ospite la sua voce.
-
Mio fratello mi ha detto che non devo mai parlare con gli estranei,
ma ormai è passato un po' di tempo da quando sei arrivato,
quindi
adesso ti conosco giusto? - La voce di Peter era sottile quasi come
la sua figura e l'innocenza della domanda fece intenerire Francis che
represse la voglia di stringere quel piccolo bambino a sé.
-
Certo, ormai io e te siamo amici. Ci siamo presentati e abbiamo anche
bevuto qualcosa insieme, gli sconosciuti non fanno questo genere di
cose. - Le parole di Francis convinsero del tutto Peter che si
sciolse nell'ennesimo sorriso.
-
Hai detto che avevi bisogno di vedere mio fratello vero ? - A quelle
parole Francis ebbe una sorta di brivido e sentì parte dei
suoi
muscoli irrigidirsi, cercò di mascherare la sua ansia
invitando il
piccolo a continuare annuendo con la testa. - Ecco, è di
là che
dorme adesso. Stamattina è tornato tardi tardi e poi era
strano, non
mi è neppure venuto a salutare, di solito lo fa sempre. E'
andato in
camera e si è messo a borbottare come fa quando lo fanno
arrabbiare
e quando sono entrato per dargli il bacino del buon giorno mi ha
detto di andare via. - Peter distolse lo sguardo da quello di Francis
abbassando anche la testa, il comportamento del fratello lo aveva
turbato e, anche se non avrebbe saputo spiegare la ragione, si
sentiva in parte responsabile per il malumore che da qualche tempo si
era impossessato dell'unica persona che gli era rimasta.
-
Tranquillo Peter, avrà avuto solo una brutta serata e forse
era solo
un po' stanco e aveva bisogno di restare da solo. Lo sai che tuo
fratello è un po' strano a volte. - Quella battuta semplice
fece
ridere Peter che, ritrovata l'allegra, iniziò a raccontare
al suo
ospite una lunga serie di aneddoti riguardante il carattere lunatico
del fratello maggiore. Francis da parte sua, ascoltava avido
qualsiasi particolare della vera vita di Iggy beandosi dei racconti
innocenti di Peter e facendo qualche domanda ogni tanto per
manifestare maggiore interesse. Peter si sentiva felice, finalmente
c'era qualcuno, oltre ad Arthur, che stava un po' con lui, che lo
ascoltava e che lo faceva ridere.
Fecero
una lunga chiacchierata intessuta di piccoli dettagli durante la
quale Peter aveva buttato per aria il minuscolo appartamento per
mostrare al suo nuovo amico tutti i suo più preziosi tesori,
Francis
lo ascoltava divertito e lo assecondava guidato dalla spensieratezza
di quel bambino che, per poche brevi ore, era riuscito ad
alleggerirgli il cuore dall'angosciante oppressione che sentiva. Dopo
tutte quelle parole Peter sembrava davvero stanco e tornò
nuovamente
a sedersi vicino al francese, in poci istanti però
cambiò posizione
e senza chiedere alcun tipo di permesso si sedette sulle gambe
dell'uomo e dopo avergli dato un sonoro bacio sulla guancia si
accoccolò su di lui appoggiandogli la testa nell'incavo fra
il collo
e le spalle. Francis non si mosse per non intralciare i movimenti del
bambino e non appena quest'ultimo ebbe trovato la posizione
più
comoda iniziò ad accarezzargli la schiena così
come sua madre
faceva con lui quando era piccolo. Muoveva lento la mano coccolando
quel corpicino così gracile e poco prima di addormentarsi
sentì
nuovamente la sua voce sottile. - E' da quando Alfred è
andato via
che nessuno gioca più così con me. Credo che
andandosene abbia
portato via anche l'allegria del fratellone, da quel giorno
è
diventato tanto triste. Però adesso sei arrivato tu, non ci
lasci
soli vero Francis? -
A
quelle parole Francis sgranò nuovamente gli occhi, ancora
quel
dannato nome, ma chi accidenti era Alfred e dove diamine era andato.
Avrebbe voluto dar voce ai suoi dubbi, chiedere a Peter di risolvere
questi enigmi per lui troppo difficili, ma sentendo il respiro un po'
affannato del piccolo e la sua fronte farsi sempre più calda
a
contatto con il suo collo decise di continuare a coccolarlo. - Certo,
adesso ci sono io e penserò a tutto. Puoi smettere di
preoccuparti
Peter, lascia fare a me. - Le parole calme di Francis lo
rassicurarono e pochi istanti dopo Peter era già nel mondo
dei
sogni.
Rimase
in quella posizione ancora un paio di minuti poi iniziò a
chiedersi
dove fosse la camera da letto di Peter, sicuramente il piccolo
avrebbe riposato meglio steso e al calduccio sotto le coperte e
forse, vista la rapidità con cui gli saliva la temperatura,
avrebbe
fatto bene anche a mettergli un bel panno fresco sulla fronte.
Cercando di fare il più piano possibile, Francis si
alzò tenendo
Peter in braccio, mosse solo pochi passi verso una porta quando
quest'ultima si aprì improvvisamente rivelando la spettinata
figura
di Iggy. Non appena entrambi ebbero realizzato di trovarsi l'uno di
fronte all'altro ebbero reazioni opposte, Francis fece un ampio
sorriso al padrone di casa mentre quest'ultimo si trattenne
dall'urlare qualcosa di molto poco educato all'ospite, più
per non
svegliare il fratellino che per educazione.
-
Francis, cosa accidenti fai a casa mia e come cavolo hai avuto il mio
indirizzo, ma cosa più importante cosa ci fai con mio
fratello in
braccio. - Borbottò I'inglese evidentemente seccato
aspettando una
risposta che non si fece attendere.
-
Sono passato a trovarti visto che ieri sera ti sei dimenticato del
nostro appuntamento. Diciamo che ti ho cercato un po' dappertutto e
che Peter è stato molto ospitale com me, è
davvero un bambino
adorabile e abbiamo parlato fin'adesso ma credo che si sia stancato
un po'. A proposito, senti Iggy dove posso metterlo, sarebbe meglio
portarlo a letto anche perché penso che abbia la febbre. -
Francis
non distolse lo sguardo neppure per un istante dal suo interlocutore
e decise di ignorare momentaneamente i lividi violacei che gli
rovinavano il viso e la profonda spaccatura che gli attraversava in
verticale il labbro inferiore.
A
quelle ultime parole le pupille di Iggy si dilatarono e,
dimenticandosi di qualsiasi altra cosa, si diresse veloce verso il
paravento. - Portalo nella mia stanza, è la porta sulla
destra.
Mettilo pure sul letto e coprilo bene, usa anche le coperte che sono
sopra l'armadio se ti servono, ma coprilo bene. Io prendo dell'acqua
fredda e arrivo subito. -
Francis
ubbidì senza discutere e, dopo aver coperto attentamente
Peter, si
spostò un po' dal letto per permettere a Iggy di sistemare
la
piccola pezza di stoffa intrisa d'acqua fredda sulla fronte bollente
del bambino. L'inglese si sedette sul ciglio del letto continuando a
fissare il fratellino, si portò nervoso l'indice alla bocca
e iniziò
a mangiucchiarsi convulsamente l'unghia già cortissima.
Francis si
avvicinò a lui lentamente e quando gli appoggiò
una mano sulla
spalla fu sorpreso di sentire l'esiguo peso del corpo di Iggy che si
appoggiava a lui.
-
Non capisco perché gli sia già tornata la febbre.
Eppure il dottore
gli ha fatto l'iniezione ieri sera, di solito sta bene qualche
giorno. Non va bene, non va affatto bene. Accidenti se non si abbassa
è un guaio. - Stava mormorando cose senza senso, pensava
semplicemente a voce alta cercando una soluzione inesistente ad un
problema che non poteva combattere.
-
Iggy senti perché non vai a chiamare il dottore, ci penso io
a Peter
nel frattempo o se preferisci facciamo il contrario. Magari
facendogli un'altra iniezione starà meglio e ... - Non
riuscì a
concludere la frase perché venne interrotto dal suo
interlocutore. -
Francis ma che cazzo stai dicendo. Secondo te non sarei già
corso da
quel fottuto dottore se avessi anche solo la possibilità di
permettermi una di quelle carissime iniezioni d'antibiotico. Porca
puttana costano talmente tanto che non riesco più a pagarle
e Peter
ne ha bisogno sempre più spesso, ormai deve farle a giorni
alterni.
- La voce, man mano che proseguiva nel discorso, gli morì in
gola
mentre calde lacrime gli rigavano le guance. Ben presto i due si
ritrovarono abbracciati, Iggy cercava conforto mentre Francis cercava
di dargliene quando improvvisamente al ragzzo più grande
venne
un'idea.
-
Ascoltami, corri a chiamare quel dottore, ci penso io a pagare le
spese per le medicine però sbrigati e niente domande,
più tardi
avremmo tutto il tempo per parlare ma adesso devi sbrigarti. - Il
tono sicuro di Francis e la determinazione che gli brillava negli
occhi riuscirono veramente a calmare l'inglese che dopo aver
mormorato un sommesso grazie appoggiò le labbra a quelle del
francese. Pochi secondi dopo si precipitò fuori
dall'appartamento
lasciando Francis a sorvegliare il fratellino.
Neppure
un'ora dopo i due ragazzi si trovavano seduti ad un piccolo tavolo di
compensato, l'uno di fronte all'altro, nella stessa stanza in cui
Francis era stato accolto quella mattina da Peter. Il dottore era
arrivato d'urgenza scortato da un Iggy senza più fiato,
aveva corso
così tanto che il suo respiro aveva impiegato una manciata
buona di
minuti per tornare regolare. Dopo una breve visita di controllo il
medico aveva estratto, come d'abitudine, la solita fialetta
d'antibiotico che aveva poi ignettato nel corpo del piccolo solo dopo
che Francis ebbe pagato l'assurdo prezzo per quei pochi millilitri di
liquido. Avevano aspettato che la febbre scendesse e che il respiro
di Peter si regolarizzasse prima di azzardarsi a lasciarlo da solo e
ora si trovavano nuovamente insieme. Il primo a rompere
quell'ovattato silenzio fu Iggy, la sua voce distolse Francis dai
suoi pensieri riportandolo alla realtà.
-
Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per noi. Io ecco,
vedrò
di risarcirti quindi credo che per le prossime volte tu non mi debba
niente e ti prometto anche che non salterò più
gli appuntamenti, ho
avuto un contrattempo ieri sera che mi ha impedito di venire e quindi
io .. - Vedendolo palesemente in difficoltà Francis decise
di
prendere la situazione in mano, era il momento giusto, dovevano
parlare. Nolente o volente questa volta Iggy avrebbe dovuto
rispondere a tutte le sue domande, solo in questo modo Francis
sarebbe stato in grado di poterlo realmente aiutare.
-
Senti Iggy, cerchiamo di parlarci chiaro. Io non voglio niente in
cambio da te, non ti ho aiutato per ricavarne un qualche profitto,
l'ho fatto per tuo fratello e per te, perché ti amo cazzo e
perché
voglio capire che diavolo ti succede quindi vediamo di andare con
ordine. Dimmi che accidenti ti è successo, comincia dal
principio,
voglio sapere come sei finito a fare la puttana e chi cazzo
è
Alfred. Ah vedi d'includere nel racconto anche quello che hai
combinato alla faccia -
-
Credo di dovertelo, anche solo per ringraziarti di quello che hai
fatto per me, è una storia lunga e non intendo ripetere
nulla quindi
vedi di ascoltare e riservati per dopo le domande. - Francis
annuì
appoggiando entrambe le braccia sul tavolo e protendendosi in avanti
come per mostrare una maggiore concentrazione. Aveva pura di quello
che avrebbe potuto sentire ma non sarebbe tornato indietro per nulla
al mondo anche se appena Iggy iniziò a parlare, il ragazzo
più
grande fu scocco da un lungo brivido.
Fine
secondo capitolo
grazie
mille per essere arrivati anche alla
fine
di questo capitolo, spero di leggere presto i
vostri
commenti e io prometto di farvi avere entro
breve
il capitolo conclusivo di questa parte di storia.
Ancora
grazie e a prestissimo !
Un
grazie speciale a :
Sui:
spero
che ti piaccia anche questo capitolo e che sia riuscita a placare la
tua curiosità *_*
ballerinaclassica:
Oddio
*_* come ho già avuto modo di dirti i tuoi commenti sono
sempre
adorabili e davvero il tuo parere per me è fondamentale :3
Hai
ragione UsUk è assolutamente la perfezione e nel prossimo
capitolo
ci saranno dei forti accenni alla nostra coppietta. Spero che anche
questo capitolo ti sia piaciuto e il prossimo aggiornamento promesso
che è di Home Sweet Home <3
Emi_Iino:
Oddio
°w° ho adorato il tuo commento, ti ringrazio davvero
tanto per i
complimenti e per avermi detto che ti avevo lasciato la voglia di
leggere il seguito. Spero di risentirti presto e di averti
accontentata !
Grazie
anche a tutti coloro che hanno commentato Guernica <3
Ho
apprezzato davvero tantissimo i vostri splendidi commenti e spero di
risentirvi nuovamente *_*
|
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Capitolo 4 *** Al Moulin Rouge ( terza parte ) ***
Al Moulin Rouge
terza
parte:
Premetto
che sono consapevole del mostruoso ritardo con cui aggiorno
e
davvero chiedo scusa anche se immagino che serva a poco.
Purtroppo
ho avuto vari problemi personali e sono riuscita solo adesso
a
trovare il tempo per continuare questo capitolo iniziato mesi fa.
Spero
che abbiate ancora la voglia di leggerlo e magari
di
lasciarmi un commento. Ho nuovamente allungato anche questa
storia
che doveva concludersi in due capitoli e invece non è ancora
finita.
L'epilogo
lo sposto al prossimo aggiornamento altrimenti
veniva
fuori una roba davvero troppo lunga e pesante.
Vi
auguro una buona lettura e ci risentiamo in fondo alla pagina.
-
Mi chiamo Arthur Kirkland, sono nato ventitre anni fa nella periferia
di Londra, quinto di sei fratelli. Quando avevo circa undici anni mia
madre è morta di parto, era una donna molto debole e
l'ennesima
gravidanza aveva irrimediabilmente compromesso la sua salute
già
precaria. Da quel momento mio padre decise di dedicarsi più
allo
scotch che ai suoi figli, così nel giro di pochissimo tempo
la
nostra famiglia si è sfaldata: i miei fratelli, poco tempo
dopo,
appena ne hanno avuto le forze, sono scappati di casa. Di tre non ho
più avuto notizie, ma so per certo che uno è
morto in una rissa,
gli hanno sparato o almeno dovrebbe essere così, non ci ho
capito
molto e il tipo che mi è venuto a riferire la cosa aveva di
meglio
da fare che spiegarmi l'accaduto in maniera dettagliata. Io invece
restai lì dove ero nato ancora per parecchi anni, non potevo
abbandonare Peter. Ho lavorato facendo l'apprendista in varie
botteghe, mio fratello mi seguiva ovunque anche perchè avevo
paura a
lasciarlo solo in casa con mio padre, credo che l'aclol non faccia un
bell'effetto su nessuno.- alzò lo sguardo sul suo
interlocutore e
smise per alcuni interminabili secondi di giocare con l'orlo della
logora camicia azzurro sporco che usava come pigiama. Francis era
lì
di fronte a lui che lo fissava attento esortandolo con gli occhi a
continuare il suo racconto. Non lo avrebbe giudicato, di questo
Arthur ne era sicuro, ma aveva comunque paura di mettersi a nudo
davanti a qualcuno, odiava la pietà ed era fin troppo
spaventato
dalla compassione. Da molto tempo aveva dimenticato cosa comporta
l'essere innamorati e il fatto che il francese gli avesse rivelato i
suoi sentimenti non lo aveva toccato più di tanto. Francis
era
sicuramente diverso da tutti i suoi altri innumerevoli amanti, ma da
quando aveva cominciato quel genere di attività gli erano
state
raccontate fin troppe bugie. Molti gli dichiaravano amore ubriacati
dall'orgasmo con cui lo avevano sporcato appena pochi minuti prima,
promettevano sogni e offrivano speranze per poi ritrattare tutto
alcuni attimi dopo mentre erano obbligati a mettere mano al
portafogli per saldare il conto a una puttana che non concede sconti.
Arthur
sospirò conservando quel fragile silenzio ancora per qualche
altro
secondo, ogni parola gli costava un grande sacrificio, ma nuovamente
per amore di suo fratello era disposto a disfarsi di quella
dignità
che fingeva ancora di possedere. Chiuse gli occhi e dopo aver inalato
un eccessivo quantitativo d'aria, cominciò di nuovo a
parlare usando
sempre un tono incolore, piatto, sforzandosi di estraniarsi da quel
racconto, illudendosi che la storia che stava narrando non
riguardasse la sua vita.
-
Poi un giorno successe qualcosa di – fece una breve pausa
rendendosi conto di non riuscire a trovare l'aggettivo adatto per
descrivere quel particolare momento. - assurdo. Stavo tornando a casa
dal lavoro quando improvvisamente incontrai un ragazzo .. - Arthur
interruppe ancora una volta il discorso abbassando lo sguardo sulle
proprie gambe, cercando di mascherare l'insolita sfumatura rossastra
che stava diventando ben visibile sulle sue guance.
-
Alfred – la voce di Francis ruppe quell'ennesima pausa
precisando
il nome del soggetto su cui verteva adesso l'intricato racconto che
Iggy gli stava a poco a poco svelando. Vista l'insolita reazione
avuta dall'inglese, doveva per forza trattarsi di Alfred e il
crescente imbarazzo manifestato dal suo interlocutore non faceva che
confermare quell'ipotesi. Per la prima volta da quando si
conoscevano, Francis vedeva Iggy imbarazzato. Mai, neppure durante
uno dei loro più focosi e perversi incontri, l'aveva visto
arrossire
o scomporsi. Era sempre sicuro e deciso, con una strana arroganza che
continuava a brillare in quegli spettacolari occhi verdi accompagnata
da uno smisurato orgoglio che non abbandonava mai il suo sguardo
neppure nel momento in cui si sottometteva a qualcuno. Arthur era una
persona estremamente fredda e razionale, difficilmente si concedeva
il lusso di lasciarsi guidare dalle emozioni e vederlo in quello
stato lo portava a provare una folle gelosia nei confronti di quello
che, ancora per il momento, non era altro che un nome.
Arthur
annuì all'unica parola pronunciata dal francese e
cercò di radunare
tutto il coraggio che ancora aveva in corpo, parlare di Alfred era
come riaprire una ferita che fatica a cicatrizzarsi, un dolore sempre
presente che non si riesce a dimenticare nonostante innumerevoli
sforzi. Quel ragazzo rappresentava il momento più bello
della sua
vita e sapere di averlo perso lo distruggeva. Aveva relegato in fondo
al suo cuore tutto l'amore e la dolcezza che il viso di quel
maledetto americano riusciva a fargli provare e non aveva alcuna
intenzione di vivere di nuovo certe sensazioni per poi essere
abbandonato ancora una volta. Quasi senza accorgersene riprese il
discorso lasciato a metà evitando però di alzare
lo sguardo per
rispondere all'urgente occhiata che sentiva su di sé.
-
Sì, Alfred. Aveva qualche anno in meno di me, ma era molto
più alto
e grosso, veniva dall'America e continuava a ripetermi che odiava la
Gran Bretagna e che se non fosse stato per forza maggiore non ci
avrebbe mai messo piede. Quando ci siamo conosciuti era una rara
giornata di sole, come saprai in Inghilterra piove moltissimo, ma
quel giorno il cielo era di un azzurro intenso e nonostante fossimo a
novembre la temperatura era piuttosto gradevole. Mi chiese quale
fosse la strada più breve per raggiungere la stazione,
doveva
assolutamente andare in Francia perchè, a suo avviso, quello
era
l'unico posto in cui il suo talento avrebbe mai potuto essere capito
ed apprezzato. Diceva di essere un artista, un pittore nato, ma a me
i suoi quadri hanno sempre fatto davvero schifo; non sai quante volte
criticavo i suoi orrendi lavori e lui fingeva di offendersi .. era un
tipo molto allegro e solare. Comunque Peter non aveva per niente
voglia di tornare a casa quel pomeriggio e neppure io, forse
è per
questo che cedetti alle lagnose suppliche di mio fratello.
Accompagnammo Alfred in stazione, da lì avrebbe preso un
treno che
lo avrebbe portato nel sud dell'Inghilterra dove, con un po' di
fortuna, avrebbe trovato un battello con cui arrivare in Francia in
meno di un giorno. Ci avviammo al binario e Peter insistette
perchè
aspettassimo che arrivasse il treno, nuovamente diedi retta a mio
fratello e rimanemmo con lui un'altra mezz'ora. Parlammo di tutto e
di niente in quel brevissimo lasso di tempo, lui ci raccontò
dei
suoi sogni e dei suoi irrealizzabili progetti, mi fece un paio di
domande alle quali risposi nella maniera più evasiva
possibile
mentre Peter continuava a correre per la stazione esplorando
dall'interno quell'edificio che aveva sempre visto da fuori. In
quell'occasione mi sentii davvero felice, quasi come se tutti i
pensieri e le preoccupazioni della mia vita si fossero
improvvisamente dissolti.
Ci pensò il fastidioso fischio della
locomotiva a riportarmi alla realtà; il treno era a pochi
metri
dalla stazione e annunciava il suo arrivo emettendo quel fastidioso
rumore acuto. Richiamai Peter vicino a me e stranamente, anche se era
parecchio impegnato a rimirare quella macchina sbuffante, mi
ubbidì.
Volevo sbrigarmi ad uscire dalla stazione, per qualche assurda
ragione non volevo vedere Alfred partire, non l'avrei sopportato.
Iniziai a sentire distintamente una morsa alla bocca dello stomaco e
l'ansia non faceva altro che aumentare, presto cominciai a respirare
in maniera irregolare mentre stringevo convulsamente la mano di mio
fratello. Improvvisamente sentii le mani di Alfred appoggiarsi sulle
mie spalle e, ancora prima che riuscissi a registrare questo
contatto, lui si avvicinò a me e mi baciò.
Sentire le sue labbra
sulle mie mi rilasso incredibilmente, fu un contatto dannatamente
intimo e imbarazzante. Non so con precisione quanto sia durato,
l'unica cosa che mi ricordo è che dopo quell'inaspettato
bacio,
Alfred mi tirò a sé e mi tenne stretto per
qualche secondo. Rimasi
immobile a respirare il profumo che il suo corpo emanava felice di
trovarmi in quella situazione tanto da dimenticarmi di ogni cosa
attorno a noi, tranne di mio fratello a cui tenevo ancora la mano. -
Sospirò girando appena la testa verso una piccola
finestrella dai
vetri appannati, fuori ormai aveva iniziato a piovere già da
diverso
tempo. Si prese qualche altro attimo di calma poi si decise a
rivolgere finalmente lo sguardo al suo interlocutore. Francis non
aveva mutato ne posizione ne espressione, continuava a fissarlo con
interesse anche se la sua aria serafica non riusciva a mascherare del
tutto il fastidio che la gelosia gli stava provocando. Arthur rimase
ancora in silenzio iniziando a giocherellare con alcune briciole
rimaste sul piccolo tavolo, doveva trovare la calma necessaria per
continuare il suo difficile racconto, la parte peggiore doveva ancora
arrivare. Francis vedendo Iggy nuovamente turbato decise di violare
il tassativo divieto d'intimità che il più
piccolo esigeva fuori
dal letto; con un unico rapido movimento appoggio la sua mano calda
su quella decisamente più piccola e fredda dell'inglese.
Intrappolò
fra le sue dita quelle dell'altro cercando di trasmettere al suo
interlocutore un senso di tranquillità.
-
Non ti ho chiesto di fermarti e non hai nulla di cui vergognarti, ti
prego continua ... Arthur. - L'inglese trasalì sentendo il
suo nome
pronunciato per la prima volta dalla calda voce di Francis; sorrise
appena, divertito dall'accento eccessivamente morbido con cui il
più
grande aveva pronunciato il suo nome. Alzò poi lo sguardo
ringraziando l'altro del gesto con una muta cortesia, un ennesimo
sospiro fu il preludio al continuo della vicenda.
-
Mentre mi teneva abbracciato si avvicinò al mio orecchio e
con lo
stesso tono allegro con cui avevamo parlato fino a quel momento mi
sussurrò solo poche parole. Mi chiese di andare con lui, di
partire
con lo stesso treno che avevo appena visto arrivare, di seguirlo in
un viaggio che non avevo mai programmato di fare. Dopo quell'assurda
richiesta allentò la presa e pochi secondi dopo il mio
sguardo
sconvolto si specchiava nei sui sinceri occhi azzurri. Visto che non
accennavo a dare risposta aggiunse anche che per il biglietto avrebbe
provveduto lui e che Peter era incluso nell'offerta. Io continuavo a
fissarlo a bocca aperta, incapace di pensare o fare una qualsiasi
cosa razionale, Peter invece, nel sentire l'idea di Alfred,
iniziò a
tirarmi per la manica supplicandomi di accettare. Non avremmo
lasciato niente a casa, solo un mare di debiti di mio padre da
saldare e le tante, troppe botte che ci dava regolarmente. Dato che
anche i nostri fratelli l'avevano fatto perchè io e lui non
potevamo
scappare lontano lontano da quella vita e cominciarne una migliore.
Le parole di mio fratello mi portarono a confermare una scelta che
avevo comunque già preso nel momento stesso in cui Alfred mi
aveva
offerto quello spiraglio di libertà. Mi ricordo che feci
solo un
breve segno di assenso con la testa e ancora prima che riuscissi a
mettere la mano nella tasca in cui tenevo i pochi soldi che mi
avevano dato quella mattina come paga, Alfred era già
sfrecciato
verso la biglietteria.- Fece un profondo respiro, come per voler
digerire le notizie appena svelate, fissò nuovamente Francis
che lo
ascoltava con rispettoso silenzio. Restarono immobili ancora qualche
attimo, con le dita intrecciate, fermi a guardarsi negli occhi. Il
primo a rompere quell'irreale stato di tranquillità fu
nuovamente il
francese che non potè evitare di mettere a voce i suoi
pensieri.
-
Pensa che, a giudicare dai tuoi modi, ho sempre creduto che tu
venissi da una famiglia se non nobile, almeno benestante. E invece ..
- venne interrotto dal suo interlocutore che si sentì in
dovere di
terminare per lui la frase che il più grande aveva
cominciato. - e
invece sono figlio di un povero puttaniere, ubriacone e violento,
strano che sia diventato una prostituta a mia volta. - Arthur
concluse stizzito la frase pronunciando quelle parole con un tono
particolarmente tagliente. Francis chiuse gli occhi emettendo un
lieve sospiro, non aveva intenzione ne di dire, ne di sottendere una
cosa simile, ma aveva anche voluto fare una constatazione quando fin
dal principio Arthur gli aveva espressamente vietato di farlo.
-
Non intendevo dire una cosa del genere Iggy e tu lo sai bene. Io non
.. - nuovamente venne interrotto dalla voce irritata del più
piccolo
che, sciolto l'intreccio delle loro mani, lo stava adesso guardando
con la solita aria di sfida. Era piuttosto arrabbiato, sapeva che
Francis diceva la verità, ma era stato chiaro fin
dall'inizio: non
avrebbe tollerato interruzioni.
-
Io non ti avevo espressamente vietato di non interrompermi con .. con
.. - lasciò la frase incompleta, prendendo coscienza forse
per la
prima volta di quanto in realtà avesse un carattere
suscettibile. Si
stava attaccando a un niente per creare un precario pretesto al fine
di poter litigare con lui, con lo stesso ragazzo che era venuto a
casa sua per chiedergli come stava, per aiutarlo. La stessa persona
che aveva pagato la medicina per suo fratello e che stava chiedendo
in cambio solo la verità su di lui. Francis si era esposto
più
volte per lui, aveva spesso perdonato e capito i suoi innumerevoli
ritardi, le sue assenza ingiustificate e spesso pagava gli assurdi
prezzi che Arthur gli imponeva accontentandosi anche solo di qualche
bacio.
Doveva
calmarsi. Capire che nessuno lo stava attaccando, dopo quello che
aveva passato era diventato difficile fidarsi degli altri, ma per
quel francese così strano avrebbe potuto fare un'eccezione,
doveva
trovare il coraggio di farlo.
Abbassò
lo sguardo e, continuando a tenere il capo chino in una sorta di muta
scusa, cercò nuovamente la mano che il più grande
aveva ancora
appoggiata sulla misera superficie del piccolo tavolo.
Appoggiò le
proprie dita su quelle di Francis e rimase sorpreso, per la seconda
volta, dalla rapidità con cui il suo interlocutore gliele
afferrò
stringendolo ancora in quel soffice contatto.
-
Ti chiedo scusa, non avrei dovuto interrompere. - Fece una breve
pausa accarezzando con il pollice il dorso della mano dell'altro. -
Te la senti di continuare ? Prometto che questa volta
resterò muto
come una tomba. - Arthur alzò finalmente lo sguardo e dopo
aver
emesso un sottile brontolio decise di ricominciare a parlare, avrebbe
fatto presto, da adesso in poi si sarebbe risparmiato tutti gli
inutili dettagli, certi ricordi non avrebbero fatto altro che
infliggergli nuove ferite. Avrebbe finito il discorso in poche frasi
senza fronzoli o nulla di simile e, cosa più importante, non
avrebbe
pianto, neppure una minima, singola lacrima. E come tutte le cose che
si prefissava di fare, non riuscì a portare a termine
neppure una di
queste intenzioni.
Per
quasi un'ora Arthur parlò incessantemente infarcendo di ogni
più
piccolo dettaglio ogni momento che ricordava di quel periodo, Francis
ascoltava attento beandosi nel sapere che, almeno per un breve lasso
di tempo, Iggy era stato felice. Da quel racconto imparò
molte cose
sul conto del più piccolo specialmente in merito al suo
carattere
mutevole e alle sue strane abitudini da inglese. Arthur riprese a
narrargli del lungo, ma divertente viaggio in treno fino a Dover, la
burrascosa traversata della Manica in cui l'inglese aveva vomitato
anche l'anima. Il tanto sospirato sbarco a Parigi, l'affitto di una
sgangherata camera di un albergo in cui passare solo il tempo
necessario per la ricerca della loro futura casa. In quella squallida
stanzetta, la sera stessa del loro arrivo, Arthur e Alfred fecero
l'amore per la prima volta, scambiandosi la reciproca promessa di
stare sempre insieme. In meno di un mese erano riusciti a trovare un
minuscolo loculo in cui vivere e avevano acquistato la consapevolezza
di non aver rimasto neppure un soldo in tasca. Arthur si
trovò un
lavoro mentre Peter aiutava Alfred nella creazione dei suoi
improbabili quadri. Ben presto però i pennelli, i colori e
le tele
iniziarono a scarseggiare e visto che l'americano non era riuscito a
vendere nessuna delle sue fantastiche opere, decise di imitare il
compagno e cercare a sua volta un impiego di gran lunga più
proficuo, con la convinzione che un giorno sarebbe riuscito a
diventare famoso e che non era la sua arte a fare schifo, come
sosteneva Arthur e gran parte del popolo parigino, ma era la massa
che era troppo stupida per cogliere la magnificenza delle sue
creazioni. Il loro mondo però, per quanto per Arthur fosse
perfetto,
era irrimediabilmente fragile e sebbene avesse sviluppato un
fortissimo amore nei confronti di Alfred, i suoi sentimenti non
poterono in alcun modo impedire che quell'idillio finisse. Ben presto
si resero conto che le spese superavano di gran lunga i guadagni e il
dover badare a Peter rappresentava una sorta d'impedimento in quanto
l'americano aveva tassativamente vietato al bambino di trovarsi un
lavoro. Il compito del piccolo era studiare e diventare qualcuno di
ricco e famoso così avrebbe potuto fare la bella vita e
tutti e tre
sarebbero stati invitati nei più eleganti salotti di Parigi.
Nel
sentire quelle stupide storie irrealizzabili Arthur finiva sempre per
l'innervosirsi, troppo stanco dai massacranti turni di lavoro che gli
venivano retribuiti con una vera miseria di salario. Non voleva che
Alfred riempisse la testa di suo fratello di inutili sogni, sapeva
che difficilmente il loro tenore di vita avrebbe potuto cambiare
così
radicalmente. Il più piccolo a quelle parole metteva su una
sorta di
broncio polemizzando che non c'era nulla di sbagliato nell'immaginare
qualcosa di assurdo, visto che non potevano fare altro che sognare,
almeno che sognassero in grande. L'esuberanza e l'allegria
dell'americano riuscivano sempre a calmare e a mettere di buon umore
Arthur e ancora prima che si rendesse conto di non essere
più
arrabbiato, era già impegnato a rotolare fra le coperte
insieme al
suo ragazzo.
Questa
vita, povera ma felice, durò poco meno di un anno.
Improvvisamente
Arthur vide sgretolarsi il suo piccolo mondo, tutti i suoi sogni e le
sue fragili speranze andarono in fumo e a nulla valsero i suoi
innumerevoli sforzi per cambiare le cose. Stava combattendo contro un
nemico molto più forte di lui e nonostante tutto il suo
amore e la
sua disperazione non potè fare nulla per cambiare le cose.
-
Non ci misi molto a capire che le cose stavano cambiando, ma nel
preciso istante in cui acquistai la consapevolezza di quello che ci
stava accadendo io, ecco .. non avrei mai pensato che .. -
Arthur
bloccò improvvisamente il suo racconto. Si accorse della
presenza di
grosse e calde lacrime che gli rigavano le guance, il problema
è che
non si era neppure accorto di aver iniziato a piangere. Strinse
convulsamente la mano di Francis incapace di continuare a parlare, le
troppe emozioni che lo avevano investito durante quel pomeriggio
erano troppo da sopportare. Il francese vedendolo così in
difficoltà
si azzardo a prendere nuovamente la parola, aveva dedotto un paio di
cose da quel preciso resoconto della vita di Iggy e si sentiva
abbastanza competente da azzardare un'ipotesi sul seguito.
-
Alfred ti ha lasciato per qualcun altro giusto? - chiese il francese
sicuro di essere molto vicino alla verità. Il sonoro ceffone
che gli
arrivò sulla guancia meno di un secondo dopo gli fece
intuire che
probabilmente doveva rivedere le sue certezze. Realizzò di
essere
stato colpito solo qualche secondo dopo l'accaduto, quando un dolore
forte e pulsante iniziò ad irradiarsi dalla zona lesa. Forse
anche
questa volta avrebbe fatto meglio a restare in silenzio.
-
Stupido cretino di un francese ottuso e completamente privo di un
qualsiasi senso logico. Come puoi solo pensare che Alfred avrebbe mai
potuto tradirmi. - Era in piedi di fronte a lui, la sua esigua figura
era completamente tesa dalla rabbia e dallo sforzo inutile di
trattenere le lacrime. Aveva ritratto immediatamente la mano con cui
lo aveva colpito e adesso le sue dita stavano tormentando ancora una
volta quel logoro indumento slavato che copriva il suo corpo.
Cercò
inutilmente di calmarsi, di darsi un qualche contegno, ma l'unica
cosa che realizzò è che se avesse aperto la bocca
avrebbe
cominciato ad urlare imprecando contro tutto e tutti, implorando un
Dio muto a cui non credeva di ridargli quello che aveva deciso di
togliergli.
Vedendolo
in quella condizione, Francis rimase letteralmente interdetto. Una
reazione così forte proprio non se la sarebbe mai aspettata
e, per
la seconda volta nel giro di pochi minuti, si accorse di essere stato
stupido e invadente. Si era permesso di prendersi troppe
libertà e
quello schiaffo ne era la prova. Avvicinarsi ad Arthur adesso sarebbe
stato totalmente inutile, l'unica cosa che poteva fare era sperare
nel proverbiale autocontrollo dell'altro. Decise di restare in
silenzio, di non muoversi dalla sua posizione mentre continuava ad
osservare il più piccolo tremare leggermente nel disperato
tentativo
di mettere a tacere quelle emozioni che aveva tenuto così a
lungo
nascoste. Forse, per la prima volta da quando si conoscevano, lo
vedeva vivo, lo vedeva in preda a qualcosa che la sua freddezza non
riusciva a mascherare e benché morisse dalla voglia di
farlo, il
francese soffocò l'istinto di alzarsi e stringere fra le sue
braccia
il gracile corpo dell'inglese.
Passarono
lenti ancora un paio di minuti, Arthur riuscì a darsi un
contegno
solo dopo essersi massacrato il labbro inferiore con gli incisivi
riaprendo il taglio che vi era sopra. Dopo qualche respiro lungo e
profondo trovò la forza di alzare lo sguardo per puntarlo in
quello
cristallino di Francis. La dolcezza che vide riflessa negli occhi
chiari dell'uomo lo convinse a sedersi nuovamente e a cercare di
finire quello che avevano cominciato. Doveva farcela forse ora
più
per sé stesso che per il suo interlocutore, non aveva mai
parlato
con nessuno di Alfred e di tutto quello che avevano vissuto insieme
ed era davvero giunto il momento di farlo.
Chiuse
gli occhi, un ultimo respiro e avrebbe finalmente concluso con quel
suo assurdo racconto. Li riaprì di scatto sentendo la
presenza della
mano del francese sulla propria accompagnata dalla calda voce di
Francis.
-
Non volevo essere così insensibile. Ti prometto che non mi
permetterò più di fare errori così
leggeri, ti chiedo scusa,
Arthur. - La sua voce era sempre calda e dolce e il suo nome
pronunciato da lui aveva tutt'un altro effetto. Strinse quasi di
riflesso la mano del ragazzo più grande e, anche se con un
tono un
po' incerto, continuò la sua improbabile favola.
-
Facevamo dei turni massacranti ma i soldi non bastavano mai, Alfred
faceva un'infinità di lavori diversi e non gli ci volle
molto per
crollare. Era un ragazzo grande e forte ma aveva appena vent'anni e
nelle condizioni in cui vivevamo il suo fisico non avrebbe mai potuto
reggere a lungo. Non ci volle molto infatti perchè si
ammalasse. -
Si bloccò di colpo, ingurgitando una spropositata
quantità d'aria
del tutto inutile, doveva soffocare il pesante nodo che stava
tornando a opprimergli la gola. Sentì le mani di Francis
appoggiarsi
sulle sue spalle ancora prima di aver realizzato che l'uomo si era
alzato e che adesso lo stava abbracciando, con pochi passi aveva
annullato le distanze fra loro aggirando quel logoro tavolo. Arthur
appoggiò la testa contro il petto del francese e
seguì il consiglio
che il suo interlocutore gli aveva appena finito di sussurrare;
chiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella inaspettata presenza e
per l'ultima volta riprese il discorso.
-
Mi resi conto che Alfred stava male solo quando non c'era
già più
niente da fare, mi aveva nascosto di essersi ammalato mascherando i
sintomi di qualcosa di ben più grave dietro una banale
influenza. Mi
sono fidato delle sue parole finchè non l'ho visto tossire
sangue.
Gli feci un'inutile sfuriata urlandogli che era un emerito coglione,
corsi a chiamare il dottore che hai visto poco fa e per la prima
volta in vita mia ebbi a che fare con la tisi.- Un lungo quanto
inutile sospiro gli diedero la forza per pronunciare lo scontato
epilogo. - Alfred morì di tisi appena una decina di giorni
dopo,
tutti i mie sforzi per comprargli le medicine non servirono a nulla,
la malattia era già ad uno stadio troppo avanzato e lui era
troppo
debole per poterla combattere e io .. io non ho saputo fare altro che
stare lì a tenergli la mano pregandolo di non morire, di non
lasciarmi di nuovo solo. Inutile dire che ne le mie lacrime e ne le
mie preghiere servirono a qualcosa. Alfred morì mentre lo
tenevo
stretto a me, mi sussurrò che mi amava e che dovevo
impegnarmi a
migliorare un po' il mio brutto carattere, mi ha chiesto di
perdonarlo se potevo e poi .. ha detto che era tanto stanco e che
voleva dormire un po'. Io ho annuito conscio che quella era l'ultima
cosa che ci saremmo mai detti, gli risposi con un sussurro incrinato
che lui era tutta la mia vita e l'ho visto sorridere appena prima di
... - Grosse lacrime rigavano le sue guance mentre numerose pause
intervallavano l'atto finale del suo racconto, Francis continuava a
stringerlo a sé cercando di dargli un conforto piuttosto
inutile in
quelle situazioni. - L'ho tenuto stretto a me per molto tempo, ho
continuato a baciare le sue labbra che diventavano sempre
più
fredde. Non avevo nessuna intenzione di separarmi da lui e dopo la
sua morte sono caduto in uno strano stato d'inedia. Andavo avanti per
inerzia e credo che solo la presenza di mio fratello mi abbia
impedito di fare qualche stupida sciocchezza. Il problema è
che
adesso si è ammalato anche lui e io, per la seconda volta,
non sono
in grado di combattere quella stupida malattia che sembra .. - Arthur
non riuscì a terminare la frase perchè le sue
labbra furono coperte
da quelle di Francis. Ogni parola in quel momento sarebbe stata
totalmente inutile era meglio far sentire la propria presenza in
maniera meno scontata e più fisica. Il francese si accorse
di aver
fatto la cosa giusta nel momento stesso i cui sentì il
più piccolo
che ricambiava il bacio.
Dopo
quel bacio così inaspettato entrambi ritornarono alle
precedenti
posizioni, si ritrovarono ben presto seduti l'uno di fronte all'altro
con le mani unite in una morbida stretta. Arthur aveva smesso di
piangere solo da pochi secondi e adesso stava cercando di scacciare
via quell'ondata di tristezza che lo aveva avvolto, doveva chiudere
ancora una volta tutti quei sentimenti in fondo al suo cuore, erano
troppo preziosi e purtroppo al momento non poteva fare altro che
tenerli sottochiave. Sentì Francis schiarirsi la voce, ma al
contrario di quello che si aspettava, questa volta restò in
silenzio. Sicuramente aveva mille domande da fargli, fortunatamente
però aveva trovato il buon senso di trattenersi, almeno
questa
volta. Decise di prendere la parola ancora una volta e dopo un lungo
secondo d'incertezza alzò il viso.
-
Io .. so che nessuno potrà mai ridarmi Alfred e questo lo
capisco
anche se non riesco ad accettarlo. Ma .. insomma non possono
prendersi anche mio fratello, è una cosa insensata e
totalmente
priva di logica. Spesso la notte, le poche volte che la passo da
solo, mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi rifiutato la sua
proposta di venire in Francia, probabilmente Alfred sarebbe ancora
vivo e Peter non si sarebbe ammalato e quindi mi rendo conto che
è
tutta colpa mia e che .. - Non riuscì a terminare la frase
perchè
sentì la grande mano di Francis sbattere contro la sua
guancia; gli
aveva dato uno schiaffo o per meglio dire, glielo aveva restituito.
Quel gesto lasciò interdetto Arthur che, dopo aver sgranato
gli
occhi, rimase immobile per qualche secondo. Si portò lento
una mano
alla guancia appena colpita, appoggiò le dita sulla
superficie
leggermente arrossata e iniziò pian piano a realizzare
quello che
era successo. Certo Francis non gli aveva fatto male, aveva usato ben
poca forza, ma era l'intensità del gesto che lo aveva
sconvolto
specie perchè fino a due secondi prima si stavano baciando.
La
risposta alle sue domande non tardò ad arrivare e
direttamente dalla
fonte di ogni suo dubbio.
-
Sei uno stupido Arthur. - Il suo tono era fermo e serio. - Se davvero
tieni tanto a quello che c'è stato fra te ed Alfred non
dovresti
permetterti di fare certi pensieri. Facendo così sei tu che
non
porti rispetto per quello che avete vissuto e non puoi sapere come
sarebbero andate le cose altrimenti. L'unica cosa che ti deve
interessare è che un uomo ha deciso di dividere parte della
sua vita
con te, vi siete amati e purtroppo l'hai perso. Ha visto qualcosa di
tanto speciale in te da chiederti subito di scappare con lui, ti ha
dedicato tutto quello che aveva, non mancargli di rispetto facendo
certi pensieri così cretini.- Non aspettò nessun
tipo di risposta,
si alzò dalla sedia per potersi sporgere verso l'inglese e,
per la
terza volta quel giorno, catturò le sue labbra coinvolgendo
entrambi
nell'ennesimo bacio che nulla aveva a che fare con il sesso o con
quelli che si erano scambiati nei loro precedenti incontri.
Restarono
insieme tutto il pomeriggio, accoccolati sul divano. Francis ebbe il
permesso di fare tutte le mille domande che lo avevano assillato fino
a quel momento e Arthur si impegnò a soddisfare tutte le sue
curiosità. Gli raccontò di come avesse preso la
decisione di fare
la puttana, di come i soldi non bastassero a prescindere per le
medicine di Peter e del suo desiderio di tornare a casa, in
Inghilterra. Francis continuò a tenerlo stretto a
sè e rimase in
silenzio anche dopo che l'inglese ebbe smesso di parlare, sentire le
sue parole gli aveva fatto maturare un'assurda idea, doveva solo
trovare il modo giusto di esporla al suo interlocutore; quello che
era successo quel giorno fra di loro gli aveva dato la forza per
nutrire quella fievole speranza che lo aveva portato fino a lui.
Decise di prendere la cosa un po' alla larga, troppo spaventato dalla
possibilità di ricevere una risposta negativa, ma allo
stesso tempo
bisognoso di dare consistenza a quella proposta. Si concesse ancora
qualche altro secondo di silenzio poi, cercando di non alterare con
l'agitazione il suo solito tono di voce, spezzò ancora una
volta il
silenzio che li avvolgeva.
-
Ascolta Arthur, che ne diresti di vendere questo appartamentino e
venire a vivere con me? - chiese il francese tutto d'un fiato non
riuscendo però a staccare lo sguardo da quello del
più piccolo che
ora lo fissava con un'espressione decisamente sconvolta.
Fine
terzo capitolo
Voglio
ringraziare specialmente le mie care amiche
che
in questo periodo mi sono mancate da matti *-*
Grazie
mille ragazze, voi sapete chi siete e questo
capitolo
lo dedico tutto a voi per ringraziarvi di tutto quello
che
fate sempre per me <3
Voglio
anche ringraziare tutti voi
che avete
recensito, risponderò in privato a tutti!
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