Grovigli

di sakura_hikaru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Tutto cominciava sempre nel più semplice dei modi: lui entrava in una stanza e qualunque cosa egli dicesse o facesse, in qualche modo stuzzicava la sua lingua a cose irritanti e moleste. Con un sorriso monello, ma dal taglio adolescenziale, sentiva le parole fluire dalla sua bocca come se fossero acqua frizzante, anzi corroborante: l'altro alzava un sopracciglio, muoveva la testa da un lato e sospirava con l'aria di chi la sapeva lunga sui bambini.

Allora la bocca si serrava, gli occhi si alzavano al cielo e la testa tornava ad ordire terribili agguati, dalla lama più sottile o, forse, dal serramanico più elaborato; a volte era sconfortante vedere come le sue parole rimbalzassero, come palline lanciate da un inerme bambino contro un muro di gomma. Insomma, quel suo ruolo, così, anche se a volte gli veniva spontaneo, dei giorni capitava che, di proposito, lo spingesse oltre, fino ai limiti del senso e della buona creanza: era forse un modo per annusare il terreno di gioco, come un animale che teme di essere braccato?

 

*

“Touma-kun, mi daresti una mano?”.

E il ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi saettanti di un acume cobalto si alzò, con fare rilassato e con passo lento, avvicinandosi alle spalle del compagno più grande.

“Shin-chan ai fornelli è una sorpresa quasi maggiore della puntualità di Shu”.

Alle spalle si sentì il brontolio che, automatico come una sveglia, si alzava dal ragazzo appena nominato.

“Touma ...”.

“Sicuramente non la tua di puntualità, Touma-kun ...” gli risponse il ragazzo ai fornelli con un sorriso che voleva essere dolce, ma che aveva il caratteristo sapore del rafano che, deciso, cancella ogni altra sapidità. Così la sua lingua ripose la spada nel fodero e le parole finirono per uscire quasi imbarazzate.

“Non vado d'accordo coi treni ...”.

“Ti compreremo una sveglia adatta ...”.

“Che esploda cannonate?” ed ecco la risata liberatoria di Kongo che, con quella semplice esagerazione, espresse le perplessità di tutti i compagni a quella sua strana caratteristica. 'Sonno profondo' o 'faccia da schiaffi' su di lui non erano altro che sinonimi, anche piuttosto azzeccati secondo Shu: silenziosamente i quattro compagni pensavano in cuor loro che esse fossero le caratteristiche che spiccavano al primo sguardo – e anche alla prima conversazione.

Touma era un ragazzo intelligente, aveva dimostrato il proprio acume in diverse battaglie, frenando gli spiriti più focosi e ribelli e cercando di ristabilire un equilibrio – a volte, comunque, precario – nelle decisioni da prendere. Non erano sempre chiare all'istante le sue buone intenzioni, soprattutto quando esse erano dettate con determinazione e severità: a volte pareva che dalla sua bocca uscissero piccole cattiverie, perchè erano parole dure ma affilate che penetravano a fondo e, molto spesso, senza una reale ragione.

Non era nemmeno nuovo ai fraintendimenti, la sua vita ne era cosparsa. I suoi occhi profondi e spalancati sul mondo avevano la strana caratteristica di mischiare puerilità con inaspettate punte di saggezza adulta che sbilanciavano e lasciavano interdette le persone che lo vedevano per la prima volta. Il viso era una maschera di svariate e, a volte, eccessive evoluzioni pindariche che dondolavano dall'ingenuità all'eccessiva e insopportabile saccenza: era la tesi e l'antitesi di se stesso senza mai, apparentemente, perdere l'equilibrio.

“Quando si è così non ci si può fare nulla ...” rispose allora piccato Tenku ed ecco il sorriso sghembo comparire, le mani infilate nelle tasche e quell'aria che voleva essere monella, ma che, ora, risultava un poco arrogante agli occhi di Kongo. E poi, quella frase era ben troppo ambigua: a chi si riferiva? A lui – quegli occhi cobalto parlavano meglio delle peggiori linguacce – oppure erano proprio dirette a Tenku stesso?

“Lascia certe affermazioni al vento, Touma. Quella frase rispecchia ben poco la tua virtù” il ragazzo biondo, di spalle, non alzò nemmeno il viso dal libro che stava leggendo, così da perdere l'espressione un po' stupita, un po' imbarazzata degli altri compagni. Tenku si immobilizzò, la bocca socchiusa in un broncio all'apparenza infantile, lo stomaco che si contrasse in maniera strana e, d'improvviso, la lingua era lì che fremeva per replicare con arguzia e tempismo.

“Oh, Seiji ... facci allora la cortesia di donarci il tuo sguardo affilato” la serietà si smussò poi, in un battito di ciglia “e aiutaci a preparare la tavola. Non vorrai che il nostro Shin si carichi di tutto il lavoro”.

“Touma-kun, non farti di questi problemi. Vi avrei scomodato comunque, anche nel pieno del sonno più profondo” e rieccolo il sorriso disarmate e, non di meno, teneramente tagliente di Suiko. “Siamo ospiti di Nasty e convenite con me che darsi da fare almeno qui sia il minimo”.

Seiji richiuse silenziosamente il libro e si alzò dal divano, incrociando per un attimo lo sguardo di Touma: non si dissero nulla, rimase tutto nell'aria – come spesso accadeva a loro due. Non si scambiavano parole, fino a quando non era strettamente necessario, e poi tutto ricominciava come in uno strano deja-vu. Da conversazioni piacevoli, a tratti anche divertenti, lentamente si degenerava in uno scambio di battute sagaci e freddure, di affondi affilati e parate di genuina esasperazione, per poi sfociare in stupidaggini cui Korin si sentiva chiamato a mettere a tacere. Come ora.

Dall'entrata della casa, si udì una porta sbattere e la voce concitata e squillante di Rekka – accompagnata dal gorgogliante borbottio di Byakuen – li avvertì del suo arrivo. Spalancò la porta, portando con sé il profumo di terra e alberi, le cui foglie si erano accomodate sul capo corvino del ragazzo.

“Siamo tornati prima perchè le rondini volavano basse ...” il ragazzo fece un cenno di capo alla grande tigre che, con un movimento del capo, sembrò dargli ragione. “Fra poco comincerà a piovere”.

“Ancora una volta? Maledizione ...” mugugnò scontento Kongo, mentre distribuiva i tovaglioli. “La stagione delle pioggie è una bella seccatura ...”.

“Sono i tifoni ad essere una seccatura. La pioggia sa essere più affascinante anche di alcune venature nella sabbia, Shu-kun ...”.

Kongo si fece scuro, in maniera monella però, rifilando a Shin uno sbuffo e una punzecchiata sul fianco.

“Byakuen è affamata”.

L'osservazione di Ryo fece scoppiare a ridere i quattro compagni in maniera diversa, mentre, stavolta innocentemente, Touma ne infilava una delle sue.

“Avete in comune anche l'appetito voi due?”.

Rekka sorrise con aria candida, mentre Byakuen se ne usciva con un espressivo lamento.

“Touma, attento a lui ... non sa essere paziente come noi” commentò Shin ridacchiando. “Soprattutto se gli tocchi Ryo”.

La coda della tigre si mosse un poco, lenta e pensosa nell'aria, mentre Ryo gli accarezzava la testa: i pensieri si persero e il grande felino si lasciò andare a delle sonore fusa.

Dalle scale scese Nasty, reduce da una lunga seduta di studi, ed il gruppo si sedette finalmente a tavola per il pranzo.

“Avete in programma qualcosa per oggi?”.

“Una lunga partita al nintendo ...” disse stiracchiandosi un compiaciuto Shuu.

“Allora ci uniremo a te” aggiunse Ryo facendo un cenno verso Byakuen: in programma, oggi, ci sarebbe stata una lunga sessione di coccole. Bel pomeriggio.

“Io pensavo di preparare una torta”.

“Evviva il nostro cuoco di fiducia!”.

“Shu, non ti smentisci, eh?”.

“Assolutamente”.

“E voi?” chiese la ragazza ai due samurai rimasti. “Farete qualcosa assieme?”.

Korin e Tenku si scambiarono un'occhiata interrogativa e il secondo rispose.

“Beh, ho trovato una tavola per lo shogi* l'altro giorno. Pensavo di giocarci”.

“Da solo?” intervenne il biondo con un mezzo sorriso.

Touma si corrucciò per un momento, voltandosi dal lato opposto.

“Se mi concedi la grazia di unirti, possiamo farlo anche in due ...”.

Korin si irrigidì per un attimo, lanciando all'altro uno sguardo a metà strada tra il confuso e lo sbigottito, ma si riprese subito.

“Avrai bisogno di qualcuno con cui confrontarti ...”.

“Spero ne valga la pena ...”.

“Questo lo dovrei dire io ...”.

Sulla tavolata soffiò una strana aria di sfida che, prontamente, venne soffocata da altri discorsi di ben diversa natura: Touma che beccava Shu e Shin era un conto. Shu si infiammava e si spegneva altrettanto velocemente, Shin gli teneva testa, sempre che le parole non diventassero troppo affilate. Ryo, generalmente, non rientrava molto in questo genere di problemi al contrario: in battaglia sapeva essere infuocato, testardo e scavezzacollo peggio di Shu, ma, in tempo di pace, la calma compiaciuta che gli regnava attorno e la solarità che brillava attorno a lui lo rendevano quasi esente da parole, se non innocenti.

Seiji, beh. Seiji era Seiji.

Il solo pensare il suo nome rendeva Touma inquieto. Forse il suono ne visualizzava i tratti nella sua mente e tutto ciò che conosceva di lui lo assaliva in maniera sconcertante e disturbante allo stesso tempo. Ciò che legava loro cinque, ciò che con gli altri diventava qualcosa di nuovo e forte, indomabile e terrorizzante, con Korin si trasformava in panico e perdita di controllo: ogni volta che i poteri si sfioravano, Tenku percepiva una quasi impercettibile distorsione tra di loro, qualcosa di cui non riusciva ad avere controllo... e che, in un certo senso, lo inquietava.

Era solo quando essi si trovavano assieme a Ryo, quando diventavano una cosa sola ... un corpo, una mente e una volontà unica ed assoluta, solo allora Touma riusciva a entrare in comunione con Seiji, senza dubbi, paure e incertezze di alcuna sorta. A volte gli pareva ironico che proprio loro due fossero destinati a quell'esatta posizione, come se il destino non l'avesse proprio voluto destinare a far coppia con Shin-kun o Shu. Poi guardavi quei due e, sotto sotto, pensavi che il destino avesse favorito quei due per un motivo chiaro, evidente... quasi scontato. I due bambini che bambini non erano – per una mera questione d'età, Touma non poteva nemmeno chiamare Shuu bambino ... un mese più anziano di lui, che scherzo del destino.

Sempre quello a mettere i bastoni tra le ruote.

Così, ora, dopo il lauto pranzo e le rispettive volatilizzazioni degli abitanti della casa, si ritrovava nella stanza da letto – ed ecco l'ennesimo scherzo del destino ... o forse no. Colpa di Shu stavolta. La stanza da letto che lui e Seiji dividevano.

Touma, seduto a gambe incrociate, fissava con serietà ed estrema attenzione lo shogiban* posto sul tavolino davanti a sé, dove Seiji stava disponendo in silenzio, con quella calma composta che lo contraddistingueva, i koma*.

“Sente* o gote*?”.

Touma sobbalzò, preso alla sprovvista, alzando gli occhi sul compagno che, con aria quasi curiosa lo osservava.

“Touma ... sente o gote?”.

“Sente, sente”.

Il biondo annuì, mentre Tenku afferrava tra le mani uno dei pedoni, rigirandoselo tra le mani, senza profferire una sola parola: perchè mai avesse deciso per quel gioco, proprio non aveva idea. Poteva starsene zitto prima, o dire che avrebbe letto ... o che se ne sarebbe andato a riposare ... o che avrebbe fatto qualunque altra cosa ...

Piuttosto che rimanere lì, da solo, con lui.

Stringendo i denti, rimise al suo posto il pedone e sprofondò il viso sulle mani intrecciate davanti a sé: giocare era la parola d'ordine, fare la partita, chiudere e poi inventarsi una scusa per defilarsi da lì. Attese solo qualche secondo e fece la sua prima mossa. Nel suo campo visivo poi entrò la mano affusolata di Korin che, senza indugio, mosse la lancia sul lato sinistro della scacchiera.

La mano affusolata, il braccio ... sì, era logico che lui fosse diventato il braccio destro di Ryo, non era nemmeno un dubbio da porsi: Tenku sarà anche stato un orgoglioso testardo, ma sapeva riconoscere il talento e la bravura nelle persone e Korin era uno spadaccino eccezionale. Preciso, elegante, potente ma aggraziato fuori misura. Come accidente facesse quella mano tanto curata ad essere altrettanto fatale quando brandiva la sua nodachi era un mistero affascinante.

Dalla sua posizione, i suoi occhi si levarono ad osservare il biondino, attenti a mostrare un'espressione neutra e poco interessata, mentre la realtà era ben diversa: dal ciuffo, che senza armatura addosso, nascondeva uno dei suoi occhi, lo sguardo scendeva lungo la guancia, poi si arrampicava sulle spalle – piuttosto strette per un ragazzo – dall'aria composta e severa, rigida e salda.

 

Apparentemente è la persona meno accomunabile ad un samurai, con quell'aspetto spiccatamente straniero. I capelli, l'incarnato, gli occhi stessi ... accidenti, ma di che colore sono? La pelle è troppo chiara, nemmeno nell'Hokkaido trovi pelli simili ... sembra che non abbia mai preso il sole. Oh, sicuro ... non è il tipo. Seiji è sicuramente il tipo da meditazione, perfezione e regola. Sì, lui è il perfetto...

 

“... samurai” disse sovrapensiero, guadagnandosi lo sguardo un po' stranito di Korin.

“Scusa?”.

“Niente”.

Non aveva voglia di parlargli. Così avrebbe finito solo per allungare quel momento di pura agonia e, magari, peggiorare pure le cose.

Andarono avanti in silenzio ancora una decina di minuti, Touma che lo scrutava credendo di non essere notato, Seiji che conquistava sempre più pedine chiedendosi perchè mai il signor genio del gruppo continuasse a non profferire parola e fissarlo come se fosse un nemico della peggior specie. Tenku era un essere strano per il ragazzo: molto intelligente, certo, saggio quando ci si metteva – o meglio, soprattutto quando doveva frenare qualche scalmanato del gruppo ... leggi Shu e Ryo – ma risultava una vera spina nel fianco quando lo affrontavi per cose, diciamo, spaventosamente normali.

Incapace di sostenere un discorso senza infilarci una delle sue così amate battutine – che sfioravano il sarcasmo anche troppo spesso per i suoi gusti – piuttosto povero di strumenti socializzanti (Seiji qui non si dilungava troppo col discorso. Sapeva in cuor suo di non essere esattamente un animale sociale). E quello che lo innervosiva più di tutto, quell'ostinato modo di fare, quel sorriso forzato che ostentava ogni volta, talmente finto che gridava al mondo 'sono tuo compagno, ma stammi comunque lontano. Mi piaci, ma, in fondo, non mi fido di te'.

Era un animale selvatico. Ma Ryo, a confronto, era un cucciolo docile e solare – esclusi alcuni episodi non certamente illuminati – ma non dimostrava certo tutta quella diffidenza, né quella supponenza. No, quella era proprio tipica sua.

“Se non stai attento il tuo Generale Dorato lo catturo in solo due mosse”.

“Come?”.

Gli occhi blu si sgranarono e volarono dalle sue spalle allo shogiban davanti a sé: la situazione del sente non era delle migliori. Anzi, per essere più precisi, le stava prendendo di santa ragione. Se in cuor suo sperava di fare una partita decente, allora era proprio un idiota.

“Non è che avessi tutta questa voglia di giocare, comunque ...”.

L'unico occhio visibile di Korin si fece sottile, le labbra si mossero un attimo, cercando di controllare la lingua che non era propriamente domata dal suo possessore.

“Potevi dirlo, senza inventarti delle scuse”. Il tono era fermo, addirittura tranquillo e pacato. Solo gli occhi avrebbero sprizzato scintille a poterlo fare.

“Se non erro sei stato tu a volerti unire”.

Ed eccolo lì che spuntava dal nulla il suo solito tono. Irritante.

“L'ho fatto per non lasciarti da solo”.

All'improvviso, sui visi di entrambi, una fiammata si accese scomposta, ma Touma fu il primo a riprendersi e a riaprire bocca.

“Lasciarmi da solo? Questa è bella ... in una casa così grande è impossibile avere della privacy. Ci mancherebbe anche rimanere da soli”.

Il volto di Seiji, a quelle parole, perse ogni colore e perse così anche la voce. Per qualche istante almeno.

Si alzò lentamente, arrivando a torreggiare su Tenku, ancora seduto al suo posto, le labbra mordicchiate in una smorfia di incredulità e nervosismo, gli occhi che non riuscivano ad abbandonare lo shogiban e, vagando su di esso, cercavano una risposta a quella reazione. Korin fece qualche sospiro, poi inspirò a fondo e si impose di non oltrepassare una certa linea. Meglio per lui e per l'idiota.

“Tenku ... posso sapere perchè quando siamo soli noi due, devi dimostrarti così ...” diplomaticità. Parola chiave. “...taciturno?”.

“Non sono taciturno ... ero solo concentrato”.

Ed ecco la proverbiale intelligenza di questo ragazzo che veniva fuori nel migliore dei modi.

Combattuto tra il concludere in bellezza con una ramanzina e infilare una battutina che andasse a segno, decise di inginocchiarsi di nuovo, stavolta pericolosamente vicino all'altro ragazzo. Quando lo fece, poco mancò che questi gli gridasse nelle orecchie per lo spavento ...

“Che fai?!”.

“Quella sarebbe la mia domanda”. Seiji lo scrutava da vicino, cercando di leggere ancora di più nel linguaggio assurdo di quel corpo che era una contraddizione vivente, messa in coppia con la sua lingua. “Hai paura di me?”.

Un secondo dopo, le mani di Touma scostarono con violenza il ragazzo, facendogli perdere l'equilibrio e si rialzò in fretta e furia, indietreggiando verso il muro: quando la sua schiena toccò il limite estremo della stanza, gli occhi – spalancati per la sorpresa prima, aggrottati in confusione poi – si spostarono di nuovo tutto intorno alla stanza, cercando invano una scusa, una fuga ... una scusa.

D'un tratto la porta della loro stanza si aprì e fecero capolino Byakuen e un sorridente Shin, entrambi accompagnati da un profumo invitante di torta. Quando però entrambi videro la scena – Seiji a terra, con l'aria di chi è stato preso in contropiede nel modo peggiore, Touma assottigliato contro il muro dall'altra parte – Shin si mostrò dapprima confuso, poi un poco preoccupato.

“Che vi succede?”.

Byakuen, dal canto suo, emise un piccolo ruggito e, prima da uno e poi dall'altro, puntò il suo naso contro di loro, con l'espressione più inquisitoria della storia.

“Touma è nervoso ...” profferì Seiji con una smorfia che poco gli si addiceva. Ma, accidenti, al diavolo! Essere trattati così per non aver fatto proprio nulla ...

Di colpo, i tre sobbalzarono al passaggio veloce della figura di Touma che, lesta come un felino, si era volatilizzata in un attimo, lasciandoli attoniti a chiedersi che cosa fosse preso a quello strano ragazzo. Seiji fu il primo a riprendersi, alzandosi in piedi e dandosi una veloce rassettata: sfiorò per un attimo lo stomaco dove le mani del ragazzo di erano violentemente posate per allontanarlo da sé.

“Io quel ragazzo proprio non lo capisco ...” mormorò quasi tra sé.

Suiko sospirò, accompagnato da un ruggito deluso di Byakuen.

“Touma non è che aiuti molto nel farsi comprendere, però ...” volse gli occhi verdi e un po' preoccupati alla soglia della camera. “Però mi da spesso l'idea di uno strano animale selvatico”. Le sopracciglia di Seiji si sollevarono un attimo curiose. “L'avrai notato anche tu, no? Che non si fa avvicinare ...”.

“L'ho notato, oggi più che mai” disse pensieroso Korin: rivide nella sua mente i suoi occhi, grandi, dubbiosi e scrutatori. Sembravano fatti per dissezionare qualunque cosa trovassero sulla propria traiettoria, minuziosamente come un chirurgo della peggior specie, di quelli che lavorano fino allo sfinimento per raggiungere la verità. Però, maledizione ... era troppo comodo per lui pretendere di fare quel lavoro da certosino e poi tirarsi indietro appena un compagno azzardava un piccolo passo nei suoi confronti.

“Shin-chan, cos'è successo?” giunse la voce di Ryo dal corridoio, prima che spuntasse dall'entrata. “Ho visto Touma correre fuori come se avesse il fuoco alle spalle ... è successo qualcosa?”. Gli occhi azzurri scambiarono occhiate tra l'uno e l'altro compagno, con un'innocenza che suonava quasi buffa in quella situazione che comica proprio non era. Byakuen si intromise ancora ed emise un gorgoglio nervoso, mezzo preoccupato: perchè rimanessero lì i ragazzi, proprio non lo capiva. I cuccioli si andavano a ripescare, comunque e dovunque andassero a ficcare le proprie zampette inesperte. E Touma di inesperienza ne aveva fin troppa alle spalle.

“Byakuen, tu pensi di sapere cosa sia successo, vero?”.

Shin era ormai solito riferirsi alla tigre come e quando Ryo faceva: aveva compreso d'istinto, fin dai primi istanti che Rekka e l'animale si erano uniti a loro, che quel felino era qualcuno che andava al di là di definizioni di essere millenario o magico. Più di tutto, quel grande gatto dall'espressione così genuina era qualcuno che riusciva andare oltre ogni barriera, ogni menzogna, ogni brutto carattere che contraddistingueva, in un modo o nell'altro, ognuno dei cinque samurai.

Byakuen sentiva prima di tutti, comprendeva e andava a fondo con la semplicità con cui ogni animale riesce a fare con il nostro lato più antico ... e aveva dalla sua un carattere che lo rendeva amabile e indispensabile come una guida, un maestro e un amico insostituibile.


NOTE

*Shogi: gioco simile agli scacchi molto famoso in Giappone fin dal XVI secolo.

*Shogiban: la scacchiera monocolore dove si muovono i koma.

*Koma: le pedine, i pezzi con cui i due giocatori si muovono.

*Sente, gote: nero, bianco. I koma dello shogi. Il nero muove per primo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Solo sul tetto del mondo ...

Tu e le tue stelle finirete per diventare una cosa solo, Touma ...

Ricordati di riempire i tuoi occhi del loro bagliore, ma nutri il tuo cuore con il calore umano. Nessun uomo è un'isola, ricordatelo Tou-chan...

 

Perchè ora rimbombavano nella sua mente quelle parole? Erano passati tanti anni e quella persona, ora, era molto lontana ... troppo. Però le sue parole erano sempre andate al cuore, quello della sua persona ... quella reale, genuina che conoscevano così in pochi. Il sensei non lo chiamava mai 'genio' non lo trattava mai in maniera diversa. Era sempre lo stesso.

Lui, però, lo conosceva forse più di se stesso.

Eppure quelle parole erano come le scritte del suo dna, immutabili e profonde.

Quante volte si era riempito gli occhi del bagliore delle stelle? Notti su notti, ore interminabili della sua infanzia, poi adolescenza. Ma quel bagliore aveva finito, col tempo, per renderlo cieco e, in cuor suo, sapeva di essere anche povero: di affetto, di cuore, di calore ... l'esperienza che si era negato aveva rosicchiato tutto ciò, dentro di sé.

Rosicchiato e stanco, ecco come si sentiva: come se ogni forza fosse fuggita, da qualche parte, catturata dalla luce delle stesse ... ironia della sorte.

“Sensei, credo di essere diventato un'isola ...”.

Le sue parole mormorate fluttuarono per un momento davanti ai suoi occhi, prima che il vento le catturasse, trasportandole verso lidi lontani e sconosciuti.

“Io non ce la faccio ... non ci riesco ... nemmeno con loro ... accidenti!”.

Le imprecazioni erano vane nella sua bocca, quando ad ascoltarle c'era, soprattutto, solo e soltanto lui.

Touma si lasciò cadere all'indietro, sdraiandosi completamente sul tetto della villa di Nasty – unico rifugio a lui congeniale: le stelle erano così nitide, lontano dalla città, e l'etere intero, ora, era a sua disposizione. Era tutto così diverso in pace ... era tutto così lontano ... lui era lontano ...?

Non riusciva nemmeno a concepire l'idea di ritornare a piano terra, di affrontare Shin e Byakuen ... di affrontare Seiji.

Seiji ... accidenti, ogni volta che pensava a quello che aveva fatto si dava del cretino ... e, ancora non riusciva a capire perchè avesse reagito così. Davvero, era un idiota o cosa? Da quando si saltava come una ragazzina timida davanti al suo innamorato?

Era davvero patetico, ma ...

Non ce la faceva ... il solo pensiero di aver così vicino qualcuno, anche solo così fisicamente a contatto con la propria pelle era ... se poi si aggiungevano quegli occhi così strani e profondi...

E chi non scappava davanti a tutto quello?

 

Asociale.

 

Oh, ecco la bocca della verità. E ogni volta aveva la voce del sensei, strano a dirsi.

 

Asociale, consapevole di esserlo e ... insincero.

 

Insincero ... e per che cosa?

Era completamente sincero con se stesso quando diceva di essere asociale ... lo sapeva benissimo. Diavolo, l'aveva studiato per bene sui libri cos'era l'asocialità. E sapeva di entrarci appieno nella categoria. Quello che gli faceva specie, ora, era il fatto che quel suo status sociale oggigiorno cominciava a pesargli molto sul capo.

Essere soli era stato normale, per quattordici anni, mese più, mese meno: era normale o, almeno, gli era sembrato normale.

Camminare per corridoi dove potevi rischiare di scivolare su uno skateboard, oppure inciampare nella coda di una tigre che adorava schiacciare un pisolino dove un raggio di sole si posava. E gli schiamazzi di Shu, le frecciatine di Shin, gli strani racconti di Ryo ... la strana compostezza di quell'essere – bizzarro – che era Seiji.

Nasty finiva per essere la persona più pacata dentro quella casa piena di persone ... era tutto tanto, troppo ... era pienezza, era rumore ... era luce e risate e battibecchi ... erano parole affettuose, scherzose, rimproveri e parole di pace ...

Era ... cos'era? Tutto quello era strano ... era così altro da sé. Era per quello che si sentiva un pesce fuor d'acqua? Non era il suo ambiente, ecco quanto.

Non poteva essere libero ...

C'era sempre qualcuno che, se stava leggendo, cominciava a fargli raffiche di domande su cosa volgesse la trama. E allora, addio Sherlock. Se voleva schiacciare un pisolino pomeridiano, c'era sempre qualcun altro che tirava fuori la scusa dei videogiochi e si dava alla pazza gioia di urla e battibecchi insensati. Se poi aveva la malaugurata idea di fare un piccolo raid in cucina, apriti o cielo: veniva scacciato in malo modo e gli si rimproverava la mancanza di orari e di disciplina casalinga.

E ogni volta la sua lingua partiva per la tangente e punzecchiava, come un bravo moschettiere, là dove dava più fastidio. Beh, almeno quella mossa su qualcuno funzionava. Era una piccola vendetta? Ma no ... non era una vendetta in fondo. Lui non dava fastidio a nessuno, davvero. Semmai erano gli altri che si intrufolavano in quelle sequenze dove la sua vita aveva bisogno di essere svolta da sola. Si sentiva quasi spossato a quella continua tensione ...

 

Tensione? Touma, santo cielo ... sei sempre così teso.

 

Non era proprio tensione ... insomma, alla lunga chiunque si poteva innervosire a dover regolare la propria vita secondo uno schema – e tante persone che volevano importelo, no?

Le regole sono fondamentali nella vita di un uomo. Altrimenti si finisce per vivere nella dissolutezza e nel disordine. E tu, Touma, mi sembri uno che nel disordine ci sguazza facilmente.

Seiji, accidenti. Era lui. Lui quello che lo innervosiva di più...

Perchè lui era pacato, era perfetto, era la luce e nulla sembrava turbarlo. E, soprattutto, era quello che alla sua lingua tagliente non si scomponeva mai, al massimo mostrava un sopracciglio alzato e nient'altro. Ma lo sguardo, oh ... quello era più che eloquente. Ti entrava dentro, ne era certo...

“Touma?”.

La schiena di Tenku si drizzò come una molla impossibile da domare, il suo collo si piegò dolorosamente indietro, mentre gli occhi sulla difensiva e irritati si posavano sulla figurina, ammantata di luce, di Shin.

“Touma, che cosa ci fai qui?”.

“Io ...”.

Faccio gli affari miei ... mi sto rilassando, almeno qui ... guardo le stelle, è ancora possibile? ... sto cercando di dormire ... voglio restare solo ...

Tante erano le risposte da dare, ma solo una gli uscì di bocca. La peggiore.

“Sto pensando ...”.

Un momento di silenzio seguì le sue parole.

“Se non lo facessi comincerei a preoccuparmi... credo”.

“Non preoccuparti ... saggezza, ricordi? La testa la uso ... la uso bene ...”.

“Non ti arrabbiare Touma ma ... a volte quella tua testa lavora in modo strano ...” la figura di Shin si mosse sulle tegole, con una certa dimestichezza. Si avvicinò quel tanto perchè Tenku ne percepisse la presenza, senza però che essa risultasse troppo fastidiosa. No, così andava bene.

“Lo so che sono strano ...”. In fondo glielo avevano sempre detto che era diverso, che era speciale. In fondo, non voleva dire che era un po' strano?

“Non mi sembri molto contento di quel termine, però ...”.

Gli occhi cobalto si spalancarono e il suo corpo si rivolse completamente a Suiko con timore, sorpresa e anche tanta, troppa paura ingiustificata.

“Cosa te lo fa pensare?”.

“Il fatto che ora tu sia sulla difensiva ... ahhh ...” Shin si passò una mano tra i capelli, abbassando lo sguardo. “Touma ... adesso è meglio se smettiamo ... non sono venuto qui per questo”.

“E per cosa sei venuto, allora?”.

“Volevo sapere se stavi bene ...”.

Touma distolse lo sguardo, qualcosa nel suo stomaco non andava come doveva andare. Faceva male.

“Perchè non dovrei stare bene?”.

“Oh, cielo ... Touma dobbiamo andare avanti con domande assurde?”.

“Sei tu quello che fa domande assurde. Io sto bene”.

Shin sospirò ancora una volta, la mano nei suoi capelli si mosse nervosa.

“Almeno scendi con noi a mangiare? Ho preparato due torte... a te, non piacciono i dolci?”.

“Non mi dispiacciono ...”.

Shin si sentiva diviso: strozzare quel testone o resistere e farlo desistere da quell'atteggiamento? Touma era un osso duro ... davvero. Non gli dispiacevano i dolci, come no. La settimana prima aveva visto scomparire nelle mani sue e di Shu un sacchetto intero di anman ... e non gli dispiacevano i dolci. Scusa patetica.

“Allora vuoi scendere con noi?”.

“Mmh ...”.

“C'è anche bisogno di pensarci?”.

“Seiji non mi vorrà ...”.

Ah, ecco il succo del discorso. Seiji ... dovevano ancora raccontagli cos'era successo in quella camera. Era curioso di sapere come mai Korin fosse così confuso e assieme dispiaciuto. Non che lui glielo avesse detto, ma in certe occasioni il ragazzo di Sendai era sondabile quasi quanto Shu. Soprattutto quando c'era di mezzo Touma. Lo turbava o era solo un'impressione la sua?

“Seiji non tiene certo il muso, non come te. È già giù con gli altri che sta aspettando solo che tu ti faccia vivo. Ti farai vivo?”.

“Beh ... forse ... non saprei ...”.

No, non mettetelo alle strette: era peggio così, con la bocca che non sapeva più che fare.

Shin voltò le spalle al ragazzo, lasciando un sospiro.

“Una torta al cioccolato e una alle mele. Se vuoi ti aspettano giù ... giusto per la cronaca, non so se Shu risparmierà qualche fetta. Quando cerco di fermarlo comincia a lamentarsi e sai com'è terribile quando lo fa ...”.

Terribile? Faceva solo un po' il bambino e poi lo faceva solo con Shin. Con Touma imbastiva un battibecco, con Ryo finiva per scherzare e con Seiji ... beh, Seiji lo rimetteva al suo posto.

“Mmh...”.

“Sarebbe sciocco da parte tua perdere una serata così solo per un capriccio ...” e, con queste parole, Shin rientrò in casa, come se niente fosse. Era tipico suo. Affondava e poi lasciava che gli altri ne traessero le loro conclusioni.

Ma che conclusioni voleva che ne traesse dalle sue parole?! Lui era confuso ... confuso, chiaro?! Non sapeva più che fare ... con se stesso ... con gli altri ... ma con se stesso, prima di tutto.

Era tutto troppo nuovo e lui con le cose nuove non aveva gran dimestichezza: effettivamente la sua vita, per quattordici anni, è stata un susseguirsi della stessa routine – fatta esclusione per il cambio di scuola, le visite a sorpresa della madre e le letture. Escluso tutto questo, effettivamente la sua esistenza non poteva dirsi un libro di avventura. E nemmeno un intrigante poliziesco.

La vita era sempre stata uguale a se stessa. Fino a quando, qualche mese prima, non li aveva incontrati.

Certo, avrebbe potuto dire che tutto era cambiato nel momento in cui aveva ricevuto la yoroi da Kaosu, ma ... era stata una piccola finestra nella sua esistenza ... qualcosa che, dentro di sè, aveva accantonato, fino al momento in cui aveva sentito il richiamo ad unirsi agli altri.

Solo allora, Touma aveva cominciato a percepire un cambiamento ... quando li aveva sentiti si era reso conto che il sentiero che aveva percorso fino ad allora aveva fatto una brusca sterzata verso l'ignoto.

L'idea terrorizzante era il non sapere ancora, a distanza di quei mesi, se quell'ignoto era un percorso semplicemente diverso, oppure un salto nel vuoto.

Sospirò, cercò di ricordare delle parole ed un viso che un po' gli mancava. Aveva bisogno di qualcuno che lo spronasse? Aveva bisogno di una spinta, perchè da solo proprio non ci riusciva?

Chiuse gli occhi e si morse le labbra con rabbia: ecco che finiva per essere un peso ... e lui doveva essere sempre indipendente ... che senso aveva infastidire gli altri con problemi che erano suoi e che la sua mente ora non riusciva a risolvere? Tanto valeva andare a letto, pensarci sopra, dormirci sopra e pensare quando tutto era più limpido nel suo cervello e, soprattutto, nel suo cuore.

Rinforzare quel muro ora gli sembrava la cosa più giusta, più sicura ... più ...

Si voltò e si arrampicò verso la finestra, aprendola e richiudendola il più silenziosamente possibile ... a dirla tutta non voleva che i ragazzi si accorgessero dei suoi movimenti. Voleva rimanere solo a pensare. Crogiolarsi nei suoi pensieri e, sotto sotto, anche nella sua piccola infelicità.

Era davvero un bambino viziato.

Fece alcuni passi sulle scale, la sala era comunque distante, non l'avrebbero sentito se non in pieno silenzio e con le orecchie ben tese.

Ma le sue orecchie, inavvertitamente (o no?) tese lo erano ... e sentì in maniera chiara le risate che si levavano dal basso: erano divertite, distese, solari. Erano felici.

Qualcosa, qualcosa di piccolo (davvero così piccolo?) gli si strinse nel petto e, per la prima volta in vita sua, provò un grande dolore. Ma non era profondo, no. Era qualcosa di più superficiale. Ma non cambiava il fatto che facesse davvero male.

Voleva essere giù con loro e voleva essere lì, da solo.

Ma da solo voleva essere sprezzante, altero, disinteressato ai frivoli affari che scatenavano quell'ilarità.

Non voleva certo essere così. No, non così ...

Strinse i denti, ancora una volta e non riuscì a trattentere la propria flebile voce ...

“Accidenti ...”.

 

*

Il volto di Shin, all'improvviso, si era rivolto verso l'alto con un'espressione dubbiosa e un po' confusa.

“Che succede Shin?” gli chiese Ryo curioso. Stavano parlando con aria tranquilla e lui, da un momento all'altro, si era interrotto cambiando l'oggetto della sua attenzione.

“Touma non verrà ...”.

“Ehhhhhhh??? E perchè mai?!” sbottò stupito e deluso Shu, privato di una sua controparte con cui godere delle delizie della cucina.

Gli occhi di Shin passarono dal soffitto a Seiji, soffermandosi sul ragazzo che rimase impassibile a guardarlo. Poi gli occhi verdi si spostarono sul resto dei ragazzi, accompagnando lo sguardo con uno sbuffo.

“Non ha chiare un po' di cose ... immagino...”.

“Tipo?” fecero coretto Ryo e Shu. Byakuen, ranicchiato a dormire ai piedi dei ragazzi, alzò il muso e guardò tutti con l'aria di chi la sapeva lunga ... e di come, a volte, i bambini fossero difficili.

“Cose importanti ... ma ora pare che non se la senta di renderci partecipi ...”.

“L'hai sentito, Shin?” chiese Nasty dalla postazione del suo computer. Con una mano immetteva dati per la sua ricerca e con l'altra sbocconcellava la fetta di torta che aveva accanto.

Il ragazzo si limitò ad un cenno della testa.

“Mmh ...”. Sul volto della ragazza passarono le ombre di tanti pensieri, ma non vi diede voce, non fino a che non avesse avuto più sicurezze dalla sua.

“Touma è un mistero ...” mormorò infine Seiji, con aria imperturbabile ma una certa dose di inquietudine nell'occhio visibile.

“Lo è ... ma sai, Seiji ...” gli occhi vispi e ora un po' dispettosi di Shin si posarono nuovamente su di lui. “Anche tu non scherzi in quanto a mistero”.

Un sopracciglio biondo si alzò dubbioso.

“Io? E dire che non ho misteri da nascondere ...”.

“Come nessuno di noi, vero?” un sorrisetto mezzo innocente, un sospiro e gli occhi di Shin tornarono al soffitto, per poi tornare a terra e, più precisamente, al tavolo. “Shu ne lascerai un pezzo anche per il tuo compagno di dolci?”.

Al che il ragazzo, richiamato all'ordine, rischiò di strozzarsi con il pezzo di dolce che gli spuntava ancora dalla bocca.

Byakuen, per l'ennesima volta, alzò il muso e si lasciò andare a un sospiro felino al quale Ryo rispose con una risata di cuore.

Seiji si passò una mano sugli occhi, tra l'esasperato e lo stanco, e si congedò dai ragazzi qualche istante dopo, rubando un piatto con l'ultima fetta di torta al cioccolato disponibile.

“Se la teniamo in camera, abbiamo più possibilità di trovarla ancora integra domani mattina. Buona notte”.

E tra i mugugni irritati di Shu e una risata dei ragazzi, risalì le scale fino alla propria camera: nella penombra del corridoio notò il sottile filo di luce che penetrava da sotto la porta della camera che lui e Touma condividevano fin dal primo giorno.

Per qualche strano motivo, Seiji non riuscì a trattenere un sospiro, comunque leggero.

Educazione voleva che, anche se la stanza era di entrambi, bussasse alla porta e attendesse la risposta dell'occupante – le regole inculcate fin da piccolo erano diventate parte di lui come una seconda pelle.

“Seiji?”.

Il ragazzo prese il proprio nome come un invito ad entrare e, aperto l'uscio, si ritrovò a fissare la sagoma sdraiata e di spalle di Tenku, immerso in una lettura alla sola luce della lampada del proprio comodino. Seiji rimase a fissare per qualche istante la figura, sentì il frusciare delle dita sulla carta, il respiro apparentemente tranquillo del ragazzo in contrapposizione alla rigidità della sua posizione.

“Sei tu?”.

“Chi vuoi che sia?”.

Korin avanzò nella camera, poggiando il piatto sul tavolo di fianco all'entrata, dirigendosi poi al proprio giaciglio.

“Beh ... mmh ... credevo ...” un sospiro. “...Shin ...”.

“Sta badando a Shu e alla sua proverbiale voracità”.

Seiji si mise a sedere sul proprio letto, schiena rivolta alla schiena di Touma che, lentamente, si girò verso di lui, con un movimento rigido e controllato.

“Non c'è bisogno che tu sia nervoso ...”.

“Non sono nervoso!”.

Ah, detestava ... detestava quando gli buttava addosso quelle stupide frasi insensate. Nervosismo? Se lo sognava di notte?

“Quindi devo pensare che la tua reazione di oggi fosse solo dovuta a ... una cosa del momento?”.

Eccolo, eccolo lì. Il suo stomaco che se ne andava per i fatti suoi e gli provocava quella strana irritante nausea: non riusciva, con lui non ce la faceva a dargli uno stop.

“N-non ...”. O, avanti. Diglielo. In fondo era quello che effettivamente pensavi. “Non mi piace se ti avvicini ... troppo”. Un sussurro, tanto leggero, tanto impaurito. E da quando temeva di buttare fuori le proprie parole? Non era da lui ...

A quelle parole, Seiji non seppe subito come reagire: era una confessione ben strana detta da una persona alla quale, più di una volta, era stata più che vicina ... non si erano sostenuti più di una volta a vicenda? Presi per mano, per il braccio ... insomma...

“Touma ... mi devo aspettare anche una simile confessione quando stiamo combattendo gli youja?”.

“Ma che c'entra?!”.

O, c'entrava ... eccome.

Seiji non riuscì a non sospirare, di nuovo, e, come se dovesse parlare a un bambino, si voltò verso Touma con l'espressione più diplomatica e assieme più severa che riuscì a raccogliere in quel momento.

E lo ritrovò ranicchiato sul suo letto, ginocchia attaccate al petto, il libro che stava leggendo abbandonato sul fianco: negli occhi leggermente illuminati dalla luce, scorgeva un bagliore di protezione – verso se stesso? – e un'ostilità che si poteva trovare solo negli occhi di un animale ferito o messo alle strette.

“Touma ... che fai?”.

La severità si sciolse nei suoi occhi violetti, lasciando spazio alla sorpresa mista a una confusione che si faceva sempre più grande: quel pomeriggio era stato un momento strano, certo. Forse aveva anche oltrepassato una certa linea, dando per scontato una cosa non troppo scontata, anche perchè ... normalmente nemmeno lui era così intimo. Però, davvero ... non aveva fatto nulla. Davvero.

“In ... in battaglia è... è diverso ... qui ...”.

Qualcosa nella pazienza, tenuta con le briglie, venne meno e Seiji si ritrovò a torreggiare su Touma senza quasi accorgersene. Fu quando si ritrovò il cuscino di Touma in pieno viso che si ravvide del proprio gesto e, soprattutto, di quello dell'altro ragazzo. Il cuscino gli scivolò tra le braccia, mentre vedeva la figura di Tenku raggomitolarsi sotto le coperte e gridare un soffocato “Non toccarmi!” che risultò, in tutto e per tutto, peggiore di mille cuscinate in pieno viso.

Senza nemmeno accorgersene – di nuovo – si ritrovò seduto, al proprio letto: sospirò... sospirò perchè non sapeva cosa dire. Gli aveva davvero cancellato le parole dalla bocca, quelle giuste, quelle che sapevano arrivare là dove servivano. Non quelle dure che ora svolazzavano allegramente nella sua mente e nemmeno quelle che sapevano affondare perfettamente nei cuori inquieti. Come quello di Touma.

“Se vuoi sul tavolo c'è l'ultimo pezzo della torta di Shin. Ha pensato che ti sarebbe piaciuta ...”.

Silenzio. E come stupirsene?

“Buona notte Touma”.

In tutta risposta, la luce di Touma si spense e la camera venne inondata dall'ombra della notte. Seiji scosse la testa, si svestì, indossò il pigiama e si infilò sotto le coperte. Rimase ad occhi aperti a fissare il soffito, lo sguardo che sfuggiva troppo spesso verso il lato sinistro, quello che dava sull'esterno della casa, il letto vicino alla finestra che aveva desiderato Touma non appena aveva messo piede là dentro.

 

Flashback

 

“Non ti spiace se prendo questo, vero?”.

Non aveva fatto tempo ad aprire bocca che il ragazzino del Kansai si era gettato sul letto, armeggiando con la serratura della finestra che, al suo tocco frenetico ma esperto, si era spalancata su un tramonto dalle tinte forti che aveva inondato la stanza con un'aria fresca ma confortevole. Touma si era sporto dalla finestra con aria curiosa, vivace, facendo scorrere lo sguardo prima sotto di lui, poi sul cielo rosseggiante e i primi scorci di blu che facevano capolino.

“Potevi anche fare a meno di chiedere allora ...”.

“Beh, mi sembrava gentile, no?”. Quell'aria monella, quel sorriso che scherniva un po' tutto ... il mondo, le persone ... forse anche se stesso.

“Più che cortesia, la tua sembrava formalità ...” uno sbuffo e si era seduto sul proprio letto, speculare a quello di Touma ma stretto accanto al muro.

“Spesso è la stessa cosa ...”.

A quella battuta, non era riuscito a trattenersi. Davvero, a volte quella lingua esagerava.

“Non con me Tenku. Tienilo a mente”.

Probabilmente quella volta Touma l'aveva capito, a dispetto del suo poco tatto. L'aveva guardato serio, aveva fatto una smorfia strana, poi era tornato a guardare lo spettacolo del tramonto.

“Non con te Korin. Chiaro”.

E l'atmosfera si era distesa nuovamente, nel silenzio che spesso tra loro due regnava.

Seiji proprio non riusciva a capire ma, escluso quando c'erano in ballo schemi e strategie di battaglia, i dialoghi tra di loro si facevano radi e, spesso, un po' irritanti. Quando Touma, invece, si trovava coi ragazzi, allora la lingua del ragazzo si scatenava, nel bene e nel male ... a volte – rari casi, ma c'erano – spuntavano dei sorrisi sinceri, non di quelli irritanti, falsi e ironici che con lui usava, quando li usava.

“Com'è?” aveva chiesto, tanto per darsi un tono. Perchè non si cominciasse subito con quel silenzio.

“Com'è cosa?”.

“Il tramonto”.

Il volto del ragazzino – i capelli un po' smossi dal vento, le ciocche libere dalla fascia che gli davano un connotato quasi buffo – si girò verso di lui e Seiji si bloccò, quasi sorpreso. Cosa c'era in quelle iridi di tanto strano?

“E' un tramonto”.

“Tenku, chiaro che lo è”.

“Beh, è caldo ...”.

“Mi stupirei del contrario. Sono le albe quelle fredde”.

“Le albe? Tu dici?”.

“Non c'è paragone ... la luce è diversa ... è molto più tenue. L'avrai vista anche tu, almeno una volta”.

“Oh ...” un sospiro, il volto di Touma si era spostato di nuovo all'esterno, intrigato dalla comparsa delle primissime stelle. “No, non l'ho mai vista”.

“Stai scherzando ...”.

“Assolutamente no”.

Un sospiro, esasperato.

“Tenku, possibile che tu non l'abbia mai vista?”.

“E' possibile sì, Korin”.

Ecco, l'aveva irritato. Lo percepiva dalla tensione delle spalle, dall'improvvisa immobilità di tutto il suo corpo.

Un sospiro, l'ennesimo quel giorno. Si mosse dal suo posto e tornò al proprio letto.

“Avresti voglia di vederlo, una volta?”.

Silenzio, a Seiji sembrava di sentire i meccanismi di quella strana mente muoversi. Finalmente aprì bocca.

“Mi piacerebbe ... ma ...” la testolina si mosse di nuovo verso di lui, un sorrisetto diabolico sulle labbra. Seiji sentì che qualcosa non andava. “Sarai capace di svegliarmi?”.

“Cosa intendi?”.

“Ho il sonno pesante”.

“Sarò brusco”.

“Lo era anche mia madre ... ma io non mi sono mai svegliato”.

“Ti butterò giù dal letto”.

Ecco, il ragazzino di Osaka scoppiò a ridere, divertito: Seiji rimase allibito, quella risata sembrava davvero sincera.

“Ti voglio vedere ... il compassato Korin che tenta di risvegliarmi ...”.

“So essere convincente ...”.

“E' la testardaggine che serve con il mio sonno”.

“Pensi che non sia testardo?”.

Gli occhi cobalto di Touma si fissarono sul suo volto, scrutandolo con aria un po' saccente.

“In un certo senso ... lo spero ...” ed ecco quel sorriso, quello falso, costruito che usava.

Lo odiava. Seiji, davvero, lo odiava.

Si stupì a sentire quel sentimento ... che senso aveva, in quel frangente?

“Mi sveglierai Seiji?”.

Korin si voltò, stupito. E ora, come mai lo chiamava per nome? Perchè gli faceva quello strano gioco?

“Beh?”.

Il ragazzino – sì, in fondo era un ragazzino ... era il più giovane, no? Shin l'aveva fatto notare così tante volte... – aveva inclinato la testa e attendeva. Cosa? La risposta.

“Non fare quella faccia quando ti chiamo per nome”.

“Allora tenterò di svegliarti, va bene?”.

Ecco, aveva risposto. Un po' severamente l'aveva apostrofato.

“Beh ... se ne hai voglia”.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Seiji sospirò, immerso nell'oscurità: non era cambiato molto tra loro due. Touma era sempre sulle sue, sempre apparentemente freddo, sempre con quello sguardo distaccato, ironico.

Quegli occhi blu cobalto, occhi vivaci che potevano brillare ed essere ancora più intriganti ... perchè mai avessero quell'espressione ogni volta che li guardava ...

Chiuse gli occhi, stanco di quei pensieri e stanco che essi riguardassero, ultimamente, quel ragazzo che gli dormiva di fianco: e dire che aveva ben altro cui pensare, cose più urgenti. Gli youja, Arago, quella tensione che gravava sulle spalle di Ryo come un masso impossibile da levare ...

E lui che, nel bel mezzo della notte, nel proprio letto, pensava a quell'assurdo bambino così ... viziato? Arrogante? Infantile?

Perchè ognuna di quelle parole gridava errore da ogni lato lui le guardasse? Assurdo, assurdo ...

Rigirandosi nel letto, in preda a quei pensieri, Seiji finì per addormentarsi e sognò.

§Sogno§

Sognò che fluttuava in aria, sospeso tra la terra e il cielo, in balia del vento che non gli permetteva di muoversi dalla sua posizione. Annoiato, forse un po' scocciato, Seiji rimaneva a contemplare le nuvole e intanto cercava il sole che pur illuminando quel cielo terso era invisibile ai suoi occhi.

“Prima o poi scenderò” si disse.

“Allora sei un tipo cocciuto, Seiji ...”.

Il ragazzo biondo, sospeso nell'etere, si riscosse e fece passare velocemente lo sguardo tutto attorno, alla ricerca di quel ragazzo: era la voce di Touma, non poteva sbagliarsi, non con lui.

“Credevo fossi un osservatore migliore ... non mi vedi?”.

L'occhio violetto di Seiji si mosse nervoso, verso la fonte della voce e, come comparso dal nulla, ecco che, davanti a lui, vide Touma.

Cioè, no. Non era Touma, ma la voce e gli occhi ... era lui...?

“Certo che sono io. Chi sarei altrimenti?”.

“U-un panda?”.

La voce di Kourin, tremante e sbigottita, provocò nell'animaletto bianco e nero, quella risatina ironica e distaccata che tanto detestava. Anche lì, anche come panda, riusciva ad essere snervante!

“Certo che sono un panda! Non credi che mi si adatti bene come animale?”.

“Sì”.

Il panda socchiuse gli occhietti blu, inclinò la testa e sospirò.

“Potevi almeno non essere così diretto. Ma, d'altronde ...” l'animale gli passò accanto con fare ufficiale e serioso. “Sei Seiji e Seiji è così, no?”.

“Che risposta...”.

Era mai possibile? Lo sfiancava anche come panda?

“Beh, ma è vero ...ah ...”.

Quell'animaletto che aveva la sua voce e i suoi atteggiamenti, le sue stesse espressioni, ora ... ora che faceva?!

“Touma, che stai facendo?!”.

Il musetto bianco e nero si girò confuso verso di lui, mentre metteva le sue zampine su una strana nuvola dalle forme arboree ... a dir la verità, stava proprio pigramente scalando quella ... nuvola-albero?

“Vado a dormire ... io amo dormire. E qui si dorme così bene...”.

“E' pericoloso lì sopra!”.

Il musetto lo guardò ancora più stranito.

“Seiji che si preoccupa, però ... non è Seiji ...”.

“Certo che sono io! Bakapanda!”.

Era mai possibile che anche lì dovesse fare quelle stupide affermazioni?

“Io sono Toumapanda, non Bakapanda! Visto? Non sei Seiji!”.

Quel piccolo diavoletto bianco e nero gli stava facendo perdere ogni pezzettino di pazienza rimastagli.

“Io sono Seiji e IO mi preoccupo!”.

“Non è vero!”.

“Sì che è vero!”.

“Non è vero!”.

“Baka Touma, IO MI PREOCCUPO!”.

“Se ti preoccupassi mi avresti già abbracciato, BAKA SEIJI!”.

Fu un lampo e, davanti a lui non c'era più l'animaletto carino e saccente, ma c'era Touma, il guerriero del Cielo, che nel suo sguardo conteneva qualcosa che non aveva mai visto: lacrime.

§Fine Sogno§

D'improvviso Kourin si ritrovò ansimante, seduto sul proprio giaciglio, le luci dell'alba che tenuamente baciavano i piedi del letto: la notte era passata, ma non aveva portato via con sé gli incubi. Essi erano lì, stretti al suo cuore.

Mise i piedi a terra, trovando le proprie gambe un po' instabili, tremanti. Si passò una mano tra i capelli, cercando di scuotersi di dosso quelle strane sensazioni, quelle emozioni, quei ricordi, quelle parole e...

I suoi occhi furono attratti dalla figura appallottolata tra le coperte, il viso seminascosto dalle coperte, il naso affondato nel proprio cuscino e ...

Qualcosa si fermò dentro di lui e sentì che rimanere impassibile davanti a ciò che gli si presentava era assurdo: era lì, sepolto nelle coperte e tra le sue braccia spuntava un semplice cuscino. Era questo ciò che chiedeva? Ma un cuscino non abbracciava ... era abbracciato ma non donava calore. Era freddo e, anzi. Rubava il suo calore.

Il calore di Touma.

“Ma che ... cosa... ?”.

Si portò una mano alla bocca, arretrò di qualche passo, sino a ricadere silenzioso sul proprio giaciglio: il suo sguardo correva su quella figurina immobile, solo il respiro a dare un segno di vita. Scosse il capo, cercò di mandare via quei pensieri, ma ... erano lì e non avevano intenzione di andarsene.

Quei pensieri ... QUEL pensiero. Lui ...?

Si rialzò, lesto e silenzioso, e si ritrovò fuori dalla camera senza quasi rendersene conto. Scese le scale e si ritrovò in sala e lì, sul divano, si lasciò cadere con aria sconvolta.

 

*

“Seiji?”. Un tocco lieve sulla spalla e il ragazzo fu scosso da un sonno leggero e turbato da troppi pensieri. “Seiji ... sveglia ...”.

Il ragazzo di Sendai si portò una mano alla fronte prima di riaprire gli occhi e guardare lo sguardo curioso di Shin.

“Che succede?”.

“Quello sono io a chiedertelo, Seiji ...”.

Si alzò a sedere, spostando lo sguardo sulla luce che penetrava dalla finestra: l'alba era passata da un pezzo.

“Ho preferito il divano ...”.

“A camera vostra? Cos'è successo Seiji?”.

Perchè mai Suiko dovesse essere sempre così ricettivo e istintivo, non riusciva proprio a comprenderlo. Perchè mai lui, ora, non riuscisse a coprire tutto ... quello era ancora più misterioso. Forse il poco sonno. Già, forse quello ...

“Non riuscivo a dormire ...”.

Gli occhi grigio-verdi di Suiko si alzarono al cielo, scettici, mentre uno sbuffo usciva inevitabile dalla sua bocca.

“Facciamo colazione? Shu rientrerà fra poco, Nasty è già al lavoro ... Ryo e Jun stanno ancora dormendo, ma è presto anche per loro. Touma è ancora nel mondo dei sogni, come al suo solito ...”.

Quella momentanea tensione nel corpo di Korin, al pronunciare il nome di Tenku, Shn l'aveva notata con una certa facilità, forse troppa – Seiji doveva essere ancora intorpidito dai fumi del sonno per essere colto in flagrante a quella maniera – ma non voleva ulteriormente affondare la spada della curiosità; in realtà, sondare il terreno fino a dove gli era permesso era ora il suo scopo principale.

Si ritrovarono seduti uno davanti all'altro, Shu alla sinistra di Shin, una ciotola di riso e una di miso a testa, bicchieri colmi di latte nel mezzo e qualche frutto.

“Seiji, hai dormito male stanotte?” domandò innocentemente Shu tra un boccone e l'altro. “Credevo di trovarti nel parco e invece ti ho trovato addormentato sul divano ... Touma ha fatto sogni agitati?”.

“Mmh ...” gli occhi di Korin si spostarono sulla propria colazione, cercando di dare ben poca importanza alla ragione vera della sua fuga dalla camera. Non era certo nella disposizione mentale pù adatta per spiegare ai due ragazzi che tutto era dovuto a una serie di pensieri strani e per nulla chiari che lo stavano tormentando ... fin dall'ultimo sogno che il giaciglo del divano gli aveva portato. Non era intenzionato certo a ricordare quello.

“Ha mangiato la torta Touma?” chiese con nonchalance Shin, gli occhi apparentemente interessati alla colazione, mentre le orecchie erano tese a captare variazioni di voce e il suo spirito pronto ad accogliere altri scombussolamenti del cuore.

“No, ieri sera no”.

“Che strano ... lui di solito li divora ... ne, Shin-chan?”.

Era snervante l'ingenuità unita a quella plateale sincerità di Shu. Avesse smesso di nominare Tenku, magari ...

“Decisamente. Touma è goloso, quasi più di te scimmietta ...”.

“Mmh ...”.

Oh, Shin. Adorabile, esasperante, sensibile Shin. Lui e il suo sesto senso erano l'arma più pericolosa in quel frangente.

“Potresti andare a svegliarlo, visto che ti ha malamente cacciato dalla camera ...”.

“Lo sai che è un'impresa svegliarlo. Lascio a voi l'onore”.

“Peccato ...” un sospiro e Shin si alzò con finta aria contrita, prendendo possesso del lavello e dei piatti della sera prima.

Seji sospirò. Quell'essere acquatico dall'aria tanto innocente era la sua maledizione.

“Perchè peccato?”.

“Beh ...”. Per quanto fosse un bravo attore, la voce di Shin tradì il suo divertimento nel pronunciare quelle parole. “Perchè tu sei il più bravo a svegliarlo ... hai acquisito una tecnica, sai ... Touma, quando lo svegli tu, riesce ad essere di buon umore. Più di quando lo svegliamo io o Shu”.

Seguì la risata di Shu che nascose la breccia nella composta maschera di Seiji.

“Shin-chan ... questo perchè, ogni volta che lo svegliamo noi c'è di mezzo dell'acqua gelida!”.

“Mi viene spontaneo, ma ... dato che non possiamo bagnare il letto di Touma ogni giorno, preferisco che sia il nostro Korin a prendersi l'onere dell'incarico. Dopotutto” e, a quel punto, con un fare innocente e per questo ancora più malizioso, sfoggiò un sorriso solare a Seiji. “Touma è il tuo compagno di stanza ... vi siete scelti, no? Intendo la camera ...”.

Seiji strinse i denti a quell'insinuazione, ma lasciò correre, fingendo di non cogliere la provocazione.

“Mi pare che tu e Shu aveste deciso prima di tutti noi ... Ryo era inevitabile che volesse la stanza con Byakuen ... alla fine siamo finiti assieme per forza”.

Shin si colorò vistosamente in viso, ma, a quel punto, la piccola vendetta era già partita.

“Comunque, ho sentito Touma dire che sei sempre silenzioso la mattina ... credo che non ti cambierebbe con nessuno, sai?”.

A quel punto, il composto Korin si scompose, alzandosi di scatto dal tavolo, provocando un silenzio di attesa in sottofondo. Shu lo guardò di sottecchi, Shin si preparò a qualunque cosa potesse prorompere dal compagno: ma, con silenziosi e composti gesti, questi raccolse i resti della propria colazione, poggiò le ciotole vuote nel lavabo e si defilò dalla stanza senza una parola.

“Cos'è preso a Seiji?” domandò Shu con la sorpresa che traboccava da ogni poro.

“Gli è andato di traverso un panda ...” replicò Shin, un po' stizzito, un po' soddisfatto. “Ma non se ne è ancora reso del tutto conto”.

“Un panda?!” esclamò costernato Kongo. “Che ... che... panda?”.

“Lascia stare Shu ... mi dai una mano con i piatti?”.

Il ragazzo si alzò, ciotole in mano, lo sguardo ancora puntato sulla porta richiusa, la confusione che navigava nel blu dei suoi occhi.

“Shin-chan ... mi sono perso qualcosa?”.

“Niente che ci priverà del sonno ... spero”.

Kongo sospirò, facendo scivolare le stoviglie nell'acqua calda.

“A volte sei enigmatico pesciolino...”.

“L'enigmatico qui è Seiji...”.

“E' proprio strano ...”.

“Anche quello ...”.

“Spero che vada a svegliare Touma ...”.

“Non ci conterei ...”.

“Non voglio svegliarlo ancora. L'ultima volta ha continuato a lamentarsi con me fino a sera ...”.

“Lasceremo che si svegli da solo ...”.

“E' il solito ...”.

“E' difficile cambiare certe abitudini ...”.

“Non è affatto carino...”.

Shin ridacchiò al broncio del compagno: quella frase era quasi sempre scatenata dall'arcere, con quella medesima espressione mezzo irritata, mezzo delusa. La sua mano raggiunse la guancia di Shu, dandogli un debole e banale pizzicotto.

“Con Touma usi spesso quella frase ...”. Gli occhi si socchiusero con dolcezza. “Sei carino quando lo fai ...”.

Shu tossicchiò imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli, mentre si abbassava sulle labbra del compagno a rubargli un piccolo bacio.

“Il più carino sei tu, però ...”.

Una risatina imbarazzata e deliziata assieme scosse il petto di Shin, mentre un dito bagnato di schiuma sfiorò il naso di Shu, lasciando sulla sua punta una piccola montagna di bianco.

“Mi dai una mano, scimmietta?”.

“Agli ordini, pesciolino!”.

 

*

Era mezzogiorno inoltrato quando Tenku mise piede fuori dalla propria camera, lo sguardo perso, uno sbadiglio sulla bocca e i capelli più arruffati del solito: aveva fatto un incubo, qualcosa di angosciante di cui non ricordava nulla, se non il sapore amaro che si era lasciato dietro. Si sentiva inquieto, si sentiva terribilmente sensibile. Si era costretto a uscire dal letto, ma ci sarebbe ritornato senza tante storie: aveva bisogno di qualcosa di positivo e rilassante, non certo di affrontare una certa persona e tutto ciò che ne derivava.

Ma il suo stomaco chiedeva ben altro e quella solitaria fetta di torta non bastava a recuperare una cena e una colazione perdute.

Così era sceso, nel momento di massima tranquillità: aveva teso l'orecchio, percependo solo normali scricchiolii e il rumore del vento e aveva dedotto che i ragazzi avevano deciso di uscire quel giorno e di lasciargli tutta la casa. A passi veloci e leggeri, Touma scese le scale, evitando per un pelo il solito skateboard abbandonato casualmente sul pavimento, raggiungendo a piedi nudi la porta della cucina.

Spalancò la porta, come fosse la cosa più normale, come se fosse a casa ... in fondo, così silenziosa, casa di Nasty sembrava la sua. Troppo grande per una sola persona ... tanto grande da finire disordinata con tanta facilità. E tanto silenziosa.

Cosa? Ora si lamentava del silenzio? E dire che era così fastidioso quel continuo tran tran della vita là dentro che i suoi momenti di solitudine erano difficilmente ritagliabili. Forse erano gli strascichi di quell'incubo, forse era la sera prima, forse ...

Lasciò andare la porta che finì socchiusa e andò alla credenza, senza tante cerimonie: aveva bisogno della sua caffeina quotidiana e di una colazione degna di tal nome. Anche se era ormai ora di pranzo, non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo ... magari riusciva anche a saltare quel pasto con i ragazzi e continuare il resto della giornata nel suo letto, nella sua camera.

E Seiji?

Accidenti. Lui non poteva certo chiuderlo fuori dalla camera anche se, al momento, l'idea era molto appetibile. Ma, seriamente! Non poteva certo farlo...

La macchina da caffè americano trillò e Tenku rischiò di ustionarsi le mani per recuperare la tazza il più velocemente possibile: l'idea che gli era balenata in testa era decisamente la migliore.

Colazione in camera e il restante della giornata trascorsa accartocciato nel letto con il suo libro preferito: forse, l'indomani sarebbe stata la giornata giusta per tornare tra i mortali e fare come se niente fosse accaduto. Ma oggi, oggi proprio no. Oggi era difficile. Oggi era quasi impossibile affrontarli.

Afferrò dei panini dolci, una mela e del miele con una mano e una tasca del pigiama e con l'altra afferrò la tazza fumante di caffè, uscendo con premura dalla cucina, accorgendosi troppo tardi di nuovi e famigliari rumori dall'atrio. Qualcosa, d'indefinitamente terrorizzante, si impadronì di lui e, senza usare nemmeno il minimo della razionalità di cui andava fiero, si affrettò verso le scale senza badare a dove metteva i piedi.

Fu un attimo e si ritrovò ad esclamare sorpresa e poi dolore mentre si ritrovava schiena a terra e il caffè bollente direttamente sul braccio sinistro e parte dell'addome.

“Merda!” esclamò con le lacrime pronte a scendere, mentre tentava di rimettersi in piedi.

“Touma?” la voce di Ryo.

“Ti sei svegliato ghiro?” ecco Shu.

Poi fu la volta del volto di Shin che fece capolino nella sala e che mutò l'espressione allegra in una di sbigottimento.

“Touma! Cosa è successo?!”.

Suiko fu al suo fianco in un baleno e Rekka gli fu dietro immediatamente, mentre cercavano di rimetterlo in piedi. Kongo, gli occhi spalancati, rimase fermo per un attimo, per poi precipitarsi in cucina a recuperare un panno umido. Nasty corse a prendere la cassetta del pronto soccorso e, davanti agli occhi del dolorante Tenku, rimase il piccolo Jun, gli occhi pieni di lacrime e il corpicino tremolante di paura.

“T-Touma-niichan ...”.

In un'altra situazione, forse avrebbe fatto una battuta più velenosa del solito oppure avrebbe esternato il suo disappunto con enfasi, ma ...

Non riusciva a comprendere il suo cuore, perchè proprio ... proprio ... gli venisse solo da piangere. E non riuscisse a cavare dal suo stomaco la rabbia, l'ironia, qualcosa di utile insomma.

C'era solo tanta tristezza che non riusciva nemmeno a uscire, si sentiva come ghiacciato in tutto, come se sentisse che una bomba potesse esplodere e allora era meglio starsene buono e cercare di calmarsi, cercare di togliere quelle accidenti di lacrime inutili. Non era grave quell'accidenti di caduta... non era grave nemmeno quel caffè bollente.

“Riesci ad alzarti Touma?”.

“Hai battuto la testa?”.

“Touma-niichan ... mi ... mi dispiace ...”.

“Quel braccio ... come te lo senti, Touma?”.

La mano di Nasty riuscì solo a sfiorare il suo braccio perchè poi, barcollante ma sicuro, Touma si alzò in piedi, gli occhi bassi per la vergogna e qualcosa di molto, molto più grande e profondo.

“Sto bene ...” mormorò con ben poca convinzione, mentre i ragazzi tentavano di frenare i suoi passi.

“Touma non devi muoverti!”.

“Se hai battuto la testa potresti risentirne ...”.

“Non fare l'incosciente!”.

“Touma, dobbiamo vedere quella scottatura ...”.

“Io STO BENE!”.

Fu un urlo che desiderava essere liberatorio, ma ... ma fu tutt'altro. Lo stomaco si aggrovigliò ancora di più su se stesso, mentre sentiva bile e lacrime salire verso l'alto, sempre più velocemente. Si allontanò dai ragazzi velocemente, salì le scale non si sa bene in che stato, mentre gli sguardi esterrefatti degli altri lo accompagnavano in cima alla rampa e poi alla porta della camera che si richiuse con un tonfo sordo.

“Ma ... cosa gli prende?” sussurrò Ryo con un groppo alla gola.

“Credo ... io credo che non lo sappia nemmeno lui ...”.

“Però dobbiamo curarlo!” ribattè quasi furioso Shu che, a quella scena, si era sentito spaccato in due: voleva strozzarlo e voleva capire cosa girasse nella testa di quel ragazzo. Era troppo ... un mistero.

“Dov'è Seiji?” domandò Nasty con l'espressione più calma e controllata del gruppo, uno sguardo deciso e che la diceva lunga su quello che in realtà stava pensando.

“Credo fuori ...” mormorò Shu.

“Vai a prenderlo Shu, per favore. Digli che è precettato” il tono non ammetteva repliche e Shu fu pronto ad eseguire la richiesta, catapultandosi subito all'esterno.

“Nasty?” Shin le rivolse un'occhiata curiosa, alla quale la ragazze rispose con una scrollata di spalle.

“Seiji è il suo compagno di stanza ... ed è la persona che più gli è vicina ... accetterà il suo aiuto. E Seiji farà il nostro lavoro sulla scottatura e, se serve, anche sulla schiena”.

Shin non era tanto convinto.

“Hanno discusso ieri ... cioè ... in realtà hanno avuto uno scontro ... insomma, non so ...”.

“Shin ...” la ragazza e Suiko si scambiarono una lunga occhiata e quest'ultimo ebbe l'impressione che lei vedesse ben oltre l'apparenza anche nei loro rapporti. “Io sono certa che Seiji sarà capace di risolvere la questione ... Con le buone o le cattive” un sorriso malcelato e divertito si dipinse in volto a Nasty.

Shin fu sicuro, a quel punto, che sotto la traquilla e volitiva Nasty si nascondesse un vero e proprio demonietto onniscente e cospiratore. Poteva essere un soggetto interessante, ma anche pericoloso a seconda delle situazioni: fu felice che, dopotutto, fosse dalla loro parte.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Seduto in meditazione sotto una quercia antistante il lago, Seiji aveva passato a quel modo le ultime quattro ore del suo tempo alla disperata ricerca di un'oasi di pace e di un lungo momento di lucidità mentale che, evidentemente, gli mancava in maniera spiccata quel giorno.

Si ritrovò a sospirare per l'ennesima volta quando, invece della sfera di luce, nella sua mente si visualizzò il volto di Touma: sempre la stessa immagine, sempre la stessa espressione ... le stesse lacrime, le stesse parole.

Se ti preoccupassi mi avresti già abbracciato, BAKA SEIJI!

 

Perchè quelle parole gli suonavano sempre più sensate? Più vere, reali ... più vicine a quello che il suo pensiero e il suo cuore ...

Un altro sospiro uscì dalla sua bocca, ancora più esasperato: perchè qui c'entrava il suo cuore, eccome. Non era avvezzo a nascondere le cose a se stesso, l'equilibrio interiore era la più semplice e naturale conseguenza dell'accettazione di sé e della propria mente. E del suo stesso cuore, perchè essi erano inscindibili l'uno dall'altro.

Però era difficile. Tremendamente complesso accettare quello che il cuore imponeva.

Anche se era qualcosa di nuovo e, cosa ancor più irritante, desiderata.

Cosa avesse in mente ... cosa ...

“Ahh ...” riaprì gli occhi, posando lo sguardo sullo specchio azzurro ai suoi piedi. Ecco i suoi occhi ... ecco la sua yoroi. Forse era una persecuzione. Pessimo senso dell'umorismo quel posto.

“Seijiiiii!” da lontano, ecco giungere di gran lena Kongo. Ecco un po' di colore che poteva distrarlo da quei pensieri: si alzò con malcelata tranquillità, sperando in qualche diversivo, ma quello che giunse non era esattamente ciò che aveva sperato.

“Come, scusa?”.

“Touma è caduto e si è anche ustionato il braccio e ... Nasty ti vuole a casa”.

“Potete curarlo senza di me ...”.

“Nasty mi ha detto di dirti che sei precettato”.

“Come? Precettato?!”.

Kongo vide il colore salire pericolosamente sulle guance di Korin, mentre gli occhi lanciavano pericolose saette e gentili (?) imprecazioni.

“Quella donna ...”.

Si morse la lingua prima di esternare certi pensieri che, in fondo, erano pure dettati da ben altro. Si maledì silenziosamente.

“Seiji, vieni ... Touma si è chiuso in camera ma deve curare la propria ferita” la mano di Kongo si strinse sulla sua e, suo malgrado, fu trascinato verso la villa. Si rimise sui suoi due piedi dopo pochi metri, cercando di darsi un contegno.

“E credi che io possa curarlo?”.

“E' in tuo potere farlo ...” gli occhi di Shu lo sfiorarono incerti. “Sei tu l'esperto”.

“Non sono un esperto di Touma”.

Gli occhi blu del compagno si spalancarono e poi una risata calda travolse il costernato biondino.

“C-che succede?”.

“Shin dice che tu lo capisci bene ...”.

“E' falso”.

Ma certo che lo era. Che si era messo in testa quel demonietto di Suiko? Non era stato forse lui stesso a essere spinto malamente via da quel lunatico di Tenku? Lui capirlo? Avevano preso un abbaglio ... in quella testa corvina non riusciva proprio a metterci piede.

“Ma sei il suo compagno di stanza!”.

“Shu, che c'entra? Non siamo tutti come te e Shin!” chissà perchè, a quelle parole sentì un fastidioso formicolio alla base del collo.

“E' vero. Voi siete peggio di noi. Due testardi che prima di esternare le cose ... forse ... esplodono?” gli occhi intensi di Kongo lo squadrarono con interesse, poi il ragazzo scosse la testa. “No, tu non mi dai l'idea di scoppiare. Forse tu implodi... ma lo fai in maniera diversa. Touma è chiaro ... esplode. Raramente, ma quando lo fa sono fuochi d'artificio”.

Seiji sospirò, evitando di pensare troppo alle parole fin troppo mirate di Shu: ma da quando in qua il suo sesto senso si era affinato così tanto? La presenza di Shin dava i suoi fastidiosi frutti ...

“Ha fatto ancora qualcosa di strano?”.

“Non farsi curare una scottatura e chiudersi in camera non ti sembra abbastanza?”.

Touma, panda di ignota provenienza. Essere strano, eccezionamente tale.

“Ieri ha dato prova di essere ancora più strano ...” borbottò tra sé Korin, mentre rimuginava sulle due reazioni, così speculari e assurde, del ragazzo del Kansai.

“Cos'hai intenzione di fare?”.

“Come?”.

Kongo guardava in alto, il cielo di un azzurro intenso, qualche nuvola che pigramente attraversava lo spazio sopra di loro.

“Riesci a entrare? O a farlo uscire ... una delle due andrebbe bene ... poi tornerebbe tra noi”.

“Se non fosse così, si stuferà e uscirà da solo ...” rispose laconico Seiji, guadagnandosi un'occhiataccia dal compagno.

“Una scottatura non sarà una ferita da taglio ... ma guariscilo al più presto. Obbligalo a farti entrare”.

“Io non posso obbligare nessuno Shu! Che cosa ti sei messo in testa?!”.

Kongo gli voltò le spalle ed entrò in casa, lasciandosi alle spalle uno stizzito Korin che, con uno scatto secco, richiuse la pesante porta in legno dietro di sé.

“Nasty, te l'ho portato. Precettato” sbuffò Shu, lasciandosi cadere sul divano con espressione piccata in volto.

Shin alzò un sopracciglio dubbioso, mentre Shu sbuffava ancora una volta, un broncio a incorniciare quell'espressione seria ma buffa.

Ryo passò curioso lo sguardo tra Shu e Seiji e quando cadde su quest'ultimo, finì per sorridergli, quasi incerto.

“Seiji, riuscirai a convincere Touma?”.

“Ho altra scelta?”.

Dalla sua postazione al computer, giunse la risposta piccata e dall'agro sapore ironico di Nasty.

“In questo frangente, direi di no, Seiji”.

Un ringhio piuttosto chiaro salì dalla sua gola, sorprendendo tutti i ragazzi, mentre con passo sicuro, simile a quello di un soldato salì le scale nel più completo silenzio.

Un sospiro si levò da Shin, mentre si sedeva accanto a Kongo, ancora imbronciato.

“Sembra che stia salendo al patibolo ...” sussurrò Suiko, guadagnandosi un sorrisetto da Ryo e un ennesimo sbuffo da Shu.

“E voleva anche aspettare che venisse fuori da solo ... lui”.

“Che strano ... non è da Seiji ...”.

“Non è nemmeno da lui dormire sul divano ...”.

“Ha dormito sul divano?” domandò curioso Ryo, Byakuen si mosse irrequieto ai suoi piedi.

“Buona parte della notte almeno ... sì”.

“Spero sia l'ultima volta ... “ sospirò ancora una volta Shu, la mano che giocherellava con un ciuffo molto lungo sulla zampa della tigre. “E' tutta la mattina che è intrattabile. Peggio di Touma quando lo svegliamo noi ...”.

“Quando usate il secchio d'acqua?”.

“O il palloncino”.

“E la salvietta zuppa ...”.

“Siete delle pesti quando vi ci mettete ...” li ammonì bonariamente Natsy, il ticchettio dei pulsanti regolare e scorrevole sulla tastiera.

“Touma richiama certe cose ...” replicò con assoluta innocenza Shin, rubando un ennesimo sorriso a Ryo.

“E non riesce nemmeno a reagire la mattina ...”.

“Lì sta il bello” ridacchiò Shu.

 

*

 

Intanto, sulle scale, di fronte alla porta della camera di Tenku e Korin, Seiji stava con le braccia conserte e un'espressione quasi sofferente sul volto: era combattuto. Era indeciso. Era terribilmente irritato e aveva, al momento, l'irrefrenabile desiderio di andarsene. Ma ... ma ...

Accidenti ai 'ma'.

“Touma, aprimi”.

Silenzio. Ah, ci si metteva anche lui. Già era difficile, già era insopportabile, già ...

Accidenti anche ai 'già'.

“Non fare il bambino e aprimi”.

Ancora silenzio. Perchè non rispondeva? Perchè si comportava come se non fosse là dentro? Come se lui stesso non ci fosse ... come se la sua stessa voce non riuscisse a raggiungerlo ... come se ... come se non ci fosse nessuno, solo lui, solo Tenku. Solo Touma.

Seiji si sentì irritato ancora di più, si sentì troppo toccato, troppo addentro alla situazione, troppo ... tutto.

Era tutto a causa di Touma. Lui era troppo tante cose.

Troppo ironico. Troppo chiacchierone. Troppo lunatico. Troppo saccente.

E intoccabile, perchè non voleva che lo si toccasse ora. E amava troppo stare da solo. Amava troppo fare le cose da solo.

Era troppo Touma. Troppo per una sola volta.

Sapeva diventare quasi un'indigestione.

“Quanto vuoi soffrire per quell'ustione? Sei anche un masochista ora? No, direi che sei più uno sciocco ...”.

“Seiji!”la voce squillante di Nasty, le braccia cariche di libri e in viso un'espressione da rimprovero. “Cosa stai facendo?”.

Oh, bene. Anche lei. Tutto era contro di lui, oggi. Ogni cosa.

“Sto cercando di convincerlo ad aprirmi”.

La ragazza sospirò, scuotendo la testa abbacchiata.

“Per attirare il coniglio usi la carota o il bastone?”.

Il ragazzo di Sendai la guardò come se fosse un animale strano, molto strano.

“La carota”.

“Non mi pare tu la stia usando, ora, Seiji ...”.

Voltò lo sguardo d'improvviso, puntandolo sulla porta con testardaggine. Perchè capiva così perfettamente le parole di Nasty? E perchè, soprattutto, sapeva che c'era ragione in esse?

Non era giusto, non era...

“Seiji ...”.

Gli occhi violetti tornarono alla ragazza che si era ormai voltata per scendere nella sala.

“Cosa c'è Nasty?”.

“La luce rischiara soprattutto noi stessi ... dovresti saperlo meglio di me ...”.

Attonito e quasi scandalizzato dalla totale mancanza di tatto della ragazza, la osservò scendere le scale e scomparire dalla sua vista, mentre il silenzio riempiva nuovamente i suoi spazi vitali – e la stanza al di là della porta.

Con una carota? E lui cosa stava usando?

Con i testardi serviva testardaggine, con i bambini l'assoluta volontà di ferro. E Touma era entrambi, ma ...

C'era un fondo di verità nelle parole di Nasty.

Altrimenti ... che senso aveva avuto quella nottata ... quella mattina ... quel sogno?

Ah, accidenti!

La mano passò nervosa e quasi tremante tra i suoi capelli, dovette trattenersi dal bussare con energia su quell'uscio o di far uscire dalla propria bocca altre dure e inflessibili parole.

A dire il vero ... già. In certi frangenti, la sua lingua sapeva essere tagliente come quella di Touma. In fondo avevano qualcosa in comune.

E la qualcosa gli faceva piacere, anche troppo.

Scosse la testa, prima di riaprire la bocca, incerto.

“Touma, tu ...” ingollò, sentì il silenzio palpitante al di là del legno. “Tu ... stai facendo preoccupare tutti... lascia che ... che ti ... ti curi”.

Rispose ancora il silenzio e il biondino, a quel punto, era più che mai pronto a mollare tutta la pazienza e scardinare quella dannata porta.

“Non c'è bisogno che vi preoccupiate. Io sto bene”.

Finalmente. Miracolo dei miracoli, Tenku no Touma aveva risposto. Nella maniera più idiota, ma aveva fatto sapere al mondo che c'era ed era ancora lui.

“Anche la tua pelle ustionata sarà d'accordo con te ...” rispose piccato – non riusciva a contenersi con lui – Seiji. “Ne va anche della nostra sicurezza se tu non stai bene, sai?”.

Poco sottile, decisamente diretta come cosa. Chissà perchè, queste due parole avevano un'affinità con Touma stesso. Però, stranamente, parvero fare effetto.

Qualche secondo più tardi, sentì lo scattare della serratura e la porta che, lentamente, si apriva verso l'interno. Seiji sentì i passi leggeri di Touma sul pavimento e poi il frusciare di lenzuola ed ebbe uno strano deja-vu quando, con la mano, spalancò l'entrata alla camera.

Nel suo letto, avvolto in un bozzolo di lenzuola, giaceva un appartentemente addormentato Touma che, in realtà, aveva le orecchie tese verso le azioni del compagno che non tardò a farsi sentire.

“Se ti nascondi là sotto non riuscirò a curare come si deve la ferita ...”.

Con pochi passi studiati, Seiji si avvicinò al giaciglio fatto a bozzolo del compagno che si mosse con brevi scatti, prima arrotolandosi su se stesso, poi, con un sospiro arrendevole, si alzò a sedere: il capo sbucò dalle lenzuola, sguardo rivolto al letto, la schiena quasi completamente girata verso l'altro ragazzo, sul viso un'espressione indecifrabile.

Era esasperante, era irritante, era ... spazientito. Ma da qualche parte venne fuori lo strano pensiero che non fosse del tutto malvagia quella situazione: Korin fece qualche passo alla sua sinistra, afferrò una sedia e la pose accanto al letto di Tenku che, ancora senza una parola, aveva affondato il viso sulle ginocchia.

“Mi mostri la parte lesionata?”.

Un broncio comparve sul volto del ragazzo più piccolo, ma non rispose: fece scivolare sui propri fianchi le lenzuola e comparve la macchiatura del caffè sul pigiama azzurro. Andava da poco sotto la spalla fino alla mano e poi prendeva anche parte dello stomaco: l'odore della bevanda si era impregnato per bene nel cotone, sollevandosi a ogni movimento dell'arciere.

“E' una bella macchia ... ma devi toglierti il pigiama”.

Ecco. E accidenti. Perchè mai quelle parole innocenti non erano più innocenti? Si sforzò per mantenere il controllo sul proprio viso e guardò il capo di Touma testardamente volto a tutto fuorchè il ragazzo.

“Touma ...”.

Un tono esasperato, forse anche perentorio. Ma fu abbastanza perchè il ragazzo fece come gli era stato chiesto e, con un braccio chiaramente dolorante, sbottonò la giacchetta, contorcendosi poi per farla scivolare via dal suo corpo.

Lasciò andare un sospiro quando quei movimenti dolorosi si fermarono e allora, solo allora, il suo sguardo di cielo – come Seiji non poteva fare a meno di chiamare, dentro di sè – si voltò verso l'altro ragazzo con un fare quasi di sfida ma anche di imbarazzo.

Korin dovette mordersi le labbra, prima che un sospiro ben poco adatto gli uscisse da quella bocca dannata. Erano dubbi, dubbi amletici i suoi. Non poteva mollare ogni controllo proprio ora ... e così velocemente, insomma!

Però ... però gli occhi erano fatti per guardare e lui stava guardando, con la scusa della scottatura, ogni curva, ogni muscolo teso, quella strana voglia sul fianco e poi ...

“Accidenti!”.

Quell'imprecazione tanto poco educata per lui, riuscì a smuovere la testardaggine di Touma che, sopreso e curioso, volse lo sguardo verso di lui e verso il luogo scandalo che aveva creato tanto frastuono.

“Non è così grave ...” disse infine Touma con un filo di voce. “Sta già passando il dolore ...”.

“Non fare il coraggioso. La tua pelle è quasi violacea e fai chiaramente fatica a muoverti”.

“Sì, ma ...” rispose con poca verve a quella reazione quasi inaspettata di Korin: sembrava alterato, quasi arrabbiato. Evento unico ...

“Niente ma! E tu che non volevi farti curare ... sciocco”.

Allo sguardo che Touma gli riservò, lo stomaco di Seiji si ribaltò e lui si morse la lingua per quell'uscita infelice. Anche se lo sciocco ci stava pienamente.

“Ora fatti curare e non fare più storie ...” finì per sussurrare, mentre allungava le proprie mani verso il braccio e l'addome del compagno. Vide la pelle tendersi, il battito di un cuore non suo accelerare e l'impercettibile dietrofront delle membra ambrate.

“Non ti tocco... te lo giuro ...”.

Lo giurava perchè senza quel giuramente non sapeva come affidarsi alla propria volontà.

“Ma devo potermi avvicinare un po', Touma ...”.

Il ragazzo ferito fece due sospiri profondi, prima di fare un cenno affermativo con la testa: rimase fermo, immobile quasi come una pietra col suo scultore, il respiro erratico e la tensione nei muscoli che sarebbero scattati al benchè minimo movimento non consentito.

La mano destra scese sulla sua, avvicinandosi a un paio di centimetri dalla pelle scottata: chiuse gli occhi e si concentrò, finchè non sentì il famigliare calore che solleticava il palmo. Compì la stessa azione con l'altra mano, all'altezza della spalla e riaprì gli occhi nel silenzio della camera: gli occhi di Tenku erano occultati dalla frangia, ma era certo che stesse guardando le proprie mani abbandonate, che sfuggisse ogni contatto perchè il giorno prima era successo ... quello che era successo.

“Ti da così fastidio il mio tocco?.

Silenzio. Touma, il Cielo, spesso era un muro di cemento impenetrabile. Sfuggente come il vento. Il vento che non si poteva catturare e mettere in gabbia ... era così quel ragazzo?

“O è solo la mia vicinanza che ti irrita?”.

Un tremolio nella sua luce ... o era un tremolio del suo braccio? Gli occhi di Seiji non erano affatto sicuri.

“Non puoi capire ...” si limitò a mormorare Touma spostando lo sguardo. Seiji si limitò a continuare la guarigione, mentre la sua mente navigava un po' persa tra l'irritazione e la confusione: l'indisponenza di quel ragazzo era una tale arma di difesa che, in quel frangente, non riusciva proprio a comprendere.

In fondo, erano nakama.

Gli era parso che il concetto, nella sua totalità, fosse stato compreso da tutti. Forse si sbagliava. Eppure ...

“Non posso capire ... se ti irrita o meno? Mi pare che la tua reazione con me sia piuttosto chiara. Con me, le tue reazioni lo sono sempre”.

D'improvviso la mano di Touma gli si sfilò dalla presa e il ragazzo indietreggiò tenendosi il braccio ferito stretto al corpo.

Seiji tentò di mordersi la lingua ma, a quel punto, era troppo tardi per il suo controllo. Si ritrovò addosso a Touma, le mani strette ai polsi del ragazzo giacevano immobili ai lati del volto di Touma. Quasi cavalcioni, il viso pericolosamente vicino a Tenku, Seiji diede sfogo alla frustrazione che lo attanagliava da due giorni. O, forse, fin dall'inizio.

“Vuoi farmi credere che non hai paura di me?! Ogni volta che mi avvicino tu mi fuggi ... mi tratti come se fossi un pericolo ... e poi mi dici che 'non posso capire'?! Mi prendi forse per uno sciocco?!”.

Touma, occhi sbarrati, lucidi, scioccati e fissi, disperatamente fissi su quelle due orbite violette che ora scagliavano fulmini di rabbia nella sua direzione.

Ogni sua forza si era dileguata, annichilita dalla sorpresa, da quel ribaltamento di schemi e dall'inaspettato che, finora, non aveva fatto parte della sua giovane vita. Madre a parte.

Seiji lo sentì muoversi, a un certo punto, sotto di sé, lentamente, con movimenti studiati, precisi quasi al millimetro.

“Cosa vuoi fare?”.

“Levati”.

Occhi negli occhi, quelli cobalto di Touma erano socchiusi in un'espressione che indicava solo un moto di autodifesa, di shock e furia assieme: era il suo spazio vitale, il suo corpo, la sua pelle ...

“Levati” ripetè e, stavolta, le sue mani fecero pressione sul petto dell'altro, allontanandolo con tutta la forza che il braccio, ancora dolorante, riusciva a permettergli.

Seiji si lasciò spingere senza una parola, quegli occhi gli avevano già detto molto, avevano anzi risposto silenziosamente a tutte le sue domande. Però ...

“Con Shin non hai problemi a farti toccare”.

“Non sono affari tuoi...”.

Ecco quei due occhi che si voltavano verso il nulla, quel ciuffo di capelli corvini che ricadeva a coprirgli parte del viso, dandogli l'aspetto quasi dell'eroina di un qualche film drammatico.

“Siamo tutti diversi con Shin ...” mormorò ancora Touma.

“Non hai paura di lui. Questo vuoi dire”.

Cosa gli fosse preso, cosa fosse preso a quella bocca, proprio, non lo comprendeva. Perchè non riusciva a bilanciare le sue emozioni, le reazioni ... perchè gli sembrava di brancolare nel buio più totale?

Perchè accidenti Touma faceva quell'effetto su di lui?!

“Sì! Ok! È così! Sei contento ora?!”.

La voce alta, quasi stridula, uscì dalla bocca di Tenku sorprendendo entrambi. Eppure il ragazzo non riuscì più a contenersi: strinse i pugni, rintanò la testa fra le spalle e sputò ogni cosa la sua bocca e la sua mente riuscissero a formulare.

“Shin non mi fa mai domande stupide. E non mi mette mai con le spalle al muro. Non come te. Ed è gentile. E sorride” la bocca di Touma si fermò ad inspirare aria, mentre il volto, colorato di un rosso vivo, era ostinatamente puntato a terra. “Sei contento ora? Sei davvero soddisfatto?!”.

A quel punto Seiji era praticamente a terra, schiacciato da quel corpo arrabbiato, da parole che suonavano accusatorie, dolorose, quasi disperate.

Che cosa era successo? C'era qualcosa che non andava in quel ragazzo ... c'era qualche tassello che mancava per decifrarlo completamente.

Perchè il Touma-ragazzo sembrava aver poco a che fare con il Touma-samurai?

Dov'era la calma, la razionalità, l'arrogante spavalderia, l'irritante ironia che cadeva su ognuno di loro nei momenti e nei modi peggiori?

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


“Che cos'è successo? Prima mi è sembrato di sentire la voce di Touma ...”.

Shu, seduto al contrario su una sedia, era stato il primo a rivolgerglisi, nel momento stesso in cui aveva messo piede sul gradino dello scalone.

“Era la sua ...”.

Flemmatico – pur avendo dentro una tempesta – Seiji scese senza aggiungere altro. Si accostò però a Shin, ignorando bellamente lo sguardo interrogatorio di Nasty.

“Shin, hai un momento?”.

Il ragazzo, aspettandosi qualunque cosa, anticipò Seiji in cucina, sotto lo sguardo curioso di Ryo e Shu, mentre Nasty tornava al suo computer.

“Allora, cosa mi devi chiedere Seiji?” fece il ragazzo non appena la porta della cucina si richiuse alle sue spalle.

“Credo tu l'abbia capito Shin”.

“Touma?”.

Un sorriso mezzo monello adornò la bocca di Shin e il compagno storse il naso a quella mezza presa in giro.

“Tu sai cos'ha?”.

“Cos'ha?” il capo di Suiko si piegò di lato, confuso. “A parte quella scottatura e un bernoccolo, ch'io sappia, non ha nulla”.

“Shin ...”.

“Seiji”.

Korin sospirò, posandosi una mano stanca sul viso.

“Shin ... Touma... mi odia?”.

“Tutt'altro direi”.

Gli occhi verdi di Suiko si addolcirono al lieve e veloce velo di rossore che colorì il volto di Korin.

“Non direi”.

“Oh, è Touma. Insomma ...” Shin si passò una mano tra i capelli, un lampo di malinconia negli occhi. “Con la sua storia e tutto il resto...”.

“Prego?!”.

Occhi violetti in occhi verdi, un lungo scambio di sguardi: nel silenzio, solo il ticchettio di un orologio.

“Spiegati meglio Shin”.

Il ragazzo interpellato interpellato abbassò il viso, una smorfia, prima di iniziare il suo discorso.

“Tutto quello che ti dirò ora è solo frutto di una telefonata che ho ascoltato per caso ... qualche giorno fa. E osservazioni mie, niente più”.

Seiji alzò un sopracciglio, perplesso.

“So cosa stai per dire. Che penso troppo. Ma, in questo caso, il mio ragionamento può esserci utile”.

Fu la volta di Seiji di sospirare.

“Va avanti, Shin”.

“Touma, l'avrai capito anche tu, è una persona particolare ... parla a sproposito ma senza cattiveria ... sembrerebbe un po' allergico a un certo contatto umano ...” Seiji, a questo punto si mosse nervoso. “...e non è esattamente il ragazzo più socievole qui dentro”. Gli occhi verdi di Shin guardarono verso Seiji con aria furbetta e sornione. “Siete due compagni di stanza molto simili in questo”.

Ci fu un guizzo di sguardi che finì con uno Shin ridacchiante.

“Era solo una constatazione, Seiji. E poi, forse, per voi la convivenza può essere più facile di quel che sembra”.

“In maniera più assoluta, no”. La rabbia si mescolò all'inevitabile moto di tristezza che finì per irritarlo ancora di più. “Io non lo capisco... quando cerco di andare oltre, lui scappa. Anche ora è scappato! Ora che aveva bisogno di me...”.

Il suo tono di voce di era alterato improvvisamente, sorprendendo piacevolmente Suiko che, nel bel mezzo del silenzio, si avvicinò a Korin e puntò il dito al naso del ragazzo.

“Mantieni il tuo equilibrio, Seiji, ché Touma ne ha bisogno”.

“Ha bisogno che io me ne stia lontano da lui” si ritrovò a confessare il ragazzo con un'amarezza che lo scombussolò fin nel profondo: non era normale, avanti ... era un ragazzo irritante, un loro compagno, ma con mancanze che ...

E quel panda?

“Se lo fai lui starà peggio. Non puoi far altro che osservarlo e leggere nel suo cuore; in fondo” e la mano di Shin, dal naso, scese sulla spalla di Seiji poggiandosi fiduciosa. “Sei la luce che trapassa le nuvole ed apre il cielo ...”.

“E' un cielo ben strano ...”.

Shin sospirò, sedendosi al tavolo.

“Credo che, oltre a noi, Touma non abbia mai avuto nessuno. Come amico, intendo ...”.

Seiji scosse la testa, socchiuse gli occhi e guardò lontano.

“Vale lo stesso ... per me”.

“E' così per tutti” replicò Suiko con un sorriso un po' birichino, un po' dolce. “Ma credo che ... Touma sia stato sempre... ecco... sai che vive da solo a Osaka?”.

Seiji alzò un sopracciglio e fece un cenno affermativo.

“Ho sentito ... che viveva col padre ...”.

Shin scosse la testa e, rialzandosi, incrociò le mani dietro la schiena, con fare pensieroso.

“Un giorno Shu l'ha sentito al telefono ... credo parlasse con la madre e ...” il passo di Shin si fece nervoso fino alla finestra, dove il ragazzo si fermò a contemplare il paesaggio. Il cielo era terso di nuvole ed il sole, con i suoi raggi, trapassava ogni cosa fino a baciare la terra con tenerezza: era il calore della primavera inoltrata, ormai l'estate era vicina. “Il padre di Touma è quasi sempre a Kyoto, torna raramente a casa... credo ormai ... da anni” si voltò di tre quarti verso Seiji con un peso spiacevole sul cuore. “Essere completamente soli ... fa male anche al guerriero più forte. Anche se non lo da a vedere”.

Seiji aggrottò le sopracciglia, spostò il viso da un lato, pensieroso.

“Quindi mi stai dicendo che ... può essere che non voglia compagnia, ma ... che la desideri?”.

Di nuovo, l'immagine piangente di Touma tornò a tormentarlo in un flash e il ragazzo si mosse a disagio sulla sedia: era così fastidiosa, ronzava attorno, saltava fuori quando meno se l'aspettava e colpiva nel posto giusto. Esattamente come Touma.

“Conoscendo Touma, direi che è così ...in realtà, secondo me e Shu, lui è realmente una persona timida. Quando si tratta si parlare a vanvera è bravo, ma quando si parla della sua intimità ... si comporta come un animale in gabbia”.

“... come un panda ...” mormorò Seiji senza quasi accorgersene, fino a che, almeno, Shin non cominciasse a ridacchiare di gusto. “Cosa ho detto?”. Con quell'espressione indignata, Shin si ritrovò a ridere ancora di più, almeno fino a quando un'occhiata di rimprovero giunse a minaccia.

“Un panda ...” ripetè Shin, assaporando fino in fondo l'immagine che gli si presentò davanti agli occhi. “Stranamente gli si addice. Lo chiamerò così quando farà il dispettoso con me ...”.

Lo sguardo di Seiji parve adombrarsi a quell'affermazione.

“Shin, tu sei sempre autorizzato. Con te lui si lascia andare ...”.

“Con le parole, vuoi dire? Anche troppo...” sbuffò l'altro. “E' impertinente”.

“Ma con te parla ... ed è rilassato. Io gli devo cavare di bocca le parole. E non mi posso avvicinare”.

Shin mosse la testa all'indietro, socchiudendo gli occhi, per poi riportare lo sguardo su Seiji con un sospiro.

“E' successo quello ieri, non è vero? Hai cercato di ... avvicinarti a lui?”.

Gli occhi violetti saltarono nervosi da Shin alla finestra che dava sull'esterno.

“Volevo solo parlargli ... volevo capire”. Un sospiro, Seiji fece un'espressione indignata. “Non ho fatto nulla di male ... e poi non l'ho nemmeno sfiorato ...”.

“Hai varcato la sua zona intima Seiji?”.

La domanda era totalmente innocente nelle intenzioni di Shin, ma così scandalosa per Seiji...

Fu grazie al suo autocontrollo che non urlò le sue parole successive. Quello non gli evitò, comunque, il totale imbarazzo che il suo viso mostrò al mondo intero. In quel momento rappresentato dal solo Shin.

“Io non ho fatto nulla a Touma. Nulla, Shin”.

“Qualcosa sarà successo, Seiji ... magari non te ne rendi conto ...” tentò pazientemente di spiegare Shin. Peccato che Seiji finì per troncare il suo discorso.

“Io non gli farei mai nulla!”.

Il tono stavolta si era alzato e Shin era sobbalzato un poco sulla sedia, totalmente spiazzato da quella reazione.

“Non ho detto che gli hai fatto del male, Seiji”. Suiko guardò Korin con aria determinata, anche se un poco dubbiosa. “Ma tu, con lui, dovresti iniziare dalla zona ... sociale”.

Gli occhi di Korin si sgranarono un poco.

“Sociale?”.

“Un metro ... o due ... da lui ...”.

“Un ... metro?!”.

Gli occhi si fecero ancora più grandi, sbigottiti.

“Poi c'è la zona personale ... sotto il metro ...dovresti raggiungere anche quella Seiji ... se dormite nella stessa stanza, direi che è possibile, no?”.

Gli occhi violetti scattarono veloci verso il panorama esterno, testardi.

“Non siamo nè te, nè Shu e neppure Ryo, Shin ...”.

“Certo. Seiji è Seiji, così come Touma è Touma” e con quello, Suiko si guadagnò un'alzata di sopracciglio da Korin. “Questo non significa che non possiamo comprenderci ... io vi considero nakama, Seiji. E questo, a mio parere, significa molto. Io credo ... che sia un sentimento che ci accomuna tutti ... tu e Touma compresi”.

Gli occhi di Seiji tornarono all'interno della casa, perdendosi, stavolta, su un punto ben poco definito sopra la spalla di Shin. Poi si ritrovò a colorarsi di una vaga tinta rosata sulle guance, mentre la mano si stringeva nel vuoto, nervosa.

“E' innegabile che ci leghi. Anche per me”.

Shin sorrise, intenerito: quel ragazzo tanto compito riusciva ad essere riservato col proprio cuore, quando, forse, era colui che più di tutti riusciva a farlo battere all'unisono con i loro.

“Ma Touma ... io non lo so ...”.

“Se un gatto ti soffia e ti graffia ... devi solo trovare un modo per aggirarlo e per farti fare delle fusa” dichiarò senza batter ciglio Shin. Seiji si ritrovò a fissarlo come si fissa un animale strano: prima il coniglio di Nasty, ora Shin con il gatto ... però il panda gli si addiceva di più come animale.

E non poteva pensare a Touma che faceva le fusa addosso a lui. Proprio no.

“E poi Touma ci tiene a ognuno di noi. Credo che l'abbia dimostrato abbastanza, non credi?”.

Seiji scosse la testa, senza rispondere, e andò a riprendere il discorso precedente.

“Cosa ... cosa avete sentito ancora?”.

Shin sospirò, mentre giocava con un filo troppo lungo della maglia.

“Ha parlato di noi...” un piccolo sorriso sulle labbra e il ragazzo cercò di nasconderlo, vano tentativo.

“Cosa ha detto?”.

Oh, ecco quella titubanza, quel timore: le iridi violette che si adombravano, mutandosi in pozze troppo scure per essere le sue. Eppure ...

“Seiji gli devi sicuramente piacere. Ha parlato di te molto più che di noi”.

Seiji sgranò gli occhi, il calore si impossessava di lui senza che riuscisse a mettervi un freno.

“... cosa ha detto?”.

“Oh, beh... che è strano, ma si trova bene con te. Che il suo sonno è tranquillo ... con te”.

Shin sorrise, pronto a ridacchiare, mentre il viso di Seiji tornava a riprendere il suo colore naturale.

“Dormirebbe comunque, anche senza di me”.

“Ma così tranquillo?”.

Gli occhi di Shin presero un'espressione che mise sul chi va là l'altro ragazzo che replicò subito.

“Shin non giocare a fare il misterioso”.

“A volte ha il sonno agitato, sembra nervoso; dev'esserci qualcosa che lo tormenta”.

“E tu, signor-so-tutto, come fai a saperlo?”.

Shin storse il naso a quel nomignolo, cacciando una linguaccia monella all'altro ragazzo.

“Guarda che sono io che lo sveglio ... tu, generalmente, sei in piedi da molto tempo”.

Il biondo si passò una mano tra i capelli, indispettito da quel tono un poco saccente, un po' indisponente. Da quando in qua Shin gli ricordava così tanto Touma?

“Lo sai, Shin? Dovresti discutere meno con Touma ... stai prendendo molti suoi difetti”.

Meglio giocare con l'ironia, anche se con una sana punta di verità.

Il nasino di Shin si storse nuovamente e l'affondo fu, a quel punto, totale.

“Allora dovresti prendere il mio posto e trascorrere i momenti in cui Touma si annoia direttamente con lui. Di sicuro, non si tedierà più”.

A quel punto, Seiji si alzò dal suo posto e senza nessun'altra parola uscì dalla stanza.

“Cavolo ... tra l'uno e l'altro non so chi sia il più testone!” sbuffò Shin, prima di seguire i passi dell'altro e uscire dalla cucina. Ritrovò nel soggiorno solo Shu e Ryo e si lasciò cadere tra i due con aria piccata.

“Shin-chan ... di cosa avete parlato tu e Seiji?”.

“Di Touma, solo di lui”.

“Non si è ripreso?” fece con una punta d'ansia Ryo.

“No, sta bene. Sono loro assieme che fanno fatica ...”.

“Si punzecchiano? Credevo che tu e Touma aveste il primato per quello ...” Shu si guadagnò un pizzicotto innocente per quella frase, anche se, sotto sotto, c'era una certa dose di verità.

“Seiji deve avvicinarsi a Touma ... lo vuole e non lo vuole. È un gran testardo a dirla tutta. Non se n'è reso ancora conto ...”.

“Di cosa?” chiesero in coretto Shu e Ryo. Entrambi si guadagnarono un pizzicotto ciascuno e Shin finì per sospirare esasperato.

 

*

La sera arrivò presto, forse troppo presto per Touma: avevo lo stomaco rattrappito per la fame e, nonostante la sua proverbiale pigrizia, desiderava ardentemente alzarsi e respirare l'aria del giardino. Shin aveva fatto capolino un paio di volte ma, ogni volta, lui si era nascosto sotto le lenzuola: troppo timido per dire qualche parola, troppo orgoglioso per sostenere il suo sguardo, troppo ...

Ma che accidenti di stupido era?! Non poteva rimanere chiuso in quella camera per tutto il resto della sua vita. C'erano battaglie che sarebbero giunte, nemici che non poteva certo affrontare stando in una stupida camera da letto, in pigiama con una stupida piccola ferita che ...

Stupida piccola ferita che gli faceva ancora male. Era proprio un idiota. Cadere così ... ed avere tutto quel dolore per una scottatura. Che senso aveva? Era un samurai trooper, non un poppante piagnucolone. E Ryo e Shu? Non ne uscivano mai senza segni da un combattimento ... e li sentiva lamentarsi? Certo che no. Shin se la cavava come lui ... a volte si esponeva troppo, era così da lui. Ma aveva sempre quel sorriso, sempre. Sembrava indistruttibile.

Seiji ... lui non faceva testo. Lui ...

La mano andò ad artigliare il braccio mal messo e Touma si ritrovò a mordersi la lingua e a darsi dello stupido perchè la sua testa diventava un grosso stupido buco nero quando il viso irritante di Seiji gli compariva davanti agli occhi.

Comunque lui non faceva testo. Assolutamente.

“Oh, al diavolo! Che importa?!” sbottò tra sé e sé. “Farò finta di niente ... e se sarà necessario ... me ne andrò a fare un giro”.

Risoluto era risoluto, quando decideva il da farsi. Anche se le sue reazioni rasentavano l'infantilismo più estremo. Afferrò un asciugamano e i primi vestiti che gli caddero in mano, prima di uscire in silenzio dalla propria camera: ingollò, guardandosi attorno, ma le voci provenivano solo dal piano terra, se non dall'esterno. Così la via per la doccia era libera. Zompettò così velocemente verso il bagno che quasi capitombolò per la seconda volta a terra: l'entrata nella stanza finì, così, per essere ben udibile anche ai piani bassi, dato l''accidenti' che Touma si era preoccupato di esternare.

Si gettò sotto il getto d'acqua senza controllare la temperatura e un altro 'accidenti' si diffuse per il piano, costringendo Touma ad uscire dalla cabina doccia, all'improvviso, tra i brividi di freddo.

“Accidenti ...” borbottò con i denti che battevano e la testa gocciolante fiumi di acqua a terra.

Un bussare alla porta lo fece trasalire.

“Touma, va tutto bene?”.

Shin. Ma ... cavolo! Possibile che quel ragazzo fosse onnipresente?!

“S-sì ... è solo ... fredda”.

“Spero che funzioni. Oggi ha dato problemi anche a Seiji”.

Anche a lui? Oh, bene. Mal comune ...

“Provo”.

Fece scorrere un poco l'acqua ma, dovette ammettere, la sua doccia programmata non aveva ragione d'essere. Almeno per quella sera.

“E' fredda”.

“Mi dispiace ... vuoi che ti scaldi dell'acqua? Almeno riesci a fare qualcosa ...”.

“No, non importa ...”.

“Ne sei sicuro? Non mi costa nulla ...”.

“No, Shin. Grazie, no”.

Ma perchè faceva così? Si rendeva così disponibile da rischiare di essere 'sfruttato' per la sua gentilezza. Ma non aveva chiesto nulla. Si sarebbe arrangiato con un poco di acqua fredda e si sarebbe lavato a pezzi. Che problema c'era?

“Touma?”.

Era ancora al di là della porta?

“Che c'è?”.

Un sospiro. Lo faceva sospirare così spesso quel ragazzo. Era troppo. Troppo tante cose. Troppo anche per lui, soprattutto per lui.

“Ti fa ancora male la scottatura?”.

“No. È passata. Tutto passa”.

E ora che faceva? Il filosofo? Proprio gli si s'addiceva. Bell'idiota.

“Certo che tutto passa! È normale. Ma Seiji ... lui non ha finito ... vero?”.

Touma si ritrovò a riaprire la porte del bagno di colpo, sorprendendo sia se stesso che il ragazzo che si trovava di fronte a lui.

“Touma ...?”.

Lo sguardo di Shin era intimidito, un po' da quell'unico asciugamano attorcigliato attorno al busto di Touma, un po' dall'espressione pericolosamente sulla difensiva di quegli occhi intelligenti. E poi ... ecco il braccio, ancora arrossato, nonostante la pelle avesse la pelle d'oca per il freddo. “Touma, la scottatura ...”.

“Sta bene. Io non ho bisogno di nessuno!”.

Il ragazzo del Kansai scattò subito in avanti, dopo quell'ennesimo grido, e si richiuse in camera tremando per le sue stesse parole.

Perché ... perché l'aveva detto? Non aveva bisogno di nessuno ... che motivo c'era di dirlo ai quattro venti? Dirlo a se stesso aiutava, ma che senso aveva buttarlo in faccia a Shin?! Non l'aveva dimostrato? L'avevano dimostrato tutti ... insomma, loro ... erano indipendenti ... loro ...

Scivolò a terra, in preda a un turbamento troppo forte, e si richiuse su se stesso, gli occhi spalancati sull'oscurità.

Perché l'aveva detto? Si era sentito così solo nel momento stesso in cui quelle parole erano uscite dalla bocca. Così solo... ma lui sapeva stare da solo. Era la sua qualità migliore. Se una persona riusciva a stare da sola, senza problemi, allora era una persona forte, affidabile. Ma se era forte, se era affidabile ... che senso aveva?

Che ci faceva lì? Aveva un obiettivo, certo. Ma che senso aveva tutto... tutto quello che l'aveva portato fin lì? Perché c'erano questi ragazzi e perché erano con lui?

Perché lui era con loro?

Si ritrovò a piangere sommessamente senza saperne il motivo. E il non saperlo lo rendeva ancora più miserabile e la testa era un pallone vuoto, cavo e spento ... e nemmeno la sua capacità principale era più utile e quindi...?

“Touma? Touma, che succede?”.

Shin? Ancora lui? Perché era così paziente? Ecco, lo sapeva ... Shin era così buono che era facile approfittarsi di lui ... e anche trattarlo male. E non se lo meritava ... Touma aveva sentito con lui un'affinità tale ... forse era che lui lo sopportava sempre e quando non lo sopportava gli rifilava una battuta pronta e ... e lui era sempre gentile. E Shin, lui ... lui sorrideva sempre.

“Non è nulla...”.

Nulla, come sempre.

“Touma non è vero ... tu non ...” lo sentì prendere il respiro e poi il sussurro, come se fosse un segreto. Un segreto tra loro. “Perché stai piangendo?”.

Perché ... perché ... perché ...

Era un continuo chiedere. Era un continuo voler sapere. Ma lui non era pronto. Lui ... lui non voleva aprirsi. Non sapeva cosa l'aspettava là fuori...

“Non sto piangendo ...”.

“Bugiardo!” poi il tono di Shin si fece più mansueto, morbido. Si sentiva in colpa per quell'accusa, ma ... “Non devi mentirmi. Non devi mentire a nessuno di noi ... noi siamo ... amici, Touma ...”.

“Non sto mentendo!”.

Si stava arrabbiando e le lacrime non accennavano a fermarsi, nemmeno per quella rabbia. Era frustrante e così stancante ... si sentiva quasi vinto ... vinto dalla testardaggine.

Il silenzio sembrò calare tra i due, tanto che a Touma parve di percepire il rumore sommesso della televisione e delle voci concitate di Shu e Jun. I due casinisti, i due bambini ... avrebbero ancora fatto a gara per accaparrarsi la televisione ... Ryo avrebbe fatto da pacere distribuendo un sorriso e del solletico, Shin avrebbe fatto una ramanzina a Shu su certe lotte casalinghe. Nasty avrebbe preso le redini della questione e tutto sarebbe tornato alla normalità.

Lui e Seiji rimanevano sempre un po' in disparte ad osservare: Seiji era sempre troppo composto e assorto nei suoi modi perfetti e lui, beh ... non sapeva che fare. Vagava incerto, cercando di capire cosa volessero da lui: se apriva bocca non andava bene ... se decideva di fare qualcosa di diverso da loro era additato come asociale. E allora cosa?!

Non era facile vivere assieme. A dire il vero, forse ... forse non ci era portato. Insomma, se aveva vissuto quasi tutta la sua vita con la solitudine e si era sempre barcamenato ... non voleva forse dire che era quello il suo ambiente?

Era quello di casa. Non quello. Non con tutte quelle persone, tutti quei pensieri diversi, quelle esperienze così distanti ... quei caratteri che ...

“Non sto mentendo ...” mormorò ancora una volta, tenendosi le mani sullo stomaco che, proprio in quel momento, rullò per la fame atroce che lo stava attanagliando senza sosta da ben un giorno intero.

Un sospiro, dei movimenti leggeri al di là della porta.

“Touma... vieni almeno a mangiare? Sono due giorni che non mangi ... e non è da te”.

Avrebbe voluto rispondere che non aveva fame ma ... santo cielo! Era una frase che dalla sua bocca non sarebbe mai uscita, forse. Si morse la lingua, incapace di studiare una frase da effetto – patetica scusa – da addurre a Shin: davvero, quale mostruosa palla avrebbe potuto far desistere Suiko?

“Senti ...” il silenzio era lungo e pregno di tante, troppe parole nascoste. “Se non te la senti ... ti porto qui la cena, però ... domani scendi con noi?”.

“Vedrò ...”.

Non era una vera risposta, ma era qualcosa, per entrambi.

Doveva aver convinto il ragazzo, visto che percepì i suoi passi allontanarsi e riuscì a calmarsi un poco: asciugò le lacrime con il dorso della mano e rabbrividì un poco accorgendosi del suo stato.

“Nemmeno il bagno ... accidenti ...” sbuffò tirando su col naso, mentre si gettava addosso quello che le sue mani raccoglievano alla rinfusa dall'armadio. Quella casa, la stanza ... stavano diventando una prigione per lui.

Normalmente era un casalingo come pochi, tranne quando si trattava di librerie o stelle. Ma in casa sua, di certo, non regnava quell'atmosfera.

Non si sentiva soffocare. Non si sentiva preso in trappola, estraneo ...sempre in guerra. E no, non con gli youja. Quelli erano altri pensieri.

Essere in guerra con se stessi, di continuo. Nutrire sentimenti ambivalenti di odio e orgoglio, allo stesso momento, per la stessa persona ... la propria. E Seiji ... lui era la sua paura più grande, colui dal quale sarebbe scappato continuamente. Colui il cui confronto lo metteva solo e semplicemente di fronte a se stesso e a ciò che non poteva e non voleva accettare di se stesso.

E non lo capiva, come spesso non capiva nemmeno la propria persona.

Lo odiava? Forse. Ma no, odio ... l'odio era troppo, l'odio era per altri.

Forse i suoi sentimenti erano bloccati, trattenuti ... e così non si credeva capace di odiare, così come di amare.

Ma ... allora cosa provava per quei ragazzi? Seiji escluso, Shin non gli faceva paura, gli metteva addosso quella strana sensazione di protezione. Anche se non capiva da dove essa gli sgorgasse fuori.

Ryo ... lui era uno strano essere da tenere sotto controllo. Ma si faceva amare, come si ama un gatto. E gli animali sono così semplici da amare ... non hanno parole, non hanno giudizi. Usano solo l'istinto e quello non può mentire.

Shu, il piccolo Shu ... c'era qualcosa che lo stropicciava e lo smuoveva, con un po' di esasperazione, quando lui e Shu si contendevano il cibo. E il cibo non c'entrava affatto. Ti faceva sbuffare e ti faceva pensare che averlo come fratello l'avrebbe reso una persona migliore.

E Seiji ... ah, Seiji. Cos'era che non andava in lui?

Forse era il fatto che non si somigliavano. Nemmeno un poco. Erano su due mondi differenti, erano due universi agli estremi opposti. Il giorno e la notte. E la notte calzava su Touma, anche troppo. E se notte e giorno non potevano convivere, allora nemmeno lui e Seiji avrebbero potuto farlo.

Era logico, dannatamente vero.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


“Ne, Shin ...” era passato da poco il momento in cui si erano spente le luci, nella camera. I loro respiri, ancora irregolari, fluttuavano nell'aria calda di quel Maggio inquieto ed entrambi gli abitanti della stanza finivano per rivoltarsi nel letto anche troppo. “Secondo te, come ci considera Touma? Cioè intendo ...” un momento di pausa, uno strusciare di lenzuola e Shu si ritrovò sul fianco a fissare la silhouette elegante di Shin. “Per lui noi siamo dei nakama, vero? Lo so che è una domanda stupida e poi c'è tutto quello di cui abbiamo parlato, ma insomma ... lo siamo?”.

Un sospiro si levò dall'altro letto, un po' malinconico, un po' pensieroso.

“Io credo che lui non lo sappia ancora ... non se n'è accorto. Ho l'impressione che ... tutto questo lo stia scambiando per ben altro. Oppure, beh ... che non sappia dove sbattere la testa. Il che ...” Shin si alzò a sedere sul letto, osservando nell'oscurità l'aura tremolante del compagno. “... per lui è una confusione totale. Vorrei che vedesse le cose per quello che sono e che ...”. Un sospiro, un battito del cuore e si ritrovò a spingere e poi ad essere tirato sotto le lenzuola dell'altro letto: poggiò il capo sul petto di Shu, ad ascoltarne il battito accelerato – perché Shin così vicino faceva a Shu anche quell'effetto – e sospirò ancora una volta.

“Cosa, Shin?”.

“Che fosse felice ...”.

Felicità, infelicità ... era qualcosa che pareva svolazzare sui loro capi come un fantasma assillante e intermittente: era come una battaglia di cuori a cui pareva non ci fosse fine, come la battaglia, quella più reale e concreta che si combatteva, ogni giorno, contro gli youja.

E qui non vi erano pericoli di morte, di essere catturati ... ma la paura, l'insicurezza ... erano le medesime.

“Lo saremo tutti, presto ... ne sono certo”. Shin parve voler replicare, gli si strinse un poco il cuore e rimase zitto, immerso nell'oscurità; Shu percepì quello strano malessere e capì che, in un modo o nell'altro, il compagno era preoccupato. “E se Touma ci farà ammattire ancora, gli daremo noi la spinta giusta, ok?”.

Sentì il sospiro un poco più sollevato di Shin e l'abbraccio si fece ancora più stretto.

“Grazie Shu...”.

“Non mi devi ringraziare”.

“Sì invece ...”.

“No invece”.

“Sì!”.

“No!”.

All'ennesimo tentativo di Shin di ribattere, Shu colse la palla al balzo e chiuse le labbra del ragazzo con le proprie.

“Prendo questo come ringraziamento, ok?”.

Occhioni spalancati, il viso di Shin ricadde vinto sul petto del ragazzo e così rimase, finché non si addormentarono entrambi.

La mattina seguente il risveglio venne nella maniera peggiore: Ryo entrò nella loro camera, come quando una burrasca sorprende una nave in mezzo all'oceano, e le notizie che portava non erano certo delle migliori.

“Touma è scomparso!”.

Entrambi i ragazzi si ritrovarono in un istante addosso a Ryo con la preoccupazione negli occhi e il nervosismo nelle gambe; a raffreddare le emozioni dei tre, in procinto di partire senza alcun freno né bussola, giunse Seiji ... gelido come mai prima d'ora.

“Quello sconsiderato è sgattaiolato fuori casa stamattina ... l'ho sentito nel sonno, ma credevo andasse a mangiare qualcosa ...”.

Gli occhi di Seiji, scuri di rabbia repressa e controllata, ma non per questo meno furiosa, guardavano lontano con l'aria di chi cercava di comprendere l'incomprensibile.

“Ma ... non sarà andato lontano, non può, lo sa ...”.

“Shin io credo che ... quel genio ... non sappia più tenere la testa sulle spalle”.

“E' solo confuso, non lo fa apposta Seiji...”.

“Se è confuso che lo venga a dire invece di fare il misterioso!”.

Aveva detto tutto quello con fare molto pacato, con quel suo tono che ben poco si discostava dall'abituale; era la sua aura, quella minacciosa rabbia che gli scaturiva dallo sguardo, da quell'eccessiva compostezza che, in quel momento, turbò i ragazzi, più di tutto il resto.

“E dove potrebbe essere andato?” intervenne Shu, cercando di mitigare l'atmosfera con una calma che, al contrario del solito, gli calzava ben stranamente addosso. “Non ha lasciato biglietti o altro?”.

Ryo scosse la testa, con aria più abbacchiata di prima e gli occhi carichi solo di troppa preoccupazione.

“Non ha lasciato nulla. Possiamo solo immaginare dove sia andato...”.

“E dove allora?!”.

“Vicino al cielo” sussurrò Shin, gli occhi socchiusi, pensierosi. “Lui ama stare in alto, come se volesse ...fluttuare tra le nuvole”.

Seiji spalancò gli occhi, ricordando lo strano sogno in quelle parole, ma la voce di Nasty venne a distrarlo da altri molesti pensieri

“Allora può essere andato poco lontano da qui” rimasta in disparte, la ragazza si fece avanti con sguardo sicuro. “Verso nord, a una mezz'ora da qui, c'è una collina con una radura sulla cima. Se ci fai caso, Seiji” e, a quelle parole, il ragazzo alzò il proprio sguardo attento, ma ancora infuocato. “Si vede piuttosto bene dalla vostra finestra ... e poi Touma mi ha chiesto, qualche giorno fa, come arrivarci ...”.

“Quell'idiota ...” in un soffio, Seiji esternò quello che aveva in mente, sorprendendo un po' tutti nel modo, ma non nel pensiero. Tra loro serpeggiava la preoccupazione, ma anche un senso di confusione e spazientimento: gettarsi tra le braccia del pericolo con tale cieca leggerezza non era certo nei loro piani. E non era tantomeno da Touma.

 

*

Lasciarono Byakuen con Nasty e Jun e si diressero tutti alla volta della radura indicatagli: era una giornata limpida, di un tardo Maggio già troppo caldo ... una giornata talmente bella che non avrebbe fatto presagire alcunché, ma ...

“Sembra troppo calmo ...” sussurrò tra sé Ryo. “Troppo calmo e bello”.

Forse la quiete prima della tempesta.

Per Touma, al momento, quella giornata era tutto fuorché pericolosa: piuttosto la notte era stata disturbante, irritante e inquietante al contempo. La figura di Seiji, stesa e quasi immobile nel suo sonno elegante, l'aveva perseguitato tutto il tempo, tenendolo sveglio e sulle spine ... come se fosse stato un fantasma e non un essere umano a dormirgli di fianco.

E i pensieri delle parole dette e, ancor di più, tutto ciò che non aveva avuto il coraggio di dire o di pensare. Ma cosa c'era ancora che doveva dire? E la sua mente doveva partorire altri pensieri disturbanti?

Aveva pensato a tutto quello mentre camminava verso la radura che da tanto agognava vedere, ciondolando un poco per il sonno – che orario blasfemo cui alzarsi – e perso nella sua mente già troppo complicata di suo.

Andare avanti, a quel modo... la sua stava diventando una vera allergia a Seiji. Il tocco, la voce, la vicinanza stessa ... non avrebbe più potuto dormirgli assieme se ogni notte si fosse trasformata in un incubo privo di sonno. Ma perché accidenti non era andato a dormire assieme a Ryo? Il ragazzo era una testa calda, la palla bollente che bisogna imparare a maneggiare con cura e a frenare quando ce n'è bisogno. Sorrisi e lacrime, è vero, ma un carattere così semplice da capire.

Non capiva bene cosa gli fosse saltato in mente di mettersi in stanza con l'antenato del guerriero guercio, quello che, a suo parere, non ci stava del tutto con la testa. Non che Seiji desse segnali di squilibrio in quel senso – anzi, a suo parere, era fin troppo perfetto il ragazzo – ma lo metteva inquieto e la sua bocca duellava fin troppo bene con la propria: c'erano delle volte in cui si sentiva come un bambino capriccioso messo al proprio posto da un adulto molto più in gamba di lui. E la cosa era snervante e frustrante. In ogni maniera inaccettabile!

Giunse ai piedi della collina che il sole si era appena alzato oltre le colline, ma già aveva manifestato calore e dispetto: si schermò gli occhi con il braccio sano, il sonno e la pressione bassa che non aiutavano certo i movimenti. Sospirò stanco e sbadigliò in maniera plateale, per poi muovere i propri passi su per il sentiero.

Nel bel mezzo del nulla, un raggio di sole si posò al suo fianco, illuminando una violetta, una delle poche rimaste, che distendeva i suoi petali un po' raggrinziti, forse, per l'ultima volta. Chissà per quale motivo, gli venne in mente Seiji.

Non era il colore, no. Gli occhi di Seiji erano di un violetto più candido, tenero ... si incupivano diventando quasi neri solo quando il suo umore cambiava repentino – come quando erano in battaglia. E non era nemmeno il raggio di sole a ricordarglielo ... anche se Seiji era luce e luce era il sole e ...

Ma la luce era calore, non un ghiacciolino ... e dormire col calore sul viso portava un sonno dolce, non un'insonnia perenne. Anche se Seiji non gli stava esattamente addosso. Beh, tranne quando si arrabbiava. O quando era preoccupato. E quando ... quando l'aveva curato.

Gli aveva attaccato l'insonnia, per quello lo voleva distante. Lui amava dormire e detestava l'insonnia perché lo portava a perdere se stesso e la sua lingua diventava più affilata e velenosa e la sua mente perdeva ogni lucidità.

Era colpa di Seiji, anche se non voleva – o, più semplicemente, non riusciva ad associare al ragazzo delle colpe ... o forse no? Accidenti a lui e al suo essere complicato! Finiva per ingarbugliarsi e non comprendeva più …

Alzò ancora una volta gli occhi al cielo, li socchiuse con un sospiro, mentre un senso d'inquietudine si faceva strada in lui con un vento gelido: un brivido salì dalla schiena scuotendolo, come in preda a una febbre, e fece appena in tempo a scansarsi, con un salto, che una freccia andò a impiantarsi in profondità nella terra, là dove era stato qualche istante prima.

La mano andò subito ad afferrare la sfera della yoroi ed egli richiamò l'undergear su di sé, mentre attorno a lui muovevano minacciosi passi cinque soldati youja, più grandi e pericolosi delle pedine che Arago era solito gettare sul tavolo della battaglia; yari e spade, catene e lame ancora vergini di sangue erano menate nell'aria con estrema confidenza e altrettanta ostilità.

“Vi siete persi cercando nonno Arago?”.

Con aria da sfottò, Touma si mise in posizione da difesa, facendo scivolare un piede all'indietro e alzando le braccia a difesa del petto: con fastidio mosse il braccio ferito con più rigidità ed il dolore lo fece mordere l'aria. Si aprì una breccia nella sua difesa e una lama affondò nella gamba destra: il dolore lo fece spostare in avanti, lasciando una ferita poco profonda ma da cui il sangue cominciò a sgorgare con troppa fretta.

Lo slancio con cui si era spostato in avanti fu bloccato dalla gamba sana che, poggiata saldamente a terra, gli permise di gettarsi di peso, gomito alzato, contro il mento del soldato a lui di fronte: cadde poi a terra, ruzzolando poco elegantemente proteggendosi il braccio leso e abbandonando al proprio destino la gamba. Si voltò appena in tempo per vedere la lama della yari alzarsi sul capo del soldato, nel chiaro intento di un colpo di grazia, e il suo pensiero volò, intensamente, ai ragazzi.

E si sentì triste e pensò che aveva sbagliato tutto, fin dall'inizio.

Morire non era un viaggio in solitario … era la solitudine stessa a portarti alla morte ineluttabile.

Chiuse gli occhi umidi, abbandonandosi completamente al destino.

Poi, giunsero delle voci.

“TOUMA!”.

Erano inconfondibili quelle alte e vivaci di Ryo e Shu, il gettarsi a capofitto di Shu, la furia di Ryo, lo sguardo preoccupato e tenero di Shin, che si accucciava su di lui, mentre alle loro spalle infuriava la lotta.

Le mani fresche di Shin calarono sulla ferita e Touma dovette stringere, ancora una volta, i denti per non gridare il suo dolore: ma gli occhi si spalancarono sulle spalle di Seiji, la silenziosa luce, che calava impietosamente la yari rubata sul soldato che aveva rischiato di essere suo boia. Le labbra di Tenku si socchiusero a mormorare il nome di Korin che, rispondendo a quel richiamo, volse i propri occhi quasi neri su di lui: il rumore della battaglia si era sciolto nel silenzio che sempre la segue, i respiri e le voci concitate di Shu e Ryo erano leggere a confronto con l'intensità dello sguardo scuro di Seiji.

Ne ebbe paura, come un bambino teme il buio di una notte senza stelle: Touma abbassò il proprio e si concentrò sulle parole tenere e preoccupate di Shin, la sua ancora di salvezza ora.

“La ferita non è profonda, ma stai perdendo molto sangue. E dobbiamo tornare a casa di Nasty, prima che ci attacchino di nuovo...”.

E, di nuovo, come una persecuzione, i suoi occhi ebbero di fronte Seiji e lo videro inginocchiarsi accanto a Shin e posare le mani sulla sua ferita: il dolore sembrò accrescere, la medesima sensazione di calore defluì in lui, ma la pace del giorno precedente pareva completamente scomparsa.

“Oh, Seiji la ferita è quasi scomparsa!”.

Com'era scomparso il calore.

Sentiva i suoi occhi addosso, lo trapassavano da parte a parte, come se fossero troppo profondi e lui talmente stupido da essere trasparente alla sua vista.

“Riesci ad alzarti Touma?” le braccia di Shu, alle sue spalle, che, forti, lo alzavano, sorreggendolo con estrema delicatezza.

“Temevamo che ti avessero …”. La voce di Shin fu inghiottita da un suo stesso sospiro, mentre Ryo gli passava una mano sul viso; Kongo, sorreggendolo con semplicità, gli rivolse uno sguardo di disappunto.

“Ci hai fatto spaventare! Ma non eri tu il dormiglione? Che accidenti ci facevi sveglio a quest'ora?!”.

Il capo di Tenku scivolò di lato, senza una parola, imbarazzo misto a senso di colpa che mozzavano ogni risposta potesse dire la sua bocca: si appoggiò a Shu, il ricordo del dolore alla gamba ancora vivido sull'arto, il braccio pulsante abbandonato al fianco.

Con occhi guardinghi e i sensi allertati, i cinque fecero ritorno alla Villa, il sole ormai allo zenit; il loro ritorno fu accolto tra i sospiri di sollievo e la voce concitata e preoccupata di Jun che, viste le condizioni di Touma, si sentì ancora più in colpa per l'incidente del giorno prima.

“Dai, Jun … è andato tutto bene, nessuno qui ha colpe” cercò di minimizzare Shu con uno dei suoi sorrisi più solari. Touma dalla sua cercò di replicare qualche parola di scuse, ma uno sbuffo ben chiaro alle sue spalle, fece morire un qualsivoglia discorso dalle sue labbra.

Tutto come se un vento gelido si fosse abbattuto su di loro. O meglio, su di lui.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Dedico sempre questo capitolo a PerseoeAndromeda e Hrafnagud: voi sapete perchè^^

E come la notte segue al giorno, il sonno catturò la grande casa di Nasty, portando un po' di sonno, un po' di movimenti di natura interessante e braccando Seiji per un secondo – e non certo benvenuto – sogno. Non si chiese nemmeno perché non l'avesse perseguitato la notte di mezzo ... in fondo con Touma, tutto era possibile, anche il non-sense delle cose.

Questa volta, gli occhi accesi e attenti di Seiji non si risvegliarono in mezzo al nulla d'azzurro e di nuvole e non trovò panda ad attenderlo – cosa che Korin riuscì ad apprezzare nel sogno stesso: cosa di assai poco stupore, vista la disciplina ed il controllo che il ragazzo applicava ad ogni cosa.

Anche nei sogni. Almeno, in parte.

Il pensiero che il ragazzo riuscì a formulare, dopo aver ringraziato il cielo della mancanza del suo più strano incubo bicolore, non fu però entusiasta. Tutt'altro, a dire il vero.

Quando se lo ritrovò davanti, Seiji cominciò ad avere qualche dubbio sulla propria creatività in fatto di sogni: poteva accettare cose bizzarre, scene che si riproponevano secondo qualche programma visto in tv, i colpi di testa della sorella o, più semplicemente, la malsana replica di qualche battaglia.

Non che preferisse quest'ultima, certo.

Ma c'era un limite alla banalità.

“Un roveto?!” si ritrovò ad esclamare quasi con stizza. Guardava quell'enorme montagna di legno scuro, intrecciato, ingarbugliato su se stesso e pieno di spine. Un enorme roveto secco in mezzo al ... nulla?! “Che assurdità ...”.

Cosa si sarebbe dovuto aspettare ora? Che il panda si calasse dall'alto, magari appeso a un palloncino? O che aprisse quel roveto in due, trasformandolo in qualche strano tipo di pastiche occidentale nel quale si era infilato per la più ovvia delle ragioni? Oppure ... ma certo. La cosa più semplice era che se lo ritrovasse sotto forma di corvo a gridargli un ahou, tanto per coronare l'intera giornata.

Per come si sentiva, in quel momento avrebbe pensato a tutto.

“Daaa ...”.

Seiji sgranò gli occhi. Li sentì divenire enormi, incalcolabili. C'era un limite a tutto: ai panda troppo rompiscatole, a dei rovi assurdi in mezzo al nulla, ai suoi inquietanti occhi viola che si spalancavano così raramente.

Ma un baby-Touma?

Quello era ben oltre il limite consentito dalla logica – anche se si trovava in un sogno e nei sogni poteva accadere di tutto. Ma non nei sogni di Seiji Date. Così, almeno, se li ricordava i suoi sogni.

Sbattè gli occhi un'altra volta, mentre il bambino di fronte a lui – vestito solo di un panno che, ringraziando gli dei, lo copriva a dovere – lo guardava con fare curioso, compìto, quasi assurdamente ... serio.

Ma era un bambino che gattonava! Cioè, era Touma che gattonava ... ma non aveva senso! Perché doveva sognarsi un bambino con l'aspetto di Touma – avanti, quegli occhi di quel cobalto profondo con quell'espressione da so-tutto-io e che gridava così da ... panda! – in mezzo al nulla, appiccicato a quel roveto enorme.

E che diavolo ci facesse così vicino a quel posto ...?

“Touma spostati!”.

Seiji gli parlò, come normalmente si parla a Touma, ma a quello adulto: ora, era risaputo che già di solito la risposta a quel tono non era mai assertiva ... ma su baby-Touma ...?

Inutile.

Così, ricompensando il suo sforzo, il bambino che era Touma si avvicinò ancor di più ai rami secchi con le sue spine affilate e mise una delle manine paffute su di esse, stringendo forte.

Seiji soffocò un grido e si gettò in avanti ... o almeno tentò di farlo.

Allora si rese conto che quello non era un sogno, ma un dannato incubo.

“Touma!”.

Eppure il bimbo non fiatava, sembrava che i suoi occhi fossero solo curiosi, non spaventati, non pieni di dolore, come sarebbe stato normale, per chiunque. A maggior ragione per un bimbo.

Ma il piccolo Touma guardava distrattamente Seiji e, con poco interesse, osservava la propria manina gocciolare di sangue.

Era insopportabile.

“TOUMA!”.

Ed erano inutili i tentativi di Seiji di avanzare ... lui arrancava e si tendeva verso di lui. Voleva toglierlo, strapparlo da quel momento. E voleva anche chiudere gli occhi e imporsi di risvegliarsi e fuggire da quell'incontrollabile dolore.

Ma un muro di aria lo fermava; l'aria, forse Tenku. O forse erano solo l'aria e il vento che erano propri di Touma, prima ancora che di Tenku.

All'ennesimo richiamo di Seiji, il bimbo girò il proprio sguardo su di lui e Seiji si sentì seccare la lingua in gola, mentre il bimbo, muovendo in maniera impossibile le gambe si alzava in piedi, allungando così se stesso in una figura che non era più bimbo, ma solo ragazzino.

E i passi del ragazzino avevano penetrato il roveto, incoscienti del pericolo e sordi al suo richiamo esasperante.

“Touma, accidenti, VIENI FUORI!”.

Penetrato nel groviglio di spine, quasi tutto il suo corpo era occultato alla vista, solo la testa e le spalle spuntavano fuori, ancora illesi dagli strappi e dai graffi profondi che, in silenzio, il ragazzino pareva sopportare con stoica e maniacale pazienza.

“TOUMA!”.

 

Non ha senso che pensiate a questo ... i vostri sogni sono più importanti. E di me non c'è da preoccuparsi. Non sono responsabile? Non me lo dici sempre 'kaasan …?”.

Sei un bravo bambino, Touma-kun ...”.

Sei proprio speciale ...”.

 

A chi appartenevano quelle voci? Okaasan … sua madre? E l'altra … ma …

 

I documenti sono pronti ...”.

Touma rimarrà con te allora ...?”.

Non può essere altrimenti”.

Rimarrà nella casa in cui è nato. Almeno quello ...”.

'tousan, a me piace Osaka, davvero”.

Che bravo bambino ...”.

 

Bravo ... bambino ...? Ma era rimasto ... solo? Shin non gli aveva detto che-

Crack.

Un ramo spezzato, gli occhi di Seiji si focalizzarono nuovamente e il ragazzino era scomparso.

Ma più in là, nel cuore del roveto, là dove c'erano solo spine e l'aria era rarefatta, là ... c'era Touma. Il suo Touma, quello del presente.

Aveva il viso a tre quarti, lo sguardo era lontano e ambiguo: pareva un sorriso quello sulle labbra, ma sembrava una riga distorta e falsa.

Seiji cercò di aguzzare la vista, Touma era lontano, la sua figura era quasi interamente occultata da spine e rami scuri e fitti: vide però un movimento, la mano che si alzava oltre il viso e si aggrappava a un ramo e ... sangue.

“SMETTILA TOUMA! NON MUOVERTI!”.

E la lotta tra Seiji e il muro d'aria riprese, i movimenti del ragazzo erano sempre più violenti, improvvisi, disperati. Ma la resistenza dell'etere, la sua testarda tenacia, quel muro che lo separava dal suo tormento ...

 

Va tutto bene, non ho paura.

 

“Touma?!”. Era la sua voce, sì, ma ...

 

La casa è vuota, ma lo è sempre stata. Non ho certo paura del buio.

 

Non gli stava parlando. Touma stava parlando a se stesso. Quando ...?

 

Non sono solo. Ho i libri, lo studio, la scuola.

A volte 'kaasan chiama. 'tousan torna raramente, ma è normale.

Ora che sono un po' più grande ho capito perché lo fa.

Non gliene faccio una colpa, credo lo farei anche io al suo posto.

In fondo sono tutto mio padre, anche se l'aspetto me l'ha dato 'kaasan.

È per quello che lui non torna.

Ma non gliene faccio una colpa.

 

C'era qualcosa di terribilmente sbagliato in quelle parole.

Era soffocante, insopportabile.

 

Osaka è grande. Luminosa, variegata, disordinata Osaka. Ed è così assordante.

Così tanto.

Così tanto che ... il mio silenzio non si sente.

 

“AH!”.

Il risveglio di Seiji fu improvviso e disturbato: non avrebbe voluto abbandonare quel sogno, non avrebbe voluto lasciare in quel roveto Touma, non sarebbe mai scappato.

Ma si era svegliato. Un raggio di sole l'aveva svegliato.

Era mattina, ma il sole era alto, troppo alto.

Si portò una mano agli occhi, privo di parole e prosciugato di forze: era come se percepisse, nei muscoli del proprio corpo, lo sforzo che aveva compiuto contro quel muro d'aria. Era strano, quasi inquietante come la sensazione si fosse trasmessa dal sogno alla realtà.

Forse era la tensione che il suo corpo aveva percepito durante il sonno.

Un singhiozzo improvviso lo riportò alla realtà.

Seiji voltò lo sguardo alla sua sinistra, sulla figura ammantata di lenzuola che, dalla sera prima non aveva più dato segni di vita.

Era lui che aveva singhiozzato?

Un altro singhiozzo e, stavolta, il muoversi improvviso delle lenzuola, la figura che pareva farsi sempre più piccola, risucchiata in se stessa.

“Touma?”.

Lo chiamò, voleva svegliarlo.

Forse stava facendo un incubo, uno di quelli di cui gli aveva accennato Shin.

Qualcosa dentro di lui crepò, sentì lo stomaco contorcersi.

Shin gli aveva detto molte cose. E ora, se davvero quel sogno non era solo un parto della sua mente confusa ... se davvero era il legame ... se davvero quelli erano i pensieri di Touma, quelli più intimi ... quelli che nessuno ancora sapeva ...

“Touma ...?”.

Sapeva, oh quanto lo sapeva bene che per svegliare Touma era necessaria la pazienza e tanto rumore, ma ... cosa avrebbe ricavato dal superare la famosa 'zona sociale' di Shin?

Ancora rifiuto? Odio, insulti?

Sarebbe di nuovo scappato?

Un ulteriore singhiozzo, il respiro soffocato da lacrime ...

E se fosse stato ancora immerso nel sonno?

E se dormiva, forse, sognava.

E se sognava ... che sogni faceva?

Seiji si alzò di scatto in piedi, irritato: non erano da lui certi pensieri. Era riflessivo, non paranoico!

Ciò nonostante, si avvicinò al letto di Touma a piccoli, insignificanti passi, ritrovandosi contro il suo materasso fin troppo velocemente.

Lo chiamò ancora.

“Touma, svegliati...”.

Ma che senso aveva chiamarlo con quel tono? Avrebbe dovuto infrangere quella zona sociale e scuotere la spalla di Touma per richiamarlo al risveglio.

Eppure, la sua mano fece altro e, senza che se ne rendesse conto, si trovò ad affondare tra le ciocche corvine con il tocco più delicato che la sua letale mano conosceva.

E sì, sapeva essere delicata come il tocco di un fiore quando desiderava.

Qualcosa nell'aria cambiò: la figura nascosta smise di agitarsi, il respirò si calmò, andando a quietare il singhiozzo che morì in un sospirò tremolante, quasi di sollievo.

Seiji si era accorto di quello che la propria mano aveva combinato; stranamente si era arreso a quella volontà o, forse, era sollevato di non avere più alcun muro invisibile da affrontare.

Non sapeva nulla con certezza, se non che quel gesto lo rendeva calmo, quasi pacifico.

E no, non era Touma, era solo ... qualcosa che lo legava alla propria infanzia? Forse.

Continuò ad accarezzargli i capelli, anche quando i rumori attorno a loro si fecero più forti e concitati – la sveglia di Shu e Ryo. Ma dentro la loro camera, ogni cosa sembrava ovattata, anche le sensazioni.

“... dolce ...”.

Il mormorio di Touma venne fuori mezzo soffocato e Seiji rispose a quella parola arricciando il naso, sdegnato: lui lo stava coccolando, aveva fermato le sue lacrime e lui? Lui pensava al cibo, lui!

Però percepì chiaramente il capo corvino spingere verso la propria mano, mentre il bozzolo di corpo si stringeva sull'orlo più estremo del materasso, addosso a Seiji.

Da quando in qua Touma l'irriverente era diventato ... coccolone?

“... sei ... dolce ...”.

Il volto era sbucato dalle lenzuola, gli occhi perfettamente chiusi, il naso un poco all'insù si arricciava in maniera buffa quando le labbra si muovevano, tendendosi incerte, in un sorriso.

Touma stava dormendo. E nel sonno parlava. Ma nel sonno era anche capace di sorridere.

Korin si irrigidì, sentì il calore esplodergli violento in viso e percepì pensieri che la sua meditazione, ancora, non era riuscita a districare.

Seiji poteva avere anche tutti i dubbi di questo mondo, ma di una cosa non poteva che essere certo: si era innamorato di quel sorriso.

 

*

“Shu, Ryo ... avete visto Seiji? Non è uscito a meditare stamane ...” chiese Shin ai ragazzi non appena si riunirono attorno a lui per la colazione; Jun era in giardino a giocare con Byakuen, Nasty era già al lavoro sul suo computer, sbocconcellando i biscotti preparati da Shin.

Shin riusciva ad essere il perfetto ospite e l'uomo di casa dei sogni ... Nasty ammetteva che essere viziata a quel modo era piacevole. Anche troppo. Cosa avrebbe fatto senza di loro?

“Io penso che Seiji sia ancora in camera con Touma ...” disse lei sibillina. “Non c'è di che preoccuparsi ...”.

Shin sospirò col sorriso di chi la sa lunga e servì la colazione ai due compagni.

“Allora non dovrò bagnare nessuno stamane” un sorriso sotto i baffi, poi “così possiamo uscire a prendere un po' di sole, mentre li attendiamo”.

“Non è che litigheranno ancora ... vero?” chiese un po' ansioso Ryo, mentre mordicchiava del pane. “Ieri ... ci hanno fatto preoccupare ...”.

“Seiji era sul punto di scoppiare” aggiunse Shu facendo tanto d'occhi al ricordo. “Era talmente furioso che ...”. Il ragazzo preferì affogare le parole nel latte, piuttosto che rivelare quanto l'energia di Seiji l'avesse terrorizzato. E i suoi misteriosi occhi non avevano nemmeno avuto voce in quella reazione.

“Faceva bene ad essere arrabbiato” replicò Shin con una nota stonata nella voce. “Ci ha fatti spaventare ... è stato un irresponsabile ...”.

“Ma Seiji l'ha già punito” borbottò tra sé Ryo, provocando nei compagni e nella ragazza reazioni piuttosto ... divertite.

“Infatti non gli dirò nulla. Seiji basta e avanza” ironizzò Shin con un occhiolino rivolto a Ryo. “Non mi piace certo infierire su una vittima simile ...”.

Una risatina da parte di Shu che, con non-chalance, sbattè gli occhi e lo guardò con aria innocente e molto puerile.

“Shin-chan non ti facevo così ... sadico”.

Per ovvi motivi – primo fra tutti, l'interlocutore era Shu – Shin fu aggredito da un rossore violento e improvviso che si scatenò esternamente a parole.

“Per tua informazione, io sono solo realista!”.

“O sei geloso perché non puoi fare tu la ramanzina a Tou ...”.

“Sarei felice di lasciare quest'incombenza a Seiji!”.

“Shin-chan ... e dire che a volte sembra proprio che ti piaccia. Fargli da mammina, intendo”.

Mai trascinare Ryo in discorsi simili: riusciva sempre a peggiorare lo stato di Shin da imbarazzato a voglio-sotterrarmi-a-vita.

Gli riusciva così naturale.

“E dire che invece Seiji sarebbe perfetto ...” sospirò Nasty battendo le ultime parole di un documento di storia. Cara e sibillina Nasty... metteva tutti a tacere quando se ne usciva dal nulla con tali ambigue frasi.

“Per cosa?!” chiesero i tre all'unisono, con espressioni che andavano dal curioso all'inorridito passando per il confuso.

“Come papà” rispose la ragazza girandosi verso i tre volti dagli occhioni spalancati. “Non negate che l'avete pensato anche voi ... almeno una volta”.

Nasty era davvero una ragazza fantastica: pronta, intelligente, ricca di risorse e coraggiosa.

Ma la sua mente era tanto acuta quanto la sua lingua priva di inibizioni.

E con quel viso gentile e pulito, l'accoppiata finiva per essere tremendamente inquietante.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Vorrei dedicare questo capitolo a due persone senza le quali 'Grovigli' sarebbe ancora in alto mare: a PerseoeAndromeda che è sempre con me e che condivide quest'avventura dall'inizio (e che mi fa anche da beta che non è affatto poco >.<): grazie mille cu!
E a Hrafnagud che, nonostante la breve conoscenza tra noi, è stata fin da subito una presenza intelligente e divertente ... i suoi commenti su 'Grovigli' mi hanno aiutato e spronato a continuare con più sprint questo progetto e a darmi anche idee fulminanti ...
Grazie mille a entrambe >.<

Touma si era ritrovato così nelle amorevoli cure di uno Shin troppo riservato per chiedergli quello che, realmente, non era andato per il verso giusto: davvero, quel ragazzo era troppo buono, troppo coscienzioso con lui. C'erano volte che pareva conoscerlo molto meglio di quanto egli conoscesse se stesso – motivo che, da una parte, lo attraeva e solleticava il suo essere molesto, dall'altra lo rendeva ancor più ritroso a quelli che erano, più nel profondo, i suoi sentimenti.

Usando una banale quanto effettiva scusa – il sonno – Touma si ritirò ai piani superiori da solo, sperando di ingannare l'ingombrante presenza di Seiji che, per tutto il tempo delle cure di Shin, non gli aveva staccato gli occhi di dosso; si ritrovò, però, a sobbalzare quando, messa una mano sulla maniglia della porta della camera, sentì un'altra mano, fin troppo famigliare, spingerlo all'interno della stanza. La porta si richiuse con un nitido 'click' e la serratura girò, con uno scatto inconfondibile, nel legno.

“Pare che questo sia l'unico modo per tenerti al sicuro”.

Tenku si girò su se stesso, affrontando di petto Korin con un'espressione, stavolta, di puro terrore negli occhi, completamente consapevole, per una volta, delle proprie colpe. Seiji strizzò gli occhi, la bocca rigidamente chiusa in una linea obliqua di riprovazione: conteneva la rabbia e la furia che non aveva scatenato là, sul campo di battaglia.

Non voleva pensare al terrore che l'aveva toccato nel momento in cui l'aveva visto steso a terra, immobile … e quel soldato che sembrava pronto a portare a termine un lavoro quasi completo. E doveva, voleva dimenticare il sangue che aveva veduto su quella lama e che, poi, si era infilato tra le proprie dita. Voleva …

La mano che aveva richiuso la porta andò a sbattere violentemente sullo stesso legno, con un rumore sordo e basso che risuonò assordante alle orecchie dell'arciere.

“Stupido incosciente. Stupido. Non avrei mai detto che tu fossi così stupido”. Per retaggio famigliare, Seiji non era certo fantasioso quando c'era da insultare malamente qualcuno.

Quella voce così bassa, fredda, eppure pronta ad esplodere in un'immensa fiammata non appena Touma gli avesse offerta una qualche possibilità di farlo, era terrorizzante, quanto il pensiero di ciò che la Luce avrebbe potuto fargli.

Ecco, di nuovo Touma si sentiva come un bambino indifeso davanti al più terribile degli adulti: non sapeva che dire – o forse lo sapeva, ma la bocca tremava così tanto da non osare aprirsi – non sapeva cosa fare, ora, per non scatenare ancora di più le ire di Seiji.

“Ora hai paura, ORA?!”.

Il tono si alzò e Touma ricadde a sedere sul proprio letto, consapevole solo all'ultimo istante di essere arretrato a piccoli passi, allontanandosi da Seiji che, con i medesimi passi, gli si era avvicinato. Le mani di Tenku si poggiarono sul materasso, stringendosi tremanti attorno alle lenzuola, mentre alzava il volto verso il compagno con un cipiglio ben poco coraggioso.

Vide il viso di Seiji farsi più scuro, indignato; percepì la sua luce divampare, terribile ed immensa; sentì, infine, un cuore che batteva più forte del suo, così forte da apparire sconfinato e incrollabile.

“Non hai nemmeno idea di quello che abbiamo provato, piccolo stupido!”.

Era così forte il desiderio di prendere a pugni quell'idiota. Far scomparire tutta quell'ansia, quell'insicurezza che il pensiero di quello che sarebbe potuto accadere gli aveva montato dentro, come una tempesta.

“Perdonami ...”.

C'era qualcosa che spingeva, là sotto, nello stomaco perché quel grumo di emozioni che non voleva far uscire esplodesse in totale libertà: era forse quello che portò gli occhi a bruciare in quell'inconfondibile modo che precede le lacrime.

Perdonami … detto con tutta quella semplicità, come se fosse una parola cui era avvezzo. Ma non era così, non lo era per niente. Non aveva mai chiesto perdono, non c'era mai stato qualcuno cui chiederlo. E non era per maleducazione. Era solo che … non aveva avuto mai nessuno da ferire, o il cuore giusto per vederne le ferite.

La schiena di Seiji si era irrigidita a quella sola parola, a quello sguardo che, in un attimo, aveva scatenato un improvviso quanto molesto deja-vu: un colpo basso, decisamente infelice quello. Che quel sogno fosse stato premonitore? Come poteva anche solo pensare che il pericolo di Touma-panda fosse anche solo paragonabile a quello che il Touma-no-baka qui presente aveva corso?

Però gli occhi lucidi di sogno e realtà erano, indiscutibilmente, gli stessi.

E se quelle labbra avessero pronunciato le medesime parole?

La bocca di Seiji si strinse, testardamente, mentre l'espressione di Touma si abbassava a terra, intimidita da quel silenzio indecifrabile e intimidatorio.

“Non so perché l'ho fatto...”. Oh, se lo sapeva bene. Il motivo ce l'aveva proprio di fronte, ma dirglielo ora non sembrava esattamente una mossa intelligente. E, di cose stupide, quel giorno, aveva già fatto il pieno.

Il gesto che seguì quella bugia – la mano di Seiji che andò ad afferrare il mento del ragazzo, rialzandolo verso di sé con fare tutto autoritario – scatenò in Touma l'inaspettato imbarazzato rossore che rese le successive parole di Korin ben poco incisive.

“Non abbassare … lo sguardo ...”.

E a quel punto, nelle orecchie di Touma rimbombò il battere del proprio cuore deciso, inquieto; le dita di Seiji che bruciavano la propria pelle... o era il viso arrossato a essere bruciante sulla sua pelle?

“Sincerità. Da te la pretendo … non è mia abitudine rincorrere qualcuno per sapere le cose”.

Touma perse il rossore di poco prima e alzò sul compagno uno sguardo un po' sulla difensiva, un po' polemico.

“E quando saprai la verità, cosa …? Ti arrabbierai di nuovo?”. Ecco come buttar benzina sul fuoco: “E' abbastanza chiaro a entrambi che sono l'unico qui dentro a irritarti”.

“Mi irrita il fatto che sono l'unico che eviti” con un sospiro Seiji lasciò andare la presa sul viso di Touma e la sua mano ricadde sul fianco, esausta.

“Non è vero!”. Come un animale preso in trappola che tenta il tutto per tutto, Touma mentì in maniera spudorata.

“Touma!”. Spazientito, irritato e anche con una gran voglia di strozzare letteralmente Tenku, Korin dovette frenarsi, non senza fatica, dal dare forma a pensieri non esattamente pacifici. “Io non mi arrabbierò” o, almeno, ci avrebbe provato. “Ma devi parlare, non puoi più ignorarmi”.

“Come se potessi farlo ...”. Un sospiro ancora e Touma si ritrovò a scrollare il capo , distogliendo lo sguardo caparbio da Seiji. “Sei la mia persecuzione”.

“Perdona la tua persecuzione allora ...” e una ben chiara nota di amarezza nella voce di Seiji fece vibrare le viscere di Touma come un terremoto. “Se non posso fare a meno di tenere un occhio su di te, prima che combini dei casini. Come oggi”.

Un moto improvviso ed il capo di Tenku si rialzò ribelle verso il volto pallido di Seiji che, ora come ora, non riusciva a obbligarsi completamente a tenere quello sguardo fermo su di lui.

“Non è stata colpa mia! È capitato per caso ... io non cercavo di ...”.

Cosa cercava di non fare, poi? Di non scappare ... da lui?

“Di farti ammazzare?!” più simile a un sibilo era la voce di Korin. “Vallo a raccontare alla tua gamba. O alla tua testa che chissà dove stava finendo ...”.

Per un attimo, Seiji sentì di voler gettare la spugna: gli parlava e sembrava che ogni parola se la rubasse il vento ... perché questo testone non capiva o non voleva capire.

“Non hai idea di quello che abbiamo provato ...”.

Stavolta fu solo un mormorio, ma l'udito di Touma era fine e il messaggio era giunto perfettamente a destinazione.

Peccato non trovasse parole da obiettare ... o, semplicemente, qualcosa che gli buttasse addosso ciò che lui aveva provato, in quello stesso istante. Ma le parole non arrivavano mai, mai al momento giusto quando c'era l'erede dei Date come avversario: lo zittiva, con parole, con occhiate, con la sua imponente presenza che lo irretiva in tutto.

Poi, all'improvviso, Seiji si spostò con passo marziale verso la porta d'uscita, pronto ad abbandonare quella che per lui era una missione senza speranza.

Trovò la mano di Touma sulla propria.

Cosa avesse pensato quest'ultimo quando aveva allungato la mano, non era dato sapere: pareva un gesto dettato dall'istinto, più che dalla ragione stessa. Non per nulla, quando gli occhi costernati di Seiji si girarono verso di lui, il silenzio fu grave e pesante, mentre la mano dell'arciere si levava da quello dello spadaccino, come scottata.

“Sc-scusa ...”. Ecco dov'era giunto: ora balbettava. “Io non ... “ riabbassò lo sguardo, anche se gli aveva detto di non farlo. Ma non riusciva a seguire i suoi dannati ordini ... quando aveva quegli occhi fermi e decisi su di sé, tutto andava in brodo di giuggiole. Ovvio che anche Shin si fosse accorto di come la sua lingua, con Korin, non funzionasse affatto.

“Tu ... non?”.

Ok, aveva catturato la sua attenzione. Quella mano tremante aveva fatto tutto il suo dannato lavoro. L'aveva bloccato lì, sul posto. Touma non riusciva a raggirarlo a parole. Ah, ma a gesti eccome!

“Io ho avuto ... paura”.

Balbettate parole di paura nelle sue orecchie. Il suo capo chino, il tremore così chiaro nelle sue membra. Seiji ingollò in maniera eclatante: quello era dannatamente troppo simile al sogno. Mancavano solo le lacrime e sarebbe stato perfetto – non che lo volesse veder piangere.

Ma, doveva ammettere a se stesso, era curioso di vedere che reazione avrebbero avuto le lacrime su di sé: non vi era alcuna traccia di sadismo in quel pensiero, solo ... innocentemente ... voleva vedere fino a che punto il Touma reale gli facesse effetto.

Tutto sommato una patetica scusa per vedere se, davvero, il Touma del suo sogno era totalmente quello che gli si parava, timidamente, davanti.

Fu per quello, forse, che la sua mano si allungò istintivamente verso il mento del ragazzo – ancora una volta – e la mosse verso l'alto con espressione di mite curiosità mista a quell'inevitabile severità che lo rendeva il più equilibrato e moderato elemento del gruppo.

Ed eccoli gli occhi infingardi, quelli che lo stavano tormentando dal sogno ... un blu scuro che diventava nero dietro quella cortina di lacrime che non volevano scendere. Le labbra strette in una smorfia dolorosa ed il naso teneramente arrossato: per un lungo istante, Seiji pensò che sarebbe stato scaraventato a terra dalle esili braccia del ragazzo e che l'avrebbe mandato al diavolo – quello che le labbra stavano comunicando. Ma gli occhi e quel rossore così timido sembravano l'inizio di una richiesta d'aiuto, un abbraccio ... un contatto.

Forse era perché una certa parte della sua razionalità si era spenta volontariamente, davanti a quella visione, e per quello stava agendo sotto il potere dell'istinto; certo, ricordava una certa lezioncina datagli da Shin sulle distanza sociali ... la ricordava troppo bene.

Ma quello era un invito, puro e semplice. E, a certe cose, Seiji non sapeva resistere.

E Touma? Cosa stava facendo? Perché stava dicendo tutte quelle cose? Si stava esponendo, si stava aprendo e lui non voleva affatto aprirsi a Seiji. Lui ne aveva timore, perché ... le parole di Korin erano quelle che facevano più male. Affondavano senza pietà, dritte al cuore ... sapevano come colpire dove fa più male. E a Touma faceva sempre male. Ma era sua la colpa. Non avrebbe dovuto giocare con lui, non con le parole. Fin dall'inizio Seiji non si era fatto remore a rispondere a tono. Ma era normale, forse.

Shin lottava con la lingua, ma i loro battibecchi erano sempre innocenti, a volte maliziosi, ma mai, mai dolorosi. Touma aveva compreso, fin dall'inizio, che tipo di persona fosse il pesciolino e, fin dalla prima volta che gli aveva rivolto quel sorriso tanto dolce, mai si era permesso di andare oltre un semplice scherzo o una battutina a doppio senso. Non avrebbe mai osato esagerare.

Temeva una reazione alla quale avrebbe risposto con la più totale mortificazione. E il dolore di un amico.

Seiji era tutta un'altra pasta. Vedeva di cosa era fatto dallo sguardo, dai gesti sicuri, da quell'atteggiamento irreprensibile. Sapeva di andare a sbattere contro un muro di gomma ... ma la cosa non l'aveva mai frenato dal continuare. Forse quello era masochismo.

Quando aveva rialzato lo sguardo a quel tenero ma deciso tocco si era dovuto frenare, aveva dovuto autoimporsi un limite: niente linguaccia, niente parole. E niente lacrime.

Ecco quello che lo faceva infuriare e, al contempo, destabilizzare di più: Seiji riusciva a portarlo alle lacrime. Né più né meno.

Nel silenzio del distacco, però, qualcosa era cambiato: un pò era venuta meno la paura, forse per fare spazio a una curiosità ritrosa, forse la stessa che lo portava troppo spesso a scagliarsi contro Korin invano, ma con una testardaggine che ...

Beh, Tenku era Tenku e non era certo conosciuto per essere una persona proprio accomodante.

“Il mio tocco sembra non darti fastidio, ora ...”.

Sussurrò, a capo chino, Seiji, gli occhi incollati al pavimento, confusi e incerti. La sua mano era rimasta ancora a contatto col mento di Touma, non severa, non coercitiva; era rimasta lì e, se avesse deciso di allentare il tocco, non sapeva se la mano sarebbe tornata al suo posto o l'avrebbe messo nei guai.

“Non ... non sono abituato ad essere toccato ...”.

E, nel mezzo di tutta quella confusione, Touma si accorse di aver detto una cosa di troppo. Seiji si accorse che quelle parole gli aprivano un mondo davanti.

Un mondo fatto di Touma, nebbia, curiosità.

E un terreno così minato e, assieme, stuzzicante che ...

Lo sguardo di Seiji tornò su quello di Touma e, in un attimo, tornò a terra, ancora più confuso ... da se stesso.

Staccò allora la mano – a malincuore, anche se non riusciva ad ammetterlo a se stesso – e la riportò al suo originale loco, costringendola a non seguire l'istinto. In quella casa c'era già qualcuno che usava l'istinto senza che lui andasse ad aumentare le fila di quell'assurda accoppiata di scavezzacollo.

“E' strano ... non è ... che mi dispiaccia ...”. Che succedeva? La sua lingua così legata, quando si trattava della sua vita, del suo intimo, di lui, Touma Hashiba, e nessun altro ... che stava facendo ora?!

Rialzò gli occhi e guardò Seiji e subito si spaventò di quello che stava sentendo e di quello che la sua bocca si permetteva di dire ... era impazzito, o era sul punto di perdere il senno.

“Io ... devo ... devo dormire ...” e si era stretto tra le spalle, di nuovo dietro il suo muro, di nuovo nella sua zona protetta, morbida, sicura.

Seiji era insicurezza, rabbia, brivido, paura ... tanta paura. Lo faceva tremare, lo metteva in discussione ... lo metteva in posizione tale che ... lui stesso dubitava di tutto ciò che era ed era stato. Assurde frasi come 'sto sbagliando tutto', 'sono senza speranza' affioravano alla sua mente come dardi infuocati e si imprimevano a fuoco nella sua pelle, nella sua memoria.

Tutto di sé perdeva senso. Tutto di sé diventava sbagliato.

Il suo mondo scompariva e, davanti a sé, faceva capolino qualcosa di irriconoscibile e terribile.

Non voleva affrontare ciò che di sé non conosceva.

O non voleva ricordare.

Seiji avrebbe voluto allungare la mano, ancora una volta, scuotere quel corpo confuso e testardo, riportare il senno in quel capo, asserragliato in se stesso. Avrebbe voluto, ma non fece.

A quella richiesta di sonno, giunta all'improvviso, sensata e stupida al contempo, Seiji non aveva saputo dire di no.

Poi si era alzato, aveva abbandonato la stanza ed aveva sceso le scale, in silenzio. Ed in silenzio, aveva passato il restante della giornata.

Ryo si era preoccupato, tanto che erano servite l'estrema pazienza di Shin e la lingua impertinente di Shu a dissuaderlo da ogni tentativo di 'disturbo' di Korin: Suiko aveva compreso ancora prima di vedere l'espressione del ragazzo, dopo la conversazione con Touma. Shu, seguendo le silenziose indicazioni di Shin, gli aveva dato filo, finendo così per intralciare i buoni ma ingombranti propositi di Rekka.

Era giunta, così, sera e il bracciolo di una delle poltrone del salotto pareva vecchia e sgualcita dopo aver subito il trattamento di Seiji: non era riuscito a nascondere il turbamento (sconvolgimento?) interiore cui la conversazione aveva dato inizio: era chiaro, limpido come la luce ... anche troppo a detta della sua parte più testarda.

Tenku, anzi Touma. Lo destabilizzava.

Lo faceva ammattire, a dirla tutta.

Lo irritava, lo faceva smarrire e incupire ... lui che era la luce!

Era l'enigma degli enigmi ... colui che diceva una cosa e il contrario di ogni cosa. Che temeva ma non disdegnava il suo contatto. Che lo guardava con occhi ostili ... ironici ... spaventati e arrabbiati.

Che non capiva ... e non veniva capito.

Era talmente ingombrante quel ragazzo, che Seiji non riuscì nemmeno a mangiare tanto era sazio – ma che dico ... pieno! – di lui.

Si rifugiò in camera con la scusa di un mal di testa, gli sguardi di tutti sulle spalle.

“Seiji-niichan è strano ...”.

“Sembrava sul punto di perdere il controllo ...”.

“Starà bene? Non è da lui ...”.

“Ryo, è solo Touma. Fa quell'effetto a Seiji, è evidente”.

“Ah ... la carota, la carota ...”.

Ed ecco un mormorio dalla ragazza bruna che si ritrovò gli occhi sgranati di tutti addosso, mentre i suoi erano persi sul pc, tra le lettere verdi che palpitavano dal monitor.

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Capitolo 9
*** Capitolo 10 ***


Por qué precipitaste tu fuego doloroso,
de pronto, entre las hojas frìas de mi camino?
Quién te ensenò los pasos que hasta mì te llevaron?
Qué flor, qué piedra, qué humo mostraron mi morada?
 
 
Perché precipitasti il tuo fuoco doloroso,
d'improvviso, tra le foglie fredde del mio cammino?
Chi ti insegnò i passi che fino a me ti portarono?
Qual fiore, pietra, fumo ti mostrarono la mia dimora?
Da “Cento sonetti d'amore” di Pablo Neruda ed. Passigli

 
Se nei giorni precedenti i nascondigli-sotterfugi contro Seiji erano stati una semplice strategia per Touma, da quella mattina essi divennero la norma. Una norma talmente mal celata che, già all'ora di pranzo, Shin si sentì in dovere di prenderlo da parte sul terreno a entrambi più congeniale – per motivi diversi – la cucina.
Il giorno prima la discussione aveva preso una piega un po' strana e sul finire non esattamente felice: Shin doveva prenderlo con le pinze, usare tutti i sensi e l'istinto (che in lui erano molto spiccati) e cercare di cavare ben più di un ragno da un buco – e salvare Touma da un'ipotetica ma non improbabile bomba made in Date.
“Sai...” esordì Shin mentre tagliuzzava qualche melanzana. “Shu ha avuto molta pazienza con me all'inizio...”.
Touma, una mano sul frigorifero e gli occhi intenti a colpire la prossima 'vittima', rispose con un mugugno e un 'eh?' poco attento – la testa dedicata decisamente ad altro.
“Non è stato facile per entrambi, soprattutto per Shu. Un po' mi ha dovuto rincorrere”.
Un altro mugugno venne dal compagno che, evidentemente, non mostrava abbastanza interesse per il discorso.
Un colpo più secco tagliò a metà l'ultima melanzana.
“Ma mi ha catturato prima che andassi troppo lontano. E che cambiassi idea”.
Non che Shin avrebbe mai cambiato idea su di loro, ma di sicuro i loro sentimenti non avrebbero potuto evolversi fino a quel punto di 'non ritorno'. Era strano per Shin attribuire un così dolce significato a un termine dai connotati quasi funesti. Ma 'tornare indietro' era un'opzione che il ragazzo non voleva nemmeno prendere in considerazione, non voleva più voltarsi indietro.
Il frigorifero si richiuse con un tonfo sordo, il capo di Touma chino ad osservare il bricco di latte che teneva in una mano.
“Lo dici come se avessi voluto cambiarla”.
La mente del Panda, quando voleva, sapeva essere molto attenta, anche troppo.
Un altro colpo secco calò sul ciuffo verde della melanzana, che rotolò ai piedi di Touma con una certa virulenza.
Doveva aver pazienza. In fondo, era stato lui stesso a tirare in mezzo le proprie esperienze per giungere all'argomento topico prendendo molto alla larga: pizzicare l'argomento e poi fare piccoli affondi – e sperare nella buona sorta.
“Ammetto di averci pensato all'epoca” un sospiro, una piccola confessione. “Ma Shu è stato più veloce della mia paura”.
Silenzio di bocche, la lama del coltello tornò ad affondare sul tagliere con colpi secchi, mentre gli occhi di Touma saltellavano dalla sua schiena a quel pezzettino di melanzana che ancora giaceva ai suoi piedi: ne mosse uno che picchiettò il pezzo fino a colpire il piede di Shin.
Lo sguardo stizzito della mamma-chioccia-Shin lo colpì con veemenza sul naso, prima di chinarsi a raccoglierlo.
“Ma non dirlo a Shu...” sussurrò Suiko, mentre Touma lo osservava perplesso. “Non è che non lo sappia, ma non voglio che lui sappia che ci penso ancora. Ora la paura non ha più senso per me e se rimugino sul passato… è solo perché… è solo il ricordo di 'prima'”.
“Come vuoi tu...”.
Era un chiacchierone, ma se voleva sapeva farsi gli affari propri: tutto ciò che era il loro rapporto riguardava solo quei due e nessun altro.
Si voltò, deciso a bere il proprio latte in santa pace – anche se era ora di pranzo e avrebbe dovuto, per forza di cose, sedere allo stesso tavolo di Seiji. Doveva pensare a come evitare i contatti, decidere se scambiare il posto con Ryo o Shu sarebbe parso un gesto troppo eclatante per il suo personale incubo o se rivoluzionare ogni posto tradizionale avrebbe confuso abbastanza il ben troppo acuto intuito di Korin.
“Non correre troppo veloce Touma”.
Touma si voltò, incontrando lo sguardo malinconico, quasi liquido di Shin.
“Io non sono come te, Shin”. Un lungo silenzio, come a voler lasciar posare quelle parole a terra, ben salde e chiare. Il capo corvino si scosse, le labbra di Touma si piegarono in un sorriso sghembo, dannatamente sicuro. “In fondo tu corri più veloce di me”.
Shin lo sapeva che Touma sapeva mentire bene. Sapeva anche che riusciva a dosare sempre il serio e il faceto.
“Ma so quando è ora di fermarmi”.
Touma si voltò un'ultima volta verso Shin, prima di andarsene: alzò un poco le spalle, un'ombra fugace sugli occhi, una smorfia sulle labbra.
“Non sono te, Shin...”.
Il ragazzo di Hagi osservò la porta richiudersi silenziosa alle spalle del compagno, lasciò andare il sospiro che aveva trattenuto e poggiò il coltello sul tagliere, sentendosi ampiamente sconfitto: lo si poteva considerare solo un round, forse solo il primo. Ma il suo risultato non prometteva nulla di buono per i restanti che lo separavano dalla definitiva vittoria.
 
***
Al termine di un pranzo dove Touma aveva tenuto le distanze infilandosi tra Shin e Nasty (e spodestando così Shu dal posto e infilandolo tra un taciturno Seiji e un Ryo su di giri), Shin si era di nuovo appropriato della cucina per cercare di schiarirsi un po' le idee: la mossa di Touma era stata talmente plateale e scontata, dopo quel discorso, che era necessario correre ai ripari ed attuare una strategia con quel testone.
Mentre si divideva tra i piatti da lavare e i pensieri arruffati del ragazzo, giunse Seiji a cambiargli i piani: in silenzio era entrato, portando un bicchiere dimenticato nell'altra stanza, e gli si era avvicinato alle spalle, facendolo sobbalzare allungando la mano col bicchiere sul lavello.
“Ti ho spaventato?”.
“Mi hai solo sorpreso, ero sovrappensiero...”.
“Uhm...”.
La figura di Korin, assente come mai l'aveva visto, rimaneva ferma sul posto, la fronte appena corrucciata, intenta in qualche pensiero molesto, le labbra tirate e pallide.
“Seiji… qualcosa ti preoccupa?”.
Abbassando il capo, come un animaletto che cerca di scansare il pericolo, alzò gli occhi verso quelli del compagno, inquieti.
Il volto di Seiji si chinò di lato, con uno sbuffo, quasi spazientito.
“Tanti pensieri… irritanti...”.
Fiutando il cambio di umore, Shin si ritrasse un poco, tornando al proprio lavoro come se niente fosse.
“Beh… è normale… siamo tutti… inquieti…”.
Le sue mani si muovevano veloci e sicure nell'acqua calda, mentre gli occhi lanciavano occhiate veloci, praticamente rubate al compagno: quella sua temporanea assenza era uno spiraglio vantaggioso in una persona riservata anche più di Touma.
A Seiji non piaceva essere in quello stato. Certo, a nessuno piaceva, ma Seiji non era MAI perduto tra i pensieri e i misteri… e i silenzi e… certe complicazioni…
Non era abituato a dover registrare ogni cosa e a dargli il giusto peso, la giusta posizione nella scaffalatura della sua mente e… giungere al chiarimento finale e definitivo. Era sempre stato deciso, diretto; i giri di parole lo irritavano e le fughe alimentavano in lui motivi ulteriori di inseguimento.
Come samurai poteva essere diverso, certo… ma come essere umano era tutto semplice. O almeno avrebbe dovuto esserlo.
“Cosa fai con i pensieri irritanti, Shin?”.
Le mani nell'acqua si fermarono di colpo e Shin tornò a guardare Seiji alla luce del sole.
“Irritanti?”. Erano le persone o i pensieri ad essere irritanti? Shin si morse il labbro inferiore ed abbassò lo sguardo. “Credo… che ne parlerei”.
Il sopracciglio di Seiji si alzò, dubbioso, e gli occhi violetti squadrarono il ragazzo dell'Acqua.
“Ne parleresti? E con chi?”.
“Con Shu… credo...”.
E perché mai ora doveva fare lo scettico con lui? Era Seiji ad essere 'sotto osservazione' non lui!
“E se riguardano lui?”.
Seiji sapeva essere noioso. In maniera irritante.
“Beh… allora… ci penso...”. E a volte capitava che… “... ma capita che… lui se ne accorga...”.
“Perché è il tuo ragazzo?”.
Lingua affilata.
Arrossendo con una smorfia degna di un bambino capriccioso, Shin rispose.
“Perché mi capisce”. Anche se a volte faceva paura quanto riuscisse a leggergli dentro.
“Perché è il tuo ragazzo”.
Che zuccone. Faceva a gara con Touma.
“E' il mio ragazzo anche perché mi capisce così bene”.
Quello sembrò zittire per un istante Seiji che arretrò di qualche passo, andando a poggiare la schiena contro il frigorifero.
“E' perché lo ami… o perché ti capisce?”.
Gli occhi di Shin si dilatarono e i nervi cominciarono a perdere una dura guerra con l'esasperazione.
“Entrambi. Sono estremamente… legati. Non posso fare a meno di loro”.
Lo guardò a lungo Seiji, come se stesse cercando di comprendere i passi e i meccanismi che avevano portato quella strana creatura – Shin – a innamorarsi e a fasi capire da una persona: forse Shin e Shu non erano complicati quanto Touma e, non essendo simili, i meccanismi che regolavano il flusso delle emozioni potevano differire…
“E se non è possibile?”.
Finalmente il nodo della questione.
“Touma non è ancora diventato impossibile, Seiji”.
“Perché Touma?!”.
Ogni parvenza di assenza, rilassamento, apertura… divenne, in una sola parola, Seiji allo stato più puro.
“Stiamo parlando della stessa cosa?”.
Shin, innocente Shin che corre ai ripari.
“Dipende da te”.
Seiji, inquieto Seiji che avanza.
“Avanti Seiji...” borbottò Shin, tornando a fissare con sguardo malfermo i suoi piatti. “Sai che puoi confidarti con me...”.
“Perché Touma?” ripeté l'altro, mentre una sua mano andava a poggiarsi sullo scolapiatti.
Era seccante non avere risposte, ma ancora più seccante scoprire di avere davanti a sé uno zuccone più grande di Touma.
Shin si volse di scatto verso il compagno, l'acqua insaponata schizzò addosso a entrambi mentre una risposta secca e petulante scivolava fuori dalle sue labbra.
“Perché stavi parlando di lui, ecco perché! Non sono nato ieri, Seiji!”.
Apriti o cielo.
Non appena Shin si accorse che l'istinto aveva preso piede sulla sua lingua se la morse e, ancora fisso su Seiji, ebbe modo di vedere l'evoluzione dei suoi occhi. Che da severi si fecero terrorizzati, poi irritati, arrabbiati e, infine, furiosi.
Non disse una parola, ma Shin perse colore ed indietreggiò, vittima di quella presenza da predatore minaccioso. Fu sul punto di riaprire bocca, quando lo sguardo di Seiji mutò un'ultima volta e divenne una maschera di sgomento.
“Sei-”.
“Ti ho fatto davvero così paura?”.
La voce di Seiji era diventata incerta, a tratti morbida.
Shin corrucciò la fronte, confuso, mentre lentamente scuoteva la testa.
“N-no… è s-solo che ho… esagerato…?”.
Korin scrollò il capo, portandosi una mano al viso, passandola piano sugli occhi, poi lungo le labbra in un movimento che Shin trovò inspiegabilmente sensuale.
“Seiji...?”.
Due passi e Seiji chiuse Shin tra sé e il lavello, le mani che si poggiarono sulle sue spalle, premendo solo un poco su di esse, con una controllata insistenza.
“Sii sincero con me… lo so che lo sei, ma” un'ombra di insicurezza passò nelle iridi violette, un leggero tremore nelle sue membra. “Promettimi di esserlo fino in fondo, del tutto. Con me”.
Shin non poté far altro che scuotere la testa in assenso: non era nella sua natura mentire e, meno che mai, quando qualcuno cui voleva bene glielo chiedeva così esplicitamente. Quasi come una preghiera.
“Ti spaventano i miei occhi?”.
“Ah?!”.
Era la risposta migliore che era soggiunta a Shin in quel frangente, con quello stato d'animo e la confusione che ormai regnava nella loro conversazione.
“Lo so che non sono… normali...”.
“Normali…? NO!”. Era scattato, facendo sobbalzare anche Seiji con la foga che ci aveva messo. “Non l'ho mai pensato, io...”. Si portò una mano alla bocca, arrossendo in maniera piuttosto vistosa, sfuggendo gli occhi del ragazzo. “Io li ho sempre trovati… molto… molto belli...”.
“Ma se non li guardi nemmeno” replicò stizzito l'altro. “Hai promesso Shin...” e pareva una minaccia.
“E io mantengo Seiji!” rispose sempre più rosso in volto e guardandolo – stavolta – negli occhi. Per tornare a sviare lo sguardo. “Ma… io mi vergogno...”.
“Ma di cosa?”.
Per essere una persona sensibile, Seiji sapeva essere poco perspicace.
“Di guardarti negli occhi!”.
“Ma se dici che ti piacciono”.
“Ma io mi vergogno anche con Shu!”.
“Ma tu ami Shu”.
“E' proprio per quello, baka!”.
Finalmente le mani di Seiji lasciarono le sue spalle, ricadendo abbandonate ai suoi fianchi.
“Ma Touma ne ha paura, ne sono sicuro. Non mi guarda mai… e quando lo fa distoglie lo sguardo o scappa… o mi sta lontano...”.
E, per magia, qualcosa si era sciolto e, infine, Seiji aveva vuotato il sacco… più o meno.
“Io credo che Touma mi somigli in questo”. Lo sguardo confuso di Seiji fece continuare Shin, con una certa aria di vittoria. “Gli piacciono”.
“No”.
Che razza di zuccone.
“Pensa quello che vuoi. Io lo so con certezza”.
Shin rivolse tutta la propria attenzione al lavello, finì di sciacquare gli ultimi bicchieri e si asciugò le mani: Seiji era rimasto ancora nella stanza, silenzioso e pensieroso.
Mani sui fianchi, Shin lo avvicinò.
“Se siete in due a fare i testoni non ne verrete a capo nemmeno fra una vita. Strappagli le parole dalla bocca. Letteralmente, se è il caso”.
Gli occhi incerti di Seiji lo fissarono in silenzio per qualche istante, poi:
“Sai essere coercitivo, Shin. E la cosa mi sorprende”.
Shin dovette mordersi la lingua per non scoppiare a ridere.
“Mai quanto te con Touma, se aggiri l'ostacolo”.
E Suiko se ne uscì, lasciando un Korin più confuso, anche se con qualche certezza in più.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo dedicato a Luna Viola^^



"Allora ... hai dormito bene, piccolo panda?".

Shin scivolò alle spalle di Touma, sfiorandolo appena con un braccio: no, non aveva ancora detto a Seiji di come lui avesse un – come poteva chiamarlo? Ah! – passaporto speciale con Touma.

Insomma, in breve, quando erano da soli, Shin riusciva ad infrangere la cosidetta zona sociale di Touma e avvicinarsi quel tanto da poter percepire il calore del ragazzo e sentire anche i suoi sussurri più nascosti.

A volerlo chiedere a Touma, avrebbe risposto solo con un secco 'Shin è Shin'. Ed era probabile che la risposta non potesse essere nient'altro che quella.

"Ho dormito bene senza la vostra acqua ..." borbottò il ragazzo di Osaka chino su uno dei tanti romanzi gialli portati da casa: erano tanti quanti erano i dolcetti che, spesso, spuntavano da una tasca del suo zaino. "Perchè mi chiami 'piccolo panda'?". Ed ecco quel paio di occhi dallo sguardo intenso e pungente che si alzavano sul compagno, inquisitori.

Due grandi pietre colore del mare del sud si alzarono, accompagnati da un sorriso che era la promessa di una risatina, dolce.

"Sono stato ispirato ... e trovo che ti calzi" spalla contro spalla, un leggero tremolio da parte di Touma, niente di più. "Piccolo Panda. Mi piace anche come suona sulla lingua ...".

Uno sbuffo, un broncio e gli occhi colore del cielo intenso tornarono alla carta stampata.

"Lo fai solo perché io ti chiamo pesciolino. Ma il mio nomignolo ha senso ... sei un pesce e sei Suiko. Non c'è niente da spiegare ...".

Arricciando il nasino all'insù, Shin attorniò coi propri passi la figura del ragazzo, mentre lo scrutava con fare particolarmente serio, tutto in silenzio.

"Sputa il rospo, Shin".

"Che cafone. Sono venuto a farti compagnia. Orso".

Le dita callose di Touma intrappolarono una pagina, ne sentirono la consistenza sui polpastrelli, il naso sensibile ne captò il forte odore di carta riciclata, inchiostro di seconda scelta e chiuso: quel testo era rimasto in soffita per anni, prima che capitasse fra le sue mani una domenica pomeriggio. Uno di quei pomeriggi grigi e piovosi, quando il rumore delle gocce che sbattevano sulle finestre finiva per essere assordante.

"Orso? Ok, è un cugino del panda, ma non è esattamente lo stesso".

"Touma ..." Shin e il suo 'tono'. "Sai cosa intendo ...".

"Il panda è un mammifero di origini orientali che si nutre per lo più di bambù. Dorme, mangia e si riproduce, ma non molto. Uno dei motivi per cui è in via di estinzione ...".

Il ragazzo del Sud scosse la testa, esasperato: non è che non si aspettasse quelle risposte, ma, a volte, sperava che lo spiraglio di luce nel suo cuore si facesse a poco a poco più grande. C'erano giorni – e quello era uno dei tanti – in cui sembrava di essere tornati all'inizio. Giorni in cui Shin temeva di vedere richiudersi quel ragazzo ancora più in se stesso, in un bozzolo di cemento.

"Il panda è un animale mite, dolce ... cura i propri cuccioli con tanto amore ed ha occhi dolci di un bambino che vorrebbe essere coccolato ..." disse Suiko col naso puntato al cielo, mandibola un po' tesa: sapeva essere testardo, molto più di quello zuccone di Tenku.

"Vuoi coccolarmi, Shin?".

Il capo rossiccio del ragazzo si scosse, confuso e dalla sua bocca uscì un sospiro lungo.

"Prima di coccolarti vorrei scuoterti quella testona che ti ritrovi e far uscire le scemenze".

Un altro sospiro, il libro che venne chiuso con una foglia tra le pagine ed ecco che il capo corvino si girò velocemente verso quello del compagno più anziano.

"La mia testa ti deve piacere davvero tanto ... ne parli sempre così tanto".

"E' colpa di quel nido che la copre che la fa risaltare. Ce l'ho sempre davanti al naso, per quello ne parlo sempre così tanto".

"Se vuoi te la regalo, per me è anche troppo pesante ...".

"Vedi? Avevo ragione ... è piena di scemenze. Se escono ti sentirai meglio anche tu".

Un sospiro unanime, un silenzio accompagnato da un sommesso e continuo frinire di cicale ed i loro occhi persi tra i colori della natura.

"Sei venuto in stanza stamattina, Shin?". Il tono di Touma era strano, la voce sembrava tremare, appena, c'era un'ombra di dubbio tra le parole. "Ho avuto la sensazione che ... ci fosse qualcuno ...".

Shin posò il proprio viso tra le mani, osservò la linea sinuosa delle spalle del ragazzo, come si tendeva e rilassava a scatti, quasi seguendo il ritmo del respiro.

"No, stamane non sono entrato in camera tua ... tu e Seiji stavate dormendo profondamente. Non avete nemmeno sentito Ryo e Shu prima di colazione".

"Ne sei sicuro?". Ed ecco gli occhi di Touma che si facevano enormi, stupiti, confusi, ancora di più.

"Assolutamente ... prima abbiamo fatto colazione, poi siamo andati in giardino e ci siamo allenati, mentre Nasty continuava il suo lavoro e Jun giocava con Byakuen. Il solito" lo sguardo verde acqua di Shin si socchiuse, le labbra si arricciarono curiose. "Tranne il fatto che Seiji non stava meditando, era tutto come sempre. Tu che ti svegli per l'ora di pranzo e tutto il resto ...".

"Ma Seiji non era in camera quando mi sono svegliato!".

"Già ..." Shin scosse la testa, mentre lo guardava sempre più stranito. "Ovviamente lui non dorme tanto quanto te ..."

"Ma allora chi era?!".

Touma si alzò in piedi, incrociò le braccia come sempre – se quello non era un segno di netta chiusura, Shin non sapeva cosa più potesse indicare lo stato d'animo del ragazzo – e si mise a camminare avanti e indietro, di fronte a Shin. Pareva un militare in marcia, ma a guardarlo bene in viso era un ben buffo soldato: rosso in viso, nervoso, tremante, come se fosse sul punto di sbottare su qualcosa. Un bel passo avanti da mr-ironia-compassata.

"Chi era chi?".

Tenku andò avanti a camminare per una manciata di minuti, finchè non si bloccò di fronte al compagno.

"Me lo sono sognato!".

"Ma cosa?!".

"Che qualcuno mi toccava!".

"In che senso?".

"Ho sentito qualcuno che mi toccava!".

"Ma cosa intendi ... Touma ..." non aveva senso per Shin pensare a pensieri strani e ... svianti. "... come ...?".

"Sulla testa ...".

Ah, grazie al cielo ...

"Forse era solo una carezza ...".

"Ma ... perché?! Non ha ... senso ...".

Eppure, guardando bene Touma, Shin si rese conto di quanto quel 'tocco' o 'carezza' stesse causando senso e sensazioni nel ragazzo.

"Ma le carezze sono sempre belle. Trasmettono tenerezza ...".

"Shin, tu sei un romantico".

La mano del sopracitato si allungò velocemente verso il naso di Tenku, per stringersi malamente su di esso.

"Non dirlo come se tu non lo fossi! Un non-romantico non passerebbe la maggior parte del proprio tempo col naso ficcato in qualche romanzo ..." la mano si levò dal naso del malcapitato, solo perché Shin potesse chiudere il corpo dell'amico tra il proprio e il tronco di un albero. Sapeva di poterselo permettere, anche se era una mossa molto veloce, improvvisa.

"Io amo leggere! Non cercare di fare lo psicologo con me ..." e il colore dalle gote del ragazzo di Osaka se ne stava andando. "Io amo solo i libri ...".

I loro nasi si avvicinarono pericolosamente, Touma percepì il respiro caldo e profumato di Shin addosso, troppo addosso ...

"Era Seiji. Può essere stato solo lui".

Il silenzio cadde su di loro come una secchiata di acqua gelida sul capo. O meglio, cadde così addosso a Touma ... Shin non aveva quell'aria scioccata. E il suo viso non era passato dal bianco, al rosso, al viola, al bianco nel giro di cinque secondi. Senza contare i suoi occhi che si erano fatti immensamente grandi – e indubbiamente da panda.

"Sarà stato un fantasma!".

Shin si sarebbe messo a gridare, attirando tutto ciò che era meglio non attirare: ma si poteva essere così idioti da addurre una scusa così banale e patetica, nonché infantile e priva di fondamento in un solo brevissimo istante?

"Ma la vuoi smettere di inventare certe cavolate? Lo sai bene quanto me che i fantasmi non c'entrano ..." mani sui fianchi, sguardo agguerrito, Shin riusciva ad essere il sunto perfetto del testone per eccellenza.

"Non è stato Seiji!".

Oh, e che la smettesse Shin! Non era dalla sua parte? Non era lui il suo confidente? C'era solo un motivo per cui Shin aveva ricevuto da Touma quel passaporto speciale ... ed era la sua delicatezza. Quella delicata dolcezza che riusciva a leggere in ogni suo gesto, sguardo, parola. Anche se a volte la contraffava con quella lingua indomabile e quei modi da bocchama che spuntavano soprattutto quando lo stesso Touma lo faceva sbottare.

Perché gli stava facendo quello?

Shin era piacevole, lo faceva sentire al sicuro. E non riusciva mai a metterlo in soggezione. Lo trattava da pari ... e lo adorava per quello. Ma ora ...

"Pensi sempre a Seiji!" sbottò Tenku, riprendendo a camminare, anzi, a marciare sull'erba innocente, sguardo tremante e cuore impazzito. "E' sempre sulla tua bocca quando mi parli ... e perché hai litigato con Seiji? Ma perché non cerchi un po' di diplomazia? Non fatevi la guerra ... a me non interessa!".

Shin sobbalzò sul posto, guardando con occhi costernati il compagno: si era infiammato all'improvviso, tirando fuori una rabbia che non gli aveva mai visto addosso. Certo, avrebbe dovuto leggere in tutto quello solo un rifiuto da parte sua di accettare l'evidenza. Ma non era così semplice.

"Ma ... non è niente di ... terribile se è ... stato lui ...". Dolce Shin. Dolce e tenero, ma non resisteva alle parole e ai toni duri. "Scusami ... Touma ...".

Ma non era giusto così. Touma se n'era accorto, non era stupido. Sapeva cosa stava facendo ... e lo stava facendo con la persona meno adatta. Colui che più di tutti sentiva ... affine, vicino. Amabile.

"No ..." mormorò, le spalle che si alzavano in difesa, mentre la testa si affossava tra di esse. "... scusami tu ... scusa ...".

Che stava facendo? Stava combinando solo un gran casino ... confusione ... fuori e dentro di sé ... non capiva più ... nulla ...

Seiji ... le cure ... le sue ... attenzioni ... e Shin e le confidenze ... e il sensei ... e i sogni. I sogni.

Perché venivano anche quelli?

*

Come se l'avesse invocato, quella notte giunse un sogno.

Un sogno diverso da tutti gli altri, da quelli che, con troppa frequenza, infestavano i suoi sacri sonni, quando riusciva a ricordare.

Non c'era casa e non c'era nemmeno la guerra.

Non vi era nulla di conosciuto, anzi ... tutto ciò che lo circondava era il nulla assoluto, la nebbia più fitta, una fastidiosa e incompleta cecità.

Nel sogno non si sentiva in pericolo, nemmeno triste, nonostante tutto quello che la giornata gli aveva portato: era lì, in piedi, come se fosse in attesa di qualcosa o di qualcuno.

Era bizzarro, insensato. Nel sogno pensò che, facilmente, al risveglio non avrebbe ricordato nulla, perché non vi era nulla da ricordare dopotutto.

Il silenzio sospeso si protrasse per un tempo infinitamente lungo – anche se lui non aveva idea di come contare i minuti là dentro.

A un certo punto aprì bocca e, diversamente dai peggiori incubi, riuscì a parlare.

"Ehy, c'è nessuno? Perché se non c'è nessuno potete anche svegliarmi ... così poi torno a dormire e magari succede qualcosa di più interessante ...".

Alle sue orecchie non giunsero risposte, la nebbia non si diradò ... insomma, non avvenne nulla di quello che di solito accade in quei momenti topici.

Touma sospirò, irritato: non era possibile che pure i suoi sogni fossero fuori controllo.

Lui desiderava almeno pace, almeno tranquillità, almeno in QUEL sogno.

"Allora volete venire fuori?! Oggi non ho proprio la pazienza di aspettare anche uno stupido sogno!".

E' impressionante ...

E' spaventoso, vorrai dire.

Non sono normali, non è ...

Come può esistere un bambino simile ...?

Touma si irrigidì, alzò il viso verso l'alto, gli occhi spalancati, furiosi.

"VENITE FUORI!".

Eppure le voci continuavano, schernivano, insultavano.

Fa paura, anche ai bambini ...

Mi chiedo come possa la sua famiglia ...

Eppure, l'accettano come se niente fosse ...

"FINITELA! BASTA!".

Era stato tutto solo un preludio a un incubo.

Un incubo che sembrava eco di ricordi ma che lui ... lui non ricordava: non era possibile, che giochi assurdi gli stava giocando la mente? Non bastava quello che già doveva ricordare? Non era abbastanza essere stati isolati?

La famiglia Date ha un grande coraggio ...

 

Cosa?!

Gli occhi di Touma si fecero enormi, le mani strette a pugno si aprirono, le braccia caddero abbandonate ai fianchi.

Perché ... perché parlavano della sua famiglia ...?

Lo accetteranno perché è l'unico maschio, l'erede ...

Ma è già così poco giapponese ...

E quegli occhi ...

Che occhi ... spaventosi ...

 

"Sei ... ji ...?".

Stavano parlando di lui. Erano i suoi occhi ...

Gli occhi che cercava sempre di occultare, in un modo o nell'altro.

Una volta Touma – erano solo all'inizio – aveva fatto una battuta, non troppo innocente, su quello strano ciuffo che gli ricadeva su un occhio: doveva essere qualcosa legato al suo antenato, molto facilmente.

Ricordava perfettamente la reazione gelida che aveva riscontrato in lui: quell'unico occhio visibile l'aveva trapassato, senza una sola parola, con sguardo imperdonabile.

Non aveva risposto quel giorno, Touma aveva capito che avrebbe perso su tutta la linea.

E ora capì che il ragazzo aveva una ragione, ma ...

"Perchè me lo sto sognando io ...? Non ha senso ..." disse tra sé, scuotendo la testa. "Non posso sognarmi il suo passato e nemmeno inventarmelo ... non ha senso!".

"Touma ...?".

La voce, la sua, giunse inaspettata. Alle sue spalle, sopra di lui, ovunque.

Touma si guardò velocemente attorno, innervosito, la pazienza ormai ai limiti del possibile: non c'era nessuno, non c'era traccia di lui.

"Dove sei? Dove accidenti sei Seiji?!".

"Sono qui. Sono ovunque ... nel tuo sogno ...".

Lo prendeva in giro? Voleva farlo infuriare, qui e ora. Nel sogno?

"Esci e fatti vedere! Non gioco a nascondino con te!".

"Ah no? In questi giorni mi è parso tutto il contrario".

"Sei tu che sei ovunque! E ieri ... ieri mi hai sequestrato!".

Una risatina, qualcosa che non ricordava avesse mai fatto Seiji, non con lui.

"Tu saresti scappato invece di rimanere tranquillo, come ti avevo chiesto ...".

Touma sentì il viso andare in fiamme. Anche nel sogno.

"Tu metti sempre la gente al muro! È ovvio che scappassi ...".

"Piccolo panda ..." la voce si fece morbida, quasi ... amabile. "Non l'hai ancora capito?".

"COSA?!".

E, all'improvviso, davanti al suo viso furioso, comparve quello pallido e nobile di Seiji, il ciuffo era rivolto all'indietro, come probabilmente era messo, quando indossava la yoroi: i suoi occhi, dal taglio perfettamente orientale, erano aperti, grandi, caldi.

Un calore che non ricordava ...

Touma fece un passo indietro, o meglio, tentò. Il suo corpo era immobile, impossibile la fuga.

Dal nulla comparve una sua mano, morbida al tatto sui polpastrelli, ruvida sul palmo. Era la sua spada ...

La mano gli prese la guancia, il viso di Seiji si avvicinò al suo.

Era strano. Misterioso, sconvolgente, irritante, caldo, freddo, sconcertante e assurdo.

Touma socchiuse le labbra, voleva dire qualcosa, una cosa qualsiasi perché quel sogno s'interrompesse e lui potesse essere libero, infine.

"Io l'ho capito ..." disse Korin, le sue labbra a un soffio da quelle di Tenku. "E' difficile, ma semplice da accettare ... così semplice, ma difficile come sentimento ...".

Ma cosa diavolo stava dicendo...? Che accidenti si era messo in testa quel Seiji?

Ma no! Non era lui! Era l'immagine di Seiji che lui si era fatto.

La sua.

Ma che accidenti di immagine aveva di quel ragazzo?!

"Ma cosa ... dici ...?".

Touma si ritrovò a mormorare, senza più rabbia, tensione, ragione.

Si stava abbandonando a quel viso. Quel viso che si stava abbassando, sempre di più ...

E il sogno finì quando lui si ritrovò seduto sul proprio letto.

Sveglio, accaldato e pallido, tremante e, decisamente, confuso.

Attorno a lui solo i rumori di una classica mattinata: la colazione, i ragazzi che facevano il solito casino, il cinguettio in lontananza di qualche pettirosso...

Gli occhi volarono immediatamente al suo letto, ma lui non c'era.

Non era lì, non era accanto a lui per alcuna ragione.

Touma sospirò, poi trattenne il respiro.

No, no. Quello non era un sospiro di sollievo.

Qualcosa di indecifrabile che si avvicinava all'indecifrabile-e-impossibile che Touma ancora non conosceva.

Ma il Q.I. era utile in certi casi: se Touma non era capace di intuirlo istintivamente, era in grado di estrapolarlo razionalmente.

No, no. Il sollievo non c'entrava proprio.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Le continue fughe di Touma finirono quella sera per tacito volere di Shin e Nasty (che, in certi frangenti, sapeva essere più spaventosa di quanto l'apparenza lasciasse intendere): a cena Seiji era apparso sì più loquace (chiedendo sale e acqua durante il pasto) anche se più nervoso del pomeriggio, e Touma testardamente silenzioso, 'in salvo' tra la sorellona e Suiko.
Con la scusa di una cioccolata calda, erano riusciti a bloccare Touma in soggiorno su una delle poltrone (così nessun altro poteva sederglisi accanto) nel punto più lontano da Seiji, le mani impegnate a molestare con una certa insistenza la propria maglia (perché senza fare nulla si annoiava e aveva la scusa per non guardare un certo qualcuno);
Shu e Ryo, che della situazione qualcosa avevano compreso, sedevano sul divano a confabulare, gli sguardi indiscreti che andavano dalla poltrona di Touma al lato sinistro del loro divano, ove sedeva Seiji; l'unico ancora ignaro della situazione, Jun, stava giocando con Byakuen in giardino.
Nasty e Shin uscirono dalla cucina con aria cospiratoria, la cioccolata ancora in preparazione: la prima andò al proprio computer, apparentemente presa dal lavoro, Shin si diresse con tutta calma da Touma, finendo per sedersi sul bracciolo della poltrona.
“Mi aiuti a fare una cosa?”.
Vocina melliflua, manina molesta sul braccio, Shin attirò lo sguardo perplesso è un po' geloso di Shu, quello sorpreso di Ryo e quello decisamente sospettoso di Seiji.
Touma si mostrò un po' meno annoiato con la prospettiva di muovere le mani – anche se tutto quell'approccio di Shin gli sembrava parecchio strano.
“Sarebbe?”.
“Mi aiuteresti con la libreria?
“Cioè?”.
La libreria? Di sera? Ma non riguardava la cioccolata?
“Ho bisogno di braccia forti per i libri”.
“Chiedi a Shu allora”.
“Ma non ti stavi annoiando tu?”.
Esserino petulante.
“Ok, ok”.
Tanto la cioccolata ci metteva un po' a prepararsi.
Si alzò e, messe le mani in tasca, seguì senza una parola – e nemmeno uno sguardo ai ragazzi, nemmeno al sempre più perplesso e geloso Shu – Suiko alla libreria in mogano che si trovava proprio ai piedi della scala che portava alle loro camere.
In una manciata di minuti, le braccia forti di Touma si ritrovarono con una pila di libri che gli ostruiva la vista e Shin si ricordò che, distrattamente, aveva dimenticato di prendere lo spolverino per la polvere.
“E poi sono io quello distratto ...” bofonchiò dietro i libri Tenku.
“Non lamentarti sempre, tanto torno subito”.
E subito tornò, accompagnato da un silenzioso e dubbioso Seiji: Touma non si accorse subito della nuova presenza e, col fare rilassato che usava col ragazzo dell'Acqua, lo apostrofò.
“Le mie forti braccia ti stavano attendendo e sperano che non ti sia dimenticato altro”.
“Lamentoso...” replicò Shin. “Ho portato dei rinforzi così non ti spaccherai la schiena”.
“Rinforzi?”. La pila alta tra le braccia di Touma ondeggiò pericolosamente, mentre il suo viso cercava di scrutare tra le fessure libere di libri. Giunse una mano a bloccare l'ondeggiare dei libri e una voce temutissima risuonò nelle orecchie di Tenku.
“Non muoverti troppo”.
“Seiji?!” gli era scappato, non aveva morso la propria lingua in tempo.
“Sì”.
“Te l'ho detto che avevo portato rinforzi”.
Canaglia, sadica canaglia.
“Shin!”.
“Sì, sono io”.
Touma aprì le labbra, ma si morse l'interno della bocca, mugolando pure di dolore mentre cercava di allontanarsi dalla mano che l'aveva salvato.
“Attento!”.
La voce a Seiji risultava sempre troppo fuori controllo con Touma: un tono troppo alto, esageratamente severo, mai del tutto fermo.
“Touma non vorrai far cadere i libri di Nasty!”.
Ma come riusciva Shin ad essere così esasperante?! E poi così spudoratamente in torto!
“Certo che no!”.
“Non usare quel tono con me. Hai detto che mi aiutavi, non che combinavi guai”.
A quel punto fu Seiji che guardò Shin con le sopracciglia alzate, quasi meravigliato da come il ragazzo riuscisse a domare l'indomabile Panda.
Ma Touma non poteva replicare, non poteva rendergli pan per focaccia e accusarlo di averlo fregato con quell'innocente richiesta. Non davanti a Seiji.
E così rimase silenzioso, fermo come una statua di sale, l'irritazione che ribolliva fin nelle orecchie.
“Tieni, Seiji”.
Korin non tentò nemmeno di replicare, ma accolse tra le braccia i pesi dei libri, mentre Shin guardava con un ghignetto trionfante la pila di Touma.
“Dovreste aiutarmi più spesso voi due… siete affidabili per i lavori casalinghi, più di Ryo e Shu purtroppo”.
“Uhm...” sospirò Seiji.
“Non addurre scuse assurde, Shin”.
Il tono di Touma si era fatto molto più duro di qualche istante prima: non era stupido, sapeva bene cosa stava facendo.
Stavolta lo sbuffo giunse da Shin che, con aria trionfante, diede inizio al 'piano diabolico' suo e di Nasty. Proprio diabolico non che lo fosse, ma dava l'idea della sua natura non così regolamentare.
“Touma, girati su te stesso e seguimi”. Shin si era messo alle spalle di Touma, mani sui fianchi. “Andiamo a mettere i libri al riparo”.
A passetti incerti, Touma obbedì, mugugnando lamenti.
“A preservare le mie braccia vorrai dire”.
“Seguimi, lamento”.
Furono solo pochi passi e Shin aprì una porta, accendendo la luce.
“Mettili qui dentro...”.
Peccato per Touma che non potesse vedere lo sguardo di Shin. Avrebbe fatto marcia indietro, in quel caso. Entrò, avanzando un po' a tentoni in uno spazio ristretto – quello di un ripostiglio evidentemente.
“Seiji, porta qui anche i tuoi”.
Perché fu Touma a capire per primo il piano di Suiko era abbastanza evidente – non per nulla in alcune cose si assomigliavano – ma Seiji si fidava delle buone intenzioni di Suiko – e della sua naturale innocenza.
Così, mentre Touma girava pericolosamente su se stesso – pericolosamente per i libri – e Seiji entrava nel ripostiglio, la porta alle spalle di quest'ultimo si richiuse con uno scatto sonoro, una misteriosa chiave girò nella serratura e la luce scomparve all'improvviso.
Le voci di Shin e di Nasty (?) giunsero alle loro orecchie.
“Teniamo in caldo la cioccolata per voi”.
“SHIN!”. L'urlo di Touma risuonò nello stanzino, mentre i libri nelle sue mani cadevano impietosamente a terra. “QUESTA ME LA PAGHI!”.
 
***
“Shin è strano...” mormorò Ryo incrociando le braccia e lasciandosi cadere di peso contro la spalla di Shu. Questi brontolò qualcosa di incomprensibile, sbuffò e finalmente rispose con tono piccato.
“Strano? Perché faceva tutte quelle moine? Ha qualcosa in mente...”.
Non riusciva a frenare la gelosia, non quando Shin usava certi vezzi così liberamente con qualcuno che non fosse lui.
“Qualcosa? Tipo?”.
“Non lo so… ma perché invitare anche Seiji?!”.
“Mah...” Ryo si spinse ancora di più contro di lui, poi si voltò, lasciandosi cadere sul suo grembo, col fare di un gatto, ma con la leggerezza di una tigre. Shu guardò il ragazzo con perplessità crescente, mentre si sistemava, con tutta semplicità, addosso a lui. “E se c'entrano Seiji e Touma?”.
“Perché mai?”.
“Perché sembra che… non vadano d'accordo”.
“Seiji l'altro giorno non era in buona...”.
“E a Touma piace avere l'ultima parola”.
“Vero...”.
In quel mentre, dalle scale giunse la voce di Touma, in un grido; Ryo e Shu si guardarono perplessi.
“Era lui?”.
“Che ha fatto Shin?”.
“Ho fatto solo il mio dovere, vero Nasty?”.
I visi dei due ragazzi si voltarono all'improvviso verso l'uscio che portava alle scale dove, con espressioni simili e atipiche, stavano la ragazza e Suiko.
“La carota ha raggiunto il coniglio” cinguettò Nasty attirando su di sé tre sguardi perplessi.
“La carota?”.
“Che c'entra?”.
“Ahhhh...” si lamentò Shu con aria esasperata. “Beviamo la cioccolata? Mi serve ora...”.
“Ma Seiji e Touma?”. Finalmente qualcuno si era accorto della loro assenza.
“Occupati” sentenziò Shin sornione, tornando alla sua adorata cucina.
Il tempo per riaprire 'quella' porta era ancora lontano. Davvero.
 
***
Occupati non era proprio la parola giusta per descrivere… il completo stallo.
Dopo l'urlo che prometteva una tremenda vendetta, Touma si era zittito completamente, fossilizzandosi sul proprio posto, una maschera di puro terrore sul viso – comunque oscurato dal buio totale di quel luogo.
Perché fidarsi di Shin? Perché era la fiducia, ecco perché!
Perché allora l'aveva tradito così bastardamente? Non aveva capito che lui voleva essere lasciato in pace? Perché si doveva sempre prodigare a fare come preferiva lui?!
Non l'aveva capito?!
Non aveva compreso appieno lui, Touma?!
Era evidente, in quella situazione, che tutto fuorché comprensione era girata in quella testolina rossa. Altrimenti non si sarebbe mai azzardato a infilare con lui Seiji… in uno spazio ristretto! Sempre a fare di testa sua, sempre a pensare di saper leggere in tutti… sempre.
Si girò sul posto, si accucciò a terra e, a tentoni, cominciò a raccogliere i libri che aveva rovesciato poc'anzi. Uno per uno, lentamente, sperando in cuor suo che il tempo passasse veloce per gli standard di Shin. E quando avrebbe riaperto quella porta, avrebbe visto cosa faceva un Touma davvero arrabbiato.
Seiji, dal canto suo, la prima cosa che aveva pensato quando Shin gli aveva chiuso la porta in faccia era stata banale. 'Banale ma effettivo'.
Non che la cosa aiutasse il suo umore non particolarmente positivo.
Shin sapeva essere un folletto dispettoso, una piccola kitsune irriverente. Quello non se lo sarebbe aspettato, nonostante i racconti dei risvegli di Touma architettati da Suiko. Ma la situazione presente era ben più che dispettosa e un tantino irriverente.
Sospirò, poggiò la propria pila di libri a terra, contro il muro, e volse lo sguardo al buio là dove si trovava, presumibilmente, la schiena di Touma. E cominciò a fissarla, silenzioso e testardo, come suo solito.
Touma voleva, doveva ignorarlo. Quello sguardo lo stava perforando, da parte a parte. Fisso, testardo, fisso. Ma che accidenti! Doveva sistemare i libri, sì, sistemarli per bene… lentamente… concentrarsi sulle copertine, sul frusciare che facevano l'una contro l'altra, l'odore di carta ingiallita, un po' consunta, il peso consistente che…
“Cosa vogliamo fare?”.
Merda.
Un lungo silenzio rapì le labbra di Touma, le dita delle mani si strinsero forti attorno a un piccolo libello, forse un po' delicato. Lo lasciò cadere a terra.
“Cosa?”.
“Beh...” ed ecco Touma che faceva il sostenuto, anche lì, anche nella totale oscurità. “O ci facciamo sentire da Shin…” il che poteva essere efficace per uscire, ma poco per risolvere la situazione. “... o pensiamo a come passare il tempo”.
“Tanto Shin non ci aprirà finché non si sentirà soddisfatto”. Acido, acidissimo.
“Allora cosa facciamo… noi due?”.
Merda. Merdamerdamerda.
“Beh, cosa vuoi fare al buio?”.
Acido, acidulo.
“Visto che leggere è fuori questione...”.
“E allora?”.
“Potresti usare un po' di quel Q.I. e pensare che parlare potrebbe essere l'unica soluzione”.
Ok, l'acidità era sfuggita di mano anche a Seiji.
Le parole non furono abbastanza veloci, non tanto quanto il libro che fu spedito nell'oscurità e che prese Seiji dritto sul petto.
“VA AL DIAVOLO, SEIJI!”.
Il libro ricadde a terra con un tonfo sordo, Seiji non rispose, non cambiò espressione né atteggiamento. Sospirò solamente.
“Purtroppo per te, io da qui non posso andare da nessuna parte. E, conoscendo Shin, finché non risolviamo la questione quel ragazzo non ci farà uscire di qui”.
“IO NON DEVO RISOLVERE NULLA! DEVO SOLO USCIRE DI QUI!”.
No, Touma non era bravo a controllare la rabbia, non quando sopravveniva in maniera così violenta.
Non voleva rimanere lì, non un minuto di più.
Voleva uscire.
Voleva andarsene.
Voleva solo stargli lontano.
Non voleva che la sua vicinanza riportasse a galla certi pensieri. Non erano pensieri suoi, non gli appartenevano. Non avevano senso.
“Perché sei arrabbiato con me?” era una domanda così semplice, ancora più semplice da formulare quando non vi erano occhi da incontrare, nessuno che potesse scrutarti l'anima… non così facilmente. “Ti ho fatto qualcosa?”. Un sospiro, un dubbio troppo grande. “Dimmelo”.
Domande. Le domande.
Touma le odiava.
Non era chiaro? Perché dovevano chiedergli cose che erano palesi? Non erano abbastanza le parole di rabbia, le sue grida… il suo rifuggirlo?
“Perché sono arrabbiato! Perché… perché mi fai… perché…?”.
“Perché cosa… Touma?”.
Non era chiaro, non lo era mai. Shin aveva detto di estrargli le parole anche a forza, perché non c'era altro modo. Ma era davvero in grado di farlo?
In Touma non vi era solo rabbia. Vi era confusione e rabbia. Incertezza e rabbia. Tristezza e rabbia. Vi era tutto un mondo e c'era troppa rabbia.
“TU, SEIJI!”. Era la resa dei conti. Avrebbe saputo tutto, ogni cosa. L'origine del suo problema. Era troppo difficile tenere tutto dentro. Tanto difficile da essere impossibile.
“I...o?”.
Il sussurro di Korin venne inghiottito dalla voce di Touma che iniziò a risuonare, parve, fino all'infinito.
“Perchè sei perfetto. Troppo. E sei irritante. E devi dirmi sempre qualcosa. Devi ridire sempre qualcosa su di me. E mi guardi… mi guardi sempre come se non potessi mai dire… mai qualcosa di giusto. E… e...” ingollò, la gola riarsa da un parlare forte, senza respiro. “... io lo so che non sarò mai perfetto ai tuoi occhi… che per te parlo troppo… parlo a sproposito… dormo troppo e mangio troppo… e sono indolente… e non sei mai riuscito a vedermi… nemmeno una volta… forse… come… come un samurai...”. A quel punto la voce si spense, il respiro di Touma vibrava nell'aria e delle lacrime, infine, andarono a pizzicare prepotentemente i suoi occhi. “Merda...”.
Tutto intorno a loro, parve anche all'esterno dello sgabuzzino, il silenzio si stese come una patina fragile e tremante. Touma si portò una mano alla bocca e si lasciò scivolare a terra, stringendo l'altro braccio attorno al bacino.
“Che… stupido...”.
Seiji. Seiji aveva… risposto?
Il braccio di Touma si staccò dal bacino, afferrò un altro libro e lo lanciò nell'oscurità, andando nuovamente a colpire: a volte la mira di un arciere faceva comodo.
“Non c'è bisogno… che tu me lo dica...”.
Tre passi, sicuri, veloci. E la presenza di Seiji fu su di lui, torreggiante. Percepì la sua mano, ancora prima di sentirla sulla spalla.
Poi fu a terra e Seiji addosso a lui, prepotente, il suo corpo leggero che si faceva possente, invincibile. Accanto a loro la pila di Touma era crollata, irrimediabilmente, a terra.
Il respiro di Korin sfiorava la sua guancia – vicino, troppo vicino – le mani erano d'acciaio, Tenku era un cielo ancorato alla terra.
Aprì bocca, per parlare, forse gridare. Qualcosa, una qualsiasi.
Ma Seiji lo anticipò.
“Ora voglio che mi guardi. Che mi guardi davvero negli occhi” il volto di Touma cercò di allontanarsi, ma le mani d'acciaio si spostarono sulle sue guance, bloccandolo irrimediabilmente. L'oscurità così profonda andava a dissiparsi, come per magia, nel nulla oscuro, gli occhi blu di Tenku riuscivano a distinguere ogni preciso contorno del viso, della bocca severa, del naso perfetto, degli occhi… gli occhi violetti di Seiji. Li vide mentre lo guardavano. “Guardali… e dimmi se lo vedi quel disprezzo per te… scava qui dentro… senza pietà...”.
Ancora più scuri, lucidi, grandi e affilati.
Touma riusciva a scrutarne quel colore strano e delicato. Nonostante tutto.
Gli piacevano. Gli erano sempre piaciuti.
Per questo temeva guardarli.
Non voleva perdersi, mai.
E dentro quegli occhi Touma sapeva che si sarebbe perso, non sarebbe mai riuscito a tornare indietro.
“N-non… non guardarmi… così...”.
“Allora ti fanno paura?”.
E le antiche domande tornavano prepotenti.
“N-non è… così… non...”.
Come faceva quando i loro sguardi erano ancorati l'uno all'altro?!
“Se non ti fanno paura...” un sospiro, alla ricerca di coraggio. “Perchè non ti possono guardare?”.
Era così difficile da capire per Seiji?
“Sono io… che ho paura… Seiji...”.
No, Seiji non riusciva a comprendere.
“Mi… temi? Ma tu… io...” era difficile e duro per Seiji. La sincerità, così, era un'arma troppo potente. “... tu sentivi disprezzo da me e… io… anche io lo sentivo… da te… ma ora…”. si sentiva stupido, particolarmente infantile. Non era da lui l'insicurezza e nemmeno l'esitazione. Ma stavano giocando su un campo tutto nuovo. Non sapeva più cosa o chi doveva essere. “Cosa senti per me… ora?”.
Cosa sentiva?
Che non sapeva più che sentire.
Che era confuso.
Che aveva paura di Seiji perché non sapeva cosa sentiva.
Perché quello che sentiva era così forte e confuso che si sentiva male al solo pensarci.
Che aveva paura di tutto quello che poteva succedere.
E di quello che poteva anche non accadere. Mai.
Scoppiò a piangere, senza risoluzione. Le lacrime gli annebbiarono la vista e, almeno, quegli occhi che temeva di amare e che per amore temeva divennero confusi.
Non quello.
Seiji non era pronto a quello.
Non le lacrime, non il pianto. Non tutta quella tristezza che gli pioveva addosso senza riserve.
Non il ricordo di quei sogni.
Non la solitudine. Il non sapere. La confusione. Il perdersi in se stessi.
Le mani e poi le braccia di Seiji scivolarono dolci e morbide sulla nuca di Touma, si incrociarono e sollevarono il capo dell'arciere verso la spalla dello spadaccino.
Stette silenzioso il guerriero della Luce mentre le lacrime amare del Cielo gli bagnavano la spalla. Stette silenzioso mentre il Cielo si aggrappava a lui, lasciando crollare tutto quello che li aveva divisi fino ad allora.
Stette silenzioso ad ascoltare i singulti e a contare i battiti di un cuore così simile al suo.
Poi, vinta l'oscurità, ovunque essa fosse annidata, tornò a parlare.
“Sei un valente samurai. Coraggioso… intelligente e capace… e anche se mi lamento… se ti dico che parli troppo… è solo perché… a volte non vorrei essere così silenzioso... io t'invidio… e poi...”.
Sentirsi una fiamma, conscio di tutti i significati che le proprie parole avevano… era una sensazione nuova per Seiji.
E sentire certe parole, tutte piene di qualcosa di troppo simile alla felicità… era un'emozione quasi incomprensibile per Touma.
Ma non gli impediva, di certo, di rispondere tra i singhiozzi.
“Senza le tue parole… direi sempre troppo… n-non mi accorgerei… mai del tutto… della mia stupidità… non troverei mai… la giusta strada… e...” il respiro si fece più regolare, le braccia si aggrapparono alla schiena di Seiji, con esasperazione. “Io… vorrei essere… un po' come te… t'invidio… anche io...”.
L'istinto avrebbe portato Seiji a fare qualcosa di non ben identificato. Ma pericoloso.
Però non riuscì ad esimersi dallo stringere ancora di più il ragazzo a sé, dal far scivolare una mano sulla sua nuca, carezzarla in maniera fugace e nascondere il proprio viso tra i suoi capelli.
No, non era riuscito a frenarsi del tutto.
“Cosa senti, Touma… per me…?”.
Nemmeno la lingua era riuscito a frenare.
“Non so… non lo so… non so come chiamarla...” un sussurro, flebile flebile. Le mani sulla maglia di Seiji si strinsero a pugni, strattonarono un po' il tessuto, la sua bocca esalò un respiro. “Non so… se riesco ad affrontarla...”.
Nemmeno Seiji era certo.
Se era davvero più che affetto. Più che amicizia. Più di tutto.
E se era forte abbastanza o abbastanza coraggioso.
Se era, semplicemente, abbastanza per entrambi.
“E...” un soffio, di nuovo, la voce di Seiji. “E se ci dessimo... del tempo? Non c'è fretta... ora lo so... cosa c'è... davvero... tra noi...”.
Lo sapeva davvero? Perché nemmeno Touma lo capiva...
“E... cosa facciamo in quel... tempo?”.
Il capo di Seiji si rialzò, lento, dalla sua spalla, il suo respirò gli accarezzò la guancia e Touma si sentì percorso da uno strano brivido.
“Vediamo cosa succede...”. E se Touma, in un momento di totale, completa... “Ma non devi scappare. Non ci pensare nemmeno...”.
Come aveva capito quello che la sua testa aveva solo sfiorato col pensiero?
“Ma io-”.
“Ti faccio rinchiudere dai ragazzi in questo posto. E sarò io a non farti uscire”.
A Touma parve di restringersi tra le proprie spalle. Piccolo piccolo.
Ma non era da lui, accidenti!
Si alzò all'improvviso e la sua testa finì per cozzare con quella di Seiji.
Una scena talmente banale da essere stupida.
“N-non... io... non scappo ma... tu...” e ora parlava come un bambino. Che diavolo gli stava prendendo? Poteva parlare normalmente, agire normalmente... ma con Seiji? “Mi sento... strano”.
Korin, che aveva  soffocato un gemito alla testata, si passò nervosamente una mano sugli occhi e finì per fare uno strano, impensabile ringhietto.
“Che c'è ora?”.
Il ringhietto, un piccolo allarme per Touma.
Dal buio giunse un dito fresco e affusolato a poggiarsi sulle sue labbra: fermo, autoritario e sicuro come il suo proprietario.
“Attento... a quel... che dici...”.
Eppure fermo non era il suo cuore. L'autorità con Touma era crollata del tutto.
E sicuro? Come poteva esserlo vicino a quella strana persona che era Tenku?
Solo quando il dito lo abbandonò, Touma riuscì a ritrovare la parola.
“Devo... devo stare... zitto?”.
La mano, stavolta, tornò al viso di Touma ed afferrò la punta del naso, stringendo con una certa insistenza.
“Sii più cosciente delle tue parole”.
E di se stesso e delle sue emozioni.
Un mugugno sussurrato giunse dal ragazzo di Osaka, le mani si poggiarono a terra, cercando di sostenere il più possibile un corpo improvvisamente troppo pesante.
“N-non so... io... devo... cosa devo fare... con te?”.
Magari non usare certe frasi con Seiji. O certi toni. E anche gli atteggiamenti – perché Korin lo sapeva, maledettamente bene, quale fosse lo sguardo di Touma. Off limits per un cervello sano. E anche un corpo sano. Forse più corpo che cervello.
“Cerca... di fare come... come fai con Shin”.
Chiedergli di comportarsi come faceva con... con il pesciolino?!
“Ma con lui posso!”.
Il guerriero della Luce si passò stancamente una mano sul ciuffo, lo spostò un poco indietro e sospirò con l'aria della mamma spazientita col bimbo capriccioso.
“E con me no?”.
Touma stava per rispondere di getto. Un bel 'no'. In fondo era quello che, davvero, pensava. Ma se Seiji gli avesse fatto ancora storie?
“Lo so a cosa stai pensando” rispose quietamente l'altro.
“No che non lo sai! Non puoi!”.
“Nel buio i tuoi pensieri sono ancora più chiari, Touma. Sento anche ronzare i meccanismi del tuo cervello mentre lo fai”.
Irriverente, stavolta, era Seiji.
“N-non... non è vero!”.
Colpito e affondato, Touma si ritrovò ad arrossire – e ringraziò ancora il buio. A volte era un grande amico.
“Puoi fare con me... ciò che fai con Shin...” le parole, nella bocca di Seiji, furono scandite chiare e lente. E terribilmente divertite.
“Mi prendi in giro!”.
“Certo che sì. È divertente”.
Il grande amico di Touma era il grande aiuto di Seiji: le parole fluivano da sé divertite, naturali, sue in maniera totalizzante. Ed estraniante. Si stava divertendo in compagnia di Touma.
“Ti prendi troppe libertà con me”. Ma Touma non si sentiva realmente offeso o preso in giro. “Shin si mette dei grandi limiti”. Non si era ancora reso conto di quanto stesse facendo il gioco di Korin.
“Shin si mette dei grandi limiti per non affogarti la mattina, ma non si tira indietro se deve scegliere l'acqua gelida come dolce risveglio”.
“Che lingua lunga!”.
E, al buio, le mani di Touma brancolavano, colpendo più volte il muro, i libri, il vuoto. E Seiji si muoveva con abilità, trattenendo le risate per le sue piccole frecciate al Panda.
“In questa casa le lingue lunghe sono due e io non sono nessuna di esse, al contrario di te”.
Ma a un certo punto, una mano fortunata di Tenku afferrò una manica di Seiji e, invece di trarlo a sé, nella foga, fu tratto a lui, con un capitombolo di persone e libri.
Tale fu il rumore della loro caduta, della porta che risuonava dei libri travolti e dell'urlo stizzito di Touma (BAKA SEIJI!) che i ragazzi in soggiorno si sentirono in dovere – leggasi Shin – di andare a riaprire la porta della 'prigione' di fortuna.
Il ragazzo, riaprendo l'uscio dello sgabuzzino ritrovò, tra i libri miseramente crollati a terra nella polvere, Seiji e Touma.
O meglio. Touma addosso a Seiji.
Due paia d'occhi sbatterono accecati dalla luce improvvisa, poi si focalizzarono su Shin e sulla sua espressione a dir poco compiaciuta.
Seiji fu il primo a riprendersi e lo fece assumendo la sua espressione calma e controllata, alzando di peso – ma non con sgarbo – Touma e tossendo con aria appena scossa.
“Vedi? Il tuo 'baka Seiji' ha smosso i mari e ci ha fatto aprire”.
Touma, incastrando appena la testa tra le spalle, replicò pronto. Arrossendo con ben poco pudore.
“No. È stata la tua mossa delicata che ci ha fatto crollare sui libri!”.
A Shin parvero brillare gli occhi – mossa che a Seiji non sfuggì; e il naso di Touma non sfuggì certo alle sue dita che, nuovamente, lo strinsero impudenti.
“Le parole...”.
Touma arricciò il naso, scatenando completamente l'ilarità di Shin: che si piegò letteralmente in due dalle risate.
Touma lo guardò con tanto d'occhi, trasferendo quello sguardo su Seiji che, frenandosi dal non strozzarlo, tramava una futura vendetta.
A quelle risate, Shu, Ryo e Nasty accorsero e, vedendo la scena, rimasero alquanto perplessi.
Seiji alzò le spalle, con un sospiro.
“E' solo un po' matto...”.
Shu si sentì in dovere di replicare.
“Shin non lo è! E' adorabile quando ride”.
Battuta che fece arrossire Suiko, senza per quello placare completamente quel momento di ilarità.
Ryo pareva soddisfatto dall'aria che aleggiava sui suoi compagni ora che non erano più 'occupati'.
Nasty nascose la risata girando la schiena a tutti e annunciando la cioccolata per gli ultimi due ritardatari. Ma prima che Seiji si alzasse per andare in camera, non mancò di uscirsene con l'ultima delle battute dedicate a lui.
“Il coniglio ora si gusta la carota, vero?”.
La ritirata della buonanotte fu più veloce del solito.
 
L'episodio che coinvolse Touma e Seiji fu ricordato come 'l'incidente del ripostiglio'.
Ovviamente ne seguì una vendetta, ma di quello se ne parlerà più avanti.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


(Questo capitolo si basa sul Tenkuden, il drama dedicato a Touma. Qui http://www.stardustway.org/samuraiheart/Traduzioni/tenkuden.htm potrete trovare il drama tradotto con il link per la traccia audio^^)

 

I giorni successivi all'incidente furono strani per Touma – ancora di più per Seiji: per Ryo era come osservare due animali che si fiutano e si studiano, come se dovessero attaccarsi, ma solo per provare chi era il più forte. Shin osservava non senza una strana sensazione di deja-vu e preoccupazione come le promesse post-incidente non fossero state mantenute.

Nasty, da brava sorellona, non riusciva a nascondere la delusione, ma temeva di mettere voce nella questione e fare più danno, ora, che altro.

Shu pareva l'unico non troppo stupito dalla situazione, invece.

Non ci si può aspettare un miracolo da un giorno all'altro”.

 

La realtà era ben semplice, fin troppo: Touma aveva cercato di comportarsi normalmente con Seiji – come se fosse una persona con cui non aveva questioni irrisolte – risultando troppo nervoso, insicuro, irritabile. Quando Seiji gli aveva suggerito, a modo suo, di rilassarsi e smetterla di fare l'animale in gabbia, i propositi di Tenku erano svaniti nell'aria.

Shin aveva temuto un'esplosione, ma Touma era imploso in un silenzio testardo e aveva finito per parlare con Seiji solo se strettamente necessario: ciò che era successo in quel ripostiglio pareva aver perso di significato, ciò che aveva sentito ... era tutto da parte, nascosto. Ora non aveva poi molta importanza.

Poi venne il giorno del famoso 'incidente dell'albero'. E quello andò ben oltre tutte le aspettative dei ragazzi.

 

***

Seiji era nervoso. Era nervoso e confuso. Nervoso, confuso e arrabbiato.

Sapeva di non aver fatto nulla di terribile a Touma, l'aveva solo voluto spronare! Non poteva vederlo continuamente saltare appena gli parlava, rivolgersi a lui come un automa ed uscirsene – di nuovo! – con frasi infelici di senso molto dubbioso.

Glielo aveva detto, ripetuto ... l'aveva ripreso, non più duramente di altre volte. Ma stavolta la risposta di Touma era stata peggiore del solito.

Ai tuoi ordini!”.

Seiji si era risentito di quel tono, di quello sfotto non richiesto: le occhiatacce erano volate, prive di parole ma molto più incisive.

E da quel momento, era tornato a soffiare su di loro il vento gelido dell'inverno.

 

***

Quella mattina era stato svegliato da Shin che, tanto per cambiare, lo voleva tra loro per molto più tempo.

Non sappiamo quando torneremo a casa... dobbiamo sfruttare questi giorni ...”.

Touma sapeva a cosa stava pensando, cosa sperava. Che tutto fosse finito, che non vi dovessero essere altre battaglie ... ma ogni cosa indicava che c'era ancora da fare, da lottare. E mesi da trascorrere assieme.

Beh, stiamo assieme. Non ti devi preoccupare ...”.

Era ricaduto con la testa sul cuscino, Shin gli aveva tirato quello di Seiji, cogliendolo in pieno viso. Sentì il suo profumo addosso e rilanciò il cuscino con verve, mancando di poco Shin.

Alzati ed esci almeno ... Shu e Ryo sono in giardino ...”.

Due bambini iperattivi, pericolosi per la sua tranquillità.

Seiji sta leggendo in giardino ...”.

Niente meditazione?”.

Shin sospirò, mise le mani sui fianchi e gli girò le spalle.

Non medita molto, ultimamente ....

Si vede”.

Toumaaaaaaa ...”.

Beh, non è colpa mia. Io ho tentato, ma se non faccio come mr-Perfezione vuole, allora è meglio se sto zitto”.

Touma...”.

Un po' Shin si sentiva in colpa. Un po' arrabbiato, nei confronti di ... beh, tutta la situazione.

Sì, scendo. Scendo ed esco, così siamo tutti insieme, ok?”.

Non avrebbe voluto rispondere così male, non a Shin ... con tutti quelli con cui poteva liberamente farlo – leggasi Seiji. Allora, prima di scendere a far colazione, prese il ragazzo per mano e se lo trascinò dietro in un ben poco chiaro tentativo di farsi perdonare e tranquillizzare allo stesso tempo Shin.

La tecnica parve funzionare e il buonumore in Suiko tornò in superficie ancor prima che Tenku finisse la colazione; poi il ragazzo di Osaka si prese il proprio tempo personale, afferrò la sua ultima lettura – una lunghissima biografia di Toyotomi Hideyoshi – e si rifugiò in giardino, arrampicandosi su uno degli alberi più prossimi alla casa. Da quel punto di osservazione, tra una pagina e l'altra, poteva studiare i movimenti di Seiji, anche lui immerso nella lettura, da una distanza tale che lo spionaggio non avrebbe smosso i sensi del guerriero.

Ma quell'albero era, soprattutto, il suo rifugio.

Da lagnanze, vendette o lingue biforcute. Lì non nuoceva a nessuno, era fuori dai piedi di chiunque e stava facendo la cosa più innocente di questo mondo: niente avrebbe disturbato il suo placido vivere.

Niente se non, due ore dopo, la voce squillante di Shu che lo chiamava per il pranzo.

Touma, il pranzo!”.

Gli occhi cobalto si mossero appena dalle pagine del libro.

Mangiate prima voi, io mangerò più tardi”.

Quando il suo stomaco l'avesse richiamato all'ordine.

Cosa?!”.

Come cosa? Shu aveva sentito bene, non c'era bisogno di chiederglielo. Touma gli lanciò un'occhiata quasi di sufficienza, quando il suo sguardo fu calamitato da Seiji, spettatore della scena. La sufficienza si trasformò in timore, poi in tremenda irritazione quando gli occhi violetti lo sfiorarono: erano ironici, qualità che male si abbinava alla loro bellezza (bellezza? Loro? Ma accidenti ai suoi pensieri!).

Lo guardò avvicinarsi a Shu, confabulare sottovoce e poi, udite udite, ridacchiare.

Seiji? Ridacchiare?

Sorridere era permesso, l'aveva visto. Ma ... ridacchiare? Lui?!

Un modo come un altro per snervarlo ancora di più.

Touma tornò al suo Hideyoshi e alla sua straordinaria infanzia.

Cinque minuti più tardi uno strano odore pizzicò il suo naso e, quando le risate dei due improbabili alleati si alzarono nell'aria, Touma capì di essere in grossi guai: un piccolo incendio, piccolo ma vivace, si stava sviluppando ai piedi del suo albero.

Un incendio doloso.

Cominciò a tossire, gli occhi a lacrimare e le labbra tuonarono secche e rauche contro i due burloni dell'ultimo minuto.

Un quarto d'ora più tardi erano tutti davanti a Nasty, Shin e Ryo, lui vittima, gli altri due colpevoli.

Nasty tuonava contro di loro, loro ribattevano dando la colpa a lui che non era voluto venire a pranzo (per un pranzo? Un PRANZO?) e Shin era preoccupato, prendendo le sue parti.

Il suo Shin.

Gli dava fastidio che lo facesse però, non era giusto. Avrebbero dovuto chiedere scusa, non giustificarsi rivoltando la frittata a loro piacere.

Non sono arrabbiato ...”.

Non era arrabbiato ... era però nervoso, irritato ... deluso.

Sembri irritato...”.

Certo, Seiji lo irritava. Tutto lo irritava di lui.

E non voleva ... non voleva che lo irritasse.

"E' solo che è stupido".

Era tutta stupida quella storia. Lui non aveva fatto nulla. Continuava a non fare nulla e, ogni dannata volta, finiva per sentirle su da qualcuno!

“CHE COSA?”.

Accidenti alla voce di Shu! Touma non ci vide più...

“VOI RAGAZZI VI SCALDATE PER UNA COSA STUPIDA COME L'ORA DEL PASTO!”

“CHE? SEI TU CHE...”.

Lui che cosa? Che avevano appena cercato di arrostirlo e affumicarlo per uno stupido pranzo?!

“Va bene, va bene, smettiamola”.

Shin cercava anche di chetare le acque, appianare ogni problema, ma ...

Seiji non aiutava.

“Touma. Sai cos'è la vita di gruppo?”.

Touma esplose, letteralmente. Alzò la voce come non mai, strinse le mani in pugni paonazzi e buttò fuori tutto il veleno che in quei giorni aveva accumulato.

Tutto quello che Seiji non aveva mai capito, quello che non aveva mai voluto nemmeno capire.

“TU NON HAI IL DIRITTO DI CHIEDERMELO”.

Quello parve zittire tutti i presenti: Ryo e Shu fecero un passo indietro, senza parole, Shin sgranò gli occhi, impallidendo tutto d'un tratto. Seiji rimase al suo posto, fermo e di ghiaccio, come una statua.

Non se l'era aspettata? Si aspettava una confessione da Touma?

Come poteva non immaginare che dopo tutto quello che gli aveva fatto, Touma non si infuriasse così con lui?

“Ho detto, BASTA. Touma, nemmeno tu sei onesto”.

E Nasty, la sorellona, ruppe il silenzio. Con fermezza, con quella maturità che l'aveva fatta diventare un punto di riferimento per i ragazzi, parve placare gli animi di tutti. Tranne quello di Touma.

“AD OGNI MODO NON VOGLIO SPRECARE IL MIO TEMPO PREZIOSO SU UNA COSA COSI' STUPIDA”.

E le gambe di Tenku volarono, portandolo fuori dalla cucina, su per le scale e dritto in camera sua, come una furia.

Alle sue spalle cinque sguardi allibiti si fissarono sulla porta sbattuta, il pallore di Shin si era fatto più intenso, Ryo non capiva più nulla, ma aveva impressa sul viso una smorfia di tristezza. Nasty sospirò, guardando Shu e Seiji, unici 'colpevoli' del fattaccio: il primo si stava mordendo le labbra, mormorando tra sé un 'non è carino' e cercando di capire cosa avrebbe potuto fare per tornare sui propri passi. Il secondo guardava la porta come se fosse stato lo stesso Touma. Era indescrivibile lo sguardo con cui penetrava il legno, indecifrabile il sentimento che correva nelle sue iridi.

Aveva perso di vista il suo obiettivo?

Sembra che la sua vita sia un putiferio ...”.

E lui ora era parte di quel gran ... casino. Anzi, forse ne era il fomentatore principale.

Dove aveva sbagliato?

Che cosa ... non gli va giù?”.

E Ryo, piccolo Ryo, non capiva. La sua ingenua sincerità non riusciva a penetrare ancora quella strana corazza che era Touma. Ma in pochi ci riuscivano. Nemmeno Seiji che era giunto così vicino a lui. Solo Shin aveva compreso, ma Shin per Touma era speciale e così era al contrario.

C'è qualcosa di diverso nei sentimenti di Touma ...” sussurrò lui, scuotendo la testa. “Non è una persona spiacevole, lui ... il suo cuore ... quello di Tenku ...”.

Il cuore della saggezza... certo ci sono delle differenze quando le indossiamo ...” lo sguardo di Ryo si guardò le mani, le strinse in pugni. “Ma possiamo comprenderci ... è così ... possibile ...”.

Seiji si mosse, infine, uscendo dalla cucina e mormorando tra sé, confuso.

Sembra che sia sulle sue riguardo a qualcosa ...”. Una mano di Shin si posò decisa su una sua spalla e Seiji si ritrovò a specchiare il proprio sguardo in quello del ragazzo.

Non capirò mai un genio! Ahhh!” la voce di Shu risuonò ovattata da dietro la porta di legno. “Mi sto arrabbiando! Cibo! Mangiamo!”.

Seiji, dobbiamo parlare, ora”.

Shin sapeva essere davvero coercitivo. E temibile, quando voleva.

 

***

Touma si era infilato in camera, sbattendo la porta e gettandosi sul letto con rabbia e frustrazione: niente andava bene, niente andava minimamente come doveva andare.

Non capiva più nulla, tutto era confuso e gli faceva rabbia, così tanta rabbia che si sentiva mordere dal dolore: Seiji non avrebbe mai capito. Nessuno avrebbe mai capito.

Non volevano comprendere, non riuscivano a capire che lui ... lui non era fatto per vivere come volevano loro. Lui ... ogni cosa era fatica. Ogni sentimento, ogni gesto, ogni sguardo.

Era prigioniero di un corpo che non sapeva come vivere.

La porta tremò, portando con sé il chiaro bussare di qualcuno.

Touma, sei lì, vero? Sto entrando”.

Nasty entrò e Touma si sistemò a seder sul letto, il viso un poco abbassato, come l'animale in gabbia che si sentiva.

Che cosa vuoi?”.

Aveva in mano un vassoio ricolmo di cibo (succulento, abbondante e caldo) e lo ripose sulla scrivania accanto al suo letto, prima si sedersi su una sedia lì accanto.

Devi essere affamato” un sorriso sincero si disegnò sulle sue labbra. “E' impossibile capire dal tuo aspetto che mangi così tanto”. Lo sguardo della ragazza scivolò lentamente verso la finestra, a scrutare l'albero i cui rami spuntavano timidamente nella visuale. “Pensavo che ti sentissi un po' in imbarazzo e ti ho portato qui il cibo”.

Touma ingollò, arrossì e si morse le labbra per cacciare giù uno strano nodo alla gola.

Nasty...”.

Touma ... non sai bene come andare d'accordo con gli altri, vero?”.

Era un eufemismo quello, Nasty sapeva essere delicata con le parole come Shin.

Mmh...”.

Non arrabbiarti, per favore”. La vide stringere le mani l'una all'altra, nervosamente. Ma il suo sguardo era deciso e sereno. “Ma non volevi comportarti anche tu così testardamente, vero? È solo che non sai come fermarti ...”.

Il nodo alla gola era sempre più forte, lo sguardo di Touma sempre più basso.

Non è così...”.

Un sussurro, insicuro.

So che non sono affari miei, ma... hai detto che vivevi da solo”.

D'istinto, le mani di Touma andarono ad afferrare le lenzuola e strinsero, con tutta la forza che avevano.

No, vivo con mio padre...”.

Mezza verità, mezza bugia. Non aveva molta voglia di ricordare.

Ma hai detto che 'torna raramente'...”.

Negli occhi della ragazza vi fu un lampo che, a un primo sguardo, sarebbe parso di pietà, ma ... Nasty era una persona che stava al di sopra di sentimenti così meschini. La sua era solo consapevole tristezza; in fondo, senza i ragazzi, anche lei si sarebbe ritrovata nella sua medesima situazione.

Situazione mai cercata, piuttosto capitata per un destino avverso.

E non hai fratelli o sorelle. Quindi ... sei bravo a comportarti da adulto anche quando non vuoi”.

Quante volte Shin glielo aveva rimproverato?

In più è la prima volta che hai un amico ... una compagnia vera”.

Quella ragazza sapeva dannatamente bene di cosa stava parlando. Era troppo brava per i suoi gusti.

Nasty...”.

Lo sguardo di lei corse di nuovo a quei rami e si fece pensieroso, distante.

Anche Shin ha una situazione simile, ma è bravo nei rapporti interpersonali perché ha fatto tanta esperienza con molte persone diverse”.

Shin era speciale, lui sarebbe stato capace di fare tutto ciò che desiderava. Era bravo, un vero ... genio dei rapporti.

Ma nel tuo caso, oltre ad essere stato sempre da solo, sei stato trattato in maniera speciale dagli altri....

E qui, il viso di Touma si colorò, il nodo si sciolse, l'indignazione si scatenò con tono basso e piccato.

Non sono speciale”.

Non lo era. Non lo era mai stato. Nessuno lo capiva. Non c'era niente di speciale ad essere Touma Hashiba. Cosa c'era di speciale ad essere lui? Lui che spesso avrebbe preferito essere qualcun altro?

Sì” giunse l'incredibile risposta di Nasty. La bocca di Touma si dischiuse, la bocca esalò un respiro spezzato, gli occhi si spalancarono enormi e scioccati. “Tu non sei speciale... erano gli adulti attorno a te che pensavano di doverti trattare in modo speciale quando eri solo un bambino. Era difficile vero? Visto che sei un bambino come tutti gli altri. Quindi, quando hai capito che loro sono degli amici veri ti sei sentito... strano? Dovresti rilassarti di più. Tutti qui sono amici. Anche se tu fai quello che vuoi, le persone non ti odieranno. Tutti qui sono dei compagni che hanno risonanza con le yoroi come te. E la risonanza è probabilmente più forte del legame di sangue. Se ci pensi bene, tutto andrà a posto, no? Anche se inizierai una discussione o farai uno scherzo, nessuno qui ti odierà”.

Nasty sorrise, Touma continuò a guardarla con quello sguardo inebetito, confuso, sorpreso. Lei si rialzò e gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla.

Prenditi tutto il tempo che ti serve, ma poi torna giù dai ragazzi, ok?”.

E, girati i tacchi, si chiuse la porta alle spalle, lasciando dietro di sé un Touma svuotato.

Rimase sul proprio letto per qualche minuto, a osservare la porta che lo divideva dal resto del mondo: era riuscita a leggergli dentro. Shin era riuscito, ma lui era speciale. E se ora ... anche Nasty riusciva a guardargli dentro ... forse... forse le sue difese non valevano più molto?

Si coprì il volto con le mani e si lasciò cadere, inerme, sul letto: era bello, era gentile... avere le proprie mura, da sempre inespugnate, ora indifese, aperte. Una breccia era stata fatta e l'aveva accettato, certo, ma ...

Anche Seiji ... anche lui pareva averlo accettato, per un attimo.

Ora non più?

Lui era stato la breccia peggiore ... quella perpetrata e non goduta.

L'aveva fatto crollare e poi ... poi l'aveva lasciato a se stesso.

Ma gli aveva teso la mano, per un lungo attimo. Ma aveva avuto paura.

Forse Seiji lo vedeva come una persona speciale e ... come tale lo teneva alla larga.

Non voleva guardargli dentro. Aveva paura di quello che avrebbe potuto trovare?

Era davvero così spaventoso?

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Shin era davvero coercitivo, ma Seiji non era il tipo da fuggire le situazioni che lo attendevano – soprattutto quando la sensazione di avere qualche torto era così palpabile.

L'aveva portato nel parco, trascinandolo in una camminata lunga e, fino a quel momento, silenziosa. Seiji non aveva premuto il ragazzo, sapeva dare spazio a Shin e aveva appena compreso che era quantomeno sconsigliabile contraddirlo in determinati frangenti.

Quando giunsero davanti al lago, Shin si fermò e fissò lo sguardo davanti a sé, su un punto imprecisato dell'orizzonte.

Un giorno luminoso rende ogni cosa che faccio più semplice e bella” esordì il ragazzo con voce chiara e pacata. “La luce mi allieta e, se sono triste, essa riesce a strapparmi un sorriso. E lo sai perché?”.

Mani in tasca, le spalle alzate come il ragazzino che era, si era voltato con aria seria e compita verso Seiji; il broncio, l'irritazione... tutto era scomparso.

Seiji rimase silenzioso, aspettava la risposta a quella domanda così retorica.

Perchè mi mostra ciò che di bello c'è e che io fatico a vedere”. Gli occhi verde-acqua di Suiko trapassarono quelli di Korin. “La luce è fatta per illuminare ogni cosa. Ma, prima di tutto, il Cielo”.

Vuoi farmi qualche predica?”.

Seiji aveva predetto l'andazzo di quel discorso e la conferma della sua ipotesi lo fece innervosire più di quanto non volesse.

Uno sbuffo, quasi schermitore, sfuggì alle incredule labbra di Shin.

Speravo di essere stato chiaro, ma tu non mi hai ascoltato. Accechi e sei accecato”.

Gli occhi di Seiji si dilatarono, si mordette un labbro.

Non girare attorno alle cose, Shin. Dì quello che pensi”.

Perchè non hai accettato Touma?”.

E ti pareva ... l'argomento era lui.

Non dare la colpa a me! Se solo avesse capito cosa doveva fare, ora non saremmo qui”.

... sapere ... cosa ...?!”. L'espressione di Shin fu però ancor più scioccata. “Touma non sa ... non sa che cosa fare ... lui ... tu pretendi cose da lui che non pretendi nemmeno da te stesso!”.

Ops. Shin si premette la mano sulla bocca, con l'aria di uno che sa di averla fatta piuttosto grossa: guardò Seiji e lo vide passare dal paonazzo al più normale pallido colorito. Segno preoccupante.

Cosa ne sai di cosa io pretendo da me stesso?”.

No ... beh ...”. Povero Suiko, a corto di parole.

Io faccio ... io cerco di dare il massimo. Di essere presente. Di essere d'appoggio. Di evitare ... evitare gli sbandi, se posso...”.

Le mani di Shin scivolarono lontane dalla bocca, lo sguardo andò a terra, contrito.

Non ti sto criticando come samurai, Seiji. E lo sai”. Quello almeno strappò un vago rossore sulle gote del compagno. “Senza di te noi non saremmo qui ... tu ... lo sai, quanto sei importante per tutti noi. Ma ...” scosse la testa, con forza. “Touma. Con lui dai il massimo?!”.

Korin si bloccò sul posto, le braccia si cristallizzarono ai suoi fianchi, mentre lo sguardo, cupo e pensieroso, si aggrappava a una spalla di Shin: dare il massimo? Non aveva cercato di andare oltre quella lingua impudente? Oltre quello sguardo saccente e quella reticenza che con lui sprizzava veleno da tutti i pori?

Non era lui che aveva risolto – solo per poco, così poco – la questione nello sgabuzzino? Lui aveva messo Touma con le spalle al muro, lui l'aveva fatto parlare, lui gli aveva spiegato come stavano le cose fra loro.

Non aveva fatto tutto lui?

Lo faccio sempre. Mi impegno al massimo per capirlo sempre, anche quando è incomprensibile al mondo”.

E perché oggi l'hai trattato così?”.

Già. Shin poteva 'capire' Shu e lo scherzo – non proprio innocente – che aveva ideato la Scimmietta (e ne avrebbe pagate le conseguenze) ma Seiji ... da lui proprio ...

Mi sono lasciato trascinare...”.

Incredibile, ma si era sentito stranamente soddisfatto attuando il 'piano'.

Quello l'abbiamo visto tutti ... ma perché?”.

La risposta venne fuori con tutta la semplicità di questo mondo.

Perchè voleva essere maltrattato”.

Seiji si accorse del pieno significato delle proprie parole quando i suoi occhi incontrarono quelli sconvolti di Shin. Sconvolti e ...

Seiji, questo non è da te!”.

No ... cioè ... Shin ...”.

Il serio e pacato Seiji, la Luce, il Consiglio, la spalla incrollabile di Rekka era ...

Seiji ... cioè tu ... tu hai ... molestato Touma?!”.

Priva di parole coerenti.

S-Shin ... m-ma ... non ... ma che ... non dovresti ... è tutta colpa di ... Shu ... lui ...!”.

Oh, era uno spettacolo vedere la pacatezza fatta a persona perdere la parola, il pallore e la grazia. Quasi tenero per Shin.

Ma Shin doveva essere duro, spietato (... per così dire). Doveva tirare fuori da Seiji la verità. Metterlo davanti al fatto compiuto che ...

Seiji ... quando vuoi ammetterlo?”.

Che effetto strano ... aver fatto qualcosa che il grande Seiji non riusciva nemmeno a immaginare.

Shin ... tu ...”.

Seiji avrebbe voluto strozzarlo, letteralmente. Ma Shin si sentiva così monello, così perfido che ... si stava, sotto sotto, divertendo.

Ammettilo ...”.

Shin ...”.

Se il grado di pericolosità di Seiji era direttamente proporzionale con il colorito delle sue gote, beh ... Shin era piuttosto nei guai.

... sei innamorato di lui ...”.

SHIN!”.

Seiji!”.

Una mano molesta di Shin si puntò lesta contro la punta del naso di Seiji, lasciando quest'ultimo balbettante.

Non ci sono regole ... non ci sono nemmeno libri che ti spiegano davvero come si fa ...” e Shin aveva avuto la sua bella parte di ricerca. “Ci si muove ... come si può ... con l'istinto ... e con l'amore ...”. La mano si abbassò, timida, il viso di Shin si offuscò di tepore. “Dobbiamo tutti imparare ... e ... si fanno passi falsi di continuo ... ma ... se abbiamo paura ...” le mani si strinsero a pugno, davanti a Korin che, dopo la singola sfuriata, pareva ammantato di calma. “... tutto si rovina. Tutto si perde ... voi ... non avevate capito?”.

Shin, che ottimo parlatore. Riusciva a mettere sulle proprie labbra parole semplici, chiare e intense. Tutto ciò che usciva da esse era sentito, genuino, a volte doloroso. Trasmetteva con facilità ciò per cui il suo cuore batteva.

Nessuno lo sa ...” Seiji riuscì a borbottare una mezza verità, si vergognò per quella debolezza. Ma era difficile fare chiarezza. Non erano battaglie, strategie. Quello era semplice, chiaro, logico.

Qui logica e chiarezza non erano contemplate.

E semplicità? Se quello che sentiva fosse stato così semplice, allora il suo cuore era davvero un gran bugiardo.

Ma se io lo vedo... com'è possibile che voi non lo sappiate?”.

Forse sono ... davvero cieco”.

La smorfia seria e indispettita di Shin fu cancellata dalla sorpresa, ma l'attimo di imbarazzato silenzio fu troncato da una sua nuova affermazione, ancora più ingenua, ancora più forte.

La Luce splende davvero solo nel Cielo! Ecco perché sei cieco!”.

Shin rialzò la mano e puntò l'indice, ancora, contro la punta del naso di Seiji – stava diventando un'abitudine quella.

Va da Touma e sii la Luce. Solo tu puoi esserlo ... come ... solo la Terra può essere un tutt'uno ... con l'Acqua. C'è una ragione se siamo quello che siamo ...”.

Fu Shin il primo ad andarsene, con un'espressione che, si sarebbe detto, si adattava al perdente di una discussione – quando la situazione non era affatto tale.

Seiji, alle sue spalle, lo guardò allontanarsi con l'aria smarrita di un bambino in cerca di risposte: si sedette, sulla riva del lago, e lì si sdraiò ad osservare il cielo, bagnato dal sole estivo, ormai prossimo ad un rosso tramonto.

 

***

I tramonti avevano la tremenda abitudine di renderlo irritabile. Erano brevi, cangianti ed erano rossi. Quel rosso fuoco era insopportabile, troppo intenso, troppo pieno, troppo carico dell'energia del giorno. E preludio della notte.

Non è che Seiji disprezzasse completamente la notte, essa aveva il suo fascino. Era silenziosa e conteneva la pallida luce di stelle e luna. Non era come il giorno, non aveva la stessa energia, ma ... poteva essere affascinante.

Ma i tramonti intensi che precedevano le notti, rendevano queste ultime insopportabili.

La luce del tramonto lo accecava e quella della notte che la seguiva finiva per essere fastidiosa, tanto era tenue.

Un sospiro irritato soffiò dalle labbra di Seiji, immerso nel prato antistante il lago da tutto il pomeriggio: erano pensieri assurdi, contorti, squilibrati ... ben troppo per lui!

E non era ancora andato da Touma, diamine!

Shin voleva ... faceva proseliti ... filosofeggiava!

Ma quello che irritava ancora di più Korin era che Shin aveva dannatamente ragione.

Ragione!

E lui aveva torto. Marcio.

E doveva chiedergli scusa. Non importava per cosa. Anzi, a dirla tutta ... le scuse erano troppe per essere esplicate, quindi uno 'scusa' generico era ...

Cortesia.

Non era da lui comportarsi così. Nemmeno pensare così!

Non era da lui tutta quella situazione e nemmeno tutti quei sentimenti.

Non erano da lui ... ma c'erano.

Si erano conquistati una bella fetta di cuore e da lì non si erano più schiodati.

Incollati, appiccicati come piccole sanguisughe alla loro preda.

Peccato che il suo cuore non si sentisse prosciugato: poteva ignorarlo, ma non impedirgli di fare ciò che realmente voleva.

Il cuore è il più insidioso campo di battaglia.

Suo nonno l'aveva sempre redarguito sull'argomento. Non pensava di capirne il significato dopo tutti quegli anni.

Il suo cuore non doleva certo del suono sordo che faceva il vuoto. Esso gridava e rideva allo stesso tempo, godendo e contorcendosi per il medesimo, assurdo sentimento che aveva riempito ogni angolo dei suoi infiniti confini.

Seiji era sconfitto. Doveva solo convincersi del fatto compiuto.

Ne, Seiji ... vuoi saltare anche la cena?”.

Gli occhi sorpresi di Seiji scivolarono indietro, inquadrando la silhouette di Shu, ferma alle sue spalle.

E' già ora?”.

Beh, no ... manca ancora un'ora. Ma pensavo che ... beh ... visto che ... Touma è sceso ...”.

Shu non era bravo a parlare di argomenti scottanti. Ma in fondo chi lo era?

Devo andare a parlargli, vero?”.

Beh ... ecco ... se ... vuoi ... insomma ...”.

Un sospiro, Seiji si alzò a sedere, guardando Shu con una sottile aria di rimprovero.

Avanti Shu. Sei o non sei la Giustizia? E non è giusto che io vada a parlare con lui?”.

Kongo arricciò il naso e anche le labbra, scostando lo sguardo nervosamente.

Io sarò la Giustizia se tu sarai la Cortesia con lui”.

Seiji sbatté un paio di volte gli occhi, piacevolmente stupito da quella perfetta risposta: Shin aveva un'ottima influenza su di lui.

Sarò me stesso fino in fondo...” mormorò alzandosi. Poi fece qualche passo verso il compagno e gli posò una mano sulla spalla. “Grazie”.

Un sospiro si levò alle sue spalle, ma Seiji era troppo lontano per vedere il sorriso soddisfatto di Shu.

Quando rientrò in casa, la cucina era già in fermento, i bambini (Ryo e Jun) giocavano con Byakuen e la sua personale disperazione, Touma, era rannicchiato sul divano con lo sguardo perduto sul suo volume di storia. Sguardo che fu calamitato dalla sua entrata e dalla sua ingombrante presenza.

Seiji vide il volume tremare leggermente tra le mani del ragazzo, mentre, quasi soffocati, arrivavano i saluti dei due 'bambini'.

Voleva attaccare e affondare. Voleva giungere al nocciolo della questione e risolvere ogni cosa. E cancellare quello sguardo irritante da Touma. Ma doveva usare tatto. E cortesia.

Quella era la sua virtù.

Così si avvicinò e si sedette, chiudendo Touma tra il bracciolo del divano e se stesso: gli occhi del ragazzo si erano fatti grandi, stranamente lucidi e stranamente confusi. Sulle labbra si leggeva, ancora, sospetto, ritrosia.

Quali erano le parole giuste per iniziare un proselito di scuse? Bisognava filosofeggiare? Usare qualche esempio illuminante?

Stava per aprire bocca, quando Touma lo precedette.

Mi fai sempre le domande sbagliate ...” i denti affondarono nel labbro inferiore, le gote si colorarono di un intenso rosso. “Ti diverte lasciarmi senza parole?”.

Evidentemente ... sono bravo...”. Tono dimesso, quasi pensieroso. Touma lo guardò con occhi sgranati per quello, non certo di aver udito bene. “Ma preferirei fare il contrario, davvero...”. Gli occhi di Tenku sembrarono allargarsi all'infinito.

Mi prendi in ... giro?”.

Non è più tempo per quello”.

Seiji sembrava farsi più vicino, ma era già appiccicato a lui! Non si accostava, non più di prima, ma la sua energia sembrava volerlo inghiottire completamente.

Ne vedeva i contorni perfetti, i capelli setosi che danzavano davanti ai suoi occhi, ipnotizzandolo; riusciva a distinguere, dietro al suo ciuffo, l'occhio che voleva sempre occultare a tutti ed era intenso, dallo sguardo incrollabile... pareva così diverso da quello che mostrava al mondo, come se appartenesse ad un'altra dimensione, onirica.

Touma non aveva più parlato, Seiji nemmeno: si era accorto dello sguardo distante che aveva e, per un momento, era stato tentato di sgridarlo, di lamentare il suo perenne stizzo per quell'assurda creatura qual era.

Non ci fece nemmeno caso al proprio corpo e di come si fosse chinato in avanti, chiudendo Tenku in una trappola priva di fughe.

Si rese conto solo quando le sue labbra si incollarono a quelle del compagno.

Poi si chiusero gli occhi ed il suo corpo si fece imponente su quello che, contro tutte le aspettative, si era fatto di marmo.

Nelle orecchie di Touma, le voci dei 'bambini' erano scomparse per permettere al suo cuore di battere un 'can-can' indisturbato e assordante: il suo corpo si era intirizzito, ma il viso era talmente rosso da tremare come un bollitore sul punto di scoppiare.

Gli occhi, quelli, non si erano chiusi. Erano ancorati alle lunghe ciglia di Korin, alle palpebre morbide e pallide, alle sopracciglia dall'arco morbido e delicato.

Quando Seiji si staccò da lui, senza una parola, gli occhi di Touma si spostarono su quelli del compagno, entrambi, ora, visibili: non distolsero lo sguardo, nemmeno quando il buon senso da primo bacio giunse a schiantargli ogni pensiero logico (e il solito, scomodissimo, istinto).

Poi, fu la volta della mano di Seiji sulla sua guancia, la sinistra, e la bocca di lui tornò a muoversi.

Perdonami Touma... per tutto”.

I suoni di sottofondo si rialzarono all'improvviso, i 'bambini' parvero indisturbati dal 'fattaccio' che aveva avuto luogo a qualche metro da loro.

La mano di Seiji lasciò il viso di Touma, il corpo di Seiji si staccò da quello di Touma, la presenza di Seiji parve impallidire, mentre i suoi passi lo portavano in cucina. Lontano da Touma.

Touma era di nuovo seduto sul divano, con la sua amata biografia di Toyotomi Hideyoshi abbandonata sul grembo; ma la sua mente era lontana anni luce dal passato.

Il presente faceva troppo rumore.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Nota prima di iniziare a leggere: la fic è conclusa, PerseoeAndromeda me la sta betando. Quindi, se c'è qualcuno interessato sappia che manca poco alla fine <3 Questo capitolo, intanto, è quello del vero cambiamento per Touma^^
***
Non sapeva bene Korin se non stupirsi affatto della reazione di Tenku: certo, gli animali in gabbia tendevano a rimanere inermi di fronte al pericolo, bloccati dalla paura per il proprio predatore.

Ma un Tenku imbranato e imbarazzato assieme era uno spettacolo a cui tutti loro assistevano per la prima volta: sbattere la testa nella porta della cucina, inciampare sui propri passi e cadere miseramente nel lago, ritrovarsi a leggere un libro a testa in giù per più di mezz'ora (mentre Shu si strozzava per le risate), avere il viso perennemente in rosso perché, ogni volta che voltava lo sguardo, c'era quello di Korin a trafiggerlo. E a fargli fare qualche assurda mossa.

Seiji aveva creduto, fino ad allora, che la parte dell'imbarazzato sarebbe toccata a lui, nella più umana delle questioni sociali. E invece, tutte le più svariate ipotesi erano da attribuirsi a Touma.

Quale bizzarra scoperta – e non priva di una certa dose di compiacimento per il perpetratore.

Seiji si ritrovava, all'improvviso, padrone assoluto della situazione e quella particolare sensazione di potere sull'altro ragazzo – non poteva negarlo – gli dava una strana ma ben commisurata dose di piacere.

Inoltre Shin, Shu e Nasty parevano aver smesso di metterlo con le spalle al muro e, anzi, avevano ora più l'aria di spettatori non paganti dello show dell'anno.

Seiji, sei strano in questi giorni...”.

Ryo, da ingenuo qual era, non aveva compreso la situazione ma, più degli incidenti di percorso di Touma (che, su di lui, così strani non erano), lo stranivano la calma compassata e l'aria soddisfatta che il suo essere emanava come luce accecante.

A dire il vero, Ryo, non credo di essere mai stato meglio”.

Ed era vero.

Aveva dato la sua risposta, chiarendo con se stesso e Touma quella situazione.

Aveva chiarito il proprio cuore e si sentiva come trasparente, trapassato dalla luce e luce stessa, in ogni angolo più nascosto.

Ora attendeva solo che Touma si riprendesse e battesse un colpo in risposta al bacio.

Quando ripensava a quel momento, Seiji si passava un dito sulle labbra e scuoteva la testa, compiaciuto: era davvero cambiato se anche solo il pensiero di quel gesto smuoveva in lui soltanto il desiderio di replicarlo.

Voleva sapere come sarebbe stato con delle labbra ubbidienti che rispondessero, colpo su colpo, ai suoi richiami. Voleva sentirlo, imparare ogni cosa di lui per poterla ricordare, anche quando non gli era vicino. Voleva vincere del tutto quel corpo, quella mente, quello spirito confuso.

Voleva che diventasse suo, di diritto.

 

***

Nasty, posso fare una telefonata a casa?”.

La tranquillità di qualche giorno aveva spinto Shin a cercare i contatti con Hagi, con la sua famiglia adorata che, ormai da qualche tempo, non aveva sue notizie. Attorno a lui, i ragazzi con arie un po' complici, un po' curiose ad osservare il bocchan e la sua indiscutibile capacità di tranquillizzare le persone amate, distanti centinaia di chilometri. Quando agganciò gli bastò poco per tornare a essere punzecchiato da Shu, ricevere e dare l'attenzione curiosa di Ryo per poi passare la palla a Touma.

Seiji si fece attento, mentre, con malcelata tranquillità, il ragazzo faceva il numero: Shu cominciò a molestarlo con aria divertita riguardo a qualcosa sul suo parlare formale (gli sarebbe piaciuto sentirlo...) e Touma che replicava arrossendo con un broncio tutto particolare. Seguirono due messaggi, uno dei quali del padre, e poi venne l'ultimo che fece sussultare tutti – ma in particolare quel curioso di Shu.

UNA DONNA! UNA DONNA ED ERA COSI' INTIMA!”.

Baka!” di nuovo le orecchie di Touma si fecero di fiamma. “E' mia madre! Che vai a pensare?!”.

Seiji ridacchiò tra sé, quasi intenerito da quel breve momento in cui Touma era tornato in sé, reattivo e combattivo con il suo 'rivale' Shu: gli mancava un po' vedere quella luce impudente, quella che i suoi occhi bruciavano con tutti, escluso lui. Si chiese, per un attimo, se l'avrebbe mai vista mentre Tenku guardava lui.

Ha detto che torna da Los Angeles domenica prossima”.

Poteva essere interessante conoscere la madre di Touma: si chiese se quella donna avrebbe potuto rispondere a molti dei quesiti che ancora rimanevano nella sua mente.

Andiamo a darle il benvenuto allora” aggiunse Nasty.

SONO D'ACCORDO! VOGLIO PROPRIO VEDERE LA MADRE DI TOUMA!”.

Shu aveva la strana capacità di mettere d'accordo tutti, nella maniera più rumorosa.

Anche io. E' una giornalista, vero?”.

E Touma non è mai andato a Narita, prima d'ora. È meglio che non si perda”.

Oh, Nasty non sapeva quanto avesse ragione ora: per come era messo, Touma si sarebbe potuto ritrovare a Kamakura senza nemmeno accorgersene. Altro che Narita, quel ragazzo ultimamente prendeva fischi per fiaschi. Davvero.

E' vero...” aggiunse Seiji con un sorrisetto che congelò per un istante Touma.

E possiamo andare a vedere Tokyo nel frattempo”.

Bene, è deciso!”.

Hey!” di nuovo quello sguardo, di nuovo quel rossore, quel guardarsi attorno come se tutti loro fossero impazziti. Era solo divertente e per Touma poteva essere un modo per rilassarsi. Forse Seiji poteva pensare anche di ... parlare con lui. “Non decidete senza che io sia d'accordo!”.

Ma tutti sono d'accordo! È deciso!”.

Che succede a tutti? È strano...”.

Era... decisamente ... troppo trattenersi, per Korin. Arrischiò un gesto, si avvicinò a Tenku, allungò una mano e gliela passò tra i capelli, veloce, delicata: sentì il brivido arrivargli sulla pelle, attraverso le dita, e si perse, per un attimo, a contemplare quegli occhi cobalto in silenzio.

Poi, passato qualche istante, Seiji sussurrò qualche parola.

Sorridi, piccolo Panda”.

Non c'era modo migliore per trasformare in brodo di giuggiole un panda.

 

***

E venne così la domenica agognata, dopo una curiosa (e morbosa) attesa dove erano volate ipotesi, mentre Touma cercava ancora di farli desistere e Seiji lo teneva a bada con lunghe e pesanti occhiate che lo facevano battere in ritirata senza il minimo indugio.

Il divertimento di Seiji, però, stava anche giungendo al termine: sempre più spesso i suoi occhi erano fatti di attesa e la pazienza, con Touma, aveva avuto vita fin troppo lunga. Certo i segnali che lui gli mandava erano abbastanza inequivocabili, ma Korin non era mai del tutto sicuro di saperli leggere come doveva: di tanto in tanto lo assaliva l'ansia di aver fatto il passo più lungo della gamba e di aver spaventato irrimediabilmente Tenku.

Allora giungeva Shin che, più di tutti, capiva quello che gli ronzava fastidiosamente nel petto.

Pazienta, sta per cedere” o “hai fatto la cosa giusta” o ancora “aggiungi ancora un bacio” erano i consigli che partivano dal sopracitato ragazzo.

La terza era sempre un'interessante possibilità – comunque mai portata fino in fondo – le altre due avevano almeno la capacità di tranquillizzarlo quanto bastava.

Comunque, la domenica fatidica arrivò e, caricati i ragazzi in auto, Nasty era partita poco prima di pranzo alla volta di Narita: da Kanagawa la strada non era affatto breve, soprattutto quando avevano in programma di passare per il porto di Tokyo, per constatare l'effettiva tranquillità della zona.

Touma pareva nervoso, ma era quello stato che lo portava a parlare continuamente.

Ve l'avevo detto che potevate anche non venire...”.

Touma suoni come un disco rotto”.

Io sono curioso di conoscere tua madre, sarei venuto anche se non avessi voluto”.

Però, Ryo, io non volevo...”.

Sciocchezze!” ribatté Shu addentando un primo panino. “Saresti potuto scappare stamattina per andare a prendere il treno, invece sei qui con noi ... questo significa che ci volevi con te”.

Shin e Seiji dovettero nascondere la risata dietro la mano per non irritare ulteriormente Touma.

Non sarei riuscito a svegliarmi così presto!”.

Che debole scusa: Touma era proprio agli sgoccioli per non riuscire ad imbastirne una migliore.

Per una cosa così importante ti sveglieresti comunque” replicò Shin con il nasino leggermente alzato. “Non si lascia la tua Okaasan all'aeroporto da sola”.

Touma arricciò le labbra, incastrando la testa tra le spalle con l'aria del bambino capriccioso: Seiji dovette trattenersi dal non saltargli addosso (in quelle due settimane il suo senso di pudicizia e di decoro, con Touma, sembravano aver preso il volo, da qualche parte).

Ti assicuro che lei se la cava meglio di me negli aeroporti, è sempre in giro e ...” un sospiro che allertò la curiosità di Shu e Ryo.

E?”.

E lei è una persona che non ha problemi a smuovere anche l'intero aeroporto per tornare a Osaka. Volente o nolente”.

Kongo e Rekka si guardarono perplessi.

Che persona è?”.

Gli occhi di Touma si persero fuori dal finestrino, sul mare.

Eccentrica, chiacchierona ed esuberante. MOLTO esuberante”.

Seiji non si trattenne, dovette cogliere la palla al balzo.

Se non fosse per l'esuberante, direi che hai preso tutto da lei...”.

Touma distolse lo sguardo dal paesaggio per posarlo, sconcertato, su di lui: per la prima volta da tre settimane il suo viso tenne, senza colorazioni di alcuna sorta.

Me lo dicono spesso, ma non credo ...”.

Seiji si sporse su Shin e Shu, interposti tra lui e Touma, e guardò meglio il ragazzo, senza profferire parola: a quel punto, Touma tornò a colorarsi e spinse lo sguardo lontano, tanto lontano da posarsi sulla mano con l'ultimo panino del cesto preparato da Shin.

Shu!”.

Mi spiace, bevuto!”.

Touma ringhiò con disappunto, mentre Shin gli presentava degli onigiri occultati alla Scimmietta; si mise, così, tranquillo e silenzioso, intento a far andare la bocca ed evitare sguardi pesanti diretti solo a lui.

Shin si volse verso Seiji, gli punzecchiò una guancia con l'indice e mormorò.

In aeroporto va tu con Touma a prendere sua madre... così parlate un po', nell'attesa”.

Ci aveva pensato, davvero, ma temeva che non sarebbe riuscito a frenare i suoi compagni curiosi dall'accompagnarli.

Annuì serio, poi tornò al paesaggio che scorreva attorno a loro, confondendosi con i loro pensieri.

 

***

Quando poi giunse Garyuuda e la battaglia tornò a incombere su di loro, Touma tornò prepotente nei pensieri, nella bocca, nella preoccupazione di Seiji: l'attacco li aveva colti di sorpresa ed erano scesi, preparandosi al combattimento con la preoccupazione di un possibile disastro aereo.

E Touma, lui, aveva esitato.

Aveva avuto dubbi, come se, oltre ai propri sentimenti, non credesse più nemmeno nel suo stesso potere.

NON SEI TU, KISAMA, IL GUERRIERO DI TENKU?!”.

Seiji si era sorpreso a usare un termine che non avrebbe mai usato con un nakama, ma men che meno con Touma: e i ragazzi, loro erano riusciti a smuoverlo con incitazioni, senza insulti, senza ...

Non era da lui. Non era da lui, con Touma. Nemmeno in una situazione simile.

E Touma ... lui aveva ritrovato se stesso, aveva fatto l'impensabile, per tutti loro.

Fluttuare nel cielo, anzi volare. E poi usare il proprio potere su quell'aereo e salvare tutti.

Non aveva mai dubitato di lui.

Mai.

Allora perché usare quella parola, quell'insulto, per cercare di smuoverlo?

L'aveva osservato, aveva studiato ogni suo movimento. Quando Garyuuda era scomparso, i suoi occhi non avevano lasciato Touma per un solo istante, fino a quando non era tornato a terra, tra loro: allora tutti, in primis Shin, poi Shu e Ryo gli si erano gettati addosso, abbracciandolo mentre le yoroi tornavano ad essere petali ed il sole riverberava su di loro.

Si avvicinò a passi incerti, Shin lo vide con la coda dell'occhio e, fatto l'occhiolino a Shu, spinse il guerriero di Tenku verso Korin, praticamente tra le sue braccia.

E, per la prima volta, gli occhi cobalto incontrarono i suoi d'ametista e non si abbassarono, dando modo al sorriso di raggiungerli, finalmente: abbassò un poco il mento, fece una smorfia che era uno sbuffo e parlò.

Non sono da te certe parole...”. Per la prima volta fu Seiji ad arrossire. “Ma avevi ragione”. Seiji si dovette mordere le labbra per frenare parole non adatte. “Non devo esitare. In nulla”.

Seiji fece per aprire bocca quando Shu e Ryo richiamarono tutti per raggiungere l'aeroporto.

Altrimenti arriviamo in ritardo!”.

Seiji e Touma si guardarono, per un attimo, sembravano volersi dire qualcosa ma temevano di parlarsi l'uno sull'altro.

Seiji, perché non vai con Touma?”. Sobbalzarono e i loro sguardi caddero su Shin: aveva quel sorriso.

Ma Shin...” mugolò Shu.

Scimmietta, tu non volevi mangiare qualcosa in aeroporto?”.

Uh, vero...”.

Ottimo!” il ragazzo di Hagi prese Rekka e Kongo sotto braccio e li tirò lontani dai compagni. “Noi ci vediamo all'entrata con Nasty!”.

Si allontanarono velocemente – Shin aveva un passo veloce nelle situazioni di emergenza, come quella – e i due rimasero soli, il rumore del traffico e di qualche altro aereo in arrivo in sottofondo.

La timidezza sembrò rimpossessarsi di Tenku che tossicchiò, fece un paio di passi indietro e spostò lo sguardo al cielo.

Dovremmo andare...” mormorò.

Siamo d'accordo”. Seiji si mosse subito, ma ebbe l'accortezza di allungare una mano, attaccarsi alla maglietta di Touma e tirarlo verso di sé: senza una parola, Touma lo seguì, raggiungendolo e mettendosi al suo fianco, un silenzio teso sulle loro teste.

All'entrata dell'aeroporto, quando le parole della gente riempirono ogni altro silenzio, il ragazzo di Osaka riaprì bocca.

Prima ... quando ho detto che ... non devo esitare ... in nulla, io ...”. Seiji lo vide mordersi la bocca, poi chiuse gli occhi e sospirò. “Io lo dicevo anche ... con te”.

Seiji prese un lungo sospiro, afferrò nuovamente la maglia di Touma e lo bloccò, mentre controllava che uscita dovessero prendere. Di nuovo il ragazzo eseguì il muto ordine del compagno.

Ci speravo”.

Immaginavo...”.

Ne ho avuta di pazienza...”.

Lo so. Ne hai avuta più di chiunque altro ...”.

Shin escluso”.

Seiji sorrise, sicuro di aver usato la giusta dose di ironia.

Sei geloso?”. Le mani di Touma si andarono a posare su quella che stringeva la sua maglia: Seiji sussultò e il suo sguardo volò a lui, che aveva già rintanato il capo tra le spalle. “Beh... uhm... intendevo ...”.

Intendevi quello” Seiji riprese a camminare, non lasciò la sua maglia e una mano di Touma rimase sulla sua, tentennante. “Ma un po' è vero”.

Davvero?!”.

Seiji scoppiò a ridere, mentre arrossiva con ben poca riservatezza.

Hai mai baciato Shin?”.

Non ... non ho mai baciato ...”.

La mano di Touma abbandonò la sua, la tensione elettrizzava l'aria tra loro.

Seiji smise di ridere, rallentò il passo, fino a fermarsi vicino a un distributore di bibite: tirò ancora un poco Touma verso l'angolo cieco del distributore e lo affrontò a viso aperto.

Allora non esiti più?”.

Il viso di Touma si colorò, violentemente, ma non abbassò lo sguardo, anche se aveva il cuore in gola, la bocca secca e le gambe, a stento, lo reggevano.

Si morse le labbra, aprì bocca a cercare l'aria e sospirò.

Non è ... difficile guardarti ... o parlarti. Nemmeno andare d'accordo con te lo è ... l'ho capito, quello, davvero ...”. Si mosse, inclinò su un lato il viso e Seiji si sentì rapito da uno sguardo così perso e indifeso: sembrava piccolo, troppo piccolo per essere lui. “Tu mi fai sentire... io... non mi sono mai sentito così...”.

Lo vedeva, in quei grandi occhi color del cielo, tutto il coraggio e tutta la paura. La speranza e il desiderio, la diffidenza e la disillusione.

Le mani di Seiji scattarono in avanti, catturarono il viso di Touma: si avvicinò, ne toccò la fronte con la propria, i loro sguardi si incontrarono, avvinghiandosi l'un l'altro.

Nemmeno io. Ma sono felice ... che sia tu”.

Una mano di Touma raggiunse un suo braccio, si aggrappò, mentre si alzava un poco sulle punte, spingendosi delicatamente contro Seiji.

A-anche io”.

La sua voce fu mozzata dall'improvviso abbraccio in cui venne avviluppato, per un lunghissimo istante.

Fu Seiji a staccarsi, tossicchiando e ritrovando un poco di verve e spirito: guardò il compagno che contraccambiava quel gesto con un insolita e pacata tranquillità.

Siamo in ritardo. Tua madre ci starà aspettando...”.

Touma soffocò una risatina, le guance ancora imporporate, lo sguardo guizzante.

Tranquillo...lei si perde sempre. Non arriva mai quando la si attende”.

E così fu.

Giunsero alla sala d'aspetto con diversi minuti d'anticipo e accolsero tra sorpresa e tante, tantissime parole, la donna. Quando questa si assentò per una telefonata, lasciando i due di nuovo soli, Seiji non poté esimersi dal commentare.

Come avevi detto, lei è diversa...”.

L'hai capito”.

Touma sembrava sulle sue, un po' nervoso.

Dì un po'” l'apostrofò Seiji con sguardo intenso e decisamente troppo interessato “Che le hai detto di me?”.

Ecco, lo sapeva. Oh, Tenku lo sapeva bene. Aveva una boccaccia, decisamente!

Ho parlato di tutti voi...”.

E di me cosa hai detto?”. Seiji non avrebbe mollato, era troppo divertente. E intrigante. “Sembra che tu non mi abbia elogiato abbastanza... per tua madre. Anzi, per dirla con le sue parole ... sono molto più incredibile di quello che ha sentito da te”.

Oh, Seiji stava gongolando da quanto era divertito.

E Touma voleva seppellirsi sotto chilometri di terra.

L-lei... e-esagera... s-sempre...”.

E balbettava, così spudoratamente che era impossibile nasconderlo.

Con un leggero movimento, Seiji chinò la bocca su un orecchio di Touma.

Te lo farò dire prima o poi, sappilo”.

Seiji gongolava, ma pensò che per quel giorno era abbastanza. In fondo aveva ottenuto quello che desiderava da tempo.

Quando la donna tornò tra loro, Touma aveva preso il suo solito colorito: la portarono a conoscere i ragazzi e ci fu un tripudio di curiosità e parole e la madre di Touma che giocava con il figlio a battute, con una complicità, una famigliarità e una sottomissione che scatenò battutine a non finire dai ragazzi e risposte ancora più divertite dalla madre in questione.

Touma era particolarmente silenzioso, almeno quando non doveva difendersi da incredibili offese al suo amor proprio, alla sua nomea e, soprattutto, alla sua infanzia.

Seiji decise che quella donna, anche se un tripudio quasi incontenibile di energia femminile, era una compagnia insostituibile e piacevole. Il che, per lui, era un grosso passo avanti.

A cena, le chiacchiere erano ricche, divertite e rilassate: la madre conversava con tutti, si trovava in perfetta sintonia con la deliziosa educazione di Shin – e riusciva, come il figlio, a strappargli degli sguardi imbarazzati sotto lo sguardo sornione di Touma; Shu parlava e parlava e rideva con lei, concentrando tutta l'attenzione sugli aneddoti e sugli eventuali punti deboli del ragazzo; Ryo era quello più silenzioso, con lo sguardo morbido che pendeva dalle labbra e dalla presenza materna della donna; Nasty sembrava quasi sollevata dalla conversazione con una persona del suo stesso sesso – e Seiji non poteva certo biasimarla, dopo tutti quei mesi a contatto solo con loro. Seiji, assieme a Shu, partecipava alle battutine, scambiava eloquenti sguardi di divertito ammonimento con Touma e flirtava innocentemente con lui, quando tutti non guardavano – e Touma non ci arrivava.

Ve lo posso rubare per qualche giorno? Sono mesi che non ci vediamo...” chiese la donna a metà serata.

Ryo fu il più lesto a rispondere.

Sicuro. Touma deve passare un po' di tempo con la sua Okaasan”.

Così, magari, potrà raccontarci altri episodi imbarazzanti...” ridacchiò Shu, mentre Touma gli lanciava un'occhiataccia severa.

E portarci qualche regalo...” aggiunse Seiji con una grande faccia da schiaffi.

Potremmo fare qualcosa anche noi, non credete?” aggiunse Shin, guardando i ragazzi uno ad uno.

Nasty scosse la testa, in asserimento.

Io devo tornare in Università per alcune ricerche... potreste approfittare e andare a cercare un po' di fresco”.

Touma sospirò, incrociando le braccia.

E lasciate me al caldo?”.

La madre del ragazzo mimò il gesto del ragazzo e replicò ironica.

Così finisci per dormire tutto il giorno a casa...di che ti lamenti?”.

Ed ecco arrivare l'ennesimo scroscio di risa.

Venite a casa mia, allora!” esclamò Ryo con fare eccitato. “Così vedete quanto è bella e fresca la prefettura di Yamanashi!”.

Shu e Shin scossero il capo, vivaci come dei bambini, scambiando infine uno sguardo d'intesa con Seiji, l'unico che ancora non aveva dato una risposta: lui un po' se l'aspettava, un po' non poteva negare come avrebbe voluto passare – finalmente – del tempo piacevole e pregno con Touma, dopo quella giornata densa; ma non avrebbe mai negato a Touma qualche giorno speciale con lei. In fondo, non glielo aveva detto Shin che Touma, a casa, era quasi sempre da solo?

Magari, quando torni, dormi come una persona normale”.

E questo era Shin che esprimeva il pensiero divertito di tutti.

Oh, sai...” confessò in quel momento Touma alla madre “il nostro bocchan qui può sembrare una fochetta, ma quando si tratta di svegliarmi si trasforma in uno squaletto”.

Shin si sarebbe pentito di quella battuta: Touma era un rompiscatole punzecchiatore, certo, ma ora c'era anche la madre. E quella donna era la copia esatta di Touma in quanto a linguaccia – modulata dall'età, ma non meno irriverente.

 

***

Usciti dal ristorante, Touma si scusò allontanandosi per un attimo da loro, mentre il gruppo accompagnava la madre alla biglietteria, per la prenotazione dello shinkansen per Osaka. Seiji rimase indietro apposta, voleva scambiare ancora due parole con il ragazzo prima di salutarlo e voleva essere da solo per non attirare sguardi e bocche che, sapeva, non si sarebbero fermate per troppi giorni.

Touma giunse di corsa alla base delle scale e si fermò quasi all'improvviso quando vide solo Seiji ad attenderlo: strinse l'involucro che teneva in mano, lo nascose un po' dietro la schiena e gli si fermò di fronte.

Come mai... sei qui?”.

Ti attendevo” Seiji allungò lo sguardo verso ciò che il ragazzo gli voleva celare. “Cosa sei andato a fare?”.

Touma si passò una mano tra i capelli, cominciando a borbottare.

Visto che ... andate a Yamanashi ... avete bisogno di una guida...” Touma spinse il pacchetto contro il petto di Seiji, togliendo la mano solo quando quelle di Seiji lo afferrarono. “Almeno vi documentate sulla zona...”.

Seiji spiegò la carta marroncina, estraendo la guida sulla regione natia di Ryo.

Ma abbiamo Ryo...”.

Ma lui conosce bene le montagne, con tutto il resto ... non è affidabile”.

Lo diceva con aria seria, ma quelle parole suonavano troppo buffe alle orecchie di Seiji perché non scoppiasse a ridere.

Perchè ridi?”.

Seiji si portò una mano alla bocca, distogliendo lo sguardo.

Non hai peli sulla lingua”.

Touma arrossì, pensando a ben altre implicazioni che la battuta aveva riportato alla mente.

Ma Ryo va bene così, è da lui”.

Sicuro”.

Touma stava cambiando, lentamente. Stava smussando i suoi angoli, si stava ammorbidendo, proprio come un panda.

Touma mise un broncio imbarazzato, Seiji ancora rideva e non si accorse dell'intenzione che giaceva in quei occhi cobalto: quando se lo sentì tra le braccia e, soprattutto, quando percepì la morbidezza e un leggero senso di bagnato sulle labbra, solo allora si accorse che Touma l'aveva colto impreparato.

Ma il Panda si staccò velocemente da lui, si bagnò di nuovo le labbra, le mordicchiò appena tra i denti, prima di superarlo e salire le scale verso la biglietteria.

Senza nemmeno accorgersene, Seiji si schermò dal resto del mondo con la guida, spalancando gli occhi sulla sorpresa ed assaporando quel sapore fugace che Touma gli aveva lasciato addosso: che acquistare morbidezza per il ragazzo di Osaka significasse anche perdere ogni inibizione?

Seiji temeva di scoprire troppo presto quel suo inaspettato lato.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


I giorni con sua madre Touma li vide volare inaspettatamente e si ritrovò a Narita a darle il saluto dopo quello che era parso un solo giorno. Ma di giorni ne erano già passati dieci.

Era arrivata la stagione dei monsoni e l'aereo era decollato senza problemi, sotto una pioggia battente; era stato tentato di chiamare i ragazzi per avvisarli del suo ritorno, ma poi aveva deciso di far una sorpresa e capitargli a casa all'improvviso.

Aveva voglia di vederli e tornare a quel tran tran pieno di trambusto. Strano, ma vero. Voleva tornare dai ragazzi, alla loro quotidianità che qualche tempo prima non riusciva minimamente a comprendere o accettare.

Ma gli era mancata. E gli erano mancati i ragazzi tanto.

E Seiji molto, decisamente troppo.

Era strano quel vuoto che i ragazzi gli avevano lasciato. Un vuoto piú grande di quello che conosceva da sempre. Non che pensasse che non gli sarebbero mancati, ma...forse non aveva mai pensato, semplicemente, a quello che avrebbe provato.

Touma poggiò la biografia di Hideyoshi sul tavolino del sedile di fronte a lui: lo shinkansen correva nelle campagne che dividevano il Kansai dal Kanto, un'ora ancora e la periferia sud di Tokyo sarebbe spuntata improvvisa fuori dal finestrino. Sarebbe giunto da Nasty nel pomeriggio, stando alla corsa del bus: li avrebbe trovati tutti attivi, chi sul divano, chi davanti ai videogiochi, chi ai fornelli. Sorrise tra sé, perdendo lo sguardo nel cielo quasi bianco dal sole di giugno, quel sole accecante il cui sguardo era insostenibile.

"Seiji...". Già, lui. "Tanto per cambiare..." bofonchiò, quasi soprappensiero. Ma non l'avrebbe mai cambiato, non ora. Non più.

Cosa sarebbe successo dopo quei dieci giorni? Dopo quei giorni, dopo QUEL giorno.

Come sarebbe stato?

Cioè, sarebbe stato diverso, quello era scontato.

...

Poteva dare quello per scontato? Dopo tutto il casino che era...

Ah, accidenti!

Non sarebbero tornati indietro! Seiji l'aveva detto...lui stesso l'aveva detto!

Se si erano baciati c'era un motivo.

Non era un passo inarretrabile quello?

Touma non riusciva a pensare di tornare indietro. Si era messo in gioco, aveva fatto un salto nel vuoto e...

Touma, conosci Seiji. Shin.

Caro insostituibile Shin. Il suo grillo parlante che aveva sempre ragione perchè sapeva. Conosceva così bene il cuore di tutti, meglio di quanto tutti loro conoscessero i propri.

Conosceva Seiji. Davvero, lo conosceva così bene?

Una mano passò sulle guance rosse, gli occhi si chiusero mentre sospirava. Si sorprese e mascherò il tutto con uno sbuffo. Poi arrossì ancora di più, strizzò gli occhi e mugolò sconfitto. Non riusciva a mantenere quello stupido atteggiamento da 'al di sopra di tutto'.

Non era al di sopra di nulla.

Semmai restava sotto, più sconfitto di così.

Accidenti a quel treno! Non poteva andare più veloce?!

 

***

Scalciando e brontolando, Touma aveva finito per arrivare a passo di marcia di fronte alla porta d'ingresso della villa di Nasty: aveva maledetto lo shinkansen, poi i taxi, poi il traffico ed infine l'autista del bus che pareva ben troppo addormentato per i suoi gusti.

Stava per alzare il braccio per bussare, quando da un angolo sbucò Byakuen che gli corse incontro: ruggì e lo circondò col proprio corpo, strusciandoglisi addosso come un gattino alla gamba di un bimbo.

Touma si ritrovò a ridere per la prima volta in quella giornata e sentì che tutto stava già tornando al posto giusto. Passò un mano sulla schiena della tigre, contropelo come sempre.

"Anche tu mi sei mancato, Byakuen". La tigre ruggì stizzita a quel dispetto. "Lo so, lo so...ma mi sento a casa...".

E, per quanto strana, quella frase aveva il suo senso.

Touma bussò alla porta con un sorriso che era assieme spaventato e irrequieto. Sapeva che come prima persona avrebbe voluto vedere Shin. E Nasty. Gli trasmettevano tranquillità - se si escludeva l'episodio del sottoscala.

Se avesse visto subito Seiji, lui...

"Nasty, sei t-". No, era Shu. "Touma! Sei qui!".

"Shu...". Beh, non era il suo 'calmante', ma era sempre meglio di Seiji. "Ciao".

E Shu gli si gettò letteralmente tra le braccia con un piagnucolio che Touma gli aveva sentito fare solo ed esclusivamente con Shin.

Che diavolo era successo?!

"Shu...ma...?".

"Nasty è in città molto spesso ora e i ragazzi sono ancora da Ryo, perchè c'è stato un problema al lago vicino a casa sua, ma stanno tutti bene, però hanno deciso di stare qualche giorno in più e io sono qui solo perchè Shin mi ha vietato di muovermi e-".

Touma dovette chiudergli la bocca per non venire travolto dalla sua valanga di parole, che contenevano ben troppe informazioni da poter essere digerite in così pochi secondi.

"Che cosa è successo da Ryo?". Vide Shu calmarsi dietro il suo palmo e spostò la mano, in tempo per aggiungere un'altra domanda. "E tu che ci fai qui?".

Shu impiegò un frammento di secondo per cambiare colore e assumere un'espressione mortificata sul viso.

"Sono stato male...ho esagerato un tantino...".

Touma lo guardò scettico.

"Hai esagerato...?".

Shu gli strappò la borsa dalle braccia, entrando in casa con fare spiccio e assieme colpevole; Touma lo seguì, biografia in mano, tigre alle spalle.

"Tu...hai fatto indigestione?".

La borsa di Touma cadde ai suoi piedi, lui si rifugiò sul divano, a gambe incrociate.

"La faccenda sarebbe stata una sciocchezza...cioè sono stato male, ma insomma...beh, Seiji si è messo con una sua tortura. Lui diceva che era una pratica di kendo, ma per me era una tortura".

L'espressione di Shu era talmente scioccata, inorridita e irritata che Touma dovette tossire per non rendere la sua risata troppo fragorosa.

Era così da Shu l'indignazione per quello che non era che un fatterello...e così esagerata la reazione di Seiji...

Come avrebbe voluto vedere quella scena.

"E quindi il nostro pesciolino ti ha messo a riposo forzato...".

Il broncio di Shu si fece immenso.

"Non hai idea...".

"Oh, ce l'ho!".

Non si trattenne più, scoppiò a ridere e si lasciò cadere accanto a Shu, mentre Byakuen si sistemava con espressione soddisfatta ai loro piedi.

"É da lui..." commentò.

"Certo che è da lui..." bofonchiò Shu, il labbro arricciato, uno sguardo che ancora lamentava il terribile trattamento di Seiji. "Shin e Ryo non me lo farebbero mai".

"E nemmeno io" si affrettò ad aggiungere Touma.

Lo scetticismo di Shu fu palpabile nell'intera stanza.

"Non con pratiche del kendo".

"E con cosa, di grazia?".

"Tartassato con formule matematiche...o con qualche noiosissima biografia di chissà quale sconosciuto...".

Touma sbuffò, con un ghignetto.

"Non è scontato?".

"Sarà anche scontato, ma sono torture fin troppo perfette...".

Touma poggiò il viso su una mano, con aria soddisfatta.

"Mi sento lusingato".

"Sei solo pericoloso...".

Touma sgranò gli occhi, sorpreso.

"Io?".

"Tu".

Fu il turno di Touma di arricciare le labbra.

"Tu e Shin siete pericolosi... quando divento la vostra vittima per l'acqua".

Shu fece un sorriso sghembo, allungò una mano affondandola sul capo della tigre, provocando delle profonde e rumorose fusa.

"É solo un gioco".

Touma si lasciò andare sul divano, sospirando profondamente.

"Quando c'è Shin non sai darti un freno...".

Rosso fuoco, Shu sbottò:

"Linguaccia!".

"Dico quel che vedo...non quello che succede in camera...".

Shu lanciò con foga un cuscino nei suoi confronti, ruggendo qualcosa di incomprensibile.

"Come ti senti?".

La mano di Shu sul secondo cuscino si bloccò.

"In che senso?".

"Ad essere così in sintonia con Shin da lanciarmi l'acqua la mattina...".

Shu strinse il cuscino tra le mani e sospirò pensieroso.

"Mi sento come sempre, quando sono con lui. E ci divertiamo parecchio con te".

Una strizzatina d'occhio che Touma non vide.

"Siete affiatati...".

"Sì, lo siamo tutti".

"Posso trovarlo anche io l'affiatamento?".

Shu si concesse un lungo silenzio, la mano sul capo di Byakuen si era fermata, gli occhi fissavano intensamente il compagno: un momento di confessione, forse? Certo, non era Shin, ma poteva fare la sua parte.

"Che domande, certo che puoi".

Touma lo guardò seriamente, nascondendo un broncio.

"Mi stai dicendo la verità?".

"Baka, ma certo!".

Shu pareva offeso, non in maniera irreversibile.

Touma scrollò le spalle.

"Ok".

Shu alzò gli occhi al cielo, sentendosi per un momento Shin. Tanto.

"Non mi dire che hai ancora dubbi con Seiji".

Touma gli riservò un'occhiata assieme stranita e imbarazzata.

"Shin ti influenza troppo!".

"Casomai mi influenza molto...".

Un ennesimo sbuffo.

"Ho fame...".

"Sono d'accordo. Prepariamo qualcosa?".

Touma scosse il capo in assenso, seguì Shu in cucina dove, per lo più, lo guardò armeggiare con le pentole, seduto su una sedia.

"Li hai sentiti in questi giorni?".

Shu finì di pulire la verdura e cominciò a farla a tocchetti, prima di gettarla in pentola - preparazione per un curry piccante.

"Il giorno stesso in cui c'è stato lo scontro al lago Suwa".

E così Shu cominciò a raccontare lo scontro sul lago ghiacciato che, con un pó di malinconia, Shin gli aveva narrato al telefono, quella sera. Shu avrebbe voluto essere con loro, per abbracciarlo.

Quando Shin gli passò Ryo, si decise a dare l''incarico' a lui.

"Ti manca...".

"Certo che mi manca. É normale".

Touma non rispose, mosse una mano sul tavolo, raccolse un pezzetto di carota e se la portò tra le labbra: Shu forse non era sensitivo come Shin, quando si trattava dei sentimenti di tutti loro, ma Touma non era certo un mistero in certi frangenti.

"Secondo me, Seiji mi ha sottoposto a quella 'simpatica' tortura anche perchè doveva sfogarsi". Touma tossì, il pezzo di carota gli era andato di traverso. "Mi ha dato l'idea di doversi sfogare. E io ero alla sua portata, col beneplacito di Shin".

Rosso per il tossire, Touma prese il respiro prima di riaprire bocca.

"Sfogar...si?".

Shu si girò a guardarlo ma, con un ghignetto, tornò ai fornelli senza una sola parola. Testare il campo poteva essere un'ottima mossa, ma lasciare Touma nella curiosità più irritante avrebbe trasformato il ritorno di Seiji in un momento interessante per il suo ludibrio - e la sua vendetta.

 

***

Alla fine, Nasty aveva chiamato avvertendoli che si sarebbe dovuta fermare in università per la notte, per lavorare su alcuni documenti arrivati direttamente da Kyoto.

Shu e Touma si erano spartiti con Byakuen il curry, passando la serata tra TV e biografia, con occhiate che volavano con una certa facilità - e un grande divertimento.

Alla fine la stanchezza del viaggio si fece sentire e Touma diede la buonanotte a Shu che, ormai, sonnecchiava con una mano tra il pelo folto di Byakuen e l'altra, debole, sul telecomando: il sonoro della TV era basso, Touma era convinto che Shu si sarebbe addormentato prima di lui.

Sorrise, guardandolo dall'alto delle scale, si stiracchiò assonnato e si infilò nella camera, un pensiero al letto, l'altro al ritorno dei ragazzi: si gettò sotto le lenzuola, in mano la biografia di Hideyoshi, lettura ancora incompiuta.

Aprì il volume, dove giaceva il segnalibro, e lesse solo la prima riga del capitolo che aveva abbandonato: gli occhi non ressero e abbandonarono la pagina per cadere inevitabilmente sul letto posto vicino al suo.

Nei giorni passati l'aveva guardato prima con irritazione, poi con paura, terrore addirittura; infine, all'improvviso, era giunta la curiosità, uno strano timore e poi bramosia.

Quella che adesso accompagnava il suo sguardo, i suoi pensieri.

Si alzò a sedere sul letto, poi scivolò con le gambe a terra e camminò a piedi nudi fino all'orlo del letto di Seiji: sul suo comodino aveva lasciato un libro, "il libro dei cinque anelli", che gli vedeva in mano quasi ogni sera, per sfogliarlo anche solo qualche minuto.

Lo trattava come se lo conoscesse a memoria - cosa che non avrebbe stupito affatto Touma: quel libro si adattava benissimo alla persona e al samurai che era Seiji. Touma l'aveva letto qualche anno prima e l'aveva intrigato ben più de "l'arte della guerra", anche se l'applicazione che Musashi suggeriva per la vita di tutti i giorni non l'aveva afferrata del tutto.

Afferrò il volume con cura, girandolo tra le proprie mani, lentamente: lo portò al viso e lo annusò, percependo, fugace ma distinto, l'odore di Seiji. Si ritrovò a ingollare, mentre quel profumo di cannella gli solleticava la mente e l'istinto: guardò di nuovo il letto e, invece di sedervisi, strinse al petto il libro. Lo staccò da sé, temendo di averlo sgualcito, e lo lasciò cadere sul copriletto, quasi inorridito dal suo gesto.

"Ma che accidenti sto facendo?!"sbottò tra sé, gettandosi con foga sul proprio letto. Di nuovo. "Tanto torneranno presto...non c'è bisogno di essere così...".

Così indifeso, desideroso, irritantemente strano.

Cadde all'indietro, a braccia aperte, occhi rivolti al soffitto: la luce soffusa della lampada gettava ombre danzanti su di esso, pareva che il vento dell'ovest soffiasse anche in camera. Era per quello che si sentiva inquieto. Il vento ora lo inquietava e la cosa non aveva senso.

Ora non si sentiva nemmeno più stanco.

Touma tornò a sedersi, guardò con insistenza quel letto e, in silenzio, si fermò per un lungo minuto. "Ah, al diavolo!" sbottò infine alzandosi di fretta e furia in piedi. "Tanto non lo scoprirà!".

E così Touma prese il proprio cuscino e lo scambiò con quello di Seiji, così velocemente che si ritrovò a letto in un solo movimento.

Non si sarebbe accorto, no. Era solo un cuscino.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Il sole delle nove era ben alto nel cielo e penetrava i suoi raggi attraverso le vetrate del giardino, andando a colpire un assonnato Shu, riverso sul divano, e un ronfante Byakuen, la mano del ragazzo ancora sul capo: le cicale avevano appena iniziato il loro canto quando il rumore di una macchina in arrivo disturbò il sonno del felino.

La tigre si mosse, attenta e ricettiva, alzandosi e facendo ricadere la mano di Shu a terra.

"Uhm" mugugnò lui, schermandosi gli occhi con una mano. "Che...c'è...".

Byakuen ruggì delicatamente, mosse la coda con una certa foga e camminò fino alla vetrata dove, con una zampata leggera, diede segno di voler uscire.

L'atto smosse definitivamente Shu che, con una buona dose di pigrizia, si alzò in piedi per aprire - non ancora conscio di quello che stava accadendo. A occhi praticamente chiusi, creò una via di fuga al felino facendo scorrere il vetro: così facendo, diede modo a vento e voci di entrare in casa.

"Byakuen!".

La voce di Ryo fu la prima a risuonare in quel silenzio mattiniero, quella di Shin venne dopo, nella forma di una risata: bastò quello per risvegliare Shu e farlo catapultare in giardino, un sorriso raggiante sulla bocca, i capelli arruffati e sulla guancia il segno inconfondibile di un cuscino.

"Ragazzi!".

Inutile dire che il primo su cui le sue attenzioni si rivolsero fu Shin, prendendolo praticamente tra le braccia e stringendolo in una stretta calorosa.

"Mi siete mancati! Non dovete più lasciarmi indietro!".

Shin era troppo imbarazzato per rispondere con la giusta verve. Ryo no.

"Neanche con un terribile mal di pancia?".

Shu gli rivolse una linguaccia prima di tirarlo nell'abbraccio assieme a Shin. Seiji osservava interessato alle loro spalle, un ghignetto non privo di malizia sul malcapitato ragazzo.

"Se vuoi tentiamo ancora con la mia pratica..." esordì lui quando l'abbraccio dei compagni si sciolse. "Forse, stavolta, ho successo".

Lo sguardo inorridito di Shu durò per un breve istante, almeno fino a quando non gli giunse una battutina proprio calzante.

"Puoi sfogarti con Touma, visto che è in camera vostra".

Il viso di Seiji si contrasse per un attimo in una smorfia condita da arrossamento e da tossicchio finale: sapeva ricomporsi per bene, non glielo si poteva negare.

"Mi sfogherò con te se il tuo pesciolino lo riterrà necessario...".

E il pesciolino si sentì in dovere di replicare immediatamente.

"É solo perchè è stato così male...era una soluzione estrema ma efficace".

Il ragazzo di Hagi si voltò verso Shu e, con il suo visino impettito, pronunciò.

"Vero che hai capito?".

Mai contraddire un pesciolino, soprattutto se in difficoltà.

"Certo koi".

Alla vista del sorriso raggiante di Shu, Ryo scoppiò a ridere e andò a scompigliargli i capelli.

"La nostra scimmietta starà attenta, vero?".

La mossa successiva era fin troppo prevedibile, con Shu che cercava di arruffare i capelli a Ryo e il successivo proclama della colazione della scimmietta.

Seiji aveva altri piani e lasciò il trio alla loro corte per dedicarsi al quinto abitante di quella casa.

Salì le scale con fare meditabondo, calmo: aveva il cuore che batteva con fin troppa lena, ma il viso non tradiva l'emozione che si scatenava dentro di lui.

Non aveva più timori, ma una sana dose di ansia era piuttosto normale a quel punto. Per lo meno sapeva che non l'avrebbe trovato sveglio. L'osservazione libera era un'opportunità di cui non voleva privarsi.

Aprì la porta lentamente, facendo attenzione ai rumori molesti - anche se era risaputo quanto il sonno dell'arciere fosse pesante; poggiò in un angolo la borsa che aveva portato in viaggio e richiuse la porta alle sue spalle. Dalla finestra giungeva un sottile filo di luce che giocava sul proprio letto con fare pigro, la stanza pareva avvolta da una strana penombra luminosa solo per quella piccola fonte di luce.

Il respiro di Touma era leggero, quasi impercettibile. Pareva sul punto di risvegliarsi quando, in realtà, giaceva nei meandri dei sonni più profondi.

Seiji lasciò andare un respiro che nemmeno ricordava di aver trattenuto; si avvicinò al proprio letto, sedendovisi e poggiando le mani sul materasso. Il tatto percepì immediatamente che quel posto non era rimasto intatto dalla sua partenza: abbassò gli occhi ed essi incontrarono il cuscino spostato nel mezzo del letto senza la minima cura di voler coprire il misfatto.

Non era da Touma oltrepassare i confini, anche se era solo per un cuscino: chissà cosa aveva voluto fare. Lo prese in mano e, improvvisa, venne la sensazione che quello non fosse il suo guanciale: lo tenne in mano, osservandolo con aria perplessa, poi lo girò su se stesso per sistemarlo al suo posto.

E così l'odore di Touma giunse a lui.

"Arancia...".

No, non era il suo cuscino.

Allora gli occhi di Seiji si allungarono sulla figura dormiente di Touma, sbirciarono fin oltre le sue spalle e trovarono lì, tra le coperte e le braccia del ragazzo, il suo cuscino. La realizzazione di quello che era successo lo aggredì ferocemente. Touma era particolarmente bravo coi colpi bassi, li depositava con una certa naturalezza.

Seiji si portò una mano al viso, cercando di nascondere, almeno in parte, quell'irrefrenabile moto di imbarazzo: e dire che era calmo, calmo e sicuro. Anche se il suo cuore doveva smettere di avere quegli irritanti sbalzi.

Baka ... Sei... ji...”.

Il cuore si fermò per un istante, ma quando riprese a battere era decisamente più regolare. E l'espressione di Korin più indignata che impacciata.

Ma tu guarda ...”.

Uhm ...”. Touma si rivoltò nel letto, il cuscino di Seiji tra le sue braccia fece un viaggio di 180 gradi per atterrare sull'altro lato del letto, quasi soffocato dalla stretta dell'arciere. “...baka ... uhm ...”.

Certo, il tono della voce non era convinto e i versi che infiorettavano quelle mezze parole davano adito a ben altro. Ma Seiji continuava a sentire quel 'baka' e a sentirsi, legittimamente, seccato: e che diamine, cosa aveva fatto per meritarsi ancora un epiteto simile?!

...'orridi... uhm... baka...”.

Il cuore di Korin si fermò una seconda volta e, quando tornò a battere, non sapeva bene nemmeno lui come prendere la cosa.

...potresti essere più gentile...”.

Seiji soffiò, tanto era inutile: quel ragazzo non si sarebbe svegliato con così poco. Nemmeno se avesse riversato su di lui una serie di lamenti e recriminazioni sulle uscite infelici di quello strano essere dal sonno di piombo.

...uhm... Seiji...”.

Ma parlava così tanto?!

Seiji si ritrovò a scuotere ancora il capo, nell'inutile tentativo di levarsi dalla testa quello strano tono usato dal compagno: lo stava sognando? E cosa diamine stava sognando di lui?

... Seiji...” di nuovo la voce di Touma, la sua figura che si stringeva prepotentemente al cuscino, mentre vi affondava il viso. “... uhm...”.

No, così non andava bene. Quel tono non andava affatto bene. Touma non doveva parlare di lui, in sua presenza, in un modo che doveva essere illegale perché dava a Seiji certi pensieri che ...

Touma”. Era meglio svegliarlo. Sarebbe stato tutto molto più semplice. E non ci sarebbero stati versi strani a fargli perdere la concentrazione. Accidenti, ne aveva bisogno! “Touma, svegliati!”.

Seiji si era chinato su di lui, leggermente, senza però azzardare gesti che avrebbero sicuramente sortito l'effetto voluto – e forse qualcosa d'altro non esattamente richiesto.

Ma Touma, Seiji o non Seiji, non si svegliava con quella facilità: non per nulla i ragazzi erano giunti al gesto estremo dell'acqua.

Touma!”.

Non era solito di Seiji alzare la voce, ma si doveva fare di necessità virtù. Più o meno.

Stavolta un mugolio, un movimento stizzito, lento, quasi strisciante percorse tutto il corpo di Tenku: e il cuscino di Korin si abbassò con movimento perentorio.

A quel movimento, Seiji non ci vide più dall'imbarazzo: agguantò il proprio cuscino (ancora perentoriamente tra le mani di Touma) e lo tirò dalla propria parte – e lontano dalle sue zone più pericolose – con tutta l'energia di cui disponeva. Conseguentemente, portandosi dietro anche la persona che, a quel cuscino, si era abbarbicata.

Un tonfo sordo lo trascinò a terra, sotto l'evidente e alquanto reale corpo di Touma.

TOUMA!”.

UhmSei... ji...”.

Era la sua dannazione. Non si svegliava nemmeno con i colpi di cannone, nemmeno cadendo dal letto, nemmeno ...

Il flusso dei pensieri di Seiji s'interruppe all'improvviso: gelo e bollore, fulminei e chiassosi come non mai. Accidenti alle braccia di Touma e alla loro incredibile sfacciataggine! L'aveva scambiato per il cuscino forse?!

Le sue mani scesero come tenaglie sulle braccia dell'arciere e, con uno scossone rigido e brusco, lo smosse, chiamandolo.

Touma, svegliati”.

Si era ripromesso di non essere più duro. Rigido. Irritante.

Con lui.

Ma come poteva quando ...

Stai... con me...”.

La voce di Touma era un mormorio morbido, ma chiaro e distinto. Non era certo la voce di un dormiente.

Touma...”.

Confondevano quel tono, il tocco del suo abbraccio, il suono del suo respiro addosso. Seiji era spiazzato, stregato e assieme perduto, di nuovo, nel sogno del groviglio di Touma.

Rimaniamo così ...” un sussurro, poi una pausa. L'abbraccio di Tenku tremò, stringendosi ancora di più attorno ai fianchi di Korin, mentre le mani impugnavano con ansia la sua maglia. “Mi sei mancato...”.

Touma era il panda che si stava avvinghiando a lui, con tutta la tenerezza che nessuno gli aveva insegnato. Era un dormiglione che aveva dovuto essere trascinato giù dal proprio letto per svegliarsi. Era complicato, dalla mente contorta, dalle emozioni prive di guida e col cuore attanagliato da quei grovigli spinosi che erano nati come sola protezione dal mondo.

Touma era un bambino sperduto che aveva costruito la strada da percorrere da sé, senza possibilità di scelta.

Eppure la scelta era giunta, non troppo tardi, a guidarlo dai ragazzi, da Seiji.

Un respiro lungo, forse trattenuto, si esalò dalle labbra del ragazzo: gli occhi violetti accarezzarono la schiena di Touma, poi una mano scivolò sulla sua nuca, affondando tra le ciocche nere.

Anche tu... anche tu mi sei mancato...”.

Il capo di Touma si alzò d'improvviso, scostando così la mano di Seiji da sé e ritrovandosi ad affondare nel suo sguardo. Socchiuse le labbra, cercava conferme, voleva sicurezza, ne aveva bisogno. Ma temeva anche di farlo arrabbiare, di instillare dubbi o di metterli alla luce senza nemmeno volerlo.

E allora, invece di parlare, sbuffò e abbassò semplicemente lo sguardo. La paura vinceva su tutto.

Fu allora che le mani di Seiji tornarono al suo viso, rialzandolo con sicurezza verso il proprio: aveva un'espressione così risoluta e morbida che pareva quella di un agguerrito angelo. Touma ingollò, gli occhi volarono a terra, mentre il viso era saldamente teso verso l'alto.

Touma. Mi sei mancato. Davvero”.

Perché era così difficile convincerlo delle cose più semplici? Di quelle più chiare ed eclatanti?!

Semplice.

Perché Touma era un insicuro quando si parlava di sentimenti e non era in grado di concepire il semplice fatto che potesse esistere una persona che riuscisse a ricambiare quella strana emozione che era il senso di mancanza.

 

Era difficile amare qualcuno, quando non si sapeva come farlo. Era difficile perché ti mostrava parti di te che non avevi mai conosciuto; ma esse erano sempre state lì, sotto i tuoi occhi più ingenui, solo in attesa che ci fosse qualcuno in grado di cogliere quei frammenti anonimi, spolverarli con la più grande delle emozioni e metterti di fronte ... di fronte al fatto che non vi è nulla di anonimo in nessuno di noi. Che siamo speciali, ma non riusciamo mai a vederci tali.

Forse è a questo che serve l'amore. Scoprire cosa ci rende unici e irripetibili.

Forse è questo che ci rende così tremendamente insicuri, infinitamente terrorizzati, di fronte all'amore.

 

Touma aveva sempre rifiutato l'epiteto di speciale, perché in bocca alla gente quella parola risuonava solitaria, un'eccezione.

Incapace di trovare un luogo abbastanza grande per qualcun altro che non fosse solo ed esclusivamente lui.

Ora quella parola non lo terrorizzava più. Ora la agognava, come un alchimista agogna la propria chimera.

A cosa stai pensando?”.

Gli occhi di Touma salirono velocemente in alto, trovandosi al cospetto di quelli pensierosi di Seiji: si morse il labbro inferiore, lentamente, cercando il coraggio di parlare di nuovo, riabbassò lo sguardo su una spalla del compagno e si decise a rivolgersi ad essa.

Perchè ti sono mancato?”.

Povero Seiji, non si sarebbe aspettato così tanto da un solo risveglio. Non dopo tutto quello che avevano passato.

Potrei farti la stessa domanda, ma non sarebbe giusto nei tuoi confronti”.

I denti di Touma affondarono più a fondo nella carne delle labbra.

A me sei mancato...” sussurrò l'arciere ad occhi chiusi “... perché volevo stare con te ... e non potevo...”.

Non era la risposta che lo spadaccino si aspettava. In realtà, non credeva nemmeno di riuscire a strappargliela una risposta.

Seiji si diede dell'idiota: là dentro il temerario non era certo lui.

La sua testa ricadde un po' in avanti, verso quella corvina che, ancora, restava china, nascosta da lui, da ogni sguardo.

Anche io volevo stare con te e-”.

Davvero?”.

Touma non aveva rialzato il capo, ma la sua voce era diventata chiara, squillante e con un'inequivocabile nota di panico.

Seiji sospirò.

Non mi credi?”.

Perchè non mi rispondi?!”. Capo rialzato, guance arrossate e occhi bagnati, Touma lo fissava con aria dimessa e agguerrita. “Ti do fastidio? Non ... non ti... io non...”. Eppure non riusciva a dire quello che il suo cuore temeva. Aveva paura, paura della conferma di ogni sua paura ... paura di tornare solo.

E Seiji capiva e non comprendeva. Capiva la paura. Ma non comprendeva perché mai quella paura fosse rivolta a lui.

Non mi dai fastidio” rispose privo di tono. “Ma... accidenti!” eppure il tono riprese, secco, esasperato. “Touma stiamo tornando indietro? Io non voglio”.

Tornare indietro?

Litigi... malessere... confusione, tristezza. Niente ... Seiji ...

Gli occhi di Touma, già bagnati, si riempirono, offuscarono le immagini, gonfiarono il cuore: non voleva tornare indietro.

Non voleva tornare a quello che era ... a quello che Seiji era ... quello che loro non erano ... non voleva perderlo.

Un braccio andò a coprirgli il viso, mentre il corpo venne scosso da singhiozzi.

Scu...sa...”.

Davanti agli occhi di Seiji, tutto era successo troppo velocemente.

Tutto aveva preso una piega assurda, incontrollata.

E ora Touma gli chiedeva scusa.

Scusa...

Una mano di Seiji si allungò veloce ed afferrò il braccio che gli nascondeva Touma: gentilmente lo abbassò, combattendo solo contro la testardaggine del ragazzo; poi, quando il viso rosso e in lacrime fu libero da ogni ostacolo, si chinò su di lui e lo baciò.

Touma singhiozzò, ancora una volta, nel bacio. Ma stavolta per stupore.

Gli occhi si erano spalancati così tanto che le lacrime che contenevano finirono di scendere in un istante; il naso un po' umido tirò su un paio di volte, quando Seiji si staccò dalle sue labbra.

Rimase in silenzio per un lunghissimo minuto, finché Seiji non prese parola con aria solenne e seria.

Mi sei mancato tanto perché volevo sentirti e parlarti e ... stare con te. E non potevo. E se pensi cose stupide su quello che penso io, beh... hai torto!”.

Touma sobbalzò a quel ruggito e pensò bene di non replicare, di lasciare che Seiji dicesse tutto quello che il suo sguardo ancora aveva dentro.

Se sei insicuro...” e a quell'accusa Touma abbassò ancora il capo, finendo per avere attorno alle guance le mani di Seiji che lo obbligarono a rialzarsi. “Non esserlo di me. Né di quello che sento. Sono io che-”. Un sospiro. I pollici delle sue mani accarezzarono la pelle ancora umida di lacrime. “... io che posso farti sentire... sicuro...”.

Nella penombra della stanza, il silenzio calò con tenerezza, come la neve che si posa, di notte, sui tetti.

Touma avrebbe voluto parlare ancora. Dire la sua, replicare, aggiungere, fare quello che aveva sempre fatto con Seiji, non stare zitto.

Ma anche una mente brillante, per quanto ingenua qual era la sua, capiva il momento giusto per lasciar parlare il silenzio e i fatti. Ricoprì le mani di Seiji con le proprie, le strinse appena, poi lasciò cadere il capo contro il petto di Seiji e li rimase, la fronte e la punta del naso a contatto con la maglia del ragazzo.

Era strano. Dopo tutto quello che era successo, tutto appariva più leggero, praticamente volatile.

Touma stesso si sentiva svuotato e riempito. Da qualcosa di così leggero che si sentiva levitare fino al cielo. E non c'era nessuna yoroi ad aiutarlo.

Si strinse a Seiji, ancora una volta, facendo una leggera pressione attorno al suo torace; poi strusciò la fronte contro il suo petto, sospirando.

Seiji sospirò di rimando, poggiando una mano sul suo capo.

...panda...”.

Era stato un sussurro, ma Touma lo recepì chiaramente, muovendosi incerto tra le sue braccia.

Panda?”.

Una risatina tra le labbra di Seiji che rese un po' nervoso Touma: era la seconda volta che lo sentiva usare quell'epiteto e, ancora, non ne comprendeva la logica.

Perchè 'panda', Seiji?”.

Perchè il panda ti s'addice perfettamente”.

Mi vedi come un animale?”.

Come tu vedi Shin come un pesciolino ... o Ryo come un gatto ...”.

E Shu come una scimmietta, ma solo perché lo chiama così Shin...” finì per replicare l'arciere. “Ma perché mi s'addice? Io non mangio bambù!”. Oh, tono indignato.

Ma io ti vedo così bene come un panda. Pigro, tranquillo e ...” Seiji si morse la lingua, ma finì la frase. “...morbido”.

L'indignazione scese giù per la schiena di Touma, il suo volto si rialzò come se ci fosse una molla al posto del collo, mentre la bocca rimase semiaperta, priva di una battuta con cui ribattere.

Seiji non riuscì a trattenere un'altra risatina, scioccando ancora il già scioccato Touma.

E quando riesci a tenere a bada la tua bocca, sei anche silenzioso come un panda”.

Però Touma non seppe tenere più a lungo quella bocca e replicò.

Allora la terrò lontano da te, visto che devo tenerla a bada”.

Non era arrabbiato e nemmeno seccato. Qualcosa di strano si era scatenato in lui.

Ma guarda...” il tono di Seiji si era colorato di ironia. “A Narita non mi è sembrato...”.

Touchè.

Touma detestava i touchè.

E detestava quando non aveva niente per le mani – o per la testa – per poter concludere ... beh, qualunque cosa dovesse concludere.

Fu per questo motivo che si gettò in avanti, con una certa prepotenza, sulle labbra di Seiji – scaraventando entrambi, nuovamente, a terra. E sperava di trovarlo impreparato, sorprenderlo e beh ... averla vinta.

Ma non era il momento e nemmeno il caso.

Quello di cui non si era ancora reso conto era che Seiji non era la persona. Non quella con cui lui l'avrebbe avuta vinta.

Non così facilmente almeno.

Seiji comprese la sorpresa del compagno, un po' ne rise, un po' ne rimase intenerito. E gli piacque quando capì che aveva un certo potere su di lui. Anche se sviluppò quel pensiero – con alcuni e strani sconvolgimenti – solo qualche tempo dopo.

E Touma ne era rimasto sorpreso e un po' non gli andava giù. E un po' non gli dispiaceva affatto.

Doveva ancora capire bene da che parte stare.

Ma aveva tempo. In effetti, tutto quello che poteva desiderare – anche se, ancora, non lo sapeva.

Era solo all'inizio e conosceva ancora poco se stesso e i propri sentimenti.

Non pensava nemmeno di non poterli tenere sotto controllo, né che essi l'avrebbero travolto completamente, senza possibilità di tornare indietro.

Ma l'avrebbe scoperto, col tempo.

Senza fretta, perché Seiji diceva che era sempre una cattiva consigliera, anche per lo studio.

Con i suoi tempi, perché Seiji affermava che un panda sceglieva il proprio bambù con estrema cura.

E, col tempo, avrebbe imparato che Seiji, sui panda, la sapeva lunga.

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