Stay with me

di Mantheniel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kate POV ***
Capitolo 2: *** Castle POV ***



Capitolo 1
*** Kate POV ***


   Quando Kate sentì lo sparo e il dolore al petto inizialmente non capì cosa fosse successo. Prima di cadere ebbe un minimo sentore di molte voci che urlavano e gente che si muoveva farneticamente, poi Castle le fu addosso trascinandola a terra. Troppo tardi. Il cecchino aveva centrato il suo bersaglio; era ovvio che la cosa non fosse conclusa con la morte di Lockwood. Il caso di sua madre era solo una piccola parte di un fatto più grande, comprendente gangster mafiosi, riscatti con soldi sporchi, e killer professionisti, il tutto risalente alla NY di vent’anni prima. Lei aveva smosso le acque su una situazione scomoda per molti “Hai risvegliato il drago”, aveva detto Mc Callister, e aveva ragione.“Per noi non c’è nessuna vittoria, solo battaglie. E alla fine il meglio in cui si può sperare è trovare un posto a cui appigliarsi. E se sei molto fortunato trovi qualcuno che sia disposto a starti vicino”. Quanto erano vere le parole che il capitano Montgomery le aveva detto quello che pareva tanto tempo prima. Ora, guardando il viso di Castle sopra di lei, ne capì appieno il significato. Purtroppo fosse troppo tardi. La sua battaglia era finita, così come qualsiasi altra cosa. E la persona che le sarebbe stata accanto era proprio lì con a lei, in quegli ultimi minuti.  Da dove sentiva provenire il dolore capì che era stata colpita da qualche parte vicino al cuore, il che indicava che se era stata colpita un’arteria non le rimaneva molto tempo. Non poté fare a meno di provare paura per la morte. Da quando era diventata detective aveva sempre messo in conto di morire con una pallottola, ma le cose sono comunque diverse nell’esatto momento in cui uno ci si trova. Avrebbe potuto prepararsi per anni alla propria morte, che comunque si sarebbe ritrovata nella stessa situazione in cui era: indifesa davanti al nulla che l’aspettava. Non voleva morire, non voleva lasciare suo padre, Lanie, Esposito, Ryan, Castle…Rick. Kate sentì che già stava perdendo sensibilità del suo corpo, le braccia le ricaddero lungo i fianchi, e si abbandonò alla mano di Castle. Quella mano che le teneva la testa, che l’abbracciava, quella mano che l’aveva sempre sostenuta da tre anni a questa parte, mentre Castle le mormorava qualcosa. Castle, che le era sempre stato vicino, nel bene e nel male era entrato a far parte della sua vita, e Kate ne era felice. Solo alla fine si era accorta che era lui il suo qualcuno. Lei sapeva che Rick l’avrebbe seguita dovunque.
Certo, però, non dove stava andando ora. Per questo si aggrappò alle parole che andava sussurrando, tentando di distinguerle dal caos infernale dei suoi pensieri “Kate..sshhhh…Kate…stai con me Kate”.

   Non era facile, ormai non riusciva neanche più a vedere chiaramente. La vista le si offuscava. Buio, Rick che parlava, le parole le arrivavano in ritardo, come se qualcuno avesse messo il fast forward alle parole sulle immagini “Non lasciarmi, per favore; stai con me, ok?” Qualcosa le accarezzava la testa; Castle. Era sempre lui che la teneva con sé, tentava di calmarla, nonostante tutto. Kate gli vedeva riflessa nei suoi occhi la sua stessa paura. Non voglio perderti. No..ora la luce se ne era totalmente andata. I suoi occhi erano aperti su un’immensa oscurità. Avrebbe voluto urlare, ma la consapevolezza di quello che stava accadendo era troppo forte, e nulla le uscì, o almeno così le parve. Ed ora era sola, senza nessuno, contro un’oscurità implacabile che la spingeva verso il fondo. Ormai anche il dolore se ne era andato, sostituito da un torpore quasi piacevole. Perché lottare ancora?da quando era morta sua madre Kate aveva dovuto fare i conti con suo padre,  il periodo subito dopo era stato molto pesante, e Kate pensò che alla fine non si fosse, né si sarebbe mai ripreso del tutto, come lei d’altronde. Tuttavia aveva continuato a lottare. Voleva diventare il miglior poliziotto possibile per riuscire a smascherare coloro che avevano ucciso sua madre, per fare in modo che a nessun altro succedesse quello che era accaduto a lei. E in qualche modo ci era riuscita. Tenendo a bada i suoi sentimenti era diventata la migliore del NYPD, il lavoro e gli affetti sono due cose separate. O almeno così era stato prima. Da quando era arrivato Castle le cose erano cambiate. Inizialmente si era trattato semplicemente di un rapporto di cooperazione, ma poi, con il tempo, Kate se era accorta che lui riusciva a vederle dentro, lati del suo carattere che lei stessa evitava, o che non sapeva di avere. Aveva cominciato a frequentare altri uomini, come Josh, ora come ora non sapendo neanche il perché, ma perché ogni volta c’era qualcosa che non le permetteva di andare fino in fondo?forse era una domanda che non voleva affrontare. Ora, poi, nulla aveva senso se non le tenebre che la opprimevano. La parte del suo carattere che aveva tenuto sempre nascosta, quella fragile che chiede sicurezza e un abbraccio, venne fuori. La sua coscienza si accasciò a terra, lasciando che le tenebre la avvolgessero, e cominciò a piangere. Singhiozzi le scuotevano il petto, le mani sul viso, i capelli scompigliati, mentre sulle ginocchia si piegava in avanti per proteggersi dal nulla, per nascondere inutilmente le sue lacrime. Che piangesse davvero? Non lo sapeva dire, ormai non sentiva più neanche le parole di Castle. Era stanca, molto stanca, voleva dormire, se solo fosse stata capace di smettere di piangere..i suoi singhiozzi echeggiavano nel nulla, nessun suono, odore, immagine, se non la consapevolezza di sé stessa. Solitudine. Alla fine le lacrime cessarono, e il torpore che prima aveva sentito nel corpo, cominciò a farsi sentire anche qui, e se avesse chiuso gli occhi, lasciandosi trasportare, sapeva tutto sarebbe finito. Nel silenzio che seguì, tre semplici parole la raggiunsero, come un addio, “ Kate…ti amo”. Con un lieve sorriso sulle labbra Kate lasciò che le tenebre la reclamassero mentre un’ultima lacrima le scendeva lungo il viso.

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Capitolo 2
*** Castle POV ***


Il sole splendeva alto sulla bara del capitano Montgomery. Erano tutti riuniti intorno a quella cassa di legno che conteneva ormai il cadavere di un uomo speciale, un uomo che aveva commesso errori nella vita, ma dei quali aveva saputo fare ammenda con tutto sé stesso. La famiglia lo credeva un eroe; i fatti sottostanti erano saputi solo da quelle poche persone che costituivano la sua famiglia lavorativa, Kate, i detective Ryan ed Esposito e lui, Castle. Non importava che il resto della gente sapesse, Roy era un eroe, e per tale doveva essere ricordato. Vide Kate prendere un profondo respiro e cominciare con il discorso celebrativo. Rick le era poco lontano, alla sua destra, e guardava lontano davanti a sé. Sinceramente non riusciva ad immaginare cosa potesse provare in quei momenti la detective. Prima il suo amico/ istruttore dell’accademia Royce, ed ora Montgomery. Ogni uomo su cui si era appoggiata nella sua vita lavorativa e non, con il quale aveva potuto condividere le sue sensazioni, la sua frustrazione e ossessione sul caso della madre, era morto. A parte il padre, e lui, Rick Castle. Lo scrittore non sapeva neanche come si era arrivati a tal punto. Inizialmente il loro era un rapporto di cooperazione sul lavoro; poi le cose erano cambiate. Frasi non dette, sguardi rubati..e la loro relazione si era trasformata. Erano sempre partner lavorativi, ma c’era qualcosa di non visibile che  rendeva tutto differente, uguale eppur diverso. Ma cos’erano poi? Come le aveva detto qualche giorno prima, non c’era definizione per quello che erano. Avevano passato insieme esperienze estreme, si erano baciati, pur come diversivo si era sentito che c’era stato qualcosa di più, ma non ne avevano mai parlato, e questo, indubbiamente, non aveva aiutato a metabolizzare la cosa.
Mentre Kate continuava il discorso Rick pensò che, per lei, lui ci sarebbe stato sempre. Ormai non si trattava più di scrivere libri, né l’iniziale attrazione per la bella poliziotta. Era lei. Nel suo insieme. Il suo carattere schivo e dinamico, forte e a volte fragile, la sua ironia e dolcezza, il suo essere dura sul lavoro, come se ogni caso fosse solo un caso come tanti, quando invece, guardandola negli occhi, si poteva capire come effettivamente si sentisse, vedere dove nascondeva quelle emozioni percepite solo da poche persone. Lei. Rick si voltò un attimo verso il gruppo di gente che attendeva il funerale. Tra di loro c’erano anche Alexis  e Martha, sua madre. Due donne che l’avevano sempre sostenuto, in qualsiasi campo, e non ultimo, anche nella sua storia con Beckett. Sua madre gli aveva detto “Non sprecarne un singolo minuto”, lo aveva capito, come sempre, e gli aveva dato una spinta quando anche lui non sapeva cosa fare. Sua figlia non aveva mai dimostrato apertamente nulla del genere, ma la sua opinione di Kate era buona; le due avevano anche avuto incontri nel passato, ed Alexis si era sempre dimostrata felice dei consigli ricevuti. Era fortunato ad avere una figlia del genere, senza contare che era una ragazza perfetta sotto praticamente qualsiasi altro aspetto…

Ma che pensieri si andava facendo, comunque? Il fatto che fosse successo quel che era successo non cambiava niente. Lei era impegnata con Josh, e Rick non aveva idea di quante possibilità avrebbe potuto avere verso Mr Emergency. Si riscosse un attimo dai suoi pensieri mentre Kate diceva “..Per noi non c’è nessuna vittoria, solo battaglie. E alla fine il meglio in cui si può sperare è trovare un posto a cui appigliarsi. E se sei molto fortunato trovi qualcuno che sia disposto a starti vicino”, e dopo aver detto l’ultima frase si volse  un attimo verso di lui. Sempre, pensò Rick, per te sempre. Non era un segno che avrebbe lasciato Josh, non era un segno che l’aveva perdonato per quello che le aveva detto pochi giorni prima, solo un riconoscimento, cosa che a lui bastava. Lei sapeva, lui sapeva. Il resto non importava. Guardò davanti a lui, nel cimitero. File e file di morti per la patria. Che quelle morti fossero valse effettivamente a qualcosa? O che non fossero state altro che piccoli sassolini caduti casualmente lungo il sentiero sbagliato? Un momento, ma…cos’era quella luce? Un baluginio proveniva da dietro una delle tombe; un riflesso strano, come quello del sole su una piccola superficie di vetro. C’era solo una cosa poteva avere un effetto tale, ma quando Rick se ne accorse era troppo tardi. Lo sparo echeggiò nell’aria silenziosa, e in men che non si dica, vide Kate colpita dalla pallottola. Ormai era corso verso di lei, e, mentre la gente cominciava ad urlare, e a correre terrorizzata, la trascinò a terra.

Sangue. Sangue sui suoi guanti bianchi, sangue che le inzuppava la divisa blu. Uno rapido sguardo gli bastò per capire che lui non poteva fare niente. Nessuno avrebbe potuto fare qualcosa. Solo l’arrivo immediato di un’ambulanza l’avrebbe salvata. Sperò che qualcuno avesse pensato già a chiamare il 911. Lui non poteva. Con il corpo del detective Beckett tra le braccia, Castle era immobilizzato dalla paura, ma non poteva dimostrarla. Doveva tentare di calmarla, di salvarla. Non ora. Non mai. Non doveva succedere! Kate era tesa, tutti i muscoli irrigiditi nella caduta, lo sguardo terrorizzato che guardava lui come in supplica. Non mi lasciare.“Kate…sshhh..Kate, stai con me Kate”. Avrebbe volentieri urlato contro l’ingiustizia del mondo, contro il destino che giocava le sue carte in questo modo crudele, tuttavia si contenne al meglio, tentando di evitare di soccombere al crescere incessante del caos, intorno a loro e dentro alla sua testa, cercando di essere il suo punto di appoggio, ancora per la salvezza. Kate guardami, svegliati Kate, guardami!“Non mi lasciare, per favore”, Kate guardami, guarda nei miei occhi, vedi???non c’è spazio per la morte, ti amo Kate, ti amo, non andare dove non posso seguirti, per favore. Ma dove cavolo era l’ambulanza?quanto ci voleva affinché quella dannata sirena si sentisse? Erano tante le voci che ora sentiva, una folla confusa fuori e dentro la sua testa, ma non poteva cedere, doveva stare calmo il più possibile, tenerla sveglia, starle accanto. Era come se solo fossero sotto una campana di cristallo, e tutto intorno a loro fosse silenzioso. Le voci che sentiva erano quelle della gente, o solo i suoi ingarbugliati e frenetici pensieri? Ormai non lo sapeva, né gli importava di saperlo. “Stai con me, ok?” ma lei ormai chissà dov’era. I suoi occhi erano lì, eppure vedevano tutt’un altro paesaggio. Lo sguardo terrorizzato c’era sempre, ma era come se il terrore fosse derivato da qualcos’altro che dalla morte, qualcosa che solo lei poteva vedere. No! Kate non te ne andare, stai con me, stai con me diamine!Ascoltami Kate, ascoltami,”Kate ti amo…ti amo Kate”, sussurrò, perché non si fidava di come la sua voce avrebbe potuto risultare in qualsiasi tonalità maggiore. Se avesse parlato più forte forse quella campana che li proteggeva si sarebbe infranta, il caos della realtà intorno a loro li avrebbe raggiunti, e Kate non avrebbe più potuto sentire quello che le diceva, sarebbe rimasta sola davanti a quell’ignoto che la terrorizzava. Non ti abbandonerò Kate, stai con me, stai con me. Ti amo Kate, ti amo, per favore, ascoltami, sentimi. Tuttavia ormai il tempo era passato. Quanto tempo? E perché continuava a non sentire l’ambulanza? Dopo che Castle ebbe pronunciato le ultime parole Kate parve quasi sorridere, poi chiuse gli occhi quasi arrendevolmente, mentre Rick sentì il corpo della detective che si abbandonava alla sua presa, e vide una silenziosa lacrima scenderle lungo il viso. Kate non ti lascerò mai. Io sono qui, per te. Sempre.

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