Hamlet noir

di ariano geta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** ANTEFATTO ***
Capitolo 3: *** ATTO PRIMO ***
Capitolo 4: *** ATTO SECONDO ***
Capitolo 5: *** ATTO TERZO ***
Capitolo 6: *** ATTO QUARTO ***
Capitolo 7: *** ATTO QUINTO ***
Capitolo 8: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


HAMLET NOIR
 
 
Personaggi                                                         Dramatis personae
 
Claudio Danese                                                  Claudio
nuovo boss del clan Danese                            nuovo re di Danimarca
               
Mike Amato                                                        Amleto
cugino di Michele e Claudio Danese              figlio del defunto re e nipote del nuovo                                                                                                                                       
Diego Fortaleza                                                   Fortebraccio
boss della mafia colombiana                             principe di Norvegia
 
Carmine Polonia                                                  Polonio
uomo di fiducia del clan Danese                      alto dignitario
 
Lenny Polonia                                                     Laerte
figlio di Carmine                                                  figlio di Polonio
 
Fiorenza Polonia                                                 Ofelia
figlia di Carmine                                                  figlia di Polonio
 
Tommy Orazio                                                     Orazio
amico di Mike Amato                                         amico di Amleto
 
Trisha Merone                                                    Gertrude
vedova di Michele e moglie di Claudio           regina di Danimarca e madre di Amleto
 
Michele Danese                                                  Spettro del padre di Amleto
defunto  boss del clan
 
“picciotti” del clan Danese:                           Cortigiani, ufficiali e soldati:
 
Sammy Rosati                                                     Rosencrantz
Jeff Galdini                                                           Guildestern
Frankie Bruno                                                     Francesco
Bernie Cascio                                                      Bernardo
Nick Marcelli                                                       Marcello
Andy Vuolo                                                        Voltimando
Tony Canosa                                                      Cornelio
Jack D’Errico                                                       Osrico                                                  
                                                              
                                                                             
 
 
SCENARIO: New York, 16 ottobre 2004, Shakespeare Café
 
Mi scusi se mi intrometto signora. Non ho potuto fare a meno di sentirvi parlare, e posso garantirle che suo marito… fidanzato? Beh, comunque ha ragione lui. Questo è proprio il luogo in cui, a suo tempo, ci fu la resa dei conti fra Claudio Danese e Mike Amato.
All’epoca si chiamava Italian Bar, e era il punto di ritrovo per i ragazzi della famiglia Danese. In uno degli appartamenti ai piani superiori ci abitava Nick Marcelli, uno degli uomini più fidati del clan.
Come faccio a essere così informato? Eh, signorina bella! Lo sa chi sono io? Sono Tommy Orazio. Lo so che a guardarmi adesso sembro solo un povero alcolizzato. Ventisei anni di carcere mi hanno ridotto così, però a quei tempi ero giovane, e le mani non mi tremavano. Se c’era da sparare dovevo solo alzare la pistola e tirare il grilletto, mica avevo bisogno di prendere la mira.
Oggi è il 16, vero? Neanche a farlo apposta, la trafila che ha portato a quella resa dei conti è cominciata esattamente il 16 ottobre di trent’anni fa, e io l’ho vista tutta coi miei occhi, dall’inizio alla fine.
 
Ero appena tornato dalla Sicilia dove avevo sistemato alcuni affari per conto della famiglia, e ero curioso di capire meglio tutto il casino che era successo mentre stavo a Palermo. Perché in due mesi il mondo si era rivoltato: prima è morto Michele Danese, e già questa era una cosa grossa, ma non sono neppure potuto andare al funerale perché mi hanno detto che era più importante chiudere l’affare coi nostri compari siciliani.
Passano due mesi, e mentre preparo i bagagli per tornare a New York vengo a sapere che Trisha Merone si sposa con Claudio. Mi è sembrata una cosa assurda, una mancanza di rispetto vergognosa. Detto in poche parole: uno schifo. Però volevo parlarne con gli altri prima di emettere giudizi affrettati.
All’ingresso del bar tenevamo sempre un paio di uomini di guardia, e quel giorno c’erano Frankie Bruno e Bernie Cascio. Sì, proprio quel Frankie Bruno, lui in persona.
Perché mi guardate così? Che c’è di tanto sorprendente?... Scusate, ma se per assurdo vi capitasse di parlare con un centurione di Giulio Cesare, e vi dicesse:
 
Marcantonio? Lo conoscevo, certo che lo conoscevo. Anche Augusto, e pure quei due bastardi di Bruto e Cassio. Con Cleopatra invece ci ho parlato solo in un paio di occasioni…
 
pensereste che vi sta prendendo per il culo? No, lui li conosceva veramente! Mica per qualche motivo particolare, ma solo perché ci stava a diretto contatto tutti i giorni. E io sono sempre stato un uomo del clan, fin dai tempi del povero Jimmy Danese.
Quella mattina, come dicevo, ero di ritorno dopo due mesi di lontananza in cui erano successe tutte quelle cose. Io saluto i miei amici, un po’ di convenevoli, e a un certo punto Frankie Bruno mi fa:
 
Bernie è arrivato di cervello, dice di aver visto Michele qua di fronte.
 
e Bernie che risponde:
 
Io ho visto uno all’altro lato della strada che sembrava proprio lui, te lo giuro! Lo so bene che non poteva essere il povero Michele, però era identico! Quando mi ha guardato negli occhi mi ha fatto paura! Mi stavo avvicinando per parlarci e chiedergli ‘chi sei?’, però è passato un furgone e un attimo dopo quel tizio era svanito.
 
Frankie rideva, io invece avevo altre cose per la testa, perciò ho lasciato Bernie col suo fantasma e sono entrato.
Mi sono avvicinato a un tavolo che stava laggiù a sinistra, dove adesso c’è il pianoforte, perché avevo visto Mike Amato e volevo parlare con lui prima di chiunque altro. Per me Mike è sempre stato un amico speciale.
Gli arrivo alle spalle e gli faccio:
 
Posso offrire qualcosa?
 
E lui, contento di rivedermi, mi ha abbracciato. Però un attimo dopo si è seduto, e ho visto che negli occhi aveva una gran tristezza. In fondo era una cosa normale che fosse avvilito. Per come lo conoscevo io, sapevo che sfogarsi gli avrebbe fatto bene, perciò senza troppi preamboli gli ho chiesto:
 
Ma mi spieghi che minchia è successo?
 
A mezza bocca, cercando di scherzare – ma molto di malavoglia – mi ha risposto:
 
Finito il rinfresco per il funerale, si sono accorti che erano avanzate un po’ di cassatine. Siccome era un peccato farle rovinare, hanno organizzato al volo un matrimonio per sfruttarle. C’è mancato poco che a Michele gli togliessero il vestito da morto per farlo usare a Claudio come completo da sposo…
 
Era proprio demoralizzato. Ma anche un bel po’ incazzato, e aveva ragione.
Scusate, vi vedo disorientati. Vi è sfuggito qualcosa?
No!, non mi dite che non sapevate che la moglie di Claudio era la vedova di Michele! Ma sono cose che sanno tutti! All’epoca i giornali parlavano tanto di noi, c’era sempre una pagina con gli aggiornamenti! La genealogia dei Danese era famosa almeno quanto quella dei Kennedy!
… Però si parla di trent’anni fa, quando voi ancora guardavate i cartoni animati, avete pure ragione.
Allora, forse è meglio che vi faccio un preambolo, almeno capite bene il resto della storia.

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Capitolo 2
*** ANTEFATTO ***


Per ventiquattro anni il capo della famiglia è stato il povero Jimmy Danese, che era un uomo veramente in gamba. C’è stato un momento in cui più della metà della droga che arrivava a New York passava per le sue mani. Ci sapeva fare, accidenti se ci sapeva fare!
Ha avuto quattro figli: Michele, poi due femmine, e per ultimo Claudio. Quindi Claudio aveva cinque anni in meno rispetto a Michele.
Lo stesso anno in cui è nato Michele era nato anche Mike, il primogenito di Salvo Amato e Rosaria Danese, la sorella di Jimmy. Perciò Michele e Mike erano cugini, avevano la stessa età, e pure lo stesso carattere: poche parole, tanti fatti.
Claudio invece era uno che stava sempre a piagnucolare. Mi hanno raccontato che se per caso Michele diceva che zia Rosaria aveva fatto un dolce, e ne aveva dato una fetta a lui e una a Mike, uh!, apriti cielo! Claudio cominciava:
 
E a me? Perché a me no? Sono meno importante io?
 
Voi mi direte: ma sono cose da bambini! Certo, ma Claudio ha continuato così pure crescendo.
Una volta – e questo l’ho visto coi miei occhi, non me lo hanno raccontato – il povero Jimmy doveva mandare un’ambasceria ai Colonnese. Diciamo che si trattava di un messaggio non proprio amichevole, però era praticamente impossibile che potesse succedere qualcosa di brutto. Bisognava solo far sapere ai Colonnese che quella certa cosa che avevano fatto senza avvisarci la potevamo pure tollerare, per una volta, ma guai a loro se l’avessero rifatta ancora senza informarci preventivamente.
Jimmy voleva essere sicuro che Michele avesse la stoffa del boss anche quando c’era da trattare con le altre famiglie, così volle mandarci lui. Michele ovviamente chiese di portarsi appresso Mike Amato, tanto per avere un guardaspalle, e subito Claudio:
 
E chi sono io, il figlio di nessuno? E perché non ci posso andare io?
 
Una scena patetica, credetemi. Insomma, alla fine si decise di fare una cosa in grande stile: mandarono Michele, Claudio, Mike Amato e il qui presente Tommy Orazio.
Partiamo in macchina. Claudio comincia:
 
Gli facciamo vedere noi a quelle teste di cazzo!
 
e Michele lo ferma subito:
 
Calma Clà, mica andiamo lì per ammazzarli! I Colonnese sono amici, Chris è stato pure al mio compleanno, te lo ricordi no?
 
Insomma, quanto basta per fargli capire che in fondo si va lì a fare due chiacchiere, niente di più. Magari ci offriranno pure un caffè. E invece Claudio continua a fare la voce grossa:
 
Quel Chris Colonnese, sapessi quanto mi sta sulle palle!
 
e continua, continua, finché arriviamo davanti all’emporio dove stava il loro quartier generale… Beh, all’improvviso Claudio comincia a avere dei bruciori nel culo. Guarda dal finestrino, osserva tutto intorno, e poi squittendo come un criceto mi fa:
 
Certo che sarebbe meglio se uno restasse in macchina, al volante. Magari anche col motore acceso per essere pronti a fuggire...
 
Michele, che aveva già capito tutto, gli ha detto:
 
Non ti preoccupare Clà, non ci sarà da fuggire, e neppure da sparare a nessuno. Comunque, se preferisci restare qui fai pure, puoi anche mettere la sicura…
 
Quant’era ridicolo mentre provava a convincerci che lui non aveva mica paura, no! Lo faceva solo per coprirci le spalle, ci mancherebbe!
… Lo considero un grande mistero. Mi sono sempre chiesto come cazzo è possibile che dallo stesso padre e dalla stessa madre possano nascere due persone così diverse! Per me è una cosa inspiegabile, forse perché io di figli non ne ho, e mi manca l’esperienza per capire quali meccanismi creano il carattere di un uomo dal momento che è un pupetto col pannolino fino a quando diventa abbastanza grande da decidere cosa vuole fare nella vita.
Boh! Ripeto: per me è un mistero. Il cervello è un mistero. In effetti l’uomo stesso è un mistero, ma io non sono il tipo da pensare troppo a queste cose tanto complicate.
Comunque, il preambolo era per farvi capire chi fossero Michele Danese, suo fratello Claudio e il cugino Mike Amato.
 
Il 6 aprile del 1971 Michele ha dimostrato che uomo era. Teneva solo venticinque anni, ma ha fatto capire al mondo che aveva le palle.
Quel giorno venne ucciso il povero Jimmy Danese, suo padre, il capo della famiglia. Erano stati i colombiani di Pedro Fortaleza.
Oggi i colombiani sono talmente potenti che nessuno si sognerebbe di fargli la guerra, ma a quei tempi non erano ancora così forti. A Miami erano già messi bene, avevano conquistato parecchio potere, però a New York si stavano affacciando da poco, e lo facevano con una certa prudenza. In effetti quell’omicidio era stato sicuramente un errore, probabilmente lo avevano scambiato per un’altra persona. Però intanto avevano fatto fuori Jimmy Danese, che non era un boss, era il boss.
Michele ci ha radunato tutti. Ha detto:
 
Io in questo momento vorrei tanto fare un degno funerale a mio padre e piangere per lui. Ma non posso. Né io, né voi. Gli daremo gli onori che merita, ma prima dobbiamo garantirgli la giusta vendetta. Quelle merde devono capire che hanno fatto la più grossa cazzata della loro vita.
 
Ci ha diviso. Frankie Bruno, Nick Marcelli, Lenny Polonia e Andy Vuolo li ha mandati in giro per la città. Gli ha detto semplicemente di ammazzare come cani tutti gli spacciatori che compravano droga dai colombiani.
A me, Mike Amato, Jeff Galdini e Sammy Rosati ci ha voluti con lui. Una visita di cortesia ai Fortaleza, o piuttosto ai loro tirapiedi.
Claudio – che ve lo dico a fare – è rimasto al bar, perché se qualcosa fosse andato storto almeno uno della famiglia doveva rimanere fuori dai casini per prendersi cura di zia Rosaria…
Me la ricordo come se fosse ieri quella notte.
C’era una specie di club privato frequentato solo da ispanici. Era gestito dai portoricani, che però si erano messi in affari coi Fortaleza, e perciò c’era anche qualche colombiano di Medellin che ormai stava fisso lì. Sicuramente per loro era molto meglio ballare la rumba e scoparsi qualche zoccola, piuttosto che imboscarsi in mezzo alla giungla equatoriale.
Michele ha detto: sparate e ammazzate tutti, anche se fosse un poliziotto che passa di lì per caso.
L’ho visto coi miei occhi: si è buttato lui per primo, senza chiederci di coprirlo, e con due pistole in mano ha cominciato a fare fuoco così velocemente che neanche con una mitragliatrice avrebbe potuto sparare di più.
Mike Amato non è stato da meno: si è lanciato verso il bancone mentre i proiettili gli passavano a un centimetro dalla testa, ha ammazzato lo spagnolo che stava sparando, poi è andato nel retro del club ed è uscito fuori con una donna che reggeva in braccio un bambino, avrà avuto un anno. Un colpo in testa, e il sangue del pupo è schizzato dappertutto. La madre ha pianto di dolore solo per un istante. Subito dopo piangeva perché Mike gli aveva fatto un buco sul piede destro.
“Fai sapere a Fortaleza che deve sparire” gli ha detto. “Se non lo conosci, fai in modo di conoscerlo e diglielo”.
Quella notte è passata alla storia. Ventidue morti, e solo due o tre c’entravano direttamente coi Fortaleza, però Michele gli aveva mandato un messaggio fortissimo. Praticamente gli aveva detto: New York per voi è terra bruciata.
Il messaggio era soprattutto per chi pensava di farci qualche alleanza, tipo i portoricani o i messicani. Lui gli aveva appena fatto capire che bastava anche salutare da lontano un colombiano e per i Danese tu eri già morto.
Sì, lo so, detto così è raccapricciante, però la sostanza è questa. E ha funzionato: nel giro di due giorni sono svaniti i colombiani da New York. Ma proprio dissolti, vaporizzati. Io penso che per qualche mese pure il consolato della Colombia è rimasto chiuso.
Questo è stato il primo giorno di Michele Danese come nuovo boss.
 
Qualche mese dopo ha presentato a tutti la sua fidanzata, Trisha Merone.
Che ragazza! Se avesse partecipato a Miss Universo avrebbe vinto. Se vi dico che ‘era bella’ potete pensare: sì, ce ne sono tante di ragazze belle. Ma lei era qualcosa di speciale.
Non potete immaginare la faccia di Claudio. Sono sicuro che se il povero Jimmy fosse stato ancora vivo, Claudio gli avrebbe detto: ‘Papà, perché Michele ha una donna così e io no?’
Sbavava. Io penso che, da quel momento, ogni volta che Michele doveva andare a Jersey City per parlare coi Colonnese o coi Messina, Claudio gli augurava la morte. Sì, lui sperava sempre di ricevere una telefonata in cui gli annunciavano che la macchina di suo fratello era saltata per aria. Invece è sempre tornato sorridente e pieno di salute, ha sposato Trisha Merone, e come testimone di nozze ha voluto Mike Amato.
Poi… beh, qui c’ero già arrivato no?
Il 20 agosto 1974 Michele Danese è morto. Io ero arrivato da due giorni a Palermo, e Lenny Polonia mi telefona in albergo per informarmi.
 
Come minchia è successo?
 
gli chiedo, e lui:
 
Sembra che abbia avuto un infarto.
 
Un infarto? Un pezzo d’uomo come Michele, che doveva ancora compiere trent’anni? No, non ci ho creduto. Non era possibile. Però, a quanto pareva era vero. Il dottor Ligresti gli aveva fatto un’autopsia, mi dissero poi, e aveva confermato: arresto cardiaco.
Va bene, e sia. Mi stavo quasi convincendo che era tutto regolare, molto triste ma regolare, quando due mesi dopo mi chiama ancora Lenny Polonia:
 
Senti Tommy, io te lo dico perché è meglio che lo sai subito: Trisha e Claudio si sposano dopodomani. Se riesci a anticipare il rientro di un giorno, sei invitato anche tu…
 
Non ci ho visto per la rabbia.
 
Che cosa?! Il corpo di Michele è ancora caldo e questi due si sposano?! Sono suo fratello e sua moglie, minchia!, proprio le due persone che dovrebbero portagli più rispetto! Non riescono a far passare neppure due mesi senza trattenere i loro bollenti spiriti? Ma che hanno in testa, sono diventati matti?
 
Lenny mi disse che aveva pensato le stesse cose, però ormai il boss era Claudio, e lui diceva che la sua era una forma di affetto verso Trisha, che era troppo giovane per rimanere senza un uomo al suo fianco. E lo era anche verso Michele, perché lui sicuramente avrebbe avuto piacere che la sua vedova – dovendosi risposare con un altro uomo – avesse scelto uno della famiglia, anzi proprio suo fratello. In un certo senso era come se lei fosse stata ancora sua, perché Claudio e Michele erano consanguinei…
Avevo voglia di vomitare, credetemi. Infatti sul volo aereo per New York mi è successo. Nausea e vomito per otto ore, e non credo che sia stata colpa del maltempo.
Comunque, questo era la situazione.
Posso riprendere dal punto di prima?

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Capitolo 3
*** ATTO PRIMO ***


Insomma, avrete capito che quel matrimonio mi aveva fatto schifo. Figuratevi a Mike Amato, che considerava Michele Danese come un fratello.
Posso dirvi che anche a lui piaceva Trisha Merone – e d’altronde a chi non piaceva! – ma proprio perché era diventata la fidanzata di Michele lui la vedeva come una sorella. Sì, una sorella. Aveva smesso di ispirargli attrazione fisica perché era diventata la donna di Michele, e quindi discorso chiuso. Avrebbe preferito farsi tagliare la mano destra piuttosto che dare una minima offesa a suo cugino.
Potete immaginare come si è sentito quando – una settimana dopo il funerale – ha visto Claudio che toccava il culo a Trisha. Me lo disse proprio quel 16 ottobre di trent’anni fa, mentre era seduto laggiù a sinistra dove adesso c’è il pianoforte. Aveva una rabbia in corpo che si percepiva a un chilometro di distanza.
Sul tavolo c’era una bottiglia di vino vuota, e con la scusa che doveva festeggiare il mio ritorno ne aveva appena ordinata un’altra.
Mi preoccupavo a vederlo bere così tanto, lui non era mai stato il tipo. Così, per distrarlo, gli ho accennato in modo scherzoso a Bernie Cascio e alle sue allucinazioni:
 
Oh!, non esagerare col vino, che già abbiamo Bernie che ci vede doppio. Sicuramente ha tirato su il gomito, proprio come stai facendo te!
 
Non mi pare, mi ha risposto Mike in modo distratto. Poi però gli è venuta la curiosità e mi ha chiesto di spiegargli meglio cosa avesse visto Bernie.
Mi sono reso conto che avevo commesso uno sbaglio. Infatti è bastato che accennassi a un ‘fantasma’ che somigliava a Michele, e subito Mike Amato ha spalancato gli occhi. Ha cominciato a farmi un sacco di domande, e io ho provato a calmarlo, gli ho detto:
 
Amico mio, stiamo parlando di una cazzata e la stai facendo diventare una cosa seria. Parliamo d’altro, che ce ne sono di cose che vorrei raccontarti. Sono stato in Italia, al di là dell’oceano, mica a Filadelfia!
 
Ma lui ormai non mi seguiva più. Aveva lo testa chissà dove. Si è impuntato che voleva andare da Bernie e mi ha chiesto se potevamo rimandare la nostra chiacchierata a un altro momento.
Già lì avrei dovuto capire che era il caso di preoccuparsi, però confesso che in quel momento ho notato solo che aveva lasciato la seconda bottiglia piena. Aveva mollato il vino, e mi era sembrata una cosa buona. Perciò l’ho lasciato andare, in fondo era normale che fosse ancora agitato per tutto quello che era successo in così breve tempo, e poi avevo altra gente da salutare. Lenny Polonia e sua sorella, per esempio.
Però prima dovevo passare da Claudio. Anche se in quel momento mi faceva schifo, purtroppo lui era diventato il boss e non potevo mica fare finta di non vederlo. Anzi, dovevo rendergli conto della mia missione.
Lui stava nel retro del bar, in cucina, dove si svolgevano i nostri… consigli di amministrazione, ma sì, li possiamo chiamare così. In fin dei conti di quello si trattava. Deliberavamo su cose abbastanza simili a quelle di una multinazionale, e parlavamo di prezzi, di mercato e di concorrenza.
Appena entrato mi hanno salutato tutti. Claudio voleva sapere come era andata a Palermo, però mi ha fatto cenno di aspettare perché stava finendo di parlare Andy Vuolo, ed era un resoconto importante.
 
Voi sapete che i Vitiello sono amici, e sono attendibili. Mi hanno detto che a Atlantic City da un po’ di tempo si vedono arrivare persone nuove che parlano spagnolo e bevono tanto caffè…
 
Si riferiva ai colombiani, sempre loro.
Erano gli anni in cui i politici di Atlantic City facevano pressione per la legalizzazione del gioco d’azzardo, e chiedevano di poter aprire qualche casinò sul lungomare. Un affare che non potevamo lasciarci sfuggire.
Secondo Nick Marcelli bisognava muoversi subito per fermare i colombiani, o ci avrebbero rotto i coglioni non poco, ma Claudio ha preso tempo. Ha spiegato che voleva capire se la legalizzazione ci sarebbe stata per davvero, perciò ne avrebbe discusso con Carmine Polonia, che era un po’ lento di cervello ma quando si trattava di questioni burocratiche sapeva il fatto suo.
Poi si è rivolto a me, ha fatto qualche domanda, e quando ha capito che in Sicilia tutto era andato per il verso giusto ci ha liquidato con due parole:
 
Scusate, ma vado di fretta.
 
Ovviamente la cosa che gli premeva così tanto era scoparsi Trisha, gli si leggeva in faccia. Lo teneva per le palle, quella donna.
Comunque sia, riunione conclusa. Mentre sto per andare dai Polonia, incrocio un’altra volta Mike Amato che aveva appena parlato con Bernie Cascio.
Teneva gli occhi lucidi, lo sguardo di un isterico. Non sembrava il Mike che avevo sempre conosciuto. Mi ha acchiappato per un braccio e mi ha trascinato verso l’ingresso di servizio, quello che sbuca nel vicolo chiuso dove buttano la mondezza.
C’era un tanfo pauroso. Gli ho chiesto che minchia era successo, e lui mi fa:
 
Tommy, ho parlato con Michele. Non è stato un infarto, l’hanno ammazzato quei due infami di Claudio e Trisha!
 
Mi faceva paura. Aveva l’espressione di uno che è consapevole di aver appena detto una cosa impossibile, e quindi prova a convincere un’altra persona che quella cosa impossibile l’ha vista davvero, pensando: ‘se lui mi crede, allora non sono ammattito!’ L’ha ribadito più di una volta, con la stessa frenesia di un malato di mente:
 
Tommy, quello che ha visto Bernie era davvero il fantasma di Michele! Ci ho parlato, e mi ha spiegato tutto! Gli hanno dato un veleno che causa l’arresto cardiaco!
 
Io ho provato a farlo ragionare, ma lui alzava la voce, urlava:
 
Pensi che me lo sto inventando? É questo che pensi?
 
Ho deciso che era meglio assecondarlo sul fatto del fantasma, però volevo fargli capire ugualmente che il suo discorso non stava in piedi.
Gli ho chiesto se era vero che l’autopsia l’aveva refertata il dottor Ligresti, perché a lui potevamo credergli, era un uomo fidato. Ma Mike sembrava così sicuro del fatto suo… Mi spiegava tutto affannato:
 
Il corpo lo ha esaminato Ligresti, ok, ma anche lui non poteva vedere niente! Cioè, lui ha potuto stabilire la causa della morte, va bene, ma non la causa della causa! Capisci quello che intendo?
 
L’unica cosa che capivo era che stava delirando. In fondo si era appena scolato una bottiglia di vino!
Tuttavia sentivo qualcosa dentro di me che mi suggeriva di lasciare un piccolissimo spiraglio aperto… Lo so che sembra strano. Se uno ti dice: ‘Ho parlato con uno spettro’, la reazione più logica è mettergli subito la camicia di forza.
Però la voce in testa insisteva a dirmi: mantieni un piccolo spiraglio aperto. Sapete, io ai fantasmi non ci credo, però quell’infarto mi puzzava tanto sin dal momento in cui ho ricevuto la notizia…
Insomma, mi sono preso Mike Amato sotto braccio, l’ho accompagnato a casa sua, e l’ho convinto a non parlare con nessuno di questa… visione, diciamo così.
Quando siamo arrivati a destinazione mi ha chiesto:
 
Tommy, che devo fare? Michele mi ha detto che vuole vendetta.
 
Io non sapevo che rispondere. Gli ho suggerito di farsi una dormita e di riesaminare la cosa con più calma l’indomani, magari io e lui insieme davanti a una tazza di caffè.
E lui, con gli occhi che fissavano il vuoto come se cercassero disperatamente di scorgere qualcosa che non si vedeva, mi ha risposto:
 
Va bene, ne riparliamo domani, a meno che stanotte non divento completamente pazzo.

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Capitolo 4
*** ATTO SECONDO ***


Lasciato Mike sono andato dai Polonia, che peraltro abitavano proprio lì di fronte.
Mi sono avvicinato alla porta in silenzio, perché volevo fargli una sorpresa. Loro sapevano che ero rientrato, però magari non immaginavano che sarei passato subito a fargli visita.
Stavano parlando tra loro, o meglio urlavano. Sapete, Lenny è il tipo che se ti dice ‘ciao’ lo sentono a due isolati di distanza. E confesso che l’argomento della discussione mi incuriosiva, così ho aspettato a bussare.
 
Non insistere con questa storia!
 
gli diceva a sua sorella Fiorenza.
 
Mike Amato non è il tipo giusto per te. É quello che fa i lavori più sporchi, quello che se c’è da ammazzare qualcuno ci mandano a lui. Sai che significa? Non sai mai se la sera tornerà a casa. Ti piacerebbe un fidanzato, o peggio ancora un marito così?
 
Fiorenza – che è sempre stata una brava ragazza – non si è permessa di contestare, ha solo spiegato che lei provava una certa simpatia per Mike, e visto che era più di un mese che non lo incontrava gli sarebbe piaciuto salutarlo. Ma soltanto per amicizia.
Però è intervenuto anche il vecchio Carmine Polonia:
 
Figlia mia, all’età tua ci vuole poco perché l’amicizia si trasformi in qualcosa di più pericoloso. Perciò ti dico di continuare a evitare il bar e tutti gli altri posti dove ti potrebbe capitare di incontrare Mike Amato. Voglio che continui a stargli lontano, va bene?
 
Non credo che a Fiorenza andasse bene, però l’ho sentita sussurrare un bel ‘ok’. A quel punto ho bussato.
Erano contenti di vedermi, forse perché il mio arrivo aveva interrotto quella discussione che creava parecchio imbarazzo a tutti e tre, sia pure in maniera diversa.
Fiorenza mi ha guardato con aria complice, e ho immaginato che di lì a poco mi avrebbe chiesto qualche favore segreto, tipo: ‘Mi fai incontrare di nascosto con Mike?’
Lenny mi ha offerto da bere e mi ha raccontato che stava per andare in missione.
 
Che pensavi, che mandassero solo a te a fare trattative? Devo andare qualche giorno a Toronto, ci sono alcuni amici calabresi che ci potrebbero aiutare a espandere il business.
 
Il vecchio Carmine era un po’ agitato. É sempre stato così protettivo coi figli! Gli ha detto:
 
Lenny, se ti servisse aiuto lì in Canadà, chiama tranquillamente a Reggie Nardo. Ci ho già parlato io, e mi ha garantito che per qualunque cosa è a tua disposizione.
 
Evidentemente glielo aveva già ripetuto almeno venti volte, perché Lenny ha sussurrato Mi ha scassato la minchia con questo Reggie Nardo!, e poi mi ha invitato a fare due passi.
Abbiamo parlato della situazione nel clan, e ci siamo trovati d’accordo sul fatto che Claudio non dava alcuna garanzia come nuovo boss, soprattutto dopo la stronzata di aver sposato Trisha quasi durante il funerale di Michele.
Poi… non so perché, mi sono venuti in mente quei discorsi strani di Mike Amato, così gli ho chiesto:
 
Senti Lenny, ma secondo te è possibile che Michele non sia morto in modo naturale? Che magari l’abbiano avvelenato?
 
E lui:
 
É la prima cosa che ho pensato. Però il dottor Ligresti ha parlato di arresto cardiaco.
 
Ma gli ha fatto un esame tossicologico?
 
obietto io, e Lenny alza le spalle e ammette che non lo sa. E poi aggiunge una frase che mi fa tremare i polsi:
 
In effetti l’autopsia l’hanno seguita da vicino solo Claudio e Trisha.
 
In quel momento ho risentito in testa la voce che mi aveva suggerito di mantenere uno spiraglio aperto. Non ho pensato ‘Mike ha ragione’, questo no. Però ho cominciato a chiedermi se non fosse il caso di approfondire la sua ipotesi, anche se suggerita da… uno spettro, mah!
Mi figuravo davanti agli occhi una prospettiva interessante: Claudio fatto fuori, e Mike Amato nuovo boss. Mi sembrava perfetto per quel ruolo.
Purtroppo il giorno dopo ha cominciato a comportarsi in modo strano. Prima di salutarmi mi aveva detto: ‘A meno che stanotte non divento completamente pazzo’.
Lo era diventato.
 
La mattina c’era un nuovo consiglio di amministrazione.
La prima cosa che ho notato – impossibile non notarlo – era che al tavolo sedeva pure Trisha.
Minchia!, come ci eravamo ridotti! Michele non avrebbe mai permesso che sua moglie stesse in mezzo agli uomini a parlare di affari.
La seconda cosa strana era… Mike Amato. Teneva la testa bassa e guardava fisso il pavimento. Aveva proprio l’aria di un malato di mente. O magari di uno che fa finta di essere malato di mente.
Comunque sia, inizia la riunione.
Claudio ha dato istruzioni a Lenny Polonia per la trasferta a Toronto e gli ha augurato buon viaggio, Carmine ci ha ragguagliato sull’andamento generale del business, e Nick Marcelli ha rammentato le presenze colombiane segnalate a Atlantic City.
Claudio ha riconosciuto che bisognava subito fare qualcosa, però prima si è rivolto a Mike e gli ha chiesto:
 
Tutto bene?
 
Mike ha sollevato lo sguardo da terra in modo lento, confuso, pareva che si stesse risvegliando in un mondo nuovo dopo aver vagato in un’altra dimensione. Aveva un’espressione strana, un mezzo sorriso che però tremava come un tic nervoso. E non rispondeva. Restava in silenzio, senza guardare in faccia a nessuno.
A quel punto è intervenuta Trisha:
 
Mike, te lo dico come se fossi tua sorella, e in un certo senso lo siamo visto che mi hai fatto da testimone di nozze: devi reagire, ti devi tirare su. Siamo tutti tristi per la morte di Michele. Però la vita deve continuare. Io e Claudio abbiamo voluto fare una gran festa per il matrimonio proprio perché fosse un segnale per la famiglia, perché ci spingesse a ritrovare l’entusiasmo per andare avanti. Ma se tu continui a deprimerti così, ti fai del male. Michele non vorrebbe vederti ridotto in questo stato.
 
A quel punto Mike l’ha guardata e l’ha attraversata da parte a parte con un’occhiata. Giuro che mi è sembrato di sentire una ventata d’aria fredda che per un istante mi ha tagliato la faccia.
 
Insomma, avete compiuto un atto di beneficenza.
 
parla infine Mike. E continua:
 
Michele sarebbe felice. Anzi, se fosse qui direbbe: meno male che sono morto, così mi sono reso doppiamente utile!
 
Le labbra di Claudio hanno fatto una brutta smorfia, ma ancora una volta è stata Trisha a parlare al posto suo.
 
Mike, da un lato è bello vedere che eri talmente legato a Michele da soffrire tanto per la sua scomparsa. Dimostri che hai un cuore grande. Però purtroppo la morte è inevitabile. Certo, è arrivata troppo presto per lui, ma sarebbe arrivata ugualmente fra dieci, o venti, o trent’anni.
 
Mike Amato si è alzato a piedi e gli ha risposto:
 
Ho capito, ho capito tutto: voi volete l’allegria, e la mia faccia triste stona con l’ambiente. E che problema c’è? Le cose fuori posto si tolgono di mezzo e si mettono in soffitta. Questa cosa qui che avete davanti agli occhi non dovete neppure perdere tempo a incartarla e portarla via di peso, si toglie dalle palle da sola, con le sue gambe.
 
e mentre lo diceva si è alzato e se ne è andato.
Claudio ha aspettato che si allontanasse, poi ha pontificato:
 
Mike Amato sta diventando un problema. Si comporta in modo troppo strano. Capisco il dolore per il lutto, però secondo me c’è dell’altro. Io penso che ha iniziato a sniffare…
 
D’istinto ho preso le difese di Mike, e ho obiettato che non era possibile. Per lui quella roba era solo merda, e gli facevano schifo quelli che la compravano, anche se a noi ci facevano guadagnare un bel po’.
Ma Claudio mi ha smontato il ragionamento in modo sottile, senza polemiche.
 
Eh!, amico Tommy! Ma tu sei grande abbastanza da sapere che quando qualcosa ti sconvolge la mente, cambi idea su tante situazioni. Va a finire che fai delle cose che prima non avresti mai fatto. Quella roba ti fa stare meglio, anche se per poco, e magari a Mike gli serviva solo quel ‘poco’ e così ha fatto una prova, pensando ‘Ma sì, solo per stare meglio stasera, e poi domani la butto nel cesso’… Invece il giorno dopo ha continuato a sentirsi male, allora ha pensato: ‘Ok, questa e poi basta’ e si è fatto la seconda tirata. Poi allo stesso modo la terza, e subito dopo la quarta… e quando sei arrivato alla quinta ormai sei fregato.
 
A quel punto è intervenuta ancora Trisha, e ha chiesto una cosa a Carmine Polonia:
 
Prima di diventare strano, Mike faceva la corte a tua figlia Fiorenza, vero?
 
Il vecchio Carmine era abbastanza infastidito da questa domanda, gli si leggeva in faccia. Però non poteva negare l’evidenza, e ha confermato che sì, era così. Ed ecco che Trisha – che ormai si atteggiava come se fosse lei il boss – ha un’idea geniale…
 
Chiedi a Fiorenza di parlarci un po’, di scuoterlo. Se era innamorato di lei lo sarà ancora, e magari questo riuscirà a risollevarlo.
 
Carmine è sempre stato una persona ragionevole, e per un uomo d’onore essere ragionevole significa che al boss non gli puoi mai dire di no. Però ha cercato di prendere tempo, spiegando che voleva organizzare la cosa in modo ‘appropriato’, e che prima avrebbe parlato a quattr’occhi con Mike.
In realtà il vecchio Polonia pensava che Mike Amato fosse triste proprio a causa di Fiorenza, che lo snobbava da parecchie settimane per obbedire agli ordini famigliari. Non aveva capito niente, come al solito.
Comunque, ha deciso di incontrarlo subito. Io l’ho seguito di nascosto, un po’ perché ci volevo parlare anch’io con Mike, e un po’ perché ero curioso di vederlo alle prese con Carmine.
Mi sono piazzato dietro il bancone e ho ascoltato tutta la conversazione:
 
Caro Mike, volevo parlarti un attimo.
 
Un attimo… E chi ce l’ha tutto questo tempo?
 
Ascoltami Mike, io tengo cinquantaquattro anni ormai, ma sono stato giovane come te. So cosa significa soffrire per una femmina…
 
Eh, le femmine! Con la scusa che soffrono tanto per metterci al mondo, poi ci fanno sputare sangue quando siamo adulti. Penso che sia una forma di vendetta.
 
Tu sai bene che Fiorenza è una brava ragazza…
 
E allora qui è fuori posto.
 
Se tu volessi…
 
Io vorrei tante cose Carmine, ma per il momento me ne basta una: prendere una boccata d’aria. Quello che mi dovevi dire me lo dici domani, o magari l’anno prossimo, ok?
 
e se ne è andato via, lasciando Carmine come uno scemo davanti al bancone.
Io ho fatto finta di arrivare in quel momento per chiedergli come era andata, e lui mi ha risposto:
 
Mi sa che ha ragione Claudio. Gli ho nominato mia figlia e lui non ha minimamente reagito, come se avesse la testa chissà dove. E poi parlava a scatti nervosi, scomposto. Temo proprio che Mike faccia uso di cocaina.
 
Io invece, ascoltando quella conversazione mi ero convinto del contrario, pensate un po’! Mi stavo abituando all’idea che nella sua testa c’era qualcosa che aveva smesso di funzionare, ma niente a che vedere con droga, alcool o psicofarmaci.
Non voglio dire che fosse diventato ‘pazzo’ nel senso stretto della parola, ma piuttosto che il suo cervello aveva cominciato a pensare troppo. Lui non era mai stato il tipo: non aveva mai dubbi, e d’altronde un uomo d’onore non si può permettere di avere dubbi. Invece all’improvviso gliene erano venuti a centinaia, e non riusciva più a gestire l’intreccio di pensieri che gli passava nella mente.
Sono uscito anch’io dal bar e gli sono corso dietro per parlargli. Volevo avvisarlo che si stava diffondendo questa brutta chiacchiera su di lui, e Mike rispose con un discorso che mi fece riflettere.
 
Claudio ha pensato alla coca perché evidentemente lui ne fa uso. E non è neppure l’unico, sai? Sono finiti i tempi in cui all’interno della famiglia Danese certe abitudini erano proibite, e se ti avessero beccato a sniffare ti avrebbero preso a calci nelle palle. Ormai stiamo diventando come i portoricani: metà roba viene messa sul mercato e l’altra metà é destinata al consumo interno… Ci siamo infiacchiti, Tommy, tu guarda in due mesi come ci siamo ridotti. Se qualcuno decide di farci fuori, gli basta veramente poco.
 
Era come pensavo io, altro che fuori di testa a causa della droga!
No, Mike Amato era lucido, lucidissimo. Proprio questa lucidità assoluta era il suo problema. Sapeva e capiva tutto, anche le cose che nessun altro era capace di capire e tanto meno di sapere. E aveva previsto il disastro al quale stavamo andando incontro.
Ormai mi ero convinto che avesse ragione. Gli ho detto che bisognava intervenire subito, anche facendo qualcosa di molto grave se necessario. Però dovevamo fare in modo che avessimo tutto il clan dalla nostra parte.
Mentre continuavamo a parlare lungo la strada, siamo passati davanti alla vetrina di un negozio di elettrodomestici con un televisore acceso. C’era la pubblicità del programma di Dave Mulligan.
Ve lo ricordate Inside News? No?... Minchia, mi fate sentire proprio vecchio!
All’epoca ancora non esisteva la CNN, e i programmi di approfondimento giornalistico erano una novità. Dave Mulligan è stato uno dei primi a fare una cosa di questo genere: tutti i giovedì sera parlava di qualche argomento di cronaca, roba relativa a New York e dintorni perché lavorava su un canale locale che neanche esiste più.
Mentre vedeva quello spot, Mike Amato è rimasto incantato davanti alla vetrina.
 
Domani sera c’è Dave in televisione. Lo sai che io lo conosco?
 
Non lo sapevo. Ma questa amicizia sembrava averlo ispirato.
Mike si è messo a scrutare fisso verso l’alto, con la faccia di uno che cerca risposte in mezzo alle nuvole. La gente che passava lo guardava. Lui teneva gli occhi lucidi e l’espressione assorta, e magari poteva sembrare un matto che elabora i suoi deliri mentali. Ma era matto con metodo, e c’era logica nei suoi deliri. La sua testa lavorava in modo febbrile, percepivo l’attività del suo cervello quasi come se mi trasmettesse delle piccole scosse elettriche.
 
Io ho promesso a Michele di vendicarlo
 
ha detto all’improvviso,
 
ma voglio farlo nella maniera giusta, facendo capire a tutti che Claudio è stato un infame.
 
Gli ho rammentato quanto sarebbe stato difficile dimostrare agli altri che le sue parole erano vere, perché se avesse detto: ‘Il fantasma di Michele mi ha raccontato che sono stati Claudio e Trisha a ucciderlo’ lo avrebbero preso davvero per cocainomane, o addirittura per pazzo.
Ho suggerito di portare il discorso su un piano esclusivamente politico, per così dire. Una cosa tipo: ‘Claudio è un pupazzo nelle mani di Trisha, è un ragazzino senza palle e per colpa sua stiamo perdendo credibilità, togliamolo di mezzo e mettiamo al comando della famiglia un uomo vero’. Molti ci avrebbero sicuramente seguito, e saremmo stati forti a sufficienza per prendere il clan in mano senza scatenare guerre interne.
Ma Mike era ostinato.
 
No, troppo comodo! Tutti devono sapere la porcata che ha fatto insieme a quella zoccola di Trisha! Lo voglio fare fuori partendo da questo punto: che lui ha ucciso Michele e merita non solo la morte, ma anche l’infamia!
 
E come pensi di fare?, gli ho chiesto. E lui, con un sorrisetto enigmatico:
 
Mi aiuterà Dave Mulligan. Domani sera va in onda il suo programma. Tu fa in modo che alle sette di sera tutti – e dico veramente tutti – siano al bar. Inventati qualcosa, ma è importante che ci sia il clan al completo davanti alla televisione. Magari avvisa pure Lenny Polonia e gli altri che stanno fuori città: nessuno si perda il programma di Dave Mulligan, a costo di farselo raccontare per telefono.
 
Eh sì. Come vi dicevo era diventato matto, ma con molto metodo.

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Capitolo 5
*** ATTO TERZO ***


Mentre noi parlavamo, anche gli altri protagonisti di questa vicenda facevano le loro mosse. In quel momento potevo solo immaginarlo, ma nel corso degli anni ho potuto ricostruire esattamente ciò che accadde dall’altra parte della barricata.
Claudio – o più verosimilmente Trisha – aveva deciso di allontanare Mike Amato per un po’ di tempo. Nick Marcelli gli aveva fatto presente che a Atlantic City c’era puzza di colombiani, e quindi bisognava mandare qualcuno a capire meglio la situazione, se necessario anche a fare pulizia… Per l’incarico erano stati scelti Jeff Galdini e Sammy Rosati, e vista la situazione avevano deciso di aggregare pure Mike.
Jeff e Sammy erano suoi amici sin da bambini, probabilmente Claudio e Trisha speravano che quei due riuscissero a farlo tornare sano di mente… Dal loro punto di vista, ovviamente!
Carmine Polonia era subito andato a riferirgli l’esito delle parole – o meglio: delle minchiate – che si era detto con Mike. Gli aveva fatto presente che lui era rimasto indifferente di fronte alla prospettiva di parlare a quattr’occhi con Fiorenza, quindi l’attrazione fisica non era sufficiente a scuoterlo.
Immagino che sia stata Trisha a pensare ‘Allora proviamo coi vecchi amici e con un cambio d’aria’ ed ecco programmata la spedizione a Atlantic City. Conoscendo la ragazza, magari avrà pure consigliato a Jeff e Sammy di portare Mike in un locale notturno, di pagargli un bel po’ di bevute e fargli trovare una mignotta nella camera d’albergo. Lo voleva felice e rilassato, libero da pensieri pericolosi…
 
Purtroppo quel mercoledì è successa anche un’altra cosa, e pure questa l’ho saputa dopo.
Mentre Mike Amato andava a organizzare il piano che aveva in mente, ha incrociato per puro caso Fiorenza Polonia che stava a spasso con sua zia.
Da come mi hanno raccontato, penso sia andata più o meno così: la ragazza l’ha visto in lontananza e ha trovato una scusa per staccarsi un attimo dalla zia. Suo padre le aveva proibito di parlarci, ma una femmina di diciotto anni che si trova di fronte all’uomo che la fa bruciare dentro, come si fa a trattenerla? Anche se è brava – e Fiorenza lo era – il cervello comincia a ingannarla: gli dice che in fondo non sta facendo niente di male, mica ci sta andando a letto insieme, e la cosa che spaventa per davvero i suoi genitori è solo quella… Le suggerisce che il papà ha detto: ‘non parlarci’ perché lui s’immagina che è tutt’uno passare da un saluto a un bacio e poi a chissà cosa… E invece la ragazza è sicura del fatto suo: ‘io mi so trattenere’, pensa, e la sua testolina gli da ragione, così le sembra che qualcuno la stia autorizzando a procedere, e invece si sta autorizzando da sola…
Eh!, le brave ragazze sono ingenue. O le ingannano gli altri, oppure si ingannano da sole. Si fanno fregare dal loro stesso cervello. Una femmina furba sa capire al volo qual è l’occasione giusta per strusciarsi a un ragazzo, Fiorenza invece si è buttata nel momento sbagliato.
Ha fatto finta di incontrare Mike per caso. Voleva spiegargli che lo stava evitando non perché ce l’avesse con lui, ma solo per obbedire agli ordini del vecchio Carmine e di Lenny. Lei non poteva sapere che lui era sconvolto da quella allucinazione col fantasma di Michele, e a maggior ragione non poteva immaginare che ogni fibra del suo cervello era concentrata ossessivamente sulla vendetta da portare a termine, al punto da perdere il senso della realtà per ogni altra situazione che lo riguardava.
Io penso che in quei giorni Mike si dimenticasse persino di mangiare e di bere, e sicuramente non dormiva. Era un fascio di nervi. Se per qualche motivo avesse dovuto attendere due anni prima di poter compiere quello che aveva in mente, beh, sarebbe stato per due anni senza chiudere occhio e senza mettere niente nello stomaco. Ma sarebbe sopravvissuto ugualmente. Denti stretti, chiodo fisso in testa, e una volontà di pietra concentrata su un unico obiettivo: rendere giustizia a Michele.
Perciò, questa era la situazione: una ragazza giovanissima, innamorata ma senza percepire l’esatta dimensione di quello che prova per Mike, gli si avvicina e lo saluta con un sorriso che le nasce dal cuore, un sorriso che significa: ‘Quanto sono felice di vederti!’
Mike, col cervello che ormai è fuori controllo e si sta fissando solo sulla vendetta, neanche la degna di uno sguardo e prosegue, tirando dritto per la sua strada.
Allora lei pensa: ‘Mi ha ignorato perché è arrabbiato con me, perché non mi sono fatta più sentire’, e allora si preoccupa e comincia a diventare imprudente. Fa qualche passetto di corsa per non farselo sfuggire, e poi lo chiama a voce alta.
Stavolta Mike si accorge di lei, di quella ragazzina tanto graziosa che gli piace pure, ma… ma che cazzo ne sa lei della merda in cui si ritrova lui?
 
Dove stai andando Mike?
 
E chi lo può sapere? Solo Dio sa dove andremo a finire.
 
Senti Mike, uno di questi giorni possiamo vederci con più calma? Volevo spiegarti una cosa…
 
Che c’è da spiegare? Va a giocare con le bambole, dai! Tanto in questo mondo non c’è nulla da capire, e ancora meno da spiegare.
 
Scusami Mike, io volevo solo chiederti se potevamo parlare tranquilli, da soli, come la sera del compleanno di zia Rosaria. Perché io è da un po’ di tempo che non mi faccio sentire, lo so, e dovrò continuare a evitarti, ma volevo spiegarti i motivi…
 
Evitarmi? Perfetto, non chiedo altro. Anzi, evita gli uomini in generale. Sai, ultimamente le donne tendono a diventare zoccole bastarde. Però la colpa non è loro, è degli uomini che glielo permettono e che invece di prenderle a calci in culo le fanno diventare signore, anzi, regine! Più sei infame e più sali in alto, la più puttana di tutte probabilmente diventerà imperatrice. Stai lontano dai maschi o ti toccherà pure a te: ti convinceranno che essere una mignotta è cosa buona e giusta, e tu ci crederai pure. Stai per conto tuo e magari fatti suora, ok?
 
Se solo Fiorenza avesse saputo quello che passava per la testa di Mike, avrebbe potuto dare un senso a quelle parole così assurde che lui gli le diceva con una voce piena di disprezzo. Disprezzo che era rivolto alle donne come Trisha, non a lei.
Purtroppo il delirio di Mike era arrivato al punto da identificare ogni singola persona con le due figure che lo ossessionavano, e le giudicava in base a loro.
Le persone attorno a Claudio erano un ostacolo alla sua vendetta, e quindi ogni picciotto del clan era un piccolo Claudio, uno schifoso. E ovviamente ogni donna era una potenziale Trisha. Anche una bambina o una brava ragazza erano solo delle future zoccole che un giorno avrebbero ucciso il marito per sposare il cognato.
Io sono sempre stato amico di Mike, anche in quei momenti, eppure ho il sospetto che se l’avesse ritenuto utile per la sua vendetta avrebbe fatto fuori anche me.
Comunque, immaginate la povera Fiorenza dopo quelle parole. Era come se l’avessero lapidata, ogni sillaba un sasso che l’aveva colpita non sulla testa, ma dentro la testa.
Arriva sua zia e glielo chiede pure: ‘Che hai, ti senti bene?’
E lei, sforzandosi di trattenere le lacrime: ‘Niente, ho solo un po’ di male allo stomaco’.
E invece altro che stomaco, il dolore è più in alto, a sinistra, dove il petto le comincia a pulsare forte e il sangue scorre troppo velocemente… Fa pochi passi, ma il suo corpo non la sostiene e crolla a terra. A quel punto la zia la porta a casa di corsa, e di fronte allo sguardo preoccupato dei suoi famigliari Fiorenza non riuscirà a nascondere la verità: dovrà ammettere davanti a suo padre che ha incontrato Mike e lui le ha rivolto quelle parole sprezzanti, folli.
E il vecchio Carmine Polonia, coglione come sempre, penserà: ‘Avevo ragione io, Mike è strafatto di coca’. E subito andrà da Claudio a riferire questa ulteriore conferma del sospetto iniziale.
 
Io giorno dopo, verso le sei e mezza eravamo tutti al bar. Avevo sparso la voce che volevo offrire un ottimo vino italiano comprato a Palermo, che in realtà avevo preso un’ora primo allo spaccio di Tino Meola.
Mancava solo Lenny, che stava a Toronto per parlare coi calabresi, e Jack D’Errico, che faceva da sentinella all’ingresso.
Mentre io raduno tutti intorno al tavolo e inizio a versare, chiamo anche Mike Amato, che stava al bancone a guardare la televisione.
E lui, come un attore consumato, fa finta di essere totalmente sorpreso e mi dice:
 
Eh? Scusa Tommy, non ti sentivo perché ho appena saputo una cosa interessante: stasera siamo stardella televisione.
 
Ovviamente sono stato al gioco:
 
Che minchia stai dicendo, Mike?
 
Davvero, non sto scherzando: hanno appena detto che stasera Dave Mulligan rivelerà notizie clamorose sulla famiglia Danese… Venite, venite tutti qui, facciamoci due risate insieme.
 
Come previsto, la maggior parte dei ragazzi non ha dato troppo peso alla cosa. ‘Le solite cazzate’, hanno pensato, ma io ho portato la bottiglia sul bancone e ho insistito con tutti per fare il brindisi davanti alla tivù e sentire le minchiate che avrebbe raccontato.
Claudio si è avvicinato di malavoglia, anche Trisha. Gli unici un po’ curiosi erano Carmine Polonia e Frankie Bruno.
Inizia il programma.
Il conduttore parte subito con le parole giuste per creare interesse:
 
Buonasera a tutti da Dave Mulligan. Questa sera parlerò di un nostro concittadino ormai scomparso: il presunto boss mafioso Michele Danese.
 
Subito un mare di ‘Eh!’, ‘Ma che vuole questo stronzo?’
Tutte le facce diventano serie, tranne quella di Mike che serra le lebbra in una piccolissima smorfia di piacere, come quella di una tigre mentre fissa da lontano la gazzella da sbranare. Ancora non ce l’ha fra i denti, però già inizia a gustarsela…
 
Come ricorderete tutti, questo controverso personaggio che secondo alcuni sarebbe stato il mandante di numerosi omicidi legati al traffico di droga, è morto pochi mesi fa. La diagnosi ufficiale è stata ‘infarto’.
Questa sera proveremo a proporre una verità alternativa con l’aiuto del giornalista colombiano
 
e a quel punto ha presentato un tizio, Heriberto qualche-cosa, che non era affatto un giornalista ma un attore pagato da Mike.
Dave Mulligan era suo amico, ma soprattutto era uno che cercava l’audience, perciò non si era fatto scrupolo a inscenare una farsa del genere pur di ritagliarsi il suo pezzetto di share serale. Voi pensate che i giornalisti di oggi inventano cazzate pur di stare al centro dell’attenzione, ma anche trent’anni non erano mica diversi.
E così, ha esposto il finto curriculum del suo ospite, immaginario redattore del più importante quotidiano di Bogotà, e gli ha ceduto la parola.
Heriberto come-cazzo-si-chiamava, parlando con pochissimo accento spagnolo, inizia a spiegare la sua trama:
 
La morte di Michele Danese ha avuto una certa eco anche in Colombia, visto che alcuni anni fa la sua presunta organizzazione criminale si sarebbe trovata in conflitto uno dei cartelli più potenti del mio paese in fatto di narcotraffico, quello dei Fortaleza.
Se permetti Dave, ricostruisco la vicenda dalle sue origini.
Nel 1971 alcuni sicari dei Fortaleza uccisero Jimmy Danese, padre di Michele e padrino storico del clan newyorkese. Ebbene, io ho saputo da fonti certe in Colombia che quell’omicidio fu un clamoroso errore di valutazione, e che l’allora boss Pedro Fortaleza era furioso coi suoi uomini che avevano commesso uno sbaglio così madornale.
Nei giorni successivi Michele Danese avrebbe organizzato una feroce vendetta nei confronti dei Fortaleza e dei loro alleati a New York, e infatti si verificarono numerosi delitti nell’ambito della criminalità legata allo spaccio di droga. Sarebbero tutti da attribuire al clan Danese, e questo non lo dico io: è un’opinione di molti investigatori del FBI.
In quel momento si verificò una spaccatura all’interno del cartello dei Fortaleza.
Alcuni, tra cui il figlio del boss, Diego, sostenevano che ormai la guerra era scoppiata e bisognava combatterla. Altri ritenevano inutile e pericoloso affrontare i Danese a New York, dove erano troppo potenti. Il vecchio Pedro Fortaleza scelse la linea della prudenza. Ritenne che l’omicidio di Jimmy Danese e quelli dei suoi amici e alleati in qualche modo si compensassero, e abbandonò l’idea di ritagliarsi un suo spazio a New York.
Dopo la morte di Pedro Fortaleza e il passaggio di poteri nelle mani di Diego, era lecito aspettarsi il ritorno a una politica più aggressiva verso il clan italiano, perciò quando ho saputo della morte di Michele Danese ho subito sospettato che ci fosse dietro la mano dei Fortaleza.
 
Ma si è trattato di un infarto, non di omicidio, lo ha interrotto Mulligan.
 
Hai ragione Dave, ma questa è stata la causa di morte ufficiale. La domanda che mi sono posto è: cosa ha provocato l’infarto? Reali problemi cardiaci del presunto boss italiano, o qualcos’ altro…?
 
Nessuno se ne è accorto, ma Claudio ha avuto un tic nervoso mentre venivano pronunciate queste parole.
 
Vedi Dave, in Colombia esistono dei coltivatori di papavero d’oppio capaci di distillare sostanze velenose o allucinogene che solo pochi conoscono. Tra queste c’è anche una mistura in grado di causare un collasso cardio-circolatorio che agli occhi di tutti sembrerebbe naturale.
 
Anche per un medico esperto al quale sia permesso di eseguire un’autopsia approfondita?
 
Nel novanta per cento dei casi, sì.
 
‘Ma che stronzate!’, ha cominciato a dire Andy Vuolo scocciato. Anche gli altri ragazzi sembravano urtati, però percepivo che un po’ di curiosità ce l’avevano. Tutti, tranne Claudio e Trisha. Loro avevano l’aria di chi già conosce perfettamente tutta la storia…
 
Ed ecco che siamo arrivati alla prima sorpresa: Michele Danese non sarebbe stato vittima di un infarto, ma di omicidio. Però c’è un ulteriore colpo di scena ancora più incredibile, vero Heriberto?
 
Esatto Dave. Io avevo immaginato che quella morte fosse stata causata dai Fortaleza, così ho provato a raccogliere informazioni in merito presso le mie fonti di fiducia. Ho avuto una rivelazione sconvolgente: mi hanno confermato che il decesso è stato indotto da una sostanza tossica, ma il responsabile non sarebbe affatto Diego Fortaleza.
 
E allora chi avrebbe avvelenato Michele Danese?
 
Qualcuno all’interno del suo clan.
 
Non vi dico quello che è successo appena quel tizio ha finito di pronunciare queste parole!
Nick Marcelli è saltato dalla sedia. ‘Ma che cazzo si sta inventando questo pezzo di merda!’, ha urlato.
‘Spegni la televisione Mike, non le stiamo neanche a sentire queste minchiate!’ sbraitava Bernie Cascio.
Mike è rimasto impassibile. Anzi, aveva quasi l’aria di chi si stava divertendo, e ha risposto:
 
Ma dai, facciamoci due risate!
 
e si è messo addirittura a richiamare i ragazzi che si stavano allontanando e non volevano più ascoltare la televisione.
Io invitavo a fare silenzio, parlavo con tutti, ma con la coda dell’occhio guardavo sempre Claudio. Mi sono accorto che sulla fronte gli luccicavano delle gocce di sudore, eppure non faceva caldo per niente…
Trisha invece non dimostrava nessun tipo di tensione. Penso che se quella femmina fosse nata uomo avrebbe avuto le palle più grosse delle tette. Però era donna, e si comportava con le malizie da donna, anzi da puttana. Peccato davvero.
Intanto Heriberto stava continuando con le sue rivelazioni:
 
Un appartenente al cartello dei Fortaleza mi ha confermato che un flacone di quella mistura micidiale è stato fornito a un newyorkese con cui si è incontrato a Miami proprio pochi giorni prima del decesso di Michele Danese. Ho chiesto alla mia fonte se avesse poi saputo l’identità dell’acquirente, e lui mi ha risposto di no. Però ha aggiunto che ha visto la sua faccia nella foto scattata in chiesa il giorno del funerale.
 
Quindi la persona che ha comprato il veleno conosceva Michele Danese, al punto da essere presente il giorno delle sue esequie.
 
Esatto Dave. É difficile ipotizzare se sia stato o no l’esecutore materiale, probabilmente ha agito su incarico di qualcun altro all’interno del clan Danese. Comunque lui stesso doveva fare parte di questo complotto.
 
E sei assolutamente certo che fosse in chiesa al momento del funerale?
 
La mia fonte non ha avuto dubbi. Mi ha confermato con estrema sicurezza che l’acquirente era seduto in prima fila, in mezzo ai famigliari del boss.
 
A quel punto era impossibile mantenere la calma, per tutti.
Nick Marcelli ha tirato un bicchiere contro il televisore. Ha cominciato a urlare ogni genere d’insulto a Heriberto e Dave Mulligan, e anche gli altri facevano commenti schifati o quanto meno scettici.
Solo Mike Amato ha sussurrato in modo volutamente provocatorio:
 
Speriamo che sia tutto falso, perché se fosse vero sarebbe grave.
 
Carmine Polonia l’ha quasi aggredito.
 
Ma non c’è neanche da dirlo, è ovvio che sono tutte stronzate!
 
Mike si è allontanato senza rispondere.
Anche Claudio e Trisha sono andati via zitti zitti, con la faccia pallida. Stavolta ce l’aveva pure lei.
I ragazzi facevano a gara a chi urlava con più convinzione che quel programma era solo un mare di merda. Ma io credo che qualcuno gridasse per convincere se stesso, più che gli altri. Qualche dubbio è cominciato a sorgere, ne sono sicuro.
E mica sarò stato l’unico che quando ha saputo della morte di Michele ha pensato male, no? Anche qualche altro picciotto l’avrà avuta questa sensazione, e magari l’ha cancellata perché non poteva – anzi non voleva – credere che fosse stata possibile una cosa del genere.
Io sono uscito fuori dal bar, e ho beccato Mike che faceva il riassunto della trasmissione a Jack D’Errico. Gliela stava raccontando con un tono di voce talmente inquietante che è riuscito a essere persino più convincente di Heriberto: Jack non ha mica detto ‘Impossibile! Cazzate!’, l’ha solo ascoltato in silenzio con gli occhi sempre più assorti.
L’ho preso sotto braccio e l’ho portato via.
 
Come è andato lo spettacolo?, mi chiede tutto soddisfatto.
 
Bene, gli rispondo io. I due piccioncini sembravano paralizzati.
Ma non ho potuto continuare il discorso. Nick Marcelli ha chiamato Mike e gli detto che Claudio voleva parlare con lui.
Ho sudato freddo. Ho immaginato che fosse già arrivata la resa dei conti, e che Claudio stesse aspettando Mike nella sua stanza con la pistola pronta e il silenziatore innestato. Quel programma televisivo non poteva essere stato un caso, persino un coglione come Claudio lo aveva sicuramente capito.
In quel momento mi pareva anche abbastanza evidente il collegamento con Mike. Mi dicevo:
 
Dave Mulligan è amico di Mike Amato, Claudio lo saprà sicuramente e avrà fatto due più due.
 
Invece, a pensarci bene, la cosa non era così evidente.
Cazzo!, io ero il migliore amico di Mike e fino al giorno prima non sapevo che lui conoscesse Dave Mulligan! Figuriamoci gli altri!
No, obbiettivamente parlando era impossibile che avessero già capito tutto. Qualcuno aveva scoperto che Michele era stato avvelenato da loro due, ormai se ne erano resi conto, ma ancora non sapevano chi fosse la spia misteriosa che li poteva sputtanare.
Però in quel momento credevo che avessero già compreso ogni cosa, ogni minimo dettaglio.
Mike avrà pensato la stessa cosa, e così quando è salito nel soppalco del bar aveva innestato pure lui il silenziatore.
Ma non c’era mica Claudio ad attenderlo. Si è trovato di fronte Trisha.
Non so perché ci abbia voluto parlare lei. Probabilmente ha immaginato che sarebbe stato più malleabile. Avrete capito che la ragazza non era per niente stupida, e sicuramente a suo tempo si era resa conto che Mike provava attrazione per lei.
Posso persino dire – ma è solo una mia impressione – che forse Mike aveva sviluppato un odio latente per Claudio perché lui si scopava Trisha senza meritarsela, a differenza di Michele.
Comunque sia, si sono trovati di fronte. Non ho mai saputo quale fosse lo scopo di quel colloquio. Probabilmente lei e Claudio stavano solo verificando se i ragazzi del clan avessero creduto alle parole di Dave Mulligan.
Sapete, nei momenti difficili la fedeltà dei picciotti è fondamentale. Devi essere sicuro che non nutrano alcun dubbio nei tuoi confronti, o sei fottuto. Bisognava metterli alla prova uno per uno, e Mike era sicuramente il primo da testare visto che negli ultimi giorni aveva dato segnali di instabilità sotto ogni punto di vista. Un’instabilità talmente preoccupante che a Claudio gli erano mancate le palle per affrontarlo di persona, e aveva lasciato l’incarico a quello che era ormai il vero boss dei Danese, Trisha Merone.
Deve essere andata più o meno così:
Mike Amato entra nel soppalco. C’è solo la vecchia luce al neon che si sta esaurendo, e lampeggia di continuo, così la stanzetta è avvolta in una penombra violacea che ogni tanto diventa blu scuro. Lui ha la mano pronta a estrarre la pistola e sparare, e avendo visto Trisha al posto di Claudio sente puzza di agguato alle spalle. Conosce bene suo cugino, è proprio il tipo da mandare avanti una donna mentre lui sta nascosto, pronto a darti una pugnalata sulla schiena.
Trisha sta per dirgli il motivo per cui è stato convocato, e il quel momento esatto la tenda davanti alla finestra si muove…
Che avreste fatto voi?
Io, personalmente, avrei avuto la stessa reazione di Mike. In una situazione del genere, considerato quello che era appena successo, l’unica cosa logica era sparare.
Sì, l’unica cosa logica! O forse pensate che sia meglio starsene zitti e buoni a farsi ammazzare come una bestia al mattatoio?
Se noto qualcuno nascosto dietro una tenda, per me è Claudio che mi sta tendendo una trappola, è ovvio! Come cazzo faccio a sapere che invece è solo quel grandissimo coglione di Carmine Polonia? Che ne so io che un attimo prima lui ha parlato con Trisha e gli ha detto:
 
Mike Amato è fatto di cocaina ultimamente, lasciarti sola con lui mi sembra rischioso. Meglio che rimango anch’io, nascosto dietro la tenda, pronto a intervenire se necessario.
 
Che testa di cazzo quell’uomo! Ha scelto il modo migliore per farsi ammazzare come un cane!
Quando siamo arrivati io, Claudio, e Frankie Bruno, il suo corpo era già crollato a terra senza più vita. La tenda strappata lo aveva avvolto come un sudario in cui lui aveva fatto le prove generali prima ancora di esalare l’ultimo respiro. Bianco, pulito, tranne una macchia rossa all’altezza del ventre che si dilatava lentamente…
Le urla di Trisha erano state fortissime. In pochi minuti sono arrivati anche gli altri ragazzi.
Mike portava in faccia la stessa maschera da matto degli ultimi giorni. Ci ha sorriso e poi ha detto:
 
Ho ammazzato un topo bello grosso, eh?
 
Tony Canosa è rimasto sconvolto. Non per la morte di Carmine Polonia, ma per quelle parole.
Come vi avevo già detto, ormai Mike percepiva la gente solo in base ai suoi propositi di vendetta. Chi stava vicino a Claudio era un ostacolo, e Carmine sicuramente gli era fedele, perciò non ha provato particolare dispiacere ad averlo fatto fuori, sia pure per sbaglio.
Ho pensato che Mike ormai era fregato. Non si può commettere una cazzata del genere senza pagare pegno.
Invece Claudio ha avuto una reazione che non mi sarei mai aspettato.
Ha chiesto a Trisha cosa era successo, e lei ha piagnucolato che era stata una disgrazia.
 
Mike ha sparato senza sapere.
 
che poi era la verità, dopo tutto.
Allora Claudio ci ha ordinato di non parlare con nessuno. Avrebbe pensato lui personalmente a chiamare Lenny Polonia a Toronto per dargli la notizia.
Poi ha rammentato a Mike Amato che lui, Jeff Galdini e Sammy Rosati dovevano occuparsi di quella questione a Atlantic City, e gli ha detto di cominciare a organizzare il viaggio. Lo ha liquidato così, come se il fatto di avere appena ucciso Carmine Polonia fosse una ragazzata.
Non ci capivo più nulla. Mi sembrava assurdo, inconcepibile!
 
Invece, a pensarci bene, c’era una logica. A Claudio faceva comodo un Mike Amato schifato da tutti, un Mike Amato che – sia pure per colpa della cocaina che gli aveva bruciato il cervello – aveva sparato a Carmine Polonia, uno degli uomini più rispettabili della famiglia Danese.
Nonostante le stranezze degli ultimi tempi, Mike continuava a godere di un certo prestigio all’interno del clan, e se lo avesse perso sarebbe stato un grosso vantaggio per Claudio. E poi cominciava ad averne paura. Sicuramente avrà pensato ‘E se ci fossi stato io dietro quella tenda?’…
In un attimo aveva elaborato un gran bel piano: Mike fuori dalle palle a Atlantic City, con Jeff e Sammy a fargli da angeli custodi; il consiglio di amministrazione del clan riunito, e Claudio che proclama: ‘Ragazzi, avete visto che ha combinato Mike? Mio malgrado, sono costretto a chiedervi se non sia il caso di levarlo di mezzo prima che si renda responsabile di altri episodi del genere’; i picciotti che, per forza di cose, gli rispondono: ‘Eh!, a questo punto è una scelta inevitabile! Dolorosa, ma inevitabile!’; e lui che fa una telefonata a Jeff e Sammy e gli dice: ‘Mike Amato è morto, pensateci voi a informarlo della cosa’.
Un bel progetto, davvero. Se gli avesse sparato lui a Mike, si sarebbe sporcato le mani e avrebbe creato un clima difficile all’interno della famiglia. Invece, in questo modo, Claudio ne usciva pulito: non avrebbe decretato la condanna da solo, ma con l’approvazione di tutta la famiglia.
Però gli eventi hanno seguito un’altra strada. Non si può pianificare tutto, le situazioni future non sono mai disposte a lasciarsi scrivere come se si trattasse di un testo teatrale, in cui puoi decidere a piacimento quale sarà il finale. Le situazioni si creano da sole, al di fuori del tuo controllo. E Claudio si è reso conto di essere un burattino anziché un burattinaio quando ormai era troppo tardi per modificare la trama.
 
Intanto noi avevamo un bel problema: il cadavere di Carmine Polonia steso a terra dentro il nostro quartier generale.
I federali ci stavano col fiato sul collo, non potevamo permetterci di regalargli un omicidio. Loro aspettavano solo l’occasione giusta per fare le pulci a tutti quanti, e ve la immaginate la scientifica che viene al bar e si mette a frugare dappertutto? E il pubblico ministero che ci interroga uno per uno per sapere esattamente cosa è successo, come è nato questo ‘incidente’?...
No, improponibile. Carmine era deceduto, ok. Ma non poteva risultare vittima di un assassinio. Dovevamo strappargli quell’etichetta di dosso.
Ho chiamato al volo il dottor Ligresti, che gli ha preparato un bel certificato di morte: infarto, mentre si trovava a casa sua.
Poi bisognava smaltire il corpo.
Lo abbiamo caricato di nascosto in macchina, chiuso dentro un sacco, e a mezzanotte lo abbiamo consegnato alle pompe funebri dell’amico Gaudino, che era stato informato e ci aspettava con la bara già pronta e tutti i permessi per l’inumazione. Lo ha inscatolato, e alle quattro di mattina l’ha portato al cimitero, aperto appositamente per noi.
 
I ragazzi del clan erano già lì. Mancava Lenny Polonia, e questa è stata la prima grossa cazzata di Claudio.
Lenny lo aveva implorato di aspettare il suo ritorno da Toronto, ‘Alle due del pomeriggio arrivo a New York’ gli aveva detto.
Ma Claudio si era scusato sostenendo che non poteva rischiare di trovarsi i federali tra le palle, bisognava liquidare la faccenda in poche ore, senza dargli il tempo di accorgersi di quel che stava accadendo.
Il funerale si svolse in un camposanto deserto. Era ancora notte praticamente. C’eravamo solo noi, e nel silenzio i lamenti di Fiorenza sembravano ancora più strazianti.
Ecco, questa fu la seconda cazzata di Claudio: la ragazza non doveva venire. Fu una sofferenza atroce per lei, anche se il peggio doveva ancora arrivare. Il giorno dopo qualcuno le raccontò la verità, e gli disse il nome di chi aveva esploso il colpo.
… Suo padre ucciso dall’uomo di cui lei era innamorata.
Come doveva reagire quella poveretta? Di fronte a una cosa del genere si può solo impazzire dal dolore, e magari capita che tua zia sia proprio scema – non a caso era una cugina di Carmine – e ti dia una confezione di psicofarmaci per calmarti…
Ma sto andando troppo avanti.
Il funerale dicevo.
É sempre una cosa brutta quando mettono sottoterra uno che conoscevi.
Trisha piangeva, era sincera, si vedeva che non stava fingendo. E anche Claudio era davvero triste.
In fondo pure un assassino prova dei sentimenti, ve lo posso garantire per esperienza diretta. Aver ammazzato una o dieci o cento persone, mica ti toglie l’anima. Puoi manipolare le loro morti, puoi farci dei calcoli sopra, puoi essere il più grande stronzo di questo mondo, però non puoi cancellare dalla mente le cose che ti legavano alla persona dentro la bara… Piccoli ricordi speciali, situazioni che ti hanno fatto sorridere. E Carmine Polonia era stato una specie di zio per Claudio, ai tempi della sua infanzia. Sicuramente stava pensando ai tanti momenti trascorsi con lui quando era bambino.
Trisha gli stava avvinghiata a un braccio, e lui la stringeva come se volesse proteggerla. Si volevano bene, non c’era dubbio. Talmente bene da essere arrivati al punto di togliere di mezzo l’ostacolo che li divideva, Michele.
Di sicuro lei non avrebbe mai potuto divorziare, e altrettanto sicuramente sarebbe stato impossibile per Claudio dire a suo fratello: ‘Mi piace tua moglie’. Roba che Dio solo sa il caos che sarebbe seguito.
Ammetto che in quel frangente, per la prima volta, li ho visti con occhi diversi. Come una coppia innamorata, e non come due bastardi, anche se tali restavano. Infami, ma molto teneri.
Anche Mike li ha percepiti così in quel momento. Me lo disse lui stesso.
Appena finite le esequie, ha chiesto a Jeff e Sammy se prima di partire per Atlantic City potevano lasciargli dieci minuti liberi.
 
Visto che stiamo al cimitero, volevo vedere la tomba di un amico.
 
L’ho accompagnato io.
Mentre camminavamo in mezzo a quella scacchiera bianca e verde di lapidi e erba, ha pronunciato qualche parola di compassione per Fiorenza.
 
Povera ragazza. Pensare che gli piacevo pure, e invece sono diventato quello che ha ammazzato suo padre. Proprio vero: quando uno crepa il problema è per chi rimane, mica per il morto.
 
Poi mi ha condotto davanti alla tomba di Vinnie Iorio, un nome che a voi probabilmente non dice nulla.
Quando noi eravamo bambini, alla fine degli anni ’50, Vinnie Iorio faceva l’attore in una sitcom. É stato uno dei primi italiani ad avere successo in televisione. Un bell’uomo, alto, con un viso che all’improvviso diventava di gomma. Si inventava certe smorfie che ti facevano ridere solo a guardarlo, anche se non diceva niente.
 
Un giorno papà me lo fece conoscere
 
mi spiegò Mike.
 
Mi disse: ti piacerebbe conoscere Rocco Baldoni?
 
(era il nome del personaggio che interpretava nella sitcom)
 
Un’ora dopo eravamo nella sua villa, a Newark. Mi prese sulle ginocchia e mi fece un sacco di domande sul telefilm per essere sicuro che non mi fossi perso neanche una puntata. Scherzava. Si è messo a ripetere le stesse battute della puntata in cui il figlio non aveva superato gli esami.
‘E tu sei bravo? Li fai i compiti?’
Mi sembrava incredibile. Era come se fosse uscito direttamente dalla televisione.
Pensavo: da grande vorrei essere come lui.
Eccolo là. Un mucchietto d’ossa sotto terra, dentro una cassa di legno. Adesso lo posso dire con certezza che un giorno sarò proprio come lui.
 
Era strano ascoltare Mike Amato che pronunciava frasi del genere, quasi più strano che sentirlo parlare di fantasmi e visioni notturne. É stato a quel punto che ha nominato Claudio e Trisha.
 
Bella coppia, eh? Se non avessero fatto fuori Michele farebbero quasi tenerezza. In fondo è tutto qui il problema.
Michele era mio cugino, ma anche Claudio lo è, in fin dei conti. La parentela conta poco. É solo il tipo d’affetto che uno prova per l’altro a fare la differenza.
Ti chiedo una cosa Tommy: ma secondo te, a parti invertite, come mi sarei comportato? Se fosse stato Michele a ammazzare Claudio, avrei provato schifo per Michele? Avrei sentito la necessità di vendicare Claudio?
No Tommy, non mi rispondere ‘Questo lo puoi sapere solo te’!
Io non lo so! Altrimenti mica te l’avrei chiesto!
Sinceramente, senza neppure pensare che comunque è una questione d’onore e che lui non è la persona adatta a guidare la famiglia, cosa pensi che avrei fatto?
 
Alle cinque di mattina, in un cimitero, Mike Amato si poneva dubbi esistenziali. Come il tizio di quella tragedia di Shakespeare che dice ‘Essere o non essere’ col teschio in mano.
Ecco, potevo dire di averle viste proprio tutte.
Prima Mike Amato pazzo, e ci può stare. Poi Mike Amato sentimentale, e perché no? Ma Mike Amato che fa il filosofo era troppo. Glielo ho detto subito:
 
Senti, tu lo sai bene che se devi ammazzare qualcuno non ti devi porre troppe domande. Anzi, su qualunque cosa non puoi permetterti di esitare, specie nella posizione in cui ci troviamo. Se uno comincia a farsi tante seghe in testa, gli vengono i dubbi pure se deve andare a pisciare oppure no.
Per portare avanti questa cosa bisogna essere pronti a sparare anche “nel dubbio che”, come hai fatto con Carmine. Perciò Mike: se la testa ti sta crollando lasciamo perdere ogni idea
 
‘di vendetta’, stavo per dire. Ma è arrivato Sammy Rosati e ha borbottato che era il momento di andare. Atlantic City li aspettava.
Avrebbe aspettato per un bel pezzo.

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Capitolo 6
*** ATTO QUARTO ***


Lenny Polonia è arrivato alle quattro del pomeriggio.
Claudio gli è andato incontro per porgergli le condoglianze, ma Lenny gli ha dato una spinta e l’ha buttato a terra.
C’è stato un attimo di sconcerto generale. Prima che potessimo dire o pensare qualcosa, Tony Canosa e Jack D’Errico avevano già tirato fuori le armi. I loro occhi parlavano chiaro: ci invitavano a stare calmi e lasciare che la questione venisse risolta da uomo a uomo.
Era appena successo quello che aveva ipotizzato Mike: il clan si stava sfasciando perché Claudio non aveva il carisma necessario per farsi rispettare. Evidentemente Tony e Jack avevano parlato con Lenny qualche minuto prima che lui entrasse nel bar, e si erano schierati dalla sua parte.
Ai tempi di Jimmy, e anche quando c’era Michele, non si sarebbero mai visti due picciotti che impedivano agli altri di soccorrere il boss. Ma soprattutto, sarebbe stata inimmaginabile la scena che avevamo davanti agli occhi: Claudio – che volente o nolente era in nostro padrino – steso a terra come un verme, mentre Lenny gli teneva la pistola piantata sulla faccia in modo minaccioso.
 
Bella riconoscenza, eh?
 
gli ha urlato Lenny con la voce carica d’odio.
 
Vado a Toronto per sistemare gli affari del clan, e come premio ho ricevuto mio padre morto, senza neppure la possibilità di rendergli l’ultimo saluto!
 
Te l’ho spiegato Lenny, i federali…
 
L’ha interrotto subito infilandogli la pistola in bocca.
 
Sta zitto Claudio,fammi finire l’elenco dei regali che ho trovato al ritorno a casa! Eh sì, perché prima di passare qui sono andato da Fiorenza. Mi è sembrato giusto abbracciare mia sorella per farci coraggio insieme. Ci ho messo un attimo, non sono neppure dovuto salire in casa. Lei mi aspettava davanti al portone del palazzo, sdraiata sull’asfalto in mezzo al suo sangue, coi poliziotti che scattavano fotografie e facevano domande a quelli che l’avevano vista volare giù dalla finestra…
 
Cazzo!, io l’avevo capito già durante il funerale che sarebbe successo!
La povera Fiorenza non era in grado di tollerare quello che stava accadendo. Si è imbottita di pasticche e poi ha guardato il cielo, dove sperava di volare verso un mondo meno assurdo. Pure quella scema di sua zia aveva preso gli psicofarmaci, e ovviamente si era sdraiata sul letto per riposare! Invece di stare vicina alla nipote così sconvolta!
Appena ho saputo che Fiorenza era morta, e in quel modo orrendo, ho provato una solidarietà istintiva per Lenny. Ho dato un’occhiata rapida a tutti i ragazzi per incrociare i loro sguardi: Bernie Cascio, Frankie Bruno, Andy Vuolo, Nick Marcelli… Vi dico che Tony Canosa e Jack D’Errico avrebbero potuto rimettersi la pistola in tasca. Capivamo in pieno la reazione di Lenny.
Anzi, stavamo sul punto di esprimergli le nostre condoglianze, ma ci ha preceduto Trisha che è scesa dal soppalco proprio in quel momento. Ha invitato Lenny a restare calmo e gli ha detto che avrebbe spiegato tutto, e nessuno lo poteva fare meglio di lei visto che l’omicidio era avvenuto davanti ai suoi occhi. Tony Canosa poteva confermarlo.
Ci siamo messi tutti più comodi.
 
Trisha ha raccontato quella che era la verità, in fin dei conti: Mike convocato per scambiare due parole, Carmine dietro le tende per controllare la situazione temendo che Mike potesse andare fuori di testa, e lui che ci va sul serio proprio a danno del vecchio Polonia.
 
É perché non l’avete giustiziato subito?
 
ha domandato secco Lenny. Non ha mai avuto simpatia per Mike, figuriamoci adesso che era diventato l’assassino di suo padre e, indirettamente, di sua sorella.
 
Ogni tipo di clamore dobbiamo evitarlo, lo sai bene. Lo stesso motivo del funerale in fretta e furia per il povero Carmine.
 
ha spiegato Claudio, e onestamente non era un argomento contestabile.
 
Per un infame che uccide un uomo del clan può bastare un blocco di cemento!
 
gli ha obiettato Lenny, ma Claudio non si è scomposto:
 
Lenny, amico mio, Mike è il nipote di Jimmy! Ti pare che io posso andare da zia Rosaria e dirgli che se vuole portare dei fiori a suo figlio morto li deve gettare in mare dal molo 14 della banchina merci?
Io ti prometto giustizia, però Mike deve avere una cerimonia funebre e una lapide al cimitero. Cerca pure di capire che ha ammazzato il povero Carmine solo perché ormai, evidentemente, non ci sta più con la testa. Proprio tuo padre se ne era accorto: ‘É strafatto di cocaina’ mi disse non più tardi dell’altro ieri.
 
Ha continuato a parlare, confermando quello che avevo immaginato: ha ribadito che certe situazioni delicate vanno affrontate tutti insieme, che la famiglia deve restare unita, e poi ha aggiunto che aspettava solo la chiamata di Jeff Galdini e Sammy Rosati. Gli avrebbe riferito che durante il loro soggiorno a Atlantic City doveva capitare una disgrazia a Mike…
 
Abbiamo trascorso un paio d’ore in un silenzio surreale, a ciondolare su e giù dentro al bar, tra un bicchiere di vino e un caffè e una partita a carte, in attesa che squillasse il telefono.
‘Dovrebbero essere arrivati ormai’, abbiamo sussurrato a mezza bocca un po’ tutti. L’unico che non ha mai parlato è stato Lenny. Aveva perso suo padre e sua sorella in meno di ventiquattro ore, ma riusciva a mantenere il controllo dei nervi grazie alla prospettiva della vendetta.
Ecco, in fondo il discorso di Mike Amato non era campato per aria: si reagisce alle situazioni in base a quello che si prova per le persone che le hanno causate, non in base alle situazioni stesse.
Se a uccidere il povero Carmine fossi stato io, il migliore amico di Lenny, può darsi che Lenny sarebbe impazzito come Fiorenza. Invece era stato Mike, e lui non lo sopportava più di tanto, perciò si consolava pensando che ora lo avrebbero fatto fuori e questo in qualche modo compensava la morte dei suoi famigliari più stretti. La situazione sarebbe stata la stessa, la reazione no.
Sì, credetemi, é solo una questione di persone. Cambiate il nome del killer, scrivete ‘Tommy Orazio’ al posto di ‘Mike Amato’, e per Lenny diventava una tragedia intollerabile per cui non esisteva vendetta tale da farlo stare meglio. Per Fiorenza invece era stato il contrario: la tragedia era che l’assassino si chiamava ‘Mike Amato’. Se invece avesse avuto il nome di ‘Tommy Orazio’, dopo aver pianto si sarebbe rialzata e avrebbe domandato giustizia. L’indomani sarebbe andata al cimitero a mettere dei fiori sulla tomba di suo padre e a sputare sulla mia, avrebbe chiesto a Mike di tenerle il braccio, e magari avrebbe pure pensato: ‘Mio padre è morto, un dramma, però almeno adesso posso stare accanto a Mike alla luce del sole, visto che non c’è più papà a dirmi che per me preferirebbe un altro uomo’.
La mente umana è contorta, davvero. É per questo che io evito di pensare troppo, altrimenti diventerei matto.
Scusatemi se faccio tutte queste considerazioni inutili, si vede proprio che sto invecchiando e parlo a vanvera. Vado avanti coi fatti concreti.
 
Verso le cinque finalmente ha squillato il telefono. Ho risposto io.
Prima sorpresa: non era né Jeff né Sammy. La voce era quella di Mike Amato.
Seconda sorpresa: a Atlantic City non ci erano mai arrivati.
Mike mi ha spiegato che all’altezza di Toms River un’auto gli aveva tagliato la strada e Jeff gli aveva urlato una serie di insulti sporgendosi dal finestrino, senza accorgersi che c’era una volante della polizia in transito.
Li avevano fatti accostare per chiedergli il motivo di tanta agitazione, e già che ci stavano avevano voluto dare un’occhiata ai documenti. Voi capirete, per un poliziotto di provincia leggere tre cognomi italiani è un invito a nozze.
Li hanno perquisiti subito. Jeff aveva una pistola, ma si era dimenticato a casa il porto d’armi, Sammy l’hanno pizzicato con una bustina di coca nella tasca interna della giacca. Mike era l’unico in regola, nel senso che aveva il cannone col silenziatore ma pure il foglio di carta che l’autorizzava a tenerlo.
Così, Jeff Galdini e Sammy Rosati erano stati arrestati per detenzione illegale di arma da fuoco e sostanze stupefacenti, e sarebbero stati processati la settimana successiva. Ovviamente il giudice della contea aveva respinto la libertà su cauzione. Per Mike invece si erano dovuti limitare al ‘favoreggiamento’, ed erano stati costretti a rimetterlo in libertà sulla parola, ma solo perché glielo imponeva la legge.
 
Vista la situazione è inutile che io vada a Atlantic City da solo, torno alla base, ok?
 
ha concluso. Avrei voluto dirgli: ‘No Mike, non ritornare, anzi, guida fino alla frontiera in Messico e sparisci!’… Ma mi guardavano e mi ascoltavano tutti i ragazzi. Probabilmente anche i federali stavano intercettando la telefonata, e soppesavano ogni parola.
E poi, non lo so mica se Mike sarebbe fuggito senza portare a termine la sua vendetta. La mattina mi era sembrato all’improvviso dubbioso, incerto, ma sono sicuro che gli sarebbe bastato vedere una foto di Michele per risentire dentro di se la voglia profonda di punire Claudio e Trisha.
 
Mike resta a dormire in un motel, ma domani mattina torna a New York
 
ho riferito a tutti quanti.
L’unico commento lo ha fatto Lenny Polonia:
 
Lo ammazzo io. Mi spetta di diritto.

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Capitolo 7
*** ATTO QUINTO ***


E così si arriva al giorno fatale: sabato 20 ottobre 1974. Fra quattro giorni praticamente, quattro giorni e trent’anni fa.
La mattina c’era stato il funerale, un altro ancora. La povera Fiorenza si era ritrovata accanto a suo padre dopo un solo giorno di lontananza.
Alla fine della cerimonia Lenny era stremato. Il pensiero della vendetta non lo poteva consolare in quel momento, perché era ancora troppo astratto rispetto alla materialità atroce della salma di sua sorella.
Il dolore era talmente forte che per renderlo sopportabile ha dovuto sfogarlo sotto forma di rabbia. Si è messo a prendere a calci un mazzo di fiori che non ne voleva sapere di stare appoggiato alla lapide ed era caduto a terra per tre volte, poi ha cominciato a inveire contro il becchino, che calava la bara nella fossa e intanto fischiettava.
 
Che cazzo ti diverti, figlio di puttana?! É morta una ragazza che doveva ancora compiere vent’anni, lo capisci?
 
gli ha urlato come un matto. L’ho dovuto trattenere, c’è mancato poco che gli sparasse.
 
Cerca di calmarti Lenny, per quello i funerali sono solo una professione. Hai presente noi quando ammazziamo qualcuno, no? Stiamo facendo un lavoro, nulla di più.
 
Già, un lavoro. Che ci crediate o no è così.
Comunque, Lenny Polonia era un cerino pronto a prendere fuoco. Ogni tanto guardava l’orologio, e di sicuro contava le ore che lo separavano dall’istante che aspettava ferocemente, la resa dei conti. Ovviamente non poteva sapere che anche Mike Amato stava a sua volta tramando una vendetta, anche se la mattina precedente mi era parso meno convinto.
 
Alle undici stavamo tutti al bar.
C’era una tensione che non vi potete immaginare. Claudio aveva dato istruzioni ben precise: appena arrivava Mike, tutti con le armi in mano, gli si intimava di non muoversi, e gli si ordinava di buttare a terra il cannone. Al resto avrebbe pensato Lenny, che mi ha guardato dritto negli occhi e ha chiesto:
 
Te la senti?
 
Aveva un tono di voce infastidito, quasi che da un lato mi avrebbe giustificato se avessi detto di ‘no’, ma al tempo stesso gli sarebbe dispiaciuto.
Io – cercate di capirmi – ero amico di Mike, però non me la sentivo di andare contro il clan tutto solo. Ho risposto che sarei rimasto seduto al tavolo a guardare la scena da spettatore, ma che capivo la decisione presa. Insomma, non avrei fatto parte del plotone d’esecuzione ma davo il mio assenso alla condanna a morte.
Mi facevo schifo per quelle parole, ma mi giustificavo pensando che se restavo vivo avrei potuto eliminare Claudio più avanti, magari proprio insieme a Lenny Polonia, che era un uomo con le palle. Anche se la nostra amicizia non sarebbe stata più la stessa, visto che avremmo dovuto portarci appresso il cadavere di Mike Amato con dei ricordi completamente differenti al riguardo.
Non ero abituato a elaborare ragionamenti di questo genere, io non amo pensare troppo. Eppure lo stavo facendo. In certe situazioni chiunque crolla, e anche a Tommy Orazio può succedere, no?
Comunque, Lenny mi ha guardato in modo tale da farmi intendere che: d’accordo, mi capiva.
A quel punto mi sono seduto, e ho assistito in prima fila all’atto finale della tragedia.
 
Mike Amato sembrava non arrivare più. Non capivamo che fine avesse fatto. Qualcuno ha cominciato a sospettare che avesse saputo dell’accoglienza che lo attendeva, e perciò aveva deciso di non presentarsi.
Invece, quando infine è giunto al bar verso le tre del pomeriggio, abbiamo capito subito che era completamente all’oscuro. Infatti appena entrato si è rivolto addirittura a Lenny Polonia:
 
Proprio te volevo incontrare! Ho saputo solo poco fa di Fiorenza! Mi dispiace proprio tanto!
 
Ah, ti dispiace?
 
gli ha risposto Lenny, facendo un piccolo cenno con la mano per dirci di aspettare a tirare fuori le armi. Evidentemente era curioso di sentire le parole di Mike e di capire quanto potesse essere ipocrita, perché dal punto di vista di Lenny quelle condoglianze dovevano sembrare davvero false.
 
Sì, io me ne sento responsabile, davvero. Il dramma di Carmine è stato colpa mia, come ti avranno già detto, e per Fiorenza perdere il padre deve essere stato un dolore troppo forte.
Io… scusami, davvero, non so che altro dirti. Ogni parola mi sembra inutile. Se solo potessi fare qualcosa per te…
 
Lenny ha soppesato le parole prima di rispondere.
 
E se ti dicessi che mi sentirei meglio sparandoti un colpo in petto, come hai fatto col mio povero padre?
 
Mike l’ha fissato dritto in faccia per un secondo. Poi ha abbassato gli occhi, ha fatto un gesto di rassegnazione e gli ha detto:
 
Se pensi che sia giusto, ammazzami pure.
 
Lenny ha estratto la pistola, col silenziatore già innestato. Anche gli altri ragazzi hanno tirato fuori le armi. Trisha e Claudio sembravano un re e una regina mentre assistono a un’esecuzione solenne.
In quel momento ho creduto che Mike avesse rinunciato ai propositi di vendetta, e che il suo cervello ormai impazzito accettasse passivamente ogni cosa, anche lasciarsi giustiziare senza opporre resistenza.
E invece mi sbagliavo. Dopo aver sottoscritto la propria condanna a morte, ha aggiunto una frase imprevista…
 
Però Lenny, ti chiedo solo di lasciarmi un minuto per dare una notizia a tutti.
 
Dacci questa notizia, ma non pensare di fare giochetti strani.
 
No, stai tranquillo, non è questo lo scopo.
 
lo ha rassicurato Mike.
Era una situazione assurda. Provate a immaginarvi un condannato a morte che sta davanti al plotone pronto a sparare, e parla tranquillo coi cecchini. Fino a un momento prima erano suoi amici, ok, ma ora stanno per mandarlo al Creatore. Voi non sareste agitati?
Lui invece no, niente, come se il fatto di ricevere un po’ di piombo in testa fosse una cosuccia, mentre la cosa davvero importante era comunicare la ‘notizia’… Non avevo idea di cosa volesse dirci Mike.
 
Allora ragazzi, voi sapete che sono stati sollevati dei sospetti sulla morte di Michele…
 
‘Ancora questa storia’ ha sussurrato qualcuno con fastidio.
 
Io credo che sia giusto chiarirla, ed è per questo che sono arrivato tardi. Stamattina sono stato da mia madre e l’ho convinta a far riesumare il corpo di Michele per una nuova autopsia più approfondita
 
La faccia che ha fatto Claudio! Quella flemma da imperatore che aveva sino a un attimo prima è svanita! É andato a passi veloci verso Lenny Polonia e ha cominciato a dire ‘Sparagli subito a questo pezzo di merda!’
 
Che c’è, di cosa hai paura?
 
gli ha domandato Mike.
Claudio non ha risposto, ha solo urlato:
 
Nessuno si può permettere di andare a disturbare il riposo eterno di Michele, neppure zia Rosaria! Tirarlo fuori dalla tomba per farlo squartare come un vitello dal macellaio, è uno scempio assurdo! No, su questa cosa possono decidere solo i parenti più stretti! Io sono il fratello e dico di no! Adesso telefono a zia…
 
L’ordinanza per la riesumazione è stata già firmata, ma non da zia Rosaria. Ci hanno pensato le tue sorelle. Il fondo Michele era fratello anche loro, mica solo tuo.
 
Il viso di Claudio faceva impressione. Sembrava sul punto di avere una paresi. Ha ricominciato a urlare ‘Spara! Sparagli!’, ma adesso Lenny era esitante. In fondo anche lui aveva trovato abbastanza strana la morte di Michele. Voleva capire bene la verità e, per assurdo, l’unico in grado di fornirgliela sembrava essere l’assassino di suo padre e di sua sorella, Mike Amato.
La rabbia di Lenny ha cominciato a sciogliersi. La determinazione che aveva negli occhi si è dissolta, la mano che puntava la pistola ha cominciato a tremare.
Claudio invece era rosso come il diavolo. Incitava tutti a uccidere Mike, ma nessuno riusciva a far partire il colpo.
Paradossalmente, Mike era quello più sicuro di se. Stava in mezzo ai ragazzi con l’aria di un santo mentre affronta il martirio, come nelle vetrate della chiesa, dove il San Qualcuno di turno ha una lama puntata alla gola ma appare tranquillo e distaccato dalle questioni terrene, quasi si trovasse già in cielo pur essendo ancora in questo mondo.
La vendetta l’aveva portata a termine, in un certo senso. La verità stava per venire a galla, e questa era l’unica cosa che contava per lui. Aveva reso giustizia a Michele, e ormai poteva lasciar perdere ogni altra cosa, persino la propria vita.
La mattanza finale si è consumata in un attimo, anche se a raccontarla sembra molto più lunga. Fate conto che sia una di quelle scene al rallentatore dei film di Brian De Palma.
 
Claudio ha capito di essere fottuto. Anche Trisha se ne è resa conto, perché è rimasta sconvolta pure lei, e se ne sono accorti tutti. Gli è bastato guardarsi negli occhi per intendersi a vicenda: Claudio ha estratto la pistola per eseguire la sentenza di persona, ma nel momento in cui lo ha fatto anche Mike ha afferrato al volo l’arma che aveva in tasca.
Mike Amato poteva accettare di essere ucciso da Lenny Polonia, che aveva dei validi motivi per volerlo morto ed era un uomo d’onore meritevole di rispetto. Ma sarebbe stato intollerabile morire per mano di Claudio l’infame.
Vedendo Mike che prendeva la pistola, Lenny ha temuto che fosse un estremo tentativo di salvarsi la pelle e d’istinto ha sparato. In fondo aveva la rivoltella già puntata e pronta a far fuoco da almeno un paio di minuti.
La pallottola di Lenny è andata a segno, ha attraversato il petto di Mike da parte a parte, ma anche Mike è stato preciso e ha colpito in pieno Claudio. Invece Claudio è riuscito a esplodere il suo colpo solo una frazione di secondo dopo che era stato colpito, e così ha sparato barcollando, e anziché prendere Mike ha centrato la testa di Lenny.
Ma non dovete pensare a tre spari separati, è stato quasi come se partissero all’unisono, tutti insieme.
Claudio e Lenny sono crollati a terra, invece Mike ha fatto qualche passo all’indietro ed è finito su una sedia. Aveva le gambe accasciate, le braccia e la testa che penzolavano verso il basso, e pensavamo che fosse morto anche lui. Però la pistola continuava a tenerla stretta nella sua mano…
Gli è bastato un movimento rapido: ha rialzato la testa e ha sollevato di scatto il braccio destro per esplodere tre colpi verso Trisha.
 
Quel giorno la famiglia Danese smise di essere ciò che era stata per quasi trent’anni. Fu l’inizio della fine.
Fu anche l’ultima cazzata di Claudio. La sua pistola non aveva il silenziatore, fece un botto che ha rimbombato per tutto il bar, lo hanno sentito fino in mezzo alla strada. I federali ci marcavano stretti, e c’era sempre qualche poliziotto nei paraggi che sperava di coglierci in fallo. Gli era appena caduta la manna dal cielo.

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Capitolo 8
*** EPILOGO ***


Non abbiamo avuto neppure il tempo di provare a rimuovere i corpi. Dopo tre minuti c’erano già un paio di sbirri a dirci di non toccare niente fino all’arrivo della scientifica, e intanto chiedevano spiegazioni su cosa fosse esattamente avvenuto.
Mike Amato ha dimostrato in pieno la sua fedeltà al clan. Ormai la sua vendetta era compiuta, e poteva tornare ad essere un Danese a tutti gli effetti.
Il proiettile di Lenny Polonia non gli aveva toccato nessun organo vitale, però aveva lesionato la colonna vertebrale, questo sì, e infatti Mike sarebbe rimasto paralizzato nella parte inferiore del corpo per il resto della sua vita. Ma era perfettamente capace di intendere, e quando lo interrogarono si inventò una storia abbastanza improbabile per coprire la famiglia.
Sostenne che Lenny lo avesse accusato di aver sedotto e illuso Fiorenza portandola alla disperazione, fino a causare la morte per crepacuore di Carmine, troppo addolorato nel vedere la figlia ridotta in quello stato. Per logica conseguenza gli avrebbe rinfacciato anche il successivo suicidio della ragazza, è questo era pure vero, anche se le premesse reali erano state assai diverse… Claudio e Trisha avevano preso le parti di Lenny (sempre nella fantasiosa ricostruzione di Mike) e lui aveva perso la testa e gli aveva sparato. Quindi Lenny e Claudio avevano sparato a loro volta, ma solo per legittima difesa. Insomma, un dramma borghese, niente a che vedere con la criminalità…
La storia era inverosimile, ma gli unici che potevano smentirla erano Carmine, Lenny, Fiorenza, Trisha e Claudio, ed erano tutti morti. Perciò la versione di Mike era incontestabile sul piano delle testimonianze.
Ovviamente come testimoni c’eravamo anche noi picciotti, e vi posso garantire che i poliziotti ci hanno messo sotto pressione per giorni e giorni pur di strapparci una parola. Ma voi saprete che noi uomini d’onore siamo ostinati in queste situazioni. Siamo andati avanti a forza di: ‘Non saprei’, ‘Non mi sono accorto di niente finché non ho udito gli spari’, ‘Non mi ero neppure reso conto che stessero litigando’, ‘Stavo guardando la televisione e non li avevo sentiti’, ‘Li conoscevo in modo abbastanza superficiale’…
Lo sforzo maggiore lo hanno riservato a Mike Amato. Gli hanno fatto capire che se avesse collaborato gli avrebbero garantito una detenzione extralusso in un ospedale a cinque stelle, e per uno ormai bloccato sulla sedia a rotelle sarebbe stato veramente utile.
Ma lui niente, non ha ceduto. Ha ripetuto ossessivamente la sua versione melodrammatica dei fatti di sangue avvenuti nel bar, e naturalmente i federali si sono vendicati.
É stato condannato all’ergastolo, però con la scusa che era invalido non lo hanno messo in carcere, ma in un manicomio criminale dove c’erano malati di mente che lo prendevano a calci, gli sputavano addosso e gli pisciavano sul letto.
 
Grazie a Mike quelli del FBI non erano riusciti a incastrarci, però stavamo ugualmente nella merda.
La strage all’Italian Bar era diventata subito di pubblico dominio, i giornali ne hanno parlato per settimane, e così i colombiani potevano leggere in prima pagina che in una botta sola avevamo perso Claudio, Carmine, Lenny e Mike. Senza contare Sammy Rosati e Jeff Galdini, che stavano scontando sei mesi di carcere a Toms River per detenzione illegale di armi da fuoco e sostanze stupefacenti…
Eravamo fottuti. Se volevano spazzarci via gli sarebbe bastato un attimo.
Facemmo una riunione in cui valutammo l’idea di sciogliere il clan e andarcene tutti via da New York, ma Frankie Bruno si offrì volontario per parlare coi Fortaleza. Disse che un suo amico argentino poteva fare da mediatore, e magari ci saremmo salvati.
Lo autorizzammo. Era l’unica possibilità che ci rimaneva.
Qualche giorno dopo ci informò che la trattativa era andata bene, in un certo senso. Noi saremmo diventati i referenti dei Fortaleza a New York, e loro in cambio ci avrebbero permesso di sopravvivere. Praticamente ci riducevamo a essere i loro tirapiedi, come dei portoricani qualsiasi. Che crollo per la famiglia Danese!
Però intanto avevamo salvato il culo, bisogna ammetterlo. Fu così che Frankie Bruno divenne ufficialmente il nuovo padrino, e riuscì pure a rimanerlo per un bel po’ d’anni, anche se sarebbe più giusto dire che il nostro boss era Diego Fortaleza.
Ho avuto modo di conoscerlo, in maniera del tutto casuale, proprio l’ultima volta che ho visto Mike Amato.
 
É successo verso la fine del 1976.
Appena potevo, andavo a trovare Mike. Ormai lo avevano condannato, e mi sentivo addosso una gran pena vedendolo bloccato su una sedia a rotelle in quel posto di merda.
Io e sua madre eravamo gli unici a ricordarci di lui. Gli altri ragazzi del clan erano diffidenti nei suoi confronti, anche perché la famosa riesumazione del corpo di Michele era stata annullata all’ultimo secondo, per non dare ai federali un’ulteriore possibilità di indagarci. Così il dubbio era rimasto irrisolto. Non abbiamo avuto – e ormai non avremo mai più – prove certe e inconfutabili che Michele sia stato avvelenato.
Quindi ero da Mike, come vi stavo dicendo. Gli stavo parlando dall’altro lato della vetrata durante l’orario delle visite, e all’improvviso si è avvicinato un sudamericano con un camicione bianco e i capelli impomatati. Pareva un italiano degli anni trenta, e in fondo questo sono i colombiani: sono gli italiani di una volta, quando avevamo davvero le palle e ancora non ci eravamo imborghesiti.
L’ho riconosciuto perché avevo visto una sua foto su un giornale. Ufficialmente non esisteva uno straccio di prova contro di lui, perciò poteva circolare liberamente. Non doveva temere neppure gli altri clan, perché incuteva troppa paura a tutti.
Parlando con un forte accento spagnolo mi ha chiesto cortesemente di allontanarmi, ma Mike ha obiettato.
 
Tommy è come se fosse mio fratello. Qualunque cosa vuoi dirmi, puoi farlo in sua presenza.
 
Diego Fortaleza, con quella flemma tipica dei latinoamericani, ha cominciato a rievocare il passato…
 
Quella notte in cui avete fatto una rappresaglia per vendicare Jimmy Danese,avete ammazzato tanta gente che con noi c’entrava veramente poco. Qualcuno ha addirittura sparato in testa a un bambino di un anno. Mi hanno riferito che sei stato tu. Es verdad?
 
É vero.
 
ha confermato Mike.
Il colombiano si è acceso una sigaretta con calma sacrale. Ha inspirato, ha buttato fuori una boccata, e mentre osservava le volute di fumo ha sussurrato
 
Era mi hijo.
 
Mi è preso un colpo. I Fortaleza ormai erano talmente potenti che avrebbero potuto far giustiziare anche un detenuto in un carcere di massima sicurezza. In qualche modo potevano arrivarci.
Ho girato gli occhi verso Mike Amato. Ero preoccupato.
Lui invece stava tranquillissimo. Gli ha risposto:
 
Allora sono proprio soddisfatto. Sai, in quel momento il mio scopo era di farvi capire che pur di vendicare mio zio non avrei guardato in faccia a nessuno. Però pensavo di avervi colpito solo di striscio, e un po’ mi rodeva. Ma adesso che ho saputo di aver ammazzato uno col tuo sangue, mi sento meglio. Tu hai fatto fuori mio zio, io tuo figlio, ma solo perché non ho potuto ammazzare te personalmente, s’intende. Comunque, direi che siamo pari.
 
Diego Fortaleza si è fatto un’altra boccata, sempre con la massima lentezza possibile. Io assistevo alla scena senza sapere cosa pensare.
Ha soffiato un cerchio di fumo e lo ha guardato mentre pian piano si disperdeva nell’aria. Poi si è rivolto a Mike, e senza alcuna ambiguità nella voce ha detto:
 
Sì, in fondo siamo pari.
 
Sapete, anche se può sembrare strano tra noi delinquenti esiste una forma di rispetto che prescinde dagli sgarri che uno ha fatto all’altro.
Io posso pensare: ‘quella merda di Tizio ha fatto fuori mio fratello’, però posso anche riconoscere che Tizio è un uomo con le palle e glielo devo riconoscere come pregio.
Ovviamente se il Tizio in questione è paralizzato, e sta rinchiuso in un manicomio criminale, è sicuramente più semplice fare questo tipo di ragionamenti. E poi, era chiaro che quel figlio di Diego Fortaleza era stato il frutto di una scopata sbrigativa, e dubito che gliene importasse più di tanto.
Comunque sia, Diego Fortaleza aveva deciso di portare rispetto a Mike.
Prima di andarsene mi ha bisbigliato ‘Tu amigo es un uomo vero’, e detto da un colombiano è il più grosso complimento che si possa fare a un nemico.
 
Qualche giorno dopo mi hanno incastrato. Sono stato accusato di un omicidio che in realtà non avevo commesso.
É quasi divertente a pensarci: ho ammazzato una trentina di persone in vita mia, ma sono stato condannato per l’unica che neppure conoscevo.
Prima che mi riconoscessero la semilibertà ho dovuto fare ventisei anni di carcere, un’eternità. Il giorno in cui sono uscito ho pensato subito a Mike. ‘Voglio fargli visita’ mi sono detto, ma ho scoperto che aveva tirato le cuoia pochi giorni prima. Il suo fisico ormai era troppo debole, è stato un miracolo che abbia resistito quasi trent’anni in quel porcile.
 
Sapete, a volte mi chiedo cosa sarebbe successo se Mike Amato non avesse visto quello spettro (non so ancora se fosse autentico o soltanto un’allucinazione della sua mente). Forse i Danese sarebbero ancora la famiglia più potente di New York, o magari i Fortaleza ci avrebbero addomesticato lo stesso.
Onestamente non sono in grado di capire se siamo noi uomini a creare gli eventi che poi ci trascinano lungo la vita, o se piuttosto sono gli eventi a creare noi e farci diventare quel che siamo.
Senza la strage del 20 ottobre 1974 penso che Frankie Bruno non sarebbe mai diventato un boss. Ma poi mi viene in mente che è stato per vent’anni un padrino di carta, una marionetta di Diego Fortaleza, e allora immagino che in quel modo patetico forse ce l’avrebbe fatta in ogni caso a diventarlo.
Per contro, se Mike Amato fosse stato fedele a Claudio, avrebbe avuto una vita diversa? Forse sarebbe diventato il suo braccio destro, Carmine e Lenny Polonia avrebbero dovuto uniformarsi alle necessità del clan, e sarebbero stati costretti ad accettare che lui sposasse Fiorenza, anche se non lo sopportavano più di tanto.
E a quest’ora magari sarebbero tutti e cinque vivi, e forse felici.
Però nessuno può dire con certezza quel che sarebbe successo. Non riusciamo a capire del tutto neppure ciò che è accaduto realmente, figuriamoci l’ipotetico e il supponibile!
… Scusate, ho ricominciato a parlare a vuoto. É colpa dell’età, io in genere guardo solo alle cose concrete.
E parlando di cose concrete, visto che mi avete ascoltato per mezz’ora dovete riconoscere che vi ho aiutato a trascorrere la serata, no? Può darsi che a tratti il mio racconto vi sia sembrato assurdo, o addirittura inventato. Ma anche se vi avessi narrato una storia falsa, un bicchierino di whisky come premio me lo merito, no?

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