His First Boyfriend

di HeartBreath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Questo è il seguito di False Face, una fan fiction che vede come protagonista Joey, una ragazza perduta in un amore non corrisposto nei confronti di Kurt Hummel.
Il seguito è ambientato qualche mese dopo l'arrivo di Joey al Mckinley, quasi alla fine della seconda stagione. AVVERTO SUBITO: non so quanto potrò prolungare questa parte della storia e quando riuscirò a finirla, vi chiedo solo di essere pazienti...
E spero vi piaccia =)
Baci!
V.






 

Quell’idea non mi piaceva nemmeno un po’. Perché avevo accettato? Lo dissi ad alta voce.
“Perché ho accettato?”
“Perché vuoi bene a Kurt, per la millesima volta” rispose Mercedes, scocciata. Lei mi teneva sottobraccio da un lato, Rachel dall’altro. Santana dietro di me mi impediva di svignarmela. Ottima mossa: anche senza un coltello premuto contro la mia schiena, niente mi teneva in riga come la paura che quella ragazza mi staccasse la testa.
Avevo accettato quell’incontro di mia spontanea volontà. Il compito di Rachel, Santana, Mercedes e le altre ragazze era quello di assicurarsi che mantenessi la parola e non mi tirassi indietro all’ultimo momento. E devo ammettere che ero molto tentata di farlo.
Solo perché si tratta di Kurt, avevo detto. Altrimenti non avrei minimamente considerato la possibilità di conoscere quel tizio.
Le altre ragazze del Glee Club lo conoscevano già. Era il tempo delle presentazioni anche per i maschi allo Starbuks caffè, e secondo le ragazze Kurt avrebbe notato la mia assenza se era presente tutto il Glee. E sarebbe stato scortese. E quella presentazione per Kurt era importante.
Perché, poi, era così importante? Era solo uno stupido ragazzo…
Il suo stupido ragazzo…
Per questo non volevo incontrarlo. E per questo le mie compagne erano costrette a trascinarmi al bar.
Kurt non si era mai fidanzato, non solo da quando lo conoscevo, ma nella vita. E più questa nuova esperienza era importante per lui, più faceva male a me.
“Che ore sono?” chiese Rachel. “Ho il braccio bloccato”
Mercedes aveva l’orologio al polso e il braccio sinistro libero. “Le 16:05”
“Perfetto, ora siamo anche in ritardo!” si lagnò lei.
“Figurati, i ragazzi saranno più in ritardo di noi” commentò Santana.
“E Kurt starà sistemando a Blaine la cravatta” continuò Brittany.
Una risatina collettiva, a cui ovviamente non mi unii.
“Scusa Joey” mormorò Brittany, notando il mio silenzio.
“Tranquilla, non è niente”
“E’ questo?” Mercedes indicò un’insegna di Starbuks sopra il suo naso.
“Vedi altri bar nei paraggi?” Quinn stava per entrare, ma disse alle altre di aspettare e gli fece segno di lasciarmi. Dio, sembravo una prigioniera diretta alla ghigliottina!
Quinn mi prese per le spalle e mi guardò con quegli incantevoli occhi verdi. “Joey, io so quanto può essere difficile. Io e Rachel ci siamo passate, e sempre per lo stesso ragazzo” incredibile che ne parlasse con tanta facilità. “Ma devi ricordarti che la cosa più importante per te è l’uomo che ami. Perché è così, no? Kurt non è forse la cosa più importante per te?”
Annuii, disorientata. Con me Quinn non era una vipera come con molti, forse perché non le avevo mai dato problemi. Ma allo stesso tempo non si era mai interessata a me tanto da confortarmi e incoraggiarmi nei momenti difficili.
“E se è felice lui, non sei felice anche tu?”
Personalmente, no. Ma se si parlava di lui… “Sì”
“Allora puoi affrontare qualunque vista o parola. Farà male, lo so. Ma prima o poi ci passiamo tutti in una situazione del genere…” inaspettatamente, irrigidendomi completamente, mi strinse in un abbraccio, per circa due secondi, massimo tre.
Ma abbastanza da scioccarmi.
Forse la sofferenza che ci accumunava la faceva sentire più vicina a me. Comprensibile.
Le labbra piene di Mercedes vibrarono in uno sbuffo. “Entriamo, allora?” ci smosse.
Annuii, pronta. Più o meno…
Entrammo nel bar, guardando tra tutta la gente seduta a prendere un caffè e chiacchierare.
“Ragazze!” la voce di Kurt risuonò da un tavolo spazioso. Tutti i maschi intorno a lui.
“Oh che sorpresa” attaccò Rachel avvicinandosi. “Eravamo sicure che saremmo arrivate per prime anche in ritardo”
“Non siete poi così tanto in ritardo, sarò io che sono qui da venti minuti” puntualizzò Kurt, mentre tutti i ragazzi ci facevano spazio per farci sedere intorno al tavolo.
“Ma l’appuntamento non era alle 16:00?” si allarmò Rachel. Per lei la puntualità era essenziale. Una cosa era un ritardo di cinque minuti, ma venticinque erano inaccettabili per lei.
“In effetti sì, ma Kurt aveva paura di trovare traffico e mi è venuto a prendere mezz’ora prima”
Una voce. Una voce e una risata, esattamente di fronte a me, che mi diedero fastidio subito.
Non l’avevo notato prima ma quello era l’unico individuo a me sconosciuto in tutto il tavolo. Dovevo presumere che fosse lui.
Si era accorto che lo stavo guardando. “Io non ti conosco” affilò lo sguardo, indicando me. “Tu devi essere Joey”
“Come conosci il mio nome?” non accennai a sorridere, non ci provai minimamente.
“Kurt parla spesso di te, e sei l’unica che non mi è stata ancora presentata” mi offrì la mano, da un capo all’altro del tavolo rettangolare. “Sono Blaine”
La sua mano era grande e venosa, i vestiti raffinati – maglione di cashmere da cui spuntava il colletto di una camicia chiara -, i lineamenti del viso definiti. Ricci neri probabilmente pieni di gel, sopracciglia folte e scure sopra agli occhi limpidi, la mascella molto in evidenza. Bellezza alla Edward Cullen, quella che devi decisamente farti piacere per apprezzarla. Cos’aveva di speciale proprio non lo so.
Gli strinsi la mano e scoprii il suo tocco incredibilmente delicato, sembrava di stringere una piuma.
Una stupida piuma, che sicuramente aveva accarezzato Kurt tante e tante volte…
Strinsi la presa istintivamente, senza pensare. Giuro, non avevo intenzione di fargli male.
“Ah!” un lamento smorzato gli uscì dalla bocca.
“Joey!” mi rimproverò Kurt, curandosi della sua mano.
“Non preoccuparti. Sono sicuro che non l’ha fatto apposta” Blaine mi guardò in modo strano. Forse aveva capito. Non ci voleva molto per scorgere l’odio nei miei occhi, suppongo.
Nella mia mente giravano decine di imprecazioni e insulti che avrei voluto urlare a quel ragazzo.
In cosa speravo? Che mi fosse simpatico? Impossibile. Anche se fosse stato Mr. Perfezione, non avrei potuto fare altro che odiarlo. Lo so che era un comportamento infantile, ma già era tanto che fossi lì per Kurt. Potevo concedermi un po’ di soddisfacente odio, no?
L’unica azione di cui mi vergognavo sul serio era l’aver ignorato Kurt negli ultimi mesi. Da quando si era trasferito alla Dalton, non avevo più avuto il coraggio di rivolgergli la parola. Avevo passato sempre meno tempo possibile a scuola, a volte mi fingevo persino malata. Mi rifiutavo di uscire e soprattutto di presentarmi agli appuntamenti a cui Kurt invitava me, Mercedes e Rachel.
Ora il mio Kurt era tornato a casa sua, al Mckinley. Ma si era presentato un problema, un dolore molto più grande. Con rammarico gli altri membri del Glee dovettero annunciarmi che ora era fidanzato. E lì ignorare Kurt divenne più difficile da un lato, più facile da un altro. Era difficile perché ero costretta ad incontrarlo per i corridoi e alle prove del Glee Club. Era facile perché il motivo era sensato. O almeno lo era di più.
Non odiavo Kurt. Avrei voluto, sarebbe stato tutto definitivamente semplice. Eppure non riuscivo a smettere di amare il suo viso, la sua voce, quello che diceva e faceva. Amavo Kurt Hummel, nonostante i mesi dopo il suo palese rifiuto, vivevo e respiravo solo per stare accanto a lui.
Ed ora era fidanzato. D’ora in avanti, non sarebbe più stato soltanto il mio amore impossibile. Sarebbe stato l’amore realizzato di un’altra persona. Un ragazzo. Uno schifoso, insignificante maschio. Blaine avrebbe avuto da Kurt tutto ciò che non avrei mai potuto avere io. E perché? Perché Kurt era gay.
Negli ultimi giorni ero riuscita persino a odiare l’omosessualità. Ridicolo. Non ero e non ero mai stata omofobica.
Ma penso che tutti fossero d’accordo della mia idea che Kurt era capace di farmi fare cose incredibili.
Rachel mi diede un calcio sotto al tavolo. Anche se Quinn aveva deciso di farmi da fata madrina, non significava che le altre non mi avrebbero preso a calci anche dopo se avessi messo in imbarazzo Kurt.
Passarono ben due ore di chiacchiere e caffè. Blaine sembrava essere già simpatico a tutti, nonostante le ragazze lo avessero visto massimo due volte e i ragazzi solo cinque minuti più di me. Lo trattavano come un amico fidato, quasi un fratello. Come un membro del Glee Club! Avrei potuto vomitare…
Conquistò Finn e Mike con la sua passione per lo sport, Sam per l’esperienza con la chitarra che diceva di avere, Artie per i cantanti rap che conosceva e Puck con la sua offerta di prestargli i soldi per il caffè, quando usò la sua scusa “Ho dimenticato il portafogli a casa”.
Le mie amiche erano semplicemente rapite dalla sua galanteria, dalla simpatia genuina che dimostrava, forse anche dalla sua risata cristallina. Il colmo era che qualcuna di loro si prendesse una cotta per Blaine! Ma sapevo che gli piaceva incondizionatamente, perché loro erano più altruiste di me. Perché a loro importava solo che Kurt non era mai stato felice come adesso, che guardava Blaine in modo tanto dolce da far sciogliere persino Santana, che era capace di arrossire ogni volta che lui gli sorrideva.
Loro non stavano male, loro pensavano solo alla felicità di Kurt, perché la propria non era toccata da quegli sguardi d’amore, quei sorrisi. La mia felicità invece si sgretolava ad ogni riferimento alla vita di coppia di Blaine e Kurt, e la mia rabbia cresceva ogni volta che quel verme pronunciava il suo nome. Il nome del mio primo amore, del mio angelo custode, la mia colonna.
Blaine mi avrebbe portato via tutto. Forse l’aveva già fatto. Era probabile che Kurt fosse già bello che suo, irrimediabilmente innamorato di quell’ignobile ragazzo.
Chissà se Blaine Anderson sapeva di rovinarmi la vita con la sua sola esistenza, con la sua presenza in quel bar e nel cuore del mio Kurt.
Sicuramente sapeva di non andarmi a genio. Cercavo di non incontrare il suo sguardo, ma se capitava non riuscivo proprio a sorridere, qualsiasi risata si spegneva nella mia gola quando vedevo i suoi occhi.
In quanto a Kurt...
In quanto a Kurt, davo risposte brevi alle sue domande. Ed era chiaro che quelle insignificanti domande erano un modo per instaurare un dialogo, farsi notare da me. Alle prove e nei corridoi era diverso. Qui non potevo scappare. Anche se avessi voluto, ero seduta in mezzo a Rachel e Lauren – e si da il caso che ci volesse una gru per spostare Lauren. Non volevo scambiare con Kurt più di qualche parola, per due motivi. Temevo due reazioni differenti. Scoppiare a piangere, o mollargli uno schiaffo. Sarei stata capace di entrambe le azioni impulsive.
“Joey, a che punto sei col compito di questa settimana per il Glee?”
“Non ho ancora iniziato” gli risposi, prendendo un sorso di cappuccino.
“Perché non mi aiuti col mio? E’ tanto che non cantiamo ins…”
“L’ho già promesso a Brittany” feci, secca e fredda come il ghiaccio, senza nemmeno guardarlo.
“Aspetta, non è v… Ahi!”
Interruppi Brittany con un calcio sotto il tavolo. Sapevo che Santana era già occupata a cantare con Mercedes – quelle due ragazze insieme erano delle bombe! -, quindi Britt era libera.
Kurt sospirò. “Come vuoi, sarà per la prossima volta”
“Se vuoi, io non ho un compagno per il compito del professor Schu” si propose Rachel.
Kurt fu entusiasta. D’altronde, le loro voci si fondevano perfettamente. Ma solo io ero capace di non oscurarlo quando cantava. Invece la voce di Rachel sarebbe spiccata anche in mezzo ad un coro di trenta cantanti.
“Vi state dando molto da fare nel Glee Club” commentò Blaine con un sorriso.
Invidioso, dolcezza?, mi guardai dal dirlo ad alta voce. “Le nazionali non sono lontane” questo era più sottile.
“Anche se per gli Usignoli è un vero lutto perdere un elemento come Kurt, è stato sicuramente un colpo di fortuna che i problemi di bullismo nella vostra scuola si siano risolti adesso che le nazionali sono prossime” continuò lui. “Vi ho sentiti cantare e siete straordinari, l’unica cosa che vi mancava era Kurt. Avete la vittoria in pugno”
Puck e Finn si scambiarono un sorriso complice, invece Kurt guardò Blaine lusingato da quel complimento.
Mi vergogno ancora per non essermi riuscita a trattenere.
“Mh, che coincidenza, gli Usignoli perdono le regionali e Kurt passa nella squadra che va a New York…”
Si bloccò l’universo quando i miei amici mi sentirono dire quelle parole. Brittany restò persino con la bocca aperta a mezz’aria per bere dalla sua tazza. Erano tutti scioccati.
Neanche io sapevo cosa dire. Mi pentii subito di averlo detto ad alta voce.
Piena di vergogna, non riuscivo a fare altro:
“Zizes”
Lauren capì e si spostò, permettendomi di passare e andare via.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Summer has come and passed
The innocent can never last
Wake me up when September ends
Like my fathers come to pass
Seven years has gone so fast
Wake me up when September ends

 
Come avevo imparato nel Glee Club, cantare spesso consola. Cantare aiuta. Cantare fa sfogare i sentimenti che a parole non uscirebbero mai, con delle semplici note e la tua voce non c’è cosa che non si possa dire.
Era più facile cantare quando non avevo la voce smorzata dalle lacrime. Ma non riuscivo a non piangere.
 
Here comes the rain again
Falling from the stars
Drenched in my pain again
Becoming who we are
As my memory rests
But never forgets what I lost
Wake me up when September ends

 
Non ero sicura di ricordare le strofe in ordine, ma la canzone si ripeteva sempre con le stesse parole, per cui cantavo tranquilla. Il testo non c’entrava nemmeno molto, eppure avevo deciso di affogare il mio dolore nella canzone dei Green Day più triste che conoscevo.
“Attenta, se diventi più brava di Rachel, rischi che lei ti strappi i capelli”
L’ultima persona che mi aspettavo volesse consolarmi, era entrata nella sala-prove del Glee Club.
Dall’alto della sua sedia a rotelle, Artie mi guardò negli occhi preoccupato, avvicinandosi a me.
Mi asciugai in fretta gli occhi con un sorriso nervoso. “Cosa ci fai qui?”
“Siamo tutti preoccupati per te, ti stavamo cercando Joey. E io ti ho trovata”
“Bene, ma non andare a chiamare gli altri”
Quando crollai su una sedia della sala-prove, io e Artie fummo quasi sullo stesso livello.
“Non sono arrabbiati” mi rassicurò lui. “e nemmeno Kurt. Temiamo solo che tu ti torturi troppo per una sciocchezza”
“Sciocchezza!? Ho apertamente accusato Kurt di aver fatto il furbo passando alla squadra vincente e so benissimo di tutti i problemi che ha avuto con Karofsky, so quanto è stato difficile per lui quel periodo…” le lacrime scesero ancora. “Sono una cretina, mi faccio schifo!”
“E’ comprensibile” Artie mi porse un fazzoletto per asciugarmi gli occhi. “Io avrei fatto di peggio al posto tuo, a volte rischio di investire Santana con la sedia a rotelle. Volutamente!”
Riuscì a farmi ridere.
“Capisco quello che provi” disse, ritraendo le labbra.
“Beh Mr. Bolide Su Ruote, cosa faresti tu ora, alla luce del tentativo di uccidere Santana?” lo sfidai.
Artie ci pensò un attimo. “E’ meglio che tu chieda scusa a Kurt. Forse anche a Blaine, sarà stato palese anche a lui che non ti sta simpatico”
“Già, l’ho pensato anche io…”
“Kurt dovrebbe essere in cortile adesso”
Annuii, ricomponendomi. Mi alzai, pronta ad andare da lui. “Grazie Artie”
“Di nulla. Vai, o rischi che passi l’ora di pranzo”
Corsi fuori dalla sala-prove e per i corridoi del Mckinley. Era difficile non centrare in pieno i ragazzi che andavano in direzione opposta alla mia, ma riuscivo a farmi spazio tra di loro e continuare a correre.
“Kurt, io…”. No… “Kurt, mi dispiace”. Meglio. “Sono una cretina”. Vero. “Mi sono comportata così perché…”. Lo sa benissimo, diamine! Devo ripeterglielo? Forse… “Kurt, sai bene che io ho sempre provato questo…”. No. “Accetterò la tua relazione in ogni caso, posso farmene una ragione, perché ti voglio bene!”. Meglio... “Anche se ora hai un ragazzo, non vuol dire che non siamo più amici. Ci serve solo un po’ di tempo per noi e…”
Mi bloccai in cima alle scale del cortile, rischiai di perdere l’equilibrio e cadere giù.
Tutto il sangue in circolo nel mio corpo schizzò dritto fino alle orecchie. Imprecai, bestemmiai persino nella mia testa.
Blaine… Blaine accanto a Kurt, seduti ad un tavolo come se anche lui fosse uno studente del Mckinley, nell’ultimo posto in cui avrei pensato di trovarlo. Invece era sempre tra i piedi. Teneva la mano a Kurt, gli sorrideva, sembrava volerlo rassicurare. Per cosa, poi? Ora la sua vita era perfetta, ora c’era Blaine!
Perché quel broncio, Kurt? Sorridi, sei fidanzato! Sei felice, sei innamorato! Non hai più bisogno dell’amica sfigata, non hai più bisogno di nulla! Te lo leggo negli occhi Hummel, non desideri più nulla se hai accanto il tuo Blaine! ‘Fanculo…
Ribollii di rabbia. E meno male che era preoccupato per me! Meno male che mi stava cercando!
“’Fanculo” ripetei ad alta voce in un ringhio, girando i tacchi.
 
 
Un pugno dopo l’altro, scaricavo la mia rabbia. Sbattevo stoffa e plastica contro stoffa e plastica. I miei guantoni si accanivano contro la sacca da allenamento ad una velocità impressionante per i miei riflessi ritardati.
Immaginavo che la sacca fosse la faccia di Blaine? Forse.
Arrivata al Mckinley non praticavo nessuno sport. Poi Puck mi fece conoscere le gioie e i poteri liberatori del kickboxing. Nonostante la mia forza – anzi, mancanza di forza – e l’indole pacifica, persino Puck aveva ammesso che ero portentosa a mollare pugni.
Incredibile ma oltre a questo, Finn era riuscito a farmi apprezzare il football. Non ci giocavo, ma assistere alle partite era divertente.
A pensarci, i membri del Glee avevano condizionato molti dei miei gusti. Il “kick”, il football, la danza moderna, il rap, i musical…
E lì mi accorsi che io e Blaine, sotto questi aspetti, avevamo molto in comune.
Niente di più ripugnante.
Niente di più frustrante! Questo stava a significare che io avrei davvero potuto piacere a Kurt! Se solo fossi stato un ragazzo…
Un altro pugno fece dondolare il sacco avanti e indietro.
“Cosa ci fai qui?”
Mi voltai. Respiro e cuore si fermarono all’istante. Perché avevo paura? Non avevo fatto nulla di male. Eppure quella donna era capace di paralizzarmi.
“S-signora Sylvester” deglutii. “Io mi stavo solo allenando…”
“Questo lo vedo ragazzina, non pensavo certo che stessi facendo giardinaggio” il tono, il tono e le tute della Sylvester erano sempre uguali. Una donna dall’aspetto e l’atteggiamento autoritario, sembrava poter appiccare fuoco a tutta Lima con dei laser che gli uscivano dagli occhi.
“E lei cosa ci fa qui?” chiesi d’stinto, stupidamente.
“La palestra a cui ero abbonata mi ha bandita per aggressione ad un altro socio, ma non siamo qui per parlare di questo. Perché sei qui se nessuno ha prenotato?”
Restai a bocca sospesa, senza parole. Non esisteva in nessuna lingua o cultura, una risposta che avrebbe potuto scagionarmi agli occhi della Sylvester.
“Allora Muller?”
“Io…”
“Ce l’ho portata io, coach Sylvester”
Ci girammo entrambe verso l’ingresso della palestra. Puck avanzava sicuro in calzoncini, canottiera attillata e la sacca su una spalla.
“Puckerman. Cosa significa questa storia?”
“Ho invitato Joey per un allenamento supplementare. E ho scordato di prenotare, è colpa mia”
Ovviamente la Sylvester non sapeva che, anche senza la rogna della prenotazione, tantissimi studenti usavano la palestra nei giorni in cui non serviva ai Cheerios o alle varie squadre scolastiche.
Ma perché Puck mi difendeva? Perché stava dicendo una bugia all’insegnante più spaventosa dell’Ohio?
“Questo ti costerà una nota di demerito, Puckerman” gli disse lei, puntando il dito contro la sua muscolosa figura.
“Ne prendo già così tante, coach” ghignò Puck. “Avevo quasi paura di non averne ricevuta nessuna oggi”
“Non voglio più rivedervi qui dentro senza prenotazione, sono stata chiara?” la Sylvester non aspettò una risposta, se ne andò e basta.
Allora ricominciai a respirare. “Grazie infinite, Puck”
“E di che?” alzò le spalle lui. “A me una nota in più non fa differenza, invece tu hai una fedina così orribilmente pulita… Ma visto che suppongo tu ci tenga…”
“Come mai sei venuto in palestra?”
“Non avevo nulla da fare. E tu? Ancora angosciata per Kurt?”
Com’è che lo notano persino le persone con cui decido di non sfogarmi!?
Mi sentivo lusingata. Non pensavo che importasse così tanto al Glee del mio problema con Kurt da chiedermi continuamente come vivevo la situazione.
Mi limitai ad annuire, mordendomi le labbra.
“Hai preso alla lettera il mio consiglio di dare pugni quando sei arrabbiata”
Scossi la testa. “Non sono arrabbiata con Kurt…”
“Io penso di sì”
Se persino una zucca vuota come Puck riusciva a smascherarmi, Blaine sicuramente era riuscito a fare un mio profilo psicologico dalle due ore passate insieme.
“Non ne voglio parlare…” sviai.
“D’accordo” mi concesse. “Però, se vuoi un altro consiglio, questo sport può servire a sfogarti. Ma se vuoi davvero essere libera e sistemare le cose, devi andare là fuori e affrontare chi ti fa provare questa rabbia. Anche se ti portasse a prendere a pugni il ragazzo di Kurt” ammiccò con un sorriso strano, e uscì di scena come se fossimo in un musical.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Ringrazio sinceramente tutti perché continuate a seguirmi. Forse questa storia mi sta ossessionando troppo, ma tanto vale finire queello che ho iniziato, no?
Ho deciso di dare un pizzico di imprevedibilità alla situazione.
Divertitevi.
Baci,
V.











Ancora non riesco a ricordare un sogno più inquieto eppure stranamente soddisfacente di quello che feci quella notte.
Sognai di essere al bancone dello Starbuks. Stavo ordinando un cappuccino, quando vidi Kurt e Blaine seduti ad un tavolo, mano nella mano, sorridenti, che si scambiavano sorrisi da innamorati e parole dolci.
La tazza di caffè si versò sulla giacca di Blaine. E io mi avvicinai a lui a passi decisi, tirando fuori dalla tasca un accendino – non so dove l’avessi trovato, visto che non fumavo.
A meno che nella tazza non ci fosse benzina, era materialmente impossibile, ma con l’accendino riuscii a dare fuoco alla giacca bagnata di Blaine e il ragazzo, contro ogni legge fisica, si accese come un fiammifero.
Mio fratello Donnie, il mattino dopo, giurò di avermi sentito dalla sua stanza ridere a crepapelle nel bel mezzo della notte. E io non mi ero svegliata.
Eppure, il pensiero di far bruciare vivo un essere umano, nonostante si trattasse del finocchio tirato a lucido, mi turbava profondamente. La cosa più inquietante era l’evidente convinzione del mio subconscio che ne sarei stata capace.
Per questo quel sabato mi assicurai di non avere accendini in tasca, quando uscii.
Nonostante la situazione spiacevole con cui avevo conosciuto lo Starbuks, non c’era alcun dubbio che offrisse la migliore colazione che avessi mai fatto in un bar.
Ci tornai. Non associavo quel posto al dolore di aver visto Kurt con Blaine per la prima volta o al sogno che avevo fatto. Era solo un bar con un grande viavai di gente, il profumo dei cornetti e una pace che solo la mattina presto ti può dare.
Inspirai prima l’aria fresca dell’esterno, poi quella tiepida del locale.
“Un cappuccino senza schiuma, grazie” dissi alla barista, mettendo sul bancone lo scontrino.
“Non che siano affari miei” mi irrigidii sentendo una voce fastidiosamente familiare. “ma perché senza schiuma?”
Sì. Quell’essere stava sempre tra i piedi. “La curiosità porta guai, Blaine”
Lo sentii sorridere alle mie spalle. “Quali guai mi potrebbe portare essere curioso di sapere perché ordini sempre il cappuccino senza la schiuma?”
Un occhio nero.“Non sono una fan dei baffi schiumosi, tutto qua. Voglio sentire appieno il sapore del caffelatte”
“Ottima risposta” commentò.
Ora giudichi anche le mie risposte?“Cosa ci fai qui?” non so perché, mi tornò in mente il modo in cui me l’aveva chiesto la Sylvester in palestra il giorno prima. Inutile sperare di aver fatto lo stesso effetto con la stessa domanda, nessuno sapeva fare più paura di lei.
“Vengo qui ogni sabato. Avrei dovuto incontrare Kurt, ma sta poco bene”
In altri tempi, sarei stata la prima a sapere che Kurt stava male. Sarei stata la prima a chiamarlo il sabato mattina per invitarlo a fare spese o semplicemente per sentire la sua voce. Sarei stata la prima ad entrare in contatto con lui e avrei detto io agli altri che non poteva uscire per qualche malanno.
Oggi, invece, dovevo lasciare che fosse il suo ragazzo a dirmi dov’era Kurt. Non lo vedevo dalla prova del Glee. E non sapevo più nulla della sua quotidianità, di che umore fosse la mattina, se era riuscito a risolvere i suoi conflitti con la geometria, se aveva comprato una nuova marca di lacca – ero sempre riuscita a capirlo dal diverso profumo dei suoi capelli -, quale fosse il suo colore preferito della settimana, i nuovi assoli che aveva provato e quelli in cui diceva di essere terribile quando per me era sempre meraviglioso.
Prima conoscevo ogni dettaglio della sua vita perché volevo conoscerlo, perché il senso di ogni giorno era diventato lui. Ascoltare la sua voce nelle parole e nelle canzoni, guardare i suoi occhi brillare alla vista di una camicetta scontata al centro commerciale, essere messa al corrente di ogni aspetto delle sue giornate, era diventato un bisogno.
Come avevo potuto permettere che questo bisogno sfumasse nella gelosia?
Non mi ero mai resa conto, nelle ultime settimane, di quanto i giorni fossero vuoti senza l’allegria del mio Kurt…
“Joey, vorresti sederti a fare colazione con me?” azzardò Blaine.
Sollevai le sopracciglia. “Come?”
“Stai aspettando qualcuno?”
“No, ma…”
Cosa potevo dirgli? Ero lì per fare colazione come lui, non avevo nessuna scusa.
“Dai, fammi compagnia” m’invitò, facendomi segno con la testa di seguirlo.
Presi come lui la mia tazzina e il piattino, e mi sedetti al tavolo che aveva inquadrato.
Lo osservai. Il suo sorriso, anche se un po’ forzato – o forse spaventato? -, andava detto: era molto bello.
Non voleva dire nulla. Quello era il tipo di bellezza per cui non credevo avrei visto Kurt sbavare. Gli occhi di Kurt si accendevano per una foto di Taylor Lautner, Hugh Jackman o Chace Crawford. Poteva e probabilmente voleva avere di meglio, perché accontentarsi del primo gay che incontrava?
Mi chiesi se quello stupido non si fosse già innamorato. Come aveva detto una volta Finn, Kurt era capace dell’amore più smielato e profondo che un uomo potesse dimostrare. Forse Blaine intascava le attenzioni di un sempliciotto e basta, d’altronde ci guadagnava in baci, forse qualche extra e il cambio di stato sentimentale su Facebook. Per me era difficile accettare l’idea che lui potesse davvero amare Kurt. Non perché fosse difficile, io ero la prova vivente che la vera sfida era non innamorarsene. Ma ammettere che Blaine amasse Kurt era come ammettere che sarebbero rimasti insieme per sempre, probabilmente. Che forse Kurt aveva trovato l’anima gemella.
E magari Blaine lo ama anche più di me.
Quasi scoppiai in una risata isterica. Questo era ciò che non avrei ammesso mai, né con me stessa, né con Kurt, né con altri. L’amore di Blaine non avrebbe mai, e sottolineo mai, potuto eguagliare il mio. Figuriamoci superarlo. E’ l’amore impossibile, purtroppo, a durare per sempre. O quantomeno per un bel pezzo. Perché con l’amore impossibile interviene quel piccolo difetto umano: volere ciò che non si può avere. Io avrei desiderato per sempre Kurt, senza mai poterlo tenere con me. Era questo a far crescere il mio amore ogni secondo da quasi un anno. Era questo che Blaine non avrebbe mai potuto capire, perché lui aveva il cuore di Kurt nelle sue mani, non aveva passato nemmeno un minuto nel desiderio di averlo perché era già suo. Come poteva comprendere il desiderio di qualcosa che poteva avere, anche fino alla fine dei suoi giorni?
Io mi ero di nuovo immersa nelle mie riflessioni – la presenza di Blaine era capace di farmi pensare. Invece lui sembrava stesse cercando qualcosa da dire.
“Perché mi hai chiesto di sedermi con te?” gli chiesi.
Alzò le spalle. “Sarebbe stato scortese non farlo, e soprattutto vorrei imparare a conoscerti”
Sperava che la seconda parte della frase distogliesse la mia attenzione dalla prima, palesemente da maleducato. Non era una cosa molto carina ammettere di avere invitato qualcuno a fare colazione solo per cortesia. Probabilmente quella confessione gli era uscita per sbaglio. La velocità con cui aveva aggiunto che voleva conoscermi stava a significare che Blaine era uno che pensava in fretta.
Non ero sicura di voler intraprendere una discussione con lui, allora.
“E perché vuoi conoscermi?”
“E poi sarei io quello curioso?” ammiccò.
Accennai un sorriso. Per lo meno sapeva come controbattere.
“Sei l’unica del Glee Club con cui non ho ancora avuto una vera conversazione, gli altri sono simpatici, e a detta di Kurt lo sei anche tu”
“Per te è così importante andare d’accordo con tutti gli amici di Kurt?”Se è così abbiamo un problema, Anderson.
“Mi fa piacere conoscere gente nuova” ammise con un sorriso sempre stampato in faccia. “e Kurt parla solo bene di te”
“Kurt parla di me?”
Annuì. “Spesso”
Mi morsi la lingua per impedirle di parlare, una volta tanto.
Blaine guardò di sottecchi la mia mano sul tavolo, stretta a pugno improvvisamente. “C’è qualcosa che non va?”
“Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?”
“Prova a rispondere e non fare altre domande” mi sfidò.
Furbo…“Non capiresti”
“Posso provarci”
“Riguarda Kurt” non lo dissi per iniziare un discorso, ma per fargli capire che non volevo parlarne. Non con lui. Sicuramente sapeva il motivo della mia ostilità.
“Questo lo so” annuì. “Kurt mi ha detto che avete litigato, ma non vuole dirmi il motivo”
Mi bloccai. “Che cosa?”
Kurt non gli aveva detto del motivo della mia ostilità, quindi? Dal suo comportamento, ero convinta lo conoscesse. Perché Kurt non aveva intenzione di dirglielo? Temeva si arrabbiasse, e che il mio odio diventasse reciproco? Non mi avrebbe sorpreso che fosse così importante, per lui, che io diventassi pappa e ciccia col suo fidanzato. Ma al posto di Blaine, avrei insistito di più – i fatti di una persona sono automaticamente fatti del suo partner, no? O quantomeno lui avrebbe dovuto arrivarci da solo. Non era così difficile da immaginare.
“Va tutto bene, Joey?” mi chiese quell’ottuso. Possibile che Kurt Hummel – il Kurt arrivato da un momento all’altro alla conclusione che il ragazzo nuovo della scuola era una fanciulla travestita e innamorata di lui – si fosse fidanzato con uno nemmeno capace di riconoscere un amore non corrisposto?
Mi morsi il labbro. Avevo già torturato abbastanza la mia lingua.
Un momento di silenzio.
“Ascoltami Blaine. Lo dico a te perché devo dirlo a qualcuno. Qualcuno deve essere testimone di questo evento più unico che raro”
“Di cosa stai parlando?” ovviamente Blaine non capiva. Non aveva saputo di tutte le volte che mi ero comportata da stupida, che avevo agito impulsivamente, che non avevo saputo tenere la mia boccaccia chiusa. Ma nei paraggi non c’era nessun altro e sentivo il bisogno di dire ad alta voce quello che avevo appena fatto: nulla.
“Devi sapere che nel Glee Club sono famosa per la mia impulsività, che a volte mi fa sembrare una cretina, una vipera, magari anche una stronza. Non lo sono, sia chiaro. Lo sembro in quelle occasioni, ma solo perché sono fatta così. Sto cercando di migliorarmi e… e, anche se non potevi accorgertene, ho appena fatto qualcosa di incredibile”
“Non ti seguo”
“Sono stata zitta, Blaine” scandii. “Tu mi hai appena dato su un piatto d’argento la possibilità di dire una grande stupidaggine. Ti spiego: dicendomi che Kurt parla spesso di me, ma che non ti vuole dire perché stiamo litigando… io avrei potuto raccontarti che i nostri conflitti sono dovuti ad un amore vissuto in precedenza nei miei confronti, prima di conoscerti, un amore profondo che non avrebbe mai rivelato a nessuno. Avrei potuto dirti… che so… che abbiamo avuto un’appassionata storia d’amore. E che lui non ne vuole parlare perché è ancora innamorato di me. Così da farti litigare a tua volta con Kurt, farvi lasciare e commettere un grande sbaglio, perché allora Kurt mi odierebbe” dissi, a raffica. “E ho smesso di essere la causa del mio male, per questo sono stata zitta. E volevo che tu sapessi del mio atto maturo
Solo allora mi accorsi di aver confuso Blaine. Mi guardava disorientato. “Tu e Kurt quindi non avete… avuto una storia, giusto?”
“No” mi limitai a dire, scuotendo la testa.
“E perché avresti dovuto dirmelo?”
“Penso che ci sia un motivo per cui Kurt non vuole parlarti di quello che succede tra di noi” dissi. “Non sono affari miei, per cui non posso dirtelo io”
“Capisco…” inutile dire che l’avevo incuriosito con questa serie di frasi deliranti.
“Quando parlerai con lui di questa nostra conversazione – e so che lo farai -, ti dispiacerebbe puntualizzare il mio comportamento maturo? Non ci crederebbe nessuno se lo raccontassi io” dissi con un mezzo sorriso, e sparii dalla sua vista prima che la conversazione degenerasse.
Potevo ritenermi soddisfatta. Avevo agito correttamente e non avevo appiccato fuoco alla giacca di Blaine Anderson.

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Capitolo 4
*** 4 ***


“Non raccontare balle, com’è che è andata veramente?” mi smontò Mercedes.
L’avevo detto che non c’avrebbe creduto nessuno.
“E’ la verità” ripetei, stringendo un cuscino di piume al petto. “Non gli ho nemmeno ringhiato contro. Ho preso e me ne sono andata”
“Senza neanche un po’ di drammaticità? Non era un’uscita furiosa?” scontato: Rachel era interessata principalmente alla platealità della situazione.
“No” scossi la testa. “Anzi, sono stata piuttosto gentile. Per un attimo mi sono quasi dimenticata di odiare Blaine”
Un borbottio che non riuscivo a capire. Tina aveva la testa incastrata nella maglietta del pigiama.
“Cosa hai detto?”
Brittany, con uno strattone, le tirò giù la maglietta e Tina parlò liberamente: “Mi chiedo come fai ad odiare Blaine. E’ così... affascinante”
“Interessante” aggiunse Santana.
“Tosto” si accodò Lauren.
“Ma con una certa innocenza”
“Come un cucciolo gay” un risolino da Quinn, in bagno a lavarsi i denti.
“Insomma, piace a tutte tranne me” mi morsi le labbra.
“Lo capiamo perché non ti piace, Joey” Britt crollò sul letto di Rachel, quasi si buttò su di me.
Incrociai le gambe sul materasso con un broncio sul viso che le altre avevano sempre definito tenero. “A proposito, Kurt quando arriva?” guardai con una smorfia Rachel. Tanto lo sapevo che non si sarebbe lasciato scappare un pigiama party.
“Kurt stasera non viene” annunciò lei. Il suo sorriso faceva capire che aspettava quella domanda.
“Pensavamo non fosse il caso” mi fece l’occhiolino Mercedes.
Quinn sputò nel lavandino e concluse la spiegazione: “Abbiamo organizzato il pigiama party perché la migliore medicina per i problemi con gli uomini è una serata tra amiche”
“Parla per te Fabray, io sono qui perché Rachel ha parlato di cibo gratis” bofonchiò Lauren. Non capivamo mai se scherzava o era seria. Nel dubbio, ridemmo.
“Grazie mille ragazze”
Brittany stavolta mi si buttò letteralmente addosso, come se fosse ubriaca mi gettò le braccia al collo alle mie spalle.
 
 
“Come hai potuto?”
“Cercavo solo di…”
“Non ti credevo così egoista!”
“Ma io…”
“Pensavo fossi mia amica! Pensavo mi volessi bene e volessi solo il meglio per me!”
“E’ così infatti, ma…”
“Ti odio Joey”
 
“NO!” gridai con tutto il fiato che avevo nei polmoni.
“Joey!”
“Che succede?!”
“C’è uno stupratore in casa?!”
Le ragazze cominciarono a spaventarsi per il mio urlo.
Una mano sul petto, una sulla fronte. Ero sudata, col cuore a mille.
“Ti senti bene?” Quinn, nel sacco a pelo accanto al mio, provò ad avvolgermi le spalle con le braccia.
“Sì” ignorai il suo tentativo e mi sdraiai di nuovo: ero scattata in avanti per lo spavento di quel sogno. “Sto bene, non preoccupatevi” mentii. “Scusate se vi ho svegliate”
Le altre non poterono fare altro che riaddormentarsi.
Perché Kurt mi odia lo stesso? Sarebbe la sua reazione se cercassi di rovinare la sua storie con Blaine, ma non l’ho fatto. Ne ho avuto la possibilità, invece sono stata zitta. Questo dovrebbe essere sufficiente, no? Ho dimostrato che ti amo tanto da volere solo il meglio per te, Kurt, perché continui a tormentare i miei sogni? Cos’altro vuoi da me?
Nell’oscurità della stanza di Rachel e del mio cuore, irruppe una mano ad avvolgere la mia e lo splendido sorriso di Quinn.
 
 
Venne il giorno della “consegna dei compiti” al professor Schuester. La piccola e familiare sala-prove del Mckinley ospitava come sempre il nostro Glee Club.
Il compito consisteva in una qualsiasi canzone di un gruppo o un artista musicale con cui avevamo già avuto a che fare. Kiss, Madonna, Lady Gaga, My Chemical Romance, Beyonce, Beatles, Kesha  – sapevamo tutti che un segreto desiderio del professor Schu era sentirci proporre una canzone dei Jorney. Si erano appena esibiti Sam e Quinn.
“Professor Schu, potremmo venire io e Brittany?” alzai la mano. Britt era stata così gentile da accettare la richiesta di lavorare insieme, come avevo previsto.
“Certo! Cosa avete per noi?”
Poggiai la schiena al pianoforte, davanti a tutti i membri del club.
“Una volta Rachel ha cantato Only Exception dei Paramore”
“Io e Joey vogliamo riproporre quel gruppo”
“Perfetto!” ci sorrise dai posti a sedere Schuester, entusiasta. “Fateci sentire”
Con un mezzo sorriso, presi un bel respiro col naso. Mi rivolsi alla band. “Base di Brick by boring brick
La musica partì con un ritmo travolgente. Amavo quella canzone. Io e Brittany ci facemmo trasportare nei movimento. Le feci segno di iniziare.
 
She lives in a fairy tale
Somewhere too far for us to find

Forgotten the taste and smell
Of the world that she's left behind

 
La seguii:
 
It's all about the exposure the lens I told her
The angles were all wrong now
She's ripping wings off of butterflies
Keep your feet on the ground
When your head's in the clouds…

 
La canzone ci prese più di quanto potessimo immaginare. D’altra parte, cantare davanti al Glee Club era sempre un’emozione nuova, anche dopo averlo fatto decine di volte. L’unica cosa che cambiava, era il nervosismo che spariva. Da lì in poi, restava solo la sensazione di benessere, la completezza che dava una bella canzone, magari cantata con un’amica. Mi sentivo a casa quando mi esibivo al Glee.
 
Well go get your shovel
And we'll dig a deep hole
To bury the castle, bury the castle!

 
A fine canzone un inchino, applausi, risate gioiose.
“Grandissime!”
“Brave!”
“Ti amo Hayley Williams!”
Risi ancora all’urlo inappropriato di Sam.
Vidi Kurt sussurrare qualcosa a Rachel.
“Professore, possiamo andare noi ora?” chiese lei col suo solito tono angelico di quando parlava con l’uomo che le dava gli assoli.
“Senz’altro ragazzi”
Io e Brittany ci sedemmo e i due presero un altro paio di sedie per portarle al centro della stanza. Rachel, seduta, strinse le gambe per non dare visibilità oltre la minigonna, Kurt le accavallò come faceva sempre.
“I The Fray c’hanno ispirato e abbiamo deciso di portare How to save a life” detto questo, Rachel iniziò a cantare:
 
Step one you say we need to talk
He walks you say sit down it's just a talk


He smiles politely back at you
You stare politely right on through

 
Ascoltare di nuovo la voce di Kurt fu qualcosa di sublime. Molti avrebbero detto che era troppo stridula, che probabilmente aveva subito un intervento particolare per avere una voce del genere. Ma io l’avevo amata sin dal primo momento, come ogni altra cosa che gli apparteneva. Era ciò che esprimeva di più Kurt Hummel, quindi tutto ciò che amavo al mondo. Ascoltarlo cantare era piacere fisico, per le mie orecchie si poteva dire che fosse ciò che erano le crocchette per la bocca di Mercedes.
Passai ogni secondo di esibizione – ed esibizionismo – di Rachel ad aspettare che venisse di nuovo il turno di Kurt.
 
Some sort of window to your right
As he goes left and you stay right


Between the lines of fear and blame
You begin to wonder why you came

 
“Sì…” sussurrai estasiata, con voce così bassa che la base la copriva.
Da troppo tempo non godevo di quell’autentica droga che era la sua celestiale voce. Quando vedevo Kurt più di quanto vedessi persino mia madre, lo ascoltavo cantare con la scusa delle prove extra per il Glee. A volte ero persino io a chiedergli “Mi canti qualcosa?” con occhi supplichevoli. Lui non se lo faceva ripetere due volte, specialmente quanto richiedevo canzoni di qualche musical – per questo mi consideravo furba.
Canta… Canta ancora angelo mio…, chiusi gli occhi, e come fosse un abbraccio mi immersi nella voce che tanto mi era mancata.
 
Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life

 
Quando cessò di cantare, Kurt mi guardò. Affilò per un attimo lo sguardo poi sorrise di sbieco. Probabilmente per il rossore dei miei occhi, quelli che vengono quando cerchi di trattenere le lacrime. Era sempre stato fiero della capacità di farmi commuovere.
Mi fece l’occhiolino, quasi come se non avessimo mai “litigato”, come diceva lui a Blaine. Come se niente fosse successo.
Come se fossimo ancora a sei mesi fa.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Cosa successe il giorno seguente? Anche dopo aver chiarito quella giornata e aver sistemato le cose, il ricordo mi turba e mi fa vergognare tanto da rendere i dettagli sfocati.
Non accadde nulla di particolarmente triste o traumatizzante pensandoci ora, ma la mia mente irrazionale registrò l’impatto di quel momento come qualcosa dieci volte più pesante.
Ora di spagnolo. Il professor Schuester faceva l’appello. Si notava la differenza tra quell’ora e le due del pomeriggio prima, nel professore. In quell’aula si trasformava, non era più confidenziale e alla mano come durante le prove del Glee Club. Non che fosse scorbutico e severo come la maggioranza degli insegnanti – anzi! -, ma nel Glee era uno di noi. Ora era solo un professore come tanti. Io e Sam ci eravamo abituati in fretta a questo suo cambiamento: l’avevamo conosciuto prima come Schu e poi come prof. Ma aveva passato un anno scolastico intero con gli altri prima di mostrarsi per l’uomo fantastico che era, prima di prendere le redini del Glee Club.
Nella classe irruppe improvvisamente Zizes.
“Sei in ritardo Lauren” puntualizzò il professore.
“Scusi” rispose lei con lo stesso identico tono di quando diceva a qualcuno “Non rompere!”
Mentre si sedeva nel posto accanto al mio, posò sul mio banco un foglietto piegato, di colore turchese. “Da Hummel” disse soltanto.
Colpo al cuore. Lo lessi subito senza farmi vedere dal professore.
La calligrafia era sicuramente la sua. Ordinata, elegante e perfetta.
 
Al Bel Grissino alle 14:40. Non accetto un no.
K.

 
Sorrisi.
Che senso aveva rimandare ancora? Prima o poi avrei dovuto affrontarlo. Non potevo certo ignorarlo per sempre. E, lo ammetto, dopo aver assaggiato di nuovo la beatitudine della sintonia con lui – sentendolo cantare - sentivo una gran voglia di riabbracciare il mio Kurt.
 
 
“Grazie del passaggio Puck” dissi togliendomi il pesante casco. “Se mia madre sapesse che sono stata su una moto, mi ucciderebbe. Ma non potevo aspettare le fermate del pulmino” Cosa non faccio io, per Kurt…
“Sì lo so, non c’è problema” rispose lui facendomi scendere dalla sua moto, parcheggiata davanti casa mia. “Tanto era di strada. Joey, non è che ti andrebbe di restituire il favore con un…”
Gli sbattei letteralmente il casco contro il petto. “Grazie ma non sono interessata. Ci vediamo domani!” che si trattasse di una cena o di una botta e via, Puck non era certo il miglior ragazzo con cui uscire. Come amico andava bene, ma la sua fama di “stallone” non mi intrigava.
Tutto quello che vide mia madre, quando aprii la porta di casa, fu un fulmine che attraversava l’ingresso e volava su per le scale.
“Joey! Dove vai così di fretta?” mi chiese dal piano di sotto.
“Non ho tempo per parlare, devo essere al Bel Grissino fra mezz’ora!” urlai, chiudendomi in camera. Proprio un pessimo giorno per non portarmi a scuola il cambio dopo educazione fisica. Per guadagnare tempo, avevo riflettuto nel viaggio in moto dietro Puck quali vestiti mi erano rimasti puliti e adatti ad una rimpatriata con Kurt.
Jeans stretti regalatimi da Brittany e Santana per il mio compleanno – sicuramente li aveva scelti Britt -, maglietta bianca e il mio adorato scalda-cuore che sembrava una felpa tagliata fino al petto, di un rosso sbiadito sul rosa.
Deodorante, una passata di spazzola ed ero pronta.
Saltai di nuovo giù dalle scale e spuntai in cucina. Mia madre era alle prese con i vestiti da stirare. “Mamma so che sei impegnata con le faccende, ma sarebbe fantastico se potessi accompagnarmi al Bel Grissino…”
“Devo finire di stirare prima delle 15:30, amore. Poi devo andare dal parrucchiere” mi disse lei. La vidi posare il ferro da stiro e frugare nella tasca dei pantaloni. Mi tirò le chiavi. “Perché non vai da sola? Non hai mai guidato senza un supervisore da quando ti hanno dato la patente”
Mi accesi in un sorriso esorbitante. “Grande! Grazie, a dopo!”
Misi in moto la Volkswagen di mamma parcheggiata nel vialetto, cercando di ricordare tutto d’un colpo le regole della strada e della guida. Forse non era l’idea migliore fare il mio primo giro in auto da sola quando ero di fretta, ma meglio viaggiare in macchina ad una velocità prudente che in autobus ad una lentezza snervante.
Arrivai al Bel Grissino tutta intera. Otto minuti di ritardo. Non mi consideravo una maniaca della puntualità come Rachel, ma era scontato che per me fosse preziosissimo ogni minuto della compagnia di Kurt.
Mi guardai intorno appena entrata nel locale. Non era ancora arrivato. Meno male, almeno potevo non considerarmi così in ritardo.
Chiesi alla cameriera un tavolo per due vicino all’ingresso, così me ne sarei accorta se fosse arrivato, e lui mi avrebbe scorta subito. Già riuscivo a vedere quel sorriso che gli spuntava quando incrociava i miei occhi…
 
 
Dieci minuti.
Venti.
Cinquanta.
Ottanta.
Kurt non si era fatto vivo.
La cameriera era venuta a chiedermi più volte se volevo ordinare qualcosa. Dopo quell’ora e venti minuti, fu costretta semplicemente a dirmi di andare via. Il tavolo doveva essere prenotato.
Presi armi e bagagli e uscii dal Bel Grissino, con dentro una delusione bruciante e una gran voglia di piangere.
… Entrambe si moltiplicarono, alla vista che i miei occhi affrontarono in strada.
Kurt respirava affannosamente all’inizio della via. Il mio cervello non fece nemmeno in tempo a comandare alla mia bocca di chiamarlo. Blaine spuntò dall’angolo del marciapiede. Disse qualcosa e Kurt rispose, entrambi col fiatone. Un bacio.
Un bruciante. Angosciante. Insopportabile. Bacio.
Non riuscii nemmeno a pensare all’ironia della verità: Blaine era sempre tra i piedi, non si trattava di una mia impressione.
Non lo pensai. Non pensai a nulla, la mia mente era troppo annebbiata dalla rabbia e dallo sconforto.
Solo allora il sorriso di Kurt arrivò, quando incrociò il mio sguardo dall’inizio della via.
Ma era troppo tardi.
Non lo feci per drammaticità, ma perché il mio corpo mi disse di farlo: scuotendo la testa lentamente, con uno sguardo tetro, girai i tacchi e tornai in macchina.
Guardai l’orologio, furiosa.
Sì, era decisamente troppo tardi.
Di quasi un’ora e mezza.
 
 
Mamma era già uscita. Donnie aveva gli allenamenti di calcio.
Meglio. Non volevo farmi vedere in quello stato. E non volevo vedere nessuno.
Sbattei la porta di casa dietro le mie spalle, come se volessi chiudere ogni accesso a Kurt, come se lui mi stesse seguendo. Corsi su per le scale, ma non era l’adrenalina a spingermi a farlo stavolta. Anzi, non mi sentivo veloce ed elettrizzata come un paio d’ore prima. I miei piedi erano pesanti. E anche il mio cuore lo era.
Sbattei con forza anche la porta della mia stanza. Sì, meglio che mamma non ci fosse, si sarebbe passati dai rimproveri per aver sbattuto due porte alle insistenti domande su quanto accaduto al Bel Grissino.
Le mie gambe, allora, cedettero alla pesantezza che ormai si era impadronita del mio corpo. Con la schiena contro la porta, scivolai giù fino ad incontrare il pavimento.
Avevo trattenuto le lacrime per tutto il viaggio. Non era prudente guidare con la vista annebbiata.
Non riuscii più ad impedirgli di scendere e segnare le mie guance.
Perché mi hai fatto questo, Kurt? Mi hai illuso che potesse sistemarsi tutto. Ero anche pronta a comportarmi bene, ad essere corretta, se non proprio amichevole, con Blaine. E tu… tu mi pianti per stare con lui? E io che mi preoccupavo di sbagliare tutto! Non ero io l’immatura, Kurt? Non ero io a sbagliare continuamente?
Avrebbe almeno potuto farmi una telefonata.
Sollevai la testa.
Il cellulare…
Lo vidi lì, sulla scrivania. Avevo paura di guardare lo schermo. Alla fine premetti un tasto.
… Sette chiamate senza risposta. Cinque di Kurt, due di mamma.
Chiamai la segreteria per essere più sicura.
“Tre messaggi ricevuti. Primo messaggio, arrivato alle 15:04.
‘Joey, sono Kurt. Non rispondi al telefono… Sei già al Bel Grissino, vero? Mi dispiace, qui c’è un gran traffico per un incidente, sono bloccato. Arrivo prima che posso!’
Secondo messaggio, arrivato alle 15:30.
‘Tesoro, lo sai che mi preoccupo se non rispondi al telefono. Torna a casa per l-‘”
Passai al messaggio dopo. Questo era di mia madre. Non poteva importarmi di meno del coprifuoco, ormai ero a casa.
“Ultimo messaggio, ricevuto alle 15:45.
‘Sono ancora io. Ho incontrato Blaine nel traffico, abbiamo deciso che è meglio parcheggiare e proseguire a piedi. Vuole accompagnarmi, ma non rimarrà con noi. Questo pranzo è solo per noi, Joey. Anche se l’ora di pranzo è passata, pazienza. Arrivo’”
Bocca, pensieri e cuore sospesi.
, risposi a me stessa. Sono io a sbagliare continuamente.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Per quanto ne sapeva Kurt ero ancora arrabbiata con lui, e non avevo intenzione di smentirlo. Da una parte non riuscivo a risolvergli la parola: la vergogna mi bloccava. Dall’altra parte, lo ammetto, volevo l’illusione che per una volta non fosse colpa mia. Avrei voluto non dover essere io a chiedere scusa. E visto che non potevo cambiare il passato, per lo meno rimandavo.
“Non ci riuscirai a lungo” aveva detto Rachel, quando le avevo confidato la mia ultima cretinata.
Aveva ragione.
Dei passi nel buio totale dell’auditorium. Passi leggeri, di un corpo che si muoveva con eleganza.
“Joey, sei qui?”
“No”
Perché ho risposto?, mi rimproverai. Se fossi rimasta in silenzio, forse se ne sarebbe andato. Ma era proprio quello che volevo? Che se ne andasse?
Altri passi.
Di nuovo il silenzio…
L’occhio di bue che si accese sopra la mia testa mi spaventò. Ero in mezzo al palcoscenico, raggomitolata nel buio e nel silenzio.
Kurt mi sorrise affacciato dalla sala-macchine. “Ecco la mia stella”
Roteai gli occhi sbuffando, sicura che lo notasse anche dall’altra parte dell’auditorium. “Ti confondi con qualcun altro”
“No, invece sei tu” insistette. Aveva già sceso le scale ed era salito sul palco. “Capelli neri, carnagione chiara, occhi colore del mare…” si accovacciò davanti a me. “Ciao Joey”
Non risposi.
“Penso che noi due dovremmo parlare” continuò.
Strinsi istintivamente le braccia intorno alle gambe. Le sue parole: una paura immotivata. Nemmeno fossimo fidanzati e lui mi volesse mollare.
Dovevo smetterla di pensare in questo modo. Kurt non apparteneva a me, ero io ad appartenere a lui. E in ogni caso, quello che c’era tra lui e Blaine non era affar mio. Esistevano loro due, nel loro mondo personale, e poi c’ero io, sulla Terra. Non c’entravo nulla con loro. Non c’entravo nulla con Kurt.
“Joey?”
Riflettendo avevo nascosto il viso tra le ginocchia e il petto, non me n’ero nemmeno accorta. “Ti ascolto”
“Guardami”
“Non posso”
“Perché?”
Strinsi le labbra. Ma lo pensai: Ti amo. Era la risposta ad ogni domanda significativa che mi faceva, eppure non l’avevo mai detto. Ma sicuramente lo sapeva. “Potrei scoppiare a piangere, o darti uno schiaffo e scappare”
“Puoi darmi uno schiaffo se vuoi, ma non ti lascerò scappare. Adesso è ora di parlare” anche lui, evidentemente, aveva notato tutto il tempo che avevo perso ignorandolo, e di quanto fosse importante ora affrontare i fatti. Lo sentii sedersi comodo sul legno del palco.
“Mi dispiace per essermene andata ieri” confessai.
“E’ colpa mia. Non avevo pensato a quanto sarebbe sembrato spregevole il mio arrivo con Blaine”
Mi diede una silenziosa e sottile soddisfazione sentirlo. “E’ colpa mia”, l’unica cosa capace di consolare il mio ego. Alla mia sensibilità avrebbe pensato Kurt, o aveva tutta l’aria di volerlo fare.
“Come fai a sapere che me la sono presa per quello?”
“Ci sono tante cose che so, nonostante tu non me l’abbia detto apertamente. So che non sopporti Blaine e so anche perché. E so che questo per te è stato un periodo difficile”
“Pensavo lo fosse per te” bofonchiai.
“Beh, non esisto solo io” sorrise, riuscii a sentirlo. “Per me le cose sono migliorate, ma a caro prezzo” la sua mano passò delicata sui miei capelli. “Ho spezzato il cuore di una carissima ragazza…”
Mi godei quel contatto come si gode di una goccia d’acqua nel deserto. Era così tanto che non incontravo un’oasi, troppo tempo che non sentivo il profumo di Kurt, le sue protettive braccia intorno a me. La disperazione mi aveva portato a struggermi alla più piccola ombra d’acqua.
“Se potessi trovare un modo per rendere felici entrambi, lo farei. Devi credermi” mi disse piano. “Ma ho passato la vita a lasciare che gli altri avessero le loro ambizioni, i loro sogni, mentre io mi lasciavo vivere. Prendi questo Glee Club: per più di un anno sono stato praticamente parte della scenografia, dovevo urlare per farmi notare. Adesso ho realizzato un sogno tutto mio, avere una persona speciale accanto…” ebbi l’impressione che avesse capito d’un tratto, tutto da solo, che non ero interessata ad ascoltare i dettagli del suo sogno. “Non posso rinunciare a questo sogno, Joey…”
“Non voglio che tu lo faccia. Io sono stupida Kurt, a volte tanto da sembrare, forse essere una totale stronza. Ma non lo sono così tanto”
“Non lo sei affatto” mi assicurò. Un altro sorriso alle mie orecchie. “E non lo sembri nemmeno”
“No, certo che no…” mugugnai a bassa voce. Anche se avevo il tono basso e la testa tra le gambe, però, sapevo che Kurt mi aveva sentita.
Sospirò.
“Già che ci siamo” diedi un minimo segno di voler continuare anch’io la conversazione, anche se non ero sicura fosse così. “mi dispiace per aver detto… quella cosa, allo Starbuks”
Sorrise. “So che non lo pensavi”
“Come fai ad esserne certo? Molti penseranno che sono una persona orribile”
“Non è assolutamente vero. Tutti ti conosciamo e sappiamo quanto tu sia speciale, anche se a volte un po’ sciocca” ammise. “E in secondo luogo io non sonomolti. Ti conosco meglio di chiunque altro, qui a scuola”
Tacqui.
“Ora possiamo parlare del motivo di questa situazione?”
Cosa fai quando sei proprio sulla x, nel punto esatto dove scagliare il missile?
Mi alzai con un gesto rapido.
Ti sposti.
I riflessi pronti di Kurt gli permisero di mettersi davanti a me. “Perché non ne vuoi parlare con me?”
“Non voglio parlarne e basta!” urlai. “A cosa servirebbe? Ogni mia possibilità di essere felice se n’è andata quando ho conosciuto te!”
Questo lo bloccò.
“… Sai cosa intendo” lo smossi. “Tu sei la cosa più importante per me e non potrà mai essere la stessa cosa per te, allora perché torturarmi parlandone?”
Riuscì ad ostacolare anche questo tentativo di svignarmela. Mi prese per un braccio e mi costrinse a guardarlo. Inutile dire che quasi ogni sua azione era piena di una teatralità esagerata.
“Lo capisco quando mi guardi che quel sentimento non è mai sfumato. Non credere che io sia cieco, me ne accorgo… Sapevo di darti un dolore quando me ne sono andato dal Mckinley, avrei voluto spiegarti tutto con calma. Sei la mia migliore amica e speravo che, nonostante tutto, fosse lo stesso per te”
“Tusei il mio migliore amico”
Le mie continue azioni impulsive non smettevano di stupirmi: lo dissi per rassicurarlo, non avevo mai pensato a lui così in vita mia. I caratteri del nostro rapporto erano quelli di “migliori amici”, ma si può davvero definire così qualcuno per cui provi un amore disperato che non sarà mai corrisposto?
Un sospiro da me, uno da lui.
“Perché non sei arrabbiato con me?”
“Te l’ho detto, so il motivo per cui odi Blaine. So quanto stai male, tutto qua” mi spostò i ciuffi neri dalla fronte, per scoprirmi il viso.
Le lacrime sul punto di uscirmi dagli occhi erano diventate fin troppo familiari, bruciavano come il sangue nelle vene quando pensavo a Blaine e Kurt insieme. Insopportabile.
“Non facciamo che trovarci in questa situazione” mormorai. “Io che sbaglio e tu che mi consoli invece di urlarmi contro. Cosa devo fare io per beccarmi una strigliata da te?”
Sorrise tanto da mostrare quelle fossette che adoravo, quelle che lo facevano sembrare un bambino, il segno che sorrideva con sincerità. Quando fingeva di ridere alle battute di Brittany o ringraziava la signora della mensa per il “pasto nutriente”, le fossette non c’erano. Lui sorrideva veramente per il bel gesto di un amico, per una canzone di Madonna, i paia di pantaloni che aderivano perfettamente alle sue gambe, il musical Cats, e per me.
Non era vero che non servivo più a Kurt, che per lui non ero importante. Era irrilevante che fosse fidanzato. Kurt non era tipo da dimenticare gli amici. E non avrebbe dimenticato me.
“Sinceramente non lo so, ma non vorrei scoprirlo vedendoti uccidere Blaine, lui ha giurato che sembravi sul punto di farlo quando vi siete incontrati” rise.
Un sorriso divertito. Tutto quello che poteva uscire attraverso le lacrime, al suono del suo nome sulle labbra di Kurt, che faceva sempre sembrare un gioiello inestimabile quelle sei lettere messe insieme.
“Ti direi che dovresti imparare a conoscerlo, se non sapessi che non lo farai mai”
Aveva intuito la mia risposta. Come sempre. “Mi dispiace… Non ci riesco, io non…”
“Tranquilla Joey” con le dita mi asciugò la guancia. “Lo capisco”
Alla vicinanza giusta, finalmente lo guardai dritto negli occhi. Quello sguardo azzurrino, quegli occhi perennemente lucidi… I suoi occhi e il suo sorriso. Di quelli mi innamorai all’istante, prima di scoprire molto di più nel suo animo.
La prima reazione era giusta.
Mi attaccò la piena consapevolezza che quegli occhi non mi avrebbero mai guardata come guardavano Blaine, che il suo mondo sarebbe stato il dolce sorriso di un’altra persona.
Il mio mento iniziò a tremare, e le lacrime a sgorgare ancora.
Senza pensarci un attimo, mi tirò verso di lui, e quando mi scontrai col suo petto, mi strinse.
Ed eccole, quanto di più vicino alla felicità potevo conoscere. L’oasi. Niente in confronto all’immenso fiume di cui poteva godere Blaine. Kurt non mi avrebbe mai più baciata, non mi avrebbe mai detto che mi amava e non mi avrebbe mai sorriso come per dire “Sei tutto per me”. Ma ora sentivo il suo profumo, le sue protettive braccia intorno a me.
E stavo bene.
“Ricordi quando ti ho detto che, alla resa dei conti, tutti ricevono quello che meritano?” sussurrò tra i miei capelli.
Annuii.
“E’ la verità. So che a te adesso non sembra così, ma è solo perché la fine non è ancora arrivata. La fine non è questa, credimi Joey. Non puoi sapere cosa accadrà, sarai anche tu felice come me, devi solo essere paziente come lo sono stato io” giurò. “Incontrerai qualcuno con degli occhi che ti incanteranno di più dei miei” incredibile che sapesse anchecosa mi piaceva di lui, nonostante non gliel’avessi mai detto. “Lo capirai quando accadrà, fidati di me”

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Capitolo 7
*** 7 ***


Senza che gli avessi chiesto o mi fossi lamentata di nulla, Kurt aveva capito cosa mi era mancato per tanto tempo. Qualcosa che era mancato anche a lui: sapere tutto l’uno dell’altra.
Mi telefonò alle 9:00 il successivo sabato mattina – avrei odiato chiunque per avermi svegliata, a parte lui. “Volevo solo dirti che oggi vado a pescare con mio padre. Vuole usare questa giornata per conoscerci meglio e cose del genere… Non ne sono molto entusiasta, ma almeno potrò provare quel cappellino con gli ami che ho trovato al mercatino!”
“Aspetta… Non dovevamo incontrarci oggi, perché me lo dici?” mormorai assonnata, avvolta nelle coperte. Letto, calduccio e la voce di Kurt. L’unica cosa che avrebbe potuto rendere quella scena più piacevole sarebbe stata la notizia dell’eterosessualità di Blaine.
“Solo per fartelo sapere” rispose Kurt. “Fra un paio di minuti chiamo anche Blaine”
Aveva chiamato prima me.
Un sorriso a trentadue denti mi illuminò il viso.
L’ennesima prova che Kurt Hummel era un ragazzo incredibile. Da solo era arrivato alla soluzione di ciò che avrebbe reso le mie giornate più sopportabili: ricominciare a conoscere ogni dettaglio della sua vita. Oltre ogni apparente presunzione, sapeva perfettamente di essere la ragione della mia felicità. Infatti, non poteva che rendermi felice la notizia che informava prima me del suo ragazzo sui suoi spostamenti, e ovviamente sapeva anche questo.
Era in questi momenti che avrei dato qualunque cosa per far uscire dalla mia testa fino alla mia bocca quelle due parole che mai gli avevo detto apertamente, ma che sapeva io pensavo. In questi momenti, mi sarebbero uscite spontanee se non le avessi trattenute, perché spiccavano nella mia mente per i piccoli gesti di affetto che lui mi dimostrava.
Ti amo, avrei voluto dirgli.
“Ho capito”
“Stai sorridendo, vero?”
“Come l’hai capito?”
“Si sente dalla voce” mi rispose. “Ci sentiamo più tardi. Chissà se riuscirò a chiamare da una barchetta in mezzo ad un lago”
“Pescami qualcosa”
“So già che pescherò solo scarponi” rise. “Almeno spero siano firmati. Ciao!”
“A dopo Kurt”
Fissai il soffitto per qualche minuto, lì nel mio letto, con le dita a tamburellare sul cellulare.
Nonostante tutte le gesta guidate dall’impulsività che continuavano a caratterizzare la mia vita, stavolta consideravo impossibile agire senza pensare. Anzi, mi fermai per molto a riflettere. Passai quasi mezz’ora in quel letto – con le mie basse possibilità di riaddormentarmi una volta svegliata -, a pensare a quello che avrei potuto fare, come e perché avrei dovuto farlo.
Alla fine mi uscì un “Al diavolo!” e saltai giù dal letto.
Kurt non c’era. Kurt era andato a pesca col padre.
Si dice che le vecchie abitudini siano dure a morire.
Lui era un tipo abitudinario?
Kurt non c’è, ripetei a me stessa.
E allora…
Volli tentare.
Entrai nello Starbuks quasi di fretta, guardandomi intorno. Nessuna traccia di lui.
Mi scoraggiai subito. Mi ero quasi abituata a quell’idea non-impulsiva, ero quasi impaziente…
Poco superata la soglia, sentii la porta dell’ingresso aprirsi di nuovo alle mie spalle. Mi venne addosso qualcuno.
“Mi scusi…” disse subito la sua voce familiare, meno irritantemente se ci pensavo.
“Blaine”
Si girò a guardarmi. “Ciao Joey! Non ti avevo riconosciuta, scusa”
Sorrisi, con meno sforzo di cui mi aspettassi. “Stavo aspettando te”
Sul volto di Blaine vidi passare una strana paura – forse immaginava che lo aspettassi per compiere un omicidio. “Aspettavime?”
“Sì, Kurt mi ha detto di essere fuori oggi e visto che tu lo incontri qui ogni sabato mattina” una pausa di enfasi. “mi è venuta in mente la scorsa settimana, quando eri venuto allo Starbuks anche se Kurt stava male. Ho pensato che magari ti faceva piacere un po’ di compagnia”
E Blaine mostrò il sorriso candido, quasi abbagliante, che faceva sicuramente impazzire tante ragazze e che, con ancora più sicurezza, faceva impazzire Kurt. “Grazie!” sembrava sinceramente contento della mia iniziativa.
Ricambiai quel sorriso in modo più composto – il mio non abbagliava, purtroppo -, e lo invitai a sedersi con me ad un tavolo.
 
 
Kurt fu fiero di me. Gli dimostrai il segno d’affetto più grande: fui amichevole con Blaine. Scoprii molte cose di lui da apprezzare, forse sarebbe addirittura potuto diventare mio amico. Ora che mi sforzavo di vedere con più oggettività non solo lui, ma anche tutto il resto del mondo…
Accadde in biblioteca, a proposito.
Cercavo il dizionario di spagnolo, che avevo – come volevasi dimostrare – scordato a casa in occasione di un compito in classe.
Quando due occhi brillanti mi si posarono addosso, molto più felici di visualizzarmi di quanto avrei mai pensato da una faccia amica, era come se mi stessero cercando. E volessero solo me. Impossibile, ma vidi chiaramente tutto questo in un solo sguardo.
Avevo già guardato quegli occhi, spesso li avevo contemplati come quelli di molti dei miei amici durante varie conversazioni. Avevo persino notato la loro bellezza, ma mai quanto questa bellezza incantasse.
Possibile che degli occhi mi incantino davvero più di quelli di Kurt?, mi chiesi con un sorriso ironico, vedendo quello sguardo smeraldino avvicinarsi.
“Ciao Quinn”
Chissà. Forse aveva ragione il mio migliore amico.

Fine.








 

... Non odiatemi per questo finale XD Ho voluto solo rendere omaggio a quella donna stimabile che è Dianna Agron ;) Ah, mi scuso per questo finale abbastanza breve, ma non sapevo cos'altro scrivere.
Grazie mille davvero per aver letto, spero siate ancora vivi e che non vi sia esplosa la testa.
V.

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